CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 15 ottobre 2015 ( 1 )

Causa C‑247/14 P

HeidelbergCement AG

contro

Commissione europea

«Impugnazione — Mercati del cemento e prodotti ad esso correlati — Articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio — Potere della Commissione di richiedere informazioni — Motivazione — Necessità delle informazioni richieste — Formato delle informazioni richieste — Proporzionalità della richiesta — Autoincriminazione»

1. 

Quali sono le condizioni e i limiti ai poteri della Commissione di richiedere alle imprese, mediante decisione, di fornire informazioni nell’ambito di un’indagine su possibili violazioni delle regole dell’Unione europea in materia di concorrenza?

2. 

Sono queste, essenzialmente, le questioni sollevate dall’impugnazione proposta dalla HeidelbergCement AG (in prosieguo: la «HeidelbergCement» o la «ricorrente») contro la decisione del Tribunale con cui quest’ultimo ha respinto la domanda di annullamento diretta avverso una decisione della Commissione adottata a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 ( 2 ) e contenente la richiesta a detta società di fornire un ampio numero di informazioni.

3. 

Questioni molto simili sono state sollevate anche nell’ambito di altre tre impugnazioni, proposte da altre società attive nel mercato del cemento contro altrettante sentenze del Tribunale con cui detto giudice ha respinto, in ampia misura, anche i loro ricorsi avverso decisioni della Commissione equivalenti a quella impugnata dalla HeidelbergCement. Anche negli altri tre procedimenti presenterò oggi le mie conclusioni ( 3 ). Le presenti conclusioni dovrebbero quindi essere lette insieme alle altre.

I – Contesto normativo

4.

Il considerando 23 del regolamento n. 1/2003 stabilisce quanto segue:

«La Commissione dovrebbe disporre in tutta la Comunità del potere di esigere le informazioni necessarie per individuare accordi, decisioni e pratiche concordate vietati dall’articolo [101 TFUE], nonché casi di abuso di posizione dominante vietati dall’articolo [102 TFUE]. Nel conformarsi a una decisione della Commissione le imprese non possono essere costrette ad ammettere di aver commesso un’infrazione, ma sono in ogni caso tenute a rispondere a quesiti concreti e a fornire documenti, anche se tali informazioni possono essere utilizzate per accertare contro di esse o contro un’altra impresa l’esistenza di un’infrazione».

5.

L’articolo 18 («Richiesta di informazioni») del regolamento n. 1/2003 prevede, nelle parti qui di rilievo, quanto segue:

«1.   Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può, mediante semplice domanda o con decisione, richiedere alle imprese e associazioni di imprese di fornire tutte le informazioni necessarie.

2.   Nell’inviare una semplice domanda di informazioni ad un’impresa o associazione di imprese, la Commissione indica le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce il termine entro il quale le informazioni devono essere fornite nonché le sanzioni previste dall’articolo 23 nel caso in cui siano fornite informazioni inesatte o fuorvianti.

3.   Quando richiede alle imprese o associazioni di imprese di comunicare informazioni mediante decisione, la Commissione indica le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce un termine entro il quale esse devono essere fornite. Indica altresì le sanzioni previste dall’articolo 23 e indica o commina le sanzioni di cui all’articolo 24. Fa menzione inoltre del diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso la decisione.

(…)».

II – Fatti

6.

Nel 2008 e nel 2009 la Commissione, in applicazione dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, effettuava varie ispezioni nei locali di diverse società attive nel settore del cemento, ivi compresi i locali della HeidelbergCement. A tali ispezioni seguiva l’invio, nel 2009 e nel 2010, di una serie di richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

7.

Con lettera dell’8 novembre 2010, la Commissione informava la HeidelbergCement della propria intenzione di inviarle una decisione di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e le trasmetteva la bozza di questionario che intendeva allegare a detta decisione. Il 16 novembre 2010 la HeidelbergCement presentava alla Commissione le proprie osservazioni.

8.

Il 6 dicembre 2010 la Commissione informava la HeidelbergCement della propria decisione di avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 773/2004 ( 4 ) nei confronti suoi e di altre sette società per presunte infrazioni all’articolo 101 TFUE consistenti in restrizioni delle importazioni verso il SEE provenienti da paesi non SEE, ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticoncorrenziali nel mercato del cemento e dei prodotti ad esso correlati.

9.

Il 30 marzo 2011 la Commissione adottava la decisione C(2011) 2361 definitivo, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 del Consiglio (Caso 39520 – Cemento e prodotti collegati) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

10.

Nella decisione impugnata la Commissione dichiarava che, conformemente all’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, per l’assolvimento dei compiti affidatile da tale regolamento, essa può, mediante semplice domanda o con decisione, richiedere alle imprese e associazioni di imprese di fornire tutte le informazioni necessarie (considerando 3 della decisione impugnata). Dopo aver ricordato che la ricorrente era stata informata della sua intenzione di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e che tale impresa aveva presentato osservazioni in merito ad una bozza di questionario (considerando 4 e 5 della decisione impugnata), la Commissione chiedeva alla ricorrente, mediante decisione, di rispondere al questionario contenuto nell’allegato I. L’allegato I comprendeva, in particolare, 94 pagine e 11 serie di domande. Le istruzioni per rispondere alle domande del questionario erano contenute nell’allegato II, mentre i modelli di risposta erano contenuti nell’allegato III.

11.

La Commissione richiamava l’attenzione anche sulle presunte infrazioni (considerando 2 della decisione impugnata) che essa descriveva come segue: «[l]e presunte infrazioni rivestono la forma di restrizioni degli scambi commerciali nello Spazio economico europeo (SEE), comprese restrizioni delle importazioni nel SEE da paesi non SEE, ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticoncorrenziali nei mercati del cemento e dei prodotti collegati». Data la natura e la quantità delle informazioni richieste, nonché la gravità delle presunte infrazioni alle regole di concorrenza, la Commissione riteneva opportuno accordare alla ricorrente un termine per la risposta di dodici settimane per le prime dieci serie di domande e di due settimane per l’undicesima (considerando 8 della decisione impugnata).

12.

Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

«Articolo 1

HeidelbergCement, insieme alle sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea, fornisce, entro dodici settimane, per quel che riguarda le domande dai numeri 1 a 10, e entro due settimane, per quel che riguarda la domanda numero 11, calcolate dalla data della notifica della presente decisione, le informazioni indicate nell’allegato I alla presente decisione nella forma richiesta nell’allegato II e nell’allegato III della presente decisione. Tutti gli allegati costituiscono parte integrante della presente decisione.

Articolo 2

HeidelbergCement, insieme alle sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea, è destinataria della presente decisione».

13.

Dopo il ricevimento della decisione impugnata, la HeidelbergCement chiedeva una proroga del termine fissato per rispondere ad alcune serie di domande. Dopo un iniziale rigetto di tale richiesta, a seguito di un’ulteriore domanda della HeidelbergCement, la Commissione accordava alla ricorrente una proroga di cinque settimane per rispondere alle prime dieci serie di domande.

14.

Il 18 aprile, il 6 maggio e il 2 agosto 2011 la HeidelbergCement ha fornito le sue risposte al questionario inviato dalla Commissione.

III – Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15.

Con atto introduttivo depositato il 10 giugno 2011, la HeidelbergCement ha chiesto al Tribunale di annullare la decisione impugnata.

16.

Con atto separato del 17 giugno 2011, la HeidelbergCement ha chiesto al Tribunale di sospendere l’applicazione della decisione impugnata. Con provvedimento del 29 giugno 2011, il presidente del Tribunale ha respinto le suddette richieste.

17.

Con sentenza del 14 marzo 2014 nella causa HeidelbergCement/Commissione, T‑302/11 (in prosieguo: la «sentenza impugnata») ( 5 ), il Tribunale ha respinto il ricorso e ha condannato la HeidelbergCement alle spese.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni

18.

Con l’impugnazione, proposta alla Corte il 20 maggio 2014, la HeidelbergCement chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza nella causa T‑302/11;

annullare la decisione C(2011) 2361 definitivo della Commissione relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 (Caso 39520 – Cemento e prodotti collegati);

in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, affinché si pronunci nuovamente in merito;

condannare la Commissione alle spese relative al primo grado e all’impugnazione.

19.

La Commissione, dal canto suo, chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

in subordine, in caso di annullamento della sentenza pronunciata nella causa T‑302/11, respingere l’azione;

condannare la HeidelbergCement alle spese.

20.

La HeidelbergCement e la Commissione hanno formulato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 3 gennaio 2015.

V – Analisi dei motivi d’impugnazione

21.

La HeidelbergCement solleva sette motivi d’impugnazione. Prima di analizzare i suddetti motivi nel merito, illustrerò brevemente alcuni aspetti chiave del sistema istituito dal regolamento n. 1/2003 rispetto alla richiesta di informazioni emessa dalla Commissione.

A – Introduzione

22.

Il regolamento n. 1/2003 attribuisce alla Commissione ampi poteri di indagine ( 6 ). Tali poteri hanno lo scopo di consentire all’istituzione in parola di espletare il compito, ad essa affidato dai Trattati dell’UE, di garantire l’applicazione efficace e uniforme delle regole di concorrenza nell’Unione europea ( 7 ). A tal fine la Commissione gode di un’ampia discrezionalità nel decidere, in primis, se fare uso dei suddetti poteri ( 8 ) e, in caso affermativo, quanto all’individuazione del momento opportuno per farlo ( 9 ) e dei fatti rilevanti da sottoporre ad indagine ( 10 ).

23.

Tale discrezionalità non è, però, del tutto libera. La Commissione è tenuta, infatti, nell’esercizio dei suoi poteri d’indagine, a rispettare i principi generali del diritto e i diritti fondamentali riconosciuti dalla normativa dell’Unione europea ( 11 ). Tra di essi, assume particolare rilevanza l’esigenza di tutelare il diritto di difesa delle imprese nel corso della procedura ( 12 ), ivi compreso, a determinate condizioni, il diritto a non autoincriminarsi ( 13 ).

24.

Inoltre, la Corte ha sottolineato in numerose occasioni che l’esigenza di proteggere i singoli da interventi arbitrari o sproporzionati delle autorità pubbliche nella loro sfera di attività privata, compresi i casi in cui tali autorità stanno dando attuazione alle regole in materia di concorrenza, è un principio generale del diritto dell’Unione europea ( 14 ). Una misura di accertamento è arbitraria quando è adottata in assenza di una qualsiasi circostanza di fatto che possa giustificare l’ingerenza nei diritti fondamentali di un’impresa ( 15 ) ed è sproporzionata quando integra un’ingerenza eccessiva e quindi intollerabile in tali diritti ( 16 ).

25.

Per quanto attiene al potere della Commissione di richiedere informazioni mediante decisione, è chiaro che la Commissione può inviare la sua decisione a qualsiasi impresa che possa detenere informazioni rilevanti, a prescindere dal suo coinvolgimento nella sospetta violazione. Tale potere comprende il diritto di chiedere alle società di rispondere a domande specifiche e trasmettere i documenti di cui siano in possesso ( 17 ). Le informazioni richieste devono essere «necessarie» per la Commissione per dare attuazione agli articoli 101 e 102 TFUE.

26.

Benché l’onere di dimostrare una violazione delle regole di concorrenza dell’UE incomba alla Commissione ( 18 ), le imprese oggetto delle misure di accertamento sono comunque tenute a collaborare attivamente con tale istituzione ( 19 ).

27.

Al fine di consentire alle suddette imprese di comprendere la portata del loro dovere di collaborazione pur facendo salvi al contempo i loro diritti di difesa ( 20 ), la Commissione deve indicare nella decisione le basi giuridiche e lo scopo della richiesta ( 21 ).

28.

È in tale contesto che valuterò ora i motivi di impugnazione dedotti dalla ricorrente.

B – Motivi di impugnazione

1. Scopo della richiesta di informazioni

a) Argomenti delle parti

29.

Con il suo primo motivo di impugnazione – diretto contro i punti da 23 a 43 e 47 della sentenza impugnata – la HeidelbergCement sostiene che il Tribunale avrebbe interpretato e applicato erroneamente l’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 nel respingere il suo motivo vertente sul difetto di motivazione della decisione impugnata. In particolare, secondo la ricorrente, la decisione impugnata mancava di dettagli sufficienti quanto alla natura delle asserite infrazioni nonché ai prodotti e al mercato geografico interessato. La HeidelbergCement eccepisce inoltre la carente motivazione del Tribunale al riguardo.

30.

Secondo la Commissione, il motivo d’impugnazione in parola dovrebbe essere respinto. Essa sottolinea che il procedimento era ancora in una fase iniziale quando è stata adottata la decisione impugnata. Una richiesta di informazioni non può contenere lo stesso numero di dettagli richiesti per le decisioni adottate al termine dell’accertamento, come la comunicazione degli addebiti.

b) Analisi

31.

Anzitutto, vorrei ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la motivazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e ai giudici dell’Unione di controllarne la legittimità. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi imposti dall’articolo 296 TFUE dev’essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia ( 22 ).

32.

Con riguardo alle decisioni di accertamento ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, la Corte ha recentemente confermato che la Commissione non è tenuta a comunicare ai destinatari di tali decisioni tutte le informazioni di cui è in possesso in merito a presunte infrazioni, né a procedere a una rigorosa qualificazione giuridica di tali infrazioni, purché indichi chiaramente gli addebiti che intende verificare. Se è pur vero che la Commissione è tenuta a indicare, con la maggiore precisione possibile, ciò che si ricerca e gli elementi che devono essere oggetto dell’accertamento, non è però indispensabile che una decisione di accertamento contenga una delimitazione precisa del mercato di cui trattasi, né un’esatta qualificazione giuridica delle asserite infrazioni o l’indicazione del periodo durante il quale le infrazioni sarebbero state commesse, purché la stessa decisione contenga gli elementi essenziali sopra indicati. Le ispezioni hanno infatti luogo, di norma, all’inizio di un accertamento e, di conseguenza, la Commissione non dispone ancora, in quel momento, di informazioni precise su tali aspetti. Lo scopo di un accertamento è proprio quello di raccogliere elementi di prova in relazione a una presunta infrazione così da permettere alla Commissione di verificare la fondatezza dei suoi sospetti e di compiere una valutazione giuridica più specifica ( 23 ).

33.

Ritengo che i suddetti principi siano applicabili – mutatis mutandis – alle decisioni di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. È evidente che entrambi i tipi di misure perseguono il medesimo obiettivo e consistono in un’attività di raccolta di informazioni. Benché non formulate in termini identici, la relativa somiglianza tra le due disposizioni sembrerebbe poi deporre nel senso di una loro lettura uniforme ( 24 ).

34.

Ciò detto, la questione cruciale è se il Tribunale abbia correttamente esaminato l’adeguatezza della motivazione contenuta nella decisione impugnata. In altre parole, la questione è la seguente: tenuto conto della fase del procedimento in cui la decisione impugnata era stata adottata, la motivazione di cui trattasi è sufficientemente chiara da permettere, da un lato, al destinatario di esercitare i suoi diritti di difesa e di valutare il suo obbligo di cooperazione con la Commissione e, dall’altro, ai giudici dell’Unione di esercitare il controllo giurisdizionale?

35.

Occorre, a mio avviso, rispondere a questa domanda in senso negativo.

36.

La ricorrente contesta tre elementi della motivazione: a) la descrizione delle asserite violazioni, b) la loro portata geografica, e c) i prodotti interessati dalle violazioni. È in effetti vero che ciascuno dei suddetti tre elementi è redatto – impiegando i termini cui ha fatto ricorso il Tribunale – «in termini molto generali che avrebbero meritato una precisazione ed è, quindi, criticabile a tal proposito» ( 25 ).

37.

Riguardo alle asserite infrazioni, il considerando 2 della decisione impugnata afferma quanto segue: «[l]e presunte infrazioni rivestono la forma di restrizioni degli scambi commerciali (…), comprese restrizioni delle importazioni (…), ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticoncorrenziali». Detta descrizione delle possibili infrazioni risulta non solo vaga («restrizioni degli scambi commerciali», «comprese restrizioni delle importazioni»), ma anche omnicomprensiva («connesse pratiche anticoncorrenziali»). Il riferimento alla «ripartizione del mercato» e al «coordinamento dei prezzi» è talmente generica da non contribuire a delimitare con maggiore precisione la natura della condotta sospettata dalla Commissione. La maggior parte dei cartelli comprende infatti elementi di ripartizione del mercato e di coordinamento dei prezzi. In pratica, la descrizione in parola sembra abbracciare la maggioranza delle tipologie di condotte vietate dall’articolo 101 TFUE.

38.

Quanto alla portata geografica delle presunte infrazioni, la decisione impugnata indica le restrizioni dei flussi commerciali nel SEE, includendo restrizioni delle importazioni verso di esso provenienti da paesi non SEE. È vero che in una decisione ai sensi dell’articolo 18 non è necessario definire la componente geografica del mercato rilevante ( 26 ), ma un qualche riferimento ad almeno alcuni degli Stati interessati doveva pur essere possibile. In particolare, non è chiaro se il mercato potenzialmente leso sia l’intero SEE o soltanto una parte di esso e, in tal caso, quale parte.

39.

La decisione impugnata è infine ancor più vaga quando si tratta di spiegare i prodotti oggetto dell’indagine. In pratica, viene identificato soltanto il cemento come prodotto rilevante, dato che – quanto al resto – la decisione fa riferimento a «mercati dei prodotti (…) correlati [al cemento]». Ancora una volta, la descrizione in parola non è soltanto estremamente vaga (quanto strettamente devono essere «correlati» i prodotti?), ma comprende potenzialmente tutti i prodotti di cui la ricorrente si occupa (come venditrice o acquirente).

40.

Secondo il Tribunale ( 27 ), la scarsità di dettagli nella decisione impugnata è in parte compensata dal fatto che essa fa espressamente riferimento alla decisione della Commissione di avvio del procedimento, contenente informazioni aggiuntive sulla portata geografica della presunte infrazioni e sulla tipologia dei prodotti interessati.

41.

La HeidelbergCement contesta che i vizi della decisione impugnata possano essere sanati mediante un mero rinvio a una precedente decisione e osserva che, in ogni caso, la decisione di avvio del procedimento è anch’essa priva di alcuni dettagli.

42.

A mio avviso, gli atti dell’Unione che impongono obblighi gravanti sulla sfera privata dei singoli o delle imprese e che, se non rispettati, comportano il rischio di pesanti sanzioni economiche, dovrebbero essere supportati, in linea di principio, da un’autonoma motivazione ( 28 ). È infatti importante mettere tali persone o imprese nelle condizioni di comprendere le motivazioni di un atto di tale tipo senza un eccessivo sforzo interpretativo ( 29 ) al fine di permettere loro di esercitare i propri diritti in modo efficace e tempestivo. Ciò è tanto più vero per gli atti che contengono riferimenti espliciti ad atti precedenti aventi una motivazione diversa. Ogni significativa differenza tra i due atti in parola può essere fonte di incertezza per il destinatario.

43.

Ciononostante, ritengo, in via eccezionale, che nel presente caso il Tribunale abbia correttamente stabilito che la motivazione della decisione impugnata può essere letta insieme alle motivazioni contenute nella decisione di avvio del procedimento. Le due decisioni sono state adottate nel contesto della stessa indagine e riguardano le stesse presunte infrazioni. Esse sono state anche adottate nell’arco di un periodo breve. Aspetto ancora più importante, non sembrano esserci differenze rilevanti tra le motivazioni presenti nelle due decisioni. Ritengo quindi che, nel presente caso, la prima decisione debba essere considerata come il «contesto» della seconda, di cui il destinatario non poteva non essere a conoscenza ( 30 ).

44.

Tuttavia, se è vero che la prima decisione comprendeva dettagli più significativi quanto alla portata geografica delle presunte infrazioni (spiegando che le violazioni in parola riguardavano Austria, Belgio, Repubblica ceca, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito), essa non era altrettanto precisa quanto alla natura di tali infrazioni e ai prodotti interessati. In particolare, la spiegazione fornita della nozione di «cemento e prodotti correlati», di cui alla nota a pagina 4 della decisione in parola, comprende una serie di prodotti potenzialmente molto ampia e varia.

45.

Ciò detto, ritengo che il fatto che una motivazione possa essere troppo generica o in qualche modo vaga rispetto a determinati aspetti non comporti l’invalidità se il resto della decisione permette al destinatario e ai giudici dell’Unione di comprendere con sufficiente precisione le informazioni ricercate dalla Commissione e le relative ragioni ( 31 ). Infatti, anche se soltanto in modo indiretto o implicito, l’oggetto delle domande poste può fare ulteriore chiarezza su una motivazione redatta senza la precisione dovuta. Dopo tutto, domande molto precise e focalizzate rivelano inevitabilmente la portata dell’indagine della Commissione. Ciò è, a mio avviso, particolarmente vero per gli atti adottati in una fase iniziale del procedimento, quando la portata dell’indagine non è ancora pienamente e definitivamente stabilita e può, di fatto, dover essere limitata o ampliata in seguito, alla luce delle informazioni raccolte in un momento successivo.

46.

Nel caso di specie, tuttavia, è vero piuttosto il contrario. Le domande poste alla HeidelbergCement sono eccezionalmente numerose e coprono tipologie di informazioni molto diverse tra di loro. A mio avviso, è estremamente difficile ravvisare un collegamento tra domande che spaziano dalla quantità e dai costi delle emissioni di CO2 degli impianti produttivi ( 32 ) ai mezzi di trasporto impiegati e alle distanze percorse per la spedizione dei beni venduti ( 33 ); dal tipo di imballaggio impiegato per la spedizione ( 34 ) sino ai relativi costi di trasporto e assicurazione ( 35 ); dalle statistiche riguardanti le concessioni edilizie ( 36 ) ai numeri di partita IVA dei suoi clienti ( 37 ); dalla tecnologia e dai carburanti impiegati negli impianti di produzione ( 38 ) sino ai costi di riparazione e manutenzione di detti impianti ( 39 ). Alcune delle domande poste non sembrano inoltre essere pienamente in linea con quanto stabilito nella precedente decisione di avvio del procedimento: ad esempio, le domande 3 e 4 (che richiedono un numero particolarmente significativo di informazioni su un periodo di oltre dieci anni ( 40 )) non sono limitate agli Stati membri individuati come potenzialmente oggetto della decisione di avvio del procedimento.

47.

Per inciso, qualora il filo conduttore che lega le questioni in parola dovesse essere una completa mappatura della struttura dei costi e dei ricavi dell’impresa al fine di permettere alla Commissione di analizzarla mediante metodi econometrici (confrontandoli con quelli di altre società attive nel settore del cemento), ci si potrebbe chiedere se una siffatta ampia e omnicomprensiva richiesta di informazioni sia in linea con l’articolo 18. Salvo che la Commissione sia in possesso di concreti indizi di una condotta censurabile cui una tale analisi potrebbe fornire il necessario sostegno, una siffatta richiesta sembrerebbe più adatta a fondare un’indagine settoriale a norma dell’articolo 17 del regolamento n. 1/2003 ( 41 ).

48.

Date le circostanze, concordo con la ricorrente che la finalità della richiesta di informazioni della Commissione non era sufficientemente chiara e inequivocabile. Era quindi eccessivamente difficile per l’impresa comprendere le presunte infrazioni e valutare la portata del suo obbligo di cooperazione con la Commissione e, se necessario, esercitare il suo diritto di difesa, ad esempio, rifiutandosi di rispondere alle domande che riteneva illegittime. Tanto più che talune domande – come riconosce il Tribunale stesso ‑ si riferivano a informazioni non meramente di fatto implicanti un giudizio di valore ( 42 ), mentre altre erano piuttosto vaghe ( 43 ). Stando così le cose, la ricorrente non poteva, rispetto a tali domande, evitare facilmente il rischio che le risposte fornite contribuissero alla sua incriminazione.

49.

La mancanza di dettagli non può essere giustificata, come sostiene la Commissione, dal fatto che la decisione impugnata era stata adottata in una fase iniziale dell’indagine. La decisione è stata, infatti, emanata quasi tre anni dopo il suo avvio. Durante quel periodo, erano state compiute numerose ispezioni e la Commissione aveva formulato richieste di informazioni estremamente dettagliate cui le imprese avevano dato risposta, compresa la HeidelbergCement. Qualche mese prima dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione aveva, infatti, ritenuto di aver raccolto elementi sufficienti per avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004. Tali elementi avrebbero dovuto permettere alla Commissione di motivare in modo più dettagliato la decisione impugnata.

50.

In occasione dell’udienza, la Commissione ha affermato che il numero di informazioni richiesto in una motivazione dipende, in particolare, dalle informazioni di cui la Commissione è in possesso al momento dell’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 18. Ritengo che ciò sia vero. Tuttavia, a mio avviso, ciò implica necessariamente che una motivazione che può essere accettabile rispetto a una decisione adottata all’inizio di un’indagine (vale a dire una decisione che ordina a un’impresa di sottoporsi a un accertamento ai sensi dell’articolo 20 o la prima richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3) possa non esserlo altrettanto rispetto a una decisione adottata in una fase molto più avanzata dell’indagine, quando la Commissione dispone di informazioni più ampie sulle presunte infrazioni.

51.

In tale contesto, reputo ingiustificabile che, nonostante tutte le informazioni già fornite alla Commissione negli anni precedenti e nonostante gli sforzi aggiuntivi che la decisione impugnata imponeva, la HeidelbergCement sia stata «lasciata all’oscuro» della precisa portata dell’indagine della Commissione.

52.

Ritengo inoltre che l’esercizio del controllo giurisdizionale da parte dei giudici dell’Unione sulla legittimità della decisione impugnata sia stato reso significativamente più difficile. Viste le scarse informazioni sulle presunte infrazioni contenute nella decisione in parola (anche se letta alla luce della decisione di avvio del procedimento), come possono valutare i giudici dell’Unione, ad esempio, la necessità di determinate informazioni o il carattere proporzionato della richiesta nel suo insieme ( 44 )?

53.

Da un lato, quanto più la motivazione è formulata in modo ampio e vago, tanto più chiara può risultare una correlazione tra l’asserita violazione e le informazioni richieste. Non è però ammissibile che una motivazione formulata, per negligenza o volutamente, senza la necessaria precisione porti alla conseguenza involontaria di ampliare le tipologie di informazioni che possono essere considerate «necessarie» ai fini dell’articolo 18.

54.

Dall’altro, posto che la proporzionalità di una richiesta di informazioni dipende, in particolare, da elementi quali la gravità della violazione sospettata, la natura del coinvolgimento dell’impresa considerata, l’importanza della prova ricercata e la portata e la tipologia di informazioni utili che la Commissione crede siano in possesso dell’impresa di cui trattasi ( 45 ), la suddetta valutazione è anch’essa molto difficile da compiere. I giudici dell’Unione possono valutare il carico di lavoro determinato da una specifica richiesta di informazioni, ma – in mancanza di ulteriori informazioni su tali aspetti – non possono stabilire se gli sforzi richiesti a un’impresa per rispondere ad essa siano o meno giustificati nell’interesse pubblico.

55.

Per le ragioni che precedono, ritengo che il Tribunale abbia erroneamente interpretato e applicato l’articolo 296 TFUE e l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 rispetto alla necessaria motivazione di una decisione di richiesta di informazioni. La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto, per le ragioni indicate nei punti da 23 a 43 della sentenza in parola, che la decisione impugnata fosse adeguatamente motivata.

2. Scelta dello strumento giuridico e termini imposti

a) Argomenti delle parti

56.

Con il suo secondo motivo di impugnazione, diretto contro i paragrafi da 44 a 46 della sentenza impugnata, la HeidelbergCement afferma che il Tribunale ha errato nel ritenere che la motivazione contenuta nella decisione impugnata non dovesse occuparsi della scelta dello strumento giuridico adottato dalla Commissione (una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 in luogo di una semplice domanda ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, dello stesso) o dei termini temporali imposti in tale strumento.

57.

La Commissione chiede al Tribunale di respingere il motivo di impugnazione in parola.

b) Analisi

58.

Ritengo che il Tribunale non abbia commesso alcun errore di diritto nel dichiarare che la decisione impugnata non doveva contenere una motivazione specifica ed esplicita quanto alla scelta dello strumento giuridico adottato dalla Commissione o al termine fissato per fornire le informazioni richieste.

59.

L’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 richiede soltanto che la decisione «indic[hi] le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precis[i] le informazioni richieste e stabilisc[a] il termine entro il quale le informazioni devono essere fornite». La disposizione in parola, pur imponendo alla Commissione di indicare, in particolare, lo scopo della domanda, non richiede, quantomeno esplicitamente, alcuna spiegazione circa la scelta dello strumento giuridico o il termine fissato.

60.

Si può quindi supporre che il legislatore dell’Unione abbia ritenuto che le ragioni alla base della scelta dello strumento giuridico e del termine possano di norma essere desunte, implicitamente, da una descrizione sufficientemente dettagliata dello scopo delle indagini. La sentenza della Corte nella causa National Panasonic/Commissione ( 46 ) – citata nel punto 44 della sentenza impugnata – mi sembra applicabile, per analogia, al presente caso e conferma così la suggerita lettura dell’obbligo di motivazione ai sensi dell’articolo 18.

61.

Non ritengo, inoltre, che dall’articolo 296 TFUE possano derivare per la Commissione obblighi ulteriori a tal riguardo. Come ricordato supra, in base a una giurisprudenza consolidata, la motivazione di un atto non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto l’accertamento del se la motivazione di un atto sia adeguata va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia ( 47 ). Il fatto che il destinatario di un atto delle istituzioni sia a conoscenza del contesto in cui esso è stato adottato ( 48 ), ad esempio per essere stato coinvolto o per aver contribuito alla procedura che ha portato alla sua adozione ( 49 ), può giustificare una motivazione relativamente concisa.

62.

La decisione impugnata era stata adottata nel contesto delle indagini su una possibile violazione dell’articolo 101 TFUE cui la ricorrente era sospettata di aver preso parte. La ricorrente era infatti già stata coinvolta in tali indagini in più occasioni ed era stata avvertita in anticipo dell’intenzione della Commissione di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003.

63.

Inoltre, tenuto conto dello specifico formato imposto e del riferimento alle altre imprese interessate dalla decisione di avviare il procedimento, la ricorrente non poteva non sapere che le informazioni richieste nella decisione impugnata consistevano per lo più in dati che la Commissione aveva domandato a tali imprese per metterli a confronto ( 50 ). La Commissione poteva procedere a un confronto utile solamente ove le informazioni richieste fossero state fornite all’incirca nello stesso momento, e in modo preciso e completo. Eventuali errori o ritardi, anche solo da parte di un singolo interlocutore, avrebbero impedito alla Commissione di procedere al confronto voluto o, comunque, lo avrebbero reso non sufficientemente attendibile.

64.

Ciò posto, la Commissione poteva legittimamente ritenere che l’adozione di una decisione vincolante ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, fosse il metodo più appropriato per garantire al meglio la completezza e la correttezza delle informazioni richieste e la loro tempestiva comunicazione. La Commissione poteva, inoltre, presumere che il destinatario della decisione avrebbe compreso le motivazioni alla base della sua scelta di ricorrere a una decisione vincolante.

65.

Per quanto attiene alla scelta dei termini fissati per la presentazione di una risposta alle domande, osservo che, come dichiarato correttamente nel punto 46 della sentenza impugnata, il considerando 2 della decisione impugnata fornisce una breve spiegazione dei due diversi termini ivi previsti per le diverse serie di questioni. La ricorrente era quindi nella posizione di comprendere che i suddetti termini erano stati fissati dopo che la Commissione aveva contemperato la quantità di informazioni richieste con la necessità di portare avanti le indagini con una relativa celerità.

66.

Il Tribunale non può quindi essere criticato al riguardo. Tale conclusione non priva le imprese di un’adeguata protezione giuridica – come sembra affermare la ricorrente – posto che i giudici dell’Unione potevano, evidentemente, verificare se la scelta dello strumento giuridico o i termini fissati fossero viziati da un errore di diritto per aver, ad esempio, violato il principio di proporzionalità ( 51 ). Nell’ambito del procedimento di impugnazione, la ricorrente non ha tuttavia sollevato alcun argomento in tal senso.

67.

Alla luce di quanto precede, il secondo motivo di impugnazione deve, a mio avviso, essere respinto.

3. Sulla necessità delle informazioni richieste

a) Argomenti delle parti

68.

Con il suo terzo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 48 a 80 della sentenza impugnata, la HeidelbergCement critica il Tribunale per la sua interpretazione del requisito di «necessità» delle informazioni richieste ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003. Vari motivi sono dedotti a sostegno del motivo in parola. In primis, la HeidelbergCement afferma che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare se la Commissione fosse stata in possesso, prima dell’adozione della decisione impugnata, di indizi sufficienti a fondare il sospetto di una possibile violazione dell’articolo 101 TFUE. Senza un esame del genere, sarebbe impossibile esercitare un qualche controllo giurisdizionale sul soddisfacimento, nella presente fattispecie, del criterio di necessità. In secondo luogo, la HeidelbergCement afferma che l’interpretazione dell’articolo 18 propugnata dal Tribunale riconoscerebbe in sostanza alla Commissione un’illimitata discrezionalità in violazione del tenore della disposizione in parola. In terzo luogo, la HeidelbergCement lamenta che il Tribunale non avrebbe valutato la necessità di determinate tipologie specifiche di informazioni richieste dalla Commissione affermando che il controllo giurisdizionale avrebbe potuto essere compiuto in una fase successiva della procedura. A detta della HeidelbergCement, in quarto luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente accettato che la Commissione poteva richiedere informazioni di cui era già in possesso.

69.

La Commissione osserva che le argomentazioni sollevate dalla ricorrente si riferiscono unicamente alle domande 1A, 1B, 3 e 4 del questionario. Essa sostiene, poi, che non si potrebbe contestare al Tribunale di non aver esaminato se la Commissione fosse in possesso di indizi sufficienti a giustificare l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, non avendo la ricorrente eccepito tale aspetto in primo grado. La Commissione afferma inoltre che non può essere richiesto di stabilire, in una fase iniziale delle indagini, una correlazione precisa tra le presunte violazioni e le informazioni richieste. In ogni caso, la Commissione ritiene che il Tribunale abbia verificato l’esistenza di un collegamento siffatto rispetto alle informazioni richieste. Da ultimo, la Commissione difende la conclusione del Tribunale secondo cui, a determinate condizioni, essa potrebbe richiedere nuovamente informazioni già fornite da un’impresa.

b) Analisi

i) Sul requisito della necessità

70.

Le informazioni richieste dalla Commissione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 devono essere «necessarie» alla Commissione per dare attuazione agli articoli 101 e 102 TFUE ( 52 ). La Commissione gode, a tal proposito, di un’ampia discrezionalità ( 53 ). In particolare, spetta in linea di principio alla Commissione stabilire quali informazioni o documenti siano «necessari» ai fini delle sue indagini ( 54 ).

71.

Tale discrezionalità non è tuttavia illimitata ed è soggetta in ogni caso al controllo giurisdizionale dei giudici dell’Unione ( 55 ). È vero che il termine «necessario» non può essere inteso in senso troppo letterale, come indicante una conditio sine qua non per l’accertamento delle violazioni ipotizzate dalla Commissione ( 56 ). Ma non è neppure possibile interpretare il suddetto termine in modo troppo ampio: come osservato dall’avvocato generale Jacobs nella causa SEP, una semplice correlazione tra un documento e la violazione presunta non è sufficiente per giustificare una richiesta di trasmissione del documento da parte della Commissione ( 57 ). Concordo. Ove il legislatore dell’Unione avesse inteso riconoscere alla Commissione una discrezionalità pressoché illimitata in tale materia, l’articolo 18, paragrafo 3, avrebbe infatti, probabilmente, fatto riferimento alle informazioni «rilevanti» o «collegate» invece che «necessarie».

72.

Il termine «necessario» deve quindi essere inteso nel senso che tra la richiesta di informazioni e la violazione presunta deve esistere una correlazione sufficientemente stretta da far sì che la Commissione potesse ragionevolmente ritenere, al momento della richiesta, che quest’ultima l’avrebbe aiutata ad adempiere i suoi doveri nell’ambito di un’indagine in corso ( 58 ). In altre parole, l’esame del requisito della necessità impone di analizzare se, dal punto di vista della Commissione al momento dell’adozione della decisione, l’informazione richiesta all’impresa possa aiutarla a verificare se la presunta infrazione abbia avuto luogo e a stabilirne la sua precisa natura e portata.

73.

Mi sembra importante aggiungere a questo punto che lo scopo di una richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 non è di far luce su una qualsiasi violazione delle regole dell’Unione in materia di concorrenza in un determinato settore o da parte di una determinata impresa. Infatti, detta disposizione – come l’articolo 20 dello stesso regolamento in materia di accertamenti – impone alla Commissione di essere in possesso di un numero di indizi che la porta a sospettare di determinate specifiche violazioni ( 59 ), anche se il destinatario della richiesta non deve essere necessariamente una delle imprese responsabili di tali violazioni. In mancanza di concreti indizi che possano costituire motivi ragionevoli di sospetto ( 60 ), l’adozione di una decisione di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, può essere considerata una misura di indagine arbitraria ( 61 ).

74.

La mancanza di indizi concreti, idonei a giustificare una richiesta ai sensi dell’articolo 18, non significa tuttavia che la Commissione non possa svolgere indagini quando ritiene che taluni settori dell’economia del mercato interno non funzionino regolarmente. L’articolo 17 del regolamento n. 1/2003 permette, infatti, alla Commissione di procedere a indagini in settori dell’economia o nell’ambito di particolari tipi di accordi in vari settori economici se l’evoluzione degli scambi fra Stati membri, la rigidità dei prezzi o altre circostanze fanno presumere che la concorrenza può essere ristretta o falsata all’interno del mercato comune. L’articolo 17 fornisce, tuttavia, un diverso strumento giuridico: l’articolo 18 – in base al quale la decisione impugnata è stata adottata – non consente alla Commissione di adottare in mancanza di concreti sospetti decisioni con cui essa richiede informazioni sulla base di congetture ( 62 ).

75.

Come dichiarato dal Tribunale, una decisione adottata sulla base dell’articolo 18, paragrafo 3, non deve includere il riferimento a tali indizi a condizione che essa indichi chiaramente i presunti fatti oggetto di indagine ( 63 ). La Corte ha sempre sostenuto che la Commissione non è tenuta a comunicare al destinatario di una decisione di accertamento tutte le informazioni di cui è in possesso quanto ad asserite infrazioni ( 64 ). Ritengo che il suddetto principio sia applicabile anche alla decisioni di richiesta di informazioni dirette alle imprese a norma dell’articolo 18, paragrafo 3.

76.

L’esistenza di indizi sufficienti su cui si fonda l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 18 è sottoposta a controllo giurisdizionale ove un’impresa contesti la legittimità di tale decisione ( 65 ). Nel corso del procedimento giudiziale, la Commissione può quindi essere chiamata a rivelare le prove su cui essa ha basato i propri sospetti così da permettere al giudice dell’Unione di verificare se la decisione impugnata fosse o meno arbitraria ( 66 ). Tuttavia, il carattere arbitrario di una decisione costituisce una questione distinta dalla «necessità» delle informazioni con essa richieste. Si tratta poi di un aspetto che i giudici dell’Unione non possono sollevare d’ufficio; spetta alle parti che compaiono dinanzi ad essi proporre uno specifico motivo al riguardo.

ii) Sulla fattispecie in esame

77.

Devo affrontare preliminarmente due obiezioni sollevate dalla Commissione circa l’ammissibilità del presente motivo di impugnazione.

78.

Da un lato, mi sembra che la Commissione non erri quando osserva che, nel primo grado di giudizio, la ricorrente non ha eccepito che essa non disponeva di indizi sufficienti a giustificare l’adozione della decisione impugnata. Concordo, quindi, con la Commissione nel ritenere che non possa muoversi al Tribunale alcuna critica per non aver verificato tale punto.

79.

Dall’altro, non credo che la Commissione sia nel giusto nel ritenere che tale terzo motivo di impugnazione, riguardi soltanto le constatazioni del Tribunale relative alle domande 1A, 1B, 3 e 4. In realtà, nel corso del primo grado di giudizio, la ricorrente ha eccepito l’insufficienza della motivazione della decisione impugnata che, a suo dire, le impediva di verificare se le informazioni richieste fossero «necessarie» ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003.

80.

Il ricorso della HeidelbergCement al Tribunale è alquanto chiaro nell’indicare che l’argomento sollevato in via principale riguardava il fatto che la mancanza di precisione della decisione impugnata non le aveva consentito di verificare il carattere necessario delle informazioni richieste. Le domande specifiche cui la Commissione fa riferimento sono state indicate solo a titolo di esempio per comprovare che – come ha cura di sottolineare la ricorrente – quand’anche le motivazioni dovessero essere ritenute sufficienti, la correlazione tra informazioni richieste e asserite violazioni non sarebbe evidente. L’argomento riferito soltanto alle domande 1A, 1B, 3 e 4 è stato quindi presentato soltanto in via subordinata e accessoria.

81.

Ciò detto, per le ragioni illustrate nel primo motivo di impugnazione, l’argomento principale della ricorrente mi sembra essere ben fondata: se lo scopo della richiesta di informazioni non è relativamente ben definito, come può il destinatario di tale richiesta verificare se i requisiti dell’articolo 18 siano soddisfatti per ogni serie di domande contenute nella richiesta?

82.

Nella sua giurisprudenza precedente, il Tribunale stesso ha sottolineato l’importanza di un nesso tra la descrizione dello scopo delle indagini e il carattere necessario delle informazioni richieste. Come ritenuto dal Tribunale, il criterio della necessità sancito dall’articolo 18 deve essere valutato con riferimento allo scopo dell’indagine che deve essere indicato nella richiesta di informazioni stessa. La Commissione può chiedere soltanto la comunicazione di informazioni che le consentano di accertare le presunzioni d’infrazione che giustificano lo svolgimento dell’indagine e che sono indicate nella domanda di informazioni ( 67 ). L’avvocato generale Jacobs ha anche sottolineato l’importanza che nella decisione stessa siano forniti dettagli sufficienti sulla portata delle indagini ( 68 ).

83.

Nella sentenza impugnata, quindi, il Tribunale non solo avalla la «necessità» delle informazioni richieste sulla base di una motivazione inadeguata (discostandosi dalla sua giurisprudenza precedente su tale punto), ma – aspetto questo più importante – interpreta anche il requisito della «necessità» erroneamente. Il Tribunale sembra infatti accettare che qualsiasi nesso tra le informazioni richieste e la presunta violazione sia sufficiente a soddisfare il requisito in parola.

84.

Il fatto che il Tribunale effettui un esame errato della necessità risulta con evidenza, in primis, dai punti da 54 a 58 della sentenza impugnata. La HeidelbergCement ha osservato che determinate informazioni richieste dalla Commissione potrebbero non essere di alcuna utilità ai fini delle indagini posto che si riferiscono a una molteplicità di prodotti differenti, con anche prezzi diversi, riuniti insieme. A tali condizioni, secondo la ricorrente, non si poteva procedere a nessun confronto significativo dei prezzi nell’ambito del SEE. Senza entrare nel merito, il Tribunale ha prontamente respinto l’argomento addotto dalla HeidelbergCement dichiarando che le informazioni in parola a) potevano essere considerate collegate con le asserite violazioni; b) che le critiche sull’inattendibilità dei dati forniti non incidevano sulla legittimità della richiesta di informazioni, e c) che spettava alla Commissione stabilire se le informazioni raccolte le permettessero di riconoscere l’esistenza di una o più violazioni a carico della ricorrente, fermo restando che quest’ultima poteva, se del caso, contestare il valore probatorio delle informazioni richieste nella sua replica a un’eventuale comunicazione degli addebiti o a sostegno di un ricorso di annullamento contro la decisione finale.

85.

Il ragionamento del Tribunale su questo punto è viziato. A prescindere dalla correttezza delle eccezioni sollevate dalla HeidelbergCement, esse non potevano essere respinte semplicemente affermando che esisteva un qualche collegamento tra le informazioni richieste e le asserite violazioni e che detto collegamento era sufficiente. La questione centrale è se le informazioni potessero ragionevolmente essere considerate utili alla Commissione. L’importanza di tale aspetto è tuttavia esplicitamente negata dal Tribunale, il quale dichiara che un’eventuale inutilità delle informazioni richieste non inciderebbe comunque sulla legittimità della decisione impugnata. Si tratta di un’affermazione evidentemente errata. Ammetto che alla Commissione dovrebbe essere riconosciuta un’ampia discrezionalità nel decidere quali informazioni debbano essere considerate utili (e quindi «necessarie» ai sensi dell’articolo 18), ma i giudici dell’Unione non possono rinunciare a compiere un controllo giurisdizionale sull’esercizio di una simile discrezionalità. Se le informazioni richieste dalla Commissione fossero state manifestamente irrilevanti ai fini delle indagini, ciò avrebbe leso la legittimità della decisione impugnata contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale.

86.

Il fatto che la ricorrente avrebbe potuto contestare l’efficacia probatoria delle informazioni in questione nella sua replica a un’eventuale comunicazione degli addebiti, o a fondamento di un’azione di annullamento contro la decisione finale, non incide sulla legittimità della decisione impugnata. Una decisione di richiesta di informazioni non necessarie ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 è illegittima (in tutto o in parte) e, in quanto tale, dovrebbe essere annullata dai giudici dell’Unione. Il testo della suddetta disposizione è molto chiaro nell’indicare che la legittimità di una siffatta decisione può essere direttamente sottoposta a controllo giurisdizionale; a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, la Commissione deve fare «menzione inoltre del diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso la decisione».

87.

L’errata applicazione del criterio della necessità da parte del Tribunale può essere riscontrata, in secondo luogo, nei punti da 60 a 80 della sentenza impugnata. La HeidelbergCement ha affermato che la decisione impugnata violava l’articolo 18 in quanto molte delle sue domande le imponevano di fornire informazioni che essa aveva già fornito rispondendo a precedenti richieste di informazioni.

88.

Il Tribunale ha innanzitutto ricordato la propria giurisprudenza secondo la quale le richieste di informazioni dirette a ottenere informazioni su un documento già in possesso della Commissione non possono, in linea di principio, essere considerate come giustificate dalle esigenze di indagine. Esso ha anche ritenuto che una decisione che richiede al destinatario di fornire – per la seconda volta – informazioni già messe a disposizione in precedenza in ragione del fatto che solo parti di esse sono, secondo la Commissione, non corrette, costituirebbe un onere sproporzionato rispetto alle esigenze delle indagini e, inoltre, non rispetterebbe il principio di proporzionalità né soddisferebbe il requisito della necessità. Il Tribunale ha, infine, aggiunto che, a suo avviso, la ricerca di modalità più agevoli di elaborazione delle risposte fornite dalle imprese non può giustificare il fatto di obbligare tali imprese a fornire informazioni già in possesso dalla Commissione in un nuovo formato ( 69 ).

89.

Il ragionamento condotto dal Tribunale su tale punto mi sembra convincente. I principi enunciati sembrano trarre origine direttamente dal criterio della «necessità» di cui all’articolo 18 ( 70 ) Tuttavia, l’applicazione di detti principi alla fattispecie in esame non è altrettanto convincente.

90.

Il Tribunale ritiene che il questionario obbligasse, in ampia parte, la ricorrente a presentare informazioni che essa aveva già fornito alla Commissione. In tale contesto, il Tribunale ha respinto l’argomento addotto dalla Commissione secondo cui la decisione impugnata era altresì diretta a porre rimedio a presunti errori nelle informazioni precedentemente fornite dalla HeidelbergCement: il Tribunale è riuscito a individuare soltanto un esempio di presunti errori. Il Tribunale ritiene inoltre che la Commissione abbia adottato decisioni a norma dell’articolo 18 praticamente identiche per tutte le imprese interessate dall’indagine. Ciò significava che la Commissione non ha tenuto conto delle informazioni precedentemente fornite da ciascuna delle suddette imprese (compresa la HeidelbergCement). Il Tribunale ha, in realtà, considerato che, almeno in parte, la decisione impugnata è stata adottata con l’obiettivo precipuo di ottenere dalla ricorrente una versione consolidata delle sue precedenti risposte ( 71 ).

91.

Nonostante tali constatazioni, il Tribunale ha respinto gli argomenti della HeidelbergCement osservando che alcune delle domande riguardavano informazioni che non erano state richieste in precedenza, mentre altre erano più approfondite rispetto alle pregresse richieste di informazioni in quanto presentavano un maggior grado di precisione dovuto alla modifica dello scopo o all’aggiunta di ulteriori variabili. Su tale base, il Tribunale ne ha dedotto che il fatto che lo scopo del questionario fosse di ottenere informazioni nuove o più dettagliate comprovava la necessità delle informazioni richieste ( 72 ).

92.

La conclusione cui è giunto il Tribunale lascia perplessi: esso sembra ammettere che ogni modifica al testo delle domande che implichi la necessità di fornire informazioni aggiuntive o più dettagliate debba essere considerata come idonea a soddisfare i requisiti dell’articolo 18. Così sarebbe anche ove le informazioni aggiuntive o più dettagliate fossero una parte relativamente marginale delle informazioni complessivamente richieste. Infatti, persino un rapido confronto delle domande indicate nella sentenza impugnata con quelle già sottoposte alla ricorrente in richieste precedenti mostra che il livello di modifiche tra le suddette domande è spesso piuttosto marginale. È fuori dubbio che, come affermato nel considerando 6 della stessa decisione impugnata, uno di suoi obiettivi era di ottenere una versione consolidata delle informazioni precedentemente ricevute. In particolare, tale consolidamento doveva avvenire in linea con il formato richiesto dalla Commissione così da permettere un celere confronto di tutti i dati da essa ricevuti.

93.

È pacifico inoltre che alcune delle informazioni richieste dalla Commissione erano di pubblico dominio e che la Commissione le avrebbe potute ottenere in altro modo (ad esempio, mediante ricerche in Internet).

94.

Lasciando a parte la questione della proporzionalità di una siffatta richiesta di informazioni, non vedo il requisito della «necessità», correttamente interpretato, sia soddisfatto.

95.

Per tutte le ragioni che precedono, ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’applicare il requisito della necessità a norma dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003. Il terzo motivo di impugnazione della ricorrente dovrebbe quindi essere accolto e la sentenza impugnata annullata nella misura in cui il Tribunale, nei punti da 48 a 80 della sentenza in parola, ha respinto il motivo di annullamento della ricorrente vertente sulla necessità delle informazioni richieste nella decisione impugnata.

4. Formato delle informazioni richieste

a) Argomenti delle parti

96.

Con il suo quarto motivo di impugnazione, la HeidelbergCement afferma che il Tribunale, nei punti da 81 a 85 della sentenza impugnata, ha interpretato e applicato erroneamente l’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 ammettendo che la Commissione potesse richiedere al destinatario di una decisione di fornire le informazioni richieste in uno specifico formato. La ricorrente afferma che la Commissione non può richiedere alla imprese di fornire le informazioni richieste nel rispetto di istruzioni specifiche e rigorose.

97.

La Commissione sostiene che, sul punto, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto. La Commissione sarebbe legittimata a esigere dall’impresa di fornire le informazioni richieste nel formato da essa ritenuto necessario. Tale interpretazione dell’articolo 18 troverebbe conferma anche nel considerando 23 del regolamento n. 1/2003 ( 73 ) che fa riferimento alle «informazioni necessarie».

b) Analisi

i) Sull’obbligo di fornire informazioni

98.

Occorre in primis ricordare che le procedure a norma del regolamento n. 1/2003 non hanno carattere penale; si tratta di procedure amministrative che possono comunque portare all’applicazione di severe sanzioni alle imprese ritenute responsabili di violazioni delle regole dell’Unione in materia di concorrenza.

99.

Non esiste, in quanto tale, un diritto assoluto a restare in silenzio nell’ambito delle suddette procedure ( 74 ). Come stabilito da una giurisprudenza ben consolidata, sulle imprese sottoposte a indagine incombe un obbligo di attiva collaborazione, per cui esse devono tenere a disposizione della Commissione tutte le informazioni riguardanti l’oggetto dell’indagine ( 75 ).

100.

A norma dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, la Commissione può chiedere alle imprese di rispondere a domande specifiche e trasmettere i documenti di cui siano in possesso ( 76 ). L’impresa ha il dovere di adempiere anche se le informazioni da fornire possono essere utilizzate dalla Commissione a suo carico ( 77 ).

101.

La Commissione dispone infatti solo dei poteri di indagine che le sono riconosciuti dal regolamento n. 1/2003 e, per individuare e perseguire le violazioni delle regole dell’Unione in materia di concorrenza, essa deve fare ampio affidamento sulle informazioni fornite dalle imprese stesse (e sui documenti rinvenuti durante gli accertamenti).

102.

Ciò detto, devo sottolineare ancora una volta che, nel sistema istituito con il regolamento n. 1/2003, l’onere di provare una violazione delle regole dell’Unione in materia di concorrenza grava sulla Commissione (o, se del caso, sulle autorità nazionali competenti) ( 78 ). Di conseguenza, pur in mancanza di un diritto a mantenere il silenzio, non può essere chiesto alle imprese di compiere attività che, propriamente parlando, rientrano nell’istruzione della causa e nelle indagini sulla stessa.

103.

La questione fondamentale sollevata dal presente motivo di impugnazione è quella della delimitazione del ruolo della Commissione nelle indagini su una sospetta violazione delle regole della concorrenza e del ruolo delle imprese sottoposte a indagine nell’ambito della collaborazione con la Commissione. Più nello specifico, una delle questioni chiave nel caso in esame è se la nozione di «informazione» ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 possa essere interpretata nel senso di autorizzare la Commissione a richiedere alle imprese di comunicare le informazioni richieste in un formato molto specifico.

104.

Ritengo che la risposta alla questione in parola dovrebbe essere, in linea di principio, negativa.

105.

Concordo con la Commissione che la formulazione del considerando 23 e dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 suggerisce (riferendosi alla «necessità» dell’informazione) che la Commissione possa chiedere al destinatario di fornire le informazioni in un formato che può essere reputato utile ai fini dell’indagine. L’esigenza di preservare l’efficacia dei poteri di indagine della Commissione a norma del regolamento n. 1/2003 comporta che le informazioni fornite debbano essere non soltanto corrette e complete, ma anche immediatamente comprensibili e utilizzabili da tale istituzione. Tali informazioni non possono quindi essere fornite in modo caotico, non sistematico o frammentario. L’impresa non deve inoltre inondare la Commissione di documenti e dati non richiesti lasciando che sia quest’ultima a selezionare le informazioni rilevanti.

106.

Tuttavia, la nozione di «informazioni» non può essere estesa al punto di imporre alle imprese di svolgere compiti propri della costituzione di un dossier e che, di solito, sono svolti dal personale della Commissione. L’obbligo previsto all’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 è limitato alla «fornitura di informazioni» o, per usare le parole della Corte nella sua giurisprudenza, nel tenere a disposizione le informazioni ( 79 ). Da nessuna parte si trova un esplicito riferimento a obblighi che eccedono la messa a disposizione delle informazioni.

107.

Ritengo quindi che, in linea di principio, la Commissione non possa, a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, chiedere al destinatario di una decisione di fornir, in qualsiasi circostanza, le informazioni richieste in uno specifico formato. Ciò non significa tuttavia che un’impresa possa sempre semplicemente ignorare il formato indicato dalla Commissione per le informazioni da fornire. Una siffatta condotta sarebbe contraria al dovere di attiva collaborazione. L’impresa deve quindi tener conto del formato richiesto dalla Commissione per la presentazione delle informazioni richieste.

108.

In pratica, le operazioni di formattazione che la Commissione può chiedere a una società di compiere dipendono, a mio avviso, dalla natura delle informazioni che devono essere fornite. Rispetto alle informazioni controverse nel caso in esame possono essere individuate tre tipologie: a) informazioni che richiedevano una qualche formattazione e organizzazione per essere prontamente comprese e utilizzate dalla Commissione; b) informazioni presenti in un determinato formato che potevano essere immediatamente inviate alla Commissione, potendo essere prontamente comprese e utilizzate da quest’ultima; e c) informazioni che erano di pubblico dominio.

109.

Per quanto attiene alla prima tipologia, si trattava di informazioni che il destinatario della decisione doveva necessariamente formattare prima di poterle inviare alla Commissione. Mi sembra che dal dovere di attiva collaborazione derivi che, in tali casi, sia giusto pretendere dall’impresa uno sforzo per adeguarsi al formato richiesto dalla Commissione. Se il formato scelto dalla Commissione non è così più oneroso di altri possibili formati, l’impresa di cui trattasi può essere ragionevolmente chiamata a rispettare le istruzioni della Commissione.

110.

Tuttavia, quanto al secondo e terzo tipo di informazioni, non credo che siano accettabili richieste di riformattazione delle informazioni. Posto che il destinatario della decisione poteva trasmettere immediatamente le informazioni richieste con modalità che la Commissione poteva immediatamente comprendere e trattare, non vedo perché le operazioni di formattazione dei dati secondo modalità che la Commissione riteneva più adeguate per le sue indagini non potessero essere effettuate dallo stesso personale della Commissione.

111.

Ciò premesso, la richiesta della Commissione di un grandissimo numero di dati riformattati potrebbe essere equiparata, mutatis mutandis, alla richiesta di tradurre in un’altra lingua un gran numero di voluminosi documenti in possesso di un’impresa. Il fatto che il personale della Commissione potrebbe non disporre delle necessarie competenze linguistiche non giustificherebbe, dal mio punto di vista, una simile richiesta.

112.

In tale contesto, non si deve dimenticare che, diversamente da quanto accade a livello di Stati membri rispetto a materie quali fiscalità e titoli, nell’ordinamento giuridico dell’UE non esistono regole esplicite sulle modalità con cui le imprese dovrebbero organizzare e raccogliere i dati e i documenti che potrebbero essere rilevanti per le indagini in base al regolamento n. 1/2003. Le imprese possono quindi utilizzare i metodi di organizzazione e raccolta delle informazioni in loro possesso che reputano essere i migliori. Se, nell’ambito delle indagini per una sospetta violazione delle regole di concorrenza, la Commissione desidera che le informazioni siano organizzate in maniera diversa, si tratta di un’attività che rientra in effetti nella preparazione del fascicolo.

ii) Sulla causa oggetto di esame

113.

Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che, in linea di principio, il potere della Commissione di chiedere informazioni ai sensi dell’articolo 18 deve implicare necessariamente la possibilità per l’istituzione in parola di richiedere che le informazioni di cui trattasi siano fornite nel rispetto di un determinato formato. Essa ha aggiunto che l’esercizio di tale potere è comunque soggetto a limiti derivanti dal principio di proporzionalità e dal diritto dell’impresa di evitare l’autoincriminazione ( 80 ). Il Tribunale ha continuato esaminando la decisione impugnata sotto il profilo della proporzionalità per concludere che, pur comportando una «mole di lavoro particolarmente significativa» per il destinatario ( 81 ), essa non violava il suddetto principio ( 82 ).

114.

Per le ragioni illustrate ai paragrafi da 98 a 112 che precedono, ritengo che tale ragionamento non sia corretto. Di conseguenza, nella causa in esame, il Tribunale ha interpretato erroneamente la nozione di informazioni ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003.

115.

Ritengo che l’articolo 18, correttamente interpretato, non permetta alla Commissione di chiedere alla ricorrente di fornire tutte le informazioni richieste nella decisione impugnata nello specifico formato indicato nell’allegato II e nell’allegato III ( 83 ) della decisione in parola.

116.

Le istruzioni fornite sulle modalità con cui le informazioni dovevano essere fornite alla Commissione erano estremamente rigorose. Il pieno rispetto del formato richiesto era garantito da un’esplicita minaccia di sanzioni. Nel riquadro in apertura del questionario, la Commissione scrive (in grassetto sottolineato): «Vi preghiamo di considerare che la Vostra risposta può essere ritenuta errata o fuorviante in caso di mancato rispetto delle definizioni e delle istruzioni che seguono».

117.

La Commissione non ha quindi solo indicato un determinato formato in cui mettere a disposizione le informazioni che dovevano essere formattate dalla ricorrente, ma ha chiesto invece che tutte le informazioni fossero fornite nel rispetto del suddetto formato a prescindere dal loro numero e dalla loro natura ( 84 ).

118.

Ciò è a mio avviso inaccettabile. A fronte della richiesta della Commissione, la ricorrente è stata chiamata a compiere operazioni di formattazione (e riformattazione) che, in linea di principio, avrebbero dovuto essere compiute dalla Commissione.

119.

In primis, come ha spiegato la ricorrente, senza essere contraddetta dalla Commissione, molti dei dati richiesti potevano essere immediatamente forniti nel formato in cui erano stati salvati nelle sue banche dati. La richiesta della Commissione di utilizzare per i dati un formato molto specifico e rigoroso ha comportato una notevole mole di lavoro aggiuntiva solo per la riformattazione dei dati.

120.

In secondo luogo, la Commissione ha anche richiesto alla ricorrente di presentare informazioni che erano di pubblico dominio. Il punto 10 dell’allegato II della decisione impugnata prevede, ad esempio, quanto segue: «Tutti i valori monetari devono essere espressi in euro. Se la valuta locale utilizzata non è l’euro, si prega di convertire in euro utilizzando il tasso di cambio ufficiale della Banca centrale europea per il periodo di riferimento». In occasione dell’udienza è stato chiesto alla Commissione di spiegare perché tali calcoli non potessero essere effettuati dal suo personale. La Commissione non ha fornito alcuna spiegazione.

121.

In terzo luogo, benché nell’ambito del presente motivo di impugnazione non si discuta del numero di informazioni, non si può negare che le attività di formattazione richieste alla ricorrente fossero numerose, complesse e onerose. Nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la HeidelbergCement ha inserito alcune stime dettagliate sul numero di ore di lavoro richieste per rispondere al questionario della Commissione e sui relativi costi. Essa ha offerto, inoltre, alcuni elementi di prova a supporto delle sue stime. La Commissione, dal canto suo, si è limitata a contestare tali stime affermando che la ricorrente non aveva fornito prove sufficienti o affidabili. Tuttavia, la Commissione non ha fornito alcun elemento concreto a fondamento delle eccezioni, né ha individuato possibili errori in tali stime. In udienza è stato quindi chiesto alla Commissione di spiegare le ragioni per cui essa credeva che la HeidelbergCement avesse sovrastimato tali dati e quali fossero, a suo dire, dei valori attendibili. La Commissione non ha potuto fornire nessuna stima di massima né ha offerto una spiegazione del perché le stime indicate dalla ricorrente non avrebbero dovuto essere considerate credibili.

122.

In sostanza, mi sembra che, nel caso in esame, la ricorrente sia stata chiamata a compiere operazioni di segreteria e amministrative talmente ampie, complesse e lunghe da far sembrare che la preparazione e l’avvio di un procedimento siano stati «esternalizzati» all’impresa sottoposta a indagine.

123.

Per tutte le ragioni che precedono, ritengo la ricorrente sostenga a ragione che il Tribunale ha errato nell’interpretare l’articolo 18 del regolamento n. 1/2003. Il quarto motivo di impugnazione dovrebbe quindi essere accolto e la sentenza impugnata annullata nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto, per le ragioni indicate nei punti da 23 a 43 della sentenza in parola, che la Commissione potesse chiedere le informazioni indicate nell’allegato I della decisione impugnata nel formato illustrato negli allegati II e III.

5. Termini fissati nella richiesta di informazioni

a) Argomenti delle parti

124.

Con il suo quinto motivo di impugnazione diretto contro i punti da 101 a 108 della sentenza impugnata, la HeidelbergCement contesta la valutazione compiuta dal Tribunale sulla proporzionalità dei termini fissati nella decisione impugnata. In particolare, a detta della HeidelbergCement, il suddetto giudice avrebbe errato nel ritenere che i termini di cui trattasi fossero ragionevoli, tenuto conto dei mezzi disponibili per un’impresa delle dimensioni e dell’importanza della HeidelbergCement. Ne conseguirebbero richieste di informazioni che fissano termini diversi a seconda delle risorse delle imprese considerate.

125.

La Commissione, da parte sua, osserva che la ricorrente critica soltanto il punto 107 della sentenza impugnata e non il resto del ragionamento del Tribunale e chiede alla Corte di respingere il motivo di impugnazione in parola.

b) Analisi

126.

Le osservazioni svolte dalla Commissione sulla portata del presente motivo di impugnazione sono corrette: la ricorrente si limita a criticare il fatto che il Tribunale, nel valutare la proporzionalità dei termini di cui trattasi, si è riferito alle risorse di un’impresa delle dimensioni e dell’importanza della HeidelbergCement.

127.

Aggiungo che le argomentazioni della HeidelbergCement sul punto non mi convincono pienamente.

128.

Al fine di rispettare il principio di proporzionalità dei termini fissati in una richiesta di informazioni, la Commissione (e i giudici dell’Unione nel riesaminare la legittimità di tale richiesta) deve necessariamente tener conto dei mezzi di cui dispone il relativo destinatario. Come sarebbe altrimenti possibile valutare se una determinata richiesta gravi una specifica impresa di un onere eccessivo o sproporzionato? L’equazione che la Commissione e i giudici dell’Unione sono chiamati a risolvere al riguardo contiene due variabili: da un lato, la quantità e la complessità delle informazioni richieste e, dall’altro, l’effettiva capacità del destinatario di fornirle.

129.

La quantità e la complessità delle informazioni richieste dipende da molte variabili: la gravità della sospetta violazione, la natura del coinvolgimento dell’impresa considerata, l’importanza della prova ricercata e la portata e la tipologia di informazioni utili che la Commissione crede siano in possesso dell’impresa di cui trattasi ( 85 ).

130.

L’effettiva capacità del destinatario di fornire le informazioni richieste dipende principalmente dai mezzi (umani, tecnici e finanziari) di cui esso dispone.

131.

Ritengo, quindi, che i mezzi di cui dispone, di norma, un’impresa delle dimensioni e dell’importanza del destinatario di una decisione emanata a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, costituiscano uno dei fattori che possono essere presi in considerazione per stabilire se, di fatto, ci si possa ragionevolmente attendere che detto destinatario possa rispondere entro il termine fissato dalla Commissione. Chiaramente, come riconosce la stessa ricorrente, un’attività che potrebbe essere eccessiva per una piccola impresa a gestione familiare può essere meno onerosa per una sofisticata multinazionale con svariate migliaia di dipendenti.

132.

Tuttavia, ciò non comporta necessariamente – come affermato dalla ricorrente – che la Commissione debba inviare richieste di informazioni con termini diversi per ciascuno dei destinatari. Nell’inviare la medesima richiesta di informazioni a più imprese, la Commissione può anche fissare un termine proporzionato a tutte le imprese considerate.

133.

Ciò detto, ritengo che l’importanza dei mezzi di un’impresa non debba neppure essere sopravvalutata. In particolare, l’onere imposto a un’impresa non può essere una proporzione aritmetica dei suoi mezzi. Una grande impresa può disporre di più personale, di maggiori risorse finanziarie e di strumenti informatici sofisticati, ma ciò non significa che la Commissione è legittimata a richiederle sforzi eccezionali. Dopo tutto, non è il ruolo di un’impresa quello di adempiere i compiti della Commissione e ciò a prescindere dalla dimensione dell’impresa e dai mezzi a sua disposizione.

134.

Nell’ambito del presente motivo di impugnazione, tuttavia, la ricorrente non ha affermato che il Tribunale ha erroneamente soppesato il carico di lavoro derivante dalla decisione impugnata rispetto alla sua capacità di rispondere o che non ha tenuto conto di elementi rilevanti ai fini della valutazione della proporzionalità dei termini ivi fissati. Come detto, essa si limita a eccepire che il Tribunale ha tenuto conto dei mezzi a sua disposizione. Non si rende pertanto necessaria alcuna ulteriore analisi della decisione impugnata sotto il profilo della proporzionalità.

135.

Sulla base delle considerazioni che precedono, ritengo che le eccezioni sollevate dalla ricorrente rispetto ai punti da 101 a 108 della sentenza impugnata siano infondati.

6. Vaghezza delle domande

a) Argomenti delle parti

136.

Con il suo sesto motivo di impugnazione la HeidelbergCement afferma che il Tribunale, nei punti da 109 a 114 della sentenza impugnata, avrebbe omesso di censurare la vaghezza di talune domande contenute nella decisione impugnata. In primo luogo, la ricorrente sostiene che la motivazione contenuta nella sentenza impugnata sarebbe contraddittoria, posto che il Tribunale afferma, in primis, che la richiesta di informazioni era vaga e poi che era sufficientemente chiara. In secondo luogo, il Tribunale ha forse privato la HeidelbergCement di una protezione giurisdizionale effettiva affermando che il carattere impreciso di talune domande, se del caso, poteva essere contestato nell’ambito di un’azione diretta contro un’eventuale sanzione imposta a tale impresa per non aver risposto alle suddette domande.

137.

La Commissione, da parte sua, nega che la decisione impugnata contenesse domande non chiare o ambigue. Tutt’al più, essa conteneva domande formulate in termini generali lasciando così alla ricorrente un ampio margine di manovra per fornire un’adeguata risposta.

b) Analisi

138.

Anche su questo aspetto, la sentenza impugnata, lungi dal rappresentare un saggio «giudizio salomonico», sembra di fatto aver, per così dire, «tagliato il bambino in due», al fine di riconoscere qualcosa a ciascuna delle parti. La conclusione cui perviene mi sembra però non convincere.

139.

Il Tribunale prima ricorda la giurisprudenza della Corte, secondo cui il principio della certezza del diritto richiede che ogni atto delle istituzioni che produce effetti giuridici sia chiaro e preciso così da permettere alle persone interessate di conoscere, senza ambiguità, quali siano i loro diritti e i loro obblighi e di agire di conseguenza ( 86 ). Tale requisito è tanto più significativo nel caso di specie in quanto, come osserva lo stesso Tribunale, la ricorrente, quale destinataria della decisione di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, correva non solo il rischio di vedersi applicate ammende o penalità di mora ove avesse fornito informazioni incomplete o tardive o qualora avesse omesso di fornirle, ma anche di vedersi applicare un’ammenda se avesse fornito informazioni che la Commissione considerava inesatte o fuorvianti ( 87 ).

140.

Il Tribunale continua affermando che determinate domande erano in effetti «piuttosto vaghe» ma che ciò non poteva essere considerato come una violazione del principio della certezza del diritto; la Commissione non poteva infatti incolpare l’impresa in questione per aver fornito una risposta inadeguata se la domanda era vaga. La vaghezza di una domanda deve pertanto essere presa in considerazione dai giudici dell’Unione nel riesaminare la legittimità di una decisione con cui è comminata un’ammenda all’impresa di cui trattasi ( 88 ).

141.

A mio avviso, entrambe le censure della HeidelbergCement su questo punto sono fondate.

142.

In primis, l’estrema sinteticità e, in una certa misura, contraddittorietà della sentenza impugnata dovrebbero essere, a mio avviso, censurate. Il Tribunale ha ritenuto che alcune domande fossero formulate in modo vago, ma soltanto in una certa misura («piuttosto vaghe»); esso ha però poi prontamente affermato che esse non erano sufficientemente vaghe da far ritenere la decisione tanto ambigua da violare il principio della certezza del diritto.

143.

Tale motivazione può essere censurata sotto due profili. In primis, il Tribunale sembra presumere che la mancanza di precisione di una domanda (o di una serie di domande) assuma rilievo solo nella misura in cui ciò rende ambigua l’intera decisione. Così non è. Se determinate domande erano veramente troppo vaghe, il Tribunale avrebbe dovuto annullare la decisione impugnata limitatamente alle parti che le riguardavano ( 89 ). In secondo luogo, la Corte non può verificare se determinate domande fossero, come affermato dalla HeidelbergCement, sufficientemente vaghe o no. La sentenza impugnata non contiene nessuna indicazione circa l’identità e il numero delle domande reputate vaghe e le ragioni per cui esse erano solo piuttosto vaghe. Ciò benché, nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la HeidelbergCement avesse elencato le domande che, a suo avviso, non erano sufficientemente precise e avesse spiegato nel dettaglio le ragioni (tecniche o linguistiche) delle sue eccezioni rispetto ad esse.

144.

In tale contesto occorre osservare che la ricorrente ha allegato al proprio ricorso dinanzi al Tribunale la sua lettera del 16 novembre 2010 indirizzata alla Commissione in cui segnalava le ambiguità presenti in una serie di domande inserite nella bozza di questionario e chiedeva alla Commissione di fornire chiarimenti. Quest’ultima sostanzialmente non nega che, malgrado i numerosi contatti avuti dal suo personale con i rappresentanti della HeidelbergCement nei mesi successivi, le preoccupazioni indicate nella suddetta lettera restavano in ampia misura senza risposta.

145.

In secondo luogo, il fatto che la ricorrente possa impugnare un’ammenda impostale per aver fornito informazioni incomplete o fuorvianti in ragione della vaghezza delle relative domande non significa che i giudici dell’Unione non possano (e non debbano) trarre le necessarie conseguenze da una possibile violazione del principio della certezza del diritto da parte della Commissione. Come osservato in precedenza, il ragionamento del Tribunale su questo punto sembra privare parte dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 della sua efficacia ( 90 ).

146.

Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo di impugnazione relativo all’insufficiente e contraddittoria motivazione nei punti da 109 a 114 della sentenza impugnata dovrebbe essere accolto.

7. Autoincriminazione

a) Argomenti delle parti

147.

Con il suo settimo motivo di impugnazione – diretto contro i punti da 115 a 139 della sentenza impugnata – la HeidelbergCement afferma che il Tribunale ha interpretato in modo eccessivamente restrittivo il suo diritto a non contribuire alla propria incriminazione e che ha anche mancato di tutelare tale diritto nel caso di specie.

148.

La Commissione contesta le argomentazioni formulate dalla ricorrente. Essa sottolinea che la domanda 1D non chiedeva alla HeidelbergCement di fornire una valutazione o un’analisi giuridica di una determinata condotta, ma soltanto di indicare un metodo di calcolo del margine lordo trimestrale. Se la HeidelbergCement non avesse conosciuto un metodo del genere, essa avrebbe potuto astenersi dal rispondere.

b) Analisi

149.

Appare utile anzitutto ricordare che il considerando 23 del regolamento n. 1/2003 richiama il diritto di un’impresa di non contribuire alla propria incriminazione nel conformarsi a una decisione di richiesta di informazioni della Commissione. Tale diritto era stato già riconosciuto dalla Corte prima che il regolamento venisse adottato ( 91 ). Si tratta, infatti, di uno degli elementi fondamentali del diritto di difesa di un’impresa che deve essere rispettato nel corso delle procedure avviate dalla Commissione a norma del regolamento n. 1/2003.

150.

Per iniziare, vorrei affrontare alcune argomentazioni preliminari sollevate dalla Commissione che non reputo convincenti. In primis, l’affermazione della Commissione secondo cui la HeidelbergCement avrebbe potuto astenersi dal rispondere ove non fosse esistito per detta impresa un metodo come quello richiesto, è, a mio avviso, evidentemente errata. Il Tribunale ha infatti già respinto tale argomento affermando che la domanda era formulata in termini imperativi e che, per tale ragione, la ricorrente era tenuta a rispondere ( 92 ). In secondo luogo, la Commissione sta, a mio avviso, snaturando la domanda 1D: con la domanda in parola non si chiedeva alla HeidelbergCement di indicare il metodo usato, se presente, per calcolare il margine lordo trimestrale, ma il metodo considerato corretto dalla suddetta impresa per calcolare detti margini. Non si tratta di una differenza di poco conto; la domanda non ha carattere meramente oggettivo, ma richiede alla ricorrente di esprimere anche un’opinione, come correttamente affermato dal Tribunale ( 93 ).

151.

Ciò premesso esaminerò, anzitutto, se il Tribunale abbia interpretato in modo eccessivamente restrittivo il diritto di non autoincriminarsi e, in secondo luogo, se tale diritto sia stato correttamente applicato nel caso in esame.

152.

Al punto 121 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sostenuto che occorre distinguere a seconda che le domande possano essere qualificate come puramente fattuali o meno. È solo nel caso in cui una domanda non possa essere qualificata come attinente puramente ai fatti che, secondo il giudice in parola, occorre verificare se essa implichi una risposta attraverso la quale l’impresa interessata sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza dell’infrazione, che deve essere provata dalla Commissione. Al punto 124, il Tribunale ha stabilito che una domanda con cui si chiede a un’impresa semplicemente di compilare dei dati, senza che debba essere espressa un’opinione al riguardo, non poteva lederne i diritti di difesa.

153.

Si tratta, a mio avviso, di un’interpretazione errata del diritto di non autoincriminarsi. Malgrado la formulazione in una certa misura ambigua del considerando 23 del regolamento n. 1/2003 ( 94 ), la questione se una domanda richieda a un’impresa di fornire esclusivamente informazioni di fatto (ad esempio, compilare dati, chiarire circostanze di fatto, descrivere eventi di natura oggettiva, ecc.) è un elemento importante a tal riguardo, ma non è necessariamente decisivo. La mancata richiesta di informazioni di carattere soggettivo ad un’impresa non esclude la possibilità che, a determinate condizioni, possa essere violato il diritto di tale impresa di non autoincriminarsi.

154.

La Corte ha fatto ripetutamente riferimento a domande che «implic[ano] una risposta attraverso la quale l’impresa interessata sarebbe indotta ad ammettere l’esistenza dell’infrazione» ( 95 ). I termini scelti dalla Corte non sono privi di significato ( 96 ). Nella causa PVC II, la Corte ha chiarito ulteriormente quale sia la verifica da compiere ai fini dell’autoincriminazione: l’aspetto centrale consiste nello stabilire se una risposta fornita da un’impresa equivarrebbe effettivamente all’ammissione di un’infrazione ( 97 ).

155.

Detta giurisprudenza significa che la Commissione non può formulare domande la cui risposta potrebbe comportare un’ammissione di colpa da parte dell’impresa di cui trattasi.

156.

Non vi è dubbio, ad esempio, a mio avviso, che la Commissione non può chiedere alle imprese se, durante un determinato incontro, i loro rappresentanti abbiano concordato con quelli di imprese concorrenti un incremento dei prezzi o abbiano accettato di non farsi concorrenza su determinati mercati nazionali. Benché tali domande possano essere descritte come puramente fattuali, esse violerebbero manifestamente il diritto dell’impresa di non autoincriminarsi, posto che una risposta equivarrebbe a un’esplicita ammissione di un’infrazione dell’articolo 101 TFUE.

157.

L’interpretazione proposta del diritto di non contribuire alla propria incriminazione trova conferma anche nella giurisprudenza della Corte. Sia nella causa Orkem che nella causa Solvay la Corte ha annullato in parte la decisione di richiesta di informazioni emessa dalla Commissione ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (CEE) n. 17 ( 98 ). La Corte ha ritenuto che alcune delle domande poste, nella misura in cui avrebbero potuto comportare un’ammissione da parte dell’impresa dell’esistenza della trasgressione, che doveva invece essere provata dalla Commissione, violavano i diritti di difesa delle suddette imprese ( 99 ). In particolare, alcune delle domande di cui sopra potevano essere definite come puramente o largamente fattuali. Nella causa Commissione/SGL Carbon, la Corte ha confermato che la Commissione non poteva obbligare un’impresa, che aveva riconosciuto di aver avvertito altre imprese dell’industria degli elettrodi di grafite della possibilità di essere assoggettate a provvedimenti di indagine della Commissione, a indicare i nomi di dette imprese ( 100 ). Anche tale domanda può essere considerata puramente fattuale.

158.

Pertanto, una domanda può, a determinate condizioni, essere censurabile perché la risposta ad essa potrebbe implicare un’ammissione di responsabilità anche se riguarda soltanto fatti e non è richiesta alcuna opinione rispetto ad essi. Il Tribunale ha quindi commesso un errore di diritto nell’interpretare il diritto di non autoincriminarsi.

159.

A fortiori, diversamente da quanto lascia intendere la Commissione, talune domande possono ledere il diritto di un’impresa di non autoincriminarsi anche quando il destinatario non è chiamato a compiere una valutazione di diritto o a fornire un parere giuridico. Ciò si evince molto chiaramente dalla giurisprudenza citata nel paragrafo 157 che precede: nessuno dei casi censurati dalla Corte prevedeva che le imprese considerate dovessero fornire un parere giuridico. Il fatto che la domanda 1D non chiedesse alla HeidelbergCement di esprimersi sulla natura giuridica non esclude quindi necessariamente la possibilità che tale domanda possa violare il diritto di non autoincriminarsi.

160.

Giunto a tale conclusione, per ragioni di completezza, esaminerò ora se il diritto di non autoincriminarsi sia stato applicato erroneamente nella fattispecie in esame.

161.

Al punto 132 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sostenuto che la valutazione che la HeidelbergCement era chiamata a compiere in base alla domanda 1D «equivale[va] a commentare il livello dei suoi margini di utili» e che ciò può «costituire un indizio rivelatore dell’esistenza di pratiche restrittive della concorrenza». Benché la formulazione della sentenza impugnata non risulti del tutto chiara, essa sembra affermare che, rispondendo alla questione in parola, la ricorrente poteva in effetti essere stata costretta ad ammettere la sua partecipazione a presunte infrazioni.

162.

Il Tribunale ha poi affermato che, nonostante la natura autoincriminatoria della domanda 1D, si doveva prendere in considerazione anche la possibilità offerta alla ricorrente, in una fase successiva del procedimento amministrativo o nell’ambito di un ricorso contro la decisione definitiva della Commissione, di avanzare un’interpretazione della sua risposta alla domanda 1D diversa da quella che avrebbe potuto prendere in considerazione la Commissione ( 101 ). Per tale ragione, il Tribunale ha respinto gli argomenti della HeidelbergCement.

163.

Il ragionamento del Tribunale è piuttosto sorprendente. Il fatto che la HeidelbergCement avrebbe potuto contestare la natura autoincriminatoria della domanda 1D se e quando la Commissione avesse deciso di adottare una decisione sanzionatoria nei suoi confronti (per non aver risposto a tale domanda o per aver violato l’articolo 101 TFUE), non significa che i giudici dell’Unione non possano (e non debbano) censurare la violazione da parte della Commissione del diritto della difesa dell’impresa nell’ambito del presente procedimento. Come indicato nei paragrafi 86 e 145 che precedono, il ragionamento del Tribunale su questo punto priverebbe il destinatario della decisione del suo diritto a ottenere il riesame dell’atto da parte dei giudici dell’Unione come espressamente previsto dall’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003.

164.

L’esigenza di tutelare immediatamente il diritto di difesa di un’impresa è – in una situazione come quella della ricorrente – tanto più importante se si considera che la Corte non ha ad oggi chiarito se un’impresa che risponde a una domanda obbligatoria autoincriminatoria rinunci, nel farlo, ai suoi diritti, con la conseguenza che la Commissione può avvalersi della suddetta risposta come prova ( 102 ). Secondo taluni autori, in tali circostanze l’impresa considerata non può poi contestare l’impiego di tali informazioni adducendo che la domanda aveva violato i suoi diritti della difesa e non avrebbe, in quanto tale, mai dovuto essere posta ( 103 ).

165.

La questione centrale su cui il Tribunale avrebbe dovuto concentrare la sua analisi è, nel contesto in parola, se rispondere alla domanda 1D sarebbe equivalso per la HeidelbergCement ad ammettere un’infrazione.

166.

Il Tribunale sembra tuttavia tralasciare tale aspetto e non prendere una posizione precisa su di esso. Personalmente, noto che la formulazione della domanda 1D presenta talune somiglianze con le due domande che la Corte ha ritenuto censurabili nelle sentenze Orkem e Solvay in quanto obbligherebbero l’impresa a riconoscere la sua partecipazione a un accordo proibito dall’(allora) articolo 85 del Trattato CEE ( 104 ). Anche nel caso in esame, non si può escludere per certo che, chiedendo il parere dell’impresa sul miglior metodo di calcolo del margine lordo trimestrale, la Commissione abbia cercato di indurla ad ammettere la sua collusione nello stabilire o coordinare i prezzi con i suoi concorrenti.

167.

Posto che il Tribunale ha, comunque, interpretato erroneamente il diritto di non autoincriminarsi, non reputo tuttavia necessario approfondire ulteriormente tale aspetto.

168.

Alla luce di quanto precede, ritengo che la sentenza impugnata debba essere annullata nei limiti in cui, ai punti da 115 a 139, essa respinge il motivo della ricorrente vertente sulla violazione del diritto di non autoincriminarsi.

VI – Conseguenze dell’analisi

169.

In forza dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. Qualora lo stato degli atti lo consenta, essa può statuire definitivamente sulla controversia. Essa può anche rinviare la causa al Tribunale.

170.

Ho concluso nel senso che cinque dei sette motivi d’impugnazione sollevati dalla ricorrente dovrebbero essere accolti e che la sentenza impugnata dovrebbe essere di conseguenza annullata.

171.

Alla luce dei dati disponibili e dello scambio di pareri dinanzi al Tribunale e dinanzi alla presente Corte, ritengo che quest’ultima possa statuire definitivamente sulla presente controversia ( 105 ).

172.

Nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la HeidelbergCement ha sollevato cinque motivi d’impugnazione a fondamento della sua domanda di annullamento della decisione impugnata.

173.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, ritengo che la decisione impugnata fosse illegittima per tre ragioni principali: essa conteneva una motivazione insufficiente rispetto allo scopo della domanda (v. paragrafi da 31 a 55 delle presenti conclusioni); essa non soddisfaceva il requisito di necessità (v. paragrafi da 70 a 95 delle presenti conclusioni) e interpretava erroneamente la nozione di «informazioni» ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 (v. paragrafi da 98 a 123 delle presenti conclusioni). Ciascuno dei suddetti errori di diritto è, da solo, sufficiente a giustificare l’annullamento dell’intera decisione. Di conseguenza, non ritengo necessario esaminare se gli altri motivi sollevati dalla ricorrente nel corso del giudizio di primo grado fossero fondati.

VII – Sulle spese

174.

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

175.

Qualora la Corte concordi con la mia valutazione dell’impugnazione, allora, in linea con gli articoli 137, 138 e 184 del regolamento di procedura, la Commissione dovrà sostenere le spese dei presenti procedimenti sia di primo grado sia d’impugnazione.

VIII – Conclusioni

176.

Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di:

annullare la sentenza del Tribunale del 14 marzo 2014 HeidelbergCement/Commissione, T‑302/11;

annullare la decisione C(2011) 2361 definitivo della Commissione, del 30 marzo 2011, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (Caso 39520 – Cemento e prodotti collegati);

condannare la Commissione alle spese relative ai due gradi di giudizio.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).

( 3 ) Schwenk Zement/Commissione (C‑248/14 P); Buzzi Unicem/Commissione (C‑267/14 P), e Italmobiliare/Commissione (C‑268/14 P).

( 4 ) Regolamento della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE (GU L 123, pag. 18).

( 5 ) EU:T:2014:128.

( 6 ) Come ho osservato in precedenti mie conclusioni, è di norma accettato che la Commissione possa godere di tali ampi poteri e di un adeguato margine di discrezionalità nell’esercitarli, dal momento che le violazioni delle disposizioni in materia di concorrenza costituiscono gravi infrazioni delle leggi economiche su cui si fonda l’Unione europea. V. le mie conclusioni nella causa Deutsche Bahn e a./Commissione (C‑583/13 P, EU:C:2015:92, paragrafo 62).

( 7 ) V., al riguardo, il considerando 1 del regolamento n. 1/2003. V. anche sentenza Hoechst/Commissione (46/87 e 227/88, EU:C:1989:337, punto 25).

( 8 ) Sentenze Solvay/Commissione (27/88, EU:C:1989:388 punti 1213), e Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punti 1516).

( 9 ) V., a tal proposito, sentenze Automec/Commissione (T‑24/90, EU:T:1992:97, punto 77), e Ufex e a./Commissione (C‑119/97 P, EU:C:1999:116, punto 88).

( 10 ) V., a tal proposito, sentenza AM & S Europe/Commissione (155/79, EU:C:1982:157).

( 11 ) V. considerando 37 del regolamento n. 1/2003. V. anche sentenza Hoechst/Commissione (46/87 e 227/88, EU:C:1989:337).

( 12 ) V., in tal senso, sentenze Hoechst/Commissione (46/87 e 227/88, EU:C:1989:337, punti 1415), e Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 32).

( 13 ) V. considerando 23 del regolamento n. 1/2003.

( 14 ) V. sentenze Hoechst/Commissione (46/87 e 227/88, EU:C:1989:337, punto 19), e Roquette Frères (C‑94/00, EU:C:2002:603, punti 27, 5052).

( 15 ) Sentenze Roquette Frères (C‑94/00, EU:C:2002:603, punto 55), e Dow Chemical Ibérica e a./Commissione (da 97/87 a 99/87, EU:C:1989:380, punto 52).

( 16 ) V., in tal senso, sentenza Roquette Frères (C‑94/00, EU:C:2002:603, punti 7680 e giurisprudenza ivi citata).

( 17 ) V., in tal senso, sentenze Commissione/SGL Carbon (C‑301/04 P, EU:C:2006:432, punto 41), e Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 61).

( 18 ) Articolo 2 del regolamento n. 1/2003.

( 19 ) V. sentenza Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 27).

( 20 ) V., in termini generali, sentenza Roquette Frères (C‑94/00, EU:C:2002:603, punto 47 e giurisprudenza citata).

( 21 ) Articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003.

( 22 ) V. sentenza Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:2030, punti 3132 e giurisprudenza ivi citata).

( 23 ) Ibidem (punti da 34 a 37 e giurisprudenza ivi citata).

( 24 ) In base all’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, la decisione «indica le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce il termine entro il quale le informazioni devono essere fornite». L’articolo 20, paragrafo 4, del medesimo regolamento stabilisce che la decisione «precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, ne fissa la data di inizio».

( 25 ) Punto 42 della sentenza impugnata.

( 26 ) Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:223, paragrafi da 35 a 38).

( 27 ) Punti 41 e 42 della sentenza impugnata.

( 28 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa BPB Industries e British Gypsum/Commissione (C‑310/93 P, EU:C:1994:408, paragrafo 22).

( 29 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Lenz nella causa SITPA (C‑27/90, EU:C:1990:407, paragrafo 59).

( 30 ) V. giurisprudenza citata al paragrafo 31 delle presenti conclusioni.

( 31 ) L’avvocato generale Kokott afferma, nelle sue conclusioni nella causa Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:223) quanto segue: «Si tratta (…) non tanto di un’indicazione il più possibile esatta dei mercati interessati, quanto piuttosto di una descrizione comprensibile per le imprese coinvolte delle violazioni delle concorrenza presunte dalla Commissione» (paragrafo 52).

( 32 ) Domanda 5 (AG) e (AH).

( 33 ) Domanda 3 (Z), (AB) e (AD).

( 34 ) Domanda 3 (AH).

( 35 ) Domanda 4 (Z).

( 36 ) Domanda 2.

( 37 ) Domanda 3 (Y) e domanda 4 (W).

( 38 ) Domanda 5 (F) e (G).

( 39 ) Domanda 5 (AF).

( 40 ) La ricorrente ha stimato che soltanto tali domande riguardavano circa 500000 operazioni economiche.

( 41 ) V. anche, infra, paragrafo 74 delle presenti conclusioni.

( 42 ) V. punto 126 della sentenza impugnata.

( 43 ) V. punto 112 della sentenza impugnata.

( 44 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa SEP/Commissione (C‑36/92 P, EU:C:1993:928, paragrafo 30).

( 45 ) V. paragrafi 99 e 100 delle mie conclusioni nella causa Buzzi Unicem/Commissione (C‑267/14 P).

( 46 ) 136/79, EU:C:1980:169, punti da 24 a 27.

( 47 ) V. paragrafo 31 delle presenti conclusioni.

( 48 ) V., ad esempio, sentenza Consiglio/Bamba (C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 54 e giurisprudenza citata).

( 49 ) V., tra le altre, sentenze Paesi Bassi/Commissione (13/72, EU:C:1973:4, punto 12), e Acciaierie e ferriere Lucchini/Commissione (1252/79, EU:C:1980:288, punto 14).

( 50 ) V. anche considerando 4 e 6 della decisione impugnata.

( 51 ) Su tali questioni, si vedano, rispettivamente, le mie conclusioni nelle cause Schwenk Zement/Commissione (C‑248/14 P), e Buzzi Unicem/Commissione (C‑267/14 P).

( 52 ) V. considerando 23 della regolamento n. 1/2003.

( 53 ) Supra, paragrafo 22 delle presenti conclusioni.

( 54 ) Sentenza AM & S Europe/Commissione (155/79, EU:C:1982:157, punto 17).

( 55 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Darmon nella causa Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:207, paragrafo 66).

( 56 ) La Corte ha ad esempio ritenuto che la Commissione, anche ove disponga già di indizi, o addirittura di elementi di prova circa l’esistenza di un’infrazione, può a buon diritto ritenere necessario richiedere ulteriori informazioni che le permettano di meglio valutare la portata della trasgressione, la sua durata o la cerchia delle imprese che vi sono coinvolte. V. sentenza Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 15).

( 57 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa SEP/Commissione (C‑36/92 P, EU:C:1993:928, paragrafo 21).

( 58 ) V. sentenze AM & S Europe/Commissione (155/79, EU:C:1982:157, punto 15), e SEP/Commissione (C‑36/92 P, EU:C:1994:205, punto 21), oltre alle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa SEP/Commissione (C‑36/92 P, EU:C:1993:928, paragrafi da 20 a 22).

( 59 ) V. sentenza Cementos Portland Valderrivas/Commissione (T‑296/11, EU:T:2014:121, punto 40).

( 60 ) In tal senso, si veda, per analogia, la sentenza Roquette Frères (C‑94/00, EU:C:2002:603, punti 5455).

( 61 ) V. paragrafo 24 delle presenti conclusioni.

( 62 ) V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:223, paragrafo 43).

( 63 ) Punto 37 della sentenza impugnata.

( 64 ) V. sentenze Dow Chemical Ibérica e a./Commissione (da 97/87 a 99/87, EU:C:1989:380, punto 45), e Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:2030, punto 35).

( 65 ) V., per analogia, sentenza Roquette Frères (C‑94/00, EU:C:2002:603, punto 54).

( 66 ) Sentenza Cementos Portland Valderrivas/Commissione (T‑296/11, EU:T:2014:121, punti da 41 a 56).

( 67 ) Sentenza Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione (T‑446/05, EU:T:2010:165, punto 333 e giurisprudenza citata).

( 68 ) V. conclusioni nella causa SEP/Commissione (C‑36/92 P, EU:C:1993:928, paragrafo 34).

( 69 ) V. punti da 71 a 74 della sentenza impugnata e giurisprudenza citata.

( 70 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Darmon nella causa Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:207, paragrafo 66).

( 71 ) Punti 64 e 70 della sentenza impugnata.

( 72 ) Punti da 76 a 79 della sentenza impugnata.

( 73 ) Citato anche nel punto 84 della sentenza impugnata.

( 74 ) Alle imprese sottoposte ai procedimenti suddetti è riconosciuto, entro certi limiti, solo il diritto a non autoincriminarsi: v., infra, paragrafi da 149 a 168 delle presenti conclusioni.

( 75 ) Sentenza Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 27).

( 76 ) Supra, paragrafo 25 delle presenti conclusioni.

( 77 ) Non è privo di interesse osservare che il diritto di emettere richieste di informazioni giuridicamente vincolanti limita la necessità per tale istituzione di effettuare ispezioni in loco presso i locali commerciali delle imprese. È evidente che le richieste di informazioni incidono, di norma, meno sulla privacy di un’impresa e risultano meno invasive per l’attività ordinaria. V. conclusioni dell’avvocato generale Darmon nella causa Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:207, paragrafo 155).

( 78 ) Supra, paragrafo 26 delle presenti conclusioni.

( 79 ) Supra, paragrafo 99 delle presenti conclusioni.

( 80 ) Punto 85 e 86 della sentenza impugnata.

( 81 ) Punti 96 e 106 della sentenza impugnata.

( 82 ) Punti da 89 a 108 della sentenza impugnata.

( 83 ) L’allegato II (istruzioni dettagliate per rispondere al questionario) e l’allegato III (modelli di risposta) della decisione impugnata si compongono complessivamente di quasi 30 pagine di istruzioni estremamente dettagliate.

( 84 ) Informazioni del tipo indicato ai paragrafi da 108 a 110 delle presenti conclusioni.

( 85 ) V., per analogia, sentenza Roquette Frères (C‑94/00, EU:C:2002:603, punto 79).

( 86 ) Punto 111 della sentenza impugnata.

( 87 ) Punto 104 della sentenza impugnata.

( 88 ) Punti 112 e 113 della sentenza impugnata.

( 89 ) V., a tal proposito, per analogia, sentenza Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 42).

( 90 ) Nella parte in cui prevede che «[la decisione della Commissione fa] menzione inoltre del diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso la decisione».

( 91 ) V., in particolare, sentenze Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 35), e Solvay/Commissione (27/88, EU:C:1989:388, punto 32).

( 92 ) Punti da 128 a 131 della sentenza impugnata.

( 93 ) Punti 126 e 132 della sentenza impugnata.

( 94 ) Il considerando 23 si riferisce, come ricordato, a «quesiti concreti». La difficoltà di individuare i requisiti migliori al fine di identificare la tipologia di domanda che, in ragione del suo contenuto di fatto, non può violare il diritto di non autoincriminarsi, risulta anche dalla giurisprudenza. Ad esempio, nelle sue conclusioni nella causa Commissione/SGL Carbon (C‑301/04 P, EU:C:2006:53, paragrafo 77), l’avvocato generale Geelhoed faceva riferimento a una domanda che «riguarda fatti di natura oggettiva». Il Tribunale ha fatto in genere ricorso a espressioni quali domande «di mero fatto» oppure «domande puramente fattuali» [v., ad esempio, sentenze Mannesmannröhren-Werke/Commissione (T‑112/98, EU:T:2001:61, punto 77), e Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione (da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, EU:T:2006:396, punto 539)]. È interessante osservare che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha, talvolta, escluso una violazione del diritto a non autoincriminarsi con riferimento a domande che richiedevano ai singoli di «affermare un semplice fatto» che «non è in sé auto discriminatorio» (v. Weh/Austria, n. 38544/97, Corte eur. D.U. 2004; e O’Halloran e Francis/Regno Unito, n. 15809/02 e n. 25624/02, Corte eur. D.U. 2008).

( 95 ) Sentenza Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 35), e Solvay/Commissione (27/88, EU:C:1989:388, punto 32).

( 96 ) In francese (lingua processuale nelle cause Orkem e Solvay) tale aspetto è altrettanto significativo. Nella parte di rilievo il testo è formulato come segue: «la Commission ne saurait imposer à l’entreprise l’obligation de fournir des réponses par lesquelles celle-ci serait amenée à admettre l’existence de l’infraction» (il corsivo è mio).

( 97 ) Sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 273) (in prosieguo: «PVC II») (il corsivo è mio).

( 98 ) Regolamento del Consiglio, del 6 febbraio 1962, Primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato (GU 13, pag. 204).

( 99 ) V. sentenze Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punti 38, 3941), e Solvay/Commissione (27/88, EU:C:1989:388, punti da 35 a 37).

( 100 ) C‑301/04 P, EU:C:2006:432, punti da 66 a 70, e conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella medesima causa, EU:C:2006:53, paragrafi da 70 a 77.

( 101 ) Punto 133 della sentenza impugnata.

( 102 ) V., ad esempio, PVC II, punti da 286 a 292.

( 103 ) V, ad esempio, Nuijten, J., «The Investigation of Cartels — Public Enforcer’s Perspective», in Wijckmans, Tuytschaever (a cura di), Horizontal Agreements e Cartels in EU Competition Law, Oxford University Press, 2015, pag. 128.

( 104 ) V., in particolare, sentenze Orkem/Commissione (374/87, EU:C:1989:387, punto 39), e Solvay/Commissione (27/88, EU:C:1989:388, punto 36).

( 105 ) Ciò è vero per tutti i motivi di impugnazione ad eccezione del sesto. Se la Corte dovesse accogliere solo detto motivo di impugnazione, allora la sentenza impugnata dovrebbe essere annullata limitatamente ai punti da 109 a 114 e – in ragione dei vizi di motivazione della sentenza in parola rispetto al motivo della ricorrente attinente alla mancanza di dettagli di talune domande – rimessa a detto giudice per una nuova valutazione della questione.