SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

16 aprile 2015 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Direttiva 2005/36/CE — Articolo 10 — Riconoscimento delle qualifiche professionali — Accesso alla professione di architetto — Titoli non rientranti tra quelli di cui all’allegato V, punto 5.7.1 — Nozioni di “ragione specifica ed eccezionale” e di “architetto”»

Nella causa C‑477/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesverwaltungsgericht (Germania), con decisione del 10 luglio 2013, pervenuta in cancelleria il 5 settembre 2013, nel procedimento

Eintragungsausschuss bei der Bayerischen Architektenkammer

contro

Hans Angerer,

con l’intervento di:

Vertreter des Bundesinteresses beim Bundesverwaltungsgericht,

Landesanwaltschaft Bayern als Vertreter des öffentlichen Interesses,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, K. Lenaerts, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Quarta Sezione, K. Jürimäe (relatore), J. Malenovský e A. Prechal, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 luglio 2014,

considerate le osservazioni presentate:

per l’Eintragungsausschuss bei der Bayerischen Architektenkammer, da A. Graf von Keyserlingk e J. Buntrock, Rechtsanwälte;

per H. Angerer, da H. Olschewski, Rechtsanwalt;

per il Landesanwaltschaft Bayern als Vertreter des öffentlichen Interesses, da C. Zappel e R. Käβ, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da T. Henze e J. Möller, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e M. de Ree, in qualità di agenti;

per il governo rumeno, da R. Haţieganu e A. Vacaru, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da G. Braun e H. Støvlbæk, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 novembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255, pag. 22, e rettifiche in GU 2007, L 271, pag. 18, e GU 2008, L 93, pag. 28), come modificata dal regolamento (CE) n. 279/2009 della Commissione, del 6 aprile 2009 (GU L 93, pag. 11; in prosieguo: la «direttiva 2005/36»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Eintragungsausschuss bei der Bayerischen Architektenkammer (commissione per l’iscrizione presso l’Ordine degli architetti del Land di Baviera; in prosieguo: la «Bayerische Architektenkammer») e il sig. Angerer, in ordine alla domanda di iscrizione di quest’ultimo all’Ordine degli architetti del Land di Baviera.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

La direttiva 2005/36 ha abrogato la direttiva 85/384/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1985, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell’architettura e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi (GU L 223, pag. 15).

4

I considerando 17, 19 e 28 della direttiva 2005/36 così recitano:

«(17)

Per contemplare tutte le situazioni per le quali non esistono ancora norme relative al riconoscimento delle qualifiche professionali, il regime generale andrebbe esteso ai casi non inclusi in un regime specifico, sia nel caso in cui la professione interessata non sia disciplinata da uno di tali regimi sia nel caso in cui, pur essendo la professione disciplinata da un regime specifico, il richiedente per una ragione particolare ed eccezionale non soddisfi le condizioni per beneficiarne.

(…)

(19)

La libera circolazione e il riconoscimento reciproco dei titoli di formazione di (…) architetto dovrebbero fondarsi sul principio fondamentale del riconoscimento automatico dei titoli di formazione in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione. (…)

(…)

(28)

Le norme nazionali nel settore dell’architettura per l’accesso e l’esercizio delle attività professionali d’architetto hanno ambiti di applicazione molto diversi. Nella maggior parte degli Stati membri, le attività nel campo dell’architettura sono esercitate, di diritto o di fatto, da persone aventi il titolo di architetto, solo o insieme a un’altra denominazione, senza con ciò beneficiare di un monopolio nell’esercizio di tali attività, salvo norme legislative contrarie. Le attività, o alcune di esse, possono anche essere esercitate da altri professionisti, come gli ingegneri in possesso di una formazione particolare in campo edile o dell’arte di costruire. Per semplificare la presente direttiva, è opportuno riferirsi alla nozione di “architetto” per delimitare l’ambito di applicazione delle norme sul riconoscimento automatico dei titoli di formazione nel settore dell’architettura, fatte salve le particolarità delle norme nazionali che disciplinano tali attività».

5

L’articolo 1 di tale direttiva, rubricato «Oggetto», così prevede:

«La presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato “Stato membro ospitante”), che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (in seguito denominati “Stati membri d’origine”) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione».

6

L’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«Il riconoscimento delle qualifiche professionali da parte dello Stato membro ospitante permette al beneficiario di accedere in tale Stato membro alla stessa professione per la quale è qualificato nello Stato membro d’origine e di esercitarla alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro ospitante».

7

Il titolo III della direttiva 2005/36, intitolato «Libertà di stabilimento», contiene quattro capi. Al capo I del suddetto titolo III, intitolato «Regime generale di riconoscimento di titoli di formazione», l’articolo 10 di tale direttiva così dispone:

«Il presente capo si applica a tutte le professioni non coperte dai capi II e III del presente titolo e nei seguenti casi in cui i richiedenti, per una ragione specifica ed eccezionale, non soddisfano le condizioni previste in detti capi:

a)

per le attività elencate all’allegato IV, qualora il migrante non soddisfi i requisiti di cui agli articoli 17, 18 e 19;

b)

per i medici chirurgo con formazione di base, i medici chirurghi specialisti, gli infermieri responsabili dell’assistenza generale, i dentisti, i dentisti specialisti, i veterinari, le ostetriche, i farmacisti e gli architetti, qualora il migrante non soddisfi i requisiti di pratica professionale effettiva e lecita previsti agli articoli 23, 27, 33, 37, 39, 43 e 49;

c)

per gli architetti, qualora il migrante sia in possesso di un titolo di formazione non elencato all’allegato V, punto 5.7;

d)

fatti salvi gli articoli 21, paragrafo 1, 23 e 27 per i medici, gli infermieri, i dentisti, i veterinari, le ostetriche, i farmacisti e gli architetti in possesso di titoli di formazione specialistica, che devono seguire la formazione che porta al possesso dei titoli elencati all’allegato V, punti 5.1.1, 5.2.2, 5.3.2, 5.4.2, 5.5.2, 5.6.2 e 5.7.1, e solamente ai fini del riconoscimento della pertinente specializzazione;

e)

per gli infermieri responsabili dell’assistenza generale e per gli infermieri specializzati in possesso di titoli di formazione specialistica, che hanno seguito la formazione che porta al possesso dei titoli elencati all’allegato V, punto 5.2.2, qualora il migrante chieda il riconoscimento in un altro Stato membro in cui le pertinenti attività professionali sono esercitate da infermieri specializzati sprovvisti della formazione di infermiere responsabile dell’assistenza generale;

f)

per gli infermieri specializzati sprovvisti della formazione di infermiere responsabile dell’assistenza generale, qualora il migrante chieda il riconoscimento in un altro Stato membro in cui le pertinenti attività professionali sono esercitate da infermieri responsabili dell’assistenza generale, da infermieri specializzati sprovvisti della formazione di infermiere responsabile dell’assistenza generale o da infermieri specializzati in possesso di titoli di formazione specialistica, che hanno seguito la formazione che porta al possesso dei titoli elencati all’allegato V, punto 5.2.2;

g)

per i migranti in possesso dei requisiti previsti all’articolo 3, paragrafo 3».

8

Al capo III del titolo III di detta direttiva, intitolato «Riconoscimento in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione», l’articolo 21 della medesima direttiva, rubricato «Principio di riconoscimento automatico», al suo paragrafo 1 così prevede:

«Ogni Stato membro riconosce i titoli di formazione (…) di architetto, di cui all’allegato V, [punto 5.7.1], conformi alle condizioni minime di formazione di cui [all’articolo 46], e attribuisce loro, ai fini dell’accesso alle attività professionali e del loro esercizio, gli stessi effetti sul suo territorio che hanno i titoli di formazione che esso rilascia.

I titoli di formazione devono essere rilasciati dai competenti organismi degli Stati membri ed essere eventualmente accompagnati dai certificati di cui all’allegato V, [punto 5.7.1].

(…)».

9

L’articolo 46, paragrafo 1, della direttiva 2005/36, rubricato «Formazione di architetto», così recita:

«La formazione di architetto comprende almeno quattro anni di studi a tempo pieno oppure sei anni di studi, di cui almeno tre a tempo pieno, in un’università o un istituto di insegnamento comparabile. Tale formazione deve essere sancita dal superamento di un esame di livello universitario.

Questo insegnamento di livello universitario il cui elemento principale è l’architettura, deve mantenere un equilibrio tra gli aspetti teorici e pratici della formazione in architettura e garantire l’acquisizione delle seguenti conoscenze e competenze:

(…)».

10

L’articolo 48 di detta direttiva, rubricato «Esercizio dell’attività professionale di architetto», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, le attività professionali di architetto sono quelle abitualmente esercitate con il titolo professionale di architetto».

11

L’allegato V, punto 5.7.1, della medesima direttiva elenca, per ogni Stato membro, i titoli di formazione che consentono di ottenere l’accesso alla professione di architetto, gli organismi competenti a rilasciare tali titoli nonché i certificati complementari che li accompagnano.

Il diritto tedesco

12

In base alla Costituzione tedesca, la normativa inerente alla professione di architetto rientra, in Germania, nella competenza legislativa dei Länder. L’articolo 4 del Gesetz über die Bayerische Architektenkammer und die Bayerische Ingenieurekammer‑Bau (legge del Land di Baviera sull’Ordine bavarese degli architetti e sull’Ordine bavarese degli ingegneri edili), del 9 maggio 2007 (GVBl. pag. 308; in prosieguo: il «BauKaG»), così recita:

«(…)

(2)   È iscritto all’albo degli architetti, su richiesta, chiunque:

1.

risieda, sia domiciliato o abbia la sede principale dei propri affari in Baviera;

2.

abbia concluso con successo un corso di studi superiori

a)

della durata di almeno quattro anni per l’acquisizione delle competenze di cui all’articolo 3, paragrafo 1, nel campo dell’architettura (settore edilizia) oppure

b)

della durata di almeno tre anni per l’acquisizione delle competenze di cui all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, nel campo dell’architettura d’interni o della paesaggistica in un istituto di studi superiori tedesco,

in una scuola tedesca per ingegneri (accademia) pubblica o parificata oppure in un istituto di formazione tedesco equivalente, e

3.

abbia successivamente effettuato un periodo di pratica nella relativa specializzazione della durata di almeno due anni.

Ai fini dell’espletamento del periodo di pratica devono essere computati i corsi di formazione continua organizzati dall’Ordine degli architetti nell’ambito della progettazione tecnica ed economica nonché del diritto dell’edilizia.

(…)

(5)   Le condizioni di cui al precedente paragrafo 2, prima frase, n. 2, lettera a), e n. 3 sono soddisfatte anche se un cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente l’Accordo sullo Spazio economico europeo, per una ragione specifica ed eccezionale ai sensi dell’articolo 10, lettere b), c), d) e g), della direttiva [2005/36], non soddisfa le condizioni per il riconoscimento del proprio titolo di formazione in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione ai sensi della direttiva [2005/36], quando sussistano inoltre le condizioni di cui all’articolo 13 della direttiva [2005/36]; in tal caso, i titoli di formazione sono assimilati ai sensi dell’articolo 12 della direttiva [2005/36]. (...)

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13

Dal marzo 2007 il sig. Angerer, cittadino tedesco, esercita, in Austria, l’attività di «planender Baumeister» (perito edile). Il sig. Angerer, che risiede sia in Baviera sia in Austria, il 25 aprile 2008 ha presentato presso la Bayerische Architektenkammer domanda di iscrizione all’albo dei prestatori di servizi esteri dell’Ordine degli architetti del Land di Baviera.

14

Alla data di detta domanda, il sig. Angerer aveva superato, in Austria, l’esame di abilitazione alla professione di perito edile. Egli era inoltre in possesso, in Germania o in Austria, a seconda dei casi, di altre qualifiche, quali l’idoneità professionale all’esercizio del mestiere di pittore e verniciatore, la qualifica di economista aziendale dell’artigianato, l’idoneità professionale all’esercizio del mestiere di stuccatore, il perfezionamento in consulenza energetica nonché l’idoneità professionale all’esercizio del mestiere di muratore.

15

Con decisione del 18 giugno 2009, la Bayerische Architektenkammer ha respinto la domanda d’iscrizione del sig. Angerer. La Bayerische Ingenieurekammer Bau (Ordine degli ingegneri edili della Baviera), dal canto suo, con decisione del 17 marzo 2010 l’ha iscritto in un registro istituito in conformità dell’articolo 61, paragrafo 7, del regolamento edilizio della Baviera (Bayerische Bauordnung), consentendogli così di presentare progetti di costruzione in Baviera. Il sig. Angerer non è pertanto soggetto ad alcuna restrizione nell’esercizio delle attività di «perito edile» per le quali possiede una qualifica in Austria.

16

In seguito al ricorso proposto dal sig. Angerer contro la decisione di diniego dell’iscrizione, del 18 giugno 2009, il Bayerisches Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo del Land di Baviera), con sentenza del 22 settembre 2009, ha annullato detta decisione e ha ingiunto alla Bayerische Architektenkammer di iscrivere il sig. Angerer all’albo dei fornitori di servizi esteri.

17

La Bayerische Architektenkammer ha impugnato tale sentenza dinanzi al Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (giudice amministrativo di secondo grado del Land di Baviera). Nel corso del giudizio d’appello, su domanda del giudice e con il consenso della Bayerische Architektenkammer, il sig. Angerer ha modificato l’oggetto della sua domanda iniziale, chiedendo l’iscrizione all’Ordine degli architetti e non più all’albo dei fornitori di servizi esteri.

18

Con sentenza del 20 settembre 2011, il Bayerischer Verwaltungsgerichtshof ha accolto la nuova domanda del sig. Angerer con la motivazione che i presupposti per l’iscrizione all’Ordine degli architetti, come menzionati all’articolo 4, paragrafo 5, del BauKaG, risultavano soddisfatti.

19

La Bayerische Architektenkammer ha proposto un ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al giudice del rinvio. Quest’ultimo giudice rileva che lo scopo dell’articolo 4, paragrafo 5, del BauKaG è quello di recepire la direttiva 2005/36 nel diritto tedesco. Tale disposizione corrisponderebbe, segnatamente, all’articolo 10, lettera c), di detta direttiva. Il giudice del rinvio ritiene quindi decisivo, nell’ambito della controversia di cui è investito, chiarire le condizioni imposte dall’articolo 10, lettera c), della suddetta direttiva, delimitando il contenuto delle nozioni di «ragione specifica ed eccezionale» e di «architetto» di cui a detto articolo.

20

Da un lato, per quanto riguarda la nozione di «ragione specifica ed eccezionale», il giudice del rinvio ritiene che le situazioni elencate all’articolo 10, lettere da b) a d) e g), della direttiva 2005/36 non costituiscano, di per sé, una «ragione specifica ed eccezionale», ai sensi dell’articolo 10 di detta direttiva, e che il richiedente debba inoltre addurre e dimostrare più ampi motivi, attinenti, ad esempio, alla sua storia personale, per i quali il medesimo non avrebbe soddisfatto le condizioni che avrebbero consentito un riconoscimento automatico dei titoli di formazione sulla base del coordinamento delle condizioni minime di formazione, ai sensi di detta direttiva.

21

Dall’altro lato, per quanto riguarda la nozione di «architetto», il giudice del rinvio constata che, nel diritto austriaco, un perito edile è autorizzato a progettare edifici, opere di ingegneria civile e altre costruzioni, a realizzare tutti i rispettivi calcoli, a dirigerne i lavori, ad eseguirli nonché a dirigerne la demolizione. Tali competenze sarebbero comuni ai periti edili e agli architetti. Tuttavia, ad avviso dello stesso giudice del rinvio occorre determinare se la nozione di «architetto», ai sensi dell’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36, presupponga che nel suo Stato membro d’origine il lavoratore migrante abbia svolto, o avrebbe potuto svolgere in virtù della sua formazione, oltre ad attività tecniche di progettazione edilizia, sovraintendenza ai lavori ed esecuzione, anche attività di concezione artistica ed economica dell’edificio, attività urbanistiche, o anche attività di conservazione dei monumenti.

22

In tale contesto, il Bundesverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

a)

Se una “ragione specifica ed eccezionale” ai sensi dell’articolo 10 della direttiva 2005/36 sia costituita da una delle circostanze definite nelle categorie successive (…), oppure se a queste circostanze si debba aggiungere anche una “ragione specifica ed eccezionale” per la quale il richiedente non soddisfa le condizioni di cui ai capi II e III del titolo III della direttiva.

b)

In quest’ultimo caso, di che genere debba essere la “ragione specifica ed eccezionale”. Se si debba trattare di ragioni personali – ad esempio, biografiche – per le quali, eccezionalmente, il migrante non soddisfa le condizioni per il riconoscimento automatico della sua formazione ai sensi del capo III del titolo III della direttiva.

2)

a)

Se la nozione di “architetto” ai sensi dell’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 presupponga che nello Stato membro d’origine il migrante abbia svolto, o avrebbe potuto svolgere in virtù della sua formazione, oltre alle attività tecniche di progettazione edilizia, sovraintendenza ai lavori e costruzione edilizia anche attività di concezione artistica, urbanistica, economica ed eventualmente attività di conservazione del patrimonio architettonico e, se del caso, in che misura.

b)

Se la nozione di “architetto” ai sensi dell’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 presupponga che il migrante abbia una formazione di livello universitario, principalmente focalizzata sull’architettura intesa come comprensiva, oltre che degli aspetti tecnici afferenti alla progettazione edilizia, alla sovraintendenza ai lavori e alla costruzione edilizia, anche degli aspetti di concezione artistica, urbanistica, economica ed eventualmente di conservazione del patrimonio architettonico e, se del caso, in che misura.

c)

i)

Se, ai fini delle risposte ai quesiti sub a) e b), rilevi il modo in cui il titolo professionale di “architetto” è utilizzato abitualmente negli altri Stati membri (articolo 48, paragrafo 1, della direttiva 2005/36);

ii)

oppure se sia sufficiente accertare come il titolo professionale di “architetto” sia utilizzato abitualmente nello Stato membro d’origine e nello Stato membro ospitante;

iii)

oppure se si possa dedurre dall’articolo 46, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva la gamma delle attività legate abitualmente al titolo di “architetto” nel territorio dell’Unione europea».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione, sub a)

23

Con la sua prima questione, sub a), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 debba essere interpretato nel senso che il richiedente che intende beneficiare del regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione, di cui al capo I del titolo III di tale direttiva, oltre ad essere in possesso di un titolo di formazione non rientrante tra quelli di cui all’allegato V, punto 5.7.1, di detta direttiva, deve anche dimostrare l’esistenza di una «ragione specifica ed eccezionale».

24

In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 10 della direttiva 2005/36 definisce il campo di applicazione del regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione previsto al capo I del titolo III della medesima direttiva. Detto regime prevede un esame caso per caso da parte delle autorità dello Stato membro ospitante delle qualifiche professionali acquisite dal richiedente nel suo Stato membro d’origine. Per quanto concerne gli architetti, il campo di applicazione è circoscritto all’articolo 10, lettera c), di detta direttiva.

25

Tuttavia, la direttiva 2005/36 prevede, come emerge anche dal suo considerando 19, che, per quanto riguarda in particolare la professione di architetto, il riconoscimento reciproco dei titoli di formazione dovrebbe fondarsi sul principio del riconoscimento automatico di detti titoli di formazione, basato sul coordinamento delle condizioni minime di formazione. Detto regime automatico di riconoscimento dei titoli di formazione è disciplinato dal capo III del titolo III della direttiva 2005/36.

26

Secondo costante giurisprudenza, per determinare la portata di una disposizione del diritto dell’Unione, nel caso di specie l’articolo 10 della direttiva 2005/36, occorre tener conto allo stesso tempo del suo tenore letterale, del suo contesto e delle sue finalità (sentenza Spedition Welter, C‑306/12, EU:C:2013:650, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

27

Quanto alla formulazione dell’articolo 10 della direttiva 2005/36, occorre osservare che la frase introduttiva di tale articolo subordina, per quanto concerne le professioni che rientrano, in via di principio, nel regime di riconoscimento automatico dei titoli di formazione, l’applicazione del regime generale di riconoscimento di detti titoli a due condizioni, ossia, da un lato, che il richiedente non soddisfi le condizioni previste per l’applicazione del regime automatico e, dall’altro, che esista una ragione specifica ed eccezionale per la quale il richiedente si trovi in una situazione siffatta.

28

Tale interpretazione è confermata dal testo del considerando 17 della direttiva 2005/36, secondo il quale il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali è applicabile quando il richiedente non soddisfa, per una ragione particolare ed eccezionale, le condizioni per beneficiare del regime di riconoscimento automatico.

29

La frase introduttiva dell’articolo 10 della direttiva 2005/36 è seguita dalle lettere da a) a g), le quali precisano la portata dell’una o dell’altra delle due condizioni poste da detta frase introduttiva. Tali lettere sono applicabili ad una o a più professioni specifiche ovvero, trasversalmente, ad un insieme di professionisti che si trovino in una situazione particolare.

30

L’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36, che concerne in particolare la professione di architetto, riguarda una situazione di fatto particolare, vale a dire quella in cui un richiedente non possiede un titolo di formazione figurante tra quelli elencati all’allegato V, punto 5.7.1, di tale direttiva. Orbene, in forza dell’articolo 21, paragrafo 1, di detta direttiva, il possesso di uno dei titoli di formazione elencati in tale allegato è la condizione per l’applicazione del regime automatico di riconoscimento dei titoli di formazione, previsto al capo III del titolo III della medesima direttiva, agli architetti. Pertanto, l’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 si riferisce soltanto alla prima delle due condizioni contemplate dalla frase introduttiva di detto articolo, ossia quella relativa al non soddisfacimento delle condizioni previste per l’applicazione del regime automatico.

31

Tuttavia, tale circostanza non può comportare, nei confronti degli architetti che possiedono titoli di formazione non rientranti tra quelli di cui all’allegato V, punto 5.7.1, della direttiva 2005/36, l’inapplicabilità della seconda condizione posta dalla frase introduttiva dell’articolo 10 della medesima direttiva, atteso che le due condizioni sono cumulative.

32

Ne deriva che, conformemente al tenore dell’articolo 10 di detta direttiva, un richiedente che intende beneficiare del regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione, applicabile agli architetti, dovrà non soltanto dimostrare di trovarsi nella situazione di cui all’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36, vale a dire di non possedere alcun titolo di formazione tra quelli menzionati in detto allegato V, punto 5.7.1, ma anche addurre una «ragione specifica ed eccezionale» per la quale si trova in tale situazione.

33

Una siffatta interpretazione è conforme alle intenzioni del legislatore dell’Unione, quali emergono dai lavori preparatori della direttiva 2005/36. Per quanto riguarda l’articolo 10 di tale direttiva, infatti, la proposta iniziale della Commissione europea, quale risulta dalla proposta di direttiva del Parlamento europea e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali [COM(2002) 119 definitivo] (GU 2002, C 181 E, pag. 183), non menziona né la nozione di «ragione specifica ed eccezionale» né l’articolo 10, lettere da a) a g) della direttiva 2005/36. Tale nozione e tali disposizioni sono state aggiunte su iniziativa del Consiglio dell’Unione europea nella posizione comune (CE) n. 10/2005 adottata dal Consiglio il 21 dicembre 2004 in vista dell’adozione della direttiva 2005/…/CE del Parlamento europeo e del Consiglio … relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, C 58 E, pag. 1). Dall’esposizione dei motivi del Consiglio (GU 2005, C 58 E, pag. 119) emerge che quest’ultimo riteneva che la proposta iniziale della Commissione relativa all’articolo 10 di tale direttiva avesse una portata troppo estesa. Il Consiglio precisa nei suoi motivi, inoltre, che «il regime generale dovrebbe applicarsi soltanto alle professioni escluse dai capitoli II e III del titolo III, nonché ai casi particolari di cui all’articolo 10, lettere da a) a g) della posizione comune in cui il richiedente, pur appartenendo a una professione contemplata da questi capitoli non corrisponde, per motivi specifici ed eccezionali, ai requisiti in essi fissati».

34

Inoltre, l’impianto sistematico e l’obiettivo della direttiva 2005/36 ostano ad un’interpretazione in senso lato della nozione di «ragione specifica ed eccezionale», secondo la quale detta ragione non costituirebbe una condizione autonoma rispetto a quella di cui all’articolo 10, lettera c), di tale direttiva.

35

Quanto al sistema della direttiva 2005/36, per quanto concerne la professione di architetto, dal considerando 19 della stessa risulta che le qualifiche professionali degli architetti seguono in via prioritaria il regime di riconoscimento automatico dei titoli di formazione, previsto agli articoli 21 e 46 nonché all’allegato V, punto 5.7.1, di detta direttiva.

36

Per quanto riguarda l’obiettivo della direttiva 2005/36, dai suoi articoli 1 e 4 risulta che lo scopo essenziale del riconoscimento reciproco consiste nel consentire al titolare di una qualifica professionale che gli apre l’accesso ad una professione regolamentata nel suo Stato membro d’origine di accedere, nello Stato membro ospitante, alla stessa professione per la quale egli è qualificato nello Stato membro d’origine e di esercitarla sul suo territorio alle stesse condizioni dei suoi cittadini (sentenza Ordine degli architetti, C‑365/13, EU:C: 2014:280, punto 19).

37

Orbene, interpretare l’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 nel senso che non è richiesta la prova di una ragione specifica ed eccezionale da parte dei richiedenti che non soddisfano le condizioni enunciate al capo III del titolo III di tale direttiva potrebbe avere come conseguenza che allo Stato membro ospitante venga imposto di esaminare i titoli di formazione posseduti da un richiedente anche laddove quest’ultimo non possieda le qualifiche necessarie all’esercizio della professione di architetto nel suo Stato membro di origine, il che contrasterebbe con l’obiettivo di detta direttiva.

38

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione, sub a), dichiarando che l’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 deve essere interpretato nel senso che il richiedente che intende beneficiare del regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione, di cui al capo I del titolo III di tale direttiva, oltre ad essere in possesso di un titolo di formazione non rientrante tra quelli di cui all’allegato V, punto 5.7.1, di detta direttiva, deve anche dimostrare l’esistenza di una «ragione specifica ed eccezionale».

Sulla prima questione, sub b)

39

Con la sua prima questione, sub b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, quale tipo di circostanza possa configurare una «ragione specifica ed eccezionale», ai sensi dell’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36.

40

Il sig. Angerer, i governi tedesco e rumeno nonché la Commissione ritengono che la nozione di «ragione specifica ed eccezionale» rinvii a circostanze relative a possibili ostacoli istituzionali e strutturali derivanti dalla situazione concreta dello Stato membro interessato. Il sig. Angerer, il Landesanwaltschaft Bayern als Vertreter des öffentlichen Interesses e la Commissione ritengono, inoltre, che detta ragione copra anche circostanze relative alla situazione personale del richiedente, segnatamente al suo curriculum vitae, all’andamento della sua attività scolastica o ad eventi inerenti alla sua vita privata. Il governo tedesco sostiene che, se simili circostanze personali possono configurare una «ragione specifica ed eccezionale», occorre assicurarsi che il richiedente possieda tutte le capacità professionali che gli consentano di esercitare l’attività di architetto.

41

A tal proposito la Corte ha dichiarato, nella sentenza Dreessen (C‑31/00, EU:C:2002:35, punti 27 e 28), che gli Stati membri devono rispettare i loro obblighi in materia di riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, come risultano dall’interpretazione data dalla Corte agli articoli 49 TFUE e 53 TFUE, in occasione di qualsiasi esame di una domanda d’autorizzazione ad esercitare la professione di architetto ove il richiedente non possa invocare il meccanismo di riconoscimento automatico delle qualifiche professionali. Ciò può verificarsi in particolare nel caso in cui, a seguito di un errore delle autorità competenti dello Stato membro interessato, il titolo di formazione in possesso del richiedente non sia stato notificato alla Commissione.

42

Parimenti, dalla sentenza Hocsman (C‑238/98, EU:C:2000:440, punto 23) deriva che gli Stati membri devono rispettare i loro obblighi in materia di riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, come risulta dall’articolo 49 TFUE, allorché il richiedente non può invocare il meccanismo di riconoscimento delle qualifiche professionali previsto dalla direttiva pertinente a motivo del luogo in cui ha ottenuto il titolo di formazione in questione e del suo percorso accademico e professionale.

43

Dai lavori preparatori della direttiva 2005/36, in particolare dall’esposizione dei motivi del Consiglio, di cui al punto 33 della presente sentenza, emerge che le situazioni oggetto delle sentenze Hocsman (C‑238/98, EU:C:2000:440) e Dreessen (C‑31/00, EU:C:2002:35) sono, segnatamente, all’origine dell’adozione dell’articolo 10 di tale direttiva. Ne consegue che la «ragione specifica ed eccezionale», contemplata da detto articolo, può coprire sia circostanze relative a possibili ostacoli istituzionali e strutturali derivanti dalla situazione concreta dello Stato membro interessato sia circostanze legate alla situazione personale del richiedente.

44

Al fine di delimitare la portata della nozione di «ragione specifica ed eccezionale», occorre inoltre tener conto dell’obiettivo della direttiva 2005/36, come ricordato al punto 36 della presente sentenza, che consiste nel consentire al titolare di una qualifica professionale che gli apre l’accesso ad una professione regolamentata nel suo Stato membro d’origine di accedere, nello Stato membro ospitante, alla stessa professione per la quale egli è qualificato nello Stato membro d’origine.

45

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione, sub b), dichiarando che l’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «ragione specifica ed eccezionale», ai sensi di tale disposizione, si riferisce alle circostanze per le quali il richiedente non possiede un titolo tra quelli elencati all’allegato V, punto 5.7.1, di tale direttiva, fermo restando che detto richiedente non può avvalersi del fatto di possedere qualifiche professionali che, nel suo Stato membro di origine, gli aprono l’accesso ad una professione diversa da quella che intende esercitare nello Stato membro ospitante.

Sulla seconda questione

46

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «architetto», di cui a tale disposizione, da un lato, deve essere definita alla luce della normativa dello Stato membro di origine, di quella dello Stato membro ospitante, di quella di altri Stati membri o alla luce delle condizioni enunciate dall’articolo 46 di tale direttiva e, dall’altro, impone che il richiedente sia in possesso di una formazione e di un’esperienza che si estendano non solo ad attività tecniche di progettazione edilizia, sovraintendenza ai lavori ed esecuzione, ma anche ad attività attinenti alla concezione artistica ed economica dell’edificio, ad attività urbanistiche, oppure ad attività di conservazione dei monumenti.

47

A tale riguardo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza applicabile alla direttiva 85/384, spetta alla normativa nazionale dello Stato membro ospitante individuare le attività rientranti nel settore dell’architettura, atteso che tale direttiva non si propone di disciplinare le condizioni di accesso alla professione di architetto, né di definire la natura delle attività svolte di suoi membri (v., in tal senso, sentenza Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia e a., C‑111/12, EU:C:2013:100, punto 42).

48

La constatazione di cui al punto precedente è applicabile per analogia al regime automatico di riconoscimento dei titoli di formazione di architetto previsto dalla direttiva 2005/36. Ciò emerge in particolare dal considerando 28 di quest’ultima, a mente del quale la nozione di «architetto» è utilizzata in tale direttiva per delimitare l’ambito di applicazione delle norme sul riconoscimento automatico dei titoli di formazione nel settore dell’architettura, fatte salve le particolarità delle norme nazionali che disciplinano tali attività.

49

Come rilevato dall’avvocato generale al punto 56 delle sue conclusioni, se il legislatore dell’Unione non ha inteso definire la nozione di «architetto» nell’ambito del regime di riconoscimento automatico dei titoli di formazione previsto dalla direttiva 2005/36, a fortiori, non ha inteso definirla nell’ambito del regime generale.

50

Occorre infine precisare che le condizioni di cui all’articolo 46 della direttiva 2005/36 non sono, come tali, applicabili nell’ambito del regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione degli architetti. Tale articolo, infatti, che riguarda il sistema di riconoscimento automatico fondato sul coordinamento delle condizioni minime di formazione, descrive tali condizioni minime di formazione.

51

Pertanto, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «architetto», di cui a tale disposizione, deve essere definita alla luce della normativa dello Stato membro ospitante e, inoltre, che detta nozione non impone necessariamente che il richiedente sia in possesso di una formazione e di un’esperienza che si estendano non solo ad attività tecniche di progettazione edilizia, sovraintendenza ai lavori ed esecuzione, ma anche ad attività attinenti alla concezione artistica ed economica dell’edificio, ad attività urbanistiche, oppure ad attività di conservazione dei monumenti.

Sulle spese

52

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dal regolamento (CE) n. 279/2009 della Commissione, del 6 aprile 2009, deve essere interpretato nel senso che il richiedente che intende beneficiare del regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione, di cui al capo I del titolo III di tale direttiva, oltre ad essere in possesso di un titolo di formazione non rientrante tra quelli di cui all’allegato V, punto 5.7.1, di detta direttiva, deve anche dimostrare l’esistenza di una «ragione specifica ed eccezionale».

 

2)

L’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36, come modificata dal regolamento n. 279/2009, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «ragione specifica ed eccezionale», ai sensi di tale disposizione, si riferisce alle circostanze per le quali il richiedente non possiede un titolo tra quelli elencati all’allegato V, punto 5.7.1, di tale direttiva, fermo restando che detto richiedente non può avvalersi del fatto di possedere qualifiche professionali che, nel suo Stato membro di origine, gli aprono l’accesso ad una professione diversa da quella che intende esercitare nello Stato membro ospitante.

 

3)

L’articolo 10, lettera c), della direttiva 2005/36, come modificata dal regolamento n. 279/2009, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «architetto», di cui a tale disposizione, deve essere definita alla luce della normativa dello Stato membro ospitante e, quindi, che detta nozione non impone necessariamente che il richiedente sia in possesso di una formazione e di un’esperienza che si estendano non solo ad attività tecniche di progettazione edilizia, sovraintendenza ai lavori ed esecuzione, ma anche ad attività attinenti alla concezione artistica ed economica dell’edificio, ad attività urbanistiche, oppure ad attività di conservazione dei monumenti.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.