SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
18 dicembre 2014 ( *1 )
«Rinvio pregiudiziale — Appalti pubblici di servizi — Direttiva 92/50/CEE — Articoli 1, lettera c), e 37 — Direttiva 2004/18/CE — Articoli 1, paragrafo 8, primo comma, e 55 — Nozioni di “prestatore di servizi” e di “operatore economico” — Azienda ospedaliera universitaria pubblica — Ente dotato di personalità giuridica nonché di autonomia imprenditoriale e organizzativa — Attività prevalentemente non lucrativa — Finalità istituzionale di offrire prestazioni sanitarie — Possibilità di offrire servizi analoghi sul mercato — Ammissione a partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico»
Nella causa C‑568/13,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 28 giugno 2013, pervenuta in cancelleria il 6 novembre 2013, nel procedimento
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi-Firenze
contro
Data Medical Service Srl,
nei confronti di:
Regione Lombardia,
Bio-Development Srl,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Vajda, A. Rosas, E. Juhász (relatore) e D. Šváby, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: V. Tourrès, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 ottobre 2014,
considerate le osservazioni presentate:
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per l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi-Firenze, da P. Stolzi, avvocato; |
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per la Data Medical Service Srl, da T. Ugoccioni, avvocato; |
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per la Bio-Development Srl, da E. D’Amico e T. Ugoccioni, avvocati; |
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per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Varone, avvocato dello Stato; |
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per la Commissione europea, da G. Conte e A. Tokár, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 1, lettera c), e 37 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), e degli articoli 1, paragrafo 8, primo comma, e 55 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114). |
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Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi-Firenze (in prosieguo: l’«Azienda») e la Data Medical Service Srl (in prosieguo: la «Data Medical Service») in merito alla regolarità dell’esclusione del primo ente dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi. |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
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L’articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50 così disponeva: «“prestatori di servizi” [sono] le persone fisiche o giuridiche, inclusi gli enti pubblici che forniscono servizi (...)». |
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Ai sensi dell’articolo 37 di tale direttiva: «Se, per un determinato appalto, talune offerte presentano carattere anormalmente basso rispetto alla prestazione, l’amministrazione, prima di poter eventualmente respingere tali offerte, richiede per iscritto le precisazioni in merito agli elementi costitutivi dell’offerta in questione che essa considera pertinenti e verifica detti elementi costitutivi tenendo conto di tutte le spiegazioni ricevute. L’amministrazione può prendere in considerazione giustificazioni riguardanti l’economia del metodo di prestazione del servizio o le soluzioni tecniche adottate o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per prestare il servizio, oppure l’originalità del servizio proposto dall’offerente. Se i documenti relativi all’appalto prevedono l’attribuzione al prezzo più basso, l’amministrazione aggiudicatrice deve comunicare alla Commissione il rifiuto delle offerte ritenute troppo basse». |
5 |
Il considerando 1 della direttiva 2004/18 indica che tale direttiva procede, per motivi di chiarezza, alla rifusione in un unico testo delle direttive precedenti applicabili in materia di appalti pubblici di servizi, di forniture e di lavori, ed è basata sulla giurisprudenza della Corte. |
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Ai sensi del considerando 4 della richiamata direttiva: «Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la partecipazione di un offerente che è un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati». |
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L’articolo 1, paragrafo 8, primo e secondo comma, della medesima direttiva così prevede: «I termini “imprenditore”, “fornitore” e “prestatore di servizi” designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi. Il termine “operatore economico” comprende l’imprenditore, il fornitore, il prestatore di servizi. È utilizzato unicamente per semplificare il testo». |
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L’articolo 55 della direttiva 2004/18, rubricato «Offerte anormalmente basse», è così formulato: «1. Se, per un determinato appalto, talune offerte appaiono anormalmente basse rispetto alla prestazione, l’amministrazione aggiudicatrice, prima di poter respingere tali offerte, richiede per iscritto le precisazioni ritenute pertinenti in merito agli elementi costitutivi dell’offerta in questione. Dette precisazioni possono riguardare in particolare:
2. L’amministrazione aggiudicatrice verifica, consultando l’offerente, detti elementi costitutivi tenendo conto delle giustificazioni fornite. 3. L’amministrazione aggiudicatrice che accerta che un’offerta è anormalmente bassa in quanto l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato può respingere tale offerta per questo solo motivo unicamente se consulta l’offerente e se quest’ultimo non è in grado di dimostrare, entro un termine sufficiente stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice, che l’aiuto in questione era stato concesso legalmente. Quando l’amministrazione aggiudicatrice respinge un’offerta in tali circostanze, provvede a informarne la Commissione». |
Il diritto italiano
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Dall’articolo 3 del decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502, «Riordino della disciplina in materia sanitaria», (supplemento ordinario alla GURI n. 305, del 30 dicembre 1992), come interpretato dalla Corte costituzionale, emerge che le aziende sanitarie sono enti pubblici economici che «assolvono compiti di natura essenzialmente tecnica, che esercitano con la veste giuridica di aziende pubbliche, dotate di autonomia imprenditoriale, sulla base degli indirizzi generali contenuti nei piani sanitari regionali e negli indirizzi applicativi impartiti dalle Giunte regionali». |
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Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1 bis, di tale decreto legislativo: «In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale [atto con cui sono definite le responsabilità nella gestione dell’azienda, in particolare a livello di bilancio] di diritto privato, nel rispetto dei princìpi e criteri previsti da disposizioni regionali. L’atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica». |
11 |
La direttiva 92/50 è stata trasposta nell’ordinamento giuridico italiano con decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 157 (supplemento ordinario alla GURI n. 104, del 6 maggio 1995). |
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Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale decreto legislativo: «Sono amministrazioni aggiudicatrici: le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico comunque denominati». |
13 |
L’articolo 5, paragrafo 2, lettera h), di detto decreto legislativo prevede che quest’ultimo non si applichi «agli appalti pubblici di servizi aggiudicati a un ente che sia esso stesso un’amministrazione aggiudicatrice ai sensi dell’art. 2, in base a un diritto di esclusiva di cui beneficia in virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, purché queste siano compatibili con il trattato». |
14 |
La direttiva 2004/18 è stata trasposta nell’ordinamento giuridico italiano con decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163 (supplemento ordinario alla GURI n. 100, del 2 maggio 2006), che codifica le regole in materia di appalti pubblici. |
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L’articolo 19, paragrafo 2, di tale decreto legislativo così dispone: «Il presente codice non si applica agli appalti pubblici di servizi aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un’altra amministrazione aggiudicatrice o ad un’associazione o consorzio di amministrazioni aggiudicatrici, in base ad un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative pubblicate, purché tali disposizioni siano compatibili con il trattato». |
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L’articolo 34, paragrafo 1, di detto decreto designa i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici e dispone quanto segue: «Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici i seguenti soggetti, salvo i limiti espressamente indicati:
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La lettera f bis è stata inserita nell’articolo 34, paragrafo 1, del decreto legislativo n. 163/2006 con l’adozione del decreto legislativo dell’11 settembre 2008, n. 152 (supplemento ordinario alla GURI n. 231, del 2 ottobre 2008), in seguito a una procedura d’infrazione avviata contro la Repubblica italiana dalla Commissione, la quale aveva sottolineato che le direttive in materia di appalti pubblici non consentono di limitare la possibilità di partecipare alle gare d’appalto a talune categorie di operatori economici. |
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Gli articoli da 86 a 88 del decreto legislativo n. 163/2006 prevedono i meccanismi di verifica dell’anomalia dell’offerta, sulla base dei quali l’amministrazione aggiudicatrice può decidere di escludere un offerente dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi. |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
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Con bando pubblicato il 5 ottobre 2005, la Regione Lombardia ha lanciato una gara d’appalto per l’aggiudicazione, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio triennale di elaborazione dati per la valutazione esterna sulla qualità dei farmaci. L’Azienda, che è stabilita in Toscana, regione in cui esercita le proprie attività, ha partecipato a tale gara d’appalto risultando prima classificata, soprattutto grazie al prezzo al quale proponeva i propri servizi, del 59% inferiore a quello del secondo offerente classificato, la Data Medical Service. In seguito alla verifica dell’eventuale anomalia di tale offerta, l’appalto è stato attribuito all’Azienda con decisione della Regione Lombardia del 26 maggio 2006. |
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La Data Medical Service ha impugnato la decisione di aggiudicazione dell’appalto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sostenendo che l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso per il fatto che, conformemente alla normativa vigente, un ente pubblico non può partecipare a una gara d’appalto e che, in ogni caso, la sua offerta economica era anormalmente bassa, data l’entità del ribasso proposto. |
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Con sentenza del 24 novembre 2006 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha accolto il primo motivo dedotto. Fondandosi sul combinato disposto dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera h), del decreto legislativo n. 157/1995 e degli articoli 19 e 34 del decreto legislativo n. 163/2006, tale giudice ha considerato che, quantunque queste due ultime disposizioni non fossero applicabili al caso di specie ratione temporis, vi fosse per gli enti pubblici, quali l’Azienda, un divieto formale di partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, essendo consentito a tali enti, in presenza di determinate condizioni, solamente l’affidamento di un appalto in via diretta. Infatti l’Azienda, in quanto ente pubblico esclusivamente destinato alla gestione dell’ospedale pubblico fiorentino, non potrebbe agire in condizioni di libera concorrenza con soggetti privati. |
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L’Azienda ha interposto appello contro tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, giudice amministrativo supremo in Italia. |
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Tale giudice osserva preliminarmente che, nonostante il fatto che il contratto di cui trattasi sia stato nel frattempo interamente eseguito, l’Azienda conserva un interesse a che sia riconosciuto il suo diritto di partecipare a gare d’appalto. |
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Il Consiglio di Stato rileva poi che la prima questione da esaminare nella fattispecie è quella dell’esatta definizione della nozione di «operatore economico», ai sensi del diritto dell’Unione, e della possibilità di ricomprendervi un’azienda ospedaliera universitaria pubblica. Per quanto attiene alla natura di tali enti nel quadro del processo di «aziendalizzazione», ossia il passaggio a un modello imprenditoriale, il Consiglio di Stato sottolinea che tale processo ha portato alla trasformazione delle «unità sanitarie locali» preesistenti – in origine amministrazioni operanti a livello comunale – in aziende dotate di personalità giuridica e autonomia imprenditoriale, vale a dire autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, circostanza che ha portato una parte della dottrina e della giurisprudenza nazionali a qualificare le aziende sanitarie pubbliche, comprese quelle ospedaliere, come «enti pubblici economici». Tuttavia, la natura pubblica di tali soggetti non sarebbe discutibile. La loro attività non avrebbe prevalentemente finalità lucrativa e le stesse sarebbero titolari di poteri amministrativi in senso stretto, in particolare di tipo ispettivo e sanzionatorio. |
25 |
Il Consiglio di Stato dubita che, in tale contesto, si possa continuare ad affermare, come fa il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, che in diritto italiano esiste un divieto categorico per tali aziende, in quanto enti pubblici economici, di partecipare alle gare pubbliche nella veste di «semplici concorrenti». A tale proposito esso richiama la giurisprudenza della Corte, in particolare le sentenze ARGE (C‑94/99, EU:C:2000:677), CoNISMa (C‑305/08, EU:C:2009:807) e Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a. (C‑159/11, EU:C:2012:817), da cui emergerebbe che qualsiasi ente che si reputi idoneo a garantire l’esecuzione di un appalto pubblico avrebbe il diritto di prendervi parte, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico. |
26 |
Tale giurisprudenza sarebbe seguita da gran parte dei giudici italiani, i quali avrebbero inoltre sottolineato che l’elencazione di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 163/2006 non può essere considerata tassativa. Il Consiglio di Stato considera che tale giurisprudenza comunitaria e nazionale osta a che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del decreto legislativo n. 157/1995 e l’articolo 34 del decreto legislativo n. 163/2006 siano interpretati nel senso di escludere a priori un’azienda ospedaliera dalla partecipazione a una gara d’appalto. Infatti, un tale divieto in linea generale non avrebbe più ragione di esistere. |
27 |
Ciò non equivarrebbe tuttavia ad autorizzare in maniera indiscriminata tali aziende a partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici. Secondo il Consiglio di Stato, la medesima giurisprudenza ha individuato in proposito due limiti: il primo, che l’attività posta a gara sia strumentale al conseguimento delle finalità istituzionali dell’ente pubblico di cui trattasi, e il secondo, che non vi sia una previsione normativa specifica nazionale che vieti tale attività, in particolare in ragione del possibile effetto distorsivo sulla concorrenza. |
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Per quanto riguarda il primo limite, il Consiglio di Stato osserva che le aziende ospedaliere pubbliche, tanto più quelle universitarie, svolgono anche rilevanti funzioni di didattica e di ricerca, finalità istituzionali rispetto alle quali è possibile affermare che il servizio oggetto della gara di cui trattasi nella controversia di cui è investito, ossia l’elaborazione di dati, si pone in un rapporto di strumentalità. Quanto al secondo limite, il Consiglio di Stato rileva che la facoltà per un ente che beneficia di finanziamenti pubblici di partecipare liberamente a una gara d’appalto pone il problema della parità di trattamento tra concorrenti disomogenei, da un lato quelli che devono stare sul mercato, e dall’altro quelli che possono contare anche su finanziamenti pubblici e sono quindi in grado di presentare offerte che nessun soggetto di diritto privato avrebbe mai potuto presentare. Si dovrebbero di conseguenza ricercare meccanismi correttivi volti a riequilibrare le condizioni di partenza tra i diversi operatori economici, meccanismi che dovrebbero andare oltre le procedure di verifica dell’eventuale anomalia delle offerte. |
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Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
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Tale questione tra origine dai dubbi espressi dal giudice del rinvio, che si chiede se la normativa italiana vigente, interpretata nel senso di comportare un divieto generale per tutti gli enti pubblici, comprese di conseguenza le aziende ospedaliere universitarie pubbliche quali l’Azienda, di partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, possa essere considerata conforme alla giurisprudenza pertinente della Corte in materia di appalti pubblici. |
31 |
Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50 osti a una normativa nazionale che esclude la partecipazione di un’azienda ospedaliera pubblica, come quella di cui al procedimento principale, dalle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, a causa della sua natura di ente pubblico economico. |
32 |
In via preliminare occorre segnalare che, sebbene la questione posta dal giudice del rinvio faccia riferimento sia all’articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50 sia all’articolo 1, paragrafo 8, primo comma, della direttiva 2004/18, l’appalto di cui trattasi nel procedimento principale è tuttavia disciplinato, ratione temporis, dalla direttiva 92/50. Infatti, dal punto 19 della presente sentenza emerge che la Regione Lombardia ha avviato la gara d’appalto di cui trattasi nel procedimento principale con un bando pubblicato il 5 ottobre 2005. Orbene, in forza degli articoli 80 e 82 della direttiva 2004/18, quest’ultima ha abrogato la direttiva 92/50 soltanto con effetto al 31 gennaio 2006. Pertanto, la procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi nel procedimento principale è disciplinata dalle norme in vigore alla data di pubblicazione del bando di gara. |
33 |
Occorre poi osservare che la possibilità per gli enti pubblici di partecipare ad appalti pubblici, parallelamente alla partecipazione di operatori economici privati, risulta già chiaramente dal tenore letterale dell’articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50, secondo il quale i «prestatori di servizi» sono le persone fisiche o giuridiche, inclusi gli enti pubblici, che forniscono servizi. Inoltre, tale possibilità di partecipazione è stata riconosciuta dalla Corte nella sentenza Teckal (C‑107/98, EU:C:1999:562, punto 51), ed è stata ribadita nelle sentenze successive ARGE (EU:C:2000:677, punto 40), CoNISMa (EU:C:2009:807, punto 38) e Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a. (EU:C:2012:817, punto 26). |
34 |
La Corte ha inoltre sottolineato a tale proposito che uno degli obiettivi della normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile (v., in tal senso, sentenza Bayerischer Rundfunk e a., C‑337/06, EU:C:2007:786, punto 39), apertura che è anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice considerata, la quale disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata. Un’interpretazione restrittiva della nozione di «operatore economico» avrebbe come conseguenza che i contratti conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici e organismi che non agiscono in base a un preminente scopo di lucro non sarebbero considerati come «appalti pubblici» e potrebbero quindi essere aggiudicati in modo informale, sottraendosi alle norme dell’Unione in materia di parità di trattamento e di trasparenza, in contrasto con la finalità delle medesime norme (v., in tal senso, sentenza CoNISMa, EU:C:2009:807, punti 37 e 43). |
35 |
La Corte ha così concluso che sia dalle norme dell’Unione sia dalla giurisprudenza risulta che è ammesso a presentare un’offerta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire l’esecuzione dell’appalto, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale (v., in tal senso, sentenza CoNISMa, EU:C:2009:807, punto 42). |
36 |
Inoltre, come emerge dalla lettera dell’articolo 26, paragrafo 2, della direttiva 92/50, gli Stati membri hanno certamente il potere di autorizzare o meno talune categorie di operatori economici a fornire certi tipi di prestazioni. Essi possono disciplinare le attività dei soggetti, quali le università e gli istituti di ricerca, non aventi finalità di lucro, ma volti principalmente alla didattica e alla ricerca. In particolare, essi possono autorizzare o non autorizzare tali soggetti a operare sul mercato in funzione della circostanza che l’attività in questione sia compatibile, o meno, con i loro fini istituzionali e statutari. Tuttavia, se, e nei limiti in cui, siffatti soggetti siano autorizzati a offrire taluni servizi contro corrispettivo sul mercato, anche a titolo occasionale, gli Stati membri non possono vietare loro di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi. Un simile divieto contrasterebbe infatti con l’articolo 1, lettere a) e c), della direttiva 92/50 (v., per quanto concerne le corrispondenti disposizioni della direttiva 2004/18, sentenze CoNISMa, EU:C:2009:807, punti da 47 a 49, nonché Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., EU:C:2012:817, punto 27). |
37 |
Come affermato dal rappresentante del governo italiano all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte, le aziende ospedaliere universitarie pubbliche come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in quanto «enti pubblici economici», secondo la loro qualificazione a livello nazionale, sono autorizzate a operare contro corrispettivo sul mercato, in settori compatibili con la loro finalità istituzionale e statutaria. Nel procedimento principale pare inoltre che le prestazioni oggetto dell’appalto pubblico di cui trattasi non siano incompatibili con gli obiettivi istituzionali e statutari dell’Azienda. In tali circostanze, che spetta al giudice del rinvio verificare, secondo la giurisprudenza della Corte richiamata al punto 36 della presente sentenza, non si può impedire all’Azienda di partecipare a tale appalto. |
38 |
Occorre di conseguenza rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 1, lettera c), della direttiva 92/50 osta a una normativa nazionale che escluda un’azienda ospedaliera pubblica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, a causa della sua natura di ente pubblico economico, se e nei limiti in cui tale azienda è autorizzata a operare sul mercato conformemente ai suoi obiettivi istituzionali e statutari. |
Sulla seconda questione
39 |
Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se le disposizioni della direttiva 92/50, e in particolare i principi generali di libera concorrenza, di non discriminazione e di proporzionalità soggiacenti a tale direttiva, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che consente a un’azienda ospedaliera pubblica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, di partecipare a una gara d’appalto e di presentare un’offerta alla quale non è possibile fare concorrenza, grazie ai finanziamenti pubblici di cui essa beneficia, senza che siano state previste misure correttive per prevenire le eventuali distorsioni della concorrenza che ne derivano. |
40 |
Nell’ambito della motivazione di tale questione, il Consiglio di Stato esprime dubbi sul fatto che la procedura di verifica delle offerte anormalmente basse, di cui all’articolo 37 della direttiva 92/50, possa essere considerata un mezzo sufficiente per prevenire tali distorsioni della concorrenza. |
41 |
A tale proposito, sebbene il giudice del rinvio ritenga auspicabile ricercare meccanismi correttivi volti a riequilibrare le condizioni di partenza tra operatori economici disomogenei e che dovrebbero andare oltre le procedure di verifica dell’eventuale anomalia delle offerte, si deve constatare che il legislatore dell’Unione, pur essendo consapevole della diversa natura dei concorrenti che partecipano a un appalto pubblico, non ha previsto altri meccanismi oltre a quello della verifica e dell’eventuale rigetto delle offerte anormalmente basse. |
42 |
Va inoltre rammentato che le amministrazioni aggiudicatrici devono trattare gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio, nonché agire con trasparenza. |
43 |
Tuttavia, le disposizioni della direttiva 92/50 e la giurisprudenza della Corte non consentono di escludere un offerente, a priori e senza esami ulteriori, dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per il solo motivo che, grazie a sovvenzioni pubbliche di cui beneficia, esso è in grado di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli offerenti non sovvenzionati (v., in tal senso, sentenze ARGE, EU:C:2000:677, punti da 25 a 27, nonché CoNISMa, EU:C:2009:807, punti 34 e 40). |
44 |
Ciò nonostante, in talune circostanze particolari, l’amministrazione aggiudicatrice ha l’obbligo, o quanto meno la facoltà, di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, e in particolare di aiuti non conformi al Trattato, al fine eventualmente di escludere gli offerenti che ne beneficiano (v., in tal senso, sentenze ARGE, EU:C:2000:677, punto 29, nonché CoNISMa, EU:C:2009:807, punto 33). |
45 |
A tale proposito, come rilevato dalla Commissione nell’udienza dinanzi alla Corte, la circostanza che l’ente pubblico di cui trattasi disponga di una contabilità separata tra le attività esercitate sul mercato e le altre attività può permettere di verificare se un’offerta sia anormalmente bassa a causa di un elemento integrante un aiuto di Stato. Dall’assenza di tale separazione contabile l’amministrazione aggiudicatrice non può tuttavia desumere che tale offerta sia stata resa possibile grazie all’ottenimento di una sovvenzione o di un aiuto di Stato non conforme al Trattato. |
46 |
Si deve inoltre sottolineare che dal tenore letterale dell’articolo 37, paragrafi 1 e 3, della direttiva 92/50 emerge che la possibilità di respingere un’offerta anormalmente bassa non è limitata alla sola ipotesi in cui la modicità del prezzo proposto in tale offerta sia giustificata dall’ottenimento di un aiuto di Stato illegale o incompatibile con il mercato interno. Tale possibilità riveste infatti un carattere più generale. |
47 |
Da un lato, dal testo di tale disposizione risulta che l’amministrazione aggiudicatrice, in sede di esame del carattere anormalmente basso di un’offerta, è soggetta all’obbligo di chiedere al candidato di fornire le giustificazioni necessarie a provare la serietà della sua offerta (v., in tal senso, sentenza SAG ELV Slovensko e a., C‑599/10, EU:C:2012:191, punto 28). |
48 |
Pertanto, l’esistenza di un dibattito effettivo in contraddittorio, situato in un momento utile nella procedura di esame delle offerte, tra l’amministrazione aggiudicatrice e l’offerente, affinché quest’ultimo possa provare la serietà della sua offerta, costituisce un requisito della direttiva 92/50, al fine di evitare l’arbitrio dell’amministrazione aggiudicatrice e di garantire una sana concorrenza tra le imprese (v., in tal senso, sentenza SAG ELV Slovensko e a., EU:C:2012:191, punto 29). |
49 |
Dall’altro lato, occorre osservare che l’articolo 37 della direttiva 92/50 non contiene una definizione della nozione di «offerta anormalmente bassa». Spetta pertanto agli Stati membri, e in particolare alle amministrazioni aggiudicatrici, stabilire le modalità di calcolo di una soglia di anomalia costitutiva di un’«offerta anormalmente bassa» ai sensi di tale articolo (v., in tal senso, sentenza Lombardini e Mantovani, C‑285/99 e C‑286/99, EU:C:2001:640, punto 67). |
50 |
Ciò premesso, il legislatore dell’Unione ha precisato in tale disposizione che il carattere anormalmente basso di un’offerta dev’essere valutato «rispetto alla prestazione». Pertanto, l’amministrazione aggiudicatrice, nell’esaminare il carattere anormalmente basso di un’offerta, può, al fine di garantire una sana concorrenza, prendere in considerazione non soltanto le circostanze elencate all’articolo 37, paragrafo 2, della direttiva 92/50, ma anche tutti gli elementi pertinenti con riferimento alla prestazione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza SAG ELV Slovensko e a., EU:C:2012:191, punti 29 e 30). |
51 |
Occorre di conseguenza rispondere alla seconda questione dichiarando che le disposizioni della direttiva 92/50, e in particolare i principi generali di libera concorrenza, di non discriminazione e di proporzionalità soggiacenti a tale direttiva, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che consenta a un’azienda ospedaliera pubblica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, partecipante a una gara d’appalto, di presentare un’offerta alla quale non è possibile fare concorrenza, grazie ai finanziamenti pubblici di cui essa beneficia. Tuttavia, nell’esaminare il carattere anormalmente basso di un’offerta sul fondamento dell’articolo 37 di tale direttiva, l’amministrazione aggiudicatrice può prendere in considerazione l’esistenza di un finanziamento pubblico di cui detta azienda beneficia, alla luce della facoltà di respingere tale offerta. |
Sulle spese
52 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.