SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

26 novembre 2014 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Regime nazionale di sostegno al consumo di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili — Obbligo per i produttori e gli importatori di energia elettrica di immettere nella rete nazionale un determinato quantitativo di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili o, in alternativa, di acquistare “certificati verdi” presso l’autorità competente — Prova di tale immissione che richiede la presentazione di certificati attestanti l’origine verde dell’energia elettrica prodotta o importata — Accettazione di certificati emessi in uno Stato terzo subordinata alla conclusione di un accordo bilaterale tra tale Stato terzo e lo Stato membro interessato o a un accordo tra il gestore di rete nazionale di tale Stato membro ed un’analoga autorità di detto Stato terzo — Direttiva 2001/77/CE — Competenza esterna della Comunità — Leale cooperazione»

Nella causa C‑66/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 16 ottobre 2012, pervenuta in cancelleria l’8 febbraio 2013, nel procedimento

Green Network SpA

contro

Autorità per l’energia elettrica e il gas,

nei confronti di:

Gestore dei Servizi Energetici SpA – GSE,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, J. Malenovský, M. Safjan, A. Prechal (relatore) e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 gennaio 2014,

considerate le osservazioni presentate:

per la Green Network SpA, da V. Cerulli Irelli, avvocato;

per il Gestore dei Servizi Energetici SpA – GSE, da G. Roberti, I. Perego e M. Serpone, avvocati;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da K. Herrmann, E. White, L. Pignataro-Nolin e A. Aresu, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 3, paragrafo 2, TFUE e 216 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 5 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità (GU L 283, pag. 33), e l’accordo tra la Comunità economica europea e la Confederazione svizzera, del 22 luglio 1972 (GU L 300, pag. 188), come modificato dalla decisione n. 1/2000 del Comitato Misto CE‑Svizzera, del 25 ottobre 2000 (GU 2001 L 51, pag. 1; in prosieguo: l’«accordo di libero scambio»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Green Network SpA (in prosieguo: la «Green Network») e l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (in prosieguo: l’«AEEG») in merito ad una sanzione amministrativa inflitta da quest’ultima alla Green Network per aver rifiutato di acquistare certificati verdi per una quota corrispondente alla quantità di energia elettrica proveniente dalla Svizzera che tale società ha importato in Italia.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

L’accordo di libero scambio

3

L’accordo di libero scambio è stato concluso dalla Comunità economica europea sulla base dell’articolo 113 del Trattato CEE relativo alla politica commerciale comune, divenuto articolo 113 del Trattato CE, divenuto a sua volta, dopo essere stato modificato, articolo 133 CE. Le disposizioni di quest’ultimo articolo sono ora contenute nell’articolo 207 TFUE. Ai sensi del suo articolo 1, detto accordo ha, in particolare, lo scopo di promuovere, mediante l’espansione degli scambi commerciali reciproci, lo sviluppo armonioso delle relazioni economiche tra la Comunità e la Confederazione svizzera, di assicurare condizioni eque di concorrenza negli scambi tra le Parti contraenti e di contribuire in tal modo, eliminando gli ostacoli agli scambi, allo sviluppo armonioso ed all’espansione del commercio mondiale.

La direttiva 2001/77

4

La direttiva 2001/77 è stata abrogata, a decorrere dal 1o gennaio 2012, dalla direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140, pag. 16). Tuttavia, tenuto conto dell’epoca dei fatti della controversia principale, la direttiva 2001/77 è la direttiva applicabile ratione temporis.

5

Ai sensi dei considerando da 1 a 3, 10, 11 e da 14 a 16 della direttiva 2001/77:

«(1)

Il potenziale di sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili è attualmente sottoutilizzato nella Comunità. Quest’ultima riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile. Esse possono inoltre creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire più rapidamente gli obiettivi di Kyoto. Bisogna pertanto garantire un migliore sfruttamento di questo potenziale nell’ambito del mercato interno dell’elettricità.

(2)

La promozione dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è un obiettivo altamente prioritario a livello della Comunità (...) per motivi di sicurezza e diversificazione dell’approvvigionamento energetico, protezione dell’ambiente e coesione economica e sociale. (...)

(3)

Il maggiore uso di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è una parte importante del pacchetto di misure necessarie per conformarsi al protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dei pacchetti di politiche intese ad onorare ulteriori impegni.

(...)

(10)

La presente direttiva non impone agli Stati membri di riconoscere l’acquisizione di una garanzia d’origine da altri Stati membri o il corrispondente acquisto di elettricità quale contributo all’adempimento di un obbligo nazionale in materia di quote. Tuttavia al fine di promuovere gli scambi di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili ed aumentare la trasparenza per facilitare la scelta dei consumatori tra elettricità prodotta da fonti energetiche non rinnovabili ed elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, la garanzia di origine di tale tipo di elettricità è necessaria. I regimi di garanzia d’origine, di per sé, non implicano il diritto di beneficiare dei meccanismi nazionali di sostegno istituiti nei vari Stati membri. È importante che la garanzia di origine copra tutte le forme di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

(11)

È importante operare una chiara distinzione tra le garanzie di origine e i certificati verdi scambiabili.

(...)

(14)

Gli Stati membri applicano meccanismi diversi di sostegno delle fonti energetiche rinnovabili a livello nazionale, ivi compresi i certificati verdi, aiuti agli investimenti, esenzioni o sgravi fiscali, restituzioni d’imposta e regimi di sostegno diretto dei prezzi. Un importante mezzo per conseguire l’obiettivo della presente direttiva consiste nel garantire il buon funzionamento di questi meccanismi fino all’introduzione di un quadro comunitario allo scopo di mantenere la fiducia degli investitori.

(15)

È prematuro istituire un quadro comunitario per i regimi di sostegno, data l’esperienza limitata maturata con i regimi nazionali e la percentuale relativamente bassa di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili che beneficia attualmente nella Comunità di un sostegno dei prezzi.

(16)

A medio termine è tuttavia necessario adeguare i regimi di sostegno ai principi del mercato interno dell’elettricità in espansione. È quindi opportuno che la Commissione [europea] sorvegli la situazione e presenti una relazione sull’esperienza acquisita nell’applicazione dei suddetti regimi nazionali. Ove necessario, in base alle conclusioni di tale relazione la Commissione dovrebbe presentare una proposta di quadro comunitario in materia di regimi di sostegno dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. (...)».

6

L’articolo 1 della direttiva 2001/77 disponeva quanto segue:

«La presente direttiva mira a promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricità nel relativo mercato interno e a creare le basi per un futuro quadro comunitario in materia».

7

L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», così enunciava:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“fonti energetiche rinnovabili”, le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas);

(...)

c)

“elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili”, l’elettricità prodotta da impianti alimentati esclusivamente con fonti energetiche rinnovabili, nonché la quota di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili nelle centrali ibride che usano anche fonti di energia convenzionali, compresa l’elettricità rinnovabile utilizzata per riempire i sistemi di stoccaggio, ma non l’elettricità prodotta come risultato di detti sistemi;

d)

“consumo di elettricità”, la produzione nazionale di elettricità, compresa l’autoproduzione, sommate le importazioni e detratte le esportazioni (consumo interno lordo di elettricità).

(...)».

8

L’articolo 3 di tale direttiva prevedeva quanto segue:

«1.   Gli Stati membri adottano misure appropriate atte a promuovere l’aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili perseguendo gli obiettivi indicativi nazionali di cui al paragrafo 2. (...)

2.   Entro il 27 ottobre 2002, e successivamente ogni cinque anni, gli Stati membri adottano e pubblicano una relazione che stabilisce per i dieci anni successivi gli obiettivi indicativi nazionali di consumo futuro di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili in termini di percentuale del consumo di elettricità. (...) Per fissare gli obiettivi sino al 2010 gli Stati membri:

tengono conto dei valori di riferimento riportati nell’allegato,

(...).

4.   Sulla base delle relazioni degli Stati membri di cui ai paragrafi 2 e 3 la Commissione valuta in quale misura:

gli Stati membri hanno progredito verso i rispettivi obiettivi indicativi nazionali,

gli obiettivi indicativi nazionali sono compatibili con l’obiettivo indicativo globale del 12% del consumo interno lordo di energia entro il 2010 e in particolare con una quota indicativa del 22,1% di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di elettricità della Comunità entro il 2010.

(...)».

9

L’articolo 4 della stessa direttiva, intitolato «Regimi di sostegno», così recitava:

«1.   Nel rispetto degli articoli 87 e 88 del trattato [CE], la Commissione valuta l’applicazione dei meccanismi utilizzati negli Stati membri attraverso i quali un produttore di elettricità, in base a una normativa emanata da autorità pubbliche, percepisce, direttamente o indirettamente, un sostegno e che potrebbero avere un effetto restrittivo sugli scambi, tenendo conto che essi contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli 6 e 174 del trattato.

2.   La Commissione presenta, entro il 27 ottobre 2005, una relazione ben documentata sull’esperienza maturata durante l’applicazione e la coesistenza dei diversi meccanismi di cui al paragrafo 1. La relazione valuta il successo, compreso il rapporto costo-efficacia, dei regimi di sostegno di cui al paragrafo 1 nel promuovere il consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili in conformità con gli obiettivi indicativi nazionali di cui all’articolo 3, paragrafo 2. Tale relazione è corredata, se necessario, di una proposta relativa a un quadro comunitario per i regimi di sostegno dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Qualsiasi proposta relativa a un quadro deve:

a)

contribuire al raggiungimento degli obiettivi indicativi nazionali;

b)

essere compatibile con i principi del mercato interno dell’elettricità;

c)

tener conto delle caratteristiche delle diverse fonti energetiche rinnovabili, nonché delle diverse tecnologie e delle differenze geografiche;

d)

promuovere efficacemente l’uso delle fonti energetiche rinnovabili, essere semplice e al tempo stesso per quanto possibile efficiente, particolarmente in termini di costi;

e)

prevedere per i regimi nazionali di sostegno periodi di transizione sufficienti di almeno sette anni e mantenere la fiducia degli investitori».

10

L’articolo 5 della direttiva 2001/77, recante il titolo «Garanzia di origine dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili», disponeva quanto segue:

«1.   Entro il 27 ottobre 2003 gli Stati membri fanno sì che l’origine dell’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sia garantita come tale ai sensi della presente direttiva, secondo criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori stabiliti da ciascuno Stato membro. Essi prevedono il rilascio su richiesta di garanzie di origine in tal senso.

2.   Gli Stati membri possono designare uno o più organi competenti, indipendenti dalle attività di produzione e distribuzione, incaricati di sovrintendere al rilascio delle garanzie di origine.

3.   Le garanzie di origine:

specificano la fonte energetica da cui è stata prodotta l’elettricità, specificano le date e i luoghi di produzione e, nel caso delle centrali idroelettriche, indicano la capacità,

consentono ai produttori di elettricità che utilizzano fonti energetiche rinnovabili di dimostrare che l’elettricità da essi venduta è prodotta da fonti energetiche rinnovabili ai sensi della presente direttiva.

4.   Tali garanzie di origine rilasciate a norma del paragrafo 2 sono reciprocamente riconosciute dagli Stati membri esclusivamente come prova degli elementi di cui al paragrafo 3. Un eventuale mancato riconoscimento della garanzia di origine quale prova in questo senso, in particolare per ragioni connesse con la prevenzione delle frodi, deve essere fondato su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori. In caso di mancato riconoscimento di una garanzia di origine la Commissione può obbligare la parte che oppone il rifiuto a riconoscere la garanzia di origine, in particolare riguardo ai criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori sui quali è basato il riconoscimento.

5.   Gli Stati membri o gli organi competenti istituiscono meccanismi appropriati per assicurare che la garanzia di origine sia accurata e affidabile e descrivono sommariamente, nella relazione di cui all’articolo 3, paragrafo 3, le misure adottate per garantire l’affidabilità del sistema di garanzia.

6.   Previa consultazione degli Stati membri, la Commissione esamina, nella relazione di cui all’articolo 8, la forma e i metodi che gli Stati membri possono seguire per garantire che l’elettricità sia prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Se necessario, la Commissione propone al Parlamento europeo e al Consiglio l’adozione di norme comuni al riguardo».

11

Come risulta dal suo primo comma, l’allegato alla direttiva 2001/77 fornisce valori di riferimento per la fissazione degli obiettivi indicativi nazionali relativi all’elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, di cui all’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva. Dalla tabella contenuta in detto allegato e dalle relative spiegazioni risulta che i suddetti valori di riferimento sono collegati, per ogni Stato membro, da un lato, alla «produzione nazionale» di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel 1997 e, dall’altro, alla parte, espressa in percentuale, rispettivamente per il 1997 e per il 2010, rappresentata, nel consumo di elettricità, dall’elettricità prodotta a partire da fonti energetiche rinnovabili, percentuale basata «sulla produzione nazionale di elettricità [prodotta da fonti energetiche rinnovabili] divisa per il consumo interno lordo di elettricità».

Il diritto italiano

12

L’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 79 – Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del 16 marzo 1999 (GURI n. 75, del 31 marzo 1999, pag. 8; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 79/1999»), obbliga gli operatori che abbiano prodotto o importato energia elettrica ad immettere nel sistema elettrico nazionale, nell’anno successivo, una quota di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili (in prosieguo: l’«elettricità verde») prodotta da impianti entrati in esercizio o ripotenziati in data successiva a quella di entrata in vigore del suddetto decreto. In forza del comma 3 di questo stesso articolo, è in particolare possibile adempiere a tale obbligo acquistando, in tutto o in parte, l’equivalente quota da altri produttori, purché immettano energia verde nel sistema elettrico nazionale, oppure acquistando certificati verdi dal gestore della rete di trasmissione nazionale chiamato, a partire dal 1o novembre 2005, Gestore servizi energetici GSE SpA (in prosieguo: il «GSE»). I produttori e gli importatori interessati devono pertanto presentare una certificazione attestante che una quota di elettricità prodotta o importata è stata prodotta da fonti energetiche rinnovabili, oppure acquistare certificati verdi.

13

L’articolo 4, comma 6, del decreto ministeriale – Direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, dell’11 novembre 1999 (GURI n. 292, del 14 dicembre 1999, pag. 26; in prosieguo: il «decreto ministeriale dell’11 novembre 1999»), dispone quanto segue:

«L’obbligo di cui all’art. 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo [n. 79/1999] può essere rispettato importando, in tutto o in parte, elettricità prodotta da impianti entrati in esercizio successivamente al 1o aprile 1999, alimentati da fonti rinnovabili, purché tali impianti siano ubicati in Paesi esteri che adottino analoghi strumenti di promozione ed incentivazione delle fonti rinnovabili, basati su meccanismi di mercato che riconoscano la stessa possibilità ad impianti ubicati in Italia. In tal caso, la domanda di cui al comma 3, è presentata dal soggetto obbligato, unitamente al contratto di acquisto dell’energia prodotta dall’impianto ed a titolo valido per l’immissione della stessa nel sistema elettrico nazionale. Tutti i dati devono essere certificati dall’autorità designata ai sensi dell’art. 20, comma 3, della direttiva 96/92/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU 1997, L 27, pag. 20)] nel paese in cui è ubicato l’impianto. Nel caso di paesi non appartenenti all’Unione europea, l’accettazione della domanda è subordinata alla stipula di una convenzione tra il gestore della rete di trasmissione nazionale ed analoga autorità locale che determini le modalità per le necessarie verifiche».

14

Ai sensi dell’articolo 20, comma 3, del decreto legislativo n. 387 – Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, del 29 dicembre 2003 (supplemento ordinario alla GURI n. 25, del 31 gennaio 2004; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 387/2003»), i soggetti che importano energia elettrica da Stati membri dell’Unione europea possono richiedere al GSE l’esenzione dall’obbligo di acquistare certificati verdi previsto all’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/1999 relativamente alla quota di elettricità verde importata, corredando tale richiesta con copia conforme della garanzia di origine rilasciata, ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2001/77. In caso di importazione di elettricità da paesi terzi, tale articolo 20, comma 3, subordina la suddetta esenzione alla stipula di un accordo tra la Repubblica italiana e lo Stato terzo interessato, che prevede che l’elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili è garantita come tale con le medesime modalità di cui all’articolo 5 della direttiva 2001/77.

15

Un siffatto accordo è stato concluso il 6 marzo 2007 tra i Ministeri italiani competenti e il Dipartimento federale svizzero dell’Ambiente, dei Trasporti, dell’Energia e delle Comunicazioni. Tale accordo prevede il reciproco riconoscimento delle garanzie di origine relativamente all’energia elettrica importata a partire dal 2006, anno in cui la Confederazione svizzera avrebbe adottato una normativa conforme alle disposizioni della direttiva 2001/77.

16

Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 387/2003, spetta al GSE verificare il rispetto dell’obbligo di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/1999 e comunicare le inadempienze all’AEEG, che è in tal caso competente per infliggere le sanzioni previste dalla legge n. 481 – Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, del 14 novembre 1995 (supplemento ordinario alla GURI n. 270, del 18 novembre 1995).

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17

Nel corso del 2005, la Green Network ha importato in Italia 873855 MWh di energia elettrica proveniente dalla Svizzera, in forza di un contratto di fornitura concluso con la società svizzera Aar e Ticino SA di Elettricità. Stando a quanto dichiarato per iscritto da quest’ultima, tale energia elettrica era stata prodotta in Svizzera da fonti rinnovabili.

18

Ai sensi dell’articolo 20, comma 3, del decreto legislativo n. 387/2003, la Green Network ha chiesto al GSE un’esenzione, per il 2006, dall’obbligo di acquistare certificati verdi previsto all’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/1999, per quanto concerne i quantitativi di energia elettrica importati in tal modo dalla Svizzera.

19

Il GSE, con decisione del 7 luglio 2006, ha respinto detta istanza, in quanto nell’anno 2005 la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera non avevano ancora stipulato una convenzione ai sensi del suddetto articolo 20, comma 3. Di conseguenza, il GSE ha imposto alla Green Network l’acquisto di 378 certificati verdi, per un importo totale di EUR 2 367 792. Non avendo la Green Network ottemperato a tale obbligo, l’AEEG le ha inflitto, con decisione del 21 gennaio 2011, una sanzione amministrativa pari a EUR 2 466 450.

20

Poiché il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (TAR) ha respinto il ricorso della Green Network avverso tale decisione, detta società ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato contro la sentenza pronunciata dal TAR. A sostegno di tale appello, la Green Network ribadisce in particolare il suo argomento, dedotto in primo grado, secondo cui l’articolo 20, comma 3, del decreto n. 387/2003 è incompatibile con gli articoli 3, paragrafo 2, TFUE e 216 TFUE, in quanto l’Unione dispone di una competenza esterna esclusiva per la conclusione di accordi come quello previsto dalla suddetta disposizione di diritto nazionale.

21

La Green Network fa inoltre valere che, tenuto conto di tale incompatibilità, l’articolo 4, comma 6, del decreto ministeriale dell’11 novembre 1999 dovrebbe nuovamente trovare applicazione. In tale contesto, la Green Network sostiene che l’accordo tra operatori di rete relativo al mutuo riconoscimento dei certificati che quest’ultima disposizione richiede è intervenuto in forma tacita tra il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), l’operatore nazionale di rete cui è succeduto il GSE, e l’analogo operatore svizzero.

22

Il giudice del rinvio indica a tale riguardo che, nel caso in cui la Corte statuisca, in risposta alle prime due questioni pregiudiziali sottopostele, che una disposizione quale l’articolo 20, comma 3, del decreto n. 387/2003 viola la competenza esterna esclusiva dell’Unione, il caso di specie sarebbe effettivamente disciplinato dall’articolo 4, comma 6, del decreto ministeriale dell’11 novembre 1999. Pertanto, il giudice del rinvio ritiene altresì necessario sottoporre alla Corte la terza e la quarta questione pregiudiziale, attinenti a quest’ultima disposizione nazionale.

23

Alla luce di quanto sopra, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se osti alla corretta applicazione degli art[icoli] 3, paragrafo 2, [TFUE] e 216 TFUE – secondo cui l’Unione ha competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell’Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata, con la duplice conseguenza che il potere di concludere accordi con Stati terzi, che incidano su norme comuni o ne modifichino la portata, oppure che [incidano] su un settore compiutamente disciplinato dalla normativa comunitaria e di competenza esclusiva dell’Unione, si accentra nell’Unione stessa, e che il medesimo potere non appartiene più né individualmente né collettivamente agli Stati membri – e del sopra richiamato art[icolo] 5 della direttiva 2001/77(…), la disposizione nazionale ([articolo] 20, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003) che subordina il riconoscimento delle garanzie di origine rilasciate da Stati terzi alla conclusione di un apposito accordo internazionale tra lo Stato italiano e lo Stato terzo;

2)

se la richiamata disciplina nazionale osti, segnatamente, alla corretta applicazione dei citati parametri normativi [del diritto dell’Unione], nel caso in cui lo Stato terzo sia la Confederazione Elvetica, legata all’Unione europea da un accordo di libero scambio stipulato [il] 22 luglio 1972 ed entrato in vigore il 1o gennaio 1973;

3)

se osti alla corretta applicazione delle norme [dell’Unione] richiamate sub [1)], la disposizione nazionale, dettata dall’art[icolo] 4, comma 6, d.m. 11 novembre 1999, secondo cui, nel caso d’importazione di energia elettrica da paesi non appartenenti all’Unione europea, l’accettazione della domanda è subordinata alla stipula di una convenzione tra il gestore della rete di trasmissione nazionale ed analoga autorità locale che determini le modalità per le necessarie verifiche;

4)

se, in particolare, la richiamata disciplina nazionale osti alla corretta applicazione dei citati parametri normativi [dell’Unione], nel caso in cui l’accordo di cui all’art[icolo] 4, comma 6, d.m. 11 novembre 1999 sia costituito da un accordo meramente tacito, mai esternato in atti ufficiali e oggetto di una affermazione della parte ricorrente, la quale non è stata in grado di specificarne gli estremi».

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

24

Come risulta dal loro tenore letterale, le questioni pregiudiziali vertono sostanzialmente sull’interpretazione degli articoli 3, paragrafo 2, TFUE e 216 TFUE.

25

Occorre tuttavia rilevare che la controversia principale riguarda la contestazione di una decisione dell’AEEG con cui è stata inflitta alla Green Network una sanzione amministrativa, poiché quest’ultima non aveva ottemperato all’obbligo di acquistare certificati verdi per il 2006. Alla luce di ciò, e tenuto conto del fatto che il Trattato di Lisbona è entrato in vigore solo il 1o dicembre 2009, si devono prendere in considerazione, per rispondere agli interrogativi posti dalle questioni sollevate, non le disposizioni del Trattato FUE citate dal giudice del rinvio, bensì, come sostenuto in particolare dal GSE, dal governo italiano e dalla Commissione, le norme relative alla competenza esterna esclusiva della Comunità come risultavano dal Trattato CE.

26

A tale riguardo, occorre rilevare che, tra i diversi casi di competenza esterna esclusiva dell’Unione ormai sanciti all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, solo quello di cui all’ultima parte di frase di tale disposizione, vale a dire la situazione in cui la conclusione di un accordo internazionale «può incidere su norme comuni o modificarne la portata», è alla base di tutti gli interrogativi del giudice del rinvio e si rivela pertinente nell’ambito della presente causa.

27

Orbene, i termini impiegati in tale ultima parte di frase corrispondono a quelli con cui la Corte, al punto 22 della sentenza Commissione/Consiglio denominata «AETR» (22/70, EU:C:1971:32), ha definito la natura degli impegni internazionali che gli Stati membri non possono assumere fuori dall’ambito delle istituzioni della Comunità, qualora norme comuni della medesima siano state adottate per raggiungere gli scopi del Trattato (v. sentenza Commissione/Consiglio, C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 66).

28

Di conseguenza, le questioni pregiudiziali devono, se del caso, essere intese come riferite alla competenza esterna esclusiva della Comunità ai sensi della giurisprudenza avviata con la suddetta sentenza AETR (EU:C:1971:32) e sviluppata a partire da essa (in prosieguo: la «competenza esterna esclusiva ai sensi della giurisprudenza AETR»).

29

Secondo tale giurisprudenza, il rischio di incidere su norme comuni della Comunità o di modificarne la portata mediante impegni internazionali assunti dagli Stati membri, che può giustificare una competenza esterna esclusiva della Comunità, esiste quando tali impegni rientrano nell’ambito di applicazione di dette norme (v., in particolare, sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2014:2151, punto 68 e giurisprudenza ivi citata, nonché parere 1/13, EU:C:2014:2303, punto 71).

30

L’accertamento di un siffatto rischio non presuppone una concordanza completa tra il settore disciplinato dagli impegni internazionali e quello disciplinato dalla normativa comunitaria (sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2014:2151, punto 69 e giurisprudenza ivi citata, nonché parere 1/13, EU:C:2014:2303, punto 72).

31

In particolare, siffatti impegni internazionali possono incidere sulla portata delle norme comunitarie o modificarla qualora essi rientrino in un settore già in gran parte disciplinato da siffatte norme (sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2014:2151, punto 70 e giurisprudenza ivi citata, nonché parere 1/13, EU:C:2014:2303, punto 73).

32

Inoltre, fuori dall’ambito delle istituzioni dellaComunità, gli Stati membri non possono assumere tali impegni, e ciò anche se non vi siano possibili contraddizioni tra questi ultimi e le norme comuni della Comunità (sentenza Commissione/Consiglio, EU:C:2014:2151, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

33

Ciò premesso, dato che la Comunità dispone solo di competenze di attribuzione, l’esistenza di una competenza, per giunta di natura esclusiva, deve basarsi su conclusioni tratte da un’analisi complessiva e concreta del rapporto esistente tra l’accordo internazionale previsto e il diritto comunitario in vigore. Tale analisi deve prendere in considerazione i settori disciplinati, rispettivamente, dalle norme comunitarie e dalle disposizioni dell’accordo previsto, le loro prevedibili prospettive di evoluzione, nonché la natura e il contenuto di tali norme e disposizioni, al fine di verificare se l’accordo in questione sia tale da pregiudicare l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie e il corretto funzionamento del sistema che esse istituiscono (v. parere 1/13, EU:C:2014:2303, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

Sulla prima questione

34

Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se, tenuto conto dell’esistenza della direttiva 2001/77 e, in particolare, delle disposizioni dell’articolo 5 della medesima, il Trattato CE debba essere interpretato nel senso che la Comunità dispone di una competenza esterna esclusiva ai sensi della giurisprudenza AETR, che osta ad una disposizione nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede la concessione di un’esenzione dall’obbligo di acquistare certificati verdi a motivo dell’immissione, nel mercato nazionale del consumo, di energia elettrica importata da uno Stato terzo, mediante la previa conclusione, tra lo Stato membro e lo Stato terzo interessati, di un accordo in forza del quale si garantisce che l’energia elettrica così importata è verde, secondo modalità identiche a quelle previste da tale articolo 5 (in prosieguo: la «prima disposizione nazionale controversa»).

35

In via preliminare si deve rilevare che la direttiva 2001/77 è stata adottata sulla base dell’articolo 175 CE, le cui disposizioni sono state riprese all’articolo 192 TFUE, relativo alla politica comunitaria nel settore dell’ambiente, che prevedeva una competenza condivisa tra la Comunità e gli Stati membri (v., in particolare, sentenza Commissione/Consiglio, C‑370/07, EU:C:2009:590, punto 49).

36

In tale contesto, e come risulta in particolare dalla giurisprudenza richiamata ai punti da 29 a 33 della presente sentenza, l’esistenza eventuale di una competenza esterna esclusiva della Comunità che sia tale da ostare ad una norma quale la prima disposizione nazionale controversa, dipende, nella fattispecie, dalla questione se un accordo del tipo di quello la cui conclusione è prevista dalla disposizione suddetta sia tale da incidere sulle disposizioni comuni contenute nella direttiva 2001/77 o da modificarne la portata.

37

A tale riguardo, occorre rilevare che la sola circostanza che, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, non fosse stato effettivamente ancora concluso alcun accordo di tale tipo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera non è tale da escludere l’esistenza di un’eventuale violazione della competenza esterna esclusiva della Comunità.

38

Infatti, una disposizione quale la prima disposizione nazionale controversa, subordinando il beneficio del vantaggio che essa conferisce agli importatori di energia elettrica alla previa conclusione di un siffatto accordo internazionale, dà avvio ad un processo che fa sì che detta stipulazione abbia realmente luogo, circostanza che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 83 a 85 delle conclusioni, sarebbe sufficiente ad incidere sulla competenza esterna esclusiva della Comunità, supponendo che essa sia stabilita (v., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia, C‑45/07, EU:C:2009:81, punti da 21 a 23).

39

Per quanto riguarda il settore disciplinato dagli accordi la cui conclusione è così prevista dalla prima disposizione nazionale controversa e il loro contenuto, occorre ricordare che tali accordi hanno sostanzialmente ad oggetto la determinazione delle condizioni alle quali e delle modalità secondo cui l’energia elettrica prodotta in uno Stato terzo ed importata in uno Stato membro dev’essere certificata in quanto elettricità verde dalle autorità di detto Stato terzo per poter essere riconosciuta come tale nel mercato interno del consumo di energia elettrica di tale Stato membro, in particolare nell’ambito dell’attuazione di un regime nazionale di sostegno al consumo di energia verde istituito da tale Stato membro.

40

Quanto al settore disciplinato dalle disposizioni pertinenti contenute a tale riguardo nella direttiva 2001/77 e al contenuto della medesima, occorre prendere in considerazione, in particolare, le disposizioni dei suoi articoli da 3 a 5.

41

Da un lato, e per quanto riguarda l’articolo 5 di tale direttiva, cui si riferiscono espressamente le questioni pregiudiziali, occorre certamente rilevare che, come risulta tanto dal tenore letterale che dalla ratio di detto articolo, le garanzie di origine destinate ad attestare che è stata prodotta energia elettrica a partire da fonti energetiche rinnovabili, di cui detto articolo prevede il rilascio da parte delle autorità competenti degli Stati membri, riguardano esclusivamente l’energia elettrica prodotta in luoghi che rientrano nella loro giurisdizione e non quella prodotta in Stati terzi.

42

Tuttavia tale circostanza non incide sul fatto che detto articolo ha ad oggetto l’armonizzazione delle condizioni alle quali, e dei meccanismi secondo i quali, l’energia elettrica può e deve essere autenticata, negli Stati membri e nell’ambito della Comunità, in quanto elettricità verde ed essere riconosciuta come tale nel mercato interno del consumo di energia elettrica.

43

In tal senso, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/77 obbliga gli Stati membri a far sì che l’origine dell’elettricità verde, come definita all’articolo 2 di tale direttiva, possa essere garantita come tale secondo criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori stabiliti da ciascuno Stato membro e a prevedere il rilascio su richiesta di garanzie di origine in tal senso.

44

Al suo articolo 5, paragrafo 3, primo trattino, tale direttiva prevede, in particolare, che le garanzie di origine specifichino la fonte energetica da cui è stata prodotta l’elettricità, nonché le date e i luoghi di produzione. In forza dell’articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, gli Stati membri o gli organi competenti da essi designati istituiscono i meccanismi appropriati per assicurare che la garanzia di origine sia accurata e affidabile.

45

Per quanto riguarda la finalità di dette garanzie di origine, il considerando 10 della direttiva 2001/77 prevede che esse siano richieste per promuovere gli scambi di elettricità verde e per aumentare la trasparenza per la scelta dei consumatori tra una siffatta elettricità e quella prodotta da fonti energetiche non rinnovabili. L’articolo 5, paragrafo 3, secondo trattino, di tale direttiva precisa che tali garanzie di origine hanno lo scopo di consentire ai produttori di elettricità che utilizzano fonti energetiche rinnovabili di dimostrare che l’elettricità da essi venduta è prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

46

In forza dell’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2001/77, le garanzie di origine dovrebbero essere reciprocamente riconosciute dagli Stati membri esclusivamente come prova degli elementi di cui all’articolo 5, paragrafo 3, della medesima.

47

Orbene, a tale riguardo occorre rilevare che accordi come quelli di cui la prima disposizione nazionale controversa prevede la conclusione tra la Repubblica italiana e uno Stato terzo sono appunto destinati ad assicurare che garanzie di origine emesse dalle autorità di tale Stato terzo siano, al pari delle garanzie di origine rilasciate negli Stati membri in applicazione delle disposizioni dell’articolo 5 della direttiva 2001/77 e tramite il rispetto di condizioni analoghe a quelle previste da tali disposizioni, riconosciute, nel mercato del consumo di tale Stato membro, come attestanti che l’energia elettrica importata da detto Stato terzo è energia verde ai sensi di tale direttiva.

48

Un siffatto accordo è quindi tale da ampliare il campo di applicazione del meccanismo armonizzato di certificazione proprio delle garanzie di origine emesse negli Stati membri, istituito all’articolo 5 della direttiva 2001/77, consentendo in particolare a garanzie di origine emesse in Stati terzi di beneficiare, nel mercato interno del consumo dell’energia elettrica dello Stato membro interessato, di uno status analogo a quello di cui godono, in particolare ai fini specifici ricordati al punto 45 della presente sentenza, di promuovere gli scambi e aumentare la trasparenza per i consumatori, le garanzie di origine rilasciate negli Stati membri.

49

Ne risulta che un accordo di tale tipo è tale da modificare la portata delle norme comuni contenute nell’articolo 5 della direttiva 2001/77.

50

Dall’altro lato, per quanto riguarda il fatto che le garanzie di origine emesse dalle autorità di uno Stato terzo, conformemente ad un accordo come quello di cui la prima disposizione nazionale controversa prevede la conclusione, sono in particolare destinate ad essere riconosciute nell’ambito di un regime nazionale di sostegno al consumo di elettricità verde, consentendo a chi le possiede di essere esonerato dall’obbligo di acquistare certificati verdi, occorre rilevare quanto segue.

51

Vero è che dall’articolo 4 della direttiva 2001/77 e dal considerando 15 della medesima risulta che, pur incoraggiando gli Stati membri ad adottare siffatti regimi di sostegno, tale direttiva non istituisce un quadro comunitario relativo ai medesimi (v. sentenza IBV & Cie, C‑195/12, EU:C:2013:598, punto 63).

52

In tal senso, riguardo alla forma che possono assumere i meccanismi di sostegno, occorre osservare che il considerando 14 della direttiva 2001/77 si limita ad elencare i vari tipi di misure cui hanno generalmente fatto ricorso gli Stati membri in tale prospettiva, vale a dire certificati verdi, aiuto agli investimenti, esenzioni o sgravi fiscali, restituzioni d’imposta o regimi di sostegno diretto dei prezzi (v. sentenza IBV & Cie, EU:C:2013:598, punto 64).

53

Nemmeno l’articolo 4 di tale direttiva contiene indicazioni particolari quanto al contenuto delle misure di sostegno la cui adozione è in tal modo incoraggiata dal legislatore comunitario, eccetto le precisazioni relative al contributo di tali misure alla realizzazione degli obiettivi di cui agli articoli 6 CE e 174, paragrafo 1, CE (v. sentenza IBV & Cie, EU:C:2013:598, punto 65).

54

Ne consegue, in particolare, che la direttiva 2001/77 riconosce agli Stati membri un ampio margine discrezionale al fine dell’adozione e dell’attuazione di siffatti regimi di sostegno (v., in tal senso, sentenza IBV & Cie, EU:C:2013:598, punto 80).

55

Tuttavia si deve altresì tener conto del fatto che, come risulta dall’articolo 1 della direttiva 2001/77, essa mira a promuovere un maggior contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di elettricità nel relativo mercato interno. Il considerando 1 di tale direttiva precisa che il potenziale di sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili è attualmente sottoutilizzato nella Comunità e riconosce la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, poiché queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile e possono inoltre creare occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale, contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e permettere di conseguire più rapidamente gli obiettivi di Kyoto.

56

Dall’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/77, in combinato disposto con l’allegato alla medesima, risulta peraltro che gli Stati membri devono in particolare fissare obiettivi indicativi nazionali di consumo futuro di elettricità verde tenendo conto, come valori di riferimento, da un lato, della «produzione nazionale» di elettricità verde nel 1997 e, dall’altro, della quota, in percentuale, rispettivamente per gli anni 1997 e 2010, dell’elettricità verde nel consumo lordo di elettricità, essendo detta quota calcolata sulla base della «produzione nazionale» di elettricità verde divisa per il consumo interno lordo di elettricità (v. sentenza Essent Belgium, da C‑204/12 a C‑208/12, EU:C:2014:2192, punto 67).

57

Ne consegue, in particolare, che i meccanismi di sostegno nazionali ai produttori di elettricità di cui all’articolo 4 della direttiva 2001/77, ai quali si richiede segnatamente di contribuire alla realizzazione, da parte degli Stati membri, di tali rispettivi obiettivi indicativi nazionali, devono in via di principio condurre ad un rafforzamento della produzione nazionale di elettricità verde (sentenza Essent Belgium, EU:C:2014:2192, punto 68).

58

Dall’articolo 3, paragrafo 4, secondo trattino, della direttiva 2001/77, in combinato disposto con l’allegato alla medesima, risulta peraltro che gli obiettivi indicativi nazionali devono essere compatibili con l’obiettivo indicativo globale a livello della Comunità stessa.

59

Orbene, come sostenuto dalla Commissione a tale riguardo, la circostanza che uno Stato membro concluda un accordo con uno Stato terzo al fine di consentire di tener conto, nell’ambito del funzionamento di un regime di sostegno nazionale, del fatto che l’energia elettrica prodotta in tale Stato terzo è energia verde, è tale da interferire, da un lato, con gli obiettivi della direttiva 2001/77, ricordati al punto 55 della presente sentenza, e, dall’altro, con l’obbligo che incombe agli Stati membri di aumentare la loro produzione di elettricità verde in modo da contribuire a raggiungere gli obiettivi indicativi nazionali loro impartiti conformemente all’articolo 3 di tale direttiva e da partecipare in tal modo al raggiungimento dell’obiettivo indicativo globale a livello della Comunità stessa.

60

La conclusione di siffatti accordi da parte degli Stati membri, in mancanza di qualsiasi autorizzazione in tal senso da parte della direttiva 2001/77, può quindi pregiudicare il buon funzionamento del sistema istituito dalla suddetta direttiva, nonché gli obiettivi da essa perseguiti.

61

Inoltre, come emerge dalla giurisprudenza richiamata al punto 33 della presente sentenza, l’analisi della questione se un settore sia già disciplinato in gran parte da norme comunitarie richiede in particolare di tener conto non solo dello stato attuale del diritto comunitario nel settore di cui trattasi, ma anche delle sue prospettive di evoluzione, qualora esse siano prevedibili nel momento in cui tale analisi è effettuata.

62

A tale riguardo, occorre precisare che, sebbene la direttiva 2001/77 non istituisca, come appena ricordato, un quadro comunitario per quanto riguarda i regimi nazionali di sostegno all’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, il legislatore comunitario ha tuttavia espressamente previsto, al considerando 15 di tale direttiva e all’articolo 4, paragrafo 2, della medesima, che la Commissione era chiamata a presentare, entro il 27 ottobre 2005, una relazione sull’esperienza maturata durante l’applicazione e la coesistenza dei diversi meccanismi di sostegno nazionali, corredata, se necessario, di una proposta relativa a un quadro comunitario per detti regimi di sostegno dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, precisando a tale riguardo diverse caratteristiche che un siffatto quadro dovrebbe presentare.

63

Orbene, la prima disposizione nazionale controversa è stata adottata precisamente nel corso del periodo durante il quale la Commissione era in tal modo chiamata ad esaminare l’esperienza suddetta al fine della presentazione di una relazione siffatta e dell’eventuale adozione, da parte del legislatore comunitario, di tale quadro comunitario.

64

In tale contesto, occorre peraltro osservare che, come rilevato dal giudice del rinvio, a differenza della situazione quale si presentava nella vigenza della direttiva 2001/77, e come risulta dai considerando 37 e 38 della direttiva 2009/28 nonché dagli articoli 9 e 10 di quest’ultima, che ha sostituito la direttiva 2001/77, il legislatore comunitario, nell’ambito di tale nuova direttiva, si è in particolare impegnato a precisare le condizioni alle quali l’elettricità verde prodotta in uno Stato terzo e importata in uno Stato membro può, nell’ambito di una cooperazione attuata tra tali Stati, essere presa in considerazione, se del caso, da tale Stato membro per realizzare l’obiettivo vincolante attinente alla quota di energia verde nel consumo finale di energia impartitogli da tale direttiva.

65

Alla luce delle suesposte considerazioni si deve rispondere alla prima questione dichiarando che il Trattato CE dev’essere interpretato nel senso che, tenuto conto delle disposizioni della direttiva 2001/77, la Comunità dispone di una competenza esterna esclusiva che osta ad una disposizione come la prima disposizione nazionale controversa.

Sulla seconda questione

66

Come risulta dal suo tenore letterale, la seconda questione verte, al pari della prima questione, sull’interpretazione delle disposizioni degli articoli 3, paragrafo 2, TFUE e 216 TFUE. Pertanto, e come emerge dai rilievi di cui ai punti da 24 a 28 della presente sentenza, detta questione dev’essere intesa, considerato tale tenore letterale, nel senso che si chiede se, in ragione dell’esistenza dell’accordo di libero scambio, la Comunità risulti investita di una competenza esterna esclusiva, ai sensi della giurisprudenza AETR, che osta ad una disposizione come la prima disposizione nazionale controversa.

67

Dal momento che dalla risposta alla prima questione emerge che la Comunità, in ragione dell’esistenza della direttiva 2001/77, risulta investita di una competenza esterna esclusiva che osta ad una disposizione nazionale siffatta, non appare più necessario pronunciarsi sulla seconda questione così posta dal giudice del rinvio.

Sulla terza questione

68

Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se, tenuto conto dell’esistenza della direttiva 2001/77 e in particolare delle disposizioni dell’articolo 5 della medesima, il Trattato CE debba essere interpretato nel senso che la Comunità dispone di una competenza esterna esclusiva ai sensi della giurisprudenza AETR che osta all’adozione di una disposizione nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede la concessione di un’esenzione dall’obbligo di acquistare certificati verdi a motivo dell’immissione, nel mercato nazionale del consumo, di energia elettrica importata da uno Stato terzo, mediante la previa conclusione, tra il gestore di rete nazionale ed un’analoga autorità locale di tale Stato terzo, di una convenzione che determina le modalità di verifica necessarie per certificare che l’energia elettrica così importata è elettricità verde (in prosieguo: la «seconda disposizione nazionale controversa»).

69

A tale riguardo, occorre certamente rilevare che, tenuto conto degli elementi di cui la Corte dispone, nulla consente a priori di ritenere che una convenzione come quella così prevista e che sarebbe conclusa tra organismi quali un gestore di rete nazionale ed un analogo organismo appartenente ad uno Stato terzo possa costituire un accordo con cui uno Stato membro assumerebbe, ai sensi della giurisprudenza AETR, nei confronti di detto Stato terzo, «impegni internazionali» tali da incidere su norme comuni della Comunità o da modificarne la portata. Alla luce di tali elementi, non sembra in particolare che una siffatta convenzione sia tale da esprimere la volontà degli Stati interessati di impegnarsi ai sensi del diritto internazionale (v. in tal senso, in particolare, parere 1/13, EU:C:2014:2303, punto 39).

70

Nell’ambito della presente causa, si deve tuttavia ricordare che il giudice del rinvio osserva che se, alla luce della risposta alla prima questione pregiudiziale, dovesse essere confermato che la prima disposizione nazionale controversa dev’essere disapplicata poiché viola una competenza esterna esclusiva della Comunità, la seconda disposizione nazionale controversa dovrebbe trovare applicazione nel procedimento principale.

71

Orbene, a tale riguardo si deve rilevare che l’oggetto della seconda disposizione nazionale controversa è simile a quello della prima disposizione nazionale controversa. Infatti, la seconda disposizione nazionale controversa mira sostanzialmente, e al pari della prima disposizione nazionale controversa, ad attuare meccanismi transfrontalieri destinati ad attestare che l’energia elettrica importata da uno Stato terzo e immessa nel mercato italiano del consumo è elettricità verde.

72

Sebbene i meccanismi di cui trattasi non siano più, come nell’ambito della prima disposizione nazionale controversa, il risultato diretto di un accordo internazionale concluso tra due soggetti di diritto internazionale e disciplinato da quest’ultimo, tuttavia la loro attuazione interviene, in forza dell’autorizzazione normativa prevista dalla seconda disposizione nazionale controversa a favore del gestore di rete nazionale, al fine di negoziare i meccanismi stessi con un’analoga autorità locale dello Stato terzo interessato.

73

Orbene, come parimenti rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 103 delle sue conclusioni, il principio di leale cooperazione sancito all’articolo 10 CE, le cui disposizioni sono state riprese, con modifiche, all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, osta a che, dopo che la contrarietà al diritto comunitario di una disposizione quale la prima disposizione nazionale controversa sia stata così constatata e quest’ultima sia stata pertanto disapplicata da un giudice nazionale, sia applicata in sostituzione una norma interna che, al pari della seconda disposizione nazionale controversa, è sostanzialmente analoga a quella che è stata in tal modo disapplicata.

74

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che il diritto dell’Unione osta a che, dopo che una disposizione quale la prima disposizione nazionale controversa sia stata disapplicata da un giudice nazionale in quanto non conforme a tale diritto, lo stesso giudice applichi in sostituzione una disposizione nazionale sostanzialmente analoga alla disposizione suddetta, quale la seconda disposizione nazionale controversa.

Sulla quarta questione

75

Alla luce della risposta fornita alla terza questione, non occorre rispondere alla quarta questione.

Sulle spese

76

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

1)

Il Trattato CE dev’essere interpretato nel senso che, tenuto conto delle disposizioni della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la Comunità europea dispone di una competenza esterna esclusiva che osta ad una disposizione nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, che prevede la concessione di un’esenzione dall’obbligo di acquistare certificati verdi a motivo dell’immissione, nel mercato nazionale del consumo, di energia elettrica importata da uno Stato terzo, mediante la previa conclusione, tra lo Stato membro e lo Stato terzo interessati, di un accordo in forza del quale si garantisce che l’energia elettrica così importata è prodotta da fonti energetiche rinnovabili, secondo modalità identiche a quelle previste dall’articolo 5 di tale direttiva.

 

2)

Il diritto dell’Unione osta a che, dopo che una disposizione nazionale come quella di cui al punto 1 del dispositivo della presente sentenza sia stata disapplicata da un giudice nazionale in quanto non conforme a tale diritto, lo stesso giudice applichi in sostituzione una precedente disposizione nazionale sostanzialmente analoga alla disposizione suddetta, che prevede la concessione di un’esenzione dall’obbligo di acquistare certificati verdi a motivo dell’immissione, nel mercato nazionale del consumo, di energia elettrica importata da uno Stato terzo, mediante la previa conclusione, tra il gestore di rete nazionale ed un’analoga autorità locale dello Stato terzo interessato, di una convenzione che determina le modalità di verifica necessarie per certificare che l’energia elettrica così importata è prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

 

Firme


( *1 )   Lingua processuale: l’italiano.