SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

27 febbraio 2014 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Contratto di credito al consumo — Clausole abusive — Direttiva 93/13/CEE — Esecuzione forzata di un lodo arbitrale — Domanda di intervento in un procedimento di esecuzione — Associazione per la tutela dei consumatori — Legislazione nazionale che non permette un tale intervento — Autonomia procedurale degli Stati membri»

Nella causa C‑470/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Okresný súd Svidník (Slovacchia), con decisione del 31 agosto 2012, pervenuta in cancelleria il 19 ottobre 2012, nel procedimento

Pohotovosť s. r. o.

contro

Miroslav Vašuta,

con l’intervento di:

Združenie na ochranu občana spotrebiteľa HOOS,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, C.G. Fernlund, A. Ó Caoimh, C. Toader (relatore) e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per la Pohotovosť s. r. o., da J. Fuchs, konateľ spoločnosti;

per la Združenie na ochranu občana spotrebiteľa HOOS, da I. Šafranko, advokát;

per il governo slovacco, da B. Ricziová, in qualità di agente;

per il governo tedesco, da T. Henze e J. Kemper, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. van Beek e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 dicembre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli da 6 a 8 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29), in combinato disposto con gli articoli 38 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Pohotovost’ s. r. o. (in prosieguo: la «Pohotovost’») e il sig. Vašuta in merito all’esecuzione di un lodo arbitrale che ha condannato quest’ultimo al rimborso di somme di denaro relative ad un contratto di credito al consumo.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 così dispone:

«Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

4

L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva così stabilisce:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

5

L’articolo 7 della direttiva di cui trattasi così dispone:

«1.   Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

2.   I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte clausole.

3.   Nel rispetto della legislazione nazionale, i ricorsi menzionati al paragrafo 2 possono essere diretti, separatamente o in comune, contro più professionisti dello stesso settore economico o associazioni di professionisti che utilizzano o raccomandano l’inserzione delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole simili».

6

L’articolo 8 della stessa direttiva prevede:

«Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

Il diritto slovacco

7

L’articolo 93 del codice di procedura civile, nella sua versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «codice di procedura civile»), così dispone:

«1)   La persona avente un interesse giuridico in merito all’esito del procedimento può intervenire a sostegno delle conclusioni del ricorrente o del convenuto, a condizione che non si tratti di un procedimento di divorzio o di un procedimento vertente sulla validità di un matrimonio o volto a verificarne l’esistenza.

2)   Può intervenire a sostegno delle conclusioni del ricorrente o del convenuto anche la persona giuridica la cui attività consista nella tutela dei diritti ai sensi di una disposizione speciale.

3)   Tale persona interviene nel procedimento di propria iniziativa o su istanza di parte trasmessa dal giudice. Questi si pronuncia sulla ricevibilità dell’intervento solo se investito di una richiesta in tal senso.

4)   Nell’ambito del procedimento, l’interveniente ha i medesimi diritti e obblighi delle parti del procedimento. Tuttavia, esso agisce solo nel proprio interesse. Se i suoi atti contrastano con quelli della parte a sostegno della quale interviene, il giudice li valuta dopo aver esaminato tutte le circostanze».

8

L’articolo 251, paragrafo 4, del suddetto codice dispone quanto segue:

«L’applicazione delle decisioni e il procedimento di esecuzione ai sensi della normativa speciale (...) sono disciplinati dalle disposizioni contenute nelle parti che precedono, salvo diversa previsione di detta normativa speciale. Si statuisce, tuttavia, sempre mediante ordinanza».

9

L’articolo 37, paragrafi 1 e 3, del codice delle esecuzioni, nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «codice delle esecuzioni»), dispone quanto segue:

«1)   Sono parti nel procedimento il creditore e il debitore; terzi soggetti sono autorizzati a intervenire solo nella fase del procedimento in relazione alla quale la presente legge riconosce loro la qualità di parte. Quando il giudice si pronuncia sulle spese dell’esecuzione anche l’ufficiale giudiziario incaricato è parte del procedimento.

(…)

3)   Si può procedere ad esecuzione unicamente nei confronti del soggetto designato nella decisione come il debitore, e a esclusivo beneficio del soggetto designato nella decisione come il creditore, a meno che non venga dimostrato che siano stati trasferiti ad altro soggetto gli obblighi o i diritti derivanti dal titolo esecutivo ai sensi dell’articolo 41. Laddove sopravvengano circostanze che implichino il trasferimento o la surrogazione di diritti e obblighi derivanti dal titolo esecutivo, le parti del procedimento sono tenute ad informarne per iscritto e senza indebito ritardo l’autorità di esecuzione. La comunicazione dev’essere accompagnata da un documento che dimostri il trasferimento o la surrogazione dei diritti e obblighi. L’autorità di esecuzione è tenuta a notificare al giudice una richiesta di autorizzazione di modifica delle parti nel procedimento entro il termine di 14 giorni dal giorno in cui essa è venuta a conoscenza di tali circostanze. Il giudice si pronuncia, mediante ordinanza, entro 60 giorni dalla notifica della richiesta. La decisione è notificata all’autorità di esecuzione, al creditore e al debitore menzionati nel titolo esecutivo, nonché alla parte cui il diritto o l’obbligo sono stati trasferiti».

10

A norma dell’articolo 25, paragrafi 1 e 2, della legge n. 250/2007 sulla tutela dei consumatori, un’associazione può presentare un ricorso in materia di tutela dei diritti dei consumatori dinanzi ad un organo amministrativo o giurisdizionale, o può essere parte di tale procedimento, se il suo obiettivo principale è il perseguimento di una tale attività o se essa figura nell’elenco dei soggetti autorizzati dalla Commissione europea, fermo restando il diritto dell’autorità giudiziaria a verificare se tale soggetto sia autorizzato in ogni fattispecie a proporre un ricorso. Inoltre, un’associazione, sulla base di un mandato, può rappresentare un consumatore dinanzi agli organi dello Stato nei procedimenti vertenti sull’esercizio dei diritti di tale consumatore, ivi compreso il diritto al risarcimento del danno arrecato dalla violazione dei diritti del consumatore.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11

La Pohotovost’ ha concesso al sig. Vašuta un credito al consumo. Con decisione del 9 dicembre 2010 lo Stály rozhodcovský súd (Corte arbitrale permanente) ha ingiunto al sig. Vašuta di pagare una determinata somma alla Pohotovost’.

12

La Pohotovost’ ha presentato una domanda di esecuzione di tale lodo arbitrale divenuto definitivo ed esecutivo. Il 25 marzo 2011, l’ufficiale giudiziario, su mandato della Pohotovost’, ha chiesto all’Okresný súd Svidník (Tribunale distrettuale di Svidník) l’autorizzazione a dare esecuzione al lodo arbitrale di cui trattasi. Con decisione del 29 giugno 2011, tale domanda è stata respinta nella parte relativa al recupero degli interessi moratori e alle spese relative a tale recupero. Il giudice ha, nondimeno, accolto la domanda di esecuzione dello stesso lodo per gli altri crediti.

13

Il 9 settembre 2011, la Združenie na ochranu občana spotrebiteľa HOOS (associazione per la tutela dei consumatori HOOS, in prosieguo: la «Združenie HOOS») ha chiesto di intervenire nel procedimento di esecuzione in base all’articolo 93, paragrafo 2, del codice di procedura civile. Nel merito, essa ha eccepito la mancanza d’imparzialità dell’ufficiale giudiziario incaricato, sostenendo in particolare che questi sarebbe stato legato in passato alla Pohotovost’ da un rapporto di lavoro. Orbene, conformemente alla giurisprudenza dell’Ústavný súd Slovenskej republiky (Corte costituzionale della Repubblica slovacca), il fatto che l’ufficiale giudiziario abbia intrattenuto un rapporto di lavoro con la Pohotovost’ sarebbe incompatibile con il dovere di imparzialità dell’ufficiale giudiziario. La Združenie HOOS ha inoltre chiesto la sospensione del procedimento esecutivo nel suo complesso.

14

In una memoria del 27 marzo 2012, la Pohotovost’ ha chiesto che venisse dichiarata l’irricevibilità dell’intervento della Združenie HOOS dinanzi al giudice di rinvio, sulla base del rilievo che il codice delle esecuzioni non prevedeva espressamente la possibilità di un tale intervento.

15

L’Okresný súd Svidník, con ordinanza del 24 maggio 2012, ha dichiarato irricevibile l’istanza d’intervento nel procedimento di esecuzione della Združenie HOOS e ha respinto l’istanza volta ad ottenere la sospensione del procedimento.

16

Il 18 giugno 2012, la Združenie HOOS ha presentato ricorso avverso la suddetta ordinanza. Essa ha sostenuto, da un lato, che il sig. Vašuta non era stato sufficientemente informato; dall’altro, a suo avviso il giudice non avrebbe applicato d’ufficio in favore del sig. Vašuta, di fronte ad una clausola compromissoria abusiva, norme sufficientemente protettive e non avrebbe tratto le conseguenze di diritto dalla mancata indicazione del tasso annuale effettivo globale nel contratto di credito al consumo. Lo stesso giudice non avrebbe applicato correttamente la giurisprudenza derivante in particolare dalla sentenza del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones (C-40/08, Racc. pag. I-9579) e dall’ordinanza del 16 novembre 2010, Pohotovost’ (C-76/10, Racc. pag. I-11557).

17

Dalle osservazioni scritte risulta che, in una sentenza del 10 ottobre 2012, il Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) ha dichiarato che l’intervento di un’associazione per la tutela dei consumatori non era ricevibile in un procedimento di esecuzione contro un consumatore in quanto non si tratta di un procedimento contenzioso, bensì di un procedimento volto ad ottenere l’esecuzione di una decisione sul merito definitiva e vincolante per il debitore. L’Ústavný súd Slovenskej republiky avrebbe, d’altronde, adottato un approccio analogo in una sentenza del 15 gennaio 2013.

18

Il giudice di rinvio ritiene che l’interpretazione della direttiva 93/13 da parte della Corte possa avere un’influenza determinante sulla risoluzione della controversia oggetto del procedimento principale.

19

Alla luce di quanto sopra, l’Okresný súd Svidník ha deciso di sospendere il processo e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se gli articoli 6, paragrafo 1, 7, paragrafo 1, e 8 della direttiva 93/13 (...), letti in combinato disposto con gli articoli 38 e 47 della [Carta], debbano essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 37, paragrafi 1 e 3, del codice delle esecuzioni, che non consente a un’associazione per la tutela dei diritti dei consumatori di intervenire nel procedimento esecutivo.

2)

Qualora la risposta alla prima domanda sia nel senso che la suddetta disposizione normativa non è in contrasto con il diritto [dell’Unione], se le disposizioni di cui all’articolo 37, paragrafi 1 e 3, del codice delle esecuzioni debbano essere interpretate nel senso che non ostano a che un giudice nazionale, in base agli articoli 6, paragrafo 1, 7, paragrafo 1, e 8 [di detta direttiva], riconosca a un’associazione per la tutela dei diritti dei consumatori la qualità di interveniente nel procedimento di esecuzione».

Sulle domande presentate dalla Pohotovost’ dopo la chiusura della fase orale del procedimento

20

Con atto del 31 gennaio 2014, pervenuto alla cancelleria della Corte il 6 febbraio seguente, la Pohotovost’, in seguito alle conclusioni dell’avvocato generale pronunciate il 12 dicembre 2013, ha chiesto, sulla base dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte, la riapertura della fase orale e a tale fine ha dedotto l’insufficienza delle informazioni concernenti un fatto nuovo tale da influenzare in maniera decisiva la decisione della Corte. La Pohotovost’ ha altresì chiesto che la Corte, nell’ambito del presente procedimento pregiudiziale, ascoltasse la parte di un procedimento contenzioso pendente dinanzi l’Okresný súd Bardejov (Tribunale distrettuale di Bardejov) per conto della quale la Združenie HOOS avrebbe, a dire della Photovost’, proposto un ricorso basato su motivi e argomenti giuridicamente erronei.

21

È d’uopo ricordare, in primo luogo, che la Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, ovvero su domanda delle parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi dell’articolo 83 del regolamento di procedura, qualora ritenga di non essere sufficientemente edotta o che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (sentenza del 12 dicembre 2013, Carratù, C‑361/12, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

22

In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. Nell’esercizio di tale funzione egli può certamente, se del caso, analizzare una domanda di pronuncia pregiudiziale ricollocandola in un contesto più ampio rispetto a quello strettamente definito dal giudice del rinvio o dalle parti del procedimento principale. Dato che la Corte non è vincolata né dalle conclusioni dell’avvocato generale né dalla motivazione sulla quale queste ultime sono fondate, non è indispensabile riaprire la fase orale, conformemente all’articolo 83 del regolamento di procedura, ogniqualvolta l’avvocato generale sollevi una questione di diritto che non sia stata oggetto di discussione tra le parti (sentenza Carratù, cit., punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

23

Nel caso di specie, da un lato, la causa non richiede affatto di essere decisa sulla base di argomenti che non siano stati oggetto di discussione fra le parti. Dall’altro, per quanto concerne la richiesta della Pohotovost’ volta a che la Corte, nell’ambito del presente procedimento pregiudiziale, ascolti una parte di un procedimento giudiziario nazionale diverso da quello del procedimento principale, occorre ricordare che il procedimento di cui all’articolo 267 TFUE è un procedimento di cooperazione tra il giudice nazionale e il giudice dell’Unione e che le parti della controversia principale, come emerge dall’articolo 97, paragrafo 1, del regolamento di procedura, sono quelle individuate come tali dal giudice del rinvio, in osservanza delle norme di procedura nazionali. Orbene, nel caso di specie, la persona in questione non è stata identificata come parte nella controversia principale dal giudice del rinvio (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte, del 23 marzo 2007, Cedilac, C‑368/06, punto 6).

24

Alla luce di quanto premesso, sentito l’avvocato generale, occorre respingere le domande della Pohotovost’.

Sulla ricevibilità del rinvio pregiudiziale

25

Nelle osservazioni scritte depositate ai sensi dell’articolo 23, secondo comma, dello Statuto della Corte, la Pohotovost’ ha in particolare informato la Corte di aver presentato al giudice di rinvio, il 14 novembre 2012, una memoria in cui essa aveva dichiarato di voler ritirare integralmente la sua domanda di esecuzione e aveva chiesto al giudice di mettere termine al procedimento. Il giudice del rinvio sarebbe tenuto a pronunciarsi su tale rinuncia dichiarando concluso il procedimento esecutivo. In ogni caso, posto che la controversia nel procedimento principale si era estinta, la Corte dovrebbe respingere la presente domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto irricevibile.

26

Invitato dalla Corte a confermare, alla luce dell’annunciato atto di desistenza, se esso fosse ancora investito della controversia nell’ambito della quale aveva inizialmente presentato la sua domanda di pronuncia pregiudiziale e se, in tale prospettiva, intendesse mantenere tale domanda, l’Okresný súd Svidník ha risposto, con lettere pervenute alla Corte l’8 luglio e il 10 settembre 2013, che la Pohotovost’ aveva presentato, il 27 dicembre 2012, una domanda diretta alla sospensione del procedimento esecutivo del lodo arbitrale. Il giudice del rinvio ha inoltre precisato che gli atti del procedimento principale si trovavano ora dinanzi al Krajský súd v Prešove (Corte regionale di Prešove), essendo stato questo investito di un’impugnazione proposta dalla Pohotovost’ avverso la decisione di rinvio pregiudiziale. L’Okresný súd Svidník ha, tuttavia, precisato che il procedimento principale era ancora pendente dinanzi ad esso e che per questo motivo manteneva la sua domanda di pronuncia pregiudiziale.

27

A questo riguardo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2007, van der Weerd e a., da C-222/05 a C-225/05, Racc. pag. I-4233, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

28

Tuttavia, sia dal dettato sia dal sistema dell’articolo 267 TFUE emerge che il procedimento pregiudiziale presuppone l’effettiva pendenza dinanzi ai giudici nazionali di una controversia, nell’ambito della quale essi dovranno emettere una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale (v., in tal senso, sentenze del 15 giugno 1995, Zabala Erasun e a., da C-422/93 a C-424/93, Racc. pag. I-1567, punto 28; del 12 marzo 1998, Djabali, C-314/96, Racc. pag. I-1149, punto 18, nonché del 20 gennaio 2005, García Blanco, C-225/02, Racc. pag. I-523, punto 27).

29

La ragion d’essere del rinvio pregiudiziale, difatti, non è la formulazione di opinioni consultive su questioni generiche o ipotetiche, ma il bisogno inerente all’effettiva soluzione di un contenzioso (v. sentenze del 16 dicembre 1981, Foglia, 244/80, Racc. pag. 3045, punto 18; del 25 marzo 2004, Azienda Agricola Ettore Ribaldi e a., da C-480/00 a C-482/00, C-484/00, da C-489/00 a C-491/00 e da C-497/00 a C-499/00, Racc. pag. I-2943, punto 72, nonché la citata García Blanco, punto 28).

30

Nella presente causa, si deve constatare che il giudice del rinvio, interrogato dalla Corte, ha precisato che il procedimento di cui era stato investito continuava ad essere pendente. Orbene, considerato che il procedimento ex articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere (v., in particolare, sentenze del 16 luglio 1992, Meilicke, C-83/91, Racc. pag. I-4871, punto 22 e del 24 marzo 2009, Danske Slagterier, C-445/06, Racc. pag. I-2119, punto 65), una siffatta precisazione di un giudice nazionale vincola la Corte e non potrebbe, in principio, essere rimessa in discussione dalle parti nel procedimento principale.

31

Per quanto riguarda la questione relativa all’impugnazione proposta contro la decisione di rinvio, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 267 TFUE, la valutazione della rilevanza e della necessità della questione pregiudiziale rientra, in via di principio, esclusivamente nell’ambito della responsabilità del giudice che dispone il rinvio pregiudiziale, fatta salva la limitata verifica effettuata dalla Corte conformemente alla giurisprudenza evocata al punto 27 della presente sentenza. Incombe quindi al giudice del rinvio trarre le conseguenze di un’eventuale sentenza pronunciata in secondo grado contro la decisione che dispone il rinvio pregiudiziale e, in particolare, concludere che occorre mantenere immutata, modificare o revocare la sua domanda di pronuncia pregiudiziale (v. sentenza del 16 dicembre 2008, Cartesio, C-210/06, Racc. pag. I-9641, punto 96).

32

Ne discende che, in una situazione quale quella di cui alla controversia principale, la Corte, anche per esigenze di chiarezza e nell’interesse della certezza del diritto, deve attenersi al provvedimento di rinvio pregiudiziale, che produrrà i suoi effetti finché non sarà stato revocato o modificato dal giudice che lo ha emanato, perché solo quest’ultimo può decidere in merito a una siffatta revoca o modifica (v. sentenza Cartesio, cit., punto 97).

33

Solo qualora il giudice di secondo grado decidesse, in conformità alle norme di diritto processuale nazionale applicabili, di annullare la decisione del giudice del rinvio di non prendere atto della desistenza della ricorrente nel procedimento principale e di disporre la revoca della domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da tale giudice la Corte potrebbe considerare di trarre le conseguenze della decisione del giudice dell’impugnazione procedendo nell’eventualità alla cancellazione della causa dal ruolo della Corte, dopo aver ricevuto, se del caso, le osservazioni del giudice del rinvio in proposito (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 25 settembre 2013, BNP Paribas Personal Finance e Facet, C‑564/12, punti da 1 a 5).

34

Si deve, tuttavia, rilevare che, nella presente causa, la Corte non è stata informata dal giudice del rinvio né da alcun altro giudice, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, di una siffatta decisione del Krajský súd v Prešove.

35

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

36

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 93/13, in particolare gli articoli 6, paragrafo 1, 7, paragrafo 1, e 8 di tale direttiva, letti in combinato disposto con gli articoli 38 e 47 della Carta, debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale in applicazione della quale non è ammesso l’intervento di un’associazione per la tutela dei consumatori a sostegno di un determinato consumatore, in un procedimento di esecuzione, avviato contro quest’ultimo, di un lodo arbitrale definitivo.

37

A tale riguardo, dalla decisione di rinvio risulta che, nel procedimento principale, la Združenie HOOS chiede di essere ammessa ad intervenire nel procedimento esecutivo avviato dalla Pohotovost’ contro il sig. Vašuta, in particolare perché essa ritiene che, con la sua decisione di sospendere il procedimento esecutivo del lodo arbitrale solo per una parte del credito e di autorizzare l’esecuzione per la parte restante, l’Okresný súd Svidník non ha, pur in presenza di una clausola compromissoria abusiva, accordato d’ufficio al consumatore un’adeguata tutela e non ha tratto le conseguenze di diritto dalla mancata indicazione del tasso annuale effettivo globale nel contratto di credito al consumo. Quest’ultima decisione non sarebbe conforme alla giurisprudenza della Corte derivante segnatamente dalla citata ordinanza Pohotovost’.

38

A norma dell’articolo 93, paragrafo 2, del codice di procedura civile, risulta inoltre che un’associazione per la tutela dei consumatori può essere ammessa come parte interveniente in una controversia, nella fase di merito, che coinvolga un consumatore. Per contro, nei procedimenti di esecuzione concernenti un consumatore, che si tratti di esecuzione di una sentenza di un giudice nazionale o di un lodo arbitrale definitivo come quello di cui al procedimento principale, il codice delle esecuzioni non permette, ai sensi della giurisprudenza del Najvyšší súd Slovenskej republiky e dell’Ústavný súd Slovenskej republiky, che venga ammesso l’intervento di una siffatta associazione.

39

Secondo una giurisprudenza costante, il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione d’inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse (sentenze del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, da C-240/98 a C-244/98, Racc. pag. I-4941, punto 25, e del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C-168/05, Racc. pag. I-10421, punto 25, nonché l’ordinanza Pohotovost’, cit., punto 37).

40

Al fine di garantire la tutela voluta da detta direttiva, la Corte ha più volte evidenziato che tale situazione di disuguaglianza può essere riequilibrata solo mediante un intervento positivo, esterno al rapporto contrattuale (sentenze citate, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, punto 27; Mostaza Claro, punto 26 e Asturcom Telecomunicaciones, punto 31, nonché ordinanza Pohotovost’, cit., punto 39).

41

A tale riguardo, la facoltà per il giudice di esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola costituisce un mezzo idoneo al conseguimento tanto dell’obiettivo fissato dall’articolo 6 della direttiva 93/13, che è quello di impedire che il singolo consumatore sia vincolato da una clausola abusiva, quanto dell’obiettivo dell’articolo 7 della medesima direttiva, dato che tale esame può avere un effetto dissuasivo e può contribuire a far cessare l’inserimento di clausole abusive nei contratti conclusi tra un professionista e i consumatori (sentenze del 21 novembre 2002, Cofidis, C-473/00, Racc. pag. I-10875, punto 32, e Mostaza Claro, cit., punto 27, nonché ordinanza Pohotovost’, cit., punto 41).

42

Come rilevato dall’avvocato generale, segnatamente ai paragrafi 55 e 56 delle sue conclusioni, dalla giurisprudenza della Corte risulta che spetta al giudice nazionale investito, come nel procedimento principale, di un procedimento di esecuzione di un lodo arbitrale definitivo, procedere ad un intervento positivo, esterno al rapporto contrattuale, previsto dalla citata direttiva al fine di riequilibrare la situazione di disuguaglianza esistente tra il consumatore e il professionista. Infatti, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari, tale giudice deve procedere d’ufficio ad un controllo sulla natura abusiva delle clausole contrattuali su cui si basa il credito accertato in detto lodo qualora, ai sensi delle norme procedurali interne, sia tenuto a valutare d’ufficio, nell’ambito di un procedimento di esecuzione analogo, la contrarietà tra una clausola arbitrale e le norme nazionali d’ordine pubblico (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, Pannon GSM, C-243/08, Racc. pag. I-4713, punto 32, e Asturcom Telecomunicaciones, cit., punto 53, nonché ordinanza Pohotovost’, cit., punto 51).

43

Per quanto riguarda il ruolo che le associazioni per la tutela dei consumatori possono svolgere, occorre sottolineare che, in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, gli Stati membri devono provvedere a fornire mezzi adeguati ed efficaci al fine di far cessare l’inserzione delle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (sentenza del 26 aprile 2012, Invitel, C‑472/10, punto 35). A tal proposito, risulta dall’articolo 7, paragrafo 2, di tale direttiva che questi mezzi comprendono la possibilità per persone o enti che abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori di adire le autorità giudiziarie perché queste accertino se delle clausole redatte per un uso generalizzato presentino un carattere abusivo e, eventualmente, ne vietino l’utilizzo (v. sentenze del 24 gennaio 2002, Commissione/Italia, C-372/99, Racc. pag. I-819, punto 14, e Invitel, cit., punto 36).

44

La natura preventiva e la finalità dissuasiva delle azioni inibitorie, nonché la loro indipendenza nei confronti di qualsiasi conflitto individuale concreto, implicano che dette azioni possano essere esercitate anche quando le clausole delle quali si chiede sia vietato l’utilizzo non siano state inserite in contratti determinati (v. sentenze citate Commissione/Italia, punto 15, e Invitel, punto 37).

45

Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, è necessario constatare che né la direttiva 93/13 né le direttive successive, che completano la regolamentazione in materia di tutela dei consumatori, contengono norme volte a disciplinare il ruolo che può o deve essere riconosciuto alle associazioni per la tutela dei consumatori nell’ambito di controversie individuali che coinvolgono un consumatore. Dal tenore della direttiva 93/13 dunque non emerge se tali associazioni debbano o meno avere il diritto di essere ammesse ad intervenire a sostegno di consumatori nell’ambito di tali controversie individuali.

46

Ne consegue che, in assenza di una disciplina dell’Unione concernente la possibilità a favore delle associazioni per la tutela dei consumatori d’intervenire nelle controversie individuali che coinvolgono dei consumatori, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire tali norme, in virtù del principio dell’autonomia procedurale, a condizione però che esse non siano meno favorevoli delle norme che disciplinano situazioni simili sottoposte al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente arduo l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività).

47

Per quanto concerne, in primo luogo, il principio di equivalenza, esso richiede che la norma nazionale di cui trattasi si applichi indifferentemente ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto dell’Unione e a quelli fondati sull’inosservanza del diritto interno aventi un oggetto e una causa analoghi (v., in particolare, la sentenza del 29 ottobre 2009, Pontin, C-63/08, Racc. pag. I-10467, punto 45).

48

Per verificare se il principio citato è rispettato nel procedimento del quale è investito il giudice del rinvio, spetta a quest’ultimo, che è il solo ad avere una conoscenza diretta delle modalità procedurali dei ricorsi nel proprio sistema giuridico interno, esaminare sia l’oggetto sia gli elementi essenziali dei ricorsi asseritamente analoghi di natura interna. Tuttavia, ai fini della valutazione che tale giudice dovrà compiere, la Corte può fornire al medesimo taluni elementi sull’interpretazione del diritto dell’Unione.

49

A tal proposito, dalla decisione di rinvio emerge che l’articolo 37, paragrafo 1, del codice delle esecuzioni, come ha evidenziato l’avvocato generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni, esclude l’intervento di qualsiasi soggetto terzo in qualunque procedimento di esecuzione di una decisione di un giudice nazionale o di un lodo arbitrale definitivo, sia che tale decisione sia basata sulla violazione del diritto dell’Unione sia sull’inosservanza del diritto interno.

50

In queste circostanze, non si può ritenere che una siffatta disciplina violi il principio di equivalenza laddove non prevede le possibilità di autorizzare l’intervento di un’associazione per la tutela dei consumatori in un procedimento di esecuzione di un lodo arbitrale definitivo come quello di cui al procedimento principale.

51

Per quanto riguarda, in secondo luogo, il principio di effettività, occorre ricordare che la Corte ha già affermato che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma procedurale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo, si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela del diritto alla difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (v. sentenza del 5 dicembre 2013, Asociación de Consumidores Independientes de Castilla y León, C‑413/12, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

52

A tale riguardo, l’articolo 38 della Carta prevede che nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori. Tale imperativo vale per l’applicazione della direttiva 93/13. Tuttavia, in assenza di una norma di tale direttiva che preveda un diritto in capo alle associazioni per la tutela dei consumatori d’intervenire nelle controversie individuali in cui siano coinvolti consumatori, l’articolo 38 della Carta, di per sé, non può imporre un’interpretazione di detta direttiva nel senso che tale diritto è in essa riconosciuto.

53

Si può procedere a tale rilievo anche per le disposizioni dell’articolo 47 della Carta relative a un diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, da cui discende che venga accordato un patrocinio a spese dello Stato a coloro che non dispongono di risorse sufficienti, se tale aiuto è necessario a garantire l’effettività dell’accesso alla giustizia. Dal momento che la stessa direttiva prevede, nell’ambito delle controversie che coinvolgono un professionista e un consumatore, un intervento positivo, esterno al rapporto contrattuale, del giudice nazionale investito di tali controversie, non si può, ad ogni modo, sostenere che il rifiuto di ammettere l’intervento di un’associazione a sostegno di un determinato consumatore costituisca una violazione del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo di tale consumatore come garantito dal suddetto articolo. Inoltre, l’intervento di un’associazione per la tutela dei consumatori non può neppure essere assimilato al patrocinio a spese dello Stato che a norma di detto articolo deve essere concesso, in taluni casi, a chi non dispone di risorse sufficienti.

54

Per quanto attiene poi alla possibilità per un’associazione per la tutela dei consumatori di invocare in tale contesto il suddetto articolo, occorre osservare che la mancata autorizzazione di tale intervento in un procedimento che coinvolge un consumatore non lede il diritto dell’associazione a un ricorso giurisdizionale effettivo per la difesa dei diritti ad essa riconosciuti in quanto associazione di tale tipo, in particolare i suoi diritti di azione collettiva di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/13.

55

Del resto, si deve aggiungere che, conformemente alla normativa nazionale di cui al procedimento principale, un’associazione può rappresentare direttamente un tale consumatore in ogni procedimento, compreso quello di esecuzione, su mandato di quest’ultimo.

56

Da quanto detto emerge che una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, non viola il principio di effettività per il fatto di non prevedere la possibilità per un’associazione per la tutela dei consumatori di intervenire in un procedimento di esecuzione di una decisione giudiziaria o di un lodo arbitrale definitivo.

57

Sulla scorta di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione che la direttiva 93/13, in particolare gli articoli 6, paragrafo 1, 7, paragrafo 1, e 8 di tale direttiva, letti in combinato disposto con gli articoli 38 e 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale in applicazione della quale non è ammesso l’intervento di un’associazione per la tutela dei consumatori a sostegno di un determinato consumatore, in un procedimento di esecuzione, avviato contro quest’ultimo, di un lodo arbitrale definitivo.

Sulla seconda questione

58

Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 37, paragrafi 1 e 3, del codice delle esecuzioni debba essere interpretato nel senso che non osta a che un giudice nazionale, in base agli articoli 6, paragrafo 1, 7, paragrafo 1, e 8 della direttiva 93/13, riconosca a un’associazione per la tutela dei consumatori la qualità di interveniente in un procedimento di esecuzione di un lodo arbitrale definitivo.

59

In realtà, con tale questione, il giudice del rinvio sottopone alla Corte un quesito inerente all’interpretazione che può essere accordata al proprio diritto nazionale.

60

Orbene, non spetta alla Corte interpretare, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, disposizioni legislative o regolamentari nazionali (v. sentenze del 9 settembre 2003, Jaeger, C-151/02, Racc. pag. I-8389, punto 43, e del 23 marzo 2006, Enirisorse, C-237/04, Racc. pag. I-2843, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

61

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve dichiarare la seconda questione irricevibile.

Sulle spese

62

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, in particolare gli articoli 6, paragrafo 1, 7, paragrafo 1, e 8 di tale direttiva, letti in combinato disposto con gli articoli 38 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale in applicazione della quale non è ammesso l’intervento di un’associazione per la tutela dei consumatori a sostegno di un determinato consumatore, in un procedimento di esecuzione, avviato contro quest’ultimo, di un lodo arbitrale definitivo.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo slovacco.