SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
28 febbraio 2013 ( *1 )
«Libera prestazione dei servizi — Libera circolazione dei lavoratori — Normativa di uno Stato membro che consente l’esenzione dall’imposta sui redditi percepiti per attività prestate in un altro Stato nell’ambito dell’aiuto allo sviluppo — Presupposti — Stabilimento del datore di lavoro nel territorio nazionale — Diniego allorché il datore di lavoro è stabilito in un altro Stato membro»
Nella causa C-544/11,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Finanzgericht Rheinland-Pfalz (Germania), con decisione del 18 marzo 2011, pervenuta in cancelleria il 24 ottobre 2011, nel procedimento
Helga Petersen,
Peter Petersen
contro
Finanzamt Ludwigshafen,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dalla sig.ra M. Berger, dai sigg. A. Borg Barthet, E. Levits (relatore) e J.-J. Kasel, giudici,
avvocato generale: sig. N. Jääskinen
cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 novembre 2012,
considerate le osservazioni presentate:
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per H. Petersen e P. Petersen, da R. Sturm, Rechtsanwalt; |
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per il governo tedesco, da T. Henze e K. Petersen, in qualità di agenti; |
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per la Commissione europea, da W. Mölls e W. Roels, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 56 TFUE. |
2 |
Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra ed il sig. Petersen e il Finanzamt Ludwigshafen in merito al diniego di quest’ultimo di concedere un’esenzione dall’imposta sui redditi del sig. Petersen provenienti da attività svolte in Benin nell’ambito di un progetto di aiuto allo sviluppo finanziato dall’Agenzia danese per lo sviluppo internazionale. |
Contesto normativo
3 |
Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della legge relativa all’imposta sui redditi (Einkommensteuergesetz), nel testo applicabile ai fatti del procedimento principale (BGB1. 2002 I, pag. 4215), le persone fisiche che hanno il loro domicilio o la loro residenza abituale sul territorio nazionale sono ivi soggette ad imposta per la totalità dei loro redditi. |
4 |
L’articolo 34 quater, paragrafi 1 e 5, di detta legge, prevede quanto segue: «(1) Nel caso di persone soggette illimitatamente ad imposta i cui redditi prodotti all’estero siano soggetti, nello Stato in cui tali redditi sono prodotti, a un’imposta corrispondente all’imposta tedesca sul reddito, l’imposta estera che è stata liquidata, versata e ridotta in ragione di eventuali somme detraibili, è imputata all’importo dell’imposta tedesca sul reddito relativa ai redditi percepiti in questo Stato; (…) (5) Le amministrazioni finanziarie superiori dei Länder ovvero le amministrazioni finanziarie da esse designate possono, con l’accordo del Ministero federale delle Finanze, concedere una riduzione, parziale o totale, dell’imposta sui redditi gravante sui redditi esteri, oppure procedere a tassazione forfetaria, qualora ciò risulti opportuno per motivi economici oppure qualora l’applicazione del paragrafo 1 del presente articolo si riveli particolarmente ardua». |
5 |
Il Ministero federale tedesco delle Finanze ha adottato, il 31 ottobre 1983, una circolare concernente il trattamento fiscale dei redditi da lavoro dipendente derivanti da attività svolte all’estero (BStBl. 1983 I, pag. 470; in prosieguo: la «circolare del Ministero delle Finanze»), indirizzata alle amministrazioni finanziarie superiori dei Länder, a termini della quale il reddito dal lavoro che i dipendenti di un datore di lavoro stabilito nel territorio nazionale percepiscano nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato esistente per un’attività svolta in un altro Stato che benefici del presente regime è esentato dall’imposta sui redditi. |
6 |
Ai sensi del titolo I, primo comma, punto 4, di tale circolare, appartengono alla categoria delle attività che beneficiano di detto regime, in particolare, le attività esercitate al servizio di fornitori, produttori o prestatori di servizi stabiliti nel territorio nazionale nell’ambito dell’aiuto pubblico tedesco allo sviluppo, inserito nel contesto di una cooperazione tecnica o finanziaria. |
7 |
Il titolo II, primo comma, della circolare del Ministero delle Finanze dispone che l’attività dev’essere esercitata ininterrottamente per almeno tre mesi negli Stati con i quali la Repubblica federale di Germania non ha sottoscritto convenzioni contro le doppie imposizione riguardanti anche i redditi da attività lavorative dipendenti. |
8 |
I redditi derivanti da attività di lavoro dipendente così esentati sono tuttavia presi in considerazione, in applicazione del titolo IV della circolare del Ministero delle Finanze, ai fini della progressività dell’imposta. Secondo detta disposizione, l’aliquota d’imposizione applicata ai redditi imponibili è quella che sarebbe applicabile se i redditi percepiti dall’attività non autonoma esentata fossero inclusi nel calcolo dell’imposta. |
9 |
Il titolo VI della circolare del Ministero delle Finanze, relativo alle disposizioni procedurali, al paragrafo 1, primo comma, dispone che la rinuncia al prelievo dell’imposta attraverso il procedimento di ritenuta alla fonte, che implica il rilascio di un certificato di esenzione, dev’essere richiesta dal datore di lavoro o dal dipendente presso l’agenzia delle entrate del luogo in cui si trova la sede del datore di lavoro. Secondo il medesimo comma, non è necessario provare che un’imposta equivalente all’imposta tedesca sul reddito venga applicata sul reddito da lavoro nello Stato in cui l’attività lavorativa è svolta. Il titolo VI, paragrafo 1, secondo comma, di tale circolare dispone che, laddove ricorrano verosimilmente le condizioni indicate ai titoli I e II di tale circolare, il certificato di esenzione può essere rilasciato finché sia possibile per il datore di lavoro modificare la ritenuta alla fonte. Ai sensi del titolo VI, paragrafo 2, della medesima circolare, fintantoché la rinuncia alla ritenuta d’imposta alla fonte non sia stata ancora effettuata, il dipendente deve richiedere la rinuncia all’imposizione presso l’agenzia delle entrate del proprio domicilio. |
10 |
L’articolo 15 della convenzione del 22 novembre 1995 tra la Repubblica federale di Germania e il Regno di Danimarca sulla doppia imposizione nel settore dell’imposta sui redditi e dell’imposta sul patrimonio, nonché dell’imposta sulle eredità, successioni e donazioni, e relativa all’assistenza in materia tributaria (BGB1. 1996 II, pag. 2565) prevede, in sostanza, che gli emolumenti che un residente di uno degli Stati contraenti percepisca per effetto di lavoro dipendente sono imponibili soltanto nello Stato di residenza, salvo il caso in cui l’attività lavorativa venga svolta nell’altro Stato. In tal caso, gli emolumenti percepiti a tal titolo sono imponibili in tale diverso Stato. |
11 |
Non esiste una convenzione sulla doppia imposizione tra la Repubblica federale di Germania e la Repubblica del Benin. |
Procedimento principale e questione pregiudiziale
12 |
Dal mese di novembre 1991 i coniugi Petersen, ricorrenti nel procedimento principale, sono proprietari di un appartamento a Ludwigshafen (Germania), ove risiedono ufficialmente con la figlia dal 1o febbraio 1992. Il sig. Petersen, cittadino danese, è proprietario, dal 1984, di una casa di villeggiatura sita a Helsinge (Danimarca). |
13 |
Il sig. Petersen prestava la propria attività lavorativa alle dipendenze dell’impresa Hoffmann A/S, con sede a Glostrup (Danimarca). Nel contesto di tale attività, veniva inviato in Benin per un periodo di tre anni a decorrere dal 15 gennaio 2002 al fine di collaborare ad un progetto finanziato dall’Agenzia danese per lo sviluppo internazionale. Tale attività si collocava nell’ambito di un progetto di aiuto allo sviluppo. I redditi del sig. Petersen percepiti da tale attività ammontavano a DKK 449 200, ovvero a circa EUR 60 200 per l’anno 2003. |
14 |
Nel mese di gennaio 2002, il datore di lavoro del sig. Petersen chiedeva all’amministrazione finanziaria di Helsinge l’esenzione dei redditi corrisposti a quest’ultimo nel corso del periodo della missione in Benin. Detta amministrazione comunicava che, dal 15 gennaio 2002, non sarebbe stata trattenuta alcuna imposta su tali redditi. |
15 |
Per l’anno 2003, i coniugi Petersen chiedevano all’amministrazione finanziaria tedesca l’applicazione del regime dell’imposizione comune all’imposta sui redditi e indicavano che la loro residenza si trovava a Ludwigshafen. Essi sostenevano che i redditi percepiti dal sig. Petersen per le attività esercitate in Benin e corrisposte da un datore di lavoro danese non dovevano essere soggette all’imposta sui redditi in Germania e che, in forza dell’articolo 15 della convenzione del 22 novembre 1995 tra la Repubblica federale di Germania ed il Regno di Danimarca, soltanto quest’ultimo sarebbe stato legittimato a tassare tali redditi. |
16 |
In subordine i coniugi Petersen chiedevano l’esenzione di detti redditi sostenendo che, in circostanze simili, i redditi derivanti da un’attività dipendente svolta in un altro Stato nell’ambito di un’attività di aiuto allo sviluppo per un datore di lavoro stabilito nel territorio nazionale sarebbero esentati dall’imposta sui redditi, in applicazione della circolare del Ministero delle Finanze. |
17 |
Nel suo avviso di accertamento d’imposta per l’anno 2003, il Finanzamt Ludwigshafen assoggettava l’integralità dei redditi del sig. Petersen all’imposta sui redditi e fissava l’importo di tale imposta in EUR 29 718. |
18 |
Dato che il reclamo proposto avverso tale avviso d’imposta dai ricorrenti nel procedimento principale veniva respinto, questi ultimi proponevano ricorso dinanzi al Finanzgericht Rheinland-Pfalz. |
19 |
Tale giudice rileva, innanzitutto, che, secondo la sua valutazione dei fatti, nonché del diritto applicabile, i redditi controversi percepiti dal sig. Petersen ricadono, in linea di principio, nell’ambito di applicazione dell’imposta sui redditi in Germania. |
20 |
Il Finanzgericht Rheinland-Pfalz rileva poi che, considerato che il sig. Petersen non ha diritto all’agevolazione fiscale prevista dalla circolare del Ministero delle Finanze, in quanto il suo datore di lavoro non è «residente» ai sensi di quest’ultima e le attività del ricorrente nel procedimento principale e del suo datore di lavoro non rientrano nell’ambito dell’aiuto pubblico tedesco allo sviluppo, questi sarebbe gravato da un onere fiscale superiore a quello cui sarebbe assoggettato il lavoratore dipendente residente che eserciti un’attività simile per un datore di lavoro residente. |
21 |
Il Finanzgericht Rheinland-Pfalz ritiene, infine, che le attività del datore di lavoro del ricorrente nel procedimento principale rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 56 TFUE e che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale potrebbe costituire una restrizione ingiustificata alla libera prestazione dei servizi di un datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro. Infatti, l’onere fiscale più elevato al quale è assoggettato un lavoratore dipendente, nella situazione del ricorrente nel procedimento principale, renderebbe le sue attività meno interessanti, in termini economici, rispetto a quelle dei lavoratori dipendenti residenti in Germania che abbiano stipulato contratti di lavoro simili a quelli delle imprese stabilite in Germania e che operino nell’ambito dell’aiuto allo sviluppo. Lo svantaggio fiscale potrebbe essere compensato dal datore di lavoro di un altro Stato membro soltanto attraverso la corresponsione di una retribuzione lorda più elevata, il che lo spingerebbe ad assumere dipendenti residenti nel proprio Stato e ivi soggetti a tassazione, incidendo quindi sulle possibilità di assumere dipendenti qualificati in un altro Stato membro. I dipendenti con le medesime qualifiche si limiterebbero a prendere in considerazione esclusivamente rapporti di lavoro nel rispettivo Stato membro di residenza. |
22 |
In tali circostanze, il Finanzgericht Rheinland-Pfalz ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se sia compatibile con l’articolo 49 CE (…) una norma che subordini l’esenzione dei redditi derivanti da un’attività lavorativa subordinata di una persona fiscalmente residente nel territorio nazionale al fatto che il datore di lavoro abbia la propria sede nel territorio nazionale, ma non preveda l’esenzione qualora il datore sia stabilito in un altro Stato (…)». |
Sulla questione pregiudiziale
Osservazioni preliminari
Sulla libertà di circolazione pertinente
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Secondo costante giurisprudenza, spetta alla Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione con i giudici nazionali creata dall’articolo 267 TFUE, fornire al giudice del rinvio una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli, e, in tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze del 4 maggio 2006, Haug, C-286/05, Racc. pag. I-4121, punto 17; dell’11 marzo 2008, Jager, C-420/06, Racc. pag. I-1315, punto 46, e dell’8 dicembre 2011, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C-157/10, Racc. pag. I-13023, punto 18). |
24 |
Analogamente, secondo giurisprudenza parimenti costante, per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare le sue questioni pregiudiziali (v., in particolare, sentenze del 12 ottobre 2004, Wolff & Müller, C-60/03, Racc. pag. I-9553, punto 24; del 7 luglio 2005, Weide, C-153/03, Racc. pag. I-6017, punto 25; del 23 febbraio 2006, van Hilten van der Heijden, C-513/03, Racc. pag. I-1957, punto 26, nonché Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, cit., punto 19). |
25 |
Con la questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 56 TFUE debba essere interpretato nel senso che osti alla normativa nazionale di uno Stato membro secondo la quale redditi percepiti a titolo di attività lavorative dipendenti da un contribuente residente in tale Stato membro ed illimitatamente assoggettato ad imposta siano esentati dall’imposta sui redditi qualora il datore di lavoro sia stabilito in detto Stato membro, ma non lo siano qualora il medesimo sia stabilito in un altro Stato membro. |
26 |
Il governo tedesco nonché la Commissione europea ritengono, tuttavia, che il procedimento principale non possa essere esaminato con riferimento all’articolo 56 TFUE. La Commissione sostiene, infatti, che una disposizione nazionale avente ad oggetto la limitazione dell’agevolazione di un’esenzione ai contribuenti dipendenti a servizio di un datore di lavoro stabilito nello Stato membro di cui trattasi dev’essere esaminata in relazione alla libera circolazione dei lavoratori. Secondo il governo tedesco, al contrario, la libera circolazione dei lavoratori è del pari irrilevante, dal momento che il ricorrente nel procedimento principale ha svolto l’attività controversa in uno Stato terzo. |
27 |
Si deve pertanto acclarare in limine se, ed eventualmente in qual misura, una legislazione nazionale come quella oggetto del procedimento principale possa pregiudicare l’esercizio della libera prestazione dei servizi e della libera circolazione dei lavoratori. |
28 |
Da una giurisprudenza consolidata risulta che, per determinare se una legislazione nazionale rientri nell’una o nell’altra delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE, occorre prendere in considerazione l’oggetto della legislazione in questione (v. sentenza del 1o luglio 2010, Dijkman e Dijkman-Lavaleije, C-233/09, Racc. pag. I-6649, punto 26 nonché giurisprudenza ivi citata). |
29 |
Nel procedimento principale la normativa nazionale ha per oggetto la concessione, in presenza di taluni condizioni, di un’agevolazione fiscale relativa alla retribuzione corrisposta ad un lavoratore dipendente dal suo datore di lavoro. Con l’adozione della circolare del Ministero delle Finanze viene precisato, infatti, che il reddito del lavoro che i dipendenti di un datore di lavoro stabilito nel territorio nazionale percepiscano per un’attività svolta in un altro Stato che benefici del regime istituito da detta circolare è esentato dall’imposta sui redditi. |
30 |
Orbene, occorre ricordare che, da un lato, deve considerarsi «lavoratore» ai sensi dell’articolo 45 TFUE ogni persona che presti attività reali ed effettive, ad esclusione di attività talmente ridotte da porsi come puramente marginali ed accessorie. La caratteristica del rapporto di lavoro è data, secondo la giurisprudenza della Corte, dalla circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceve una retribuzione (v., in particolare, sentenze del 3 luglio 1986, Lawrie-Blum, 66/85, Racc. pag. 2121, punto 17; del 23 marzo 2004, Collins, C-138/02, Racc. pag. I-2703, punto 26, e del 7 settembre 2004, Trojani, C-456/02, Racc. pag. I-7573, punto 15). |
31 |
Dall’altro lato, si deve rilevare che l’articolo 57, paragrafo 1, TFUE prevede che, ai sensi dei Trattati, sono considerate servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. Risulta inoltre dalla giurisprudenza della Corte che le disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi si riferiscono ad attività svolte da lavoratori autonomi (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 1997, SETTG, C-395/95, Racc. pag. I-3091, punto 7). |
32 |
Ne discende che una normativa, riguardante la tassazione di un lavoratore dipendente, il quale fornisce, a favore di un datore di lavoro e sotto la sua direzione, prestazioni a fronte delle quali percepisce una retribuzione venendosi quindi a trovare in un rapporto di lavoro dipendente, caratterizzato dal rapporto di subordinazione e dal versamento di una retribuzione a titolo di corrispettivo delle prestazioni fornite, come, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, quella di cui trattasi nel procedimento principale, rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori. |
33 |
Nell’assunto che una normativa di tal genere produca effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi dei datori di lavoro stabiliti in un altro Stato membro, come quelli invocati dal giudice del rinvio o dai ricorrenti nel procedimento principale, consistenti in un trattamento più favorevole dei datori di lavoro stabiliti nel territorio nazionale rispetto a quelli stabiliti in un altro Stato membro per quanto riguarda l’assunzione del personale qualificato distaccabile nell’ambito di progetti di aiuto allo sviluppo in un altro Stato, effetti siffatti costituirebbero la conseguenza inevitabile di un eventuale ostacolo alla libertà di circolazione dei lavoratori e non giustificano, pertanto, un esame autonomo in relazione all’articolo 56 TFUE. |
Sull’applicabilità dell’articolo 45 TFUE
34 |
Occorre ricordare che tutti i cittadini dell’Unione europea, indipendentemente dal loro luogo di residenza e dalla loro cittadinanza, che abbiano usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e che abbiano esercitato un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello di residenza, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 45 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2002, de Groot, C-385/00, Racc. pag. I-11819, punto 76 e giurisprudenza ivi citata). |
35 |
Inoltre, da una giurisprudenza costante risulta che il complesso delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto ad agevolare ai cittadini dell’Unione l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nell’intero territorio dell’Unione ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorire tali cittadini qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (sentenze del 7 luglio 1992, Singh, C-370/90, Racc. pag. I-4265, punto 16; del 26 gennaio 1999, Terhoeve, C-18/95, Racc. pag. I-345, punto 37, e de Groot, cit., punto 77). |
36 |
Anche se, secondo il loro tenore letterale, le disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori sono dirette, in particolare, a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato di accoglienza, esse ostano altresì a che lo Stato d’origine ostacoli la libera accettazione e lo svolgimento di un lavoro da parte di uno dei suoi cittadini in un altro Stato membro (v., in tal senso, citate sentenze Terhoeve, punti 27-29, e de Groot, punto 79). |
37 |
Per analogia, le disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori ostano del pari a che lo Stato membro di residenza di un contribuente cittadino dell’Unione ostacoli la libera accettazione e lo svolgimento di un’attività lavorativa in un altro Stato membro, anche nell’ipotesi in cui quest’ultimo sia lo Stato membro di cittadinanza del residente medesimo. |
38 |
Il governo tedesco sostiene tuttavia che, nel procedimento principale, l’articolo 45 TFUE non può essere invocato, dal momento che il ricorrente nel procedimento principale ha svolto l’attività controversa in uno Stato terzo e che non esiste un nesso sufficiente tra i territori dei due Stati membri di cui trattasi. Ai fini dell’applicazione del diritto dell’Unione, un lavoratore dipendente che svolga un’attività nell’ambito dell’aiuto allo sviluppo in modo mirato esclusivamente in uno Stato terzo non potrebbe essere considerato quale soggetto che eserciti, al contempo o anche in via principale, un’attività transfrontaliera all’interno dell’Unione. |
39 |
Al riguardo, si deve necessariamente ricordare che la Corte ha già avuto occasione di precisare che, qualora una causa riguardi un cittadino di uno Stato membro che presta la sua attività lavorativa alle dipendenze di una società stabilita in un altro Stato membro, siffatta causa rientra, in linea di principio, nell’ambito di applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione sulla libera circolazione dei lavoratori (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 1984, Prodest, 237/83, Racc. pag. 3153, punto 5). |
40 |
La Corte ha parimenti dichiarato che le disposizioni del diritto dell’Unione relative alla libera circolazione dei lavoratori devono presiedere alla valutazione di qualsiasi rapporto giuridico ogni qualvolta detto rapporto, a causa del luogo in cui è sorto ovvero di quello in cui produce effetti, si possa ubicare nel territorio dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Prodest, cit., punto 6). |
41 |
Le disposizioni di diritto dell’Unione possono, infatti, trovare applicazione in relazione ad attività lavorative svolte al di fuori del territorio dell’Unione, quando il rapporto di lavoro conservi un nesso sufficientemente stretto con detto territorio (v. in tal senso, in particolare, sentenze Prodest, cit., punto 6; del 27 settembre 1989, Lopes da Veiga, 9/88, Racc. pag. 2989, punto 15, e del 29 giugno 1994, Aldewereld, C-60/93, Racc. pag. I-2991, punto 14). Tale principio va inteso nel senso che esso riguarda parimenti i casi in cui il rapporto di lavoro presenta un collegamento sufficiente con il diritto di uno Stato membro e, di conseguenza, con le pertinenti norme del diritto dell’Unione (sentenza del 30 aprile 1996, Boukhalfa, C-214/94, Racc. pag. I-2253, punto 15). |
42 |
In una fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, un collegamento siffatto deriva dalla circostanza che un cittadino dell’Unione, residente in uno Stato membro, è stato assunto da un’impresa stabilita in un altro Stato membro per conto della quale egli svolge le sue attività. Inoltre, secondo il ricorrente nel procedimento principale e salvo verifica in merito da parte del giudice del rinvio, il contratto di lavoro intercorso con il suo datore di lavoro, un’impresa sita in Danimarca, è stato stipulato secondo il diritto danese. Ancora, come rilevato dal governo tedesco e salvo verifica da parte del giudice del rinvio, il sig. Petersen è assicurato in Danimarca ed il conto sul quale viene versata la retribuzione è situato in tale Stato membro. |
43 |
La circostanza che il ricorrente nel procedimento principale abbia esercitato la propria attività nell’ambito dell’aiuto allo sviluppo in modo mirato esclusivamente in uno Stato terzo non può rimettere in discussione gli elementi di collegamento al diritto dell’Unione richiamati al punto precedente che sono sufficienti per consentire al ricorrente nel procedimento principale d’invocare, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, l’articolo 45 TFUE. |
Sull’esistenza di una restrizione
44 |
La possibilità per un contribuente residente di beneficiare dell’esenzione dall’imposta sui redditi, prevista dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale, costituisce un’agevolazione fiscale. |
45 |
Detta agevolazione è concessa soltanto quando il contribuente residente in Germania presti la propria attività lavorativa alle dipendenze di un datore di lavoro stabilito in tale Stato membro e non è concessa quando il contribuente medesimo presti la propria attività lavorativa alle dipendenze di un datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro. |
46 |
Istituendo, quindi, una disparità di trattamento dei redditi dei lavoratori dipendenti in funzione dello Stato membro di stabilimento del loro datore di lavoro, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale può dissuadere detti lavoratori dall’accettare un impiego presso un datore di lavoro stabilito in uno Stato membro diverso dalla Repubblica federale di Germania e costituisce, pertanto, una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori, vietata, in linea di principio, dall’articolo 45 TFUE. |
47 |
Una misura che ostacoli la libera circolazione dei lavoratori può essere ammessa solo qualora persegua uno scopo legittimo compatibile con il Trattato e sia giustificata da motivi imperativi d’interesse generale. In tal caso occorre, inoltre, che l’applicazione di siffatta misura sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di cui trattasi e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (v. sentenza del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais, C-325/08, Racc. pag. I-2177, punto 38, e dell’8 novembre 2012, Radziejewski, C-461/11, punto 33). |
48 |
In primo luogo, il governo tedesco sostiene che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale è giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali. |
49 |
Secondo tale governo, da un lato, qualora le attività siano esercitate a beneficio di un organismo avente la propria sede in un altro Stato membro, l’amministrazione finanziaria tedesca potrebbe difficilmente accertare se i presupposti per un’eventuale esenzione dall’imposta siano soddisfatti, non potendo dialogare direttamente con le autorità statali che gestiscono l’aiuto allo sviluppo, a differenza di quanto avviene per organismi aventi la loro sede in Germania ed attivi nell’ambito dell’aiuto pubblico tedesco allo sviluppo. Dall’altro lato, le disposizioni del diritto derivato relative all’assistenza amministrativa in materia tributaria non potrebbero essere invocate quando si tratti di controlli che debbano essere realizzati in Stati terzi. |
50 |
A tal riguardo, la Corte ha già riconosciuto che la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una restrizione dell’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato (v., in particolare, sentenza del 18 dicembre 2007, A, C-101/05, Racc. pag. I-11531, punto 55, e del 5 luglio 2012, SIAT, C-318/10, punto 36). |
51 |
Tuttavia, uno Stato membro non può invocare l’impossibilità di richiedere la collaborazione di un altro Stato membro per effettuare ricerche o raccogliere informazioni al fine di giustificare il diniego di un’agevolazione fiscale. Infatti, nulla impedirebbe alle amministrazioni finanziarie interessate di esigere dal contribuente le prove che esse reputino necessarie per la corretta determinazione delle imposte e delle tasse di cui trattasi e, se del caso, di negare l’esenzione richiesta qualora tali prove non vengano fornite (v. sentenza dell’11 ottobre 2007, ELISA, C-451/05, Racc. pag. I-8251, punto 95). |
52 |
Infatti, non potrebbe escludersi a priori che il contribuente sia in grado di produrre i pertinenti documenti probatori che consentano all’amministrazione finanziaria dello Stato membro d’imposizione di verificare, in modo chiaro e preciso, la sussistenza dei presupposti per beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1999, Baxter e a., C-254/97, Racc. pag. I-4809, punto 20; del 10 marzo 2005, Laboratoires Fournier, C-39/04, Racc. pag. I-2057, punto 25; ELISA, cit., punto 96, nonché A, cit., punto 59). |
53 |
Nel procedimento principale, risulta dalla circolare del Ministero delle Finanze, in particolare dal suo titolo VI contenente norme procedurali, che, per beneficiare dell’agevolazione fiscale oggetto del procedimento principale, il contribuente deve fornire all’amministrazione competente documenti adeguati che dimostrino che i presupposti per beneficiare dell’esenzione dall’imposta sono soddisfatti. Spetta al lavoratore dipendente provare che il datore di lavoro sia stabilito in Germania, che quest’ultimo svolga attività nell’ambito dell’aiuto allo sviluppo e che egli stesso sia titolare di un contratto di lavoro relativo ad un’attività ininterrotta di almeno tre mesi di durata in uno Stato con il quale la Repubblica federale di Germania non abbia concluso alcuna convenzione contro le doppie imposizioni. |
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Contrariamente a quanto suggerito dal governo tedesco, in forza della normativa nazionale non sembra essere necessaria una verifica presso le autorità che gestiscono l’aiuto allo sviluppo, sia che si tratti di un’autorità tedesca sia che si tratti di quella di un altro Stato membro che possa comportare difficoltà in capo all’amministrazione finanziaria tedesca. |
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Vero è che la Corte ha del pari dichiarato che, quando la normativa di uno Stato membro subordina il beneficio di un’agevolazione fiscale all’adempimento di condizioni la cui osservanza può essere verificata soltanto ottenendo informazioni dalle autorità competenti di uno Stato terzo, è, in linea di principio, legittimo per tale Stato membro negare la concessione di detto vantaggio se, in particolare per l’assenza di un obbligo convenzionale da parte di tale Stato terzo di fornire informazioni, risulti impossibile ottenere le informazioni stesse dal detto Stato (sentenze A, cit., punto 63, e del 27 gennaio 2009, Persche, C-318/07, Racc. pag. I-359, punto 70). Infatti, il quadro di cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri, predisposto dalla direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU L 336, pag. 15), nonché dalla direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799 (GU L 64, pag. 1), non sussiste tra le stesse e le autorità competenti di uno Stato terzo qualora quest’ultimo non abbia assunto alcun impegno di mutua assistenza (sentenza del 19 luglio 2012, A, C-48/11, punto 35). |
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Tuttavia, risulta dalla circolare del Ministero delle Finanze che non è necessario dimostrare che l’attività svolta nello Stato terzo sia ivi soggetta ad un’imposta equivalente all’imposta sui redditi tedesca. |
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Di conseguenza, la normativa di cui trattasi nel procedimento principale non sembra subordinare il beneficio di un’agevolazione fiscale all’adempimento di condizioni la cui osservanza possa essere verificata soltanto ottenendo informazioni dalle autorità competenti di uno Stato terzo. |
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Ne consegue che la restrizione di cui trattasi nel procedimento principale non può essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali. |
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In secondo luogo, il governo tedesco sostiene che l’agevolazione fiscale prevista dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale persegue obiettivi di politica dello sviluppo, consentendo alle organizzazioni di aiuto allo sviluppo di beneficiare di costi di personale inferiori. Secondo tale governo, gli Stati membri devono continuare ad essere liberi di promuovere in modo mirato, attraverso agevolazioni fiscali e in funzione delle loro priorità, attività che s’iscrivono nell’ambito della cooperazione pubblica di ciascuno Stato membro in materia di sviluppo. L’agevolazione fiscale istituita dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale sarebbe necessaria per attuare detti obiettivi e la Repubblica federale di Germania non disporrebbe di mezzi sufficienti per rispettare i suoi impegni se dovesse, al contempo, sostenere le attività delle organizzazioni aventi la loro sede in altri Stati membri. |
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A tal riguardo è sufficiente rilevare che soltanto la condizione relativa allo stabilimento dell’impresa nel territorio nazionale è oggetto della questione del giudice del rinvio sottoposta alla Corte. |
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Orbene, con i suoi argomenti relativi al perseguimento degli obiettivi della politica di sviluppo tedesca, il governo tedesco non spiega le ragioni per cui soltanto le imprese stabilite nel territorio tedesco possono essere considerate in grado di svolgere le attività volte a realizzare obiettivi siffatti. |
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Ciò premesso, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 45 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale di uno Stato membro secondo la quale i redditi percepiti a titolo di attività lavorative dipendenti da un contribuente residente in tale Stato membro ed illimitatamente assoggettato ad imposta sono esentati dall’imposta sui redditi qualora il datore di lavoro sia stabilito in tale Stato membro, ma non lo sono qualora il medesimo sia stabilito in un altro Stato membro. |
Sulle spese
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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: |
L’articolo 45 TFUE dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale di uno Stato membro secondo la quale i redditi percepiti a titolo di attività lavorative dipendenti da un contribuente residente in tale Stato membro ed illimitatamente assoggettato ad imposta sono esentati dall’imposta sui redditi qualora il datore di lavoro sia stabilito in tale Stato membro, ma non lo sono qualora il medesimo sia stabilito in un altro Stato membro. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.