CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’8 novembre 2012 ( 1 )

Causa C-420/11

Jutta Leth

contro

Repubblica d’Austria

e

Land Bassa Austria

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Oberster Gerichtshof (Austria)]

«Ambiente — Direttiva 85/337/CEE — Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati — Autorizzazione di un progetto senza valutazione dell’impatto ambientale — Scopi della valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati — Inclusione della tutela dei singoli contro perdite di valore»

I – Introduzione

1.

Quando gli effetti sull’ambiente di un progetto devono essere valutati in base alla direttiva VIA ( 2 ), ma tale valutazione non è stata effettuata, allora il progetto non può essere realizzato ( 3 ). E inoltre – in base a quanto statuito dalla Corte – lo Stato membro interessato ha l’obbligo di risarcire tutti i danni causati dalla mancata valutazione dell’impatto ambientale ( 4 ). Ma tale obbligo si estende anche al risarcimento della perdita di valore di una casa, causata dalla realizzazione del progetto non sottoposto a valutazione? Tale questione si pone nel caso di specie.

2.

Tutto parte da una proprietà immobiliare, il cui valore è pregiudicato dal rumore prodotto dagli aeromobili, proveniente da un aeroporto sito nelle vicinanze. Dall’entrata in vigore della direttiva VIA questo aeroporto è stato più volte ampliato senza valutazione dell’impatto ambientale ed il traffico aereo è considerevolmente aumentato.

3.

I dubbi espressi con la domanda di pronuncia pregiudiziale circa la responsabilità dello Stato per danni siffatti riguardano lo scopo di tutela della direttiva VIA. E, per la precisione, ci si chiede se la violazione di una direttiva rivolta ad evitare danni ambientali possa comportare anche l’indennizzo di danni economici. In tal senso, è rilevante la tipologia normativa cui appartiene la direttiva VIA: detta direttiva contiene, infatti, solo disposizioni procedurali, e non fissa alcun requisito sostanziale in merito ai progetti da sottoporre a valutazione.

II – Contesto normativo

4.

La direttiva VIA non contiene alcuna previsione relativa al risarcimento dei danni. L’articolo 3 descrive, tuttavia, l’oggetto della valutazione dell’impatto ambientale:

«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e conformemente agli articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

l’uomo, la fauna e la flora;

il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;

i beni materiali ed il patrimonio culturale;

l’interazione tra i fattori di cui al primo, secondo e terzo trattino».

5.

L’articolo 5, paragrafi 1 e 3, della direttiva VIA stabilisce quali informazioni devono essere fornite dal committente:

«1.   Nel caso dei progetti che, a norma dell’articolo 4, devono essere oggetto di una valutazione dell’impatto ambientale (…), gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il committente fornisca, nella forma opportuna, le informazioni specificate nell’allegato IV (…).

2. (…)

3.   Le informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1 comprendono almeno:

(…)

i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente;

(…)».

6.

L’articolo 6 della direttiva VIA disciplina la partecipazione del pubblico. Particolarmente rilevante è l’articolo 6, paragrafo 3, concernente l’informazione al pubblico:

«Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:

a)

a qualsiasi informazione raccolta ai sensi dell’articolo 5;

b)

conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e consulenze resi alla o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo;

c)

conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003 sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (…), alle informazioni diverse da quelle previste al paragrafo 2 del presente articolo che sono rilevanti per la decisione conformemente all’articolo 8 e che sono disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo».

7.

L’allegato IV, punti 3 e 4, della direttiva VIA specifica le informazioni richieste ai sensi dell’articolo 5:

«3.   Una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto importante del progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua, all’aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, al paesaggio e all’interazione tra questi vari fattori.

4.   Una descrizione dei probabili effetti rilevanti del progetto proposto sull’ambiente:

dovuti all’esistenza del progetto,

dovuti all’utilizzazione delle risorse naturali,

dovuti all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti,

e la descrizione da parte del committente dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli effetti sull’ambiente».

8.

A proposito della nozione di «descrizione» di cui all’allegato IV, punto 4, della direttiva VIA, in una nota a piè di pagina si precisa che essa «dovrebbe riguardare gli effetti diretti ed eventualmente gli effetti indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto».

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

9.

La sig.ra Leth è proprietaria di una casa nelle vicinanze dell’aeroporto di Vienna-Schwechat (Austria). Durante la vigenza di varie versioni della direttiva VIA, detto aeroporto è stato modificato con diverse misure di ampliamento, senza che gli effetti sull’ambiente venissero valutati ai sensi della direttiva.

10.

La sig.ra Leth adesso chiede allo Stato austriaco e al Land Bassa Austria il risarcimento dei danni per la perdita di valore della sua proprietà immobiliare a causa del rumore prodotto dagli aeromobili, e fonda tale richiesta sul fatto che gli effetti sull’ambiente dei progetti di ampliamento avrebbero dovuto essere valutati ai sensi della direttiva.

11.

Senza aver verificato la necessità di una o più valutazioni dell’impatto ambientale, l’Oberster Gerichtshof nel presente procedimento sottopone alla Corte la seguente questione:

«Se l’articolo 3 della direttiva VIA debba essere interpretato nel senso che:

1)   la nozione di “beni materiali” riguardi solo la sostanza degli stessi o anche il loro valore;

2)   la valutazione dell’impatto ambientale abbia anche lo scopo di tutelare i singoli contro danni patrimoniali consistenti nella diminuzione del valore di un bene immobile di loro proprietà».

12.

Nel procedimento hanno presentato osservazioni la sig.ra Leth, il Land Bassa Austria, la Repubblica ceca, la Repubblica d’Irlanda, la Repubblica ellenica, la Repubblica italiana, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica d’Austria, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché la Commissione europea. A parte l’Italia e la Lettonia, tali soggetti sono anche intervenuti all’udienza del 17 ottobre 2012.

IV – Valutazione giuridica

A – Sulla prima questione: la nozione di «beni materiali»

13.

Con la prima questione l’Oberster Gerichtshof desidera sapere se la nozione di «beni materiali» di cui all’articolo 3 della direttiva VIA comprenda solo la sostanza degli stessi o anche il loro valore.

14.

L’articolo 3 della direttiva VIA definisce il contenuto della valutazione dell’impatto ambientale. Essa individua, descrive e valuta gli effetti di un progetto su diversi fattori, tra cui i beni materiali.

15.

Con la prima questione pregiudiziale si desidera, quindi, sapere se la valutazione dell’impatto ambientale debba estendersi anche agli effetti del progetto valutato sul valore dei beni materiali.

16.

Il procedimento principale, tuttavia, non riguarda il contenuto imprescindibile di una valutazione dell’impatto ambientale, bensì la questione se la completa omissione di una siffatta valutazione possa far sorgere un diritto al risarcimento dei danni. L’Irlanda ritiene, pertanto, tale questione ipotetica e, quindi, irricevibile.

17.

Indirettamente, tuttavia, l’interpretazione della nozione di «beni materiali» si ricollega senz’altro alla questione centrale del procedimento pregiudiziale con cui ci si chiede se la violazione della direttiva VIA possa far sorgere un diritto al risarcimento della perdita di valore di beni materiali. Se, infatti, la valutazione dell’impatto ambientale dovesse prendere in considerazione anche la paventata perdita di valore, allora la possibilità della sussistenza di un siffatto obbligo di risarcimento dei danni sarebbe maggiore di quanto avverrebbe nel caso in cui la valutazione potesse ignorare danni di tal tipo. Sarebbe, pertanto, necessario che la Corte fornisse una risposta alla questione in esame.

18.

La Commissione osserva giustamente che la nozione di «beni materiali» non è necessariamente circoscritta – come nel diritto di vari Stati membri – alla sostanza dei beni di volta in volta rilevanti. L’esigenza di applicazione uniforme del diritto dell’Unione impone che una disposizione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Unione, ad un’interpretazione autonoma ed uniforme delle nozioni ivi utilizzate, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa ( 5 ).

19.

Si deve altresì concordare con la Commissione sul fatto che, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva VIA, devono essere esaminati gli effetti del rumore prodotto dagli aeromobili sull’uso di beni immobili da parte dell’uomo. Infatti, tale uso è un’interazione tra i fattori uomo e beni materiali che deve essere presa in considerazione nell’applicazione di tali disposizioni.

20.

Come, tuttavia, giustamente rilevano vari soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, un’estensione della valutazione al valore dei beni materiali non è conforme allo scopo della direttiva VIA, né trova un ancoraggio nel testo della stessa.

21.

La direttiva VIA, come risulta dal suo articolo 1, paragrafo 1, nonché dal suo primo e sesto considerando, mira ad introdurre una valutazione degli effetti sull’ambiente di determinati progetti; ai sensi dell’articolo 5 e dell’allegato IV, al riguardo devono essere fornite informazioni. Se ne può dedurre che devono essere presi in esame solo gli effetti su beni materiali che possano essere importanti anche per l’ambiente naturale. Il rumore costituisce un buon esempio in tal senso. Se il rumore provoca un’alterazione di siti naturali, ciò deve essere provato ( 6 ). La stessa considerazione deve valere se il rumore colpisce beni materiali usati dall’uomo, come ad esempio abitazioni e giardini.

22.

Anche i criteri fissati per stabilire se i progetti meno importanti elencati nell’allegato II debbano essere sottoposti ad una valutazione dell’impatto ambientale depongono in senso contrario ad un’estensione della valutazione alla perdita di valore di beni materiali. Tali criteri sono previsti nell’allegato III e riguardano aspetti come l’utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l’inquinamento e i disturbi ambientali, il rischio di incidenti o la capacità di carico dell’ambiente naturale, ma non le conseguenze economiche di tali effetti.

23.

La Commissione, tuttavia, per estendere la valutazione dell’impatto ambientale agli effetti economici richiama il rilievo, più volte fatto dalla Corte, che il campo di applicazione della direttiva VIA è vasto e il suo obiettivo di portata molto ampia ( 7 ). Questa giurisprudenza, però, si riferisce agli effetti sull’ambiente dei progetti ( 8 ). Manca qualsiasi elemento a favore di un’estensione alle conseguenze economiche.

24.

Occorre, pertanto, tenere distinti gli effetti economici dagli effetti sull’ambiente. Gli effetti economici, anche quando sono riconducibili a effetti sull’ambiente, restano comunque fuori dallo scopo della direttiva VIA di garantire un esame degli effetti sull’ambiente.

25.

Alla prima questione si deve, pertanto, rispondere che la valutazione dell’impatto ambientale di cui all’articolo 3 della direttiva VIA non si estende agli effetti del progetto valutato sul valore di beni materiali.

B – Sulla seconda questione: danni patrimoniali e direttiva VIA

26.

La seconda questione porta dritto al problema centrale emerso nella fattispecie oggetto della causa principale. L’Oberster Gerichtshof desidera sapere se l’articolo 3 della direttiva VIA debba essere interpretato nel senso che la valutazione dell’impatto ambientale abbia anche lo scopo di tutelare i singoli contro danni patrimoniali consistenti nella diminuzione del valore di un bene immobile di loro proprietà.

27.

A differenza, ad esempio, di quanto previsto in materia di appalti pubblici dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665/CEE ( 9 ), la direttiva VIA non contiene alcuna indicazione circa il fatto che la violazione dell’obbligo di valutare gli effetti sull’ambiente debba comportare un diritto al risarcimento dei danni.

28.

Ciò nondimeno, il principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili è inerente al sistema dei Trattati ( 10 ). Conseguentemente, la Corte nella sentenza Wells ha già statuito – senza procedere ad un esame circostanziato – che lo Stato membro interessato ha l’obbligo di risarcire tutti i danni causati dalla mancata valutazione dell’impatto ambientale ( 11 ). Tale statuizione, tuttavia, non può essere intesa nel senso che nel caso della direttiva VIA non siano richieste le condizioni cui è subordinata la responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione.

29.

In base ad una costante giurisprudenza, ai singoli lesi è riconosciuto un diritto al risarcimento purché siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica dell’Unione violata sia preordinata a conferire loro diritti, che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata e che esista un nesso causale diretto tra la violazione in parola e il danno subito dai singoli ( 12 ).

30.

La domanda di pronuncia pregiudiziale concerne la prima di tali condizioni. Occorre verificare se l’obbligo, posto dalla direttiva VIA, di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale sia preordinato a conferire diritti ai singoli nella situazione della sig.ra Leth.

31.

Desidero, pertanto, prima di tutto esporre quali possibilità i singoli abbiano di far valere la direttiva VIA (sul punto, v. sub 1). In secondo luogo mi occuperò dello scopo di tutela della direttiva VIA (sul punto, v. sub 2) e, infine, mi soffermerò sul rilievo assunto ai fini dell’individuazione dello scopo della norma violata dal fatto che la direttiva VIA disciplina solo il procedimento per l’autorizzazione dei progetti, ma non i contenuti degli stessi (sul punto, v. sub 3).

1. Sulla possibilità di far valere la direttiva VIA

32.

Un presupposto fondamentale affinché una norma sia preordinata a conferire diritti ai singoli lesi è che i singoli possano far valere tale norma.

33.

A tal riguardo è incontroverso che i singoli possono far valere l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale stabilito dall’articolo 2, paragrafo 1, in combinato disposto con gli articoli 1, paragrafo 2, e 4, paragrafo 2, della direttiva VIA ( 13 ). La direttiva VIA conferisce così ai membri del pubblico interessato il diritto a che le autorità competenti valutino gli effetti sull’ambiente del progetto di volta in volta in questione e li consultino in proposito.

34.

Per tale aspetto la direttiva VIA si distingue dalle disposizioni sulla vigilanza bancaria che, secondo la sentenza Paul, richiamata da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono fondare il diritto dei clienti di una banca insolvente al risarcimento dei danni. A differenza di quanto avviene nel caso della direttiva VIA, i singoli non possono far valere le disposizioni esaminate in tale sentenza ( 14 ). Peraltro vi era una disciplina speciale per la tutela degli interessi patrimoniali dei clienti delle banche, vale a dire la garanzia dei depositi ( 15 ). La direttiva VIA non contiene alcuna previsione analoga.

2. Sullo scopo di tutela della direttiva VIA

35.

Gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte e il Land Bassa Austria sostengono, tuttavia, che occorre distinguere tra la possibilità di far valere talune disposizioni del diritto dell’Unione e la sussistenza di diritti ai sensi della giurisprudenza sulla responsabilità per violazione del diritto dell’Unione. Come risulta implicito nella stessa questione dell’Oberster Gerichtshof, a loro avviso rileva il riconoscimento, o meno, da parte della direttiva VIA di un diritto ai singoli alla tutela contro danni economici. Ed essi dubitano che tale tutela rientri tra gli scopi della direttiva.

36.

La risposta sopra proposta per la prima questione depone, a prima vista, in senso contrario al fatto che lo scopo di tutela della direttiva VIA ricomprenda anche la difesa da danni economici. La valutazione degli effetti sull’ambiente mira naturalmente in primo luogo a ridurre al minimo i danni ambientali. Ciò, tuttavia, non esclude la possibilità di ricomprendere nello scopo di tutela della direttiva determinati danni economici. Tali danni, infatti, non sono che un’altra manifestazione di determinati aspetti degli effetti sull’ambiente.

37.

Così, in caso di ampliamento delle capacità di un aeroporto, il rumore prodotto dagli aeromobili deve essere valutato ai sensi dell’articolo 3 e dell’articolo 5, paragrafo 1, nonché dell’allegato IV, punti 3 e 4, della direttiva VIA, tra l’altro in quanto esso ha effetti sugli uomini, e segnatamente sulla popolazione interessata. Analoghi effetti sull’ambiente naturale dovrebbero essere indubbiamente presi in considerazione: se a causa del rumore un habitat diventasse meno gradito ad una specie e questa pertanto lo utilizzasse di meno, in sede di valutazione se ne dovrebbe tenere conto ( 16 ).

38.

Ebbene, se il valore degli immobili diminuisce a causa del rumore prodotto dagli aeromobili, questo effetto economico trova la sua origine nel fatto che la proprietà immobiliare risulta meno gradita agli uomini. Da tali danni occorre distinguere quei danni che non derivano dagli effetti sull’ambiente del progetto, ad esempio determinati svantaggi concorrenziali. Questi ultimi danni non sono più ricollegabili allo scopo di tutela della direttiva VIA.

39.

Collegare una violazione della direttiva VIA al diritto al risarcimento dei danni è, del resto, conforme all’interpretazione estensiva che tale direttiva ha conosciuto in relazione al suo effetto giuridico. Così i giudici nazionali, se aditi in relazione all’omissione di una valutazione dell’impatto ambientale, devono adottare, nei limiti dell’autonomia procedurale, le misure, previste dal proprio diritto nazionale, idonee a impedire che un progetto possa essere realizzato senza la necessaria valutazione ambientale ( 17 ). Parimenti, in un procedimento di autorizzazione che in teoria non prevede la valutazione dell’impatto ambientale, una siffatta valutazione deve essere effettuata a posteriori qualora essa sia stata omessa in precedenti procedimenti relativi al medesimo progetto nel suo insieme ( 18 ). La possibilità di fondare un diritto al risarcimento dei danni sulla violazione della direttiva VIA rafforzerebbe ulteriormente il suo carattere operativo ( 19 ). L’affermazione contenuta nella sentenza Wells secondo cui la mancata valutazione dell’impatto ambientale fa sorgere la responsabilità dello Stato ( 20 ) deve essere inquadrata in un siffatto contesto.

40.

La prevenzione dei danni economici causati dal rumore prodotto dagli aeromobili rientra, quindi, nello scopo di tutela della direttiva VIA.

3. Sulla necessaria qualificazione della determinazione dello scopo della norma violata

41.

Occorre, tuttavia, chiedersi se la determinazione dello scopo delle norme violate necessiti di un’ulteriore qualificazione per fondare un diritto al risarcimento dei danni.

42.

Come sottolinea la Commissione, l’articolo 3 richiede effettivamente la valutazione degli effetti ambientali e, ai sensi dell’articolo 8, i risultati dell’esame devono essere presi in considerazione nel procedimento di autorizzazione. Tuttavia, la direttiva non stabilisce quali progetti possano in assoluto essere realizzati. In particolare, contrariamente a quanto ritiene la Commissione, la necessità della valutazione dell’impatto ambientale non può essere intesa come obbligo di ponderare gli effetti sull’ambiente con altri fattori. Pertanto, la direttiva non osta alla realizzazione del progetto, anche nell’ipotesi in cui la valutazione dell’impatto ambientale accerti importanti effetti negativi sull’ambiente.

43.

Siffatta natura procedurale della direttiva VIA potrebbe influire sulla configurabilità del diritto a far valere la responsabilità degli Stati per violazione della direttiva stessa. Ciò è confermato da taluni elementi che emergono dalla giurisprudenza relativa al sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Essa è parimenti subordinata alla violazione di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli ( 21 ).

44.

A tal proposito la Corte ha già statuito che eventuali vizi nella motivazione di una norma giuridica non sono idonei a far sorgere la responsabilità dell’Unione. Sotto il profilo dell’impugnazione degli atti delle istituzioni, infatti, la motivazione ha lo scopo di consentire il sindacato di legittimità della Corte, nell’ambito dell’articolo 263 TFUE, a favore degli amministrati che, a norma del Trattato, sono legittimati a valersene ( 22 ). L’obbligo di motivazione ha, pertanto, principalmente una funzione strumentale, in quanto consente di rendere possibile il rispetto di altre norme giuridiche, la cui violazione può a sua volta fondare un eventuale diritto al risarcimento dei danni.

45.

Anche il sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni dell’Unione mira a garantire il rispetto dell’equilibrio istituzionale contemplato dal Trattato, e non la tutela dei singoli. Di conseguenza, l’inosservanza dell’equilibrio istituzionale non può essere da sola sufficiente a implicare la responsabilità dell’Unione nei confronti dei singoli interessati ( 23 ). Nondimeno, i singoli possono far valere l’incompetenza dell’istituzione che ha agito per contestare la validità di una misura dell’Unione ( 24 ).

46.

In comune queste ipotesi hanno che la violazione della norma giuridica di volta in volta rilevante non può cagionare il danno controverso. Infatti, la misura contestata può essere nuovamente emanata con un’adeguata motivazione o da parte delle istituzioni competenti. La mera possibilità che le autorità competenti, se avessero agito correttamente, avrebbero adottato, nell’esercizio del potere discrezionale loro spettante, una decisione diversa, non è sufficiente a fondare un diritto al risarcimento dei danni. Non sussiste, infatti, alcun diritto a che il potere discrezionale sia esercitato in un determinato modo ( 25 ). Un incondizionato diritto a che non si cagionino danni non può, quindi, essere desunto né dall’obbligo di motivazione, né dall’equilibrio istituzionale.

47.

Pur trattandosi di profili che dovrebbero venire in rilievo anche in sede di causalità, la Corte, tuttavia, a quanto pare ritiene che essi attengano all’essenza stessa delle norme interessate. Essi, pertanto, non sono, per loro natura, idonei a fondare un diritto al risarcimento dei danni.

48.

Analogamente, la direttiva VIA non conferisce il diritto ad essere messi al riparo da determinati effetti sull’ambiente, come ad esempio l’intensificazione del rumore prodotto dagli aeromobili. La sola circostanza che siano stati permessi effetti sull’ambiente in violazione della direttiva VIA non comporta ancora, pertanto, l’obbligo di risarcire i danni causati da tali effetti.

49.

La direttiva VIA riconosce, tuttavia, al pubblico interessato il diritto a che gli effetti sull’ambiente del progetto che lo riguarda siano sottoposti a valutazione e che esso sia consultato a proposito di tali effetti.

50.

La partecipazione del pubblico è rivolta prioritariamente ad una tempestiva individuazione degli effetti sull’ambiente, ma svolge anche una funzione di avvertimento per il pubblico interessato. Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva VIA, infatti, la partecipazione del pubblico ricomprende anche l’informazione in merito agli effetti del progetto sull’ambiente. Gli Stati membri competenti devono rendere accessibili tutte le informazioni che il committente del progetto deve fornire ai sensi dell’articolo 5, nonché ogni ulteriore informazione pertinente di cui le autorità competenti dispongano.

51.

I singoli, pertanto, a prescindere dal fatto che presentino osservazioni sul progetto, grazie alla valutazione dell’impatto ambientale possono informarsi, direttamente o tramite i mezzi di comunicazione, sui suoi effetti sull’ambiente. Essi possono quindi regolare di conseguenza il loro futuro comportamento, ad esempio cercando di prevenire possibili danni. Nella direttiva tale funzione emerge in particolare nella previsione di cui all’articolo 9, ai sensi del quale il pubblico è informato della decisione che chiude il procedimento di autorizzazione e delle principali motivazioni.

52.

Una violazione della direttiva VIA, che pregiudichi tale funzione di avvertimento, in via di principio deve essere idonea a comportare un diritto al risarcimento dei danni.

53.

Si potrebbe pensare, ad esempio, ad una valutazione dell’impatto ambientale la quale erroneamente escluda che un progetto comporti il rilascio di determinate sostanze tossiche nell’ambiente circostante. Se i membri del pubblico interessato per tal motivo omettono di adottare misure preventive, ma successivamente insorgono danni a causa di emissioni di tal tipo, allora ciò potrebbe comportare la responsabilità dello Stato. Lo stesso dovrebbe valere qualora sia stata omessa la necessaria valutazione dell’impatto ambientale che avrebbe informato il pubblico di rischi siffatti. In casi del genere gli errori intervenuti nell’applicazione della direttiva VIA rivestono un adeguato rilievo causale rispetto al successivo danno.

54.

Nel caso di intensificazione del rumore prodotto dagli aeromobili si potrebbe supporre che le persone, se adeguatamente avvertite per tempo, rinuncino a trasferirsi nelle zone interessate o perlomeno provvedano, in caso di costruzione di edifici, ad un congruo isolamento dal rumore. Se, tuttavia, un tale avvertimento non viene fornito perché è stata omessa la prescritta valutazione dell’impatto ambientale, allora non può escludersi che sorga un diritto al risarcimento dei danni.

55.

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non emergono elementi per ritenere che i danni controversi nella fattispecie oggetto della causa principale derivino da un’eventuale violazione della funzione di avvertimento della valutazione dell’impatto ambientale. In ultima analisi, tuttavia, spetta ai giudici nazionali indagare i fatti in tale prospettiva.

56.

Occorre quindi rispondere alla seconda questione dichiarando quanto segue: la sola circostanza che siano stati permessi effetti sull’ambiente in violazione della direttiva VIA non comporta ancora l’obbligo di risarcire i danni causati da tali effetti. Il diritto al risarcimento dei danni presuppone piuttosto, in aggiunta a quanto sopra, che il pubblico interessato, a causa di errori intervenuti nell’applicazione della direttiva VIA, non sia stato adeguatamente informato dei prevedibili effetti sull’ambiente.

V – Conclusione

57.

La direttiva VIA non impone di valutare le conseguenze economiche degli effetti sull’ambiente. Tuttavia, le conseguenze economiche di errori intervenuti nell’applicazione della direttiva VIA possono comportare un diritto al risarcimento dei danni.

58.

Propongo, pertanto, alla Corte di rispondere come segue alla domanda di pronuncia pregiudiziale:

1)

La valutazione dell’impatto ambientale di cui all’articolo 3 della direttiva 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 2003/35/CE, non si estende agli effetti del progetto valutato sul valore di beni materiali.

2)

La sola circostanza che siano stati permessi effetti sull’ambiente in violazione della direttiva 85/337 non comporta ancora l’obbligo di risarcire i danni causati da tali effetti. Il diritto al risarcimento dei danni presuppone piuttosto, in aggiunta a quanto sopra, che il pubblico interessato, a causa di errori intervenuti nell’applicazione della direttiva, non sia stato adeguatamente informato dei prevedibili effetti sull’ambiente.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003 (GU L 156, pag. 17). La direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), ha proceduto all’abrogazione e alla codificazione della direttiva 85/337/CEE.

( 3 ) V. in tal senso sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne (C-41/11, punti 46 e 47).

( 4 ) Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C-201/02, Racc. pag. I-723, punto 66).

( 5 ) Sentenza del 19 settembre 2000, Linster (C-287/98, Racc. pag. I-6917, punto 43).

( 6 ) V. sentenza del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna (C-404/09, Racc. pag. I-11853, punti 84 e segg.).

( 7 ) Sentenze del 24 ottobre 1996, Kraaijeveld e a. (C-72/95, Racc. pag. I-5403, punto 31); del 16 settembre 1999, WWF e a. (C-435/97, Racc. pag. I-5613, punto 40), nonché sentenza del 28 febbraio 2008, Abraham e a. (C-2/07, Racc. pag. I-1197, punti 32 e 42).

( 8 ) Sentenza Abraham, cit. alla nota 7 (punto 43).

( 9 ) Direttiva del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992 (GU L 209, pag. 1); v. in proposito sentenza del 9 dicembre 2010, Combinatie Spijker Infrabouw/De Jonge Konstruktie e a. (C-568/08, Racc. pag. I-12655, punto 87).

( 10 ) Sentenze del 19 novembre 1991, Francovich e a. (C-6/90 e C-9/90, Racc. pag. I-5357, punto 35); del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C-46/93 e C-48/93, Racc. pag. I-1029, punto 31), nonché sentenza del 25 novembre 2010, Fuß (C-429/09, Racc. pag. I-12167, punto 45).

( 11 ) Sentenza Wells, cit. alla nota 4 (punto 66).

( 12 ) Sentenze del 17 aprile 2007, AGM-COS.MET (C-470/03, Racc. pag. I-2749, punto 78); Fuß, cit. alla nota 10 (punto 47); Combinatie Spijker Infrabouw/De Jonge Konstruktie e a., cit. alla nota 9 (punto 87), nonché sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer-Danfoss (C-94/10, Racc. pag. I-9963, punto 33).

( 13 ) Sentenza Wells, cit. alla nota 4 (punto 61). V. in tal senso anche sentenze WWF, cit. alla nota 7 (punti 70 e 71.), e Linster, cit. alla nota 5 (punti 33 e segg.).

( 14 ) Sentenza del 12 ottobre 2004, Paul e a. (C-222/02, Racc. pag. I-9425, punti 30, nonché 42 e 43), nonché le conclusioni presentate dall’avvocato generale Stix-Hackl il 25 novembre 2003 nella stessa causa (paragrafi 124, 126 e 129).

( 15 ) Sentenza Paul, cit. alla nota 14 (punto 27).

( 16 ) V. sentenza Commissione/Spagna, cit. alla nota 6.

( 17 ) In tal senso, sentenza Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne, cit. alla nota 3.

( 18 ) Sentenza del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a. (C-275/09, Racc. pag. I-1753, punto 37).

( 19 ) V. sentenze del 20 settembre 2001, Courage e Crehan (C-453/99, Racc. pag. I-6297, punti 25-27), e del 13 luglio 2006, Manfredi e a. (da C-295/04 a C-298/04, Racc. pag. I-6619, punto 60), sul diritto al risarcimento dei danni per violazione del diritto in materia di cartelli.

( 20 ) Cit. alla nota 4.

( 21 ) Sentenze del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione (C-352/98 P, Racc. pag. I-5291, punto 41); del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione (C-120/06 P e C-121/06 P, Racc. pag. I-6513, punto 173), nonché sentenza del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione e Germania (C-221/10 P, punto 80).

( 22 ) Sentenze del 15 settembre 1982, Kind/CEE (106/81, Racc. pag. 2885, punto 14), e del 6 giugno 1990, AERPO e a./Commissione (C-119/88, Racc. pag. I-2189, punto 20).

( 23 ) Sentenze del 13 marzo 1992, Vreugdenhil/Commissione (C-282/90, Racc. pag. I-1937, punti 20 e 21), e del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione e Germania (cit. alla nota 21, punto 81).

( 24 ) V., ad esempio, sentenza del 24 luglio 2003, Commissione/Artegodan e a. (C-39/03 P, Racc. pag. I-7885, punto 52).

( 25 ) V. in tal senso, sulla tutela del legittimo affidamento, sentenze del 15 luglio 2004, Di Lenardo e Dilexport (C-37/02 e C-38/02, Racc. pag. I-6911, punto 70); del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione (C-182/03 e C-217/03, Racc. pag. I-5479, punto 147); del 22 dicembre 2008, Centeno Mediavilla e a./Commissione (C-443/07 P, Racc. pag. I-10945, punto 91), nonché sentenza del 4 marzo 2010, Angé Serrano e a./Parlamento (C-496/08 P, Racc. pag. I-1793, punto 93).