SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

19 luglio 2012 ( *1 )

«Politica estera e di sicurezza comune — Regolamento (CE) n. 881/2002 — Regolamento (UE) n. 1286/2009 — Misure restrittive nei confronti di persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani — Congelamento di capitali e di risorse economiche — Scelta del fondamento normativo — Articoli 75 TFUE e 215 TFUE — Entrata in vigore del Trattato di Lisbona — Disposizioni transitorie — Posizioni comuni e decisioni PESC — Proposta congiunta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione»

Nella causa C-130/10,

avente ad oggetto il ricorso di annullamento proposto, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il 9 marzo 2010,

Parlamento europeo, rappresentato inizialmente da E. Perillo e K. Bradley, successivamente da A. Auersperger Matić e U. Rösslein, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e R. Szostak, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, E. Ruffer e K. Najmanová, in qualità di agenti;

Repubblica francese, rappresentata da G. de Bergues e A. Adam, in qualità di agenti;

Regno di Svezia, rappresentato da A. Falk e C. Meyer-Seitz, in qualità di agenti;

Commissione europea, rappresentata da S. Boelaert e M. Konstantinidis, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, dalla sig.ra A. Prechal, presidenti di sezione, dal sig. A. Rosas (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, E. Juhász, dalla sig.ra M. Berger, dai sigg. E. Jarašiūnas e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 dicembre 2011,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 31 gennaio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso, il Parlamento europeo chiede alla Corte di annullare il regolamento (UE) n. 1286/2009 del Consiglio, del 22 dicembre 2009, recante modifica del regolamento (CE) n. 881/2002 che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani (GU L 346, pag. 42; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

Contesto normativo

2

Il 16 gennaio 2002 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione 1390 (2002), che stabilisce le misure che tutti gli Stati devono applicare nei confronti di Osama bin Laden, dei membri dell’organizzazione Al-Qaeda, e dei Talibani e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associati. Ai suoi paragrafi 1 e 2, tale risoluzione prevede, segnatamente, in sostanza, il mantenimento delle misure di congelamento dei capitali imposte dal paragrafo 4, lettera b), della risoluzione 1267 (1999) del Consiglio di sicurezza e dal paragrafo 8, lettera c), della risoluzione 1333 (2000) di quello stesso Consiglio. A norma del paragrafo 3 della risoluzione 1390 (2002), queste misure avrebbero dovuto essere riesaminate dal Consiglio di sicurezza dodici mesi dopo la loro adozione, periodo al termine del quale esso avrebbe deciso se mantenerle oppure perfezionarle.

3

Ritenendo necessaria un’azione della Comunità europea al fine di attuare quest’ultima risoluzione, il 27 maggio 2002, sulla base dell’articolo 15 UE, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la posizione comune 2002/402/PESC, concernente misure restrittive nei confronti di Osama bin Laden, dei membri dell’organizzazione Al-Qaida nonché dei Talibani e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associati e che abroga le posizioni comuni 96/746/PESC, 1999/727/PESC, 2001/154/PESC e 2001/771/PESC (GU L 139, pag. 4). L’articolo 3 della posizione comune 2002/402 prescrive, fra l’altro, la prosecuzione del congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche degli individui, gruppi, imprese o entità che figurano nell’elenco predisposto in conformità delle risoluzioni 1267 (1999) e 1333 (2000).

4

In pari data, è stato adottato, sulla base degli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE, il regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 del Consiglio che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan (GU L 139, pag. 9). L’allegato I di tale regolamento contiene l’elenco delle persone, delle entità e dei gruppi interessati dal congelamento dei capitali imposto dal suo articolo 2 (in prosieguo: l’«elenco»).

5

Il regolamento impugnato è stato adottato dal Consiglio il 22 dicembre 2009. Detto regolamento si fonda sull’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e si riferisce a una proposta congiunta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (in prosieguo: l’«Alto rappresentante») e della Commissione europea. Esso modifica il regolamento n. 881/2002 a seguito della sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C-402/05 P e C-415/05 P, Racc. pag. I-6351), istituendo una procedura di inserimento nell’elenco che garantisce il rispetto dei diritti fondamentali della difesa e, in particolare, il diritto al contraddittorio. La procedura riveduta prevede che la persona, l’entità, l’organismo o il gruppo che figurano nell’elenco siano informati dei motivi del loro inserimento nell’elenco, conformemente alle istruzioni del comitato del Consiglio di sicurezza istituito dalla risoluzione 1267 (1999) (in prosieguo: il «comitato per le sanzioni»), per dare loro la possibilità di formulare le rispettive osservazioni in merito.

Conclusioni delle parti

6

Il Parlamento conclude che la Corte voglia:

annullare il regolamento impugnato;

disporne il mantenimento degli effetti fino all’adozione di un nuovo regolamento, e

condannare il Consiglio alle spese.

7

Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso in quanto infondato, e

condannare il Parlamento alle spese.

Procedimento dinanzi alla Corte

8

Con ordinanza del presidente della Corte del 10 agosto 2010, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica francese, il Regno di Svezia e la Commissione sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

9

Con ordinanza del presidente della Corte del 2 dicembre 2010, il Regno di Danimarca è stato cancellato dal ruolo come parte interveniente avendo rinunciato alla propria istanza di intervento.

Sul ricorso

10

A sostegno del suo ricorso di annullamento, il Parlamento invoca due motivi. Con il primo motivo, dedotto in via principale, il Parlamento fa valere che il regolamento impugnato erroneamente si fonda sull’articolo 215 TFUE, mentre il corretto fondamento normativo è costituito dall’articolo 75 TFUE. Con il secondo motivo, dedotto in subordine, il Parlamento sostiene che non sono state rispettate le condizioni per far ricorso all’articolo 215 TFUE.

Sul motivo principale, concernente la scelta errata del fondamento normativo

Argomenti delle parti

11

Con il suo primo motivo, il Parlamento sostiene che il regolamento impugnato non avrebbe potuto legittimamente fondarsi sull’articolo 215 TFUE. Il motivo si articola in due capi: il primo riguarda lo scopo e il contenuto del regolamento e il secondo la struttura generale dei Trattati.

– Sullo scopo e sul contenuto del regolamento impugnato

12

Il Parlamento ricorda che la scelta del fondamento normativo di un atto dell’Unione europea deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto. Il fondamento normativo del regolamento impugnato, alla luce del suo contenuto e del suo oggetto, dovrebbe essere lo stesso del regolamento n. 881/2002, adottato sulla base degli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE. Poiché nel frattempo, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1o dicembre 2009, detti articoli sono stati abrogati o sono divenuti inapplicabili, il fondamento normativo corretto sarebbe stato l’articolo 75 TFUE, relativo alla prevenzione del terrorismo e delle attività connesse.

13

Per quanto riguarda il suo contenuto, il regolamento impugnato si limiterebbe, in larga misura, a riformulare o a chiarire alcune disposizioni del regolamento n. 881/2002 o a facilitarne l’applicazione, senza modificare in alcun modo la natura del contenuto di quest’ultimo. Le sole disposizioni di merito realmente nuove sarebbero quelle concernenti la procedura di inserimento nell’elenco. Il regolamento impugnato rivestirebbe il carattere di «insieme di misure amministrative» ai sensi dell’articolo 75 TFUE, in quanto modifica o completa il quadro legislativo per l’adozione e l’applicazione di misure amministrative finalizzate al congelamento dei capitali degli interessati.

14

Quanto allo scopo del regolamento impugnato, quest’ultimo mirerebbe, al pari del regolamento n. 881/2002, a combattere il terrorismo e a privarlo dei finanziamenti, il che corrisponderebbe agli obiettivi dell’articolo 75 TFUE. Siffatta constatazione sarebbe avvalorata dal punto 169 della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, secondo cui lo scopo essenziale e il contenuto di quest’ultimo regolamento è quello di combattere il terrorismo internazionale, in particolare di privarlo delle sue risorse finanziarie congelando i capitali e le risorse economiche delle persone o entità che si sospetta siano implicate in attività a questo connesse. Inoltre, al punto 199 della medesima sentenza, la Corte avrebbe constatato che la posizione del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, secondo cui detto regolamento riguardava uno degli obiettivi propri del Trattato UE, nella sua versione anteriore al Trattato di Lisbona, in materia di relazioni esterne, tra i quali figura la politica estera e di sicurezza comune (in prosieguo: la «PESC»), contrastava con il tenore letterale stesso dell’articolo 308 CE.

15

Poiché il regolamento n. 881/2002 non mirerebbe a realizzare gli obiettivi della PESC, sarebbe difficile comprendere come potrebbe farlo, invece, il regolamento impugnato, adottato per assicurarne l’applicazione. Il Parlamento sottolinea che il Consiglio può ricorrere all’articolo 215 TFUE solo per misure che realizzano gli obiettivi della PESC e, più precisamente, quando lo prevede una decisione intesa al conseguimento degli obiettivi di tale politica.

16

Secondo il Parlamento, la posizione del Consiglio non corrisponde alla realtà dei fatti perché poggia su una distinzione fra il terrorismo internazionale o «esterno», da un lato, e il terrorismo «interno», dall’altro. Per essere efficace, la lotta contro il terrorismo dovrebbe rivestire un carattere internazionale. La sola distinzione possibile in questo contesto sarebbe quella fra le misure nazionali contro il terrorismo, da un lato, e quelle internazionali con lo stesso fine, dall’altro. Non sarebbe sempre possibile stabilire con certezza se atti terroristici e connessi al terrorismo compiuti in seno all’Unione creeranno una minaccia nel suo ambito o all’esterno.

17

Il Consiglio sostiene, per contro, che il regolamento impugnato, tenuto conto dei suoi obiettivi e del suo contenuto, rientra nel campo d’applicazione delle disposizioni dei Trattati relative all’azione esterna dell’Unione e, più in particolare, nel settore della PESC. L’articolo 215 TFUE costituirebbe il fondamento normativo corretto per questa misura.

18

Detto regolamento, al pari del regolamento n. 881/2002, mirerebbe alla lotta contro il terrorismo internazionale e il suo finanziamento per salvaguardare la pace e la sicurezza a livello internazionale. Il Consiglio rammenta, a tal proposito, i testi della risoluzione 1390 (2002) e del regolamento impugnato, nonché la citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione.

19

Il contenuto del regolamento impugnato sarebbe coerente con quest’obiettivo. Gli articoli 7 bis e 7 quater che esso inserisce nel regolamento n. 881/2002 confermerebbero che tali regolamenti attuano direttamente le decisioni relative all’inserimento nell’elenco adottate dal comitato per le sanzioni e creano un sistema di interazione fra tale comitato, l’Unione nonché le persone ed entità inserite in tale elenco.

20

Il regolamento n. 881/2002 e il regolamento impugnato non rientrerebbero in alcun modo tra le disposizioni relative alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in seno all’Unione. Essi disciplinerebbero questioni che non sono inerenti né ai controlli alle frontiere, né alla sicurezza interna né al riconoscimento delle decisioni giudiziarie o extragiudiziarie.

21

Il Consiglio fa valere che i Trattati, nella loro versione precedente l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, non prevedevano alcun fondamento normativo specifico che consentisse l’adozione di misure di congelamento dei capitali di terroristi che costituiscono una minaccia per la sicurezza pubblica negli Stati membri, vale a dire i terroristi «interni». I soli fondamenti normativi per l’adozione di tali misure restrittive sarebbero stati gli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE che si applicano solo alle misure relative ai terroristi «esterni» nell’ambito dell’azione esterna dell’Unione.

22

Dalla struttura e dalla formulazione dei Trattati, così come modificati dal Trattato di Lisbona, risulterebbe che, ai fini della scelta del fondamento normativo di una misura restrittiva, occorre tenere conto dell’ubicazione di una minaccia presunta nonché degli obiettivi politici di una persona o di un gruppo che figurano nell’elenco. L’articolo 75 TFUE costituirebbe già un fondamento normativo per l’adozione di misure di congelamento dei capitali di terroristi «interni», quali le persone e i gruppi il cui nome, contrassegnato da un asterisco, è inserito nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 93). Invece, qualora la minaccia riguardi principalmente uno o più paesi terzi o la comunità internazionale in generale, il fondamento normativo corretto sarebbe l’articolo 215 TFUE. Sarebbe illegittimo da parte dell’Unione adottare, sulla base delle disposizioni del titolo V della parte terza del Trattato FUE, che disciplina lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, una misura di congelamento delle risorse che contribuisca alla sicurezza di un paese terzo e che non miri a garantire la sicurezza interna.

23

Inoltre, secondo il Consiglio, sostenuto in sostanza dal Regno di Svezia, la tesi del Parlamento trascura l’ipotesi in cui l’Unione volesse adottare o imporre, nell’ambito della lotta contro il terrorismo, misure restrittive diverse dal congelamento dei capitali, ad esempio un divieto di viaggiare, nei confronti di persone o di entità associate al terrorismo «esterno».

24

Il Regno di Svezia precisa che dalla posizione del Parlamento risulterebbe che l’attuazione delle sanzioni adottate nel quadro delle Nazioni Unite nei confronti di terroristi si baserebbe su fondamenti giuridici diversi concernenti misure di sanzione diverse in seno ad un unico regime sanzionatorio. Non potrebbe essere stata questa l’intenzione del legislatore dell’Unione, in particolare a motivo del fatto che un tale regime implicherebbe l’applicazione di procedure decisionali diverse nell’ambito, rispettivamente, della PESC e della politica interna dell’Unione.

25

La Commissione chiarisce che, nel proporre un atto modificativo, si basa sulla disposizione o sulle disposizioni che sono servite da fondamento all’adozione dell’atto iniziale. Così, la proposta di regolamento del Consiglio, recante modifica del regolamento n. 881/2002, presentata dalla Commissione il 22 aprile 2009 [COM(2009) 187 def.], avrebbe indicato, quali fondamenti normativi, gli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE. Poiché detta proposta era in discussione al Consiglio il 1o dicembre 2009, la Commissione avrebbe dovuto esaminare le conseguenze puramente giuridiche e tecniche dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona in merito a quest’atto e sarebbe giunta alla conclusione, avallata dall’Alto rappresentante, che l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE riguarda tutti gli aspetti coperti dagli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE. Tale approccio sarebbe conforme ai rilievi formulati dalla Corte nella citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione.

26

Quanto all’incidenza di tale sentenza sulla questione del fondamento normativo, la Commissione contesta l’argomento del Parlamento secondo cui un atto fondato sull’articolo 308 CE non potrebbe perseguire un obiettivo della PESC. In tale sentenza, la Corte non avrebbe contestato che gli articoli 60 CE e 301 CE fossero i fondamenti normativi che consentono di adottare misure comunitarie atte a perseguire un obiettivo della PESC. Per quanto riguarda il regolamento n. 881/2002, la Corte avrebbe individuato un secondo obiettivo comunitario soggiacente, legato al funzionamento del mercato comune, per giustificare l’inclusione dell’articolo 308 CE come terzo fondamento normativo. Inoltre, avrebbe confermato che il Trattato CE richiedeva di far ricorso a tale disposizione per imporre misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche non aventi un legame con la classe dirigente di un paese terzo.

27

La Commissione ritiene che gli articoli 215 TFUE e 75 TFUE non avrebbero potuto fungere congiuntamente da fondamento normativo del regolamento impugnato. Sarebbe impossibile fondare un atto contemporaneamente su entrambi tali articoli, dato che prevedono condizioni diverse in materia procedurale e decisionale, compresa l’applicazione del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda in merito allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al Trattato UE e al Trattato FUE nonché del protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato agli stessi Trattati. Essa sottolinea che una delle differenze cruciali fra gli articoli 215 TFUE e 75 TFUE consiste nella necessità di un collegamento con decisioni che ricadono nell’ambito della PESC, adottate nell’interesse della pace e della sicurezza a livello internazionale, indipendentemente dall’ubicazione geografica precisa e dalla portata della minaccia terroristica di cui trattasi. Quando occorre adottare misure restrittive antiterrorismo ai sensi del Trattato FUE in esito ad una decisione PESC che attua una risoluzione del Consiglio di sicurezza, l’articolo 215 TFUE sarebbe l’unico fondamento normativo possibile.

– Sulla struttura generale dei Trattati

28

Secondo il Parlamento, ai fini dell’interpretazione delle disposizioni dei Trattati si può tenere conto della struttura generale e della ratio di questi ultimi. Nella fattispecie, esse giustificherebbero la scelta dell’articolo 75 TFUE quale fondamento normativo del regolamento impugnato.

29

In primo luogo, il regolamento impugnato si ricollegherebbe alla protezione delle persone e dei gruppi. Orbene, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’Unione potrebbe adottare misure concernenti i diritti fondamentali solo nell’ambito della procedura legislativa ordinaria o con l’approvazione del Parlamento. L’articolo 215, paragrafo 2, TFUE sarebbe applicabile solo per misure che non sollevano, con la stessa intensità, questioni inerenti ai diritti fondamentali.

30

In secondo luogo, l’articolo 75 TFUE autorizzerebbe l’Unione ad adottare misure concernenti i movimenti di capitali e i pagamenti, riconoscendo così che dette misure possono avere un’incidenza sul buon funzionamento del mercato interno dei capitali e sulla prestazione dei servizi. La Corte avrebbe riconosciuto, al punto 229 della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, che le misure restrittive di natura economica, per loro stessa natura, presentano un legame con il funzionamento del mercato comune. Inoltre, lo stesso regolamento n. 881/2002 farebbe riferimento, al quarto considerando, alla necessità di evitare, in particolare, distorsioni della concorrenza.

31

In terzo luogo, il regolamento impugnato si ricollegherebbe alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Esso contribuirebbe alla lotta contro la criminalità, in particolare il terrorismo e il suo finanziamento, il che rappresenterebbe uno degli obiettivi di tale spazio, come risulta in particolare dall’articolo 3, paragrafo 2, TUE.

32

Infine, il Parlamento invoca l’assenza di nesso fra il regolamento impugnato e la PESC. Ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, TUE, la PESC sarebbe soggetta a norme e a procedure specifiche. Il fatto di applicare dette norme e procedure al di fuori del loro campo d’applicazione contrasterebbe con gli obiettivi enunciati all’articolo 1, secondo comma, TUE e finirebbe col privare i parlamenti nazionali della possibilità di applicare i protocolli sul loro ruolo e sull’attuazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità nonché col negare al Parlamento il ricorso alla procedura legislativa ordinaria.

33

A sostegno della sua posizione, il Parlamento rinvia anche al punto 235 della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, in cui la Corte ha statuito che aggiungere l’articolo 308 CE come fondamento normativo del regolamento n. 881/2002 era giustificato perché ha consentito al Parlamento di partecipare al processo decisionale relativo alle misure in parola, che riguardano specificamente individui, mentre nell’ambito degli articoli 60 CE e 301 CE non è previsto alcun ruolo per la suddetta istituzione.

34

Il Parlamento conclude che contrasta con il diritto dell’Unione la possibilità di adottare misure che abbiano un’incidenza diretta sui diritti fondamentali delle singole persone e dei gruppi, sul mercato interno e sulla lotta alla criminalità, attraverso una procedura che esclude la partecipazione del Parlamento, mentre per l’adozione di misure in questi settori è applicabile la procedura legislativa ordinaria. Il Trattato di Lisbona rifletterebbe la volontà degli Stati membri di rafforzare il carattere democratico dell’Unione e costituirebbe una risposta all’urgente necessità di prevedere un controllo parlamentare sulle prassi di inserimento nell’elenco. Ammettere l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE quale corretto fondamento normativo per l’adozione di misure come il regolamento impugnato equivarrebbe, di fatto, a privare l’articolo 75 TFUE di gran parte del suo effetto utile. Il Parlamento osserva, altresì, che quest’ultimo articolo costituisce un fondamento normativo più specifico dell’articolo 215 TFUE.

35

Il Consiglio, da parte sua, sostiene che gli argomenti presentati dal Parlamento sulla struttura generale dei Trattati non costituiscono criteri pertinenti per determinare il corretto fondamento normativo del regolamento impugnato.

36

Le competenze delle istituzioni sarebbero stabilite dai Trattati e varierebbero a seconda dei diversi settori d’azione dell’Unione. La tesi sostenuta dal Parlamento equivarrebbe a far sì che siano le procedure a determinare la scelta del fondamento normativo e non il contrario. L’elemento variabile legato al ruolo svolto dal Parlamento nella procedura sarebbe rilevante solo in via eccezionale. Sarebbe tale il caso in cui si tratti di una misura che persegue contemporaneamente più scopi tra loro indissociabili, senza che l’uno sia accessorio all’altro. In tali circostanze, la misura potrebbe essere basata sui diversi fondamenti normativi corrispondenti, purché non siano incompatibili. Per determinare la loro compatibilità, occorrerebbe valutare se la combinazione dei diversi fondamenti normativi sia tale da ledere i diritti del Parlamento. A tal proposito, il Consiglio si riferisce, in particolare, alla sentenza del 6 novembre 2008, Parlamento/Consiglio (C-155/07, Racc. pag. I-8103).

37

Il Consiglio sottolinea che la scelta del fondamento normativo di un atto dell’Unione deve basarsi su elementi oggettivi, in particolare lo scopo e il contenuto dell’atto in questione. Detto principio sarebbe stato confermato dalla citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione. Pur se la Corte ha stabilito, al punto 235 di tale sentenza, che il ricorso all’articolo 308 CE consentiva al Parlamento di partecipare al processo decisionale, nondimeno tale osservazione è stata formulata solo per completare la motivazione principale della sentenza medesima, basata sugli obiettivi del Trattato CE.

38

Inoltre, l’argomento del Parlamento secondo cui l’Unione potrebbe adottare misure relative al rispetto dei diritti dell’uomo solo coinvolgendolo sarebbe contraddetto dall’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, che dispone che «[g]li atti di cui al presente articolo contengono le necessarie disposizioni sulle garanzie giuridiche». Da tale disposizione risulterebbe chiaramente che un atto adottato in conformità di detto articolo è suscettibile di incidere sui diritti fondamentali.

39

Il Consiglio sottolinea, altresì, che l’articolo 215 TFUE mira a consentire al Consiglio l’adozione di misure direttamente applicabili agli operatori economici. Tale disposizione contribuirebbe a garantire il buon funzionamento del mercato comune.

40

Quanto alla relazione fra il regolamento impugnato e la PESC, il Consiglio ricorda la particolare minaccia rappresentata da Al-Qaeda. Tale regolamento costituirebbe il quadro nel quale l’Unione attua gli obblighi che le incombono ai sensi della Carta delle Nazioni Unite. Non sarebbe irragionevole tenere conto dell’obiettivo delle risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza per stabilire il fondamento normativo appropriato.

41

Infine, il Consiglio sottolinea che il Trattato di Lisbona non ha pregiudicato la delimitazione fra la PESC e lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Al contrario, l’importanza di una chiara demarcazione fra i due settori sarebbe stata sottolineata dall’articolo 40, secondo comma, TUE. Di conseguenza, se la Corte dovesse considerare che il regolamento impugnato riguarda un obiettivo della PESC, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE costituirebbe l’unico fondamento normativo possibile per la sua adozione.

Giudizio della Corte

– Osservazioni preliminari

42

Secondo giurisprudenza costante, la scelta del fondamento normativo di un atto dell’Unione deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (v., segnatamente, sentenza Parlamento/Consiglio, cit., punto 34 nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

43

Se l’esame di un atto comunitario dimostra che esso persegue una duplice finalità o che esso ha una doppia componente e se una di esse è identificabile come principale, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi su una sola base normativa, ossia quella richiesta dalla finalità o dalla componente principale o preponderante (v., segnatamente, sentenza Parlamento/Consiglio, cit., punto 35 nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

44

Relativamente ad una misura che persegue contemporaneamente più scopi o che ha più componenti tra loro inscindibili, senza che l’uno sia accessorio all’altro, la Corte ha dichiarato che, qualora per tale motivo siano applicabili diverse disposizioni dei Trattati, detta misura dovrà fondarsi, in via eccezionale, sulle diverse basi normative corrispondenti (v., segnatamente, sentenza Parlamento/Consiglio, cit., punto 36 nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

45

Tuttavia la Corte ha parimenti dichiarato, in particolare ai punti 17-21 della sentenza dell’11 giugno 1991, Commissione/Consiglio, detta «Biossido di titanio» (C-300/89, Racc. pag. I-2867), che il ricorso ad un duplice fondamento normativo è escluso quando le procedure previste dalle rispettive norme siano incompatibili (v., segnatamente, sentenza Parlamento/Consiglio, cit., punto 37 nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

46

Pur se è nel contesto della procedura di cooperazione che la Corte ha constatato, nella citata sentenza Biossido di titanio, l’incompatibilità tra tale procedura, prevista da una delle due basi normative oggetto di tale sentenza, e il voto all’unanimità a seguito di una semplice consultazione del Parlamento, prevista dall’altra, nella sua successiva giurisprudenza, essa ha tuttavia adottato un approccio simile nel contesto della procedura prevista dall’articolo 251 CE, detta di «codecisione» (v., in tal senso, sentenze del 10 gennaio 2006, Commissione/Parlamento e Consiglio, C-178/03, Racc. pag. I-107, punti 58 e 59, nonché Parlamento/Consiglio, cit., punti 76-79). Un approccio siffatto resta valido, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, nel contesto della procedura legislativa ordinaria.

47

Nella specie, se è pur vero che l’articolo 75 TFUE prevede l’applicazione della procedura legislativa ordinaria, che implica il voto a maggioranza qualificata nell’ambito del Consiglio e la piena partecipazione del Parlamento al procedimento, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, implica, da parte sua, la mera informazione del Parlamento. Inoltre, contrariamente al ricorso all’articolo 75 TFUE, il ricorso all’articolo 215, paragrafo 2, TFUE richiede la previa esistenza di una pertinente decisione della PESC, vale a dire una decisione adottata ai sensi del capo 2 del titolo V del Trattato UE, che prevede l’adozione di misure restrittive come quelle previste da detta disposizione. L’adozione di una siffatta decisione implica, di regola, il voto all’unanimità nell’ambito del Consiglio che decide da solo.

48

Differenze siffatte sono tali da rendere dette procedure incompatibili.

49

Risulta dalle suesposte considerazioni che, anche a voler ritenere che il regolamento impugnato persegua contemporaneamente più scopi o che abbia più componenti tra loro inscindibili, senza che l’uno sia accessorio all’altro, le differenze procedimentali applicabili ai sensi degli articoli 75 TFUE e 215, paragrafo 2, TFUE escludono che tali due disposizioni possano applicarsi congiuntamente per costituire un duplice fondamento normativo di un atto quale il regolamento impugnato.

– Sul rapporto tra gli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE e gli articoli 75 TFUE e 215 TFUE

50

È pacifico tra le parti che il fondamento normativo del regolamento impugnato deve corrispondere, in linea di principio, a quello del regolamento n. 881/2002, adottato in base agli articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE.

51

Al riguardo, si deve rilevare che, in esito alle modifiche intervenute nel diritto primario dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1o dicembre 2009, il contenuto degli articoli 60 CE, relativo alle misure restrittive in materia di movimenti di capitali e di pagamenti, e 301 CE, concernente l’interruzione o la riduzione, parziale o totale, delle relazioni economiche con uno o più paesi terzi, è riprodotto nell’articolo 215 TFUE.

52

Quest’ultimo articolo, infatti, incluso nella parte del Trattato FUE relativa all’azione esterna dell’Unione, riguarda, al pari dell’articolo 301 CE, l’interruzione o la riduzione, parziale o totale, delle relazioni economiche con uno o più paesi terzi. Al riguardo, si deve rilevare che gli articoli 301 CE e 215, paragrafo 1, TFUE presentano un disposto simile. Quanto all’articolo 60 CE, che era applicabile nei casi previsti dall’articolo 301 CE e che prevedeva l’applicazione della procedura prevista dal medesimo articolo, l’articolo 215, paragrafo 1, TFUE comprende un riferimento alle relazioni finanziarie per coprire i settori precedentemente disciplinati dallo stesso articolo 60.

53

Peraltro, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE consente al Consiglio l’adozione di misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali, vale a dire misure per le quali, precedentemente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, era necessario includere anche l’articolo 308 CE nel loro fondamento normativo se i loro destinatari non avevano alcun legame con il regime dirigente di un paese terzo (v., in tal senso, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punto 216).

54

Quanto all’articolo 75 TFUE, il suo contesto e il suo contenuto differiscono da quelli degli articoli 60 CE e 301 CE. L’articolo 75 TFUE, infatti, non disciplina l’interruzione o la riduzione, parziale o totale, delle relazioni economiche con uno o più paesi terzi. Inserito nella parte terza del Trattato FUE, relativa alle politiche e azioni interne dell’Unione, più precisamente nel suo titolo V, rubricato «Spazio di libertà, sicurezza e giustizia», tale articolo contiene unicamente la definizione – ai fini della prevenzione e della lotta contro il terrorismo e le attività connesse, quando lo impone la realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo 67 TFUE – di un contesto di misure amministrative concernenti i movimenti di capitali e i pagamenti.

– Sulla sfera di applicazione dell’articolo 215 TFUE

55

Occorre esaminare il disposto dell’articolo 215 TFUE, il contesto nel quale si inquadra tale disposizione nonché gli obiettivi che essa persegue rispetto a quelli perseguiti dall’articolo 75 TFUE, prima di determinare, alla luce dello scopo e del contenuto del regolamento impugnato, se l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE costituisca il fondamento normativo adeguato di tale regolamento.

56

L’articolo 215 TFUE compare nel titolo IV, rubricato «Misure restrittive», della parte quinta del Trattato FUE, relativa all’azione esterna dell’Unione.

57

Il paragrafo 1 di tale articolo disciplina l’adozione delle misure necessarie ai fini dell’interruzione o della riduzione, parziale o totale, delle relazioni economiche con uno o più paesi terzi. In tale contesto, il suo paragrafo 2 prevede l’adozione, da parte del Consiglio, di «misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali», senza fare specificamente riferimento alla lotta contro il terrorismo e senza limitare dette misure alle sole misure concernenti i movimenti di capitali e i pagamenti.

58

Peraltro, a differenza dell’articolo 75 TFUE, l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE prevede, come esposto al precedente punto 47 della presente sentenza, che può essere utilizzato solo quando una pertinente decisione della PESC prevede l’adozione di misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali. L’articolo 75 TFUE indica, da parte sua, che può essere utilizzato qualora lo impongano gli obiettivi di cui all’articolo 67 TFUE, vale a dire nel contesto della realizzazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia.

59

In tale contesto, si deve ricordare che la Corte ha affermato, al punto 197 della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, che è stato creato un collegamento tra le azioni della Comunità che comportano sanzioni economiche ai sensi degli articoli 60 CE e 301 CE e gli obiettivi del Trattato UE, nella sua versione anteriore al Trattato di Lisbona, in materia di relazioni esterne, tra cui la PESC. L’articolo 215 TFUE prevede espressamente un tale collegamento, a differenza dell’articolo 75 TFUE, che non stabilisce alcun legame con le decisioni che ricadono nella PESC.

60

Quanto alla lotta contro il terrorismo e il suo finanziamento, occorre rilevare che l’articolo 215 TFUE non contiene alcuna indicazione secondo la quale le misure intese alla lotta contro tali fenomeni, adottate nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali, non potrebbero costituire le misure restrittive previste dal paragrafo 2 di detto articolo. Al riguardo, occorre rilevare che, anche se né l’articolo 60 CE né l’articolo 301 CE presentano espressamente un riferimento alla lotta contro il terrorismo, tali due disposizioni hanno tuttavia costituito il fondamento normativo per l’adozione, precedentemente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, di misure restrittive intese alla lotta contro tale fenomeno (v. al riguardo, in particolare, le misure in oggetto nella citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione).

61

Se è pur vero che la lotta contro il terrorismo e il suo finanziamento è suscettibile di rientrare tra gli obiettivi perseguiti dallo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, quali risultano, segnatamente, dall’articolo 3, paragrafo 2, TUE, l’obiettivo della lotta contro il terrorismo internazionale e il suo finanziamento per salvaguardare la pace e la sicurezza a livello internazionale corrisponde tuttavia agli obiettivi delle disposizioni dei Trattati relative all’azione esterna dell’Unione.

62

L’articolo 21, paragrafo 2, lettera c), TUE, che fa parte del capo 1, relativo alle disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione, del titolo V del Trattato UE, dispone infatti che «[l’]Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di (...) preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite». Per quanto riguarda, più precisamente, la PESC, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, primo comma, TUE, «[l]a competenza dell’Unione in materia di [PESC] riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune».

63

Dato che il terrorismo costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale, le azioni attuate dall’Unione nel contesto della PESC nonché le misure adottate ai fini dell’applicazione di tale politica nel contesto dell’azione esterna dell’Unione, e in particolare le misure restrittive ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, possono avere ad oggetto la lotta al terrorismo.

64

Tale affermazione è corroborata, segnatamente, dal contenuto dell’articolo 43, paragrafo 1, TUE, dal quale risulta che tutte le missioni che ricadono nella politica di sicurezza e di difesa comune «possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio».

65

Dalle suesposte considerazioni risulta che l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE è idoneo a costituire il fondamento normativo di misure restrittive, ivi comprese le misure finalizzate alla lotta contro il terrorismo, nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali adottate dall’Unione quando la decisione di adottare dette misure ricade nella sua azione nel contesto della PESC.

66

Peraltro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, poiché gli articoli 75 TFUE e 215, paragrafo 2, TFUE riguardano politiche dell’Unione diverse che perseguono obiettivi complementari, ma che non hanno la stessa sfera di applicazione, non risulta possibile considerare l’articolo 75 TFUE come un fondamento normativo più specifico dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE.

– Sullo scopo e il contenuto del regolamento impugnato

67

Il regolamento n. 881/2002, modificato dal regolamento impugnato, costituisce, come risulta dai precedenti punti 3-5, uno degli strumenti con i quali l’Unione ha attuato un’azione decisa nell’ambito del Consiglio di sicurezza e intesa a salvaguardare la pace e la sicurezza internazionali [v., in tal senso, la penultima frase del preambolo alla risoluzione 1390 (2002)], vale a dire l’adozione di misure di congelamento dei capitali e delle risorse economiche nei confronti di persone e entità, designate dal comitato per le sanzioni e delle quali l’Unione si limita a riprendere l’elenco. È pacifico, al riguardo, che il terrorismo che coinvolge persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani costituisca un fenomeno di dimensione internazionale.

68

Come ha rilevato la Corte ai punti 169 e 184 della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, lo scopo essenziale e il contenuto del regolamento n. 881/2002 sono la lotta contro il terrorismo internazionale. Tale scopo del regolamento n. 881/2002 è ricordato all’undicesimo considerando del regolamento impugnato, ai sensi del quale «[l]o scopo del regolamento (…) n. 881/2002 è prevenire i crimini terroristici, compreso il finanziamento del terrorismo, per salvaguardare la pace e la sicurezza a livello internazionale».

69

Come sottolineato dallo stesso Parlamento, il regolamento impugnato si limita, in larga misura, a riformulare o a chiarire alcune disposizioni del regolamento n. 881/2002 o a facilitarne l’applicazione, senza modificare in alcun modo la natura del contenuto di quest’ultimo.

70

Dai considerando 4-9 del regolamento impugnato risulta che esso si colloca nella logica del regolamento n. 881/2002, che completa, avendo più specificamente l’obiettivo di conciliare, conformemente alla citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, la lotta contro il terrorismo internazionale con il rispetto dei diritti fondamentali.

71

A tal fine, il regolamento impugnato istituisce una procedura di iscrizione nell’elenco atta a garantire il rispetto dei diritti fondamentali della difesa e, in particolare, del diritto di essere ascoltato. Unitamente alla posizione comune 2002/402, il regolamento n. 881/2002 e il regolamento impugnato stabiliscono in tal modo un sistema di interazione tra il comitato per le sanzioni e l’Unione.

72

Risulta dalle suesposte considerazioni che, alla luce del suo scopo e del suo contenuto, il regolamento impugnato è legato ad una decisione adottata dall’Unione nel contesto della PESC.

73

Contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, l’inclusione dell’articolo 308 CE nel fondamento normativo del regolamento n. 881/2002 non è tale da inficiare detta conclusione. Se è pur vero che un atto che ricade nella PESC non avrebbe potuto avere come unico fondamento l’articolo 308 CE, tale articolo tuttavia poteva, come si è rilevato al precedente punto 53, completare la base normativa di un atto adottato sulla base degli articoli 60 CE e 301 CE per includere l’adozione di misure restrittive i cui destinatari sono persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità non statali che non hanno alcun legame con il regime dirigente di un paese terzo. Orbene, un tale fondamento normativo complementare non è più necessario da quando l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE prevede espressamente la possibilità di adottare, in base ad esso, misure aventi tali destinatari.

74

Peraltro, l’argomento del Parlamento secondo il quale non è possibile operare una distinzione tra, da una parte, la lotta contro il terrorismo «interno» e, dall’altra, quella contro il terrorismo «esterno» non sembra tale da rimettere in questione la scelta dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE quale fondamento normativo del regolamento impugnato.

75

L’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, infatti, fornisce, come risulta dal precedente punto 65, l’adeguato fondamento normativo per l’adozione, in esito ad una decisione adottata nel contesto della PESC, di misure restrittive disposte per l’applicazione di tale politica nei confronti di persone fisiche o giuridiche, di gruppi o di entità non statali implicati in atti di terrorismo.

76

Nel caso di specie, occorre sottolineare che il regolamento impugnato modifica il regolamento n. 881/2002, che costituisce, come rilevato al precedente punto 67, uno degli strumenti con i quali l’Unione ha attuato un’azione decisa nell’ambito del Consiglio di sicurezza e intesa a salvaguardare la pace e la sicurezza a livello internazionale. Inoltre, come ricordato al precedente punto 72, il regolamento impugnato, alla luce del suo scopo e del suo contenuto, si ricollega a una decisione adottata dall’Unione nel contesto della PESC.

77

Per di più, il Parlamento, anche se contesta, nell’ambito del suo secondo motivo, che la posizione comune 2002/402 possa corrispondere a una pertinente decisione della PESC ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, tuttavia non ha messo in questione che tale posizione comune, avendo consentito l’adozione del regolamento n. 881/2002 conformemente agli articoli 60 CE e 301 CE, abbia potuto validamente fondarsi sul titolo V del Trattato UE, nella sua versione precedente al Trattato di Lisbona, vale a dire il titolo di detto Trattato dedicato alla PESC.

78

In considerazione di tali elementi, è sufficiente rilevare che l’articolo 215, paragrafo 2, TFUE costituisce l’adeguato fondamento normativo di misure, come quelle in oggetto nella fattispecie, rivolte a destinatari coinvolti in atti di terrorismo che, alla luce delle loro attività a livello mondiale e alla dimensione internazionale della minaccia che rappresentano, incidono in modo essenziale sull’azione esterna dell’Unione.

– Sull’incidenza della scelta tra gli articoli 75 TFUE e 215 TFUE sulle prerogative del Parlamento

79

Se è vero che la scelta tra gli articoli 75 TFUE e 215 TFUE quale fondamento normativo del regolamento impugnato incide sulle prerogative del Parlamento in quanto il primo prevede il ricorso alla procedura legislativa ordinaria, mentre, in applicazione del secondo, il Parlamento è solo informato, tale circostanza non può tuttavia determinare la scelta del fondamento normativo.

80

Infatti, come sottolinea il Consiglio, non sono le procedure a definire il fondamento normativo di un atto, ma è il fondamento normativo di un atto che determina le procedure da seguire per la sua adozione.

81

Certamente, la partecipazione del Parlamento alla procedura legislativa è il riflesso, sul piano dell’Unione, di un fondamentale principio di democrazia secondo il quale i popoli partecipano all’esercizio del potere per il tramite di un’assemblea rappresentativa (v., in tal senso, sentenze del 29 ottobre 1980, Roquette Frères/Consiglio, 138/79, Racc. pag. 3333, punto 33, e Biossido di titanio, cit., punto 20).

82

Tuttavia, la differenza tra gli articoli 75 TFUE e 215 TFUE quanto all’implicazione del Parlamento risulta dalla scelta, operata dagli autori del Trattato di Lisbona, di conferire un ruolo più limitato al Parlamento riguardo all’azione dell’Unione nel contesto della PESC.

83

Quanto all’argomento del Parlamento secondo il quale sarebbe in contrasto con il diritto dell’Unione la possibilità di adottare misure dotate di incidenza diretta sui diritti fondamentali dei singoli e dei gruppi mediante una procedura che escluda la partecipazione del Parlamento, si deve rilevare che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali si rivolge, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a tutte le istituzioni e a tutti gli organi e gli organismi dell’Unione. Inoltre, a termini sia dell’articolo 75 TFUE sia dell’articolo 215, paragrafo 3, TFUE, gli atti di cui a queste ultime disposizioni contengono le necessarie disposizioni sulle garanzie giuridiche.

84

Conseguentemente un atto, quale il regolamento impugnato, che contenga garanzie relative al rispetto dei diritti fondamentali delle persone che figurano nell’elenco può essere adottato in base all’articolo 215, paragrafo 2, TFUE. La tesi opposta, secondo la quale un atto del genere potrebbe essere adottato solo in base all’articolo 75 TFUE si risolverebbe, del resto, nel privare l’articolo 215 TFUE di gran parte del suo effetto utile, mentre l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali vincola anche gli atti dell’Unione che attuano risoluzioni del Consiglio di sicurezza (v., in tal senso, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punti 285, 299 e 326).

85

Ciò considerato, e alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, si deve concludere che correttamente il regolamento impugnato si fonda sull’articolo 215, paragrafo 2, TFUE.

86

Ne consegue che il primo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

Sul secondo motivo, attinente al mancato rispetto delle condizioni per far ricorso all’articolo 215 TFUE

87

Nei limiti in cui il regolamento impugnato poteva validamente fondarsi sull’articolo 215 TFUE, occorre valutare gli argomenti svolti dal Parlamento nel contesto del suo secondo motivo, attinente al mancato rispetto delle condizioni relative al ricorso a tale articolo.

Argomenti delle parti

88

Il secondo motivo si articola in due capi. Il primo riguarda il mancato rispetto della condizione relativa all’esistenza di una proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione e il secondo concerne l’assenza di una decisione rientrante nell’ambito della PESC adottata prima del regolamento controverso.

– Sull’assenza di proposta conforme ai Trattati

89

Secondo il Parlamento, al momento dell’adozione del regolamento impugnato, il 22 dicembre 2009, non esisteva una Commissione che potesse legittimamente presentare una proposta congiunta con l’Alto rappresentante, dato che il mandato della Commissione nominata nel mese di novembre 2004 era scaduto il 31 ottobre 2009 e la nuova Commissione si è insediata solo il 10 febbraio 2010. Anche se, nell’interesse della continuità del lavoro di tale istituzione, era stato considerato accettabile che la Commissione nominata il 22 novembre 2004 continuasse ad assolvere alcuni compiti, la sua autorità si sarebbe limitata alla gestione degli affari ordinari. Essa non sarebbe stata autorizzata a prendere un’iniziativa politica importante di modifica del fondamento normativo di un atto comportante la perdita per quest’ultimo del suo carattere legislativo e la perdita di qualsiasi influenza del Parlamento e dei parlamenti nazionali.

90

Secondo il Parlamento, non si potrebbe sostenere che la proposta presentata dalla Commissione e dall’Alto rappresentante costituisca una semplice continuazione della proposta presentata dalla sola Commissione il 22 aprile 2009. Inoltre, la modalità di presentazione della proposta non sarebbe stata conforme al ruolo e alle responsabilità dell’Alto rappresentante, così come previsti dal Trattato di Lisbona. Non sarebbe concepibile che una proposta congiunta richiesta ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE possa essere sostituita dalla semplice approvazione, da parte dell’Alto rappresentante, di una proposta della Commissione già esistente, adottata da quest’ultima prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Inoltre, l’Alto rappresentante, in quanto responsabile della PESC, sarebbe tenuto a motivare adeguatamente la proposta congiunta presentata.

91

Il Consiglio sostiene che, quando il mandato della Commissione designata nel mese di novembre 2004 è scaduto, il 31 ottobre 2009, quest’ultima era rimasta in carica in attesa della nomina di una nuova Commissione, al fine di assicurare la necessaria continuità dei lavori dell’istituzione, così come previsto dal primo considerando della decisione 2010/80/UE del Consiglio europeo, del 9 febbraio 2010, recante nomina della Commissione europea (GU L 38, pag. 7). Nel periodo intermedio che va dal 1o novembre 2009 al 10 febbraio 2010, il Parlamento avrebbe continuato ad interagire con la Commissione come se fosse stata ancora validamente in carica.

92

Il Consiglio sottolinea che il regolamento impugnato è stato adottato sulla base della proposta della Commissione del 22 aprile 2009, approvata dall’Alto rappresentante il 14 dicembre 2009. Tale proposta sarebbe rimasta valida dopo la scadenza del mandato della Commissione il 31 ottobre 2009. L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona avrebbe avuto come solo effetto quello di modificare la procedura che disciplina l’adozione del regolamento impugnato.

93

Il Consiglio ricorda che la Commissione ha presentato al Parlamento e al Consiglio, il 2 dicembre 2009, una comunicazione [COM(2009) 665 def.] sulle ripercussioni dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso, contenente un elenco indicativo delle proposte pendenti che aveva presentato prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona recante, per ognuna di esse, le ripercussioni legate a tale entrata in vigore. La proposta presentata dalla Commissione al Consiglio il 22 aprile 2009 sarebbe stata inserita in questo elenco, corredata da una menzione secondo cui il relativo fondamento normativo sarebbe cambiato, passando dai precedenti articoli 60 CE, 301 CE e 308 CE all’articolo 215 TFUE.

94

Anche ammettendo che la situazione in cui si trovava la Commissione fosse analoga a quella prevista dall’articolo 246, sesto comma, TFUE, concernente le dimissioni volontarie di tutti i membri della Commissione, la giurisprudenza dei giudici dell’Unione non consentirebbe di concludere che la Commissione abbia superato i limiti della gestione degli affari ordinari. Al punto 96 della sentenza del Tribunale del 6 marzo 2003, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione (T-228/99 e T-233/99, Racc. pag. II-435), detto giudice avrebbe statuito che una decisione relativa ad aiuti di Stato adottata dalla Commissione dopo le dimissioni collettive dei suoi membri nel mese di marzo 1999 non costituiva un’iniziativa politica nuova che oltrepassava così i poteri di una Commissione limitata alla gestione degli affari di ordinaria amministrazione. Se detta conclusione valeva per una nuova decisione adottata dalla Commissione nel periodo considerato, essa dovrebbe applicarsi, a fortiori, nelle circostanze in cui è rimasta pendente una proposta già esistente. Inoltre, si porrebbe la questione dell’applicabilità della limitazione alla gestione degli affari ordinari prevista dall’articolo 201, secondo comma, CE dato che il Parlamento non aveva adottato alcuna mozione di censura sulla gestione della Commissione.

95

Secondo il Consiglio, la proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione è stata debitamente presentata. L’Alto rappresentante avrebbe approvato, il 14 dicembre 2009, la proposta della Commissione del 22 aprile 2009. Non sarebbe stato necessario né possibile presentare una relazione separata. Né sarebbe stato possibile l’inserimento unilaterale di aggiunte alla relazione che figurava nei considerando di tale proposta.

– Sull’assenza di una pertinente decisione PESC

96

Secondo il Parlamento, il regolamento impugnato non contiene alcun riferimento ad una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 215 TFUE. Il preambolo di tale regolamento farebbe riferimento alla posizione comune 2002/402, ma questa non costituirebbe una decisione ai sensi di detta disposizione. Una posizione comune adottata prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona non potrebbe essere assimilata a una siffatta decisione.

97

Non sarebbero pertinenti gli argomenti del Consiglio relativi alla conservazione degli effetti giuridici della predetta posizione comune conformemente al protocollo (n. 36), sulle disposizioni transitorie, allegato ai Trattati FUE, UE e CEEA e ciò che tale istituzione definisce il «principio di conservazione degli atti». Non sussisterebbe alcun elemento in tale protocollo né alcun principio di diritto dell’Unione ai sensi del quale una posizione comune potrebbe sostituire una decisione adottata ai sensi del capo 2 del titolo V del Trattato UE. Il Consiglio trascurerebbe anche il fatto che una siffatta decisione è essa stessa suscettibile di sindacato giurisdizionale su iniziativa di una parte che abbia la capacità di agire in giudizio e che la Corte potrebbe persino vietare al Consiglio di adottare misure ai sensi dell’articolo 215 TFUE.

98

Il Consiglio sottolinea che il regolamento n. 881/2002, preceduto dall’adozione della posizione comune 2002/402, definisce le disposizioni e le procedure specifiche richieste per assicurare l’attuazione del congelamento dei capitali. Anche se era stato deciso di modificare detto regolamento a seguito della citata sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, aggiungendovi disposizioni relative alle garanzie procedurali, non sarebbe stato necessario modificare la posizione comune 2002/402 né adottare una nuova decisione PESC a tal proposito. Infatti, quando un atto rientrante nell’ambito della PESC che esige l’adozione di misure restrittive già esiste – non essendo stato abrogato né annullato né modificato – non si potrebbe esigere che sia necessariamente adottata una nuova decisione PESC ai sensi del capo 2 del titolo V del Trattato UE. Un siffatto approccio negherebbe il principio di conservazione degli atti sancito all’articolo 9 del protocollo (n. 36).

99

Il Consiglio sostiene anche che il fatto che le persone e le entità inserite nell’elenco possano, attualmente, proporre un ricorso di annullamento contro le decisioni adottate nell’ambito della PESC e che prevedano misure restrittive nei loro confronti, non significa che qualsiasi modifica apportata a un regolamento esistente debba essere necessariamente preceduta dall’adozione di una nuova decisione nell’ambito della PESC.

Giudizio della Corte

100

Per quanto riguarda, in primo luogo, l’assenza di una proposta conforme ai Trattati, è vero che il mandato della Commissione è scaduto il 31 ottobre 2009 e la Commissione è rimasta in carica sino al 10 febbraio 2010 in attesa che giungesse a compimento il processo di nomina della nuova Commissione, conformemente alle disposizioni del Trattato di Lisbona. Orbene, il regolamento impugnato è stato adottato tra queste due date, vale a dire il 22 dicembre 2009.

101

Tuttavia, anche a voler ritenere che le competenze della Commissione, dopo la scadenza del suo mandato il 31 ottobre 2009, siano state limitate alla gestione degli affari ordinari, detta istituzione poteva procedere alla modifica formale della sua proposta di regolamento del 22 aprile 2009 per quanto riguarda il fondamento normativo di quest’ultimo.

102

Come sottolineato dalla Commissione, tale passo sarebbe stato necessario per consentire al legislatore dell’Unione di proseguire, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la procedura pendente.

103

Al riguardo, occorre rilevare che, per quanto attiene alle proposte di legge della Commissione per le quali non era possibile, in considerazione della natura e della portata di tali atti, limitarsi a sostituire il fondamento normativo dell’atto con uno nuovo, dette proposte sono state oggetto di un ritiro, a termini della comunicazione del 2 dicembre 2009, citata al precedente punto 93, e dovevano essere sostituite da nuove proposte.

104

Quanto all’argomento del Parlamento relativo alla necessità di una proposta congiunta dell’Alto rappresentante e della Commissione, si deve rilevare che l’Alto rappresentante si è ufficialmente associato, il 14 dicembre 2009, alla proposta di regolamento della Commissione del 22 aprile 2009.

105

Orbene, l’articolo 215 TFUE si limita a richiedere l’esistenza di una proposta congiunta della Commissione e dell’Alto rappresentante, senza esigere che l’Alto rappresentante presenti una relazione separata o completi quella presentata dalla Commissione.

106

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’assenza di una decisione PESC, occorre esaminare la questione se, in considerazione dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il regolamento impugnato poteva essere adottato sulla base della posizione comune 2002/402, che ha costituito il fondamento del regolamento n. 881/2002.

107

Al riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 9 del protocollo (n. 36), gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione adottati in base al Trattato UE prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona sono mantenuti finché tali atti non saranno abrogati, annullati o modificati in applicazione dei Trattati.

108

Gli effetti giuridici della posizione comune 2002/402 sono stati conservati dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona finché essa non sarà abrogata, annullata o modificata.

109

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 102 delle sue conclusioni, a meno di non privare l’articolo 9 del protocollo (n. 36) di gran parte del suo effetto utile, la circostanza che il Trattato UE non preveda più l’adozione di posizioni comuni, ma di decisioni in materia di PESC, non ha per effetto di rendere inesistenti le posizioni comuni adottate precedentemente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

110

Ciò premesso, anche se il contesto normativo sotteso a tali due categorie di atti normativi non è identico, le posizioni comuni che non sono state abrogate, annullate o modificate dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona possono essere considerate corrispondenti, ai fini dell’attuazione dell’articolo 215 TFUE, alle decisioni adottate conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE alle quali detto articolo fa riferimento.

111

Pertanto, il secondo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

112

Considerato che nessuno dei motivi fatti valere dal Parlamento a sostegno del suo ricorso è fondato, il ricorso dev’essere respinto.

Sulle spese

113

Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ha concluso per la condanna del Parlamento, quest’ultimo, rimasto soccombente, va condannato alle spese. In applicazione del paragrafo 4, primo comma, del medesimo articolo, gli intervenienti nella causa sopportano le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Il Parlamento europeo è condannato alle spese.

 

3)

La Repubblica ceca, la Repubblica francese, il Regno di Svezia e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.