SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
7 giugno 2012 ( *1 )
«Libera circolazione dei capitali — Articoli 63 TFUE e 65 TFUE — Casse di previdenza professionali — Investimento degli attivi — Fondi comuni di investimento stabiliti in un altro Stato membro — Investimento in tali fondi consentito soltanto se questi ultimi sono autorizzati a commercializzare le loro quote sul territorio nazionale»
Nella causa C-39/11,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Austria), con decisione del 10 gennaio 2011, pervenuta in cancelleria il 28 gennaio 2011, nel procedimento
VBV – Vorsorgekasse AG
contro
Finanzmarktaufsichtsbehörde (FMA),
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. J. Malenovský, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász (relatore) e G. Arestis, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 gennaio 2012,
considerate le osservazioni presentate:
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per la VBV – Vorsorgekasse AG, da C. Leitgeb, Rechtsanwalt; |
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per la Finanzmarktaufsichtsbehörde (FMA), da R. Hellwagner, in qualità di agente; |
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per il governo ceco, da M. Smolek e J. Očková, in qualità di agenti; |
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per la Commissione europea, da E. Montaguti e K.-P. Wojcik, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle norme di diritto dell’Unione in materia di libera circolazione dei capitali, in particolare degli articoli 63 TFUE e 65 TFUE. |
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Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la VBV – Vorsorgekasse AG (cassa di previdenza aziendale; in prosieguo: la «VBV») e la Finanzmarktaufsichtsbehörde (autorità di vigilanza sul mercato finanziario; in prosieguo: la «FMA») in merito all’acquisto di quote di un fondo comune di investimento stabilito in uno Stato membro diverso dalla Repubblica d’Austria. |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
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L’articolo 1 della direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) (GU L 375, pag. 3), come modificata dalla direttiva 2001/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002 (GU L 41, pag. 35; in prosieguo: la «direttiva 85/611»), articolo appartenente alla sezione I di quest’ultima, intitolata «Disposizioni generali e campo d’applicazione», prevede quanto segue: «1. Gli Stati membri applicano la presente direttiva agli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) situati sul loro territorio. 2. Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l’articolo 2, si intendono per o.i.c.v.m. gli organismi:
(...)». |
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L’articolo 19 di tale direttiva, appartenente alla sezione V di quest’ultima, intitolata «Obblighi relativi alla politica d’investimento degli o.i.c.v.m.», contiene disposizioni dettagliate riguardanti i valori in cui un o.i.c.v.m. può effettuare i suoi investimenti, nonché le condizioni e i limiti di questi ultimi. |
Il diritto austriaco
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La legge sul regime di previdenza dei lavoratori dipendenti e autonomi (Betriebliches Mitarbeiter- und Selbständigenvorsorgegesetz, BGBl I, 100/2002), nella versione applicabile ai fatti della causa principale (BGB1 I, 102/2007; in prosieguo: il «BMSVG»), prevede, al suo articolo 6, paragrafo 1, che, quando un rapporto di lavoro è di durata superiore ad un mese, il datore di lavoro versi un contributo permanente, pari a una determinata percentuale della retribuzione mensile, all’ente per l’assicurazione malattia competente, affinché tale contributo venga successivamente versato alla cassa di previdenza professionale del lavoratore. Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del BMSVG, quando il rapporto di lavoro ha termine, il lavoratore subordinato può far valere il suo diritto all’indennità di fine rapporto presso la cassa di previdenza professionale cui è iscritto. |
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Ai sensi dell’articolo 18, paragrafi 1 e 2, del BMSVG, una cassa di previdenza professionale deve essere autorizzata a gestire e a investire i contributi ad essa versati e, a tal fine, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, della stessa legge, essa deve istituire un organismo di investimento collettivo. |
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L’articolo 30 del BMSVG, intitolato «Disposizioni applicabili agli investimenti», stabilisce quanto segue: «1) La cassa di previdenza professionale gestisce le sue attività nell’interesse dei beneficiari di potenziali diritti e a tal titolo presta un’attenzione particolare alla sicurezza, alla redditività e alle esigenze di liquidità nonché ad una ripartizione e diversificazione appropriate degli elementi di attivo. 2) Gli attivi conferiti in un fondo di investimento collettivo possono essere investiti soltanto nelle attività e negli strumenti seguenti:
3) Gli investimenti di cui al paragrafo 2 possono essere effettuati soltanto alle condizioni e nel rispetto dei limiti seguenti: (...)
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Ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, del BMSVG, la cassa di previdenza professionale deve incaricare una banca depositaria della conservazione dei valori mobiliari appartenenti all’organismo di investimento collettivo nonché della gestione dei conti che quest’ultimo detiene. L’approvazione della FMA è necessaria per conferire mandato ad una banca depositaria o per cambiare banca mandataria. |
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In forza dell’articolo 43 del BMSVG, la FMA deve ordinare il pagamento di interessi nel caso di superamento, da parte della cassa di previdenza professionale, del limite di investimento previsto all’articolo 30 della stessa legge. |
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Il capo II dell’InvFG, al quale rinvia l’articolo 30, paragrafo 2, punto 5, lettera a), del BMSVG, è formulato come segue: «Capo II Disposizioni relative alla commercializzazione delle quote di fondi comuni di investimento esteri Ambito di applicazione Articolo 24 1) Le disposizioni del presente capo (…) si applicano alle offerte pubbliche, sul territorio nazionale, di quote rappresentative di attivi sottoposti ad una regolamentazione estera, investiti in base al principio della ripartizione dei rischi (quote di fondi comuni di investimento esteri). (...) Condizioni di ammissibilità di un’offerta pubblica Articolo 25 L’offerta pubblica di quote di fondi comuni di investimento è ammissibile se
(...) Il rappresentante Articolo 29 1) Il rappresentante rappresenta la società di investimento estera in sede giudiziale e stragiudiziale. Si presumono conferiti al rappresentante i poteri di ricevere gli atti destinati alla società d’investimento, alla società di gestione, alla società di commercializzazione e all’autore dell’offerta pubblica. Tali poteri non possono essere limitati. 2) Il giudice nel cui distretto è domiciliato il rappresentante è competente a conoscere delle azioni giudiziarie intentate contro una società di investimento estera, una società di gestione o una società di commercializzazione con riferimento alla commercializzazione di quote di fondi comuni di investimento esteri sul territorio nazionale, nonché dei ricorsi proposti contro l’organismo pubblico. Tale regola di competenza non può essere derogata convenzionalmente. (...) Obbligo di notifica Articolo 30 1) Il fondo d’investimento estero deve notificare alla FMA il suo intento di commercializzare sul territorio nazionale quote di fondi comuni di investimento esteri. 2) La notifica dev’essere accompagnata dai seguenti documenti: [Seguono indicazioni molto dettagliate sui documenti e sulle informazioni che devono accompagnare tale notifica. È altresì precisato che il trattamento della notifica è subordinato al pagamento di un tributo di EUR 3700 alla FMA, alla quale deve essere altresì versato un tributo annuale di EUR 1700. Il mancato pagamento del tributo nei termini costituisce motivo di divieto della commercializzazione.] Periodo di carenza – Divieto di commercializzazione Articolo 31 1) La commercializzazione di quote di fondi comuni di investimento esteri può avere inizio soltanto dopo che siano trascorsi quattro mesi dal ricevimento della notifica completa senza che la FMA abbia vietato l’inizio della commercializzazione. L’inizio della commercializzazione deve essere vietato se la società d’investimento estera non soddisfa la condizione dell’articolo 25 o non procede nelle forme dovute alla notifica di cui all’articolo 30. (...) Misure di pubblicità Articolo 32 1) È vietata ogni pubblicità che menzioni i poteri conferiti alla FMA dalla presente legge. (...)» |
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Il capo III dell’InvFG enuncia le disposizioni applicabili alla commercializzazione di fondi comuni di investimento soggetti alla legislazione di uno Stato membro del SEE. In tale capo, l’articolo 33 di detta legge, intitolato «Condizioni», stabilisce quanto segue: «Le disposizioni del presente capo (...) si applicano alle offerte pubbliche, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, di quote rappresentative di attivi consistenti in valori mobiliari, strumenti del mercato monetario e altri attivi finanziari liquidi di cui all’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 85/611 (...), soggetti alla legislazione di un altro Stato membro del SEE e investiti secondo il principio della ripartizione dei rischi (quote di fondi comuni di investimento del SEE), qualora le quote siano emesse da una società di investimento con sede in un altro Stato membro e siano soddisfatte le disposizioni della direttiva 85/611 (...)». |
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Gli articoli seguenti di tale capo contengono disposizioni analoghe a quelle contenute nel capo II dell’InvFG, sopra citate, con la differenza, in particolare, che gli importi dei tributi imposti per il trattamento della notifica e dei tributi annuali sono meno elevati e il periodo di carenza non è di quattro mesi, ma di due. |
Causa principale e questione pregiudiziale
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La VBV è una cassa di previdenza professionale autorizzata ai sensi dell’articolo 18 del BMSVG, con sede in Vienna (Austria). Essa è autorizzata a gestire e a investire i contributi che le sono versati. |
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Tra il novembre e il dicembre 2009, la VBV è stato oggetto di una verifica sul posto, riguardante in particolare il rispetto delle disposizioni applicabili in materia di investimenti di cui all’articolo 30 del BMSVG. Nel corso di tale verifica è stato accertato che, in data 22 agosto 2008, la VBV aveva acquistato, apparentemente fuori dal territorio austriaco, per un importo di EUR 5000200, quote di un fondo comune d’investimento con sede nel Lussemburgo, fondo costituito nella forma giuridica di una società di investimento a capitale variabile (SICAV). In occasione di tale acquisizione, detto fondo non era stato sottoposto alla procedura di autorizzazione alla commercializzazione di sue quote in Austria. Con decisione della FMA del 28 giugno 2010, la VBV è stata condannata, ai sensi dell’articolo 43 del BMSVG, a pagare la somma di EUR 349329,04 a causa del superamento della soglia prevista all’articolo 30, paragrafo 2, punto 5, lettera a), del BMSVG. |
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La VBV ha proposto un ricorso avverso tale decisione dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (giudice amministrativo) rilevando che tale disposizione del BMSVG è contraria alla libera circolazione dei capitali, poiché la subordinazione della legittimità dell’acquisto di quote di fondi comuni di investimento stabiliti in un altro Stato membro all’esistenza di un’autorizzazione alla commercializzazione sul territorio nazionale limita sensibilmente le possibilità di investimento di una cassa di previdenza professionale. Tale restrizione sarebbe sproporzionata e non necessaria alla realizzazione degli scopi perseguiti dalla citata normativa. Infatti, sarebbe ampiamente sufficiente che il legislatore nazionale subordinasse l’acquisto di quote di tali fondi al rispetto, da parte di questi ultimi, di determinati limiti di investimento o di composizione degli attivi o di strategie di investimento, e non al criterio formale dell’autorizzazione alla commercializzazione in Austria. In ogni caso, per un fondo comune di investimento stabilito in un altro Stato membro, non sarebbe conveniente sottoporsi ad una siffatta procedura di autorizzazione, lunga e costosa, per un mercato relativamente ridotto, quale il mercato austriaco. |
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Secondo la FMA, il fine perseguito dalla normativa di cui trattasi è la tutela degli investitori e dei consumatori. Il perseguimento di tale obiettivo sarebbe fondato sull’interesse generale, che dovrebbe essere posto sullo stesso piano dell’ordine pubblico. Poiché una parte della popolazione austriaca è obbligata, in base alla normativa applicabile in materia di diritto del lavoro, a versare contributi a casse di previdenza professionali e ad investire il proprio patrimonio attraverso la loro intermediazione, una procedura di notifica e di autorizzazione per fondi comuni di investimento esteri sarebbe assolutamente necessaria per non mettere in pericolo siffatti interessi nazionali. In ogni caso, una tale procedura sarebbe standardizzata e consisterebbe in un esame formale che presuppone, in particolare, la designazione di un rappresentante nazionale, di un organismo pagatore nazionale e l’indicazione di una banca depositaria. Ciò permetterebbe di escludere ogni incertezza giuridica per gli interessati. |
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Il Verwaltungsgerichtshof condivide, prima facie, il punto di vista secondo il quale la normativa controversa comporta misure lesive del diritto alla libera circolazione dei capitali. Esso si chiede tuttavia se tali misure non potrebbero essere giustificate da motivi di ordine pubblico, ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE. Si dovrebbe infatti tenere conto dell’interesse generale al mantenimento dell’ordine pubblico rispetto alla sicurezza dell’investimento di una parte dei redditi professionali della popolazione. Qualora un siffatto interesse generale fosse effettivamente considerato come una causa di giustificazione, rispetto, in particolare, ad un regime previdenziale regolamentato in materia di prospettive future e cessazione dell’impiego, occorrerebbe allora esaminare se tali misure possano essere considerate proporzionate alle finalità perseguite. |
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In tale contesto, il Verwaltungsgerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se una disposizione che consenta a una cassa di previdenza professionale di investire gli attivi conferiti in un organismo di investimento collettivo soltanto in quote di fondi comuni di investimento la cui commercializzazione sia autorizzata in Austria sia compatibile con la libera circolazione dei capitali sancita negli articoli 63 e seguenti del TFUE». |
Sulla questione pregiudiziale
Osservazione preliminare
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Dal fascicolo sottoposto alla Corte non risulta che l’organismo di investimento collettivo che deve essere creato da una cassa di previdenza professionale, ai sensi della normativa controversa nella causa principale, costituisca un o.i.c.v.m. ai sensi della direttiva 85/611. Non sembra inoltre che un siffatto organismo soddisfi le condizioni previste dalla definizione di un o.i.c.v.m. fornita all’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, in particolare al secondo trattino di tale disposizione. La Corte parte dunque dalla premessa che un tale organismo non costituisca un o.i.c.v.m. |
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Pertanto, l’esame della Corte si baserà essenzialmente sulle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione dei capitali. |
Sulla questione
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È pacifico, anzitutto, che l’acquisto di quote di un fondo comune d’investimento costituisce un investimento diretto sotto forma di partecipazione al capitale di un’impresa finanziaria e, di conseguenza, un movimento di capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE, come peraltro indicato al punto IV della nomenclatura di cui all’allegato I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5), e alle note esplicative ivi figuranti (v., riguardo alla detenzione di azioni e all’acquisto di titoli, sentenze del 4 giugno 2002, Commissione/Francia, C-483/99, Racc. pag. I-4781, punto 37, e Commissione/Belgio, C-503/99, Racc. pag. I-4809, punto 38). |
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Si deve inoltre rilevare che la normativa controversa nella causa principale, in particolare l’articolo 30, paragrafo 2, punto 5, lettere a) e b), del BMSVG, attraverso il rinvio ai capi II e III dell’InvFG, subordina l’investimento degli attivi delle casse di previdenza professionali in quote di fondi comuni di investimento stabiliti sia in uno Stato terzo sia in uno Stato membro alla condizione che tali fondi abbiano ottenuto l’autorizzazione a commercializzare le loro quote sul territorio nazionale e che, ai sensi dell’articolo 43 del BMSVG, l’inosservanza di tale condizione esponga dette casse al pagamento di interessi. |
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Al riguardo non si può sostenere che la normativa controversa nella causa principale imponga a siffatti fondi di sottoporsi, in realtà, non ad una procedura di autorizzazione, bensì ad una procedura di semplice notifica. |
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Sul punto è importante sottolineare che il giudice del rinvio qualifica esso stesso tale procedura come procedura di «autorizzazione». Inoltre, la Commissione europea osserva a giusto titolo che la notifica ha lo scopo di consentire alla FMA di esaminare se le condizioni di base previste in tale normativa siano soddisfatte nel caso di specie, cosicché detta procedura deve, necessariamente, essere giuridicamente qualificata come procedura di «approvazione» o di «autorizzazione». Inoltre, anche supponendo che tale procedura corrisponda, formalmente, a una notifica, le condizioni che devono essere soddisfatte, in particolare gli oneri amministrativi e finanziari, la designazione di un rappresentante nazionale nonché la designazione di un organismo pagatore nazionale che deve essere un istituto di credito dello Stato membro interessato, sono di gran lunga più onerose di quelle che caratterizzano normalmente una procedura di notifica. |
25 |
Si deve rilevare che, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, una normativa come quella controversa nella causa principale può, a causa della sanzione pecuniaria prevista, da un lato, dissuadere le casse di previdenza professionali dall’investire il loro patrimonio in fondi comuni di investimento stabiliti in un altro Stato membro e, di fatto, impedirglielo, e deve pertanto essere qualificata come una restrizione ai movimenti di capitali, ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, vietata, in linea di principio, da tale disposizione (v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 2000, Commissione/Belgio, C-478/98, Racc. pag. I-7587, punto 18, nonché dell’8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, C-171/08, Racc. pag. I-6813, punto 50 e giurisprudenza ivi citata). |
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D’altra parte, la normativa controversa nella causa principale produce altresì un effetto restrittivo rispetto ai fondi comuni di investimento stabiliti in altri Stati membri, in quanto li obbliga, per effettuare operazioni di vendita di loro quote, a sottoporsi alla procedura di autorizzazione sul territorio nazionale prevista da tale normativa. |
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Una siffatta normativa sottopone i fondi comuni di investimento stabiliti in altri Stati membri a una procedura di autorizzazione in Austria, laddove tali fondi, regolarmente stabiliti e autorizzati nello Stato membro della loro sede, hanno la legittima aspettativa di poter attirare capitali provenienti da altri Stati membri. Tale condizione costituisce pertanto un ostacolo ai movimenti transfrontalieri di capitali. |
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Per quanto attiene alla giustificazione di tale ostacolo, la Corte ha reiteratamente dichiarato che la libera circolazione dei capitali può essere limitata da una normativa nazionale solamente laddove sia giustificata da uno dei motivi indicati all’art. 65 TFUE ovvero da motivi imperativi di interesse generale ai sensi della giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Commissione/Polonia, C-271/09, Rec. pag. I-13613 punto 55 e giurisprudenza ivi citata). |
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Al riguardo si deve constatare, in primo luogo, che la normativa controversa nella causa principale non può essere giustificata invocando motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, previsti all’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE. Ai sensi di una giurisprudenza costante, tali motivi possono essere invocati soltanto in caso di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività, e non potrebbero, inoltre, essere utilizzati a fini puramente economici (v., in tal senso, sentenze del 27 ottobre 1977, Bouchereau, 30/77, Racc. pag. 1999, punto 35, nonché del 14 marzo 2000, Église de scientologie, C-54/99, Racc. pag. I-1335, punto 17 e giurisprudenza ivi citata). |
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Con riferimento, in secondo luogo, all’argomento secondo il quale le restrizioni controverse sarebbero giustificate sul fondamento dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE, in applicazione del quale «[l]e disposizioni dell’articolo 63 non pregiudicano il diritto degli Stati membri (…) di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore (…) della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie», è sufficiente rilevare che, se è pur vero che le disposizioni nazionali in questione possono fissare il contenuto sostanziale delle regole prudenziali applicabili agli organismi d’investimento collettivo creati dalle casse di previdenza professionali, esse non hanno, per contro, minimamente ad oggetto di impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni in materia di vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie. Dette disposizioni non possono, quindi, ricadere nella deroga prevista da detto articolo (v., in tal senso, sentenza Commissione/Polonia, cit., punto 56). |
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Con riferimento, in terzo luogo, alla pretesa giustificazione fondata su motivi imperativi di interesse generale, si deve riconoscere che l’interesse di garantire la stabilità e la sicurezza degli attivi gestiti da un organismo di investimento collettivo creato da una cassa di previdenza professionale, segnatamente mediante l’adozione di regole prudenziali, costituisce un motivo imperativo di interesse generale che può giustificare restrizioni alla libera circolazione dei capitali (v., per analogia, riguardo ai fondi pensionistici, sentenza Commissione/Polonia, cit., punto 57). |
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Tuttavia una normativa nazionale, quale quella controversa nella causa principale, la quale esige che un fondo comune d’investimento stabilito in un altro Stato membro si sottoponga alla procedura di autorizzazione alla commercializzazione di sue quote sul territorio nazionale, va ben oltre quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di controllo perseguito. Infatti, da un lato, come risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte, una cassa di previdenza professionale è già stata sottoposta a un controllo per essere autorizzata a esercitare le sue attività, e la sua gestione finanziaria è soggetta a particolare e continua sorveglianza. |
33 |
Dall’altro, un’autorità nazionale di sorveglianza, quale la FMA, può legittimamente esigere che una cassa di previdenza professionale fornisca, anche ad intervalli regolari, tutte le informazioni necessarie riguardanti la composizione del capitale e il valore degli attivi di un fondo comune di investimento stabilito in un altro Stato membro, nel quale tale cassa intende investire o ha già investito una parte del suo patrimonio, informazioni che sono peraltro obbligatoriamente disponibili nello Stato membro in cui tale fondo ha la sua sede. |
34 |
A seguito di tali considerazioni, si deve concludere che una normativa come quella controversa nella causa principale prevede misure sproporzionate rispetto all’obiettivo di controllo perseguito. |
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Le stesse considerazioni che conducono alla constatazione del carattere sproporzionato di siffatta normativa valgono, in quarto luogo, rispetto al richiamo alla tutela dei beneficiari delle prestazioni di una cassa di previdenza professionale nella loro qualità di consumatori, quale motivo imperativo di interesse generale ai sensi della giurisprudenza della Corte. |
36 |
Infine, si deve osservare che il regime istituito dal BMSVG non rientra nell’ambito del sistema di sicurezza sociale austriaco. Infatti, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che tale regime funziona in base al principio di capitalizzazione, in forza del quale i versamenti, da parte del datore di lavoro, di una percentuale della retribuzione lorda del lavoratore interessato alla cassa di previdenza professionale servono a finanziare l’indennità versata a quest’ultimo in caso di cessazione del suo rapporto di lavoro. Nell’ambito di tale regime l’organismo di assicurazione malattia del lavoratore interviene soltanto quale intermediario. Di conseguenza, tale regime non può, malgrado la sua finalità sociale, essere considerato, rispetto al diritto dell’Unione, come rientrante nell’ambito del sistema di sicurezza sociale di uno Stato membro (v., per analogia, sentenza Commissione/Polonia, cit., punto 40). |
37 |
Non si può pertanto far valere l’eventualità che l’equilibrio finanziario di un tale sistema venga sensibilmente pregiudicato, cosicché l’articolo 153, paragrafo 4, TFUE non può essere invocato per giustificare una normativa quale quella controversa nella causa principale. |
38 |
Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione sollevata che l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale consente ad una cassa di previdenza professionale, o all’organismo d’investimento collettivo creato da quest’ultima per la gestione del suo patrimonio, di investire tale patrimonio in quote di un fondo comune d’investimento stabilito in un altro Stato membro soltanto se tale fondo sia stato autorizzato a commercializzare le sue quote sul territorio nazionale. |
Sulle spese
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Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: |
L’articolo 63, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale consente ad una cassa di previdenza professionale, o all’organismo d’investimento collettivo creato da quest’ultima per la gestione del suo patrimonio, di investire tale patrimonio in quote di un fondo comune d’investimento stabilito in un altro Stato membro soltanto se tale fondo sia stato autorizzato a commercializzare le sue quote sul territorio nazionale. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.