SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

19 aprile 2012 ( *1 )

«Impugnazione — Articolo 288, secondo comma, CE — Responsabilità extracontrattuale dell’Unione — Presupposti — Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli — Decisione relativa alla revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio di medicinali per uso umano contenenti amfepramone»

Nella causa C-221/10 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 5 maggio 2010,

Artegodan GmbH, con sede in Lüchow (Germania), rappresentata da U. Reese, Rechtsanwalt,

ricorrente,

altre parti del procedimento:

Commissione europea, rappresentata da B. Stromsky e M. Heller, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

Repubblica federale di Germania,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. E. Juhász, T. von Danwitz e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 settembre 2011,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 novembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la presente impugnazione l’Artegodan GmbH (in prosieguo: l’«Artegodan») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 3 marzo 2010, Artegodan/Commissione (T-429/05, Racc. pag. II-491; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso per risarcimento danni proposto ai sensi degli articoli 235 CE e 288, secondo comma, CE, inteso ad ottenere il risarcimento del danno che essa avrebbe subito a causa dell’adozione della decisione C (2000) 453 def. della Commissione, del 9 marzo 2000, relativa alla revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali per uso umano contenenti amfepramone (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

La direttiva 65/65/CEE

2

L’articolo 3 della direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, n. 22, pag. 369), come modificata, da ultimo, dalla direttiva 93/39/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993 (GU L 214, pag. 22; in prosieguo: la «direttiva 65/65»), sancisce il principio secondo cui nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza aver ottenuto un’autorizzazione dalle autorità competenti di detto Stato membro a norma della citata direttiva oppure un’autorizzazione all’immissione in commercio concessa a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1).

3

Ai sensi dell’articolo 4, primo comma, della direttiva 65/65:

«Per ottenere il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio [in prosieguo: l’«AIC»] prevista dall’articolo 3, il responsabile di detta immissione in commercio presenta una domanda all’autorità competente dello Stato membro».

4

L’articolo 5, primo comma, di tale direttiva così dispone:

«L’autorizzazione prevista dall’articolo 3 sarà rifiutata quando dopo verifica delle informazioni e dei documenti elencati dall’articolo 4 risulti che il medicinale è nocivo nelle normali condizioni d’impiego, oppure che l’effetto terapeutico del medicinale manca o è stato insufficientemente giustificato dal richiedente, oppure che il medicinale non presenta la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata».

5

L’articolo 10, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:

«L’autorizzazione ha una durata di validità di cinque anni ed è rinnovabile per periodi quinquennali su richiesta presentata dal titolare almeno tre mesi prima della scadenza e dopo l’esame, da parte dell’autorità competente, di un fascicolo in cui figura, in particolare, lo stato dei dati della farmacovigilanza e le altre informazioni pertinenti per la sorveglianza del medicinale».

6

L’articolo 11, primo comma, della medesima direttiva è così formulato:

«Le autorità competenti degli Stati membri sospendono o revocano [l’AIC], allorché risulti che il medicinale è nocivo nelle normali condizioni d’impiego, allorché manchi l’effetto terapeutico, o allorché il medicinale non abbia la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata. L’effetto terapeutico manca quando risulta che il medicinale non permette di ottenere risultati terapeutici».

7

Ai sensi dell’articolo 21 della direttiva 65/65, l’AIC può essere rifiutata, sospesa o revocata solamente per i motivi enunciati nella presente direttiva.

La direttiva 75/319/CEE

8

La seconda direttiva 75/319/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU L 147, pag. 13), come modificata dalla direttiva 93/39 (in prosieguo: la «direttiva 75/319»), contiene un capitolo III, intitolato «Comitato per le specialità medicinali» [Committee for Proprietary Medicinal Products] (in prosieguo: il «CPMP»), costituito dagli articoli 8 - 15 quater.

9

L’articolo 9 della direttiva 75/319 istituisce una procedura di mutuo riconoscimento delle AIC nazionali. Ai paragrafi 1 e 4 esso stabilisce quanto segue:

«1.   Affinché un’autorizzazione rilasciata da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 3 della direttiva [65/65] sia riconosciuta da uno o più Stati membri in base alla procedura prevista del presente capitolo, il titolare dell’autorizzazione presenta domanda alle autorità competenti dello o degli Stati membri interessati, allegandovi le informazioni e i documenti di cui agli articoli 4, 4 bis e 4 ter della direttiva [65/65]. (…)

(...)

4.   Tranne nel caso eccezionale previsto all’articolo 10, paragrafo 1, ciascuno Stato membro riconosce [l’AIC] rilasciata dal primo Stato membro entro novanta giorni dalla ricezione della domanda (...)».

10

L’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 75/319 prevede quanto segue:

«1.   In deroga all’articolo 9, paragrafo 4, quando uno Stato membro ritenga che vi siano fondati motivi di presumere che l’autorizzazione del medicinale interessato presenti un rischio per la sanità pubblica (...), esso ne informa immediatamente il richiedente, lo Stato membro che ha rilasciato l’autorizzazione iniziale, gli altri Stati membri interessati alla domanda e il [CPMP]. (...)

2.   Tutti gli Stati membri interessati si adoperano il più possibile per giungere ad un accordo sulle misure da prendere in merito alla domanda. (...) Tuttavia, se entro il termine di cui all’articolo 9, paragrafo 4, non hanno raggiunto un accordo, gli Stati membri sottopongono la questione al [CPMP], ai fini dell’applicazione della procedura di cui all’articolo 13».

11

In forza dell’articolo 11 della citata direttiva, quando uno stesso medicinale è stato oggetto di varie domande di AIC nazionali e quando uno o più Stati membri hanno emesso decisioni divergenti in merito all’autorizzazione di detto medicinale, alla sua sospensione o al suo ritiro dal mercato, uno Stato membro, la Commissione europea o il responsabile dell’immissione in commercio possono adire il CPMP ai fini dell’applicazione della procedura prevista all’articolo 13 della stessa direttiva.

12

Ai sensi dell’articolo 12, primo comma, della medesima direttiva:

«In casi particolari aventi interesse comunitario, gli Stati membri o la Comunità oppure il richiedente o il titolare dell’[AIC] possono adire il [CPMP] ai fini dell’applicazione della procedura di cui all’articolo 13 prima che sia stata presa una decisione su una domanda di [AIC], sulla sospensione o revoca di un’autorizzazione, oppure su qualsiasi altra modifica delle condizioni di autorizzazione rivelatasi necessaria in particolare per tener conto delle informazioni raccolte [nell’ambito del sistema di farmacovigilanza previsto al] capitolo V bis».

13

L’articolo 13 della direttiva 75/319, che disciplina la procedura innanzi al CPMP, prevede che, al termine di quest’ultima, detto comitato emetta un parere motivato. Ai sensi del paragrafo 5 del medesimo articolo, l’Agenzia europea di valutazione dei medicinali trasmette il parere definitivo del CPMP, entro trenta giorni dalla sua adozione, agli Stati membri, alla Commissione e al responsabile dell’immissione in commercio unitamente ad una relazione contenente la valutazione del medicinale e la motivazione delle conclusioni raggiunte.

14

L’articolo 14 di tale direttiva istituisce la procedura da seguire dopo la ricezione da parte della Commissione del parere del CPMP. Conformemente al paragrafo 1, primo comma, di tale articolo, entro 30 giorni dalla ricezione di tale parere, la Commissione elabora un progetto di decisione riguardante la domanda, tenendo conto della normativa dell’Unione. Il terzo comma del medesimo paragrafo prevede che, qualora eccezionalmente il progetto di decisione si discosti dal parere della citata agenzia, la Commissione alleghi le precise motivazioni delle differenze. Il paragrafo 2 del medesimo articolo prevede che la decisione definitiva sulla domanda sia adottata conformemente alla procedura di cui all’articolo 37 ter della citata direttiva.

15

L’articolo 15 bis della direttiva 75/319 enuncia quanto segue:

1.   Se uno Stato membro ritiene necessario, per la tutela della sanità pubblica, modificare le condizioni di un’[AIC] rilasciata conformemente alle disposizioni del presente capitolo, oppure sospendere o revocare l’autorizzazione, esso ne informa immediatamente il [CPMP] ai fini dell’applicazione delle procedure di cui agli articoli 13 e 14.

2.   Fatto salvo il disposto dell’articolo 12, in casi eccezionali, quando è indispensabile un provvedimento urgente a tutela della sanità pubblica, e fino a quando non sia stata presa una decisione definitiva, uno Stato membro può sospendere l’immissione in commercio e l’uso della specialità medicinale interessata nel suo territorio. Esso informa la Commissione e gli altri Stati membri, non oltre il giorno feriale successivo, dei motivi che lo hanno indotto a prendere tale decisione».

Fatti

16

L’Artegodan è titolare di un’AIC per il Tenuate retard, un medicinale contenente amfepramone, sostanza anoressizzante anfetaminica. Nel settembre del 1998 essa ha ripreso tale AIC e la commercializzazione del Tenuate retard in Germania.

17

In seguito a una nuova valutazione dell’amfepramone su richiesta di uno Stato membro, la Commissione ha adottato, a norma dell’articolo 15 bis della direttiva 75/319, la decisione controversa con cui ha ingiunto agli Stati membri di revocare «le autorizzazioni nazionali di immissione in commercio di cui all’articolo 3, primo comma, della direttiva 65/65, che si riferiscono ai medicinali [contenenti amfepramone], elencati all’allegato I», sulla scorta delle conclusioni scientifiche, allegate al parere definitivo del CPMP del 31 agosto 1999 relativo a tale sostanza (in prosieguo: il «parere definitivo»).

18

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale il 30 marzo 2000 l’Artegodan ha chiesto l’annullamento della decisione controversa deducendo, segnatamente, l’incompetenza della Commissione nonché la violazione degli articoli 11 e 21 della direttiva 65/65.

19

Con decisione del Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte (Istituto federale per i prodotti farmaceutici e medicinali), dell’11 aprile 2000, la Repubblica federale di Germania, in esecuzione della decisione controversa, ha revocato l’AIC del Tenuate retard.

20

Con sentenza del 26 novembre 2002, Artegodan e a./Commissione (T-74/00, T-76/00, da T-83/00 a T-85/00, T-132/00, T-137/00 e T-141/00, Racc. pag. II-4945), il Tribunale ha, fra l’altro, annullato la decisione controversa nella parte in cui riguardava i medicinali commercializzati dall’Artegodan, accogliendo il motivo fondato sull’incompetenza della Commissione. Inoltre, il Tribunale ha dichiarato che, anche supponendo che la Commissione fosse stata competente ad adottare tale decisione, quest’ultima sarebbe comunque viziata da illegittimità per violazione dell’articolo 11 della direttiva 65/65.

21

La Commissione ha presentato un’impugnazione avverso la citata sentenza, deducendo motivi relativi, da un lato, al ragionamento del Tribunale sulla mancanza di competenza della Commissione e, dall’altro, all’interpretazione da parte del Tribunale delle condizioni di revoca delle AIC, quali definite dall’articolo 11, primo comma, della direttiva 65/65.

22

Inoltre, con atti separati la Commissione ha chiesto che la causa fosse sottoposta a procedimento accelerato e che venisse sospesa l’esecuzione della sentenza del Tribunale. Il presidente della Corte ha deciso di sottoporre la causa a procedimento accelerato e, con ordinanza dell’8 maggio 2003, Commissione/Artegodan e a. (C-39/03 P-R, Racc. pag. I-4485), ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione.

23

Con sentenza del 24 luglio 2003, Commissione/Artegodan e a. (C-39/03 P, Racc. pag. I-7885), la Corte ha respinto l’impugnazione sulla base del rilievo che, senza necessità di pronunciarsi sugli altri motivi addotti dalla Commissione, si doveva constatare che il Tribunale aveva giustamente dichiarato che quest’ultima era incompetente ad adottare, in particolare, la decisione controversa, che pertanto doveva essere annullata.

24

Il 6 ottobre 2003 le autorità tedesche competenti hanno comunicato all’Artegodan la revoca della decisione dell’11 aprile 2000 che revocava l’AIC del Tenuate retard. A partire dal novembre 2003 la citata società ha reimmesso in commercio tale medicinale.

25

Con lettera del 9 giugno 2004 l’Artegodan ha presentato alla Commissione una domanda diretta ad ottenere il risarcimento dei danni, stimati in EUR 1652926,19, che essa avrebbe subìto a causa della decisione controversa.

26

Con lettera del 9 novembre 2004 la Commissione ha respinto tale domanda affermando che, in mancanza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, non erano soddisfatte le condizioni cui è subordinata la responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea.

27

In risposta a una lettera dell’Artegodan del 10 marzo 2005, la Commissione ha confermato la propria posizione in una lettera datata 20 aprile 2005, rifiutando di accogliere la domanda di risarcimento presentata da tale società.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

28

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 dicembre 2005, l’Artegodan ha proposto un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno che essa asserisce di aver subìto a causa dell’adozione della decisione controversa.

29

Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale, su richiesta della Commissione e sentita l’Artegodan, con lettera della cancelleria del 27 marzo 2006 il Tribunale ha invitato le parti a limitare le loro osservazioni alla questione relativa alla sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, atteso che la questione concernente la stima del danno invocato era riservata, eventualmente, a una fase ulteriore del procedimento.

30

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 aprile 2006 la Repubblica federale di Germania ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

31

Con ordinanza del 10 maggio 2006 il presidente della Seconda Sezione ha accolto tale domanda.

32

Il 16 settembre 2009 si è svolta un’udienza alla quale la Repubblica federale di Germania non ha partecipato.

33

Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto il ricorso presentato dall’Artegodan sulla base del rilievo che, in particolare, non era accertata l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

34

Prima di esaminare i motivi dedotti dall’Artegodan a sostegno del suo ricorso, ai punti 38-63 della sentenza impugnata il Tribunale ha formulato alcune osservazioni preliminari sulle condizioni per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione e sulla portata della sua sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, che ha annullato la decisione controversa. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, ai punti 44-48 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

«44

In primo luogo, prima di affrontare l’esame in successione dei summenzionati motivi, si deve rilevare che i primi due motivi, relativi, rispettivamente, all’incompetenza della Commissione e alla violazione delle condizioni di revoca di un’AIC di medicinali previste dall’art. 11 della direttiva 65/65, sono stati accolti dal Tribunale nella sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, confermata dalla Corte nella sentenza Commissione/Artegodan e a., citata.

45

Pertanto, l’incompetenza della Commissione ad adottare la [decisione controversa] nonché la violazione da parte di tale istituzione delle condizioni di revoca di un’AIC indicate all’art. 11 della direttiva 65/65 devono essere date per acquisite, come sostenuto dalla ricorrente.

46

Tuttavia, la Commissione e la Repubblica federale di Germania sostengono che la [decisione controversa] non viola l’art. 11 della direttiva 65/65. In questo modo esse mettono in discussione la soluzione elaborata dal Tribunale in merito all’interpretazione e all’applicazione delle condizioni di revoca dell’AIC di cui all’art. 11 della direttiva 65/65, facendo valere che la Corte non si è pronunciata sulla questione.

47

Tale motivo dedotto a difesa, relativo alla presunta assenza di violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65, deve essere innanzitutto dichiarato irricevibile dal momento che esso è in contrasto con l’autorità di cosa giudicata della sentenza Artegodan e a./Commissione, citata.

48

Infatti, nella sentenza Commissione/Artegodan e a., citata, in seguito al rigetto da parte della Corte dell’impugnazione proposta dalla Commissione contro la sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, quest’ultima ha acquisito l’autorità di cosa giudicata relativamente a tutti i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente risolti dal Tribunale (v., in tal senso, sentenze della Corte 30 aprile 2009, causa C-497/06 P, CAS Succhi di Frutta/Commissione, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, e 16 luglio 2009, causa C-440/07 P, Commissione/Schneider Electric, [Racc. pag. I-6413,] punto 102). La Commissione non è pertanto legittimata a rimettere in discussione gli accertamenti di fatto e di diritto effettuati dal Tribunale nella sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, relativamente alla violazione delle condizioni di revoca dell’AIC di cui all’art. 11 della direttiva 65/65. A tale riguardo, è del tutto irrilevante la circostanza invocata dalla Commissione secondo la quale la Corte non ha ritenuto necessario esaminare il motivo relativo alla violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65 da parte del Tribunale, che era stato altresì dedotto a sostegno dell’impugnazione».

35

Per quanto riguarda la questione se, non osservando le norme in materia di competenza nell’adozione della decisione controversa, la Commissione abbia violato in modo sufficientemente qualificato norme giuridiche preordinate a conferire diritti ai singoli, il Tribunale, ai punti 71-78 della sentenza impugnata, ha dichiarato quanto segue:

«71

Al fine di stabilire se l’incompetenza della Commissione ad adottare la [decisione controversa], accertata nella sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, sia tale da far sorgere la responsabilità della Comunità, il Tribunale ritiene opportuno verificare anzitutto se, come esige la giurisprudenza (...), le norme giuridiche violate siano preordinate a conferire diritti ai singoli.

72

Infatti, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la citata giurisprudenza ha sancito il requisito relativo al fine garantista della norma giuridica violata, indipendentemente dalla natura e dalla portata dell’atto di cui è dedotta l’illegittimità, in particolare dalla questione se tale atto pregiudichi una cerchia ristretta, ovvero un numero indeterminato di persone.

73

Nella fattispecie, è giocoforza constatare che le disposizioni pertinenti della direttiva 75/519 che definisce i rispettivi settori di competenza della Commissione e degli Stati membri non sono preordinate a conferire diritti ai singoli.

74

Infatti, tali disposizioni sono dirette specificamente ad organizzare la ripartizione delle competenze fra le autorità nazionali e la Commissione per quanto attiene alla procedura di mutuo riconoscimento delle AIC nazionali, integrata da procedure arbitrali comunitarie, istituita dalla direttiva 75/319 nell’ambito della progressiva armonizzazione delle normative nazionali relative alle AIC di medicinali.

75

In tale contesto, il fatto che il principio di attribuzione delle competenze, sancito dall’art. 5 CE, nonché il principio di sussidiarietà rivestano particolare importanza, come sostenuto dalla ricorrente, non significa che le norme sulla ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri possano essere considerate norme preordinate a conferire diritti ai singoli, ai sensi della giurisprudenza. In particolare, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente in udienza, la circostanza che la [decisione controversa] sia priva di ogni fondamento giuridico a causa dell’incompetenza della Comunità e che la ricorrente abbia ottenuto, proprio per tale ragione, il suo annullamento non basta a ritenere che le norme in materia di concorrenza violate siano preordinate a conferire diritti ai singoli, di modo che una violazione di tali norme sarebbe idonea a determinare il sorgere della responsabilità della Comunità.

76

Inoltre, [la sentenza della Corte del 14 luglio 1967, Kampffmeyer e a./Commissione (5/66, 7/66 e 13/66-24/66, Racc. pag. 288)], dedotta dalla ricorrente, è irrilevante ai fini della valutazione del carattere garantista delle norme sulla competenza violate nel caso di specie. Infatti, la norma giuridica la cui violazione è stata oggetto di esame in tale sentenza era diretta segnatamente a rendere possibile lo sviluppo della libera circolazione delle merci. Pertanto, la Corte ha rilevato che il carattere generale degli interessi connessi alla tutela della libera circolazione delle merci non escludeva che essi ricomprendessero interessi di singole imprese quali le ricorrenti, che partecipavano agli scambi intracomunitari in qualità di importatori di cereali. Al contrario, nel caso di specie, le norme relative alla delimitazione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri nell’ambito della procedura di mutuo riconoscimento delle AIC nazionali integrata da procedure arbitrali, istituita dalla direttiva 75/319, non possono essere intese come dirette a garantire anche la tutela di interessi individuali. A tale riguardo la ricorrente non adduce alcun argomento concreto per dimostrare che le norme sulla competenza violate fossero preordinate altresì a conferire diritti ai singoli.

77

Peraltro, l’argomento della ricorrente, fondato su una presunta violazione del suo diritto di creare ed esercitare attività d’impresa, è inconferente al fine di stabilire se le norme sulla competenza esaminate siano preordinate anche a conferire diritti ai singoli. Infatti, come sostiene la Commissione, la questione relativa all’asserita violazione di diritti fondamentali è completamente diversa dalla questione se norme relative alla ripartizione delle competenze, la cui violazione è accertata, siano preordinate a conferire diritti ai singoli.

78

In tale contesto, il motivo basato sul presupposto che la circostanza che la Commissione abbia oltrepassato la propria competenza sia idoneo a far sorgere la responsabilità della Comunità deve essere respinto in quanto infondato, sulla base del rilievo che le norme sulla competenza violate non sono preordinate a conferire diritti ai singoli, senza che si renda pertanto necessario esaminare se l’inosservanza di tali norme costituisca una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario».

36

Relativamente alla questione se l’inosservanza, da parte della Commissione, delle condizioni di revoca di un’AIC previste all’articolo 11 della direttiva 65/65 costituisca una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli, il Tribunale, ai punti 104-112 della sentenza impugnata, ha dichiarato quanto segue:

«104   Ne deriva che, nel caso di specie e in tale contesto specifico, la Commissione non disponeva, comunque, di alcun potere discrezionale in sede di applicazione dei criteri sostanziali di sospensione o di revoca di un’AIC quali definiti dall’art. 11 della direttiva 65/65.

105   Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, tale circostanza non basta da sola a ritenere che la violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65 sia sufficientemente qualificata per determinare la sussistenza della responsabilità della Comunità. Infatti, come già ricordato (...), spetta al giudice comunitario prendere altresì in considerazione, in particolare, la complessità in diritto e in fatto della situazione da disciplinare.

106   Nella fattispecie, occorre rilevare che il principio generale della preminenza della tutela della salute, attuato nelle disposizioni sostanziali della direttiva 65/65, comporta vincoli specifici per l’autorità competente nell’ambito del rilascio e della gestione delle AIC dei medicinali. Esso le impone, in primo luogo, che siano prese in considerazione esclusivamente le esigenze di tutela della salute, in secondo luogo, la nuova valutazione del rapporto rischi/benefici di un medicinale quando nuovi dati suscitino dubbi sulla sua efficacia o la sua sicurezza e, in terzo luogo, l’attuazione del regime di prova conformemente al principio di precauzione (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit., punto 174).

107   Nella fattispecie, spetta quindi al Tribunale esaminare la complessità in diritto e in fatto della situazione, tenendo conto, in particolare, della preminenza degli obiettivi di salute perseguiti, al fine di accertare se l’errore di diritto di cui si è resa colpevole la Commissione costituisca un’irregolarità che un’amministrazione normalmente prudente e diligente non avrebbe commesso in una situazione analoga (...).

108   In tale contesto, benché la violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65 sia chiaramente dimostrata e abbia giustificato l’annullamento della [decisione controversa], occorre prendere in considerazione le particolari difficoltà di interpretazione e applicazione, nel caso di specie, di tale articolo. Infatti, considerata l’imprecisione dell’art. 11 della direttiva 65/65, le difficoltà legate all’interpretazione sistematica delle condizioni di revoca o di sospensione di un’AIC elencate da tale articolo, alla luce di tutto il sistema comunitario di autorizzazione preventiva dei medicinali (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit., punti 187-195), potevano ragionevolmente spiegare, in mancanza di precedenti, l’errore di diritto commesso dalla Commissione nel riconoscere la rilevanza giuridica del nuovo criterio scientifico applicato dal CPMP, benché esso non fosse corroborato da nuovi dati scientifici o informazioni nuove.

109   Inoltre, occorre in ogni caso prendere in considerazione anche la complessità, nel caso di specie, dell’esame della motivazione del parere definitivo, sul quale si fonda la [decisione controversa], che la Commissione avrebbe dovuto effettuare al fine di poter verificare l’esistenza di un nesso tra l’applicazione del nuovo criterio scientifico e gli orientamenti sui quali il CPMP si era fondato nel motivare tale applicazione.

110   Infatti, le constatazioni relative al fatto che, negli orientamenti del CPMP e nelle linee guida nazionali, non sia stata evidenziata l’asserita evoluzione del criterio scientifico di cui sopra (...) potevano essere effettuate dalla Commissione soltanto sulla base di un complesso esame delle relazioni scientifiche preparatorie successive elaborate nell’ambito della procedura di analisi conclusasi con il parere definitivo relativo all’amfepramone, nonché degli orientamenti richiamati in tale parere definitivo (...).

111   In tale contesto, si deve considerare che alla luce, da un lato, della complessità delle valutazioni di diritto e di fatto richieste ai fini dell’applicazione dell’art. 11 della direttiva 65/65, nelle circostanze della fattispecie e in mancanza di precedenti simili, e, dall’altro, del principio della preminenza delle esigenze connesse alla tutela della salute, la violazione da parte della Commissione dell’art. 11 della direttiva 65/65 troverebbe una giustificazione nei vincoli particolari che gravavano nel caso di specie su tale istituzione nel perseguimento della finalità essenziale di tutela della salute di cui alla direttiva 65/65.

112   In tali condizioni, la violazione, nel caso di specie, dell’art. 11 della direttiva 65/65 non può essere ritenuta una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità».

Conclusioni delle parti

37

Con la sua impugnazione l’Artegodan chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

in via principale, condannare la Commissione a versarle l’importo di EUR 1430821,36 maggiorato degli interessi, fissati forfetariamente all’8%, per il periodo compreso tra il giorno della pronuncia della citata sentenza e l’integrale versamento di tale importo o, in subordine, rinviare la causa al Tribunale affinché determini il quantum del risarcimento;

dichiarare che la Commissione è tenuta a risarcirle tutti i danni che essa subirà in futuro a causa delle spese di marketing necessarie a far recuperare al Tenuate Retard la posizione sul mercato detenuta prima che la decisione controversa revocasse l’AIC di tale medicinale, e

condannare la Commissione alle spese.

38

La Commissione propone un’impugnazione incidentale e chiede che la Corte voglia:

respingere l’impugnazione;

accogliere la sua impugnazione incidentale ed annullare parzialmente la sentenza impugnata o, in subordine, sostituire la motivazione della sentenza impugnata riguardante il punto contestato, e

condannare l’Artedogan alle spese.

Sulle impugnazioni

39

A sostegno della sua impugnazione l’Artegodan deduce due motivi vertenti sulla violazione dell’articolo 288, secondo comma, CE.

40

Con la sua impugnazione incidentale, la Commissione addebita al Tribunale di aver dichiarato irricevibile il motivo che essa aveva dedotto a sua difesa, vertente sull’assenza di una violazione dell’articolo 11 della direttiva 65/65.

41

Occorre esaminare congiuntamente l’impugnazione dell’Artegodan e l’impugnazione incidentale della Commissione.

Argomenti delle parti

Il primo motivo d’impugnazione

42

Con il primo motivo, l’Artegodan sostiene che il Tribunale è incorso in errore di diritto dichiarando, ai punti 73-75 della sentenza impugnata, che la violazione, ad opera della Commissione, delle norme in materia di ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri contenute nella direttiva 75/319 non è idonea a far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, atteso che tali norme non sono preordinate a conferire diritti ai singoli.

43

Infatti, l’Artedogan, pur ammettendo che tutte le norme in materia di competenza non mirano necessariamente a tutelare i cittadini e le imprese all’interno dell’Unione, ritiene che ciò non possa dirsi qualora tali norme fissino il contesto giuridico nel quale un’istituzione dell’Unione, nell’esercizio delle prerogative che le competono in quanto pubblico potere, può adottare provvedimenti vincolanti nei confronti dei cittadini o delle imprese. In tal caso, le norme che fissano i limiti della competenza di tale istituzione non riguarderebbero soltanto le relazioni tra quest’ultima e gli Stati membri, ma sarebbero volte, almeno in parte, a tutelare i cittadini e le imprese, destinatari di una siffatta misura, contro un’azione della citata istituzione priva di fondamento giuridico.

44

L’Artegodan asserisce inoltre che le norme in materia di competenza mirano a garantire la tutela delle persone interessate da siffatte misure, atteso che esse devono consentire di garantire che dette misure possano essere adottate soltanto dall’autorità che, secondo il legislatore dell’Unione, possiede la perizia necessaria.

45

Secondo l’Artegodan, negando alle suddette norme qualsiasi funzione di tutela dei terzi, il Tribunale non rispetta i principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i quali, in virtù dell’articolo 288, secondo comma, CE, devono servire come criterio per determinare la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Essa indica, a tal riguardo, che nel diritto tedesco le norme in materia di competenza relative alle prerogative dei pubblici poteri hanno una funzione di tutela dei terzi.

46

La Commissione sostiene che, applicando le condizioni cui è subordinata la responsabilità extracontrattuale risultanti dalla giurisprudenza della Corte e non riconoscendo l’esistenza di una violazione di una norma giuridica volta a conferire diritti ai singoli ai sensi di detta giurisprudenza, il Tribunale non è incorso in errore di diritto.

47

A suo avviso, l’argomentazione dell’Artegodan si fonda su una distinzione derivante dal diritto amministrativo tedesco, che non trova riscontro nella giurisprudenza dei giudici dell’Unione, né nei principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri e che non è prevista nel diritto dell’Unione.

48

Con riferimento all’argomento secondo il quale, garantendo che l’autorità investita del potere decisionale dispone della perizia necessaria, le norme in materia di competenza in causa mirano a garantire la tutela dei singoli, la Commissione sostiene che non vi è alcun dubbio che il legislatore dell’Unione, in diversi regolamenti e direttive relativi al settore dei medicinali, abbia già riconosciuto alla Commissione la competenza ad adottare decisioni nel delicato settore della tutela della salute e che la circostanza che siffatta competenza non le sia stata riconosciuta per l’adozione della decisione controversa non incide sul fatto che essa possiede le conoscenze tecniche richieste in questo settore.

49

Inoltre, secondo la Commissione, il Tribunale non nega una funzione di tutela alle norme sulla competenza in quanto tali, bensì, come risulta chiaramente dai punti 73 e 74 della sentenza impugnata, il suo esame verte su una norma in materia di competenza precisa, contenuta nella direttiva 75/319.

50

Infine, secondo la Commissione, la Corte ha preso espressamente posizione su tale questione in quanto, nella sentenza del 13 marzo 1992, Vreugdenhil/Commissione (C-282/90, Racc. pag. I-1937), essa non ha dichiarato l’esistenza della condizione secondo cui la norma giuridica violata deve avere una funzione di tutela dei singoli nel caso in cui si tratti della violazione di una norma sulla ripartizione delle competenze.

Il secondo motivo d’impugnazione dell’Artegodan

51

Con il secondo motivo, l’Artegodan sostiene che il Tribunale ha applicato, se non rafforzato, le condizioni rilevanti ai fini della sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione in un modo che è incompatibile con l’articolo 288, secondo comma, CE.

52

Essa addebita in particolare al Tribunale di non avere tenuto nel debito conto le particolari circostanze della controversia nell’ambito della valutazione del carattere sufficientemente qualificato della violazione delle condizioni di revoca di un’AIC previste all’articolo 11 della direttiva 65/65, e ciò tanto più se si considera che la Commissione, che non disponeva di alcun potere discrezionale in materia, ha adottato una decisione lesiva dei suoi interessi.

53

L’Artegodan considera innanzitutto che, nel caso di specie, il «principio generale della preminenza della tutela della salute» non consente di giungere alla conclusione che non vi sia una violazione sufficientemente qualificata.

54

A tal riguardo l’Artegodan afferma che, se è vero che l’applicazione del principio di precauzione, che presuppone una ponderazione degli interessi connessi alla tutela della salute e degli interessi di natura economica delle imprese interessate, può risolversi di frequente con l’attribuzione di una preferenza ai primi interessi, essendo i secondi in linea di principio oggetto di tutela risarcitoria, è tuttavia inaccettabile che la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione subordinata a condizioni eccessivamente restrittive osti a un risarcimento ulteriore e adeguato del danno subìto dalle imprese interessate. Ciò costituirebbe una «duplice pena» per queste ultime.

55

L’Artegodan ritiene poi inaccettabile e contrario ai principi di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento che, oltre al fatto che, in forza del principio della tutela della salute, i suoi interessi di natura economica sono stati disattesi e che una decisione vincolante di revoca dell’AIC del medicinale in questione è stata adottata dalla Commissione sulla base di una disposizione imprecisa, tale asserita imprecisione venga altresì invocata nei suoi confronti per ostacolare il risarcimento del danno da essa subìto a causa di tale decisione.

56

Del pari, l’Artegodan addebita al Tribunale di privarla di un diritto al risarcimento adducendo una «mancanza di precedenti simili». Essa ritiene che l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata e, dunque, di un diritto al risarcimento non possa dipendere dall’esistenza di un precedente simile.

57

Infine, l’Artegodan sostiene che la complessità di una situazione di diritto o di fatto nonché dell’esame da effettuare non implica necessariamente che si concluda considerando assente la violazione sufficientemente qualificata e non è sufficiente da sola per considerare che le condizioni cui è subordinata la responsabilità extracontrattuale dell’Unione non sono soddisfatte. Infatti, essa ritiene possibile che, pur in presenza di una situazione o di un esame complessi, un’istituzione ecceda manifestamente e chiaramente le proprie competenze, tanto più quando, come nel caso di specie, l’istituzione non dispone di alcun potere discrezionale. In tale contesto, l’Artegodan afferma che la complessità di una situazione o di un esame deve risultare da tutti gli elementi in esame, valutati nel loro insieme, e che essa deve essere analizzata in modo non astratto, ma concreto, in rapporto alla problematica di cui trattasi e rispetto al grado medio di difficoltà nel settore interessato.

58

La Commissione sostiene che, con il suo secondo motivo, l’Artegodan si limita essenzialmente a riproporre gli argomenti da essa già dedotti in primo grado, senza fornire elementi di prova che dimostrino che il Tribunale è incorso in errore di diritto. Si tratterebbe dunque, in realtà, di una domanda di riesame puro e semplice, da parte della Corte, del ricorso presentato da tale società dinanzi al Tribunale, il che, conformemente all’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non rientrerebbe nella competenza di quest’ultima.

59

Per quanto attiene all’argomento secondo il quale l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata non può essere esclusa sulla base del principio della preminenza della tutela della salute, la Commissione afferma che mancano un’analisi dettagliata e concreta della sentenza impugnata e una motivazione precisa dell’errore di diritto dedotto a tal riguardo.

60

Essa ritiene che il Tribunale non sia incorso in alcun errore di diritto dichiarando che in sede di applicazione dell’articolo 11 della direttiva 65/65 devono essere prese in considerazione soltanto le esigenze legate alla tutela della salute e che, in tale contesto, non si può tener conto degli interessi di natura economica del titolare di un’AIC.

61

Per quanto attiene agli argomenti secondo i quali l’imprecisione dell’articolo 11 della direttiva 65/65, la mancanza di precedenti nonché la complessità delle valutazioni di diritto e di fatto di cui trattasi non potrebbero condurre alla constatazione dell’assenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, la Commissione afferma che essi equivalgono a contestare la particolare complessità della situazione di cui trattasi e ricorda a tal proposito che, nell’ambito di un’impugnazione, la Corte non esamina i punti di fatto e non procede a una valutazione degli stessi. In tale contesto, la questione se i fatti di un’azione per responsabilità rivestano un carattere complesso rientrerebbe nel solo potere di valutazione del Tribunale e non può essere discussa nell’ambito di un’impugnazione a meno che non si sia avuto snaturamento di tali fatti, il che nella specie non viene dedotto.

62

Ad ogni modo, la Commissione afferma che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto e che esso ha correttamente applicato i criteri ammessi dalla giurisprudenza per stabilire se un comportamento illegittimo di un’istituzione costituisca altresì una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione.

63

A tale riguardo la Commissione rileva che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il Tribunale si è fondato su una serie di elementi, vale a dire l’esistenza o meno di un potere discrezionale, la complessità della situazione da disciplinare, le difficoltà di applicazione e di interpretazione dei testi e la preminenza delle esigenze legate alla tutela della salute.

L’impugnazione incidentale della Commissione

64

Con la sua impugnazione incidentale, la Commissione addebita al Tribunale di avere dichiarato irricevibile, ai punti 44-48 della sentenza impugnata, il suo motivo dedotto a difesa vertente sull’assenza di una violazione dell’articolo 11 della direttiva 65/65, in quanto lo stesso è in contrasto con l’autorità di cosa giudicata della citata sentenza del Tribunale Artegodan e a./Commissione.

65

Secondo la Commissione, il Tribunale si discosta così dalla costante giurisprudenza secondo la quale l’autorità di cosa giudicata riguarda tutti i punti di fatto e di diritto effettivamente o necessariamente risolti dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi e sembra dare un’interpretazione estensiva dell’autorità di cosa giudicata di tale sentenza, secondo la quale quest’ultima potrebbe essere considerata isolatamente ed indipendentemente dalla sentenza della Corte che decide sull’impugnazione.

66

A questo riguardo, la Commissione considera che, nel determinare la portata della sentenza adottata in primo grado dal Tribunale, non può essere ignorato il fatto che la sentenza del Tribunale è stata impugnata e che è stata pronunciata una sentenza della Corte anche se, in definitiva, il dispositivo della sentenza sull’impugnazione reca la pronuncia di rigetto di quest’ultima.

67

Peraltro, la Commissione asserisce che la portata dell’autorità di cosa giudicata di una sentenza non può essere determinata unicamente in funzione del suo dispositivo, in quanto, secondo la giurisprudenza, detta autorità non riguarda solo il dispositivo di una sentenza, ma si estende anche alla motivazione della stessa che costituisce il fondamento necessario del dispositivo e, di fatto, è indissociabile da quest’ultimo.

68

Orbene, il ragionamento seguito dal Tribunale significherebbe che, con il rigetto di un’impugnazione tutte le osservazioni del Tribunale acquisiscono autorità di cosa giudicata, dal che discenderebbe che la motivazione di una sentenza sull’impugnazione sarebbe priva di incidenza sulla determinazione della portata dell’autorità di cosa giudicata se un’impugnazione è respinta nel dispositivo di questa sentenza.

69

Siffatta interpretazione costituirebbe un errore di diritto, in quanto estenderebbe troppo l’autorità di cosa giudicata della sentenza pronunciata in primo grado nel caso in cui sia intervenuta una sentenza che respinge l’impugnazione e non terrebbe sufficientemente conto della motivazione di quest’ultima sentenza.

70

Pertanto, dichiarando, al punto 48 della sentenza impugnata, che, in seguito al rigetto dell’impugnazione proposta dalla Commissione contro la citata sentenza Artegodan e a./Commissione, quest’ultima ha acquisito l’autorità di cosa giudicata relativamente a tutti i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente risolti dal Tribunale, quest’ultimo non terrebbe conto del fatto che, nella sua citata sentenza Commissione/Artegodan e a., la Corte ha espressamente indicato di non avere esaminato il motivo di annullamento relativo ad una violazione delle condizioni di revoca di un’AIC, enunciate all’articolo 11 della direttiva 65/65.

71

Infatti, la Commissione osserva che, al punto 52 di quest’ultima sentenza, la Corte ha constatato che il Tribunale ha giustamente dichiarato che la Commissione era incompetente ad adottare la decisione controversa e che quest’ultima doveva pertanto essere annullata, «senza che occorra pronunciarsi sugli altri motivi e argomenti addotti dalla Commissione».

72

Da ciò conseguirebbe che la Corte ha così identificato il motivo che sottende il dispositivo della citata sentenza Commissione/Artegodan e a., e che la nullità della decisione controversa relativa all’asserita violazione dell’articolo 11 della direttiva 65/65 non costituisce dunque un motivo su cui si fonda il dispositivo della citata sentenza del Tribunale Artegodan e a./Commissione, nel senso che esso sarebbe indispensabile per determinare il senso esatto di quanto dichiarato nel dispositivo di quest’ultima sentenza.

73

Ciò premesso, la Commissione ritiene che il dispositivo e i motivi della sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, debbano essere letti alla luce del dispositivo e dei motivi della sentenza Commissione/Artegodan e a., citata, pronunciata dalla Corte nell’ambito dell’impugnazione, in quanto solo un’analisi e una lettura di queste due sentenze in parallelo consentono di determinare i motivi che, in definitiva, sono posti a sostegno dell’annullamento della decisione controversa e hanno acquisito, pertanto, autorità di cosa giudicata.

74

Ciò considerato, la Commissione afferma che la dichiarazione di irricevibilità, da parte del Tribunale, del suo motivo dedotto a difesa vertente sulle condizioni di revoca di un’AIC è inficiata da un errore di diritto.

75

L’Artegodan sostiene che, per valutare l’autorità di cosa giudicata di una decisione giudiziaria, l’unico criterio decisivo è quello relativo al fatto che detta decisione non è più impugnabile, senza che abbia incidenza al riguardo il grado di giurisdizione in cui essa è stata adottata.

76

Pertanto, l’Artegodan è dell’avviso che una decisione giudiziaria acquisisce autorità di cosa giudicata se non esiste alcun mezzo di impugnazione avverso detta decisione o, se esso esiste, se non è stata proposta alcuna impugnazione, oppure se dopo l’esaurimento delle vie di ricorso possibili la decisione iniziale non è stata riformata.

77

Di conseguenza, l’Artegodan sostiene che, nei limiti in cui l’accertamento del Tribunale di una violazione, da parte della Commissione, delle condizioni di revoca di un’AIC, enunciate all’articolo 11 della direttiva 65/65, costituisce un punto di fatto che è stato risolto, se non necessariamente, per lo meno effettivamente, dalla sentenza del Tribunale Artegodan e a./Commissione, citata, e atteso che l’impugnazione proposta avverso la sentenza impugnata è stata respinta dalla Corte, detto accertamento ha acquisito autorità di cosa giudicata.

78

A tal riguardo l’Artegodan ritiene che la portata dell’autorità di cosa giudicata non possa dipendere dalla questione se i motivi della decisione di cui trattasi siano corretti o erronei.

79

Infatti, secondo l’Artegodan, anche se non si può escludere che una decisione giudiziaria contenga un errore, l’autorità di cosa giudicata ha il fine di evitare che, anche in questo caso, una controversia già risolta con una decisione giudiziaria sia oggetto di un altro esame giudiziario e di sottrarla definitivamente ad ogni contestazione, nell’interesse di pacifici rapporti giuridici e della certezza del diritto.

Giudizio della Corte

Sul primo motivo d’impugnazione

80

Occorre ricordare che, quando è in discussione l’illegittimità di un atto giuridico, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione è subordinato al sussistere di un insieme di condizioni, tra le quali figura l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli [v. sentenze del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C-352/98 P, Racc. pag. I-5291, punti 41 e 42; del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C-282/05 P, Racc. pag. I-2941, punto 47, nonché del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C-120/06 P e C-121/06 P, Racc. pag. I-6513, punti 172 e 173].

81

Del pari, la Corte ha già dichiarato che, se è vero che il mancato rispetto del sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni dell’Unione — il quale mira a garantire il rispetto dell’equilibrio istituzionale contemplato dai Trattati e non la tutela dei singoli — non può, di per sé, essere sufficiente a far sorgere la responsabilità dell’Unione verso gli operatori economici interessati, non potrebbe dirsi lo stesso qualora una misura dell’Unione fosse adottata in spregio non solo della ripartizione delle competenze fra le istituzioni, ma anche, quanto alle sue disposizioni sostanziali, di una norma giuridica superiore che tuteli i singoli (v. sentenza Vreugdenhil/Commissione, cit., punti 20-22).

82

Pertanto, dichiarando, ai punti 71-78 della sentenza impugnata, che la violazione, da parte della Commissione, delle norme sulla ripartizione delle competenze fra quest’ultima e gli Stati membri contenute nella direttiva 75/319 non è idonea a determinare il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, in quanto tali norme non sono preordinate a conferire diritti ai singoli, senza tener conto della giurisprudenza ricordata al punto precedente della presente sentenza, secondo la quale una siffatta violazione, se è accompagnata dalla violazione di una disposizione sostanziale che conferisce diritti ai singoli, può far sorgere tale responsabilità, il Tribunale è incorso in errore di diritto.

Sul secondo motivo d’impugnazione e sull’impugnazione incidentale

83

Per quanto attiene alla violazione delle norme in materia di ripartizione delle competenze fra la Commissione e gli Stati membri, occorre ricordare che, con la sentenza Commissione/Artegodan e a., citata, la Corte ha definitivamente dichiarato l’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione controversa.

84

Al fine di stabilire se, nel caso di specie, possa sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, occorre dunque esaminare se, come dichiarato dal Tribunale, adottando la decisione controversa, la Commissione non abbia violato in modo sufficientemente qualificato l’articolo 11 della direttiva 65/65.

85

In tale contesto, occorre esaminare preliminarmente l’impugnazione incidentale della Commissione.

86

La Corte ha già rammentato l’importanza del principio dell’autorità di cosa giudicata vuoi nell’ordinamento giuridico dell’Unione vuoi negli ordinamenti giuridici nazionali. Infatti, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi non possano più essere rimesse in discussione (sentenze del 16 marzo 2006, Kapferer, C-234/04, Racc. pag. I-2585, punto 20; del 29 giugno 2010, Commissione/Lussemburgo, C-526/08, Racc. pag. I-6151, punto 26, e del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C-352/09 P, Racc. pag. I-2359, punto 123).

87

A tal riguardo la Corte ha dichiarato, da un lato, che l’autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi (citate sentenze Commissione/Lussemburgo, punto 27, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, punto 123) e, dall’altro, che tale autorità non riguarda solo il dispositivo di detta pronuncia, ma si estende alla motivazione della stessa che costituisce il necessario fondamento del suo dispositivo e ne è di conseguenza inscindibile [sentenza del 1o giugno 2006, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, C-442/03 P e C-471/03 P, Racc. pag. I-4845, punto 44].

88

La portata dell’autorità di cosa giudicata della sentenza del Tribunale Artegodan e a./Commissione, citata, deve quindi essere esaminata alla luce della menzionata sentenza Commissione/Artegodan e a., pronunciata dalla Corte a seguito dell’impugnazione presentata dalla Commissione avverso tale sentenza del Tribunale.

89

Ciò considerato, contrariamente a quanto affermato al punto 48 della sentenza impugnata, la circostanza che la Corte abbia ritenuto non necessario esaminare il motivo vertente sulla violazione dell’articolo 11 della direttiva 65/65 da parte del Tribunale, dedotto dalla Commissione a sostegno della sua impugnazione, non può essere considerata del tutto irrilevante.

90

A tal riguardo occorre ricordare che, se la Corte ha respinto tale impugnazione, come dalla stessa precisato al punto 52 della citata sentenza Commissione/Artegodan e a., ciò è dovuto al fatto che, senza necessità di pronunciarsi sugli altri motivi e argomenti dedotti dalla Commissione, quest’ultima era incompetente ad adottare la decisione controversa, la quale, pertanto, doveva essere annullata.

91

Del resto, ai punti 36 e 37 della sua ordinanza dell’11 gennaio 2007, Artegodan/Commissione [C-440/01 P(R)-DEP e C-39/03 P-DEP], sulla liquidazione delle spese di giudizio sostenute dall’Artegodan nell’ambito della citata impugnazione, la stessa Corte ha osservato che, tenuto conto della valutazione data alla prima questione di diritto, relativa al ragionamento del Tribunale riguardo alla mancanza di competenza della Commissione, essa non ha dovuto esaminare la seconda questione di diritto, che era relativa all’interpretazione fatta dal Tribunale delle condizioni di revoca delle AIC e verteva sull’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva 65/65, e che, ciò premesso, la portata della sentenza Commissione/Artegodan e a., citata, è limitata ad un’interpretazione e ad un’applicazione dell’articolo 15 bis della direttiva 75/319 ai fatti del caso di specie.

92

Pertanto, è d’obbligo constatare che, a tutt’oggi, la Corte non si è pronunciata su tale seconda questione di diritto di cui è stata investita dalla Commissione nell’ambito della sua impugnazione della sentenza del Tribunale Artegodan e a./Commissione, citata, e che il dispositivo della sua sentenza Commissione/Artegodan e a., citata, è unicamente sostenuto dalla motivazione di quest’ultima sentenza relativa all’incompetenza della Commissione ad adottare la decisione controversa.

93

Ne consegue che il Tribunale è incorso in errore di diritto dichiarando, ai punti 44-48 della sentenza impugnata, che gli accertamenti di fatto e di diritto relativi alla violazione, da parte della Commissione, delle condizioni di revoca di un’AIC indicate all’articolo 11 della direttiva 65/65, effettuati nella sua sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, allo stesso titolo di quelli relativi all’incompetenza di tale istituzione ad adottare la decisione controversa, sono passati in giudicato.

94

Sebbene dai punti 82 e 93 della presente sentenza risulti che il Tribunale è incorso in errori di diritto, si deve tuttavia rammentare che risulta da una costante giurisprudenza che, se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, l’impugnazione deve essere respinta (sentenza FIAMM e a./Consiglio e Commissione, cit., punto 187).

95

Ciò si verifica nel caso di specie.

96

Si deve infatti osservare che è pur vero che l’articolo 11 della direttiva 65/65, che enuncia le condizioni sostanziali per la sospensione e la revoca dell’AIC di un medicinale, è preordinato a conferire diritti alle imprese titolari di un’AIC, poiché essa tutela queste ultime garantendo che una decisione di sospensione o di revoca di un’AIC possa essere adottata soltanto a determinate condizioni e garantendo il mantenimento di un’AIC fintantoché non venga accertata l’esistenza di una di tali condizioni.

97

Tuttavia, come ricordato al punto 80 della presente sentenza, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione è subordinato all’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma, ovverosia, nel caso di specie, quella delle condizioni sostanziali di revoca di un’AIC previste dall’articolo 11 della direttiva 65/65.

98

Risulta espressamente dal tenore letterale dell’articolo 11 che l’autorità competente deve sospendere o revocare l’AIC di un medicinale qualora risulti che quest’ultimo è nocivo nelle normali condizioni d’impiego, qualora manchi l’effetto terapeutico, o qualora tale medicinale non abbia la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata.

99

Tali condizioni sostanziali di sospensione o di revoca di un’AIC devono essere interpretate conformemente al principio elaborato dalla giurisprudenza secondo il quale la tutela della salute deve incontestabilmente assumere un’importanza preponderante rispetto a considerazioni di ordine economico (sentenza del 17 luglio 1997, Affish, C-183/95, Racc. pag. I-4315, punto 43).

100

Per quanto riguarda, in particolare, la valutazione della condizione di sospensione o di revoca di un’AIC relativa alla mancanza di effetto terapeutico di un medicinale, l’articolo 11 della direttiva 65/65 enuncia che «l’effetto terapeutico manca quando risulta che il medicinale non permette di ottenere risultati terapeutici», mentre dalla formulazione di tale disposizione non emerge in alcun modo che soltanto un’osservazione dell’effetto a breve termine di un medicinale, escludendo quella di un suo effetto a lungo termine, sarebbe rilevante ai fini dell’esame della suddetta condizione.

101

Ne deriva che, per quanto attiene al criterio relativo alla valutazione dell’efficacia di un medicinale, il citato articolo 11 non osta a che l’autorità competente decida, tenuto conto della patologia che il medicinale in questione mira a trattare, di fondarsi sul criterio dell’efficacia a lungo termine, al fine di valutare il rapporto benefici/rischi di tale medicinale.

102

Tuttavia, l’adozione di una decisione di revoca dell’AIC di un medicinale è giustificata solo se, a seguito di tale valutazione, elementi concreti e oggettivi consentono di concludere nel senso dell’esistenza di un rapporto benefici/rischi negativo per il medicinale interessato.

103

A tal riguardo, l’esistenza di un consenso all’interno della comunità medica su un’evoluzione dei criteri di valutazione dell’effetto terapeutico di un medicinale e il fatto che l’efficacia terapeutica di tale medicinale venga rimessa in discussione dalla medesima comunità e a seguito di tale evoluzione costituiscono, al pari dell’individuazione di dati scientifici nuovi o di informazioni nuove, elementi concreti e oggettivi idonei ad essere assunti a fondamento della constatazione di un rapporto benefici/rischi negativo del medicinale in questione.

104

Nel caso di specie, la decisione della Commissione di utilizzare il criterio dell’efficacia a lungo termine per valutare l’effetto terapeutico dell’amfepramone nel trattamento dell’obesità e di revocare l’AIC relativa ai medicinali contenenti tale sostanza si basa sull’esistenza di un consenso all’interno della comunità medica su un nuovo criterio di valutazione di tale effetto terapeutico, secondo il quale una terapia efficace nel trattamento dell’obesità deve iscriversi nel lungo periodo, e sulla messa in discussione dell’efficacia terapeutica di tale sostanza nonché sulla constatazione, alla luce di tale nuovo criterio di valutazione, di un rapporto benefici/rischi negativo della medesima sostanza.

105

Tale consenso risulta da una serie di elementi nuovi verificatisi a seguito dell’attuazione, nel 1997, della procedura prevista dall’articolo 13 della direttiva 75/319.

106

A tal proposito occorre menzionare, come ha fatto l’avvocato generale ai paragrafi 103-105 delle conclusioni, l’approvazione, nel 1997, e l’entrata in vigore, nel 1998, degli orientamenti del CPMP sugli studi clinici di medicinali utilizzati nell’ambito del controllo del peso, le conclusioni del rapporto Castot-Fosset Martinetti-Saint-Raymond e quelle del documento di lavoro del professor Winkler, redatti nell’aprile 1999, le raccomandazioni dei professori Garattini e de Andres-Trelles nel rapporto del 17 agosto 1999 concernenti l’amfepramone, nonché il parere definitivo e le conclusioni scientifiche allegate a detto parere.

107

La decisione controversa che ordina la revoca delle AIC riguardanti i medicinali contenenti amfepramone è di per sé conforme al citato parere definitivo e alle conclusioni scientifiche con cui il CPMP, da un lato, ha emesso un giudizio negativo in merito al rapporto benefici/rischi dell’amfepramone a causa della mancanza di efficacia a lungo termine di tale sostanza nel trattamento dell’obesità e, dall’altro, ha raccomandato la revoca delle AIC dei medicinali contenenti la sostanza menzionata.

108

Ciò premesso, non si può addebitare alla Commissione di aver violato le condizioni sostanziali di revoca dell’AIC di un medicinale previste dall’articolo 11 della direttiva 65/65.

109

Pertanto, il Tribunale ha giustamente dichiarato che, adottando la decisione controversa, la Commissione non ha commesso una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, in particolare del citato articolo 11, tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

110

Ne consegue che, nei limiti in cui il rigetto, da parte del Tribunale, del ricorso per risarcimento dell’Artegodan appaia fondato per altri motivi, gli errori di diritto indicati ai punti 82 e 93 della presente sentenza non sono idonei a inficiare la sentenza impugnata (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C-412/05 P, Racc. pag. I-3569, punto 41).

111

Pertanto, l’impugnazione deve essere respinta.

Sulle spese

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A termini dell’articolo 122, primo comma, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione non è accolta o quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Conformemente all’articolo 69, paragrafo 2, di tale regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’Artegodan, essendo rimasta sostanzialmente soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda formulata dalla Commissione in tal senso.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

L’Artegodan GmbH è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.