SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
21 dicembre 2011 (*)
«Impugnazione – Aiuti di Stato – Regime di aiuti concessi a talune imprese di servizi pubblici – Esenzioni fiscali – Decisione che dichiara il regime di aiuti incompatibile con il mercato comune – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Legittimazione ad agire – Interesse ad agire – Art. 87 CE – Nozione di “aiuto” – Art. 88 CE – Nozione di “aiuto nuovo” – Regolamento (CE) n. 659/1999 – Artt. 1 e 14 – Legittimità di un ordine di recupero – Obbligo di motivazione»
Nel procedimento C‑319/09 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 7 agosto 2009,
ACEA SpA, con sede in Roma, rappresentata dagli avv.ti L.G. Radicati di Brozolo, A. Giardina e T. Ubaldi,
ricorrente,
sostenuta da:
Iride SpA, già AEM SpA, con sede in Torino, rappresentata dagli avv.ti L.G. Radicati di Brozolo, M. Merola, T. Ubaldi e A. Santa Maria,
interveniente in primo grado,
procedimento in cui l’altra parte è:
Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra E. Righini nonché dai sigg. V. Di Bucci e D. Grespan, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta in primo grado,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh e A. Arabadjiev (relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Sławiczek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 luglio 2011,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con la propria impugnazione, l’ACEA SpA (in prosieguo: l’«ACEA»), sostenuta dall’Iride SpA, già AEM SpA (in prosieguo: l’«Iride»), chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 11 giugno 2009, causa T‑297/02, ACEA/Commissione (Racc. pag. II‑1683; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui il Tribunale ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento degli artt. 2 e 3 della decisione della Commissione 5 giugno 2002, 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico (GU 2003, L 77, pag. 21; in prosieguo: la «decisione controversa»).
2 Nella sua comparsa di risposta, la Commissione europea ha proposto un’impugnazione incidentale, chiedendo sia l’annullamento della sentenza impugnata, nella parte in cui dichiara ricevibile il ricorso, sia che il ricorso sia dichiarato irricevibile.
Fatti
3 L’ACEA è una società di capitali detenuta per il 51% dal Comune di Roma, ove essa svolgeva le proprie attività. Costituita nel corso del 1998 a partire dall’omonima impresa municipalizzata, essa opera nei settori dell’elettricità e dell’acqua.
4 La legge 8 giugno 1990, n. 142, recante ordinamento delle autonomie locali (GURI n. 135 del 12 giugno 1990), ha introdotto una riforma degli strumenti giuridici organizzativi offerti ai comuni per la gestione dei servizi pubblici, in particolare nei settori della distribuzione dell’acqua, del gas e dell’elettricità. A tal fine, l’art. 22 di detta legge, nella versione modificata, ha previsto la facoltà, per i comuni, di costituire, in particolare, società commerciali o società a responsabilità limitata a partecipazione maggioritaria pubblica (in prosieguo: le «società ex lege n. 142/90»).
5 Il combinato disposto dell’art. 3, comma 70, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica (Supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 29 dicembre 1995), e dell’art. 66, comma 14, del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, recante armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’ILOR dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie (GURI n. 203 del 30 agosto 1993), ha introdotto, a favore delle società ex lege n. 142/90, l’esenzione totale dall’imposta sulle imprese, vale a dire dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dall’imposta locale sul reddito, per un periodo di tre anni e non oltre l’anno fiscale 1999 (in prosieguo: l’«esenzione triennale»).
6 In seguito ad una denuncia riguardante, in particolare, detta misura e ad uno scambio d’informazioni in merito con le autorità italiane, la Commissione ha comunicato a queste ultime, con lettera del 17 maggio 1999, la sua decisione di avviare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE.
7 Il 5 giugno 2002 la Commissione adottava la decisione controversa.
8 In tale decisione, la Commissione ha sottolineato che la sua inchiesta verte solo su regimi di aiuto di portata generale istituiti con le misure controverse e non su misure individuali di aiuto concesse alle singole imprese. Al riguardo, essa ha dichiarato che la Repubblica italiana «non ha concesso vantaggi fiscali su base individuale e non [le] ha notificato alcun caso individuale di aiuto fornendole tutte le informazioni necessarie per poterlo valutare».
9 La Commissione ha spiegato che si considera, pertanto, tenuta a procedere a un esame generale ed astratto dei regimi di cui trattasi, sia in ordine alla loro qualificazione, sia in ordine alla questione della loro compatibilità con il mercato comune.
10 Secondo la Commissione, l’esenzione triennale costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, in quanto non rispetta né i presupposti di cui all’art. 87, nn. 2 e 3, CE, né quelli previsti ex art. 86, n. 2, CE e viola, inoltre, l’art. 43 CE.
11 Gli artt. 2 e 3 della decisione controversa sono così formulati:
«Articolo 2
L’esenzione triennale dall’imposta sul reddito [d’impresa] (…) e (...) costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87, paragrafo 1, [CE].
Detti aiuti non sono compatibili con il mercato comune.
Articolo 3
L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari l’aiuto concesso in virtù dei regimi di cui all’articolo 2, già posti illegittimamente a loro disposizione.
Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto nazionale, sempreché queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione [controversa].
L’aiuto da recuperare comprende gli interessi che decorrono dalla data in cui l’aiuto è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data del recupero. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione netto nell’ambito degli aiuti a finalità regionale.
(…)».
Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
12 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2002, l’ACEA ha proposto un ricorso diretto all’annullamento degli artt. 2 e 3 della decisione controversa.
13 Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 gennaio 2003, la Commissione ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità a norma dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.
14 Con ordinanza 5 agosto 2004, il Tribunale ha deciso di pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione unitamente al merito della causa.
15 Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’art. 64 del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha posto per iscritto alcuni quesiti alle parti, cui queste ultime hanno risposto nel termine stabilito.
16 Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale nel corso dell’udienza svoltasi il 16 aprile 2008.
17 A sostegno del suo ricorso, l’ACEA ha sollevato cinque motivi. Il primo motivo verteva su una violazione dell’art. 88 CE, del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), e dell’obbligo di motivazione. Con il secondo motivo, l’ACEA invocava una violazione dell’art. 87, n. 1, CE e un vizio di motivazione, sotto il profilo della qualificazione dell’esenzione triennale come aiuto di Stato. Con i motivi dal terzo al quinto, l’ACEA lamentava, rispettivamente, una violazione dell’art. 88, n. 1, CE, a causa della qualificazione della misura in questione come aiuto nuovo e, di conseguenza, delle norme di procedura, nonché un vizio di motivazione, una violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, e un vizio di motivazione, nonché l’illegittimità dell’ordine di recupero e la violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità.
18 Con la sentenza impugnata il Tribunale, pur giudicando il ricorso ricevibile, l’ha respinto nel merito.
19 Quanto alla ricevibilità, il Tribunale ha statuito, nei punti 42 e 43 della sentenza impugnata, che le persone fisiche o giuridiche, diverse dai destinatari di una decisione della Commissione, possono sostenere che detta decisione le riguarda individualmente solo se essa le concerne a causa di determinate qualità loro particolari o di una situazione di fatto che le contraddistingue rispetto a chiunque altro e, quindi, le identifica così come avverrebbe con il destinatario di una tale decisione. Pertanto un’impresa, in via di principio, non può impugnare una decisione della Commissione che vieta un regime di aiuti settoriale se è interessata da questa decisione solo a causa della sua appartenenza al settore in questione e della sua qualità di beneficiaria potenziale di tale regime.
20 Tuttavia, nei punti 44 e 45 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giudicato che, qualora un’impresa sia interessata da una decisione della Commissione non solo in quanto impresa di un settore economico, potenzialmente beneficiaria del regime di aiuti ad esso relativo, ma anche nella sua qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale concesso a titolo di questo regime e del quale la Commissione ha ordinato il recupero, essa è individualmente interessata da detta decisione e il suo ricorso contro quest’ultima è ricevibile. Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato che occorreva verificare se l’ACEA possedesse la qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale, concesso in base a un regime di aiuti settoriale e di cui la Commissione avesse ordinato il recupero.
21 A questo riguardo il Tribunale ha constatato, nei punti 46‑49 della sentenza impugnata, che dalla risposta dell’ACEA ai quesiti posti per iscritto dal Tribunale si ricavava che quest’ultima era beneficiaria dell’esenzione triennale e che questa affermazione non era stata contraddetta dalla Repubblica italiana. Inoltre, poiché la Commissione aveva disposto il recupero dell’aiuto in questione, il Tribunale ha giudicato che l’ACEA era individualmente interessata dalla decisione controversa.
22 Quanto al merito, il Tribunale ha dichiarato, con riferimento al primo motivo, da un lato, che la Commissione poteva limitarsi ad analizzare le caratteristiche generali e astratte del regime in questione, senza essere obbligata ad esaminare le ipotesi specifiche di applicazione e, dall’altro, che la decisione controversa era sufficientemente motivata.
23 Esso ha respinto il secondo motivo, giudicando che la Commissione aveva correttamente dichiarato, e spiegato in modo adeguato, che alcuni dei settori interessati erano contrassegnati da un certo grado di concorrenza all’epoca dell’entrata in vigore dell’esenzione triennale e che quest’ultima ha rafforzato la posizione concorrenziale delle società ex lege n. 142/90 rispetto a tutte le altre imprese, potendo così creare un ostacolo alle imprese straniere che intendessero installarsi o vendere i loro servizi in Italia.
24 Con riferimento al terzo motivo, il Tribunale ha statuito che la Commissione aveva sostenuto giustamente e chiarito sufficientemente che l’esenzione triennale aveva modificato nella sostanza un aiuto esistente, il quale pertanto doveva considerarsi come aiuto nuovo ai sensi dell’art. 88 CE e del regolamento n. 659/1999.
25 Il Tribunale ha respinto il quarto motivo, dichiarando che la Commissione non aveva commesso errori nel constatare che l’esenzione triennale non soddisfaceva i requisiti previsti dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE, in quanto non mirava a ripristinare la redditività dei beneficiari, non era riservata ad imprese in difficoltà e non poteva facilitare l’introduzione di un regime di concorrenza sui mercati interessati.
26 Infine, riguardo al quinto motivo, il Tribunale ha dichiarato che la soppressione di un aiuto illegittimo mediante il recupero degli importi era la logica conseguenza dell’accertamento della sua incompatibilità con il mercato comune e che accogliere la tesi sostenuta dalla ricorrente equivarrebbe a escludere sistematicamente la possibilità di recuperare gli aiuti indebitamente versati e quindi svuoterebbe di significato gli artt. 87 CE e 88 CE.
Conclusioni delle parti
27 L’ACEA chiede che la Corte voglia:
– annullare la sentenza impugnata, nella parte in cui respinge il secondo, il terzo ed il quinto motivo sollevati dinanzi al Tribunale;
– in via principale, respingere l’impugnazione incidentale in quanto manifestamente infondata e, in subordine, respingere l’impugnazione incidentale in quanto infondata; e
– condannare la Commissione al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio, nonché alle spese originate dalla procedura incidentale.
28 L’Iride chiede che la Corte voglia:
– annullare la sentenza impugnata, nella parte in cui qualifica le misure fiscali controverse come aiuti di Stato;
– annullare la sentenza impugnata, nella parte in cui non riconosce la qualifica di aiuto esistente alle misure fiscali controverse;
– annullare la sentenza impugnata, nella parte in cui conferma la legittimità dell’ordine di recupero contenuto nella decisione controversa;
– annullare la decisione controversa; e
– condannare la Commissione alle spese relative ai due gradi di giudizio.
29 La Commissione chiede che la Corte voglia:
– in via principale, annullare la sentenza impugnata nella parte in cui dichiara ricevibile il ricorso e respingere il ricorso in quanto irricevibile;
– in subordine, respingere il ricorso; e
– condannare l’ACEA alle spese dei due gradi di giudizio.
Sulle impugnazioni
Sull’impugnazione incidentale
30 A sostegno della sua impugnazione incidentale, la Commissione invoca due motivi, vertenti su errori di diritto che il Tribunale avrebbe commesso relativamente alla valutazione della legittimazione e dell’interesse ad agire dell’ACEA.
Sul primo motivo, vertente sulla carenza di legittimazione ad agire
– Argomenti delle parti
31 In primo luogo, la Commissione ritiene che l’ACEA non avesse la legittimazione ad agire nei confronti della decisione controversa, in quanto le imprese beneficiarie di sgravi fiscali concessi in via automatica in base ad una normativa nazionale qualificata come «regime di aiuti incompatibile con il mercato comune» non avrebbero un interesse individuale ad impugnare tale decisione.
32 Secondo la Commissione, la Corte riconosce detto interesse individuale a quei soggetti che rientrano in una cerchia ristretta i cui componenti, da un lato, sono identificati o identificabili e, dall’altro, si trovano in una posizione particolare, tale da conferire loro il diritto ad una protezione specifica e da obbligare l’istituzione a tenerne conto nell’adottare l’atto che li concerne.
33 Orbene, dalla giurisprudenza della Corte in tema di ricevibilità dei ricorsi relativi alle decisioni vertenti sui regimi di aiuti non risulterebbe che il Tribunale potesse dichiarare ricevibile il ricorso presentato dall’ACEA contro la decisione controversa. Infatti, anche se una tale decisione è integrata da un ordine di recupero, dalle sentenze 19 ottobre 2000, cause riunite C‑15/98 e C‑105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione (Racc. pag. I‑8855), e 29 aprile 2004, causa C‑298/00 P, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑4087), si ricaverebbe che l’esistenza di un interesse individuale tale da conferire la legittimazione ad agire dipende dall’esistenza di situazioni specifiche, note alla Commissione, inerenti alla concessione degli aiuti mediante atti individuali, tali da contraddistinguere i beneficiari tenuti al rimborso degli aiuti erogati rispetto a tutti gli altri beneficiari di detti aiuti.
34 Inoltre, anche nel caso in cui gli aiuti vengano erogati con atti individuali, ma in funzione di criteri prefissati e senza alcuna valutazione discrezionale, la decisione che dichiara il regime di aiuti incompatibile con il mercato comune, che costituisce il fondamento di tali atti, non riguarderebbe individualmente i beneficiari, neppure se la Commissione conoscesse l’identità di questi ultimi e ordinasse il recupero degli aiuti versati.
35 Secondo la Commissione, la situazione starebbe in questi termini perché, in primo luogo, l’ordine di recupero degli aiuti già versati è solo uno degli elementi della decisione controversa che continua a riguardare, per mezzo dell’ordine di soppressione in essa contenuto, tutti i beneficiari del regime di aiuti, ivi compresi i beneficiari potenziali.
36 In secondo luogo, le cose starebbero comunque così perché la situazione dei beneficiari degli aiuti concessi a titolo del regime di aiuti dichiarato incompatibile con il mercato comune non avrebbe rilevanza alcuna e non conferirebbe loro nessun diritto ad una protezione particolare, in quanto il singolo caso non può essere oggetto di un esame individuale da parte della Commissione nella decisione mediante la quale essa si pronuncia su un tale regime di aiuti.
37 In terzo luogo, i beneficiari di un regime di aiuti dichiarato illegittimo ed incompatibile con il mercato comune non sarebbero interessati individualmente, perché l’identità di quelli tra essi che sono obbligati a restituire gli aiuti erogati verrebbe determinata solamente in un secondo momento, in ragione di criteri relativi ai casi individuali, come l’incidenza degli aiuti sugli scambi tra gli Stati membri, i requisiti di compatibilità parziale menzionati in detta decisione e l’applicazione di soglie minime.
38 Infine, le cose starebbero comunque così, in quarto luogo, perché riconoscere la legittimazione ad agire a beneficiari di un regime di aiuti che solo in seguito, in base ad un successivo ordine di recupero emanato dalle autorità nazionali, sapranno se sono tenuti a rimborsare gli aiuti erogati produrrebbe l’effetto di costringere questi ultimi a contestare la validità della decisione della Commissione dinanzi agli organi giudicanti dell’Unione europea, prima ancora di sapere se detta decisione implichi l’adozione di un provvedimento di recupero per quanto li concerne.
39 Infatti, i giudici nazionali, successivamente investiti di un contenzioso attinente alla legittimità dell’ordine di recupero, non potrebbero più effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte per chiederle di pronunciarsi sulla validità della decisione della Commissione che abbia dichiarato incompatibile questo regime di aiuti con il mercato comune, dato che le imprese beneficiarie di detto regime avrebbero potuto impugnare l’atto direttamente dinanzi al giudice dell’Unione nei termini stabiliti.
40 La Commissione ammette che, nel punto 39 della citata sentenza Italia/Commissione, la Corte ha notato tuttavia che le ricorrenti nel caso che ha dato luogo a detta sentenza erano individualmente interessate dalla decisione della Commissione che vietava un regime di aiuti settoriale, in base alla loro qualità di beneficiarie effettive di un aiuto individuale concesso in applicazione di detto regime, di cui la Commissione aveva disposto il recupero, in quanto essa conosceva il numero di richieste accolte nonché l’ammontare dei crediti previsti e, in tal modo, era al corrente dell’esistenza dei suddetti beneficiari.
41 La Commissione invita la Corte a rimeditare questa soluzione.
42 A suo parere, la predetta soluzione appare poco conforme ai criteri generalmente applicabili in materia e mal si concilia con l’art. 230, quarto comma, CE. Nei punti 33 e 34 della sentenza 23 febbraio 2006, cause riunite C‑346/03 e C‑529/03, Atzeni e a. (Racc. pag. I‑1875), la Corte medesima avrebbe nutrito qualche dubbio a tal riguardo, dal momento che essa avrebbe concluso, per quanto concerne una decisione vertente su regimi di aiuti destinati a categorie di persone definite in maniera generale, la quale non è stata notificata da parte dello Stato membro interessato ai beneficiari effettivi degli aiuti in questione, che non era chiaro se sarebbe stato ricevibile un ricorso di annullamento presentato da detti beneficiari.
43 Orbene, anche se si dovesse accogliere la soluzione di cui alla citata sentenza Italia/Commissione, la Commissione ritiene che il Tribunale abbia indebitamente esteso questa giurisprudenza agli aiuti erogati in modo automatico in base, in particolare, ad un regime di esenzioni fiscali. Invero, né la Commissione, né lo Stato membro in questione conoscerebbero, al momento dell’adozione di una decisione del tipo di quella controversa, l’identità dei beneficiari del regime di aiuti in questione, l’entità degli aiuti concessi, la loro compatibilità o meno con il mercato comune e la necessità o meno di far luogo al loro recupero.
44 Nel caso di specie, la Commissione avrebbe espresso simili riserve nei punti 72, 85 e 126 della decisione controversa. In particolare, essa avrebbe fatto presente che tale decisione non pregiudicava la possibilità che aiuti individuali fossero considerati, interamente o parzialmente, compatibili con il mercato comune per ragioni attinenti al caso specifico, in particolare grazie alla regola de minimis, a una decisione futura della Commissione o a un regolamento di esenzione.
45 Secondo la Commissione, da ciò consegue che il recupero degli aiuti poteva svolgersi solo in esito ad un’operazione di accertamento delle effettive posizioni di ciascun beneficiario vertente, tra l’altro, sulla qualità di impresa, sull’incidenza degli aiuti sugli scambi, sul rischio di distorsione della concorrenza, sull’applicabilità della regola de minimis e sulla possibilità, o meno, di qualificare gli aiuti come aiuti esistenti.
46 Cosciente di queste difficoltà, il Tribunale avrebbe posto quesiti in proposito alle imprese che avevano proposto ricorso contro la decisione controversa ed alla Repubblica italiana e, sulla base delle risposte ottenute, avrebbe dichiarato irricevibili i ricorsi presentati da alcune di tali imprese, in quanto le medesime non avevano dimostrato di aver goduto di aiuti erogati in base al regime controverso e di essere tenute a restituirli.
47 La Commissione fa notare che attualmente, da un lato, l’ACEA e altre imprese interessate dalla decisione controversa negano l’obbligo di restituire gli aiuti di cui esse hanno goduto e, dall’altro, è in corso una procedura ex art. 228 CE contro la Repubblica italiana per l’omessa adozione delle misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza che aveva accertato l’inadempimento dell’obbligo di recupero.
48 In secondo luogo, la Commissione fa notare che il Tribunale ha violato l’art. 230, quarto comma, CE constatando che la decisione controversa riguardava individualmente l’ACEA in base alla mera circostanza che, mediante tale decisione, la Commissione ordinava il recupero degli aiuti erogati a titolo di detto regime.
49 Dato che scaturisce da una giurisprudenza costante che la Commissione non è tenuta a esaminare le posizioni individuali in una decisione riguardante un regime di aiuti, la Commissione ne conclude, allo stato dei fatti, che detta decisione non può concernere individualmente le società beneficiarie degli aiuti, in quanto queste ultime non si trovano in una posizione particolare, tale da conferire loro il diritto ad una protezione specifica e da obbligare la Commissione a tenerne conto nell’adottare la suddetta decisione.
50 La Commissione ritiene di essere in grado di esaminare le posizioni individuali quando gli aiuti previsti da un regime sono concessi mediante atti individuali ad essa comunicati e ciò non sarebbe avvenuto nel caso delle agevolazioni fiscali, applicate dai beneficiari in sede di autoliquidazione dei loro tributi. In queste ultime fattispecie, solo a posteriori e con grandi difficoltà sarebbe possibile identificare i beneficiari degli aiuti in questione, obbligati a restituirli.
51 Secondo la Commissione, il confronto tra la sentenza impugnata e le sentenze con cui il Tribunale ha dichiarato ricevibili i ricorsi proposti da altre società contro la decisione controversa rende manifesto l’errore di diritto del Tribunale, posto che quest’ultimo ha basato le sue decisioni definitive su di una situazione instabile: difatti, l’obbligo delle società beneficiarie di restituire gli aiuti di cui esse hanno goduto poteva essere modificato in funzione dell’andamento delle procedure di recupero in corso a livello nazionale.
52 In proposito, la Commissione rammenta che la ricevibilità del ricorso dev’essere valutata con riferimento alla situazione esistente al momento del deposito dell’atto introduttivo e deduce che, di conseguenza, non è possibile attendere l’esito dei controlli effettuati dallo Stato membro in questione per determinare la legittimazione ad agire di un ricorrente. Inoltre, i procedimenti in corso dinanzi al Tribunale dovrebbero essere definiti più speditamente di quanto sia accaduto nel caso di specie.
53 La Commissione aggiunge che la soluzione che essa propone è consona alla logica che ha condotto gli estensori del Trattato di Lisbona a modificare l’art. 230 CE, divenuto art. 263, quarto comma, TFUE, nel senso che gli atti regolamentari che riguardano direttamente una persona e che non comportano nessuna misura d’esecuzione sono impugnabili. Invero, anche ipotizzando che le decisioni aventi ad oggetto un regime di aiuti di Stato possano essere classificate come atti regolamentari, esse comportano, secondo la Commissione, l’adozione di provvedimenti di esecuzione e, pertanto, non figurano tra gli atti impugnabili.
– Giudizio della Corte
54 In forza dell’art. 230, quarto comma, CE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro una decisione presa nei confronti di un’altra persona solo se detta decisione la riguarda, anche, individualmente.
55 Secondo una giurisprudenza costante, i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguarda individualmente solo se detta decisione li concerne a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto, che li caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, li distingue in modo analogo ai destinatari (sentenza 9 giugno 2011, cause riunite C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52, e giurisprudenza ivi citata).
56 A tal proposito, la Corte ha specificato che i beneficiari effettivi di aiuti individuali concessi in base ad un regime di aiuti di cui la Commissione ha ordinato il recupero sono, per tale ragione, individualmente interessati ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE (v. citate sentenze Italia e Sardegna Lines/Commissione, punti 34 e 35; Italia/Commissione, punti 38 e 39, nonché Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, punto 53).
57 Invero, dalla giurisprudenza scaturisce che l’obbligo di recupero imposto da una decisione della Commissione relativa ad un regime di aiuti individualizza sufficientemente tutti i beneficiari del regime di cui trattasi, in quanto costoro sono esposti, fin dall’adozione di detta decisione, al rischio che le agevolazioni che hanno ottenuto siano recuperate, e vedono così lesa la loro posizione giuridica. In particolare, l’eventualità che, successivamente, le agevolazioni dichiarate illegittime non siano recuperate presso i rispettivi beneficiari non esclude che questi siano considerati individualmente interessati (sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, cit., punto 56).
58 Tali beneficiari, pertanto, fanno parte di una cerchia ristretta, senza che sia necessario esaminare condizioni ulteriori, relative a situazioni in cui detta decisione non è accompagnata da un ordine di recupero (sentenze 17 settembre 2009, causa C‑519/07 P, Commissione/Koninklijke FrieslandCampina, Racc. pag. I‑8495, punto 54, e Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, cit., punto 56).
59 Peraltro, la Corte ha già respinto l’argomento della Commissione, secondo cui il riconoscimento della ricevibilità del ricorso contro una decisione della Commissione, che ordina il recupero degli aiuti di Stato, avrebbe l’effetto di costringere i beneficiari di detti aiuti ad impugnare immediatamente la suddetta decisione prima ancora di sapere se questa sfocerà in un ordine di recupero che li colpisca, salvo perdere il diritto di far valere, nell’ambito di un procedimento nazionale, l’invalidità delle disposizioni contenute in atti dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, cit., punti 57‑59).
60 Di conseguenza, nel giudicare che l’ACEA è individualmente interessata dalla decisione controversa, il Tribunale non ha commesso errori di diritto.
61 Ne consegue che il primo motivo dell’impugnazione incidentale dev’essere respinto.
Sul secondo motivo, vertente sulla carenza di interesse ad agire
– Argomenti delle parti
62 La Commissione rileva che era compito del Tribunale verificare d’ufficio se l’ACEA avesse un interesse ad ottenere l’annullamento della decisione controversa, in quanto la carenza di interesse ad agire rientra tra i motivi di irricevibilità di ordine pubblico.
63 Secondo la Commissione, l’interesse ad agire di un ricorrente dev’essere certo e attuale, ossia deve esistere, a pena di irricevibilità, nei confronti dell’oggetto del ricorso a partire dal giorno della proposizione di quest’ultimo. Un interesse che riguardi una situazione giuridica futura sarebbe sufficiente, secondo la giurisprudenza, soltanto allorquando il ricorrente dimostra che il pregiudizio a tale situazione era comunque già certo, con l’esclusione di situazioni future ed incerte.
64 Orbene, secondo la Commissione, nel caso di vicende relative alle decisioni vertenti su regimi di aiuti, il recupero degli aiuti erogati dipende da fattori estrinseci rispetto a tali decisioni e, di norma, possono essere stabiliti solo più tardi, in esito agli accertamenti effettuati dallo Stato membro in questione e dalla Commissione.
65 Invero, il ricorso proposto dall’ACEA si fondava, ad avviso della Commissione, sull’eventualità di un ordine di recupero futuro. Orbene, ci sarebbero voluti anni per ottenere un’indicazione provvisoria relativa ai beneficiari del citato regime di aiuti tenuti al rimborso degli aiuti stessi, alcuni dei quali continuerebbero a contestare dinanzi ai giudici italiani di essere tenuti a rimborsare gli aiuti. A tal riguardo, non sarebbe comunque dimostrato che l’ACEA sia obbligata a restituire gli aiuti in questione in base al regime dichiarato incompatibile con il mercato comune.
66 Ad ogni modo, l’ACEA disporrebbe di una tutela adeguata dinanzi ai giudici nazionali che, se lo giudicheranno necessario, potranno interpellare la Corte in via pregiudiziale sulla validità della decisione controversa.
– Giudizio della Corte
67 Occorre ricordare che l’interesse ad agire costituisce una condizione di ricevibilità che deve perdurare fino alla decisione del giudice nel merito. Secondo una giurisprudenza costante, un siffatto interesse esiste fintantoché il ricorso, con il suo esito, può procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (v., in questo senso, sentenza 14 settembre 2010, causa C‑550/07 P, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 22 e 23, nonché giurisprudenza ivi citata).
68 Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’interesse ad agire dell’ACEA non si fondava sulla semplice eventualità che le autorità italiane possano emettere un ordine di recupero nei suoi confronti. Difatti, l’adozione della decisione controversa ha modificato la posizione giuridica dell’ACEA dal momento che la Commissione, con detta decisione, ha dichiarato incompatibili con il mercato comune gli aiuti di cui l’ACEA aveva goduto e ne ha ordinato il recupero (v. sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, cit., punto 77).
69 Quindi, fin dall’adozione della decisione controversa, l’ACEA doveva attendersi, in linea di principio, di essere obbligata a restituire gli aiuti di cui essa aveva già goduto: ciò giustifica l’esistenza di un interesse ad agire in capo a essa. Inoltre, la Commissione non ha dedotto elementi che consentano di escludere l’emissione di un ordine di rimborso nei confronti dell’ACEA (v., in tal senso, sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, cit., punto 77).
70 Pertanto, nessun elemento era tale da rimettere in discussione l’interesse ad agire dell’ACEA ed è a giusto titolo che il Tribunale non ha esaminato questa condizione di ricevibilità.
71 Di conseguenza, il secondo motivo dev’essere respinto.
72 Alla luce di quanto precede, l’impugnazione incidentale della Commissione dev’essere integralmente respinta.
Sull’impugnazione principale
73 A sostegno della sua impugnazione, l’ACEA, sostenuta dall’Iride, deduce quattro motivi. Il primo verte su una violazione dell’art. 88 CE nonché del regolamento n. 659/1999 e dell’obbligo di motivazione, a causa della mancanza di un esame differenziato. Con il secondo motivo, l’ACEA invoca un’erronea applicazione dell’art. 87, n. 1, CE e un difetto di motivazione nella qualificazione dell’esenzione triennale come aiuto di Stato. Il terzo motivo verte sulla violazione dell’art. 88, n. 1, CE nonché dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento, n. 659/1999, a causa della qualificazione della misura controversa come aiuto nuovo. Infine, con il suo quarto ed ultimo motivo, l’ACEA sostiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto e in un vizio di motivazione in merito alla legittimità dell’ordine di recupero.
Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’art. 88 CE nonché del regolamento n. 659/1999 e dell’obbligo di motivazione, a causa della mancanza di un esame differenziato
– Argomenti delle parti
74 L’ACEA addebita al Tribunale di non aver colto il senso del suo primo motivo di ricorso e di non aver affrontato le sue censure. Essa non avrebbe negato la facoltà della Commissione di esaminare un regime di aiuti senza analizzarne i relativi casi di applicazione, bensì la possibilità di svolgere, nel caso di specie, un’analisi generica ed astratta dell’esenzione triennale, regime che si differenzierebbe dai tipici regimi di aiuti a carattere multisettoriale.
75 Invero, l’ACEA reputa che le società ex lege n. 142/90 presentino caratteristiche particolari, giacché sono costituite e partecipate dagli enti pubblici territoriali e derivanti dalla trasformazione delle vecchie aziende municipalizzate, che da decenni erano investite della gestione dei servizi pubblici locali. Orbene, detti servizi riguardavano, nel vigore dell’esenzione triennale, la gamma ristretta dei settori della produzione e/o della distribuzione di elettricità, gas, acqua, nonché i trasporti e la gestione dei rifiuti, aventi per natura rilevanza pubblica, e non già la pletora indifferenziata di settori economici o industriali di cui ai normali regimi di aiuti multisettoriali.
76 L’ACEA sottolinea che la Commissione era a conoscenza del fatto che i settori di attività delle società ex lege n. 142/90 erano caratterizzati, nel vigore dell’esenzione triennale, da condizioni di assenza di concorrenza sia a livello nazionale che dell’Unione, stante la mancata liberalizzazione delle attività in questione. Giacché la Commissione era informata del quadro giuridico e materiale e aveva ricevuto numerose informazioni con riferimento ai settori in questione nel corso del procedimento amministrativo, la qualificazione dell’esenzione triennale come «aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune» non trovava nessuna giustificazione giuridica.
77 Orbene, dato che la Commissione non poteva esimersi dal dare atto nella decisione controversa di tali circostanze particolari, ne discenderebbe che il Tribunale ha erroneamente concluso che la decisione controversa non era viziata né da una carenza d’istruttoria né da un difetto di motivazione. A tal proposito, l’ACEA ritiene che il ragionamento del Tribunale sia insufficiente, paradossale e in contrasto con gli artt. 87 CE e 88 CE, nonché con il regolamento n. 659/1999.
78 L’Iride sostiene l’argomentazione dell’ACEA.
– Giudizio della Corte
79 Quanto al fatto che l’ACEA e l’Iride addebitano al Tribunale di non aver colto il senso del primo motivo e di non aver affrontato le loro censure, occorre notare che dai punti 54‑56 della sentenza impugnata risulta che l’ACEA ha dedotto, in primo grado, che la Commissione avrebbe dovuto tenere conto della natura e delle dimensioni delle diverse categorie di imprese beneficiarie, nonché del settore economico di attività e che avrebbe errato nel non spiegare perché l’esenzione triennale comportasse un vantaggio per le imprese beneficiarie.
80 Nei punti 61‑65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha risposto a dette affermazioni, dichiarando che in capo alla Commissione non incombe l’obbligo di esaminare, nel caso di un regime di aiuti multisettoriale come quello del caso di specie, gli aspetti specifici delle singole imprese e di ciascun tipo di attività o di mercato in questione.
81 Tale valutazione è scevra da errori di diritto. Ne consegue che, contrariamente a quanto afferma l’ACEA, il Tribunale ha ben colto la sua tesi e vi ha risposto in maniera adeguata, senza violare gli artt. 87 CE, 88 CE o il regolamento n. 659/1999.
82 Quanto al presunto difetto di motivazione che l’ACEA addebita al Tribunale, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi degli artt. 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, non impone a quest’ultimo di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si basa il Tribunale, e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (v., in tal senso, sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 372).
83 Nella fattispecie è sufficiente rilevare che il ragionamento seguito dal Tribunale nei punti 61‑65 della sentenza impugnata è chiaro e comprensibile e tale da consentire tanto all’ACEA di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha respinto il motivo in questione, quanto alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il proprio controllo giurisdizionale.
84 Di conseguenza, occorre respingere il primo motivo.
Sul secondo motivo, vertente su un’applicazione erronea dell’art. 87, n. 1, CE e su un vizio di motivazione in merito alla qualificazione dell’esenzione triennale come aiuto di Stato
– Argomenti delle parti
85 L’ACEA addebita al Tribunale di aver qualificato l’esenzione triennale come aiuto di Stato basandosi su un’analisi superficiale, nonché su argomenti forniti dalla Commissione in pendenza del giudizio, senza aver dimostrato che detta esenzione pregiudicasse gli scambi tra gli Stati membri e falsasse la concorrenza.
86 L’ACEA rileva che, come ribadito dalla giurisprudenza, il Tribunale deve esercitare un controllo completo, sulla base di elementi obiettivi, circa la qualificazione come aiuto di Stato di un provvedimento, tenuto conto sia degli elementi concreti della causa che del carattere complesso delle valutazioni della Commissione. Da ciò deriverebbe altresì che, in materia di aiuti di Stato, il Tribunale ha il dovere di verificare la correttezza e la congruità della motivazione delle decisioni della Commissione, la quale deve tenere conto di tutti gli elementi rilevanti del caso.
87 In particolare, l’ACEA ritiene che, quando la Commissione deve dimostrare che il provvedimento in questione può incidere sugli scambi tra Stati membri e minacciare di falsare la concorrenza, essa deve apportare sufficienti elementi di prova; sono le circostanze a determinare ciò che costituisce un simile elemento di prova. Invero, nell’ipotesi in cui la misura fosse, di per sé, tale da pregiudicare gli scambi o da falsare la concorrenza, basterebbe, al fine di dimostrare che essa costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, che la Commissione esponesse le circostanze stesse nella propria decisione. Viceversa, nell’ipotesi contraria, la Commissione sarebbe tenuta a fornire ulteriori elementi di prova.
88 Secondo l’ACEA, le caratteristiche dei settori economici interessati rendono dubbia, nel caso di specie, la sussistenza dei requisiti costituitivi di un aiuto di Stato, sicché l’obbligo di motivazione della Commissione e, pertanto, il dovere di controllo del Tribunale sarebbero superiori.
89 In casi come questo, secondo la giurisprudenza dell’Unione non basterebbe una motivazione generica, basata sul richiamo dei principi tratti da detta giurisprudenza e sulla circostanza che non possano escludersi effetti sugli scambi ovvero sulla concorrenza. Sarebbe invero necessario far emergere con sufficiente chiarezza il nesso tra i principi enunciati e i dati di fatto specifici del caso, in modo tale da poter concludere che gli aiuti controversi possono produrre effetti di tal genere.
90 L’ACEA sottolinea che il carattere generale del regime di aiuti in questione non può esimere la Commissione dall’esaminare l’incidenza concreta di tale regime sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri. Semmai, l’esame richiesto potrebbe differenziarsi da quello svolto in relazione agli aiuti singoli o agli aiuti concessi a singoli settori mediante un ricorso più intenso a dati statistici e macroeconomici, a scenari prospettici e al panorama normativo concernente settori fortemente regolamentati, quali quelli in esame.
91 Orbene, secondo l’ACEA, nella fattispecie la Commissione si è limitata, senza alcun approfondimento e senza tenere conto delle particolarità dei settori interessati, alla mera allegazione di effetti di detto regime sul commercio o sulla concorrenza. Il Tribunale, avendo giudicato sufficiente accertare che si trattava di un regime destinato ad una specifica categoria di imprese attive in più di un settore per concluderne che il regime di aiuti in questione era tale da influire sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri, ha ignorato le argomentazioni dell’ACEA, si sarebbe astenuto dal verificare i presupposti che integrano la nozione di «aiuto di Stato» e si sarebbe limitato a ribadire la predetta allegazione della Commissione.
92 A tal proposito, l’ACEA precisa che, nel vigore dell’esenzione triennale, tutta l’energia prodotta in Italia e nell’Unione doveva essere venduta ai titolari dei corrispondenti monopoli. Con riferimento alla distribuzione di energia elettrica, l’ACEA deduce che le società ex lege n. 142/90 avevano l’esclusiva della distribuzione nelle zone in cui operavano, a tariffe stabilite dalle autorità pubbliche. Secondo l’ACEA, ne discenderebbe che nessuna delle società ex lege n. 142/90 poteva entrare in concorrenza con altri produttori o altri distributori, né sul mercato nazionale né su quello dell’Unione.
93 In particolare, quando ha rilevato che le misure in questione riguardavano solamente determinate società, il Tribunale avrebbe confuso il requisito della «selettività», insufficiente di per sé perché si configuri un aiuto, con quello della distorsione della concorrenza. Peraltro, benché le società ex lege n. 142/90 fossero attive in vari settori dei servizi pubblici locali, tale assunto non implicherebbe affatto l’esistenza di una situazione concorrenziale in detti settori, in quanto la somma di più settori monopolistici non costituisce un settore concorrenziale.
94 In particolare, quanto alla possibilità per le società ex lege n. 142/90 di operare liberamente sul mercato, il Tribunale avrebbe ripreso due sentenze rese dai giudici italiani, alle quali la Commissione avrebbe già fatto riferimento, ai sensi delle quali le predette società hanno la possibilità di operare in settori diversi da quelli dei servizi pubblici locali. Orbene, da un lato, la sentenza della Corte Suprema di Cassazione 6 maggio 1995, n. 4989, si limiterebbe a chiarire il regime giuridico delle società ex lege n. 142/90 e nulla stabilirebbe in merito al loro ambito di attività. Dall’altro, secondo l’ACEA, la sentenza del Consiglio di Stato 3 settembre 2001, n. 4586, è intervenuta successivamente tanto al periodo di vigenza dell’esenzione triennale, quanto alla liberalizzazione, nel corso del 1999, dei settori della distribuzione del gas naturale e dell’energia elettrica.
95 L’ACEA aggiunge che, a suo avviso, discende dalla giurisprudenza dell’Unione che la legittimità di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato dev’essere valutata alla sola stregua delle valutazioni espresse in detta decisione. Eventuali considerazioni e affermazioni avanzate dinanzi al Tribunale non potrebbero porre rimedio ad un vizio di motivazione.
96 Orbene, nel caso di specie la Commissione avrebbe tentato di integrare, nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, la carenza di motivazione della decisione controversa in tema d’incidenza sugli scambi tra Stati membri e di distorsione della concorrenza, mediante il riferimento alla citata sentenza 3 settembre 2001, n. 4586. L’ACEA sottolinea come, nel punto 94 della sentenza impugnata, il Tribunale si sia riferito segnatamente a detto elemento, sebbene la decisione controversa non vi faccia riferimento.
97 Quanto alla circostanza che il Tribunale avrebbe rilevato la sussistenza di un mercato concorrenziale, l’ACEA osserva che, al pari delle aziende preesistenti, le società ex lege n. 142/90, sino alla liberalizzazione nel corso del 1999 e a detta sentenza 3 settembre 2001, n. 4586, altro non erano che organi strumentali degli enti locali per la gestione efficiente dei servizi pubblici locali. L’ACEA sottolinea che, in virtù dell’affidamento diretto, non vi erano gare per l’attribuzione del servizio pubblico che fosse possibile falsare, e che le società ex lege n. 142/90 non partecipavano a gare del genere.
98 Secondo l’ACEA, la Corte ha confermato, in una sentenza relativa alle attività di una società ex lege n. 142/90 (sentenza 17 luglio 2008, causa C‑347/06, ASM Brescia, Racc. pag. I‑5641, punti 39, 40, 58‑60, 67 e 70), l’assenza di concorrenza e di scambi all’interno dell’Unione nei settori in questione durante la vigenza dell’esenzione triennale, che vale per l’insieme dei settori nei quali erano attive le società ex lege n. 142/90. Di conseguenza, l’affidamento diretto di taluni servizi pubblici all’ACEA da parte del comune sarebbe legittimo e nessun altro operatore avrebbe potuto ottenere tali affidamenti mediante una gara d’appalto.
99 Quando il Tribunale ha dichiarato che l’affidamento diretto delle concessioni non consentiva di provare l’assenza di concorrenza sul mercato interessato, ma dimostrava gli effetti restrittivi di tali misure su detto mercato, secondo l’ACEA esso ha confuso l’affidamento diretto del servizio con il regime fiscale di cui beneficiano le società ex lege n. 142/90; ogni potenziale effetto restrittivo sulla concorrenza sarebbe determinato a monte dall’affidamento diretto del servizio e non dall’esenzione triennale. La considerazione secondo la quale non si potrebbe escludere che la predetta esenzione abbia incentivato l’affidamento diretto delle concessioni sarebbe solo una motivazione generica e meramente ipotetica, non ammessa dalla giurisprudenza.
100 Secondo l’ACEA, attraverso la mera riproposizione della tesi della Commissione, senza verificare la congruenza e la fondatezza degli argomenti addotti da tutte le parti, il Tribunale ha violato il suo obbligo di motivazione. In particolare, riferendosi all’impossibilità di escludere che l’affidamento diretto dei servizi pubblici locali comporti effetti sulla concorrenza, il Tribunale avrebbe effettuato un generico rinvio a considerazioni astratte e ipotetiche, mentre era richiesta una motivazione analitica.
101 L’Iride sostiene l’argomentazione dell’ACEA e aggiunge che il Tribunale ha violato gli artt. 87, n. 1, CE e 253 CE, non essendosi pronunciato sul suo argomento a tenore del quale l’esenzione triennale in ogni caso non sarebbe stata in grado di avvantaggiare le società ex lege n. 142/90, né di falsare un’ipotetica concorrenza, dal momento che gli utili realizzati da tali società erano destinati a finanziare le entrate degli enti locali e, quindi, venivano distribuiti ai Comuni azionisti.
102 L’Iride precisa del pari che gli effetti della liberalizzazione dei mercati nazionali dell’energia, risalente al 1999, erano limitati alla protezione di potenziali nuovi operatori contro l’eccessiva discriminazione, mentre l’accesso al mercato continuava ad essere ostacolato da barriere di tipo sia tecnico che regolamentare, che proteggevano la posizione delle vecchie imprese nazionali monopolistiche. Inoltre, quanto al settore della fornitura di energia, la liberalizzazione sarebbe stata limitata ad una piccola percentuale di clienti ai quali era stato concesso il diritto di scegliere i propri fornitori.
– Giudizio della Corte
103 In primo luogo, l’ACEA addebita al Tribunale di aver effettuato un controllo giurisdizionale insufficiente e di aver viziato la propria sentenza per carenza di motivazione.
104 A tal riguardo, occorre notare che il Tribunale, nei punti 83‑87 della sentenza impugnata, ha richiamato la giurisprudenza rilevante della Corte che gli forniva i criteri applicabili alla valutazione della legittimità della decisione controversa.
105 In seguito, nei punti 88‑99 della sentenza impugnata il Tribunale ha esaminato la legittimità della decisione controversa alla luce dei suddetti criteri e degli argomenti dell’ACEA. In particolare, il Tribunale ha constatato, nei punti 88‑90 di detta sentenza, che giustamente la Commissione ha potuto accertare, in ragione degli elementi di cui disponeva, che alcuni dei settori interessati dal regime di aiuti in questione erano caratterizzati da un certo grado di concorrenza alla data di entrata in vigore dell’esenzione triennale, e che l’ACEA non ha fornito nessuna prova valida per suffragare la propria affermazione secondo cui detti settori, a tale data, non erano aperti alla concorrenza.
106 Inoltre, nei punti 91‑99 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato dettagliatamente la fondatezza delle varie constatazioni effettuate dalla Commissione nella decisione controversa alla luce degli argomenti presentati dall’ACEA. Ne consegue che il Tribunale non ha ignorato gli argomenti di quest’ultima, bensì li ha respinti all’esito della verifica che esso ha effettuato, relativa all’accertamento della sussistenza dei requisiti necessari alla qualificazione dell’esenzione triennale quale aiuto di Stato.
107 Relativamente alla contestazione dell’ACEA secondo cui il Tribunale avrebbe riproposto in maniera generica e astratta le allegazioni della Commissione, occorre sottolineare che il compito del Tribunale è di controllare la motivazione e la fondatezza della decisione controversa e non di adottare una nuova decisione. Ne consegue che, quando il Tribunale è del parere che gli elementi di cui disponeva la Commissione gli consentano di seguire l’iter logico esposto nella decisione controversa, esso non è obbligato a modificare né ad appronfondire detto iter. Ad esso spetta in particolare il compito di respingere gli argomenti addotti, così come ha appunto fatto nel caso di specie.
108 Di conseguenza il Tribunale, avendo giudicato, in virtù di un esame circostanziato, che l’esenzione triennale fosse tale da falsare o minacciare di falsare la concorrenza ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e da incidere sugli scambi tra Stati membri, e che la Commissione non aveva commesso errori di diritto a tal proposito, non ha effettuato un controllo giurisdizionale insufficiente.
109 Relativamente alla presunta carenza di motivazione, è sufficiente notare, alla luce della giurisprudenza richiamata nel punto 82 della presente sentenza, che il ragionamento seguito dal Tribunale nei punti 83‑99 della sentenza impugnata è tale da consentire tanto all’ACEA di conoscere le ragioni per cui il Tribunale ha respinto il motivo vertente sulla carenza di motivazione, quanto alla Corte di disporre di sufficienti elementi per esercitare il suo sindacato giurisdizionale.
110 In secondo luogo, l’ACEA sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto avendo confuso, da un lato, ai fini della qualificazione come aiuto di Stato dell’esenzione triennale, il requisito della selettività con quello dell’esistenza di un pregiudizio alla concorrenza nei settori interessati da detta esenzione. Dall’altro, il Tribunale avrebbe giudicato erroneamente, a questo stesso scopo, che la circostanza che le società ex lege n. 142/90 esercitavano le proprie attività in più mercati monopolistici condurrebbe a riconoscere l’esistenza di una concorrenza nei mercati stessi.
111 È tuttavia giocoforza constatare che detti argomenti derivano da una lettura erronea della sentenza impugnata. Nel punto 89 di quest’ultima, in particolare, il Tribunale ha sottolineato che l’esenzione triennale è destinata a una categoria specifica di imprese, ossia le società ex lege n. 142/90, e che la circostanza di essere una società di tal genere costituisce l’unica condizione richiesta per poter godere di detto regime. Ne consegue che il Tribunale non ha confuso il requisito della selettività con quello dell’esistenza di un pregiudizio alla concorrenza.
112 Inoltre, è già stato rilevato che il Tribunale ha constatato che la Commissione disponeva di elementi che le consentivano di concludere per l’esistenza di un certo grado di concorrenza in alcuni fra i settori interessati, e che gli argomenti addotti dall’ACEA non erano tali da rimettere in discussione detta valutazione. Pertanto, contrariamente alle asserzioni dell’ACEA, il Tribunale non ha dichiarato che le società ex lege n. 142/90 fossero attive in settori monopolistici e non ha commesso l’errore di ragionamento che l’ACEA gli rimprovera.
113 In terzo luogo, l’ACEA rimette in discussione alcune valutazioni di natura materiale svolte dal Tribunale senza tuttavia lamentare uno snaturamento degli elementi di prova.
114 A tal riguardo, è importante rammentare che dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia risulta che solo il Tribunale è competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (sentenze 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173, punto 51, e 29 marzo 2011, causa C‑352/09 P, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 179).
115 La Corte ha precisato parimenti che la valutazione dei fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto soggetta, come tale, al sindacato della Corte (sentenze 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 85, nonché ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit., punto 180).
116 In proposito, occorre ricordare che siffatto snaturamento deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario effettuare una nuova valutazione dei fatti né delle prove (sentenze 22 dicembre 2008, causa C‑487/06 P, British Aggregates/Commissione, Racc. pag. I‑10515, punto 98, nonché 10 febbraio 2011, causa C‑260/09 P, Activision Blizzard Germany/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).
117 In quarto luogo, l’ACEA lamenta che il Tribunale ha tenuto conto, nel punto 94 della sentenza impugnata, di un elemento addotto dalla Commissione nel suo controricorso, e ciò al fine di suffragare il fatto che le società ex lege n. 142/90 agivano in settori concorrenziali diversi da quelli dei servizi pubblici previsti nei loro statuti, minacciando quindi di falsare la concorrenza, laddove detto elemento non figurava nella decisione controversa.
118 A tal riguardo occorre ricordare che, nel punto 93 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione poteva giungere alla conclusione che l’esenzione triennale minacciava di falsare il grado di concorrenza esistente in alcuni settori dei servizi pubblici locali gestiti dalle società ex lege n. 142/90.
119 Ne consegue che, in ogni caso, l’argomento dell’ACEA relativo al punto 79 della sentenza impugnata è diretto contro un motivo ultroneo della suddetta sentenza.
120 Orbene, risulta da costante giurisprudenza che, nell’ambito di un’impugnazione, un mezzo diretto contro un motivo ultroneo della sentenza impugnata, il cui dispositivo è adeguatamente basato su altri motivi di diritto, è inoperante e dev’essere pertanto respinto (v., in tal senso, sentenza della Corte 12 novembre 1996, causa C‑294/95 P, Ojha/Commissione, Racc. pag. I‑5863, punto 52).
121 In quinto luogo, relativamente agli argomenti dell’Iride, è sufficiente, da un lato, rilevare che da quanto precede discende che il Tribunale ha potuto accertare correttamente, senza violare l’art. 87, n. 1, CE, la legittimità della decisione controversa e, dall’altro, rammentare che il Tribunale non è tenuto a fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia, bensì che la motivazione può essere implicita. Invero, per mezzo degli accertamenti effettuati nei punti 83‑99 della sentenza impugnata, il Tribunale ha implicitamente respinto gli argomenti addotti dall’Iride.
122 Il secondo motivo, pertanto, va respinto.
Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’art. 88, n. 1, CE nonché dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, a causa della qualificazione della misura controversa come aiuto nuovo
– Argomenti delle parti
123 In primo luogo, l’ACEA deduce un difetto di motivazione della sentenza impugnata, poiché il Tribunale ha risposto all’argomento secondo il quale l’esenzione triennale andava qualificata come aiuto esistente, per via della mancata liberalizzazione dei settori in questione, che i mercati erano aperti alla concorrenza a livelli differenti. A suo avviso, tale affermazione è insufficiente e contraddittoria, in quanto il Tribunale aveva parimenti riconosciuto che alcuni dei settori in questione non erano soggetti, all’epoca, a nessuna concorrenza. Orbene, l’ACEA ritiene che l’assenza di concorrenza in un settore impedisca di qualificare l’esenzione triennale, con riferimento ad esso, come «aiuto nuovo, illegale ed incompatibile».
124 In secondo luogo, l’ACEA rileva un errore di diritto e un difetto di motivazione là dove il Tribunale ha dichiarato che detta qualificazione non escludeva che certi casi specifici potessero venir considerati come aiuti esistenti. Invero, da un lato, contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale, essa deduce che la Commissione era tenuta ad escludere nella decisione controversa la qualificazione dell’esenzione triennale come «aiuto nuovo, illegale ed incompatibile» rispetto ai settori in questione. Dall’altro, il Tribunale non avrebbe spiegato su quale fondamento giuridico la Commissione sarebbe stata autorizzata a non apportare precisazioni relativamente ai suddetti casi specifici.
125 L’ACEA aggiunge che è contraddittorio affermare, nel contempo, che 1’esenzione triennale è un aiuto nuovo e che tale conclusione non impedisce che determinati casi specifici siano considerati aiuti esistenti. Invero, solo la precisazione nella decisione controversa dei settori rispetto ai quali l’esenzione triennale non costituisce un aiuto nuovo avrebbe permesso di giustificare il fatto che certi casi particolari sfuggono all’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE, di consentire alle autorità nazionali di dare esecuzione senza difficoltà eccessive alla decisione controversa e ai giudici dell’Unione di esercitare il loro sindacato.
126 L’Iride sostiene l’argomento dell’ACEA e sottolinea che, se la concorrenza era assente in un settore interessato nel momento in cui l’esenzione triennale è stata istituita, ma ha cominciato a manifestarsi una «certa concorrenza» durante la sua vigenza, detta esenzione avrebbe dovuto essere esaminata come un aiuto esistente.
– Giudizio della Corte
127 Per quanto concerne il fatto che l’ACEA e l’Iride lamentano errori di diritto in base alla circostanza che, a loro avviso, alcuni dei settori in questione non erano aperti alla concorrenza, occorre evidenziare che l’ACEA e l’Iride confondono l’esame di un regime di aiuti multisettoriale con quello di una pluralità di regimi settoriali.
128 Orbene, poiché l’esenzione triennale costituiva un regime multisettoriale, l’esistenza di una certa concorrenza in uno o più dei molteplici settori interessati è tale da consentire di qualificarla, nelle circostanze del caso di specie, come un aiuto nuovo, illegittimo e incompatibile con il mercato comune, anche se altri settori sono chiusi alla concorrenza.
129 Come è stato correttamente evidenziato dal Tribunale nel punto 127 della sentenza impugnata mediante un riferimento al punto 85 della decisione controversa, il fatto che, in determinati casi specifici, alcune imprese operino solo in settori ancora sottratti alla concorrenza può dare luogo alla constatazione per cui, nei medesimi casi specifici, gli aiuti in questione devono essere considerati esistenti.
130 Ne deriva che il ragionamento del Tribunale non è né contraddittorio, né viziato da un errore di diritto. Inoltre, detto ragionamento è tale da consentire tanto all’ACEA di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha respinto il motivo di cui trattasi, quanto alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il proprio sindacato giurisdizionale.
131 Dunque, alla luce della giurisprudenza ricordata nel punto 82 della presente sentenza, il terzo motivo dev’essere respinto.
Sul quarto motivo, vertente su un errore di diritto e un vizio di motivazione in merito alla legittimità dell’ordine di recupero
– Argomenti delle parti
132 Con il suo quarto motivo, l’ACEA censura il Tribunale perché avrebbe frainteso le sue argomentazioni e fatto discendere una conclusione erronea fondandosi su una premessa sbagliata. Infatti, l’ACEA avrebbe sostenuto in primo grado che, considerate le circostanze del caso di specie e il fatto che la Commissione disponeva di informazioni sufficienti per dichiarare che, almeno per quanto riguarda alcuni settori, la qualificazione di «aiuto nuovo incompatibile» non trovava nessuna giustificazione giuridica, in quanto era dimostrato che, limitatamente a certi settori, l’esenzione triennale non si configurava né come aiuto né come «aiuto esistente» ai sensi dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, la Commissione avrebbe dovuto dare atto di ciò nella decisione controversa.
133 Orbene, contrariamente a quanto osservato dal Tribunale nel punto 164 della sentenza impugnata, una precisazione di tal genere non avrebbe comportato uno svuotamento di significato degli artt. 87 CE e 88 CE, né l’impossibilità per la Commissione di ordinare il recupero dei benefici concessi. Inoltre, essa sarebbe servita, da un lato, a evitare che una valutazione astratta delle misure in questione risultasse inconciliabile con le reali condizioni del mercato di certi settori e con la posizione effettivamente occupata delle società ex lege n. 142/90 in tali settori e, dall’altro, a fornire alle autorità e ai giudici nazionali adeguati criteri per valutare casi specifici di applicazione dell’esenzione triennale.
134 Secondo l’ACEA, riconoscere che la Commissione si debba sottomettere a detti obblighi di istruttoria e di motivazione consentirebbe il soddisfacimento di tre fondamentali esigenze, e cioè: in primo luogo, un esame diligente, accurato e imparziale da parte della Commissione delle misure statali sottoposte alla sua valutazione; in secondo luogo, un controllo di legittimità da parte dei giudici dell’Unione, nel rispetto delle garanzie di tutela giurisdizionale riconosciute agli interessati, controllo vertente tanto su ogni elemento di valutazione utilizzato dalla Commissione per motivare l’ordine di recupero, quanto sull’estensione di quest’ultimo; e, in terzo luogo, una motivazione di tali decisioni concernenti regimi di aiuti, contenente i criteri e le indicazioni necessarie per la corretta esecuzione dell’ordine di recupero da parte delle autorità nazionali, senza difficoltà, né effetti pregiudizievoli per le imprese che hanno beneficiato del regime in questione.
135 Pertanto, l’ACEA rileva che, a fronte delle questioni giuridiche e materiali sottoposte al suo esame, la soluzione fornita dal Tribunale risulta insoddisfacente, apodittica e si risolve e si risolverà in un «passaporto di impunità» per la Commissione.
136 L’Iride sostiene l’argomentazione dell’ACEA e rileva che i giudici italiani, in sede di contenzioso sui singoli casi di applicazione della decisione controversa, si sono mostrati riluttanti a compiere una nuova verifica dei requisiti per la qualificazione delle misure come aiuto di Stato ed aiuto esistente, preferendo attenersi alla dichiarazione di illegittimità e incompatibilità formulate dalla Commissione.
– Giudizio della Corte
137 Poiché l’ACEA sostiene che il Tribunale non avrebbe colto il senso del suo quinto motivo, occorre sottolineare che dai punti 144 e 145 della sentenza impugnata discende che l’ACEA ha sostenuto in primo grado che la Commissione avrebbe dovuto esaminare in maniera dettagliata i diversi casi in cui sarebbe stato effettivamente possibile emettere un ordine di recupero.
138 Nei punti 157‑164 della sentenza impugnata, il Tribunale ha risposto a dette asserzioni concludendo che in capo alla Commissione non incombeva l’obbligo di esaminare, nel caso di un regime di aiuti multisettoriale come quello del caso di specie, gli aspetti specifici delle singole imprese e di ciascun tipo di attività o di mercato in questione.
139 Tale valutazione è scevra di errori di diritto. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dall’ACEA, il Tribunale ha ben colto il senso della sua tesi e vi ha risposto in maniera adeguata e senza incorrere in errori di diritto.
140 In particolare, occorre rilevare che, contrariamente a quanto affermato dall’ACEA e dall’Iride, la Commissione ha descritto con precisione i regimi di aiuto ed il vantaggio selettivo accordato. Pertanto, la decisione controversa consente tanto alle autorità nazionali, quanto ai beneficiari di determinare gli aiuti illegittimi e incompatibili e, dunque, gli importi da recuperare. Inoltre, nel punto 163 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che la valutazione di alcuni casi individuali poteva essere effettuata da parte delle autorità nazionali, di concerto con la Commissione.
141 Infine, nel punto 163 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente sostenuto che il giudice nazionale è competente ad interpretare le nozioni di aiuto e di aiuto esistente. Occorre aggiungere che esso dispone a questo scopo, segnatamente, degli accertamenti illustrati nella decisione controversa.
142 Da ciò deriva che il Tribunale non ha commesso errori di diritto nel respingere il quinto motivo dedotto dall’ACEA in primo grado.
143 Di conseguenza, occorre respingere il quarto motivo.
144 Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre respingere integralmente l’impugnazione.
Sulle spese
145 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’art. 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
146 Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, in relazione all’impugnazione principale, l’ACEA, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese inerenti al giudizio di impugnazione.
147 Poiché l’ACEA ne ha fatto domanda, in relazione all’impugnazione incidentale, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese inerenti a detta impugnazione.
148 Ai sensi dell’art. 69, n. 4, terzo comma, di detto regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 del regolamento stesso, la Corte può decidere che una parte interveniente diversa da quelle menzionate nei commi precedenti del medesimo art. 69, n. 4, sopporti le proprie spese. Occorre applicare detta disposizione per quel che riguarda l’Iride.
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara e statuisce:
1) L’impugnazione principale e l’impugnazione incidentale sono respinte.
2) L’ACEA SpA è condannata alle spese inerenti al procedimento di impugnazione principale.
3) La Commissione europea è condannata alle spese inerenti al procedimento di impugnazione incidentale.
4) L’Iride SpA sopporta le proprie spese.
Firme
* Lingua processuale: l’italiano.