Causa C‑552/09 P

Ferrero SpA

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

«Impugnazione — Marchio comunitario — Regolamento (CE) n. 40/94 — Marchio comunitario figurativo TiMi KiNDERJOGHURT — Marchio denominativo anteriore KINDER — Procedimento di dichiarazione di nullità — Art. 52, n. 1, lett. a) — Art. 8, nn. 1, lett. b), e 5 — Valutazione della somiglianza dei segni — Famiglia di marchi»

Massime della sentenza

1.        Impugnazione — Interesse ad agire — Presupposto — Impugnazione atta a procurare un beneficio alla parte che l’ha proposta — Dichiarazione di nullità di un marchio comunitario — Rinuncia al marchio comunitario — Effetti giuridici diversi

2.        Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti relativi alla registrazione — Opposizione da parte del titolare di un marchio anteriore identico o simile che gode di notorietà — Tutela del marchio anteriore notorio estesa a prodotti o a servizi non simili — Presupposti — Nesso tra i marchi

[Regolamento del Consiglio n. 40/94, artt. 8, n. 1, lett. b), e 5]

3.        Impugnazione — Motivi d’impugnazione — Erronea valutazione dei fatti — Irricevibilità — Controllo da parte della Corte della valutazione dei fatti sottoposti al Tribunale — Esclusione, salvo il caso di snaturamento — Motivo vertente sullo snaturamento degli elementi di fatto — Necessità di indicare in modo preciso gli elementi snaturati e di dimostrare gli errori di analisi che hanno condotto a tale snaturamento

[Art. 256, n. 1, secondo comma, TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma; regolamento di procedura della Corte, art. 112, n. 1, primo comma, lett. c)]

4.        Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti relativi alla registrazione — Opposizione da parte del titolare di un marchio anteriore identico o simile registrato per prodotti o servizi identici o simili — Somiglianza tra i marchi interessati — Criteri di valutazione

[Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 8, n. 1, lett. b)]

5.        Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti relativi alla registrazione — Opposizione da parte del titolare di un marchio anteriore identico o simile registrato per prodotti o servizi identici o simili — Rischio di confusione con il marchio anteriore — Rischio di associazione — Marchi anteriori aventi caratteristiche tali da poter essere considerati far parte di una medesima «serie» o «famiglia»

[Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 8, n. 1, lett. b)]

1.        L’interesse ad agire costituisce una condizione di ricevibilità che deve perdurare fino alla decisione del giudice nel merito. Un siffatto interesse esiste fintantoché l’impugnazione, con il suo esito, può procurare un beneficio alla parte che l’ha proposta.

Una parte conserva un interesse a ricorrere avverso la sentenza che respinge il suo ricorso diretto all’annullamento di una decisione con cui una domanda di nullità presentata da detta parte nei confronti della registrazione di un marchio comunitario è stata respinta anche quando il titolare di detto marchio vi rinuncia.

Infatti, la rinuncia non è, di per sé, idonea a privare di qualsiasi effetto l’impugnazione, in quanto gli effetti di una rinuncia e quelli di una dichiarazione di nullità non sono gli stessi. Infatti, mentre il marchio comunitario che è oggetto di una rinuncia cessa di produrre i suoi effetti soltanto a partire dalla registrazione di tale rinuncia, un marchio comunitario dichiarato nullo sarà considerato fin dall’inizio privo di effetti, conformemente alle disposizioni dell’art. 54, n. 2, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, con tutte le conseguenze giuridiche che comporta una siffatta nullità.

(v. punti 39‑41, 43‑44)

2.        L’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato costituisce una condizione di applicazione comune ai nn. 1, lett. b), e 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario.

Tale condizione della somiglianza tra il marchio e il segno presuppone, tanto nell’ambito dell’art. 8, n. 1, lett. b), di detto regolamento quanto in quello del n. 5 del citato articolo, l’esistenza, in particolare, di elementi di analogia visiva, fonetica o concettuale.

Certamente, il grado di somiglianza richiesto nell’ambito delle due citate disposizioni è differente. Infatti, mentre l’attuazione della tutela introdotta dall’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza tra i marchi in conflitto tale da generare, nel pubblico di riferimento, un rischio di confusione tra questi ultimi, l’esistenza di un siffatto rischio non è richiesta ai fini della tutela conferita dal n. 5 del medesimo articolo. Infatti, le forme di nocumento contemplate da tale n. 5 possono essere la conseguenza di un minor grado di somiglianza tra i marchi anteriore e posteriore, purché tale grado di somiglianza sia sufficiente affinché il pubblico di riferimento operi un accostamento tra detti marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra questi ultimi.

Non risulta invece né dal tenore letterale delle citate disposizioni né dalla giurisprudenza che la somiglianza tra i marchi in conflitto debba essere valutata in modo diverso a seconda che tale valutazione sia effettuata alla luce dell’una o dell’altra di tali disposizioni.

L’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto, al pari dell’esistenza di un rischio di confusione, deve essere oggetto di valutazione globale, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, tra i quali figurano, oltre al grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, anche il grado del carattere distintivo e l’intensità della notorietà del marchio anteriore.

Quanto in particolare a quest’ultimo fattore, per valutare l’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto può essere necessario prendere in considerazione il livello di notorietà del marchio anteriore onde accertare se tale marchio sia noto non solamente al suo pubblico di riferimento. È possibile, infatti, che il pubblico interessato ai prodotti o ai servizi per i quali è registrato il marchio posteriore associ i marchi in conflitto l’uno all’altro anche ove detto pubblico sia completamente diverso dal pubblico di riferimento per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato il marchio anteriore.

Pertanto, la notorietà e il carattere distintivo del marchio anteriore costituiscono fattori pertinenti per la valutazione non già della somiglianza dei marchi in conflitto bensì dell’esistenza di un nesso tra gli stessi nella mente del pubblico di riferimento.

(v. punti 51‑54, 56‑58)

3.        Dagli artt. 256, n. 1, secondo comma, TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia risulta che l’impugnazione è limitata ai motivi di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti, nonché gli elementi di prova allegati. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce, quindi, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso di snaturamento di tali fatti e di tali elementi.

Gli artt. 256, n. 1, secondo comma, TFUE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura di quest’ultima impongono al ricorrente di indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e di dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento.

(v. punti 73, 78)

4.        Al fine di valutare il grado di somiglianza esistente tra i marchi in conflitto, occorre determinarne il grado di somiglianza visiva, fonetica e concettuale nonché, eventualmente, valutare la rilevanza che occorre attribuire a questi diversi elementi, tenendo conto della categoria dei prodotti o servizi in questione e delle condizioni in cui essi sono messi in commercio.

La somiglianza visiva, fonetica e concettuale tra i segni in questione deve formare oggetto di una valutazione globale, nell’ambito della quale la valutazione di un’eventuale somiglianza fonetica è soltanto uno dei fattori pertinenti.

(v. punti 85‑86)

5.        L’esistenza di una «famiglia» o «serie» di marchi è un elemento che deve essere preso in considerazione ai fini della valutazione del rischio di confusione. In tal caso, infatti, quest’ultimo è la conseguenza del fatto che il consumatore possa ingannarsi in merito alla provenienza o all’origine dei prodotti o servizi contrassegnati dal marchio richiesto e ritenga, erroneamente, che questo appartenga a tale famiglia o serie di marchi.

Tuttavia, tale elemento non presenta alcuna rilevanza nell’ambito della valutazione dell’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato.

Di conseguenza, è soltanto nell’ipotesi in cui i marchi in conflitto presentino una certa somiglianza che spetta al Tribunale tener conto, nell’ambito di una valutazione globale del rischio di confusione o del nesso tra tali marchi, dell’esistenza di una «famiglia» o «serie» di marchi.

(v. punti 97‑99)







SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

24 marzo 2011 (*)

«Impugnazione – Marchio comunitario – Regolamento (CE) n. 40/94 – Marchio comunitario figurativo TiMi KiNDERJOGHURT – Marchio denominativo anteriore KINDER – Procedimento di dichiarazione di nullità – Art. 52, n. 1, lett. a) – Art. 8, nn. 1, lett. b), e 5 – Valutazione della somiglianza dei segni – Famiglia di marchi»

Nel procedimento C‑552/09 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 23 dicembre 2009,

Ferrero SpA, con sede in Alba, rappresentata dall’avv. C. Gielen, advocaat,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. D. Botis, in qualità di agente,

convenuto in primo grado

Tirol Milch reg.Gen.mbH Innsbruck,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dal sig. A. Borg Barthet (relatore), facente funzione di presidente della Quinta Sezione, dai sigg. M. Ilešič e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 30 novembre 2010,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Ferrero SpA (in prosieguo: la «Ferrero») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 14 ottobre 2009, causa T‑140/08, Ferrero/UAMI – Tirol Milch (TiMi KiNDERJOGHURT) (Racc. pag. II‑3941; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso avverso la decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni, modelli) (UAMI) 30 gennaio 2008 (procedimento R 682/2007‑2), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Ferrero e la Tirol Milch reg.Gen.mbH Innsbruck (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        Il regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), è stato abrogato dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207 (GU L 78, pag. 1), entrato in vigore il 13 aprile 2009. Ciò nondimeno, tenuto conto della data cui risalgono i fatti, alla presente controversia continua ad applicarsi il regolamento n. 40/94.

3        Ai sensi del settimo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94:

«considerando che la tutela conferita dal marchio comunitario, che mira in particolare a garantire la funzione d’origine del marchio di impresa, è assoluta in caso di identità tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi; che la tutela è accordata anche in caso di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi; che è opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione; che il rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato, dall’associazione che può essere fatta tra il marchio di impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati, costituisce la condizione specifica della tutela».

4        L’art. 8, n. 1, del medesimo regolamento disponeva quanto segue:

«In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione:

(…)

b)      se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore».

5        L’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 così recitava:

«In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio comunitario anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nella Comunità o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi».

6        L’art. 49, nn. 1 e 2, del medesimo regolamento era così formulato:

«1.      Il marchio comunitario può essere oggetto di rinuncia per la totalità, o una parte, dei prodotti o dei servizi per i quali è registrato.

2.      La dichiarazione di rinuncia va fatta per iscritto all’[UAMI] dal titolare del marchio. Essa prende effetto soltanto dopo la sua iscrizione nel registro».

7        L’art. 52 del regolamento n. 40/94, intitolato «Cause di nullità relativa», al suo n. 1, enunciava quanto segue:

«Su domanda presentata all’[UAMI] o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione il marchio comunitario è dichiarato nullo:

a)      allorché esiste un marchio anteriore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, e ricorrono le condizioni di cui al paragrafo 1 o al paragrafo 5 di tale articolo;

(…)».

8        L’art. 54, n. 2, del medesimo regolamento disponeva quanto segue:

«Il marchio comunitario è considerato fin dall’inizio privo degli effetti di cui al presente regolamento nella misura in cui il marchio è dichiarato parzialmente o interamente nullo».

 Fatti

9        L’8 aprile 1998 la Tirol Milch reg.Gen.mbH Innsbruck (in prosieguo: la «Tirol Milch»), con sede a Innsbruck (Austria), ha presentato all’UAMI una domanda di registrazione come marchio comunitario del seguente segno figurativo:

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10      I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione rientrano nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato (in prosieguo: l’«Accordo di Nizza»), e corrispondono alla seguente descrizione:

«Yogurt, yogurt alla frutta, bevande allo yogurt, bevande allo yogurt contenenti frutta; alimenti pronti e semipronti a base prevalentemente di yogurt o di prodotti allo yogurt; creme allo yogurt».

11      Il 14 gennaio 1999 la Ferrero ha proposto opposizione avverso la registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti cui esso si riferisce basandosi sul proprio marchio denominativo anteriore KINDER, registrato in Italia dal 28 gennaio 1965 con il n. 168843 e, in seguito al rinnovo, con il n. 684985, per prodotti della classe 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza corrispondenti alla seguente descrizione:

«Caffè, tè, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; pane, biscotti, dolci, pasta per dolci e confetteria, gelati, miele, melassa, lievito e polvere per fare lievitare; sale, senape; pepe, aceto, salse; spezie; ghiaccio; cacao, prodotti di cacao, vale a dire pasta di cacao per bevande al cacao, pasta al cioccolato; strati, in particolare strati di cioccolato, cioccolato, praline, decorazioni in cioccolato per alberi di Natale, prodotti a base di cioccolato ripieno all’alcool, caramelle, confetteria, inclusa la pasta dura e morbida per dolciumi».

12      Con decisione 29 settembre 2000 la divisione di opposizione dell’UAMI ha respinto l’opposizione sulla base delle disposizioni dall’art. 8, nn. 1, lett. b), e 5, del regolamento n. 40/94.

13      Il 3 novembre 2003 la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha confermato tale decisione.

14      Il marchio TiMi KiNDERJOGHURT è stato registrato il 20 agosto 2004 ed è stato pubblicato sul Bollettino dei marchi comunitari dell’11 ottobre 2004.

15      Il 19 agosto 2005 la Ferrero ha presentato all’UAMI una domanda di dichiarazione di nullità della registrazione di tale marchio comunitario, ai sensi dell’art. 52, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94. La domanda in parola è stata presentata per tutti i prodotti contrassegnati dal detto marchio.

16      Con decisione 14 marzo 2007 la divisione di annullamento dell’UAMI ha dichiarato la nullità del marchio comunitario TiMi KiNDERJOGHURT in applicazione dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94.

17      Il 4 maggio 2007 la Tirol Milch ha proposto un ricorso dinanzi all’UAMI, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, avverso detta decisione della divisione di annullamento.

18      Con la decisione controversa la seconda commissione di ricorso dell’UAMI ha annullato la decisione della divisione di annullamento e ha respinto la domanda di dichiarazione di nullità.

19      In sostanza, la commissione di ricorso ha ritenuto, anzitutto, che, benché le decisioni di opposizione non abbiano autorità di giudicato, la divisione di annullamento fosse vincolata dalle constatazioni e dalle conclusioni di merito delle precedenti decisioni dell’UAMI in forza del principio nemo potest venire contra factum proprium, secondo cui l’amministrazione è tenuta al rispetto dei propri atti, in particolare qualora tali atti abbiano consentito alle parti del procedimento di acquisire legittimamente diritti su un marchio registrato. La commissione di ricorso ha poi confermato le constatazioni della decisione della divisione di opposizione e della decisione della quarta commissione di ricorso 3 novembre 2003, secondo cui i marchi erano complessivamente diversi, tenuto conto delle loro profonde differenze sul piano visivo e fonetico. Infine, essa ha respinto la domanda di nullità sulla base del rilievo che una delle condizioni di applicazione dell’art. 8, nn. 1, lett. b), e 5, del regolamento n. 40/94, vale a dire l’identità o la somiglianza dei segni, non risultava soddisfatta.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

20      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 aprile 2008, la Ferrero ha chiesto l’annullamento della decisione controversa e la condanna dell’UAMI alle spese.

21      A sostegno del suo ricorso dinanzi al Tribunale la ricorrente ha dedotto due motivi vertenti, rispettivamente, sull’erronea applicazione del principio dell’autorità della cosa giudicata e sulla violazione dell’art. 8, nn. 1, lett. b), e 5, del regolamento n. 40/94.

22      Riguardo al primo motivo, il Tribunale ha osservato, al punto 32 della sentenza impugnata, che la commissione di ricorso aveva effettuato un esame autonomo e completo del merito della controversia e, segnatamente, della somiglianza dei segni in questione, cosicché, nonostante le constatazioni formulate al punto 30 della decisione controversa, la commissione di ricorso non aveva applicato il principio dell’autorità della cosa giudicata. Al punto 33 della citata sentenza, il Tribunale ne ha dedotto che il primo motivo era basato su una premessa erronea e doveva, pertanto, essere respinto.

23      Cionondimeno, il Tribunale ha precisato, al punto 36 della sentenza impugnata, che la commissione di ricorso aveva erroneamente ritenuto che, nell’ambito di un procedimento di dichiarazione di nullità, gli organi dell’UAMI fossero vincolati dalle constatazioni operate nella decisione definitiva resa nell’ambito del procedimento di opposizione, in virtù del principio nemo potest venire contra factum proprium, della tutela dei diritti acquisiti, nonché dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.

24      Per quanto riguarda il secondo motivo dedotto dalla Ferrero a sostegno del suo ricorso, il Tribunale ha anzitutto rilevato, al punto 53 della sentenza impugnata, che l’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato costituiva una condizione di applicazione comune ai nn. 1, lett. b), e 5, dell’art. 8 del regolamento n. 40/94, ai quali rinvia l’art. 52, n. 1, lett. a), dello stesso regolamento, e che tale condizione presuppone, in particolare, l’esistenza di elementi di analogia visiva, fonetica o concettuale.

25      Al punto 54 della sentenza impugnata, il Tribunale ha poi richiamato la giurisprudenza secondo la quale, per soddisfare la condizione relativa alla somiglianza, alla luce dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, non è necessario dimostrare l’esistenza, nel pubblico di riferimento, di un rischio di confusione tra il marchio anteriore che gode di notorietà e il marchio contestato, ma è sufficiente che il grado di somiglianza tra tali marchi abbia l’effetto di indurre il pubblico di riferimento a stabilire un nesso tra essi. Il Tribunale ha infine ricordato che l’esistenza di un siffatto nesso deve essere oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, e che, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi di cui trattasi, il confronto dei segni doveva essere fondato sull’impressione globale prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi.

26      Detto giudice ha tuttavia considerato, ai punti 55‑59 della sentenza impugnata, che, benché l’elemento «kinder» sia presente in entrambi i segni in questione, nel caso di specie diverse caratteristiche visive e fonetiche escludevano che questi ultimi fossero percepiti come simili.

27      Al punto 61 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato, riguardo all’argomento della Ferrero relativo alla notorietà del marchio anteriore e a quello basato sulla somiglianza esistente tra i prodotti dei marchi in conflitto, che, benché i detti elementi potessero essere presi in considerazione per la valutazione di un rischio di confusione, restava il fatto che essi sono del tutto irrilevanti ai fini della valutazione della somiglianza esistente tra i segni. Il Tribunale ha inoltre affermato, al punto 62 della citata sentenza, che l’assenza di somiglianza tra i segni in questione era evidente a tal punto che la notorietà del marchio KINDER, indipendentemente dal fatto che esso sia o meno contestata, non poteva rimettere in discussione tale assenza di somiglianza.

28      Il Tribunale ha dichiarato, al punto 63 della sentenza impugnata, che l’esistenza di una famiglia o serie di marchi non era rilevante nell’ambito della valutazione se sia o meno soddisfatta la condizione di applicazione comune ai nn. 1, lett. b), e 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94, vale a dire l’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato. Detto giudice ha inoltre constatato, al punto 64 di detta sentenza, che, anche supponendo che l’esistenza di una famiglia o serie di marchi sia un elemento rilevante ai fini della valutazione dell’esistenza di una siffatta somiglianza, il rischio che i consumatori possano effettivamente ritenere, nel caso di specie, che il marchio contestato appartenga a tale famiglia o serie di marchi è molto debole, se non addirittura inesistente, per via della rilevanza delle dissomiglianze esistenti tra il marchio contestato e i segni elencati al punto 5 del ricorso, contenenti tutti l’elemento «kinder» oltre a un elemento supplementare e/o elementi figurativi.

29      Per quanto attiene all’argomento secondo cui la commissione di ricorso non avrebbe preso in considerazione il fatto che, alla luce dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, la valutazione del grado di somiglianza non necessitava di accertamento relativo all’esistenza di un rischio di confusione, il Tribunale ha affermato, al punto 67 della sentenza impugnata, che gli elementi fatti valere dalla commissione di ricorso dimostravano l’assenza di somiglianza a prescindere dall’eventuale idoneità del grado di somiglianza a creare un rischio di confusione.

30      Infine, il Tribunale ha dichiarato, al punto 68 della sentenza impugnata, che la commissione di ricorso non era incorsa in errore procedendo a una «profonda disamina» del marchio contestato. Detto giudice ha infatti considerato che, se è pur vero che, nell’ambito della valutazione del grado di somiglianza, si deve considerare l’impressione globale prodotta dalla combinazione degli elementi che compongono tali marchi, ciò non è tuttavia incompatibile con un esame in successione di tali elementi. Il Tribunale ha altresì osservato che, nel caso di specie, la commissione di ricorso, dopo aver constatato che le differenze tra i segni in questione compensavano l’unico elemento di somiglianza, ha sottolineato che, se questi ultimi venivano confrontati nel loro insieme, le impressioni globali prodotte dai medesimi erano differenti, dimodoché tale «profonda disamina» non era stata effettuata a scapito della presa in considerazione dell’impressione globale prodotta dalla combinazione degli elementi che compongono i marchi in conflitto.

31      Di conseguenza, il Tribunale ha dichiarato infondato il secondo motivo dedotto dalla Ferrero a sostegno del suo ricorso e lo ha respinto.

 Conclusioni delle parti

32      Con la sua impugnazione, la Ferrero chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        accogliere il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa o, in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca nuovamente, e

–        condannare l’UAMI alle spese da essa sostenute nel procedimento di primo grado e in quello di impugnazione.

33      L’UAMI chiede che la Corte voglia:

–        prendere atto della rinuncia della Tirol Milch al marchio comunitario contestato e, nell’ipotesi in cui la ricorrente accettasse di porre termine al procedimento oppure non dimostrasse di avere un interesse giuridico alla sua prosecuzione, dichiarare che l’impugnazione è priva di oggetto nonché constatare che non vi è più luogo a provvedere e che ciascuna parte deve sopportare le proprie spese;

–        se la Corte dovesse dichiarare che la ricorrente ha un interesse a proseguire il procedimento, autorizzare l’UAMI a presentare argomenti e motivi nuovi contro l’impugnazione, e

–        in subordine, dichiarare direttamente irricevibile l’impugnazione nella sua interezza ovvero respingerla in quanto manifestamente infondata, e condannare la ricorrente alle spese da esso sostenute.

 Sull’impugnazione

 Sull’interesse ad agire della ricorrente

 Argomenti delle parti

34      Nel suo controricorso l’UAMI afferma che, con lettera del 15 febbraio 2010, la Tirol Milch l’ha informato della sua intenzione di rinunciare completamente al marchio comunitario contestato, in applicazione dell’art. 49 del regolamento n. 40/94.

35      Con lettera del 15 marzo 2010 l’UAMI ha confermato alla Tirol Milch che la sua rinuncia era stata accettata e che il marchio del quale aveva ottenuto la registrazione era stato ritirato dal registro dei marchi comunitari. Con lettera risalente al giorno successivo, l’UAMI ha informato di tale ritiro la Ferrero.

36      In tale contesto, l’UAMI sostiene che la ricorrente è ormai priva di interesse ad ottenere l’annullamento della sentenza impugnata, dimodoché non occorre più provvedere sulla presente impugnazione, e che il procedimento deve essere dichiarato privo di oggetto.

37      In udienza la Ferrero ha tuttavia affermato che la decisione controversa e la sentenza impugnata hanno prodotto effetti giuridici ad essa sfavorevoli.

38      La Ferrero sostiene inoltre che, benché la Tirol Milch abbia rinunciato al marchio contestato, essa conserva un interesse a ottenere l’annullamento tanto della sentenza impugnata quanto della decisione controversa, atteso che la dichiarazione di nullità, a differenza della rinuncia, produrrebbe effetti a partire dalla data di deposito della domanda di registrazione di tale marchio.

 Giudizio della Corte

39      In via preliminare, occorre ricordare che l’interesse ad agire costituisce una condizione di ricevibilità che deve perdurare fino alla decisione del giudice nel merito. Secondo la giurisprudenza della Corte, un siffatto interesse esiste fintantoché l’impugnazione, con il suo esito, può procurare un beneficio alla parte che l’ha proposta (sentenza 14 settembre 2010, causa C‑550/07 P, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione, Racc. pag. I‑8301, punti 22 e 23).

40      Nel caso di specie è giocoforza constatare, in primo luogo, che, con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il ricorso della Ferrero diretto all’annullamento della decisione controversa, con cui la commissione di ricorso dell’UAMI aveva respinto la domanda di dichiarazione di nullità presentata da detta società avverso la registrazione del marchio comunitario TiMi KiNDERJOGHURT.

41      Orbene, nel caso di specie, se il motivo dedotto dalla Ferrero a sostegno della sua impugnazione fosse fondato, potrebbe determinare l’annullamento della sentenza impugnata, oppure, eventualmente, della decisione controversa e, pertanto, della decisione 20 agosto 2004 che dispone la registrazione di tale marchio.

42      In secondo luogo, contrariamente a quanto sostiene l’UAMI, la rinuncia della Tirol Milch al marchio comunitario TiMi KiNDERJOGHURT non è, di per sé, idonea a privare di oggetto l’impugnazione presentata dalla Ferrero.

43      Quest’ultima conserva infatti un interesse a ricorrere avverso la sentenza impugnata atteso che, come la stessa ha affermato in udienza, gli effetti di una rinuncia e quelli di una dichiarazione di nullità non sono gli stessi. Infatti, mentre il marchio comunitario che è oggetto di una rinuncia cessa di produrre i suoi effetti soltanto a partire dalla registrazione di tale rinuncia, un marchio comunitario dichiarato nullo sarà considerato fin dall’inizio privo di effetti, conformemente alle disposizioni dell’art. 54, n. 2, del regolamento n. 40/94, con tutte le conseguenze giuridiche che comporta una siffatta nullità.

44      Pertanto, poiché la presente impugnazione può procurare un beneficio alla Ferrero, quest’ultima conserva un interesse ad agire.

 Nel merito

45      A sostegno dalla sua impugnazione la Ferrero deduce un motivo unico vertente sulla violazione dell’art. 8 del regolamento n. 40/94. Tale motivo si articola in cinque capi relativi, rispettivamente:

–        il primo, a una violazione del regime di cui all’art. 8 del regolamento n. 40/94;

–        il secondo, al fatto che non sarebbero stati presi debitamente in considerazione altri elementi diversi dalla somiglianza, in particolare la notorietà;

–        il terzo, alla definizione di norme relative alla prova erronee e infondate;

–        il quarto, alla mancata presa in considerazione del fatto che i marchi anteriori sono in parte marchi denominativi, mentre il marchio contestato è un marchio figurativo, e

–        il quinto, al fatto che non sarebbe stata presa debitamente in considerazione l’esistenza di una famiglia di marchi.

 Sul primo capo del motivo unico

–       Argomenti delle parti

46      Con tale primo capo del motivo unico la Ferrero addebita al Tribunale di aver violato il regime di cui all’art. 8 del regolamento n. 40/94, effettuando un’unica valutazione in concreto della somiglianza alla luce dei nn. 1, lett. b), e 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94, benché tali due differenti disposizioni prevedano l’applicazione di serie di criteri completamente distinte.

47      La Ferrero afferma che, secondo la giurisprudenza, nell’ambito di ciascuna delle citate disposizioni, la somiglianza deve essere valutata, in modo interdipendente, insieme a una serie di altri elementi che variano a seconda della disposizione in questione.

48      Risulterebbe in particolare dalla sentenza 27 novembre 2008, causa C‑252/07, Intel Corporation (Racc. pag. I‑8823), che, alla luce dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, si deve tenere conto, ai fini della valutazione della somiglianza, della notorietà nonché degli elementi distintivi e dominanti del segno in questione.

49      Per contro, alla luce dell’art. 8, n. 1, lett. b), del citato regolamento, la presa in considerazione della notorietà e del carattere distintivo sarebbe rilevante ai fini della valutazione globale del rischio di confusione. 

50      L’UAMI sostiene che tale primo capo del motivo unico è manifestamente infondato. Esso afferma che la Corte ha avuto già modo di dichiarare che, con riferimento alle due disposizioni menzionate al precedente punto 46, la somiglianza deve essere valutata alla luce degli elementi di analogia visiva, fonetica e concettuale tra i segni (sentenza 23 ottobre 2003, causa C‑408/01, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, Racc. pag. I‑12537, punto 28). Secondo l’UAMI, se tale esame rivela che, complessivamente, i segni non sono simili, tale constatazione è valida nell’ambito tanto del n. 1, lett. b), quanto del n. 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94.

–       Giudizio della Corte

51      In via preliminare, occorre ricordare, come ha fatto il Tribunale al punto 53 della sentenza impugnata, che l’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato costituisce una condizione di applicazione comune ai nn. 1, lett. b), e 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94.

52      Tale condizione della somiglianza tra il marchio e il segno presuppone, tanto nell’ambito dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 quanto in quello del n. 5 del citato articolo, l’esistenza, in particolare, di elementi di analogia visiva, fonetica o concettuale (v., in tal senso, sentenza Adidas-Salomon e Adidas Benelux, cit., punto 28).

53      Certamente, il grado di somiglianza richiesto nell’ambito delle due citate disposizioni è differente. Infatti, mentre l’attuazione della tutela introdotta dall’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza tra i marchi in conflitto tale da generare, nel pubblico di riferimento, un rischio di confusione tra questi ultimi, l’esistenza di un siffatto rischio non è richiesta ai fini della tutela conferita dal n. 5 del medesimo articolo. Infatti, le forme di nocumento contemplate da tale n. 5 possono essere la conseguenza di un minor grado di somiglianza tra i marchi anteriore e posteriore, purché tale grado di somiglianza sia sufficiente affinché il pubblico di riferimento operi un accostamento tra i detti marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra questi ultimi (v., in tal senso, citate sentenze Adidas-Salomon e Adidas Benelux, punti 27, 29 e 31, nonché Intel Corporation, punti 57, 58 e 66).

54      Non risulta invece né dal tenore letterale delle citate disposizioni né dalla giurisprudenza che la somiglianza tra i marchi in conflitto debba essere valutata in modo diverso a seconda che tale valutazione sia effettuata alla luce dell’una o dell’altra di tali disposizioni.

55      Per quanto attiene all’argomento della Ferrero vertente sulla citata sentenza Intel Corporation, occorre constatare che esso poggia su un’errata lettura di detta sentenza.

56      La Corte ha confermato, nella citata sentenza, la sua giurisprudenza secondo la quale l’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto, al pari dell’esistenza di un rischio di confusione, deve essere oggetto di valutazione globale, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, tra i quali figurano, oltre al grado di somiglianza tra i marchi in conflitto, anche il grado del carattere distintivo e l’intensità della notorietà del marchio anteriore (v. sentenza Intel Corporation, cit., punti 41 e 42 nonché giurisprudenza ivi citata).

57      Con riferimento in particolare a quest’ultimo fattore, la Corte ha osservato che, per valutare l’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto può essere necessario prendere in considerazione il livello di notorietà del marchio anteriore onde accertare se tale marchio sia noto non solamente al suo pubblico di riferimento. A tal riguardo essa ha spiegato, in particolare, che, invero, è possibile che il pubblico interessato ai prodotti o ai servizi per i quali è registrato il marchio posteriore associ i marchi in conflitto l’uno all’altro anche ove detto pubblico sia completamente diverso dal pubblico di riferimento per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato il marchio anteriore (v. sentenza Intel Corporation, cit., punti 52 e 53).

58      Si evince quindi chiaramente dalla citata sentenza Intel Corporation, che, contrariamente a quanto sostiene la Ferrero, la Corte ha ivi dichiarato che la notorietà e il carattere distintivo del marchio anteriore costituiscono fattori pertinenti per la valutazione non già della somiglianza dei marchi in conflitto bensì dell’esistenza di un nesso tra gli stessi nella mente del pubblico di riferimento.

59      Pertanto, il primo capo del motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo capo del motivo unico

–       Argomenti delle parti

60      Con tale secondo capo del motivo unico la Ferrero sostiene che il Tribunale, ai punti 55‑59 della sentenza impugnata, è incorso in un errore di diritto per aver valutato il rischio di confusione, alla luce dell’art. 8, nn. 1, lett. b), e 5, del regolamento n. 40/94, soltanto dal punto di vista della somiglianza dei marchi in conflitto e per aver rifiutato di esaminare gli altri fattori applicabili che potrebbero essere rilevanti per compensare un’eventuale somiglianza tenue dei segni e, in particolare, la notorietà del marchio anteriore sul mercato interessato.

61      La Ferrero sostiene, inoltre, che la dichiarazione del Tribunale, al punto 62 della sentenza impugnata, secondo cui «l’assenza di somiglianza tra i segni in questione (…) è evidente a tal punto che la notorietà del marchio KINDER, indipendentemente dal fatto che ess[a] sia o meno contestat[a], non può rimettere in discussione tale assenza di somiglianza» è erronea, in quanto la notorietà di un marchio ha un effetto diretto sulla portata della sua tutela in termini di somiglianza. Secondo la ricorrente, un marchio che gode di un’ampia notorietà ha anche necessariamente acquisito un carattere distintivo molto forte. Di conseguenza, sarebbe necessaria l’esistenza di differenze sostanziali al fine di distinguere un marchio posteriore dal marchio anteriore notorio. Procedere a un raffronto tra due marchi senza tener conto delle loro rispettive notorietà costituirebbe quindi un errore di diritto.

62      La Ferrero afferma inoltre che, se il punto 62 della sentenza impugnata dovesse essere interpretato nel senso che esso implica che tanto il n. 1, lett. b), quanto il n. 5 dell’art. 8 del regolamento n. 40/94 presuppongono l’esistenza di un grado minimo di somiglianza e che, nel caso in cui quest’ultimo non raggiungesse tale minimo, non potrebbe essere compensato da una notorietà dominante, tale conclusione dovrebbe essere parimenti respinta in quanto non trova alcun fondamento giuridico in tale art. 8. Secondo la Ferrero, la natura interdipendente della somiglianza e della notorietà, alla luce di tali due disposizioni, comporta al contrario che anche un grado minimo di somiglianza possa essere compensato dalla notorietà, creando in questo modo un nesso ai sensi di tale n. 5 o anche un rischio di confusione ai sensi del citato n. 1, lett. b).

63      Secondo l’UAMI, tale secondo capo del motivo unico è manifestamente infondato. Dalla giurisprudenza emergerebbe infatti che, se i segni in questione sono diversi, l’eventuale notorietà dei marchi anteriori non può condurre all’applicazione delle citate disposizioni, non essendo soddisfatta una delle condizioni da esse previste. Ciò varrebbe tanto per l’art. 8, n. l, lett. b), del regolamento n. 40/94, in forza del quale la somiglianza tra i segni e i prodotti è una condizione indispensabile per l’applicazione di tale disposizione, quanto per il n. 5 del medesimo articolo, in forza del quale la somiglianza dei segni è una delle condizioni indipendenti e cumulative che devono essere soddisfatte.

–       Giudizio della Corte

64      Come precedentemente ricordato al punto 56, l’esistenza di un nesso tra il marchio anteriore e il marchio contestato ai sensi dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94, al pari di un rischio di confusione alla luce del n. 1, lett. b), del medesimo articolo, deve essere oggetto di valutazione globale tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, tra i quali figurano in particolare il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto e tra i prodotti contrassegnati da tali marchi, nonché l’intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo, intrinseco o acquisito mediante l’uso, del marchio anteriore.

65      Se è pur vero che tale valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, di modo che un tenue grado di somiglianza tra i marchi può essere compensato da un forte carattere distintivo del marchio anteriore [v., in tal senso, sentenza 7 maggio 2009, causa C‑398/07 P, Waterford Wedgwood/Assembled Investments (Proprietary) e UAMI, punto 33], resta tuttavia il fatto che, in assenza di qualsiasi somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato, la notorietà o la rinomanza del marchio anteriore così come l’identità o la somiglianza dei prodotti o servizi considerati non sono sufficienti per constatare l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto o di un nesso tra gli stessi nella mente del pubblico di riferimento (v., in tal senso, sentenza 2 settembre 2010, causa C‑254/09 P, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, Racc. pag. I‑7989, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

66      Infatti, come emerge dal precedente punto 51, l’identità o la somiglianza dei marchi in conflitto è una condizione necessaria per l’applicazione dell’art. 8, nn. 1, lett. b), e 5, del regolamento n. 40/94. Di conseguenza, tali disposizioni sono manifestamente inapplicabili quando il Tribunale esclude qualsiasi somiglianza tra i marchi in conflitto (v., in tal senso, sentenza Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, cit., punto 68). È soltanto nell’ipotesi in cui i marchi in conflitto presentino una certa somiglianza, ancorché tenue, che spetta al suddetto giudice procedere a una valutazione globale al fine di stabilire se, nonostante il tenue grado di somiglianza esistente tra tali marchi, la presenza di altri fattori pertinenti, quali la notorietà o la rinomanza del marchio anteriore, possa dar adito a un rischio di confusione o creare un nesso tra tali marchi nella mente del pubblico di riferimento.

67      Orbene, ai punti 55‑59 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che alcune caratteristiche visive e fonetiche dei segni in questione escludevano che questi ultimi potessero essere percepiti come simili.

68      Ciò premesso, il Tribunale ha correttamente concluso, ai punti 61 e 62 della sentenza impugnata, che la notorietà del marchio anteriore e la somiglianza esistente tra i prodotti dei marchi controversi, benché possano essere prese in considerazione per la valutazione di un rischio di confusione, sono del tutto irrilevanti ai fini della valutazione della somiglianza esistente tra i segni in questione, dimodoché tali elementi non possono rimettere in discussione l’assenza di somiglianza così accertata (v., in tal senso, sentenza 11 dicembre 2008, causa C‑57/08 P, Gateway/UAMI, punti 55‑57).

69      Ne deriva che il secondo capo del motivo deve essere dichiarato infondato.

 Sul terzo capo del motivo unico

–       Argomenti delle parti

70      Con tale terzo capo del motivo unico la Ferrero sostiene che il Tribunale, ai punti 56‑58 della sentenza impugnata, è incorso in un errore di diritto o ha snaturato i fatti dedotti dinanzi ad esso applicando, ai fini della valutazione della somiglianza dei segni di cui trattasi, norme relative alla prova erronee, infondate e non giustificate da alcuna motivazione.

71      Secondo la Ferrero, dette norme consistono nel fatto che, in primo luogo, quando gli elementi costituiscono un tutt’uno, ciascuno di essi perde la propria esistenza autonoma specifica. In secondo luogo, se un segno figurativo consiste nella rappresentazione di due elementi, dei quali uno è posto al centro e al di sopra dell’altro, l’aspetto focale del segno sarebbe l’elemento collocato più in alto, poiché tale posizione centrale può compensare un carattere di scrittura più piccolo e una minore leggibilità dovuta allo sfondo sul quale compare l’elemento posto al centro. In terzo luogo, quando un segno contiene due elementi, l’aspetto focale di tale segno sarebbe il primo di tali elementi. In quarto luogo, se un segno contiene tre elementi, l’elemento centrale sarebbe un elemento trascurabile.

72      L’UAMI sostiene che il terzo capo del motivo unico è manifestamente irricevibile in quanto esso non solleva alcuna questione di diritto e si limita a rimettere in discussione gli accertamenti in fatto del Tribunale, in violazione di quanto prescritto dall’art. 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

–       Giudizio della Corte

73      In via preliminare occorre ricordare che dagli artt. 256, n. 1, secondo comma, TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte risulta che l’impugnazione è limitata ai motivi di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti, nonché gli elementi di prova allegati. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce, quindi, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso di snaturamento di tali fatti e di tali elementi (v., in particolare, sentenze Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, cit., punto 49 e giurisprudenza ivi citata, nonché 13 gennaio 2011, causa C‑92/10 P, Media-Saturn-Holding/UAMI, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 27).

74      Tuttavia, qualora un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere nuovamente discussi nel corso di un’impugnazione (v., in particolare, sentenza 17 luglio 2008, causa C‑488/06 P, L & D/UAMI, Racc. pag. I‑5725, punto 43).

75      Orbene, con il terzo capo del suo motivo unico, la Ferrero addebita al Tribunale di aver introdotto, ai fini della valutazione della somiglianza, norme implicite in materia di prove non previste dal regolamento n. 40/94. Essa intende appunto far dichiarare che, nella sentenza impugnata, il Tribunale è incorso in errori di diritto.

76      Pertanto, tale capo deve essere dichiarato ricevibile.

77      Tuttavia è giocoforza constatare che tale capo è privo di fondamento in fatto. Infatti, alla conclusione di cui al punto 59 della sentenza impugnata, secondo la quale la commissione di ricorso non era incorsa in errore constatando l’assenza di somiglianza tra i segni in questione, il Tribunale sarebbe giunto dopo aver compiuto una valutazione concreta delle caratteristiche visive e fonetiche proprie di tali segni senza introdurre, contrariamente a quanto sostiene la Ferrero, norme in materia di prova di portata generale.

78      Del resto, poiché la Ferrero allega uno snaturamento dei fatti sottoposti al Tribunale, occorre ricordare che gli artt. 256, n. 1, secondo comma, TFUE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura di quest’ultima impongono al ricorrente di indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati dal Tribunale e di dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento (v., in particolare, sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 50).

79      Orbene, si deve constatare che la Ferrero non produce alcun elemento idoneo a dimostrare detta affermazione.

80      Il terzo capo del motivo deve essere quindi respinto in quanto infondato.

 Sul quarto capo del motivo unico

–       Argomenti delle parti

81      Con tale quarto capo del motivo unico la Ferrero sostiene che dalla giurisprudenza risulta che la somiglianza, alla luce dell’art. 8, nn. 1, lett. b), e 5, del regolamento n. 40/94, può essere visiva, fonetica o concettuale e che tali aspetti della somiglianza devono essere oggetto di valutazione globale. Orbene, ai punti 56‑58 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe effettuato una valutazione soprattutto da un punto di vista visivo e, in parte, da un punto di vista fonetico, ponendo prevalentemente l’accento su questioni relative alla rappresentazione grafica, quali la posizione e i caratteri di scrittura dei tre elementi contenuti nel marchio contestato, nonché lo sfondo sul quale compaiono.

82      Così facendo, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che i marchi anteriori, e in particolare i marchi spagnoli, francesi e italiani relativi all’elemento «KINDER», sono marchi denominativi la cui portata della tutela non sarebbe influenzata da questioni relative alla rappresentazione grafica, quali la posizione degli elementi, il carattere di scrittura o lo sfondo sul quale tali elementi sono rappresentati.

83      L’UAMI sostiene che il quarto capo del motivo unico è manifestamente irricevibile, dal momento che esso non solleva alcuna questione di diritto e si limita a rimettere in discussione gli accertamenti in fatto del Tribunale.

–       Giudizio della Corte

84      In via preliminare, deve essere respinto l’argomento dell’UAMI relativo all’irricevibilità del quarto capo del motivo unico. Infatti, contrariamente a quanto sostiene quest’ultimo, detto capo verte su una questione di diritto, in quanto in esso si lamenta il travisamento da parte del Tribunale della portata dell’art. 8, nn. 1, lett. b), e 5, del regolamento n. 40/94, giacché esso avrebbe dovuto tenere conto, nell’ambito della valutazione della somiglianza dei segni in questione, del fatto che il marchio anteriore è un marchio denominativo.

85      Nel merito, si deve aggiungere che, al fine di valutare il grado di somiglianza esistente tra i marchi in questione, occorre determinarne il grado di somiglianza visiva, fonetica e concettuale nonché, eventualmente, valutare la rilevanza che occorre attribuire a questi diversi elementi, tenendo conto della categoria dei prodotti o servizi in questione e delle condizioni in cui essi sono messi in commercio (sentenza 12 giugno 2007, causa C‑334/05 P, UAMI/Shaker, Racc. pag. I‑4529, punto 36).

86      Inoltre, la somiglianza visiva, fonetica e concettuale tra i segni in questione deve formare oggetto di una valutazione globale, nell’ambito della quale la valutazione di un’eventuale somiglianza fonetica è soltanto uno dei fattori pertinenti (v., in tal senso, sentenza 23 marzo 2006, causa C‑206/04 P, Mülhens/UAMI, Racc. pag. I‑2717, punto 21).

87      Il Tribunale ha dunque giustamente esaminato, ai punti 56‑58 della sentenza impugnata, l’impressione complessiva prodotta dai due segni considerati, per quanto riguarda la loro eventuale somiglianza tanto visiva quanto fonetica.

88      Il quarto capo del motivo unico deve essere quindi respinto in quanto infondato.

89      Quanto al resto, tale capo del motivo, nella parte in cui mirerebbe ad ottenere una nuova valutazione dei fatti, conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 73, è irricevibile dal momento che la Ferrero non ha dedotto alcuno snaturamento dei fatti o degli elementi di prova sottoposti al Tribunale.

 Sul quinto capo del motivo unico

–       Argomenti delle parti

90      Con tale quinto capo del motivo unico la Ferrero sostiene che il Tribunale è incorso in errore di diritto non prendendo in considerazione, nel caso di specie, l’esistenza di una famiglia di marchi sulla base del rilievo che essa non è rilevante nell’ambito della valutazione della somiglianza.

91      Così facendo, il Tribunale avrebbe interpretato in modo erroneo la giurisprudenza poiché, se è vero che, alla luce dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, l’esistenza di una famiglia di marchi aumenta il rischio di confusione inducendo il consumatore a supporre che il marchio contestato faccia parte di tale famiglia, ciò avviene proprio a causa della somiglianza tra, da un lato, il marchio contestato, e, dall’altro, la famiglia di marchi, o, più specificamente, a motivo dell’elemento comune a questi ultimi (sentenza 13 settembre 2007, causa C‑234/06 P, Il Ponte Finanziaria/UAMI, Racc. pag. I‑7333, punto 63).

92      La Ferrero sostiene, inoltre, che la stessa esistenza di una famiglia di marchi aumenta il rischio che il marchio di un terzo contenente l’elemento comune della famiglia sia automaticamente percepito dal consumatore di riferimento come simile a tale elemento comune.

93      Tale criterio si applicherebbe pienamente alla situazione in cui il marchio contestato contiene l’elemento «KINDER», che gode di un’ampia notorietà, essendo tale marchio confrontato con una famiglia di 36 marchi che contengono tutti il medesimo elemento, da solo o combinato con altri.

94      L’UAMI sostiene che il quinto capo del motivo unico è al contempo irricevibile e manifestamente infondato. Da un lato, infatti, rimettere in discussione la constatazione del Tribunale secondo la quale la Ferrero non può avvalersi dell’esistenza di una «famiglia» di marchi simili comporterebbe un nuovo accertamento in fatto, il quale non può essere effettuato nell’ambito di un’impugnazione. Dall’altro, l’UAMI sostiene che l’eventuale esistenza di una famiglia di marchi è rilevante soltanto alla luce dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, nei limiti in cui essa può provocare una forma particolare di confusione indiretta, facendo credere al pubblico che il marchio posteriore sia un ulteriore marchio che si è appena aggiunto a quelli di tale famiglia. Per contro, quanto al n. 5 del medesimo articolo, tale argomento sarebbe privo di fondamento giuridico, non essendo la confusione di per sé sola rilevante. Allo stesso modo, l’assenza di somiglianza tra tutti i marchi della serie e il segno contestato sarebbe sufficiente ad escludere in modo certo la possibilità di un rischio di confusione e di un pregiudizio o un vantaggio indebito.

–       Giudizio della Corte

95      In via preliminare occorre respingere l’argomento dell’UAMI relativo all’irricevibilità del quinto capo del motivo unico. Infatti, dall’argomentazione sviluppata dalla Ferrero emerge che quest’ultima intende dedurre il travisamento da parte del Tribunale della portata dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, per aver dichiarato che l’esistenza di una famiglia di marchi non è rilevante nell’ambito della valutazione della somiglianza.

96      Tale capo verte dunque su una questione di diritto e, pertanto, deve essere dichiarato ricevibile.

97      Nel merito, occorre ricordare che risulta dalla giurisprudenza che l’esistenza di una «famiglia» o «serie» di marchi è un elemento che deve essere preso in considerazione ai fini della valutazione del rischio di confusione. In tal caso, infatti, quest’ultimo è la conseguenza del fatto che il consumatore possa ingannarsi in merito alla provenienza o all’origine dei prodotti o servizi contrassegnati dal marchio richiesto e ritenga, erroneamente, che questo appartenga a tale famiglia o serie di marchi (sentenza Il Ponte Finanziaria/UAMI, cit., punto 63).

98      Tuttavia, come emerge dal precedente punto 52, tale elemento non presenta alcuna rilevanza nell’ambito della valutazione dell’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato.

99      Di conseguenza, come deriva dal precedente punto 66, è soltanto nell’ipotesi in cui i marchi in conflitto presentino una certa somiglianza che spetta al Tribunale tener conto, nell’ambito di una valutazione globale del rischio di confusione o del nesso tra tali marchi, dell’esistenza di una «famiglia» o «serie» di marchi.

100    Orbene, il Tribunale, avendo constatato ai punti 55‑59 della sentenza impugnata che alcune caratteristiche visive e fonetiche dei segni in questione escludevano che gli stessi potessero essere percepiti come simili, poteva, senza incorrere in errore di diritto, considerare, ai punti 63‑66 della citata sentenza, che tale constatazione non è messa in discussione dall’esistenza di una «famiglia» o «serie» di marchi.

101    Di conseguenza, il quinto capo del motivo unico deve essere respinto in quanto infondato e, pertanto, tale motivo deve essere integralmente respinto.

102    Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, l’impugnazione deve essere respinta in quanto infondata.

 Sulle spese

103    A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI ha concluso in tal senso, la Ferrero, risultata soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Ferrero SpA è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.