Causa C‑51/10 P
Agencja Wydawnicza Technopol sp. z o.o.
contro
Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)
«Impugnazione — Marchio comunitario — Segno esclusivamente costituito da cifre — Domanda di registrazione del segno “1000” come marchio per opuscoli, periodici e giornali — Carattere asseritamente descrittivo di detto segno — Criteri per l’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 40/94 — Obbligo per l’UAMI di tenere conto della propria prassi decisionale anteriore»
Massime della sentenza
1. Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti assoluti alla registrazione — Interpretazione alla luce dell’interesse generale ad essi relativo — Art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 — Obiettivo — Imperativo di disponibilità
[Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 7, n. 1, lett. c)]
2. Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti assoluti alla registrazione — Sovrapposizione degli ambiti di applicazione degli impedimenti di cui alle lett. b) e c) dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94
[Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 7, n. 1, lett. b) e c)]
3. Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti assoluti alla registrazione — Marchi composti esclusivamente di segni o di indicazioni idonei a designare le caratteristiche di un prodotto o di un servizio — Nozione — Segni esclusivamente costituiti da cifre
[Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 7, n. 1, lett. c)]
4. Marchio comunitario — Effetti del marchio comunitario — Limitazioni — Art. 12, lett. b), del regolamento n. 40/94 — Oggetto
[Regolamento del Consiglio n. 40/94, artt. 7, n. 1, lett. c), e 12, lett. b)]
5. Marchio comunitario — Decisioni dell’Ufficio — Principio della parità di trattamento — Principio di buona amministrazione — Prassi decisionale precedente dell’Ufficio
1. Gli impedimenti alla registrazione elencati all’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario devono essere interpretati alla luce dell’interesse generale sotteso a ciascuno di essi. L’interesse generale sotteso all’art. 7, n. 1, lett. c), di detto regolamento consiste nell’assicurare che segni descrittivi di una o più caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta una registrazione come marchio possano essere liberamente utilizzati da tutti gli operatori economici che offrono simili prodotti o servizi.
Al fine di garantire la piena realizzazione di tale obiettivo di libero utilizzo, affinché l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) possa opporre il diniego di registrazione ex art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, non è necessario che il segno in causa sia effettivamente utilizzato, al momento della domanda di registrazione, a fini descrittivi. È sufficiente che detto segno possa essere utilizzato a tal fine. Parimenti, l’applicazione di tale impedimento alla registrazione non dipende dall’esistenza di un imperativo di disponibilità concreto, attuale o serio, ed è quindi irrilevante conoscere il numero di concorrenti che hanno o potrebbero avere interesse ad utilizzare il segno in questione. Inoltre, è ininfluente che esistano altri segni più usuali di quello in causa per designare le stesse caratteristiche dei prodotti o dei servizi menzionati nella domanda di registrazione. Dalle precedenti considerazioni consegue che l’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del suddetto regolamento non esige che il segno in causa corrisponda a modalità abituali di designazione.
(v. punti 36-40)
2. I segni descrittivi di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario sono altresì privi di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), di tale regolamento. Al contrario, un segno può essere privo di carattere distintivo ai sensi di detto art. 7, n. 1, lett. b), per motivi diversi dal suo eventuale carattere descrittivo. Esiste dunque una certa sovrapposizione tra i rispettivi ambiti di applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 ed il suddetto art. 7, n. 1, lett. c); la prima di queste disposizioni si distingue tuttavia dalla seconda in quanto contempla tutte le circostanze in cui un segno non è adatto a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
Ciò premesso, è importante, ai fini di una corretta applicazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94, controllare che l’applicazione dell’impedimento alla registrazione enunciato a detto art. 7, n. 1, lett. c), resti debitamente limitata ai casi espressamente previsti da tale impedimento alla registrazione.
(v. punti 46-48)
3. I casi espressamente previsti dall’impedimento alla registrazione menzionato all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento 40/94 sul marchio comunitario sono quelli in cui il segno di cui si chiede la registrazione come marchio può designare una «caratteristica» dei prodotti o dei servizi indicati nella domanda. Infatti, attraverso l’impiego, all’art. 7, n. 1, lett. c), di detto regolamento, dei termini «la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio», il legislatore, da un lato, ha indicato che la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica e l’epoca di fabbricazione o di prestazione devono essere considerati caratteristiche dei prodotti o dei servizi e, dall’altro, ha precisato che tale elenco non è esaustivo, poiché può essere presa in considerazione qualunque altra caratteristica dei prodotti o dei servizi.
La scelta da parte del legislatore del termine «caratteristica» mette in evidenza il fatto che i segni considerati dalla suddetta disposizione sono solamente quelli che servono a designare una proprietà, facilmente riconoscibile dagli ambienti interessati, dei prodotti o dei servizi per i quali la registrazione è richiesta. Pertanto, la registrazione di un segno può essere rifiutata in base all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 solamente qualora si possa ragionevolmente prevedere che esso sarà effettivamente riconosciuto dagli ambienti interessati come una descrizione di una delle suddette caratteristiche.
Tali precisazioni assumono particolare rilievo nel caso di segni costituiti esclusivamente da cifre. Infatti, poiché segni siffatti sono generalmente assimilati a numeri, essi possono in particolare servire, nel commercio, per designare una quantità. Tuttavia, per poter negare la registrazione di un segno costituito esclusivamente da cifre sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 con la motivazione che esso designa una quantità, si deve ragionevolmente prevedere che, agli occhi degli ambienti interessati, la quantità indicata da tali cifre caratterizzi i prodotti o i servizi per i quali è chiesta la registrazione.
(v. punti 48-52)
4. La regola stabilita dall’art. 12, lett. b), del regolamento 40/94 sul marchio comunitario non influenza in modo determinante l’interpretazione di quella stabilita dall’art. 7, n. 1, lett. c), di tale regolamento. Infatti, l’art. 12 di quest’ultimo è relativo alla limitazione degli effetti del marchio comunitario, mentre l’art. 7 di detto regolamento riguarda gli impedimenti alla registrazione di segni come marchi.
La circostanza che il suddetto art. 12, lett. b), garantisca che ogni operatore economico possa liberamente utilizzare indicazioni relative alle caratteristiche dei prodotti e dei servizi non restringe affatto la portata del menzionato art. 7, n. 1, lett. c). Tale circostanza mette anzi in evidenza l’interesse a che l’impedimento, peraltro assoluto, alla registrazione enunciato all’art. 7, n. 1, lett. c), sia effettivamente applicato a qualsiasi segno che possa designare una caratteristica dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la sua registrazione come marchio.
(v. punti 59-61)
5. L’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) è tenuto ad esercitare le proprie competenze in conformità con i principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio della parità di trattamento e il principio di buona amministrazione.
Alla luce di questi ultimi due principi, l’Ufficio, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione di un marchio comunitario, deve prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso.
(v. punti 73-74)
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
10 marzo 2011 (*)
«Impugnazione – Marchio comunitario – Segno esclusivamente costituito da cifre – Domanda di registrazione del segno “1000” come marchio per opuscoli, periodici e giornali – Carattere asseritamente descrittivo di detto segno – Criteri per l’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 40/94 – Obbligo per l’UAMI di tenere conto della propria prassi decisionale anteriore»
Nel procedimento C‑51/10 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 1° febbraio 2010,
Agencja Wydawnicza Technopol sp. z o.o., con sede in Częstochowa (Polonia), rappresentata dall’avv. A. von Mühlendahl, Rechtsanwalt,
ricorrente,
procedimento in cui l’altra parte è:
Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. A. Folliard-Monguiral, in qualità di agente,
convenuto in primo grado,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.‑J. Kasel, M. Ilešič (relatore), M. Safjan e dalla sig.ra M. Berger, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 novembre 2010,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con la propria impugnazione, l’Agencja Wydawnicza Technopol sp. z o.o. (in prosieguo: la «Technopol») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 19 novembre 2009, causa T‑298/06, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI (1000) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 7 agosto 2006 (procedimento R 447/2006‑4; in prosieguo: la «decisione controversa»), relativa alla domanda di registrazione del segno «1000» come marchio comunitario.
Contesto normativo
2 L’art. 4 del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), rubricato «Segni atti a costituire un marchio comunitario», così recita:
«Possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma dei prodotti o del loro confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».
3 L’art. 7 dello stesso regolamento, rubricato «Impedimenti assoluti alla registrazione», dispone quanto segue:
«1. Sono esclusi dalla registrazione:
(...)
b) i marchi privi di carattere distintivo;
c) i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire, per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;
(...)
3. Il paragrafo 1, lettere b), c) e d) non si applica se il marchio ha acquistato per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto».
4 L’art. 12 del regolamento n. 40/94, rubricato «Limitazione degli effetti del marchio comunitario», prevede che:
«Il diritto conferito dal marchio comunitario non consente al titolare di impedire ai terzi l’uso in commercio:
(...)
b) di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o servizio;
(...)
purché questo uso sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale».
5 L’art. 74 del suddetto regolamento, rubricato «Esame d’ufficio dei fatti», enuncia quanto segue:
«1. Nel corso della procedura l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, in procedure concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, prove ed argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.
2. L’Ufficio può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno presentato in tempo utile».
6 Il regolamento n. 40/94 è stato abrogato dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1), entrato in vigore il 13 aprile 2009. Ciò nondimeno, tenuto conto della data cui risalgono i fatti, alla presente causa resta applicabile il regolamento n. 40/94.
Fatti e decisione controversa
7 In data 4 aprile 2005, la Technopol ha presentato all’UAMI una domanda di registrazione come marchio comunitario del seguente segno:
1000
8 I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione del marchio rientrano nella classe 16 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «opuscoli; periodici, compresi periodici contenenti parole crociate e giochi; quotidiani».
9 Il 31 gennaio 2006, l’esaminatore ha respinto tale domanda sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94, con la motivazione che il segno «1000» non possedeva carattere distintivo e costituiva un’indicazione descrittiva del contenuto o di altre caratteristiche dei prodotti considerati.
10 Il 31 marzo 2006, la Technopol ha impugnato la decisione dell’esaminatore. Con decisione 7 agosto 2006, la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha confermato l’analisi dell’esaminatore.
11 La suddetta commissione ha dichiarato che il segno «1000» poteva servire a designare il contenuto delle pubblicazioni della Technopol e che, comunque, tale segno non era distintivo perché verrebbe percepito dal consumatore come l’elogio di dette pubblicazioni e non come un’indicazione di provenienza.
12 In particolare, ai punti 18 e 19 della decisione controversa la citata commissione di ricorso ha affermato quanto segue:
«18 (...) È frequente che i periodici pubblichino classifiche contenenti informazioni di vario tipo (...). In casi simili, vengono preferiti numeri a cifra tonda, in virtù del loro valore espressivo.
19 Inoltre, i [prodotti] oggetto della domanda comprendono (...) pubblicazioni contenenti varie raccolte (...). Le pubblicazioni di questo tipo contengono generalmente numeri di informazioni a cifra tonda (...). Parimenti, il [segno “1000”] può indubbiamente essere utilizzato in modo descrittivo, in particolare nei “periodici contenenti parole crociate e giochi” di cui alla domanda di registrazione. Il pubblico di riferimento percepirà il [segno “1000”] figurante su una determinata pubblicazione come un’indicazione del fatto che essa contiene esattamente 1 000 indovinelli o giochi. Come dimostrato dalle ricerche su Internet, esistono già numerosi prodotti di questo genere su tale mercato (...)».
Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
13 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 ottobre 2006, la Technopol ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.
14 A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduceva due motivi, il primo attinente alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, ed il secondo riguardante la violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), dello stesso regolamento.
15 Nell’ambito del primo motivo, la Technopol sosteneva che il segno «1000», non accompagnato da altri termini, non è descrittivo. Non si potrebbe stabilire alcun nesso diretto e concreto dal punto di vista del consumatore tra il segno menzionato e le caratteristiche dei prodotti considerati.
16 Il Tribunale ha respinto questa argomentazione e, conseguentemente, il primo motivo. I motivi principali che hanno condotto a tale decisione sono i seguenti:
«21 (...) I segni e le indicazioni di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico di riferimento, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto od il servizio per cui è richiesta la registrazione (…)
22 Secondo costante giurisprudenza, il segno è descrittivo allorché presenti con i prodotti o servizi in causa un nesso sufficientemente diretto e concreto, tale da consentire al pubblico destinatario di percepire immediatamente, e senza altra riflessione, una descrizione dei prodotti e servizi di cui si tratti o di una delle loro caratteristiche essenziali (...)
23 Pertanto, la valutazione del carattere descrittivo di un segno può essere effettuata soltanto, da un lato, in relazione alla comprensione da parte del pubblico di riferimento e, dall’altro, in relazione ai prodotti o ai servizi interessati (...)
24 Nel caso di specie, i prodotti interessati sono opuscoli, periodici, compresi quelli contenenti parole crociate e giochi, nonché quotidiani, e sono destinati al grande pubblico, circostanza non contestata dalle parti. (...)
25 Occorre quindi stabilire se il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, percepirà nel [segno “1000”], senza alcun elemento aggiuntivo, una descrizione di una delle caratteristiche dei prodotti indicati nelle domande di registrazione.
26 A tale riguardo, si deve rilevare che, come emerge dai punti 18 e 19 della decisione [controversa], dal punto di vista del pubblico di riferimento esiste un nesso diretto e concreto tra il segno “1000” e talune caratteristiche dei prodotti considerati. Infatti, il segno “1000” rinvia ad una quantità e sarà percepito dal pubblico di riferimento, immediatamente e senza altra riflessione, come una descrizione delle caratteristiche dei prodotti di cui trattasi, segnatamente la quantità di pagine nonché di opere, informazioni e giochi raccolti, o la classificazione gerarchica dei riferimenti contenuti. Il fatto che il marchio richiesto sia composto unicamente da cifre non rimette in discussione tale conclusione, poiché (...) l’elemento mancante può essere facilmente identificato dal pubblico di riferimento, essendo immediata l’associazione tra la cifra e le suddette caratteristiche dei prodotti di cui trattasi.
27 In particolare, come rilevato dalla commissione di ricorso ai punti 18 e 19 della decisione [controversa], è frequente che negli opuscoli e nei periodici siano pubblicate classifiche e raccolte, e in casi simili la preferenza va allora, per quanto riguarda l’indicazione del contenuto, a numeri a cifra tonda; la commissione di ricorso cita in particolare, a tale proposito, l’esempio “1000 domande e risposte”. Queste circostanze rafforzano il nesso descrittivo esistente, dal punto di vista del consumatore medio, tra i prodotti di cui trattasi ed il [segno “1000”].
(...)
30 Essendo dimostrato il carattere descrittivo del [segno “1000”] nei confronti dei prodotti indicati nella domanda di registrazione, occorre esaminare se il marchio richiesto sia composto esclusivamente da segni descrittivi e se non contenga altri elementi che possano ostare al riconoscimento del suo carattere descrittivo. (...) Nel caso di specie, il segno denominativo “1000” è presentato senza alcun elemento che lo distingua dal modo abituale di indicare una quantità che possa privarlo del suo carattere descrittivo.
31 Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il segno denominativo “1000” designa caratteristiche dei prodotti di cui trattasi – segnatamente la quantità di pagine nonché di opere, informazioni e giochi raccolti, o la loro classificazione gerarchica – che possono essere prese in considerazione al momento della scelta compiuta dal pubblico destinatario e che, pertanto, costituiscono caratteristiche essenziali dei medesimi. (...)
32 Siffatta conclusione non può essere rimessa in discussione dagli altri argomenti della ricorrente (...). In primo luogo, quanto all’argomento vertente sul fatto che la registrazione del segno “1000” non priverebbe i terzi del diritto di usare tale cifra per designare quantità, qualora tale uso non costituisca una violazione del diritto del marchio, occorre respingerlo in quanto inconferente. Con questo argomento la ricorrente richiama il contenuto dell’art. 12, lett. b), del regolamento n. 40/94 (...) per quanto riguarda i limiti al diritto esclusivo derivante dalla registrazione di un marchio. Conformemente alla giurisprudenza del Tribunale, l’art. 12 del regolamento n. 40/94 non può infatti essere invocato nel corso del procedimento di registrazione (...). L’applicazione di detto articolo presuppone l’esistenza di un segno registrato come marchio perché ha acquisito carattere distintivo in seguito all’uso, ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, oppure per la coesistenza di elementi descrittivi e non descrittivi, circostanza che non ricorre nel caso di specie (...). Pertanto, l’art. 12 del regolamento n. 40/94 non può essere considerato idoneo ad attenuare i criteri di esame degli impedimenti assoluti alla registrazione.
33 In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente attinente al fatto che non vi sarebbe alcuna necessità di lasciare il [segno “1000”] nella libera disponibilità dei terzi, poiché, nel caso di numeri a quattro cifre, esisterebbero 10 000 possibili combinazioni, si deve sottolineare che (...) il diniego di registrazione del marchio in questione si basa sul carattere descrittivo del segno. Tale carattere descrittivo impedisce al [segno “1000”] di adempiere alla funzione di indicazione dell’origine commerciale per i prodotti indicati nella domanda di registrazione. Pertanto, l’esistenza di altre possibili combinazioni di cifre è irrilevante ai fini della registrazione. Inoltre, il fatto che l’UAMI abbia registrato come marchi i segni IX e XD, che lasciano a disposizione dei concorrenti un numero inferiore di possibili combinazioni di cifre e di lettere, è irrilevante. La legittimità delle decisioni della commissione di ricorso deve essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, e non sulla base della prassi decisionale dell’UAMI (...)».
17 Avendo confermato la sussistenza, nel caso di specie, dell’impedimento alla registrazione previsto dall’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, il Tribunale si è astenuto dall’esaminare il secondo motivo di del ricorso, attinente alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.
Conclusioni delle parti
18 La Technopol chiede che la Corte voglia:
– annullare la sentenza impugnata;
– rinviare la causa al Tribunale, e
– condannare l’UAMI alle spese.
19 L’UAMI chiede che la Corte voglia:
– respingere l’impugnazione, e
– condannare la Technopol alle spese.
Sull’impugnazione
20 La Technopol deduce due motivi. Il primo motivo verte sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, in quanto il Tribunale non avrebbe tenuto conto di tutti i criteri rilevanti per l’applicazione di tale disposizione. Con il secondo motivo, la ricorrente addebita al Tribunale di non aver tenuto conto della prassi anteriore dell’UAMI.
Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94
Argomenti delle parti
21 A sostegno del suo primo motivo, la ricorrente sostiene segnatamente che dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dal punto 37 della sentenza 20 settembre 2001, causa C‑383/99 P, Procter & Gamble/UAMI (Racc. pag. I‑6251), emerge che l’applicazione dell’impedimento alla registrazione di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), è soggetta non solo al criterio relativo all’«uso normale» menzionato dal Tribunale al punto 21 della sentenza impugnata, ma anche alla condizione che vi sia identità del segno di cui trattasi con le modalità abituali di designazione dei prodotti o dei servizi interessati o delle loro caratteristiche. Non avendo preso in considerazione quest’ultima condizione, il Tribunale avrebbe erroneamente esteso l’ambito di applicazione del suddetto impedimento alla registrazione.
22 Peraltro, la sentenza impugnata non conterrebbe affermazioni volte a dimostrare che l’impiego del segno «1000» costituisce un «uso normale» per designare i prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione. Gli esempi richiamati dal Tribunale ai punti 26 e 27 della sentenza impugnata riguarderebbero l’utilizzo di cifre in combinazione con altri termini. La sentenza impugnata si fonderebbe quindi su una premessa errata, consistente nel supporre che qualsiasi segno costituito da una cifra sarà necessariamente utilizzato congiuntamente ad indicazioni descrittive o generiche. Il Tribunale avrebbe pertanto basato la propria valutazione su supposizioni.
23 Del resto, il Tribunale non avrebbe tenuto conto del nesso che esisterebbe tra l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 e l’art. 12, lett. b), del medesimo regolamento. Al punto 32 della sentenza impugnata, esso avrebbe erroneamente limitato la portata di quest’ultimo articolo ai casi in cui un segno sia stato «registrato come marchio perché ha acquisito carattere distintivo in seguito all’uso, ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, oppure per la coesistenza di elementi descrittivi e non descrittivi».
24 Inoltre, il Tribunale non avrebbe trattato sufficientemente l’argomento secondo cui la commissione di ricorso non aveva considerato l’inesistente esigenza di disponibilità del segno «1000». Infatti, nel replicare a tale argomento, al punto 33 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe omesso di analizzare la questione dell’interesse generale sotteso all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.
25 L’UAMI fa anzitutto valere che l’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 non implica necessariamente che il segno di cui trattasi costituisca una «modalità abituale» di designazione di una caratteristica dei prodotti o dei servizi interessati. Sarebbe sufficiente che detto segno potesse essere utilizzato per designare una caratteristica.
26 Secondo l’UAMI, il segno «1000» fa immediatamente pensare al contenuto della pubblicazione considerata, rinviando alla quantità di pagine o di informazioni. Peraltro, la valutazione di fatto compiuta dal Tribunale, secondo cui il pubblico si aspetta che il segno «1000» indichi l’ampiezza del contenuto della suddetta pubblicazione, non può essere riesaminata dalla Corte.
27 Per quanto concerne, inoltre, il nesso che esisterebbe tra l’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 e l’art. 12, lett. b), del medesimo regolamento, l’UAMI ricorda che quest’ultimo articolo riguarda la limitazione degli effetti di un marchio registrato e non l’idoneità di un segno ad essere oggetto di registrazione come marchio comunitario. Di conseguenza, l’interazione tra questi due articoli indicata dalla ricorrente non sussisterebbe affatto.
28 L’UAMI sostiene, infine, che il Tribunale ha tenuto in debito conto l’interesse generale. Esso avrebbe correttamente dichiarato che è indifferente che numerosi altri segni costituiti da cifre restino disponibili per i concorrenti ai fini della designazione dei loro prodotti. L’UAMI ricorda, a tale proposito, che l’esame di un impedimento assoluto alla registrazione deve essere limitato al segno considerato e al suo significato rispetto ai prodotti o ai servizi interessati.
Giudizio della Corte
29 Occorre rilevare, in via preliminare, che la circostanza che un segno sia esclusivamente composto da cifre non impedisce, di per sé, la sua registrazione come marchio.
30 Ciò risulta, con riferimento al marchio comunitario, dall’art. 4 del regolamento n. 40/94, che prevede espressamente che le cifre rientrano tra i segni da cui un marchio può essere costituito.
31 Peraltro, neppure il fatto che un segno come quello in causa sia costituito da cifre senza alterazione grafica e non sia dunque stilizzato in maniera creativa o artistica da parte del richiedente la registrazione osta, di per sé, alla possibilità di registrare questo segno come marchio (v., per analogia, quanto ai segni costituiti da una lettera, sentenza 9 settembre 2010, causa C‑265/09 P, UAMI/BORCO-Marken-Import Matthiesen, Racc. pag. I‑8265, punto 38).
32 Tuttavia, come risulta altresì dall’art. 4 del regolamento n. 40/94, la registrazione come marchio di un segno è soggetta alla condizione che quest’ultimo sia adatto a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
33 Orbene, un segno che, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali la sua registrazione come marchio viene richiesta, possieda carattere descrittivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 è privo di carattere distintivo rispetto a tali prodotti o servizi, fatta salva l’applicazione del n. 3 di detto articolo [v., per analogia, in merito alle disposizioni dell’art. 3 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), sentenza 12 febbraio 2004, causa C‑265/00, Campina Melkunie, Racc. pag. I‑1699, punto 19; con riferimento all’art. 7 del regolamento n. 40/94, v. sentenza 23 ottobre 2003, causa C‑191/01 P, UAMI/Wrigley, Racc. pag. I‑12447, punto 30, nonché ordinanza 5 febbraio 2004, causa C‑150/02 P, Streamserve/UAMI, Racc. pag. I‑1461, punto 24].
34 Poiché il Tribunale ha dichiarato che il segno «1000» ha un siffatto carattere descrittivo per i prodotti indicati nella domanda di registrazione presentata dalla Technopol, occorre verificare se, come sostenuto dalla ricorrente, tale valutazione sia derivata da un’interpretazione eccessivamente ampia, e dunque errata, del suddetto art. 7, n. 1, lett. c).
35 A tale riguardo occorre esaminare, in primo luogo, l’argomento della ricorrente secondo cui è possibile negare, in base a tale disposizione, la registrazione dei soli segni corrispondenti a «modalità abituali» di designazione delle caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali la registrazione è richiesta.
36 Nell’ambito dell’esame di questo argomento, si deve tenere debito conto dell’obiettivo perseguito dall’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94. Infatti, gli impedimenti alla registrazione elencati al citato art. 7, n. 1, devono essere interpretati alla luce dell’interesse generale sotteso a ciascuno di essi (v., in particolare, sentenze 29 aprile 2004, cause riunite C‑456/01 P e C‑457/01 P, Henkel/UAMI, Racc. pag. I‑5089, punto 45, nonché 14 settembre 2010, causa C‑48/09 P, Lego Juris/UAMI, Racc. pag. I‑8403, punto 43).
37 L’interesse generale sotteso all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 consiste nell’assicurare che segni descrittivi di una o più caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta una registrazione come marchio possano essere liberamente utilizzati da tutti gli operatori economici che offrono simili prodotti o servizi (v., in tal senso, sentenza UAMI/Wrigley, cit., punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
38 Al fine di garantire la piena realizzazione di tale obiettivo di libero utilizzo, la Corte ha precisato che, affinché l’UAMI possa opporre il diniego di registrazione ex art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, non è necessario che il segno in causa sia effettivamente utilizzato, al momento della domanda di registrazione, a fini descrittivi. È sufficiente che detto segno possa essere utilizzato a tal fine (citate sentenze UAMI/Wrigley, punto 32, e Campina Melkunie, punto 38, nonché ordinanza 5 febbraio 2010, causa C‑80/09 P, Mergel e a./UAMI, punto 37).
39 Parimenti, la Corte ha sottolineato che l’applicazione di tale impedimento alla registrazione non dipende dall’esistenza di un imperativo di disponibilità concreto, attuale o serio, e che è quindi irrilevante conoscere il numero di concorrenti che hanno o potrebbero avere interesse ad utilizzare il segno in questione (sentenze 4 maggio 1999, cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I‑2779, punto 35, e 12 febbraio 2004, causa C‑363/99, Koninklijke KPN Nederland, Racc. pag. I‑1619, punto 58). Inoltre, è ininfluente che esistano altri segni più usuali di quello in causa per designare le stesse caratteristiche dei prodotti o dei servizi menzionati nella domanda di registrazione (sentenza Koninklijke KPN Nederland, cit., punto 57).
40 Dalle precedenti considerazioni consegue che l’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 non esige che il segno in causa corrisponda a modalità abituali di designazione. Il punto 37 della citata sentenza Procter & Gamble/UAMI, richiamata dalla ricorrente e nella quale vengono impiegati i termini «identità con modalità abituali di designazione dei prodotti o dei servizi considerati o di loro caratteristiche», non può dunque essere inteso come diretto a definire una condizione di diniego della registrazione di un segno come marchio comunitario.
41 In secondo luogo, occorre esaminare l’argomento della ricorrente secondo cui gli esempi forniti dal Tribunale ai punti 26 e 27 della sentenza impugnata sono ipotetici e irrilevanti rispetto alle condizioni cui è soggetta l’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.
42 La ricorrente si riferisce in particolare alle dichiarazioni del Tribunale, ai punti 26 e 27 della sentenza impugnata, in merito alla percezione del segno «1000» come una descrizione della quantità di pagine o di informazioni nonché sulla frequente pubblicazione, negli opuscoli e nei periodici, di classifiche e raccolte il cui contenuto è indicato da numeri a cifra tonda.
43 A tale riguardo essa deduce che, anche supponendo che le suddette dichiarazioni di fatto siano esatte, la valutazione compiuta dal Tribunale, secondo cui simili fatti sono rilevanti per condurre alla conclusione che un segno è descrittivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, è indice di un’errata interpretazione di tale disposizione.
44 Sebbene la ricorrente certamente non lamenti, con questo argomento, un travisamento degli elementi di prova, essa addebita tuttavia al Tribunale di aver commesso un errore di diritto, in quanto l’iter logico seguito nella sentenza impugnata sarebbe incoerente e basato su una comprensione non corretta della disposizione applicata. Conseguentemente, al contrario di quanto sostenuto dall’UAMI, il suddetto argomento può essere esaminato dalla Corte nell’ambito della presente impugnazione.
45 Per quanto riguarda la verifica della sussistenza o meno, nella sentenza impugnata, di una simile incoerenza o comprensione non corretta a causa della mancata pertinenza delle dichiarazioni effettuate ai suddetti punti 26 e 27 ai fini dell’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, è necessario precisare la portata di tale disposizione, in particolare alla luce di quella dell’art. 7, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento.
46 Come ricordato al punto 33 della presente sentenza, i segni descrittivi di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 sono altresì privi di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), di tale regolamento. Al contrario, un segno può essere privo di carattere distintivo ai sensi di detto art. 7, n. 1, lett. b), per motivi diversi dal suo eventuale carattere descrittivo (v., in merito all’identica disposizione che figura all’art. 3 della direttiva 89/104, citate sentenze Koninklijke KPN Nederland, punto 86, e Campina Melkunie, punto 19).
47 Esiste dunque una certa sovrapposizione tra i rispettivi ambiti di applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 ed il suddetto art. 7, n. 1, lett. c) (v., per analogia, sentenza Koninklijke KPN Nederland, cit., punto 67); la prima di queste disposizioni si distingue tuttavia dalla seconda in quanto contempla tutte le circostanze in cui un segno non è adatto a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
48 Ciò premesso, è importante, ai fini di una corretta applicazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94, controllare che l’applicazione dell’impedimento alla registrazione enunciato a detto art. 7, n. 1, lett. c), resti debitamente limitata ai casi espressamente previsti da tale impedimento alla registrazione.
49 Tali casi sono quelli in cui il segno di cui si chiede la registrazione come marchio può designare una «caratteristica» dei prodotti o dei servizi indicati nella domanda. Infatti, attraverso l’impiego, all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, dei termini «la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio», il legislatore, da un lato, ha indicato che la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica e l’epoca di fabbricazione o di prestazione devono essere considerati caratteristiche dei prodotti o dei servizi e, dall’altro, ha precisato che tale elenco non è esaustivo, poiché può essere presa in considerazione qualunque altra caratteristica dei prodotti o dei servizi.
50 La scelta da parte del legislatore del termine «caratteristica» mette in evidenza il fatto che i segni considerati dalla suddetta disposizione sono solamente quelli che servono a designare una proprietà, facilmente riconoscibile dagli ambienti interessati, dei prodotti o dei servizi per i quali la registrazione è richiesta. Come già sottolineato dalla Corte, la registrazione di un segno può essere rifiutata in base all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 solamente qualora si possa ragionevolmente prevedere che esso sarà effettivamente riconosciuto dagli ambienti interessati come una descrizione di una delle suddette caratteristiche (v., per analogia, in merito all’identica disposizione che figura all’art. 3 della direttiva 89/104, citate sentenze Windsurfing Chiemsee, punto 31, e Koninklijke KPN Nederland, punto 56).
51 Tali precisazioni assumono particolare rilievo nel caso di segni costituiti esclusivamente da cifre.
52 Infatti, poiché segni siffatti sono generalmente assimilati a numeri, essi possono in particolare servire, nel commercio, per designare una quantità. Tuttavia, per poter negare la registrazione di un segno costituito esclusivamente da cifre sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 con la motivazione che esso designa una quantità, si deve ragionevolmente prevedere che, agli occhi degli ambienti interessati, la quantità indicata da tali cifre caratterizzi i prodotti o i servizi per i quali è chiesta la registrazione.
53 Come emerge dai punti 26 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale ha fondato la propria decisione sul fatto che il segno «1000» potrebbe indicare il numero di pagine dei prodotti oggetto della domanda di registrazione, nonché sulla circostanza che è frequente che in questi prodotti siano pubblicati classifiche, raccolte di informazioni e giochi il cui contenuto è, di preferenza, accompagnato da numeri a cifra tonda.
54 Senza che sia necessario esaminare se ciascuno di questi elementi consentisse di concludere che il numero 1 000 caratterizza i prodotti oggetto della domanda di registrazione, è necessario constatare che, quanto meno, la valutazione compiuta dal Tribunale, secondo cui il segno «1000» ha carattere descrittivo alla luce delle raccolte di giochi contenute nei citati prodotti, non è incompatibile con le precisazioni sopra esposte in merito alla portata dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.
55 Come emerge dai punti 26 e 27 della sentenza impugnata nonché dai passaggi della decisione controversa ai quali tali punti fanno riferimento, la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ed il Tribunale hanno constatato che la Technopol aveva chiesto la registrazione del segno «1000», fra l’altro, per «periodici, compresi periodici contenenti parole crociate». Essi hanno altresì affermato che esistono numerosi prodotti di questo genere sul mercato e che tali prodotti contengono generalmente numeri di informazioni a cifra tonda. Secondo una valutazione compiuta dalla suddetta commissione di ricorso al punto 19 della decisione controversa, e alla quale il Tribunale ha fatto in sostanza riferimento ai punti 26 e 27 della sentenza impugnata, il segno «1000» che figuri su una pubblicazione di questo genere sarà percepito come un’indicazione del fatto che essa contiene 1 000 parole crociate.
56 Un’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 a simili circostanze di fatto non è indice di un’errata interpretazione di tale disposizione. Infatti, quando una domanda di registrazione ha ad oggetto, in particolare, una categoria di prodotti il cui contenuto è facilmente e tipicamente designato dalla quantità delle sue unità, è ragionevole prevedere che un segno costituito da cifre, come quello di cui trattasi, sarà effettivamente riconosciuto dagli ambienti interessati come una descrizione di detta quantità e dunque di una caratteristica di tali prodotti.
57 Ne consegue che il Tribunale ha potuto dichiarare, senza commettere errori di diritto, che la registrazione del segno «1000» per i prodotti oggetto della domanda di registrazione presentata dalla Technopol doveva essere rifiutata, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.
58 Dovendosi quindi respingere pure l’argomento attinente all’incoerenza o alla non corretta comprensione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, occorre esaminare, in terzo luogo, l’argomento della ricorrente vertente sulla mancata considerazione del nesso che esisterebbe tra tale disposizione e l’art. 12, lett. b), del suddetto regolamento e, in quarto e ultimo luogo, l’argomento secondo cui il Tribunale ha omesso, nella propria valutazione, di tenere debito conto dell’interesse generale sotteso al citato art. 7, n. 1, lett. c).
59 Quanto all’art. 12, lett. b), del regolamento n. 40/94, la Corte ha già avuto occasione di rilevare che la regola sancita da tale disposizione non influenza in modo determinante l’interpretazione di quella stabilita dall’art. 7, n. 1, lett. c), di tale regolamento (v., in merito all’identica disposizione che figura all’art. 6 della direttiva 89/104, sentenza Windsurfing Chiemsee, cit., punto 28).
60 Infatti, come correttamente illustrato dal Tribunale al punto 32 della sentenza impugnata, l’art. 12 del regolamento n. 40/94 è relativo alla limitazione degli effetti del marchio comunitario, mentre l’art. 7 di detto regolamento riguarda gli impedimenti alla registrazione di segni come marchi.
61 Al contrario di quanto sembra suggerire la ricorrente, la circostanza che il suddetto art. 12, lett. b), garantisca che ogni operatore economico possa liberamente utilizzare indicazioni relative alle caratteristiche dei prodotti e dei servizi non restringe affatto la portata del menzionato art. 7, n. 1, lett. c). Tale circostanza mette anzi in evidenza l’interesse a che l’impedimento, peraltro assoluto, alla registrazione enunciato all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 sia effettivamente applicato a qualsiasi segno che possa designare una caratteristica dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la sua registrazione come marchio (v., in tal senso, in merito all’art. 6 della direttiva 89/104, sentenza 6 maggio 2003, causa C‑104/01, Libertel, Racc. pag. I‑3793, punti 58 e 59, nonché, quanto all’art. 12 del regolamento n. 40/94, sentenza 21 ottobre 2004, causa C‑64/02 P, UAMI/Erpo Möbelwerk, Racc. pag. I‑10031, punto 45).
62 Poiché, quindi, la regola stabilita dall’art. 12, lett. b), del regolamento n. 40/94 non trova integrazione nell’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del medesimo regolamento, l’argomento attinente all’esistenza di un’interazione tra queste due disposizioni è infondato.
63 L’argomento secondo cui il Tribunale ha omesso, nella propria valutazione, di tenere debito conto dell’interesse generale sotteso all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 deve parimenti essere respinto.
64 Sebbene spetti indubbiamente al Tribunale rispettare tale interesse generale nell’esaminare le decisioni dell’UAMI adottate sulla base del suddetto art. 7, n. 1, lett. c), non si può invece esigere che il Tribunale richiami e analizzi espressamente detto interesse generale in ogni sentenza relativa ad una simile decisione.
65 Peraltro, per quanto riguarda il punto 33 della sentenza impugnata, nella quale il Tribunale, ad avviso della ricorrente, non avrebbe preso in considerazione il suddetto interesse generale, è sufficiente rilevare che, in detto punto, il Tribunale ha in sostanza e correttamente ribadito la regola, ricordata al punto 39 della presente sentenza, secondo cui la disponibilità di altri segni è irrilevante al fine di determinare se il segno in causa abbia carattere descrittivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 e ricada quindi nell’impedimento assoluto alla registrazione previsto da tale disposizione.
66 Poiché nessuna delle argomentazioni esposte dalla ricorrente nell’ambito del suo primo motivo è fondata, quest’ultimo va respinto.
Sul secondo motivo, attinente al fatto che l’UAMI non ha seguito la propria prassi anteriore
Argomenti delle parti
67 La ricorrente ricorda di aver citato, dinanzi all’UAMI e poi nuovamente dinanzi al Tribunale, numerosi esempi di segni registrati come marchi dall’UAMI che, sulla base dei principi affermati nella decisione controversa, non avrebbero potuto esserlo. Tale argomentazione, attinente al fatto che l’UAMI non avrebbe seguito la sua prassi anteriore, sarebbe stata respinta in modo giuridicamente errato dal Tribunale al punto 33 della sentenza impugnata.
68 Pur riconoscendo che la Corte, secondo costante giurisprudenza, ha dichiarato che la domanda di registrazione di un marchio comunitario deve essere valutata unicamente sulla base della normativa in vigore e non in funzione della prassi decisionale anteriore, la ricorrente invita la Corte a riesaminare tale giurisprudenza alla luce del principio dello Stato di diritto, il quale implica che ogni amministrazione debba applicare il diritto allo stesso modo in tutte le fattispecie. La necessità di garantire la coerenza e la parità di trattamento sarebbe particolarmente evidente per un’amministrazione come l’UAMI, che si occupa di un elevato numero di casi.
69 La ricorrente ne trae la conclusione che la prassi decisionale anteriore può essere validamente invocata e che l’UAMI è tenuto a prendere in considerazione la sua prassi anteriore al fine di determinare se, nel caso di procedimenti identici o simili, la decisione adottata debba essere la stessa.
70 Nel caso di specie, non sarebbero stati presi in considerazione né il fatto che l’UAMI ritiene, secondo prassi costante, che i segni consistenti in termini che descrivono il contenuto di pubblicazioni non siano descrittivi ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, né il fatto che l’UAMI accetta segni costituiti da cifre. Così, non avendo considerato che l’UAMI avrebbe dovuto tenere conto della sua prassi decisionale anteriore nell’ambito dell’applicazione del suddetto art. 7, n. 1, lett. c), o nell’ambito dell’esame d’ufficio che deve compiere ai sensi dell’art. 74 del regolamento n. 40/94, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto.
71 L’UAMI osserva che la prassi decisionale anteriore è certamente menzionata nelle sue direttive d’esame, ma che essa non è, come la Corte ha precisato, giuridicamente vincolante.
72 La fondatezza di tale carattere non vincolante delle decisioni anteriori sarebbe illustrata dalla presente controversia. Infatti, i precedenti richiamati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI ed al Tribunale presenterebbero differenze essenziali rispetto al caso di specie, poiché riguarderebbero segni e prodotti completamente differenti.
Giudizio della Corte
73 Come correttamente dedotto dalla ricorrente, l’UAMI è tenuto ad esercitare le proprie competenze in conformità con i principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio della parità di trattamento e il principio di buona amministrazione.
74 Alla luce di questi ultimi due principi, l’UAMI, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione di un marchio comunitario, deve prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso [v., per analogia, in merito all’art. 3, n. 1, lett. b) e c), della direttiva 89/104, ordinanza 12 febbraio 2009, cause riunite C‑39/08 e C‑43/08, Bild digital e ZVS, punto 17].
75 Ciò posto, i principi della parità di trattamento e di buona amministrazione devono conciliarsi con il rispetto della legittimità.
76 Conseguentemente, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio non può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica (v., in tal senso, ordinanza Bild digital e ZVS, cit., punto 18).
77 Del resto, per motivi di certezza del diritto e, specificamente, di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione dei marchi (citate sentenze UAMI/Erpo Möbelwerk, punto 45, e UAMI/BORCO-Marken-Import Matthiesen, punto 45). Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (v., in tal senso, quanto all’art. 3 della direttiva 89/104, sentenza 12 febbraio 2004, causa C‑218/01, Henkel, Racc. pag. I‑1725, punto 62).
78 Nel caso di specie, è risultato che, contrariamente a quanto è potuto avvenire per talune domande anteriori di registrazione come marchi di segni costituiti da cifre, la presente domanda di registrazione era contraria, alla luce dei prodotti per cui la registrazione era domandata e alla percezione da parte degli ambienti interessati, ad uno degli impedimenti alla registrazione enunciati all’art. 7, n. 1, del regolamento n. 40/94.
79 Pertanto, il Tribunale ha potuto legittimamente affermare, al punto 33 della sentenza impugnata, che alla luce della conclusione, alla quale era già pervenuto ai punti precedenti della stessa sentenza, secondo cui una registrazione del segno «1000» come marchio comunitario per i prodotti indicati nella domanda di registrazione della Technopol era incompatibile con il regolamento n. 40/94, la ricorrente non poteva utilmente invocare, al fine di invalidare tale conclusione, le precedenti decisioni dell’UAMI.
80 Da quanto precede consegue che il secondo motivo d’impugnazione non può essere accolto.
81 Dal momento che nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente è fondato, l’impugnazione va respinta.
Sulle spese
82 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’art. 118 dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI ne ha fatto domanda, la Technopol, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
1) L’impugnazione è respinta.
2) L’Agencja Wydawnicza Technopol sp. z o.o. è condannata alle spese.
Firme
* Lingua processuale: l’inglese.