Causa C‑81/09
Idryma Typou AE
contro
Ypourgos Typou kai Meson Mazikis Enimerosis
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Symvoulio tis Epikrateias)
«Libertà di stabilimento — Libera circolazione dei capitali — Diritto delle società — Prima direttiva 68/151/CEE — Società per azioni appartenente al settore della stampa e della televisione — Società e azionista che detiene più del 2,5% delle azioni — Ammenda amministrativa congiunta e solidale»
Massime della sentenza
Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Diritto delle società
(Artt. 49 TFUE e 63 TFUE; direttiva del Consiglio 68/151)
La prima direttiva 68/151, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi, dev'essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale secondo cui le ammende previste per la violazione della normativa e delle regole deontologiche a disciplina del funzionamento delle emittenti televisive vengono inflitte, congiuntamente e solidalmente, non soltanto alla società titolare della licenza di costituire e gestire un’emittente televisiva, ma anche a tutti i soci detentori di un pacchetto azionario superiore al 2,5% del capitale.
Al contrario, gli artt. 49 TFUE e 63 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano a tale normativa nazionale.
Infatti, una tale normativa ha un effetto dissuasivo per gli investitori, pregiudica il loro accesso al mercato delle partecipazioni societarie e comporta restrizioni tanto alla libertà di stabilimento quanto alla libera circolazione dei capitali. Nonostante una tale restrizione abbia il legittimo scopo di far rispettare la normativa e la deontologia dei giornalisti da parte delle società che gestiscono emittenti televisive al fine di evitare, segnatamente, che siano pregiudicati l’onore o la vita privata delle persone la cui immagine appare sullo schermo o delle quali viene citato il nome, non si può ritenere che detta restrizione sia idonea a garantire la realizzazione dell'obiettivo che essa persegue, né, soprattutto, che non ecceda quanto necessario per raggiungerlo.
(v. punti 46, 56, 60, 63, 65, 70, dispositivo 1, 2)
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
21 ottobre 2010 (*)
«Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali – Diritto delle società – Prima direttiva 68/151/CEE – Società per azioni appartenente al settore della stampa e della televisione – Società e azionista che detiene più del 2,5% delle azioni – Ammenda amministrativa congiunta e solidale»
Nel procedimento C‑81/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia), con decisione 17 ottobre 2008, pervenuta in cancelleria il 25 febbraio 2009, nella causa
Idryma Typou AE
contro
Ypourgos Typou kai Meson Mazikis Enimerosis,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. A. Arabadjiev, A. Rosas (relatore), U. Lõhmus e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 marzo 2010,
considerate le osservazioni presentate:
– per il governo ellenico, dai sigg. P. Mylonopoulos e M. Apessos, nonché dalla sig.ra N. Marioli, in qualità di agenti,
– per la Commissione europea, dai sigg. G. Braun e G. Zavvos, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 giugno 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione della prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati Membri, alle società a mente dell’art. 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU L 65, pag. 8; in prosieguo: la «prima direttiva»).
2 Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede la Idryma Typou AE, società per azioni con sede ad Atene (Grecia), opposta all’Ypourgos Typou kai Meson Mazikis Enimerosis (Ministero per la stampa e l’informazione) in merito ad un’ammenda inflitta a tale società per violazione della normativa e delle regole deontologiche che disciplinano il funzionamento delle emittenti televisive.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 I primi tre ‘considerando’ della prima direttiva sono così formulati:
«considerando che il coordinamento previsto dall’articolo 54, paragrafo 3, lettera g) [del Trattato CEE], e dal programma generale per la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento, presenta carattere d’urgenza soprattutto rispetto alle società per azioni, alle società in accomandita per azioni ed alle società a responsabilità limitata, poiché l’attività di tali società supera spesso i confini del territorio nazionale;
considerando che il coordinamento delle disposizioni nazionali concernenti la pubblicità, la validità degli obblighi di tali società e la nullità di queste ultime riveste un’importanza particolare, soprattutto in ordine alla tutela degli interessi dei terzi;
considerando che nei predetti settori devono adottarsi simultaneamente disposizioni comunitarie per tali società, poiché esse non offrono a terzi altra garanzia che il patrimonio sociale».
4 L’art. 1 della prima direttiva, come modificato dall’Atto relativo all’adesione della Repubblica ellenica ed agli adattamenti dei trattati (GU 1979, L 291, pag. 17), così prevede:
«Le misure di coordinamento previste dalla presente direttiva si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative ai seguenti tipi di società:
(…)
– per la Grecia:
ανώνυμη εταιρία, εταιρία περιωρισμένης ευθύνης, ετερόρρυθμη κατά μετοχές εταιρία [società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni]».
5 La prima direttiva contempla tre sezioni. La prima sezione tratta della pubblicità degli atti delle società, la seconda della validità degli obblighi dalla società attraverso atti posti in essere dai suoi organi e, la terza, della nullità delle società.
La normativa nazionale
6 L’art. 15, n. 2, della Costituzione ellenica, nella versione in vigore anteriormente alle riforma costituzionale del 2001, prevedeva che la radio e la televisione fossero soggette al controllo diretto dello Stato.
7 La legge n. 2863/2000 sul «Consiglio nazionale radiotelevisivo e altre autorità o organismi nel settore della fornitura del servizio radiotelevisivo» (FEK A’ 262) ha istituito il Consiglio nazionale radiotelevisivo (Ethniko symvoulio radiotileorasis; in prosieguo: l’ «ESR»).
8 La legge n. 2328/1995 «Regime giuridico delle televisioni private e delle radio locali, regolamentazione delle questioni connesse al mercato radiotelevisivo e altre disposizioni» [FEK A’ 159, applicabile nella fattispecie nel testo successivo alla modifica ad essa apportata dalla legge n. 2644/1998 «relativa alla prestazione di servizi radiofonici e televisivi a pagamento»; (FEK A’ 233), in prosieguo: la «legge n. 2328/1995»], definisce il regime giuridico e il contesto di funzionamento delle televisioni private e delle radio locali.
9 Tale legge regolamenta, in particolare, la concessione delle licenze a costituire e gestire emittenti televisive private nonché la partecipazione a società per azioni che presentino siffatta domanda di licenza. In linea di principio, tali partecipazioni devono essere nominative. Diverse disposizioni della legge sono intese a limitare al 25% la percentuale massima del capitale sociale che una persona fisica o giuridica può detenere in una società titolare della licenza a costituire e gestire un’emittente televisiva. Peraltro, qualsiasi trasferimento di partecipazioni superiore al 2,5% del capitale sociale deve essere notificato all’ESR.
10 L’art. 3 della legge n. 2328/1995 così prevede:
«1. b) Le trasmissioni di ogni tipo (inclusa la pubblicità) che le reti radiofoniche e televisive diffondono devono rispettare la personalità, l’onore, la reputazione, la vita privata e familiare, l’attività professionale, sociale, scientifica, artistica, politica ovvero qualsiasi altra attività analoga, di qualsiasi persona la cui immagine appaia sullo schermo o della quale vengano diffusi il nome oppure sufficienti elementi di identificazione».
11 L’art. 3, n. 15, della legge n. 2328/1995 prevede l’elaborazione, da parte dell’ESR, di codici deontologici della professione di giornalista. L’art. 5 del regolamento 1/1991 dell’ESR dispone che «non è consentito presentare le persone in un modo che possa, in determinate condizioni, incoraggiare la loro umiliazione, il loro isolamento sociale o discriminazioni nei loro confronti (…)».
12 L’art. 4 della legge n. 2328/1995 così prevede:
«1. In tutti i casi di violazione a) delle disposizioni della legislazione nazionale, [della normativa] dell’Unione europea e del diritto internazionale che disciplinano direttamente o indirettamente le emittenti televisive private e, più in generale, il funzionamento della televisione privata, b) (…), c) delle norme deontologiche, come definite in conformità all’art. 3 della presente legge, vengono inflitte (...) le seguenti sanzioni: a) raccomandazioni e diffide, b) ammende da GDR cinque milioni a GDR cinquecento milioni (…), c) la sospensione provvisoria fino a tre mesi [o] l’interruzione definitiva della diffusione di una determinata trasmissione della rete, d) la sospensione provvisoria fino a tre mesi della diffusione di ogni programma televisivo, e) la revoca della licenza di gestione della rete e f) sanzioni di carattere etico (come diffusione obbligatoria di un messaggio riguardante le altre sanzioni applicate). L’ESR trasmette immediatamente la sua decisione all’Ypourgos Typou kai Meson Mazikis Enimerosis, che effettua un controllo di legittimità e adotta la decisione sanzionatoria. La scelta del tipo di sanzione amministrativa prevista dal presente articolo e la fissazione della sua intensità sono effettuate in funzione della gravità della violazione, dell’audience del programma nell’ambito del quale la violazione è stata commessa, della quota di mercato dei servizi radiofonici e televisivi eventualmente acquisita dal titolare della licenza, dell’importo degli investimenti realizzati o progettati e dell’eventuale esistenza di recidive. La decisione dell’ESR recante l’applicazione delle sanzioni di cui al presente paragrafo deve includere una motivazione completa e specifica ed è adottata, in ogni caso, soltanto dopo che gli interessati siano stati sentiti nel corso di almeno una riunione dell’assemblea plenaria di detta istituzione (…).
3. Le ammende previste ai paragrafi precedenti sono inflitte congiuntamente e solidalmente alla società e personalmente al suo legale rappresentante (o ai suoi legali rappresentanti), all’insieme dei membri del suo consiglio di amministrazione e a tutti i soci detentori di oltre il 2,5% del suo capitale azionario (…).
5. Le sanzioni amministrative summenzionate sono indipendenti dall’esistenza di un’eventuale responsabilità penale o civile».
La causa principale e la questione pregiudiziale
13 La ricorrente nella causa principale è una società per azioni azionista della Nea Tileorasi AE, proprietaria dell’emittente televisiva Star Channel.
14 Dinanzi al Symvoulio tis Epikrateias essa contesta la decisione dell’Ypourgos Typou kai Meson Mazikis Enimerosis n 11840/E/11.5.2001, con cui le è stata inflitta un’ammenda dell’importo di GRD 10 000 000 (pari a circa EUR 29 347) congiuntamente e solidalmente con la Nea Tileorasi AE, nonché con i suoi altri azionisti e membri del consiglio di amministrazione, a motivo che, nel corso del principale telegiornale della rete televisiva Star Channel del 14 febbraio 2000, essa avrebbe violato il dovere di rispettare la personalità, l’onore, la reputazione e la vita familiare, nonché la presunzione di innocenza di diverse personalità. Essa contesta, inoltre, la decisione dell’ESR n 122/91/20.4.2000, sul fondamento della quale la decisione ministeriale impugnata è stata adottata.
15 La Quarta Sezione del Symvoulio tis Epikrateias, adita ai fini della decisione del presente ricorso, ha rinviato la causa dinanzi alle sezioni riunite, in considerazione della notevole importanza che essa riveste.
16 Il Symvoulio tis Epikrateias effettua un controllo di costituzionalità dell’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, in quanto impone una sanzione agli azionisti della società, alla luce del principio di libertà economica previsto all’art. 5 della Costituzione ellenica. Esso ritiene, sostanzialmente, che il legislatore nazionale abbia il diritto di adottare norme derogatorie al diritto comune delle società per azioni e, in particolare, al principio dell’assenza di responsabilità degli azionisti per i debiti della persona giuridica, principio fondamentale e imperativo del diritto civile in materia di società per azioni, ma non principio costituzionale. Il legislatore nazionale ha, a fortiori, tale facoltà, qualora si tratti di società specifiche, che servono l’interesse pubblico e che sono soggette al controllo diretto da parte dello Stato. Il giudice del rinvio osserva che, comunque, l’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, prevede non una responsabilità in solido degli azionisti per i «debiti» della persona giuridica, bensì l’applicazione di sanzioni amministrative sia alla società sia alle persone individuate da detta disposizione. Infine, quest’ultima non renderebbe impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di un’attività imprenditoriale.
17 Il Symvoulio tis Epikrateias constata tuttavia l’esistenza di opinioni minoritarie, tra i consiglieri, secondo cui la disposizione controversa imporrebbe agli azionisti di società per azioni televisive di pagare un’ammenda amministrativa comminata alla società in quanto tale, a causa di una violazione della normativa nell’esercizio della sua attività, e costituirebbe, quindi, un debito da iscrivere tra i passivi della società. Tale disposizione violerebbe i principi fondamentali del diritto delle società per azioni – in particolare quello dei limiti imposti ai rischi gravanti sugli azionisti – e, conseguentemente, la libertà economica tutelata dall’art. 5 della Costituzione ellenica, che include il diritto a costituire società commerciali, dato che la libera economia di mercato non potrebbe funzionare senza tali società. Infatti, il principio che sancisce che la società per azioni sia l’unica a rispondere dei debiti sociali costituirebbe la manifestazione essenziale dello status di società di capitali ascrivibile alle società per azioni. Sarebbe di scarso rilievo il fatto che detta società eserciti un’attività di interesse pubblico o che essa sia soggetta al controllo dello Stato.
18 Nell’esaminare l’osservanza del principio di proporzionalità, il Symvoulio tis Epikrateias considera che la normativa controversa è volta ad uno scopo legittimo e non costituisce una restrizione della libertà economica manifestamente sproporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti, poiché non si potrebbe manifestamente ritenere che essa renda impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di un’attività imprenditoriale nel settore della costituzione e della gestione delle emittenti televisive private.
19 Il Symvoulio tis Epikrateias espone, in particolare, che il legislatore nazionale, conoscendo le condizioni e la reale situazione del mondo televisivo del paese, valuta che un azionista che detiene il 2,5% non sia un investitore ordinario, ma che si tratti, sostanzialmente, di un investitore professionista il quale, in base a tale partecipazione nella società, è potenzialmente in grado di influenzare l’amministrazione della persona giuridica e, quindi, la gestione della rete televisiva. Il giudice del rinvio ritiene che tale valutazione di fondo del legislatore nazionale non possa essere considerata manifestamente errata né inappropriata, se si tiene conto del fatto che, in forza della legge n. 2328/1995, la percentuale massima del capitale sociale che un azionista può detenere (persona fisica o giuridica) non può eccedere il 25% e che, di conseguenza, è assolutamente necessaria la collaborazione di più azionisti nell’amministrazione della società al fine di influenzarne la gestione.
20 Il Symvoulio tis Epikrateias constata tuttavia la sussistenza, tra i suoi membri, di opinioni minoritarie che pongono in discussione tale forma di responsabilità obiettiva degli azionisti, atta a scoraggiare l’acquisizione di partecipazioni nelle società per azioni nel settore della televisione. Tale misura non sarebbe idonea a favorire la realizzazione dell’obiettivo perseguito, in quanto una partecipazione leggermente superiore al 2,5% sarebbe di rilievo troppo modesto per poter influire sull’amministrazione degli affari della società ed evitare che essa adotti un comportamento contrario alle regole di deontologia. Detta misura equivarrebbe, in realtà, ad infliggere ad un azionista di una società per azioni nel settore televisivo detentore di una percentuale limitata del capitale sociale una sanzione per il solo fatto di essere azionista di tale tipo di società per azioni.
21 In tal contesto, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità dell’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995 con le diverse direttive dell’Unione in materia di società, cui fa riferimento.
22 Al riguardo, esso ritiene che l’ambito di applicazione dell’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, nonché quello delle disposizioni delle direttive in materia di società non coincidano. Queste ultime, infatti, non conterrebbero alcuna disposizione che riguardi o, a maggior ragione, vieti l’imputazione di una responsabilità agli azionisti di una società per azioni detentori di una certa quota di azioni, per quanto riguarda il pagamento, in via generale, delle ammende inflitte per violazione della disciplina derivante dall’attività della persona giuridica di cui la società per azioni è titolare, congiuntamente e solidalmente con la persona giuridica che tale società costituisce, ma anche, in particolare, nella specie, derivante dall’attività della persona giuridica che la società per azioni, titolare della licenza di costituire e gestire un’emittente televisiva, costituisce. Tale divieto non potrebbe essere dedotto dall’art. 1 della prima direttiva, in cui il legislatore dell’Unione si limita a enumerare le forme di società già esistenti negli Stati membri, alle quali si applicano le disposizioni della direttiva di cui trattasi.
23 Secondo il giudice del rinvio, anche qualora si ritenesse che l’ambito di applicazione della prima direttiva e quello dell’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995 riguardino gli stessi settori, quest’ultima disposizione non sarebbe in contrasto con l’art. 1 della direttiva. Infatti, tale art. 1 non fornirebbe definizioni della società per azioni e si limiterebbe a enumerare le forme societarie alle quali si applica. Conseguentemente, il diritto dell’Unione non impedirebbe al legislatore nazionale di introdurre nuove forme societarie, non appartenenti all’ambito di applicazione delle direttive in materia di società, né di costituire società per azioni (specifiche) alle quali si dovranno applicare disposizioni in deroga al diritto dell’Unione in materia, nei limiti in cui, evidentemente, tali disposizioni derogatorie non siano in contrasto con disposizioni specifiche delle stesse direttive in materia di società e con il diritto dell’Unione in generale, come accade per quanto riguarda la disposizione di cui all’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995.
24 Secondo il Symvoulio tis Epikrateias, il fatto che l’assenza di responsabilità in capo agli azionisti di una società per azioni relativa ai debiti della persona giuridica non sia garantita dal diritto dell’Unione deriva dal fatto che gli ordinamenti giuridici di vari Stati membri hanno sancito, da decenni e soprattutto per via giurisprudenziale, il principio del venir meno dell’autonomia della persona giuridica che conduce, a determinate condizioni, ad ascrivere una responsabilità all’azionista con riferimento agli obblighi della società per azioni, senza che sorga la questione se il principio suddetto sia in contrasto con il diritto dell’Unione, ma parimenti dal fatto che non è stata mai intrapresa l’armonizzazione delle condizioni di siffatta perdita di autonomia della persona giuridica.
25 Taluni consiglieri hanno tuttavia espresso un’opinione minoritaria, considerando che l’espressione «società per azioni» utilizzata all’art. 1 della direttiva ha un contenuto minimo obbligatorio. A loro avviso, le caratteristiche fondamentali di una società per azioni, cui il legislatore nazionale non potrebbe derogare, sarebbero le seguenti:
a) la rigorosa distinzione tra il patrimonio sociale e quello degli azionisti, nonché
b) l’assenza di responsabilità personale degli azionisti per i debiti sociali, dato che gli azionisti sono tenuti soltanto a versare la loro quota, corrispondente alla loro percentuale di partecipazione al capitale sociale complessivo.
26 Tali consiglieri osservano, peraltro, che in nessun ordinamento giuridico di alcuno Stato membro dell’Unione europea la legislazione o la giurisprudenza hanno ammesso che venga leso il principio secondo cui l’azionista non è tenuto a rispondere dei debiti della società per azioni sul suo patrimonio personale. La giurisprudenza ha soltanto ammesso che, allorché vi sia totale confusione tra il patrimonio di una società per azioni e quello di un azionista e tale azionista abbia gestito il patrimonio ormai unico in modo contrastante con il principio di buona fede, mediante propri atti od omissioni personali, egli non può più invocare il principio dell’autonomia tra i due patrimoni (vale a dire, il suo patrimonio personale e quello della società) nei confronti dei creditori della società.
27 Il giudice del rinvio constata, conseguentemente, una divergenza di opinioni, da una parte, per quanto riguarda la questione se le sfere di applicazione dell’art. 1 della prima direttiva e dell’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995 coincidano e, dall’altra, in merito alla compatibilità della normativa nazionale con tale disposizione.
28 In tale contesto, il Symvoulio tis Epikrateias ha ritenuto, in conformità all’art. 234, n. 3, CE e alla sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a. (Racc. pag. 3415), di essere tenuto a sospendere il giudizio e a sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la direttiva 68/151/CEE, che all’art. 1 dispone che “[l]e misure di coordinamento previste dalla presente direttiva si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative ai seguenti tipi di società (…) per la Grecia: ανώνυμη εταιρία [società per azioni]”, osti all’introduzione di una disposizione nazionale, come l’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, nella parte in cui prevede che le ammende comminate ai paragrafi precedenti dello stesso articolo per il caso di violazioni della normativa vigente e delle regole di deontologia che disciplinano il funzionamento delle emittenti televisive siano inflitte non soltanto alla società titolare della licenza per la costituzione e gestione dell’emittente televisiva, ma anche, in solido con essa, a tutti i soci che detengono più del 2,5% del capitale azionario».
29 La Corte ha invitato gli interessati contemplati all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea che intendessero partecipare alla trattazione orale ad esprimersi, in particolare, sulla pertinenza degli artt. 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento, e 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali, ai fini della soluzione della questione sottoposta dal Symvoulio tis Epikrateias.
Sulla questione pregiudiziale
30 La questione sottoposta dal giudice del rinvio riguarda l’interpretazione della prima direttiva.
31 Occorre ricordare, tuttavia, che la circostanza che, formalmente, il giudice nazionale abbia formulato la questione pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possono essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto o meno riferimento nella formulazione delle sue questioni. A tal proposito, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio gli elementi di diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione tenuto conto dell’oggetto della controversia (v. sentenza 27 ottobre 2009, causa C‑115/08, ČEZ, Racc. pag. I‑10265, punto 81).
32 Alla luce delle circostanze in fatto della controversia principale e della normativa ellenica ivi applicabile, occorre procedere all’interpretazione, oltre che della prima direttiva, degli artt. 49 TFUE e 63 TFUE.
Sulla prima direttiva
33 Con la sua questione il giudice del rinvio chiede se la prima direttiva debba essere interpretata nel senso che osti ad una normativa nazionale, come l’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, secondo cui le ammende previste ai paragrafi precedenti dello stesso articolo per la violazione delle norme e delle regole deontologiche che disciplinano il funzionamento delle emittenti radiotelevisive sono applicate congiuntamente e solidalmente non soltanto alla società titolare della licenza di costituire e di gestire un’emittente televisiva, ma anche a tutti i soci che detengono una percentuale di azioni superiore al 2,5% del capitale azionario.
34 Il governo ellenico fa osservare che l’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995 prevede, in via generale, non la responsabilità in solido degli azionisti della società detentori di una percentuale di azioni superiore al 2,5% per i debiti della persona giuridica, ma che, per contro, le ammende amministrative per violazione della normativa e delle regole di funzionamento a disciplina della gestione delle emittenti televisive sono inflitte tanto alla società titolare della licenza di costituire e gestire l’emittente televisiva, quanto ai suddetti azionisti, che rivestono un’importanza particolare nella costituzione e nel funzionamento della persona giuridica.
35 Occorre tuttavia ricordare che, come risulta da una giurisprudenza costante, il procedimento istituito all’art. 267 TFUE si basa su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, dove quest’ultima è autorizzata a pronunciarsi soltanto sull’interpretazione o la validità degli atti del diritto dell’Unione considerati da detto articolo. In tale contesto, non spetta alla Corte né pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale né stabilire se l’interpretazione datane dal giudice nazionale sia corretta (v. sentenza 18 gennaio 2007, causa C‑220/05, Auroux e a., Racc. pag. I‑385, punto 25).
36 Occorre pertanto attenersi all’interpretazione della legge ellenica come sintetizzata supra al punto 17, la quale costituisce la premessa della questione presentata dalla Corte.
37 La prima direttiva è stata adottata sul fondamento dell’art. 54, n. 3, lett. g), del Trattato CEE, divenuto art. 50, n. 2, lett. g), TFUE.
38 Quest’ultima disposizione prevede che per realizzare la libertà di stabilimento il legislatore dell’Unione adotta direttive per coordinare, nella misura necessaria e al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società ai sensi dell’art. 54, secondo comma, TFUE per proteggere gli interessi tanto dei soci quanto dei terzi. In conformità all’art. 54, secondo comma, TFUE per «società» si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro.
39 Come risulta dai primi due ‘considerando’ della prima direttiva, essa ha l’obiettivo di coordinare le disposizioni nazionali riguardanti la pubblicità, la validità degli obblighi di tali società, nonché la nullità delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata. Le disposizioni che dovrebbero essere adottate in ciascun diritto nazionale sono descritte agli artt. 2–12 della prima direttiva.
40 Anche se il terzo ‘considerando’ della prima direttiva lascia intendere che esisterebbe un principio secondo cui soltanto le società sarebbero tenute a rispondere dei loro debiti verso terzi con il loro patrimonio sociale, detta direttiva non contempla una nozione uniforme di società per azioni né di società a responsabilità limitata fondata su tale principio. Per contro, l’art. 1 della prima direttiva enumera, per ciascuno Stato membro, i diversi tipi di società del diritto di tale Stato membro ai quali le disposizioni di cui agli artt. 2–12 dovranno essere applicate.
41 Ne consegue che la prima direttiva non prescrive cosa debba essere una società per azioni o a responsabilità limitata, ma si limita a prevedere disposizioni che devono essere applicate a determinati tipi di società individuati dal legislatore dell’Unione come società per azioni o a responsabilità limitata.
42 Peraltro, anche se da un esame del diritto degli Stati membri, come quello svolto dall’Avvocato generale al paragrafo 34 delle sue conclusioni, risulta che, nella maggioranza dei casi, gli azionisti delle società elencate all’art. 1 della prima direttiva non sono tenuti a rispondere personalmente dei debiti della società per azioni o della società a responsabilità limitata, non si può concludere che si tratti di un principio generale del diritto societario applicabile in tutte le circostanze e senza eccezioni.
43 Del pari, per quanto riguarda gli obblighi assunti dalla società, non può essere enucleato alcun principio generale dagli artt. 7–9 della prima direttiva, i quali si limitano ad enunciare un certo numero di regole al riguardo.
44 Pertanto, né dalla lettura della prima direttiva, né da una sua interpretazione alla luce del suo oggetto o del diritto degli Stati membri risulta che tale direttiva disporrebbe che l’azionista non possa mai essere tenuto a rispondere per un’ammenda inflitta ad una società, in particolare nell’ipotesi in cui tale ammenda sia inflitta congiuntamente e solidalmente alla società per azioni ed a tale azionista.
45 Peraltro, l’esistenza di tale regola nel sistema giuridico di uno Stato membro non pregiudicherebbe lo scopo perseguito dalla prima direttiva, vistone il carattere limitato.
46 Conseguentemente, la questione sottoposta va risolta dichiarando che la prima direttiva deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, quale l’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, secondo cui le ammende previste ai paragrafi precedenti di tale articolo per violazione della normativa e delle regole deontologiche a disciplina del funzionamento delle emittenti televisive vengono inflitte, congiuntamente e solidalmente, non soltanto alla società titolare della licenza di costituire e gestire un’emittente televisiva, ma anche a tutti i soci detentori di una quota superiore al 2,5% del capitale azionario.
Sulla libertà di stabilimento e la libera circolazione dei capitali
47 Ricadono nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’art. 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento, le disposizioni nazionali che si applicano alla detenzione da parte del cittadino di uno Stato membro, nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro, di una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni di tale società e da consentirgli di indirizzarne le attività (v., in tal senso, segnatamente, sentenze 13 aprile 2000, causa C‑251/98, Baars, Racc. pag. I‑2787, punto 22; 23 ottobre 2007, causa C‑112/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑8995, punto 13, nonché 26 marzo 2009, causa C‑326/07, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑2291, punto 34).
48 Rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni previste all’art. 63 TFUE, relativo alla libera circolazione dei capitali, segnatamente, gli investimenti diretti sotto forma di partecipazione ad un’impresa attraverso un possesso di azioni che consenta di partecipare effettivamente alla sua gestione e al suo controllo, nonché gli investimenti «di portafoglio», cioè l’acquisto dei titoli sul mercato dei capitali effettuato soltanto per realizzare un investimento finanziario, senza intenzione di incidere sulla gestione e sul controllo dell’impresa (v., in tal senso, sentenza 17 settembre 2009, causa C‑182/08, Glaxo Wellcome, Racc. pag. I‑8591, punto 40).
49 Una normativa nazionale che non è destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni tali da conferire una sicura influenza sulle decisioni di una società e da consentire di indirizzarne le attività, ma che si applichi indipendentemente dall’entità della partecipazione detenuta da un azionista in una società, può rientrare nell’ambito di applicazione sia dell’art. 49 TFUE, sia dell’art. 63 TFUE (v., sentenza Commissione/Italia, citata, punto 36).
50 Nella causa principale, la normativa ellenica limita al 25% la partecipazione massima che una persona fisica o giuridica può detenere nel capitale sociale di una società titolare di una licenza a creare, costituire e gestire un’emittente televisiva. D’altra parte, l’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, prevede che è passibile di ammenda l’azionista che detenga più del 2,5% delle quote di detta società.
51 A seconda delle modalità di ripartizione del resto del capitale sociale, in particolare se è diffuso tra un gran numero di azionisti, la partecipazione del 25% può risultare sufficiente per detenere il controllo di una società o quantomeno esercitare una sicura influenza sulle sue decisioni, indirizzandone le attività, ai sensi della giurisprudenza Baars, richiamata supra al punto 47 (v., in tal senso, sentenza Commissione/Italia, citata, punto 38). È possibile, quindi, che la normativa ellenica ricada nella sfera d’applicazione dell’art. 49 TFUE.
52 È possibile, peraltro, che tale normativa, nei limiti in cui riguarda azionisti che detengano un pacchetto azionario superiore al 2,5%, partecipazione peraltro non sufficiente a conferir loro il controllo oppure a consentir loro di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società, rientri parimenti nell’ambito applicativo dell’art. 63 TFUE.
53 Occorre pertanto procedere all’interpretazione di tali due disposizioni.
54 Risulta da costante giurisprudenza che la nozione di «restrizione» ai sensi dell’art. 49 TFUE concerne misure che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio della libertà di stabilimento (sentenza 28 aprile 2009, Commissione/Italia, causa C‑518/06, Racc. pag. I‑3491, punto 62).
55 Allo stesso modo devono essere qualificate come «restrizioni» ai sensi dell’art. 63, n. 1, TFUE le misure nazionali idonee a impedire o a limitare l’acquisizione di azioni nelle imprese interessate o che possano dissuadere gli investitori degli altri Stati membri dall’investire nel capitale di queste ultime (sentenza Commissione/Germania, citata, punto 19).
56 Nella fattispecie di cui al procedimento principale, si deve rilevare che la misura nazionale di cui trattasi ha un effetto dissuasivo per gli investitori e pregiudica in tal modo il loro accesso al mercato delle partecipazioni societarie.
57 Tale misura nazionale consente infatti di considerare responsabili per il pagamento delle ammende inflitte alla società gli azionisti di una società per azioni gestrice di una rete televisiva, affinché detti azionisti facciano sì che la società medesima rispetti la normativa e le regole di deontologia elleniche, anche qualora i poteri attribuiti a tali azionisti dalle norme applicabili al funzionamento degli organi delle società per azioni non diano loro la possibilità materiale di determinare tale condotta.
58 Inoltre, sebbene la misura sia indistintamente applicabile agli investitori ellenici e a quelli di altri Stati membri, il suo effetto dissuasivo è maggiore nei confronti degli investitori degli altri Stati membri che non nei confronti degli investitori ellenici.
59 Infatti, considerato che l’obiettivo della legge consiste nell’indurre gli azionisti a concludere alleanze con altri azionisti al fine di essere in grado di influenzare le decisioni dell’amministrazione della società, sebbene tale scelta si imponga per tutti gli azionisti, è incontestabile che essa è ben più difficile da rispettare per gli investitori di altri Stati membri, che sono meno al corrente della realtà della vita dei media in Grecia e non sono necessariamente edotti in ordine ai diversi gruppi o alleanze rappresentati nell’ambito del capitale di una società titolare della licenza di costituire e gestire un’emittente televisiva.
60 Ne consegue che una misura nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale comporta restrizioni tanto alla libertà di stabilimento quanto alla libera circolazione dei capitali.
61 Tale conclusione non risulterebbe diversa se la misura in esame fosse interpretata nel senso indicato dal governo ellenico ed esposto supra al punto 34.
62 Una misura restrittiva della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali può essere considerata ammissibile se è accertato che risponde a ragioni imperative di interesse pubblico, che è idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non va oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (per la libertà di stabilimento, v., in tal senso, sentenza Commissione/Italia, causa C‑518/06, cit., punto 72, e per la libera circolazione dei capitali, v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punti 72 e 73).
63 Come ha esposto il giudice del rinvio, la misura di cui trattasi nel procedimento principale ha lo scopo di far rispettare la normativa e la deontologia dei giornalisti da parte delle società che gestiscono emittenti televisive al fine di evitare, segnatamente, che siano pregiudicati l’onore o la vita privata delle persone la cui immagine appare sullo schermo o delle quali viene citato il nome. Si tratta, senza dubbio, di un obiettivo legittimo.
64 All’ udienza, la Commissione ha dichiarato che nessun elemento del fascicolo consentiva di individuare il motivo per il quale un azionista che possieda oltre il 2,5% delle quote di un’emittente televisiva debba essere considerato in grado di influenzare l’amministrazione della società. Interrogato in merito, il governo ellenico ha dichiarato che, all’epoca dell’adozione della legge n. 2328/1995, numerosi giornalisti erano azionisti detentori di tali partecipazioni e che l’obiettivo di detta legge era, da una parte, quello di frammentare il capitale sociale delle emittenti televisive allo scopo di evitare un potere troppo importante in capo ad un solo azionista e, dall’altra, di indurre gli azionisti a serrare le fila per l’adozione delle decisioni relative ai programmi.
65 Al riguardo, anche qualora fosse esistita, all’epoca dell’adozione della legge n. 2328/1995, una correlazione statistica tra lo status di azionista detentore del 2,5% delle partecipazioni in una società gestrice di un’emittente televisiva e la professione di giornalista, tale nesso non appare sufficiente per ritenere che la misura di cui trattasi sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo che persegue, né soprattutto che essa non vada oltre quanto necessario per raggiungerlo.
66 Infatti, anche se la professione di giornalista può essere considerata un criterio adeguato per individuare i soggetti capaci di influenzare la gestione di una società titolare di un’emittente televisiva, ciò non vale per il semplice status di azionista detentore di una partecipazione leggermente superiore al 2,5%, oppure anche di un pacchetto azionario sufficiente per esercitare una sicura influenza negli organi della società televisiva ai sensi della citata sentenza Baars.
67 Al riguardo, se l’obiettivo del provvedimento consiste nel far sì che i giornalisti rispettino le leggi e la deontologia della loro professione, potrebbe risultare appropriato sanzionarli personalmente per le infrazioni che commettono, piuttosto che infliggere sanzioni ad azionisti che non sono necessariamente giornalisti.
68 In tal contesto va osservato che la legge ellenica contempla altre possibilità di sanzioni più appropriate rispetto all’obiettivo perseguito, colpendo l’attività televisiva e non la semplice detenzione di capitale sociale, come la sospensione o l’interruzione della diffusione di una data emissione, la sospensione provvisoria della diffusione di ogni programma televisivo fino a tre mesi, la revoca della licenza di gestione dell’emittente televisiva oppure sanzioni di carattere etico.
69 Peraltro, supporre che tutti gli azionisti di una società per azioni siano professionisti del settore in cui ricade l’oggetto sociale della società costituisce la negazione stessa della libera circolazione dei capitali che riguarda in particolar modo gli investimenti di portafoglio, vale a dire l’acquisto di titoli sul mercato dei capitali realizzato al solo scopo di effettuare un investimento finanziario senza influire sulla gestione e il controllo dell’impresa (sentenza 28 settembre 2006, cause riunite C–282/04 e C–283/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑9141, punto 19). Orbene, è proprio questo il genere di investimenti che investitori di altri Stati membri, che intendano diversificare il loro portafoglio, potrebbero realizzare.
70 Da tutte le suesposte considerazioni risulta che gli artt. 49 TFUE e 63 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale come l’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, secondo cui le ammende previste ai commi precedenti di tale articolo per violazione della normativa e delle regole deontologiche a disciplina del funzionamento delle emittenti televisive vengono inflitte, congiuntamente e solidalmente, non solo alla società titolare della licenza di costituire e gestire un’emittente televisiva, ma anche a tutti i soci detentori di un pacchetto azionario superiore al 2,5% del capitale.
Sulle spese
71 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
1) La prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, 68/151/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati Membri, alle società a mente dell’art. 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale come l’art. 4, n. 3, della legge n. 2328/1995, "Regime giuridico delle televisioni private e delle radio locali, regolamentazione delle questioni connesse al mercato radiotelevisivo e altre disposizioni", come modificata dalla legge n. 2644/1998, "relativa alla prestazione di servizi radiofonici e televisivi a pagamento", secondo cui le ammende previste ai commi precedenti di tale articolo per la violazione della normativa e delle regole deontologiche a disciplina del funzionamento delle emittenti televisive vengono inflitte, congiuntamente e solidalmente, non soltanto alla società titolare della licenza di costituire e gestire un’emittente televisiva, ma anche a tutti i soci detentori di un pacchetto azionario superiore al 2,5% del capitale.
2) Gli artt. 49 TFUE e 63 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a tale normativa nazionale.
Firme
* Lingua processuale: il greco.