Causa C‑221/08

Commissione europea

contro

Irlanda

«Inadempimento di uno Stato — Direttiva 95/59/CE — Imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati — Art. 9, n. 1 — Libera determinazione, da parte dei produttori e degli importatori, dei prezzi massimi di vendita al minuto dei loro prodotti — Normativa nazionale che impone un prezzo minimo di vendita al minuto delle sigarette — Giustificazione — Tutela della sanità pubblica — Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo»

Massime della sentenza

1.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati

(Direttiva del Consiglio 95/59, come modificata dalla direttiva 2002/10, art. 9, n. 1)

2.        Stati membri — Obblighi — Compito di sorveglianza affidato alla Commissione — Dovere degli Stati membri

(Artt. 10 CE e 226 CE)

1.        Viene meno agli obblighi che gli incombono ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati come modificata dalla direttiva 2002/10, lo Stato membro che imponga prezzi minimi di vendita al minuto delle sigarette, se tale regime non consente di escludere, in ogni caso, che il prezzo minimo imposto pregiudichi il vantaggio concorrenziale che potrebbe risultare, per taluni produttori o importatori di prodotti del tabacco, da prezzi di costo inferiori. Infatti, siffatto regime, che, inoltre, determina il prezzo minimo facendo riferimento al prezzo medio praticato sul mercato per ogni categoria di sigarette, può far sì che siano eliminate le differenze tra i prezzi dei prodotti concorrenti e che tali prezzi convergano verso il prezzo del prodotto più caro. Tale regime pregiudica quindi la libertà dei produttori e degli importatori di stabilire il loro prezzo massimo di vendita al minuto, libertà garantita dall’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva 95/59.

La convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo è inconferente per quanto attiene alla compatibilità o meno di siffatto regime con l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59, atteso che tale convenzione non impone alle parti contraenti alcun obbligo concreto in relazione alla politica dei prezzi dei prodotti del tabacco, ma descrive unicamente possibili opzioni per tener conto degli obiettivi nazionali di salute con riferimento alla lotta al tabagismo. Infatti, l’art. 6, n. 2, di tale convenzione si limita a prevedere che ogni parte contraente adotti o mantenga misure che «possono comprendere» l’applicazione di politiche fiscali e, «all’occorrenza», di politiche dei prezzi riguardanti i prodotti del tabacco.

Gli Stati membri non possono richiamarsi all’art. 30 CE per giustificare una violazione dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59 alla luce dell’obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone. Infatti, l’art. 30 CE non può essere inteso nel senso che autorizza provvedimenti di natura diversa dalle restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione e dalle misure di effetto equivalente contemplate dagli artt. 28 CE e 29 CE.

Ciononostante, la direttiva 95/59 non impedisce agli Stati membri di perseguire la lotta al tabagismo, che si inserisce nell’obiettivo di tutela della sanità pubblica.

(v. punti 45-46, 50-51, 57, dispositivo 1)

2.        Viene meno agli obblighi che gli incombono ai sensi dell’art. 10 CE lo Stato membro che ometta di fornire le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti della Commissione europea concernenti il controllo del rispetto della direttiva 95/59, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati, come modificata dalla direttiva 2002/10.

(v. punto 62, dispositivo 2)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

4 marzo 2010 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 95/59/CE – Imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati – Art. 9, n. 1 – Libera determinazione, da parte dei produttori e degli importatori, dei prezzi massimi di vendita al minuto dei loro prodotti – Normativa nazionale che impone un prezzo minimo di vendita al minuto delle sigarette – Giustificazione – Tutela della sanità pubblica – Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo»

Nella causa C‑221/08,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 22 maggio 2008,

Commissione europea, rappresentata dai sigg. R. Lyal e W. Mölls, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Irlanda, rappresentata dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Hogan, SC, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus e A. Arabadjiev (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 giugno 2009,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 ottobre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che:

–        imponendo prezzi minimi e massimi di vendita al minuto delle sigarette, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1995, 95/59/CE, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati (GU L 291, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 12 febbraio 2002, 2002/10/CE (GU L 46, pag. 26; in prosieguo: la «direttiva 95/59»), e

–        omettendo di fornire le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti della Commissione concernenti il controllo del rispetto della direttiva 95/59, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 10 CE.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

2        Il secondo, terzo e settimo ‘considerando’ della direttiva 95/59 sono così formulati:

«(2)      considerando che obiettivo del trattato [CE] è di instaurare una unione economica che implichi una sana concorrenza e presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno; che la realizzazione di tale obiettivo nel settore dei tabacchi lavorati presuppone l’applicazione, negli Stati membri, di accise sui prodotti di tale settore che non falsino le condizioni di concorrenza e non ne ostacolino la libera circolazione nella Comunità;

(3)      considerando che l’armonizzazione delle strutture per quanto riguarda le accise dei tabacchi deve, in particolare, far sì che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti ad uno stesso gruppo non sia falsata dagli effetti dell’imposizione e che, per tal via, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri;

(…)

(7)      considerando che le esigenze della concorrenza implicano un sistema di prezzi che si formino liberamente per tutti i gruppi di tabacchi lavorati».

3        Ai sensi dell’art. 2, n. 1, di tale direttiva:

«Sono considerati tabacchi lavorati:

a)      le sigarette,

b)      i sigari e i sigaretti,

c)      il tabacco da fumo,

–        il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotondare le sigarette,

–        gli altri tabacchi da fumo,

quali definiti agli articoli da 3 a 7».

4        L’art. 8 della direttiva 95/59 così dispone:

«1.      Le sigarette prodotte nella Comunità e quelle importate da paesi terzi sono soggette, in ciascuno degli Stati membri, ad un’accisa proporzionale calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto, compresi i dazi doganali, nonché ad un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto.

2.      L’aliquota dell’accisa proporzionale e l’importo dell’accisa specifica devono essere uguali per tutte le sigarette.

(...)».

5        Ai sensi dell’art. 9, n. 1, di tale direttiva:

«Si considera produttore la persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità che trasforma il tabacco in prodotti lavorati, confezionati per la vendita al minuto.

I produttori o, se del caso, i loro rappresentanti o mandatari nella Comunità, nonché gli importatori di paesi terzi stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascuno Stato membro in cui sono destinati ad essere immessi in consumo.

La disposizione del secondo comma non osta, tuttavia, all’applicazione delle legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi imposti, sempreché siano compatibili con la normativa comunitaria.»

6        L’art. 16 della citata direttiva così recita:

«1.      L’importo dell’accisa specifica è stabilito con riferimento alle sigarette della classe di prezzo più richiesta secondo i dati al 1° gennaio di ogni anno a partire dal 1° gennaio 1978.

2.      L’elemento specifico dell’accisa non può essere inferiore al 5% né superiore al 55% dell’onere fiscale totale risultante dall’importo cumulativo dell’accisa proporzionale, dell’accisa specifica e dell’imposta sul volume d’affari, riscosse su dette sigarette.

(…)

5.      Gli Stati membri possono applicare un’accisa minima alle sigarette vendute ad un prezzo inferiore al prezzo di vendita al minuto delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta, a condizione che tale accisa non superi l’importo dell’accisa gravante sulle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta».

7        La direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/79/CEE, relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette (GU L 316, pag. 8), come modificata dalla direttiva del Consiglio 5 dicembre 2003, 2003/117/CE (GU L 333, pag. 49), stabilisce i tassi e gli importi minimi dell’accisa globale gravante sulle sigarette.

8        Con decisione del Consiglio 2 giugno 2004, 2004/513/CE (GU L 213, pag. 8), la convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo, sottoscritta a Ginevra il 21 maggio 2003 (in prosieguo: la «convenzione OMS»), è stata approvata a nome della Comunità. L’art. 6 di tale convenzione, dal titolo «Misure finanziarie e fiscali finalizzate alla riduzione del tabagismo», è così formulato:

«1. Le Parti riconoscono che le misure finanziarie e fiscali sono un mezzo efficace ed importante per ridurre il consumo di tabacco per diverse categorie della popolazione, in particolare i giovani.

2. Fatto salvo il diritto delle Parti di determinare e di fissare la loro politica fiscale, ogni Parte deve tenere conto dei suoi obiettivi nazionali di salute per quel che riguarda la lotta al tabagismo e adotta o mantiene, a seconda dei casi, delle misure che possono comprendere:

a)      l’applicazione di politiche fiscali e, all’occorrenza, di politiche dei prezzi riguardanti i prodotti del tabacco al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di salute tendenti a ridurre il consumo di tabacco, (...)».

 La normativa nazionale

9        Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della legge del 1978 sui prodotti del tabacco (controllo della pubblicità, della sponsorizzazione e della promozione commerciale), n. 27/1978 [Tobacco Products (Control of Advertising, Sponsorship and Sales Promotion) Act 1978, No 27/1978], il Ministro della Salute può adottare regolamenti ai fini del controllo e della regolamentazione della pubblicità dei prodotti del tabacco, della sponsorizzazione e di qualsiasi altra attività che abbia lo scopo o che sia idonea a promuovere le vendite dei prodotti del tabacco.

10      Ai sensi dell’art. 2, n. 2, lett. i), di detta legge, tali regolamenti possono prevedere «il divieto di vendita di prodotti del tabacco a prezzi che siano talmente inferiori rispetto ai prezzi dei prodotti del tabacco di tipo o di natura simile, nel momento rilevante, da poter essere considerati, a parere del Ministro [della Salute], una forma di promozione commerciale».

11      Il regolamento del 1991 sui prodotti del tabacco (controllo della pubblicità, della sponsorizzazione e della promozione commerciale) [Tobacco Products (Control of Advertising, Sponsorship and Sales Promotion) Regulations 1991, S.I. n. 326/1991; in prosieguo: il «regolamento del 1991»] ha integrato la regolamentazione in materia, abrogando nel contempo il regolamento del 1986 sui prodotti del tabacco (controllo della pubblicità, della sponsorizzazione e della promozione commerciale) (n. 2) [Tobacco Products (Control of Advertising, Sponsorship and Sales Promotion) (No 2) Regulations 1986, S.I. n. 107/1986; in prosieguo: il «regolamento del 1986»]. L’art. 16 del regolamento del 1991, che corrisponde all’art. 18 del regolamento del 1986, così recita:

«(1)      È vietato vendere al minuto un prodotto del tabacco di un marchio specifico a un prezzo inferiore rispetto a quello che si otterrebbe altrimenti per tale marchio.

(2)      È vietato offrire in vendita al minuto un prodotto del tabacco di un marchio specifico a un prezzo inferiore rispetto a quello che si otterrebbe altrimenti per tale marchio distribuendo a qualcuno un tagliando o un documento analogo.

(3)      È vietato utilizzare, con riferimento alla vendita o all’acquisto al minuto di prodotti del tabacco, offerte di buoni, bollini premio, tagliandi, premi, gettoni o omaggi (ivi compresi gli omaggi di prodotti del tabacco)».

12      L’art. 17 del regolamento del 1991, che corrisponde all’art. 19 del regolamento del 1986, così dispone:

«(1)      È vietato a chiunque di vendere al minuto un prodotto del tabacco a un prezzo determinato laddove il Ministro [della Salute], nell’esercizio dei poteri conferitigli dall’art. 2, n. 2, lett. i), della legge [del 1978 sui prodotti del tabacco], ritenga che la vendita di tale prodotto a un prezzo simile rappresenti una forma di promozione commerciale.

(2)      Il parere del [citato] Ministro, ai sensi del n. 1 di questo articolo, è comunicato per iscritto alla persona interessata».

13      Il Ministro della Salute ha emanato, nel 1986, un memorandum di chiarimento (Memorandum of Clarification) relativo al regolamento del 1986. La prima frase del punto 2 della parte del memorandum stesso relativa all’art. 19 del regolamento del 1986 è così formulata:

«Il prezzo medio ponderato di tutte le sigarette di ciascuna categoria vendute dalle società facenti parte dell’[Irish Tobacco Manufacturers Advisory Council (comitato consultivo dei produttori di tabacco irlandesi)] sarà calcolato in base al volume delle vendite netto franco fabbrica di ciascun marchio per l’anno precedente al 31 dicembre, da un lato, e in base al prezzo di vendita al minuto raccomandato applicabile nel momento in cui è determinato il prezzo medio ponderato per ciascuna categoria, dall’altro».

14      Secondo la prima frase del punto 3 di questa stessa parte del citato memorandum, «si verifica una forma di promozione commerciale se il prezzo di vendita al minuto raccomandato di un marchio di sigarette è inferiore per più del 3% al prezzo medio ponderato della sua categoria».

 Fase precontenziosa del procedimento

15      Ritenendo che la legislazione irlandese relativa alla vendita dei prodotti del tabacco fosse incompatibile con l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59, la Commissione ha inviato all’Irlanda, in data 23 ottobre 2001, una lettera di diffida.

16      Il 27 luglio 2002 la Commissione ha altresì inviato a tale Stato membro una richiesta di informazioni vertente sulla legislazione irlandese applicabile.

17      Ritenendo che la risposta dell’Irlanda alla lettera di diffida, datata 4 settembre 2002, non contenesse le informazioni richieste, la Commissione ha inviato, in data 1° ottobre 2002, una nuova richiesta di informazioni a tale Stato membro, che è rimasta senza risposta.

18      La Commissione ha quindi inviato all’Irlanda, il 17 ottobre 2003 e il 9 luglio 2004, rispettivamente, una lettera di diffida e un parere motivato nei quali essa concludeva che, non avendo fornito le informazioni richieste, tale Stato membro era venuto meno agli obblighi derivanti dall’art. 10 CE. Nel parere motivato si invitava detto Stato membro ad assumere i provvedimenti necessari per far fronte a tali obblighi entro un termine di due mesi decorrenti dal ricevimento del parere stesso.

19      Il 10 dicembre 2004, il Ministero irlandese della Salute e dell’Infanzia ha inviato al sig. Medghoul, direttore della fiscalità e dell’unione doganale nell’ambito della Commissione, una lettera in cui veniva sommariamente esposta la legislazione irlandese che era stata appena adottata in materia di sanità pubblica e di tabacco, sottolineando tuttavia che tale legislazione era oggetto di un ricorso dinanzi ai giudici irlandesi e che pertanto non era ancora entrata in vigore. Tale legislazione non era ancora entrata in vigore al momento della scadenza del termine stabilito nel parere motivato del 15 dicembre 2006, citato al punto 21 della presente sentenza.

20      Su domanda della Commissione, il 10 febbraio 2005 si è tenuta una riunione tra quest’ultima e le autorità irlandesi.

21      Il 10 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Irlanda una lettera di diffida e, il 15 dicembre 2006, un nuovo parere motivato, nei quali tale istituzione sosteneva che, mediante l’instaurazione di un sistema di prezzi massimi e minimi per la vendita al minuto delle sigarette, tale Stato membro non aveva ottemperato agli obblighi derivanti dall’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59. Detto parere motivato lo invitava ad assumere i provvedimenti necessari per conformarvisi entro un termine di due mesi decorrenti dal ricevimento dello stesso.

22      L’Irlanda ha risposto a tale parere motivato con lettera 15 gennaio 2007, affermando che la normativa nazionale in questione era necessaria ai fini della tutela della sanità pubblica.

23      La Commissione ha quindi emanato, il 29 giugno 2007, un parere motivato complementare. Ritenendo, alla luce delle risposte fornite dall’Irlanda a tali pareri motivati, che la situazione rimanesse insoddisfacente, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Sulle censure basate sulla violazione dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59

 Argomenti delle parti

24      Sulla base delle informazioni di cui essa dispone, segnatamente di quelle risultanti dal verbale della riunione del 10 febbraio 2005, la Commissione ritiene che, in forza della normativa irlandese di cui trattasi e considerata la prassi delle autorità irlandesi, sono stabiliti, per la vendita al minuto delle sigarette, per un verso, prezzi minimi, essendo vietato praticare un prezzo che sia più del 3% inferiore al prezzo medio ponderato delle sigarette della categoria rilevante e, per altro verso, prezzi massimi, essendo vietato superare tale prezzo medio ponderato in misura superiore al 3%. Da tale sistema deriverebbe una limitazione della libertà dei produttori e degli importatori di stabilire i prezzi massimi di vendita al minuto dei loro prodotti ed esso sarebbe pertanto contrario all’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59. Come gli altri regimi nazionali simili che sono stati esaminati dalla Corte, tale sistema osterebbe alla vendita di sigarette a un prezzo inferiore a quello stabilito dallo Stato membro interessato. Tale conclusione non sarebbe smentita dall’art. 9, n. 1, terzo comma, della direttiva 95/59.

25      Il regime di prezzi minimi e massimi in questione non sarebbe neppure giustificato dall’obiettivo di tutela della sanità pubblica di cui all’art. 30 CE. Infatti, dalla sentenza 17 aprile 2007, causa C‑470/03, AGM-COS.MET (Racc. pag. I‑2749), emergerebbe segnatamente che una questione che sia stata oggetto di un’armonizzazione non potrebbe essere esaminata con riferimento alle disposizioni del diritto primario che derogano alle libertà fondamentali.

26      In ogni caso, gli Stati membri potrebbero fare in modo che i prezzi di vendita al minuto dei prodotti del tabacco siano sufficientemente elevati, nei limiti in cui ciò è necessario ai fini della lotta contro il tabagismo, mediante un aumento generale del livello d’imposizione di tali prodotti, ma anche mediante un aumento specifico, attribuendo rilievo alle varie componenti dell’accisa e stabilendo una accisa minima. Le direttive relative all’imposizione delle sigarette lascerebbero agli Stati membri la libertà di adattare tale imposizione alle loro specifiche priorità.

27      La Commissione ritiene peraltro che l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59 sia compatibile con la convenzione OMS. Per un verso, tale convenzione non obbligherebbe le parti contraenti ad applicare prezzi minimi. Per altro verso, essa non conferirebbe agli Stati membri un diritto, opponibile alla Comunità, di scegliere tra l’applicazione di politiche fiscali e l’applicazione di politiche di prezzi, dal momento che tale questione sarebbe riconducibile al funzionamento interno della Comunità.

28      Quanto alla raccomandazione del Consiglio 2 dicembre 2002, 2003/54/CE, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (GU 2003, L 22, pag. 31), invocata dall’Irlanda in quanto tale raccomandazione fa riferimento ad «appropriate misure in materia di prezzi dei prodotti del tabacco al fine di scoraggiare il consumo di tabacco», la Commissione ritiene che le enunciazioni di tale raccomandazione non siano vincolanti e che comunque non possano essere interpretate come un’incitazione a violare l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59.

29      Inoltre, le considerazioni vertenti sulla sanità pubblica non sarebbero completamente estranee all’armonizzazione dei diritti d’accisa sui prodotti del tabacco.

30      L’Irlanda sostiene che né la normativa nazionale in questione, né il memorandum di chiarimento del 1986 prevedono il divieto di superare in misura maggiore del 3% il prezzo medio ponderato per ciascuna categoria di sigarette. Non sarebbe quindi imposto alcun prezzo massimo. L’Irlanda riconosce che il verbale della riunione del 10 febbraio 2005 non corrisponde, in proposito, alla realtà.

31      Peraltro, tale Stato membro afferma che l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59, il quale dispone che i produttori e gli importatori di tabacchi lavorati stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto dei loro prodotti, non menziona i prezzi minimi e pertanto non vieta l’imposizione di siffatti prezzi minimi. L’imposizione di un prezzo minimo impedirebbe ai produttori e agli importatori di stabilire i prezzi massimi solamente in un senso tecnico e totalmente artificioso. Inoltre, a differenza di altri regimi nazionali che sono stati esaminati dalla Corte, il regime irlandese tenderebbe unicamente a lottare contro la vendita di prodotti del tabacco a prezzi bassi.

32      L’Irlanda ritiene che la giurisprudenza citata dalla Commissione a sostegno del suo argomento secondo cui l’art. 30 CE non può essere invocato nella fattispecie non è trasponibile nella presente causa. Nella sua sentenza 19 ottobre 2000, causa C‑216/98, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑8921), la Corte avrebbe ammesso che l’art. 30 CE, e in particolare l’obiettivo di tutela della vita e della salute delle persone può, in linea di principio, giustificare la fissazione di prezzi minimi per la vendita al minuto di prodotti del tabacco. Orbene, gli Stati membri disporrebbero di un ampio potere discrezionale in ordine al carattere necessario e appropriato delle misure destinate a tutelare la sanità pubblica. A tal proposito, la normativa irlandese in questione risponderebbe al criterio di proporzionalità. Essa sarebbe il risultato di una scelta politica legittima tra la fissazione di prezzi minimi e l’aumento della pressione fiscale.

33      L’Irlanda sostiene inoltre che le misure fiscali non rappresentano, di per se stesse, uno strumento sufficiente per raggiungere l’obiettivo di tutela della sanità pubblica consistente nell’impedire la vendita di sigarette a basso prezzo. L’effetto di simili misure sarebbe incerto, dal momento che i produttori potrebbero decidere di assorbire l’aumento dei diritti d’accisa. Inoltre, tale Stato membro non potrebbe lottare efficacemente contro la vendita di sigarette a basso prezzo mediante l’imposizione di un’accisa minima senza procedere a un aumento generale della pressione fiscale per tutte le sigarette, pressione che sarebbe già assai elevata in Irlanda. Oltretutto, l’aumento del livello dell’accisa implicherebbe un aumento del rischio di contrabbando.

34      La proporzionalità, rispetto a tale obiettivo, del regime irlandese di fissazione di prezzi minimi sarebbe confermata dal punto 7 della raccomandazione 2003/54 nonché dall’art. 6, n. 2, lett. a), della convenzione OMS. Quanto a tale raccomandazione, l’Irlanda sostiene che, benché le raccomandazioni non rappresentino misure vincolanti, esse possono tuttavia essere prese in considerazione laddove possano chiarire l’interpretazione del diritto comunitario. Per quanto riguarda la convenzione OMS, tale Stato membro sostiene che, se è vero che essa non impone l’obbligo di applicare un sistema di prezzi minimi, è altresì vero che essa obbliga le parti contraenti a regolare i prezzi di vendita al minuto dei prodotti del tabacco mediante politiche fiscali o mediante politiche di prezzo, secondo la soluzione più appropriata. L’Irlanda avrebbe ritenuto, basandosi sul proprio potere discrezionale, che le politiche di prezzo rappresentassero un complemento adeguato alle proprie politiche fiscali.

35      L’Irlanda asserisce infine che la direttiva 95/59 si basa su un obiettivo di concorrenza e che essa non prende in considerazione alcun aspetto attinente alla sanità pubblica. A tal proposito, la Commissione avrebbe essa stessa proposto recentemente talune modifiche a tale direttiva [proposta di direttiva COM(2008) 459 def] destinate, in gran parte, a ridurre il consumo di tabacco. Essa avrebbe altresì ammesso che il regime comunitario esistente non ha consentito di evitare scarti significativi di prezzo tra gli Stati membri e che tali scarti hanno implicato contrabbando nonché rilevanti acquisti transfrontalieri, il che falserebbe la concorrenza sul mercato del tabacco, si tradurrebbe in perdite di bilancio per quegli Stati membri che applicano un livello relativamente elevato di imposizione e comprometterebbe, inoltre, la realizzazione degli obiettivi di sanità pubblica.

 Giudizio della Corte

36      Si deve preliminarmente rilevare che dal terzo ‘considerando’ della direttiva 95/59 emerge che essa si inserisce nel contesto di una politica di armonizzazione delle strutture dell’accisa dei tabacchi lavorati che mira ad evitare che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti ad uno stesso gruppo sia falsata e che, per tal via, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri.

37      A tal fine, l’art. 8, n. 1, della citata direttiva dispone che le sigarette prodotte nella Comunità e quelle importate da paesi terzi siano soggette, in ciascuno degli Stati membri, ad un’accisa proporzionale calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto, compresi i dazi doganali, nonché ad un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 19).

38      Emerge inoltre dal settimo ‘considerando’ della direttiva 95/59 che le esigenze della concorrenza implicano un sistema di prezzi che si formino liberamente per tutti i gruppi di tabacchi lavorati.

39      A tal proposito, l’art. 9, n. 1, della citata direttiva prevede che i produttori o, se del caso, i loro rappresentanti o mandatari nella Comunità, nonché gli importatori di paesi terzi stabiliscano liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti, e ciò al fine di garantire il libero gioco della concorrenza nei loro rapporti (sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 20). Tale disposizione mira a garantire che la determinazione della base imponibile dell’accisa proporzionale sui prodotti del tabacco, vale a dire il prezzo massimo di vendita al minuto di tali prodotti, sia sottoposta alle stesse regole in tutti gli Stati membri. Essa mira altresì, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, a tutelare la libertà degli operatori sopra citati, che consente loro di beneficiare effettivamente del vantaggio concorrenziale risultante da eventuali prezzi di costo inferiori.

40      Orbene, l’imposizione di un prezzo minimo di vendita al minuto ad opera delle autorità pubbliche fa sì che il prezzo massimo di vendita al minuto stabilito dai produttori e dagli importatori non possa essere in alcun caso inferiore a tale prezzo minimo obbligatorio. Una normativa che impone un siffatto prezzo minimo è quindi idonea ad arrecare pregiudizio alle relazioni concorrenziali, impedendo a taluni di questi produttori o importatori di trarre vantaggio da prezzi di costo inferiori per proporre più allettanti prezzi di vendita al minuto.

41      Di conseguenza, un sistema di prezzi minimi di vendita al minuto dei prodotti del tabacco lavorato non può essere considerato compatibile con l’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59, ove non sia strutturato in modo tale da escludere, in ogni caso, che risulti pregiudicato il vantaggio concorrenziale che potrebbe risultare, per taluni produttori o importatori di prodotti siffatti, da prezzi di costo inferiori e che, pertanto, si produca una distorsione della concorrenza (v. sentenze 4 marzo 2010, causa C‑197/08, Commissione/Francia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 38, e causa C‑198/08, Commissione/Austria, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30).

42      È alla luce di questi principi che occorre esaminare la normativa nazionale in questione.

43      Tale normativa impone ai produttori e agli importatori attivi sul mercato irlandese un prezzo minimo di vendita al minuto delle sigarette che corrisponde al 97% del prezzo medio ponderato praticato su tale mercato per ciascuna categoria di sigarette.

44      Per contro, la Commissione non ha dimostrato che tale regime imponga ai produttori e agli importatori un prezzo massimo di vendita al minuto delle sigarette.

45      Si deve tuttavia rilevare che tale regime non consente di escludere, in ogni caso, che il prezzo minimo imposto pregiudichi il vantaggio concorrenziale che potrebbe risultare, per taluni produttori o importatori di prodotti del tabacco, da prezzi di costo inferiori. Al contrario, come rilevato dalla Commissione in udienza, senza essere smentita sul punto dall’Irlanda, siffatto regime, che, inoltre, determina il prezzo minimo facendo riferimento al prezzo medio praticato sul mercato per ogni categoria di sigarette, può far sì che siano eliminate le differenze tra i prezzi dei prodotti concorrenti e che tali prezzi convergano verso il prezzo del prodotto più caro. Tale regime pregiudica quindi la libertà dei produttori e degli importatori di stabilire il prezzo massimo di vendita al minuto dei loro prodotti, libertà garantita dall’art. 9, n. 1, secondo comma, della direttiva 95/59.

46      Per quanto riguarda la convenzione OMS, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 50 e 51 delle sue conclusioni, essa non impone alle parti contraenti alcun obbligo concreto in relazione alla politica dei prezzi dei prodotti del tabacco, ma descrive unicamente possibili opzioni per tener conto degli obiettivi nazionali di salute con riferimento alla lotta al tabagismo. Infatti, l’art. 6, n. 2, di tale convenzione si limita a prevedere che ogni parte contraente adotti o mantenga misure che «possono comprendere» l’applicazione di politiche fiscali e, «all’occorrenza», di politiche dei prezzi riguardanti i prodotti del tabacco.

47      Del pari, nessuna indicazione concreta con riferimento al ricorso a sistemi di prezzi minimi può essere dedotta dalla raccomandazione 2003/54, che è peraltro priva di forza vincolante. Infatti, il passaggio cui fa riferimento l’Irlanda esprime semplicemente l’idea che i prezzi elevati dei prodotti del tabacco hanno l’effetto di scoraggiarne il consumo.

48      In ogni caso, come risulta dal punto 41 di questa sentenza, la direttiva 95/59 non osta ad una politica dei prezzi qualora la stessa non contrasti con gli obiettivi della direttiva stessa, e segnatamente con l’obiettivo di escludere una distorsione della concorrenza delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti ad uno stesso gruppo.

49      L’Irlanda afferma altresì che il regime di prezzi minimi di cui trattasi è giustificato dall’obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone previsto dall’art. 30 CE. Secondo tale Stato membro, l’aumento del livello di imposizione fiscale non sarebbe idoneo a garantire prezzi sufficientemente elevati dei prodotti del tabacco, dal momento che tale aumento potrebbe essere assorbito dai produttori o dagli importatori sacrificando una parte del loro margine di utile, o addirittura vendendo in perdita.

50      A questo proposito, si deve rilevare che l’art. 30 CE non può essere inteso nel senso che autorizza provvedimenti di natura diversa dalle restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione e dalle misure di effetto equivalente contemplate dagli artt. 28 CE e 29 CE (v., in tal senso, sentenza 27 febbraio 2002, causa C‑302/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2055, punto 33). Orbene, nella fattispecie, la Commissione non ha invocato la violazione di queste ultime disposizioni.

51      Ciononostante, la direttiva 95/59 non impedisce all’Irlanda di perseguire la lotta al tabagismo, che si inserisce nell’obiettivo di tutela della sanità pubblica.

52      Inoltre, non può sostenersi che tale obiettivo non sia preso in considerazione nell’ambito della direttiva in esame.

53      Infatti, come rammentato al settimo ‘considerando’ della direttiva 2002/10, ultimo atto modificativo della direttiva 95/59/CE, il cui art. 9 è tuttavia rimasto invariato rispetto alla sua versione iniziale, il Trattato CE, e in particolare l’art. 152, n. 1, primo comma, CE, esige che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità debba essere garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

54      Questo stesso ‘considerando’ precisa altresì che il livello di imposizione fiscale è un elemento fondamentale del prezzo dei prodotti del tabacco, che a sua volta influenza le preferenze dei consumatori. Del pari, la Corte ha già stabilito che, per i prodotti del tabacco, la disciplina fiscale costituisce uno strumento importante ed efficace di lotta al consumo di tali prodotti e, pertanto, di tutela della sanità pubblica (sentenza 5 ottobre 2006, causa C‑140/05, Valeško, Racc. pag. I‑10025, punto 58) e che l’obiettivo di garantire che i prezzi di tali prodotti siano fissati a livelli elevati può essere adeguatamente perseguito mediante l’aumento dell’imposizione fiscale su tali prodotti, dal momento che gli aumenti dei diritti di accisa devono prima o poi tradursi in un aumento dei prezzi di vendita al minuto, senza con ciò compromettere la libertà di determinazione del prezzo (v., in tal senso, sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 31).

55      Inoltre, qualora gli Stati membri desiderino eliminare definitivamente qualsiasi possibilità per i produttori o gli importatori di assorbire, anche temporaneamente, l’impatto delle imposte sul prezzo di vendita al minuto dei tabacchi lavorati, vendendoli in perdita, essi hanno segnatamente la possibilità, pur consentendo ai detti produttori e importatori di beneficiare effettivamente del vantaggio concorrenziale derivante da eventuali prezzi di costo inferiori, di vietare la vendita dei prodotti del tabacco lavorato a un prezzo inferiore alla somma del prezzo di costo e di tutte le imposte (v. citate sentenze 4 marzo 2010, Commissione/Francia, punto 53, e Commissione/Austria, punto 43).

56      Risulta da tutte le considerazioni che precedono che il ricorso della Commissione deve essere accolto per quanto riguarda la censura relativa all’imposizione, in Irlanda, di prezzi minimi di vendita al minuto delle sigarette, ma deve essere respinto per quanto riguarda la censura relativa all’imposizione, in questo stesso Stato membro, di prezzi massimi di vendita al minuto delle sigarette.

57      Si deve quindi constatare che, imponendo prezzi minimi per la vendita al minuto delle sigarette, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 95/59.

 Sulla censura riguardante la violazione dell’art. 10 CE

 Argomenti delle parti

58      Ad avviso della Commissione gli Stati membri sono tenuti, ai sensi dell’art. 10 CE, a facilitare lo svolgimento dei suoi compiti, in particolare facendo seguito alle richieste di informazioni formulate nell’ambito dei procedimenti d’infrazione. Orbene, non avendo fornito informazioni in merito alla legislazione irlandese applicabile nonostante le richieste della Commissione datate 27 luglio e 1° ottobre 2002, l’Irlanda non avrebbe adempiuto gli obblighi che le derivano dal citato articolo. Infatti, la risposta fornita da tale Stato membro, in data 4 settembre 2002, alla lettera di diffida del 23 ottobre 2001 non avrebbe contenuto le informazioni richieste. Peraltro, l’Irlanda non avrebbe risposto né alla lettera di diffida del 17 ottobre 2003, né al parere motivato del 9 luglio 2004. Infine, con la sua lettera del 10 dicembre 2004, l’Irlanda non si sarebbe conformata agli obblighi cui è soggetta in materia di cooperazione, posto che quest’ultima lettera è intervenuta più di due anni dopo le richieste di informazioni che le erano state inviate.

59      L’Irlanda deduce che il Ministero della Salute e dell’Infanzia ha inviato al sig. Medghoul, in data 30 maggio 2002, una copia dei testi cui faceva riferimento la richiesta di informazioni della Commissione. Il 4 settembre 2002 tale Stato membro avrebbe risposto sia alla lettera di diffida del 23 ottobre 2001, sia alla richiesta di informazioni della Commissione. Infine, con lettera del 10 dicembre 2004, le autorità irlandesi avrebbero esposto la legislazione nazionale appena adottata. La Commissione sarebbe stata quindi perfettamente a conoscenza della legislazione irlandese. Di conseguenza, l’Irlanda nega di essere venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 10 CE.

 Giudizio della Corte

60      Dall’art. 10 CE risulta che gli Stati membri hanno l’obbligo di cooperare lealmente ad ogni indagine svolta dalla Commissione ex art. 226 CE e di fornirle tutte le informazioni che essa loro richieda all’uopo (v. sentenza 13 luglio 2004, causa C‑82/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑6635, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

61      Orbene, al momento della scadenza del termine impartito nel parere motivato del 9 luglio 2004, avente ad oggetto un inadempimento all’art. 10 CE, l’Irlanda non aveva ancora fornito le informazioni richieste, pur essendo stata invitata a fornirle in più occasioni. Infatti, emerge dal fascicolo che solo con lettera del 10 dicembre 2004 le autorità irlandesi hanno esposto sommariamente la legislazione nazionale in materia di sanità pubblica e di tabacco, nella sua versione più recente.

62      Di conseguenza deve rilevarsi che, omettendo di fornire le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti della Commissione concernenti il controllo del rispetto della direttiva 95/59, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 10 CE.

 Sulle spese

63      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi del n. 3 dello stesso articolo, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Tuttavia, benché una parte del ricorso sia stata respinta, si deve rilevare che il ricorso della Commissione risulta essere, per l’essenziale, fondato. Di conseguenza, l’Irlanda va condannata alle spese, conformemente alle conclusioni della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Imponendo prezzi minimi di vendita al minuto delle sigarette, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1995, 95/59/CE, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 12 febbraio 2002, 2002/10/CE.

2)      Omettendo di fornire le informazioni necessarie allo svolgimento dei compiti della Commissione europea concernenti il controllo del rispetto della direttiva 95/59, come modificata dalla direttiva 2002/10, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 10 CE.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      L’Irlanda è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.