SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

1o ottobre 2009 ( *1 )

«Libera circolazione dei capitali — Art. 56 CE — Restrizioni — Giustificazioni — Politica dell’edilizia popolare — Servizi di interesse economico generale»

Nel procedimento C-567/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Raad van State (Paesi Bassi), con decisione 19 dicembre 2007, pervenuta in cancelleria il , nella causa

Minister voor Wonen, Wijken en Integratie

contro

Woningstichting Sint Servatius,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. A. Tizzano (relatore), A. Borg Barthet, E. Levits e J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 marzo 2009,

considerate le osservazioni presentate:

per la Woningstichting Sint Servatius, dagli avv.ti M. de Boer, J. de Pree e P. Slot, advocaten;

per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. Y. de Vries, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma, in qualità di agente;

per il governo irlandese, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra M. Gray, barrister;

per il governo ungherese, dalle sig.re J. Fazekas, R. Somssich e K. Borvölgyi, in qualità di agenti;

per il governo polacco, dai sigg. M. Dowgielewicz e P. Kucharski nonché dalla sig.ra K. Majcher, in qualità di agenti;

per il governo svedese, dalla sig.ra S. Johannesson, in qualità di agente;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa, V. Di Bucci, H. van Vliet e A. Nijenhuis, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 56 CE, 58 CE, 86, n. 2, CE, 87 CE e 88 CE.

2

Detta domanda è stata presentata nell’ambito di una lite che oppone il Minister voor Wonen, Wijken en Integratie (Ministro per l’Edilizia, la Pianificazione territoriale e la Gestione dell’ambiente; in prosieguo: il «Ministro») alla Woningstichting Sint Servatius (in prosieguo: la «Servatius»), in merito al diniego del Ministro di accordare a quest’ultima, che è un ente autorizzato attivo nel settore dell’edilizia popolare nei Paesi Bassi, l’autorizzazione di investire in un progetto immobiliare a Liegi (Belgio).

Contesto normativo nazionale

3

L’art. 22, n. 2, della Costituzione olandese prevede che «spetta alle autorità provvedere a promuovere l’offerta in materia di edilizia». La natura e la portata di tale compito sono definite nella legge relativa all’edilizia (Woningwet), e nel decreto sulla gestione del settore della locazione per motivi sociali (Besluit beheer sociale-huursector; in proseiguo: il «BBSH»).

4

L’art. 70, n. 1, della legge sull’edilizia dispone:

«Le associazioni con piena personalità giuridica e le fondazioni, che hanno la finalità di operare nel settore dell’edilizia popolare e non mirano a distribuire utili se non nell’interesse dell’edilizia popolare, possono essere autorizzate con regio decreto come enti attivi esclusivamente nel settore dell’edilizia popolare».

5

Ai sensi dell’art. 70 c di detta legge:

«Gli enti autorizzati offrono con precedenza alloggi a persone che, a causa del loro reddito o di altre circostanze, hanno difficoltà a trovare un alloggio idoneo (…)».

6

L’art. 70 d della stessa legge enuncia:

«1.   Gli enti autorizzati sono posti sotto il controllo del ministro responsabile, a norma dell’art. 71 a, n. 1, parte iniziale e lett. b).

2.   Prescrizioni supplementari saranno adottate in materia di controllo, mediante norme generali amministrative o in forza di siffatte norme (…)».

7

L’art. 120 a, n. 1, della legge relativa all’edilizia popolare è redatto come segue:

«Con norme generali amministrative o in forza di siffatte norme, può essere stabilito che il ministro responsabile, a titolo sperimentale, possa derogare provvisoriamente o autorizzare una deroga alle disposizioni adottate con le norme generali amministrative o in forza di tali norme».

8

A norma dell’art. 9 del BBSH, le modifiche dello Statuto di un ente autorizzato, ivi compresa la modifica relativa all’area geografica di attività di quest’ultimo, devono essere approvate dal ministro competente.

9

L’art. 11, n. 1, del BBSH prevede che «[l’]ente autorizzato opera esclusivamente nel settore dell’edilizia popolare».

10

Infine l’art. 49, n. 1, del BBSH dispone:

«Il ministro responsabile può derogare o autorizzare deroghe al presente decreto a favore di esperimenti che a suo giudizio siano nell’interesse dell’edilizia popolare».

Causa principale e questioni pregiudiziali

11

La Servatius è un ente autorizzato ai sensi dell’art. 70, n. 1, della legge relativa all’edilizia popolare. Il suo scopo statutario è quello di operare esclusivamente nel settore dell’edilizia popolare. La sua area di operatività è limitata ad alcuni comuni olandesi. La Servatius è l’unica azionista e amministratrice della società di partecipazione Servatius Holding Maastricht BV.

12

Al fine di realizzare un progetto di edilizia popolare nel comune di Liegi, a 30 km dal confine olandese, la Servatius ha costituito, tramite la Servatius Holding Maastricht BV, due società di diritto belga e ha chiesto al competente ministro olandese di accordarle un’autorizzazione in via sperimentale, ai sensi degli artt. 120 a della legge relativa all’edilizia popolare e 49 del BBSH. Tale progetto riguardava un insieme di alloggi destinati alla vendita e all’affitto, di parcheggi e di aree commerciali.

13

Allo scopo di finanziare tale progetto, la Servatius ha dato in prestito del denaro, al tasso dell’1,5%, ad una delle sue associate belghe, dopo aver essa stessa, in quanto ente autorizzato nei Paesi Bassi, contratto un prestito a condizioni particolarmente favorevoli.

14

Con decisione 5 dicembre 2002, il Ministro si è rifiutato di autorizzare il progetto della Servatius, a causa della sua ubicazione in Belgio. Secondo il Ministro, la Servatius non aveva dimostrato che detto progetto avrebbe apportato benefici al mercato abitativo olandese, e segnatamente alle esigenze di chi ricerca un alloggio nella regione di Maastricht (Paesi Bassi). Pertanto, il progetto edilizio della Servatius non ha ottenuto lo statuto di progetto sperimentale ai sensi degli artt. 120 a della legge relativa all’edilizia popolare e 49 del BBSH, che le avrebbe consentito di realizzare la costruzione prevista in Belgio.

15

Con decisione 29 dicembre 2003, il Ministro ha dichiarato infondato il reclamo presentato dalla Servatius contro la decisione di diniego di autorizzazione del progetto edilizio di quest’ultima.

16

Con sentenza 19 maggio 2006, il Rechtbank Maastricht (tribunale di Maastricht) ha dichiarato fondato il ricorso proposto dalla Servatius contro detta decisione di diniego e, dopo averla annullata, ha rinviato il caso al Ministro ordinandogli di adottare una nuova decisione sul reclamo della Servatius.

17

Il 29 giugno 2006, il Ministro ha interposto appello avverso detta sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

18

Nutrendo dubbi riguardo l’interpretazione degli artt. 56 CE, 58 CE, 86, n. 2, CE, 87 CE e 88 CE, il Raad van State ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se si configuri una restrizione alla libera circolazione dei capitali, ai sensi dell’art. 56 CE, ove, senza autorizzazione preventiva del ministro, non possano essere svolte attività trasfrontaliere da parte di un’impresa che è autorizzata ai sensi di legge a promuovere gli interessi dell’edilizia popolare nei Paesi Bassi, che a tal fine può fare ricorso a fondi pubblici, che ai sensi di legge può operare solo in tale interesse e che in linea di principio ha la sua area di operatività all’interno dei Paesi Bassi (“ente autorizzato”).

2)

a)

Se l’interesse dell’edilizia popolare di uno Stato membro possa essere considerato come un interesse di ordine pubblico, ai sensi dell’art. 58 CE.

b)

Se l’interesse dell’edilizia popolare di uno Stato membro possa essere considerato come un motivo imperativo di interesse generale, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

c)

Se segnatamente l’interesse dell’effettività e della finanziabilità del sistema di edilizia popolare in uno Stato membro possa essere considerato come un interesse di ordine pubblico, ai sensi dell’art. 58 CE, oppure come un motivo imperativo di interesse generale, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

3)

a)

Ammesso che la condizione di autorizzazione preventiva per un ente ammesso, ai sensi della prima questione, formi una restrizione per cui esiste una giustificazione, ai sensi delle questioni 2.a, 2.b e 2.c, se siffatta condizione sia necessaria e proporzionale.

b)

Se uno Stato membro, nell’applicazione di siffatta giustificazione, disponga di un ampio margine di discrezionalità per stabilire la portata dell’interesse generale coinvolto e le modalità con cui detto interesse viene promosso. Se al riguardo sia rilevante anche il fatto che la Comunità [europea] non ha poteri, o ha poteri molto limitati, nel settore dell’edilizia popolare.

4)

a)

Se uno Stato membro, a giustificazione di una restrizione della libera circolazione del capitale, oltre ai motivi imperativi di interesse generale, menzionati all’art. 58 CE e riconosciuti nella giurisprudenza della Corte di giustizia, ovvero in combinazione con questi, possa fare ricorso anche all’art. 86, n. 2, CE, qualora alle imprese interessate siano stati concessi diritti speciali e dette imprese siano incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale.

b)

Se gli interessi generali, di cui all’art. 58 CE, e i motivi imperativi di interesse generale, riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, abbiano lo stesso contenuto dell’interesse economico generale, di cui all’art. 86, n. 2, CE.

c)

Se il ricorso da parte dello Stato interessato all’art. 86, n. 2, CE, con cui si invoca che le imprese interessate a cui sono stati conferiti diritti speciali svolgono compiti di interesse economico generale, abbia un valore aggiuntivo rispetto al ricorso agli interessi generali, di cui all’art. 58 CE, e ai motivi imperativi di interesse generale, riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

5)

a)

Se imprese, come gli enti autorizzati di cui alla prima questione, che, da un lato, devono impiegare il loro intero patrimonio a favore dell’interesse dell’edilizia popolare, ma che, d’altro canto, svolgono anche attività commerciali a favore dell’edilizia popolare, possano essere considerate, per tutti i loro compiti o per parte di essi, come imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, ai sensi dell’art. 86, n. 2, CE.

b)

Se, ai fini di una soluzione affermativa della questione 5.a, sia necessario che dette imprese mantengano una contabilità distinta, in base alla quale si possa stabilire con certezza quali spese e quali utili si riferiscono alle loro attività sociali, da un lato, e alle loro attività commerciali, dall’altro, e che siffatto obbligo sia previsto in una disposizione legislativa nazionale. Se in tal modo debba essere garantito che i fondi di uno Stato membro vadano esclusivamente a beneficio delle attività sociali e della continuità delle medesime.

6)

a)

Qualora un ente autorizzato, ai sensi della prima questione, possa essere considerato per tutte le sue attività o per una parte di esse come impresa incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale, come previsto dall’art. 86, n. 2, CE, se la circostanza di essere incaricato di siffatti servizi possa giustificare che all’ente autorizzato sia imposta una restrizione alla libera circolazione del capitale, ai sensi dell’art. 56 CE.

b)

Se uno Stato membro, nell’applicazione di siffatta giustificazione, disponga di un ampio margine di discrezionalità per stabilire la portata dell’interesse economico generale e le modalità con cui siffatto interesse viene perseguito. Se al riguardo sia rilevante anche il fatto che la Comunità non ha poteri, o ha poteri molto limitati, nel settore dell’edilizia popolare.

7)

a)

Se la circostanza che uno Stato membro mette fondi a disposizione di talune imprese, ai sensi dell’art. 86, n. 2, CE, possa comportare la necessità di restringere territorialmente le attività delle medesime, al fine di evitare che detti fondi possano costituire un aiuto di Stato non autorizzato e che le imprese, utilizzando siffatti fondi, in un altro Stato membro, concorrano con imprese in detto altro Stato a condizioni non conformi al mercato.

b)

Se uno Stato membro, nel caso di specie [il Regno de]i Paesi Bassi, possa imporre ad enti autorizzati, ai sensi della prima questione, che vogliono svolgere attività di edilizia popolare di natura sociale e commerciale in un altro Stato membro, la condizione di un’autorizzazione preventiva, qualora nel primo Stato membro non esista ancora un obbligo di legge di introdurre una distinzione tra questi due tipi di attività. In tal caso, se la condizione di autorizzazione preventiva costituisca un mezzo necessario e proporzionale per garantire il rispetto degli artt. 87 CE e 88 CE».

Sulla prima, sulla seconda e sulla terza questione

19

Con le prime tre questioni, che occorre esaminare insieme, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il fatto che uno Stato membro esiga che un ente quale la Servatius, che è autorizzata, ai sensi dell’art. 70, n. 1, della legge relativa all’edilizia popolare, in quanto ente che svolge un’attività in materia di edilizia popolare, ottenga una autorizzazione previa per realizzare investimenti nel settore della costruzione in un altro Stato membro costituisca una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56 CE. In caso di soluzione affermativa di tale questione, detto organo giurisdizionale intende appurare, da un lato, se tale tipo di restrizione possa essere giustificato da motivi relativi all’interesse della politica dell’edilizia popolare nello Stato membro considerato nonché al finanziamento di tale politica, in forza di una deroga espressamente consentita dall’art. 58 CE o di un motivo imperativo di interesse generale ammesso dalla giurisprudenza della Corte e, dall’altro, se siffatta restrizione sia una misura necessaria e proporzionale al conseguimento dello scopo perseguito.

20

Al fine di risolvere tale questione occorre, in limine, ricordare che, per giurisprudenza costante, i movimenti di capitali comprendono le operazioni con cui soggetti non residenti effettuano investimenti immobiliari nel territorio di uno Stato membro, come risulta peraltro dalla nomenclatura dei movimenti di capitali che figura nell’allegato I della direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’art. 67 del Trattato [CE, articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5), nomenclatura che conserva il valore indicativo che le era proprio per definire la nozione di movimenti di capitali (v., in particolare, sentenza , causa C-370/05, Festersen, Racc. pag. I-1129, punto 23 e giurisprudenza ivi citata). In altri termini, il diritto di acquistare, gestire e alienare beni immobili nel territorio di un altro Stato membro genera, quando viene esercitato, movimenti di capitali (v., in particolare, sentenze , cause riunite C-515/99, da C-519/99 a C-524/99 e da C-526/99 a C-540/99, Racc. pag. I-2157, punto 29, nonché Festersen, cit., punto 22).

21

Pertanto, come la Corte ha già dichiarato, le misure vietate dall’art. 56, n. 1, CE, in quanto restrizioni dei movimenti di capitali, comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i residenti di uno Stato membro dal fare investimenti immobiliari in altri Stati membri (v., in tal senso, citata sentenza Festersen, punto 24).

22

Ciò vale, in particolare, per le misure nazionali che subordinano investimenti immobiliari ad un previo procedimento di autorizzazione, che eliminano così, col loro stesso oggetto, la libera circolazione dei capitali (v., in tal senso, sentenze 1o giugno 1999, causa C-302/97, Konle, Racc. pag. I-3099, punto 39, nonché Reisch e a., cit., punto 32).

23

Nella causa principale è pacifico che, in applicazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi, gli enti autorizzati olandesi devono per l’appunto sottoporre i loro progetti di investimenti immobiliari transfrontalieri ad un previo procedimento amministrativo di autorizzazione, nel corso del quale devono dimostrare che gli investimenti considerati sono realizzati nell’interesse dell’edilizia popolare nei Paesi Bassi.

24

In tali circostanze si deve concludere che l’obbligo per siffatti enti di ottenere una previa autorizzazione dal ministro competente al fine di procedere a investimenti immobiliari in Stati membri diversi da quello in cui essi hanno la loro sede costituisce una restrizione della libertà dei movimenti dei capitali.

25

Occorre tuttavia ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, misure nazionali che limitino la libera circolazione dei capitali possono essere giustificate dai motivi menzionati all’art. 58 CE o da motivi imperativi di interesse generale, purché esse siano idonee a garantire il conseguimento dell’obiettivo che perseguono e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v. sentenza 23 ottobre 2007, causa C-112/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I-8995, punto 72, nonché 73 e giurisprudenza ivi citata).

26

Nella causa principale, il governo olandese sostiene che il regime di previa autorizzazione di cui trattasi è giustificato da esigenze legate alla politica dell’edilizia popolare svolta da detto Stato membro e al suo finanziamento, da motivi collegati all’ordine pubblico ai sensi dell’art. 58 CE, nonché da un motivo imperativo di interesse generale ammesso dalla giurisprudenza della Corte.

27

Così, siffatto regime mirerebbe a garantire che gli enti autorizzati investano, conformemente al loro statuto, in progetti rientranti nell’interesse dell’edilizia popolare nei Paesi Bassi, in particolare al fine di garantire un’offerta di alloggi sufficiente a persone a basso reddito o ad altre categorie sfavorite della popolazione. Si tratterebbe del pari di evitare che le agevolazioni finanziarie di cui detti enti beneficiano grazie al loro compito statutario non siano sviate verso altre attività economiche, compromettendo così l’efficacia e il finanziamento di detta politica dell’edilizia.

28

Orbene, per quanto riguarda innanzitutto le deroghe consentite dall’art. 58 CE, è sufficiente constatare che, anche ammettendo che la necessità per uno Stato membro di promuovere l’edilizia popolare possa costituire un interesse fondamentale della società, l’ordine pubblico può essere invocato nella fattispecie soltanto qualora l’ipotetica inosservanza degli obblighi statutari gravanti sugli enti autorizzati nonché l’eventuale sviamento dei fondi che essi ricevono per attività non sociali possono tuttavia rappresentare una minaccia reale e sufficientemente grave al siffatto interesse fondamentale (v., in tal senso, sentenza 14 marzo 2000, causa C-54/99, Église de scientologie, Racc. pag. I-1335, punti 17 e giurisprudenza ivi citata).

29

Per quanto concerne inoltre giustificazioni basate sui motivi imperativi di interesse generale, va ricordato come la Corte abbia già ammesso che normative nazionali possono limitare la libera circolazione dei capitali in nome di obiettivi legati alla lotta contro la pressione fondiaria o al mantenimento, in vista di un assetto del territorio, di una popolazione permanente in un ambiente rurale (v., in tal senso, citate sentenze Konle, punto 40; Reisch e a., punto 34, nonché Festersen, punti 27 e 28).

30

Occorre quindi, per analogia, considerare che esigenze legate alla politica dell’edilizia popolare di uno Stato membro ed al finanziamento di questa possono anch’esse costituire motivi imperativi di interesse generale e giustificare quindi restrizioni come quella stabilita dalla normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale. Come giustamente ha rilevato il governo olandese, tali considerazioni possono soltanto essere rafforzate da talune peculiarità che caratterizzano la situazione del mercato nazionale di cui trattasi nella causa principale, quali una penuria strutturale di alloggi e una densità di popolazione particolarmente elevata.

31

Peraltro, come a ragione ha dedotto detto governo, la Corte ha già avuto occasione di ammettere che un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario di una politica sociale potrebbe del pari costituire un motivo imperativo di interesse generale atto a giustificare ostacoli alla libera circolazione (v., per analogia, a proposito di un sistema di previdenza sociale, sentenza 16 maggio 2006, causa C-372/04, Watts, Racc. pag. I-4325, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

32

Dopo tale precisazione, va inoltre accertato se l’obbligo per un ente autorizzato di sottoporsi ad un previo procedimento amministrativo d’autorizzazione prima di poter realizzare un progetto immobiliare in uno Stato membro diverso da quello in cui detto ente ha la sua sede costituisca una misura necessaria e adeguata per il conseguimento degli obiettivi di cui ai punti 26 e 27 della presente sentenza.

33

A questo proposito si deve ricordare che un regime di previa autorizzazione può, in taluni casi, essere necessario e proporzionale agli scopi perseguiti se questi non possono essere raggiunti con misure meno restrittive, in particolare mediante un sistema di dichiarazione adeguato (v., in tale senso, sentenze 14 dicembre 1995, cause riunite C-163/94, C-165/94 e C-250/94, Sanz de Lera e a., Racc. pag. I-4821, punti 23-28; Konle, cit., punto 44, nonché , causa C-205/99, Analir e a., Racc. pag. I-1271, punto 35).

34

Orbene, non si può escludere che ciò possa valere per una politica dell’edilizia popolare che persegue obiettivi come quelli fissati dalla legge relativa all’edilizia popolare e dal BBSH. Infatti, un controllo preliminare svolto dall’amministrazione competente potrebbe risultare più in grado di garantire che le risorse degli enti autorizzati siano destinate a soddisfare prioritariamente il fabbisogno di alloggi nei Paesi Bassi di talune categorie della popolazione, mentre un sistema di accertamento a posteriori rischierebbe di intervenire troppo tardi, in particolare quando spese notevoli sono già state effettuate e sono difficilmente recuperabili.

35

Tuttavia, la Corte ha anche più volte affermato che un regime di previa autorizzazione amministrativa non può legittimare un comportamento discrezionale da parte delle autorità nazionali, tale da vanificare le disposizioni comunitarie, in particolare quelle relative ad una libertà fondamentale come quella oggetto della causa principale. Pertanto, un regime di previa autorizzazione amministrativa, perché sia giustificato anche quando deroghi ad una libertà fondamentale siffatta, deve essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, che garantiscono la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali (v., in particolare, sentenza 10 marzo 2009, causa C-169/07, Hartlauer, Racc. pag. I-1721, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

36

Orbene, non si può escludere, alla luce degli elementi contenuti nel fascicolo presentato alla Corte, che le disposizioni della legge relativa all’edilizia popolare e del BBSH di cui trattasi nella causa principale non rispondano pienamente a tali criteri.

37

A questo proposito risulta in particolare dalla risposta del governo olandese ai quesiti scritti della Corte che dette disposizioni nazionali subordinano il rilascio dell’autorizzazione previa da parte del ministro competente ad un’unica condizione, vale a dire quella secondo cui il progetto considerato deve essere realizzato nell’interesse dell’edilizia popolare nei Paesi Bassi come prescritto dall’art. 49, n. 1, del BBSH. D’altro lato, quanto alla questione se siffatta condizione sia soddisfatta, risulta che si procede a tale accertamento caso per caso, senza che ciò sia circoscritto da testo normativo e in mancanza di qualsiasi altro criterio specifico ed oggettivo che consenta agli enti interessati di aver conoscenza in anticipo delle circostanze nelle quali si provvederà alla loro domanda di autorizzazione e agli organi giurisdizionali, eventualmente investiti di un ricorso proposto contro un diniego di autorizzazione, di esercitare pienamente il loro sindacato giurisdizionale.

38

Di conseguenza, con riserva di un accertamento da effettuare da parte del giudice del rinvio di tali elementi alla luce dei criteri affermati dalla giurisprudenza ricordata al punto 35 della presente sentenza, il regime di previa autorizzazione amministrativa di cui trattasi nella causa principale potrebbe non essere considerato basato su condizioni che possano circoscrivere sufficientemente l’esercizio, da parte delle autorità nazionali, del loro potere discrezionale e quindi giustificare una deroga alla libera circolazione dei capitali.

39

Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, si devono risolvere le prime tre questioni come segue: l’art. 56 CE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che subordina l’esercizio delle attività transfrontaliere di enti autorizzati in materia di edilizia popolare, ai sensi dell’art. 70, n. 1, della legge relativa all’edilizia popolare, al conseguimento di una previa autorizzazione amministrativa, nei limiti in cui tale normativa non sia basata su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo che possano circoscrivere sufficientemente l’esercizio, da parte delle autorità nazionali, del loro potere discrezionale, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare.

Sulla quarta, sulla quinta e sulla sesta questione

40

Con la quarta, la quinta e la sesta questione, che occorre esaminare insieme, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, per giustificare una misura restrittiva della libera circolazione dei capitali imposta ad imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale e alle quali sono stati accordati diritti speciali, uno Stato membro possa invocare l’art. 86, n. 2, CE.

41

Nell’ambito di tale problematica, detto giudice si chiede, da un lato, se imprese quale la Servatius possano, mentre esercitano anche attività commerciali nel settore dell’edilizia popolare, essere considerate, per tutto o parte dei loro compiti, come imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, ai sensi dell’art. 86, n. 2, CE, e se, a tale scopo, sia necessario che l’impresa considerata abbia una contabilità a parte che consenta di differenziare i costi e le entrate relativi alle attività sociali da quelle di natura commerciale. D’altro lato, esso si interroga sull’estensione del potere discrezionale di cui dispongono gli Stati membri per determinare la portata dell’interesse economico generale ai sensi di detta disposizione e sulle modalità di salvaguardia di tale interesse.

42

A questo proposito, si deve ricordare anzitutto che, tenuto conto della ripartizione delle competenze nell’ambito del procedimento pregiudiziale, è compito del solo giudice nazionale definire l’oggetto delle questioni che esso intende porre alla Corte, in quanto questa ha affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza.

43

Ciò vale, in particolare, quando il problema presentato alla Corte sia di natura meramente ipotetica o quando l’interpretazione di una norma comunitaria, chiesta dal giudice nazionale, non abbia alcuna relazione con la realtà o l’oggetto della causa principale (v., in questo senso, sentenze 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 61; , causa C-466/04, Acereda Herrera, Racc. pag. I-5341, punto 48, e , causa C-380/05, Centro Europa 7, Racc. pag. I-349, punto 53). Così la Corte ha escluso la sua competenza quando è manifesto che la disposizione di diritto comunitario sottoposta all’interpretazione della Corte non può essere applicata (sentenza , causa C-85/95, Reisdorf, Racc. pag. I-6257, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

44

Orbene, occorre rilevare che l’art. 86, n. 2, CE, in combinato disposto con il n. 1 dello stesso articolo, consente di giustificare la concessione, da parte di uno Stato membro, ad un’impresa incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale, di diritti speciali o esclusivi contrari alle disposizioni del Trattato, qualora l’adempimento della specifica missione affidatale possa essere garantito unicamente grazie alla concessione di tali diritti e purché lo sviluppo degli scambi non risulti compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità (sentenza 17 maggio 2001, causa C-340/99, TNT Traco, Racc. pag. I-4109, punto 52, e , causa C-220/06, Asociación Profesional de Empresas de Reparto y Manipulado de Correspondencia, Racc. pag. I-12175, punto 78).

45

Nella fattispecie si deve tuttavia constatare che tale non è l’oggetto del regime di autorizzazione preliminare previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale.

46

Infatti, detta lite non verte sulla concessione di diritti speciali o esclusivi alla Servatius, né sulla qualifica delle attività di quest’ultima in quanto servizi di interesse economico generale, ma concerne unicamente la legittimità di una limitazione imposta a detto ente, sotto forma di un obbligo di sottoporsi ad un procedimento amministrativo di previa autorizzazione.

47

Ne consegue che non si devono risolvere la quarta, la quinta e la sesta questione sollevate dal giudice del rinvio, vertenti sull’interpretazione dell’art. 86, n. 2, CE, in quanto tale disposizione non si applica ad una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale.

Sulla settima questione

48

Con tale questione il giudice del rinvio chiede in sostanza, da un lato, se, quando uno Stato membro fornisce mezzi finanziari ad imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, sia necessario delimitare territorialmente le attività di dette imprese al fine di evitare che tali mezzi possano costituire un aiuto di Stato illecito, in violazione dell’art. 87 CE, e che dette imprese, utilizzando tali fondi in un altro Stato membro, falsino le condizioni di concorrenza. D’altro lato, detto giudice chiede se il fatto che uno Stato membro, nel quale non vige un obbligo per legge di distinguere fra le attività di natura commerciale e quelle appartenenti al settore sociale, esiga che gli enti autorizzati che intendano esercitare le loro attività in un altro Stato membro ottengano un’autorizzazione preliminare costituisca una misura necessaria e proporzionata al fine di garantire l’osservanza degli artt. 87 CE e 88 CE.

49

Come si è ricordato ai punti 42 e 43 della presente sentenza, la presunzione di pertinenza collegata alle questioni sollevate in via pregiudiziale dai giudici nazionali può essere confutata solo in casi eccezionali. Infatti, una volta che le questioni sollevate vertano sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire.

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Risulta tuttavia da una giurisprudenza costante che l’esigenza di giungere ad un’interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca il contesto fattuale e normativo in cui si inseriscono le questioni sollevate, o almeno che esso spieghi le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (sentenze 26 gennaio 1993, cause riunite da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a., Racc. pag. I-393, punto 6; , causa C-470/04, N, Racc. pag. I-7409, punto 69, nonché ordinanza , causa C-305/07, RAI, Racc. pag. I-55, punto 16).

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È del pari importante che il giudice nazionale indichi le ragioni precise cha l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione del diritto comunitario e a ritenere necessario porre questioni pregiudiziali alla Corte. In tale contesto, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni comunitarie di cui chiede l’interpretazione e sul nesso che individua tra quelle disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui alla causa principale (sentenze 6 dicembre 2005, cause riunite C-453/03, C-11/04, C-12/04 e C-194/04, ABNA e a., Racc. pag. I-10423, punto 46; , cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica e a., Racc. pag. I-1891, punto 34, nonché Centro Europa 7, cit., punto 54).

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Infatti, le informazioni fornite nei provvedimenti di rinvio servono non solo a consentire alla Corte di fornire utili soluzioni, ma anche a dare ai governi degli Stati membri e agli altri interessati la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. Tocca alla Corte vigilare affinché tale possibilità sia salvaguardata, tenuto conto del fatto che, a norma della citata disposizione, agli interessati vengono notificati solo i provvedimenti di rinvio (v. sentenza 1o aprile 1982, cause riunite da 141/81 a 143/81, Holdijk e a., Racc. pag. 1299, punto 6; nonché ordinanza , causa C-116/00, Laguillaumie, Racc. pag. I-4979, punto 14).

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Va inoltre aggiunto che il requisito della precisazione, in particolare tenuto conto del contesto di fatto e normativo della causa principale, vale in modo particolare nel settore della concorrenza, contrassegnato da situazioni di fatto e di diritto complesse (v., in questo senso, sentenza 23 novembre 2006, causa C-238/05, Asnef-Équifax e Administración del Estado, Racc. pag. I-11125, punto 23; nonché ordinanza RAI, cit., punto 18).

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Orbene, nella fattispecie, si deve constatare che la settima questione si basa sulla premessa secondo cui, nella causa principale, un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE potrebbe essere concesso alla Servatius nell’ipotesi in cui quest’ultima utilizzi risorse pubbliche per la realizzazione di un progetto futuro. Tuttavia, né la decisione di rinvio, né le osservazioni delle parti nella causa principale contengono elementi che consentano eventualmente di stabilire che tale vantaggio sarebbe stato effettivamente concesso nell’ambito dell’operazione immobiliare di cui trattasi nella causa principale, la quale del resto non è stata realizzata in quanto la Servatius non ha ottenuto la previa autorizzazione prescritta.

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Inoltre, va rilevato che la causa principale verte non sulle condizioni in cui un tale aiuto sarebbe stato o potrebbe essere concesso alla Servatius, ma unicamente su una questione interamente distinta e indipendente, vale a dire la contestazione da parte di detto ente della legittimità del rigetto della sua domanda di previa autorizzazione presentata al fine della realizzazione di un progetto immobiliare al di fuori del territorio olandese.

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Di conseguenza, si deve considerare che la settima questione sollevata dal giudice del rinvio è irricevibile.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

L’art. 56 CE dev’essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nella causa principale, che subordina l’esercizio delle attività transfrontaliere di enti autorizzati in materia di edilizia popolare, ai sensi dell’art. 70, n. 1, della legge relativa all’edilizia popolare (Woningwet), al conseguimento di una previa autorizzazione amministrativa, nei limiti in cui tale normativa non sia basata su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo che possano circoscrivere sufficientemente l’esercizio, da parte delle autorità nazionali, del loro potere discrezionale, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’olandese.