SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

18 dicembre 2008 ( *1 )

«Informazione ai lavoratori — Direttiva 91/533/CEE — Art. 8, nn. 1 e 2 — Ambito di applicazione — Lavoratori “coperti” da un contratto collettivo — Nozione di contratto o di rapporto di lavoro “temporaneo”»

Nel procedimento C-306/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Højesteret (Danimarca) con decisione 29 giugno 2007, pervenuta in cancelleria il 3 luglio 2007, nella causa

Ruben Andersen

contro

Kommunernes Landsforening, in qualità di rappresentante del Comune di Slagelse (già Comune di Skælskør),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, A. Borg Barthet, E. Levits e J.-J. Kasel (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 maggio 2008,

considerate le osservazioni presentate:

per il sig. Andersen, dagli avv.ti H. Nielsen e P. Olsen, advokater;

per il Kommunernes Landsforening, in qualità di rappresentante del Comune di Slagelse (già Comune di Skælskør), dagli avv.ti J. Mosbek e J. Vinding, advokater;

per il governo danese, dal sig. J. Bering Liisberg, in qualità di agente;

per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;

per il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk, in qualità di agente,

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. J. Enegren e S. Schønberg, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 giugno 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 8, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 14 ottobre 1991, 91/533/CEE, relativa all’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro (GU L 288, pag. 2).

2

Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia pendente tra il sig. Andersen e il Kommunernes Landsforening (associazione nazionale dei comuni danesi), in qualità di rappresentante del Comune di Slagelse (già Comune di Skælskør) (Danimarca), già datore di lavoro del sig. Andersen, in merito all’applicabilità, nei confronti di quest’ultimo, di un contratto collettivo che disciplina gli impieghi presso i comuni danesi.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3

Il secondo ‘considerando’ della direttiva 91/533 precisa:

«considerando che (…) alcuni Stati membri hanno ritenuto necessario emanare disposizioni che sottopongono a requisiti di forma i rapporti di lavoro; che queste disposizioni mirano ad una migliore tutela dei lavoratori subordinati contro un eventuale misconoscimento dei loro diritti e ad offrire una maggiore trasparenza nel mercato del lavoro».

4

Ai sensi del settimo ‘considerando’ di detta direttiva:

«considerando che è opportuno stabilire a livello comunitario l’obbligo generale in base al quale il lavoratore subordinato deve disporre di un documento contenente informazioni sugli elementi essenziali del contratto e del rapporto di lavoro».

5

L’undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo ‘considerando’ della stessa direttiva sono formulati come segue:

«considerando che, onde tutelare l’interesse dei lavoratori subordinati ad ottenere un documento, qualsiasi modifica degli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro deve essere loro comunicata per iscritto;

considerando che occorre che gli Stati membri garantiscano ai lavoratori subordinati la possibilità di far valere i loro diritti derivanti dalla presente direttiva;

considerando che gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva o provvedono a che le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante accordo; che gli Stati membri devono prendere ogni disposizione necessaria per consentire loro di essere ad ogni momento in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva».

6

L’art. 1 della direttiva 91/533, intitolato «Campo d’applicazione», stabilisce:

«1.   La presente direttiva si applica a qualsiasi lavoratore subordinato che abbia un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla legislazione vigente in uno Stato membro e/o disciplinato dal diritto vigente in uno Stato membro.

2.   Gli Stati membri possono prevedere che la presente direttiva non si applichi ai lavoratori il cui contratto o rapporto di lavoro:

a)

abbia una durata complessiva non superiore ad un mese

e/o

non superi le otto ore di lavoro settimanale

ovvero

b)

abbia carattere occasionale e/o particolare purché, nel caso specifico, ragioni obiettive giustifichino la sua non applicazione».

7

In base all’art. 2 di detta direttiva, intitolato «Obbligo d’informazione»:

«1.   Il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore subordinato cui si applica la presente direttiva, in appresso denominato “lavoratore”, gli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro.

2.   L’informazione di cui al paragrafo 1 riguarda almeno gli elementi seguenti:

(…)

d)

la data d’inizio del contratto o del rapporto di lavoro;

e)

se si tratta di un contratto o di un rapporto di lavoro temporaneo: durata prevedibile del contratto o del rapporto di lavoro;

f)

durata delle ferie retribuite cui ha diritto il lavoratore o, nell’impossibilità di fornire questa indicazione all’atto dell’informazione, le modalità di attribuzione e di determinazione delle ferie;

g)

durata dei termini di preavviso che devono essere osservati dal datore di lavoro e dal lavoratore in caso di cessazione del contratto o del rapporto di lavoro o, nell’impossibilità di fornire questa indicazione all’atto dell’informazione, le modalità di determinazione dei termini del preavviso;

(…)

3.   L’informazione sugli elementi di cui al paragrafo 2, lettere f), g), h) e i) può, se del caso, risultare da un riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative, statutarie o ai contratti collettivi che disciplinano le materie ivi considerate».

8

L’art. 3, n. 1, della stessa direttiva dispone:

«L’informazione sugli elementi di cui all’articolo 2, paragrafo 2 [della direttiva 91/533] può derivare dalla consegna al lavoratore, non oltre due mesi dall’inizio del suo lavoro:

a)

di un contratto di lavoro scritto

e/o

b)

di una lettera di assunzione

e/o

c)

di uno o più altri documenti scritti, a condizione che uno di questi documenti contenga almeno tutti gli elementi di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a), b), c), d), h) ed i)».

9

L’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva 91/533 prevede quanto segue:

«2.   Se nessuno dei documenti di cui al paragrafo 1 viene consegnato al lavoratore entro il termine previsto il datore di lavoro è tenuto a consegnargli, non oltre due mesi dall’inizio del suo lavoro, una dichiarazione scritta firmata dal datore di lavoro stesso e contenente almeno gli elementi di cui all’articolo 2, paragrafo 2.

Qualora l’insieme dei documenti di cui al paragrafo 1 non contenga una parte dei documenti richiesti, la dichiarazione scritta prevista dal primo comma del presente paragrafo riguarda gli elementi restanti.

3.   Se il contratto o il rapporto di lavoro termina prima della scadenza del termine di due mesi dall’inizio del lavoro, l’informazione di cui all’articolo 2 e al presente articolo deve essere fornita al lavoratore al più tardi allo scadere di questo termine».

10

L’art. 8 di detta direttiva, intitolato «Difesa dei diritti», è così formulato:

«1.   Gli Stati membri introducono nel loro ordinamento giuridico interno le misure necessarie per consentire a qualsiasi lavoratore che si ritenga leso dalla mancata osservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva di difendere i propri diritti per via legale dopo aver fatto eventualmente ricorso ad altri organi competenti.

2.   Gli Stati membri possono prevedere che l’accesso alle vie di ricorso di cui al paragrafo 1 è subordinato alla previa messa in mora del datore di lavoro da parte del lavoratore e all’assenza di risposta del datore di lavoro entro un termine di quindici giorni dalla messa in mora.

Tuttavia, la formalità della previa messa in mora non può in alcun caso essere richiesta nel caso [dei lavoratori espatriati], né per il lavoratore che ha un contratto o rapporto di lavoro temporaneo, né per il lavoratore che non è coperto da un o da contratti collettivi che hanno attinenza col rapporto di lavoro».

11

Conformemente all’art. 9, n. 1, della direttiva 91/533, gli Stati membri dovevano adottare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi a quest’ultima entro il 30 giugno 1993, ovvero assicurarsi al più tardi a tale data che le parti sociali avessero preso le disposizioni necessarie mediante accordo, fermo restando l’obbligo per gli Stati membri di prendere le misure necessarie per consentire loro di essere in ogni momento in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva.

La normativa nazionale

12

La direttiva 91/533 è stata trasposta nel diritto danese, da un lato, dalla legge codificata 11 maggio 1994, n. 385, relativa all’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al rapporto di lavoro (in prosieguo: la «legge sulla prova dell’assunzione») e, dall’altro, da contratti collettivi, tra i quali figura il contratto collettivo 9 giugno 1993, relativo all’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al rapporto di lavoro (lettera di assunzione), concluso tra la federazione dei consigli dipartimentali (Amtsråtsforeningen), l’associazione nazionale dei comuni (Kommunernes Landsforening), i Comuni di Copenhagen e di Frederiksberg nonché il sindacato dei funzionari e lavoratori contrattuali municipali (Kommunale Tjenestemænd og Overenskomstansatte) (in prosieguo: l’«accordo KTO»).

La legge sulla prova dell’assunzione

13

Conformemente all’art. 1, n. 3, della legge sulla prova dell’assunzione, quest’ultima «non si applica qualora un contratto collettivo preveda l’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al rapporto di lavoro e se detto contratto contiene clausole corrispondenti almeno alle disposizioni della direttiva 91/533».

14

Dalla decisione di rinvio risulta che la legge sulla prova dell’assunzione non subordina l’esercizio del diritto ad un ricorso giurisdizionale riconosciuto al lavoratore in caso di mancato rispetto da parte del datore di lavoro degli obblighi ad esso incombenti in materia di informazione dei lavoratori alla condizione che quest’ultimo sia stato messo in mora da tale lavoratore per trasmettergli, entro un termine di quindici giorni, una lettera di assunzione conforme ai requisiti della direttiva 91/533.

L’accordo KTO

15

Come risulta dalla decisione di rinvio, i comuni danesi applicano le disposizioni dell’accordo KTO a tutti i lavoratori che essi assumono, indipendentemente dalla circostanza che siano membri di un sindacato.

16

In base all’accordo KTO, se un comune non ha compilato una lettera di assunzione o se quest’ultima contiene errori, tale comune può redigere una lettera siffatta o correggerla entro un termine di quindici giorni dopo essere stato messo in mora dal lavoratore per tale omissione o per detti errori. Se il datore di lavoro non risponde entro questo termine, il lavoratore può adire le vie legali al fine di far valere i diritti che gli sono riconosciuti. Il diritto di adire le vie legali in applicazione dell’accordo KTO è riconosciuto sia ai lavoratori facenti parte di un sindacato sia a quelli non iscritti e può essere esercitato altresì, in entrambi i casi, dalle organizzazioni sindacali.

Causa principale e questioni pregiudiziali

17

Negli anni compresi tra il 1999 e il 2001 il sig. Andersen, in applicazione della legislazione danese relativa alla politica sociale, si è avvalso di cinque contratti di reinserimento professionale conclusi con il Comune di Skælskør. Tali contratti costituivano misure di aiuto sociale e vertevano su compiti che non potevano essere effettuati nell’ambito di un normale contratto di lavoro. I titolari di contratti siffatti fruiscono della legislazione relativa ai dipendenti, ma non per quanto riguarda le ferie, le indennità giornaliere in caso di malattia o di nascita e in materia di rimborso da parte del datore di lavoro delle spese di formazione.

18

Detti contratti sono stati conclusi per una durata compresa tra uno e dodici mesi. Tuttavia, a causa delle assenze del sig. Andersen, tali contratti, in realtà, hanno riguardato un periodo inferiore a un mese.

19

Per ognuno dei contratti summenzionati, il sig. Andersen ha ricevuto una lettera di assunzione non conforme ai requisiti di cui all’art. 2, n. 2, della direttiva 91/533. Dal fascicolo risulta che, entro quindici giorni dopo che il sig. Andersen aveva segnalato tale fatto al suo datore di lavoro, quest’ultimo gli ha trasmesso nuove lettere di assunzione, conformi in ogni elemento a detti requisiti.

20

Ritenendo che le disposizioni dell’accordo KTO non fossero applicabili nei suoi confronti per la ragione che non era membro di alcun sindacato, il sig. Andersen ha basato il suo ricorso per risarcimento danni, proposto dinanzi al giudice nazionale, sulla legge relativa alla prova dell’assunzione, che determina il risarcimento dei lavoratori nel caso in cui il datore di lavoro non rispetti i propri obblighi in materia di informazione nei loro confronti. Poiché il giudice adito in primo grado ha respinto tale ricorso, il sig. Andersen ha proposto appello avverso la decisione di quest’ultimo dinanzi al giudice del rinvio.

21

Ritenendo che la soluzione della causa principale dipendesse dall’interpretazione dell’art. 8, nn. 1 e 2, della direttiva 91/533, e dubitando dell’esatta interpretazione che occorreva dare a tali disposizioni, lo Højesteret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’art. 8, n. 1, della direttiva 91/533 (…), comporti che un contratto collettivo mirante al recepimento delle sue disposizioni non si applica ad un lavoratore che non è membro di una delle organizzazioni sindacali firmatarie del detto contratto.

2)

In caso di soluzione negativa della prima questione, se l’espressione “il lavoratore che non è coperto da un o da contratti collettivi che hanno attinenza col rapporto di lavoro” di cui all’art. 8, n. 2, [secondo comma,] di tale direttiva, comporti che le clausole di un contratto collettivo che prevedono la previa messa in mora del datore di lavoro non si applicano ad un lavoratore non membro di una delle organizzazioni sindacali firmatarie di detto contratto collettivo.

3)

Se i termini “contratto di lavoro temporaneo” e “rapporto di lavoro temporaneo” di cui all’art. 8, n. 2, [secondo comma, ] della suddetta direttiva riguardino lavori di breve durata o tutte le forme di rapporti di lavoro limitati nel tempo. Nel primo caso, secondo quali criteri un rapporto di lavoro debba essere considerato come temporaneo (di breve durata)».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione pregiudiziale

22

Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 8, n. 1, della direttiva 91/533 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo cui un contratto collettivo che garantisce la trasposizione nel diritto nazionale delle disposizioni di tale direttiva è applicabile ad un lavoratore, sebbene quest’ultimo non sia membro di alcuna organizzazione sindacale firmataria di detto contratto collettivo.

23

È necessario constatare anzitutto che il tenore dell’art. 8, n. 1, della direttiva 91/533 non consente di risolvere utilmente tale questione.

24

In compenso, dall’art. 9, n. 1, della direttiva 91/533, letto alla luce del tredicesimo ‘considerando’ di quest’ultima, risulta chiaramente che gli Stati membri possono affidare alle parti sociali il compito di attuare le disposizioni necessarie per realizzare la trasposizione di detta direttiva, tenendo conto del fatto che gli Stati membri devono essere in ogni momento in grado di garantire i risultati imposti da tale direttiva.

25

Occorre aggiungere che la facoltà così riconosciuta agli Stati membri da detta direttiva è conforme alla giurisprudenza della Corte, in base alla quale è possibile per questi ultimi affidare, in primo luogo, alle parti sociali la realizzazione degli obiettivi di politica sociale perseguiti da una direttiva in materia (v., in particolare, sentenze 30 gennaio 1985, causa 143/83, Commissione/Danimarca, Racc. pag. 27, punto 8; 10 luglio 1986, causa 235/84, Commissione/Italia, Racc. pag. 291, punto 20, e 28 ottobre 1999, causa C-187/98, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-7713, punto 46).

26

A tale riguardo, è necessario tuttavia precisare che detta facoltà non dispensa gli Stati membri dall’obbligo di garantire, mediante opportuni provvedimenti legislativi, regolamentari o amministrativi, che tutti i lavoratori fruiscano della tutela loro conferita dalla direttiva 91/533 in tutta la sua ampiezza, poiché la garanzia statale deve intervenire in tutti i casi in cui manchi un’altra tutela effettiva e, in particolare, qualora tale mancanza di tutela sia dovuta alla circostanza che i lavoratori in questione non fanno parte di un sindacato.

27

Ne consegue che la direttiva 91/533, in quanto tale, non osta ad una normativa nazionale in base alla quale ad un lavoratore, il quale non è membro di un’organizzazione sindacale firmataria di un contratto collettivo che attua le disposizioni di tale direttiva, non viene impedito di accedere, per questa sola ragione, in applicazione di tale contratto collettivo, alla tutela considerata da detta direttiva in tutta la sua ampiezza.

28

Nella causa principale, è pacifico che la normativa danese riconosce a tutti i lavoratori rientranti nell’ambito di applicazione dell’accordo KTO, indipendentemente dalla circostanza che siano membri di un’organizzazione sindacale, il diritto di avvalersi, dinanzi ai giudici nazionali, delle disposizioni di tutela di tale contratto collettivo, di modo che essi possano beneficiare della stessa protezione.

29

Tuttavia, spetta al giudice del rinvio esaminare se tale constatazione corrisponda alla realtà e assicurarsi che l’accordo KTO sia tale da garantire ai lavoratori rientranti in quest’ultimo una tutela effettiva dei diritti loro conferiti dalla direttiva 91/533.

30

Alla luce di tali considerazioni, occorre risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 8, n. 1, della direttiva 91/533 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale secondo cui un contratto collettivo che garantisce la trasposizione nel diritto nazionale delle disposizioni di tale direttiva è applicabile ad un lavoratore, sebbene quest’ultimo non sia membro di alcuna organizzazione sindacale firmataria di un contratto collettivo siffatto.

Sulla seconda questione pregiudiziale

31

Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un lavoratore non appartenente ad un’organizzazione sindacale firmataria di un contratto collettivo che disciplina il rapporto di lavoro di quest’ultimo possa essere considerato «coperto da» tale contratto ai sensi di detta disposizione.

32

A tale riguardo occorre constatare che l’utilizzo dei termini «non coperti da un o da contratti collettivi» di cui all’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533 è tale da far supporre che il legislatore comunitario abbia inteso contemplare situazioni in cui i lavoratori interessati non beneficiano della tutela giuridica che un contratto collettivo dovrebbe fornire ai lavoratori cui esso si applica.

33

Come giustamente rilevato dalla Commissione delle Comunità europee, tale constatazione è suffragata dal confronto delle diverse versioni linguistiche della direttiva 91/533.

34

Dal momento che la categoria di persone atte ad essere coperte da un contratto collettivo, com’è il caso, in particolare, per un contratto collettivo dichiarato di applicazione generale, può prescindere totalmente dalla circostanza che tali persone siano o meno membri di un’organizzazione sindacale firmataria di questo stesso contratto, la circostanza che una persona non faccia parte di un’organizzazione sindacale siffatta non ha, di per sé, l’effetto di sottrarre tale persona alla copertura giuridica conferita dal contratto collettivo in questione.

35

È necessario aggiungere che l’interpretazione precedente è conforme alla volontà del legislatore comunitario che, come risulta dal punto 24 della presente sentenza, autorizza gli Stati membri ad affidare alle parti sociali il compito di attuare, in particolare tramite l’adozione di contratti collettivi, le disposizioni necessarie per conseguire gli obiettivi della direttiva 91/533.

36

Questa interpretazione consente peraltro di realizzare l’obiettivo principale di detta direttiva consistente, come risulta dal secondo, dal quinto e dal settimo ‘considerando’ di quest’ultima, nel migliorare la tutela dei lavoratori informandoli sugli elementi essenziali del loro contratto o del loro rapporto di lavoro, nei limiti in cui un contratto collettivo che traspone correttamente tale direttiva nel diritto nazionale, conformemente alle disposizioni di quest’ultimo, possa essere invocato da tutti i lavoratori ai quali esso si applica, indipendentemente dalla circostanza che siano membri di un’organizzazione sindacale firmataria di tale contratto.

37

Nella causa principale spetta al giudice del rinvio, da un lato, verificare se, come sembra emergere dalle osservazioni sottoposte alla Corte, un lavoratore come il sig. Andersen sia coperto dall’accordo KTO e, dall’altro, valutare se le disposizioni di tale contratto collettivo siano tali da garantire l’effettiva tutela dei diritti conferiti ai lavoratori dalla direttiva 91/533.

38

Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un lavoratore non facente parte di un’organizzazione sindacale firmataria di un contratto collettivo che disciplina il rapporto di lavoro di quest’ultimo possa essere considerato «coperto da» tale contratto ai sensi di detta disposizione.

Sulla terza questione pregiudiziale

39

Con la sua terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’espressione «contratto o rapporto di lavoro temporaneo» contenuta nell’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533 debba essere interpretata nel senso che essa contempla l’insieme dei contratti e dei rapporti di lavoro temporanei o solo quelli di breve durata.

40

Secondo una giurisprudenza costante, si deve tener conto, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto comunitario, non soltanto della lettera della stessa, bensì anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenze 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck, Racc. pag. 781, punto 12, e 3 aprile 2008, causa C-442/05, Zweckverband zur Trinkwasserversorgung und Abwasserbeseitigung Torgau-Westelbien, Racc. pag. I-1817, punto 30).

41

Per quanto riguarda, in primo luogo, il dettato dell’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533, occorre rilevare che l’espressione «contratto o rapporto di lavoro temporaneo» in esso indicata non è definita da tale direttiva e sembra che essa non risulti in altre disposizioni di diritto comunitario derivato.

42

Il legislatore comunitario, d’altra parte, si è riferito più volte a contratti e rapporti di lavoro «a tempo determinato». È quanto avvenuto, in particolare, nella direttiva del Consiglio 25 giugno 1991, 91/383/CEE, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (GU L 206, pag. 19), adottata soltanto quattro mesi prima della direttiva 91/533, e nella direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 3).

43

Se ne deve desumere che, utilizzando, nell’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533, il termine «temporaneo» — piuttosto che l’espressione «a tempo determinato» come, precedentemente, nella direttiva 91/383 e, successivamente, nella direttiva 1999/70 —, il legislatore comunitario non ha inteso coprire tutti i contratti di lavoro a tempo determinato.

44

Un’interpretazione siffatta della volontà del legislatore comunitario ha come finalità quella di interpretare il diritto comunitario, per quanto possibile, in un modo che ne rispetti e ne garantisca la coerenza interna.

45

Tale interpretazione non è rimessa in discussione dalla circostanza che l’espressione «contratto o (…) rapporto di lavoro temporaneo» è utilizzata nell’art. 2, n. 2, della direttiva 91/533, disposizione che elenca gli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro che devono essere obbligatoriamente portati a conoscenza del lavoratore, tra i quali figura, alla lett. e), la «durata prevedibile» di tale contratto o rapporto di lavoro. L’espressione «durata prevedibile» comporta infatti un’incertezza temporale che si distingue dai termini precisi utilizzati nella clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che costituisce l’allegato della direttiva 1999/70, per designare l’elemento caratteristico di un contratto a tempo determinato, vale a dire la circostanza che la cessazione di un contratto siffatto sia determinata da «condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico». Una differenza terminologica simile può solo lasciar presumere una differenza concettuale.

46

Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto in cui si inserisce l’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533, occorre rilevare, come ha fatto la Commissione nelle sue osservazioni presentate alla Corte, che il primo comma di detto n. 2 prevede la possibilità per gli Stati membri di subordinare ad una previa messa in mora da parte del lavoratore l’accesso ai mezzi di ricorso contro il datore di lavoro che non rispetterebbe i suoi obblighi.

47

Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni, occorre considerare che la facoltà offerta agli Stati membri, dall’art. 8, n. 2, primo comma, della direttiva 91/533, di prevedere una previa formalità siffatta risponde ad un obiettivo di economia processuale e si prefigge di evitare controversie, risolvendo i conflitti attraverso vie meno costose e meno complesse di quelle giudiziarie.

48

Tuttavia, l’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/553 elenca tre categorie di lavoratori cui non può essere imposta tale formalità, vale a dire i lavoratori espatriati, quelli il cui rapporto di lavoro non è coperto da un contratto collettivo e i lavoratori aventi un contratto o un rapporto di lavoro temporaneo. È necessario considerare, come suggerito dall’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue conclusioni, che l’eccezione così prevista dal legislatore comunitario mira ad evitare che il ricorso diretto a ottenere la messa in mora possa trasformarsi in una formalità eccessiva, rendendo nella pratica più difficoltoso, se non addirittura impossibile, l’accesso alla via giurisdizionale per il lavoratore interessato.

49

Quanto alla portata di tale eccezione, dall’elenco delle categorie di lavoratori esonerati dalla formalità della previa messa in mora risulta che il legislatore comunitario ha inteso tutelare le categorie che, per motivi di fatto o di diritto, gli sembravano più svantaggiate rispetto all’adempimento della formalità richiesta, come i lavoratori espatriati, i quali possono incontrare difficoltà dovute al loro isolamento geografico, e i lavoratori il cui rapporto di lavoro non è coperto da un contratto collettivo, che si trovano in una situazione di isolamento giuridico.

50

Nel riferirsi ai lavoratori aventi un contratto o un rapporto di lavoro temporaneo, il legislatore comunitario non aveva motivi particolari per considerare, senza distinzioni e indipendentemente dalla durata della loro assunzione, tutti i lavoratori con contratto a tempo determinato. D’altra parte, è logico e giustificato che egli intenda contemplare i lavoratori aventi un contratto di breve durata poiché questa può proprio costituire un ostacolo pratico al loro accesso effettivo alla via giurisdizionale.

51

Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’obiettivo perseguito dall’art. 8 della direttiva 91/533, dal dodicesimo ‘considerando’ di quest’ultima risulta che tale disposizione riflette l’intenzione del legislatore comunitario di garantire ai lavoratori subordinati la possibilità di far valere i loro diritti ai sensi di tale direttiva. Uno scopo siffatto suffraga l’interpretazione data nel punto precedente, in base alla quale il legislatore comunitario, facendo riferimento ai lavoratori aventi un «contratto o un rapporto di lavoro temporaneo», ha inteso prendere in considerazione i lavoratori la cui durata del contratto è talmente breve che l’obbligo di procedere ad una messa in mora precedentemente alla possibilità di adire un tribunale può compromettere l’accesso effettivo alla via giurisdizionale.

52

In mancanza di indicazioni, nella direttiva 91/533, riguardo al modo di fissare con maggior precisione tale durata, spetta, in linea di principio, agli Stati membri determinarla. Nell’ipotesi in cui la normativa di uno Stato membro non abbia previsto una durata siffatta, è compito dei giudici nazionali, come suggerito dall’avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, stabilirla caso per caso e in funzione della specificità di taluni settori o di determinate occupazioni e attività.

53

È necessario, tuttavia, precisare che detta durata deve essere fissata in modo tale da non pregiudicare l’effetto utile dell’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533, il cui obiettivo, come risulta dal punto 51 della presente sentenza, consiste nel consentire ai lavoratori che si trovano in una situazione di precarietà di far valere direttamente per via giurisdizionale i diritti loro conferiti da detta direttiva.

54

Con riferimento a tali considerazioni, occorre risolvere la terza questione pregiudiziale dichiarando che l’espressione «contratto o rapporto di lavoro temporaneo» di cui all’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533 deve essere interpretata nel senso che essa prende in considerazione contratti e rapporti di lavoro di breve durata. In assenza di norme adottate a tal fine dalla normativa di uno Stato membro, spetta ai giudici nazionali stabilire tale durata in ogni caso e in funzione della specificità di taluni settori o di determinate occupazioni e attività. Detta durata deve tuttavia essere fissata in modo da garantire l’effettiva tutela dei diritti di cui si avvalgono i lavoratori in base alla direttiva summenzionata.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)

L’art. 8, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 ottobre 1991, 91/533/CEE, relativa all’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale secondo cui un contratto collettivo che garantisce la trasposizione nel diritto nazionale delle disposizioni di tale direttiva è applicabile ad un lavoratore, sebbene quest’ultimo non sia membro di alcuna organizzazione sindacale firmataria di un contratto collettivo siffatto.

 

2)

L’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un lavoratore non facente parte di un’organizzazione sindacale firmataria di un contratto collettivo che disciplina il rapporto di lavoro di quest’ultimo possa essere considerato «coperto da» tale contratto ai sensi di detta disposizione.

 

3)

L’espressione «contratto o rapporto di lavoro temporaneo» contenuta nell’art. 8, n. 2, secondo comma, della direttiva 91/533 deve essere interpretata nel senso che essa prende in considerazione contratti e rapporti di lavoro di breve durata. In assenza di norme adottate a tal fine dalla normativa di uno Stato membro, spetta ai giudici nazionali stabilire tale durata caso per caso e in funzione della specificità di taluni settori o di determinate occupazioni e attività. Detta durata deve tuttavia essere fissata in modo da garantire l’effettiva tutela dei diritti di cui si avvalgono i lavoratori in base alla direttiva summenzionata.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il danese.