SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
6 novembre 2008 ( *1 )
«Ricorso di annullamento — Decisione 2006/1016/CE — Garanzia della Comunità accordata alla Banca europea per gli investimenti in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie su prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità — Scelta del fondamento giuridico — Art. 179 CE — Art. 181 A CE — Compatibilità»
Nella causa C-155/07,
avente ad oggetto il ricorso di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, proposto il 19 marzo 2007,
Parlamento europeo, rappresentato dai sigg. R. Passos e A. Baas, nonché dalla sig.ra D. Gauci, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dalle sig.re M. Arpio Santacruz e M. Sims, nonché dal sig. D. Canga Fano, in qualità di agenti,
convenuto,
sostenuto da:
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. A. Aresu e F. Dintilhac, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
interveniente,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh (relatore), J.N. Cunha Rodrigues, J. Klučka e A. Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. M.-A. Gaudissart, capo unità
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 maggio 2008,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 giugno 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
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1 |
Con il suo ricorso il Parlamento europeo chiede alla Corte, da un lato, di annullare la decisione del Consiglio 19 dicembre 2006, 2006/1016/CE, che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità (GU L 414, pag. 95; in prosieguo: la «decisione impugnata»), e, dall’altro, ove la Corte annulli tale decisione, di conservarne gli effetti sino all’adozione di una nuova decisione. |
Fase precontenziosa e procedimento dinanzi alla Corte
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2 |
Il 22 giugno 2006 la Commissione delle Comunità europee ha presentato una proposta sfociata poi nella decisione impugnata. Tale proposta menzionava l’art. 181 A CE quale fondamento giuridico. |
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3 |
Il 30 novembre 2006 il Parlamento ha adottato una risoluzione con la quale esprimeva il proprio parere sulla predetta proposta ed il cui emendamento n. 1 era volto ad aggiungere l’art. 179 CE come fondamento giuridico. Il Parlamento ha invitato la Commissione a modificare conseguentemente detta proposta, a norma dell’art. 250, n. 2, CE. |
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4 |
La Commissione non ha emendato la propria proposta su questo punto e, il 19 dicembre 2006, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione impugnata fondandola unicamente sul fondamento giuridico dell’art. 181 A CE. |
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5 |
Ritenendo che la suddetta decisione avrebbe dovuto essere adottata anche sulla base dell’art. 179 CE, il Parlamento ha proposto il presente ricorso di annullamento. |
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6 |
Con ordinanza del presidente della Corte 10 ottobre 2007 la Commissione è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. |
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7 |
Con ordinanza del presidente della Corte 25 ottobre 2007, la domanda di intervento presentata dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) è stata respinta in quanto non figura tra le istituzioni della Comunità europea enumerate tassativamente dall’art. 7, n. 1, CE. |
Contesto normativo
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8 |
Il terzo ‘considerando’ della decisione impugnata è redatto come segue: «Per sostenere l’azione esterna dell’UE senza incidere sul merito di credito della BEI, si dovrebbe offrire alla BEI una garanzia a carico del bilancio della Comunità per le operazioni realizzate al di fuori della Comunità. (…)». |
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9 |
Il quarto ‘considerando’ di tale decisione enuncia che la garanzia della Comunità dovrebbe coprire le perdite derivanti da prestiti e garanzie su prestiti a favore dei progetti di investimento ammissibili al finanziamento della BEI realizzati nei paesi contemplati dal regolamento (CE) del Consiglio 17 luglio 2006, n. 1085, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU L 210, pag. 82), dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio , n. 1638, recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato (GU L 310, pag. 1), e dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio , n. 1905, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (GU L 378, pag. 41), quando il prestito o la garanzia sul prestito è stato concesso sulla base di un accordo sottoscritto non scaduto né annullato. |
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10 |
Il settimo ‘considerando’ di tale decisione enuncia quanto segue: «Dal 2007 le relazioni esterne dell’[Unione] saranno altresì sostenute dai nuovi strumenti finanziari, ossia l’IPA, lo [strumento europeo di vicinato e partenariato], lo [strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo] e lo strumento per la stabilità [istituito dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 15 novembre 2006, n. 1717 (GU L 327, pag. 1)]». |
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11 |
L’ottavo ‘considerando’ della decisione impugnata ha il seguente tenore: «È opportuno che le operazioni di finanziamento della BEI siano coerenti con le politiche esterne dell’[Unione] e garantiscano il sostegno di queste ultime, anche per quanto riguarda specifici obiettivi regionali. I finanziamenti della BEI assicurando completa coerenza con le azioni dell’[Unione] dovrebbero integrare i corrispondenti strumenti, programmi e politiche comunitari di assistenza nelle varie regioni. (…)». |
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12 |
I ‘considerando’ dal dodicesimo al quattordicesimo sono formulati come segue:
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L’art. 1, n. 1, della decisione impugnata, intitolato «Garanzia e massimali», dispone quanto segue: «La Comunità accorda alla Banca europea per gli investimenti (di seguito “la BEI”) una garanzia globale (di seguito “la garanzia della Comunità”) a copertura dei pagamenti dovuti alla BEI ma da essa non ricevuti in relazione a prestiti e garanzie su prestiti concessi per progetti di investimento ammissibili finanziati dalla BEI nei paesi coperti dalla presente decisione, quando il prestito o la garanzia sono stati concessi sulla base di un accordo sottoscritto non cessato né annullato (…) a sostegno dei pertinenti obiettivi di politica esterna dell’Unione europea». |
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14 |
L’art. 2 della suddetta decisione, intitolato «Paesi coperti», è così redatto: «1. L’elenco dei paesi che sono o possono essere ammissibili al finanziamento della BEI con garanzia della Comunità è riportato nell’allegato I. 2. Per quanto riguarda i paesi elencati nell’allegato I e contrassegnati da “*” e altri paesi non compresi nell’allegato I, l’ammissibilità di tali paesi al finanziamento della BEI con garanzia della Comunità è decisa dal Consiglio caso per caso, secondo la procedura di cui all’articolo 181 A, paragrafo 2, del trattato [CE]. (…) 4. Se la situazione politica o economica di un determinato paese suscita gravi preoccupazioni, il Consiglio può decidere di sospendere i nuovi finanziamenti della BEI con garanzia della Comunità nel predetto paese secondo la procedura di cui all’articolo 181 A, paragrafo 2, del trattato». |
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15 |
L’art. 3 della decisione citata è intitolato «Coerenza con le politiche dell’Unione europea». Ai termini del suo paragrafo 1, «[v]iene rafforzata la coerenza delle azioni esterne della BEI con gli obiettivi politici esterni dell’Unione europea, al fine di massimizzare le sinergie tra le operazioni di finanziamento della BEI e le risorse di bilancio dell’Unione europea (…)». |
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16 |
Il paragrafo 2 di tale art. 3 è formulato come segue: «La cooperazione avviene su base regionale, tenendo conto del ruolo della BEI e delle politiche dell’Unione europea in ogni regione». |
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L’allegato I della decisione impugnata contiene, conformemente all’art. 2 di quest’ultima, un elenco dei paesi ammissibili al finanziamento della BEI coperti dalla garanzia della Comunità, recante le seguenti suddivisioni: «A. Paesi in fase di preadesione 1) Paesi candidati (…) 2) Potenziali paesi candidati (…) B. Paesi coperti dallo strumento di vicinato e partenariato 1) Paesi mediterranei (…) 2) Europa orientale, Caucaso meridionale e Russia (…) C. Asia e America latina 1) America latina (…) 2) Asia Asia (esclusa Asia centrale) (…) Asia centrale: (…) D. Africa australe Sudafrica». |
Sul ricorso
Argomenti delle parti
Argomenti del Parlamento
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18 |
Ad avviso del Parlamento, dal tenore letterale della decisione impugnata si evince che la stessa è uno strumento di politica estera attinente alla cooperazione sia con paesi in via di sviluppo, sia con paesi non configurabili come tali. A suo parere, dato che la cooperazione con i paesi in via di sviluppo ricade esclusivamente nell’ambito del titolo XX del Trattato, intitolato «Cooperazione allo sviluppo», anche l’art. 179 CE deve figurare quale fondamento giuridico della decisione in parola. |
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19 |
Il Parlamento osserva in particolare che la maggior parte delle regioni considerate dalla suddetta decisione sono «paesi in via di sviluppo», conformemente alle classificazioni operate dall’Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico (OCSE) e dalla Banca mondiale, e che la maggioranza dei paesi interessati — segnatamente i paesi mediterranei rientranti nella politica di vicinato e partenariato, i paesi dell’Asia e dell’America latina nonché il Sudafrica — sono paesi del tipo suddetto. La decisione impugnata sarebbe pertanto ascrivibile agli obiettivi di cui all’art. 177 CE, tra i quali lo «sviluppo economico e sociale sostenibile dei paesi in via di sviluppo». |
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20 |
La circostanza che la decisione impugnata riguardi anche paesi terzi che non sono paesi in via di sviluppo non implicherebbe che la stessa dovesse essere adottata sulla base del solo art. 181 A CE. Infatti, tale articolo, introdotto dal Trattato di Nizza, avrebbe lo scopo di fornire uno specifico fondamento giuridico per i programmi autonomi nei settori finanziario e tecnico, nonché per accordi orizzontali con paesi terzi che non sono paesi in via di sviluppo. |
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Il Parlamento afferma inoltre che, qualora non venisse menzionato l’art. 179 CE come fondamento giuridico della decisione impugnata, il Consiglio potrebbe adottare, in forza dell’art. 2, nn. 2 e 4, di quest’ultima, decisioni individuali relative ad uno o più paesi in via di sviluppo in base all’art. 181 A CE, ciò che configurerebbe una violazione del Trattato. |
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22 |
Secondo il Parlamento, escludere le azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica dal campo di applicazione della cooperazione allo sviluppo comporterebbe l’esclusione della maggior parte degli strumenti fondati sull’art. 179 CE, con la conseguenza che tale disposizione sarebbe privata di gran parte del proprio contenuto. |
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23 |
In aggiunta il Parlamento ritiene che la scelta del fondamento giuridico debba avvenire sulla scorta di un criterio geografico, in funzione dei paesi con i quali la Comunità coopera in virtù dell’atto comunitario interessato. Gli artt. 179 CE e 181 A CE sarebbero quindi applicabili a seconda dei paesi beneficiari di tale atto, a prescindere dalla questione se vi sia una finalità principale ed una finalità secondaria. Infatti, nella misura in cui il conseguimento degli obiettivi enunciati dall’art. 177 CE si traduce, in pratica, in una cooperazione economica e finanziaria con i paesi in via di sviluppo, gli artt. 179 CE e 181 A CE potrebbero mirare ad obiettivi analoghi, pur riguardando paesi destinatari diversi. |
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24 |
In via subordinata il Parlamento afferma che la decisione impugnata persegue al contempo gli obiettivi contemplati dall’art. 181 A CE e dall’art. 179 CE, atteso che essa costituisce una misura di cooperazione economica sia con paesi in via di sviluppo sia con altri paesi terzi. L’adozione di un duplice fondamento giuridico sarebbe pertanto giustificato, in quanto lo scopo della predetta decisione includerebbe in modo indissolubile la cooperazione con i paesi in via di sviluppo. |
Argomenti del Consiglio
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25 |
Ad avviso del Consiglio, l’art. 181 A CE costituisce la fondamento giuridico appropriata e sufficiente della decisione impugnata. D’altra parte, il fatto che un’istituzione aspiri a partecipare in modo più incisivo all’adozione di un determinato atto sarebbe ininfluente sulla scelta del fondamento giuridico dello stesso. |
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26 |
Il Consiglio ritiene che dall’analisi dello scopo e del contenuto della decisione impugnata emerga che quest’ultima ha come unico obiettivo l’istituzione di un’azione di cooperazione finanziaria con paesi terzi mediante uno strumento comunitario. |
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27 |
La suddetta decisione ricadrebbe nel campo di applicazione dell’art. 181 A CE, dal momento che non opererebbe a tal fine alcuna distinzione tra i paesi terzi interessati a seconda che siano in via di sviluppo o meno. Il fatto che le operazioni di finanziamento della BEI debbano essere coerenti con le politiche esterne dell’Unione ed integrare le politiche d’aiuto implica, secondo il Consiglio, che esse siano coerenti con la politica di sviluppo della Comunità, come prescritto dall’art. 181 A, n. 1, primo comma, CE. |
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28 |
Per contro, la circostanza che la decisione impugnata preveda che la sua applicazione sia coerente con la politica di sviluppo o sia produttiva di effetti che incoraggiano lo sviluppo non sarebbe motivo sufficiente affinché la stessa sia adottata anche sulla base dell’art. 179 CE. Sempre secondo il Consiglio, lo stesso ragionamento vale per quanto attiene al fatto che l’elenco dei paesi che sono o possono essere ammessi al finanziamento, di cui all’allegato I della decisione citata, include paesi in via di sviluppo, giacché i nn. 1 e 2 del detto art. 179 CE prevedono che il contributo della BEI ai sensi di questo stesso articolo avvenga senza pregiudizio delle altre disposizioni del Trattato. |
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29 |
In sede di udienza il Consiglio ha precisato che, a suo avviso, tra la garanzia della Comunità ed i paesi in via di sviluppo sussiste un rapporto soltanto indiretto e ciò costituisce il motivo determinante per cui la decisione impugnata non doveva essere aggiuntivamente fondata sull’art. 179 CE. |
Argomenti della Commissione
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30 |
La Commissione reputa che l’ambito di applicazione rispettivo degli artt. 179 CE e 181 A CE sia basato al contempo su un criterio geografico (i paesi in via di sviluppo per il titolo XX del Trattato e i paesi terzi per il suo titolo XXI) e su un criterio sostanziale (i tre obiettivi enunciati dall’art. 177, n. 1, CE per il titolo XX del Trattato e le azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica per il suo titolo XXI). |
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31 |
Essa contesta quella che considera un’interpretazione strettamente geografica del campo di applicazione dell’art. 181 A CE fatta valere dal Parlamento. Simile interpretazione sarebbe priva di fondamento alla luce del tenore letterale dei titoli XX e XXI del Trattato. Infatti, quanto al titolo XXI, il criterio geografico rinvierebbe a tutti i paesi terzi, ivi compresi, eventualmente, i paesi in via di sviluppo. L’art. 181 A CE potrebbe pertanto applicarsi ai paesi in via di sviluppo, dal momento che il titolo in cui esso è collocato ed il suo n. 1 non sono stati redatti con una formulazione più restrittiva. Secondo la Commissione, l’argomentazione del Parlamento non tiene conto delle parole «[f]atte salve le altre disposizioni del presente trattato», presenti nell’art. 179, n. 1, CE. |
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32 |
La Commissione afferma inoltre che la decisione impugnata è uno strumento finanziario applicabile in primo luogo internamente alla Comunità. Tale decisione non costituirebbe il fondamento giuridico delle operazioni di finanziamento della BEI a vantaggio di paesi terzi, la quale sarebbe invece rappresentata anzitutto dall’art. 18, n. 1, del Protocollo sullo Statuto della BEI allegato al Trattato. |
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33 |
La Commissione, al pari del Consiglio, rammenta che l’art. 181 A CE prevede che le azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica al di fuori della Comunità intraprese sul fondamento di tale disposizione «sono (…) coerenti con la politica di sviluppo della Comunità». Quindi, ad avviso della Commissione, gli autori del Trattato ritenevano che le misure adottate sul fondamento dell’art. 181 A CE potessero incidere favorevolmente sullo sviluppo, ivi compreso quello dei paesi in via di sviluppo. La Commissione, in risposta ad un quesito posto dalla Corte all’udienza, ha asserito che, a suo avviso, l’art. 181 A CE costituisce il fondamento giuridico appropriato anche nel caso della concessione di una garanzia alla BEI relativa ad operazioni riguardanti paesi che siano tutti paesi in via di sviluppo ai sensi del Trattato, in quanto tali paesi beneficiano della garanzia in parola solo indirettamente, attraverso prestiti concessi dalla BEI in base alle proprie procedure interne e sul fondamento del Protocollo sullo Statuto di tale organismo. |
Giudizio della Corte
Osservazioni preliminari
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34 |
Secondo costante giurisprudenza, la scelta del fondamento giuridico di un atto comunitario dev’essere fondata su circostanze obiettive, che possono essere oggetto di controllo in sede giurisdizionale, tra le quali figurano lo scopo e il contenuto dell’atto (v. in tal senso, in particolare, sentenze 11 giugno 1991, causa C-300/89, Commissione/Consiglio, detta «Biossido di titanio», Racc. pag. I-2867, punto 10, e , causa C-338/01, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-4829, punto 54), e non sul fondamento giuridico scelto per l’adozione di altri atti comunitari aventi, eventualmente, caratteristiche analoghe (v., in tal senso, sentenze , causa 131/86, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. 905, punto 29, e , causa C-91/05, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-3651, punto 106). Inoltre, laddove esista nel Trattato una disposizione più specifica che possa costituire il fondamento giuridico dell’atto di cui trattasi, quest’ultimo deve fondarsi su tale disposizione (v., in tal senso, sentenze , Commissione/Consiglio, cit., punto 60, e , causa C-533/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-1025, punto 45). |
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35 |
Se l’esame di un atto dimostra che esso persegue un duplice scopo o che possiede una doppia componente e se uno di questi scopi o di queste componenti è identificabile come principale, mentre l’altro è solo accessorio, l’atto deve fondarsi su un solo fondamento giuridico, ossia quello richiesto dallo scopo o dalla componente principale o preponderante (v. in tal senso, segnatamente, sentenze 17 marzo 1993, causa C-155/91, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-939, punti 19 e 21; , causa C-36/98, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-779, punto 59; , Commissione/Consiglio, cit., punto 55, nonché , Commissione/Consiglio, cit., punto 73). |
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36 |
Ove si tratti di un atto che persegue contemporaneamente più scopi o che ha più componenti tra loro inscindibili, senza che l’uno sia accessorio all’altro, la Corte ha dichiarato che, qualora per tale motivo siano applicabili diverse disposizioni del Trattato CE, l’atto suddetto dovrà fondarsi, in via eccezionale, sulle diverse basi giuridiche corrispondenti (v., in tal senso, sentenze 11 settembre 2003, causa C-211/01, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-8913, punto 40, e , Commissione/Consiglio, cit., punto 75). |
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Tuttavia la Corte ha già dichiarato, in particolare ai punti 17-21 della citata sentenza Biossido di titanio, che il ricorso ad un duplice fondamento giuridico è escluso quando le procedure previste dalle rispettive norme siano incompatibili (v. anche, in tal senso, sentenze 25 febbraio 1999, cause riunite C-164/97 e C-165/97, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-1139, punto 14; , Commissione/Consiglio, cit., punto 57, nonché , causa C-94/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-1, punto 52, e causa C-178/03, Commissione/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-107, punto 57). |
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38 |
Alla luce di tali considerazioni occorre accertare se la decisione impugnata potesse essere legittimamente adottata assumendo quale solo fondamento giuridico l’art. 181 A CE. A tal fine occorre, in un primo momento, esaminare il rapporto che intercorre tra, da un lato, l’art. 179 CE, contenuto nel titolo XX del Trattato, e, dall’altro, l’art. 181 A CE, inserito nel titolo XXI del medesimo, per poi verificare se, come sostiene il Parlamento, il contenuto e lo scopo della suddetta decisione ricadano nel campo di applicazione di entrambi i summenzionati articoli. In caso affermativo si dovrà verificare quale fosse il fondamento giuridico appropriato per l’adozione della suddetta decisione. |
Sulla delimitazione dei rispettivi ambiti di applicazione dei titoli XX e XXI del Trattato
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39 |
Sebbene, come sottolineato dalla Commissione, da un punto di vista letterale la locuzione «paesi terzi» impiegata dall’art. 181 A CE sia sufficientemente ampia da includere tanto i paesi in via di sviluppo quanto altri paesi terzi, da ciò non può tuttavia dedursi, senza ridurre il campo di applicazione dell’art. 179 CE, che qualsiasi azione di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi in via di sviluppo ai sensi dell’art. 177 CE possa essere intrapresa unicamente in base all’art. 181 A CE. |
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40 |
Infatti, anche se soltanto l’art. 181 A CE contempla esplicitamente la «cooperazione economica, finanziaria e tecnica», mentre l’art. 179 CE si riferisce semplicemente ed in modo generico a «misure», ciò nondimeno tale cooperazione può configurare, a seconda delle sue modalità, una forma tipica di cooperazione allo sviluppo. Non vi è dubbio che la BEI agisce essenzialmente in un ambito di cooperazione economica, finanziaria e tecnica. Orbene, l’art. 179 CE, in combinato disposto con l’art. 177 CE, prevede che la BEI contribuisca, alle condizioni previste dal suo Statuto, all’attuazione delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi della politica comunitaria in materia di cooperazione allo sviluppo. Analogamente, il punto 119 della Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell’Unione europea, intitolata «Il consenso europeo [per lo sviluppo]» (GU 2006, C 46, pag. 1), enuncia che la BEI «svolge un ruolo sempre più importante nell’attuazione dell’aiuto comunitario, mediante investimenti nelle imprese private e pubbliche nei paesi in via di sviluppo». |
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41 |
Inoltre, l’art. 181 A CE esordisce con le parole «[f]atte salve le altre disposizioni del presente trattato, segnatamente quelle del titolo XX». Tali parole esprimono l’idea che il titolo XX riguardi in modo specifico la cooperazione allo sviluppo. |
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42 |
Vero è che, come ricordano il Consiglio e la Commissione, anche l’art. 179 CE comincia con la frase «[f]atte salve le altre disposizioni del presente trattato». |
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43 |
Tuttavia va osservato che, da un lato, come evidenziato dal Parlamento nei suoi scritti, l’art. 179 CE è stato redatto in un periodo in cui l’art. 181 A CE non esisteva ancora, in quanto il titolo XXI, in cui quest’ultimo articolo è collocato, è stato introdotto nel Trattato solo in seguito alla sua revisione ad opera del Trattato di Nizza. Prima dell’entrata in vigore dell’art. 181 A CE, e purché non si trattasse di strumenti comunitari rientranti in altre politiche, la Comunità adottava provvedimenti e concludeva accordi di cooperazione con paesi terzi che non erano paesi in via di sviluppo sulla base dell’art. 235 del Trattato CE (divenuto art. 308 CE), in difetto di un fondamento giuridico specifico. L’introduzione del titolo XXI nel Trattato ha fornito pertanto un fondamento giuridico specifico per tale cooperazione ed ha alleggerito la procedura d’adozione delle iniziative comunitarie in tale settore, sostituendo in seno al Consiglio la maggioranza qualificata all’unanimità richiesta dall’art. 308 CE. |
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44 |
D’altro lato, la clausola di riserva contenuta nell’art. 179 CE è meno specifica rispetto a quella di cui all’art. 181 A CE, la quale fa espresso riferimento al titolo XX del Trattato. |
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45 |
Ciò considerato, la clausola di riserva di cui all’art. 181 A CE, attinente al titolo XX del Trattato, ha un’applicazione prevalente rispetto alla clausola di riserva dell’art. 179 CE. |
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46 |
La suesposta interpretazione non può essere inficiata dall’argomentazione della Commissione, richiamata al punto 33 della presente sentenza, secondo cui le misure relative alla politica nel settore della cooperazione allo sviluppo potrebbero basarsi sull’unico fondamento dell’art. 181 A CE, purché siano coerenti con tale politica quale risultante dal titolo XX del Trattato. Infatti, l’art. 181 A, n. 1, CE, quando enuncia che le azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica «sono (…) coerenti con la politica di sviluppo della Comunità», significa semplicemente che la Comunità, allorché adotta provvedimenti in base all’art. 181 A CE, deve vigilare affinché sia preservata la coerenza con quanto è stato o potrebbe essere deciso sulla base dell’art. 179 CE. Tale analisi è supportata dall’art. 178 CE, ai termini del quale la Comunità tiene conto degli obiettivi di cui all’art. 177 CE nelle politiche da essa svolte che potrebbero avere un’incidenza sui paesi in via di sviluppo. |
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47 |
Pertanto, dal momento che l’art. 181 A CE si applica fatto salvo il titolo XX del Trattato CE, relativo alla cooperazione allo sviluppo, tale norma non è idonea a fungere quale fondamento giuridico delle misure che si prefiggono gli obiettivi, enunciati dall’art. 177 CE, della cooperazione allo sviluppo ai sensi del suddetto titolo XX. |
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48 |
Senza che nel caso di specie sia necessario pronunciarsi sulla questione se un’azione di cooperazione economica, finanziaria o tecnica con paesi in via di sviluppo possa, laddove essa non persegua gli obiettivi sopra descritti, avere come unico fondamento giuridico l’art. 181 A CE occorre procedere alla disamina del contenuto e dello scopo della decisione impugnata. |
Sul contenuto della decisione impugnata
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49 |
A norma del suo art. 1, n. 1, la decisione impugnata accorda alla BEI una garanzia a carico del bilancio comunitario in relazione a mancati pagamenti afferenti alle operazioni di finanziamento da essa realizzate nei paesi contemplati da tale decisione, purché, in particolare, i finanziamenti di cui trattasi siano stati concessi per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di politica estera dell’Unione. |
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50 |
Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della decisione impugnata, l’elenco dei paesi che sono o possono essere ammissibili al finanziamento della BEI con la garanzia della Comunità è riportato nell’allegato I di tale decisione. L’elenco in parola si suddivide in quattro gruppi, relativi, rispettivamente, ai paesi in fase di preadesione, ai paesi rientranti nella politica di vicinato e partenariato, all’Asia e all’America latina, ed infine all’Africa australe. |
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51 |
Il Parlamento fa valere che la maggioranza dei paesi annoverati nel suddetto allegato sono «paesi in via di sviluppo», ai sensi delle classificazioni effettuate a tal riguardo dall’OCSE e dalla Banca mondiale. Il Consiglio e la Commissione non hanno sollevato obiezioni avverso tali qualificazioni. |
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52 |
A questo proposito si deve anzitutto rammentare che non è presente nel Trattato una definizione della nozione di «paesi in via di sviluppo» contenuta nel suo titolo XX. Vero è che — come emerge sia dalle risposte orali delle parti ad un quesito posto dalla Corte in sede di udienza, sia dalla seconda nota a fondo pagina della Dichiarazione comune citata al punto 40 della presente sentenza — nella prassi comunitaria viene accordata una particolare rilevanza all’elenco dei beneficiari dell’aiuto pubblico allo sviluppo, stabilito dal Comitato per gli aiuti allo sviluppo riunito in seno all’OCSE. Tuttavia, ciò non toglie che la nozione di paesi in via di sviluppo debba essere oggetto di un’autonoma interpretazione comunitaria. Questo vale anche in quanto la categoria dei paesi in via di sviluppo è dinamica, nel senso che tende a variare in funzione di eventi scarsamente prevedibili. |
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53 |
Comunque nel caso di specie è sufficiente osservare che è indiscusso che gran parte, se non addirittura la maggioranza, dei paesi che figurano nell’elenco dei paesi ammissibili ai finanziamenti allegato alla decisione impugnata sono idonei a ricadere nella nozione suddetta, quale che sia l’accezione precisa di quest’ultima. |
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54 |
Ciò premesso non può escludersi, in senso contrario alle deduzioni del Consiglio e della Commissione, che l’istituzione di un’azione di cooperazione finanziaria con paesi terzi per mezzo della decisione impugnata possa ricadere nell’ambito della cooperazione allo sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato. |
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55 |
Infatti, come affermato dal Parlamento e dalla Commissione, grazie alla garanzia della Comunità i partner dei progetti della BEI fruiscono di prestiti a tassi più convenienti, atti a configurare misure d’aiuto. Orbene, l’art. 179, n. 2, CE prevede che la BEI sostenga la politica di cooperazione allo sviluppo svolta dalla Comunità. Pertanto, la circostanza che l’attività della BEI consista essenzialmente nell’accordare crediti rimborsabili, e non sovvenzioni, non può ostare a che taluni dei finanziamenti da essa operati siano qualificabili come aiuto allo sviluppo. |
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56 |
In tale contesto va parimenti rilevato che, in forza dell’art. 2, n. 2, della decisione impugnata, il Consiglio può decidere caso per caso che la garanzia della Comunità sia concessa per operazioni di finanziamento della BEI relative a taluni paesi, ivi compresi paesi che non figurano nell’allegato I di tale decisione. Ai sensi dell’art. 2, n. 4, di quest’ultima, peraltro, il Consiglio può decidere di sospendere qualsiasi nuovo finanziamento della BEI che si giova della suddetta garanzia, in presenza di determinate condizioni. Orbene, non è affatto escluso che paesi in via di sviluppo possano essere interessati dalle decisioni del Consiglio adottate in applicazione dell’art. 2, nn. 2 o 4, della decisione impugnata. Nondimeno, ai termini di tali disposizioni, le suddette decisioni sono adottate secondo la procedura di cui all’art. 181 A CE, che si tratti o meno di paesi in via di sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato. |
Sullo scopo della decisione impugnata
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57 |
Sebbene sia pacifico che la decisione impugnata s’inserisce nella prospettiva di una cooperazione finanziaria con paesi terzi per mezzo di uno strumento finanziario comunitario, il Parlamento dissente dal Consiglio e dalla Commissione quanto alle conseguenze che possono trarsi da tale constatazione. |
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58 |
Il Parlamento fa valere che la decisione impugnata, nei limiti in cui riguardi paesi in via di sviluppo, persegue gli obiettivi di cui all’art. 177 CE, segnatamente la promozione dello sviluppo economico e sociale sostenibile. Il Consiglio contesta tale tesi, trascurando peraltro di indicare quale sarebbe, altrimenti, l’obiettivo della decisione in esame nei riguardi dei paesi in via di sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato. |
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59 |
A tale proposito, diversamente da quanto ritengono il Consiglio e la Commissione, la descrizione di cui al punto 57 della presente sentenza fa intravedere il contenuto della decisione impugnata, piuttosto che il suo scopo. Infatti, da tale decisione si evince che la concessione della garanzia della Comunità persegue obiettivi che non sono semplicemente quelli di una misura che miri alla cooperazione allo sviluppo soltanto in via subordinata. Infatti, in particolare, dal terzo ‘considerando’ della decisione in discorso risulta che essa è diretta a sostenere l’azione esterna dell’Unione senza incidere sul merito di credito della BEI. Per di più, ai sensi dell’art. 1 di tale decisione, la garanzia della Comunità è accordata, inter alia, solo qualora le operazioni di finanziamento di cui trattasi siano state decise «a sostegno dei pertinenti obiettivi di politica esterna dell’Unione europea». |
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Come il Parlamento ha evidenziato in sede di udienza, difettando una garanzia di questo tipo la BEI potrebbe non essere in grado di intraprendere operazioni di finanziamento nei paesi in discorso. Infatti, in considerazione dei maggiori rischi connessi alla concessione di finanziamenti in determinati paesi terzi, il merito di credito della BEI potrebbe essere messo a repentaglio dall’attuazione di dette operazioni nei paesi considerati, con la conseguenza che, per evitare di incidere su tale merito, la BEI sarebbe indotta a non procedervi o quanto meno sarebbe obbligata ad imporre per tali operazioni condizioni sensibilmente meno convenienti per i mutuatari. Pertanto, grazie alla garanzia della Comunità, e quindi al contributo della detta garanzia al merito di credito della BEI, l’impegno di quest’ultima nei paesi terzi viene agevolato, se non reso addirittura possibile. Di conseguenza, la preservazione del suddetto merito di credito risulta essere un mezzo necessario alla realizzazione dell’obiettivo fondamentale della decisione di cui trattasi, che è quello di contribuire alla politica esterna della Comunità. |
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Del resto, anche ammettendo che — come affermato dal Consiglio e dal Parlamento — la garanzia della Comunità produca effetti soltanto indiretti nei confronti dei paesi terzi contemplati dalla decisione impugnata, tramite le condizioni più convenienti alle quali essa consente di assoggettare i finanziamenti accordati dalla BEI a tali paesi, simile circostanza non impedisce che detta misura possa rientrare nell’ambito della politica della Comunità nel settore della cooperazione allo sviluppo. |
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62 |
Inoltre, contrariamente a quanto dedotto dalla Commissione, la decisione impugnata non può considerarsi quale provvedimento essenzialmente interno alla Comunità. Anche se, in prima battuta, la garanzia della Comunità spiega i propri effetti principalmente all’interno della Comunità stessa, vale a dire nei rapporti tra la BEI e il bilancio comunitario, tuttavia, come emerge dal punto 59 della presente sentenza, la garanzia in parola costituisce non l’obiettivo della decisione in esame, bensì il mezzo prescelto per conseguire tale obiettivo, consistente nel sostenere la politica estera della Comunità agevolando e rafforzando la cooperazione finanziaria con i paesi terzi per il tramite della BEI. |
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Orbene, la politica comunitaria nel settore della cooperazione allo sviluppo è parte integrante dell’azione esterna della Comunità. Inoltre l’ottavo ‘considerando’ della decisione impugnata sottolinea che le operazioni di finanziamento della BEI devono essere coerenti con le politiche esterne dell’Unione e garantirne il sostegno, anche per quanto riguarda specifici obiettivi regionali. Del pari, l’art. 3, n. 2, di tale decisione dispone esplicitamente che la cooperazione avvenga in forma differenziata a seconda delle regioni, tenendo conto del ruolo della BEI e delle politiche dell’Unione europea in ogni regione. |
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A tal riguardo, dal quarto ‘considerando’ della decisione impugnata risulta che la garanzia della Comunità è volta a coprire le operazioni di finanziamento della BEI nei paesi interessati, tra l’altro, dallo strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo e dallo strumento europeo di vicinato e partenariato. Il settimo ‘considerando’ della medesima decisione menziona altresì lo strumento di stabilità istituito dal regolamento n. 1717/2006. La decisione di cui trattasi mira dunque a rafforzare le azioni intraprese in particolare mediante i tre strumenti citati, i quali riguardano, per lo meno in parte, la cooperazione allo sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato. Tale analisi è corroborata dal quindicesimo ‘considerando’ della decisione in esame, il quale fa riferimento segnatamente ad eventuali opportunità di «combinare le operazioni di finanziamento della BEI con le risorse del bilancio dell’[Unione], se del caso sotto forma di sovvenzioni, di capitale di rischio e di interessi a tasso agevolato, parallelamente all’assistenza tecnica per la preparazione di progetti, l’attuazione o il rafforzamento del quadro giuridico e regolamentare». |
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Per di più, gli obiettivi concreti illustrati nel preambolo della decisione impugnata relativi alle diverse regioni contemplate da quest’ultima coincidono, per lo meno in parte, con gli obiettivi tipici della cooperazione allo sviluppo. Dal dodicesimo ‘considerando’ della suddetta decisione, citato dal Parlamento all’udienza, emerge infatti che, in Asia ed in America latina — regioni in cui la «BEI dovrebbe cercare di estendere gradualmente le sue attività ad un più grande numero di paesi (…), ivi compresi i paesi meno prosperi» —, il finanziamento della BEI dovrebbe focalizzarsi in particolare su progetti nei settori della sostenibilità ambientale e della sicurezza energetica e contribuire alla continuazione della presenza dell’Unione in tali regioni attraverso gli investimenti esteri diretti ed il trasferimento di tecnologia e di know-how. Analogamente, dal tredicesimo e dal quattordicesimo ‘considerando’ della decisione impugnata risulta rispettivamente che la BEI dovrebbe concentrarsi, da un lato, in Asia centrale, sui grandi progetti di approvvigionamento energetico e di trasporto dell’energia che presentano implicazioni transfrontaliere e, dall’altro, in Sudafrica, su progetti infrastrutturali di interesse pubblico e sul sostegno al settore privato, ivi comprese le piccole e medie imprese. |
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Ne consegue che la cooperazione finanziaria realizzata, ai sensi della decisione impugnata, attraverso la garanzia della Comunità accordata alla BEI persegue anche, laddove sono coinvolti paesi in via di sviluppo, gli obiettivi socio-economici enunciati dall’art. 177 CE, segnatamente lo sviluppo economico e sociale sostenibile di tali paesi. |
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Da quanto precede discende che la decisione impugnata, ove riguardi paesi in via di sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato, ricade sotto tale titolo e quindi nella previsione dell’art. 179 CE. Pertanto, la suddetta decisione possiede due componenti, l’una relativa alla cooperazione allo sviluppo, rientrante nel campo di applicazione dell’art. 179 CE, l’altra relativa alla cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi diversi dai paesi in via di sviluppo, rientrante in quello dell’art. 181 A CE. |
Sul rapporto tra le componenti della decisione impugnata
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Contrariamente a quanto sostiene il Parlamento, la constatazione che la decisione impugnata possiede le due componenti descritte al punto precedente non è sufficiente per concludere che essa avrebbe dovuto essere adottata sulla base di un duplice fondamento giuridico, costituito dagli artt. 179 CE e 181 A CE. Infatti, sulla scorta della giurisprudenza citata ai punti 35 e 36 della presente sentenza, si deve accertare se l’una delle componenti della suddetta decisione possa considerarsi principale o preponderante, rivestendo l’altra carattere meramente accessorio, oppure, al contrario, se tali due componenti siano tra loro inscindibili, senza che l’una sia accessoria nei confronti dell’altra. |
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A tale riguardo occorre anzitutto rilevare che entrambe le basi giuridiche di cui trattasi nel caso di specie, ossia gli artt. 179 CE e 181 A CE, attengono alla cooperazione con paesi terzi, tra l’altro a livello finanziario, e che, come si evince in particolare dal punto 55 della presente sentenza, il coinvolgimento della BEI nel contesto di una cooperazione finanziaria con paesi in via di sviluppo è parte integrante della cooperazione allo sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato. |
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70 |
Nella specie è d’uopo osservare, d’altronde, che il Consiglio e la Commissione, pur facendo valere che la decisione impugnata possiede, da un lato, una finalità ed una componente principali connesse quasi esclusivamente all’art. 181 A CE e, dall’altro, una finalità ed una componente accessorie connesse all’art. 179 CE, non sono stati tuttavia in grado di dimostrare i motivi per cui la cooperazione economica, finanziaria e tecnica tra la Comunità ed i paesi terzi in via di sviluppo sarebbe estranea alla cooperazione allo sviluppo di cui al titolo XX del Trattato, al punto che la detta decisione, anche ove la cooperazione da essa considerata riguardasse paesi in via di sviluppo, avrebbe una finalità ed una componente principali o preponderanti non afferenti alla cooperazione allo sviluppo ai sensi del suddetto titolo XX. |
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Infatti, la decisione impugnata è diretta al rafforzamento della cooperazione finanziaria sia con paesi in via di sviluppo sia con altri paesi terzi, per mezzo della garanzia della Comunità concessa alla BEI. Tale decisione attiene quindi ad azioni di natura simile, che si differenziano unicamente in funzione delle regioni e dei paesi coinvolti. Orbene, come risulta dai paragrafi 77 e 78 delle conclusioni dell’avvocato generale, sarebbe aleatorio, se non addirittura arbitrario, tentare d’individuare una componente geografica preponderante nella decisione in esame. Ciò vale a maggior ragione a causa del carattere evolutivo della categoria dei paesi in via di sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato, nonché in considerazione della facoltà che l’art. 2, n. 2, della stessa decisione attribuisce al Consiglio di decidere, caso per caso, l’ammissibilità al finanziamento della BEI con garanzia della Comunità in favore di paesi addirittura non compresi nell’allegato I della decisione impugnata. |
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72 |
Da quanto precede risulta che, sotto il profilo del suo contenuto e del suo scopo, la decisione impugnata possiede componenti tra loro inscindibili, che ricadono, da un lato, nel campo di applicazione dell’art. 179 CE e, dall’altro, in quello dell’art. 181 A CE, senza che sia possibile identificare uno scopo o una componente principale o preponderante. Di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza menzionata al punto 36 della presente sentenza, è giocoforza concludere che la suddetta decisione avrebbe dovuto, in linea di principio, essere adottata sul fondamento dei due articoli citati, a meno che un siffatto ricorso a basi giuridiche combinate non fosse escluso alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 37 della presente sentenza, circostanza che è d’uopo esaminare. |
Sulla compatibilità delle procedure
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Tutte le parti, invitate dalla Corte in sede d’udienza a esprimersi in merito alla questione se le procedure previste rispettivamente dagli artt. 179 CE e 181 A CE siano compatibili, hanno fornito soluzione affermativa, evidenziando che taluni provvedimenti sono stati già adottati dal legislatore comunitario sul duplice fondamento di tali articoli. |
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A tal proposito va peraltro ricordato che, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 34 della presente sentenza, il fondamento giuridico di un atto non può essere determinata in funzione del fondamento giuridico scelto per l’adozione di altri atti comunitari che hanno eventualmente caratteristiche simili. |
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Come rammentato al punto 37 della presente sentenza, il ricorso ad un duplice fondamento giuridico è escluso ove le procedure previste dalle rispettive norme siano incompatibili. |
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Nel caso di specie si deve osservare che, a differenza della situazione all’origine della citata sentenza Biossido di titanio, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata tanto nel procedimento di cui all’art. 179 CE, quanto in quello di cui all’art. 181 A CE. |
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Invero, nell’ambito dell’art. 179 CE il Parlamento esercita la funzione legislativa mediante la procedura di codecisione con il Consiglio, mentre l’art. 181 A CE — unico fondamento giuridico utilizzato per l’adozione della decisione impugnata — prevede la semplice consultazione del Parlamento da parte del Consiglio. |
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Occorre tuttavia ricordare l’importanza del ruolo del Parlamento nel processo legislativo della Comunità. Come la Corte ha già avuto modo di sottolineare, la partecipazione del Parlamento a tale processo è il riflesso, a livello comunitario, di un principio fondamentale di democrazia, in virtù del quale i popoli partecipano all’esercizio del potere per il tramite di un’assemblea rappresentativa (v., in tal senso, sentenze Biossido di titanio, cit., punto 20, e giurisprudenza ivi citata, nonché 30 marzo 1995, causa C-65/93, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-643, punto 21). |
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A tal riguardo, diversamente dalla situazione in esame nella causa all’origine della citata sentenza Biossido di titanio, nelle circostanze del caso di specie l’adozione di un duplice fondamento giuridico costituito dagli artt. 179 CE e 181 A CE non sarebbe tale da mettere a repentaglio i diritti del Parlamento (v., in tal senso, sentenze citate 10 gennaio 2006, Commissione/Consiglio, punto 54, nonché Commissione/Parlamento e Consiglio, punto 59). Infatti, il ricorso all’art. 179 CE implicherebbe una più rilevante partecipazione del Parlamento, atteso che tale norma prevede l’adozione dell’atto secondo la procedura denominata di «codecisione». Del resto, dinanzi alla Corte non è stato dedotto che il ricorso a tale duplice fondamento giuridico non sarebbe possibile sotto il profilo della tecnica legislativa. |
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80 |
Inoltre, numerosi elementi depongono a favore della conclusione secondo cui, per quanto riguarda la decisione impugnata, il cumulo degli artt. 179 CE e 181 A CE sarebbe stato non solo possibile, ma anche appropriato. |
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In primo luogo, come risulta dai punti 69-72 della presente sentenza, le componenti della decisione impugnata che attengono, la prima, a paesi in via di sviluppo e, la seconda, ad altri paesi terzi sono tra loro inscindibili. Infatti, considerata la natura evolutiva della categoria dei paesi in via di sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato, nonché l’esigenza di certezza del diritto, non sarebbe pressoché possibile, nella pratica, optare per l’adozione parallela di due atti, l’uno relativo a paesi in via di sviluppo e fondato sul solo art. 179 CE, l’altro relativo a paesi terzi che non sono paesi in via di sviluppo e fondato sul solo art. 181 A CE. In secondo luogo, come emerge del pari dagli stessi punti della presente sentenza, non si può affermare che una delle suddette componenti sia accessoria rispetto all’altra. |
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In tale contesto, una soluzione che, alla luce delle differenze tra le procedure denominate di «codecisione» e di «consultazione» previste rispettivamente dagli artt. 179 CE e 181 A CE, privilegiasse il solo fondamento giuridico offerto dall’art. 179 CE, in quanto base comportante una partecipazione più intensa del Parlamento, porterebbe al risultato che la cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi che non sono in via di sviluppo non ricadrebbe espressamente nell’ambito del fondamento giuridico prescelto. Orbene, in tale ipotesi il ruolo legislativo del Consiglio verrebbe comunque menomato come nel caso del ricorso ad un duplice fondamento giuridico costituito dagli artt. 179 CE e 181 A CE. D’altronde se, come si evince dal punto 47 della presente sentenza, l’art. 181 A CE non è idoneo a fungere da fondamento giuridico di misure che perseguono gli obiettivi di cui all’art. 177 CE, relativi alla cooperazione allo sviluppo ai sensi del titolo XX del Trattato, neanche l’art. 179 CE può, in linea di principio, costituire il fondamento di misure di cooperazione che non perseguano tali obiettivi. |
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Ne consegue che, alla luce delle specifiche circostanze del caso in esame, caratterizzate in particolare dal vincolo di complementarità tra i titoli XX e XXI del Trattato, nonché dalla compenetrazione in un rapporto quasi di interdipendenza tra gli artt. 179 CE e 181 A CE, le procedure rispettivamente previste da tali due articoli non possono essere considerate incompatibili. |
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È quindi giocoforza concludere che la decisione impugnata avrebbe dovuto fondarsi, in via eccezionale, sul duplice fondamento giuridico degli artt. 179 CE e 181 A CE. |
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Tenuto conto di tutti gli elementi che precedono, si deve pertanto annullare la decisione impugnata in quanto fondata sul solo art. 181 A CE. |
Sulla richiesta di conservare gli effetti della decisione impugnata
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86 |
Il Parlamento, in questo appoggiato dal Consiglio e dalla Commissione, chiede alla Corte, nel caso in cui dovesse annullare la decisione impugnata,di conservare gli effetti della medesima sino all’adozione di una nuova decisione. |
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Ai sensi dell’art. 231, secondo comma, CE, la Corte può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti di un regolamento annullato che devono essere considerati come definitivi. Tale disposizione può applicarsi per analogia anche ad una decisione, qualora esistano importanti ragioni di certezza del diritto, paragonabili a quelle che sorgono in caso di annullamento di taluni regolamenti, idonee a giustificare l’esercizio da parte della Corte del potere conferitole in tale ambito dall’art. 231, secondo comma, CE (v. in tal senso, in particolare, sentenze 26 marzo 1996, causa C-271/94, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-1689, punto 40; , causa C-106/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I-2729, punto 41, nonché , causa C-22/96, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-3231, punti 41 e 42). |
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88 |
Conformemente al suo art. 10, la decisione impugnata è entrata in vigore il terzo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 30 dicembre 2006. Non vi è dubbio che l’annullamento di tale decisione senza preservazione dei suoi effetti potrebbe produrre conseguenze negative per il merito di credito della BEI e creare incertezze a scapito delle operazioni di finanziamento di quest’ultima in corso e future. |
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89 |
Stanti tali premesse, sussistono rilevanti ragioni di certezza del diritto che giustificano l’accoglimento da parte della Corte della richiesta delle parti di conservare gli effetti della decisione impugnata. Occorre pertanto sospendere gli effetti del suo annullamento sino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole, di una nuova decisione. A tale riguardo, può considerarsi ragionevole il termine di dodici mesi a decorrere dalla pronuncia della presente sentenza. |
Sulle spese
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Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, il Consiglio, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese. La Commissione, intervenuta a sostegno delle conclusioni presentate dal Consiglio, sopporterà le proprie spese ai sensi dell’art. 69, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura. |
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Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il francese.