SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

19 giugno 2008 ( *1 )

«Art. 30 CE — Regolamento (CE) n. 338/97 — Protezione di specie della flora e della fauna selvatiche — Divieto di detenzione dei mammiferi di talune specie menzionate da tale regolamento o da questo non disciplinate — Detenzione autorizzata in altri Stati membri»

Nel procedimento C-219/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Raad van State (Belgio) con decisione 16 aprile 2007, pervenuta in cancelleria il 27 aprile 2007, nella causa

Nationale Raad van Dierenkwekers en Liefhebbers VZW,

Andibel VZW

contro

Stato belga,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), J. Klučka, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 aprile 2008,

considerate le osservazioni presentate:

per il Nationale Raad van Dierenkwekers en Liefhebbers VZW, dall’avv. R. Portocarero, advocaat;

per l’Andibel VZW dall’avv. P. Calus, advocaat;

per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente, assistita dall’avv. J.-F. De Bock, advocaat;

per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e M. de Mol, nonché dal sig. Y. de Vries, in qualità di agenti;

per il governo svedese, dal sig. A. Kruse nonché dalle sig.re A. Falk e S. Johannesson, in qualità di agenti;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. B. Stromsky e M. van Beek, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 30 CE e del regolamento (CE) del Consiglio 9 dicembre 1996, n. 338/97, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (GU 1997, L 61, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esame di due ricorsi di annullamento proposti dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato) rispettivamente, dal Nationale Raad van Dierenkwekers en Liefhebbers VZW (Consiglio nazionale degli allevatori e dei protettori di animali ASBL) e dall’Andibel VZW, associazione senza scopo di lucro che riunisce commercianti attivi nel settore della vendita di uccelli, animali da compagnia e accessori per gli stessi, avverso il regio decreto 7 dicembre 2001 recante l’elenco degli animali che possono essere detenuti (Moniteur belge del 14 febbraio 2002, pag. 5479; in prosieguo: il «regio decreto»).

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3

Ai sensi del terzo ‘considerando’ del regolamento n. 338/97:

«[L]e disposizioni del presente regolamento non pregiudicano le misure più rigorose che possono essere adottate o mantenute in vigore dagli Stati membri, nel rispetto del Trattato, segnatamente per quanto riguarda la detenzione di esemplari di specie contemplate dal presente regolamento».

4

L’art. 1o del regolamento n. 338/97 così dispone:

«L’obiettivo del presente regolamento è proteggere le specie della fauna e della flora selvatiche nonché assicurare la loro conservazione controllandone il commercio secondo le disposizioni stabilite nei seguenti articoli.

Il presente regolamento si applica nel rispetto degli obiettivi, dei principi e delle disposizioni della Convenzione definitiva all’articolo 2».

5

L’art. 2 di tale regolamento contiene le seguenti definizioni:

«(…)

b)

“Convenzione”, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES);

(…)

s)

“specie”, una specie, sottospecie o una loro popolazione;

t)

“esemplare”, qualsiasi pianta o animale, vivo o morto, delle specie elencate negli allegati da A a D; qualsiasi parte o prodotto che da essi derivi, contenuto o meno in altre merci, nonché qualsiasi altra merce, se da un documento di accompagnamento, ovvero dall’imballaggio, dal marchio, dall’etichetta o da ogni altra circostanza, risulti trattarsi di parti o di prodotti derivati da animali o da piante appartenenti a queste specie, salvo esplicita esclusione di tali parti o prodotti dall’applicazione delle disposizioni del presente regolamento o di quelle correlate all’allegato ove è elencata la relativa specie, in base ad una indicazione in tal senso contenuta nei rispettivi allegati.

Si considera appartenente ad una delle specie elencate negli allegati da A a D l’esemplare, animale o pianta, di cui almeno un “genitore” appartenga a una specie ivi elencata, o che di tale animale o pianta sia parte o prodotto. Qualora i “genitori” di tale animale o pianta siano di specie elencate in allegati diversi, ovvero di specie una sola delle quali vi figuri, si applicano le disposizioni dell’allegato più restrittivo. Tuttavia, se uno solo dei “genitori” di un esemplare di pianta ibrida è di una specie inserita nell’allegato A, le disposizioni dell’allegato più restrittivo si applicano soltanto se tale specie è indicata a tal fine nell’allegato;

u)

“commercio”, l’introduzione nella Comunità, compresa l’introduzione dal mare, e l’esportazione e riesportazione dalla stessa, nonché l’uso, lo spostamento e il trasferimento del possesso all’interno della Comunità e dunque anche all’interno di uno Stato membro, di esemplari soggetti alle disposizioni del presente regolamento;

(…)»

6

Ai sensi dell’art. 3 di questo stesso regolamento:

«1.   L’allegato A comprende:

a)

specie che figurano nell’appendice I della Convenzione e per le quali gli Stati membri non hanno avanzato riserve;

b)

qualsiasi specie che:

i)

sia o possa essere oggetto di una richiesta di utilizzazione nella Comunità o di commercio internazionale e che sia in via di estinzione ovvero talmente rara che qualsiasi volume di scambi potrebbe metterne in pericolo la sopravvivenza;

o

ii)

appartenga a un genere o sia un genere di cui la maggior parte delle specie o sottospecie figurino nell’allegato A, in base ai criteri di cui alle lettere a) o b), punto i) e la cui inserzione nell’allegato sia fondamentale per l’efficace protezione dei relativi taxa.

2.   L’allegato B comprende:

a)

le specie che figurano nell’appendice II delle Convenzione, salvo quelle elencate nell’allegato A e per le quali gli Stati membri non hanno avanzato riserve;

b)

le specie che figurano nell’appendice I della Convenzione per le quali è stata avanzata una riserva;

c)

ogni altra specie non compresa nelle appendici I e II della Convenzione;

i)

oggetto di un volume di scambi internazionali che potrebbe essere incompatibile:

con la sua sopravvivenza o con la sopravvivenza di popolazioni viventi in certi paesi,

o

con il mantenimento della popolazione totale a un livello corrispondente al ruolo della specie negli ecosistemi in cui essa è presente;

ovvero

ii)

la cui inserzione nell’appendice sia fondamentale per garantire l’efficacia dei controlli del commercio degli esemplari che appartengono a queste specie a causa della loro somiglianza con altre specie che figurano negli allegati A o B;

d)

le specie per le quali si è stabilito che l’inserzione di specie vive nell’ambiente naturale della Comunità costituisce un pericolo ecologico per alcune specie di fauna e di flora selvatiche indigene della Comunità.

3.   L’allegato C comprende:

a)

le specie elencate nell’appendice III della Convenzione diverse da quelle elencate negli allegati A o B e per le quali gli Stati membri non hanno formulato riserve;

b)

le specie elencate nell’appendice II della Convenzione per le quali è stata avanzata una riserva.

4.   L’allegato D comprende:

a)

alcune specie non elencate negli allegati da A a C di cui l’importanza del volume delle importazioni comunitarie giustifica una vigilanza;

b)

le specie elencate nell’appendice III della Convenzione per le quali è stata avanzata una riserva.

5.   Qualora lo stato di conservazione di specie soggette al presente regolamento esiga la loro inclusione in una delle appendici della Convenzione, gli Stati membri contribuiranno alle necessarie modifiche».

7

L’art. 8 dello stesso regolamento così prevede:

«1.   Sono vietati l’acquisto, l’offerta di acquisto, l’acquisizione in qualunque forma a fini commerciali, l’esposizione in pubblico per fini commerciali, l’uso a scopo di lucro e l’alienazione, nonché la detenzione, l’offerta o il trasporto a fini di alienazione, di esemplari delle specie elencate nell’allegato A.

2.   Gli Stati membri possono vietare la detenzione di esemplari in particolare di animali vivi appartenenti a specie dell’allegato A.

(…)

5.   I divieti di cui al paragrafo 1 si applicano altresì agli esemplari delle specie elencate nell’allegato B, salvo che all’autorità competente dello Stato membro interessato sia prodotta una prova sufficiente della loro acquisizione e, ove abbiano origine al di fuori della Comunità, della loro introduzione in conformità della legislazione vigente in materia di conservazione della flora e fauna selvatiche.

6.   Le autorità competenti degli Stati membri possono alienare a loro discrezione gli esemplari delle specie elencate negli allegati da B a D che siano stati sequestrati in base al presente regolamento, a condizione che non vengano restituiti direttamente alla persona fisica o giuridica cui sono stati sequestrati o che ha partecipato all’infrazione. Tali esemplari sono equiparati a tutti gli effetti agli esemplari oggetto di acquisizione legale».

La normativa nazionale

8

L’art. 3 bis della legge 14 agosto 1986 relativa alla protezione e al benessere degli animali (Moniteur belge del 3 dicembre 1986, pag. 16382; in prosieguo: la «legge relativa al benessere degli animali»), aggiunto dall’art. 3 della legge 4 maggio 1995 (Moniteur belge del 28 luglio 1995, pag. 20360), recita:

«§ 1.   È vietato tenere animali non appartenenti alle specie o categorie indicate in un elenco stabilito dal Re. Siffatto elenco non pregiudica la normativa relativa alla tutela delle specie animali minacciate.

§ 2.   In deroga al § 1 possono essere tenuti animali di specie o categorie diverse da quelle indicate dal Re:

in giardini zoologici;

da parte di laboratori;

a)

da parte di privati, a condizione che questi possano presentare prove che gli animali venivano tenuti prima dell’entrata in vigore del decreto di cui al presente articolo. Siffatta prova non è richiesta per i discendenti di tali animali, a condizione che essi si trovino presso il primo proprietario;

b)

da parte di privati riconosciuti dal ministro responsabile per l’agricoltura, sentito il comitato di esperti di cui all’art.5, paragrafo 2, secondo comma.

Il Re stabilisce la procedura per l’applicazione del disposto delle lettere a) e b). Egli può inoltre stabilire condizioni particolari per la detenzione e l’identificazione degli animali in questione;

da parte di veterinari, purché gli animali loro affidati da terzi siano detenuti temporaneamente per trattamenti veterinari;

da parte di centri di accoglienza per animali, purché si tratti di un soggiorno temporaneo di animali posti sotto sequestro, abbandonati, o trovati senza che fosse possibile accertarne il proprietario;

da parte di negozi per animali, purché detengano gli animali per un breve periodo e sempre che abbiano preventivamente stipulato un accordo scritto con le persone fisiche o giuridiche di cui ai punti 1o, 2o, 3o b) e 7o;

nei circhi o in mostre itineranti.

§ 3.   Fatte salve le deroghe di cui al paragrafo 2, il Re può vietare ad alcune delle persone fisiche o giuridiche elencate al paragrafo 2 la detenzione di animali da lui indicati di altre specie o categorie».

9

L’art. 1o del regio decreto ha fissato al 1o giugno 2002, con riguardo ai mammiferi, l’entrata in vigore dell’art. 3 bis della legge sul benessere degli animali, l’art. 2 di detto regio decreto ha definito l’elenco dei mammiferi che possono essere detenuti e gli artt. 3-5 dello stesso hanno stabilito le disposizioni di attuazione di cui all’art. 3 bis, paragrafo 2, 3o, secondo comma, di tale legge. Il regio decreto è stato modificato con regio decreto 22 agosto 2002 (Moniteur belge del 25 settembre 2002, pag. 43346), che ha introdotto un diritto per ogni domanda di riconoscimento di privati che desiderano tenere mammiferi non indicati nell’elenco delle specie i cui esemplari possono essere tenuti (art. 1) e ha ampliato tale elenco portando a 46 il numero delle specie interessate (art. 2).

Cause principali e questioni pregiudiziali

10

Dinanzi al giudice del rinvio, il Nationale Raad van Dierenkwekers en Liefhebbers VZW e l’Andibel VZW fanno valere che il regio decreto, in combinato disposto con la legge relativa al benessere degli animali, comporta un divieto assoluto di importazione da un altro Stato membro, di detenzione e di commercio di mammiferi di specie non comprese nell’elenco detto «positivo» allegato al regio decreto, mentre simile divieto sarebbe in contrasto col regolamento n. 338/97, nonché col Trattato, in particolare con l’art. 30 CE.

11

Il giudice del rinvio osserva che dal regio decreto consegue che, salvi i casi elencati all’art. 3 bis, paragrafo 2, della legge sul benessere degli animali, nessun mammifero non facente parte delle specie contemplate in detto elenco può essere detenuto in Belgio. Un siffatto decreto avrebbe un’innegabile influenza sul commercio tra gli Stati membri.

12

Il Raad van State ha pertanto deciso di sospendere i procedimenti e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’art. 30 [CE], di per sé o in combinato disposto con il regolamento (…) n. 338/97 (…), debba essere interpretato nel senso che un divieto di importazione e di commercio di animali, adottato in esecuzione dell’art. 3 bis, paragrafo 1, della legge [sul benessere degli animali], non è giustificato nei riguardi di mammiferi importati da un altro Stato membro dell’Unione europea rientranti ne[gli allegati] B, C o D [di tale] regolamento o in esso non contemplati, allorché siffatti mammiferi sono tenuti in detto Stato membro ai sensi della sua normativa e tale normativa è compatibile con le disposizioni [di questo stesso] regolamento.

2)

Se l’art. 30 [CE] o il regolamento n. 338/97 osti ad una normativa di uno Stato membro che, a norma della legislazione esistente in materia di benessere degli animali, vieti ogni uso commerciale di esemplari, salvo nel caso in cui questi esemplari siano esplicitamente menzionati nella citata normativa nazionale, laddove il fine di tutela di tali specie, ai sensi dell’art. 30 [CE], possa essere realizzato in modo altrettanto efficace per mezzo di misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari».

Sulle questioni pregiudiziali

13

Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 28 CE e 30 CE, di per sé o in combinato disposto con il regolamento n. 338/97, ostino a una normativa nazionale, come quella in esame nella causa principale, ai sensi della quale il divieto d’importazione, detenzione e commercio dei mammiferi appartenenti a specie diverse da quelle espressamente menzionate in tale normativa si applica a specie di mammiferi non comprese nell’allegato A di detto regolamento.

14

Occorre anzitutto rilevare che, conformemente al terzo ‘considerando’ del regolamento n. 338/97, le disposizioni di quest’ultimo non pregiudicano le misure più rigorose che possono essere adottate o mantenute in vigore dagli Stati membri, nel rispetto del Trattato, segnatamente per quanto riguarda la detenzione di esemplari di specie contemplate da questo stesso regolamento.

15

D’altronde, l’art. 176 CE prevede che i provvedimenti di protezione che, come il regolamento n. 338/97, sono adottati in virtù dell’art. 175 CE non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore, che devono essere compatibili con il Trattato (v. sentenza 23 ottobre 2001, causa C-510/99, Tridon, Racc. pag. I-7777, punto 45).

16

Dalla decisione di rinvio emerge che, conformemente alla normativa in esame nella causa principale, solo i mammiferi delle specie contemplate dall’elenco di cui all’allegato I del regio decreto possono essere detenuti, importati e commercializzati in Belgio, salvo i casi elencati all’art. 3 bis, paragrafo 2, della legge relativa al benessere degli animali.

17

Le questioni pregiudiziali riguardano il divieto di importazione, detenzione e commercio dei mammiferi stabilito dalla normativa controversa solamente nella parte in cui esso si applica alle specie di mammiferi contemplate agli allegati B, C e D del regolamento n. 338/97, nonché a quelle che non rientrano nell’ambito di applicazione di tale regolamento.

18

È pacifico che il regolamento n. 338/97 non prevede un divieto generale di importazione e di commercio delle specie diverse da quelle di cui al suo allegato A.

19

Per quanto riguarda più in particolare il divieto di uso commerciale di esemplari di specie figuranti nell’allegato B del regolamento n. 338/97, la Corte ha già affermato che si tratta di una misura più rigorosa ai sensi dell’art. 176 CE (sentenza Tridon, cit., punto 49). Ciò vale anche per gli esemplari di specie figuranti negli allegati C e D dello stesso regolamento, in quanto quest’ultimo non contiene alcuna specifica disposizione contenente un divieto generale di uso commerciale di questi. La stessa conclusione si impone a maggior ragione in merito agli esemplari di specie non considerate da tale regolamento, non essendo stata adottata alcuna misura di armonizzazione a livello comunitario recante divieto dell’uso commerciale di questi.

20

Il regio decreto, comportando che esemplari di specie non menzionati nell’allegato A del regolamento n. 338/97 non possano, in generale, essere importati, detenuti e commercializzati in Belgio, constituisce una normativa più rigorosa di detto regolamento, che deve pertanto essere esaminata alla luce dell’art. 28 CE.

21

Una normativa come quella di cui trattasi nella causa principale, qualora si applichi a esemplari provenienti da un altro Stato membro, può ostacolare gli scambi intracomunitari nell’accezione dell’art. 28 CE (v., in tal senso, sentenza Tridon, cit., punto 49).

22

Infatti, costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa ai sensi dell’art. 28 CE una disposizione legislativa di uno Stato membro che vieta di mettere in commercio, acquistare, offrire, esporre o mettere in vendita, detenere, preparare, trasportare, vendere, cedere a titolo oneroso o gratuito, importare o usare merci che non siano state previamente autorizzate (v. in tal senso, in particolare, sentenza 17 settembre 1998, causa C-400/96, Harpegnies, Racc. pag. I-5121, punto 30).

23

La Corte ha anche dichiarato che una normativa che subordini la commercializzazione di talune merci alla previa iscrizione di queste in un «elenco positivo» rende la loro commercializzazione più difficile e più costosa e, di conseguenza, ostacola gli scambi tra gli Stati membri (v. in tal senso, in particolare, sentenza 5 febbraio 2004, causa C-24/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I-1277, punto 23).

24

Secondo il governo belga, la normativa in esame nella causa principale, pur ostacolando la libera circolazione delle merci, persegue uno scopo legittimo, vale a dire il benessere degli animali tenuti in cattività. Essa si baserebbe sulla constatazione che la detenzione di mammiferi è ammissibile solo in un limitato numero di casi, tenuto conto delle esigenze psicologiche ed etologiche minime di tali mammiferi. Detto governo rileva a questo proposito che, se risulta, tenuto conto di tali esigenze, che esemplari di una data specie di mammiferi non possono essere detenuti da chiunque senza che sia compromesso il loro benessere, essi non possono essere iscritti nell’elenco positivo e, conseguentemente, essere commercializzati, con riserva del regime derogatorio di cui all’art. 3 bis, paragrafo 2, della legge sul benessere degli animali. Detta normativa troverebbe pertanto la sua giustificazione nella tutela della salute e della vita degli animali considerati.

25

Inoltre, secondo il governo belga, la normativa controversa è proporzionata allo scopo perseguito. Essa non prevedrebbe un divieto assoluto di importazione di tali animali. Infatti, ai sensi dell’art. 3 bis, paragrafo 2, della legge relativa al benessere degli animali, gli esemplari di specie o di categorie diverse da quelle figuranti nell’elenco che costituisce l’allegato I del regio decreto potrebbero tuttavia essere detenuti in particolare in giardini zoologici, laboratori, circhi e mostre itineranti, ma anche da privati riconosciuti dal ministro competente per la tutela degli animali e da negozi per animali, purché abbiano preventivamente stipulato un accordo scritto con le persone fisiche o giuridiche rientranti in una delle categorie sopramenzionate.

26

Inoltre, l’elenco positivo sarebbe stato adottato previa determinazione, da parte del Consiglio nazionale del benessere degli animali, di criteri oggettivi, segnatamente sulla base di contributi di scienziati e di specialisti. Tali criteri sarebbero i seguenti. In primo luogo, gli animali dovrebbero essere facilmente sorvegliabili e alloggiabili nel rispetto delle loro esigenze psicologiche, etologiche ed ecologiche essenziali; in secondo luogo, essi non dovrebbero essere di natura aggressiva né comportare un altro particolare pericolo per la salute dell’uomo; in terzo luogo, essi non potrebbero appartenere a specie i cui esemplari, secondo chiare indicazioni, una volta scappati nell’ambiente, possono rimanervi e rappresentare, per tale motivo, una minaccia ecologica, e, in quarto luogo, essi dovrebbero essere oggetto di informazioni bibliografiche in merito alla loro detenzione. In caso di contraddizione tra i dati o le informazioni disponibili sulla detenibilità degli esemplari di una specie, nel dubbio dovrà decidersi a favore dell’animale.

27

A tale riguardo occorre ricordare, in primo luogo, che la protezione del benessere degli animali costituisce un obiettivo legittimo di interesse generale la cui importanza ha dato luogo, in particolare, all’adozione, da parte degli Stati membri, del protocollo sulla protezione ed il benessere degli animali, allegato al Trattato che istituisce la Comunità europea (GU 1997, C 340, pag. 110). La Corte ha d’altronde rilevato più volte l’interesse che la Comunità nutre per la salute e la protezione degli animali (v. sentenza 17 gennaio 2008, cause riunite C-37/06 e C-58/06, Viamex Agrar Handel e ZVK, Racc. pag. I-69, punti 22 e 23 nonché giurisprudenza ivi citata).

28

Va ricordato, in secondo luogo, che, ai sensi dell’art. 30 CE, le disposizioni degli artt. 28 CE e 29 CE lasciano impregiudicati i divieti o le restrizioni giustificati, in particolare, da motivi di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, purché tali divieti o restrizioni non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri, e che la Corte ha affermato che la tutela della salute e della vita degli animali costituisce un’esigenza fondamentale riconosciuta dal diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza 11 maggio 1999, causa C-350/97, Monsees, Racc. pag. I-2921, punto 24).

29

Per quanto riguarda il rischio che gli esemplari, una volta scappati nell’ambiente, possano rimanervi e rappresentare, per tale motivo, una minaccia ecologica, va ricordato, in terzo luogo, come da una giurisprudenza costante risulti che restrizioni alla libera circolazione delle merci possono essere giustificate da esigenze imperative quali la tutela dell’ambiente (v. sentenze 14 luglio 1998, causa C-341/95, Bettati, Racc. pag. I-4355, punto 62, e 12 ottobre 2000, causa C-314/98, Snellers, Racc. pag. I-8633, punto 55).

30

Se il principio di proporzionalità, che è alla base dell’ultima frase dell’art. 30 CE, esige che la facoltà per gli Stati membri di vietare le importazioni di animali provenienti da altri Stati membri nei quali sono legalmente commercializzati sia limitata a quanto necessario per raggiungere gli scopi di tutela legittimamente perseguiti (v. in tal senso, in particolare, sentenza Harpegnies, cit., punto 34), occorre prendere in considerazione, nell’applicare tale principio in un contesto come quello della causa principale, la natura particolare degli esemplari considerati, nonché gli interessi e le esigenze ricordati ai punti 27-29 della presente sentenza.

31

Il fatto che uno Stato membro imponga norme meno severe di quelle applicabili in un altro Stato membro non significa, di per sé, che queste ultime siano sproporzionate e, quindi, incompatibili con il diritto comunitario. Infatti, la mera circostanza che uno Stato membro abbia scelto un sistema di tutela diverso da quello adottato da un altro Stato membro non può incidere sulla valutazione della necessità e della proporzionalità delle disposizioni adottate in materia (v., in particolare, sentenza 1o febbraio 2001, causa C-108/96, Mac Quen e a., Racc. pag. I-837, punti 33 e 34).

32

Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti nella causa principale, un sistema basato su un elenco negativo, consistente nel circoscrivere l’ambito del divieto alle sole specie di mammiferi indicate in tale elenco, potrebbe non essere sufficiente per raggiungere l’obiettivo di tutela o di rispetto degli interessi e delle esigenze menzionati ai punti 27-29 della presente sentenza. Infatti, il ricorso ad un siffatto sistema significherebbe che, per tutto il tempo in cui una specie di mammiferi non è iscritta sul detto elenco, gli esemplari di detta specie possono essere liberamente detenuti, pur non essendo stati oggetto di una valutazione scientifica in grado di garantire che tale detenzione non comporti alcun rischio per la tutela di detti interessi ed esigenze (v., per analogia, sentenza 12 luglio 2005, cause riunite C-154/04 e C-155/04, Alliance for Natural Health e a., Racc. pag. I-6451, punto 70).

33

Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, una normativa, come quella di cui alla causa principale, che subordini la detenzione di mammiferi alla previa inscrizione delle specie cui essi appartengono in un elenco positivo e che si applica anche agli esemplari di specie legalmente detenuti in altri Stati membri è conforme al diritto comunitario solo se sono soddisfatte varie condizioni (v. per analogia, in particolare, sentenze 16 luglio 1992, causa C-344/90, Commissione/Francia, Racc. pag. I-4719, punti 8 e 16, nonché Commissione/Francia, cit., punto 25).

34

Innanzitutto, la stesura di un siffatto elenco e le sue ulteriori modifiche devono basarsi su criteri oggettivi e non discriminatori (v. in tal senso, in particolare, sentenza 23 settembre 2003, causa C-192/01, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-9693, punto 53).

35

Inoltre, detta normativa dev’essere corredata da un procedimento inteso a consentire agli interessati di ottenere l’iscrizione di nuove specie di mammiferi nell’elenco nazionale delle specie autorizzate. Questo procedimento dev’essere facilmente accessibile, il che presuppone che sia espressamente previsto in un atto di portata generale, deve potersi concludere entro termini ragionevoli e, se sfocia in un diniego dell’iscrizione, che deve essere motivato, questo dev’essere impugnabile con ricorso esperibile in via giurisdizionale (v., per analogia, sentenze 16 luglio 1992, Commissione/Francia, cit., punto 9, nonché 5 febbraio 2004, Commissione/Francia, cit., punti 26 e 37).

36

Infine, una domanda volta ad ottenere l’iscrizione di una specie di mammiferi in detto elenco può essere respinta dalle autorità amministrative competenti solo se la detenzione di esemplari di tale specie presenta un rischio reale per la tutela o il rispetto degli interessi e delle esigenze menzionati ai punti 27-29 della presente sentenza (v. per analogia, in particolare, citate sentenze 16 luglio 1992, Commissione/Francia, punto 10, e 5 febbraio 2004, Commissione/Francia, punto 27).

37

Ad ogni modo, una domanda volta ad ottenere l’iscrizione di una specie nell’elenco delle specie di mammiferi di cui è autorizzata la detenzione può essere respinta dalle autorità competenti soltanto sulla base di una valutazione approfondita del rischio che presenta la detenzione di esemplari della specie in questione per la tutela degli interessi e delle esigenze menzionati ai punti 27-29 della presente sentenza, valutazione basata sui più affidabili dati scientifici disponibili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale (v. per analogia, in particolare, sentenza Alliance for Natural Health e a., cit., punto 73).

38

Qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, inconcludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute delle persone o degli animali o per l’ambiente nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive.

39

Peraltro, quanto a deroghe come quelle di cui all’art. 3 bis, paragrafo 2, della legge relativa al benessere degli animali, occorre rilevare che esse non devono condurre a favorire i prodotti nazionali, poiché ciò costituirebbe una discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nei confronti dei prodotti importati da altri Stati membri (v., in particolare, sentenza 16 dicembre 1980, causa 27/80, Fietje, Racc. pag. 3839, punto 14).

40

Per quanto riguarda specificamente condizioni come quelle stabilite all’art. 3 bis, paragrafo 2, punti 3, lett. b), e 6, della legge relativa al benessere degli animali, concernenti la detenzione di esemplari di specie di mammiferi non contemplati nell’elenco allegato al regio decreto da parte di privati o di negozi per animali, occorre verificare se siffatte condizioni siano obiettivamente giustificate e non vadano al di là di quanto necessario per garantire la finalità perseguita dalla normativa nazionale nel suo insieme.

41

Si deve perciò constatare che la valutazione della proporzionalità di un regime come quello in esame nella causa principale, in particolare al fine di accertare se l’obiettivo perseguito possa essere raggiunto mediante misure che ledano in misura minore gli scambi intracomunitari, non può essere effettuata, nel caso specifico, senza elementi d’informazione supplementari su detto regime e sulla sua applicazione. La valutazione dei criteri stabiliti e della loro applicazione, della portata delle deroghe di cui all’art. 3 bis, paragrafo 2, della legge relativa al benessere degli animali, nonché delle caratteristiche del procedimento d’iscrizione, quali la sua accessibilità e le possibilità di ricorso in caso di diniego di iscrizione, presuppone una concreta analisi, basata segnatamente sui diversi testi applicabili, sulla pratica nonché sugli studi scientifici, analisi che spetta al giudice di rinvio effettuare (v., in tal senso, sentenza Tridon, cit., punto 58).

42

Alla luce delle precedenti considerazioni, si devono risolvere le questioni sottoposte nel senso che gli artt. 28 CE e 30 CE, di per sé o in combinato disposto con il regolamento n. 338/97, non ostano a una normativa nazionale, come quella in esame nella causa principale, ai sensi della quale il divieto d’importazione, detenzione e commercio di mammiferi appartenenti a specie diverse da quelle espressamente menzionate in tale normativa si applica a specie di mammiferi non comprese nell’allegato A di detto regolamento se la tutela o il rispetto degli interessi e delle esigenze menzionati ai punti 27-29 della presente sentenza non possono essere realizzati in modo altrettanto efficace per mezzo di misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari.

43

Spetta al giudice del rinvio verificare:

se la stesura e le ulteriori modifiche dell’elenco nazionale delle specie di mammiferi di cui è autorizzata la detenzione si basino su criteri oggettivi e non discriminatori;

se un procedimento inteso a consentire agli interessati di ottenere l’iscrizione di specie di mammiferi in detto elenco sia previsto, sia facilmente accessibile, possa concludersi entro termini ragionevoli e se, in caso di diniego dell’iscrizione, che deve essere motivato, questo sia impugnabile con ricorso esperibile in via giurisdizionale;

se le domande volte ad ottenere l’iscrizione di una specie di mammiferi in detto elenco o a beneficiare di una deroga individuale per la detenzione di esemplari di specie in esso non figuranti possano essere respinte dalle autorità amministrative competenti solo se la detenzione di esemplari delle specie di cui si tratta presenti un rischio reale per la tutela degli interessi e delle esigenze di cui sopra, e

se le condizioni stabilite per la detenzione di esemplari di specie di mammiferi non menzionate in questo stesso elenco, come quelle di cui all’art. 3 bis, paragrafo 2, punti 3, lett. b), e 6, della legge relativa al benessere degli animali, siano obiettivamente giustificate e non vadano al di là di quanto necessario per garantire la finalità perseguita dalla normativa nazionale nel suo insieme.

Sulle spese

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Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

 

Gli artt. 28 CE e 30 CE, di per sé o in combinato disposto con il regolamento (CE) del Consiglio 9 dicembre 1996, n. 338/97, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, non ostano a una normativa nazionale, come quella in esame nella causa principale, ai sensi della quale il divieto d’importazione, detenzione e commercio di mammiferi appartenenti a specie diverse da quelle espressamente menzionate in tale normativa si applica a specie di mammiferi non comprese nell’allegato A di detto regolamento se la tutela o il rispetto degli interessi e delle esigenze menzionati ai punti 27-29 della presente sentenza non possono essere realizzati in modo altrettanto efficace per mezzo di misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari.

 

Spetta al giudice del rinvio verificare:

 

se la stesura e le ulteriori modifiche dell’elenco nazionale delle specie di mammiferi di cui è autorizzata la detenzione si basino su criteri oggettivi e non discriminatori;

 

se un procedimento inteso a consentire agli interessati di ottenere l’iscrizione di specie di mammiferi in detto elenco sia previsto, sia facilmente accessibile, possa concludersi entro termini ragionevoli e se, in caso di diniego dell’iscrizione, che deve essere motivato, questo sia impugnabile con ricorso esperibile in via giurisdizionale;

 

se le domande volte ad ottenere l’iscrizione di una specie di mammiferi in detto elenco o a beneficiare di una deroga individuale per la detenzione di esemplari di specie in esso non figuranti possano essere respinte dalle autorità amministrative competenti solo se la detenzione di esemplari delle specie di cui si tratta presenti un rischio reale per la tutela degli interessi e delle esigenze di cui sopra, e

 

se le condizioni stabilite per la detenzione di esemplari di specie di mammiferi non menzionate in questo stesso elenco, come quelle di cui all’art. 3 bis, paragrafo 2, punti 3, lett. b), e 6, della legge 14 agosto 1986, relativa alla protezione e al benessere degli animali, come modificata dalla legge 4 maggio 1995, siano obiettivamente giustificate e non vadano al di là di quanto necessario per garantire la finalità perseguita dalla normativa nazionale nel suo insieme.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’olandese.