SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
1o aprile 2008 ( *1 )
«Direttiva 2002/95/CE — Apparecchiature elettriche ed elettroniche — Restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose — Etere decabromodifenile (decaBDE) — Decisione della Commissione 2005/717/CE — Esenzione del decaBDE dal divieto di uso — Ricorso di annullamento — Competenze di esecuzione della Commissione — Violazione della disposizione di abilitazione»
Nelle cause riunite C-14/06 e C-295/06,
aventi ad oggetto alcuni ricorsi di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE, introdotti l'11 gennaio 2006 (causa C-14/06) e il 9 gennaio 2006 (causa C-295/06, inizialmente registrata al ruolo del Tribunale di primo grado delle Comunità europee con il numero T-5/06),
Parlamento europeo, rappresentato dai sigg. K. Bradley e A. Neergaard nonché dalla sig.ra I. Klavina, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente nella causa C-14/06,
Regno di Danimarca, rappresentato sig. J. Molde, dalla sig.ra B. Weis Fogh e dal sig. J. Bering Liisberg, in qualità di agenti,
ricorrente nella causa C-295/06,
sostenuti da
Regno di Danimarca (causa C-14/06), rappresentato dal sig. J. Molde, dalla sig.ra B. Weis Fogh e dal sig. J. Bering Liisberg, in qualità di agenti;
Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra M. J. Lois, in qualità di agenti;
Repubblica di Finlandia, rappresentata dalla sig.ra A. Guimaraes-Purokoski, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo;
Regno di Svezia, rappresentato dal sig. A. Kruse, in qualità di agente;
Regno di Norvegia, rappresentato dalle sig.re I. Djupvik e K. Waage, nonché dal sig. K. B. Moen, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. E. Holmedal, advokat,
intervenienti,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. X. Lewis, M. Konstantinidis e H. Støvlbæk, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
sostenuta da
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla sig.ra V. Jackson, in qualità di agente, assistita dal sig. J. Maurici, barrister,
interveniente,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. C. W. A. Timmermans, A. Rosas (relatore), K. Lenaerts e L. Bay Larsen, presidenti di sezione, dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk, P. Kūris, E. Juhász, E. Levits e A. Ó Caoimh, dalla sig.ra P. Lindh e dal sig. J.-C. Bonichot, giudici,
avvocato generale: sig. Y. Bot
cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 4 dicembre 2007,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
Con il suo ricorso, iscritto con numero di ruolo C-14/06, il Parlamento europeo chiede l’annullamento della decisione della Commissione 13 ottobre 2005, 2005/717/CE, recante modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico, dell’allegato della direttiva 2002/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (GU L 271, pag. 48; in prosieguo: la «decisione impugnata»). |
2 |
Con ordinanza del presidente della Corte 10 luglio 2006, il Regno di Danimarca, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il Regno di Norvegia sono stati autorizzati ad intervenire a sostegno del Parlamento, mentre il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è stato autorizzato ad intervenire a sostegno della Commissione delle Comunità europee. |
3 |
Con ricorso depositato alla cancelleria del Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 9 gennaio 2006, iscritto con numero di ruolo T-5/06, il Regno di Danimarca ha parimenti chiesto l’annullamento della decisione impugnata. Con ordinanza 27 giugno 2006 il Tribunale ha declinato la propria competenza, ai sensi dell’art. 54, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia, e dell’art. 80 del regolamento di procedura del Tribunale, affinché la Corte potesse statuire sulla domanda di annullamento. La causa è stata registrata al ruolo della Corte con il numero C-295/06. |
4 |
Con ordinanza del presidente della Corte 13 settembre 2006 la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il Regno di Norvegia sono stati autorizzati ad intervenire a sostegno del Regno di Danimarca, mentre il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è stato autorizzato ad intervenire a sostegno della Commissione. |
5 |
Con ordinanza del presidente della Corte 16 novembre 2006 le cause C-14/06 e C-295/06 sono state riunite ai fini della fase scritta, in quanto non ancora conclusa, e ai fini della fase orale nonché della sentenza. |
Contesto normativo
6 |
Il quinto, il sesto e l’undicesimo ‘considerando’ della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 gennaio 2003, 2002/95/CE, sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (GU 2003, L 37, pag. 19), così recitano:
(…)
|
7 |
L’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva 2002/95, intitolato «Prevenzione», dispone quanto segue: «1. A partire dal 1o luglio 2006 gli Stati membri provvedono affinché le apparecchiature elettriche ed elettroniche nuove immesse sul mercato non contengano piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, (…) (PBB) o (…) (PBDE). Fino al 1o luglio 2006 è possibile mantenere le misure nazionali volte a limitare o vietare l’uso di dette sostanze nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche adottate per ottemperare alla normativa comunitaria prima dell’adozione della presente direttiva. 2. Il paragrafo 1 non si applica alle applicazioni elencate nell’allegato». |
8 |
L’art. 5 di detta direttiva, intitolato «Adattamento al progresso tecnico e scientifico», prevede, al n. 1: «1. Le modificazioni necessarie ad adeguare l’allegato al progresso tecnico e scientifico sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 7, paragrafo 2, ai fini seguenti: (…)
(…)». |
9 |
L’art. 7 della direttiva 2002/95 prevede che la Commissione sia assistita dal comitato istituito dall’art. 18 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39). |
10 |
L’allegato alla direttiva 2002/95 è intitolato «Applicazioni di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente esentate dai requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 1». |
11 |
Il punto 10 di detto allegato recita quanto segue: «Nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7, paragrafo 2, la Commissione valuta le applicazioni relative a:
in via prioritaria per stabilire quanto prima se questi elementi devono essere modificati di conseguenza». |
12 |
Il 13 ottobre 2005 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, che si fonda sulla direttiva 2002/95 e, segnatamente, sul suo art. 5, n. 1, lett. b). |
13 |
I ‘considerando’ dal secondo al quarto ed il settimo di tale decisione così recitano:
(…)
|
14 |
L’articolo unico della decisione impugnata prevede che l’allegato alla direttiva 2002/95 sia modificato secondo l’allegato alla decisione medesima. |
15 |
L’allegato a tale decisione recita quanto segue: «L’allegato della direttiva 2002/95/CE è modificato come segue:
|
Prodotto in esame
16 |
Il decaBDE è un tipo di ritardante di fiamma a base di bromo che fa parte dei PBDE e viene utilizzato principalmente come ritardante di fiamma nei polimeri, in particolare in quelli utilizzati per le cassette di apparecchiature elettriche ed elettroniche nonché nei rivestimenti tessili. |
17 |
Tale sostanza è stata valutata ai sensi del regolamento n. 793/93. Il Regno Unito aveva la responsabilità di valutare il suo impatto sull’ambiente, mentre la Repubblica francese era incaricata di esaminare il suo impatto sulla salute dell’uomo. |
18 |
Una prima relazione, intitolata «European Union Risk Assessment Report» del 2002 (relazione dell’Unione europea di valutazione dei rischi; in prosieguo: la «relazione del 2002»), è stata sottoposta al comitato scientifico della tossicità, dell’ecotossicità e dell’ambiente (CSTEA), che ha emesso un parere. |
19 |
Nel maggio del 2004 il Regno Unito ha emesso un aggiornamento della sezione relativa all’ambiente della prima valutazione dei rischi del decaBDE, intitolata «Final environmental assessment report for decaBDE» (relazione definitiva di valutazione dei rischi per l’ambiente del decaBDE; in prosieguo: la «relazione del 2004»). Tale relazione è stata indirizzata al comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali (in prosieguo: il «CSRSA») della Commissione, che sostituisce il CSTEA in forza della decisione della Commissione 3 marzo 2004, 2004/210/CE, che istituisce comitati scientifici nel settore della sicurezza dei consumatori, della sanità pubblica e dell’ambiente (GU L 66, pag. 45). Il CSRSA ha emesso un parere il 18 marzo 2005. |
20 |
Nell’agosto del 2005 il relatore del Regno Unito ha fatto circolare un documento intitolato «Addendum to the May 2004 Environmental Risk Assessment Report for DecaBDE» (Addendum alla relazione di valutazione dei rischi per l’ambiente del decaBDE del maggio 2004). In tale documento si giunge alla conclusione che non sembrava necessario modificare quest’ultima relazione a causa di nuovi elementi resisi frattanto disponibili. |
Oggetto del ricorso
Argomenti delle parti
21 |
Il Parlamento chiede l’annullamento della decisione impugnata. Il Regno di Danimarca chiede l’annullamento del punto 2 del suo allegato e, come conseguenza, del punto 1. |
22 |
La Commissione ritiene che il Parlamento non argomenti sotto qual profilo i punti 1 e 3 dell’allegato alla decisione impugnata dovrebbero essere annullati e chiede che il ricorso sia limitato al punto 2 di tale allegato. |
23 |
Il Parlamento replica che il titolo del detto punto 1 fa riferimento al decaBDE e rileva che il punto 3 dell’allegato summenzionato, relativo all’esenzione di «piombo in cuscinetti e pistoni in piombo/bronzo», non è motivato. In subordine, il Parlamento chiede alla Corte di dichiarare il ricorso ricevibile riguardo ai punti 1 e 2 dell’allegato alla decisione impugnata. |
24 |
Nella controreplica nella causa C-14/06 la Commissione segnala che l’adozione della sua decisione 18 agosto 2005, 2005/618/CE, che modifica la direttiva 2002/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ai fini della fissazione dei valori massimi di concentrazione di alcune sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (GU L 214, pag. 65), nella parte in cui si applicherebbe alle impurità del PBDE e renderebbe difficile la commercializzazione del decaBDE, potrebbe restringere l’ambito della controversia. |
Giudizio della Corte
25 |
Dall’esame del ricorso del Parlamento non emerge alcun motivo che riguardi, in particolare, il punto 3 dell’allegato alla decisione impugnata. Per contro, l’annullamento del suo punto 2 potrebbe comportare, come conseguenza, l’annullamento del punto 1. |
26 |
La modifica del titolo dell’allegato alla direttiva 2002/95 operata da tale punto 1 introducendovi, in particolare, un riferimento ai PBDE sembra risultare dalla necessità di garantire la corrispondenza tra detto titolo e il contenuto dell’allegato medesimo, come modificato dal menzionato punto 2. |
27 |
Quest’ultimo, infatti, inserisce in detto allegato un nuovo punto 9 bis dedicato al decaBDE, sostanza ricompresa nella categoria dei PBDE. Ne consegue che i punti 1 e 2 dell’allegato alla decisione impugnata potrebbero non essere separabili nella prospettiva di un eventuale annullamento di detto punto 2. Occorre pertanto limitare l’oggetto del ricorso del Parlamento a questi due punti. |
28 |
Quanto all’adozione della decisione 2005/618 che, secondo la Commissione, potrebbe rendere difficile la commercializzazione del decaBDE, non sembra che abbia fatto perdere ai ricorsi il loro oggetto, atteso che una difficoltà di commercializzazione non ha il medesimo effetto di un divieto totale di uso, che costituirebbe la conseguenza dell’annullamento della decisione di esenzione di tale prodotto. |
Sui ricorsi
29 |
Il Parlamento e il Regno di Danimarca fanno valere i seguenti motivi, che possono essere raggruppati e sintetizzati come segue: in primo luogo, sostengono che la Commissione, adottando la decisione impugnata, non ha rispettato i requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95 e che, in tal modo, ha ecceduto i poteri ad essa delegati dal legislatore; in secondo luogo, fanno valere che la decisione impugnata è viziata da un difetto di motivazione in quanto non indica affatto come sarebbero soddisfatti i requisiti previsti da tale disposizione; in terzo luogo, deducono che la Commissione, adottando la decisione impugnata, non abbia rispettato il principio di precauzione. Peraltro, il Parlamento solleva un motivo attinente alla violazione del principio di proporzionalità in quanto la decisione impugnata ha esentato tutte le applicazioni polimerizzate del decaBDE. |
Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95, nonché all’eccesso e/o allo sviamento di potere
Argomenti delle parti
30 |
Il Parlamento e il Regno di Danimarca sostengono che la Commissione non ha rispettato i requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95 e che, in tal modo, ha ecceduto i poteri ad essa delegati dal legislatore comunitario. |
31 |
Il Regno di Danimarca ricorda che, quando il Parlamento e il Consiglio conferiscono alla Commissione competenze di esecuzione conformemente all’art. 202 CE, quest’ultima deve, in forza del principio di attribuzione delle competenze, impegnarsi a rispettare le finalità e ad applicare i criteri fissati dal legislatore comunitario. Nel caso di specie, la Commissione non solo avrebbe violato i requisiti fissati dalla direttiva 2002/95, ma avrebbe anche fatto uso dei poteri delegati per imporre la propria valutazione dei rischi invece di quella del legislatore, incorrendo in tal modo in uno sviamento di potere. |
32 |
Dal momento che la direttiva 2002/95 al suo art. 4, n. 1 pone il principio del divieto delle sostanze in esso elencate, i ricorrenti ritengono che la possibilità di esenzione prevista dal suo art. 5, n. 1, lett. b), debba essere interpretata restrittivamente. Tale possibilità potrebbe riguardare solo applicazioni di sostanze, e non una sostanza in quanto tale, salvo violare l’art. 4 di detta direttiva. |
33 |
A sostegno di tale argomento i ricorrenti menzionano le altre decisioni adottate in base all’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95, che riguardano esclusivamente applicazioni particolari, nonché il quarto ‘considerando’ della decisione impugnata, a termini del quale «il campo di applicazione delle esenzioni per determinati materiali e componenti specifici deve essere limitato». |
34 |
I ricorrenti rilevano, anzitutto, che il requisito indicato dall’art. 5, n. 1, della direttiva 2002/95, che prende in considerazione le modifiche «necessarie ad adeguare l’allegato al progresso tecnico e scientifico», non è soddisfatto. Al contrario, i dati scientifici disponibili dopo l’adozione di tale direttiva rafforzerebbero i dubbi sussistenti in ordine alla pericolosità del decaBDE. |
35 |
Secondo i ricorrenti, la Commissione non avrebbe nemmeno dimostrato che uno dei due requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95 era soddisfatto, ma sarebbe ricorsa ad un criterio non previsto da tale direttiva, e conseguentemente contra legem, nel rilevare, al terzo ‘considerando’ della decisione impugnata, che «la valutazione dei rischi relativa al DecaBDE, effettuata a norma del regolamento (CEE) n. 793/93 (…), ha concluso che attualmente non sono necessarie misure per ridurre i rischi per i consumatori oltre a quelle attualmente applicate». |
36 |
Così facendo, la Commissione si sarebbe fondata su uno studio effettuato nel contesto di un regolamento che ha una filosofia differente, studio che non sarebbe stato elaborato con l’obiettivo del rispetto del principio di precauzione e che non intenderebbe determinare se sia soddisfatto uno dei requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95. La Commissione avrebbe compiuto una nuova valutazione generale del rischio e, esentando, su tale base, la sostanza di cui è causa in quanto tale, avrebbe eluso la decisione del legislatore comunitario e privato tale direttiva della sua efficacia pratica. |
37 |
Il Regno di Danimarca sostiene che la Commissione non ha affatto esaminato le possibilità di sostituire il decaBDE, mentre molti produttori hanno smesso di farne uso e lo fanno valere nel contesto della loro politica ambientale. Il secondo ‘considerando’ della decisione impugnata, a termini del quale «non è (…) possibile eliminare o sostituire queste sostanze pericolose», sarebbe al riguardo erroneo. Il primo requisito previsto dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95, pertanto, non sarebbe in ogni caso soddisfatto. |
38 |
Il Regno di Norvegia sottolinea che la Commissione ha fatto uso delle conclusioni di diverse relazioni presentate nel contesto del regolamento n. 793/93 in modo selettivo, sottovalutando sia le vive preoccupazioni che emergevano chiaramente da tali relazioni e dai pareri dei comitati scientifici, sia la crescente consapevolezza dei pericoli legati al decaBDE. In particolare, al terzo ‘considerando’ della decisione impugnata la Commissione si limiterebbe ad alludere al rischio in cui incorrono i consumatori, mentre tali relazioni si sarebbero riferite, rispettivamente, ai lavoratori, ai consumatori e ai soggetti esposti indirettamente tramite l’ambiente. |
39 |
La Commissione ricorda le difficoltà nell’adozione della decisione impugnata e sostiene che l’art. 5 della direttiva 2002/95 non deve essere interpretato restrittivamente. |
40 |
L’istituzione rileva, in primo luogo, che l’art. 4, n. 1, di tale direttiva, che vieta l’uso di talune sostanze pericolose, è immediatamente seguito dall’art. 4, n. 2, della direttiva medesima, che prevede esenzioni a tale divieto, e che tali disposizioni hanno conseguentemente l’effetto di sancire un divieto la cui portata è più limitata di quanto non appaia. |
41 |
Essa osserva, in secondo luogo, che l’art. 5, n. 1, della direttiva 2002/95 non ha l’effetto di conferirle una competenza rigidamente definita, bensì di obbligarla ad agire se ricorre uno dei requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, lett. b), di tale direttiva, il che non le lascerebbe alcun margine di discrezionalità. |
42 |
La Commissione fa valere, infine, che se è pur vero che l’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95 costituisce il fondamento normativo della decisione impugnata, occorre tuttavia tener conto del punto 10 dell’allegato a tale direttiva, che sarebbe produttivo di effetti giuridici, in quanto farebbe ricadere ogni atto della Commissione relativo al decaBDE nella sfera di applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2002/95. Di conseguenza, essa non sarebbe tenuta a dimostrare che un suo qualsivoglia atto relativo al decaBDE e ricompreso nella sfera di applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2002/95 costituisca un adattamento al progresso scientifico e tecnico. |
43 |
Al riguardo, il Regno Unito aggiunge che detto punto 10 riflette l’esitazione del legislatore comunitario, il quale ha riconosciuto che una valutazione complementare era giustificata. Tale Stato membro ritiene peraltro che, ai fini della valutazione di detti problemi tecnici, la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità e che occorrerebbe dimostrare che è incorsa in un errore manifesto. |
44 |
La Commissione fa valere che, nel caso di specie, il secondo requisito previsto dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95 era soddisfatto. Dalla relazione del 2002 risulterebbe che «allo stato non sono necessarie verifiche e/o informazioni ulteriori o misure di riduzione dei rischi che vadano oltre quelle già adottate» [traduzione libera; N.d.T.]. |
45 |
Tale conclusione sarebbe stata avallata dal CSTEA nonché dalla raccomandazione politica formulata nel contesto della relazione del 2004, in cui sarebbe stata convenuta l’attuazione di un programma volontario di riduzione delle emissioni, in parallelo con una raccolta di dati supplementari. Il progetto di addendum del 2005 avrebbe valutato che la conclusione di cui alla relazione del 2004 non doveva essere modificata in funzione di nuovi dati, ma che si raccomandava di ampliare i programmi di controllo esistenti. |
46 |
Tenendo conto del fatto che i pareri scientifici non hanno mai preso in considerazione il divieto del decaBDE, la Commissione non sarebbe stata tenuta ad esaminare l’incidenza dei prodotti di sostituzione sull’ambiente, la salute e la sicurezza. Solo se tale divieto fosse stato richiesto, infatti, sarebbe stato necessario procedere a detto esame. Del pari, non vi sarebbe stata alcuna ragione di limitare l’esenzione a specifiche applicazioni del decaBDE. |
47 |
La Commissione rileva, peraltro, di non essere tenuta a consultare il CSRSA o a tener conto del suo parere, atteso che l’art. 7 della direttiva 2002/95 prevede che essa sia assistita dal comitato istituito ai sensi dell’art. 18 della direttiva 75/442, vale a dire il comitato per l’adattamento al progresso tecnico. |
48 |
Il Parlamento, nonché il Regno di Danimarca, il Regno di Svezia e il Regno di Norvegia fanno valere che il punto 10 dell’allegato alla direttiva 2002/95 aveva l’unico effetto di creare una priorità temporale, e non di costituire un’abilitazione né di creare una procedura di valutazione distinta da quella già prevista dalla direttiva 2002/95. Tale interpretazione del punto 10 di quest’ultima sarebbe suffragata dal contesto in cui la direttiva medesima è stata adottata. |
49 |
In risposta all’argomento del Regno Unito, secondo cui la Commissione disporrebbe di un ampio margine discrezionale per valutare siffatti problemi tecnici, il Parlamento sottolinea che i suoi motivi attinenti alla violazione del principio di precauzione, del principio di proporzionalità e dell’obbligo di motivazione costituiscono motivi autonomi e sussidiari rispetto al suo primo motivo, che verte sull’obbligo, da parte della Commissione, di rispettare le condizioni e i limiti delle sue competenze di esecuzione. |
Giudizio della Corte
50 |
Si deve ricordare, anzitutto, che, ai sensi dell’art. 7, n. 1, secondo comma, CE, le istituzioni della Comunità possono agire solo nei limiti delle attribuzioni che sono loro conferite dal Trattato CE (sentenza 23 ottobre 2007, causa C-403/05, Parlamento/Commissione, Racc. pag. I-9045, punto 49). |
51 |
Ai sensi dell’art. 202, terzo trattino, CE, per assicurare il raggiungimento degli scopi stabiliti dal Trattato e alle condizioni da quest’ultimo previste, il Consiglio conferisce alla Commissione, negli atti che esso adotta, le competenze di esecuzione delle norme che stabilisce. Il Consiglio può sottoporre l’esercizio di tali competenze a determinate modalità e può anche riservarsi, in casi specifici, di esercitare direttamente competenze di esecuzione (sentenza Parlamento/Commissione, citata, punto 50). |
52 |
Nell’ambito di tali competenze, i cui limiti vanno valutati, segnatamente, con riferimento agli obiettivi generali essenziali della normativa di cui trattasi, la Commissione è autorizzata ad adottare tutti i provvedimenti esecutivi necessari o utili per l’attuazione della disciplina di base, purché essi non siano contrastanti con quest’ultima (v., in tal senso, sentenze 17 ottobre 1995, causa C-478/93, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I-3081, punti 30 e 31; 19 novembre 1998, causa C-159/96, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I-7379, punti 40 e 41, nonché Parlamento/Commissione, citata, punto 51). |
53 |
Atteso che la decisione impugnata si fonda sulla direttiva 2002/95, segnatamente sul suo art. 5, n. 1, lett. b), occorre esaminare tale disposizione. |
54 |
L’art. 5 della direttiva 2002/95 riguarda le modifiche all’allegato della direttiva medesima. Ai sensi dell’art. 4, n. 2, di tale direttiva, detto allegato comprende l’elenco delle applicazioni alle quali non si applica il divieto di immettere sul mercato apparecchiature elettriche ed elettroniche che contengano piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, PBB e PBDE, previsto dall’art. 4, n. 1, della stessa direttiva. |
55 |
L’art. 5 della direttiva 2002/95 è intitolato «Adattamento al progresso tecnico e scientifico». Dalla parte introduttiva del suo n. 1 risulta che, al fine di adeguare l’allegato a tale direttiva al progresso tecnico e scientifico e di modificarlo, di conseguenza, ai fini previsti dalle lett. a)-c) del menzionato n. 1, deve essere rispettata la procedura di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva medesima. |
56 |
L’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95 riguarda specificamente l’esenzione dei materiali e componenti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche dal divieto di cui all’art. 4, n. 1, della direttiva. Una siffatta esenzione può intervenire solo se uno dei requisiti previsti è soddisfatto, vale a dire se la loro eliminazione o sostituzione mediante modifiche alla progettazione o mediante materiali e componenti che non richiedono i materiali o le sostanze di cui alla detta disposizione è tecnicamente o scientificamente impraticabile, oppure se gli impatti negativi sull’ambiente, sulla salute e/o sulla sicurezza dei consumatori causati dalla sostituzione possono superare i possibili benefici per l’ambiente, per la salute e/o per la sicurezza dei consumatori. |
57 |
Il testo non contiene indicazioni che consentano di ritenere che tale requisito alternativo di esenzione di cui all’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95 possa essere interpretato indipendentemente dal titolo dell’art. 5 e dal disposto della parte introduttiva del n. 1 di tale articolo. Al contrario, dato che la direttiva 2002/95 possiede un unico allegato e che detto allegato elenca esclusivamente materiali e componenti esentati, un’estensione di tale elenco impone che sia soddisfatta la condizione che la modifica sia necessaria per adattare l’allegato di cui è causa al progresso scientifico e tecnico, in aggiunta ad una delle due condizioni previste dall’art. 5, n. 1, lett. b), della stessa direttiva. |
58 |
Pertanto, se non sono soddisfatte le condizioni di cui alla parte introduttiva dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2002/95 ovvero una di quelle di cui all’art. 5, n. 1, lett. b), l’immissione sul mercato delle apparecchiature elettriche ed elettroniche in esame non può sfuggire al divieto di cui all’art. 4, n. 1, di detta direttiva. |
59 |
Al riguardo, è giocoforza rilevare che, fatta salva la condizione relativa all’assistenza del comitato previsto dall’art. 7 della direttiva 2002/95, le altre condizioni di cui all’art. 5, n. 1, di detta direttiva non sono state rispettate dalla Commissione nell’adozione della decisione impugnata. |
60 |
Tale decisione, infatti, è stata adottata tenendo conto delle conclusioni della relazione del 2002, conclusioni non modificate dalle relazioni del 2004 e del 2005. Ne consegue che, in considerazione della data di adozione della detta direttiva, il 27 gennaio 2003, la condizione della necessità di adattare il suo allegato al progresso scientifico e tecnico, prevista dalla parte introduttiva dell’art. 5, n. 1, di detta direttiva, non era soddisfatta. |
61 |
La Commissione fa valere che la menzione del decaBDE al punto 10 dell’allegato alla direttiva 2002/95 la dispensa dal dimostrare che una sua qualsivoglia azione attinente al decaBDE e ricompresa nella sfera di applicazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 2002/95 costituisce un adattamento al progresso scientifico e tecnico. Anche se ciò si fosse verificato nel caso di specie, è giocoforza rilevare che questo non la avrebbe dispensata dal provare che ricorreva una delle condizioni previste dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva medesima. |
62 |
Nelle sue memorie, la Commissione sostiene al riguardo che, nel caso di specie, è soddisfatta la seconda condizione prevista dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95, atteso che le diverse relazioni di valutazione indicavano che non occorreva applicare altre misure di riduzione dei rischi oltre a quelle già esistenti. Dal terzo ‘considerando’ della decisione impugnata, che, secondo la Commissione, sarebbe stato redatto dal Consiglio, risulterebbe che tale condizione è stata rispettata. |
63 |
Occorre tuttavia rilevare che né il terzo ‘considerando’ della decisione impugnata né la conclusione delle relazioni cui fa riferimento la Commissione dimostrano che sia soddisfatta la seconda condizione prevista dall’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 2002/95. |
64 |
Tali relazioni, infatti, non esaminano affatto le possibilità di sostituzione del decaBDE né, conseguentemente, gli effetti negativi che tali possibilità di sostituzione potrebbero avere. Secondo le dichiarazioni del Parlamento in udienza, che non sono state contestate dalla Commissione, solo nel giugno del 2006 detta istituzione avrebbe chiesto uno studio relativo alle possibilità di sostituzione del decaBDE. |
65 |
La Commissione e il Regno Unito ritengono, tuttavia, che occorra ricollocare l’art. 5 della direttiva 2002/95 nel contesto dell’adozione della direttiva, che esso vada letto alla luce dell’art. 4, n. 2, della direttiva medesima, il quale non deve essere interpretato restrittivamente, che il punto 10 dell’allegato alla detta direttiva imponesse alla Commissione di agire nel modo in cui essa ha agito e che l’istituzione disponesse di un ampio margine di discrezionalità. |
66 |
Certo, come rilevano la Commissione e il Regno Unito, il punto 10 dell’allegato alla direttiva 2002/95 prevede che la Commissione valuti le applicazioni relative, in particolare, al decaBDE in via prioritaria «per stabilire quanto prima se questi elementi devono essere modificati di conseguenza». Tuttavia, nessun elemento nella direttiva 2002/95 consente di sostenere la tesi secondo cui detta disposizione consentirebbe alla Commissione di non rispettare le condizioni di cui all’art. 5, n. 1, di tale direttiva, conclusione d’altronde riconosciuta dalla Commissione in udienza. |
67 |
Secondo costante giurisprudenza, infatti, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitariosi deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenze 19 settembre 2000, causa C-156/98, Germania/Commissione, Racc. pag. I-6857, punto 50, e 7 dicembre 2006, causa C-306/05, SGAE, Racc. pag. I-11519, punto 34). |
68 |
Occorre rilevare, anzitutto, che dal disposto dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2002/95 risulta che l’uso dei PBDE, una categoria di sostanze di cui fa parte il decaBDE, è vietato nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche a far data dal 1o luglio 2006. |
69 |
È pur vero che, ai sensi del n. 2 di tale articolo, detto divieto non vige riguardo alle applicazioni elencate nell’allegato alla direttiva di cui trattasi. Tuttavia, come emerge dal disposto del punto 10 di tale allegato, il decaBDE vi è menzionato non tanto come sostanza esentata, bensì come sostanza che deve essere assoggettata ad una valutazione della Commissione nel contesto della procedura prevista dall’art. 7, n. 2, della direttiva stessa. Orbene, la modifica dell’allegato alla direttiva 2002/95 conformemente a tale procedura ai fini di esonerare taluni materiali e componenti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche impone, secondo il chiaro e preciso disposto dell’art. 5, n. 1, della detta direttiva, che siano soddisfatte le condizioni previste da tale disposizione, che non si riferiscono affatto al punto 10 dell’allegato alla direttiva. |
70 |
Come è stato giustamente dedotto dal Parlamento, dal Regno di Danimarca, dal Regno di Svezia e dal Regno di Norvegia, il punto 10 dell’allegato alla direttiva 2002/95 aveva, pertanto, come unico effetto quello di creare una priorità temporale, e non di costituire un’abilitazione né di creare una procedura di valutazione distinta da quella già prevista dalla direttiva medesima. |
71 |
Esaminando, quindi, l’art. 5 di detta direttiva nel suo contesto, occorre ricordare che quest’ultimo precisa le condizioni di esenzione al principio del divieto imposto dall’art. 4, n. 1, della direttiva medesima e che deve essere pertanto interpretato restrittivamente. |
72 |
Orbene, come sottolineato dai ricorrenti, l’art. 4, n. 2, della direttiva 2002/95 prevede una possibilità di esenzione solo per le applicazioni di sostanze e non per una sostanza in quanto tale. |
73 |
Al riguardo, la Commissione non ha contestato l’argomento dei ricorrenti secondo cui, atteso che il decaBDE viene utilizzato principalmente nei polimeri, l’esenzione «in applicazioni di polimeri», come prevista dalla decisione impugnata, equivale ad un’esenzione generalizzata dell’uso del decaBDE nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. L’istituzione ha indicato, in udienza, che il decaBDE poteva essere utilizzato nei tessuti, ma occorre rilevare che i tessuti non sono menzionati dalla direttiva 2002/95 che, come indica il suo titolo, riguarda unicamente le apparecchiature elettriche ed elettroniche. |
74 |
Infine, quanto agli obiettivi della direttiva 2002/95, dal suo quinto, sesto ed undicesimo ‘considerando’ emerge che la volontà del legislatore comunitario è quella di vietare i prodotti indicati da detta direttiva e di concedere esenzioni solo a condizioni precisamente definite. |
75 |
Un obiettivo siffatto, conforme all’art. 152 CE, ai sensi del quale nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana (v., al riguardo, sentenza 12 gennaio 2006, causa C-504/04, Agrarproduktion Staebelow, Racc. pag. I-679, punto 39), nonché all’art. 174, n. 2, CE, ai sensi del quale la politica della Comunità in campo ambientale persegue un elevato livello di tutela e si fonda sui principi di precauzione e di prevenzione (v. sentenza 7 settembre 2004, causa C-127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, Racc. pag. I-7405, punto 44), giustifica tale interpretazione restrittiva delle condizioni di esenzione. |
76 |
Nel caso di specie, e senza che occorra pronunciarsi sulla portata del margine di discrezionalità della Commissione, è sufficiente rilevare che la decisione impugnata, che equivale ad un’esenzione generalizzata dell’uso del decaBDE nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, è stata adottata senza rispettare le condizioni imposte dal legislatore comunitario all’art. 5, n. 1, della direttiva 2002/95 e si pone in contrasto con l’obiettivo perseguito da tale legislatore di fissare il principio del divieto dei componenti previsti dalla direttiva. |
77 |
La Commissione e il Regno Unito invocano, inoltre, l’esistenza di un programma di riduzione volontaria delle emissioni, menzionato al terzo ‘considerando’ della decisione impugnata. Un siffatto programma, tuttavia, non rileva riguardo ai requisiti per la delega di competenze imposti dalla direttiva 2002/95. |
78 |
Dalle suesposte considerazioni risulta che, adottando la decisione impugnata nella parte in cui riguarda l’esenzione del decaBDE, la Commissione ha violato l’art. 5, n. 1, della direttiva 2002/95. |
79 |
Alla luce di tale conclusione, non occorre pronunciarsi in ordine alle definizioni di eccesso e/o sviamento di potere invocate nell’ambito del primo motivo. |
Sui motivi dal secondo al quarto
80 |
Poiché il primo motivo risulta fondato, non è necessario esaminare i motivi dal secondo al quarto. |
81 |
Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre annullare il punto 2 dell’allegato alla decisione impugnata. Spetta alla Commissione verificare se, in via consequenziale, sia necessario adattare il titolo dell’allegato alla direttiva 2002/95 di cui è causa al punto 1 dell’allegato della decisione impugnata. |
Sul mantenimento degli effetti della disposizione annullata
82 |
In udienza, la Commissione e il Regno Unito hanno chiesto alla Corte, nell’ipotesi in cui avesse annullato le disposizioni controverse della decisione impugnata, di mantenerne gli effetti per almeno nove mesi, termine di adattamento del quale avrebbero beneficiato le imprese produttrici di decaBDE o che ne fanno uso se, nell’ottobre 2005, la Commissione avesse deciso di non esentare il decaBDE e tale prodotto fosse stato assoggettato al divieto previsto dall’art. 4, n. 1, della direttiva 2002/95. |
83 |
I ricorrenti e le altre parti intervenute al procedimento si sono opposti a tale domanda, argomentando che essa avrebbe dovuto essere formulata nelle memorie scritte e che, in ogni caso, le imprese interessate dovevano sapere, dopo l’adozione della direttiva 2002/95, che il decaBDE era stato vietato dal legislatore comunitario. |
84 |
Ai sensi dell’art. 231, secondo comma, CE, la Corte può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti del regolamento annullato che devono essere considerati come definitivi. Tale disposizione può parimenti applicarsi ad una decisione adottata al fine di modificare un allegato contenuto in una direttiva (a proposito della direttiva medesima, v. in tal senso, in particolare, sentenza 5 luglio 1995, causa C-21/94, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I-1827, punto 31). |
85 |
In considerazione del tenore letterale di tale disposizione, da cui risulta che, ove lo reputi necessario, la Corte potrebbe, anche d’ufficio, limitare l’effetto di annullamento della propria sentenza, non occorre pronunciarsi in ordine alle conseguenze del carattere asseritamente tardivo della domanda della Commissione e del Regno Unito. |
86 |
Nella causa in esame, in considerazione della circostanza che la controversia è sorta, essenzialmente, a causa del modo in cui è stata redatta la direttiva 2002/95, segnatamente della relazione particolarmente complessa tra i suoi artt. 4 e 5 ed il punto 10 del suo allegato, nonché in considerazione della circostanza che la Commissione ha adottato la decisione impugnata il 13 ottobre 2005, vale a dire nove mesi prima che il divieto del decaBDE divenisse effettivo, il 1o luglio 2006, al fine di tener conto degli interessi delle imprese coinvolte, occorre mantenere, per ragioni attinenti alla certezza del diritto, gli effetti della disposizione annullata per il periodo di adattamento strettamente necessario, vale a dire sino al 30 giugno 2008. |
Sulle spese
87 |
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento e il Regno di Danimarca, nella causa C-295/06, ne hanno fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, va condannata alle spese sostenute dal Parlamento e dal Regno di Danimarca nella causa C-295/06. |
88 |
Il Regno di Danimarca, nella causa C-14/06, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia ed il Regno di Norvegia, da un canto, nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altro, che sono intervenuti a sostegno dei ricorrenti, quanto ai primi, e della convenuta, quanto all’ultimo, sopporteranno, conformemente all’art. 69, n. 4, primo comma, del regolamento medesimo, le proprie spese. |
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce: |
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Firme |
( *1 ) Lingue processuali: l’inglese e il danese.