Causa C‑198/03 P

Commissione delle Comunità europee

contro

CEVA Santé Animale SA e Pfizer Enterprises Sàrl, già Pharmacia Entreprises SA

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Regolamento (CEE) n. 2377/90 — Medicinali veterinari — Determinazione di un limite massimo di residui per il progesterone — Presupposti della responsabilità extracontrattuale della Comunità»

Conclusioni dell’avvocato generale F. G. Jacobs, presentate il 23 settembre 2004 

Sentenza della Corte (Grande Sezione) 12 luglio 2005 

Massime della sentenza

1.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Erronea valutazione degli elementi di prova ritualmente prodotti — Irricevibilità salvo in caso di snaturamento — Obbligo da parte del Tribunale di motivare la sua valutazione degli elementi di prova — Portata

[Art. 225 CE; Statuto CE della Corte di giustizia, art. 58, primo comma; regolamento (CEE) del Consiglio n. 2377/90]

2.     Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario — Margine discrezionale dell’istituzione nell’adozione dell’atto — Necessità di prendere in considerazione tale margine nell’esame della responsabilità

(Art. 288, secondo comma, CE)

3.     Agricoltura — Legislazioni uniformi — Limiti massimi dei residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale — Procedura di determinazione — Regolamento n. 2377/90 — Inerzia momentanea della Commissione nella determinazione di limiti massimi di residui per il progesterone — Violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario — Insussistenza

(Art. 288, secondo comma, CE; regolamento del Consiglio n. 2377/90)

1.     Sebbene spetti unicamente al Tribunale giudicare il valore da attribuire agli elementi di prova dinanzi ad esso prodotti e sebbene esso non possa essere tenuto a motivare esplicitamente le sue valutazioni riguardo al valore di ciascun elemento probatorio dinanzi ad esso prodotto, in particolare quando li ritenga privi di interesse o di pertinenza per la soluzione della controversia, il Tribunale deve nondimeno fornire una motivazione che consenta alla Corte di esercitare il suo controllo giurisdizionale. Tale motivazione deve consentire alla Corte di esercitare un controllo su un eventuale snaturamento degli elementi di prova presentati al Tribunale.

Nella sua sentenza che dichiarava la responsabilità della Commissione a seguito della mancata presentazione da parte di quest’ultima di una proposta di regolamento sulla determinazione dei limiti massimi di residui (LMR) per il progesterone prima del 25 luglio 2001, il Tribunale – riferendosi al solo parere del comitato per i medicinali veterinari, con il quale si raccomandava l’inclusione del progesterone nell’allegato II del regolamento n. 2377/90, che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale, senza chiarire le ragioni che obbligavano la Commissione a seguire tale parere non tenendo conto dei pareri divergenti di altre fonti – non consente alla Corte di individuare il nesso da esso stabilito tra il parere del detto comitato e le conseguenze giuridiche che ne ha tratto. Ne consegue che il Tribunale non ha motivato a sufficienza la sua sentenza su questo punto.

(v. punti 50, 53)

2.     Un diritto al risarcimento è riconosciuto dal diritto comunitario quando siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione sufficientemente qualificata e che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente all’istituzione e il danno subito dai soggetti lesi.

Quanto alla seconda condizione, il criterio decisivo per considerare sufficientemente qualificata una violazione del diritto comunitario è quello della violazione manifesta e grave, da parte dell’istituzione comunitaria, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Quando tale istituzione dispone solo di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente a comprovare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata. Il criterio determinante per stabilire se si sia in presenza di una violazione di tal genere è il margine di discrezionalità di cui disponeva l’istituzione in questione.

Il Tribunale commette quindi un errore di diritto allorché, senza aver determinato il margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione, considera che l’inerzia di quest’ultima costituisce una violazione manifesta e grave del diritto comunitario che fa sorgere la responsabilità della Comunità.

(v. punti 63-66, 69)

3.     La Commissione deve disporre, in pratiche delicate e controverse, di un margine discrezionale e di un termine di scadenza sufficienti per sottoporre a nuovo esame le questioni scientifiche determinanti per la sua decisione.

Pertanto, omettendo di presentare prima del 25 luglio 2001 una proposta di regolamento sulla determinazione dei limiti massimi di residui (LMR) per il progesterone, conformemente al regolamento n. 2377/90, che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale, la Commissione non ha commesso una violazione del diritto comunitario sufficientemente qualificata, da far sorgere la responsabilità della Comunità.

Infatti, nonostante sin dal 1993 le fosse stata presentata una domanda di fissazione di LMR per il progesterone, la Commissione si trovava di fronte ad una situazione di continua incertezza scientifica, caratterizzata da divergenze tra i pareri scientifici. Essa era giunta ad adottare la propria presa di posizione previa sulla possibilità di continuare ad usare il progesterone a fini terapeutici o zootecnici solo nel 2000. Essa non avrebbe potuto presentare la proposta di cui trattasi in mancanza di tale presa di posizione, la quale rappresenta una tappa che deve necessariamente precedere la presa di posizione sulla fissazione di un LMR per tale sostanza, dal momento che si può stabilire un LMR per una sostanza farmacologicamente attiva solamente qualora tale sostanza sia destinata ad essere immessa sul mercato.

(v. punti 75, 82, 87, 93)




SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

12 luglio 2005 (*)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Regolamento (CEE) n. 2377/90 – Medicinali veterinari – Determinazione di un limite massimo di residui per il progesterone – Presupposti della responsabilità extracontrattuale della Comunità»

Nel procedimento C-198/03 P,

avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposto il 12 maggio 2003,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. T. Christoforou e M. Shotter, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

CEVA Santé Animale SA, con sede in Libourne (Francia), rappresentata dal sig. D. Waelbroeck, avocat, e dalle sig.re N. Rampal, abogada, e U. Zinsmeister, Rechtsanwältin,

ricorrente in primo grado nella causa T‑344/00,

Pfizer Enterprises Sàrl, già Pharmacia Enterprises SA e ancor prima Pharmacia & Upjohn SA, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo), rappresentata dagli avv.ti D. Waelbroeck, N. Rampal e U. Zinsmeister,

ricorrente in primo grado nella causa T‑345/00,

sostenuta da

International Federation for Animal Health (IFAH), già Fédération européenne de la santé animale (Fedesa), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dal sig. A. Vandencasteele, avocat,

interveniente in primo grado nella causa T‑345/00,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann (relatore), C.W.A. Timmermans e A. Borg Barthet, presidenti di sezione, dai sigg. J.‑P. Puissochet e R. Schintgen, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues, M. Ilešič, J. Malenovský, U. Lõhmus e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. F. G. Jacobs

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 6 luglio 2004,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 settembre 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il ricorso in oggetto la Commissione delle Comunità europee chiede l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 26 febbraio 2003, cause riunite T‑344/00 e T‑345/00, CEVA e Pharmacia Enterprises/Commissione (Racc. pag. II‑229; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), nella parte in cui esso ha considerato che l’inerzia della Commissione tra il 1° gennaio 2000 ed il 25 luglio 2001 era idonea a far sorgere la responsabilità della Comunità.

 Contesto normativo

 Il regolamento n. 2377/90

2       Il 26 giugno 1990 il Consiglio delle Comunità europee ha adottato il regolamento (CEE) n. 2377, che definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale (GU L 224, pag. 1).

3       Nel preambolo di tale regolamento sono contenuti, in particolare, i seguenti primo, terzo e sesto ‘considerando’:

«(…) la somministrazione di medicinali veterinari ad animali destinati alla produzione di alimenti può comportare la presenza di residui negli alimenti ottenuti dagli animali così trattati;

(…)

(…) per tutelare la salute pubblica i limiti massimi di residui devono essere stabiliti in base a principi generalmente riconosciuti di valutazione dell’innocuità, tenendo conto di eventuali altre valutazioni scientifiche dell’innocuità delle sostanze in questione effettuate da organizzazioni internazionali, in particolare nel Codex Alimentarius, o, qualora tali sostanze siano usate per altri scopi, da altri comitati scientifici istituiti nella Comunità;

(…)

(…) è di conseguenza necessario definire una procedura che consenta di stabilire limiti massimi di residui di medicinali veterinari a livello comunitario, basandosi su una valutazione scientifica unica di massima qualità;

(…)».

4       Ai sensi del regolamento n. 2377/90, la Commissione determina il limite massimo di residui (in prosieguo: l’«LMR») definito dall’art. 1, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento come «la concentrazione massima di residui risultante dall’uso di un medicinale veterinario (…) che la Comunità può ammettere che sia consentita legalmente o riconosciuta accettabile negli o sugli alimenti».

5       Il detto regolamento prevede la redazione di quattro allegati in cui può essere inclusa una sostanza farmacologicamente attiva destinata ad essere impiegata in medicinali veterinari da somministrare ad «animali destinati alla produzione di alimenti». L’allegato I contiene l’elenco delle sostanze per le quali sono stabiliti degli LMR, l’allegato II quello delle sostanze non soggette ad un LMR, l’allegato III quello delle sostanze per le quali sono stati stabiliti degli LMR provvisori e l’allegato IV quello delle sostanze per le quali non può essere stabilito alcun LMR.

6       L’art. 4 del regolamento n. 2377/90 precisa che potrà essere adottato un LMR provvisorio solo «purché non vi sia motivo di ritenere che i residui nella concentrazione prospettata per la sostanza in questione rappresentino un rischio per la salute del consumatore».

7       Nella versione originale l’art. 14 del regolamento n. 2377/90 prevedeva quanto segue:

«A partire dal 1° gennaio 1997 la somministrazione ad animali da produzione alimentare di medicinali veterinari contenenti sostanze farmacologicamente attive non menzionate negli allegati I, II o III è vietata all’interno della Comunità (…)».

8       Il regolamento (CE) del Consiglio 3 marzo 1997, n. 434, che modifica il regolamento n. 2377/90 (GU L 67, pag. 1), ha prorogato al 1° gennaio 2000 la data originariamente prevista al detto art. 14 per la maggior parte delle sostanze il cui uso era stato autorizzato alla data di entrata in vigore del regolamento n. 2377/90 e in merito alle quali erano state depositate, anteriormente al 1° gennaio 1996, domande per la determinazione di LMR. Il progesterone figurava tra le sostanze interessate.

 La direttiva 96/22

9       La direttiva del Consiglio 29 aprile 1996, 96/22/CE, concernente il divieto d’utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze ß-agoniste nelle produzioni animali e che abroga le direttive 81/602/CEE, 88/146/CEE e 88/299/CEE (GU L 125, pag. 3), prevede, all’art. 3, lett. a), che gli Stati membri provvedano a vietare la somministrazione a un animale d’azienda di sostanze ad azione gestagena, tra cui rientra il progesterone.

10     L’art. 4 di tale direttiva prevede che, in deroga e a determinate condizioni, gli Stati membri possano autorizzare la somministrazione di progesterone, a scopo terapeutico, ad animali d’azienda.

 Fatti all’origine della controversia e procedimento dinanzi al Tribunale

11     La CEVA Santé animale SA (in prosieguo: la «CEVA») e la Pfizer Enterprises Sàrl, già Pharmacia Enterprises SA e ancor prima Pharmacia & Upjohn SA (in prosieguo: la «Pfizer»), sono società farmaceutiche che fin da prima che il regolamento n. 2377/90 entrasse in vigore commercializzavano un medicinale veterinario contenente il progesterone come sostanza attiva.

12     Nel 1993 la CEVA presentava alla Commissione una domanda di determinazione di LMR per il progesterone destinato ai bovini ed ai cavalli.

13     Nel novembre 1996 l’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (in prosieguo: l’«EMEA») comunicava alla CEVA che il comitato per i medicinali veterinari (in prosieguo: il «CMV»), nella sua riunione dell’ottobre 1996, aveva raccomandato l’inclusione del progesterone nell’allegato II del regolamento n. 2377/90 e che il parere del CMV sarebbe stato trasmesso alla Commissione per essere adottato dal comitato per l’adeguamento al progresso tecnico delle direttive relative ai medicinali veterinari (in prosieguo: il «comitato permanente»).

14     Nell’aprile 1997 la Commissione trasmetteva all’EMEA nuove informazioni scientifiche e chiedeva al CMV di valutare nuovamente il rischio legato all’uso degli ormoni estradiolo-17ß e progesterone.

15     Nell’ottobre 1997 l’EMEA informava la CEVA del fatto che «la Commissione [aveva] deciso di interrompere il procedimento di adozione per il progesterone per il fatto che nuovi dati scientifici [erano] di recente apparsi quanto all’estradiolo ed [erano] considerati pertinenti anche per il progesterone. Per tale ragione il CMV [era] stato invitato a procedere al riesame della valutazione tenendo conto di tali dati supplementari».

16     Nell’aprile 1998 la Commissione scriveva nuovamente all’EMEA chiedendo che al CMV fosse consentito di prendere in considerazione dati scientifici che sarebbero stati resi disponibili nel corso del 1998 da un certo numero di fonti, quali il Centro internazionale di ricerche sul cancro (in prosieguo: il «CIRC»), un organo consultivo dell’Organizzazione mondiale della sanità, e il National Institute of Health degli Stati Uniti, nonché i risultati di numerosi studi specifici richiesti dalla Commissione.

17     Nel maggio 1998 la Commissione era stata informata del fatto che il comitato misto di esperti FAO/OMS sugli additivi alimentari (in prosieguo: il «CMEAA»), comitato scientifico che consiglia il comitato del Codex Alimentarius sugli additivi alimentari e sulle sostanze contaminanti, intendeva riesaminare nel febbraio 1999 tre ormoni naturali, tra cui il progesterone.

18     Nel febbraio 1999 la Commissione pubblicava sulla Gazzetta ufficiale un «invito a presentare documentazioni scientifiche relative alla valutazione dei rischi (…) del progesterone (…) usat[o] per stimolare la crescita di animali».

19     Intorno all’aprile del 1999 veniva trasmessa una sintesi della valutazione del CMEAA sui tre ormoni naturali. Sulla base dei dati disponibili il CMEAA riteneva che non fosse necessario stabilire LMR numerici per i tre ormoni esaminati.

20     Nell’aprile 1999 la Commissione chiedeva all’EMEA di effettuare l’«aggiornamento della valutazione» degli ormoni estradiolo-17ß e progesterone, che aveva richiesto nel 1997, «senza indugio, in vista dell’adozione e della pubblicazione dei risultati di tale valutazione entro il 1° gennaio 2000».

21     Nel maggio 1999 la Commissione trasmetteva all’EMEA il parere del comitato scientifico delle misure veterinarie collegate con la sanità pubblica (in prosieguo: il «CSMVSP») del 30 aprile 1999. La conclusione della relazione sommaria era la seguente:

«Tenuto conto degli effetti tossicologici ormonali e non ormonali (...), si deve concludere che i problemi dei quali ci stiamo occupando implicano effetti a livello neurobiologico, evolutivo, riproduttivo e immunologico, nonché immunotossicità, genotossicità e cancerogenicità. In considerazione delle recenti preoccupazioni circa la comprensione ancora lacunosa dei periodi critici dello sviluppo della vita umana nonché le stime incerte sui tassi di produzione di un ormone endogeno [costituito naturalmente] e sulla capacità di eliminazione metabolica, specialmente nei bambini in età prepuberale, non è possibile determinare un livello di soglia e pertanto non è dato stabilire un limite di assunzione giornaliera accettabile per nessuno dei sei ormoni considerati».

22     Con lettera 20 dicembre 1999 l’EMEA informava la CEVA che nella riunione tenutasi all’inizio del mese il CMV aveva confermato il suo precedente parere in cui raccomandava l’inclusione del progesterone nell’allegato II del regolamento n. 2377/90.

23     Nel suo parere il CMV sostiene quanto segue:

«Il comitato, dopo aver valutato il tenore delle domande, ha raccomandato nell’ottobre 1996 di includere il progesterone nell’allegato II del regolamento (…) n. 2377/90 (…). La Commissione europea non ha però dato seguito a tale parere.

Nel 1997 e nel 1999 la Commissione europea poneva all’attenzione del comitato nuovi dati concernenti ormoni sessuali steroidi, sollecitando il riesame della sostanza in questione alla luce dei nuovi dati.

Il comitato, dopo aver esaminato le domande ed i nuovi dati esposti nell’allegata relazione sommaria, ha confermato il suo precedente parere e raccomandato di includere la sostanza summenzionata nell’allegato II del regolamento (…) n. 2377/90 (...)».

24     Il 3 maggio 2000 il CSMVSP adottava una nuova valutazione del suo parere emesso nell’aprile 1999. Richiesto di confermare che, alla luce delle ultime informazioni scientifiche, non sarebbe stato necessario cambiare il precedente parere, ovvero, se del caso, parti rilevanti di esso, il comitato concludeva che le recenti informazioni scientifiche non fornivano dati o argomenti abbastanza convincenti da rendere necessaria una revisione delle sue precedenti conclusioni e ricordava di aver esaminato ancora una volta le evidenti lacune delle conoscenze attuali sul metabolismo degli animali trattati con gli ormoni e sulla presenza di residui di tali ormoni e che nuovi risultati su ambedue gli argomenti si attendevano dai programmi di ricerca dell’Unione europea in corso.

25     Il 24 maggio 2000 la Commissione adottava una proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio che modifica la direttiva 96/22 [COM (2000) 320 def.] (GU C 337 E, pag. 163). La proposta richiedeva agli Stati membri, tra l’altro, di vietare provvisoriamente la somministrazione di progesterone agli animali d’azienda, pur autorizzandoli a mantenere una deroga per scopi terapeutici o zootecnici.

26     Nel luglio 2000 la CEVA e la Pfizer diffidavano la Commissione, intimandole di adottare le misure necessarie per includere senza indugio il progesterone nell’allegato II del regolamento n. 2377/90.

27     Nel novembre 2000 la CEVA e la Pfizer proponevano un ricorso dinanzi al Tribunale diretto, in primo luogo, a far dichiarare, conformemente all’art. 232 CE, che la Commissione, avendo omesso di adottare le misure necessarie a includere il progesterone nell’allegato II del regolamento n. 2377/90, era venuta meno agli obblighi incombentile ai sensi del diritto comunitario e, in secondo luogo, ad ottenere il pagamento dei danni, conformemente agli artt. 235 CE e 288 CE. L’International Federation for Animal Health, già Fédération européenne de la santé animale (in prosieguo: l’«IFAH»), interveniva a sostegno della domanda della Pfizer.

 Sviluppi normativi successivi alla presentazione dei ricorsi

28     Il 25 luglio 2001 la Commissione adottava una proposta di regolamento del Consiglio, che modifica l’allegato I del regolamento (CEE) n. 2377/90, [COM(2001) 627 def.], che includeva il progesterone nel detto allegato I.

29     A norma dell’art. 8 del regolamento n. 2377/90, tale proposta veniva presentata al comitato permanente. Poiché quest’ultimo non aveva dato parere favorevole, la proposta veniva respinta nella riunione del Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura del 21 e 22 gennaio 2002.

30     Nel dicembre 2002 la Commissione sottoponeva al comitato permanente una seconda proposta, che includeva il progesterone nell’allegato III del regolamento n. 2377/90. Tale proposta non otteneva il parere favorevole di tale comitato.

31     Il 22 settembre 2003 il Parlamento europeo e il Consiglio adottavano la direttiva 2003/74/CE, che modifica la direttiva 96/22 (GU L 262, pag. 17). Nella sua versione modificata, l’art. 3 di quest’ultima direttiva vieta provvisoriamente la somministrazione di progesterone agli animali d’azienda. L’art. 5 della medesima direttiva, come modificata, prevede tuttavia una deroga a tale divieto per quanto riguarda la somministrazione di tale sostanza a scopi terapeutici o zootecnici.

32     Il 24 ottobre 2003 la Commissione adottava il regolamento (CE) n. 1873, recante modifica dell’allegato II del regolamento n. 2377/90 (GU L 275, pag. 9). Tale regolamento include nel detto allegato il progesterone da somministrare per via intravaginale alle femmine della specie bovina, ovina, caprina ed equina esclusivamente a scopo terapeutico o zootecnico.

 Sentenza impugnata

33     Il Tribunale ha riunito le cause T‑344/00 e T‑345/00 ai fini della sentenza. Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che non vi era più luogo a provvedere sui ricorsi per carenza, poiché la Commissione aveva agito presentando una proposta di regolamento il 25 luglio 2001.

34     Per quanto riguarda le domande di risarcimento danni, il Tribunale ha innanzi tutto riconosciuto, al punto 99 della sentenza impugnata, che la Commissione, quando si trova difronte ad un fascicolo scientificamente e politicamente complesso, ha il diritto di sollecitare un secondo parere del CMV e, al punto 100 della stessa sentenza, che il fascicolo relativo al progesterone costituisce effettivamente un fascicolo scientificamente e politicamente complesso. Esso ha poi dichiarato:

«101 Tale complessità non può tuttavia giustificare l’inerzia della Commissione dopo il 1° gennaio 2001. Data la duplice circostanza che il CMV aveva integralmente confermato il suo primo parere, pur prendendo in considerazione i nuovi dati scientifici che gli erano stati presentati dalla Commissione, e dato che la stessa Commissione ha sempre considerato che l’utilizzazione del progesterone deve continuare ad essere autorizzata per trattamenti terapeutici e zootecnici, essa ha posto in non cale i legittimi interessi delle ricorrenti di cui aveva chiara consapevolezza, in maniera manifesta e grave, omettendo di adottare misure per consentire il suo utilizzo a fini terapeutici e zootecnici, dopo il 1° gennaio 2000, data a decorrere dalla quale, a norma dell’art. 14 del regolamento del 1990, la somministrazione di medicinali veterinari contenenti sostanze farmacologicamente attive non menzionate negli allegati I, II o III del regolamento stesso ad animali da produzione di alimenti è vietata all’interno della Comunità. Importa rilevare ancora in tale contesto che la domanda di fissazione di un LMR per la sostanza di cui trattasi è stata formulata già nel settembre 1993.

102      Anche se le difficoltà scientifiche e politiche della pratica in questione hanno potuto impedire alla Commissione di adottare, entro un breve termine successivo al secondo parere del CMV, un progetto di regolamento conforme al parere del CMV, la Commissione avrebbe dovuto prendersi cura degli interessi delle ricorrenti, ad esempio adottando un progetto di misure determinanti un LMR provvisorio sul fondamento dell’art. 4 del regolamento del 1990 o avviando una (seconda) proroga della data limite di cui all’art. 14 del regolamento del 1990.

103      Alla luce di tali elementi, l’inerzia della Commissione tra il 1° gennaio 2000 ed il 25 luglio 2001 costituisce una violazione manifesta e grave del principio di buona amministrazione che fa sorgere, in linea di principio, la responsabilità della Comunità. Non v’è luogo pertanto nella fattispecie a stabilire se l’inerzia della Commissione si inquadri in un settore amministrativo o legislativo, né a determinare l’estensione precisa del potere discrezionale di cui dispon[e] la Commissione in materia di fissazione degli LMR».

35     Quanto all’esistenza di un nesso di causalità tra l’inerzia della Commissione e il danno subito dalle ricorrenti, il Tribunale ha affermato:

«107 L’argomento della Commissione secondo cui non sussiste nesso di causalità tra il danno e la sua inerzia, poiché incombe alle competenti autorità nazionali adottare decisioni relative alle autorizzazioni di immissione in commercio, non può essere accolto. Infatti, se è provato che le autorità nazionali hanno revocato o sospeso le autorizzazioni di immissione in commercio a causa dell’assenza di un LMR per il progesterone, le stesse si sono limitate ad osservare ed attuare il divieto di cui all’art. 14 del regolamento del 1990 e all’art. 4, n. 2, della direttiva del Consiglio 28 settembre 1981, 81/851/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari (GU L 317, pag. 1) (divenuto l’art. 6 della direttiva del Parlamento e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/82/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari, GU L 311, pag. 1). Alla luce di quanto precede, il danno è ascrivibile all’inerzia della Commissione (…)».

36     Il Tribunale concedeva alle parti sei mesi di tempo per accordarsi sulla quantificazione del danno, in mancanza di accordo avrebbe deciso il Tribunale stesso.

 Conclusioni delle parti

37     La Commissione chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata relativamente alla domanda di risarcimento danni, decidere nel merito delle richieste di risarcimento respingendole in quanto infondate e condannare la CEVA e la Pfizer alle spese.

38     La CEVA e la Pfizer, sostenute dall’IFAH, chiedono, in via principale, il rigetto dell’impugnazione e la condanna della Commissione alle spese.

39     La CEVA e la Pfizer avevano proposto un’impugnazione in via incidentale con cui chiedevano l’annullamento della sentenza impugnata nella parte in cui essa aveva respinto il ricorso per carenza. A seguito dell’adozione del regolamento n. 1873/2003, esse vi hanno rinunciato.

 Sull’impugnazione

40     La Commissione deduce cinque motivi, relativi rispettivamente a un’errata interpretazione e applicazione dell’art. 14 del regolamento n. 2377/90, a un’errata interpretazione e applicazione del principio di buona amministrazione, a uno snaturamento degli elementi di prova o, quantomeno, a una motivazione insufficiente al riguardo, a un’errata interpretazione e applicazione dell’art. 288 CE, nonché ad una mancata presa di posizione sull’eccezione d’irricevibilità da essa eccepita nei confronti del ricorso per carenza della Pfizer.

 Sul motivo relativo ad un’errata interpretazione e applicazione dell’art. 14 del regolamento n. 2377/90

 Argomenti delle parti

41     Secondo la Commissione, il Tribunale, ai punti 101 e 102 della sentenza impugnata, ha interpretato l’art. 14 del regolamento n. 2377/90 nel senso che quest’ultimo obbliga la Commissione ad agire entro il 1° gennaio 2000. Orbene, la Commissione non sarebbe assoggettata ad un obbligo assoluto di pronunciarsi sulle domande presentate prima di tale data. Questa scadenza sarebbe stata solo una regola di gestione dei rischi per difetto nel senso che, se l’analisi dei rischi non fosse stata ultimata in tempo, sarebbe stata vietata solamente la somministrazione dei medicinali veterinari contenenti le sostanze interessate ad animali destinati alla produzione di alimenti fintantoché le dette sostanze non fossero classificate in uno dei primi tre allegati del regolamento n. 2377/90.

42     La CEVA e la Pfizer fanno valere che il motivo è nuovo e, per questo, irricevibile. In subordine, esse sostengono che la Commissione ha essa stessa riconosciuto di essere tenuta a un obbligo di agire entro il 1° gennaio 2000. L’interpretazione difesa dalla Commissione avrebbe come conseguenza che le sostanze non esaminate entro tale data sarebbero state vietate di fatto, il che sarebbe stato contrario all’intento del legislatore di veder continuare la vendita di medicinali veterinari.

 Giudizio della Corte

43     Per quanto riguarda la ricevibilità del motivo in esame, si evince dal fascicolo del procedimento di primo grado che la questione della perentorietà della data prevista all’art. 14 del regolamento n. 2377/90 è stata sollevata dalla CEVA e dalla Pfizer, segnatamente ai punti 51‑57 del ricorso nella causa T‑344/00 e ai punti 44‑49 del ricorso nella causa T‑345/00, e che la Commissione vi ha risposto rispettivamente, in particolare ai punti 53‑55 e ai punti 51‑55 dei suoi controricorsi in tali due cause. L’eccezione d’irricevibilità che la CEVA e la Pfizer desumono dall’asserita novità del motivo deve pertanto essere respinta.

44     Nel merito, va rilevato che la formulazione dell’art. 14 del regolamento n. 2377/90 si limita a precisare che, a partire dalla data indicata, è vietata all’interno della Comunità la somministrazione ad animali da produzione di alimenti di medicinali veterinari contenenti sostanze farmacologicamente attive non menzionate negli allegati I, II o III. Da tale formulazione non si può desumere, come affermano la CEVA e la Pfizer, che la detta data costituiva per la Commissione un termine entro il quale essa aveva l’obbligo di garantire l’inclusione delle sostanze interessate nei corrispondenti allegati del regolamento n. 2377/90.

45     Tuttavia, l’indicazione di una data a partire dalla quale la somministrazione di medicinali veterinari contenenti sostanze attive sarà vietata, qualora non siano iscritti in uno degli elenchi di cui al regolamento n. 2377/90, implica che la mancata adozione di una decisione sul punto deve essere giustificata.

46     Dai punti 101 e 102 della sentenza impugnata non emerge che il Tribunale abbia proceduto ad una diversa interpretazione dell’art. 14 del regolamento n. 2377/90 e ne abbia desunto, come sostiene la Commissione, l’obbligo per quest’ultima di aver terminato la valutazione e classificato le sostanze interessate entro la data indicata. Infatti, il Tribunale non afferma che la Commissione era tenuta a prendere una decisione formale entro il 1° gennaio 2000, ma si limita a rilevare che la mancanza di decisione dopo tale data non era giustificata.

47     Date tali circostanze, il motivo va respinto.

 Sul motivo relativo allo snaturamento degli elementi di prova o, quantomeno, a un’insufficiente motivazione al riguardo

 Argomenti delle parti

48     Con il motivo in esame, la Commissione sostiene che il Tribunale, al punto 101 della sentenza impugnata, ha snaturato gli elementi di prova da essa addotti per dimostrare una situazione di incertezza scientifica, non avendo preso in considerazione la totalità dei dati fattuali. Il Tribunale avrebbe trascurato completamente l’importanza di altri dati scientifici diversi dal parere espresso dal CMV, in particolare la valutazione dei rischi legati all’utilizzo del progesterone effettuata dal comitato competente, cioè il CSMVSP. Anche l’estrema brevità del ragionamento del Tribunale potrebbe essere considerata una insufficienza di motivazione.

49     La CEVA e la Pfizer replicano che, oltre al fatto che non spetta al Tribunale pronunciarsi su questioni scientifiche, questo ha ampiamente tenuto conto delle difficoltà di ordine scientifico sollevate dal fascicolo sul progesterone e sulle conclusioni del CMV, cui erano stai trasmessi i nuovi dati sull’utilizzo dell’ormone di cui trattasi.

 Giudizio della Corte

50     Sebbene spetti unicamente al Tribunale giudicare il valore da attribuire agli elementi di prova dinanzi ad esso prodotti e sebbene esso non possa essere tenuto a motivare esplicitamente le sue valutazioni riguardo al valore di ciascun elemento probatorio dinanzi ad esso prodotto, in particolare quando li ritenga privi di interesse o di pertinenza per la soluzione della controversia (sentenza 15 giugno 2000, causa C‑237/98 P, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4549, punti 50 e 51), il Tribunale deve nondimeno fornire una motivazione che consenta alla Corte di esercitare il suo controllo giurisdizionale. Tale motivazione deve consentire alla Corte di esercitare un controllo su un eventuale snaturamento degli elementi di prova presentati al Tribunale.

51     Nel caso di specie, emerge dal fascicolo del procedimento di primo grado che la Commissione ha spiegato, al punto 23 del suo controricorso nelle cause riunite T‑344/00 e T‑345/00, che, «quando ha ricevuto il parere del CMV sugli ormoni, fra cui il progesterone, il 6 gennaio 2000, essa era in possesso di informazioni scientifiche divergenti e addirittura contraddittorie su taluni punti». La Commissione sottolineava in particolare talune differenze tra i pareri del CMV, del CSMVSP, del CMEAA e del CIRC.

52     Al punto 101 della sentenza impugnata, il Tribunale si è riferito alla «circostanza che il CMV aveva integralmente confermato il suo primo parere, pur prendendo in considerazione i nuovi dati scientifici che gli erano stati presentati dalla Commissione» e «che la stessa Commissione [aveva] sempre considerato che l’utilizzazione del progesterone deve continuare ad essere autorizzata per trattamenti terapeutici e zootecnici», onde dedurne che la Commissione aveva posto in non cale i legittimi interessi delle ricorrenti in maniera manifesta e grave, omettendo di adottare, dopo il 1° gennaio 2000, misure per consentirne l’utilizzo a fini terapeutici e zootecnici.

53     Il Tribunale si è quindi limitato a fare riferimento al secondo parere del CMV, senza chiarire le ragioni che obbligavano la Commissione a seguire tale parere non tenendo conto dei pareri divergenti di altre fonti, che, conformemente al terzo ‘considerando’ del regolamento n. 2377/90, dovevano essere considerate pertinenti, quali ad esempio il CSMVSP, il CMEAA o il CIRC. Questo unico riferimento, senza alcuna menzione degli altri pareri disponibili, non consente alla Corte di individuare il nesso che il Tribunale ha stabilito tra il parere del CMV e le conseguenze giuridiche che esso ne ha tratto. Ne consegue che il Tribunale non ha motivato a sufficienza la sua sentenza su questo punto.

54     Il riferimento alla circostanza che la Commissione aveva sempre considerato che l’utilizzazione del progesterone doveva continuare ad essere autorizzata a scopi terapeutici e zootecnici non può ovviare a tale insufficienza. Tale definizione della condotta della Commissione, oltre ad essere essa stessa priva di qualsiasi indicazione quanto agli accertamenti su cui si basa, non fornisce infatti nessuna precisazione sulla portata che il Tribunale riconosce al secondo parere del CMV.

55     Ne consegue che il motivo deve essere accolto.

 Sul motivo relativo a un’errata interpretazione e applicazione dell’art. 288 CE

 Argomenti delle parti

56     Con il motivo in esame, la Commissione fa valere che il Tribunale, dichiarando che ricorrevano i presupposti di sussistenza della responsabilità extracontrattuale della Comunità, ha commesso due errori di diritto.

57     In primo luogo, il Tribunale, al punto 103 della sentenza impugnata, dopo aver rilevato che il comportamento della Commissione costituiva una violazione manifesta e grave del principio di buona amministrazione, avrebbe ingiustamente considerato che non occorreva, nella fattispecie, determinare l’estensione precisa del potere discrezionale di cui disponeva la Commissione in materia di fissazione di LMR. Secondo la Commissione, tale ragionamento è errato, poiché l’analisi della gravità dell’asserita violazione presuppone l’analisi del margine di discrezionalità di cui gode l’istituzione interessata.

58     In secondo luogo, ammettendo, al punto 107 della sentenza impugnata, la sussistenza di un nesso di causalità tra l’inerzia della Commissione e il danno asserito dalla CEVA e dalla Pfizer, vale a dire l’impossibilità di commercializzare i loro prodotti nella Comunità a decorrere dal 1° gennaio 2000, il Tribunale non avrebbe tenuto conto delle disposizioni del regolamento n. 2377/90 né dei relativi rapporti con altre disposizioni pertinenti del diritto comunitario, in particolare la direttiva 81/851.

59     La CEVA e la Pfizer ritengono che la Commissione avesse l’obbligo di adottare le misure necessarie affinché la commercializzazione e la somministrazione ad animali destinati alla produzione di alimenti dei medicinali veterinari contenenti progesterone potessero continuare dopo il 1° gennaio 2000. Esse sostengono che la mancanza di qualunque atto della Commissione per tutelare le loro legittime aspettative e i loro diritti costituisce una violazione grave e manifesta del detto obbligo, indipendentemente dalla sua esatta natura.

60     Quanto alla sussistenza di un nesso di causalità, la CEVA e la Pfizer fanno valere che la mancata fissazione di un LMR da parte della Commissione ha avuto la conseguenza che i medicinali veterinari contenenti progesterone non hanno più potuto essere somministrati e che le autorità nazionali hanno revocato o sospeso le autorizzazioni di immissione in commercio di tali prodotti.

 Giudizio della Corte

61     L’art. 288, secondo comma, CE prevede che, in materia di responsabilità extracontrattuale, la Comunità debba risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

62     Il regime enunciato dalla Corte ai sensi di tale disposizione tiene segnatamente conto della complessità delle situazioni da disciplinare, delle difficoltà di applicazione o interpretazione dei testi e, in particolare, del margine di valutazione discrezionale di cui dispone l’autore dell’atto controverso (v. sentenze 5 marzo 1996, cause riunite C‑46/93 e C‑48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, Racc. pag. I‑1029, punto 43; 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punto 40; 10 dicembre 2002, causa C‑312/00 P, Commissione/Camar e Tico, Racc. pag. I‑11355, punto 52, nonché 10 luglio 2003, causa C‑472/00 P, Commissione/Fresh Marine, Racc. pag. I‑7541, punto 24).

63     La Corte ha dichiarato che il diritto al risarcimento è riconosciuto dal diritto comunitario quando siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione sufficientemente qualificata e, infine, che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente all’istituzione e il danno subito dai soggetti lesi (v. menzionate sentenze Brasserie du pêcheur e Factortame, punto 51; Bergaderm e Goupil/Commissione, punti 41 e 42, e Commissione/Camar e Tico, punto 53, nonché Commissione/Fresh Marine, punto 25).

64     Quanto alla seconda condizione, la Corte ha precisato che il criterio decisivo per considerare sufficientemente qualificata una violazione del diritto comunitario è quello della violazione manifesta e grave, da parte dell’istituzione comunitaria, dei limiti posti al suo potere discrezionale (citate sentenze Brasserie du pêcheur e Factortame, punto 55; Bergaderm e Goupil/Commissione, punto 43; Commissione/Camar e Tico, punto 54, nonché Commissione/Fresh Marine, punto 26).

65     Quando tale istituzione dispone solo di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente a comprovare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata (citate sentenze Bergaderm e Goupil/Commissione, punto 44; Commissione/Camar e Tico, punto 54, nonché Commissione/Fresh Marine, punto 26).

66     Il criterio determinante per stabilire se si sia in presenza di una violazione di tal genere è il margine di discrezionalità di cui disponeva l’istituzione in questione (menzionate sentenze Bergaderm e Goupil/Commissione, punto 46; Commissione/Camar e Tico, punto 55, nonché Commissione/Fresh Marine, punto 27).

67     Orbene, sebbene la questione della portata del potere discrezionale della Commissione in materia di fissazione di LMR fosse stata dibattuta tra le parti, con le ricorrenti che asserivano che la Commissione non disponeva di alcun margine discrezionale, mentre quest’ultima sosteneva che, al contrario, essa disponeva di un ampio margine discrezionale (v. punti 61, 64 e 65 della sentenza impugnata), il Tribunale non ha fornito chiarimenti, in nessun punto della sentenza impugnata, in ordine al potere discrezionale di cui dispone la Commissione in materia di determinazione di LMR.

68     Il Tribunale non ha neanche sufficientemente chiarito le ragioni o le circostanze che avrebbero potuto giustificare, in via eccezionale, l’inutilità di un’analisi del genere (sull’insufficienza della motivazione fornita al punto 101 della sentenza impugnata, v., supra, punti 52‑54 della presente sentenza).

69     Occorre dunque dichiarare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto allorché, senza aver determinato il margine di discrezionalità di cui disponeva la Commissione, ha considerato, al punto 103 della sentenza impugnata, che l’inerzia di quest’ultima tra il 1° gennaio 2000 ed il 25 luglio 2001 costituiva una violazione manifesta e grave del diritto comunitario che faceva sorgere la responsabilità della Comunità.

70     Il motivo va pertanto accolto.

71     Ciò premesso, senza che occorra pronunciarsi sugli altri motivi dedotti a sostegno dell’impugnazione, in particolare sul motivo relativo all’errata interpretazione e applicazione del principio di buona amministrazione ai fatti di specie, occorre accogliere l’impugnazione e annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha constatato un’inerzia della Commissione tra il 1° gennaio 2000 e il 25 luglio 2001 idonea a far sorgere la responsabilità della Comunità.

 Nel merito

72     Ai sensi dell’art. 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

73     Nel caso di specie, bisogna anzitutto verificare se il comportamento della Commissione tra il 1° gennaio 2000 e il 25 luglio 2001, periodo durante il quale il Tribunale ha accertato un’inerzia idonea a far sorgere la responsabilità della Comunità, costituisca una violazione manifesta e grave dei limiti posti al suo potere discrezionale.

74     È quindi necessario determinare la portata di tale potere.

75     A questo proposito, va rammentato che la Corte, pronunciandosi in merito a una procedura normativa analoga a quella prevista dal regolamento n. 2377/90, ha affermato che la Commissione deve disporre, in pratiche delicate e controverse, di un margine discrezionale e di un termine sufficienti per sottoporre a nuovo esame le questioni scientifiche determinanti per la sua decisione (v. sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione, cit., punto 66).

76     Tale giurisprudenza è pertinente nel caso di specie secondo i ‘considerando’ del regolamento n. 2377/90.

77     Dal terzo ‘considerando’ del regolamento n. 2377/90 si evince, infatti, che la fissazione di LMR per i medicinali veterinari somministrati ad animali destinati alla produzione di alimenti ha lo scopo di tutelare la salute pubblica.

78     Il medesimo ‘considerando’ precisa che gli LMR devono essere stabiliti in base a principi generalmente riconosciuti di valutazione dell’innocuità, tenendo conto di eventuali altre valutazioni scientifiche dell’innocuità delle sostanze in questione effettuate da organizzazioni internazionali.

79     Il sesto ‘considerando’ fa presente che la procedura per stabilire gli LMR a livello comunitario deve basarsi su un’unica valutazione scientifica del più alto livello possibile.

80     Ne consegue che alla Commissione deve essere riconosciuto un potere discrezionale sufficiente da permetterle di determinare con cognizione di causa le misure necessarie e adeguate alla tutela della sanità pubblica.

81     Come giustamente riconosciuto dal Tribunale al punto 100 della sentenza impugnata, il fascicolo relativo al progesterone costituisce un fascicolo particolarmente complesso.

82     Tale complessità è dovuta segnatamente al fatto, rilevato dal Tribunale al medesimo punto di tale sentenza, che il progesterone è una sostanza endogena e che fanno attualmente difetto metodi di esame affidabili per controllare l’utilizzazione abusiva di tale sostanza. Risulta dal fascicolo del procedimento di primo grado che la Commissione, nonostante sin dal 1993 le fosse stata presentata una domanda di fissazione di LMR per il progesterone, si trovava di fronte ad una situazione di continua incertezza scientifica, caratterizzata da divergenze tra i pareri scientifici emessi tra il 1996 e il 1999 dal CMV, da un lato, e dal CSMVSP e altri organismi scientifici internazionali, dall’altro, pareri di cui la Commissione deve tener conto, conformemente al terzo ‘considerando’ del regolamento n. 2377/90.

83     In circostanze del genere, la Commissione aveva il diritto di richiedere un parere aggiuntivo del CMV (sentenza 18 novembre 1999, causa C‑151/98 P, Pharos/Commissione, Racc. pag. I‑8157, punto 26), come il Tribunale ha peraltro riconosciuto al punto 99 della sentenza impugnata.

84     Nel suo secondo parere del dicembre 1999 il CMV aveva confermato la propria raccomandazione di includere il progesterone nell’allegato II del regolamento n. 2377/90, riservato alle sostanze per le quali non è necessario stabilire un LMR. Orbene, il CSMVSP, nella sua relazione dell’aprile 1999, era pervenuto alla conclusione che una maggiore esposizione agli ormoni poteva essere associata a un rischio più elevato di cancro e di effetti nocivi sullo sviluppo e che un’esposizione continua, seppur a piccole dosi, appariva idonea ad aumentare ulteriormente questo rischio, per quanto, a questo stadio, non ne fosse possibile una quantificazione.

85     Ciò premesso, non sembra irragionevole che la Commissione abbia atteso che il CSMVSP riesaminasse nel maggio 2000 il suo parere dell’aprile 1999 prima di prendere posizione sull’autorizzazione di massima dell’uso del progesterone a scopi terapeutici.

86     La Commissione ha preso posizione sul punto il 24 maggio 2000 adottando una proposta di direttiva che modifica la direttiva 96/22, la quale prevedeva segnatamente che gli Stati membri vietassero provvisoriamente la somministrazione del progesterone agli animali d’azienda, pur mantenendo la possibilità di una deroga in caso di somministrazione a scopi terapeutici o zootecnici.

87     Questa presa di posizione sulla possibilità di continuare ad usare il progesterone a fini terapeutici o zootecnici rappresentava una tappa che doveva necessariamente precedere la presa di posizione sulla fissazione di un LMR per tale sostanza, dal momento che si può stabilire un LMR per una sostanza farmacologicamente attiva solamente qualora tale sostanza sia destinata ad essere immessa sul mercato (sentenza 8 gennaio 2002, causa C‑248/99 P, Francia/Monsanto e Commissione, Racc. pag. I‑1, punto 80).

88     Nel suo parere del dicembre 1999 il CMV aveva raccomandato l’inclusione del progesterone nell’allegato II del regolamento n. 2377/90 e, di conseguenza, tale parere non conteneva raccomandazioni quanto alla fissazione di un LMR. La Commissione ha spiegato che, alla luce del parere del CSMVSP, essa considerava che tale orientamento non costituisse una misura di gestione dei rischi accettabile e, di conseguenza, ha deciso di proporre l’inclusione del progesterone nell’allegato I del detto regolamento. Ciò implicava la fissazione di un LMR nella proposta di regolamento da presentare. Secondo la Commissione, tale operazione, tenendo conto delle continue incertezze scientifiche, era di natura complessa, il che spiegherebbe il fatto che tale istituzione abbia presentato la proposta di regolamento soltanto il 25 luglio 2001.

89     Rispetto alla portata del margine di discrezionalità di cui disponeva la Commissione e all’insieme delle circostanze di fatto, non risulta che la Commissione, adottando questa decisione fondata su considerazioni di tutela della sanità pubblica, abbia compiuto una violazione manifesta e grave dei limiti posti al suo potere discrezionale.

90     Al punto 102 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che, anche se le difficoltà scientifiche e politiche della pratica in questione hanno potuto impedire alla Commissione di adottare, poco dopo il secondo parere del CMV, un progetto di regolamento conforme a tale parere, la Commissione avrebbe dovuto ugualmente adottare delle misure per tutelare gli interessi della CEVA e della Pfizer.

91     Per quanto riguarda la prima misura menzionata dal Tribunale, ovvero l’adozione da parte della Commissione di un progetto di misure determinanti un LMR provvisorio sulla base dell’art. 4 del regolamento n. 2377/90, va rilevato che tale articolo si applica solo «purché non vi sia motivo di ritenere che i residui nella concentrazione prospettata per la sostanza in questione rappresentino un rischio per la salute del consumatore», condizione che non era propriamente soddisfatta in un contesto di incertezza scientifica e di preoccupazione per la sanità pubblica.

92     Quanto alla seconda misura menzionata in alternativa dal Tribunale, ossia una nuova proroga da parte della Commissione della data limite prevista all’art. 4 del regolamento n. 2377/90, basta rilevare che neppure la proroga della data limite sarebbe stata una misura adeguata allo scopo di tutelare la sanità pubblica.

93     Alla luce di tutte quante queste considerazioni, non risulta quindi che la Commissione, omettendo di presentare una proposta di regolamento prima del 25 luglio 2001, abbia commesso una violazione del diritto comunitario sufficientemente qualificata da far sorgere la responsabilità della Comunità.

94     Di conseguenza, senza che occorra esaminare le altre condizioni necessarie all’accertamento di una responsabilità extracontrattuale della Comunità, i ricorsi vanno respinti.

 Sulle spese

95     Ai termini dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento medesimo, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

96     La CEVA e la Pfizer sono rimaste soccombenti e la Commissione ne ha chiesto la condanna alle spese. Occorre dunque condannare la CEVA e la Pfizer alle spese tanto dei procedimenti dinanzi al Tribunale quanto del presente giudizio.

97     Ai sensi dell’art. 69, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo art. 118, l’IFAH sopporterà le proprie spese tanto del procedimento dinanzi al Tribunale quanto del presente giudizio.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 26 febbraio 2003, cause riunite T‑344/00 e T‑345/00, CEVA e Pharmacia Enterprises/Commissione, è annullata nella parte in cui ha constatato esservi stata un’inerzia della Commissione delle Comunità europee tra il 1° gennaio 2000 e il 25 luglio 2001 idonea a far sorgere la responsabilità della Comunità.

2)      I ricorsi sono respinti.

3)      La CEVA Santé Animale SA e la Pfizer Enterprises Sàrl sono condannate alle spese tanto dei procedimenti dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee quanto del presente giudizio.

4)      L’International Federation for Animal Health sopporterà le proprie spese tanto del procedimento dinanzi al Tribunale quanto del presente giudizio.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.