Cause riunite C-2/01 P e C-3/01 P


Bundesverband der Arzneimittel-Importeure eV
e
Commissione delle Comunità europee

contro
Bayer AG


«Ricorsi contro sentenze del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Importazioni parallele – Art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) – Nozione di “accordo tra imprese” – Prova dell'esistenza di un accordo – Mercato di prodotti farmaceutici»

Conclusioni dell'avvocato generale A. Tizzano, presentate il 22 maggio 2003
    
Sentenza della Corte 6 gennaio 2004
    

Massime della sentenza

1..
Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Motivi – Erronea valutazione dei fatti – Irricevibilità – Rigetto

(Art. 225 CE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58)

2..
Concorrenza – Intese – Accordi tra imprese – Prova dell'infrazione a carico della Commissione

[Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

3..
Concorrenza – Intese – Accordi tra imprese – Accordo diretto a ostacolare le importazioni parallele – Accordo che può esistere anche in assenza di un sistema di controlli a posteriori e di sanzioni

[Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

4..
Concorrenza – Intese – Accordi tra imprese – Nozione – Comportamento unilaterale – Esclusione – Conclusione mediante un'accettazione tacita – Necessità di un invito a realizzare in comune azioni anticoncorrenziali

[Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

5..
Concorrenza – Intese – Comportamento unilaterale restrittivo della concorrenza inserito nel contesto di relazioni commerciali continuative – Insussistenza di un accordo vietato

[Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

1.
Ai sensi degli artt. 225 CE e 58 dello Statuto della Corte di giustizia, a termini dei quali il ricorso dinanzi alla Corte contro una sentenza del Tribunale può fondarsi solo su motivi di diritto, solo il Tribunale è competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l'inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposto, e, dall'altro, a valutare tali fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi probatori. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi del menzionato art. 225 CE, esclusivamente ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto. v. punto 47

2.
In caso di controversia sulla sussistenza di un'infrazione alle regole di concorrenza, spetta alla Commissione fornire la prova dell'infrazione che essa asserisce di aver constatato e fornire gli elementi idonei a dare valida prova dell'esistenza dei fatti che integrano l'infrazione. v. punto 62

3.
L'esistenza di un accordo diretto a ostacolare le importazioni parallele, vietato dall'art. 85, n. 1 del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE), non presuppone necessariamente la sussistenza di un sistema di controlli a posteriori e di sanzioni, sebbene l'instaurazione di un tale sistema possa costituire, nondimeno, un indizio dell'esistenza di un tale accordo. v. punto 83

4.
Ritenere che un accordo vietato ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE) possa essere dimostrato sulla sola base dell'espressione di una politica unilaterale volta a impedire le importazioni parallele produrrebbe come effetto una confusione della sfera di applicazione di tale disposizione con quella dell'art. 86 del Trattato (divenuto art. 82 CE). Perché un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE) possa ritenersi concluso in virtù di un'accettazione tacita, è necessario che la manifestazione di volontà di una delle parti contraenti volta a un fine lesivo della concorrenza costituisca un invito all'altra parte, espresso o tacito, alla realizzazione comune di tale scopo, tanto più che tale accordo non è, prima facie, nell'interesse dell'altra parte, vale a dire i grossisti. v. punti 101-102

5.
Il semplice fatto della coesistenza di un accordo, in sé neutro, e di una misura restrittiva della concorrenza imposta in maniera unilaterale non equivale ad un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE). Pertanto, il semplice fatto che una misura adottata da un produttore, avente come oggetto o come effetto di limitare la concorrenza, si inserisca nel contesto delle relazioni commerciali continuative tra quest'ultimo e i suoi grossisti non può essere sufficiente per affermare l'esistenza di tale accordo. v. punto 141




SENTENZA DELLA CORTE (in seduta plenaria)
6 gennaio 2004 (1)


«Ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado – Concorrenza – Importazioni parallele – Art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) – Nozione di accordo tra imprese – Prova dell'esistenza di un accordo – Mercato di prodotti farmaceutici»

Nei procedimenti riuniti C-2/01 P e C-3/01 P,

Bundesverband der Arzneimittel-Importeure eV, con sede in Mülheim an der Ruhr (Germania), rappresentato dai sigg. U. Zinsmeister e W.A. Rehmann, Rechtsanwälte, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuto daEuropean Association of Euro Pharmaceutical Companies (EAEPC), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dai sigg. M. Epping e M. Lienemeyer, Rechtsanwälte, con domicilio eletto in Lussemburgo,interveniente in sede di impugnazione, Commissione delle Comunità europee, rappresentata da sigg. K. Wiedner e W. Wils, in qualità di agenti, assistiti dal sig. H.-J. Freund, Rechtsanwalt, con domicilio eletto in Lussemburgo,ricorrente, sostenuta daRegno di Svezia, rappresentato dal sig. A. Kruse, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,e daEuropean Association of Euro Pharmaceutical Companies (EAEPC),

intervenienti in sede di impugnazione,

avente ad oggetto due ricorsi diretti all'annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Quinta Sezione ampliata) il 26 ottobre 2000 nella causa T-41/96, Bayer/Commissione (Racc. pag. II-3383),

procedimento in cui le altre parti sono: Bayer AG, con sede in Leverkusen (Germania), rappresentata dal sig. J. Sedemund, Rechtsanwalt, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente in primo grado e European Federation of Pharmaceutical Industries' Associations, con sede in Ginevra (Svizzera), rappresentata dal sig. A. Woodgate, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (in seduta plenaria),,



composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans e J.N. Cunha Rodrigues, presidenti di sezione, dai sigg. D.A.O. Edward (relatore), A. La Pergola, J.-P. Puissochet e R. Schintgen, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric e dal sig. S.von Bahr, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano
cancelliere: sig. H.A. Rühl, amministratore principale

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 12 novembre 2002, in occasione della quale il Bundesverband der Arzneimittel-Importeure eV è stato rappresentato dal sig. W.A. Rehmann, la Commissione dal sig. K. Wiedner, assistito dall'avv. H.-J. Freund, la European Association of Euro Pharmaceutical Companies (EAEPC) dal sig. A. Martin-Ehlers, Rechtsanwalt, la Bayer AG dal sig. Sedemund, e la European Federation of Pharmaceutical Industries' Association dal sig. A. Woodgate,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 22 maggio 2003,,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con atti depositati nella cancelleria della Corte il 5 gennaio 2001, il Bundesverband der Arzneimittel-Importeure eV (in prosieguo: il BAI) e la Commissione delle Comunità europee hanno proposto, ai sensi dell'art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, un ricorso contro la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado il 26 ottobre 2000 nella causa T-41/96, Bayer/Commissione (Racc. pag. II-3383; in prosieguo: la sentenza impugnata), con la quale è stata annullata la decisione della Commissione 10 gennaio 1996, 96/478/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 85 del trattato CE (IV/34.279/F3 ─ ADALAT) (GU L 201, pag. 1, in prosieguo: la decisione controversa).

Svolgimento della controversia

I fatti

2
I fatti dai quali è scaturita la controversia sono esposti nella sentenza impugnata come segue:

1
La ricorrente, la Bayer AG (in prosieguo: la Bayer o il gruppo Bayer), è la società madre di uno dei principali gruppi chimico-farmaceutici europei ed è presente in tutti gli Stati membri della Comunità attraverso le sue consociate nazionali. Essa produce e vende da molti anni, sotto il marchio “Adalat” o “Adalate”, una gamma di medicinali il cui principio attivo è la nifedipina, destinata alla cura delle malattie cardiovascolari.

2
Nella maggior parte degli Stati membri il prezzo dell'Adalat è fissato, direttamente o indirettamente, dalle autorità sanitarie nazionali. Dal 1989 al 1993 i prezzi fissati dai servizi sanitari spagnoli e francesi erano, in media, inferiori del 40% a quelli applicati nel Regno Unito.

3
A causa di queste differenze di prezzo, alcuni grossisti stabiliti in Spagna hanno iniziato, sin dal 1989, a esportare l'Adalat nel Regno Unito. A partire dal 1991, alcuni grossisti stabiliti in Francia li hanno seguiti sulla stessa strada. Secondo la ricorrente le vendite di Adalat effettuate dalla sua consociata britannica, la Bayer UK, si sarebbero quasi dimezzate tra il 1989 e il 1993 a causa delle importazioni parallele, causando così alla sua consociata britannica una perdita di fatturato di DEM 230 milioni e alla Bayer stessa minori introiti per DEM 100 milioni.

4
A fronte di questa situazione, il gruppo Bayer ha mutato politica di fornitura, cominciando a non onorare integralmente gli ordinativi, sempre più consistenti, fatti alle sue consociate spagnola e francese dai grossisti stabiliti in Spagna e in Francia. Questo mutamento si è verificato nel 1989 per gli ordinativi raccolti dalla Bayer Spagna e nel quarto trimestre del 1991 per quelli raccolti dalla Bayer Francia

.

La decisione controversa

3
A seguito delle denunce presentate da alcuni dei grossisti interessati, la Commissione avviava un'indagine amministrativa sulle pretese infrazioni all'art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) commesse dalle filiali del gruppo Bayer in Francia (in prosieguo: la Bayer Francia) e in Spagna (in prosieguo: la Bayer Spagna). Il 10 gennaio 1996 la Commissione adottava la decisione controversa.

4
Secondo la Commissione, la Bayer Francia e la Bayer Spagna, prevedendo un divieto di esportazione che si inseriva nel quadro dei rapporti commerciali continuativi tra le due dette filiali e i loro rispettivi clienti, avrebbero violato l'art. 85, n. 1, del Trattato. La Commissione riteneva che tale accordo costituisse una sensibile limitazione della concorrenza e pregiudicasse parimenti in modo sensibile il commercio fra Stati membri (punti 155-199 della decisione controversa).

5
Più specificamente, la Commissione deduceva la sussistenza di tale divieto di esportazione dalla propria analisi della condotta della Bayer, ed in particolare in considerazione dell'esistenza di un sistema di individuazione dei grossisti esportatori nonché di riduzioni successive dei quantitativi forniti dalla Bayer Francia e dalla Bayer Spagna nel caso in cui i detti grossisti esportassero del tutto o in parte i medicinali loro forniti.

6
Secondo l'analisi della Commissione, la fornitura dei quantitativi accordati dalla Bayer Francia e dalla Bayer Spagna sarebbe stata subordinata all'osservanza di un divieto di esportazione. La riduzione dei quantitativi forniti dalla Bayer Francia e dalla Bayer Spagna sarebbe stata modulata da queste ultime in funzione del comportamento tenuto dai grossisti nei riguardi di tale divieto di esportazione. L'eventuale violazione del detto divieto avrebbe implicato per i grossisti un'ulteriore riduzione automatica delle forniture di medicinali.

7
Alla luce di tali considerazioni, la Commissione concludeva, al punto 170 della decisione controversa, che la Bayer Francia e la Bayer Spagna avevano sottoposto i loro grossisti ad una minaccia permanente di riduzione del volume delle forniture, minaccia cui avrebbero ripetutamente dato seguito quando i grossisti non rispettavano il divieto di esportare.

8
La Commissione riteneva che il comportamento stesso dei grossisti evidenziasse come essi non solo avessero compreso che le merci loro fornite erano soggette ad un divieto di esportazione, bensì avessero inoltre allineato il loro comportamento a tale divieto. Pertanto, essi avrebbero così mostrato di aderire, almeno in apparenza, nei confronti della Bayer Francia e della Bayer Spagna, alla condizione del divieto di esportazione imposta dal loro fornitore nell'ambito dei suoi rapporti commerciali continuativi con i detti grossisti. A tal riguardo, la Commissione precisava, ai punti 182 e 183 della decisione controversa:

182
I grossisti, utilizzando vari sistemi per essere approvvigionati, in particolare ripartendo gli ordinativi destinati all'esportazione sulle varie agenzie, (...) e inoltrando ordinativi ad altri piccoli grossisti non controllati (...), si sono adattati, nell'impostare i loro ordinativi, all'esigenza di Bayer Francia e Bayer Spagna secondo cui l'esportazione del prodotto era vietata.

183
I grossisti hanno allora impostato gli ordinativi impartiti ai loro fornitori Bayer Francia o Bayer Spagna in modo tale da coprire formalmente soltanto il loro fabbisogno nazionale. Non solo, non appena tali società si sono rese conto di questo primo meccanismo, i grossisti hanno iniziato a rispettare le quote nazionali imposte dai rispettivi fornitori, negoziando duramente per gonfiarle al massimo, piegandosi in tal modo alla rigorosa applicazione e osservanza delle cifre considerate da Bayer Francia e Bayer Spagna normali per l'approvvigionamento del mercato nazionale

.

9
La Commissione concludeva, al punto 184 della decisione controversa, che tale comportamento avrebbe dimostrato l'adesione dei grossisti al divieto di esportazione delle merci, divieto che si sarebbe inserito nel contesto delle relazioni commerciali continuative tra la Bayer Francia e la Bayer Spagna ed i loro grossisti. Sarebbe dunque sussistito, a suo avviso, un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

10
Conseguentemente, nell'art. 1 della decisione controversa, la Commissione affermava che il divieto di esportare i prodotti Adalate e Adalate 20 mg LP dalla Francia nonché i prodotti Adalat e Adalat-Retard dalla Spagna in altri Stati membri, convenuto nel quadro delle relazioni continuative d'affari tra Bayer Francia e i suoi grossisti dal 1991 e almeno dal 1989 tra Bayer Spagna e i suoi grossisti, costituisce un'infrazione da parte di Bayer AG all'articolo 85, paragrafo 1, del trattato.

11
Ai sensi dell'art. 2 della decisione controversa, la Bayer aveva l'obbligo di: porre fine all'infrazione rilevata, e in particolare di:

inviare ai grossisti in Francia e in Spagna, entro il termine di due mesi dalla notifica della presente decisione, una circolare la quale precisi che le esportazioni nell'ambito della Comunità europea sono consentite e non sono soggette ad alcuna sanzione;
inviare ai grossisti in Francia e in Spagna, entro il termine di due mesi dalla notifica della presente decisione, una circolare la quale precisi che le esportazioni nell'ambito della Comunità europea sono consentite e non sono soggette ad alcuna sanzione;

indicare, entro il termine di due mesi dalla notifica della presente decisione, tali elementi in forma chiara nelle condizioni generali di vendita applicabili in Francia e in Spagna
indicare, entro il termine di due mesi dalla notifica della presente decisione, tali elementi in forma chiara nelle condizioni generali di vendita applicabili in Francia e in Spagna

.

12
Ai sensi dell'art. 3 della decisione controversa, veniva inflitta alla Bayer un'ammenda di ECU 3 000 000; l'art. 4 della detta decisione fissa una penalità di mora di ECU 1 000 per ogni giorno di ritardo nell'adempimento degli obblighi specifici enunciati all'art. 2 della decisione medesima, scaduto il termine di due mesi previsto per la loro esecuzione.

Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

13
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 marzo 1996, la Bayer proponeva ricorso chiedendo l'annullamento della decisione controversa. Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale in pari data, essa proponeva domanda di sospensione dell'esecuzione dell'art. 2 della detta decisione. Con ordinanza del presidente del Tribunale 3 giugno 1996 la domanda di sospensione veniva accolta e riservate le spese.

14
Il 1° agosto 1996 un'associazione tedesca di importatori di medicinali, il BAI, chiedeva di intervenire a sostegno della Commissione. Il 26 agosto 1996 la European Federation of Pharmaceutical Industries' Associations (in prosieguo: la EFPIA), un'associazione di categoria europea che rappresenta gli interessi di sedici associazioni professionali nazionali del settore dei medicinali, chiedeva di intervenire a sostegno della Bayer. Con ordinanze 8 novembre 1996 il presidente della Quinta Sezione ampliata del Tribunale accoglieva le due istanze di intervento.

15
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale decideva di passare alla fase orale e, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all'art. 64 del regolamento di procedura, di porre alla Bayer e alla Commissione una serie di quesiti scritti invitandole a rispondere a tali punti all'udienza. Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti scritti e orali del Tribunale venivano sentite all'udienza del 28 ottobre 1999.

16
Con la sentenza impugnata il Tribunale annullava la decisione controversa, condannando la Commissione a sopportare le spese sostenute dalla Bayer sulla base del rilievo che l'istituzione era incorsa in una errata valutazione dei fatti della specie ed in un errore di valutazione giuridica, ritenendo provato il comune intento della Bayer e dei grossisti indicati nella detta decisione, e concludendo, di conseguenza, che esistesse un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, volto a impedire o a limitare le esportazioni di Adalat dalla Francia e dalla Spagna verso il Regno Unito.

17
Nell'iter logico di tale conclusione, il Tribunale ha anzitutto richiamato, ai punti 66-72 della sentenza impugnata, la giurisprudenza relativa alla nozione di accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato e, più specificamente, quella relativa all'ipotesi in cui siffatto accordo si fondi sul comportamento apparentemente unilaterale del produttore. A tal riguardo, il Tribunale ha sottolineato, in particolare, che, allorché una decisione del produttore si sostanzia in un comportamento unilaterale dell'impresa, tale decisione esula dal divieto di cui all'art. 85, n. 1, del Trattato (punto 66). Ha proseguito precisando che occorre distinguere le ipotesi in cui un'impresa ha adottato una misura effettivamente unilaterale e quindi senza la partecipazione espressa o tacita di un'altra impresa da quelle in cui il carattere unilaterale è solo apparente. Se le prime non rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato le seconde vanno considerate come sintomatiche di un accordo tra imprese e possono perciò rientrare nell'ambito di applicazione del detto articolo. E' il caso, in particolare, delle pratiche e delle misure restrittive della concorrenza che, adottate in apparenza in modo unilaterale dal produttore nell'ambito delle sue relazioni contrattuali con i propri rivenditori, sono tuttavia accettate, almeno tacitamente, da questi ultimi (punto 71).

18
In tale contesto, a fronte dell'affermazione della Bayer secondo la quale essa, pur avendo praticato una politica unilaterale volta a ridurre le importazioni parallele, non avrebbe tuttavia né previsto né imposto un divieto di esportazione, il Tribunale, sulla base di tale premessa, ha ritenuto che per stabilire se la Commissione [avesse] sufficientemente dimostrato l'esistenza di una comune volontà tra le parti relativa alla limitazione delle esportazioni parallele, [occorreva esaminare] se, come sostiene la [Bayer], la Commissione [avesse] erroneamente valutato le volontà, rispettivamente, della Bayer e dei grossisti (punto 77 della sentenza impugnata).

19
Così, con riguardo alla pretesa volontà della Bayer di imporre un divieto di esportazione, il Tribunale ha affermato, al punto 109 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva sufficientemente dimostrato né che la Bayer Francia e la Bayer Spagna abbiano imposto un divieto di esportazione ai loro rispettivi grossisti, né che la Bayer abbia introdotto un controllo sistematico della reale destinazione finale delle confezioni di Adalat consegnate dopo l'adozione della sua nuova politica di consegne, né che la [Bayer] abbia esercitato una politica fatta di minacce e sanzioni nei confronti dei grossisti esportatori, o che abbia subordinato la consegna di tale prodotto all'osservanza di tale asserito divieto di esportazione. Secondo il Tribunale, dai documenti riportati nella decisione controversa non risulta neppure che la Bayer abbia cercato di ottenere un qualsivoglia accordo con i grossisti riguardante l'attuazione della sua politica volta a ridurre le importazioni parallele. A suo avviso, gli estratti documentali addotti dalla Commissione non costituiscono alcun supporto probatorio a sostegno dell'affermazione secondo cui la Bayer avrebbe subordinato la propria politica di forniture nei confronti di ciascun grossista all'effettivo comportamento di quest'ultimo rispetto alla destinazione finale del prodotto fornito.

20
Successivamente, il Tribunale ha esaminato, ai punti 111-157 della sentenza impugnata, l'atteggiamento ed il comportamento effettivo dei grossisti nell'ambito della valutazione dell'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Il Tribunale ha concluso, in un primo momento, che l'affermazione della Commissione, secondo cui i grossisti si sarebbero adeguati al preteso divieto di esportazione, è errata in fatto, in quanto, segnatamente, la Commissione non aveva sufficientemente dimostrato che la Bayer avesse imposto un divieto di esportazione ai suoi grossisti, né che le consegne fossero subordinate all'osservanza di tale asserito divieto di esportazione (punti 119 e 122 della sentenza impugnata).

21
Il Tribunale ha poi esaminato la questione se, considerato il comportamento effettivo dei grossisti successivamente all'adozione, da parte della Bayer, della sua nuova politica di restrizione delle forniture, la Commissione potesse legittimamente concludere che essi avessero assentito a tale politica (punto 124). Dopo aver tenuto conto dei documenti menzionati nella decisione controversa, ha affermato quanto segue:

151
Dall'esame dell'atteggiamento e del comportamento effettivo dei grossisti si desume che la tesi della Commissione che essi si siano allineati alla politica della [Bayer] volta a ridurre le importazioni parallele è priva di fondamento.

152
L'argomento dedotto dal fatto che i grossisti coinvolti avrebbero ridotto i loro ordinativi a un certo livello per dare l'impressione alla Bayer di conformarsi alla sua volontà dichiarata di coprire in tal modo solo il fabbisogno del loro mercato tradizionale e che avrebbero così agito per sfuggire alle sue sanzioni deve essere respinto, dato che la Commissione non ha provato né che la [Bayer] abbia imposto o contrattato che i grossisti assumessero un qualsivoglia comportamento correlato alla destinazione all'esportazione delle confezioni di Adalat consegnate, né che la stessa abbia sanzionato i grossisti esportatori o che abbia minacciato di farlo.

153
Per gli stessi motivi, la Commissione non può asserire che la riduzione degli ordinativi poteva essere interpretata dalla Bayer solo come un segnale che i grossisti avevano accettato le sue pretese, né sostenere che hanno dovuto, proprio per aver corrisposto alle dette pretese della ricorrente, procurarsi quantitativi supplementari destinati all'esportazione da grossisti che non erano “sospetti” agli occhi della stessa e i cui maggiori ordinativi sarebbero stati pertanto onorati senza difficoltà.

154
Risulta inoltre chiaramente dai considerando della decisione [controversa] qui sopra esaminati che i grossisti hanno proseguito i loro tentativi d'ottenere confezioni di Adalat per l'esportazione e hanno persistito su questa linea anche se, a tal fine, hanno ritenuto più proficuo l'uso di diversi sistemi di rifornimento, ossia, da un lato, il sistema della ripartizione degli ordinativi destinati all'esportazione su diverse agenzie e, dall'altro, quello consistente nel trasmettere gli ordinativi indirettamente tramite piccoli grossisti. Alla luce di tutto ciò, il fatto che i grossisti abbiano cambiato la politica degli ordinativi e instaurato diversi sistemi di distribuzione o di diversificazione degli ordinativi, trasmettendoli indirettamente, non può essere interpretato come una prova della loro volontà di compiacere la Bayer né come una risposta a una qualche richiesta o appello di quest'ultima. Al contrario, ciò potrebbe essere considerato come dimostrativo della ferma intenzione dei grossisti di continuare le esportazioni parallele di Adalat.

155
In mancanza di prova di una qualsivoglia imposizione della [Bayer] a che i grossisti tenessero un determinato comportamento in relazione all'esportazione delle confezioni di Adalat consegnate, il fatto che essi abbiano preso delle misure per ottenere quantitativi supplementari può essere interpretato soltanto come una smentita del loro asserito assenso. Per questi stessi motivi va respinto l'argomento della Commissione secondo il quale, nella fattispecie concreta, sarebbe normale che certi grossisti abbiano cercato di ottenere per vie traverse forniture supplementari dato che essi dovevano impegnarsi nei confronti della Bayer a non esportare e a ordinare di conseguenza quantitativi ridotti, tali da non poter essere esportati.

156
Va infine constatato che la Commissione non ha provato che i grossisti abbiano voluto perseguire gli obiettivi della Bayer, né che gliel'abbiano voluto far credere. Al contrario, i documenti sopra esaminati dimostrano che i grossisti hanno tenuto un comportamento volto a eludere la nuova politica della Bayer di restringere le consegne sul livello degli ordinativi tradizionali.

157
Perciò la Commissione ha ritenuto a torto che il comportamento effettivo dei grossisti sia sufficiente a provare il loro assenso alla politica della [Bayer] volta a impedire le importazioni parallele

.

22
Infine, il Tribunale ha proseguito il proprio ragionamento analizzando i precedenti giurisprudenziali richiamati dalla Commissione per accertare, nella specie, l'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, prima di concludere, al punto 171 della sentenza impugnata, che l'istituzione non poteva invocare efficacemente tali precedenti per mettere in discussione l'analisi in base alla quale esso aveva concluso che, nel caso in esame, non risultava provata l'acquiescenza dei grossisti alla nuova politica della Bayer e che, di conseguenza, la Commissione non aveva dimostrato l'esistenza di tale accordo.

23
Quanto alla sentenza 11 gennaio 1990, causa C-277/87, Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione (Racc. pag. I-45), il Tribunale ha affermato quanto segue:

161
Questa causa riguardava una sanzione inflitta dalla Commissione ad una consociata dell'impresa farmaceutica multinazionale Sandoz, colpevole di aver inserito nelle fatture che inviava ai clienti (grossisti, farmacie e ospedali) la dicitura esportazione vietata. La Sandoz non aveva contestato la presenza di tale dicitura nelle proprie fatture, ma aveva messo in discussione l'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. La Corte ha respinto il ricorso dopo aver dato risposta a ciascuno degli argomenti sollevati dalla ricorrente. In tal senso, la Corte ha considerato che l'invio di fatture con tale dicitura non costituiva un comportamento unilaterale, ma che, al contrario, esso si inseriva nell'ambito generale dei rapporti commerciali che l'impresa intratteneva con i propri clienti. A questa conclusione è giunta dopo aver esaminato le procedure seguite dall'impresa prima di autorizzare un nuovo cliente a mettere in commercio i suoi prodotti e tenuto conto delle pratiche ripetute e applicate in modo uniforme e sistematico a ogni operazione di compravendita (punto 10 della sentenza). E' a questo punto del suo ragionamento (punto 11) che la Corte ha trattato la questione dell'assenso dei partner commerciali al divieto di esportazione, riportato in fattura, nei seguenti termini: Occorre rilevare, inoltre, che i clienti della Sandoz PF ricevevano il medesimo modello di fattura dopo ogni singolo ordine o, secondo i casi, a consegna avvenuta. Gli ordinativi ripetuti e seguiti dai pagamenti senza che il cliente contestasse il prezzo indicato sulle fatture recanti la dicitura esportazione vietata, costituivano una manifestazione tacita di assenso alle clausole contenute nella fattura ed al tipo di rapporti commerciali sottostanti alle relazioni d'affari fra la Sandoz PF e la clientela. Il previo consenso della Sandoz PF si fondava perciò sulla tacita accettazione da parte dei clienti della linea di condotta adottata dalla società nei loro confronti.

162
Orbene, occorre evidenziare che solo dopo queste constatazioni la Corte ha potuto concludere che la Commissione aveva legittimamente considerato che il complesso dei rapporti commerciali continuati nel tempo, di cui era parte integrante la clausola di esportazione vietata, stabiliti tra la Sandoz PF ed i propri clienti, era disciplinato da un accordo generale predeterminato e riguardante gli innumerevoli ordini individuali di prodotti Sandoz. Un simile accordo è previsto dall'art. 85, n. 1, del Trattato.

163
Se le due cause si assomigliano per il fatto di riferirsi al comportamento di gruppi farmaceutici che puntano a impedire le importazioni parallele di medicinali, le concrete circostanze che le caratterizzano sono molto diverse. Da un lato, contrariamente al caso in esame, nella causa Sandoz [prodotti farmaceutici/Commissione] il produttore aveva inserito in modo espresso in tutte le sue fatture una clausola restrittiva della concorrenza la quale, apparendo in maniera reiterata nei documenti relativi a tutte le transazioni, formava perciò parte integrante dei rapporti contrattuali tra lo stesso e i suoi grossisti. D'altro lato, il reale comportamento di questi ultimi rispetto alla clausola, in quanto essi l'avevano rispettata de facto e senza contestarla, dimostrava il loro tacito assenso alla stessa e al tipo di rapporti commerciali sottostanti. Per contro, nessuna delle due circostanze principali della causa Sandoz [prodotti farmaceutici/Commissione] è rinvenibile nei fatti del caso in esame; non c'è né formalmente né sostanzialmente alcuna clausola formale di divieto di esportazione né alcun comportamento di non contestazione o di assenso

.

24
Con riguardo alla sentenza 8 febbraio 1990, causa C-279/87, Tipp-Ex/Commissione, (Racc. pag. I-261), parimenti richiamata dalla Commissione, con la quale la Corte ha confermato la decisione dell'istituzione che sanzionava un accordo volto a impedire le esportazioni sebbene, diversamente dalla causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, non vi fosse stata stipulazione scritta del divieto di esportazione, il Tribunale ha affermato:

165
In questa causa si verteva su un contratto di distribuzione esclusiva tra la Tipp-Ex e la DMI, sua distributrice francese, che si era uniformata alla richiesta del produttore di aumentare il prezzo praticato a un cliente di quel tanto necessario a togliergli ogni interesse economico alle importazioni parallele. Era stato poi dimostrato che il produttore effettuava controlli a posteriori in modo da stimolare il distributore esclusivo a tenere effettivamente questo comportamento [ considerando 58 della decisione della Commissione 10 luglio 1987, 87/406/CEE, relativa ad una procedura di applicazione ai sensi dell'art. 85 del Trattato CEE, GU L 222, pag. 1]. I punti da 18 a 21 della sentenza mostrano il ragionamento seguito dalla Corte la quale, dopo aver accertato l'esistenza di un accordo orale di distribuzione esclusiva per la Francia tra la Tipp-Ex e la DMI e aver richiamato i fatti principali, ha voluto esaminare la reazione e quindi il comportamento tenuto dal distributore a seguito dell'atteggiamento di penalizzazione adottato dal fabbricante. La Corte ha quindi constatato che il distributore ha reagito aumentando i prezzi applicati del 10-20% nei confronti della sola impresa ISA France. Dopo la sospensione, durata per l'intero 1980, degli acquisti della ISA France presso la DMI, quest'ultima società ha rifiutato, agli inizi del 1981, di consegnare essa stessa prodotti Tipp-Ex alla ISA France. Solo dopo queste constatazioni riferite al comportamento del fabbricante e del distributore la Corte è arrivata alla conclusione dell'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato: Si è quindi dimostrato che la DMI ha dato attuazione alla domanda della Tipp-Ex di non vendere a clienti che rivendono i prodotti Tipp-Ex in altri Stati membri (punto 21 della sentenza).

166
Di conseguenza, contrariamente al caso in esame, nella causa che ha condotto alla citata sentenza Tipp-Ex/Commissione non vi erano dubbi sul fatto che la politica consistente nell'impedire le esportazioni parallele fosse attuata dal produttore con la collaborazione dei distributori. Come indicato nella detta sentenza, questa volontà era già palesata negli accordi orali e scritti intercorsi tra le due parti (v. punti 19 e 20 della sentenza per quanto riguarda il distributore DMI e 22 e 23 per quanto riguarda il distributore Beiersdorf) e, se poteva sussistere qualche dubbio, l'analisi del comportamento dei distributori, sottoposti alle pressioni del produttore, mostra molto chiaramente il loro assenso alle mire della Tipp-Ex di limitare la concorrenza. La Commissione non solo aveva provato che i distributori si erano piegati alle minacce e alle pressioni del produttore, ma anche che almeno uno di loro aveva inviato al produttore le prove della sua collaborazione. Si deve infine aggiungere che la stessa Commissione fa osservare nella presente fattispecie che nella sentenza Tipp-Ex [/Commissione], al fine di accertare l'esistenza di un accordo, la Corte ha seguito l'approccio consistente nell'analisi della reazione dei distributori rispetto al comportamento del produttore, contrario alle esportazioni parallele, e che proprio osservando la reazione del distributore la Corte ha concluso che vi doveva essere tra questo e la Tipp-Ex un accordo volto a impedire le esportazioni parallele.

167
Ne consegue che questa sentenza, come la sentenza Sandoz [prodotti farmaceutici/Commissione], non fa che confermare la giurisprudenza secondo cui da un comportamento apparentemente unilaterale del produttore può scaturire un accordo tra imprese ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato solo a condizione che il successivo comportamento del grossista o dei clienti possa essere interpretato come un assenso de facto. Poiché questa condizione non è soddisfatta nel caso in esame, la Commissione non può avvalersi dell'asserita analogia tra le due cause per suffragare la sua tesi dell'esistenza di un assenso nella presente causa

.

25
Con riguardo alle cause che hanno condotto alle sentenze 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione (Racc. pag. 3151) e 17 settembre 1985, cause riunite 25/84 e 26/84, Ford/Commissione (Racc. pag. 2725), il Tribunale ha rilevato quanto segue:

170
Nella citata sentenza AEG/Commissione, in cui le volontà, rispettivamente, del produttore e del distributore non apparivano di tutta evidenza e in cui la ricorrente invocava apertamente il carattere unilaterale del suo comportamento, la Corte ha ritenuto che, nell'ambito di un sistema di distribuzione selettiva, una prassi in forza della quale il produttore, al fine di conservare un livello di prezzi elevato o di escludere talune forme moderne di distribuzione, rifiuti l'ammissione a rivenditori che posseggono i requisiti qualitativi propri del sistema non costituisce un'azione unilaterale dell'impresa, che ─ come sostiene la AEG ─ sarebbe sottratta al divieto dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Esso rientra invece nei rapporti contrattuali esistenti fra l'impresa ed i rivenditori (punto 38). Orbene, la Corte ha poi voluto constatare l'esistenza di un assenso dei distributori precisando: In caso d'ammissione al sistema di un rivenditore, l'autorizzazione si basa infatti sull'accettazione, espressa o tacita, da parte dei contraenti, della politica perseguita dalla AEG con l'esigere, fra l'altro, l'esclusione dalla rete distributiva di rivenditori che, pur avendo i requisiti per esservi ammessi, non siano disposti ad aderire a tale politica (punto 38). Questo approccio è stato confermato negli altri casi di distribuzione selettiva giudicati dalla Corte (v. citate sentenze Ford e Ford Europe/Commissione, punto 21, [22 ottobre 1986, causa 75/84, Metro/Commissione, Racc. pag. 3021, detta] Metro II, punti 72 e 73, e [24 ottobre 1995, causa C-70/93], Bayerische Motorenwerke [Racc. pag. I-3439], punti 16 e 17)

.

26
Con riguardo alla sentenza 12 luglio 1979, cause riunite 32/78, 36/78 ─ 82/78, BMW Belgium e a./Commissione, il Tribunale ha così affermato:

169
Infatti, nella citata sentenza BMW Belgium e a./Commissione, al fine di stabilire se vi fosse stato un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato tra la BMW Belgium e i suoi concessionari belgi, la Corte ha esaminato gli atti che potevano dimostrare l'esistenza di un accordo, in ipotesi alcune circolari inviate alle concessionarie BMW, valutando tanto il loro tenore quanto il contesto materiale e giuridico in cui si inseri[va]no, nonché il comportamento delle parti e ha concluso che le circolari di cui si tratta costitui[va]no una manifestazione di volontà diretta a far cessare le esportazioni di veicoli BMW nuovi dal Belgio (punto 28). Essa aggiungeva che inviando le circolari di cui si tratta[va] a tutti i concessionari belgi, la BMW Belgium si [era] fatta promotrice della conclusione con i concessionari di un accordo avente per scopo la cessazione totale di quelle esportazioni (punto 29). Orbene, dal punto 30 di questa sentenza risulta che la Corte ha voluto confermare l'esistenza di un assenso dei concessionari

.

27
Inoltre, ai punti 173-181 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto la tesi della Commissione secondo cui la semplice constatazione del fatto che i grossisti non avessero interrotto le relazioni commerciali con la Bayer dopo l'introduzione, da parte di quest'ultima, della nuova politica volta a restringere le importazioni, le permetterebbe di considerare dimostrata l'esistenza di un accordo tra imprese ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Per contro, esso ha ritenuto che la prova di un accordo ai sensi della detta disposizione deve riposare sull'accertamento diretto o indiretto dell'elemento soggettivo che caratterizza la nozione stessa di accordo, ossia l'esistenza di una volontà comune degli operatori economici.

28
Più specificamente, ai punti 179-182 della sentenza impugnata, il Tribunale contesta alla Commissione di aver tentato di ampliare l'ambito di applicazione delle regole applicabili alle imprese di cui alla terza parte del Trattato, titolo VI, capo 1, sezione 1.

29
Di conseguenza, il Tribunale ha annullato la decisione controversa, senza esaminare i motivi dedotti in subordine dalla Bayer, relativi a un'asserita erronea applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, a comportamenti legittimi ai sensi dell'art. 47 dell'atto relativo all'adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese e agli adattamenti dei trattati (GU 1985, L 302, pag. 23), e ad un'erronea applicazione, nell'irrogazione di un'ammenda a carico della Bayer, dell'art. 15 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato (GU 1962, 13, pag. 204).

Procedimentoe conclusioni delle parti

30
Con ordinanza del presidente della Corte 28 marzo 2001, le cause C-2/01 P e C-3/01 P sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

31
Il 9 aprile 2001, la European Association of Euro Pharmaceutical Companies (in prosieguo: la EAEPC), un'associazione europea che rappresenta gli interessi delle società farmaceutiche europee, ha chiesto di intervenire a sostegno del BAI e della Commissione. Con ordinanza 26 settembre 2001 il presidente della Corte ha ammesso l'intervento dell'EAEPC.

32
Il 23 aprile 2001, il Regno di Svezia ha chiesto, ai sensi dell'art. 37, primo comma, dello Statuto CE della Corte di giustizia, l'autorizzazione ad intervenire a sostegno della Commissione. Con ordinanza 25 giugno 2001, il presidente della Corte ha ammesso l'intervento del Regno di Svezia.

33
Il BAI conclude che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e respingere la domanda proposta dalla Bayer in primo grado;
annullare la sentenza impugnata e respingere la domanda proposta dalla Bayer in primo grado;

in subordine, rinviare la causa al Tribunale di primo grado;
in subordine, rinviare la causa al Tribunale di primo grado;

condannare la Bayer alle spese, ivi comprese quelle sostenute dal BAI con riguardo al proprio intervento in primo grado.
condannare la Bayer alle spese, ivi comprese quelle sostenute dal BAI con riguardo al proprio intervento in primo grado.

34
La Commissione conclude che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e respingere il ricorso della Bayer avverso la decisione controversa;
annullare la sentenza impugnata e respingere il ricorso della Bayer avverso la decisione controversa;

condannare la Bayer alle spese in entrambi i gradi del giudizio.
condannare la Bayer alle spese in entrambi i gradi del giudizio.

35
La Bayer, ricorrente in primo grado, conclude che la Corte voglia:

rigettare in toto il ricorso della Commissione contro la sentenza del Tribunale di primo grado;
rigettare in toto il ricorso della Commissione contro la sentenza del Tribunale di primo grado;

condannare la Commissione alle spese relative al secondo grado del giudizio.
condannare la Commissione alle spese relative al secondo grado del giudizio.

36
L'EFPIA, parte interveniente a sostegno della Bayer in primo grado, conclude che la Corte voglia:

respingere il ricorso della Commissione e del BAI contro la sentenza del Tribunale di primo grado;
respingere il ricorso della Commissione e del BAI contro la sentenza del Tribunale di primo grado;

condannare la Commissione alle spese sostenute.
condannare la Commissione alle spese sostenute.

37
Il Regno di Svezia, interveniente a sostegno della Commissione, conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

38
L'EAEPC, interveniente a sostegno del BAI e della Commissione, conclude che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata e respingere la domanda della Bayer in primo grado;
annullare la sentenza impugnata e respingere la domanda della Bayer in primo grado;

in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale;
in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale;

condannare la Bayer alle spese.
condannare la Bayer alle spese.

Sintesi dei motivi delle parti

39
A sostegno del ricorso, il BAI deduce tre motivi, dei quali il primo relativo alla incompleta presa in considerazione dei fatti su cui si fonda la decisione controversa, il secondo, ad una erronea valutazione degli elementi di prova da parte del Tribunale, in violazione delle regole sull'onere della prova e il terzo ad un errore di diritto relativo ai criteri giuridici applicati nell'accertamento dell'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

40
Per parte sua, la Commissione contesta complessivamente l'impostazione restrittiva seguita dal Tribunale nell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato alle restrizioni all'esportazione, per poi dedurre cinque motivi di ricorso più specifici, relativi, in sostanza, ad una interpretazione troppo restrittiva della nozione di accordo ai sensi della detta disposizione, ad un errore di diritto con riguardo all'applicazione di quest'ultima e ad uno snaturamento degli elementi di prova.

41
I motivi relativi alla valutazione giuridica compiuta dal Tribunale con riguardo alla nozione di accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato sollevano, in generale, la questione se il Tribunale, escludendo che un accordo contenente un divieto di esportazione possa ritenersi concluso in una fattispecie come quella esaminata nella controversia de qua, abbia accolto un'interpretazione eccessivamente restrittiva di tale disposizione.

Osservazione preliminare

42
Prima di esaminare i motivi dedotti, si deve sottolineare che, nella decisione controversa, la Commissione si è rigorosamente limitata all'esame di una sola censura, relativa all'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, tra la Bayer e i suoi grossisti, e questo nell'ambito di un mercato definito con riferimento alle principali indicazioni terapeutiche del prodotto in questione, vale a dire l'Adalat. Conseguentemente, si deve precisare che il presente procedimento non verte né sull'eventuale applicazione di altri elementi del menzionato art. 85, ovvero dell'art. 86 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 82 CE), né su altre possibili definizioni del mercato rilevante.

I motivi vertenti sui rilievi in punto di fatto

43
Sia il BAI che la Commissione censurano i rilievi in punto di fatto operati dal Tribunale, sostenendo che quest'ultimo avrebbe preso in considerazione in modo incompleto i fatti sui quali si è fondata la Commissione, concernenti, rispettivamente, i pretesi controlli effettuati dalla Bayer con riguardo alla destinazione finale dei prodotti ordinati e l'intento dei grossisti di far credere a quest'ultima che essi si limitassero ormai a ordinare solo quanto necessario al fabbisogno del loro mercato nazionale.

I pretesi controlli effettuati dalla Bayer

Argomenti delle parti

44
Con il primo motivo, il BAI contesta come inesatta la valutazione del Tribunale, contenuta al punto 109 della sentenza impugnata, secondo cui la Commissione non avrebbe dimostrato che la Bayer avesse posto in essere un controllo della destinazione finale dei prodotti consegnati ai grossisti spagnoli e francesi. Il Tribunale, di conseguenza, sarebbe giunto ad una valutazione giuridica errata, dal momento che la sua conclusione relativa all'assenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato sarebbe stata elaborata trascurando taluni elementi pertinenti degli atti di causa.

45
Richiamandosi al tenore dei documenti cui si riferisce la Commissione ai punti 140 e 80 della decisione controversa, il BAI sottolinea che la Bayer sarebbe riuscita a risalire sino ai grossisti spagnoli attraverso i numeri di serie dei lotti ritrovati nel Regno Unito. Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, il BAI sostiene che da tali documenti emerge che siffatti controlli sarebbero stati effettivamente eseguiti, ancorché con riferimento ad un numero limitato di lotti.

46
Sia la Bayer che l'EFPIA ritengono tale motivo di ricorso irricevibile, in quanto esso si limiterebbe a contestare la valutazione dei fatti operata dal Tribunale ai punti 105, 108 e 109 della sentenza impugnata. La Bayer precisa che tale motivo si fonderebbe su una versione erronea dei fatti poiché, anche se i numeri di serie possono far risalire ai grossisti esportatori, essi non provano che i controlli in questione abbiano effettivamente avuto luogo. In ogni caso, essa nega che i numeri di serie consentano di individuare operatori determinati, poiché, di regola, un dato numero figura sui lotti indirizzati a più grossisti.

Giudizio della Corte

47
Ai sensi degli artt. 225 CE e 58 dello Statuto della Corte di giustizia, a termini dei quali il ricorso dinanzi alla Corte contro una sentenza del Tribunale può fondarsi solo su motivi di diritto, solo il Tribunale è competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l'inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposto, e, dall'altro, a valutare tali fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi probatori. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi del menzionato art. 225 CE, esclusivamente ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (sentenza 28 maggio 1998, causa C-7/95 P, Deere/Commissione, Racc. pag. I-3111, punto 21).

48
Orbene, con il primo motivo il BAI si limita a contestare la valutazione dei fatti operata dal Tribunale e, segnatamente, il fatto che quest'ultimo, pur prendendo in considerazione i documenti menzionati nella decisione controversa, abbia concluso che la Commissione non avesse sufficientemente dimostrato, in diritto, l'esistenza di un controllo sistematico, da parte della Bayer, della destinazione finale dei lotti di Adalat consegnati ai grossisti successivamente all'adozione della sua nuova politica in materia di forniture di medicinali. Pertanto, l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Bayer e dall'EFPIA è fondata e il primo motivo del BAI deve essere respinto.

L'intento dei grossisti di far credere alla Bayer che essi si limitassero ormai a ordinare solo quanto necessario al fabbisogno del loro mercato nazionale

Argomenti delle parti

49
Con il terzo motivo, la Commissione sostiene che il Tribunale avrebbe omesso di tener conto di taluni mezzi di prova esistenti, oppure li avrebbe snaturati, laddove ha affermato, al punto 126 della sentenza impugnata, che i documenti invocati dalla Commissione nella decisione controversa non dimostravano che i grossisti intendessero far credere alla Bayer di seguire la nuova politica commerciale di quest'ultima.

50
La Commissione fa valere, da un lato, che il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che le agenzie locali di grossisti, tra le quali venivano ripartiti gli ordinativi destinati all'esportazione, erano state invitate ad agire con discrezione in seguito al rifiuto della Bayer Francia di onorare gli ordinativi espressamente destinati all'esportazione e, dall'altro, che il Tribunale non avrebbe considerato che la detta ripartizione tra le agenzie locali dei quantitativi desiderati non poteva avere altro obiettivo che quello di ingannare la Bayer sulla loro intenzione di esportare.

51
La Commissione sottolinea, inoltre, sia l'intento dei grossisti di ingannare la Bayer sul livello della domanda del mercato nazionale, risultante dalla corrispondenza menzionata nella decisione controversa, sia la necessità di tale impostazione, considerati, da una parte, l'intento dei grossisti di continuare ad esportare i medicinali e, dall'altra, la politica della Bayer di limitare le forniture esclusivamente alla domanda del detto mercato.

52
La Bayer e l'EFPIA replicano anzitutto che la censura relativa all'asserita mancata considerazione di taluni elementi di prova dovrebbe essere respinta ictu oculi, dal momento che il Tribunale avrebbe esaminato e dettagliatamente preso in considerazione, nella sentenza impugnata, tutti i documenti menzionati dalla Commissione nella decisione controversa e che, pertanto, tale motivo sarebbe volto esclusivamente a contestare i fatti accertati dal Tribunale. Con riguardo alla censura relativa al preteso snaturamento degli elementi di prova, esse fanno valere, da un lato, che il Tribunale avrebbe espressamente affermato, ai punti 125, 128, 131 e 143-152 della sentenza impugnata, che alcune imprese avrebbero simulato una domanda superiore per il mercato nazionale e, dall'altro, che la Commissione non avrebbe neanche tentato di dimostrare che il Tribunale, nel prendere in considerazione prove asseritamente snaturate, sarebbe pervenuto ad una diversa valutazione. In realtà, la Commissione cercherebbe nuovamente, a loro avviso, di rimettere in discussione l'accertamento dei fatti compiuto dal Tribunale.

Giudizio della Corte

53
Occorre rilevare, in primo luogo, che il Tribunale, nell'ambito dell'esame diretto ad accertare se, in assenza di prova del tentativo della Bayer di ottenere il consenso ovvero l'acquiescenza dei grossisti alla sua nuova politica commerciale, il comportamento effettivo di questi ultimi consenta di concludere che essi abbiano acconsentito a tale politica, ha tenuto conto di tutti i documenti dedotti dalla Commissione nella decisione controversa.

54
A tal riguardo, il Tribunale non ha affatto dichiarato che i grossisti non intendevano ingannare la Bayer con riguardo alla loro intenzione di esportare. Per contro, si è limitato a rilevare che, dai documenti ai quali la Commissione aveva fatto riferimento, non risultava che i grossisti avessero voluto dare alla Bayer l'impressione di essere disposti a ridurre i loro ordinativi a un livello determinato, per venire incontro alla sua espressa volontà.

55
In secondo luogo, con riguardo al preteso snaturamento degli elementi di prova, il Tribunale, da un canto, non ha affatto negato che, per reagire alla politica della Bayer, alcuni grossisti avessero preferito effettuare gli ordinativi ripartendoli tra le loro agenzie locali dietro il pretesto di un aumento degli ordinativi ufficialmente destinati al mercato nazionale.

56
D'altra parte, il Tribunale ha espressamente riconosciuto che i grossisti avevano condotto difficili negoziati con la Bayer per far riconoscere a quest'ultima che il loro fabbisogno nazionale tradizionale era più elevato e che occorreva soddisfarlo. Orbene, il Tribunale ha concluso che tale circostanza non poteva essere fatta valere per dimostrare che i grossisti avessero prestato acquiescenza alla politica della Bayer.

57
Pertanto, il terzo motivo della Commissione deve essere respinto in quanto infondato.

L'onere della prova dell'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato

Argomenti delle parti

58
Con il secondo motivo, il BAI contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell'ammettere il principio secondo cui l'onere della prova di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, tra la Bayer e i grossisti interessati, incomberebbe esclusivamente alla Commissione (punti 119-121 della sentenza impugnata). Così facendo, il Tribunale avrebbe disconosciuto il principio affermato dalla Corte nella sentenza 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni (Racc. pag. I-4125, punto 96), secondo il quale, qualora gli elementi raccolti dalla Commissione siano sufficienti a dimostrare prima facie la conclusione di un accordo, spetterebbe all'impresa interessata la prova dell'assenza di un comune intento tra la medesima ed i suoi distributori.

59
A tal riguardo, il BAI fa valere che, secondo quanto rilevato dalla Commissione e non contestato dalla Bayer, si sarebbero svolti diversi incontri tra quest'ultima e i grossisti in occasione delle restrizioni all'esportazione introdotte dalla Bayer. Nel corso di tali riunioni, la Bayer avrebbe chiaramente manifestato la propria volontà di impedire le importazioni parallele attraverso un contingentamento delle vendite. Tale volontà, inoltre, sarebbe stata compresa dai grossisti, i quali avrebbero finito con l'accettare tale contingentamento. Benché il Tribunale abbia correttamente esposto tutti questi fatti, non ne avrebbe tratto conclusioni corrette in diritto. Secondo il BAI, conformemente alla menzionata sentenza Commissione/Anic partecipazioni, il Tribunale avrebbe dovuto concludere che l'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, risultava prima facie, con la conseguenza che spettava alla Bayer provare l'assenza di un comune intento. La sentenza impugnata si fonderebbe, pertanto, su tale erronea applicazione della legge.

60
Sia la Bayer che l'EFPIA replicano che la menzionata sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, vertendo su fatti diversi da quelli oggetto della presente fattispecie, non potrebbe affatto essere trasposta a quest'ultima. La Bayer, sostenuta dall'EFPIA, ritiene che tale censura sia diretta, in realtà, contro l'accertamento dei fatti da parte del Tribunale, secondo il quale la Commissione non avrebbe fornito la prova dell'esistenza di un accordo ai sensi della detta disposizione e che, come tale, sia irricevibile ovvero infondata.

Giudizio della Corte

61
Per quanto riguarda l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Bayer e dall'EFPIA, è sufficiente rilevare che la questione della ripartizione dell'onere della prova, benché possa incidere sull'accertamento dei fatti da parte del Tribunale, costituisce una questione di diritto. Pertanto, l'eccezione di irricevibilità non è fondata.

62
Nel merito, si deve osservare che, nella menzionata sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, la Corte, contrariamente a quanto suggerito dal BAI, non ha modificato il principio in virtù del quale, in caso di controversia sulla sussistenza di un'infrazione alle regole di concorrenza, spetta alla Commissione fornire la prova dell'infrazione constatata da quest'ultima e fornire gli elementi idonei a dare valida prova dell'esistenza dei fatti che integrano l'infrazione.

63
Infatti, nella causa in esito alla quale è stata pronunciata la menzionata sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, risultava che un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, era stato concluso nel corso di una riunione tra più partecipanti. La Corte ha quindi rilevato che un'impresa che abbia assistito alla riunione de qua è soggetta all'onere della prova ove intenda successivamente far valere di non aver voluto partecipare all'elaborazione dell'accordo così accertato. Ne consegue che, in tale causa, l'inversione dell'onere della prova è stata operata successivamente all'accertamento dell'esistenza di un accordo raggiunto in esito ad una riunione tra tre imprese. Inoltre, la possibilità offerta all'impresa interessata, cui incombeva l'onere della prova, consisteva nel sottrarsi all'accordo raggiunto, e non nel negarne l'esistenza stessa. Pertanto, il BAI non può utilmente invocare la menzionata sentenza Commissione/Anic Partecipazioni a sostegno del suo secondo motivo, il quale non è fondato e deve quindi essere respinto.

I motivi vertenti sulla nozione di accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato

64
Sia il BAI che la Commissione censurano la valutazione giuridica eccessivamente restrittiva in base alla quale il Tribunale ha ritenuto che non sussistesse alcun accordo relativo a un divieto di esportazione, rientrante nella sfera di applicazione dell'art. 85, n.1, del Trattato.

Osservazioni di carattere generale in ordine all'impostazione seguita dal Tribunale con riguardo alla nozione di accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato

65
La Commissione ritiene che la sentenza impugnata si ponga in contrasto con i precedenti giurisprudenziali concernenti la nozione di accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato e che, così facendo, ridefinisca i criteri richiesti per provare l'esistenza di un divieto di esportazione e di un accordo in materia. L'interpretazione restrittiva di tali nozioni, nonché i più severi requisiti con riguardo alla prova della conclusione di un accordo tra un produttore e un grossista, avente ad oggetto un divieto di esportazione, rimetterebbero in discussione la politica condotta dalla Commissione nella lotta alle restrizioni della concorrenza fondate su un sistema di ostacoli alle importazioni parallele.

66
A tal riguardo, l'EAEPC sostiene che il commercio parallelo costituirebbe un corollario della realizzazione del mercato interno. Il Regno di Svezia deduce argomenti analoghi sottolineando che, poiché il settore dei medicinali non è stato assoggettato ad una armonizzazione completa a livello europeo, occorrerebbe incoraggiare le importazioni parallele per evitare che il mercato, già sensibile ai comportamenti sleali volti a mantenere le differenze di prezzo esistenti tra Stati membri, ne sia ulteriormente ostacolato.

67
Nel ricordare che agli Stati membri è vietato limitare in qualsiasi modo la libera circolazione delle merci ove ciò non sia giustificato dal Trattato, l'EAEPC deduce che le restrizioni da parte dello Stato non dovrebbero essere sostituite da restrizioni imposte da singoli.

68
Secondo la Bayer, sostenuta dall'EFPIA, gli argomenti relativi alla sfera di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, sarebbero manifestamente infondati. Le decisioni e la giurisprudenza relative all'applicazione di tale disposizione ai divieti di esportazione verterebbero esclusivamente su casi in cui un fabbricante aveva previamente concluso con dei distributori un accordo, espresso o tacito, riguardante il divieto medesimo, nell'ambito del quale il fabbricante verificava, a posteriori, se il detto divieto di esportazione fosse stato rispettato e infliggeva sanzioni alle imprese che non avessero rispettato i termini di tale accordo. Tale ipotesi non ricorrerebbe nella fattispecie in esame e, pertanto, i precedenti non sarebbero ad essa applicabili.

69
In realtà, il reale obiettivo della Commissione consisterebbe nell'ampliare la sfera di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato e nel far sì che gli ostacoli alle importazioni parallele, afferenti al principio della libera circolazione delle merci di cui all'art. 30 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE), vengano di per sé elevati, in pratica, ad infrazioni all'art. 85, n. 1, del Trattato. Applicando tale disposizione, la Commissione mirerebbe espressamente, nella specie, ad una armonizzazione dei prezzi dei medicinali, senza procedere ad una armonizzazione delle normative degli Stati membri, laddove proprio queste ultime sarebbero la causa delle differenze di prezzo. Infatti, sarebbero gli Stati membri, e non l'industria farmaceutica, i responsabili della fissazione di prezzi diversi negli Stati membri per lo stesso medicinale. Tali distorsioni della concorrenza potrebbero essere eliminate solo con l'applicazione dell'art. 30 del Trattato e con l'armonizzazione delle disposizioni nazionali relative alla fissazione dei prezzi dei medicinali.

70
Il proposito di utilizzare l'art. 85, n. 1, del Trattato per penalizzare un'impresa che non si trovi in posizione dominante e decida di rifiutare le forniture ad alcuni grossisti per impedire loro di effettuare importazioni parallele traviserebbe manifestamente le necessarie condizioni di applicazione dell'art. 85 medesimo e l'economia del Trattato, alla luce della quale, mentre le misure ─ adottate da uno Stato membro ─ che impediscano le esportazioni parallele sarebbero vietate dall'art. 30 del Trattato, i provvedimenti unilaterali presi da imprese private sarebbero sottoposti a limitazioni, in base ai principi del Trattato medesimo, solo ove si tratti di un'impresa che occupi una posizione dominante nel mercato, ai sensi dell'art. 86 dello stesso Trattato, ciò che non ricorre nella specie.

71
E' in tale contesto che occorre esaminare i diversi motivi vertenti su una asserita interpretazione eccessivamente restrittiva, da parte del Tribunale, della nozione di accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

Sulla necessità di un sistema di controlli e sanzioni quale condizione preliminare all'accertamento di un accordo relativo ad un divieto di esportazione

Argomenti delle parti

72
Il BAI, con il primo capo, sub i), del terzo motivo, e la Commissione, con il primo motivo, sostenuti sul punto dal Regno di Svezia, contestano al Tribunale di aver interpretato in maniera eccessivamente restrittiva l'art. 85, n. 1, del Trattato, nella parte in cui avrebbe erroneamente ritenuto che l'esistenza di un sistema di controlli sulla destinazione finale dei lotti di Adalat consegnati ai grossisti esportatori e di sanzioni nei confronti di questi ultimi costituisca una condizione necessaria perché possa ritenersi concluso un accordo relativo a un divieto di esportazione.

73
Il BAI sottolinea che, se è pur vero che tale sistema di controlli e di sanzioni può rappresentare un indizio dell'esistenza di un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato, potendo produrre l'effetto di obbligare i partner commerciali interessati a mantenere i loro impegni, ciò non significherebbe, invece, che l'assenza di un siffatto sistema valga di per sé ad escludere la conclusione di un accordo. A tal riguardo, il BAI richiama le menzionate sentenze Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione e Ford/Commissione, nelle quali la Corte ha ritenuto che sussistesse un accordo lesivo della concorrenza pur in assenza di tali controlli. Pretendere che sia stato istituito un siffatto sistema di controlli e di sanzioni quali condizioni cumulative che consentano di accertare l'esistenza di un accordo relativo a un divieto di esportazione vietato dalla detta disposizione costituirebbe, pertanto, una erronea applicazione della legge.

74
La Commissione, dal canto suo, contesta al Tribunale, più specificamente, di aver ritenuto che un accordo relativo a un divieto di esportazione sussista solo qualora venga istituito un sistema di controlli a posteriori dell'effettiva destinazione finale dei prodotti ordinati e vengano applicate sanzioni per assicurarsi che i prodotti non vengano esportati. A suo giudizio, tale accordo sussisterebbe nell'ipotesi, come quella che ricorre nella specie, in cui sia seguita una tecnica più sottile di tipo preventivo, che istituisca restrizioni alle consegne in presenza di indizi sufficienti che lascino supporre l'esistenza di esportazioni. Con tale politica di forniture, al divieto diretto successivo ad una fornitura concreta viene sostituito un divieto imposto indirettamente al momento dell'effettuazione degli ordinativi.

75
A tal riguardo, sia il Regno di Svezia sia l'EAEPC osservano che la Bayer, invece di imporre divieti all'esportazione manifestamente in contrasto con il diritto comunitario, praticherebbe ormai sottili limitazioni delle forniture che, abbinate all'esigenza di mantenere in permanenza uno stock di medicinali sufficiente, produrrebbero un effetto equivalente ad un divieto all'esportazione. Pertanto, l'assenza di prova relativa a un sistema di controlli a posteriori non rivestirebbe un significato decisivo.

76
Sia la Bayer che l'EFPIA replicano sostenendo che tale motivo riguarderebbe in realtà solo l'accertamento dei fatti compiuto dal Tribunale e sarebbe pertanto irricevibile. D'altronde, l'argomento dei ricorrenti verterebbe su un'interpretazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato che non figurerebbe nella sentenza impugnata. Nel sottolineare che il Tribunale si sarebbe limitato a verificare l'argomento di fatto invocato dalla Commissione, secondo il quale la Bayer avrebbe compiuto un controllo a posteriori della destinazione della merce fornita, quest'ultima, sostenuta dall'EFPIA, fa valere che, nella sentenza impugnata, non è stato dichiarato che un accordo su un divieto di esportazione può sussistere solo qualora il produttore controlli a posteriori che il grossista abbia esportato la merce fornita e qualora, in tal caso, lo sanzioni riducendo le forniture ovvero rifiutandosi di fornire i medicinali.

77
Inoltre, quanto all'asserzione secondo cui non si sarebbe tenuto conto della giurisprudenza in materia, nella controreplica la Bayer precisa che, a differenza della presente fattispecie, in tutti i casi menzionati dalla Commissione nonché in tutti quelli sui quali la Corte si è pronunciata sino ad ora, il produttore avrebbe piuttosto tentato di impedire l'esportazione dei quantitativi forniti, indipendentemente dal fatto che fossero stati precedentemente contingentati o meno, mediante divieti di esportazione espressi o taciti.

Giudizio della Corte

78
Con tali motivi, i ricorrenti contestano al Tribunale di aver considerato l'istituzione di un sistema di controlli sulla destinazione finale dei lotti di Adalat e di sanzioni nei confronti dei grossisti esportatori quale conditio sine qua non per la sussistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

79
Tuttavia, dalla sentenza impugnata non emerge affatto che il Tribunale abbia ritenuto che un accordo relativo a un divieto di esportazione possa sussistere solo se esiste un siffatto sistema di controlli e di sanzioni dei grossisti.

80
Il Tribunale, nell'esame dell'asserito intento della Bayer di imporre un divieto di esportazione, ha ritenuto, da un lato, che la Commissione non [abbia] sufficientemente dimostrato né che la Bayer Francia e la Bayer Spagna abbiano imposto un divieto di esportazione ai loro rispettivi grossisti, né che la Bayer abbia introdotto un controllo sistematico della reale destinazione finale delle confezioni di Adalat consegnate dopo l'adozione della sua nuova politica di consegne, né che la ricorrente (...) abbia subordinato la consegna di tale prodotto all'osservanza di tale asserito divieto di esportazione (punto 109 della sentenza impugnata).

81
D'altro lato, nell'esame complementare relativo all'asserito intento dei grossisti di aderire alla politica della Bayer, il Tribunale ha ricordato, riferendosi a quanto aveva già dichiarato, che la Commissione non ha sufficientemente dimostrato né che la Bayer abbia introdotto una politica di controllo sistematico della reale destinazione finale delle confezioni di Adalat consegnate, né l'esercizio di una politica fatta di minacce e sanzioni nei confronti dei grossisti esportatori, né, di conseguenza, che la Bayer Francia e la Bayer Spagna abbiano imposto un divieto di esportazione ai loro rispettivi grossisti, né, infine, che la consegna di tale prodotto fosse subordinata all'osservanza di tale asserito divieto di esportazione (punto 119 della sentenza impugnata).

82
Dalla sentenza impugnata emerge che il Tribunale, affermando l'assenza di un sistema di controlli a posteriori e di sanzioni istituito dalla Bayer, intendeva in primo luogo rispondere all'argomento di fatto dedotto dalla Commissione, secondo cui la Bayer avrebbe imposto ai grossisti un divieto di esportazione, che sarebbe stato attuato individuando i grossisti esportatori e praticando ripetuti tagli nei volumi dei medicinali forniti, qualora fosse risultato che esportavano in tutto o in parte tali prodotti.

83
In secondo luogo, il Tribunale, in ogni caso, non ha ritenuto che l'assenza di un sistema di controlli a posteriori e di sanzioni implicasse di per sé l'assenza di un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato. Al contrario, tale assenza è stata ritenuta uno degli elementi pertinenti dell'analisi relativa all'asserito intento della Bayer di imporre un divieto di esportazione e, conseguentemente, all'esistenza di un accordo nella specie. A tal riguardo, benché l'esistenza di un accordo non risulti necessariamente dalla sussistenza di un sistema di controlli a posteriori e di sanzioni, l'instaurazione di tale sistema può costituire, nondimeno, un indizio dell'esistenza di un accordo.

84
Quanto alle censure relative all'asserzione secondo cui non si sarebbe tenuto conto delle menzionate sentenze Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione e Ford/Commissione, poiché, in tali sentenze, la Corte non ha esaminato se esistesse un sistema di controlli a posteriori e di sanzioni prima di affermare l'esistenza di un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato, occorre ribadire che la verifica dell'esistenza di tale sistema non è sempre necessaria per poter ritenere che sia stato concluso un accordo in contrasto con tale disposizione.

85
Nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, il produttore aveva inviato ai propri fornitori fatture recanti la dicitura esportazione vietata, che era stata tacitamente accettata dai fornitori (v. precedente punto 23). La Corte ha potuto dunque affermare l'esistenza di un accordo vietato dalla detta disposizione, senza essere tenuta a ricercarne la prova nell'esistenza di un sistema di controlli a posteriori.

86
Nella causa conclusasi con la menzionata sentenza Ford/Commissione, la Corte ha considerato alla stregua di un accordo la decisione di una casa automobilistica di non fornire veicoli con guida a destra ai concessionari tedeschi, al fine di precludere loro la possibilità di esportarli nel mercato britannico. E' sufficiente considerare, nel contesto del presente motivo, che in tale causa ricorreva un semplice rifiuto di vendita, e non una vendita asseritamente sottoposta a date condizioni imposte ai distributori e che, pertanto, un sistema di controlli a posteriori sarebbe stato in ogni caso superfluo.

87
Con riguardo agli argomenti della Commissione, del Regno di Svezia e dell'EAEPC, secondo cui un sistema di controlli a posteriori sarebbe stato imposto dal meccanismo preventivo di approvvigionamento istituito dalla Bayer, si deve rilevare che tali argomenti tendono a sottolineare il carattere unilaterale dei comportamenti di quest'ultima con riguardo alle restrizioni alle importazioni parallele.

88
Il solo fatto che la politica unilaterale di contingentamento istituita dalla Bayer, abbinata alla necessità, per i grossisti, di disporre a livello nazionale di un assortimento completo, produca un effetto equivalente ad un divieto di esportazione non significa né che il produttore avesse imposto tale divieto, né che esistesse un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato.

89
Il Tribunale pertanto, nel rilevare che la Commissione non aveva sufficientemente dimostrato l'esistenza di un sistema di controlli a posteriori e di sanzioni dei grossisti, non ha commesso un errore di diritto. Si deve pertanto respingere il motivo del BAI e della Commissione, vertente sul fatto che un tale sistema di controlli a posteriori e di sanzioni dei grossisti non costituisce la condicio sine qua non dell'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

Sul motivo vertente sulla necessità che il produttore pretenda un determinato comportamento da parte dei grossisti ovvero tenti di ottenere l'adesione di questi ultimi alla propria politica

Argomenti delle parti

90
Il BAI, con il primo capo, sub ii), del terzo motivo, e la Commissione, con il secondo motivo, contestano al Tribunale di aver interpretato in maniera eccessivamente restrittiva l'art. 85, n. 1, del Trattato, nella parte in cui avrebbe erroneamente ritenuto che un accordo relativo ad un divieto di esportazione possa ritenersi concluso solo ove il produttore pretenda dai grossisti un determinato comportamento o cerchi di ottenere la loro adesione alla sua politica volta ad impedire le importazioni parallele. Più specificamente, non sarebbe necessario, a loro avviso, provare che la Bayer avesse imposto un divieto di esportazione espresso ai grossisti per affermare l'esistenza di un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato.

91
Il BAI, richiamandosi, in particolare, alle menzionate sentenze Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione e Ford/Commissione, sostiene che un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato deve ritenersi concluso per il solo fatto che i grossisti continuino a rifornirsi presso un produttore che abbia manifestato l'intento di impedire le esportazioni parallele, poiché in tal modo essi accetterebbero, di fatto, la politica commerciale di quest'ultimo.

92
Nello stesso senso, la Commissione sottolinea che, perché vi sia un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, è sufficiente che le imprese in questione abbiano espresso il comune intento di comportarsi sul mercato in un determinato modo. Essa contesta al Tribunale di non aver considerato che, nella specie, la Bayer aveva espresso con sufficiente chiarezza il proprio intento di indurre i grossisti a cambiare il loro modo di ordinare e di rifornire e che, pertanto, questo fatto, associato al cambiamento nel comportamento di questi ultimi, poteva esprimere un comune intento tra la Bayer e i grossisti. A tal riguardo, la Commissione rinvia alle menzionate sentenze AEG/Commissione e Ford/Commissione, nelle quali la Corte non ha esaminato se il produttore avesse preteso dai propri rivenditori un determinato comportamento, o se avesse, addirittura, cercato di ottenere la loro acquiescenza ai provvedimenti che aveva adottato.

93
Il BAI, l'EAEPC e il Regno di Svezia sottolineano che, quando un produttore proceda a un contingentamento delle forniture ai grossisti in funzione della domanda del mercato nazionale sul quale essi operano, ciò può costituire un ostacolo alle esportazioni qualora si associ all'ulteriore obbligo di rifornire prioritariamente un mercato determinato. Non sarebbe necessario alcun divieto espresso. Una tale restrizione delle forniture produrrebbe ineluttabilmente l'effetto di un divieto di esportazione e dunque di una compartimentazione artificiale dei mercati, poiché le forniture non sarebbero più sufficienti per consentire le esportazioni. Il Regno di Svezia osserva, inoltre, che conformemente alla giurisprudenza comunitaria, in particolare alla menzionata sentenza Ford/Commissione, il comportamento della Bayer potrebbe essere qualificato come rifiuto parziale di vendita, applicato in modo uniforme e sistematico nei confronti di tutti i grossisti stabiliti in Francia e in Spagna, potendo tale comportamento essere considerato quale disposizione contrattuale in contrasto con l'art. 85, n. 1, del Trattato.

94
Sia la Bayer sia l'EFPIA ritengono, dal canto loro, che tale motivo debba essere respinto in quanto discendente da una lettura erronea della sentenza impugnata. Infatti, il Tribunale non avrebbe affatto subordinato l'esistenza di un accordo su un divieto di esportazione alla questione se la Bayer avesse espressamente preteso ovvero attivamente cercato di ottenere l'adesione dei grossisti a un divieto di esportazione. D'altronde, tale motivo non implicherebbe, in realtà, alcun argomento in diritto, ma contesterebbe un accertamento dei fatti, compiuto dal Tribunale al punto 157 della sentenza impugnata, per respingere una asserzione di fatto dedotta dalla Commissione stessa, accertamento secondo cui il comportamento effettivo dei grossisti non costituiva una prova sufficiente per affermare che essi avrebbero tollerato la politica volta a ostacolare le importazioni parallele. Pertanto, tale motivo sarebbe irricevibile.

95
Quanto all'asserzione secondo cui non si sarebbe tenuto conto della giurisprudenza di cui alle menzionate sentenze AEG/Commissione e Ford/Commissione, esaminata dal Tribunale, sia la Bayer che l'EFPIA sostengono che la fattispecie differirebbe da quella oggetto delle dette sentenze e negano di conseguenza che il Tribunale si sia discostato da tale giurisprudenza.

Giudizio della Corte

96
Dalla sentenza impugnata non emerge che il Tribunale abbia ritenuto che un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, possa sussistere solo se uno dei partner commerciali esiga dall'altra parte un comportamento determinato.

97
Per contro, al punto 69 della sentenza impugnata, il Tribunale ha preso le mosse dal principio secondo cui la nozione di accordo, di cui all'art. 85, n. 1, del Trattato, si struttura sull'esistenza, tra almeno due parti, di una comune volontà, il cui modo di manifestarsi non è rilevante, purché sia fedele espressione della volontà delle parti stesse. Al punto 67 della sentenza medesima, ha inoltre ricordato che, perché esista un accordo ai sensi della detta disposizione, è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo.

98
Tuttavia, poiché la questione che si pone nella specie si estrinseca nell'accertare se un provvedimento adottato ovvero imposto in modo apparentemente unilaterale da un produttore nell'ambito delle relazioni continuative dal medesimo intrattenute con i propri grossisti sia costitutivo di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, il Tribunale ha esaminato gli argomenti della Commissione, come esposti al punto 155 della decisione controversa, secondo cui la Bayer avrebbe violato la detta disposizione avendo previsto un divieto di esportazione (...) che si inserisce nel quadro dei loro rapporti commerciali continuativi [della Bayer Francia e della Bayer Spagna] con i loro clienti, divieto che i grossisti hanno accettato implicitamente (punto 74 della sentenza impugnata).

99
Quanto all'argomento secondo il quale il Tribunale avrebbe ritenuto, contra ius, che fosse necessario provare un divieto espresso di esportare da parte della Bayer, dall'analisi compiuta dal Tribunale con riguardo al sistema di controllo della distribuzione dei lotti di Adalat forniti (v. supra, punti 44-48 ), emerge che esso non ha affatto richiesto la prova di un divieto espresso.

100
Quanto agli argomenti dei ricorrenti secondo cui il Tribunale avrebbe dovuto ammettere che la manifestazione dell'intento della Bayer di limitare le importazioni parallele poteva essere alla base di un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato, è fuor di dubbio che l'esistenza di un accordo ai sensi della detta disposizione può essere dedotta dal comportamento delle parti interessate.

101
Tuttavia, tale accordo non si può fondare su ciò che è soltanto mera espressione di una politica unilaterale di una delle parti contraenti, che può essere eseguita senza interventi altrui. Infatti, ritenere che un accordo vietato ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato possa essere dimostrato sulla sola base dell'espressione di una politica unilaterale volta a impedire le importazioni parallele produrrebbe come effetto una confusione della sfera di applicazione di tale disposizione con quella dell'art. 86 del Trattato.

102
Perché un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato possa ritenersi concluso in virtù di una accettazione tacita, è necessario che la manifestazione di volontà di una delle parti contraenti volta a un fine lesivo della concorrenza costituisca un invito all'altra parte, espresso o tacito, alla realizzazione comune di tale scopo, tanto più che tale accordo non è, nel caso in esame, prima facie nell'interesse dell'altra parte, vale a dire i grossisti.

103
Pertanto, correttamente il Tribunale ha esaminato se il comportamento della Bayer consentisse di concludere che quest'ultima aveva preteso dai grossisti, come condizione dei loro futuri rapporti contrattuali, che essi si adeguassero alla sua nuova politica commerciale.

104
Con riguardo alla causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, invocata dai ricorrenti, è pacifico che il produttore aveva ricercato la cooperazione dei grossisti al fine di eliminare o di ridurre le importazioni parallele, perché la loro cooperazione, alla luce delle circostanze della detta causa, era necessaria per conseguire tale obiettivo. In tale contesto, l'inserimento, da parte del produttore, della dicitura esportazione vietata sulle fatture equivaleva ad una domanda volta a ottenere un dato comportamento da parte dei grossisti. Tale ipotesi non ricorre nella specie.

105
I ricorrenti hanno inoltre invocato le menzionate sentenze AEG/Commissione e Ford/Commissione, sostenendo che in tali sentenze la Corte, nel contesto di provvedimenti apparentemente unilaterali adottati dal produttore nei confronti dei suoi distributori, avrebbe affermato l'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, senza essersi peraltro interrogata sulla sussistenza di un'esigenza da parte di tale produttore.

106
Tuttavia, nelle cause definite con le dette sentenze, non sussisteva la necessità di dimostrare la conclusione di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Per contro, si poneva la questione se i provvedimenti adottati dai produttori si inserissero nel contesto degli accordi di distribuzione selettiva conclusi precedentemente tra i produttori e i distributori e, conseguentemente, se tali provvedimenti dovessero essere presi in considerazione al fine di valutare la compatibilità dei detti accordi con le regole di concorrenza.

107
Nella causa sfociata nella menzionata sentenza AEG/Commissione il produttore, ai fini dell'applicazione di un accordo di distribuzione selettiva precedentemente ritenuto compatibile con l'art. 85, n. 1, del Trattato, aveva cominciato a rifiutare l'ammissione al sistema di distribuzione a distributori che pure rispondevano ai requisiti qualitativi di tale accordo, al fine di difendere un livello di prezzi elevato o di escludere talune forme moderne di distribuzione. Si trattava pertanto di stabilire se la Commissione potesse basarsi sul comportamento adottato dal produttore in sede d i esecuzione di un accordo di distribuzione selettiva per determinare se quest'ultimo, nella sua applicazione concreta, violasse l'art. 85, n. 1, del Trattato.

108
Nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Ford/Commissione, è stato precisato, al punto 12 della sentenza, che le ricorrenti e la Commissione concordano nel ritenere che il problema principale sollevato dalla presente causa è se la Commissione potesse negare al contratto di concessione della Ford AG l'esenzione ai sensi dell'art. 85, n. 3, del trattato poiché detta impresa aveva cessato di fornire i modelli GD [con guida a destra] ai propri distributori tedeschi.

109
Conseguentemente, essendo stata già accertata l'esistenza di un accordo idoneo a violare l'art. 85, n. 1, del Trattato, nelle dette cause la Corte poteva limitarsi ad esaminare la questione se provvedimenti successivamente adottati da parte del produttore si inserissero nel contesto dell'accordo in questione e se essi dovessero, di conseguenza, essere presi in considerazione nell'esame della sua compatibilità con la detta disposizione. Tale questione non corrisponde, pertanto, a quella in esame nella specie, consistente nell'accertare l'esistenza stessa di un accordo lesivo della concorrenza. Pertanto, i ricorrenti non possono invocare le menzionate sentenze AEG/Commissione e Ford/Commissione a sostegno della loro tesi, secondo cui sussisterebbe un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato.

110
Con riguardo agli argomenti del Regno di Svezia e dell'EAEPC, i quali fanno valere che, senza necessità di pretendere espressamente una limitazione delle esportazioni, una pretesa risulterebbe già dal combinato disposto della politica di contingentamento della Bayer e dell'obbligo nazionale di stoccaggio cui sono tenuti i grossisti , è sufficiente ricordare che tale argomento serve solo a dimostrare il carattere unilaterale della politica commerciale della Bayer, che poteva essere eseguita senza la cooperazione dei grossisti. Una volta esclusa l'applicabilità delle menzionate sentenze AEG/Commissione e Ford/Commissione al caso in esame, occorre sottolineare che le dette parti intervenienti non possono più avvalersene a sostegno delle loro tesi. Pertanto, il solo fatto che esista un ostacolo alle importazioni parallele non è sufficiente a dimostrare l'esistenza di un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato.

111
Alla luce delle suesposte considerazioni, il motivo relativo alla necessità che il produttore pretenda un determinato comportamento da parte dei grossisti deve essere respinto.

Sul motivo vertente sull'erronea valutazione della volontà reale dei grossisti

Argomenti delle parti

112
Con il quarto motivo di ricorso, la Commissione contesta al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto nel ritenere che non sussistessero gli estremi di un comune intento, considerato che la volontà dichiarata dei grossisti (ordinare medicinali unicamente per il fabbisogno del mercato nazionale) non corrispondeva alla loro volontà reale (ordinare medicinali anche per l'esportazione). Essendosi riferito solo alla volontà reale dei grossisti, il Tribunale avrebbe pertanto interpretato erroneamente la nozione di accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

113
A tal riguardo, la Commissione fa valere, in particolare, che nella menzionata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, la Corte non ha attribuito alcuna importanza alla reale volontà ovvero alle eventuali riserve mentali delle imprese, in quanto per la conclusione di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, sarebbe determinante solo la volontà dichiarata dalle imprese interessate.

114
Nello stesso senso, l'EAEPC e il BAI, quest'ultimo nell'ambito del primo capo, sub iii), del terzo motivo, sostengono che il fatto che i grossisti si siano opposti a una politica contraria ai loro interessi non costituisce elemento giuridicamente idoneo a confutare il fatto che, in fin dei conti, essi hanno aderito a tale politica. La costante pratica giuridica, benché presupponga una concordanza di intenti per poter accertare l'esistenza di un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato, non richiede affatto una concordanza di interessi delle parti [v. decisione della Commissione 25 novembre 1980, 80/1283/CEE, relativa ad una procedura a norma dell'articolo 85 del trattato CEE (IV/29.702 ─ Johnson & Johnson) (GU L 377, pag. 16, punto 28), nonché la decisione 87/406 (punto 49), e la sentenza Ford/Commissione, citate supra]. L'EAEPC rinvia inoltre alla sentenza 20 settembre 2001, causa C-453/99, Courage e Crehan (Racc. pag. I-6297), dalla quale risulterebbe che un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato sussiste anche quando una delle parti sia costretta a concluderlo contro la sua volontà.

115
Secondo la Bayer e l'EFPIA, questo motivo sarebbe irricevibile, in quanto rimetterebbe sostanzialmente in discussione gli accertamenti di fatto del Tribunale. Assimilando la volontà dichiarata dei grossisti all'obbligo loro imposto di ordinare i medicinali di cui trattasi solo per il fabbisogno del mercato nazionale, i ricorrenti intenderebbero eludere i rilievi operati dal Tribunale ai punti 151-153 della sentenza impugnata, secondo i quali i documenti indicati nella decisione controversa non avrebbero evidenziato una eventuale propensione dei grossisti a rispettare in un modo o in un altro la politica della Bayer.

116
Nel merito, la Bayer fa valere che in presenza di una dichiarazione esplicita di volontà rileverebbe solo la volontà dichiarata, mentre una volontà non manifestata ovvero una riserva mentale in contrasto con quanto espressamente affermato non avrebbero alcun ruolo. Qualora invece, come nel caso di specie, si sia in presenza di dichiarazioni implicite di volontà, andrebbe presa in considerazione solo la reale volontà della parte interessata, quale si estrinseca dal suo comportamento.

Giudizio della Corte

117
Quanto all'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Bayer e dall'EFPIA, occorre osservare che il motivo attinente al difetto di concordanza delle volontà non vale affatto a mettere in discussione gli accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale. Per contro, tale motivo è volto a contestare la rilevanza giuridica attribuita dal Tribunale alla volontà reale dei grossisti, malgrado la loro asserita volontà dichiarata. Pertanto, l'eccezione di irricevibilità non è fondata.

118
Nel merito, occorre ricordare che il Tribunale ha preso le mosse dal principio generale secondo il quale, perché esista un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, è sufficiente che le imprese interessate abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (punto 67 della sentenza impugnata). Dopo aver concluso, nel contesto dell'esame dell'asserito intento della Bayer di imporre un divieto di esportazione, che quest'ultima non aveva imposto tale divieto, il Tribunale ha effettuato un'analisi del comportamento dei grossisti al fine di determinare se sussistesse, nondimeno, un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato.

119
In tale contesto il Tribunale, da un lato, ha respinto la tesi secondo cui sarebbe stata dimostrata l'esistenza di un accordo per effetto di una accettazione tacita da parte dei grossisti dell'asserito divieto di esportazione poiché, come già rilevato dal Tribunale stesso, la Commissione non aveva sufficientemente dimostrato che la Bayer avesse introdotto tale divieto, né che la fornitura dei medicinali fosse subordinata all'osservanza di tale asserito divieto di esportazione (v. punti 119 e 122 della sentenza impugnata).

120
D'altro lato, ciò premesso, il Tribunale ha esaminato se, considerato il reale comportamento dei grossisti successivo all'adozione, da parte della ricorrente, della sua nuova politica di restrizione delle forniture, la Commissione potesse concludere che essi vi avessero assentito (punto 124 della sentenza impugnata).

121
Il Tribunale ha in tal modo cercato di determinare se, in assenza di un divieto di esportazione, i grossisti condividessero, tuttavia, la volontà della Bayer di impedire le importazioni parallele. Nel contesto di tale analisi, il Tribunale non ha compiuto alcun errore di diritto nel riferirsi alla volontà reale dei grossisti di continuare a effettuare ordinativi di medicinali per l'esportazione e per la domanda del mercato nazionale.

122
In ogni caso, come sottolineato dall'avvocato generale al paragrafo 108 delle proprie conclusioni, il motivo attinente alla mancata concordanza delle volontà presuppone l'esistenza di una volontà dichiarata da parte dei grossisti di allinearsi alla volontà della Bayer di impedire le importazioni parallele. Tuttavia, come già rilevato ai precedenti punti 52 e 53, il Tribunale ha rilevato che dai documenti forniti dalla Commissione non risultava che i grossisti avessero voluto dare alla Bayer l'impressione di voler ridurre i loro ordinativi a un livello determinato per venire incontro alla sua espressa volontà.

123
La strategia dei grossisti era volta, al contrario, a far credere alla Bayer, mediante una ripartizione degli ordinativi destinati all'esportazione tra le diverse agenzie, che il fabbisogno del mercato nazionale fosse aumentato. Lungi dal comprovare l'esistenza di un intento comune, tale strategia costituiva solo un tentativo dei grossisti di volgere a loro vantaggio l'applicazione della politica unilaterale della Bayer, la cui attuazione non dipendeva dalla loro cooperazione.

124
Alla luce delle suesposte considerazioni, il motivo con il quale si deduce che erroneamente il Tribunale avrebbe accertato l'assenza di un intento comune della Bayer e dei grossisti con riguardo alla politica della prima, volta a ridurre le importazioni parallele, deve essere respinto in quanto non fondato.

Sulla necessità di una acquiescenza successivamente a provvedimenti che si inseriscono nel contesto di rapporti commerciali continuativi disciplinati da accordi generali prestabiliti

Argomenti delle parti

125
Con il quinto motivo la Commissione, sostenuta dall'EAEPC, contesta al Tribunale di aver applicato in maniera erronea l'art. 85, n. 1, del Trattato, esigendo , in contrasto con la menzionata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, la prova della volontà dei grossisti di allinearsi ai provvedimenti adottati dalla Bayer, ancorché tali provvedimenti si inserissero nell'ambito di rapporti commerciali continuativi tra grossisti e produttore. La Commissione sostiene, inoltre, che il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto laddove ha negato che l'istituzione potesse legittimamente invocare le menzionate sentenze AEG/Commissione, Ford/Commissione e BMW Belgio e a./Commissione per interpretare il comportamento adottato dai grossisti successivamente all'attuazione della nuova politica della Bayer in materia di forniture di medicinali come una acquiescenza de facto a tale politica.

126
Nello stesso senso, il BAI, con il suo terzo motivo, primo capo, sub iii), e secondo capo, contesta al Tribunale di aver omesso di verificare se i provvedimenti adottati dalla Bayer fossero solo apparentemente unilaterali, in quanto si inserivano nell'ambito dei suoi rapporti commerciali continuativi con i grossisti. Più specificamente, il BAI ritiene che i rapporti commerciali abituali nel settore del commercio all'ingrosso di prodotti farmaceutici sarebbero paragonabili al sistema di distribuzione selettiva oggetto delle cause da cui sono scaturite le menzionate sentenze AEG/Commissione, Ford/Commissione e BMW Belgio e a./Commissione, contestando in tal modo al Tribunale di aver escluso l'applicabilità delle dette sentenze alla specie.

127
La Commissione adotta una posizione simile, sostenendo che la vendita di medicinali presenterebbe alcuni aspetti della distribuzione selettiva. A tal riguardo, i ricorrenti ritengono che l'ammissione di un grossista al sistema di distribuzione in esame implicherebbe che questi abbia assentito agli obblighi imposti dal produttore.

128
Secondo il BAI, i grossisti occuperebbero, nell'approvvigionamento del mercato dei medicinali, una posizione chiave, paragonabile a quella di un rivenditore in un sistema di distribuzione selettiva. Nel sottolineare gli stretti legami di dipendenza tra partner commerciali nel mercato dei medicinali, il BAI sostiene che i grossisti risulterebbero vincolati dalle modalità pratiche di effettuazione della fornitura del produttore. Nel rilevare che i grossisti dipenderebbero dai fabbricanti di prodotti farmaceutici, non potendo sostituire l'Adalat con altri medicinali, il BAI fa valere, nella replica, che essi sarebbero costretti a concludere un compromesso per mantenere i loro benefici al livello più elevato, anche se da ciò conseguirebbe che i terzi stabiliti al di fuori dal territorio servito dai grossisti interessati non potrebbero essere più riforniti. I grossisti sarebbero, pertanto, vittime delle restrizioni delle forniture attuate dal produttore e il loro assenso all'accordo lesivo della concorrenza costituirebbe per i medesimi lo strumento per poter garantire il mantenimento delle loro relazioni commerciali.

129
Alla luce di tali considerazioni, il BAI conclude che l'assenso dei grossisti alla restrizione dei quantitativi forniti dal fabbricante sarebbe sufficiente per ritenere che sussista un accordo avente lo scopo di compartimentare artificialmente i mercati falsando conseguentemente il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune, in violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Se il Tribunale avesse valutato i fatti in maniera giuridicamente corretta, sarebbe necessariamente dovuto pervenire alla conclusione dell'esistenza di un accordo tra la Bayer Francia e la Bayer Spagna e i grossisti interessati.

130
L'EAEPC si allinea a tale posizione, sottolineando che un comportamento effettivo ─ vale a dire, il rispetto dell'accordo da parte dei grossisti senza contestazioni da parte loro ─ non sarebbe necessario, secondo la menzionata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione. Tale sentenza, contrariamente all'interpretazione che ne è stata data dal Tribunale, si sarebbe limitata a rilevare che l'effettuazione di nuovi ordinativi, successivamente alla modifica delle relative condizioni, sarebbe sufficiente per dimostrare l'acquiescenza tacita dei grossisti. Nella specie, proseguendo i loro ordinativi, i grossisti si sarebbero assoggettati alla volontà della Bayer di limitare le forniture di Adalat. Tale modifica del loro comportamento costituirebbe un chiaro indizio della loro acquiescenza alla nuova politica commerciale della Bayer.

131
Inoltre, nella causa in esito alla quale è stata pronunciata la menzionata sentenza Sandoz/Commissione, non sarebbe stato necessario accertare il comportamento effettivo dei grossisti, poiché la Commissione e la Corte si sarebbero limitate a determinare la finalità della clausola che vietava l'esportazione dei prodotti di cui trattasi, senza prendere in considerazione gli effetti di tale clausola. Laddove la finalità si manifesti già nell'offerta del produttore, l'acquiescenza tacita alla clausola sarebbe sufficiente, dal momento che il grossista, procedendo ad un nuovo ordinativo, riconoscerebbe, del pari, tale condizione contrattuale.

132
Quanto agli argomenti secondo cui non si sarebbe tenuto conto della giurisprudenza, sia la Bayer sia la EFPIA ritengono che la Commissione cerchi di far apparire che le circostanze di fatto da cui sono scaturite le menzionate sentenze AEG/Commissione e Ford/Commissione nonché la sentenza 24 ottobre 1995, causa C-70/93, Bayerische Motorenwerke/ALD (Racc. pag. I-3439), siano identiche a quelle attualmente in esame. Tuttavia, in quelle cause, i provvedimenti apparentemente unilaterali dei produttori si sarebbero inseriti, in realtà, nel contesto di accordi di distribuzione a lungo termine prestabiliti e continuativi, ragion per cui non sarebbe stato necessario alcun assenso espresso o implicito dei distributori. L'EFPIA si fonda su tale argomento per sostenere che tutte le dette cause vertevano su sistemi di distribuzione selettiva. Nella presente controversia, siffatti accordi non sussisterebbero; infatti, sarebbe evidente che la Bayer non sfrutta una rete di distribuzione del genere. Sia la Bayer sia l'EFPIA osservano, inoltre, che la disciplina legislativa nazionale dell'attività dei grossisti non costituisce, in nessun caso, un contesto contrattuale esteso, prestabilito e continuativo tra il produttore e i grossisti.

133
Nella replica, la Commissione sottolinea che, contrariamente all'affermazione della Bayer, secondo la quale essa rifornirebbe i grossisti solo caso per caso, le relazioni commerciali tra quest'ultima e i grossisti francesi erano in corso da decenni e la Bayer non avrebbe assolutamente potuto porvi termine da un giorno all'altro.

134
Quanto all'obiezione sollevata dalla Bayer con riguardo all'inserzione di condiciones iuris nelle proprie relazioni commerciali con i grossisti, in contrapposizione alla condizioni contrattuali, la Commissione ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, l'ammissione di un grossista in un sistema di distribuzione selettiva a lungo termine implica che questi acconsenta a taluni provvedimenti del produttore i quali perdono, per ciò solo, il loro carattere apparentemente unilaterale inserendosi nelle relazioni contrattuali esistenti. Ciò varrebbe non solo nell'ambito di sistemi di distribuzione selettiva, ma anche con riguardo ad altri rapporti contrattuali di durata.

135
A tal riguardo, poco importerebbe che si tratti del rispetto di criteri fissati per contratto ovvero di requisiti ex lege. Il rispetto dell'obbligo giuridico di approvvigionamento si porrebbe alla base di ogni rapporto contrattuale tra un produttore di medicinali ed un grossista in Francia o in Spagna, dal momento che da esso dipende l'autorizzazione del grossista.

136
La Commissione si fonda, in via analogica, sulle circostanze della causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Ford/Commissione. Nel sottolineare che le relazioni contrattuali tra la Bayer e i grossisti francesi erano in corso da decenni, essa afferma che gli accordi devono necessariamente rimettere ad una successiva decisione del produttore alcuni aspetti di tali relazioni, quali i volumi delle forniture, che sono soggetti ad oscillazioni e che non possono dunque essere fissati anticipatamente.

137
Per tale ragione, il quantitativo di un determinato medicinale fornito dal produttore, ordinato nel contesto delle relazioni commerciali di lunga durata tra il produttore ed i suoi grossisti, non costituirebbe una misura unilaterale suscettibile di costituire oggetto di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Al contrario, tale misura si inserirebbe nelle dette relazioni contrattuali.

138
Nella controreplica, la Bayer conclude che, con la censura relativa all' elusione della giurisprudenza della Corte, la Commissione, in realtà, intenderebbe far valere che, anche in mancanza di un siffatto accordo, un previo contingentamento unilaterale deve essere considerato, in quanto ostacolo preventivo alle importazioni parallele, alla stessa stregua di un divieto di esportazione repressivo.

139
Secondo la Bayer, tale argomento celerebbe il tentativo di introdurre nel diritto comunitario della concorrenza un divieto generale di qualsiasi ostacolo alle importazioni parallele, estraneo al sistema istituito dagli artt. 85 e 86 del Trattato ma che sembrerebbe doversi fondare in termini generali sull'obiettivo della realizzazione del mercato interno. Per contro, nella sentenza impugnata si sarebbe rilevato che, a differenza di una misura statale adottata ai sensi dell'art. 30 del Trattato, le misure unilaterali preventive adottate da una impresa privata che, in mancanza di accordo, non rientrano nella sfera di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, non ricadrebbero nelle regole di concorrenza contenute nel Trattato.

Giudizio della Corte

140
Con tali motivi, i ricorrenti cercano di contestare la valutazione del Tribunale, secondo la quale la Commissione non avrebbe potuto avvalersi efficacemente dei precedenti giurisprudenziali richiamati per mettere in causa l'analisi (...) in base alla quale il Tribunale ha concluso che, nel caso in esame, non è dimostrato l'assenso dei grossisti alla nuova politica della Bayer (punto 159 della sentenza impugnata).

141
A tal riguardo, occorre ricordare che la presente causa solleva la questione dell'esistenza di un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato. Il semplice fatto della coesistenza di un accordo, in sé neutro, e di una misura restrittiva della concorrenza imposta in maniera unilaterale non equivale ad un accordo vietato dalla detta disposizione. Pertanto, il semplice fatto che una misura adottata da un produttore, avente come effetto di limitare la concorrenza, si inserisca nel contesto delle relazioni commerciali continuative tra quest'ultimo e i suoi grossisti non può essere sufficiente per affermare l'esistenza di tale accordo.

142
La causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione riguardava un divieto di esportazione imposto da un produttore nel contesto di rapporti commerciali continuativi con i grossisti. La Corte ha ritenuto che sussistesse un accordo vietato dall'art. 85, n. 1, del Trattato. Tuttavia, come sottolineato dal Tribunale nei punti 161-162 della sentenza impugnata, tale conclusione si fondava sull'esistenza di un divieto di esportazione imposto dal produttore, che era stato tacitamente accettato dai grossisti. A tal riguardo, al punto 11 della detta sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, la Corte ha affermato che gli ordinativi ripetuti e seguiti dai pagamenti senza che il cliente contestasse il prezzo indicato sulle fatture recanti la dicitura esportazione vietata, costituivano una manifestazione tacita di assenso alle clausole contenute nella fattura ed al tipo di rapporti commerciali sottostanti alle relazioni d'affari fra la Sandoz PF e la clientela. In tale causa, l'esistenza di un accordo vietato non si fondava, pertanto, sulla semplice circostanza che i grossisti avessero continuato a rifornirsi presso un produttore che aveva manifestato il proprio intento di impedire le esportazioni, ma sul fatto che un divieto di esportazione era stato imposto da quest'ultimo, ed era stato tacitamente accettato dai grossisti. Pertanto, i ricorrenti non possono invocare utilmente la menzionata sentenza Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione a sostegno del loro motivo attinente all'errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale postulando l'acquiescenza dei grossisti alle misure imposte dal produttore.

143
Con riguardo alle cause da cui sono scaturite le menzionate sentenze AEG/Commissione, Ford/Commissione e Bayerische Motorenwerke/ALD, i ricorrenti non possono, tantomeno, invocare la loro applicabilità al caso in esame sostenendo che le relazioni commerciali nel settore del commercio all'ingrosso dei prodotti farmaceutici sarebbero paragonabili a un sistema di distribuzione selettiva come quello oggetto di tali cause. Come esposto supra, al punto 141, la questione pertinente è, infatti, quella dell'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

144
Orbene, come già rilevato supra, al punto 106, nelle menzionate sentenze AEG/Commissione e Ford/Commissione non sussisteva la necessità di dimostrare l'esistenza di un accordo ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato. Infatti, essendo già stata accertata l'esistenza di un accordo idoneo a violare tale disposizione, si poneva la questione se i provvedimenti adottati dal produttore si inserissero nel contesto di tale accordo e, conseguentemente, se dovessero essere presi in considerazione nella valutazione della compatibilità del detto accordo con la disposizione medesima. A tal riguardo, il Tribunale ha correttamente rilevato che, nelle dette sentenze, la Corte aveva osservato che in caso di ammissione al sistema di distribuzione di un rivenditore l'autorizzazione di questi si fondava sull'accettazione della politica perseguita dal produttore (v. punto 170 della sentenza impugnata).

145
Tale analisi deve venire accostata alla menzionata sentenza Bayerische Motorenwerke/ALD, nella quale si trattava di decidere se l'art. 85, n. 1, del Trattato CEE debba essere interpretato nel senso che vieta ad un produttore di autoveicoli che vende i suoi veicoli attraverso un sistema di distribuzione selettiva di pattuire con i suoi concessionari che non verranno fornite vetture alle società di leasing indipendenti quando queste, pur non prevedendo alcuna opzione di acquisto, le mettano a disposizione di utilizzatori che hanno il domicilio o la sede sociale al di fuori del territorio contrattuale del concessionario interessato, o di incitare tali concessionari a tenere un comportamento analogo (punto 14).

146
Ne discende che il Tribunale, escludendo l'applicabilità della giurisprudenza richiamata dal BAI e dalla Commissione alla specie, non è incorso in alcun errore di diritto. Pertanto, i motivi attinenti all'erronea applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, devono essere respinti.

147
Considerato che tutti i motivi di ricorso proposti dal BAI e dalla Commissione vanno disattesi in quanto irricevibili ovvero infondati, i ricorsi devono essere respinti.


Sulle spese

148
Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento d'impugnazione a norma dell'art. 118 di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Bayer e l'EFPIA hanno chiesto, nella causa C-3/01, la condanna della Commissione alle spese, quest'ultima, rimasta soccombente, va condannata alle spese del procedimento di impugnazione.

149
L'art. 69, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura parimenti applicabile al procedimento d'impugnazione a norma dell'art. 118 del regolamento medesimo, prevede che gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportino le proprie spese. Il Regno di Svezia sopporterà quindi le proprie spese.

150
Con riguardo al giudizio di impugnazione introdotto dal BAI (C-2/01P), poiché né la Bayer né l'EFPIA hanno chiesto la condanna del BAI alle spese, si deve dichiarare che ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese relative a tale procedimento.

Per questi motivi,

LA CORTE (in seduta plenaria)

dichiara e statuisce:

1)
I ricorsi sono respinti.

2)
Il Bundesverband der Arzneimittel-Importeure eV, la Bayer AG e la European Federation of Pharmaceutical Industries' Associations sopporteranno le proprie spese relative al procedimento C-2/01 P.

3)
La Commissione delle Comunità europee è condannata alle spese relative al procedimento C-3/01 P.

4)
Il Regno di Svezia sopporterà le proprie spese.

Skouris

Jann

Timmermans

Cunha Rodrigues

Edward

La Pergola

Puissochet

Schintgen

Macken

Colneric

von Bahr

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 gennaio 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: il tedesco.