Causa C-216/01


Budéjovicky Budvar, národní podnik
contro
Rudolf Ammersin GmbH



(domanda di pronuncia pregiudizialeproposta dallo Handelsgericht Wien)

«Protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine – Convenzione bilaterale tra uno Stato membro e un paese terzo che protegge indicazioni di origine geografica di tale paese terzo – Artt. 28 CE e 30 CE – Regolamento (CEE) n. 2081/92 – Art. 307 CE – Successione degli Stati nei trattati»

Conclusioni dell'avvocato generale A. Tizzano, presentate il 20 marzo 2003
    
Sentenza della Corte 18 novembre 2003
    

Massime della sentenza

1..
Agricoltura – Legislazioni uniformi – Protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari – Ambito d'applicazione ratione materiae del regolamento n. 2081/92 – Disposizione di un trattato bilaterale stipulato fra uno Stato membro e un paese terzo che protegge un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta – Esclusione

[Regolamento (CEE) del Consiglio n. 2081/92, art. 2, n. 2, lett. b)]

2..
Libera circolazione delle merci – Restrizioni quantitative – Misure di effetto equivalente – Disposizione di un trattato bilaterale stipulato fra uno Stato membro e un paese terzo che protegge un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta – Giustificazione – Presupposto – Assenza di genericità

(Artt. 28 CE e 30 CE)

3..
Libera circolazione delle merci – Restrizioni quantitative – Misure di effetto equivalente – Disposizione di un trattato bilaterale stipulato fra uno Stato membro e un paese terzo che protegge una denominazione priva di relazione diretta o indiretta in tale paese con l'origine geografica – Inammissibilità

(Art. 28 CE)

4..
Accordi internazionali – Accordi degli Stati membri – Accordi precedenti il Trattato CE – Disposizioni di trattati bilaterali stipulati fra uno Stato membro e un paese terzo in contrasto con il Trattato – Applicazione da parte del giudice dello Stato membro – Ammissibilità – Obbligo di rimuovere eventuali incompatibilità tra una convenzione anteriore e il Trattato

(Art. 307, primo e secondo comma, CE)

1.
Il regolamento n. 2081/92, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari, come modificato dal regolamento n. 535/97, non osta all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, stipulando fra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta del detto paese terzo una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro. v. punti 78, 103, dispositivo 1

2.
Gli artt. 28 CE e 30 CE non ostano all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, stipulato fra Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta del detto paese terzo una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro, purché la denominazione tutelata non sia diventata generica nello Stato d'origine al momento dell'entrata in vigore di tale trattato o in un momento successivo. v. punti 102-103, dispositivo 1

3.
L'art. 28 CE osta all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, stipulato fra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad una denominazione che non si riferisce né direttamente né indirettamente nel detto paese all'origine geografica del prodotto da essa designato una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro. v. punto 111, dispositivo 2

4.
L'art. 307, primo comma, CE dev'essere interpretato nel senso che consente ad un giudice di uno Stato membro, fatte salve le verifiche che quest'ultimo deve effettuare in particolare alla luce delle intenzioni manifestate dallo Stato membro e dallo Stato terzo in merito all'applicazione del principio della continuità dei trattati ai trattati bilaterali in questione, di applicare disposizioni di trattati bilaterali stipulati fra il detto Stato e un paese terzo, che prevedono la tutela di una denominazione di tale paese terzo, anche qualora le dette disposizioni si rivelino incompatibili con le norme del Trattato, per il fatto che si tratta di un obbligo che deriva da convenzioni concluse anteriormente alla data di adesione all'Unione europea dello Stato membro di cui trattasi. Nell'attesa che uno dei mezzi di cui all'art. 307, secondo comma, CE consenta di eliminare eventuali incompatibilità esistenti fra una convenzione anteriore alla detta adesione e il Trattato, il primo comma di tale articolo autorizza il detto Stato a continuare ad applicare una tale convenzione laddove essa contenga obblighi cui quest'ultimo resta vincolato in forza del diritto internazionale. v. punti 164, 173, dispositivo 3







SENTENZA DELLA CORTE
18 novembre 2003 (1)


«Protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine – Convenzione bilaterale tra uno Stato membro e un paese terzo che protegge indicazioni di origine geografica di tale paese terzo – Artt. 28 CE e 30 CE – Regolamento (CEE) n. 2081/92 – Art. 307 CE – Successione degli Stati nei trattati»

Nel procedimento C-216/01,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dallo Handelsgericht Wien (Austria) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Budějovický Budvar, národní podnik

e

Rudolf Ammersin GmbH,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 28 CE, 30 CE e 307 CE, nonché del regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU L 208, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 17 marzo 1997, n. 535 (GU L 83, pag. 3),

LA CORTE,,



composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans (relatore), C. Gulmann e J.N. Cunha Rodrigues, presidenti di sezione, dai sigg. D. A.O. Edward, A. La Pergola, J.-P. Puissochet, R. Schintgen, dalla sig.ra N. Colneric e dal sig. S. von Bahr, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano
cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto

viste le osservazioni scritte presentate:

per la Budějovický Budvar, národní podnik, dal sig. S. Kommar, Rechtsanwalt;

per la Rudolf Ammersin GmbH, dal sig. C. Hauer, Rechtsanwalt;

per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e A. Dittrich, in qualità di agenti;

per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra L. Bernheim, in qualità di agenti;

per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra A.-M. Rouchaud, in qualità di agente, assistita dal sig. B. Wägenbaur, Rechtsanwalt,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Budějovický Budvar, národní podnik, rappresentata dal sig. S. Kommar, della Rudolf Ammersin GmbH, rappresentata dai sigg. C. Hauer, D. Ohlgart e B. Goebel, Rechtsanwälte, e della Commissione, rappresentata dalla sig.ra A.-M. Rouchaud, assistita dal sig. B. Wägenbaur, all'udienza del 19 novembre 2002,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 22 maggio 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con ordinanza 26 febbraio 2001, pervenuta in cancelleria il 25 maggio successivo, lo Handelsgericht Wien (Tribunale commerciale di Vienna) ha sottoposto a questa Corte, in applicazione dell'art. 234 CE, quattro questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 28 CE, 30 CE e 307 CE, nonché del regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU L 208, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 17 marzo 1997, n. 535 (GU L 83, pag. 3; in prosieguo: il regolamento n. 2081/92).

2
Le dette questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Budějovický Budvar, národní podnik (in prosieguo: la «Budvar»), una birreria con sede nella città di České Budějovice (Repubblica ceca), e la Rudolf Ammersin GmbH (in prosieguo: la «Ammersin»), un'impresa con sede a Vienna (Austria) che esercita un'attività di distribuzione di bevande, in merito alla richiesta della Budvar di vietare alla Ammersin la commercializzazione con il marchio American Bud di birra prodotta dalla birreria Anheuser-Busch Inc. (in prosieguo: la Anheuser-Busch), con sede a Saint Louis (Stati Uniti), poiché, in forza dei trattati bilaterali conclusi tra la Repubblica ceca e la Repubblica d'Austria, l'utilizzazione della denominazione Bud nel detto Stato membro è riservata a birra prodotta nella Repubblica ceca.

Contesto normativo

La normativa internazionale

3
L'art. 34, n. 1, della convenzione di Vienna 23 agosto 1978 sulla successione degli Stati nei trattati dispone quanto segue: Qualora una o più parti del territorio di uno Stato se ne separino per formare uno o più Stati, a prescindere dal fatto che lo Stato predecessore continui o meno ad esistere:

a)
tutti i trattati in vigore alla data della successione degli Stati concernenti l'insieme del territorio dello Stato predecessore restano in vigore nei confronti di ogni Stato successore così formato;

b)
tutti i trattati in vigore alla data della successione degli Stati concernenti unicamente la parte del territorio dello Stato predecessore divenuta uno Stato successore restano in vigore soltanto nei confronti di tale Stato successore

.

La normativa comunitaria

4
L'art. 307, primo e secondo comma, CE così dispone: «Le disposizioni del presente trattato non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse, anteriormente al 1° gennaio 1958 o, per gli Stati aderenti, anteriormente alla data della loro adesione, tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall'altra.Nella misura in cui tali convenzioni sono incompatibili col presente trattato, lo Stato o gli Stati membri interessati ricorrono a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate. Ove occorra, gli Stati membri si forniranno reciproca assistenza per raggiungere tale scopo, assumendo eventualmente una comune linea di condotta».

5
Il regolamento n. 2081/92 enuncia, al suo settimo considerando, che le prassi nazionali di elaborazione e di attribuzione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche sono attualmente eterogenee; che è necessario prospettare un approccio comunitario; che in effetti un quadro normativo comunitario recante un regime di protezione favorirà la diffusione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine poiché garantirà, tramite un'impostazione più uniforme, condizioni di concorrenza uguali tra i produttori dei prodotti che beneficiano di siffatte diciture, ciò che farà aumentare la credibilità dei prodotti in questione agli occhi dei consumatori.

6
L'art. 1, nn. 1 e 2, del regolamento n. 2081/92 prevede quanto segue:

1.
Il presente regolamento stabilisce le norme relative alla protezione delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli destinati all'alimentazione umana elencati nell'allegato II del trattato e dei prodotti alimentari elencati nell'allegato I del presente regolamento, nonché dei prodotti agricoli elencati nell'allegato II del presente regolamento.

(...)

2.
Il presente regolamento si applica senza pregiudizio di altre disposizioni comunitarie particolari

.

7
L'allegato I al citato regolamento, intitolato Prodotti alimentari di cui all'articolo 1, paragrafo 1, cita la Birra al primo trattino.

8
Ai sensi dell'art. 2, nn. 1 e 2, del regolamento n. 2081/92:

1.
La protezione comunitaria delle denominazioni d'origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli ed alimentari è ottenuta conformemente al presente regolamento.

2.
Ai fini del presente regolamento si intende per:

a)
denominazione d'origine: il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare

originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e

la cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali ed umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell'area geografica delimitata;

b)
indicazione geografica: il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare

originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e

di cui una determinata qualità, la reputazione o un'altra caratteristica possa essere attribuita all'origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell'area geografica determinata

.

9
Gli artt. 5-7 del regolamento n. 2081/92 disciplinano la procedura di registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine di cui all'art. 2 dello stesso regolamento, detta procedura ordinaria. Secondo l'art. 5, n. 4, di tale regolamento, la domanda di registrazione va inviata allo Stato membro sul cui territorio è situata l'area geografica interessata. Quest'ultimo verifica, ai sensi dell'art. 5, n. 5, primo comma, di tale regolamento, che la domanda sia giustificata e la trasmette alla Commissione delle Comunità europee.

10
Poiché l'istruttoria di una domanda di registrazione da parte della Commissione richiede un certo tempo e si è ritenuto necessario, in attesa di una decisione relativa alla registrazione di una denominazione, che lo Stato membro conceda una protezione nazionale transitoria, il regolamento n. 535/97 ha inserito dopo il primo comma dell'art. 5, n. 5, del regolamento n. 2081/92 il seguente testo: Tale Stato membro può, a titolo transitorio, accordare alla denominazione così trasmessa una protezione ai sensi del presente regolamento a livello nazionale, nonché, se del caso, un periodo di adeguamento, solo in via transitoria a decorrere dalla data della trasmissione; (...)La protezione nazionale transitoria cessa di esistere a decorrere dalla data in cui è adottata una decisione sulla registrazione in virtù del presente regolamento. (...)Le conseguenze di una tale protezione nazionale, nel caso in cui la denominazione non fosse registrata ai sensi del presente regolamento, sono responsabilità esclusiva dello Stato membro interessato.Le misure adottate dagli Stati membri in virtù del secondo comma hanno efficacia solo a livello nazionale e non devono ostacolare gli scambi intracomunitari.

11
L'art. 12 del regolamento n. 2081/92 così dispone: 1. Fatte salve le disposizioni degli accordi internazionali, il presente regolamento si applica ai prodotti agricoli o alimentari provenienti da un paese terzo a condizione che:

il paese terzo sia in grado di offrire garanzie identiche o equivalenti a quelle di cui all'articolo 4;

nel paese terzo esist[a] un sistema di controllo equivalente a quello definito dall'articolo 10;

il paese terzo sia disposto ad accordare ai corrispondenti prodotti agricoli o alimentari provenienti dalla Comunità una protezione analoga a quella esistente nella Comunità.

2. In caso di omonimia fra una denominazione protetta di un paese terzo e una denominazione protetta della Comunità, la registrazione è concessa tenendo debitamente conto degli usi locali e tradizionali e dei rischi effettivi di confusione.L'uso di siffatte denominazioni è autorizzato solo se il paese d'origine del prodotto è chiaramente e visibilmente indicato sull'etichetta.

12
L'art. 17 del regolamento n. 2081/92 introduce una procedura di registrazione, applicabile alla registrazione delle denominazioni già esistenti alla data di entrata in vigore di tale regolamento, detta procedura semplificata. Tale disposizione prevede in particolare che gli Stati membri comunichino alla Commissione, entro un termine di sei mesi a decorrere dalla data dell'entrata in vigore del regolamento n. 2081/92, le denominazioni che essi desiderano far registrare a tale titolo.

13
Al fine di tener conto in particolare del fatto che la Commissione ha presentato al Consiglio dell'Unione europea la prima proposta di registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine che essa doveva elaborare ai sensi dell'art. 17, n. 2, del regolamento n. 2081/92 solo nel marzo 1996, vale a dire dopo che la maggior parte del periodo transitorio di cinque anni previsto all'art. 13, n. 2, dello stesso regolamento era già trascorso, il regolamento n. 535/97, entrato in vigore il 28 marzo 1997, ha sostituito quest'ultimo numero con il testo seguente: In deroga al paragrafo 1 lettere a) e b), gli Stati membri possono lasciare in vigore i sistemi nazionali che consentono l'impiego delle denominazioni registrate in virtù dell'articolo 17 per un periodo massimo di cinque anni a decorrere dalla data di pubblicazione della registrazione, sempreché:

i prodotti siano stati legalmente immessi in commercio con tali denominazioni da almeno cinque anni prima della data di pubblicazione del presente regolamento,

le imprese abbiano legalmente immesso in commercio i prodotti in questione utilizzando in modo continuativo le denominazioni durante il periodo di cui al primo trattino,

dalle etichette risulti chiaramente la vera origine dei prodotti.

Questa deroga non può tuttavia condurre alla libera immissione in commercio dei prodotti nel territorio di uno Stato membro per il quale tali denominazioni erano vietate.

La normativa nazionale

14
L'11 giugno 1976 la Repubblica d'Austria e la Repubblica socialista cecoslovacca hanno concluso un trattato in materia di tutela delle indicazioni geografiche, denominazioni d'origine ed altre denominazioni attinenti alla provenienza di prodotti agricoli e industriali (in prosieguo: la «convenzione bilaterale»).

15
In seguito alla sua approvazione e ratificazione, la convenzione bilaterale è stata pubblicata nel Bundesgesetzblatt für die Republik Österreich 19 febbraio 1981 (BGBl. 1981/75). Ai sensi del suo art. 16, n. 2, la convenzione bilaterale è entrata in vigore il 26 febbraio 1981 per un periodo indeterminato.

16
L'art. 1 della convenzione bilaterale dispone quanto segue: Tutti gli Stati contraenti si obbligano a prendere tutte le misure necessarie per assicurare un'effettiva protezione contro la concorrenza sleale nel commercio delle indicazioni di provenienza, denominazioni di origine ed altre denominazioni attinenti alla provenienza di prodotti agricoli e industriali che rientrano nelle categorie di cui all'art. 5 e sono precisati nell'accordo previsto dall'art. 6, nonché delle denominazioni ed illustrazioni di cui agli artt. 3, 4 e 8, n. 2.

17
Ai sensi dell'art. 2 della convenzione bilaterale, «Per indicazioni di provenienza, denominazioni di origine ed altre denominazioni attinenti alla provenienza ai sensi del presente trattato s'intendono tutte le indicazioni che si riferiscono, direttamente o indirettamente, alla provenienza dei prodotti. Si tratterà in generale di indicazioni geografiche in senso proprio. Tuttavia, si potrà trattare anche di indicazioni di altro genere qualora queste, in relazione ad un certo prodotto, siano percepite negli ambienti interessati del Paese di origine come indicazione del Paese di provenienza. Dette indicazioni possono contenere, oltre al riferimento all'origine del prodotto in una determinata area geografica, anche informazioni sulla qualità del prodotto. Tali proprietà particolari del prodotto saranno esclusivamente o prevalentemente la conseguenza di influenze geografiche o umane».

18
L'art. 3, n. 1, precisa poi che: «(...) [n]ella Repubblica d'Austria le denominazioni cecoslovacche enumerate nella convenzione di esecuzione di cui all'art. 6 sono riservate esclusivamente ai prodotti cecoslovacchi».

19
L'art. 5, n. 1, lett. B, punto 2, della convenzione bilaterale menziona le birre tra i generi dei prodotti cechi cui si applica la protezione prevista da tale convenzione.

20
L'art. 6 della convenzione bilaterale così dispone: Le denominazioni relative a prodotti, cui si applicano le condizioni degli artt. 2 e 5, che beneficiano della protezione del trattato e non costituiscono pertanto denominazioni generiche saranno elencate in un accordo che dovrà essere concluso tra i governi dei due Stati contraenti.

21
L'art. 7 della convenzione bilaterale dispone quanto segue:

1.
Qualora le denominazioni ed i nomi protetti ai sensi degli artt. 3, 4, 6 e 8, n. 2, del presente trattato vengano utilizzati commercialmente, in violazione di tali disposizioni, in relazione a taluni prodotti, con particolare riguardo al loro confezionamento o imballaggio, ovvero in fatture, bollette di trasporto o altri documenti commerciali nonché nella pubblicità, dovranno essere applicati i provvedimenti giudiziari ed amministrativi previsti dalla legge dello Stato contraente in cui viene richiesta la protezione nell'ambito della lotta alla concorrenza sleale e della repressione delle denominazioni commerciali non consentite, alle condizioni previste da tale legge e conformemente all'art. 9 del presente trattato.

2.
Qualora sussista pericolo di confusione, il disposto di cui al n. 1 dovrà trovare applicazione anche nel caso in cui le denominazioni protette ai sensi del presente trattato vengano utilizzate in forma modificata o per prodotti diversi da quelli indicati nell'art. 6 della convezione di esecuzione.

3.
Il disposto di cui al n. 1 deve trovare applicazione anche nel caso in cui le denominazioni protette ai sensi del presente trattato vengano utilizzate in forma tradotta ovvero con riferimento alla provenienza effettiva o con aggiunte quali genere, tipo, imitazione o simili.

4.
Il n. 1 non si applica alle traduzioni di denominazioni di uno degli Stati contraenti qualora la traduzione sia un'espressione del linguaggio corrente nella lingua dell'altro Stato contraente

.

22
L'art. 16, n. 3, della convenzione bilaterale dispone che le due parti contraenti possono denunciare la stessa con preavviso minimo di un anno, per iscritto e per via diplomatica.

23
Conformemente all'art. 6 della convenzione bilaterale, il 7 giugno 1979 è stato concluso un accordo di esecuzione della stessa (in prosieguo: l' accordo bilaterale). Ai sensi dell'art. 2, n. 1, di tale accordo, esso è entrato in vigore contemporaneamente alla convenzione bilaterale, vale a dire il 26 febbraio 1981. Esso è stato pubblicato nel Bundesgesetzblatt für die Republik Österreich 19 febbraio 1981 (BGBl. 1981/76).

24
L'allegato B dell'accordo bilaterale dispone quanto segue: Denominazioni cecoslovacche per prodotti agricoli e industriali(...)

B.
Alimentazione e agricoltura (tranne il vino)

(...)

2.
Birra

Repubblica socialista ceca(...)BudBudějovické pivoBudějovické pivo BudvarBudějovický Budvar(...).

25
Il 17 dicembre 1992 il Consiglio nazionale ceco ha dichiarato che, in conformità con i vigenti principi del diritto internazionale e nella misura da questo prevista, la Repubblica ceca si considererà vincolata, a partire dal 1º gennaio 1993, dai trattati multilaterali e bilaterali di cui era parte a quella data la Repubblica federativa cecoslovacca.

26
Con legge costituzionale 15 dicembre 1992, n. 4/1993, la Repubblica ceca ha confermato che essa assume i diritti e gli obblighi esistenti in forza del diritto internazionale in capo alla Repubblica federativa cecoslovacca alla data dell'estinzione di quest'ultima.

27
La comunicazione del Bundeskanzler relativa ai trattati bilaterali in vigore tra la Repubblica d'Austria e la Repubblica ceca (BGBl. III, 1997/123; in prosieguo: la comunicazione del Bundeskanzler) dispone quanto segue: «Sulla base di un esame congiunto dei trattati bilaterali tra la Repubblica d'Austria e la Repubblica ceca è stato constatato che, in base alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, i seguenti trattati bilaterali erano in vigore il 1º gennaio 1993 nei rapporti tra la Repubblica d'Austria e la Repubblica ceca, giorno in cui la Repubblica ceca è succeduta alla Repubblica federativa cecoslovacca nel relativo territorio, e da allora sono applicati dalle autorità competenti dei due Paesi nell'ambito dei rispettivi ordinamenti giuridici:(...)19. Trattato concluso a Vienna l'11 giugno 1976 tra la Repubblica d'Austria e la Repubblica socialista cecoslovacca in materia di tutela delle indicazioni di provenienza, denominazioni di origine ed altre denominazioni attinenti alla provenienza di prodotti agricoli e industriali, con allegato protocollo 30 novembre 1977 (BGBl. n. 75/1981)(...)26. Accordo di esecuzione del trattato tra la Repubblica d'Austria e la Repubblica socialista cecoslovacca in materia di tutela delle indicazioni di provenienza, denominazioni di origine ed altre denominazioni attinenti alla provenienza di prodotti agricoli e industriali (BGBl. n. 76/1981)(...)».

Controversia nella causa principale e questioni pregiudiziali

28
La Budvar commercializza birra, segnatamente con i marchi Budějovický Budvar e Budweiser Budvar, ed esporta una birra denominata Budweiser Budvar, in particolare in Austria.

29
La Ammersin commercializza in particolare la birra del marchio American Bud, prodotta dalla birreria Anheuser-Busch, che essa acquista dalla Josef Sigl KG (in prosieguo: la Josef Sigl), con sede in Obertrum (Austria), importatore in esclusiva di tale birra in Austria.

30
Con atto introduttivo 22 luglio 1999 la Budvar ha chiesto al giudice del rinvio di ingiungere alla Ammersin di astenersi dall'utilizzare nel territorio austriaco, nello svolgimento della sua attività commerciale, la denominazione Bud o analoghe denominazioni atte a creare confusione per la birra o prodotti simili o in relazione ai detti prodotti, salvo qualora si tratti di prodotti della Budvar. Quest'ultima ha chiesto inoltre la rimozione di tutte le denominazioni in contrasto con tale divieto, con obbligo di rendiconto e di pubblicazione della relativa sentenza. Unitamente al ricorso è stata presentata domanda di provvedimenti urgenti.

31
La domanda della Budvar nella causa principale si basa, essenzialmente, su un duplice fondamento normativo.

32
In primo luogo, la Budvar fa valere che il marchio American Bud, registrato come marchio per conto della Anheuser-Busch, presenta una somiglianza che può generare confusione, ai sensi della normativa contro la concorrenza sleale, con i suoi marchi prioritari che beneficiano di una protezione in Austria, vale a dire Budweiser, Budweiser Budvar e Bud.

33
In secondo luogo, la Budvar sostiene che l'utilizzazione della denominazione American Bud per una birra che proviene da uno Stato diverso dalla Repubblica ceca è incompatibile con le disposizioni della convenzione bilaterale poiché la denominazione Bud, contenuta nell'allegato B dell'accordo bilaterale, costituisce una denominazione protetta ai sensi dell'art. 6 di tale convenzione, denominazione pertanto esclusivamente riservata a prodotti cechi.

34
In data 15 ottobre 1999 il giudice del rinvio ha emanato i provvedimenti urgenti richiesti dalla Budvar.

35
La successiva impugnazione da parte della Ammersin dinanzi all'Oberlandesgericht Wien (Austria) non è stata accolta ed il ricorso per cassazione dinanzi all'Oberster Gerichtshof (Austria) è stato respinto. Terminato il procedimento sommario, lo Handelsgericht Wien è ora competente a statuire sul merito della causa.

36
Il giudice del rinvio osserva che, prima di proporre il ricorso nella causa principale, la Budvar aveva già proposto, dinanzi al Landesgericht Salzburg (Austria), un ricorso identico, sia per l'oggetto sia per il fondamento normativo, a quello proposto nella causa principale, ma diretto nei confronti della Josef Sigl.

37
Nel detto procedimento parallelo, il Landesgericht Salzburg ha ordinato i provvedimenti urgenti richiesti e l'Oberlandesgericht Linz (Austria) non ha accolto l'impugnazione di tale ordinanza. Con ordinanza 7 febbraio 2000, l'Oberster Gerichtshof ha respinto il ricorso in cassazione ( Revision) contro l'ordinanza emessa in appello ed ha confermato i provvedimenti urgenti.

38
Il giudice del rinvio afferma che la decisione dell'Oberster Gerichtshof si fonda sostanzialmente sulle seguenti considerazioni.

39
L'Oberster Gerichtshof, che ha limitato il suo esame al motivo vertente sulla convenzione bilaterale, ha dichiarato che il divieto richiesto nei confronti della Josef Sigl, convenuta, può costituire un ostacolo alla libera circolazione delle merci ai sensi dell'art. 28 CE.

40
Tuttavia, esso ha dichiarato che il detto ostacolo è conforme all'art. 28 CE poiché la protezione della denominazione Bud, come prevista dalla convenzione bilaterale, rientra nella tutela della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell'art. 30 CE.

41
Secondo il giudice del rinvio, sembra che l'Oberster Gerichtshof abbia dichiarato che la denominazione Bud è da considerarsi quale semplice indicazione geografica ovvero quale riferimento di provenienza indiretto, vale a dire un'indicazione che non presuppone che le garanzie associate alle denominazioni d'origine ─ quali la produzione nel rispetto di norme di qualità o di fabbricazione stabilite e controllate dalle autorità, o le caratteristiche particolari del prodotto ─ siano rispettate. La denominazione Bud beneficerebbe inoltre di una protezione assoluta, ossia indipendente da qualsiasi rischio di confusione o di inganno.

42
Alla luce degli argomenti svolti dinanzi ad esso, il giudice del rinvio afferma che sussiste un dubbio ragionevole in merito alle soluzioni delle questioni di diritto comunitario sollevate dalla causa principale, segnatamente perché la giurisprudenza della Corte non consentirebbe di determinare se anche le indicazioni di origine geografica dette semplici, che non comportano rischio di inganno, rientrino nella tutela della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell'art. 30 CE.

43
Alla luce di ciò, lo Handelsgericht Wien ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se sia compatibile con l'art. 28 CE e/o con il regolamento n. 2081/92/CEE l'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso tra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad un'indicazione geografica semplice e indiretta, non corrispondente nel paese di origine né al nome di una regione né al nome di una località, una protezione assoluta, indipendente da qualsiasi rischio d'inganno, alla stregua di un'indicazione geografica qualificata ai sensi del regolamento n. 2081/92/CEE, nel caso in cui l'applicazione della disposizione medesima consenta di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro.

2)
Se tale principio valga anche nel caso in cui l'indicazione geografica che non corrisponde nel paese di origine né al nome di una regione né al nome di una località non venga intesa nel paese di origine quale denominazione geografica per un determinato prodotto e nemmeno quale indicazione geografica semplice ovvero indiretta.

3)
Se la soluzione alla prima e alla seconda questione valga anche nel caso in cui il trattato bilaterale sia stato concluso dallo Stato membro anteriormente alla propria adesione all'Unione europea e sia mantenuto in vigore successivamente all'adesione del medesimo all'Unione europea, a seguito di dichiarazione del governo di tale Stato membro, nei rapporti con lo Stato successore dello Stato terzo originario contraente.

4)
Se l'art. 307, secondo comma, CE obblighi lo Stato membro ad interpretare un siffatto trattato bilaterale in modo conforme al diritto comunitario ai sensi dell'art. 28 CE e/o del regolamento n. 2081/92, nel senso che la protezione ivi prevista per un'indicazione geografica semplice/indiretta, non corrispondente nel paese di origine né al nome di una regione né al nome di una località, ricomprenda unicamente la protezione contro il rischio d'inganno ma non la tutela assoluta di un'indicazione geografica qualificata ai sensi del regolamento n. 2081/92».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità della domanda di decisione pregiudiziale

Osservazioni presentate alla Corte

44
La Budvar fa valere che la causa principale riguarda disposizioni di un trattato bilaterale concluso tra uno Stato membro ed un paese terzo alle quali, ai sensi dell'art. 307, primo comma, CE, il diritto comunitario non si applica. Orbene, l'interpretazione di tali disposizioni competerebbe esclusivamente al giudice nazionale. Alla luce di ciò, una decisione sulle questioni pregiudiziali non sarebbe né necessaria né ammissibile.

45
Secondo il governo austriaco, la parte della prima questione relativa alla compatibilità della tutela conferita dalla convenzione bilaterale con il regolamento n. 2081/92 è irricevibile. Si tratterebbe, infatti, di una questione ipotetica, in quanto l'ordinanza di rinvio non conterrebbe alcun indizio in base al quale uno dei prodotti di cui trattasi sia stato o stia per essere registrato.

46
La Commissione afferma che occorre chiedersi se le questioni pregiudiziali siano di natura ipotetica e, pertanto, irricevibili, tenuto conto in particolare della triplice circostanza che il giudice del rinvio non condivide manifestamente l'interpretazione della convenzione bilaterale fornita dall'Oberster Gerichtshof, nell'ordinanza emessa in sede di procedimento sommario 1° febbraio 2000, per quanto riguarda il carattere assoluto della protezione prevista da quest'ultima, che lo stesso non indica in che tipo di protezione rientri, a suo parere, la denominazione di cui trattasi e che non precisa neppure se sia vincolato dalla detta interpretazione.

Giudizio della Corte

47
Secondo una giurisprudenza costante, nell'ambito della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall'art. 234 CE, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emanare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull'interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire. La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo qualora risulti manifestamente che l'interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in particolare, sentenza 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I-2099, punti 38 e 39).

48
Secondo la Budvar, le questioni pregiudiziali sarebbero irricevibili dato che la causa principale, in considerazione dell'applicabilità dell'art. 307, primo comma, CE, riguarderebbe soltanto l'interpretazione delle norme di diritto nazionale, vale a dire la convenzione e l'accordo bilaterali (in prosieguo: i trattati bilaterali in questione), poiché l'intera normativa comunitaria non è applicabile nel caso di specie.

49
A tale proposito è sufficiente rilevare anzitutto che la terza e la quarta questione riguardano proprio l'interpretazione dell'art. 307 CE in merito alle circostanze della causa principale, mentre la prima e la seconda questione sono relative all'interpretazione di disposizioni di diritto comunitario, vale a dire quelle dell'art. 28 CE e 30 CE, nonché del regolamento n. 2081/92, al fine di consentire al giudice del rinvio di esaminare la compatibilità delle disposizioni nazionali in questione con il diritto comunitario. La pertinenza di un tale esame in vista di un'eventuale applicazione dell'art. 307 CE al detto procedimento è indubbia.

50
Per quanto riguarda poi l'argomento del governo austriaco secondo cui la parte della prima questione relativa al regolamento n. 2081/92 sarebbe di natura ipotetica, occorre rilevare che la causa principale riguarda la rivendicazione da parte della Budvar di un diritto che implicherebbe per la Ammersin il divieto di commercializzare determinate merci con una denominazione protetta e di cui si contesta la compatibilità con il sistema istituito dal regolamento n. 2081/92, indipendentemente dall'esistenza di un'eventuale registrazione nell'ambito del sistema di tale regolamento. Pertanto, la detta questione non è assolutamente di natura ipotetica.

51
Per quanto riguarda infine gli argomenti della Commissione, è sufficiente rispondere che le ipotesi indicate dal giudice del rinvio, relative alla natura della denominazione di cui trattasi nella causa principale, costituiscono soltanto alcune premesse rispetto alle quali sono sollevate le questioni pregiudiziali e di cui la Corte non è chiamata a verificare la fondatezza.

52
Da quanto sopra risulta che la domanda di decisione pregiudiziale è ricevibile.

Nel merito

Sulla prima questione

53
Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il regolamento n. 2081/92 o l'art. 28 CE osti all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso tra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta del detto paese terzo una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro.

54
La detta questione riguarda l'ipotesi secondo cui la denominazione Bud costituirebbe un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta, vale a dire una denominazione per cui non esiste un nesso diretto tra una determinata qualità, la reputazione o un'altra caratteristica del prodotto, da un lato, e la sua origine geografica specifica, dall'altro, e che, pertanto, non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 2, n. 2, lett. b), del regolamento n. 2081/92 (v. sentenza 7 novembre 2000, causa C-312/98, Warsteiner Brauerei, Racc. pag. I-9187, punti 43 e 44), denominazione che, inoltre, non è di per sé una denominazione geografica, ma almeno è idonea ad informare il consumatore del fatto che il prodotto che la reca proviene da un luogo, da una regione o da un paese determinati (v. sentenza 10 novembre 1992, causa C-3/91, Exportur, Racc. pag. I-5529, punto 11).

─ In merito al regolamento n. 2081/92

Osservazioni presentate alla Corte

55
La Budvar sostiene che la denominazione Bud è un'abbreviazione del nome della città di Budweis, il cui nome ceco è Česke Budějovice, luogo d'origine della sua birra, e contiene, quindi, un riferimento geografico, che sarebbe in rapporto diretto con la tradizione birraria di detta città e richiamerebbe segnatamente la reputazione mondiale della birra di Budweis, dovuta alla sua eccellente qualità.

56
Secondo la Budvar, la denominazione Bud ─ protetta in Austria ai sensi della convenzione bilaterale ─ costituisce pertanto un'indicazione geografica o una denominazione d'origine qualificata, vale a dire un'indicazione o una denominazione che può formare oggetto di una registrazione ai sensi del regolamento n. 2081/92.

57
A tale proposito la Budvar fa valere che dalla giurisprudenza della Corte (sentenza Warsteiner Brauerei, citata, punto 47) risulta che il regolamento n. 2081/92 non osta ad un sistema nazionale di tutela, analogo a quello che deriva dalla convenzione bilaterale, di un'indicazione geografica o di una denominazione d'origine qualificata come Bud. . La Budvar afferma inoltre che, nel caso in cui la denominazione Bud, come protetta dalla convenzione bilaterale, costituisse soltanto un'indicazione di origine geografica semplice ─ ossia un'indicazione di origine geografica che non presuppone legami tra le caratteristiche del prodotto e la sua provenienza ─, la citata sentenza Warsteiner Brauerei, segnatamente il punto 54 della stessa, indicherebbe che, a maggior ragione, il regolamento n. 2081/92 non osta all'applicazione di tale protezione nazionale, dato che indicazioni di questo tipo sono manifestamente estranee alla sfera di applicazione del detto regolamento.

59
Secondo la Budvar, il regolamento n. 2081/92 disciplina soltanto la tutela di portata comunitaria delle denominazioni che ne sono oggetto. Ne risulterebbe che, dal punto di vista della tutela puramente nazionale derivante dalla convenzione bilaterale, la distinzione operata dal giudice del rinvio tra le indicazioni di origine geografica semplici e le indicazioni qualificate non è pertinente. In merito alla citata sentenza Warsteiner Brauerei, in particolare ai punti 43 e 44, la detta soluzione si applicherebbe anche indipendentemente da qualsiasi rischio d'inganno.

60
La Ammersin fa valere che la sentenza Warsteiner Brauerei, citata, non apporta alcuna soluzione alla questione oggetto della controversia nella causa principale, ossia se la tutela assoluta riservata dal regolamento n. 2081/92 alle indicazioni geografiche e alle denominazioni d'origine qualificate possa essere concessa a livello degli Stati membri parallelamente al sistema istituito da tale regolamento.

61
A tale questione dovrebbe essere data risposta negativa poiché dall'oggetto, dallo scopo e dall'economia del regolamento n. 2081/92 risulterebbe che quest'ultimo è esaustivo in quanto conferisce una tutela assoluta. La Ammersin rileva, in primo luogo, che il detto regolamento subordina la tutela di una denominazione a condizioni rigide, le quali richiedono che quest'ultima costituisca il nome di una località e che esista un nesso diretto tra la qualità del prodotto di cui trattasi ed il suo luogo d'origine (art. 2, n. 2, del regolamento n. 2081/92), e, in secondo luogo, che la detta tutela sia concessa solo dopo una procedura obbligatoria di notifica, di verifica e di registrazione che implica in particolare un controllo dettagliato della conformità al disciplinare (artt. 4 e segg. del regolamento citato).

62
Ne consegue, secondo la Ammersin, che il regolamento n. 2081/92 osta a sistemi nazionali di tutela che accordino una protezione assoluta a indicazioni geografiche o a denominazioni d'origine per le quali non vi è garanzia che anch'esse soddisfino i requisiti rigidi previsti da tale regolamento.

63
Tale interpretazione sarebbe avvalorata dall'art. 17 del regolamento n. 2081/92, da cui risulterebbe che sistemi nazionali di protezione di indicazioni di origine geografica qualificate, compresi quelli basati su convenzioni bilaterali, possono essere mantenuti oltre il termine di sei mesi previsto da tale disposizione soltanto qualora siano stati notificati alla Commissione entro il detto termine.

64
Tuttavia, le indicazioni di origine protette in forza della convenzione bilaterale, in particolare la denominazione Bud, non sarebbero state notificate entro il detto termine, che è scaduto il 30 giugno 1999 per quanto riguarda la Repubblica d'Austria. Pertanto, esse non potrebbero più essere protette.

65
Il governo austriaco fa valere che, se si parte dal principio secondo cui la denominazione di cui trattasi nella causa principale costituisce soltanto un'indicazione di origine geografica semplice, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la tutela prevista dalla convenzione bilaterale è compatibile con il regolamento n. 2081/92.

66
Detto governo sostiene inoltre che dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che il regolamento n. 2081/92 non osta neppure all'applicazione di una normativa nazionale a tutela di denominazioni che potrebbero essere oggetto di una registrazione ai sensi di tale regolamento.

67
Il governo tedesco sostiene che, trattandosi di un'indicazione di origine geografica semplice, la tutela della denominazione Bud, come prevista dalla convenzione bilaterale, è compatibile con il regolamento n. 2081/92 in quanto quest'ultimo si applica soltanto a indicazioni di origine geografica qualificate, ossia a indicazioni che presentano un nesso intrinseco con le caratteristiche o la qualità del prodotto in questione.

68
Per contro, qualora la causa principale riguardi un'indicazione di origine qualificata, occorre, secondo detto governo, tenere conto del fatto che il regolamento n. 2081/92 prevede soltanto la registrazione delle indicazioni di origine che provengono dagli Stati membri (v. art. 5, nn. 4 e 5, di tale regolamento). Dai considerando di tale regolamento risulterebbe che quest'ultimo si basa sul presupposto che il sistema da esso previsto sia completato da una cooperazione con i paesi terzi. Tuttavia, a tutt'oggi, non esisterebbe nessuna convenzione tra l'Unione europea e la Repubblica ceca.

69
Pertanto, la tutela prevista dalla convenzione bilaterale non solleverebbe alcuna obiezione, purché le indicazioni di origine qualificate che ne sono oggetto soddisfino, per il loro contenuto, i requisiti del regolamento n. 2081/92.

70
Il governo francese fa valere che l'art. 12, n. 1, del regolamento n. 2081/92 fa salvi gli accordi internazionali conclusi anteriormente all'entrata in vigore di quest'ultimo.

71
Sarebbe indubbio, quindi, che la tutela che la convenzione bilaterale conferisce alla denominazione Bud non può essere incompatibile con il regolamento n. 2081/92, tanto più che tale denominazione è stata qualificata come denominazione di origine protetta, in particolare nell'ambito dell'accordo di Lisbona 31 ottobre 1858, sulla tutela delle denominazioni d'origine e la loro registrazione internazionale, ed è stata registrata come tale dall'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale nel 1975.

72
La Commissione fa valere che dalla giurisprudenza risulta come il regolamento n. 2081/92 non osti a che una convenzione bilaterale conferisca, eventualmente in associazione con altri testi legislativi nazionali, una protezione assoluta, vale a dire indipendente da qualsiasi utilizzazione che comporti un rischio di inganno, ad un'indicazione geografica, come quella di cui trattasi nella causa principale, per la quale non esiste alcun nesso tra le caratteristiche del prodotto e la sua origine geografica.

Risposta della Corte

73
La Corte ha già dichiarato che non vi è nulla nel regolamento n. 2081/92 che indichi che indicazioni di origine geografica semplici non possano essere tutelate in forza di una disciplina nazionale di uno Stato membro (v. sentenza Warsteiner Brauerei, citata, punto 45).

74
Il regolamento n. 2081/92 ha lo scopo di garantire una protezione uniforme, nella Comunità, delle denominazioni geografiche cui si riferisce e ha introdotto l'obbligo di registrazione comunitaria delle stesse affinché possano godere di una protezione in tutti gli Stati membri, mentre la protezione nazionale che uno Stato membro può concedere a denominazioni geografiche che non soddisfano i presupposti per la registrazione ai sensi del regolamento n. 2081/92 è disciplinata dal diritto nazionale del detto Stato membro e resta confinata al territorio di quest'ultimo (v. sentenza Warsteiner Brauerei, citata, punto 50).

75
Tale interpretazione non è rimessa in discussione dalla circostanza che il regime nazionale di protezione delle indicazioni di origine geografica di cui trattasi nella causa principale preveda una protezione assoluta, ossia indipendente dal rischio di inganno.

76
Infatti, l'ambito di applicazione del regolamento n. 2081/92 non è determinato in funzione di tale circostanza, bensì dipende essenzialmente dalla natura della denominazione, nel senso che si limita alle designazioni relative ad un prodotto per il quale esiste un nesso particolare tra le sue caratteristiche e la sua origine geografica, nonché dalla portata comunitaria della protezione conferita.

77
Orbene, è pacifico che, ai fini dell'ipotesi di cui alla prima questione, la denominazione di cui trattasi nella causa principale non fa parte delle designazioni che rientrano nella sfera di applicazione del regolamento n. 2081/92. Inoltre, la protezione di cui essa beneficia ai sensi dei trattati bilaterali in questione è limitata al territorio austriaco.

78
Alla luce di quanto sopra, occorre risolvere la prima questione, per quanto riguarda il regolamento n. 2081/92, nel senso che quest'ultimo non osta all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso tra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta del detto paese terzo una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro.

─ In merito agli artt. 28 CE e 30 CE

Osservazioni presentate alla Corte

79
In via preliminare, la Budvar fa valere che la causa principale riguarda soltanto importazioni dirette in Austria provenienti da un paese terzo, vale a dire dagli Stati Uniti, e non concerne quindi un ostacolo agli scambi intracomunitari. Pertanto, essa non presenterebbe alcun nesso con il mercato interno e non rientrerebbe nella sfera di applicazione dell'art. 28 CE.

80
La Budvar sostiene inoltre che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, gli artt. 28 CE e 30 CE non ostano all'applicazione di norme, dettate da una convenzione internazionale fra Stati membri, relative alla protezione delle indicazioni di origine e delle denominazioni d'origine, a condizione che le denominazioni protette non siano divenute generiche nello Stato d'origine al momento dell'entrata in vigore di tale convenzione o successivamente.

81
Secondo la Budvar, tale giurisprudenza si applica a maggior ragione ad una situazione in cui, come nella causa principale, una convenzione conclusa tra uno Stato membro ed un paese terzo conferisce una tale protezione, tanto più che è pacifico ─ segnatamente in forza dell'art. 6 della convenzione bilaterale, la quale lo afferma espressamente ─ che la denominazione Bud non è e non è mai stata generica.

82
La Ammersin fa valere che la giurisprudenza della Corte non implica che una protezione assoluta di una denominazione come Bud sia giustificata ai sensi dell'art. 30 CE. Infatti, sarebbero giustificate solo le indicazioni di origine geografica semplici ─ vale a dire essenzialmente i nomi di luogo ─ che godano di grande reputazione e costituiscano per i produttori stabiliti nel luogo che la stessa designa un mezzo essenziale per procacciarsi una clientela. Orbene, la denominazione Bud non sarebbe il nome di un luogo e non godrebbe neppure di una reputazione presso i consumatori.

83
La Ammersin sostiene inoltre che la protezione della denominazione Bud non potrebbe nemmeno essere giustificata ai sensi dell'art. 28 CE, vale a dire per un'esigenza imperativa di interesse generale, in particolare quella relativa alla tutela dei consumatori o alla correttezza degli scambi. Infatti, per raggiungere i detti obiettivi, sarebbe sufficiente una tutela contro rischi di inganno. Alla luce di ciò, una protezione assoluta sarebbe manifestamente sproporzionata.

84
Il governo austriaco fa valere che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, l'art. 28 CE non osta alle restrizioni all'importazione e all'esportazione giustificate da esigenze di tutela della proprietà industriale o commerciale ai sensi dell'art. 30 CE, laddove tali restrizioni appaiano indispensabili per la tutela dei diritti che costituiscono oggetto specifico di detta proprietà.

85
Tale giustificazione contraddistinguerebbe sia le indicazioni di origine geografica semplici sia quelle indirette.

86
Il detto governo fa valere che le denominazioni protette dalla convenzione bilaterale ─ anche se non costituiscono indicazioni geografiche o denominazioni di origine qualificate tali da rientrare nella sfera di applicazione del regolamento n. 2081/92 ─ godono di una reputazione particolare che può giustificare restrizioni alla libera circolazione delle merci.

87
Tali denominazioni sarebbero state inserite negli allegati dell'accordo bilaterale su proposta degli ambienti nazionali interessati, in base alle aspettative dei consumatori ed in stretta collaborazione con i gruppi d'interesse competenti e le amministrazioni.

88
Lo scopo della convenzione bilaterale sarebbe stato quello di impedire che le denominazioni protette vengano utilizzate abusivamente e diventino denominazioni generiche.

89
Il governo tedesco fa valere che la tutela che la convenzione bilaterale conferisce alle indicazioni di origine geografica semplici costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa ai sensi dell'art. 28 CE, che tuttavia è giustificata a norma dell'art. 30 CE, quale tutela della proprietà industriale e commerciale, o, in subordine, in forza dell'art. 28 CE, quale esigenza imperativa di interesse generale, relativa segnatamente alla correttezza degli scambi o alla tutela dei consumatori.

90
Per quanto riguarda l'art. 30 CE, il governo tedesco sostiene che dalla giurisprudenza della Corte risulta che il divieto di utilizzare la denominazione Bud, che deriva dalla convenzione bilaterale, tutela la proprietà commerciale sulle indicazioni di origine ai sensi di tale articolo e, pertanto, può giustificare un ostacolo vietato dall'art. 28 CE.

91
Se venisse stabilito che la denominazione di cui trattasi nella causa principale costituisce un'indicazione di origine semplice, ne conseguirebbe che la detta indicazione è protetta contro il rischio di uno sfruttamento della sua reputazione. Sarebbe inoltre irrilevante che tale indicazione abbia effettivamente una reputazione o che una persona non autorizzata, commercializzando i suoi prodotti, abbia effettivamente sfruttato la reputazione dell'indicazione di origine.

92
Il governo tedesco fa valere in subordine che esigenze imperative di interesse generale, in particolare quelle relative alla correttezza degli scambi e alla tutela dei consumatori, autorizzerebbero gli Stati membri ad adottare disposizioni nazionali in materia di utilizzazione di indicazioni ingannevoli, senza richiedere che i consumatori siano effettivamente influenzati dall'inganno. Ciò sarebbe del resto confermato da varie direttive.

93
La Commissione fa valere che il divieto di commercializzare birra con la denominazione Bud in Austria, che deriva dalla convenzione bilaterale, costituisce una misura di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all'importazione, ai sensi dell'art. 28 CE, la quale è giustificata poiché riguarda la tutela della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell'art. 30 CE.

94
A tale proposito la Commissione fa valere che dalla giurisprudenza della Corte risulta che denominazioni geografiche come Bud, che beneficiano di una protezione assoluta ai sensi di una convenzione internazionale benché non esista alcun nesso tra le caratteristiche dei prodotti in questione e la loro origine geografica, rientrano nella giustificazione relativa alla proprietà industriale e commerciale di cui all'art. 30 CE.

Risposta della Corte

95
Occorre ricordare che gli artt. 28 CE e 30 CE si applicano senza distinzioni ai prodotti originari della Comunità e a quelli immessi in libera pratica all'interno di un qualsiasi Stato membro, a prescindere dalla loro provenienza originaria. A dette riserve è dunque subordinata l'applicabilità di tali articoli alla birra del marchio American Bud di cui trattasi nella causa principale (v., in tal senso, sentenza 7 novembre 1989, causa 125/88, Nijman, Racc. pag. 3533, punto 11).

96
Nella causa principale, il divieto di commercializzare in Austria, con la denominazione Bud, birra proveniente da paesi diversi dalla Repubblica ceca, divieto che deriva dalla convenzione bilaterale, può incidere sulle importazioni da altri Stati membri del prodotto di cui trattasi con la stessa denominazione, costituendo, perciò, un ostacolo al commercio intracomunitario. Simile normativa rappresenta, pertanto, una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ai sensi dell'art. 28 CE (v., in tal senso, sentenze citate Nijman, punto 12, ed Exportur, punti 19 e 20).

97
Una normativa nazionale che vieti l'utilizzazione di una denominazione geografica per merci provenienti da paesi terzi immesse in libera pratica in altri Stati membri, ove sono legalmente commercializzate, certo non impedisce in modo assoluto l'importazione nello Stato membro interessato di tali prodotti. Essa è nondimeno atta a renderne più difficile lo smercio e, di conseguenza, ad ostacolare gli scambi fra gli Stati membri (v., in tal senso, sentenza 5 dicembre 2000, causa C-448/98, Guimont, Racc. pag. I-10663, punto 26).

98
Occorre quindi esaminare se la detta restrizione alla libera circolazione delle merci possa essere giustificata rispetto al diritto comunitario.

99
Per quanto riguarda una tutela assoluta di un'indicazione di origine conferita da una convenzione bilaterale, essenzialmente dello stesso tipo di quella in questione nella causa principale, la Corte ha già dichiarato che lo scopo di una tale convenzione, che consiste nell'impedire che i produttori di uno Stato contraente usino le denominazioni geografiche di un altro Stato sfruttando così la reputazione propria dei prodotti delle imprese stabilite nelle regioni o nei luoghi indicati da tali denominazioni, mira a garantire la lealtà della concorrenza. Un tale scopo può essere considerato rientrare nella salvaguardia della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell'art. 30 CE, purché le denominazioni in questione non siano diventate generiche nello Stato d'origine, al momento dell'entrata in vigore di tale convenzione o in un momento successivo (v. sentenze Exportur, citata, punto 37, e 4 marzo 1999, causa C-87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, Racc. pag. I-1301, punto 20).

100
Orbene, come risulta in particolare dagli artt. 1, 2 e 6 della convenzione bilaterale, un tale scopo costituisce il fondamento del sistema di tutela istituito dai trattati bilaterali in questione.

101
Pertanto, se è vero che dalle verifiche effettuate dal giudice del rinvio risulta che, secondo le condizioni di fatto e le concezioni prevalenti nella Repubblica ceca, la denominazione Bud designa una regione o un luogo del territorio di tale Stato e che la sua tutela è giustificata alla luce dei criteri dell'art. 30 CE, questo non osta nemmeno a che tale tutela sia estesa al territorio di un altro Stato membro quale, nel caso di specie, la Repubblica d'Austria (v., in tal senso, sentenza Exportur, citata, punto 38).

102
Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la prima questione, nella parte relativa agli artt. 28 CE e 30 CE, va risolta nel senso che questi ultimi non ostano all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso fra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta del detto paese terzo una tutela nello Stato membro interessato che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro, purché la denominazione tutelata non sia diventata generica nello Stato d'origine al momento dell'entrata in vigore di tale trattato o in un momento successivo (v. sentenza Exportur, citata, punto 39).

103
Di conseguenza, la prima questione va risolta nel senso che l'art. 28 CE ed il regolamento n. 2081/92 non ostano all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso fra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta del detto paese terzo una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro.

Sulla seconda questione

104
Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il regolamento n. 2081/92 o l'art. 28 CE osti all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso tra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad una denominazione che non si riferisce né direttamente né indirettamente nel detto paese all'origine geografica del prodotto una tutela nello Stato membro interessato che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro.

Osservazioni presentate alla Corte

105
La Budvar fa valere che la tutela conferita dalla convenzione bilaterale alla denominazione Bud sarebbe incompatibile con l'art. 28 CE soltanto qualora sia nello Stato membro di cui trattasi sia nel paese terzo fosse del tutto esclusa un'associazione di idee tra l'indicazione protetta che modifica l'intera formulazione del luogo di produzione del prodotto tutelato, da un lato, e il prodotto protetto dalla detta indicazione nella sua designazione concreta nonché il suo luogo di produzione, dall'altro. L'applicazione di una simile tutela sarebbe compatibile con il regolamento n. 2081/92 anche se una tale associazione di idee fosse del tutto esclusa.

106
La Ammersin e il governo tedesco fanno valere che, se la denominazione Bud non è considerata nel paese d'origine come una denominazione geografica per un prodotto determinato, né peraltro come un'indicazione geografica semplice o indiretta, la protezione di una simile denominazione non può essere giustificata in funzione della tutela della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell'art. 30 CE.

Risposta della Corte

107
Anche se dalle verifiche effettuate dal giudice del rinvio risulta che, secondo le condizioni di fatto e le concezioni prevalenti nella Repubblica ceca, la denominazione Bud non designa, direttamente o indirettamente, alcuna regione o alcun luogo del territorio di tale Stato, sorge allora la questione se una tutela assoluta di tale denominazione come prevista dalla convenzione bilaterale, che costituisce un ostacolo alla libera circolazione delle merci (v. punti 96 e 97 della presente sentenza), possa essere giustificata in diritto comunitario alla luce dell'art. 30 CE o ad altro titolo.

108
In una ipotesi del genere, e fatta salva un'eventuale tutela in forza di diritti specifici quale il diritto dei marchi, la protezione di tale denominazione non può essere giustificata in forza della tutela della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell'art. 30 CE (v., in tal senso, sentenze Exportur, citata, punto 37, e 7 maggio 1997, cause riunite da C-321/94 a C-324/94, Pistre e a., Racc. pag. I-2343, punto 53).

109
Alla luce di ciò, occorre esaminare se tale ostacolo possa essere giustificato in funzione di un'esigenza imperativa di interesse generale come quella relativa alla correttezza degli scambi e alla tutela dei consumatori.

110
Orbene, se fosse dimostrato che la denominazione Bud non contiene alcun riferimento all'origine geografica dei prodotti che essa designa, andrebbe rilevato che da nessuno degli elementi presentati alla Corte dal giudice del rinvio risulta che la tutela di tale denominazione sarebbe idonea ad evitare che operatori economici ottengano un vantaggio indebito o che i consumatori siano indotti in errore riguardo ad una qualsiasi caratteristica di tali prodotti.

111
Di conseguenza, la seconda questione va risolta nel senso che l'art. 28 CE osta all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso fra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad una denominazione che non si riferisce né direttamente né indirettamente nel detto paese all'origine geografica del prodotto da essa designato una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro.

Sulla terza e quarta questione

112
Con la terza e quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l'art. 307, primo comma, CE vada interpretato nel senso che consente ad un giudice di uno Stato membro di applicare disposizioni di trattati bilaterali, come quelli di cui trattasi nella causa principale, conclusi tra il detto Stato e un paese terzo, che prevedono la tutela di una denominazione di tale paese terzo, anche qualora le dette disposizioni si rivelino incompatibili con le norme del Trattato, per il fatto che si tratta di un obbligo che deriva da convenzioni concluse anteriormente alla data di adesione all'Unione europea dello Stato membro di cui trattasi, e se il secondo comma di tale articolo imponga al detto giudice nazionale di fornire un'interpretazione di tali disposizioni conforme al diritto comunitario.

Osservazioni presentate alla Corte

113
La Budvar rileva che la convenzione bilaterale è stata conclusa dalla Repubblica d'Austria prima della sua adesione all'Unione europea, intervenuta il 1° gennaio 1995, e che la comunicazione del Bundeskanzler, resa nel 1997, vale a dire successivamente alla detta adesione, ha, secondo il suo stesso tenore, un valore meramente dichiarativo. Secondo la Budvar, la convenzione bilaterale non è stata mantenuta in virtù di tale dichiarazione, ma è rimasta in vigore dopo lo smembramento della Repubblica federativa cecoslovacca avvenuta il 1° gennaio 1993 ai sensi delle norme di diritto internazionale pubblico in materia di successione degli Stati.

114
Alla luce di ciò, la Budvar fa valere che la Repubblica d'Austria poteva, ai sensi dell'art. 307, primo comma, CE, come interpretato dalla Corte, o addirittura doveva, in forza del diritto internazionale pubblico, adottare tutte le misure necessarie per garantire la tutela della denominazione Bud prevista dalla convenzione bilaterale, a prescindere da qualsiasi disposizione di diritto comunitario.

115
La Budvar sostiene che, anche supponendo che, per quanto riguarda la tutela prevista dalla convenzione bilaterale, esista un conflitto tra quest'ultima e il diritto comunitario, le istituzioni comunitarie non potrebbero, ai sensi dell'art. 307, primo comma, CE, applicare tutto il diritto comunitario primario e derivato fintantoché il detto conflitto non sia risolto, se del caso mediante un'eventuale denuncia della convenzione bilaterale.

116
Secondo la Budvar, i mezzi atti ad eliminare eventuali incompatibilità tra una convenzione anteriore all'adesione di uno Stato membro all'Unione europea e il Trattato possono essere soltanto mezzi autorizzati dal diritto internazionale pubblico, quali la rinegoziazione di tale convenzione o una sua interpretazione conforme al diritto comunitario.

117
Orbene, una rinegoziazione della convenzione bilaterale non sarebbe prevista. Inoltre, dal tenore dell'art. 7, n. 1, di detta convenzione, disposizione che sarebbe inequivoca a tale proposito, risulterebbe che la tutela che quest'ultima conferisce alla denominazione di cui trattasi è indipendente da un rischio di confusione o di inganno.

118
La Ammersin fa valere che, nella causa principale, l'art. 307, primo comma, CE non è applicabile in quanto, al momento della sua adesione all'Unione europea, la Repubblica d'Austria non aveva alcun obbligo derivante dalla convenzione bilaterale.

119
La Repubblica d'Austria non avrebbe avuto alcun obbligo di diritto internazionale anteriormente alla comunicazione del Bundeskanzler, neppure alla data della sua adesione all'Unione europea. Non esisterebbe, del resto, alcuna consuetudine di diritto internazionale in materia di successione degli Stati in base alla quale i trattati bilaterali in questione sarebbero rimasti in vigore in seguito allo smembramento della Repubblica federativa cecoslovacca.

120
Pertanto, gli obblighi risultanti dalla convenzione bilaterale sarebbero stati assunti dalla Repubblica d'Austria nei confronti della Repubblica ceca soltanto con la comunicazione del Bundeskanzler. Contrariamente alla sua formulazione, la detta comunicazione avrebbe quindi natura costitutiva.

121
La convenzione bilaterale consentirebbe un'interpretazione conforme al diritto comunitario nel senso che la denominazione Bud sarebbe tutelata soltanto contro l'inganno effettivo ai sensi di tale convenzione. Infatti, l'art. 7, n. 1, di questa non imporrebbe una tutela assoluta, bensì prescriverebbe l'applicazione di provvedimenti giudiziari ed amministrativi previsti (...) nell'ambito della lotta alla concorrenza sleale o della repressione delle denominazioni commerciali non consentite.

122
Orbene, il diritto austriaco, in particolare con le sue disposizioni relative alla concorrenza sleale, assoggetterebbe tutte le richieste di divieto aventi ad oggetto denominazioni alla condizione che queste ultime siano utilizzate in modo ingannevole.

123
Inoltre, secondo la Ammersin, nella causa principale andrebbe applicato l'art. 7, n. 2, della convenzione bilaterale, poiché la denominazione American Bud, utilizzata quale marchio registrato, costituisce una forma modificata della denominazione protetta ai sensi di tale disposizione. Tale marchio presenterebbe infatti differenze significative rispetto alla denominazione protetta Bud ─ in particolare nella forma utilizzata come etichetta di bottiglia ─ e sarebbe percepito dal consumatore come un marchio autonomo.

124
A tale proposito la Ammersin sostiene che l'art. 307, secondo comma, CE precisa la disposizione di cui all'art. 10 CE, che prevede l'obbligo generale per gli Stati membri di adottare un comportamento favorevole alla Comunità. Dalla giurisprudenza relativa a quest'ultimo articolo risulterebbe segnatamente che, quando applica il diritto interno, il giudice nazionale chiamato ad interpretarlo deve farlo, per quanto possibile, alla luce del tenore e dello scopo delle disposizioni di diritto comunitario di grado superiore per raggiungere i risultati previsti dal Trattato e conformarsi così al regolamento n. 2081/92 e all'art. 28 CE.

125
Il governo austriaco rileva che la Repubblica d'Austria e la Repubblica ceca hanno condiviso l'opinione dominante secondo cui gli Stati sono vincolati dai trattati conclusi fra gli Stati ai quali succedono. Il principio della continuità in situazioni analoghe a quella della causa principale sarebbe espresso all'art. 34, n. 1, della convenzione di Vienna sulla successione degli Stati nei trattati. Tale principio sarebbe pertanto conforme al diritto internazionale consuetudinario. Dopo la dissoluzione dello Stato cui è succeduta la Repubblica ceca, la validità dei trattati bilaterali in questione non sarebbe stata assolutamente pregiudicata dalla loro applicazione alle relazioni bilaterali tra la Repubblica d'Austria e la Repubblica ceca.

126
Secondo il detto governo, la comunicazione del Bundeskanzler ha quindi un valore meramente dichiarativo.

127
Il governo austriaco ricorda inoltre che, conformemente all'art. 31, n. 1, della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati 23 maggio 1969, [u]n trattato deve essere interpretato in buona fede in base al senso ordinario dei termini utilizzati, nel loro contesto e alla luce dell'oggetto e delle finalità dell'accordo.

128
Orbene, secondo il detto governo, tenuto conto del senso da attribuire ai termini pertinenti della convenzione bilaterale nel loro contesto e alla luce dell'oggetto nonché delle finalità di quest'ultima, detti termini non consentono un'interpretazione secondo cui Bud beneficerebbe, in quanto indicazione di origine geografica semplice o indiretta, solo della tutela contro il rischio d'inganno e non di una protezione assoluta. Tale interpretazione sarebbe quindi esclusa prima facie.

129
Secondo il governo tedesco, la convenzione bilaterale prevede diritti e doveri sorti in capo alla Repubblica d'Austria prima della sua adesione all'Unione europea. Ai sensi dell'art. 307, primo comma, CE, una simile convenzione non sarebbe pregiudicata dal diritto comunitario e la sua applicazione godrebbe di conseguenza di un primato rispetto a quest'ultimo.

130
La circostanza che il paese terzo che ha concluso la convenzione bilaterale, vale a dire la Repubblica socialista cecoslovacca, non esista più non sarebbe tale da rimettere in discussone l'interpretazione di cui sopra. La Repubblica d'Austria ─ come la Repubblica federale di Germania e, per quanto è a conoscenza del governo tedesco, gli altri Stati membri ─ avrebbe riconosciuto la perennità dell'essenza dei trattati internazionali e di sarebbe così comportata conformemente alle prassi abituali fra Stati.

131
Secondo il detto governo, un'interpretazione in senso favorevole al diritto comunitario dovrebbe assumere la forma di una modifica della convenzione bilaterale in seguito ad apposite rinegoziazioni bilaterali e, in caso di insuccesso, della denuncia o della sospensione di tale convenzione. Tuttavia, nel frattempo, i giudici nazionali avrebbero il diritto di tutelare i diritti di cui trattasi anche se incompatibili con il diritto comunitario. Tale governo fa valere che il giudice del rinvio non ha indicato, del resto, se la detta convenzione possa essere denunciata.

132
Il governo francese sostiene che dalla comunicazione del Bundeskanzler risulta che i trattati bilaterali in questione sono rimasti in vigore senza interruzione tra la Repubblica d'Austria e la Repubblica ceca dal 1° gennaio 1993, data anteriore all'adesione della Repubblica d'Austria all'Unione europea. La detta comunicazione non avrebbe stabilito il mantenimento in vigore della convenzione bilaterale a decorrere dal 1997, ma ne avrebbe soltanto preso atto ed informato i singoli. Pertanto, i detti trattanti sarebbero atti internazionali conclusi anteriormente all'adesione della Repubblica d'Austria e ai quali si applica l'art. 307 CE.

133
Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che, conformemente ai principi di diritto internazionale, norme comunitarie ─ nel caso di specie l'art. 28 CE e le disposizioni pertinenti del regolamento n. 2081/92 ─ possono essere rese inoperanti da una convenzione internazionale anteriore, nella fattispecie la convenzione bilaterale, qualora quest'ultima imponga allo Stato membro interessato obblighi il cui adempimento può essere ancora preteso dal paese terzo che ne è parte contraente.

134
Orbene, secondo il detto governo, da tale giurisprudenza risulta che l'applicabilità di una simile convenzione dovrebbe essere verificata dal giudice nazionale, cui spetterebbe altresì identificare gli obblighi in questione al fine di determinare a che punto essi ostino all'art. 28 CE o al regolamento n. 2081/92.

135
Il governo francese fa valere che l'interpretazione suggerita dal giudice del rinvio comporterebbe, nella causa principale, una violazione della convenzione bilaterale e non costituirebbe pertanto un motivo ammissibile in diritto internazionale per risolvere un'eventuale incompatibilità fra la detta convenzione e il diritto comunitario ai sensi dell'art. 307, secondo comma, CE, come interpretato dalla Corte.

136
Secondo il detto governo, dal tenore dell'art. 7, n. 1, della convenzione bilaterale, che è inequivoco, risulta che è esclusa prima facie un'interpretazione di tale disposizione in base alla quale la denominazione Bud sia protetta, quale indicazione geografica semplice e indiretta, soltanto contro il rischio d'inganno e non goda quindi di una tutela assoluta. D'altronde, un'interpretazione simile è improponibile in funzione dell'esigenza di un'interpretazione conforme al diritto comunitario.

137
La Commissione sostiene che l'art. 307 CE si applica alla convenzione bilaterale poiché quest'ultima ha un'incidenza sull'applicazione del Trattato e, inoltre, è stata conclusa dalla Repubblica d'Austria con un paese terzo molto prima dell'adesione di tale Stato membro all'Unione europea.

138
Sorgerebbe tuttavia la questione se l'art. 307, primo comma, CE si applichi altresì ad una convenzione laddove, come nella causa principale, la detta convenzione sia stata mantenuta in vigore a favore dello Stato che è succeduto al paese terzo originario mediante una dichiarazione resa dalle autorità di uno Stato membro successivamente all'adesione di quest'ultimo.

139
Tale questione solleverebbe altresì quella se la dichiarazione in parola sia di natura costitutiva.

140
La Commissione afferma che la comunicazione del Bundeskanzler ha un effetto meramente dichiarativo ai sensi del diritto internazionale, poiché un trattato rimane in vigore se il comportamento delle parti consente di affermare che esse hanno convenuto il mantenimento di tale trattato.

141
Si tratterebbe di una questione di fatto la cui valutazione rientra nella competenza del giudice del rinvio. La Commissione sostiene che nessun elemento del fascicolo indica che le parti non abbiano voluto mantenere i trattati bilaterali in questione.

142
La Commissione ne deduce che l'art. 307, primo comma, CE è applicabile nella causa principale e che, di conseguenza, il trattato non pregiudica né i diritti né gli obblighi sorti dalla convenzione bilaterale.

Risposta della Corte

143
La detta questione va risolta poiché risulta dalla risposta alla seconda questione che, qualora non si possa affermare che la denominazione Bud si riferisca direttamente o indirettamente all'origine geografica dei prodotti che essa designa, l'art. 28 CE osta alla tutela che i trattati bilaterali in questione conferiscono alla detta denominazione.

144
Dall'art. 307, primo comma, CE risulta che i diritti e gli obblighi derivanti da una convenzione conclusa anteriormente alla data di adesione di uno Stato membro tra quest'ultimo e uno Stato terzo non sono pregiudicati dalle disposizioni del Trattato.

145
Tale disposizione è volta a precisare, conformemente ai principi del diritto internazionale, che l'applicazione del Trattato CE non pregiudica l'impegno assunto dallo Stato membro interessato di rispettare i diritti dei paesi terzi derivanti da una convenzione antecedente e di attenersi agli obblighi corrispondenti (v., in particolare, sentenza 4 luglio 2000, causa C-84/98, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-5215, punto 53).

146
Pertanto, per stabilire se una norma comunitaria possa essere resa inoperante da una convenzione internazionale anteriore, è necessario esaminare se questa imponga allo Stato interessato obblighi il cui adempimento può essere ancora preteso dagli Stati terzi che sono parti contraenti della convenzione (v. in tal senso, in particolare, sentenza 10 marzo 1998, cause riunite C-364/95 e C-365/95, T. Port, Racc. pag. I-1023, punto 60).

147
Nel caso di specie, è pacifico che la tutela della denominazione Bud è prevista dai trattati bilaterali in questione, che sono stati conclusi tra la Repubblica socialista cecoslovacca e la Repubblica d'Austria molto prima dell'adesione di quest'ultima all'Unione europea.

148
Dai trattati bilaterali in questione, in particolare dall'art. 7, n. 1, della convenzione bilaterale, sembra risultare altresì che gli stessi comportano per la Repubblica d'Austria obblighi la cui esecuzione poteva essere richiesta dalla Repubblica socialista cecoslovacca.

149
Tuttavia, sorge la questione se dai detti trattati derivino per la Repubblica ceca diritti di cui essa può ancora pretendere il rispetto da parte della Repubblica d'Austria.

150
Va infatti ricordato che, in seguito al suo smembramento avvenuto il 1° gennaio 1993, la Repubblica federativa cecoslovacca, che aveva sostituito a sua volta la Repubblica socialista cecoslovacca, ha cessato di esistere e che le sono succeduti, sulle parti rispettive del suo territorio, due nuovi Stati indipendenti, vale a dire la Repubblica ceca e la Repubblica slovacca.

151
Occorre pertanto domandarsi se, nell'ambito di una tale successione di Stati, i trattati bilaterali in questione conclusi dalla Repubblica socialista cecoslovacca siano rimasti in vigore in seguito allo smembramento della Repubblica federativa cecoslovacca, in particolare per quanto riguarda i diritti che ne derivano in capo alla Repubblica ceca, come quelli di cui trattasi nella causa principale, di modo che tali diritti nonché gli obblighi corrispondenti imposti alla Repubblica d'Austria sono stati mantenuti oltre il detto smembramento ed erano, quindi, ancora in vigore al momento dell'adesione della Repubblica d'Austria all'Unione europea.

152
E' pacifico che all'epoca di tale smembramento esisteva una prassi internazionale ampiamente riconosciuta, basata su un principio di continuità dei trattati. Dalla detta prassi risulta che, laddove uno degli Stati parti contraenti di un trattato bilaterale non abbia manifestato la volontà di rinegoziarlo o di denunciarlo, si presume, in linea di principio, che quest'ultimo resti in vigore nei confronti degli Stati che succedono allo Stato smembrato.

153
Sembra, infatti, che il principio della continuità dei trattati così inteso costituisca, almeno per quanto riguarda il caso specifico di uno smembramento totale di Stati e nonostante la possibilità della denuncia o della rinegoziazione dei trattati, un principio di riferimento che era ampiamente riconosciuto all'epoca dello smembramento di cui trattasi.

154
Ad ogni modo, e senza che sia necessaria una pronuncia della Corte sulla questione se il detto principio della continuità dei trattati costituisse una norma consuetudinaria di diritto internazionale all'epoca dello smembramento della Repubblica federativa cecoslovacca, non si può contestare che l'applicazione di tale principio nella prassi internazionale del diritto dei trattati era in tale momento del tutto conforme al diritto internazionale.

155
Alla luce di ciò, occorre verificare se sia la Repubblica d'Austria sia la Repubblica ceca abbiano effettivamente inteso applicare il detto principio della continuità dei trattati ai trattati bilaterali in questione e se esistano indizi che dimostrano le loro intenzioni in proposito, rispetto al periodo che intercorre tra la data di tale smembramento e quella dell'adesione della Repubblica d'Austria all'Unione europea.

156
Come risulta in particolare dalla risoluzione del Consiglio nazionale ceco 17 dicembre 1992 e dall'art. 5 della legge costituzionale n. 4/1993 (v. punti 25 e 26 della presente sentenza), la Repubblica ceca ha accolto espressamente il principio della continuità automatica dei trattati.

157
Per quanto riguarda la posizione della Repubblica d'Austria, pare che tale Stato si sia tradizionalmente ispirato al principio detto della tabula rasa, secondo cui la successione di un nuovo Stato ad uno Stato contraente implica che i trattati da esso conclusi si estinguano automaticamente, ad eccezione dei trattati di natura territoriale o in presenza di un accordo che preveda il contrario.

158
Sorge tuttavia la questione se, in una situazione di successione di Stati come quella che risulta da uno smembramento totale del vecchio Stato e segnatamente riguardo ai trattati bilaterali in questione, la Repubblica d'Austria abbia inteso applicare i principio menzionato al punto precedente.

159
A tale proposito, come ha affermato l'avvocato generale nelle sue conclusioni ai punti 141 e 142, sia dalla giurisprudenza dei giudici austriaci sia dalla circostanza che, in particolare nei confronti della Repubblica ceca, la Repubblica d'Austria ha denunciato, ma solo pro futuro, alcuni trattati conclusi con la Repubblica socialista cecoslovacca, sembra si possa desumere che la prassi di tale Stato membro, anche durante il periodo compreso tra lo smembramento della Repubblica federativa cecoslovacca e l'adesione della Repubblica d'Austria all'Unione europea, conteneva indizi tali da dimostrare una deroga all'applicazione del c.d. principio della tabula rasa.

160
La prassi austriaca nei confronti degli Stati sorti dalla Repubblica federativa cecoslovacca sembra, infatti, basata sull'impostazione pragmatica secondo cui i trattati bilaterali restano applicabili a meno che non siano denunciati da una delle parti contraenti. Una prassi del genere conduce a risultati molto vicini a quella che deriva dall'applicazione del principio della continuità dei trattati.

161
A tale proposito, spetta al giudice del rinvio verificare se, in un qualsiasi momento compreso tra lo smembramento della Repubblica federativa cecoslovacca, avvenuto il 1° gennaio 1993, e la comunicazione del Bundeskanzler, che è stata effettuata nel 1997, la Repubblica d'Austria abbia manifestato l'intenzione di rinegoziare o di denunciare i trattati bilaterali in questione.

162
Tale circostanza, se verificata, è particolarmente significativa poiché, come è stato rilevato al punto 156 della presente sentenza, la Repubblica ceca aveva chiaramente espresso, all'epoca dello smembramento dello Stato cui essa è succeduta, l'idea secondo cui i trattati conclusi con il detto Stato sarebbero rimasti in vigore. La Repubblica ceca si è quindi riservata espressamente la facoltà di far valere nei confronti della Repubblica d'Austria i diritti che le derivano dai trattati bilaterali in questione quale Stato successore.

163
L'importanza di tale circostanza è del resto confermata dallo scopo dell'art. 307, primo comma, CE, che è volto a consentire ad uno Stato membro di rispettare i diritti che paesi terzi possono far valere sulla base di una convenzione anteriore all'adesione del detto Stato all'Unione europea in casi analoghi a quello di cui trattasi nella causa principale (v. punto 145 della presente sentenza).

164
Spetta al giudice del rinvio verificare se, nella causa principale, sia la Repubblica d'Austria sia la Repubblica ceca abbiano effettivamente inteso applicare il principio della continuità dei trattati ai trattati bilaterali in questione.

165
Per quanto riguarda la Repubblica d'Austria, va inoltre precisato che non si può escludere a priori che una dichiarazione di volontà a tale proposito, anche se resa con un certo ritardo, ossia soltanto nel 1997, possa comunque essere presa in considerazione al fine di dimostrare definitivamente l'intenzione del detto Stato membro di accettare la Repubblica ceca quale parte contraente dei trattati bilaterali in questione e di affermare che, nel caso di specie, l'attuazione di questi ultimi rientra nella sfera di applicazione dell'art. 307, primo comma, CE.

166
La questione andrebbe risolta diversamente se la Repubblica d'Austria, in un qualsiasi momento precedente la comunicazione del Bundeskanzler, avesse già manifestato chiaramente la sua volontà in senso contrario.

167
Se, alla fine delle verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare in particolare alla luce degli elementi forniti dalla presente sentenza, quest'ultimo giungesse alla conclusione che all'epoca dell'adesione della Repubblica d'Austria all'Unione europea tale Stato membro era vincolato dai trattati bilaterali in questione nei confronti della Repubblica ceca, ne conseguirebbe che i detti trattati possono essere considerati atti conclusi anteriormente a tale adesione ai sensi dell'art. 307, primo comma, CE.

168
Occorre aggiungere che, ai sensi del secondo comma di tale disposizione, gli Stati membri hanno l'obbligo di ricorrere a tutti i mezzi atti a eliminare le incompatibilità esistenti fra una convenzione conclusa anteriormente all'adesione di uno Stato membro e il Trattato.

169
Ne consegue che il giudice del rinvio ha l'obbligo di verificare se un'eventuale incompatibilità fra il Trattato e la convenzione bilaterale possa essere evitata fornendo a quest'ultima un'interpretazione conforme al diritto comunitario, ove possibile e nel rispetto del diritto internazionale.

170
Laddove la soluzione di un'interpretazione conforme al diritto comunitario di una convenzione conclusa anteriormente all'adesione di uno Stato membro all'Unione europea risulti impraticabile, tale Stato ha la facoltà, nell'ambito dell'art. 307 CE, di adottare le misure idonee, rimanendo nondimeno obbligato ad eliminare le incompatibilità esistenti tra la convenzione anteriore e il Trattato. Non può quindi escludersi che tale Stato membro debba procedere alla denuncia di un accordo, quando incontri difficoltà che ne rendano impossibile la modifica (v. sentenza Commissione/Portogallo, citata, punto 58).

171
A tale proposito occorre rilevare che l'art. 16, n. 3, della convenzione bilaterale dispone che le due parti contraenti possono denunciare la stessa con preavviso minimo di un anno, per iscritto e per via diplomatica.

172
Orbene, nell'attesa che uno dei mezzi di cui all'art. 307, secondo comma, CE consenta di eliminare eventuali incompatibilità esistenti fra una convenzione anteriore all'adesione all'Unione europea dello Stato membro interessato e il Trattato, il primo comma del detto articolo autorizza lo Stato di cui trattasi a continuare ad applicare tale convenzione laddove essa contenga obblighi cui quest'ultimo resta vincolato in forza del diritto internazionale.

173
Alla luce delle considerazioni che precedono, alla terza e alla quarta questione va risposto nel senso che l'art. 307, primo comma, CE dev'essere interpretato nel senso che consente ad un giudice di uno Stato membro, fatte salve le verifiche che quest'ultimo deve effettuare in particolare alla luce degli elementi forniti dalla presente sentenza, di applicare disposizioni di trattati bilaterali come quelli di cui trattasi nella causa principale, conclusi fra il detto Stato e un paese terzo, che prevedono la tutela di una denominazione di tale paese terzo, anche qualora le dette disposizioni si rivelino incompatibili con le norme del Trattato, per il fatto che si tratta di un obbligo derivante da convenzioni concluse anteriormente alla data di adesione all'Unione europea dello Stato membro di cui trattasi. Nell'attesa che uno dei mezzi di cui all'art. 307, secondo comma, CE consenta di eliminare eventuali incompatibilità esistenti fra una convenzione anteriore alla detta adesione e il detto trattato, il primo comma di tale articolo autorizza il detto Stato a continuare ad applicare tale convenzione laddove essa contenga obblighi cui quest'ultimo resta vincolato in forza del diritto internazionale.


Sulle spese

174
Le spese sostenute dai governi austriaco, tedesco e francese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dallo Handelsgericht Wien con ordinanza 26 febbraio 2001, dichiara:

1)
L'art. 28 CE e il regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 17 marzo 1997, n. 535, non ostano all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso tra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad un'indicazione di origine geografica semplice e indiretta del detto paese terzo una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro.

2)
L'art. 28 CE osta all'applicazione di una disposizione di un trattato bilaterale, concluso tra uno Stato membro ed uno Stato terzo, che attribuisce ad una denominazione che non si riferisce né direttamente né indirettamente nel detto paese all'origine geografica del prodotto da essa designato una tutela nello Stato membro importatore che è indipendente da qualsiasi rischio d'inganno e consente di impedire l'importazione di un prodotto regolarmente commercializzato in un altro Stato membro.

3)
L'art. 307, primo comma, CE dev'essere interpretato nel senso che consente ad un giudice di uno Stato membro, fatte salve le verifiche che quest'ultimo deve effettuare in particolare alla luce degli elementi forniti dalla presente sentenza, di applicare disposizioni di trattati bilaterali come quelli di cui trattasi nella causa principale, conclusi fra il detto Stato e un paese terzo, che prevedono la tutela di una denominazione di tale paese terzo, anche qualora le dette disposizioni si rivelino incompatibili con le norme del Trattato CE, per il fatto che si tratta di un obbligo derivante da convenzioni concluse anteriormente alla data di adesione all'Unione europea dello Stato membro di cui trattasi. Nell'attesa che uno dei mezzi di cui all'art. 307, secondo comma, CE consenta di eliminare eventuali incompatibilità esistenti fra una convenzione anteriore alla detta adesione e il detto Trattato, il primo comma di tale articolo autorizza il detto Stato a continuare ad applicare una tale convenzione laddove essa contenga obblighi cui quest'ultimo resta vincolato in forza del diritto internazionale.

Skouris

Jann

Timmermans

Gulmann

Cunha Rodrigues

Edward

La Pergola

Puissochet

Schintgen

Colneric

von Bahr

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 novembre 2003.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: il tedesco.