62001C0224

Conclusioni dell'avvocato generale Léger dell'8 aprile 2003. - Gerhard Köbler contro Republik Österreich. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landesgericht für Zivilrechtssachen Wien - Austria. - Parità di trattamento - Retribuzione dei professori universitari - Discriminazione indiretta - Indennità di anzianità - Responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili - Violazioni imputabili a un organo giurisdizionale nazionale. - Causa C-224/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-10239


Conclusioni dell avvocato generale


1. La responsabilità di uno Stato membro in caso di violazione del diritto comunitario può sussistere allorché questa violazione deriva dagli atti di un organo giurisdizionale supremo? Lo Stato membro di cui trattasi è tenuto a indennizzare i singoli per i danni che ne derivano? In caso affermativo, quali sono i presupposti perché sussista una tale responsabilità?

2. Tali sono, in sostanza, le delicate questioni che il Landesgericht für Zivilrechtssachen Wien (Austria) ha sottoposto alla Corte nel presente procedimento . Per la prima volta quest'ultima è invitata a precisare la portata del principio della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili. Questo principio è stato sancito dalla Corte nella sentenza 19 novembre 1991, Francovich e a. , e ha conosciuto numerosi sviluppi in seguito alla sentenza 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame , relativamente alla responsabilità dello Stato causata da atti del legislatore o dell'amministrazione.

3. E' interessante osservare che, parallelamente, alla Corte è stato presentato un ricorso per inadempimento nella causa C-129/00, Commissione/Italia , che mette in causa in particolare una giurisprudenza dominante dei giudici nazionali, in particolare della Corte suprema di cassazione. Questa causa invita la Corte a riflettere su una problematica analoga a quella formulata nel presente procedimento: uno Stato membro deve rispondere degli atti adottati dai suoi organi giurisdizionali (o da taluni di essi) e, in caso affermativo, in quale misura? Inoltre, alla Corte è stata sottoposta anche una questione pregiudiziale olandese intesa ad accertare se un organo amministrativo nazionale sia tenuto, in forza del diritto comunitario, a modificare una decisione di cui è l'autore e che è stata confermata con una decisione giudiziaria definitiva, nel caso in cui l'interpretazione della normativa comunitaria pertinente sulla quale è basata questa decisione amministrativa venisse smentita dalla Corte, in occasione di una sentenza in un procedimento pregiudiziale pronunciata successivamente. Tale questione pregiudiziale merita di essere segnalata, benché la problematica di cui trattasi sia relativamente diversa da quella della presente causa. Presenterò prossimamente le mie conclusioni in questa causa.

I - Ambito normativo nazionale

A - Sul principio della responsabilità dello Stato

4. Nel diritto austriaco il principio della responsabilità dello Stato è sancito dalla Costituzione federale e definito dalla legge federale 18 dicembre 1948 . L'art. 2 di questa legge prevede le seguenti disposizioni:

«1) Non è necessario designare un organo preciso in una domanda di risarcimento; è sufficiente dimostrare che il danno ha potuto essere causato solo dalla violazione del diritto da parte di un organo del convenuto.

2) Il diritto al risarcimento non è riconosciuto allorché il danneggiato avrebbe potuto evitare il danno mediante ricorso, in particolare dinanzi al Verwaltungsgerichtshof [Austria ].

3) Una decisione del Verfassungsgerichtshof [Austria ], dell'Oberster Gerichtshof [Austria ] o del Verwaltungsgerichtshof non dà diritto a risarcimento».

5. Da queste disposizioni risulta che la responsabilità dello Stato austriaco è esplicitamente esclusa per i danni causati ai singoli da decisioni emesse da organi giurisdizionali supremi.

6. Per il resto, il contenzioso relativo alla responsabilità dello Stato rientra nelle competenze proprie dei giudici di primo grado in materia civile e commerciale [Landesgericht (Austria), Handelsgericht Wien (Austria)].

B - Sull'indennità speciale di anzianità di servizio dei professori universitari

7. L'art. 50 bis del Gehaltsgesetz (legge sulle retribuzioni) del 1956 , come modificato nel 2001 , prevede che un professore universitario può beneficiare di un'indennità speciale di anzianità di servizio destinata ad essere presa in conto per il calcolo della sua pensione di quiescenza. La concessione di questa indennità è subordinata, in particolare, al compimento di quindici anni di anzianità di insegnamento in università austriache.

II - Fatti e causa principale

8. Dal 1° marzo 1986 il sig. Köbler è legato allo Stato austriaco da un contratto di diritto pubblico in qualità di professore universitario di ruolo a Innsbruck (Austria). Con lettera 28 febbraio 1996 indirizzata all'autorità amministrativa competente egli ha chiesto l'attribuzione dell'indennità speciale di anzianità di servizio prevista per i professori universitari. A sostegno della sua domanda ha fatto valere il compimento di quindici anni di anzianità di servizio in qualità di professore di ruolo presso università situate in diversi Stati membri della Comunità europea, in particolare in Austria. Questa domanda è stata respinta poiché l'interessato non soddisfaceva le condizioni di anzianità di servizio richieste dall'art. 50 bis della legge sulle retribuzioni del 1956, ossia aver maturato una tale anzianità di servizio esclusivamente presso università austriache.

9. Il sig. Köbler ha presentato allora un ricorso contro questa decisione dinanzi al Verwaltungsgerichshof. Egli ha sostenuto che le condizioni di anzianità di servizio richieste dalla detta legge per beneficiare dell'indennità di cui trattasi creano una discriminazione indiretta incompatibile con il principio della libera circolazione dei lavoratori garantita dall'art. 48 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE) e dal regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità .

10. In presenza di una tale problematica, il giudice supremo amministrativo ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale intesa ad accertare se gli artt. 48 del Trattato e 1-3 del regolamento n. 1612/68 debbano essere interpretati nel senso che, nell'ambito di un sistema retributivo in base al quale la retribuzione dipende anche, tra l'altro, dall'anzianità di servizio, occorre equiparare alle attività esercitate precedentemente nel paese di cui trattasi quelle equivalenti esercitate precedentemente in un altro Stato membro .

11. Con lettera 11 marzo 1998 la Corte ha chiesto al giudice supremo amministrativo se ritenesse necessario mantenere la sua questione pregiudiziale tenuto conto della sentenza 15 gennaio 1998, Schöning-Kougebetopoulou , pronunciata nel frattempo. Il giudice nazionale ha invitato le parti ad esprimersi al riguardo, dato che, a prima vista, il punto di diritto che costituiva oggetto della questione pregiudiziale in causa è stato risolto da tale sentenza della Corte in un senso favorevole a quanto richiesto dal sig. Köbler. Il 24 giugno 1998 tale giudice ha infine ritirato la sua questione pregiudiziale, e successivamente ha respinto la domanda dell'interessato in quanto l'indennità speciale di anzianità di servizio costituisce un premio di fedeltà che giustifica obiettivamente una deroga alle disposizioni di diritto comunitario relative alla libera circolazione dei lavoratori.

12. Il 2 gennaio 2001 il sig. Köbler ha avviato un'azione per responsabilità contro la Repubblica d'Austria dinanzi al Landesgericht für Zivilrechtssachen Wien . Egli sostiene che la sentenza del giudice supremo amministrativo del 24 giugno 1998 ha violato disposizioni di diritto comunitario direttamente applicabili. A suo parere, la giurisprudenza della Corte non equiparerebbe l'indennità controversa a un premio di fedeltà. Di conseguenza, egli chiede di essere risarcito del danno che avrebbe indebitamente subito a causa della decisione giudiziaria di cui trattasi, in quanto quest'ultima avrebbe rifiutato la concessione dell'indennità speciale di anzianità di servizio che egli sarebbe legittimato ad ottenere in forza del diritto comunitario. La Repubblica d'Austria si oppone a questa domanda di risarcimento facendo valere che la sentenza del giudice supremo amministrativo non è incompatibile con il diritto comunitario e che, in ogni caso, una decisione di un organo giurisdizionale supremo (come il Verwaltungsgerichtshof) non può comportare la responsabilità dello Stato. Essa precisa che una tale responsabilità è esplicitamente esclusa nel diritto austriaco senza che questo sia incompatibile, a suo parere, con i requisiti del diritto comunitario.

III - Questioni pregiudiziali

13. In considerazione delle tesi sostenute dalle parti, il Landesgericht für Zivilrechtssachen Wien ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la giurisprudenza della Corte secondo cui per l'insorgere della responsabilità di uno Stato a causa di una violazione del diritto comunitario è indifferente quale organo di uno Stato membro debba rispondere di tale violazione [ad esempio, sentenza (...) Brasserie du Pêcheur e Factortame] sia applicabile anche nel caso in cui il comportamento asseritamente contrario al diritto comunitario sia costituito dalla sentenza di un organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro, come, nel caso di specie, il Verwaltungsgerichtshof.

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione:

Se la giurisprudenza della Corte secondo cui spetta all'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare il giudice competente a risolvere liti vertenti sui diritti soggettivi scaturenti dall'ordinamento comunitario (ad esempio, sentenza della Corte 17 settembre 1997, causa C-54/96, Dorsch Consult, Racc. pag. I-4961) sia applicabile anche nel caso in cui il comportamento asseritamente contrario al diritto comunitario sia costituito dalla sentenza di un organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro, come, nel caso di specie, il Verwaltungsgerichtshof.

3) In caso di soluzione affermativa della seconda questione:

Se l'opinione giuridica formulata nella surriferita sentenza del Verwaltungsgerichtshof, secondo cui l'indennità speciale per anzianità di servizio consiste in una sorta di premio di fedeltà, sia incompatibile con una norma di diritto comunitario direttamente applicabile, in particolare con il divieto di discriminazione indiretta di cui all'art. 48 [del Trattato] e con la pertinente giurisprudenza costante pronunciata dalla Corte al riguardo.

4) In caso di soluzione affermativa della terza questione:

Se la norma di diritto comunitario direttamente applicabile che è stata violata faccia sorgere in capo al ricorrente nella causa principale un diritto soggettivo.

5) In caso di soluzione affermativa della quarta questione:

Se la Corte disponga, sulla base degli elementi contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale, di tutte le informazioni per poter valutare essa stessa se il Verwaltungsgerichtshof abbia oltrepassato in maniera manifesta e rilevante, nella fattispecie descritta nella causa principale, il potere discrezionale di cui dispone, o se si rimetta al giudice austriaco del rinvio per la soluzione di tale questione».

IV - Oggetto delle questioni pregiudiziali

14. Il giudice del rinvio solleva in sostanza quattro serie di questioni. La prima serie riguarda l'eventuale estensione del principio giurisprudenziale della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli dalla violazione del diritto comunitario, nel caso in cui questa violazione sia imputabile a un organo giurisdizionale supremo . La seconda serie riguarda le condizioni sostanziali perché sussista una tale responsabilità . La terza serie si riferisce alla determinazione del giudice competente ad esaminare se queste condizioni sostanziali siano soddisfatte . La quarta serie mira ad accertare se, nella fattispecie, queste condizioni sostanziali siano soddisfatte .

15. Occorre sottolineare che tali questioni riguardano tutte esclusivamente gli organi giurisdizionali supremi e non i giudici ordinari. Di conseguenza, limiterò la mia analisi alla situazione degli organi giurisdizionali supremi, ad esclusione di quella dei giudici ordinari.

16. Occorre esaminare innanzi tutto la questione di principio. A seconda della soluzione che ad essa sarà data, occorrerà esaminare le questioni seguenti.

V - Sul principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale supremo

A - Osservazioni delle parti

17. Secondo il sig. Köbler, dalla citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame risulta che la responsabilità di uno Stato membro per violazione del diritto comunitario può sussistere indipendentemente dall'organo dello Stato che è all'origine della violazione. Poco importa che quest'organo rientri nel potere legislativo, esecutivo o giudiziario. Inoltre, la responsabilità dello Stato, a causa della sua attività giurisdizionale, non può essere limitata ai giudici ordinari, ad esclusione degli organi giurisdizionali supremi, poiché questo conferirebbe agli Stati membri la possibilità di organizzare il loro sistema giurisdizionale in modo da sfuggire ad ogni responsabilità e rischierebbe quindi di dare adito a disparità nelle situazioni nazionali per quanto riguarda la tutela giurisdizionale dei singoli.

18. Secondo la Repubblica d'Austria e il governo austriaco, il diritto comunitario non può opporsi all'esistenza di una normativa che esclude esplicitamente la responsabilità dello Stato per violazione del diritto - ivi compreso il diritto comunitario - da parte dei suoi organi giurisdizionali supremi. Infatti, una tale normativa non renderebbe l'attuazione del diritto comunitario impossibile o eccessivamente difficile in quanto le parti possono far valere il diritto comunitario dinanzi agli organi giurisdizionali supremi. Essa sarebbe giustificata da esigenze di certezza del diritto relative alla necessità di concludere definitivamente le controversie. Inoltre, l'introduzione di un principio della responsabilità dello Stato per atti dei suoi organi giurisdizionali supremi presupporrebbe che la responsabilità della Comunità possa sussistere anche per atti della Corte, cosa che sarebbe difficilmente concepibile in quanto la Corte diventerebbe al tempo stesso giudice e parte.

19. Questa posizione è ampiamente condivisa dai governi francese e del Regno Unito.

20. Secondo il governo francese, con la citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, la Corte non avrebbe né esplicitamente né implicitamente inserito gli organi giurisdizionali tra quelli che possono far sorgere la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario. Infatti, il principio fondamentale del rispetto dell'autorità della cosa definitivamente giudicata si opporrebbe all'introduzione di un meccanismo di responsabilità dello Stato a causa del contenuto di una decisione emessa da un organo giurisdizionale supremo. Questo principio dovrebbe prevalere sul diritto al risarcimento. Inoltre, il sistema dei mezzi d'impugnazione istituito negli Stati membri, completato dal meccanismo del rinvio pregiudiziale previsto all'art. 234 CE, offrirebbe ai singoli una garanzia sufficiente contro il rischio di errore d'interpretazione del diritto comunitario. In subordine, il governo francese ha indicato all'udienza che la responsabilità dello Stato per atti degli organi giurisdizionali supremi dovrebbe essere assoggettata a un regime specifico particolarmente restrittivo, radicalmente diverso da quello della responsabilità dello Stato per atti del legislatore o dell'amministrazione, tenuto conto della specificità delle condizioni di esercizio della funzione giudicante.

21. Secondo il governo del Regno Unito, dalla citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame risulta che la Corte sembrava disposta ad ammettere la possibilità di mettere in causa la responsabilità dello Stato per atti giurisdizionali. Tuttavia, il coinvolgimento della responsabilità dello Stato per atti dei suoi organi giurisdizionali potrebbe essere considerato solo in modo molto restrittivo. Questa tesi restrittiva s'imporrebbe a maggior ragione tenendo conto della giurisprudenza della Corte in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità a proposito dell'inosservanza da parte del Tribunale di primo grado delle Comunità europee dei requisiti relativi al rispetto di un termine ragionevole nell'ambito di un processo equo. Inoltre, l'eventuale ammissione di un tale meccanismo di responsabilità dello Stato sarebbe incompatibile con i principi fondamentali attinenti alla certezza del diritto e, in particolare, al rispetto della cosa giudicata, alla reputazione e all'indipendenza della giustizia nonché alla natura dei rapporti tra la Corte e i giudici nazionali. Infine, secondo il governo del Regno Unito, sarebbe contestabile affidare l'esame dei procedimenti per responsabilità dello Stato per atti dei suoi organi giurisdizionali ai giudici nazionali di questo stesso Stato in considerazione del requisito d'imparzialità, salvo immaginare che i detti giudici sottopongano alla Corte questioni pregiudiziali in materia, il che significherebbe istituire un mezzo d'impugnazione dinanzi alla Corte, contrariamente alla volontà dei redattori del Trattato CE.

22. I governi tedesco e olandese non si oppongono all'idea di una responsabilità dello Stato per atti dei suoi organi giurisdizionali supremi. Tuttavia, all'udienza, il governo olandese ha sostenuto che si tratta in tal caso di una questione che rientra nel diritto nazionale e non nel diritto comunitario e che, in ogni caso, una tale responsabilità dello Stato dovrebbe essere limitata a casi molto eccezionali. Il governo tedesco è anch'esso favorevole a un regime di responsabilità eccezionale ispirato a quello esistente nel suo ordinamento nazionale.

23. Secondo la Commissione delle Comunità europee, il principio della responsabilità dello Stato per qualsiasi tipo di autorità pubblica deriva al tempo stesso dal Trattato (artt. 10 e 249, nn. 2 e 3, CE) e dalla giurisprudenza costante della Corte, secondo cui spetta a ciascuno Stato membro assicurarsi che i singoli ottengano il risarcimento del danno che causa loro il mancato rispetto del diritto comunitario, qualunque sia la pubblica autorità che ha commesso questa violazione.

B - Analisi

24. Esaminerò, da un lato, se in tali circostanze il diritto comunitario imponga agli Stati membri un obbligo di risarcimento nei confronti dei singoli e se, dall'altro, gli ostacoli fatti valere da talune parti del presente procedimento si oppongano al riconoscimento di un tale obbligo.

1. Se il diritto comunitario imponga agli Stati membri un obbligo di risarcimento del danno causato ai singoli dalla violazione del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale supremo

25. Ritengo che occorra risolvere in senso affermativo tale questione . Questa soluzione è basata su tre serie di argomenti relativi, in primo luogo, all'ampia portata conferita dalla Corte al principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, in secondo luogo, al ruolo determinante del giudice nazionale nell'attuazione del diritto comunitario, in particolare quando agisce in qualità di giudice supremo, e, in terzo luogo, alla situazione esistente negli Stati membri, in particolare in relazione alle esigenze connesse alla tutela dei diritti fondamentali.

a) La portata del principio giurisprudenziale della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario

26. La portata del principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario dev'essere analizzata in relazione alle due citate sentenze di riferimento della Corte in materia, ossia, innanzi tutto, la sentenza Francovich e a. e, successivamente, la sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame.

i) La sentenza Francovich e a.

27. Il principio della responsabilità dello Stato è stato sancito dalla Corte nella citata sentenza Francovich e a. in un'ipotesi particolare caratterizzata dalla mancata trasposizione di una direttiva priva di efficacia diretta, il che impedisce ai singoli di far valere dinanzi ai giudici nazionali diritti che sono loro conferiti da questa direttiva . Nonostante la specificità della situazione controversa, particolarmente «patologica», la Corte si è espressa in termini molto generali: «il diritto comunitario impone il principio secondo cui gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili» . Nessuna precisazione è stata fornita circa l'organo statale all'origine del danno.

28. Questa conclusione si basa su un'analisi la cui portata è anch'essa molto generale. Infatti, secondo la Corte, «il principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato» . Questo principio è in qualche modo consustanziale al sistema del Trattato e necessariamente collegato ad esso. Questo vincolo indissolubile e irriducibile tra il principio della responsabilità dello Stato e il sistema del Trattato dipende dalla specificità dell'ordinamento giuridico comunitario.

29. Infatti, la Corte fa presente che «il Trattato CEE ha istituito un ordinamento giuridico proprio, integrato negli ordinamenti giuridici degli Stati membri e che si impone ai loro giudici, i cui soggetti sono non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini e che, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, il diritto comunitario è altresì volto a creare diritti che entrano a far parte del loro patrimonio giuridico; questi diritti sorgono non solo nei casi in cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche in relazione agli obblighi che il Trattato impone ai singoli, agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie» .

30. Inoltre, secondo «una giurisprudenza costante, è compito dei giudici nazionali, incaricati di applicare, nell'ambito delle loro competenze, le norme del diritto comunitario, garantire la piena efficacia di tali norme e tutelare i diritti da esse attribuiti ai singoli» .

31. Da queste due premesse la Corte deduce che «sarebbe messa a repentaglio la piena efficacia delle norme comunitarie e sarebbe infirmata la tutela dei diritti da esse riconosciuti se i singoli non avessero la possibilità di ottenere un risarcimento ove i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile ad uno Stato membro» .

32. In subordine, la Corte indica che, in forza dell'art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE), gli Stati membri sono tenuti ad eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto comunitario .

33. Da questa esposizione si possono trarre diversi insegnamenti.

34. Innanzi tutto, come l'avvocato generale ha sottolineato nelle sue conclusioni nella citata causa Brasserie du pêcheur e Factortame, «in Francovich la Corte non si è limitata a lasciare al diritto nazionale di trarre tutte le conseguenze giuridiche della violazione della norma comunitaria, ma ha ritenuto che lo stesso diritto comunitario imponesse allo Stato un obbligo risarcitorio nei confronti del singolo» .

35. Inoltre, questo obbligo risarcitorio costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, fondamentale come quello del primato del diritto comunitario o dell'efficacia diretta. Infatti, così come questi due principi, l'obbligo per lo Stato di risarcire i danni causati ai singoli dalla violazione del diritto comunitario contribuisce a garantire la piena efficacia del diritto comunitario mediante una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che ai singoli derivano dall'ordinamento giuridico comunitario. Per di più, il principio della responsabilità dello Stato costituisce il necessario prolungamento del principio generale della tutela giurisdizionale effettiva o del «diritto al giudice», la cui rilevanza è stata regolarmente sottolineata dalla Corte e la cui portata è stata costantemente estesa nel corso di tutta la sua giurisprudenza.

36. A mio parere, il ragionamento seguito dalla Corte nella citata sentenza Francovich e a. si può completamente trasferire all'ipotesi di una violazione del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale supremo. La piena efficacia delle norme comunitarie verrebbe messa a repentaglio e la tutela dei diritti da esse riconosciuti sarebbe infirmata se i singoli non avessero la possibilità di ottenere un risarcimento allorché i loro diritti sono lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale supremo.

37. Infatti, non è sufficiente che i singoli siano legittimati a far valere il diritto comunitario dinanzi a un organo giurisdizionale supremo al fine di ottenere una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che ad essi derivano dall'ordinamento giuridico comunitario né è sufficiente che questo giudice sia tenuto ad applicare correttamente il diritto comunitario. Occorre ancora che, nel caso in cui un organo giurisdizionale supremo adotti una decisione incompatibile con il diritto comunitario, i singoli possano ottenere un risarcimento, quantomeno allorché talune condizioni sono soddisfatte.

38. Ora, in assenza di possibilità di ricorso contro una decisione emessa da un organo giurisdizionale supremo, solo un'azione per responsabilità consente - in ultima ratio - di garantire il ripristino del diritto leso e, infine, di assicurare un livello adeguato alla tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che ai singoli derivano dall'ordinamento giuridico comunitario .

39. A tal riguardo, occorre tener presente che, nonostante i considerevoli benefici che può rappresentare per i singoli il coinvolgimento della responsabilità dello Stato, «il ripristino del contenuto patrimoniale è [soltanto] un minus, un rimedio minimo rispetto all'ipotesi di completo ripristino sostanziale, che resta il mezzo ottimale di tutela» . Nulla vale infatti quanto la tutela sostanziale, diretta ed immediata dei diritti che ai singoli derivano dall'ordinamento giuridico comunitario.

40. Di conseguenza, ritengo che il principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario debba essere esteso al caso in cui questa violazione deriva da atti di un organo giurisdizionale supremo. Questa conclusione s'impone a maggior ragione in considerazione della citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame.

ii) La sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame

41. Nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, la Corte ha dedotto dalla sua giurisprudenza Francovich e a., sopra menzionata, che il principio della responsabilità dello Stato - in quanto è inerente al sistema del Trattato - ha valore in riferimento a qualsiasi ipotesi di violazione del diritto comunitario, qualunque sia l'organo dello Stato la cui azione od omissione ha dato origine alla trasgressione .

42. Con questa affermazione la Corte non si basa più solo sul sistema del Trattato, ma anche sull'imperativo di applicazione uniforme del diritto comunitario nonché sull'utile ravvicinamento con la responsabilità dello Stato nell'ordinamento giuridico internazionale.

43. Per quanto riguarda l'applicazione uniforme del diritto comunitario, la Corte ha dichiarato che «avuto riguardo alla fondamentale esigenza dell'ordinamento giuridico comunitario costituita dall'uniforme applicazione del diritto comunitario (...), l'obbligo di risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario non può dipendere da norme interne sulla ripartizione delle competenze tra i poteri costituzionali» . A mio parere, questa esigenza fondamentale dell'ordinamento giuridico comunitario s'impone alle autorità giurisdizionali con la stessa forza con cui s'impone alle autorità parlamentari. Infatti, la garanzia del rispetto del diritto comunitario - alla quale partecipa in ampia misura il meccanismo di responsabilità dello Stato - non può variare secondo la volontà degli Stati membri, in funzione delle norme interne concernenti la ripartizione delle competenze tra i poteri costituzionali o di quelle concernenti la posizione e le condizioni di funzionamento degli organismi statali.

44. Per quanto riguarda la responsabilità dello Stato in diritto internazionale, la Corte ha dichiarato che «nell'ordinamento giuridico internazionale lo Stato, la cui responsabilità sorgerebbe in caso di violazione di un impegno internazionale, viene del pari considerato nella sua unità, senza che rilevi la circostanza che la violazione da cui ha avuto origine il danno sia imputabile al potere legislativo, giudiziario o esecutivo» . La Corte ha aggiunto che questo deve valere a maggior ragione nell'ordinamento giuridico comunitario in quanto un maggior interesse è prestato alla situazione giuridica dei singoli .

45. Così facendo, come ha sottolineato il governo francese, la Corte ha inteso far riferimento al principio dell'unità dello Stato. Se ne devono ormai trarre tutte le conseguenze relativamente alla responsabilità dello Stato per atti di un organo giurisdizionale supremo. Infatti, è comunemente ammesso in diritto internazionale che questo principio, di natura consuetudinaria, riveste un doppio significato.

46. In primo luogo, questo principio significa che un fatto illecito è necessariamente attribuito allo Stato e non all'organo statale che ne è l'autore. Infatti, solo lo Stato ha la qualità di soggetto di diritto internazionale, ad esclusione dei suoi organi. A tale titolo, solo la sua responsabilità può essere implicata . Questo principio non è estraneo al diritto comunitario né del resto al diritto nazionale . Infatti, come avevo già indicato nelle mie conclusioni nella citata causa Hedley Lomas, «il diritto comunitario riconosce un solo responsabile (lo Stato), così come il ricorso per inadempimento conosce un solo convenuto (lo Stato)» . Ne deriva che «il soggetto tenuto al risarcimento non è un organo determinato dello Stato, bensì lo Stato membro in quanto tale» .

47. In secondo luogo, la regola dell'unità dello Stato comporta che quest'ultimo è responsabile per i danni da esso causati mediante qualsiasi azione od omissione incompatibile con i suoi obblighi internazionali, qualunque sia l'autorità statale da cui tale azione od omissione deriva. Questo principio è chiaramente messo in evidenza dall'art. 4, n. 1, del progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati, che è stato elaborato dalla Commissione di diritto intenzionale e che è stato approvato, il 28 gennaio 2002, con una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite . Questo articolo stabilisce che «il comportamento di qualsiasi organo dello Stato è considerato come un atto dello Stato secondo il diritto internazionale, indipendentemente dalle funzioni (legislative, esecutive, giudiziarie o altre) che esso esercita, qualunque sia la posizione che esso occupa nell'organizzazione dello Stato e qualunque sia la sua natura in quanto organo del governo centrale o di una collettività territoriale dello Stato» .

48. A questo proposito, è interessante osservare che la responsabilità internazionale di uno Stato è già stata riconosciuta - relativamente presto - nel caso in cui il contenuto di una decisione giudiziaria definitiva non tenesse conto di obblighi internazionali dello Stato di cui trattasi . In diritto internazionale un tale caso è considerato un diniego di giustizia, ossia un inadempimento dell'obbligo consuetudinario - e sempre più convenzionale - di tutela giurisdizionale da parte dello Stato dei cittadini stranieri .

49. Il sistema istituito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU») apporta un chiarimento interessante alla questione della responsabilità dello Stato per atti di un organo giurisdizionale supremo. Infatti, i singoli possono mettere in causa, direttamente dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, la responsabilità dello Stato per atti di un giudice nazionale, a causa di un inadempimento ai requisiti dell'equo processo - in procedendo -, ma anche a causa della violazione di una norma sostanziale - in iudicando - tale da incidere sul contenuto stesso della decisione giudiziaria . Avvalendosi di un tale procedimento i singoli possono beneficiare di un indennizzo sotto forma di una «equa soddisfazione». Come alcuni governi hanno indicato, è interessante osservare che la regola dell'esaurimento dei mezzi d'impugnazione nazionali comporta che la decisione giudiziaria controversa proviene da un organo giurisdizionale supremo. Per contro, non è evidente che l'art. 13 della CEDU impone agli Stati contraenti l'obbligo di mettere a disposizione dei singoli un diritto di ricorso interno - ivi compreso un ricorso per responsabilità - contro una decisione giudiziaria .

50. Queste considerazioni sull'unità dello Stato in diritto internazionale sono senz'altro contenute nel diritto comunitario. In tal senso s'inserisce il principio, che figura al punto 34 della citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, secondo cui «nell'ordinamento giuridico comunitario (...) tutti gli organi dello Stato, ivi compreso il potere legislativo, sono tenuti, nell'espletamento dei loro compiti, all'osservanza delle prescrizioni dettate dal diritto comunitario». In applicazione di questo principio la Corte, al punto 35 della detta sentenza, ha precisato che «la circostanza che, per effetto delle norme interne, l'inadempimento contestato sia imputabile al legislatore nazionale non può compromettere le esigenze relative alla tutela dei diritti dei singoli che fanno valere il diritto comunitario e, nel caso di specie, il diritto di ottenere dinanzi ai giudici nazionali la riparazione del danno originato dal detto inadempimento».

51. Da tutte queste osservazioni risulta che, con la citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, la Corte non si è limitata a riconoscere esplicitamente, nell'ordinamento giuridico comunitario, il principio della responsabilità dello Stato per atti del legislatore. In realtà, essa ha anche - implicitamente, ma necessariamente - esteso questo principio all'attività giurisdizionale, in ogni caso a quella degli organi giurisdizionali supremi . Il presente procedimento fornisce quindi alla Corte l'occasione di precisare esplicitamente ciò che essa ha già implicitamente inteso.

52. In ogni caso, anche supponendo che questa interpretazione della citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame non sia accolta, non vedo come la Corte possa non pronunciarsi a favore della responsabilità dello Stato per atti di un organo giurisdizionale supremo. Infatti, l'ammissione di una tale responsabilità, oltre ad inserirsi armoniosamente nel prolungamento della giurisprudenza della Corte appena menzionata, appare come il corollario del compito - primario - affidato agli organi giurisdizionali supremi nella tutela diretta, immediata ed effettiva dei diritti che ai singoli derivano dall'ordinamento giuridico comunitario. La situazione che prevale negli Stati membri, in particolare in relazione alle esigenze di tutela dei diritti fondamentali, milita anch'essa a favore di una tale conclusione.

b) Il ruolo determinante del giudice nazionale nell'attuazione del diritto comunitario

53. Costituite con il diritto, le Comunità europee si sono sviluppate e consolidate essenzialmente mediante il diritto. Il giudice nazionale, avendo come compito quello di applicare il diritto, compreso il diritto comunitario, costituisce incontestabilmente un elemento essenziale nell'ordinamento giuridico comunitario. Situato all'«incrocio» di diversi sistemi giuridici, esso è in grado di fornire un rilevante contributo all'applicazione effettiva del diritto comunitario e, in definitiva, allo sviluppo del processo d'integrazione europea. Pertanto, si comprende come la Corte non abbia mai cessato, nel corso della sua giurisprudenza, di sottolineare il ruolo determinante del giudice nazionale nell'attuazione del diritto comunitario. Vi si può vedere del resto l'elaborazione progressiva di una vera e propria «etica giurisdizionale comunitaria» . Come ha sottolineato Barav, A., «sia il primato del diritto comunitario sia la sua efficacia diretta costituiscono, innanzi tutto, indicazioni per i giudici nazionali» . Infatti, in forza di questi due principi , il giudice nazionale è invitato a svolgere al tempo stesso un ruolo di arbitro nell'ambito di un conflitto di norme - nazionali e comunitarie - e di tutore «naturale» dei diritti che ai singoli derivano dal diritto comunitario.

54. Il compito del giudice nazionale si articola attorno a un duplice obbligo: quello d'interpretare, nella misura del possibile, il suo diritto nazionale conformemente al diritto comunitario e, in mancanza di una tale possibilità, quello di disapplicare il diritto nazionale incompatibile con il diritto comunitario .

55. Per quanto riguarda l'obbligo d'interpretazione conforme, esso è stato posto dalla Corte al tempo stesso in relazione al diritto comunitario primario (le disposizioni del Trattato) e derivato (in particolare le direttive). A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che l'obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato previsto da quest'ultima nonché l'obbligo loro imposto dall'art. 5 del Trattato di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l'adempimento di tale obbligo valgono per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell'ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. La Corte ha concluso di conseguenza che, «nell'applicare il diritto nazionale [sia che si tratti di disposizioni precedenti sia che si tratti di disposizioni successive alla direttiva], il giudice nazionale deve interpretarlo quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva, al fine di conseguire il risultato perseguito da quest'ultima e conformarsi così all'art. 189, terzo comma, del Trattato CE (divenuto art. 249, terzo comma, CE)» . La Corte ha precisato che «[i]l principio dell'interpretazione conforme vale in modo del tutto particolare per il giudice nazionale allorché uno Stato membro ha ritenuto (...) che le disposizioni preesistenti del suo diritto nazionale soddisfacessero le prescrizioni della direttiva considerata» , di modo che non ha ritenuto utile procedere alla sua trasposizione nel diritto nazionale.

56. Il solo limite che si impone al giudice nazionale, nell'ambito di questo esercizio di interpretazione conforme, è di non opporre a un singolo un obbligo previsto da una direttiva non trasposta o di determinare o di aggravare, sulla base della direttiva e in assenza di una legge emanata per la sua attuazione, la responsabilità penale di coloro che ne trasgrediscono le disposizioni .

57. Per quanto riguarda l'obbligo di disapplicare il diritto nazionale incompatibile con il diritto comunitario, esso è stato rigorosamente affermato dalla Corte nella citata sentenza Simmenthal. Basandosi sui principi dell'applicabilità diretta e del primato del diritto comunitario, la Corte ha posto il requisito secondo cui «il giudice nazionale incaricato di applicare, nell'ambito della propria competenza [in quanto organo di uno Stato membro], le disposizioni di diritto comunitario ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale» .

58. Dalla citata sentenza Simmenthal risulta che il giudice nazionale è tenuto a un obbligo maggiore, comparabile a un obbligo di risultato. Esso deve assicurare la tutela immediata dei diritti che ai singoli derivano dall'ordinamento giuridico comunitario. Questa esigenza d'immediatezza nella tutela dei diritti conferiti dal diritto comunitario risponde a un duplice obiettivo di effettività: effettività della tutela e, di conseguenza, effettività della norma giuridica stessa.

59. A questo proposito è stato sottolineato che se il giudice nazionale, come qualsiasi organo di uno Stato membro, è tenuto ad applicare il diritto comunitario, il suo compito è «tanto più cruciale in quanto, "di fronte alla fase ultima dell'esecuzione della norma", esso è il garante del rispetto di quest'ultima» . La sua posizione è tanto più «strategica» in quanto ad esso spetta valutare l'articolazione del suo diritto nazionale con il diritto comunitario e di trarne le conseguenze che s'impongono. Pertanto, non è più necessariamente, come poteva dire in altri tempi Montesquieu, «la bocca della legge». Al contrario, esso è tenuto a volgere uno sguardo critico sul suo diritto nazionale al fine di assicurarsi, prima di applicarlo, della sua conformità al diritto comunitario. Se ritiene che il suo diritto nazionale non possa ricevere un'interpretazione conforme, spetta ad esso disapplicarlo e persino applicare disposizioni di diritto comunitario in sostituzione del suo diritto nazionale mediante un gioco di sostituzione di norme, a meno che non ne derivi - anche in questo caso - un aggravamento della situazione giuridica dei singoli .

60. Questa giurisprudenza ha ampiamente contribuito a valorizzare il compito del giudice, a rafforzare la sua autorità nell'ambito dello Stato, con la conseguenza che, in taluni sistemi giuridici nazionali, vi sono state evoluzioni di ordine costituzionale. Al tempo stesso, questo comporta da parte sua un necessario sforzo di adattamento a un contesto giuridico ampliato e reso più complesso a causa delle difficoltà che l'articolazione tra il diritto nazionale e il diritto comunitario può far sorgere. Tuttavia, è importante sottolineare che il giudice nazionale non è del tutto lasciato a se stesso, in quanto può essere aiutato in tale compito dalla Corte, grazie al meccanismo di cooperazione giudiziaria costituito dal procedimento di pronuncia pregiudiziale.

61. Sulla scia della citata sentenza Simmenthal, la Corte ha dichiarato, nella citata sentenza Factortame e a. , che il giudice nazionale deve eliminare qualsiasi ostacolo di diritto nazionale che gli impedisca di disporre, se necessario, provvedimenti provvisori destinati a tutelare diritti che i singoli asseriscono derivare dal diritto comunitario. Si trattava nella fattispecie di ordinare misure provvisorie in attesa della pronuncia da parte del giudice nazionale di una decisione nel merito sull'esistenza dei diritti fatti valere da singoli sulla base del diritto comunitario, poiché questo elemento era esso stesso subordinato alla soluzione fornita dalla Corte a una questione pregiudiziale sottoposta da tale giudice circa l'interpretazione delle norme comunitarie di cui trattasi. Questa sentenza testimonia la preoccupazione della Corte di evitare che i singoli subiscano un danno - che si suppone irreparabile - a causa dell'applicazione da parte del giudice nazionale di norme nazionali la cui conformità al diritto comunitario poteva ragionevolmente essere messa in dubbio. L'esigenza di tutela immediata dei diritti che ai singoli derivano dall'ordinamento giuridico comunitario è lungi dall'essere trascurabile, poiché la Corte attribuisce al giudice nazionale un compito particolarmente efficace ed operativo, che lo avvicina a un giudice dei provvedimenti urgenti.

62. Il coinvolgimento del giudice nazionale nella tutela dei diritti derivati dall'ordinamento giuridico comunitario si manifesta con particolare intensità nell'ambito del contenzioso relativo alla ripetizione dell'indebito. Sin dal 1983 la Corte ha dichiarato che «il diritto di ottenere il rimborso dei tributi riscossi da uno Stato membro in contrasto con le norme di diritto comunitario è la conseguenza e il complemento dei diritti riconosciuti ai singoli dalle norme comunitarie che vietano le tasse di effetto equivalente a dazi doganali o, secondo i casi, l'applicazione discriminatoria d'imposte interne» . Questo diritto al rimborso comporta che a livello nazionale venga messo a disposizione un rimedio giuridico appropriato che consenta ai singoli di recuperare integralmente gli importi che hanno ingiustamente ed effettivamente versato. Esso comporta correlativamente, per il giudice nazionale, l'obbligo di ingiungere all'amministrazione di restituire gli importi controversi agli interessati.

63. Questa giurisprudenza costituisce un importante punto avanzato nella definizione del compito del giudice nazionale. Infatti, non solo quest'ultimo è tenuto a discostarsi dalle disposizioni del suo diritto nazionale - incompatibili con il diritto comunitario - per accogliere la domanda di rimborso (sulla scia della citata sentenza Simmenthal), ma è inoltre obbligato ad ingiungere all'amministrazione di procedere al rimborso .

64. Un passo decisivo e complementare è stato compiuto con le citate sentenze Francovich e a. e Brasserie du pêcheur e Factortame. Come si sa, la Corte ha sancito il principio della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli da violazione del diritto comunitario ad esso imputabili. Ne deriva che i singoli sono legittimati ad ottenere il risarcimento facendo valere - dinanzi al giudice nazionale - la responsabilità dello Stato. Questo meccanismo di responsabilità completa utilmente quello della ripetizione dell'indebito, nel caso in cui il danno causato da un organo statale non risulti dall'esecuzione di un ordine di pagamento di una somma di denaro e non può quindi essere risarcito mediante la restituzione di tale somma. Esso consente anche di superare i limiti dell'obbligo d'interpretazione conforme e della portata giuridica delle direttive .

65. Infine, occorre tener presente che, in taluni casi, i giudici nazionali sono tenuti a sollevare d'ufficio un motivo di diritto basato sull'ordinamento giuridico comunitario, nel caso in cui nessuna delle parti se ne sia avvalsa .

66. Da tutta questa giurisprudenza si può facilmente dedurre che la Corte conferisce al giudice nazionale un ruolo importante nell'attuazione del diritto comunitario e nella tutela dei diritti che ne derivano per i singoli. Si suole poi qualificare il giudice nazionale, secondo un'espressione comunemente utilizzata, come «giudice comunitario di diritto comune». Questa espressione non deve essere intesa letteralmente, ma piuttosto in maniera simbolica. Infatti, allorché il giudice nazionale si occupa del diritto comunitario, lo fa come organo di uno Stato membro e non come organo comunitario in seguito a un'operazione di sdoppiamento funzionale.

67. Questo ruolo importante del giudice nazionale nell'attuazione del diritto comunitario si è tradotto infine nel riconoscimento di un «diritto al giudice» e nella sua consacrazione come principio generale del diritto comunitario. Infatti, la Corte ha dichiarato che «[i]l sindacato giurisdizionale (...) costituisce espressione di un principio giuridico generale su cui sono basate le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri (...) [e che] è stato del pari sancito dagli artt. 6 e 13 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali» .

68. Questa nozione di «diritto al giudice» è il corollario dello Stato di diritto. Infatti, come ha indicato l'avvocato generale Darmon nelle sue conclusioni nella citata causa Johnston, «[i]l principio di legalità, anche se costituisce la pietra angolare dello Stato di diritto, non esclude la presa in considerazione delle esigenze dell'ordine pubblico. Queste esigenze devono anzi essere integrate nel suddetto principio perché possa essere garantita la sopravvivenza dello Stato, evitando nel contempo l'arbitrio. A questo proposito, il sindacato giurisdizionale costituisce una garanzia fondamentale: il diritto di adire il giudice è inerente allo Stato di diritto» . Egli ne ha concluso che, «[l]a Comunità europea, composta di Stati di diritto, è necessariamente una Comunità di diritto. La sua creazione e il suo funzionamento - in altre parole il patto comunitario - riposano sull'unanime rispetto dell'ordinamento giuridico comunitario da parte degli Stati membri» . Se ne può concludere che il «diritto al giudice» è al tempo stesso «una conquista e uno strumento dello Stato di diritto» .

69. Queste considerazioni trovano al giorno d'oggi un'eco significativa nell'art. 6, n. 1, del Trattato sull'Unione europea, derivato dal Trattato di Maastricht, poiché vi si può leggere che «[l]'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dello Stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri».

70. Ritengo che l'uguale rispetto da parte degli Stati membri dell'ordinamento giuridico comunitario, conformemente alle esigenze di una Comunità di diritto costituita da Stati di diritto, comporta che gli Stati membri siano considerati responsabili in caso di violazione del diritto comunitario, qualunque sia l'organo, legislativo, esecutivo o giudiziario, autore di tale violazione. Infatti, non si vede come uno Stato membro possa a priori sfuggire ad ogni responsabilità per atti dei suoi organi giurisdizionali supremi, mentre proprio questi ultimi hanno come compito quello di applicare e di far rispettare il diritto comunitario. Vi sarebbe manifestamente in tal caso un paradosso insormontabile. Ne deriva che la specificità della funzione giurisdizionale, rispetto a quella dell'amministrazione o del legislatore, anche se può giustificare l'introduzione di un regime di responsabilità particolare, non può in alcun caso giustificare a priori un'esclusione del principio della responsabilità dello Stato per atti dei suoi organi giurisdizionali supremi.

71. Questa conclusione corrisponde al ruolo eminente degli organi giurisdizionali supremi nell'attuazione del diritto comunitario.

72. Infatti, conformemente alle loro funzioni tradizionali di unificazione dell'interpretazione del diritto, questi ultimi hanno il compito di assicurarsi del rispetto, da parte degli altri giudici nazionali, della corretta ed effettiva attuazione del diritto comunitario. A tale titolo, spetta loro prestare un'attenzione tutta particolare alla conformità del diritto nazionale nei confronti del diritto comunitario e di trarne le conseguenze che s'impongono.

73. Del resto, l'esperienza dimostra che gli organi giurisdizionali supremi devono regolarmente far fronte a situazioni che giustificano un tale esame e sono così indotti a procedere a un'interpretazione conforme delle disposizioni nazionali, ossia a disapplicarle a causa della loro incompatibilità o della loro contrarietà con il diritto comunitario. Al riguardo, la giurisprudenza della Corte sul punto di diritto di cui trattasi fornisce sicuramente elementi utili alla loro opera di valutazione . Inoltre, taluni organi giurisdizionali supremi non esitano a dare prova di un'attenta vigilanza per quanto riguarda l'obbligo di sollevare d'ufficio motivi attinenti all'applicazione del diritto comunitario .

74. Inoltre, è importante ricordare che gli autori del Trattato hanno attribuito agli organi giurisdizionali supremi un ruolo determinante nell'attuazione del meccanismo di cooperazione giurisdizionale costituito dal procedimento pregiudiziale. Infatti, l'art. 234 CE prevede che, contrariamente agli altri giudici nazionali che dispongono di una semplice facoltà di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale, i giudici, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale, sono tenuti a farlo .

75. L'importanza dell'obbligo di rinvio, previsto dall'art. 234 CE, è stata fortemente sottolineata dalla Corte nella sentenza 6 ottobre 1982, Cilfit e a. . L'introduzione di un tale obbligo mira ad evitare che si producano divergenze giurisprudenziali all'interno della Comunità su questioni di diritto comunitario . Agli organi giurisdizionali supremi incombe l'onere di sottoporre questioni pregiudiziali, al fine di evitare che perdurino o facciano la loro apparizione divergenze giurisprudenziali fra gli Stati membri, in particolare tra i giudici ordinari dello Stato nel quale essi esercitano le loro funzioni.

76. L'insieme delle considerazioni che precedono dimostra quanto sia determinante il ruolo dei giudici nazionali - e, in primo luogo, quello degli organi giurisdizionali supremi - nell'attuazione del diritto comunitario e nella tutela dei diritti che ne derivano per i singoli. Questo ruolo determinante comporta necessariamente, come contropartita, l'ammissione di un principio della responsabilità dello Stato per atti degli organi giurisdizionali supremi. Per convincersene ancora di più - qualora ve ne sia bisogno - è sufficiente prendere conoscenza della situazione del diritto nazionale degli Stati membri a tale riguardo.

c) Lo stato del diritto nazionale degli Stati membri in materia di responsabilità statale per atti dei giudici

77. A mia conoscenza, tutti gli Stati membri ammettono il principio della responsabilità dello Stato in conseguenza dell'attività giurisdizionale. Tutti - tranne per il momento l'Irlanda - ammettono questo principio relativamente alle decisioni giurisdizionali propriamente dette, qualora esse violino norme giuridiche applicabili nel loro territorio, in particolare in caso di lesione di diritti fondamentali.

78. Tuttavia, la portata di questo principio varia in funzione della natura della norma violata e/o dell'origine della decisione giurisdizionale.

79. Per quanto riguarda la natura della norma, solo il Regno Unito e il Regno dei Paesi Bassi limitano chiaramente l'ambito della responsabilità dello Stato all'ipotesi di una violazione delle norme di cui all'art. 5 (in caso di privazione di libertà) o all'art. 6 della CEDU (concernente le garanzie dell'equo processo, in procedendo, ossia nel corso dell'elaborazione della decisione giudiziaria, e non le garanzie in iudicando, ossia quelle relative al contenuto della decisione stessa).

80. Tutti gli altri Stati membri - tranne la Repubblica ellenica, la Repubblica portoghese e la Repubblica francese che conoscono una situazione evolutiva e più sfumata - ammettono il principio della responsabilità dello Stato qualunque sia la natura della norma giuridica violata.

81. Per quanto riguarda l'origine della decisione giurisdizionale, solo la Repubblica d'Austria e il Regno di Svezia limitano la responsabilità dello Stato alle decisioni emesse da giudici ordinari, ad esclusione di quelle pronunciate da organi giurisdizionali supremi. La normativa svedese che esclude la responsabilità dello Stato per atti degli organi giurisdizionali supremi è stata ispirata, a quanto pare, dall'assenza di un organo giurisdizionale nazionale adeguato per esaminare un'eventuale azione per responsabilità di tale tipo. Tuttavia, questa esclusione di responsabilità non interviene allorché una decisione è stata revocata o modificata dall'organo giurisdizionale supremo stesso.

82. Da questi dati di diritto comparato risulta che, nonostante le divergenze esistenti a tutt'oggi, il principio della responsabilità dello Stato - a causa di una decisione di un organo giurisdizionale supremo che viola una norma giuridica - è generalmente ammesso dagli Stati membri, o quantomeno si delinea una forte tendenza in tal senso.

83. Questo riconoscimento non è soltanto di origine normativa (costituzionale o legislativa), ma anche di origine giurisprudenziale. E' interessante segnalare che il Regno del Belgio è il solo Stato membro che abbia riconosciuto, per via giurisprudenziale, il principio generale della responsabilità dello Stato in conseguenza della sua attività giurisdizionale. Questo principio è stato sancito da una sentenza della Cour de cassation (Belgio) del 19 dicembre 1991, De Keyser , nell'ambito di una controversia tra un privato e lo Stato belga, in seguito ad una decisione giudiziaria passata in giudicato, in quanto con questa decisione è stato dichiarato il fallimento d'ufficio di una società, in violazione dei principi di pubblicità e del contraddittorio. Questo organo giurisdizionale supremo ha dichiarato che «i principi di separazione dei poteri, dell'indipendenza del potere giudiziario e dei magistrati che lo compongono, nonché l'autorità della cosa giudicata non comportano che lo Stato sia, in generale, sottratto all'obbligo, derivante dalle disposizioni sopra menzionate (artt. 1382 e 1383 del codice civile), di risarcire il danno causato ad altri da un suo illecito o da quello commesso dai suoi organi nell'amministrazione del servizio pubblico della giustizia, in particolare nell'espletamento degli atti che costituiscono oggetto diretto della funzione giurisdizionale».

84. Infine, è interessante osservare che, in Italia, questo principio della responsabilità, di origine normativa, è stato recentemente applicato da una decisione del Tribunale di Roma del 28 giugno 2001 a un caso in cui la Corte suprema di cassazione avrebbe violato il diritto comunitario .

85. Da questa analisi di diritto comparato risulta che il principio della responsabilità dello Stato per atti degli organi giurisdizionali supremi può essere riconosciuto come un principio generale di diritto comunitario. Infatti, da una giurisprudenza costante risulta che, per riconoscere l'esistenza di un principio generale di diritto, la Corte non pretende che la norma si rinvenga in tutti gli ordinamenti giuridici nazionali. Allo stesso modo, il fatto che la portata e le condizioni di applicazione della norma varino da uno Stato membro all'altro è privo di rilievo. La Corte si limita a constatare che il principio è generalmente riconosciuto e che, al di là delle diversità, i sistemi giuridici interni degli Stati membri rivelano l'esistenza di criteri comuni .

86. Da tutte queste considerazioni sulla portata del principio della responsabilità dello Stato, sul ruolo del giudice nazionale e sulla situazione del diritto nazionale degli Stati membri, risulta che il diritto comunitario impone a questi ultimi un obbligo di risarcimento in caso di violazione del diritto comunitario per atti di un organo giurisdizionale supremo. Questa conclusione non può essere confutata con gli asseriti ostacoli fatti valere da talune parti del presente procedimento.

2. Gli ostacoli fatti valere da talune parti del presente procedimento non sono tali da escludere la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale supremo

87. Diversi ostacoli sono stati fatti valere dalla Repubblica d'Austria e dai governi austriaco, francese e del Regno Unito. Questi ostacoli si riferirebbero all'indipendenza della giustizia, al ravvicinamento del regime della responsabilità degli Stati membri a quello della Comunità, all'autorità della cosa definitivamente giudicata e all'imparzialità del giudice nazionale che statuirebbe su una tale azione per responsabilità. Esaminerò questi diversi argomenti nell'ordine che è stato appena indicato.

a) Sull'indipendenza della giustizia

88. Si deve ricordare che l'argomento relativo all'indipendenza della giustizia è privo di pertinenza in diritto comunitario, così come in diritto internazionale. Come è risaputo, in diritto internazionale uno Stato non può avvalersi delle particolarità della sua organizzazione costituzionale per evitare che sussista la sua responsabilità. Questa situazione è solo un'espressione particolare del principio generale secondo cui «una parte non può invocare le disposizioni della propria legislazione interna per giustificare la mancata esecuzione di un trattato» . Ne deriva che «il comportamento di un organo dello Stato - anche indipendente dal potere esecutivo - deve essere considerato come un atto di tale Stato» .

89. Lo stesso avviene in diritto comunitario. Infatti, la Corte ripete costantemente che «uno Stato membro non può invocare norme, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l'inosservanza degli obblighi e dei termini derivanti da tali direttive comunitarie» . Essa ne conclude, secondo una giurisprudenza costante, che «la responsabilità di uno Stato membro ai sensi dell'art. 169 sussiste indipendentemente dall'organo dello Stato la cui azione od inerzia ha dato luogo alla violazione, anche se si tratta di un organo costituzionalmente indipendente» .

90. Del resto, ci si può chiedere se la questione dell'indipendenza della giustizia non debba porsi nell'ambito dell'introduzione di un regime di responsabilità personale dei giudici più che nell'ambito di un regime di responsabilità dello Stato .

91. Inoltre, si deve constatare che considerazioni di tale tipo - per quanto legittime - non hanno ostacolato, in diversi Stati membri, l'introduzione di un tale regime di responsabilità statale.

b) Sul parallelo tra il regime di responsabilità degli Stati membri e quello della Comunità

92. E' vero che la determinazione delle condizioni sostanziali che disciplinano il regime della responsabilità degli Stati membri non è senza incidenza su quelle che disciplinano la sussistenza della responsabilità della Comunità. A tal riguardo, la giurisprudenza della Corte ha conosciuto un movimento di reciproco ravvicinamento, che si è manifestato in particolare nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame , relativamente alla responsabilità degli Stati membri, e successivamente nella sentenza 4 luglio 2000, Gergaderm e Goupil/Commissione , relativamente alla responsabilità della Comunità.

93. Del resto, il funzionamento della giustizia comunitaria è già stato messo in causa in quanto il Tribunale avrebbe violato il principio del termine ragionevole . Questa asserzione è già stata esaminata dalla Corte nella sua qualità di organo giurisdizionale supremo dell'ordinamento giuridico comunitario.

94. Tuttavia, non se ne può concludere che il regime della responsabilità degli Stati membri e quello della Comunità si riducono a un parallelismo assoluto. Infatti, allo stato attuale del diritto comunitario, la responsabilità della Comunità non può sussistere a causa di una decisione della Corte, in quanto essa costituisce l'organo giurisdizionale supremo dell'ordinamento giuridico comunitario. Diverso sarebbe, in particolare, nel caso in cui la Comunità europea, ossia l'Unione europea, aderisse alla CEDU e accettasse di assoggettarsi al sindacato giurisdizionale della Corte europea dei diritti dell'uomo per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali nell'ambito dell'attuazione del diritto comunitario .

c) Sul rispetto dell'autorità della cosa definitivamente giudicata

95. Occorre precisare il senso di questa nozione prima di determinare le conseguenze che si è legittimati a trarne.

96. «Res judicata pro veritate habetur»: quello che è stato giudicato è considerato conforme alla verità. Questo principio derivato dal diritto romano è riconosciuto da tutti gli Stati membri nonché nell'ordinamento giuridico comunitario. Esso significa che una decisione giurisdizionale - con la quale è stata risolta una controversia - non può essere rimessa in discussione, salvo mediante l'esercizio dei mezzi d'impugnazione previsti dalla legge. Ne deriva che, in caso di esaurimento dei mezzi d'impugnazione, una tale decisione (rivestita dell'autorità della cosa giudicata) non può più essere rimessa in discussione avviando uno stesso processo (essa acquista allora forza di cosa giudicata o autorità della cosa definitivamente giudicata). Come hanno sottolineato diversi governi, questo principio si basa sulla necessità di assicurare la stabilità dei rapporti giuridici evitando che contestazioni siano rinnovate all'infinito. Esso s'ispira quindi a una duplice esigenza: la certezza del diritto e la buona amministrazione della giustizia.

97. Quale conclusione se ne può trarre nell'ambito dell'attuazione del diritto comunitario? Gli Stati membri sono legittimati ad avvalersi del principio dell'autorità della cosa definitivamente giudicata per opporsi all'avvio di un'azione per responsabilità contro lo Stato in seguito a una decisione di un organo giurisdizionale supremo adottata in violazione del diritto comunitario? In assenza di normativa comunitaria in materia, la soluzione dev'essere ricercata nell'ambito dell'autonomia procedurale dei sistemi nazionali e del necessario inquadramento che l'accompagna attinente al rispetto del principio di equivalenza e di effettività.

98. Innanzi tutto, occorre far presente che, in forza di una giurisprudenza costante, «spetta, in linea di principio, ai giudici nazionali verificare che le modalità procedurali destinate a garantire, nel diritto interno, la tutela dei diritti derivanti ai singoli dal diritto comunitario siano conformi al principio dell'equivalenza» , cioè che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a ricorsi analoghi di natura interna. Infatti, i giudici nazionali sono nella posizione migliore per procedere a una tale valutazione in quanto essa implica una conoscenza relativamente precisa delle norme procedurali interne. Tuttavia, la Corte provvede in genere a formulare talune osservazioni al riguardo al fine di guidare i giudici nazionali in tale compito .

99. Come si sa, diversi Stati membri hanno ammesso il diritto per i singoli di presentare un ricorso per responsabilità contro lo Stato per violazione di una norma di diritto nazionale a causa di una decisione emessa da un organo giurisdizionale supremo. Conformemente al principio di equivalenza, questi Stati membri sono tenuti a riservare lo stesso trattamento a un'azione analoga basata sul diritto comunitario.

100. Inoltre, e in ogni caso, occorre sottolineare che nessuno Stato membro è legittimato a conferire al principio dell'autorità della cosa definitivamente giudicata una portata più estesa nei confronti delle azioni per responsabilità basate sul diritto comunitario rispetto a quelle basate sul diritto nazionale.

101. Ora, secondo una concezione tradizionale dominante, l'autorità della cosa giudicata - e, di conseguenza, l'autorità della cosa definitivamente giudicata - può intervenire solo in talune circostanze, allorché esiste una triplice identità - di oggetto, di causa e di parti - tra una controversia già risolta e una controversia sopravvenuta successivamente. L'autorità della cosa giudicata è quindi un principio relativo e non assoluto . Di conseguenza, si deve constatare che una controversia - quale la controversia pendente dinanzi al giudice nazionale - che ha per oggetto il risarcimento di un danno causato da una violazione del diritto comunitario e che mette in causa lo Stato non soddisfa questo triplice requisito di identità (cumulativa e non alternativa).

102. Del resto, per tale motivo, la regola dell'autorità della cosa giudicata non ha impedito a diversi Stati membri di introdurre un regime di responsabilità dello Stato per il contenuto delle decisioni giudiziarie.

103. Ne deriva che, in forza del principio di equivalenza, gli Stati membri non sono legittimati ad avvalersi del principio dell'autorità della cosa definitivamente giudicata per opporsi a priori all'avvio di una tale azione per responsabilità contro lo Stato. Ciò vale a maggior ragione per il principio di effettività .

104. Infatti, occorre ricordare che gli Stati membri sono obbligati a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili. Questo principio è stato sancito dalla Corte nella citata sentenza Francovich e a. , ed è stato da allora costantemente ribadito, in particolare nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame . Gli Stati membri sono quindi tenuti a non rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto a risarcimento, quando si tratta di un diritto conferito dall'ordinamento giuridico comunitario. Ora, come è evidente, l'esclusione di un diritto di ricorso destinato ad ottenere il risarcimento tende a negare l'esistenza di un tale diritto e viola quindi necessariamente il principio di effettività che delimita l'autonomia procedurale degli Stati membri.

105. Ne deriva che il principio dell'autorità della cosa definitivamente giudicata non può opporsi all'introduzione di un obbligo per gli Stati membri di risarcire i danni causati da una decisione di un organo giurisdizionale supremo emessa in violazione del diritto comunitario .

106. Questa conclusione s'impone a maggior ragione in relazione al principio del primato del diritto comunitario. Una norma nazionale, quale quella del rispetto dell'autorità della cosa definitivamente giudicata, non può essere fatta valere nei confronti di un singolo per neutralizzare un ricorso per risarcimento basato sul diritto comunitario.

d) Sulle garanzie d'imparzialità del giudice nazionale

107. Ammetto che ci si possa legittimamente chiedere se il giudice nazionale - che dovrebbe statuire su un ricorso per responsabilità contro lo Stato per una decisione emanata da un organo giurisdizionale supremo - presenti sufficienti garanzie d'imparzialità in relazione alle esigenze poste dall'art. 6, n. 1, della CEDU .

108. Infatti, in forza di una giurisprudenza costante, la Corte europea dei diritti dell'uomo ritiene che «l'imparzialità deve essere valutata secondo un approccio soggettivo, che cerca di determinare la convinzione personale di tale giudice in tale occasione, e anche secondo un approccio oggettivo che induce ad assicurarsi che esso offra garanzie sufficienti per escludere a tal riguardo ogni legittimo dubbio», essendo precisato che, «in materia, le apparenze possono rivestire una certa importanza» .

109. Ciò premesso, tale delicata questione non è indubbiamente inedita per gli Stati membri che hanno già introdotto un sistema di responsabilità statale per atti dei giudici, ivi compresi gli organi giurisdizionali supremi.

110. Inoltre, come si vedrà più avanti, non spetta alla Corte pronunciarsi sulla determinazione dei giudici competenti in materia, in quanto tale questione rientra in maniera privilegiata nella sfera di autonomia degli Stati membri.

111. Infine, una garanzia d'imparzialità potrebbe essere attinta dalle risorse del meccanismo di cooperazione giudiziaria costituito dal procedimento di pronuncia pregiudiziale. Infatti, al fine di dissipare ogni legittimo dubbio sulla sua imparzialità, si può immaginare che il giudice nazionale effettui la scelta di sottoporre una questione pregiudiziale e quindi affidi alla Corte il compito di esaminare se l'organo giurisdizionale supremo interessato abbia effettivamente violato il diritto comunitario e, in caso affermativo, in quale misura. Il ricorso a un tale procedimento presenterebbe un duplice vantaggio poiché consentirebbe al tempo stesso di dissipare ogni legittimo dubbio sull'imparzialità del giudice nazionale e di illuminare quest'ultimo in tale delicato esercizio eliminando il rischio di errore nella valutazione di un asserito errore.

112. In tali circostanze, il ruolo che la Corte sarebbe chiamata a svolgere - nella sua qualità di giudice internazionale indipendente dai giudici nazionali - potrebbe essere avvicinato a quello della Corte europea dei diritti dell'uomo nell'ambito dell'esame dei ricorsi individuali. Tuttavia, sarebbe eccessivo dedurne che una tale situazione comporti l'introduzione di un estremo diritto di ricorso, ossia erigere la Corte a estremo grado di giurisdizione. Infatti, non si tratta di introdurre un rinvio pregiudiziale automatico, ma piuttosto di ricordare l'esistenza di una possibilità di rinvio. In questo tipo di rinvio pregiudiziale vedo solo l'espressione di un meccanismo di cooperazione giudiziaria ispirato da una logica di dialogo e di reciproca fiducia tra giudice e giudice.

113. Questo argomento relativo alle garanzie d'imparzialità del giudice nazionale, al pari di quelli relativi all'indipendenza della giustizia, al parallelo con il regime di responsabilità della Comunità o all'autorità della cosa definitivamente giudicata, non è tale da opporsi all'ammissione del principio della responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale supremo.

114. Di conseguenza, occorre risolvere la prima questione pregiudiziale nel senso che il principio secondo cui gli Stati membri sono obbligati a risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad essi imputabili si applica allorché l'inadempimento addebitato è attribuito a un organo giurisdizionale supremo.

VI - Sulle condizioni sostanziali richieste perché sussista la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale supremo

115. Prima di formulare osservazioni relativamente al caso di specie, occorre delineare i contorni del regime di responsabilità dello Stato per atti di un organo giurisdizionale supremo.

A - Osservazioni delle parti

116. Le parti che si sono espresse su questo punto si sono pronunciate a favore di un regime di responsabilità specifico, restrittivo, limitato a casi eccezionali, se non estremamente eccezionali.

117. Secondo il governo tedesco, la sussistenza della responsabilità dello Stato presupporrebbe che la decisione dell'organo giurisdizionale supremo sia obiettivamente indifendibile e risulti da una violazione intenzionale del diritto comunitario.

118. Secondo il governo del Paesi Bassi, la responsabilità dello Stato dovrebbe configurare l'ipotesi di una violazione grave e manifesta dell'obbligo di rinvio pregiudiziale, nell'ambito della preparazione della decisione giudiziaria. Esso precisa che un'asserita violazione dell'obbligo di rinvio dovrebbe essere valutata in relazione alla situazione esistente al momento dell'adozione della decisione giudiziaria. Questa tesi si ricollega in parte a quella del sig. Köbler.

119. Secondo la Commissione, la sussistenza della responsabilità dello Stato dovrebbe essere collegata a una violazione sufficientemente caratterizzata del diritto comunitario, nel caso in cui un organo giurisdizionale supremo abuserebbe manifestamente del suo potere o traviserebbe visibilmente il senso e la portata del diritto comunitario. Una tale violazione comprenderebbe, in particolare, l'ipotesi di un inadempimento all'obbligo di rinvio pregiudiziale.

B - Analisi

120. In questa fase, una questione viene subito in mente: se la determinazione delle condizioni sostanziali di una tale responsabilità rientri nel diritto nazionale o nel diritto comunitario.

121. Ritengo che un semplice rinvio al diritto nazionale presenterebbe seri inconvenienti in termini di coerenza nella tutela effettiva dei diritti che ai singoli derivano dal diritto comunitario, tra i quali figura il diritto al risarcimento. Infatti, come ha sottolineato l'avvocato generale Tesauro nelle sue conclusioni nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, «un mero rinvio al diritto nazionale rischierebbe di avallare un sistema discriminatorio, nella misura in cui rispetto ad una stessa violazione i cittadini comunitari sarebbero diversamente garantiti e qualcuno niente affatto garantito» . Egli ne ha tratto la seguente conclusione: «[a]ffinché la tutela risarcitoria sia assicurata in tutti gli Stati membri in modo - se non proprio uniforme - almeno omogeneo, è indispensabile che sia lo stesso diritto comunitario a stabilire quantomeno le condizioni minime che determinano il diritto al risarcimento» . Non posso che condividere queste considerazioni. E' quanto ha fatto la Corte nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame per quanto riguarda la responsabilità dello Stato per atti del legislatore, perfezionando la giurisprudenza Francovich e a., sopra menzionata.

122. Occorre quindi esaminare quali condizioni «comunitarie» minime debbano sussistere perché sia coinvolta la responsabilità dello Stato per atti dei suoi organi giurisdizionali supremi. Ci si può limitare a trasporre puramente e semplicemente le condizioni che sono state stabilite dalla Corte per il legislatore o l'amministrazione? A mio parere, una soluzione negativa s'impone tenuto conto della specificità della funzione giurisdizionale. Tuttavia, occorre rispettare una certa coerenza con i regimi che sono stati definiti per questi due altri organi dello Stato e che sono stati applicati più volte.

123. Secondo una formula divenuta usuale, la Corte ha sancito il principio secondo cui «un diritto al risarcimento è riconosciuto dal diritto comunitario in quanto siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione sufficientemente caratterizzata e, infine, che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell'obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi» . Occorre determinare il senso e la portata di queste tre condizioni sostanziali circa la responsabilità dello Stato per atti degli organi giurisdizionali supremi, tenendo presente che si tratta in tal caso di condizioni minime. Esse non escludono che la responsabilità dello Stato possa essere implicata in condizioni meno restrittive sulla base del diritto nazionale .

1. La natura della norma violata

124. E' comunemente ammesso che il requisito secondo cui la norma violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli non comporta necessariamente che la norma di cui trattasi sia dotata di efficacia diretta. E' sufficiente che questa norma comporti l'attribuzione di diritti a favore dei singoli e che il contenuto di questi diritti sia identificabile con sufficiente precisione (sulla base delle disposizioni della norma di cui trattasi) . L'efficacia diretta della norma di cui trattasi non è necessaria, ma sufficiente per soddisfare questo requisito. A mio parere, questo requisito relativo alla responsabilità dello Stato per atti del legislatore o dell'amministrazione è trasponibile al caso della responsabilità per atti degli organi giurisdizionali supremi.

125. Inoltre, ritengo che la responsabilità dello Stato per atti di un organo giurisdizionale supremo non possa essere limitata al caso di una violazione di una norma di rango superiore, ad esclusione di tutte le altre. Diversi argomenti si pongono a favore di questa tesi.

126. Innanzi tutto, la determinazione del carattere superiore di una norma è lungi dall'essere agevole, in particolare in un sistema giuridico come il diritto comunitario che non conosce gerarchie delle norme .

127. Inoltre, a tutt'oggi, questa condizione di superiorità della norma violata che è stata stabilita dalla Corte alcuni anni fa, relativamente alla responsabilità extracontrattuale della Comunità, è stata recentemente abbandonata nella citata sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione, di modo che si può oggi parlare di un allineamento dei due regimi di responsabilità (Comunità-Stati membri) .

128. Infine, in considerazione di questa logica di coerenza dei regimi di responsabilità, sarebbe quanto meno singolare introdurre attualmente un tale requisito. Infatti, come «la tutela dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto comunitario non può variare in funzione della natura, nazionale o comunitaria, dell'organo che ha cagionato il danno» , così lo stesso dovrebbe valere tra i differenti organi dello Stato, con riserva di taluni adattamenti collegati alla funzione specifica di cui trattasi.

129. Fatte queste precisazioni sulla natura della norma di diritto comunitario violata, occorre ora stabilire quali condizioni devono essere soddisfatte perché la violazione del diritto comunitario possa dar luogo a risarcimento.

2. La natura della violazione del diritto comunitario

130. Dalla citata sentenza Francovich e a. risulta che «[s]e la responsabilità dello Stato è così imposta dal diritto comunitario, le condizioni in cui essa fa sorgere un diritto a risarcimento dipendono dalla natura della violazione del diritto comunitario che è all'origine del danno provocato» .

131. Questa condizione relativa alla natura della violazione di cui trattasi è stata precisata dalla Corte nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame. Sulla scia della sua giurisprudenza relativa alle condizioni perché sussista la responsabilità extracontrattuale della Comunità per atti normativi, essa ha distinto le due ipotesi seguenti.

132. Innanzi tutto, nel caso in cui lo Stato membro di cui trattasi, al momento in cui ha commesso la trasgressione, non si fosse trovato di fronte a scelte normative e disponesse di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l'esistenza di una violazione grave e manifesta. E' quanto avviene quando il diritto comunitario impone al legislatore nazionale, in un settore disciplinato dal diritto comunitario, obblighi di risultato o obblighi di comportamento (come la trasposizione di una direttiva entro un certo termine) o di astensione. Questa concezione ampia della responsabilità dello Stato è stata applicata più volte dalla Corte, in particolare a causa della mancata trasposizione di una direttiva , di una trasposizione che non tenesse conto degli effetti nel tempo di una direttiva , del rifiuto dell'amministrazione di rilasciare una licenza di esportazione, mentre la concessione di un tale titolo avrebbe dovuto essere quasi automatica in considerazione dell'esistenza di direttive di armonizzazione nel settore interessato .

133. In secondo luogo, nel caso in cui uno Stato membro operi in un settore nel quale dispone di un ampio potere discrezionale, la sua responsabilità sussiste solo in caso di violazione sufficientemente caratterizzata, ossia allorché, nell'esercizio della sua funzione normativa, ha disconosciuto in modo palese e grave i limiti che s'impongono all'esercizio dei suoi poteri .

134. Tuttavia, ci si può interrogare sulla pertinenza attuale di una tale distinzione in merito alla recente evoluzione della giurisprudenza della Corte in materia di responsabilità dello Stato per atti del legislatore o dell'amministrazione.

135. Infatti, nella prima ipotesi considerata dalla citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, ossia allorché gli Stati membri dispongono di un margine di valutazione considerevolmente ridotto, se non inesistente, la valutazione della Corte circa l'esistenza di una violazione sufficientemente caratterizzata si basa sempre meno sulla constatazione di una semplice violazione del diritto comunitario. Essa si basa invece sempre più su criteri comparabili a quelli che prevalgono nella seconda ipotesi considerata dalla citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, ossia allorché gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale.

136. Pertanto, la Corte ha dichiarato che «una mera violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro può costituire una violazione grave e manifesta, ma non necessariamente la costituisce» . Essa ha aggiunto che «[p]er stabilire se tale violazione del diritto comunitario costituisca una violazione grave e manifesta, il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento dei danni deve tenere conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato» . Essa ha precisato che «[f]ra tali elementi compaiono in particolare il grado di chiarezza e di precisione della norma violata , il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o l'inescusabilità di un eventuale errore di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un'istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all'adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto comunitario» . E' impressionante constatare come questi elementi siano identici, in ogni punto, a quelli enunciati dalla citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame in un'ipotesi in cui si è ritenuto che il legislatore disponesse di un ampio potere discrezionale .

137. Questa giurisprudenza è stata confermata dalla citata sentenza Larsy riguardo alla concessione da parte dell'amministrazione belga di una pensione di vecchiaia a un lavoratore autonomo. La Corte si è preoccupata di precisare che, in questa causa, l'ente nazionale non era posto di fronte ad alcuna scelta normativa .

138. Stando così le cose, allo stato attuale della giurisprudenza della Corte, ritengo che non sia necessario stabilire se lo Stato disponga o meno nell'esercizio della funzione giurisdizionale di un ampio potere discrezionale. Per contro, occorre stabilire se gli elementi posti dalla Corte per valutare l'esistenza di una violazione grave e manifesta del diritto comunitario, imputabile al legislatore o all'amministrazione, possano essere in tutto o in parte trasferiti al caso di una violazione imputabile a un organo giurisdizionale supremo.

139. A mio parere, l'elemento decisivo attiene al carattere scusabile o meno dell'errore di diritto di cui trattasi. Questa qualificazione può dipendere sia dal grado di chiarezza e di precisione della norma violata, sia dall'esistenza o dallo stato della giurisprudenza della Corte in materia. Diversi esempi possono essere richiamati in tal senso.

140. Pertanto, la responsabilità dello Stato può sussistere, ad esempio, nel caso in cui un organo giurisdizionale supremo emetta una decisione incompatibile con disposizioni di diritto comunitario benché il loro senso e la loro portata siano evidenti. Questo avverrebbe allorché la formulazione delle disposizioni di cui trattasi è chiara e precisa in tutti i suoi elementi e priva di ambiguità, di modo che non lascia in definitiva posto ad alcun lavoro di interpretazione, ma alla sua applicazione pura e semplice.

141. La responsabilità dello Stato può sussistere anche, ad esempio, nel caso in cui un organo giurisdizionale supremo emetta una decisione che disconosce manifestamente la giurisprudenza della Corte, quale essa si presenta il giorno della pronuncia della decisione di cui trattasi. Infatti, le sentenze pronunciate dalla Corte, in particolare nell'ambito del procedimento pregiudiziale, vincolano necessariamente i giudici nazionali quanto all'interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario . Questi ultimi non possono discostarsi dalla giurisprudenza della Corte. Essi sono legittimati unicamente a sottoporre una questione pregiudiziale al fine di ottenere precisazioni utili per risolvere la questione ad essi sottoposta .

142. Per contro, la responsabilità dello Stato non può sussistere a causa di una decisione di un organo giurisdizionale supremo che sia incompatibile con una certa giurisprudenza della Corte, intervenuta successivamente alla sua pronuncia, qualora questa decisione sia conforme alla giurisprudenza esistente a tale data, a maggior ragione allorché tutto portava a credere che questa giurisprudenza fosse definitivamente consolidata. Infatti, in una tale ipotesi, se vi è errore, non si può addebitare all'organo giurisdizionale supremo di essere venuto meno a uno qualsiasi dei suoi obblighi, poiché si è giustamente basato sulla giurisprudenza esistente il giorno in cui ha statuito. A mio parere, questa analisi non è incompatibile con gli effetti nel tempo delle sentenze pregiudiziali di interpretazione.

143. Come si sa, la Corte ha costantemente dichiarato che l'interpretazione da essa fornita di una norma di diritto comunitario chiarisce e precisa il significato e la portata di tale norma quale avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore, di modo che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici - sorti e costituiti - prima della sentenza interpretativa. Ma, a mio parere, occorre ancora che tali rapporti giuridici non siano stati - definitivamente consolidati - da una decisione giudiziaria, a maggior ragione allorché si tratta di una decisione che non può essere oggetto d'impugnazione. Se i rapporti giuridici di cui trattasi sono stati definitivamente consolidati da una decisione di un organo giurisdizionale supremo, il principio di certezza del diritto si oppone a qualsiasi coinvolgimento della responsabilità dello Stato per tale motivo .

144. Infine, a mio parere, non si può a priori escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato a causa della violazione manifesta da parte di un organo giurisdizionale supremo dell'obbligo di rinvio pregiudiziale che ad esso incombe, ad esempio, nel caso in cui non esista giurisprudenza della Corte sul punto di diritto di cui trattasi alla data della pronuncia della sua decisione.

145. A tutt'oggi, la Corte non si è mai precisamente pronunciata al riguardo .

146. Come si sa, l'obbligo di rinvio pregiudiziale è fondamentale. Esso contribuisce ampiamente alla garanzia dell'applicazione uniforme del diritto comunitario nonché a quella della tutela effettiva dei diritti che ai singoli derivano dall'ordinamento giuridico comunitario. La Corte aveva ben in mente queste considerazioni quando ha determinato, nella citata sentenza Cilfit e a. , la portata dell'obbligo di rinvio posto dal Trattato.

147. Inoltre, l'obbligo di rinvio pregiudiziale tende ad inserirsi nella logica del «diritto al giudice». Infatti, in forza di una giurisprudenza costante della Corte europea dei diritti dell'uomo, «se il diritto di adire la Corte mediante questioni pregiudiziali non è assoluto (...), non è escluso che in talune circostanze il rifiuto opposto da un giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi in ultimo grado, possa ledere il principio di equità del procedimento, quale enunciato all'art. 6, n. 1, della convenzione, in particolare allorché un tale rifiuto appare viziato da arbitrarietà» . Del resto, come è stato indicato all'udienza, questo corollario del «diritto al giudice» trova un'espressione particolare in Germania .

148. In tale situazione, è logico e ragionevole ritenere che l'inadempimento manifesto a un obbligo di rinvio da parte di un organo giurisdizionale supremo può, di per sé, implicare la responsabilità dello Stato.

149. Tuttavia, in tali circostanze, l'implicazione della responsabilità dello Stato rischia di incontrare talune difficoltà, laddove si debba fornire la prova di un nesso di causalità diretto tra l'inadempimento all'obbligo di rinvio e il danno fatto valere. Infatti, questa prova del nesso di causalità presuppone che il singolo sia in grado di dimostrare che l'assenza di rinvio gli abbia necessariamente causato un danno, reale e certo, e non ipotetico, che non sarebbe sopravvenuto se l'organo giurisdizionale supremo avesse deciso di effettuare un rinvio pregiudiziale.

150. Questo sarà senza dubbio relativamente facile da provare quando si tratta di un danno puramente morale, che si riferisce ad esempio alla perdita di un'opportunità di vedere accolte le proprie pretese .

151. Verosimilmente ciò non avverrà quando si tratta di un danno materiale. Infatti, la prova del nesso di causalità fra un tale danno e l'inadempimento all'obbligo di rinvio presuppone che il singolo asseritamente leso dimostri che la decisione dell'organo giurisdizionale supremo sia stata conforme alle sue pretese se quest'ultimo avesse effettivamente effettuato un rinvio pregiudiziale. Salvo che la Corte pronunci una sentenza sul punto di diritto di cui trattasi, poco tempo dopo la pronuncia della decisione dell'organo giurisdizionale supremo, e che tale sentenza assecondi questo singolo nelle sue pretese, è difficile immaginare come possa essere fornita la prova di un tale nesso di causalità.

152. A mio parere, sarebbe eccessivo imporre al giudice nazionale, al quale verrebbe sottoposta una domanda di risarcimento di un asserito danno materiale, effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte al fine di conoscere la soluzione che esso avrebbe potuto dare nel caso in cui le fosse stata effettivamente sottoposta una tale questione.

153. Questo ragionamento e gli esempi che sono stati forniti dimostrano che, per valutare se un organo giurisdizionale supremo abbia commesso una violazione sufficientemente caratterizzata, tale da coinvolgere la responsabilità dello Stato, occorre accertare se questo organo giurisdizionale abbia commesso un errore di diritto scusabile o meno.

154. A mio parere, nello svolgere questo compito, non è necessario né opportuno prestare una particolare attenzione ad elementi quali l'atteggiamento delle istituzioni comunitarie o il carattere intenzionale o involontario della violazione del diritto comunitario.

155. Per quanto riguarda l'atteggiamento delle istituzioni comunitarie (quantomeno quello della Commissione), contrariamente a quanto avviene per la responsabilità dello Stato per atti del legislatore o dell'amministrazione, è difficile ammettere che questo elemento sia pertinente per valutare se sussista la responsabilità dello Stato per atti di un organo giurisdizionale supremo. Infatti, gli organi giurisdizionali supremi non si trovano nella posizione migliore per avere conoscenza dell'atteggiamento della Commissione, quale l'avvio di un procedimento per inadempimento da parte della Commissione che mettesse in causa, ad esempio, la conformità al diritto comunitario di disposizioni di diritto nazionale.

156. Per quanto riguarda il carattere intenzionale o involontario della violazione del diritto comunitario, si deve riconoscere che è particolarmente difficile pronunciarsi sull'esistenza di un elemento soggettivo, a maggior ragione nel caso molto probabile in cui la decisione giudiziaria sia stata emessa da una formazione collegiale. Inoltre, a mio parere, sarebbe delicato chiedere a un giudice nazionale di accertare se uno dei suoi colleghi sia stato ispirato dall'intenzione malevola di violare una norma giuridica.

3. Il nesso di causalità diretto tra la violazione dell'obbligo che incombe allo Stato e il danno subito da coloro che sono stati lesi

157. Questo aspetto è già stato affrontato a proposito dell'inadempimento all'obbligo di rinvio pregiudiziale. E' sufficiente che esista un nesso di causalità diretto tra la violazione di cui trattasi e un danno reale e certo di natura patrimoniale o morale.

158. Di conseguenza, occorre indicare al giudice nazionale che, quando una violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro è imputabile a un organo giurisdizionale supremo, i singoli lesi hanno diritto al risarcimento, qualora la norma di diritto comunitario violata abbia per oggetto di conferire loro diritti, la violazione sia sufficientemente caratterizzata ed esista un nesso di causalità diretto tra questa violazione e il danno subito dai singoli. Con questa riserva, è nell'ambito del diritto nazionale della responsabilità che incombe allo Stato l'onere di porre rimedio alle conseguenze del danno causato dalla violazione del diritto comunitario che è ad esso imputabile, purché le condizioni stabilite nel diritto nazionale non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna né siano adattate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.

VII - Sulla determinazione del giudice competente per valutare la fondatezza dell'azione per risarcimento

159. Questo punto riguarda al tempo stesso la determinazione del giudice nazionale competente e il ruolo rispettivo del giudice nazionale e della Corte per valutare la fondatezza di un'azione per risarcimento avviata contro lo Stato a causa della sua responsabilità per atti di un organo giurisdizionale supremo.

A - Sulla determinazione del giudice nazionale competente

160. Con la seconda questione pregiudiziale il giudice nazionale intende accertare in sostanza se gli Stati membri rimangano liberi di designare il giudice nazionale competente per esaminare un'azione per risarcimento avviata contro lo Stato a causa della sua responsabilità per atti di un organo giurisdizionale supremo.

161. Occorre rilevare che, in forza di una giurisprudenza costante, «spetta all'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare il giudice competente a risolvere liti vertenti sui diritti soggettivi, scaturenti dall'ordinamento comunitario, fermo restando, tuttavia, che gli Stati membri sono tenuti a garantire, in ogni caso, la tutela effettiva di detti diritti» . La Corte ne ha concluso che «[c]on questa riserva, non spetta alla Corte intervenire nella soluzione dei problemi di competenza (...), nell'ambito dell'ordinamento giudiziario nazionale» .

162. In risposta alla questione del giudice nazionale su tale punto, occorre precisare che questo principio di autonomia istituzionale, con riserva di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva, può anche essere applicato ad eventuali azioni per risarcimento avviate dai singoli contro gli Stati membri a causa della loro responsabilità per atti di un organo giurisdizionale supremo.

B - Sul ruolo rispettivo della Corte e dei giudici nazionali nel valutare la fondatezza dell'azione per risarcimento

163. Con la quinta questione il giudice nazionale intende accertare in sostanza se spetti ad esso valutare nella fattispecie la fondatezza dell'azione per risarcimento o se questo compito spetti alla Corte.

164. Occorre ricordare che nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame la Corte ha dichiarato che essa «non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici nazionali, unici competenti ad accertare i fatti delle cause a quibus e a qualificare le violazioni del diritto comunitario di cui trattasi» . Tuttavia essa «[ha ritenuto] (...) utile richiamare alcune circostanze delle quali i giudici nazionali potrebbero tener conto» . Questa giurisprudenza è stata confermata più volte . Essa si applica pienamente nel caso di un'azione con cui viene messa in causa la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte di un organo giurisdizionale supremo. Mi limiterò quindi a formulare alcune osservazioni sul caso di specie.

VIII - Sul caso di specie

165. Con la terza e quarta questione il giudice nazionale intende accertare in sostanza se, nella fattispecie, siano soddisfatte le condizioni sostanziali perché sussista la responsabilità dello Stato.

166. In via preliminare occorre ricordare che la norma asseritamente violata, ossia l'art. 48 del Trattato, ha efficacia diretta e ha quindi necessariamente per oggetto di conferire diritti ai singoli . Questo articolo enuncia, al n. 1, il principio della libera circolazione dei lavoratori. Questa libertà comporta in particolare, in base al n. 2, l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza tra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Queste norme del Trattato sono state attuate ed esplicitate con il regolamento n. 1612/68.

167. Inoltre, occorre precisare che la Corte ha dichiarato che il divieto di discriminazione, posto all'art. 39, n. 2, CE e attuato con il regolamento n. 1612/68, si applica a «qualsiasi cittadino comunitario, a prescindere dal luogo di origine e dalla cittadinanza dello stesso, che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e che abbia esercitato un'attività lavorativa in un altro Stato membro» . Di conseguenza, secondo la Corte, il fatto che il singolo che si avvale del divieto di discriminazione sia cittadino dello Stato membro di cui trattasi, e non di un altro Stato membro, è irrilevante ai fini dell'applicazione di un tale divieto . In forza di tale giurisprudenza, il sig. Köbler era quindi legittimato ad avvalersi del divieto di discriminazione dei lavoratori, sancito dall'art. 39, n. 2, CE.

168. Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, questo divieto riguarda non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma di discriminazione dissimulata che, mediante il ricorso ad altri criteri distintivi, produca, in pratica, lo stesso risultato . Nella citata sentenza O'Flynn la Corte ha precisato che «[d]evono (...) essere giudicate indirettamente discriminatorie le condizioni poste dall'ordinamento nazionale le quali, benché indistintamente applicabili secondo la cittadinanza, riguardino essenzialmente (...) o in gran parte i lavoratori migranti (...), nonché le condizioni indistintamente applicabili che possono essere soddisfatte più agevolmente dai lavoratori nazionali che dai lavoratori migranti o che rischiano di essere sfavorevoli, in modo particolare, ai lavoratori migranti» .

169. In considerazione di questi dati giurisprudenziali, tale è manifestamente il caso della condizione di concessione dell'indennità speciale di anzianità di servizio relativa al compimento di quindici anni di anzianità di insegnamento in università - esclusivamente - austriache. Infatti, si deve constatare che questa condizione rischia di operare, in particolare, a danno dei lavoratori migranti, ossia a danno dei lavoratori che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione. E' il caso di coloro che, come il sig. Köbler, hanno lasciato il loro Stato membro di origine per andare a lavorare in un altro Stato membro e che vi ritornano successivamente per continuare la loro carriera.

170. A mio parere, è difficile ammettere che il Verwaltungsgerichtshof abbia commesso un errore scusabile dichiarando che l'esigenza di una tale condizione, indirettamente discriminatoria, fosse ragionevolmente giustificata dalla volontà di ricompensare la fedeltà di un dipendente nei confronti del suo datore di lavoro.

171. Infatti, anche supponendo che questa asserita giustificazione potesse trovare applicazione nella fattispecie, per il motivo che le università austriache farebbero capo a un unico datore di lavoro, contrariamente a quanto avveniva nella citata causa Schöning-Kougebetopoulou, l'organo giurisdizionale supremo avrebbe dovuto verificare se la condizione di anzianità di servizio di cui trattasi fosse proporzionata a un tale obiettivo. Faccio presente che la Corte ha più volte sottolineato questa esigenza generale di proporzionalità . Essa la ha anche ricordata al punto 21 della citata sentenza Schöning-Kougebetopoulou, che ha inviato all'organo giurisdizionale supremo in seguito alla sua ordinanza di rinvio, anche se, in questa causa, la Corte ha dichiarato che l'asserita giustificazione relativa alla ricompensa della fedeltà tra un dipendente e un datore di lavoro determinato era irrilevante. In questa causa non era quindi necessario, per risolvere la controversia dinanzi al giudice nazionale, esaminare il rapporto di proporzionalità tra la condizione di anzianità di servizio in questione e una tale giustificazione .

172. Nella fattispecie, si può purtroppo riscontrare che il Verwaltungsgerichtshof non ha proceduto alla verifica del rispetto del principio di proporzionalità. Infatti, è difficile ritenere che la condizione di anzianità di servizio di cui trattasi sia proporzionata a un'eventuale giustificazione di questo tipo. Essa va, senza alcun dubbio, oltre quanto è necessario per raggiunge l'obiettivo perseguito .

173. Inoltre, questo organo giurisdizionale supremo avrebbe dovuto mantenere la sua questione pregiudiziale, a costo di completarla al fine di ottenere talune precisazioni sulla portata della citata sentenza Schöning-Kougebetopoulou. Infatti, se ci si attiene alla citata giurisprudenza Clifit e a., è difficile ritenere che il predetto giudice fosse effettivamente convinto, da un lato, che l'applicazione - supposta corretta - del diritto comunitario s'imponeva con tale evidenza da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata e, dall'altro, che questa evidenza s'imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri ed alla Corte .

174. Di conseguenza, occorre risolvere le questioni poste dal giudice nazionale dichiarando che l'art. 39 CE deve essere interpretato nel senso che ha per oggetto di conferire diritti ai singoli. In circostanze quali quelle della causa principale si può ritenere che l'errore commesso dal Verwaltungsgerichtshof circa il senso e la portata di questo articolo del Trattato sia inescusabile e quindi può implicare la responsabilità dello Stato.

IX - Conclusione

175. Sulla base di tutte queste considerazioni propongo alla Corte di risolvere le questioni poste dal Landesgericht für Zivilrechtssachen Wien nel modo seguente:

«1) Il principio secondo cui gli Stati membri sono obbligati a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario che sono loro imputabili si applica allorché l'inadempimento addebitato è attribuito a un organo giurisdizionale supremo.

2) Allorché una violazione del diritto comunitario da parte dello Stato membro è imputabile a un organo giurisdizionale supremo, i singoli lesi hanno diritto a risarcimento qualora la norma di diritto comunitario violata abbia per oggetto di conferire loro diritti, la violazione sia sufficientemente caratterizzata ed esista un nesso di causalità diretto tra questa violazione e il danno subito dai singoli. Con questa riserva, è nell'ambito del diritto nazionale della responsabilità che incombe allo Stato l'onere di porre rimedio alle conseguenze del danno causato dalla violazione del diritto comunitario che è ad esso imputabile, purché le condizioni stabilite nel diritto nazionale non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna né adattate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.

3) Il principio secondo cui spetta all'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro designare il giudice competente a risolvere liti vertenti su diritti soggettivi scaturenti dall'ordinamento giuridico comunitario, con riserva di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva, si applica alle azioni per risarcimento avviate dai singoli contro uno Stato membro a causa di un'asserita violazione del diritto comunitario per atti di un organo giurisdizionale supremo.

4) Solo i giudici nazionali sono competenti a valutare se siano soddisfatte le condizioni sostanziali perché sussista la responsabilità dello Stato per atti di un organo giurisdizionale supremo, in particolare per determinare il carattere scusabile o meno dell'errore di diritto all'origine della violazione del diritto comunitario di cui trattasi. Nello svolgere questo compito essi possono tener conto delle osservazioni formulate dalla Corte a tal riguardo.

5) L'art. 39 CE deve essere interpretato nel senso che ha per oggetto di conferire diritti ai singoli. In circostanze quali quelle della causa principale, si può ritenere che l'errore commesso dall'organo giurisdizionale supremo interessato sul senso e la portata di tale articolo del Trattato sia inescusabile e quindi possa implicare la responsabilità dello Stato».