Sentenza della Corte del 21 settembre 1999. - Procedimento penale a carico di Florus Ariël Wijsenbeek. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Arrondissementsrechtbank Rotterdam - Paesi Bassi. - Libera circolazione delle persone - Diritto dei cittadini dell'Unione europea di circolare e soggiornare liberamente - Controlli delle frontiere - Normativa nazionale che impone alle persone provenienti da un altro Stato membro l'obbligo di presentare un passaporto. - Causa C-378/97.
raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-06207
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
1 Trattato CE - Scadenza del termine previsto per l'attuazione del mercato interno - Effetti - Obbligo per gli Stati membri di abolire i controlli delle persone alle frontiere interne della Comunità - Insussistenza in mancanza di un intervento legislativo del Consiglio
[Trattato CE, art. 7 A (divenuto, in seguito a modifica, art. 14 CE)]
2 Cittadinanza dell'Unione europea - Diritto di libera circolazione e libero soggiorno nel territorio degli Stati membri - Esercizio subordinato, in mancanza di norme comuni o armonizzate, alla prova del possesso della cittadinanza di uno Stato membro
[Trattato CE, art. 8 A (divenuto, in seguito a modifica, art. 18 CE)]
3 Cittadinanza dell'Unione europea - Prescrizione di una prova della cittadinanza all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne della Comunità - Ammissibilità in mancanza di norme comuni o armonizzate in tema di attraversamento delle frontiere esterne - Sanzioni in caso di inosservanza - Presupposti di ammissibilità
[Trattato CE, artt. 7 A e 8 A (divenuti, in seguito a modifica, artt. 14 CE e 18 CE)]
1 L'art. 7 A del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 14 CE), che stabilisce che la Comunità adotta le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno entro il 31 dicembre 1992, non può essere interpretato nel senso che, in assenza di misure adottate dal Consiglio anteriormente a tale data che impongano agli Stati membri l'obbligo di eliminare i controlli delle persone alle frontiere interne della Comunità, tale obbligo sorga automaticamente alla scadenza del detto periodo.
Infatti, siffatto obbligo presuppone l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in tema di attraversamento delle frontiere esterne della Comunità, di immigrazione, di concessione dei visti, di asilo e di scambio di informazioni su tali questioni.
2 L'esercizio dei diritti conferiti ai cittadini dell'Unione dall'art. 8 A del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 18 CE) di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri presuppone, finché non siano state adottate disposizioni comunitarie relative ai controlli alle frontiere esterne della Comunità, che implichino inoltre norme comuni o armonizzate particolarmente in materia di condizioni di accesso, di visti e di asilo, che le persone interessate siano in grado di comprovare di possedere la cittadinanza di uno Stato membro.
3 Poiché non esistono norme comuni o di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, in particolare in materia di controlli alle frontiere esterne della Comunità, di politica d'immigrazione, di visti e di asilo, né l'art. 7 A né l'art. 8 A del Trattato (divenuti, in seguito a modifica, artt. 14 CE e 18 CE) ostano a che uno Stato membro imponga a una persona, avente o meno la cittadinanza dell'Unione europea, l'obbligo penalmente sanzionato di comprovare la propria cittadinanza al momento del suo ingresso nel territorio di tale Stato membro attraverso una frontiera interna della Comunità, purché le sanzioni siano analoghe a quelle applicabili a violazioni nazionali similari e non siano sproporzionate, così da creare un ostacolo alla libera circolazione delle persone.
Nel procedimento C-378/97,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 234 CE), dall'Arrondissementsrechtbank di Rotterdam (Paesi Bassi) nel procedimento penale dinanzi ad esso pendente contro
Florus Ariël Wijsenbeek,
domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 7 A e 8 A del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 14 CE e 18 CE),
LA CORTE,
composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, P.J.G. Kapteyn, J.-P. Puissochet e P. Jann, presidenti di sezione, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann, J.L. Murray, D.A.O. Edward, H. Ragnemalm, L. Sevón (relatore) e M. Wathelet, giudici,
avvocato generale: G. Cosmas
cancelliere: D. Louterman-Hubeau, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
- per il signor Wijsenbeek, dall'avv. J.L. Janssen van Raay, del foro di Rotterdam;
- per il governo olandese, dal signor J.G. Lammers, consigliere giuridico supplente presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;
- per il governo spagnolo, dalla signora N. Díaz Abad, abogado del Estado, in qualità di agente;
- per il governo irlandese, dal signor A. Buckley, Chief State Solicitor, in qualità di agente;
- per il governo finlandese, dall'ambasciatore H. Rotkirch, capo del servizio «Affari giuridici» del ministero degli Affari esteri, e dalla signora T. Pynnä, consigliere giuridico presso lo stesso ministero, in qualità di agenti;
- per il governo del Regno Unito, dalla signora S. Ridley, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dai signori P. Sales e M. Hoskins, barrister;
- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor P.J. Kuijper, consigliere giuridico, in qualità di agente,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali del signor Wijsenbeek, in persona e con l'avv. J.L. Janssen van Raay, del governo olandese, rappresentato dal signor M.A. Fierstra, capo del dipartimento di diritto comunitario presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo spagnolo, rappresentato da signor S. Ortíz Vaamonde, abogado del Estado, in qualità di agente, del governo irlandese, rappresentato dal signor D. McGuinness, barrister, del governo del Regno Unito, rappresentato dai signori P. Sales e M. Hoskins, e della Commissione, rappresentata dal signor P.J. Kuijper, all'udienza del 12 gennaio 1999,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 16 marzo 1999,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con sentenza 30 ottobre 1997, pervenuta alla Corte il 5 novembre successivo, l'Arrondissementsrechtbank di Rotterdam ha sollevato, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 234 CE), due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 7 A e 8 A del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 14 CE e 18 CE).
2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un procedimento penale promosso nei confronti del signor Wijsenbeek per aver egli rifiutato, in violazione della normativa olandese applicabile, al momento del suo ingresso nei Paesi Bassi di presentare il passaporto e di comprovare la propria nazionalità olandese.
Il contesto normativo
3 L'art. 23, n. 1, lett. a), del Vreemdelingenbesluit (decreto sugli stranieri del 19 settembre 1966, Stb. 1966, pag. 387; in prosieguo: il «decreto») stabilisce che gli stranieri che entrano nei Paesi Bassi devono esibire e consegnare il documento di cui dispongono per attraversare il confine, qualora sia loro richiesto dal funzionario incaricato del controllo delle frontiere.
4 L'art. 25 del decreto dispone che i cittadini olandesi che entrano nei Paesi Bassi sono tenuti ad esibire e consegnare, su richiesta, a un agente preposto al controllo delle frontiere i documenti d'identità e i documenti di viaggio in loro possesso e, se necessario, a comprovare la loro cittadinanza olandese con qualsiasi altro mezzo.
5 Il decreto è stato emanato sulla base dell'art. 3, n. 1, della Wet van 13 januari 1965, houdende nieuwe regelen betreffende: a. de toelating en uitzetting van vreemdelingen, b. het toezicht op vreemdelingen die in Nederland verblijf houden, c. de grensbewaking [legge olandese 13 gennaio 1965, recante nuove disposizioni relative: a) all'accesso e all'espulsione degli stranieri, b) al controllo degli stranieri residenti nei Paesi Bassi, c) al controllo delle frontiere, Stb. 1965, pag. 40]. Ai sensi dell'art. 44 di tale legge, ogni violazione del decreto è punibile penalmente.
6 L'art. 7 A del Trattato CE recita:
«La Comunità adotta le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992, conformemente alle disposizioni del presente articolo e degli articoli 7 B, 7 C, e 28, dell'artico 57, paragrafo 2, dell'articolo 59, dell'articolo 70, paragrafo 1, e degli articoli 84, 99, 100 A e 100 B e senza pregiudizio delle altre disposizioni del presente trattato.
Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni del presente trattato».
7 L'art. 8 A del Trattato dispone:
«1. Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso.
2. Il Consiglio può adottare disposizioni intese a facilitare l'esercizio dei diritti di cui al paragrafo 1; salvo diversa disposizione del presente trattato, esso delibera all'unanimità su proposta della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo».
8 In occasione della firma dell'atto finale dell'Atto unico europeo (in prosieguo: l'«Atto unico»), il 17 e il 28 febbraio 1986, la conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri ha adottato, in particolare, una dichiarazione relativa all'articolo 8 A del Trattato CEE, introdotto dall'art. 13 dell'Atto unico e divenuto l'art. 7 A del Trattato CE (in prosieguo: la «dichiarazione relativa all'art. 8 A del Trattato CEE»), e una dichiarazione generale relativa agli articoli 13-19 dell'Atto unico (in prosieguo: la «dichiarazione relativa agli artt. 13-19 dell'Atto unico»).
9 La prima di tali due dichiarazioni recita:
«Con l'articolo 8 A la conferenza desidera esprimere la ferma volontà politica di prendere anteriormente al 1_ gennaio 1993 le decisioni necessarie per la realizzazione del mercato interno quale definito in detta disposizione e più particolarmente le decisioni necessarie per l'attuazione del programma della Commissione quale risulta dal libro bianco relativo al mercato interno.
La fissazione della data del 31 dicembre 1992 non determina effetti giuridici automatici».
10 Con la dichiarazione relativa agli artt. 13-19 dell'Atto unico la conferenza dichiara:
«Nulla in queste disposizioni pregiudica il diritto degli Stati membri di adottare le misure che essi ritengano necessarie in materia di controllo dell'immigrazione da paesi terzi nonché in materia di lotta contro il terrorismo, la criminalità, il traffico di stupefacenti e il traffico delle opere d'arte e delle antichità».
11 Inoltre la conferenza ha preso atto, fra l'altro, di una dichiarazione politica dei governi degli Stati membri relativa alla libera circolazione delle persone, che precisa:
«Per promuovere la libera circolazione delle persone gli Stati membri cooperano, senza pregiudizio delle competenze della Comunità, in particolare per quanto riguarda l'ingresso, la circolazione ed il soggiorno dei cittadini di paesi terzi. Essi cooperano anche per quanto riguarda la lotta contro il terrorismo, la criminalità, gli stupefacenti e il traffico delle opere d'arte e delle antichità».
12 L'art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, 68/360/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 13), e della direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, 73/148/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (GU L 172, pag. 14), recita:
«Gli Stati membri ammettono nel rispettivo territorio le persone di cui all'articolo 1 dietro semplice presentazione di una carta d'identità o di un passaporto validi».
13 La direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/364/CEE, relativa al diritto di soggiorno (GU L 180, pag. 26), la direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/365/CEE, relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale (GU L 180, pag. 28), e la direttiva del Consiglio 29 ottobre 1993, 93/96/CEE, relativa al diritto di soggiorno degli studenti (GU L 317, pag. 59), rinviano, nel loro art. 2, n. 2, primo comma, in particolare all'art. 3 della direttiva 68/360.
Il procedimento nella causa principale
14 Il signor Wijsenbeek, di cittadinanza olandese, è accusato di aver rifiutato, in violazione dell'art. 25 del decreto, al momento del suo ingresso nei Paesi Bassi avvenuto il 17 dicembre 1993 all'aeroporto di Rotterdam, di presentare e consegnare il proprio passaporto all'ufficiale della polizia nazionale preposto al controllo delle frontiere, e di comprovare con ogni altro mezzo la propria cittadinanza.
15 Il signor Wijsenbeek ha ammesso il fatto. Tuttavia, egli nega di aver commesso un'infrazione. A tale proposito egli rileva che all'aeroporto di Rotterdam, dove è sbarcato da un volo di linea proveniente da Strasburgo, vi sono unicamente voli di linea provenienti da e diretti verso altri Stati membri e che l'art. 25 del decreto è contrario agli artt. 7 A e 8 A del Trattato.
16 Con sentenza 8 maggio 1995 il Kantonrechter ha condannato il signor Wijsenbeek, per violazione dell'art. 25 del decreto, a un'ammenda di HFL 65 e, alternativamente, a un giorno di reclusione.
17 Il signor Wijsenbeek ha proposto appello contro tale sentenza dinanzi all'Arrondissementsrechtbank di Rotterdam, che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se gli artt. 7 A, secondo comma, del Trattato CE, che prevede che il mercato unico comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle persone, e 8 A, del Trattato CE, che conferisce ad ogni cittadino dell'Unione il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, vadano interpretati nel senso che ostano ad un obbligo penalmente sanzionato, contenuto nella normativa nazionale di uno Stato membro, di presentazione del passaporto all'ingresso in uno Stato membro da parte di una persona (avente o meno la cittadinanza dell'Unione europea) qualora essa entri in questo Stato membro attraverso un aeroporto nazionale in provenienza da un altro Stato membro.
2) Se qualsiasi disposizione di diritto comunitario osti ad un tale obbligo».
Sulla ricevibilità
18 Il governo irlandese ritiene che le questioni siano irricevibili, da un lato, perché la controversia oggetto della causa principale, riguardante l'applicazione di una norma olandese a un cittadino olandese all'interno dei Paesi Bassi presenta un carattere meramente interno (v. sentenza 23 aprile 1991, causa C-41/90, Höfner e Elser, Racc. pag. I-1979, punto 37) e, dall'altro, perché la sentenza di rinvio non contiene le necessarie indicazioni di fatto che consentano alla Corte di risolvere le questioni proposte, in particolare per quanto riguarda il problema se il signor Wijsenbeek avesse iniziato il viaggio in uno Stato membro o in un paese terzo.
19 Riguardo a quest'ultimo punto, la Commissione rileva che il signor Wijsenbeek, al suo ritorno nei Paesi Bassi, ha esercitato il diritto di libera circolazione all'interno della Comunità, di modo che egli può beneficiare della protezione derivante dal diritto comunitario (v. sentenza 7 luglio 1992, causa C-370/90, Singh, Racc. pag. I-4265).
20 In primo luogo, occorre constatare che l'affermazione del signor Wijsenbeek secondo la quale il suo volo proveniva da Strasburgo non è contestata.
21 Pertanto, la sentenza di rinvio nonché le osservazioni scritte e orali hanno fornito alla Corte informazioni sufficienti che le consentono di interpretare le norme di diritto comunitario alla luce della situazione che forma l'oggetto della controversia principale (v., in particolare, sentenza 3 marzo 1994, causa C-316/93, Vaneetveld, Racc. pag. I-763, punto 14).
22 In secondo luogo il signor Wijsenbeek, essendo sbarcato in un aeroporto dello Stato membro di cui è cittadino da un volo proveniente da un altro Stato membro, ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione, riconosciuto dal Trattato ai cittadini degli Stati membri. Infatti se questi ultimi, che hanno il diritto di circolare liberamente negli altri Stati membri (v. sentenza 24 novembre 1998, causa C-274/96, Bickel e Franz, Racc. pag. I-7637, punto 15), non potessero avvalersi di tale diritto nel loro Stato d'origine, tale diritto non potrebbe produrre appieno il suo effetto (v., in questo senso, sentenza Singh, citata, punti 21 e 23).
23 Le questioni sollevate vertono dunque sull'interpretazione del diritto comunitario e pertanto la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v. sentenza 15 dicembre 1995, causa C-413/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 59).
Sulle questioni pregiudiziali
24 Con le sue questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice a quo chiede in sostanza se l'art. 7 A o l'art. 8 A del Trattato impedisca a uno Stato membro di imporre a una persona, avente o meno la cittadinanza dell'Unione europea, l'obbligo penalmente sanzionato di comprovare la propria cittadinanza al momento del suo ingresso nel territorio di tale Stato membro attraverso una frontiera interna della Comunità.
25 Il signor Wijsenbeek fa valere che a partire dal 1_ gennaio 1993, vale a dire al termine del periodo che scade il 31 dicembre 1992, l'art. 7 A del Trattato ha effetto diretto e che gli Stati membri non hanno ormai più alcuna competenza in tale ambito, dal momento che l'art. 3, lett. c), del Trattato CE [divenuto, in seguito a modifica, art. 3, n. 1, lett. c), CE] e l'art. 7 A del Trattato implicano un trasferimento completo delle competenze alla Comunità.
26 Egli sostiene che tali disposizioni nonché le direttive 68/360 e 73/148 proibiscono direttamente i controlli alle frontiere interne. Poiché la Corte ritiene che ogni turista sia un beneficiario di servizi, essa dovrebbe ugualmente ritenere che, dopo il 1_ gennaio 1993, ogni persona che attraversa una frontiera sia un consumatore. Ai fini di un'interpretazione ragionevole dell'art. 7 A del Trattato, così come avviene per la libera circolazione delle merci, la libera circolazione delle persone implicherebbe almeno che le frontiere interne possano essere varcate senza il minimo controllo e che il controllo delle persone abbia luogo alle frontiere esterne.
27 I governi spagnolo, irlandese e del Regno Unito ritengono che sia l'art. 7 A che l'art. 8 A del Trattato siano privi di effetto diretto, di modo che il signor Wijsenbeek non può farli valere dinanzi al giudice nazionale. Il governo olandese e la Commissione, dal canto loro, sostengono che l'art. 7 A del Trattato non ha effetto diretto. Tutti ritengono che la soppressione dei controlli alle frontiere interne della Comunità richieda misure di accompagnamento.
28 Secondo la Commissione, la soppressione di tali controlli riguarda tutte le persone, perché mantenere i controlli sui cittadini di paesi terzi alle frontiere interne imporrebbe la necessità di distinguerli dai cittadini degli Stati membri e dunque di dover controllare anche questi ultimi. Sarebbero pertanto necessarie misure comunitarie speciali alle frontiere esterne, affinché nessuno Stato membro abbia a che fare con stranieri indesiderabili provenienti da paesi terzi che entrano attraverso un altro Stato membro.
29 A tale proposito, il governo olandese fa rilevare che le dette misure comunitarie relative alle frontiere esterne comportano, in particolare, un livello equivalente di controllo delle frontiere, l'armonizzazione delle condizioni d'accesso, una politica comune in materia di visti, regole applicabili a coloro che richiedono asilo con domande depositate in più Stati membri, un'intensificazione della cooperazione nel settore della polizia e della giustizia e la creazione di un sistema comune di scambi automatizzati di informazioni.
30 Secondo il governo del Regno Unito, posto che, allo stato attuale del diritto comunitario, contrariamente a quanto avviene in materia di libera circolazione delle merci, nessuna politica comunitaria comune disciplina, in particolare, l'ingresso di cittadini di paesi terzi negli Stati membri, ogni Stato membro conserva il diritto di adottare la propria politica sull'immigrazione (v., parimenti, la dichiarazione relativa agli artt. 13-19 dell'Atto unico) e di esigere che ogni persona che intenda entrare nel suo territorio presenti una carta d'identità o un passaporto in corso di validità, dal momento che questo è l'unico mezzo per distinguere i cittadini di paesi terzi dai cittadini comunitari.
31 Il governo irlandese nonché la Commissione rilevano che dalle dichiarazioni allegate all'Atto unico, e in particolare dalla dichiarazione relativa all'art. 8 A del Trattato CEE, adottata dalla conferenza dei rappresentanti dei governi al fine di evitare che tale articolo avesse effetto diretto a partire dal 1_ gennaio 1993, risulta che l'art. 7 A del Trattato non è incondizionato e lascia un margine di discrezionalità per la sua esecuzione.
32 I governi olandese e irlandese nonché la Commissione ritengono inoltre che dalla sentenza 20 ottobre 1993, causa C-297/92, Baglieri (Racc. pag. I-5211, punto 16), discenda che, in mancanza di misure adottate in materia dal Consiglio, gli Stati membri non sono automaticamente soggetti all'obbligo di eliminare i controlli alle frontiere a partire dall'indomani del 31 dicembre 1992.
33 I governi olandese e del Regno Unito sostengono che, anche qualora potesse avere effetto diretto, l'art. 7 A non impedirebbe i controlli alle frontiere interne. Tale articolo non andrebbe oltre le altre disposizioni del Trattato. Secondo questi due governi, le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone, ossia gli artt. 48, 52, e 59 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 39 CE, 43 CE e 49 CE), e la normativa adottata in conformità a tali disposizioni, vale a dire le direttive 90/364, 90/365 e 93/96, conferiscono diritti diretti ai soli cittadini comunitari, mentre quelli dei paesi terzi non si vedono conferire alcun diritto autonomo di libera circolazione (v. sentenza Singh, citata). Dato che sarebbe impossibile effettuare controlli alla frontiera limitati a un'unica categoria di persone, il diritto degli Stati membri di imporre a chiunque di presentare una carta d'identità o un passaporto validi sarebbe espressamente riconosciuto dall'art. 3, n. 1, delle direttive 68/360 e 73/148.
34 Per quanto attiene all'art. 8 A del Trattato, i governi irlandese e del Regno Unito ritengono che, come avviene per l'art. 7 A del Trattato, esso richieda misure complementari, misure che non sono ancora state adottate.
35 Per contro, la Commissione ritiene che l'effetto diretto dell'art. 8 A, n. 1, del Trattato sia incontestabile. Il diritto di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri sarebbe riconosciuto direttamente in tale articolo, senza alcuna riserva e senza il minimo margine di discrezionalità, ad ogni cittadino dell'Unione. Il fatto che tale diritto sia soggetto alle «limitazioni e (...) condizioni previste dal presente trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso» non inficierebbe minimamente questa conclusione (v. sentenze 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners, Racc. pag. 631; 3 dicembre 1974, causa 33/74, Van Binsbergen, Racc. pag. 1299, e 4 dicembre 1974, causa 41/74, Van Duyn, Racc. pag. 1337). Le misure di esecuzione che il Consiglio può adottare ai sensi dell'art. 8 A, n. 2, del Trattato avrebbero come obiettivo quello di facilitare l'esercizio dei dritti previsti al n. 1 e confermerebbero l'effetto diretto di quest'ultimo.
36 Quanto alla portata dell'art. 8 A del Trattato, la Commissione sottolinea che il diritto di circolare e soggiornare liberamente costituisce un diritto sostanziale autonomo soggetto alle limitazioni e alle condizioni specifiche previste dal Trattato e dalle sue disposizioni d'applicazione. Questo nuovo diritto riconosciuto ai cittadini dell'Unione dovrebbe essere interpretato in senso estensivo e le sue eccezioni e limitazioni dovrebbero esserlo in senso restrittivo. Tuttavia, finché non saranno adottate ed applicate norme comunitarie specifiche sui controlli alle frontiere esterne della Comunità, l'obbligo della presentazione di un passaporto o di una carta d'identità validi alle frontiere interne, previsto dall'art. 3, n. 1, della direttiva 68/360, non costituirebbe un ostacolo illegittimo al diritto di circolare liberamente nella Comunità e non sarebbe sproporzionato.
37 I governi olandese, finlandese e del Regno Unito ritengono che dalla formulazione dell'art. 8 A del Trattato discenda che quest'ultimo non istituisce nemmeno un diritto di circolazione e di soggiorno che vada al di là delle esistenti disposizioni del Trattato e delle disposizioni adottate per la sua applicazione. L'art. 8 A del Trattato non introdurrebbe quindi alcun elemento ulteriore rispetto all'art. 7 A del Trattato. Ad ogni modo, secondo il governo del Regno Unito, dato che i diritti riconosciuti dall'art. 8 A si applicano unicamente alle persone aventi la cittadinanza di uno Stato membro, i controlli d'identità alle frontiere devono essere consentiti.
38 Il governo finlandese aggiunge che uno Stato membro ha il diritto di sanzionare penalmente la mancata presentazione dei documenti di viaggio richiesti, purché la pena applicabile, tenuto conto del tipo di infrazione commessa, non sia così severa da costituire di fatto un ostacolo alla libera circolazione delle persone (v. sentenza 14 luglio 1977, causa 8/77, Sagulo e. a., Racc. pag. 1495, punto 12).
39 Occorre ricordare che l'art. 7 A, primo comma, del Trattato stabilisce che la Comunità adotta le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno entro il 31 dicembre 1992, conformemente alle disposizioni del Trattato citate in tale disposizione. Ai sensi dell'art. 7 A, secondo comma, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni del Trattato.
40 Questo articolo non può essere interpretato nel senso che, in assenza di misure adottate dal Consiglio entro il 31 dicembre 1992 che impongano agli Stati membri l'obbligo di eliminare i controlli sulle persone alle frontiere interne della Comunità, tale obbligo sorga automaticamente a seguito della scadenza del detto periodo. Infatti, come ha osservato l'avvocato generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni, un obbligo siffatto presuppone l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in tema di attraversamento delle frontiere esterne della Comunità, di immigrazione, di concessione dei visti, di asilo e di scambio di informazioni su tali questioni (v., in tal senso, in materia di previdenza sociale, la sentenza Baglieri, citata, punti 16 e 17).
41 Peraltro, è il caso di rilevare che l'art. 8 A, n. 1, del Trattato conferisce il diritto di circolare e soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri ai cittadini dell'Unione, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso. Ai sensi dell'art. 8 A, n. 2, del Trattato, il Consiglio può adottare disposizioni intese a facilitare l'esercizio di tali diritti.
42 Tuttavia, come giustamente sottolineato dalla Commissione, finché non siano state adottate disposizioni comunitarie relative ai controlli alle frontiere esterne della Comunità, che implichino inoltre norme comuni o armonizzate particolarmente in materia di condizioni di accesso, di visti e di asilo, l'esercizio di tali diritti presuppone che la persona interessata sia in grado di comprovare di possedere la cittadinanza di uno Stato membro.
43 Pertanto è sufficiente constatare che, al momento dei fatti di cui alla causa principale, non esistevano norme comuni né norme di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, in particolare in materia di controlli alle frontiere esterne, di politica d'immigrazione, di visti e di asilo. Di conseguenza, anche nel caso in cui, in forza dell'art. 7 A o dell'art. 8 A del Trattato, i cittadini degli Stati membri avessero un diritto incondizionato di circolare liberamente sul territorio degli Stati membri, questi ultimi conserverebbero il diritto di effettuare controlli d'identità alle frontiere interne della Comunità, obbligando ogni interessato a presentare una carta d'identità o un passaporto validi, come previsto dalle direttive 68/360, 73/148, 90/364, 90/365 e 93/96, al fine di poter accertare se la persona interessata sia un cittadino di uno Stato membro, avente quindi il diritto di circolare liberamente sul territorio degli Stati membri, o un cittadino di un paese terzo, non avente tale diritto.
44 Occorre aggiungere che, in assenza di una disciplina comunitaria in materia, la sanzione per l'ipotesi di violazione di un obbligo del genere rimane di competenza degli Stati membri, purché le sanzioni siano analoghe a quelle applicate a violazioni nazionali similari. Inoltre, tali Stati non possono comminare sanzioni sproporzionate, come una pena detentiva, che creerebbero un ostacolo alla libera circolazione delle persone (v., in particolare, sentenze 12 dicembre 1989, causa C-265/88, Messner, Racc. pag. 4209, punto 14, e 29 febbraio 1996, causa C-193/94, Skanavi e Chryssanthakopoulos, Racc. pag. I-929, punto 36). Queste stesse considerazioni s'impongono per quanto riguarda la violazione dell'obbligo di presentare una carta d'identità o un passaporto in occasione dell'ingresso sul territorio di uno Stato membro.
45 Occorre pertanto risolvere le questioni proposte nel senso che, allo stato del diritto comunitario applicabile al momento dei fatti di cui alla causa principale, né l'art. 7 A né l'art. 8 A del Trattato ostano a che uno Stato membro imponga a una persona, avente o meno la cittadinanza dell'Unione europea, l'obbligo penalmente sanzionato di comprovare la propria cittadinanza al momento del suo ingresso nel territorio di tale Stato membro attraverso una frontiera interna della Comunità, purché le sanzioni siano analoghe a quelle applicabili a violazioni nazionali similari e non siano sproporzionate, così da creare un ostacolo alla libera circolazione delle persone.
Sulle spese
46 Le spese sostenute dai governi olandese, spagnolo, irlandese, finlandese e del Regno Unito nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Arrondissementsrechtbank di Rotterdam con sentenza 30 ottobre 1997, dichiara:
Allo stato del diritto comunitario applicabile al momento dei fatti di cui alla causa principale, né l'art. 7 A né l'art. 8 A del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 14 CE e 18 CE) ostavano a che uno Stato membro imponesse a una persona, avente o meno la cittadinanza dell'Unione europea, l'obbligo penalmente sanzionato di comprovare la propria cittadinanza al momento del suo ingresso nel territorio di tale Stato membro attraverso una frontiera interna della Comunità, purché le sanzioni fossero analoghe a quelle applicabili a violazioni nazionali similari e non fossero sproporzionate, così da creare un ostacolo alla libera circolazione delle persone.