Conclusioni dell'avvocato generale La Pergola del 9 settembre 1999. - Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (Egeda) contro Hostelería Asturiana SA (Hoasa). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Juzgado de Primera Instancia e Instrucción de Oviedo - Spagna. - Diritti d'autore - Radiodiffusione via satellite e ritrasmissione via cavo. - Causa C-293/98.
raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-00629
I - Contesto fattuale e normativo della causa principale e tenore dell'odierna questione pregiudiziale
1 Hostelería Asturiana, SA (in prosieguo: l'«HOASA»), la società convenuta nella causa principale, è proprietaria dell'Hotel de la Reconquista (in prosieguo: l'«albergo»), nel quale ha fatto installare un sistema che essa utilizza per la ricezione di programmi televisivi diffusi via etere o via satellite e per la loro distribuzione interna a beneficio dei clienti che occupano le stanze dell'albergo. Il segnale dei programmi ricevuti viene amplificato e trasportato per mezzo di cavi coassiali ai singoli televisori collocati nelle stanze. La distribuzione interna dei soli programmi ricevuti via satellite è, peraltro, preceduta da una modifica delle frequenze che trasportano i segnali (passaggio da frequenze molto elevate ad altre più basse) al fine di consentire la sintonizzazione dei relativi canali nei televisori a disposizione dei clienti. La Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (in prosieguo: l'«EGEDA»), l'attrice nell'odierno giudizio, è un ente che cura la gestione, la rappresentanza e la protezione degli interessi e dei diritti dei produttori di opere e registrazioni audiovisive. Ritenendo che il servizio di distribuzione delle registrazioni audiovisive e delle altre opere contenute nei programmi televisivi offerti ai clienti dell'albergo integrasse una violazione del testo unico della legge sulla proprietà intellettuale (in prosieguo: il «testo unico») (1), l'EGEDA ha domandato al Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 de Oviedo: i) di ingiungere a HOASA di sospendere con effetto immediato la fornitura di detto servizio e di non riprenderla in mancanza di autorizzazione espressa rilasciata dall'attrice, nonché ii) di condannare la convenuta ad indennizzarla secondo le sue tariffe generali ed in misura proporzionale al numero di appartamenti occupati dai clienti dell'albergo durante il periodo (non precisato nell'ordinanza di rinvio) nel quale si è svolta l'attività dedotta in giudizio.
2 Il giudice a quo ritiene che la definizione della causa principale dipenda essenzialmente dalla questione se la ricezione di segnali televisivi e la loro successiva distribuzione via cavo alle varie camere di uno stabilimento alberghiero quale quello della convenuta costituisca oppur no un atto di comunicazione al pubblico di opere oggetto di diritti di proprietà intellettuale. Il diritto di comunicazione al pubblico (comunicación pública) rientra fra i diritti di sfruttamento di cui l'autore di un'opera è titolare esclusivo (v. art. 17 del testo unico). A norma del successivo art. 20, n. 1, per comunicazione pubblica deve intendersi qualsiasi atto mediante il quale un'opera è resa accessibile ad una pluralità di persone senza previa distribuzione di esemplari a ciascuna di esse, fatta salva la natura privata della comunicazione quando questa avvenga in un ambito strettamente domestico non integrato o collegato ad una rete di distribuzione di qualsiasi tipo. L'art. 122 - incluso nel titolo III del libro II (concernente i diritti di proprietà intellettuale diversi dai diritti d'autore) del testo unico - dispone, poi, che il diritto di autorizzare la comunicazione pubblica di registrazioni audiovisive spetta al loro produttore. Inoltre, gli utenti delle registrazioni audiovisive impiegate nelle attività di comunicazione pubblica contemplate dall'art. 20, n. 2, lett. f) e g) (v. infra), devono corrispondere ai produttori di tali registrazioni, nonché agli artisti interpreti o esecutori, una remunerazione equa ed unica. L'esercizio del diritto a tale remunerazione compete agli enti di gestione dei diritti di proprietà intellettuale (v. art. 122, n. 3, del testo unico).
Le disposizioni contenute nel richiamato art. 20, n. 2, lett. f) e g), del testo unico chiariscono, poi, che costituiscono atti di comunicazione pubblica, in particolare: i) la ritrasmissione dell'opera radiodiffusa da parte di un ente diverso da quello di origine, mediante uno qualsiasi dei mezzi citati sub lett. a)-e) (2) [v. art. 20, n. 2, lett. f)], e ii) l'emissione o trasmissione dell'opera radiodiffusa, in luogo aperto al pubblico, mediante qualsiasi mezzo idoneo [v. art. 20, n. 2, lett. g)]. Per quanto rileva ai fini della definizione della causa principale, tra i mezzi di ritrasmissione ai quali l'art. 20, n. 2, lett. f), del testo unico rinvia va ricordata la trasmissione via cavo [v. il citato art. 20, n. 2, lett. e); v. supra, nota 2].
3 Dall'ordinanza di rinvio risulta che il legislatore spagnolo ha trascritto in termini letterali nel testo unico (3) le definizioni di «comunicazione al pubblico via satellite» e di «ritrasmissione via cavo» contenute nell'art. 1, n. 2, lett. a), e n. 3, della direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo (in prosieguo: la «direttiva») (4). Il citato art. 1 della direttiva, nella parte che rileva ai fini delle presenti conclusioni, recita:
«(...)
2. a) Ai fini della presente direttiva, "comunicazione al pubblico via satellite" è l'atto di inserire, sotto il controllo e la responsabilità dell'organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi destinati ad essere ricevuti dal pubblico in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra.
(...)
3. Ai fini della presente direttiva, "ritrasmissione via cavo" è la ritrasmissione simultanea, invariata ed integrale, tramite un sistema di ridistribuzione via cavo o a frequenze molto elevate, destinata al pubblico, di un'emissione primaria senza filo o su filo proveniente da un altro Stato membro, su onde hertziane o via satellite, di programmi radiofonici o televisivi destinati ad essere captati dal pubblico» (il corsivo è mio).
4 Pertanto, secondo il giudice a quo, se il servizio fornito da HOASA ai propri clienti venisse qualificato come ritrasmissione di opere radiodiffuse, la convenuta - in quanto utilizzatrice di registrazioni audiovisive impiegate in attività di comunicazione al pubblico contemplate dall'art. 20, n. 2, lett. f) e g), del testo unico - dovrebbe corrispondere all'EGEDA, in nome e per conto dei produttori e degli interpreti o esecutori interessati, una remunerazione equa ed unica. Il 1º giugno 1998 il giudice remittente ha così deciso di sottoporre alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), la seguente questione pregiudiziale:
«Se l'art. 1, nn. 2, lett. a), e 3, della direttiva 93/83/CEE vada interpretato nel senso che si deve considerare che la ricezione da parte di uno stabilimento alberghiero di segnali di televisione via satellite o terrestre e la loro distribuzione via cavo nelle varie camere dell'hotel costituiscano un'"attività di comunicazione al pubblico" o di "ricezione da parte del pubblico"» (5).
5 A completamento della precedente descrizione del contesto normativo della causa principale, osservo che a norma dell'art. 5 del protocollo 28 sulla proprietà intellettuale dell'Accordo sullo spazio economico europeo (in prosieguo: il «protocollo 28») (6), la Spagna, al pari degli altri Stati membri, era tenuta ad aderire entro il 1º gennaio 1995 alla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi 24 luglio 1971, come modificato il 28 settembre 1979; in prosieguo: la «convenzione») nonché a conformare entro il 1º gennaio 1994 la propria legislazione nazionale alle disposizioni sostanziali della convenzione (7).
6 L'art. 11 bis, n. 1, della convenzione - concernente (inter alia) la comunicazione pubblica di un'opera radiodiffusa tramite filo (sistema di trasmissione via cavo) o senza, ovvero con altoparlanti o strumenti analoghi - recita: «Gli autori di opere letterarie ed artistiche hanno il diritto esclusivo di autorizzare: (...) 2º ogni comunicazione al pubblico, con o senza filo, dell'opera radiodiffusa, quando tale comunicazione sia eseguita da un ente diverso da quello originario; 3º la comunicazione al pubblico, mediante altoparlante o qualsiasi altro analogo strumento trasmettitore di segni, suoni od immagini, dell'opera radiodiffusa».
7 Non diversamente dalle altre disposizioni sostanziali contenute nella convenzione (con la sola eccezione della norma sub art. 6 bis, concernente il diritto morale dell'autore), il richiamato art. 11 bis va considerato come integrato nell'Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l'«accordo TRIPS») (8), che figura nell'allegato 1C dell'Accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l'«accordo OMC»), approvato a nome della Comunità, per le materie di sua competenza, con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE (9). Il principale obiettivo dell'accordo TRIPS è quello di rafforzare e di armonizzare su scala mondiale la tutela della proprietà intellettuale. A tal fine, esso, da un lato, rinvia alle convenzioni già ampiamente accettate a livello internazionale (10), dall'altro, contiene disposizioni sostanziali specifiche relative ai settori della proprietà intellettuale per i quali i paesi partecipanti hanno avvertito un'esigenza immediata di maggiore tutela. A norma dell'art. 9 dell'accordo TRIPS - contenuto nella sezione 1 («Diritto d'autore e diritti connessi») della seconda parte («Norme relative all'esistenza, all'ambito e all'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale») dell'accordo, che obbliga i membri dell'OMC a stabilire un livello minimo di tutela - «I Membri si conformano agli articoli da 1 a 21 della Convenzione di Berna (1971) e al suo annesso. (...)».
II - Argomenti delle parti ed osservazioni sottoposte alla Corte dagli Stati membri «intervenuti» e dalla Commissione
8 Nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte l'EGEDA ha dedotto in via principale l'irricevibilità dell'odierna questione pregiudiziale. In particolare, essa ha osservato, non risulta che qui si versi in materia di diffusione transfrontaliera via satellite o di ritrasmissione via cavo di programmi provenienti da altri Stati membri. La situazione dei soggetti interessati difetterebbe, perciò, di qualsiasi collegamento con le disposizioni del diritto comunitario e non potrebbe essere ad esso riferita (11). Inoltre, secondo l'EGEDA la fattispecie dedotta in giudizio non rientra comunque nell'ambito materiale di applicazione della direttiva e, perciò, la causa principale deve essere definita sulla base delle sole disposizioni del diritto nazionale. In via subordinata, l'attrice propone, poi, alla Corte di dichiarare che un'attività quale quella controversa costituisce un atto di comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva.
9 Anche i governi tedesco, britannico e francese hanno dedotto che la questione sollevata dal giudice remittente va risolta mediante l'applicazione delle pertinenti disposizioni della legislazione nazionale applicabile (12). Ciò in quanto né le disposizioni indicate nell'ordinanza di rinvio né altra norma della direttiva (o di altre direttive in materia di proprietà intellettuale) consentono alla Corte di fornire al giudice a quo gli elementi interpretativi richiesti.
10 HOASA ha concluso, dal canto suo, che il servizio da essa fornito alla clientela dell'albergo non rientra in alcuna delle due definizioni indicate nell'odierna questione pregiudiziale. Secondo la convenuta, non è dato vedere in che modo la disciplina introdotta dalla direttiva in materia di comunicazione al pubblico via satellite sia applicabile ad un'attività del tutto diversa quale quella di semplice ricezione e distribuzione interna di segnali diffusi da terzi. In effetti, non vi sarebbe interruzione alcuna della trasmissione tra il momento della ricezione dei segnali radiotelevisivi da parte dell'antenna parabolica e quello della successiva ricezione degli stessi nelle stanze dell'albergo. D'altra parte, quanto alla nozione di «ricezione da parte del pubblico» nel contesto dell'art. 1, n. 3, della direttiva, il riferimento - contenuto nel successivo art. 8, n. 1 (13) - ai cablodistributori quali parti normali o necessarie degli accordi di autorizzazione con i titolari dei diritti dimostrerebbe che la ritrasmissione via cavo di programmi provenienti da altri paesi membri, qual è prevista e regolata dalla direttiva, deve essere svolta con fine di lucro e costituire l'oggetto esclusivo o principale dell'impresa. Tali criteri non sarebbero soddisfatti nel caso di un servizio di distribuzione meramente interno quale quello dedotto in giudizio, che utilizza un sistema via cavo «passivo», vale a dire di semplice ricezione. Secondo HOASA, all'odierna questione pregiudiziale occorre, perciò, rispondere in senso negativo.
11 Tale conclusione è condivisa dal governo spagnolo, secondo il quale con l'adozione della direttiva il legislatore comunitario si è prefisso essenzialmente di eliminare le preesistenti differenze fra le normative nazionali sui diritti d'autore, le quali esponevano i titolari dei diritti «al rischio che le loro opere vengano utilizzate senza compenso» (v. quinto `considerando'). Ora, pur potendo l'offerta di programmi televisivi transfrontalieri da parte di un albergo incidere sul prezzo di locazione delle camere - non diversamente da altri servizi supplementari quali la messa a disposizione di un telefono, di un telefax, di un minibar o di una stanza da bagno individuale - andrebbe escluso che un'impresa nella situazione della convenuta compia atti autonomi di sfruttamento economico di diritti d'autore a fini di lucro. Oltretutto, i clienti dell'albergo farebbero pur sempre parte del pubblico al quale può pervenire la diffusione radiotelevisiva dell'opera protetta, in ipotesi debitamente autorizzata dai titolari dei relativi diritti d'autore. Questi ultimi, quindi, avrebbero già percepito una volta per tutte le remunerazioni loro rispettivamente spettanti, verosimilmente determinate sulla base del numero dei telespettatori potenziali dell'opera radiodiffusa nell'insieme della zona di copertura del satellite. D'altra parte, deducono ancora le autorità spagnole, non è possibile configurare una comunicazione pubblica di opere protette se i destinatari costituiscono un gruppo di persone chiuso o ristretto rispetto all'esterno (ad esempio, perché essi, come nel caso dei clienti di un albergo, sono uniti da legami di fiducia personale o possono instaurare relazioni reciproche), anche se numeroso.
12 Infine, secondo la Commissione va escluso che nella specie sia configurabile un'attività di «comunicazione al pubblico via satellite» ex art. 1, n. 2, lett. a), della direttiva. La Commissione osserva al riguardo che - fermo restando il principio di origine al quale la direttiva è informata (v. infra, paragrafo 14) - la distribuzione verso le camere dell'albergo dei programmi televisivi dedotti in giudizio, successivamente alla loro ricezione via satellite, darebbe luogo ad un'interruzione della sequenza di comunicazione. Tuttavia, la fornitura del servizio in questione da parte della convenuta potrebbe rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 1, n. 3, della direttiva, sempre che la ricezione di programmi radiotelevisivi transfrontalieri da parte di un'impresa alberghiera e la loro distribuzione interna via cavo dia luogo ad una ricezione da parte del pubblico. Secondo la Commissione, la Corte è tenuta ad assicurare l'applicazione uniforme della disposizione qui richiamata in tutto il territorio comunitario, sulla base di una propria pronuncia interpretativa, al fine di prevenire il prodursi di indebite distorsioni nella libera prestazione dei servizi e nel libero gioco della concorrenza nel mercato interno. La Commissione deduce che le disposizioni della convenzione, che contiene numerosi riferimenti alla nozione di «comunicazione al pubblico», formano parte integrante dell'ordinamento giuridico comunitario sin dall'entrata in vigore dell'Accordo sullo spazio economico europeo (in prosieguo: l'«accordo SEE»). Ciò in quanto, a norma dell'art. 5 del protocollo 28, la Spagna e gli altri Stati membri sono tenuti a dare corretta applicazione alla convenzione. Allo stesso tempo, la Commissione ha richiamato la giurisprudenza con la quale la Corte ha sancito l'obbligo di interpretare la normativa comunitaria primaria e derivata alla luce del diritto internazionale pubblico. La direttiva andrebbe, perciò, comunque interpretata alla luce delle disposizioni sostanziali della convenzione, quand'anche si ritenesse che questa non è stata «comunitarizzata». Secondo la Commissione, l'interpretazione uniforme richiesta alla Corte nell'odierno giudizio deve fondarsi sulla nozione di «comunicazione al pubblico della ricezione di un programma radiodiffuso» quale elaborata nel Glossario del diritto d'autore e dei diritti connessi (14) e nella Guida alla Convenzione di Berna (15), pubblicati dall'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI; in prosieguo, rispettivamente: il «glossario» e la «guida»). Ora, i clienti-utilizzatori dei televisori posti nelle stanze costituirebbero un pubblico nuovo rispetto a quello (l'albergo) originariamente contemplato dall'autore al momento della concessione dell'autorizzazione alla radiodiffusione dell'opera protetta. Alla questione sollevata dal giudice remittente occorrerebbe, perciò, rispondere che - ai sensi dell'art. 1, n. 3, della direttiva, interpretato alla luce della convenzione - la ritrasmissione via cavo da parte di un albergo di segnali radiotelevisivi, ricevuti via satellite o via cavo, verso le stanze occupate dalla clientela costituisce non una semplice ricezione di programmi bensì un atto indipendente di ritrasmissione al pubblico, mediante il quale un'opera protetta viene comunicata ad un pubblico nuovo e che essa richiede, perciò, un'autorizzazione autonoma da parte degli aventi diritto.
III - Analisi giuridica
13 Conviene, anzitutto, esaminare la fondatezza delle deduzioni della Commissione. Quest'ultima invoca, da un lato, l'art. 5 del protocollo 28 e, dall'altro, la vostra giurisprudenza relativa all'obbligo di interpretare la normativa comunitaria derivata alla luce del diritto internazionale per suggerire che la Corte provveda ad interpretare le norme della direttiva richiamate dal giudice a quo - in particolare, l'art. 1, n. 3 - in maniera per quanto possibile conforme alle pertinenti disposizioni sostanziali della convenzione (v. supra, paragrafo 12). La circostanza che nell'ordinanza di rinvio la convenzione non sia stata neanche menzionata non può, evidentemente, essere di ostacolo all'analisi che qui mi propongo di effettuare. Secondo la vostra consolidata giurisprudenza, infatti, rientra nella competenza della Corte in sede di pronunce rese ex art. 177 del Trattato CE il potere di prendere in considerazione anche disposizioni di diritto comunitario - eventualmente segnalate alla sua attenzione dalla Commissione (16) - diverse da quelle cui fanno riferimento le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice nazionale, che appaiano però rilevanti ai fini della soluzione della causa principale (17).
14 La direttiva è stata adottata sulla base degli artt. 57 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 47 CE), n. 2, e 66 del Trattato CE (divenuto art. 55 CE) ed è diretta a rimuovere gli ostacoli al pieno svolgimento della libera circolazione dei programmi televisivi nella Comunità nella sfera del diritto d'autore. Come risulta dal preambolo della direttiva, il legislatore comunitario si è limitato a stabilire in materia disposizioni minime necessarie, che, nelle intenzioni originarie della Commissione e del Parlamento europeo, avrebbero dovuto figurare già nel contesto della direttiva «Televisione senza frontiere» (18). L'adozione della direttiva, peraltro, non pregiudica «un'eventuale futura armonizzazione nel settore del diritto d'autore e dei diritti connessi» e fa comunque salva la «facoltà degli Stati membri [di] integrare le disposizioni generali, necessarie per il conseguimento degli obiettivi della presente direttiva, con disposizioni [normative] di diritto interno» (v. da trentatreesimo a trentacinquesimo `considerando').
E' opportuno ricordare, inoltre, come la ratio della disposizione sub art. 1, n. 2, lett. a) - quale la si ricava dal disposto della successiva lett. b) e dal quattordicesimo `considerando' della direttiva - sia essenzialmente quella di evitare l'applicazione cumulativa di due o più leggi nazionali ad un unico atto di radiodiffusione via satellite di opere protette dal diritto d'autore. Per eliminare l'incertezza giuridica fino allora esistente in relazione ai diritti da acquisire nonché il conseguente ostacolo alla diffusione transnazionale di programmi, il Consiglio ha, così, proceduto a definire il concetto di comunicazione al pubblico via satellite all'interno della Comunità (19). Una volta precisato che l'atto di comunicazione si considera avvenuto nello Stato membro d'origine, è in conformità alla legge di quest'ultimo che l'autore ha il diritto esclusivo di autorizzare mediante contratto la radiodiffusione dell'opera (20). La direttiva impone, pertanto, agli Stati membri di introdurre nei loro ordinamenti interni disposizioni concernenti il diritto di radiodiffusione via satellite (v. art. 2) (21).
Diversa è, peraltro, la soluzione adottata riguardo alla ritrasmissione via cavo: come hanno osservato le autorità britanniche, la direttiva non impone qui l'introduzione di un analogo diritto esclusivo, ma muove dalla premessa dell'esistenza nelle legislazioni nazionali di altri diritti («diritti d'autore e diritti connessi»), non armonizzati né definiti, dei quali gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto (v. art. 8). Osservo, pertanto, per quanto rileva ai fini delle presenti conclusioni, come la materia del contendere nella causa principale - vale a dire la determinazione del contenuto del diritto di radiodiffusione in caso di comunicazione al pubblico via cavo di un'opera protetta già radiodiffusa - rimanga estranea all'ambito materiale della direttiva, che di tale diritto si limita a prescrivere l'esercizio esclusivo in forma collettiva (v. art. 9).
15 Poiché l'ambito del coordinamento in tal modo perseguito dal legislatore comunitario è, evidentemente, assai circoscritto, si spiega come mai la direttiva - pur dedicando il suo intero art. 1 («Definizioni») a chiarire il significato di alcune nozioni fondamentali utilizzate nel seguito del testo normativo, in vista dell'applicazione della disciplina sostanziale in esso contenuta («ai fini della presente direttiva») - non definisca quelle di «ritrasmissione», «sistema via cavo», «pubblico», «comunicazione al pubblico» e «ricezione da parte del pubblico» (v. supra, nota 5). Dette definizioni, semplicemente, non sono apparse necessarie. In ogni caso, l'interprete può ricavarle dalle convenzioni internazionali in materia, ivi inclusa, naturalmente, quella di Berna, nel contesto della quale, come la Commissione ha dedotto, sono stati originariamente elaborati molti dei concetti poi impiegati dalla direttiva. Concordo, pertanto, con la ricorrente e con i governi tedesco, britannico e francese che, anche ammettendosi che nella causa principale si controverta di programmi radiotelevisivi provenienti da altri Stati membri (22), alla questione pregiudiziale sollevata dal Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 de Oviedo non è possibile rispondere sulla base della direttiva.
16 Aggiungo che la prospettazione della Commissione secondo cui la soluzione dell'odierna questione pregiudiziale richiede di interpretare la direttiva alla luce della convenzione non mi troverebbe, comunque, d'accordo per un'altra ragione. La giurisprudenza della Corte alla quale la Commissione ha fatto riferimento nelle sue osservazioni riguarda i soli accordi internazionali conclusi dalla Comunità. Detti accordi formano parte integrante dell'ordinamento giuridico comunitario sin dalla loro entrata in vigore e rientrano fra gli «atti compiuti dalle istituzioni della Comunità» ai sensi dell'art. 177, primo comma, lett. b), del Trattato CE (23). Le disposizioni in essi contenute, inoltre, prevalgono gerarchicamente sul diritto comunitario derivato. «[L]a prevalenza degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità sulle norme di diritto comunitario derivato[, avete affermato,] impone di interpretare queste ultime in maniera per quanto possibile conforme agli accordi», in modo del tutto analogo al caso in cui, «allorché una norma di diritto derivato comunitario ammette più di una interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che rende la norma stessa conforme al Trattato» (24). Ritengo, tuttavia, che tale principio non possa valere per gli accordi internazionali conclusi dagli Stati membri che non vincolano la Comunità, qual è la convenzione (25).
17 La conclusione alla quale pervengo non esclude, tuttavia, che proprio la convenzione possa comunque costituire la base della risposta all'odierna questione pregiudiziale, che siete chiamati a fornire al giudice remittente. Nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, l'EGEDA e la Commissione hanno avanzato, con argomentazioni diverse, la tesi secondo cui la convenzione sarebbe stata «comunitarizzata» e la Corte sarebbe, perciò, tenuta a garantire l'applicazione uniforme delle sue disposizioni nell'intera Comunità. Mentre la Commissione ha fatto riferimento all'art. 5 del protocollo 28 (v. supra, paragrafo 12) (26), la ricorrente ha invocato, sia pure in via del tutto incidentale (27), gli obblighi assunti dalla Comunità con l'adesione all'accordo TRIPS. Delle due prospettazioni è proprio quest'ultima a persuadermi. A ben guardare, infatti, l'art. 5 del protocollo 28 pone a carico degli Stati membri (nonché degli Stati AELS) (28) obblighi di produzione normativa (adesione alla convenzione e adeguamento delle legislazioni nazionali). Evidentemente, è solo con l'adempimento di tali obblighi che negli ordinamenti nazionali interessati saranno poste in vigore norme corrispondenti a quelle della convenzione. Altra cosa, però, è sostenere che basta l'imposizione dei detti obblighi perché si abbia la piena ed immediata vigenza delle disposizioni della convenzione nell'ordinamento comunitario.
18 Trovo più convincente la deduzione dell'EGEDA. Secondo la ricorrente, le disposizioni della convenzione stessa risultano integrate nell'accordo TRIPS, sia pure limitatamente alle materie per le quali sono state stabilite norme comuni a livello comunitario (29). Pertanto, la Comunità, pur non avendo formalmente aderito alla convenzione (e non potendo farlo; v. supra, nota 28), è comunque tenuta a rispettare gli artt. 1-21 ivi dettati. Nella causa Hermès, avete già risolto in senso affermativo la questione della competenza della Corte ad interpretare l'accordo TRIPS con riguardo all'art. 50. Si trattava, lo ricordo, di una delle disposizioni di detto accordo relativa alle «misure da adottare per garantire una tutela efficace dei diritti di proprietà intellettuale», che secondo i governi «intervenuti» in quel giudizio rientravano nella competenza degli Stati membri (30). Analoga soluzione sembra a maggior ragione imporsi nella specie. La definizione della causa principale richiede, infatti - secondo la soluzione che mi sembra preferibile -, l'interpretazione di una norma delle disposizioni sostanziali della convenzione, incorporata nell'accordo TRIPS attraverso la tecnica del rinvio formale e avente per oggetto la protezione del diritto di comunicazione pubblica in caso di utilizzazioni secondarie di opere radiodiffuse aventi origine in altro Stato membro. La tutela del diritto d'autore è una materia in cui la Comunità ha già effettivamente esercitato sul piano interno la sua competenza (31). Credo, perciò, che non possa sussistere alcun dubbio sulla competenza della Corte a statuire in via pregiudiziale sull'interpretazione delle disposizioni della convenzione alle quali rinvia l'art. 9 dell'accordo TRIPS. La conclusione alla quale qui pervengo, infine, non risulta contraddetta dalla circostanza che l'art. 11 bis della convenzione, integrato nell'accordo TRIPS per effetto dell'art. 9 di quest'ultimo, sia applicabile sia a situazioni regolate dal diritto nazionale sia a situazioni che rientrano nel diritto comunitario. Anche in tal caso, infatti, «esiste un interesse comunitario certo a che, per evitare future divergenze di interpretazione, questa disposizione riceva un'interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui essa verrà applicata» (32).
19 Ciò posto, avverto che l'applicabilità della vostra interpretazione dell'art. 11 bis della convenzione alla situazione giuridica della ricorrente nella causa principale - e, quindi, lo stesso potere della Corte di prendere detta norma in considerazione in sede di esame dell'odierna questione pregiudiziale - è soggetta alla condizione che l'art. 9 dell'accordo TRIPS sia dotato di effetto diretto. A tal riguardo, osservo - benché la Corte non sia qui chiamata a pronunciarsi sulla questione dell'effetto diretto del richiamato art. 9, ma solo a risolvere la questione di interpretazione ad essa sottoposta dal giudice spagnolo, affinché quest'ultimo sia in grado di interpretare le pertinenti norme nazionali alla luce delle disposizioni della convenzione, richiamate dall'accordo TRIPS (33) - che la disposizione in questione stabilisce un principio sufficientemente preciso ed incondizionato perché il giudice nazionale possa applicarlo. Essa appare, quindi, idonea a disciplinare la situazione giuridica dei singoli (34), sempre che, a giudizio della Corte, tale constatazione non risulti contraddetta dall'esame dell'oggetto, della natura e del contesto dell'accordo cui la detta disposizione si ricollega (35).
20 Passo così ad analizzare la questione se la distribuzione di opere radiodiffuse nelle camere d'albergo grazie ai televisori installati nelle stesse vada qualificata come atto di semplice ricezione ovvero di emissione (comunicazione al pubblico) sulla base della convenzione. Avverto, prima d'ogni altra cosa, che le risposte fornite dai legislatori nazionali a tale problema differiscono tra loro; lo stesso può dirsi per le soluzioni giurisprudenziali, spesso anche all'interno di ciascun paese. Non può negarsi che vi sia necessità di accentrare in codesta Corte l'interpretazione delle disposizioni sostanziali della convenzione per tutto l'ordinamento comunitario, come ha rilevato la Commissione. Ora, un utile punto di partenza nell'esegesi dell'art. 11 bis, n. 1, della convenzione (v. supra, paragrafo 6) è costituito dai materiali interpretativi elaborati dall'Ufficio internazionale dell'OMPI (36). Con riguardo al disposto qui richiamato, il glossario definisce la nozione di «comunicazione al pubblico della ricezione di un programma radiodiffuso» nei termini seguenti: «l'utilizzazione di apparecchi di ricezione radiotelevisiva (altoparlanti o tubi riceventi) all'esterno di locali privati, in modo tale da dare accesso al programma radiodiffuso a chiunque si trovi, per una qualsiasi ragione, sul luogo di ricezione. Apparecchi di ricezione vengono spesso utilizzati nei ristoranti, nei negozi ed in luoghi simili per attirare il pubblico. Il diritto di radiodiffusione e la possibilità di ricevere programmi non comprende necessariamente il diritto di rendere i programmi ricevuti accessibili al pubblico. Lo stesso vale per i programmi ricevuti via cavo. Le necessarie autorizzazioni devono essere richieste, in generale, alle società di autori o ad altri organismi incaricati della gestione dei diritti d'autore» (37). Come viene osservato nella guida, «Ciò che rileva per quanto concerne l'applicazione [dell'art. 11 bis, n. 1, sub 2º] è il fatto di sapere se ed in quali condizioni un intermediario che si interponga al livello della distribuzione del programma compia un atto di comunicazione al pubblico (...). I criteri che consentono di distinguere tra tale comunicazione ed una semplice operazione di ricezione dei programmi non sottoposta al regime del diritto esclusivo dell'autore sono lasciati alla valutazione delle legislazioni nazionali» (38). D'altra parte, nel contesto della convenzione, una licenza di diffusione radiotelevisiva concessa ad un'emittente non copre anche eventuali utilizzazioni ulteriori dell'opera da parte di terzi - quale la comunicazione pubblica del programma trasmesso per altoparlante o strumenti analoghi (per quanto qui rileva, mediante televisore) -, in particolare se effettuate a fini di lucro. Detta forma di comunicazione consentirebbe, infatti, di raggiungere un pubblico nuovo, diverso da quello che l'autore aveva in mente al momento dell'autorizzazione originaria alla radiodiffusione, rilasciata nell'esercizio del proprio diritto esclusivo. «In effetti, benché per definizione la radiodiffusione possa raggiungere un numero indeterminato di persone, l'autore, autorizzando detto modo di sfruttamento della sua opera, non prende in considerazione che gli utilizzatori diretti, vale a dire i possessori di apparecchi di ricezione che, individualmente o nella loro sfera privata o familiare, captano i programmi. Allorquando detta ricezione avviene a beneficio di un uditorio più vasto, talvolta a scopo di lucro, una frazione nuova del pubblico ricevente viene ammessa a beneficiare dell'ascolto [o della visione] dell'opera e la comunicazione del programma con altoparlante (o strumento analogo) non costituisce più la semplice ricezione del programma stesso ma un atto indipendente mediante il quale l'opera diffusa viene comunicata ad un pubblico nuovo. Su tale ricezione pubblica si fonda il diritto esclusivo di autorizzarla che spetta all'autore» (39).
21 Sulla base delle richiamate osservazioni contenute nella guida, ritengo che la disposizione in astratto applicabile alla specie sia non quella sub 2º, bensì quella, di natura speciale, sub 3_ dell'art. 11, n. 1 (40). La distribuzione dell'opera radiodiffusa alla clientela dell'albergo viene, infatti, resa tecnicamente possibile dalla messa a disposizione nelle singole camere dei televisori, cioè di «strumenti trasmettitori di suoni ed immagini analoghi all'altoparlante» (41). Posto ciò, rilevo che la soluzione diretta a negare la necessità di una specifica autorizzazione da parte dei titolari del diritto d'autore in un caso quale quello dedotto in giudizio si fonda, anzitutto, sulla considerazione che le camere occupate dai clienti dell'albergo non sono, quanto meno in senso stretto (42), luoghi aperti al pubblico. Come le autorità spagnole hanno dedotto dinanzi alla Corte (v. supra, paragrafo 11), la distribuzione via cavo dei segnali televisivi ai singoli televisori andrebbe qui assimilata ad un atto di comunicazione in un ambito strettamente domestico e, perciò, qualificata come atto di mera ricezione, non di emissione. Oltretutto, non sarebbe soddisfatto nella specie il criterio dell'ampliamento del pubblico beneficiario, al quale la convenzione, come la guida stessa suggerisce, condizionerebbe la sussistenza di un atto di comunicazione al pubblico soggetto a licenza da parte dell'autore; ciò in quanto - se l'hotel che procede alla distribuzione dei segnali ricevuti nelle singole stanze si trova all'interno della zona di copertura dell'emittente originaria - i clienti-telespettatori avrebbero comunque potuto ricevere la radiodiffusione primaria dell'opera utilizzando gli apparecchi riceventi di loro proprietà, qualora al momento della comunicazione da parte dell'albergo si fossero trovati presso il domicilio rispettivo. Infine, la sussistenza di una comunicazione al pubblico andrebbe, per altro verso, esclusa in ragione del fatto che la ricezione effettiva dell'opera radiodiffusa dipende da un atto individuale dell'ospite (accensione del televisore e sintonizzazione sull'emittente originaria) (43).
22 Tale ultima deduzione non può essere accolta perché è inconciliabile con uno dei principi fondamentali del diritto d'autore: quello secondo il quale il titolare del diritto viene remunerato non per il godimento effettivo dell'opera, bensì per la semplice possibilità giuridica di tale godimento. Si pensi, per esempio, all'editore, che è tenuto a corrispondere all'autore le royalties convenute sulle copie vendute di una novella, indipendentemente dal fatto che queste vengano effettivamente lette dagli acquirenti. In termini del tutto analoghi, un albergo responsabile della distribuzione interna via cavo - in forma simultanea, integrale e non modificata - di un'emissione primaria trasmessa via satellite non potrebbe rifiutarsi di corrispondere all'autore la remunerazione a questo spettante sostenendo che l'opera radiodiffusa non è stata in concreto ricevuta dai telespettatori potenziali che hanno accesso ai televisori installati nelle singole stanze (44). Appare, d'altra parte, fin troppo chiaro - posto che tale distribuzione non costituisce un semplice mezzo tecnico per garantire o migliorare la ricezione dell'emissione di origine nella sua zona di copertura, quale sarebbe, per esempio, l'installazione ed utilizzazione di ripetitori - che nella specie è HOASA il soggetto responsabile della possibilità di accesso all'opera protetta che viene offerta agli ospiti dell'albergo. In assenza dell'utilizzazione secondaria da parte della convenuta, i clienti - pur trovandosi fisicamente all'interno della zona di copertura del satellite - non avrebbero, infatti, potuto fruire in altro modo dell'opera radiodiffusa; essi costituiscono, pertanto, in questo senso, un pubblico «nuovo» rispetto a quello dell'emissione primaria.
23 Per altro verso, ritengo necessario sgombrare il campo dell'analisi da un evidente equivoco, inerente all'affermazione del carattere privato della distribuzione di radiodiffusioni primarie alle abitazioni di un albergo. Non intendo certo contestare che, dal punto di vista della protezione dei diritti individuali garantita negli ordinamenti costituzionali non solo degli Stati membri ma di tutti gli Stati democratici, una camera d'albergo costituisca un luogo appartenente alla sfera puramente privata o domestica di una persona o della sua famiglia. Tuttavia, la linea di demarcazione giuridica fra privato e pubblico non è necessariamente la stessa ai fini della tutela del diritto d'autore (45). Non a caso, il criterio del carattere privato o pubblico dell'abitazione appare estraneo non solo alla lettera, ma anche allo spirito dell'art. 11 bis della convenzione, che prescrive l'autorizzazione dell'autore non per le ritrasmissioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, bensì per gli atti di comunicazione con i quali l'opera sia resa accessibile al pubblico. In quest'ottica, un peso determinante in vista della qualificazione di un atto di comunicazione come pubblico non può riconoscersi neanche all'elemento materiale della nozione di pubblico, tradizionalmente rinvenuto nell'assenza di speciali relazioni personali che gli appartenenti ad un gruppo di persone mantengano fra di loro o con l'organizzatore (46).
24 Qual è, allora, il criterio che suggerisco oggi alla Corte di adottare al fine di distinguere, nella materia che ci occupa, le comunicazioni pubbliche da quelle che non lo sono? A mio avviso, la convenzione ha posto il principio della necessità dell'autorizzazione da parte dell'autore per tutte le utilizzazioni secondarie dell'opera radiodiffusa che diano luogo ad atti autonomi di sfruttamento economico, in ragione del fine di lucro perseguito dal soggetto responsabile (47) nonché della rilevanza economica del nuovo pubblico (v. supra, paragrafo 22), vale a dire dell'insieme di persone alle quali si dirige il singolo atto di comunicazione tramite televisore. Il criterio che ho qui indicato consente, per esempio, di spiegare in maniera convincente perché non è dato parlare di comunicazione pubblica quando l'opera protetta viene resa accessibile dall'utilizzatore diretto del televisore alla cerchia dei suoi familiari o amici: invece di un'utilizzazione secondaria dell'opera radiodiffusa da parte di un terzo si realizza, in tali casi, la semplice messa in comune di apparecchi di ricezione dell'emissione primaria, senza che l'interessato persegua fini lucrativi.
25 Le autorità spagnole hanno negato che un'impresa nella situazione di HOASA agisca con fine di lucro allorché rende accessibili le opere radiodiffuse alla propria clientela. Gli argomenti da esse invocati non mi lasciano, tuttavia, persuaso. Quand'anche per il servizio di distribuzione interna alle stanze non venga richiesto agli ospiti alcun sovrapprezzo (formalmente evidenziato come supplemento o semplicemente incorporato nel corrispettivo dovuto per la prestazione complessiva), non v'è dubbio che esso arreca all'albergo responsabile dell'utilizzazione secondaria un vantaggio economicamente apprezzabile, in termini di richiamo della clientela. E', poi, un dato di comune esperienza che l'inclusione del servizio di distribuzione televisiva via cavo nel complesso dei servizi offerti ai clienti da uno stabilimento alberghiero, in combinazione con il numero dei canali distribuiti, costituisce uno degli indici normalmente utilizzati per l'inquadramento in una determinata categoria della classificazione amministrativa, con conseguenti ripercussioni sui prezzi praticabili (48). Le opere altrui radiodiffuse finiscono così innegabilmente per divenire uno dei fattori di produzione del complessivo servizio di albergo offerto da un'organizzazione d'impresa quale quella dell'odierna convenuta.
26 Nel caso di specie, forse, è del secondo elemento da me invocato (v. paragrafo 24) che è più arduo dimostrare la sussistenza. Potrebbe, cioè, argomentarsi che la rilevanza economica che rivestono gli ospiti di una stanza d'albergo è talmente modesta che essi non possono costituire un pubblico «nuovo» rispetto a quello dell'emissione primaria. Alla distribuzione dell'opera radiodiffusa mediante televisore non potrebbe, perciò, riconoscersi rilevanza economica come atto indipendente di comunicazione. Tale concezione formalistica appare, peraltro, in via di superamento sotto la spinta di recenti pronunce delle corti nazionali, ispirate alla dottrina cosiddetta dell'«accumulazione spaziale» (räumliche Kumulation) (49). Secondo tale orientamento, è la totalità dei clienti presenti in un albergo in un dato momento a dover essere qualificata come «pubblico» ai sensi e per gli effetti del diritto d'autore (50). In altre parole, la «discontinuità spaziale» fra i singoli soggetti da cui è costituita la cerchia dei destinatari, ai quali l'opera viene resa accessibile dal responsabile di ciascun atto di utilizzazione secondaria, non è sufficiente a negare il carattere di rilevanza economica del nuovo pubblico raggiunto (sia pur potenzialmente, nel senso della semplice possibilità giuridica; v. supra, paragrafo 22).
27 Poiché l'emittente originaria e chi effettua la comunicazione via televisore dell'opera già radiodiffusa compiono atti di sfruttamento economico diversi ed indipendenti, del tutto autonomi saranno anche i presupposti della pretesa dei titolari del diritto d'autore nell'uno e nell'altro caso (51). Cade, così, anche l'argomento relativo all'asserita illegittimità della pretesa dell'autore ad una duplice remunerazione per «lo stesso atto» di radiodiffusione dell'opera protetta (v. supra, paragrafo 11). Ritengo, pertanto, che nel definire la causa principale il giudice remittente debba dare applicazione al principio secondo cui la distribuzione da parte di uno stabilimento alberghiero agli ospiti che occupano le singole camere, mediante televisori installati in ciascuna di esse, di un'opera radiodiffusa via satellite o via etere da un'emittente di altro Stato membro costituisce una comunicazione al pubblico che in quanto tale deve essere autonomamente autorizzata dai titolari dei diritti d'autore sull'opera protetta.
Conclusioni
Per le considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere nei termini seguenti l'odierna questione pregiudiziale del Juzgado de Primera Instancia e Instrucción n. 5 de Oviedo:
«1) La questione se la ricezione da parte di uno stabilimento alberghiero di opere protette, radiodiffuse via satellite o via etere da un'emittente di altro Stato membro, e la successiva distribuzione via cavo del segnale dei programmi ricevuti ai televisori installati nelle camere di tale stabilimento costituiscano oppur no un atto di comunicazione al pubblico non può essere risolta sulla base della direttiva del Consiglio 27 settembre 1993, 93/83/CEE, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d'autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo.
2) La ricezione da parte di uno stabilimento alberghiero di opere protette, radiodiffuse via satellite o via etere da un'emittente di altro Stato membro, e la successiva distribuzione via cavo del segnale dei programmi ricevuti ai televisori installati nelle camere di tale stabilimento costituiscono una comunicazione al pubblico ai sensi e agli effetti dell'art. 11 bis della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi 24 luglio 1971, come modificato il 28 settembre 1979), in quanto richiamato dall'art. 9 dell'Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio».
(1) - V. Real Decreto Legislativo 1/1996, de 12 de abril, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley de Propiedad Intelectual, regularizando, aclarando y armonizando las disposiciones legales vigentes sobre la materia (BOE n. 97 del 22 aprile 1996, pag. 14369).
(2) - Le disposizioni contenute nell'art. 20, n. 2, lett. a)-e), del testo unico riguardano rispettivamente: a) le rappresentazioni sceniche, le recite, le dissertazioni ed esecuzioni pubbliche di opere drammatiche, drammatico-musicali, letterarie o musicali mediante qualsiasi mezzo o procedimento, b) la proiezione o esibizione pubblica di opere cinematografiche o di altri audiovisivi; c) la radiodiffusione di qualsiasi opera o la sua emissione con qualsiasi altro mezzo di diffusione senza filo di segni, suoni o immagini, d) la radiodiffusione o comunicazione al pubblico via satellite di qualsiasi opera, ovvero e) la trasmissione al pubblico di qualsiasi opera via filo, cavo, fibra ottica o altro procedimento analogo, verso corrispettivo o meno.
(3) - V. rispettivamente lett. d) e lett. f) dell'art. 20, n. 2.
(4) - GU L 248, pag. 15.
(5) - Il riferimento nell'odierna questione pregiudiziale alla nozione di «ricezione da parte del pubblico» appare più chiaro avuto riguardo alla versione in lingua spagnola dell'art. 1, n. 3, della direttiva [«(...) la retransmisión (...) por medio de cable o microondas para su recepción por el público, de emisiones primarias desde otro Estado miembro (...)»] nonché, ad esempio, al testo francese [«retransmission (...) pour la réception par le public»] e a quello inglese [«retransmission (...) for reception by the public»]. Ricordo che la locuzione in questione è stata tradotta nella versione italiana con le parole «ritrasmissione (...) destinata al pubblico» (il corsivo è mio).
(6) - GU 1994, L 1, pag. 194.
(7) - V. infra, nota 26. Per la sola Irlanda il richiamato art. 5 ha fissato al 1º gennaio 1995 il termine relativo all'obbligo di conformare la legislazione interna alle disposizioni sostanziali della convenzione. Tutti gli Stati membri hanno aderito alla convenzione (della quale attualmente sono parti 140 paesi in totale), in particolare al testo di essa adottato dalla Conferenza di revisione di Parigi; solamente il Belgio e l'Irlanda risultano ancora vincolati dalla precedente versione di Bruxelles (26 giugno 1948). La Commissione ha dedotto in udienza di avere, pertanto, avviato una procedura di infrazione a norma dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE) contro questi due Stati membri.
(8) - GU 1994, L 336, pag. 213.
(9) - GU L 336, pag. 1. Ex art. 65 dell'accordo TRIPS, «Nessun membro è obbligato ad applicare le disposizioni del presente accordo prima della data di scadenza di un periodo generale di un anno a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'Accordo OMC». Poiché l'accordo OMC è entrato in vigore il 1º gennaio 1995, le disposizioni dell'accordo TRIPS sono divenute vincolanti per le parti contraenti al più tardi il 1º gennaio 1996. Ricordo che l'accordo OMC è stato concluso dalla Comunità e ratificato dai suoi Stati membri senza che i loro rispettivi obblighi verso le altre parti contraenti fossero stati ripartiti fra di loro. Conformemente al principio della competenza congiunta, sancito dal parere 15 novembre 1994, 1/94, sulla «competenza della Comunità a stipulare accordi internazionali in materia di servizi e di tutela della proprietà intellettuale» [emesso a norma dell'art. 228 del Trattato CE (divenuto, a seguito di modifica, art. 300 CE), n. 6; v. Racc., pag. I-5267, punti 54-71 e 102-105], anche all'accordo TRIPS hanno aderito tanto la Comunità quanto i suoi Stati membri. In detto parere la Corte ha riconosciuto che fino a quel momento la competenza della Comunità in materia di proprietà intellettuale era stata esercitata solo marginalmente sul piano interno, attraverso l'adozione di norme comuni sulle quali potessero incidere i vincoli internazionali. Pertanto, non si era ancora realizzata la condizione per poter costruire una competenza esterna esclusiva della Comunità. D'altra parte, la Corte ha negato che il settore relativo agli strumenti per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale potesse essere configurato come un settore riservato agli Stati membri, rilevando che la Comunità era sicuramente competente ad armonizzare anche tale settore quando incida sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune.
(10) - V. ad esempio, oltre alla Convenzione di Berna, la Convenzione d'Unione di Parigi sulla proprietà industriale (Atto di Stoccolma 14 luglio 1967, come modificato il 2 ottobre 1979).
(11) - V., ex multis, sentenza 19 marzo 1992, causa C-60/91, Batista Morais (Racc. pag. I-2085), concernente le norme del Trattato sulla libera circolazione delle persone e dei servizi.
(12) - Le autorità francesi hanno precisato che, allo stato attuale del diritto comunitario, il giudice nazionale è tenuto ad interpretare ed applicare le pertinenti norme interne in conformità al disposto degli artt. 11 e 11 bis della convenzione.
(13) - V. anche ventisettesimo `considerando' della direttiva.
(14) - V. G. Boytha, WIPO Glossary of Terms of the Law of Copyright and Neighbouring Rights - OMPI Glossaire du droit d'auteur et des droits voisins - OMPI Glosario de derecho de autor y derechos connexos, Ginevra, 1980.
(15) - V. C. Masouyé, Guide de la Convention de Berne pour la protection des oeuvres littéraires et artistiques (Acte de Paris, 1971), Ginevra, 1978.
(16) - V., ex multis, sentenza 18 marzo 1993, causa C-280/91, Viessmann (Racc. pag. I-971, punto 15).
(17) - V., ex multis, sentenze 18 febbraio 1964, cause riunite 73/63 e 74/63, Internationale Crediet- en Handelsvereniging Rotterdam e a. (Racc. pag. 1); 28 giugno 1978, causa 70/77, Simmenthal (Racc. pag. 1453); 20 marzo 1986, causa 35/85, Tissier (Racc. pag. 1207); e 16 dicembre 1992, causa C-114/91, Claeys (Racc. pag. I-6559).
(18) - Direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE (GU L 202, pag. 60). Anche la direttiva «Televisione senza frontiere» è stata adottata sulla base degli artt. 57, n. 2, e 66 del Trattato CE. V. J. C. Erdozain López, Las Retransmisiones por Cable y el Concepto de Público en el Derecho de Autor, Pamplona, 1997, pag. 321.
(19) - Come ha osservato Erdozain López, quella del collegamento dell'atto di radiodiffusione o di comunicazione pubblica via satellite ad un ordinamento determinato è più una questione di diritto internazionale privato che di diritto d'autore in senso stretto (v. op. cit., nota 18, pagg. 330 e 331).
(20) - V. artt. 1, n. 2, lett. b), 2 e 3, n. 1, della direttiva. Dal principio richiamato nel testo discende che la direttiva ha rigettato la cosiddetta teoria di Bogsch, secondo la quale i diritti di radiodiffusione di un'opera protetta devono essere acquisiti anche per l'insieme dei paesi di ricezione in maniera globale (v. settimo `considerando').
(21) - E' stato osservato che l'«armonizzazione minimale» delle disposizioni sostanziali di tutela dei diritti degli autori si è resa necessaria in conseguenza della scelta di fondo, alla quale la direttiva è ispirata, di applicare la sola legge dello Stato di stabilimento dell'emittente. «Altrimenti, potrebbe verificarsi (...) un "uso distorto" della libertà di prestazione dei servizi: un'emittente che trasmette da uno Stato in cui non è necessaria alcuna autorizzazione per la trasmissione via satellite, in quanto vige un sistema di licenza non volontaria, potrà indirizzare il segnale in tutti gli altri Stati comunitari, compresi quelli in cui la stessa trasmissione avrebbe dovuto invece essere autorizzata esclusivamente dall'autore. Una situazione del genere, oltre a comportare un sacrificio eccessivo dei diritti (anche patrimoniali) degli autori (...), creerebbe evidentemente anche delle distorsioni alla concorrenza. Verrebbero infatti favorite le emittenti che si stabiliscono nello Stato che "offre" una legislazione a loro più conveniente» (v. R. Mastroianni, La protezione dei diritti d'autore e dei diritti connessi nelle trasmissioni televisive via satellite e via cavo in Europa, in Rapporto '93 sui problemi giuridici della radiotelevisione in Italia (a cura di P. Barile, R. Zaccaria), Torino, 1994, pag. 363, in particolare pagg. 381 e 382).
(22) - Ricordo che, secondo la vostra giurisprudenza relativa al meccanismo di cooperazione fra Corte e giudici nazionali istituito dall'art. 177 del Trattato CE, la questione se tutti gli elementi rilevanti dell'attività dedotta in giudizio nella causa principale siano collocati oppur no all'interno di un solo Stato membro dipende da constatazioni di fatto spettanti unicamente al giudice a quo (v., ex multis, sentenza 18 marzo 1980, Debauve e a., causa 52/79, Racc. pag. 833, punto 9).
(23) - La Corte è, perciò, competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione di detti accordi (v., ex multis, sentenze 30 aprile 1974, causa 181/73, Haegeman, Racc. pag. 449, punti 3-6; 26 ottobre 1982, causa 104/81, Kupferberg, Racc. pag. 3641, punti 12-14, e 15 giugno 1999, causa C-321/97, Andersson, non ancora pubblicata in Raccolta, punto 26).
(24) - V. sentenza 10 settembre 1996, causa C-61/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I-3989, punto 52). V. anche sentenza 26 aprile 1972, causa 92/71, Interfood (Racc. pag. 231, punto 6).
(25) - Anche nei casi in cui la Corte, pronunciandosi su questioni di interpretazione o di validità di norme comunitarie, ha richiamato convenzioni internazionali delle quali la Comunità non è parte, in realtà essa si è basata sui principi del diritto internazionale consuetudinario codificati in siffatte convenzioni. V. J.-P. Puissochet, La place du droit international dans la jurisprudence de la Cour de justice des Communautés européennes, in Scritti in onore di Giuseppe Federico Mancini, Milano, 1998, vol. II, pag. 779.
(26) - Il richiamato art. 5 recita: «1. Le Parti contraenti si impegnano ad aderire anteriormente al 1º gennaio 1995 alle seguenti convenzioni multilaterali sulla proprietà industriale, intellettuale e commerciale:
(...)
(b) Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi, 1971);
(...)
3. All'entrata in vigore del presente protocollo le Parti contraenti conformano le rispettive legislazioni nazionali alle disposizioni sostanziali delle convenzioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c). (...)».
(27) - Secondo l'EGEDA, infatti, la convenzione è comunque priva di rilevanza ai fini della definizione della causa principale poiché nessuna delle disposizioni in essa contenute si riferisce alla questione dedotta in giudizio.
(28) - Benché la Comunità abbia formalmente aderito all'accordo SEE e gli obblighi di facere richiamati nel testo siano testualmente riferiti alle «Parti contraenti», essi non concernono anche la Comunità in quanto tale. In effetti, l'art. 2 di detto accordo precisa che il termine «Parti contraenti», quale utilizzato nel prosieguo dell'accordo stesso, va inteso in ciascun caso, con riguardo alla Comunità e agli Stati membri, come riferito a: i) la Comunità congiuntamente agli Stati membri, ii) la sola Comunità, ovvero iii) i soli Stati membri, a seconda del contesto e con riguardo alle competenze rispettive, quali previste e regolate dal Trattato. Ora, la Comunità non può aderire alla convenzione, in quanto, non diversamente dalle precedenti versioni della convenzione, il citato Atto di Parigi fa riferimento esclusivamente ai «paesi dell'Unione» [da intendersi come Stati: v. guida (op. cit. supra, nota 15»), pag. 8] e non sembra così consentire l'adesione da parte di organizzazioni internazionali. V. anche la proposta di decisione del Consiglio relativa all'adesione degli Stati membri alla Convenzione di Berna, a suo tempo presentata dalla Commissione [COM(90) 582 def.; GU 1991, C 24, pag. 5] e poi ritirata a seguito della sua mancata approvazione, dovuta al trasferimento straordinario di competenze che una decisione del genere avrebbe comportato. D'altra parte, deve anche escludersi, sul piano logico e semantico, che la Comunità possa essere destinataria di una prescrizione di «conformare le rispettive legislazioni nazionali».
(29) - V. supra, nota 9. V. R. Mastroianni, Diritto internazionale e diritto d'autore, Milano, 1997, pagg. 174-177; nonché A. Bercovitz, Copyright and Related Rights, in C. M. Correa, A. A. Yusuf (a cura di), Intellectual Property and International Trade: The TRIPS Agreement, Londra, 1998, pagg. 148 e 149.
(30) - V. sentenza 16 giugno 1998, causa C-53/96, Hermès International/FHT Marketing Choice (Racc. pag. I-3603, punti 22-29). La Corte ha fondato l'affermazione della propria competenza sulla duplice circostanza che, da un lato, il richiamato art. 50 richiede che le autorità giudiziarie degli Stati contraenti abbiano la facoltà di adottare «misure provvisorie» per tutelare gli interessi dei titolari dei diritti di marchio conferiti dalla normativa di detti Stati, e, dall'altro, che in forza dell'art. 99 del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, in vigore all'atto della firma dell'Accordo OMC, i diritti derivanti dal marchio comunitario possono essere tutelati con l'adozione di «misure provvisorie e cautelari». Ora, benché le misure considerate da quest'ultima disposizione, nonché le relative norme procedurali, siano quelle previste dalla legge nazionale dello Stato membro interessato ai fini del marchio nazionale, poiché la Comunità è parte contraente dell'accordo TRIPS e questo accordo riguarda il marchio comunitario, i tribunali di cui al citato art. 99, quando sono chiamati ad applicare norme nazionali al fine di pronunciare provvedimenti provvisori per la tutela dei diritti derivanti da un marchio comunitario, sono tenuti a farlo, per quanto possibile, alla luce della lettera e della finalità dell'art. 50 dell'accordo TRIPS. Ricordo che, peraltro, in detta causa l'avvocato generale Tesauro ha concluso che la Corte era competente a pronunciarsi in via pregiudiziale su tutte le norme dell'accordo TRIPS, a garanzia dell'uniformità d'interpretazione e dunque di applicazione di queste. L'avvocato generale ha richiamato: i) l'interconnessione che può esistere tra norme di uno stesso accordo; ii) l'interesse della Comunità a non veder impegnata la propria responsabilità internazionale a causa di violazioni commesse da uno o più Stati membri; iii) l'esigenza di realizzare l'obbligo di cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie non solo rispetto alla negoziazione e alla stipulazione delle norme convenzionali in materia, ma anche rispetto all'attuazione delle stesse; nonché iv) la funzione di garanzia svolta dal meccanismo di controllo giurisdizionale disegnato nel Trattato, che si avvale del contributo contestuale del giudice comunitario e dei giudici nazionali, rispetto alla sostanziale unitarietà all'esterno del sistema giuridico comunitario, pur caratterizzato dal contestuale operare di norme di diversa origine (internazionale, comunitaria e nazionale; v. conclusioni presentate dall'avvocato generale Tesauro il 13 novembre 1997, causa C-53/96, citata supra, Racc. 1998, pag. I-3606, paragrafi 20 e 21).
(31) - Si ricordi che, oltre alla direttiva 93/83/CEE, oggetto dell'odierna questione pregiudiziale, il Consiglio ha adottato varie direttive in materia di diritti d'autore e di diritti connessi [v. direttiva del Consiglio 14 maggio 1991, 91/250/CEE, concernente la tutela giuridica dei programmi per elaboratori (GU L 122, pag. 42); direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CEE, relativa al diritto di noleggio, al diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore nel settore della proprietà intellettuale (GU L 346, pag. 61); direttiva del Consiglio 29 ottobre 1993, 93/98/CEE, relativa all'armonizzazione della durata della tutela del diritto d'autore e di taluni diritti connessi (GU L 290, pag. 9]. V. anche direttiva del Consiglio 11 marzo 1996, 96/9/CE, concernente la tutela giuridica delle basi dati (GU L 77, pag. 20); nonché la proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione [COM(99) 250 def.; GU 1999, C 180, pag. 6]. Nella sua domanda di parere sulla competenza della Comunità a stipulare accordi internazionali in materia di servizi e di tutela della proprietà intellettuale (citato supra, nota 9, pagg. I-5333-5335) la Commissione ha affermato che tutte le disposizioni dell'accordo TRIPS corrispondono, sul piano interno, ad alcune disposizioni del diritto comunitario derivato, e in particolare che le richiamate direttive riguardano i settori disciplinati dagli artt. 10-14 di detto accordo. Come ha osservato Mastroianni (v. op. cit. supra, nota 29, pag. 175), «[n]ell'indicare, in maniera del tutto esemplificativa, alcune materie incluse nell'Accordo TRIPS per le quali la competenza comunitaria non si è ancora esercitata in maniera completa, la Corte ha fatto riferimento [nel parere 1/94] alla parziale armonizzazione avvenuta in materia di marchi, di brevetti, di disegni e modelli e di tutela delle informazioni tecniche riservate, ma ha evitato di riferirsi al diritto d'autore, materia nella quale, come peraltro dimostrato esaurientemente dalla Commissione, l'azione normativa comunitaria aveva già allora conosciuto importanti risultati. Ciò sta a significare che, quanto meno nei settori in cui si è già verificato l'intervento di armonizzazione, la Comunità ha assunto con la partecipazione all'Accordo TRIPS degli obblighi con gli Stati terzi indipendenti da quelli degli Stati membri» (nota omessa).
(32) - V., con riferimento all'art. 50 dell'accordo TRIPS, sentenza 16 giugno 1998 (citata supra, nota 30, punto 32).
(33) - V., con riguardo all'art. 50 dell'accordo TRIPS, sentenza 16 giugno 1998 (cit. supra, nota 30), punto 35.
(34) - Secondo costante giurisprudenza della Corte, una disposizione di un accordo stipulato dalla Comunità con paesi terzi va considerata direttamente efficace qualora, tenuto conto del suo tenore letterale nonché dello scopo e della natura dell'accordo, implichi un obbligo chiaro e preciso la cui esecuzione ed i cui effetti non siano subordinati all'adozione di alcun atto ulteriore (v., ex multis, sentenze 30 settembre 1987, causa 12/86, Demirel, Racc. pag. 3719, punto 14; 31 gennaio 1991, causa C-18/90, Kziber, Racc. pag. I-199, punto 15; 16 giugno 1998, causa C-162/96, Racke, Racc. pag. I-3655, punto 31, e 4 maggio 1999, causa C-262/96, Sürül, non ancora pubblicata in Raccolta, punto 60). Ora, l'art. 9 dell'accordo TRIPS prescrive ai membri dell'OMC - in termini chiari, precisi e tassativi - di dare applicazione, nei rispettivi ordinamenti, alle disposizioni sostanziali della convenzione, contenute nei suoi artt. 1-21 e nell'allegato. Tale norma detta così un obbligo di risultato preciso e, per sua stessa natura, può esser fatta valere da un amministrato dinanzi all'autorità giudiziaria nazionale, senza che risulti necessaria a tal fine l'adozione di misure di applicazione integrative. E' appena il caso di rilevare come la questione dell'invocabilità dinanzi al giudice nazionale dell'art. 11 bis della convenzione non si ponga neanche nel caso di specie, dato che la pretesa della ricorrente è fondata sulle pertinenti disposizioni della legge spagnola. Il richiamato art. 11 bis viene invocato come semplice parametro comunitario per l'interpretazione della nozione di comunicazione al pubblico contenuta nella norma interna, non in vista della protezione immediata di asseriti diritti scaturenti per i singoli direttamente dalla convenzione.
(35) - Ricordo che sulla questione dell'effetto diretto delle disposizioni dell'accordo OMC si sono espressi, in termini difformi, gli avvocati generali Cosmas e Tesauro. Secondo il primo, le disposizioni di detto accordo - in particolare quelle che riguardano la possibilità di introdurre eccezioni e i provvedimenti che possono essere adottati nel caso in cui si manifestino difficoltà eccezionali, nonché quelle relative alla composizione delle controversie che insorgono tra le parti contraenti - continuano ad essere caratterizzate da un'ampia flessibilità, che non consente di riconoscere loro effetto diretto (v. conclusioni presentate il 10 dicembre 1996, causa C-183/95, Affish, Racc. 1997, pag. I-4317, paragrafo 119). Nella più recente causa Hermès, l'avvocato generale Tesauro ha, invece, affermato che i mutamenti intervenuti nel sistema OMC rispetto al sistema istituito dall'Accordo generale sulle tariffe doganali ed il commercio (GATT) - in particolare quelli intervenuti nel taglio e nella portata della disciplina (inversione del rapporto tra regole ed eccezioni), nonché nella natura e nell'efficacia del meccanismo di soluzione delle controversie (nel senso della vincolatività dei suoi esiti) - appaiono tali da giustificare un orientamento interpretativo che, diversamente da quanto avvenuto per l'accordo GATT, riconosca l'effetto diretto dell'accordo OMC e dell'accordo TRIPS. Ciò, tenuto conto anche del fatto che la Corte ha da tempo ammesso l'effetto diretto di altri accordi conclusi dalla Comunità, che pure presentano caratteristiche sostanzialmente analoghe, quanto a flessibilità e spirito negoziale nella soluzione delle controversie, a quelle dell'OMC (v. conclusioni presentate il 13 novembre 1997, citate supra, nota 9, paragrafi 26-30).
(36) - V. S. Ricketson, The Berne Convention for the Protection of Literary and Artistic Works: 1886-1986, Londra, 1987, pag. 140.
(37) - V. Boytha (op. cit. supra, nota 14), pag. 44; traduzione libera.
(38) - V. Masouyé (op. cit. supra, nota 15), pagg. 79 e 80; traduzione libera.
(39) - V. id.; traduzione libera.
(40) - Come osserva Erdozain López (op. cit., nota 18, pag. 210), l'opposta interpretazione equivarrebbe alla conclusione che il disposto sub 3º della norma citata nel testo è superfluo, dato che nel caso della comunicazione pubblica per altoparlante e strumenti assimilati per definizione interviene un ente diverso da quello d'origine.
(41) - Non credo, invece, che abbia carattere decisivo, al fine di escludere l'applicabilità alla specie del disposto sub 2_ dell'art. 11, n. 1, della convenzione, la circostanza che l'odierna convenuta non sia titolare di una concessione amministrativa di radiodiffusione né eserciti un'impresa di cablodistribuzione. Tale requisito non è, infatti, previsto dalla convenzione, che si limita a richiedere l'esecuzione della comunicazione pubblica dell'opera protetta da parte di un qualsiasi organismo terzo che si interponga fra l'emittente radiotelevisiva d'origine ed il pubblico. V. Hoge Raad olandese, sentenza 24 dicembre 1993, Centraal Antennesysteem Pastor Schelstraeteweg/Vereniging BUMA (Eur. Comm. Cases, 1995, pag. 537, e Revue internationale du droit d'auteur, 1994, n. 162, pag. 404), secondo cui un'associazione di proprietari o locatari che gestisce un'installazione di ricezione via etere e distribuzione via cavo di programmi radiotelevisivi agli abbonati rientra nell'ambito di applicazione ratione personae dell'art. 11, n. 1, sub 2_, della convenzione, quali che siano la dimensione della rete cablata all'uopo utilizzata nonché la natura, l'obiettivo e la struttura organizzativa dell'ente di gestione.
(42) - Come osserva Erdozain López (op. cit., nota 18, pag. 419, nota 185), appare, invece, sostenibile la qualificazione di luogo aperto al pubblico in senso ampio, qualora si interpreti la possibilità di accesso alla camera d'albergo da parte del pubblico non in termini concreti (con riguardo all'ipotesi in cui una persona abbia già preso in locazione l'abitazione e si trovi al suo interno), ma in astratto, cioè come la possibilità offerta a qualsiasi interessato, in qualsiasi momento, di occupare la camera in questione, escludendo da essa chiunque altro.
(43) - Tale ultimo criterio è stato di recente accolto (assieme ad altri) dall'Oberster Gerichtshof austriaco (v. sentenza 16 giugno 1998, n. 146, GACM/Franz Stoisser Gesellschaft & Co.) per distinguere la distribuzione via televisore negli spazi comuni di un hotel da quella nelle singole stanze e limitare alla prima la qualifica di comunicazione al pubblico.
(44) - V. Cour d'Appel de Paris, sentenza 20 settembre 1995, Cable News Network/Novotel (Revue internationale du droit d'auteur, 1996, n. 167, pag. 277, e Eur. Comm. Cases, 1996, pag. 370); nonché Erdozain López (op. cit. supra, nota 18), pag. 155.
(45) - V. Juzgado de Primera Instancia n. 26 de Madrid, sentenza 12 novembre 1996, n. 627, EGEDA/CIGA Internacional Hotels Corporation.
(46) - V. Erdozain López (op. cit. supra, nota 18), pagg. 196 e 420.
(47) - Il criterio del fine di lucro vale a distinguere gli atti di emissione da quelli di semplice ricezione dell'opera già radiodiffusa anche secondo S. Abada (v. La transmission par satellite et la distribution par câble et le droit d'auteur, in Droit d'auteur, 1989, pag. 307, in particolare pagg. 310 e 311). Inoltre, come si evince dalla guida (v. supra, paragrafo 20), al criterio della sussistenza dello scopo di lucro va riconosciuto valore interpretativo del disposto dell'art. 11 bis, n. 1, sub 3_, dato che questo copriva, in origine, essenzialmente le comunicazioni pubbliche eseguite nei bar, nei ristoranti, nei treni e nei negozi, proprio per richiamare la clientela.
(48) - V. sentenza 16 giugno 1998 (citata supra, nota 43).
(49) - V. G. Schricker, Videovorführungen in Hotels in urheberrechtlicher Sicht, in Festschrift für Walter Oppenhoff zum 80. Geburstag, 1985, pag. 367, in particolare pagg. 370 e 375.
(50) - V. Cour de Cassation francese, sentenza 6 aprile 1994, Cable News Network/Novotel Paris-Les Halles (in Eur. Comm. Cases, 1994, pag. 530); Cour d'Appel de Paris, sentenza 20 settembre 1995 (citata supra, nota 44), e Audiencia Provincial de Barcelona, sentenza 20 maggio 1996 (citata da Erdozain López, op. cit. supra, nota 18, pag. 414, nota 169); nonché, con riguardo alla ritrasmissione simultanea di opere sonore radiodiffuse nelle camere di un ospedale mediante apparecchi di diffusione dotati di posti di ascolto interni, Bundesgerichtshof, sentenza 9 giugno 1994, GEMA/Ospedale L. di A. (Revue internationale du droit d'auteur, 1995, n. 165, pag. 302). Su un orientamento in parte diverso si fonda, poi, quella giurisprudenza che interpreta la nozione di comunicazione al pubblico in senso temporale, affermando che il requisito dell'accessibilità dell'opera radiodiffusa ad una pluralità di persone può risultare soddisfatto anche in virtù della presenza di ospiti diversi nelle camere in tempi successivi (cosiddetta accumulazione temporale; zeitliche Kumulation). Al concetto di pubblico presente dovrebbe sostituirsi, così, quello di pubblico successivo: v. M. Walter, Die Hotel-video-Systeme aus urheberrechtlicher Sicht, in Medien und Recht, 1984, Archiv 9; nonché Tribunal Supremo spagnolo, sentenza 11 marzo 1996, Hotel Blanco don Juan/SGAE (RJ, 1996, 2413), e più di recente Juzgado de Primera Instancia n. 5 de Santander, sentenza 31 luglio 1998, n. 308, EGEDA/Hotel Real. Secondo Erdozain López, la dimensione spazio-temporale della nozione di pubblico - che ha un autorevole precedente normativo nel Copyright Act statunitense del 1976, la cui sezione 101 include nella definizione di «esecuzione o esibizione pubblica di un'opera» la comunicazione al pubblico dell'opera eseguita o esibita, indipendentemente dal fatto che i membri del pubblico che possono riceverla la ricevano nello stesso luogo ovvero in luoghi distinti, e simultaneamente ovvero in tempi successivi [«(...) To perform or display a work "publicly" means - (...) (2) to transmit or otherwise communicate a performance or display of the work to a place [open to the public or at any place where a substantial number of persons outside of a normal circle of a family and its social acquaintances is gathered] or to the public, by means of any device or process, whether the members of the public capable of receiving the performance or display receive it in the same place or in separate places and at the same time or at different times. (...)»] - altro non è che uno strumento giuridico formale per accogliere l'idea di «pubblico rilevante dal punto vista economico» (v. op. cit. supra, nota 18, pag. 419).
(51) - V. Tribunal Supremo spagnolo, sentenza 19 luglio 1993, SGAE/Olmos Fernandez (RJ, 1993, 6164), concernente una fattispecie di comunicazione pubblica di opere radiodiffuse all'interno di un bar. Contra, sentenza 16 giugno 1998 (citata supra, nota 43), secondo cui la distribuzione via cavo nelle camere d'albergo costituisce un utilizzo dell'emissione primaria conforme alla sua destinazione.