61995J0124

Sentenza della Corte del 14 gennaio 1997. - The Queen, ex parte Centro-Com Srl contro HM Treasury e Bank of England. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Court of Appeal (England and Wales) - Regno Unito. - Politica estera e di sicurezza - Politica commerciale comune - Blocco di fondi - Sanzioni nei confronti delle Repubbliche di Serbia e di Montenegro. - Causa C-124/95.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-00081


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Politica commerciale comune - Misure nazionali di politica estera e di sicurezza - Restrizioni delle esportazioni - Obbligo di rispettare le norme comunitarie

(Trattato CE, art. 113)

2 Politica commerciale comune - Regime comune delle esportazioni - Sanzioni nei confronti della Serbia e del Montenegro - Divieto di esportazione nei detti Stati terzi - Eccezione a favore dei prodotti medici - Norme nazionali che limitano il pagamento di merci legittimamente esportate da altri Stati membri - Inammissibilità - Giustificazione - Pubblica sicurezza - Insussistenza

[Trattato CE, art. 113; regolamenti (CEE) del Consiglio n. 2603/69, artt. 1 e 11, e n. 1432/92]

3 Politica commerciale comune - Misure nazionali che violano la normativa comunitaria - Giustificazione con l'esistenza di accordi anteriori al Trattato CEE - Presupposti - Valutazione da parte del giudice nazionale

(Trattato CE, artt. 113 e 234)

Massima


4 Gli Stati membri sono tenuti ad esercitare le competenze da essi conservate in materia di politica estera e di sicurezza nel rispetto del diritto comunitario e, in particolare, osservando le norme emanate dalla Comunità nel campo della politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato. Essi non possono stabilire che provvedimenti nazionali aventi l'effetto di impedire o di limitare l'esportazione di taluni prodotti esulino dall'ambito della politica commerciale comune per il motivo che perseguono scopi di politica estera e di sicurezza.

5 La politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato, come attuata con il regolamento n. 1432/92, che proibisce il commercio tra la Comunità economica europea e le Repubbliche di Serbia e di Montenegro, e con il regolamento n. 2603/69, relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni, osta a che uno Stato membro A, per garantire l'efficace applicazione della risoluzione 757 (1992) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, emani provvedimenti i quali vietano che fondi serbi o montenegrini depositati nel suo territorio siano sbloccati ai fini del pagamento di merci esportate da un cittadino di uno Stato membro B da questo Stato in Serbia o in Montenegro per il motivo che lo Stato membro A consente il pagamento solo se l'esportazione avviene dal suo territorio ed è previamente autorizzata dalle sue autorità competenti ai sensi del regolamento n. 1432/92, laddove le merci di cui trattasi siano qualificate dal comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite prodotti ad uso strettamente medico e siano provviste di un'autorizzazione all'esportazione rilasciata dalle autorità competenti dello Stato membro B conformemente al regolamento n. 1432/92.

Infatti, l'art. 1 del regolamento n. 2603/69 attua il principio della libertà di esportazione a livello comunitario e quindi dev'essere interpretato nel senso che vieta non solo le restrizioni quantitative all'esportazione di merci dalla Comunità in paesi terzi, ma anche i provvedimenti degli Stati membri i cui effetti equivalgono a una restrizione quantitativa, qualora la loro applicazione possa risolversi in un divieto di esportazione. Orbene, i provvedimenti di cui trattasi, poiché pongono restrizioni al pagamento del prezzo delle merci che costituisce un elemento essenziale dell'operazione di esportazione, equivalgono a una restrizione quantitativa all'esportazione.

Inoltre, quando l'efficace applicazione delle sanzioni può essere garantita dalla procedura di autorizzazione degli altri Stati membri prevista dal regolamento n. 1432/92, non può essere giustificato il ricorso all'art. 11 del regolamento n. 2603/69, il quale autorizza l'adozione o l'applicazione, da parte degli Stati membri, di restrizioni quantitative all'esportazione giustificate, in particolare, da motivi di pubblica sicurezza.

6 Dei provvedimenti nazionali che risultano contrastare con la politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato e con i regolamenti comunitari che attuano tale politica sono giustificati con riguardo all'art. 234 del Trattato soltanto se sono necessari per consentire allo Stato membro interessato di adempiere nei confronti di paesi terzi obblighi derivanti da una convenzione stipulata prima dell'entrata in vigore del Trattato o dell'adesione di tale Stato membro.

Nell'ambito di un procedimento pregiudiziale non spetta però alla Corte, bensì al giudice nazionale accertare quali siano gli obblighi imposti da una convenzione internazionale anteriore allo Stato membro interessato e definirne i limiti in modo da stabilire in quale misura tali obblighi ostino all'applicazione delle norme di diritto comunitario di cui trattasi.

Parti


Nel procedimento C-124/95,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dalla Court of Appeal (England and Wales) nella causa dinanzi ad essa pendente tra

The Queen

ex parte: Centro-Com Srl

e

HM Treasury e Bank of England,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 113 e 234 del Trattato CE nonché del regolamento (CEE) del Consiglio 1_ giugno 1992, n. 1432, che proibisce il commercio tra la Comunità economica europea e le repubbliche di Serbia e di Montenegro (GU L 151, pag. 4),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida e J.L. Murray, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn (relatore), C. Gulmann, D.A.O. Edward, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann e H. Ragnemalm, giudici,

avvocato generale: F.G. Jacobs

cancelliere: H.A. Ruehl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Centro-Com Srl, dall'avv. R. Luzzatto, del foro di Milano;

- per il governo del Regno Unito, dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti S. Richards e R. Thompson, barristers;

- per il governo belga, dal signor J. Devadder, direttore presso il servizio giuridico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

- per il governo italiano, dal professor U. Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor I.M. Braguglia, avvocato dello Stato;

- per il governo olandese, dal signor J.G. Lammers, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor P. Gilsdorf, consigliere giuridico principale, e dalla signora C. Bury, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Centro-Com Srl, rappresentata dall'avv. Riccardo Luzzatto, del governo del Regno Unito, rappresentato dal signor John E. Collins, assistito dagli avv.ti Stephen Richards e Rhodri Thompson, del governo olandese, rappresentato dal signor Marc Fierstra, consigliere giuridico aggiunto presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dal signor Peter Gilsdorf e dalla signora Claire Bury, all'udienza del 25 giugno 1996,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 24 settembre 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 27 maggio 1994, pervenuta in cancelleria l'11 aprile 1995, la Court of Appeal (England and Wales), ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 113 e 234 dello stesso Trattato nonché del regolamento (CEE) del Consiglio 1_ giugno 1992, n. 1432, che proibisce il commercio tra la Comunità economica europea e le repubbliche di Serbia e di Montenegro (GU L 151, pag. 4; in prosieguo: il «regolamento sulle sanzioni»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un ricorso proposto dalla Centro-Com Srl (in prosieguo: la «Centro-Com»), società di diritto italiano, contro il mutamento della prassi seguita dalla Bank of England e quattro decisioni con cui questa, agendo per conto del Treasury, ha negato alla Barclays Bank di Londra l'autorizzazione a versare alla Centro-Com, prelevandole da un conto iugoslavo, le somme necessarie per pagare taluni presidi medici e diagnostici esportati dall'Italia in Montenegro.

3 Il 30 maggio 1992 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, basandosi sul capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, ha adottato la risoluzione 757 (1992), che stabilisce talune sanzioni nei confronti della Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro).

4 In base al paragrafo 4, lett. c), della risoluzione 757 (1992), tutti gli Stati devono impedire la vendita o la fornitura, da parte dei loro cittadini o a partire dal loro territorio di qualsiasi prodotto di base o merce, originario o no del loro territorio, a qualsiasi persona fisica o giuridica nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro) o a qualsiasi persona fisica o giuridica ai fini di qualsivoglia attività commerciale svolta nel, o a partire dal, territorio di detta Repubblica. Non ricadono però sotto questo divieto le forniture di prodotti ad uso strettamente medico e di generi alimentari; tali forniture devono essere notificate al comitato istituito ai sensi della risoluzione 724 (1991).

5 Del pari, secondo il paragrafo 5 della risoluzione 757 (1992), tutti gli Stati devono impedire ai loro cittadini e a qualsiasi persona presente nel loro territorio di trasferire dal loro territorio o di mettere altrimenti a disposizione di imprese commerciali e industriali o aziende di pubblica utilità fondi o altre risorse finanziarie o economiche, nonché di versare fondi a persone fisiche o giuridiche nella Repubblica federale di Iugoslavia (Serbia e Montenegro), fatta eccezione per i pagamenti relativi esclusivamente a forniture strettamente mediche o umanitarie o a forniture di generi alimentari.

6 Nella Comunità il Consiglio ha attuato la risoluzione 757 (1992) emanando il regolamento sulle sanzioni.

7 Ai sensi dell'art. 1, lett. b), di detto regolamento, dal 31 maggio 1992 è vietata l'esportazione nelle repubbliche di Serbia e di Montenegro di qualsiasi prodotto originario o proveniente dalla Comunità.

8 A tenore dell'art. 2, lett. a), dello stesso regolamento, tale divieto non si applica tuttavia «all'esportazione verso le Repubbliche di Serbia e di Montenegro di prodotti destinati a scopi strettamente medici e derrate alimentari, notificati al comitato istituito a norma della risoluzione 724 (1991) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite» (in prosieguo: il «comitato per le sanzioni»).

9 L'art. 3 dispone inoltre che «le esportazioni verso le Repubbliche di Serbia e di Montenegro di prodotti destinati a scopi strettamente medici e di derrate alimentari sono soggette ad un'autorizzazione preventiva di esportazione, da rilasciarsi dalle competenti autorità degli Stati membri».

10 Il 4 giugno 1992, in conformità dell'art. 1 dello United Nations Act 1946, il governo del Regno Unito ha emanato il Serbia and Montenegro (United Nations Sanctions) Order, il quale fa divieto a chiunque non sia munito di un'autorizzazione rilasciata dal Secretary of State di fornire o consegnare merci di qualsiasi genere a persone aventi legami con la Serbia o con il Montenegro.

11 L'art. 10 dello stesso Order stabilisce poi che, tranne che su autorizzazione del Treasury o a nome di questo, nessuno può effettuare pagamenti o cedere oro, azioni o altri valori mobiliari qualora tali pagamenti o cessioni possano servire a mettere a disposizione di persone aventi legami con la Serbia o con il Montenegro fondi o altre risorse finanziarie o economiche oppure a trasferire fondi a tali persone o a loro beneficio.

12 Con un comunicato 8 giugno 1992, la Bank of England precisava, a nome del Tesoro, che avrebbe esaminato le domande di autorizzazione ad effettuare addebiti su conti bancari serbi e montenegrini per pagamenti a fini di carità o umanitari. La sua prassi consisteva segnatamente nell'autorizzare addebiti sui conti serbi e montenegrini per il pagamento delle esportazioni, dal Regno Unito o da altri paesi, di prodotti a scopo medico e umanitario in Serbia o in Montenegro approvate dalle Nazioni Unite.

13 Dopo aver ottenuto l'approvazione del comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite e l'autorizzazione previa delle autorità italiane prescritta dall'art. 3 del regolamento sulle sanzioni, la Centro-Com esportava dall'Italia, tra il 15 ottobre 1992 e il 6 gennaio 1993, quindici partite di medicinali e di attrezzature per l'analisi del sangue destinate a due grossisti aventi sede in Montenegro.

14 Poiché le somme destinate al pagamento di tali forniture dovevano essere prelevate da un conto vincolato intrattenuto dalla Banca nazionale di Iugoslavia presso la Barclays Bank, quest'ultima chiedeva alla Bank of England, per ciascuna partita, l'autorizzazione ad addebitare il conto suddetto. Il 23 febbraio 1993 undici delle quindici domande erano state accolte dalla Bank of England e quindi la Barclays Bank aveva pagato alla Centro-Com le relative somme.

15 Dopo aver ricevuto rapporti in cui si denunciavano abusi relativi alle autorizzazioni rilasciate dal comitato per le sanzioni per le esportazioni di merci in Serbia e in Montenegro - descrizione inesatta di merci e inattendibilità dei documenti rilasciati, o apparentemente rilasciati, dal detto Comitato -, il Treasury decideva di modificare la sua prassi e di autorizzare il pagamento di merci esonerate dalle sanzioni, come i presidi medici, mediante fondi serbi o montenegrini solo nei casi in cui tali merci fossero esportate dal territorio del Regno Unito.

16 Come emerge dall'ordinanza di rinvio, uno dei motivi principali della nuova prassi risiedeva nel fatto che essa consentiva alle autorità britanniche di esercitare un efficace controllo sulle merci esportate in Serbia e in Montenegro onde accertarsi che queste corrispondessero effettivamente alla loro descrizione e che non venissero autorizzati addebiti su conti intrattenuti presso banche britanniche per pagare forniture di prodotti non destinati a scopi di natura medica o umanitaria.

17 Di conseguenza, con lettera 25 febbraio 1993, la Bank of England faceva sapere alla Barclays Bank che in avvenire non avrebbe più riservato esito positivo alle domande di autorizzazione ad addebitare su conti serbi e montenegrini intrattenuti presso banche britanniche somme destinate al pagamento di merci esportate in Serbia o in Montenegro da paesi diversi dal Regno Unito. Essa respingeva quindi, con quattro distinte decisioni, le domande della Barckays Bank ancora pendenti.

18 La Court of Appeal, alla quale è stata sottoposta la conseguente controversia, nutre dubbi sulla compatibilità del suddetto mutamento di prassi con l'art. 113 del Trattato e con il regolamento sulle sanzioni. Pertanto, essa ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se sia conforme alla politica commerciale comune della Comunità, in particolare all'art. 113 del Trattato CE e al regolamento (CEE) del Consiglio 1_ giugno 1992, n. 1432, che proibisce il commercio tra la Comunità economica europea e le repubbliche di Serbia e di Montenegro (GU L 151 del 3 giugno 1992, pag. 4), il fatto che uno Stato membro A adotti misure nazionali che vietano lo sblocco di fondi depositati nel medesimo Stato membro, ma appartenenti a persone residenti in Serbia o in Montenegro, nel caso in cui:

1. lo sblocco dei fondi sia richiesto al fine di pagare un cittadino di uno Stato membro B per le merci da lui esportate dallo stesso Stato in Serbia o in Montenegro;

2. a) le merci siano state riconosciute, nelle debite forme, come aventi finalità rigorosamente mediche dal comitato delle Nazioni Unite per le sanzioni, conformemente alla risoluzione n. 757 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

b) esse siano state esportate in base a previa autorizzazione all'esportazione rilasciata dalle competenti autorità dello Stato membro B in conformità del regolamento n. 1432/92;

3. le misure nazionali consentano lo sblocco di fondi per il pagamento di merci di tal genere esportate dallo Stato membro A qualora l'autorizzazione all'esportazione di cui al precedente punto 2, lett. b), sia stata rilasciata dalle competenti autorità dello Stato membro A; e

4. lo Stato membro A abbia deciso che l'adozione di misure nazionali di tal genere è necessaria od opportuna per far sì che la risoluzione n. 757 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite trovi effettiva applicazione.

2) Se sulla soluzione della questione 1 incidano le disposizioni dell'art. 234 del Trattato CE».

Sulla prima questione

19 Con la prima questione il giudice di rinvio chiede in sostanza se la politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato CE, come attuata con il regolamento sulle sanzioni, osti a che uno Stato membro A, per garantire l'efficace applicazione della risoluzione 757 (1992) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, emani provvedimenti i quali vietano che fondi serbi o montenegrini depositati nel suo territorio siano sbloccati ai fini del pagamento di merci esportate da un cittadino di uno Stato membro B da questo Stato in Serbia o in Montenegro, per il motivo che lo Stato membro A consente il pagamento solo se l'esportazione avviene dal suo territorio ed è previamente autorizzata dalle sue autorità competenti ai sensi del regolamento sulle sanzioni, laddove le merci interessate siano qualificate dal Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite prodotti ad uso strettamente medico e siano provviste di un'autorizzazione all'esportazione rilasciata dalle autorità competenti dello Stato membro B conformemente al regolamento sulle sanzioni.

20 Con tale questione il giudice di rinvio solleva due problemi relativi all'interpretazione delle norme vigenti in materia di politica commerciale comune.

21 Il primo problema concerne il rapporto tra le misure di politica estera e di sicurezza, come le misure che mirano a garantire l'efficace applicazione della risoluzione 757 (1992), e la politica commerciale comune.

22 Il secondo problema attiene alla portata della politica commerciale comune e degli atti pertinenti emanati in base all'art. 113 del Trattato.

Il rapporto tra le misure di politica estera e di sicurezza e la politica commerciale comune

23 Il governo del Regno Unito sostiene che i provvedimenti nazionali controversi nella causa principale sono stati emanati in forza della sua competenza nazionale in materia di politica estera e di sicurezza, in cui si iscrivono i suoi obblighi derivanti dalla Carta e dalle risoluzioni delle Nazioni Unite. La validità dei detti provvedimenti non sarebbe scalfita dalla competenza esclusiva della Comunità in materia di politica commerciale comune né dal regolamento sulle sanzioni, che, dal canto suo, costituirebbe soltanto l'esplicazione, a livello comunitario, della competenza nazionale nel campo della politica estera e di sicurezza.

24 A questo proposito va rilevato che gli Stati membri hanno conservato le loro competenze nel campo della politica estera e di sicurezza. All'epoca dei fatti della causa principale la loro reciproca collaborazione in materia era disciplinata segnatamente dalle disposizioni del titolo III dell'Atto unico europeo.

25 Si deve ricordare, però, che gli Stati membri sono tenuti ad esercitare le competenze da essi conservate nel rispetto del diritto comunitario (v. sentenze 10 dicembre 1969, cause riunite 6/69 e 11/69, Commissione/Francia, Racc. pag. 523, punto 17; 7 giugno 1988, causa 57/86, Grecia/Commissione, Racc. pag. 2855, punto 9; 21 giugno 1988, causa 127/87, Commissione/Grecia, Racc. pag. 3333, punto 7, e 25 luglio 1991, causa C-221/89, Factortame e a., Racc. pag. I-3905, punto 14).

26 Del pari, essi non possono stabilire che provvedimenti nazionali aventi l'effetto di impedire o di limitare l'esportazione di taluni prodotti esulino dall'ambito della politica commerciale comune per il motivo che perseguono scopi di politica estera e di sicurezza (v. sentenza 17 ottobre 1995, causa C-70/94, Werner, Racc. pag. I-3189, punto 10).

27 Di conseguenza, anche se spetta agli Stati membri adottare, nell'esercizio della loro competenza nazionale, misure di politica estera e di sicurezza, tali misure devono rispettare le norme emanate dalla Comunità nel campo della politica commerciale comune contemplata dall'art. 113 del Trattato.

28 Proprio nell'esercizio della loro competenza nazionale in materia di politica estera e di sicurezza gli Stati membri si sono espressamente pronunciati a favore dell'adozione di una misura comunitaria, che si è concretata nel regolamento sulle sanzioni, basato sull'art. 113 del Trattato.

29 Infatti, come emerge dai suoi `considerando', il regolamento sulle sanzioni fa seguito ad una decisione della Comunità e dei suoi Stati membri, che è stata presa nell'ambito della cooperazione politica e che manifestava la volontà di emanare un atto comunitario per attuare nella Comunità taluni aspetti delle sanzioni adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei confronti delle repubbliche di Serbia e di Montenegro.

30 Risulta da quanto precede che, anche se nell'esercizio della competenza nazionale in materia di politica estera e di sicurezza sono stati emanati taluni provvedimenti, come quelli di cui si discute nella causa principale, essi devono rispettare le norme comunitarie che rientrano nella politica commerciale comune.

La portata della politica commerciale comune e degli atti pertinenti emanati in base all'art. 113 del Trattato

31 Il governo del Regno Unito considera che, in ogni caso, provvedimenti nazionali che, come quelli controversi nella causa principale, comportano restrizioni dello sblocco di fondi non costituiscono misure di politica commerciale e quindi esulano dalla politica commerciale comune.

32 Si deve ricordare a questo proposito che, anche se siffatti provvedimenti non costituiscono misure di politica commerciale, essi possono nondimeno contrastare con la politica commerciale comune attuata nella Comunità qualora disattendano la normativa comunitaria emanata nell'ambito di tale politica.

33 Occorre pertanto accertare se dei provvedimenti come quelli contestati nella causa principale siano compatibili non solo con il regolamento sulle sanzioni, ma anche con il regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1969, n. 2603, relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni (GU L 324, pag. 25; in prosieguo: il «regolamento sulle esportazioni»).

34 Il regolamento sulle sanzioni non contiene espresse disposizioni sui pagamenti relativi ad esportazioni da esso autorizzate.

35 Tale regolamento, in quanto vieta, nell'art. 1, lett. b), le esportazioni in Serbia e in Montenegro, deroga al regolamento sulle esportazioni.

36 Tuttavia, questa deroga non si estende all'esportazione in Serbia e in Montenegro di prodotti destinati a scopi strettamente medici che soddisfano i requisiti stabiliti negli artt. 2, lett. a), e 3 del regolamento sulle sanzioni. Ne consegue che l'esportazione di tali prodotti resta soggetta al regime comune previsto dal regolamento sulle esportazioni.

37 Ai sensi dell'art. 1 del regolamento sulle esportazioni, «le esportazioni della Comunità economica europea verso i paesi terzi sono libere, vale a dire non soggette a restrizioni quantitative, ad eccezione di quelle applicate in conformità delle disposizioni del presente regolamento».

38 L'art. 11 dello stesso regolamento prevede una deroga del genere disponendo che, «senza pregiudizio di altre disposizioni comunitarie, il presente regolamento non è di ostacolo all'adozione od all'applicazione, da parte degli Stati membri, di restrizioni quantitative all'esportazione giustificate da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale».

39 Il governo del Regno Unito dubita, anzitutto, che le restrizioni dello sblocco di fondi depositati in una banca possano costituire restrizioni quantitative delle esportazioni in paesi terzi ai sensi dell'art. 1 del regolamento sulle esportazioni.

40 A tale proposito si deve ricordare che l'art. 1 del detto regolamento attua il principio della libertà d'esportazione a livello comunitario e quindi dovrebbe essere interpretato nel senso che si riferisce anche ai provvedimenti degli Stati membri i cui effetti equivalgono ad una restrizione quantitativa, qualora la loro applicazione possa risolversi in un divieto di esportazione (v. sentenza Werner, già citata, punto 22, e sentenza 17 ottobre 1995, causa C-83/94, Leifer e a., Racc. pag. I-3231, punto 23).

41 Orbene, i provvedimenti di uno Stato membro che subordinano lo sblocco di fondi serbi o montenegrini per il pagamento di merci legittimamente esportabili in Serbia e in Montenegro alla condizione che le merci siano esportate dal territorio del detto Stato pongono restrizioni al pagamento del prezzo delle merci che, come la fornitura dei beni, costituisce un elemento essenziale dell'operazione di esportazione.

42 Siffatti provvedimenti nazionali, che limitano la libertà di esportazione sul piano comunitario, equivalgono a una restrizione quantitativa poiché la loro applicazione osta al pagamento di somme come corrispettivo di merci spedite da altri Stati membri e quindi impedisce tali operazioni di esportazione.

43 Il governo del Regno Unito sostiene poi che l'obbligo di esportare i prodotti dal suo territorio è giustificato da motivi di pubblica sicurezza. Date le difficoltà connesse all'applicazione del regime delle autorizzazioni rilasciate dal comitato per le sanzioni, tale obbligo sarebbe necessario per garantire l'effettiva applicazione delle sanzioni stabilite dalla risoluzione 757 (1992) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, poiché consentirebbe alle autorità britanniche di verificare direttamente la natura delle merci esportate in Serbia e in Montenegro.

44 Riguardo a questo argomento occorre ricordare che la nozione di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 11 del regolamento sulle esportazioni comprende tanto la sicurezza interna degli Stati membri quanto la loro sicurezza esterna e che, di conseguenza, il rischio di perturbazioni gravi dei rapporti internazionali o della coesistenza pacifica dei popoli può minacciare la sicurezza esterna di uno Stato membro (v. citate sentenze Werner, punti 25 e 27, e Leifer e a., punti 26 e 28).

45 Pertanto, un provvedimento inteso all'applicazione delle sanzioni stabilite da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite allo scopo di pervenire a una soluzione pacifica della situazione esistente in Bosnia-Erzegovina, che costituisce una minaccia per la pace e per la sicurezza internazionali, rientra nell'eccezione prevista dall'art. 11 del regolamento sulle esportazioni.

46 Tuttavia, non è più giustificato avvalersi dell'art. 11 del regolamento sulle esportazioni quando una normativa comunitaria preveda misure necessarie per garantire la tutela degli interessi menzionati nel detto articolo (v., a proposito dell'applicazione dell'art. 36 del Trattato CEE, sentenza 10 luglio 1984, causa 72/83, Campus Oil e a., Racc. pag. 2727, punto 27).

47 Orbene, il regolamento sulle sanzioni, che mira ad attuare uniformemente nell'intera Comunità taluni aspetti delle sanzioni adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, precisa i presupposti sussistendo i quali le esportazioni di presidi medici nelle repubbliche di Serbia e di Montenegro sono consentite, vale a dire la notifica di tali operazioni al comitato per le sanzioni e il rilascio di un'autorizzazione all'esportazione da parte delle autorità competenti degli Stati membri.

48 Di conseguenza, i provvedimenti nazionali di uno Stato membro che consentano lo sblocco di fondi serbi o montenegrini a fronte dell'esportazione di merci nelle dette repubbliche soltanto se le autorità di tale Stato membro hanno previamente verificato la natura delle merci e rilasciato l'autorizzazione all'esportazione non sono giustificabili, giacché l'efficace applicazione delle sanzioni può essere garantita dalla procedura di autorizzazione attuata, conformemente al regolamento sulle sanzioni, negli altri Stati membri, in particolare nello Stato membro dal quale le merci sono esportate.

49 A questo proposito, deve regnare fra gli Stati membri una fiducia reciproca per quanto concerne i controlli effettuati dalle autorità competenti dello Stato membro dal quale le merci considerate sono spedite (v. sentenze 25 gennaio 1977, causa 46/76, Bauhuis, Racc. pag. 5, punto 22, e 23 maggio 1996, causa C-5/94, Hedley Lomas, Racc. pag. I-2553, punto 19).

50 Inoltre, niente consente di ritenere che il sistema di autorizzazioni degli Stati membri previsto dall'art. 3 del regolamento sulle sanzioni non abbia funzionato correttamente nel caso di specie.

51 Infine, si deve ricordare che, in ogni caso, l'art. 11 del regolamento sulle esportazioni, in quanto eccezione al principio della libertà di esportazione enunciato nell'art. 1 dello stesso regolamento, dev'essere interpretato in modo da non estenderne gli effetti oltre quanto è necessario per la protezione degli interessi che esso mira a tutelare (citata sentenza Leifer e a., punto 33).

52 Nella fattispecie uno Stato membro può garantire la tutela degli interessi di cui trattasi attraverso misure meno restrittive per la libertà di esportazione rispetto all'obbligo di esportare le merci dal suo territorio. Così, lo Stato membro che nutra precisi dubbi sull'esattezza della descrizione delle merci menzionate in un'autorizzazione all'esportazione rilasciata dalle competenti autorità di un altro Stato membro può, prima di autorizzare l'addebito di conti intrattenuti nel suo territorio, in particolare avvalersi della reciproca collaborazione istituita dal regolamento (CEE) del Consiglio 19 maggio 1981, n. 1468, relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione della regolamentazione doganale o agricola (GU L 144, pag. 1).

53 Alla luce delle considerazioni sopra svolte, si deve dichiarare che la politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato, come attuata con il regolamento sulle sanzioni e con il regolamento sulle esportazioni, osta a che uno Stato membro A, per garantire l'efficace applicazione della risoluzione 757 (1992) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, emani provvedimenti i quali vietano che fondi serbi o montenegrini depositati nel suo territorio siano sbloccati ai fini del pagamento di merci esportate da un cittadino di uno Stato membro B da questo Stato in Serbia o in Montenegro per il motivo che lo Stato membro A consente il pagamento solo se l'esportazione avviene dal suo territorio ed è previamente autorizzata dalle sue autorità competenti ai sensi del regolamento sulle sanzioni, laddove le merci di cui trattasi siano qualificate dal comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite prodotti ad uso strettamente medico e siano provviste di un'autorizzazione all'esportazione rilasciata dalle autorità competenti dello Stato membro B conformemente al regolamento sulle sanzioni.

Sulla seconda questione

54 Con la seconda questione il giudice nazionale chiede in sostanza se dei provvedimenti nazionali che risultano contrastare con la politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato e con i regolamenti comunitari che attuano tale politica siano nondimeno giustificati con riguardo all'art. 234 del Trattato CEE giacché lo Stato membro interessato intendeva conformarsi, con tali provvedimenti, agli obblighi derivanti da una convenzione stipulata con altri Stati membri e con paesi terzi prima dell'entrata in vigore del Trattato CEE o dell'adesione del detto Stato membro.

55 Il detto art. 234 dispone, nel primo comma, che le norme del Trattato non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti da convenzioni concluse prima dell'entrata in vigore del Trattato stesso fra uno o più Stati membri, da una parte, e uno o più Stati terzi, dall'altra.

56 Secondo una costante giurisprudenza, tale disposizione è diretta a precisare, conformemente ai principi di diritto internazionale, che l'applicazione del Trattato non pregiudica l'impegno dello Stato membro interessato di rispettare i diritti degli Stati terzi derivanti da una convenzione anteriore e di adempiere gli obblighi corrispondenti (sentenza 28 marzo 1995, causa C-324/93, Evans Medical e Macfarlan Smith, Racc. pag. I-563, punto 27).

57 Conseguentemente, per stabilire se una norma comunitaria possa essere resa inoperante da una convenzione internazionale anteriore, è necessario esaminare se questa imponga allo Stato interessato obblighi il cui adempimento può essere ancora preteso dagli Stati terzi che sono parti contraenti della convenzione (sentenza Evans Medical e Macfarlan Smith, citata, punto 28).

58 Tuttavia, non spetta alla Corte, nell'ambito di un procedimento pregiudiziale, bensì al giudice nazionale accertare quali siano gli obblighi imposti da una convenzione internazionale anteriore allo Stato membro interessato e definirne i limiti in modo da stabilire in quale misura tali obblighi ostino all'applicazione delle norme di diritto comunitario di cui trattasi (sentenza Evans Medical e Macfarlan Smith, citata, punto 29).

59 Pertanto il giudice nazionale deve accertare se, nelle circostanze della fattispecie sottoposta al suo esame, in cui le esportazioni sono state approvate dal comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite e autorizzate dalle competenti autorità del paese esportatore, tanto il mutamento di prassi quanto le quattro decisioni che vietano lo sblocco di fondi siano necessari per consentire allo Stato membro interessato di adempiere gli obblighi ad esso incombenti in base alla Carta delle Nazioni Unite ed alla risoluzione 757 (1992) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

60 Occorre inoltre rilevare che, quando una convenzione internazionale consente a uno Stato membro di adottare un provvedimento che appare contrario al diritto comunitario, senza tuttavia obbligarlo in tal senso, lo Stato membro deve astenersi dall'adottarlo (sentenza Evans Medical e Macfarlan Smith, citata, punto 32).

61 Si deve pertanto dichiarare che dei provvedimenti nazionali che risultano contrastare con la politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato e con i regolamenti comunitari che attuano tale politica sono giustificati con riguardo all'art. 234 del Trattato soltanto se sono necessari per consentire allo Stato membro interessato di adempiere nei confronti di paesi terzi obblighi derivanti da una convenzione stipulata prima dell'entrata in vigore del Trattato o dell'adesione di tale Stato membro.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

62 Le spese sostenute dai governi del Regno Unito, belga, italiano e olandese, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Court of Appeal (England and Wales) con ordinanza 27 maggio 1994, dichiara:

1) La politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato CEE, come attuata con il regolamento (CEE) del Consiglio 1_ giugno 1992, n. 1432, che proibisce il commercio tra la Comunità economica europea e le repubbliche di Serbia e Montenegro, e con il regolamento (CEE) del Consiglio 20 dicembre 1969, n. 2603, relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni, osta a che uno Stato membro A, per garantire l'efficace applicazione della risoluzione 757 (1992) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, emani provvedimenti i quali vietano che fondi serbi o montenegrini depositati nel suo territorio siano sbloccati ai fini del pagamento di merci esportate da un cittadino di uno Stato membro B da questo Stato in Serbia o in Montenegro per il motivo che lo Stato membro A consente il pagamento solo se l'esportazione avviene dal suo territorio ed è previamente autorizzata dalle sue autorità competenti ai sensi del regolamento n. 1432/92, laddove le merci di cui trattasi siano qualificate dal comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite prodotti ad uso strettamente medico e siano provviste di un'autorizzazione all'esportazione rilasciata dalle autorità competenti dello Stato membro B conformemente al regolamento n. 1432/92.

2) Dei provvedimenti nazionali che risultano contrastare con la politica commerciale comune prevista dall'art. 113 del Trattato e con i regolamenti comunitari che attuano tale politica sono giustificati con riguardo all'art. 234 del Trattato CEE soltanto se sono necessari per consentire allo Stato membro interessato di adempiere nei confronti di paesi terzi obblighi derivanti da una convenzione stipulata prima dell'entrata in vigore del Trattato o dell'adesione di tale Stato membro.