61992J0137

SENTENZA DELLA CORTE DEL 15 GIUGNO 1994. - COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE CONTRO BASF AG, LIMBURGSE VINYL MAATSCHAPPIJ NV, DSM NV, DSM KUNSTSTOFFEN BV, HUELS AG, ELF ATOCHEM SA, SOCIETE ARTESIENNE DE VINYLE SA, WACKER CHEMIE GMBH, ENICHEM SPA, HOECHST AG, IMPERIAL CHEMICAL INDUSTRIES PLC, SHELL INTERNATIONAL CHEMICAL COMPANY LTD E MONTEDISON SPA. - RICORSO CONTRO UNA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO - CONCORRENZA - DECISIONE DELLA COMMISSIONE - INESISTENZA. - CAUSA C-137/92 P.

raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-02555
edizione speciale svedese pagina I-00201
edizione speciale finlandese pagina I-00239


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


++++

1. Procedura ° Termini ° Termine in ragione della distanza ° Applicazione alle istituzioni comunitarie ° Modalità

(Regolamento di procedura della Corte, art. 81, n. 2; allegato II, art. 1)

2. Atti delle istituzioni ° Presunzione di validità ° Atto inesistente ° Nozione

(Trattato CEE, art. 189)

3. Commissione ° Principio di collegialità ° Portata

(Trattato di fusione, art. 17)

4. Concorrenza ° Procedimento amministrativo ° Decisione con cui viene accertata un' infrazione ° Motivazione ° Obbligo che incombe al Collegio ° Modifica dopo adozione ° Illegittimità

[Trattato CEE, art. 85 e seguenti e 190; Trattato di fusione, art. 17; regolamento del Consiglio n. 17, artt. 3, n. 1, e 15, n. 2, lett. a)]

5. Concorrenza ° Procedimento amministrativo ° Decisione con cui viene accertata un' infrazione ° Adozione su delega ° Violazione del principio di collegialità ° Illegittimità

[Trattato CEE, artt. 85 e seguenti; Trattato di fusione, art. 17; regolamento del Consiglio n. 17, artt. 3, n. 1, e 15, n. 2, lett. a)]

6. Ricorso d' annullamento ° Motivi ° Violazione di forme sostanziali ° Violazione delle disposizioni del regolamento interno della Commissione relative all' autenticazione dei suoi atti nelle lingue in cui fanno fede

(Trattato CEE, art. 173; Trattato di fusione, art. 17; regolamento interno della Commissione, art. 12)

Massima


1. Se i termini processuali rispondono ad esigenze di certezza del diritto, i vari prolungamenti previsti dalla decisione della Corte sui termini relativi alla distanza mirano a tener conto delle difficoltà che le parti possono incontrare in ragione della loro maggiore o minore lontananza dalla sede della Corte di giustizia ed a porle in tal modo in condizioni di parità. La fissazione dei termini relativi alla distanza deve dunque avvenire in funzione del luogo in cui le parti hanno la loro residenza abituale ed in cui sono adottate le decisioni concernenti la loro attività.

Per quanto riguarda la Commissione, occorre constatare che, prima che la decisione adottata di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri relativa alla fissazione delle sedi delle istituzioni e di certi organismi e servizi delle Comunità europee fissasse a Bruxelles la sua sede, la stessa era già effettivamente diretta da Bruxelles, che era uno dei luoghi provvisori di lavoro delle istituzioni. Il fatto che taluni suoi servizi fossero installati a Lussemburgo e continuino ad esserlo risulta, sotto questo aspetto, irrilevante.

Di conseguenza, la Commissione deve fruire del termine relativo alla distanza previsto per le persone che hanno la loro residenza abituale in Belgio.

2. Se gli atti delle istituzioni comunitarie si presumono, in linea di principio, legittimi e producono effetti giuridici, anche se sono viziati da irregolarità, finché non siano stati annullati o revocati, in deroga a questo principio gli atti viziati da un' irregolarità la cui gravità sia così evidente da non poter essere tollerata dall' ordinamento giuridico comunitario non possono vedersi riconosciuto alcun effetto giuridico, neppure provvisorio, devono cioè essere considerati giuridicamente inesistenti. La menzionata deroga mira a salvaguardare l' equilibrio fra due esigenze fondamentali, ma talvolta confliggenti, cui deve ispirarsi un ordinamento giuridico, e precisamente la stabilità dei rapporti giuridici e il rispetto della legge.

La gravità delle conseguenze che si ricollegano all' accertamento dell' inesistenza di un atto delle istituzioni esige che, per ragioni di certezza del diritto, l' inesistenza venga constatata soltanto in casi del tutto estremi.

Ciò non avviene in un caso in cui, indipendentemente da qualsiasi vizio che infici una decisione, risulti certo che la Commissione abbia effettivamente deciso di adottarne il dispositivo ed in cui, d' altra parte, i vizi di competenza e di forma riguardanti l' iter di adozione della decisione non risultino così manifestamente gravi da far sì che la decisione stessa debba considerarsi giuridicamente inesistente.

3. Il funzionamento della Commissione è retto dal principio di collegialità, enunciato dall' art. 17 del Trattato di fusione, disposizione sostituita dall' art. 163 del Trattato CE. Tale principio si fonda sull' eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all' adozione di una decisione e, in particolare, implica, da un lato, che le decisioni siano deliberate in comune e, dall' altro, che tutti i membri del Collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate.

4. Il rispetto di tale principio, e in particolare la necessità che le decisioni siano deliberate in comune, interessa necessariamente i soggetti di diritto toccati dagli effetti giuridici che esse producono, nel senso che essi devono poter essere certi che le decisioni siano state effettivamente adottate dal Collegio e corrispondano esattamente alla sua volontà.

Ciò vale, in particolare, per gli atti espressamente qualificati come decisioni, che la Commissione deve adottare nei confronti delle imprese o delle associazioni di imprese per garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza e che hanno per oggetto di constatare una violazione delle predette norme, di emettere ingiunzioni nei confronti di tali imprese e di infliggere loro sanzioni pecuniarie.

Siffatte decisioni devono essere motivate obbligatoriamente ai sensi dell' art. 190 del Trattato CEE che esige che la Commissione esponga le ragioni che l' hanno indotta ad adottare una decisione, al fine di consentire alla Corte di esercitare il proprio controllo e di far conoscere sia agli Stati membri sia alle persone fisiche o giuridiche interessate in qual modo essa applichi il Trattato. Poiché il dispositivo e la motivazione di una decisione costituiscono un tutto inscindibile, spetta soltanto al Collegio, in forza del principio di collegialità, adottare al tempo stesso l' uno e l' altra. Ciò implica che soltanto correzioni puramente ortografiche e grammaticali possono ancora essere apportate, dai servizi della Commissione, al testo di un atto dopo la sua formale adozione da parte del Collegio, mentre qualsiasi altra modifica spetta esclusivamente a quest' ultimo.

5. Le decisioni della Commissione che constatano un' infrazione alle regole di concorrenza del Trattato non possono essere delegate al commissario responsabile della politica della concorrenza, ai sensi dell' art. 27 del regolamento interno, senza con ciò violare il principio di collegialità.

6. L' autenticazione degli atti, prevista dall' art. 12, primo comma, del regolamento interno della Commissione, mira a garantire la certezza del diritto fissando, nelle lingue che fanno fede, il testo adottato dal Collegio. Essa permette così di controllare, in caso di contestazione, la perfetta corrispondenza dei testi notificati o pubblicati con il testo adottato dal Collegio e, quindi, la loro corrispondenza con la volontà dell' autore dell' atto. Ne consegue che l' autenticazione costituisce una formalità sostanziale ai sensi dell' art. 173 del Trattato CEE e che la sua violazione può giustificare un ricorso d' annullamento.

Parti


Nel procedimento C-137/92 P,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Christian Timmermans, direttore generale aggiunto del servizio giuridico, Jean Amphoux, consigliere giuridico principale, Giuliano Marenco e Goetz zur Hausen, consiglieri giuridici, Julian Currall e Berend Jan Drijber, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Georgios Kremlis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

ricorrente,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 27 febbraio 1992 nelle cause riunite T-79/89, T-84/89, T-85/89, T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89, BASF e altri/Commissione e diretto ad ottenere l' annullamento di tale sentenza nonché il rinvio delle suddette cause al Tribunale affinché quest' ultimo si pronunci sugli altri motivi di ricorso dedotti dalle ricorrenti e non esaminati nell' impugnata sentenza,

procedimento in cui le altre parti sono:

BASF AG, avente sede a Ludwigshafen (Repubblica federale di Germania), con l' avv. F. Hermanns, del foro di Duesseldorf, con domicilio eletto in Lussemburgo nello studio degli avv.ti Loesch & Wolter, 11, rue Goethe,

Limburgse Vinyl Maatschappij NV (LVM), avente sede in Tessenderlo (Belgio), con l' avv. I.G.F. Cath, del foro dell' Aia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. L.H. Dupong, 14 A, rue des Bains,

DSM NV e DSM Kunststoffen BV, aventi sede in Heerlen (Paesi Bassi), con l' avv. I.G.F. Cath, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. L.H. Dupong, 14 A, rue des Bains,

Huels AG, avente sede in Marl (Repubblica federale di Germania), con l' avv H.J. Herrmann, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti J. Loesch & Wolter, 11, rue Goethe,

Elf Atochem SA, già Atochem SA, avente sede in Puteaux (Francia), con gli avv.ti X. de Roux e Ch.-H. Léger, del foro di Parigi, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Hoss & Elvinger, 15, Côte d' Eich,

Société artésienne de vinyle SA, avente sede in Parigi (Francia), con l' avv. B. van de Walle de Ghelcke, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti J. Loesch & Wolter, 11, rue Goethe,

Wacker Chemie GmbH, avente sede in Monaco di Baviera (Repubblica federale di Germania), con l' avv. H. Hellmann, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Loesch & Wolter, 11, rue Goethe,

Enichem SpA, avente sede in Milano (Italia), con gli avv.ti M. Siragusa, del foro di Roma, e G. Scassellati Sforzolini, del foro di Bologna, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Arendt & Medernach, 4, avenue Marie-Thérèse,

Hoechst AG, avente sede in Francoforte sul Meno (Repubblica federale di Germania), con l' avv. H. Hellmann, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Loesch & Wolter, 11, rue Goethe,

Imperial Chemical Industries plc (ICI), avente sede in Londra (Regno Unito), con i signori D.A.J. Vaughan, QC, e D.W.K. Anderson, barrister, mandatari dei signori V.O. White e R.J. Coles, solicitors, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. L.H. Dupong, 14 A, rue des Bains,

Shell International Chemical Company Ltd, avente sede in Londra (Regno Unito), con il signor K.B. Parker, QC, mandatario del signor J.W. Osborne, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. J. Hoss, 15, Côte d' Eich,

Montedison SpA, avente sede in Milano (Italia), con gli avv.ti G. Aghina e G. Celona, del foro di Milano, e P.A.M. Ferrari, del foro di Roma, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. G. Margue, 20, rue Philippe II,

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini (relatore), J.C. Moitinho de Almeida, M. Diez de Velasco e D.A.O. Edward, presidenti di sezione, C.N. Kakouris, R. Joliet, F.A. Schockweiler, G.C. Rodríguez Iglesias, F. Grévisse, M. Zuleeg, P.J.G. Kapteyn e J.L. Murray, giudici,

avvocato generale: W. Van Gerven

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

vista la relazione d' udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 17 marzo 1993, nella quale la Enichem SpA era rappresentata dall' avv. M. Siragusa e dall' avv. F. Moretti, del foro di Bologna,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 29 giugno 1993,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 29 aprile 1992, la Commissione delle Comunità europee ha impugnato, ai sensi dell' art. 49 dello Statuto CEE della Corte di giustizia, la sentenza 27 febbraio 1992, cause riunite T-79/89, T-84/89, T-85/89, T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89, BASF e a./Commissione (Racc. pag. II-315), con cui il Tribunale di primo grado ha dichiarato inesistente l' atto intitolato "Decisione della Commissione del 21 dicembre 1988, 89/190/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell' art. 85 del Trattato CEE (IV-31.865, PVC)", notificato alle ricorrenti e pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 74 del 17 marzo 1989 (pag. 1) ed ha dichiarato irricevibili i ricorsi d' annullamento proposti dinanzi ad esso contro tale atto.

Antefatti e procedimento dinanzi al Tribunale di primo grado

2 Risulta dalla sentenza del Tribunale che le resistenti all' impugnazione, imprese attive nel settore del policloruro di vinile ("PVC"), hanno chiesto l' annullamento della citata decisione 89/190, con cui la Commissione aveva accertato la loro partecipazione ad un accordo e/o ad una pratica concordata in violazione dell' art. 85 del Trattato CEE, constatando che i produttori che fornivano PVC nel territorio della Comunità avevano preso parte a riunioni periodiche intese a fissare prezzi "obiettivo" e quote "obiettivo", a programmare iniziative concordate per aumentare i livelli dei prezzi e a controllare l' esecuzione dei predetti accordi collusivi (art. 1), ed aveva inoltre ingiunto loro di porre fine alle suddette infrazioni e di astenersi in futuro dalle pratiche censurate (art. 2) nonché di pagare ammende individuali (art. 3).

3 Poiché le ricorrenti avevano messo in dubbio sotto parecchi profili la regolarità del procedimento di adozione e di notifica della decisione, il Tribunale ha proceduto ad un' istruzione approfondita chiedendo alla Commissione, in un primo tempo, di produrre il verbale della riunione del Collegio dei Commissari del 21 dicembre 1988, nonché il testo della decisione quale adottata dal Collegio in tale data.

4 Dopo che la Commissione aveva prodotto le pagine 41-43 del suddetto verbale nonché tre progetti di decisione, datati 14 dicembre 1988 e redatti rispettivamente in francese, in inglese e in tedesco, il Tribunale, al termine del dibattimento svoltosi dinanzi ad esso riguardo a tali documenti, ha ingiunto alla Commissione di produrre una copia certificata conforme dell' originale della decisione controversa, quale adottata il 21 dicembre 1988 e autenticata alle condizioni previste dal regolamento interno dell' istituzione, nelle versioni linguistiche in cui tale decisione era stata adottata.

5 La Commissione ha quindi prodotto i seguenti documenti certificati conformi all' originale dal suo Segretario generale:

° le pagine 41-43 del verbale della Commissione del 21 dicembre 1988, COM (88) PV 945;

° la prima pagina di detto verbale, recante la firma del Presidente della Commissione e del Segretario generale;

° il progetto della decisione datato 14 dicembre 1988 nelle lingue francese, inglese e tedesca;

° un documento intitolato "Modifiche da includere al punto 27-PVC, al punto 34-PEBD", che era allegato al verbale della riunione speciale dei capi di gabinetto tenutasi il 19 dicembre 1988, menzionato nel verbale della riunione della Commissione.

6 Da una dichiarazione del Segretario generale della Commissione nonché dalla lettera di trasmissione, firmata da uno degli agenti che rappresentavano l' istituzione dinanzi al Tribunale, risulta che il testo della decisione adottata il 21 dicembre 1988 va desunto dalla lettura combinata dei suddetti documenti.

7 L' esame dei documenti prodotti e le discussioni che si sono svolte al riguardo hanno consentito al Tribunale di constatare un certo numero di fatti e di trarne le seguenti conseguenze giuridiche.

Sentenza del Tribunale

La violazione del principio dell' intangibilità dell' atto adottato

8 In primo luogo il Tribunale ha accertato (punti 39-49 della sentenza):

a) che la decisione adottata in lingua tedesca presentava discordanze sia con la decisione adottata nelle lingue francese ed inglese sia con il testo tedesco della decisione poi notificato e pubblicato;

b) che nei testi notificati e pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee è stato aggiunto al punto 27 della motivazione, nelle tre versioni francese, inglese e tedesca, una frase non contenuta nei progetti di decisione adottati dal Collegio dei Commissari;

c) che, nel dispositivo stesso degli atti notificati e pubblicati, il riferimento all' appartenenza della Société artésienne de vinyle SA al gruppo dell' Entreprise chimique e minière (in prosieguo: il "gruppo EMC"), già contenuto nei progetti adottati dal Collegio il 21 dicembre 1988, è scomparso.

9 Poiché tutte queste modifiche sono state effettuate dopo il 21 dicembre 1988 da persone manifestamente estranee al Collegio dei Commissari, il Tribunale, fondandosi sulla sentenza della Corte 23 febbraio 1988, causa 131/86, Regno Unito/Consiglio (Racc. pag. 905), sentenza detta delle "galline ovaiole", ne ha dedotto la violazione del principio dell' intangibilità degli atti amministrativi. Secondo questo principio, un atto, una volta approvato dall' autorità competente, secondo la procedura prevista, non può essere sottoposto a modifiche che non siano d' ordine puramente grammaticale od ortografico, se non nel rispetto della medesima procedura. In caso contrario le modifiche devono essere considerate irregolari senza che occorra esaminarne la portata, l' importanza o il carattere sostanziale (punti 40, 42, 47 e 49).

L' incompetenza ratione materiae e ratione temporis del Commissario incaricato delle questioni di concorrenza

10 In seguito il Tribunale ha constatato che il Collegio dei Commissari aveva adottato la decisione impugnata unicamente nelle lingue francese, inglese e tedesca, affidando al Commissario allora incaricato della concorrenza, il signor Sutherland, il compito di adottare il testo della decisione nelle altre lingue ufficiali della Comunità.

11 Ora, secondo il Tribunale, quando una decisione è destinata a più persone giuridiche a cui si applicano regimi linguistici differenti e fa fede nei loro confronti, risulta dal combinato disposto dell' art. 3 del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385), e dall' art. 12, primo comma, del regolamento interno della Commissione 9 gennaio 1963 (GU 1963, n. 17, pag. 181, in prosieguo: il "regolamento interno") che spetta al Collegio dei Commissari adottarla in ciascuna delle lingue in cui essa fa fede. La prima di queste disposizioni recita infatti: "I testi diretti dalle istituzioni (...) ad uno Stato membro o ad una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro sono redatti nella lingua di tale Stato", mentre la seconda prevede che "gli atti adottati dalla Commissione, in riunione o mediante procedura scritta, devono essere autenticati, nella o nelle lingue facenti fede, dalle firme del Presidente e del Segretario esecutivo". Di conseguenza, nella fattispecie, la decisione avrebbe dovuto essere adottata dal Collegio anche nelle versioni linguistiche italiana ed olandese, poiché il signor Sutherland era manifestamente incompetente a farlo, ratione materiae (punti 54, 55 e 60).

12 Il Tribunale ritiene che la Commissione non possa validamente invocare, per dimostrare la competenza del signor Sutherland, l' art. 27 del suo regolamento interno, come emendato dalla decisione della Commissione 23 luglio 1975, 75/461/Euratom, CECA, CEE (GU L 199, pag. 43), in forza del quale "sempreché sia pienamente rispettato il principio della sua responsabilità collettiva, la Commissione può autorizzare i propri membri a prendere, a suo nome e sotto il proprio controllo, misure di gestione e amministrative chiaramente definite". Infatti, "una decisione di accertamento di una violazione dell' art. 85 del Trattato che contenga ingiunzioni nei confronti di più imprese, che infligga loro sanzioni pecuniarie rilevanti e valga come titolo esecutivo a tal fine, incide profondamente sui diritti e gli obblighi di queste ultime, nonché sul loro patrimonio. Essa non può quindi essere considerata una semplice misura amministrativa o di gestione, e di conseguenza essere adottata nella sfera di competenza di un solo Commissario, senza violare direttamente il principio di collegialità espressamente richiamato nel citato art. 27" (punto 59).

13 D' altra parte, il Tribunale ha constatato, in calce agli atti notificati, la menzione dattiloscritta "per la Commissione, Peter Sutherland, membro della Commissione" ed ha riconosciuto che, se il Commissario incaricato delle questioni di concorrenza non ha il potere di adottare da solo, nelle lingue facenti fede, una decisione a norma dell' art. 85, n. 1, del Trattato, egli ha tuttavia il potere di firmare le copie dell' atto adottato dal Collegio dei Commissari al fine di notificarle ai destinatari dell' atto (punto 61).

14 Nel caso di specie, tuttavia, risulterebbe che nessun testo pronto per la notifica e la pubblicazione è stato disponibile anteriormente ad una data compresa tra il 16 ed il 31 gennaio 1989, mentre il mandato del signor Sutherland era già scaduto il 5 gennaio 1989. Ne conseguirebbe che il signor Sutherland era incompetente ratione temporis a firmare gli atti notificati alle ricorrenti (punti 61-63).

L' inesistenza dell' atto impugnato

15 In questa fase del ragionamento, il Tribunale ha osservato (punto 65) che "tutti i vizi dell' atto sopra indicati, vale a dire le modifiche della motivazione e del dispositivo successive all' adozione dell' atto da parte del Collegio dei Commissari a termini del verbale n. 945, e l' incompetenza dell' autore dell' atto stesso, dovrebbero comportare l' annullamento della decisione impugnata per incompetenza e violazione delle forme sostanziali". Tuttavia, esso ha ritenuto che, "prima di pronunciare tale annullamento, occorra esaminare l' ultimo mezzo fatto valere dalle ricorrenti e fondato sull' inesistenza dell' atto. Infatti, se tale mezzo fosse fondato, i ricorsi dovrebbero essere dichiarati irricevibili (sentenza della Corte 10 dicembre 1957, Société des usines à tubes de la Sarre / Alta Autorità, cause 1/57 e 14/57, Racc. pag. 201)".

16 Dopo aver ricordato che "il giudice comunitario, ispirandosi a principi tratti dagli ordinamenti giuridici nazionali, dichiara inesistenti gli atti inficiati da vizi particolarmente gravi ed evidenti" e che tale mezzo, essendo di ordine pubblico, "può essere invocato dalle parti senza limiti di tempo nel corso del procedimento e va sollevato d' ufficio dal giudice" (punto 68), il Tribunale ha constatato (punto 70) che, nel caso di specie, la Commissione ha dovuto riconoscere di non poter produrre una decisione originale debitamente firmata ed autenticata, come richiesto dal suo regolamento interno, il cui art. 12 prevede, oltre l' autentica degli atti, nel suo secondo comma, che i testi degli atti "sono allegati al verbale della Commissione in cui è fatta menzione della loro adozione".

17 Secondo il Tribunale "la procedura di autentica degli atti stabilita da tale norma del regolamento interno della Commissione, il quale a sua volta trova la sua base giuridica direttamente negli artt. 15 e 16 del Trattato di fusione 8 aprile 1965, che prevedono inoltre la pubblicità di tale regolamento, costituisce un fattore essenziale di certezza del diritto e di stabilità delle situazioni di diritto nell' ordinamento giuridico comunitario. Soltanto tale procedura è tale da garantire che gli atti delle istituzioni siano stati adottati dall' autorità competente nel rispetto delle regole di forma previste dal Trattato e dagli atti emanati in applicazione di esso, e, in particolare, nel rispetto dell' obbligo di motivazione di cui all' art. 190 del Trattato. Garantendo l' intangibilità dell' atto adottato, che può essere modificato o abrogato soltanto nel rispetto di questi obblighi, essa consente ai soggetti di diritto, siano essi persone fisiche o giuridiche, Stati membri o altre istituzioni comunitarie, di conoscere con certezza e in ogni momento l' esatta portata dei loro diritti e dei loro obblighi, e i motivi per cui la Commissione ha adottato una decisione nei loro confronti" (punto 72).

18 Inoltre, "tutto questo rigoroso formalismo connesso alla formazione, all' adozione e alla autenticazione degli atti è necessario per garantire la stabilità dell' ordinamento giuridico e la certezza del diritto ai destinatari degli atti delle istituzioni comunitarie. Un tale formalismo è strettamente necessario alla conservazione di un sistema giuridico che si fonda sulla gerarchia delle norme. Esso garantisce contemporaneamente il rispetto dei principi di legalità, di certezza del diritto e di buona amministrazione (sentenze della Corte 5 dicembre 1963, Lemmerz e a. / Alta Autorità, cause riunite 53/63 e 54/63, Racc. pag. 487, e Usines Émile Henricot e a. / Alta Autorità, cause riunite 23/63, 24/63 e 52/63, Racc. pag. 439). Ogni inosservanza di queste regole avrebbe l' effetto di creare un sistema sostanzialmente precario, in cui la designazione dei soggetti cui si impongono gli atti delle istituzioni, la portata dei loro diritti ed obblighi e l' autore dell' atto potrebbero essere conosciuti solo con una relativa approssimazione tale da rimettere in discussione l' esercizio dello stesso sindacato giurisdizionale" (punto 76).

19 Infine il Tribunale ha ritenuto che "nel caso di atti che, come nella fattispecie, infliggono una sanzione pecuniaria, la nozione di atto esecutivo rivesta un particolare significato alla luce dell' art. 192 del Trattato" (punto 80) ed ha constatato che "poiché in istruttoria è stata accertata l' impossibilità di qualsiasi autenticazione dell' atto conformemente all' art. 12, primo comma, del regolamento interno della Commissione, non potrà applicarsi la procedura di controllo della verifica dell' autenticità del titolo, vale a dire dell' atto originale e autenticato di cui all' art. 192, secondo comma, del Trattato" (punto 81).

20 Il Tribunale ha così concluso che "un atto di cui il Tribunale non può né fissare con sufficiente certezza la data a decorrere dalla quale ha potuto produrre effetti giuridici e, di conseguenza, essere inserito nell' ordinamento giuridico comunitario, né, a seguito delle modifiche apportategli, conoscere con sicurezza il contenuto preciso della motivazione che deve contenere a norma dell' art. 190 del Trattato, né definire e controllare senza ambiguità la portata degli obblighi che impone ai destinatari, o l' indicazione di questi ultimi, né identificare con certezza chi fosse l' autore della sua versione definitiva, e per il quale atto è stato accertato che la procedura di autenticazione prevista dalla normativa comunitaria è stata interamente trasgredita, e che quella di cui all' art. 192, secondo comma, del Trattato non potrebbe venire applicata, non può essere qualificato come decisione ai sensi del citato art. 189 del Trattato. Un tale atto è inficiato da vizi particolarmente gravi ed evidenti, che lo rendono giuridicamente inesistente" (punto 96).

21 Il Tribunale ha perciò dichiarato inesistente l' atto impugnato e di conseguenza ha respinto i ricorsi in quanto irricevibili.

Ricorso della Commissione

22 La Commissione riconosce, in limine, che l' istruttoria del Tribunale ha rivelato nel procedimento d' adozione della decisione PVC talune debolezze, dovute precisamente alla fretta con cui la Commissione è stata obbligata ad agire a causa della scadenza imminente del suo mandato ed in particolare a causa della partenza del Commissario competente per le questioni di concorrenza. Essa ritiene tuttavia che la sentenza non rispecchi fedelmente l' importanza effettiva dei diversi punti in discussione. Inoltre, essa considera in ogni caso eccessive e sproporzionate le conseguenze che il Tribunale ne ha tratte, giungendo a dichiarare l' atto inesistente.

23 A sostegno del suo ricorso la Commissione deduce quattro mezzi.

Il primo mezzo

24 La sentenza impugnata sarebbe innanzi tutto viziata da errori di diritto e di motivazione per quanto concerne l' applicazione del principio dell' intangibilità degli atti amministrativi e, specialmente, la valutazione delle modifiche apportate alla decisione controversa.

25 Il Tribunale avrebbe, in primo luogo, commesso un errore di diritto per avere, da un lato, ritenuto inutile esaminare il carattere sostanziale delle modifiche constatate nella versione tedesca dell' atto notificato e, dall' altro, dichiarato che tali modifiche rendono illegittimo l' atto nel suo complesso e nei confronti di tutte le ricorrenti.

26 Il Tribunale avrebbe poi commesso un errore di motivazione quando ha dichiarato che il paragrafo aggiunto al punto 27 della decisione in tutte le versioni linguistiche degli atti notificati non è stato approvato dal Collegio dei Commissari e che il carattere sostanziale di questo paragrafo è incontestabile. Esso sarebbe pure incorso in un errore di diritto per aver ritenuto, da una parte, che non fosse necessario esaminare il carattere sostanziale del paragrafo in questione e, dall' altra, che l' aggiunta di tale paragrafo rendesse illegittimo l' atto nel suo complesso.

27 Il Tribunale avrebbe infine commesso un errore di motivazione quando ha dichiarato che la soppressione, nel dispositivo degli atti notificati, della menzione dell' appartenenza della Société artésienne de vinyle SA al gruppo EMC è atta a modificare la portata della decisione, nonché un errore di diritto per aver considerato che tale soppressione rende illegittimo l' atto nel suo complesso e nei confronti di tutte le ricorrenti.

Il secondo mezzo

28 In secondo luogo, la sentenza impugnata sarebbe viziata da un errore di diritto circa i requisiti posti dal Trattato per il procedimento di adozione degli atti della Commissione, perché non riconosce la competenza del Commissario signor Sutherland a fissare le versioni italiana e olandese dell' atto adottato.

29 Secondo la Commissione, il fatto di esigere che il Collegio adotti tutte le versioni linguistiche in cui un atto fa fede è espressione di un formalismo palesemente eccessivo rispetto a quanto il Trattato prescrive con riferimento al principio di collegialità. Una certa elasticità di funzionamento sarebbe indispensabile per la realizzazione dei molteplici e rilevanti compiti che le sono affidati. Questa elasticità si manifesterebbe con la possibilità di ricorrere a tre diversi tipi di procedimento, vale a dire l' adozione formale in corso di seduta, il procedimento scritto e la delega conferita al Commissario competente. La Corte avrebbe già riconosciuto, in particolare nella sentenza 23 settembre 1986, causa 5/85, AKZO Chemie/Commissione (Racc. pag. 2585), la compatibilità dell' ultimo sistema citato con il principio di collegialità e, dunque, la sua legittimità alla luce del diritto comunitario.

30 Il Tribunale avrebbe del resto trascurato la circostanza che in ogni decisione occorre distinguere l' elemento intellettuale o di principio, che sta alla base della formazione della volontà collettiva e che è di competenza del Collegio, dall' elemento formale, necessariamente posteriore, che comprende la redazione del testo della decisione, la sua traduzione, la sua sistemazione definitiva e la sua notifica o pubblicazione, che sono tutte attività puramente esecutive. Queste operazioni dovrebbero potersi compiere, senza bisogno dell' intervento del Collegio né di alcuna delega specifica espressa, sotto l' autorità del Commissario competente e non violerebbero in alcun modo i diritti e le garanzie delle persone interessate.

Il terzo mezzo

31 In terzo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto circa la portata e l' interpretazione dell' art. 12 del regolamento interno della Commissione, relativo all' autentica degli atti adottati da questa istituzione.

32 Secondo la Commissione, il Tribunale mostrerebbe ancora una volta di ispirarsi ad un formalismo eccessivo e misconoscerebbe il senso e la portata dell' autentica degli atti menzionata nel predetto articolo, il quale sarebbe d' altronde da lungo tempo caduto in desuetudine. Questa formalità, da una parte, e l' approvazione e l' autentica del verbale delle sedute, dall' altra, non sarebbero presupposti sostanziali per l' adozione e l' esistenza degli atti, poiché servirebbero soltanto a garantire la memoria della Commissione.

33 Infine, la Commissione sostiene che il Tribunale ha frainteso sia la lettera sia le finalità dell' art. 192 del Trattato CEE quando ha ritenuto che l' esistenza dell' originale di un atto sia presupposto indispensabile per la sua applicazione. Un approccio di questo genere comporterebbe infatti la necessità di produrre l' originale ogni volta che si proceda alla verifica dell' autenticità del titolo esecutivo ai sensi del predetto articolo, allorché tale verifica dovrebbe invece essere puramente formale e limitarsi al controllo della presenza e dell' autenticità dei timbri e delle firme apposti sul titolo a nome della Commissione.

Il quarto mezzo

34 In quarto luogo, la Commissione rimprovera al Tribunale di aver applicato in modo scorretto la teoria dell' inesistenza degli atti amministrativi.

35 Secondo la Commissione, gli ordinamenti giuridici della maggior parte degli Stati membri ammettono indubbiamente la possibilità di considerare un atto irregolare, inficiato da un vizio particolarmente grave, come un atto privo di qualsiasi effetto giuridico, fosse pure provvisorio, con la conseguenza che né il suo destinatario né il suo autore sono tenuti a rispettarlo, senza che vi sia neppure bisogno di un previo intervento del giudice. Anzi, la constatazione della mancanza di effetti di un simile atto potrebbe addirittura aver luogo dopo la scadenza dei termini d' impugnazione.

36 Tuttavia, considerata la gravità delle conseguenze, non sarebbe sufficiente, per poter ricorrere alla teoria dell' inesistenza, che l' irregolarità fosse particolarmente grave, ma occorrerebbe altresì che fosse manifesta, nel senso di essere immediatamente evidente per chiunque. Ciò non si verificherebbe però nel presente caso in cui il destinatario della decisione non poteva conoscere il procedimento interno di cui la decisione stessa è stata il risultato.

Sulla ricevibilità del ricorso

37 Tutte le parti resistenti in sede di impugnazione, salvo la Shell International Chemical Industries plc e la Montedison SpA, sollevano un' eccezione d' irricevibilità dell' impugnazione per superamento del termine di due mesi fissato dall' art. 49, primo comma, dello Statuto (CEE) della Corte di giustizia. Esse sostengono, a questo riguardo, che il ricorso contro la sentenza del Tribunale, che era stata notificata alla Commissione il 28 febbraio 1992, avrebbe dovuto essere presentato ai sensi dell' art. 80, n. 1, lett. b), del regolamento di procedura al più tardi il 28 aprile 1992, mentre l' atto introduttivo è stato depositato dalla Commissione presso la cancelleria della Corte solo il 29 aprile 1992.

38 Secondo le parti resistenti, la Commissione non può fruire delle disposizioni di cui alla decisione della Corte di giustizia sui termini processuali, che figura all' allegato II del regolamento di procedura della Corte. Infatti, l' art. 1 di detta decisione esclude dal prolungamento dei termini processuali in ragione della distanza le parti che abbiano la loro residenza abituale nel Granducato di Lussemburgo. Poiché il problema della sede delle istituzioni non era ancora stato risolto alla data della presentazione del ricorso, occorrerebbe considerare come residenze abituali delle istituzioni i loro "luoghi provvisori di lavoro" quali sono stati fissati nell' art. 1 della decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri relativa all' installazione provvisoria di talune istituzioni e di taluni servizi della Comunità dell' 8 aprile 1965 (GU 1967, n. 152, pag. 18), cioè Lussemburgo, Bruxelles e Strasburgo.

39 Ne conseguirebbe che, alla data della presentazione del ricorso, la Commissione aveva la propria residenza abituale anche a Lussemburgo ove essa esercita del resto una parte importante delle sue funzioni e dispone di vari servizi con un rilevante numero di dipendenti.

40 Si deve osservare, a questo proposito, che i termini processuali rispondono ad esigenze di certezza del diritto, mentre i vari prolungamenti previsti dalla citata decisione sui termini relativi alla distanza mirano a tener conto delle difficoltà che le parti possono incontrare in ragione della loro maggiore o minore lontananza dalla sede della Corte di giustizia ed a porle in tal modo in condizioni di parità. La fissazione dei termini relativi alla distanza deve dunque avvenire in funzione del luogo in cui le parti hanno la loro residenza abituale ed in cui sono adottate le decisioni concernenti la loro attività.

41 Nella specie occorre constatare che, prima che la decisione adottata di comune accordo dai rappresentanti dei governi degli Stati membri relativa alla fissazione delle sedi delle istituzioni e di certi organismi e servizi delle Comunità europee (GU 1992, C 341, pag. 1) fissasse a Bruxelles la sede della Commissione, quest' ultima era già effettivamente diretta da Bruxelles, che era uno dei luoghi provvisori di lavoro delle istituzioni. Il fatto che taluni suoi servizi fossero installati a Lussemburgo e continuino ad esserlo risulta, sotto questo aspetto, irrilevante.

42 Da quanto precede, risulta che la Commissione doveva, per presentare il proprio ricorso, fruire dei due giorni supplementari previsti dalla citata decisione sui termini di distanza per le persone che hanno la loro residenza abituale in Belgio.

43 Poiché l' atto introduttivo è stato depositato il 29 aprile 1992, mentre l' ultimo giorno utile del termine globale così fissato era il giorno seguente, cioè il 30 aprile, l' eccezione di irricevibilità per inosservanza dei termini, sollevata dalle parti resistenti, deve essere respinta.

Sulla fondatezza dell' impugnazione proposta dalla Commissione

44 La lettura della sentenza impugnata mostra come il ragionamento del Tribunale si sviluppi per fasi successive sino alla dichiarazione d' inesistenza dell' atto controverso e come già in una fase intermedia vi si affermi che talune irregolarità, quali la violazione del principio dell' intangibilità dell' atto e il difetto di competenza del suo autore, basterebbero di per sé a giustificare l' annullamento della predetta decisione per incompetenza e per violazione di forme sostanziali.

45 La dichiarazione finale di inesistenza dell' atto fa seguito, per quanto la concerne, alla constatazione di un' altra irregolarità aggiunta alle precedenti e consistente nella mancata autentica dell' atto, come sarebbe stato richiesto dall' art. 12 del regolamento interno della Commissione. Considerato che le conseguenze di tale dichiarazione sono più ampie e più radicali di quelle dell' annullamento, che pure era stato preso in considerazione dal Tribunale, occorre esaminare per primo il quarto mezzo dedotto dalla Commissione, che riguarda appunto la dichiarazione di inesistenza.

46 Secondo la Commissione, il Tribunale ha commesso un errore di diritto laddove ha ricollegato una sanzione assolutamente eccezionale come la dichiarazione di inesistenza alla semplice constatazione che talune irregolarità, ritenute particolarmente gravi, viziavano la decisione controversa. Nel far ciò, esso avrebbe trascurato nel suo ragionamento l' altro requisito essenziale da cui dipende l' applicazione della teoria dell' inesistenza degli atti amministrativi, quale è stata elaborata nei diritti nazionali dei vari Stati membri, cioè l' evidenza ictu oculi di tali irregolarità, specialmente per il destinatario dell' atto.

47 Richiamandosi alla sentenza pronunciata dalla Corte il 26 febbraio 1987, causa 15/85, Consorzio Cooperative d' Abruzzo/Commissione (Racc. pag. 1005), la Commissione sottolinea che le irregolarità di cui trattasi, ammesso che le si possa ritenere tali, riguardano unicamente il processo interno di elaborazione della decisione controversa, cosicché i destinatari dell' atto non avrebbero potuto scoprirle in seguito alla semplice lettura del testo che era stato loro debitamente notificato. Le pretese irregolarità non avrebbero pertanto quel carattere d' evidenza necessario perché la decisione controversa possa essere considerata inesistente.

48 Occorre ricordare, a questo riguardo, che gli atti delle istituzioni comunitarie si presumono, in linea di principio, legittimi e producono pertanto effetti giuridici, anche se sono viziati da irregolarità, finché non siano stati annullati o revocati.

49 Tuttavia, in deroga a questo principio, gli atti viziati da un' irregolarità la cui gravità sia così evidente che non può essere tollerata dall' ordinamento giuridico comunitario non possono vedersi riconosciuto alcun effetto giuridico, devono cioè essere considerati giuridicamente inesistenti. La menzionata deroga mira a salvaguardare l' equilibrio fra due esigenze fondamentali, ma talvolta confliggenti, cui deve ispirarsi un ordinamento giuridico, e precisamente la stabilità dei rapporti giuridici, da un lato, e il rispetto della legge, dall' altro.

50 La gravità delle conseguenze che si ricollegano all' accertamento dell' inesistenza di un atto delle istituzioni comunitarie esige che, per ragioni di certezza del diritto, l' inesistenza venga constatata soltanto in casi del tutto estremi.

51 Nella fattispecie, il Tribunale non ha posto in dubbio, indipendentemente da qualsiasi vizio della decisione, che la Commissione, nella sua riunione del 21 dicembre 1988, abbia effettivamente deciso, come risulta dal verbale della riunione, di adottare il dispositivo riportato nel verbale stesso.

52 D' altra parte, sia considerati isolatamente sia considerati nel loro insieme, i vizi di competenza e di forma constatati dal Tribunale con riferimento all' iter di adozione dell' atto della Commissione non risultano così manifestamente gravi da far sì che la predetta decisione debba considerarsi giuridicamente inesistente.

53 Il Tribunale ha perciò commesso un errore di diritto dichiarando inesistente la decisione 89/190.

54 La sentenza impugnata di conseguenza deve essere annullata.

55 In conformità all' art. 54, primo comma, seconda frase, dello Statuto (CEE), la Corte di giustizia, ove annulli la decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta. La Corte ritiene che ciò si verifichi nel presente caso.

Sui ricorsi d' annullamento presentati al Tribunale contro la decisione della Commissione

56 Nei loro ricorsi d' annullamento le società ricorrenti hanno dedotto vari mezzi che si possono riassumere come segue: il procedimento precontenzioso era viziato sotto molti aspetti; la decisione controversa non è stata motivata o lo è stata in modo insufficiente; i diritti della difesa non sono stati rispettati; il sistema di prova utilizzato dalla Commissione è contestabile; la decisione impugnata è contraria all' art. 85 del Trattato ed ai principi generali del diritto comunitario, viola inoltre le norme in materia di prescrizione ed è, infine, viziata da sviamento di potere; le ammende inflitte sono irregolari.

57 A sostegno, in particolare, del mezzo fondato sul difetto e sull' insufficienza di motivazione dell' atto impugnato, le società ricorrenti hanno addotto, in sostanza, che la motivazione dell' atto che è stato loro notificato differiva verosimilmente in diversi punti, taluni dei quali fondamentali, da quella della decisione che il Collegio dei Commissari aveva approvato nella sua riunione del 21 dicembre 1988. La loro convinzione si fondava, tra l' altro, sul fatto che parecchio tempo era trascorso fra il momento in cui la decisione era stata adottata e quello in cui era stata notificata e che la presentazione tipografica della decisione notificata mostrava chiari segni di aggiunte o correzioni relative a passaggi fondamentali.

58 Talune ricorrenti hanno inoltre desunto dalla risposta della Commissione che la decisione non era stata adottata in due delle lingue facenti fede, l' italiano e l' olandese, poiché erano stati sottoposti al Collegio soltanto dei progetti redatti rispettivamente in francese, inglese e tedesco.

59 Così stando le cose, su istanza delle società ricorrenti e sulla base di un' offerta formulata al riguardo dalla Commissione stessa, il Tribunale, ritenendo seri e probanti gli indizi di irregolarità forniti, ha ordinato che fossero prodotti in giudizio i documenti relativi all' adozione dell' atto controverso. Esaminati i documenti prodotti dalla Commissione, le ricorrenti hanno osservato come non risultasse con certezza che la decisione fosse stata autenticata secondo le regole fissate dall' art. 12 del regolamento interno della Commissione. Il Tribunale ha allora ingiunto alla Commissione di produrre una copia autentica dell' originale dell' atto controverso, cosa che la Commissione non è stata in grado di fare. Le ricorrenti hanno perciò concluso la loro argomentazione affermando che l' art. 12 del regolamento interno della Commissione non era stato applicato.

60 Questo mezzo, sebbene sia stato dedotto, nella sua formulazione completa, soltanto in corso di causa, è tuttavia ricevibile, ai sensi dell' art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, in quanto si fonda su elementi di fatto emersi durante il procedimento.

61 Occorre quindi esaminare la fondatezza del mezzo così dedotto.

62 A questo riguardo, come la Corte ha osservato al punto 30 della citata sentenza AKZO Chemie/Commissione, si deve anzitutto ricordare che il funzionamento della Commissione è retto dal principio di collegialità, enunciato dall' art. 17 del Trattato 8 aprile 1965 che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unica delle Comunità europee (GU 1967, n. 152, pag. 2, in prosieguo: il "Trattato di fusione") ° disposizione ora sostituita dall' art. 163 del Trattato CE ° che recita: "Le deliberazioni della Commissione sono prese a maggioranza del numero dei suoi membri previsto dall' articolo 10. La Commissione può tenere una seduta valida solo se è presente il numero dei membri stabilito nel suo regolamento interno".

63 Nella stessa sentenza la Corte ha precisato (punto 30) che il principio di collegialità così stabilito si fonda sull' eguaglianza dei membri della Commissione nella partecipazione all' adozione di una decisione e, in particolare, implica, da un lato, che le decisioni siano deliberate in comune e, dall' altro, che tutti i membri del Collegio siano collettivamente responsabili, sul piano politico, del complesso delle decisioni adottate.

64 Il rispetto di tale principio, e in particolare la necessità che le decisioni siano deliberate in comune dai membri della Commissione, interessa necessariamente i soggetti di diritto toccati dagli effetti giuridici che esse producono, i quali devono poter essere certi che le decisioni sono state effettivamente adottate dal Collegio e corrispondono esattamente alla sua volontà.

65 Ciò vale, in particolare e come nel presente caso, per gli atti espressamente qualificati come decisioni, che la Commissione deve adottare in forza degli artt. 3, n. 1, e 15, n. 2, lett. a), del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, primo regolamento di applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (GU 1962, n. 13, pag. 204), nei confronti delle imprese o delle associazioni di imprese per garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza e che hanno per oggetto di constatare una violazione delle predette norme, di emettere ingiunzioni nei confronti delle imprese interessate e di infliggere loro sanzioni pecuniarie.

66 Queste decisioni devono essere motivate obbligatoriamente come previsto dall' art. 190 del Trattato CEE. Secondo una giurisprudenza consolidata, la detta norma esige che la Commissione esponga le ragioni che l' hanno indotta ad adottare una decisione, in modo da consentire alla Corte di esercitare il proprio controllo e da far conoscere sia agli Stati membri sia ai loro cittadini interessati in qual modo essa applichi il Trattato.

67 Il dispositivo di una decisione di questo tipo non può essere compreso e la sua portata non può essere misurata se non alla luce della motivazione. Poiché il dispositivo e la motivazione costituiscono pertanto un tutto inscindibile, spetta soltanto al Collegio, in forza del principio di collegialità, adottare al tempo stesso l' uno e l' altro.

68 Ciò implica, come ha statuito la Corte nella citata sentenza detta delle "galline ovaiole", che soltanto correzioni ortografiche e grammaticali possono ancora essere apportate ad un atto formalmente adottato dal Collegio, mentre qualsiasi altra modifica spetta esclusivamente a quest' ultimo.

69 Risulta da quanto sopra che non si può accogliere l' argomento della Commissione secondo cui nel processo decisionale il Collegio può limitarsi ad esprimere la volontà d' agire in un certo modo, senza dover intervenire nella redazione dell' atto che concreta tale volontà e nella sua sistemazione definitiva dal punto di vista formale.

70 E' infatti sufficiente rilevare come, visto che l' elemento intellettuale e l' elemento formale costituiscono un tutto inscindibile, la redazione dell' atto è necessaria espressione della volontà dell' autorità che lo adotta.

71 D' altra parte, si deve aggiungere che, diversamente dalle decisioni che ingiungono ad un' impresa di sottoporsi ad un accertamento, decisioni che, in quanto mezzi istruttori, possono essere considerate semplici atti di gestione (v. la citata sentenza AKZO Chemie/Commissione, punto 38), le decisioni che constatano un' infrazione all' art. 85 non potrebbero essere delegate al Commissario responsabile della politica della concorrenza, ai sensi dell' art. 27 del regolamento interno, senza con ciò violare il principio di collegialità.

72 Per quanto riguarda le norme procedurali, va osservato che l' art. 16 del Trattato di fusione (disposizione ora sostituita dall' art. 162, n. 2, del Trattato CE) dispone che la Commissione stabilisce il proprio regolamento interno allo scopo di assicurare il proprio funzionamento e quello dei propri servizi alle condizioni previste dai Trattati e provvede alla pubblicazione del regolamento.

73 Ne risulta per la Commissione l' obbligo, fra l' altro, di adottare i provvedimenti che le consentano di identificare con certezza il testo completo degli atti adottati dal Collegio.

74 A questo fine, l' art. 12, primo comma, del regolamento interno in vigore all' epoca dei fatti prevedeva che "gli atti adottati dalla Commissione, in riunione o mediante procedura scritta, sono autenticati, nella o nelle lingue in cui fanno fede, dalle firme del Presidente e del Segretario esecutivo".

75 Lungi dall' essere, come sostiene la Commissione, una semplice formalità destinata ad assicurarne la memoria, l' autenticazione degli atti, prevista dall' art. 12, primo comma, mira a garantire la certezza del diritto fissando, nelle lingue che fanno fede, il testo adottato dal Collegio. Essa permette così di controllare, in caso di contestazione, la perfetta corrispondenza dei testi notificati o pubblicati con il testo adottato dal Collegio e, quindi, la loro corrispondenza con la volontà dell' autore dell' atto.

76 Ne consegue che l' autenticazione degli atti, prevista dall' art. 12, primo comma, del regolamento interno della Commissione, è una formalità sostanziale ai sensi dell' art. 173 del Trattato CEE e che la sua violazione può giustificare un ricorso d' annullamento.

77 Nel presente caso, la Commissione ha riconosciuto essa stessa di aver violato l' art. 12, primo comma, del proprio regolamento interno, omettendo di autenticare la decisione controversa nei termini fissati da detto articolo.

78 La decisione deve perciò essere annullata per violazione di forme sostanziali, senza che occorra esaminare gli altri mezzi dedotti dalle ricorrenti.

Sulle conclusioni relative al risarcimento danni

79 La domanda di risarcimento danni presentata dalla Montedison SpA deve essere respinta, poiché questa società non l' ha corredata di alcun argomento né di alcuna valutazione quantitativa, neppure approssimativa, del danno che avrebbe subito.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

80 Ai sensi dell' art. 122 del regolamento di procedura, quando l' impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest' ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell' art. 69, n. 2, che in base all' art. 118 si applica al procedimento di impugnazione, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione è risultata soccombente e va quindi condannata a sopportare, oltre le proprie spese, la totalità delle spese sostenute, sia nel procedimento dinanzi al Tribunale sia in quello davanti alla Corte, dalle parti resistenti in sede di impugnazione.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1) La sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado il 27 febbraio 1992 nelle cause riunite T-79/89, T-84/89, T-85/89, T-86/89, T-89/89, T-91/89, T-92/89, T-94/89, T-96/89, T-98/89, T-102/89 e T-104/89 è annullata.

2) La decisione della Commissione 21 dicembre 1988, 89/190/CEE, relativa ad un procedimento d' applicazione dell' art. 85 del Trattato CEE (IV-31.865, PVC), è annullata.

3) La Commissione sopporterà le proprie spese nonché la totalità delle spese sostenute dalle parti resistenti in sede di impugnazione, sia nel procedimento dinanzi al Tribunale sia in quello dinanzi alla Corte.