SENTENZA DELLA CORTE (QUINTA SEZIONE) DEL 21 APRILE 1994. - ANNA-MARIA CAMPOGRANDE CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - DIPENDENTI - OMESSA COMUNICAZIONE DELL'INDIRIZZO ALL'AMMINISTRAZIONE COMUNITARIA - SANZIONE DISCIPLINARE - RICORSO CONTRO UNA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO. - CAUSA C-22/93 P.
raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-01375
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
++++
1. Dipendenti ° Condizioni di lavoro ° Obbligo di essere in qualsiasi momento a disposizione dell' istituzione ° Portata ° Obbligo per gli interessati di comunicare il loro indirizzo personale a richiesta dell' amministrazione ° Inadempimento ° Sanzione disciplinare
(Statuto del personale, art. 55, primo comma)
2. Privilegi e immunità delle Comunità europee ° Personale di ruolo e altri dipendenti delle Comunità ° Esonero dalle formalità anagrafiche degli stranieri ° Comunicazione da parte delle istituzioni alle autorità nazionali del paese ospite degli indirizzi personali dei dipendenti
[Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, artt. 12, lett. b), e 16; Statuto del personale, art. 23, secondo comma]
1. Non richiedendo alcuna modalità di attuazione ed essendo direttamente opponibile ai dipendenti, l' art. 55, primo comma, dello Statuto, ai sensi del quale i dipendenti in attività di servizio sono tenuti in qualsiasi momento ad essere a disposizione della loro istituzione, presuppone che l' istituzione interessata disponga delle informazioni necessarie per mettersi in contatto con i propri dipendenti presso il loro domicilio. Di conseguenza, il rifiuto di un dipendente di comunicare all' amministrazione il proprio indirizzo personale costituisce un inadempimento degli obblighi che gli incombono in forza di tale disposizione, atto a giustificare una sanzione disciplinare.
Il fatto che l' istituzione abbia chiesto tale informazione nell' ambito di un accordo stipulato fra il paese ospite e le istituzioni della Comunità in materia di informazioni concernenti il personale di queste ultime è comunque inconferente poiché l' obbligo del dipendente di comunicare il proprio indirizzo privato discende direttamente dallo Statuto.
2. Il combinato disposto degli artt. 12, lett. b), e 16, del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee non consente ad un dipendente di rifiutarsi di comunicare il suo indirizzo all' istituzione cui appartiene qualora quest' ultima si rifiuti di garantirgli che non vi sarà trascrizione nell' anagrafe della popolazione del paese ospite. Infatti, sebbene l' art. 12 disponga che i dipendenti delle Comunità non sono sottoposti alle disposizioni che limitano l' immigrazione e alle formalità di registrazione degli stranieri, dal dettato stesso dell' art. 16 del Protocollo, a norma del quale i nomi, le qualifiche e gli indirizzi dei dipendenti sono comunicati periodicamente ai governi degli Stati membri, risulta che l' istituzione ha non solo il diritto, ma altresì l' obbligo di comunicare gli indirizzi alle autorità del paese ospite.
Comunque sia, il dipendente non può in nessun caso addurre una violazione del Protocollo per sottrarsi al suo obbligo statutario di trasmettere il proprio indirizzo privato all' istituzione dalla quale dipende. Infatti, se ritiene che vi sia violazione del Protocollo, egli può esclusivamente avvalersi del procedimento ex art. 23, secondo comma, dello Statuto, il quale prevede che, ogni qualvolta sorga una questione relativa ai privilegi e immunità di cui godono i dipendenti, il dipendente interessato è tenuto a darne immediata comunicazione all' autorità che ha il potere di nomina.
Nel procedimento C-22/93 P,
Anna Maria Campogrande, dipendente della Commissione delle Comunità europee, rappresentata dall' avv. Alain H. Pilette, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. Marc Loesch, 8, rue Zithe,
ricorrente,
avente ad oggetto il ricorso diretto all' annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Terza Sezione) il 19 novembre 1992 nella causa T-80/91, Campogrande/Commissione,
procedimento in cui l' altra parte è:
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Joseph Griesmar, consigliere giuridico, e dalla signorina Ana Maria Alves Vieira, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dall' avv. Denis Waelbroeck, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Georgios Kremlis, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, D.A.O. Edward (relatore), R. Joliet, G.C. Rodríguez Iglesias e M. Zuleeg, giudici,
avvocato generale: G. Tesauro
cancelliere: J.-G. Giraud
vista la relazione del giudice relatore,
sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 20 gennaio 1994,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 21 gennaio 1993, la signora Anna Maria Campogrande, in forza dell' art. 49 dello Statuto CEE e delle corrispondenti disposizioni degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia, ha presentato un ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado 19 novembre 1992, causa T-80/91, Campogrande/Commissione (Racc. pag. II-2549), che respinge il ricorso da lei proposto avverso la Commissione per ottenere l' annullamento della sanzione di biasimo inflittale da quest' ultima in data 13 febbraio 1991.
2 Dalla sentenza impugnata emerge che i fatti all' origine della controversia sono i seguenti.
3 In seguito ad una condanna in contumacia nell' ambito di una causa civile, la Campogrande constatava, nel giugno 1989, che il suo nome e quello del marito figuravano nel registro del comune di Ixelles a un indirizzo che non era più il suo dal 1981. Tale iscrizione era dovuta al fatto che, a norma dell' Accordo concluso il 3 aprile 1987 fra le istituzioni delle Comunità europee stabilite in Belgio ed il governo belga in fatto di informazioni riguardanti i dipendenti delle stesse istituzioni (in prosieguo: l' "Accordo"), la Commissione aveva trasmesso l' indirizzo della Campogrande alle autorità belghe, le quali avevano informato il comune interessato (punto 6).
4 L' art. 1 dell' Accordo stabilisce che "le istituzioni notificheranno al ministro degli Affari esteri, del Commercio con l' estero e della Cooperazione allo sviluppo, due volte all' anno, le informazioni qui sotto indicate a proposito dei loro dipendenti" cioè, in particolare, nome, cognome e luogo di residenza. L' art. 4 dell' Accordo prevede inoltre che "il ministro degli Affari esteri, del Commercio con l' estero e della Cooperazione allo sviluppo informerà i comuni interessati dello stabilirsi nel loro territorio dei dipendenti delle istituzioni (...)".
5 L' Accordo e gli impegni che ne derivano costituivano oggetto di una pubblicazione distribuita a tutto il personale della Commissione nelle "Informations administratives" nn. 1/87 del 9 aprile 1987, 4/88 del 10 febbraio 1988 e 22 bis del 13 luglio 1988. Il 9 dicembre 1987, l' amministrazione della Commissione invitava i dipendenti di questa istituzione stabiliti in Belgio a compilare un questionario inteso all' aggiornamento dei loro dati personali, affinché questi potessero essere trasmessi alle autorità belghe ai sensi dell' Accordo. La signora Campogrande non compilava tale questionario (punto 5).
6 Il 6 settembre 1989, la signora Campogrande proponeva un reclamo con cui contestava il diritto della Commissione di trasmettere il suo nome e indirizzo alle autorità belghe e le chiedeva di denunciare l' Accordo. In occasione dell' istruzione del reclamo, la Commissione accertava che la Campogrande, dalla data del suo trasloco nel comune di Ixelles, avvenuto il 22 gennaio 1979, non aveva mai segnalato il suo cambiamento di indirizzo all' amministrazione comunitaria (punto 7).
7 Con decisione 11 aprile 1990, la Commissione rigettava espressamente il reclamo adducendo che l' Accordo era giuridicamente fondato sul Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee (in prosieguo: il "Protocollo"). In particolare, la Commissione chiariva all' interessata che l' Accordo non faceva altro che istituire un sistema di comunicazione alle autorità belghe delle informazioni di cui all' art. 16 del Protocollo, il quale prevede, al secondo comma, che "i nomi, le qualifiche e gli indirizzi dei funzionari e altri agenti (...) sono comunicati periodicamente ai governi degli Stati membri". Infine, la Commissione ricordava alla Campogrande gli obblighi impostile dall' art. 55 dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo "Statuto"), secondo il quale "i funzionari in attività di servizio sono tenuti in qualsiasi momento ad essere a disposizione della loro istituzione". Tale disposizione imporrebbe ai dipendenti l' obbligo, in particolare, di trasmettere il proprio indirizzo all' amministrazione. La Campogrande non proponeva ricorso contro il rigetto espresso del reclamo (punto 7).
8 Successivamente, il direttore del personale chiedeva più volte alla Campogrande di comunicare il suo indirizzo privato all' amministrazione comunitaria, se non voleva incorrere in un procedimento disciplinare. Di fronte al suo ripetuto rifiuto di fornire dette informazioni, a carico della signora Campogrande veniva promosso un procedimento disciplinare. Il 13 febbraio 1991, le veniva inflitta la sanzione del biasimo di cui all' art. 86, n. 2, lett. b), dello Statuto (punto 8).
9 Con lettera 15 aprile 1991, la signora Campogrande proponeva un reclamo contro la detta sanzione. La Commissione opponeva al reclamo un silenzio-rifiuto che veniva confermato, il 30 ottobre 1991, da una decisione espressa di rifiuto, notificata alla ricorrente l' 11 novembre seguente (punto 9).
10 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 15 novembre 1991, la signora Campogrande proponeva un ricorso diretto all' annullamento della decisione implicita di rigetto opposta dalla convenuta al suo reclamo 15 aprile 1991.
11 A sostegno del ricorso, la signora Campogrande deduceva sei mezzi. Durante la fase orale del procedimento, la stessa decideva di rinunciare a tre di essi. Con gli altri tre mezzi, la ricorrente affermava, in primo luogo, che la decisione controversa era basata su un errore di fatto, in secondo luogo, che la sanzione disciplinare inflittale era priva di fondamento giuridico poiché l' art. 55 dello Statuto non prescrive che i dipendenti comunichino il loro indirizzo privato e, infine, che essa sarebbe stata disposta a trasmettere il suo indirizzo privato alla Commissione a condizione che questa garantisse che tale informazione non sarebbe stata trascritta nei registri della popolazione del Regno del Belgio. Tale trascrizione avrebbe, infatti, trasgredito l' art. 12, lett. b), del Protocollo, ai sensi del quale i dipendenti ed i loro familiari non sono sottoposti alle disposizioni che limitano l' immigrazione ed alle formalità di registrazione degli stranieri.
12 Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha anzitutto respinto il mezzo relativo ad un errore di fatto. Questa parte della sentenza non è stata impugnata.
13 Il Tribunale ha poi respinto il mezzo relativo alla mancanza di fondamento giuridico della sanzione disciplinare. Il Tribunale ha dichiarato, a tale riguardo, che l' art. 55, primo comma, dello Statuto è direttamente opponibile ai dipendenti, nei confronti dei quali esso pone un obbligo sufficientemente preciso. Il Tribunale ha considerato inoltre che l' attuazione effettiva di tale disposizione presuppone che l' autorità amministrativa disponga d' informazioni atte a consentirle, in qualsiasi momento, di entrare in contatto con i propri dipendenti al loro indirizzo personale e che, di conseguenza, la signora Campogrande, rifiutandosi di comunicare il proprio indirizzo, aveva trasgredito lo Statuto.
14 Il Tribunale ha infine respinto il mezzo relativo all' incompatibilità tra l' Accordo ed il Protocollo. Nell' ambito dell' esame di questo mezzo, il Tribunale ha ritenuto, in primo luogo, che non sussista alcun contrasto tra i due atti per quanto riguarda le informazioni che la Commissione deve comunicare agli Stati membri, poiché le disposizioni dell' art. 1 dell' Accordo e quelle dell' art. 16, secondo comma, del Protocollo contemplano la comunicazione alle autorità belghe, da parte della Commissione, dell' indirizzo privato dei dipendenti delle Comunità europee. Il Tribunale ha ritenuto, in secondo luogo, che il Protocollo non priva gli Stati membri della possibilità di essere in grado di conoscere, in qualsiasi momento, i movimenti di popolazione che riguardano il loro territorio e che, a tal fine, spetta ad essi determinare quali siano le autorità incaricate di un siffatto compito di diritto pubblico. In terzo luogo, il Tribunale ha dichiarato che gli spetta soltanto accertare che la sanzione disciplinare tragga un adeguato fondamento giuridico dallo Statuto e che la Commissione, esigendo la comunicazione dell' indirizzo privato della ricorrente, non ha trasgredito né il Protocollo, né lo Statuto. Non è, invece, di sua competenza valutare la validità dell' interpretazione fatta dalle autorità belghe delle clausole dell' Accordo. Di conseguenza, l' argomento della ricorrente secondo il quale tale interpretazione costituiva una violazione delle disposizioni dell' Accordo doveva essere disatteso.
15 Il Tribunale ha concluso che, stando così le cose, il ricorso della signora Campogrande doveva essere respinto.
16 Col presente ricorso, la signora Campogrande chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale in quanto pronunciata in spregio del diritto comunitario e, pronunciandosi sul ricorso in primo grado, dichiararlo fondato ed accogliere le conclusioni presentate in quella sede.
17 A sostegno del suo ricorso, la signora Campogrande invoca due mezzi.
Sul primo mezzo, relativo alla mancanza di fondamento giuridico della sanzione disciplinare
18 Con il primo mezzo, la Campogrande prospetta che, al punto 26 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe indebitamente ampliato le condizioni alle quali lo Statuto subordina l' irrogazione di una sanzione disciplinare, ritenendo che la comunicazione al personale 9 dicembre 1987, con la quale i dipendenti venivano invitati a trasmettere il proprio indirizzo alla Commissione, tragga adeguato fondamento giuridico dall' art. 55 dello Statuto. Essa osserva, inoltre, che secondo il Tribunale la comunicazione era volta a consentire all' autorità amministrativa di mettersi in contatto con i dipendenti al loro indirizzo privato, mentre la Commissione stessa aveva giustificato tale comunicazione sostenendo che era intesa ad evitare ai dipendenti le varie difficoltà provocate dalla totale mancanza d' iscrizione anagrafica.
19 Per statuire sulla fondatezza di questo mezzo, è sufficiente ricordare il dettato dell' art. 55, primo comma, dello Statuto, che così recita: "I funzionari in attività di servizio sono tenuti in qualsiasi momento ad essere a disposizione della loro istituzione".
20 Tale disposizione, non richiedendo alcuna modalità di attuazione ed essendo direttamente opponibile ai dipendenti, presuppone che l' istituzione interessata disponga delle informazioni necessarie per mettersi in contatto con i propri dipendenti presso il loro domicilio. Di conseguenza, essendosi rifiutata di comunicare il proprio indirizzo privato all' istituzione, la signora Campogrande è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale disposizione.
21 Va, peraltro, considerata inesatta l' affermazione della Campogrande secondo la quale il Tribunale avrebbe dichiarato che la comunicazione 9 dicembre 1987 aveva lo scopo di consentire all' amministrazione di porsi in contatto con i suoi dipendenti al loro indirizzo privato, mentre la Commissione stessa aveva giustificato tale comunicazione sostenendo che era intesa ad evitare ai dipendenti le varie difficoltà provocate dalla totale mancanza d' iscrizione anagrafica. Non risulta, infatti, dalla sentenza impugnata che il Tribunale abbia dichiarato che la comunicazione 9 dicembre 1987 avesse tale scopo e, d' altro canto, emerge dal testo della detta comunicazione che l' Accordo e non la comunicazione era volto ad evitare le difficoltà indicate. In ogni caso, è inconferente che la Commissione abbia chiesto tale informazione nel contesto dell' applicazione dell' Accordo, poiché l' obbligo del dipendente di comunicare il proprio indirizzo privato discende direttamente dall' art. 55 dello Statuto.
22 Stando così le cose, il Tribunale ha fondatamente statuito che il comportamento della signora Campogrande costituisce inadempimento degli obblighi che le incombono in forza dell' art. 55 dello Statuto. Il primo mezzo dev' essere, pertanto, disatteso.
Sul secondo mezzo, relativo all' incompatibilità tra l' Accordo ed il Protocollo
23 Con il secondo mezzo, la signora Campogrande, pur riconoscendo che l' Accordo non contiene stricto sensu nessuna disposizione in contrasto con il Protocollo, fa valere che la Commissione avrebbe interpretato ed applicato l' Accordo in senso incompatibile con il Protocollo e che essa poteva pertanto legittimamente rifiutarsi di trasmetterle il suo indirizzo.
24 Infatti, come ha chiarito la Campogrande, il ministro belga dell' Interno e della Funzione pubblica ha precisato ben due volte che i dipendenti delle istituzioni comunitarie "costituiscono oggetto di menzione nei registri della popolazione del comune in cui risiedono" e che detta menzione "avrà gli stessi effetti dell' iscrizione" ovvero che essa "corrisponde all' iscrizione nei registri della popolazione". La Commissione avrebbe accolto questa interpretazione, accettando che le informazioni comunicate alle autorità belghe vengano menzionate nei registri della popolazione, menzione che equivale ad un' iscrizione. Ebbene, a parere dell' interessata, questa interpretazione trasgredisce l' art. 12, lett. b), del Protocollo, a norma del quale i dipendenti delle Comunità non sono sottoposti "alle disposizioni che limitano l' immigrazione e alle formalità di registrazione degli stranieri".
25 La Campogrande conclude quindi che la Commissione sarebbe venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell' art. 12 del Protocollo e che era legittimo il rifiuto di comunicare il proprio indirizzo all' amministrazione in quanto detta istituzione non le aveva garantito che non sarebbe stata iscritta nell' anagrafe del Regno del Belgio. La Campogrande ritiene pertanto che, limitandosi ad un' interpretazione strettamente letterale dell' Accordo, nonostante l' interpretazione che ne aveva dato la Commissione, il Tribunale sia venuto meno al suo dovere di sindacare la legittimità della decisione impugnata (v., in particolare, punto 43 della sentenza impugnata).
26 Per quel che riguarda questo mezzo, è sufficiente ricordare che l' art. 16, secondo comma, del Protocollo stabilisce che "i nomi, le qualifiche e gli indirizzi dei funzionari (...) sono comunicati periodicamente ai governi degli Stati membri".
27 Emerge dal dettato stesso di tale disposizione che la Commissione aveva non soltanto il diritto, ma altresì l' obbligo di comunicare l' indirizzo privato della signora Campogrande alle autorità belghe.
28 In ogni caso, il dipendente non può comunque invocare una presunta violazione del Protocollo per sottrarsi al suo obbligo statutario di trasmettere il proprio indirizzo all' amministrazione dalla quale dipende. Infatti, se ritiene che vi sia violazione del Protocollo, egli può esclusivamente avvalersi del procedimento ex art. 23, secondo comma, dello Statuto, il quale prevede che, ogni qualvolta sorga una questione relativa ai privilegi e immunità di cui godono i dipendenti, il dipendente interessato è tenuto a darne immediata comunicazione all' autorità che ha il potere di nomina.
29 Stando così le cose, il secondo mezzo dedotto dalla signora Campogrande dev' essere respinto.
30 Dal complesso delle considerazioni sin qui svolte risulta che il ricorso proposto dalla signora Campogrande è infondato e va quindi respinto.
Sulle spese
31 A norma dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. A termini dell' art. 70 del medesimo regolamento, nelle cause promosse dai dipendenti le spese sostenute dalle istituzioni restano a carico di queste. Cionondimeno, a norma dell' art. 122 del regolamento, l' art. 70 non si applica ai ricorsi promossi dai dipendenti contro sentenze del Tribunale di primo grado. Dato che la signora Campogrande è rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese del presente giudizio.
Per questi motivi,
LA CORTE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La signora Campogrande è condannata alle spese.