61989J0362

SENTENZA DELLA CORTE DEL 25 LUGLIO 1991. - GIUSEPPE D'URSO E ADRIANA VENTADORI E ALTRI CONTRO ERCOLE MARELLI ELETTROMECCANICA GENERALE SPA E ALTRI. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: PRETURA DI MILANO - ITALIA. - MANTENIMENTO DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN CASO DI TRASFERIMENTO DI IMPRESE. - CAUSA C-362/89.

raccolta della giurisprudenza 1991 pagina I-04105


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


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1. Politica sociale - Ravvicinamento delle legislazioni - Trasferimenti di imprese - Salvaguardia dei diritti dei lavoratori - Direttiva 77/187 - Trasmissione ipso iure di tutti i contratti o rapporti di lavoro al cessionario per il solo fatto del trasferimento

(Direttiva del Consiglio 77/187/CEE, art. 3, n. 1)

2. Politica sociale - Ravvicinamento delle legislazioni - Trasferimenti di imprese - Salvaguardia dei diritti dei lavoratori - Direttiva 77/187 - Ambito d' applicazione - Trasferimento di un' impresa effettuato nell' ambito di un procedimento concorsuale volto alla sua liquidazione - Esclusione - Trasferimento che mira al proseguimento dell' attività dell' impresa - Inclusione

(Direttiva del Consiglio 77/187/CEE, art. 1, n. 1)

Massima


1. L' art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, va interpretato nel senso che tutti i contratti o rapporti di lavoro esistenti, alla data del trasferimento di un' impresa, tra il cedente e i lavoratori occupati nell' impresa si trasmettono ipso iure al cessionario per il solo fatto del trasferimento. Le norme della direttiva si impongono al cedente e al cessionario, ai rappresentanti dei lavoratori, che non possono derogarvi tramite accordi stipulati con il cedente o con il cessionario, ed ai lavoratori stessi, salvo, per quanto riguarda questi ultimi, la facoltà di decidere liberamente di non continuare il rapporto di lavoro con il nuovo datore di lavoro dopo il trasferimento.

2. L' art. 1, n. 1, della direttiva 77/187 non si applica ai trasferimenti di imprese operati nell' ambito di un procedimento concorsuale come quello previsto dalla normativa italiana sulla liquidazione coatta amministrativa, alla quale si richiama la legge 3 aprile 1979 in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Le stesse disposizioni della stessa direttiva si applicano invece allorché, nell' ambito di un complesso di leggi come quelle che disciplinano l' amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il proseguimento dell' attività dell' impresa è stato deciso e finché quest' ultima decisione rimane in vigore.

Parti


Nel procedimento C-362/89,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, dal Pretore di Milano nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Giuseppe d' Urso, Adriana Ventadori e altri

e

Ercole Marelli Elettromeccanica Generale SpA (in amministrazione straordinaria) ed Ercole Marelli Nuova Elettromeccanica Generale SpA (attualmente ABB Tecnomasio SpA e ABB Industria Srl) e altri,

domanda vertente sull' interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26),

LA CORTE,

composta dai signori O. Due, presidente, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, G.C. Rodríguez Iglesias e M. Díez de Velasco, presidenti di sezione, Sir Gordon Slynn, C.N. Kakouris, R. Joliet, F.A. Schockweiler, F. Grévisse e M. Zuleeg, giudici,

avvocato generale: W. Van Gerven

cancelliere: sig.ra D. Louterman, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- dalle parti attrici nella causa principale, tramite l' avv. Alfonso Ognibene, del foro di Milano;

- dalle parti convenute nella causa principale, tramite gli avv.ti Giacinto Favalli e Salvatore Trifirò, del foro di Milano;

-- dal governo francese, tramite il sig. Claude Chavance, addetto principale d' amministrazione centrale presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

- dal governo italiano, tramite l' avvocato dello Stato Oscar Fiumara, in qualità di agente;

- dalla Commissione delle Comunità europee, tramite il sig. Giuliano Marenco, consigliere giuridico, assistito dalla sig.ra Karen Banks, membro del servizio giuridico, in qualità di agente;

vista la relazione d' udienza,

sentite le osservazioni orali delle attrici nella causa principale, rappresentate dagli avv.ti Alfonso Ognibene e Sergio Galleano, del foro di Milano, delle convenute nella causa principale, del governo italiano e della Commissione delle Comunità europee, all' udienza del 18 aprile 1991,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 30 maggio 1991,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 23 ottobre 1989, giunta alla Corte il 17 novembre successivo, il pretore di Milano ha sottoposto, a norma dell' art. 177 del Trattato CEE, due questioni pregiudiziali relative all' interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26, in prosieguo: la "direttiva").

2 Dette questioni sono insorte nell' ambito di una controversia tra, da un lato, il sig. Giuseppe d' Urso, la sig.ra Adriana Ventadori e altri e, dall' altro, la società Ercole Marelli Elettromeccanica Generale SpA (in prosieguo: la "EMG"), in amministrazione straordinaria, e la società Ercole Marelli Nuova Elettromeccanica Generale SpA (in prosieguo: la "Nuova EMG").

3 Emerge dalle indicazioni contenute nell' ordinanza di rinvio che la EMG è stata sottoposta alla procedura cosiddetta di amministrazione straordinaria mediante decreto del ministro dell' Industria datato 26 maggio 1981, pur essendo autorizzata a continuare la propria attività. Nel settembre 1985, il complesso dell' impresa veniva ceduto alla società Nuova EMG costituita ad hoc. In esecuzione del contratto di cessione e conformemente agli accordi sindacali ai quali faceva richiamo il contratto stesso, 940 lavoratori sono passati alle dipendenze del cessionario. Altri 518 sono restati alle dipendenze della società cedente; tuttavia il rapporto di lavoro di questi ultimi è stato sospeso e la loro remunerazione è stata presa a carico dalla Cassa integrazione guadagni straordinaria.

4 Gli attori nella causa principale, che fanno parte di questi 518 lavoratori, hanno chiesto al pretore di Milano di dichiarare che il loro rapporto di lavoro era continuato con il cessionario, a norma dell' art. 2112, primo comma, del Codice civile, in virtù del quale "In caso di trasferimento dell' azienda, se l' alienante non ha dato disdetta in tempo utile, il contratto di lavoro continua con l' acquirente, e il prestatore di lavoro conserva i diritti derivanti dall' anzianità raggiunta anteriormente al trasferimento".

5 Le convenute nella causa principale hanno contestato detta domanda appellandosi ad una disposizione della normativa nazionale secondo la quale, per le imprese poste sotto amministrazione straordinaria, le norme summenzionate del Codice civile vanno disapplicate per quanto riguarda il personale che non è stato trasferito contemporaneamente all' impresa.

6 Ritenendo che la soluzione della causa principale richiedesse un' interpretazione della direttiva, il pretore di Milano ha deciso di sospendere il procedimento finché la Corte non si sia pronunciata in via pregiudiziale sulle seguenti questioni:

"1) Se l' art. 3, n. 1, primo comma, della direttiva 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, preveda il trasferimento automatico al cessionario dei rapporti di lavoro inerenti all' azienda ceduta ed esistenti al momento del trasferimento dell' azienda.

2) Se la direttiva sopra indicata si applichi alle cessioni di azienda effettuate da imprese in amministrazione straordinaria".

7 Per una più ampia esposizione dei fatti della controversia principale, dello svolgimento del procedimento nonché delle osservazioni scritte presentate alla Corte, si fa richiamo alla relazione d' udienza. Questi elementi del fascicolo sono riportati in prosieguo solo nella misura necessaria a comprendere il ragionamento della Corte.

Sulla prima questione pregiudiziale

8 Con tale questione, il giudice nazionale chiede se l' art. 3, n. 1, della direttiva vada interpretato nel senso che tutti i contratti o rapporti di lavoro in corso alla data del trasferimento di un' impresa, tra il cedente e i lavoratori dipendenti da detta impresa, si trasferiscono ipso jure al cessionario per il solo fatto del trasferimento.

9 Come ha dichiarato la Corte (sentenza 5 maggio 1988, Berg, cause riunite 144/87 e 145/87, punti 12 e 13 della motivazione, Racc. pag. 2559), la direttiva mira a garantire la conservazione dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento dell' imprenditore consentendo loro di rimanere alle dipendenze del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni pattuite con il cedente. Le norme vigenti in caso di trasferimento di impresa o di stabilimento a un diverso imprenditore hanno quindi lo scopo di salvaguardare, nell' interesse dei dipendenti, i rapporti di lavoro esistenti che fanno parte dell' unità produttiva trasferita.

10 Emerge del pari dalla giurisprudenza (sentenza 7 febbraio 1985, Botzen, causa 186/83, punto 16 della motivazione, Racc. pag. 519) che l' art. 3, n. 1, della direttiva comprende i diritti e le obbligazioni che scaturiscono nei confronti del cedente da un contratto o da un rapporto di lavoro in corso al momento del trasferimento e stipulato con i lavoratori occupati, per lo svolgimento delle loro mansioni, nella parte trasferita dell' impresa o dello stabilimento.

11 La Corte ha inoltre stabilito, nella sentenza 10 febbraio 1988, Daddy' s Dance Hall (causa 324/86, punto 14 della motivazione, Racc. pag. 739), che le norme della direttiva dovevano considerarsi imperative, ossia non derogabili in senso sfavorevole ai lavoratori. Di conseguenza, l' attuazione dei diritti conferiti ai lavoratori dalla direttiva non può venir subordinata al consenso né del cedente o del cessionario, né dei rappresentanti dei lavoratori, né dei lavoratori stessi, salva, per quanto riguarda questi ultimi, la possibilità, a seguito di dimissioni volontarie, di non continuare il rapporto di lavoro con il nuovo datore di lavoro dopo il trasferimento (sentenza 11 luglio 1985, Mikkelsen, causa 105/84, punto 16 della motivazione, Racc. pag. 2639).

12 Ne consegue che, nell' ipotesi di trasferimento d' impresa, il contratto o il rapporto di lavoro che vincola il personale occupato nell' impresa trasferita non può venire proseguito con il cedente e continua ipso jure con il cessionario, fermo restando che, secondo la giurisprudenza (sentenza 15 giugno 1988, Bork, causa 101/87, punto 17 della motivazione, Racc. pag. 3057), l' esistenza o l' inesistenza di un contratto o di un rapporto di lavoro alla data del trasferimento va valutata alla luce del diritto nazionale.

13 Per controbattere siffatta interpretazione della direttiva, le parti convenute nella causa principale ed il governo italiano hanno svolto dinanzi alla Corte tre ordini di argomenti.

14 In primo luogo, è stato sostenuto che, così interpretata, la direttiva lederebbe la libertà d' impresa.

15 A questo proposito, occorre osservare che questo tipo di lesione è insito nell' oggetto stesso della direttiva che mira, nell' interesse dei lavoratori, a trasferire al cessionario le obbligazioni scaturenti dai contratti o dai rapporti di lavoro.

16 In secondo luogo, questa interpretazione della direttiva porterebbe, in un' ipotesi come quella della causa principale, a rimettere in discussione gli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali e vertenti sulle modalità del trasferimento e sul numero dei lavoratori trasferiti.

17 Questo argomento non può venire preso in considerazione dal momento che, come si è detto in precedenza, le norme della direttiva si impongono a tutti, ivi compresi i rappresentanti sindacali dei lavoratori, che non possono derogarvi tramite accordi stipulati con il cedente o con il cessionario.

18 Da ultimo è stato sostenuto che un' interpretazione della direttiva che si risolva nell' impedire che i lavoratori in soprannumero dell' impresa restino alle dipendenze del cedente, potrebbe risultare meno favorevole ai lavoratori, o perché il potenziale cessionario potrebbe venire dissuaso dall' acquistare l' impresa dalla prospettiva di dover mantenere in servizio il personale eccedente dell' impresa trasferita o perché il personale sarebbe licenziato e perderebbe quindi i vantaggi che avrebbe eventualmente potuto trarre dalla continuazione del rapporto di lavoro con il cedente.

19 Per ribattere a questo argomento, si deve ricordare che, se, in forza dell' art. 4, n. 1, la direttiva vieta che il trasferimento costituisca di per sé un motivo di licenziamento per il cedente o per il cessionario, essa "non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici e di organizzazione che comportano variazioni sul piano dell' occupazione". Va aggiunto che la direttiva non si oppone nemmeno a che, qualora una disciplina nazionale implichi a favore del cedente disposizioni che gli consentono di alleviare o di sopprimere gli oneri connessi all' occupazione dei lavoratori in soprannumero, per evitare nella misura del possibile licenziamenti, dette disposizioni si applichino, dopo il trasferimento, a vantaggio del cessionario.

20 Si deve quindi risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che l' art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, va interpretato nel senso che tutti i contratti o rapporti di lavoro esistenti alla data del trasferimento di un' impresa tra il cedente e i lavoratori occupati nell' impresa trasferita si trasmettono ipso jure al cessionario per il solo fatto del trasferimento.

Sulla seconda questione pregiudiziale

21 Emerge dal tenore e dalla motivazione dell' ordinanza di rinvio che, con detta questione, il pretore di Milano vuole sapere se la direttiva, come si dichiara all' art. 1, n. 1, si "applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione" nell' ipotesi in cui l' impresa interessata sia disciplinata da disposizioni come quelle del decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, relativo alle misure d' urgenza per l' amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (GURI del 6 febbraio 1979, n. 36), convertito, con alcune modifiche, nella legge 3 aprile 1979, n. 95 (GURI del 4 aprile 1979, n. 94).

22 Per risolvere tale questione, si devono ricordare le distinzioni elaborate dalla Corte, specie nella sentenza 7 febbraio 1985, Abels (causa 135/83, Racc. pag. 469) e, d' altro canto, brevemente riassunte dal pretore di Milano.

23 La Corte ha stabilito che la direttiva non si applicava ai trasferimenti operati nell' ambito di una procedura di fallimento che mirava, sotto il controllo della competente autorità giudiziaria, alla liquidazione dei beni del cedente. Essa ha fondato la sua conclusione sull' assenza, nella direttiva, di una disposizione espressa riguardante il fallimento (punto 17 della motivazione), sull' obiettivo della direttiva stessa, che è quello di impedire che la ristrutturazione nell' ambito del mercato comune si operi a danno dei lavoratori delle imprese interessate (punto 18) e sul grave rischio di un complessivo deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d' opera, in contrasto con gli obiettivi sociali del Trattato (punto 23), qualora la direttiva avesse dovuto applicarsi ai trasferimenti operati nel corso di una procedura di fallimento.

24 Nella stessa sentenza, la Corte ha invece statuito che la direttiva era applicabile ad un procedimento come quello di "surséance van betaling" (sospensione dei pagamenti) benché esso presenti talune caratteristiche comuni con la procedura di fallimento. La Corte ha infatti ritenuto che i motivi che giustificavano la disapplicazione della direttiva nell' ipotesi di procedure di fallimento non valgono qualora la procedura in questione comporti un controllo del giudice di portata più limitata rispetto all' ipotesi di fallimento e miri soprattutto a salvaguardare il patrimonio ed eventualmente la prosecuzione dell' attività dell' impresa mediante la sospensione collettiva dei pagamenti per giungere ad un assetto che consenta di garantire l' attività dell' impresa in futuro (punto 28).

25 Si deve osservare che, se, al punto 28, la sentenza 7 febbraio 1985, Abels, già ricordata, si riferisce al raggio del controllo esercitato dal giudice sul procedimento, questo richiamo, che si spiega con la difficoltà illustrata al punto 12 della stessa sentenza di definire la nozione di cessione convenzionale ai sensi dell' art. 1, n. 1, della direttiva, tenuto conto delle differenze tra i sistemi giuridici degli Stati membri, non consente, come d' altra parte si dichiara nella sentenza al punto 13, di individuare la portata della direttiva in base alla sola interpretazione letterale di questa nozione di cessione convenzionale e perciò non permette di definire la sua sfera di applicazione in base alla natura del controllo esercitato dall' autorità amministrativa o giudiziaria sui trasferimenti di imprese nell' ambito di un determinato procedimento concorsuale.

26 Alla luce del complesso delle considerazioni esposte dalla Corte nella sentenza Abels, il criterio determinante da seguire è quindi quello dell' obiettivo perseguito dal procedimento in questione.

27 La legge italiana 3 aprile 1979 prevede l' applicazione mediante decreto del procedimento d' amministrazione straordinaria alle imprese che essa indica. In virtù di detta legge, il decreto comporta o può comportare due tipi di effetti.

28 Da un lato, affinché vengano raggiunti tutti gli effetti della legge sul fallimento, esso va assimilato al decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa prevista dagli artt. 195 e successivi e dall' art. 237 della legge sul fallimento. Emerge dal complesso di queste ultime disposizioni che, salve le peculiarità di tale disciplina, la liquidazione coatta amministrativa ha effetti che in sostanza sono identici a quelli del fallimento.

29 D' altro canto, il decreto che stabilisce l' applicazione del procedimento d' amministrazione straordinaria può anche pronunciarsi sulla continuazione dell' attività dell' impresa in gestione commissariale per un periodo da stabilirsi secondo le modalità previste dalla legge. Secondo l' art. 2 della legge 3 aprile 1979, rientra nelle competenze del commissario stabilire un programma la cui esecuzione dovrà essere autorizzata dall' autorità di controllo e che deve comprendere, nei limiti del possibile e tenendo conto degli interessi dei creditori, un "piano di risanamento, coerente con gli indirizzi della politica industriale, con l' indicazione specifica degli impianti da riattivare e di quelli da completare, nonché degli impianti o complessi aziendali da trasferire".

30 Da quanto precede emerge che una normativa come la legge italiana sull' amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ha caratteristiche diverse a seconda che il decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa stabilisca o meno la continuazione dell' attività dell' impresa.

31 Se non vi è provvedimento su quest' ultimo punto o quando è scaduta la validità di un provvedimento che autorizzava la continuazione dell' attività dell' impresa, la finalità, le conseguenze e i rischi di un procedimento come quello della liquidazione coatta amministrativa sono comparabili a quelli che hanno indotto la Corte a concludere, nella sentenza 7 febbraio 1985, Abels, già ricordata, che l' art. 1, n. 1, della direttiva va disapplicato nel caso di trasferimenti d' impresa, di stabilimento o di una parte di stabilimento in una situazione nella quale il cedente è stato dichiarato fallito. Come il fallimento, questo procedimento mira alla liquidazione dei beni del debitore per soddisfare collettivamente i creditori e i trasferimenti operati in quest' ambito giuridico sono di conseguenza esclusi dalla sfera di applicazione della direttiva. Come ha osservato la Corte nella sentenza 7 febbraio 1985, Abels, già ricordata, non sarebbe possibile, se non vi fosse quest' esclusione, eliminare il grave rischio di complessivo deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro della mano d' opera, in contrasto con le finalità del Trattato.

32 Emerge per contro dalle disposizioni della legge italiana che, quando il decreto che sancisce l' applicazione del procedimento amministrativo straordinario stabilisce nel contempo la continuazione dell' attività dell' impresa in regime commissariale, la finalità di questo procedimento sta anzitutto nel restituire all' impresa un equilibrio che consenta di garantire la sua attività futura. L' obiettivo economico-sociale così perseguito non può spiegare né giustificare il fatto che, quando l' impresa interessata costituisce oggetto di un trasferimento totale o parziale, i suoi lavoratori vengano privati dei diritti che la direttiva conferisce loro alle condizioni in essa precisate.

33 A questo proposito, il giudice nazionale osserva in particolare, nell' ordinanza di rinvio, che la relazione allegata al decreto legge n. 26/1979 dichiara che la funzione del procedimento è quella di salvare le parti sostanzialmente sane dell' impresa, che l' impresa in amministrazione straordinaria può ottenere crediti di cui lo Stato garantisce il rimborso e che sono destinati alla riattivazione e al completamento di impianti, di mobili e attrezzature industriali, e infine che, nel procedimento di amministrazione straordinaria, la tutela degli interessi dei creditori è meno incisiva che in altre procedure liquidatorie e che, in particolare, è negata ai creditori ogni interferenza sulle decisioni relative alla continuazione dell' esercizio dell' impresa.

34 Si deve quindi risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che l' art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, non si applica ai trasferimenti di imprese operati nell' ambito di un procedimento concorsuale come quello previsto dalla normativa italiana sulla liquidazione coatta amministrativa, alla quale si richiama la legge 3 aprile 1979 in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Le stesse disposizioni della stessa direttiva si applicano invece allorché, nell' ambito di un complesso di leggi come quelle che disciplinano l' amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il proseguimento dell' attività dell' impresa è stato deciso e finché quest' ultima decisione rimane in vigore.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

35 Le spese esposte dal governo francese, dal governo italiano e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non sono ripetibili. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del merito, cui spetta quindi pronunciarsi sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni ad essa sottoposte dal pretore di Milano con ordinanza 23 ottobre 1989, dichiara:

1) L' art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, va interpretato nel senso che tutti i contratti o rapporti di lavoro esistenti alla data del trasferimento di un' impresa tra il cedente e i lavoratori occupati nell' impresa trasferita si trasmettono ipso jure al cessionario per il solo fatto del trasferimento.

2) L' art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, non si applica ai trasferimenti di imprese operati nell' ambito di un procedimento concorsuale come quello previsto dalla normativa italiana sulla liquidazione coatta amministrativa, alla quale si richiama la legge 3 aprile 1979 in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Le stesse disposizioni della stessa direttiva si applicano invece allorché, nell' ambito di un complesso di leggi come quelle che disciplinano l' amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, il proseguimento dell' attività dell' impresa è stato deciso e finché quest' ultima decisione rimane in vigore.