SOC/776
Aggiornamento del quadro legislativo anticorruzione
PARERE
Sezione Occupazione, affari sociali e cittadinanza
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
sulla lotta contro la corruzione, che sostituisce la decisione quadro 2003/568/GAI
del Consiglio e la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono
coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea,
e che modifica la direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio
[
COM(2023) 234 final - 2023/0135 (COD)
]
Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio
e al Comitato economico e sociale europeo sulla lotta alla corruzione
[
JOIN(2023) 12 final
]
Relatore: José Antonio MORENO DÍAZ
Correlatore: João NABAIS
E-mail di contatto
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SOC@eesc.europa.eu
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Amministratrice
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Alessia COVA
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Data del documento
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12/10/2023
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Consultazione
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Commissione europea, 29/06/2023
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Base giuridica
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Articolo 83, paragrafo 1, articolo 83, paragrafo 2, e articolo 82, paragrafo 1, lettera d), del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
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Sezione competente
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Occupazione, affari sociali e cittadinanza
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Adozione in sezione
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04/10/2023
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Esito della votazione
(favorevoli/contrari/astenuti)
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62/00/01
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Adozione in sessione plenaria
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DD/MM/YYYY
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Sessione plenaria n.
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…
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Esito della votazione
(favorevoli/contrari/astenuti)
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…/…/…
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I.RACCOMANDAZIONI
1.IN GENERALE
1.1La corruzione è un grave problema che interessa tutti gli Stati membri dell'UE e condiziona la coesistenza democratica stessa: il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie pertanto con favore l'iniziativa della Commissione sulla lotta contro la corruzione e sostiene le misure proposte, che rappresentano uno sforzo per garantire una sistematizzazione in questo campo.
IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO:
1.2accoglie con favore la proposta di direttiva della Commissione e prende atto della base giuridica indicata nella proposta e nel relativo memorandum esplorativo. Tuttavia, di fronte alla necessità di conseguire l'obiettivo della direttiva in modo più efficace, sarebbe opportuno valutare la possibilità di estendere la base giuridica della strategia dell'UE in materia di lotta alla corruzione, ad esempio nel caso della direttiva, magari in aggiunta agli articoli 82 e 83 del TFUE: andrebbe anche inserito un riferimento all'articolo 84 del TFUE, in quanto comprende misure preventive, e all'articolo 87 TFUE in ragione della necessità di una cooperazione di polizia. È logico promuovere la cooperazione e il coordinamento di polizia su tali questioni per accrescere l'efficacia;
1.3è convinto che si debba valutare se la proposta di direttiva UE possa essere accompagnata da un quadro giuridico parallelo che affronti in modo vincolante l'ordinamento giuridico dell'Unione, dal momento che gli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC) si applicano a tutte le parti contraenti allo stesso modo e nella stessa misura. Molto probabilmente tale quadro parallelo dovrebbe essere incluso in una decisione del Consiglio;
1.4osserva che in base all'articolo 86, paragrafo 4, del TFUE, si potrebbe suggerire l'adozione di una decisione del Consiglio che estenda le attribuzioni della Procura europea alla corruzione, anche quando non si configura alcun pregiudizio agli interessi finanziari dell'Unione, e ai reati con una dimensione transfrontaliera, anche se hanno ripercussioni su un solo Stato membro;
1.5reputa che la definizione di funzionario pubblico debba essere formulata nel modo più dettagliato possibile.
2.LE MISURE PREVENTIVE
IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO:
2.1ritiene che la direttiva dovrebbe contenere norme molto più precise riguardo gli obblighi degli Stati membri in materia di conflitti di interessi, introducendo espressamente l'obbligo per tutti questi soggetti di adottare norme in grado di limitare l'accesso alle cariche elettive e governative e di tenere registri di tutti gli accessi, di stabilire un sistema di incompatibilità, di rafforzare i divieti post-mandato per limitare il fenomeno del pantouflage, di stabilire codici di condotta, di adottare un quadro legislativo sulle attività di lobbying e di istituire l'informativa finanziaria e la registrazione dei beni per i pubblici dipendenti, per i membri dei parlamenti e dei governi e per i giudici a tutti i livelli. Norme analoghe in materia di conflitti di interessi dovrebbero applicarsi, se del caso, alle istituzioni, agli organi, agli organismi e alle agenzie dell'UE;
2.2Il CESE prende inoltre atto della comunicazione sulla proposta di istituire un organismo etico interistituzionale
. Secondo la comunicazione, il compito dell'organismo è quello di elaborare norme etiche minime comuni per la condotta dei membri delle istituzioni e degli organi consultivi di cui all'articolo 13 TUE e, qualora chieda di partecipare, della Banca europea per gli investimenti;
2.3suggerisce di sostituire, nell'articolo 3, paragrafo 3, la frase "[...] norme efficaci che disciplinino l'interazione tra il settore privato e il settore pubblico" con una formulazione più precisa che obblighi gli Stati membri ad adottare un quadro normativo sulle attività di lobbying. Norme analoghe dovrebbero applicarsi, se del caso, alle istituzioni, agli organi, agli organismi e alle agenzie dell'UE;
2.4sottolinea l'importanza che gli Stati membri, nell'ambito del quadro legislativo nazionale, abbiano a disposizione o adottino norme, procedure e prassi adeguate per l'assunzione di funzionari pubblici e il finanziamento dei partiti politici, ad esempio sulla base delle seguenti premesse:
a.l'assunzione e la promozione di funzionari pubblici sulla base del merito, di criteri oggettivi e della trasparenza;
b.l'introduzione di programmi di istruzione volti a far sì che i funzionari pubblici comprendano pienamente i loro compiti e il loro ruolo nella tutela dell'interesse pubblico;
c.procedure rigorose per la selezione delle persone nominate a posizioni particolarmente esposte alla corruzione;
d.l'introduzione del concetto di trasparenza nel finanziamento dei partiti politici e dell'obbligo di comunicare i contributi superiori a un determinato importo;
2.5rileva che la Commissione avrebbe potuto cogliere l'occasione per prendere in considerazione nella comunicazione l'adozione di una misura basata sull'articolo 197, paragrafo 2, del TFUE e presentare una proposta al riguardo. Così facendo, l'Unione avrebbe potuto creare per sé un'autorità indipendente per la prevenzione della corruzione, allo scopo di conformarsi all'articolo 6 dell'UNCAC.
3.LE MISURE REPRESSIVE
IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO:
3.1osserva che i reati contro la pubblica amministrazione provocano un forte allarme sociale, perché il pubblico si attende una risposta rapida alla corruzione che danneggia l'interesse generale; un ritardo nella risposta giudiziaria danneggia la democrazia. Al tempo stesso tali reati rischiano di compromettere sia la reputazione delle persone coinvolte nei procedimenti penali sia la certezza nell'esercizio delle funzioni pubbliche, mettendo inoltre a rischio la concorrenza a livello economico; il CESE ritiene pertanto che la direttiva potrebbe suggerire che gli Stati membri prevedano procedure speciali d'urgenza nell'amministrazione della giustizia penale per questo tipo di reato, e forme specifiche di assistenza giudiziaria reciproca, come il trasferimento delle prove e l'esecuzione diretta delle decisioni giudiziarie di altri Stati membri in materia di recupero di beni;
3.2ritiene che la direttiva potrebbe anche suggerire che gli Stati membri istituiscano norme relative al sequestro preventivo e al congelamento dei beni, per garantire la perdita dei vantaggi derivanti da atti di corruzione, anche attraverso rimborsi e il risarcimento delle vittime (ad esempio, persone fisiche o imprese che non hanno potuto accedere ad appalti pubblici o gare d'appalto);
3.3è dell'avviso che, se l'UE intende combattere un'influenza privata estremamente inappropriata nel processo decisionale pubblico, essa debba definire in modo molto rigoroso (nell'articolo 10) il traffico di influenze, e prevedere parametri chiari per il reato corrispondente, in modo da distinguerlo dalle attività di lobbying;
3.4suggerisce di includere nell'articolo 11 sull'abuso di ufficio i casi in cui tale abuso sia diretto a causare danni e i casi di violazione del dovere di astensione ove vi sia un conflitto di interessi;
3.5considera problematica la menzione della "detenzione" di beni, di cui all'articolo 13 (arricchimento mediante reato di corruzione), e ne raccomanda la soppressione;
3.6sottolinea che il riferimento alle sole persone giuridiche (articolo 2, paragrafo 7) esclude la possibilità di una responsabilità giuridica dei soggetti privi di personalità giuridica.
II.NOTE ESPLICATIVE / ELABORAZIONE
4.IN GENERALE
4.1Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe prendere in considerazione – per la direttiva – una base giuridica più ampia di quella indicata
. Il CESE si chiede perché la Commissione abbia individuato solo gli articoli 82 e 83 del TFUE come base giuridica per la proposta di direttiva: tali articoli riguardano le misure repressive e quelle in materia di cooperazione giudiziaria tra le autorità nazionali e tra queste e le agenzie dell'Unione, ma la cooperazione di polizia (di cui all'articolo 24 della direttiva) si basa sull'articolo 87 TFUE.
4.1.1Inoltre, le disposizioni della proposta di direttiva incentrate sulla prevenzione della corruzione prevedono misure che incidono sul diritto amministrativo degli Stati membri e non sul loro diritto penale: pertanto il CESE si chiede perché la Commissione non abbia individuato come base giuridica utile anche l'articolo 84 del TFUE, secondo cui il Parlamento e il Consiglio "possono stabilire misure per incentivare e sostenere l'azione degli Stati membri nel campo della prevenzione della criminalità": misure la cui portata può estendersi al di là della sfera penale, proprio perché sono dirette alla prevenzione.
4.1.2Gli articoli 84 e 87, paragrafo 2, del TFUE utilizzano il termine "misure", che devono essere stabilite dai colegislatori: ciò significa che la direttiva è uno strumento adeguato e che pertanto la proposta di direttiva della Commissione in esame può essere utilizzata.
4.1.3La direttiva non dovrebbe prevedere alcuna armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia di misure preventive, essendo tale armonizzazione esclusa dall'articolo 84 TFUE. Al momento gli articoli da 3 a 6 della proposta di direttiva non prevedono alcuna armonizzazione delle disposizioni legislative degli Stati membri, ma si limitano a confermare gli obblighi degli Stati membri ai sensi del capo II dell'UNCAC.
4.2Come affermato anche dalla Commissione, "Le rivelazioni e le dichiarazioni molto gravi emerse alla fine dello scorso anno hanno dimostrato che, indipendentemente dal luogo in cui si verificano e dal numero di persone interessate, esse incidono su tutte le istituzioni dell'Unione". Data la gravità della situazione creatasi con il Qatargate, il CESE sottolinea l'importanza di proporre soluzioni incisive e coraggiose, in grado di dare un segnale importante ai cittadini dell'UE che votano per il Parlamento europeo.
4.2.1Questa maggiore incisività avrebbe potuto portare alla scelta di proporre altre iniziative e, di conseguenza, avrebbe potuto dar luogo a un numero maggiore di atti dell'Unione in risposta alle esigenze espresse.
4.2.2Il CESE ritiene, anzitutto, che i temi trattati nella proposta di direttiva siano gli stessi di quelli contemplati nell'UNCAC. Sono parti contraenti dell'UNCAC sia l'UE (che vi ha aderito nel 2008)
che tutti gli Stati membri. Gli obblighi derivanti dall'UNCAC si applicano quindi a tutte le parti contraenti allo stesso modo e nella stessa misura.
4.2.3Inoltre non va dimenticato che l'UE è soggetta al meccanismo di valutazione inter pares dell'UNCAC, di cui è già in corso il primo ciclo, che sarà seguito dal secondo ciclo dedicato alla prevenzione (nonché al recupero dei beni).
4.2.4Di conseguenza, il CESE si chiede se la Commissione non avrebbe dovuto proporre un quadro anticorruzione rivolto a tutti i 28 sistemi giuridici coinvolti (quello dell'Unione e quelli dei 27 Stati membri) e se la proposta di direttiva UE non dovrebbe essere accompagnata da un quadro normativo parallelo, che disciplini in maniera vincolante l'ordinamento giuridico dell'Unione, in modo che, ad esempio, le definizioni dei reati di corruzione che la direttiva impone agli Stati di includere nel loro diritto penale siano le stesse che la Procura europea dovrà utilizzare nell'esercizio dei suoi poteri, ma anche per quanto riguarda le misure preventive. Tale quadro parallelo dovrebbe probabilmente essere oggetto di una decisione del Consiglio.
4.3Il fatto che la comunicazione non menzioni un ruolo più ampio della Procura europea è sorprendente. Il CESE ritiene necessario istituire la figura di un procuratore europeo specializzato in materia di corruzione.
4.3.1Ciò avrebbe rappresentato un'occasione per sollecitare il Consiglio europeo a utilizzare la base giuridica offerta dall'articolo 86, paragrafo 4, del TFUE per estendere le attribuzioni della Procura europea
ai casi di corruzione, anche se privi di implicazioni per l'integrità degli interessi finanziari dell'Unione.
4.3.2Le attribuzioni della Procura riguardano invece esclusivamente l'articolo 24 della proposta di direttiva, che ribadisce l'obbligo di cooperazione tra gli Stati membri e le agenzie dell'Unione nei campi cui si applica la direttiva, nonché l'obbligo per le agenzie europee di fornire assistenza tecnica e operativa al fine di facilitare il coordinamento delle indagini e delle azioni penali.
4.3.3La direttiva proposta non è uno strumento utile, in quanto il TFUE prevede una decisione del Consiglio europeo. La Commissione dovrebbe pertanto, nella comunicazione, sollecitare con forza gli Stati membri ad adottare questa soluzione.
4.4Sebbene il CESE riconosca che è difficile fornire un elenco esaustivo di persone equiparate ai funzionari pubblici, la definizione di funzionario pubblico di cui all'articolo 2, paragrafo 3, lettera a) e lettera b) è attualmente formulata in modo così ampio e astratto che non è chiaro quale tipo di persona possa rientrarvi. Inoltre, l'articolo 2, paragrafo 3, lettera b), definisce il funzionario pubblico come qualsiasi altra persona a cui siano state assegnate e che eserciti funzioni di pubblico servizio negli Stati membri o in paesi terzi, per un'organizzazione internazionale o per un organo giurisdizionale internazionale. Tale definizione non consente di individualizzare le restrizioni ai diritti e alle libertà di una persona, e può pertanto essere impiegata in modo troppo ampio e disomogeneo.
4.5Segnalando violazioni del diritto dell'UE che ledono il pubblico interesse, si agisce in quanto "informatori", svolgendo così un ruolo decisivo nella denuncia e nella prevenzione di violazioni e nella salvaguardia del benessere della società. Il CESE ritiene pertanto che la protezione degli informatori dovrebbe essere migliorata.
5.LE MISURE PREVENTIVE
5.1Il CESE ritiene che l'articolo 3 sia molto importante perché la sua attuazione, la sua violazione e la sua interpretazione sono di interesse europeo e coinvolgono le numerose competenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, contribuendo a mantenere l'unità del diritto europeo. Tuttavia, il CESE osserva anche che il compito della direttiva in esame è una "armonizzazione minima" del diritto degli Stati membri. Al contrario, le norme di cui all'articolo 3 non sono norme di armonizzazione; tale articolo si limita a ribadire sinteticamente gli obblighi convenzionali previsti nel capo II dell'UNCAC. L'articolo 3 è un semplice "manifesto politico", in quanto dichiara la disponibilità dell'UE a collaborare con ciascuno Stato membro nell'attuazione del capo II dell'UNCAC, riaffermando gli obblighi ivi previsti.
5.1.1Il CESE ritiene che il contenuto di questo articolo, per potersi qualificare come norma di armonizzazione minima, dovrebbe prevedere norme più rigorose e precise per quanto riguarda gli obblighi degli Stati membri in materia di conflitti di interesse, introducendo espressamente l'obbligo per tutti gli Stati membri di adottare norme in grado di limitare l'accesso alle cariche elettive e governative, di istituire un sistema di incompatibilità, di rafforzare i divieti post-mandato per limitare il fenomeno del pantouflage, di stabilire codici di condotta, di adottare un quadro giuridico in materia di lobbying e così via.
5.1.2Inoltre, il CESE chiede se debba essere istituito un quadro normativo parallelo generale, che affronti in modo vincolante l'ordinamento giuridico dell'Unione. Il CESE è consapevole del fatto che, nella comunicazione, la Commissione sottolinea l'esistenza di numerosi strumenti di cui ciascuna istituzione, organo, organismo e agenzia dell'Unione si è dotata nel settore della prevenzione della corruzione. Tuttavia il Qatargate ha dimostrato che essi non erano sufficienti per impedire l'insorgere di pratiche di corruzione. Il CESE prende inoltre atto della comunicazione sulla proposta di istituire un organismo etico interistituzionale
. Secondo la comunicazione, il compito dell'organismo è quello di elaborare norme etiche minime comuni per la condotta dei membri delle istituzioni e degli organi consultivi di cui all'articolo 13 TUE e, qualora chieda di parteciparvi, della Banca europea per gli investimenti. Inoltre, il CESE ritiene che, per rendere più efficace il sistema di lotta alla corruzione, soprattutto nella fase di prevenzione, sia più opportuno e utile disporre di un insieme di norme generali, comuni a tutte le istituzioni dell'Unione e condivise con gli Stati membri.
5.2La regolamentazione delle attività di lobbying consegue due obiettivi, in quanto contribuisce: a) a una più chiara distinzione tra attività lecite e traffico illecito d'influenze, e b) all'individuazione di casi di conflitto di interessi. Questi due obiettivi sono fondamentali ai fini della lotta alla corruzione.
5.2.1Il CESE suggerisce pertanto di sostituire, nell'articolo 3, paragrafo 3, la frase "[...] norme efficaci che disciplinino l'interazione tra il settore privato e il settore pubblico" con una formulazione più precisa che obblighi gli Stati membri ad adottare un quadro giuridico sulle attività di lobbying. Norme analoghe dovrebbero applicarsi, se del caso, alle istituzioni, agli organi, agli organismi e alle agenzie dell'UE.
5.3Il CESE ritiene che sarebbe molto utile istituire una rete dell'UE per la lotta contro la corruzione, sulla base delle esperienze condivise dal 2015, ampliando e approfondendo questo lavoro attraverso uno strumento "che fungerà da catalizzatore per i lavori volti alla prevenzione della corruzione in tutta l'UE. La rete sarà incaricata di elaborare le migliori prassi e orientamenti pratici in vari settori di comune interesse. Sosterrà una raccolta più sistematica di dati e prove che possano costituire una solida base per le azioni anticorruzione e per monitorarne il successo. La rete si baserà sull'esperienza di collaborazione, non solo con le autorità pubbliche e di contrasto, e riunirà tutti i portatori di interessi, compresi operatori del settore, esperti e ricercatori, così come i rappresentanti della società civile e delle organizzazioni internazionali"
.
5.3.1Tuttavia, il CESE non considera soddisfacente questa soluzione, che appare incompatibile con l'articolo 6 dell'UNCAC. Tale norma impone agli Stati Parte (compresa l'UE) di assicurare "l'esistenza di uno o più organi, secondo quanto necessario, incaricati di prevenire la corruzione [...]. Ogni Stato Parte, conformemente ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico, concede all'organo od agli organi [...], l'indipendenza necessaria a permettere loro di esercitare efficacemente le loro funzioni al riparo da ogni indebita influenza. Le risorse materiali ed il personale specializzato necessari, nonché la formazione di cui tale personale può aver bisogno per esercitare le sue funzioni, dovrebbero essere loro forniti"
. L'UE deve dotarsi di un proprio apparato di prevenzione in grado di garantire la propria indipendenza.
5.3.2In secondo luogo, la Commissione spiega che questa rete "sarà incaricata di elaborare le migliori prassi e orientamenti pratici in vari settori di comune interesse. Sosterrà una raccolta più sistematica di dati e prove che possano costituire una solida base per le azioni anticorruzione e per monitorarne il successo"
. Non sembra che i compiti di tale rete rispondano ai requisiti previsti dall'UNCAC per gli Stati Parte. La comunicazione della Commissione non affronta la questione principale, ossia quella di un quadro istituzionale per "sviluppare e attuare o mantenere politiche anticorruzione efficaci e coordinate che promuovano la partecipazione della società e riflettano i principi dello Stato di diritto, della corretta gestione degli affari pubblici e della proprietà pubblica, dell'integrità, della trasparenza e della responsabilità
.
5.3.3In terzo luogo, il coinvolgimento in questa rete di soggetti interessati, che hanno anche interessi economici molto forti, e l'assenza di persone competenti e indipendenti al di fuori delle istituzioni europee potrebbero comprometterne la credibilità.
5.3.4A questo proposito, il CESE suggerisce alla Commissione di valutare la base giuridica fornita dall'articolo 197, paragrafo 2, del TFUE in relazione alla necessità di dotare l'Unione di un'agenzia responsabile della tutela dell'etica e dell'integrità (ossia un'agenzia anticorruzione) che progetterà una forma di amministrazione integrata a livello dell'UE e nazionale, sul modello di quanto è già stato fatto in altri settori strategici di competenza concorrente tra l'UE e gli Stati membri (concorrenza, tutela della vita privata, comunicazione elettronica, riciclaggio di denaro).
5.3.5Un siffatto apparato organico sarebbe anche in grado di soddisfare l'articolo 5, paragrafo 4, dell'UNCAC. Si tratterebbe del braccio tecnico operativo dell'Unione nell'azione esterna. Tale autorità europea dovrebbe avviare un dialogo con le autorità corrispondenti che gli Stati membri dell'UE hanno istituito per conformarsi all'articolo 6 dell'UNCAC, come riconosciuto all'articolo 4 della proposta di direttiva, e, a livello internazionale, con autorità esterne all'UE.
6.LE MISURE REPRESSIVE
6.1Il CESE ritiene che la scelta di intervenire per lo stesso tipo di reato contro atti perpetrati sia nel settore pubblico che in quello privato sia eccellente: tale approccio chiarisce che entrambe le parti di un traffico illecito hanno la stessa responsabilità nell'intesa finalizzata alla corruzione. È eccellente anche la soluzione di trattare i singoli casi di corruzione identificandoli in base alla struttura dell'atto di rilevanza penale: tale lavoro di armonizzazione è importante in termini di integrazione degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, poiché garantisce sicurezza e giustizia in tutta l'UE per gli stessi reati, alcuni dei quali sono sconosciuti in determinati paesi (ad esempio, l'ordinamento tedesco non contempla il traffico di influenze).
6.1.1Tuttavia, in particolare per quanto riguarda l'articolo 11 (Abuso di ufficio), il CESE formula alcune osservazioni critiche. La norma prevista dall'articolo 11 estende di molto la portata di tale reato. Tuttavia, l'esperienza di alcuni Stati membri (in particolare l'Italia) dimostra che l'abuso di ufficio nel settore privato non è facilmente perseguibile a causa di difficoltà probatorie.
6.1.2Per di più lo stesso reato, ove sia commesso nel settore pubblico, causa seri problemi di equilibrio nei confronti dei diritti dell'imputato, il quale è coinvolto in un procedimento penale che compromette, oltre alla sua reputazione, anche l'esercizio delle sue funzioni: la prassi italiana evidenzia chiaramente questa criticità.
6.1.3Di conseguenza, e più in generale, appare utile che la direttiva proponga agli Stati membri la creazione di percorsi rapidi di risoluzione del procedimento penale per i reati contro la pubblica amministrazione, al fine di affrontare entrambe le criticità espresse.
6.2La direttiva potrebbe anche suggerire che gli Stati membri istituiscano norme relative al sequestro preventivo e al congelamento dei beni, per garantire la perdita dei vantaggi derivanti da atti di corruzione, anche attraverso rimborsi e il risarcimento delle vittime (ad esempio, persone fisiche o imprese che non hanno potuto accedere agli appalti pubblici o alle gare d'appalto).
6.3La tecnica di armonizzazione minima prevista dall'articolo 83 TFUE richiede che i tipi di reato siano chiaramente identificati in modo da consentire a ciascuno Stato membro di recepire adeguatamente la norma dell'UE nel proprio diritto penale, conseguendo, grazie a tale recepimento, proprio l'armonizzazione minima auspicata. Se, d'altro canto, i tipi di reati stabiliti dalle norme dell'UE non sono chiari, non viene perseguita alcuna armonizzazione. Ciò vale in particolare per l'articolo 10: se l'UE intende combattere un'influenza privata estremamente inappropriata nel processo decisionale pubblico, deve definire in modo molto rigoroso il traffico di influenze, e prevedere parametri chiari per il reato corrispondente, in modo da distinguerlo dalle attività di lobbying.
6.4In considerazione della varietà di definizioni giuridiche di abuso di ufficio utilizzate nei diversi Stati membri, e dell'esigenza di efficacia, il CESE ritiene che sarebbe molto utile prevedere nell'articolo 11 sull'abuso di ufficio i casi in cui questo è diretto a causare un danno e i casi che violano il dovere di astensione nell'eventualità di un conflitto di interessi.
6.5Il caso del "possesso" di cui all'articolo 13 (arricchimento mediante reato di corruzione) pone problemi dal punto di vista del rispetto del principio ne bis in idem, per cui il CESE ne raccomanda l'eliminazione.
6.6Il concetto di "persona giuridica", di cui all'articolo 2, paragrafo 7, esclude la possibilità che le norme dell'UE in materia di lotta alla corruzione di cui alla proposta di direttiva in esame si applichino a soggetti privi di personalità giuridica. Tuttavia, nella prassi nazionale e internazionale vi sono molti casi di corruzione condotti da soggetti privi di personalità giuridica.
Bruxelles, 4 ottobre 2023
Cinzia DEL RIO
Presidente della sezione Occupazione, affari sociali e cittadinanza
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