Comunicazione della Commissione

Documento di orientamento sulla rigorosa tutela

delle specie animali di interesse comunitario

ai sensi della direttiva Habitat



Documento di orientamento sulla rigorosa tutela

delle specie animali di interesse comunitario
ai sensi della direttiva Habitat


       INDICE

INTRODUZIONE GENERALE            4

1. CONTESTO            6

2. ARTICOLO 12            8

2.1 Considerazioni giuridiche generali        9

2.2 Provvedimenti necessari per un regime di rigorosa tutela        11

2.2.1    Provvedimenti atti a istituire e attuare in modo efficace

   un regime di rigorosa tutela        12

2.2.2    Provvedimenti atti a garantire uno stato di conservazione soddisfacente    14

2.2.3    Provvedimenti relativi alle situazioni descritte nell'articolo 12        15

2.2.4    Disposizioni dell'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a d), in relazione

   alle attività continuative        18

2.3 Disposizioni specifiche di tutela di cui all'articolo 12        26

2.3.1    Cattura o uccisione deliberata di esemplari di

   specie di cui all'allegato IV, lettera a)        26

2.3.2    Perturbazione deliberata delle specie di cui all'allegato IV, lettera a),

   segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento,

   di ibernazione e di migrazione        28

2.3.3    Distruzione o raccolta deliberata di uova nell'ambiente naturale        32

2.3.4    Deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o

   delle aree di riposo        32

2.3.5    Possesso, trasporto, commercializzazione, ovvero scambio e offerta

   a scopi commerciali o di scambio di esemplari presi dall'ambiente

   naturale        44

2.3.6    Sistema di sorveglianza delle catture e

   delle uccisioni accidentali delle specie elencate nell'allegato IV,

   lettera a)        44

3. ARTICOLO 16        48

3.1 Considerazioni giuridiche generali        49

3.1.1    Obbligo di garantire il pieno, chiaro e preciso

   recepimento dell'articolo 16        49

3.1.2    Applicazione generale appropriata delle deroghe        51

3.2 Un sistema scrupolosamente controllato per la concessione di deroghe:

le tre prove        52

3.2.1    Dimostrazione di una delle motivazioni di cui

   all'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a e) (prova 1)        55

3.2.2    Assenza di un'altra soluzione valida (prova 2)        66

3.2.3    Impatto di una deroga sullo stato di conservazione (prova 3)    70

3.3 Considerazioni aggiuntive        74

3.3.1    Il ruolo dei piani d'azione per le specie        74

3.3.2    Valutazione d'impatto per piani/progetti e tutela

   delle specie        75

3.3.3    Il ruolo delle misure di compensazione        76

3.3.4    Deroghe multispecie        77

3.3.5    "Carattere temporaneo": come affrontare la colonizzazione dei siti

   in via di sviluppo da parte delle specie elencate nell'allegato IV    77

3.4 Monitoraggio e comunicazione e delle deroghe        80

3.4.1    Monitoraggio degli impatti delle deroghe        80

3.4.2    Obblighi di comunicazione ai sensi dell'articolo 16,

   paragrafi 2 e 3         80

Allegato I. Riferimenti dei casi giudiziari        83

Allegato II. Elenco delle specie animali contemplate dagli allegati II, IV e V    85

Allegato III. Attuazione dell'articolo 12 della direttiva Habitat -

   L'esempio del lupo        98



INTRODUZIONE GENERALE

Perché un documento di orientamento aggiornato sulla rigorosa tutela delle specie animali?

Il primo documento di orientamento sulla rigorosa tutela delle specie animali di interesse comunitario ai sensi della direttiva Habitat 1 è stato pubblicato nel 2007. Il suo obiettivo era quello di aiutare a comprendere meglio le disposizioni per la tutela delle specie e i termini specifici utilizzati.

In seguito al controllo dell'adeguatezza delle direttive UE sulla tutela della natura (2014‑2016), la Commissione europea ha adottato il piano d'azione per la natura, i cittadini e l'economia 2 allo scopo di promuovere un'attuazione delle direttive migliore, più intelligente e più efficace sotto il profilo dei costi. L'azione 1 del piano d'azione richiedeva un aggiornamento di questo documento di orientamento. Ciò è stato ritenuto necessario alla luce delle ultime sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) e per garantire una migliore coerenza con i più ampi obiettivi socioeconomici.

Il presente documento di orientamento è il risultato del processo di revisione: tiene conto dell'esperienza pratica acquisita dall'attuazione delle disposizioni in materia di tutela delle specie della direttiva Habitat negli anni successivi alla pubblicazione del primo documento di orientamento.

Scopo del documento di orientamento

Il presente documento si concentra sugli obblighi derivanti dagli articoli 12 e 16 della direttiva Habitat. Essi stabiliscono un regime di rigorosa tutela per le specie animali elencate nell'allegato IV, lettera a), della direttiva, pur ammettendo deroghe a tali disposizioni in determinate condizioni. Il documento si basa principalmente su sentenze pertinenti della CGUE e su esempi di sistemi di tutela delle specie in vigore in vari Stati membri.

Il documento è destinato alle autorità nazionali, regionali e locali, agli organismi di conservazione e ad altre organizzazioni responsabili dell'attuazione della direttiva Habitat o coinvolte in essa, nonché ai portatori di interessi. Il suo scopo è di assisterli nell'elaborazione di modalità efficaci e pragmatiche di applicazione delle disposizioni, garantendo nel contempo il pieno rispetto del quadro giuridico. Gli Stati membri e i principali portatori di interessi sono stati consultati su varie bozze del documento e le loro osservazioni sono state prese in considerazione.

Limiti del documento di orientamento

Il presente documento di orientamento illustra l'interpretazione della Commissione delle disposizioni pertinenti della direttiva, ma non è di per sé un testo legislativo; non introduce nuove norme ma fornisce indicazioni sull'applicazione di quelle esistenti. Solo la CGUE è competente a interpretare autorevolmente il diritto dell'UE.

Il documento di orientamento, che sarà ulteriormente aggiornato a intervalli regolari, dovrebbe essere letto alla luce della giurisprudenza emergente su questo argomento e anche dell'esperienza derivante dall'attuazione degli articoli 12 e 16 negli Stati membri.

Struttura del documento

Il documento è suddiviso in tre capitoli principali. Il capitolo 1 esamina il luogo di tutela delle specie nell'ambito del regime generale della direttiva Habitat. Il capitolo 2 esamina più approfonditamente le disposizioni giuridiche pertinenti dell'articolo 12 della direttiva. Il capitolo 3 esamina le possibilità di deroga ai sensi dell'articolo 16.

I punti chiave derivanti dalle analisi sono sintetizzati (in corsivo) all'inizio di ogni sezione. Nell'allegato I figurano i riferimenti completi ai procedimenti giudiziari citati nel testo. L'allegato II riporta l'elenco delle specie animali oggetto delle disposizioni sulla tutela delle specie. L'allegato III fornisce un esempio, nel caso del lupo, di come il documento di orientamento può essere applicato.



1.CONTESTO

1.1 Conservazione delle specie ai sensi della direttiva 92/43/CEE

(1-1)    L'articolo 2, paragrafo 1, definisce l'obiettivo generale della direttiva Habitat, che è di "contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato".

Conformemente all'articolo 2, paragrafo 2, le misure adottate a norma della direttiva "sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario". Tali misure, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 3, "tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali" 3 .

Pertanto l'obiettivo primario della direttiva Habitat è il mantenimento o il ripristino in uno stato di conservazione soddisfacente di tutti gli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario. L'articolo 1, lettera i), della direttiva definisce cosa si intende per "stato di conservazione soddisfacente" per le specie 4 .

(1-2)    Per raggiungere questo obiettivo, la direttiva contiene due serie principali di disposizioni. La prima riguarda la conservazione degli habitat naturali e degli habitat delle specie (articoli da 3 a 11), e la seconda la tutela delle specie (articoli da 12 a 16).

(1-3)    Le disposizioni relative alla tutela delle specie (articoli da 12 a 16) si applicano all'intera area di ripartizione naturale delle specie presenti negli Stati membri, sia all'interno che all'esterno dei siti Natura 2000. Queste disposizioni sono complementari a quelle che regolano i siti Natura 2000, che si concentrano sulla protezione degli habitat naturali e delle aree essenziali degli habitat delle specie protette elencate nell'allegato II della direttiva.

(1-4)    Una direttiva è vincolante per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia agli Stati membri la scelta della forma e dei metodi per raggiungerlo. La giurisprudenza consolidata chiarisce che il recepimento nel diritto nazionale deve essere chiaro e preciso, fedele e caratterizzato da efficacia cogente incontestabile (cfr. CGUE, cause C-363/85, C-361/88, C-159/99 punto 32, C-415/01 punto 21, C‑58/02, C-6/04 punti 21, 25 e 26, C-508/04 punto 80).

(1-5) L'interpretazione e l'applicazione delle disposizioni della direttiva dovrebbero anche tener conto del principio della precauzione, come stabilito dall'articolo 191 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che mira a garantire un livello più elevato di protezione dell'ambiente attraverso decisioni preventive in caso di rischio.

(1-6)    È anche importante sottolineare che l'attuazione delle disposizioni sulla tutela delle specie della direttiva richiede un approccio per specie. Gli Stati membri dovrebbero pertanto considerare sempre le loro misure di attuazione alla luce dell'obiettivo da raggiungere, delle specie interessate e delle circostanze relative a ciascun caso.

(1-7)    Questi concetti di flessibilità e proporzionalità non devono essere fraintesi. Essi non riducono l'obbligo degli Stati membri di agire in modo efficace, ma concedono invece alle autorità un margine di manovra sufficiente per adattare le loro modalità di attuazione alle circostanze specifiche (in termini di stato di conservazione, ma anche sotto il profilo sociale, economico e culturale).

(1-8) Secondo la Corte, "gli art[icoli] 12, 13 e 16 della direttiva [H]abitat formano un complesso coerente di norme volte alla tutela delle popolazioni delle specie interessate, di modo che ogni deroga incompatibile con tale direttiva costituirebbe una violazione sia dei divieti posti dagli art[icoli] 12 o 13 di essa, sia della norma secondo cui le deroghe possono essere consentite in conformità all'art[icolo] 16 della stessa direttiva" 5 . La Corte ha inoltre precisato che "gli art[icoli] 12–14 e 15, lett[ere] a) e b), della direttiva costituiscono un complesso coerente di norme che impongono agli Stati membri di istituire regimi di tutela rigorosi delle specie animali e vegetali interessate" 6 . Qualunque sia l'approccio adottato per l'attuazione di queste disposizioni, sarà necessario rispettare l'obiettivo generale della direttiva, vale a dire garantire la biodiversità e mantenere o ripristinare, in uno stato soddisfacente, gli habitat naturali e le specie di interesse comunitario.

L'area di ripartizione naturale di specie e habitat: un concetto dinamico

(1-9) L'area di ripartizione naturale descrive a grandi linee i limiti territoriali entro i quali si trova l'habitat o la specie. Essa non coincide con le località precise (l'area effettivamente occupata) o il territorio in cui un habitat, una specie o una sottospecie è presente in modo permanente. Tali località o territori effettivi potrebbero essere frammentati o disgiunti (ossia gli habitat e le specie potrebbero non essere distribuiti uniformemente) all'interno della loro area di ripartizione naturale. Se la ragione della disgiunzione risulta essere naturale, ossia è causata da fattori ecologici, le località isolate non dovrebbero essere considerate come un'area di ripartizione naturale continua. Per esempio, per una specie alpina, l'area può essere costituita dalle Alpi e dai Pirenei ma non dalle pianure situate tra di loro. L'area di ripartizione naturale include tuttavia aree che non sono utilizzate in modo permanente: ad esempio, per le specie migratrici l'area di ripartizione comprende l'insieme delle superfici terrestri o acquatiche in cui una specie migratrice vive, o soggiorna temporaneamente, o che attraversa o sorvola in un momento qualunque della sua normale rotta migratoria 7 .

(1-10) Un'area di ripartizione naturale non è statica ma dinamica: può ridursi ed espandersi. Un'area di ripartizione naturale può costituire uno degli aspetti per la valutazione delle condizioni di un habitat o di una specie. Se l'area di ripartizione naturale non è di dimensioni sufficienti a consentire l'esistenza a lungo termine di quell'habitat o di quella specie, gli Stati membri sono invitati a definire un valore di riferimento per un'area di ripartizione naturale che consenta condizioni soddisfacenti e ad adoperarsi a tale scopo, per esempio favorendo l'espansione dell'area attuale.

(1-11) Quando una specie o un habitat si diffonde autonomamente in una nuova area o un nuovo territorio, o quando una specie è stata reintrodotta nella sua precedente area di ripartizione naturale (in conformità delle norme di cui all'articolo 22 della direttiva Habitat), tale territorio deve essere considerato parte dell'area di ripartizione naturale. Allo stesso modo, ripristinare o ricreare o gestire aree di habitat, come pure certe pratiche agricole e silvicole, può contribuire all'espansione di un'area di ripartizione naturale di un habitat o di una specie. Tuttavia gli esemplari o le popolazioni selvatiche di una specie animale introdotti deliberatamente o accidentalmente dall'uomo in luoghi in cui non hanno mai vissuto naturalmente, o dove non si sarebbero diffusi naturalmente in un futuro prevedibile, dovrebbero essere considerati al di fuori della loro area di ripartizione naturale e di conseguenza esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva.

2. ARTICOLO 12

Testo dell'articolo 12

Articolo 12

1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all'allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di:

a) qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell'ambiente naturale;

b) perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;

c) distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell'ambiente naturale;

d) deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo.

2. Per dette specie gli Stati membri vietano il possesso, il trasporto, la commercializzazione ovvero lo scambio e l'offerta a scopi commerciali o di scambio di esemplari presi dall'ambiente naturale, salvo quelli legalmente raccolti prima della messa in applicazione della presente direttiva.

3. I divieti di cui al paragrafo 1, lettere a) e b) e al paragrafo 2 sono validi per tutte le fasi della vita degli animali ai quali si applica il presente articolo.

4. Gli Stati membri instaurano un sistema di sorveglianza continua delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell'allegato IV, lettera a). In base alle informazioni raccolte, gli Stati membri intraprendono le ulteriori ricerche o misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione.

(2-1)    L'articolo 12 riguarda la tutela delle specie elencate nell'allegato IV, lettera a). L'articolo si applica in tutta l'area di ripartizione naturale delle specie all'interno dell'UE e mira ad affrontare le minacce dirette a loro, piuttosto che ai loro habitat, ad eccezione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d).

(2-2)    L'allegato IV, lettera a), comprende un'ampia varietà di specie, dai grandi vertebrati ampiamente diffusi ai piccoli invertebrati con aree di ripartizione molto ridotte. Alcune specie sono inoltre elencate nell'allegato II e quindi beneficiano anche di misure volte alla conservazione dei loro habitat all'interno di zone speciali di conservazione (articoli da 3 a 10). Altre, tuttavia, figurano solo nell'allegato IV, lettera a), il che significa che per loro l'articolo 12 (per le specie animali) e l'articolo 13 (per le specie vegetali) stabiliscono le principali disposizioni per raggiungere l'obiettivo di conservazione della direttiva indicato nell'articolo 2.

(2-3)    Prima di esaminare in dettaglio le disposizioni dell'articolo 12, vale la pena ricordare alcune considerazioni giuridiche generali che sono state formulate dalla CGUE.

2.1. Considerazioni giuridiche generali

Il recepimento dell'articolo 12 nel diritto nazionale deve essere completo, chiaro e preciso. Le disposizioni nazionali devono essere sufficientemente specifiche per soddisfare i requisiti della direttiva.

(2-4)    L'attuazione effettiva dell'articolo 12 della direttiva Habitat richiede un recepimento completo, chiaro e preciso da parte degli Stati membri. Secondo la giurisprudenza consolidata, "le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire pienamente la certezza del diritto" 8 .

(2-5) Secondo la Corte, "è vero che la trasposizione nel diritto interno di una direttiva non esige necessariamente una riproduzione formale e letterale del suo contenuto in una disposizione di legge espressa e specifica e può trovare realizzazione, in forza del suo contenuto, in una situazione giuridica generale, ma solo a condizione che quest'ultima garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in maniera sufficientemente chiara e precisa" 9 . La Corte ha costantemente affermato che, per garantire l'esigenza di certezza del diritto, i singoli dovrebbero poter contare su una situazione giuridica chiara e precisa, che consenta loro di sapere esattamente quali sono i loro diritti e di difenderli, se del caso, dinanzi ai giudici nazionali 10 .

La legislazione può sancire vari tipi di restrizioni in forme diverse. Tuttavia, qualunque sia la forma utilizzata, questa deve essere sufficientemente chiara, precisa e rigorosa. Per esempio, il divieto di utilizzo dei prodotti fitosanitari laddove è probabile che produca effetti nocivi sull'equilibrio della natura è stato ritenuto non esprimere, in modo sufficientemente chiaro, preciso e rigoroso, la necessità di vietare il deterioramento dei siti di riproduzione o delle aree di riposo degli animali tutelati di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera d) 11 .

(2-6)    Qualsiasi disposizione che stabilisca un quadro di tutela rigorosa dovrebbe riferirsi specificamente alle specie di cui all'allegato IV e soddisfare tutte le prescrizioni di cui all'articolo 12. La Corte 12 ne ha sottolineato l'importanza nella causa Caretta caretta (tartaruga marina). Il governo ellenico, invitato dalla Corte a precisare le disposizioni vigenti del proprio ordinamento giuridico "che riteneva idonee a soddisfare le esigenze imposte dall'art[icolo] 12 [...] si è limitato ad elencare una serie di atti legislativi, regolamentari ed amministrativi, senza indicare alcuna specifica disposizione idonea a soddisfare le dette esigenze".

Dato il carattere specifico dell'articolo 12, la Corte ha stabilito che le disposizioni legislative o amministrative di carattere generale, ad esempio una semplice ripetizione della formulazione dell'articolo 12 nella legislazione nazionale, non sempre soddisfano le esigenze di protezione delle specie o garantiscono l'effettiva attuazione dell'articolo 12. Il recepimento formale dell'articolo 12 nella legislazione nazionale non è di per sé sufficiente a garantire la sua efficacia. Deve essere completato da ulteriori disposizioni di attuazione per garantire una rigorosa tutela basata sulle particolarità, le minacce e i problemi specifici affrontati dalle specie o dai gruppi di specie di cui all'allegato IV.

(2-7)    Nel recepire la direttiva gli Stati membri devono rispettare il significato dei termini e dei concetti utilizzati dalla stessa per garantirne l'uniformità di interpretazione e applicazione 13 . Ciò implica anche che le misure nazionali di recepimento dovrebbero garantire la piena applicazione della direttiva senza modificarne i termini, applicare selettivamente le sue disposizioni o aggiungere deroghe o condizioni supplementari non previste dalla direttiva 14 .

Come ha osservato la Corte, "l'accuratezza del recepimento è particolarmente importante in un caso, come quello di specie, in cui la gestione del patrimonio comune è affidata, per il loro territorio, agli Stati membri […]. Ne consegue che, nell'ambito della direttiva [H]abitat, che stabilisce norme complesse e tecniche nel settore del diritto ambientale, gli Stati membri sono particolarmente tenuti a fare in modo che la loro normativa destinata al recepimento di tale direttiva sia chiara e precisa" 15 .

Per esempio, si ritiene che il recepimento dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), che vieta solo il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo che sono "chiaramente percepibili" o "perfettamente noti e identificati come tali", o che vieta solo il deterioramento o la distruzione deliberati dei siti di riproduzione o delle aree di riposo 16 , modifichi la sostanza dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), e ne limiti l'ambito di applicazione. Questa disposizione impone agli Stati membri di proibire la distruzione, deliberata o meno, di tutti i siti di riproduzione e di riposo, e non solo quelli ben noti. Essa esclude inoltre l'esenzione degli atti leciti dal divieto di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera d). Questo tipo di recepimento è quindi incompatibile con l'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), poiché non vieta la distruzione, deliberata o meno, di tutti i siti di riproduzione e di riposo.

(2-8)    Inoltre semplici prassi amministrative, per natura modificabili a piacimento dell'amministrazione, non possono essere considerate valido adempimento dell'obbligo imposto agli Stati membri, destinatari di una direttiva, dall'articolo 189 del trattato 17 . Un altro procedimento giudiziario ha rafforzato tale decisione 18 . La sola esistenza di una giurisprudenza nazionale, senza una specifica disposizione di legge, non può essere considerata un valido adempimento dell'obbligo di recepire pienamente una direttiva. Per contro, "un inadempimento può derivare dall'esistenza di una prassi amministrativa che viola il diritto comunitario, anche se la normativa nazionale vigente è, di per sé, compatibile con tale diritto" 19 .

1 - Giurisprudenza della CGUE: la causa Caretta caretta (tartaruga marina) di Zante

Quella nella causa Caretta caretta (Commissione/Grecia, causa C-103/00) è stata la prima sentenza sull'applicazione dell'articolo 12 della direttiva Habitat per una specie specifica. Prima di tale sentenza, la Corte non aveva mai dato un'interpretazione sull'applicazione e la portata di tale articolo.

La tartaruga marina (Caretta caretta) figura negli allegati II e IV della direttiva Habitat quale specie animale di interesse comunitario che richiede una rigorosa tutela. Il golfo di Laganas, sull'isola di Zante, è il più importante sito di riproduzione di questa tartaruga nel Mediterraneo ed è anche un sito Natura 2000.

Nel 1998 varie organizzazioni non governative hanno denunciato i molteplici problemi che incombono sulla specie a Zante, compresi l'uso incontrollato delle spiagge dell'isola e del mare circostante per attività legate al turismo, la costruzione abusiva di edifici, l'uso di ciclomotori sulle spiagge e altre attività con impatti potenzialmente negativi su queste tartarughe.

La Commissione ha chiesto alle autorità greche di fornire informazioni sui provvedimenti presi per proteggere la specie sull'isola. Sulla base di queste informazioni e delle constatazioni dei servizi della Commissione durante le visite di ispezione, è stata avviata una procedura di infrazione ai sensi dell'articolo 258 TFUE, in quanto la Grecia non aveva adempiuto gli obblighi di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e d), della direttiva Habitat. Nel corso del procedimento precontenzioso, le autorità greche hanno sostenuto che erano stati adottati o stavano per essere adottati e attuati tutti i provvedimenti atti a garantire la tutela della tartaruga.

A seguito di una valutazione aggiornata da parte della Commissione nel 1999, la situazione è stata ritenuta ancora inadeguata e il caso è stato deferito alla Corte di giustizia. Più specificamente, la Commissione ha sostenuto che la Grecia aveva violato l'articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e d), della direttiva Habitat, in primo luogo non adottando un quadro giuridico volto a garantire la rigorosa tutela della Caretta caretta da qualsiasi perturbazione deliberata durante il periodo di riproduzione e da qualsiasi deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione e, in secondo luogo, non adottando provvedimenti concreti ed efficaci sul campo per evitare tali problemi.

Il 30 gennaio 2002 la Corte ha accolto le argomentazioni della Commissione e ha condannato la Grecia per non aver istituito e attuato un regime efficace di rigorosa tutela della tartaruga marina Caretta caretta a Zante. In particolare, le autorità greche non avevano adottato i provvedimenti necessari per evitare la perturbazione della specie nel periodo di riproduzione e per impedire attività potenzialmente in grado di deteriorare o distruggere i suoi siti di riproduzione.

Dopo la seconda sentenza è stato istituito un nuovo consiglio di gestione per sorvegliare le spiagge di riproduzione e fare da collegamento con le autorità locali (prefettura, comuni, polizia, autorità portuale, autorità per i terreni pubblici). Sono stati inoltre firmati dei codici di condotta con le ONG, gli operatori economici e i proprietari terrieri. In seguito alla valutazione dei nuovi provvedimenti adottati per tutelare la specie, la Commissione ha ritenuto che la Grecia si fosse conformata alla sentenza della Corte e il 27 giugno 2007 ha deciso di archiviare il procedimento.

2.2. Provvedimenti necessari per un regime di rigorosa tutela

(2-9)    L'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva Habitat obbliga gli Stati membri ad adottare "i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime [efficace] di rigorosa tutela" delle specie di cui all'allegato IV nella loro area di ripartizione naturale. La formulazione impiegata solleva diversi dubbi circa la definizione di alcuni termini. Pur stabilendo chiaramente i divieti, la direttiva non definisce in dettaglio per esempio cosa si intende per provvedimenti "necessari" o per un "regime" di rigorosa tutela.

(2-10) È dunque importante ricordare che l'interpretazione e l'attuazione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a d), dovrebbero tenere conto dell'obiettivo della direttiva quale stabilito all'articolo 2. La direttiva concede quindi un certo margine di manovra agli Stati membri nell'istituire un "regime" di rigorosa tutela delle specie elencate nell'allegato IV. Tuttavia questo potere discrezionale è soggetto a limitazioni e deve rispettare una serie di requisiti minimi, come illustrato di seguito.

2.2.1.Provvedimenti atti a istituire e attuare in modo efficace un regime di rigorosa tutela

La piena ed efficace applicazione dell'articolo 12 richiede: 1) l'istituzione di un quadro giuridico coerente per il regime di rigorosa tutela; 2) provvedimenti concreti per garantirne l'effettivo rispetto sul campo; e 3) l'applicazione di un insieme di provvedimenti coerenti e coordinati di natura preventiva.

(2-11)    La piena ed efficace applicazione dell'articolo 12 richiede, da un lato, l'istituzione di un quadro giuridico coerente, ossia l'adozione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative specifiche per vietare effettivamente le attività indicate all'articolo 12, e, dall'altro, l'applicazione di provvedimenti concreti per garantire il rispetto di queste disposizioni sul campo ai fini della tutela delle specie elencate nell'allegato IV. Questa doppia garanzia è fondamentale per l'applicazione dell'articolo 12.

La Corte ha confermato tale approccio nelle cause C-103/00 (relativa alla tutela della Caretta caretta a Zante 20 ), C-518/04 (relativa alla tutela della Vipera schweizeri a Milo 21 ), C-183/05 (relativa alla tutela di diverse specie dell'allegato IV in Irlanda 22 ), C-383/09 (relativa alla tutela del Cricetus cricetus in Francia 23 ) e C-504/14 (relativa alla tutela della Caretta caretta nella zona di Kyparissia 24 ).

(2-12) Quindi l'articolo 12, paragrafo 1, richiede sia l'istituzione sia l'attuazione di un regime di rigorosa tutela che vieti effettivamente le attività ivi elencate. Un adeguato regime di rigorosa tutela delle specie di cui all'allegato IV richiede quindi anche un insieme di provvedimenti coerenti e coordinati di natura preventiva. Ciò dovrebbe valere anche, se del caso, per il coordinamento transfrontaliero tra Stati membri limitrofi, in particolare quando condividono la stessa popolazione di una specie protetta.

Nella causa Cricetus cricetus (C-383/09) la Corte ha dichiarato che la trasposizione della disposizione di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), impone, oltre all'adozione di un contesto normativo completo, l'attuazione di misure di tutela concrete e specifiche e l'adozione di misure di prevenzione coerenti e coordinate 25 (cfr. anche la causa C‑518/04 26 e la causa C‑183/05 27 ). Un tale regime di rigorosa tutela deve quindi consentire di evitare efficacemente il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo delle specie animali di cui all'allegato IV, lettera a), della direttiva Habitat (cfr. causa C‑103/00 28 ).

Nella causa Skydda Skogen (C‑473/19 e C‑474/19), la Corte ha confermato che è effettivamente importante, ai fini della realizzazione degli obiettivi della direttiva Habitat, che le autorità competenti siano in grado di prevedere le attività che sarebbero dannose per le specie protette da tale direttiva, indipendentemente dal fatto che l'oggetto dell'attività in questione consista o meno nell'uccisione o nella perturbazione di tali specie 29 .

(2-13) Ciò deriva direttamente dall'espressione "regime di rigorosa tutela" e tiene anche conto della necessità di stabilire un legame tra i provvedimenti adottati e gli obiettivi dell'articolo 12 e della direttiva in generale. Tali provvedimenti devono contribuire all'obiettivo di conservare la specie a lungo termine o di ripristinarne la popolazione nel suo habitat, e devono essere fatti rispettare efficacemente.

Questa interpretazione è confermata dai considerando 3 30 e 15 31 della direttiva, che fanno riferimento alla promozione delle attività umane e alle misure di gestione come necessarie per mantenere o ripristinare le specie in uno stato di conservazione soddisfacente. Di per sé, i considerando non hanno alcun effetto giuridico vincolante e non possono mai prevalere sulle disposizioni sostanziali della direttiva, ma danno una chiara indicazione degli intenti. Così, anche se la Corte non li utilizza per fondare direttamente una sentenza, visti e considerando sono comunque spesso utilizzati come aiuto nell'interpretazione delle disposizioni sostanziali del diritto secondario 32 .

(2-14) La necessità di provvedimenti concreti, coerenti e coordinati di natura preventiva per attuare il requisito di rigorosa tutela delle specie di cui all'allegato IV non implica necessariamente la creazione di nuove strutture o procedure di autorizzazione a livello nazionale. Ad esempio, per quanto riguarda i progetti che potrebbero interessare una specie di cui all'allegato IV, gli Stati membri possono adattare le procedure di pianificazione esistenti affinché soddisfino le prescrizioni dell'articolo 12. Ciò significa che, in uno Stato membro, la valutazione dell'impatto sulle specie e sui loro siti di riproduzione e aree di riposo può essere integrata nei processi decisionali esistenti a vari livelli, comprese, per esempio, le decisioni di riassetto del territorio o le procedure di valutazione dell'impatto ambientale per piani e progetti.

Per quanto riguarda le attività continuative, gli Stati membri possono utilizzare procedure di pianificazione, normative o codici di migliori pratiche (che devono essere sufficientemente dettagliati e chiari) come strumenti per attuare le disposizioni dell'articolo 12. Tuttavia, come esposto nella sezione 2.3.4., tali approcci e strumenti vanno a integrare, piuttosto che a sostituire, la tutela legale formale.

2 - Esempi di buone pratiche Autorizzazione ambientale dei progetti, valutazione dell'impatto e rigorosa tutela delle specie in Francia

Dal 2017 il codice ambientale francese (articolo L181-1) prevede che per i progetti che hanno un impatto sull'ambiente sia necessario ottenere un'autorizzazione ambientale (la nomenclatura indica i tipi di progetti interessati). L'obiettivo dell'autorizzazione è garantire che i progetti siano conformi alle normative ambientali pertinenti (acqua, rischi ambientali, biodiversità, paesaggio, ecc.), comprese le disposizioni sulla rigorosa tutela delle specie ai sensi della direttiva Habitat.

In questo contesto, è necessaria una valutazione dell'impatto, basata su studi ecologici, che può a sua volta aiutare a definire i provvedimenti necessari per evitare e ridurre gli impatti sulle specie protette. Di fatto, il primo obiettivo è quello di rispettare i divieti relativi alle specie protette. Se questo non è possibile, ed è dunque necessaria una deroga al regime di rigorosa tutela, deve essere condotto uno studio approfondito che dimostri il rispetto delle condizioni per la concessione di una deroga. Il caso è valutato dal consiglio nazionale per la tutela della natura. L'autorizzazione ambientale può essere concessa solo se il progetto è pienamente conforme a tutte le normative ambientali pertinenti.

Una volta autorizzato, il progetto è sottoposto a controlli amministrativi e sul campo, per verificare che le disposizioni dell'autorizzazione siano rispettate.

2.2.2. Provvedimenti atti a garantire uno stato di conservazione soddisfacente

I provvedimenti di rigorosa tutela adottati ai sensi dell'articolo 12 devono contribuire al raggiungimento dell'obiettivo principale della direttiva, ossia il mantenimento o il ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente.

(2-15)    L'interpretazione dell'articolo 12 deve prendere in considerazione l'obiettivo della direttiva Habitat di cui all'articolo 2, che si applica indistintamente agli habitat e alle specie elencati in tutti gli allegati. Di conseguenza i provvedimenti di rigorosa tutela adottati ai sensi dell'articolo 12 dovrebbero garantire il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle specie di interesse comunitario di cui all'allegato IV, oppure contribuire a detto mantenimento o ripristino.

(2-16)    L'articolo 12 deve inoltre essere interpretato alla luce dell'articolo 1, lettera i), che definisce lo stato di conservazione soddisfacente di una specie. Ciò implica che i provvedimenti da adottare devono essere decisi in base alle circostanze particolari di ogni situazione e tenendo conto della specificità di ogni specie. Per esempio, le caratteristiche di una specie, come il suo stato di conservazione, possono giustificare provvedimenti di tutela più specifici o intensi.

Nella causa Cricetus cricetus (C-383/09, punti 37 e 25), la Corte ha dichiarato che i provvedimenti attuati "non erano sufficienti ad evitare concretamente il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo del criceto comune". La Corte ha ritenuto che "[n]onostante l'applicazione dei provvedimenti indicati nel progetto di ripristino in favore del [criceto comune] (2007‑2011) e nonostante gli impegni di ognuna delle parti coinvolte nella salvaguardia della specie, i risultati biologici ottenuti ad oggi sono insufficienti ai fini della salvaguardia di tale specie in Francia". Pertanto "è tassativo che le disposizioni in favore del criceto comune siano nettamente e rapidamente migliorate al fine di ottenere a breve termine risultati biologici che attestino il ripristino della specie". Ciò significa che il regime di rigorosa tutela deve essere adattato alle necessità e allo stato di conservazione della specie.

3 - Orientamenti complementari: piani d'azione dell'UE per specie selezionate

Dal 2008 la Commissione europea ha sostenuto lo sviluppo di diversi piani d'azione dell'UE per specie selezionate elencate nella direttiva Habitat. I piani sono destinati a essere utilizzati come strumento per individuare e rendere prioritari i provvedimenti atti a ripristinare le popolazioni di queste specie in tutta la loro area di ripartizione all'interno dell'UE. Essi forniscono informazioni sullo stato, l'ecologia, le minacce e le attuali misure di conservazione per ogni specie ed elencano le azioni chiave che sono necessarie per migliorare il loro stato di conservazione negli Stati membri dell'UE e per conformarsi ad altre normative dell'UE pertinenti. Ogni piano è il risultato di un ampio processo di consultazione con i singoli esperti dell'UE:

- piano d'azione per la conservazione del rospo ostetrico comune nell'UE;

- piano d'azione per la conservazione della farfalla Colias myrmidone nell'UE;

- piano d'azione per la conservazione dello scoiattolo di terra europeo nell'UE;

- piano d'azione per la conservazione di tutte le specie di pipistrelli nell'UE (2018-2024);

- piano d'azione paneuropeo per lo storione.

I piani sono destinati ad assistere gli Stati membri nella conservazione di queste specie, anche se non sono documenti giuridicamente vincolanti e non impongono agli Stati membri impegni supplementari rispetto a quelli legali previsti dalla direttiva.

I piani d'azione preparati sono disponibili all'indirizzo: http://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/action_plans/index_en.htm.

4 - Buone pratiche: conservazione dell'orso cantabrico in Spagna

In Spagna esistono tre grandi carnivori: la lince iberica (Lynx pardinus), l'orso bruno (Ursus arctos) e il lupo (Canis lupus). Come in altri paesi europei, le ultime due specie sono perseguitate da secoli.

A metà del XX secolo la popolazione di orsi della cordigliera cantabrica era composta da appena 60‑70 esemplari, divisi in due sottopopolazioni. Un'altra piccola popolazione di 20-30 esemplari viveva nei Pirenei. La strategia spagnola per la conservazione dell'orso cantabrico è stata adottata nel 1999 e aggiornata nel 2019. La strategia per le popolazioni di orsi dei Pirenei (reintrodotte nei Pirenei francesi con alcuni esemplari anche sul versante spagnolo) è stata approvata nel 2007. Tra le altre cose, queste strategie includono misure di attuazione dell'articolo 12 della direttiva Habitat.

Nel 1992 è stato approvato il primo progetto LIFE per il recupero delle due sottopopolazioni della cordigliera cantabrica. Da allora su tutta l'area di distribuzione nel nord della penisola iberica sono stati condotti 26 progetti incentrati direttamente o indirettamente sugli orsi. Questi progetti riguardavano per lo più la cordigliera cantabrica e la Galizia, e alcuni i Pirenei. L'obiettivo era quello di migliorare l'habitat, porre fine al bracconaggio, ottenere il sostegno e il coinvolgimento delle popolazioni e degli attori locali attraverso la sensibilizzazione, migliorare la connettività tra le popolazioni, lottare contro l'avvelenamento e incoraggiare l'espansione delle popolazioni.

Grazie all'appoggio del governo nazionale, di quello regionale e delle ONG, i progetti nella cordigliera cantabrica hanno avuto un notevole successo. Anche l'atteggiamento degli abitanti nei confronti dell'orso è migliorato e il bracconaggio è ormai quasi completamente scomparso. La popolazione attuale è stimata a 270-310 orsi 33 ed è in crescita.

2.2.3. Provvedimenti relativi alle situazioni descritte nell'articolo 12

I provvedimenti da adottare ai sensi dell'articolo 12 sono limitati dal contenuto dei divieti e degli altri obblighi prescritti da tale articolo. Ciò può includere l'adozione e l'attuazione di misure preventive che anticipano e affrontano le minacce e i rischi che una specie può incontrare.

(2-17)    La portata e il tipo di provvedimenti adottati per istituire un regime di rigorosa tutela sono limitati dall'elenco dei divieti e degli altri obblighi di cui all'articolo 12 (si veda anche la sezione 2.3). Di conseguenza i provvedimenti adottati devono riguardare azioni che minacciano le specie stesse (articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), e articolo 12, paragrafi 2, 3 e 4) o elementi definiti dei loro habitat (articolo 12, paragrafo 1, lettera d)). L'articolo 12, paragrafo 1, non obbliga, da solo o in combinazione con l'articolo 2, gli Stati membri ad adottare misure proattive di gestione degli habitat 34 , ma si limita a imporre l'adozione di provvedimenti atti a vietare efficacemente tutte le attività elencate nello stesso. Inoltre, ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 4, "gli Stati membri intraprendono le ulteriori ricerche o misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione".

(2-18) Per le diverse specie elencate nell'allegato IV, e per situazioni diverse, possono essere necessari tipi di provvedimenti diversi, che possono variare in funzione delle diverse esigenze ecologiche delle specie e dei problemi specifici e delle minacce che interessano le specie o i gruppi di specie. Spetta alle autorità nazionali definire i provvedimenti necessari per attuare efficacemente i divieti di cui all'articolo 12, paragrafo 1, e per garantire una rigorosa tutela delle specie.

(2-19) Gli Stati membri hanno quindi l'obbligo sia di introdurre un divieto nella legislazione (in conformità dell'articolo 12, paragrafo 1), sia di far rispettare e attuare efficacemente tale divieto, anche mediante misure preventive (come la sensibilizzazione sui divieti in vigore, la sorveglianza, ecc.). È anche evidente dalla formulazione dell'articolo 12 e dell'articolo 1, lettera i), come pure dall'obiettivo di "mantenere" uno stato di conservazione soddisfacente, che gli Stati membri sono vincolati dai loro obblighi ai sensi dell'articolo 12 anche prima che sia stata confermata una riduzione dei numeri delle specie o che il rischio di scomparsa di una specie protetta sia diventato realtà 35 . Anche se lo stato di conservazione di una specie è soddisfacente ed è probabile che lo rimanga in un futuro prevedibile, gli Stati membri dovrebbero anche adottare misure preventive per proteggere la specie dalle attività elencate nell'articolo 12.

In effetti la CGUE ha chiarito che "l'attuazione del regime di protezione prescritto dall'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva 'habitat' non è subordinata alla condizione che una determinata attività possa avere un impatto negativo sullo stato di conservazione della specie animale interessata" 36 e che "la protezione offerta da tale disposizione non cessa di applicarsi alle specie che hanno raggiunto uno stato di conservazione soddisfacente" 37 . Inoltre "l'attuazione del regime di protezione prescritto dall'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva, non dipendendo dal numero di esemplari della specie interessata, non può essere subordinata [...] al rischio di un impatto negativo sullo stato di conservazione di tale specie" 38 .

(2-20)    Questo punto di vista è sostenuto dalle cause C-103/00, C-518/04, C-183/05 e C‑383/09, nelle quali la Corte ha sottolineato l'importanza del carattere preventivo dei provvedimenti adottati 39 . La Corte ha respinto l'argomentazione del governo greco secondo cui era necessario provare una diminuzione del numero di nidi per dimostrare l'assenza di una rigorosa tutela della Caretta caretta. Secondo la Corte, "[l]a circostanza che non risulti una diminuzione del numero di nidi di tale specie nel corso degli ultimi 15 anni non è atta, di per sé, ad inficiare tale constatazione", ossia l'assenza di un regime di rigorosa tutela per la Caretta caretta.

La Corte ha sostenuto che la trasposizione dell'articolo 12 impone agli Stati membri non solo l'adozione di un contesto normativo completo, bensì anche l'attuazione di misure di tutela pratiche e specifiche in tal senso e che il regime di rigorosa tutela presuppone l'adozione di misure coerenti e coordinate di carattere preventivo 40 . Un tale regime di rigorosa tutela deve quindi consentire di evitare efficacemente il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo delle specie animali di cui all'allegato IV, lettera a), della direttiva Habitat (cfr., a tal fine, la causa C‑103/00, Commissione/Grecia, raccolta della giurisprudenza 2002, pagina I‑1147, punto 39).

(2-21)    Tale approccio si fonda anche sull'articolo 191 TFUE, secondo il quale "[l]a politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela", nonché sui principi della precauzione e dell'azione preventiva. Le misure preventive anticipano e affrontano le minacce e i rischi che una specie può incontrare. Di conseguenza, per alcune specie, queste dovrebbero anche rientrare tra i "provvedimenti necessari" per istituire il regime di rigorosa tutela.

5 - Orientamenti complementari: esempi di misure preventive che sostengono l'effettiva attuazione "sul campo" dei divieti dell'articolo 12

·Campagne d'informazione per sensibilizzare il pubblico in generale o un pubblico mirato (per esempio i proprietari terrieri) sui requisiti di tutela di certe specie e del loro habitat, nonché dei luoghi in cui si trovano i siti di riproduzione e le aree di riposo di tali specie.

·Azione per garantire che le attività economiche pertinenti (per esempio l'agricoltura, la silvicoltura o la pesca) che possono avere un impatto sulle specie dell'allegato IV tengano conto delle considerazioni legate alla tutela delle specie per evitare gli impatti negativi di alcune pratiche di utilizzo del territorio o del mare. Nell'ambito di tale azione possono rientrare attività di formazione, codici di condotta, documenti di orientamento, l'adattamento dei piani silvicoli o agricoli o delle pratiche di pesca e le migliori pratiche o procedure amministrative.

·Prevenzione attiva di probabili perturbazioni (ad esempio limitando l'accesso alle grotte di pipistrelli durante i periodi sensibili per evitare perturbazioni o atti vandalici, oppure modificando o limitando le pratiche agricole, silvicole o di pesca).

·Individuazione di attività particolarmente dannose che devono essere soggette a permessi specifici o al controllo locale.

·Individuazione di attività potenzialmente dannose che devono essere oggetto di sorveglianza.

·Integrazione, nelle procedure di valutazione dell'impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica, di requisiti per valutare gli impatti dei progetti e dei piani sulle specie dell'allegato IV e sui loro siti di riproduzione e aree di riposo.

·Ispezioni e impiego di guardie forestali per la sorveglianza.

·Preparazione di piani nazionali di conservazione, che potrebbero stabilire in dettaglio le misure menzionate sopra e fornire orientamenti pratici alle autorità locali/regionali, ai gruppi di interesse coinvolti, ecc. sull'attuazione efficace di queste disposizioni per specie specifiche.

6 - Esempi di buone pratiche: piano nazionale di conservazione dell'orca in Spagna

Nel 2017 la Spagna ha adottato un piano di conservazione dell'orca (Orcinus orca) per lo Stretto di Gibilterra e il Golfo di Cadice, i due luoghi in cui la specie è presente nelle acque spagnole. È il primo piano di conservazione di una specie marina approvato in Spagna. Lo stato della popolazione di orche nello Stretto di Gibilterra e nel Golfo di Cadice è descritto come "vulnerabile" nel catalogo spagnolo delle specie minacciate (CEEA), ma è stato giudicato come soddisfacente dalla Spagna nella sua ultima relazione ai sensi dell'articolo 17. Il piano prevede azioni per ridurre le minacce alle orche nella zona, con l'obiettivo di garantire uno stato di conservazione soddisfacente.

Le principali minacce sono la riduzione delle prede a causa della pesca eccessiva, l'interazione con le imbarcazioni e l'inquinamento acustico e chimico. Il piano comprende quindi misure come il divieto di prospezione di petrolio e gas mediante studi sismici in alcune zone, la regolamentazione delle attività di osservazione dei cetacei, la riduzione dello sforzo di pesca per garantire risorse alimentari sufficienti per la popolazione di cetacei, la riduzione dell'inquinamento nella zona e la sorveglianza della popolazione.

Sono stati adottati anche altri atti giuridici riguardanti la protezione dei cetacei. Il regio decreto 1727/2007 istituisce misure di tutela dei cetacei che riguardano, tra l'altro, le attività di osservazione dei cetacei. Il regio decreto 699/2018 designa il corridoio di migrazione dei cetacei nel Mediterraneo come area marina protetta. Esso approva inoltre un regime di tutela preventiva e propone l'inclusione del corridoio di migrazione nell'elenco delle zone particolarmente protette di rilevanza mediterranea nel quadro della Convenzione di Barcellona.

Esistono inoltre progetti mirati, come il progetto LIFE IP INTEMARES, che attuano misure di conservazione dei cetacei, come l'analisi del traffico marino e della distribuzione dei cetacei, per ridurne la mortalità dovuta a collisione nelle acque intorno alle isole Baleari e alle Canarie. Inoltre sono state predisposte azioni per controllare le attività ricreative che comportano l'avvicinamento ai cetacei e misure per promuovere la riduzione del rumore in mare 41 .

7 - Buone pratiche: tutela delle grotte di pipistrelli in Romania

I monti Pădurea Craiului, Bi-hor e Trascău, in Romania, sono costellati di spettacolari grotte sotterranee di varie dimensioni. Tali grotte ospitano importanti colonie di diverse specie di pipistrelli che sono tutelate dalla direttiva Habitat. I pipistrelli sono molto vulnerabili a qualsiasi forma di perturbazione, specialmente durante i loro periodi di sosta e ibernazione.

Per salvaguardare i posatoi esistenti dalle perturbazioni causate dai turisti, nel 2010 è stato avviato un progetto LIFE 42 per chiudere le entrate di 15 grotte che ospitano importanti posatoi di pipistrelli (100 000 pipistrelli nella sola grotta Huda lui Papară). A tal fine all'ingresso delle grotte è stata installata una griglia appositamente progettata o una recinzione, in modo tale da controllare l'accesso umano pur consentendo ai pipistrelli di accedervi agevolmente.

È ancora possibile effettuare visite guidate a queste grotte in piccoli gruppi, ma occorre seguire un codice di condotta per evitare di disturbare i pipistrelli. All'ingresso delle grotte sono stati collocati anche dei pannelli informativi per spiegare perché le grotte sono state chiuse e quali tipi di pipistrelli vengono protetti.

2.2.4. Disposizioni dell'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a d), e dell'articolo 12, paragrafo 4, in relazione alle attività continuative

Per le attività continuative, come l'agricoltura, la silvicoltura o la pesca, la sfida è quella di applicare le disposizioni di tutela delle specie di cui all'articolo 12 in modo tale da prevenire innanzitutto qualsiasi conflitto. L'uso di strumenti come la pianificazione, i codici di condotta e le informazioni e gli orientamenti pratici possono potenzialmente soddisfare le esigenze di conservazione, tenendo conto nel contempo anche delle esigenze economiche, sociali e culturali. Tuttavia questi strumenti devono essere accompagnati da un quadro giuridico che assicuri un'adeguata applicazione da parte delle autorità di regolamentazione in caso di non conformità. In caso di perturbazione non deliberata o di uccisione accidentale di singoli esemplari durante le attività continuative si deve applicare l'articolo 12, paragrafo 4.

(2-22) Mentre l'applicazione delle normative di tutela può essere chiaramente collegata alle procedure di approvazione dei progetti (ad esempio per progetti di edilizia e infrastrutture), la loro applicazione nel caso di attività ricorrenti e diffuse, come agricoltura, silvicoltura o pesca 43 , può essere una questione più complessa.

La direttiva si applica comunque anche a queste attività. Di fatto la CGUE ha chiarito che i divieti dell'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva Habitat possono applicarsi a un'attività, come la silvicoltura o l'uso del suolo, il cui scopo sia chiaramente diverso dalla cattura o dall'uccisione, oppure dalla perturbazione di specie animali o dalla distruzione o raccolta deliberata di uova 44 . Per analogia, lo stesso vale per il divieto di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva Habitat.

Gli Stati membri devono quindi garantire il rispetto dei loro obblighi di tutela delle specie di cui all'allegato IV anche nel caso di attività continuative. Questo non significa necessariamente che devono essere introdotte nuove strutture o procedure di autorizzazione a livello nazionale. È molto probabile che negli Stati membri siano in vigore procedure di pianificazione, normative o codici di buone pratiche che potrebbero essere adattati al fine di integrare le disposizioni dell'articolo 12. Tuttavia, indipendentemente dall'approccio scelto per applicare le prescrizioni dell'articolo 12 alle attività continuative (creazione di un nuovo meccanismo o adeguamento dei meccanismi esistenti), gli Stati membri devono garantire che i requisiti di rigorosa tutela siano adeguatamente soddisfatti. Poiché l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca differiscono significativamente su questo punto, ognuna di esse è discussa separatamente di seguito.

(2-23)    Per quanto riguarda l'agricoltura 45 , alcuni Stati membri hanno optato per misure preventive per garantire il rispetto dell'articolo 12. Tra queste possono figurare, per esempio, l'elaborazione di orientamenti e codici di condotta (anche se non sono giuridicamente vincolanti) che siano sufficientemente dettagliati e chiari. È utile osservare che le norme di base sulle pratiche agricole spesso includono la tutela di alcuni elementi paesaggistici (come siepi, stagni, ecc.) che potrebbero anche costituire habitat per le specie elencate nell'allegato IV. La gamma di specie interessate è tuttavia molto ampia e, in alcuni casi, gli Stati membri hanno ritenuto opportuno redigere orientamenti più dettagliati per specie specifiche.

La direttiva impone tuttavia che tali approcci e strumenti vadano a integrare, piuttosto che a sostituire, la tutela legale formale, vale a dire che se questi strumenti (ad esempio i codici di condotta, le migliori pratiche) sono ignorati o non adeguatamente attuati, devono esistere procedure giuridiche per far rispettare efficacemente il regime di rigorosa tutela delle specie di cui all'articolo 12.

(2-24)    In questo contesto occorre sottolineare che la presenza di specie protette nei terreni agricoli è spesso il risultato di un riassetto e di pratiche agricole tradizionali, di solito di natura estensiva. Laddove le pratiche di riassetto del territorio sono chiaramente favorevoli allo stato di conservazione di una specie in esame, è ovvio che la continuazione di tali pratiche dovrebbe essere incoraggiata. Oltre alle prescrizioni dell'articolo 12, paragrafo 1, occorre sorvegliare e valutare la cattura o l'uccisione accidentale di specie animali protette legate a tali attività continuative ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 4.

(2-25)    L'applicazione dell'articolo 12 alla silvicoltura è per certi aspetti più complessa, in quanto è più probabile che gli alberi da raccogliere costituiscano essi stessi l'habitat (sito di riproduzione o area di riposo) delle specie dell'allegato IV interessate. Le caratteristiche specifiche del settore, ossia i lunghi cicli di produzione e, di conseguenza, la necessità di una pianificazione a lungo termine, si aggiungono alle sfide speciali della conservazione delle specie nelle foreste.

Nella ricerca di pratiche di gestione forestale sostenibile che siano coerenti con i requisiti di conservazione, per far fronte alla questione gli Stati membri hanno adottato approcci di vario tipo, che spaziano dalla pianificazione silvicola dettagliata e l'approvazione preventiva dei piani di gestione delle foreste, o dei codici generali di buone pratiche, fino alla notifica preventiva delle proposte di abbattimento per permettere alle autorità ambientali di intervenire laddove possono essere coinvolte popolazioni note di specie protette.

Come nel caso delle pratiche agricole, questi approcci preventivi possono garantire la tutela delle specie interessate, a condizione che siano comunicati efficacemente e attuati con buona volontà e risorse sufficienti. Gli incentivi economici possono aiutare a promuovere l'accettazione di un tale approccio, come nel caso dei sistemi di certificazione delle foreste, che possono richiedere il rispetto di alcune disposizioni di protezione ambientale, compresa la tutela della biodiversità e delle specie. Naturalmente gli approcci possono dover essere adattati per conformarsi ai requisiti di tutela delle specie dell'allegato IV. Tali approcci non forniscono tuttavia una garanzia assoluta, tranne quando è obbligatoria la piena approvazione preventiva dei piani di gestione delle foreste, e devono quindi (come indicato sopra) essere supportati da un regime di tutela legale applicabile.

(2-26) Le misure silvicole sarebbero anche conformi all'articolo 12, se pianificate in modo da evitare l'insorgere di una delle situazioni specificate in tale articolo. Un approccio preventivo adeguato che esclude qualsiasi pratica silvicola dannosa quando la specie è più vulnerabile, per esempio durante la riproduzione, potrebbe evitare conflitti con i divieti dell'articolo 12. Al di fuori del periodo riproduttivo, i provvedimenti richiesti dall'articolo 12 dovrebbero essere individuati caso per caso, in base alle esigenze ecologiche delle specie, idealmente nel quadro dei piani di gestione delle foreste 46 e con l'obiettivo di evitare qualsiasi deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo.

La CGUE ha chiarito che le attività forestali dovrebbero basarsi su un approccio preventivo che tenga conto delle esigenze di conservazione delle specie interessate ed essere programmate e realizzate in modo da non violare i divieti derivanti dall'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva Habitat, pur tenendo conto, come risulta dall'articolo 2, paragrafo 3, della direttiva, delle esigenze economiche, sociali, culturali, regionali e locali 47 . Per analogia, lo stesso vale per il divieto di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva Habitat.

8 - Esempi di buone pratiche: conservazione dei pipistrelli nelle foreste, Germania

Nel 2000 l'associazione tedesca per la conservazione del paesaggio (un'organizzazione ombrello in cui gli utilizzatori dei terreni, come agricoltori e silvicoltori, cooperano con ambientalisti e politici locali) ha svolto un progetto di ricerca e sviluppo sull'ecologia dei pipistrelli nelle foreste, coinvolgendo 50 esperti a livello nazionale. I risultati del progetto sono stati trasformati in una serie di raccomandazioni per i gestori delle foreste che è stata pubblicata dall'ente federale per la conservazione della natura. Una delle raccomandazioni, per esempio, riguarda la necessità di offrire un numero sufficiente di posatoi a una comunità naturale di specie di pipistrelli per cui si raccomanda che un popolamento forestale commerciale di 120 anni deve fornire in modo permanente da 25 a 30 cavità di alberi per ettaro di bosco adatto. Ciò equivale a una densità media di 7-10 alberi posatoio per ettaro.

Da allora diversi Länder (Baviera, Berlino, Saarland, Schleswig-Holstein) hanno anche raccomandato, come buona pratica, la conservazione di fino a 10 vecchi alberi per ettaro.

9 - Esempi di buone pratiche: protezione dei pipistrelli in Castiglia e León, Spagna

Dal 1997 al 2000 il governo regionale della Castiglia e León ha svolto un progetto LIFE per la tutela di diverse specie di pipistrelli (LIFE96 NAT/E/003081). I risultati principali sono stati un inventario e una mappatura della distribuzione dei pipistrelli nella regione, insieme all'installazione di 5 000 rifugi artificiali per i pipistrelli della foresta e l'integrazione della conservazione dei pipistrelli in altre attività socioeconomiche. Come seguito di questo progetto, il governo regionale ha redatto due manuali: uno per la conservazione delle singole specie e un secondo che elenca i provvedimenti che devono essere applicati affinché la gestione delle foreste sia compatibile con la conservazione degli uccelli e dei pipistrelli associati alle foreste. Nel 2011 è stata adottata una seconda guida metodologica sulla pianificazione delle foreste nei siti Natura 2000.

Il manuale di "gestione compatibile" include misure quali:

1.nelle aree forestali utilizzate come rifugio da specie di pipistrelli della foresta deve essere lasciato un ambiente di tutela minimo di 15 ettari, che deve includere il gruppo di alberi selezionati dai pipistrelli che vengono poi protetti;

2.nelle aree in cui vi sono prove della presenza di queste specie, gli alberi che potrebbero essere o diventare potenziali rifugi per pipistrelli devono essere censiti, contrassegnati e conservati;

3.la presenza di esemplari di pipistrelli della foresta deve essere verificata prima delle operazioni di marcatura;

4.il mosaico di foreste e habitat associati deve essere mantenuto al livello del paesaggio, considerando che le foreste a prevalenza di latifoglie sono le più adatte alla conservazione dei pipistrelli, così come i gruppi di alberi maturi di 10-15 ettari.

Nel 2015 è stata adottata un'ordinanza (ORDEN FYM/775/2015) in cui sono stati approvati i piani di conservazione di tutti i siti Natura 2000, insieme ai piani per i loro tipi di habitat e specie, compresi i piani individualizzati per ogni specie di pipistrello 48 .

10 - Giurisprudenza della CGUE: causa Skydda Skogen - disboscamento

Cause riunite C‑473/19 e C‑474/19

Una dichiarazione di abbattimento riguardante un'area forestale nel comune svedese di Härryda veniva depositata presso il Consiglio Nazionale delle Foreste. L'area forestale interessata dalla dichiarazione in questione è l'habitat naturale di diverse specie protette, tra cui numerose specie di uccelli e la rana campestre, Rana arvalis (specie che figurano nell'allegato IV, lettera a), della direttiva Habitat). L'attività di disboscamento prevista in quest'area avrebbe comportato la perturbazione o l'uccisione di esemplari di queste specie protette.

Il Consiglio ha ritenuto che, a condizione che il parere fornito fosse rispettato, l'attività non avrebbe violato i divieti stabiliti nell'articolo 12 della direttiva Habitat come recepito nel decreto svedese sulla protezione delle specie. Tre associazioni di conservazione hanno chiesto, senza successo, alla Prefettura della regione di intervenire nei confronti della dichiarazione di abbattimento e del parere del Consiglio, per poi presentare ricorso dinanzi al giudice nazionale.

Il giudice nazionale ha deciso di sospendere il procedimento e ha chiesto alla CGUE di pronunciarsi in via pregiudiziale su questioni relative all'interpretazione delle direttive Uccelli e Habitat, in particolare dell'articolo 12 della direttiva Habitat:

·una delle questioni poneva, in sostanza, la domanda se i termini "uccidere/perturbare/distruggere deliberatamente" di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva Habitat debbano essere interpretati in modo che qualora la misura sia diretta ad uno scopo manifestamente diverso dall'uccisione o dalla perturbazione delle specie (ad esempio, misure forestali o destinazione dei terreni), i divieti di cui all'articolo 12 si applicano solo qualora sussista il rischio di incidere negativamente sullo stato di conservazione della specie in questione;

·un'altra questione era in sostanza se i termini "distruggere/deteriorare"per quanto riguarda i siti di riproduzione della fauna di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva Habitat debbano essere interpretati nel senso che il divieto si applica solo se lo stato di conservazione della specie interessata o lo stato della sua popolazione locale interessata rischia il deterioramento.

Inoltre il giudice nazionale ha chiesto se la rigorosa tutela contenuta nelle direttive cessi di essere applicabile alle specie per le quali l'obiettivo della direttiva (stato di conservazione soddisfacente) sia stato raggiunto.

Per quanto riguarda l'interpretazione dell'articolo 12 della direttiva Habitat, la CGUE ha risposto che:

-i divieti di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), si applicano a tutte le attività, comprese quelle il cui scopo è chiaramente diverso dalla cattura o dall'uccisione di specie animali;

-tali divieti si applicano a livello di singoli esemplari e non sono subordinati alla condizione che una determinata attività comporti il rischio di un impatto negativo sullo stato di conservazione della specie animale interessata;

-il divieto relativo al deterioramento o alla distruzione dei siti di riproduzione, disposto dall'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), si applica indipendentemente dal numero di esemplari della specie interessata presenti nella zona interessata e non può essere subordinato al rischio di un impatto negativo sullo stato di conservazione di tale specie;

-la rigorosa tutela delle specie ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), si applica a tutte le specie dell'allegato IV, indipendentemente dal fatto che abbiano raggiunto o meno uno stato di conservazione soddisfacente.

(2-27) Un altro esempio di attività ricorrenti è la manutenzione delle infrastrutture pubbliche. Le misure di manutenzione possono essere concepite in modo da contribuire a tutelare e collegare gli habitat di specie oggetto di rigorosa tutela, come la lucertola degli arbusti (Lacerta agilis) sulle linee ferroviarie (ad esempio, un'attenta manutenzione del verde ai bordi delle strade, delle massicciate ferroviarie e della vegetazione fluviale). Gli Stati membri possono redigere orientamenti sulle buone pratiche per tali misure di manutenzione per aiutare a garantire il rispetto dei requisiti della direttiva Habitat.

(2-28) Gli Stati membri potrebbero anche ricorrere a misure volontarie, come i contratti per i servizi silvoambientali e climatici e la conservazione delle foreste nell'ambito della politica agricola comune, per contribuire all'attuazione delle disposizioni dell'articolo 12. Tali misure hanno il potenziale per combinare con successo l'approccio preventivo con la gestione proattiva (volontaria) dell'habitat. Tuttavia possono solo integrare, ma non sostituire, una tutela legale formale.

(2-29) L'applicazione dell'articolo 12 alla pesca richiede la regolamentazione delle attività di pesca per evitare effetti negativi sulle specie oggetto di rigorosa tutela, come il deterioramento dei loro luoghi di riproduzione o delle aree di riposo, la cattura o l'uccisione deliberata di queste specie, oppure la loro cattura accessoria causata dagli attrezzi da pesca. Le misure preventive necessarie potrebbero essere applicate attraverso strumenti di pianificazione come i piani di gestione della pesca o attraverso licenze di pesca che prevedono requisiti specifici. Per garantire una tutela adeguata ed efficace, dovrebbero essere basate su una buona conoscenza dei rischi posti da certi tipi di attrezzi da pesca. Inoltre un'attenzione specifica dovrebbe essere prestata alle aree in cui sussiste il rischio di interazioni con conseguenti catture accidentali.

Poiché la conservazione delle risorse biologiche marine è di competenza esclusiva dell'Unione europea nell'ambito della politica comune della pesca, l'attuazione dei provvedimenti necessari deve avvenire attraverso questo quadro politico. Le norme di base che si applicano sono stabilite nel regolamento (UE) n. 1380/2013, che applica alla gestione della pesca un approccio basato sugli ecosistemi con l'obiettivo di limitare l'impatto ambientale e garantire la coerenza con la normativa ambientale. Diversi strumenti di gestione della pesca possono essere utilizzati per attuare le misure di prevenzione necessarie, ad esempio quelli previsti dal "regolamento sulle misure tecniche" (regolamento (UE) 2019/1241 49 ).

Nel quadro del processo di regionalizzazione previsto da tale regolamento, gli Stati membri devono presentare alla Commissione raccomandazioni comuni per l'adozione di atti delegati contenenti le misure necessarie. Come regola generale, gli Stati membri possono applicare le norme e le misure preventive necessarie alle flotte da pesca che battono la loro bandiera. Per le altre flotte che pescano nel territorio marino degli Stati membri, le misure devono essere attuate attraverso gli atti delegati della Commissione. Ai sensi del regolamento (UE) n. 1380/2013, gli Stati membri possono adottare misure di emergenza applicabili a tutte le imbarcazioni in determinate condizioni, al fine di fronteggiare un grave rischio per le specie. Gli stessi possono inoltre adottare misure non discriminatorie nella zona delle 12 miglia nautiche dalle proprie linee di base, applicabili a tutte le imbarcazioni a certe condizioni.

Considerando che, secondo le conoscenze attuali, le catture accessorie sono una delle principali pressioni esercitate sulle specie marine protette, in particolare i cetacei, le tartarughe e gli uccelli marini, è molto importante adottare e attuare misure preventive efficaci per le attività di pesca pertinenti. A tal fine si dovrebbero utilizzare i meccanismi disponibili nell'ambito della politica comune della pesca, e più specificamente del regolamento sulle misure tecniche (regolamento (UE) 2019/1241). Le misure preventive possono, per esempio, prevedere modifiche o restrizioni per certi tipi di attrezzi da pesca, la regolamentazione spaziotemporale delle attività di pesca (per esempio il divieto totale di usare certe attrezzature da pesca in una zona in cui tali attrezzi rappresentano una minaccia per lo stato di conservazione delle specie in quella zona o una minaccia per i loro habitat) o lo sviluppo di attrezzi alternativi.

11 - Orientamenti complementari: regolamento (UE) 2019/1241

 

Il regolamento (UE) 2019/1241 ("regolamento sulle misure tecniche"), entrato in vigore nel 2019, prevede tra l'altro l'adozione di misure tecniche per evitare o mitigare gli impatti degli attrezzi da pesca sulle specie protette dalla direttiva Habitat e sui loro habitat. In particolare:

-       vieta alcuni attrezzi da pesca e il loro uso, come le reti da posta derivanti di lunghezza superiore a 2,5 km che non sono selettive e potrebbero pertanto essere dannose per la vita marina;

-       vieta la cattura, la detenzione a bordo, il trasbordo o lo sbarco di specie di pesci o molluschi di cui all'allegato IV della direttiva Habitat, salvo nei casi in cui si concedono deroghe in conformità dell'articolo 16 della stessa direttiva. Se catturato accidentalmente, l'esemplare non deve essere danneggiato e deve essere immediatamente rilasciato in mare, tranne al fine di consentire la ricerca scientifica sugli esemplari uccisi accidentalmente, a condizione che ciò sia consentito ai sensi dell'articolo 16 della direttiva; 

-       vieta la cattura, la detenzione a bordo, il trasbordo o lo sbarco di mammiferi marini o rettili marini di cui agli allegati II e IV della direttiva Habitat e di uccelli marini contemplati dalla direttiva Uccelli. Se catturati, gli esemplari non devono essere danneggiati e devono essere prontamente rilasciati.

Inoltre, sulla base dei migliori pareri scientifici disponibili, gli Stati membri possono istituire, per i pescherecci battenti la loro bandiera, misure di mitigazione o restrizioni all'utilizzo di determinati attrezzi. Tali misure sono volte a ridurre al minimo e, ove possibile, a eliminare le catture delle specie protette dall'UE. Gli Stati membri informano, a fini di controllo, gli altri Stati membri interessati in merito alle disposizioni adottate a norma dell'articolo 11, paragrafo 4, dello stesso regolamento. Inoltre rendono pubblicamente disponibili informazioni pertinenti relative a tali misure. 

 

L'allegato XIII elenca le misure di mitigazione che si applicano, tra cui l'uso obbligatorio, nelle zone specificate nell'allegato, di dispositivi acustici di dissuasione attivi su alcuni tipi di attrezzi da pesca per i pescherecci di lunghezza fuori tutto pari o superiore a 12 m. In questi casi gli Stati membri adottano le misure necessarie per controllare e valutare, attraverso studi scientifici o progetti pilota, gli effetti nel tempo dell'uso di dispositivi acustici di dissuasione nelle attività di pesca e nelle zone interessate. Gli Stati membri che hanno un interesse di gestione diretto possono presentare raccomandazioni comuni contenenti le misure necessarie che modificano, integrano o abrogano le misure tecniche stabilite nell'allegato XIII, o derogano ad esse, ai fini dell'adozione da parte della Commissione sotto forma di atti delegati.

Per quanto riguarda gli habitat delle specie protette, in diverse zone elencate nell'allegato II del regolamento sono vietate talune attività di pesca. Se i migliori pareri scientifici raccomandano una modifica dell'elenco, la Commissione ha il potere di adottare atti delegati conformemente alle norme stabilite dal regolamento.

 

 

(2-30)    La conclusione generale che si può trarre da questa sezione è che le attività continuative dovrebbero idealmente essere intraprese in modo tale da evitare innanzitutto l'insorgere di conflitti con le disposizioni di tutela delle specie. Un tale approccio presenta anche il vantaggio di proteggere (vale a dire proteggere da eventuali azioni penali) la persona che si impegna in un'attività, nella misura in cui tale persona si attiene a queste misure. Strumenti come quelli di pianificazione, i sistemi di consenso preventivo, i codici di condotta e le informazioni o gli orientamenti pratici sono opzioni utili per conseguire tale scopo. Queste misure dovrebbero:

a)far parte dei "provvedimenti necessari" ai sensi dell'articolo 12 per "istituire [ed attuare] un regime [efficace] di rigorosa tutela";

b)incorporare le prescrizioni di rigorosa tutela;

c)garantire che qualsiasi azione dannosa tenga pienamente conto delle esigenze di conservazione delle specie o delle popolazioni interessate, ed essere accompagnate da un quadro giuridico di rigorosa tutela che assicuri un'adeguata applicazione da parte delle autorità di regolamentazione in caso di non conformità (gli aspetti di certezza giuridica sono soddisfatti); e

d)contribuire a definire livelli appropriati di sorveglianza (obbligatori a norma dall'articolo 11 della direttiva) e il modo in cui questi dovrebbero essere finanziati.



2.3.Disposizioni specifiche di tutela di cui all'articolo 12

2.3.1. Cattura o uccisione deliberata di esemplari di specie di cui all'allegato IV, lettera a)

L'articolo 12, paragrafo 1, lettera a), vieta qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di specie di cui all'allegato IV, lettera a), nell'ambiente naturale. Esso impone l'attuazione di provvedimenti chiari, efficaci e ben monitorati per prevenire l'uccisione o la cattura deliberata. Informazioni e orientamenti validi da parte delle autorità competenti contribuiscono all'attuazione pratica di queste disposizioni. La CGUE interpreta il termine "deliberato" come qualcosa che va oltre l'"intenzione diretta". Le azioni "deliberate" devono essere intese come azioni di una persona o di un organismo che sa che la sua azione porterà molto probabilmente a commettere un reato nei confronti di una specie, ma intende commetterlo o, almeno, accetta coscientemente i prevedibili risultati della sua azione.

(2-31)    L'articolo 12, paragrafo 1, lettera a), vieta qualsiasi forma di cattura o uccisione 50 deliberata nell'ambiente naturale di esemplari di specie di cui all'allegato IV, lettera a). Conformemente all'articolo 12, paragrafo 3, questo divieto è valido per tutte le fasi della vita degli animali. Secondo l'articolo 1, lettera m), per esemplare si intende "qualsiasi animale o pianta, vivi o morti, delle specie elencate nell'allegato IV e nell'allegato V; qualsiasi parte o prodotto ottenuti a partire dall'animale o dalla pianta, nonché qualsiasi altro bene che risulti essere una parte o un prodotto di animali o di piante di tali specie in base ad un documento di accompagnamento, all'imballaggio, al marchio, all'etichettatura o ad un altro elemento".

(2-32)    Nella causa C-103/00 (Caretta caretta), al punto 37, la Corte ha fatto riferimento all'elemento di "intenzione", osservando che: "la circolazione di ciclomotori sulle spiagge di riproduzione era vietata ed erano stati collocati su tali spiagge cartelli segnaletici indicanti la presenza di nidi di tartaruga. Quanto alla zona marittima di Gerakas e di Daphni, essa era stata classificata come zona di tutela assoluta, oggetto di una segnaletica specifica". Secondo la Corte il fatto che, nonostante le informazioni disponibili al pubblico sulla necessità di proteggere queste zone, sulla spiaggia venissero utilizzati ciclomotori e nella zona marina circostante fossero presenti pedalò e piccole imbarcazioni 51 costituiva una perturbazione deliberata delle tartarughe durante il loro periodo di riproduzione ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera b). Pertanto la Corte sembra interpretare il termine "deliberatamente" nel senso di una "consapevole accettazione delle conseguenze" 52 .

(2-33)    Nella causa C-221/04 53 il ragionamento della Corte è stato più specifico. In questo caso la Commissione ha proposto un ricorso alla Corte poiché, a causa dell'autorizzazione da parte delle autorità della Castiglia e León all'utilizzo di lacci in diverse riserve private di caccia, la Spagna non aveva rispettato l'articolo 12, paragrafo 1, lettera a), per quanto riguarda la protezione della lontra (Lutra lutra). La Corte ha ricordato le conclusioni della causa Caretta caretta e ha dichiarato che "[p]erché il requisito dell'intenzionalità, previsto all'art[icolo] 12, [paragrafo] 1, lett[era] a), della direttiva, sia soddisfatto, occorre la prova del fatto che l'autore dell'atto ha voluto la cattura o l'uccisione di un esemplare di una specie animale protetta o che, quanto meno, ha accettato la possibilità di una tale cattura o uccisione" 54 .

Questo è stato usato come un "element[o] richiest[o]" dalla Corte, che, in quel caso, ha constatato che l'autorizzazione contestata riguardava la caccia alla volpe e quindi non era di per sé destinata a consentire la cattura delle lontre. La Corte ha inoltre sottolineato che, non essendo formalmente accertata la presenza della lontra nella zona, non sussisteva nemmeno la prova del fatto che le autorità spagnole, rilasciando la controversa autorizzazione per la caccia alla volpe, sapessero di rischiare di mettere in pericolo la lontra. La Corte ha quindi concluso che gli elementi richiesti per appurare l'intenzionalità della cattura o dell'uccisione di un esemplare di una specie animale protetta non ricorrevano 55 .

Nella causa C-340/10, la Corte ha dichiarato che Cipro era venuta meno agli obblighi derivanti dall'articolo 12, paragrafo 1, avendo tollerato attività che compromettevano seriamente le caratteristiche ecologiche del lago di Paralimni, non avendo adottato i provvedimenti di tutela necessari per mantenere la popolazione della specie Natrix natrix cypriaca (natrice o biscia dal collare di Cipro) e non avendo adottato i provvedimenti necessari per istituire e applicare un regime di rigorosa tutela di tale specie.

(2-34)    Sulla base dell'approccio adottato dalla Corte nelle cause C-103/00 e C-221/04, le azioni "deliberate" devono essere intese come azioni compiute da una persona che è consapevole che tali azioni porteranno alla cattura o all'uccisione di una specie elencata nell'allegato IV, o che accetta consapevolmente la possibilità di tale reato.

In altre parole, la disposizione si applica non solo a una persona che ha la piena intenzione di catturare o uccidere un esemplare di una specie protetta, ma anche a una persona che è sufficientemente informata e consapevole delle conseguenze che la sua azione molto probabilmente produrrà e tuttavia compie lo stesso l'azione, provocando la cattura o l'uccisione di esemplari (ad esempio come effetto collaterale indesiderato ma accettato) (intenzione condizionale).

Le autorità nazionali dovrebbero ricorrere a tutti i mezzi appropriati per diffondere proattivamente informazioni sulla presenza di specie protette e sulle norme vigenti per la loro tutela. I cartelli collocati sulla spiaggia per indicare la presenza di nidi di tartaruga in loco nella causa Caretta caretta ne sono un esempio.

(2-35)    Questa necessità di fornire informazioni è estremamente importante anche per le specie catturate accidentalmente durante le operazioni di pesca condotte in violazione delle norme di pesca. L'UE ha adottato alcune norme per tutelare i cetacei dalla cattura e dall'uccisione negli attrezzi da pesca. Il regolamento (UE) 2019/1241 vieta a certi pescherecci di utilizzare taluni tipi di attrezzi da pesca in zone specifiche se non vengono contemporaneamente utilizzati dispositivi acustici di dissuasione, che possono impedire che le focene rimangano impigliate nelle reti da pesca (cfr. anche la sezione 2.3.6). In questi casi gli Stati membri devono non solo assicurare che l'uso di dissuasori acustici sia efficacemente controllato e applicato, ma anche che i pescatori siano pienamente informati di tale obbligo.

12 - Esempi di buone pratiche: lavorare con i pescatori per il recupero della foca Monachus monachus in Grecia

La foca monaca (Monachus monachus) è una specie prioritaria secondo la direttiva Habitat e figura in entrambi gli allegati II e IV. Da vent'anni in Grecia è in corso un programma sia per la sua conservazione, che prevede misure per il salvataggio e la riabilitazione degli esemplari feriti, sia per la creazione di aree protette e per la gestione, la sorveglianza, la sensibilizzazione del pubblico, l'educazione ambientale e l'istituzione di un quadro giuridico appropriato. Un elemento chiave di questi sforzi di conservazione è il lavoro fatto con i pescatori.

La società greca per lo studio e la tutela della foca monaca (MOm) ha messo in atto una serie di misure volte a migliorare il rapporto spesso conflittuale tra pescatori e foche monache, elaborando nel 2009 un piano d'azione per la mitigazione delle interazioni tra foca monaca e attività di pesca in Grecia che individua numerose misure legislative, gestionali e tecniche che limitano i rischi per la specie e proteggono la sua fonte di cibo. Un aspetto di particolare importanza è che queste misure limitano anche l'onere finanziario per i pescatori derivante dai danni causati ai loro attrezzi da pesca e alle loro catture di pesce.

È stata condotta un'ampia ricerca sulle preferenze alimentari della foca monaca, combinata con una ricerca incentrata sui punti critici conosciuti ("hotspot", ossia le aree con una presenza significativa di foche monache) in termini di tonnellaggio e densità di pescherecci, uso di attrezzi da pesca e impatto sulla pesca. Le imprese di pesca e altri portatori di interessi, come la polizia portuale, i servizi incaricati della pesca e i proprietari di allevamenti ittici, sono stati direttamente coinvolti nella ricerca. I pescatori hanno inoltre ricevuto una formazione su come comportarsi in caso di foche monache intrappolate e sono stati testati metodi di pesca sperimentali in collaborazione con loro. Il settore della pesca, inoltre, è stato oggetto di una campagna di comunicazione su misura 56 . Tutto questo ha portato a una riduzione significativa del numero di foche monache catturate o uccise accidentalmente dai pescatori e a un costante miglioramento nella popolazione di foche monache in Grecia.

2.3.2. Perturbazione deliberata delle specie di cui allegato IV, lettera a), segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione

(2-36)    L'articolo 12, paragrafo 1, lettera b), vieta di perturbare deliberatamente le specie di cui all'allegato IV, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione, quando le specie sono più vulnerabili 57 . L'articolo 12, paragrafo 3, afferma che tale divieto è valido per tutte le fasi della vita delle specie interessate.

2.3.2.a) Perturbazione deliberata

Qualsiasi perturbazione deliberata che possa incidere sulle possibilità di sopravvivenza, il successo riproduttivo o la capacità riproduttiva di una specie protetta, o che porti a una riduzione dell'area occupata o al trasferimento o allo spostamento della specie, dovrebbe essere considerata come una "perturbazione" ai sensi dell'articolo 12.

(2-37)    Né l'articolo 12 né l'articolo 1 della direttiva Habitat contengono una definizione del termine "perturbazione" 58 . La disposizione non è esplicitamente limitata alle perturbazioni "significative", come nel caso dell'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva, ma la sua portata deve essere interpretata alla luce dell'obiettivo generale della direttiva.

Come già menzionato sopra, l'attuazione del regime di protezione prescritto dall'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a d), della direttiva Habitat "non è subordinata alla condizione che una determinata attività possa avere un impatto negativo sullo stato di conservazione della specie animale interessata" 59 e "la protezione offerta da tale disposizione non cessa di applicarsi alle specie che hanno raggiunto uno stato di conservazione soddisfacente" 60 .

È chiaro che qualsiasi attività che perturbi deliberatamente una specie nella misura in cui può incidere sulle possibilità di sopravvivenza, il successo riproduttivo o la capacità riproduttiva della stessa, o che porti a una riduzione dell'area occupata o al trasferimento o allo spostamento della specie, dovrebbe essere considerata come una "perturbazione" ai sensi dell'articolo 12.

(2-38) Considerando il loro specifico ciclo vitale (in particolare la loro strategia riproduttiva o la mobilità) e le interazioni sociali spesso complesse di alcuni animali, la perturbazione di singoli esemplari può spesso avere effetti sui livelli di popolazione. Ciò varrebbe, ad esempio, se si arrecasse perturbazione a una femmina incinta o si separasse la madre dal suo cucciolo nel caso di animali grandi, longevi e molto mobili con bassa fecondità, come i mammiferi marini.

(2-39) In generale l'intensità, la durata e la frequenza con cui si ripetono le perturbazioni sono parametri importanti quando si valuta il loro impatto su una specie. Specie diverse avranno sensibilità o risposte diverse allo stesso tipo di perturbazione, un fatto di cui occorre tenere conto. I fattori che causano perturbazioni per una specie potrebbero non crearne per un'altra. Inoltre la sensibilità di un singolo esemplare di una certa specie potrebbe variare in funzione della stagione o di certi periodi del suo ciclo di vita (per esempio il periodo di riproduzione).

L'articolo 12, paragrafo 1, lettera b), tiene conto di questa possibilità, sottolineando che le perturbazioni deliberate dovrebbero essere vietate, in particolare durante i periodi sensibili di riproduzione, allevamento, ibernazione e migrazione. Occorre inoltre considerare che non necessariamente la perturbazione (per esempio da rumore o fonte di luce) influisce sempre direttamente sull'integrità fisica di una specie. Può anche avere un effetto negativo indiretto sulla specie (per esempio costringendola a usare molta energia per fuggire: per esempio, se i pipistrelli sono perturbati durante il letargo la loro temperatura corporea aumenta e prendono il volo, quindi hanno meno probabilità di sopravvivere all'inverno a causa dell'elevato dispendio di risorse energetiche).

(2-40) È quindi necessario un approccio caso per caso. Le autorità competenti dovranno riflettere attentamente sul livello di perturbazione da considerare dannoso, tenendo conto delle caratteristiche specifiche delle specie interessate e della situazione, come spiegato sopra. Per esempio, la perturbazione ripetuta dei cetacei da parte delle barche che svolgono attività di osservazione di questi animali potrebbe provocare impatti significativi sui singoli esemplari, con conseguenze negative per la popolazione locale. D'altra parte, le perturbazioni sporadiche senza alcun probabile impatto negativo sul singolo animale o sulla popolazione locale, come per esempio spaventare un lupo per evitare che entri in un recinto di pecore, non dovrebbero essere considerate come perturbazioni ai sensi dell'articolo 12.

(2-41) Per rientrare nel campo di applicazione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera b), la perturbazione deve anche essere "deliberata" (per la definizione di "deliberata", cfr. sezione 2.3.1). Sempre nella causa C-103/00 (Caretta caretta) la Corte ha analizzato ciascuna delle varie attività sulle spiagge di riproduzione al fine di stabilire un nesso di causalità tra queste attività e la perturbazione della specie. Essa ha constatato, innanzitutto, che guidare i ciclomotori su una spiaggia di riproduzione della Caretta caretta può perturbare questa specie, soprattutto a causa del rumore, in particolare durante il periodo di deposizione, incubazione e schiusa delle uova e quando le giovani tartarughe si dirigono verso il mare. Anche la presenza di piccole imbarcazioni vicino alle spiagge di riproduzione costituiva una minaccia per la vita e il benessere delle tartarughe. Agli occhi della Corte, ciò è apparso sufficiente a costituire, ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera b), una perturbazione deliberata della specie in questione durante il suo periodo di riproduzione.

13 - Giurisprudenza della CGUE: perturbazione della tartaruga marina (Caretta caretta) nella zona di Kyparissia

La tartaruga marina (Caretta caretta) figura negli allegati II e IV della direttiva Habitat e richiede pertanto una rigorosa tutela. Il Mar Mediterraneo è un vivaio per i giovani, così come un luogo popolare per gli adulti nei mesi primaverili ed estivi. Con oltre 3 000 nidi all'anno, la Grecia è il sito di nidificazione più popolare lungo il Mediterraneo. Il golfo di Laganas a Zante ospita la più grande area di nidificazione del Mediterraneo, seguito dal golfo di Kyparissia (un sito Natura 2000 (GR2550005)), che vanta un sistema di dune ben conservato e una foresta costiera, ma è minacciato da sviluppi incontrollati.

Due procedimenti giudiziari (causa C-103/00 e causa C-504/14) hanno trattato l'applicazione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e d), relativamente all'istituzione e all'attuazione di un efficace regime di rigorosa tutela della tartaruga marina in queste zone. Non attuando idonei provvedimenti per evitare la perturbazione della specie durante il suo periodo di riproduzione e il deterioramento o la distruzione dei suoi siti di riproduzione, la Corte ha concluso che la Grecia è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù delle disposizioni della direttiva.

In assenza di un quadro legislativo nazionale integrato e coerente, compresa la mancanza di un piano di gestione approvato, la Corte ha stabilito che la rigorosa tutela della tartaruga marina e dei suoi siti di riproduzione non può essere garantita. Non basta che un regime di rigorosa tutela istituisca un insieme frammentario di misure isolate che riguardano la protezione dell'ambiente in generale, ma che non sono destinate ad impedire, con mezzi specifici, ogni perturbazione deliberata della specie interessata durante il periodo di riproduzione e ogni attività suscettibile di provocare il deterioramento o la distruzione dei suoi siti di riproduzione 61 .

14 - Orientamenti complementari: affrontare l'impatto del rumore subacqueo di origine antropica sui cetacei

Tra le attività che possono causare perturbazioni alle specie marine oggetto di rigorosa tutela, come i cetacei, rientrano la navigazione o i parchi eolici offshore per via del rumore e delle attività di costruzione continui, la prospezione di petrolio e gas o le attività militari per via del rumore impulsivo. Le conseguenze per i cetacei vanno dalla perturbazione e dal mascheramento dei suoni usati per la comunicazione al deterioramento dell'udito a breve e lungo termine, alle lesioni fisiche e persino alla morte. In combinazione con gli effetti aggiuntivi di stress, confusione e panico, ciò può essere devastante per i singoli animali e per intere popolazioni.

Per quanto riguarda la navigazione, gli Stati membri possono prendere in considerazione una vasta gamma di misure preventive, tra cui la riduzione della velocità delle navi o il dirottamento del traffico. Quanto all'uso di cannoni ad aria compressa per studi sismici o all'infissione di piloni per costruzioni in mare aperto: si tratta di attività che di solito richiedono dei permessi. Pertanto, per tali piani e progetti, è possibile proporre le necessarie misure preventive nel contesto delle valutazioni dell'impatto ambientale secondo le direttive sulla valutazione ambientale strategica e sulla valutazione dell'impatto ambientale.

Le difficoltà nel definire misure di mitigazione appropriate sono state riconosciute a livello internazionale e sono state adottate linee guida metodologiche al riguardo, ad esempio da ACCOBAMS 62 e ASCOBANS 63 per quanto riguarda i cetacei, mentre la convenzione sulle specie migratorie ha stilato linee guida sulle valutazioni dell'impatto ambientale per le attività marine che generano rumore. Questi documenti di orientamento forniscono un quadro molto utile per garantire il rispetto delle norme della direttiva Habitat. La loro applicazione, tuttavia, dovrebbe sempre tenere conto delle ultime conoscenze scientifiche e specialistiche in materia e dovrebbe essere basata su considerazioni dettagliate di ogni attività specifica e dei suoi effetti su specie particolari.

15 - Orientamenti complementari: la prospezione sismica e il suo potenziale impatto sui mammiferi marini, Irlanda

L'Irlanda ha predisposto un solido regime normativo e di gestione per la prospezione sismica al fine di evitare impatti potenzialmente significativi su tutte le specie di mammiferi marini sia all'interno che all'esterno dei siti Natura 2000. Nel 2014 il ministero per le Arti, il patrimonio e le aree di lingua irlandese ha pubblicato un documento di orientamento completo su come gestire il rischio per i mammiferi marini derivante dalle fonti sonore di origine antropica nelle acque irlandesi 64 . La guida descrive i tipi di rischi che possono sorgere (per esempio dal dragaggio, dalla perforazione, dall'infissione di piloni, dalle indagini acustiche geofisiche, dalle esplosioni) e spiega come effettuare una valutazione del rischio, supportata da esempi concreti. Procede poi con la descrizione delle risposte normative che dovrebbero essere date (ad esempio rifiuto dell'autorizzazione, autorizzazione a determinate condizioni, ecc.).

   

2.3.2.b)    Periodi di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione

I periodi di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione sono considerati periodi particolarmente sensibili in relazione alle perturbazioni. Tali periodi possono essere definiti solo con un approccio specie per specie, per via delle differenze ecologiche, biologiche e comportamentali tra queste.

(2-42)    I periodi di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione sono considerati periodi particolarmente sensibili per una specie in relazione alle perturbazioni. Tuttavia non esiste una definizione di questi termini nella direttiva Habitat. Poiché l'allegato IV, lettera a), della direttiva include una gamma molto ampia di specie, che sono molto diverse dal punto di vista ecologico, biologico e comportamentale, è necessario utilizzare, ancora una volta, un approccio "specie per specie" nel definire i periodi di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione (se questi periodi sono di fatto applicabili).

(2-43)    Ai fini dell'articolo 12 è opportuno applicare le definizioni indicate di seguito.

- Periodo di riproduzione e di allevamento: questo periodo può includere (se del caso) il periodo di corteggiamento, accoppiamento, costruzione del nido o selezione del sito di deposizione delle uova o parto, parto o deposizione delle uova, o produzione della prole quando la riproduzione è asessuata, sviluppo e schiusa delle uova e allevamento dei piccoli.

- Periodo di ibernazione: l'ibernazione è un periodo di tempo in cui un animale diventa inattivo e rimane in uno stato di sonno, di torpore o di riposo, di solito durante l'inverno. Di norma questo stato è accompagnato da un abbassamento della temperatura corporea e da un rallentamento del battito cardiaco e della respirazione. L'ibernazione permette a un animale di sopravvivere a condizioni difficili usando meno energia rispetto a quella che userebbe se fosse attivo (per esempio alcuni pipistrelli, roditori, anfibi o rettili).

- Periodo di migrazione: la migrazione è lo spostamento periodico di esemplari da una zona all'altra come parte naturale del loro ciclo vitale, di solito in risposta ai cambiamenti stagionali o ai cambiamenti nella disponibilità di cibo.

2.3.3. Distruzione o raccolta deliberata di uova nell'ambiente naturale

(2-44)    Ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera c), è vietato distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell'ambiente naturale.

2.3.4. Deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo

(2-45)    L'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), costituisce una disposizione a sé stante. A differenza degli altri divieti dell'articolo 12, non riguarda direttamente gli esemplari, ma mira invece a proteggere elementi importanti dei loro habitat poiché vieta il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo. Inoltre mentre nell'articolo 12, paragrafo 1, lettere a), b) e c), viene utilizzato il concetto di "deliberato", questo termine non compare nella lettera d).

2.3.4.a)    Conseguenze della mancata inclusione del concetto di "deliberato" nell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d)

Il fatto che nell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), non sia utilizzato il concetto di "deliberato" sottolinea l'importanza dell'azione preventiva degli Stati membri per evitare ogni probabile deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo a opera dell'uomo. I casi di deterioramento o distruzione derivanti da cause naturali (ossia non direttamente la conseguenza di attività umane, ad esempio catastrofi naturali), o causati da eventi imprevedibili, non rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d).

(2-46)    Ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), sono vietati e devono essere impediti solo gli atti deliberati, mentre ai sensi della lettera d) non è richiesto un atto deliberato come presupposto necessario 65 . L'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), impone il divieto di tutti gli atti che provocano il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo, indipendentemente dal fatto che siano deliberati o meno 66 .

La Corte ha inoltre confermato che "[i]l legislatore comunitario, non avendo limitato il divieto di cui all'art[icolo] 12, [paragrafo] 1, lett[era] d), della direttiva ad atti dolosi, contrariamente a quanto fatto per gli atti di cui alle lett[ere da] a) [a] c) del suddetto articolo, ha dimostrato la sua volontà di conferire ai siti di riproduzione o alle aree di riposo una protezione accresciuta contro gli atti causanti il loro deterioramento o la loro distruzione. Data l'importanza degli obiettivi di protezione della biodiversità che la direttiva intende realizzare, non è affatto sproporzionato che il divieto di cui all'art[icolo] 12, [lettera] 1, lett[era] d), non sia limitato agli atti dolosi" 67 .

(2-47)    Nel diritto penale si fa una distinzione tra atti intenzionali o deliberati e atti non intenzionali. Il concetto di "deliberato" si applica anche alle situazioni in cui il risultato non è direttamente voluto, ma la persona avrebbe dovuto prendere in considerazione le conseguenze che potevano derivare dall'azione. Ciò indica chiaramente che, nell'omettere il concetto di "deliberato" dalla lettera d), l'intenzione era di includere anche gli atti non deliberati che portano al deterioramento o alla distruzione nell'ambito di questa disposizione. Quanto precede attribuisce a questa disposizione una qualità speciale: il deterioramento e la distruzione dei luoghi di riproduzione o delle aree di riposo devono essere effettivamente vietati, ossia evitati.

(2-48)    Ciò non significa tuttavia che l'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva imponga misure proattive di gestione degli habitat (per esempio, la gestione attiva di un prato per le farfalle). Tuttavia per tutelare i siti di riproduzione o le aree di riposo dal deterioramento o dalla distruzione non basta un semplice divieto in un testo giuridico, ma occorre un adeguato meccanismo di applicazione che lo sostenga, anche con misure preventive. In un regime di rigorosa tutela, gli Stati membri dovrebbero prevedere le minacce cui i siti possono essere esposti a causa dell'azione umana e adottare provvedimenti per garantire che coloro che potrebbero commettere un reato (intenzionalmente o meno) siano consapevoli del divieto in vigore e agiscano di conseguenza.

(2-49) Nella prima causa Caretta caretta 68 , la Corte ha dichiarato che la presenza di edifici su una spiaggia utilizzata dalla specie per la riproduzione poteva portare al deterioramento o alla distruzione del sito di riproduzione ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 69 . È significativo che per la Corte non fosse necessario che si trattasse di edifici "illegali". Per la Corte il semplice fatto che gli edifici erano stati costruiti lì ed erano suscettibili di causare deterioramento e distruzione ha costituito l'argomento dominante. Pertanto la costruzione di edifici su una spiaggia classificata come "zona di tutela assoluta" nonché, in particolare, "oggetto di una segnaletica specifica", è sufficiente a costituire una violazione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d).

(2-50) La Corte ha inoltre chiarito, nella causa C-441/17 (relativa alla tutela di taluni coleotteri saproxilici di cui all'allegato IV, ossia Buprestis splendens, Cucujus cinnaberinus, Phryganophilus ruficollis e Pytho kolwensis, nella foresta di Białowieża, in Polonia 70 , che i divieti di cui all'articolo 12 della direttiva Habitat valgono indipendentemente dal numero di esemplari delle specie rientranti nell'ambito della rigorosa tutela. Più di recente la Corte ha ribadito che "l'attuazione del regime di tutela prescritto dall'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva [non dipende] dal numero di esemplari della specie interessata" 71 . In altre parole, il fatto che una specie possa avere una forte presenza in un dato luogo e che la sua sopravvivenza nella zona non sia minacciata non diminuisce gli obblighi di rigorosa tutela delle specie. Questi fatti dovrebbero invece essere presi in considerazione nel processo di deroga. È vero anche lo scenario opposto, ossia che il fatto che una zona costituisca un sito di riproduzione o un'area di riposo solo per uno o pochi esemplari di una specie elencata nell'allegato IV, lettera a), non riduce l'obbligo di tutelare questa zona da azioni che possano deteriorarla o distruggerla.

(2-51)    D'altra parte vi saranno occasioni in cui il deterioramento degli habitat naturali avviene naturalmente (anche attraverso la successione naturale dopo la cessazione di un certo uso del suolo, come l'agricoltura) o è causato da eventi imprevedibili, così che l'habitat non è più un luogo di riproduzione o un'area di riposo adatta per talune specie. In questo caso, se non è stato commesso alcun atto per provocare il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo, ma se ciò è avvenuto per cause naturali, l'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), non si applica 72 .

16 - Giurisprudenza della CGUE: mancata garanzia della rigorosa tutela di alcuni coleotteri saproxilici

Il sito Natura 2000 Puszcza Białowieska (PLC 200004 foresta di Białowieża) comprende il parco nazionale di Białowieża e le foreste sottoposte a gestione di tre distretti forestali (Białowieża, Browsk e Hajnówka). È una delle foreste naturali di latifoglie e miste meglio conservate d'Europa, caratterizzata da grandi quantità di legno morto e di vecchi alberi. È un punto critico unico per la biodiversità e un'importante fonte di conoscenza scientifica, in particolare per i processi ecologici.

Per via della propagazione costante del bostrico tipografo (causata, tra le altre cose, dal cambiamento delle condizioni climatiche), nel 2016 il ministro dell'Ambiente polacco ha approvato una modifica del piano di gestione forestale del 2012. In questo modo sono state autorizzate una raccolta di legname di quasi tre volte superiore per il periodo dal 2012 al 2021 nel solo distretto forestale di Białowieża e l'esecuzione di alcune attività forestali in aree escluse dalle attività economiche, come i tagli sanitari o la rigenerazione artificiale. Successivamente, nel 2017, il direttore generale dell'Ufficio delle foreste demaniali ha adottato, per i tre distretti forestali di Białowieża, Browsk e Hajnówka, una decisione riguardante l'abbattimento e la rimozione degli alberi colonizzati dal bostrico tipografo per motivi di sicurezza pubblica e per ridurre il rischio di incendio in tutte le classi di età della foresta. È stato così avviato il lavoro di rimozione degli alberi secchi e degli alberi colonizzati dal bostrico tipografo da questi tre distretti forestali su circa 34 000 ettari, mentre nel sito Natura 2000 Puszcza Białowieska l'estensione era di circa 63 147 ettari.

La Commissione europea ha ritenuto che le autorità polacche non si erano assicurate che dette misure di gestione forestale non avrebbero pregiudicato l'integrità del sito Natura 2000 Puszcza Białowieskaa. La Commissione ha quindi presentato un ricorso alla Corte di giustizia nel luglio 2017 affinché fosse dichiarato che la Polonia non aveva adempiuto i suoi obblighi ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, e dell'articolo 12, paragrafo 1, lettere a) e d), della direttiva Habitat. Nella sentenza del 17 aprile 2018 73 , la CGUE ha dichiarato che non era stata effettuata in modo corretto alcuna "opportuna valutazione" e che il governo della Polonia era venuto meno ai suoi obblighi di tutela della foresta di Białowieża. La Corte ha inoltre sottolineato che esiste una diatriba scientifica sulle misure più appropriate per contenere la propagazione del bostrico tipografo. Di conseguenza le autorità polacche non avrebbero dovuto aumentare il volume di legname sfruttabile, poiché non vi era alcuna certezza scientifica in merito all'assenza di effetti pregiudizievoli duraturi delle operazioni di gestione forestale attiva per l'integrità della foresta Białowieża e per le specie protette (tra cui i coleotteri saproxilici).

La Corte ha inoltre chiarito che i divieti di cui all'articolo 12 della direttiva Habitat valgono indipendentemente dal numero di esemplari della specie oggetto del regime di rigorosa tutela. In altre parole, il fatto che una specie possa avere una forte presenza in un dato luogo e che la sua sopravvivenza nella zona non sia minacciata non esime dagli obblighi di rigorosa tutela delle specie. Questo aspetto dovrebbe piuttosto essere preso in considerazione nel processo di deroga.

17 - Esempi di buone pratiche: mappatura della sensibilità di uccelli e pipistrelli ai parchi eolici delle Fiandre (Belgio)

Le mappe della sensibilità di flora e fauna selvatiche sono riconosciute come uno strumento efficace per individuare le aree in cui lo sviluppo dell'energia rinnovabile potrebbe colpire comunità sensibili di piante e animali selvatici, e quindi dovrebbe essere evitato. Possono essere utilizzate per identificare in una fase iniziale del processo di pianificazione le aree contenenti comunità ecologiche sensibili agli sviluppi dell'energia eolica. Le mappe della sensibilità di flora e fauna selvatiche tipicamente orientano le decisioni di pianificazione strategica durante la fase iniziale di selezione del sito del processo di sviluppo e quindi sono destinate a operare a livello di paesaggio, spesso con una copertura regionale, nazionale o multinazionale.

La mappatura della sensibilità di uccelli e pipistrelli ai parchi eolici delle Fiandre ha lo scopo di indicare le aree in cui l'installazione delle turbine eoliche può rappresentare un rischio per gli uccelli o i pipistrelli. Il suo obiettivo è quello di orientare e guidare la pianificazione strategica e valutazioni più a livello di sito. È un esempio di mappatura della sensibilità multispecie e dimostra come gruppi dissimili possano essere valutati nell'ambito di un unico strumento.

La mappa suddivide la regione in quattro categorie di rischio: alto, medio, possibile e basso/nessun dato. Include una mappa di vulnerabilità basata su GIS per gli uccelli, che è composta da diverse mappe componenti che includono informazioni sulle aree importanti per gli uccelli e le rotte di migrazione. Le mappe della sensibilità e gli orientamenti di accompagnamento sono frequentemente utilizzati nelle Fiandre nelle decisioni relative alla scelta del sito. I promotori dei progetti e le società di consulenza le usano per la pianificazione strategica e come "punto di partenza" per valutazioni di progetto più dettagliate a livello di sito. Le autorità locali e regionali le impiegano per lo stesso scopo e per controllare se i promotori dei progetti e i consulenti hanno fatto bene il loro lavoro.

La mappa include anche informazioni sui pipistrelli, ma differisce dalle mappe tematiche per gli uccelli in quanto si basa sull'individuazione di un habitat adatto (utilizzando fotografie aeree e l'inventario sulla copertura del suolo), utilizzata come predittore della presenza dei pipistrelli. Tuttavia va notato che il livello di dati disponibili sui pipistrelli è molto inferiore a quello degli uccelli. Di conseguenza si dovrebbe procedere con maggiore cautela nell'interpretare le previsioni di sensibilità per i pipistrelli.

Fonte: Wildlife sensitivity manual,  https://ec.europa.eu/environment/nature/natura2000/management/docs/wildlife%20manual%20final.pdf

2.3.4.b)    Individuazione dei "siti di riproduzione" e delle "aree di riposo"

I siti di riproduzione e le aree di riposo devono essere tutelati rigorosamente in quanto sono cruciali per il ciclo di vita degli animali e sono elementi vitali dell'intero habitat di una specie. L'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), dovrebbe quindi essere inteso come volto a tutelare la funzionalità ecologica continuativa di tali siti e aree, garantendo che continuino a fornire tutti gli elementi necessari all'animale per riposare o riprodursi con successo. Se questi siti sono utilizzati regolarmente, la tutela vale tutto l'anno.

(2-52)    Alla luce degli obiettivi della direttiva, i siti di riproduzione e le aree di riposo richiedono una rigorosa tutela in quanto sono cruciali per il ciclo di vita degli animali e sono elementi molto importanti dell'intero habitat di una specie 74 , necessari per garantirne la sopravvivenza. La loro tutela è direttamente collegata allo stato di conservazione di una specie. La disposizione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), va quindi intesa come volta a preservare la funzionalità ecologica dei siti di riproduzione e delle aree di riposo. Pertanto l'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), dispone che tali siti e aree non debbano essere danneggiati o distrutti dalle attività umane così che possano continuare a fornire tutto ciò che è necessario a un determinato animale per riposare o per riprodursi con successo.

(2-53) Nella causa C-383/09, l'avvocato generale Kokott ha interpretato "i siti di riproduzione e le aree di riposo" come estesi non alle sole tane ma anche agli habitat circostanti. La Corte ha ritenuto che costituissero un inadempimento degli obblighi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), non solo la distruzione diretta delle tane, ma anche i processi di urbanizzazione e i cambiamenti nella struttura delle colture in aree più ampie 75 .

(2-54) Pertanto dall'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), si evince che tali siti di riproduzione e aree di riposo devono essere tutelati anche quando sono utilizzati solo occasionalmente o sono addirittura abbandonati 76 ma sussistono ragionevolmente forti probabilità che la specie in questione faccia ritorno negli stessi siti e aree. Se, per esempio, una certa grotta è utilizzata ogni anno da un certo numero di pipistrelli per l'ibernazione (perché la specie ha l'abitudine di tornare ogni anno allo stesso posatoio invernale), la funzionalità di questa grotta come sito di ibernazione dovrebbe essere tutelata anche in estate in modo che i pipistrelli possano riutilizzarla in inverno.

(2-55)    L'individuazione di criteri generali per i siti di riproduzione e le aree di riposo è difficile, in quanto l'allegato IV, lettera a), elenca specie di molti taxa con molte strategie di vita diverse. Non è possibile fornire una definizione rigida di "sito di riproduzione" e "aree di riposo" che si applichi a tutti i taxa. Qualsiasi interpretazione dei concetti di "siti di riproduzione" e "aree di riposo" deve quindi tenere conto di questa varietà e riflettere le diverse condizioni esistenti. Le definizioni generali seguenti mirano a fornire alcune indicazioni a questo proposito e si basano sul presupposto che i siti in questione possono essere individuati e ragionevolmente delimitati. Sono intese per essere usate come una lista di controllo degli elementi da considerare, poiché non tutti questi elementi saranno applicabili a tutte le specie. In questa sede è inoltre possibile identificare le lacune nella conoscenza delle specie. Le due definizioni che seguono sono illustrate in dettaglio in sezioni separate, anche se in pratica saranno spesso collegate e sovrapposte e quindi potrebbero essere considerate insieme.

(2-56)    Ai fini dell'articolo 12, si applicano le definizioni che seguono.

·Siti di riproduzione

La riproduzione è qui definita come l'accoppiamento, il parto (compresa la deposizione di uova) o la generazione di prole quando la riproduzione è asessuata. Un sito di riproduzione è qui definito come le aree necessarie per l'accoppiamento e il parto e, quando la prole dipende da tali siti, copre anche le vicinanze del nido o del sito del parto. Per alcune specie un sito di riproduzione includerà anche strutture associate necessarie per la definizione e la difesa del territorio. Per le specie che si riproducono asessualmente, un sito di riproduzione è definito come l'area necessaria per generare la prole. I siti di riproduzione utilizzati regolarmente, sia nel corso di uno stesso anno che da un anno all'altro, devono essere tutelati anche quando non sono occupati.

Il sito di riproduzione può quindi includere aree necessarie per:

1.il corteggiamento;

2.l'accoppiamento;

3.la costruzione del nido o la scelta del sito di deposizione delle uova o parto;

4.i luoghi utilizzati per il parto o per la deposizione delle uova o per la generazione della prole quando la riproduzione è asessuata;

5.i luoghi di sviluppo e schiusa delle uova;

6.i siti di nidificazione o parto quando occupati da giovani esemplari che dipendono da tale sito; e

7.gli habitat più ampi che rendono possibile la riproduzione, compresi i terreni in cui trovare nutrimento.

·Aree di riposo

Le aree di riposo sono qui definite come le aree essenziali per sostenere un animale o un gruppo di animali quando non sono attivi. Per le specie che hanno uno stadio sessile, l'area di riposo è definita come il sito di attacco. Le aree di riposo includono le strutture create dagli animali per fungere da aree di riposo, come posatoi, tane o nascondigli. Le aree di riproduzione utilizzate regolarmente, sia nel corso di uno stesso anno che da un anno all'altro, devono essere tutelate anche quando non sono occupate.

Le aree di riposo essenziali per la sopravvivenza possono includere una o più strutture e caratteristiche dell'habitat necessarie per:

1.la termoregolazione, ad esempio per la Lacerta agilis (lucertola degli arbusti);

2.riposarsi, dormire o recuperare, ad esempio i posatoi del Nyctalus leisleri (nottola minore);

3.nascondersi, ripararsi o rifugiarsi, ad esempio le tane del Macrothele calpeiana; e

4.l'ibernazione, ad esempio i dormitori dei pipistrelli e i nascondigli del Muscardinus avellanarius (moscardino).

(2-57)    Una corretta applicazione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), richiede una buona conoscenza dell'ecologia (biologia, habitat, dimensione, distribuzione e dinamica della popolazione) e del comportamento delle specie (ciclo vitale, organizzazione, interazione all'interno e tra le specie).

Esempio di siti di riproduzione e aree di riposo

Sito di riproduzione

Area di riposo

Triturus cristatus

(tritone crestato)

Lo stagno utilizzato per l'accoppiamento ha territori individuali maschili all'interno dei quali avvengono il corteggiamento e l'accoppiamento. Le uova sono deposte singolarmente su piante emergenti e maturano in un periodo di 12-18 giorni. Le giovani larve emergono e nuotano liberamente.

Lo stagno è quindi il sito di riproduzione.

Durante la fase terrestre della sua vita, il Triturus cristatus fa uso di rifugi come pietre, posatoi di alberi e tronchi per nascondersi durante il giorno. Simili rifugi sono utilizzati per i periodi di ibernazione (nelle regioni fredde) o di estivazione (nelle regioni calde). Durante la fase acquatica della loro vita, gli adulti e le larve fanno uso della vegetazione sommersa ed emergente come luogo di rifugio.

Il Triturus cristatus si disperde in pozze adiacenti. Le popolazioni sane di Triturus cristatus utilizzano una serie di pozze, muovendosi tra di esse e disperdendosi in un habitat terrestre adeguato e interconnesso. I singoli esemplari possono spostarsi di circa 1 km dalla loro pozza natale.

Le aree di riposo del Triturus cristatus sono quindi gli stagni che essi abitano e l'habitat terrestre adiacente che li sostiene durante la fase terrestre del loro ciclo vitale.

Nyctalus

leisleri

(nottola minore)

Nel periodo della riproduzione i maschi vivono separati dalle femmine. I maschi scelgono i territori per l'accoppiamento nei buchi degli alberi, in autunno; l'accoppiamento avviene nel tardo autunno e le femmine ritardano la fecondazione fino alla primavera. I giovani esemplari nascono in un posatoio di maternità e dipendono dalla madre fino allo svezzamento in estate.

I territori di riproduzione e i posatoi di maternità sono quindi siti di riproduzione. Questa applicazione rigorosa della definizione omette i posatoi per l'ibernazione invernale, che rientrano nelle "aree di riposo" dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d).

Per l'ibernazione

Il Nyctalus leisleri è un pipistrello che vive principalmente sugli alberi e va in letargo durante l'inverno. In inverno si posa nei buchi degli alberi, negli edifici e occasionalmente in grotte e gallerie che forniscono un microclima adatto. Utilizza anche casette adibite a posatoi artificiali. Sugli alberi, i posatoi sono stati trovati in parchi, aree urbane e boschi di latifoglie e conifere. Questi posatoi devono essere in una posizione relativamente indisturbata perché i pipistrelli, se svegliati dal loro torpore, bruciano preziose riserve di energia che non possono essere reintegrate in inverno.

I posatoi diurni durante il loro periodo attivo (in primavera) sono anche essenziali per tutte le specie di pipistrelli, e richiedono un sito relativamente indisturbato durante le ore diurne, sempre nelle crepe e nelle fessure di vecchi alberi ed edifici. In funzione della relativa posizione, una colonia può utilizzare diversi posatoi estivi a turno, il più grande dei quali può essere utilizzato come posatoio di maternità, mentre i maschi diventano solitari o vivono in piccoli gruppi.

Durante la migrazione

Il Nyctalus leisleri è noto per migrare in alcune parti della sua area di ripartizione europea: esemplari inanellati in Germania sono stati trovati a svernare in Francia e Svizzera (relazione nazionale 2003 77 ). I modelli di migrazione esatti non sono noti. Tuttavia altre popolazioni sembrano più sedentarie con entrambi i posatoi, di maternità e invernali, situati nella stessa località. I posatoi utilizzati dal Nyctalus leisleri per riposare durante il giorno e in cui svernare costituiscono aree di riposo.

Sito di riproduzione

Area di riposo

Maculinea arion

(licena azzurra del timo)

Per completare il suo sviluppo, la Maculinea arion ha bisogno di un sito in cui vi siano la pianta utilizzata come nutrimento dal bruco appena nato (una specie di Thymus), una fonte di cibo e un rifugio per i bruchi (formicai della Myrmica). Le uova vengono deposte nella gemma di un fiore di Thymus dove i bruchi si nutrono e si sviluppano. Giunta a un certo stadio, la larva di bruco cade dalla pianta e attira una formica che la raccoglie e la porta nel formicaio. La larva continua il suo sviluppo all'interno del nido, nutrendosi di larve di formica. La formazione della crisalide avviene all'interno del formicaio e gli adulti emergono all'inizio dell'estate.

Il sito di riproduzione della Maculinea arion sarà un sito con piante della specie Thymus vicino al sito di emergenza degli adulti e al formicaio di Myrmica dove si sviluppano i bruchi e le crisalidi.

Questa specie non ha aree di riposo ben definite se non quelle necessarie per lo sviluppo larvale e la formazione della crisalide. Queste fasi di vita rientrano nella definizione di sito di riproduzione, sulla sinistra.

Osmoderma eremita

(scarabeo eremita)

Per l'Osmoderma eremita, l'area di riposo e il sito di riproduzione sono in effetti sinonimi.

Questa specie saproxilica vive per la maggior parte della sua vita nelle cavità piene di marciume di alberi decidui maturi, di solito della specie Quercus. Un'alta percentuale di esemplari non lascia l'albero natale. L'accoppiamento avviene all'interno del substrato e le uova vengono depositate in profondità nel substrato. Lo sviluppo da uovo a scarabeo richiede diversi anni. Le pupe si sviluppano in autunno; gli adulti emergono nella tarda primavera o all'inizio dell'estate.

Essendo utilizzati dalla specie, gli alberi decidui maturi e sostanzialmente cavi, con marciume centrale, di solito della specie di Quercus, rappresentano l'area di riposo dell'Osmoderma eremita.

(2-58)    L'esempio della specie Triturus cristatus (si veda il riquadro sopra) illustra che per alcune specie che vivono in aree di ripartizione naturale ristrette, i siti di riproduzione e le aree di riposo possono sovrapporsi. In questi casi è importante proteggere un'area funzionalmente sostenibile e coerente per la specie che includa sia le aree di riposo e i siti di riproduzione, sia altre aree considerate necessarie per mantenerne la funzionalità ecologica. La definizione della popolazione "locale" di tale specie potrebbe essere utile per definire tale area.

(2-59)    Occorre inoltre valutare in che modo trattare le specie con aree di ripartizione estese nel contesto dell'articolo 12. Il particolare problema posto dalle specie con aree di ripartizione estese è già riconosciuto nell'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva. In questo caso può essere consigliabile limitare la definizione di sito di riproduzione e di area di riposo a un luogo che può essere chiaramente delimitato: ad esempio i posatoi dei pipistrelli, le tane invernali degli orsi o quelle delle lontre, oppure altre aree che possono essere chiaramente identificate come importanti per la riproduzione o il riposo.

(2-60)    Nella causa Caretta caretta la Corte non ha fornito alcuna definizione di siti di riproduzione e di aree di riposo per le specie, seguendo un approccio caso per caso/specie per specie. Nel caso in questione la Corte ha sottolineato l'importanza del golfo di Laganas come "regione essenziale per la riproduzione della specie protetta Caretta caretta" 78 . Questa zona presentava i fattori fisici e biologici necessari per la riproduzione della specie (area marina e spiagge di nidificazione). È difficile stabilire una definizione generale di "siti di riproduzione" e "aree di riposo" a causa della vasta gamma di differenze nelle caratteristiche ecologiche delle specie. Occorre pertanto considerare le conoscenze aggiornate sull'ecologia e sul comportamento delle specie.

2.3.4.c) Concetto di "deterioramento"

Il deterioramento può essere definito come il degrado fisico che interessa un sito di riproduzione o un'area di riposo. Contrariamente alla distruzione, tale degrado potrebbe anche verificarsi lentamente e gradualmente e ridurre così la funzionalità del sito o dell'area. L'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), si applica se è possibile stabilire una chiara relazione di causa-effetto tra una o più attività umane e il deterioramento di un sito di riproduzione o di un'area di riposo.

(2-61)    Né l'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), né l'articolo 1 della direttiva Habitat contengono una definizione di "deterioramento", sebbene questo concetto sia presente anche in altre disposizioni della direttiva (ad esempio l'articolo 6, paragrafo 2).

(2-62)    In generale il deterioramento può essere definito come il degrado fisico che interessa un habitat (in questo caso un sito di riproduzione o un'area di riposo). Contrariamente alla distruzione, il degrado può verificarsi lentamente e gradualmente e ridurre la funzionalità del sito o dell'area. Il deterioramento può quindi non portare immediatamente a una perdita di funzionalità di un sito o di un'area. Tuttavia potrebbe influire negativamente sulla funzionalità in termini di qualità o quantità degli elementi ecologici presenti e potrebbe, in un certo periodo di tempo, portare alla sua completa perdita. Data la grande varietà di specie elencate nell'allegato VI, lettera a), la valutazione del deterioramento di un particolare sito di riproduzione o una particolare area di riposo deve essere effettuata caso per caso.

(2-63)    Nel cercare di individuare ed evitare le cause che portano al deterioramento o persino alla perdita di funzionalità di riproduzione o di riposo, è importante stabilire una chiara relazione causa-effetto tra una o più attività umane e il deterioramento o la distruzione di un sito di riproduzione o di un'area di riposo. Ovviamente le cause del deterioramento possono trovarsi all'interno o all'esterno del luogo di riproduzione o dell'area di riposo in esame, ed eventualmente anche a una certa distanza da tale luogo o area. Occorre quindi controllare dette cause e attività in modo da evitare il deterioramento e la distruzione. Solo una chiara visione delle cause permetterà alle autorità di agire di conseguenza ed evitare un deterioramento o una distruzione ulteriori o futuri.

(2-64) Pertanto il fatto che siano tollerate attività che degradano o danneggiano, direttamente o indirettamente, l'habitat delle specie protette può costituire una violazione dell'articolo 12, paragrafo 1, come riconosciuto dalla Corte nella causa C‑340/10. In essa la Corte ha concluso che il pompaggio eccessivo di acqua e altre attività dannose in prossimità del lago di Paralimni potevano avere conseguenze negative considerevoli sull'habitat della natrice o biscia dal collare e sulla conservazione di tale specie, in particolare durante i periodi di siccità. Avendo tollerato quel tipo di operazioni, Cipro è venuta meno agli obblighi a essa incombenti in forza dell'articolo 12, paragrafo 1.

(2-65)    Per definire i limiti di ciò che si può considerare un "deterioramento" è indispensabile un'analisi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), nel suo insieme. Lo scopo dell'articolo 12 è di introdurre un regime di rigorosa tutela per le specie di cui all'allegato IV, lettera a). L'esplicita protezione dei siti di riproduzione e delle aree di riposo, oltre alla tutela della specie in quanto tale, senza la qualifica "deliberata", dimostra l'importanza attribuita a questi siti dalla direttiva. Tale tutela specifica contro il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione e delle aree di riposo è evidentemente legata alla funzione vitale di questi siti, che devono continuare a fornire tutti gli elementi necessari a un determinato animale (o gruppo di animali) per riprodursi o riposare.

(2-66)    Esempi di attività che possono portare al deterioramento ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d):

-riempimento di parti di zone di deposizione delle uova del tritone crestato (Triturus cristatus) o di altri anfibi oggetto di rigorosa tutela, riducendone così (in sintesi) la funzione come sito di riproduzione;

-deterioramento della funzione di parti di una tana di criceto come luogo di riproduzione e di riposo a causa di un'aratura profonda;

-opere di ingegneria lungo il tratto di un fiume che è un sito di riposo e riproduzione per lo storione (Acipenser sturio) o altri pesci oggetto di rigorosa tutela;

-drenaggio dei terreni o altre attività che causano cambiamenti nell'idrologia e che compromettono seriamente le caratteristiche ecologiche dell'habitat e influenzano la popolazione di Natrix natrix cypriaca (natrice o biscia dal collare di Cipro, si veda la sezione 2.33);

-abbattimento/rimozione di alberi morti o moribondi che costituiscono habitat importanti per talune specie di coleotteri saproxilici oggetto di rigorosa tutela in base all'allegato IV 79 (Buprestis splendens, Cucujus cinnaberinus, Phryganophilus ruficollis e Pytho kolwensis);

-costruzione di case, strutture turistiche, strade e altre infrastrutture, nonché inquinamento luminoso o attività di pesca all'interno o nelle immediate vicinanze dei siti di riproduzione della tartaruga marina (Caretta caretta) 80 .

18 - Esempi di buone pratiche: un programma strategico per lo storione nel Danubio

Lo storione costituisce una parte importante del patrimonio naturale del bacino del Danubio e del Mar Nero. La sua presenza è un eccellente indicatore di buona qualità delle acque e degli habitat. Attualmente quattro delle sei specie sono in pericolo critico di estinzione, una è considerata vulnerabile e una è estinta. Tutte sono ora protette ai sensi della direttiva Habitat dell'UE. 

Nel giugno 2011 la strategia dell'UE per la regione danubiana ha fissato tra i suoi obiettivi (obiettivo del settore prioritario 6) "salvaguardare le popolazioni vitali di storioni del Danubio e di altre specie ittiche autoctone entro il 2020". L'anno seguente, nel gennaio 2012, è stata creata una task force per lo storione del Danubio incaricata di determinare come collaborare al raggiungimento di questo obiettivo. La task force era composta da esperti in materia di storioni, delegati di ONG e rappresentanti della commissione internazionale per la protezione del Danubio, della strategia danubiana e dei governi nazionali.

Una delle prime azioni della task force è stata la stesura del programma Sturgeon 2020, concepito come quadro per un'azione concertata. L'attuazione del programma ha richiesto impegno e una complessa cooperazione tra governi, responsabili delle decisioni, comunità locali, portatori di interessi, scienziati e ONG.

Lo strumento più ovvio per dare impulso alle misure proposte dal programma Sturgeon 2020 è il piano di gestione del bacino idrografico del Danubio (DRBMP) insieme al programma comune di misure che lo accompagna. La seconda versione del DRBMP, aggiornata nel 2015, stabilisce come uno dei traguardi a lungo termine e dei suoi obiettivi di gestione "l'adoperarsi affinché le barriere antropogeniche e i deficit di habitat non ostacolino più la migrazione dei pesci e la deposizione delle uova; affinché le specie di storione e le altre specie migratorie specificate siano in grado di accedere al Danubio e ai suoi affluenti; affinché le specie di storione e le altre specie migratorie specificate siano rappresentate da popolazioni autosufficienti nel distretto del bacino idrografico del Danubio secondo la loro distribuzione storica".

Tra le misure individuate per raggiungere questo obiettivo di gestione figurano le seguenti:

·specificare il numero e l'ubicazione dei dispositivi di ausilio alla migrazione dei pesci e altre misure per conseguire/migliorare la continuità fluviale, da attuarsi entro il 2021 da ciascun paese;

·specificare l'ubicazione e la portata delle misure per il miglioramento della morfologia del fiume attraverso interventi di ripristino, conservazione e riqualificazione che saranno attuate entro il 2021 da ciascun paese;

·evitare nuove barriere alla migrazione dei pesci causate da nuovi progetti infrastrutturali; le nuove barriere inevitabili devono integrare, fin dalla concezione del progetto, le dovute misure di mitigazione, come ausili alla migrazione dei pesci o altre misure adeguate;

·colmare le lacune di conoscenza sulla possibilità per lo storione e le altre specie migratorie specificate di risalire e discendere il fiume attraverso le dighe Iron Gate I e II, anche mediante indagini sugli habitat;

·se i risultati di tali indagini sono positivi, si dovrebbero attuare le misure appropriate e condurre uno studio di fattibilità per la diga di Gabčíkovo e il Danubio superiore.

In base al DRBMP, entro il 2021 saranno costruiti nel bacino idrografico 140 ausili alla migrazione dei pesci (120 sono già stati costruiti dopo il primo piano di gestione), che dovrebbero garantire la migrazione di tutte le specie ittiche, compresi gli storioni, di tutte le classi di età utilizzando le migliori tecniche disponibili. L'attuazione di altre 330 misure volte a ripristinare la continuità fluviale è prevista dopo il 2021 (articolo 4, paragrafo 4, della direttiva quadro Acque). http://www.dstf.eu

2.3.4.d) Misure per garantire la funzionalità ecologica continuativa dei siti di riproduzione o delle aree di riposo

Le misure atte a garantire la funzionalità ecologica continuativa di un sito di riproduzione o di un'area di riposo nel caso di progetti e attività con un possibile impatto su tali siti o aree devono avere il carattere di misure di mitigazione (ossia misure che riducano al minimo o persino annullino l'impatto negativo). Possono anche includere misure che migliorano attivamente o gestiscono un certo sito di riproduzione o una data area di riposo in modo tale che non subisca, in alcun momento, una riduzione o perdita di funzionalità ecologica. A condizione che questo presupposto sia soddisfatto e tali processi siano controllati e sorvegliati dalle autorità competenti, non è necessario ricorrere all'articolo 16.

(2-67) Le misure utilizzate per garantire la funzionalità ecologica continuativa (qui di seguito denominate "misure FEC") sono misure preventive volte a ridurre al minimo o persino annullare l'impatto negativo di un'attività sui siti di riproduzione o sulle aree di riposo delle specie protette. Possono tuttavia anche andare oltre e includere azioni che migliorano attivamente un certo sito di riproduzione o una data area di riposo in modo tale che non subisca, in alcun momento, una riduzione o perdita di funzionalità ecologica. Tra le misure in questione potrebbe figurare, per esempio, l'ampliamento del sito o la creazione di nuovi habitat in un sito di riproduzione o un'area di riposo, o in diretta relazione funzionale con tale sito o area, al fine di mantenerne la funzionalità. Naturalmente il mantenimento o il miglioramento della funzionalità ecologica correlato a tali misure per la specie in questione dovrebbe essere chiaramente dimostrato.

(2-68)    Tali misure possono essere utilizzate solo in situazioni in cui esiste un regime di autorizzazione o di pianificazione con procedure formali, e in cui le autorità competenti sono in grado di valutare se le misure adottate per preservare la funzionalità "di riproduzione" o "di riposo" di un sito sono sufficienti. Le misure FEC possono essere un'opzione quando un'attività potrebbe interessare solo parti di un sito di riproduzione o di un'area di riposo. Se il sito di riproduzione o l'area di riposo, a seguito delle misure FEC, rimane ancora almeno delle stesse dimensioni (o assume dimensioni maggiori) e conserva la stessa qualità (o diventa di qualità migliore) per la specie in questione, non vi è alcun deterioramento della funzione, della qualità o dell'integrità del sito. È fondamentale che la funzionalità ecologica continuativa del sito sia mantenuta o migliorata. È quindi importante monitorare l'efficacia delle misure FEC.

(2-69)    Conformemente al principio di precauzione, se le misure proposte (ad esempio da chi promuove il progetto nel contesto di un progetto) non garantiscono la funzionalità ecologica continuativa di un sito, non dovrebbero essere considerate in linea con l'articolo 12, paragrafo 1, lettera d). Affinché l'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), sia rispettato, è necessario che vi sia un alto grado di certezza circa l'adeguatezza delle misure a evitare qualsiasi deterioramento o distruzione e la loro attuazione nel momento e nella forma appropriati per evitare qualsiasi deterioramento o distruzione. La valutazione della probabilità di successo deve essere effettuata sulla base di informazioni oggettive e alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato.

(2-70) Misure FEC appropriate, che garantiscano che non vi sarà un deterioramento della funzione, della qualità o dell'integrità del sito, avranno un impatto positivo globale per quanto riguarda la tutela delle specie interessate.

(2-71)    Le misure FEC potrebbero essere parte integrante delle specifiche di un'attività o di un progetto; potrebbero inoltre far parte di misure preventive nell'ambito di un regime di rigorosa tutela ai fini del rispetto dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d).

(2-72)    Sulla base della definizione di siti di riproduzione e aree di riposo (cfr. sezione 2.3.4.b), l'approccio delineato sopra sembra particolarmente pertinente quando si tratta di animali con aree di ripartizione ristrette, in cui i siti di riproduzione o le aree di riposo sono delimitati come "unità funzionali" (ossia viene utilizzato l'approccio più ampio). In tal caso occorre sottolineare che uno Stato membro deve essere coerente nella definizione dei siti di riproduzione e delle aree di riposo di una data specie e, di conseguenza, nel provvedere alla loro tutela su tutto il suo territorio.

(2-73)    Le misure FEC sono diverse dalle misure di compensazione in senso stretto (comprese le misure compensative ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva Habitat). Le misure di compensazione mirano a compensare specifici effetti negativi su una specie e quindi implicano che sono in corso, o sono avvenuti, un deterioramento o una distruzione di un luogo di riproduzione o di un'area riposo. Non è questo il caso delle misure FEC, che assicurano che la funzionalità ecologica continuativa del sito di riproduzione o dell'area di riposo rimanga perfettamente intatta (in termini quantitativi e qualitativi) dopo che l'attività ha avuto luogo. In caso di deterioramento o distruzione di un sito di riproduzione o di un'area di riposo, è sempre necessaria una deroga ai sensi dell'articolo 16 se le condizioni ivi stabilite sono soddisfatte. La sezione 3.2.3.b riguarda l'uso di misure di compensazione ai sensi dell'articolo 16.

2.3.5.Possesso, trasporto, commercializzazione, ovvero scambio e offerta a scopi commerciali o di scambio di esemplari presi dall'ambiente naturale

I divieti di cui all'articolo 12, paragrafo 2, sono validi per tutte le fasi della vita delle specie dell'allegato IV, lettera a).

(2-74)    Per le specie dell'allegato IV, lettera a), l'articolo 12, paragrafo 2, afferma che: "gli Stati membri vietano il possesso, il trasporto, la commercializzazione ovvero lo scambio e l'offerta a scopi commerciali o di scambio di esemplari presi dall'ambiente naturale, salvo quelli legalmente raccolti prima della messa in applicazione della presente direttiva". L'articolo 12, paragrafo 3, stabilisce che i divieti di cui all'articolo 12, paragrafo 1, lettere a) e b), e all'articolo 12, paragrafo 2, sono validi per tutte le fasi della vita delle specie di cui all'allegato IV, lettera a).

2.3.6.Sistema di sorveglianza delle catture e delle uccisioni accidentali delle specie elencate nell'allegato IV, lettera a)

L'articolo 12, paragrafo 4, impone agli Stati membri di introdurre un sistema per sorvegliare la cattura e l'uccisione accidentali e di intraprendere le ulteriori ricerche o adottare le misure di conservazione necessarie per assicurare che esse non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione.

(2-75) L'articolo 12, paragrafo 4, impone l'istituzione di un sistema di sorveglianza continua delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell'allegato IV, lettera a). Il sistema di sorveglianza deve essere abbastanza solido da consentire l'acquisizione di dati affidabili sull'impatto di tutte le attività che potrebbero comportare un rischio di cattura e uccisione accidentali per le specie interessate. Le informazioni raccolte devono poter fornire una stima affidabile delle catture e uccisioni accidentali che, combinata con i risultati della sorveglianza del loro stato di conservazione, possa portare a una decisione informata sulla necessità di misure di conservazione per garantire che non vi sia un impatto negativo significativo sulle specie interessate.

Tra gli esempi figurano la sorveglianza della catture accessorie di cetacei o di tartarughe marine negli attrezzi da pesca, o della loro uccisione a causa degli urti con le navi, la sorveglianza delle morti di pipistrelli intorno alle turbine eoliche o la sorveglianza delle uccisioni su strada (per esempio degli anfibi durante le migrazioni primaverili). Nella causa C-308/08, la Corte ha affrontato la questione dell'attuazione dell'articolo 12, paragrafo 4, in relazione alla lince iberica (Lynx pardinus) in Andalusia, e ha rilevato l'esistenza di un sistema di sorveglianza delle uccisioni accidentali di linci iberiche in relazione alla circolazione stradale (si veda il riquadro sotto).

19 - Esempi di buone pratiche: potenziamento di una strada che attraversa il territorio della lince iberica

La lince iberica (Lynx pardinus) è la specie felina più a rischio in tutto il mondo. Preda quasi esclusivamente il coniglio europeo, il che rende la specie ancora più vulnerabile a causa delle sue esigenze ecologiche così specifiche. La lince iberica è in pericolo a causa di una combinazione di minacce: riduzione della base alimentare (nel corso degli anni le popolazioni di conigli sono state colpite da epidemie, come la mixomatosi e la malattia emorragica), collisioni con veicoli (a causa della frammentazione del loro habitat dovuta alla presenza di molte strade di campagna), perdita e degrado dell'habitat (ulteriore sviluppo di infrastrutture come strade, dighe, ferrovie e altre attività umane) e uccisioni illegali (la specie è stata storicamente considerata sia come un attraente trofeo di caccia che come animale molesto). All'inizio del XXI secolo la lince iberica era sull'orlo dell'estinzione, con solo circa 100 esemplari che sopravvivevano in due sottopopolazioni isolate in Andalusia (Spagna), così come in alcune parti del Portogallo. Nel 2019 il numero era salito a più di 600 esemplari maturi in otto sottopopolazioni e con una crescente connessione tra di loro.

Nell'ambito del programma LIFE, l'Unione Europea ha fortemente sostenuto il recupero di questa specie, la cui popolazione è notevolmente aumentata nell'ultimo decennio. Nell'ambito del progetto LIFE Iberlince 81 , le autorità spagnole hanno predisposto una serie di azioni volte a migliorare la connessione tra i diversi nuclei della popolazione e a ridurre del 30 % il tasso di mortalità della lince iberica legato alle collisioni con i veicoli. Le azioni attuate in questo senso comprendono la costruzione e l'adattamento di passaggi per gli animali, recinzioni mirate, segnaletica e introduzione di limiti di velocità. Il ministero spagnolo dei Lavori pubblici e dei trasporti, che è l'autorità competente per la sicurezza stradale, è divenuto un beneficiario associato del progetto LIFE in questione per favorire l'attuazione di azioni atte a ridurre i rischi di collisione. Potrebbero essere necessari ulteriori sforzi e misure per garantire che le uccisioni accidentali causate da collisioni stradali, e altre cause di mortalità non naturale, siano adeguatamente affrontate e che siano evitati impatti significativi sulla popolazione di lince iberica.

20 - Esempi di buone pratiche: il progetto LIFE SAFE-CROSSING - prevenire le collisioni tra veicoli e animali

Il progetto LIFE SAFE-CROSSING si propone di mettere in atto azioni per ridurre l'impatto delle strade su alcune specie prioritarie in quattro paesi europei: l'orso bruno mariscano (Ursus arctos marsicanus) e il lupo (Canis lupus) in Italia, la lince iberica (Lynx pardinus) in Spagna, e l'orso bruno (Ursus arctos) in Grecia e Romania.

Queste specie sono seriamente minacciate dalle infrastrutture stradali, a causa della mortalità diretta e dell'effetto barriera. Per mitigare questi effetti ci si baserà sull'esperienza acquisita in un precedente progetto LIFE, il progetto LIFE STRADE, nell'ambito del quale un sistema innovativo per la prevenzione degli incidenti stradali con la fauna selvatica è stato installato con successo in 17 siti dell'Italia centrale. È stato anche osservato che una delle cause principali degli incidenti è legata alla scarsa attenzione e consapevolezza dei conducenti sul rischio delle collisioni con gli animali selvatici.


Il progetto LIFE SAFE-CROSSING mira pertanto a conseguire gli obiettivi seguenti:

·dimostrare l'uso di un innovativo sistema di prevenzione degli incidenti stradali con la fauna selvatica (AVC PS, Animal-Vehicle Collision Prevention Systems);

·ridurre il rischio delle collisioni tra i veicoli e le specie bersaglio;

·migliorare la connettività e favorire i movimenti delle popolazioni;

·aumentare l'attenzione dei conducenti nelle aree di progetto sul rischio di incidenti stradali con le specie bersaglio.

Il progetto coinvolge 13 partner tra ONG, società private ed enti pubblici. La partecipazione della provincia di Terni assicurerà il trasferimento dell'esperienza acquisita nel progetto LIFE STRADE nelle nuove aree d'intervento.
L'area del progetto LIFE SAFE-CROSSING include 29 siti Natura 2000 (SIC). Riducendo la mortalità diretta della fauna e la frammentazione da parte delle strade, il progetto contribuirà ad aumentare sia la biodiversità nei singoli siti Natura 2000 che la connettività tra di loro. La standardizzazione dei metodi e delle pratiche e le attività di divulgazione promuoveranno la replicazione delle migliori pratiche in altre aree. Infine, l'intenso sforzo di sensibilizzazione previsto dal progetto aumenterà anche la conoscenza della rete Natura 2000 da parte delle comunità locali e dei turisti.

https://life.safe-crossing.eu/

( http://www.lifestrade.it/index.php/it/ ) (LIFE11BIO/IT/072)

(2-76) La sorveglianza sistematica e la raccolta di dati affidabili su catture e uccisioni accidentali è un prerequisito essenziale per l'attuazione di misure di conservazione efficaci. Ad esempio, per quanto riguarda le catture accessorie negli attrezzi da pesca, un sistema di sorveglianza può basarsi sui dati raccolti dagli Stati membri nell'ambito del quadro per la raccolta dei dati relativi alla pesca 82 . Il regolamento (UE) 2017/1004 stabilisce le norme per la raccolta, la gestione e l'uso di dati biologici, ambientali, tecnici e socioeconomici relativi al settore della pesca, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi della politica comune della pesca e della legislazione ambientale. Le moderne tecnologie di controllo, come gli strumenti di monitoraggio elettronico a distanza (REM, Remote Electronic Monitoring) che incorporano la televisione a circuito chiuso e i sensori, presentano un grande potenziale. I recenti sviluppi dell'intelligenza artificiale possono facilitare la revisione automatica di grandi volumi di dati REM. Questi strumenti di controllo offrono alle autorità un mezzo conveniente e praticabile per sorvegliare le catture accidentali di specie sensibili e renderne conto. Gli strumenti REM sono sempre più utilizzati in tutto il mondo come soluzione a vari problemi di controllo della pesca, in scenari in cui è richiesta una sorveglianza continua ed efficace sotto il profilo dei costi per la raccolta dei dati e per scopi di controllo e di contrasto.

Gli Stati membri sono tenuti a definire piani di lavoro nazionali in conformità del programma pluriennale dell'UE per la raccolta dei dati. Per il periodo 2020-2021 tale programma è stato adottato con la decisione delegata (UE) 2019/910 della Commissione e con la decisione di esecuzione (UE) 2019/909 della Commissione. Il programma include l'obbligo di raccogliere dati sulle catture accidentali di tutti gli uccelli, i mammiferi, i rettili e i pesci protetti in virtù della legislazione dell'Unione e degli accordi internazionali. I dati devono essere raccolti per tutti i tipi di pesca e di imbarcazioni, nel corso di missioni di osservazione sui pescherecci, o dai pescatori stessi nei giornali di pesca.

Se i dati raccolti nel corso di missioni di osservazione non forniscono informazioni sulle catture accidentali sufficienti per le esigenze degli utilizzatori finali, gli Stati membri devono fare ricorso ad altre metodologie, per esempio l'uso del monitoraggio elettronico a distanza (REM) mediante telecamere installate sulle imbarcazioni che registrano il recupero degli attrezzi e le catture. I metodi di raccolta e la qualità dei dati devono essere idonei agli scopi previsti ed essere basati sulle migliori pratiche e sulle pertinenti metodologie raccomandate dagli organismi scientifici competenti. Al fine di fornire una stima affidabile delle catture accessorie, essi dovrebbero coprire una percentuale sufficiente della flotta. La raccolta di dati sulle catture accidentali di specie protette e sensibili secondo i regolamenti e le direttive pertinenti, come pure l'attuazione di misure di conservazione appropriate, richiede una stretta cooperazione intersettoriale e interistituzionale, l'applicazione delle norme e un adeguato sostegno ai e da parte dei pescatori.

(2-77) Per le specie con aree di ripartizione naturale estese, come i cetacei che si spostano attraverso le acque degli Stati membri, la cooperazione con altri paesi nell'area di ripartizione naturale della specie è essenziale perché la sorveglianza e le misure riguardano i pescherecci di diversi paesi. È quindi utile sottolineare che gli obblighi previsti dall'articolo 12 sono una responsabilità condivisa dagli Stati membri. Tale posizione è sostenuta dalla formulazione delle suddette disposizioni e dall'obiettivo sovranazionale della direttiva, che è quello di tutelare le specie e gli habitat di interesse comunitario in tutta la loro area di ripartizione naturale, nonché dal dovere di leale cooperazione previsto dal trattato. Pertanto, anche se la responsabilità principale di attuare l'articolo 12 ricade sullo Stato membro che ospita la specie, gli altri Stati membri devono cooperare se tale cooperazione è necessaria per garantire il rispetto dei loro obblighi legali. Quanto precede vale sia per la sorveglianza che per l'attuazione delle misure di conservazione.

(2-78) In base alle informazioni raccolte attraverso il sistema di sorveglianza, gli Stati membri devono intraprendere le ulteriori ricerche o misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione. È quindi anche essenziale disporre di informazioni affidabili sulla popolazione, l'area di ripartizione e lo stato di conservazione della specie, il che richiede la piena attuazione della sorveglianza come richiesto dall'articolo 11 della direttiva.

(2-79) Sebbene l'articolo 12, paragrafo 4, non fornisca una definizione di "impatto negativo significativo" 83 , si può comprendere che ciò implica un esame dettagliato dell'effetto della cattura e dell'uccisione accidentale sullo stato delle sottopopolazioni e delle popolazioni della specie, e in ultima analisi sul raggiungimento o il mantenimento del suo stato di conservazione soddisfacente. La significatività dell'impatto dovrà essere valutata caso per caso, tenendo conto del ciclo di vita della specie, dell'intensità e della durata dell'impatto negativo e dello stato e della tendenza di conservazione della specie interessata. Ad esempio, l'impatto può essere considerato significativo se una specie si trova in uno stato di conservazione sfavorevole e vi è un'ulteriore riduzione del numero di esemplari a causa di catture e uccisioni accidentali, in particolare se ciò influisce sulle prospettive di recupero futuro. L'impatto dovrebbe essere ritenuto significativo anche se il numero di animali catturati e uccisi accidentalmente è costantemente elevato, il che potrebbe avere ripercussioni su una sottopopolazione o una popolazione locale della specie interessata. In caso di mancanza di dati sullo stato di conservazione e/o sul livello effettivo di catture e uccisioni accidentali, si dovrebbe applicare il principio di precauzione.

(2-80) Un'altra attività che può causare l'uccisione accidentale di specie marine oggetto di rigorosa tutela è il traffico marittimo, in particolare attraverso le collisioni di animali con le navi (urti contro le navi). Gli Stati membri potrebbero prendere in considerazione una vasta gamma di misure preventive, tra cui la riduzione della velocità delle navi o il dirottamento del traffico. Tali misure di norma dovranno essere attuate secondo le regole dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO). In funzione della portata delle misure proposte e del loro impatto sul normale traffico marittimo, e conformemente alla direttiva 2002/59/CE, potrebbe essere necessario procedere in tal senso attraverso una comunicazione dell'UE all'IMO.

(2-81) Alcune attività militari, in particolare l'uso di sonar nell'ambiente marino o lo scarico o la distruzione di munizioni inesplose, potrebbero causare l'uccisione di specie sensibili come i cetacei. Le attività militari non sono esentate dalle disposizioni dell'articolo 12, dunque le marine militari di vari Stati membri hanno elaborato iniziative politiche per l'uso di sonar militari che tengono conto della necessità di ridurre al minimo i potenziali effetti ambientali. Per esempio, si possono designare delle zone di precauzione in cui l'uso di questi sonar è limitato. Tali iniziative dovrebbero essere definite rispettando la legislazione internazionale vigente, disciplinata principalmente nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, comprese le disposizioni specifiche relative a particolari diritti e obblighi delle navi da guerra.



3. ARTICOLO 16

Testo dell'articolo 16

1. A condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13, 14 e 15, lettere a) e b):

a) per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali;

b) per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà;

c) nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente;

d) per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante;

e) per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti.

2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni due anni una relazione, conforme al modello elaborato dal comitato, sulle deroghe concesse a titolo del paragrafo 1. La Commissione comunica il suo parere su tali deroghe entro il termine massimo di dodici mesi dopo aver ricevuto la relazione e ne informa il comitato.

3. Le informazioni dovranno indicare: a) le specie alle quali si applicano le deroghe e il motivo della deroga, compresa la natura del rischio, con l'indicazione eventuale delle soluzioni alternative non accolte e dei dati scientifici utilizzati; b) i mezzi, sistemi o metodi di cattura o di uccisione di specie animali autorizzati e i motivi della loro utilizzazione; c) le circostanze di tempo e di luogo in cui tali deroghe sono concesse; d) l'autorità abilitata a dichiarare e a controllare che le condizioni richieste sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, strutture o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali servizi e quali sono gli addetti all'esecuzione; e) le misure di controllo attuate ed i risultati ottenuti.

(3-1)    L'articolo 16 della direttiva prevede la possibilità di deroghe, anche in relazione al regime di rigorosa tutela delle specie animali istituito dall'articolo 12.

(3-2)    Il margine previsto dall'articolo 16 per la concessione di deroghe alle restrizioni e ai divieti di cui all'articolo 12 è limitato. Le deroghe non solo devono essere giustificate in relazione all'obiettivo generale della direttiva, ma devono anche rispettare tre condizioni specifiche (si veda la sezione 3.2).

(3-3)    Il mancato rispetto di una di dette condizioni rende la deroga nulla. Pertanto, prima di concedere una deroga, le autorità degli Stati membri devono esaminare attentamente tutti i requisiti generali e specifici.

3.1. Considerazioni giuridiche generali

3.1.1. Obbligo di garantire il pieno, chiaro e preciso recepimento dell'articolo 16

L'articolo 16 deve essere pienamente e formalmente recepito con efficacia cogente incontestabile. I criteri da rispettare per concedere una deroga devono essere riprodotti in disposizioni nazionali specifiche. Le misure nazionali di recepimento devono garantire la piena applicazione dell'articolo 16, senza modificarne i termini, applicare selettivamente le sue disposizioni o aggiungere tipi di deroghe non previsti dalla direttiva. Le disposizioni amministrative da sole non sono sufficienti.

(3-4)    Il recepimento dell'articolo 16 nel diritto nazionale deve garantire l'attuazione delle disposizioni di deroga da parte delle autorità competenti. Va osservato che una direttiva è vincolante per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia agli Stati membri la scelta del modo in cui raggiungere tale risultato. La Corte ha tuttavia posto dei limiti a questo margine di manovra. Pertanto il recepimento a livello nazionale del regime di deroga di cui all'articolo 16 deve rispettare tutti i principi giuridici fondamentali del diritto dell'UE e una serie di requisiti, come illustrato di seguito.

(3-5)    Secondo la giurisprudenza della CGUE 84 , "il recepimento in diritto interno di una direttiva non esige necessariamente la riproduzione ufficiale e testuale delle sue disposizioni in una norma giuridica espressa e specifica; a questo scopo può essere sufficiente, in funzione del contenuto della direttiva stessa, un contesto giuridico generale, a condizione che quest'ultimo garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso". Le sole disposizioni amministrative, per natura modificabili dalle autorità e prive di adeguata pubblicità, non possono essere considerate valido adempimento degli obblighi imposti agli Stati membri dal TFUE e dalla direttiva 85 .

(3-6) Di conseguenza l'applicazione delle prescrizioni dell'articolo 16 nella pratica non sostituisce il recepimento formale. Nella causa C-46/11 la Corte ha confermato che la corretta attuazione delle disposizioni di una direttiva non può, da sola, fornire la chiarezza e la precisione necessarie per soddisfare il principio della certezza del diritto. Inoltre le sole prassi amministrative non possono essere considerate un adempimento dell'obbligo degli Stati membri di trasporre la direttiva 86 nel diritto nazionale.

(3-7)    Inoltre le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire pienamente la certezza del diritto 87 . La Corte è stata più esplicita nella causa C‑339/87, affermando che "i criteri in base ai quali gli Stati membri possono derogare ai divieti sanciti dalla direttiva devono essere riprodotti in disposizioni nazionali precise, dato che l'esattezza della trasposizione riveste un'importanza particolare in un caso come quello di specie, in cui la gestione del patrimonio comune è affidata, per i rispettivi territori, agli Stati membri". Nella sua sentenza del 20 ottobre 2005 la Corte ha applicato questa giurisprudenza alla direttiva Habitat e ha osservato che "nell'ambito della direttiva Habitat, che stabilisce norme complesse e tecniche nel settore del diritto ambientale, gli Stati membri sono particolarmente tenuti a fare in modo che la loro normativa destinata al recepimento di tale direttiva sia chiara e precisa" 88 .

(3-8)    Come ha sostenuto la Corte, a proposito dell'articolo 16 della direttiva Habitat, i criteri in base ai quali gli Stati membri possono derogare ai divieti imposti dalla direttiva devono essere riprodotti senza ambiguità nelle disposizioni del diritto nazionale. Nell'ambito di tale riproduzione l'articolo 16 della direttiva Habitat va interpretato restrittivamente, in quanto esso definisce in maniera precisa le condizioni alle quali gli Stati membri possono derogare agli articoli da 12 a 15 della direttiva 89 . La Corte ha ribadito questa posizione nella causa C-46/11 90 .

(3-9) Nel recepire l'articolo 16 gli Stati membri devono attenersi al significato dei termini e dei concetti utilizzati dalla direttiva per garantirne l'uniformità di interpretazione e applicazione 91 . Ciò implica anche che le misure nazionali di recepimento devono garantire la piena applicazione della direttiva senza modificarne i termini e senza aggiungere condizioni supplementari o deroghe non previste dalla direttiva 92 . Per esempio, nella causa C-6/04 93 , la Corte ha ritenuto che una deroga che autorizza atti che conducono all'uccisione di specie protette e al deterioramento o alla distruzione dei loro siti di riproduzione o delle loro aree di riposo, purché tali atti siano legali e non possano essere ragionevolmente evitati, "è contraria sia allo spirito e alla finalità della direttiva habitat che alla lettera del suo art[icolo] 16".

Nella causa C-183/05 94 la Corte ha ritenuto che il regime di deroghe previsto dalla normativa irlandese (articolo 23, paragrafo 7, lettera b), del Wildlife Act) fosse incompatibile con gli articoli 12 e 16 della direttiva. Secondo la normativa irlandese, gli atti non intenzionali che perturbano o distruggono i siti di riproduzione o le aree di riposo delle specie selvatiche non costituiscono un reato. La Corte è del parere che non solo questa disposizione non soddisfi i requisiti dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva, che vieta tali atti, siano essi intenzionali o meno, ma che vada anche al di là di quanto previsto dall'articolo 16 della direttiva, la quale stabilisce in modo esaustivo le condizioni alle quali possono essere concesse deroghe.

(3-10)    Le disposizioni nazionali devono garantire il recepimento rigoroso e completo di tutte le condizioni previste dall'articolo 16, senza applicare selettivamente solo alcune disposizioni. Nella causa C-98/03 95 la Corte ha ritenuto che la legge tedesca (articolo 43, paragrafo 4, della legge federale relativa alla protezione della natura) non fosse compatibile con l'articolo 16 in quanto non subordinava le deroghe a tutte le condizioni previste da tale articolo.

Nella causa C-508/04 96 la Corte ha chiarito che "le disposizioni nazionali che subordinano la concessione di deroghe ai divieti sanciti dagli art[icoli da] 12[ a ]14 e [dall'articolo ]15, lett[ere] a) e b), della direttiva non al complesso dei criteri e delle condizioni esposti al suo art[icolo] 16, bensì, in modo incompleto, a taluni elementi di essi, non costituiscono un regime conforme a tale ultimo articolo". Nella causa C-46/11 la Corte ha ritenuto che la legge polacca non fosse compatibile con l'articolo 16 perché non subordinava le deroghe a tutti i criteri e le condizioni di cui a tale articolo.

3.1.2. Applicazione generale appropriata delle deroghe

Le deroghe di cui all'articolo 16 devono essere l'estremo rimedio. Le disposizioni di deroga devono essere interpretate in modo restrittivo: devono rispondere a esigenze precise e riguardare situazioni specifiche. Spetta agli Stati membri garantire che l'effetto combinato di tutte le deroghe concesse sul proprio territorio non produca effetti contrari agli obiettivi della direttiva.

(3-11) La concessione delle deroghe di cui all'articolo 16 deve essere l'estremo rimedio 97 . Le autorità nazionali responsabili della concessione di deroghe devono tener conto del fatto che le deroghe devono essere interpretate e attuate in modo restrittivo per evitare di compromettere l'obiettivo generale e le disposizioni chiave della direttiva 98 . Nella causa C-6/04 la Corte ha chiarito che tale principio si applica anche nel contesto dell'articolo 16 99 . Nella causa C-674/17 la CGUE ha stabilito che "una deroga basata sull'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva Habitat può costituire unicamente un'applicazione concreta e puntuale per soddisfare precise esigenze e situazioni specifiche" 100 .

(3-12)    Per quanto riguarda i provvedimenti da adottare ai sensi dell'articolo 12 della direttiva Habitat, è stata sottolineata la necessità di attuare provvedimenti adeguati ed efficaci in modo sufficiente e verificabile. Lo stesso approccio può essere seguito per il regime di deroghe. Se usato correttamente, tale approccio assicura che la concessione di deroghe non contrasti con l'obiettivo della direttiva 101 . Nella causa C-6/04 la Corte ha osservato che "gli art[icoli] 12, 13 e 16 della direttiva [H]abitat formano un complesso coerente di norme volte alla tutela delle popolazioni delle specie interessate, di modo che ogni deroga incompatibile con tale direttiva costituirebbe una violazione sia dei divieti posti dagli art[icoli] 12 o 13 di essa, sia della norma secondo cui le deroghe possono essere consentite in conformità all'art[icolo] 16 della stessa direttiva".

Come regola generale, la rigorosità di qualsiasi condizione o "prova" diverrà maggiore con l'aumentare della gravità dell'impatto potenziale di una deroga su una specie o una popolazione.

(3-13)    La concessione di una deroga presuppone che le autorità nazionali competenti abbiano accertato il rispetto di tutte le condizioni di cui all'articolo 16. Gli Stati membri devono inoltre garantire che gli effetti cumulativi delle deroghe non producano impatti contrari agli obiettivi dell'articolo 12 e della direttiva nel suo insieme 102 .

(3-14) Spesso, quindi, l'uso delle deroghe è meglio gestito all'interno di un quadro di conservazione nazionale per garantire che, nel complesso, gli impatti cumulativi delle deroghe previste per una particolare specie non siano dannosi per il mantenimento della specie in uno stato di conservazione soddisfacente a livello nazionale e/o biogeografico all'interno di uno Stato membro. In ogni caso, gli Stati membri devono avere una visione d'insieme delle deroghe e supervisionarne l'uso a livello nazionale (e, se necessario, avere anche una visione d'insieme che vada oltre le frontiere per le popolazioni transfrontaliere). A tal fine, in funzione della struttura organizzativa di uno Stato membro, può essere necessario che le autorità regionali o locali esaminino gli effetti delle deroghe al di là dei loro territori.

Un esempio di come l'autorità nazionale può inquadrare l'uso delle deroghe concesse nel suo territorio figura nella causa C-342/05. In questo caso la Corte chiarisce che "[q]uanto alla circostanza secondo la quale le decisioni di rilascio dei permessi di caccia al lupo sono anche assoggettate ad una soglia massima regionale di esemplari che possono essere abbattuti nei singoli distretti venatori, essa non può essere ritenuta in contrasto con l'art[icolo] 16, [paragrafo] 1, della direttiva Habitat. Detta soglia, infatti, che è determinata in funzione della quantità di esemplari che possono essere eliminati senza compromettere la conservazione della specie in questione, definisce [...] solo i limiti entro cui i distretti venatori possono rilasciare le licenze di caccia, qualora sussistano anche i presupposti di cui all'art[icolo] 16, [paragrafo] 1, della direttiva [H]abitat". 103 In altre parole, è possibile fissare un limite massimo di esemplari che possono essere uccisi (per evitare un impatto negativo sullo stato di conservazione), ma ciò non elimina la necessità che ogni deroga soddisfi tutte le condizioni dell'articolo 16, paragrafo 1.

3.2. Un sistema scrupolosamente controllato per la concessione di deroghe: le tre prove

(3-15) L'articolo 16 stabilisce tre prove che devono essere superate prima della concessione di una deroga:

1) dimostrazione di una o più motivazioni tra quelle elencate dall'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d) o per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti (lettera e));

2) assenza di un'altra soluzione valida; e

3) garanzia del fatto che una deroga non pregiudichi il mantenimento delle popolazioni in uno stato di conservazione soddisfacente.

La terza prova riflette l'obiettivo generale della direttiva Habitat, che è quello di contribuire alla biodiversità attraverso la conservazione degli habitat naturali e della fauna e della flora selvatiche (articolo 2, paragrafo 1). Le misure adottate devono essere intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche. Devono inoltre tenere conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali (articolo 2, paragrafi 2 e 3).

Prima di poter esaminare la seconda e la terza prova, la domanda deve soddisfare la prima prova. In termini pratici, non ha molto senso esaminare la questione delle altre soluzioni valide e dell'impatto sullo stato di conservazione se l'azione non rispetta l'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a e).

(3-16)    Gli Stati membri devono comunque garantire che tutte e tre le prove siano superate. Spetta alle autorità competenti dimostrare che ogni deroga supera tutte le prove, come esposto dalla Corte nella causa C-342/05: "Poiché [l'articolo 16, paragrafo 1,] prevede un regime di eccezione che deve essere oggetto di interpretazione restrittiva e deve far gravare l'onere di provare la sussistenza delle condizioni richieste, per ciascuna deroga, sull'autorità che decide in merito, gli Stati membri sono tenuti a garantire che qualsiasi intervento riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata riferentesi ai motivi, alle condizioni e alle prescrizioni di cui all'art[icolo] 16, [paragrafo] 1, della direttiva Habitat" 104 .



Diagramma di flusso per la concessione di una deroga di cui all'articolo 16, paragrafo 1

La deroga è necessaria al fine di perseguire efficacemente uno dei seguenti obiettivi?

no

no

no

no

no

no

La deroga rischia di pregiudicare il mantenimento o il ripristino della specie in uno stato di conservazione soddisfacente nella sua area di ripartizione naturale?

e) Cattura o detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie, specificato dalle autorità nazionali competenti

no

La deroga riguarderà un numero limitato di esemplari delle specie interessate?

no

no

no

Esiste un'altra soluzione valida

(ossia se è possibile risolvere il problema specifico senza ricorrere a una deroga)?

b) Prevenire gravi danni

a) Proteggere la fauna e la flora selvatiche, conservare gli habitat naturali

d) Finalità didattiche e di ricerca, reintroduzione di specie

c) Nell'interesse della sanità/sicurezza pubblica, altri motivi imperativi di interesse pubblico prevalente

La deroga riguarderà esemplari su base selettiva?

Sono garantite condizioni rigorosamente controllate?

La deroga non deve essere concessa

La deroga può essere concessa

Sorveglianza degli effetti, compresi gli impatti cumulativi


3.2.1.PROVA 1: dimostrazione di una o più motivazioni tra quelle elencate dall'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d), o per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva e in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti (articolo 16, paragrafo 1, lettera e)).

Nel valutare l'opportunità di una deroga, le autorità nazionali dovrebbero considerare se essa è giustificata da uno dei motivi indicati all'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d) o lettera e). Per avere la certezza che la deroga sia appropriata, occorre anche considerare il tipo e il peso del motivo in relazione all'interesse delle specie protette nelle circostanze specifiche in questione.

(3-17) Le deroghe sono concesse perché vi sono una situazione o un problema specifici che devono essere affrontati. Le deroghe devono essere basate su almeno una delle opzioni elencate all'articolo 16, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e). Deroghe specifiche non giustificate da nessuna di queste motivazioni/opzioni sono contrarie sia allo spirito e alla finalità della direttiva Habitat che alla lettera del suo articolo 16 105 .

Nella causa C-508/04 106 la Corte ha rilevato che la normativa austriaca non era conforme all'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva, in parte perché i motivi di deroga ai sensi della normativa austriaca (ossia sfruttamento commerciale di natura agricola o forestale, produzione di bevande e costruzione di impianti) non avevano alcuna attinenza con nessuna delle motivazioni/opzioni di cui all'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva.

(3-18)    Quando si concede una deroga, l'obiettivo perseguito deve essere comprovato in modo chiaro e preciso e l'autorità nazionale deve dimostrare, alla luce di dati scientifici rigorosi, che le deroghe sono idonee a raggiungere tale obiettivo, giustificare la scelta di una motivazione/opzione di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a e), e verificare che sussistano le condizioni specifiche 107 .

a) Per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali

(3-19) La prima motivazione per concedere una deroga è la protezione della flora e della fauna selvatiche e la conservazione degli habitat naturali. L'articolo 16, paragrafo 1, lettera a), non specifica né il tipo di fauna, flora o habitat naturali contemplati né il tipo di minacce. Dato l'obiettivo generale della direttiva, le specie e gli habitat naturali vulnerabili, rari, in pericolo o endemici (per esempio quelli elencati negli allegati della direttiva Habitat) hanno maggiori probabilità di rientrare in tale motivazione, che mirerebbe effettivamente a ridurre l'impatto negativo di una data specie su di essi. Sarebbe singolare dare la priorità agli interessi di una specie comune e fiorente rispetto agli interessi di una specie che soddisfa i criteri dell'articolo 1, lettera g), della direttiva.

(3-20)    L'autorità competente dovrebbe esaminare a fondo, caso per caso, se gli interessi della protezione di un habitat o di una specie di interesse comunitario possano giustificare l'incidenza su un'altra specie di interesse comunitario, per esempio quando una specie preda potrebbe essere localmente minacciata da una specie carnivora 108 . Prima di considerare l'opportunità di concedere una deroga per proteggere una specie preda, si dovrebbero valutare e affrontare tutte le altre possibili minacce (ad esempio il deterioramento dell'habitat, la caccia eccessiva, la perturbazione, la concorrenza delle specie domestiche). La valutazione dovrebbe riguardare lo stato di conservazione delle specie interessate dalla possibile deroga rispetto allo stato di conservazione di "fauna, flora e habitat" in questione, l'impatto a lungo termine sulle popolazioni interessate, l'efficacia a lungo termine nel ridurre la minaccia, ecc. La valutazione dovrebbe seguire il principio di proporzionalità: gli svantaggi causati non devono essere sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti.

 b) Per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà

(3-21) La seconda motivazione per concedere una deroga è per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque e ad altre forme di proprietà. Tale deroga tiene conto degli interessi economici e, come già detto, il danno da prevenire deve essere grave. L'elenco non è tuttavia esaustivo; può includere altre forme di proprietà. La gravità del danno si riferisce a interessi specifici, ossia porta o potrebbe portare, tra l'altro, a una perdita economica e/o finanziaria diretta o indiretta, alla perdita di valore della proprietà o alla perdita di materiale di produzione.

(3-22)    Tuttavia, come rilevato dalla Corte nella sua sentenza nella causa C-46/11, l'articolo 16, paragrafo 1, lettera b), non consente alle autorità di derogare ai divieti stabiliti dall'articolo 12 soltanto perché il rispetto di tali divieti impone un cambiamento nelle attività agricole, silvicole o di piscicoltura. Nella causa C‑46/11 la sentenza della Corte ha stabilito che l'articolo 16, paragrafo 1, lettera b), non autorizza a derogare ai divieti dell'articolo 12 per il fatto che il rispetto di tali divieti non permetterebbe l'uso di tecnologie normalmente utilizzate in agricoltura, silvicoltura o piscicoltura 109 .

(3-23)    Pronunciandosi sulla procedura di deroga comparabile ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE (direttiva Uccelli), la Corte ha osservato che la direttiva non è destinata a prevenire danni di lieve entità, ma solo danni gravi, vale a dire che superano una certa gravità 110 . Ne consegue che il semplice disturbo e i normali rischi commerciali non possono costituire motivazioni legittime per la concessione di deroghe. Il danno considerato grave dovrebbe essere valutato caso per caso quando si presenta il problema.

(3-24)    La Corte ha specificato che "l'art[icolo] 16, [paragrafo] 1, della direttiva [H]abitat non richiede il verificarsi di gravi danni preliminarmente all'adozione di misure derogatorie" 111 . Poiché tale disposizione è destinata a prevenire un danno grave, non è necessario che tale danno grave si sia già verificato; la probabilità che si verifichi è sufficiente. Tuttavia la semplice possibilità che si verifichi un danno non è sufficiente; la probabilità che il danno si verifichi deve essere elevata, così come l'entità del danno. L'alta probabilità che si verifichi un danno grave deve essere dimostrata da prove sufficienti. Devono inoltre esserci prove sufficienti attestanti che il rischio di danno grave è in gran parte attribuibile alle specie oggetto della deroga e che vi è una forte probabilità che si verifichi un danno grave se non si interviene. L'esperienza passata dovrebbe dimostrare un'alta probabilità del verificarsi del danno.

(3-25)    Nel concedere deroghe, gli Stati membri devono essere in grado di dimostrare che qualsiasi metodo di controllo utilizzato nell'ambito della deroga è efficace e duraturo nel prevenire o limitare i danni gravi, ad esempio è specificamente mirato al luogo e al momento in cui il danno si sta verificando o può verificarsi e si rivolge agli esemplari che causano il danno ecc. Nella causa C-342/05 112 la Corte ha constatato che la Finlandia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, e dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera b), della direttiva Habitat autorizzando la caccia al lupo in via preventiva, senza che fosse accertata la sua idoneità a prevenire gravi danni ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera b). Ne consegue che le deroghe dovrebbero essere limitate alla misura necessaria, anche a quella di un singolo esemplare (per esempio un singolo orso problematico).

(3-26)    Le deroghe per la prevenzione dei danni gravi vengono concesse principalmente per le specie che hanno un impatto significativo su diversi settori, come i grandi carnivori, Castor fiber e, in misura minore, Lutra lutra. Questi sono esempi di grande attualità di specie la cui presenza ed espansione può condurre a una serie di conflitti con gli interessi umani in diversi Stati membri. Per mitigare questi conflitti potrebbe essere necessario elaborare strategie di conservazione complete e adattare, quando possibile, le pratiche umane che danno origine ai conflitti, al fine di sviluppare una cultura della coesistenza. Potrebbe anche essere necessario definire piani adattati localmente alle caratteristiche specifiche delle specie e delle attività colpite, che possono includere deroghe in linea con l'articolo 16, paragrafo 1, lettera b).

(3.27) La Commissione europea ha sostenuto numerosi progetti e iniziative LIFE che hanno elaborato orientamenti sulle buone pratiche per la gestione dei conflitti che coinvolgono le specie protette (ad esempio la piattaforma dell'UE sulla coesistenza tra uomo e grandi carnivori 113 descritta nel riquadro sottostante). In diversi Stati membri sono stati prodotti a livello nazionale o regionale orientamenti specifici per le specie 114 . Quando si prevede di chiedere una deroga, è consigliabile esaminare le misure, le pratiche e gli strumenti raccomandati in tali orientamenti o sperimentati altrove, al fine di trovare le migliori soluzioni adattate a livello locale per ridurre i danni e i conflitti, nel rispetto del principio di proporzionalità.

21 - Esempi di buone pratiche: la piattaforma dell'UE sulla coesistenza tra uomo e grandi carnivori

Tra i gruppi di specie più complessi in termini di conservazione a livello dell'UE figurano quattro specie di grandi carnivori: orso bruno (Ursus arctos), lupo Canis lupus, lince eurasiatica (Lynx lynx) e ghiottone (Gulo gulo). Tale complessità è dovuta al fatto che essi hanno una vasta area di ripartizione che si estende al di là dei confini regionali e nazionali e che possono entrare in conflitto con le attività economiche umane, come l'agricoltura. La questione è ulteriormente complicata dalla diversità che contraddistingue le loro popolazioni, i loro stati di conservazione, i regimi di tutela e gestione di cui sono oggetto e i contesti socioeconomici in cui si inseriscono.

La piattaforma dell'UE sulla coesistenza tra uomo e grandi carnivori, sostenuta dalla Commissione europea fin dalla sua inaugurazione nel 2014, è un raggruppamento di organizzazioni rappresentanti diversi gruppi di interesse che hanno concordato una missione comune: "promuovere modi e mezzi per ridurre al minimo e, ove possibile, risolvere i conflitti tra gli interessi umani e la presenza di specie di grandi carnivori, attraverso lo scambio di conoscenze e la collaborazione aperta, costruttiva e nel rispetto reciproco". Alle riunioni partecipano rappresentanti di diversi gruppi d'interesse, tra cui cacciatori, proprietari terrieri, allevatori di renne e ONG attive nella protezione della natura.

La piattaforma raccoglie informazioni e buone pratiche provenienti da diversi Stati membri e ne promuove i risultati sul suo sito web e attraverso i suoi canali di informazione. La promozione e il sostegno nei confronti dell'adozione di misure di prevenzione dei danni attraverso i finanziamenti dell'UE destinati allo sviluppo rurale, come pure la raccolta e la valutazione di studi di casi, sono alcune delle attività che da tempo figurano tra i lavori della piattaforma.

Il piano di comunicazione della piattaforma descrive gli insegnamenti tratti fino a oggi. Le attività congiunte hanno più successo perché è più facile coinvolgere una serie di attori diversi se questi ritengono che i loro interessi siano rappresentati. La presenza di rappresentanti internazionali della piattaforma e della Commissione europea agli eventi regionali contribuisce sia al tipo di argomenti trattati che a rassicurare i partecipanti del fatto che le loro preoccupazioni sono ascoltate da un gruppo più ampio. Le dichiarazioni congiunte sono generalmente concordate dopo eventi che definiscono un indicatore per gli eventi futuri, consentendo loro di basarsi sulle attività precedenti 115 .

22 - Esempi di buone pratiche: gestione del castoro europeo in Francia

In Francia il castoro europeo è una specie oggetto di rigorosa tutela e il suo stato di conservazione sta migliorando. Tuttavia in alcune zone i castori causano danni alla silvicoltura, rodendo gli alberi che popolano le foreste e inondando le aree boschive con le loro attività di costruzione di dighe.

In seguito al ripetersi regolare di simili danni, le persone e le organizzazioni colpite hanno chiesto alle autorità nazionali di concedere deroghe alla rigorosa tutela della specie. Un conflitto prolungato potrebbe favorire l'uccisione illegale di esemplari o interventi incontrollati sugli habitat della specie (distruzione di dighe), con ripercussioni sul mantenimento delle popolazioni in alcune aree. Per trovare una soluzione soddisfacente, in linea con lo stato di conservazione della specie e il suo significato simbolico, sono state concesse deroghe per spostare gli esemplari in altre aree ove necessario e a fronte dell'insufficienza di altre misure adottate per promuovere la coesistenza con la specie. Tuttavia l'operazione non è semplice e richiede l'accettazione dei portatori di interessi nella nuova area, i quali possono a loro volta temere gli impatti futuri della specie.

Di fronte a questa situazione, l'agenzia nazionale della caccia e della fauna selvatica (ONCFS, Office national de la chasse et de la faune sauvage) ha creato una rete tecnica di esperti incentrata sui castori per acquisire conoscenze sulla specie e fornire assistenza sul campo alle persone colpite dai danni causati da questi animali. Attualmente è in corso la stesura di una guida alle buone pratiche, basata sull'esperienza maturata, per prevenire i danni alle piantagioni di alberi e per conciliare il mantenimento della funzionalità ecologica degli habitat della specie con la prevenzione delle inondazioni.

È altresì in corso la definizione progressiva di misure che mirano a ridurre i conflitti, la cui efficacia deve quindi essere valutata a lungo termine. Le misure sono varie e includono: soluzioni tecniche come l'installazione di sistemi che impediscono ai castori di scavare, tubi per castori, dispositivi di controllo del flusso dei castori, protezione meccanica degli alberi e delle colture utilizzando manicotti, palizzate o recinzioni elettrificate, così come l'uso di deroghe per rimuovere, spostare o forare le dighe, ecc. Le misure sono adottate caso per caso.

Su una scala più ampia, vengono elaborati piani di gestione locali con settori d'intervento differenziati in funzione del rischio e delle relative misure di prevenzione, mitigazione e compensazione. Tali piani possono prevedere la creazione di aree naturali in cui ripristinare gli habitat dei castori e dove le loro dighe possono creare zone umide. Le misure di gestione comprendono anche la sorveglianza della specie e del suo impatto, come pure le attività di comunicazione e informazione.

c) Nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente

(3-28) La terza motivazione possibile per concedere una deroga è per "motivi imperativi di rilevante interesse pubblico". La direttiva non definisce questo concetto, ma il paragrafo fa riferimento a motivi di interesse pubblico come la sanità pubblica e la sicurezza pubblica. Il paragrafo si riferisce anche ad altri motivi non precisati, come i motivi di natura sociale o economica, i motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente, ecc. (l'elenco non è esaustivo).

(3-29) In altri ambiti del diritto dell'UE in cui appaiono concetti simili, per esempio la libera circolazione delle merci, la Corte di giustizia europea ha ritenuto che esigenze imperative o l'interesse pubblico giustifichino misure nazionali che limitano il principio della libertà di circolazione. In questo contesto, ha riconosciuto la sanità pubblica, la protezione dell'ambiente e il perseguimento di obiettivi legittimi di politica economica e sociale come esigenze imperative.

(3-30)    Lo stesso concetto appare anche nell'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva. Finora la Corte non ha emesso alcuna giurisprudenza su come interpretare questo concetto specifico, ma si può ritenere che la dimostrazione delle considerazioni relative alle esigenze imperative per un piano o un progetto dovrebbe essere ugualmente applicabile alle deroghe. L'analisi contenuta nella guida della Commissione all'interpretazione dell'articolo 6 116 è utile per spiegare tale concetto.

(3-31)    In primo luogo, è chiaro dalla formulazione che solo gli interessi pubblici, promossi da enti pubblici o privati, possono essere contrapposti agli obiettivi di conservazione della direttiva. Di conseguenza, i progetti di interesse esclusivo delle imprese o degli individui non sono in genere considerati di interesse pubblico.

(3-32)    In secondo luogo, occorre sottolineare il carattere "rilevante" di questo interesse pubblico. Ciò implica che non ogni forma di interesse pubblico di natura sociale o economica è sufficiente, soprattutto se contrapposto al particolare peso degli interessi tutelati dalla direttiva. In questo caso è necessario un attento bilanciamento degli interessi. È anche ragionevole supporre che probabilmente, nella maggior parte dei casi, l'interesse pubblico sarà rilevante solo se è a lungo termine: gli interessi a breve termine che producono solo benefici a breve termine non sarebbero sufficienti a prevalere sull'interesse a lungo termine della conservazione delle specie.

(3-33)    L'autorità competente deve esaminare a fondo, caso per caso, la natura "rilevante" dell'interesse pubblico e trovare un equilibrio adeguato con l'interesse pubblico generale di raggiungere gli obiettivi della direttiva. Sembra ragionevole ritenere, come per l'articolo 16, paragrafo 1, lettera b), che il ricorso alle deroghe di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera c), non preveda la necessità che siano già stati cagionati danni alla salute o alla sicurezza umana prima dell'adozione delle misure di deroga. Tuttavia, quando si utilizza tale deroga, gli Stati membri devono essere in grado di dimostrare, con prove sufficienti, un legame tra la deroga e i citati obiettivi di rilevante interesse pubblico.

(3-34) Deroghe di specie per rilevanti interessi pubblici possono essere necessarie per piani o progetti riguardanti i siti Natura 2000, nel rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4. Le misure preventive, di mitigazione e di compensazione previste dall'articolo 6 dovrebbero quindi prendere in considerazione anche le specie interessate dalle deroghe. Per garantire coerenza e razionalizzare le procedure dell'articolo 16 tenendo conto delle valutazioni dell'articolo 6, è consigliabile razionalizzare anche, se del caso, la verifica delle condizioni di deroga (mancanza di soluzioni alternative soddisfacenti e di effetti negativi sulle specie) nel contesto dell'opportuna valutazione, se applicabile.

23 - Buone pratiche applicate alla concessione di deroghe ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera c)

Sulla base di una panoramica delle relazioni degli Stati membri sulle deroghe, l'articolo 16, paragrafo 1, lettera c), "per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico", è una delle motivazioni più utilizzate per concedere una deroga in molti paesi. Tali deroghe sono di norma legate a lavori di costruzione, spesso nel quadro di progetti o piani di sviluppo. Le attività autorizzate comportano spesso la perturbazione delle specie, il deterioramento o la distruzione delle aree di riposo o dei siti di riproduzione, e talvolta l'uccisione di esemplari. Tali deroghe sono nella maggior parte dei casi "multispecie" e spesso riguardano pipistrelli, anfibi e rettili, oltre a insetti e altri mammiferi.

Gli Stati membri hanno stabilito diverse misure da applicare prima della concessione di queste deroghe, sia durante che dopo l'attuazione. Le misure comprendono:

uno studio di fattibilità su tutte le opzioni alternative, che ne soppesa l'impatto su altre specie o habitat, così come su altri aspetti ecologici/sociali/economici;

una valutazione dell'effetto dell'attività sulle specie, sia durante che dopo i lavori;

disposizioni per ridurre al minimo gli impatti negativi (tempi di lavoro, supervisione degli ecologi, ecc.);

misure per aumentare l'attrattiva del sito e l'accessibilità per le specie, dopo i lavori;

allestimento di rifugi temporanei nel caso in cui l'habitat sia temporaneamente indisponibile;

misure di compensazione, come un sito sostitutivo vicino all'area del progetto prima dell'inizio dei lavori o all'interno del nuovo complesso al suo completamento;

monitoraggio dei cambiamenti nell'uso del sito e della risposta della popolazione interessata alle misure adottate;

un sistema di controllo per sorvegliare l'attuazione della deroga per garantire che tutte le condizioni siano soddisfatte;

un'indagine sullo stato di conservazione delle specie colpite nella loro area di ripartizione naturale;

l'applicazione di procedure all'interno di linee guida specifiche per l'esecuzione dei lavori.

Alcune di queste misure sono necessarie per garantire che le deroghe non pregiudichino lo stato di conservazione delle popolazioni delle specie interessate. Altre vanno oltre le prescrizioni, in quanto hanno anche la capacità di migliorare attivamente le condizioni iniziali del sito o creare habitat nuovi, più ampi o più adatti.

Queste misure sono simili a quelle previste nelle procedure di valutazione di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4. Quando le deroghe a norma dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera c), sono collegate a progetti o piani soggetti all'articolo 6 (ad esempio, per la distruzione di habitat di specie dell'allegato II/IV all'interno di un sito Natura 2000), è possibile effettuare la valutazione rispetto ai criteri dell'articolo 16 e inquadrare ulteriori misure nell'ambito dell'opportuna valutazione. Questo approccio fa risparmiare tempo ed evita il costo di una doppia valutazione, assicurando la coerenza nel rispettare le prescrizioni di entrambi gli articoli 6 e 16, e producendo un risultato più completo in termini di raggiungimento degli obiettivi di conservazione.

d) Per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante

(3-35)    Tali deroghe potrebbero, ad esempio, prevedere la marcatura di alcuni esemplari di una specie a scopo di ricerca (per esempio collari radio) al fine di comprenderne meglio il comportamento, oppure per progetti di conservazione che mirano alla reintroduzione delle specie. I progetti di ricerca devono ovviamente prendere in considerazione anche metodi alternativi. Ad esempio, quando la ricerca comporta l'uccisione di un esemplare, si dovrebbe incoraggiare il ricorso a carcasse e campioni di esemplari uccisi per altri motivi 117 . È inoltre necessario dimostrare che lo scopo di tale ricerca prevale sugli interessi di una rigorosa tutela della specie.

(3-36) La raccolta di uova, la cattura e l'allevamento in cattività, la traslocazione, ecc. possono essere ammessi allo scopo di ripopolare le popolazioni erose, aumentare la loro diversità genetica o reintrodurre una specie. Tuttavia, anche se l'obiettivo di queste deroghe è la conservazione delle specie, esse potrebbero avere diversi potenziali impatti negativi su aspetti ecologici, sociali ed economici e sul benessere degli animali. È quindi consigliabile, quando si concedono deroghe di questo tipo, utilizzare i migliori dati, meccanismi e strumenti disponibili (IUCN, Guidelines for Reintroductions and Other Conservation Translocations 118 ) e le pertinenti esperienze specifiche per la specie, in modo tale da aumentare le possibilità di successo e prevenire possibili rischi per la specie reintrodotta o altre specie.

Quando la specie da ripopolare o reintrodurre è elencata sia nell'allegato IV che nell'allegato II della direttiva Habitat e le aree di destinazione non fanno parte di un sito Natura 2000, le autorità dovrebbero anche valutare l'opportunità/necessità di designare come siti Natura 2000 le principali aree di riproduzione e alimentazione della popolazione della specie ripopolata o reintrodotta, in particolare per le specie prioritarie. Inoltre le possibili alternative alla reintroduzione o alla traslocazione devono essere state precedentemente valutate come meno efficaci o essersi dimostrate un mezzo impraticabile per raggiungere gli obiettivi di conservazione specifici e chiaramente definiti della reintroduzione o traslocazione.

e) Per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti.

(3-37) La quinta e ultima motivazione per rilasciare una deroga è quella di catturare o detenere alcuni esemplari delle specie elencate nell'allegato IV, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva e in misura limitata.

(3-38) Contrariamente alle disposizioni dell'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d), l'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), non specifica un obiettivo da perseguire quando si utilizza questa deroga. Tuttavia, quando si ricorre all'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), si deve comunque indicare un obiettivo che deve essere pienamente motivato. L'obiettivo deve inoltre essere in linea con gli obiettivi generali della direttiva. Nella causa C-674/17 la Corte ha chiarito che "gli obiettivi invocati a sostegno di una deroga devono essere definiti in maniera chiara [e] precisa [...] nella decisione di deroga". La Corte ritiene inoltre che un'esenzione basata sull'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva Habitat "può costituire unicamente un'applicazione concreta e puntuale per soddisfare precise esigenze e situazioni specifiche" 119 . È quindi chiaro che deve esistere un obiettivo specifico per concedere una deroga.

(3-39) Nella causa C-674/17 120 la CGUE ha stabilito che "l'obiettivo di una deroga fondata sull'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), della direttiva [H]abitat, in linea di principio, non può confondersi con gli obiettivi delle deroghe basate sull'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d), della suddetta direttiva, sicché la prima disposizione può fungere da fondamento per l'adozione di una deroga solo nei casi in cui le seconde disposizioni non siano pertinenti" e che "[l]'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), della direttiva [H]abitat non può dunque costituire una base giuridica generale per la concessione delle deroghe all'articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, salvo privare le altre ipotesi dell'articolo 16, paragrafo 1, di detta direttiva e detto regime di rigorosa tutela, del loro effetto utile".

L'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), non costituisce quindi una base giuridica generale per concedere deroghe, ma può essere applicato solo se gli obiettivi perseguiti con la deroga non rientrano nell'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d). Altrimenti, le disposizioni dell'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d), e il regime di rigorosa tutela perderebbero la loro efficacia. In questo caso particolare la CGUE ha affrontato esplicitamente il problema del bracconaggio di una specie protetta, che riconosce come una sfida importante per la conservazione delle specie in pericolo. La Corte ha riconosciuto che, in linea di principio, la lotta al bracconaggio può essere citata come un metodo per contribuire a mantenere o ripristinare lo stato di conservazione soddisfacente delle specie interessate e quindi come un obiettivo coperto dall'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), della direttiva Habitat 121 .

(3-40) Dalla sentenza nella causa C-674/17 consegue che l'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), non limita la gamma di obiettivi che possono essere perseguiti legittimamente con una deroga. Oltre alla lotta contro il bracconaggio, altri motivi possono giustificare il ricorso all'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), a condizione che l'obiettivo della deroga sia in linea con l'obiettivo generale della direttiva di mantenere e ripristinare lo stato di conservazione soddisfacente delle specie interessate.

Tuttavia nella causa C-674/17 la Corte ha anche stabilito che "spetta all'autorità nazionale avvalorare, sulla base di dati scientifici rigorosi, compresi, se del caso, dati comparativi relativi alle conseguenze della caccia di gestione sullo stato di conservazione del lupo, l'ipotesi secondo cui l'autorizzazione della caccia di gestione può realmente far diminuire la caccia illegale, e ciò in una misura tale da esplicare un effetto positivo netto sullo stato di conservazione della popolazione di lupi, tenendo conto nel contempo del numero di deroghe previste e delle stime più recenti del numero di catture illegali" 122 .

La CGUE ha inoltre sottolineato che "si deve considerare che la mera esistenza di un'attività illecita quale il bracconaggio o le difficoltà incontrate nell'effettuare il controllo su quest'ultima non possono essere sufficienti per dispensare uno Stato membro dal suo obbligo di garantire la tutela delle specie protette ai sensi dell'allegato IV della direttiva Habitat. In una situazione del genere, esso è al contrario tenuto a privilegiare il controllo rigoroso ed efficace su tale attività illecita, da un lato, e l'applicazione di mezzi che non comportino l'inosservanza dei divieti sanciti dagli articoli da 12 a 14, nonché dall'articolo 15, lettere a) e b), di tale direttiva, dall'altro" 123 .

(3-41) Anche quando è stato dimostrato che una deroga si basa su un obiettivo legittimo che soddisfa le condizioni di cui sopra, essa può essere concessa solo se soddisfa anche una serie di altri criteri, in particolare deve riguardare solo un numero limitato di esemplari della specie, deve essere applicata su base selettiva e in misura limitata e deve avvenire in condizioni rigorosamente controllate 124 . Ognuno di questi criteri è approfondito qui di seguito.

·Numero limitato

(3-42)    Si tratta di un criterio relativo che deve essere rapportato al livello di popolazione di una specie e ai suoi tassi annuali di riproduzione e mortalità, e che è direttamente legato al suo stato di conservazione 125 . Pertanto è fondamentale stabilire una soglia per il numero di esemplari che possono essere catturati/detenuti. Nella causa C-674/17 la CGUE ha chiarito che questo numero dipende dal livello della popolazione (numero di esemplari), dal suo stato di conservazione e dalle sue caratteristiche biologiche. Il "numero limitato" dovrà essere stabilito, sotto la responsabilità dell'autorità nazionale competente, sulla base di informazioni scientifiche rigorose ottenute da dati geografici, climatici, ambientali e biologici e alla luce dei tassi di riproduzione e della mortalità annua totale dovuta a cause naturali, ma anche sulla base delle perdite dovute ad altre cause, come incidenti, altre deroghe (ad esempio ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera b)) ed esemplari "mancanti".

Il numero di animali catturati deve anche garantire che ciò non comporti il rischio di un impatto negativo significativo sulla struttura della popolazione interessata, anche se, di per sé, esso non pregiudicherebbe il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni delle specie interessate nella loro area di ripartizione naturale 126 . Il "numero limitato" deve essere chiaramente indicato nelle decisioni di deroga 127 . Il limite dovrebbe essere fissato a livello di popolazione; a tal fine occorre un coordinamento tra tutte le unità di gestione che condividono la popolazione interessata. Per i vertebrati con aree di ripartizione estese e popolazioni transfrontaliere, come i grandi carnivori, gli Stati membri che condividono una popolazione devono coordinarsi per stabilire una posizione comune su ciò che può essere considerato un numero limitato ai fini della concessione di deroghe.

(3-43) Le deroghe non dovrebbero essere concesse quando sussiste il rischio che possano avere un effetto negativo significativo sulla conservazione della popolazione locale interessata in termini quantitativi o qualitativi (ad esempio sulla struttura della popolazione) (cfr. anche la sezione 3.2.3). Dato che tutte le deroghe devono in ogni caso soddisfare la condizione precisa di cui all'articolo 16, paragrafo 1, di non pregiudicare "il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale", il riferimento esplicito dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), al "numero limitato" suggerisce che il legislatore intendeva un livello di restrizione maggiore.

(3-44)    Il concetto di "numero limitato " per le specie oggetto di rigorosa tutela è molto più restrittivo della "quota massima sostenibile" o del "rendimento ottimale sostenibile" per le specie soggette a misure di gestione ed elencate nell'allegato V della direttiva. La condizione relativa al "numero limitato" è in linea con il grado di protezione richiesto dalla direttiva per le specie non sfruttabili. La condizione è più restrittiva della condizione generale di deroga di assicurare il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni delle specie interessate. È quindi più restrittiva dell'uso "sostenibile" richiesto per le specie dell'allegato V ai sensi dell'articolo 14, che garantisce che il loro sfruttamento sia compatibile con il mantenimento delle specie in uno stato di conservazione soddisfacente 128 .

(3-45)    La soglia del "numero limitato" dovrebbe essere determinata sulla base di criteri specifici per ogni specie, poiché dipende dai requisiti ecologici di ognuna di esse. Tra questi possono figurare la scala spaziale della distribuzione, la frammentazione dell'habitat e del paesaggio, la disponibilità di prede, l'organizzazione sociale della specie, i modelli e i livelli di minaccia, tra cui malattie, inquinamento e contaminanti, mortalità illegale e accidentale e cambiamenti climatici. In tutti i casi, il tetto del "numero limitato" è "da determinarsi in base a dati scientifici rigorosi" 129 .

·In condizioni strettamente controllate, su base selettiva e in misura limitata

(3-46) Questa precisazione dimostra chiaramente che il legislatore dell'UE ha voluto porre dei vincoli significativi. Il principio delle condizioni strettamente controllate implica anche che qualsiasi uso di questo tipo di deroga deve comportare autorizzazioni chiare che devono essere legate a esemplari o gruppi di esemplari, luoghi, tempi e quantità particolari. L'espressione "in misura limitata" sostiene questa interpretazione. Implica inoltre la necessità di rigorosi controlli territoriali, temporali e personali per far rispettare le deroghe e garantire la conformità.

(3-47)    A sua volta, il principio di selettività significa che l'attività in questione deve essere altamente specifica nel suo effetto, rivolgendosi a certi esemplari di una specie o persino a un genere o una classe di età di quella specie (ad esempio, solo i maschi maturi) ed escludendo tutti gli altri. Questo approccio è sostenuto dalla precisazione di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), che la cattura o la detenzione deve essere limitata a "taluni esemplari". Ciò implica inoltre che alcuni aspetti tecnici del metodo utilizzato devono dimostrare in modo verificabile la selettività.

Nella causa C-674/17 la CGUE ha sottolineato questo aspetto stabilendo che: "[p]er quanto riguarda, poi, le condizioni di selettività e di limitazione della cattura o della detenzione di taluni esemplari delle specie, si deve ritenere che esse impongano che la deroga riguardi un numero di esemplari determinato nel modo più restrittivo, specifico e opportuno possibile, tenuto conto dell'obiettivo perseguito dalla deroga in questione. Può quindi rendersi necessario, tenuto conto del livello della popolazione della specie di cui trattasi, del suo stato di conservazione e delle sue caratteristiche biologiche, che la deroga sia limitata non solo alla specie interessata o ai tipi o gruppi di esemplari di quest'ultima, ma anche agli esemplari identificati individualmente" 130 .

La stessa sentenza ha chiarito che l'espressione "condizioni rigorosamente controllate" implica: "in particolare, che tali condizioni, nonché le modalità con cui si assicura il loro rispetto, consentano di garantire il carattere selettivo e limitato delle catture o della detenzione degli esemplari delle specie interessate. Pertanto, per qualsiasi deroga fondata su tale disposizione, l'autorità nazionale competente deve sincerarsi del rispetto delle condizioni ivi previste prima della sua adozione e vigilare sul suo impatto a posteriori. Infatti, la normativa nazionale deve garantire che la legittimità delle decisioni che concedono deroghe in base a tale disposizione e le modalità con cui dette decisioni sono applicate, anche per quanto attiene al rispetto delle condizioni relative a luoghi, date, quantità e tipi di esemplari presi in considerazione, siano sottoposte ad un controllo efficace effettuato tempestivamente" 131 .

(3-48)    La condizione di "base selettiva" fa eco al divieto di cui all'articolo 15, lettera a), di utilizzare mezzi non selettivi di cattura e uccisione specificati nell'allegato VI, lettera a), per il prelievo, la cattura o l'uccisione, in deroga, delle specie elencate nell'allegato IV, lettera a). Il metodo utilizzato per la cattura o l'intrappolamento deve essere selettivo quando si applicano le deroghe di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera e).

24 - Giurisprudenza della CGUE: la causa Tapiola. L'uso di deroghe per la caccia al lupo per scopi di gestione della popolazione (causa C-674/17)

Contesto

Nel 2015 il ministero finlandese dell'Agricoltura e delle foreste ha adottato un nuovo piano di gestione nazionale per la popolazione di lupi in Finlandia il cui obiettivo era quello di porre e mantenere la popolazione di lupi in uno stato di conservazione soddisfacente. Il piano ha evidenziato dati che mostravano un'accettazione sociale crescente della caccia illegale ai lupi in determinate circostanze e indicavano una potenziale relazione tra il bracconaggio e le recenti considerevoli variazioni nel numero di lupi.

Su questa base, il ministero ha osservato che non avrebbe raggiunto i suoi obiettivi se non avesse tenuto conto delle esigenze delle persone che vivono e lavorano nei territori dei lupi e ha sostenuto l'uso di deroghe nei confronti di singoli esemplari che arrecavano danno, per prevenire in tal modo l'abbattimento illegale di lupi. Queste deroghe dovevano riguardare aree che ospitavano un gran numero di lupi e non potevano superare un numero massimo di animali che potevano essere catturati, fissato dalle autorità (53 esemplari all'anno per il periodo 2016-2018, al di fuori della zona di gestione del patrimonio rangifero).

Nel dicembre 2015 l'Agenzia finlandese per la fauna selvatica ha concesso due deroghe per abbattere fino a sette lupi nella regione del Savo settentrionale, raccomandando che i titolari del permesso prendessero di mira gli esemplari giovani o recanti disturbo e non i maschi dominanti. Tapiola, un'associazione finlandese per la conservazione della natura, ha contestato tale decisione e ha adito la Corte amministrativa suprema della Finlandia. Quest'ultima ha deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) indicazioni sull'interpretazione dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera e).

Questione n. 1: se l'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), il cui obiettivo è la lotta al bracconaggio, ammetta il rilascio, su richiesta di singoli cacciatori, di deroghe circoscritte a livello regionale per la "caccia di gestione"

La CGUE rammenta che il ricorso all'articolo 16, paragrafo 1, costituisce un'eccezione al regime di tutela delle specie della direttiva, e la relativa disposizione deve quindi essere interpretata restrittivamente. Le deroghe possono essere concesse solo se è stato dimostrato che non esiste un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudica il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie nella sua area di ripartizione naturale.

È possibile ricorrere all'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), solo se le motivazioni per il rilascio di una deroga ai sensi dell'articolo 1, lettere da a) a d), non sono pertinenti. In questo caso la Corte rileva che, dal contenuto delle decisioni di deroga e dal piano di gestione del lupo, era evidente che il bracconaggio costituiva una sfida importante per il mantenimento o il ripristino del lupo in uno stato di conservazione soddisfacente nella sua area di ripartizione naturale. Essa conclude quindi che, in linea di principio, se si può dimostrare che tali deroghe contribuirebbero effettivamente alla lotta al bracconaggio, si potrebbe considerare questo un obiettivo pertinente contemplato dall'articolo 16, paragrafo 1, lettera e).

Tuttavia, prima di concedere una deroga ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), l'autorità nazionale deve essere in grado di dimostrare, sulla base di dati scientifici rigorosi, che tali deroghe sono effettivamente in grado di ridurre le uccisioni illegali in misura tale da avere un effetto positivo netto sullo stato di conservazione della popolazione del lupo. In questo caso tali prove scientifiche non erano state fornite.

Inoltre le autorità nazionali competenti devono dimostrare che, tenuto conto in particolare delle migliori conoscenze scientifiche e tecniche pertinenti, nonché alla luce delle circostanze relative alla situazione specifica in esame, non esiste nessun'altra soluzione valida che consenta di raggiungere l'obiettivo perseguito. L'Agenzia finlandese per la fauna selvatica non era stata in grado di dimostrarlo.

Infine, la Corte ha sottolineato che la mera esistenza di un'attività illecita quale il bracconaggio o le difficoltà incontrate nell'effettuare il controllo su quest'ultima non possono essere sufficienti per dispensare uno Stato membro dal suo obbligo di garantire la tutela delle specie. In una situazione del genere lo Stato membro è, al contrario, tenuto a privilegiare la sorveglianza rigorosa ed efficace su tale attività illecita e applicare mezzi per garantire il pieno rispetto dei divieti sanciti dagli articoli da 12 a 14.

Questione n. 2: come debba essere valutato in sede di concessione di deroghe circoscritte a livello regionale il presupposto indicato nell'articolo 16, paragrafo 1, relativo allo stato di conservazione delle popolazioni delle specie

La Corte osserva che la valutazione dell'impatto di una deroga a livello del territorio di una popolazione locale è generalmente necessaria per determinare il suo impatto sullo stato di conservazione della popolazione in questione su più larga scala. Peraltro lo stato di conservazione di una popolazione su scala nazionale o biogeografica dipende anche dall'impatto cumulativo delle diverse deroghe che riguardano aree locali. Pertanto una deroga del genere non può essere adottata senza che siano stati valutati lo stato di conservazione delle popolazioni della specie interessata nonché l'impatto che la deroga prevista può avere su quest'ultimo a livello locale nonché a livello del territorio di tale Stato membro o, eventualmente, a livello della regione biogeografica interessata e, nella misura del possibile, sul piano transfrontaliero.

In linea di principio, un piano di gestione che fissi il numero massimo di esemplari che possono essere abbattuti per un determinato anno venatorio nel territorio nazionale dovrebbe garantire che l'effetto cumulativo annuo delle deroghe individuali non arrechi pregiudizio al mantenimento o al ripristino delle popolazioni della specie interessata in uno stato di conservazione soddisfacente. Tuttavia se il numero fissato è troppo elevato, questo presupposto chiaramente non sarà rispettato.

 

In questo caso, nell'anno venatorio 2015-2016, oltre il 14 % della popolazione totale di lupi della Finlandia (43 o 44 su 275-310 lupi) è stato ucciso sulla base di deroghe, tra cui numerosi esemplari riproduttori. A questi si sommano inoltre i circa 30 lupi uccisi illegalmente ogni anno (come stimato nel piano di gestione). Infine, sembra che le deroghe abbiano fatto aumentare il numero complessivo di lupi uccisi, con un effetto negativo netto sulla loro popolazione.

Per quanto riguarda l'incidenza dello stato di conservazione non soddisfacente di una specie sulla possibilità di autorizzare deroghe ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, la Corte rammenta che la concessione di tali deroghe rimane possibile eccezionalmente quando è debitamente accertato che esse non sono tali da peggiorare lo stato di conservazione non soddisfacente di dette popolazioni o da impedire il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni stesse. Una siffatta deroga dovrebbe pertanto risultare neutra per la specie interessata (Commissione/Finlandia, causa C‑342/05, EU:C:2007:341, punto 29).

La Corte ha tuttavia sottolineato che, conformemente al principio di precauzione, se l'esame dei migliori dati scientifici disponibili lascia sussistere un'incertezza quanto al fatto che una siffatta deroga pregiudichi o meno il mantenimento o il ripristino delle popolazioni di una specie minacciata di estinzione in uno stato di conservazione soddisfacente, lo Stato membro deve astenersi dall'adottarla o dall'attuarla.

3.2.2. PROVA 2: assenza di un'altra soluzione valida

La seconda considerazione è se esiste un'alternativa valida alla deroga, ossia se il problema che l'autorità deve affrontare può essere risolto senza dover ricorrere a una deroga.

(3-49)    Ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, gli Stati membri devono essere certi che non esista un'altra soluzione valida prima di ricorrere a una deroga. Questa è una condizione generale applicabile a tutte le deroghe. La responsabilità di effettuare i confronti necessari e valutare soluzioni alternative spetta alle autorità nazionali competenti. Questo potere discrezionale è tuttavia soggetto a diversi vincoli.

(3-50) Sulla base della giurisprudenza della Corte sulla disposizione comparabile dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE (direttiva Uccelli) 132 , in particolare nella causa C-10/96, l'analisi per determinare che "non esista un'altra soluzione valida" può essere considerata come costituita da tre elementi: qual è il problema o la situazione specifica da affrontare? Esistono altre soluzioni? Se sì, risolveranno il problema o la situazione specifica per cui si chiede la deroga? Le osservazioni seguenti si basano sulla giurisprudenza della CGUE sulla disposizione di deroga comparabile dell'articolo 9 della direttiva Uccelli e possono essere applicate per analogia all'articolo 16.

(3-51)    L'analisi per determinare che "non esista un'altra soluzione valida" presume l'esistenza di una situazione o un problema specifici che devono essere affrontati. Le autorità nazionali competenti sono chiamate a risolvere tale problema o situazione scegliendo, tra le alternative possibili, quella più appropriata a garantire la migliore tutela della specie risolvendo nel contempo il problema/la situazione. Per garantire la rigorosa tutela delle specie, le alternative devono essere valutate rispetto ai divieti elencati nell'articolo 12. Potrebbero comportare, per esempio, ubicazioni alternative dei progetti, scale di sviluppo o disegni/modelli diversi, o attività, processi o metodi alternativi.

Ad esempio, nel valutare l'esistenza di alternative valide alle misure di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera b), che mirano a prevenire gravi danni alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà, si devono prima attuare o, almeno, esaminare seriamente i mezzi preventivi non letali compatibili con l'articolo 12. Nella maggior parte dei casi, le misure di prevenzione dei danni alle colture o all'allevamento (come l'uso di recinzioni appropriate, dispositivi di dissuasione della fauna selvatica, cani da guardia per il bestiame, custodia del bestiame o cambiamenti nelle pratiche di gestione del bestiame, nonché la promozione del miglioramento delle condizioni dell'habitat o delle popolazioni di prede delle specie interessate) possono essere un'alternativa valida al ricorso alle deroghe di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera b). Altre misure di prevenzione, come la divulgazione di informazioni basate sulla scienza allo scopo di ridurre il conflitto (per esempio metodi di allevamento o comportamento umano) possono far parte delle alternative valide all'uso del controllo letale nell'ambito delle deroghe di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettere b) e c).

(3-52)    Nel verificare se esiste un'altra soluzione valida per una situazione specifica, è opportuno considerare tutti i pro e i contro ecologici, economici e sociali, al fine di individuare l'alternativa ottimale per il caso specifico. Questa analisi dei pro e dei contro dovrebbe esaminare i potenziali effetti negativi delle possibili soluzioni così come le opzioni e gli strumenti per annullare o ridurre al minimo gli effetti negativi. Il risultato netto, in termini di risoluzione del problema evitando o riducendo al minimo gli effetti secondari, dovrebbe poi essere ponderato rispetto agli effetti di una deroga, tenendo conto dell'obiettivo generale della direttiva.

(3-53) Di nuovo, nell'autorizzare le deroghe le autorità nazionali competenti devono verificare che non esista nessun'altra soluzione valida che consenta di raggiungere l'obiettivo perseguito, tenuto conto in particolare delle migliori conoscenze scientifiche e tecniche pertinenti, nonché alla luce delle circostanze relative alla situazione specifica in esame e nel rispetto dei divieti sanciti nella direttiva Habitat 133 .

(3-54) Nella causa C-674/17, per esempio, la CGUE ha considerato che la mera esistenza di un'attività illecita quale il bracconaggio o le difficoltà incontrate nell'effettuazione del controllo di quest'ultima non sono sufficienti per dispensare uno Stato membro dal suo obbligo di tutelare le specie conformemente all'allegato IV della direttiva Habitat. In una situazione del genere, esso è tenuto a privilegiare il controllo rigoroso ed efficace su tale attività illecita e l'adozione di misure conformi ai divieti di cui agli articoli da 12 a 14 e all'articolo 15, lettere a) e b), di tale direttiva 134 .

(3-55) Il ricorso alla deroga può essere giustificato solo quando è sufficientemente dimostrato che le possibili alternative non sono valide, o perché non sono in grado di risolvere il problema specifico o perché sono tecnicamente impraticabili, e quando anche le altre condizioni sono soddisfatte.

Tuttavia, anche se non è sufficiente per affrontare il problema, una misura parzialmente valida che sia potenzialmente in grado di ridurlo o mitigarlo dovrebbe essere messa in pratica per prima. Le deroghe per l'intervento letale possono essere giustificate solo per il problema residuo, se non sono possibili altri metodi, ma devono essere proporzionali al problema che permane dopo l'adozione di misure non letali.

(3-56)    Il processo per accertare se un'altra soluzione non sia valida dovrebbe essere basato su una valutazione ben documentata di tutte le possibili opzioni disponibili, anche in termini di efficacia, sulla base delle migliori informazioni e dei migliori dati disponibili. La valutazione delle alternative deve essere soppesata alla luce dell'obiettivo generale di mantenere o ripristinare lo stato di conservazione soddisfacente delle specie di interesse comunitario interessate (deve quindi tener conto dello stato di conservazione, dell'impatto di ulteriori prelievi accidentali o illegali di esemplari e delle prospettive della popolazione interessata). La valutazione può inoltre prendere in considerazione la proporzionalità in termini di costi. Tuttavia il costo economico non può essere l'unico fattore determinante nell'analisi delle soluzioni alternative. In particolare, non si possono scartare a priori soluzioni alternative valide con la motivazione che il loro costo sarebbe troppo elevato 135 .

(3-57)    In ogni caso, la concessione di una deroga di cui all'articolo 16 deve essere l'estremo rimedio 136 . La caratteristica comune essenziale di ogni regime di deroga è che deve essere subordinato ad altri requisiti stabiliti dalla direttiva nell'interesse della conservazione.

(3-58)    Lo stesso approccio si applica all'interpretazione del termine "valida". Dati la natura eccezionale del regime derogatorio e l'obbligo degli Stati membri in forza dell'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea di aiutare l'UE nell'adempimento dei propri compiti, una deroga sarebbe giustificabile solo sulla base di un'oggettiva dimostrazione dell'assenza di altre soluzioni valide 137 .

(3-59)    Nella causa C-342/05 l'avvocato generale ha chiarito il principio di proporzionalità, secondo cui 138 una "misura non può comunque essere eseguita se il suo scopo può essere raggiunto con mezzi meno pregiudizievoli, vale a dire attraverso un'altra soluzione valida ai sensi dell'art[icolo] 16, [paragrafo] 1, della direttiva". "[U]n'altra soluzione va considerata valida non solo quando conseguirebbe altrettanto bene gli obiettivi della deroga, ma anche quando gli inconvenienti causati dalla deroga risulterebbero sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti, mentre l'altra soluzione assicurerebbe un'adeguata proporzione".

(3-60)    La determinazione della validità di un'alternativa in una data situazione di fatto deve essere fondata su fattori oggettivamente verificabili, come le considerazioni scientifiche e tecniche. Data la natura eccezionale del regime derogatorio, una deroga sarebbe giustificabile solo sulla base di un'oggettiva dimostrazione dell'impossibilità di adottare altre soluzioni prima facie valide 139 . Evidentemente, il requisito di considerare seriamente altre soluzioni alternative è di primaria importanza. Gli Stati membri hanno un potere discrezionale limitato e, se esiste un'altra soluzione, qualsiasi argomentazione circa la sua non validità dovrà essere convincente. La sentenza nella causa C-182/02 illustra il rigoroso approccio adottato dalla Corte per le deroghe nell'ambito della direttiva Uccelli. Per verificare se esisteva una soluzione valida, la Corte ha valutato sia la "necessità" sia lo "scopo" della deroga 140 .

Questa sentenza conferma l'importanza di dimostrare l'esistenza di motivazioni impellenti che giustifichino una deroga 141 . Un'altra soluzione non può essere considerata come non valida solo perché causerebbe maggiori disagi o costringerebbe i beneficiari della deroga a modificare il loro comportamento. A questo proposito, le argomentazioni basate sulla "tradizione fortemente radicata" o sulla "tradizione storica e culturale" delle pratiche venatorie sono state ritenute insufficienti a giustificare la necessità di una deroga alla direttiva Uccelli 142 . La stessa logica si applica alle deroghe della direttiva Habitat.

(3-61)    Inoltre la soluzione scelta alla fine, anche se comporta una deroga, deve essere oggettivamente limitata a quanto necessario per risolvere la situazione o il problema specifici 143 . Ciò significa che le deroghe devono essere limitate nel tempo, nello spazio, nel numero di esemplari coinvolti, negli esemplari specifici coinvolti, nelle persone autorizzate, ecc. La necessità di limitare una deroga nella misura necessaria a risolvere il problema è stata riconfermata nella causa C-10/96 sulla disposizione comparabile dell'articolo 9 della direttiva Uccelli 144 . Secondo la Corte il numero di esemplari interessati dalla deroga deve essere "fissato al livello che si riveli necessario al fine di rimediare a siffatti inconvenienti". Questo limite si distingue dal "numero limitato" di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), che è un "tetto" complessivo in caso di applicazione di questa particolare deroga 145 .

3.2.3.PROVA 3: impatto di una deroga sullo stato di conservazione

In linea con il quadro armonizzato per la predisposizione di relazioni concordato per l'articolo 17 della direttiva, lo stato di conservazione globale di una specie in uno Stato membro è valutato a livello biogeografico in ogni Stato membro. Tuttavia l'impatto di una deroga specifica dovrebbe essere valutato a un livello inferiore (ad esempio, a livello di sito, di popolazione), affinché possa essere significativo nel contesto specifico della deroga.

(3-62)    Secondo l'articolo 16, paragrafo 1, le deroghe non devono pregiudicare "il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale". L'attuazione di questa disposizione dovrebbe comprendere una valutazione in due fasi: in primo luogo, una valutazione dello stato di conservazione delle popolazioni specifiche di una specie nella sua area di ripartizione naturale all'interno dello Stato membro interessato (ed eventualmente oltre i confini nazionali se le popolazioni sono condivise con paesi vicini) e, in secondo luogo, una valutazione dell'impatto della deroga sullo stato di conservazione della popolazione o delle popolazioni specifiche interessate. A fini di chiarezza, per "popolazione" in questo contesto si intende un gruppo di esemplari della stessa specie che vivono contemporaneamente in un'area geografica definita e si stanno (potenzialmente) incrociando (condividendo così un patrimonio genetico comune) 146 .

3.2.3.a) Scala di valutazione

(3-63)    Si pone quindi la questione di quale sia il livello da considerare per valutare se l'impatto di una deroga possa essere pregiudizievole, neutro o possa essere positivo per lo stato di conservazione di una specie. A norma dell'articolo 1, lettera i), lo stato di conservazione di una specie deve in definitiva essere considerato in tutta la sua area di ripartizione naturale. Nelle discussioni con il Comitato Habitat è stato concordato che, ai fini delle relazioni di cui all'articolo 17 (in relazione all'articolo 11), lo stato di conservazione dovrebbe essere valutato a livello biogeografico in ciascuno Stato membro. Ciò consentirebbe in definitiva di aggregare le informazioni per intere regioni biogeografiche in tutta l'UE. Lo stato di conservazione di una specie all'interno di una data regione biogeografica in uno Stato membro è quindi un'informazione molto importante quando si considera una deroga.

(3-64)    Tuttavia l'impatto di una deroga specifica dovrà, nella maggior parte dei casi, essere valutato a un livello inferiore rispetto alla regione biogeografica per avere valenza in termini ecologici. Un livello utile potrebbe essere la popolazione (locale). La formulazione dell'articolo 16, che menziona le "popolazioni delle specie interessate", conferma questa interpretazione.

Naturalmente l'approccio deve essere adattato alla specie in questione: gli effetti cumulativi dell'uccisione di esemplari di un grande carnivoro con area di ripartizione estesa dovranno essere valutati a livello di popolazione (transfrontaliero, se applicabile 147 ), mentre l'impatto della distruzione di un sito di riproduzione in un habitat di anfibi piuttosto frammentato può essere meglio valutato a livello di singolo sito o di metapopolazione 148 .

Secondo la giurisprudenza consolidata, le deroghe devono essere applicate in maniera concreta e puntuale per soddisfare precise esigenze e situazioni specifiche 149 . Ne consegue che le valutazioni a livelli inferiori sono normalmente fondamentali, poiché le deroghe devono affrontare problemi specifici e fornire soluzioni adeguate. Le deroghe devono quindi essere concesse per un luogo specifico poiché il loro impatto primario è a livello locale. La valutazione a un livello inferiore dovrebbe poi essere messa a confronto con la situazione su una scala più ampia (per esempio biogeografica, transfrontaliera o nazionale), per avere un quadro completo della situazione.

Nella sua sentenza nella causa C-674/17 sulle deroghe per i lupi, la CGUE segue questo ragionamento affermando che, prima di autorizzare le deroghe, le autorità nazionali devono valutare lo stato di conservazione della popolazione della specie interessata nonché l'impatto che la deroga prevista può avere a livello locale nonché a livello del territorio dello Stato membro o, eventualmente, a livello della regione biogeografica interessata qualora le frontiere di tale Stato membro coprano più regioni biogeografiche o, ancora, se l'area di ripartizione naturale della specie lo richiede, e, nella misura del possibile, sul piano transfrontaliero. La CGUE ha chiarito che: "la valutazione dell'impatto di una deroga a livello del territorio di una popolazione locale è generalmente necessaria per determinare il suo impatto sullo stato di conservazione della popolazione in questione su più larga scala. […] [L]e conseguenze di una siffatta deroga saranno generalmente avvertite in maniera più immediata nell'area locale da essa interessata. Peraltro [...] lo stato di conservazione di una popolazione su scala nazionale o biogeografica dipende anche dall'impatto cumulativo delle diverse deroghe che riguardano aree locali" 150 . "Pertanto, una deroga del genere non può essere adottata senza che siano stati valutati lo stato di conservazione delle popolazioni della specie interessata nonché l'impatto che la deroga prevista può avere su quest'ultimo a livello locale nonché a livello del territorio di tale Stato membro o, eventualmente, a livello della regione biogeografica interessata qualora le frontiere di tale Stato membro coprano più regioni biogeografiche o, ancora, se l'area di ripartizione naturale della specie lo richiede, e, nella misura del possibile, sul piano transfrontaliero" 151 . Tuttavia "ai fini di tale valutazione non si può tener conto della parte dell'area di ripartizione naturale della popolazione interessata che si estende a talune parti del territorio di uno Stato terzo, il quale non è vincolato agli obblighi di rigorosa tutela delle specie di interesse per l'Unione" 152 .

(3-65) Quando l'autorità di concedere deroghe è conferita a livelli subnazionali (ad esempio dall'amministrazione regionale), è necessario coordinare e garantire una visione d'insieme e la supervisione della concessione di deroghe a livello degli Stati membri (e anche oltre i confini nazionali nel caso di popolazioni transfrontaliere), per evitare il rischio che la somma delle deroghe pregiudichi lo stato di conservazione delle popolazioni delle specie interessate nella loro area di ripartizione naturale (nazionale) (cfr. anche la sezione 3.1.2).

3.2.3.b)    Deroghe e impatto sullo stato di conservazione

Il risultato netto di una deroga dovrebbe essere neutro o positivo per lo stato di conservazione di una specie. Le misure di compensazione possono, in determinate circostanze, essere utilizzate per compensare, ad esempio, l'impatto di una deroga sui siti di riproduzione e sulle aree di riposo, ma non sostituiscono o riducono la necessità di rispettare le tre prove. I piani di conservazione delle specie non sono obbligatori, ma sono raccomandati poiché contribuiscono a garantire che le deroghe siano concesse in linea con gli obiettivi della direttiva.

(3-66) Come sottolineato dalla giurisprudenza applicabile della CGCE 153 , "l'art[icolo] 16, [paragrafo 1], della direttiva pone lo stato di conservazione soddisfacente delle dette popolazioni nella loro area di ripartizione naturale quale presupposto necessario per la concessione delle deroghe da esso previste". Né la concessione di deroghe per le specie in uno stato di conservazione non soddisfacente né l'uso di misure di compensazione sono esplicitamente previsti dalla direttiva. Tuttavia, interpretando e attuando la disposizione di cui all'articolo 16, paragrafo 1, in modo da porre l'accento sul raggiungimento dell'obiettivo generale di uno stato di conservazione soddisfacente, entrambi i concetti possono essere incorporati nell'interpretazione fornita a condizione che il raggiungimento di questo obiettivo non sia compromesso in alcun modo.

(3-67)    Lo stato di conservazione soddisfacente delle popolazioni delle specie interessate nella loro area di ripartizione naturale è in linea di principio un presupposto necessario per la concessione di una deroga 154 . Tuttavia nella causa C-342/05, avendo stabilito che lo stato di conservazione del lupo in Finlandia non era soddisfacente, la Corte ha ritenuto 155 che la concessione di deroghe per l'uccisione di esemplari di lupo rimane possibile "eccezionalmente" e "quando è debitamente accertato che esse non sono tali da peggiorare lo stato di conservazione non soddisfacente di dette popolazioni o da impedire il riassestamento, in condizioni di conservazione soddisfacente, delle popolazioni stesse". L'uccisione di un numero limitato di esemplari potrebbe avere un effetto trascurabile sull'obiettivo previsto dall'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva Habitat, ossia mantenere o ripristinare la popolazione di lupi, nell'area di ripartizione naturale, in uno stato di conservazione soddisfacente. Una siffatta deroga potrebbe quindi essere neutra per le specie interessate. Dunque, se lo stato di conservazione della specie in questione non è soddisfacente, è possibile concedere una deroga solo se giustificata da circostanze eccezionali e solo se lo stato di conservazione non è peggiorato e il suo ripristino a uno stato soddisfacente non è impedito (effetto neutro), e purché tutte le altre condizioni imposte dall'articolo 16 siano a loro volta soddisfatte. Nella causa C-342/05 la Corte ha constatato che, in effetti, le deroghe sono state concesse dalle autorità nazionali competenti "senza fondarsi su una valutazione dello stato di conservazione della specie, senza fornire alcuna motivazione precisa e adeguata quanto all'assenza di altre soluzioni valide e senza identificare precisamente i lupi autori di gravi danni che potevano essere abbattuti". La Corte ha inoltre affermato che tali deroghe "che, da una parte, non si fondano su una valutazione dell'impatto relativo all'abbattimento dei lupi da esse autorizzato sul mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione di detta specie nella sua area di ripartizione naturale e che, dall'altra, non contengono una motivazione precisa e adeguata quanto all'assenza di altre soluzioni valide, risultano in contrasto con l'art[icolo] 16, [paragrafo] 1, della direttiva [H]abitat" 156 . Nella causa C-674/17 la CGUE ha sottolineato che la suddetta valutazione dell'effetto delle deroghe previste sullo stato di conservazione soddisfacente deve essere effettuata alla luce del principio di precauzione 157 . In altre parole, "se l'esame dei migliori dati scientifici disponibili lascia sussistere un'incertezza quanto al fatto che una siffatta deroga pregiudichi o meno il mantenimento o il ripristino delle popolazioni di una specie minacciata di estinzione in uno stato di conservazione soddisfacente, lo Stato membro deve astenersi dall'adottarla o dall'attuarla" 158 .

Un approccio simile dovrebbe essere adottato quando lo stato di conservazione della specie interessata non è noto. In questo caso sarebbe impossibile accertare l'impatto della deroga sullo stato di conservazione, per cui la deroga non potrebbe essere concessa.

(3-68)    Ovviamente, meno soddisfacenti sono lo stato di conservazione e le tendenze, meno è probabile che una deroga possa essere giustificata, tranne nelle circostanze più eccezionali.

È anche evidente che è meglio adottare questo tipo di approccio alle deroghe all'interno di un quadro chiaro e ben definito di misure di conservazione delle specie. Ancora una volta (come per le misure di tutela), lo stato di conservazione di una specie costituisce la considerazione fondamentale per valutare e giustificare l'uso delle deroghe. È quindi importante non solo considerare lo stato di conservazione attuale, ma anche esaminare in che modo si stia evolvendo.

(3-69) Per quanto riguarda lo stato di conservazione attuale delle specie interessate, lo stato e le condizioni della popolazione locale di una specie in una certa area geografica potrebbero differire sensibilmente dallo stato di conservazione generale delle popolazioni nella regione biogeografica dello Stato membro (o anche nell'area di ripartizione naturale). Pertanto, prima di decidere in merito alla concessione di una deroga, si dovrebbe conoscere e valutare adeguatamente lo stato di conservazione a tutti i livelli.

(3-70) Nessuna deroga può essere concessa se produce (a qualsiasi livello) un effetto negativo sullo stato di conservazione o sul raggiungimento di uno stato di conservazione soddisfacente di una specie. In altre parole, se una deroga può avere un effetto significativamente negativo sulla popolazione interessata (o sulle prospettive di questa popolazione) o anche su una popolazione locale all'interno di uno Stato membro, l'autorità competente non dovrebbe concederla. Il risultato netto di una deroga dovrebbe essere neutro o positivo per le popolazioni interessate della specie.

(3-71) In assenza di dati sufficientemente solidi e affidabili per dimostrare che lo stato di conservazione è soddisfacente e/o per garantire che la deroga non incida negativamente sullo stato di conservazione, si dovrebbe applicare il principio di precauzione (che richiede che in caso di incertezza prevalgano gli obiettivi di conservazione) e non si dovrebbero concedere deroghe. Come affermato dalla Corte nella causa C-674/17, "occorre anche sottolineare che, conformemente al principio di precauzione sancito dall'articolo 191, paragrafo 2, TFUE, se l'esame dei migliori dati scientifici disponibili lascia sussistere un'incertezza quanto al fatto che una siffatta deroga pregiudichi o meno il mantenimento o il ripristino delle popolazioni di una specie minacciata di estinzione in uno stato di conservazione soddisfacente, lo Stato membro deve astenersi dall'adottarla o dall'attuarla" 159 .

(3-72) Quando lo stato e le condizioni della specie differiscono ai diversi livelli geografici, la valutazione dovrebbe prima considerare il livello di popolazione locale e poi l'impatto della deroga sulla popolazione nella regione biogeografica, tenendo conto anche dell'effetto cumulativo di altre deroghe per la stessa specie in quella regione biogeografica.

3.3.Considerazioni aggiuntive

(3-73)    Nel valutare se una deroga possa pregiudicare il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle popolazioni della specie, si dovrebbero considerare in particolare anche i seguenti elementi:

a) se nello Stato membro sono stabiliti, attuati e applicati efficacemente i provvedimenti necessari (appropriati, efficaci e verificabili) per garantire la rigorosa tutela e il raggiungimento di uno stato di conservazione soddisfacente della specie;

b) che la deroga non ostacoli, renda inefficace o neutralizzi i provvedimenti necessari;

c) che gli impatti (compresi gli effetti cumulativi) delle deroghe siano attentamente controllati e che si traggano insegnamenti per il futuro.

3.3.1.Il ruolo dei piani d'azione per le specie

(3-74) Un modo per garantire un uso appropriato delle deroghe, nell'ambito di un regime di rigorosa tutela, sarebbe quello di elaborare e attuare piani d'azione o piani di conservazione/gestione globali per le specie, sebbene la direttiva non preveda alcun obbligo al riguardo. Questi piani dovrebbero mirare a tutelare una specie e a ripristinare o mantenere il suo stato di conservazione soddisfacente. Essi dovrebbero includere non solo i provvedimenti richiesti dall'articolo 12, ma anche misure per sostenere o ripristinare la vitalità della popolazione, la sua area di ripartizione naturale e gli habitat della specie. I piani potrebbero dunque fornire una base utile e un quadro di riferimento per il rilascio di deroghe, a condizione che queste siano sempre concesse caso per caso, che tutte le altre condizioni dell'articolo 16 siano soddisfatte e che sia stato dimostrato che la deroga non pregiudica il mantenimento delle popolazioni delle specie interessate in uno stato di conservazione soddisfacente.

(3-75) Per esempio, le deroghe per evitare gravi danni alle colture o alle proprietà possono essere meno efficaci nel risolvere il problema a lungo termine se attuate indipendentemente da altre misure destinate alla specie. Tuttavia, se sono accompagnate da un certo numero di altre misure (ossia soluzioni non letali, misure di prevenzione, incentivi, compensazioni, ecc.), nel contesto di un piano di conservazione/gestione delle specie, nell'ambito di un regime di rigorosa tutela, le deroghe potrebbero essere rese molto più efficaci. In tali condizioni, un piano di conservazione/gestione delle specie, se correttamente attuato, potrebbe fornire un quadro appropriato per il rilascio di deroghe in linea con gli obiettivi della direttiva. Naturalmente tali piani dovrebbero essere aggiornati periodicamente sulla base delle migliori conoscenze e dei risultati del controllo.

(3-76)    Per stabilire un quadro appropriato per il rilascio delle deroghe, i piani di conservazione/gestione delle specie dovrebbero essere basati su informazioni scientifiche solide e aggiornate sullo stato e le tendenze delle popolazioni delle specie e avere come obiettivo principale quello di mantenere o ripristinare le specie in uno stato di conservazione soddisfacente (specificando le condizioni da soddisfare per questo obiettivo). I piani dovrebbero includere una valutazione solida e completa di tutte le pertinenti minacce e pressioni che gravano sulle specie, così come un'analisi dei livelli di mortalità esistenti, sia per cause naturali che per fattori di origine antropica, come l'uccisione illegale (bracconaggio) o la cattura e l'uccisione accidentale.

(3-77) Sulla base delle migliori informazioni esistenti e di valutazioni scientifiche e sistemi di sorveglianza validi, i piani di conservazione/gestione delle specie potrebbero poi stabilire una gamma coerente di misure da attuare e controllare per garantire il raggiungimento o il mantenimento dello stato di conservazione soddisfacente della popolazione interessata. Solo a queste condizioni i piani di conservazione/gestione delle specie potrebbero costituire un quadro adeguato per il rilascio delle deroghe, che a sua volta potrebbe contribuire a semplificare la procedura di concessione di ogni deroga specifica, purché siano soddisfatte anche tutte le condizioni imposte dall'articolo 16.

3.3.2.Valutazione dell'impatto per piani/progetti e tutela delle specie

(3-78) Le disposizioni e le procedure specifiche di cui all'articolo 16 devono essere rispettate anche nel caso di un piano o di un progetto che potrebbe influire su una specie protetta dall'UE e che è soggetto alle procedure di valutazione di cui all'articolo 6, paragrafo 3, della direttiva Habitat o alla direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale (VIA) o sulla valutazione ambientale strategica (VAS). In questo caso le procedure di valutazione dell'impatto effettuate per piani e progetti possono essere utilizzate per valutare l'impatto sulle prescrizioni di cui all'articolo 12 e per verificare se le condizioni per la concessione di una deroga ai sensi dell'articolo 16 sono soddisfatte.

Ciò sarebbe pertinente, per esempio, quando la costruzione e/o il funzionamento di un progetto possono causare il deterioramento o la distruzione di siti di riproduzione o di aree di riposo o la perturbazione di qualsiasi specie elencata nell'allegato IV, lettera a), e presente nell'area del progetto.

In tali circostanze è necessario valutare:

-    se nell'area del progetto sono presenti specie elencate nell'allegato IV, lettera a), della direttiva Habitat;

-    se nell'area del progetto sono presenti siti di riproduzione o aree di riposo delle specie elencate nell'allegato IV, lettera a), della direttiva Habitat;

-    se la costruzione e/o il funzionamento del progetto avranno un "impatto" (uccisione, perturbazione, danno, ecc.) su una qualsiasi di queste specie e/o sui loro siti di riproduzione o aree di riposo e, in caso affermativo;

-    se le condizioni di cui all'articolo 16 sono soddisfatte.

(3-79) Solo dopo aver effettuato i controlli di cui sopra può essere concessa una deroga ai sensi dell'articolo 16 e il progetto può essere legittimamente realizzato (dopo aver ottenuto l'autorizzazione). Se, per esempio, è presente un sito di riproduzione di una specie dell'allegato IV, lettera a), che sarà distrutto dalla costruzione o dal funzionamento del progetto, l'autorizzazione del progetto costituirebbe una violazione dell'articolo 12, a meno che non venga concessa una deroga ai sensi dell'articolo 16 e che le condizioni per il rilascio di una deroga siano soddisfatte.

(3-80) Quando i progetti possono avere incidenze significative sui siti Natura 2000, sia singolarmente che congiuntamente ad altri piani o progetti, essi sono soggetti a opportuna valutazione, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, della direttiva, nell'ambito della quale sarebbero effettuati anche i controlli dell'elenco di cui sopra e le eventuali azioni di follow-up.

Per i progetti che non sono soggetti all'articolo 6, paragrafo 3, in quanto non rischiano di avere incidenze significative sui siti Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani o progetti, gli Stati membri possono adattare le procedure esistenti per soddisfare le prescrizioni degli articoli 12 e 16. Ciò significa che i controlli dell'elenco di cui sopra possono essere incorporati nelle valutazioni che fanno parte dei processi decisionali a vari livelli dello Stato membro, comprese le decisioni di pianificazione territoriale o le procedure di valutazione ambientale per programmi, piani e progetti.

Lo scopo di fondo è quello di individuare correttamente e tempestivamente gli impatti di un progetto, compreso l'impatto sulle specie protette elencate nell'allegato IV, lettera a), della direttiva Habitat e sui loro habitat, prima che il progetto venga realizzato. In tal senso, può essere utile la procedura di VIA.

(3-81) Il coordinamento delle procedure legali potrebbe evitare complicazioni di natura giuridica. Idealmente, dopo aver ricevuto la richiesta di autorizzazione per un progetto che rientra nell'ambito di applicazione della direttiva VIA, viene avviata una VIA (almeno la fase di screening) in modo da poter identificare tutti i potenziali impatti. In questo modo è possibile individuare tempestivamente la necessità di una deroga e valutare se le prescrizioni dell'articolo 16 della direttiva Habitat possono essere soddisfatte. In caso affermativo, l'autorizzazione potrebbe essere concessa insieme alla deroga. Se il progetto deve essere modificato a causa delle risultanze della VIA, la deroga può essere basata sul progetto modificato.

Idealmente la VIA effettuata a seguito della domanda di autorizzazione unica riguarderà tutti gli impatti pertinenti sull'ambiente (compreso l'impatto sulle specie elencate nell'allegato IV, lettera a), della direttiva Habitat e sui loro siti di riproduzione o aree di riposo) che possono essere affrontati al momento del rilascio dell'autorizzazione. Per farlo, si potrebbero stabilire per esempio delle condizioni che attenuino gli impatti negativi e/o concedere deroghe a certi divieti stabiliti dalla legge, se le relative condizioni sono soddisfatte.

(3-82) Sebbene non sia obbligatorio, a norma degli articoli 12 e 16 della direttiva Habitat, effettuare i suddetti controlli all'interno di una opportuna valutazione ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, della stessa direttiva o nell'ambito della procedura di VIA, questo è il modo migliore per garantire il rispetto dei citati articoli 12 e 16. La procedura di VIA può identificare l'impatto sulle specie elencate nell'allegato IV della direttiva Habitat associato a un progetto, nonché le potenziali conseguenze del progetto in termini di violazione di uno dei divieti di cui all'articolo 12 della direttiva Habitat. Effettuare la valutazione dell'impatto, comprese le consultazioni multiple richieste prima di rilasciare una deroga e concedere l'autorizzazione, è il modo migliore di procedere, poiché facilita il coordinamento nel processo decisionale.

3.3.3.Il ruolo delle misure di compensazione (deroghe all'articolo 12, paragrafo 1, lettera d))

(3-83)    È possibile prevedere misure di compensazione per deroghe giustificate, vedi in particolare l'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), vale a dire in caso di deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo. In funzione della biologia, dell'ecologia e del comportamento delle specie, tali misure possono essere efficaci per alcune specie, ma non per altre.

A differenza delle misure di mitigazione, le misure di compensazione sono indipendenti dall'attività che causa il deterioramento o la distruzione di un sito di riproduzione o di un'area di riposo. Tali misure sono destinate a compensare gli effetti negativi specifici su un sito di riproduzione o un'area di riposo, senza compromettere in alcun caso lo stato di conservazione della specie interessata. Idealmente le misure di compensazione dovrebbero corrispondere agli effetti negativi sul sito di riproduzione o sull'area di riposo, ed essere in atto ed efficaci prima che l'effetto negativo si verifichi.

(3-84)     Le misure di compensazione non sono menzionate nell'articolo 16, quindi non sono obbligatorie. Inoltre non possono giustificare o compensare una violazione dell'articolo 12, ma possono essere utili per cercare di assicurare il rispetto di quanto prescritto dall'articolo 16, paragrafo 1, ossia che non vi sia alcun impatto che pregiudichi lo stato di conservazione delle specie interessate.

Idealmente le misure di compensazione dovrebbero:

I)compensare l'impatto negativo dell'attività sui siti di riproduzione e sulle aree di riposo della specie nelle circostanze specifiche (a livello di popolazione locale);

II)avere buone probabilità di successo e basarsi sulle migliori pratiche;

III)migliorare le prospettive di una specie di raggiungere uno stato di conservazione soddisfacente;

IV)essere efficaci prima che il deterioramento o la distruzione di un sito di riproduzione o di un'area di riposo comincino a verificarsi o al più tardi al momento in cui hanno inizio.

(3-85)    Attuate in questo modo, le misure di compensazione potrebbero garantire che non si produca alcun effetto negativo globale sui siti di riproduzione e sulle aree di riposo delle specie, né a livello di popolazione né a livello biogeografico. Tuttavia ciò non sostituisce o riduce la necessità che le deroghe di cui all'articolo 16 soddisfino le tre prove sopra menzionate. In questo modo l'adozione di un regime di compensazione non può essere usato per aggirare la necessità di una deroga e la necessità di superare tutte e tre le prove descritte nella sezione 3.2.

3.3.4.Deroghe multispecie

(3-86)    Alcuni progetti (ad esempio i grandi progetti infrastrutturali di interesse pubblico, come le reti di trasporto) possono interessare un certo numero di specie dell'allegato IV. In questi casi si dovrebbe valutare l'impatto su ciascuna delle specie interessate e, sulla base di queste informazioni, tracciare una panoramica dell'impatto complessivo al fine di scegliere le soluzioni migliori. Le soluzioni devono inoltre superare tutte e tre le prove. Non è sufficiente elencare semplicemente il numero di specie potenzialmente colpite senza provvedere poi a valutare la portata dei problemi e trovare modi per evitarli.

3.3.5.Carattere temporaneo: come affrontare la colonizzazione dei siti in via di sviluppo da parte delle specie elencate nell'allegato IV

(3-87) Vi saranno occasioni in cui attività di sviluppo del territorio già autorizzate (per esempio la costruzione di nuove infrastrutture come strade, abitazioni, ecc. o attività di estrazione continuative) portano alla creazione di nuovi habitat favorevoli che vengono colonizzati da specie elencate nell'allegato IV della direttiva. Tali elementi naturali tipici, per esempio nei siti di estrazione, potrebbero includere nuovi stagni (a beneficio di anfibi e libellule), terreni aperti, aree di sabbia e ghiaia (che attirano insetti e uccelli), formazioni erbose pioniere (che attirano insetti e uccelli), pareti ripide di roccia non consolidata (a beneficio di uccelli e api solitarie), come pure la creazione di aree che forniscono rifugio (per rettili, anfibi e insetti).

Poiché il regime di rigorosa protezione di cui all'articolo 12 non fa distinzione tra ambienti temporanei (ad esempio fino a 5-10 anni) o permanenti, creati artificialmente o naturalmente, si deve considerare che anche le specie animali o vegetali protette elencate nell'allegato IV che iniziano a occupare un nuovo sito a seguito di attività di sviluppo del territorio consentite rientrano pienamente nell'ambito di applicazione delle disposizioni di tutela dell'articolo 12.

(3-88) L'applicazione del regime di rigorosa tutela ai sensi dell'articolo 12 a questi casi può rappresentare una sfida significativa per promotori di progetti e proprietari terrieri che, data la natura del progetto, possono aver bisogno di rimuovere questi habitat "temporanei" per procedere con i lavori secondo le modalità consentite. La rimozione degli habitat durante una fase preparatoria, operativa o di smantellamento di un progetto richiede una deroga ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, se le condizioni sono soddisfatte (cfr. sotto).

Senza la certezza giuridica che l'area in questione possa essere legittimamente utilizzata per lo scopo consentito come previsto, si raccomanda ai proprietari terrieri o ai promotori dei progetti di prevenire l'intrusione di specie protette (per esempio, ricorrendo a pesticidi o dissodamento del terreno) nel periodo intermedio in cui il terreno non è attivamente sviluppato, al fine di evitare ulteriori oneri, restrizioni o limitazioni legate alla presenza di specie protette che non erano originariamente presenti sul loro terreno. Tale situazione potrebbe rappresentare un'opportunità persa, poiché qualsiasi habitat temporaneo aggiuntivo che non avrebbe altrimenti prosperato nell'area interessata può, a certe condizioni, contribuire positivamente agli obiettivi della direttiva.

(3-89) Per fornire questa certezza giuridica, e quindi un incentivo per consentire la creazione o il mantenimento di siti naturali temporanei, i promotori possono richiedere una deroga ai sensi dell'articolo 16 in una fase iniziale del processo di pianificazione, quando le specie protette non hanno ancora colonizzato il sito ma è possibile prevedere con una certa sicurezza che tale colonizzazione avverrà (ad esempio quando la specie è già presente nelle aree circostanti). Questa forma di deroga preventiva permetterebbe la successiva rimozione di elementi naturali temporanei in linea con le esigenze di sviluppo del progetto. Tuttavia le norme giuridiche per tali deroghe non possono essere meno stringenti rispetto a quelle delle deroghe per le specie protette già presenti e i loro habitat, e devono comunque soddisfare tutte le condizioni di cui all'articolo 16. Ciò significa, tra l'altro, che le deroghe concesse prima dell'insediamento effettivo della specie colonizzatrice o del suo habitat devono specificare in maniera chiara e precisa gli obiettivi perseguiti attraverso la deroga 160 .

(3-90) Pertanto sarà importante che le domande di deroga ai sensi dell'articolo 16 siano precedute da un inventario completo sul campo che miri a rilevare tutte le specie protette, non solo nell'area del progetto ma anche nelle zone circostanti. In questo modo si assicurerà l'identificazione di tutte le specie dell'allegato IV "prevedibili", insieme alla loro importanza e alla probabilità che colonizzino l'area del progetto. La decisione relativa all'articolo 16 può quindi essere utilizzata per stabilire le condizioni per mantenere la funzionalità ecologica continuativa dell'habitat della specie nel caso in cui il nuovo habitat colonizzato all'interno dell'area del progetto debba essere rimosso ai fini del progetto/dell'attività autorizzati. Si potrebbero prevedere, per esempio, la creazione e la protezione di habitat simili al di fuori dell'area del progetto e il trasferimento delle specie presenti nell'area del progetto in questi habitat, corredandoli di una sorveglianza a lungo termine. Come per tutte le deroghe, è anche necessario verificare e registrare la corretta attuazione.

(3-91) Le deroghe che riguardano situazioni di natura temporanea, come descritto sopra, richiedono una giustificazione oggettiva, in base a uno dei motivi di cui all'articolo 16, paragrafo 1. Una possibilità è quella di basare la deroga sulle motivazioni di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera a), che la giustifica "per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali". La formulazione della disposizione non si limita alle deroghe concesse per proteggere una specie vegetale o animale contro altre specie protette concorrenti. Essa può essere interpretata nel senso che è possibile concedere una deroga al regime di rigorosa tutela di una specie protetta anche a vantaggio della medesima specie. La formulazione della disposizione suggerisce che la deroga deve apportare un valore aggiunto alla specie interessata. Ciò significa che l'articolo 16, paragrafo 1, lettera a), sarebbe applicabile se è possibile dimostrare che vi è un beneficio netto per la specie interessata che è stato reso possibile, in primo luogo, solo dalla concessione della deroga.

(3-92) L'articolo 16, paragrafo 1, lettera c), prevede la possibilità di concedere una deroga "per [...] motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente". Il riferimento alla "primaria importanza per l'ambiente" potrebbe essere interpretato in modo analogo a quello suggerito sopra a proposito del riferimento "per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali", contenuto nell'articolo 16, paragrafo 1, lettera a), vale a dire supponendo che una deroga al regime di rigorosa tutela di una specie possa essere concessa anche a vantaggio della medesima. Tuttavia il valore aggiunto dovrebbe essere di "primaria importanza", che in questo caso stabilisce una soglia più alta rispetto all'articolo 16, paragrafo 1, lettera a).

(3-93) La possibilità di utilizzare deroghe per i siti naturali temporanei dovrebbe essere attentamente affrontata nella fase di pianificazione del progetto, includendo una valutazione scientifica dettagliata dei luoghi in cui le specie protette possono stabilirsi nelle diverse fasi del progetto. La fase di pianificazione dovrebbe includere una valutazione delle modalità di preservazione delle specie che hanno colonizzato gli habitat temporanei durante e dopo il progetto, per quanto possibile, ad esempio attuando misure di mitigazione adeguate e sostenendo il trasferimento.

(3-94) La decisione di deroga deve comunque soddisfare tutti gli altri criteri di cui all'articolo 16 (assenza di alternative, nessun pregiudizio per lo stato di conservazione) e deve stabilire in anticipo impegni rigorosi di sorveglianza e controllo 161 . In questo modo si garantirà che lo sviluppo del sito temporaneo corrisponda alla prevista comparsa/presenza di specie protette sul sito. Tale attività di sorveglianza fornirebbe anche le prove necessarie per richiedere un'ulteriore deroga per affrontare qualsiasi nuova occorrenza che non era stata prevista fin dall'inizio.

25 - Esempi di buone pratiche: il progetto "LIFE in quarries" in Belgio - gestione dinamica della biodiversità in un contesto di cave attive

L'obiettivo del progetto "LIFE in quarries" [LIFE14 NAT/BE/000364] è quello di definire metodi per ottimizzare il potenziale di biodiversità dei siti di estrazione mineraria attivi. Nell'ambito dei piani di gestione della biodiversità specifici per le cave, il progetto ha esplorato approcci scientifici e giuridici per sostenere habitat temporanei (ad esempio banchi di sabbia o stagni temporanei), generati dall'attività della cava e da essa dipendenti, che possono ospitare specie protette (ad esempio, la rondine riparia, la lucertola, la lucertola muraiola, il rospo calamita o alghe tipiche di ambienti poveri). Questa gestione dinamica della biodiversità che favorisce le specie esistenti e/o nuove parallelamente all'attività della cava (sia l'attività temporanea esistente che quella aggiuntiva) può essere combinata con le misure previste per il ripristino degli habitat permanenti, durante e dopo il periodo di estrazione, al fine di massimizzare la presenza di ecosistemi stabili e ricchi di biodiversità dopo il completamento del progetto (natura permanente aggiuntiva) 162 .

3.4.Monitoraggio e comunicazione e delle deroghe

Le autorità nazionali competenti non solo devono garantire che tutte le condizioni del regime di deroga siano soddisfatte prima di concedere una deroga (ossia che essa superi le tre prove) ma devono anche monitorare l'impatto della deroga (e l'efficacia delle eventuali misure di compensazione) dopo la relativa attuazione. Le relazioni sulle deroghe dovrebbero essere complete e includere informazioni che consentano alla Commissione di valutare se il regime di deroga ai sensi dell'articolo 16 sia stato applicato correttamente.

3.4.1.Monitoraggio degli impatti delle deroghe

(3-95) Le autorità nazionali competenti non solo devono garantire che tutte le condizioni del regime di deroga siano soddisfatte prima di concedere una deroga, ma devono anche monitorare l'impatto delle deroghe (e l'efficacia delle eventuali misure di compensazione) dopo la relativa attuazione 163 . L'articolo 16, paragrafo 3, lettera e), prevede che le relazioni di deroga degli Stati membri specifichino "le misure di controllo attuate ed i risultati ottenuti". Ciò significa che essi devono controllare e monitorare l'attuazione delle deroghe concesse.

Il monitoraggio dell'impatto delle deroghe è anche necessario per verificare se queste ultime sono state attuate correttamente e se hanno raggiunto il loro obiettivo, con il sostegno di prove scientificamente fondate, e, se necessario, per adottare misure correttive. In questo modo si dovrebbe garantire l'individuazione di qualsiasi rischio o danno non intenzionale alle specie come risultato dell'attuazione della deroga. Un uso appropriato del regime di deroga richiede che le condizioni quadro siano corrette per assicurare che l'approccio non porti a effetti indesiderati. A tal fine il monitoraggio svolge un ruolo fondamentale.

(3-96) Dopo aver attuato le deroghe, le autorità nazionali devono anche sorvegliare l'impatto cumulativo di tutte le deroghe concesse sul territorio nazionale per ogni specie oggetto di deroghe, indipendentemente dai motivi per cui sono state concesse, e confermare la valutazione iniziale secondo cui le deroghe non pregiudicano il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie. I risultati del monitoraggio dovrebbero ovviamente essere presi in considerazione per ogni futura decisione relativa alla concessione di deroghe.

(3-97) Questo monitoraggio potrebbe anche rientrare nell'obbligo generale di sorveglianza di cui all'articolo 11 della direttiva. Sarebbe ragionevole che la sorveglianza fosse sensibile agli effetti (compresi quelli cumulativi e delle misure di compensazione) delle deroghe attuate per le specie per le quali sono concesse deroghe in modo ricorrente o che sono in uno stato di conservazione non soddisfacente (e sono tuttavia, in circostanze eccezionali, oggetto di deroghe). Sarebbe inoltre ragionevole che la sorveglianza prevedesse il monitoraggio di altri fattori che possono avere un impatto negativo sullo stato di conservazione delle specie (come l'uccisione illegale). Si tratta di dati che possono essere utilizzati per valutare lo stato di conservazione della specie.

3.4.2.Obblighi di comunicazione ai sensi dell'articolo 16, paragrafi 2 e 3

(3-98) Le deroghe devono inoltre soddisfare i requisiti di forma di cui all'articolo 16, paragrafi 2 e 3. Nelle parole della Corte nella causa C-118/94, (una causa relativa alla direttiva Uccelli), detti requisiti di forma sono "volti a limitare tali deroghe allo stretto necessario e a permettere la vigilanza da parte della Commissione".

(3-99) Gli Stati membri non hanno bisogno di consultare la Commissione prima di applicare le deroghe ma hanno l'obbligo di presentare alla Commissione, ogni due anni, una relazione sull'attuazione dell'articolo 16. L'articolo 16, paragrafo 2, non specifica il contenuto preciso di tali relazioni. Tuttavia è chiaro che le informazioni devono essere complete, oggettive e indicare tutti gli elementi di cui all'articolo 16, paragrafo 3. Sulla base delle informazioni fornite nelle relazioni sulle deroghe, la Commissione deve essere in grado di sorvegliare l'applicazione dell'articolo 16 negli Stati membri e verificarne la compatibilità con la direttiva. Nei casi in cui conclude che l'uso delle deroghe viola le prescrizioni della direttiva, la Commissione ha il diritto di avviare una procedura di infrazione contro lo Stato membro interessato.

(3-100) L'attuale modello per le relazioni sulle deroghe vale anche per tutti gli obblighi di comunicazione ai sensi dell'articolo 9 della convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa (la convenzione di Berna) 164 e mira a migliorare l'efficienza e la fruibilità delle relazioni a tutti i livelli (regionale, nazionale, UE). Il nuovo modello per le relazioni e un nuovo strumento informatico, chiamato Habitat and Birds Directives Derogation System+ (HaBiDeS+), sono attualmente in uso da parte della Commissione e degli Stati membri 165 .

(3-101) Il nuovo modello include i requisiti di forma di cui all'articolo 16, paragrafo 3, che devono essere soddisfatti e specificati in ogni deroga concessa, come pure informazioni supplementari (ad esempio dettagli utili per comprendere ulteriormente motivo, mezzi e metodi, prove del rispetto dei requisiti specifici dell'articolo 16, paragrafo 1 lettera e), riferimenti ad alternative scartate, prove che la deroga non pregiudica lo stato di conservazione della popolazione) che permettono di comprendere il ragionamento delle autorità competenti nell'applicare il regime di deroga di cui all'articolo 16.

Allegati

Allegato I.        Riferimenti dei procedimenti giudiziari

Allegato II.        Elenco delle specie contemplate dagli allegati II, IV e V

Allegato III.    Attuazione dell'articolo 12 della direttiva Habitat - L'esempio del lupo



ALLEGATO I

Riferimenti dei procedimenti giudiziari

Disposizioni della direttiva Habitat in materia di tutela delle specie

12 novembre 1969, Stauder/Stadt Ulm, causa C-29/69, EU:C:1969:57

27 ottobre 1977, Regina/Bouchereau, causa C-30/77, EU:C:1977:172

12 luglio 1979, Koschniske/Raad van Arbeid, causa C-9/79, EU:C:1979:201

23 maggio 1985, Commissione/Germania, causa C-29/84, EU:C:1985:229

9 aprile 1987, Commissione/Italia, causa C-363/85, EU:C:1987:196

8 luglio 1987, Commissione/Belgio, causa C-247/85, EU:C:1987:339

mercoledì 8 luglio 1987, Commissione/Italia, causa C-262/85, EU:C:1987:340

martedì 23 febbraio 1988, Commissione/Italia, causa C-429/85, EU:C:1988:83

27 aprile 1988, Commissione/Francia, causa C-252/85, EU:C:1988:202

7 luglio 1988, Moksel/BALM, causa C-55/87, EU:C:1988:377

15 marzo 1990, Commissione/Paesi Bassi, causa C-339/87, EU:C:1990:119

28 marzo 1990, procedimento penale contro G. Vessoso e G. Zanetti, cause riunite C-206/88 e C-207/88, EU:C:1990:145

17 gennaio 1991, Commissione/Italia, causa C-157/89, EU:C:1991:22

giovedì 28 febbraio 1991, Commissione/Germania, causa C-57/89, EU:C:1991:89

giovedì 28 febbraio 1991, Commissione/Germania, causa C-131/88, EU:C:1991:87

giovedì 30 maggio 1991, Commissione/Germania, causa C-59/89, EU:C:1991:225

2 agosto 1993, Commissione/Spagna, causa C-355/90, EU:C:1993:331

7 marzo 1996, WWF Italia/Regione Veneto, causa C-118/94, EU:C:1996:86

19 settembre 1996, Commissione/Grecia, causa C-236/95, EU:C:1996:341

12 dicembre 1996, Ligue royale belge pour la protection des oiseaux e Société d'études ornithologiques/Regione vallona, causa C-10/96, EU:C:1996:504

mercoledì 19 maggio 1999, Commissione/Francia, causa C-225/97, EU:C:1999:252

giovedì 11 novembre 1999, Commissione/Italia, causa C-315/98, EU:C:1999:551

7 novembre 2000, First Cooperate Shipping, causa C-371/98, EU:C:2000:600.

giovedì 10 maggio 2001, Commissione/Paesi Bassi, causa C-144/99, EU:C:2001:257

giovedì 17 maggio 2001, Commissione/Italia, causa C-159/99, EU:C:2001:278

mercoledì 30 gennaio 2002, Commissione/Grecia, causa C-103/00, EU:C:2002:60

13 febbraio 2003, Commissione/Lussemburgo, causa C-75/01, EU:C:2003:95

16 ottobre 2003, Ligue pour la protection des oiseaux e altri/Premier ministre e Ministre de l'Aménagement du territoire et de l'Environnement, causa C-182/02, Raccolta p.12105

6 novembre 2003, Commissione/Regno Unito, causa C-434/01, EU:C:2003:601

giovedì 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, EU:C:2005:626

15 dicembre 2005, Commissione/Finlandia, causa C-344/03, EU:C:2005:770

martedì 10 gennaio 2006, Commissione/Germania, causa C-98/03, EU:C:2006:3

giovedì 16 marzo 2006, Commissione/Grecia, causa C-518/04, EU:C:2006:183

18 maggio 2006, Commissione/Spagna, causa C-221/04, EU:C:2006:329

8 giugno 2006, Commissione/Italia, causa C-60/05, EU:C:2006:378

martedì 19 dicembre 2006, Commissione/Italia, causa C-503/06, EU:C:2008:279

11 gennaio 2007, Commissione/Irlanda, causa C-183/05, EU:C:2007:14

10 maggio 2007, Commissione/Austria, causa C-508/04, EU:C:2007:274

giovedì 14 giugno 2007, Commissione/Finlandia, causa C-342/05, EU:C:2007:341

giovedì 20 maggio 2010, Commissione/Spagna, causa C-308/08, EU:C:2010:281

giovedì 9 giugno 2011, Commissione/Francia, causa C-383/09, EU:C:2011:369

26 gennaio 2012, Commissione/Polonia, causa C-192/11, EU:C:2012:44

15 marzo 2012, Commissione/Cipro, causa C-340/10, EU:C:2012:143

giovedì 15 marzo 2012, Commissione/Polonia, causa C-46/11, EU:C:2012:146

giovedì 10 novembre 2016, Commissione/Grecia, causa C-504/14, EU:C:2016:847

martedì 17 aprile 2018, Commissione/Polonia, causa C-441/17, EU:C:2018:255

10 ottobre 2019, pronuncia pregiudiziale nella causa C-674/17, EU:C:2019:851

11 giugno 2020, pronuncia pregiudiziale nella causa C‑88/19, EU:C:2020:458

4 marzo 2021, Föreningen Skydda Skogen, cause riunite C-473/19 e C-474/19, EU:C:2021:166

Magistrat Stadt Wien, causa in corso C-477/19



ALLEGATO II

Elenco delle specie animali contemplate dagli allegati II, IV e V

della direttiva 92/43/CEE (direttiva Habitat)

Clausola di esclusione della responsabilità: quella che segue è una tabella consolidata elaborata dalla DG Ambiente. Essa ha il solo scopo di fornire una panoramica. Non ci assumiamo alcuna responsabilità per il suo contenuto. Le versioni giuridicamente vincolanti degli allegati sono quelle pubblicate ufficialmente negli atti giuridici pertinenti. L'ultima versione di questi allegati, su cui si basa la tabella, è pubblicata nella "[d]irettiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013, che adegua talune direttive in materia di ambiente a motivo dell'adesione della Repubblica di Croazia 166 ".

Le specie che figurano nel presente allegato sono indicate:

Øcon il nome della specie o della sottospecie (in grassetto e in corsivo), oppure

Øcon l'insieme delle specie appartenenti ad un taxon superiore o ad una parte designata di tale taxon. L'abbreviazione "spp." dopo il nome di una famiglia o di un genere serve a designare tutte le specie che appartengono a tale genere o famiglia.

L'asterisco (*) davanti al nome di una specie indica che si tratta di una specie prioritaria dell'allegato II (gli allegati IV e V non distinguono tra specie prioritarie e non prioritarie).

Gli allegati consolidati in questa tabella sono indicati di seguito.

ALLEGATO II: SPECIE D'INTERESSE COMUNITARIO LA CUI CONSERVAZIONE RICHIEDE LA DESIGNAZIONE DI ZONE SPECIALI DI CONSERVAZIONE

ALLEGATO IV: SPECIE DI INTERESSE COMUNITARIO CHE RICHIEDONO UNA PROTEZIONE RIGOROSA

ALLEGATO V: SPECIE DI INTERESSE COMUNITARIO IL CUI PRELIEVO NELLA NATURA E IL CUI SFRUTTAMENTO POTREBBERO FORMARE OGGETTO DI MISURE DI GESTIONE



Nome della specie

Allegato

Restrizioni geografiche

II

IV

V

ANIMALI

VERTEBRATI

MAMMIFERI

INSECTIVORA

Erinaceidae

Erinaceus algirus

X

Soricidae

Crocidura canariensis

X

Crocidura sicula

X

Talpidae

Galemys pyrenaicus

X

X

CHIROPTERA

Microchiroptera

Rhinolophidae

Rhinolophus blasii

X

X

Rhinolophus euryale

X

X

Rhinolophus ferrumequinum

X

X

Rhinolophus hipposideros

X

X

Rhinolophus mehelyi

X

X

Vespertilionidae

Barbastella barbastellus

X

X

Miniopterus schreibersi

X

X

Myotis bechsteini

X

X

Myotis blythii

X

X

Myotis capaccinii

X

X

Myotis dasycneme

X

X

Myotis emarginatus

X

X

Myotis myotis

X

X

Tutte le altre specie di Microchiroptera

X

Megachiroptera

Pteropodidae

Rousettus aegyptiacus

X

X

RODENTIA

Gliridae

Tutte le specie tranne Glis glis ed Eliomys quercinus

X

Myomimus roachi

X

X

Sciuridae

* Marmota marmota latirostris

X

X

* Pteromys volans (Sciuropterus russicus)

X

X

Spermophilus citellus (Citellus citellus)

X

X

* Spermophilus suslicus (Citellus suslicus)

X

X

Sciurus anomalus

X

Castoridae

Castor fiber

X

X

X

Allegato II: tranne le popolazioni estoni, lettoni, lituane, finlandesi e svedesi.

Allegato IV: tranne le popolazioni estoni, lettoni, lituane, polacche, finlandesi e svedesi.

Allegato V: popolazioni finlandesi, svedesi, lettoni, lituane, estoni e polacche.

Cricetidae

Cricetus cricetus

X

X

Allegato IV: tranne le popolazioni ungheresi.

Allegato V: popolazioni ungheresi.

Mesocricetus newtoni

X

X

Microtidae

Dinaromys bogdanovi

X

X

Microtus cabrerae

X

X

* Microtus oeconomus arenicola

X

X

* Microtus oeconomus mehelyi

X

X

Microtus tatricus

X

X

Zapodidae

Sicista betulina

X

Sicista subtilis

X

X

Hystricidae

Hystrix cristata

X

CARNIVORA

Canidae

* Alopex lagopus

X

X

Canis aureus

X

* Canis lupus

X

X

X

Allegato II: tranne le popolazioni estoni; popolazioni greche: soltanto quelle a sud del 39º parallelo; popolazioni spagnole: soltanto quelle a sud del Duero; popolazioni lettoni, lituane e finlandesi.

Allegato IV: tranne le popolazioni greche a nord del 39º parallelo, le popolazioni estoni, le popolazioni spagnole a nord del Duero, le popolazioni bulgare, lettoni, lituane, polacche, slovacche e le popolazioni finlandesi all'interno della zona di gestione del patrimonio rangifero quale definita al paragrafo 2 della legge finlandese n. 848/90, del 14 settembre 1990, sulla gestione del patrimonio rangifero.

Allegato V: popolazioni spagnole a nord del Duero, popolazioni greche a nord del 39º parallelo, popolazioni finlandesi all'interno della zona di gestione del patrimonio rangifero quale definita al paragrafo 2 della legge finlandese n. 848/90, del 14 settembre 1990, sulla gestione del patrimonio rangifero, popolazioni bulgare, lettoni, lituane, estoni, polacche e slovacche.

Ursidae

* Ursus arctos

X

X

Allegato II: tranne le popolazioni estoni, finlandesi e svedesi.

Mustelidae

* Gulo gulo

X

Lutra lutra

X

X

Martes martes

X

Mustela eversmanii

X

X

Mustela putorius

X

* Mustela lutreola

X

X

Vormela peregusna

X

X

Felidae

Felis silvestris

X

Lynx lynx

X

X

X

Allegato II: tranne le popolazioni estoni, lettoni e finlandesi.

Allegato IV: tranne le popolazioni estoni.

Allegato V: popolazione estone.

* Lynx pardinus

X

X

Phocidae

Halichoerus grypus

X

X

* Monachus monachus

X

X

Phoca hispida bottnica

X

X

* Phoca hispida saimensis

X

X

Phoca vitulina

X

X

Tutte le altre specie di Phocidae

X

Viverridae

Genetta genetta

X

Herpestes ichneumon

X

DUPLICIDENTATA

Leporidae

Lepus timidus

X

ARTIODACTYLA

Cervidae

* Cervus elaphus corsicanus

X

X

Rangifer tarandus fennicus

X

Bovidae

* Bison bonasus

X

X

Capra aegagrus (popolazioni naturali)

X

X

Capra ibex

X

Capra pyrenaica (tranne Capra pyrenaica pyrenaica)

X

* Capra pyrenaica pyrenaica

X

X

Ovis gmelini musimon (Ovis ammon musimon) (popolazioni naturali — Corsica e Sardegna)

X

X

Ovis orientalis ophion (Ovis gmelini ophion)

X

X

* Rupicapra pyrenaica ornata (Rupicapra rupicapra ornata)

X

X

Rupicapra rupicapra (tranne Rupicapra rupicapra balcanica, Rupicapra rupicapra ornata e Rupicapra rupicapra tatrica)

X

Rupicapra rupicapra balcanica

X

X

* Rupicapra rupicapra tatrica

X

X

CETACEA

Phocoena phocoena

X

X

Tursiops truncatus

X

X

Tutte le altre specie di Cetacea

X

RETTILI

CHELONIA (TESTUDINES)

Testudinidae

Testudo graeca

X

X

Testudo hermanni

X

X

Testudo marginata

X

X

Cheloniidae

* Caretta caretta

X

X

* Chelonia mydas

X

X

Lepidochelys kempii

X

Eretmochelys imbricata

X

Dermochelyidae

Dermochelys coriacea

X

Emydidae

Emys orbicularis

X

X

Mauremys caspica

X

X

Mauremys leprosa

X

X

SAURIA

Lacertidae

Algyroides fitzingeri

X

Algyroides marchi

X

Algyroides moreoticus

X

Algyroides nigropunctatus

X

Dalmatolacerta oxycephala

X

Dinarolacerta mosorensis

X

X

Gallotia atlantica

X

Gallotia galloti

X

Gallotia galloti insulanagae

X

X

* Gallotia simonyi

X

X

Gallotia stehlini

X

Lacerta agilis

X

Lacerta bedriagae

X

Lacerta bonnali (Lacerta monticola)

X

X

Lacerta monticola

X

X

Lacerta danfordi

X

Lacerta dugesi

X

Lacerta graeca

X

Lacerta horvathi

X

Lacerta schreiberi

X

X

Lacerta trilineata

X

Lacerta viridis

X

Lacerta vivipara pannonica

X

Ophisops elegans

X

Podarcis erhardii

X

Podarcis fifolensis

X

Podarcis hispanica atrata

X

Podarcis lilfordi

X

X

Podarcis melisellensis

X

Podarcis milensis

X

Podarcis muralis

X

Podarcis peloponnesiaca

X

Podarcis pityusensis

X

X

Podarcis sicula

X

Podarcis taurica

X

Podarcis tiliguerta

X

Podarcis wagleriana

X

Scincidae

Ablepharus kitaibelii

X

Chalcides bedriagai

X

Chalcides ocellatus

X

Chalcides sexlineatus

X

Chalcides simonyi (Chalcides occidentalis)

X

X

Chalcides viridianus

X

Ophiomorus punctatissimus

X

Gekkonidae

Cyrtopodion kotschyi

X

Phyllodactylus europaeus

X

X

Tarentola angustimentalis

X

Tarentola boettgeri

X

Tarentola delalandii

X

Tarentola gomerensis

X

Agamidae

Stellio stellio

X

Chamaeleontidae

Chamaeleo chamaeleon

X

Anguidae

Ophisaurus apodus

X

OPHIDIA (SERPENTES)

Colubridae

Coluber caspius

X

* Coluber cypriensis

X

X

Coluber hippocrepis

X

Coluber jugularis

X

Coluber laurenti

X

Coluber najadum

X

Coluber nummifer

X

Coluber viridiflavus

X

Coronella austriaca

X

Eirenis modesta

X

Elaphe longissima

X

Elaphe quatuorlineata

X

X

Elaphe situla

X

X

Natrix natrix cetti

X

Natrix natrix corsa

X

* Natrix natrix cypriaca

X

X

Natrix tessellata

X

Telescopus falax

X

Viperidae

Vipera ammodytes

X

* Macrovipera schweizeri (Vipera lebetina schweizeri)

X

X

Vipera seoanni

X

Allegato IV: tranne popolazioni spagnole.

Vipera ursinii (tranne Vipera ursinii rakosiensis e Vipera ursinii macrops)

X

X

* Vipera ursinii macrops

X

X

* Vipera ursinii rakosiensis

X

X

Vipera xanthina

X

Boidae

Eryx jaculus

X

ANFIBI

CAUDATA

Salamandridae

Chioglossa lusitanica

X

X

Euproctus asper

X

Euproctus montanus

X

Euproctus platycephalus

X

Mertensiella luschani (Salamandra luschani)

X

X

Salamandra atra

X

* Salamandra aurorae (Salamandra atra aurorae)

X

X

Salamandra lanzai

X

Salamandrina terdigitata

X

X

Triturus carnifex (Triturus cristatus carnifex)

X

X

Triturus cristatus (Triturus cristatus cristatus)

X

X

Triturus dobrogicus (Triturus cristatus dobrogicus)

X

Triturus italicus

X

Triturus karelinii (Triturus cristatus karelinii)

X

X

Triturus marmoratus

X

Triturus montandoni

X

X

Triturus vulgaris ampelensis

X

X

Proteidae

* Proteus anguinus

X

X

Plethodontidae

Hydromantes (Speleomantes) ambrosii

X

X

Hydromantes (Speleomantes) flavus

X

X

Hydromantes (Speleomantes) genei

X

X

Hydromantes (Speleomantes) imperialis

X

X

Hydromantes (Speleomantes) strinatii

X

X

Hydromantes (Speleomantes) supramontis

X

X

ANURA

Discoglossidae

Alytes cisternasii

X

* Alytes muletensis

X

X

Alytes obstetricans

X

Bombina bombina

X

X

Bombina variegata

X

X

Discoglossus galganoi (inclusa Discoglossus "jeanneae")

X

X

Discoglossus montalentii

X

X

Discoglossus pictus

X

Discoglossus sardus

X

X

Ranidae

Rana arvalis

X

Rana dalmatina

X

Rana esculenta

X

Rana graeca

X

Rana iberica

X

Rana italica

X

Rana latastei

X

X

Rana lessonae

X

Rana perezi

X

Rana ridibunda

X

Rana temporaria

X

Pelobatidae

Pelobates cultripes

X

Pelobates fuscus

X

* Pelobates fuscus insubricus

X

X

Pelobates syriacus

X

Bufonidae

Bufo calamita

X

Bufo viridis

X

Hylidae

Hyla arborea

X

Hyla meridionalis

X

Hyla sarda

X

PESCI

PETROMYZONIFORMES

Petromyzonidae

Eudontomyzon spp.

X

Lampetra fluviatilis

X

X

Allegato II: tranne le popolazioni finlandesi e svedesi.

Lampetra planeri

X

Allegato II: tranne le popolazioni estoni, finlandesi e svedesi.

Lethenteron zanandreai

X

X

Petromyzon marinus

X

Allegato II: tranne le popolazioni svedesi.

ACIPENSERIFORMES

Acipenseridae

* Acipenser naccarii

X

X

* Acipenser sturio

X

X

Tutte le altre specie di Acipenseridae

X

CLUPEIFORMES

Clupeidae

Alosa spp.

X

X

SALMONIFORMES

Salmonidae/Coregonidae

Coregonus spp. (tranne Coregonus oxyrhynchus — popolazioni anadrome in certi settori del Mare del Nord)

X

* Coregonus oxyrhynchus (popolazioni anadrome in certi settori del Mare del Nord)

X

X

Hucho hucho (popolazioni naturali)

X

X

Salmo macrostigma

X

Salmo marmoratus

X

Salmo salar (soltanto in acque dolci)

X

X

Allegato II: tranne le popolazioni finlandesi.

Salmothymus obtusirostris

X

Thymallus thymallus

X

Umbridae

Umbra krameri

X

CYPRINIFORMES

Cyprinidae

Alburnus albidus (Alburnus vulturius)

X

Anaecypris hispanica

X

X

Aspius aspius

X

X

Allegato II: tranne le popolazioni finlandesi.

Aulopyge huegelii

X

Barbus spp.

X

Barbus comiza

X

X

Barbus meridionalis

X

X

Barbus plebejus

X

X

Chalcalburnus chalcoides

X

Chondrostoma genei

X

Chondrostoma knerii

X

Chondrostoma lusitanicum

X

Chondrostoma phoxinus

X

Chondrostoma polylepis (compreso C. willkommi)

X

Chondrostoma soetta

X

Chondrostoma toxostoma

X

Gobio albipinnatus

X

Gobio kessleri

X

Gobio uranoscopus

X

Iberocypris palaciosi

X

* Ladigesocypris ghigii

X

Leuciscus lucumonis

X

Leuciscus souffia

X

Pelecus cultratus

X

X

Phoxinellus spp.

X

* Phoxinus percnurus

X

X

Rhodeus sericeus amarus

X

Rutilus alburnoides

X

Rutilus arcasii

X

Rutilus frisii meidingeri

X

X

Rutilus lemmingii

X

Rutilus pigus

X

X

Rutilus rubilio

X

Rutilus macrolepidotus

X

Scardinius graecus

X

Squalius microlepis

X

Squalius svallize

X

Cobitidae

Cobitis elongata

X

Cobitis taenia

X

Allegato II: tranne le popolazioni finlandesi.

Cobitis trichonica

X

Misgurnus fossilis

X

Sabanejewia aurata

X

Sabanejewia larvata (Cobitis larvata eCobitis conspersa)

X

SILURIFORMES

Siluridae

Silurus aristotelis

X

X

ATHERINIFORMES

Cyprinodontidae

Aphanius iberus

X

Aphanius fasciatus

X

* Valencia hispanica

X

X

* Valencia letourneuxi (Valencia hispanica)

X

PERCIFORMES

Percidae

Gymnocephalus baloni

X

X

Gymnocephalus schraetzer

X

X

* Romanichthys valsanicola

X

X

Zingel spp. (tranne Zingel asper e Zingel zingel)

X

Zingel asper

X

X

Zingel zingel

X

X

Gobiidae

Knipowitschia croatica

X

Knipowitschia (Padogobius) panizzae

X

Padogobius nigricans

X

Pomatoschistus canestrini

X

SCORPAENIFORMES

Cottidae

Cottus gobio

X

Allegato II: tranne le popolazioni finlandesi.

Cottus petiti

X

INVERTEBRATI

ANNELIDA

HIRUDINOIDEA – ARHYNCHOBDELLAE

Hirudinidae

Hirudo medicinalis

X

ARTROPODI

CRUSTACEA

Decapoda

Astacus astacus

X

Austropotamobius pallipes

X

X

* Austropotamobius torrentium

X

X

Scyllarides latus

X

Isopoda

* Armadillidium ghardalamensis

X

X

INSECTA

Coleoptera

Agathidium pulchellum

X

Bolbelasmus unicornis

X

X

Boros schneideri

X

Buprestis splendens

X

X

Carabus hampei

X

X

Carabus hungaricus

X

X

* Carabus menetriesi pacholei

X

* Carabus olympiae

X

X

Carabus variolosus

X

X

Carabus zawadszkii

X

X

Cerambyx cerdo

X

X

Corticaria planula

X

Cucujus cinnaberinus

X

X

Dorcadion fulvum cervae

X

X

Duvalius gebhardti

X

X

Duvalius hungaricus

X

X

Dytiscus latissimus

X

X

Graphoderus bilineatus

X

X

Leptodirus hochenwarti

X

X

Limoniscus violaceus

X

Lucanus cervus

X

Macroplea pubipennis

X

Mesosa myops

X

Morimus funereus

X

* Osmoderma eremita

X

X

Oxyporus mannerheimii

X

Pilemia tigrina

X

X

* Phryganophilus ruficollis

X

X

Probaticus subrugosus

X

X

Propomacrus cypriacus

X

X

* Pseudogaurotina excellens

X

X

Pseudoseriscius cameroni

X

X

Pytho kolwensis

X

X

Rhysodes sulcatus

X

* Rosalia alpina

X

X

Stephanopachys linearis

X

Stephanopachys substriatus

X

Xyletinus tremulicola

X

Hemiptera

Aradus angularis

X

Lepidoptera

Agriades glandon aquilo

X

Apatura metis

X

Arytrura musculus

X

X

* Callimorpha (Euplagia, Panaxia) quadripunctaria

X

Catopta thrips

X

X

Chondrosoma fiduciarium

X

X

Clossiana improba

X

Coenonympha hero

X

Coenonympha oedippus

X

X

Colias myrmidone

X

X

Cucullia mixta

X

X

Dioszeghyana schmidtii

X

X

Erannis ankeraria

X

X

Erebia calcaria

X

X

Erebia christi

X

X

Erebia medusa polaris

X

Erebia sudetica

X

Eriogaster catax

X

X

Euphydryas (Eurodryas, Hypodryas) aurinia

X

Fabriciana elisa

X

Glyphipterix loricatella

X

X

Gortyna borelii lunata

X

X

Graellsia isabellae

X

X

Hesperia comma catena

X

Hypodryas maturna

X

X

Hyles hippophaes

X

Leptidea morsei

X

X

Lignyoptera fumidaria

X

X

Lopinga achine

X

Lycaena dispar

X

X

Lycaena helle

X

X

Maculinea arion

X

Maculinea nausithous

X

X

Maculinea teleius

X

X

Melanargia arge

X

X

* Nymphalis vaualbum

X

X

Papilio alexanor

X

Papilio hospiton

X

X

Parnassius apollo

X

Parnassius mnemosyne

X

Phyllometra culminaria

X

X

Plebicula golgus

X

X

Polymixis rufocincta isolata

X

X

Polyommatus eroides

X

X

Proterebia afra dalmata

X

X

Proserpinus proserpina

X

Pseudophilotes bavius

X

X

Xestia borealis

X

Xestia brunneopicta

X

* Xylomoia strix

X

X

Zerynthia polyxena

X

Mantodea

Apteromantis aptera

X

X

Odonata

Aeshna viridis

X

Coenagrion hylas

X

Coenagrion mercuriale

X

Coenagrion ornatum

X

Cordulegaster heros

X

X

Cordulegaster trinacriae

X

X

Gomphus graslinii

X

X

Leucorrhinia albifrons

X

Leucorrhinia caudalis

X

Leucorrhinia pectoralis

X

X

Lindenia tetraphylla

X

X

Macromia splendens

X

X

Ophiogomphus cecilia

X

X

Oxygastra curtisii

X

X

Stylurus flavipes

X

Sympecma braueri

X

Orthoptera

Baetica ustulata

X

X

Brachytrupes megacephalus

X

X

Isophya costata

X

X

Isophya harzi

X

X

Isophya stysi

X

X

Myrmecophilus baronii

X

X

Odontopodisma rubripes

X

X

Paracaloptenus caloptenoides

X

X

Pholidoptera transsylvanica

X

X

Saga pedo

X

Stenobothrus (Stenobothrodes) eurasius

X

X

ARACHNIDA

Araneae

Macrothele calpeiana

X

Pseudoscorpiones

Anthrenochernes stellae

X

COELENTERATA

Cnidaria

Corallium rubrum

X

MOLLUSCS

GASTROPODA

Anisus vorticulus

X

X

Caseolus calculus

X

X

Caseolus commixta

X

X

Caseolus sphaerula

X

X

Chilostoma banaticum

X

X

Discula leacockiana

X

X

Discula tabellata

X

X

Discula testudinalis

X

Discula turricula

X

Discus defloratus

X

Discus guerinianus

X

X

Elona quimperiana

X

X

Geomalacus maculosus

X

X

Geomitra moniziana

X

X

Gibbula nivosa

X

X

* Helicopsis striata austriaca

X

Helix pomatia

X

Hygromia kovacsi

X

X

Idiomela (Helix) subplicata

X

X

Lampedusa imitatrix

X

X

* Lampedusa melitensis

X

X

Leiostyla abbreviata

X

X

Leiostyla cassida

X

X

Leiostyla corneocostata

X

X

Leiostyla gibba

X

X

Leiostyla lamellosa

X

X

* Paladilhia hungarica

X

X

Patella ferruginea

X

Sadleriana pannonica

X

X

Theodoxus prevostianus

X

Theodoxus transversalis

X

X

Vertigo angustior

X

Vertigo genesii

X

Vertigo geyeri

X

Vertigo moulinsiana

X

BIVALVIA

Anisomyaria

Lithophaga lithophaga

X

Pinna nobilis

X

Unionoida

Margaritifera auricularia

X

Margaritifera durrovensis (Margaritifera margaritifera)

X

X

Margaritifera margaritifera

X

X

Microcondylaea compressa

X

Unio crassus

X

X

Unio elongatulus

X

Dreissenidae

Congeria kusceri

X

X

ECHINODERMATA

Echinoidea

Centrostephanus longispinus

X



ALLEGATO III

Attuazione dell'articolo 12 della direttiva Habitat:

l'esempio del lupo

1. Contesto - Introduzione

Il lupo appartiene alla fauna locale europea ed è parte integrante della nostra biodiversità e del nostro patrimonio naturale. Come superpredatore, riveste un importante ruolo ecologico, contribuendo alla salute e al funzionamento degli ecosistemi. In particolare contribuisce a regolare la densità delle specie che preda 167  (in genere ungulati selvatici come caprioli, cervi e cinghiali, ma anche camosci e alci, a seconda della zona), migliorandone la salute attraverso la predazione selettiva. Il lupo era presente in tutta l'Europa continentale, ma è stato sterminato dalla maggior parte delle regioni e dei paesi nella prima metà del XX secolo.

La relazione 2020 sullo stato della natura 168 , basata sui dati trasmessi dagli Stati membri, conferma che nell'UE le popolazioni di lupi sono generalmente in ripresa (stabili o in aumento) e stanno ricolonizzando parti della loro area di ripartizione storica, sebbene abbiano raggiunto uno stato di conservazione soddisfacente solo in alcuni Stati membri 169 . Il ritorno del lupo è un grande successo, in termini di conservazione 170 , che è stato reso possibile dalla tutela giuridica, da un atteggiamento pubblico più favorevole, così come dal recupero delle sue specie preda (per esempio cervi e cinghiali) e della copertura forestale (dopo l'abbandono delle terre rurali).

Al tempo stesso, il ritorno del lupo in regioni dove mancava da decenni o più costituisce un'importante sfida per gli Stati membri, poiché questa specie è spesso associata a diversi tipi di conflitti e può provocare forti proteste e reazioni sociali nelle comunità rurali interessate.

Proprio come altri grandi carnivori, i lupi hanno bisogno di aree molto vaste: gli individui e i branchi utilizzano territori che si estendono su centinaia di migliaia di km2. Di conseguenza sono caratterizzati da densità molto basse e le loro popolazioni tendono a diffondersi su aree molto ampie, tipicamente attraversando molti confini amministrativi sia all'interno di un paese che tra paesi diversi. Da un punto di vista biologico, si raccomanda dunque che le misure di conservazione e gestione siano il più possibile coordinate e coerenti. Da ciò emerge la necessità di una cooperazione transfrontaliera, per esempio applicando approcci coerenti e coordinati a livello di popolazione di lupi. Ulteriori indicazioni sono disponibili nel documento Guidelines for population-level management plans of large carnivores in Europe elaborato per la Commissione Europea (Linnell et al, 2008) 171 .

Per la maggior parte degli Stati membri e delle regioni il lupo figura nell'elenco di cui all'allegato IV della direttiva Habitat, ed è quindi soggetto alle disposizioni di rigorosa tutela dell'articolo 12 della stessa direttiva, compreso il divieto di qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari nell'ambiente naturale.

Per alcuni Stati membri e regioni il lupo figura nell'allegato V come specie "il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione". Per la maggior parte degli Stati membri e delle regioni, il lupo è anche presente nell'allegato II, come specie prioritaria che richiede la designazione di zone speciali di conservazione (ZSC) e misure di conservazione appropriate. La tabella 1 mostra quali popolazioni sono incluse in quale allegato della direttiva Habitat.

TABELLA 1. Inserimento del lupo negli allegati della direttiva Habitat

Allegato II (necessità di designare ZSC): "* Canis lupus (tranne le popolazioni estoni; popolazioni greche: soltanto quelle a sud del 39º parallelo; popolazioni spagnole: soltanto quelle a sud del Duero; popolazioni lettoni, lituane e finlandesi)".

Allegato IV (protezione rigorosa): "Canis lupus (tranne le popolazioni greche a nord del 39º parallelo, le popolazioni estoni, le popolazioni spagnole a nord del Duero, le popolazioni bulgare, lettoni, lituane, polacche, slovacche e le popolazioni finlandesi all'interno della zona di gestione del patrimonio rangifero quale definita al paragrafo 2 della legge finlandese n. 848/90, del 14 settembre 1990, sulla gestione del patrimonio rangifero)".

Allegato V (gestione della specie ammessa): "Canis lupus (popolazioni spagnole a nord del Duero, popolazioni greche a nord del 39º parallelo, popolazioni finlandesi all'interno della zona di gestione del patrimonio rangifero quale definita al paragrafo 2 della legge finlandese n. 848/90, del 14 settembre 1990, sulla gestione del patrimonio rangifero, popolazioni bulgare, lettoni, lituane, estoni, polacche e slovacche)".

Come già detto, il lupo non ha ancora raggiunto uno stato di conservazione soddisfacente in molti Stati membri e regioni 172 .

Uno studio condotto nel 2018 per il Parlamento europeo 173 ha valutato il rischio di estinzione per le singole popolazioni di lupi sulla base dei criteri della lista rossa dell'IUCN. Su nove popolazioni di lupi (principalmente transfrontaliere), tre sono state inserite nella categoria "minor preoccupazione", tre nella categoria "quasi minacciata" e tre nella categoria "vulnerabile". Una popolazione di lupi (la popolazione iberica, Spagna‑Sierra Morena) si è estinta. Gli autori dello studio hanno anche evidenziato le difficoltà nell'armonizzare i risultati dei dati di sorveglianza a causa delle differenze nelle tecniche e negli approcci adottati (diversi modi o periodi di conteggio), delle medie rispetto alla popolazione massima e minima, della mancanza di relazioni da parte di alcuni paesi nonostante la presenza della specie, delle differenze nella qualità dei dati, ecc. 174 .

Benché sembri che diverse popolazioni di lupi si stiano riprendendo ed espandendo in tutta Europa, la specie deve ancora fare i conti con varie minacce e diversi problemi di conservazione, in particolare il bracconaggio (che spesso non viene rilevato ma che probabilmente rappresenta una quota molto elevata della mortalità totale). Le minacce specifiche e le potenziali misure per affrontarle sono descritte per ogni popolazione di lupi in una relazione finanziata dalla Commissione Europea, Key actions for Large Carnivore populations in Europe (Boitani et al, 2015 175 ).

2. Requisiti giuridici per la tutela dei singoli lupi

Il lupo, laddove è elencato nell'allegato IV della direttiva Habitat, è oggetto di rigorosa tutela. Poiché l'obiettivo della direttiva è di raggiungere uno stato di conservazione soddisfacente per le specie elencate. La tutela che l'articolo 12 della direttiva Habitat fornisce alle popolazioni delle specie elencate in tale allegato ha un carattere preventivo e impone agli Stati membri di prevenire situazioni che potrebbero avere un impatto negativo sulle specie.

Il recepimento formale dell'articolo 12 nella normativa nazionale deve essere completato da ulteriori misure di attuazione per garantire una rigorosa tutela sulla base dei problemi e delle minacce particolari che il lupo deve affrontare in un determinato contesto. Non solo le azioni elencate nell'articolo 12 devono essere proibite, ma le autorità devono anche adottare tutti i provvedimenti necessari per garantire che i divieti non vengano violati nella pratica. Ne consegue, per esempio, che le autorità sono tenute a prendere tutte le misure necessarie per impedire l'uccisione (illegale) dei lupi e per proteggere le aree che fungono da aree di riposo o siti di riproduzione, come le loro tane e i loro "siti di raduno".

Secondo la Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE), l'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva Habitat "impone agli Stati membri non solo l'adozione di un contesto normativo completo, bensì anche l'attuazione di misure di tutela concrete e specifiche", mentre la disposizione presuppone anche "l'adozione di misure coerenti e coordinate di carattere preventivo" (sentenza dell'11 gennaio 2007, Commissione delle Comunità europee/Irlanda, causa C-183/05). Questo approccio è stato confermato dalla sentenza della CGUE del 10 ottobre 2019 (pronuncia pregiudiziale nella causa C-674/17): "[i]l rispetto di tale disposizione impone agli Stati membri non solo l'adozione di un quadro normativo completo, ma anche l'attuazione di misure di tutela concrete e specifiche. Del pari, il regime di rigorosa tutela presuppone l'adozione di misure coerenti e coordinate di carattere preventivo. Un tale regime di rigorosa tutela deve pertanto consentire di evitare effettivamente la cattura o l'uccisione deliberata nell'ambiente naturale nonché il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo delle specie animali di cui all'allegato IV, lettera a), della direttiva [H]abitat".

Un esempio di misura che applica efficacemente le disposizioni di tutela delle specie è l'istituzione di efficaci squadre antibracconaggio dotate di cani antiveleno. Il bracconaggio, le trappole e le esche avvelenate sono di fatto una grande minaccia per i lupi in molti luoghi. L'avvelenamento è un problema particolarmente grave perché colpisce anche altre specie, in particolare i rapaci. Per affrontare questo problema, diversi progetti nell'Europa meridionale e orientale (Spagna, Italia, Portogallo, Grecia, Bulgaria e Romania) finanziati dal programma LIFE 176 hanno contribuito a istituire misure specifiche che sostengono efficacemente il regime di rigorosa tutela delle specie, come ad esempio la creazione di unità cinofile antiveleno, la formazione del personale (guardaparco, guardie forestali, polizia provinciale, veterinari) e lo sviluppo di capacità all'interno degli enti pubblici, nonché attività di sensibilizzazione rivolte ad allevatori, cacciatori, operatori turistici, studenti e pubblico in generale.

I piani di conservazione/gestione del lupo, se istituiti in linea con l'articolo 12 e se correttamente attuati, possono costituire un quadro efficace per l'attuazione delle disposizioni di rigorosa tutela delle popolazioni di lupi di cui all'allegato IV, creando un sistema completo di coesistenza che mira a garantire uno stato di conservazione soddisfacente, affrontando nel contempo i conflitti con le attività umane.

Tali piani possono includere azioni come: i) sostegno alle misure preventive (attraverso aiuti agli investimenti, informazione, formazione e assistenza tecnica); ii) risarcimento dei danni economici causati dai lupi; iii) miglioramento della sorveglianza e della base di conoscenze riguardanti la popolazione di lupi interessata; iv) sorveglianza, valutazione e miglioramento dell'efficienza delle misure di protezione del bestiame; v) promozione del coinvolgimento e del dialogo con e tra i portatori di interessi (per esempio attraverso piattaforme dedicate); vi) miglioramento degli sforzi di esecuzione per contrastare l'uccisione illegale dei lupi; vii) protezione dell'habitat e miglioramento delle condizioni di alimentazione (ad esempio, se necessario, ripristinando le popolazioni di prede selvatiche); viii) sviluppo di opportunità di ecoturismo associate ai lupi; ix) promozione/commercializzazione di prodotti agricoli provenienti dalle zone dei lupi; e x) informazione, istruzione e sensibilizzazione. I piani potrebbero inoltre consentire alle autorità competenti di autorizzare il ricorso limitato al controllo letale per rimuovere taluni esemplari di lupo, applicando deroghe conformemente alle condizioni stabilite dalla direttiva. Si noti tuttavia che i piani che adottano una gestione adattativa delle catture (come quelli per le specie cacciabili di cui all'allegato V della direttiva Habitat) non sarebbero coerenti con le disposizioni di rigorosa tutela che si applicano alle specie dell'allegato IV.

Tali piani dovrebbero essere elaborati sulla base delle migliori informazioni disponibili sullo stato di conservazione e sulle tendenze della specie, nonché su tutte le minacce e le pressioni pertinenti. La partecipazione o la consultazione di tutti i pertinenti portatori di interessi, specialmente quelli colpiti dalla specie o interessati dalle misure di conservazione previste, è cruciale per integrare tutti gli aspetti rilevanti dei piani e incoraggiare un'ampia accettazione sociale.

Esempio di coinvolgimento dei portatori di interesse in un piano di gestione

Il piano di gestione del lupo elaborato dalla Croazia per il periodo 2010-2015 (ministero della Cultura croato, 2010), è stato il risultato di un processo durato due anni che ha coinvolto i rappresentanti di tutti i gruppi di interesse (ministeri competenti, membri del Comitato per il monitoraggio delle popolazioni di grandi carnivori, scienziati, silvicoltori, associazioni non governative, ecc). Il dettagliato piano d'azione che ne è risultato delinea le misure che la Croazia doveva attuare per garantire la conservazione della sua popolazione di lupi attraversp una convivenza quanto più armoniosa possibile con l'uomo.

I piani di conservazione e gestione del lupo possono quindi fornire una struttura adeguata per valutare e affrontare tutti i problemi e i conflitti pertinenti che minacciano le popolazioni di lupi, al fine di raggiungere uno stato di conservazione soddisfacente.

Possono quindi trattare anche questioni come l'ibridazione tra lupo e cane, che riguarda tutte le nove popolazioni di lupo europee ed è segnalata in 21 paesi europei 177 . In alcune aree ciò costituisce una minaccia importante per la conservazione del lupo 178 e possono essere necessarie specifiche azioni preventive, proattive e reattive per affrontare il problema, come indicato nella raccomandazione n. 173 (2014 179 ) adottata nell'ambito della convenzione di Berna (Consiglio d'Europa, 2014). Tuttavia, poiché l'ibridazione lupo-cane è una questione complessa, si raccomanda vivamente di redigere un piano di gestione ben definito a livello nazionale e di popolazione utilizzando le procedure sul campo, in laboratorio e statistiche più aggiornate e affidabili (si veda il riquadro).

Ibridi lupo-cane

L'incrocio tra i lupi e la loro forma domestica, i cani, si è probabilmente verificato ripetutamente nel corso della storia dell'addomesticamento del cane ed è ancora in atto, con intensità variabile, in diverse parti dell'area di ripartizione del lupo. Trattandosi di un tipo di ibridazione di origine antropica, l'ibridazione lupo-cane non è un processo evolutivo naturale in cui gli ibridi dovrebbero essere soggetti a misure di conservazione. Piuttosto, in quanto minaccia all'integrità genetica delle popolazioni di lupi, l'ibridazione lupo-cane è una questione altamente preoccupante per la conservazione e dovrebbe essere affrontata attraverso piani e strumenti di gestione appropriati.

In Europa l'ibridazione è stata rilevata in diversi paesi, ad esempio Norvegia, Lettonia, Estonia, Bulgaria, Italia, Spagna, Portogallo, Germania, Grecia, Slovenia e Serbia. Si noti tuttavia che le stime dell'introgressione dei geni del cane nella popolazione di lupi selvatici si basano su diversi approcci e protocolli sperimentali associati. Mentre in vari casi l'incrocio ha prodotto solo una o poche cucciolate di ibridi in aree ristrette, in altri casi si è scoperto che l'introgressione dei geni del cane nella popolazione del lupo selvatico si è diffusa in aree consistenti, anche se in misura diversa (dal 5,6 % in Galizia, Spagna, a più del 60 % nella provincia di Grosseto, Italia). Analogamente sono stati riscontrati elevati tassi di introgressione negli Appennini settentrionali, mentre solo rari casi di ibridi sono stati trovati nella popolazione di lupi alpini (dalla Francia alle Alpi centro‑orientali). Tuttavia il tasso di ibridazione riportato altrove è compreso tra il 5 % e il 10 % circa (Leonard et al. 2011). L'ibridazione avviene principalmente tra cani maschi e lupi femmine. In rari casi può accadere anche il contrario. L'alto numero di cani in libertà di varie zone, soprattutto nelle regioni mediterranee, offre molteplici opportunità di incontri tra cani e lupi. La conoscenza dell'ecologia degli ibridi lupo-cane che vivono in natura è carente ma non vi sono prove che negli ibridi si registri una riduzione a livello di idoneità individuale, dispersione, successo riproduttivo, modifica del comportamento o vitalità della popolazione.

La gestione dell'ibridazione lupo-cane è un dilemma per le autorità governative, poiché pone diversi gravi problemi.

a)Lo stato tassonomico di un ibrido

I cani discendono dai lupi attraverso l'addomesticamento, ed entrambi appartengono alla stessa entità tassonomica, la specie Canis lupus. I cani sono talvolta identificati dalla sottospecie Canis lupus familiaris. Non vi è dubbio che gli ibridi mantengano il nome Canis lupus. Lo status giuridico degli ibridi

b)

Contrariamente ai cani, la cui sopravvivenza dipende normalmente dalle cure e dalle risorse umane, gli ibridi conducono una vita indipendente e prospera come animali selvatici. Pertanto molte legislazioni nazionali li considerano alla stregua della fauna selvatica e li gestiscono secondo le stesse norme. Se gli ibridi fossero considerati al pari dei cani, rientrerebbero nelle leggi nazionali sugli animali domestici. In ogni caso, sembra opportuno che i cacciatori e il pubblico riservino agli ibridi lupo-cane lo stesso status legale dei lupi, al fine di chiudere una potenziale scappatoia per l'uccisione irregolare dei lupi (secondo la dichiarazione Policy Support Statement on hybridisation", a cura della Large Carnivore Initiative for Europe e allegata al documento Guidelines for population-level management plans of large carnivores (Linnell et al., 2008)). Infatti, se gli ibridi fossero considerati giuridicamente non tutelati dalle leggi nazionali, si potrebbe assistere a un aumento delle uccisioni accidentali di lupi, data la difficoltà di distinguere gli ibridi dai lupi geneticamente "puri" sulla base delle sole caratteristiche morfologiche. Ciò potrebbe comportare non solo uccisioni accidentali, ma anche intenzionali, dato che lo status non tutelato degli ibridi potrebbe essere utilizzato come copertura per uccidere dei lupi veri e propri. Le autorità di gestione sono incoraggiate a garantire che gli ibridi siano chiaramente e inequivocabilmente coperti dalle loro leggi nazionali, o come fauna selvatica o come animali domestici.

c)Opzioni per le soluzioni di gestione

La soluzione di gestione più adeguata dipenderà sia dal livello complessivo stimato di introgressione sia dal fatto che l'introgressione sia limitata ad aree ristrette e a pochi branchi oppure diffusa in aree ampie e/o nella maggior parte dei branchi. Per esempio, un'introgressione limitata può non essere una grave minaccia se rimane stabile da una generazione all'altra. Un'ibridazione significativa e diffusa (sciame ibrido) può essere intrattabile, anche se può essere comunque auspicabile ridurre il flusso presente e futuro di geni domestici nella popolazione del lupo. Una prevalenza elevata ma localizzata potrebbe ancora essere trattata con azioni mirate per neutralizzare la riproduzione degli ibridi (attraverso la rimozione fisica o la sterilizzazione). Anche se sono state sollevate diverse riserve sulla difficoltà e l'efficacia della rimozione degli ibridi per controllare bassi livelli di introgressione diffusa, questo intervento è potenzialmente utile quando l'ibridazione non è diffusa e la sua applicazione è sostenuta da ricerca applicata e sorveglianza nonché da un quadro di gestione adattativa.

La gamma di strumenti di gestione è ampia, e l'utilità di ogni strumento dipende dagli obiettivi. Si raccomanda vivamente di affrontare l'ibridazione attraverso un piano dedicato a livello nazionale, o possibilmente di popolazione, in cui gli obiettivi, i protocolli e i criteri siano pienamente descritti e motivati. Dovranno essere individuate e descritte una serie di azioni preventive, proattive e reattive. Il piano probabilmente includerà disposizioni volte a:

1)avviare uno sforzo di collaborazione internazionale che coinvolga tutti i laboratori di genetica, per concordare un approccio comune alla definizione di soglie e procedure per l'identificazione degli ibridi e per condividere le frequenze alleliche delle popolazioni di riferimento;

2)approvare una serie di orientamenti politici per studiare e sorvegliare la diffusione e la prevalenza dell'ibridazione e dell'introgressione genetica dei cani nella popolazione dei lupi;

3)definire le aree nelle quali sono adatti diversi strumenti di gestione in funzione dei livelli e dei modelli di prevalenza degli ibridi, da nessun intervento alla rimozione attiva degli esemplari ibridi. In definitiva, il contesto sociale può influire sulle aree di gestione e sulle azioni selezionate;

4)istituire squadre (e procedure) di emergenza che siano responsabili, dove e quando necessario, della rimozione degli ibridi lupo-cane dall'ambiente naturale o della loro cattura/sterilizzazione/liberazione. La Commissione europea ha approvato pienamente la raccomandazione n. 173 (2014) della convenzione di Berna, la quale afferma, tra l'altro, che è nell'interesse di un'efficace conservazione del lupo assicurare che la rimozione di qualsiasi ibrido lupo-cane individuato sia condotta esclusivamente in modo controllato dallo Stato. È evidente che l'unico modo per conseguire tale obiettivo è vietare l'uccisione degli ibridi a norma della legge nazionale, facendo eccezione solo per le agenzie statali o i loro agenti designati. La raccomandazione invita le parti a garantire che la rimozione controllata dallo Stato degli ibridi lupo-cane avvenga dopo che i funzionari statali e/o gli organismi incaricati a tal fine dallo Stato, e/o i ricercatori, li abbiano confermati come ibridi attraverso le caratteristiche genetiche e/o morfologiche. La rimozione dovrebbe essere effettuata solo da organismi investiti dalle autorità competenti di tale responsabilità, garantendo che tale rimozione non comprometta lo stato di conservazione dei lupi. Adottare le misure necessarie per evitare l'uccisione intenzionale o accidentale di lupi scambiati per ibridi lupo-cane. Quanto precede non deve pregiudicare la rimozione, scrupolosamente controllata dallo Stato, degli ibridi lupo-cane individuati dall'ambiente naturale, che deve essere effettuata dagli organismi investiti di tale responsabilità dalle autorità competenti;

5)approvare un piano nazionale per il controllo dei cani in libertà (selvatici, randagi o di proprietà di persone che li lasciano vagare liberamente) e vietare la detenzione di lupi e ibridi lupo-cane come animali domestici. Avviare campagne di sensibilizzazione a sostegno del controllo dei cani selvatici e in libertà nelle aree di ripartizione del lupo.

3. Conflitti legati al lupo

Il lupo è storicamente associato a diversi tipi di conflitto socioeconomico con l'uomo. In passato questi conflitti hanno portato allo sterminio o a una grave riduzione delle popolazioni di lupi in gran parte della sua area di ripartizione europea. In molte zone questa persecuzione persiste ancora e si somma ad alti tassi di bracconaggio. Attualmente i principali conflitti riguardano:

·depredazione del bestiame. Le depredazioni del bestiame riguardano principalmente le pecore. Linnell e Cretois (2018) calcolano che nel periodo 2012‑2016 nell'UE i lupi hanno ucciso in media 19 500 pecore all'anno (si noti che mancano i dati di Polonia, Romania, Spagna, Bulgaria, Austria e parti dell'Italia). Questa è attualmente la migliore approssimazione disponibile per l'impatto della predazione dei lupi nell'UE.

Sebbene le pecore siano le principali vittime degli attacchi dei lupi, sono interessati in misura minore anche altri tipi di bestiame (capre, bovini, cavalli) e le renne semidomestiche. La depredazione è estremamente variabile e dipende in gran parte dal tipo di sistema di allevamento, dal tipo di gestione e dal livello di supervisione, vale a dire se il bestiame è rinchiuso, specialmente durante la notte, o se è pascolato. Per esempio in Francia (80 branchi di lupi), circa 11 000 pecore, bovini e capre sono stati predati e compensati nel 2019 (Dreal 2019 180 ), mentre in Germania (128 branchi di lupi) la cifra è inferiore a 3 000 per il 2019 (DBBW 2019 181 ) e in Svezia (31 branchi di lupi) le pecore predate nel 2018 sono state solo 161 (Viltskadestatistik 2018, SLU 182 ).

Linnell e Cretois (2018) evidenziano le difficoltà di raccogliere in tutta Europa dati coerenti e affidabili sulla depredazione del bestiame da parte dei lupi. Vi sono svariati motivi per cui i capi di bestiame possono morire o scomparire e non è sempre possibile collegare la loro morte ai grandi carnivori. La qualità delle relazioni degli agricoltori e degli allevatori dipende in gran parte dal sistema di compensazione. Per esempio, dipende dal livello (totale o parziale) della compensazione, dalla lunghezza e dalle difficoltà del relativo processo amministrativo, come pure dal fatto che vengano effettuati controlli in loco per verificare se la depredazione sia stata effettivamente causata da grandi carnivori. Occasionalmente i lupi possono anche attaccare e uccidere i cani. Per esempio, in Svezia o in Finlandia, ciò può accadere quando si inseguono le alci con cani sguinzagliati nei territori dei lupi. La perdita di bestiame e di cani ha chiaramente un grande impatto emotivo, oltre che rappresentare una perdita economica diretta e indiretta. Sebbene l'impatto complessivo della predazione dei lupi sul settore dell'allevamento nell'UE sia trascurabile, la loro predazione su pecore da pascolo non protette potrebbe essere significativa a livello di singola azienda e comporta una pressione e un onere aggiuntivi per gli operatori interessati in un settore che è già colpito da una serie di pressioni socioeconomiche;

·rischio percepito per le persone. I lupi non vedono l'uomo come una possibile preda, ma piuttosto come una minaccia da evitare. Anche se in passato sono state segnalate aggressioni mortali di lupi nei confronti dell'uomo (spesso legate a esemplari affetti da rabbia o che erano stati nutriti dall'uomo, oppure provocati, feriti o intrappolati), il rischio effettivo di attacchi di questo tipo, nelle attuali condizioni ambientali e sociali europee, è considerato estremamente basso (Linnell et al, 2002; Linnell e Alleau, 2016 183 ; KORA, 2016; Linnell et al, 2021). Ciononostante molte persone hanno ancora paura dei lupi, in particolare nei paesi e nelle regioni recentemente ricolonizzati dalla specie o dove l'aumento del numero di esemplari li rende più visibili in aree dove prima non erano solitamente presenti. Sono stati riportati casi di lupi che si avvicinano alle persone e si comportano in modo insolito (lupi "audaci" o "impavidi"). Tali episodi si sono verificati in particolare a causa di condizionamento alimentare o della presenza di cani (Reinhardt 2018). Per quanto riguarda gli ibridi lupo-cane, non ci sono prove a sostegno del fatto che siano più audaci o più pericolosi dei lupi, ma in alcune zone d'Europa il timore nei confronti degli ibridi è un problema specifico. Tali percezioni e atteggiamenti devono essere attentamente presi in considerazione e affrontati seriamente. È utile, ma spesso non sufficiente, promuovere attività didattiche, fornire informazioni corrette e sfatare le notizie false attraverso la verifica dei fatti (attività condotta da alcune autorità locali o regionali, ad esempio, o nell'ambito dei progetti LIFE). Inoltre va chiarito che, nell'improbabile caso di un pericolo oggettivo, causato ad esempio da un lupo rabbioso o aggressivo o da un lupo condizionato dal cibo o assuefatto all'uomo, la rimozione mirata del lupo in questione è pienamente legittima ai sensi della direttiva Habitat (si veda il paragrafo sulle deroghe ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera c), al capitolo 6);

·impatto sugli ungulati selvatici. Lupi e cacciatori (umani) possono a volte perseguire la stessa preda, ossia gli ungulati selvatici. Quando tornano i grandi carnivori, i cacciatori spesso temono che la concorrenza influisca sulle loro attività e questo può causare un serio conflitto. L'impatto della predazione dei lupi sia sul numero che sul comportamento degli ungulati selvatici è abbastanza complesso e varia in funzione della specie e del contesto locale. In generale i lupi rimuovono solo una piccola percentuale di ungulati selvatici ogni anno (molto meno dei cacciatori) e non sembrano avere un impatto negativo sulle attuali tendenze (generalmente in aumento) delle popolazioni di ungulati in Europa 184 (Bassi, E. et al 2020; Gtowaciflski, Z. e Profus, P. 1997). In ogni caso, a differenza della predazione sul bestiame domestico, la predazione di un carnivoro selvatico e autoctono sugli ungulati selvatici non può essere impedita o mitigata, poiché fa parte dei processi naturali che la politica della biodiversità mira a ripristinare e preservare. Per i cacciatori europei il ritorno dei grandi carnivori rappresenta una grande sfida, poiché è necessario tenerne conto quando si pianifica la caccia e si stabiliscono le quote per gli ungulati selvatici. Infine, si deve riconoscere il contributo dei lupi alla regolazione delle densità degli ungulati (Ripple, W.J. e Beschta, R.L., 2012), tenendo conto dei benefici associati anche in termini di riduzione dei danni alle coltivazioni silvicole e agricole 185 ;

·conflitti di valori (visioni contrastanti riguardo ai paesaggi europei). I conflitti associati ai lupi non riguardano sempre l'impatto economico diretto su alcuni portatori di interessi rurali. I lupi sono fortemente simbolici per una serie di questioni più ampie, e i conflitti spesso riflettono divisioni sociali più profonde (ad esempio tra aree rurali e urbane, tra valori moderni e tradizionali, o tra diverse classi sociali ed economiche) (Linnell, 2013). I lupi spesso scatenano un dibattito cruciale in merito alla direzione che prenderanno in futuro i paesaggi europei (Linnell, 2014), coinvolgendo segmenti diversi della società con punti di vista e visioni contrastanti a proposito di come la fauna selvatica e i paesaggi dovrebbero essere conservati, utilizzati o gestiti 186 . Questo spiega perché raramente esiste una chiara relazione tra l'entità dell'impatto economico diretto dei grandi carnivori e il livello di conflitto sociale che questo genera (Linnell e Cretois, 2018).

4. Misure per migliorare la coesistenza tra uomo e lupo

In seguito all'adozione della direttiva Habitat la Commissione ha promosso un approccio basato sulla coesistenza, che mira a ripristinare lo stato di conservazione soddisfacente delle popolazioni di grandi carnivori affrontando e riducendo nel contempo i conflitti con le attività umane lecite, al fine di condividere paesaggi multifunzionali. Il programma LIFE ha finanziato più di 40 progetti legati alla coesistenza e alla conservazione del lupo, che hanno aiutato a trovare e sperimentare buone pratiche per raggiungere questi obiettivi 187 .

Molti casi di studio ed esempi di coesistenza sono stati individuati dalla piattaforma dell'UE sulla coesistenza tra uomo e grandi carnivori, un gruppo di organizzazioni che rappresentano diversi gruppi di interesse e che hanno concordato una missione comune per promuovere soluzioni di coesistenza 188 . I casi di studio sono classificati in cinque categorie: 1) fornitura di consulenza/sensibilizzazione; 2) fornitura di sostegno pratico; 3) comprensione dei punti di vista; 4) finanziamento innovativo; e 5) sorveglianza 189 (piattaforma dell'UE sui grandi carnivori, 2019).

Uno studio del 2018 commissionato dal Parlamento europeo 190 ha presentato raccomandazioni ed esempi di misure pratiche di coesistenza in diversi Stati membri per i lupi e altri grandi carnivori.

A livello europeo esiste quindi un'ampia base per condividere conoscenze ed esperienze preziose. Di seguito sono descritti gli approcci più comuni per ridurre il conflitto.

·Pagamenti compensativi

Un approccio frequente per ridurre l'impatto economico dei danni causati dai lupi e aumentare la tolleranza nei confronti delle specie protette è rappresentato dai pagamenti compensativi, utilizzati in molti paesi dell'UE. I pagamenti compensativi possono spesso costituire una misura adeguata, ma occorre definire chiaramente le regole di ammissibilità e considerare vari fattori. Occorre accertarsi in particolare che le perdite di bestiame siano effettivamente dovute alla predazione da parte dei lupi e garantire che la compensazione sia equa e versata tempestivamente al beneficiario ammissibile.

In molti paesi gli agricoltori lamentano che è complicato e costoso ricevere le compensazioni o che i pagamenti sono tardivi o insufficienti. I pagamenti compensativi sono di solito finanziati dai governi nazionali o regionali conformemente alle norme dell'UE in materia di aiuti di Stato 191 (che permettono di compensare al 100 % i costi diretti e indiretti). La sola compensazione dei danni non è sempre sufficiente a risolvere i problemi di coesistenza, poiché non riduce le depredazioni o altri conflitti. Inoltre i pagamenti compensativi spesso non sono sostenibili a lungo termine, a meno che non siano opportunamente combinati con altre misure.

·Misure di prevenzione e assistenza tecnica

Le misure di prevenzione sono una componente fondamentale di un regime di coesistenza globale. L'esperienza acquisita (ad esempio dai progetti LIFE e dai programmi di sviluppo rurale) mostra l'importanza e l'efficacia di varie misure di protezione del bestiame, ad esempio diversi tipi di recinzione, custodia del bestiame, cani da guardia del bestiame, raduno notturno del bestiame e dispositivi visivi o acustici di dissuasione (Fernández-Gil, et al 2018, cfr. anche Carnivore Damage Prevention News (CDP news, 2018)). In particolare, la presenza di pastori può rendere le misure di protezione del bestiame molto più efficaci ed è di per sé un deterrente contro la predazione. Una relazione elaborata dalla piattaforma dell'UE sui grandi carnivori dimostra esperienze di successo e buone pratiche (Hovardas et al, 2017). Le misure di prevenzione devono essere specifiche e adeguate alle peculiarità regionali (incluso il tipo di bestiame, le dimensioni delle mandrie, la topografia, ecc.).

L'efficacia di tali misure dipende fortemente dalla loro corretta attuazione da parte degli operatori interessati e dalla disponibilità di risorse sufficienti e di consulenza tecnica per sostenere il loro utilizzo concreto (ad esempio, van Eeden et al. 2018). Nessuna misura, presa singolarmente, può garantire successo al 100 %, ma soluzioni tecniche adeguate (spesso usate in modo associato) possono ridurre significativamente le perdite di bestiame causate dai predatori. Le autorità competenti e i portatori di interessi devono elaborare attentamente le misure di prevenzione in modo che siano adatte alle diverse situazioni. Essi devono inoltre attuarle adeguatamente (compresa la manutenzione), monitorarne l'efficacia e apportare le modifiche necessarie. La formazione, l'informazione, il follow-up e l'assistenza tecnica per gli operatori interessati sono fondamentali e dovrebbero ricevere un adeguato sostegno pubblico, anche per mantenere i sistemi di prevenzione e gestire il carico di lavoro aggiuntivo.

·Informazione, consulenza, sensibilizzazione

Fornire informazioni concrete sui lupi e su come ridurrne al minimo gli impatti può essere un'utile misura di mitigazione dei conflitti (piattaforma dell'UE sui grandi carnivori, 2019). Ad esempio la newsletter Carnivore Damage Prevention News 192 , che ha ricevuto il sostegno di diversi progetti LIFE, contribuisce alla diffusione di informazioni sulla protezione delle greggi nell'UE e a livello internazionale. Il sito italiano "Proteggi il tuo bestiame" (2019) fornisce consigli dettagliati sulle misure per proteggere il bestiame e sui diversi meccanismi di finanziamento disponibili nelle regioni italiane. Il sito web del ministero spagnolo per la Transizione ecologica fornisce un catalogo di buone misure preventive che possono evitare o ridurre al minimo le interazioni tra le specie protette e le aziende agricole e zootecniche 193 .

Un altro esempio di questo approccio, specificamente rivolto alla comunità venatoria, è fornito dal progetto LIFE Wolfalps, le cui attività comprendono la condivisione di dati e informazioni sulle dinamiche di popolazione delle specie di ungulati selvatici nelle Alpi e sugli effetti del ritorno del lupo sulle sue prede e sulle attività venatorie 194 . Un approccio più ampio è fornito dallo sportello "Lupi in Sassonia" (Kontaktbüro Wölfe in Sachsen, 2019) e dal centro di competenza dedicato al lupo in Sassonia-Anhalt, dove diversi membri del personale sono disponibili sul posto per fornire materiale didattico, organizzare escursioni e rispondere alle domande e alle preoccupazioni del pubblico.

·Sorveglianza

La sorveglianza delle popolazioni di grandi carnivori è fondamentale per fornire informazioni precise, comprendere le dinamiche di popolazione necessarie per garantire la loro sopravvivenza, adattare le pratiche di gestione a un contesto in evoluzione e rispettare gli obblighi della direttiva Habitat. Si tratta inoltre di un esercizio molto impegnativo in quanto viene condotto su un'area geografica vasta, che spesso attraversa frontiere internazionali, e per via delle basse densità e del comportamento elusivo dei grandi carnivori (LCIE Policy Support Statement allegato a Linnell et al. 2008). Tutte le decisioni di gestione (comprese quelle sulle deroghe) dovrebbero essere basate su dati solidi sulla popolazione di lupi interessata. La sorveglianza dovrebbe riguardare anche l'attuazione di tutte le misure di prevenzione (la loro adozione, i risultati, l'efficienza), e l'identificazione del predatore del bestiame, per distinguere tra lupi e cani (es. Echegaray e Vilà, 2010; Sundqvist et al., 2008) e per valutare la necessità di modifiche o miglioramenti al sistema.

Considerando che un conflitto molto comune in tutta Europa deriva dal disaccordo sulla dimensione e lo stato delle popolazioni di carnivori, il coinvolgimento nella sorveglianza dei portatori di interessi, compresi i cacciatori, può avere benefici non solo in termini di aumento del numero di persone che raccolgono dati, ma anche di miglioramento delle relazioni tra i portatori di interessi e di riduzione dei conflitti.

Sono necessari dati di sorveglianza solidi per poter adottare decisioni appropriate in materia di conservazione e gestione del lupo. Pertanto investire in un sistema di sorveglianza adeguato, che sia in grado di fornire una conoscenza accurata e aggiornata della popolazione di lupi nell'area interessata, è di fondamentale importanza. Il sistema di sorveglianza francese può essere considerato un buon esempio 195 .

Esempi di coinvolgimento dei portatori di interessi nella sorveglianza

Un'azione pilota sostenuta dalla Commissione in Slovacchia ha coinvolto un'ampia gamma di portatori di interessi (ambientalisti, silvicoltori, personale di aree protette e cacciatori) in un censimento del lupo su base scientifica. I partecipanti erano responsabili della raccolta di campioni di escrementi e di urina di lupo da un'area di studio. Il loro coinvolgimento, insieme all'uso di analisi ad alta tecnologia, ha portato a un maggiore accordo sulle dimensioni della popolazione locale di lupi (Rigg et al, 2014).

Un altro esempio è la rete di osservatori dei grandi carnivori in Finlandia, un gruppo di circa 2 100 volontari attivi nominati dalle associazioni locali di gestione della selvaggina. Questa rete di osservatori qualificati, principalmente cacciatori locali, è responsabile della verifica delle rilevazioni di tracce di grandi carnivori e altri segni riferiti dal pubblico. Questi volontari registrano i dati delle rilevazioni in una banca dati nazionale "TASSU" ("zampa" in finlandese), che è mantenuta da Luke (l'Istituto delle risorse naturali della Finlandia). La banca dati è usata, per esempio, per generare stime sulla popolazione di grandi carnivori a livello nazionale e regionale ed è utilizzata dai funzionari incaricati della gestione della selvaggina e dai guardiacaccia. La rete, la banca dati e la loro gestione si sviluppano e si adattano costantemente per aiutare a costruire fiducia reciproca e cooperazione tra le diverse istituzioni e i gruppi di portatori di interessi, a livello di accesso, condivisione e uso dei dati su queste specie sensibili. Per esempio, il progetto LIFE BOREALWOLF, che durerà dal 2019 al 2025, mira a rafforzare la rete di osservatori di grandi carnivori, fornendo ulteriore formazione ai suoi attuali volontari e reclutandone di nuovi che non siano cacciatori.

Allo stesso modo, Svezia e Norvegia hanno istituito Skandobs, il sistema scandinavo di tracciamento dei grandi carnivori per linci, ghiottoni, orsi bruni e lupi. Chiunque può registrare in questa banca dati le proprie rilevazioni di tracce, segni o avvistamenti di grandi carnivori in Scandinavia. Una maggiore segnalazione delle rilevazioni aiuterà ad aumentare le conoscenze sulla presenza e la distribuzione di queste specie. Le rilevazioni registrate nella banca dati sono disponibili per tutti gli utenti del sistema. Le rilevazioni possono anche essere condivise utilizzando l'app Skandobs (gli utenti possono scaricare Skandobs-Touch da App Store o Google play per segnalare predatori o tracce mentre sono sul campo). La banca dati è aggiornata ogni 15 minuti ed è gestita da Rovdata, una parte indipendente dell'Istituto norvegese per la ricerca sulla natura (NINA).

·Dialogo con i portatori di interessi e loro coinvolgimento

Riconoscendo la natura culturale e sociale del conflitto riguardo ai lupi, si ritiene che i processi partecipativi abbiano un significativo potenziale di mitigazione in questo ambito, in particolare aumentando la fiducia tra i portatori di interessi (Young et al. 2016). La piattaforma dell'UE sulla coesistenza tra uomo e grandi carnivori è un esempio di tale approccio (cfr. il caso di studio 9 dell'allegato IV degli orientamenti). Tali approcci sono utilizzati anche a livello regionale e nazionale. Molti Stati membri hanno istituito piattaforme nazionali. Attraverso un progetto pilota, le istituzioni dell'UE stanno anche sostenendo la creazione di piattaforme regionali in Italia, Romania, Spagna, Francia, Germania e Svezia (piattaforme regionali sui grandi carnivori, 2019). Il progetto LIFE EUROLARGECARNIVORES (2019), sostiene inoltre la collaborazione e la condivisione di informazioni tra i principali punti critici dei carnivori in Europa.

Un altro esempio positivo di coinvolgimento dei portatori di interessi è il Grupo Campo Grande (GCG). Si tratta di un serbatoio di pensiero nazionale in Spagna composto da persone di diversa estrazione e organizzazioni coinvolte nel conflitto tra allevamento estensivo e lupo iberico. Il gruppo è stato creato da Fundación Entretantos nel 2016, nell'ambito di un'iniziativa di mediazione sociale incentrata sulla risoluzione del conflitto che ruota attorno alla coesistenza tra il lupo iberico e l'allevamento estensivo. I partecipanti hanno siglato una dichiarazione congiunta e si stanno adoperando assieme per incoraggiare altri a seguire il loro approccio (GCG, 2018).

·Controllo letale/abbattimento dei lupi

Storicamente il controllo letale/l'abbattimento dei lupi è stato ampiamente utilizzato per eliminare i lupi e qualsiasi impatto e conflitto associato che essi creano. Queste pratiche hanno causato l'eradicazione dei lupi dalla maggior parte della loro area di ripartizione europea originale. Oggi alcuni metodi e livelli di controllo letale sono ancora utilizzati da diversi paesi europei che sostengono che la loro intenzione è quella di prevenire o ridurre le perdite di bestiame e di migliorare la tolleranza umana nei confronti del lupo, compresi alcuni Stati membri in cui la specie figura nell'allegato IV della direttiva (regime di rigorosa tutela).

Tuttavia, secondo l'attuale politica e la relativa legislazione, i conflitti associati alla conservazione dei lupi e di altri grandi carnivori protetti nei paesaggi multifunzionali d'Europa non possono essere affrontati solo o prevalentemente attraverso l'abbattimento/il controllo letale. Il ricorso a deroghe per autorizzare il controllo letale è uno strumento possibile e legittimo e gli Stati membri possono considerarne l'utilizzo per integrare le altre misure di gestione dei conflitti menzionate sopra, nel rispetto di tutte le condizioni elencate nell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva Habitat (cfr. capitolo 5).

Non sembrano esserci prove concrete dell'efficacia del controllo letale per ridurre la predazione del bestiame. Secondo alcuni studi, il controllo letale/l'abbattimento sembra essere meno efficace delle misure di protezione del bestiame (van Eeden et al, 2018, Santiago-Avila et al, 2018) e potrebbe effettivamente portare a un aumento della predazione del bestiame e dei conflitti (Wielgus e Peebles, 2014); Fernández-Gil et al., 2016), probabilmente a causa dello sconvolgimento delle strutture dei branchi di lupi che esso causa.

Inoltre il ricorso al controllo letale/all'abbattimento di una specie protetta, a differenza delle misure non letali precedentemente menzionate, è uno strumento controverso tra i professionisti della conservazione (Lute et al 2018) ed è sempre più contestato da ampi segmenti della società 196 . Alla luce di ciò, così come dell'evidenza empirica, non è chiaro se l'abbattimento dei lupi porti a un aumento o a una diminuzione del conflitto sociale.

In conclusione le misure non letali, comprese le misure di gestione e protezione del bestiame, sembrano più efficaci, più sostenibili, meno suscettibili di essere impugnate e più accettabili (dalla maggior parte delle persone) per ridurre i rischi di predazione del bestiame e i conflitti.

Nel decidere e nell'attuare le loro misure di gestione, le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero tenere conto di tutti questi elementi.

Piani globali di conservazione/gestione del lupo

L'approccio migliore per gli Stati membri sarebbe quello di combinare diverse delle misure menzionate per sostenere il giusto livello di coesistenza, adattandole alla situazione locale. I loro piani di conservazione e gestione del lupo, completi e coerenti, dovrebbero anche fare uso di tutti gli strumenti e le fonti di finanziamento disponibili. Tali piani (idealmente piani transfrontalieri per gli Stati membri confinanti che condividono la stessa popolazione di lupi (Linnell et al., 2008)) dovrebbero far fronte a tutte le minacce, i conflitti, le opportunità e le esigenze riguardanti il lupo nello Stato membro interessato. Questo sarebbe il modo migliore per raggiungere e mantenere uno stato di conservazione soddisfacente per il lupo in tutta la sua area di ripartizione naturale, fornendo nel contempo la necessaria flessibilità di gestione, entro i limiti stabiliti dalla direttiva, e mantenendo o migliorando la sua accettazione da parte del pubblico (la cosiddetta "capacità di carico sociale").

5. Finanziamento di misure di coesistenza

I fondi dell'UE, in particolare il programma LIFE e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), e quelli nazionali (aiuti di Stato) possono erogare sostegno per contribuire alla risoluzione dei conflitti associati alla conservazione del lupo.

·Il programma LIFE, sulla base di inviti annuali a presentare proposte su base concorrenziale, può finanziare attività di dimostrazione e sperimentazione di soluzioni innovative in relazione: a misure di protezione del bestiame; alla valutazione del rischio di predazione; all'istituzione di regimi di compensazione dei danni; e alla formazione di guardie forestali e veterinari locali sulle metodologie di valutazione dei danni al bestiame. Il programma LIFE può inoltre finanziare attività mirate di comunicazione e informazione per risolvere i conflitti tra uomo e lupo. Si noti che LIFE non finanzia la gestione ricorrente.

·Il FEASR può fornire sostegno per misure preventive, come l'acquisto di recinti protettivi o cani da guardia (che, in quanto investimenti non produttivi, possono essere finanziati fino al 100 %). I costi aggiuntivi di manodopera che gli allevatori devono sostenere per controllare e mantenere o spostare le recinzioni di protezione, come pure quelli veterinari e per l'alimentazione dei cani da guardia, possono essere coperti dai pagamenti agro-climatico-ambientali. Il FEASR è utilizzato in diversi Stati membri (ad esempio Grecia, Bulgaria, Slovenia, Italia e Francia) per finanziare misure di protezione del bestiame, come i costi aggiuntivi per la custodia del bestiame, le recinzioni e i cani da guardia. La piattaforma dell'UE sulla coesistenza tra uomo e grandi carnivori (si veda sotto) ha preparato una panoramica dei luoghi in cui i programmi di sviluppo rurale (PSR) sono in corso e di quelli in cui potrebbero essere avviati in futuro (Marsden et al 2016) 197 . La futura politica agricola comune potrebbe inoltre sostenere misure preventive e sistemi di custodia del bestiame attraverso i nuovi regimi ecologici 198 .

·Lo strumento Interreg del FESR può sostenere progetti che mirano a migliorare la cooperazione transfrontaliera in materia di conservazione e gestione dei grandi carnivori, per esempio in relazione alla connettività degli habitat, al trasferimento di conoscenze, alla prevenzione dei danni al bestiame e ad altre misure di coesistenza 199 .

·I finanziamenti nazionali (aiuti di Stato) possono fornire un sostegno, con un tasso fino al 100 %, per le misure preventive; per ripristinare il potenziale agricolo distrutto, ad esempio sostituendo il bestiame ucciso dai lupi; per compensare i danni causati dai lupi, come gli animali uccisi e i danni materiali ai beni dell'azienda o le spese veterinarie e i costi relativi alla ricerca degli animali scomparsi 200 .

Per ridurre i conflitti legati al lupo all'interno di uno Stato membro (e idealmente attraverso le frontiere degli Stati membri che condividono la stessa popolazione di lupi), è necessario un approccio globale al finanziamento e al sostegno di misure mirate.

Gli Stati membri dovrebbero inserire nei loro quadri d'azione prioritari le principali questioni relative alla conservazione e ai conflitti con i lupi, individuando le priorità associate e le esigenze finanziarie e stabilendo in che modo intendono soddisfarle. Il modello aggiornato per i quadri d'azione prioritari 201 include una sezione (E.3.2.) specifica sulle misure prioritarie e i loro costi associati per la prevenzione, la mitigazione o la compensazione dei danni causati dalle specie tutelate dalla direttiva Habitat e dalla direttiva Uccelli.

Inoltre in tutta Europa sono stati impiegati alcuni modi più innovativi per finanziare e sostenere la coesistenza.

Esempi di finanziamento innovativo

Un esempio riuscito e originale di finanziamento innovativo per la coesistenza è l'iniziativa svedese dei "pagamenti per le prestazioni di conservazione" per il ghiottone. L'iniziativa prevede pagamenti legati al successo della riproduzione del ghiottone piuttosto che una compensazione per la perdita di renne. I pagamenti si basano sul numero di riproduzioni documentate di ghiottoni nel rispettivo distretto, indipendentemente dai livelli di predazione. A cinque anni dall'attuazione del programma è stata osservata una crescita della popolazione di ghiottoni. Il numero di riproduzioni registrate è aumentato da 57 nel 2002 a 125 nel 2012, e la popolazione si sta espandendo in aree precedentemente non occupate (Persson, 2015).

Un altro sistema di finanziamento innovativo di successo è il piano relativo all'aquila reale, che premia la comunità Sami dedite alla pastorizia delle renne nella Lapponia finlandese per la riuscita creazione di nidi e territori dell'aquila reale (Commissione europea, 2017). Da quando il governo finlandese ha introdotto il piano nel 1998, l'atteggiamento dei pastori nei confronti delle aquile reali è cambiato drasticamente e la specie è ora vista come una risorsa piuttosto che come un parassita.

Anche le opportunità di reddito e occupazione generate dall'ecoturismo basato sulla natura possono contribuire a migliorare l'accettazione dei lupi e la loro coesistenza con le comunità rurali interessate. In Spagna la regione a nord-ovest di Zamora (ossia la "Sierra de la Culebra") è diventata una zona importante per il turismo legato alle attività di osservazione dei lupi che, attirando migliaia di visitatori ogni anno, rappresenta una risorsa economica significativa. Per iniziative turistiche di questo tipo, occorre fare attenzione a non ostacolare la conservazione del lupo (ad esempio non creando perturbazioni ed evitando i siti dove si trovano le tane). Si dovrebbe inoltre considerare l'impatto su altri gruppi di portatori di interessi (ad esempio, non attirare i grandi carnivori in aree con bestiame o contribuire a una situazione in cui i grandi carnivori associano l'uomo al cibo).

Un diverso tipo di opportunità è stato sviluppato in Italia, in Piemonte (nell'ambito del progetto LIFE WOLFALPS). È stata creata un'etichetta locale ("Terre di lupi") e sono state avviate diverse iniziative sia per promuovere il formaggio e altri prodotti di agricoltori preoccupati dalla presenza dei lupi sia per attuare misure di prevenzione per garantire la coesistenza.

Il vincitore 2020 del premio Natura 2000 nella categoria "benefici socioeconomici" è stato il progetto "Pro-Biodiversidad: shepherds as biodiversity conservators in Natura 2000". Il progetto ha dimostrato come agricoltori e ambientalisti possono collaborare in modo che la conservazione della natura produca risorse e benefici, e non problemi, per le comunità locali. Gran parte della catena montuosa dei Picos de Europa soffre economicamente per l'abbandono rurale, la perdita di pascoli, la perdita di fonti di cibo per i necrofagi e il rischio di incendi. La Fundación para la Conservación del Quebrantahuesos ha deciso di affrontare questo problema creando un marchio di certificazione speciale, Pro-Biodiversidad (pro-biodiversità), per sostenere il settore ovino estensivo, arrestare l'abbandono rurale e migliorare le condizioni della biodiversità. Attraverso questo regime, il prezzo pagato per la carne di pecora prodotta dagli agricoltori che coesistono con i lupi è più elevato.

6. Articolo 16: deroghe alla rigorosa protezione delle popolazioni di lupi presenti nell'allegato IV

Come regola generale, tutte le popolazioni di lupi elencate nell'allegato IV della direttiva Habitat sono oggetto di rigorosa tutela e gli esemplari non possono essere deliberatamente catturati, uccisi o perturbati nella loro area di ripartizione naturale. Inoltre i siti di riproduzione e le aree di riposo non possono essere deteriorati o distrutti. Questa tutela si applica sia all'interno che all'esterno dei siti Natura 2000.

Tuttavia, in alcune circostanze eccezionali, può essere giustificato permettere la cattura o l'uccisione di alcuni esemplari di lupi, per esempio per prevenire una predazione significativa del bestiame, per applicare radiocollari ai lupi per scopi di ricerca, sorveglianza e gestione, oppure per rimuovere esemplari condizionati dal cibo o audaci e potenzialmente pericolosi.

L'articolo 16 della direttiva Habitat prevede la flessibilità necessaria per affrontare le situazioni di cui sopra, consentendo agli Stati membri di adottare deroghe alle disposizioni generali di rigorosa tutela e svolgere le attività di cui sopra (i paragrafi seguenti dovrebbero essere letti congiuntamente alla parte III del documento).



Presupposti per la concessione di una deroga

L'articolo 16 stabilisce tre presupposti che devono essere rispettati prima della concessione di una deroga. Le autorità nazionali competenti devono dimostrare che:

-sussistono una o più motivazioni tra quelle elencate all'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) ad e), sostenute da prove sufficienti;

-non esiste un'altra soluzione valida (ossia se il problema possa essere risolto in un modo che non implica una deroga, vale a dire ricorrendo a strumenti non letali);

-la deroga non ha effetti che pregiudicano il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale.

L'applicazione di tali requisiti è illustrata qui per il caso del lupo. È importante ricordare che spetta alle autorità nazionali competenti attuare queste disposizioni giustificando e dimostrando adeguatamente che tutte le condizioni dell'articolo 16, paragrafo 1, sono soddisfatte. Allo stesso modo, spetta principalmente alle autorità giudiziarie nazionali verificare e garantire il rispetto dei requisiti in un contesto particolare e in casi specifici.

1)Dimostrazione di una o più motivazioni di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) ad e)

Le motivazioni elencate nell'articolo 16, paragrafo 1, sono:

a) "per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali";

b) "per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà";

c) "nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente";

d) "per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante";

e) "per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti".

Esempi di giustificazioni di deroga per i lupi

·Giustificazione a): probabilmente non sarà usata di frequente. Potrebbe essere invocata nel caso in cui, per esempio, una specie preda selvatica in pericolo sia minacciata dalla predazione del lupo. Tuttavia occorre tenere a mente che la predazione di una specie autoctona da parte di un'altra specie autoctona è un processo naturale e costituisce parte integrante del funzionamento dell'ecosistema. Inoltre, prima di prendere in considerazione qualsiasi deroga, si dovrebbero identificare e affrontare efficacemente le altre minacce o gli altri fattori limitanti per le specie preda (ad esempio il deterioramento dell'habitat, la perturbazione arrecata dagli esseri umani, la caccia eccessiva, la concorrenza delle specie domestiche, ecc.).

·Giustificazione b): nel caso dei lupi, le deroghe utilizzate dagli Stati membri mirano spesso a prevenire gravi danni al bestiame. Questa disposizione mira a evitare gravi danni e non è dunque necessario che il danno si sia verificato. Tuttavia la probabilità di un grave danno, al di là del normale rischio commerciale, deve essere dimostrata e devono esistere anche prove sufficienti per giustificare che qualsiasi metodo di controllo letale usato in deroga sia efficace, proporzionato e sostenibile nel prevenire o limitare il grave danno. Questa giustificazione potrebbe essere usata per rimuovere i lupi che potrebbero causare alti livelli di depredazione sul bestiame nonostante l'adeguata attuazione di misure di prevenzione appropriate (come recinzioni elettrificate a prova di lupo e cani da guardia per il bestiame).

·Giustificazione c): questa giustificazione relativa alla sanità e alla sicurezza pubblica o ad altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente, potrebbe per esempio giustificare l'uso di metodi avversivi per scacciare o rimuovere lupi condizionati dal cibo, assuefatti o audaci che si avvicinano costantemente agli esseri umani, oppure altri esemplari o branchi di lupi che dimostrano un comportamento indesiderato e pericoloso.

Esempi di misure nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica

Il German Dokumentations und Beratungsstelle des Bundes zum Thema Wolf (DBBW) ha approvato orientamenti per aiutare le autorità di gestione nazionali ad affrontare la questione dei lupi audaci o dal comportamento insolito (Reinhardt et al, 2018). Gli orientamenti aiutano in primo luogo le autorità a capire se un lupo si stia davvero comportando in modo insolito. Poi, se un lupo sembra essere attratto da persone o cani, si raccomanda un approccio graduale in funzione della gravità degli incidenti registrati, iniziando con la rimozione dei fattori di richiamo (ad esempio il cibo) e del condizionamento avversivo fino ad arrivare alla rimozione (letale o non letale) del lupo nei casi più gravi.

Gli esperti scientifici di Large Carnivore Initiative for Europe (LCIE, un gruppo specializzato della Commissione per la sopravvivenza delle specie dell'IUCN) hanno elaborato una dichiarazione politica analoga sulla gestione dei lupi audaci, che descrive le misure raccomandate per diversi tipi di comportamento del lupo, così come le priorità di ricerca (LCIE, 2019).

Valutazione del comportamento del lupo e del rischio che può rappresentare per la sicurezza umana con raccomandazioni di azione (LCIE, 2019)

Comportamento

Valutazione

Azione raccomandata

Il lupo passa vicino agli insediamenti di notte.

Non pericoloso.

Nessuna azione necessaria.

Il lupo si muove entro la distanza di avvistamento di insediamenti/case sparse di giorno.

Non pericoloso.

Nessuna azione necessaria.

Il lupo non scappa immediatamente quando vede veicoli o umani. Si ferma e osserva.

Non pericoloso.

Nessuna azione necessaria.

Il lupo è stato visto per diversi giorni a meno di 30 metri da case abitate (eventi multipli in un lungo periodo di tempo).

Richiede attenzione.

Possibile problema di forte assuefazione o condizionamento positivo.

Analizzare la situazione.

Cercare i fattori di richiamo ed eventualmente rimuoverli.

Prendere in considerazione il condizionamento avversivo.

Il lupo permette ripetutamente alle persone di avvicinarsi entro 30 metri.

Richiede attenzione.

Indica forte assuefazione.

Possibile problema di condizionamento positivo.

Analizzare la situazione.

Prendere in considerazione il condizionamento avversivo.

Il lupo si avvicina ripetutamente a meno di 30 metri dalle persone da solo. Sembra essere interessato alle persone.

Richiede attenzione/situazione critica.

Il condizionamento positivo e la forte assuefazione possono portare a un comportamento sempre più audace.

Rischio di incidenti.

Prendere in considerazione il condizionamento avversivo.

Rimuovere il lupo se il condizionamento avversivo appropriato non riscuote successo o non è pratico.

Il lupo attacca o ferisce un umano senza essere provocato.

Pericoloso.

Rimozione.

·Giustificazione d): questa giustificazione, relativa alla ricerca, all'istruzione, al ripopolamento e alla reintroduzione potrebbe essere usata, per esempio, per permettere la cattura temporanea dei lupi per dotarli di radiocollari per scopi di ricerca o di sorveglianza o di traslocazione per la conservazione.

Esempio di cattura di lupi per la ricerca e la sorveglianza

Nel 2018, attraverso uno scambio di lettere, la Commissione ha concordato con le autorità tedesche che il regolamento 3254/91 sulle tagliole può, a certe condizioni, essere interpretato in modo da escludere le trappole a ganascia morbida dall'ambito di applicazione del divieto istituito da tale regolamento. Queste trappole sono dotate di ganasce gommate (invece dei denti di acciaio), al fine di ridurre al minimo il rischio di ferire l'animale al momento della cattura. Sono considerate il miglior mezzo disponibile per catturare i lupi vivi per scopi di sorveglianza e di ricerca poiché hanno un tasso di successo maggiore e una minore probabilità di causare ferite.

La Commissione ritiene che, se le trappole a ganascia morbida si rivelano necessarie per la ricerca scientifica o la sorveglianza finalizzata a migliorare lo stato di conservazione delle specie interessate, sarebbe contrario all'obiettivo di conservazione del regolamento 3254/91 includere tali trappole nell'ambito di applicazione del divieto derivante dal regolamento. Di conseguenza l'uso di trappole a ganascia morbida potrebbe essere previsto solo a scopo di conservazione, a condizione che: i) non esista un'altra soluzione valida; ii) non pregiudichi lo stato di conservazione soddisfacente della specie; e iii) siano adottate tutte le precauzioni per non danneggiare l'animale e per ridurre al minimo il suo stress.

In pratica queste trappole dovrebbero essere dotate di un trasmettitore che informi immediatamente le autorità responsabili quando un animale viene catturato. Una volta informate, le autorità responsabili dovrebbero intervenire entro 30 minuti in modo da ridurre il più possibile il periodo di stress per l'animale ed evitare danni autoinflitti. L'animale deve essere anestetizzato da un veterinario professionista, dotato di un trasmettitore e poi immediatamente rilasciato in natura.

Le deroghe di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), come esposto nella sezione 3.2.1, possono eccezionalmente essere utilizzate per consentire la cattura o la detenzione di alcuni esemplari di lupo, a patto che vengano rispettate alcune condizioni aggiuntive e rigorose. Nella causa C-674/17 la CGUE ha confermato che il concetto di "cattura" deve essere inteso nel senso che comprende sia la cattura che l'uccisione di esemplari 202 .

L'obiettivo di una deroga fondata sull'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), in linea di principio, non può confondersi con l'obiettivo di una deroga basata sull'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d), della direttiva, in quanto la prima disposizione può fungere da fondamento per l'adozione di una deroga solo nei casi in cui le seconde disposizioni non siano pertinenti 203 . Se l'obiettivo della deroga rientra in una delle lettere da a) a d) dell'articolo 16, le deroghe devono essere basate su una (o più) di queste lettere. È necessario che vi sia trasparenza nelle deroghe e nei motivi del loro ricorso. Per esempio, se lo scopo principale è quello di prevenire gravi danni al bestiame/alle proprietà, allora dovrebbe essere usata la lettera b). Se un lupo assuefatto si comporta in modo pericoloso, si deve usare la lettera c). La lettera e) non è quindi una disposizione generale da utilizzare per qualsiasi tipo di uccisione.

Come per qualsiasi deroga ai sensi dell'articolo 16, le decisioni nazionali che autorizzano l'abbattimento sulla base della lettera e) dovrebbero essere adottate per scopi eccezionali, specifici e chiari, coerenti con gli obiettivi della direttiva (articolo 2) e adeguatamente giustificati.

Nella causa C-674/17 la CGUE ha accettato che la lotta alla caccia illegale (bracconaggio) dei lupi potrebbe in linea di principio essere un obiettivo da perseguire con una deroga concessa ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), a condizione che contribuisca a mantenere o ripristinare uno stato di conservazione soddisfacente per la specie interessata nella sua area di ripartizione naturale. In questo caso l'autorità nazionale che rilascia l'autorizzazione deve giustificare la deroga con dati scientifici rigorosi, compresi elementi comparativi sulle conseguenze di tale deroga sullo stato di conservazione della specie. Se lo scopo della deroga è quello di contrastare il bracconaggio, l'autorità deve anche prendere in considerazione le stime più recenti sul livello di bracconaggio e la mortalità sulla base di tutte le deroghe concesse. Tali deroghe concesse per contrastare il bracconaggio dovrebbero quindi essere in grado di ridurre la mortalità per bracconaggio della popolazione interessata in misura tale da avere un effetto positivo netto complessivo sulla dimensione della popolazione di lupi.

Inoltre le deroghe basate sull'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), rispetto a quelle di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d), devono soddisfare condizioni restrittive supplementari. Il ricorso a questo tipo di deroga è permesso in condizioni rigorosamente controllate, con autorizzazioni chiare relative a luoghi, tempi e quantità e che richiedono rigorosi controlli territoriali, temporali e personali per garantire un'applicazione efficace. Inoltre tale deroga deve essere utilizzata solo su base selettiva e in misura limitata, e deve riguardare un numero limitato di esemplari.

Per quanto riguarda la selettività, la deroga deve riguardare esemplari determinati nel modo più specifico e opportuno possibile, alla luce dell'obiettivo perseguito dalla deroga. Pertanto, come è stato sottolineato dalla CGUE nella causa C-674/17, può essere necessario determinare non solo la specie interessata o i tipi o gruppi di esemplari di quest'ultima, ma anche gli esemplari identificati individualmente 204 .

Per quanto riguarda il "numero limitato", questo dipenderà in ogni caso dal livello della popolazione (numero di esemplari), dal suo stato di conservazione e dalle sue caratteristiche biologiche. Il "numero limitato" dovrà essere stabilito sulla base di dati scientifici rigorosi sui fattori geografici, climatici, ambientali e biologici, come pure su dati riguardanti i tassi di riproduzione e la mortalità annuale totale per cause naturali. Il numero deve essere chiaramente indicato nelle decisioni di deroga.

2)Assenza di un'altra soluzione valida

Il secondo presupposto è che "non esista un'altra soluzione valida". Ciò implica la necessità di considerare sempre i metodi preventivi e non letali come prima opzione (la deroga costituisce l'estremo rimedio). Le alternative dipenderanno dal contesto e dagli obiettivi specifici della deroga presa in considerazione e dovrebbero tenere conto delle migliori conoscenze ed esperienze disponibili per ogni situazione.

Per esempio, nel caso di danni al bestiame, prima di autorizzare deroghe è necessario dare la priorità ad alternative non letali e attuare correttamente misure preventive appropriate e ragionevoli per ridurre i rischi di depredazione, come la supervisione da parte dei pastori, l'uso di cani da guardia del bestiame, la protezione del bestiame con recinzioni o la gestione alternativa del bestiame (per esempio il controllo della figliatura). Le deroghe possono essere autorizzate per risolvere il problema (residuo) solo quando tali azioni alternative sono state attuate e si sono dimostrate inefficaci o solo parzialmente efficaci, oppure quando questo tipo di azioni alternative non può essere messo in pratica nel caso specifico.

In caso di lupi audaci e/o dal comportamento insolito, o di lupi condizionati dal cibo, la rimozione delle cause specifiche (ad esempio fattori di richiami legati al cibo, dovuti a rifiuti mal gestiti) e il condizionamento avversivo dovrebbero essere le prime soluzioni da considerare, per spaventarli e cercare di cambiare il loro comportamento, scoraggiandoli dall'avvicinarsi alle persone (attraverso ad esempio diversi tipi di dissuasori e strumenti non letali) (Reinhardt et al, 2018). La deroga può essere concessa quando tali soluzioni alternative sono state prese in considerazione e non si sono dimostrate valide o praticabili nel caso specifico.

Per quanto riguarda le suddette deroghe volte a ridurre il bracconaggio, la CGUE (nella causa C-674/17, punti 48, 49 e 50) ha chiarito che la mera esistenza di un'attività illecita quale il bracconaggio o le difficoltà incontrate nell'effettuare il controllo su quest'ultima non possono essere sufficienti per dispensare uno Stato membro dal suo obbligo di garantire la tutela delle specie protette ai sensi dell'allegato IV della direttiva Habitat. In una situazione del genere, lo Stato membro è al contrario tenuto a privilegiare il controllo rigoroso ed efficace su tale attività illecita, da un lato, e l'applicazione di mezzi che rispettino i divieti sanciti dagli articoli da 12 a 14, nonché dall'articolo 15, lettere a) e b), della direttiva. A sostegno della richiesta di deroga, uno Stato membro dovrebbe fornire una motivazione chiara e sufficiente dell'assenza di altre alternative soddisfacenti per raggiungere gli obiettivi, facendo riferimento all'assenza di altre soluzioni valide o a relazioni tecniche, giuridiche e scientifiche pertinenti.

3)Mantenimento della popolazione in uno stato di conservazione soddisfacente.

Il terzo presupposto è la certezza "che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale".

A norma dell'articolo 1, lettera i), della direttiva Habitat, per "stato di conservazione di una specie" si intende l'effetto della somma dei fattori che, influendo sulle specie in causa, possono alterare a lungo termine la ripartizione e l'importanza delle sue popolazioni nel territorio degli Stati membri. Lo stato di conservazione di una specie è soddisfacente quando i) la popolazione "continua e può continuare a lungo termine ad essere un elemento vitale degli habitat naturali cui appartiene", ii) "l'area di ripartizione naturale di tale specie non è in declino né rischia di declinare in un futuro prevedibile" e iii) "esiste e continuerà probabilmente ad esistere un habitat sufficiente affinché le sue popolazioni si mantengano a lungo termine". È possibile trovare ulteriori informazioni negli orientamenti di cui al documento Reporting under Article 17 of the Habitats Directive.

Il rispetto di questa condizione (ossia che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale) richiede una valutazione dei possibili effetti della deroga sia sulla popolazione interessata che sullo stato di conservazione della specie nel territorio dello Stato membro. 

Le decisioni sull'uso delle deroghe e la valutazione dei possibili effetti delle medesime sullo stato di conservazione della popolazione interessata devono essere basate su una conoscenza accurata della popolazione di lupi interessata e delle sue tendenze. Si dovrebbero inoltre valutare adeguatamente gli effetti aggiuntivi e cumulativi delle deroghe, tenendo conto di qualsiasi altro impatto negativo diretto o indiretto dovuto alle attività umane (comprese le uccisioni accidentali e illegali). Ciò è necessario per garantire che la decisione non pregiudichi lo stato di conservazione della popolazione.

Nella causa C-674/17 (punti da 57 a 61) la CGUE ha sottolineato che una deroga ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, deve essere basata su criteri che garantiscano la preservazione a lungo termine dell'andamento e della stabilità sociale della specie interessata. Si dovrebbero quindi valutare adeguatamente gli impatti cumulativi a livello demografico e geografico di tutte le deroghe sulla popolazione interessata, in combinazione con qualsiasi altra mortalità per causa naturale o umana.

La valutazione deve essere effettuata "a livello locale nonché a livello del territorio di tale Stato membro o, eventualmente, a livello della regione biogeografica interessata qualora le frontiere di tale Stato membro coprano più regioni biogeografiche o, ancora, se l'area di ripartizione naturale della specie lo richiede, e, nella misura del possibile, sul piano transfrontaliero". Essa non può tenere conto tuttavia "della parte dell'area di ripartizione naturale della popolazione interessata che si estende a talune parti del territorio di uno Stato terzo, il quale non è vincolato agli obblighi di rigorosa tutela delle specie di interesse per l'Unione".

Nella causa C-342/05, la CGUE ha ritenuto che le deroghe che riguardano popolazioni il cui stato di conservazione non è soddisfacente possono essere ammissibili "eccezionalmente" nei casi in cui "è debitamente accertato che esse non sono tali da peggiorare lo stato di conservazione non soddisfacente di dette popolazioni o da impedire il riassestamento, in condizioni di conservazione soddisfacente, delle popolazioni stesse". La Corte ha concluso che "non si può escludere che l'abbattimento di un numero limitato di esemplari non incida sull'obiettivo di cui al citato articolo 16, paragrafo 1, consistente nel mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente la popolazione di lupi nella sua area di ripartizione naturale. Una siffatta deroga sarebbe pertanto neutra per la specie interessata".

Tale approccio è stato confermato dalla CGUE nella causa C-674/17 (punti da 66 a 69), con un ulteriore riferimento al principio di precauzione: "per quanto riguarda l'incidenza dello stato di conservazione non soddisfacente di una specie sulla possibilità di autorizzare le deroghe ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva [H]abitat, la Corte ha già dichiarato che la concessione di tali deroghe rimane possibile eccezionalmente quando è debitamente accertato che esse non sono tali da peggiorare lo stato di conservazione non soddisfacente di dette popolazioni o da impedire il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni stesse". Tuttavia "se l'esame dei migliori dati scientifici disponibili lascia sussistere un'incertezza quanto al fatto che una siffatta deroga pregiudichi o meno il mantenimento o il ripristino delle popolazioni di una specie minacciata di estinzione in uno stato di conservazione soddisfacente, lo Stato membro deve astenersi dall'adottarla o dall'attuarla".

È quindi possibile concedere, caso per caso, deroghe per l'uccisione di pochissimi esemplari, anche se lo stato di conservazione della specie non è (ancora) soddisfacente, a condizione che la deroga sia neutra rispetto allo stato di conservazione della specie, ossia che non metta in pericolo il raggiungimento dell'obiettivo di ripristinare e mantenere, in uno stato di conservazione soddisfacente, la popolazione di lupi nella sua area di ripartizione naturale. Una deroga non può quindi avere un impatto netto globale negativo sulla dinamica della popolazione, sull'area di ripartizione naturale, sulla struttura e sulla salute della popolazione (compresi gli aspetti genetici), né sulle esigenze di connettività della popolazione di lupi interessata.

Di conseguenza, meno soddisfacenti sono lo stato di conservazione e le tendenze, minori sono le probabilità che questo terzo presupposto possa essere soddisfatto e che la concessione di deroghe sia giustificata, tranne che nelle circostanze più eccezionali. Lo stato di conservazione e le tendenze della specie (a livello biogeografico e di popolazione), basati su conoscenze e dati accurati, rappresentano quindi un aspetto fondamentale per valutare il soddisfacimento del terzo presupposto.

Deroghe e ruolo dello stato di conservazione soddisfacente e dei piani per le specie

Un piano di conservazione e gestione appropriato e completo per il lupo può fornire un quadro generale valido per l'attuazione di tutti gli strumenti e le misure necessarie, compreso il possibile uso di deroghe. Se tali piani sono attuati correttamente, con risultati dimostrati sullo stato di conservazione soddisfacente, l'articolo 16 della direttiva Habitat permette la flessibilità richiesta attraverso l'uso di deroghe.

Le deroghe alla rigorosa tutela del lupo possono essere meglio giustificate se lo Stato membro dispone di un insieme completo di misure appropriate, efficaci e verificabili e lo applica correttamente per garantire una tutela efficace e per raggiungere o mantenere lo stato di conservazione soddisfacente della specie.

Ciò avviene se:

-esiste un adeguato piano di conservazione e recupero per il lupo, pienamente e correttamente attuato e ben monitorato, che intende garantire uno stato di conservazione soddisfacente e a far fronte ai conflitti socioeconomici;

-il piano si basa sui migliori dati scientifici disponibili e su un solido sistema di sorveglianza della popolazione di lupi;

-sono attuate tutte le misure di prevenzione e compensazione necessarie;

-sono attuate misure appropriate per contrastare efficacemente il bracconaggio (come la configurazione di reato, l'applicazione delle norme e la sensibilizzazione) e per affrontare qualsiasi altro fattore di mortalità causato dall'uomo (come le uccisioni su strada);

-si affrontano con successo tutte le altre minacce alla conservazione del lupo nell'area interessata (per esempio l'ibridazione);

-si affrontano adeguatamente le altre cause di mortalità del bestiame al pascolo (per esempio i cani in libertà);

-gli obiettivi e le condizioni per le deroghe sono chiaramente stabiliti e giustificati da sufficienti prove scientifiche. È dimostrato che non esistono altre soluzioni valide e che il metodo letale di cui alla deroga è l'unico modo per prevenire o limitare il grave danno o per conseguire gli altri obiettivi delle deroghe, conformemente alla legislazione pertinente. Le deroghe sono valutate e decise caso per caso;

-la deroga prevista non pregiudica lo stato di conservazione della popolazione sia a livello di popolazione locale che in tutta l'area di ripartizione naturale della specie.



RIFERIMENTI

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(1)      Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7).
(2)      Per maggiori informazioni: http://ec.europa.eu/environment/nature/legislation/fitness_check/action_plan/index_en.htm .
(3)      L'articolo 2, paragrafo 3, si riflette, per esempio, nelle disposizioni dell'articolo 16, che prevede una possibilità di deroga al rigoroso regime di tutela delle specie, tra l'altro, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica. L'articolo 2, paragrafo 3, non fornisce tuttavia una base giuridica supplementare per derogare alle disposizioni obbligatorie della direttiva. Si veda, nell'ambito della scelta dei siti Natura 2000 ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, la sentenza del 7 novembre 2000, First Cooperate Shipping, C-371/98, EU:C:2000:600, punto 25.
(4)      Cfr. anche Reporting under Article 17 of the Habitats Directive - Explanatory Notes and Guidelines for the period 2013–2018, pag. 7, https://cdr.eionet.europa.eu/help/habitats_art17 .
(5)      Sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, EU:C:2005:626, punto 112, e sentenza del 10 gennaio 2006, Commissione/Germania, causa C-98/03, EU:C:2006:3, punto 66.
(6)      Sentenza del 10 maggio 2007, Commissione/Repubblica d'Austria, causa C-508/04, EU:C:2007:274, punto 109.
(7)      Cfr. anche l'articolo 1 della convenzione di Bonn.
(8)      Cfr. in particolare la sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, punto 27, ma anche le sentenze seguenti: 30 maggio 1991, Commissione/Germania, causa C-57/89, EU:C:1991:89, punti 18 e 24; 19 settembre 1996, Commissione/Grecia, causa C-236/95, EU:C:1996:341, punto 13; 19 maggio 1999, Commissione/Francia, causa C-225/97, EU:C:1999:252, punto 37; 10 maggio 2001, Commissione/Paesi Bassi, causa C-144/99, EU:C:2001:257, punto 21; 17 maggio 2001, Commissione/Italia, causa C-159/99, EU:C:2001:278, punto 32.
(9)      A titolo di esempio: Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, EU:C:2005:372, punto 21.
(10)      Cfr. a tale proposito: causa 29/84, Commissione/Germania, EU:C:1985:229, punto 23; causa 363/85, Commissione/Italia, EU:C:1987:196, paragrafo 7; e causa C-57/89, Commissione/Germania, EU:C:1991:225, paragrafo 18.
(11)      Commissione/Germania, causa C-98/03, EU:C:2006:3, punti 67 e 68.
(12)      Cfr. sentenza del 30 gennaio 2002, Commissione/Grecia, causa C-103/00, EU:C:2002:60, punto 29.
(13)      Ad esempio, sentenza del 28 marzo 1990, procedimento penale contro G. Vessoso e G. Zanetti, cause riunite C-206/88 e C-207/88, EU:C:1990:145.
(14)      Sentenza del 13 febbraio 2003, Commissione/Lussemburgo, causa C-75/01, EU:C:2003:95, punto 28.
(15)      Cfr., ad esempio, Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, EU:C:2005:372, punti 25 e 26, e Commissione/Germania, causa C-98/03, EU:C:2006:3, punti 59 e 60.
(16)      Cfr. anche Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, EU:C:2005:372, punto 79.
(17)      A titolo di esempio: sentenza del 23 febbraio 1988, Commissione/Italia, causa 429/85, EU:C:1988:83, punto 12; sentenza dell'11 novembre 1999, Commissione/Italia, causa C-315/98, EU:C:1999:551, punto 10; sentenza del 13 febbraio 2003, Commissione/Lussemburgo, causa C-75/01, punto 28, EU:C:2003:95.
(18)      Commissione/Austria, causa C-508/04, EU:C:2007:274, punto 80; sentenza del 15 marzo 2012, Commissione/Polonia, causa C-46/11, EU:C:2012:146, punto 28.
(19)      Sentenza del 14 giugno 2007, Commissione/Finlandia, causa C-342/05, EU:C:2007:341, punto 22.
(20)      Commissione/Grecia, causa C-103/00. Cfr. anche la sentenza del 17 gennaio 1991, Commissione/Italia, causa C-157/89, EU:C:1991:22, punto 14, che riguarda l'articolo 7 della direttiva 2009/147/CE (direttiva Uccelli).
(21)      Sentenza del 16 marzo 2006, Commissione/Grecia, causa C-518/04, EU:C:2006:183.
(22)      Sentenza dell'11 gennaio 2007, Commissione/Irlanda, causa C-183/05, EU:C:2007:14.
(23)      Sentenza del 9 giugno 2011, Commissione/Francia, causa C-383/09, EU:C:2011:369.
(24)      Sentenza del giovedì 10 novembre 2016, Commissione/Grecia, causa C-504/14, EU:C:2016:847.
(25)      Commissione/Francia, causa C-383/09, punti 19 e 20.
(26)      Commissione/Grecia, causa C-518/04, punto 16.
(27)      Commissione/Irlanda, causa C-183/05, punti 29 e 30.
(28)      Commissione/Grecia, causa C-103/00, punto 39.
(29)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punto 76.
(30)      "[Considerando] che il mantenimento di detta biodiversità può in taluni casi richiedere il mantenimento e la promozione di attività umane".
(31)      "[C]onsiderando che a complemento della direttiva 79/409/CEE è necessario istituire un sistema generale di protezione di talune specie di fauna e di flora; che si devono prevedere misure di gestione per talune specie, qualora il loro stato di conservazione lo giustifichi, compreso il divieto di taluni modi di cattura o di uccisione, pur prevedendo la possibilità di deroghe, subordinate a talune condizioni".
(32)      Ad esempio, Commissione/Germania, causa C-57/89.
(33)      Per ulteriori informazioni, cfr.:Estrategia para la conservación del oso pardo Ursus arctos en la Cordillera Cantábrica,  https://www.miteco.gob.es/es/biodiversidad/publicaciones/pbl-fauna-flora-estrategias-oso-cantabrico.aspx ; Estrategia para la conservación del oso pardo (Ursus arctos) en los Pirineos,  https://www.miteco.gob.es/es/biodiversidad/temas/conservacion-de-especies/especies-proteccion-especial/ce-proteccion-estr-oso-pirineos.aspx .
(34)      In uno specifico sito Natura 2000 possono tuttavia essere necessarie misure di gestione attiva se la specie interessata figura anche nell'allegato II della direttiva in linea con l'articolo 6, paragrafo 1.
(35)      Cfr. in particolare la causa C-504/14 Caretta caretta, conclusioni dell'avvocato generale, punto 43, e sentenza, punto 31, come pure la causa C-518/04 Vipera schweizeri, punto 21.
(36)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punto 57.
(37)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punto 78.
(38)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punto 84.
(39)      Questa soluzione era già stata applicata nella sentenza del 2 agosto 1993, Commissione/Spagna, causa C‑355/90, EU:C:1993:331, punto 15.
(40)      Sentenza del 15 marzo 2012, Commissione/Cipro, causa C-340/10, EU:C:2012:143, paragrafi 60 e 61.
(41)      Per ulteriori informazioni, cfr.:Estrategias marinas (Strategie marine), http://www.miteco.gob.es/es/costas/temas/proteccion-medio-marino/estrategias-marinas/ ; LIFE IP INTEMARES, https://fundacion-biodiversidad.es/es/biodiversidad-marina-y-litoral/proyectos-propios/life-ip-paf-intemares , Sociedad Española de cetáceos (Società spagnola per i cetacei) https://cetaceos.com/ .
(42)       http://www.batlife.ro/.  
(43)      In quanto attività molto diffuse, l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca sono esaminate in dettaglio in questo capitolo. Tuttavia, mentre il livello di controllo previsto dalla legge sulle attività continuative può variare, i principi esposti in questo capitolo dovrebbero essere considerati come generalmente applicabili anche ad altre attività continuative (ad esempio la manutenzione delle vie di circolazione, l'acquacoltura, l'estrazione di materie prime, il turismo, le attività di manutenzione, ecc.)
(44)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punto 53.
(45)      Per quanto riguarda il rapporto tra agricoltura e tutela dell'ambiente, la riforma della politica agricola comune (PAC) del 2003 è significativa per due aspetti chiave. In primo luogo, ha spezzato il legame tra le sovvenzioni dell'UE e la produttività dei terreni agricoli. Da allora la maggior parte degli agricoltori riceve un pagamento unico per azienda non più legato alla produttività. L'incentivo per gli agricoltori ad aumentare la produttività è determinato unicamente da considerazioni di natura economica stabilite dai prezzi di mercato. In secondo luogo, una condizione per ricevere i pagamenti unici per azienda e qualsiasi altro sostegno nell'ambito della PAC è il rispetto di una serie di criteri di gestione obbligatori (CGO), comprese le norme UE in materia di sanità pubblica, salute degli animali e dei vegetali; benessere degli animali; e ambiente dell'UE, nonché l'osservanza di una serie di norme di base sulle pratiche agricole (buone condizioni agronomiche e ambientali, BCAA). In base a una di queste norme, la BCAA 7, gli agricoltori devono garantire il mantenimento di elementi paesaggistici come muri, siepi, rive, corsi d'acqua e alberi, portando benefici a catena per la biodiversità (cfr. https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/key-policies/common-agricultural-policy_it ). Cfr. la valutazione sull'inverdimento della Commissione europea, pubblicata nel dicembre 2017 ( https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/key-policies/common-agricultural-policy/cmef_it#indicator ), e la relazione della Corte dei conti europea dal titolo L'inverdimento: un regime di sostegno al reddito più complesso, non ancora efficace sul piano ambientale", pubblicata nel dicembre 2017 ( https://www.eca.europa.eu/it/Pages/NewsItem.aspx?nid=9338 ).
(46)      Föreningen Skydda Skogen, cause riunite C-473/19 e C-474/19, in relazione all'applicazione dell'articolo 12 alle misure silvicole.
(47)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punto 77.
(48)      Progetto LIFE. Quirópteros/Castilla León - Priority actions to protect bats in Castilla y León Communitary interesting zones (LIFE96 NAT/E/003081): http://ec.europa.eu/environment/life/project/Projects/index.cfm?fuseaction=search.dspPage&n_proj_id=424 .
(49)      Regolamento (UE) 2019/1241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativo alla conservazione delle risorse della pesca e alla protezione degli ecosistemi marini attraverso misure tecniche (GU L 198 del 25.7.2019, pag. 105).
(50)      Nella sua sentenza del 18 maggio 2006 (Commissione/Spagna, causa C-221/04, EU:C:2006:329, punto 69), la Corte ha chiarito che, dalla lettura delle diverse versioni linguistiche emerge che il carattere intenzionale si riferisce sia alla cattura che alla uccisione delle specie animali protette.
(51)      Dal momento che la Corte ha sottolineato il fatto che sia la guida di ciclomotori che la presenza di piccole imbarcazioni non erano eventi isolati, in termini pratici sembra che il carattere reiterato delle violazioni sia stato decisivo per provare l'esistenza di una perturbazione deliberata.
(52)      Cfr. le conclusioni dell'avvocato generale nella causa C-6/04, punto 118.
(53)      Commissione/Spagna, causa C-221/04.
(54)      Commissione/Spagna, causa C-221/04, punto 71.
(55)      Commissione/Spagna, causa C-221/04, punti da 72 a 74.
(56)      LIFE MOFI: https://webgate.ec.europa.eu/life/publicWebsite/project/details/2592 .Action Plan for the mitigation of the negative effects of monk seal-fisheries interactions in Greece — summary report in English ( https://www.monachus-guardian.org/library/mom09a.pdf ).National Strategy and Action Plan for the Conservation of the Mediterranean Monk Seal in Greece, 2009-2015( https://www.monachus-guardian.org/library/notarb09b.pdf   www.mom.gr ).
(57)      Nella causa Commissione/Lussemburgo, C-75/01, punti 53 e 54, la Corte ha dichiarato che il Lussemburgo non aveva garantito il pieno e completo recepimento dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera b), poiché nel periodo di migrazione non era vietata la perturbazione deliberata delle specie.
(58)      Tuttavia gli orientamenti dell'articolo 6 contengono alcune informazioni utili sul termine in relazione agli habitat. Cfr. "Gestione dei siti Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE (direttiva Habitat)"     ( https://ec.europa.eu/environment/nature/natura2000/management/docs/art6/Provisions_Art_6_nov_2018_it.pdf ).
(59)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punti 57 e 84.
(60)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punto 78.
(61)      Fonti: https://rm.coe.int/threats-to-marine-turtles-in-thines-kiparissias-greece-complainant-rep/168073e91b ;sentenza della CGUE (C-504/14): http://curia.europa.eu/juris/liste.jsf?language=it&num=C-504/14 .
(62)       https://accobams.org/ .
(63)       https://www.ascobans.org/ .
(64)      https://www.npws.ie/sites/default/files/general/Underwater%20sound%20guidance_Jan%202014.pdf.
(65)      Rileva osservare che questo punto costituisce una delle differenze tra la direttiva Habitat e la convenzione di Berna. Mentre in questa parte specifica dell'articolo 12 manca il concetto di "deliberato", questo appare nella formulazione comparabile dell'articolo 6 della convenzione di Berna.
(66)      Nella sua sentenza del 20 ottobre 2005 (Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, Raccolta p.9017, punto 79), la Corte ha osservato che "vietando solo il deterioramento o la distruzione intenzionale dei siti di riproduzione o delle aree di riposo delle specie interessate, la normativa applicabile a Gibilterra non soddisfa i requisiti posti dal detto art[icolo] 12, [paragrafo] 1, lett[era] d)". La Corte ha seguito lo stesso approccio nella sua sentenza dell'11 gennaio 2007 (Commissione/Irlanda, causa C-183/05, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47): "l'art[icolo] 23, [paragrafo] 7, lett[era] b), del Wildlife Act, prevedendo che non costituiscano infrazione gli atti non intenzionali che perturbino o distruggano i siti di riproduzione o le aree di riposo delle specie selvatiche, non risponde ai requisiti dettati dall'art[icolo] 12, [paragrafo] 1, lett[era] d), della direttiva 92/43 che vieta atti di tal genere, indipendentemente dalla loro intenzionalità o meno".
(67)      Cfr. sentenza del 10 gennaio 2006, Commissione/Grecia, causa C-98/03, Raccolta p.53, punto 55.
(68)      Commissione/Grecia, causa C-103/00.
(69)      Come si legge al punto 38 della sentenza, "[è] fuor di dubbio [...] che la presenza di costruzioni su una spiaggia di riproduzione come quella di Daphni è atta a determinare un deterioramento o una distruzione del sito di riproduzione ai sensi dell'art[icolo] 12, [paragrafo] 1, lett[era] d), della direttiva".
(70)      Sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia, causa C-441/17, EU:C:2018:255.
(71)      Cause C‑473/19 e C‑474/19, punto 84.
(72)      Lo strumento appropriato per affrontare il deterioramento dovuto a cause naturali o eventi imprevedibili è l'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva Habitat, che, tuttavia, si applica solo ai siti Natura 2000. Nella sentenza del 20 ottobre 2005 (Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, Raccolta p.9017, punto 34), la Corte ha dichiarato che "ai fini dell'attuazione dell'art[icolo] 6, [paragrafo] 2, della direttiva [H]abitat, può essere necessario adottare sia misure dirette ad ovviare ai danni e alle perturbazioni provenienti dall'esterno e causati dall'uomo, sia misure per neutralizzare evoluzioni naturali che potrebbero comportare un degrado dello stato di conservazione delle specie e degli habitat nelle ZSC".
(73)      Sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia, causa C-441/17, EU:C:2018:255.
(74)      L'articolo 1, lettera f), definisce "habitat di una specie" solo l'"ambiente definito da fattori abiotici e biotici specifici in cui vive la specie in una delle fasi del suo ciclo biologico".
(75)      Sentenza del 9 giugno 2011, Commissione/Francia, causa C-383/09, EU:C:2011:369.
(76)      Nella causa pendente C-477/19, la CGUE si pronuncerà sulla questione se il concetto di "area di riposo" ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva Habitat debba essere interpretato nel senso di includere anche ex aree di riposo nel frattempo abbandonate.
(77)       http://www.eurobats.org/sites/default/files/documents/pdf/National_Reports/Inf.MoP7_.20-National%20Implementation%20Report%20of%20Germany.pdf .
(78)      Commissione/Grecia, causa C-103/00, punto 27.
(79)      Sentenza del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia, causa C-441/17, EU:C:2018:255, punti da 233 a 236.
(80)      Sentenza del 10 novembre 2016, Commissione/Grecia, causa C-504/14, EU:C:2016:847, punti 160 e 114.
(81)       http://www.iberlince.eu/index.php/esp/ .
(82)      Regolamento (UE) 2017/1004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che istituisce un quadro dell'Unione per la raccolta, la gestione e l'uso di dati nel settore della pesca e un sostegno alla consulenza scientifica relativa alla politica comune della pesca e che abroga il regolamento (CE) n. 199/2008 del Consiglio (GU L 157 del 20.6.2017, pag. 1) ( https://op.europa.eu/it/publication-detail/-/publication/dd3dc59f-557f-11e7-a5ca-01aa75ed71a1 ).
(83)      L'articolo 6, paragrafo 3, della direttiva Habitat fa riferimento alle "incidenze significative". Orientamenti al riguardo sono disponibili all'indirizzo     https://ec.europa.eu/environment/nature/natura2000/management/docs/art6/IT_art_6_guide_jun_2019.pdf .
(84)      Cfr. sentenza del 28 febbraio 1991, Commissione/Germania, causa 131/88, EU:C:1991:87.
(85)      Cfr., ad esempio, Commissione/Italia, causa C-315/98, punto 10.
(86)      Sentenza del 15 marzo 2012, Commissione/Polonia, causa C-46/11, EU:C:2012:146, punti 28 e 56.Cfr. anche le conclusioni dell'11 gennaio 2007 dell'avvocato generale nella causa C-508/04, punto 31.
(87)      Cfr. in particolare le sentenze seguenti: Commissione/Germania, causa C-59/89, punti 18 e 24; Commissione/Francia, causa C-225/97, punto 37; 17 maggio 2001; Commissione/Italia, causa C-159/99, punto 32; Commissione/Lussemburgo, causa C-75/01, punti 28, 87 e 88; Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, punto 27.
(88)      Commissione contro Regno Unito, causa C-6/04, punti 25 e 26.
(89)      Commissione/Austria, causa C-508/04, punto 110.Conclusioni dell'avvocato generale dell'11 gennaio 2007 nella causa C-508/04, punto 53.
(90)      Commissione/Polonia, causa C-46/11, punto 29.
(91)      Ad esempio, cause riunite C-206 e 207/88 - Vessoso e G. Zanetti.
(92)      Commissione/Lussemburgo, causa C-75/01, punto 28.
(93)      Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, punti da 109 a 113.
(94)      Commissione/Irlanda, causa C-183/05, punti da 47 a 49.
(95)      Commissione/Germania, causa C-98/03, punti da 57 a 62.
(96)      Commissione/Austria, causa C-508/04, punto 111.
(97)      Cfr. le conclusioni dell'avvocato generale nella causa C-10/96, punto 33.
(98)      Cfr. le sentenze della CGUE seguenti in relazione alle deroghe ai sensi della direttiva Uccelli: sentenza dell'8 luglio 1987, Commissione/Repubblica italiana, causa 262/85, EU:C:1987:340; sentenza del 7 marzo 1996, WWF Italia/Regione Veneto, causa C-118/94, EU:C:1996:86; e sentenza del 12 dicembre 1996, Ligue royale belge pour la protection des oiseaux and Société d'études ornithologiques/Région Wallonne, causa C-10/96, EU:C:1996:504.
(99)      Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, punto 111.Cfr. anche Commissione/Austria, causa C-508/04, punto 110, nel contesto della disposizione di deroga comparabile di cui all'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE (direttiva Uccelli).
(100) Sentenza del 10 ottobre 2019, Tapiola, causa C-674/17, EU:C:2019:851, punto 41.
(101) Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, punto 112.
(102)      Causa 674/17, punto 59.
(103) Sentenza del 14 giugno 2007, Commissione/Finlandia, causa 342/05, EU:C:2007:341, punto 45.
(104)      Commissione/Finlandia, causa C-342/05, punto 25.
(105) Cfr. anche Commissione/Regno Unito, causa C-6/04, punti da 109 a 113.
(106) Commissione/Austria, causa C-508/04, punti 120 e 128.
(107) Sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17.
(108) Kojola, I., Huitu, O., Toppinen, K., Heikura, K., Heikkinen, S. e Ronkainen, S. (2004). Predation on European forest reindeer (Rangifer tarandus) by wolves (Canis lupus) in Finland. Journal of Zoology, Londra, volume 263(3): pagg. 229-236.
(109) Commissione/Polonia, causa C-46/11, punto 31.
(110) Sentenza dell'8 luglio 1987, Commissione/Belgio, causa 247/85, EU:C:1987:339, punto 56: "[q]uesta disposizione della direttiva non mira a prevenire il pericolo di danni di lieve entità. Infatti, la circostanza che per tale deroga al regime generale di protezione sia necessaria la presenza di danni di una certa gravità corrisponde alla finalità di protezione perseguita dalla direttiva".
(111)    Commissione/Finlandia, causa C-342/05, punto 40.
(112) Commissione/Finlandia, causa C-342/05, punti da 41 a 44 e 47.
(113)   http://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/coexistence_platform.htm
(114) Cfr., ad esempio, gli orientamenti per la gestione dei castori in Baviera, elaborati dal ministero bavarese dell'Ambiente: Bayerisches Staatsministerium für Umwelt und Verbraucherschutz, 2016. Richtlinien zum Bibermanagement. https://www.stmuv.bayern.de/service/recht/naturschutz/doc/bibermanagement_2016/richtlinien_bibermanagement_2016.pdf
(115) Per ulteriori informazioni, cfr.:piattaforma UE (2014), Accordo a partecipare alla piattaforma dell'UE sulla coesistenza tra uomo e grandi carnivori: https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/pdf/IT_Agreement.pdf ; piattaforma UE (2018), piano di comunicazione, versione 2: https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/pdf/2014_LC%20Platform%20Communication%20Plan%20v2.pdf ; piattaforma UE (2018b), sito web: https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/coexistence_platform.htm
(116) Comunicazione della Commissione C(2018) 7621 final, Bruxelles, 21 novembre 2018, "Gestione dei siti Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE (direttiva Habitat)",   https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1548663172672&uri=CELEX:52019XC0125(07)
(117) Cfr. anche Linnell J., V. Salvatori & L. Boitani (2008). Guidelines for population level management plans for large carnivores in Europe, relazione preparata per la Commissione europea da Large Carnivore Initiative for Europe.
(118) Cfr.: https://portals.iucn.org/library/efiles/documents/2013-009.pdf
(119) Causa C-674/17, punto 41.
(120) Cfr. causa C-674/17, punti da 34 a 37.
(121) Causa C-674/17, punto 43.
(122) Causa C-674/17, punto 45.
(123) Causa C-674/17, punto 48.
(124) Cfr. causa C-674/17, punto 35.
(125) In una causa riguardante la disposizione comparabile dell'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE (direttiva Uccelli) (sentenza del 27 aprile 1988, Commissione/Francia, causa C-252/85, EU:C:1988:202), la Corte ha dichiarato che: "emerge inoltre dall'art[icolo] 2, in relazione con l'undicesimo considerando della direttiva, che il criterio delle piccole quantità non ha carattere assoluto, ma si riferisce alla conservazione della popolazione complessiva ed alla situazione riproduttiva della specie in questione". 
(126) Causa C-674/17, punto 72. Cfr. anche sentenza dell'8 giugno 2006, WWF Italia e altri, C‑60/05, EU:C:2006:378, punti 25 e 29 e sentenza del 21 giugno 2018, Commissione/Malta, C‑557/15, EU:C:2018:477, punto 62 nel contesto dell'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE (direttiva Uccelli).
(127) Causa C-674/17, punti da 70 a 72.
(128)    Ciò è anche coerente con le indicazioni fornite nella Guida alla disciplina della caccia nell'ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici per la definizione di "piccole quantità". Secondo la guida, per "piccole quantità" si devono intendere una cifra molto più bassa di quelle che caratterizzano il prelievo di uccelli ai sensi dell'articolo 7 e una ancora più bassa per le specie che non devono essere cacciate.
(129) Sentenza dell'8 giugno 2006, WWF Italia e altri/Regione Lombardia, causa C-60/05, EU:C:2006:378.
(130) Causa C-674/17, punto 73.
(131) Causa C-674/17, punto 74.
(132) Ligue royale belge pour la protection des oiseaux ASBL e Société d'études ornithologiques AVES ASBL/Regione vallona, causa C-10/96; sentenza del 16 ottobre 2003, Ligue pour la protection des oiseaux e altri/Premier ministre e Ministre de l'Aménagement du territoire et de l'Environnement, causa C-182/02, EU:C:2003:558.
(133)  Causa C-674/17, punto 51.
(134) Causa C-674/17, punto 48.
(135) Cfr., per il principio di proporzionalità nel contesto dell'articolo 6, la comunicazione della Commissione C(2018) 7621 final, "Gestione dei siti Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE", pag. 55;    https://eur‑lex.europa.eu/search.html?scope=EURLEX&text=52019XC0125%2807%29&lang=it&type=quick&qid=1631727955247.
(136) Cfr. le conclusioni dell'avvocato generale nella causa C-10/96, punto 33.
(137) Secondo l'avvocato generale nella causa C-10/96, tale termine "può essere interpretato nel senso che significa una soluzione diretta a risolvere il particolare problema con cui si confrontano le autorità nazionali ed al tempo stesso rispettosa nella misura del possibile dei divieti posti dalla direttiva; una deroga può essere ammessa soltanto laddove non possa adottarsi nessun'altra soluzione che non implichi l'inosservanza dei divieti in parola".
(138) Cfr. le conclusioni dell'avvocato generale nella causa C-342/05, punti da 24 a 27.
(139) Cfr. anche le conclusioni dell'avvocato generale nella causa C-10/96, punto 39.
(140) Ligue pour la protection des oiseaux e altri/Premier ministre e Ministre de l'Aménagement du territoire et de l'Environnement, causa C-182/02, punto 16.
(141) Cfr. anche la sentenza del 15 dicembre 2005, Commissione/Finlandia, causa C-344/03, EU:C:2005:770, punti da 18 a 46.
(142) Sentenza del 9 dicembre 2004, Commissione/Spagna, causa C-79/03, EU:C:2004:782, punto 27. Cfr. anche le conclusioni dell'avvocato generale del 7 novembre 1996 relative alla causa C-10/96, EU:C:1996:430, punto 36: "l'art[icolo] 9 ammette deroghe 'sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti' e non laddove l'applicazione di un divieto fosse solo fonte di qualche inconveniente per le persone interessate o imponesse loro di cambiare abitudini". "È inerente alla protezione dell'ambiente che talune categorie di persone possano venire costrette a modificare il loro comportamento nell'ambito del perseguimento di un interesse generale; un esempio è dato, nel presente caso, dall'abolizione, per effetto di una direttiva, della 'tesa' o della 'cattura di uccelli a fini ricreativi'". "La circostanza che attività siffatte siano 'ancestrali' o costituiscano il retaggio di una 'tradizione storica e culturale' non è sufficiente per giustificare una deroga alla direttiva".
(143) Cfr. punti 21 e 22 e 26 e 27 della sentenza.
(144) Ligue royale belge pour la protection des oiseaux ASBL e Société d'études ornithologiques AVES ASBL/Regione vallona, causa C-10/96.
(145) In linea con il punto 3.4.12 del documento di orientamento sulla caccia ai sensi della direttiva 79/409/CEE del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
(146) Per la definizione di "area di ripartizione" (range) e "popolazione" (population), cfr. anche Reporting under Article 17 of the Habitats Directive - Explanatory Notes and Guidelines per il periodo 2013-2018, pag. 29f. https://cdr.eionet.europa.eu/help/habitats_art17 .
(147) Per quanto riguarda le specie con popolazioni transfrontaliere o le specie che migrano attraverso le frontiere dell'UE, si dovrebbe considerare, ove possibile o fattibile, l'area di ripartizione naturale complessiva di tali specie.
(148) Una metapopolazione consiste in un gruppo di popolazioni della stessa specie separate dal punto di vista territoriale ma che interagiscono a qualche livello. Il termine "metapopolazione" è stato coniato da Richard Levins nel 1969 per descrivere un modello di dinamica della popolazione di insetti parassiti nei campi agricoli, ma l'idea è stata più ampiamente applicata alle specie che vivono in habitat naturalmente o artificialmente frammentati.
(149) Cfr. in particolare: Commissione/Belgio, causa 247/85, punto 7; sentenza dell'8 luglio 1987, Commissione/Italia, causa 262/85, punto 7; WWF Italia/Regione Veneto, causa C-118/94, punto 21; causa C‑674/17, punto 41 
(150) Causa C-674/17, punto 59.
(151) Causa C-674/17, punto 61.
(152) Causa C-674/17, punto 60.
(153) Cfr. in particolare: sentenza del 10 maggio 2007, Commissione/Repubblica d'Austria, causa C-508/04, punto 115, e sentenza del 14 giugno 2007, Commissione/Finlandia, causa 342/05, punto 28.
(154)  Cfr. in particolare: Commissione/Repubblica d'Austria, causa C-508/04, punto 115, e Commissione/Finlandia, causa 342/05, punto 28.
(155) Sentenza del 14 giugno 2007, Commissione/Finlandia, causa 342/05, EU:C:2007:341, punto 29.
(156) Causa C-342/05; punti 30 e 31.
(157) Causa C-674/17; punti 68 e 69.
(158) Causa C-674-17; punto 66.
(159) Causa C-674/17, punto 66.
(160) Cfr. causa C-674/17, punto 41.
(161) Cfr., ad esempio, il modello olandese: Staatscourant (2015), Beleidslijn Tijdelijke Natuur (concept 11 juni 2015) - Nr. 209016; https://zoek.officielebekendmakingen.nl/stcrt-2015-29016.html .
(162) Per ulteriori informazioni, cfr. il sito web del progetto LIFE: https://www.lifeinquarries.eu .
(163) Cfr. anche la sentenza del 26 gennaio 2012, Commissione/Polonia, causa 192/11, EU:C:2012:44, punti 65 e 67, sulla disposizione comparabile dell'articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2009/147/EC (direttiva Uccelli).
(164) Secondo l'attuale accordo tra la Commissione europea e il Segretariato della convenzione di Berna, l'Unione europea raccoglie tutte le deroghe che gli Stati membri dell'UE hanno comunicato per un determinato periodo di riferimento e le trasmette al Segretariato della convenzione di Berna.
(165) È possibile accedere online allo strumento HaBiDeS+ all'indirizzo: https://webforms.eionet.europa.eu/ .
(166)   https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:01992L0043-20130701 .
(167)   https://link.springer.com/article/10.1007/s10344-012-0623-5 .
(168)   https://www.eea.europa.eu/publications/state-of-nature-in-the-eu-2020 .
(169) Ai sensi dell'articolo 17 della direttiva Habitat, Romania, Lituania, Lettonia, Estonia e Italia hanno riferito che il lupo si trova in uno stato di conservazione soddisfacente in tutte le loro regioni biogeografiche.
(170)   https://science.sciencemag.org/content/346/6216/1517 .
(171)   https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/promoting_management.htm .
(172) https://nature‑art17.eionet.europa.eu/article17/species/summary/?period=5&group=Mammals&subject=Canis+lupus&region .
(173)   https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2018/617488/IPOL_STU(2018)617488_EN.pdf .
(174) Lista rossa dell'IUCN delle specie minacciate 2018: https://www.iucnredlist.org/species/3746/144226239 . In alcuni casi altri dati recenti forniscono cifre che si discostano lievemente da quelle indicate nello studio di cui sopra per le popolazioni iberiche, delle Alpi centro-occidentali e della Carelia.
(175) https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/pdf/key_actions_large_carnivores_2015.pdf .
(176) LIFE09 NAT/ES/000533 INNOVATION AGAINST POISON; LIFE Antidoto LIFE07 NAT/IT/000436; LIFE PLUTO LIFE13 NAT/IT/000311; LIFE WOLFALPS LIFE12/NAT/IT/000807; WOLFLIFE (LIFE13 NAT/RO/000205).
(177) Salvatori, V et al (2020) European agreements for nature conservation need to explicitly address wolf-dog hybridisation, https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S000632071931674X .
(178) Salvatori, V et al. (2019).
(179)   https://rm.coe.int/0900001680746351 .
(180) http://www.auvergne-rhone-alpes.developpement-durable.gouv.fr/IMG/pdf/20200327bilandommages2019_especes.pdf .
(181)   https://www.dbb-wolf.de/Wolfsvorkommen/territorien/karte-der-territorien .
(182) https://www.slu.se/globalassets/ew/org/centrb/vsc/vsc-dokument/vsc-publikationer/rapporter/viltskadestatistikrapporter/viltskadestatistik-2018-1-webb.pdf .
(183) Nonostante occorra riconoscere che il potenziale di aggressione dei lupi nei confronti delle persone è maggiore di zero [...] vi sono attualmente oltre 12 000 lupi in Europa e più di 50 000 lupi in Nord America, molti dei quali vivono in prossimità di milioni di esseri umani, eppure esistono prove solo di una manciata di attacchi negli ultimi decenni (Predators That Kill Humans: Myth, Reality, Context and the Politics of Wolf Attacks on People)  https://www.researchgate.net/publication/301267098 .
(184) Cfr., a titolo di esempio, i carnieri di ungulati in Francia negli ultimi anni. http://www.oncfs.gouv.fr/Tableaux-de-chasse-ru599/-Grands-ongules-Tableaux-de-chasse-nationaux-news467 .
(185) Cfr. anche Carpio et al (2020) Wild ungulate overabundance in Europe: contexts, causes, monitoring and management recommendations.
(186) Per esempio le divergenze tra posizioni a sostegno dei paesaggi produttivi tradizionali, dei paesaggi del patrimonio, dei paesaggi ricreativi, dei paesaggi di conservazione della natura o dei paesaggi multifunzionali; oppure i conflitti e le tensioni legati al passaggio da stili di vita tradizionali (e rurali) in declino a stili di vita moderni (e urbani). https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/pdf/task_4_conflict_coexistence.pdf . https://www.lcie.org/Blog/ArtMID/6987/ArticleID/65/The-symbolic-wolf-Competing-visions-of-the-European-landscapes .
(187)   https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/promoting_best_practices.htm .
(188)   https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/coexistence_platform.htm .
(189)   https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/case_studies.htm .
(190)   https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2018/596844/IPOL_STU(2018)596844_EN.pdf .
(191) https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/pdf/Briefing%20note%20state%20aid_EU%20Platform.pdf .
(192)   http://www.protectiondestroupeaux.ch/it/cdpnews/ .
(193) https://www.miteco.gob.es/es/biodiversidad/temas/conservacion-de-especies/especies-silvestres/ce-silvestres-interacciones.aspx.
(194) http://ex.lifewolfalps.eu/wp-content/uploads/2014/05/LWA_brochure-E3_168x240_5mm-abbondanzaBassa.pdf .
(195)   https://www.loupfrance.fr/suivi-du-loup/situation-du-loup-en-france/ .
(196) Dai sondaggi d'opinione condotti da Savanta ComRes nel 2020 in sei Stati membri emerge che la maggior parte delle persone è contraria all'uccisione dei lupi anche quando attaccano gli animali da allevamento. https://www.eurogroupforanimals.org/news/new-poll-shows-eu-citizens-stand-wolves .
(197) https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/case_studies_sub_rural_development_programmes.htm .
(198) https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/food-farming-fisheries/key_policies/documents/factsheet-agri-practices-under-ecoscheme_en.pdf .
(199) Cfr. ad esempio il progetto "Carnivora Dinarica" tra Slovenia e Croazia: https://www.carnivoradinarica.eu/en/ . Ulteriori informazioni sui progetti Interreg in materia di biodiversità: https://ec.europa.eu/environment/nature/natura2000/financing/docs/Interreg%20Natura2000.pdf .
(200) https://ec.europa.eu/environment/nature/conservation/species/carnivores/pdf/Briefing%20note%20state%20aid_EU%20Platform.pdf .
(201)   https://ec.europa.eu/environment/nature/natura2000/financing/docs/PAF%20format%20EN.docx .
(202) Punto 32.
(203) Cfr. causa C-674/17, punto 37. "Di conseguenza, l'obiettivo di una deroga fondata sull'articolo 16, paragrafo 1, lettera e), della direttiva [H]abitat, in linea di principio, non può confondersi con gli obiettivi delle deroghe basate sull'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d), della suddetta direttiva, sicché la prima disposizione può fungere da fondamento per l'adozione di una deroga solo nei casi in cui le seconde disposizioni non siano pertinenti".
(204) Causa C-674/17, punto 73.