ISSN 1977-0707 doi:10.3000/19770707.L_2014.074.ita |
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Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74 |
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Edizione in lingua italiana |
Legislazione |
57.° anno |
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(1) Testo rilevante ai fini del SEE |
IT |
Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata. I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco. |
II Atti non legislativi
REGOLAMENTI
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/1 |
REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 240/2014 DELLA COMMISSIONE
del 7 gennaio 2014
recante un codice europeo di condotta sul partenariato nell’ambito dei fondi strutturali e d'investimento europei
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1) |
Il presente regolamento ha l’obiettivo di fornire un codice europeo di condotta per sostenere e agevolare gli Stati membri nell’organizzazione di partenariati finalizzati agli accordi di partenariato e ai programmi finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), dal Fondo sociale europeo (FSE), dal Fondo di coesione, dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Tali fondi operano ora nell’ambito di un quadro comune e sono denominati «fondi strutturali e d'investimento europei» (in appresso «fondi SIE»). |
(2) |
Lavorare in partenariato è un principio consolidato nell’attuazione dei fondi SIE. Il partenariato implica una stretta cooperazione tra autorità pubbliche, parti economiche e sociali e organismi che rappresentano la società civile a livello nazionale, regionale e locale nel corso dell’intero ciclo del programma, che si articola in preparazione, attuazione, sorveglianza e valutazione. |
(3) |
È opportuno che i partner selezionati siano il più possibile rappresentativi delle parti interessate. Occorre che le procedure di selezione siano trasparenti e tengano conto dei diversi contesti istituzionali e giuridici degli Stati membri e delle loro competenze nazionali e regionali. |
(4) |
I partner dovrebbero includere autorità pubbliche, parti economiche e sociali e organismi che rappresentano la società civile, compresi i partner ambientali e le organizzazioni locali e di volontariato, che possono influenzare significativamente l’attuazione dell’accordo di partenariato e dei programmi o risentire dei loro effetti. È opportuno prestare una particolare attenzione all’inclusione dei gruppi che possono risentire degli effetti dei programmi ma che incontrano difficoltà a influenzarli, in particolare delle comunità più vulnerabili ed emarginate, a più alto rischio di discriminazione o esclusione sociale, segnatamente delle persone con disabilità, dei migranti e dei Rom. |
(5) |
Per la selezione dei partner è opportuno tenere conto delle differenze tra accordi di partenariato e programmi. Gli accordi di partenariato riguardano tutti i fondi SIE che forniscono sostegno a ciascuno Stato membro, mentre i programmi fanno riferimento soltanto ai fondi SIE dai quali ricevono un contributo. I partner degli accordi di partenariato dovrebbero essere quelli pertinenti in considerazione dell’uso di tutti i fondi SIE, mentre per i programmi è sufficiente che i partner siano quelli pertinenti in considerazione dell’uso previsto dei fondi SIE che contribuiscono al programma. |
(6) |
I partner devono essere coinvolti nell’elaborazione e nell’attuazione degli accordi di partenariato e dei programmi. A tale scopo, è necessario stabilire i principi essenziali e le buone prassi in materia di consultazione tempestiva, pertinente e trasparente dei partner sull’analisi delle sfide e delle esigenze da fronteggiare, sulla selezione degli obiettivi e delle priorità per raggiungerli, e sulle strutture di coordinamento e sugli accordi di governance a più livelli necessari per una realizzazione efficace delle politiche. |
(7) |
I partner dovrebbero essere rappresentati in seno ai comitati di sorveglianza dei programmi. Le norme che disciplinano la composizione e le procedure dei comitati dovrebbero promuovere la continuità e la responsabilità nella programmazione e nell’attuazione, e accordi di lavoro chiari e trasparenti, nonché la tempestività e la non discriminazione. |
(8) |
È opportuno che i partner, mediante la loro partecipazione attiva ai comitati di sorveglianza, siano coinvolti nella valutazione del grado di efficienza per le diverse priorità, delle pertinenti relazioni sui programmi e, se del caso, degli inviti a presentare proposte. |
(9) |
Va agevolato un partenariato efficace aiutando i partner interessati a rafforzare la loro capacità istituzionale in vista della preparazione e dell’attuazione dei programmi. |
(10) |
La Commissione dovrebbe facilitare lo scambio di buone prassi, rafforzando la capacità istituzionale e la diffusione dei risultati di maggior rilievo tra gli Stati membri, le autorità di gestione e i rappresentanti dei partner attraverso l’istituzione di una comunità di prassi sul partenariato riguardanti tutti i fondi SIE. |
(11) |
È opportuno che il ruolo dei partner nell’attuazione degli accordi di partenariato e i risultati e l’efficacia del partenariato nel periodo di programmazione siano sottoposti a valutazione da parte degli Stati membri. |
(12) |
Al fine di sostenere e agevolare gli Stati membri nell’organizzazione del partenariato, la Commissione dovrebbe mettere a disposizione alcuni esempi delle migliori prassi esistenti negli Stati membri, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
Il presente regolamento stabilisce il codice europeo di condotta sul partenariato per gli accordi di partenariato e i programmi sostenuti dai fondi strutturali e d'investimento europei.
CAPO II
PRINCIPI ESSENZIALI RELATIVI A PROCEDURE TRASPARENTI PER L’IDENTIFICAZIONE DEI PARTNER INTERESSATI
Articolo 2
Rappresentatività dei partner
Gli Stati membri provvedono a che i partner di cui all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1303/2013 siano il più possibile rappresentativi delle parti interessate e siano nominati in qualità di rappresentanti debitamente autorizzati, tenendo conto delle loro competenze, della capacità di partecipare attivamente e di un adeguato livello di rappresentanza.
Articolo 3
Identificazione dei partner pertinenti per gli accordi di partenariato
1. Per l’accordo di partenariato, gli Stati membri devono identificare i partner pertinenti tra, come minimo:
a) |
le autorità regionali, locali, cittadine e le altre autorità pubbliche competenti, tra cui:
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b) |
le parti economiche e sociali, tra cui:
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c) |
organismi che rappresentano la società civile, quali partner ambientali, organizzazioni non governative e organismi di promozione dell’inclusione sociale, della parità di genere e della non discriminazione, tra cui:
|
2. Qualora le autorità pubbliche, le parti economiche e sociali e gli organismi che rappresentano la società civile abbiano creato un organismo che raggruppa i loro interessi al fine di favorire il loro coinvolgimento nel partenariato (organizzazione ombrello), essi possono designare un unico rappresentante che presenti il punto di vista dell’organizzazione ombrello in seno al partenariato.
Articolo 4
Identificazione dei partner pertinenti per i programmi
1. Per ciascun programma, gli Stati membri devono identificare i partner pertinenti tra, come minimo:
a) |
le autorità regionali, locali, cittadine e le altre autorità pubbliche competenti, tra cui:
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b) |
le parti economiche e sociali, tra cui:
|
c) |
organismi che rappresentano la società civile, quali partner ambientali, organizzazioni non governative e organismi di promozione dell’inclusione sociale, della parità di genere e della non discriminazione, tra cui:
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2. Per quanto riguarda i programmi di cooperazione territoriale europea, gli Stati membri possono coinvolgere nel partenariato:
i) |
gruppi europei di cooperazione territoriale che operano nell’ambito dei rispettivi programmi transfrontalieri o transnazionali; |
ii) |
autorità o organismi coinvolti nello sviluppo o nell’attuazione di una strategia macroregionale o per i bacini marittimi nella zona interessata dal programma, compresi i coordinatori di settori prioritari per le strategie macroregionali. |
3. Qualora le autorità pubbliche, le parti economiche e sociali e gli organismi che rappresentano la società civile abbiano creato un’organizzazione ombrello, essi possono designare un unico rappresentante che presenti il punto di vista dell’organizzazione ombrello in seno al partenariato.
CAPO III
PRINCIPI ESSENZIALI E BUONE PRASSI IN MATERIA DI COINVOLGIMENTO DEI PARTNER PERTINENTI NELLA PREPARAZIONE DELL’ACCORDO DI PARTENARIATO E DEI PROGRAMMI
Articolo 5
Consultazione dei partner pertinenti nella preparazione dell’accordo di partenariato e dei programmi
1. Al fine di garantire la trasparenza e il coinvolgimento effettivo dei partner pertinenti, gli Stati membri e le autorità di gestione li consultano sul processo e sulla tempistica della preparazione dell’accordo di partenariato e dei programmi. A tal fine, essi li tengono pienamente informati del loro contenuto e delle eventuali modifiche.
2. Per quanto riguarda la consultazione dei partner interessati, gli Stati membri tengono conto della necessità di:
a) |
comunicare tempestivamente le informazioni pertinenti e renderle facilmente accessibili; |
b) |
dare ai partner tempo sufficiente per analizzare e commentare i principali documenti preparatori, il progetto di accordo di partenariato e i progetti di programmi; |
c) |
mettere a disposizione canali attraverso i quali i partner possono porre domande, fornire contributi ed essere informati del modo in cui le loro proposte sono state prese in considerazione: |
d) |
divulgare i risultati delle consultazioni. |
3. Per quanto riguarda i programmi di sviluppo rurale, gli Stati membri devono tenere conto del ruolo che le reti rurali nazionali istituite in conformità all’articolo 54 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) possono svolgere per il coinvolgimento dei partner pertinenti.
4. Qualora siano in essere accordi formali tra i differenti livelli di governo al di sotto del livello nazionale, lo Stato membro terrà conto di tali accordi di governance a più livelli conformemente al suo quadro istituzionale e giuridico.
Articolo 6
Preparazione dell’accordo di partenariato
Gli Stati membri, in conformità al loro quadro istituzionale e giuridico, coinvolgono i partner pertinenti nella preparazione dell’accordo di partenariato, in particolare per quanto riguarda:
a) |
l’analisi delle disparità, delle esigenze di sviluppo e del potenziale di crescita con riguardo agli obiettivi tematici, compresi quelli definiti nelle raccomandazioni pertinenti specifiche per paese; |
b) |
le sintesi delle condizionalità ex ante dei programmi e le conclusioni essenziali di eventuali valutazioni ex ante dell’accordo di partenariato effettuate su iniziativa dello Stato membro; |
c) |
la scelta degli obiettivi tematici, la dotazione indicativa dei fondi SIE e i loro principali risultati attesi; |
d) |
l’elenco dei programmi e i meccanismi a livello nazionale e regionale finalizzati al coordinamento tra i fondi SIE e dei fondi SIE con altri strumenti di finanziamento dell’Unione e nazionali e con la Banca europea per gli investimenti; |
e) |
le modalità per garantire un approccio integrato all’uso dei fondi SIE per lo sviluppo territoriale delle zone urbane, rurali, costiere e di pesca e delle zone con caratteristiche territoriali particolari; |
f) |
le modalità per garantire un approccio integrato per rispondere ai bisogni specifici delle aree geografiche particolarmente colpite dalla povertà e dei gruppi di destinatari a più alto rischio di discriminazione o di esclusione, con particolare riguardo per le comunità emarginate; |
g) |
l’applicazione dei principi orizzontali di cui agli articoli 5, 7 e 8 del regolamento (UE) n. 1303/2013. |
Articolo 7
Informazioni sul coinvolgimento dei partner pertinenti nell’accordo di partenariato
Gli Stati membri forniscono in relazione all’accordo di partenariato almeno le seguenti informazioni:
a) |
l’elenco dei partner coinvolti nella preparazione dell’accordo di partenariato; |
b) |
le azioni intraprese per garantire la partecipazione attiva dei partner, comprese le azioni intraprese in termini di accessibilità, in particolare per le persone con disabilità; |
c) |
il ruolo dei partner nella preparazione dell’accordo di partenariato; |
d) |
i risultati della consultazione con i partner e una descrizione del suo valore aggiunto nella preparazione dell’accordo di partenariato. |
Articolo 8
Preparazione dei programmi
Gli Stati membri, in conformità al loro quadro istituzionale e giuridico, coinvolgono i partner pertinenti nella preparazione dei programmi, in particolare per quanto riguarda:
a) |
l’analisi e l’identificazione delle esigenze; |
b) |
la definizione o la selezione delle priorità e dei relativi obiettivi specifici; |
c) |
l’assegnazione dei finanziamenti; |
d) |
la definizione degli indicatori specifici dei programmi; |
e) |
l’applicazione dei principi orizzontali quali definiti agli articoli 7 e 8 del regolamento (UE) n. 1303/2013; |
f) |
la composizione del comitato di sorveglianza. |
Articolo 9
Informazioni sul coinvolgimento dei partner pertinenti nei programmi
Gli Stati membri forniscono in relazione ai programmi almeno le seguenti informazioni:
a) |
le azioni adottate per coinvolgere i partner pertinenti nella preparazione dei programmi e nelle relative modifiche; |
b) |
le azioni previste per garantire la partecipazione dei partner all’attuazione dei programmi. |
CAPO IV
BUONE PRASSI RELATIVE ALLA FORMULAZIONE DELLE NORME CHE DISCIPLINANO LA COMPOSIZIONE E LE PROCEDURE INTERNE DEI COMITATI DI SORVEGLIANZA
Articolo 10
Norme che disciplinano la composizione del comitato di sorveglianza
1. Nel formulare le norme che disciplinano la composizione del comitato di sorveglianza gli Stati membri prendono in considerazione il coinvolgimento dei partner che hanno partecipato alla preparazione dei programmi e mirano a promuovere la parità tra uomini e donne e la non discriminazione.
2. Per quanto riguarda i comitati di sorveglianza dei programmi di cooperazione territoriale europea, i partner possono essere rappresentati da organizzazioni ombrello a livello transnazionale o dell’Unione nell’ambito dei programmi di cooperazione interregionale e transnazionale. Gli Stati membri possono coinvolgere i partner nella preparazione del comitato di sorveglianza, in particolare tramite la loro partecipazione ai comitati di coordinamento a livello nazionale negli Stati membri partecipanti.
Articolo 11
Norme che disciplinano la procedura del comitato di sorveglianza
Nel formulare le norme che disciplinano la procedura, i comitati di sorveglianza devono tenere conto dei seguenti elementi:
a) |
i diritti di voto dei membri; |
b) |
il preavviso da dare per le riunioni e la trasmissione dei documenti che, come regola generale, non può essere inferiore a 10 giorni lavorativi; |
c) |
le modalità di pubblicazione e accessibilità dei documenti preparatori presentati al comitato di sorveglianza; |
d) |
la procedura di adozione, pubblicazione e accessibilità dei verbali; |
e) |
le modalità di istituzione dei gruppi di lavoro e relative alle loro attività nell’ambito dei comitati di sorveglianza; |
f) |
le disposizioni sul conflitto di interessi per i partner coinvolti nella sorveglianza, nella valutazione e negli inviti a presentare proposte; |
g) |
le condizioni, i principi e le modalità che regolamentano i rimborsi, le opportunità di sviluppo delle capacità e il ricorso all’assistenza tecnica. |
CAPO V
PRINCIPI ESSENZIALI E BUONE PRASSI PER QUANTO RIGUARDA IL COINVOLGIMENTO DEI PARTNER PERTINENTI NELLA PREPARAZIONE DI INVITI A PRESENTARE PROPOSTE E RELAZIONI SULLO STATO DEI LAVORI E IN MATERIA DI SORVEGLIANZA E DI VALUTAZIONE DEI PROGRAMMI
Articolo 12
Obblighi in merito alla protezione dei dati, alla riservatezza e al conflitto di interessi
Gli Stati membri provvedono a che i partner coinvolti nella preparazione di inviti a presentare proposte, relazioni sullo stato dei lavori e attività di sorveglianza e valutazione dei programmi siano consapevoli dei loro obblighi relativi alla protezione dei dati, alla riservatezza e al conflitto di interessi.
Articolo 13
Coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione degli inviti a presentare proposte
Le autorità di gestione prendono i provvedimenti necessari per evitare potenziali conflitti di interesse quando coinvolgono i partner nella preparazione di inviti a presentare proposte o nella loro valutazione.
Articolo 14
Coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione delle relazioni sullo stato dei lavori
Gli Stati membri coinvolgono i partner pertinenti nella preparazione delle relazioni sullo stato dei lavori concernenti l’esecuzione dell’accordo di partenariato di cui all’articolo 52 del regolamento (UE) n. 1303/2013, in particolare per quanto riguarda la valutazione del ruolo dei partner nell’esecuzione dell’accordo di partenariato e la panoramica dei pareri formulati dai partner nel corso della consultazione, compresa, se del caso, la descrizione del modo in cui i pareri dei partner sono stati presi in considerazione.
Articolo 15
Coinvolgimento dei partner pertinenti nella sorveglianza dei programmi
Le autorità di gestione coinvolgono i partner, nel quadro del comitato di sorveglianza e dei loro gruppi di lavoro, nel valutare l’efficacia del programma, comprese le conclusioni della verifica di efficacia dell’attuazione, e nella preparazione delle relazioni di attuazione annuali relative ai programmi.
Articolo 16
Coinvolgimento dei partner nella valutazione dei programmi
1. Le autorità di gestione coinvolgono i partner pertinenti nella valutazione dei programmi nell’ambito dei comitati di sorveglianza e, se del caso, dei gruppi di lavoro specifici istituiti dai comitati di sorveglianza a tal fine.
2. Le autorità di gestione dei programmi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di coesione consultano i partner sulle relazioni che sintetizzano le conclusioni delle valutazioni effettuate durante il periodo di programmazione, in conformità all’articolo 114, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
CAPO VI
AREE DI MASSIMA, TEMATICHE E BUONE PRASSI SULL’UTILIZZO DEI FONDI SIE PER RAFFORZARE LA CAPACITÀ ISTITUZIONALE DEI PARTNER PERTINENTI E RUOLO DELLA COMMISSIONE NELLA DIVULGAZIONE DELLE BUONE PRASSI
Articolo 17
Rafforzare la capacità istituzionale dei partner pertinenti
1. L’autorità di gestione esamina la necessità di avvalersi di assistenza tecnica al fine di sostenere il rafforzamento delle capacità istituzionali dei partner, in particolare per quanto riguarda i piccoli enti locali, le parti economiche e sociali e le organizzazioni non governative, al fine di aiutarli a partecipare con efficacia alla preparazione, all’attuazione, alla sorveglianza e alla valutazione dei programmi.
2. Il sostegno di cui al paragrafo 1 può assumere la forma di, tra l’altro, seminari ad hoc, sessioni di formazione, coordinamento e collegamento in rete di strutture o contributi ai costi di partecipazione a riunioni sulla preparazione, sull’attuazione, sulla sorveglianza e sulla valutazione del programma.
3. Per i programmi di sviluppo rurale, il sostegno di cui al paragrafo 1 può essere fornito attraverso la rete rurale nazionale stabilita in conformità all’articolo 54 del regolamento (UE) n. 1305/2013.
4. Per i programmi del FSE, le autorità di gestione nelle regioni meno sviluppate, nelle regioni in transizione o negli Stati membri ammissibili al sostegno del Fondo di coesione garantiscono che, in base alle esigenze, siano assegnate adeguate risorse del FSE alle attività di sviluppo delle capacità delle parti sociali e delle organizzazioni non governative che partecipano ai programmi.
5. Per la cooperazione territoriale europea, il sostegno di cui ai paragrafi 1 e 2 può inoltre coprire il sostegno ai partner per il potenziamento delle capacità istituzionali finalizzate alla partecipazione ad attività di cooperazione internazionale.
Articolo 18
Ruolo della Commissione nella divulgazione delle buone prassi
1. La Commissione istituisce un meccanismo di cooperazione denominato comunità europea di prassi sul partenariato, che è comune ai fondi SIE e aperto agli Stati membri interessati, alle autorità di gestione e alle organizzazioni che rappresentano i partner a livello di Unione.
La comunità europea di prassi sul partenariato agevola lo scambio di esperienze, lo sviluppo di capacità, nonché la diffusione dei risultati di maggior rilievo.
2. La Commissione rende disponibili gli esempi di buone prassi nell’organizzazione del partenariato.
3. Lo scambio di esperienze in merito all’individuazione, al trasferimento e alla diffusione di buone prassi e di approcci innovativi in relazione all’attuazione dei programmi e delle azioni di cooperazione interregionale di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) comprende l’esperienza del partenariato nei programmi di cooperazione.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 19
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 gennaio 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(2) Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22).
(3) Direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37).
(4) Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23).
(5) Regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 487).
(6) Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all’obiettivo di cooperazione territoriale europea (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259).
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/8 |
REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 241/2014 DELLA COMMISSIONE
del 7 gennaio 2014
che integra il regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione sui requisiti di fondi propri per gli enti
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (1), in particolare l’articolo 26, paragrafo 4, terzo comma; l’articolo 27, paragrafo 2, terzo comma; l’articolo 28, paragrafo 5, terzo comma; l’articolo 29, paragrafo 6, terzo comma; l’articolo 32, paragrafo 2, terzo comma; l’articolo 36, paragrafo 2, terzo comma; l’articolo 41, paragrafo 2, terzo comma; l’articolo 52, paragrafo 2, terzo comma; l’articolo 76, paragrafo 4, terzo comma; l’articolo 78, paragrafo 5, terzo comma; l’articolo 79, paragrafo 2, terzo comma; l’articolo 83, paragrafo 2, terzo comma; l’articolo 481, paragrafo 6, terzo comma; l’articolo 487, paragrafo 3, terzo comma,
considerando quanto segue:
(1) |
Le disposizioni del presente regolamento sono strettamente interconnesse, poiché si riferiscono a elementi dei requisiti di fondi propri degli enti e a deduzioni da questi stessi elementi dei fondi propri per l’applicazione del regolamento (UE) n. 575/2013. Per garantire la coerenza fra tali disposizioni, che devono entrare in vigore contemporaneamente, e per consentire alle persone soggette a tali requisiti di avere una visione globale e un accesso unico a dette disposizioni, è auspicabile riunire in un unico regolamento tutte le norme tecniche di regolamentazione previste dal regolamento (UE) n. 575/2013. |
(2) |
Al fine di garantire una maggiore convergenza in tutta l’Unione per quanto riguarda le modalità con cui i dividendi devono essere dedotti dagli utili di periodo o di fine esercizio, è necessario introdurre una gerarchia delle modalità per valutare la deduzione: in primo luogo la decisione sulle distribuzioni da parte dell’organo competente, in secondo luogo la politica dei dividendi e in terzo luogo il tasso storico di distribuzione degli utili. |
(3) |
Di conseguenza, oltre ai requisiti generali di fondi propri, integrati o modificati dai requisiti specifici fissati in termini di fondi propri per questi tipi di enti, è necessario specificare le condizioni in base alle quali le autorità competenti possono stabilire che un tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile ha i requisiti per essere ritenuto una società mutua o cooperativa, un ente di risparmio o un ente analogo ai fini dei fondi propri, al fine di attenuare il rischio che un ente possa operare con lo specifico status di società mutua o cooperativa, ente di risparmio o ente analogo a cui si possono applicare requisiti di fondi propri specifici, se l’ente non possiede caratteristiche comuni agli enti del settore bancario cooperativo dell’Unione. |
(4) |
Per un ente riconosciuto, ai sensi della normativa nazionale applicabile, quale società mutua o cooperativa, ente di risparmio o ente analogo, è opportuno in alcuni casi distinguere tra i possessori di strumenti di capitale primario di classe 1 dell’ente e i membri di tale ente, dal momento che i membri solitamente devono possedere strumenti di capitale per aver diritto ai dividendi nonché a parte degli utili e delle riserve. |
(5) |
In generale, la caratteristica comune di una società mutua o cooperativa, di un ente di risparmio o di un ente analogo è quella di svolgere un’attività a vantaggio dei clienti e dei membri dell’ente, e di offrire un servizio al pubblico. L’obiettivo principale non è di generare e pagare un rendimento finanziario ai fornitori esterni di capitale, come fanno le società per azioni con i loro azionisti. Per questo motivo, gli strumenti di capitale utilizzati da questi enti sono diversi dagli strumenti di capitale emessi dalle società per azioni, che solitamente concedono ai possessori pieno accesso alle riserve e agli utili in situazione sia di continuità aziendale che di liquidazione e sono trasferibili a terzi. |
(6) |
Per quanto riguarda le società cooperative, generalmente una caratteristica comune consiste nella capacità dei membri di ritirarsi e quindi di richiedere il rimborso degli strumenti di capitale primario di classe 1 che essi possiedono. Ciò non impedisce a una società cooperativa di emettere strumenti di capitale primario di classe 1 ammissibili che i possessori non possono restituire all’ente, a condizione che tali strumenti rispettino le disposizioni di cui all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 575/2013. Se un ente emette diverse tipologie di strumenti conformi all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 575/2013, non si dovrebbero conferire privilegi solo ad alcune di queste tipologie di strumenti, salvo quelli previsti all’articolo 29, paragrafo 4, di tale regolamento. |
(7) |
L’organizzazione degli enti di risparmio è solitamente simile a quella di una fondazione, il che significa che il capitale non è posseduto da nessuno, per cui nessuno partecipa al capitale e può beneficiare degli utili dell’ente. Una delle principali caratteristiche delle società mutue è che generalmente i membri non contribuiscono al capitale dell’ente e nel corso normale dell’attività non beneficiano della distribuzione diretta delle riserve. Ciò non dovrebbe impedire a questi enti di emettere, al fine di sviluppare la propria attività, strumenti di capitale primario di classe 1 a favore di investitori o membri che possono partecipare al capitale e beneficiare in una certa misura delle riserve in situazione sia di continuità aziendale che di liquidazione. |
(8) |
Tutti gli enti esistenti già costituiti e riconosciuti come società mutue, società cooperative, enti di risparmio o enti analoghi ai sensi della normativa nazionale applicabile prima del 31 dicembre 2012 continuano a essere classificati come tali ai fini della parte due del regolamento (UE) n. 575/2013, indipendentemente dalla loro forma giuridica, purché continuino a soddisfare i criteri che hanno determinato il riconoscimento come uno di tali soggetti ai sensi della normativa nazionale applicabile. |
(9) |
Per definire le situazioni che sarebbero qualificate come finanziamenti indiretti per tutte le tipologie di strumenti di capitale, è più pratico e completo farlo specificando le caratteristiche del concetto opposto, ossia del finanziamento diretto. |
(10) |
Le norme sui fondi propri da applicare alle società mutue, alle società cooperative, agli enti di risparmio o ad enti analoghi dovrebbero tenere debitamente conto delle specificità di tali enti. È necessario prevedere alcune norme affinché tali enti siano in grado di limitare il rimborso dei propri strumenti di capitale, se del caso. Quindi, laddove il rifiuto al rimborso degli strumenti sia proibito ai sensi della normativa nazionale applicabile per queste tipologie di enti, è essenziale che le disposizioni che regolano gli strumenti conferiscano all’ente la capacità di rinviare il loro rimborso e limitare l’importo da rimborsare. Inoltre, data l’importanza della capacità di limitare o rinviare il rimborso, le autorità competenti dovrebbero avere il potere di limitare il rimborso delle quote delle cooperative e gli enti dovrebbero documentare qualsiasi decisione volta a limitare il rimborso. |
(11) |
È necessario definire, e allineare con le prassi internazionali (quelle definite dal comitato di Basilea per la vigilanza bancaria), il trattamento del concetto di plusvalenza connesso al reddito futuro atteso nel contesto della cartolarizzazione, e garantire che nessuna plusvalenza revocabile venga inclusa tra i fondi propri di un ente, data la sua temporaneità. |
(12) |
Per evitare l’arbitraggio regolamentare e assicurare un’applicazione armonizzata delle norme sui requisiti patrimoniali nell’Unione, è importante garantire un approccio uniforme in merito alle deduzioni dai fondi propri di alcuni elementi come le perdite relative all’esercizio in corso, le attività fiscali differite che si basano sulla redditività futura e le attività dei fondi pensione a prestazioni definite. |
(13) |
Per garantire una valutazione coerente degli incentivi al rimborso in tutta l’Unione, è necessario descrivere i casi in cui ci si aspetta che lo strumento probabilmente verrà rimborsato. È altresì necessario elaborare norme che favoriscano la tempestiva attivazione dei meccanismi di assorbimento delle perdite per strumenti ibridi, in modo da aumentare in futuro l’assorbimento delle perdite di questi strumenti. Inoltre, poiché gli strumenti emessi da società veicolo offrono una minore certezza in termini prudenziali rispetto agli strumenti emessi direttamente, l’utilizzo di società veicolo per l’emissione indiretta di fondi propri deve essere limitata e inquadrata in termini rigorosi. |
(14) |
Occorre trovare un equilibrio tra la necessità di garantire un calcolo prudenzialmente appropriato delle esposizioni degli enti verso le partecipazioni indirette derivanti dalla detenzione di indici e la necessità di assicurare che questo non diventi eccessivamente oneroso per loro. |
(15) |
Si ritiene necessario prevedere un processo dettagliato e completo per la concessione dell’autorizzazione a ridurre i fondi propri da parte delle autorità di vigilanza competenti. I riacquisti integrali o parziali e i rimborsi degli strumenti di fondi propri non dovrebbero essere annunciati ai possessori prima che l’ente abbia ottenuto l’autorizzazione preventiva dell’autorità competente. Gli enti dovrebbero fornire un elenco dettagliato degli elementi, affinché l’autorità competente possa disporre di tutte le informazioni necessarie prima di decidere se concedere la propria approvazione. |
(16) |
Sono concesse, laddove opportuno, deroghe temporanee alla deduzione dagli elementi dei fondi propri per consentire l’attuazione di piani di assistenza finanziaria. Pertanto, la durata di tali deroghe non dovrebbe superare la durata dei piani di assistenza finanziaria. |
(17) |
Affinché le società veicolo abbiano i requisiti per essere incluse tra gli elementi dei fondi propri aggiuntivi di classe 1 e 2, le attività di tali società non investite in strumenti di fondi propri emessi dagli enti dovrebbero rimanere a un livello minimo e poco significativo. A tale scopo, a questo importo delle attività viene imposto un limite espresso in relazione alla media delle attività totali della società veicolo. |
(18) |
Le disposizioni transitorie mirano a consentire un passaggio agevole al nuovo quadro normativo; è quindi importante che il trattamento previsto dalle disposizioni transitorie per filtri e deduzioni contenute nel regolamento (UE) n. 575/2013 sia applicato uniformemente, ma in modo da tenere conto del punto di partenza originario creato dalle norme nazionali che recepiscono il precedente regime normativo dell’Unione rappresentato dalle direttive 2006/48/CE (2) e 2006/49/CE (3) del Parlamento europeo e del Consiglio. |
(19) |
Gli strumenti di capitale primario di classe 1 o di capitale aggiuntivo di classe 1 in eccesso soggetti alla clausola grandfathering conformemente alle disposizioni transitorie del regolamento (UE) n. 575/2013 possono, sulla base di tali disposizioni, essere inclusi nei limiti degli strumenti soggetti alla clausola grandfathering per le classi inferiori di capitale. Questo tuttavia non può alterare i limiti per gli strumenti soggetti alla clausola grandfathering per le classi inferiori; pertanto, qualsiasi inclusione nei limiti della clausola grandfathering per la classe inferiore dovrebbe essere possibile solo se vi è margine sufficiente in quella classe inferiore. Infine, poiché si tratta di strumenti in eccesso della classe superiore, dovrebbe essere possibile riclassificare successivamente questi strumenti in una classe superiore di capitale. |
(20) |
Il presente regolamento si basa sui progetti di norme tecniche di regolamentazione presentati dall’Autorità bancaria europea alla Commissione. |
(21) |
L’Autorità bancaria europea ha svolto consultazioni pubbliche sui progetti di norme tecniche di regolamentazione su cui si basa il presente regolamento, ne ha analizzato i potenziali costi e benefici e ha richiesto il parere del gruppo delle parti interessate nel settore bancario, istituito ai sensi dell’articolo 37 del regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). |
(22) |
È opportuno che l’Autorità bancaria europea effettui una revisione dell’applicazione del presente regolamento e, in particolare, delle norme in materia di procedure d’autorizzazione per il rimborso di strumenti di capitale primario di classe 1 delle società mutue, delle società cooperative, degli enti di risparmio o di enti analoghi, e proponga modifiche, se del caso. |
(23) |
L’Autorità bancaria europea ha consultato l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali in materia di trattamento degli strumenti di capitale di imprese di assicurazione e di riassicurazione di paesi terzi e in materia di trattamento degli strumenti di capitale delle imprese escluse dal campo di applicazione della direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) ai fini dell’articolo 36, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento fissa regole concernenti:
a) |
il significato di «prevedibile» quando si stabilisce se gli oneri e i dividendi prevedibili sono stati dedotti dai fondi propri ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
b) |
le condizioni in base alle quali le autorità competenti possono stabilire che un tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile ha i requisiti per essere ritenuto una società mutua o cooperativa, un ente di risparmio o un ente analogo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
c) |
le forme e la natura applicabili del finanziamento indiretto degli strumenti di capitale di cui all’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
d) |
la natura delle limitazioni del rimborso che si rendono necessarie quando la normativa nazionale applicabile vieta all’ente di rifiutare il rimborso degli strumenti di fondi propri, di cui all’articolo 29, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
e) |
l’ulteriore specifica del concetto di plusvalenza al momento della vendita di cui all’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
f) |
l’applicazione delle deduzioni dagli elementi del capitale primario di classe 1 e di altre deduzioni per il capitale primario di classe 1, il capitale aggiuntivo di classe 1 e il capitale di classe 2 ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
g) |
i criteri in base ai quali un’autorità competente autorizza un ente a ridurre l’importo delle attività dei fondi pensione a prestazioni definite di cui all’articolo 41, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
h) |
la forma e la natura degli incentivi al rimborso, la natura di un’eventuale rivalutazione del valore nominale di uno strumento aggiuntivo di classe 1 a seguito di una svalutazione del valore nominale a titolo temporaneo, le procedure e le scadenze relative ad eventi attivatori, le caratteristiche degli strumenti che potrebbero ostacolare la ricapitalizzazione e l’uso di società veicolo di cui all’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
i) |
il margine di prudenza richiesto in stime utilizzate in alternativa al calcolo delle esposizioni sottostanti per partecipazioni indirette derivanti dalla detenzione di indici di cui all’articolo 76, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
j) |
alcune condizioni particolari che devono essere soddisfatte prima che le autorità di vigilanza possano concedere l’autorizzazione a ridurre i fondi propri e la relativa procedura di cui all’articolo 78, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
k) |
le condizioni per la concessione di una deroga temporanea alla deduzione dai fondi propri di cui all’articolo 79, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
l) |
i tipi di attività che possono riguardare la gestione di società veicolo e i concetti di «minimo» e «non significativo» ai fini della determinazione del capitale aggiuntivo di classe 1 e del capitale di classe 2 ammissibili emessi da società veicolo di cui all’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
m) |
le condizioni particolari per gli aggiustamenti da apportare ai fondi propri in base alle disposizioni transitorie di cui all’articolo 481, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
n) |
le condizioni per gli elementi esclusi dalla clausola grandfathering per gli elementi di capitale primario di classe 1 o di capitale aggiuntivo di classe 1 in altri elementi dei fondi propri, di cui all’articolo 487, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013. |
CAPO II
ELEMENTI DEI FONDI PROPRI
SEZIONE 1
Capitale primario di classe 1 e relativi strumenti
Articolo 2
Il significato di «prevedibile» in dividendo prevedibile ai fini dell’articolo 26, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. L’importo dei dividendi prevedibili che gli enti devono dedurre dagli utili di periodo o di fine esercizio a norma dell’articolo 26, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013 è determinato conformemente ai paragrafi da 2 a 4.
2. Se l’organo di amministrazione dell’ente adotta formalmente o propone una decisione all’organismo competente dell’ente in merito all’importo dei dividendi da distribuire, tale importo è dedotto dagli utili di periodo o di fine esercizio corrispondenti.
3. Quando si distribuiscono dividendi intermedi, l’importo residuo degli utili di periodo derivante dal calcolo di cui al paragrafo 2, che deve essere aggiunto agli elementi del capitale primario di classe 1, è ridotto, tenendo conto delle norme di cui ai paragrafi 2 e 4, dell’importo di qualsiasi dividendo che si prevede sarà distribuito da quegli utili di periodo residui e versato con i dividendi finali per l’esercizio finanziario completo.
4. Prima che l’organo di amministrazione adotti formalmente o proponga una decisione all’organo competente in merito alla distribuzione dei dividendi, l’importo dei dividendi prevedibili che gli enti devono dedurre dagli utili di periodo o di fine esercizio è uguale all’importo degli utili di periodo o di fine esercizio moltiplicato per il tasso di distribuzione degli utili.
5. Il tasso di distribuzione degli utili è determinato sulla base della politica dei dividendi approvata per il periodo pertinente dall’organo di amministrazione o da altri organi competenti.
6. Se la politica dei dividendi prevede un intervallo di valori, invece di un valore fisso, per il tasso di distribuzione degli utili, ai fini del paragrafo 2 è usato il limite superiore dell’intervallo.
7. In mancanza di una politica dei dividendi approvata oppure se, a giudizio dell’autorità competente, è probabile che l’ente non applichi la propria politica dei dividendi, o ancora se questa politica non costituisce un principio prudente su cui determinare l’importo della deduzione, il tasso di distribuzione degli utili si basa sul maggiore dei due elementi seguenti:
a) |
la media dei tassi di distribuzione degli utili dei tre anni precedenti all’anno in esame; |
b) |
il tasso di distribuzione degli utili dell’anno che precede l’anno in esame. |
8. L’autorità competente può consentire all’ente di aggiustare il calcolo del tasso di distribuzione degli utili di cui al paragrafo 7, lettere a) e b), per escludere i dividendi straordinari distribuiti nel periodo in questione.
9. Per determinare l’importo dei dividendi prevedibili da dedurre si tiene conto degli eventuali limiti di natura normativa imposti alle distribuzioni, e in particolare dei limiti introdotti ai sensi dell’articolo 141 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6). L’importo degli utili dopo la deduzione degli oneri prevedibili soggetti a tali limiti può essere incluso integralmente negli elementi del capitale primario di classe 1 laddove si soddisfi la condizione di cui all’articolo 26, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013. Se tali limiti sono applicabili, i dividendi prevedibili da dedurre si basano sul piano di conservazione del capitale concordato dall’autorità competente ai sensi dell’articolo 142 della direttiva 2013/36/UE.
10. L’importo dei dividendi prevedibili da distribuire in una forma che non riduca l’importo degli elementi del capitale primario di classe 1, ad esempio i dividendi in forma di azioni, non sono dedotti dagli utili di periodo o di fine esercizio da includere tra gli elementi del capitale primario di classe 1.
11. Prima di consentire all’ente di includere gli utili di periodo o di fine esercizio tra gli elementi del capitale primario di classe 1, l’autorità competente accerta che siano state effettuate tutte le deduzioni necessarie agli utili di periodo o di fine esercizio e tutte quelle connesse ai dividendi prevedibili, conformemente alla disciplina contabile applicabile o nell’ambito di altri aggiustamenti.
Articolo 3
Il significato di «prevedibile» in onere prevedibile ai fini dell’articolo 26, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. L’importo degli oneri prevedibili di cui tener conto comprende i seguenti elementi:
a) |
l’importo delle imposte; |
b) |
l’importo connesso a qualsiasi obbligo o circostanza emersi durante il relativo periodo di riferimento per la segnalazione che probabilmente riducono gli utili dell’ente e per i quali l’autorità competente non riscontra che sono state effettuate tutte le rettifiche di valore necessarie, come le rettifiche di valore supplementari di cui all’articolo 34 del regolamento (UE) n. 575/2013, o i necessari accantonamenti. |
2. Gli oneri prevedibili che non sono già stati inclusi nel conto profitti e perdite sono assegnati al periodo intermedio durante il quale sono stati sostenuti, in modo che a ciascun periodo intermedio corrisponda un importo ragionevole di tali oneri. Degli eventi rilevanti o non ricorrenti si tiene conto integralmente e tempestivamente nel periodo intermedio nel quale si verificano.
3. Prima di consentire all’ente di includere gli utili di periodo o di fine esercizio tra gli elementi del capitale primario di classe 1, l’autorità competente accerta che siano state effettuate tutte le deduzioni necessarie agli utili di periodo o di fine esercizio e tutte quelle connesse agli oneri prevedibili, conformemente alla disciplina contabile applicabile o nell’ambito di altri aggiustamenti.
Articolo 4
Tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile quale società cooperativa ai fini dell’articolo 27, paragrafo 1, lettera a), punto ii), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Le autorità competenti possono stabilire che un tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile ha i requisiti per essere ritenuto una società cooperativa ai fini della parte due del regolamento (UE) n. 575/2013, se sono soddisfatte tutte le condizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4.
2. Per poter essere considerati società cooperative ai fini del paragrafo 1, gli enti devono avere uno dei seguenti status giuridici:
a) |
in Austria: essere registrati come «eingetragene Genossenschaft (e.Gen.)» oppure «registrierte Genossenschaft» in virtù del «Gesetz über Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften (GenG)»; |
b) |
in Belgio: essere registrati come «Société Coopérative/Cooperative Vennostchap» e approvati in virtù del regio decreto dell’8 gennaio 1962, il quale fissa le condizioni di approvazione dei raggruppamenti nazionali di società cooperative e delle società cooperative; |
c) |
a Cipro: essere registrati come «Συνεργατικό Πιστωτικό Ίδρυμα ή ΣΠΙ» istituiti ai sensi delle leggi sulle società cooperative del 1985; |
d) |
nella Repubblica ceca: essere autorizzati come «spořitelní a úvěrní družstvo» in virtù della «zákon upravující činnost spořitelních a úvěrních družstev»; |
e) |
in Danimarca: essere registrati come «andelskasser» o «sammenslutninger af andelskasser» in forza della legge danese sull’attività finanziaria; |
f) |
in Finlandia: essere registrati come:
|
g) |
in Francia: essere registrati come «sociétés coopératives» ai sensi della «Loi n. 47-1775 du 10 septembre 1947 portant statut de la coopération» e autorizzati come «banques mutualistes ou coopératives» in virtù del «Code monétaire et financier, partie législative, Livre V, titre Ier, chapitre II»; |
h) |
in Germania: essere registrati come «eingetragene Genossenschaft (eG)» in virtù del «Gesetz betreffend die Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften (Genossenschaftsgesetz–GenG)»; |
i) |
in Grecia: essere registrati come «Πιστωτικοί Συνεταιρισμοί» in forza della legge sulle cooperative n. 1667/1986 che operano come enti creditizi e possono essere classificati come «Συνεταιριστική Τράπεζα» in virtù della legge bancaria n. 3601/2007; |
j) |
in Ungheria: essere registrati come «Szövetkezeti hitelintézet» ai sensi della legge CXII del 1996 sugli enti creditizi e le imprese finanziarie; |
k) |
in Italia: essere registrati come:
|
l) |
in Lussemburgo: essere registrati come «Sociétés cooperatives» di cui alla sezione VI della legge del 10 agosto 1915 sulle società commerciali; |
m) |
nei Paesi Bassi: essere registrati come «coöperaties» oppure «onderlinge waarborgmaatschappijen» in virtù del «Libro 2, titolo 3 Rechtspersonen of the Burgerlijk wetboek»; |
n) |
in Polonia: essere registrati come «bank spółdzielczy» conformemente alle disposizioni del «Prawo bankowe»; |
o) |
in Portogallo: essere registrati come «Caixa de Crédito Agrícola Mútuo» oppure come «Caixa Central de Crédito Agrícola Mútuo» in virtù del «Regime Jurídico do Crédito Agrícola Mútuo e das Cooperativas de Crédito Agrícola» approvato con Decreto-Lei n. 24/91, de 11 de Janeiro; |
p) |
in Romania: essere registrati come «Organizații cooperatiste de credit» conformemente alle disposizioni del decreto ministeriale d’urgenza n. 99/2006 sugli enti creditizi e l’adeguatezza patrimoniale, approvato con modifiche e integrazioni dalla legge n. 227/2007; |
q) |
in Spagna: essere registrati come «Cooperativas de Crédito» in virtù della «Ley 13/1989, de 26 de mayo, de Cooperativas de Crédito»; |
r) |
in Svezia: essere registrati come «Medlemsbank» ai sensi della «Lag (1995:1570) om medlemsbanker» oppure come «Kreditmarknadsförening» in virtù della «Lag (2004:297) om bank- och finansieringsrörelse»; |
s) |
nel Regno Unito: essere registrati come «cooperative societies» in forza dell’«Industrial and Provident Societies Act» del 1965 e dell’«Industrial and Provident Societies Act» (Irlanda del Nord) del 1969. |
3. Per quanto riguarda il capitale primario di classe 1, per essere considerato una società cooperativa ai fini del paragrafo 1, l’ente deve essere in grado di emettere, ai sensi della normativa nazionale applicabile o dello statuto sociale, a livello di soggetto giuridico, soltanto gli strumenti di capitale di cui all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 575/2013.
4. Per essere considerato una società cooperativa ai fini del paragrafo 1, se i possessori — membri dell’ente o persone ad esso esterne — degli strumenti di capitale primario di classe 1 di cui al paragrafo 3 possono ritirarsi, ai sensi della normativa nazionale applicabile, possono anche avere il diritto di restituire lo strumento di capitale all’ente, ma solo nei limiti della normativa nazionale applicabile, dello statuto sociale, del regolamento (UE) n. 575/2013 e del presente regolamento. Questo non impedisce all’ente di emettere, ai sensi della normativa nazionale applicabile, a favore di membri dell’ente o persone ad esso esterne, strumenti di capitale primario di classe 1 conformi all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 575/2013 che non concedono il diritto di restituire lo strumento di capitale all’ente.
Articolo 5
Tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile quale ente di risparmio ai fini dell’articolo 27, paragrafo 1, lettera a), punto iii), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Le autorità competenti possono stabilire che un tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile ha i requisiti per essere ritenuto un ente di risparmio ai fini della parte due del regolamento (UE) n. 575/2013, se sono soddisfatte tutte le condizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4.
2. Perché possa essere considerato un ente di risparmio ai fini del paragrafo 1, l’ente deve avere uno dei seguenti status giuridici:
a) |
in Austria: essere registrato come «Sparkasse» a norma del paragrafo 1, primo comma, del «Bundesgesetz über die Ordnung des Sparkassenwesens (Sparkassengesetz – SpG)»; |
b) |
in Danimarca: essere registrato come «Sparekasser» ai sensi della legge danese sull’attività finanziaria; |
c) |
in Finlandia: essere registrato come «Säästöpankki» oppure «Sparbank» in virtù della «Säästöpankkilaki» o della «Sparbankslag»; |
d) |
in Germania: essere registrato come «Sparkasse» ai sensi delle seguenti leggi:
|
e) |
in Spagna: essere registrato come «Cajas de Ahorros» in virtù del «Real Decreto-Ley 2532/1929, de 21 de noviembre, sobre Régimen del Ahorro Popular»; |
f) |
in Svezia: essere registrato come «Sparbank» in forza della «Sparbankslag (1987:619)». |
3. Per quanto riguarda il capitale primario di classe 1, per essere considerato un ente di risparmio ai fini del paragrafo 1, l’ente deve essere in grado di emettere, ai sensi della normativa nazionale applicabile o dello statuto sociale, a livello di soggetto giuridico, soltanto gli strumenti di capitale di cui all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 575/2013.
4. Perché un ente possa essere considerato un ente di risparmio ai fini del paragrafo 1, ai sensi della normativa nazionale applicabile la somma di capitale, riserve e utili di periodo o di fine esercizio non può essere distribuita ai possessori degli strumenti di capitale primario di classe 1. Si ritiene che tale condizione sia soddisfatta anche se l’ente emette strumenti di capitale primario di classe 1 che conferiscono ai possessori, in situazione di continuità aziendale, il diritto a una parte degli utili e delle riserve, laddove ciò sia consentito dalla normativa nazionale applicabile, purché questa parte sia proporzionata al loro contributo al capitale e alle riserve oppure, laddove ciò sia consentito dalla normativa nazionale applicabile, conformemente ad accordi alternativi. L’ente può emettere strumenti di capitale primario di classe 1 che, nel caso di insolvenza o di liquidazione dell’ente, conferiscono ai possessori il diritto a riserve che non deve essere necessariamente proporzionato al contributo al capitale e alle riserve, purché siano soddisfatte le condizioni dell’articolo 29, paragrafi 4 e 5, del regolamento (UE) n. 575/2013.
Articolo 6
Tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile quale società mutua ai fini dell’articolo 27, paragrafo 1, lettera a), punto i) del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Le autorità competenti possono stabilire che un tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile ha i requisiti per essere ritenuto una società mutua ai fini della parte due del regolamento (UE) n. 575/2013, se sono soddisfatte tutte le condizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4.
2. Perché l’ente possa essere considerato una società mutua ai fini del paragrafo 1, deve avere uno dei seguenti status giuridici:
a) |
in Danimarca: associazioni («Foreninger») o fondi («Fonde») derivanti dalla conversione in società a responsabilità limitata di imprese di assicurazioni («Forsikringsselskaber»), istituti di credito ipotecario («Realkreditinstitutter»), casse di risparmio («Sparekasser»), casse di risparmio cooperative («Andelskasser») e affiliazioni delle casse di risparmio cooperative («Sammenslutninger af andelskasser») in forza della legge danese sull’attività finanziaria; |
b) |
in Irlanda: «building societies» a norma del «Building Societies Act» del 1989; |
c) |
nel Regno Unito: «building societies» a norma del «Building Societies Act» del 1986; «savings bank» a norma del «Savings Bank (Scotland) Act» del 1819. |
3. Per quanto riguarda il capitale primario di classe 1, per essere considerato una società mutua ai fini del paragrafo 1, l’ente deve essere in grado di emettere, ai sensi della normativa nazionale applicabile o dello statuto sociale, a livello di soggetto giuridico, soltanto gli strumenti di capitale di cui all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 575/2013.
4. Perché un ente possa essere considerato una società mutua ai fini del paragrafo 1, l’importo totale o parziale della somma di capitale e riserve deve essere detenuto dai membri dell’ente che, nel normale svolgimento dell’attività, non beneficiano della distribuzione diretta delle riserve, in particolare mediante il pagamento dei dividendi. Si ritiene che tali condizioni siano soddisfatte anche se l’ente emette strumenti di capitale primario di classe 1 che conferiscono il diritto agli utili e alle riserve, laddove ciò sia consentito dalla normativa nazionale applicabile.
Articolo 7
Tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile quale ente analogo ai fini dell’articolo 27, paragrafo 1, lettera a), punto iv), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Le autorità competenti possono stabilire che un tipo di impresa riconosciuto ai sensi della normativa nazionale applicabile ha i requisiti per essere ritenuto un ente analogo a società mutue e cooperative e ad enti di risparmio ai fini della parte due del regolamento (UE) n. 575/2013, se sono soddisfatte tutte le condizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4.
2. Per essere considerato un ente analogo a società mutue e cooperative e ad enti di risparmio ai fini del paragrafo 1, l’ente deve avere uno dei seguenti status giuridici:
a) |
in Austria: «Pfandbriefstelle der österreichischen Landes-Hypothekenbanken» in forza del «Bundesgesetz über die Pfandbriefstelle der österreichischen Landes-Hypothekenbanken (Pfandbriefstelle-Gesetz – PfBrStG)»; |
b) |
in Finlandia: «Hypoteekkiyhdistys» oppure «Hypoteksförening» a norma della «Laki hypoteekkiyhdistyksistä» o della «Lag om hypoteksföreningar». |
3. Per quanto riguarda il capitale primario di classe 1, per essere considerato un ente analogo a società mutue e cooperative e ad enti di risparmio ai fini del paragrafo 1, l’ente deve essere in grado di emettere ai sensi della normativa nazionale applicabile o dello statuto sociale, a livello di soggetto giuridico, soltanto gli strumenti di capitale di cui all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 575/2013.
4. Perché l’ente sia considerato un ente analogo a società mutue e cooperative e ad enti di risparmio ai fini del paragrafo 1, deve essere inoltre soddisfatta almeno una delle condizioni seguenti:
a) |
se i possessori — membri dell’ente o persone ad esso esterne — degli strumenti di capitale primario di classe 1 di cui al paragrafo 3 possono ritirarsi, ai sensi della normativa nazionale applicabile, possono anche avere il diritto di restituire lo strumento di capitale all’ente, ma solo nei limiti della normativa nazionale applicabile, dello statuto sociale, del regolamento (UE) n. 575/2013 e del presente regolamento. Questo non impedisce all’ente di emettere, ai sensi della normativa nazionale applicabile, a favore di membri dell’ente o persone ad esso esterne, strumenti di capitale primario di classe 1 conformi all’articolo 29 del regolamento (UE) n. 575/2013 che non concedono il diritto di restituire lo strumento di capitale all’ente; |
b) |
ai sensi della normativa nazionale applicabile, la somma di capitale, riserve e utili di periodo o di fine esercizio non può essere distribuita ai possessori degli strumenti di capitale primario di classe 1. Si ritiene che tale condizione sia soddisfatta anche se l’ente emette strumenti di capitale primario di classe 1 che conferiscono ai possessori, in situazione di continuità aziendale, il diritto a una parte degli utili e delle riserve, laddove ciò sia consentito dalla normativa nazionale applicabile, purché questa parte sia proporzionata al loro contributo al capitale e alle riserve oppure, laddove ciò sia consentito dalla normativa nazionale applicabile, conformemente ad accordi alternativi. L’ente può emettere strumenti di capitale primario di classe 1 che, nel caso di insolvenza o di liquidazione dell’ente, conferiscono ai possessori il diritto ad una parte delle riserve che non deve essere necessariamente proporzionata al contributo al capitale e alle riserve, purché siano soddisfatte le condizioni dell’articolo 29, paragrafi 4 e 5, del regolamento (UE) n. 575/2013; |
c) |
l’importo totale o parziale della somma di capitale e riserve è detenuto dai membri dell’ente che, nel normale svolgimento dell’attività, non beneficiano della distribuzione diretta delle riserve, in particolare mediante il pagamento dei dividendi. |
Articolo 8
Finanziamento indiretto degli strumenti di capitale ai fini dell’articolo 28, paragrafo 1, lettera b), dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera c) e dell’articolo 63, lettera c) del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Il finanziamento indiretto degli strumenti di capitale ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, lettera b), dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 63, lettera c) del regolamento (UE) n. 575/2013 è considerato finanziamento non diretto.
2. Ai fini del paragrafo 1, il finanziamento diretto si riferisce a situazioni in cui un ente ha concesso a un investitore, in qualsiasi forma, un prestito o altri finanziamenti che sono utilizzati per l’acquisto dei suoi strumenti di capitale.
3. Il finanziamento diretto comprende anche finanziamenti concessi, per scopi diversi dall’acquisto degli strumenti di capitale di un ente, a qualsiasi persona fisica o giuridica che detenga nell’ente creditizio una partecipazione qualificata ai sensi dell’articolo 4, punto 36, del regolamento (UE) n. 575/2013, o che sia considerata una parte correlata ai sensi del paragrafo 9 del principio contabile internazionale IAS n. 24 in merito all’informativa di bilancio sulle operazioni con parti correlate applicato nell’Unione a norma del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (7), tenuto conto di qualsiasi orientamento supplementare fornito dall’autorità competente, qualora l’ente non sia in grado di dimostrare che:
a) |
l’operazione viene effettuata a condizioni simili a quelle di altre operazioni con terzi; e |
b) |
la persona fisica o giuridica o la parte correlata non fanno affidamento sulle distribuzioni o sulla vendita degli strumenti di capitale detenuti per coprire il pagamento degli interessi e il rimborso del finanziamento. |
Articolo 9
Forme e natura applicabili del finanziamento indiretto degli strumenti di capitale ai fini dell’articolo 28, paragrafo 1, lettera b), dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 63, lettera c) del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Le forme e la natura applicabili del finanziamento indiretto dell’acquisto degli strumenti di capitale di un ente includono:
a) |
il finanziamento dell’acquisto da parte di un investitore, al momento dell’emissione o successivamente, degli strumenti di capitale di un ente, ad opera di soggetti sui quali l’ente esercita un controllo diretto o indiretto oppure di soggetti compresi in uno dei seguenti ambiti:
|
b) |
il finanziamento dell’acquisto da parte di un investitore, al momento dell’emissione o successivamente, degli strumenti di capitale di un ente, ad opera di soggetti esterni protetti da una garanzia o dall’uso di un derivato su crediti o garantiti in altro modo così da trasferire il rischio di credito all’ente o a qualsiasi soggetto su cui l’ente eserciti un controllo diretto o indiretto oppure a qualsiasi soggetto compreso in uno dei seguenti ambiti:
|
c) |
il finanziamento di un mutuatario che trasferisce il finanziamento all’investitore finale per l’acquisto, al momento dell’emissione o successivamente, degli strumenti di capitale di un ente. |
2. Perché un finanziamento sia considerato un finanziamento indiretto ai fini del paragrafo 1, devono essere altresì soddisfatte le condizioni seguenti, ove applicabili:
a) |
l’investitore non è incluso in alcuno dei seguenti ambiti:
|
b) |
il soggetto esterno non è incluso in alcuno dei seguenti ambiti:
|
3. Al momento di stabilire se l’acquisto di uno strumento di capitale comporti un finanziamento diretto o indiretto in conformità all’articolo 8, l’importo da prendere in considerazione è al netto di qualsiasi riduzione di valore effettuata a seguito di valutazione individuale.
4. Per evitare la qualifica di finanziamento diretto o indiretto a norma dell’articolo 8 e qualora il prestito o altra forma di finanziamento o garanzia vengano concessi a persone fisiche o giuridiche che detengono una partecipazione qualificata nell’ente creditizio oppure che sono considerate una parte correlata di cui al paragrafo 3, l’ente garantisce, su base continuativa, di non aver erogato il prestito né altre forme di finanziamento o garanzia allo scopo di sottoscrivere direttamente o indirettamente strumenti di capitale dell’ente. Se il prestito o altra forma di finanziamento o garanzia sono erogati ad altre parti, l’ente effettua tale controllo con la massima diligenza possibile.
5. Per quanto riguarda le società mutue o cooperative e gli enti analoghi, qualora la normativa nazionale o lo statuto dell’ente impongano al cliente di sottoscrivere strumenti di capitale per ottenere un prestito, tale prestito non è considerato un finanziamento diretto o indiretto qualora siano rispettate tutte le condizioni seguenti:
a) |
l’importo della sottoscrizione è considerato non rilevante dall’autorità competente; |
b) |
lo scopo del prestito non consiste nell’acquisto di strumenti di capitale dell’ente che eroga il prestito; |
c) |
la sottoscrizione di uno o più strumenti di capitale dell’ente è necessaria affinché il beneficiario del prestito divenga membro della società mutua o cooperativa o dell’ente analogo. |
Articolo 10
Limiti al rimborso di strumenti di capitale emessi da società mutue e cooperative, da enti di risparmio e da enti analoghi ai fini dell’articolo 29, paragrafo 2, lettera b), e dell’articolo 78, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Un ente può emettere strumenti di capitale primario di classe 1 con possibilità di rimborso soltanto qualora tale possibilità sia prevista dalla normativa nazionale applicabile.
2. La capacità dell’ente di limitare il rimborso conformemente alle disposizioni che regolano gli strumenti di capitale, di cui all’articolo 29, paragrafo 2, lettera b), e all’articolo 78, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013, riguarda sia il diritto di rinviare il rimborso che il diritto di limitare l’importo rimborsabile. L’ente è in grado di rinviare il rimborso o di limitare l’importo rimborsabile per un periodo illimitato in conformità al paragrafo 3.
3. L’entità dei limiti al rimborso previsti dalle disposizioni che regolano gli strumenti è determinata dall’ente sulla base della sua situazione prudenziale in qualsiasi momento, considerando in particolare, ma non esclusivamente, i seguenti elementi:
a) |
la situazione complessiva dell’ente in termini finanziari, di liquidità e di solvibilità; |
b) |
l’importo del capitale primario di classe 1, del capitale di classe 1 e del capitale totale rispetto all’importo complessivo dell’esposizione al rischio calcolato conformemente ai requisiti fissati all’articolo 92, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013, agli specifici requisiti di fondi propri di cui all’articolo 104, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2013/36/UE, e al requisito combinato di riserva di capitale ai sensi dell’articolo 128, punto 6, della stessa direttiva. |
Articolo 11
Limiti al rimborso di strumenti di capitale emessi da società mutue e cooperative, da enti di risparmio e da enti analoghi ai fini dell’articolo 29, paragrafo 2, lettera b), e dell’articolo 78, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. I limiti al rimborso inclusi nelle disposizioni contrattuali o di legge che regolano gli strumenti non impediscono all’autorità competente di limitare ulteriormente il rimborso degli strumenti su una base appropriata come previsto all’articolo 78 del regolamento (UE) n. 575/2013.
2. Le autorità competenti valutano la base sulla quale è limitato il rimborso ai sensi delle disposizioni contrattuali e di legge che regolano lo strumento. Esse impongono agli enti di modificare le corrispondenti disposizioni contrattuali se non sono convinte che la base sulla quale è limitato il rimborso sia appropriata. Se gli strumenti sono regolati dalla normativa nazionale in assenza di disposizioni contrattuali, perché gli strumenti abbiano i requisiti per essere considerati capitale primario di classe 1 la legislazione deve consentire all’ente di limitare il rimborso come previsto dall’articolo 10, paragrafi da 1 a 3.
3. Qualsiasi decisione di limitare il rimborso è documentata internamente e segnalata per iscritto dall’ente all’autorità competente, specificando i motivi per i quali, alla luce dei criteri fissati nel paragrafo 3, un rimborso è stato rifiutato o rinviato in tutto o in parte.
4. Se nello stesso periodo di tempo si adottano varie decisioni in materia di limitazione del rimborso, gli enti possono documentare tali decisioni in un unico complesso di documenti.
SEZIONE 2
Filtri prudenziali
Articolo 12
Il concetto di plusvalenza ai fini dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Il concetto di plusvalenza di cui all’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013 indica qualsiasi plusvalenza rilevata per l’ente che sia contabilizzata come aumento di qualsiasi elemento dei fondi propri e sia connessa al reddito futuro atteso derivante dalla vendita di attività cartolarizzate quando queste sono cancellate dallo stato patrimoniale dell’ente nel contesto di un’operazione di cartolarizzazione.
2. La plusvalenza rilevata è calcolata come differenza tra gli elementi di cui alle seguenti lettere a) e b) determinati in sede di applicazione della pertinente disciplina contabile:
a) |
il valore netto delle attività ricevute comprensivo di tutte le nuove attività ottenute diminuito di qualsiasi altra attività data o di tutte le nuove passività assunte; |
b) |
il valore contabile delle attività cartolarizzate o della parte eliminata contabilmente. |
3. La plusvalenza rilevata connessa al reddito futuro atteso fa riferimento, in questo contesto, al futuro «margine positivo» previsto ai sensi dell’articolo 242 del regolamento (UE) n. 575/2013.
SEZIONE 3
Deduzioni dagli elementi del capitale primario di classe 1
Articolo 13
Deduzioni delle perdite relative all’esercizio in corso ai fini dell’articolo 36, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Per calcolare il capitale primario di classe 1 durante l’anno, e indipendentemente dal fatto che l’ente chiuda o meno i propri conti finanziari alla fine di ogni periodo intermedio, l’ente redige il conto profitti e perdite e deduce le perdite dagli elementi del capitale primario di classe 1 allorché si verificano.
2. Ai fini della redazione del conto profitti e perdite a norma del paragrafo 1, le entrate e le spese sono determinate secondo la stessa procedura e sulla base degli stessi principi contabili seguiti per la relazione finanziaria di fine anno. Le entrate e le spese sono stimate con prudenza e assegnate al periodo intermedio nel quale si sono verificate, in modo che a ciascun periodo intermedio venga assegnato un importo ragionevole delle entrate e delle spese annuali previste. Degli eventi rilevanti o non ricorrenti si tiene conto integralmente e tempestivamente nel periodo intermedio nel quale si verificano.
3. Se le perdite relative all’esercizio in corso hanno già ridotto gli elementi del capitale primario di classe 1 in seguito a una relazione finanziaria intermedia o di fine anno, la deduzione non è necessaria. Ai fini del presente articolo, per relazione finanziaria si intende che profitti e perdite sono stati determinati dopo la chiusura dei conti intermedi o annuali, conformemente alla disciplina contabile cui l’ente è soggetto a norma del regolamento (CE) n. 1606/2002 relativo all’applicazione di principi contabili internazionali e della direttiva 86/635/CEE del Consiglio (9) relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari.
4. I paragrafi da 1 a 3 si applicano ugualmente ai profitti e alle perdite inclusi nelle altre componenti di conto economico complessivo accumulate.
Articolo 14
Deduzioni delle attività fiscali differite che si basano sulla redditività futura ai fini dell’articolo 36, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Le deduzioni delle attività fiscali differite che si basano sulla redditività futura a norma dell’articolo 36, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 575/2013 sono effettuate conformemente ai paragrafi 2 e 3.
2. La compensazione tra le attività fiscali differite e le passività fiscali differite associate si svolge separatamente per ciascun soggetto passivo. Le passività fiscali differite associate si limitano a quelle derivanti dalla normativa fiscale della stessa giurisdizione delle attività fiscali differite. Per calcolare le attività e le passività fiscali differite a livello consolidato, un soggetto passivo comprende, qualunque sia il loro numero, soggetti rientranti nello stesso gruppo fiscale, consolidato fiscale, unità a fini fiscali o dichiarazione dei redditi consolidata ai sensi della normativa nazionale applicabile.
3. L’importo delle passività fiscali differite associate ammissibili alla compensazione delle attività fiscali differite che si basano sulla redditività futura è pari alla differenza tra l’importo di cui alla lettera a) e quello di cui alla lettera b):
a) |
l’importo delle passività fiscali differite rilevate conformemente alla disciplina contabile applicabile; |
b) |
l’importo delle passività fiscali differite associate derivanti dalle attività immateriali e dalle attività dei fondi pensione a prestazioni definite. |
Articolo 15
Deduzioni delle attività dei fondi pensione a prestazioni definite ai fini dell’articolo 36, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) n. 575/2013 e dell’articolo 41, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. L’autorità competente concede la preventiva autorizzazione di cui all’articolo 41, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 575/2013 soltanto se la facoltà di utilizzare le rispettive attività dei fondi pensione a prestazioni definite senza restrizioni comporta l’accesso immediato e illimitato alle attività, per esempio quando l’uso delle attività non è ristretto da limiti di alcun tipo e non vi è alcun diritto di terzi su tali attività.
2. È presumibile che vi sia accesso illimitato alle attività quando l’ente non è tenuto a chiedere e ottenere un’approvazione specifica del gestore dei fondi pensione o dei beneficiari delle pensioni ogni volta che vuole accedere ai fondi in eccesso del piano.
Articolo 16
Deduzioni dei tributi prevedibili ai fini dell’articolo 36, paragrafo 1, lettera l), e dell’articolo 56, lettera f), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. A condizione che l’ente applichi una disciplina contabile e politiche contabili che prevedono la piena rilevazione delle passività fiscali correnti e differite connesse alle operazioni e ad altri eventi rilevati nello stato patrimoniale o nel conto profitti e perdite, l’ente può considerare che i tributi prevedibili siano già stati presi in considerazione. L’autorità competente si accerta che siano state effettuate tutte le deduzioni necessarie conformemente ai principi contabili applicabili o a qualsiasi altro aggiustamento.
2. Se l’ente calcola il proprio capitale primario di classe 1 sulla base del bilancio redatto ai sensi del regolamento (CE) n. 1606/2002, la condizione di cui al paragrafo 1 è considerata soddisfatta.
3. Se la condizione di cui al paragrafo 1 non è soddisfatta, l’ente riduce gli elementi del proprio capitale primario di classe 1 dell’importo stimato dei tributi correnti e differiti non ancora rilevati nello stato patrimoniale e nel conto profitti e perdite connessi alle operazioni e ad altri eventi rilevati nello stato patrimoniale o nel conto profitti e perdite. L’importo stimato dei tributi correnti e differiti è calcolato utilizzando un approccio equivalente a quello previsto dal regolamento (CE) n. 1606/2002. L’importo stimato dei tributi differiti non può essere compensato con attività fiscali differite che non sono rilevate nel bilancio.
SEZIONE 4
Altre deduzioni dagli elementi del capitale primario di classe 1, del capitale aggiuntivo di classe 1 e del capitale di classe 2
Articolo 17
Altre deduzioni per gli strumenti di capitale di enti finanziari ai fini dell’articolo 36, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Gli strumenti di capitale di enti finanziari ai sensi dell’articolo 4, punto 26, del regolamento (UE) n. 575/2013 sono dedotti in base ai seguenti calcoli:
a) |
tutti gli strumenti che sono considerati come capitale in virtù del diritto societario applicabile all’ente finanziario che li ha emessi e che, se l’ente finanziario è soggetto a requisiti di solvibilità, sono inclusi nella classe di qualità più elevata dei fondi propri regolamentari senza alcun limite sono dedotti dagli elementi del capitale primario di classe 1; |
b) |
tutti gli strumenti che sono considerati come capitale in virtù del diritto societario applicabile all’emittente e che, se l’ente finanziario non è soggetto a requisiti di solvibilità, sono perpetui, assorbono la prima e proporzionalmente più cospicua parte delle perdite, man mano che queste si verificano, sono di categoria inferiore a tutti gli altri crediti in caso di insolvenza o liquidazione e non godono di alcuna distribuzione preferenziale o predeterminata sono dedotti dagli elementi del capitale primario di classe 1; |
c) |
qualsiasi strumento subordinato che assorbe perdite in situazione di continuità aziendale ed include la possibilità dell’emittente di cancellare pagamenti di cedole è dedotto dagli elementi del capitale aggiuntivo di classe 1. Se l’importo di questi strumenti subordinati supera l’importo del capitale aggiuntivo di classe 1, l’importo in eccesso è dedotto dal capitale primario di classe 1; |
d) |
qualsiasi altro strumento subordinato è dedotto dagli elementi del capitale di classe 2. Se l’importo di questi strumenti subordinati supera l’importo del capitale di classe 2, l’importo in eccesso è dedotto dagli elementi del capitale aggiuntivo di classe 1. Se l’importo del capitale aggiuntivo di classe 1 è insufficiente, il rimanente importo in eccesso è dedotto dagli elementi del capitale primario di classe 1; |
e) |
qualsiasi altro strumento incluso tra i fondi propri dell’ente finanziario in conformità al pertinente quadro prudenziale applicabile o qualsiasi altro strumento per il quale l’ente non sia in grado di dimostrare che si applicano le condizioni di cui alle lettere a), b), c) o d), è dedotto dagli elementi del capitale primario di classe 1. |
2. Nei casi previsti al paragrafo 3, per gli strumenti di capitale detenuti gli enti applicano le deduzioni di cui al regolamento (UE) n. 575/2013 sulla base di un approccio di deduzione corrispondente. Ai fini del presente paragrafo, per approccio di deduzione corrispondente si intende un approccio che applica la deduzione alla stessa componente del capitale alla quale apparterrebbe lo strumento di capitale se fosse emesso dall’ente stesso.
3. Le deduzioni di cui al paragrafo 1 non si applicano nei seguenti casi:
a) |
se l’ente finanziario è autorizzato e soggetto a vigilanza da parte dell’autorità competente e sottoposto a requisiti prudenziali equivalenti a quelli applicati agli enti a norma del regolamento (UE) n. 575/2013. Tale approccio si applica agli enti finanziari di un paese terzo soltanto dopo che sia stata effettuata la valutazione dell’equivalenza del regime prudenziale del paese terzo in questione a norma di tale regolamento e che sia stato concluso che tale regime è almeno equivalente a quello applicato nell’Unione; |
b) |
se l’ente finanziario è un istituto di moneta elettronica ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e non beneficia di deroghe facoltative di cui all’articolo 9 della direttiva; |
c) |
se l’ente finanziario è un istituto di pagamento ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (11) e non beneficia di alcuna deroga secondo quanto previsto all’articolo 26 di tale direttiva; |
d) |
se l’ente finanziario è un gestore di fondi di investimento alternativi ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (12) o una società di gestione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (13). |
Articolo 18
Deduzione di strumenti di capitale di imprese di assicurazione e di riassicurazione di paesi terzi ai fini dell’articolo 36, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Gli strumenti di capitale di imprese di assicurazione e di riassicurazione di paesi terzi soggette a un regime di solvibilità valutato come non equivalente a quello previsto al titolo I, capo VI della direttiva 2009/138/CE, secondo la procedura di cui all’articolo 227 di tale direttiva, oppure non valutato, sono dedotti nel modo seguente:
a) |
tutti gli strumenti che hanno i requisiti per essere considerati capitale a norma del diritto societario applicabile alle imprese di assicurazione o di riassicurazione di paesi terzi che li hanno emessi, e che sono inclusi nella più elevata classe di qualità dei fondi propri regolamentari senza alcun limite in base al regime del paese terzo sono dedotti dagli elementi del capitale primario di classe 1; |
b) |
qualsiasi strumento subordinato che assorbe perdite in situazione di continuità aziendale ed include la possibilità dell’emittente di cancellare pagamenti di cedole è dedotto dagli elementi del capitale aggiuntivo di classe 1. Se l’importo di questi strumenti subordinati supera l’importo del capitale aggiuntivo di classe 1, l’importo in eccesso è dedotto dagli elementi del capitale primario di classe 1; |
c) |
qualsiasi altro strumento subordinato è dedotto dagli elementi del capitale di classe 2. Se l’importo di questi strumenti subordinati supera l’importo del capitale di classe 2, l’importo in eccesso è dedotto dagli elementi del capitale aggiuntivo di classe 1. Se l’importo in eccesso supera l’importo del capitale aggiuntivo di classe 1, l’importo in eccesso residuo è dedotto dagli elementi del capitale primario di classe 1; |
d) |
per le imprese di assicurazione e di riassicurazione di paesi terzi soggette a requisiti prudenziali di solvibilità, qualsiasi altro strumento incluso nei fondi propri delle imprese di assicurazione e di riassicurazione di paesi terzi in conformità al pertinente quadro di solvibilità applicabile o qualsiasi altro strumento per il quale l’ente non sia in grado di dimostrare l’applicabilità delle condizioni di cui alle lettere a), b) o c) è dedotto dagli elementi del capitale primario di classe 1. |
2. Se il regime di solvibilità di un paese terzo, comprese le disposizioni in materia di fondi propri, è stato valutato come equivalente a quello stabilito al titolo I, capo VI della direttiva 2009/138/CE conformemente alla procedura di cui all’articolo 227 di tale direttiva, gli strumenti di capitale di imprese di assicurazione o di riassicurazione di paesi terzi detenuti sono trattati come strumenti di capitale di imprese di assicurazione o di riassicurazione autorizzate conformemente all’articolo 14 della direttiva 2009/138/CE.
3. Nei casi previsti al paragrafo 2 del presente articolo, gli enti applicano le deduzioni di cui all’articolo 44, lettera b), all’articolo 58, lettera b), o all’articolo 68, lettera b), del regolamento (UE) n. 575/2013, a seconda del caso, per gli elementi assicurativi dei fondi propri detenuti.
Articolo 19
Deduzione di strumenti di capitale di imprese escluse dall’ambito di applicazione della direttiva 2009/138/CE ai fini dell’articolo 36, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013
Gli strumenti di capitale di imprese escluse dall’ambito di applicazione della direttiva 2009/138/CE ai sensi dell’articolo 4 di detta direttiva sono dedotti nel modo seguente:
a) |
tutti gli strumenti che hanno i requisiti per essere considerati capitale a norma del diritto societario applicabile all’impresa che li ha emessi e che sono inclusi nella più elevata classe di qualità dei fondi propri regolamentari senza alcun limite sono dedotti dal capitale primario di classe 1; |
b) |
qualsiasi strumento subordinato che assorbe perdite in situazione di continuità aziendale ed include la possibilità dell’emittente di cancellare pagamenti di cedole è dedotto dagli elementi aggiuntivi di classe 1. Se l’importo di questi strumenti subordinati supera l’importo del capitale aggiuntivo di classe 1, l’importo in eccesso è dedotto dagli elementi del capitale primario di classe 1; |
c) |
qualsiasi altro strumento subordinato è dedotto dagli elementi di classe 2. Se l’importo di questi strumenti subordinati supera l’importo del capitale di classe 2, l’importo in eccesso è dedotto dagli elementi aggiuntivi di classe 1. Se questo importo supera l’importo del capitale aggiuntivo di classe 1, l’importo in eccesso residuo è dedotto dagli elementi del capitale primario di classe 1; |
d) |
qualsiasi altro strumento incluso nei fondi propri dell’impresa in conformità al pertinente quadro di solvibilità applicabile o qualsiasi altro strumento per il quale l’ente non sia in grado di dimostrare l’applicabilità delle condizioni di cui alle lettere a), b) o c) è dedotto dal capitale primario di classe 1. |
CAPO III
CAPITALE AGGIUNTIVO DI CLASSE 1
SEZIONE 1
Forma e natura degli incentivi al rimborso
Articolo 20
Forma e natura degli incentivi al rimborso ai fini dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera g), e dell’articolo 63, lettera h), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Si intendono per incentivi al rimborso tutte le caratteristiche che, alla data di emissione, fanno presumere che lo strumento di capitale verrà probabilmente rimborsato.
2. Gli incentivi di cui al paragrafo 1 comprendono le seguenti forme:
a) |
un’opzione call associata all’aumento del differenziale creditizio dello strumento in caso di mancato esercizio dell’opzione stessa; |
b) |
un’opzione call associata all’obbligo o all’opzione, per l’investitore, di convertire lo strumento in uno strumento di capitale primario di classe 1 in caso di mancato esercizio dell’opzione stessa; |
c) |
un’opzione call associata a una variazione del tasso di riferimento se il differenziale creditizio rispetto al secondo tasso di riferimento è superiore al tasso di pagamento iniziale meno il tasso swap; |
d) |
un’opzione call associata al futuro incremento dell’importo di rimborso; |
e) |
un’opzione di ricommercializzazione associata all’aumento del differenziale creditizio dello strumento o a una variazione del tasso di riferimento se il differenziale creditizio rispetto al secondo tasso di riferimento è superiore al tasso di pagamento iniziale meno il tasso swap qualora lo strumento non sia oggetto di ricommercializzazione; |
f) |
la commercializzazione dello strumento in modo tale da far intendere agli investitori che sarà soggetto a call. |
SEZIONE 2
Conversione o svalutazione del valore nominale
Articolo 21
Natura della rivalutazione del valore nominale a seguito di una svalutazione ai fini dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera n), e dell’articolo 52, paragrafo 2, lettera c), punto ii), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. La svalutazione del valore nominale si applica su base proporzionale a tutti i possessori di strumenti di capitale primario di classe 1 che comprendono un simile meccanismo di svalutazione e un livello di attivazione identico.
2. Perché la svalutazione sia considerata temporanea, devono essere soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
a) |
le eventuali distribuzioni da corrispondere dopo una svalutazione si basano sull’importo nominale ridotto; |
b) |
le rivalutazioni si basano sugli utili dopo che l’ente ha adottato una decisione formale con la quale si confermano gli utili finali; |
c) |
qualsiasi rivalutazione dello strumento o pagamento delle cedole sull’importo nominale ridotto sono effettuati a piena discrezione dell’ente conformemente alle restrizioni di cui alle lettere da d) a f) senza che l’ente sia in alcun modo obbligato a effettuare o accelerare una rivalutazione in circostanze specifiche; |
d) |
la rivalutazione è effettuata su base proporzionale tra strumenti aggiuntivi di classe 1 simili che sono stati svalutati; |
e) |
l’importo massimo da attribuire alla somma della rivalutazione dello strumento e del pagamento delle cedole sull’importo nominale ridotto è uguale all’utile dell’ente moltiplicato per l’importo ottenuto dividendo l’importo determinato al punto 1) per l’importo determinato al punto 2):
|
f) |
la somma delle rivalutazioni e dei pagamenti delle cedole sull’importo nominale ridotto è trattata come un pagamento che porta alla riduzione del capitale primario di classe 1 ed è soggetta, insieme ad altre distribuzioni sugli strumenti di capitale primario di classe 1, alle restrizioni concernenti l’ammontare massimo distribuibile di cui all’articolo 141, paragrafo 2, della direttiva 2013/36/UE, quale recepita nella legislazione o regolamentazione nazionale. |
3. Ai fini del paragrafo 2, lettera e), il calcolo è effettuato nel momento in cui si procede alla rivalutazione.
Articolo 22
Procedure e scadenze per l’accertamento di un evento attivatore verificatosi ai fini dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera n), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Se l’ente ha stabilito che il coefficiente di capitale primario di classe 1 è sceso al di sotto del livello che attiva la conversione o la svalutazione dello strumento a livello di applicazione dei requisiti di cui alla parte uno, titolo II, del regolamento (UE) n. 575/2013, l’organo di amministrazione o qualsiasi altro organo competente dell’ente accerta senza indugio l’evento attivatore, e vi è l’obbligo irrevocabile di svalutazione o conversione dello strumento.
2. L’importo da svalutare o convertire si determina prima possibile, al massimo entro un mese dall’accertamento dell’evento attivatore a norma del paragrafo 1.
3. L’autorità competente può richiedere che il periodo massimo di un mese di cui al paragrafo 2 venga ridotto qualora consideri che vi sia sufficiente certezza sull’importo da convertire o svalutare o qualora ritenga necessario procedere all’immediata conversione o svalutazione.
4. Qualora si richieda una revisione indipendente dell’importo da svalutare o convertire, conformemente alle disposizioni che regolano lo strumento aggiuntivo di classe 1, o qualora l’autorità competente richieda una revisione indipendente per determinare l’importo da svalutare o convertire, l’organo di amministrazione o qualsiasi altro organo competente dell’ente accerta che questo avvenga immediatamente. La revisione indipendente è portata a termine quanto prima, senza creare impedimenti all’ente in relazione alla svalutazione o alla conversione dello strumento aggiuntivo di classe 1 e al rispetto dei requisiti di cui ai paragrafi 2 e 3.
SEZIONE 3
Caratteristiche degli strumenti che potrebbero ostacolare la ricapitalizzazione
Articolo 23
Caratteristiche degli strumenti che potrebbero ostacolare la ricapitalizzazione ai fini dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera o), del regolamento (UE) n. 575/2013
Tra le caratteristiche che potrebbero ostacolare la ricapitalizzazione di un ente si annoverano le disposizioni in base alle quali l’ente deve compensare gli attuali possessori di strumenti di capitale se viene emesso un nuovo strumento di capitale.
SEZIONE 4
Uso di società veicolo per l’emissione indiretta di strumenti di fondi propri
Articolo 24
Uso di società veicolo per l’emissione indiretta di strumenti di fondi propri ai fini dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera p), e dell’articolo 63, lettera n), del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Se l’ente o un soggetto incluso nel consolidamento a norma della parte uno, titolo II, capo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013 emette uno strumento di capitale sottoscritto da una società veicolo, lo strumento di capitale non è contabilizzato, al livello dell’ente o del suddetto soggetto, quale capitale di qualità superiore alla qualità minima del capitale emesso a favore della società veicolo e del capitale emesso a favore di terzi dalla società veicolo. Tale requisito si applica al livello consolidato, subconsolidato e individuale di applicazione dei requisiti prudenziali.
2. I diritti dei possessori degli strumenti emessi dalla società veicolo non sono più favorevoli del caso in cui lo strumento sia emesso direttamente dall’ente o da un soggetto incluso nel consolidamento a norma della parte uno, titolo II, capo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013.
CAPO IV
REQUISITI GENERALI
SEZIONE 1
Partecipazioni indirette derivanti dalla detenzione di indici
Articolo 25
Margine di prudenza richiesto nelle stime per calcolare le esposizioni utilizzate in alternativa al calcolo dell’esposizione sottostante ai fini dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Una stima è sufficientemente prudente quando è soddisfatta una delle seguenti condizioni:
a) |
se il regolamento di gestione dell’indice specifica che uno strumento di capitale di un soggetto del settore finanziario che fa parte dell’indice non può superare una percentuale massima dell’indice, l’ente utilizza tale percentuale come stima per il valore degli strumenti detenuti dedotto dagli elementi del capitale primario di classe 1, del capitale aggiuntivo di classe 1 e del capitale di classe 2, a seconda del caso, a norma dell’articolo 17, paragrafo 2 o dal capitale primario di classe 1 nelle situazioni in cui l’ente non è in grado di stabilire la natura precisa degli strumenti detenuti; |
b) |
quando l’ente non è in grado di stabilire la percentuale massima di cui alla lettera a) e l’indice, come dimostrato dal suo regolamento di gestione o da altre informazioni pertinenti, comprende strumenti di capitale di soggetti del settore finanziario, l’ente deduce l’importo integrale dell’indice detenuto dagli elementi del capitale primario di classe 1, del capitale aggiuntivo di classe 1 o del capitale di classe 2, a seconda del caso, a norma dell’articolo 17, paragrafo 2 o dal capitale primario di classe 1 nelle situazioni in cui l’ente non è in grado di stabilire la natura precisa degli strumenti detenuti. |
2. Ai fini del paragrafo 1 si applica quanto segue:
a) |
una partecipazione indiretta derivante dalla detenzione di indici comprende la percentuale dell’indice investita negli strumenti di capitale primario di classe 1, di capitale aggiuntivo di classe 1 o di capitale di classe 2 dei soggetti del settore finanziario inclusi nell’indice; |
b) |
tra gli indici rientrano tra l’altro i fondi indicizzati, gli indici azionari o obbligazionari o qualsiasi altro sistema in cui lo strumento sottostante è uno strumento di capitale emesso da un soggetto del settore finanziario. |
Articolo 26
Significato di «oneroso sotto il profilo operativo» di cui all’articolo 76, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Ai fini dell’articolo 76, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013, per oneroso sotto il profilo operativo si intendono le situazioni in cui l’applicazione di metodi look-through per le partecipazioni di capitale in soggetti del settore finanziario su base continuativa è ingiustificata, secondo la valutazione delle autorità competenti. Nella loro valutazione della natura di situazioni onerose sotto il profilo operativo, le autorità competenti tengono conto della bassa rilevanza e del breve periodo di detenzione di tali posizioni. Nel caso di periodi di detenzione di breve durata, è necessario che l’ente dimostri la forte liquidità dell’indice.
2. Ai fini del paragrafo 1, si ritiene che una posizione sia di bassa rilevanza se si soddisfano tutte le seguenti condizioni:
a) |
la singola esposizione netta derivante dalla detenzione di indici misurata prima del look-through non supera il 2 % degli elementi del capitale primario di classe 1 come calcolato all’articolo 46, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013; |
b) |
l’esposizione netta aggregata derivante dalla detenzione di indici prima del look-through non supera il 5 % degli elementi del capitale primario di classe 1 come calcolato all’articolo 46, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013; |
c) |
la somma dell’esposizione netta aggregata derivante dalla detenzione di indici misurata prima del look-through e di ogni altra partecipazione che venga dedotta ai sensi dell’articolo 36, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (UE) n. 575/2013 non supera il 10 % degli elementi del capitale primario di classe 1 come calcolato all’articolo 46, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013. |
SEZIONE 2
Autorizzazione delle autorità di vigilanza a ridurre i fondi propri
Articolo 27
Significato di «sostenibile» per la capacità di reddito dell’ente ai fini dell’articolo 78, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013
Con l’espressione sostenibile per la capacità di reddito dell’ente ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013, si intende che la redditività dell’ente, secondo la valutazione dell’autorità competente, continua a essere stabile o non si registrano cambiamenti negativi dopo la sostituzione degli strumenti con strumenti di fondi propri di qualità uguale o superiore, a quella data e per il prossimo futuro. La valutazione dell’autorità competente tiene conto della redditività dell’ente in situazioni di stress.
Articolo 28
Procedura e dati da fornire per la richiesta di autorizzazione, da parte dell’ente, a svolgere azioni quali riacquisti integrali o parziali e rimborsi ai fini dell’articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013
1. I riacquisti integrali o parziali e i rimborsi degli strumenti di fondi propri non sono annunciati ai possessori degli strumenti prima che l’ente abbia ottenuto l’approvazione preventiva dell’autorità competente.
2. Se si prevede che i riacquisti integrali o parziali e i rimborsi abbiano luogo con sufficiente certezza, e dopo aver ottenuto l’approvazione preventiva dell’autorità competente, l’ente deduce gli importi corrispondenti da riacquistare integralmente o parzialmente e rimborsare dagli elementi corrispondenti dei fondi propri prima che abbiano luogo gli effettivi riacquisti integrali o parziali e i rimborsi. Si ritiene che vi sia sufficiente certezza in particolare quando l’ente annuncia pubblicamente l’intenzione di riacquistare integralmente o parzialmente e rimborsare uno strumento di fondi propri.
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano, se del caso, al livello consolidato, subconsolidato e individuale di applicazione dei requisiti prudenziali.
Articolo 29
Presentazione della domanda di autorizzazione, da parte dell’ente, a svolgere azioni quali riacquisti integrali o parziali e rimborsi ai fini dell’articolo 77 e dell’articolo 78 del regolamento (UE) n. 575/2013 e basi appropriate per limitare il rimborso ai fini dell’articolo 78, paragrafo 3 del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Un ente presenta una domanda di autorizzazione all’autorità competente prima di riacquistare integralmente o parzialmente strumenti di capitale primario di classe 1 oppure prima di rimborsare, anche anticipatamente, o riacquistare strumenti aggiuntivi di classe 1 o strumenti di classe 2.
2. La domanda può includere un piano per svolgere, in un periodo limitato di tempo, le azioni di cui all’articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013 per diversi strumenti di capitale.
3. Nel caso di riacquisto di strumenti di capitale primario di classe 1, strumenti aggiuntivi di classe 1 e strumenti di classe 2 a fini di supporto agli scambi, le autorità competenti possono fornire un’autorizzazione preventiva, conformemente ai criteri di cui all’articolo 78 del regolamento (UE) n. 575/2013, alle azioni di cui all’articolo 77 di tale regolamento per uno specifico importo predeterminato.
a) |
Per gli strumenti di capitale primario di classe 1, tale importo non supera il minore dei seguenti importi:
|
b) |
Per gli strumenti aggiuntivi di classe 1 o gli strumenti di classe 2, l’importo predeterminato non supera il minore dei seguenti importi:
|
4. Le autorità competenti possono anche concedere anticipatamente la propria autorizzazione a svolgere le azioni di cui all’articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013 se gli strumenti di fondi propri interessati sono trasferiti ai dipendenti dell’ente come parte della loro remunerazione. Gli enti informano le autorità competenti qualora strumenti di fondi propri vengano acquistati a tali scopi e deducono tali strumenti dai fondi propri sulla base di un approccio di deduzione corrispondente per il periodo in cui essi sono detenuti dall’ente. Una deduzione su una base corrispondente non è più necessaria se le spese connesse a qualsiasi azione effettuate conformemente al presente paragrafo sono già incluse nei fondi propri in seguito a una relazione finanziaria intermedia o di fine anno.
5. Un’autorità competente può concedere anticipatamente la propria autorizzazione, conformemente ai criteri di cui all’articolo 78 del regolamento (UE) n. 575/2013, a svolgere un’azione di cui all’articolo 77 di tale regolamento per uno specifico importo predeterminato, se l’importo degli strumenti di fondi propri da rimborsare, anche anticipatamente, o riacquistare non è rilevante in relazione all’importo in essere della corrispondente emissione dopo che si sia verificato il rimborso, anche anticipato, o il riacquisto.
6. I paragrafi da 1 a 5 si applicano, se del caso, al livello consolidato, subconsolidato e individuale di applicazione dei requisiti prudenziali.
Articolo 30
Contenuto della domanda che l’ente deve presentare ai fini dell’articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013
1. La domanda di cui all’articolo 29 è corredata dalle seguenti informazioni:
a) |
una valida spiegazione delle ragioni per lo svolgimento di una delle azioni di cui all’articolo 29, paragrafo 1; |
b) |
informazioni sui requisiti patrimoniali e le riserve di capitale, relative almeno a un periodo triennale, comprensive del livello e della composizione dei fondi propri prima e dopo lo svolgimento dell’azione e l’impatto dell’azione sui requisiti regolamentari; |
c) |
l’impatto della sostituzione di uno strumento di capitale di cui all’articolo 78, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 575/2013 sulla redditività dell’ente; |
d) |
una valutazione dei rischi a cui l’ente è o può essere esposto e della possibilità che il livello dei fondi propri garantisca una copertura adeguata di tali rischi, comprese le prove di stress sui rischi principali che evidenziano le perdite potenziali in diversi scenari; |
e) |
qualsiasi altra informazione ritenuta necessaria dall’autorità competente per valutare l’opportunità di accordare un’autorizzazione a norma dell’articolo 78 del regolamento (UE) n. 575/2013. |
2. L’autorità competente dispensa gli enti dal presentare alcune delle informazioni di cui al paragrafo 2 qualora si sia accertata che tali informazioni sono già a sua disposizione.
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano, se del caso, al livello consolidato, subconsolidato e individuale di applicazione dei requisiti prudenziali.
Articolo 31
Tempi di presentazione della domanda da parte dell’ente e del trattamento della domanda da parte dell’autorità competente ai fini dell’articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013
1. L’ente presenta una domanda completa e fornisce le informazioni di cui agli articoli 29 e 30 all’autorità competente almeno tre mesi prima della data in cui una delle azioni specificate all’articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013 viene annunciata ai possessori degli strumenti.
2. Le autorità competenti possono autorizzare gli enti, caso per caso e in circostanze eccezionali, a trasmettere la domanda di cui al paragrafo 1 entro un periodo di tempo più breve dei tre mesi previsti.
3. L’autorità competente tratta la domanda nel periodo di tempo previsto al paragrafo 1 o nel periodo di tempo di cui al paragrafo 2. Le autorità competenti tengono conto delle nuove informazioni ricevute in questo periodo, se esse sono disponibili e se ritengono che tali informazioni siano rilevanti. Le autorità competenti cominciano a trattare la domanda soltanto quando siano convinte di aver ricevuto dall’ente le informazioni previste all’articolo 28.
Articolo 32
Domande di riacquisto, anche parziale, e rimborso da parte di società mutue, società cooperative, enti di risparmio o enti analoghi ai fini dell’articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Per quanto riguarda il rimborso degli strumenti di capitale primario di classe 1 di società mutue, società cooperative, enti di risparmio o enti analoghi, la domanda di cui all’articolo 29, paragrafi 1, 2 e 6 e le informazioni di cui all’articolo 30, paragrafo 1 sono trasmesse all’autorità competente con la stessa frequenza con la quale l’organo competente dell’ente esamina i rimborsi.
2. Le autorità competenti possono autorizzare anticipatamente una delle azioni di cui all’articolo 77 del regolamento (UE) n. 575/2013 per un importo specifico predeterminato da rimborsare, al netto dell’importo della sottoscrizione di nuovi strumenti di capitale primario di classe 1 versati in un periodo fino a un anno. Tale importo predeterminato può arrivare fino al 2 % del capitale primario di classe 1, se le predette autorità sono convinte che tale azione non potrà costituire un pericolo per la situazione di solvibilità attuale o futura dell’ente.
SEZIONE 3
Deroga temporanea alla deduzione dai fondi propri
Articolo 33
Deroga temporanea alla deduzione dai fondi propri ai fini dell’articolo 79, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Per «temporanea» si intende una deroga di durata non superiore al periodo previsto dal piano di assistenza finanziaria. La deroga non è concessa per un periodo superiore a 5 anni.
2. La deroga si applica soltanto in relazione ai nuovi strumenti detenuti nel soggetto del settore finanziario oggetto dell’operazione di assistenza finanziaria.
3. Per concedere una deroga temporanea alla deduzione dai fondi propri, un’autorità competente può ritenere che le detenzioni temporanee di cui all’articolo 79, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 sussistano ai fini di un’operazione di assistenza finanziaria destinata alla riorganizzazione e al salvataggio di un soggetto del settore finanziario quando l’operazione è svolta in base a un piano ed è approvata dall’autorità competente, e il piano definisce chiaramente fasi, tempi e obiettivi e specifica l’interazione tra le detenzioni temporanee e l’operazione di assistenza finanziaria.
CAPO V
INTERESSI DI MINORANZA E STRUMENTI AGGIUNTIVI DI CLASSE 1 E STRUMENTI DI CLASSE 2 EMESSI DA FILIAZIONI
Articolo 34
Tipi di attività che possono riguardare la gestione di società veicolo e i significati di «minimo» e «non significativo» in merito agli strumenti aggiuntivi di classe 1 e agli strumenti di classe 2 ammissibili emessi da società veicolo ai fini dell’articolo 83, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Le attività di una società veicolo sono considerate minime e non significative se sono soddisfatte entrambe le condizioni seguenti:
a) |
le attività della società veicolo che non sono costituite dagli investimenti nei fondi propri della filiazione correlata sono limitate a disponibilità liquide destinate al pagamento delle cedole e al rimborso degli strumenti di fondi propri che giungono a scadenza; |
b) |
l’importo delle attività della società veicolo diverse da quelle indicate alla lettera a) non sono superiori allo 0,5 % della media delle attività totali della società veicolo negli ultimi tre anni. |
2. Ai fini del paragrafo 1, lettera b), l’autorità competente può autorizzare un ente a utilizzare una percentuale più alta, purché siano soddisfatte entrambe le condizioni seguenti:
a) |
la percentuale più alta è necessaria per consentire esclusivamente la copertura dei costi di esercizio della società veicolo; |
b) |
il corrispondente importo nominale non supera i 500 000 EUR. |
CAPO VI
DEFINIZIONE DELLE DISPOSIZIONI TRANSITORIE DEL REGOLAMENTO (UE) N. 575/2013 IN RELAZIONE AI FONDI PROPRI
Articolo 35
Filtri e deduzioni aggiuntivi ai fini dell’articolo 481, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Gli aggiustamenti agli elementi del capitale primario di classe 1, del capitale aggiuntivo di classe 1 e del capitale di classe 2, ai sensi dell’articolo 481 del regolamento (UE) n. 575/2013, sono applicati conformemente ai paragrafi da 2 a 7.
2. Se, conformemente alle misure di attuazione della direttiva 2006/48/CE e della direttiva 2006/49/CE, le deduzioni e i filtri derivano dagli elementi dei fondi propri di cui all’articolo 57, lettere a), b), e c), della direttiva 2006/48/CE, gli aggiustamenti sono effettuati in relazione agli elementi del capitale primario di classe 1.
3. In casi diversi da quelli previsti al paragrafo 1, e se, conformemente alle misure di attuazione della direttiva 2006/48/CE e della direttiva 2006/49/CE, le deduzioni e i filtri sono stati applicati alla totalità degli elementi di cui all’articolo 57, lettere da a) a c) bis, della direttiva 2006/48/CE, tenendo conto dell’articolo 154 di tale direttiva, l’aggiustamento è effettuato in relazione agli elementi del capitale primario di classe 1.
4. Se l’importo degli elementi del capitale aggiuntivo di classe 1 è inferiore al relativo aggiustamento, l’aggiustamento residuo è effettuato in relazione agli elementi del capitale primario di classe 1.
5. In casi diversi da quelli previsti ai paragrafi 1 e 2, e se, conformemente alle misure di attuazione della direttiva 2006/48/CE e della direttiva 2006/49/CE, le deduzioni e i filtri sono stati applicati agli elementi dei fondi propri di cui all’articolo 57, lettere da d) a h) o all’importo totale dei fondi propri della direttiva 2006/48/CE e della direttiva 2006/49/CE, l’aggiustamento è effettuato in relazione agli elementi del capitale di classe 2.
6. Se l’importo degli elementi del capitale di classe 2 è inferiore al relativo aggiustamento, l’aggiustamento residuo è effettuato in relazione agli elementi del capitale aggiuntivo di classe 1.
7. Se l’importo degli elementi del capitale di classe 2 e del capitale aggiuntivo di classe 1 è inferiore al relativo aggiustamento, l’aggiustamento residuo è effettuato in relazione agli elementi del capitale primario di classe 1.
Articolo 36
Elementi esclusi dal grandfathering degli strumenti di capitale che non costituiscono aiuti di Stato per gli elementi del capitale primario di classe 1 o del capitale aggiuntivo di classe 1 in altri elementi dei fondi propri ai fini dell’articolo 487, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) n. 575/2013
1. Se si accorda agli strumenti di fondi propri il trattamento di cui all’articolo 487, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) n. 575/2013 nel periodo dal 1o gennaio 2014 al 31 dicembre 2021, gli strumenti possono essere trattati in tal modo integralmente o parzialmente. Eventuali trattamenti di questo tipo non hanno alcun effetto sul calcolo del limite di cui all’articolo 486, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 575/2013.
2. Gli strumenti di fondi propri di cui al paragrafo 1 possono nuovamente essere trattati come elementi di cui all’articolo 484, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 575/2013, a condizione che siano elementi di cui all’articolo 484, paragrafo 3, del medesimo regolamento, e purché il loro importo non superi più le percentuali applicabili di cui all’articolo 486, paragrafo 2, di detto regolamento.
3. Gli strumenti di fondi propri di cui al paragrafo 1 possono nuovamente essere trattati come elementi di cui all’articolo 484, paragrafo 4, a condizione che siano elementi di cui all’articolo 484, paragrafo 3 o 4, del regolamento (UE) n. 575/2013, e purché il loro importo non superi più le percentuali applicabili di cui all’articolo 486, paragrafo 3, di detto regolamento.
Articolo 37
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 gennaio 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1.
(2) Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1).
(3) Direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (GU L 177 del 30.6.2006, pag. 201).
(4) Regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l’Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Commissione (GU L 331 del 15.12.2010, pag. 12).
(5) Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1).
(6) Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338).
(7) Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243 dell’11.9.2002, pag. 1).
(8) Direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario (GU L 35 dell’11.2.2003, pag. 1).
(9) Direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari (GU L 372 del 31.12.1986, pag. 1).
(10) Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica (GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7).
(11) Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1).
(12) Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi (GU L 174 dell’1.7.2011, pag. 1).
(13) Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32).
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/27 |
REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 242/2014 DELLA COMMISSIONE
del 7 marzo 2014
recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Lammefjordskartofler (IGP)]
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (1), in particolare l’articolo 52, paragrafo 2,
considerando quanto segue:
(1) |
A norma dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012, la domanda di registrazione della denominazione «Lammefjordskartofler» presentata dalla Danimarca è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2). |
(2) |
Poiché alla Commissione non è stata notificata alcuna dichiarazione di opposizione ai sensi dell’articolo 51 del regolamento (UE) n. 1151/2012, la denominazione «Lammefjordskartofler» deve essere registrata, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
La denominazione che figura nell’allegato del presente regolamento è registrata.
Articolo 2
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 marzo 2014
Per la Commissione, a nome del presidente
Dacian CIOLOȘ
Membro della Commissione
(1) GU L 343 del 14.12.2012, pag. 1.
(2) GU C 286 del 2.1.2013, pag. 3.
ALLEGATO
Prodotti agricoli destinati al consumo umano elencati nell’allegato I del trattato:
Classe 1.6. Ortofrutticoli e cereali, freschi o trasformati
DANIMARCA
Lammefjordskartofler (IGP)
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/29 |
REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 243/2014 DELLA COMMISSIONE
del 7 marzo 2014
recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [BornheimerSpargel/Spargel aus dem Anbaugebiet Bornheim (IGP)]
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (1), in particolare l’articolo 52, paragrafo 2,
considerando quanto segue:
(1) |
A norma dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012, la domanda di registrazione della denominazione «Bornheimer Spargel»/«Spargel aus dem Anbaugebiet Bornheim» presentata dalla Germania è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2). |
(2) |
Poiché alla Commissione non è stata notificata alcuna dichiarazione di opposizione ai sensi dell’articolo 51 del regolamento (UE) n. 1151/2012, la denominazione «Bornheimer Spargel»/«Spargel aus dem Anbaugebiet Bornheim» deve essere registrata, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
La denominazione che figura nell’allegato del presente regolamento è registrata.
Article 2
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 marzo 2014
Per la Commissione, a nome del presidente
Dacian CIOLOȘ
Membro della Commissione
(1) GU L 343 del 14.12.2012, pag. 1.
(2) GU C 286 del 2.10.2013, pag. 12.
ALLEGATO
Prodotti agricoli destinati al consumo umano elencati nell’allegato I del trattato:
Classe 1.6. Ortofrutticoli e cereali, freschi o trasformati
GERMANIA
Bornheimer Spargel/Spargel aus dem Anbaugebiet Bornheim (IGP)
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/31 |
REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 244/2014 DELLA COMMISSIONE
del 7 marzo 2014
recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Strachitunt (DOP)]
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (1), in particolare l’articolo 52, paragrafo 2,
considerando quanto segue:
(1) |
A norma dell’articolo 50, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1151/2012, la domanda di registrazione della denominazione «Strachitunt» presentata dall’Italia è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2). |
(2) |
Poiché alla Commissione non è stata notificata alcuna dichiarazione di opposizione ai sensi dell’articolo 51 del regolamento (UE) n. 1151/2012, la denominazione «Strachitunt» deve essere registrata, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
La denominazione che figura nell’allegato del presente regolamento è registrata.
Articolo 2
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 marzo 2014
Per la Commissione, a nome del presidente
Dacian CIOLOȘ
Membro della Commissione
(1) GU L 343 del 14.12.2012, pag. 1.
(2) GU C 290 del 5.10.2013, pag. 5.
ALLEGATO
Prodotti agricoli destinati al consumo umano elencati nell’allegato I del trattato:
Classe 1.3. Formaggi
TALIA
Strachitunt (DOP)
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/33 |
REGOLAMENTO (UE) N. 245/2014 DELLA COMMISSIONE
del 13 marzo 2014
che modifica il regolamento (UE) n. 1178/2011 della Commissione, del 3 novembre 2011, che stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative relativamente agli equipaggi dell'aviazione civile
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, recante regole comuni nel settore dell'aviazione civile e che istituisce un'Agenzia europea per la sicurezza aerea e che abroga la direttiva 91/670/CEE, il regolamento (CE) n. 1592/2002 e la direttiva 2004/36/CE (1), in particolare l'articolo 7, paragrafo 5 e l'articolo 7, paragrafo 6,
considerando quanto segue:
(1) |
il regolamento (UE) n. 1178/2011 della Commissione (2) stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative relativamente agli equipaggi dell'aviazione civile. |
(2) |
Alcuni Stati membri hanno constatato che taluni requisiti del regolamento (UE) n. 1178/2011 impongono oneri economici e amministrativi ingiustificati e sproporzionati agli stessi Stati membri o ai soggetti interessati e hanno chiesto di poter derogare a determinati requisiti in conformità all'articolo 14, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 216/2008. |
(3) |
Le deroghe richieste sono state analizzate dall'Agenzia europea per la sicurezza aerea che, a sua volta, ha indirizzato una raccomandazione alla Commissione invitandola ad adottare determinate deroghe. |
(4) |
Inoltre, gli Stati membri hanno rilevato nel regolamento (UE) n. 1178/2011 una serie di errori di natura redazionale che hanno determinato difficoltà di attuazione impreviste. |
(5) |
Pertanto, è necessario modificare i requisiti attuali al fine di introdurre le deroghe con un chiaro effetto normativo e di correggere gli errori redazionali. |
(6) |
Inoltre, il regolamento (UE) n. 1178/2011 della Commissione presenta nell'allegato I (parte FCL) requisiti relativi ad addestramento e controlli per quanto riguarda l'abilitazione al volo strumentale (IR). I requisiti relativi all'abilitazione per il volo strumentale, per i quali è emersa la necessità di una revisione, erano basati sui precedenti requisiti JAR-FCL. |
(7) |
È pertanto necessario introdurre requisiti aggiuntivi per la qualifica a operare in condizioni meteorologiche di volo strumentale e requisiti specifici per le operazioni di cloud flying con alianti. |
(8) |
Al fine di garantire che l'addestramento o l'esperienza maturati prima dell'applicazione del presente regolamento siano riconosciuti ai fini dell'ottenimento delle abilitazioni citate, è necessario definire le condizioni per l'accreditamento dell'addestramento e dell'esperienza maturata nel volo strumentale. |
(9) |
È necessario che gli Stati membri possano riconoscere l'esperienza di volo strumentale maturata dai detentori di un'abilitazione rilasciata da un paese terzo purché possa essere garantito un livello di sicurezza equivalente a quello specificato dal regolamento (CE) n. 216/2008. È necessario inoltre stabilire anche le condizioni per il riconoscimento dell'esperienza maturata. |
(10) |
Al fine di garantire una transizione lineare e un elevato grado di uniformità nel campo della sicurezza dell'aviazione civile nell'Unione europea, è opportuno che le misure attuative riflettano lo stato dell'arte, tenendo conto delle migliori pratiche e dei progressi tecnici e scientifici compiuti nel settore dell'addestramento dei piloti. Di conseguenza è opportuno prendere in considerazione e incorporare nella presente serie di norme i requisiti tecnici e le procedure amministrative definiti dall'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO) e i requisiti già sviluppati nell'allegato I (parte FCL) del regolamento (UE) n. 1178/2011, come pure le legislazioni nazionali esistenti che fanno riferimento a uno specifico contesto nazionale, tenendo conto delle esigenze specifiche dei piloti di aviazione generale in Europa. |
(11) |
L'Agenzia ha elaborato proposte di norme attuative e le ha presentate, a titolo di parere, alla Commissione a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 216/2008. |
(12) |
È opportuno che gli Stati membri, che hanno definito un sistema nazionale per autorizzare i piloti a operare in condizioni meteorologiche di volo strumentale (IMC) con privilegi limitati e ristretti al loro spazio aereo nazionale e che sono in grado di dimostrare che il sistema è sicuro ed è dettato da una specifica esigenza locale, siano autorizzati a continuare a rilasciare tali autorizzazioni per un periodo limitato e subordinatamente al soddisfacimento di determinate condizioni. |
(13) |
Il regolamento (UE) n. 965/2012 della Commissione (3) consente di effettuare taluni voli, quali i voli introduttivi e i voli in condivisione dei costi, in conformità a norme applicabili alle operazioni non commerciali di aeromobili non complessi. È pertanto necessario garantire che i privilegi dei piloti di cui al regolamento (UE) n. 1178/2011 siano coerenti con questo approccio. |
(14) |
È pertanto opportuno consentire che i voli delle categorie citate identificati nel regolamento (UE) n. 965/2012 siano operati da piloti detentori di licenze del tipo PPL, SPL, BPL o LAPL. |
(15) |
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea istituito dall'articolo 65 del regolamento (CE) n. 216/2008. |
(16) |
Occorre pertanto modificare opportunamente il regolamento (UE) n. 1178/2011, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Il regolamento (UE) n. 1178/2011 è modificato come segue:
1) |
L'articolo 3 è sostituito dal seguente: «Articolo 3 Rilascio di licenza di pilota e del certificato medico 1. Fatto salvo l'articolo 8 del presente regolamento, i piloti degli aeromobili di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettere b) e c), e all'articolo 4, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 216/2008, devono conformarsi ai requisiti tecnici e alle procedure amministrative di cui agli allegati I e IV del presente regolamento. 2. Fatti salvi i privilegi dei detentori delle licenze di cui all'allegato I del presente regolamento, i detentori di licenze di pilota rilasciate in conformità alle sottoparti B e C dell'allegato I del presente regolamento possono effettuare i voli di cui all'articolo 6, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 965/2012 e ciò senza pregiudicare la conformità a eventuali requisiti aggiuntivi relativi al trasporto di passeggeri o allo sviluppo delle operazioni commerciali di cui alle sottoparti B o C dell'allegato I del presente regolamento.» |
2) |
All'articolo 4 è aggiunto il seguente paragrafo 8: «8. Fino all'8 aprile 2019 uno Stato membro può rilasciare ai piloti un'autorizzazione per esercitare specifici privilegi limitati per pilotare aeromobili secondo le regole del volo strumentale prima che essi abbiano soddisfatto tutti i requisiti necessari per il rilascio di un'abilitazione al volo strumentale in conformità al presente regolamento, subordinatamente alle seguenti condizioni:
|
3) |
All'articolo 12, il paragrafo 4 è sostituito dal seguente: «4. In deroga al paragrafo 1, fino all'8 aprile 2015 gli Stati membri possono decidere di non applicare le disposizioni del regolamento a piloti che detengono una licenza, e il relativo certificato medico, rilasciati da un paese terzo responsabile dell'utilizzo non commerciale di un aeromobile specificato all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b) o c), del regolamento (CE) n. 216/2008.» |
4) |
Gli allegati I, II, III e VI sono modificati in conformità agli allegati del presente regolamento. |
Articolo 2
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 13 marzo 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 143 del 30.4.2004, pag. 76.
(2) GU L 311 del 25.11.2011, pag. 1.
(3) Regolamento (UE) n. 965/2012 della Commissione, del 5 ottobre 2012, che stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative per quanto riguarda le operazioni di volo ai sensi del regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 296 del 25.10.2012, pag. 1).
ALLEGATO I
L'allegato I (parte FCL) al regolamento (UE) n. 1178/2011 è modificato come segue:
1) |
Il titolo della norma FCL.015 è sostituito dal seguente: «FCL.015 Richiesta e rilascio, rinnovo e ripristino di licenze, abilitazioni e certificati» |
2) |
La norma FCL.020 è sostituita dalla seguente: «FCL.020 Allievo pilota
|
3) |
La norma FCL.025 è modificata come segue:
|
4) |
La norma FCL.035 è modificata come segue:
|
5) |
La norma FCL.055 è modificata come segue:
|
6) |
Alla norma FCL.060, lettera b), il paragrafo 3 è sostituito dal seguente:
|
7) |
Alla norma FCL.105.A, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
|
8) |
Alla norma FCL.105.S, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
|
9) |
La norma FCL.105.B è sostituita dalla seguente: «FCL.105.B LAPL(B) — Privilegi I privilegi dei titolari di una licenza LAPL per palloni liberi consistono nell'operare come pilota in comando su palloni ad aria calda o dirigibili ad aria calda con una capienza massima dell'involucro di 3 400 m3 o palloni a gas con una capienza massima dell'involucro di 1 260 m3, trasportando un numero massimo di 3 passeggeri, in modo che non ci siano mai più di 4 persone a bordo dell'aeromobile.» |
10) |
Alla norma FCL.110.B, il titolo è sostituito dal seguente: |
11) |
Alla lettera c) della norma FCL.235, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
|
12) |
Alla lettera b) della norma FCL.205.A, il paragrafo 3 è sostituito dal seguente:
|
13) |
Alla lettera b) della norma FCL.205.H, il paragrafo 3 è sostituito dal seguente:
|
14) |
Alla lettera b) della norma FCL.205.As, il paragrafo 3 è sostituito dal seguente:
|
15) |
Alla norma FCL.205.S, la lettera c) è sostituita dalla seguente:
|
16) |
La norma FCL.205.B è modificata come segue:
|
17) |
Alla lettera a) della norma FCL.230.B, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
|
18) |
Alla lettera c) della norma FCL.510.A, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
|
19) |
La norma FCL.600 è sostituita dalla seguente: «FCL.600 IR — Generalità Salvo quanto previsto alla norma FCL.825, le operazioni in condizioni IFR con un velivolo, elicottero, dirigibile o convertiplano possono essere condotte dai titolari di una licenza PPL, CPL, MPL e ATPL con una IR adeguata alla categoria di aeromobili o quando stanno effettuando un test di abilitazione o addestramento a doppio comando.» |
20) |
La norma FCL.610 è modificata come segue:
|
21) |
Alla norma FCL.615, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
|
22) |
Alla lettera a) della norma FCL.625.H, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
|
23) |
Alla norma FCL.710, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
|
24) |
Alla lettera b) della norma FCL.725, il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:
|
25) |
Alla norma FCL.720.A, la lettera e) è sostituita dalla seguente:
|
26) |
Alla lettera a) della norma FCL.740.A, il paragrafo 4 è sostituito dal seguente:
|
27) |
Alla norma FCL.735.As, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
devono essere utilizzati un FNPT II o III qualificato per la MCC, un FTD 2/3 o un FFS.» |
28) |
Alla norma FCL.810, il paragrafo 1 della lettera a) è modificato come segue:
|
29) |
Sono aggiunte le seguenti nuove norme FCL.825 e FCL.830: «FCL.825 Abilitazione al volo strumentale in rotta (EIR)
«FCL.830 Abilitazione al cloud flying con alianti
|
30) |
Alla lettera b), paragrafo 2, della norma FCL.915, il testo del punto i) è sostituito dal seguente:
|
31) |
La norma FCL.905.FI è modificata come segue:
|
32) |
Alla lettera a) della norma FCL.910.FI, il paragrafo 3 è sostituito dal seguente:
|
33) |
Alla norma FCL.915.FI, la lettera e) è sostituita dalla seguente:
|
34) |
Alla lettera b) della norma FCL.930.FI, il paragrafo 3, è modificato come segue:
|
35) |
Alla norma FCL.905.TRI, dopo frase introduttiva, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
|
36) |
La norma FCL.905.CRI è modificata come segue:
|
37) |
Alla norma FCL.905.IRI, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
|
38) |
Alla lettera a) della norma FCL.915.IRI, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
|
39) |
Alla lettera d) della norma FCL.905.SFI, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
|
40) |
Alla lettera b) della norma FCL.915.MCCI, il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:
|
41) |
La norma FCL.940.MI è sostituita dalla seguente: «FCL.940.MI Validità del certificato MI Il certificato MI rimane valido per tutto il periodo di validità del certificato FI, TRI o CRI.» |
42) |
La norma FCL.1015 è modificata come segue:
|
43) |
Alla lettera b) della norma FCL.1030, il paragrafo 3, è modificato come segue:
|
44) |
La norma FCL.1005.FE è modificata come segue:
|
45) |
Alla lettera a) della norma FCL.1005.TRE, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
|
46) |
alla lettera b), paragrafo 5, della norma FCL.1010.TRE, il punto ii) è sostituito dal seguente:
|
47) |
alla lettera b) della norma FCL.1005.CRE è aggiunto il seguente paragrafo 3:
|
48) |
La norma FCL.1005.IRE è sostituita dalla seguente: «FCL.1005.IRE IRE — Privilegi I privilegi del titolare di un certificato IRE consistono nel condurre test di abilitazione per il rilascio e controlli di professionalità per il rinnovo o il ripristino di abilitazioni EIR o IR.» |
49) |
L'appendice 1 dell'allegato I (parte FCL) è modificata come segue:
|
50) |
L'appendice 3 dell'allegato I (parte FCL) è modificata come segue:
|
51) |
All'appendice 5 dell'allegato I (Parte FCL) alla voce GENERALITÀ, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:
|
52) |
L'appendice 6 alla parte FCL è modificata come segue:
|
53) |
L'appendice 9 dell'allegato I (parte FCL) è modificata come segue:
|
ALLEGATO II
L'allegato II del regolamento (UE) n. 1178/2011 è modificato come segue:
1) |
Il punto 1 della sezione A. «VELIVOLI» è modificato come segue:
|
2) |
Il punto 1 della sezione B. «ELICOTTERI» è modificato come segue:
|
(1) I titolari di licenza CPL che già possiedono un'abilitazione per tipo su velivoli ad equipaggio plurimo non devono dimostrare di aver superato un esame delle conoscenze teoriche ATPL(A) fino a quando continuano ad operare sullo stesso tipo di velivolo, ma non riceveranno il credito per la teoria della licenza ATPL(A) per una licenza parte FCL. Se richiedono un'altra abilitazione per tipo per un velivolo ad equipaggio plurimo differente, devono soddisfare i requisiti indicati nella colonna 3), riga e), punto i), della tabella precedente.»
(2) I titolari di licenza CPL che già possiedono un'abilitazione per tipo su elicotteri ad equipaggio plurimo non devono dimostrare le conoscenze teoriche ATPL(H) fino a quando continuano ad operare sullo stesso tipo di elicottero, ma non riceveranno il credito per la teoria della licenza ATPL(H) per una licenza parte FCL. Se richiedono un'altra abilitazione per tipo per un elicottero ad equipaggio plurimo differente, devono soddisfare i requisiti indicati nella colonna 3, riga h), punto i), della tabella.»
ALLEGATO III
L'allegato III del regolamento (UE) n. 1178/2011 è modificato come segue:
1) |
La sezione A. «Convalida delle licenze» è modificata come segue:
|
2) |
Alla sezione B. «CONVERSIONE DELLE LICENZE», il punto 1 è sostituito dal seguente:
|
(1) I titolari della CPL(A)/IR su velivoli ad equipaggio plurimo devono aver dimostrato di possedere un livello di conoscenza teorica ICAO ATPL(A) prima dell'accettazione.»
ALLEGATO IV
L'allegato VI del regolamento (UE) n. 1178/2011 è modificato come segue:
1) |
Alla sezione II, sottoparte FCL, ARA.FCL.205, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
|
2) |
Alla sezione II, sottoparte FCL, la norma ARA.FCL.210 è sostituita dalla seguente: 'ARA.FCL.210 Informazioni per gli esaminatori
|
3) |
La SOTTOPARTE MED è modificata come segue:
|
4) |
Nell' appendice II 'Formato standard AESA per gli attestati di equipaggio di cabina', la parte 'Istruzioni' è modificata come segue:
|
5) |
L'appendice V "CERTIFICATO PER I CENTRI AEROMEDICI" (AeMC) è sostituita dalla seguente: «Appendice V DELL'ALLEGATO VI, PARTE ARA
|
6) |
Il contenuto dell'appendice VI è soppresso e sostituito dal seguente: '(PAGINA IN BIANCO)' |
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/58 |
REGOLAMENTO (UE) N. 246/2014 DELLA COMMISSIONE
del 13 marzo 2014
che modifica l’allegato II del regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne la rimozione dall’elenco dell’Unione di determinate sostanze aromatizzanti
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli aromi e ad alcuni ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti destinati a essere utilizzati negli e sugli alimenti e che modifica il regolamento (CE) n. 1601/91 del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 2232/96 e n. 110/2008 e la direttiva 2000/13/CE (1), in particolare l’articolo 11, paragrafo 3,
visto il regolamento (CE) n. 1331/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, che istituisce una procedura uniforme di autorizzazione per gli additivi, gli enzimi e gli aromi alimentari (2), in particolare l’articolo 7, paragrafo 4,
considerando quanto segue:
(1) |
L’allegato I del regolamento (CE) n. 1334/2008 stabilisce un elenco dell’Unione delle sostanze aromatizzanti e dei materiali di base destinati a essere utilizzati negli alimenti e ne specifica le condizioni d’uso. |
(2) |
Il regolamento di esecuzione (UE) n. 872/2012 della Commissione (3), adotta l’elenco di sostanze aromatizzanti e lo inserisce nell’allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 1334/2008. |
(3) |
Tale elenco può essere aggiornato a norma della procedura uniforme di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1331/2008, sia per iniziativa della Commissione sia su richiesta presentata da uno Stato membro o da una parte interessata. |
(4) |
La parte A dell’elenco dell’Unione contiene un certo numero di sostanze per le quali l’Autorità europea per la sicurezza alimentare non ha completato la valutazione o ha richiesto, al fine di completarla, la presentazione di dati scientifici supplementari. Per 19 di queste sostanze le persone responsabili dell’immissione sul mercato delle sostanze aromatizzanti hanno ora ritirato la richiesta. Pertanto le sostanze aromatizzanti in questione vanno cancellate dall’elenco dell’Unione. |
(5) |
L’allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 1334/2008 va pertanto modificato di conseguenza. |
(6) |
A norma dell’articolo 30 del regolamento (CE) n. 1334/2008 le sostanze aromatizzanti non incluse nell’elenco dell’Unione possono essere messe in commercio in quanto tali e utilizzate negli e sugli alimenti fino al 22 ottobre 2014. Poiché le sostanze aromatizzanti sono già disponibili sul mercato negli Stati membri, e al fine di garantire una transizione agevole alla procedura di autorizzazione dell’Unione, sono state stabilite misure transitorie per gli alimenti contenenti tali sostanze nel regolamento (UE) n. 873/2012 (4). |
(7) |
Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
L’allegato I, parte A, del regolamento (CE) n. 1334/2008 è modificato in conformità all’allegato del presente regolamento.
Articolo 2
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 13 marzo 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 354 del 31.12.2008, pag. 34.
(2) GU L 354 del 31.12.2008, pag. 1.
(3) Regolamento di esecuzione (UE) n. 872/2012 della Commissione che adotta l'elenco di sostanze aromatizzanti di cui al regolamento (CE) n. 2232/96 del Parlamento europeo e del Consiglio, lo inserisce nell'allegato I del regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga il regolamento (CE) n. 1565/2000 della Commissione e la decisione 1999/217/CE della Commissione (GU L 267 del 2.10.2012, pag. 1).
(4) Regolamento (UE) n. 873/2012 della Commissione del 1o ottobre 2012, sulle misure transitorie riguardanti l'elenco di sostanze aromatizzanti di cui all'allegato I del regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 267 del 2.10.2012, pag. 162).
ALLEGATO
Nella parte A dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1334/2008 sono soppresse le seguenti voci:
«01.015 |
Vinilbenzene |
100-42-5 |
|
11022 |
|
|
1 |
EFSA |
02.122 |
p-menta-1,8(10)-dien-9-olo |
3269-90-7 |
|
|
|
|
2 |
EFSA |
09.809 |
acetato di p-menta-1,8(10)-dien-9-ile |
15111-97-4 |
|
10743 |
|
|
2 |
EFSA |
12.114 |
trisolfuro di dietile |
3600-24-6 |
1701 |
11451 |
|
|
4 |
EFSA |
12.120 |
2,8-epitio-p-mentano |
68398-18-5 |
1685 |
|
|
|
4 |
EFSA |
12.159 |
metantiosolfonato di metile |
2949-92-0 |
|
11520 |
|
|
3 |
EFSA |
12.256 |
trisolfuro di etile propile |
31499-70-4 |
1695 |
|
|
|
4 |
EFSA |
12,272 |
propil propano tiosulfonato |
1113-13-9 |
1702 |
|
|
|
3 |
EFSA |
13.029 |
2,5-dimetilfurano |
625-86-5 |
1488 |
2208 |
|
|
3 |
EFSA |
13.030 |
2-Metilfurano |
534-22-5 |
1487 |
2209 |
|
|
3 |
EFSA |
13.092 |
2-etilfurano |
3208-16-0 |
1489 |
11706 |
|
|
3 |
EFSA |
14.145 |
pirrolo-2-carbaldeide |
1003-29-8 |
|
11393 |
|
|
4 |
EFSA |
14.163 |
1-metilpirrolo-2-carbossaldeide |
1192-58-1 |
|
|
|
|
4 |
EFSA |
14.169 |
1-etil-2-pirrolocarbossaldeide |
2167-14-8 |
|
|
|
|
4 |
EFSA |
15.064 |
2,5-dimetiltiofene |
638-02-8 |
|
|
|
|
4 |
EFSA |
15.072 |
2-etiltiofene |
872-55-9 |
|
11614 |
|
|
4 |
EFSA |
15.091 |
2-metiltiofene |
554-14-3 |
|
11631 |
|
|
4 |
EFSA |
15.092 |
3-metiltiofene |
616-44-4 |
|
11632 |
|
|
4 |
EFSA |
16.124 |
(1R,2S,5R)-N-ciclopropil-5-metil-2-isopropile cicloesancarbossiammide |
73435-61-7 |
|
|
|
|
1 |
EFSA» |
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/61 |
REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 247/2014 DELLA COMMISSIONE
del 13 marzo 2014
recante fissazione dei valori forfettari all'importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1),
visto il regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 della Commissione, del 7 giugno 2011, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio nei settori degli ortofrutticoli freschi e degli ortofrutticoli trasformati (2), in particolare l'articolo 136, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1) |
Il regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 prevede, in applicazione dei risultati dei negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay round, i criteri per la fissazione da parte della Commissione dei valori forfettari all'importazione dai paesi terzi, per i prodotti e i periodi indicati nell'allegato XVI, parte A, del medesimo regolamento. |
(2) |
Il valore forfettario all'importazione è calcolato ciascun giorno feriale, in conformità dell’articolo 136, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011, tenendo conto di dati giornalieri variabili. Pertanto il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
I valori forfettari all'importazione di cui all'articolo 136 del regolamento di esecuzione (UE) n. 543/2011 sono quelli fissati nell'allegato del presente regolamento.
Articolo 2
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 13 marzo 2014
Per la Commissione, a nome del presidente
Jerzy PLEWA
Direttore generale dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale
(1) GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1.
(2) GU L 157 del 15.6.2011, pag. 1.
ALLEGATO
Valori forfettari all'importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli
(EUR/100 kg) |
||
Codice NC |
Codice dei paesi terzi (1) |
Valore forfettario all'importazione |
0702 00 00 |
MA |
73,3 |
TN |
108,4 |
|
TR |
104,7 |
|
ZZ |
95,5 |
|
0707 00 05 |
EG |
182,1 |
MA |
182,1 |
|
TR |
152,6 |
|
ZZ |
172,3 |
|
0709 91 00 |
EG |
45,1 |
ZZ |
45,1 |
|
0709 93 10 |
MA |
40,6 |
TR |
87,7 |
|
ZZ |
64,2 |
|
0805 10 20 |
EG |
49,2 |
IL |
66,9 |
|
MA |
46,5 |
|
TN |
51,1 |
|
TR |
56,3 |
|
ZA |
62,4 |
|
ZZ |
55,4 |
|
0805 50 10 |
TR |
69,1 |
ZZ |
69,1 |
|
0808 10 80 |
CL |
132,6 |
CN |
58,1 |
|
MK |
32,3 |
|
US |
189,7 |
|
ZZ |
103,2 |
|
0808 30 90 |
AR |
101,7 |
CL |
144,6 |
|
TR |
158,2 |
|
US |
211,0 |
|
ZA |
98,1 |
|
ZZ |
142,7 |
(1) Nomenclatura dei paesi stabilita dal regolamento (CE) n. 1833/2006 della Commissione (GU L 354 del 14.12.2006, pag. 19). Il codice «ZZ» corrisponde a «altre origini».
DECISIONI
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/63 |
DECISIONE DI ESECUZIONE DELLA COMMISSIONE
del 12 marzo 2014
relativa ad alcune misure protettive contro la peste suina africana in Polonia
[notificata con il numero C(2014) 1657]
(Il testo in lingua polacca è il solo facente fede)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2014/134/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
vista la direttiva 89/662/CEE del Consiglio, dell’11 dicembre 1989, relativa ai controlli veterinari applicabili negli scambi intracomunitari, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (1), in particolare l’articolo 9, paragrafo 4,
vista la direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (2), in particolare l’articolo 10, paragrafo 4,
considerando quanto segue:
(1) |
La peste suina africana è una malattia infettiva virale che colpisce le popolazioni suine domestiche e selvatiche e può avere conseguenze gravi sulla redditività della suinicoltura perturbando gli scambi all’interno dell’Unione e le esportazioni verso paesi terzi. |
(2) |
In caso di insorgenza della peste suina africana vi è il rischio che l’agente patogeno si diffonda ad altri allevamenti suini e tra i suini selvatici. La malattia potrebbe pertanto diffondersi da uno Stato membro all’altro come pure in paesi terzi attraverso gli scambi di suini vivi o dei loro prodotti. |
(3) |
La direttiva 2002/60/CE del Consiglio (3) stabilisce misure minime di lotta contro la peste suina africana applicabili nell’Unione. L’articolo 15 di tale direttiva prevede l’istituzione di una zona infetta a seguito della conferma di uno o più casi di peste suina africana nelle popolazioni di suini selvatici. |
(4) |
La Polonia ha informato la Commissione dell’attuale situazione della peste suina africana sul suo territorio e, conformemente all’articolo 15 della direttiva 2002/60/CE, ha istituito una zona infetta nella quale applicare le misure di cui agli articoli 15 e 16 di tale direttiva. |
(5) |
Per prevenire inutili perturbazioni degli scambi all’interno dell’Unione ed evitare che paesi terzi introducano ostacoli ingiustificati agli scambi è necessario stabilire, in cooperazione con lo Stato membro interessato, un elenco dell’Unione che includa i territori infetti a causa della peste suina africana in Polonia. |
(6) |
Di conseguenza, occorre elencare i territori infetti in Polonia nell’allegato della presente decisione e fissare la durata di tale regionalizzazione in conformità all’articolo 15 della direttiva 2002/60/CE. |
(7) |
La decisione di esecuzione 2014/100/UE (4) della Commissione dovrebbe essere confermata previa consultazione del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali. |
(8) |
Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, |
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La Polonia provvede affinché la zona infetta istituita in applicazione dell’articolo 15 della direttiva 2002/60/CE comprenda almeno i territori indicati nell’allegato della presente decisione.
Articolo 2
La presente decisione si applica fino al 30 aprile 2014.
Articolo 3
La Repubblica di Polonia è destinataria della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 12 marzo 2014
Per la Commissione
Tonio BORG
Membro della Commissione
(1) GU L 395 del 30.12.1989, pag. 13.
(2) GU L 224 del 18.8.1990, pag. 29.
(3) Direttiva 2002/60/CE, del 27 giugno 2002, recante disposizioni specifiche per la lotta contro la peste suina africana e recante modifica della direttiva 92/119/CEE per quanto riguarda la malattia di Teschen e la peste suina africana (GU L 192 del 20.7.2002, pag. 27).
(4) Decisione di esecuzione 2014/100/UE della Commissione, del 18 febbraio 2014, relativa a talune misure protettive temporanee contro la peste suina africana in Polonia (GU L 50 del 20.2.2014, pag. 35).
ALLEGATO
ZONA INFETTA
I seguenti territori della Repubblica di Polonia:
— |
nel voivodato di Podlachia: il poviat sejneński; nel poviat augustowski, i comuni di Płaska, Lipsk e Sztabin; il poviat sokólski; nel poviat białostocki, i comuni di Czarna Białostocka, Supraśl, Zabludów, Michałowo e Gródek; e i poviat hajnowski, bielski e siemiatycki; |
— |
nel voivodato di Masovia: il poviat łosicki; |
— |
nel voivodato di Lublino: i poviat bialski, Biała Podlaska e włodawski. |
RACCOMANDAZIONI
14.3.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 74/65 |
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 12 marzo 2014
su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2014/135/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1) |
Obiettivo della presente raccomandazione è garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell’Unione, l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone pertanto il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale. Un altro obiettivo è dare una seconda opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono. |
(2) |
Le norme nazionali in materia di insolvenza variano notevolmente quanto alla gamma di procedure di cui possono avvalersi i debitori in difficoltà finanziaria per ristrutturare la loro impresa. Alcuni Stati membri prevedono poche procedure e la ristrutturazione è possibile solo in una fase relativamente tardiva, nell’ambito della procedura formale d’insolvenza. Altri Stati membri invece permettono la ristrutturazione in una fase precoce ma le procedure a disposizione sono meno efficaci di quanto potrebbero oppure impongono adempimenti in misura variabile, specie per quanto riguarda l’uso di procedure stragiudiziali. |
(3) |
Analogamente, le norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori, in particolare ammettendoli al beneficio della liberazione dai debiti contratti nel corso delle attività, variano quanto alla durata dei tempi di riabilitazione e alle condizioni del beneficio. |
(4) |
La disparità tra i quadri nazionali in materia di ristrutturazione e la diversità delle norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori onesti sono causa di costi aggiuntivi e fonte di incertezza nella valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro; frammentano le condizioni di accesso al credito e danno luogo a tassi di recupero del credito diversi; impediscono ai gruppi transfrontalieri di imprese di elaborare e adottare piani di ristrutturazione coerenti. Più in generale, possono costituire un disincentivo per le imprese che intendono stabilirsi in Stati membri diversi. |
(5) |
Il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio (1) disciplina esclusivamente questioni relative alla competenza, al riconoscimento, all’esecuzione, alla legge applicabile e alla cooperazione nelle procedure d’insolvenza transfrontaliere. La proposta di modifica del regolamento, presentata dalla Commissione (2), estende il campo di applicazione del regolamento alle procedure di prevenzione che promuovono il salvataggio del debitore economicamente valido e danno una seconda opportunità agli imprenditori. Tuttavia, la modifica proposta non affronta le disparità esistenti tra le procedure nazionali di prevenzione. |
(6) |
Il 15 novembre 2011 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione (3) sulle procedure d’insolvenza, contenente raccomandazioni per l’armonizzazione di aspetti specifici delle legislazioni nazionali in materia di insolvenza, comprese le condizioni per l’elaborazione, l’impatto e i contenuti dei piani di risanamento. |
(7) |
Con la comunicazione «L’Atto per il mercato unico II (4)» del 3 ottobre 2012, la Commissione propone l’azione chiave volta a «modernizzare le norme UE in materia di insolvenza per facilitare la sopravvivenza delle imprese e offrire una seconda possibilità agli imprenditori», annunciando a tal fine che esaminerà le modalità per accrescere l’efficienza del diritto fallimentare nazionale, in modo da creare condizioni di parità per le imprese, gli imprenditori e i privati cittadini nell’ambito del mercato interno. |
(8) |
Nella comunicazione «Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza (5)» del 12 dicembre 2012, la Commissione evidenzia i settori in cui le divergenze tra diritti fallimentari nazionali rischiano di ostacolare la creazione di un quadro giuridico efficiente nel mercato interno, e osserva che, ponendo tutti i diritti fallimentari nazionali sullo stesso piano, crescerà la fiducia di società, imprenditori e privati negli ordinamenti degli altri Stati membri e migliorerà l’accesso al credito che a sua volta fungerà da incentivo agli investimenti. |
(9) |
Il 9 gennaio 2013 la Commissione ha adottato il piano d’azione imprenditorialità 2020 (6) in cui, tra l’altro, invita gli Stati membri a ridurre nei limiti del possibile il tempo di riabilitazione e di estinzione del debito nel caso di un imprenditore onesto che ha fatto bancarotta, portandolo a un massimo di tre anni entro il 2013, e a offrire servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce, di consulenza per evitare i fallimenti e di sostegno alle PMI per ristrutturarsi e rilanciarsi. |
(10) |
Vari Stati membri stanno rivedendo il proprio diritto fallimentare per migliorare il quadro per il salvataggio delle imprese e la seconda opportunità per gli imprenditori. Pertanto è opportuno incentivare la coerenza di questa e di eventuali altre future iniziative nazionali così da rafforzare il funzionamento del mercato interno. |
(11) |
È necessario incoraggiare una maggiore coerenza tra i quadri nazionali in materia di insolvenza onde ridurre le divergenze e le inefficienze che ostacolano la ristrutturazione precoce di imprese sane in difficoltà finanziaria e promuovere la possibilità per gli imprenditori onesti di ottenere una seconda opportunità, riducendo con ciò i costi di ristrutturazione a carico di debitori e creditori. Grazie a una maggiore coerenza ed efficienza delle norme fallimentari nazionali, si massimizzeranno i rendimenti per tutti i tipi di creditori e investitori, e si incoraggeranno gli investimenti transfrontalieri. Una maggiore coerenza faciliterà anche la ristrutturazione di gruppi di imprese, indipendentemente dal luogo dell’Unione in cui sono situate le imprese del gruppo. |
(12) |
Inoltre, eliminando gli ostacoli all’efficace ristrutturazione di imprese sane in difficoltà finanziaria si contribuisce alla salvaguardia dei posti di lavoro, con effetti positivi sull’economia in generale. Essendo più facile per gli imprenditori ottenere una seconda opportunità, aumenterà anche l’incidenza del lavoro autonomo negli Stati membri. Inoltre, la presenza di quadri efficaci in materia di insolvenza permetterà di valutare meglio i rischi connessi alle decisioni di concessione e assunzione di prestiti e favorirà l’adeguamento delle imprese eccessivamente indebitate, minimizzando i costi economici e sociali insiti nel processo di riduzione dell’indebitamento. |
(13) |
A trarre vantaggio da un approccio più coerente a livello dell’Unione saranno anche le piccole e medie imprese, che non dispongono delle risorse necessarie per sostenere gli alti costi di ristrutturazione e beneficiare delle procedure di ristrutturazione più efficienti di alcuni Stati membri. |
(14) |
Anche le autorità fiscali hanno interesse a che esista un quadro efficace in materia di ristrutturazione delle imprese sane. Nell’attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate per la raccolta e il recupero del gettito fiscale nel rispetto dei principi generali di equità fiscale, e adottare misure efficaci nei casi di frode, evasione o altro illecito. |
(15) |
È opportuno escludere dal campo di applicazione della presente raccomandazione le imprese assicuratrici, gli enti creditizi, le imprese di investimento, gli organismi d’investimento collettivo, le controparti centrali, i depositari centrali di titoli e altri istituti finanziari soggetti a quadri speciali di risanamento e risoluzione delle crisi in cui le autorità di vigilanza nazionali godono di ampi poteri di intervento. Sebbene la presente raccomandazione non includa nel suo campo di applicazione il sovraindebitamento dei consumatori e il loro fallimento, gli Stati membri sono invitati a valutare la possibilità di applicarne i principi anche ai consumatori, giacché alcuni possono essere rilevanti anche per i consumatori. |
(16) |
Un quadro di ristrutturazione dovrebbe permettere ai debitori di far fronte alle difficoltà finanziarie in una fase precoce, evitando così l’insolvenza e proseguendo le attività. Tuttavia, onde evitare potenziali rischi di abuso della procedura, è necessario che le difficoltà finanziarie del debitore comportino con tutta probabilità l’insolvenza del debitore e che il piano di ristrutturazione sia tale da impedire l’insolvenza e garantire la redditività dell’impresa. |
(17) |
Per promuovere l’efficienza e ridurre ritardi e costi, i quadri nazionali di ristrutturazione preventiva dovrebbero contemplare procedure flessibili che limitino l’intervento del giudice ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei creditori e terzi eventuali. Ad esempio, per evitare costi inutili e rispecchiare l’intervento precoce della procedura, al debitore dovrebbe, in linea di principio, essere lasciato il controllo delle sue attività, e la nomina di un Mediatore o un supervisore non dovrebbe essere obbligatoria, bensì decisa caso per caso. |
(18) |
Il debitore dovrebbe poter chiedere al giudice di sospendere le azioni esecutive individuali e la procedura di insolvenza di cui i creditori abbiano chiesto l’avvio, nei casi in cui tali azioni possano ripercuotersi negativamente sui negoziati e ostacolare le prospettive di ristrutturazione della sua impresa. Tuttavia, per bilanciare i diritti del debitore con quelli dei creditori, e tenuto conto dell’esperienza maturata con le recenti riforme degli Stati membri, la sospensione dovrebbe essere disposta inizialmente per un periodo non superiore a quattro mesi. |
(19) |
L’omologazione giudiziaria del piano di ristrutturazione è necessaria per garantire che la limitazione dei diritti dei creditori sia proporzionata ai benefici della ristrutturazione e che i creditori abbiano accesso a un ricorso effettivo, in piena conformità con la libertà d’impresa e il diritto di proprietà sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto il giudice dovrebbe respingere il piano di ristrutturazione se è probabile che il tentativo di ristrutturazione limiti i diritti dei creditori dissenzienti in misura superiore rispetto a quanto questi potrebbero ragionevolmente prevedere in assenza di ristrutturazione dell’impresa del debitore. |
(20) |
Gli effetti del fallimento, in particolare la stigmatizzazione sociale, le conseguenze giuridiche e l’incapacità di far fronte ai propri debiti sono un forte deterrente per gli imprenditori che intendono avviare un’attività o ottenere una seconda opportunità, anche se è dimostrato che gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere successo la seconda volta. È opportuno pertanto adoperarsi per ridurre gli effetti negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dai debiti dopo un lasso di tempo massimo, |
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
I. OBIETTIVO E OGGETTO
1) |
La presente raccomandazione ha il duplice obiettivo di incoraggiare gli Stati membri a istituire un quadro giuridico che consenta la ristrutturazione efficace delle imprese sane in difficoltà finanziaria e di dare una seconda opportunità agli imprenditori onesti, promuovendo l’imprenditoria, gli investimenti e l’occupazione e contribuendo a ridurre gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno. |
2) |
Riducendo tali ostacoli, la raccomandazione mira in particolare a:
|
3) |
La presente raccomandazione contempla norme minime in materia di:
|
4) |
Nell’attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate ed efficaci a garanzia del recupero delle imposte, in particolare nei casi di frode, evasione o altro illecito. |
II. DEFINIZIONI
5) |
Ai fini della presente raccomandazione, si intende per:
|
III. QUADRO DI RISTRUTTURAZIONE PREVENTIVA
A. Disponibilità di un quadro di ristrutturazione preventiva
6) |
Il debitore dovrebbe avere accesso a un quadro che gli consenta di ristrutturare la propria impresa al fine di evitare l’insolvenza. Tale quadro dovrebbe constare dei seguenti elementi:
|
7) |
La procedura di ristrutturazione non dovrebbe essere lunga né costosa e dovrebbe essere flessibile in modo che se ne possano eseguire più fasi senza l’intervento del giudice. Il ricorso al giudice dovrebbe limitarsi ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare i diritti dei creditori e terzi eventuali. |
B. Agevolare i negoziati sui piani di ristrutturazione
Nomina di un Mediatore o supervisore
8) |
Il debitore dovrebbe poter avviare il processo di ristrutturazione dell’impresa senza dover iniziare ufficialmente un’azione in giudizio. |
9) |
Il giudice non dovrebbe nominare obbligatoriamente un Mediatore o un supervisore, bensì dovrebbe decidere di volta in volta se tale nomina è necessaria:
|
Sospensione delle azioni esecutive individuali e della procedura di insolvenza
10) |
Il debitore dovrebbe avere il diritto di chiedere al giudice di disporre la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali (di seguito «sospensione») proposte dai creditori, anche titolari di un privilegio o di una garanzia, che potrebbero altrimenti ostacolare il piano di ristrutturazione. La sospensione non dovrebbe interferire con l’esecuzione dei contratti in corso. |
11) |
Negli Stati membri che subordinano la concessione della sospensione a determinate condizioni, il debitore dovrebbe poter ottenere la sospensione in ogni caso quando:
|
12) |
Se previsti dal diritto nazionale, dovrebbero essere sospesi per la durata della sospensione anche l’obbligo del debitore di presentare istanza di fallimento e le domande dei creditori di aprire la procedura di insolvenza contro il debitore, presentate dopo la concessione della sospensione. |
13) |
La durata della sospensione dovrebbe garantire un giusto equilibrio tra interessi del debitore e dei creditori, in particolare i creditori titolari di una garanzia. La durata della sospensione dovrebbe quindi essere stabilita in funzione della complessità delle misure di ristrutturazione previste e non dovrebbe essere superiore a quattro mesi. Gli Stati membri possono autorizzare il rinnovo del termine, purché siano dimostrati i progressi dei negoziati sul piano di ristrutturazione. La durata totale della sospensione non può essere superiore a 12 mesi. |
14) |
Quando non è più necessaria per facilitare l’adozione del piano di ristrutturazione, la sospensione dovrebbe essere revocata. |
C. Piano di ristrutturazione
Contenuto del piano di ristrutturazione
15) |
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il giudice possa omologare il piano di ristrutturazione senza indugi e, in linea di principio, con procedura scritta. Essi dovrebbero stabilire disposizioni chiare e specifiche sul contenuto del piano di ristrutturazione. Il piano di ristrutturazione dovrebbe a sua volta contenere una descrizione dettagliata dei seguenti elementi:
|
Adozione del piano di ristrutturazione
16) |
Al fine di aumentare le prospettive di ristrutturazione e quindi il numero di imprese sane oggetto di salvataggio, i creditori interessati dovrebbero poter adottare il piano di ristrutturazione che siano titolari o meno di una garanzia. |
17) |
Creditori con interessi diversi dovrebbero essere trattati in classi distinte in funzione di tali interessi. Sarebbe quanto meno opportuno distinguere tra classi di creditori titolari di una garanzia e di creditori privi di garanzia. |
18) |
Ad adottare il piano di ristrutturazione dovrebbero essere i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti di ciascuna classe, prescritta dal diritto nazionale. Qualora le classi di creditori siano più di due, gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di mantenere o introdurre disposizioni che consentano al giudice di omologare il piano di ristrutturazione sostenuto dalla maggioranza di tali classi, tenuto conto in particolare della consistenza dei crediti di ciascuna. |
19) |
I creditori dovrebbero godere di condizioni di parità indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Pertanto, qualora il diritto nazionale imponga una procedura di voto formale, i creditori dovrebbero, in linea di principio, essere autorizzati a votare con mezzi di comunicazione a distanza, ad esempio con lettera raccomandata o tecnologie elettroniche sicure. |
20) |
Per rendere più efficace l’adozione del piano di ristrutturazione, gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire che possano adottarlo soltanto determinati creditori o determinati tipi o classi di creditori, a condizione che gli altri creditori non siano coinvolti. |
Omologazione del piano di ristrutturazione
21) |
Onde evitare che il piano di ristrutturazione abbia ripercussioni indebite sui diritti dei creditori, e nell’interesse della certezza del diritto, il piano di ristrutturazione che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti o preveda nuovi finanziamenti dovrebbe essere vincolante solo se omologato dal giudice. |
22) |
Le condizioni di omologazione del piano di ristrutturazione dovrebbero essere chiaramente definite dal diritto degli Stati membri e comportare quanto meno le seguenti garanzie:
|
23) |
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il giudice possa respingere il piano di ristrutturazione che manifestamente non ha nessuna prospettiva di impedire l’insolvenza del debitore né di garantire la redditività dell’impresa, ad esempio perché non prevede i nuovi finanziamenti necessari per proseguire le attività. |
Diritti dei creditori
24) |
Tutti i creditori potenzialmente interessati dal piano di ristrutturazione dovrebbero essere informati dei suoi contenuti e godere del diritto di opporsi e proporre ricorso contro il piano di ristrutturazione. Tuttavia, nell’interesse dei creditori favorevoli al piano, sarebbe opportuno che, in linea di principio, il ricorso non ne sospenda l’attuazione. |
Effetti del piano di ristrutturazione
25) |
Il piano di ristrutturazione adottato all’unanimità dei creditori interessati dovrebbe essere vincolante per la totalità di tali creditori. |
26) |
Il piano di ristrutturazione omologato dal giudice dovrebbe essere vincolante per il singolo creditore interessato e identificato dal piano. |
D. Tutela dei nuovi finanziamenti
27) |
I nuovi finanziamenti, compresi i nuovi prestiti, la vendita di determinate attività a opera del debitore e la conversione in capitale dei debiti, concordati nel piano di ristrutturazione e approvati dal giudice non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori. |
28) |
I contributori dei nuovi finanziamenti concordati nel piano di ristrutturazione omologato dovrebbero essere esonerati dalla responsabilità civile e penale relativa al processo di ristrutturazione. |
29) |
Alle norme sulla tutela dei nuovi finanziamenti dovrebbe potersi derogare in caso di successivo accertamento di frode in relazione ai nuovi finanziamenti. |
IV. SECONDA OPPORTUNITÀ AGLI IMPRENDITORI
Termini di riabilitazione
30) |
Sarebbe opportuno limitare gli effetti negativi del fallimento sull’imprenditore per dare a questi una seconda opportunità. L’imprenditore dovrebbe essere ammesso al beneficio della liberazione integrale dai debiti oggetto del fallimento dopo massimo tre anni a decorrere:
|
31) |
Alla scadenza del termine di riabilitazione, l’imprenditore dovrebbe essere liberato dai debiti senza che ciò comporti, in linea di principio, l’obbligo di rivolgersi nuovamente al giudice. |
32) |
L’ammissione al beneficio della liberazione integrale dai debiti dopo poco tempo non è opportuna in tutti i casi. Gli Stati membri dovrebbero pertanto poter mantenere o introdurre disposizioni più rigorose se necessario per:
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33) |
Gli Stati membri possono escludere dalla liberazione alcune categorie specifiche di debiti, quali quelli derivanti da responsabilità extracontrattuale. |
V. CONTROLLO E COMUNICAZIONI
34) |
Gli Stati membri sono invitati ad attuare i principi di cui alla presente raccomandazione entro il 14 marzo 2015. |
35) |
Gli Stati membri sono invitati a raccogliere statistiche annuali affidabili sul numero di procedure di ristrutturazione preventiva aperte, sulla loro durata, sulle dimensioni dei debitori interessati e sull’esito delle procedure aperte, e a comunicare tali informazioni alla Commissione su base annuale, per la prima volta entro il 14 marzo 2015. |
36) |
La Commissione valuterà l’attuazione della presente raccomandazione negli Stati membri entro il 14 settembre 2015. La Commissione ne valuterà l’impatto sul salvataggio delle imprese in difficoltà finanziaria e sulla seconda opportunità conferita agli imprenditori onesti; ne valuterà l’interazione con altre procedure d’insolvenza in altri settori, come i termini di riabilitazione delle persone fisiche che non esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e l’impatto sul funzionamento del mercato interno e sulle piccole e medie imprese e sulla competitività dell’economia dell’Unione. La Commissione valuterà inoltre se sia opportuno proporre ulteriori misure per consolidare e rafforzare l’approccio cui si informa la presente raccomandazione. |
Fatto a Bruxelles, il 12 marzo 2014
Per la Commissione
Viviane REDING
Vicepresidente
(1) Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1).
(2) COM(2012) 744 final.
(3) Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2011 sulle raccomandazioni alla Commissione sulle procedure d’insolvenza nel contesto del diritto societario dell’UE [P7_TA (2011) 0484].
(4) COM(2012) 573 final.
(5) COM(2012) 742 final.
(6) COM(2012) 795 final.