ISSN 1977-0707

doi:10.3000/19770707.L_2013.166.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 166

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

56o anno
18 giugno 2013


Sommario

 

II   Atti non legislativi

pagina

 

 

DECISIONI

 

 

2013/283/UE

 

*

Decisione della Commissione, del 25 luglio 2012, relativa all’aiuto di stato SA.23839 (C 44/2007) della Francia a favore dell’impresa FagorBrandt [notificata con il numero C(2012) 5043]  ( 1 )

1

 

 

2013/284/UE

 

*

Decisione della Commissione, del 19 dicembre 2012, relativa all’aiuto di Stato SA.20829 (C 26/2010, ex NN 43/2010 (ex CP 71/2006)) Regime riguardante l'esenzione dall'ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici cui l'Italia ha dato esecuzione [notificata con il numero C(2012) 9461]  ( 1 )

24

 

 

ATTI ADOTTATI DA ORGANISMI CREATI DA ACCORDI INTERNAZIONALI

 

*

Regolamento n. 53 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) Disposizioni uniformi relative all’omologazione dei veicoli di categoria L3 per quanto concerne l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa

55

 

*

Regolamento n. 74 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) — Disposizioni uniformi relative all’omologazione dei veicoli di categoria L1 per quanto concerne l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa

88

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


II Atti non legislativi

DECISIONI

18.6.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 166/1


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 25 luglio 2012

relativa all’aiuto di stato SA.23839 (C 44/2007) della Francia a favore dell’impresa FagorBrandt

[notificata con il numero C(2012) 5043]

(Il testo in lingua francese è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2013/283/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 108, paragrafo 2, primo comma (1),

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato gli interessati a presentare le loro osservazioni conformemente ai detti articoli (2) e viste le osservazioni trasmesse,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDIMENTO

(1)

Con lettera del 6 agosto 2007 la Francia ha notificato alla Commissione un aiuto alla ristrutturazione a favore del gruppo FagorBrandt.

(2)

Con lettera del 10 ottobre 2007 la Commissione ha informato la Francia della propria decisione di avviare il procedimento a norma dell’articolo 108, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in appresso «TFUE») in relazione a detto aiuto.

(3)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento (in appresso «la decisione di avvio del procedimento») è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (3). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni in merito all’aiuto in questione.

(4)

La Commissione ha ricevuto osservazioni da tre interessati, ossia due concorrenti e il beneficiario dell’aiuto. Electrolux ha presentato osservazioni con lettera del 14 dicembre 2007. In seguito a una riunione con i servizi della Commissione, svoltasi il 20 febbraio 2008, Electrolux ha presentato ulteriori osservazioni con lettere del 26 febbraio 2008 e del 12 marzo 2008. Un concorrente che desidera rimanere anonimo ha presentato osservazioni con lettera del 17 dicembre 2007 (4). FagorBrandt ha presentato osservazioni con lettera del 17 dicembre 2007. La Commissione ha trasmesso tali osservazioni alla Francia con lettere del 15 gennaio 2008 e del 13 marzo 2008 fornendole la possibilità di commentarle. La Commissione ha infatti ricevuto i commenti della Francia rispettivamente con lettera del 15 febbraio 2008 e in un documento presentato in occasione della riunione del 18 marzo 2008 (cfr. punto (5)).

(5)

Con lettera del 13 novembre 2007 la Francia ha comunicato alla Commissione le sue osservazioni sulla decisione di avvio del procedimento. Il 18 marzo 2008 si è svolta una riunione tra i servizi della Commissione, le autorità francesi e FagorBrandt. A seguito di tale riunione le autorità francesi hanno presentato informazioni con lettere del 24 aprile 2008 e del 7 maggio 2008. Una seconda riunione si è tenuta tra le stesse parti il 12 giugno 2008. Successivamente a questo incontro, le autorità francesi hanno inviato ulteriori chiarimenti con lettera del 9 luglio 2008. Il 15 luglio 2008 la Commissione ha richiesto informazioni supplementari, che sono state fornite dalle autorità francesi il 16 luglio 2008.

(6)

Il 21 ottobre 2008 la Commissione ha adottato una decisione positiva subordinata a determinate condizioni relativamente all’aiuto per la ristrutturazione concesso a FagorBrandt (5) pari a 31 milioni di euro (di seguito «la decisione del 21 ottobre 2008»).

(7)

Tale decisione è stata annullata dal Tribunale il 14 febbraio 2012 (6) (in appresso «la sentenza del Tribunale del 14 febbraio 2012») per un doppio errore manifesto di valutazione: da un lato, il fatto di aver considerato una misura compensativa non valida e, dall’altro, la mancata analisi dell’effetto cumulativo sulla concorrenza di un precedente aiuto incompatibile, concesso dalle autorità italiane (di seguito «l’aiuto italiano») e non ancora recuperato, e dell’aiuto approvato.

(8)

La Commissione deve pertanto adottare una nuova decisione finale e per farlo deve fondare la nuova analisi, conformemente alla giurisprudenza del Tribunale (7), esclusivamente sulle informazioni di cui disponeva all’epoca, ovvero al 21 ottobre 2008 (cfr. sezione «6.2.2. Quadro temporale dell’analisi»).

2.   DESCRIZIONE

(9)

L’aiuto in questione è un aiuto alla ristrutturazione il cui importo previsto è di 31 milioni di euro. Tale dotazione proviene dal ministero francese dell’Economia, delle finanze e dell’occupazione. Il beneficiario dell’aiuto è FagorBrandt SA, che detiene varie controllate responsabili della produzione e della commercializzazione.

(10)

Le autorità francesi fanno sapere che, alla luce delle risorse disponibili e in assenza di aiuto di Stato, FagorBrandt SA non sarebbe in grado di far fronte alle proprie difficoltà. La sovvenzione diretta di 31 milioni di euro consentirà, secondo la Francia, di finanziare metà dei costi di ristrutturazione (8).

(11)

Il gruppo FagorBrandt (in appresso «FagorBrandt») appartiene indirettamente alla società Fagor Electrodomésticos S. Coop (di seguito «Fagor»), cooperativa di diritto spagnolo. Il capitale di detta società cooperativa è suddiviso fra circa 3 500 membri (dipendenti, soci) nessuno dei quali può detenerne più del 25 %.

(12)

A sua volta, Fagor fa parte di un gruppo di cooperative denominato Mondragón Corporación Cooperativa (in appresso «MCC»), nel cui ambito ciascuna cooperativa conserva la propria autonomia giuridica e finanziaria. Fagor appartiene alla divisione «Foyer» del gruppo settoriale «Industria» di MCC.

(13)

Nel 2007 FagorBrandt ha realizzato un fatturato di 903 milioni di euro. Il gruppo è presente in tutta la gamma dei grandi elettrodomestici che comprendono tre grandi gruppi di prodotti: il lavaggio (lavastoviglie, lavatrici, asciugatrici, lavasciuga), il freddo (frigoriferi, congelatori a pozzetto e ad armadio) e la cottura (forni tradizionali, microonde, cucine, piani cottura, cappe aspiranti).

3.   RAGIONI CHE HANNO DETERMINATO L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(14)

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha espresso dubbi per le cinque seguenti ragioni: rischio di elusione del divieto di aiuti per la ristrutturazione a favore di imprese di recente costituzione; rischio di elusione dell’obbligo di rimborso dell’aiuto incompatibile; dubbi circa il ripristino della redditività a lungo termine dell’impresa; insufficienza delle misure compensative; dubbi circa la limitazione dell’aiuto al minimo necessario, in particolare per quanto concerne il contributo del beneficiario.

3.1.   Rischio di elusione del divieto di aiuti per la ristrutturazione a favore di imprese di recente costituzione

(15)

Dato che FagorBrandt è stata costituita nel gennaio 2002, ai sensi del punto 12 degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (in appresso «orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione») (9), è stata un’impresa di recente costituzione fino al gennaio 2005, ossia fino a tre anni dopo la sua costituzione. Ciò significa che sia nel momento in cui l’impresa ha beneficiato dell’esenzione fiscale a norma dell’articolo 44 septies del codice tributario francese (in appresso «l’aiuto a norma dell’articolo 44 septies»), sia nel momento in cui nel dicembre 2003 la Commissione ha dichiarato l’aiuto incompatibile e ne ha ordinato il recupero (10), FagorBrandt era un’impresa di recente costituzione. Pertanto, conformemente al punto 12 dei succitati orientamenti, non poteva fruire di aiuti per la ristrutturazione. Di conseguenza, il fatto che la Francia non avesse ancora recuperato l’aiuto dichiarato incompatibile nel dicembre 2003, quando FagorBrandt aveva cessato di essere un’impresa di recente costituzione diventando pertanto ammissibile a ricevere aiuti per la ristrutturazione, potrebbe costituire un’elusione del divieto di cui al punto 12 dei succitati orientamenti.

3.2.   Rischio di elusione dell’obbligo di rimborso dell’aiuto incompatibile

(16)

Considerando che l’aiuto notificato sembrava servire per lo più a finanziare il rimborso dell’aiuto concesso a norma dell’articolo 44 septies, la Commissione ha espresso il dubbio che l’aiuto notificato costituisse un’elusione dell’obbligo di rimborso di detto aiuto incompatibile e ne svuotasse di sostanza e di efficacia il recupero.

3.3.   Dubbi circa il ripristino della redditività a lungo termine dell’impresa

(17)

Per quanto concerne il ripristino della redditività a lungo termine dell’impresa, la Commissione ha espresso due dubbi. Da un lato, nell’osservare che il fatturato atteso per il 2007 aumentava di circa il 20 % rispetto a quello dell’anno precedente, la Commissione ha chiesto su quali elementi si fondasse tale previsione. D’altro lato, la Commissione ha osservato che il piano di ristrutturazione non indicava come FagorBrandt intendesse far fronte al rimborso dell’aiuto incompatibile riscosso dalla sua controllata italiana.

3.4.   Insufficienza delle misure compensative

(18)

La Commissione ha altresì espresso dubbi sull’accettabilità dell’assenza di attuazione di misure compensative supplementari rispetto a quelle già avviate nell’ambito del piano di ristrutturazione. La Commissione ha ricordato che:

(i)

gli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione (punti 38-41) prevedono l’obbligo per i beneficiari che rispondono al criterio di «grande impresa» di porre in essere misure compensative;

(ii)

da un lato, senza l’aiuto, Fagor Brandt uscirebbe dal mercato e, dall’altro, i concorrenti di FagorBrandt sono principalmente europei. La sparizione di Fagor Brandt permetterebbe quindi ai concorrenti europei di accrescere in misura significativa sia le loro vendite che la loro produzione;

(iii)

sembra che l’insieme delle misure già attuate non possa essere preso in considerazione come misure compensative sulla base del punto 40 dei succitati orientamenti;

(iv)

infine la Commissione ha sottolineato che gli orientamenti in vigore al momento dell’esame dei casi Bull (11) e Euromoteurs (12) invocati dalla Francia non imponevano l’obbligo di adottare misure compensative. La Commissione ha inoltre sottolineato altre differenze rilevanti tra tali casi e il caso di specie.

3.5.   Dubbi circa il contributo del beneficiario

(19)

Infine la Commissione ha espresso dubbi sul fatto che siano soddisfatte le condizioni di cui agli articoli 43 e 44 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione. Da un lato, le autorità francesi non hanno incluso il rimborso dell’aiuto a norma dell’articolo 44 septies nei costi per la ristrutturazione e, dall’altro, non hanno spiegato la provenienza di determinati importi di cui si è tenuto conto come «sforzo proprio del beneficiario».

4.   OSSERVAZIONI DEGLI INTERESSATI

4.1.   Osservazioni dell’impresa Electrolux

(20)

Electrolux indica che, per rispondere alle sfide della concorrenza globale, ha realizzato importanti piani di ristrutturazione, alquanto costosi. Per rimanere competitiva, l’impresa è stata costretta ad adottare misure drastiche, tra le quali la chiusura di otto stabilimenti dell’Europa occidentale la cui produzione è stata principalmente spostata verso altri stabilimenti già esistenti in Europa e verso nuovi stabilimenti in Polonia e in Ungheria. La maggior parte delle imprese del settore «grandi elettrodomestici» ha adottato misure di ristrutturazione simili. Di conseguenza, Electrolux si lamenta del fatto che FagorBrandt potrebbe ricevere una sovvenzione per far fronte a una situazione che il resto del settore deve gestire senza fruire di aiuti analoghi. L’aiuto falserebbe la concorrenza a danno di altre imprese.

4.2.   Osservazioni del secondo concorrente

(21)

In primo luogo, questo concorrente che desidera mantenere l’anonimato ritiene che l’aiuto pianificato non permetta all’impresa di ripristinare la redditività a lungo termine. A suo avviso, occorre una riorganizzazione industriale sostanziale per assicurare la sopravvivenza dell’impresa. Secondo il concorrente in questione, FagorBrandt non disporrà delle risorse per finanziare gli investimenti necessari e l’aiuto non permetterà a FagorBrandt di raggiungere una dimensione tale da migliorare la propria posizione nelle negoziazioni con i grandi distributori, che preferiscono fornitori con una maggiore presenza nell’Unione europea.

(22)

In secondo luogo, il concorrente ritiene che l’aiuto non si limiti al minimo necessario, poiché FagorBrandt potrebbe trovare i finanziamenti indispensabili alla sua ristrutturazione rivolgendosi al proprio azionista e alla cooperativa (ovvero MCC, di cui fa parte la banca Caja Laboral) cui quest’ultimo appartiene.

(23)

In terzo luogo, il concorrente reputa che l’aiuto sia di natura tale da incidere sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri. Da un lato, la maggior parte delle imprese del settore produce in Europa e può pertanto essere considerata europea. I concorrenti asiatici e turchi non sono significativamente presenti, tranne che per alcuni prodotti. D’altro lato, FagorBrandt è il quinto operatore a livello europeo e detiene una forte posizione sui mercati francese, spagnolo e polacco. Di conseguenza, il concorrente in questione è del parere che, in assenza di misure compensative, l’aiuto non potrebbe essere dichiarato compatibile dalla Commissione.

(24)

In quarto luogo, l’autorizzazione di aiuti illegali concessi in precedenza dalla Francia e dall’Italia impone due conclusioni: da un lato, le difficoltà di FagorBrandt sono ricorrenti e pongono, a termine, la questione della sua redditività; d’altro lato, l’aiuto notificato servirà probabilmente al rimborso degli aiuti illegittimi eludendo in tal modo l’obbligo di rimborso.

4.3.   Osservazioni di FagorBrandt

(25)

Le osservazioni di FagorBrandt sono simili a quelle formulate dalle autorità francesi che sono di seguito riassunte:

5.   COMMENTI DELLA FRANCIA

5.1.   Commenti della Francia relativamente alla decisione di avvio del procedimento

(26)

A proposito di una possibile elusione del divieto di aiuti alla ristrutturazione a favore di imprese di recente costituzione, le autorità francesi non contestano che FagorBrandt debba essere considerata «un’impresa di recente costituzione» nei tre anni successivi alla sua costituzione, conformemente al punto 12 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione. Esse osservano tuttavia che la questione dell’eventuale concessione di un aiuto alla ristrutturazione a favore di FagorBrandt si è posta solo nel 2006, a seguito delle difficoltà riscontrate dal 2004 e tenuto conto del deterioramento della sua situazione finanziaria a partire dal 2005, ossia nel quinto anno di esistenza. In altri termini, l’impresa non aveva ragione di chiedere un aiuto alla ristrutturazione prima di essersi trovata in una situazione che giustificasse la richiesta di aiuto, cioè nel corso del 2006. Di conseguenza, la questione di un’eventuale elusione della regola dei tre anni è priva di oggetto.

(27)

Quanto alla possibilità che l’aiuto notificato svuoti di ogni efficacia l’obbligo di rimborso, la Francia fa presente che l’impresa non si trova in difficoltà unicamente a causa del rimborso dell’aiuto. Le difficoltà finanziarie sono, infatti, iniziate nel 2004 e la situazione si è notevolmente deteriorata nel 2005 e nel 2006. Come concluso dalla Commissione nella decisione di avvio del procedimento, l’impresa è effettivamente in difficoltà ai sensi degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione. La Francia conclude che l’impresa può a tale titolo beneficiare di un aiuto alla ristrutturazione, purché siano soddisfatte le altre condizioni richieste per siffatto aiuto. La questione di stabilire se l’impresa potesse o meno superare l’anno 2007 o 2008 se non avesse dovuto rimborsare l’aiuto è priva di oggetto, in quanto il rimborso dell’aiuto è obbligatorio e ciò a seguito della decisione negativa adottata dalla Commissione nel 2003 in relazione al regime a norma dell’articolo 44 septies. È quindi l’accumularsi di difficoltà finanziarie a giustificare la domanda di aiuto, dato che dette difficoltà provengono dai costi di ristrutturazione già sostenuti dall’impresa, dalla mancata conclusione della ristrutturazione e da tutti gli altri oneri che l’impresa deve assumere, ivi compreso il rimborso dell’aiuto.

(28)

Quanto al ripristino della redditività a lungo termine e ai due relativi dubbi formulati nella decisione di avvio del procedimento, le autorità francesi osservano quanto di seguito riportato. La previsione concernente la crescita del 20 % del fatturato del 2007 rispetto all’esercizio 2006 è da ricondurre principalmente alla modifica del perimetro di attività di FagorBrandt, avvenuta nel 2006. Quanto al fatto che non si tenga conto del rimborso dell’aiuto illegale percepito dalla controllata italiana (concesso nell’ambito del rilevamento da parte di Brandt Italia delle attività nel settore degli elettrodomestici di Ocean S.p.a.), le autorità francesi indicano che tale rimborso non dovrebbe incidere sulla redditività dell’impresa, dato che l’importo che finirà per essere a carico di Brandt Italia dovrebbe essere inferiore a 200 000 euro, poiché il saldo sarà sostenuto dal venditore delle attività in questione.

(29)

Quanto all’assenza di misure compensative, la Francia ripete che l’impresa ha già ceduto nel 2004 la società Brandt Components (stabilimento di Nevers). D’altro canto, la società ha ridotto la sua capacità produttiva cessando la produzione dei congelatori a pozzetto e dei forni a microonde a posa libera. Le autorità francesi ricordano altresì che l’aiuto ha provocato una distorsione molto limitata, il che riduce la necessità di misure compensative. FagorBrandt detiene infatti a livello europeo una quota pari a [0-5] % (13) del mercato, ossia molto modesta rispetto ai suoi principali concorrenti. Le autorità francesi ritengono peraltro che la presenza dell’impresa sul mercato permetta di evitare situazioni di oligopolio. Nel corso del procedimento d’indagine formale, le autorità francesi hanno proposto l’adozione di misure compensative addizionali.

(30)

Quanto ai dubbi della Commissione relativi alla limitazione dell’aiuto al minimo necessario e al contributo proprio del beneficiario, le autorità francesi osservano quanto di seguito riportato. In merito al fatto che non si tenga conto del rimborso dell’aiuto nei costi per la ristrutturazione, la Francia indica che il rimborso di un aiuto incompatibile non può a priori figurare tra i costi di ristrutturazione. A proposito dello «sforzo proprio del beneficiario» quale indicato nella notifica, le autorità francesi spiegano che si tratta di prestiti bancari.

5.2.   Commenti della Francia sulle osservazioni degli interessati

(31)

In merito ai commenti di Electrolux, la Francia sottolinea che le misure di ristrutturazione avviate da Electrolux e da altri concorrenti non miravano a ripristinare una situazione economica difficile bensì a rafforzare la posizione sul mercato dei grandi elettrodomestici. Pertanto la Francia è del parere che la situazione di FagorBrandt non sia analoga a quella dei suoi concorrenti, i quali dispongono peraltro di mezzi finanziari notevolmente superiori, grazie alle loro dimensioni di gran lunga maggiori.

(32)

Quanto ai commenti relativi alla redditività a lungo termine di FagorBrandt formulati dall’impresa che ha chiesto di rimanere anonima, le autorità francesi sottolineano innanzitutto che FagorBrandt ha adottato misure destinate in un primo tempo ad arrestare le perdite e a rafforzare il margine in modo da potere conseguire, nel lungo termine, una migliore posizione sul mercato, in particolare sviluppando […].

(33)

Quanto all’affermazione che l’aiuto non è limitato al minimo, in quanto FagorBrandt potrebbe trovare finanziamenti dai suoi azionisti, le autorità francesi sottolineano che MCC non è una holding bensì un movimento cooperativo, nel cui ambito ciascuna cooperativa, ivi comprese Fagor o la banca Caja Laboral, è autonoma e dipende dalle decisioni dei propri lavoratori-cooperatori, che ne sono i proprietari. FagorBrandt può quindi contare esclusivamente sul sostegno finanziario di Fagor, limitato alle capacità attuali di quest’ultima. L’acquisizione di FagorBrandt ha ridotto i margini di manovra di Fagor in termini di tesoreria e Fagor non può oggi permettere finanziamenti oltre un certo limite.

(34)

In terzo luogo, in risposta ai presunti effetti negativi sulla concorrenza, le autorità francesi rilevano alcune contraddizioni nelle osservazioni del terzo interessato che ha chiesto di mantenere l’anonimato. Da un lato, quest’ultimo afferma che l’aiuto inciderebbe sulle condizioni della concorrenza all’interno del mercato europeo. Dall’altro, sostiene che FagorBrandt è di dimensioni troppo piccole rispetto ai principali operatori, il che ne mette in pericolo la redditività. Peraltro, quanto all’assenza di misure compensative, le autorità francesi ricordano di aver già attuato misure compensative valide e che propongono di adottarne altre.

(35)

In quarto luogo, in risposta alle affermazioni basate sulla precedente concessione di aiuti illegali da parte della Francia e dell’Italia, la Francia ribadisce che detti aiuti illegali non erano destinati a un programma di ristrutturazione dell’impresa bensì a un sistema volto a favorire il mantenimento dell’occupazione nel territorio. Peraltro la Francia sottolinea, sulla base delle informazioni fornite da FagorBrandt alla Commissione il 17 dicembre 2007, che non v’è alcun rapporto reale tra l’importo dell’aiuto concesso (circa 20 milioni di euro di aiuto netto dopo l’imposta) e l’ammontare dell’aiuto incompatibile (circa 27,3 milioni di euro, una volta calcolati gli interessi). Inoltre i costi di ristrutturazione sono valutati a 62,5 milioni di euro e sono quindi nettamente superiori all’importo dell’aiuto richiesto per la ristrutturazione. Infine esse ribadiscono il carattere fungibile delle spese.

(36)

Per quanto concerne le osservazioni fornite alla Commissione da FagorBrandt, le autorità francesi affermano di condividere pienamente questi elementi chiarificatori, tanto più che completano le loro proprie osservazioni.

6.   VALUTAZIONE DELL’AIUTO

6.1.   Sussistenza di un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE

(37)

La Commissione ritiene che la misura costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE. Tale aiuto assume la forma di una sovvenzione del governo francese ed è pertanto finanziato mediante risorse statali ed imputabile allo Stato. La misura si rivolge esclusivamente a FagorBrandt ed è quindi selettiva. La sovvenzione favorisce FagorBrandt procurandole risorse aggiuntive e consentendole di non cessare le proprie attività. Di conseguenza, questa misura minaccia di falsare la concorrenza tra produttori di grossi elettrodomestici. Si rilevi infine che il mercato dei grossi elettrodomestici è caratterizzato da notevoli scambi commerciali tra Stati membri. La Commissione conclude pertanto che la misura notificata costituisce un aiuto di Stato. La Francia non contesta questa conclusione.

6.2.   Base giuridica della valutazione

6.2.1.   Base giuridica della compatibilità dell’aiuto

(38)

L’articolo 107, paragrafi 2 e 3 del TFUE, prevede deroghe all’incompatibilità generale enunciata al paragrafo 1 del medesimo articolo. Le deroghe di cui all’articolo 107, paragrafo 2, del TFUE non sono nella fattispecie chiaramente applicabili.

(39)

Quanto alle deroghe previste all’articolo 107, paragrafo 3, del TFUE, la Commissione osserva che, poiché l’oggetto dell’aiuto non è regionale e che la deroga di cui alla lettera b) di detto paragrafo è manifestamente inapplicabile, si applica soltanto la deroga di cui alla lettera c), secondo cui sono compatibili con il mercato interno gli aiuti di Stato destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Nella fattispecie è chiaro che gli aiuti sono stati concessi al fine di ripristinare la redditività a lungo termine di un’impresa in difficoltà. La Commissione ha illustrato il modo in cui valuta la compatibilità di siffatti aiuti negli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione. Sono pertanto detti orientamenti a fungere da base giuridica per la valutazione. La Commissione ritiene che nel caso di specie non si possa applicare nessun’altra disciplina unionale. La Francia non ha d’altronde invocato altre deroghe del TFUE. Peraltro nessuno degli interessati ha criticato la scelta di questa base giuridica, che era già stata annunciata nella decisione di avvio del procedimento.

6.2.2.   Quadro temporale dell’analisi

(40)

Conformemente alla giurisprudenza del Tribunale (14), a seguito dell’annullamento di una delle sue decisioni, la Commissione deve fondare la propria nuova analisi esclusivamente sulle informazioni di cui disponeva al momento dell’adozione della decisione annullata, ovvero al 21 ottobre 2008.

(41)

Devono pertanto essere esclusi gli eventi verificatisi dopo il 21 ottobre 2008. L’analisi non deve contemplare eventuali cambiamenti o sviluppi del mercato o relativi alla situazione del beneficiario dell’aiuto. Parimenti, la Commissione non prende in considerazione il periodo di esecuzione del piano di ristrutturazione successivo al mese di ottobre 2008 (15).

(42)

La Commissione non è nemmeno obbligata a riprendere l’istruttoria della pratica, né a completarla mediante nuova consulenza tecnica (16). L’annullamento di un atto che pone fine ad un procedimento amministrativo comprendente varie fasi non comporta necessariamente l’annullamento di tutto il procedimento. Qualora, come nella fattispecie, nonostante gli atti istruttori consentano un’analisi esauriente della compatibilità dell’aiuto, l’analisi operata dalla Commissione si riveli incompleta e comporti quindi l’illegittimità della decisione, il procedimento diretto a sostituire tale decisione può essere riassunto sulla base degli atti istruttori già realizzati (17).

(43)

Per giunta, dacché la Commissione deve fondare la propria nuova analisi esclusivamente sulle informazioni di cui disponeva nell’ottobre 2008, informazioni in ordine alle quali tanto le autorità francesi quanto FagorBrandt si erano già espresse, non occorre consultarle nuovamente (18). Infine, il diritto dei terzi interessati a far valere le proprie osservazioni è stato garantito mediante la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della decisione di avvio del procedimento (19) e nessuna disposizione del regolamento (CE) n. 659/1999 impone di offrire loro nuovamente tale possibilità quando il piano di ristrutturazione iniziale venga emendato in corso di esame (20).

(44)

La presente decisione è pertanto fondata esclusivamente sugli elementi disponibili alla data del 21 ottobre 2008.

6.3.   Ammissibilità dell’impresa agli aiuti alla ristrutturazione

(45)

Per beneficiare di aiuti alla ristrutturazione l’impresa deve innanzitutto poter essere considerata in difficoltà secondo la definizione di cui alla sezione 2.1. degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione.

(46)

Al punto 24 della decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha indicato che l’impresa sembrava essere in difficoltà ai sensi del punto 11 dei succitati orientamenti. Al punto 27 della decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha altresì indicato che, conformemente al punto 13 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, le difficoltà dell’impresa erano divenute troppo gravi per essere finanziate dal suo azionista spagnolo. Contrariamente a questa valutazione preliminare, il concorrente che ha chiesto di rimanere anonimo ritiene che FagorBrandt potrebbe ottenere da Fagor e da MCC il sostegno finanziario necessario per far fronte alle sue difficoltà. Si tratta dunque di analizzare se la valutazione preliminare formulata nella decisione di avvio del procedimento debba essere modificata. La Commissione osserva che il concorrente basa la propria affermazione su un articolo di stampa (21) secondo il quale Fagor potrebbe facilmente raccogliere fondi sui mercati finanziari. La Commissione osserva però che tale articolo risale al mese di aprile 2005 e che in seguito la situazione finanziaria di Fagor si è notevolmente deteriorata. A tale proposito le autorità francesi fanno presente che i debiti finanziari di Fagor (escluso il consolidamento dei debiti di FagorBrandt) sono triplicati nel 2005, soprattutto in seguito all’acquisto dei titoli FagorBrandt e agli ingenti investimenti industriali realizzati da Fagor. Inoltre nel 2006 Fagor ha conferito 26,9 milioni di euro di capitale a FagorBrandt. Tutti questi elementi hanno praticamente esaurito la capacità di indebitamento della cooperativa, i cui coefficienti di indebitamento hanno ampiamente superato le soglie in generale ammesse.

(47)

Le autorità francesi hanno peraltro spiegato che Fagor, azionista unico del gruppo FagorBrandt, è una cooperativa di dipendenti-soci di diritto spagnolo, il cui capitale è suddiviso fra circa 3 500 membri (esclusivamente dipendenti, soci), nessuno dei quali può detenerne più del 25 %.

(48)

In ragione di tale forma giuridica Fagor non può procedere ad aumenti di capitale aperti a terzi sottoscrittori. La cooperativa può aumentare il proprio capitale ricorrendo esclusivamente ai suoi membri, le cui capacità finanziarie sono limitate ai risparmi personali. L’unica possibilità di cui dispone per finanziare il proprio sviluppo è di chiedere prestiti bancari o di emettere titoli obbligazionari.

(49)

Quanto a MCC, si tratta di un gruppo di cooperative di cui Fagor fa parte e nel quale ciascuna cooperativa conserva la propria autonomia giuridica e finanziaria. In altri termini, non c’è alcun vincolo di capitale tra Fagor e MCC. MCC non è quindi una holding bensì un movimento cooperativo nel cui ambito ciascuna cooperativa (ivi comprese Fagor e la banca Caja Laboral) è autonoma e dipende dalle decisioni dei propri lavoratori-cooperatori, che ne sono i proprietari. Le relazioni tra MCC e i suoi membri non possono quindi essere considerate alla stregua di un gruppo capitalistico tradizionale.

(50)

Ciò detto, proprio per la sua forma giuridica, MCC non poteva raccogliere fondi come una società per azioni e non può nemmeno essere considerata un’impresa controllante ai sensi del punto 13 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione. FagorBrandt poteva quindi contare solo sul sostegno della controllante Fagor, nel limite delle capacità contributive di quest’ultima.

(51)

La Commissione ritiene pertanto che non vi sia motivo di rivedere la valutazione formulata nella decisione di avvio per quanto concerne l’ammissibilità dell’impresa in base ai punti 11 e 13 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione.

(52)

Per quanto riguarda l’ammissibilità dell’impresa in base alle condizioni definite nella sezione 2.1 degli orientamenti suddetti, la decisione di avvio del procedimento contiene un unico dubbio: quello di un’eventuale elusione del divieto di aiuti alla ristrutturazione a favore di imprese di recente costituzione (cfr. il punto 3 «Ragioni che hanno determinato l’avvio del procedimento»).

(53)

La Commissione ha analizzato la situazione finanziaria dell’impresa che è illustrata nella tabella 1 di seguito riportata. Risulta chiaramente che nei primi tre anni della sua esistenza l’impresa, anche se avesse rimborsato l’aiuto a norma dell’articolo 44 septies, non rispondeva ai criteri stabiliti ai punti 10 e 11 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione per essere considerata in difficoltà. Per quanto riguarda il punto 10 degli orientamenti succitati, sembra che, anche supponendo che l’impresa avesse rimborsato l’aiuto di 22,5 milioni di euro già nel 2004 (ossia nei mesi successivi alla decisione finale negativa della Commissione), nel 2004 non avrebbe ancora perso la metà dei suoi fondi propri. Quanto al punto 11 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, anche se l’impresa avesse rimborsato fin dal 2004 l’aiuto di 22,5 milioni di euro, sarebbe stata in perdita un unico anno (2004), il che è insufficiente per essere considerata un’impresa in difficoltà secondo detto punto. Si deve pertanto constatare che le difficoltà finanziarie del gruppo FagorBrandt si sono aggravate a partire dal 2005. Di conseguenza, l’impresa potrebbe essere considerata un’impresa in difficoltà ai sensi degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione (ossia un’impresa che, «in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche» si avvia «quasi certamente al collasso economico, nel breve o nel medio periodo») molto probabilmente a partire dall’anno successivo (tenuto conto dell’obbligo di rimborsare l’aiuto a norma dell’articolo 44 septies) e certamente nel 2007.

Tabella 1

Milioni di EUR

2002

2003

2004

2005

2006

2007

Fatturato

847,1

857,6

813,2

743,6

779,7

903,0

Margine lordo

205,2

215,1

207,0

180,6

171,6

190,4

Risultato netto

15,5

13,8

(3,6)

(13,4)

(18,2)

(5,7)

Fondi propri

69,8

83,4

79,8

70,6

79,4

73,6

(54)

La Commissione ha altresì rilevato che nel primo trimestre del 2005 il gruppo Fagor ha deciso di acquistare il 90 % delle azioni dell’impresa al costo di [150-200] milioni di euro. Ciò significa che il mercato non riteneva che l’impresa fosse in difficoltà secondo gli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, ossia un’impresa che «in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche» si avvia «quasi certamente al collasso economico, nel breve o nel medio periodo».

(55)

In considerazione di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che l’impresa, costituita nel gennaio 2002, non poteva essere considerata in difficoltà nei primi tre anni della sua esistenza, anche se avesse rimborsato immediatamente l’aiuto a norma dell’articolo 44 septies. Pertanto ritiene che il fatto che nel gennaio 2005 la Francia non avesse ancora recuperato gli aiuti versati a norma dell’articolo 44 septies - ossia tre anni dopo la costituzione di FagorBrandt - non abbia prodotto l’effetto di mantenere artificiosamente in vita un’impresa che altrimenti sarebbe uscita dal mercato. È inoltre del parere che durante tale periodo l’impresa non avesse ragione di sollecitare un aiuto alla ristrutturazione. Ciò premesso, la Commissione ritiene che il fatto che nel gennaio 2005 la Francia non avesse ancora recuperato gli aiuti versati a norma dell’articolo 44 septies non costituisca un’elusione del divieto di aiuti alla ristrutturazione a favore di imprese di nuova costituzione ai sensi del punto 12 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione.

(56)

Concludendo, i dubbi relativi all’ammissibilità dell’impresa sono stati dissipati e la Commissione ritiene che siano soddisfatte le condizioni stabilite alla sezione 2.1 degli orientamenti succitati.

6.4.   Disposizioni relative agli aiuti precedenti illegali ed incompatibili

6.4.1.   L’aiuto concesso dalla Francia

(57)

In base al punto 23 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione e considerato che l’aiuto notificato sembra principalmente servire a finanziare il rimborso dell’aiuto versato a norma dell’articolo 44 septies, la Commissione ha indicato al punto 30 della decisione di avvio del procedimento di dubitare che l’aiuto notificato costituisse un’elusione dell’obbligo di rimborso e ne svuotasse di sostanza e di efficacia il recupero.

(58)

Nel valutare la questione, la Commissione ha tenuto conto degli elementi di seguito evocati.

(59)

Innanzitutto, secondo giurisprudenza costante, il rimborso di aiuti incompatibili inclusivo di interessi permette di ripristinare la situazione anteriore alla concessione dell’aiuto e di eliminare quindi la distorsione di concorrenza che esso comporta. Pertanto, nel caso di specie, il rimborso compresi gli interessi dell’aiuto versato a norma dell’articolo 44 septies, al quale è subordinato il pagamento del nuovo aiuto, dovrebbe ripristinare la situazione anteriore alla concessione dello stesso.

(60)

In secondo luogo, l’impresa può beneficiare di aiuti alla ristrutturazione. Infatti, innanzitutto, le difficoltà finanziarie dell’impresa non scaturiscono principalmente dal rimborso dell’aiuto incompatibile ma da altre fonti che sono la causa delle perdite subite dal 2004 (cfr. tabella 1). Il rimborso futuro dell’aiuto incompatibile potrebbe solo aggravare tali difficoltà, fino al punto in cui l’impresa non riuscirà più a farvi fronte senza l’aiuto di Stato. Secondariamente, è stato messo in atto un piano di ristrutturazione delle attività il cui costo ammonta a 62,5 milioni di euro. Ciò dimostra che la ristrutturazione operativa necessaria a ripristinare la redditività dell’impresa comporta costi alquanto elevati, superiori al rimborso dell’aiuto versato a norma dell’articolo 44 septies, che ammonta a 22,5 milioni di euro interessi esclusi. Questi elementi provano che FagorBrandt è un’impresa in difficoltà la cui esistenza è in pericolo. Pertanto, al pari di qualsiasi impresa in siffatta situazione, può beneficiare di aiuti alla ristrutturazione se sono soddisfatte le altre condizioni stabilite dagli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione.

(61)

In terzo luogo, nella decisione adottata nel 1991 sul caso Deggendorf (22), nell’osservare che «l’effetto cumulato dell’aiuto illegale che Deggendorf si rifiuta di rimborsare dal 1986 e dell’attuale nuovo aiuto (…) conferirebbe all’impresa un vantaggio indebito ed eccessivo che potrebbe alterare le condizioni degli scambi (…) in misura contraria all’interesse comune», la Commissione ha ritenuto i nuovi aiuti compatibili a condizione che le autorità (…) siano «tenute a sospendere il versamento alla società Deggendorf degli aiuti (…) fintantoché non avranno ottenuto la restituzione degli aiuti che (…) dichiara incompatibili (…)». Nella sua sentenza del 15 maggio 1997 (23), la Corte di giustizia ha convalidato l’approccio seguito dalla Commissione. Da allora la Commissione ha adottato varie decisioni seguendo lo stesso approccio, ossia considerare un nuovo aiuto compatibile, pur imponendone la sospensione del pagamento fino al rimborso dell’aiuto illegale (24). La Commissione osserva che nel caso di specie, a partire dal momento in cui il nuovo aiuto risponde alle condizioni previste dagli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, nessun elemento sembra opporsi all’applicazione dell’approccio seguito nel caso Deggendorf, ossia di ritenere il nuovo aiuto compatibile a condizione che il suo pagamento sia sospeso fino al recupero dell’aiuto versato a norma dell’articolo 44 septies.

(62)

Sulla base delle considerazioni di cui sopra, i dubbi della Commissione sono dissipati.

(63)

Nel presente caso la Commissione intende apportare il seguente chiarimento. Il punto 23 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione impone alla Commissione, nell’ambito dell’esame di un aiuto alla ristrutturazione, l’obbligo di tenere «conto innanzitutto dell’effetto cumulativo dei precedenti aiuti e dei nuovi aiuti e, in secondo luogo, del fatto che gli aiuti precedenti non siano stati rimborsati». Come indicato alla nota 14 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, tale disposizione si basa sulla giurisprudenza Deggendorf (25). Nel caso di specie, la Francia si è impegnata a recuperare l’aiuto versato a norma dell’articolo 44 septies prima di procedere al pagamento del nuovo aiuto. Nella presente decisione la Commissione è tenuta, in virtù della giurisprudenza Deggendorf, a trasformare tale impegno in condizione di compatibilità dell’aiuto notificato. Pertanto essa verificherà che l’aiuto precedente non sia cumulato con il nuovo aiuto e che sia rimborsato.

6.4.2.   L’aiuto illegale italiano

(64)

Al 21 ottobre 2008 Brandt Italia, la controllata italiana di FagorBrandt, è ancora debitrice di una parte dell’aiuto concesso dalle autorità italiane. Questo aiuto è stato dichiarato incompatibile dalla Commissione nella sua decisione del 30 marzo 2004 (26).

(65)

In questo caso, come ricordato al punto (61), la giurisprudenza Deggendorf (27) conferma che la Commissione non abusa del proprio potere discrezionale imponendo il recupero dell’aiuto precedente come requisito per il versamento del nuovo aiuto. Nel caso in cui la Commissione subordina la concessione dell’aiuto previsto al previo recupero di uno o più aiuti precedenti, non è tenuta a procedere all’esame dell’effetto cumulato sulla concorrenza di detti aiuti. Una subordinazione del genere consente di evitare che il vantaggio conferito dall’aiuto previsto si cumuli con quello conferito dagli aiuti precedenti (28).

(66)

Nell’ambito della sua prassi decisionale la Commissione ha privilegiato il recupero degli aiuti incompatibili come requisito per il versamento di nuovi aiuti (29) piuttosto che l’applicazione del punto 23 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione che le consente di tenere conto dell’effetto cumulativo dell’aiuto illegale e del nuovo aiuto.

(67)

Tuttavia, alla luce delle particolari circostanze del presente caso, la Commissione intende applicare il punto 23 dei succitati orientamenti. In effetti, poiché la sua decisione del 21 ottobre 2008 è stata annullata dal Tribunale, la Commissione deve adottare una nuova decisione. In tale contesto, non può tenere conto degli elementi d’informazione di cui non disponeva alla data della prima decisione; non può pertanto considerare né i nuovi impegni eventualmente assunti dallo Stato membro, né le modalità di recupero degli aiuti illegali adottate dopo tale data.

(68)

Pertanto, come peraltro la sentenza del Tribunale del 14 febbraio 2012 (30) invita a fare, la Commissione deve esaminare l’effetto cumulativo sulla concorrenza dell’aiuto italiano e dell’aiuto alla ristrutturazione notificato.

(69)

Nondimeno è necessario determinare prima di tutto l’importo dell’aiuto italiano che doveva essere preso in considerazione al 21 ottobre 2008.

(70)

FagorBrandt ritiene che il rimborso dell’aiuto italiano a carico di Brandt Italia sia verosimilmente inferiore a 200 000 euro.

(71)

Nel 2003 FagorBrandt ha infatti acquisito, tramite la controllata Brandt Italia, lo stabilimento di Verolanuova e le sue attività nella società Ocean in amministrazione controllata. Il prezzo offerto da Brandt Italia per le attività in questione era di 10 milioni di euro.

(72)

Poiché detto importo è stato ritenuto insufficiente dai curatori fallimentari della società Ocean, le autorità italiane hanno voluto estendere alle operazioni di rilevamento le disposizioni dei regimi di «mobilità» e «cassa integrazione», dichiarate compatibili con il diritto europeo applicabile. Tali disposizioni prevedevano in particolare che le imprese che assumono lavoratori disoccupati beneficino di un’esenzione dagli oneri sociali. L’obiettivo dell’estensione di tali misure era che il beneficio tratto dall’acquirente potesse far aumentare proporzionalmente il prezzo d’acquisto delle attività interessate.

(73)

Il 14 febbraio 2003 le autorità italiane hanno pertanto emanato un decreto legge che prevedeva che l’acquirente di attività di una qualsiasi società in amministrazione controllata con più di 1 000 dipendenti potesse usufruire di un’esenzione dagli oneri sociali e di contributi aggiuntivi per ciascun dipendente proveniente da tale società. L’operazione di acquisizione delle attività nel settore degli elettrodomestici di Ocean S.p.A. da parte di Brandt Italia del 7 marzo 2003 era ammissibile a beneficiare di detto regime, introdotto ai sensi del succitato decreto legge. Ecco perché l’ammontare di queste esenzioni, stimato a 8,5 milioni di euro, ha fatto incrementare il prezzo di acquisto proposto da Brandt Italia, salito quindi a 18,5 milioni di euro.

(74)

Nella decisione del 30 marzo 2004 (31), la Commissione ha dichiarato che il decreto legge del 14 febbraio 2003, convertito nella legge del 17 aprile 2003, costituiva un regime di aiuto illegale e incompatibile. Appena venuta a conoscenza della decisione della Commissione, il 5 luglio 2004 Brandt Italia ha ottenuto dal Tribunale di Brescia l’ordine di sequestro dell’ultima rata di pagamento del prezzo di acquisto (5,7 milioni di euro) e ha preso contatti con gli organi della procedura Ocean per recuperare l’importo versato in eccesso. Brandt Italia riteneva, infatti, che lo Stato italiano dovesse recuperare l’aiuto illegale dal suo beneficiario reale.

(75)

Per questo motivo, anche se Brandt Italia (società che ha effettivamente beneficiato delle esenzioni) era il beneficiario dell’aiuto in questione in virtù del regime condannato dalla Commissione, FagorBrandt riteneva che il beneficio finale dell’aiuto fosse stato quasi interamente trasferito ai creditori iscritti dai curatori fallimentari della società Ocean attraverso una maggiorazione del prezzo d’acquisto delle attività (8,5 milioni di euro di aumento di prezzo contro 8 624 283 euro di esenzioni effettivamente concesse). Di conseguenza, le autorità francesi ritenevano che il saldo a carico di Brandt Italia/FagorBrandt fosse di 124 283 euro, cui andavano sommati gli interessi.

(76)

Le autorità italiane hanno tuttavia fornito alla Commissione informazioni che invalidavano tale ragionamento.

(77)

Il 13 maggio 2008 le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione due sentenze del Tribunale di Brescia riguardanti il contenzioso tra l’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e Brandt Italia in merito alla determinazione dell’importo dell’aiuto, ovvero dell’esenzione dai contributi sociali di cui ha beneficiato Brandt Italia.

(78)

La prima sentenza del 1o febbraio 2008 sospende l’ordine di recupero emesso dall’INPS il 18 dicembre 2007 nei confronti di Brandt Italia. Contro questa sentenza l’INPS ha interposto appello. Il 29 aprile 2008 la Corte d’appello ha annullato la sospensione dell’ordine di recupero.

(79)

La terza sentenza, datata 8 luglio 2008 e trasmessa alla Commissione il 20 ottobre 2008, dà ragione nel merito all’INPS condannando Brandt Italia al rimborso integrale dell’aiuto. La sentenza in questione è stata notificata a Brandt Italia il 15 settembre 2008.

(80)

Alla luce di tali informazioni, la Commissione deve pertanto stabilire l’importo dell’aiuto che dovrà essere restituito da Brandt Italia/FagorBrandt e che poteva essere ragionevolmente stimato al 21 ottobre 2008. Allo scopo, la Commissione osserva che la sentenza del tribunale di Brescia dell’8 luglio 2008 condanna Brandt Italia alla restituzione di 8 890 878,02 euro.

(81)

La Commissione è tuttavia del parere che da tale importo debba essere defalcata la rata di pagamento sequestrata, pari a 5,7 milioni. Brandt Italia non ha infatti disposto di questa somma, che era stata bloccata in via cautelare dalla sentenza del tribunale di Brescia del 5 luglio 2004. Detto provvedimento è stato preso a seguito della decisione dalla Commissione del 30 marzo 2004 e la somma è stata bloccata proprio in previsione della necessità di un recupero. Al 21 ottobre 2008 era pertanto presumibile che questa somma sarebbe servita a rimborsare una parte dell’aiuto in questione. Tale conclusione è confortata dal fatto che:

la decisione della Commissione del 30 marzo 2004 precisa al punto (18) che sia gli acquirenti di imprese in difficoltà sia le stesse imprese in difficoltà potevano beneficiare del regime di aiuto condannato. In altri termini era prevedibile che almeno una parte del recupero sarebbe stata a carico della società Ocean;

la sentenza del Tribunale di Brescia dell’8 luglio 2008 menziona l’esistenza di tale somma custodita su un conto bloccato e considera «evidente» che la somma sarebbe potuta servire a rimborsare parzialmente l’INPS.

(82)

Pertanto, alla luce degli elementi esposti ai punti da (76) a (81), la Commissione ritiene che l’importo definitivo dell’aiuto italiano da considerarsi ai fini della presente analisi ammonti a 3 190 878,02 euro, cui vanno aggiunti gli interessi maturati fino al 21 ottobre 2008.

(83)

Per quanto riguarda gli interessi, la Commissione è infatti del parere che la data di cui tenere conto per determinarne l’importo non sia quella del recupero effettivo dell’aiuto bensì la data della decisione annullata, in quanto nella fattispecie la Commissione analizza la compatibilità dell’aiuto francese al 21 ottobre 2008. Ebbene, in questa data l’aiuto francese era cumulato con l’aiuto italiano comprensivo degli interessi maturati sino a tale data. La Commissione deve pertanto tenere conto del cumulo di questi elementi e non aggiungervi gli interessi maturati fino al giorno del recupero effettivo.

(84)

Del resto, il vantaggio costituito dagli interessi maturati tra il 21 ottobre 2008 e la data effettiva del recupero sarà annullato dal recupero stesso, che ovviamente dovrà contemplarli.

(85)

Di conseguenza FagorBrandt ha disposto di una somma pari a 3 190 878,02 euro (più interessi), oltre ai 31 milioni di aiuto concessi dalle autorità francesi. Questo vantaggio incide sulla concorrenza, perché l’impresa disponeva di liquidità supplementare di cui non avrebbe potuto usufruire in normali condizioni di mercato (ovvero in assenza dell’aiuto incompatibile italiano).

(86)

Conformemente al punto 23 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione e alla sentenza del Tribunale del 14 febbraio 2012, la Commissione intende esaminare l’effetto cumulativo dell’aiuto italiano e dell’aiuto alla ristrutturazione nell’ambito dell’analisi di compatibilità di quest’ultimo.

(87)

L’esame dell’effetto cumulativo conduce la Commissione a un duplice controllo. Da un lato, essa deve verificare che le misure compensative (cfr. punto (89) e successivi e in particolare (118) e successivi) consentano effettivamente di bilanciare il pregiudizio alla concorrenza costituito dal possesso da parte di FagorBrandt di liquidità supplementare. Dall’altro, è intenzione della Commissione far sì che il contributo proprio del beneficiario sia realmente esente dall’aiuto (cfr. punto (154) e seguenti). Non si può infatti escludere che il contributo proprio previsto dall’impresa comprenda la somma in questione.

(88)

Nell’ambito di questo duplice controllo, la Commissione è in grado di imporre nuove condizioni allo Stato membro interessato, indipendentemente dalle eventuali proposte di quest’ultimo (di cui, nella fattispecie, la Commissione non potrebbe tenere conto se fossero state formulate dopo il 21 ottobre 2008). Come conferma il punto 46 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, «la Commissione può imporre le condizioni e gli obblighi che ritiene necessari per impedire che l’aiuto possa falsare la concorrenza in misura contraria al comune interesse, qualora lo Stato membro interessato non si sia assunto l’impegno di adottare disposizioni analoghe».

6.5.   Prevenzione di indebite distorsioni della concorrenza

6.5.1.   Analisi della necessità di misure compensative

(89)

Il punto 38 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione prevede che, affinché gli aiuti alla ristrutturazione possano essere autorizzati dalla Commissione, devono essere adottate misure compensative per minimizzare il più possibile gli effetti negativi sulle condizioni degli scambi. In caso contrario, gli aiuti verranno considerati «contrari al comune interesse» e quindi incompatibili. Tale condizione si traduce spesso in una limitazione della presenza che l’impresa può conservare sul suo mercato o sui suoi mercati, una volta terminato il periodo di ristrutturazione.

(90)

Nella sua notifica la Francia affermava che non sembravano necessarie nel caso di specie misure compensative, visto in particolare che l’aiuto non avrebbe indebiti effetti distorsivi. Ai punti 37, 38 e 40 della decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha brevemente spiegato per quale motivo respingeva tale affermazione.

(91)

Nei punti successivi la Commissione illustra più dettagliatamente perché ritiene che l’aiuto determini una distorsione e per quale motivo sia necessaria l’attuazione di misure compensative, contrariamente all’affermazione delle autorità francesi.

(92)

Come testé spiegato, FagorBrandt è presente nel settore della fabbricazione e della commercializzazione ai distributori di grandi elettrodomestici (e non in quello della distribuzione e vendita ai privati). Per quanto riguarda la dimensione geografica del mercato dei grandi elettrodomestici, in passato la Commissione ha ritenuto che fosse per lo meno a livello dell’Unione europea, in particolare tenuto conto dell’assenza di barriere all’entrata, dell’armonizzazione tecnica e dei costi di trasporto relativamente bassi (32). I dati forniti da FagorBrandt e dai due concorrenti che hanno presentato osservazioni confermano la dimensione unionale del mercato.

(93)

Secondo la Commissione, un aiuto alla ristrutturazione crea automaticamente una distorsione della concorrenza in quanto impedisce l’uscita dal mercato del beneficiario e quindi frena lo sviluppo delle imprese concorrenti. L’aiuto ostacola perciò l’uscita delle imprese inefficienti che, come indicato al punto 4 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, «rientra nel normale funzionamento del mercato». L’aiuto notificato a favore di FagorBrandt determina quindi la distorsione di concorrenza succitata. La Commissione osserva tuttavia che i seguenti elementi tendono a limitare l’entità di detta distorsione della concorrenza. In primo luogo, sul mercato europeo dei grandi elettrodomestici FagorBrandt detiene una quota di mercato che ammonta al massimo al [0-5] % (33). In secondo luogo, esistono su tale mercato quattro concorrenti con quote pari o superiori al 10 % (Indesit, Whirlpool, BSH ed Electrolux) (34). Il concorrente che ha chiesto di rimanere anonimo riconosce peraltro che FagorBrandt è un operatore relativamente piccolo sul mercato europeo (cfr. i dubbi espressi da detto concorrente circa il ripristino della redditività dell’impresa e la sua piccola dimensione) e con una quota di mercato in diminuzione (35). In terzo luogo, l’ammontare dell’aiuto è limitato rispetto al fatturato europeo di FagorBrandt (l’aiuto rappresenta meno del 4 % del fatturato 2007) e ancora di più rispetto a quello dei quattro operatori principali presenti sul mercato, il cui fatturato è superiore a quello di FagorBrandt (36).

(94)

Mentre il punto precedente analizza la distorsione della concorrenza causata dall’aiuto, è opportuno analizzare l’entità degli «effetti negativi sulle condizioni degli scambi» tra Stati membri, come indicato al punto 38 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione che a sua volta rispecchia l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE. Come già osservato al punto 38 della decisione di avvio del procedimento, l’aiuto falsa la localizzazione delle attività economiche tra Stati membri e di conseguenza incide sui loro scambi. FagorBrandt è un’impresa le cui attività produttive e i cui impiegati si trovano per la maggior parte in Francia [(80-100 %) dei volumi prodotti dall’impresa fabbricati in Francia]. Senza l’aiuto dello Stato francese FagorBrandt uscirebbe rapidamente dal mercato. Orbene, i prodotti fabbricati negli stabilimenti di FagorBrandt sono in concorrenza principalmente con i prodotti che i concorrenti realizzano negli altri Stati membri (37). Di conseguenza, la sparizione di FagorBrandt avrebbe permesso a questi concorrenti europei di accrescere sensibilmente le loro vendite e quindi la loro produzione. L’aiuto ha l’effetto di mantenere in Francia attività produttive che altrimenti sarebbero state in parte trasferite in altri Stati membri. Di conseguenza, ha effetti negativi sulle condizioni degli scambi, giacché riduce le possibilità di esportazione verso la Francia (38) dei concorrenti stabiliti negli altri Stati membri. Del pari, l’aiuto riduce le possibilità di vendita verso i paesi in cui FagorBrandt continuerà ad esportare i suoi prodotti. Data la dimensione delle vendite di FagorBrandt e il numero di impieghi corrispondenti, questi effetti negativi sulle condizioni degli scambi non sono insignificanti.

(95)

Sulla base dell’analisi di cui sopra, la Commissione ritiene che siano necessarie misure compensative reali (ossia non trascurabili), sebbene di portata limitata.

6.5.2.   Analisi delle misure già attuate

(96)

Al punto 39 della decisione di avvio del procedimento la Commissione ha espresso dubbi circa la possibilità che le misure notificate dalle autorità francesi fossero considerate misure compensative, dal momento che il punto 40 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione indica che «la cancellazione dei debiti e la chiusura di attività in perdita che fossero comunque necessarie per ripristinare la redditività non saranno considerate come misure per la riduzione delle capacità o della presenza sul mercato». Sembrava che tutte le misure descritte dalle autorità francesi rientrassero nel campo di applicazione di tale esclusione. Nell’ambito del procedimento di indagine formale, la Francia ha ripetuto che, a suo avviso, la cessazione della fabbricazione di congelatori a pozzetto e di microonde a posa libra e la vendita di Brandt Components costituivano tre misure compensative valide. La Commissione ha quindi effettuato un’analisi dettagliata di dette misure e ne ha tratto le seguenti conclusioni.

(97)

Per quanto concerne la chiusura nel 2005 dello stabilimento di fabbricazione di congelatori a pozzetto (stabilimento di Lesquin), la Francia ha indicato nella notifica del 6 agosto 2007 che questo stabilimento «che fabbricava congelatori a pozzetto e frigoriferi cantinetta per l’insieme del gruppo FagorBrandt aveva raggiunto una dimensione … che non gli permetteva più di coprire né i costi variabili né i costi fissi e aveva determinato perdite di esercizio ammontanti a 5,8 milioni di euro nel 2004». Non v’è quindi dubbio che, nella fattispecie, si tratta di una chiusura di attività in perdita necessaria a ripristinare la redditività dell’impresa (39) e che, in applicazione del punto 40 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, non potrebbe essere considerata come misura compensativa.

(98)

Quanto alla cessazione della produzione di forni a microonde a posa libera nello stabilimento di Aizenay, si trattava anche in questo caso di una chiusura di attività in perdita necessaria a ripristinare la redditività dell’impresa, come le autorità francesi hanno peraltro esplicitamente riconosciuto nelle loro osservazioni (40). La mancanza di redditività di quest’attività non è un fatto sorprendente, in quanto i microonde a posa libera sono uno dei segmenti di mercato in cui i prodotti provenienti dai paesi a basso costo sono più penetrati (41). Per giunta, lo stabilimento di Aizenay aveva perso importanti contratti di produzione di microonde a favore di altri gruppi (42). Concludendo, secondo il punto 40 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, tale misura non potrebbe quindi essere considerata come misura compensativa.

(99)

Per contro, nel marzo del 2004 l’impresa ha ceduto la sua controllata Brandt Components (stabilimento di Nevers) al gruppo austriaco ATB per un importo di 3 milioni di euro. Non si tratta quindi di una cancellazione di debiti (43) né di una chiusura di attività. Questa misura non è quindi esclusa dal disposto del succitato punto 40 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione. L’attività ceduta nel marzo 2004 (44) aveva realizzato nel 2003 un fatturato di 35,4 milioni di euro – equivalente al 4 % del fatturato 2003 dell’impresa – con un organico di 306 dipendenti, equivalente al 6 % dei dipendenti dell’impresa. Essa era coinvolta nelle fasi di progettazione, sviluppo, fabbricazione e commercializzazione di motori elettrici per lavatrici. Tale cessione ha quindi ridotto la presenza dell’impresa sul mercato dei componenti per lavatrici.

(100)

Quest’ultima non può tuttavia essere considerata come misura compensativa valida. La vendita di Brandt Components è infatti avvenuta all’incirca tre anni e mezzo prima della notifica dell’aiuto in esame. D’altra parte, la misura in questione non riduce la presenza di FagorBrandt sul settore dei grandi elettrodomestici (45), che è il principale mercato sul quale FagorBrandt resterà presente. Ne consegue che questa misura non aveva ad oggetto, né poteva avere come effetto l’attenuazione delle distorsioni della concorrenza che sarebbero state determinate dalla concessione dell’aiuto previsto.

6.5.3.   Misure compensative proposte dalle autorità francesi

(101)

Per rispondere ai dubbi formulati nella decisione di avvio del procedimento circa l’insufficienza delle misure compensative notificate, le autorità francesi propongono la cessazione della commercializzazione dei prodotti dei comparti «freddo» e «cottura» Vedette per un periodo di cinque anni. Inoltre esse propongono sia la cessazione della commercializzazione delle lavastoviglie Vedette che la cessione del marchio […].

(102)

Come indicato precedentemente, FagorBrandt realizza il [50-80] % delle vendite sul mercato francese, dove nel 2006 deteneva una quota di mercato pari al [10-20] % in valore e al [10-20] % in volume. Ciò significa che, se FagorBrandt avesse cessato le sue attività, ne avrebbero beneficiato soprattutto i suoi concorrenti sul mercato francese potendo aumentare le loro rispettive vendite. Di conseguenza, sono dette imprese a risentire maggiormente della sopravvivenza di FagorBrandt consentita dall’aiuto. Al contrario, le vendite di FagorBrandt sul mercato italiano sono alquanto limitate. La Commissione privilegia pertanto come misura compensativa la cessazione della commercializzazione delle lavastoviglie con il marchio Vedette rispetto alla cessione del marchio […], dato che i prodotti del marchio Vedette (46) sono commercializzati esclusivamente sul mercato francese mentre i prodotti […] sono venduti principalmente […].

(103)

Si tratta dunque di analizzare la portata di queste misure compensative addizionali per stabilire se siano sufficienti.

(104)

Le vendite dei prodotti del comparto freddo (frigoriferi e congelatori) del marchio Vedette hanno rappresentato nel 2007 [10-20] milioni di euro, ossia [0-5] % del fatturato del gruppo FagorBrandt.

(105)

La cessazione della commercializzazione dei prodotti del comparto freddo per un periodo di cinque anni permetterà ai concorrenti presenti sul mercato francese di rafforzare la propria posizione in tale comparto. Secondo lo studio GfK del 2007, i principali concorrenti di FagorBrandt - che detiene una quota di mercato in valore del […] % sul mercato dei frigoriferi in Francia - sono Whirlpool ([…] %), Indesit ([…] %) ed Electrolux ([…] %). Sul mercato dei congelatori i principali concorrenti di FagorBrandt ([…] %) sono Whirlpool ([…] %), Liebherr ([…] %) ed Electrolux ([…] %).

(106)

Le vendite dei prodotti del comparto cottura del marchio Vedette hanno rappresentato nel 2007 [5-10] milioni di euro, ossia [0-5] % del fatturato del gruppo FagorBrandt.

(107)

La cessazione della commercializzazione dei prodotti del comparto cottura per un periodo di cinque anni permetterà quindi ai concorrenti di rafforzare la propria posizione sul mercato delle cucine. Secondo lo studio GfK del 2007, i principali concorrenti di FagorBrandt – che detiene una quota di mercato in valore del […] % sul mercato delle cucine in Francia - sono Indesit ([…] %), Electrolux ([…] %) e Candy ([…] %).

(108)

Le vendite di lavastoviglie a marchio Vedette hanno rappresentato nel 2007 [5-10] milioni di euro, ossia [0-5] % del fatturato del gruppo FagorBrandt.

(109)

Secondo lo studio GfK del 2007, i principali concorrenti di FagorBrandt - che detiene una quota di mercato in valore del […] % sul mercato delle lavastoviglie in Francia – sono BSH ([…] %), Whirlpool ([…] %) ed Electrolux ([…] %). Di conseguenza, la cessazione della commercializzazione di lavastoviglie a marchio Vedette permetterà ai concorrenti di estendere la propria presenza sul mercato.

(110)

Riassumendo, i prodotti Vedette di cui sarà cessata la commercializzazione rappresentano [0-5] % del fatturato del gruppo (47). Le autorità francesi indicano che ciò comporterà aggiustamenti significativi nell’ambito dell’impresa […].

6.5.4.   Conclusione circa le misure compensative proposte dalle autorità francesi e imposizione di una misura compensativa addizionale da parte della Commissione

(111)

Le misure compensative proposte consistono nella sospensione della commercializzazione per un periodo di cinque anni di taluni prodotti (cottura, freddo e lavastoviglie) a marchio Vedette (48) e nella cessione di Brandt Components. Si tratta di una vera riduzione (ossia non trascurabile) della presenza sul mercato ma di dimensione ridotta.

(112)

La Commissione ritiene tuttavia che quella relativa al marchio Vedette proposta dalle autorità francesi sia l’unica misura compensativa valida e che non sia sufficiente. La Commissione decide pertanto di imporre come condizione di compatibilità la proroga per altri tre anni della cessazione della commercializzazione dei prodotti a marchio Vedette. Di fatto il divieto proposto, che aveva durata cinque anni, sarà esteso di altri tre per un totale di otto anni.

(113)

Secondo le informazioni di cui la Commissione era in possesso al 21 ottobre 2008, l’incidenza di questa misura compensativa («MC») in termini di perdita di fatturato può essere valutata in due modi a partire dalla tabella 2 di seguito riportata (49).

Tabella 2

Milioni EUR

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

Fatturato FagorBrandt

[900-1 200]

[900-1 200]

[900-1 200]

[900-1 200]

[900-1 200]

[900-1 200]

[900-1 200]

[900-1 200]

Incidenza MC, stima alta

– [40-60]

– [40-60]

– [40-60]

– [40-60]

– [40-60]

– [40-60]

– [40-60]

– [40-60]

Incidenza MC, stima bassa

– [55-75]

– [55-75]

– [55-75]

– [55-75]

– [55-75]

– [55-75]

– [55-75]

– [55-75]

(114)

Le cifre della tabella 2 riferite agli anni dal 2009 al 2012 sono quelle fornite dalle autorità francesi e da FagorBrandt relativamente all’incidenza della misura compensativa da questi proposta (su tale incidenza cfr. anche punto (143) e seguenti).

(115)

Il primo modo per calcolare l’incidenza della misura compensativa addizionale imposta dalla Commissione consiste nel triplicare il mancato profitto dell’ultimo anno valutato dalle autorità francesi (ovvero il 2012). In uno scenario ottimistico per l’impresa, tale incidenza è quindi pari a 3 × [40-60] milioni, ossia [120-180] milioni di euro.

(116)

Il secondo modo per calcolare l’incidenza della misura compensativa addizionale è di estrapolare le cifre dal 2013 al 2016 applicando un aumento lineare del [1,5-3] % sulle cifre del 2012, sulla scia della crescita di fatturato stimata dall’impresa a [1,5-3] % tra il 2009 e il 2012. Per i motivi esposti al punto (125) e seguenti, tale ipotesi di incremento di fatturato è infatti ritenuta ragionevole alla luce della strategia del gruppo e delle prospettive di mercato. Da questo punto di vista, la misura compensativa priverà FagorBrandt, in uno scenario ottimistico per l’impresa, di un fatturato di [120-180] milioni di euro.

(117)

La misura compensativa proposta sembra pertanto adeguata e sufficiente a ridurre da sola in modo proporzionale gli effetti negativi sulla concorrenza causati dalla concessione dell’aiuto in questione: in uno scenario ottimistico, essa priva l’impresa di un fatturato compreso tra [120-180] milioni di euro per il periodo 2014-2016, un mancato fatturato che consentirà ai concorrenti di incrementare le proprie vendite. Tale misura compensativa renderà inoltre più difficoltosa per l’impresa la reintroduzione sul mercato dei prodotti Vedette in questione (ad oggi sono commercializzate sono le lavatrici a marchio Vedette) dopo 8 anni di assenza. Infatti, sebbene il marchio non scompaia definitivamente, il costo del rientro è proporzionale agli anni di assenza dal mercato: più il marchio sarà assente dal mercato e maggiore diventerà la perdita di notorietà.

(118)

Appare peraltro opportuno verificare se questa nuova misura compensativa permetta di compensare anche il vantaggio concorrenziale derivante dall’effetto cumulativo dell’aiuto italiano e dell’aiuto alla ristrutturazione. È infatti possibile ritenere che al 21 ottobre 2008 FagorBrandt disponesse di 3 190 878,02 euro (pari a circa 4 milioni di euro con interessi) di cui non avrebbe dovuto beneficiare. Questo vantaggio incide sulla concorrenza, perché l’impresa disponeva di liquidità supplementare. La misura compensativa addizionale ha tuttavia permesso di compensare questo pregiudizio alla concorrenza.

(119)

La tabella 3 mostra la perdita netta (o flusso di cassa libero negativo) legata alla misura compensativa. Le cifre degli anni dal 2009 al 2012 sono quelle notificate alla Commissione dalle autorità francesi mentre quelle del 2013-2016 sono un’estrapolazione ottenuta maggiorando di [1,5-3] % all’anno le cifre del 2012 (50).

Tabella 3

Milioni EUR

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

Risultato finale senza MC

[0-5]

[5-10]

[10-15]

[10-15]

[15-20]

[15-20]

[15-20]

[15-20]

Incidenza MC, stima alta

– [10-15]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

Incidenza MC, stima bassa

– [15-20]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

(120)

Risulta pertanto che, in uno scenario ottimistico (per l’impresa), altri tre anni privino FagorBrandt di liquidità per un ammontare compreso tra [10-20] milioni di euro (nel caso in cui si triplichi il fatturato del 2012) e di [10-20] milioni di euro (qualora si sommino le cifre estrapolate). In altri termini, l’imposizione di questa nuova misura compensativa controbilancia ampiamente il vantaggio di aver disposto di liquidità per circa 4 milioni di euro.

(121)

Infine, il fatto che le misure compensative si estendano oltre la fine del periodo di ristrutturazione (fissata per il 31 dicembre 2012) non le rende inadeguate. Se infatti le misure compensative sono dovute per la concessione di un aiuto alla ristrutturazione, esse non rientrano nel processo di ristrutturazione in quanto tale ma costituiscono una compensazione riconosciuta ai concorrenti dell’impresa sostenuta per compensare il pregiudizio alla concorrenza che essi possono aver subito. Il loro effetto e la loro utilità non sono pertanto messi in discussione dal fatto di andare oltre il periodo di ristrutturazione, giacché sono state istituite in ragione di un’operazione di ristrutturazione agevolata da un aiuto di Stato e perché hanno ad oggetto e per effetto di controbilanciare il pregiudizio alla concorrenza derivante da tale aiuto.

(122)

La Commissione ritiene pertanto che queste misure permettano di evitare indebite distorsioni della concorrenza, conformemente ai punti 38-40 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione.

6.6.   Ripristino della redditività dell’impresa

6.6.1.   Piano di ristrutturazione, prospettive di mercato e credibilità delle previsioni incluse nel piano di ristrutturazione

(123)

Il piano di ristrutturazione di FagorBrandt, già avviato, prevede sostanzialmente:

un riorientamento e uno sviluppo vertente su […];

la razionalizzazione della politica di acquisti e […];

la cessione di attività e chiusure di stabilimenti (51);

la riduzione di organico (52);

misure volte a rafforzare la sostenibilità dell’impresa (53).

(124)

Dopo un esame la Commissione ha confermato quanto già annunciato nella decisione di avvio del procedimento, ovvero di ritenere questo piano conforme ai requisiti di cui ai punti 35-37 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione. In altri termini, il piano di ristrutturazione è atto a ripristinare la redditività a lungo termine dell’impresa.

(125)

La Commissione tiene tuttavia ad esporre di seguito la propria analisi e le proprie conclusioni sulle prospettive di mercato e la credibilità delle previsioni contenute nel piano di ristrutturazione.

(126)

La Commissione ha valutato le previsioni formulate nel piano di ristrutturazione, in particolare in termini di prospettive di crescita, e tiene a precisare che la presente decisione si basa esclusivamente sui dati disponibili nell’ottobre 2008.

(127)

Secondo il CECED (54), l’evoluzione del mercato europeo in termini di volume tra il 2005 e il 2007 mostra una crescita moderata nell’Europa occidentale (circa 2 % all’anno) e una crescita sostenuta nell’Europa orientale (circa 7 % all’anno). Quest’ultima percentuale di crescita è tuttavia aleatoria in quanto soggetta alle fluttuazioni dell’economia, giacché una crescita a due cifre può facilmente essere seguita da una diminuzione, anch’essa a due cifre, e viceversa.

(128)

Se nel lungo periodo è possibile prevedere che i comportamenti in materia di acquisto dell’Europa orientale convergano con quelli dell’Europa occidentale, il debole potere di acquisto dei paesi dell’Europa orientale comporta una concentrazione della domanda sui prodotti di prima necessità (lavatrici o frigoriferi) e di fascia bassa. Orbene, è su questi mercati che sono entrati i concorrenti turchi e asiatici.

(129)

I mercati che presentano un potenziale per FagorBrandt sono quindi situati nell’Europa occidentale, in quanto sono più importanti sia in termini di valore che di volume e perché meno orientati verso i prodotti di fascia bassa, sui quali FagorBrandt non può più essere competitiva e che sono all’origine della forte crescita nell’Europa orientale.

(130)

Più precisamente, il mercato di riferimento di FagorBrandt è il mercato francese in cui il gruppo realizza [50-80] % delle vendite, produce [80-100] % dei suoi volumi e impiega [80-100] % dei dipendenti del gruppo. Secondo il GIFAM (55), il mercato dei grandi elettrodomestici è aumentato in Francia nel 2007 dell’1 % rispetto al 2006, sia in termini di volume che di valore. Più specificamente, il mercato degli elettrodomestici […] sul quale FagorBrandt intende concentrare la propria attività ha registrato un aumento del […] % rispetto al 2006 mentre per gli apparecchi […] le vendite sono diminuite del […] %.

(131)

L’evoluzione per tipo di prodotto mostra che i mercati portanti, che si sviluppano in Europa e soprattutto in Francia, sono essenzialmente quelli dei prodotti […]. La crescita dei prodotti […] è significativa mentre il comparto del freddo è praticamente stagnante, come mostra la tabella seguente estratta dallo studio GIFAM:

Tabella 4

Image

(132)

Di conseguenza la scelta di FagorBrandt, da un lato, di riorientarsi in particolare su […] e, dall’altro, di svilupparsi […] sembra coerente con l’evoluzione dei vari comparti e prodotti.

(133)

La Commissione, dopo aver analizzato gli altri elementi fondamentali del piano di ristrutturazione volti a giustificare la pertinenza delle previsioni relative alla redditività operativa di FagorBrandt a lungo termine, ritiene che dette previsioni di cui alla tabella 5 siano realistiche.

Tabella 5

Milioni EUR

2009

2010

2011

2012

Fatturato FagorBrandt

[900-1 200]

[900-1 200]

[900-1 200]

[900-1 200]

Risultato finale

[0-5]

[5-10]

[10-15]

[10-15]

(134)

Pertanto, il resto dell’analisi si limiterà ai due dubbi precisi relativi al carattere realistico e all’adeguatezza del piano di ristrutturazione formulati nella decisione di avvio del procedimento.

(135)

In primo luogo, la Commissione chiedeva spiegazioni concernenti l’atteso aumento del 20 % del fatturato nel 2007. Le autorità francesi hanno spiegato che il perimetro di attività di FagorBrandt è stato modificato nel 2006 mediante il trasferimento da Fagor a FagorBrandt della distribuzione del marchio Fagor sui mercati britannico e francese e poi della totalità delle attività francesi di Fagor (56). Il fatturato di dette attività per il 2007 è stato stimato a [50-100] milioni di euro ed è stato incluso nel fatturato di FagorBrandt per l’anno 2007. A perimetro costante, l’aumento di fatturato previsto era soltanto del [5-10] %. Da allora la Francia ha comunicato alla Commissione il fatturato effettivamente realizzato nel 2007, che ammonta a 903 milioni di euro contro i 779,7 milioni di euro del 2006, pari a un aumento di circa il 16 % da un anno all’altro.

(136)

In secondo luogo, la Commissione osservava che il piano di ristrutturazione non indicava come FagorBrandt intendesse far fronte al rimborso dell’aiuto incompatibile riscosso dalla sua controllata italiana, il che metteva a rischio il ripristino della redditività dell’impresa. Le autorità francesi hanno precisato che il rimborso dell’aiuto italiano a carico di Brandt Italia dovrebbe verosimilmente essere inferiore a 200 000 euro (cfr. punto (70) e seguenti). Come già indicato dalla Commissione (cfr. punto (76) e seguenti), l’importo dell’aiuto italiano che è opportuno considerare ai fini della presente decisione è tuttavia pari a 3 190 878,02 euro, cui vanno aggiunti gli interessi maturati fino al 21 ottobre 2008. La Commissione ritiene tuttavia che il rimborso di tale somma non metta in discussione il ripristino della redditività dell’impresa, poiché FagorBrandt è tenuta ad aumentare il suo contributo proprio per equivalenti 3 190 878,02 euro e interessi (a tale proposito cfr. punto (149) e seguenti).

(137)

Sulla base delle considerazioni di cui sopra, la Commissione conclude che i dubbi concernenti il ripristino della redditività espressi nella decisione di avvio del procedimento sono dissipati.

6.6.2.   Dubbi sul ripristino della redditività formulati da un interessato

(138)

Come testé indicato, il concorrente che ha chiesto di mantenere l’anonimato contesta l’idoneità della ristrutturazione a ripristinare la redditività a lungo termine dell’impresa. In primo luogo, egli ritiene che l’impresa avrebbe dovuto delocalizzare una parte della sua produzione in aree produttive a basso costo, dove può beneficiare di economie di scala. In secondo luogo, l’impresa non potrà far fronte agli investimenti necessari per migliorare i propri prodotti in un’industria che ogni anno richiede investimenti ingenti negli strumenti industriali, nella progettazione, nella ricerca e nello sviluppo. Infine, egli sottolinea che l’impresa resta troppo piccola rispetto ai suoi concorrenti. Nei punti che seguono la Commissione si adopererà per verificare se queste osservazioni formulate dal concorrente che vuole mantenere l’anonimato mettano in discussione le sue proprie conclusioni circa il ripristino della redditività dell’impresa.

(139)

Quanto alla necessità di delocalizzare una parte della produzione in paesi a costi meno elevati, la Commissione osserva che le autorità francesi hanno risposto con esattezza su questo punto. Esse fanno presente che lo sviluppo perseguito da FagorBrandt (prodotti a forte valore aggiunto e innovativi), al pari di quello di alcuni concorrenti strettamente europei, è incompatibile con il trasferimento sistematico della produzione in paesi a basso costo. […] Per i principali fabbricanti l’ubicazione di unità di produzione in paesi a basso costo risponde anche alla volontà di sviluppare le vendite in detti paesi.

(140)

Quanto alle affermazioni del concorrente che ha chiesto di mantenere l’anonimato, in merito all’impossibilità di FagorBrandt di far fronte agli investimenti ingenti richiesti per restare competitivo e alla dimensione troppo piccola dell’impresa rispetto ai principali produttori, la Commissione osserva che essa stessa ha indicato al punto 8 della decisione di avvio del procedimento che tali elementi avevano contribuito alle difficoltà dell’impresa. La Commissione osserva tuttavia che il piano di ristrutturazione sembra rispondere a tali sfide. L’impresa intende infatti concentrarsi su […]. La Commissione osserva inoltre che alcune imprese del settore, malgrado la dimensione ridotta rispetto a quella dei grandi produttori e alla loro ingente produzione nei paesi dell’Europa occidentale, riescono a restare competitive concentrandosi su determinati prodotti e segmenti (è il caso di operatori cosiddetti «di nicchia» come Miele, Smeg, Liebherr e Teka oppure di piccoli produttori di dimensioni nazionali come Candy e Gorenje). La Commissione rileva peraltro che l’integrazione sempre più intensa di FagorBrandt nel gruppo Fagor contribuisce del pari a risolvere questi problemi connessi alla dimensione. Riassumendo, la Commissione riconosce che i punti sollevati dal concorrente rappresentano delle sfide per FagorBrandt ma ritiene che il piano di ristrutturazione sia tale da farvi fronte e presenti una sufficiente probabilità di ripristino della redditività a lungo termine.

(141)

Ciò premesso, la Commissione considera che i commenti del concorrente che ha chiesto di mantenere l’anonimato non mettano in discussione la sua propria valutazione, secondo cui il piano di ristrutturazione permette di ripristinare la redditività a lungo termine di FagorBrandt.

6.6.3.   Effetti delle misure compensative sul ripristino della redditività

(142)

Infine, sempre per quanto riguarda il ripristino della redditività a lungo termine, la Commissione, come previsto dall’ultima frase del punto 38 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, deve verificare che le misure compensative previste non mettano in pericolo la redditività dell’impresa. Come è stato analizzato, le autorità francesi hanno proposto misure compensative che non erano quindi incluse nelle previsioni finanziarie allegate alla notifica. Poiché la Commissione giudica queste misure necessarie, occorrerà che vi sia data attuazione. Quanto a dette misure - la cessazione della commercializzazione dei prodotti freddo, cottura e lavastoviglie del marchio Vedette per un periodo di cinque anni, che provocherà un deterioramento dei risultati finanziari dell’impresa - si tratta di garantire che siano sostenibili da parte dell’impresa.

(143)

Secondo le autorità francesi, le tabelle 6 e 7 indicano i risultati finanziari dell’impresa tenendo conto dell’attuazione delle misure compensative proposte dalle autorità francesi. La tabella 6 illustra uno scenario ottimistico mentre la tabella 7 mostra uno scenario pessimistico.

Tabella 6

Cessazione della commercializzazione di prodotti freddo, cottura e lavastoviglie del marchio Vedette (milioni di EUR)

Scenario ottimistico

2007

2008

2009

2010

2011

2012

Fatturato

903,0

[900-1 000]

[900-1 000]

[900-1 000]

[900-1 000]

[900-1 000]

Margine lordo

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Risultati di esercizio prima di elementi non ricorrenti

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Risultato operativo (EBIT)

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Risultato prima dell’imposta

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Risultato netto

– [5-10]

– [5-10]

– [5-10]

[0-5]

[5-10]

[5-10]

Flusso di cassa libero

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Flusso di cassa libero accumulato

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Tabella 7

Cessazione della commercializzazione di prodotti freddo, cottura e lavastoviglie del marchio Vedette (milioni di EUR)

Scenario pessimistico

2007

2008

2009

2010

2011

2012

Fatturato

903,0

[900-1 000]

[900-1 000]

[900-1 000]

[900-1 000]

[900-1 000]

Margine lordo

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Risultati di esercizio prima di elementi non ricorrenti

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Risultato operativo (EBIT)

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Risultato prima dell’imposta

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Risultato netto

– [5-10]

– [5-10]

– [10-15]

[0-5]

[0-5]

[5-10]

Flusso di cassa libero

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

Flusso di cassa libero accumulato

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

[…]

(144)

Le tabelle 6 e 7 si basano sulle seguenti ipotesi riguardanti la perdita di fatturato determinato dal ritiro di vari gruppi di prodotti commercializzati con il marchio Vedette. Siffatto ritiro può comportare:

a)

una riduzione delle vendite nel gruppo di prodotti a marchio Vedette di cui è sospesa la commercializzazione;

b)

una riduzione delle vendite negli altri gruppi di prodotti commercializzati con il marchio Vedette (57) (effetto di gamma negativo sui prodotti del marchio Vedette);

c)

una riduzione delle vendite degli altri marchi (effetto di portafoglio negativo sull’insieme dei marchi del gruppo FagorBrandt).

(145)

Lo scenario ottimistico tiene conto unicamente degli effetti (a) e (b) del punto (144), e la perdita connessa alla cessazione della commercializzazione di un prodotto rappresenterà una perdita del [70-90] % del fatturato della linea di prodotto sospesa […] (il restante [10-30] % è recuperato da FagorBrandt attraverso l’incremento della vendita di prodotti identici venduti con marchi diversi da Vedette) e del [20-30] % del fatturato degli altri prodotti commercializzati con il marchio Vedette. Lo scenario pessimistico tiene conto dell’effetto di cui al punto (c) del punto (144) presupponendo un tasso di perdita del [110-130] % per la linea di prodotto sospesa (la perdita può non solo incidere sul 100 % di fatturato della linea di prodotto sospesa ma anche colpire prodotti e marchi diversi dalla linea di cui è sospesa la commercializzazione) e del [20-40] % per gli altri prodotti venduti con il marchio Vedette. Le autorità francesi spiegano che siffatta ipotesi pessimistica corrisponde a un’esperienza già vissuta dall’impresa: nel 2003 essa aveva deciso di abbandonare in Francia la commercializzazione dei forni a microonde con il marchio Vedette per concentrarsi sul marchio Brandt che beneficiava di un servizio vendita specifico. La cessazione ha avuto un effetto indotto alquanto negativo, giacché non solo è andato interamente perso il fatturato realizzato con il marchio Vedette ma la perdita ha colpito anche il marchio Brandt (perdita totale su questi due marchi di […] apparecchi in due anni rispetto a vendite iniziali di […] unità, di cui […] per il marchio Vedette, ossia una perdita del [120-140] % dei volumi abbandonati (58)).

(146)

In base all’analisi dei dati inclusi nelle due tabelle precedenti e alle altre informazioni fornite dalle autorità francesi, la Commissione osserva che le misure compensative decise indeboliranno l’impresa, in quanto comporteranno un deterioramento dei risultati dell’impresa a partire dal 2009, anno della loro attuazione. Ciononostante, l’impresa tornerà a registrare un risultato netto positivo a partire dal 2010, risultato che aumenterà negli anni successivi. La Commissione ritiene pertanto che le misure compensative proposte dalle autorità francesi, pur indebolendo l’impresa, non impediranno il ripristino della sua redditività.

(147)

Tale conclusione non è messa in discussione dall’imposizione di una misura compensativa addizionale da parte della Commissione, ovvero della necessità di estendere di altri tre anni la sospensione della commercializzazione dei prodotti a marchio Vedette interessati.

(148)

Come si evince infatti dalla tabella 3, che presenta l’incidenza della misura compensativa addizionale sul risultato finale dell’impresa, quest’ultimo resterà positivo negli anni 2014-2016 registrando una crescita stimata al [1,5-3] %. La medesima conclusione s’impone pertanto nei confronti della misura compensativa imposta dalla Commissione: pur indebolendo l’impresa, essa non impedirà il ripristino della sua redditività.

6.7.   Aiuto limitato al minimo: contributo reale, privo di elementi di aiuto

(149)

Conformemente ai punti 43-45 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, affinché l’aiuto possa essere autorizzato, occorre che l’importo e l’intensità dello stesso siano limitati ai costi minimi indispensabili per la ristrutturazione, in funzione delle disponibilità finanziarie dell’impresa, dei suoi azionisti o del gruppo di cui fa parte. I beneficiari dell’aiuto devono contribuire in maniera significativa al piano di ristrutturazione, sia con fondi propri - ivi compresa la vendita di elementi dell’attivo non indispensabili alla sopravvivenza dell’impresa - che ricorrendo a finanziamenti esterni ottenuti alle condizioni di mercato.

(150)

Come indicato al punto 43 della decisione di avvio del procedimento, i costi della ristrutturazione, quali descritti nella notifica delle autorità francesi, ammontano a 62,5 milioni di euro. L’impresa intende contribuire per 31,5 milioni e ricevere un aiuto di 31 milioni.

 

Milioni di EUR

%

Costo della ristrutturazione

62,5

100 %

Finanziato da:

contributo proprio del beneficiario

4,6

7,4 %

conferimento di azionisti

26,9

43 %

aiuto di Stato

31

49,6 %

(151)

Al punto 44 della decisione di avvio del procedimento, la Commissione esprime due dubbi relativamente a questi dati. Da un lato, chiede alle autorità francesi di giustificare per quale motivo non abbiano incluso il rimborso dell’aiuto a norma dell’articolo 44 septies nel costo della ristrutturazione e, dall’altro, di spiegare la natura «del contributo proprio del beneficiario».

(152)

Le autorità francesi hanno risposto a questo secondo dubbio indicando che il contributo proprio del beneficiario comprende prestiti bancari contratti da FagorBrandt sul mercato. Esse precisano che l’impresa ha contratto nel 2006 prestiti bancari per [20-40] milioni di euro, portati a [20-40] milioni di euro nel 2007 (59). Tali prestiti sono stati garantiti da […]. La Commissione osserva che si tratta di «finanziamenti esterni ottenuti alle condizioni di mercato» come definiti al punto 43 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione e costituiscono quindi un contributo valido.

(153)

Per quanto concerne il primo dubbio espresso dalla Commissione, le autorità francesi indicano che il rimborso di un aiuto incompatibile non può a priori essere considerato un costo per la ristrutturazione (né un contributo proprio dell’impresa beneficiaria ai sensi dei punti 43 e 44 degli orientamenti succitati). Per tale motivo non hanno tenuto conto dell’aiuto a norma dell’articolo 44 septies tra i costi per la ristrutturazione. Indicano tuttavia che questo rimborso, valutato in circa [25-30] milioni di euro (interessi compresi) è beninteso integrato nel business plan allegato alla notifica, come qualsiasi altra normale spesa finanziaria. La Commissione ritiene indispensabile che nel business plan si tenga conto del rimborso, come avviene appunto nel caso di specie (60).

(154)

Tuttavia è anche opportuno considerare che al 21 ottobre 2008 l’aiuto italiano percepito da Brandt Italia ammontava a 3 190 878,02 euro, cui vanno aggiunti gli interessi. Non si può pertanto escludere che il contributo proprio previsto dall’azienda includa la somma in questione. Di conseguenza, il contributo proprio del beneficiario scende sotto la soglia del 50 % prevista dal punto 44 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione.

(155)

Ciò detto, onde accertarsi che il contributo proprio dell’impresa sia effettivamente esente dall’aiuto e che rappresenti almeno il 50 % dei costi per la ristrutturazione, la Commissione impone come condizione alla presente decisione positiva un aumento del contributo proprio fino a debita concorrenza dell’importo dell’aiuto italiano, pari a 3 190 878,02 euro, cui vanno aggiunti gli interessi maturati fino al 21 ottobre 2008.

(156)

In concreto, il contributo proprio ai costi per la ristrutturazione proposto da FagorBrandt dovrà essere incrementato di detta somma (con prestiti, conferimenti di azionisti o altro) entro la fine del periodo di ristrutturazione dell’impresa, fissato per il 31 dicembre 2012. Le autorità francesi dovranno fornire la prova di tale aumento entro due mesi dalla scadenza del 31 dicembre 2012.

(157)

Quanto all’affermazione espressa dal concorrente che ha chiesto di mantenere l’anonimato, secondo cui l’aiuto non è limitato al minimo, la Commissione conferma che, oltre alla verifica del rispetto del criterio formale del contributo proprio superiore al 50 %, essa ha valutato che l’aiuto si limitasse al minimo, in particolare secondo i criteri definiti al punto 45 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione. Secondo la Commissione, il caso ricorre nella fattispecie e l’importo dell’aiuto non permette all’impresa di «disporre di liquidità supplementare che potrebbe essere utilizzata per iniziative aggressive, perturbatrici del mercato e senza alcun rapporto con il piano di ristrutturazione».

(158)

La Commissione osserva in particolare che, dopo la concessione dell’aiuto e terminato il periodo di ristrutturazione, il gruppo sarà ancora considerevolmente indebitato con un rapporto debito/patrimonio netto ancora superiore all’unità. FagorBrandt dovrà pertanto destinare in via prioritaria la liquidità creata alla riduzione di tale livello di indebitamento.

6.8.   Principio dell’«aiuto una tantum»

(159)

In ottemperanza al punto 72 e seguenti degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione, un aiuto alla ristrutturazione deve essere concesso solo una volta in un periodo di dieci anni.

(160)

Nella fattispecie, gli aiuti francese e italiano di cui FagorBrandt ha beneficiato non possono essere considerati «aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione». Nel momento della concessione di questi aiuti, rispettivamente nel 2002 e nel 2003, FagorBrandt non era infatti in difficoltà, come dimostrato ai punti da (45) a (56).

(161)

Il principio dell’«aiuto una tantum» previsto dagli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione risulta pertanto rispettato.

6.9.   Piena attuazione del piano

(162)

Il piano di ristrutturazione di FagorBrandt, ivi compreso l’insieme degli impegni della Francia, deve essere attuato pienamente (61). La Commissione chiede di essere informata dei progressi compiuti nell’attuazione sia del piano che degli impegni ad esso relativi.

7.   CONCLUSIONE

(163)

L’aiuto può essere dichiarato compatibile con il mercato interno, purché siano soddisfatte tutte le condizioni imposte,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

L’aiuto cui la Francia intende dare esecuzione a favore dell’impresa FagorBrandt per un importo di 31 milioni di euro è compatibile con il mercato interno alle condizioni stabilite all’articolo 2.

Articolo 2

1.   Le autorità francesi sono tenute a sospendere il versamento a favore dell’impresa FagorBrandt dell’aiuto di cui all’articolo 1 della presente decisione fintantoché il recupero presso FagorBrandt dell’aiuto incompatibile oggetto della decisione 2004/343/CE della Commissione del 16 dicembre 2003 (62) non sarà effettivo.

2.   Il piano di ristrutturazione di FagorBrandt, quale comunicato alla Commissione dalla Francia il 6 agosto 2007, è eseguito integralmente.

3.   Il contributo proprio ai costi di ristrutturazione proposto da FagorBrandt, pari a 31,5 milioni di euro, dovrà essere incrementato di 3 190 878,02 euro, oltre agli interessi su tale somma maturati tra la concessione dell’aiuto italiano a favore di FagorBrandt e il 21 ottobre 2008. Detto aumento dovrà avvenire entro la fine del periodo di ristrutturazione dell’impresa, fissato per il 31 dicembre 2012. Le autorità francesi dovranno fornire la prova di tale aumento entro due mesi dalla scadenza del 31 dicembre 2012.

4.   FagorBrandt sospende la commercializzazione dei prodotti dei comparti freddo, cottura e lavastoviglie del marchio Vedette per un periodo di otto anni.

5.   Per garantire il rispetto delle condizioni stabilite ai paragrafi 1-4 del presente articolo, la Francia informa la Commissione, mediante relazioni annuali, in merito all’andamento della ristrutturazione di FagorBrandt, al recupero dell’aiuto incompatibile descritto al paragrafo 1, al pagamento dell’aiuto compatibile e all’attuazione delle misure compensative.

Articolo 3

Entro un termine di due mesi dalla notifica della presente decisione, la Francia informa la Commissione delle misure adottate per conformarvisi.

Articolo 4

La Repubblica francese è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 25 luglio 2012

Per la Commissione

Joaquín ALMUNIA

Vicepresidente


(1)  Dal 1o dicembre 2009 gli articoli 87 e 88 del trattato CE sono diventati rispettivamente gli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»). In entrambi i casi le disposizioni sono sostanzialmente identiche. Ai fini della presente decisione, i riferimenti agli articoli 107 e 108 del TFUE si intendono fatti, ove opportuno, rispettivamente agli articoli 87 e 88 del trattato CE. Il TFUE ha inoltre introdotto alcuni cambiamenti nella terminologia, come la sostituzione di «Comunità» con «Unione», di «mercato comune» con «mercato interno» e di «Tribunale di primo grado» con «Tribunale». Nella presente decisione viene utilizzata la terminologia del TFUE.

(2)  GU C 275 del 16.11.2007, pag. 18.

(3)  Cfr. nota 2.

(4)  L’interessato in questione aveva chiesto la proroga del termine di un mese per inviare osservazioni sia telefonicamente sia con lettera del 16 dicembre 2007, richiesta cui la Commissione non si è opposta.

(5)  GU L 160 del 23.9.2009, pag. 11.

(6)  Sentenza del Tribunale del 14 febbraio 2012, Electrolux e Whirlpool Europe/Commissione (cause T-115/09 e T-116/09), non ancora pubblicata nella Raccolta.

(7)  Cfr. sentenza del Tribunale del 9 luglio 2008, Alitalia/Commissione (T-301/01, Racc. 2008, pag. II-01753).

(8)  Per una descrizione del piano di ristrutturazione, cfr. punto 11 e seguenti della decisione di avvio del procedimento.

(9)  GU C 244 dell’1.10.2004, pag. 2.

(10)  Decisione della Commissione, del 16 dicembre 2003, concernente il regime di aiuto attuato dalla Francia per il rilevamento di imprese in difficoltà, GU L 108 del 16.4.2004, pag. 38.

(11)  Decisione della Commissione, del 1o dicembre 2004, concernente l’aiuto di Stato cui la Francia intende dare esecuzione in favore della società Bull, GU L 342 del 24.12.2005, pag. 81, punti 55-63.

(12)  Decisione della Commissione, del 26 aprile 2006, relativa all’aiuto di Stato al quale la Francia intende dare esecuzione a favore dell’Euromoteurs, GU L 307 del 7.11.2006, pag. 213, punti 30-31 e 42.

(13)  Segreto aziendale.

(14)  Sentenza Alitalia/Commissione, citata alla nota 7.

(15)  Sentenza Alitalia/Commissione citata, punto 137.

(16)  Sentenza Alitalia/Commissione citata, punti 144 e 159.

(17)  Cfr. in particolare la sentenza Alitalia/Commissione citata, punti 99-101 e 142.

(18)  Sentenza Alitalia/Commissione citata, punto 174.

(19)  Cfr. nota 2.

(20)  Sentenza Alitalia/Commissione citata, punto 174.

(21)  Il giornale La Tribune del 14 aprile 2005.

(22)  Decisione della Commissione, del 26 marzo 1991, relativa agli aiuti concessi dal governo tedesco alla Textilwerke Deggendorf GmbH (GU L 215 del 2.8.1991, pag.16).

(23)  Sentenza della Corte di giustizia, del 15 maggio 1997, nella causa C-355/95 P TWD/Commissione, Racc. 1997, pag. I-2549, punti 25-26 (la sentenza «Deggendorf»). Tale sentenza conferma la fondatezza della sentenza del 13 settembre 1995 del Tribunale, TWD/Commissione, cause T-244/93 e T-486/93, Racc. 1995, pag. II-2265.

(24)  A questo riguardo la comunicazione della Commissione «Verso l’esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati membri di recuperare gli aiuti di Stato illegali e incompatibili» (GU C 272 del 15.11.2007, pag. 4) indica che «la Commissione ha anche incominciato ad applicare più sistematicamente la giurisprudenza Deggendorf. In virtù di detta giurisprudenza, la Commissione, qualora siano soddisfatte determinate condizioni, può ordinare agli Stati membri di sospendere il pagamento di un nuovo aiuto compatibile ad un’impresa fintantoché quest’ultima non abbia rimborsato il precedente aiuto illegale e incompatibile che formi oggetto di una decisione di recupero».

(25)  Citata alla nota 22.

(26)  GU L 352 del 27.11.2004, pag. 10. Questa decisione è stata contestata da Brandt Italia e dall’Italia dinnanzi al Tribunale che ha respinto questi ricorsi il 12 settembre 2007 (cause riunite T-239/04 e T-323/04). Peraltro il 6 dicembre 2007 la Corte di giustizia ha condannato l’Italia per mancata attuazione della decisione del 30 marzo 2004 (causa C-280/05).

(27)  Citata alla nota 22.

(28)  Sentenza Electrolux e Whirlpool, cit. alla nota 6, punto 67.

(29)  Cfr. le seguenti decisioni della Commissione: decisione della Commissione, del 21 ottobre 2003, relativa agli aiuti alla ricerca e allo sviluppo per il sito di Zamudio (Paese Basco) ai quali la Spagna intende dare esecuzione a favore dell’impresa «Industria de Turbo Propulsores, SA» (ITP) (GU L 61 del 27.2.2004, pag. 87, punti 32–36, 55 e 117–119); decisione della Commissione, del 16 marzo 2005, relativa all’aiuto di Stato che l’Italia — Regione Lazio — intende concedere per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (GU L 244 del 7.9.2006, pag. 8); decisione della Commissione, dell’8 novembre 2006, relativa all’Aiuto di Stato C 11/06 (ex N 127/05) al quale l’Italia intende dare esecuzione a favore dell’AEM Torino (GU L 366 del 21.12.2006, pag. 62, punti 39-41).

(30)  Sentenza Electrolux e Whirlpool, cit. alla nota 6, punto 71: «Dato che la Commissione non ha subordinato la concessione dell’aiuto in questione al recupero dell’aiuto incompatibile italiano, essa avrebbe allora dovuto necessariamente esaminare l’effetto cumulato di tali due aiuti, ciò che ha invece omesso di fare nel caso di specie».

(31)  GU L 352 del 27.11.2004, pag. 10.

(32)  La decisione della Commissione del 21 giugno 1994 Electrolux/AEG (GU C 187 del 9.7.1994) conclude che la dimensione geografica dei mercati dei grandi elettrodomestici era quella dell’Europa occidentale. La decisione della Commissione, del 24 gennaio 1999, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE concernente il CECED (GU L 187 del 26.7.2000, pag. 47) conclude che la dimensione geografica è il SEE. Quest’ultimo caso riguardava il settore delle lavatrici.

(33)  La quota di mercato combinata di FagorBrandt e di Fagor Electrodomésticos è al massimo del [5-10] %.

(34)  La Commissione non può accogliere l’argomento invocato dalla Francia, secondo cui il mantenimento della presenza sul mercato di FagorBrandt ha un effetto positivo in quanto evita la creazione di una situazione oligopolistica. Le autorità francesi non hanno giustificato la loro affermazione in maniera precisa. Inoltre tale affermazione è contraddittoria rispetto alla loro notifica, che descriveva un mercato molto concorrenziale, con una concorrenza multipla, proveniente in particolare da marchi distributori. Infine il punto 39 degli orientamenti succitati indica che si terrà conto delle situazioni «di monopolio o di oligopolio ristretto», circostanza che non ricorre nella fattispecie, visto che se si contano unicamente i principali produttori il numero di concorrenti ammonta a quattro.

(35)  In base ai dati da questo forniti, la quota di mercato in Europa espressa in volume è passata dal 5,3 % del 2004 al 5,2 % del 2005 fino al 5 % del 2006 e del 2007.

(36)  Se l’analisi è effettuata a livello mondiale, il divario è ancora maggiore in quanto gruppi come Electrolux e Whirlpool hanno attività estremamente importanti al di fuori dell’Europa. Ad esempio, nel 2005 il fatturato combinato di FagorBrandt e di Fagor Electrodomésticos ammontava a meno di 2 miliardi di euro mentre il fatturato mondiale nel settore dei grossi elettrodomestici di Whirlpool, Electrolux, BSH e Indesit, espresso in euro, era rispettivamente di 11,8 miliardi, 10,8 miliardi, 7,3 miliardi e 3,1 miliardi.

(37)  Come indicato, non sarà più FagorBrandt a produrre […]. La stessa FagorBrandt realizzerà prodotti […]. Tuttavia in questi segmenti la quota dei prodotti realizzati al di fuori dell’Unione europea è più bassa. È nel […] che si registra la proporzione più alta di prodotti fabbricati fuori dall’Unione europea.

(38)  Il [50-80] % delle vendite di FagorBrandt si concentra infatti sul mercato francese. A tale proposito la Corte ha indicato ripetutamente che «quando uno Stato membro concede una sovvenzione ad un’impresa, la produzione interna può risultarne invariata o aumentata, con la conseguenza che le possibilità delle imprese stabilite in altri Stati membri di esportare i loro prodotti nel mercato di questo Stato membro ne sono diminuite» (sentenza del 13 luglio 1988, Francia/Commissione (causa C-102/87, Racc. 1988, pag. 04067, punto 19). Sentenza del 14 settembre 1994, Spagna/Commissione (cause C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Racc. 1994, pag. I-4103, punto 40). Sentenza del 7 marzo 2002, Italia/Commissione (causa C-310/99, Racc. I, pag. 2289, punti 84-86). Sentenza dell’11 luglio 2002, HAMSA/Commissione (causa T-152/99, Racc. 2002, pag. II-3049, punti 220-221).

(39)  La stampa francese aveva ampiamente riportato la mancanza di redditività dell’attività «congelatori». L’articolo di Ouest France dell’8 luglio 2004 indicava ad esempio: «ElcoBrandt, il gruppo francese di elettrodomestici, chiuderà nel 2005 il suo stabilimento di Lesquin (Nord), specializzato nella fabbricazione di congelatori in quanto “non è più redditizio”. Elco aveva rilevato lo stabilimento da Brandt due anni prima. I 600 dipendenti avevano accettato un piano sociale che prevedeva il mantenimento di 150 impieghi, ormai soppressi». Più precisamente, i responsabili di Brandt indicavano al giornale Les Echos, in un articolo pubblicato il 7 luglio 2004, che «malgrado grandi sforzi di competitività, acquistando il 35 % dei componenti in Cina o migliorando la qualità e la produttività, il calo dei costi di mercato è stato più rapido di noi» e che «il mantenimento di un’attività di produzione di congelatori a pozzetto non ha più senso economicamente in seno al gruppo ElcoBrandt. Infatti, ogni volta che vendiamo uno di questi prodotti ormai subiamo il 25 % di perdite».

(40)  Nella notifica le autorità francesi indicano che uno degli obiettivi del piano di ristrutturazione consiste «nella razionalizzazione della produzione mediante l’abbandono di taluni segmenti […] diventati ormai strutturalmente deficitari per limitare le perdite connesse agli aumenti di quote di mercato da parte di fabbricanti di paesi a bassi costi (microonde a posa libera, […])». Nella lettera del 15 febbraio 2008 in cui venivano commentate le osservazioni degli interessati, le autorità francesi indicavano: «Le autorità francesi fanno presente che … varie misure già adottate mirano in un primo tempo a contenere le perdite (chiusura di uno stabilimento di produzione deficitario, Lesquin, e abbandono di determinate fabbricazioni non redditizie, microonde a posa libera)». Questi due estratti confermano peraltro le conclusioni precedenti concernenti la chiusura dello stabilimento di Lesquin.

(41)  Questo fatto è stato sottolineato dalle autorità francesi, in particolare all’allegato 7 della notifica.

(42)  Cfr. ad esempio l’articolo «Brand: fine del contratto Miele confermata. Dopo il ritiro di Electrolux, altro colpo duro a Aizenay», pubblicato su Ouest France il 3 marzo 2005.

(43)  E ciò, senza contare che l’impresa ha realizzato una plusvalenza da cessione di 774 000 euro.

(44)  Come indicato nella sezione 2.2 della decisione di avvio del procedimento, FagorBrandt ha cominciato a ristrutturarsi nel 2004, quando sono apparse la mancanza di competitività e le prime difficoltà finanziarie. La Commissione ritiene pertanto che tale cessione rientri «nella stessa operazione di ristrutturazione», come stabilito al punto 40 degli orientamenti sugli aiuti alla ristrutturazione.

(45)  Le autorità francesi indicano che l’attività di Brandt Components permetteva all’impresa di beneficiare di una forte integrazione della produzione di lavatrici top, che è da sempre una posizione forte del gruppo FagorBrandt. Secondo le autorità francesi, questo tipo d’integrazione è particolarmente ricercato per i prodotti innovativi o che richiedono un know-how specifico ed è praticato dai principali operatori del settore (per esempio BSH oppure Miele). La Commissione osserva tuttavia che, al di là delle affermazioni precedenti, le autorità francesi non hanno apportato elementi che le permettano di accertare senza ombra di dubbio - e ancor meno di quantificare tale effetto - che la cessione di Brandt Components contribuirà a ridurre la possibilità di FagorBrandt di sviluppare lavatrici competitive e di conseguenza ridurrà la presenza di FagorBrandt sul mercato delle lavatrici. La Commissione non può pertanto concludere che la cessione di Brandt Components abbia un effetto reale sul mercato dei grandi elettrodomestici.

(46)  Sul mercato francese, Vedette è un marchio posizionato […] del mercato dei prodotti […]. Le misure proposte non riducono quindi la presenza di FagorBrandt sul mercato di prodotti […]. Peraltro, la maggior parte dei gruppi in concorrenza con FagorBrandt nel settore […] detengono altresì marchi che sono concorrenti di Vedette sul mercato dei prodotti […]. Di conseguenza beneficeranno del ritiro dei prodotti Vedette testé indicati.

(47)  Nel 2007 hanno rappresentato il [30-40] % del fatturato del marchio Vedette e [0-10] % delle vendite di FagorBrandt nel settore dei grandi elettrodomestici sul mercato francese.

(48)  Lo scopo di tale misura è il ritiro dal mercato dei prodotti Vedette in questione. È quindi chiaro che l’effetto della misura verrebbe meno se FagorBrandt concedesse ad un’altra impresa una licenza per la produzione e/o la commercializzazione di detti prodotti con il marchio Vedette.

(49)  La tabella muove dall’ipotesi che la misura abbia effettivamente inizio il 1o gennaio 2009.

(50)  A parità di ogni altra condizione, sembra ragionevole considerare la percentuale di [1,5-3] % come quella accettata in un’ipotesi di crescita ragionevole di fatturato, alla luce della strategia del gruppo e delle prospettive di mercato (cfr. punto (125) e seguenti).

(51)  FagorBrandt ha venduto nel marzo del 2004 lo stabilimento di Nevers (motori elettrici) e nel gennaio 2005 ha chiuso l’impianto di Lesquin (congelatori). Da ultimo, il gruppo ha cessato nel 2006 la produzione di forni a microonde a posa libera nell’impianto di Aizenay.

(52)  Il gruppo ha introdotto […]. Altre misure sono state adottate in Francia nel 2006 e nello stesso anno il gruppo ha iniziato anche la razionalizzazione dell’impianto italiano di Verolanuova.

(53)  Relativamente alle misure volte a rafforzare la sostenibilità dell’impresa e a seguito di studi condotti tra marzo 2004 e febbraio 2005, il gruppo ha: […].

(54)  CECED: Consiglio europeo dei costruttori di elettrodomestici; organizzazione che riunisce 15 fabbricanti di dimensioni perlomeno europee e 26 associazioni del settore presenti in vari paesi europei (membri o no dell’Unione europea).

(55)  GIFAM: Groupement Interprofessionnel des Fabricants d’Appareils d’équipements Ménagers che raggruppa una cinquantina di imprese presenti sui mercati degli elettrodomestici.

(56)  La Commissione ha esaminato se questa maggiore integrazione di FagorBrandt in Fagor mettesse in discussione le conclusioni formulate al punto 27 della decisione di avvio del procedimento quanto all’ammissibilità di FagorBrandt ad aiuti e ha concluso che il caso non si presenta, in quanto la maggior parte degli elementi invocati in tale punto resta valida.

(57)  Tale riduzione deriva dagli effetti indotti dalla cessazione della commercializzazione dei prodotti a marchio Vedette sulla visibilità di questo marchio rispetto ai distributori.

(58)  Sulla base delle informazioni fornite dalle autorità francesi, la Commissione ritiene che sia poco probabile che si produca lo scenario pessimistico. Le autorità francesi si basano infatti sull’esperienza dei forni a microonde Vedette. In effetti, come precisato di seguito, si tratta di un prodotto sul quale FagorBrandt non era più competitiva (ragione per cui ha deciso di cessare la produzione interna) e sul quale c’è una forte penetrazione da parte dei produttori di paesi a basso costo. L’ipotesi accolta dalle autorità francesi, ossia di attribuire integralmente il declino delle vendite di forni a microonde osservato in questi due anni unicamente alla decisione di cessare la commercializzazione dei microonde a marchio Vedette, sembra quindi essere un’ipotesi eccessiva.

(59)  Lettera delle autorità francesi del 15 febbraio 2008.

(60)  Nella sua decisione del 26 aprile 2006 relativa all’aiuto di Stato al quale la Francia intende dare esecuzione a favore dell’Euromoteurs (GU L 307 del 7.11.2006, pag. 213), la Commissione ha ritenuto che il fatto che il piano di ristrutturazione presentato non tenesse in conto il rimborso di un aiuto incompatibile riscosso dall’impresa confermava la conclusione che tale piano non permetteva di ripristinare la redditività a lungo termine dell’impresa.

(61)  Come indicato precedentemente, il piano di ristrutturazione è iniziato nel 2004 e la maggior parte delle misure di ristrutturazione è già stata attuata.

(62)  Decisione della Commissione, del 16 dicembre 2003, concernente il regime di aiuto attuato dalla Francia per il rilevamento di imprese in difficoltà, GU L 108 del 16.4.2004, pag. 38.


18.6.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 166/24


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 19 dicembre 2012

relativa all’aiuto di Stato SA.20829 (C 26/2010, ex NN 43/2010 (ex CP 71/2006)) Regime riguardante l'esenzione dall'ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici cui l'Italia ha dato esecuzione

[notificata con il numero C(2012) 9461]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2013/284/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 108, paragrafo 2, primo comma,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente alle disposizioni succitate (1) e viste le osservazioni trasmesse,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDIMENTO

(1)

Nel 2006 la Commissione ha ricevuto numerose denunce relative sostanzialmente a due regimi, concernenti rispettivamente l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili e la riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e più precisamente:

(a)

l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (in appresso «ICI») per gli immobili utilizzati da enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, nonché attività di religione e di culto (articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504);

(b)

la riduzione alla metà dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche per gli enti elencati all'articolo 6 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, ossia principalmente enti di assistenza sociale, istituti di istruzione e di ricerca senza fine di lucro ed enti con fini di beneficenza ed istruzione (compresi gli enti ecclesiastici). Tale disposizione comprende anche gli istituti autonomi per le case popolari nonché le fondazioni e le associazioni aventi scopi esclusivamente culturali.

(2)

A seguito delle denunce ricevute in merito alla sopra menzionata esenzione dall'ICI, il 5 maggio 2006 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una prima richiesta di informazioni. Alla luce delle informazioni trasmesse dall'Italia il 6 giugno 2006 e in seguito all'entrata in vigore di alcuni emendamenti alla normativa ICI, con lettera dell'8 agosto 2006 i servizi della Commissione hanno comunicato ai denuncianti che, in base a un'analisi preliminare, non vi era motivo di proseguire con l'indagine.

(3)

Tuttavia, con lettera del 24 ottobre 2006 i denuncianti hanno nuovamente sottolineato la non conformità dell'esenzione dall'ICI per gli enti non commerciali con l'articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Con lettera del 14 novembre 2006 i servizi della Commissione hanno ribadito ai denuncianti che, in base alle informazioni disponibili, non vi era motivo di indagare ulteriormente su tale esenzione.

(4)

Nel gennaio e nel settembre 2007, rispettivamente, la Commissione ha ricevuto dai denuncianti ulteriori lettere in merito all’esenzione dall’ICI. Nella lettera del 12 settembre 2007 i denuncianti hanno attirato l'attenzione della Commissione sull'articolo 149 del Testo unico delle imposte sui redditi (in appresso «TUIR»), approvato mediante decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Detto articolo, a loro avviso, avrebbe accordato un trattamento fiscale favorevole solo agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche.

(5)

Il 5 novembre 2007 la Commissione ha invitato le autorità italiane e i denuncianti a presentare ulteriori informazioni su tutte le presunte disposizioni preferenziali citate dai denuncianti. Le autorità italiane hanno fornito le informazioni richieste con lettere, rispettivamente, del 3 dicembre 2007 e del 30 aprile 2008. I denuncianti hanno trasmesso ulteriori informazioni con lettera del 21 maggio 2008.

(6)

Il 20 ottobre 2008 i denuncianti hanno inviato una lettera di costituzione in mora (art. 265 del trattato), chiedendo alla Commissione di avviare il procedimento di indagine formale e di adottare una decisione formale in merito alle loro denunce.

(7)

Il 24 novembre 2008 la Commissione ha inviato un'ulteriore richiesta di informazioni alle autorità italiane, le quali hanno risposto con lettera dell'8 dicembre 2008.

(8)

Con lettera del 19 dicembre 2008, i servizi della Commissione hanno informato i denuncianti che, sulla base di un'analisi preliminare, essi ritenevano che le misure contestate non sembravano configurarsi come aiuti di Stato e che non era pertanto necessario proseguire l'indagine.

(9)

Il 26 gennaio 2009 il Ministero delle Finanze italiano ha emanato la circolare 2/DF (in appresso, la «circolare») per chiarire il campo d'applicazione dell'esenzione dall'ICI per gli enti non commerciali. Il 2 marzo 2009 i denuncianti hanno scritto alla Commissione esprimendo la loro insoddisfazione riguardo alla legislazione allora vigente e criticando la sopra menzionata circolare.

(10)

L'11 gennaio 2010, a mezzo e-mail, i denuncianti hanno nuovamente chiesto alla Commissione, anche alla luce del contenuto della circolare, di avviare il procedimento di indagine formale. Avendo preso atto della circolare, il 15 febbraio 2010 i servizi della Commissione hanno inviato una lettera ai denuncianti, ribadendo le motivazioni contenute nella loro lettera del 19 dicembre 2008.

(11)

Il 26 aprile 2010 due denuncianti hanno proposto ciascuno un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale contro la lettera della Commissione del 15 febbraio 2010 (2). Su richiesta delle parti ricorrenti, il 18 novembre 2010 il Tribunale ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo (3).

(12)

Mediante decisione del 12 ottobre 2010 (in appresso la «decisione di avvio»), la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, del trattato, per quanto concerne l'esenzione dall'ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici e in riferimento all'articolo 149, quarto comma, del TUIR (4). La decisione di avvio, in cui la Commissione invitava le parti interessate a presentare osservazioni, è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea  (5) il 21 dicembre 2010.

(13)

Con lettera del 10 novembre 2010 le autorità italiane hanno chiesto alla Commissione copia delle lettere inviate ai denuncianti tra il 2006 e il 2010. Le lettere sono state trasmesse all'Italia il 2 dicembre 2010.

(14)

Tra il 21 gennaio 2011 e il 4 aprile 2011 la Commissione ha ricevuto osservazioni sulla decisione di avvio da 80 parti interessate, le quali figurano nell'allegato 1 della presente decisione.

(15)

Con lettera del 2 marzo 2011, la Commissione ha ricevuto dall'Italia osservazioni sulla decisione di avvio. Successivamente, la Commissione ha inoltrato le osservazioni dei terzi interessati alle autorità italiane, le quali hanno presentato le proprie considerazioni in merito in data 10 giugno 2011.

(16)

Il 19 luglio 2011 ha avuto luogo una riunione tecnica tra le autorità italiane e i servizi della Commissione.

(17)

Con lettera del 15 febbraio 2012, l'Italia ha comunicato alla Commissione la propria intenzione di adottare una nuova normativa in materia di imposta comunale sugli immobili e ha annunciato che, a decorrere dal 1o gennaio 2012, l'ICI era stata sostituita dall'Imposta Municipale Propria (in appresso «IMU»).

(18)

Successivamente all'adozione da parte dell'Italia della legge 24 marzo 2012, n. 27, che prevedeva, tra l'altro, nuove disposizioni per l'esenzione dall'IMU per gli enti non commerciali che svolgono attività specifiche, rinviando la definizione di una serie di aspetti ad un provvedimento attuativo successivo, il 16 maggio 2012 la Commissione ha inviato alle autorità italiane una richiesta di informazioni.

(19)

Il 27 giugno 2012 la Commissione ha ricevuto informazioni supplementari da parte dei denuncianti, tra cui osservazioni sulla nuova normativa IMU, che il 6 luglio 2012 sono state trasmesse allo Stato membro, affinché questo si potesse esprimere in proposito.

(20)

Con lettera del 5 settembre 2012, l'Italia ha fornito alla Commissione le informazioni richieste, oltre alle sue considerazioni sulle osservazioni dei terzi interessati che le erano state trasmesse il 6 luglio 2012.

(21)

Successivamente, con lettera del 21 novembre 2012, le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione copia del regolamento attuativo dell'IMU, adottato il 19 novembre 2012.

2.   DESCRIZIONE DELLE MISURE

2.1.   Esenzione dall'imposta comunale sugli immobili per gli enti non commerciali

(22)

Nel 1992 le autorità italiane hanno introdotto un'imposta comunale sugli immobili (ICI). Come disposto dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, soggetti passivi dell'imposta erano tutte le persone fisiche e giuridiche in possesso di immobili (per motivi di proprietà, diritto di usufrutto, uso, abitazione od enfiteusi). L'imposta doveva essere corrisposta sia da residenti che da non residenti, indipendentemente dall'uso che veniva fatto dell'immobile, ed era calcolata in base al valore catastale del fabbricato.

(23)

Ai sensi dell'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, gli immobili utilizzati da enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché attività di religione e di culto, erano esenti dall'ICI.

(24)

Ai sensi dell'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (6), l'esenzione di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 era applicabile alle attività indicate nella medesima lettera anche se di natura commerciale. L’articolo 39 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (7) prevedeva che l’esenzione si applicasse solo a condizione che le attività in questione non avessero esclusivamente natura commerciale.

(25)

Le autorità italiane hanno chiarito che l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), si applicava solo quando ricorrevano due condizioni cumulative:

i.

l'immobile doveva essere utilizzato da enti non commerciali (8). La legge definisce enti non commerciali gli enti pubblici e privati diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

ii.

l'immobile doveva essere utilizzato esclusivamente per lo svolgimento delle attività elencate all'articolo 7, primo comma, lettera i).

(26)

Con la circolare 2/DF del 26 gennaio 2009, le autorità italiane hanno precisato quali enti potessero essere considerati non commerciali e le caratteristiche che dovevano presentare le attività svolte da questi ultimi per poter beneficiare dell'esenzione in questione.

(27)

La circolare ricordava che gli enti non commerciali possono essere sia pubblici che privati. Più precisamente, erano considerati enti non commerciali pubblici i seguenti soggetti: lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le camere di commercio, le aziende sanitarie, gli enti pubblici istituiti esclusivamente per lo svolgimento di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie, gli enti pubblici non economici, gli istituti previdenziali e assistenziali, le Università ed enti di ricerca e le aziende pubbliche di servizi alla persona (ex IPAB). Fra gli esempi di enti non commerciali privati menzionati nella circolare figuravano: le associazioni, le fondazioni e i comitati, le organizzazioni non governative (ONG), le associazioni sportive dilettantistiche, le organizzazioni di volontariato, gli enti che acquisiscono la qualifica fiscale di Onlus e gli enti ecclesiastici, appartenenti alla Chiesa cattolica e ad altre confessioni religiose.

(28)

La circolare precisava altresì che le attività svolte negli immobili esenti dall'ICI di fatto non avrebbero dovuto essere disponibili sul mercato (9) oppure che avrebbero dovuto essere svolte per rispondere a bisogni socialmente rilevanti, che non sempre erano soddisfatti dalle strutture pubbliche né dagli operatori privati commerciali.

(29)

La circolare conteneva una serie di criteri per ciascuna delle attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), che permettevano di stabilire quando ciascuna di esse dovesse essere considerata di natura non esclusivamente commerciale (10).

(30)

A decorrere dal 1o gennaio 2012 l'ICI è stata sostituita dall'IMU. Nel 2012 sono state modificate anche le disposizioni relative all'imposta municipale sugli immobili per gli enti non commerciali, come illustrato alla sezione 5.

2.2.   Articolo 149 del Testo unico delle imposte sui redditi

(31)

L'articolo 149 figura nel Titolo II, Capo III, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR). Il Titolo II contiene disposizioni relative all'imposta sul reddito delle società e il Capo III stabilisce le disposizioni fiscali applicabili agli enti non commerciali, come le norme per il calcolo della base imponibile e per la loro tassazione (11). L'articolo 149 individua le condizioni che possono portare alla perdita della «qualifica di ente non commerciale».

(32)

In particolare, l'articolo 149, primo comma, del TUIR stabilisce che un ente non commerciale perde tale qualifica qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta.

(33)

L'articolo 149, secondo comma, del TUIR definisce la «qualifica commerciale» dell'ente in termini, ad esempio, di prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali nonché in termini di prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale rispetto alle restanti attività (12). La forma giuridica adottata dagli enti in questione non influisce in alcun modo sulla perdita della «qualifica di ente non commerciale».

(34)

L'articolo 149, quarto comma, del TUIR stabilisce che le disposizioni sopra citate (ossia l'articolo 149, primo e secondo comma) non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili e alle associazioni sportive dilettantistiche.

3.   MOTIVAZIONI PER AVVIARE IL PROCEDIMENTO DI INDAGINE FORMALE

(35)

La Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale per quanto concerne l'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (esenzione dall'ICI) per gli immobili utilizzati da enti non commerciali a fini specifici, poiché la misura sembrava soddisfare le condizioni per essere considerata un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Analogamente, la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale per quanto riguarda l'articolo 149, quarto comma, del TUIR, il quale prevede che le norme riguardanti la perdita della qualifica di ente non commerciale non si applichino agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche.

(36)

Per stabilire se le misure in questione fossero selettive, conformemente alla giurisprudenza consolidata (13), la Commissione ha innanzitutto identificato, per ciascuna misura, il sistema fiscale di riferimento, valutando successivamente se la misura costituisse una deroga a tale sistema e, in caso affermativo, se tale deroga fosse giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema fiscale.

(37)

Per quanto concerne l'esenzione dall'ICI, la Commissione ha concluso che il sistema di riferimento per la valutazione della misura in questione fosse l’ICI in sé. Dato che concedeva un'esenzione agli enti non commerciali che utilizzavano gli immobili per attività specifiche, di cui alcune ritenute economiche, la misura in questione costituiva una deroga al sistema di riferimento (il quale prevedeva che ogni persona giuridica in possesso di un immobile dovesse versare l'imposta comunale corrispondente, indipendentemente dall'uso che ne faceva). Concedere un'esenzione esclusivamente a soggetti non commerciali che esercitavano attività ben precise con un determinato valore sociale non è stata ritenuta giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema italiano in relazione all'imposta comunale sugli immobili.

(38)

Per quando attiene all'articolo 149, quarto comma, del TUIR, la Commissione ha individuato nelle imposte sul reddito il sistema di riferimento. La Commissione è giunta alla conclusione che la misura fosse, prima facie, una misura selettiva, dal momento che sembrava dare la possibilità - ma solo agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche - di mantenere lo status di ente non commerciale anche qualora non fossero più considerati enti non commerciali. Una simile misura non potrebbe essere giustificata sulla base dei principi inerenti al sistema tributario italiano.

(39)

Le autorità italiane non avevano fornito informazioni che dimostrassero che le misure in questione avrebbero soddisfatto le condizioni di cui alla giurisprudenza Altmark  (14). Dal momento che sembravano soddisfatti tutti gli altri criteri di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del trattato, le misure sembravano comportare aiuti di Stato.

(40)

Per quanto concerne la compatibilità, non risultava che le disposizioni dell'articolo 107, paragrafo 2, del trattato si applicassero a tali misure. Inoltre, nemmeno le eccezioni previste dall'articolo 107, paragrafo 3 sembravano d'applicazione, fatto salvo l'articolo 107, paragrafo 3, lettera d), relativo alla promozione della cultura e della conservazione del patrimonio. La Commissione ha ritenuto infatti che, in riferimento all'esenzione dall'ICI, tale eccezione avrebbe potuto applicarsi agli enti non commerciali che svolgevano attività specifiche esclusivamente in ambito didattico, culturale e ricreativo. Infine, la Commissione non ha escluso che alcune attività potessero essere classificate come servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato; tuttavia, le autorità italiane non avevano fornito alcuna informazione che permettesse di valutare la compatibilità delle misure in questione con il mercato interno.

(41)

Di conseguenza, la Commissione nutriva dubbi circa la compatibilità delle misure con il mercato interno e, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 659/1999 del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del trattato CE (15), ha deciso di avviare il procedimento di indagine formale, invitando l'Italia e le altre parti interessate a presentare osservazioni.

(42)

Secondo la Commissione, sia l'esenzione dall'ICI, sia l'articolo 149, quarto comma, del TUIR potevano essere classificati come nuovi aiuti. L’ICI, imposta a scadenza annuale, è stata in effetti introdotta nel 1992 e l’esenzione fiscale in questione non era stata notificata, né altrimenti approvata dalla Commissione. L’esenzione si applicava a un ampio ventaglio di attività che non erano chiuse alla concorrenza quando l’ICI è stata introdotta. Pertanto, ogni deroga alle normali disposizioni di questo regime fiscale doveva essere necessariamente ritenuta un nuovo aiuto, nella misura in cui sembravano ricorrere le condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Analogamente, l’articolo 149 del TUIR (16) è stato introdotto nel 1998 e neanch’esso è stato notificato o altrimenti approvato dalla Commissione. Per questo motivo la deroga prevista da questa misura doveva essere qualificata come nuovo aiuto, nella misura in cui sembravano essere soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

4.   OSSERVAZIONI DELLE AUTORITÀ ITALIANE E DEI TERZI INTERESSATI

(43)

A norma dell'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 659/1999 e in risposta alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (17), la Commissione ha ricevuto le osservazioni delle autorità italiane e di 80 terzi interessati.

(44)

In sintesi, secondo le autorità italiane, gli enti che hanno beneficiato dell'esenzione dall'ICI non erano «imprese» ai sensi del diritto dell'Unione. In ogni caso, le attività svolte da tali enti avevano un'importante funzione pubblica e sociale. Pertanto, era in linea con la natura e la logica del sistema tributario in quanto tale prevedere un trattamento fiscale differenziato per le attività prettamente economiche, da un lato, e, per attività quali le attività di assistenza sociale, carità, solidarietà e religiose, dall'altro. Le autorità italiane hanno altresì contestato la classificazione dell'ICI come nuovo aiuto, affermando che tale misura avrebbe dovuto essere valutata alla luce del suo stretto rapporto di continuità con le imposte patrimoniali precedenti (in vigore già prima dell'entrata in vigore del trattato CEE). Inoltre, sulla base delle lettere amministrative di rigetto inviate ai denuncianti, la misura avrebbe dovuto essere considerata approvata dalla Commissione. In ogni caso, la Commissione avrebbe ingenerato un legittimo affidamento nei beneficiari della misura, a causa di una sua risposta a un'interrogazione parlamentare scritta e, come già indicato, comunicando ai denuncianti la sua posizione preliminare, di cui erano state messe al corrente a titolo informale anche le autorità italiane.

(45)

Per quanto concerne l'articolo 149, quarto comma, del TUIR, nonostante quanto suggerisca la formulazione della disposizione, le autorità italiane sostengono che gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere la qualifica di ente non commerciale. In tale caso, tali enti non beneficerebbero più di alcuna agevolazione fiscale.

(46)

Degli 80 terzi interessati, 78 (in appresso «i 78 terzi interessati») condividono la posizione delle autorità italiane mentre due, che facevano parte dei denuncianti iniziali (in appresso «le due parti interessate» o « i denuncianti»), ritengono che l'ICI e l'articolo 149, quarto comma, del TUIR, comportino aiuti di Stato illegali e incompatibili con il mercato interno. Pertanto, le argomentazioni dei 78 terzi interessati saranno presentate insieme alla posizione delle autorità italiane, mentre le ragioni dei denuncianti saranno trattate separatamente.

4.1.   Osservazioni delle autorità italiane e dei 78 terzi interessati

4.1.1.   ICI: le specifiche attività svolte dagli enti non commerciali non possono essere considerate attività economiche

(47)

Le autorità italiane e i 78 terzi interessati affermano innanzitutto che le attività specifiche svolte dagli enti non commerciali che beneficiano dell'esenzione dall'ICI non possono essere considerate attività economiche, dal momento che tali attività, destinate principalmente a categorie ben precise di utenti, non costituiscono un'offerta di beni o servizi sul mercato e non sono pertanto in concorrenza con le attività svolte dalle imprese commerciali. Tali enti non commerciali, che operano in settori di pubblica utilità, non possono pertanto essere considerati imprese, il che è un prerequisito per l'applicazione dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

(48)

Secondo le autorità italiane e alcuni dei 78 terzi interessati, nella maggior parte dei casi tali attività hanno caratteristiche specifiche, essendo ad esempio attività di interesse sociale o svolte a fini di solidarietà, a titolo gratuito o dietro pagamento di corrispettivi ridotti. In considerazione delle suddette caratteristiche e delle finalità specifiche degli enti non commerciali in esame, non sarebbe possibile considerare tali enti come imprese.

4.1.2.   ICI: la misura è giustificata dalla logica del sistema fiscale italiano

(49)

Le autorità italiane e i 78 terzi interessati ritengono che l'esenzione dall'ICI non costituisca in alcun modo una deroga al sistema fiscale nel suo insieme, ma che rappresenti semplicemente l'applicazione dei principi informatori di tale sistema.

(50)

Il trattamento fiscale differenziato fra le attività economiche e a fini di lucro da un lato, e le attività assistenziali, caritatevoli e religiose svolte da enti con fini specifici (18), dall'altro, sarebbe in effetti coerente con la logica del sistema fiscale italiano. La seconda tipologia di attività si fonderebbe sul principio di solidarietà, principio fondamentale del diritto nazionale e dell’Unione. Operando tale differenziazione, il legislatore avrebbe semplicemente voluto tener conto della diversa situazione giuridica e fattuale degli enti che svolgono le succitate attività di pubblica utilità dall'elevata valenza sociale.

(51)

Spetterebbe inoltre allo Stato membro definire le attività di pubblica utilità. L’unico limite all’azione dello Stato membro sarebbe rappresentato dal fatto che il trattamento fiscale debba essere coerente. In altri termini, l’eventuale trattamento fiscale differenziato dovrebbe essere conforme alla logica del sistema fiscale nel suo insieme e dovrebbe inoltre essere istituito un adeguato sistema di controlli. Nel caso dell'esenzione dall'ICI, entrambe le condizioni risulterebbero soddisfatte.

(52)

La logica dell'esenzione dall'ICI si baserebbe sugli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana, i quali richiedono l'adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale nei confronti dei cittadini, e sull'articolo 38 della stessa, che stabilisce il diritto all'assistenza sociale per i cittadini sprovvisti dei mezzi necessari per vivere. Occorre altresì ricordare che gli enti non commerciali affiancano lo Stato nell'assolvere compiti specifici di rilevanza sociale. Lo Stato avrebbe da sempre riconosciuto il ruolo specifico svolto da questi enti, consapevole che, da solo, gli sarebbe impossibile fornire servizi assistenziali, sanitari, culturali, didattici e sportivi.

(53)

Le autorità italiane hanno ribadito quanto indicato nella circolare, ovvero che per beneficiare dell'esenzione dall'ICI dovevano ricorrere i due requisiti cumulativi di cui al punto (25) (requisito soggettivo e oggettivo).

(54)

Per quanto riguarda il requisito di carattere soggettivo (essere un ente non commerciale), e più nello specifico gli enti religiosi, le autorità italiane hanno sottolineato che la categoria degli enti non commerciali include gli istituti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche di diritto civile, siano essi appartenenti alla Chiesa cattolica o ad altre confessioni religiose (19).

(55)

Per quanto riguarda il requisito oggettivo (svolgere una delle attività elencate dalla norma), le autorità italiane hanno fatto presente che la Corte di Cassazione ha ripetutamente stabilito che, ai fini della concessione dell'esenzione dall'ICI, risulta essenziale prendere in considerazione l'attività effettivamente svolta nell'immobile. Occorre infatti verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un'attività commerciale (20). Inoltre, come già stabilito dal Consiglio di Stato (21), ove si tratti di un intero immobile destinato solo in parte, seppure prevalente, alle finalità previste dalla legge, il carattere restrittivo dell'esenzione fiscale impedisce comunque l'attribuzione dell'agevolazione all'intero bene.

4.1.3.   Qualificazione della misura come aiuto esistente

(56)

Secondo le autorità italiane, l'ICI rappresenterebbe la naturale evoluzione normativa delle precedenti imposte patrimoniali, con le quali avrebbe mantenuto uno stretto rapporto di continuità, formale e sostanziale. L'esenzione degli immobili utilizzati per attività specifiche dall'elevato valore sociale è sempre stata un elemento centrale di tutta la legislazione in materia immobiliare sin dal 1931, ben prima quindi dell'entrata in vigore del trattato CEE.

(57)

Inoltre, le autorità italiane e i 78 terzi interessati ritengono che, sulla base delle lettere di rigetto inviate ai denuncianti, di cui l'Italia era stata informata, l'esenzione dall'ICI sarebbe stata approvata dalla Commissione.

(58)

Per le suddette ragioni, l'esenzione dall'ICI, se ritenuta aiuto, andrebbe considerata un aiuto esistente.

4.1.4.   Compatibilità

(59)

Le autorità italiane hanno deciso di non presentare alcuna osservazione in merito all'eventuale compatibilità delle misure ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, e dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato, e alla loro possibile qualificazione come servizi di interesse economico generale in virtù dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato e della giurisprudenza Altmark.

(60)

Alcuni dei 78 terzi interessati sostengono la compatibilità dell'esenzione dall'ICI con l'articolo 106, paragrafo 2, e con l'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato, in quanto la misura sarebbe necessaria per svolgere attività socialmente utili basate sul principio di solidarietà. Inoltre, l'esenzione non comporterebbe una significativa distorsione della concorrenza e non inciderebbe in modo considerevole sugli scambi tra Stati membri.

4.1.5.   Legittimo affidamento

(61)

Le autorità italiane sostengono che le risposte date dalla Commissione ai denuncianti in merito all'esenzione dall'ICI, e di cui l’Italia è stata informalmente messa al corrente, abbiano ingenerato negli enti non commerciali un legittimo affidamento per quanto attiene alla compatibilità dell'esenzione dall'ICI con il diritto dell'Unione.

(62)

Inoltre, anche la risposta data dalla Commissione nel 2009 a un'interrogazione parlamentare scritta sul trattamento fiscale degli enti non commerciali avrebbe ingenerato un legittimo affidamento (22).

(63)

Ciò implicherebbe che, ove la Commissione considerasse la misura un aiuto illegale e incompatibile, senza accettare la qualifica di aiuto esistente, essa non ne dovrebbe disporre il recupero, ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999.

(64)

Secondo alcuni terzi interessati non si dovrebbe in ogni caso disporre il recupero neppure per quanto riguarda l'articolo 149, quarto comma, del TUIR, dato che quantificare l'ipotetico vantaggio concesso sarebbe alquanto difficile e richiederebbe un impegno eccessivo da parte delle autorità nazionali.

4.1.6.   Articolo 149 del TUIR

(65)

Nelle loro osservazioni, le autorità italiane hanno fornito una descrizione dettagliata delle specifiche norme in materia di tassazione applicabili agli enti non commerciali, tra cui gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche. Le autorità italiane sottolineano che il secondo comma dell'articolo 149 del TUIR fornisce un elenco non esaustivo di parametri che possono essere utilizzati (23) per qualificare un ente come organizzazione commerciale. Il soddisfacimento di uno o più di questi requisiti non significa che l'ente non commerciale perda automaticamente la sua qualifica, giacché tali parametri non possono essere considerati presunzioni legali. Il fatto che tali requisiti risultino soddisfatti rappresenterebbe una semplice indicazione della potenziale natura prevalentemente commerciale delle attività svolte dall'ente in questione.

(66)

Come indicato nella circolare n. 124/E dell’Agenzia delle Entrate del 12 maggio 1998, gli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche di diritto civile possono essere considerati enti non commerciali solo se l'oggetto esclusivo o principale delle loro attività è di natura non commerciale.

(67)

Pertanto, secondo l'Italia, l'articolo 149, quarto comma, del TUIR escluderebbe semplicemente l'applicazione degli specifici parametri temporali e di commercialità definiti al primo e al secondo comma dell'articolo 149 (24). L'articolo 149, quarto comma, del TUIR non esclude la possibilità che gli enti ecclesiastici perdano la qualifica di enti non commerciali. Ad ogni modo, secondo alcuni dei 78 terzi interessati, tale misura non implicherebbe alcun trasferimento di risorse pubbliche e non concederebbe alcun vantaggio.

(68)

Le autorità italiane hanno precisato che la misura è volta a preservare l'esclusiva competenza riconosciuta al CONI (Comitato olimpico nazionale italiano) per quanto concerne le associazioni sportive dilettantistiche e al Ministero dell'Interno per quanto concerne la concessione e la revoca agli enti ecclesiastici della personalità giuridica di diritto civile (25). Resta inteso che, qualora, durante un controllo, le autorità fiscali rilevino che tali enti svolgono prevalentemente attività commerciali, esse ne informano immediatamente il Ministero dell'Interno o il CONI. Dal canto loro, le autorità fiscali procedono, nei confronti dell'ente in questione, al recupero a tassazione della relativa differenza.

(69)

Le autorità italiane hanno confermato che sono stati effettuati controlli sia presso gli enti ecclesiastici sia presso le associazioni sportive dilettantistiche. Per quanto attiene nello specifico agli enti ecclesiastici, il Ministero dell'Interno ha inoltre svolto i controlli che gli competono, senza peraltro riscontrare alcuna forma di abuso.

4.2.   Osservazioni delle due parti interessate

(70)

Nelle loro osservazioni, le due parti interessate (26) fanno riferimento a tutti i documenti e commenti che avevano già trasmesso alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo antecedente la decisione di avvio. A loro avviso, i documenti in questione provano che in realtà gli enti ecclesiastici svolgono attività economiche.

(71)

Per quanto riguarda l’esenzione dall’ICI, le due parti interessate evidenziano che l’Italia ha adottato la misura contestata nel 2005. Dopo l’entrata in vigore del decreto-legge n. 203/2005, l’esenzione dall’ICI si applicava a enti non commerciali che esercitavano le attività indicate dalla normativa, anche se di natura commerciale (27). A seguito di alcune modifiche alla legge sull’ICI intervenute nel 2006, l’esenzione dall’ICI è divenuta applicabile alle medesime attività, a condizione che esse non avessero natura esclusivamente commerciale (28). La modifica del 2006 non avrebbe comunque soppresso la natura di aiuto di Stato della misura in questione.

(72)

La stessa circolare conferiva un vantaggio selettivo agli enti che in realtà sono da considerarsi imprese. Infatti, in molti casi relativi alle attività descritte nella circolare, la possibilità di accordare l’esenzione dall’ICI dipendeva unicamente dalla condizione che l’ente non realizzasse utili. Tuttavia, in base ai principi definiti nella giurisprudenza dell'Unione, il fatto che un ente non abbia scopo di lucro è irrilevante ai fini dell’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato. La circolare non risolveva quindi le questioni concernenti gli aiuti di Stato in relazione all'esenzione dall'ICI, dato che tale esenzione continuava ad essere applicabile ad enti non commerciali che esercitavano un’attività economica, ma non ad enti che, esercitando la medesima attività, avevano uno scopo di lucro.

(73)

Secondo i denuncianti sarebbe comunque praticamente impossibile acquisire informazioni specifiche relative agli immobili appartenenti agli enti in questione, principalmente perché questi ultimi non erano tenuti a dichiarare gli immobili esenti dal pagamento dell'ICI.

(74)

Per quando riguarda l’articolo 149, quarto comma, del TUIR, i denuncianti osservano che non è possibile per gli enti ecclesiastici perdere la qualifica di ente non commerciale.

(75)

Per quanto concerne l’esenzione dall’ICI e l’articolo 149, quarto comma, del TUIR, i denuncianti concordano con le conclusioni preliminari cui è giunta la Commissione nella decisione di avvio in merito alla presenza di risorse statali e all’esistenza di un vantaggio, nonché in merito alla selettività, alla distorsione della concorrenza e agli effetti sugli scambi.

(76)

In merito alla compatibilità delle misure in questione, i denuncianti concordano con la conclusione preliminare della Commissione sulla non applicabilità dell’articolo 107, paragrafo 2, del trattato e dell’articolo 107, paragrafo 3, lettere a), b) e c), del trattato. I denuncianti non sono tuttavia d’accordo sulla possibilità di applicare la deroga prevista all’articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato a determinati enti che svolgono esclusivamente attività didattiche, culturali e ricreative. Essi ritengono inoltre che nella fattispecie non siano soddisfatte le condizioni della giurisprudenza Altmark.

4.3.   Osservazioni delle autorità italiane in merito ai commenti dei terzi interessati

(77)

Con lettera del 10 giugno 2011 le autorità italiane hanno trasmesso le loro osservazioni in merito ai commenti dei terzi interessati.

(78)

In primo luogo, anche ammettendo che certe attività svolte da enti non commerciali che beneficiano dell’esenzione siano qualificabili effettivamente come attività economiche, la Commissione deve comunque provare che il vantaggio concesso sia selettivo e che esso non trovi giustificazione in considerazioni attinenti alla logica del sistema tributario italiano.

(79)

In secondo luogo, per quanto concerne le osservazioni generiche svolte in merito alla circolare, le autorità italiane sono del parere che la Commissione sia chiamata a esaminare una misura che prevede un’esenzione fiscale. Ciò significa che la Commissione è chiamata a valutare i criteri interpretativi della normativa indicati dalle autorità nazionali, nonché l’esistenza di un adeguato sistema di controlli.

(80)

In particolare, con riferimento alle presunte difficoltà, riferite dai denuncianti, relative alla raccolta dei dati sugli immobili appartenenti a enti non commerciali, le autorità italiane specificano che l’obbligo di presentare la dichiarazione ICI era stato generalmente abolito nel 2006. Le autorità italiane specificano inoltre che attualmente sono in fase di revisione sia il sistema catastale che le banche dati sugli immobili.

(81)

In merito all’articolo 149, quarto comma, del TUIR le autorità italiane osservano che, come riconoscono gli stessi denuncianti, tale norma non è una clausola a sé stante e non ha nemmeno portata sostanziale, ma è una disposizione di natura procedurale e che rileva esclusivamente dal punto di vista dei controlli.

5.   LA NUOVA NORMATIVA SULL’IMPOSTA MUNICIPALE SUGLI IMMOBILI

5.1.   Descrizione della nuova imposta municipale sugli immobili: l’IMU

(82)

Nel quadro della cosiddetta riforma sul federalismo fiscale, il decreto legislativo del 14 marzo 2011, n. 23, ha previsto che l'IMU avrebbe sostituito l’ICI a partire dal 1o gennaio 2014. Con decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, l’Italia ha deciso di anticipare l'adozione dell’IMU al 2012.

(83)

Soggetti passivi dell’IMU sono tutte le persone in possesso di immobili. La base imponibile è calcolata tenendo conto del valore dell'immobile. Più precisamente, tale valore viene calcolato partendo dalla rendita catastale dell’immobile ed applicando i criteri di cui all'articolo 5 del decreto ICI (decreto legislativo n. 504/92) unitamente ai criteri fissati dal decreto-legge n. 201/2011. Determinati coefficienti moltiplicatori, che variano in funzione della categoria catastale dell'immobile, vengono applicati al valore determinato secondo i criteri summenzionati. L’aliquota di base dell’IMU è pari allo 0,76 %.

(84)

Il sistema catastale riveste quindi un’importanza fondamentale ai fini dell’imposta sugli immobili. L’unità immobiliare di base rilevante a fini catastali può essere un fabbricato o una parte di esso oppure un insieme di fabbricati o un'area, purché dotati di autonomia funzionale e reddituale. Il sistema catastale italiano, che a breve sarà sottoposto a revisione, individua sei categorie di immobili. Il gruppo A comprende immobili per uso abitazione o assimilabili; il gruppo B comprende immobili per uso collettivo, quali ad esempio collegi, ospedali, uffici pubblici, scuole; il gruppo C comprende immobili a destinazione ordinaria commerciale, quali negozi, magazzini, fabbricati e locali per esercizi sportivi; il gruppo D comprende immobili a destinazione speciale, quali alberghi, teatri, ospedali, fabbricati e locali per esercizi sportivi; del gruppo E fanno parte immobili a destinazione particolare, quali stazioni per servizi di trasporto terrestri, marittimi ed aerei, ponti soggetti a pedaggio, fari, fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti; il gruppo F, infine, comprende immobili censiti in categorie fittizie.

(85)

Con specifico riferimento alla nuova IMU, l’articolo 91bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, ha introdotto una serie di modificazioni in merito alla tassazione degli immobili degli enti non commerciali che svolgono attività specifiche. In particolare la nuova legge ha abrogato la modifica del 2006, che aveva ampliato il campo di applicazione dell’esenzione dall’ICI a immobili in cui si svolgono attività «che non abbiano esclusivamente natura commerciale» (29) (quarto comma), e ha inoltre specificato che l’esenzione dall’IMU è limitata alle attività, indicate dalla legge (30), svolte da enti non commerciali con modalità non commerciali (primo comma). Il decreto legge n. 1/2012 ha introdotto anche norme specifiche per consentire un pagamento proporzionale dell’IMU nell’ipotesi che lo stesso immobile sia utilizzato per attività sia commerciali che non commerciali. In particolare, l’articolo 91bis, secondo comma, prevede che qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, a partire dal 1o gennaio 2013 l’esenzione si applichi solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, qualora sia possibile individuare la frazione di unità immobiliare adibita esclusivamente a tale attività. Nei casi in cui non sia possibile individuare tali frazioni autonome di unità immobiliari, a partire dal 1o gennaio 2013, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione (articolo 91bis, terzo comma). Il decreto-legge n. 1/2012 rinvia la definizione di una serie di elementi a un regolamento attuativo successivo, da adottarsi dal Ministro dell'economia e delle finanze, avente ad oggetto: i termini e le condizioni per presentare tale dichiarazione; gli elementi rilevanti ai fini dell'individuazione proporzionale; e – a seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 174/2012 (31) – i requisiti generali e di settore che devono essere soddisfatti affinché un'attività sia qualificata come svolta con modalità non commerciali.

(86)

Udito il parere favorevole del Consiglio di Stato e tenuto conto delle osservazioni dallo stesso espresse (32), con decreto del 19 novembre 2012, n. 200, il ministro dell'Economia e delle finanze ha emanato il regolamento attuativo dell'IMU (in appresso, il «regolamento») (33). Tale regolamento stabilisce quando le specifiche attività cui è applicabile l’esenzione dall’IMU, così come definite dallo stesso regolamento, siano da considerarsi come svolte con «modalità non commerciali». Innanzitutto, a titolo di requisito generale, tali attività non devono avere scopo di lucro; inoltre, conformemente al diritto dell'Unione, per loro natura, esse non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che perseguono fini di lucro e costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà (34). Oltre a ciò, devono essere soddisfatte due serie cumulative di criteri riguardanti gli enti non commerciali (requisiti soggettivi), da un lato, e le attività specifiche da essi svolte (requisiti oggettivi), dall'altro. Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, il regolamento stabilisce le condizioni generali che gli enti non commerciali devono soddisfare per beneficiare dell'esenzione dall'IMU (35). Nello specifico, il regolamento precisa che l'atto costitutivo o lo statuto dell'ente non commerciale deve prevedere il divieto generale di distribuire qualsiasi tipo di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve. Inoltre, vige l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale; in caso di scioglimento dell’ente non commerciale, vige l’obbligo di devolverne il patrimonio a un altro ente non commerciale che svolga un’attività analoga. Per quanto concerne i requisiti oggettivi (36), sono definite caratteristiche specifiche per i diversi tipi di attività di cui all’articolo 1 (37). Per le attività assistenziali e sanitarie, devono essere soddisfatti due requisiti alternativi: a) il beneficiario è accreditato dallo Stato e ha concluso un contratto o una convenzione con le autorità pubbliche; le attività sono svolte in maniera integrativa o complementare rispetto al servizio pubblico, fornendo agli utenti un servizio a titolo gratuito o dietro versamento di un importo che rappresenta una semplice partecipazione alla spesa prevista per la copertura del servizio universale; b) se l’ente non è accreditato e contrattualizzato o convenzionato, i servizi sono forniti a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività realizzate nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. Per le attività didattiche, devono essere soddisfatti tre requisiti cumulativi: a) l'attività deve essere paritaria rispetto all'istruzione pubblica e la scuola deve garantire la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; b) la scuola deve inoltre accogliere gli alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva, avere strutture adeguate agli standard previsti e prevedere la pubblicazione del bilancio; c) l’attività è fornita a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico che coprono soltanto una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo di tale servizio. Per quanto riguarda le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive, il beneficiario deve fornire servizi a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e comunque non superiori alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività realizzate nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

5.2.   Osservazioni delle due parti interessate in merito alla normativa IMU

(87)

Secondo le due parti interessate, l'articolo 91bis, secondo e terzo comma, del decreto-legge n. 1/2012 derogano alle norme ordinarie di tassazione degli immobili.

(88)

Innanzitutto i due denuncianti presentano i loro commenti sull’articolo 91bis, secondo comma. Tale comma dispone che, qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione dall’IMU si applichi solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione della frazione di immobile adibita esclusivamente a tale attività. Alla restante parte dell’unità immobiliare, in quanto dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, si applicano le disposizioni dell’articolo 2, commi 41, 42 e 44, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. Le suddette disposizioni regolano la procedura applicabile agli immobili appartenenti al gruppo catastale E per i quali occorre procedere alla riqualificazione ed alla rivalutazione del reddito catastale. Conformemente alla medesima legge, infatti, tra gli immobili classificati nel gruppo E (immobili a destinazione particolare) (38), non possono figurare fabbricati o parte di essi con un utilizzo commerciale o industriale o utilizzati a fini diversi, qualora abbiano un’autonomia funzionale e reddituale.

(89)

Le due parti interessate osservano che il riferimento al decreto-legge n. 262/2006, contenuto all'articolo 91bis, secondo comma, è da leggersi come un riferimento generico alla procedura di riclassificazione catastale. Secondo le due parti, infatti, se la procedura stabilita dal decreto-legge n. 262/2006 fosse applicabile solo agli immobili del gruppo catastale E, l’obbligo di “frazionare” un immobile destinato a un’utilizzazione mista sarebbe applicabile solo a un numero molto limitato di fabbricati, ovvero i fabbricati delle categorie E7 ed E9.

(90)

Le due parti fanno inoltre presente che la dichiarazione prevista dall’articolo 91bis, terzo comma, potrebbe porre problemi di elusione e che la nuova legge lascerebbe troppo potere discrezionale alle amministrazioni pubbliche. A ciò si aggiunge che le nuove norme saranno applicabili solo a partire dal 1o gennaio 2013 e quindi, in ogni caso, la Commissione dovrebbe disporre il recupero degli aiuti concessi in modo illegittimo dal 2006 al 2012 nell'ambito dell'esenzione dall'ICI.

5.3.   Osservazioni delle autorità italiane in merito ai commenti delle due parti interessate

(91)

Le autorità italiane hanno spiegato che il riferimento all’articolo 2, commi 41, 42 e 44, del decreto-legge n. 262/2006, contenuto all’articolo 91bis, va inteso come un riferimento generale al tipo di procedura da applicare per effettuare il frazionamento di un immobile che abbia un’utilizzazione mista. Detta procedura si applica a prescindere dall'appartenenza a uno specifico gruppo catastale.

(92)

L’Italia ha inoltre precisato che, in generale, il sistema tributario italiano si fonda sull’obbligo dichiarativo dei contribuenti e che è prassi legislativa assai comune devolvere la regolamentazione di aspetti specifici a provvedimenti attuativi. Inoltre, dato che la legge adottata nel marzo 2012 introduce un nuovo sistema dichiarativo per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, era necessario differire la data di entrata in vigore del nuovo sistema per tali enti.

(93)

In merito al recupero, le autorità italiane hanno specificato che non è possibile individuare retroattivamente quali siano gli immobili appartenenti a enti non commerciali nei quali si sono svolte attività di natura non esclusivamente commerciale (e che hanno quindi beneficiato dell'esenzione dall'ICI). I dati catastali non forniscono infatti informazioni sul tipo dell’attività svolta in un immobile (39). Nemmeno le altre banche dati fiscali consentono di individuare gli immobili che enti non commerciali hanno utilizzato per attività istituzionali svolte con modalità non esclusivamente commerciali.

6.   VALUTAZIONE

(94)

Per accertare se una misura costituisca aiuto di Stato, la Commissione deve valutare se la misura in questione soddisfi tutte le condizioni di cui all'articolo 107, paragrafo 1, del trattato, che dispone: «Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.» Conformemente a tale disposizione, la Commissione esaminerà: i) se la misura sia finanziata dallo Stato o mediante risorse statali; ii) se la misura conferisca un vantaggio selettivo; iii) se la misura incida sugli scambi tra gli Stati membri e falsi o minacci di falsare la concorrenza.

(95)

In via preliminare, la Commissione deve valutare se almeno alcuni degli enti non commerciali interessati siano in realtà imprese ai fini della normativa dell’Unione in materia di concorrenza.

6.1.   Qualifica di enti non commerciali come imprese

(96)

Nella decisione di avvio, la Commissione osservava che gli enti non commerciali interessati dalle misure in questione svolgevano, almeno parzialmente, attività economiche e sono stati quindi classificati come imprese nella misura in cui esercitavano tali attività.

(97)

Le autorità italiane e i 78 terzi interessati ritengono che le attività specifiche svolte dagli enti non commerciali non possono essere considerate attività economiche, sostenendo in particolare che, nell’ambito della misura ICI, non costituiscono attività economica l’assistenza a giovani madri in difficoltà o la gestione, nel periodo estivo, di un edificio in montagna dove passano le vacanze i bambini di una parrocchia. In effetti, tali attività – che si rivolgono a categorie ben definite di destinatari - non si configurerebbero come un’offerta di beni e servizi che gli enti non commerciali propongono sul mercato e non sarebbero in concorrenza con le attività svolte da imprese commerciali. Questi enti non commerciali, operanti nel pubblico interesse, non andrebbero quindi considerati come imprese; verrebbe così meno la condizione preliminare per l’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Inoltre, secondo le autorità italiane e alcuni dei 78 terzi interessati, in molti casi non esiste un mercato vero e proprio per attività del genere. Quasi tutte queste attività presenterebbero poi caratteristiche specifiche che possono essere riassunte come segue:

a)

sono fornite a titolo gratuito o a tariffe/prezzi ridotti;

b)

sono fornite in un’ottica solidaristica e di utilità sociale estranea alla sfera di azione delle imprese commerciali;

c)

hanno una capacità contributiva ridotta rispetto alle imprese commerciali che operano secondo logiche di mercato;

d)

producono disavanzi o generano redditi ridotti; tutti gli utili devono essere reinvestiti conformemente alle finalità dell’ente.

(98)

In considerazione delle suddette caratteristiche e delle finalità specifiche degli enti non commerciali in esame, non sarebbe possibile considerare tali enti come imprese.

(99)

La Commissione osserva che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (40). La classificazione di un determinato soggetto come impresa dipende pertanto interamente dalla natura delle sue attività. Questo principio generale comporta tre importanti conseguenze, descritte in appresso.

(100)

In primo luogo, è ininfluente lo status che una legge nazionale specifica conferisce a un determinato soggetto. Ciò significa che la forma giuridica e organizzativa è irrilevante. Pertanto, anche un soggetto che in base alla normativa nazionale è classificato come un'associazione o una società sportiva può nondimeno essere considerato come un'impresa ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. L’unico criterio rilevante al riguardo è se il soggetto interessato svolga o meno un’attività economica.

(101)

In secondo luogo, l’applicazione della normativa sugli aiuti di Stato non dipende dal fatto che un soggetto venga costituito per conseguire utili, poiché anche un ente senza fine di lucro può offrire beni e servizi sul mercato (41).

(102)

In terzo luogo, un soggetto è classificato come impresa sempre in relazione a un'attività specifica. Un soggetto che svolga attività a carattere sia economico che non economico è considerato un'impresa solo per quanto riguarda il primo tipo di attività.

(103)

Per attività economica si intende ogni attività che preveda l’offerta su un mercato di beni e servizi. Al riguardo, la Commissione osserva che le caratteristiche e gli elementi di cui al punto (97), indicati dall’Italia e dagli altri 78 terzi interessati, che tuttavia per loro stessa ammissione non sono presenti in tutti i casi, non sono di per sé sufficienti ad escludere la natura economica delle attività interessate.

(104)

Come già precisato, conformemente all’articolo 7, comma 2bis, del decreto-legge n. 203/2005, modificato dal decreto-legge n. 223/2006 (ora abrogato), le attività elencate all'articolo 7, primo comma, lettera i), della legge sull'ICI potevano avere natura commerciale, a condizione di non avere natura esclusivamente commerciale. La circolare del 29 gennaio 2009 aveva messo a punto una serie di criteri per ciascuna delle attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), per stabilire quando ciascuna di esse doveva essere considerata di natura non esclusivamente commerciale. Se erano soddisfatte le condizioni indicate nella circolare, gli enti non commerciali erano esentati dall’ICI, anche quando le attività da essi svolte presentavano elementi di natura economica. Di fatto, come già illustrato nella decisione di avvio, per il settore delle attività sanitarie era essenzialmente richiesto che gli enti non commerciali avessero concluso una convenzione o un contratto con le autorità pubbliche. È evidente che tale condizione non è di per sé sufficiente a escludere la natura economica delle attività in questione. Allo stesso modo, per quanto riguarda le attività didattiche, la scuola doveva soddisfare gli standard di insegnamento, accogliere alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva e garantire la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; gli eventuali avanzi di gestione, inoltre, dovevano essere reinvestiti nell’attività didattica. Nemmeno questi requisiti escludono la natura economica delle attività didattiche svolte secondo le modalità indicate. Per quanto attiene alle sale cinematografiche, esse dovevano proiettare film di interesse culturale, film ai quali fosse stato rilasciato l’attestato di qualità o film per ragazzi. Quanto alle attività ricettive era richiesto che esse non fossero rivolte a un pubblico indifferenziato, ma a categorie predefinite e che il servizio non fosse fornito per l’intero anno solare. Il fornitore di servizi era inoltre tenuto ad applicare tariffe di importo ridotto rispetto ai prezzi di mercato e la struttura non doveva funzionare come un normale albergo. Anche in questo caso, le suddette condizioni non escludono la natura economica delle attività interessate.

(105)

La Commissione osserva inoltre che anche se, nella maggior parte dei casi, le attività in questione sono fornite per fini di utilità sociale, tale elemento non basta da solo ad escluderne la natura economica. In ogni caso, infatti, anche laddove un’attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola a escluderne la classificazione di attività economica. Inoltre, pur ammettendo che gli enti non commerciali abbiano una capacità contributiva ridotta, ciò non implica l’assenza di un’attività economica e non rileva ai fini di un’imposta sugli immobili basata sul possesso di immobili, che non tiene conto di altri elementi di capacità contributiva.

(106)

Alla luce di quanto precede, considerando che la stessa legge del 2005 consentiva l'esenzione dall’ICI anche per attività di natura commerciale e dato che i criteri definiti nella circolare, così come gli elementi evidenziati dall’Italia, non sono di per sé sufficienti ad escludere la natura economica delle attività svolte, la Commissione ritiene che gli enti non commerciali in questione debbano essere classificati come imprese, per quanto concerne le suddette attività. Lo stesso vale per gli enti non commerciali oggetto dell’articolo 149, quarto comma, del TUIR, che sono effettivamente autorizzati a svolgere attività economiche, conclusione, questa, non contestata dalle autorità italiane.

(107)

In ogni caso, in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia (42), al fine di qualificare un regime come aiuto di Stato, la Commissione non ritiene necessario dimostrare che tutte le singole misure concesse nell'ambito del regime si configurino come un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. A tal fine, per concludere che un regime presenta elementi di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, è sufficiente che nell’ambito della sua attuazione si presentino situazioni che si configurano come un aiuto. Mutatis mutandis, nell’ambito della presente decisione non è quindi necessario prendere in considerazione la natura di tutte le singole attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92. Come già precisato al punto (104), la Commissione ha infatti accertato che alcune delle applicazioni individuali del regime di aiuto contestato riguardavano imprese.

(108)

Alla luce di dette considerazioni, la Commissione conclude che non vi è motivo di rivedere la posizione espressa nella decisione di avvio: il regime in esame comprende anche attività economiche. In base alle caratteristiche specifiche di almeno alcune attività interessate la Commissione è in grado di classificare queste ultime come attività economiche. Poiché i beneficiari delle misure in questione possono esercitare attività economiche, è quindi possibile classificarli come imprese, nella misura in cui svolgono tali attività.

6.2.   L’esenzione dall’ICI

(109)

Nella presente sezione la Commissione analizzerà se l'esenzione dall'ICI concessa agli enti non commerciali, di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, nella versione in vigore prima delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 1/2012, sia stata finanziata dallo Stato o mediante risorse statali; se abbia conferito un vantaggio selettivo e inoltre se fosse giustificata dalla logica inerente al sistema tributario italiano; se abbia inciso sugli scambi tra gli Stati membri e abbia distorto o minacciato di distorcere la concorrenza.

6.2.1.   Risorse statali

(110)

La misura implicava l’impiego di risorse statali e comportava la rinuncia a un gettito fiscale per l’importo corrispondente all’abbattimento dell’imposta.

(111)

Una perdita di gettito fiscale equivale in effetti al consumo di risorse statali sotto forma di spese fiscali. Consentendo a enti, che potevano essere classificati come imprese, di ridurre i propri oneri fiscali attraverso esenzioni, le autorità italiane hanno rinunciato a entrate che sarebbero spettate loro in assenza di tale esenzione.

(112)

Per le ragioni suddette, la Commissione ritiene che la misura in esame sia all’origine di una perdita di risorse statali nella misura in cui garantiva un'esenzione fiscale.

6.2.2.   Vantaggio

(113)

Secondo la giurisprudenza, il concetto di aiuto designa non soltanto prestazioni positive, ma anche interventi che in varie forme alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa (43).

(114)

Riducendo gli oneri generalmente inclusi nei costi operativi di imprese in possesso di immobili in Italia, l’esenzione dall’ICI ha apportato agli enti interessati un vantaggio economico rispetto ad altre imprese che non hanno potuto beneficiare di tali agevolazioni fiscali.

6.2.3.   Selettività

(115)

Perché costituisca aiuto di Stato, una misura deve essere selettiva (44), nel senso che deve favorire determinate imprese o la produzione di determinati beni. Secondo la giurisprudenza consolidata (45), la qualifica di una misura fiscale nazionale come «selettiva» presuppone in genere, in un primo momento, l’identificazione e l’esame del regime tributario ordinario o «normale» applicabile nello Stato membro interessato. È in relazione a questo regime tributario che occorre, in secondo luogo, stabilire se i vantaggi fiscali apportati dalla misura in questione possano essere selettivi. Per far ciò occorre dimostrare che la disposizione deroga al regime ordinario nella misura in cui opera una differenziazione tra operatori economici che, alla luce dell'obiettivo perseguito dal regime, si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga. In terzo luogo, se tale deroga sussiste, è necessario esaminare se essa risulti dalla natura o dalla struttura generale del sistema tributario in cui rientra e se possa quindi essere giustificata dalla natura o dalla struttura generale di tale sistema. In tale contesto, spetta allo Stato membro dimostrare che il trattamento fiscale differenziato discende direttamente dai principi informatori e basilari del suo sistema tributario (46).

a)   Sistema di riferimento

(116)

L’ICI era un’imposta autonoma, dovuta annualmente ai comuni. Nella decisione di avvio, la Commissione ha concluso che il sistema di riferimento per la valutazione dell’esenzione dall’ICI doveva essere la stessa imposta comunale sugli immobili. Tale conclusione non è stata contestata né dall’Italia né dalle altre parti interessate intervenute.

(117)

La Commissione conclude pertanto che non vi è motivo di rivedere la posizione espressa nella decisione di avvio: nella fattispecie il sistema di riferimento è la stessa ICI.

b)   Deroga al sistema di riferimento

(118)

Ai sensi della normativa ICI, erano soggetti passivi dell’ICI (47) tutte le persone giuridiche in possesso di immobili, indipendentemente dall’uso che ne viene fatto. L'articolo 7 indicava quali categorie di immobili erano esenti dall'imposta.

(119)

La Commissione osserva che l’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 derogava al sistema di riferimento, in base al quale era tenuta a pagare l'ICI ogni persona in possesso di un immobile, indipendentemente dall'uso che ne veniva fatto. Come illustrato sopra, gli enti non commerciali in questione potevano svolgere attività di natura commerciale, al pari di qualsiasi altra impresa che svolgeva attività economiche analoghe. Rispetto alle imprese soggette al pagamento dell’ICI, gli enti non commerciali si trovavano quindi in una situazione fattuale e giuridica analoga, alla luce dell'obiettivo perseguito dal regime fiscale ICI, vale a dire la tassazione del possesso di immobili da parte dei comuni.

(120)

Ad esempio, conformemente alle condizioni disposte dalla circolare, beneficiavano dell’esenzione dall’ICI le sale cinematografiche che erano gestite da enti non commerciali con modalità non esclusivamente commerciali. Questi servizi, se offerti sul mercato in forma organizzata e dietro corrispettivo, costituiscono nondimeno un’attività economica. È incontestato che nei casi in cui le attività di cui all’articolo 7, primo comma, lettera i), sono state svolte da enti non commerciali, questi ultimi abbiano beneficiato dell'esenzione dall'ICI per l'immobile nel quale tali attività si sono svolte, a condizione che fossero rispettate le prescrizioni minime della circolare. Gli enti commerciali non beneficiavano della stessa esenzione fiscale, nemmeno se svolgevano le stesse attività e soddisfacevano le condizioni previste dalla circolare relative alla natura dei film.

(121)

La Commissione conclude pertanto che l’esenzione dall’ICI di cui all’articolo 7, primo comma, lettera i), nella versione in vigore prima delle modiche apportate dal decreto-legge n. 1/2012, derogava al sistema di riferimento e si configurava come una misura selettiva ai sensi della giurisprudenza.

c)   Giustificazione in base alla natura e alla struttura generale del sistema fiscale

(122)

Poiché la Commissione ritiene che l'esenzione fiscale in esame sia selettiva, essa dovrà definire, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, se tale esenzione sia giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema in cui si inserisce. Una misura che deroga all’applicazione del sistema tributario generale può essere giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema tributario se lo Stato membro interessato è in grado di dimostrare che tale misura discende direttamente dai principi informatori o basilari del suo sistema tributario.

(123)

Le autorità italiane, sostenute dai 78 terzi interessati, ritengono che l’esenzione dall’ICI costituisca l’applicazione dei principi informatori del sistema tributario italiano. A loro avviso, il trattamento differenziato delle attività che hanno un alto valore sociale e che sono fornite in un’ottica di interesse sociale rientra nella logica del sistema tributario. Tali attività si ispirerebbero al principio di solidarietà, che è un principio fondamentale della legislazione nazionale e dell’Unione. Gli enti non commerciali interessati condividerebbero inoltre con lo Stato determinati compiti di rilevanza sociale. La logica dell’esenzione dall’ICI si baserebbe sugli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana, che dispongono l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale nei confronti dei cittadini, nonché sull’articolo 38 della stessa, che statuisce il diritto all’assistenza sociale per i cittadini sprovvisti dei mezzi necessari per vivere.

(124)

Al riguardo, la Commissione ritiene che le autorità italiane non abbiano dimostrato che la misura in questione discende direttamente dai principi informatori o basilari del loro sistema tributario. Gli articoli della Costituzione italiana cui fa riferimento l’Italia, infatti, non si riferiscono ad alcun principio informatore del sistema tributario italiano, ma solo ai principi generali di solidarietà sociale.

(125)

In secondo luogo, la Commissione osserva che l’obiettivo perseguito dalle misure statali non è sufficiente a escludere per tali misure la qualifica di “aiuto” ai sensi dell’articolo 107 del trattato (48). La Corte ha inoltre sostenuto in più occasioni che l’articolo 107, paragrafo 1, del trattato non fa alcuna distinzione fra le cause o le finalità degli aiuti di Stato, ma li definisce in relazione ai loro effetti (49). Alla luce di quanto precede, la Commissione osserva inoltre che non sono sufficienti a escludere la qualifica di aiuto di Stato della misura in esame né la finalità sociale, né lo svolgimento di attività di interesse sociale.

(126)

In terzo luogo, la Commissione osserva anche che, come già richiamato, una misura che deroga all’applicazione del regime tributario ordinario può essere giustificata dalla natura e dalla struttura generale del sistema tributario (di riferimento), in casu l'ICI. In questo contesto, come anche precisato al punto 26 della comunicazione della Commissione sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (50), è necessario operare una distinzione tra due categorie di obiettivi, e cioè gli obiettivi assegnati ad un determinato regime fiscale ed esterni ad esso (in particolare, obiettivi sociali o regionali) e gli obiettivi inerenti al sistema tributario stesso. Di conseguenza, le esenzioni fiscali che discendono da obiettivi esterni al regime fiscale di riferimento non possono eludere quanto disposto dall’articolo 107, paragrafo 1, del trattato (51). La ragion d’essere del regime tributario in esame è la riscossione di entrate per finanziare la spesa statale (52) mediante imposte sul possesso di immobili. La Commissione ritiene pertanto che gli obiettivi sociali perseguiti dagli enti che rientravano nel campo di applicazione dell'esenzione dall'ICI siano esterni alla logica del sistema tributario dell’ICI e non possano essere quindi invocati per giustificare prima facie la selettività della misura.

(127)

In quarto luogo, in linea con la giurisprudenza (53), per determinare se una misura possa essere giustificata dalla natura o dalla struttura generale del sistema in cui rientra, occorre stabilire non solo se la misura è parte integrante dei principi essenziali del sistema tributario applicabile nello Stato membro interessato, ma anche se è conforme ai principi di coerenza e proporzionalità. Tuttavia, dato che la misura in questione non discende direttamente dai principi basilari del sistema tributario di riferimento, la Commissione ritiene superfluo analizzare il sistema di controlli messi in atto dall’Italia per assicurare il rispetto delle condizioni per l’esenzione dall’ICI per gli enti non commerciali, come descritto dalle autorità italiane. In ogni caso, il trattamento fiscale differenziato degli enti non commerciali, introdotto dalla misura in esame, non è né necessario né proporzionato in relazione alla logica del sistema tributario.

(128)

Alla luce dei punti da (122) a (127), la Commissione conclude che la natura selettiva della misura fiscale in questione non è giustificata dalla logica del sistema tributario. Va quindi concluso che la misura contestata concede un vantaggio selettivo agli enti non commerciali che svolgono determinate attività.

6.2.4.   Effetti sugli scambi tra Stati membri e distorsione della concorrenza

(129)

L’articolo 107, paragrafo 1, del trattato vieta gli aiuti che incidono sugli scambi tra Stati membri e falsano o minacciano di falsare la concorrenza. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia (54), per qualificare una misura nazionale come aiuto di Stato non è necessario dimostrare un’incidenza effettiva di tale aiuto sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma basta esaminare se l’aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza. È inoltre opportuno ricordare, come spiegato al punto (107), che, al fine di giungere a una conclusione in merito alla qualifica di un regime come aiuto di Stato, non è necessario dimostrare che tutte le singole misure concesse nell'ambito del regime si configurino come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. A tal fine, per concludere che un regime presenta elementi di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, è sufficiente che nell’ambito della sua attuazione si presentino situazioni che si configurano come un aiuto.

(130)

Per quanto riguarda più precisamente il requisito dell’incidenza sugli scambi tra Stati membri, dalla giurisprudenza risulta che la concessione di un aiuto da parte di uno Stato membro in forma di sgravio fiscale ad alcuni soggetti passivi deve essere considerata tale da incidere su detti scambi e, conseguentemente, tale da soddisfare il requisito in esame, quando gli stessi soggetti passivi esercitano un’attività economica che costituisce l’oggetto di tali scambi o non può escludersi che essi siano in concorrenza con operatori stabiliti in altri Stati membri (55). Inoltre, quando l’aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi interni all’Unione, questi ultimi devono ritenersi influenzati dall’aiuto. Non è del resto necessario che l’impresa beneficiaria stessa partecipi agli scambi interni all'Unione. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto a un’impresa, l’attività sul mercato nazionale può risultarne invariata o aumentare, con la conseguenza che le opportunità per le imprese con sede in altri Stati membri di inserirsi nel mercato di quello Stato membro diminuiscono.

(131)

Quanto al requisito della distorsione della concorrenza, occorre ricordare che gli aiuti diretti a sgravare un’impresa dai costi cui avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza (56).

(132)

Le autorità italiane non hanno presentato osservazioni al riguardo. Alcuni dei 78 terzi interessati ritengono che l’esenzione dall’ICI non sia stata in grado di produrre effetti significativi sugli scambi o distorsioni rilevanti sulla concorrenza, date le peculiari caratteristiche dei beneficiari della misura e le modalità con le quali questi svolgevano le attività all’origine dell’esenzione.

(133)

La Commissione non può dirsi d’accordo con quanto asserito da detti terzi interessati, che sostengono che l’esenzione in questione, concessa ad enti non commerciali operanti a livello locale, non abbia inciso in modo significativo sugli scambi, né provocato distorsioni rilevanti sulla concorrenza. Secondo una giurisprudenza consolidata, infatti, per causare effetti negativi sugli scambi è sufficiente che l’impresa beneficiaria sia attiva su un mercato aperto alla concorrenza (importazione o esportazione di beni o prestazione di servizi transnazionali) (57). Non è rilevante se i mercati interessati siano locali, regionali, nazionali o a livello di Unione. L’elemento decisivo non è la definizione sul piano sostanziale e geografico dei mercati rilevanti quanto piuttosto il potenziale effetto negativo sugli scambi all’interno dell’Unione. L'entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell'impresa beneficiaria non escludono a priori l'eventualità che vengano influenzati gli scambi all’interno dell'Unione (58). L’esiguità dell’aiuto o le modeste dimensioni delle imprese beneficiarie non escludono la presenza dell'aiuto (59).

(134)

Nella fattispecie, la Commissione osserva che perlomeno alcuni dei settori che hanno beneficiato dell'esenzione dall’ICI, quali i servizi ricettivi e sanitari, erano e sono effettivamente aperti alla concorrenza e agli scambi all'interno dell'Unione. Riguardo alla misura in esame, la Commissione ritiene che siano soddisfatte le condizioni definite nella giurisprudenza. La misura apporta infatti un vantaggio in termini di finanziamento delle attività svolte dagli enti interessati, sgravandoli da costi che avrebbe dovuto normalmente sostenere. La misura è pertanto atta a falsare la concorrenza.

(135)

La Commissione conclude pertanto che la misura in esame è atta a incidere sugli scambi tra gli Stati membri e a falsare la concorrenza ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

6.2.5.   Conclusione sulla qualifica della misura contestata

(136)

Alla luce di quanto precede, la Commissione giunge alla conclusione che la misura in esame soddisfa tutte le condizioni di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato e che deve essere considerata aiuto di Stato.

6.2.6.   Qualificazione della misura come aiuto nuovo

(137)

Nella decisione di avvio, la Commissione ha ritenuto che l’esenzione dall’ICI prevista dall’articolo 7, primo comma, lettera i), del Decreto legislativo n. 504/92 si configurasse come un aiuto nuovo. L’ICI, imposta annuale da versare ai comuni introdotta nel 1992, non era stata notificata alla Commissione, né questa l’ha mai approvata. L’esenzione in questione si applicava a un'ampia gamma di attività aperte alla concorrenza al momento della sua introduzione.

(138)

L’Italia sostiene che l’impostazione della Commissione nella decisione di avvio non sia corretta, ritenendo che qualora l’esenzione dall’ICI dovesse essere considerata un aiuto, tale aiuto andrebbe classificato come aiuto esistente. In effetti, l’ICI rappresenterebbe la logica evoluzione legislativa delle imposte patrimoniali sugli immobili, presentando con le imposte precedenti uno stretto rapporto di continuità formale e sostanziale. La concessione di un'esenzione agli immobili utilizzati per svolgere attività specifiche di alto valore sociale sarebbe una componente fondamentale di tutte le imposte sui patrimoni immobiliari introdotte a partire dal 1931, quindi ben prima dell'entrata in vigore del trattato CEE.

(139)

Le autorità italiane sostengono inoltre che le risposte sull’esenzione dall’ICI fornite dalla Commissione ai denuncianti, in merito alle quali l’Italia è stata informalmente messa al corrente, avrebbero ingenerato negli enti non commerciali un legittimo affidamento quanto alla compatibilità di tale esenzione con il diritto dell'Unione.

(140)

L’Italia ha presentato una descrizione dettagliata delle imposte sui beni immobili in vigore prima dell'ICI. Nel 1931, con il Testo unico della finanza locale, l’Italia ha introdotto i contributi di miglioria specifica e generica. Successivamente, nel 1963, la legge del 5 marzo 1963, n. 246 ha istituito un’imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili. Infine, il decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 643 ha introdotto l'imposta sull'incremento di valore degli immobili (la cosiddetta INVIM). Per il calcolo dei contributi di miglioria specifica e generica, si doveva tenere conto dell’incremento di valore dell’immobile. In misura analoga, anche l'imposta del 1963 colpiva il plusvalore delle aree fabbricabili. Tale plusvalore veniva tuttavia tassato in occasione dell’alienazione delle proprietà per atti inter vivos e, in generale, al compimento di ogni decennio di possesso del bene immobile. L’INVIM, introdotta nel 1972, ha sostituito sia l’imposta del 1931 che quella del 1963. Conformemente alla legge sull’INVIM, i soggetti passivi erano l'alienante a titolo oneroso o l'acquirente a titolo gratuito e, in ogni caso, l'imposta era dovuta al compimento di ogni decennio di possesso. L’INVIM è stata abolita in occasione dell’introduzione dell’ICI. Secondo l’Italia, tale analisi dimostrerebbe lo stretto rapporto di continuità tra i vari strumenti di imposizione fiscale sui beni immobili utilizzati dal 1931 in poi. L’Italia nota inoltre che le norme relative alle esenzioni dalle imposte sui beni immobili hanno sempre tenuto conto del tipo di attività svolto dall’ente beneficiario dell’esenzione. Il fatto che le categorie dei beneficiari dell’esenzione siano aumentate nel corso degli anni dipende semplicemente dal fatto che, nel tempo, si è ampliata la platea degli enti che svolgono attività di rilevanza sociale.

(141)

La Commissione non ritiene che le argomentazioni delle autorità italiane siano corrette. In primo luogo, la Commissione osserva che l’ICI è un’imposta di tipo completamente diverso rispetto alle precedenti imposte sugli immobili cui si è sostituita. In ogni caso vi sono numerose differenze sostanziali tra l’ICI e le precedenti imposte sui beni immobili, a livello di soggetti passivi, di base imponibile e di eventi che davano origine all'obbligo di pagamento delle imposte. In effetti, mentre fino all’introduzione dell’ICI le imposte sugli immobili venivano calcolate partendo dal plusvalore del bene immobile, l’ICI era calcolata sulla base della rendita catastale del bene. Inoltre, mentre l’INVIM individuava quali soggetti passivi l’alienante a titolo oneroso o l’acquirente a titolo gratuito, l’ICI era dovuta da ciascuna persona fisica o giuridica che possedeva un bene immobile. Infine, mentre l’INVIM era essenzialmente versata ogni dieci anni, l’ICI era dovuta ogni anno. Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che le modifiche introdotte nel corso del tempo e, in particolare, con la legge sull’ICI, incidano sulla sostanza stessa del regime iniziale e non siano da esso separabili, cosicché il regime iniziale risulta trasformato in un nuovo regime di aiuti (60). La Commissione non ha motivo di rivedere quanto espresso nella decisione di avvio e conferma che l’esenzione dall’ICI costituiva un aiuto nuovo.

(142)

Per quanto riguarda la presunta autorizzazione della misura relativa all’ICI, la Commissione osserva che l’aiuto in questione non è mai stato autorizzato né dalla Commissione né dal Consiglio. Se fosse stato autorizzato, l’aiuto verrebbe considerato un aiuto esistente, conformemente all’articolo 1, lettera b), punto ii), del regolamento (CE) n. 659/1999, ma le lettere contenenti la valutazione preliminare della Commissione, che i servizi della Commissione inviano ai denuncianti nel quadro della procedura amministrativa che precede la decisione di avvio, non possono essere assimilate a decisioni della Commissione. Infatti, possono essere considerati aiuti esistenti ai sensi dell'articolo 1, lettera b), punto ii) soltanto gli aiuti che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio con una decisione esplicita. In ogni caso, contro la lettera inviata ai denuncianti in data 15 febbraio 2010 è stato presentato ricorso dinanzi al Tribunale da parte di due di essi, e pertanto tale lettera non è diventata definitiva; i ricorsi sono stati ritirati solo dopo la decisione di avvio. La Commissione conclude pertanto che, in assenza di una decisione della Commissione o del Consiglio, non trova applicazione l’articolo 1, lettera b), punto ii), del regolamento (CE) n. 659/1999. Pertanto, l’aiuto in questione non può essere considerato un aiuto esistente. Al contrario, esso rappresenta un aiuto nuovo.

6.2.7.   Compatibilità

(143)

Nella decisione di avvio, la Commissione ha ritenuto che al regime di aiuto in questione non si potesse applicare nessuna delle deroghe di cui all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, del trattato e che le autorità italiane non avessero dimostrato la compatibilità dell'aiuto ai sensi dell'articolo 106, paragrafo 2.

(144)

Nel corso del procedimento, le autorità italiane non hanno presentato argomenti per dimostrare che al regime in questione si possono applicare le deroghe di cui all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, e all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Secondo alcuni dei 78 terzi interessati il regime era compatibile a norma dell’articolo 106, paragrafo 2, e dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato. A loro avviso l’esenzione era infatti necessaria per attività di interesse sociale fondate sul principio della solidarietà. Le due parti denuncianti ritengono che non sia applicabile nessuna delle deroghe previste dal trattato.

(145)

Secondo la Commissione, le deroghe di cui all'articolo 107, paragrafo 2, del trattato – che riguardano gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali, e gli aiuti concessi a determinate regioni della Repubblica federale di Germania - non si applicano nella fattispecie.

(146)

Lo stesso vale per la deroga di cui all'articolo 107, paragrafo 3, lettera a), che prevede l'autorizzazione di aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si registri una grave forma di sottoccupazione, e delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale. La misura in esame non può nemmeno essere considerata atta a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia dell’Italia, come dispone l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b).

(147)

Conformemente all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche possono essere considerati compatibili sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. Alla Commissione non sono stati tuttavia forniti elementi concreti per valutare se l'esenzione fiscale concessa dalla misura in esame fosse relativa a investimenti specifici o a progetti autorizzati a ricevere aiuti ai sensi delle norme e degli orientamenti dell'Unione oppure direttamente compatibili con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c). La Commissione non può quindi dirsi d’accordo con la posizione dei terzi interessati che invocano la compatibilità della misura ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), richiamandosi alla necessità di consentire agli enti non commerciali di svolgere attività che si fondano sul principio di solidarietà e hanno un'elevata funzione sociale. In particolare, alla luce della natura stessa del vantaggio, che è semplicemente collegato all'abbattimento dell’imposta relativa al possesso di immobili, non è possibile stabilirne la necessità e la proporzionalità in rapporto al conseguimento di un obiettivo di interesse comune per i singoli casi. La Commissione ritiene pertanto che la misura in questione non possa considerarsi compatibile in base a nessuno degli orientamenti fondati sull'articolo 107, paragrafo 3, lettera c).

(148)

Secondo l'articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato possono considerarsi compatibili col mercato interno gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune. Nella decisione di avvio la Commissione non ha ritenuto possibile escludere a priori che alcuni enti - ad esempio gli enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività didattiche, culturali e ricreative - avessero a oggetto la promozione della cultura e della conservazione del patrimonio e che potessero quindi rientrare nel campo d'applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato. Tuttavia, né l’Italia, né le parti interessate hanno fornito alla Commissione qualsivoglia elemento che avrebbe potuto dimostrare, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato, la compatibilità della misura in questione per determinati enti (61). Anche in questo contesto, per la natura stessa del vantaggio risulta impossibile ritenere l’aiuto necessario e proporzionato in tutti i singoli casi.

(149)

Infine, nella decisione di avvio, la Commissione non ha escluso che alcune delle attività beneficiarie delle misure in questione potessero essere classificate ai sensi della legge italiana come servizi di interesse economico generale, conformemente dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e della giurisprudenza Altmark. Alcune parti interessate ritengono che la Commissione debba valutare la misura alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, senza tuttavia fornire alcun elemento utile per l’analisi. Le due parti sono del parere che la misura non soddisfi i criteri di cui alla giurisprudenza Altmark. Ciò detto e considerando che né l’Italia né i terzi interessati hanno fornito alcuna informazione che permettesse alla Commissione di valutare la misura alla luce dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, la Commissione conclude che non è possibile stabilire se le attività in questione possano essere classificate come servizi di interesse economico generale conformemente al richiamato articolo. Del pari, non è possibile stabilire se, in ogni singolo caso, l'aiuto sia necessario e proporzionato a coprire i costi generati per assolvere obblighi di servizio pubblico o per prestare servizi di interesse economico generale.

(150)

Alla luce di quanto precede, la Commissione conclude che il regime di aiuti in questione è incompatibile con il mercato interno.

6.3.   Articolo 149, quarto comma, del TUIR

(151)

Nella decisione di avvio, la Commissione ha considerato che la misura in questione sembrava costituire un aiuto di Stato. Nella sezione che segue, la Commissione procederà a verificare se l'articolo 149, quarto comma, del TUIR costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE.

(152)

Le autorità italiane hanno spiegato che l’articolo 149, secondo comma, del TUIR contiene un elenco non esaustivo di parametri di cui si può tenere conto per valutare la natura commerciale di un ente (62). Il riscontro di uno o più di tali parametri non comporta automaticamente la perdita della qualifica di ente non commerciale (non avendo gli stessi valore di presunzioni legali) ma costituisce piuttosto un indizio dell’eventuale natura commerciale dell’ente. Per quanto riguarda gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, l’Italia ricorda che la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 124/E, del 12 maggio 1998, ha chiarito che gli enti ecclesiastici possono beneficiare del trattamento fiscale riservato agli enti non commerciali soltanto se non hanno per oggetto principale l’esercizio di attività commerciali. In ogni caso, gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti devono conservare la prevalenza dell’attività istituzionale di ispirazione eminentemente idealistica. Pertanto, l’articolo 149, quarto comma, del TUIR si limita a escludere l’applicazione dei particolari parametri temporali e di commercialità di cui all'articolo 149, primo e secondo comma, agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche, ma non esclude che tali enti possano perdere la qualifica di enti non commerciali.

(153)

Le autorità italiane hanno sottolineato che la misura è volta a preservare la competenza esclusiva riconosciuta al CONI per quanto riguarda le associazioni sportive dilettantistiche e al Ministero dell’Interno per quanto riguarda gli enti ecclesiastici.

(154)

Più precisamente, per quanto concerne gli enti ecclesiastici, la legge n. 222/1985 di attuazione degli accordi internazionali tra l’Italia e la Santa Sede disciplina, tra l'altro, i poteri attribuiti al Ministero dell’Interno. L’Italia ha sottolineato che il Ministero dell’Interno ha competenza esclusiva tanto per il riconoscimento della personalità giuridica di diritto civile degli enti ecclesiastici quanto per la revoca di tale riconoscimento (63). L’articolo 149, quarto comma, del TUIR confermerebbe l’attribuzione di tale competenza esclusiva, impedendo la revoca implicita della personalità giuridica di diritto civile degli enti ecclesiastici da parte delle autorità tributarie. Qualora il Ministero dell’interno revocasse la personalità giuridica di diritto civile di un ente ecclesiastico, quest’ultimo perderebbe la qualifica di ente non commerciale e non potrebbe più beneficiare del trattamento fiscale applicabile agli enti non commerciali. Conformemente al decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000, il Ministero dell’interno, tramite i prefetti, verifica anche che gli enti ecclesiastici continuino a soddisfare i requisiti per mantenere la personalità giuridica di diritto civile.

(155)

Con riferimento alle associazioni sportive dilettantistiche, l’Italia ha confermato che il CONI è l’unico organismo che può verificare l'effettivo svolgimento dell'attività sportiva svolta dalle associazioni. Le autorità italiane hanno inoltre chiarito che le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere la qualifica di ente non commerciale se il CONI conclude che esse non svolgono attività sportive dilettantistiche. Le associazioni sportive dilettantistiche sono tenute a comunicare le pertinenti informazioni fiscali che le riguardano tramite l’apposito modello EAS (64). Tuttavia, le associazioni sportive dilettantistiche che non svolgono attività commerciali non sono tenute a presentare tale modello. Alla luce di quanto precede risulta che le autorità italiane hanno previsto e attivato strumenti adeguati che permettono di verificare, anche da un punto di vista fiscale, le attività svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche.

(156)

Inoltre, l’Italia ha spiegato che se le autorità fiscali accertano che gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche svolgono in misura predominante attività commerciali, esse ne informano immediatamente il Ministero dell’interno e il CONI. Resta inteso che il Ministero dell’Interno e il CONI provvedono inoltre ad effettuare autonomamente controlli, conformemente ai poteri loro attribuiti dalla legge. Parallelamente, le autorità fiscali dispongono la rettifica delle dichiarazioni dell'ente non commerciale interessato e procedono al recupero a tassazione della relativa differenza.

(157)

Le autorità italiane hanno confermato che sono stati effettivamente realizzati controlli sugli enti non commerciali (65). A tale proposito, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente diramato istruzioni operative specifiche relative agli enti non commerciali destinate agli uffici territoriali (66). Per quanto riguarda gli enti ecclesiastici, il Ministero dell’interno ha inoltre realizzato una serie di controlli d'ufficio su tali enti, senza mai riscontrare casi di abuso.

(158)

Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che esistano gli strumenti giuridici per garantire un'efficace prevenzione e repressione degli abusi della qualifica di ente non commerciale da parte di enti ecclesiastici e di associazioni sportive dilettantistiche. Le autorità italiane hanno inoltre dimostrato che le autorità competenti ottemperano agli obblighi di controllo e che, in realtà, tanto gli enti ecclesiastici quanto le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere la qualifica di ente non commerciale se svolgono attività prevalentemente economiche. Pertanto, anche gli enti ecclesiastici e le associazioni sportive dilettantistiche possono perdere il beneficio del trattamento fiscale riservato agli enti non commerciali in genere. Non risulta pertanto sussistere quel sistema di “qualifica permanente di ente non commerciale” di cui parlano i denuncianti. Il semplice fatto che si applichino procedure specifiche ai controlli relativi agli enti ecclesiastici con personalità giuridica di diritto civile e alle associazioni sportive dilettantistiche in questione non comporta un vantaggio.

(159)

La Commissione conclude quindi che l'articolo 149, quarto comma, del TUIR non conferisce alcun vantaggio selettivo né agli enti ecclesiastici né alle associazioni sportive dilettantistiche. La misura non costituisce pertanto un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

6.4.   L’esenzione dall’IMU

(160)

In seguito all’introduzione dell’IMU - la nuova imposta municipale sui beni immobili che ha sostituito l'ICI - su richiesta delle autorità italiane e alla luce delle osservazioni dei denuncianti in merito alla nuova normativa, la Commissione ha accettato di verificare se la nuova esenzione dall’IMU concernente gli enti non commerciali che svolgono attività specifiche sia conforme alle norme in materia di aiuti di Stato. La Commissione valuterà pertanto se l'esenzione dall'IMU in questione si configuri come un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

(161)

La Commissione osserva che, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 1/2002, convertito con legge n. 27/2012, l’esenzione prevista dall’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 si applica agli immobili degli enti non commerciali soltanto se le attività ivi elencate vengono svolte con modalità non commerciali. Le disposizioni relative alla «utilizzazione mista» degli immobili, sia nel caso in cui le porzioni di immobili presentino autonomia funzionale e reddituale, sia nel caso in cui risulti necessaria la dichiarazione degli enti interessati, avranno effetto dal 1o gennaio 2013.

(162)

Secondo la Commissione, le nuove norme esprimono in modo chiaro che l'esenzione può essere garantita soltanto se non vengono svolte attività commerciali. Non sono quindi più possibili le situazioni ibride create dalla normativa ICI, in base alla quale, in alcuni immobili che beneficiavano di esenzioni fiscali, si svolgevano attività di natura commerciale.

(163)

In generale, l’interpretazione del concetto di attività economica dipende, tra le altre cose, dalle circostanze specifiche, dal modo in cui l'attività è organizzata dallo Stato e dal contesto in cui viene organizzata. Per determinare il carattere non economico di un’attività ai sensi della giurisprudenza dell’Unione occorre esaminare la natura, lo scopo e le norme che regolano tale attività. Il fatto che alcune attività possano essere qualificate come «sociali» non basta a escluderne la natura economica. Tuttavia, anche la Corte di giustizia dell’Unione europea ha riconosciuto che alcune attività che adempiono una funzione puramente sociale possono essere considerate non economiche, soprattutto in settori collegati ai doveri e alle responsabilità fondamentali dello Stato.

(164)

Ciò detto, per quanto riguarda l’IMU, la Commissione ritiene essenziale determinare in via preliminare se i criteri previsti dal sistema giuridico italiano per escludere la natura commerciale delle attività che beneficiano dell'esenzione dall’IMU siano conformi al concetto di attività non economica previsto dal diritto dell’Unione.

(165)

A tale proposito, come illustrato al punto (82) e seguenti, le autorità italiane hanno recentemente approvato le disposizioni di attuazione previste dall’articolo 91bis, terzo comma, del decreto-legge n. 1/2012. Il regolamento del Ministero dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2012 stabilisce, tra l’altro, i requisiti generali e settoriali che permettono di stabilire quando le attività di cui all’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 vengono svolte con modalità non commerciali.

(166)

Innanzitutto, l’articolo 1, primo comma, lettera p), del regolamento ministeriale del 19 novembre 2012 definisce il concetto di «modalità non commerciali». Le attività istituzionali sono considerate svolte con modalità non commerciali quando a) sono prive di scopo di lucro, b) conformemente al diritto dell’Unione europea, per loro natura, non si pongono in concorrenza con altri operatori del mercato che perseguono uno scopo di lucro e c) costituiscono espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà. Al riguardo, il requisito di cui alla lettera b) costituisce una tutela importante poiché, riferendosi espressamente al diritto dell'Unione, garantisce in generale che l'attività non sia in concorrenza con altri operatori del mercato che perseguono uno scopo di lucro, caratteristica, questa, fondamentale per le attività non economiche (67).

(167)

In secondo luogo, l’articolo 3 del regolamento definisce i requisiti generali di carattere soggettivo che devono essere indicati nell’atto costitutivo o nello statuto dell'ente non commerciale affinché le attività previste vengano svolte con modalità non commerciali. I criteri sono i seguenti: a) divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili, avanzi di gestione, fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, a meno che la distribuzione non sia imposta per legge ovvero sia effettuata a favore di enti che fanno parte della medesima ed unitaria struttura e svolgono la medesima attività; b) obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo di attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale; c) in caso di scioglimento dell’ente non commerciale, obbligo di devolvere il patrimonio ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

(168)

In terzo luogo, l'articolo 4 del regolamento individua altri requisiti che devono essere soddisfatti, assieme alle condizioni di cui agli articoli 1 e 3, affinché le attività di cui all'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 siano considerate svolte con modalità non commerciali.

(169)

In particolare, per quanto riguarda lo svolgimento di attività assistenziali e di attività sanitarie, il regolamento stabilisce che queste sono svolte con modalità non commerciali se risulta soddisfatta almeno una delle seguente condizioni: a) le attività sono accreditate dallo Stato, e sono fornite nell’ambito di un contratto o di una convenzione con lo Stato, le regioni o gli enti locali e sono svolte in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico, fornendo agli utenti un servizio a titolo gratuito o dietro versamento di un importo che rappresenta una semplice partecipazione alla spesa prevista per la copertura del servizio universale; b) se non accreditate e svolte nell’ambito di un contratto o una convenzione, le attività sono fornite a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e comunque non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività realizzate con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio.

(170)

Rispetto alla prima condizione, la Commissione osserva innanzitutto che, come hanno spiegato le autorità italiane, gli enti interessati, per poter beneficiare dell’esenzione, devono formare parte integrante del sistema sanitario nazionale, che offre una copertura universale e si basa sul principio di solidarietà. In tale sistema, gli ospedali pubblici sono finanziati direttamente dai contributi sociali e da altre risorse statali. Tali ospedali forniscono il servizio a titolo gratuito sulla base della copertura universale o dietro versamento di un importo ridotto, che copre soltanto una piccola frazione del costo effettivo del servizio. Gli enti non commerciali che rientrano nella stessa categoria e che soddisfano le stesse condizioni sono anch’essi considerati facenti parte integrante del sistema sanitario nazionale (68). Alla luce delle caratteristiche precipue del caso di specie e conformemente ai principi stabiliti dalla giurisprudenza dell’Unione (69), considerato che il sistema nazionale italiano fornisce un sistema di copertura universale, la Commissione conclude che gli enti in parola che svolgono le attività sopra descritte e che soddisfano tutte le condizioni previste dalla legge, non possono essere considerati imprese.

(171)

In merito alla seconda condizione, il regolamento prevede che le attività siano svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico. I servizi forniti a titolo gratuito non costituiscono in generale un'attività economica. In particolare, questo è il caso se, come stabilito all’articolo 1, i servizi non sono offerti in concorrenza con altri operatori del mercato. Lo stesso vale per i servizi forniti dietro versamento di un compenso simbolico; al riguardo si noti, da un lato, che a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere commisurato al costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità concorrenziali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all'esenzione (come indicano le parole «in ogni caso») e non implica a contrario che possano beneficiare dell'esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite. Pertanto, considerando che le attività assistenziali e quelle sanitarie soddisfano altresì i requisiti generali e soggettivi di cui agli articoli 1 e 3 del regolamento, la Commissione conclude che dette attività, svolte nel rispetto dei principi stabiliti dalla legislazione vigente, non costituiscono attività economica.

(172)

Per quanto riguarda le attività didattiche, queste si ritengono svolte con modalità non commerciali se sono soddisfatte alcune condizioni specifiche. In particolare, l'attività deve essere paritaria rispetto all'istruzione pubblica e la scuola deve garantire la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni; la scuola deve inoltre accogliere gli alunni portatori di handicap, applicare la contrattazione collettiva, avere strutture adeguate agli standard previsti e prevedere la pubblicazione del bilancio. Oltre a ciò, l’attività deve essere svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico, tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso. Al riguardo, la Commissione ricorda che, conformemente alla giurisprudenza (70), non costituiscono attività economica i corsi offerti da determinati stabilimenti che formano parte del sistema dell’istruzione pubblica e sono finanziati, del tutto o prevalentemente, con fondi pubblici. La natura non economica dell’istruzione pubblica non viene in linea di principio contraddetta dal fatto che talvolta gli alunni o i loro genitori debbano versare tasse scolastiche o di iscrizione, che contribuiscono ai costi di esercizio del sistema scolastico, purché tali contributi finanziari coprano solo una frazione del costo effettivo del servizio e non possano pertanto considerarsi una retribuzione del servizio prestato. Come anche la Commissione ha riconosciuto nella comunicazione sull'applicazione delle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (71), tali principi riguardano la formazione professionale, la scuola elementare e gli asili nido privati e pubblici, l'attività d'insegnamento esercitata in via accessoria nelle università, nonché l'offerta di istruzione universitaria. Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che le rette di importo simbolico cui si riferisce il decreto non possano essere considerate una remunerazione del servizio fornito. Pertanto, nella fattispecie, considerati i requisiti generali e soggettivi di cui agli articoli 1 e 3 del regolamento e i requisiti oggettivi specifici di cui all’articolo 4, la Commissione ritiene che il servizio didattico fornito dagli enti in questione non possa essere considerato un’attività economica.

(173)

Per quanto riguarda le attività ricettive, culturali, ricreative e sportive, l’articolo 4 del regolamento indica che queste devono essere fornite a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e in ogni caso non superiori alla metà del prezzo medio praticato per attività analoghe svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. Tale requisito è identico alla seconda condizione prevista per le attività assistenziali e sanitarie esaminate al punto (171) e quindi valgono le stesse considerazioni di cui sopra. I servizi forniti a titolo gratuito non costituiscono in generale un'attività economica. Lo stesso vale per i servizi forniti dietro versamento di un compenso simbolico; al riguardo si noti, da un lato, che a norma del regolamento, per avere natura simbolica il compenso non deve essere in relazione con il costo del servizio, e dall’altro, che il limite della metà del prezzo medio, fissato per le stesse attività svolte nel medesimo ambito territoriale con modalità commerciali, può essere utilizzato solo per escludere il diritto all'esenzione (come indicano le parole «in ogni caso») e non implica a contrario che possano beneficiare dell'esenzione i fornitori di servizi che applicano un prezzo al di sotto di tale limite.

(174)

Inoltre, per le attività ricettive e sportive, la Commissione prende in considerazione altresì i requisiti ulteriori derivanti dalle definizioni di tali attività contenute nell'articolo 1, primo comma, lettere j) ed m) del regolamento. In particolare, per quanto riguarda le attività ricettive, il regolamento limita l’esenzione alle attività svolte da enti non commerciali che prevedono l’accessibilità a determinate categorie di destinatari e la discontinuità nell’apertura. Più nello specifico, per quanto riguarda la «ricettività sociale», il regolamento precisa che le attività devono essere dirette a persone con bisogni speciali temporanei o permanenti o a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. Resta inteso che l’ente può richiedere soltanto il versamento di una retta di importo simbolico e in ogni caso non superiore alla metà del prezzo medio praticato per attività analoghe svolte da enti commerciali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio. Il regolamento chiarisce inoltre che in ogni caso l’esenzione non è applicabile alle attività svolte in strutture alberghiere o paralberghiere, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo del 23 maggio 2011, n. 79 (72). L’esenzione risulta pertanto esclusa per quanto riguarda le attività svolte, tra l’altro, in alberghi, motel e bed and breakfast. Considerato che nella fattispecie gli enti non commerciali che offrono attività ricettive devono soddisfare i requisiti generali soggettivi ed oggettivi di cui agli articoli 1, 3 e 4 del regolamento, la Commissione ritiene che, alla luce delle peculiarità del caso in questione, le attività in oggetto, che presentano le sopracitate caratteristiche, non costituiscano un’attività economica ai sensi del diritto dell’Unione.

(175)

Pertanto, considerate le circostanze specifiche del caso in esame e visto che gli enti non commerciali che svolgono attività ricettive, culturali, ricreative e sportive devono soddisfare altresì i requisiti di cui agli articoli 1 e 3 del regolamento, la Commissione conclude che tali attività, svolte nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge, non sono considerate attività economiche.

(176)

Concludendo, la Commissione ritiene che, in base alle informazioni trasmesse dalle autorità italiane, alla luce delle caratteristiche specifiche e peculiari del caso in oggetto, le attività esaminate nei punti che precedono, svolte da enti non commerciali nel pieno rispetto dei criteri generali soggettivi ed oggettivi di cui agli articoli 1, 3 e 4 del regolamento, non hanno natura economica. Pertanto, gli enti non commerciali in questione, quando svolgono le attività suindicate rispettando integralmente le condizioni previste dalla legislazione italiana non agiscono come imprese ai sensi del diritto dell’Unione. Dato che l’articolo 107, paragrafo 1, del trattato si applica soltanto alle imprese, nel caso di specie la misura non risulta rientrare nel campo di applicazione di tale articolo.

(177)

La Commissione ricorda infine che, a partire dal 1o gennaio 2013, in caso di utilizzazione mista di un immobile la legislazione italiana consentirà di calcolare il rapporto proporzionale dell’uso commerciale dell’immobile e di applicare l’IMU solo alle attività economiche. La Commissione osserva al riguardo che, nei casi in cui un ente svolga attività sia economiche che non economiche, l’esenzione parziale, di cui beneficia per la frazione dell’immobile utilizzata per attività non economiche, non rappresenta un vantaggio per tale ente quando presta un'attività economica in quanto impresa. In una situazione del genere la misura non costituisce pertanto un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

6.5.   Recupero

(178)

Conformemente alle disposizioni del trattato e alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell’Unione europea, qualora abbia accertato l'incompatibilità dell'aiuto con il mercato interno, la Commissione è competente per decidere se lo Stato interessato debba abolire o modificare l’aiuto (73). Sempre secondo la giurisprudenza costante della Corte, l’obbligo imposto a uno Stato di sopprimere un aiuto che la Commissione considera incompatibile con il mercato interno è finalizzato al ripristino della situazione preesistente (74). Al riguardo, la Corte ha stabilito che tale obiettivo è raggiunto quando il beneficiario ha rimborsato gli importi concessi a titolo di aiuti illeciti, perdendo quindi il vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti, ed è ripristinata la situazione esistente prima della corresponsione dell'aiuto (75).

(179)

Sulla base di tale giurisprudenza, l'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/99 (76) stabilisce che «nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di prendere tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario».

(180)

Pertanto, dal momento che la misura di esenzione dall’ICI deve essere considerata un aiuto illegale e incompatibile, in linea di principio, l’importo dell’aiuto deve essere restituito al fine di ripristinare la situazione di mercato precedente la concessione dell’aiuto.

(181)

Tuttavia, il regolamento (CE) n. 659/99 impone limiti alle disposizioni di recupero. In particolare, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, «la Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario», ad esempio la tutela del legittimo affidamento. La Corte di giustizia ha anche ammesso un'eccezione all'obbligo posto a carico di uno Stato membro di dare esecuzione a una decisione di recupero ad esso destinata, ossia l'esistenza di circostanze eccezionali da cui derivi l'impossibilità assoluta per lo Stato membro di dare corretta esecuzione alla decisione (77).

(182)

Considerato che tali eccezioni sono state invocate dalle autorità italiane nel contesto dell’indagine formale, la Commissione deve esaminare se esse siano applicabili al caso di specie, al fine di determinare se sia necessario procedere al recupero.

6.5.1.   Legittimo affidamento

(183)

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia e la prassi decisionale della Commissione, un ordine di recupero di un aiuto comporta una violazione di un principio generale del diritto dell’Unione qualora, per effetto dell’azione della Commissione, sia sorto nel beneficiario il legittimo affidamento che l’aiuto è stato accordato conformemente alla normativa dell’Unione.

(184)

La Corte ha ripetutamente affermato che il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento si estende a tutti i soggetti nei confronti dei quali un’istituzione dell’Unione abbia fatto sorgere aspettative fondate. Una persona non può tuttavia invocare la tutela del legittimo affidamento se le autorità amministrative non le hanno fornito assicurazioni precise (78).

(185)

Nel caso in oggetto, le autorità italiane e i 78 terzi interessati hanno essenzialmente invocato la tutela del legittimo affidamento sulla base di una risposta ad un'interrogazione parlamentare scritta del 2009 (79). Nella risposta a tale interrogazione, la Commissione dichiara che essa «ha effettuato una valutazione preliminare e ha ritenuto che non fossero giustificate ulteriori indagini, giacché risulta improbabile che il regime ICI ponga le istituzioni ecclesiastiche in una posizione vantaggiosa sotto il profilo della concorrenza».

(186)

La Commissione ritiene che tale risposta non abbia ingenerato alcun legittimo affidamento, per i seguenti motivi.

(187)

Innanzitutto, la dichiarazione della Commissione si basava semplicemente su una «valutazione preliminare»; la Commissione non ha dichiarato di aver preso una decisione, ma ha semplicemente ritenuto che non vi fosse motivo di effettuare ulteriori indagini. In secondo luogo, la Commissione si è espressa in termini dubitativi, sostenendo che era improbabile che l’esenzione dall’ICI conferisse un vantaggio alle istituzioni ecclesiastiche. In terzo luogo, l’interrogazione e la risposta fanno esclusivamente riferimento agli enti ecclesiastici, che rappresentano una sottocategoria degli enti non commerciali interessati dall’esenzione dall'ICI.

(188)

Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene di non avere fornito assicurazioni specifiche, incondizionate e concordanti di natura tale da indurre i beneficiari della misura in questione a nutrire fondate aspettative che il regime fosse legittimo, nel senso che non rientrasse nel campo d’azione delle norme in materia di aiuti di Stato e che pertanto gli eventuali vantaggi derivanti da tale misura non potessero essere oggetto di procedure di recupero. In conclusione, la Commissione ritiene di non avere reso alcuna dichiarazione precisa e incondizionata volta ad assicurare che l’esenzione dall’ICI in questione non avrebbe dovuto essere considerata un aiuto di Stato.

(189)

L’Italia ha inoltre sostenuto che le risposte sull’esenzione dall’ICI fornite dalla Commissione ai denuncianti, in merito alle quali le autorità italiane sono state informalmente messe al corrente, avrebbero ingenerato un legittimo affidamento negli enti non commerciali a proposito della compatibilità di tale esenzione con il diritto dell’Unione. La Commissione non concorda con le osservazioni dell’Italia. In effetti, le lettere contenenti una valutazione preliminare che i servizi della Commissione hanno inviato ai denuncianti, delle quali lo Stato membro viene messo a conoscenza soltanto in modo informale, non rappresentano la posizione definitiva della Commissione. Mentre le decisioni della Commissione sono rese pubbliche e sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale, ciò non avviene nel contesto di una semplice procedura amministrativa in cui, sulla base dei dati disponibili, i servizi della Commissione non nutrono seri dubbi sulla compatibilità delle misure in esame. Inoltre, contro la lettera inviata ai denuncianti in data 15 febbraio è stato presentato ricorso dinanzi al Tribunale da parte di due di essi, e pertanto tale lettera non è diventata definitiva; i ricorsi sono stati ritirati solo dopo la decisione di avvio.

(190)

La Commissione conclude pertanto che nel caso di specie, l’Italia e i 78 terzi interessati non hanno ricevuto alcuna garanzia da parte di una istituzione dell’Unione che giustificasse il legittimo affidamento, impedendo quindi alla Commissione di disporre un recupero.

6.5.2.   Circostanze eccezionali: assoluta impossibilità di dare esecuzione al recupero.

(191)

Conformemente all’articolo 288 del trattato, lo Stato membro cui è destinata una decisione di recupero è tenuto a eseguirla. Come indicato sopra, esiste un’eccezione a tale obbligo, rappresentata dal caso in cui lo Stato membro dimostri l'esistenza di circostanze eccezionali che rendono la corretta esecuzione della decisione assolutamente impossibile.

(192)

Solitamente, gli Stati membri invocano tale possibilità nel quadro delle discussioni con la Commissione successive all’adozione della decisione (80). Nella fattispecie, tuttavia, l’Italia ha sostenuto, prima dell’adozione della decisione, che non si doveva disporre il recupero, in quanto sarebbe stato assolutamente impossibile darvi esecuzione. Poiché l’Italia ha sollevato tale questione in sede di indagine formale e poiché, secondo un principio generale di diritto, nessuno può essere obbligato a fare l’impossibile, la Commissione ritiene necessario che la questione venga affrontata nella presente decisione.

(193)

Occorre innanzitutto ricordare che la Corte di giustizia ha costantemente dato un’interpretazione molto restrittiva della nozione di «assoluta impossibilità». La condizione dell'assoluta impossibilità di procedere al recupero non è soddisfatta quando lo Stato membro si limita a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che l'esecuzione della decisione comporta (81). L’unico caso in cui può essere accolta l’impossibilità assoluta è quello in cui il recupero sia fin dall'origine, e in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare (82).

(194)

Nel caso in oggetto, le autorità italiane hanno sostenuto che sarebbe assolutamente impossibile definire, sia quali immobili appartenenti agli enti non commerciali erano destinati all’esercizio di attività non aventi esclusivamente natura commerciale, sia recuperare le informazioni necessarie per determinare l’importo dell’imposta che avrebbe dovuto essere versato.

(195)

Le autorità italiane, infatti, hanno spiegato che, a causa della struttura del catasto, risulta impossibile estrapolare, con effetto retroattivo, dalle banche dati catastali i dati relativi agli immobili appartenenti ad enti non commerciali destinati ad attività non aventi esclusivamente natura commerciale del tipo indicato nelle disposizioni di esenzione dall’ICI. Le informazioni presenti nel catasto non permettono di risalire alle attività svolte nell'immobile. In altri termini, sulla base dei dati presenti nel catasto, non è possibile determinare se, in un determinato immobile, un ente ha svolto attività commerciali o non commerciali. Infatti, ogni singolo immobile (comprese le porzioni di immobili aventi un classamento separato) è censito in catasto soltanto sulla base delle sue caratteristiche oggettive, che riflettono gli elementi fisici e strutturali riconducibili alla sua destinazione d'uso.

(196)

Con riferimento alle banche dati fiscali e, in particolare, agli archivi delle dichiarazioni dei redditi presentate dagli enti non commerciali, l’Italia ha chiarito che le stesse consentono solo di individuare gli immobili utilizzati con modalità non commerciali. In tal caso, infatti, i fabbricati che generano reddito devono essere indicati nel Modello Unico della dichiarazione dei redditi nel Quadro RB relativo al reddito dei fabbricati, mentre non va compilato il Quadro RS relativo ai costi e ricavi promiscui. D’altra parte, nel caso in cui un ente non commerciale possieda immobili in cui si svolgono anche attività commerciali, vanno compilati sia il Quadro RB che il Quadro RS. Tuttavia, se nel Quadro RB vengono dichiarati più fabbricati, non risulta possibile individuare l’immobile in cui si è svolta l’attività che ha generato il reddito indicato nella dichiarazione. In ogni caso, va osservato che il Quadro RS del Modello Unico comprende dati aggregati su costi e redditi relativi a beni e servizi utilizzati con modalità commerciali e non commerciali (beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e di altre attività). Ciò detto, anche quando nel Quadro RB viene indicato un solo fabbricato, a causa delle caratteristiche strutturali del sistema catastale (che non permettono una ripartizione proporzionale tra gli usi commerciali e non commerciali del fabbricato), non risulta possibile individuare in quale porzione dell’immobile sono state realizzate le attività economiche che hanno generato il reddito denunciato nella dichiarazione.

(197)

La Commissione ritiene pertanto che le autorità italiane abbiano dimostrato che i beneficiari dell’aiuto in questione non possono essere identificati e che l’aiuto non può essere oggettivamente calcolato a causa della mancanza di dati disponibili. In effetti, le banche dati fiscali e catastali non consentono di individuare gli immobili appartenenti ad enti non commerciali, che sono stati destinati ad attività non esclusivamente commerciali del tipo indicato nelle disposizioni sull’esenzione dall’ICI, né, di conseguenza, consentono di ottenere le informazioni necessarie per calcolare l'importo dell'imposta da recuperare. Pertanto, l’attuazione di un’eventuale ingiunzione di recupero risulterebbe impossibile in termini oggettivi e assoluti.

(198)

Per concludere, la Commissione ritiene che, alla luce della specificità del caso in esame, risulterebbe assolutamente impossibile per l’Italia procedere al recupero di eventuali aiuti illegittimamente concessi nel quadro delle disposizioni di esenzione dall'ICI. Non si procede dunque al recupero degli aiuti derivanti dall'esenzione illegittima ed incompatibile relativa all'imposta comunale sugli immobili.

7.   CONCLUSIONE

(199)

La Commissione conclude che l’Italia ha illegittimamente attuato l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili prevista dall’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.

(200)

Poiché per il regime in questione non è possibile individuare alcun motivo di compatibilità, lo stesso risulta incompatibile con il mercato interno. Tuttavia, alla luce delle circostanze eccezionali invocate dall’Italia, non deve essere disposto il recupero dell’aiuto, avendo l’Italia dimostrato l’impossibilità assoluta di darvi esecuzione.

(201)

La Commissione ritiene che l’articolo 149, quarto comma, del TUIR non costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

(202)

Infine, alla luce delle specifiche caratteristiche della misura di esenzione dall’IMU per gli enti non commerciali, che svolgono esclusivamente specifiche attività non commerciali nel rispetto delle condizioni imposte dalla legislazione nazionale, la Commissione conclude che tali attività non possono essere considerate attività economiche ai sensi delle norme in materia di aiuti di Stato e che pertanto la misura non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

L’aiuto di Stato accordato sotto forma di esenzione dall’ICI, concesso a enti non commerciali che svolgevano negli immobili esclusivamente le attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, illecitamente posto in essere dall’Italia in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, è incompatibile con il mercato interno.

Articolo 2

L’articolo 149, quarto comma, del TUIR non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

Articolo 3

L’esenzione dall’IMU, concessa ad enti non commerciali che svolgono negli immobili esclusivamente le attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92, non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato.

Articolo 4

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 19 dicembre 2012

Per la Commissione

Joaquín ALMUNIA

Vicepresidente


(1)  GU C 348 del 21.12.2010, pag. 17.

(2)  Cfr. le cause T-192/10, Ferracci/Commissione (GU C 179 del 3.7.2010, pag. 45) e T-193/10, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione (GU C 179 del 3.7.2010, pag. 46).

(3)  GU C 30 del 29.1.2011, pag. 57.

(4)  Nella decisione di avvio la Commissione è giunta alla conclusione che la riduzione del 50 % dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche di cui all'articolo 6 del D.P.R. n. 601/73 potesse configurare un aiuto esistente (punto 18), specificando al contempo che avrebbe trattato tale misura nell'ambito di un procedimento separato, relativo ad aiuti esistenti, avviato successivamente nel febbraio 2011. I soggetti di cui all'articolo 6 del D.P.R n. 601/73 sono: a) enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza; b) istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro; corpi scientifici; accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche aventi scopi esclusivamente culturali; c) enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione; c bis) istituti autonomi per le case popolari e loro consorzi.

(5)  Cfr. nota 1.

(6)  Convertito dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

(7)  Convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

(8)  Più precisamente l'articolo 7, primo comma, lettera i), del decreto legislativo n. 504/92 si riferisce ai soggetti di cui all'articolo 87 [ora articolo 73], primo comma, lettera c), del D.P.R. n. 917/86. La definizione di enti non commerciali è contenuta in quest'ultima disposizione.

(9)  Cfr. la circolare, punto 5.

(10)  Ad esempio, come già indicato nella decisione di avvio, nei settori delle attività sanitarie e sociali, la circolare richiede una convenzione con le pubbliche autorità. Per quanto riguarda le attività didattiche, la circolare, da un lato, sembra esigere la conformità con i principi di base obbligatori affinché l’attività svolta sia paritaria rispetto a quella statale, dall’altro richiede che gli eventuali avanzi di gestione siano reinvestiti nella stessa attività didattica. Per quanto concerne le sale cinematografiche, agli operatori che vogliono beneficiare dell'esenzione, la circolare sembra imporre di operare solo in determinati segmenti di mercato (film riconosciuti di interesse culturale, film ai quali sia stato rilasciato l'attestato di qualità, film per ragazzi). Analogamente, per quanto riguarda le attività ricettive in generale, le strutture che vogliono beneficiare dell'esenzione devono applicare prezzi inferiori a quelli di mercato e non funzionare come normali alberghi.

(11)  Vedi articolo 143 e seguenti del TUIR. In termini generali, il reddito complessivo degli enti non commerciali è formato dai redditi fondiari, di capitale di impresa e diversi (articolo 143 del TUIR). Gli enti non commerciali possono optare per sistemi semplificati di determinazione del reddito, purché siano soddisfatte determinate condizioni (articolo 145 del TUIR).

(12)  Gli elementi che possono essere utilizzati ai fini della valutazione ai sensi dell'articolo 149, secondo comma, del TUIR sono: prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale rispetto alle restanti attività; prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali; prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali (ovvero contributi, sovvenzioni, liberalità e quote associative).

(13)  Cfr. tra l'altro la causa C-88/03, Portogallo/Commissione (Raccolta 2006, pag. I-7115, punto 56), e la causa C-487/06 P British Aggregates (Raccolta 2008, pag. I-10505, punti 81-83).

(14)  Causa C-280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Raccolta 2003, pag. I-7747).

(15)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1.

(16)  Ex articolo 111bis del TUIR.

(17)  Cfr. nota 1.

(18)  Inoltre, gli enti in questione operano principalmente in un ambito territoriale limitato (a livello locale) e le attività sono destinate a specifiche categorie di utenti/beneficiari.

(19)  Per tutti i culti ammessi nello Stato, inclusa la Chiesa cattolica, la legge stabilisce che, agli effetti tributari, il fine di culto è equiparato a quello di beneficienza e di istruzione.

(20)  Cfr. le sentenze n. 20776 del 26 ottobre 2005, n. 23703 del 15 novembre 2007, n. 5485 del 29 febbraio 2008 e n. 19731 del 17 settembre 2010. Cfr. inoltre la sentenza n. 8495 del 9 aprile 2010.

(21)  Cfr. parere n. 266 del 18 giugno 1996.

(22)  Interrogazione scritta E-177/2009 (GU C 189 del 13.7.2010).

(23)  Cfr. nota 12.

(24)  Cfr. il precedente punto (31) e seguenti.

(25)  Ciò garantisce altresì il rispetto degli accordi internazionali conclusi tra l'Italia e la Santa Sede per quanto concerne gli enti ecclesiastici.

(26)  Dei denuncianti iniziali, solo Pietro Ferracci e la Scuola Elementare Maria Montessori s.r.l. hanno presentato osservazioni in merito alla decisione di avvio.

(27)  Decreto-legge n. 203/2005 convertito con legge n. 248 del 2 dicembre 2005.

(28)  Decreto-legge n. 223/2006 convertito con legge n. 248 del 4 agosto 2006.

(29)  Articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203; articolo 91bis, quarto comma, del decreto-legge n. 1/2012.

(30)  In merito, cfr. l’articolo 13, comma 13, del decreto-legge n. 201/2011 e anche l’articolo 9, comma 8, del decreto legislativo n. 23/2011, che rinvia all’articolo 7, primo comma, della legge sull’ICI. Per la descrizione dell’articolo 7, primo comma, lettera i), della legge sull’ICI si veda il punto (23).

(31)  Cfr. articolo 9, paragrafo 6, del decreto-legge del 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modifiche dalla legge n. 213 del 7 dicembre 2012 (GU n. 286 del 7 dicembre 2012).

(32)  Cfr. parere n. 4802/2012, depositato il 13 novembre 2012 (numero affare n. 10380/2012).

(33)  Decreto 19 novembre 2012, n. 200, pubblicato nella GU n. 274 del 23 novembre 2012.

(34)  Cfr. articolo 1, primo comma, lettera p), del regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2012.

(35)  Articolo 3 del regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2012.

(36)  Articolo 4 del regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2012.

(37)  Ulteriori requisiti si rinvengono nelle definizioni contenute nell'articolo 1 del regolamento. In particolare, per quanto riguarda le attività ricettive, l’articolo 1, primo comma, lettera j), del regolamento prevede che venga accordato l’accesso soltanto a determinate categorie di destinatari e che vi sia una discontinuità nell’apertura Più nello specifico, per quanto riguarda la «ricettività sociale», il regolamento precisa che le attività devono essere dirette a persone con bisogni speciali temporanei o permanenti o a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. In ogni caso, l’esenzione non è prevista per le attività svolte in strutture alberghiere o paralberghiere, di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79. Per quanto riguarda le «attività sportive», l’articolo 1, primo comma, lettera m) prevede che gli enti destinatari siano associazioni sportive senza scopo di lucro affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti che promuovono lo sport riconosciuti dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

(38)  Cfr. il precedente punto (84).

(39)  Cfr. anche la circolare n. 4/2006 dell’Agenzia del Territorio del 16 maggio 2006.

(40)  Cfr. tra le altre causa C-41/90, Höfner (Raccolta 1991, pag. I-1979, punto 21); causa C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze, (Raccolta 2006, pag. I-289, punto 107 e sgg.).

(41)  Cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Landewyck (Raccolta 1980, pag. 3125, punto 21); causa C-244/94, FFSA e altri (Raccolta 1995, pag. I-4013); causa C-49/07, MOTOE (Raccolta 2008, pag. I-4863, punti 27 e 28).

(42)  Cfr. cause da C-471/09 P a C-473/09 P, Diputación Foral de Álava e altri/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 98); cfr. inoltre cause riunite C-71/09 P, C-73/09 P e C-76/09 P, Comitato «Venezia vuole vivere»/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 130 e la giurisprudenza ivi citata).

(43)  Causa C-143/99, Adria-Wien Pipeline, (Raccolta 2001, pag. I-8365, punto 38).

(44)  Cfr. la causa C-66/02, Italia/Commissione (Raccolta 2005, pag. I-10901, punto 94).

(45)  Cfr. tra l'altro la causa C-88/03, Portogallo/Commissione (Raccolta 2006, pag. I-7115, punto 56) e le cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos (non ancora pubblicata, punto 49).

(46)  Causa C-143/99, Adria-Wien Pipeline GmbH e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke, (Raccolta 2001, pag. I-8365, punto 42).

(47)  Cfr. gli articoli 1 e 3 del decreto legislativo 504/92.

(48)  Cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos, punto 67; cfr. anche la causa C-487/06, British Aggregates/Commissione (Raccolta 2008, pag. I-10505, punto 84) e la giurisprudenza ivi citata.

(49)  Causa C-487/06, British Aggregates/Commissione (Raccolta 2008, pag. I-10505, punto 85).

(50)  GU C 384 del 10.12.1998, pag. 3.

(51)  Cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos, punto 70.

(52)  Cfr. punto 26 della comunicazione della Commissione sull'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese.

(53)  Cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos, punto 73 e sgg.

(54)  Causa C-372/97, Italia/Commissione (Raccolta 2004, pag. I-3679, punto 44); causa C-148/04, Unicredito Italiano (Raccolta 2005, pag. I-11137, punto 54); causa C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze, (Raccolta 2006, pag. I-289, punto 140); cause riunite da C-78/08 a C-80/08, Paint Graphos, punto 78 (non ancora pubblicate); causa T-303/10, Wam Industriale Spa/Commissione, punto 25 e segg. (non ancora pubblicata).

(55)  Cfr. causa C-88/03, Portogallo/Commissione, punto 91 e causa C-172/03, Heiser (Raccolta 2005, pag. I-1627, punto 35); causa C-494/06 P, Commissione/Wam (Raccolta 2009, pag. I-3639 punto 51).

(56)  Cfr. causa C-156/98, Germania/Commissione (Raccolta 2000, pag. I-6857, punto 30) e Heiser, punto 55.

(57)  Cfr. causa T-298/97, Alzetta (Raccolta 2000, pag. II-2319, punti 93 e segg.).

(58)  Cfr. causa C-142/87, Belgio/Commissione (Raccolta 1990, pag. I-959, punto 43); cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Spagna/Commissione (Raccolta 1994, pag. I-4103, punto 42); causa C-280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Raccolta 2003, pag. I-7747, punto 81).

(59)  Causa T-171/02, Sardegna/Commissione (Raccolta 2005, pag. II-2123, punti 86 e sgg.); causa C-113/00, Spagna/Commissione (Raccolta 2002, pag. I-7601, punto 30); causa T-288/97, Van den Bergh Foods/Commissione (Raccolta 2001, pag. II-1169, punti 44 e 46).

(60)  Cfr. cause riunite T-195/01 e T-207/01, Governement of Gibraltar/Commissione (Raccolta 2002, pag. II-2309, punto 111).

(61)  Nelle osservazioni sui commenti espressi dai terzi interessati, le autorità italiane hanno sostenuto che l’articolo 107, paragrafo 3, lettera d), del trattato avrebbe potuto essere applicabile, in linea teorica, soltanto ad alcune attività elencate all’articolo 7, primo comma, lettera i). Tuttavia, non sono state presentate ulteriori argomentazioni a questo proposito.

(62)  Cfr. nota 12.

(63)  In particolare, per quanto riguarda la revoca, cfr. l’articolo 19 della legge del 20 maggio 1985, n. 222.

(64)  Cfr. l’articolo 30 della legge del 29 novembre 2008, n. 185. Cfr. anche la circolare n. 12/E dell’Agenzia delle Entrate del 9 aprile 2009 e il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 2 settembre 2009.

(65)  Per quanto riguarda il biennio 2010-2011, l’Italia ha realizzato 2 030 verifiche su enti non commerciali, emettendo 5 086 avvisi di accertamento.

(66)  Cfr. circolare n. 20/E dell’Agenzia delle entrate del 16 aprile 2010.

(67)  Cfr. causa C-222/04, Cassa di Risparmio di Firenze (Raccolta 2006, pag. I-289, punti 121-123).

(68)  Vedasi in particolare l'articolo 1, comma 18 del decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992.

(69)  Cfr. causa T-319/99, FENIN/Commission (Raccolta 2003, pag. II-357, punto 39, confermata dalla causa C-205/03 P, FENIN/Commission (Raccolta 2006, pag. I-6295); cause riunite C-264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01, AOK Bundesverband e altri (Raccolta 2004, pag. I-2493, punti da 45 a 55); cfr. anche causa T-137/10, CBI/Commissione, non ancora pubblicata.

(70)  Causa 263/86, Humbel and Edel (Raccolta 1988, pag. 5365, punti 17 e 18); causa C-109/92, Wirth (Raccolta 1993, pag. I-6447, punti 15 e 16); causa C-76/05, Schwarz (Raccolta 2007, pag. I-6849, punto 39). Cfr. anche la sentenza della Corte dell’EFTA del 21 February 2008 nella causa E-5/07, Private Barnehagers Landsforbund/EFTA Surveillance Authority, punti 80-83.

(71)  GU C 8 dell'11.1.2012, pag. 4.

(72)  Decreto legislativo del 23 maggio 2011, n. 79, Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprieta', contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio (GU n. 129 del 6.6.2011 - Supplemento Ordinario n. 139). L’articolo 9 del decreto legislativo definisce come strutture alberghiere e paralberghiere le seguenti strutture ricettive: a) gli alberghi; b) i motels; c) i villaggi-albergo; d) le residenze turistico alberghiere; e) gli alberghi diffusi; f) le residenze d'epoca alberghiere; g) i bed and breakfast organizzati in forma imprenditoriale; h) le residenze della salute - beauty farm; i) ogni altra struttura turistico-ricettiva che presenti elementi collegabili a una o più delle precedenti categorie.

(73)  Causa C-70/72, Commissione/Germania (Raccolta 1973, pag. 813, punto 13).

(74)  Cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Spagna/Commissione (Raccolta 1994, pag. I-4103, punto 75).

(75)  Causa C-75/97, Belgio/Commissione (Raccolta 1999, pag. I-030671, punti 64-65).

(76)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 17.

(77)  Comunicazione della Commissione - Verso l'esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati membri di recuperare gli aiuti di Stato illegali e incompatibili, GU C 272 del 15.11.2007, pag. 4, punto 18.

(78)  Cause C-182/03 e C-217/03, Belgio e Forum 187 ASBL/Commissione (Raccolta 2006, pag. I-5479, punto 147).

(79)  Interrogazione scritta E-177/2009 (GU C 189 del 13.7.2010).

(80)  Causa C 214/07, Commissione/Spagna (Raccolta 2008, pag. I-08357, punti 13 e 22).

(81)  Causa C-404/00, Commissione/Spagna (Raccolta 2003, pag. I-6695, punto 47).

(82)  Causa C-75/97, Belgio/Commissione («Maribel I») (Raccolta 1999, pag. I-3671, punto 86); causa C-214/07 Commissione/Francia (Raccolta 2008, pag. I - 08357, punti 13 e 22 e 48).


ALLEGATO 1

ELENCO DELLE PARTI INTERESSATE CHE HANNO TRASMESSO LE PROPRIE OSSERVAZIONI IN MERITO ALLA DECISIONE DI AVVIO

Nome-Denominazione/indirizzo

1.

Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, Via Neera 24, Milano, Italia

2.

Fondazione Pro-Familia, Piazza Fontana 2, Milano, Italia

3.

Pietro Farracci, San Cesareo, Italia

4.

Scuola Elementare Maria Montessori s.r.l., Roma, Italia

5.

Parrocchia S. Luca Evangelista, Via Negarville 14, Torino, Italia

6.

Parrocchia S. Nicolò di Bari, Piazza Principe Napoli 3, Tortorici (Messina), Italia

7.

Parrocchia S. Nicolò di Bari, Via Libertà 30, Caronia (Messina), Italia

8.

Parrocchia S. Nicolò di Bari, Piazza Matrice, S. Stefano di Camastra (Messina), Italia

9.

Parrocchia S. Orsola, Contrada S. Orsola, S. Angelo di Brolo (Messina), Italia

10.

Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, Frazione Galbato, Gioiosa Marea (Messina), Italia

11.

Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, Corso Matteotti 51, Patti (Messina), Italia

12.

Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, Via Medici 411, S. Agata Militello (Messina), Italia

13.

Istituto Sacro Cuore di Gesù, Via Medici 411, S. Agata Militello (Messina), Italia

14.

Parrocchia Santi Nicolò e Giacomo, Discesa Sepolcri, Capizzi (Messina), Italia

15.

Istituto Diocesano Sostentamento Clero, Via Cattedrale 7, Patti (Messina), Italia

16.

Parrocchia Madonna del Buon Consiglio e S. Barbara, Con. Cresta, Naso (Messina), Italia

17.

Parrocchia Maria SS. Annunziata, Frazione Marina, Marina di Caronia (Messina), Italia

18.

Parrocchia Maria SS. Assunta, Via Battisti, Militello Rosmarino (Messina), Italia

19.

Parrocchia Maria SS. Assunta, Via Monte di Pietà 131, Cesarò (Messina), Italia

20.

Parrocchia Maria SS. Assunta, Piazza S. Pantaleone, Alcara Li Fusi (Messina), Italia

21.

Parrocchia Maria SS. Assunta, Via Oberdan 6, Castell'Umberto (Messina), Italia

22.

Parrocchia Maria SS. Assunta, Piazza Duomo, Tortorici (Messina), Italia

23.

Parrocchia Maria SS. Assunta, Via Roma 33, Mirto (Messina), Italia

24.

Parrocchia Maria SS. Del Rosario, Contrada Scala, Patti (Messina), Italia

25.

Parrocchia Maria SS. Della Scala, Contrada Sceti, Tortorici (Messina), Italia

26.

Parrocchia Maria SS. Della Visitazione, Contrada Casale, Gioiosa Marea (Messina), Italia

27.

Parrocchia Maria SS. Delle Grazie, Via Campanile 3, Montagnareale (Messina), Italia

28.

Parrocchia Maria SS. Delle Grazie, Via Cappellini 2, Castel di Lucio (Messina), Italia

29.

Parrocchia Maria SS. Annunziata, Piazza Regina Adelasia 1, Frazzanò (Messina), Italia

30.

Parrocchia Maria SS. Annunziata, Contrada Sfaranda, Castell'Umberto (Messina), Italia

31.

Parrocchia Maria SS. Di Lourdes, Frazione Gliaca, Piraino (Messina), Italia

32.

Parrocchia S. Giuseppe, Contrada Malvicino, Capo d'Orlando (Messina), Italia

33.

Parrocchia s. Maria del Carmelo, Piazza Duomo 20, S. Agata Militello (Messina), Italia

34.

Parrocchia S. Maria di Gesù, Via Giovanni XXIII 43, Raccuja (Messina), Italia

35.

Parrocchia S. Maria Maddalena, Contrada Maddalena, Gioiosa Marea (Messina), Italia

36.

Parrocchia S. Maria, Via S. Maria, San Angelo di Brolo (Messina), Italia

37.

Parrocchia S. Michele Arcangelo, Via San Michele 5, Patti (Messina), Italia

38.

Parrocchia S. Michele Arcangelo, Via Roma, Sinagra (Messina), Italia

39.

Parrocchia S. Antonio, Via Forno Basso, Capo d'Orlando (Messina), Italia

40.

Parrocchia S. Caterina, Frazione Marina, Marina di Patti (Messina), Italia

41.

Parrocchia Cattedrale S. Bartolomeo, Via Cattedrale, Patti (Messina), Italia

42.

Parrocchia Maria SS. Addolorata, Contrada Torre, Tortorici (Messina), Italia

43.

Parrocchia S. Nicolò di Bari, Via Risorgimento, San Marco d'Alunzio (Messina), Italia

44.

Parrocchia Immacolata Concezione, Frazione Landro, Gioiosa Marea (Messina), Italia

45.

Parrocchia Maria SS Assunta, Piazza Mazzini 11, Tusa (Messina), Italia

46.

Parrocchia Maria SS Assunta, Frazione Torremuzza, Motta d'Affermo (Messina), Italia

47.

Parrocchia Maria SS Assunta, Salita Madre Chiesa, Ficarra (Messina), Italia

48.

Parrocchia Maria SS. Della Catena, Via Madonna d. Catena 10, Castel di Tusa (Messina), Italia

49.

Parrocchia Maria SS. Delle Grazie, Via N. Donna 2, Pettineo (Messina), Italia

50.

Parrocchia Ognissanti, Frazione Mongiove, Mongiove di Patti (Messina), Italia

51.

Parrocchia S. Anna, Via Umberto 155, Floresta (Messina), Italia

52.

Parrocchia S. Caterina, Vico S. Caterina 2, Mistretta (Messina), Italia

53.

Parrocchia S. Giorgio Martire, Frazione S. Giorgio, San Giorgio di Gioiosa M. (Messina), Italia

54.

Parrocchia S. Giovanni Battista, Frazione Martini, Sinagra (Messina), Italia

55.

Parrocchia S. Lucia, Via G. Rossini, S. Agata Militello (Messina), Italia

56.

Parrocchia S. Maria delle Grazie, Via Normanni, S. Fratello (Messina), Italia

57.

Parrocchia S. Maria, Piazzetta Matrice 8, Piraino (Messina), Italia

58.

Parrocchia S. Michele Arcangelo, Piazza Chiesa Madre, Librizzi (Messina), Italia

59.

Parrocchia S. Michele Arcangelo, Via Umberto I, Longi (Messina), Italia

60.

Parrocchia S. Nicolò di Bari, Piazza S. Nicola, Patti (Messina), Italia

61.

Parrocchia S. Nicolò di Bari, Via Ruggero Settimo 10, Gioiosa Marea (Messina), Italia

62.

Parrocchia S. Nicolò di Bari, Via S. Nicolò, S. Fratello (Messina), Italia

63.

Parrocchia Santa Maria e San Pancrazio, Via Gorgone, S. Piero Patti (Messina), Italia

64.

Parrocchia Maria SS Assunta, Piazza Convento, S. Fratello (Messina), Italia

65.

Parrocchia Maria SS. Del Rosario, Via Provinciale 7, Caprileone (Messina), Italia

66.

Parrocchia Maria SS Assunta, Via Monachelle 10, Caprileone (Messina), Italia

67.

Parrocchia Maria SS del Tindari, Via Nazionale, Caprileone (Messina), Italia

68.

Parrocchia S. Febronia, Contrada Case Nuove, Patti (Messina), Italia

69.

Parrocchia Maria SS. della Stella, Contrada S. Maria Lo Piano, S. Angelo di Brolo (Messina), Italia

70.

Parrocchia S. Erasmo, Piazza del Popolo, Reitano (Messina), Italia

71.

Parrocchia Maria SS. della Catena, Via Roma, Naso (Messina), Italia

72.

Parrocchia S. Benedetto il Moro, Piazza Libertà, Acquedolci (Messina), Italia

73.

Parrocchia S. Giuseppe, Frazione Tindari, Tindari (Messina), Italia

74.

Parrocchia Santi Filippo e Giacomo, Via D. Oliveri 2, Naso (Messina), Italia

75.

Parrocchia SS. Salvatore, Via Cavour 7, Naso (Messina), Italia

76.

Santuario Maria SS del Tindari, Via Mons. Pullano, Tindari (Messina), Italia

77.

Parrocchia S. Maria Assunta, Via Roma, Galati Mamertino (Messina), Italia

78.

Fondazione Opera Immacolata Concezione O.N.L.U.S., Padova, Italia

79.

Parrocchia San Giuseppe, Piazza Dante 11, Oliveri (Messina), Italia

80.

Parrocchia S. Leonardo, Frazione San Leonardo, Gioiosa Marea (Messina), Italia


ATTI ADOTTATI DA ORGANISMI CREATI DA ACCORDI INTERNAZIONALI

18.6.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 166/55


Solo i testi originali UN/ECE hanno effetto giuridico nel quadro del diritto pubblico internazionale. Lo status e la data di entrata in vigore del presente regolamento devono essere controllati nell’ultima versione del documento UN/ECE TRANS/WP.29/343, reperibile al seguente indirizzo:

http://www.unece.org/trans/main/wp29/wp29wgs/wp29gen/wp29fdocstts.html.

Regolamento n. 53 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) Disposizioni uniformi relative all’omologazione dei veicoli di categoria L3 per quanto concerne l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa

Comprendente tutto il testo valido fino a:

supplemento 13 alla serie di modifiche 01 — data di entrata in vigore: 28 ottobre 2011

supplemento 14 alla serie di modifiche 01 — data di entrata in vigore: 15 luglio 2013

SOMMARIO

REGOLAMENTO

1.

Campo di applicazione

2.

Definizioni

3.

Domanda di omologazione

4.

Omologazione

5.

Prescrizioni generali

6.

Prescrizioni particolari

7.

Modifiche del tipo di veicolo o dell’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa su di esso montati

8.

Conformità della produzione

9.

Sanzioni in caso di non conformità della produzione

10.

Cessazione definitiva della produzione

11.

Disposizioni transitorie

12.

Denominazione e indirizzo dei servizi tecnici che effettuano le prove di omologazione e dei servizi amministrativi

ALLEGATI

Allegato 1 —

Comunicazione concernente il rilascio, l’estensione, il rifiuto o la revoca dell’omologazione o la cessazione definitiva della produzione di un tipo di veicolo di categoria L3 per quanto concerne l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa in applicazione del regolamento n. 53

Allegato 2 —

Configurazione dei marchi di omologazione

Allegato 3 —

Superficie dei dispositivi di illuminazione, asse e centro di riferimento e angoli di visibilità geometrica

Allegato 4 —

Visibilità anteriore delle luci rosse e visibilità posteriore delle luci bianche

Allegato 5 —

Controllo della conformità della produzione

Allegato 6 —

Spiegazioni relative a: «inclinazione orizzontale», «angolo di inclinazione laterale» e «angolo δ»

1.   CAMPO DI APPLICAZIONE

Il presente regolamento si applica ai veicoli di categoria L3  (1) per quanto concerne l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa.

2.   DEFINIZIONI

Agli effetti del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:

2.1.

«omologazione di un veicolo»: omologazione di un tipo di veicolo per quanto riguarda il numero e le modalità di installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa;

2.2.

«tipo di veicolo»: categoria di veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto concerne:

2.2.1.

dimensioni e forma esterna del veicolo;

2.2.2.

numero e posizione dei dispositivi;

2.2.3.

non si considerano pertanto «veicoli di tipo diverso»:

2.2.3.1.

i veicoli che presentano differenze ai sensi dei paragrafi 2.2.1 e 2.2.2 di cui sopra, ma che non comportano modifiche del genere, del numero, della posizione e della visibilità geometrica delle luci prescritte per il tipo di veicolo in questione; nonché

2.2.3.2.

i veicoli sui quali sono montate luci omologate a norma di uno dei regolamenti allegati all’accordo del 1958, o luci consentite nel paese in cui i veicoli sono immatricolati, e i veicoli privi di tali luci qualora queste siano facoltative;

2.3.

«piano trasversale»: piano verticale perpendicolare al piano longitudinale mediano del veicolo;

2.4.

«veicolo a vuoto»: veicolo senza conducente, passeggeri e carico, con il serbatoio del carburante pieno e le attrezzature normalmente presenti;

2.5.

«luce» = dispositivo avente funzione di illuminare la strada o a emettere un segnale luminoso visibile agli altri utenti della strada. Sono considerate luci anche il dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore e i catadiottri;

2.5.1.   «luci equivalenti»: luci che hanno la stessa funzione e che sono ammesse nel paese di immatricolazione del veicolo; tali luci possono avere caratteristiche differenti dalle luci in dotazione al veicolo al momento dell’omologazione, purché soddisfino le condizioni del presente regolamento;

2.5.2.   «luci indipendenti»: dispositivi aventi superfici illuminanti, sorgenti luminose e contenitori distinti;

2.5.3.   «luci raggruppate»: dispositivi aventi superfici illuminanti e sorgenti luminose distinte, ma il contenitore in comune;

2.5.4.   «luci combinate»: dispositivi aventi superfici illuminanti distinte, ma sorgente luminosa e contenitore in comune;

2.5.5.   «luci reciprocamente incorporate»: dispositivi aventi sorgenti luminose distinte oppure una sorgente luminosa unica funzionante in condizioni diverse (ad esempio, differenze ottiche, meccaniche o elettriche), superfici illuminanti totalmente o parzialmente in comune e contenitore in comune;

2.5.6.   «proiettore abbagliante (di profondità)»: luce avente funzione di illuminare in profondità il piano stradale antistante il veicolo;

2.5.7.   «proiettore anabbagliante»: luce avente funzione di illuminare il piano stradale antistante il veicolo senza abbagliare né disturbare indebitamente i conducenti provenienti dalla direzione opposta e gli altri utenti della strada;

2.5.7.1.   «fascio anabbagliante principale»: fascio anabbagliante prodotto senza il contributo di emettitori di infrarossi (IR) e/o di sorgenti luminose aggiuntive per l’illuminazione di svolta;

2.5.8.   «indicatore di direzione»: luce avente funzione di segnalare agli altri utenti della strada che il conducente intende cambiare direzione verso destra o verso sinistra.

Gli indicatori di direzione possono essere usati anche in conformità alle prescrizioni del regolamento n. 97;

2.5.9.   «luce di arresto»: luce avente funzione di segnalare agli altri utenti della strada che si trovino dietro il veicolo che il conducente sta azionando il freno di servizio;

2.5.10.   «dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore»: dispositivo avente funzione di illuminare lo spazio riservato alla targa di immatricolazione posteriore; può essere composto di vari elementi ottici;

2.5.11.   «luce di posizione anteriore»: luce avente funzione di segnalare la presenza del veicolo visto dalla parte anteriore;

2.5.12.   «luce di posizione posteriore»: luce avente funzione di segnalare la presenza del veicolo visto dalla parte posteriore;

2.5.13.   «catadiottro»: dispositivo destinato a segnalare la presenza di un veicolo, per mezzo della riflessione della luce proveniente da una sorgente luminosa estranea al veicolo stesso, ad un osservatore situato in prossimità di detta sorgente luminosa.

Ai fini del presente regolamento, le targhe di immatricolazione retroriflettenti non si considerano catadiottri;

2.5.14.   «segnalazione luminosa di pericolo»: funzionamento simultaneo di tutti gli indicatori di direzione, inteso a segnalare il pericolo particolare rappresentato momentaneamente dal veicolo per gli altri utenti della strada;

2.5.15.   «proiettore fendinebbia anteriore»: luce avente funzione di migliorare l’illuminazione della strada in caso di nebbia, neve, pioggia o nubi di polvere;

2.5.16.   «luce posteriore per nebbia»: luce avente funzione di migliorare la visibilità del veicolo visto dalla parte posteriore in caso di forte nebbia;

2.5.17.   «luce di marcia diurna»: luce rivolta verso l’avanti avente funzione di migliorare la visibilità del veicolo durante la circolazione diurna;

2.6.

«superficie di uscita della luce» di un dispositivo di illuminazione o di segnalazione luminosa e di un catadiottro: tutta o parte della superficie esterna del materiale trasparente, indicata dal fabbricante del dispositivo nel rispettivo disegno allegato alla domanda di omologazione (cfr. allegato 3);

2.7.

«superficie illuminante» (cfr. allegato 3);

2.7.1.   «superficie illuminante di un dispositivo di illuminazione» (punti 2.5.6, 2.5.7 e 2.5.15): proiezione ortogonale dell’apertura totale del riflettore o, nel caso dei proiettori con riflettore ellissoidale, del «trasparente di proiezione» su un piano trasversale. Se il dispositivo di illuminazione non ha riflettore, si applica la definizione di cui al punto 2.7.2. Se la superficie di uscita della luce del proiettore ricopre soltanto una parte dell’apertura totale del riflettore, si prende in considerazione unicamente la proiezione di questa parte.

Nel caso del proiettore anabbagliante, la superficie illuminante è delimitata dalla traccia della linea di demarcazione che appare sul trasparente. Se riflettore e trasparente sono regolabili fra loro, si prende come base la posizione intermedia di regolazione.

In caso di combinazione di qualunque genere fra un proiettore che emette il fascio anabbagliante principale ed unità di illuminazione o sorgenti luminose aggiuntive intese a produrre l’illuminazione di svolta, funzionanti simultaneamente, le singole superfici illuminanti, considerate nel loro insieme, costituiscono la superficie illuminante;

2.7.2.   «superficie illuminante di un dispositivo di segnalazione luminosa diverso da un catadiottro» (punti 2.5.8, 2.5.9, 2.5.11, 2.5.12, 2.5.14 e 2.5.16): proiezione ortogonale della luce su un piano perpendicolare al suo asse di riferimento e in contatto con l’esterno della superficie di uscita della luce. Tale proiezione è delimitata dai margini di schermi situati in questo piano, ciascuno dei quali lascia passare soltanto il 98 per cento dell’intensità totale della luce in direzione dell’asse di riferimento. Per determinare i bordi inferiore, superiore e laterali di una luce, si prendono in considerazione soltanto schermi a margine orizzontale o verticale;

2.7.3.   «superficie illuminante di un catadiottro» (punto 2.5.13): proiezione ortogonale del catadiottro su un piano perpendicolare al suo asse di riferimento, delimitata da piani contigui alle parti estreme dell’ottica catadiottrica e paralleli a questo asse. Per determinare i bordi inferiore, superiore e laterali del dispositivo, si considerano solo i piani verticali e orizzontali;

2.8.

«superficie apparente»: per una direzione di osservazione definita, a richiesta del fabbricante oppure del suo mandatario, la proiezione ortogonale:

dei bordi della superficie illuminante proiettata sulla superficie esterna del trasparente (a-b),

oppure la superficie di uscita della luce (c-d),

su un piano perpendicolare alla direzione di osservazione e tangente al punto più esterno del trasparente (cfr. allegato 3 del presente regolamento);

2.9.

«asse di riferimento»: asse caratteristico della luce, determinato dal fabbricante (della luce) come direzione di riferimento (H = 0°, V = 0°) per gli angoli di campo nelle misure fotometriche e per l’installazione della luce sul veicolo;

2.10.

«centro di riferimento»: l’intersezione dell’asse di riferimento con la superficie di uscita della luce. Questo centro di riferimento deve essere indicato dal fabbricante del dispositivo;

2.11.

«angoli di visibilità geometrica»: angoli che determinano la zona dell’angolo solido minimo nella quale la superficie apparente della luce deve essere visibile. Tale zona dell’angolo solido è determinata dai segmenti di una sfera, il cui centro coincide con il centro di riferimento del dispositivo e il cui equatore è parallelo al suolo. Questi segmenti sono determinati relativamente all’asse di riferimento. Gli angoli orizzontali β corrispondono alla longitudine, gli angoli verticali α alla latitudine. All’interno degli angoli di visibilità geometrica non devono esistere ostacoli alla propagazione della luce a partire da una parte qualunque della superficie apparente del dispositivo osservata dall’infinito. Se le misurazioni vengono effettuate a minor distanza dal dispositivo, la direzione di osservazione deve essere spostata parallelamente per ottenere la stessa precisione.

All’interno degli angoli di visibilità geometrica non si tiene conto di ostacoli che esistevano già all’atto dell’omologazione del dispositivo.

Se, a dispositivo montato, una parte qualsiasi della sua superficie apparente rimane nascosta da una qualsiasi parte del veicolo, deve essere provato che la parte del dispositivo non nascosta è ancora conforme ai valori fotometrici prescritti per l’omologazione del dispositivo stesso quale unità ottica (cfr. allegato 3 del presente regolamento). Tuttavia, se l’angolo verticale di visibilità geometrica sotto il piano orizzontale può essere ridotto a 5° (quando la luce si trova a un’altezza dal suolo inferiore a 750 mm), il campo fotometrico delle misure dell’unità ottica installata può essere limitato a 5° sotto il piano orizzontale;

2.12.

«estremità della larghezza fuori tutto» di ciascun lato del veicolo: piano parallelo al piano longitudinale mediano del veicolo tangente all’estremità laterale di quest’ultimo, senza tener conto delle sporgenze:

2.12.1.

degli specchi retrovisori,

2.12.2.

degli indicatori di direzione,

2.12.3.

delle luci di posizione anteriori e posteriori e dei catadiottri;

2.13.

«larghezza fuori tutto»: distanza fra i due piani verticali definiti al punto 2.12;

2.14.

«luce singola»:

a)

dispositivo o parte di dispositivo avente una sola funzione illuminante o di segnalazione luminosa, una o più sorgenti luminose e una sola superficie apparente nella direzione dell’asse di riferimento, la quale può essere una superficie continua o essere composta da due o più parti distinte; oppure

b)

qualsiasi insieme di due luci indipendenti, identiche o no, ma aventi la stessa funzione, entrambe omologate come luci di tipo «D» e installate in modo che la proiezione delle superfici apparenti delle luci in direzione dell’asse di riferimento occupi almeno il 60 % della superficie del quadrilatero più piccolo che circoscrive le proiezioni di dette superfici apparenti nella direzione dell’asse di riferimento;

2.15.

«distanza fra due luci» orientate nella stessa direzione: distanza minima fra le due superfici apparenti in direzione dell’asse di riferimento. Quando la distanza tra le luci soddisfa chiaramente le prescrizioni del presente regolamento, non è necessario determinare esattamente i bordi delle superfici apparenti;

2.16.

«spia di funzionamento»: segnale ottico o acustico (o altro segnale equivalente) che indica se un dispositivo è stato attivato e se funziona correttamente o no;

2.17.

«spia di innesto»: segnale ottico (o altro segnale equivalente) che indica se un dispositivo è stato attivato, senza indicare se funziona correttamente o no;

2.18.

«luce facoltativa»: luce la cui installazione è lasciata alla scelta del costruttore;

2.19.

«suolo»: superficie su cui si trova il veicolo, la quale deve essere sostanzialmente orizzontale;

2.20.

«dispositivo»: elemento o insieme di elementi impiegati per svolgere una o più funzioni;

2.21.

«colore della luce emessa dal dispositivo»: al presente regolamento si applicano le definizioni relative al colore della luce emessa del regolamento n. 48 e della sua serie di modifiche in vigore al momento della domanda di omologazione;

2.22.

«massa lorda del veicolo» o «massa massima»: massa di carico massima tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore;

2.23.

«veicolo carico»: caricato fino a raggiungere la massa lorda quale definita al punto 2.22.;

2.24.

«inclinazione orizzontale»: angolo che si forma tra il fascio luminoso quando il motociclo è fissato come specificato al paragrafo 5.4 e il fascio luminoso quando il motociclo è inclinato lateralmente (cfr. disegno dell’allegato 6);

2.25.

«sistema di regolazione dell’inclinazione orizzontale» (abbreviato in HIAS, dall’inglese «Horizontal Inclination Adjustment System»): dispositivo che regola l’inclinazione orizzontale del proiettore avvicinandola allo zero;

2.26.

«angolo di inclinazione laterale»: angolo fra la verticale e il piano longitudinale mediano del motociclo quando quest’ultimo è ruotato attorno al proprio asse longitudinale (cfr. disegno dell’allegato 6);

2.27.

«segnale HIAS»: qualsiasi segnale di comando o qualsiasi ulteriore comando in entrata verso il sistema o in uscita dal sistema verso il motociclo;

2.28.

«generatore di segnale HIAS»: dispositivo che riproduce uno o più segnali HIAS per sottoporre a prova il sistema;

2.29.

«angolo di prova HIAS»: angolo δ fra la linea di demarcazione del proiettore e la linea HH (nel caso dei proiettori con fascio di luce asimmetrico deve essere usata la parte orizzontale della linea di demarcazione), (cfr. disegno dell’allegato 6);

2.30.

«illuminazione di svolta»: funzione che assicura una migliore illuminazione in curva.

3.   DOMANDA DI OMOLOGAZIONE

3.1.

La domanda di omologazione di un veicolo per quanto riguarda l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa deve essere presentata dal costruttore del veicolo o dal suo mandatario.

3.2.

La domanda deve essere corredata dei seguenti documenti, in triplice copia, e dei seguenti dati specifici:

3.2.1.

una descrizione del tipo di veicolo con riferimento ai punti di cui ai precedenti paragrafi da 2.2.1. a 2.2.3. Si deve indicare il tipo di veicolo debitamente identificato;

3.2.2.

un elenco dei dispositivi che, in base a quanto previsto dal costruttore, formeranno l’insieme dei dispositivi di illuminazione e segnalazione luminosa. L’elenco può comprendere vari tipi di dispositivi per ciascuna funzione. Ogni tipo va debitamente identificato (marchio di omologazione nazionale o internazionale, se omologato, nome del fabbricante ecc.). L’elenco può anche comprendere, per ogni funzione, la seguente indicazione aggiuntiva: «o dispositivi equivalenti»;

3.2.3.

schema dell’insieme dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa con indicazione della posizione dei diversi dispositivi sul veicolo; nonché

3.2.4.

se necessario, per verificare la conformità alle prescrizioni del presente regolamento, uno o più schemi che indichino per ciascuna luce singola la superficie illuminante quale definita al punto 2.7.1, la superficie di uscita della luce quale definita al punto 2.6, l’asse di riferimento quale definito al punto 2.9 e il centro di riferimento quale definito al punto 2.10. Questi dati non sono necessari per il dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore (punto 2.5.10).

3.2.5.

Indicare nella domanda il metodo impiegato per definire la superficie apparente (punto 2.8).

3.3

Presentare al servizio tecnico che esegue le prove di omologazione un veicolo vuoto, dotato della serie completa di dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa di cui al punto 3.2.2 e rappresentativo del tipo di veicolo da omologare.

4.   OMOLOGAZIONE

4.1.

Se il tipo di veicolo presentato ai sensi del presente regolamento è conforme alle prescrizioni del regolamento relativamente a tutti i dispositivi indicati nell’elenco, l’omologazione del veicolo viene rilasciata.

4.2.

A ciascun tipo omologato viene attribuito un numero di omologazione. Le prime due cifre di tale numero (attualmente 01 perché il regolamento è giunto alla serie di modifiche 01) indicano le serie di modifiche comprendenti le più recenti principali modifiche tecniche apportate al regolamento alla data del rilascio dell’omologazione.

La stessa parte contraente non può successivamente assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo o allo stesso tipo di veicolo dotato di dispositivi non compresi nell’elenco di cui al punto 3.2.2., fatte salve le disposizioni di cui al punto 7 del presente regolamento.

4.3.

Il rilascio, l’estensione nonché il rifiuto o la revoca dell’omologazione o la cessazione definitiva della produzione di un tipo di veicolo a norma del presente regolamento vanno comunicati alle parti contraenti dell’accordo mediante una scheda conforme al modello che figura nell’allegato 1 del presente regolamento.

4.4.

Su ogni veicolo conforme al tipo di veicolo omologato ai sensi del presente regolamento va apposto, in modo visibile e in un punto facilmente accessibile specificato sulla scheda di omologazione, un marchio di omologazione internazionale composto da:

4.4.1.

un cerchio al cui interno è iscritta la lettera «E» seguita dal numero distintivo del paese che ha rilasciato l’omologazione; (2)

4.4.2.

il numero del presente regolamento seguito dalla lettera «R», da un trattino e dal numero di omologazione a destra del cerchio di cui al punto 4.4.1.

4.5.

Se il veicolo è conforme a un tipo omologato a norma di altri regolamenti allegati all’accordo nel paese che ha rilasciato l’omologazione a norma del presente regolamento, non è necessario ripetere il simbolo di cui al punto 4.4.1. In tal caso, i numeri del regolamento e di omologazione, nonché i simboli aggiuntivi di tutti i regolamenti in applicazione dei quali si è ottenuta l’omologazione nel paese che l’ha rilasciata ai sensi del presente regolamento, sono disposti in colonne verticali a destra del simbolo prescritto al punto 4.4.1.

4.6.

Il marchio di omologazione deve essere chiaramente leggibile e indelebile.

4.7.

Il marchio di omologazione deve essere apposto sulla targhetta dei dati collocata dal costruttore o accanto ad essa.

4.8.

Nell’allegato 2 del presente regolamento figurano esempi di marchi di omologazione.

5.   PRESCRIZIONI GENERALI

5.1.   I dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa devono essere montati in modo che, nelle normali condizioni d’uso e nonostante le vibrazioni cui possono essere sottoposti in tali condizioni, conservino le caratteristiche prescritte dal presente regolamento e il veicolo possa soddisfare le prescrizioni dello stesso.

In particolare, occorre evitare che si possa effettuare inavvertitamente un’erronea regolazione delle luci.

5.2.   I dispositivi di illuminazione devono essere installati in modo che la regolazione corretta dell’orientamento possa essere eseguita con facilità.

5.3.   Per tutti i dispositivi di segnalazione luminosa, l’asse di riferimento della luce installata sul veicolo deve essere parallelo al piano d’appoggio del veicolo sulla strada; tale asse deve inoltre essere perpendicolare al piano longitudinale mediano del veicolo nel caso dei catadiottri laterali e parallelo a tale piano nel caso di tutti gli altri dispositivi di segnalazione luminosa. In ogni direzione è ammessa una tolleranza di ± 3°. Inoltre, se il costruttore ha previsto disposizioni particolari per l’installazione, esse devono essere rispettate.

5.4.   L’altezza e l’orientamento delle luci devono essere verificati, salvo prescrizioni particolari, quando il veicolo è a vuoto e si trova su una superficie piana e orizzontale, con il piano longitudinale mediano verticale e il manubrio nella posizione di marcia in linea retta. La pressione dei pneumatici deve essere quella prescritta dal costruttore per le condizioni particolari di carico previste dal presente regolamento.

5.5.   In assenza di istruzioni specifiche:

5.5.1.

luci o riflettori singoli vanno fissati in modo che il loro centro di riferimento sia situato sul piano longitudinale mediano del veicolo;

5.5.2.

le luci che formano una coppia e che hanno la stessa funzione devono:

5.5.2.1.

essere disposte simmetricamente rispetto al piano longitudinale mediano;

5.5.2.2.

essere simmetriche l’una rispetto all’altra in rapporto al piano longitudinale mediano;

5.5.2.3.

soddisfare le stesse prescrizioni colorimetriche; nonché

5.5.2.4.

avere caratteristiche fotometriche nominali identiche;

5.5.2.5.

accendersi e spegnersi simultaneamente.

5.6.   Luci raggruppate, combinate o reciprocamente incorporate

5.6.1.

Le luci possono essere raggruppate, combinate o reciprocamente incorporate, a condizione che tutte le prescrizioni relative a colore, posizione, orientamento, visibilità geometrica, collegamenti elettrici, nonché eventuali altre prescrizioni, siano rispettate.

5.6.1.1.

Una luce deve soddisfare i requisiti fotometrici e colorimetrici anche se tutte le altre funzioni con le quali essa è raggruppata, combinata o reciprocamente incorporata, sono spente (OFF).

Se tuttavia una luce di posizione anteriore o posteriore è reciprocamente incorporata con altre funzioni, passibili di essere attivate insieme a tale luce, i requisiti relativi al colore di ciascuna di queste altre funzioni devono essere soddisfatti se le funzioni reciprocamente incorporate e le luci di posizione anteriori o posteriori sono accese (ON).

5.6.1.2.

Non sono autorizzate luci di arresto e indicatori di direzione reciprocamente incorporati.

5.6.1.3.

Tuttavia, se le luci di arresto e gli indicatori di direzione sono raggruppati, nessuna linea retta orizzontale o verticale passante attraverso le proiezioni delle superfici apparenti di tali funzioni su un piano perpendicolare all’asse di riferimento deve intersecare più di due linee di delimitazione tra aree adiacenti di colore diverso.

5.6.2.

Se la superficie apparente di una luce unica è composta da due o più parti distinte, essa deve soddisfare le seguenti prescrizioni:

5.6.2.1.

l’area totale della proiezione delle parti distinte su un piano tangente alla superficie esterna del materiale trasparente e perpendicolare all’asse di riferimento non deve occupare meno del 60 per cento del quadrilatero più piccolo in grado di circoscrivere detta proiezione; in alternativa, la distanza tra due parti distinte adiacenti/tangenti, misurata perpendicolarmente all’asse di riferimento, non deve essere superiore a 15 mm.

5.7.   L’altezza massima dal suolo deve essere misurata a partire dal punto più elevato e l’altezza minima a partire dal punto più basso della superficie apparente in direzione dell’asse di riferimento. Nel caso dei proiettori anabbaglianti, l’altezza minima dal suolo deve essere determinata a partire dal punto più basso dell’uscita effettiva del sistema ottico (ad esempio riflettore, trasparente, trasparente di proiezione), indipendentemente dal suo impiego.

Quando l’altezza (massima o minima) dal suolo soddisfa inequivocabilmente le prescrizioni del presente regolamento, non è necessario determinare esattamente i bordi delle superfici.

Quando si fa riferimento alla distanza fra due luci, occorre determinare la posizione, per quanto riguarda la larghezza, fra i bordi interni della superficie apparente in direzione dell’asse di riferimento.

Quando la posizione per quanto riguarda la larghezza soddisfa inequivocabilmente le prescrizioni del presente regolamento, non è necessario determinare esattamente i bordi delle superfici.

5.8.   Salvo prescrizioni particolari, nessuna luce deve essere lampeggiante, tranne gli indicatori di direzione e la segnalazione luminosa di pericolo.

5.9.   Nessuna luce rossa deve essere visibile verso l’avanti e nessuna luce bianca verso il retro. L’ottemperanza a questa prescrizione deve essere verificata nel modo descritto qui di seguito (cfr. disegno dell’allegato 4):

5.9.1.

visibilità di luce rossa verso l’avanti; nessuna luce di colore rosso deve essere direttamente visibile a un osservatore che si sposti nella zona 1 di un piano trasversale posto 25 m davanti al punto più avanzato del veicolo;

5.9.2.

visibilità di luce bianca verso il retro: nessuna luce di colore bianco deve essere direttamente visibile a un osservatore che si sposti nella zona 2 di un piano trasversale posto 25 m dietro al punto più arretrato del veicolo;

5.9.3.

nei rispettivi piani, le zone 1 e 2 che rientrano nel campo visivo dell’osservatore sono delimitate:

5.9.3.1.

in altezza, da due piani orizzontali rispettivamente a 1 m e a 2,2 m dal suolo;

5.9.3.2.

in larghezza, da due piani verticali che, formando sia in direzione anteriore che in direzione posteriore un angolo di 15° verso l’esterno rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo, passano nel punto o nei punti di contatto tra i piani verticali paralleli al piano longitudinale mediano e delimitano la larghezza fuori tutto del veicolo; se esistono più punti di contatto, quello più avanzato corrisponde al piano anteriore e quello più arretrato al piano posteriore.

5.10.   Salvo diversa indicazione, i collegamenti elettrici devono essere tali che la luce di posizione anteriore o, se tale luce non è presente, il proiettore anabbagliante, la luce di posizione posteriore e il dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore possano essere accesi e spenti soltanto simultaneamente.

5.11.   Salvo istruzioni particolari, il collegamento elettrico deve essere tale che il proiettore abbagliante, il proiettore anabbagliante e il proiettore fendinebbia possano accendersi soltanto quando sono già accese le luci indicate al punto 5.10. Non è tuttavia necessario soddisfare tale prescrizione quando i segnali luminosi del proiettore abbagliante e di quello anabbagliante consistono nell’accensione intermittente, a brevi intervalli, del proiettore anabbagliante o nell’accensione intermittente del proiettore abbagliante, oppure nell’accensione alternata, a brevi intervalli, dei due proiettori.

5.11.1.

Nei veicoli che ne sono dotati, la luce di marcia diurna deve accendersi automaticamente quando il motore è acceso. Se il proiettore è acceso, la luce di marcia diurna non deve inserirsi quando il motore è in funzione.

Nei veicoli che non dispongono della luce di marcia diurna, a motore acceso deve accendersi automaticamente il proiettore.

5.12.   Spie

5.12.1.

Ogni spia deve essere facilmente visibile per il conducente in posizione di guida normale.

5.12.2.

Laddove il presente regolamento prescrive una «spia di innesto», questa può essere sostituita da una «spia di funzionamento».

5.13.   Colori delle luci

I colori delle luci di cui al presente regolamento sono i seguenti:

Proiettore abbagliante

:

bianco

Proiettore anabbagliante

:

bianco

Indicatore di direzione

:

giallo ambra

Luce di arresto

:

rosso

Dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore

:

bianco

Luce di posizione anteriore

:

bianco o giallo ambra

Luce di posizione posteriore

:

rosso

Catadiottro posteriore, non triangolare

:

rosso

Catadiottro laterale, non triangolare

:

giallo ambra anteriormente

giallo ambra o rosso posteriormente

Segnalazione luminosa di pericolo

:

giallo ambra

Proiettore fendinebbia anteriore

:

bianco o giallo selettivo

Proiettore fendinebbia posteriore

:

rosso

5.14.   Ciascun veicolo presentato all’omologazione ai sensi del presente regolamento deve essere fornito dei seguenti dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa:

5.14.1.

proiettore abbagliante (punto 6.1);

5.14.2.

proiettore anabbagliante (punto 6.2);

5.14.3.

indicatori di direzione (punto 6.3);

5.14.4.

luce di arresto (punto 6.4);

5.14.5.

dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore (punto 6.5);

5.14.6.

luce di posizione anteriore (punto 6.6);

5.14.7.

luce di posizione posteriore (punto 6.7);

5.14.8.

catadiottro posteriore, non triangolare (punto 6.8);

5.14.9.

catadiottri laterali, non triangolari (punto 6.12);

5.15.   Può altresì essere fornito dei seguenti dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa:

5.15.1.

segnalazione luminosa di pericolo (punto 6.9);

5.15.2.

proiettori fendinebbia;

5.15.2.1.

anteriori (punto 6.10);

5.15.2.2.

posteriori (punto 6.11);

5.15.3.

luce di marcia diurna (punto 6.13).

5.16.   Il montaggio di ciascun dispositivo di illuminazione e di segnalazione luminosa citato ai punti 5.14 e 5.15 di cui sopra deve essere effettuato conformemente alle disposizioni pertinenti di cui al punto 6 del presente regolamento.

5.17.   Il montaggio di tutti i dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa diversi da quelli citati ai punti 5.14 e 5.15 è vietato ai fini dell’omologazione.

5.18.   I dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa omologati per i veicoli a quattro ruote delle categorie M1 e N1 e menzionati ai precedenti punti 5.14 e 5.15 sono ammessi anche sui motocicli.

6.   PRESCRIZIONI PARTICOLARI

6.1.   PROIETTORE ABBAGLIANTE

6.1.1.   Numero:

6.1.1.1.   Per i motocicli di cilindrata uguale o inferiore a 125 cm3

Uno o due di tipo omologato ai sensi di:

a)

classe B, C, D o E del regolamento n. 113;

b)

regolamento n. 112;

c)

regolamento n. 1;

d)

regolamento n. 8;

e)

regolamento n. 20;

f)

regolamento n. 57;

g)

regolamento n. 72;

h)

regolamento n. 98.

6.1.1.2.   Per i motocicli di cilindrata superiore a 125 cm3

Uno o due di tipo omologato ai sensi di:

a)

classe B, D o E del regolamento n. 113;

b)

regolamento n. 112;

c)

regolamento n. 1;

d)

regolamento n. 8;

e)

regolamento n. 20;

f)

regolamento n. 72;

g)

regolamento n. 98.

Due di tipo omologato ai sensi di:

h)

classe C del regolamento n. 113.

6.1.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.1.3.   Posizione

6.1.3.1.   In larghezza

6.1.3.1.1.

Un proiettore abbagliante indipendente può essere installato sopra, sotto o accanto a un’altra luce anteriore: se queste luci si trovano una sopra l’altra, il centro di riferimento del proiettore abbagliante deve essere situato sul piano longitudinale mediano del veicolo; se queste luci si trovano una accanto all’altra, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.1.3.1.2.

Un proiettore abbagliante incorporato reciprocamente con un’altra luce anteriore deve essere installato in modo che il suo centro di riferimento sia situato sul piano longitudinale mediano del veicolo. Tuttavia, se il veicolo è dotato anche di un proiettore anabbagliante principale indipendente o reciprocamente incorporato con una luce di posizione anteriore accanto al proiettore abbagliante, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.1.3.1.3.

Due proiettori abbaglianti, di cui uno o ambedue incorporati reciprocamente con un’altra luce anteriore, devono essere installati in modo che i loro centri di riferimento siano simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.1.3.2.   In lunghezza: nella parte anteriore del veicolo. Tale condizione è considerata soddisfatta se la luce emessa non disturba il conducente, né direttamente né indirettamente, attraverso gli specchi retrovisori e/o altre superfici riflettenti del veicolo.

6.1.3.3.   In ogni caso, la distanza tra il bordo della superficie illuminante e il bordo di quella dell’eventuale proiettore anabbagliante indipendente non deve essere superiore a 200 mm. La distanza tra il bordo della superficie illuminante dell’eventuale proiettore abbagliante indipendente e il suolo deve essere compresa fra 500 mm e 1 300 mm.

6.1.3.4.   Nel caso di due proiettori abbaglianti, la distanza tra le superfici illuminanti non deve essere superiore a 200 mm.

6.1.4.   Visibilità geometrica

La visibilità della superficie illuminante, comprese le zone che non sembrano illuminate nella direzione d’osservazione considerata, deve essere assicurata all’interno di uno spazio divergente delimitato da linee generatrici che seguono il cono della superficie illuminante e formano un angolo di almeno 5° con l’asse di riferimento del proiettore.

6.1.5.   Orientamento

6.1.5.1.   In avanti. Il proiettore/i può/possono spostarsi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.1.5.2.   Per il proiettore abbagliante può essere installato un HIAS (sistema di regolazione dell’inclinazione orizzontale).

6.1.6.   Collegamenti elettrici

Il proiettore o i proiettori anabbaglianti possono rimanere accesi con il proiettore o i proiettori abbaglianti.

6.1.7.   Spie

6.1.7.1.   «Spia di innesto».

Obbligatoria, spia blu non lampeggiante.

6.1.7.2.   Spia «anomalia HIAS».

Obbligatoria, spia lampeggiante di colore giallo ambra, combinabile con la spia di cui al punto 6.2.8.2. Deve attivarsi ogni volta che viene rilevata un’anomalia concernente i segnali HIAS. Deve rimanere accesa finché l’anomalia perdura.

6.1.8.   Altre prescrizioni

6.1.8.1.   L’intensità massima dell’insieme dei proiettori abbaglianti che possono essere accesi simultaneamente non deve superare 430 000 cd, pari ad un numero di riferimento di 100 (valore di omologazione).

6.1.8.2.   In caso di anomalia del sistema HIAS del proiettore abbagliante deve essere possibile, senza dover fare uso di attrezzi speciali:

a)

disattivare il sistema HIAS, mantenendolo disattivato fino al suo resettaggio, che va eseguito seguendo le istruzioni del costruttore; e

b)

riposizionare il fascio abbagliante in modo che il suo allineamento, tanto in orizzontale che in verticale, sia il medesimo di quello dei proiettori non dotati di sistema HIAS.

Il costruttore è tenuto a fornire una descrizione dettagliata della procedura di resettaggio del sistema HIAS.

In alternativa, il costruttore può scegliere di installare un sistema automatico che esegua le funzioni sopra indicate o che resetti il sistema HIAS. In questo caso, deve fornire al laboratorio di prova una descrizione del sistema automatico, nonché dimostrare, fino a quando non saranno emanate prescrizioni armonizzate, in che modo è possibile verificare che il sistema automatico funzioni effettivamente nel modo descritto.

6.2.   PROIETTORE ANABBAGLIANTE

6.2.1.   Numero:

6.2.1.1.   Per i motocicli di cilindrata uguale o inferiore a 125 cm3

Uno o due di tipo omologato ai sensi di:

a)

classe B, C, D o E del regolamento n. 113;

b)

regolamento n. 112;

c)

regolamento n. 1;

d)

regolamento n. 8;

e)

regolamento n. 20;

f)

regolamento n. 57;

g)

regolamento n. 72;

h)

regolamento n. 98.

6.2.1.2.   Per i motocicli di cilindrata superiore a 125 cm3

Uno o due di tipo omologato ai sensi di:

a)

classe B, D o E del regolamento n. 113;

b)

regolamento n. 112;

c)

regolamento n. 1;

d)

regolamento n. 8;

e)

regolamento n. 20;

f)

regolamento n. 72;

g)

regolamento n. 98.

Due di tipo omologato ai sensi di:

a)

classe C del progetto di regolamento n. 113.

6.2.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.2.3.   Posizione

6.2.3.1.   In larghezza

6.2.3.1.1.

Un proiettore anabbagliante indipendente può essere installato sopra, sotto o accanto a un’altra luce anteriore: se queste luci si trovano una sopra l’altra, il centro di riferimento del proiettore abbagliante deve essere situato sul piano longitudinale mediano del veicolo; se queste luci si trovano una accanto all’altra, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.2.3.1.2.

Un proiettore che emette il fascio anabbagliante principale incorporato reciprocamente con un’altra luce anteriore deve essere installato in modo che il suo centro di riferimento sia situato sul piano longitudinale mediano del veicolo. Tuttavia, se il veicolo è dotato anche di un proiettore abbagliante indipendente o reciprocamente incorporato con una luce di posizione anteriore accanto al proiettore che emette il fascio anabbagliante principale, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.2.3.1.3.

Due proiettori che emettono il fascio anabbagliante principale, di cui uno o ambedue incorporato/i reciprocamente con un’altra luce anteriore, devono essere installati in modo che i loro centri di riferimento siano simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.2.3.1.4.

Qualora siano installate unità di illuminazione aggiuntive con funzione di luci di svolta, omologate come parte del fascio luminoso anabbagliante a norma del regolamento n. 113, tale installazione è soggetta alle seguenti condizioni:

 

nel caso di una o più coppie di unità di illuminazione aggiuntive, esse vanno installate in modo che il/i loro centro/i di riferimento sia/siano simmetrico/i rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo;

 

nel caso di un’unità di illuminazione aggiuntiva singola, il suo centro di riferimento deve coincidere con il piano longitudinale mediano del veicolo.

6.2.3.2.   Altezza: minimo 500 mm, massimo 1 200 mm dal suolo.

6.2.3.3.   Lunghezza: nella parte anteriore del veicolo. Tale condizione è considerata soddisfatta se la luce emessa non disturba il conducente, né direttamente né indirettamente, attraverso gli specchi retrovisori e/o altre superfici riflettenti del veicolo.

6.2.3.4.   Qualora il fascio anabbagliante principale sia emesso da due proiettori, la distanza tra le due superfici illuminanti non deve essere superiore a 200 mm.

6.2.4.   Visibilità geometrica

È definita dagli angoli α e β indicati al punto 2.11:

α

=

15° verso l’alto e 10° verso il basso;

β

=

45° verso sinistra e verso destra per i proiettori singoli;

β

=

45° verso l’esterno e 10° verso l’interno per ciascuna coppia di proiettori.

La presenza di divisori o altri elementi in prossimità del proiettore non deve provocare effetti secondari di disturbo per gli altri utenti della strada.

6.2.5.   Orientamento

6.2.5.1.   In avanti. La/e luce/i può/possono spostarsi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.2.5.2.   L’inclinazione verticale del proiettore che emette il fascio anabbagliante principale deve rimanere compresa fra - 0,5 % e -2,5 %, a meno che non sia installato un dispositivo di regolazione esterno.

6.2.5.3.   Nel caso di proiettori per il fascio anabbagliante principale dotati di una sorgente luminosa con flusso luminoso obiettivo superiore a 2 000 lumen, l’inclinazione verticale del proiettore deve rimanere compresa fra - 0,5 % e - 2,5 %. Per rispettare le prescrizioni del presente punto può essere utilizzato un dispositivo di regolazione dei proiettori, purché a funzionamento automatico (3).

6.2.5.4.   L’ottemperanza alla prescrizione di cui al punto 6.2.5.3 va verificata sul veicolo nelle seguenti condizioni:

Condizione A (solo il conducente)

Posizionare sul veicolo una massa di 75 kg ± 1 kg, che simuli la presenza del conducente, in modo da riprodurre i carichi gravanti sugli assi dichiarati dal costruttore per la condizione di carico in questione.

L’inclinazione verticale (regolazione base) del proiettore che emette il fascio anabbagliante principale va regolata, secondo le istruzioni del costruttore, su un valore compreso tra - 1,0 % e - 1,5 %.

Condizione B (motociclo a pieno carico)

Posizionare sul veicolo alcune masse il cui peso complessivo corrisponda alla massa complessiva massima indicata dal costruttore, in modo da riprodurre i carichi gravanti sugli assi dichiarati dal costruttore per la condizione di carico in questione.

Prima di effettuare le misurazioni, il veicolo va fatto oscillare per tre volte in senso verticale (su/giù) e poi spostato in avanti e all’indietro, facendo compiere alle ruote almeno una rotazione completa.

6.2.5.5.   Per il proiettore anabbagliante può essere installato un HIAS (sistema di regolazione dell’inclinazione orizzontale). Il sistema HIAS non deve regolare l’inclinazione orizzontale in misura superiore all’angolo di inclinazione laterale del veicolo.

6.2.5.6.   L’ottemperanza alla prescrizione di cui al punto 6.2.5.5 va verificata nelle seguenti condizioni:

il veicolo di prova deve essere fissato come specificato al punto 5.4. Inclinare il veicolo e misurare l’angolo di prova HIAS;

il veicolo deve essere sottoposto a prova nelle due seguenti condizioni:

a)

angolo di regolazione massimo dell’inclinazione orizzontale indicato dal costruttore (verso sinistra e verso destra);

b)

metà dell’angolo di regolazione massimo dell’inclinazione orizzontale indicato dal costruttore (verso sinistra e verso destra).

Quando si rimette il veicolo di prova nella posizione di cui al punto 5.4, l’angolo di prova HIAS deve tornare rapidamente a zero.

Il manubrio può essere fissato nella posizione di marcia in linea retta, in modo che non si muova quando si inclina il veicolo.

Per la prova, il sistema HIAS deve essere attivato per mezzo di un generatore di segnale HIAS.

Il sistema è considerato soddisfare le prescrizioni del punto 6.2.5.5 quando nessuno degli angoli di prova HIAS misurati risulta inferiore a zero. Tale condizione può essere dimostrata dal costruttore mediante altri mezzi accettati dall’autorità che rilascia l’omologazione.

6.2.5.7.   La sorgente o le sorgenti luminose aggiuntive o l’unità o le unità di illuminazione aggiuntive possono essere attivate solo in concomitanza con il fascio anabbagliante principale per produrre l’illuminazione di svolta. La luce prodotta dall’illuminazione di svolta non deve estendersi al di sopra del piano orizzontale parallelo al suolo, contenente l’asse di riferimento del proiettore che emette il fascio anabbagliante principale per tutti gli angoli di inclinazione laterale, come specificato dal costruttore durante l’omologazione del dispositivo conformemente al regolamento n. 113.

6.2.5.8.   L’ottemperanza alla prescrizione di cui al punto 6.2.5.7 va verificata come segue:

Il veicolo di prova deve essere fissato come specificato al punto 5.4.

Misurare gli angoli di inclinazione laterale su entrambi i lati del veicolo in tutte le situazioni in cui è in funzione l’illuminazione di svolta. Gli angoli di inclinazione laterale da misurare sono quelli indicati dal costruttore durante l’omologazione del dispositivo conformemente al regolamento n. 113.

Il manubrio può essere fissato nella posizione di marcia in linea retta, in modo che non si muova quando si inclina il veicolo.

Per la prova, l’illuminazione di svolta può essere attivata mediante un generatore di segnale fornito dal costruttore.

Il sistema è considerato soddisfare le prescrizioni di cui al punto 6.2.5.7 quando tutti gli angoli di inclinazione laterale misurati sui due lati dei veicolo risultano maggiori o uguali agli angoli di inclinazione laterale minimi indicati nella scheda di comunicazione per l’omologazione del dispositivo conformemente al regolamento n. 113.

La conformità a quanto prescritto al punto 6.2.5.7 può essere dimostrata dal costruttore mediante altri mezzi accettati dall’autorità che rilascia l’omologazione.

6.2.6.   Collegamenti elettrici

Il passaggio al fascio anabbagliante deve provocare lo spegnimento simultaneo del proiettore o dei proiettori abbaglianti.

I proiettori anabbaglianti con una sorgente luminosa omologata in conformità al regolamento n. 99 devono restare accesi quando si accendono i proiettori abbaglianti.

6.2.6.1.   La sorgente o le sorgenti luminose aggiuntive o l’unità o le unità di illuminazione aggiuntive utilizzate per produrre l’illuminazione di svolta devono essere collegate in modo tale da poter essere attivate soltanto quando sono accesi i proiettori che emettono il fascio anabbagliante principale.

La sorgente o le sorgenti luminose aggiuntive o l’unità o le unità di illuminazione aggiuntive utilizzate per produrre l’illuminazione di svolta su ciascun lato del veicolo possono essere attivate automaticamente soltanto quando l’angolo o gli angoli di inclinazione laterale sono maggiori o uguali all’angolo o agli angoli di inclinazione laterale minimi indicati nella scheda di comunicazione per l’omologazione del dispositivo conformemente al regolamento n. 113.

La sorgente o le sorgenti luminose aggiuntive o l’unità o le unità di illuminazione aggiuntive non devono tuttavia attivarsi quando l’angolo di inclinazione laterale è inferiore a 3 gradi.

La sorgente o le sorgenti luminose aggiuntive o l’unità o le unità di illuminazione aggiuntive devono disattivarsi quando l’angolo o gli angoli di inclinazione laterale sono inferiori all’angolo o agli angoli di inclinazione laterale minimi indicati nella scheda di comunicazione per l’omologazione del dispositivo conformemente al regolamento n. 113.

6.2.7.   Spie

6.2.7.1.   «Spia di innesto».

Facoltativa, spia verde non lampeggiante.

6.2.7.2.   Spia «anomalia HIAS».

Obbligatoria, spia lampeggiante di colore giallo ambra, combinabile con la spia di cui al punto 6.1.8.2. Deve attivarsi ogni volta che viene rilevata un’anomalia concernente i segnali HIAS. Deve rimanere accesa finché l’anomalia perdura.

6.2.7.3.   In caso di anomalia al sistema di controllo, la sorgente o le sorgenti luminose aggiuntive o l’unità o le unità di illuminazione aggiuntive che producono l’illuminazione di svolta devono disattivarsi automaticamente.

6.2.8.   Altre prescrizioni

In caso di anomalia del sistema HIAS del proiettore anabbagliante deve essere possibile, senza dover fare uso di attrezzi speciali:

a)

disattivare il sistema HIAS, mantenendolo disattivato fino al suo resettaggio, che va eseguito seguendo le istruzioni del costruttore; e

b)

riposizionare il fascio anabbagliante in modo che il suo allineamento, tanto in orizzontale che in verticale, sia il medesimo di quello dei proiettori non dotati di sistema HIAS.

Il costruttore è tenuto a fornire una descrizione dettagliata della procedura di resettaggio del sistema HIAS.

In alternativa, il costruttore può scegliere di installare un sistema automatico che esegua le funzioni sopra indicate o che resetti il sistema HIAS. In questo caso, deve fornire al laboratorio di prova una descrizione del sistema automatico, nonché dimostrare, fino a quando non saranno emanate prescrizioni armonizzate, in che modo è possibile verificare che il sistema automatico funzioni effettivamente nel modo descritto.

6.3.   INDICATORE DI DIREZIONE

6.3.1.   Numero

Due per lato.

6.3.2.   Collocazione

Due indicatori anteriori (categoria 1 come da regolamento n. 6 o categoria 11 come da regolamento n. 50).

Due indicatori posteriori (categoria 2 come da regolamento n. 6 o categoria 12 come da regolamento n. 50).

6.3.3.   Posizione

6.3.3.1.

In larghezza: per gli indicatori anteriori devono essere rispettate tutte le seguenti prescrizioni:

a)

tra le superfici illuminanti deve esserci una distanza minima di 240 mm,

b)

gli indicatori devono essere situati al di fuori del piano verticale longitudinale tangente ai bordi esterni della superficie illuminante del proiettore o dei proiettori abbaglianti e/o del proiettore o dei proiettori che emettono il fascio anabbagliante principale,

c)

la distanza minima tra le superfici illuminanti degli indicatori e i rispettivi proiettori più prossimi che emettono il fascio anabbagliante principale deve essere la seguente:

Intensità minima dell’indicatore (cd)

Distanza minima di separazione (mm)

90

75

175

40

250

20

400

≤ 20

Per gli indicatori posteriori, la distanza fra i bordi interni delle due superfici illuminanti deve essere di almeno 180 mm, a condizione che siano rispettate le prescrizioni di cui al punto 2.11, anche quando è montata la targa di immatricolazione;

6.3.3.2.

In altezza: minimo 350 mm dal suolo, massimo 1 200 mm.

6.3.3.3.

In lunghezza: la distanza in avanti tra il centro di riferimento degli indicatori posteriori e il piano trasversale che costituisce il limite più arretrato della lunghezza fuori tutto del veicolo non deve superare i 300 mm.

6.3.4.   Visibilità geometrica

Angoli orizzontali: 20° verso l’interno, 80° verso l’esterno.

Angoli verticali: 15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza degli indicatori è inferiore a 750 mm.

6.3.5.   Orientamento

Gli indicatori di direzione anteriori possono muoversi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.3.6.   Collegamenti elettrici

L’accensione degli indicatori di direzione deve essere indipendente da quella delle altre luci. Tutti gli indicatori di direzione situati su uno stesso lato del veicolo devono essere accesi e spenti con lo stesso comando.

6.3.7.   Non possono essere «incorporati reciprocamente» con un’altra luce, ad eccezione della luce di posizione anteriore giallo ambra.

6.3.8.   «Spia di funzionamento»

Obbligatoria. Può essere visiva o acustica, oppure l’uno e l’altro. Se visiva, deve essere costituita da una o più spie verdi lampeggianti che, in caso di funzionamento difettoso di uno o più indicatori di direzione, si spengono, rimangono accese senza lampeggiare oppure cambiano notevolmente la frequenza di lampeggio.

6.3.9.   Altre prescrizioni

Le caratteristiche sotto indicate devono essere misurate con l’impianto elettrico sgravato di ogni altro carico che non sia quello necessario al funzionamento del motore e dei dispositivi di illuminazione. Per tutti i veicoli:

6.3.9.1.

la frequenza di lampeggio della luce deve essere di 90 ± 30 periodi al minuto;

6.3.9.2.

il lampeggio degli indicatori di direzione sullo stesso lato del veicolo può essere sincronizzato o alternato;

6.3.9.3.

l’indicatore di direzione deve accendersi al massimo entro un secondo e spegnersi per la prima volta al massimo entro un secondo e mezzo dall’azionamento del comando del segnale luminoso.

6.3.9.4.

In caso di funzionamento difettoso di un indicatore di direzione, non causato da cortocircuito, l’altro o gli altri indicatori che segnalano la stessa direzione devono continuare a lampeggiare o rimanere accesi; in tal caso la frequenza può differire da quella prescritta.

6.4.   LUCE DI ARRESTO

6.4.1.   Numero

Una o due.

6.4.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.4.3.   Posizione

6.4.3.1.

In altezza: minimo 250 mm dal suolo, massimo 1 500 mm.

6.4.3.2.

In lunghezza: nella parte posteriore del veicolo.

6.4.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

45° verso sinistra e verso destra per le luci singole;

45° verso l’esterno e 10° verso l’interno per ciascuna coppia di luci.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza della luce è inferiore a 750 mm.

6.4.5.   Orientamento

All’indietro.

6.4.6.   Collegamenti elettrici

Deve accendersi ad ogni intervento del freno di servizio.

6.4.7.   Spia

Facoltativa. Se presente, questa spia deve emettere un segnale luminoso non lampeggiante in caso di funzionamento difettoso delle luci di arresto.

6.4.8.   Altre prescrizioni

Nessuna.

6.5.   DISPOSITIVO DI ILLUMINAZIONE DELLA TARGA DI IMMATRICOLAZIONE POSTERIORE

6.5.1.   Numero

Uno, omologato come dispositivo di categoria 2 ai sensi del regolamento n. 50. Il dispositivo può essere composto da vari elementi ottici aventi la funzione di illuminare lo spazio riservato alla targa di immatricolazione.

6.5.2.

Collocazione

Tale che il dispositivo illumini lo spazio riservato alla targa di immatricolazione.

6.5.3.

Posizione

6.5.3.1.

In larghezza:

6.5.3.2.

In altezza:

6.5.3.3.

In lunghezza:

6.5.4.

Visibilità geometrica

6.5.5.

Orientamento

6.5.6.   Spia

Facoltativa. La sua funzione deve essere svolta dalla spia prescritta per la luce di posizione.

6.5.7.   Altre prescrizioni

Quando il dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore è combinato con la luce di posizione posteriore, la quale è incorporata reciprocamente con la luce di arresto o con la luce posteriore per nebbia, le caratteristiche fotometriche del dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore possono risultare modificate quando la luce di arresto o la luce posteriore per nebbia sono accese.

6.6.   LUCE DI POSIZIONE ANTERIORE

6.6.1.   Numero

Una o due

se di colore bianco

oppure

 

due (una per lato)

se di colore giallo ambra

6.6.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.6.3.   Posizione

6.6.3.1.

In larghezza:

 

una luce di posizione anteriore può essere installata sopra, sotto o accanto a un’altra luce anteriore: se queste luci si trovano una sopra l’altra, il centro di riferimento della luce di posizione anteriore deve essere situato sul piano longitudinale mediano del veicolo; se queste luci si trovano una accanto all’altra, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo;

 

una luce di posizione anteriore incorporata reciprocamente con un’altra luce anteriore deve essere installata in modo che il suo centro di riferimento sia situato sul piano longitudinale mediano del veicolo. Tuttavia, se il veicolo è dotato di un’altra luce anteriore, montata accanto alla luce di posizione anteriore, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

Due luci di posizione anteriori, di cui una o ambedue incorporate reciprocamente con un’altra luce anteriore, devono essere installate in modo che i loro centri di riferimento siano simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.6.3.2.

In altezza: minimo 350 mm dal suolo, massimo 1 200 mm.

6.6.3.3.

In lunghezza: nella parte anteriore del veicolo.

6.6.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

80° verso sinistra e verso destra per le luci singole;

per le coppie di luci, l’angolo orizzontale può essere di 80o verso l’esterno e 20o verso l’interno.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

L’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza della luce dal suolo è inferiore a 750 mm.

6.6.5.   Orientamento

In avanti. La/e luce/i può/possono spostarsi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.6.6.   «Spia di innesto»

Obbligatoria. Spia luminosa verde non lampeggiante. Questa spia non è richiesta quando l’illuminazione del quadro strumenti può essere attivata o disattivata solo contemporaneamente alla luce o alle luci di posizione.

6.6.7.   Altre prescrizioni

Quando la luce di posizione anteriore è incorporata reciprocamente con l’indicatore di direzione anteriore, i collegamenti elettrici devono essere disposti in modo che la luce di posizione situata sullo stesso lato dell’indicatore di direzione sia spenta quando l’indicatore di direzione lampeggia.

6.7.   LUCE DI POSIZIONE POSTERIORE

6.7.1.   Numero

Una o due.

6.7.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.7.3.   Posizione

6.7.3.1.

In altezza: minimo 250 mm dal suolo, massimo 1 500 mm.

6.7.3.2.

In lunghezza: nella parte posteriore del veicolo.

6.7.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

80° verso sinistra e verso destra per le luci singole;

per ciascuna coppia di luci, l’angolo orizzontale può essere di 80° verso l’esterno e 45° verso l’interno.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza della luce è inferiore a 750 mm.

6.7.5.   Orientamento

All’indietro.

6.7.6.   «Spia di innesto»

Facoltativa: La sua funzione deve essere svolta dal dispositivo prescritto per la luce di posizione anteriore.

6.7.7.   Altre prescrizioni

Se una luce di posizione posteriore è reciprocamente incorporata con un indicatore di direzione, i collegamenti elettrici della luce di posizione posteriore sul lato interessato del veicolo o la parte di essa reciprocamente incorporata permetteranno che essa resti spenta per tutto il periodo (entrambi i cicli, ON e OFF) di attivazione dell’indicatore di direzione.

6.8.   CATADIOTTRO POSTERIORE, NON TRIANGOLARE

6.8.1.   Numero

Uno o due.

6.8.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.8.3.   Posizione

In altezza: minimo 250 mm dal suolo, massimo 900 mm.

6.8.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

30° verso sinistra e verso destra per i catadiottri singoli;

30° verso l’esterno e 10° verso l’interno per ciascuna coppia di catadiottri.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza del catadiottro è inferiore a 750 mm.

6.8.5.   Orientamento

All’indietro.

6.9.   SEGNALAZIONE LUMINOSA DI PERICOLO

6.9.1.   La segnalazione deve essere prodotta dal funzionamento simultaneo degli indicatori di direzione, conformemente alle prescrizioni del punto 6.3.

6.9.2.   Collegamenti elettrici

Il segnale deve essere attivato con un comando distinto, che permetta di far affluire la corrente a tutti gli indicatori di direzione contemporaneamente.

6.9.3.   «Spia di innesto»

Obbligatoria. Spia rossa lampeggiante o, in caso di spie separate, funzionamento simultaneo della spia prescritta al punto 6.3.8.

6.9.4.   Altre prescrizioni

Frequenza di lampeggio: 90 ± 30 periodi al minuto.

L’indicatore di direzione deve accendersi al massimo entro un secondo e spegnersi per la prima volta al massimo entro un secondo e mezzo dall’azionamento del comando del segnale luminoso.

6.10.   PROIETTORE FENDINEBBIA ANTERIORE

6.10.1.   Numero

Uno o due.

6.10.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.10.3.   Posizione

6.10.3.1.

In larghezza: in caso di proiettore singolo, il centro di riferimento deve trovarsi sul piano longitudinale mediano del veicolo; oppure il bordo della superficie illuminante più vicina a detto piano deve trovarsi ad una distanza non superiore a 250 mm da esso.

6.10.3.2.

In altezza: almeno 250 mm dal suolo. Nessun punto della superficie illuminante deve trovarsi al di sopra del punto più alto della superficie illuminante del proiettore anabbagliante.

6.10.3.3.

In lunghezza: nella parte anteriore del veicolo. Tale condizione è considerata soddisfatta se la luce emessa non disturba il conducente, né direttamente né indirettamente, attraverso gli specchi retrovisori e/o altre superfici riflettenti del veicolo.

6.10.4.   Visibilità geometrica

È definita dagli angoli α e β indicati al punto 2.11:

α

=

5° verso l’alto e verso il basso;

β

=

45° a sinistra e a destra nel caso dei proiettori singoli, salvo che per i proiettori eccentrici, nel cui caso l’angolo β deve essere di 10°;

β

=

45° verso l’esterno e 10° verso l’interno per ciascuna coppia di proiettori.

6.10.5.   Orientamento

In avanti. Il/i proiettore/i può/possono spostarsi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.10.6.   Non possono essere combinati con altre luci anteriori.

6.10.7.   «Spia di innesto»

Facoltativa. Spia luminosa verde non lampeggiante.

6.10.8.   Altre prescrizioni

Nessuna.

6.10.9.   Collegamenti elettrici

Deve essere possibile accendere o spegnere il proiettore o i proiettori fendinebbia indipendentemente dal proiettore o dai proiettori abbaglianti e/o dal proiettore o dai proiettori anabbaglianti.

6.11.   LUCE POSTERIORE PER NEBBIA

6.11.1.   Numero

Una o due.

6.11.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.11.3.   Posizione

6.11.3.1.

In altezza: minimo 250 mm dal suolo, massimo 900 mm.

6.11.3.2.

In lunghezza: nella parte posteriore del veicolo.

6.11.3.3.

La distanza tra la superficie illuminante della luce posteriore per nebbia e quella della luce di arresto deve essere di almeno 100 mm.

6.11.4.   Visibilità geometrica

È definita dagli angoli α e β indicati al punto 2.11:

α

=

5° verso l’alto e verso il basso;

β

=

25° verso sinistra e verso destra per le luci singole;

25° verso l’esterno e 10° verso l’interno per ciascuna coppia di luci.

6.11.5.   Orientamento

All’indietro.

6.11.6.   Collegamenti elettrici

Devono essere disposti in modo che la luce posteriore per nebbia possa accendersi soltanto quando è accesa una o più delle seguenti luci: proiettore abbagliante, proiettore anabbagliante, proiettore fendinebbia anteriore.

Se il veicolo è dotato di proiettore fendinebbia anteriore, deve essere possibile spegnere la luce posteriore per nebbia indipendentemente dal proiettore fendinebbia anteriore.

La luce o le luci posteriori per nebbia possono restare in funzione fino a che non si spengono le luci di posizione, dopodiché devono restare spente fino a che non le si riaccenda intenzionalmente.

6.11.7.   «Spia di innesto»

Obbligatoria. Spia luminosa di colore giallo ambra non lampeggiante.

6.11.8.   Altre prescrizioni

Nessuna.

6.12.   CATADIOTTRO LATERALE, NON TRIANGOLARE

6.12.1.   Numero per ciascun lato:

Uno o due.

6.12.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.12.3.   Posizione

6.12.3.1.

Sul lato del veicolo.

6.12.3.2.

In altezza: minimo 300 mm dal suolo, massimo 900 mm.

6.12.3.3.

In lunghezza: va collocato in una posizione tale che in condizioni normali non possa essere coperto dall’abbigliamento del conducente o del passeggero.

6.12.4.   Visibilità geometrica

Angoli orizzontali β = 30° in avanti e all’indietro.

Angoli verticali α = 15° sopra e sotto l’orizzontale.

L’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza del catadiottro è inferiore a 750 mm.

6.12.5.   Orientamento

L’asse di riferimento dei catadiottri deve essere perpendicolare al piano longitudinale mediano del veicolo e orientato verso l’esterno. I catadiottri laterali anteriori possono muoversi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.13.   LUCE DI MARCIA DIURNA

6.13.1.   Presenza

Facoltativa per i motocicli.

6.13.2.   Numero

Una o due di tipo omologato a norma del regolamento n. 87.

6.13.3.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.13.4.   Posizione

6.13.4.1.   In larghezza:

6.13.4.1.1.

Una luce di marcia diurna indipendente può essere installata sopra, sotto o accanto a un’altra luce anteriore: se queste luci si trovano una sopra l’altra, il centro di riferimento della luce di marcia diurna deve essere situato sul piano longitudinale mediano del veicolo; se queste luci si trovano una accanto all’altra, il bordo della superficie illuminante deve trovarsi ad una distanza non superiore a 250 mm dal piano longitudinale mediano del veicolo.

6.13.4.1.2.

Una luce di marcia diurna incorporata reciprocamente con un’altra luce anteriore (proiettore abbagliante o luce di posizione anteriore) deve essere installata in modo che il bordo della superficie illuminante disti non più di 250 mm dal piano longitudinale mediano del veicolo.

6.13.4.1.3.

Due luci di marcia diurna, di cui una o entrambe incorporate reciprocamente con un’altra luce anteriore, devono essere installate in modo che i loro centri di riferimento siano simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.13.4.1.4.

Nel caso di due luci di marcia diurna, la distanza tra le due superfici illuminanti non deve essere superiore a 420 mm.

6.13.4.1.5.

La prescrizione concernente la distanza di separazione massima non si applica quando le luci di marcia diurna:

a)

sono raggruppate, combinate o reciprocamente incorporate con un altro proiettore, oppure

b)

si trovano all’interno della proiezione del profilo frontale del motociclo su un piano ortogonale perpendicolare al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.13.4.2.   In altezza:

minimo 250 mm dal suolo, massimo 1 500 mm.

6.13.4.3.   In lunghezza:

nella parte anteriore del veicolo.

6.13.5.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

20° verso l’esterno e 10° verso l’interno.

Angolo verticale

:

10° verso l’alto e 10° verso il basso.

6.13.6.   Orientamento

In avanti. La/e luce/i può/possono spostarsi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.13.7.   Collegamenti elettrici

6.13.7.1.   La luce di marcia diurna deve spegnersi automaticamente quando vengono accesi i proiettori, tranne quando questi ultimi sono utilizzati per emettere un segnale luminoso intermittente a brevi intervalli.

La luce di posizione posteriore deve essere accesa quando la luce o le luci di marcia diurna sono accese. La luce o le luci di posizione anteriori e il dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore possono essere accesi, individualmente o congiuntamente, quando la luce o le luci di marcia diurna sono accese.

6.13.7.2.   Se la distanza tra l’indicatore di direzione anteriore e la luce di marcia diurna non supera i 40 mm, i collegamenti elettrici della luce di marcia diurna sul lato interessato del veicolo possono permettere che:

a)

essa sia spenta; oppure

b)

la sua intensità luminosa sia ridotta per tutto il periodo (entrambi i cicli, ON e OFF) di attivazione dell’indicatore di direzione anteriore.

6.13.7.3.   Se un indicatore di direzione è reciprocamente incorporato con una luce di marcia diurna, i collegamenti elettrici della luce di marcia diurna sul lato interessato del veicolo possono permettere che essa resti spenta per tutto il periodo (entrambi i cicli, ON e OFF) di attivazione dell’indicatore di direzione.

6.13.8.   Spia

Spia di innesto di colore verde, facoltativa.

6.13.9.   Altre prescrizioni

Il simbolo relativo alla luce di marcia diurna nella norma ISO 2575:2004, «Veicoli stradali. Simboli per comandi, indicatori e spie», può essere utilizzato per informare il conducente che la luce di marcia diurna è in funzione.

7.   MODIFICHE DEL TIPO DI VEICOLO O DELL’INSTALLAZIONE DEI DISPOSITIVI DI ILLUMINAZIONE E DI SEGNALAZIONE LUMINOSA SU DI ESSO MONTATI

7.1.

Ogni modifica del tipo di veicolo o dell’installazione dei dispositivi di illuminazione o di segnalazione luminosa su di esso montati o dell’elenco di cui al punto 3.2.2. deve essere notificata al servizio amministrativo che ha omologato tale tipo di veicolo. Detto servizio può:

7.1.1.

ritenere che la modifica effettuata probabilmente non avrà ripercussioni negative di rilievo e che in ogni modo il veicolo è ancora conforme alle prescrizioni; oppure

7.1.2.

chiedere al servizio tecnico che effettua le prove di presentare un nuovo verbale di prova.

7.2.

La conferma o il rifiuto dell’omologazione, con indicazione delle avvenute modifiche, devono essere comunicati alle parti dell’accordo che applicano il presente regolamento, secondo la procedura di cui al punto 4.3.

7.3.

L’autorità competente che rilascia l’estensione dell’omologazione attribuisce un numero di serie all’estensione e ne informa le altre parti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento mediante una scheda di notifica conforme al modello si cui all’allegato 1 del presente regolamento.

8.   CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

Le procedure per la verifica della conformità della produzione devono essere conformi a quelle indicate nell’appendice 2 dell’accordo (E/ECE/324-E/ECE/TRANS/505/Rev.2), nonché alle disposizioni seguenti.

8.1.

I motocicli omologati a titolo del presente regolamento devono essere costruiti in maniera tale da essere conformi al tipo omologato, devono cioè soddisfare le prescrizioni di cui ai punti 5. e 6.

8.2.

Devono essere soddisfatte le prescrizioni minime per le procedure di controllo della conformità della produzione indicate nell’allegato 5 del presente regolamento.

8.3.

L’autorità che ha rilasciato l’omologazione può verificare in qualsiasi momento i metodi di controllo della conformità applicati in ogni stabilimento di produzione. La frequenza normale di tali verifiche è di una all’anno.

9.   SANZIONI IN CASO DI NON CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

9.1.

L’omologazione di un tipo di veicolo rilasciata ai sensi del presente regolamento può essere ritirata se la prescrizione di cui al precedente punto 8.1 cessa di essere soddisfatta o se il veicolo non supera i controlli prescritti al precedente punto 8.

9.2.

Se una parte dell’accordo che applica il presente regolamento revoca un’omologazione precedentemente rilasciata, essa deve informare le altre parti contraenti dell’accordo che applicano il presente regolamento mediante una scheda di comunicazione conforme al modello di cui all’allegato 1 del presente regolamento.

10.   CESSAZIONE DEFINITIVA DELLA PRODUZIONE

Se il titolare di un’omologazione cessa definitivamente la produzione di un tipo di veicolo omologato a norma del presente regolamento, ne informa l’autorità che ha rilasciato l’omologazione la quale, a sua volta, informa le altre parti contraenti dell’accordo che applicano il presente regolamento per mezzo di una scheda di comunicazione conforme al modello di cui all’allegato 1 del presente regolamento.

11.   DISPOSIZIONI TRANSITORIE

11.1.

A partire dalla data ufficiale di entrata in vigore del supplemento 10 alla serie di modifiche 01, nessuna parte contraente che applica il presente regolamento può rifiutarsi di rilasciare l’omologazione ai sensi del presente regolamento come modificato dal supplemento 10 alla serie di modifiche 01.

11.2.

Trascorsi 60 mesi dalla data di entrata in vigore indicata al punto 11.1, le parti contraenti che applicano il presente regolamento rilasciano omologazioni solo se il tipo di veicolo ottempera alle prescrizioni del supplemento 10 alla serie di modifiche 01 del presente regolamento per quanto riguarda il numero e le modalità di installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa.

11.3.

Le omologazioni rilasciate a norma del presente regolamento prima della data di cui al punto 11.2 restano valide. Nel caso dei veicoli immatricolati per la prima volta più di 84 mesi dopo la data di entrata in vigore indicata al punto 11.1, le parti contraenti che applicano il presente regolamento possono rifiutare il tipo di veicolo se non ottempera alle prescrizioni del supplemento 10 alla serie di modifiche 01 del presente regolamento per quanto riguarda il numero e le modalità di installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa.

12.   DENOMINAZIONE E INDIRIZZO DEI SERVIZI TECNICI CHE EFFETTUANO LE PROVE DI OMOLOGAZIONE E DEI SERVIZI AMMINISTRATIVI

Le parti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento comunicano al segretariato delle Nazioni Unite il nome e l’indirizzo dei servizi tecnici incaricati delle prove di omologazione e dei servizi amministrativi che rilasciano l’omologazione, ai quali devono essere inviate le schede concernenti l’omologazione, l’estensione, il rifiuto o la revoca dell’omologazione rilasciate da altri paesi.


(1)  Quali definiti nell’allegato 7 della risoluzione consolidata sulla costruzione dei veicoli (R.E.3) (documento TRANS/WP.29/78/Rev.1/Amend.2. modificato da ultimo da Amend.4).

(2)  I numeri distintivi delle parti contraenti dell’accordo del 1958 sono riportati nell’allegato 3 della risoluzione consolidata sulla costruzione dei veicoli (R.E.3), documento TRANS/WP.29/78/Rev.2/Amend.1.

(3)  Tuttavia, nei primi 60 mesi successivi all’entrata in vigore del supplemento 10 alla serie di modifiche 01 questa operazione può essere svolta manualmente senza l’uso di attrezzi. In tal caso, il costruttore deve inserire nel manuale di istruzioni del veicolo spiegazioni relative alla regolazione manuale dei proiettori.


ALLEGATO 1

COMUNICAZIONE

(formato massimo: A4 (210 × 297 mm))

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ALLEGATO 2

CONFIGURAZIONE DEI MARCHI DI OMOLOGAZIONE

MODELLO A

(cfr. punto 4.4 del presente regolamento)

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Il marchio di omologazione sopra riportato, apposto su un motociclo, indica che questo tipo di veicolo è stato omologato, per quanto riguarda l’installazione di dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa, nei Paesi Bassi (E4) in forza del regolamento n. 53 modificato dalla serie di modifiche 04. Il numero di omologazione indica che l’omologazione è stata rilasciata in conformità al regolamento n. 53.

MODELLO B

(cfr. punto 4.5 del presente regolamento)

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Il marchio di omologazione sopra-riportato, apposto su un motociclo, indica che questo tipo di veicolo è stato omologato nei Paesi Bassi (E4) a norma dei regolamenti n. 53 e n. 78 (1). I numeri di omologazione indicano che, alla data in cui sono state rilasciate le omologazioni, il regolamento n. 53 comprendeva la serie di modifiche 01 e il regolamento n. 78 comprendeva la serie di modifiche 02.


(1)  Il secondo numero è riportato unicamente a titolo di esempio.


ALLEGATO 3

SUPERFICIE, ASSE E CENTRO DI RIFERIMENTO DELLE LUCI E ANGOLI DI VISIBILITÀ GEOMETRICA

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SUPERFICIE ILLUMINANTE CONFRONTATA CON LA SUPERFICIE DI USCITA DELLA LUCE

(cfr. punti 2.9. e 2.8. del presente regolamento)

SCHEMA A

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Superficie illuminante

Superficie di uscita della luce

I bordi sono

a e b

c e d

SCHEMA B

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Superficie illuminante

Superficie di uscita della luce

I bordi sono

a e b

c e d


ALLEGATO 4

VISIBILITÀ ANTERIORE DELLE LUCI ROSSE E VISIBILITÀ POSTERIORE DELLE LUCI BIANCHE

(cfr. punto 5.9 del presente regolamento)

Figura 1

Visibilità anteriore di una luce rossa

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Figura 2

Visibilità posteriore di una luce bianca

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ALLEGATO 5

CONTROLLO DI CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

1.   PROVE

1.1.   Posizione delle luci

La posizione delle luci specificata al punto 6 deve essere controllata conformemente alle prescrizioni generali di cui al punto 5 del presente regolamento. I valori misurati per le distanze devono soddisfare le prescrizioni particolari relative a ciascuna luce.

1.2.   Visibilità delle luci

1.2.1.   Gli angoli di visibilità geometrica devono essere controllati in conformità al punto 2.11 del presente regolamento. I valori misurati per gli angoli devono soddisfare le prescrizioni particolari relative a ciascuna luce, eccezione fatta per i limiti degli angoli che possono avere una tolleranza corrispondente alla variazione di ± 3° ammessa al punto 5.3 per l’installazione dei dispositivi di segnalazione luminosa.

1.2.2.   La visibilità di luce rossa verso l’avanti e di luce bianca verso il retro deve essere controllata in conformità al punto 5.9 del presente regolamento.

1.3.   Orientamento dei proiettori anabbaglianti verso l’avanti

1.3.1.   Inclinazione iniziale verso il basso

(L’inclinazione iniziale verso il basso della linea di demarcazione del fascio anabbagliante deve essere verificata alla luce delle prescrizioni del punto 6.2.5).

1.4.   Collegamenti elettrici e spie

I collegamenti elettrici devono essere controllati accendendo ogni luce alimentata dall’impianto elettrico del motociclo.

Il funzionamento delle luci e delle spie deve essere conforme alle prescrizioni di cui ai punti da 5.10 a 5.12 del presente regolamento e alle prescrizioni particolari relative a ciascuna luce.

1.5.   Intensità luminosa

1.5.1.   Proiettori abbaglianti

L’intensità massima dell’insieme dei proiettori abbaglianti deve soddisfare la prescrizione di cui al punto 6.1.9 del presente regolamento.

1.6.   La presenza, il numero, il colore, lo schema di montaggio e, ove opportuno, la categoria delle luci devono essere controllati tramite controllo visivo delle luci e delle rispettive marcature. Queste caratteristiche devono soddisfare le prescrizioni di cui al punto 5.13, nonché le prescrizioni particolari applicabili a ciascuna luce.


ALLEGATO 6

SPIEGAZIONI RELATIVE A: «INCLINAZIONE ORIZZONTALE», «ANGOLO DI INCLINAZIONE LATERALE» E «ANGOLO δ»

Figura 3

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18.6.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 166/88


Solo i testi originali UN/ECE hanno effetto giuridico nel quadro del diritto pubblico internazionale. Lo status e la data di entrata in vigore del presente regolamento devono essere controllati nell’ultima versione del documento UN/ECE TRANS/WP.29/343, reperibile al seguente indirizzo:

http://www.unece.org/trans/main/wp29/wp29wgs/wp29gen/wp29fdocstts.html.

Regolamento n. 74 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) — Disposizioni uniformi relative all’omologazione dei veicoli di categoria L1 per quanto concerne l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa

Comprendente tutto il testo valido fino a:

supplemento 6 alla serie di modifiche 01 — data di entrata in vigore: 22 luglio 2009

supplemento 7 alla serie di modifiche 01 — data di entrata in vigore: 18 novembre 2012

SOMMARIO

REGOLAMENTO

1.

Campo di applicazione

2.

Definizioni

3.

Domanda di omologazione

4.

Omologazione

5.

Prescrizioni generali

6.

Prescrizioni particolari

7.

Immatricolazione dei veicoli

8.

Conformità della produzione

9.

Sanzioni in caso di non conformità della produzione

10.

Modifica ed estensione dell’omologazione del tipo di veicolo per quanto concerne l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa

11.

Cessazione definitiva della produzione

12.

Disposizioni transitorie

13.

Denominazione e indirizzo dei servizi tecnici che effettuano le prove di omologazione e dei servizi amministrativi

ALLEGATI

Allegato 1 —

Comunicazione concernente il rilascio, l’estensione, il rifiuto o la revoca dell’omologazione o la cessazione definitiva della produzione di un tipo di veicolo (ciclomotore) per quanto concerne l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa in applicazione del regolamento n. 74

Allegato 2 —

Configurazione dei marchi di omologazione

Allegato 3 —

Superficie dei dispositivi di illuminazione, asse e centro di riferimento e angoli di visibilità geometrica

Allegato 4 —

Visibilità anteriore delle luci rosse e visibilità posteriore delle luci bianche

Allegato 5 —

Controllo della conformità della produzione

1.   CAMPO DI APPLICAZIONE

Il presente regolamento si applica ai veicoli di categoria L1  (1) per quanto concerne l’installazione di dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa.

2.   DEFINIZIONI

Agli effetti del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:

2.1.

«omologazione di un veicolo»: omologazione di un tipo di veicolo per quanto riguarda il numero e le modalità di installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa;

2.2.

«tipo di veicolo»: categoria di veicoli a motore che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto concerne:

2.2.1.

dimensioni e forma esterna del veicolo;

2.2.2.

numero e posizione dei dispositivi;

2.2.3.

non si considerano pertanto «veicoli di tipo diverso»:

2.2.3.1.

i veicoli che presentano differenze ai sensi dei punti 2.2.1 e 2.2.2 di cui sopra, ma che non comportano modifiche del genere, del numero, della posizione e della visibilità geometrica delle luci prescritte per il tipo di veicolo in questione;

2.2.3.2.

i veicoli sui quali sono montate luci omologate a norma di uno dei regolamenti allegati all’accordo del 1958, o luci consentite nel paese in cui i veicoli sono immatricolati, e i veicoli privi di tali luci qualora queste siano facoltative;

2.3.

«piano trasversale»: piano verticale perpendicolare al piano longitudinale mediano del veicolo;

2.4.

«veicolo a vuoto»: veicolo senza conducente, passeggeri e carico, con il serbatoio del carburante pieno e la normale attrezzatura presente;

2.5.

«luce»: dispositivo avente funzione di illuminare la strada o di emettere un segnale luminoso visibile per gli altri utenti della strada. Sono considerate luci anche il dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore e i catadiottri;

2.5.1.   «luci equivalenti»: luci che hanno la stessa funzione e che sono ammesse nel paese di immatricolazione del veicolo; tali luci possono avere caratteristiche differenti dalle luci in dotazione al veicolo al momento dell’omologazione, purché soddisfino le condizioni del presente regolamento;

2.5.2.   «luci indipendenti»: dispositivi aventi superfici illuminanti, sorgenti luminose e contenitori distinti;

2.5.3.   «luci raggruppate»: dispositivi aventi superfici illuminanti e sorgenti luminose distinte, ma il contenitore in comune;

2.5.4.   «luci combinate»: dispositivi aventi superfici illuminanti distinte, ma sorgente luminosa e contenitore in comune;

2.5.5.   «luci reciprocamente incorporate»: dispositivi aventi sorgenti luminose distinte oppure una sorgente luminosa unica funzionante in condizioni diverse (ad esempio, differenze ottiche, meccaniche o elettriche), superfici illuminanti totalmente o parzialmente in comune e contenitore in comune;

2.5.6.   «proiettore abbagliante (di profondità)»: luce avente funzione di illuminare in profondità il piano stradale antistante il veicolo;

2.5.7.   «proiettore anabbagliante»: luce avente funzione di illuminare il piano stradale antistante il veicolo senza abbagliare né disturbare indebitamente i conducenti provenienti dalla direzione opposta e gli altri utenti della strada;

2.5.8.   «luce di posizione anteriore»: luce avente funzione di segnalare la presenza del veicolo visto dalla parte anteriore;

2.5.9.   «catadiottro»: dispositivo destinato a segnalare la presenza di un veicolo, per mezzo della riflessione della luce proveniente da una sorgente luminosa estranea al veicolo stesso, ad un osservatore situato in prossimità di detta sorgente luminosa.

Ai fini del presente regolamento, le targhe di immatricolazione retroriflettenti non si considerano catadiottri;

2.5.10.   «indicatore di direzione»: luce avente funzione di segnalare agli altri utenti della strada che il conducente intende cambiare direzione verso destra o verso sinistra.

Gli indicatori di direzione possono essere usati anche in conformità alle prescrizioni del regolamento n. 97;

2.5.11.   «luce di arresto»: luce avente funzione di segnalare agli altri utenti della strada che si trovino dietro il veicolo che il conducente sta azionando il freno di servizio;

2.5.12.   «luce di posizione posteriore»: luce avente funzione di segnalare la presenza del veicolo visto dalla parte posteriore;

2.5.13.   «dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore»: dispositivo avente funzione di illuminare lo spazio riservato alla targa di immatricolazione posteriore; può essere composto di vari elementi ottici;

2.6.

«superficie di uscita della luce» di un dispositivo di illuminazione o di segnalazione luminosa e di un catadiottro: tutta o parte della superficie esterna del materiale trasparente, indicata dal fabbricante del dispositivo nel rispettivo disegno allegato alla domanda di omologazione (cfr. allegato 3);

2.7.

«superficie illuminante» (cfr. allegato 3);

2.7.1.   «superficie illuminante di un dispositivo di illuminazione» (punti 2.5.6 e 2.5.7): proiezione ortogonale dell’apertura totale del riflettore o, nel caso dei proiettori con riflettore ellissoidale, del «trasparente di proiezione» su un piano trasversale. Se il dispositivo di illuminazione non ha riflettore, si applica la definizione di cui al punto 2.7.2 Se la superficie di uscita della luce del proiettore ricopre soltanto una parte dell’apertura totale del riflettore, si prende in considerazione unicamente la proiezione di questa parte.

Nel caso del proiettore anabbagliante, la superficie illuminante è delimitata dalla traccia della linea di demarcazione che appare sul trasparente. Se riflettore e trasparente sono regolabili fra loro, si prende come base la posizione intermedia di regolazione.

2.7.2.   «superficie illuminante di un dispositivo di segnalazione luminosa diverso da un catadiottro» (punti 2.5.8, 2.5.10, 2.5.11 e 2.5.12): proiezione ortogonale della luce su un piano perpendicolare al suo asse di riferimento e in contatto con l’esterno della superficie di uscita della luce. Tale proiezione è delimitata dai margini di schermi situati in questo piano, ciascuno dei quali lascia passare soltanto il 98 per cento dell’intensità totale della luce in direzione dell’asse di riferimento. Per determinare i bordi inferiori, superiori e laterali di una luce, si prendono in considerazione soltanto schermi a margine orizzontale o verticale;

2.7.3.   «superficie illuminante di un catadiottro» (punto 2.5.9): proiezione ortogonale del catadiottro su un piano perpendicolare al suo asse di riferimento, delimitata da piani contigui alle parti estreme dell’ottica catadiottrica e paralleli a questo asse. Per determinare i bordi inferiore, superiore e laterali del dispositivo, si considerano solo i piani verticali e orizzontali;

2.8.

«superficie apparente»: per una direzione di osservazione definita, a richiesta del fabbricante oppure del suo mandatario, la proiezione ortogonale:

dei bordi della superficie illuminante proiettata sulla superficie esterna del trasparente (a-b),

oppure la superficie di uscita della luce (c-d),

su un piano perpendicolare alla direzione di osservazione e tangente al punto più esterno del trasparente (cfr. allegato 3 del presente regolamento);

2.9.

«asse di riferimento»: asse caratteristico della luce, determinato dal fabbricante (della luce) come direzione di riferimento (H = 0o, V = 0o) per gli angoli di campo nelle misure fotometriche e per l’installazione della luce sul veicolo;

2.10.

«centro di riferimento»: l’intersezione dell’asse di riferimento con la superficie di uscita della luce. Questo centro di riferimento deve essere indicato dal fabbricante del dispositivo;

2.11.

«angoli di visibilità geometrica»: angoli che determinano la zona dell’angolo solido minimo nella quale la superficie apparente della luce deve essere visibile. Tale zona dell’angolo solido è determinata dai segmenti di una sfera, il cui centro coincide con il centro di riferimento del dispositivo e il cui equatore è parallelo al suolo. Questi segmenti si determinano a partire dall’asse di riferimento. Gli angoli orizzontali β corrispondono alla longitudine, gli angoli verticali α alla latitudine. All’interno degli angoli di visibilità geometrica non devono esistere ostacoli alla propagazione della luce a partire da una parte qualunque della superficie apparente del dispositivo osservata dall’infinito. Se le misurazioni vengono effettuate a minor distanza dal dispositivo, la direzione di osservazione deve essere spostata parallelamente per ottenere la stessa precisione.

All’interno degli angoli di visibilità geometrica non si tiene conto di ostacoli che esistevano già all’atto dell’omologazione del dispositivo.

Se, a dispositivo montato, una parte qualsiasi della sua superficie apparente rimane nascosta da una qualsiasi parte del veicolo, deve essere provato che la parte del dispositivo non nascosta è ancora conforme ai valori fotometrici prescritti per l’omologazione del dispositivo stesso quale unità ottica (v. allegato 3 del presente regolamento). Se tuttavia l’angolo verticale di visibilità geometrica sotto il piano orizzontale può essere ridotto a 5° (quando la luce si trova ad una altezza dal suolo inferiore a 750 mm), il campo fotometrico delle misure dell’unità ottica installata può essere limitato a 5° sotto il piano orizzontale;

2.12.

«estremità della larghezza fuori tutto»: su ciascun lato del veicolo, piano parallelo al piano longitudinale mediano del veicolo e tangente al bordo laterale esterno di quest’ultimo, senza tener conto degli specchi retrovisori, degli indicatori di direzione, delle luci di posizione e dei catadiottri;

2.13.

«larghezza fuori tutto»: distanza fra i due piani verticali definiti al punto 2.12;

2.14.

«luce singola»: dispositivo o parte di esso avente una sola funzione e una sola superficie illuminante nella direzione dell’asse di riferimento (cfr. punto 2.8 del presente regolamento) e una o più sorgenti luminose.

Ai fini dell’installazione sul veicolo, per luce singola si intende anche qualsiasi insieme di due luci indipendenti o raggruppate, identiche o no, ma aventi la stessa funzione, quando siano installate in modo che la proiezione delle superfici apparenti delle luci in direzione dell’asse di riferimento occupi almeno il 60 % della superficie del rettangolo più piccolo che circoscrive le proiezioni di dette superfici apparenti nella direzione dell’asse di riferimento. In tal caso ognuna di queste luci, qualora sia richiesta l’omologazione, deve essere omologata come luce di tipo «D». Questa possibile combinazione non si applica ai proiettori abbaglianti e ai proiettori anabbaglianti.

2.15.

«distanza fra due luci» orientate nella stessa direzione: distanza minima fra le due superfici apparenti in direzione dell’asse di riferimento. Quando la distanza tra le luci soddisfa chiaramente le prescrizioni del presente regolamento, non è necessario determinare esattamente i bordi delle superfici apparenti;

2.16.

«spia di funzionamento»: segnale ottico o acustico (o altro segnale equivalente) che indica se un dispositivo è stato attivato e se funziona correttamente o no;

2.17.

«spia di innesto»: segnale ottico (o altro segnale equivalente) che indica se un dispositivo è stato attivato, senza indicare se funziona correttamente o no;

2.18.

«luce facoltativa»: luce la cui installazione è lasciata alla scelta del costruttore;

2.19.

«suolo»: superficie su cui si trova il veicolo, la quale deve essere sostanzialmente orizzontale;

2.20.

«dispositivo»: elemento o insieme di elementi impiegati per svolgere una o più funzioni;

2.21.

«colore della luce emessa dal dispositivo»: al presente regolamento si applicano le definizioni relative al colore della luce emessa del regolamento n. 48 e della sua serie di modifiche in vigore al momento della domanda di omologazione;

3.   DOMANDA DI OMOLOGAZIONE

3.1.

La domanda di omologazione di un veicolo per quanto riguarda l’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa deve essere presentata dal costruttore del veicolo o dal suo mandatario.

3.2.

Essa deve essere accompagnata dai seguenti documenti, in triplice esemplare, e corredata delle seguenti indicazioni:

3.2.1.

una descrizione del tipo di veicolo con riferimento agli aspetti di cui ai precedenti punti 2.2.1 e 2.2.2; il tipo di veicolo deve essere specificato;

3.2.2.

un elenco dei dispositivi che, in base a quanto previsto dal costruttore, formeranno l’insieme dei dispositivi di illuminazione e segnalazione luminosa. L’elenco può comprendere vari tipi di dispositivi per ciascuna funzione. Ogni tipo va debitamente identificato (marchio di omologazione nazionale o internazionale, se omologato, nome del fabbricante ecc.). L’elenco può anche comprendere, per ogni funzione, la seguente indicazione aggiuntiva: «o dispositivi equivalenti»;

3.2.3.

uno schema dell’insieme dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa con indicazione della posizione dei diversi dispositivi sul veicolo;

3.2.4.

se necessario, per verificare la conformità alle prescrizioni del presente regolamento, uno o più schemi che indichino per ciascuna luce singola la superficie illuminante quale definita al punto 2.7.1, la superficie di uscita della luce quale definita al punto 2.6, l’asse di riferimento quale definito al punto 2.9 e il centro di riferimento quale definito al punto 2.10. Questi dati non sono necessari per il dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore (punto 2.5.13).

3.2.5.

Indicare nella domanda il metodo impiegato per definire la superficie apparente (punto 2.8).

3.3.

Un veicolo a vuoto, dotato della serie completa di dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa di cui al punto 3.2.2 e rappresentativo del tipo di veicolo da omologare, deve essere presentato al servizio tecnico che effettua le prove di omologazione.

4.   OMOLOGAZIONE

4.1.

Si rilascia l’omologazione di un tipo di veicolo se il tipo di veicolo presentato ai sensi del presente regolamento è conforme alle prescrizioni del regolamento rispetto a tutti i dispositivi indicati nell’elenco.

4.2.

A ciascun tipo omologato viene attribuito un numero di omologazione. Le prime due cifre di tale numero (attualmente 01 perché il regolamento è giunto alla serie di modifiche 01) indicano le serie di modifiche comprendenti le più recenti principali modifiche tecniche apportate al regolamento alla data del rilascio dell’omologazione. Lo stesso numero non può essere successivamente assegnato dalla stessa parte contraente a un altro tipo di veicolo o allo stesso tipo di veicolo dotato di dispositivi non compresi nell’elenco di cui al punto 3.2.2, fatte salve le disposizioni di cui al punto 7 del presente regolamento.

4.3.

Il rilascio, l’estensione o il rifiuto dell’omologazione o la cessazione definitiva della produzione di un tipo di veicolo a norma del presente regolamento devono essere comunicati alle parti dell’accordo che applicano il presente regolamento mediante una scheda conforme al modello che figura nell’allegato 1 del presente regolamento.

4.4.

Su ogni veicolo conforme al tipo di veicolo omologato ai sensi del presente regolamento va apposto, in modo visibile e in un punto facilmente accessibile specificato sulla scheda di omologazione, un marchio di omologazione internazionale composto da:

4.4.1.

un cerchio al cui interno è iscritta la lettera «E» seguita dal numero distintivo del paese che ha rilasciato l’omologazione (2);

4.4.2.

il numero del presente regolamento seguito dalla lettera «R», da un trattino e dal numero di omologazione a destra del cerchio di cui al punto 4.4.1.

4.5.

Se il veicolo è conforme a un tipo omologato a norma di altri regolamenti allegati all’accordo nel paese che ha rilasciato l’omologazione a norma del presente regolamento, non è necessario ripetere il simbolo di cui al punto 4.4.1. In tal caso, i numeri del regolamento e di omologazione, nonché i simboli aggiuntivi di tutti i regolamenti in applicazione dei quali si è ottenuta l’omologazione nel paese che l’ha rilasciata ai sensi del presente regolamento, sono disposti in colonne verticali a destra del simbolo prescritto al punto 4.4.1.

4.6.

Il marchio di omologazione deve essere chiaramente leggibile e indelebile.

4.7.

Il marchio di omologazione deve essere apposto sulla targhetta dei dati collocata dal costruttore o accanto ad essa.

4.8.

Nell’allegato 2 del presente regolamento figurano esempi di marchi di omologazione.

5.   PRESCRIZIONI GENERALI

5.1.   I dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa devono essere montati in modo che, nelle normali condizioni d’impiego e malgrado le vibrazioni cui possono essere sottoposti in tali condizioni, conservino le caratteristiche prescritte dal presente regolamento e che il veicolo possa soddisfare le prescrizioni del regolamento stesso. In particolare, occorre evitare che si possa effettuare inavvertitamente un’erronea regolazione delle luci.

5.2.   I dispositivi di illuminazione devono essere installati in modo che la regolazione corretta dell’orientamento possa essere eseguita con facilità.

5.3.   Per tutti i dispositivi di segnalazione luminosa, anche per quelli posti sui lati, l’asse di riferimento della luce installata sul veicolo deve essere parallelo al piano di appoggio del veicolo sulla strada; tale asse deve inoltre essere perpendicolare al piano longitudinale mediano del veicolo nel caso dei catadiottri laterali e parallelo a tale piano nel caso di tutti gli altri dispositivi.

In ogni direzione è ammessa una tolleranza di ± 3o.

Inoltre, se il costruttore ha previsto disposizioni particolari per l’installazione, esse devono essere rispettate.

5.4.   L’altezza e l’orientamento delle luci devono essere verificati, salvo prescrizioni particolari, quando il veicolo è a vuoto e si trova su una superficie piana e orizzontale, con il piano longitudinale mediano verticale e il manubrio nella posizione di marcia in linea retta.

5.5.   In assenza di istruzioni specifiche:

5.5.1.

luci o riflettori singoli vanno fissati in modo che il loro centro di riferimento sia situato sul piano longitudinale mediano del veicolo;

5.5.2.

le luci che formano una coppia e che hanno la stessa funzione devono:

5.5.2.1.

essere disposte simmetricamente rispetto al piano longitudinale mediano;

5.5.2.2.

essere simmetriche l’una rispetto all’altra in rapporto al piano longitudinale mediano;

5.5.2.3.

soddisfare le stesse prescrizioni colorimetriche;

5.5.2.4.

avere caratteristiche fotometriche nominali identiche; e

5.5.2.5.

accendersi e spegnersi simultaneamente.

5.6.   Le luci possono essere raggruppate, combinate o reciprocamente incorporate, a condizione che per ogni luce siano rispettate tutte le prescrizioni relative a colore, posizione, orientamento, visibilità geometrica, collegamenti elettrici, nonché eventuali altre prescrizioni.

5.7.   L’altezza massima dal suolo deve essere misurata a partire dal punto più elevato e l’altezza minima a partire dal punto più basso della superficie apparente in direzione dell’asse di riferimento. Nel caso dei proiettori anabbaglianti, l’altezza minima dal suolo deve essere determinata a partire dal punto più basso dell’uscita effettiva del sistema ottico (ad esempio riflettore, trasparente, trasparente di proiezione), indipendentemente dal suo impiego.

Quando l’altezza (massima o minima) dal suolo soddisfa inequivocabilmente le prescrizioni del presente regolamento, non è necessario determinare esattamente i bordi delle superfici.

Quando si fa riferimento alla distanza fra due luci, occorre determinare la posizione, per quanto riguarda la larghezza, fra i bordi interni della superficie apparente in direzione dell’asse di riferimento.

Quando la posizione per quanto riguarda la larghezza soddisfa inequivocabilmente le prescrizioni del presente regolamento, non è necessario determinare esattamente i bordi delle superfici.

5.8.   Salvo prescrizioni particolari, nessuna luce deve essere lampeggiante, tranne gli indicatori di direzione e la segnalazione luminosa di pericolo.

5.9.   Nessuna luce rossa deve essere visibile sulla parte anteriore e nessuna luce bianca sulla parte posteriore. L’ottemperanza a questa prescrizione deve essere verificata nel modo descritto qui di seguito (cfr. disegno dell’allegato 4):

5.9.1.

visibilità di luce rossa sulla parte anteriore: nessuna luce di colore rosso deve essere direttamente visibile ad un osservatore che si sposti all’interno della zona 1 di un piano trasversale posto 25 m davanti al veicolo;

5.9.2.

visibilità di luce bianca sulla parte posteriore: nessuna luce di colore bianco deve essere direttamente visibile ad un osservatore che si sposti nella zona 2 di un piano trasversale posto 25 m dietro il veicolo;

5.9.3.

nei rispettivi piani, le zone 1 e 2 viste da un osservatore sono delimitate:

5.9.3.1.

in altezza, da due piani orizzontali rispettivamente a 1 m e a 2,2 m dal suolo;

5.9.3.2.

in larghezza, da due piani verticali che, formando sia in direzione anteriore che in direzione posteriore un angolo di 15o verso l’esterno rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo, passano nel punto o nei punti di contatto tra i piani verticali paralleli al piano longitudinale mediano e delimitano la larghezza fuori tutto del veicolo; se esistono più punti di contatto, quello più avanzato corrisponde al piano anteriore e quello più arretrato al piano posteriore.

5.10.   I collegamenti elettrici devono essere tali che la luce di posizione anteriore o, se tale luce non è presente, il proiettore anabbagliante, la luce di posizione posteriore e i dispositivi di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore possano essere accesi e spenti soltanto simultaneamente.

5.11.   Salvo istruzioni particolari, il collegamento elettrico deve essere tale che il proiettore abbagliante e il proiettore anabbagliante possano accendersi soltanto quando sono già accese le luci indicate al punto 5.10. Tale requisito non è tuttavia richiesto quando i segnali luminosi del proiettore abbagliante e di quello anabbagliante consistono nell’accensione intermittente, a brevi intervalli, del proiettore anabbagliante oppure nell’accensione alternata, a brevi intervalli, dei due proiettori.

5.11.1.

Il proiettore deve accendersi automaticamente all’accensione del motore e restare acceso fintanto che il motore è in funzione.

5.12.   Spie

5.12.1.

Ogni spia deve essere facilmente visibile per il conducente in posizione di guida normale.

5.12.2.

Laddove il presente regolamento prescriva una «spia di innesto», questa può essere sostituita da una «spia di funzionamento».

5.13.   Colori delle luci (3)

I colori delle luci di cui al presente regolamento sono i seguenti:

proiettore abbagliante

:

bianco

proiettore anabbagliante

:

bianco

luce di posizione anteriore

:

bianco

catadiottro anteriore, non triangolare

:

bianco

catadiottro laterale, non triangolare

:

giallo ambra anteriormente

giallo ambra o rosso posteriormente

catadiottri dei pedali

:

giallo ambra

catadiottro posteriore, non triangolare

:

rosso

indicatore di direzione

:

giallo ambra

luce di arresto

:

rosso

luce di posizione posteriore

:

rosso

dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore

:

bianco

5.14.   Ciascun veicolo presentato all’omologazione ai sensi del presente regolamento deve essere fornito dei seguenti dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa:

5.14.1.

proiettore anabbagliante (punto 6.2);

5.14.2.

luce di posizione posteriore (punto 6.10);

5.14.3.

catadiottro laterale, non triangolare (punto 6.5);

5.14.4.

catadiottro posteriore, non triangolare (punto 6.7);

5.14.5.

catadiottri dei pedali (punto 6.6), solo per i ciclomotori muniti di pedali;

5.14.6.

luce di arresto (punto 6.9);

5.14.7.

dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore, laddove la targa sia prescritta (punto 6.11).

5.15.   Può altresì essere fornito dei seguenti dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa:

5.15.1.

proiettore abbagliante (punto 6.1);

5.15.2.

luce di posizione anteriore (punto 6.3);

5.15.3.

catadiottro anteriore, non triangolare (punto 6.4);

5.15.4.

indicatori di direzione (punto 6.8).

5.16.   Il montaggio di ciascun dispositivo di illuminazione e di segnalazione luminosa citato ai punti 5.14 e 5.15 di cui sopra deve essere effettuato conformemente alle disposizioni pertinenti di cui al punto 6 del presente regolamento.

5.17.   È vietata l’installazione di qualsivoglia dispositivo di illuminazione e di segnalazione luminosa diverso da quelli citati ai punti 5.14 e 5.15, ad eccezione di un dispositivo di illuminazione adeguato per la targa di immatricolazione posteriore qualora quest’ultima sia presente e ne sia prescritta l’illuminazione.

5.18.   I dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa omologati per i motocicli e menzionati ai punti 5.16. e 5.17. sono ammessi anche per i ciclomotori.

6.   PRESCRIZIONI PARTICOLARI

6.1.   PROIETTORE ABBAGLIANTE

6.1.1.   Numero

Uno o due di tipo omologato ai sensi di:

a)

regolamento n. 113;

b)

classe A del regolamento n. 112;

c)

regolamento n. 1;

d)

regolamento n. 57;

e)

regolamento n. 72;

f)

regolamento n. 76.

6.1.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.1.3.   Posizione

6.1.3.1.   In larghezza

6.1.3.1.1.

Un proiettore abbagliante indipendente può essere installato sopra, sotto o accanto a un’altra luce anteriore: se queste luci si trovano una sopra l’altra, il centro di riferimento del proiettore abbagliante deve essere situato sul piano longitudinale mediano del veicolo; se queste luci si trovano una accanto all’altra, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.1.3.1.2.

Un proiettore abbagliante incorporato reciprocamente con un’altra luce anteriore deve essere installato in modo che il suo centro di riferimento sia situato sul piano longitudinale mediano del veicolo. Tuttavia, se il veicolo è dotato anche di un proiettore anabbagliante indipendente o reciprocamente incorporato con una luce di posizione anteriore accanto al proiettore abbagliante, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.1.3.1.3.

Due proiettori abbaglianti, di cui uno o ambedue incorporati reciprocamente con un’altra luce anteriore, devono essere installati in modo che i loro centri di riferimento siano simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.1.3.2.   In lunghezza: nella parte anteriore del veicolo. Tale condizione è considerata soddisfatta se la luce emessa non disturba il conducente, né direttamente né indirettamente, attraverso gli specchi retrovisori e/o altre superfici riflettenti del veicolo.

6.1.3.3.   In ogni caso, la distanza tra il bordo della superficie illuminante e il bordo di quella dell’eventuale proiettore anabbagliante indipendente non deve essere superiore a 200 mm.

6.1.3.4.   Nel caso di due proiettori abbaglianti, la distanza tra le superfici illuminanti non deve essere superiore a 200 mm.

6.1.4.   Visibilità geometrica

Occorre garantire la visibilità della superficie illuminante, anche in zone che non sembrano illuminate nella direzione d’osservazione considerata, all’interno di uno spazio divergente delimitato da linee generatrici che seguono il contorno della superficie illuminante e formano un angolo di almeno 5o con l’asse di riferimento del proiettore.

6.1.5.   Orientamento

In avanti. Il/i proiettore/i può/possono spostarsi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.1.6.   Non può/possono essere «combinati» con altre luci.

6.1.7.   Collegamenti elettrici

Il proiettore o i proiettori anabbaglianti possono rimanere accesi con il proiettore o i proiettori abbaglianti.

6.1.8.   «Spia di innesto»

Obbligatoria, spia blu non lampeggiante.

6.2.   PROIETTORE ANABBAGLIANTE

6.2.1.   Numero

Uno o due di tipo omologato ai sensi di:

a)

regolamento n. 113 (4);

b)

classe A del regolamento n. 112;

c)

regolamento n. 1;

d)

regolamento n. 56;

e)

regolamento n. 57;

f)

regolamento n. 72;

g)

regolamento n. 76;

h)

regolamento n. 82.

6.2.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.2.3.   Posizione

6.2.3.1.   In larghezza

6.2.3.1.1.

Un proiettore anabbagliante indipendente può essere installato sopra, sotto o accanto a un’altra luce anteriore: se queste luci si trovano una sopra l’altra, il centro di riferimento del proiettore anabbagliante deve essere situato sul piano longitudinale mediano del veicolo; se queste luci si trovano una accanto all’altra, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.2.3.1.2.

Un proiettore anabbagliante incorporato reciprocamente con un’altra luce anteriore deve essere installato in modo che il suo centro di riferimento sia situato sul piano longitudinale mediano del veicolo. Tuttavia, se il veicolo è dotato anche di un proiettore abbagliante indipendente o reciprocamente incorporato con una luce di posizione anteriore accanto al proiettore anabbagliante, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.2.3.1.3.

Due proiettori anabbaglianti, di cui uno o ambedue incorporati reciprocamente con un’altra luce anteriore, devono essere installati in modo che i loro centri di riferimento siano simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.2.3.2.   In altezza: minimo 500 mm, massimo 1 200 mm dal suolo.

6.2.3.3.   In lunghezza: nella parte anteriore del veicolo. Tale condizione è considerata soddisfatta se la luce emessa non disturba il conducente, né direttamente né indirettamente, attraverso gli specchi retrovisori e/o altre superfici riflettenti del veicolo.

6.2.3.4.   Nel caso di due proiettori anabbaglianti, la distanza tra le due superfici illuminanti non deve essere superiore a 200 mm.

6.2.4.   Visibilità geometrica

È definita dagli angoli α e β indicati al punto 2.11:

α

=

15° verso l’alto e 10° verso il basso;

β

=

45° verso sinistra e verso destra per le luci singole;

β

=

45° verso l’esterno e 10° verso l’interno per ciascuna coppia di luci.

La presenza di divisori o altri elementi in prossimità del proiettore non deve provocare effetti secondari di disturbo per gli altri utenti della strada.

6.2.5.   Orientamento

In avanti. Il/i proiettore/i può/possono spostarsi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.2.6.   Non può/possono essere «combinati» con altre luci.

6.2.7.   Collegamenti elettrici

Il passaggio al fascio anabbagliante deve provocare lo spegnimento simultaneo del proiettore o dei proiettori abbaglianti.

6.2.8.   Spia

Facoltativa, di innesto, verde, non lampeggiante.

6.3.   LUCE DI POSIZIONE ANTERIORE

6.3.1.   Numero

Una o due.

6.3.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.3.3.   Posizione

6.3.3.1.

In larghezza:

 

una luce di posizione anteriore può essere installata sopra, sotto o accanto a un’altra luce anteriore: se queste luci si trovano una sopra l’altra, il centro di riferimento della luce di posizione anteriore deve essere situato sul piano longitudinale mediano del veicolo; se queste luci si trovano una accanto all’altra, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo;

 

una luce di posizione anteriore incorporata reciprocamente con un’altra luce anteriore deve essere installata in modo che il suo centro di riferimento sia situato sul piano longitudinale mediano del veicolo. Tuttavia, se il veicolo è dotato di un’altra luce anteriore, montata accanto alla luce di posizione anteriore, i loro centri di riferimento devono essere simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

Due luci di posizione anteriori, di cui una o ambedue incorporate reciprocamente con un’altra luce anteriore, devono essere installate in modo che i loro centri di riferimento siano simmetrici rispetto al piano longitudinale mediano del veicolo.

6.3.3.2.

In altezza: minimo 350 mm dal suolo, massimo 1 200 mm.

6.3.3.3.

In lunghezza: nella parte anteriore del veicolo.

6.3.4.   Visibilità geometrica

Angolo verticale

:

15° verso l’alto e verso il basso;

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza delle luci è inferiore a 750 mm.

Angolo orizzontale

:

80° verso sinistra e verso destra per i proiettori singoli;

per ciascuna coppia di luci, l’angolo orizzontale può essere di 80° verso l’esterno e 45° verso l’interno.

6.3.5.   Orientamento

In avanti. La/e luce/i può/possono spostarsi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.3.6.   Spia

Facoltativa, di innesto, verde, non lampeggiante; oppure illuminazione del quadro strumenti.

6.3.7.   Altre prescrizioni

Nessuna.

6.4.   CATADIOTTRO ANTERIORE, NON TRIANGOLARE

6.4.1.   Numero

Uno.

6.4.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.4.3.   Posizione

In altezza: minimo 400 mm dal suolo, massimo 1 200 mm.

6.4.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

30° a sinistra e a destra.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza del catadiottro è inferiore a 750 mm.

6.4.5.   Orientamento

In avanti. Il catadiottro può muoversi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.4.6.   Altre prescrizioni

Nessuna.

6.5.   CATADIOTTRO LATERALE, NON TRIANGOLARE

6.5.1.   Numero per ciascun lato:

Uno o due.

6.5.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.5.3.   Posizione

6.5.3.1.

Sul lato del veicolo.

6.5.3.2.

In altezza: minimo 300 mm dal suolo, massimo 1 000 mm.

6.5.3.3.

In lunghezza: va collocato in una posizione tale che in condizioni normali non possa essere coperto dall’abbigliamento del conducente o del passeggero.

6.5.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

30° verso l’avanti e all’indietro.

Angolo verticale

:

30° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza della luce è inferiore a 750 mm.

6.5.5.   Orientamento

L’asse di riferimento dei catadiottri deve essere perpendicolare al piano longitudinale mediano del veicolo e orientato verso l’esterno. I catadiottri laterali anteriori possono muoversi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.6.   CATADIOTTRI DEI PEDALI

6.6.1.   Numero

Quattro catadiottri o gruppi di catadiottri.

6.6.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.6.3.   Altre prescrizioni

Le facce esterne della superficie illuminante dei catadiottri devono essere incassate nel corpo del pedale.

I catadiottri devono essere montati nel corpo del pedale in modo da essere ben visibili sia da davanti che da dietro il veicolo. L’asse di riferimento dei catadiottri, la cui forma deve essere adattata a quella del corpo del pedale, deve essere perpendicolare all’asse del pedale.

I catadiottri dei pedali possono essere montati solo su pedali di veicoli che, tramite manovella o dispositivi simili, possono servire come mezzi di propulsione al posto del motore.

Essi non devono essere montati su pedali che fungono da comandi per il veicolo o solamente da poggiapiedi per il conducente o per il passeggero.

Devono essere visibili sia da davanti che da dietro.

6.7.   CATADIOTTRO POSTERIORE, NON TRIANGOLARE

6.7.1.   Numero

Uno o due.

6.7.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.7.3.   Posizione

6.7.3.1.

In altezza: minimo 250 mm dal suolo, massimo 900 mm.

6.7.3.2.

In lunghezza: nella parte posteriore del veicolo.

6.7.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

30° verso sinistra e verso destra per i catadiottri singoli;

30° verso l’esterno e 10° verso l’interno per ciascuna coppia di catadiottri.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza della luce è inferiore a 750 mm.

6.7.5.   Orientamento

All’indietro.

6.8.   INDICATORE DI DIREZIONE

6.8.1.   Numero

Due per lato.

6.8.2.   Collocazione

Due indicatori anteriori [categoria 11 (5)]

Due indicatori posteriori (categoria 12 (5)).

6.8.3.   Posizione

6.8.3.1.

In larghezza:

6.8.3.1.1.

per gli indicatori anteriori devono essere rispettate tutte le seguenti prescrizioni:

1)

tra le superfici illuminanti deve esserci una distanza minima di 240 mm;

2)

gli indicatori devono essere situati all’esterno del piano verticale longitudinale tangente ai bordi esterni della superficie illuminante del proiettore o dei proiettori;

3)

la distanza minima tra le superfici illuminanti degli indicatori e i rispettivi proiettori anabbaglianti più prossimi deve essere la seguente:

Intensità minima dell’indicatore

(cd)

Distanza minima di separazione

(mm)

90

75

175

40

250

20

400

≤ 20

6.8.3.1.2.

Per gli indicatori posteriori, la distanza fra i bordi interni delle due superfici illuminanti deve essere di almeno 160 mm.

6.8.3.2.

In altezza: minimo 350 mm dal suolo, massimo 1 200 mm.

6.8.3.3.

In lunghezza: la distanza in avanti tra il centro di riferimento degli indicatori posteriori e il piano trasversale che costituisce il limite più arretrato della lunghezza fuori tutto del veicolo non deve superare i 300 mm.

6.8.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

20° verso l’interno e 80° verso l’esterno.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza della luce è inferiore a 750 mm.

6.8.5.   Orientamento

Gli indicatori di direzione anteriori possono muoversi in funzione dell’angolo di sterzatura.

6.8.6.   Non possono essere «combinati» con altre luci.

6.8.7.   Non possono essere «reciprocamente incorporati» con altre luci.

6.8.8.   Collegamenti elettrici

L’accensione degli indicatori di direzione deve essere indipendente da quella delle altre luci. Tutti gli indicatori di direzione situati su uno stesso lato del veicolo devono essere accesi e spenti con lo stesso comando.

6.8.9.   Altre prescrizioni

Le caratteristiche sotto indicate devono essere misurate con l’impianto elettrico sgravato di ogni altro carico che non sia quello necessario al funzionamento del motore e dei dispositivi di illuminazione.

6.8.9.1.   Per tutti i veicoli che alimentano gli indicatori di direzione con corrente continua, la frequenza di lampeggio della luce deve essere di 90 ± 30 periodi al minuto.

6.8.9.1.1.

Il lampeggio degli indicatori di direzione sullo stesso lato del veicolo può essere sincronizzato o alternato.

6.8.9.1.2.

L’indicatore di direzione deve accendersi al massimo entro un secondo dall’accensione di un altro indicatore e spegnersi per la prima volta al massimo entro un secondo e mezzo dall’azionamento del comando del segnale luminoso.

6.8.9.2.   Nel caso dei veicoli che alimentano gli indicatori di direzione con corrente alternata, quando il regime del motore è compreso tra il 50 % e il 100 % del regime corrispondente alla velocità massima per costruzione del veicolo la frequenza di lampeggio della luce deve essere di 90 ± 30 periodi al minuto.

6.8.9.2.1.

Il lampeggio degli indicatori di direzione sullo stesso lato del veicolo può essere sincronizzato o alternato.

6.8.9.2.2.

L’indicatore di direzione deve accendersi al massimo entro un secondo dall’accensione di un altro indicatore e spegnersi per la prima volta al massimo entro un secondo e mezzo dall’azionamento del comando del segnale luminoso.

6.8.9.3.   Nel caso dei veicoli che alimentano gli indicatori di direzione con corrente alternata, quando il regime del motore è compreso tra il minimo indicato dal costruttore e il 50 % del regime corrispondente alla velocità massima per costruzione del veicolo, il lampeggio della luce deve essere di 90 + 30 e 90 - 45 periodi al minuto.

6.8.9.3.1.

Il lampeggio degli indicatori di direzione sullo stesso lato del veicolo può essere sincronizzato o alternato.

6.8.9.3.2.

L’indicatore di direzione deve accendersi al massimo entro un secondo dall’accensione di un altro indicatore e spegnersi per la prima volta al massimo entro un secondo e mezzo dall’azionamento del comando del segnale luminoso.

6.8.10.   In caso di funzionamento difettoso di un indicatore di direzione non causato da corto circuito, l’altro indicatore deve continuare a lampeggiare o rimanere acceso, ma in tal caso la frequenza deve differire da quella prescritta, a meno che il veicolo non sia munito di una spia.

6.8.11.   Spia

Obbligatoria se gli indicatori di direzione non sono visibili al conducente: di funzionamento, verde, lampeggiante e/o acustica. In caso di funzionamento difettoso di un indicatore, la spia deve spegnersi, restare accesa o cambiare frequenza.

6.9.   LUCE DI ARRESTO

6.9.1.   Numero

Una o due.

6.9.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.9.3.   Posizione

6.9.3.1.

In altezza: minimo 250 mm dal suolo, massimo 1 500 mm.

6.9.3.2.

In lunghezza: nella parte posteriore del veicolo.

6.9.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

45° verso sinistra e verso destra per le luci singole;

45° verso l’esterno e 10° verso l’interno per ciascuna coppia di luci.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza della luce è inferiore a 750 mm.

6.9.5.   Orientamento

All’indietro.

6.9.6.   Collegamenti elettrici

Deve accendersi ad ogni intervento del freno di servizio.

6.9.7.   Altre prescrizioni

L’intensità luminosa della luce di arresto deve essere sensibilmente maggiore di quella della luce di posizione posteriore.

6.9.8.   Spia

Vietata.

6.10.   LUCE DI POSIZIONE POSTERIORE

6.10.1.   Numero

Una o due.

6.10.2.   Collocazione

Nessuna prescrizione particolare.

6.10.3.   Posizione

6.10.3.1.

In altezza: minimo 250 mm dal suolo, massimo 1 500 mm.

6.10.3.2.

In lunghezza: nella parte posteriore del veicolo.

6.10.4.   Visibilità geometrica

Angolo orizzontale

:

80° verso sinistra e verso destra per le luci singole;

per ciascuna coppia di luci, l’angolo orizzontale può essere di 80° verso l’esterno e 45° verso l’interno.

Angolo verticale

:

15° sopra e sotto l’orizzontale.

Tuttavia, l’angolo verticale al di sotto dell’orizzontale può essere ridotto a 5° se l’altezza della luce è inferiore a 750 mm.

6.10.5.   Orientamento

All’indietro.

6.10.6.   Spia

Facoltativa, deve essere combinata con quella della luce di posizione anteriore.

6.10.7.   Altre prescrizioni

Nessuna.

6.11.   DISPOSITIVO DI ILLUMINAZIONE DELLA TARGA DI IMMATRICOLAZIONE POSTERIORE

6.11.1.   Numero

Uno. Il dispositivo può essere composto da vari elementi ottici aventi la funzione di illuminare lo spazio riservato alla targa di immatricolazione.

6.11.2.

Collocazione

Tale che il dispositivo illumini lo spazio riservato alla targa di immatricolazione.

6.11.3.

Posizione

6.11.3.1.

In larghezza:

6.11.3.2.

In altezza:

6.11.3.3.

In lunghezza:

6.11.4.

Visibilità geometrica

6.11.5.

Orientamento

6.11.6.   Spia

Facoltativa. La sua funzione deve essere svolta dalla spia prescritta per la luce di posizione.

6.11.7.   Altre prescrizioni

Quando il dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore è combinato con la luce di posizione posteriore, la quale è incorporata reciprocamente con la luce di arresto, le caratteristiche fotometriche del dispositivo di illuminazione della targa di immatricolazione posteriore possono risultare modificate quando la luce di arresto è accesa.

7.   IMMATRICOLAZIONE DEI VEICOLI

Nulla impedisce a uno Stato di prescrivere o vietare la presenza di una luce abbagliante quale indicata al punto 5.15.1 sui veicoli immatricolati nel suo territorio, purché ne informi ufficialmente il segretario generale delle Nazioni Unite in occasione della comunicazione relativa all’applicazione del presente regolamento.

8.   CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

Le procedure per la verifica della conformità della produzione devono essere conformi a quelle indicate nell’appendice 2 dell’accordo (E/ECE/324-E/ECE/TRANS/505/Rev.2), nonché alle disposizioni seguenti.

8.1.

I ciclomotori omologati a titolo del presente regolamento devono essere costruiti in maniera tale da essere conformi al tipo omologato, devono cioè soddisfare le prescrizioni di cui ai punti 5 e 6.

8.2.

Devono essere soddisfatte le prescrizioni minime per le procedure di controllo della conformità della produzione indicate nell’allegato 5 del presente regolamento.

8.3.

L’autorità che ha rilasciato l’omologazione può verificare in qualsiasi momento i metodi di controllo della conformità applicati in ogni stabilimento di produzione. La frequenza normale di tali verifiche è di una all’anno.

9.   SANZIONI IN CASO DI NON CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

9.1.

L’omologazione rilasciata per un tipo di veicolo ai sensi del presente regolamento potrà essere revocata se non saranno stati soddisfatti i requisiti sopra menzionati.

9.2.

Se una parte dell’accordo che applica il presente regolamento revoca un’omologazione precedentemente concessa, ne informa immediatamente le altre parti che applicano il presente regolamento mediante una scheda di comunicazione conforme al modello che figura nell’allegato 1 del presente regolamento.

10.   MODIFICA ED ESTENSIONE DELL’OMOLOGAZIONE DI UN TIPO DI VEICOLO PER QUANTO CONCERNE L’INSTALLAZIONE DEI DISPOSITIVI DI ILLUMINAZIONE E DI SEGNALAZIONE LUMINOSA

10.1.

Ogni modifica del tipo di veicolo deve essere notificata al servizio amministrativo che ha rilasciato l’omologazione. In questo caso, il servizio può:

10.1.1.

ritenere improbabile che le modifiche apportate abbiano effetti negativi di rilievo e che comunque il veicolo sia ancora conforme alle prescrizioni; oppure

10.1.2.

chiedere un altro verbale di prova al servizio tecnico che effettua le prove.

10.2.

La conferma o il rifiuto dell’omologazione, con indicazione delle avvenute modifiche, devono essere comunicati alle parti dell’accordo che applicano il presente regolamento, secondo la procedura di cui al punto 4.3.

10.3.

L’autorità competente che rilascia l’estensione dell’omologazione assegna un numero di serie all’estensione e ne informa le altre parti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento per mezzo di una scheda di comunicazione conforme al modello che figura nell’allegato 1 del presente regolamento.

11.   CESSAZIONE DEFINITIVA DELLA PRODUZIONE

Se il titolare dell’omologazione cessa definitivamente la fabbricazione di un tipo di veicolo omologato ai sensi del presente regolamento, ne informa l’autorità che ha rilasciato l’omologazione. A seguito di tale comunicazione, l’autorità interessata ne informerà le altre parti dell’Accordo 1958 che applicano il presente regolamento per mezzo di un modulo di comunicazione conforme al modello riportato nell’Allegato 1 del presente regolamento.

12.   DISPOSIZIONI TRANSITORIE

12.1.

A partire dalla data ufficiale di entrata in vigore della serie di modifiche 01, nessuna delle parti contraenti che applicano il presente regolamento può rifiutare di rilasciare un’omologazione a norma del presente regolamento modificato dalla serie di modiche 01.

12.2.

Trascorsi 24 mesi dalla data di entrata in vigore indicata al punto 12.1, le parti contraenti che applicano il presente regolamento rilasceranno omologazioni solo se il tipo di veicolo ottempera alle prescrizioni della serie di modifiche 01 del presente regolamento per quanto riguarda il numero e le modalità di installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa.

12.3.

Le omologazioni rilasciate a norma del presente regolamento prima della data di cui al punto 12.2. restano valide. Nel caso dei veicoli immatricolati per la prima volta più di quattro anni dopo la data di entrata in vigore indicata al punto 12.1, le parti contraenti che applicano il presente regolamento possono rifiutare il tipo di veicolo se non ottempera alle prescrizioni della serie di modifiche 01 del presente regolamento per quanto riguarda il numero e le modalità di installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa.

13.   NOMI E INDIRIZZI DEI SERVIZI TECNICI CHE EFFETTUANO LE PROVE DI OMOLOGAZIONE E DEI SERVIZI AMMINISTRATIVI

Le parti dell’accordo che applicano il presente regolamento comunicano al segretariato delle Nazioni Unite le denominazioni e gli indirizzi dei servizi tecnici incaricati di effettuare le prove di omologazione e dei servizi amministrativi che rilasciano l’omologazione, cui devono essere inviati i certificati di rilascio, rifiuto o revoca dell’omologazione rilasciati in altri paesi.


(1)  Quali definiti nell'allegato 7 della risoluzione consolidata sulla costruzione dei veicoli (R.E.3) (documento TRANS/WP.29/78/Rev.1/Amend.2. modificato da ultimo da Amend.4).

(2)  I numeri distintivi delle parti contraenti dell’accordo del 1958 sono riportati nell’allegato 3 della risoluzione consolidata sulla costruzione dei veicoli (R.E.3), documento TRANS/WP.29/78/Rev.2/Amend.1.

(3)  La misurazione delle coordinate di cromaticità della luce emessa dai proiettori non fa parte del presente regolamento.

(4)  Proiettori della classe A del regolamento n. 113 con moduli LED solo sui veicoli con velocità massima per costruzione non superiore a 25 km/h.

(5)  Possono essere sostituiti da indicatori delle categorie 1 e 2 del regolamento n. 6.


ALLEGATO 1

COMUNICAZIONE

[formato massimo: A4 (210 × 297 mm)]

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ALLEGATO 2

CONFIGURAZIONE DEI MARCHI DI OMOLOGAZIONE

MODELLO A

(cfr. punto 4.4 del presente regolamento)

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Questo marchio di omologazione, apposto su un ciclomotore, indica che il veicolo è stato omologato, per quanto riguarda l’installazione di dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa, nei Paesi Bassi (E4) in forza del regolamento n. 74 con il numero di omologazione 012439. Le prime due cifre del numero di omologazione indicano che l’omologazione è stata rilasciata ai sensi delle prescrizioni del regolamento n. 74 come modificato dalla serie di modifiche 01.

MODELLO B

(cfr. punto 4.5 del presente regolamento)

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Questo marchio di omologazione, apposto su un ciclomotore, indica che il tipo di veicolo è stato omologato nei Paesi Bassi (E4) a norma dei regolamenti n. 74 e n. 78 (1). I numeri di omologazione indicano che, alla data in cui sono state rilasciate le omologazioni, il regolamento n. 74 comprendeva la serie di modifiche 01 e il regolamento n. 78 comprendeva la serie di modifiche 02.


(1)  Il secondo è riportato unicamente a titolo di esempio.


ALLEGATO 3

SUPERFICIE, ASSE E CENTRO DI RIFERIMENTO DELLE LUCI E ANGOLI DI VISIBILITÀ GEOMETRICA

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SUPERFICIE ILLUMINANTE CONFRONTATA CON LA SUPERFICIE DI USCITA DELLA LUCE

(cfr. punti 2.9 e 2.8 del presente regolamento)

SCHEMA A

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Superficie illuminante

Superficie di uscita della luce

I bordi sono

a e b

c e d

SCHEMA B

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Superficie illuminante

Superficie di uscita della luce

I bordi sono

a e b

c e d


ALLEGATO 4

VISIBILITÀ ANTERIORE DELLE LUCI ROSSE E VISIBILITÀ POSTERIORE DELLE LUCI BIANCHE

(cfr. punto 5.9 del presente regolamento)

Figura 1

Visibilità anteriore di una luce rossa

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Figura 2

Visibilità posteriore di una luce bianca

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ALLEGATO 5

CONTROLLO DI CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

l.   PROVE

1.1.   Posizione delle luci

La posizione delle luci specificata al punto 6. deve essere controllata conformemente alle prescrizioni generali di cui al punto 5. del presente regolamento.

I valori misurati per le distanze devono soddisfare le prescrizioni particolari relative a ciascuna luce.

1.2.   Visibilità delle luci

1.2.1.

Gli angoli di visibilità geometrica devono essere controllati in conformità al punto 2.11 del presente regolamento.

I valori misurati per gli angoli devono soddisfare le prescrizioni particolari relative a ciascuna luce, eccezione fatta per i limiti degli angoli che possono avere una tolleranza corrispondente alla variazione di ± 3° ammessa nel punto 5.3 per l’installazione dei dispositivi di segnalazione luminosa.

1.2.2.

La visibilità di luce rossa verso l’avanti e di luce bianca all’indietro deve essere controllata in conformità al punto 5.9 del presente regolamento.

1.3.   Collegamenti elettrici e spie

I collegamenti elettrici devono essere controllati accendendo ogni luce alimentata dall’impianto elettrico del ciclomotore. Il funzionamento delle luci e delle spie deve essere conforme alle prescrizioni di cui al punto 5.10 del presente regolamento e alle prescrizioni particolari relative a ciascuna luce.

1.4.   La presenza, il numero, il colore, lo schema di montaggio e l’eventuale categoria delle luci devono essere verificati con il controllo visivo delle luci e delle rispettive marcature.

Queste caratteristiche devono soddisfare le prescrizioni di cui al punto 5.13, nonché le prescrizioni particolari applicabili a ciascuna luce.