ISSN 1725-258X

doi:10.3000/1725258X.L_2011.057.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 57

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

54o anno
2 marzo 2011


Sommario

 

II   Atti non legislativi

pagina

 

 

ACCORDI INTERNAZIONALI

 

*

Decisione 2011/133/PESC del Consiglio, del 21 febbraio 2011, relativa alla firma e alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell'Unione europea di gestione delle crisi

1

Accordo tra l'Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell'Unione europea di gestione delle crisi

2

 

 

REGOLAMENTI

 

*

Regolamento (UE) n. 201/2011 della Commissione, del 1o marzo 2011, relativo al modello di dichiarazione di conformità a un tipo autorizzato di veicolo ferroviario ( 1 )

8

 

*

Regolamento (UE) n. 202/2011 della Commissione, del 1o marzo 2011, recante modifica dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio per quanto riguarda la definizione dei prodotti della pesca e modifica del regolamento (CE) n. 1010/2009 della Commissione per quanto riguarda i moduli di notifica preventiva, i parametri per le ispezioni in porto e i sistemi di documentazione delle catture adottati dalle organizzazioni regionali di gestione della pesca

10

 

 

Regolamento di esecuzione (UE) n. 203/2011 della Commissione, del 1o marzo 2011, recante fissazione dei valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

19

 

 

DIRETTIVE

 

*

Direttiva 2011/18/UE della Commissione, del 1o marzo 2011, che modifica gli allegati II, V e VI della direttiva 2008/57/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario comunitario ( 1 )

21

 

 

DECISIONI

 

 

2011/134/UE

 

*

Decisione della Commissione, del 24 marzo 2010, C 4/03 (ex NN 102/02) relativa all’aiuto di stato al quale l’Italia ha dato esecuzione in favore di WAM SpA [notificata con il numero C(2010) 1711 cor.]  ( 1 )

29

 

 

2011/135/UE

 

*

Decisione della Commissione, del 1o marzo 2011, che proroga la validità della decisione 2009/251/CE che impone agli Stati membri di garantire che non vengano immessi o messi a disposizione sul mercato prodotti contenenti il biocida dimetilfumarato [notificata con il numero C(2011) 1174]  ( 1 )

43

 

 

RACCOMANDAZIONI

 

 

2011/136/UE

 

*

Raccomandazione della Commissione, del 1o marzo 2011, relativa alle linee guida per l’applicazione delle norme sulla protezione dei dati nell’ambito del Sistema di cooperazione per la tutela dei consumatori (CPCS)

44

 

 

ATTI ADOTTATI DA ORGANISMI CREATI DA ACCORDI INTERNAZIONALI

 

*

Regolamento n. 100 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) — Disposizioni uniformi concernenti l’omologazione di veicoli riguardo a requisiti specifici del motopropulsore elettrico

54

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


II Atti non legislativi

ACCORDI INTERNAZIONALI

2.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 57/1


DECISIONE 2011/133/PESC DEL CONSIGLIO

del 21 febbraio 2011

relativa alla firma e alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell'Unione europea di gestione delle crisi

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 37, e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 218, paragrafi 5 e 6,

vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (l'«AR»),

considerando quanto segue:

(1)

Le condizioni per la partecipazione di Stati terzi alle operazioni dell'Unione europea di gestione delle crisi dovrebbero figurare in un accordo che istituisce un quadro per tale possibile partecipazione futura, anziché essere definite caso per caso per ciascuna operazione.

(2)

A seguito dell'adozione da parte del Consiglio, il 26 aprile 2010, di una decisione che autorizza l'avvio di negoziati, l'AR ha negoziato un accordo tra l'Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell'Unione europea di gestione delle crisi (l'«accordo»).

(3)

È opportuno approvare l'accordo,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

L'accordo tra l'Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell'Unione europea di gestione delle crisi (l'«accordo») è approvato a nome dell'Unione.

Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione.

Articolo 2

Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare l'accordo allo scopo di impegnare l'Unione.

Articolo 3

L'accordo è applicato su base provvisoria a decorrere dalla sua firma, in attesa che siano espletate le procedure necessarie per la sua conclusione (1).

Articolo 4

Il presidente del Consiglio procede, a nome dell'Unione, alla notifica di cui all'articolo 16, paragrafo 1, dell'accordo.

Articolo 5

La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.

Fatto a Bruxelles, il 21 febbraio 2011.

Per il Consiglio

La presidente

C. ASHTON


(1)  La data della firma dell'accordo sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea a cura del segretariato generale del Consiglio.


TRADUZIONE

ACCORDO

tra l'Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell'Unione europea di gestione delle crisi

L'UNIONE EUROPEA,

da una parte, e

IL MONTENEGRO

dall'altra,

in appresso denominati «le parti»,

considerando quanto segue:

L'Unione europea (UE) può decidere di agire nel settore della gestione delle crisi.

L'UE deciderà se invitare Stati terzi a partecipare alle operazioni dell'UE di gestione di una crisi.

Le condizioni per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell'UE di gestione delle crisi dovrebbero figurare in un accordo che istituisce un quadro per tale possibile partecipazione futura, anziché essere definite caso per caso per ciascuna operazione.

Detto accordo dovrebbe far salva l'autonomia decisionale dell'UE e la natura specifica delle decisioni del Montenegro di partecipare alle operazioni dell'UE di gestione di una crisi.

L'accordo in questione dovrebbe riguardare unicamente le future operazioni dell'UE di gestione delle crisi e far salvi eventuali accordi vigenti che disciplinano la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell'UE già in corso di gestione di una crisi,

HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:

SEZIONE I

DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Decisioni relative alla partecipazione

1.   In seguito alla decisione dell'Unione europea (UE) di invitare il Montenegro a partecipare ad un'operazione dell'UE di gestione di una crisi e una volta che il Montenegro abbia deciso di partecipare, il Montenegro informa l'UE in merito al contributo proposto.

2.   La valutazione da parte dell'UE del contributo del Montenegro è condotta in consultazione con il Montenegro.

3.   L'UE fornisce al Montenegro una prima indicazione del probabile contributo di quest'ultimo ai costi comuni dell'operazione il più presto possibile al fine di assistere il Montenegro nella formulazione della sua offerta.

4.   L'UE comunica il risultato di tale valutazione al Montenegro per lettera per assicurare la partecipazione del Montenegro conformemente alle disposizioni del presente accordo.

Articolo 2

Contesto

1.   Il Montenegro si associa alla decisione del Consiglio con la quale il Consiglio dell'Unione europea decide che l'UE condurrà un'operazione di gestione di una crisi nonché a qualsiasi altra decisione con la quale il Consiglio dell'Unione europea decide di prorogare un'operazione dell'UE di gestione della crisi, a norma del disposto del presente accordo e delle disposizioni di attuazione eventualmente necessarie.

2.   Il contributo del Montenegro ad un'operazione dell'UE di gestione di una crisi fa salva l'autonomia decisionale dell'UE.

Articolo 3

Status del personale e delle forze

1.   Lo status del personale distaccato a un'operazione dell'UE di gestione civile di una crisi e/o delle forze messe a disposizione di un'operazione dell'UE di gestione militare di una crisi da parte del Montenegro è disciplinato dall'accordo sullo status della missione/delle forze, se concluso, tra l'UE e lo/gli Stato/i in cui l'operazione è condotta.

2.   Lo status del personale messo a disposizione di comandi o elementi di comando situati al di fuori dello/degli Stato/i in cui è condotta l'operazione dell'UE di gestione della crisi è disciplinato da disposizioni stabilite fra i comandi e gli elementi di comando interessati e il Montenegro.

3.   Fatto salvo l'accordo sullo status della missione/delle forze di cui al paragrafo 1, il Montenegro esercita la giurisdizione sul proprio personale partecipante all'operazione dell'UE di gestione della crisi.

4.   Il Montenegro è competente a soddisfare le richieste di indennizzo connesse alla partecipazione ad un'operazione dell'UE di gestione di una crisi, formulate da o concernenti un qualsiasi membro del suo personale. Il Montenegro è competente ad avviare eventuali azioni, in particolare azioni legali o disciplinari, nei confronti di un qualsiasi membro del suo personale, conformemente alle proprie leggi e ai propri regolamenti. Il modello della dichiarazione è allegato al presente accordo.

5.   Le parti convengono di rinunciare a richieste di indennizzo nei confronti l'una dell'altra, diverse da quelle risultanti dall'applicazione di un contratto, per i danni, la perdita o la distruzione di mezzi di loro proprietà/da esse gestiti, o per le lesioni riportate da membri del loro personale o per il loro decesso, causati nello svolgimento delle funzioni ufficiali loro assegnate nel quadro delle attività previste dal presente accordo, salvo in caso di negligenza grave o di comportamento doloso.

6.   Il Montenegro si impegna a formulare una dichiarazione riguardante la rinuncia a qualsiasi richiesta di indennizzo nei confronti di uno Stato partecipante a un'operazione dell'UE di gestione di una crisi cui partecipa il Montenegro e a farlo all'atto della firma del presente accordo.

7.   L'UE si impegna ad assicurare che i suoi Stati membri formulino una dichiarazione riguardante la rinuncia a richieste di indennizzo per qualsiasi futura partecipazione del Montenegro ad un'operazione dell'UE di gestione di una crisi e a farlo all'atto della firma del presente accordo.

Articolo 4

Informazioni classificate

L'accordo tra il governo del Montenegro e l'UE sulla sicurezza delle informazioni classificate, fatto a Bruxelles il 13 settembre 2010, si applica nell'ambito delle operazioni dell'UE di gestione delle crisi.

SEZIONE II

DISPOSIZIONI SULLA PARTECIPAZIONE A OPERAZIONI DI GESTIONE CIVILE DELLE CRISI

Articolo 5

Personale distaccato ad un'operazione dell'UE di gestione civile di una crisi

1.   Il Montenegro garantisce che il personale da esso distaccato ad un'operazione dell'UE di gestione civile di una crisi effettui la propria missione conformemente:

a)

alla decisione del Consiglio e successive modifiche di cui all'articolo 2, paragrafo 1;

b)

al piano operativo;

c)

alle misure di attuazione.

2.   Il Montenegro informa a tempo debito il capomissione dell'operazione dell'UE di gestione civile della crisi (di seguito: il «capomissione») e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (di seguito: l'«AR») di qualsiasi modifica del proprio contributo all'operazione dell'UE di gestione civile della crisi.

3.   Il personale distaccato all'operazione dell'UE di gestione civile della crisi è sottoposto ad un esame medico e a vaccinazione ed è riconosciuto idoneo dal punto di vista medico all'esercizio delle sue funzioni da una competente autorità del Montenegro. Il personale distaccato all'operazione dell'UE di gestione civile della crisi fornisce una copia di tale certificazione.

Articolo 6

Catena di comando

1.   Il personale distaccato dal Montenegro conforma l'esercizio delle sue funzioni e la sua condotta ai soli interessi dell'operazione dell'UE di gestione civile della crisi.

2.   Tutto il personale resta pienamente subordinato alle proprie autorità nazionali.

3.   Le autorità nazionali trasferiscono il controllo operativo all'UE.

4.   Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell'operazione dell'UE di gestione civile della crisi a livello di teatro operativo.

5.   Il capomissione guida l'operazione dell'UE di gestione civile della crisi e ne assume la gestione quotidiana.

6.   Il Montenegro ha gli stessi diritti e gli stessi obblighi, in termini di gestione quotidiana dell'operazione, degli Stati membri dell'UE che partecipano all'operazione, conformemente agli strumenti giuridici di cui all'articolo 2, paragrafo 1.

7.   Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare del personale dell'operazione dell'UE di gestione civile della crisi. Se necessario, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale interessata.

8.   Un punto di contatto del contingente nazionale («NPC») è nominato dal Montenegro per rappresentarne il contingente nazionale in seno all'operazione. L'NPC riferisce al capomissione su questioni nazionali ed è responsabile della disciplina quotidiana del contingente.

9.   La decisione di terminare l'operazione è presa dall'UE previa consultazione del Montenegro, se tale Stato contribuisce ancora all'operazione dell'UE di gestione civile della crisi alla data di conclusione dell'operazione.

Articolo 7

Aspetti finanziari

1.   Il Montenegro sostiene tutti i costi connessi alla sua partecipazione all'operazione tranne i costi d'esercizio, in base al bilancio operativo dell'operazione, fatto salvo l'articolo 8.

2.   In caso di decesso, lesioni, perdite o danni causati a persone fisiche o giuridiche dello/degli Stato/i in cui è condotta l'operazione, il Montenegro, una volta accertata la sua responsabilità, paga un indennizzo alle condizioni previste dall'accordo applicabile sullo status della missione di cui all'articolo 3, paragrafo 1.

Articolo 8

Contributo al bilancio operativo

1.   Il Montenegro contribuisce al finanziamento del bilancio operativo di un'operazione dell'UE di gestione civile della crisi.

2.   Il contributo finanziario del Montenegro al bilancio operativo è calcolato in base alla formula, tra le due seguenti, da cui risulta l'importo inferiore:

a)

la quota dell'importo di riferimento che è proporzionale al rapporto tra il reddito nazionale lordo (RNL) del Montenegro e l'importo complessivo degli RNL di tutti gli Stati che contribuiscono al bilancio operativo dell'operazione; oppure

b)

la quota dell'importo di riferimento per il bilancio operativo che è proporzionale al rapporto tra il numero dei membri del personale del Montenegro che partecipano all'operazione e il numero totale dei membri del personale di tutti gli Stati che partecipano all'operazione.

3.   Fatti salvi i paragrafi 1 e 2, il Montenegro non contribuisce al finanziamento delle indennità giornaliere pagate al personale degli Stati membri dell'UE.

4.   Fatto salvo il paragrafo 1, l'UE esonera in linea di principio il Montenegro dai contributi finanziari per quanto riguarda un'operazione specifica dell'UE di gestione civile di una crisi quando:

a)

l'UE decide che il Montenegro fornisce un contributo importante che è essenziale per l'operazione; oppure

b)

il Montenegro ha un RNL pro capite che non supera quello di qualsiasi Stato Membro dell'UE.

5.   È firmato un accordo tra il capomissione e i pertinenti servizi amministrativi del Montenegro sul pagamento dei contributi del Montenegro al bilancio operativo di un'operazione dell'UE di gestione civile della crisi. Tale accordo contempla tra l'altro disposizioni riguardanti:

a)

l'importo in questione;

b)

le modalità di pagamento del contributo finanziario;

c)

la procedura di verifica contabile.

SEZIONE III

DISPOSIZIONI SULLA PARTECIPAZIONE A OPERAZIONI DI GESTIONE MILITARE DELLE CRISI

Articolo 9

Partecipazione a un'operazione dell'UE di gestione militare della crisi

1.   Il Montenegro garantisce che le sue forze e il suo personale che partecipano a un'operazione dell'UE di gestione militare della crisi effettuino la propria missione conformemente:

a)

alla decisione del Consiglio e successive modifiche di cui all'articolo 2, paragrafo 1;

b)

al piano operativo;

c)

alle misure di attuazione.

2.   Il personale distaccato dal Montenegro conforma l'esercizio delle sue funzioni e la sua condotta ai soli interessi dell'operazione dell'UE di gestione militare della crisi.

3.   Il Montenegro informa a tempo debito il comandante dell'operazione dell'UE di qualsiasi modifica della propria partecipazione all'operazione.

Articolo 10

Catena di comando

1.   L'insieme delle forze e del personale che partecipa all'operazione dell'UE di gestione militare della crisi resta pienamente subordinato alle proprie autorità nazionali.

2.   Le autorità nazionali trasferiscono il comando operativo e tattico e/o il controllo delle loro forze e del loro personale al comandante dell'operazione dell'UE che può delegare i suoi poteri.

3.   Il Montenegro ha gli stessi diritti e gli stessi obblighi, in termini di gestione quotidiana dell'operazione, degli Stati membri dell'UE partecipanti.

4.   Il comandante dell'operazione dell'UE può, previa consultazione del Montenegro, richiedere in qualsiasi momento il ritiro del contributo del Montenegro.

5.   Un alto rappresentante militare (Senior Military Representative — SMR) è nominato dal Montenegro per rappresentarne il contingente nazionale in seno all'operazione dell'UE di gestione militare della crisi. L'SMR si consulta con il comandante della forza dell'UE su tutte le questioni inerenti all'operazione ed è responsabile della disciplina quotidiana del contingente montenegrino.

Articolo 11

Aspetti finanziari

1.   Fatto salvo l'articolo 12, il Montenegro sostiene tutti i costi connessi alla sua partecipazione all'operazione, a meno che tali costi non siano soggetti a finanziamento comune in base agli strumenti giuridici di cui all'articolo 2, paragrafo 1, e alla decisione 2008/975/PESC del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativa all'istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell'UE che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) (1).

2.   In caso di decesso, lesioni, perdite o danni causati a persone fisiche o giuridiche dello/degli Stato/i in cui è condotta l'operazione, il Montenegro, una volta accertata la sua responsabilità, paga un indennizzo alle condizioni previste dall'accordo applicabile sullo status delle forze di cui all'articolo 3, paragrafo 1.

Articolo 12

Contributi ai costi comuni

1.   Il Montenegro contribuisce al finanziamento dei costi comuni di un'operazione dell'UE di gestione militare della crisi.

2.   Il contributo finanziario del Montenegro ai costi comuni è calcolato in base alla formula, tra le due seguenti, da cui risulta l'importo inferiore:

a)

la quota dei costi comuni che corrisponde proporzionalmente al rapporto tra l'RNL del Montenegro e l'importo complessivo degli RNL di tutti gli Stati che contribuiscono ai costi comuni dell'operazione; oppure

b)

la quota dei costi comuni che corrisponde proporzionalmente al rapporto tra il numero dei membri del personale del Montenegro che partecipano all'operazione e il numero totale dei membri del personale di tutti gli Stati che partecipano all'operazione.

Ove si utilizzi la formula di cui al primo comma, lettera b), e il Montenegro fornisca personale soltanto al comando dell'operazione o della forza, il rapporto utilizzato è tra il suo personale e il totale delle persone messe a disposizione dai rispettivi comandi. Altrimenti, il rapporto è tra l'insieme del personale fornito dal Montenegro e il totale del personale partecipante all'operazione.

3.   Fatto salvo il paragrafo 1, l'UE in linea di principio esonera il Montenegro dai contributi finanziari per quanto riguarda i costi comuni di una specifica operazione dell'UE di gestione militare di una crisi quando:

a)

l'UE decide che il Montenegro fornisce un contributo importante per quanto riguarda i mezzi e/o le capacità che sono essenziali per l'operazione; oppure

b)

il Montenegro ha un RNL pro capite che non supera quello di qualsiasi Stato membro dell'UE.

È firmato un accordo tra l'amministratore previsto dalla decisione 2008/975/PESC e le competenti autorità amministrative del Montenegro. Tale accordo contempla tra l'altro disposizioni riguardanti:

a)

l'importo in questione;

b)

le modalità di pagamento del contributo finanziario;

c)

la procedura di verifica contabile.

SEZIONE IV

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 13

Disposizioni di attuazione dell'accordo

Fatti salvi l'articolo 8, paragrafo 5, e l'articolo 12, paragrafo 4, eventuali accordi tecnici e amministrativi necessari ai fini dell'attuazione del presente accordo sono conclusi tra l'AR e le autorità competenti del Montenegro.

Articolo 14

Inadempienza

Qualora una delle parti non adempia agli obblighi di cui al presente accordo, l'altra parte ha il diritto di denunciare il presente accordo con preavviso scritto di un mese.

Articolo 15

Composizione delle controversie

Le controversie connesse all'interpretazione o all'applicazione del presente accordo sono composte per via diplomatica tra le parti.

Articolo 16

Entrata in vigore

1.   Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le parti si sono notificate reciprocamente la conclusione delle procedure giuridiche interne necessarie all'entrata in vigore.

2.   Il presente accordo è applicato in via provvisoria dalla data della firma.

3.   Il presente accordo è oggetto di regolare revisione.

4.   Il presente accordo può essere modificato sulla base di un'intesa scritta tra le parti.

5.   Il presente accordo può essere denunciato da una parte con notifica scritta di denuncia all'altra parte. Tale denuncia prende effetto sei mesi dopo che l'altra parte ha ricevuto la notifica.

Fatto a Bruxelles, il giorno ventidue del mese di febbraio dell'anno duemilaundici, in due copie ciascuna in lingua inglese.

Per l'Unione europea

Per il Montenegro


(1)  GU L 345 del 23.12.2008, pag. 96.

TESTO DELLE DICHIARAZIONI

TESTO PER GLI STATI MEMBRI DELL'UE:

«Gli Stati membri dell'UE che applicano una decisione del Consiglio dell'UE relativa ad un'operazione dell'UE di gestione di una crisi cui partecipa il Montenegro cercheranno, per quanto lo consentano i rispettivi ordinamenti giuridici interni, di rinunciare nella misura del possibile a richieste di indennizzo nei confronti del Montenegro per le lesioni riportate da membri del loro personale o per il loro decesso, ovvero per i danni o la perdita di mezzi di loro proprietà usati nell'operazione dell'UE di gestione della crisi, qualora le lesioni, il decesso, i danni o la perdita:

siano stati causati da membri del personale provenienti dal Montenegro nell'esecuzione dei compiti loro assegnati nel quadro di un'operazione dell'UE di gestione della crisi, salvo in caso di negligenza grave o di comportamento doloso, oppure

risultino dall'uso di mezzi appartenenti al Montenegro, purché l'uso di tali mezzi sia connesso all'operazione e salvo che si tratti di negligenza grave o di comportamento doloso da parte del personale dell'operazione dell'UE di gestione della crisi proveniente dal Montenegro nell'utilizzare detti mezzi.»

TESTO PER IL MONTENEGRO:

«Nell'applicare una decisione del Consiglio dell'UE relativa ad un'operazione dell'UE di gestione di una crisi il Montenegro cercherà, per quanto lo consenta il suo ordinamento giuridico interno, di rinunciare nella misura del possibile a richieste di indennizzo nei confronti di qualsiasi altro Stato che partecipa all'operazione dell'UE di gestione della crisi per le lesioni riportate da membri del suo personale o per il loro decesso, ovvero per i danni o la perdita di mezzi di sua proprietà usati nell'operazione dell'UE di gestione della crisi, qualora le lesioni, il decesso, i danni o la perdita:

siano stati causati da membri del personale nell'esecuzione dei compiti loro assegnati nel quadro di un'operazione dell'UE di gestione della crisi, salvo in caso di negligenza grave o di comportamento doloso, oppure

risultino dall'uso di mezzi appartenenti agli Stati che partecipano all'operazione dell'UE di gestione della crisi purché l'uso di tali mezzi sia connesso all'operazione e salvo che si tratti di negligenza grave o di comportamento doloso da parte del personale dell'operazione dell'UE di gestione della crisi nell'utilizzare detti mezzi.»


REGOLAMENTI

2.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 57/8


REGOLAMENTO (UE) N. 201/2011 DELLA COMMISSIONE

del 1o marzo 2011

relativo al modello di dichiarazione di conformità a un tipo autorizzato di veicolo ferroviario

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

vista la direttiva 2008/57/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario comunitario (1), in particolare l'articolo 26, paragrafo 4,

considerando quanto segue:

(1)

È opportuno che la Commissione adotti il modello di dichiarazione di conformità a un tipo autorizzato di veicolo, come stabilito dalla direttiva.

(2)

Il 30 giugno 2010 l'Agenzia ferroviaria europea ha pubblicato una raccomandazione relativa al modello di dichiarazione di conformità a un tipo autorizzato di veicolo.

(3)

Gli allegati della dichiarazione di conformità a un tipo dovrebbero dimostrare che sono state espletate le pertinenti procedure di verifica in conformità della legislazione applicabile dell'Unione europea e delle normative nazionali notificate, indicando i riferimenti alle direttive, alle specifiche tecniche di interoperabilità, alle normative nazionali e ad altre disposizioni. L'autorizzazione del tipo, che è identificata mediante il numero d'identificazione europeo, dovrebbe fornire informazioni su tutti i requisiti legali in base ai quali è stata rilasciata l'autorizzazione del tipo in un dato Stato membro.

(4)

Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito dall'articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2008/57/CE,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Il modello di dichiarazione di conformità al tipo di cui all'articolo 26, paragrafo 4, della direttiva 2008/57/CE figura nell'allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Si applica a decorrere dal 2 giugno 2011.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, ad eccezione di Cipro e Malta fintantoché non sarà creato un sistema ferroviario nel loro territorio.

Fatto a Bruxelles, il 1o marzo 2011.

Per la Commissione

Il presidente

José Manuel BARROSO


(1)  GU L 191 del 18.7.2008, pag. 1.


ALLEGATO

MODELLO DI DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ A UN TIPO AUTORIZZATO DI VEICOLO

Noi,

Richiedente (1)

[Denominazione sociale]

[Indirizzo completo]

Rappresentante legale:

[Denominazione sociale]

[Indirizzo completo]

del richiedente:

[Denominazione sociale]

[Indirizzo completo]

dichiariamo sotto la nostra esclusiva responsabilità che il veicolo [Numero di veicolo europeo]  (2) al quale si riferisce la presente dichiarazione:

è conforme al tipo di veicolo [identificazione del tipo di veicolo ERATV] autorizzato nei seguenti Stati membri:

[Stato membro 1] in virtù dell'autorizzazione n. [NIE del tipo di autorizzazione nello Stato membro 1]

[Stato membro 2] in virtù dell'autorizzazione n. [NIE del tipo di autorizzazione nello Stato membro 2]

… (indicare tutti gli Stati membri in cui è autorizzato il tipo di veicolo),

è conforme alla pertinente legislazione dell'Unione europea, alle pertinenti specifiche tecniche di interoperabilità e alle normative nazionali applicabili, come riportato negli allegati della presente dichiarazione,

è stato sottoposto a tutte le procedure di verifica necessarie per redigere la presente dichiarazione.

Elenco degli allegati (3)

[titoli degli allegati]

Firmato a nome e per conto di [nome del richiedente]

Fatto a [luogo], il [data GG/MM/AAAA]

[nome e cognome, funzione] [firma]

Campo riservato all'ANS:

NVE assegnato al veicolo: [EVN]


(1)  Il richiedente può essere il soggetto appaltante o il fabbricante o il rispettivo rappresentante legale stabilito nell'Unione europea.

(2)  Se, al momento della stesura della presente dichiarazione, non è ancora stato assegnato al veicolo un Numero di veicolo europeo (NVE), il veicolo deve essere identificato mediante un altro sistema di identificazione concordato dal richiedente e dall'autorità nazionale competente in materia di sicurezza (ANS). In questo caso, non appena viene assegnato un NVE al veicolo l'ANS compila il campo riservato a tale scopo.

(3)  Gli allegati comprendono copie dei documenti comprovanti l'espletamento delle pertinenti procedure di verifica in conformità della legislazione applicabile dell'Unione (dichiarazioni CE di verifica) e delle normative nazionali.


2.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 57/10


REGOLAMENTO (UE) N. 202/2011 DELLA COMMISSIONE

del 1o marzo 2011

recante modifica dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio per quanto riguarda la definizione dei prodotti della pesca e modifica del regolamento (CE) n. 1010/2009 della Commissione per quanto riguarda i moduli di notifica preventiva, i parametri per le ispezioni in porto e i sistemi di documentazione delle catture adottati dalle organizzazioni regionali di gestione della pesca

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (1), in particolare l’articolo 9, paragrafo 1, l’articolo 12, paragrafo 5, l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 52,

considerando quanto segue:

(1)

Il regolamento (CE) n. 1005/2008 si applica ai prodotti della pesca quali definiti all’articolo 2 dello stesso. L’allegato I del suddetto regolamento reca l’elenco dei prodotti cui non si applica la definizione di prodotti della pesca. Detto elenco può essere riveduto ogni anno e va modificato sulla base delle nuove informazioni acquisite nell’ambito della cooperazione amministrativa con i paesi terzi, di cui all’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1005/2008.

(2)

I prodotti cui non si applica la definizione di prodotti della pesca sono inoltre elencati nell’allegato XIII del regolamento (CE) n. 1010/2009 della Commissione (2), recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1005/2008. Per evitare inutili duplicazioni, è opportuno elencare i prodotti in questione unicamente nell’allegato I del regolamento (CE) n. 1005/2008 e sopprimere pertanto l’allegato XIII del regolamento (CE) 1010/2009.

(3)

Il titolo I del regolamento (CE) n. 1010/2009 stabilisce disposizioni relative alle ispezioni di pescherecci dei paesi terzi da effettuare nei porti degli Stati membri. È necessario adeguare dette disposizioni all’accordo sulle misure di competenza dello Stato di approdo intese a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, concluso nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO). Tale adeguamento comporta l’inclusione di informazioni specifiche nei moduli da utilizzare per la notifica preventiva di arrivi in porto e l’inserimento di criteri specifici nei parametri stabiliti per le ispezioni in porto.

(4)

L’allegato V del regolamento (CE) n. 1010/2009 reca un elenco di sistemi di documentazione delle catture adottati dalle organizzazioni regionali di gestione della pesca che sono riconosciuti conformi ai requisiti stabiliti nel regolamento (CE) n. 1005/2008. È opportuno che detto allegato faccia riferimento al programma di documentazione delle catture di tonno rosso dell’ICCAT, istituito dal regolamento (UE) n. 640/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).

(5)

Occorre pertanto modificare di conseguenza i regolamenti (CE) n. 1005/2008 e (CE) n. 1010/2009.

(6)

Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato di gestione per la pesca e l’acquacoltura,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Modifiche del regolamento (CE) n. 1005/2008

L’allegato I del regolamento (CE) n. 1005/2008 è sostituito dall’allegato I del presente regolamento.

Articolo 2

Modifiche del regolamento (CE) n. 1010/2009

Il regolamento (CE) n. 1010/2009 è così modificato:

1)

All’articolo 4, paragrafo 1, è aggiunta la seguente lettera u):

«u)

peschereccio cui è stata rifiutata l’autorizzazione a entrare in porto o a utilizzare le relative infrastrutture, in conformità all’accordo sulle misure di competenza dello Stato di approdo intese a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, concluso nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO)»;

2)

gli allegati IIA e IIB sono sostituiti dall’allegato II del presente regolamento;

3)

nell’allegato V, parte I, il testo del secondo trattino è sostituito dal seguente:

«—

Programma ICCAT di documentazione delle catture di tonno rosso, quale istituito dal regolamento (UE) n. 640/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (4)

4)

l’allegato XIII è soppresso.

Articolo 3

Entrata in vigore

Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 1o marzo 2011.

Per la Commissione

Il presidente

José Manuel BARROSO


(1)  GU L 286 del 29.10.2008, pag. 1.

(2)  GU L 280 del 27.10.2009, pag. 5.

(3)  GU L 194 del 24.7.2010, pag. 1.

(4)  GU L 194 del 24.7.2010, pag. 1»;


ALLEGATO I

«ALLEGATO I

Elenco dei prodotti cui non si applica la definizione di “prodotti della pesca” stabilita all’articolo 2, punto 8

ex Capitolo 3

ex 1604

ex 1605

Prodotti dell’acquacoltura ottenuti da avannotti o larve

ex Capitolo 3

ex 1604

Fegati, uova e lattimi, lingue, guance, teste e pinne

0301 10 (1)

Pesci ornamentali, vivi

ex 0301 91

Trote (Salmo trutta, Oncorhynchus mykiss, Oncorhynchus clarki, Oncorhynchus aguabonita, Oncorhynchus gilae, Oncorhynchus apache e Oncorhynchus chrysogaster), vive, pescate in acque dolci

ex 0301 92 00

Anguille (Anguilla spp.), vive, pescate in acque dolci

0301 93 00

Carpe, vive

ex 0301 99 11

Salmoni del Pacifico (Oncorhynchus nerka, Oncorhynchus gorbuscha, Oncorhynchus keta, Oncorhynchus tschawytscha, Oncorhynchus kisutch, Oncorhynchus masou e Oncorhynchus rhodurus), salmoni dell’Atlantico (Salmo salar) e salmoni del Danubio (Hucho hucho), vivi, pescati in acque dolci

0301 99 19

Altri pesci di acqua dolce, vivi

ex 0302 11

Trote (Salmo trutta, Oncorhynchus mykiss, Oncorhynchus clarki, Oncorhynchus aguabonita, Oncorhynchus gilae, Oncorhynchus apache e Oncorhynchus chrysogaster), fresche o refrigerate, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescate in acque dolci

ex 0302 12 00

Salmoni del Pacifico (Oncorhynchus nerka, Oncorhynchus gorbuscha, Oncorhynchus keta, Oncorhynchus tschawytscha, Oncorhynchus kisutch, Oncorhynchus masou e Oncorhynchus rhodurus), salmoni dell’Atlantico (Salmo salar) e salmoni del Danubio (Hucho hucho), freschi o refrigerati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescati in acque dolci

ex 0302 19 00

Altri salmonidi, freschi o refrigerati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescati in acque dolci

ex 0302 66 00

Anguille (Anguilla spp.), fresche o refrigerate, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescate in acque dolci

0302 69 11

Carpe, fresche o refrigerate, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304

0302 69 15

Tilapia (Oreochromis spp.), freschi o refrigerati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304

0302 69 18

Altri pesci di acqua dolce, freschi o refrigerati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304

ex 0303 11 00

Salmoni rossi (Oncorhynchus nerka), esclusi i fegati, le uova e i lattimi, congelati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescati in acque dolci

ex 0303 19 00

Altri salmoni del Pacifico (Oncorhynchus gorbuscha, Oncorhynchus keta, Oncorhynchus tschawytscha, Oncorhynchus kisutch, Oncorhynchus masou e Oncorhynchus rhodurus), esclusi i fegati, le uova e i lattimi, congelati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescati in acque dolci

ex 0303 21

Trote (Salmo trutta, Oncorhynchus mykiss, Oncorhynchus clarki, Oncorhynchus aguabonita, Oncorhynchus gilae, Oncorhynchus apache e Oncorhynchus chrysogaster), esclusi i fegati, le uova e i lattimi, congelate, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescate in acque dolci

ex 0303 22 00

Salmoni dell’Atlantico (Salmo salar) e salmoni del Danubio (Hucho hucho), esclusi i fegati, le uova e i lattimi, congelati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescati in acque dolci

ex 0303 29 00

Altri salmonidi, esclusi i fegati, le uova e i lattimi, congelati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescati in acque dolci

ex 0303 76 00

Anguille (Anguilla spp.), congelate, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304, pescate in acque dolci

0303 79 11

Carpe, congelate, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304

0303 79 19

Altri pesci di acqua dolce, congelati, esclusi i filetti di pesce e di altra carne di pesci della voce 0304

0304 19 01

Filetti, freschi o refrigerati, di persico del Nilo (Lates niloticus)

0304 19 03

Filetti, freschi o refrigerati, di pangasio (Pangasius spp.)

ex 0304 19 13

Filetti, freschi o refrigerati, di salmoni del Pacifico (Oncorhynchus nerka, Oncorhynchus gorbuscha, Oncorhynchus keta, Oncorhynchus tschawytscha, Oncorhynchus kisutch, Oncorhynchus masou e Oncorhynchus rhodurus), salmoni dell’Atlantico (Salmo salar) e salmoni del Danubio (Hucho hucho), pescati in acque dolci

ex 0304 19 15

Filetti, freschi o refrigerati, della specie Oncorhynchus mykiss di peso superiore a 400 g per pezzo, pescati in acque dolci

ex 0304 19 17

Filetti, freschi o refrigerati, di trote delle specie Salmo trutta, Oncorhynchus mykiss (di peso pari o inferiore a 400 g), Oncorhynchus clarki, Oncorhynchus aguabonita e Oncorhynchus gilae, pescate in acque dolci

0304 19 18

Filetti, freschi o refrigerati, di altri pesci di acqua dolce

0304 19 91

Altra carne di pesci (anche tritata), fresca o refrigerata, di pesci di acqua dolce

0304 29 01

Filetti congelati di persico del Nilo (Lates niloticus)

0304 29 03

Filetti congelati di pangasio (Pangasius spp.)

0304 29 05

Filetti congelati di tilapia (Oreochromis spp.)

ex 0304 29 13

Filetti congelati di salmoni del Pacifico (Oncorhynchus nerka, Oncorhynchus gorbuscha, Oncorhynchus keta, Oncorhynchus tschawytscha, Oncorhynchus kisutch, Oncorhynchus masou e Oncorhynchus rhodurus), salmoni dell’Atlantico (Salmo salar) e salmoni del Danubio (Hucho hucho), pescati in acque dolci

ex 0304 29 15

Filetti congelati di Oncorhynchus mykiss di peso superiore a 400 g per pezzo, pescati in acque dolci

ex 0304 29 17

Filetti congelati di trote delle specie Salmo trutta, Oncorhynchus mykiss (di peso pari o inferiore a 400 g), Oncorhynchus clarki, Oncorhynchus aguabonita e Oncorhynchus gilae, pescate in acque dolci

0304 29 18

Filetti congelati di altri pesci di acqua dolce

0304 99 21

Altra carne di pesci (anche tritata), congelata, di pesci di acqua dolce

0305 10 00

Farine, polveri e agglomerati in forma di pellet di pesci, atti all’alimentazione umana

ex 0305 30 30

Filetti, salati o in salamoia, di salmoni del Pacifico (Oncorhynchus nerka, Oncorhynchus gorbuscha, Oncorhynchus keta, Oncorhynchus tschawytscha, Oncorhynchus kisutch, Oncorhynchus masou e Oncorhynchus rhodurus), salmoni dell’Atlantico (Salmo salar) e salmoni del Danubio (Hucho hucho), pescati in acque dolci

ex 0305 30 90

Filetti, secchi, salati o in salamoia, ma non affumicati, di altri pesci di acqua dolce

ex 0305 41 00

Salmoni del Pacifico (Oncorhynchus nerka, Oncorhynchus gorbuscha, Oncorhynchus keta, Oncorhynchus tschawytscha, Oncorhynchus kisutch, Oncorhynchus masou e Oncorhynchus rhodurus), salmoni dell’Atlantico (Salmo salar) e salmoni del Danubio (Hucho hucho), affumicati, compresi i filetti, pescati in acque dolci

ex 0305 49 45

Trote (Salmo trutta, Oncorhynchus mykiss, Oncorhynchus clarki, Oncorhynchus aguabonita, Oncorhynchus gilae, Oncorhynchus apache e Oncorhynchus chrysogaster), affumicate, compresi i filetti, pescate in acque dolci

ex 0305 49 50

Anguille (Anguilla spp.), affumicate, compresi i filetti, pescate in acque dolci

ex 0305 49 80

Altri pesci di acqua dolce, affumicati, compresi i filetti

ex 0305 59 80

Altri pesci di acqua dolce, secchi, anche salati ma non affumicati

ex 0305 69 50

Salmoni del Pacifico (Oncorhynchus nerka, Oncorhynchus gorbuscha, Oncorhynchus keta, Oncorhynchus tschawytscha, Oncorhynchus kisutch, Oncorhynchus masou e Oncorhynchus rhodurus), salmoni dell’Atlantico (Salmo salar) e salmoni del Danubio (Hucho hucho), in salamoia o salati ma non secchi né affumicati, pescati in acque dolci

ex 0305 69 80

Altri pesci di acqua dolce, in salamoia o salati ma non secchi né affumicati

0306 19 10

Gamberi, congelati

ex 0306 19 90

Farine, polveri e agglomerati in forma di pellet di crostacei, congelati, atti all’alimentazione umana

ex 0306 21 00

Aragoste (Palinurus spp., Panulirus spp., Jasus spp.), ornamentali

ex 0306 22 10

Astici (Homarus spp.), ornamentali, vivi

ex 0306 23 10

Gamberetti della famiglia Pandalidae, ornamentali, vivi

ex 0306 23 31

Gamberetti grigi del genere Crangon, ornamentali, vivi

ex 0306 23 90

Altri gamberetti, ornamentali, vivi

ex 0306 24

Granchi, ornamentali, vivi

0306 29 10

Gamberi, vivi, freschi, refrigerati, secchi, salati o in salamoia, non sgusciati, cotti in acqua o al vapore, anche refrigerati, secchi, salati o in salamoia

ex 0306 29 30

Scampi (Nephrops norvegicus), ornamentali, vivi

ex 0306 29 90

Altri crostacei ornamentali, vivi

ex 0306 29 90

Farine, polveri e agglomerati in forma di pellet di crostacei, non congelati, atti all’alimentazione umana

0307 10

Ostriche, anche separate dalla loro conchiglia, vive, fresche, refrigerate, congelate, secche, salate o in salamoia

0307 21 00

Conchiglie dei pellegrini (Coquilles Saint-Jacques), ventagli o pettini, altre conchiglie dei generi Pecten, Chlamys o Placopecten, vivi, freschi o refrigerati

0307 29

Conchiglie dei pellegrini (Coquilles Saint-Jacques), ventagli o pettini, altre conchiglie dei generi Pecten, Chlamys o Placopecten, diversi da quelli vivi, freschi o refrigerati

0307 31

Mitili (Mytilus spp., Perna spp.), vivi, freschi o refrigerati

0307 39

Mitili (Mytilus spp., Perna spp.), diversi da quelli vivi, freschi o refrigerati

ex 0307 41

Seppie (Sepia officinalis, Rossia macrosoma) e seppiole (Sepiola spp.); calamari e calamaretti (Ommastrephes spp., Loligo spp., Nototodarus spp., Sepioteuthis spp.), ornamentali

ex 0307 51

Polpi o piovre (Octopus spp.), ornamentali

0307 60 00

Lumache, diverse da quelle di mare, vive, fresche, refrigerate, congelate, secche, salate o in salamoia

ex 0307 91 00

Altri invertebrati acquatici diversi dai crostacei e dai molluschi specificati o inclusi nelle sottovoci da 0307 10 10a 0307 60 00, esclusi Illex spp., seppie della specie Sepia pharaonis e lumache di mare della specie Strombus, vivi (non ornamentali), freschi o refrigerati

0307 99 13

Veneri incrocicchiate o vongole ed altre specie della famiglia Veneridae, congelate

0307 99 15

Meduse (Rhopilema spp.), congelate

ex 0307 99 18

Altri invertebrati acquatici diversi dai crostacei e dai molluschi specificati o inclusi nelle sottovoci da 0307 10 10a 0307 60 00e da 0307 99 11a 0307 99 15, escluse le seppie della specie Sepia pharaonis le lumache di mare della specie Strombus, comprese farine, polveri e agglomerati in forma di pellet di invertebrati acquatici diversi dai crostacei, atti all’alimentazione umana, congelati

ex 0307 99 90

Altri invertebrati acquatici diversi dai crostacei e dai molluschi specificati o inclusi nelle sottovoci da 0307 10 10a 0307 60 00, esclusi Illex spp., seppie della specie Sepia pharaonis lumache di mare della specie Strombus, comprese farine, polveri e agglomerati in forma di pellet di invertebrati acquatici diversi dai crostacei, atti all’alimentazione umana, secchi, salati o in salamoia

ex 1604 11 00

Preparazioni e conserve di salmoni, pescati in acque dolci, interi o in pezzi, ma non tritati

ex 1604 19 10

Preparazioni e conserve di salmonidi, diversi dai salmoni, pescati in acque dolci, interi o in pezzi, ma non tritati

ex 1604 20 10

Salmoni, pescati in acque dolci, altrimenti preparati o conservati (diversi da quelli interi o a pezzi ma non macinati)

ex 1604 20 30

Salmonidi, diversi dai salmoni, pescati in acque dolci, altrimenti preparati o conservati (diversi da quelli interi o a pezzi ma non macinati)

ex 1604 19 91

Filetti di pesci di acqua dolce, crudi, semplicemente ricoperti di pasta o di pane grattugiato (impanati), anche precotti nell’olio, congelati

1604 30 90

Succedanei del caviale

ex 1605 40 00

Preparazioni e conserve di gamberi

1605 90

Altri molluschi e altri invertebrati acquatici, preparati o conservati,


(1)  Codici NC corrispondenti al regolamento (CE) n. 948/2009 della Commissione (GU L 287 del 31.10.2009).»


ALLEGATO II

«

ALLEGATO IIA

Modulo di notifica preventiva per i pescherecci di paesi terzi di cui all’articolo 2, paragrafo 1

Image

Image

ALLEGATO IIB

Modulo di notifica preventiva per i pescherecci di paesi terzi di cui all’articolo 2, paragrafo 2

Image

»

2.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 57/19


REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 203/2011 DELLA COMMISSIONE

del 1o marzo 2011

recante fissazione dei valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1),

visto il regolamento (CE) n. 1580/2007 della Commissione, del 21 dicembre 2007, recante modalità di applicazione dei regolamenti (CE) n. 2200/96, (CE) n. 2201/96 e (CE) n. 1182/2007 nel settore degli ortofrutticoli (2), in particolare l’articolo 138, paragrafo 1,

considerando quanto segue:

Il regolamento (CE) n. 1580/2007 prevede, in applicazione dei risultati dei negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay round, i criteri per la fissazione da parte della Commissione dei valori forfettari all’importazione dai paesi terzi, per i prodotti e i periodi indicati nell’allegato XV, parte A, del medesimo regolamento,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

I valori forfettari all’importazione di cui all’articolo 138 del regolamento (CE) n. 1580/2007 sono quelli fissati nell’allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il 2 marzo 2011.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 1o marzo 2011.

Per la Commissione, a nome del presidente,

José Manuel SILVA RODRÍGUEZ

Direttore generale dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale


(1)  GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1.

(2)  GU L 350 del 31.12.2007, pag. 1.


ALLEGATO

Valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

(EUR/100 kg)

Codice NC

Codice paesi terzi (1)

Valore forfettario all'importazione

0702 00 00

IL

122,2

MA

46,8

TN

113,1

TR

95,7

ZZ

94,5

0707 00 05

TR

159,9

ZZ

159,9

0709 90 70

MA

31,5

TR

100,8

ZZ

66,2

0805 10 20

EG

56,9

IL

78,2

MA

55,1

TN

41,5

TR

67,9

ZA

37,9

ZZ

56,3

0805 50 10

MA

45,9

TR

51,2

ZZ

48,6

0808 10 80

BR

55,2

CA

126,3

CN

90,2

MK

54,8

US

148,5

ZZ

95,0

0808 20 50

AR

91,1

CL

188,1

CN

52,4

US

96,8

ZA

109,6

ZZ

107,6


(1)  Nomenclatura dei paesi stabilita dal regolamento (CE) n. 1833/2006 della Commissione (GU L 354 del 14.12.2006, pag. 19). Il codice «ZZ» rappresenta le «altre origini».


DIRETTIVE

2.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 57/21


DIRETTIVA 2011/18/UE DELLA COMMISSIONE

del 1o marzo 2011

che modifica gli allegati II, V e VI della direttiva 2008/57/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario comunitario

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

vista la direttiva 2008/57/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario comunitario (1), in particolare l’articolo 30, paragrafo 3,

considerando quanto segue:

(1)

Le misure intese a modificare elementi non essenziali della direttiva 2008/57/CE e concernenti l’adeguamento degli allegati da II a IX della stessa, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 29, paragrafo 4, della direttiva 2008/57/CE.

(2)

Il sottosistema «controllo-comando e segnalamento» consiste in apparecchiature a terra e strumentazione a bordo, che andrebbero considerate due sottosistemi separati. Occorre pertanto modificare di conseguenza l’allegato II della direttiva 2008/57/CE.

(3)

L’apparecchiatura che misura il consumo di energia elettrica è fisicamente integrata nel materiale rotabile. Occorre pertanto modificare di conseguenza l’allegato II della direttiva 2008/57/CE.

(4)

In conformità all’articolo 17, paragrafo 3, della direttiva 2008/57/CE, gli Stati membri designano gli organismi incaricati di espletare le procedure di verifica nel caso di norme nazionali. Gli allegati V e VI della direttiva 2008/57/CE devono pertanto essere modificati specificando le procedure seguite dai suddetti organismi.

(5)

Con riferimento al punto 2 dell’allegato VI della direttiva 2008/57/CE e il ricorso a dichiarazioni intermedie di verifica (in appresso «DIV»), l’organismo notificato deve prima redigere un attestato «CE» di dichiarazione intermedia di verifica e successivamente il richiedente redige la dichiarazione «CE» relativa. Gli allegati V e VI della direttiva 2008/57/CE devono pertanto essere modificati di conseguenza.

(6)

Le misure di cui alla presente direttiva sono conformi al parere del comitato istituito ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, della direttiva 2008/57/CE,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Gli allegati II, V e VI della direttiva 2008/57/CE sono sostituiti rispettivamente dagli allegati I, II e III della presente direttiva.

Articolo 2

1.   Gli Stati membri provvedono all’entrata in vigore delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 2011. Essi ne trasmettono il testo immediatamente alla Commissione.

2.   Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste devono contenere un riferimento alla presente direttiva o essere corredate da tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

3.   Gli obblighi di recepimento e attuazione della presente direttiva non si applicano alla Repubblica di Cipro e alla Repubblica di Malta fintantoché non sarà istituito un sistema ferroviario all’interno dei rispettivi territori.

Articolo 3

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 4

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, addì 1o marzo 2011.

Per la Commissione

Il presidente

José Manuel BARROSO


(1)  GU L 191 del 18.7.2008, pag. 1.


ALLEGATO I

«ALLEGATO II

SOTTOSISTEMI

1.   Elenco dei sottosistemi

Ai fini della presente direttiva, il sistema che costituisce il sistema ferroviario può essere suddiviso nei seguenti sottosistemi corrispondenti a:

a)

settori di natura strutturale:

infrastrutture,

energia,

controllo-comando e segnalamento a terra,

controllo-comando e segnalamento di bordo,

materiale rotabile;

b)

settori di natura funzionale:

esercizio e gestione del traffico,

manutenzione,

applicazioni telematiche per i servizi passeggeri e merci.

2.   Descrizione dei sottosistemi

Per ciascun sottosistema o parte di sottosistema, l’elenco degli elementi e degli aspetti legati all’interoperabilità è proposto dall’Agenzia al momento dell’elaborazione del progetto di STI corrispondente. Senza pregiudicare la determinazione di questi aspetti o dei componenti di interoperabilità, né l’ordine secondo cui i sottosistemi saranno soggetti a STI, i sottosistemi comprendono quanto segue:

2.1.   Infrastrutture

Le strade ferrate, l’insieme dei binari, le opere di ingegneria (ponti, gallerie, ecc.), le relative infrastrutture nelle stazioni (marciapiedi, zone di accesso, tenendo presenti le esigenze delle persone a mobilità ridotta, ecc.), le apparecchiature di sicurezza e di protezione.

2.2.   Energia

Il sistema di elettrificazione incluso il materiale aereo e l’apparecchiatura a terra di misurazione del consumo di energia elettrica.

2.3.   Controllo-comando e segnalamento a terra

Tutte le apparecchiature a terra necessarie per garantire la sicurezza, il comando ed il controllo della circolazione dei treni autorizzati a circolare sulla rete.

2.4.   Controllo-comando e segnalamento di bordo

Tutte le apparecchiature di bordo necessarie per garantire la sicurezza, il comando ed il controllo della circolazione dei treni autorizzati a circolare sulla rete.

2.5.   Esercizio e gestione del traffico

Le procedure e le relative apparecchiature che permettono di garantire un esercizio coerente dei vari sottosistemi strutturali, sia durante il funzionamento normale che in caso di funzionamento irregolare, comprese la composizione e la guida dei treni, la pianificazione e la gestione del traffico.

Tutte le qualifiche professionali necessarie per assicurare servizi transfrontalieri.

2.6.   Applicazioni telematiche

In linea con l’allegato I, questo sistema comprende due parti:

a)

le applicazioni per i passeggeri, compresi i sistemi di informazione dei viaggiatori prima e durante il viaggio, i sistemi di prenotazione, i sistemi di pagamento, la gestione dei bagagli, la gestione delle coincidenze tra treni e con altri modi di trasporto;

b)

le applicazioni per il trasporto merci, compresi i sistemi di informazione (controllo in tempo reale delle merci e dei treni), i sistemi di smistamento e destinazione, i sistemi di prenotazione, pagamento e fatturazione, la gestione delle coincidenze con altri modi di trasporto, la produzione dei documenti elettronici di accompagnamento.

2.7.   Materiale rotabile

La struttura, il sistema di comando e controllo dell’insieme delle apparecchiature del treno, i dispositivi di captazione di corrente elettrica, le apparecchiature di trazione e di trasformazione dell’energia, l’apparecchiatura di bordo per la misurazione del consumo di energia elettrica, di frenatura, di agganciamento, gli organi di rotolamento (carrelli, assi) e la sospensione, le porte, le interfacce persona/macchina (macchinista, personale a bordo, passeggeri, tenendo presenti le esigenze delle persone a mobilità ridotta), i dispositivi di sicurezza passivi o attivi, i dispositivi necessari per la salute dei passeggeri e del personale a bordo.

2.8.   Manutenzione

Le procedure, le apparecchiature associate, gli impianti logistici di manutenzione, le riserve che permettono di garantire le operazioni di manutenzione correttiva e preventiva a carattere obbligatorio, previste per garantire l’interoperabilità del sistema ferroviario e le prestazioni necessarie.»


ALLEGATO II

«ALLEGATO V

DICHIARAZIONE DI VERIFICA DEI SOTTOSISTEMI

1.   Dichiarazione “CE” di verifica dei sottosistemi

La dichiarazione “CE” di verifica e i documenti di accompagnamento devono essere datati e firmati.

La suddetta dichiarazione deve basarsi sulle informazioni derivanti dalla procedura di verifica “CE” relativa ai sottosistemi definita al punto 2 dell’allegato VI. Deve essere redatta nella stessa lingua del fascicolo tecnico e comprendere almeno gli elementi seguenti:

riferimenti della direttiva,

nome e indirizzo del soggetto contraente o del fabbricante o del suo mandatario stabilito nell’Unione europea (indicare la denominazione sociale e l’indirizzo completo e, nel caso del mandatario, indicare anche la denominazione sociale del soggetto contraente o del fabbricante),

breve descrizione del sottosistema,

nome e indirizzo dell’organismo notificato che ha compiuto la verifica “CE” di cui all’articolo 18,

riferimenti dei documenti contenuti nella documentazione tecnica,

tutte le disposizioni pertinenti, provvisorie o definitive, cui deve rispondere il sottosistema, in particolare, ove necessario, le limitazioni o condizioni di esercizio,

se provvisoria; durata di validità della dichiarazione “CE”,

identificazione del firmatario.

Quando nell’allegato VI si fa riferimento alla dichiarazione DIV “CE”, a tale dichiarazione si applicano le disposizioni del presente punto.

2.   Di verifica di sottosistemi nel caso di norme nazionali

Quando nell’allegato VI si fa riferimento alla dichiarazione di verifica di sottosistemi nel caso di norme nazionali, a tale dichiarazione si applicano mutatis mutandi le disposizioni del punto 1.»


ALLEGATO III

«ALLEGATO VI

PROCEDURA DI VERIFICA DEI SOTTOSISTEMI

1.   PRINCIPI GENERALI

La procedura di verifica di un sottosistema prevede la verifica e l’attestazione che un sottosistema:

è progettato, costruito e installato in modo da soddisfare i requisiti essenziali che lo riguardano, e

può essere autorizzato a entrare in servizio.

2.   PROCEDURA DI VERIFICA “CE”

2.1.   Introduzione

La verifica “CE” è la procedura mediante la quale un organismo notificato verifica e attesta che il sottosistema è:

conforme alle disposizioni delle relative STI,

conforme agli altri regolamenti derivati dal trattato.

2.2.   Parti del sottosistema e fasi

2.2.1   Dichiarazione intermedia di verifica (DIV)

Se viene specificato nelle STI o, se opportuno, su richiesta del richiedente, il sottosistema potrebbe essere suddiviso in determinate parti o verificato in certe fasi della procedura di verifica.

La dichiarazione intermedia di verifica (DIV) è la procedura con la quale un organismo notificato verifica e attesta determinate parti del sottosistema o determinate fasi della procedura di verifica.

Ogni DIV porta al rilascio di un attestato DIV “CE” da parte dell’organismo notificato scelto dal richiedente, che a sua volta, se possibile, redige una dichiarazione DIV “CE”. L’attestato DIV e la dichiarazione DIV devono indicare le STI di riferimento per la valutazione di conformità.

2.2.2   Parti del sottosistema

Il richiedente può chiedere una DIV per ogni parte. Ogni parte verrà verificata in ogni fase come previsto al punto 2.2.3.

2.2.3   Fasi della procedura di verifica

Il sottosistema, o talune parti del sottosistema, vengono verificate ad ognuna delle seguenti fasi:

progettazione generale,

produzione: realizzazione, compresi in particolare l’esecuzione dei lavori di genio civile, la fabbricazione, il montaggio dei componenti e la regolazione del tutto,

prove finali.

Il richiedente può chiedere una DIV per la fase di progettazione (incluse le prove del tipo) e per la fase di produzione.

2.3.   Attestato di verifica

2.3.1.   L’organismo notificato responsabile della verifica “CE” esamina la progettazione, la produzione e la prova finale del sottosistema e redige l’attestato di verifica “CE” destinato al richiedente, che a sua volta redige la dichiarazione di verifica “CE”. L’attestato di verifica CE deve indicare le STI di riferimento per la valutazione di conformità.

Quando un sottosistema non è stato valutato per la sua conformità a tutte le STI pertinenti (ad esempio in caso di deroga, applicazione parziale di STI per ristrutturazione o rinnovo, periodo di transizione di una STI o un caso specifico), l’attestato “CE” fornirà il riferimento preciso alle STI o alle loro parti la cui conformità non è stata esaminata dall’organismo notificato durante la procedura di verifica “CE”.

2.3.2.   Quando sono stati emessi degli attestati DIV “CE” l’organismo notificato responsabile per la verifica “CE” del sottosistema tiene conto di questi attestati DIV “CE” e, prima di emettere l’attestato di verifica “CE”:

verifica che gli attestati DIV “CE” riguardino correttamente le pertinenti disposizioni delle STI,

verifica tutti gli aspetti che non sono considerati dagli attestati DIV “CE”, e

verifica la prova finale dell’insieme del sottosistema.

2.4.   Documentazione tecnica

La documentazione tecnica che accompagna la dichiarazione di verifica “CE” deve contenere quanto segue:

le caratteristiche tecniche relative al progetto incluse le progettazioni di massima e di dettaglio relative all’esecuzione, gli schemi degli impianti elettrici e idraulici, gli schemi dei circuiti di comando, la descrizione dei sistemi informatici e degli automatismi, la documentazione relativa a funzionamento e manutenzione, ecc., pertinenti al sottosistema in questione,

l’elenco dei componenti d’interoperabilità di cui all’articolo 5, paragrafo 3, lettera d), incorporati nel sottosistema,

le copie delle dichiarazioni “CE” di conformità o di idoneità all’impiego di cui i detti componenti devono essere muniti a norma dell’articolo 13 della direttiva, accompagnati ove necessario dalle corrispondenti note di calcolo e da una copia dei verbali delle prove e degli esami svolti da organismi notificati sulla base delle specifiche tecniche comuni,

se disponibili, lo o gli attestato(i) DIV “CE” e, in tal caso, se pertinenti, la o le dichiarazioni DIV “CE” che accompagnano l’attestato “CE” di verifica, inclusi i risultati della verifica della loro validità da parte dell’organismo notificato,

l’attestato “CE” di verifica, accompagnato dalle corrispondenti note di calcolo e vistato dall’organismo notificato incaricato della verifica “CE”, che dichiara la conformità del sottosistema alle prescrizioni delle pertinenti STI e in cui sono precisate, ove necessario, le riserve formulate durante l’esecuzione dei lavori che non sono state sciolte, l’attestato di verifica “CE” deve essere inoltre accompagnato dai rapporti di ispezione e audit redatti dallo stesso organismo nell’ambito della sua missione, come precisato ai punti 2.5.3 e 2.5.4,

gli attestati “CE” emessi in conformità all’ulteriore legislazione derivata dal trattato,

quando è previsto l’inserimento in condizioni di sicurezza ai sensi del regolamento della Commissione (CE) n. 352/2009 (1), il richiedente include nella documentazione tecnica la relazione del valutatore sui metodi comuni di sicurezza sulla valutazione dei rischi di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2004/49/CE.

2.5.   Controllo

2.5.1.   L’obiettivo della sorveglianza “CE” è quello di garantire che durante la realizzazione del sottosistema siano soddisfatti gli obblighi derivanti dalla documentazione tecnica.

2.5.2.   L’organismo notificato incaricato di verificare la realizzazione deve avere accesso in permanenza ai cantieri, alle officine di fabbricazione, alle zone di deposito e, ove necessario, agli impianti di prefabbricazione e di prova e, più in generale, a tutti i luoghi eventualmente ritenuti necessari per l’espletamento della sua missione. L’organismo notificato deve ricevere dal richiedente ogni documento utile a tale effetto, in particolare i piani di esecuzione delle opere e la documentazione tecnica relativa al sottosistema.

2.5.3.   L’organismo notificato incaricato di verificare la realizzazione svolge periodicamente degli audit per garantire il rispetto delle disposizioni delle pertinenti STI. Esso fornisce in tale occasione un rapporto di audit ai professionisti preposti alla realizzazione e può esserne richiesta la presenza durante certe fasi del cantiere.

2.5.4.   L’organismo notificato può inoltre compiere visite senza preavviso sul cantiere o nelle officine di fabbricazione. Durante tali visite, l’organismo notificato può procedere ad audit completi o parziali e fornisce un rapporto della visita nonché eventualmente un rapporto di audit ai professionisti preposti alla realizzazione.

2.5.5.   Ai fini del rilascio della dichiarazione “CE” di idoneità all’impiego di cui all’allegato IV, punto 2, l’organismo notificato controlla ogni sottosistema in cui è stato montato un componente di interoperabilità al fine di valutarne, quando ciò sia richiesto dalla STI pertinente, l’idoneità all’impiego nell’ambiente ferroviario cui è destinato.

2.6.   Deposito

La documentazione completa di cui al punto 2.4 è depositata presso il richiedente, a sostegno dell’attestato DIV “CE”, se disponibile, rilasciato dall’organismo notificato che ne è responsabile o a sostegno dell’attestato di verifica rilasciato dall’organismo notificato responsabile della verifica “CE” del sottosistema. La documentazione è allegata alla dichiarazione di verifica “CE” che il richiedente invia all’autorità competente presso la quale deposita la domanda di autorizzazione per la messa in servizio.

Una copia della documentazione è conservata dal richiedente per tutta la durata di esercizio del sottosistema ed è trasmessa agli altri Stati membri che ne fanno richiesta.

2.7.   Pubblicazione

Ogni organismo notificato pubblica periodicamente le informazioni pertinenti concernenti:

le domande di verifica “CE” e DIV ricevute,

la domanda di valutazione di conformità e/o di idoneità all’impiego di componenti di interoperabilità,

gli attestati DIV “CE” rilasciati o rifiutati,

gli attestati “CE” di conformità e/o di idoneità all’impiego rilasciati o rifiutati,

gli attestati di verifica “CE” rilasciati o rifiutati.

2.8.   Lingue

La documentazione e la corrispondenza relativa alle procedure di verifica “CE” sono redatte in una lingua ufficiale UE dello Stato membro dove è stabilito il richiedente oppure in una lingua ufficiale UE accettata da quest’ultimo.

3.   PROCEDURA DI VERIFICA NEL CASO DI NORME NAZIONALI

3.1.   Introduzione

La procedura di verifica nel caso di norme nazionali è la procedura con la quale l’organismo designato ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 3, (organismo designato) verifica e attesta che il sottosistema è conforme alle norme nazionali notificate conformemente all’articolo 17, paragrafo 3.

3.2.   Attestato di verifica

L’organismo designato responsabile della procedura di verifica nel caso di norme nazionali redige l’attestato di verifica destinato al richiedente.

L’attestato contiene un riferimento preciso alle norme nazionali la cui conformità è stata esaminata dall’organismo designato nel processo di verifica, incluse quelle relative a parti soggette a deroga da una STI, ristrutturazione o rinnovo.

Nel caso di norme nazionali relative ai sottosistemi che compongono un veicolo, l’organismo designato divide l’attestato in due parti, una parte contenente i riferimenti a quelle norme nazionali strettamente connesse alla compatibilità tecnica tra il veicolo e la rete interessata e un’altra parte contenente tutte le altre norme nazionali.

3.3.   Documentazione tecnica

La documentazione tecnica che accompagna l’attestato di verifica nel caso di norme nazionali deve essere inclusa nella documentazione tecnica di cui al punto 2.4 e contenere i dati tecnici pertinenti per la valutazione della conformità del sottosistema alle norme nazionali.»


(1)  GU L 108 del 22.4.2009, pag. 4.


DECISIONI

2.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 57/29


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 24 marzo 2010

C 4/03 (ex NN 102/02) relativa all’aiuto di stato al quale l’Italia ha dato esecuzione in favore di WAM SpA

[notificata con il numero C(2010) 1711 cor.]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2011/134/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 108, paragrafo 2, primo comma (1),

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

vista la decisione con cui la Commissione ha deciso di avviare il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, del TFUE riguardo all’aiuto C 4/03 (ex NN 102/02) (2),

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente a detti articoli e viste le osservazioni trasmesse,

considerando quanto segue:

I.   PROCEDIMENTO

(1)

Con lettera del 26 luglio 1999 la Commissione ha ricevuto una denuncia contro WAM Engineering Ltd, in cui si sosteneva che a WAM Spa erano stati concessi contributi pubblici illegittimi da parte dell’Italia.

(2)

Richieste di informazioni sono state inviate alle autorità italiane con lettere del 5 agosto 1999 e del 10 settembre 1999. Il denunciante ha trasmesso ulteriori informazioni con lettera del 2 settembre 1999. Con lettera del 13 dicembre 1999 la Commissione ha comunicato al denunciante la risposta delle autorità italiane, pervenuta con lettera dell’11 ottobre 1999, ed ha annunciato l’intenzione di condurre un procedimento d’indagine formale.

(3)

Allo stesso tempo, era in corso un’indagine sui regimi nazionali di sostegno agli investimenti esteri diretti destinati ai paesi terzi, che avrebbe dovuto concludersi con una comunicazione della Commissione in materia.

(4)

Con lettera datata 18 dicembre 2001 la Commissione ha chiesto all’Italia ulteriori informazioni, a seguito della rinnovata azione del denunciante (due solleciti sono stati inviati alla Commissione con lettere del 31 marzo 2000 e dell’11 ottobre 2000), considerato anche che la Commissione aveva rimandato l’indagine sugli investimenti esteri diretti.

(5)

Alla luce delle informazioni fornite con lettere del 20 febbraio 2002 e del 27 marzo 2002, ulteriori domande sono state poste alle autorità italiane con lettera del 12 aprile 2002.

(6)

Le autorità italiane hanno risposto con lettera del 21 maggio 2002. Con lettera del 5 giugno 2002 la Commissione ha informato le autorità italiane che considerava incomplete le informazioni fornite e ha chiesto loro di fornire le informazioni mancanti e ulteriori chiarimenti, entro venti giorni lavorativi dalla sua ricezione.

(7)

Non essendo pervenuta risposta e benché le autorità italiane, con lettera del 25 giugno 2002, avessero chiesto che il termine inizialmente previsto venisse prorogato al 31 luglio, la Commissione ha adottato, in data 26 settembre 2002, un’ingiunzione di fornire informazioni, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (3) [in appresso: «regolamento (CE) n. 659/1999»]. Nel frattempo, il caso era stato trasferito nel registro degli aiuti non notificati (NN), con il numero NN 102/2002.

(8)

Con lettere del 26 giugno 2002 e del 4 ottobre 2002, il denunciante è stato tenuto al corrente dello stato di avanzamento della pratica. Con lettera del 31 ottobre 2002, egli ha chiesto di conoscere l’esito della summenzionata ingiunzione.

(9)

Le autorità italiane hanno fornito le informazioni richieste con lettera del 16 ottobre 2002 e hanno comunicato ulteriori dati con lettera del 24 ottobre 2002.

(10)

Con lettera del 24 gennaio 2003 la Commissione ha informato l’Italia della sua decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE, attualmente articolo 108, paragrafo 2, del TFUE, in relazione all’aiuto in questione (4).

(11)

Il denunciante ne è stato informato con lettera del 29 gennaio 2003.

(12)

Non avendo ancora ricevuto tale lettera, il denunciante ha inviato alla Commissione un sollecito con lettera del 10 febbraio 2003.

(13)

In seguito alla comunicazione alle autorità italiane sull’avvio del procedimento, WAM SpA ha immediatamente inviato una lettera alla Commissione (lettera del 10 febbraio 2003).

(14)

Con lettera del 27 febbraio 2003 l’Italia ha chiesto una proroga, fino al 7 marzo 2003, del termine di 15 giorni per la trasmissione delle osservazioni in materia di riservatezza, come stabilito nella decisione della Commissione.

(15)

Con lettera del 10 marzo 2003 l’Italia ha chiesto alla Commissione di non pubblicare la decisione, data la volontà del beneficiario di rimborsare l’aiuto, come dichiarato dalla stessa WAM SpA con lettera del 13 marzo 2003, direttamente inviata alla Commissione.

(16)

Con lettera del 18 marzo 2003 la Commissione ha indicato che per evitare la pubblicazione era necessaria una decisione definitiva di chiusura del caso, subordinata alla presentazione della prova che le due rate di aiuto più gli interessi, calcolati secondo una modalità approvata dalla Commissione, fossero stati effettivamente recuperati.

(17)

Poiché l’importo proposto dal governo italiano con lettera del 13 maggio 2003 era considerevolmente inferiore alla prima stima dell’equivalente sovvenzione dell’aiuto calcolato dalla Commissione sulla base degli elementi disponibili al momento dell’avvio del procedimento, la Commissione ha informato l’Italia, con lettera del 22 maggio 2003, che, poiché la cifra proposta per il rimborso non era considerata rispondente ai suoi criteri, la pubblicazione avrebbe avuto luogo entro breve termine.

(18)

Con lettera del 13 giugno 2003 il denunciante ha chiesto informazioni sulla pubblicazione della decisione. La Commissione ha risposto con lettera del 18 giugno 2003. Lo stesso giorno al denunciante è stata inviata un’ulteriore comunicazione via e-mail, per informarlo tempestivamente del fatto che la pubblicazione aveva appena avuto luogo.

(19)

Con lettera del 1o luglio 2003, preceduta da un fax (inviato lo stesso giorno), WAM SpA ha inviato una richiesta di accesso all’intero fascicolo, richiesta che la Commissione ha respinto con lettera del 14 luglio 2003.

(20)

Con lettera del 20 giugno 2003 WAM SpA ha risposto direttamente alla comunicazione con cui la Commissione informava l’Italia di avere proceduto alla pubblicazione della decisione. La Commissione ha risposto con lettera dell’11 luglio 2003.

(21)

Con lettera del 27 giugno 2003 il denunciante ha espresso l’intenzione di chiedere un risarcimento a WAM SpA per le perdite subite, qualora la decisione finale della Commissione fosse stata negativa, e ha chiesto di essere informato sulla procedura da seguire.

(22)

Con lettera del 4 luglio 2003 la Morton Machine Company Limited ha comunicato di essere stato citata in giudizio dinanzi a un tribunale italiano da WAM SpA, che a sua volta reclamava un indennizzo, e ha chiesto alla Commissione se poteva ottenere che tale citazione a comparire fosse ritirata.

(23)

Con lettera del 10 luglio 2003 la Commissione ha risposto a entrambe le lettere della Morton Machines Company.

(24)

Con lettera del 16 luglio 2003 i terzi interessati hanno comunicato le proprie osservazioni, chiedendo che fossero trattate in forma riservata.

(25)

Il 23 luglio 2003 ha avuto luogo una riunione tra i servizi della Commissione e le autorità italiane. Prima della riunione, le autorità italiane avevano fornito alcune informazioni con lettera del 22 luglio 2003, protocollata il 25 luglio 2003, data in cui è stata ricevuta. Altre informazioni sono state inviate alla Commissione, con lettera dell’8 agosto 2003, direttamente dall’ufficio del presidente del Consiglio (Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie).

(26)

Con lettera del 21 agosto 2003 la Morton Machine Company Limited ha chiesto se fosse già stata adottata una decisione definitiva e di essere tenuta aggiornata sull’evolversi della situazione. La Commissione ha risposto con lettera del 28 agosto 2003.

(27)

Con lettera del 19 settembre 2003 l’Italia ha presentato alla Commissione le proprie osservazioni sulla decisione di avviare il procedimento di indagine formale.

(28)

Con lettera del 3 novembre 2003, l’Italia ha comunicato i propri commenti sulle osservazioni notificate dai terzi interessati.

(29)

Facendo seguito alla richiesta di indennizzo della WAM SpA del 30 luglio 2003, il rifiuto d’accesso ai documenti è stato confermato dal segretariato generale con lettera del 16 settembre 2003.

(30)

I fascicoli mancanti dalla risposta del 19 settembre 2003 sono stati inviati dall’Italia con lettera del 14 gennaio 2004.

(31)

In data 19 maggio 2004, la Commissione ha adottato una decisione a norma dell’articolo 7, paragrafi 3 e 5, del regolamento (CE) n. 659/1999 (5).

(32)

Sia WAM SpA che l’Italia hanno presentato ricorso contro la decisione della Commissione del 19 maggio 2004 dinanzi al Tribunale di primo grado. Il Tribunale di primo grado, riunendo le cause, ha pronunciato, in data 6 settembre 2006, una sentenza di annullamento della decisione della Commissione, in quanto quest’ultima non avrebbe fornito una motivazione adeguata in grado di dimostrare che, nelle circostanze del caso, gli aiuti avrebbero potuto incidere sugli scambi e sulla concorrenza nel mercato UE (6).

(33)

La Commissione ha impugnato la sentenza del Tribunale di primo grado. Il 30 aprile 2009 la Corte di giustizia ha respinto l’impugnazione della Commissione (7).

II.   DESCRIZIONE DELL’AIUTO

(34)

WAM SpA è una società di diritto italiano con sede a Cavezzo, Italia. Nel periodo in esame — dal 1995 al 2000 — essa ha operato nel settore della produzione e commercializzazione di trasportatori a coclea, coclee, filtri depolveratori e valvole per impianti industriali. Su tali mercati, il numero di produttori UE è elevato. Soprattutto nel comparto dei filtri depolveratori, WAM SpA doveva far fronte a una serie di produttori UE concorrenti di dimensioni maggiori, dotati di tecnologie avanzate e di una struttura commerciale ben sviluppata (8).

(35)

Per quanto riguarda la presenza di WAM SpA sul mercato italiano, la quota di mercato detenuta dall’azienda nel comparto dei trasportatori a coclea per cemento era pari al 60 % nel 1991, al 50 % nel 2000 e al 55 % nel 2003. Per quanto riguarda invece i filtri depolveratori, la quota di mercato di WAM SpA in questo comparto era del 40 % nel 1991, per poi raggiungere il 50 % nel 2000 e il 60 % nel 2003 (9).

(36)

A partire dal 1997, WAM SpA ha esteso le sue vendite anche ai mercati di altri Stati membri dell’Unione, in particolare alla Germania occidentale e alla Francia: nel 2000 la quota di mercato detenuta dall’azienda nel comparto dei trasportatori a coclea per cemento era del 70 % in Francia e in Germania e del 60 % nel Regno Unito, mentre per quanto riguarda i filtri depolveratori la quota di mercato di WAM SpA era pari al 50 % in Francia, al 20 % in Germania e al 10 % nel Regno Unito (10).

(37)

Nel 1994 è stata costituita una controllata giapponese, la WAM Japan, specializzata nella commercializzazione di due prodotti fabbricati in Italia, i cui costi di trasporto erano relativamente bassi, ovvero i filtri depolveratori e le valvole. Nel 1995 è stata costituita una controllata cinese, gestita in un primo tempo come joint venture assieme ad un partner locale e quindi, a partire dal 1998, come controllata di proprietà al 100 % di Wam SpA (11).

(38)

Nel periodo in esame, WAM SpA deteneva anche l’84 % del capitale azionario di «WAM Engineering Ltd», una società di diritto inglese con sede a Tewkesbury, nel Regno Unito. Il segmento di mercato in cui operava WAM Engineering Ltd era la progettazione, la produzione e la vendita di mescolatrici industriali usate principalmente nell’industria alimentare, chimica, farmaceutica ed ambientale.

(39)

Il denunciante, facendo riferimento alla politica dei prezzi praticata da WAM Engineering Ltd nel Regno Unito, ha sostenuto che la società fosse in grado di offrire gli stessi prodotti (mescolatrici industriali) che anch’egli produceva e commercializzava, a circa un terzo dei suoi prezzi — una cifra, a suo avviso, a malapena corrispondente al costo delle materie prime necessarie per produrre i macchinari stessi — grazie, secondo il suo parere, a finanziamenti del governo italiano, erogati in particolare ai sensi della legge 29 luglio 1981 n. 394 (in appresso: «legge 394/81»).

(40)

Secondo il denunciante, nel quadro della legge 394/81, alla WAM Engineering Ltd è stato concesso un sostegno finanziario per programmi di penetrazione commerciale in paesi non appartenenti all’Unione europea. La legge 394/81 avrebbe in particolare sostenuto le imprese italiane intenzionate a stabilire una società controllata all’estero sotto forma di uffici di rappresentanza, filiali di vendita e magazzini.

(41)

Le autorità italiane hanno confermato di aver concesso a WAM SpA nel 1995 aiuti sotto forma di prestiti agevolati per un importo pari a 2 281 450 000 ITL (corrispondenti a circa 1,18 milioni di EUR) per progetti in Giappone, Corea del Sud e Taiwan. Secondo le autorità italiane, al beneficiario è stato in realtà concesso un prestito agevolato di importo pari a 1 358 505 421 ITL (pari a circa 0,7 milioni di EUR), dal momento che i progetti previsti in Corea e a Taiwan non sono stati attuati a causa della crisi economica in atto in quei paesi.

(42)

Il prestito agevolato copriva l’85 % delle spese ammissibili. La misura di aiuto sui tassi d’interesse poteva arrivare fino al 60 % del tasso di riferimento. Il prestito avrebbe dovuto essere rimborsato in cinque anni, in forma lineare e in quote semestrali uguali, con gli interessi pagati sulla passività residua. Era previsto un periodo di tolleranza di due anni.

(43)

Il tasso di interesse agevolato del prestito specifico, pari al 4,4 %, è stato calcolato in rapporto ad un tasso di mercato dell’11 %. Alla luce di quanto precede e sulla base delle informazioni disponibili al momento dell’avvio del procedimento, l’intensità di aiuto sembrava essere pari ad un equivalente sovvenzione lordo del 16,38 %, corrispondente ad un aiuto di 222,523 milioni di ITL (circa 115 000 EUR).

(44)

I costi ammissibili di questo aiuto sono stati divisi in due categorie: costi delle strutture permanenti all’estero e spese per le attività di promozione commerciale. I costi presi in considerazione, espressi in milioni di ITL, sono riportati nella seguente tabella:

(in milioni di ITL)

COSTI AMMISSIBILI

PRESTITI CONCESSI

STRUTTURE PERMANENTI

Affitto, assicurazioni, utenze varie

122,56

Costi di funzionamento (in particolare relativi a personale, arredi ed impianti delle strutture permanenti)

556,94

Modelli da esposizione

38,23

Consulenze

29,43

Totale parziale 1

747,18

PROMOZIONE COMMERCIALE

Magazzinaggio delle merci

456,28

Studi di mercato

40,95

Fiere ed esposizioni

12,19

Pubblicità

94,39

Viaggi di lavoro

7,52

Totale parziale 2

611,33

Totale generale

1 358,51

(45)

Inoltre, con lettera del 21 maggio 2002, le autorità italiane, in risposta a una richiesta di informazioni da parte della Commissione, hanno dichiarato che il 9 novembre 2000 era stato concesso a WAM SpA un altro prestito agevolato, in applicazione dello stesso regime, per un importo di 1 940 579 808 ITL (corrispondenti a circa 1 milione di EUR).

(46)

La Commissione non disponeva, al momento dell’avvio del procedimento, di alcuna informazione precisa su questo aiuto supplementare.

III.   MOTIVI CHE GIUSTIFICANO L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(47)

Le autorità italiane hanno sostenuto, nella loro lettera del 21 maggio 2002, che l’aiuto accordato a WAM SpA nel 1995, ai sensi della legge 394/81, era significativamente al di sotto della soglia de minimis e che nessun altro aiuto de minimis era stato concesso allo stesso beneficiario nel corso dello stesso periodo di tre anni. Inoltre, esse hanno sottolineato che l’aiuto non poteva in alcun modo essere considerato direttamente collegato ai quantitativi esportati.

(48)

La Commissione ha osservato che la maggior parte dei costi ammissibili presi in considerazione per lo specifico aiuto concesso a WAM SpA nel 1995 — quali le spese relative ad affitto, assicurazione e utenze varie e i costi di funzionamento (in particolare per il personale, gli arredi e le attrezzature) — riguardanti una sede commerciale permanente all’estero, avrebbero potuto essere considerati aiuti alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione.

(49)

Analogamente, secondo la Commissione, i costi relativi a servizi di consulenza relativi a strutture permanenti all’estero, pubblicità e viaggi di lavoro avrebbero dovuto essere considerati spese correnti legate all’attività di esportazione.

(50)

Nella sua decisione di avviare il procedimento di indagine formale, la Commissione ha stabilito che, ai sensi dell’ultimo paragrafo della comunicazione della Commissione relativa alla determinazione delle norme applicabili alla valutazione degli aiuti di Stato illegittimamente concessi (12), quando, al momento della decisione, una disciplina è stata sostituita da un regolamento, la Commissione considera che, se sono più favorevoli di quelle della disciplina, debbano essere applicate le norme stabilite nel regolamento. Pertanto, nella decisione di apertura del procedimento di indagine formale, la Commissione ha osservato che, per quanto riguarda gli aiuti de minimis, vanno, in linea di principio, applicate le disposizioni del regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti d’importanza minore (de minimis) (13) [in appresso: «regolamento (CE) n. 69/2001»].

(51)

Tuttavia, il regolamento (CE) n. 69/2001 non si applicava agli aiuti a favore di attività connesse all’esportazione, vale a dire agli aiuti direttamente connessi ai quantitativi esportati così come alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse all’attività di esportazione, come previsto all’articolo 1, lettera a).

(52)

Per quanto riguarda la conformità dell’aiuto in questione alle pertinenti disposizioni de minimis, va osservato che nella decisione di apertura del procedimento di indagine formale, la Commissione ha stabilito che la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore delle PMI del 1992 (14) (in appresso: «disciplina sulle PMI del 1992») non escludeva esplicitamente gli aiuti all’esportazione, ma fissava una soglia inferiore dell’aiuto de minimis, pari a 50 000 ECU.

(53)

Alla luce di quanto sopra esposto, nella decisione di avviare un procedimento di indagine formale, la Commissione ha espresso i suoi dubbi quanto al fatto che l’aiuto concesso a WAM SpA nel 1995 a titolo della legge 394/81 potesse essere considerato conforme a qualsiasi norma de minimis pertinente.

(54)

Inoltre, sulla base di un esame preliminare, la Commissione nutriva seri dubbi sul fatto che, in virtù di qualsiasi disposizione, l’aiuto a WAM SpA potesse essere ritenuto compatibile con il trattato CE, oggi trattato TFUE.

(55)

Al momento dell’avvio del procedimento d’indagine formale, la Commissione non possedeva informazioni in merito ad alcun aspetto specifico — quale l’intensità dell’aiuto e le spese ammissibili — dell’aiuto «gruppo WAM» (come le autorità italiane lo hanno definito) erogato nel 2000, sempre sotto forma di prestito agevolato, ai sensi della legge 394/81, in quanto le autorità italiane non avevano fornito informazioni pertinenti in merito.

(56)

Pertanto, in quella fase del procedimento, la Commissione non era stata in grado di valutare con precisione l’aiuto specifico. Tuttavia, essa ha espresso dubbi quanto al fatto che — avendo lo stesso scopo ed essendo stato concesso secondo la stessa base giuridica dell’aiuto concesso nel 1995 — esso potesse essere considerato conforme alle disposizioni dell’allora trattato CE, oggi TFUE, in base a qualsiasi disposizione pertinente.

(57)

Le autorità italiane hanno inoltre sottolineato nella loro lettera del 24 ottobre 2002 che nessun aiuto era mai stato concesso direttamente a «WAM Engineering» e che non esisteva alcuna impresa registrata sotto tale nome nel registro italiano delle imprese. La Commissione aveva comunque osservato che, in primo luogo, «WAM SpA» deteneva l’84 % delle azioni di «WAM Engineering Ltd». In secondo luogo, essa aveva osservato che le autorità italiane avevano annunciato, sin dalla loro lettera dell’11 ottobre 1999, che «WAM SpA» aveva beneficiato di un prestito agevolato ai sensi della legge 394/81, aggiungendo, con lettera del 21 maggio 2002, che al «gruppo WAM» era stato concesso un altro prestito agevolato, in base allo stesso regime, in data 9 novembre 2000.

IV.   OSSERVAZIONI DELLE PARTI INTERESSATE

(58)

In merito alla decisione di apertura del procedimento di indagine formale sono state ricevute osservazioni da parte di un terzo interessato al caso in questione, che ha chiesto che la propria identità non venisse svelata.

(59)

Nelle sue osservazioni, il terzo interessato apprezza gli sforzi compiuti dalla Commissione per ripristinare normali condizioni di concorrenza nel settore in questione e lamenta la perdita di competenze tecniche e di posti di lavoro a causa della posizione di WAM SpA sul mercato.

(60)

Con lettera del 3 novembre 2003, l’Italia, informata delle osservazioni del terzo interessato con lettera della Commissione del 25 settembre 2003, ha indicato che, a suo parere, tali osservazioni non apportavano alcun nuovo contributo, poiché si limitavano a confermare alcune asserzioni già espresse riguardo allo stesso caso, anche dallo stesso denunciante. In particolare, l’Italia ritiene sufficientemente dimostrata la mancanza di qualsivoglia connessione fra i fatti esposti nelle osservazioni sopra menzionate e il finanziamento di WAM SpA ai sensi della legge 394/81.

V.   OSSERVAZIONI DELL’ITALIA

(61)

Per quanto riguarda il prestito del 1995, le autorità italiane hanno fornito elementi di prova che dimostrano che, al momento della concessione del primo aiuto e della presentazione della relativa richiesta, WAM SpA corrispondeva, in base al suo bilancio per il 1994, alla definizione di impresa di media grandezza di cui al punto 2.2 della disciplina sulle PMI del 1992, poiché impiegava 163 persone, aveva un fatturato annuo di 16,8 milioni di EUR e un bilancio patrimoniale totale di 20,1 milioni di EUR e, infine, risultava di proprietà di due imprese, entrambe rispondenti alla definizione di PMI. Le stesse autorità italiane hanno convenuto invece sul fatto che, a partire dal 1998, WAM SpA non fosse più una PMI e che non lo fosse quindi nemmeno al momento della concessione del secondo aiuto (nel 2000).

(62)

Alle informazioni già detenute dalla Commissione al momento dell’avvio del procedimento non è stato aggiunto alcun elemento sostanziale riguardo al primo finanziamento, tranne il fatto che il prestito era stato reso disponibile al beneficiario in più rate rispetto alle quali il periodo di tolleranza poteva variare da due anni a zero. Nel contratto originario non era apparentemente prevista alcuna disposizione relativa alla revisione del tasso di interesse. Il rimborso integrale di tale prestito era previsto per aprile 2004.

(63)

Per quanto riguarda il prestito del 2000, le autorità italiane hanno chiarito, dopo l’avvio del procedimento, con lettera del 25 luglio 2003, che l’importo effettivo complessivo era di 3 603 574 689 ITL (corrispondenti a 1 861 091,01 EUR) e non di 1 940 579 808 ITL (pari a circa 1 milione di EUR), come esse avevano in precedenza dichiarato con lettera del 21 maggio 2002 e come era indicato nella decisione di avvio del procedimento di indagine formale, in quanto quest’ultima cifra si riferiva solo alla parte del prestito già erogata al momento della redazione della lettera, indipendentemente dall’importo globale dell’aiuto concesso.

(64)

In realtà, sono state poi pagate altre due rate dell’aiuto. In particolare, l’ultima rata, di valore pari a 248 091,01 EUR, è stata pagata il 22 gennaio 2003. Le condizioni di concessione di detto prestito sono uguali a quelle del prestito del 1995, poiché entrambi sono stati concessi in forza della legge 394/81. La concessione dell’intero importo del prestito del 2000 è stata decisa il 9 novembre 2000 e il contratto è stato firmato il 20 dicembre 2000.

(65)

Un prospetto dei costi ammissibili presi in considerazione per l’aiuto in questione, trasmesso dal governo italiano in allegato alla lettera del 22 luglio 2003, è riprodotto nella seguente tabella:

(in migliaia di EUR)

COSTI AMMISSIBILI

PRESTITI CONCESSI

STRUTTURE PERMANENTI

Affitto e arredamento di locali, veicoli

331,27

Costi di funzionamento (gestione, beni e personale)

973,50

Modelli da esposizione

0,87

Formazione

25,24

Consulenze

30,29

Totale parziale 1

1 361,17

PROMOZIONE COMMERCIALE

Magazzinaggio delle merci

353,39

Fiere e promozioni

6,37

Pubblicità

42,74

Viaggi di lavoro

94,84

Viaggi di clienti in Italia

2,59

Totale parziale 2

499,92

Totale generale

1 861,09

(66)

Dai documenti allegati alla lettera del 14 gennaio 2004 emerge inoltre con evidenza che il programma in questione avrebbe dovuto essere realizzato in Cina congiuntamente da WAM SpA e «WAM Bulk Handling Machinery Shangai Co Ltd», un’impresa locale di proprietà al 100 % di WAM SpA.

(67)

Sono stati considerati come rientranti nei costi ammissibili l’affitto di locali per uffici, magazzini, show-room e assistenza tecnica (per una superficie totale di 7 500 m2), l’acquisto, il noleggio o il leasing di 3 veicoli nonché i costi del personale della società madre e all’estero (in particolare un direttore delle vendite e sei tecnici).

(68)

Il tasso di interesse applicato allo specifico prestito è stato del 2,32 %, un valore pari al 40 % del tasso di riferimento del 5,8 % in vigore al momento della concessione dell’aiuto. Ancora una volta, non risulta che il contratto prevedesse alcuna modifica del tasso di interesse nel corso della durata del prestito. Il prestito è stato erogato al beneficiario in più rate, cosicché il periodo di tolleranza varia da due anni a zero.

(69)

Per quanto riguarda il rimborso, dai dati forniti dall’Italia risulta che il 20 febbraio 2003 si è concluso il periodo di tolleranza di due anni, durante il quale sono stati pagati solo gli interessi sulle rate del prestito già versate al beneficiario. Il 20 agosto 2003 è cominciato il periodo di rimborso di 5 anni. Il rimborso previsto era lineare, tramite quote semestrali uguali e con pagamento degli interessi sulla passività residua. Secondo il calendario, il rimborso avrebbe dovuto di conseguenza essere ultimato entro il 20 febbraio 2008.

(70)

Inoltre, per quanto riguarda la modifica del tasso di interesse durante il periodo di rimborso, le autorità italiane hanno sostenuto che nell’ambito del quadro giuridico italiano esistevano effettivamente disposizioni generali che consentivano tale riduzione.

(71)

Inoltre, riguardo a entrambi i prestiti, le autorità italiane hanno sostenuto che il costo della garanzia bancaria obbligatoria richiesta prima della concessione dei prestiti dovesse essere detratto dall’importo degli aiuti.

(72)

Per quanto riguarda le esportazioni di WAM SpA all’interno e all’esterno dell’UE, sono stati forniti i seguenti dati:

ANNO

ESPORTAZIONI ALL’INTERNO DELL’UE

ESPORTAZIONI AL DI FUORI DELL’UE

TOTALE ESPORTAZIONI

1995

10 237 196

4 477 951

14 715 147

1996

9 338 640

5 592 122

14 930 762

1997

9 974 814

5 813 442

15 788 256

1998

10 780 161

5 346 514

16 126 675

1999

11 885 473

5 276 525

17 161 998

(73)

Le autorità italiane hanno informato la Commissione che le cifre relative al totale delle esportazioni riportate nella tabella precedente rappresentano tra il 52 % e il 57,5 % del fatturato annuo totale di WAM SpA registrato rispettivamente nel 1995 e nel 1999.

(74)

Le autorità italiane riconoscono infine che nessuno dei due prestiti in esame rientra nelle disposizioni del regolamento (CE) n. 69/2001 né del regolamento (CE) n. 70/2001 della Commissione (15); esse ritengono tuttavia che gli incentivi alle imprese UE destinati al finanziamento di programmi da attuarsi al di fuori dell’UE non rientrino nel campo di applicazione dell’allora articolo 87, paragrafo 3, del trattato CE, oggi articolo 107, paragrafo 3, del TFUE.

VI.   VALUTAZIONE DELL’AIUTO

(75)

Ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE «sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

(76)

Dalle disposizioni dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE emerge che, per essere classificata come aiuto di Stato, una misura deve rispondere a quattro condizioni specifiche: in primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato mediante risorse statali; in secondo luogo, tale intervento deve conferire un vantaggio selettivo al beneficiario della misura; in terzo luogo, la misura deve essere idonea ad incidere sugli scambi tra Stati membri e, in quarto e ultimo luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza.

(77)

È considerato aiuto di Stato qualsiasi vantaggio diretto o indiretto, finanziato con risorse pubbliche e concesso direttamente dallo Stato o da organismi intermedi che agiscano nell’esercizio di competenze conferite loro dallo Stato. La giurisprudenza della Corte di giustizia ha stabilito molto chiaramente che non vi è differenza tra aiuti trasferiti direttamente dallo Stato e aiuti trasferiti da enti pubblici o privati istituiti dallo Stato a tal fine (16).

(78)

Le misure di aiuto in questione sono state concesse dal comitato di cui all’articolo 2 della legge 394/81 (17) per quanto riguarda il prestito del 1995, e dal «Comitato agevolazioni» (18) per quanto riguarda il prestito del 2000.

(79)

Il Mediocredito Centrale SpA (19) ha stipulato con WAM SpA il contratto di finanziamento del 1995 per dare attuazione alla decisione del comitato di cui all’articolo 2 della legge 394/81. La SIMESIT SpA (20) ha stipulato il contratto di finanziamento del 2000 con WAM SpA per dare attuazione alla decisione del «Comitato Agevolazioni».

(80)

Nella fattispecie, l’aiuto è stato quindi concesso su risorse statali da enti che hanno agito per conto dello Stato italiano allo scopo di promuovere le attività economiche sulla base di orientamenti formulati dallo Stato ed è pertanto — in conformità della giurisprudenza della Corte di giustizia — imputabile allo Stato (21).

(81)

I prestiti agevolati migliorano la situazione finanziaria del beneficiario dell’aiuto, sgravandolo di costi che altrimenti dovrebbe sostenere per l’attuazione di programmi di penetrazione commerciale senza sostegno finanziario da parte dello Stato. Pertanto, le misure di aiuto in esame conferiscono un vantaggio selettivo a WAM SpA rispetto ai suoi concorrenti UE.

(82)

Operando sul mercato della produzione e distribuzione di trasportatori a coclea, coclee, filtri depolveratori e valvole per impianti industriali, non vi sono dubbi che WAM SpA eserciti un’attività economica su tale mercato e che quindi rientri nella definizione di impresa ai sensi del diritto UE (22).

(83)

In conclusione, si può ritenere che l’aiuto concesso a WAM SpA abbia conferito un vantaggio selettivo a un’impresa.

(84)

Nella sentenza del 30 aprile 2009, la Corte di giustizia sottolinea (23) che «anche qualora emerga dalle circostanze in cui l’aiuto è stato concesso che esso è atto ad incidere sugli scambi fra Stati membri e a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza, la Commissione è tenuta quanto meno ad indicare queste circostanze nella motivazione della propria decisione». Tuttavia, sempre secondo la Corte, la Commissione non è tenuta a dimostrare che l’aiuto abbia un effetto reale sugli scambi fra gli Stati membri ma solo a «esaminare se detto aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza» (24). La Corte ha inoltre stabilito che «la Commissione non era tenuta a procedere ad un’analisi economica della situazione effettiva del mercato di cui trattasi, o delle correnti di scambi in oggetto tra Stati membri, né ad esaminare gli effetti concreti degli aiuti controversi» al fine di dimostrare che le condizioni relative agli effetti su scambi e concorrenza erano soddisfatte.

(85)

WAM SpA opera nell’UE e sui mercati internazionali, possiede società controllate in molti Stati membri e commercializza i propri prodotti in tutta l’Unione europea e anche al di fuori di essa. Fra il 1995 e il 1999, due terzi del suo fatturato, pari a 10 milioni di EUR in valore assoluto, era rappresentato dalle vendite nell’UE e un terzo dalle vendite fuori dall’UE. Su questi mercati, WAM SpA opera effettivamente o potenzialmente in concorrenza con altre società UE, che sono ugualmente presenti sul mercato internazionale. Come indicato (cfr. considerando 34), c’erano almeno tre altri importanti produttori UE di filtri depolveratori in vari Stati membri che erano presenti sul mercato internazionale e potevano essere perlomeno potenziali concorrenti di WAM SpA per quanto riguarda l’esportazione di filtri depolveratori in Giappone e Cina (25). Queste aziende erano concorrenti di WAM SpA quantomeno potenziali, dato che, qualora avessero deciso di esportare anch’esse i loro prodotti in Giappone o in Cina, si sarebbero trovate in una posizione iniziale di svantaggio rispetto a WAM SpA, la quale — per poter penetrare tale mercato — aveva beneficiato di aiuti.

(86)

Inoltre, come spiegato ai considerando 34 e 35, nel periodo in questione WAM SpA ha detenuto una cospicua quota di mercato sul mercato nazionale ed europeo. Come indicato ai considerando 38, essa era inoltre commercialmente presente, tramite una controllata, in un altro Stato membro.

(87)

Grazie agli aiuti ricevuti, WAM SpA ha rafforzato o è stata in grado di rafforzare la propria posizione complessiva sul mercato rispetto alle imprese di altri Stati membri, che sono suoi concorrenti non soltanto effettivi ma anche potenziali. Secondo una giurisprudenza costante, in effetti, «gli aiuti diretti ad alleviare a un’impresa delle spese ch’essa stessa avrebbe dovuto normalmente sostenere nell’ambito della sua gestione corrente o delle sue normali attività falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza.» (26)

(88)

Nella fattispecie, tre altre argomentazioni sostengono tale conclusione.

(89)

In primo luogo, era prevedibile che i prestiti all’esportazione concessi a WAM SpA alterassero la normale situazione della concorrenza sul mercato, agevolando WAM SpA nell’effettiva esportazione dei propri prodotti verso i mercati esteri rispetto ai suoi concorrenti UE effettivi o potenziali, in quanto questi ultimi avrebbero dovuto finanziare con fondi propri i programmi di penetrazione sui mercati esteri.

(90)

In secondo luogo, WAM SpA ha ricevuto un aiuto per la realizzazione di un programma di penetrazione, aiuto che le ha permesso, di conseguenza, di risparmiare risorse. Poiché WAM SpA ha investito nella penetrazione dei mercati esteri nell’intento di esportarvi i propri prodotti, tali risparmi potevano consentirle di esportare fuori dall’UE prodotti fabbricati nell’UE ad un prezzo inferiore o con la possibilità di realizzare un margine maggiore.

(91)

In terzo luogo, poiché il denaro è fungibile, i ricavi di tale attività potevano essere reinvestiti nell’UE. In alternativa, il sostegno finanziario ricevuto sgravava WAM SpA dall’onere delle spese legate alla penetrazione dei mercati esteri, consentendole di utilizzare le risorse così risparmiate per consolidare la propria posizione sul mercato UE per altri scopi (27). Inoltre, una volta avvenuta l’esportazione verso tali mercati, i ricavi di tale attività potevano essere reinvestiti nell’UE.

(92)

In tal caso, l’aiuto ricevuto dall’azienda avrebbe quindi avuto un impatto sul mercato dell’UE e un effetto distorsivo nei confronti dei concorrenti di WAM SpA nell’UE.

(93)

Analogamente, secondo giurisprudenza costante, «allorché un aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi all’interno dell’UE, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto» (28). Dal momento che — come si è già spiegato — l’aiuto concesso dall’Italia a WAM SpA ha rafforzato la posizione di tale impresa rispetto ai suoi concorrenti UE sia effettivi che potenziali, detto aiuto ha anche inciso sugli scambi all’interno dell’UE.

(94)

Riguardo all’ammontare dell’aiuto, la Corte di giustizia ha stabilito, nelle cause Philip Morris contro Commissione (29) e Francia contro Commissione (30) che l’entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell’impresa beneficiaria non escludono a priori l’eventualità che vengano influenzati gli scambi tra Stati membri. Sulla base dello stesso ragionamento, nella causa Het Vlaamse Gewest contro Commissione (31) il Tribunale di primo grado ha stabilito che «[a]nche un aiuto di entità relativamente esigua può incidere sugli scambi fra Stati membri qualora […] il settore nel quale opera l’impresa che ne fruisce sia altamente concorrenziale». Inoltre, nella causa Heiser (32) la Corte di giustizia ha stabilito che non esiste una soglia o una percentuale al di sotto della quale si possa ritenere che gli scambi tra Stati membri non siano stati pregiudicati.

(95)

Nel caso in esame, pertanto, l’entità relativamente esigua degli aiuti non contraddice la conclusione che questi possano avere inciso sugli scambi all’interno dell’UE e sulla concorrenza. Per quanto l’importo dell’aiuto sia piuttosto esiguo, in considerazione dell’intensa concorrenza, sia effettiva che potenziale, presente nel settore in cui WAM SpA è attiva, è perlomeno probabile che potesse insorgere un pericolo di distorsione della concorrenza e di alterazione degli scambi all’interno dell’UE.

(96)

Alla luce delle considerazioni che precedono, si può concludere che sia quantomeno probabile che l’aiuto concesso a WAM SpA dall’Italia incida sugli scambi e provochi una distorsione della concorrenza nel mercato interno.

(97)

In conclusione, il sostegno pubblico a WAM SpA costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE.

(98)

In conformità del principio tempus regit actum, salvo esplicita disposizione contraria, occorre applicare agli aiuti non notificati le norme procedurali in vigore al momento in cui deve essere adottata la decisione (33).

(99)

Dal momento che le norme di esenzione (comprese le norme de minimis) esentano determinate misure di aiuto dall’obbligo di notifica e sostituiscono inoltre il sistema centralizzato di controllo degli aiuti di Stato con il sistema di controllo decentrato, dette norme sono considerate per loro natura procedurali.

(100)

Nella fattispecie, sebbene nella decisione di apertura del procedimento di indagine formale la Commissione abbia espresso dubbi quanto al fatto che l’aiuto potesse beneficiare di una deroga ai sensi dei regolamenti (CE) n. 69/2001 e (CE) n. 70/2001 della Commissione, occorre applicare le norme corrispondenti in vigore al momento dell’adozione della decisione, ovverossia il regolamento (CE) n. 1998/2006 (34). Analogamente, il regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (35) (in appresso: «regolamento di esenzione per categoria del 2008») si applica ai singoli aiuti concessi prima della sua entrata in vigore, se l’aiuto soddisfa tutte le condizioni stabilite dal regolamento stesso, fatta eccezione per l’articolo 9.

(101)

Le autorità italiane hanno dichiarato, nella loro lettera dell’11 ottobre 1999, che la base giuridica degli aiuti concessi a WAM SpA, costituita dalla legge 29 giugno 1981, n. 394, era stata notificata alla Commissione e all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ai sensi dell’articolo 25 dell’Accordo sulle sovvenzioni e misure compensative (OMC-GATT 1994) (36).

(102)

La Commissione osserva che così facendo, le autorità italiane intendono definire come notifica la comunicazione di alcuni dati, estremamente sintetici, relativi al regime, in una tabella trasmessa alla Commissione o ai fini di trasmissione al comitato sovvenzioni dell’OMC (WTO Subsidies Committee) o nel quadro della relazione annuale sugli aiuti di Stato nell’Unione europea, a partire almeno dalla sesta relazione (1996). La Commissione è stata inoltre informata dell’esistenza del regime nell’ambito della sua indagine sui regimi nazionali di sostegno agli investimenti esteri diretti al di fuori dell’Unione europea in vigore negli Stati membri.

(103)

Tali tipi di comunicazione, tuttavia, non si possono ritenere conformi a quanto previsto dall’allora articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, oggi articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, che stabilisce che «alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti».

(104)

Non essendo stato notificato preventivamente alla Commissione per quanto riguarda la sua compatibilità con le regole in materia di aiuti di Stato, il summenzionato regime di aiuti è entrato in vigore in violazione dell’allora articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, oggi articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, ed è di conseguenza illegittimo. Poiché l’aiuto a WAM SpA è stato concesso nel quadro di tale regime, fatta eccezione per l’aiuto eventualmente esentato in base ad un’esenzione per categoria, è anch’esso da considerarsi illegittimo.

(105)

La Commissione deve verificare se vi sono aiuti concessi a WAM SpA che possano essere esentati ai sensi delle norme de minimis.

(106)

Analogamente, avendo concluso che le misure in esame costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE, di tali aiuti va valutata la compatibilità alla luce delle pertinenti norme in materia di aiuti di Stato.

(107)

Il governo italiano ha fornito elementi di prova secondo i quali, al momento della concessione del primo prestito (1995), WAM SpA rispondeva ai requisiti per poter essere considerata una PMI ai sensi della raccomandazione 96/280/CE della Commissione, del 3 aprile 1996, relativa alla definizione delle piccole e medie imprese (37). In particolare, WAM SpA era un’impresa di media grandezza, poiché impiegava 163 persone, aveva un fatturato annuo di 16,8 milioni di EUR ed un bilancio patrimoniale totale di 20,1 milioni di EUR. Era controllata da due società finanziarie, esse stesse PMI ai sensi della summenzionata raccomandazione.

(108)

Nella fattispecie, la Commissione basa la sua analisi sulle spese effettive prese in considerazione per la concessione del prestito (cfr. la tabella al considerando 44).

(109)

Se si tiene presente che l’obiettivo del contratto di finanziamento mediante il prestito era appunto il sovvenzionamento di un programma di penetrazione commerciale e, in particolare, il sovvenzionamento di imprese esportatrici in un’ottica di programmi di penetrazione commerciale da realizzare al di fuori dell’Unione europea, gli aiuti in esame devono essere classificati come aiuti all’esportazione, cioè aiuti a favore di attività connesse all’esportazione, nel senso che sono direttamente legati alla costituzione e al funzionamento di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse all’attività di esportazione. Allo stesso modo, l’obiettivo ultimo del programma di penetrazione del mercato era la vendita dei prodotti di Wam SpA sul mercato giapponese. Pertanto, questo è anche il motivo per cui tali aiuti non possono essere considerati legati a investimenti esteri diretti.

(110)

Il regolamento (CE) n. 1998/2006 esclude dal proprio campo di applicazione gli aiuti alle esportazioni. L’articolo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 1998/2006, stabilisce infatti che il regolamento stesso non si applica agli «aiuti ad attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione».

(111)

In ogni caso, l’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1998/2006 stabilisce che gli aiuti che non soddisfano le condizioni stabilite all’articolo 1 del medesimo regolamento saranno esaminati dalla Commissione in base alle discipline, agli orientamenti, alle comunicazioni ed agli avvisi pertinenti.

(112)

Poiché l’aiuto è stato concesso nel 1995, quando era in vigore la disciplina sulle PMI del 1992, va applicata tale disciplina (38). Gli aiuti all’esportazione non sono esplicitamente esclusi dal campo di applicazione della disciplina sulle PMI del 1992. Tuttavia, poiché nella fattispecie una parte di aiuto supera la soglia de minimis ammessa (50 000 EUR), l’intero aiuto va ritenuto non rientrante nell’esenzione de minimis e per questo motivo considerato aiuto di Stato (39).

(113)

Avendo stabilito che la misura costituisce aiuto di Stato, occorre valutare se essa possa essere considerata compatibile con il mercato interno ai sensi delle norme applicabili in materia di aiuti di Stato.

(114)

L’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria del 2008 stabilisce che qualsiasi aiuto concesso prima dell’entrata in vigore del regolamento, che non soddisfi né le condizioni di cui al regolamento né le condizioni stabilite nei regolamenti (CE) n. 68/2001 della Commissione (40), (CE) n. 70/2001, (CE) n. 2204/2002 (41) e CE n. 1628/2006 (42) è valutato dalla Commissione sulla base delle discipline, degli orientamenti e delle comunicazioni in vigore alla data in cui è stato concesso.

(115)

Nella fattispecie, il regolamento di esenzione per categoria del 2008 non si applica, poiché introduce un nuovo elemento — la verifica dell’effetto di incentivazione di un progetto o di un’attività prima che prenda inizio — che l’Italia non ha effettuato. Pertanto, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 6, del regolamento di esenzione per categoria del 2008, l’intera misura di aiuto non è esentata ai sensi del regolamento. Inoltre, le spese di cui alla tabella del considerando 44 ed elencate al considerando 118 non possono rientrare nelle esenzioni per categoria in base ai regolamenti (CE) n. 68/2001, (CE) n. 70/2001, (CE) n. 2204/2002 o (CE) n. 1628/2006, in quanto le condizioni previste in tali regolamenti non sono soddisfatte.

(116)

Poiché nessuno di tali strumenti giustifica la compatibilità dell’aiuto, questa va valutata alla luce della disciplina sulle PMI del 1992, che conteneva le norme sostanziali in vigore alla data in cui l’aiuto è stato concesso nel 1995 (43).

(117)

Secondo tale disciplina, singole parti dell’aiuto possono essere considerate compatibili con il mercato interno. In particolare, gli aiuti ai servizi di consulenza (29,43 milioni di ITL) e per le ricerche di mercato (40,95 milioni di ITL) possono essere ritenuti compatibili in quanto risultano conformi al punto 4.3 della disciplina («Aiuti per la consulenza aziendale, per la formazione e per la diffusione delle conoscenze»). Gli aiuti per la partecipazione a fiere ed esposizioni (12,19 milioni di ITL) possono essere considerati compatibili con le disposizioni della disciplina sulle PMI del 1992, in particolare in conformità del punto 4.5 («Aiuti con altre finalità»), in quanto possono essere considerati aiuti a favore di altre modalità di promozione delle PMI, per esempio misure di incoraggiamento alla cooperazione. Il resto degli aiuti (cfr. tabella al considerando 44) non può essere ritenuto compatibile in quanto non era diretto a sostenere investimenti produttivi né alcun altro obiettivo ammissibile stabilito dalla disciplina sulle PMI del 1992; non si trattava infatti di aiuti agli investimenti in generale al di fuori delle aree assistite oggetto di programmi nazionali di sviluppo o al loro interno, aiuti agli investimenti per la difesa dell’ambiente o aiuti per la ricerca e sviluppo.

(118)

Di conseguenza, la Commissione ritiene che la maggior parte dei costi ammissibili relativi alla costituzione di strutture permanenti all’estero, presi in considerazione dal governo italiano per concedere il primo prestito agevolato a WAM nel 1995, non possano in alcun modo essere considerati diretti a sostenere investimenti produttivi; al contrario, essa è del parere che gli aiuti che sovvenzionano tali costi debbano essere classificati come aiuti al funzionamento. Tali costi ammissibili — cioè: l’affitto di locali, assicurazioni e utenze varie (122,56 milioni di ITL), costi di funzionamento come quelli per il personale, gli arredi e le attrezzature dei locali (556,94 milioni di ITL) — sono costi che l’impresa avrebbe dovuto sostenere da sola; lo stesso dicasi per i modelli da esposizione e per i pezzi di ricambio per l’assistenza post-vendita ai clienti (38,23 milioni di ITL). Allo stesso modo, per quanto riguarda i costi ammissibili a sostegno della promozione commerciale, il costo del magazzinaggio delle merci (456,28 milioni di ITL) non è conforme, secondo la Commissione, alla disciplina sulle PMI, poiché non è considerato un investimento iniziale, così come non risultano conformi le spese per la pubblicità (94,39 milioni di ITL) e i viaggi di lavoro (7,52 milioni di ITL).

(119)

Sulla base di tale valutazione, la Commissione conclude pertanto che:

a)

la parte di aiuto relativa agli aiuti per i servizi di consulenza (29,43 milioni di ITL) e per gli studi di mercato (40,95 milioni di ITL), come pure agli aiuti per la partecipazione a fiere ed esposizioni (12,19 milioni di ITL) costituisce un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno ai sensi della disciplina sulle PMI del 1992;

b)

la parte di aiuto non menzionata al punto a) (cfr. considerando 118) costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.

(120)

Al momento della concessione del secondo aiuto, nel 2000, WAM SpA era, per ammissione delle stesse autorità italiane, un’impresa di grandi dimensioni. Inoltre, essa era ubicata in una regione non assistita.

(121)

Il prestito concesso nel 2000 può essere considerato anch’esso un aiuto all’esportazione a favore di WAM SpA, dal momento che perseguiva lo stesso obiettivo del prestito del 1995 ed è stato inoltre realizzato per penetrare i mercati esteri e di esportare su tali mercati (più precisamente sul mercato cinese). È evidente che gli aiuti per l’assistenza tecnica, per i locali e per il personale all’estero (un direttore delle vendite, un direttore generale, quattro impiegati e sei tecnici) possono essere difficilmente considerati destinati ad attività diverse dalle attività commerciali. Di conseguenza, al prestito accordato nel 2000 può essere applicato lo stesso ragionamento relativo al prestito del 1995.

(122)

Inoltre, nel redigere il contratto di concessione dell’aiuto nel 2000, è stata utilizzata la stessa formulazione che qualifica il primo prestito a WAM SpA come un incentivo per programmi di penetrazione commerciale. Va inoltre osservato che lo specifico programma avrebbe dovuto essere realizzato congiuntamente da WAM SpA e dall’impresa locale WAM Bulk Handling Machinery Shangai Co Ltd, una controllata di proprietà al 100 % di WAM SpA, fatto che testimonia la presenza consolidata della stessa WAM SpA su quello specifico mercato.

(123)

Poiché gli aiuti in questione sono aiuti all’esportazione, come affermato in precedenza, il regolamento (CE) n. 1998/2006 non si applica.

(124)

È necessario quindi procedere alla valutazione dell’aiuto con il mercato interno. La Commissione ritiene che le norme procedurali in vigore alla data di adozione della decisione, il regolamento di esenzione per categoria del 2008, non possano applicarsi nemmeno al caso in oggetto. Tale regolamento introduce infatti un nuovo elemento — la verifica dell’effetto di incentivazione di un progetto o di un’attività prima che prenda inizio — che l’Italia non ha effettuato. Pertanto, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 6, di tale regolamento, l’intera misura di aiuto non è esentata ai sensi del regolamento di esenzione per categoria del 2008. Ne consegue che, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria del 2008, va valutata la compatibilità dell’aiuto con i regolamenti (CE) n. 68/2001, (CE) n. 70/2001, (CE) n. 2204/2002 e (CE) n. 1628/2006.

(125)

La Commissione ritiene che le spese di formazione riportate dettagliatamente nella lettera del 22 luglio 2003 (25 240 EUR, rispetto all’importo complessivo del prestito di 1,8 milioni di EUR) (cfr. tabella al considerando 65) possano essere esentate ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 68/2001 [in appresso: «regolamento (CE) n. 68/2001»] e che risultino pertanto compatibili con il mercato interno ai sensi dell’allora articolo 87, paragrafo 3, del trattato CE, oggi articolo 107, paragrafo 3, del TFUE, indipendentemente dal fatto che la valutazione sia basata sull’articolo 4, paragrafo 2 (formazione specifica) o sull’articolo 4, paragrafo 3 (formazione generale).

(126)

Tuttavia, il resto dell’aiuto in questione non può essere ritenuto compatibile ai sensi dei regolamenti (CE) n. 70/2001, (CE) n. 2204/2002 e (CE) n. 1628/2006 o in virtù di altre basi giuridiche, in quanto non promuove alcun altro obiettivo orizzontale dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, del TFUE, come la ricerca e sviluppo, l’occupazione, l’ambiente o il salvataggio e la ristrutturazione, ai sensi delle discipline, degli orientamenti e dei regolamenti pertinenti.

(127)

Si deve pertanto concludere che — dal momento che le attività connesse all’esportazione non rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 1998/2006 e che nessuna base giuridica ha permesso di stabilirne la compatibilità ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE — gli aiuti concessi tramite il secondo prestito non sono compatibili con il mercato interno, fatta eccezione per la citata parte compatibile degli aiuti alla formazione.

(128)

Per quanto riguarda la modifica del tasso di interesse durante il periodo di rimborso dei prestiti, le autorità italiane sostengono che nell’ambito del quadro giuridico italiano esistevano effettivamente norme generali che consentivano tale riduzione. Tuttavia, il decreto ministeriale del 31 marzo 2000, che è l’unica base giuridica fornita a tale effetto, si applica solo alle iniziative finanziate con le leggi 394/81 e 304/1990, e risulta di conseguenza molto restrittivo. Inoltre, va sottolineato che non sono state fornite ulteriori prove del fatto che il tasso di interesse sia stato modificato riguardo all’aiuto in questione (44).

(129)

Riguardo a entrambi i prestiti, le autorità italiane sostengono inoltre che il costo della garanzia bancaria obbligatoria richiesta prima della concessione dei prestiti debba essere detratto dall’importo degli aiuti. La Commissione osserva, in primo luogo, che una tale garanzia, o il suo equivalente, sarebbe stata normalmente richiesta anche da un istituto di credito privato che concede prestiti secondo il principio dell’investitore che opera in un’economia di mercato. In secondo luogo, essa osserva che dalle specifiche allegate al contratto emerge che non è ammessa la sovrapposizione di aiuti rispetto allo stesso programma, tranne che per gli aiuti connessi alla garanzia, che di conseguenza è considerata a sua volta ammissibile ad aiuti.

VII.   OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

(130)

La Commissione osserva che le deroghe di cui all’articolo 107, paragrafo 2, lettere da a) a c) (45), del TFUE non si applicano ai prestiti in questione, poiché essi non perseguono nessuno degli obiettivi elencati in detto articolo, né il governo italiano ha sostenuto che così fosse.

(131)

I prestiti non erano diretti a favorire lo sviluppo economico delle regioni o promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro, né a promuovere la cultura o la conservazione del patrimonio. La Commissione ritiene pertanto che ai prestiti in esame non sia applicabile né l’articolo 107, paragrafo 3, lettera a) (46), né l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b) (47) del TFUE, né l’articolo 107, paragrafo 3, lettera d) (48), del TFUE.

VIII.   CONCLUSIONI

(132)

Entrambi i prestiti sono stati concessi a WAM SpA senza che fossero stati preventivamente notificati alla Commissione. Il prestito del 1995 è stato concesso il 24 novembre 1995 e il prestito del 2000 è stato concesso il 9 novembre del 2000. Pertanto, la Commissione conclude che, fatta eccezione per la parte dell’aiuto che rientra nell’esenzione per categoria, nella misura in cui detti prestiti sono stati attuati in violazione dell’allora articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, oggi articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, essi sono stati concessi illegittimamente al beneficiario.

(133)

L’aiuto che l’Italia ha concesso a WAM SpA il 24 novembre 1995 sotto forma di misura di aiuto sui tassi d’interesse costituisce un aiuto di Stato. La parte corrispondente ai costi ammissibili relativi a servizi di consulenza, partecipazione a fiere ed esposizioni e studi di mercato costituisce un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno.

(134)

Per quanto riguarda l’equivalente sovvenzione complessivo dello specifico aiuto, è stato considerato che il prestito è stato reso disponibile al beneficiario in tre rate (versate il 24 aprile 1996, il 23 luglio 1997 e il 24 aprile 1998) e che il periodo di tolleranza risultava quindi variabile da 2 anni a zero. È stato inoltre preso in considerazione il tasso di interesse stabilito nel contratto di prestito (4,4 %) rispetto al tasso di riferimento fissato periodicamente dalla Commissione (49) in vigore al momento della concessione del prestito (11,35 %). L’elemento di aiuto è quindi calcolato come la differenza tra il tasso d’interesse stabilito nel contratto e il tasso di riferimento in vigore alla data in cui è stato concesso il prestito. In base a tale calcolo, l’equivalente sovvenzione, attualizzato alla data del 24 aprile 1996 (data in cui è stata pagata a WAM SpA la prima rata del prestito), risulta pari a 108 165,10 EUR.

(135)

Tuttavia, tale importo di aiuto deve essere rettificato in base alla parte compatibile di aiuto di Stato.

(136)

Poiché una parte del prestito in questione è stata considerata compatibile, essa deve essere detratta dalla componente di aiuto di Stato relativa al prestito del 1995, che era pari a 108 165,10 EUR. Vista l’impossibilità di stabilire un legame diretto fra una determinata rata del prestito e determinate spese specifiche, è stata applicata a tale equivalente sovvenzione complessivo la stessa percentuale rappresentata dagli elementi compatibili rispetto al prestito complessivo (82,57 milioni di ITL su 1 358,51 milioni di ITL, cioè il 6 %). Poiché il 6 % di 108 165,10 EUR corrisponde a 6 489,906 EUR, si ritiene che quest’ultimo importo costituisca la parte compatibile dell’aiuto.

(137)

Pertanto, l’equivalente sovvenzione della parte di aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno è quantificabile in 101 675,194 EUR.

(138)

Gli aiuti concessi a WAM SpA nel 2000, tranne per la parte compatibile a sostegno delle attività di formazione, equivalente a 25 240 EUR di spese ammissibili, sono incompatibili con il mercato interno.

(139)

In questo caso, il prestito è stato reso disponibile a WAM SpA in cinque rate (versate il 12 febbraio 2001, il 28 settembre 2001, il 26 aprile 2002, il 27 settembre 2002 e il 22 gennaio 2003); di conseguenza, come nel primo aiuto, il periodo di tolleranza varia da 2 anni a zero. Analogamente, per il calcolo dell’equivalente sovvenzione, la Commissione ha preso in considerazione il tasso di interesse stabilito nel contratto di prestito (2,32 %) rispetto al tasso di riferimento, periodicamente fissato dalla Commissione, in vigore al momento della concessione del prestito in questione (5,70 %). Il rimborso complessivo, comprensivo del capitale e degli interessi, avrebbe dovuto concludersi il 20 febbraio 2008. Pertanto, l’equivalente sovvenzione della componente di aiuto dell’intero prestito attualizzato alla data del 12 febbraio 2001 (data in cui la prima rata del prestito specifico è stata versata a WAM SpA) è di 176 329 EUR, nell’ipotesi che i rimborsi siano stati eseguiti conformemente al calendario del rimborso.

(140)

Per quanto riguarda la parte compatibile del prestito, in questo caso va detratta dall’equivalente sovvenzione dell’aiuto la percentuale della parte del prestito compatibile rispetto al prestito totale, che risulta pari all’1,35 %. Se i rimborsi sono stati eseguiti secondo il calendario di rimborso, l’equivalente sovvenzione del secondo prestito risulta quindi pari a 173 948,56 EUR (176 329 EUR — 2 380,44 EUR).

(141)

È prassi consolidata della Commissione, in virtù dell’articolo 107 del TFUE, chiedere al beneficiario il recupero dell’aiuto che, conformemente allo stesso articolo, sia stato illegittimamente concesso e risulti incompatibile con il mercato interno, a condizione che l’aiuto non rientri nel campo di applicazione delle norme de minimis. Tale prassi è stata confermata dall’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999.

(142)

In base all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 659/1999, all’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base ad un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l’aiuto illegittimo è stato messo a disposizione del beneficiario fino alla data di recupero, per il periodo in cui esso è rimasto a disposizione dell’impresa.

(143)

Le modalità di applicazione del tasso di interesse sono illustrate al capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (50) [in appresso: «regolamento (CE) n. 794/2004»] e nel regolamento (CE) n. 271/2008 della Commissione, del 30 gennaio 2008, che modifica il regolamento (CE) n. 794/2004 recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (51) [in appresso: «regolamento (CE) n. 271/2008»].

(144)

La Commissione precisa che la presente decisione non pregiudica la compatibilità del quadro nazionale rappresentato dalla legge 394/81, che è la base giuridica dell’aiuto di Stato concesso a WAM SpA, riguardo al quale la Commissione, in linea con la giurisprudenza del Tribunale di primo grado (52), non ha ritenuto necessario, nel presente caso, avviare un procedimento. Essa non esclude tuttavia la possibilità di avviare un procedimento in una fase successiva.

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Gli aiuti concessi a WAM SpA a norma della legge 394/81 rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE.

Detti aiuti non sono stati preventivamente notificati alla Commissione, in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, oggi articolo 108, paragrafo 3, del TFUE e costituiscono pertanto aiuti illegittimi, fatta eccezione per la parte di aiuto esentato in base ad un’esenzione per categoria.

Articolo 2

1.   L’aiuto di importo pari a 108 165,10 EUR che l’Italia ha concesso a WAM SpA il 24 novembre 1995 sotto forma di misura di aiuto sui tassi d’interesse costituisce un aiuto di Stato. La parte di tale aiuto corrispondente ai costi ammissibili relativi a servizi di consulenza, partecipazione a fiere ed esposizioni e studi di mercato, equivalente a 6 489,906 EUR costituisce un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno.

L’Italia adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare dal beneficiario, WAM SpA, l’importo di aiuto incompatibile, equivalente a 101 675,194 EUR.

2.   L’aiuto di importo pari a 176 329 EUR che l’Italia ha concesso a WAM SpA il 9 novembre 2000 sotto forma di misura di aiuto sui tassi di interesse costituisce un aiuto di Stato. La parte di tale aiuto corrispondente ai costi ammissibili relativi a misure di formazione, equivalente a 2 380,44 EUR, costituisce un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno.

L’Italia adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare dal beneficiario, WAM SpA, l’importo di aiuto incompatibile, equivalente a 173 948,56 EUR.

3.   Gli interessi sugli importi da recuperare in base alla presente decisione sono calcolati dalla data in cui gli aiuti di Stato incompatibili sono stati messi a disposizione del beneficiario, WAM SpA, fino all’effettivo recupero.

4.   Gli interessi sono calcolati secondo il regime dell’interesse composto, conformemente al capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 e al regolamento (CE) n. 271/2008 che modifica il regolamento (CE) n. 794/2004.

Articolo 3

1.   Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 2 è immediato ed effettivo.

2.   L’Italia garantisce l’esecuzione della presente decisione entro quattro mesi dalla data della sua notifica alle autorità italiane.

Articolo 4

1.   Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, l’Italia trasmette alla Commissione le seguenti informazioni:

a)

l’importo complessivo (capitale più interessi) da recuperare presso il beneficiario, WAM SpA;

b)

la descrizione dettagliata delle misure già adottate o previste per conformarsi alla presente decisione;

c)

i documenti attestanti che al beneficiario, WAM SpA, è stato ingiunto di rimborsare l’aiuto.

2.   L’Italia informa la Commissione dei progressi delle misure nazionali adottate per l’esecuzione della presente decisione fino al completo recupero dell’aiuto di cui all’articolo 2. Essa trasmette immediatamente, dietro semplice richiesta della Commissione, le informazioni relative alle misure già adottate o previste per conformarsi alla presente decisione. Essa fornisce inoltre informazioni dettagliate riguardo all’importo dell’aiuto e degli interessi già recuperati presso il beneficiario.

Articolo 5

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 24 marzo 2010.

Per la Commissione

Joaquín ALMUNIA

Vicepresidente


(1)  A partire dal 1o dicembre 2009, gli articoli 87 e 88 del trattato CE sono diventati gli articoli 107 e 108, rispettivamente, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea; le due serie di disposizioni sono sostanzialmente identiche. Ai fini della presente decisione, i riferimenti agli articoli 107 e 108 del TFUE vanno intesi come riferimenti agli articoli 87 e 88, rispettivamente, del trattato CE, ove opportuno, e il riferimento al Tribunale di primo grado come riferimento al Tribunale.

(2)  C(2003) 35 def. (GU C 142 del 18.6.2003, pag. 2).

(3)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1.

(4)  Cfr. nota 2.

(5)  GU L 63 del 4.3.2006, pag. 11.

(6)  Cause riunite T-304/04 e T-316/04, Repubblica italiana e Wam SpA contro Commissione, Racc. (2006) pag. II-64.

(7)  Sentenza della Corte del 30 aprile 2009, causa C-494/06 P, Commissione contro Repubblica italiana e Wam SpA, non ancora pubblicata.

(8)  Per esempio Dce e R-Master (UK), Infa-Stauband Ats (Germania) e Fda (Francia); cfr. The Rise of A District Lead Firm: The Case of Wam (1968-2003), febbraio 2009, Recent, Centre for Economic Research (Dipartimento di Economia politica dell’Università di Modena eReggio Emilia).

(9)  The Rise of A District Lead Firm: The Case of Wam (1968-2003), febbraio 2009, Recent, Centre for Economic Research (Dipartimento di Economia politica dell’Università di Modena e Reggio Emilia).

(10)  Cfr. nota 9.

(11)  Cfr. nota 9.

(12)  GU C 119 del 22.5.2002, pag. 22.

(13)  GU L 10 del 13.1.2001, pag. 30.

(14)  GU C 213 del 19.8.1992, pag. 2.

(15)  GU L 10 del 13.1.2001, pag. 33.

(16)  Cfr. causa 78/76, Steinike & Weinlig contro Repubblica federale di Germania, Racc. 1977, pag, 595, punto 21; causa 290/83, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese, Racc. 1985, pag. 439, punto 14; cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Kwekerij Gebroeders Van der Kooy BV e altri contro Commissione delle Comunità europee, Racc. 1988, pag. 219, punto 35 e causa C-305/89, Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee, Racc. 1991, pag. I-1603, punto 13.

(17)  In virtù dell’articolo 2 della legge 394/81, è stato creato un fondo presso il Mediocredito centrale per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale all’estero. Il fondo è amministrato da un comitato che decide la concessione dei finanziamenti conformemente alla legge. Il comitato è nominato con decreto del ministro del commercio con l’estero di concerto con il ministro del tesoro ed il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Il comitato, istituito presso il Ministero del commercio con l’estero, è composto: a) dal ministro del commercio con l’estero o, su sua delega, dal Sottosegretario di Stato, che lo presiede; b) da un dirigente per ciascuno dei Ministeri del tesoro, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, del commercio con l’estero o da altrettanti supplenti di pari qualifica designati dai rispettivi Ministri; c) dal direttore generale del Mediocredito centrale o, in caso di sua assenza o impedimento, da un suo delegato; d) dal direttore generale dell’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), o, in caso di sua assenza o impedimento, da un suo delegato.

(18)  L’articolo 1 del decreto ministeriale del 19 gennaio 1999 stabilisce che il comitato previsto dal decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 143, in particolare l’articolo 25, paragrafo 1, sia composto da due dirigenti del ministero del Commercio con l’estero, da un dirigente del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica, da un dirigente del Ministero degli Affari esteri, da un dirigente del ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato da un rappresentante designato dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome e da un rappresentante designato dall’Associazione Bancaria Italiana.

(19)  All’epoca, è stato istituito presso il Mediocredito Centrale un fondo contenente risorse statali, amministrato dal comitato di cui all’articolo 2 della legge 394/81. Con lettera del 27 dicembre 1995, il ministero degli Affari esteri ha chiesto al Mediocredito centrale di stipulare (entro tre mesi) un contratto con WAM SpA al fine di dare attuazione alla decisione del comitato di cui all’articolo 2 della legge 394/81 adottata nella seduta del 24 novembre 1995.

(20)  Ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 143 e, in particolare, l’articolo 25, comma 1, a decorrere dal 1o gennaio 1999 la gestione degli interventi di sostegno finanziario all’internazionalizzazione del sistema produttivo di cui alla legge 394/81 è attribuita alla SIMESIT SpA La SIMESIT SpA è un ente pubblico istituito nel 1990 (legge n. 100 del 24 aprile 1990) dal governo italiano per assistere le imprese italiane nei paesi terzi. L’azienda è controllata dal governo italiano, che ne detiene il 76 % delle quote e che fissa gli orientamenti per scegliere gli investimenti che SIMESIT SpA sostiene. Il consiglio d’amministrazione di SIMESIT è composto da nove membri, cinque dei quali sono nominati dal governo italiano.

(21)  Cfr. la causa C-482/99, Repubblica francese contro Commissione delle Comunità europee (Stardust), Racc. 2002, pag. I-4397, punti 55 e 56.

(22)  Cfr. la causa C-41/90, Höfner e Elser, Racc. 1991, pag. I-01979, punto 21.

(23)  Cfr. causa C-494/06 P, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana e Wam SpA, non ancora pubblicata, punti 49 e seguenti.

(24)  Cfr. anche le cause C-372/97, Italia contro Commissione, Racc. 2004, pag. I-3679, punto 52, e C-66/02, Italia contro Commissione, Racc. 2005, pag. I-10901.

(25)  The Rise of A District Lead Firm: The Case of Wam (1968-2003), febbraio 2009, Recent, Centre for Economic Research (Dipartimento di Economia politica dell’Università di Modena e Reggio Emilia).

(26)  Cfr. le cause T-459/93, Siemens contro Commissione, Racc. 1995, pag. II-1675, punti 48 e 77, T-214/95, Het Vlaamse Gewest contro Commissione, Racc. 1998, pag. II-717, punto 43, e T- 217/02, Ter Lembeek contro Commissione, Racc. 2006, pag. II-4483, punto 177.

(27)  Nella causa T-369/06, Holland Malt contro Commissione, non ancora pubblicata, il Tribunale di primo grado ha stabilito al punto 55 quanto segue: «Dalla giurisprudenza emerge dunque con chiarezza che non solo l’alleviamento, tramite risorse statali, dei costi inerenti alla gestione corrente o alle attività normali di un’impresa è ipso facto atto a falsare la concorrenza, bensì anche la sovvenzione che solleva, parzialmente o interamente, il beneficiario dei costi di un investimento».

(28)  Cfr. le cause 730/79, Philip Morris Holland contro Commissione, Racc. 1980, pag. 2671, punto 11, C-53/00, Ferring, Racc. 2001, pag. I-9067, punto 21 e C-372/97, Italia contro Commissione, Racc. 2004, pag. I-3679, punto 52.

(29)  Cfr. la causa 730/79, Philip Morris contro Commissione, Racc. 1980, pag. 2671.

(30)  Cfr. la causa 259/85, Francia contro Commissione, Racc. 1978, pag. 4393.

(31)  Cfr. la causa T-214/95, Het Vlaamse Gewest contro Commissione, Racc. 1998, pag. II-717, punto 49.

(32)  Cfr. la causa C-172/03, Heiser contro Finanzamt Innsbruck, Racc. 1998, pag. I-1627, punto 32.

(33)  Cfr. le cause riunite da 212/80 a 217/80, Meridionale Industria Salumi et al., Racc. 1981, pag. 2735; le cause riunite, CT Control Rotterdam e JCT Benelux contro Commissione, Racc. 1981, pag. I-3873, e la causa C-61/98, De Haan Beheer, Racc. 2000, pag. I-5003.

(34)  GU L 379 del 28.12.2006, pag. 11.

(35)  GU L 214 del 9.8.2008, pag. 3.

(36)  Negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-94) — allegato 1 — allegato 1 A — Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (OMC-GATT 1994) (GU L 336 del 23.12.1994, pagg. 156-183).

(37)  GU L 107 del 30.4.1996, pag. 4.

(38)  Cfr. nota 12.

(39)  Conformemente alla prassi consolidata della Commissione. Cfr. a titolo di esempio la decisione del 13 maggio 2003 relativa all’aiuto di Stato al quale la Repubblica federale di Germania ha dato esecuzione a favore delle imprese Kahla Porzellan GmbH e Kahla/Thüringen Porzellan GmbH (GU L 227 dell’11.9.2003, pag. 12).

(40)  GU L 10 del 13.1.2001, pag. 20.

(41)  GU L 337 del 13.12.2002, pag. 3.

(42)  GU L 302 dell'1.11.2006, pag 29.

(43)  Cfr. nota 12.

(44)  Tale modifica, in ogni caso, avrebbe potuto essere applicata soltanto al primo prestito agevolato concesso a WAM SpA, in quanto si applicava ai finanziamenti esistenti al momento della sua entrata in vigore, mentre il secondo prestito non era ancora stato concesso a WAM SpA.

(45)  L’articolo 107, paragrafo 2, stabilisce che sono compatibili con il mercato comune: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti; b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; c) gli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania […].

(46)  «[G]li aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale».

(47)  «[G]li aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro».

(48)  «[G]li aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune».

(49)  Pubblicato regolarmente nella Gazzetta ufficiale.

(50)  GU L 140 del 30.4.2004, pag. 1.

(51)  GU L 82 del 25.3.2008, pag. 1.

(52)  Cfr. le cause T-92/00 e T-103/00, Diputación Foral de Álava contro Commissione (Ramondín), Racc. 2002, pag. II-1385.


2.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 57/43


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 1o marzo 2011

che proroga la validità della decisione 2009/251/CE che impone agli Stati membri di garantire che non vengano immessi o messi a disposizione sul mercato prodotti contenenti il biocida dimetilfumarato

[notificata con il numero C(2011) 1174]

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2011/135/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

vista la direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (1), e in particolare l’articolo 13,

considerando quanto segue:

(1)

La decisione 2009/251/CE della Commissione (2) impone agli Stati membri di garantire che non vengano immessi o messi a disposizione sul mercato prodotti contenenti il biocida dimetilfumarato (DMF).

(2)

La decisione 2009/251/CE è stata adottata in conformità alle disposizioni dell’articolo 13 della direttiva 2001/95/CE, che limita la validità della decisione a un periodo non superiore ad un anno, ma ne consente la conferma per ulteriori periodi, ciascuno dei quali non può superare un anno.

(3)

La validità della decisione 2009/251/CE è stata prorogata di un ulteriore periodo di un anno con la decisione 2010/153/CE della Commissione (3). Alla luce dell’esperienza finora acquisita e in assenza di una misura permanente concernente i prodotti di consumo contenenti DMF, è opportuno prorogare per un ulteriore periodo di 12 mesi la validità della decisione 2009/251/CE.

(4)

La decisione 2009/251/CE va pertanto modificata di conseguenza.

(5)

Le disposizioni di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell’articolo 15 della direttiva 2001/95/CE,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

L’articolo 4 della decisione 2009/251/CE è sostituito dal seguente:

«Articolo 4

Periodo di applicazione

La presente decisione si applica fino al 15 marzo 2012.»

Articolo 2

Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente decisione entro il 15 marzo 2011 e pubblicano tali misure. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Articolo 3

Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 1o marzo 2011.

Per la Commissione

John DALLI

Membro della Commissione


(1)  GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4.

(2)  GU L 74 del 20.3.2009, pag. 32.

(3)  GU L 63 del 12.3.2010, pag. 21.


RACCOMANDAZIONI

2.3.2011   

IT

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L 57/44


RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE

del 1o marzo 2011

relativa alle linee guida per l’applicazione delle norme sulla protezione dei dati nell’ambito del Sistema di cooperazione per la tutela dei consumatori (CPCS)

(2011/136/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,

considerando quanto segue:

(1)

Il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori («Regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori») (1) (in appresso «regolamento CPC») intende migliorare la cooperazione nell’applicazione delle norme che tutelano i consumatori all’interno del mercato unico, istituisce a livello dell’UE una rete di autorità pubbliche nazionali preposte all’esecuzione della normativa (in appresso «rete CPC») e stabilisce il quadro e le condizioni generali in cui tali autorità degli Stati membri cooperano per tutelare gli interessi economici collettivi dei consumatori.

(2)

La cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa è essenziale per il funzionamento efficace del mercato unico e nell’ambito della rete CPC ciascuna autorità può chiedere l’assistenza delle altre autorità per accertare possibili violazioni della normativa UE sulla tutela dei consumatori.

(3)

L’obiettivo del Sistema di cooperazione per la tutela dei consumatori (in appresso «CPCS») è consentire alle autorità pubbliche di esecuzione di scambiare informazioni riguardo a possibili violazioni delle norme sulla tutela dei consumatori in un ambiente sicuro.

(4)

Lo scambio di informazioni mediante mezzi informatici tra gli Stati membri deve avvenire nel rispetto delle norme sulla protezione dei dati personali stabilite dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (2) (in appresso «direttiva sulla protezione dei dati») e dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (3) (in appresso «regolamento sulla protezione dei dati»).

(5)

L’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce il diritto alla protezione dei dati. Il CPCS deve garantire che gli obblighi e le responsabilità della Commissione e degli Stati membri in materia di norme sulla protezione dei dati siano definiti chiaramente e che le persone interessate possano disporre di informazioni e di meccanismi facilmente accessibili per far valere i propri diritti.

(6)

È opportuno stabilire linee guida per l’applicazione della normativa sulla protezione dei dati nell’ambito del CPCS (in appresso «linee guida»), al fine di garantire il rispetto delle norme sulla protezione dei dati durante il trattamento dei dati del CPCS.

(7)

Gli agenti incaricati dell’applicazione della normativa dovrebbero essere invitati a contattare le autorità nazionali garanti della protezione dei dati per chiedere consulenza e assistenza sul modo migliore di applicare le linee guida in conformità alla legislazione nazionale e, se necessario, per assicurarsi che le procedure di notifica e di controllo preventivo relative alle operazioni di trattamento nell’ambito del CPCS siano messe in atto a livello nazionale.

(8)

La partecipazione ai corsi di formazione organizzati dalla Commissione per facilitare l’applicazione delle linee guida va fortemente incoraggiata.

(9)

Entro due anni dall’adozione della presente raccomandazione dovranno essere comunicate alla Commissione informazioni sull’applicazione delle linee guida. La Commissione dovrà poi procedere a un’ulteriore valutazione del livello di protezione dei dati nel CPCS e valutare se sono necessari strumenti supplementari, tra cui misure di regolamentazione.

(10)

Dovrebbero essere adottate le misure necessarie per facilitare l’attuazione delle linee guida da parte degli operatori e degli utilizzatori del CPCS. Le autorità nazionali garanti della protezione dei dati e il garante europeo della protezione dei dati dovrebbero monitorare attentamente l’evoluzione e l’attuazione dei meccanismi di protezione dei dati nell’ambito del CPCS.

(11)

Le linee guida completano la decisione 2007/76/CE della Commissione (4) e tengono conto del parere del gruppo di lavoro per la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali istituito dall’articolo 29 (5) della direttiva sulla protezione dei dati e del parere del garante europeo per la protezione dei dati (6) (in appresso «GEPD»), istituito dall’articolo 41 del regolamento sulla protezione dei dati,

HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:

Gli Stati membri sono invitati a seguire le linee guida figuranti nell’allegato.

Fatto a Bruxelles, il 1o marzo 2011.

Per la Commissione

John DALLI

Membro della Commissione


(1)  GU L 364 del 9.12.2004, pag. 1.

(2)  GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.

(3)  GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.

(4)  GU L 32 del 6.2.2007, pag. 192.

(5)  Parere 6/2007 su temi riguardanti la protezione dei dati connessi con il Sistema di cooperazione per la tutela dei consumatori (CPCS) 01910/2007/EN — WP 130 — adottato il 21 settembre 2007.

(6)  Parere del GEPD, rif. 2010-0692.


ALLEGATO

Linee guida per l’applicazione delle norme sulla protezione dei dati nell’ambito del Sistema di cooperazione per la tutela dei consumatori (CPCS)

1.   INTRODUZIONE

La cooperazione tra le autorità nazionali responsabili della tutela dei consumatori è fondamentale per il buon funzionamento del mercato interno, perché un’applicazione inefficace della normativa nelle relazioni transfrontaliere mina la fiducia dei consumatori, che esitano ad accettare offerte transfrontaliere, e quindi mina la loro fede nel mercato interno e crea una distorsione della concorrenza.

Il CPCS è uno strumento informatico istituito dal regolamento CPC, che fornisce alle autorità nazionali responsabili della tutela dei consumatori facenti parte della rete CPC un meccanismo strutturato per lo scambio di informazioni. Esso permette a un’autorità pubblica di chiedere l’assistenza delle altre autorità pubbliche della rete CPC per individuare e trattare possibili violazioni della normativa UE sulla tutela dei consumatori e per adottare le misure destinate a mettere fine a pratiche commerciali illegali di venditori e fornitori nei confronti di consumatori che vivono in altri paesi dell’UE. Il CPCS è il mezzo utilizzato per le richieste di informazioni e per tutte le comunicazioni tra le autorità pubbliche competenti che riguardano l’applicazione del regolamento CPC.

Il regolamento CPC ha l’obiettivo di migliorare l’applicazione delle norme sulla tutela dei consumatori in tutto il mercato interno istituendo, a livello dell’UE, una rete delle autorità nazionali responsabili, nonché di definire le condizioni per la cooperazione fra gli Stati membri. Il regolamento CPC stabilisce che questi scambi di informazioni e le richieste di assistenza reciproca tra le autorità nazionali siano effettuati tramite una specifica banca dati. Il CPCS ha il compito di facilitare questa cooperazione amministrativa e lo scambio d’informazioni, ai fini dell’applicazione della normativa UE sulla protezione dei consumatori.

L’ambito della cooperazione è limitato alle infrazioni intracomunitarie degli atti giuridici elencati nell’allegato del regolamento CPC, che tutela gli interessi economici collettivi dei consumatori.

2.   CAMPO DI APPLICAZIONE E OBIETTIVO DELLE LINEE GUIDA

Le presenti linee guida mirano soprattutto a garantire un equilibrio tra la cooperazione efficiente ed efficace delle autorità competenti dei vari Stati membri e il rispetto dei diritti fondamentali alla vita privata e alla protezione dei dati personali.

I dati personali sono definiti nella direttiva sulla protezione dei dati (1) come qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile; si considera identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento ad un numero d’identificazione o ad uno o più elementi specifici caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, psichica, economica, culturale o sociale.

Dato che gli agenti nazionali preposti all’applicazione della normativa («gli incaricati»), che sono gli utilizzatori del CPCS, non sono sempre esperti in materia di protezione dei dati e non hanno sempre una conoscenza sufficiente delle disposizioni della legislazione nazionale sulla protezione dei dati, è opportuno fornire agli utilizzatori del CPCS linee guida che illustrino il funzionamento del CPCS da un punto di vista pratico di protezione dei dati, nonché i meccanismi di salvaguardia del sistema e i possibili rischi legati al suo utilizzo.

L’obiettivo delle linee guida è trattare i temi più significativi della protezione dei dati nell’ambito del CPCS e fornire una spiegazione facilmente comprensibile a cui tutti gli utilizzatori del CPCS possano fare riferimento. Esse non forniscono, tuttavia, un’analisi dettagliata delle implicazioni del CPCS per la protezione dei dati.

Si raccomanda fortemente di consultare le autorità responsabili per la protezione dei dati degli Stati membri per completare le linee guida con gli obblighi specifici previsti dalla legislazione nazionale sulla protezione dei dati. Gli utilizzatori del CPCS possono inoltre ottenere dalle autorità nazionali garanti della protezione dei dati un’ulteriore assistenza e consulenza per accertare che siano rispettate le prescrizioni sulla protezione dei dati. Un elenco di queste autorità, con le loro coordinate e i siti web, può essere consultato su:

http://ec.europa.eu/justice_home/fsj/privacy/nationalcomm/#eu

È chiaro che il trattamento dei dati personali va effettuato nel rispetto dei principi e delle condizioni specifiche stabiliti dalla direttiva sulla protezione dei dati. Nel contesto del regolamento, gli incaricati hanno il diritto di scambiare dati, anche di carattere personale, tramite il CPCS, se il trattamento ha lo scopo di mettere fine a una violazione delle norme UE sulla tutela dei consumatori, come indicato nell’allegato del regolamento CPC. Tuttavia, prima di trattare questi dati occorre esaminare attentamente se sono rispettati i principi della protezione dei dati e se il trattamento è assolutamente necessario per conseguire gli obiettivi del regolamento CPC.

Di conseguenza, gli incaricati che hanno accesso al CPCS dovranno esaminare ciascun caso singolarmente prima di poter procedere al trattamento dei dati personali (2). Le presenti linee guida hanno lo scopo di assistere gli incaricati in questo esame fornendo alcuni principi direttivi da prendere in considerazione per la protezione dei dati.

Inoltre, le linee guida hanno l’obiettivo di chiarire alcune complessità della struttura del CPCS legate alle operazioni di trattamento e controllo congiunto, definendo il ruolo della Commissione e quello delle autorità competenti degli Stati membri come «controllori congiunti» degli scambi di dati tramite il CPCS.

3.   IL CPCS — UNO STRUMENTO INFORMATICO PER LA COOPERAZIONE NELL’APPLICAZIONE DELLE NORME

Il CPCS è uno strumento informatico progettato e gestito dalla Commissione in cooperazione con gli Stati membri. Esso ha lo scopo di assistere gli Stati membri nell’applicazione pratica della normativa UE sulla tutela dei consumatori ed è utilizzato dalla rete CPC, costituita dalle autorità pubbliche designate dagli Stati membri e dai paesi del SEE, per collaborare e scambiare informazioni sull’applicazione delle norme relative alla tutela dei consumatori, come stabilito dal regolamento CPC.

L’articolo 10 del regolamento CPC recita:

«La Commissione mantiene una banca dati informatica in cui memorizza ed elabora le informazioni pervenute ai sensi degli articoli 7, 8 e 9. La banca dati può essere consultata soltanto dalle autorità competenti…»

L’articolo 12, paragrafo 3, del regolamento CPC stabilisce inoltre:

«Le richieste di assistenza e tutte le trasmissioni delle informazioni sono effettuate per iscritto, mediante un modello standard, e sono comunicate per via elettronica tramite la banca dati di cui all’articolo 10.»

Il CPCS facilita la cooperazione e gli scambi d’informazioni limitati alle infrazioni intracomunitarie delle direttive e dei regolamenti elencati nell’allegato del regolamento CPC che riguarda varie questioni, tra cui le pratiche commerciali sleali, le vendite a distanza, i crediti al consumo, i viaggi «tutto compreso», le clausole contrattuali abusive, le multiproprietà, il commercio informatico, ecc. Il CPCS non può essere utilizzato per scambi di informazioni in ambiti legislativi non specificati nell’allegato.

Esempi:

I.

Un commerciante stabilito in Belgio utilizza clausole abusive nelle sue operazioni con i consumatori residenti in Francia, in violazione della direttiva sulle clausole contrattuali abusive. L’autorità francese responsabile dei consumatori può utilizzare il CPCS per chiedere all’autorità belga responsabile dei consumatori di adottare tutte le misure di applicazione necessarie, disponibili in Belgio, nei confronti del commerciante per mettere fine al più presto all’infrazione intracomunitaria.

II.

L’autorità danese responsabile dei consumatori riceve denuncie secondo cui un particolare sito web ricorre a pratiche commerciali fraudolente e ingannevoli ai danni dei consumatori. Il sito web è ospitato in Svezia. L’autorità danese dei consumatori ha bisogno di informazioni sul sito web e può quindi utilizzare il CPCS per presentare una richiesta d’informazioni all’autorità svedese responsabile dei consumatori, che ha l’obbligo di fornire le informazioni.

Le informazioni sono trasmesse elettronicamente dagli Stati membri, memorizzate nel CPCS, consultate dagli Stati membri a cui l’informazione era destinata e cancellate dalla Commissione (3). Il CPCS è utilizzato come repertorio di informazioni e come mezzo di scambio di informazioni tramite un sistema di comunicazione efficiente e sicuro.

Dal punto di vista della protezione dei dati, l’istituzione di una banca dati di questo tipo comporta sempre certi rischi per il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali: la condivisione di un numero maggiore di dati di quello strettamente necessario per un’efficiente collaborazione; la conservazione di dati che avrebbero dovuto essere cancellati e che non sono più esatti o corretti; il mancato rispetto dei diritti delle persone interessate e degli obblighi dei responsabili del trattamento. È necessario perciò affrontare questi rischi assicurandosi che gli utilizzatori del CPCS abbiano una buona conoscenza delle norme di protezione dei dati e che siano in grado di garantire il rispetto della legislazione applicabile in materia di protezione dei dati.

4.   PROTEZIONE DEI DATI: QUADRO GIURIDICO E DI CONTROLLO

L’Unione europea dispone di un quadro giuridico sulla protezione dei dati dal 1995: la direttiva sulla protezione dei dati (4), che disciplina il trattamento dei dati personali da parte degli Stati membri, e il regolamento sulla protezione dei dati (5), che disciplina il trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e dagli organismi dell’Unione europea. L’applicazione della normativa sulla protezione dei dati dipende attualmente dall’identità degli operatori e degli utilizzatori del CPCS.

Le operazioni di trattamento dei dati effettuate dalla Commissione sono disciplinate dal regolamento sulla protezione dei dati e quelle effettuate dagli operatori delle autorità nazionali sono disciplinate dalle leggi nazionali che recepiscono la direttiva sulla protezione dei dati.

Poiché la Commissione e le autorità competenti designate sono, come controllori congiunti, i due principali operatori con ruoli specifici nel CPCS, hanno l’obbligo di notificare alle autorità di controllo pertinenti e di sottoporre al loro controllo preliminare le rispettive operazioni di trattamento e di agire in conformità alle norme sulla protezione dei dati. Le leggi nazionali che recepiscono la direttiva sulla protezione dei dati possono tuttavia prevedere deroghe all’obbligo di notifica e di controllo preliminare.

L’armonizzazione delle leggi sulla protezione dei dati era intesa a garantire un livello elevato di protezione dei dati e la tutela dei diritti fondamentali delle persone, e contemporaneamente a consentire la libera circolazione dei dati personali tra gli Stati membri. Dato che le misure nazionali di attuazione possono comportare norme divergenti, si raccomanda fortemente agli utilizzatori del CPCS, al fine di garantire la conformità alla normativa sulla protezione dei dati, di discutere delle presenti linee guida con le autorità nazionali garanti della protezione dei dati, poiché le norme possono variare, ad esempio, per quanto riguarda le informazioni da fornire alle persone fisiche o l’obbligo di notifica di determinate operazioni di trattamento dei dati alle autorità di protezione dei dati.

Una caratteristica importante del quadro giuridico dell’UE in materia di protezione dei dati è il controllo di autorità indipendenti responsabili della protezione dei dati. I cittadini hanno il diritto di presentare denunce a tali autorità e di ottenere che i loro problemi in materia di protezione dei dati siano risolti prontamente in un contesto extragiudiziale. A livello nazionale, il trattamento dei dati personali è controllato dalle autorità nazionali garanti della protezione dei dati, mentre a livello delle istituzioni europee il trattamento dei dati personali è controllato dal garante europeo della protezione dei dati (GEPD) (6). Di conseguenza, la Commissione è soggetta al controllo del GEPD mentre gli altri utilizzatori del CPCS sono soggetti al controllo delle autorità nazionali di controllo competenti in materia di protezione dei dati.

5.   CHI FA COSA NEL CPCS? — LA QUESTIONE DEL CONTROLLO CONGIUNTO

Il CPCS costituisce un chiaro esempio di operazioni di trattamento e di controllo congiunte. Mentre solo le autorità competenti degli Stati membri possono raccogliere, registrare, comunicare e scambiare dati personali, la conservazione e la cancellazione di questi dati sui suoi server competono alla Commissione. Essa non ha accesso ai dati personali, ma è considerata l’amministratore e l’operatore del sistema.

Di conseguenza, la ripartizione dei diversi compiti e delle responsabilità tra la Commissione e gli Stati membri può essere riassunta come segue:

ciascuna autorità competente svolge il ruolo di responsabile del trattamento per quanto riguarda le proprie attività di trattamento dei dati,

la Commissione non è un utilizzatore, bensì l’operatore del sistema, responsabile in primo luogo della manutenzione e della sicurezza della struttura del sistema. Tuttavia, la Commissione ha anche accesso ad allarmi, informazioni di seguito e altri dati relativi ai casi trattati (7). L’accesso della Commissione ha come scopo il controllo dell’applicazione del regolamento CPC e della normativa, indicata nel suo allegato, concernente la tutela dei consumatori nonché la compilazione dei dati statistici relativi all’esecuzione di questi compiti. La Commissione non ha però accesso alle informazioni contenute nelle richieste di assistenza reciproca e di intervento, poiché queste sono destinate unicamente alle autorità competenti degli Stati membri che trattano lo specifico caso in questione. Il regolamento CPC prevede tuttavia la possibilità che la Commissione assista le autorità competenti in caso di controversia (8) e che sia invitata a partecipare a inchieste coordinate svolte da più di due Stati membri (9),

gli operatori del CPCS condividono la responsabilità per quanto riguarda la legittimità del trattamento dei dati, la fornitura di informazioni e i diritti di accesso, obiezione e rettifica,

la Commissione e le autorità competenti, nel loro ruolo di responsabili del trattamento, hanno ciascuna la responsabilità di assicurare il controllo che le norme applicate alle loro operazioni di trattamento dei dati siano compatibili con le norme sulla protezione dei dati.

6.   OPERATORI E UTILIZZATORI DEL CPCS

Il CPCS prevede diversi tipi di accesso: l’accesso alla banca dati è limitato, è riservato a un agente designato dell’autorità competente (utilizzatore autenticato) e non è trasferibile. L’accesso al CPCS può essere concesso solo agli agenti notificati alla Commissione dalle autorità competenti degli Stati membri. Per entrare nel sistema è necessario un login/password, che può essere ottenuto presso l’ufficio di collegamento unico.

Solo gli utilizzatori delle autorità competenti richiedenti o interpellate hanno pieno accesso all’insieme di informazioni scambiate per un dato caso, comprendente tutti i documenti relativi alla pratica contenuti nel CPCS. Gli uffici di collegamento unici possono solo leggere le informazioni principali su un dato caso, in modo da poter identificare l’autorità competente cui deve essere inviata una richiesta. Essi non possono leggere i documenti riservati allegati a una richiesta o a un allarme.

Nei casi di intervento, le informazioni generali sono condivise tra gli utilizzatori di tutte le autorità competenti indicate come responsabili per il caso di violazione in questione. Ciò avviene tramite notifiche, che descrivono brevemente il caso evitando di indicare dati personali. Possono essere fatte eccezioni per quanto riguarda il nome del venditore o del fornitore (se si tratta di una persona fisica).

La Commissione non ha accesso alle richieste di informazione e di intervento o ai documenti riservati, ma riceve comunque notifiche e allarmi.

7.   PRINCIPI DI PROTEZIONE DEI DATI APPLICABILI AGLI SCAMBI DI INFORMAZIONI

Il trattamento di dati personali da parte degli utilizzatori del CPCS negli Stati membri può essere effettuato solo a determinate condizioni e in conformità ai principi stabiliti dalla direttiva sulla protezione dei dati. Il responsabile del trattamento ha il compito di garantire il rispetto dei principi di protezione dei dati durante il trattamento dei dati personali nel CPCS.

Va inoltre notato che il CPCS è soggetto sia alle norme sulla riservatezza sia a quelle sulla protezione dei dati. Le norme relative alla riservatezza e al segreto professionale possono essere applicate ai dati in generale, mentre le norme sulla protezione dei dati sono limitate ai dati personali.

È importante tenere presente che, negli Stati membri, gli utilizzatori del CPCS sono responsabili di molte altre operazioni di trattamento e possono non essere esperti in materia di protezione dei dati. Il rispetto della protezione dei dati nel CPCS non deve essere inutilmente complicato o comportare un onere amministrativo eccessivo. Non deve nemmeno consistere in un sistema unico universalmente valido. Le presenti linee guida sono raccomandazioni per il trattamento dei dati personali e va ricordato che non tutti i dati scambiati con il CPCS sono necessariamente dati personali.

Prima di trasmettere le informazioni al CPCS, gli agenti preposti all’applicazione della normativa devono esaminare se i dati personali da inviare sono assolutamente necessari per un’efficiente cooperazione e considerare chi è il destinatario a cui inviano i dati personali. L’agente deve chiedersi se il destinatario riceve queste informazioni unicamente ai fini dell’allarme o della richiesta di assistenza reciproca.

Si richiamano qui di seguito i principi fondamentali di protezione dei dati; in base ad essi, gli agenti che hanno accesso al CPCS potranno valutare caso per caso se le norme sulla protezione dei dati relative al trattamento dei dati personali sono rispettate ogni volta che trattano dati personali nel sistema. Gli agenti devono anche tenere conto del fatto che l’applicazione dei principi di protezione dei dati può essere soggetta a deroghe e limitazioni a livello nazionale e quindi si consiglia loro di consultare le autorità nazionali garanti della protezione dei dati (10).

Quali sono i principi di protezione dei dati da osservare?

I principi generali di protezione dei dati da prendere in considerazione prima del trattamento di qualsiasi dato personale sono quelli stabiliti dalla direttiva sulla protezione dei dati. Dato che questa direttiva è stata recepita nella legislazione nazionale, si ricorda agli incaricati di consultare le autorità nazionali garanti della protezione dei dati riguardo all’applicazione dei principi sottoelencati e di verificare se esistono deroghe e limitazioni alla loro applicazione.

Trasparenza

Secondo la direttiva sulla protezione dei dati, la persona i cui dati personali sono oggetto di un trattamento ha il diritto di esserne informata. Il responsabile del trattamento è tenuto a indicare il proprio nome e indirizzo, le finalità del trattamento, i destinatari dei dati e tutte le altre informazioni richieste per garantire un trattamento dei dati leale (11).

I dati possono essere trattati solo nelle seguenti circostanze (12):

se la persona interessata ha dato il proprio consenso,

se il trattamento è necessario all’esecuzione o alla conclusione di un contratto,

se il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale,

se il trattamento è necessario per la salvaguardia di interessi vitali delle persona interessata,

se il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito svolto nell’interesse pubblico o nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il responsabile del trattamento o il terzo cui vengono comunicati i dati,

se il trattamento è necessario per perseguire gli interessi legittimi del responsabile del trattamento o dei terzi cui vengono comunicati i dati.

Trattamento lecito e leale

I dati personali non possono essere raccolti o trattati in modo sleale o illecito e non devono essere utilizzati per fini incompatibili con quelli stabiliti dal regolamento CPC. Affinché il trattamento sia lecito, i responsabili del trattamento devono assicurarsi che esistano motivi che giustificano chiaramente la necessità del trattamento. Esso deve essere effettuato per finalità determinate, esplicite e legittime e i dati non possono essere successivamente trattati in modo incompatibile con tali finalità (13). Questi motivi possono essere stabiliti solo nel regolamento CPC.

Affinché il trattamento sia leale, le persone interessate devono essere informate delle finalità per le quali i loro dati vengono trattati e dell’esistenza del diritto di accesso, rettifica e obiezione.

Proporzionalità, esattezza e periodo di conservazione

Le informazioni devono essere proporzionate, adeguate, pertinenti e non eccessive rispetto alle finalità per le quali vengono raccolte e/o trattate successivamente. I dati devono essere esatti e, se necessario, aggiornati; devono essere adottate tutte le misure ragionevoli per garantire che i dati inesatti o incompleti siano cancellati o rettificati, considerando le finalità per le quali sono stati raccolti o trattati successivamente; i dati personali vanno conservati in una forma che consenta l’identificazione delle persone interessate, per un periodo non superiore al tempo necessario per realizzare le finalità per le quali i dati sono stati raccolti o trattati. Garanzie adeguate devono essere previste per i dati personali conservati per periodi più lunghi per motivi storici, statistici o scientifici.

I responsabili del trattamento devono verificare se le informazioni che trattano sono strettamente necessarie per le finalità perseguite.

Limitazione della finalità

I dati personali devono essere raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime e non possono essere trattati successivamente in modo incompatibile con tali finalità, inizialmente specificate alla persona interessata. I responsabili del trattamento possono trattare i dati personali solo se esiste una chiara finalità per farlo, vale a dire se il regolamento CPC prevede ragioni giuridiche che giustificano il trasferimento dei dati.

Diritti di accesso

In base alla direttiva sulla protezione dei dati (14), le persone interessate hanno il diritto di essere informate del trattamento dei loro dati personali, delle finalità del trattamento, dei destinatari dei dati e del fatto che hanno specifici diritti, come il diritto di informazione e di rettifica. La persona interessata ha il diritto di accesso a tutti i dati trattati che la riguardano. Essa ha anche il diritto di chiedere la rettifica, la cancellazione o il congelamento dei dati che sono incompleti, inesatti o che non sono trattati conformemente alle norme sulla protezione dei dati (15).

Dati sensibili

È vietato il trattamento di dati che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale nonché dei dati relativi alla salute e alla vita sessuale, alle infrazioni e alle condanne penali. La direttiva sulla protezione dei dati (16) prevede tuttavia alcune eccezioni a questa regola, che consentono il trattamento dei dati sensibili in determinate condizioni (17). Dato che gli utilizzatori del CPCS possono trovarsi in una situazione in cui devono trattare dati sensibili (18), si consiglia loro di trattarli con prudenza. Si raccomanda di consultare l’autorità nazionale garante della protezione dei dati per sapere se sono previste deroghe per il trattamento dei dati sensibili.

Esenzioni

Nel contesto della prevenzione, dell’indagine, dell’individuazione e del perseguimento dei reati penali, la direttiva sulla protezione dei dati prevede alcune esenzioni. Si consiglia agli incaricati di consultare la legislazione nazionale per verificare se tali esenzioni sono possibili e in quale misura (19). In caso di ricorso alle esenzioni, si raccomanda di indicarle chiaramente nelle dichiarazioni sulla riservatezza di ciascuna autorità competente.

Applicazione dei principi di protezione dei dati

Per quanto riguarda l’applicazione dei principi di protezione dei dati al funzionamento del CPCS, si raccomanda quanto segue.

(1)

L’utilizzo del CPCS deve essere strettamente limitato alle finalità previste nel regolamento CPC. L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento CPC stabilisce che le informazioni comunicate possono essere utilizzate esclusivamente allo scopo di garantire il rispetto della normativa sulla protezione degli interessi dei consumatori. Gli atti relativi sono elencati nell’allegato del regolamento CPC.

(2)

Si raccomanda agli agenti di utilizzare le informazioni ottenute grazie a una richiesta di assistenza reciproca o a un allarme solo per le finalità legate a quello specifico caso, osservando le disposizioni giuridiche relative alla protezione dei dati, dopo aver valutato la necessità del trattamento dei dati nel contesto delle indagini svolte nell’interesse pubblico generale.

(3)

Quando trasferiscono i dati, gli agenti valutano caso per caso chi saranno i destinatari delle informazioni da trattare.

(4)

Gli utilizzatori del CPCS devono scegliere attentamente le domande da porre nella richiesta di assistenza reciproca e non possono chiedere un numero di dati maggiore del necessario. Non si tratta solo di una questione di rispetto dei principi di qualità dei dati, ma anche di problema di riduzione dell’onere amministrativo.

(5)

La direttiva sulla protezione dei dati (20) stabilisce che i dati personali devono essere esatti e aggiornati. L’autorità competente che ha fornito le informazioni dovrebbe contribuire a garantire l’esattezza dei dati conservati nel CPCS. Per ricordare periodicamente agli agenti di controllare se i dati personali sono esatti e aggiornati sono stati aggiunti messaggi pop-up nel CPCS.

(6)

Un modo pratico per informare dei loro diritti le persone interessate consiste nel creare una pagina web con un’avvertenza dettagliata sulla riservatezza. Si raccomanda che ciascuna autorità competente provveda a dotare il suo sito web di un’avvertenza sulla riservatezza. Ogni avvertenza sulla riservatezza deve essere conforme a tutti gli obblighi d’informazione stabiliti dalla direttiva sulla protezione dei dati, essere provvista di un link verso la pagina web della Commissione sulla riservatezza e fornire dettagli complementari, come le coordinate dell’autorità competente interessata e le limitazioni nazionali del diritto di accesso o di informazione. Spetta a tutti i responsabili del trattamento provvedere affinché le avvertenze sulla riservatezza siano pubblicate.

(7)

Le persone interessate possono chiedere l’accesso, la rettifica e la cancellazione dei loro dati personali da più di una fonte. Anche se ciascuna autorità competente, assume, in quanto responsabile del trattamento, la responsabilità delle proprie operazioni di trattamento dei dati, è opportuno che venga prevista una risposta coordinata alle richieste relative ai casi transfrontalieri. In questi casi, si raccomanda alle autorità competenti di comunicare alle autorità competenti interessate il ricevimento della richiesta.

Se un’autorità competente ritiene che l’accettazione di una richiesta possa influire sulla procedura di indagine o di intervento messa in atto da altre autorità competenti, dovrebbe chiedere il parere di queste altre autorità prima di accettare la richiesta.

La persona interessata può anche rivolgere una richiesta alla Commissione, la quale può accettare solo una richiesta riguardante dati a cui ha accesso. Quando riceve una richiesta, la Commissione deve consultare l’autorità competente che ha fornito l’informazione. Se non vengono sollevate obiezioni o se l’autorità competente non risponde entro un termine ragionevole, la Commissione può decidere di accettare la richiesta o di rifiutarla in base al regolamento sulla protezione dei dati. La Commissione dovrebbe anche chiedere il parere delle autorità competenti le cui attività di indagine o di esecuzione possono risultare compromesse dall’accettazione della richiesta. Inoltre, essa dovrebbe esaminare se l’inserimento di funzionalità tecniche aggiuntive nel CPCS potrebbe facilitare questi scambi.

(8)

La decisione 2007/76/CE recante attuazione del regolamento CPC prevede campi di informazione nel CPCS per i nomi dei direttori delle imprese. Gli agenti devono valutare se l’inclusione di questo tipo di dati personali è necessario per risolvere la questione. Occorre valutare caso per caso se è necessario includere il nome del direttore di un’impresa nel campo di informazione previsto a tal fine, prima di trasmettere le informazioni al CPCS e prima di inviare un allarme o una richiesta di assistenza reciproca a un’altra autorità competente.

(9)

La decisione 2007/76/CE recante attuazione del regolamento CPC stabilisce che l’autorità competente che trasmette informazioni o richieste di esecuzione o allarmi deve indicare se le informazioni vanno trattate in modo riservato. Questa decisione va presa caso per caso. Parallelamente, l’autorità interpellata deve indicare, quando fornisce l’informazione, se questa va trattata in modo riservato. Il CPCS è provvisto di una funzionalità per difetto che indica il carattere riservato dei documenti; gli utilizzatori devono autorizzare esplicitamente l’accesso, disattivando la funzionalità.

8.   CPCS E PROTEZIONE DEI DATI

Un ambiente di facile uso per la protezione dei dati

Il CPCS è stato concepito tenendo presente la legislazione in materia di protezione dei dati:

Il CPCS utilizza la rete di servizi transeuropei sicuri per la comunicazione telematica tra amministrazioni «s-TESTA» (secured Trans European Services for Telematics between Administrations). Questa rete costituisce una piattaforma di comunicazione paneuropea controllata, affidabile e sicura per le amministrazioni europee e nazionali. La rete s-TESTA si basa su un’infrastruttura privata specifica, completamente separata da Internet. Nella concezione del sistema sono incluse misure di sicurezza appropriate che garantiscono la migliore protezione possibile della rete. Essa è soggetta a un accreditamento in materia di sicurezza che la rende adatta alla trasmissione di informazioni classificate «EU Restricted».

Nel sistema è stata introdotta una serie di caratteristiche tecniche: password sicure e personalizzate sono state notificate ai responsabili delle autorità designate, la rete utilizzata è protetta (s-TESTA), messaggi pop-up ricordano agli incaricati che devono tener conto delle norme di protezione dei dati quando effettuano il trattamento dei dati personali, sono stati creati diversi profili di utilizzatori per regolare l’accesso alle informazioni secondo il ruolo dell’utilizzatore (l’autorità competente, l’ufficio di collegamento unico o la Commissione), è stata prevista la possibilità di limitare l’accesso ai documenti definendoli riservati e sulla homepage del CPCS figura un messaggio che rimanda alle norme di protezione dei dati.

Le regole di attuazione (21) coprono gli aspetti principali per garantire il rispetto della protezione dei dati: regole di cancellazione chiare (quali informazioni, come e quando cancellare dati); principi che specificano i tipi di accesso all’informazione (solo le autorità competenti direttamente interessate hanno pieno accesso mentre le altre autorità dispongono solo di informazioni generali).

Linee guida operative (22) offrono chiarimenti complementari su cosa occorre prendere in considerazione nella compilazione dei vari campi di informazione, e in particolare le presenti linee guida (23).

Revisioni annuali sono previste per dar modo alle autorità competenti di verificare l’esattezza dei dati personali (una classificazione è prevista, ma non è ancora stata applicata) e chiudere e/o cancellare i casi trattati, come previsto dalle norme per evitare che i casi siano «dimenticati». La Commissione organizza periodicamente con gli Stati membri una revisione sistematica dei casi aperti da un periodo notevolmente superiore alla media.

È stato messo in atto un sistema automatico di cancellazione dei casi di assistenza reciproca 5 anni dopo la chiusura del caso, come richiesto dal regolamento CPC.

Il CPCS è una strumento informatico in evoluzione che ha lo scopo di facilitare la protezione dei dati. Molte funzioni di protezione sono già state inserite nella struttura del sistema, come descritto sopra. La Commissione intende continuare a migliorare il sistema, secondo le esigenze che si presentano.

Altre indicazioni

Per quanto tempo un caso deve essere conservato e quando deve essere chiuso e cancellato?

Solo la Commissione può cancellare le informazioni del CPCS (24) e normalmente lo fa su richiesta di un’autorità competente. Quando presenta tale richiesta, l’autorità competente deve precisarne i motivi. Le richieste di intervento sono l’unica eccezione: sono cancellate automaticamente dalla Commissione 5 anni dopo la chiusura del caso da parte dell’autorità richiedente.

Esistono regole che prevedono termini specifici per garantire la cancellazione di dati non più richiesti, inesatti, infondati e/o conservati per un periodo massimo.

Perché il periodo di conservazione dei dati è stato fissato in 5 anni?

Lo scopo del periodo di conservazione è facilitare la cooperazione fra le autorità pubbliche, responsabili dell’esecuzione della normativa in materia di tutela degli interessi dei consumatori, nel trattamento delle infrazioni intracomunitarie, contribuire al buon funzionamento del mercato interno, al miglioramento della qualità e della coerenza dell’applicazione delle leggi che tutelano gli interessi dei consumatori, al monitoraggio della protezione degli interessi economici dei consumatori e contribuire ad accrescere l’efficacia e la coerenza degli interventi. Durante il periodo di conservazione, gli agenti che lavorano per un’autorità competente a cui un dato caso è stato inizialmente affidato possono consultare la pratica in questione per verificare i legami con eventuali infrazioni ripetute, in modo da migliorare e rendere più efficiente l’azione di contrasto.

Quali informazioni possono essere incluse nel forum di discussione?

Il forum di discussione è annesso al CPCS ed è uno strumento destinato allo scambio di informazioni riguardanti questioni come i nuovi poteri di intervento e le migliori prassi. In generale il forum di discussione, anche se non è utilizzato frequentemente dagli agenti non dovrebbe servire per scambiare dati su casi particolari e non dovrebbe menzionare dati personali.

Quale tipo di dati possono essere inclusi nei sommari e nei documenti allegati?

La decisione 2007/76/CE recante attuazione del regolamento CPC prevede il campo di informazione «documenti allegati» nel caso di allarmi e richieste di informazione e di intervento. I sommari sono campi in cui va descritta un’infrazione. Si raccomanda di non inserire dati personali nei sommari poiché questi campi di informazioni sono riservati alla descrizione generale dell’infrazione. I dati personali figuranti nei documenti allegati che non sono strettamente necessari devono essere cancellati o eliminati.

Che cosa si intende per «ragionevole sospetto» di un’infrazione?

L’espressione «ragionevole sospetto» va interpretata facendo riferimento alle norme nazionali. Tuttavia, si raccomanda di inserire i sospetti di infrazione nel CPCS solo se esistono prove del fatto che l’infrazione è stata o potrebbe essere stata commessa.

Il trasferimento di dati verso paesi terzi

Il regolamento CPC (25) stabilisce che le informazioni comunicate nel quadro del regolamento CPC possono anche essere comunicate a un’autorità di un paese terzo da uno Stato membro che ha un accordo di assistenza bilaterale, a condizione che sia stato ottenuto il consenso dell’autorità competente che ha inizialmente comunicato l’informazione e che siano rispettate le disposizioni in materia di protezione dei dati.

In assenza di un accordo internazionale di cooperazione e assistenza reciproca tra l’Unione europea e un paese terzo (26), si raccomanda che qualsiasi accordo di assistenza bilaterale concluso con un dato paese terzo preveda adeguate garanzie di protezione dei dati e che sia notificato alle autorità competenti per la protezione dei dati, in modo che si possa procedere a un controllo preventivo, a meno che la Commissione ritenga che il paese terzo offre un livello adeguato di protezione dei dati personali trasferiti dall’Unione, in conformità all’articolo 25 della direttiva sulla protezione dei dati.


(1)  Articolo 2, lettera a).

(2)  Va notato che i principi di protezione dei dati si applicano sia ai dati archiviati elettronicamente sia ai dati archiviati su supporto cartaceo.

(3)  Per le norme specifiche relative alla cancellazione cfr. decisione 2007/76/CE e «Rete di cooperazione per la tutela dei consumatori: Linee guida generali».

(4)  Direttiva 95/46/CE.

(5)  Regolamento (CE) n. 45/2001.

(6)  http://www.edps.europa.eu/EDPSWEB/edps/EDPS

(7)  Articoli 8, 9, e 15 del regolamento CPC (CE) n. 2006/2004.

(8)  Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento CPC (CE) n. 2006/2004.

(9)  Articolo 9 del regolamento CPC (CE) n. 2006/2004.

(10)  Articolo 11, paragrafo 2, e articolo 13 della direttiva 95/46/CE.

(11)  Articoli 10 e 11 della direttiva 95/46/CE.

(12)  Articolo 7 della direttiva 95/46/CE.

(13)  Articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 95/46/CE.

(14)  Articoli 10, 11 e 12 della direttiva 95/46/CE.

(15)  Articolo 12 della direttiva 95/46/CE.

(16)  Articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 95/46/CE.

(17)  Articolo 8 della direttiva 95/46/CE.

(18)  Capitolo 4 dell’allegato della decisione 2007/76/CE.

(19)  Parere 6/2007 su temi riguardanti la protezione dei dati connessi con il Sistema di cooperazione per la tutela dei consumatori (CPCS) 01910/2007/EN — WP 130 — adottato il 21 settembre 2007, pagg. 24-26.

(20)  Articolo 6, paragrafo1, lettera d), della direttiva 95/46/CE.

(21)  Decisione 2007/76/CE

(22)  The Consumer Protection Cooperation Network: Operating Guidelines (Rete per la cooperazione nella tutela dei consumatori: linee guida operative) — approvato dal comitato CPC l’8 giugno 2010.

(23)  Il contenuto di queste linee guida sarà inserito nelle formazioni future sul CPCS.

(24)  Articolo 10 del regolamento CPC (CE) n. 2006/2004 e capitolo 2 dell’allegato della decisione 2007/76/CE recante attuazione del regolamento CPC.

(25)  Articolo 14, paragrafo 2, del regolamento CPC (CE) n. 2006/2004.

(26)  Articolo 18 del regolamento CPC (CE) n. 2006/2004.


ATTI ADOTTATI DA ORGANISMI CREATI DA ACCORDI INTERNAZIONALI

2.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 57/54


Solo i testi originali UN/ECE hanno effetto giuridico nel quadro del diritto pubblico internazionale. Lo status e la data di entrata in vigore del presente regolamento devono essere controllati nell’ultima versione del documento UN/ECE TRANS/WP.29/343, reperibile al seguente indirizzo:

http://www.unece.org/trans/main/wp29/wp29wgs/wp29gen/wp29fdocstts.html

Regolamento n. 100 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) — Disposizioni uniformi concernenti l’omologazione di veicoli riguardo a requisiti specifici del motopropulsore elettrico

Comprendente tutto il testo valido fino a:

serie di modifiche 01 — data di entrata in vigore: 4 dicembre 2010

INDICE

REGOLAMENTO

1.

Campo di applicazione

2.

Definizioni

3.

Domanda di omologazione

4.

Omologazione

5.

Prescrizioni e prove

6.

Modifiche ed estensione dell’omologazione per tipo di un tipo di veicolo

7.

Conformità della produzione

8.

Sanzioni in caso di non conformità della produzione

9.

Cessazione definitiva della produzione

10.

Nomi e indirizzi dei servizi tecnici incaricati di eseguire le prove di omologazione e dei servizi amministrativi

11.

Disposizioni transitorie

ALLEGATI

Allegato 1 —

Notifica

Allegato 2 —

Esempi di configurazione dei marchi di omologazione

Allegato 3 —

Protezione da contatti diretti con parti sotto tensione

Allegato 4 —

Metodo di misurazione della resistenza di isolamento

Allegato 5 —

Metodo per confermare il funzionamento del sistema di bordo che controlla la resistenza di isolamento

Allegato 6 —

Caratteristiche essenziali dei veicoli o dei sistemi stradali

Allegato 7 —

Determinazione delle emissioni di idrogeno durante le operazioni di carica della batteria di trazione

1.   CAMPO DI APPLICAZIONE

Le prescrizioni che seguono si applicano ai requisiti di sicurezza dei motopropulsori elettrici montati su veicoli stradali appartenenti alle categorie M e N, capaci di una velocità massima di progetto superiore a 25 km/h, muniti di uno o più motori elettrici di trazione non collegati alla rete in modo permanente, nonché di componenti e sistemi ad alta tensione loro propri collegati galvanicamente al bus ad alta tensione del motopropulsore elettrico.

Il presente regolamento non riguarda i requisiti di sicurezza dei veicoli stradali in caso di urto.

2.   DEFINIZIONI

Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

2.1.

«Modo attivo di possibile messa in movimento» indica lo stato del veicolo quando, premendo sul pedale dell’acceleratore (o su un dispositivo di azionamento equivalente) o sbloccando il sistema frenante, il motopropulsore elettrico mette in movimento il veicolo.

2.2.

«Barriera» indica uno sbarramento che impedisce contatti diretti con parti sotto tensione da qualsiasi direzione d’accesso.

2.3.

«Raccordo conduttore» indica il collegamento a una fonte di energia elettrica esterna mediante connettori quando il sistema ricaricabile di stoccaggio dell’energia (rechargeable energy storage system — RESS) è carico.

2.4.

«Sistema di accoppiamento per caricare il RESS» indica il circuito elettrico impiegato per caricare il RESS da una fonte di energia elettrica esterna, comprendente l’ingresso nel veicolo.

2.5.

«Contatto diretto» indica il contatto di persone con parti sotto tensione.

2.6.

«Telaio elettrico» indica una serie di elementi conduttori, collegati elettricamente, il cui potenziale è preso come valore di riferimento.

2.7.

«Circuito elettrico» indica un insieme di elementi interconnessi, destinato a essere posto sotto tensione in condizioni di funzionamento normale.

2.8.

«Sistema di conversione dell’energia elettrica» indica un sistema che produce e fornisce energia elettrica per la trazione elettrica.

2.9.

«Motopropulsore elettrico» indica il circuito elettrico comprendente il/i motore/i di trazione ed, eventualmente, il RESS, il sistema di conversione dell’energia elettrica, i convertitori elettronici, i relativi cablaggi e connettori e il sistema d’accoppiamento per caricare il RESS.

2.10.

«Convertitore elettronico» indica un dispositivo capace di controllare e/o convertire l’energia elettrica per la trazione elettrica.

2.11.

«Involucro» indica la parte che racchiude le unità interne e le protegge contro contatti diretti da qualsiasi direzione d’accesso.

2.12.

«Parte conduttrice esposta» indica la parte conduttrice che può essere toccata se ricorre il grado di protezione IPXXB e che si carica elettricamente in condizioni di isolamento difettose.

2.13.

«Fonte di energia elettrica esterna» indica una fonte di corrente elettrica alternata (AC) o continua (CC) all’esterno del veicolo.

2.14.

«Alta tensione» indica la classificazione di una componente o di un circuito elettrico, se il valore quadratico medio (rms) della sua tensione di esercizio è > 60 V e ≤ 1 500 V (CC) o > 30 V e ≤ 1 000 V (CA).

2.15.

«Bus ad alta tensione» indica il circuito elettrico, comprendente il sistema d’accoppiamento per caricare il RESS, che funziona ad alta tensione.

2.16.

«Contatto indiretto» indica il contatto di persone con parti conduttrici esposte.

2.17.

«Parti sotto tensione» indica le parti conduttrici destinate a essere alimentate elettricamente in normali condizioni d’uso.

2.18.

«Vano bagagli» indica lo spazio che nel veicolo ospita i bagagli, delimitato da tetto, portellone, pavimento, pareti laterali nonché dalla barriera e dall’involucro che proteggono l’apparato propulsore da contatti diretti con parti in tensione, e separato dall’abitacolo da un pannello anteriore o posteriore.

2.19.

«Sistema di bordo per il controllo della resistenza di isolamento» indica il dispositivo che controlla la resistenza di isolamento tra i bus ad alta tensione e i telai elettrici.

2.20.

«Batteria di trazione di tipo aperto» indica una batteria di tipo liquido che richiede il riempimento con acqua e che genera idrogeno liberato nell’atmosfera.

2.21.

«Abitacolo» indica lo spazio destinato agli occupanti, limitato da tetto, pavimento, pareti laterali, sportelli, vetro dei finestrini, pannello anteriore e posteriore, o portellone posteriore, nonché dalle barriere e dagli involucri che proteggono l’apparato propulsore da contatti diretti con parti sotto tensione.

2.22.

«Grado di protezione» indica la protezione offerta da una barriera o da un involucro da contatti con parti sotto tensione, calcolata in base a una prova con l’apposito dito (IPXXB) o cavo (IPXXD) e definita all’allegato 3.

2.23.

«Sistema ricaricabile di stoccaggio dell’energia (RESS)» indica il sistema ricaricabile di stoccaggio dell’energia che fornisce elettricità alla propulsione elettrica.

2.24.

«Interruttore di servizio» indica il dispositivo che disattiva il circuito elettrico quando avvengono controlli o servizi di manutenzione sul RESS, sulla pila a combustibile, ecc..

2.25.

«Isolante solido» indica lo strato isolante del cablaggio che copre e protegge le parti sotto tensione da contatti diretti da qualsiasi direzione d’accesso, i rivestimenti che isolano le parti sotto tensione dei connettori nonché vernici o pitture applicate a scopo isolante.

2.26.

«Tipo di veicolo» indica veicoli che non differiscono tra loro in aspetti essenziali quali:

a)

installazione del propulsore elettrico e del bus ad alta tensione collegato galvanicamente.

b)

natura e tipo del propulsore elettrico e delle componenti ad alta tensione collegate galvanicamente.

2.27.

«Tensione d’esercizio» indica la media quadratica (root-mean-square — rms) più elevata di una tensione elettrica di circuito, stabilita dal fabbricante, che può verificarsi tra qualsiasi parte conduttrice in condizioni di circuito aperto o in normali condizioni di funzionamento. Se il circuito elettrico è diviso per isolamento galvanico, la tensione d’esercizio è definita, rispettivamente, per ciascun circuito diviso.

3.   DOMANDA DI OMOLOGAZIONE

3.1.   La domanda di omologazione di un tipo di veicolo riguardo a requisiti specifici del motopropulsore elettrico deve essere presentata dal fabbricante del veicolo o dal suo mandatario.

3.2.   La domanda deve essere accompagnata dai seguenti documenti, in triplice copia, e dalle seguenti informazioni:

3.2.1.

Descrizione dettagliata del motopropulsore elettrico montato sul tipo di veicolo e del bus ad alta tensione collegato galvanicamente.

3.3.   Al servizio tecnico incaricato dell’esecuzione delle prove di omologazione va presentato un veicolo rappresentativo del tipo di veicolo da omologare.

3.4.   Prima di rilasciare l’omologazione, l’autorità competente deve verificare l’esistenza di disposizioni in grado di garantire un controllo efficace della conformità della produzione.

4.   OMOLOGAZIONE

4.1.   Se il veicolo presentato per l’omologazione ai sensi del presente regolamento risponde ai requisiti del paragrafo 5 e degli allegati 3, 4 e 7 del presente regolamento, l’omologazione di tale tipo di veicolo deve essere rilasciata.

4.2.   A ogni tipo omologato va assegnato un numero di omologazione. Le prime 2 cifre di tale numero (attualmente 01 per il regolamento in versione originale) indicano la serie di modifiche comprendente le principali e più recenti modifiche tecniche apportate al regolamento al momento del rilascio dell’omologazione. Una stessa parte contraente non può attribuire lo stesso numero a un altro tipo di veicolo.

4.3.   L’omologazione, l’estensione, il rifiuto, la revoca dell’omologazione o la cessazione definitiva della produzione di un tipo di veicolo ai sensi del presente regolamento devono essere notificati alle parti dell’accordo che applicano il presente regolamento mediante una scheda conforme al modello che compare nell’allegato 1 del presente regolamento.

4.4.   Su ciascun veicolo conforme al tipo di veicolo omologato ai sensi del presente regolamento, va apposto, in modo visibile e in un punto facilmente accessibile specificato sulla scheda di omologazione, un marchio di omologazione internazionale composto da:

4.4.1.

un cerchio all’interno del quale è iscritta la lettera «E» seguita dal numero distintivo del paese che ha rilasciato l’omologazione (1).

4.4.2.

Il numero del presente regolamento seguito dalla lettera «R», da un trattino e dal numero di omologazione a destra del cerchio descritto al paragrafo 4.4.1.

4.5.   Se nel paese che ha rilasciato l’omologazione ai sensi del presente regolamento, il veicolo è conforme a un tipo di veicolo omologato ai sensi di altri regolamenti allegati all’accordo, il simbolo di cui al paragrafo 4.4.1 non va ripetuto; in tal caso, il numero del regolamento, quello di omologazione e i simboli aggiuntivi di tutti i regolamenti in virtù dei quali è stata rilasciata l’omologazione nel paese in questione, sono incolonnati verticalmente a destra del simbolo di cui al paragrafo 4.4.1.

4.6.   Il marchio di omologazione deve essere chiaramente leggibile e indelebile.

4.7.   Il marchio di omologazione va posto sulla targhetta dei dati del veicolo apposta dal costruttore, o in prossimità della stessa.

4.8.   L’allegato 2 del presente regolamento riporta alcuni esempi di marchi di omologazione.

5.   SPECIFICHE E PROVE

5.1.   Protezione contro le scosse elettriche

I requisiti in materia di sicurezza elettrica che seguono si applicano ai bus ad alta tensione se si trovano in condizioni di non collegamento con l’alimentazione elettrica esterna ad alta tensione.

5.1.1.   Protezione dai contatti diretti

La protezione da contatti diretti con parti sotto tensione deve essere conforme ai paragrafi 5.1.1.1. e 5.1.1.2. Tali protezioni (isolante solido, barriera, involucro, ecc.) non dovranno poter essere aperte, smontate o rimosse senza l’impiego di utensili.

5.1.1.1.   Per la protezione di parti sotto tensione all’interno dell’abitacolo o del vano bagagli, deve essere raggiunto il grado di protezione IPXXD.

5.1.1.2.   Per la protezione di parti sotto tensione in luoghi diversi dall’abitacolo o dal vano bagagli, deve essere soddisfatto il grado di protezione IPXXB.

5.1.1.3.   Connettori

I connettori (compreso l’ingresso nel veicolo) rispettano questo requisito se:

a)

sono conformi ai paragrafi 5.1.1.1 e 5.1.1.2 se separati senza il ricorso a utensili; o

b)

sono collocati sotto il pavimento e sono muniti di un meccanismo di bloccaggio; o

c)

sono muniti è di un meccanismo di bloccaggio e, per separare il connettore, occorre rimuovere altre componenti ricorrendo a utensili; oppure

d)

la tensione delle parti sotto tensione diventa pari o inferiore a 60 V (CC) o pari o inferiore 30 V (CA) (rms) entro 1 secondo dopo che il connettore è stato separato.

5.1.1.4.   Interruttore di servizio

Per un interruttore di servizio che possa essere aperto, smontato o rimosso senza l’uso di utensili, è accettabile che sia soddisfatto il grado di protezione IPXXB nel caso in cui venga aperto, smontato o rimosso senza l’uso di utensili.

5.1.1.5.   Marcatura

5.1.1.5.1.   Il simbolo indicato dalla figura 1 deve comparire sul RESS o nelle sue immediate vicinanze. Lo sfondo del simbolo deve essere giallo; i bordi e la freccia devono essere neri:

Figura 1

Simbolo indicante la presenza di attrezzatura ad alta tensione

Image

5.1.1.5.2.   Il simbolo dovrà anche essere visibile su involucri e barriere che, se rimossi, mettano a nudo parti sotto tensione di circuiti ad alta tensione. La presente disposizione può essere applicata facoltativamente a qualsiasi connettore per bus ad alta tensione. La presente disposizione non si applica a nessuno dei casi che seguono:

a)

se involucri e barriere non possono essere fisicamente accessibili, aperti o rimossi a meno che non siano rimosse, con l’uso di utensili, altre componenti del veicolo;

b)

se involucri e barriere sono collocati sotto il pavimento del veicolo.

5.1.1.5.3.   I cavi per bus ad alta tensione non collocati all’interno di involucri vanno identificati mediante rivestimento esterno di color arancione.

5.1.2.   Protezione dai contatti indiretti

5.1.2.1.   Per la protezione contro scosse elettriche provocate da contatti indiretti, le parti conduttrici esposte (come barriere e involucri conduttori), devono essere collegate galvanicamente in modo sicuro ai telai elettrici mediante cavo elettrico, o presa a terra, o saldatura o viti ecc. in modo da evitare qualsiasi potenziale pericoloso.

5.1.2.2.   La resistenza tra tutte le parti conduttrici esposte e i telai elettrici deve essere inferiore a 0,1 Ω (ohm) in presenza di un flusso di corrente pari ad almeno 0,2 A.

Questa prescrizione è soddisfatta se il collegamento galvanico è stato stabilito mediante saldatura.

5.1.2.3.   Gli autoveicoli destinati a essere collegati a fonti di energia elettrica esterna messa a terra mediante connessione conduttrice, devono essere muniti di un dispositivo che permetta il collegamento galvanico dei telai elettrici alla terra.

Il dispositivo deve permettere il collegamento a terra prima che sia applicata al veicolo una tensione esterna e deve mantenere il collegamento a terra finché la tensione esterna sul veicolo non sia stata eliminata.

La conformità a questo requisito può essere dimostrata o usando il connettore specificato dal fabbricante del veicolo o mediante analisi tecnica.

5.1.3.   Resistenza di isolamento

5.1.3.1.   Propulsore elettrico avente bus separati di corrente continua o di corrente alternata

Se i bus a CA ad alta tensione e i bus a CC ad alta tensione sono galvanicamente isolati tra loro, la resistenza d’isolamento tra bus ad alta tensione e telaio elettrico deve avere un valore minimo di 100 Ω/V della tensione d’esercizio per bus a CC, e un valore minimo di 500 Ω/V della tensione d’esercizio per bus a CA.

La misurazione va effettuata ai sensi dell’allegato 4 «Metodo di misurazione della resistenza d’isolamento»

5.1.3.2.   Motopropulsore elettrico composto da bus combinati a CC e CA

Se i bus a CA e a CC ad alta tensione sono connessi galvanicamente la resistenza di isolamento tra i bus ad alta tensione e i telai elettrici deve avere un valore minimo di 500 Ω/V della tensione d’esercizio.

Tuttavia, se tutti i bus a CA ad alta tensione sono protetti in uno dei 2 modi che seguono, la resistenza di isolamento tra i bus ad alta tensione e i telai elettrici deve avere un valore minimo di 100 Ω/V della tensione d’esercizio:

a)

due o più strati di isolanti solidi, barriere o involucri che indipendentemente l’uno dall’altro rispettino i requisiti di cui al paragrafo 5.1.1, per esempio per il cablaggio;

b)

protezioni robuste dal punto di vista meccanico, capaci di durare per l’intero ciclo di vita del veicolo, come alloggiamento del motore, scatole contenenti i convertitori elettronici o i connettori.

La resistenza di isolamento tra bus ad alta tensione e telai elettrici può essere dimostrata mediante calcoli, misurazioni o combinando entrambi.

La misurazione va effettuata ai sensi dell’allegato 4 «Metodo di misurazione della resistenza d’isolamento»

5.1.3.3.   Veicoli che funzionano con pile a combustibile

Se il requisito della resistenza d’isolamento minima non può essere mantenuto nel tempo, si deve ottenere la protezione desiderata in uno dei modi che seguono:

a)

due o più strati di isolanti solidi, barriere o involucri che indipendentemente l’uno dall’altro rispettino i requisiti di cui al paragrafo 5.1.1;

b)

un sistema di bordo che controlli la resistenza d’isolamento, combinato a un segnale d’allarme per il conducente se la resistenza d’isolamento scende al di sotto del valore minimo richiesto. Non è necessario monitorare la resistenza d’isolamento tra bus ad alta tensione del sistema d’accoppiamento di ricarica del RESS, che non è alimentato durante il caricamento del RESS, e i telai elettrici. Il funzionamento del sistema di bordo di controllo della resistenza d’isolamento deve essere confermato nei modi descritti all’allegato 5.

5.1.3.4.   Requisiti della resistenza d’isolamento del sistema d’accoppiamento di ricarica del RESS

Per l’ingresso nel veicolo, destinato a essere connesso conduttivamente alla fonte esterna di CA messa a terra, e il circuito elettrico connesso galvanicamente all’ingresso nel veicolo durante la ricarica del RESS, la resistenza d’isolamento tra i bus ad alta tensione e i telai elettrici sarà di almeno 1 ΜΩ quando il raccordo del caricatore è staccato. Durante la misurazione, la batteria di trazione può essere staccata.

5.2.   Sistema ricaricabile di stoccaggio dell’energia (Rechargeable energy storage system — RESS)

5.2.1.   Protezione contro sovraccarichi di corrente

Il RESS non deve surriscaldarsi.

Se il RESS si surriscalda a causa di sovraccarichi di corrente, dev’essere munito di dispositivi di protezione come fusibili, interruttori o contattori principali.

Tale requisito può tuttavia non essere applicato se il fabbricante garantisce che, anche senza dispositivi di protezione, il surriscaldamento per sovraccarico di corrente è impedito.

5.2.2.   Accumulo di gas

Gli alloggiamenti destinati a contenere batterie di trazione di tipo aperto che possono produrre idrogeno devono essere muniti di ventilatore o di tubo d’areazione per impedire l’accumulo di idrogeno.

5.3.   Sicurezza funzionale

Al conducente va indicato, almeno momentaneamente, se il veicolo si trova nel «modo attivo di possibile messa in movimento».

Questa disposizione tuttavia non si applica se è un motore a combustione interna a fornire, direttamente o indirettamente, la forza motrice del veicolo.

Quando abbandona il veicolo, il conducente deve essere informato da un segnale (ottico o acustico) se il veicolo è ancora nel «modo attivo di possibile messa in movimento».

Se il RESS di bordo può essere caricato esternamente dall’utente, il sistema di propulsione del veicolo deve essere impossibilitato a mettere in movimento il veicolo finché il connettore alla fonte di energia esterna è fisicamente collegato all’ingresso del veicolo.

Questo requisito va dimostrato impiegando il connettore specificato dal fabbricante del veicolo.

Il conducente deve essere informato sullo stato dell’unità di controllo della direzione di marcia.

5.4.   Determinazione delle emissioni di idrogeno

5.4.1.   Questa prova deve essere effettuata su tutti i veicoli muniti di batterie di trazione di tipo aperto.

5.4.2.   La prova va effettuata con il metodo descritto all’allegato 7 del presente regolamento. Il campionamento e l’analisi dell’idrogeno devono essere quelli prescritti. Sono ammessi altri metodi d’analisi se è provato che forniscono risultati equivalenti.

5.4.3.   Durante una normale procedura di ricarica, alle condizioni di cui all’allegato 7, le emissioni di idrogeno devono essere inferiori a 125 g durante 5 h o inferiori a 25 × t2 g durante t2 (in h).

5.4.4.   Durante una ricarica effettuata da un caricabatterie interno con perdite (alle condizioni di cui all’allegato 7), le emissioni di idrogeno devono essere inferiori a 42 g. Inoltre il caricabatterie di bordo deve limitare le eventuali perdite a 30 min..

5.4.5.   Tutte le operazioni legate alla ricarica della batteria saranno a controllo automatico, compresa la conclusione della ricarica.

5.4.6.   Deve risultare impossibile un controllo manuale delle fasi di ricarica.

5.4.7.   Le normali operazioni di connessione e disinnesto dalla rete elettrica o i tagli di corrente non devono influire sul sistema di controllo delle fasi di ricarica.

5.4.8.   Al conducente devono essere segnalate in continuazione le perdite notevoli durante la ricarica. Una perdita notevole è una perdita che può portare a disfunzioni del caricabatterie di bordo durante successive operazioni di ricarica.

5.4.9.   Il costruttore indicherà nell’apposito manuale, la conformità del veicolo a queste prescrizioni.

5.4.10.   L’omologazione rilasciata a un tipo di veicolo riguardo alle emissioni di idrogeno può essere estesa a più tipi di veicolo appartenenti alla stessa famiglia, in conformità alla definizione di famiglia di cui all’allegato 7, appendice 2.

6.   MODIFICHE ED ESTENSIONE DELL’OMOLOGAZIONE PER TIPO DI UN TIPO DI VEICOLO

6.1.   Ogni modifica del tipo di veicolo va segnalata al servizio amministrativo che ha omologato il tipo di veicolo. Tale servizio quindi potrà:

6.1.1.

ritenere che le modifiche apportate non siano tali da produrre effetti negativi di rilievo e che in ogni caso il veicolo rimane conforme alle prescrizioni; oppure

6.1.2.

chiedere un ulteriore verbale di prova al servizio tecnico che esegue le prove.

6.2.   La conferma o il rifiuto dell’omologazione, con l’indicazione delle modifiche apportate, devono essere notificati alle parti contraenti dell’accordo che applicano il presente regolamento seguendo la procedura di cui al paragrafo 4.3.

6.3.   L’autorità competente che rilascia l’estensione di un’omologazione, le assegna un numero di serie e ne informa le altre parti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento con una scheda di notifica conforme al modello di cui all’allegato 1 del presente regolamento.

7.   CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

7.1.   Tutti i veicoli omologati ai sensi del presente regolamento vanno fabbricati in modo conforme al tipo omologato e rispettare i requisiti di cui al precedente paragrafo 5.

7.2.   Per verificare che le disposizioni di cui al paragrafo 7.1 sono state rispettate, occorre effettuare appropriati controlli della produzione.

7.3.   Il titolare dell’omologazione deve, in particolare:

7.3.1.

mettere in atto le procedure necessarie per un effettivo controllo della qualità del veicolo;

7.3.2.

disporre delle apparecchiature di prova necessarie al controllo della conformità di ciascun tipo omologato;

7.3.3.

provvedere alla registrazione dei risultati della prova e alla disponibilità dei documenti allegati per un periodo da determinare di comune accordo con il servizio amministrativo;

7.3.4.

analizzare i risultati di ciascun tipo di prova onde verificare e garantire la continuità delle caratteristiche del veicolo, tenendo conto delle variazioni ammesse per la produzione industriale;

7.3.5.

garantire che, per ogni tipo di veicolo, siano effettuate almeno le prove prescritte nel paragrafo 5 del presente regolamento;

7.3.6.

far sì che se una serie di campioni o pezzi sottoposti a prova evidenzia non conformità al tipo di test in questione, si proceda a un altro campionamento e a nuovi test. Devono essere prese tutte le disposizioni necessarie a ristabilire la conformità della relativa produzione.

7.4.   L’autorità competente che ha rilasciato l’omologazione deve poter verificare in qualsiasi momento i metodi di controllo della conformità applicati in ogni unità di produzione.

7.4.1.   A ogni ispezione devono essere presentati all’ispettore in visita i verbali di prova e di produzione.

7.4.2.   L’ispettore può prelevare campioni a caso da sottoporre a prova nel laboratorio del fabbricante. Il numero minimo di campioni può essere stabilito in base ai risultati dei controlli eseguiti dallo stesso fabbricante.

7.4.3.   Se il livello qualitativo è insoddisfacente o se risulta necessario verificare la validità delle prove eseguite ai sensi del paragrafo 7.4.2, i campioni da inviare al servizio tecnico che ha eseguito le prove di omologazione devono essere scelti dall’ispettore.

7.4.4.   L’autorità competente può effettuare qualsiasi prova prescritta nel presente regolamento.

7.4.5.   La normale frequenza delle ispezioni effettuate dall’autorità competente sarà di una all’anno. Se nel corso di un’ispezione si registrano risultati negativi, l’autorità competente garantisce che sia fatto di tutto per ripristinare il più rapidamente possibile la conformità della produzione.

8.   SANZIONI IN CASO DI NON CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

8.1.   L’omologazione di un tipo di veicolo rilasciata a norma del presente regolamento può essere revocata se cessano di essere soddisfatti i requisiti di cui al paragrafo 7 o se il veicolo o sue componenti non superano le prove di cui al paragrafo 7.3.5.

8.2.   Se una parte contraente dell’accordo che applica il presente regolamento revoca un’omologazione in precedenza rilasciata, ne darà immediata notifica alle altre parti contraenti che applicano il presente regolamento, mediante una scheda di notifica conforme al modello di cui all’allegato 1 del presente regolamento.

9.   CESSAZIONE DEFINITIVA DELLA PRODUZIONE

Se il titolare di un’omologazione cessa completamente la produzione di un tipo di veicolo omologato ai sensi del presente regolamento, ne informa l’autorità che ha rilasciato l’omologazione. A seguito di tale comunicazione, l’autorità informa le altre parti contraenti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento mediante una scheda di notifica conforme al modello di cui all’allegato 1 del presente regolamento.

10.   NOMI E INDIRIZZI DEI SERVIZI TECNICI CHE EFFETTUANO LE PROVE DI OMOLOGAZIONE E DEI SERVIZI AMMINISTRATIVI

Le parti contraenti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento comunicano al segretariato delle Nazioni Unite nomi e indirizzi dei servizi tecnici incaricati di eseguire le prove di omologazione e dei servizi amministrativi che rilasciano l’omologazione e ai quali vanno inviate le schede che certificano il rilascio, l’estensione, il rifiuto, la revoca dell’omologazione o la cessazione definitiva della produzione, decise in altri paesi.

11.   DISPOSIZIONI TRANSITORIE

11.1.   Dalla data ufficiale di entrata in vigore della serie di modifiche 01, nessuna parte contraente che applica il presente regolamento può rifiutare di rilasciare un’omologazione ai sensi del presente regolamento modificato dalla serie di modifiche 01.

11.2.   Dopo 24 mesi dalla data della sua entrata in vigore, le parti contraenti che applicano il presente regolamento rilasciano omologazioni solo se il tipo di veicolo da omologare è conforme ai requisiti del presente regolamento, modificato dalla serie di modifiche 01.

11.3.   Le parti contraenti che applicano il presente regolamento non possono rifiutare di rilasciare estensioni dell’omologazione ai sensi di serie precedenti di modifiche del presente regolamento.

11.4.   Nei 24 mesi successivi alla data di entrata in vigore della serie di modifiche 01, le parti contraenti che applicano il presente regolamento devono continuare a rilasciare omologazioni ai tipi di veicoli conformi ai requisiti del presente regolamento modificato dalle precedenti serie di modifiche.

11.5.   In deroga alle disposizioni transitorie di cui sopra, le parti contraenti che applicano il presente regolamento a decorrere da una data successiva a quella in cui entra in vigore la serie di modifiche più recente, non sono obbligate ad accettare omologazioni rilasciate ai sensi di una delle precedenti serie di modifiche del presente regolamento.


(1)  1 - Germania, 2 - Francia, 3 - Italia, 4 - Paesi Bassi, 5 - Svezia, 6 - Belgio, 7 - Ungheria, 8 -Repubblica ceca, 9 - Spagna, 10 - Serbia, 11 - Regno Unito, 12 - Austria, 13 - Lussemburgo, 14 - Svizzera, 15 (non assegnato), 16 - Norvegia, 17 - Finlandia, 18 - Danimarca, 19 - Romania, 20 - Polonia, 21 - Portogallo, 22 - Federazione russa, 23 - Grecia, 24 - Irlanda, 25 - Croazia, 26 - Slovenia, 27 - Slovacchia, 28 - Bielorussia, 29 - Estonia, 30 (non assegnato), 31 - Bosnia-Erzegovina, 32 - Lettonia, 33 (non assegnato), 34 - Bulgaria, 35 (non assegnato), 36 - Lituania, 37 - Turchia, 38 (non assegnato), 39 - Azerbaigian, 40 – Ex Repubblica iugoslava di Macedonia, 41 (non assegnato), 42 - Comunità europea (le omologazioni sono rilasciate dagli Stati membri utilizzando i relativi simboli ECE), 43 - Giappone, 44 (non assegnato), 45 - Australia, 46 - Ucraina, 47 - Sudafrica, 48 - Nuova Zelanda, 49 - Cipro, 50 - Malta, 51 - Repubblica di Corea, 52 - Malaysia, 53 - Thailandia, 54 e 55 (non assegnati), 56 - Montenegro, 57 (non assegnato) e 58 - Tunisia. I numeri successivi saranno attribuiti ad altri paesi secondo l’ordine cronologico di ratifica dell’accordo sull’adozione di prescrizioni tecniche uniformi applicabili ai veicoli a motore, agli accessori ed alle parti che possono essere installati e/o utilizzati sui veicoli a motore e delle condizioni per il riconoscimento reciproco delle omologazioni rilasciate sulla base di tali prescrizioni oppure di adesione al medesimo accordo. I numeri così assegnati saranno comunicati alle parti contraenti dell’accordo dal segretariato generale delle Nazioni Unite.


ALLEGATO 1

NOTIFICA

[dimensioni massime del formato: A4 (210 × 297 mm)]

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ALLEGATO 2

ESEMPI DI CONFIGURAZIONE DEI MARCHI DI OMOLOGAZIONE

MODELLO A

(cfr. paragrafo 4.4 del presente regolamento)

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MODELLO B

(cfr. paragrafo 4.5 del presente regolamento)

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(1)  Questo secondo numero è fornito a mero titolo esemplificativo.


ALLEGATO 3

PROTEZIONE DA CONTATTI DIRETTI CON PARTI SOTTO TENSIONE

1.   CALIBRO DI ACCESSIBILITÀ

I calibri di accessibilità per verificare la protezione delle persone contro l’accesso a parti sotto tensione si trovano alla tabella l.

2.   CONDIZIONI DI PROVA

Il calibro di accessibilità è premuto sulle aperture dell’involucro con la forza indicata alla tabella 1. Se esso penetra, in parte o del tutto, verrà posto in ogni possibile posizione ma la superficie di arresto non deve in nessun caso penetrare interamente nell’apertura.

Le barriere interne sono considerate parte dell’involucro.

Una sorgente di alimentazione a bassa tensione (> 40V e < 50V) in serie con una lampada appropriata va collegata sia con il calibro di prova che con le parti sotto tensione all’interno della barriera o dell’involucro.

Il metodo del circuito di segnalazione si applica anche a parti mobili pericolose di apparecchiature ad alta tensione.

Le parti mobili interne possono essere azionate lentamente, qualora sia possibile.

3.   CONDIZIONI DI ACCETTAZIONE

Il calibro d’accesso non deve toccare parti sotto tensione.

Se il rispetto di tale requisito viene verificato con un circuito segnaletico inserito tra calibro e parti sotto tensione, la lampada non deve accendersi.

Nella prova per il grado di protezione IPXXB, il dito di prova snodato può penetrare per tutta la sua lunghezza di 80 mm, ma il bordo di arresto (Ø 50 mm × 20 mm) non deve attraversare l’apertura. Partendo dalla posizione diritta, le due articolazioni del dito di prova devono essere piegate successivamente fino a 90° rispetto all’asse dell’articolazione della sezione adiacente e poste in tutte le posizioni possibili.

Nelle prove per il grado di protezione IPXXD, il calibro di accessibilità può penetrare per tutta la sua lunghezza ma il bordo di arresto non deve penetrare completamente attraverso l’apertura.

Tabella 1

Calibri di accessibilità per le prove di protezione delle persone contro l’accesso a parti pericolose

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Figura 1

Dito di prova snodato

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Materiale: metallo, eccetto diversa indicazione

Dimensioni lineari in millimetri

Tolleranze nelle dimensioni prive di indicazioni specifiche di tolleranza:

a)

negli angoli: 0/-10°

b)

per dimensioni lineari: fino a 25 mm: 0/-0.05 mm oltre 25 mm: ± 0,2 mm

Entrambi i giunti devono permettere un movimento sullo stesso piano e la stessa direzione con un angolo di 90° e una tolleranza tra 0 e + 10°.


ALLEGATO 4

METODO DI MISURAZIONE DELLA RESISTENZA D’ISOLAMENTO

1.   ASPETTI GENERALI

La resistenza d’isolamento per ogni bus ad alta tensione del veicolo va misurata o calcolata utilizzando i risultati di misurazioni su ogni parte o su ogni componente di un bus ad alta tensione (cosiddetta «misurazione separata»).

2.   METODO DI MISURAZIONE

La misurazione della resistenza d’isolamento si effettua scegliendo un adeguato metodo di misura fra quelli elencati nei paragrafi 2.1 e 2.2, in funzione della carica elettrica delle parti sotto tensione o della resistenza d’isolamento, ecc..

La gamma di tensione del circuito elettrico da misurare va chiarita in precedenza, ricorrendo a schemi di circuiti elettrici, ecc.

Si possono anche effettuare delle modifiche, se necessarie alla misurazione della resistenza d’isolamento, come rimuovere una copertura per raggiungere parti sotto tensione, porre cavi di misurazione, modificare un software, ecc..

Se i valori misurati non sono stabili perché, ad esempio, il sistema di bordo di controllo della resistenza d’isolamento è in funzione, per effettuare la misurazione potrebbe essere necessario far cessare il funzionamento dei dispositivi interessati o rimuoverli. Se il dispositivo viene rimosso, si deve inoltre provare, mediante schemi, ecc., che la resistenza d’isolamento tra le parti sotto tensione e i telai elettrici non è cambiata.

Porre la massima attenzione nell’evitare corto circuiti, scosse elettriche, ecc.: la prova può richiedere interventi diretti sul circuito ad alta tensione.

2.1.   Metodo di misurazione a CC da fonti esterne al veicolo

2.1.1.   Strumento di misurazione

Va impiegato uno strumento di prova della resistenza d’isolamento capace di applicare una CC di tensione più elevata di quella d’esercizio del bus ad alta tensione.

2.1.2.   Metodo di misurazione

Inserire lo strumento di prova della resistenza d’isolamento tra le parti sotto tensione e i telai elettrici. La resistenza d’isolamento va quindi misurata applicando una CC a una tensione pari ad almeno la metà della tensione d’esercizio del bus ad alta tensione.

Se nel circuito collegato galvanicamente il sistema ha più gamme di tensione (ad esempio, per la presenza di un convertitore ausiliario) e alcune componenti non possono resistere alla tensione d’esercizio dell’intero circuito, si può misurare separatamente la resistenza d’isolamento tra tali componenti e i telai elettrici applicando almeno la metà della tensione d’esercizio loro propria, tenendo staccata tale componente.

2.2.   Metodo di misurazione che utilizza il RESS proprio del veicolo come fonte di CC

2.2.1.   Condizioni del veicolo di prova

Il bus ad alta tensione va alimentato dal RESS o dal sistema di conversione dell’energia proprio del veicolo; durante l’intera prova, il livello di tensione del RESS e/o del sistema convertitore sarà almeno pari alla tensione di funzionamento nominale specificata dal fabbricante del veicolo.

2.2.2.   Strumento di misurazione

Il voltmetro usato durante la prova deve misurare i valori in CC e avere una resistenza interna superiore a 10 ΜΩ.

2.2.3.   Metodo di misurazione

2.2.3.1.   Prima fase:

Si misura la tensione secondo le indicazioni della figura 1 e si registra la tensione (Vb) del bus ad alta tensione. Vb deve essere pari o superiore alla tensione d’esercizio nominale del RESS o del sistema convertitore, specificata dal fabbricante del veicolo.

Figura 1

Misura di Vb, V1, V2

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2.2.3.2.   Seconda fase

Misurare e registrare la tensione (V1) tra il polo negativo del bus ad alta tensione e i telai elettrici (cfr. figura 1).

2.2.3.3.   Terza fase

Misurare e registrare la tensione (V2) tra il polo positivo del bus ad alta tensione e i telai elettrici (cfr. figura 1).

2.2.3.4.   Quarta fase

Se V1 è superiore o uguale a V2, inserire una resistenza normalizzata nota (Ro) tra il polo negativo del bus ad alta tensione e i telai elettrici. Con Ro inserita, misurare e registrare la tensione (V1’) tra il polo negativo del bus ad alta tensione e i telai elettrici (cfr. figura 2).

Calcolare l’isolamento elettrico (Ri) con la seguente formula:

Ri = Ro * (Vb / V1’ – Vb / V1) oppure Ri = Ro * Vb * (1 / V1’ – 1 / V1)

Figura 2

Misurazione di V1’

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Se V2 è maggiore di V1, inserire una resistenza normalizzata nota (Ro) tra il polo positivo del bus ad alta tensione e i telai elettrici. Con Ro inserita, misurare la tensione (V2’) tra il polo positivo del bus ad alta tensione e i telai elettrici (cfr. figura 3). Calcolare l’isolamento elettrico (Ri) con la formula indicata. Dividere questo valore dell’isolamento elettrico (in Ω) per la tensione d’esercizio nominale del bus ad alta tensione (in V.).

Calcolare l’isolamento elettrico (Ri) con la seguente formula:

Ri = Ro * (Vb / V2’ – Vb / V2) oppure Ri = Ro * Vb * (1 / V2’ – 1 / V2)

Figura 3

Misurazione di V2’

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2.2.3.5.   Quinta fase

Il valore dell’isolamento elettrico Ri (in Ω) diviso per la tensione d’esercizio del bus ad alta tensione (in V) darà la resistenza d’isolamento (in Ω/V).

Nota 1:

La resistenza normalizzata nota Ro (in Ω) deve essere il valore della resistenza d’isolamento minima richiesta (in Ω/V) moltiplicato per la tensione d’esercizio del veicolo ± 20 % (in V). Ro non deve necessariamente corrispondere a tale valore poiché le equazioni sono valide per qualsiasi Ro; tuttavia, un valore Ro in questa gamma dovrebbe permettere di misurare la tensione con una buona approssimazione.


ALLEGATO 5

METODO PER CONFERMARE IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA DI BORDO CHE CONTROLLA LA RESISTENZA DI ISOLAMENTO

Il funzionamento del sistema di bordo che controlla la resistenza di isolamento va confermato con il seguente metodo:

Inserire una resistenza tale che la resistenza d’isolamento tra il terminale sotto controllo e i telai elettrici non scenda sotto il valore richiesto minimo di resistenza d’isolamento. Il sistema di avvertimento deve essere in funzione.


ALLEGATO 6

CARATTERISTICHE ESSENZIALI DI VEICOLI O DEI SISTEMI STRADALI

1.   ASPETTI GENERALI

1.1.

Marca (ragione sociale): …

1.2.

Tipo: …

1.3.

Categoria cui appartiene il veicolo: …

1.4.

Eventuali denominazioni commerciali: …

1.5.

Nome e indirizzo del fabbricante: …

1.6.

Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …

1.7.

Disegni e/o fotografie del veicolo: …

2.   MOTORE ELETTRICO (MOTORE DI TRAZIONE)

2.1.

Tipo (avvolgimento, eccitazione): …

2.2.

Potenza oraria massima (kW): …

3.   BATTERIA (SE IL RESS È UNA BATTERIA)

3.1.

Denominazione commerciale e marca della batteria: …

3.2.

Indicazione di tutti i tipi di cellule elettrochimiche: …

3.3.

Tensione nominale (V): …

3.4.

Numero di cellule della batteria: …

3.5.

Tasso di ricombinazione dei gas (in %): …

3.6.

Tipo/i di ventilazione per i moduli/insiemi di batterie: …

3.7.

Tipo dell’eventuale sistema di raffreddamento: …

3.8.

Capacità (A): …

4.   EVENTUALE PILA A COMBUSTIBILE

4.1.

Denominazione commerciale e marca della pila a combustibile: …

4.2.

Tipi di pila a combustibile: …

4.3.

Tensione nominale (V): …

4.4.

Numero di elementi: …

4.5.

Tipo dell’eventuale sistema di raffreddamento: …

4.6.

Potenza massima (kW): …

5.   FUSIBILE E/O INTERRUTTORE

5.1.

Tipo: …

5.2.

Diagramma indicante la gamma funzionale: …

6.   CABLAGGIO ELETTRICO

6.1.

Tipo: …

7.   PROTEZIONE CONTRO LE SCOSSE ELETTRICHE

7.1.

Descrizione della strategia di protezione: …

8.   DATI AGGIUNTIVI

8.1.

Descrizione sommaria della disposizione delle componenti del circuito elettrico o disegni/fotografie indicanti la disposizione delle componenti del circuito elettrico: …

8.2.

Diagramma schematico di tutte le funzioni elettriche comprese nel circuito elettrico: …

8.3.

Tensione d’esercizio (V): …


ALLEGATO 7

DETERMINAZIONE DELLE EMISIONI DI IDROGENO DURANTE LE OPERAZIONI DI CARICA DELLA BATTERIA DI TRAZIONE

1.   INTRODUZIONE

Il presente allegato descrive la procedura per determinare, ai sensi del paragrafo 5.4 del presente regolamento, le emissioni di idrogeno durante le operazioni di carica della batteria di trazione di tutti i veicoli stradali.

2.   DESCRIZIONE DELLA PROVA

La prova per le emissioni di idrogeno (figura 7.1) viene effettuata per determinare le emissioni di idrogeno durante le operazioni di carica della batteria di trazione con il caricabatterie di bordo. La prova si articola nelle fasi che seguono:

a)

preparazione del veicolo;

b)

scarica della batteria di trazione;

c)

determinazione delle emissioni di idrogeno durante la carica normale;

d)

determinazione delle emissioni di idrogeno durante la carica effettuata con caricabatterie di bordo difettoso.

3.   VEICOLO

3.1.   Il veicolo deve essere in buone condizioni meccaniche e aver percorso almeno 300 km nei 7 giorni che precedono la prova. Durante tale periodo, il veicolo deve essere equipaggiato con la batteria di trazione da sottoporre alla prova delle emissioni di idrogeno.

3.2.   Se l’uso della batteria avviene a temperature superiori alla temperatura ambiente, l’operatore, attenendosi alle istruzioni del fabbricante, manterrà le temperature della batteria di trazione entro la gamma del suo normale funzionamento.

Il mandatario del fabbricante dovrà certificare che il sistema di condizionamento della temperatura della batteria di trazione non è danneggiato né difettoso.

Figura 7.1

Determinazione delle emissioni di idrogeno durante le operazioni di carica della batteria di trazione

Image

4.   APPARECCHIATURA PER LA PROVA DELLE EMISSIONI DI IDROGENO

4.1.   Banco dinamometrico

Il banco dinamometrico deve rispettare i requisiti della serie di modifiche 05 apportate al regolamento n. 83.

4.2.   Ambiente in cui avviene la misurazione delle emissioni di idrogeno

L’ambiente di misurazione delle emissioni sarà costituito da una camera di misurazione a tenuta stagna capace di contenere il veicolo da provare. Il veicolo sarà accessibile da tutti i lati e la camera, una volta sigillata, deve essere stagna ai gas in conformità a quanto disposto nell’appendice 1 del presente allegato. La superficie interna della camera deve essere impermeabile e inerte all’idrogeno. Il sistema di regolazione della temperatura deve permettere di regolare la temperatura dell’aria nella camera al livello di prova prescritto, con una tolleranza media di ± 2K per tutta la durata della prova.

Per risolvere il problema della variazioni di volume causate dalle emissioni di idrogeno all’interno della camera, si può usare un impianto di prova a volume variabile o un altro impianto. Una camera a volume variabile si espande e si contrae a seconda delle emissioni di idrogeno al suo interno. Per misurare le variazioni di volume interne, si possono usare pannelli mobili o un sistema di soffietti in cui dei sacchi impermeabili all’interno della camera si gonfiano e si sgonfiano a seconda dei mutamenti interni di pressione, mediante scambio di aria con l’esterno della camera. Qualsiasi sistema di variazione del volume deve rispettare l’integrità della camera come specificato all’appendice 1 del presente allegato.

Qualsiasi metodo di adattamento ai mutamenti di volume deve limitare la differenza tra la pressione interna della camera e la pressione barometrica entro un valore massimo di ± 5hPa.

La camera deve poter essere chiusa a un volume prefissato. In una camera a volume variabile deve essere possibile modificare il suo «volume nominale» (cfr. allegato 7, appendice 1, paragrafo 2.1.1) a seconda delle emissioni di idrogeno durante la prova.

4.3.   Sistemi di analisi

4.3.1.   Analizzatore di idrogeno

4.3.1.1.

L’atmosfera della camera sarà controllata da un analizzatore di idrogeno (rivelatore elettrochimico) o da un cromatografo con detezione della conducibilità termica. Il gas campione deve essere prelevato dal centro di una parete laterale o del soffitto della camera e ogni eventuale flusso derivato va rinviato alla camera, preferibilmente in un punto immediatamente a valle della ventola di miscelazione.

4.3.1.2.

L’analizzatore di idrogeno deve avere un tempo di risposta inferiore a 10 secondi per il 90 % della lettura finale. La sua stabilità deve essere superiore al 2 % del fondo scala, a zero e all’80 % ± 20 % del fondo scala, per la durata di 15 minuti in tutte le gamme operative.

4.3.1.3.

La ripetibilità dell’analizzatore espressa come deviazione standard deve essere superiore all’1 % del fondo scala, a zero e all’80 % ± 20 % del fondo scala in tutte le gamme utilizzate.

4.3.1.4.

Le gamme operative dell’analizzatore saranno tali da ottenere la migliore risoluzione nelle varie procedure di misurazione, calibratura e controllo delle perdite.

4.3.2.   Sistema di registrazione dati dell’analizzatore di idrogeno

L’analizzatore di idrogeno sarà munito di un dispositivo atto a registrare il segnale elettrico d’uscita con una frequenza di almeno 1 volta al minuto. Il sistema di registrazione avrà caratteristiche funzionali almeno equivalenti ai segnali da registrare e fornirà una registrazione continua dei risultati. La registrazione indicherà chiaramente l’inizio e la fine della prova di carica in condizioni normali e in condizioni di caricabatterie difettoso.

4.4.   Registrazione della temperatura

4.4.1.   La temperatura nella camera va registrata in 2 punti con sensori di temperatura collegati in modo da indicare un valore medio. I punti di misurazione si trovano a circa 0,1 m all’interno della camera a partire dalla linea mediana verticale di ciascuna parete laterale, a un’altezza di 0,9 ± 0,2 m.

4.4.2.   Le temperature dei moduli di batteria vanno registrate mediante sensori.

4.4.3.   In tutte le misurazioni delle emissioni di idrogeno, le temperature saranno registrate con una frequenza di almeno 1 volta al minuto.

4.4.4.   La precisione del sistema di registrazione della temperatura sarà compresa tra ± 1,0 K e la risoluzione delle letture deve giungere a ± 0,1 K.

4.4.5.   Il sistema di registrazione o di elaborazione dei dati deve presentare una risoluzione delle letture dei tempi di ± 15 secondi.

4.5.   Registrazione della pressione

4.5.1.   In tutte le misurazioni delle emissioni di idrogeno, la differenza Δp tra la pressione barometrica nella zona di prova e la pressione interna della camera va registrata con una frequenza di almeno 1 volta al minuto.

4.5.2.   La precisione del sistema di registrazione della pressione sarà compresa tra ± 2hPa e la risoluzione delle letture deve essere di ± 0,2hPa.

4.5.3.   Il sistema di registrazione o di elaborazione dei dati deve presentare una risoluzione delle letture dei tempi di ± 15 secondi.

4.6.   Registrazione della tensione e dell’intensità della corrente

4.6.1.   In tutte le misurazioni delle emissioni di idrogeno, la tensione del caricabatterie di bordo e l’intensità della corrente (batteria) vanno registrate con una frequenza di almeno 1 volta al minuto.

4.6.2.   La precisione del sistema di registrazione della tensione deve essere compresa tra ± 1 V e la risoluzione delle letture dev’essere di ± 0,1 V.

4.6.3.   La precisione del sistema di registrazione dell’intensità della corrente dev’essere compresa tra ± 0,5 A e la risoluzione delle letture dev’essere di ± 0,05 A.

4.6.4.   Il sistema di registrazione o di elaborazione dei dati deve presentare una risoluzione delle letture dei tempi di ± 15 secondi.

4.7.   Ventole

La camera sarà munita di uno o più ventilatori o soffianti con un flusso possibile compreso tra 0,1 e 0,5 m3/sec. per mescolare completamente l’atmosfera della camera. Durante le misurazioni, dev’essere possibile raggiungere all’interno della camera una temperatura e una concentrazione d’idrogeno omogenee. Il veicolo posto nella camera non deve ricevere flussi d’aria diretti dalle ventole o dai soffianti.

4.8.   Gas

4.8.1.   Per la taratura e il funzionamento devono essere disponibili i seguenti gas allo stato puro:

a)

aria sintetica purificata (purezza < 1 ppm di equivalente C1; < 1 ppm CO; < 400 ppm CO2; < 0,1 ppm NO); tenore di ossigeno tra 18 e 21 % in volume;

b)

idrogeno (H2), purezza minima 99,5 %.

4.8.2.   Gas di taratura e di calibrazione devono contenere miscele di idrogeno (H2) e di aria sintetica purificata. La concentrazione effettiva di un gas di taratura deve essere compresa tra il ± 2 % del valore nominale. La precisione dei gas diluiti ottenuti con un dosatore di gas deve essere compresa tra il ± 2 % del valore nominale. Le concentrazioni di cui all’appendice 1 possono essere ottenute anche con un dosatore di gas, usando aria sintetica come gas di diluizione.

5.   PROCEDURA DI PROVA

La prova si articola nelle 5 fasi che seguono:

a)

preparazione del veicolo;

b)

scarica della batteria di trazione;

c)

determinazione delle emissioni di idrogeno durante la carica normale;

d)

scarica della batteria di trazione;

e)

determinazione delle emissioni di idrogeno durante la carica effettuata con caricabatterie di bordo difettoso.

Se, tra 2 fasi, il veicolo deve essere spostato, andrà spinto all’area di prova successiva.

5.1.   Preparazione del veicolo

Controllare l’invecchiamento della batteria di trazione e dimostrare che il veicolo ha percorso almeno 300 km nei 7 giorni che hanno preceduto la prova. In tale periodo, il veicolo deve essere equipaggiato con la batteria di trazione da sottoporre alla prova delle emissioni di idrogeno. Se ciò non può essere dimostrato, si applica allora la procedura che segue.

5.1.1.   Scariche e cariche iniziali della batteria

La procedura inizia con la scarica della batteria di trazione facendo raggiungere al veicolo, per 30 minuti, su un percorso di prova o su un banco dinamometrico, una velocità costante pari al 70 % ± 5 % della sua velocità massima.

La scarica viene sospesa:

a)

se il veicolo non raggiunge il 65 % della velocità massima per 30 minuti; o

b)

se la strumentazione standard di bordo segnala al conducente la necessità di arrestare il veicolo; oppure

c)

dopo avere coperto la distanza di 100 km.

5.1.2.   Carica iniziale della batteria

La carica si effettua:

a)

con il caricabatterie di bordo;

b)

a una temperatura ambiente tra 293 K e 303 K.

La procedura esclude tutti i tipi di caricabatterie esterni.

La fine della carica della batteria di trazione è data dall’emissione di un segnale di arresto automatico del caricabatterie di bordo.

La procedura comprende tutti i tipi di cariche speciali che possano essere avviate automaticamente o manualmente, come le cariche di conservazione o di servizio.

5.1.3.   La procedura di cui ai paragrafi da 5.1.1 a 5.1.2 va ripetuta 2 volte.

5.2.   Scarica della batteria

Si scarica la batteria di trazione facendo raggiungere al veicolo, per 30 minuti, su un percorso di prova o su un banco dinamometrico, una velocità costante pari al 70 % ± 5 % della sua velocità massima.

La scarica viene sospesa:

a)

se la strumentazione standard di bordo segnala al conducente la necessità di arrestare il veicolo; oppure

b)

se la velocità massima del veicolo è inferiore a 20 km/h.

5.3.   Raffreddamento

Entro 15 minuti dall’aver completato l’operazione di scarica della batteria di cui al paragrafo 5.2, porre il veicolo nella zona di raffreddamento. Il veicolo va parcheggiato per un periodo non inferiore a 12 ore e non superiore a 36 ore, tra la fine della scarica della batteria di trazione e l’inizio della prova sulle emissioni di idrogeno durante la carica normale. Durante tale periodo, il veicolo va raffreddato a 293 K ± 2K.

5.4.   Prova delle emissioni di idrogeno durante la carica normale

5.4.1.   Prima della fine del periodo di raffreddamento, la camera di misurazione va depurata per alcuni minuti fino all’ottenimento di un fondo stabile di idrogeno. In questa fase, devono essere messi in funzione anche i ventilatori di miscelazione della camera.

5.4.2.   Azzerare l’analizzatore d’idrogeno e tararlo immediatamente prima dell’inizio della prova.

5.4.3.   Alla fine del raffreddamento, trasferire il veicolo di prova, a motore spento e a finestrini e vano bagagli aperti, nella camera di misurazione.

5.4.4.   Collegare il veicolo alla rete elettrica. La batteria è caricata con la procedura di carica normale, illustrata al paragrafo 5.4.7.

5.4.5.   Chiudere le porte della camera, sigillandole in modo impermeabile ai gas, entro 2 minuti dal collegamento alla rete elettrica della fase di carica normale.

5.4.6.   La carica normale per il periodo della prova delle emissioni di idrogeno, inizia quando la camera è sigillata. Misurare la concentrazione dell’idrogeno, la temperatura e la pressione barometrica per avere le letture iniziali CH2i, Ti e Pi della prova di carica normale.

Tali valori si usano nel calcolo delle emissioni di idrogeno (paragrafo 6). Durante il periodo di carica normale, la temperatura ambiente T della camera non deve essere inferiore a 291 K né superiore a 295 K.

5.4.7.   Procedura di carica normale

La carica normale avviene con il caricabatterie di bordo e ha le seguenti fasi:

a)

carica a potenza costante durante t1;

b)

sovraccarica a corrente costante durante t2. L’intensità di sovraccarica è specificata dal fabbricante e corrisponde a quella usata durante la carica di compensazione.

La fine della carica della batteria di trazione è data dall’emissione di un segnale di arresto automatico del caricabatterie di bordo dopo un periodo di carica pari a t1 + t2. Il tempo di carica sarà limitato a t1 + 5 h, anche se la strumentazione standard indicherà chiaramente al conducente che la batteria non è ancora del tutto carica.

5.4.8.   Azzerare l’analizzatore d’idrogeno e tararlo immediatamente prima dell’inizio della prova.

5.4.9.   La fine del periodo di campionamento delle emissioni si verifica a t1 + t2 oppure a t1 + 5 h dopo l’inizio del campionamento iniziale, come specificato al paragrafo 5.4.6. I vari tempi trascorsi vanno registrati. Misurare la concentrazione dell’idrogeno, la temperatura e la pressione barometrica per avere le letture finali CH2i, Ti e Pi della prova di carica normale, usata per il calcolo di cui al paragrafo 6.

5.5.   Prova delle emissioni di idrogeno con caricabatterie di bordo difettoso

5.5.1.   Entro e non oltre 7 giorni dal completamento della precedente prova, inizia la procedura di scarica della batteria di trazione del veicolo, di cui al paragrafo 5.2.

5.5.2.   Vanno ripetute le fasi della procedura di cui al paragrafo 5.3.

5.5.3.   Prima della fine del periodo di raffreddamento, la camera di misurazione va depurata per alcuni minuti fino all’ottenimento di un fondo stabile di idrogeno. In questa fase, devono essere messi in funzione anche i ventilatori di miscelazione della camera.

5.5.4.   Azzerare l’analizzatore d’idrogeno e tararlo immediatamente prima dell’inizio della prova.

5.5.5.   Alla fine del raffreddamento, trasferire il veicolo di prova, a motore spento e a finestrini e vano bagagli aperti, nella camera di misurazione.

5.5.6.   Collegare il veicolo alla rete elettrica. La batteria è caricata con la procedura di carica con caricabatterie difettoso, illustrata al paragrafo 5.5.9.

5.5.7.   Chiudere le porte della camera, sigillandole in modo impermeabile ai gas, entro 2 minuti dal collegamento alla rete elettrica della fase di carica con caricabatterie difettoso.

5.5.8.   La carica con caricabatterie difettoso per il periodo della prova delle emissioni di idrogeno, inizia quando la camera è sigillata. Misurare la concentrazione dell’idrogeno, la temperatura e la pressione barometrica per avere le letture iniziali CH2i, Ti e Pi della prova di carica con caricabatterie difettoso.

Tali valori si usano nel calcolo delle emissioni di idrogeno (paragrafo 6). Durante il periodo di carica con caricabatterie difettoso, la temperatura ambiente T della camera non deve essere inferiore a 291 K né superiore a 295 K.

5.5.9.   Procedura di carica con caricabatterie difettoso

La carica con caricabatterie difettoso avviene con il caricabatterie di bordo e ha le seguenti fasi:

a)

carica a potenza costante durante t’1;

b)

carica alla corrente massima per 30 minuti. Durante questa fase, il caricabatterie di bordo viene bloccato sulla corrente massima.

5.5.10.   Azzerare l’analizzatore d’idrogeno e tararlo immediatamente prima dell’inizio della prova.

5.5.11.   La fine di periodo di prova si verifica a t’1 + 30 minuti dopo l’inizio del campionamento iniziale, come precisato al paragrafo 5.5.8. I vari tempi trascorsi vanno registrati. Misurare la concentrazione dell’idrogeno, la temperatura e la pressione barometrica per avere le letture finali CH2f, Tf e Pf della prova di carica con caricabatterie difettoso, usata per il calcolo di cui al paragrafo 6.

6.   CALCOLO

La prova delle emissioni di idrogeno descritte al paragrafo 5 permettono il calcolo delle emissioni di idrogeno durante fasi di carica normale e fasi di carica con caricabatterie difettoso. Le emissioni di idrogeno in ciascuna di queste fasi sono calcolate ricorrendo alle concentrazioni di idrogeno, alle temperature e alle pressioni iniziali e finali nella camera e al volume netto della camera stessa.

Si usa la formula che segue:

Formula

in cui:

MH2

=

massa dell’idrogeno, in grammi

CH2

=

concentrazione dell’idrogeno misurata nella camera, in ppm (volume)

V

=

volume netto della camera in m3 diminuito del volume del veicolo, a finestrini e vano bagagli aperti. Se non viene determinato il volume del veicolo, si sottrae un volume di 1,42 m3.

Vout

=

volume di compensazione in m3, alla temperatura e alla pressione di prova

T

=

temperatura ambiente della camera, in K

P

=

pressione assoluta della camera, in kPa

k

=

2,42

 

i è il valore iniziale

 

f è il valore finale.

6.1.   Risultati della prova

La massa di idrogeno, emessa dal veicolo risulterà essere:

MN

=

massa di idrogeno, in grammi, emessa per la prova di carica normale

MD

=

massa di idrogeno, in grammi, emessa per la prova di carica con caricabatterie difettoso

Appendice 1

TARATURA DEGLI APPARECCHI DESTINATI ALLA PROVA DELLE EMISSIONI DI IDROGENO

1.   FREQUENZA E METODI DI TARATURA

Prima di iniziare a usarle, tutte le apparecchiature devono essere tarate ogni volta che risulti necessario e comunque nel mese precedente la prova di omologazione per tipo. La presente appendice descrive i metodi di taratura da utilizzare.

2.   TARATURA DELLA CAMERA

2.1.   Calcolo iniziale del volume interno della camera

2.1.1.

Prima di iniziare a usarla, si calcola il volume interno della camera nel modo di seguito descritto. Si misurano accuratamente le dimensioni interne della camera tenendo conto di tutte le irregolarità, come i rinforzi di irrigidimento. In base a tali misurazioni, si determina il volume interno della camera.

La camera deve essere chiusa a un volume fisso quando raggiunge la temperatura ambiente di 293 K. Questo volume nominale deve essere ripetibile con la tolleranza di ± 0,5 % del valore registrato.

2.1.2.

Si calcola il volume interno netto sottraendo 1,42 m3 dal volume interno della camera. Alternativamente, invece di 1,42 m3, si può usare il volume del veicolo di prova, a finestrini e vano bagagli aperti.

2.1.3.

La camera deve essere controllata come indicato al paragrafo 2.3. Se la massa dell’idrogeno non corrisponde alla massa iniettata con una tolleranza di ± 2 %, occorre effettuare una rettifica.

2.2.   Calcolo delle emissioni residue della camera

Questa operazione serve a verificare che la camera non contenga materiali che emettono quantità significative di idrogeno. Il controllo avviene alla messa in funzione della camera e dopo qualunque altra operazione nella camera che possa comportare emissioni residue e con la frequenza di almeno 1 volta l’anno.

2.2.1.

Una camera a volume variabile può essere fatta funzionare nella configurazione a volume chiuso o aperto, come descritto al paragrafo 2.1.1. La temperatura ambiente deve essere mantenuta a 293K ± 2K, per il periodo di 4 ore, indicato più oltre.

2.2.2.

Si può chiudere la camera di misurazione ermeticamente e azionare il ventilatore di miscelazione per un periodo che può durare fino a 12 ore prima che inizino le 4 ore di misurazione delle emissioni residue.

2.2.3.

Se necessario, l’analizzatore va tarato, poi azzerato e di nuovo tarato.

2.2.4.

La camera va depurata sino a ottenere una lettura costante dell’idrogeno. Se non è già in funzione, si aziona il ventilatore di miscelazione.

2.2.5.

Si chiude ermeticamente la camera e si misura la concentrazione residua di idrogeno, la temperatura e la pressione barometrica. Questi sono i valori iniziali di CH2i, Ti e Pi usati per calcolare le condizioni residue della camera.

2.2.6.

Si lascia quindi la camera di misurazione a riposo con il ventilatore di miscelazione attivato per 4 ore.

2.2.7.

Alla fine di questo periodo, con lo stesso analizzatore si misura la concentrazione di idrogeno nella camera. Si misurano anche la temperatura e la pressione barometrica. Questi sono i valori finali CH2f, Tf e Pf.

2.2.8.

La variazione massica dell’idrogeno nella camera durante il periodo della prova va calcolata ai sensi di quanto disposto dal paragrafo 2.4. Essa non deve superare 0,5 g.

2.3.   Taratura e prova di ritenuta dell’idrogeno nella camera

La taratura e la prova di ritenuta dell’idrogeno nella camera permettono di verificare il volume calcolato (cfr. paragrafo 2.1) e di misurare eventuali perdite. Il tasso di perdita della camera va determinato alla messa in servizio di quest’ultima, dopo avervi effettuato tutte le operazioni che possano influire sulla sua integrità e, in seguito, almeno 1 volta al mese. Se 6 controlli mensili di ritenzione consecutivi si concludono positivamente senza interventi correttivi, il successivo tasso di perdita della camera può essere determinato trimestralmente finché non risulti necessario un intervento correttivo.

2.3.1.

La camera deve essere depurata fino a ottenere una concentrazione costante di idrogeno. Mettere in funzione il/i ventilatore/i di miscelazione, si non è già stato fatto. L’analizzatore di idrogeno deve essere tarato, azzerato e, di nuovo, tarato.

2.3.2.

La camera va chiusa nella posizione di volume nominale.

2.3.3.

Attivare il sistema di controllo della temperatura ambiente (se non è già in funzione) e regolarlo su una temperatura iniziale di 293 K.

2.3.4.

Quando la temperatura della camera si stabilizza a 293K ± 2K, quest’ultima viene sigillata e si misura la concentrazione residua, la temperatura e la pressione barometrica. Si ottengono così i valori iniziali di CH2i, Ti e Pi usati per la taratura della camera.

2.3.5.

La camera va sbloccata dalla posizione di volume nominale.

2.3.6.

Al suo interno va iniettata una quantità approssimativa di 100 g di idrogeno. La tolleranza di misurazione di questa massa di idrogeno è di ± 2 % del valore misurato.

2.3.7.

Si lasciano miscelare per 5 minuti le sostanze contenute nella camera e si misura quindi la concentrazione di idrogeno, la temperatura e la pressione barometrica. Si ottengono così valori finali CH2f, Tf e Pf per la taratura della camera nonché i valori iniziali CH2i, Ti e Pi per la verifica della ritenuta.

2.3.8.

Utilizzando i valori di cui ai paragrafi 2.3.4 e 2.3.7 e la formula di cui al paragrafo 2.4, si calcola la massa di idrogeno contenuta nella camera. Si tollera la presenza di ± 2 % della massa di idrogeno misurata nel paragrafo 2.3.6.

2.3.9.

Il contenuto della camera deve potersi miscelare per almeno 10 ore. Trascorso tale periodo, si misurano e si registrano la concentrazione finale dell’idrogeno, la temperatura e la pressione barometrica. Si ottengono così i valori finali CH2f, Tf e Pf per la prova di ritenuta dell’idrogeno.

2.3.10.

Con la formula di cui al paragrafo 2.4, e usando i valori di cui ai punti 2.3.7 e 2.3.9, si calcola la massa dell’idrogeno. Essa non può differire per più del 5 % dalla massa di idrogeno data al paragrafo 2.3.8.

2.4.   Calcolo

Il calcolo della variazione netta della massa di idrogeno nella camera viene utilizzato per determinare l’idrogeno residuo della camera e le perdite. Per calcolare la variazione massica, nella seguente formula si usano i valori iniziali e finali della concentrazione di idrogeno, della temperatura e della pressione barometrica.

Formula

in cui:

MH2

=

massa dell’idrogeno, in grammi

CH2

=

concentrazione dell’idrogeno misurata nella camera, in ppm (volume)

V

=

volume della camera in metri cubi (m3) misurato conformemente al paragrafo 2.1.1.

Vout

=

volume di compensazione in m3, alla temperatura e alla pressione di prova

T

=

temperatura ambiente della camera, in K

P

=

pressione assoluta della camera, in kPa

k

=

2,42

 

i è il valore iniziale

 

f è il valore finale.

3.   TARATURA DELL’ANALIZZATORE DI IDROGENO

L’analizzatore va tarato usando l’idrogeno nell’aria e aria sintetica purificata: Cfr. allegato 7, paragrafo 4.8.2.

Ogni gamma di funzionamento normalmente usata è tarata nel modo che segue.

3.1.

Si determina la curva di taratura su almeno 5 punti distribuiti a intervalli quanto più uniformi possibile. La concentrazione nominale del gas di taratura alle concentrazioni più alte dovrà essere almeno l’80 % del fondo scala.

3.2.

Si calcola la curva di taratura con il metodo dei minimi quadrati. Se il polinomio risultante è di grado superiore a 3, il numero di punti di taratura sarà almeno uguale al grado del polinomio più 2.

3.3.

La curva di taratura non deve scostarsi di più del 2 % dal valore nominale di ciascun gas di taratura.

3.4.

Con i coefficienti del polinomio derivato dal paragrafo 3.2, si traccia una tabella dei valori dell’analizzatore rispetto alle concentrazioni effettive con intervalli non superiori all’1 % del fondo scala. Si deve elaborare tale tabella per ciascuna scala dell’analizzatore.

La tabella conterrà inoltre altre indicazioni e in particolare:

a)

data della taratura;

b)

gli eventuali valori di taratura e azzeramento indicati dal potenziometro;

c)

scala nominale;

d)

i dati di riferimento per ciascun gas di calibratura utilizzato;

e)

valore effettivo e valore indicato per ciascun gas di taratura utilizzato, con le differenze percentuali;

f)

pressione di taratura dell’analizzatore.

3.5.

Si possono usare metodi alternativi (computer, interruttore di gamma a controllo elettronico) se il servizio tecnico è convinto che quest’ultimi hanno una precisione equivalente.

Appendice 2

CARATTERISTICHE ESSENZIALI DELLA FAMIGLIA DI VEICOLI

1.   Parametri che definiscono la famiglia riguardo alle emissioni di idrogeno

La famiglia può essere definita attraverso parametri progettuali di base comuni a tutti i veicoli che ne fanno parte. In alcuni casi si possono avere interazioni fra i parametri. Si devono prendere in considerazione questi effetti in modo da includere in una famiglia solo veicoli caratterizzati da emissioni di idrogeno simili.

2.   A tal fine, si presuppone appartengano alle stesse emissioni di idrogeno i tipi di veicolo di cui siano identici i parametri descritti qui sotto.

Batteria di trazione:

a)

denominazione commerciale o marca della batteria;

b)

indicazione di tutti i tipi di cellule elettrochimiche utilizzate;

c)

numero di cellule delle batterie;

d)

numero di moduli delle batterie;

e)

tensione nominale della batteria (V);

f)

energia della batteria (kWh);

g)

tasso di ricombinazione dei gas (in %);

h)

tipo/i di ventilazione per i moduli/insiemi di batterie;

i)

tipo dell’eventuale sistema di raffreddamento.

Caricabatterie di bordo:

a)

marca e tipo delle varie componenti del caricabatteria;

b)

potenza nominale d’uscita (kW);

c)

tensione massima di carica (V);

d)

intensità massima della carica (A);

e)

marca e tipo dell’eventuale unità di controllo;

f)

diagramma di funzionamento, controlli e sicurezza;

g)

caratteristiche dei periodi di carica.