ISSN 1725-258X

doi:10.3000/1725258X.L_2010.052.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 52

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

53o anno
3 marzo 2010


Sommario

 

II   Atti non legislativi

pagina

 

 

REGOLAMENTI

 

*

Regolamento (UE) n. 175/2010 della Commissione, del 2 marzo 2010, che attua la direttiva 2006/88/CE del Consiglio per quanto riguarda le misure di lotta all'aumento della mortalità delle ostriche della specie Crassostrea gigas in relazione al rilevamento dell'Ostreid herpesvirus 1 μvar (OsHV-1 μvar) ( 1 )

1

 

*

Regolamento (UE) n. 176/2010 della Commissione, del 2 marzo 2010, che modifica l’allegato D della direttiva 92/65/CEE del Consiglio per quanto riguarda i centri di raccolta e di magazzinaggio dello sperma, i gruppi di raccolta o di produzione di embrioni e le condizioni relative agli animali donatori delle specie equina, ovina e caprina e al trattamento dello sperma, degli ovuli e degli embrioni di tali specie ( 1 )

14

 

*

Regolamento (UE) n. 177/2010 della Commissione, del 2 marzo 2010, recante modifica del regolamento (CEE) n. 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario

28

 

*

Regolamento (UE) n. 178/2010 della Commissione, del 2 marzo 2010, che modifica il regolamento (CE) n. 401/2006 per quanto concerne le arachidi, gli altri semi oleosi, la frutta a guscio, le mandorle di albicocche, la liquirizia e l’olio vegetale ( 1 )

32

 

 

Regolamento (UE) n. 179/2010 della Commissione, del 2 marzo 2010, recante fissazione dei valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

44

 

 

Regolamento (UE) n. 180/2010 della Commissione, del 2 marzo 2010, recante modifica dei prezzi rappresentativi e dei dazi addizionali all'importazione per taluni prodotti del settore dello zucchero, fissati dal regolamento (CE) n. 877/2009, per la campagna 2009/10

46

 

 

Regolamento (UE) n. 181/2010 della Commissione, del 2 marzo 2010, concernente il rilascio di titoli di importazione per l’aglio nel sottoperiodo 1o giugno 2010 al 31 agosto 2010

48

 

 

DECISIONI

 

 

2010/131/UE

 

*

Decisione del Consiglio, del 25 febbraio 2010, relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna

50

 

 

2010/132/UE

 

*

Decisione della Commissione, del 2 marzo 2010, che riconosce in linea di massima la completezza dei fascicoli presentati per un esame particolareggiato in vista della possibile iscrizione del Trichoderma asperellum (ceppo T34) e dell’isopyrazam nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio [notificata con il numero C(2010) 1099]  ( 1 )

51

 

 

RACCOMANDAZIONI

 

 

2010/133/UE

 

*

Raccomandazione della Commissione, del 2 marzo 2010, sulla prevenzione e sulla riduzione della contaminazione da carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo nonché sul monitoraggio dei livelli di carbammato di etile nelle suddette bevande ( 1 )

53

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


II Atti non legislativi

REGOLAMENTI

3.3.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 52/1


REGOLAMENTO (UE) N. 175/2010 DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

che attua la direttiva 2006/88/CE del Consiglio per quanto riguarda le misure di lotta all'aumento della mortalità delle ostriche della specie Crassostrea gigas in relazione al rilevamento dell'Ostreid herpesvirus 1 μvar (OsHV-1 μvar)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

vista la direttiva 2006/88/CE del Consiglio, del 24 ottobre 2006, relativa alle condizioni di polizia sanitaria applicabili alle specie animali d'acquacoltura e ai relativi prodotti, nonché alla prevenzione di talune malattie degli animali acquatici e alle misure di lotta contro tali malattie (1), in particolare l'articolo 41, paragrafo 3, e l'articolo 61, paragrafo 3,

considerando quanto segue:

(1)

La direttiva 2006/88/CE stabilisce le norme di polizia sanitaria che disciplinano l'immissione sul mercato degli animali d'acquacoltura e dei relativi prodotti. La direttiva stabilisce inoltre le misure minime di prevenzione da applicarsi in caso di presenza sospetta o conclamata di un focolaio di talune malattie degli animali acquatici.

(2)

L'articolo 41 della suddetta direttiva dispone che gli Stati membri siano tenuti ad adottare le misure appropriate per contrastare una malattia emergente ed evitarne la diffusione. In caso di malattia emergente, lo Stato membro interessato informa senza indugio gli Stati membri, la Commissione e gli Stati membri dell'EFTA qualora i risultati rivestano interesse dal punto di vista epidemiologico per un altro Stato membro.

(3)

Nella tarda primavera e nell'estate del 2008 è stato rilevato un aumento della mortalità delle ostriche della specie Crassostrea gigas in varie zone della Francia e in Irlanda. Il fenomeno è stato attribuito all'interazione di fattori ambientali avversi, unitamente alla presenza del batterio del genere Vibrio e dell'Ostreid herpesvirus-1 (OsHV-1), compreso un suo genotipo di recente descrizione denominato OsHV-1 μvar.

(4)

Le autorità francesi hanno informato la Commissione, gli Stati membri e gli Stati membri dell'EFTA della situazione e delle misure adottate nell'agosto 2008; la questione è stata presentata al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali nel settembre 2008.

(5)

Nella primavera del 2009 è stato nuovamente rilevato un aumento della mortalità attribuito alla stessa combinazione di fattori in Francia, in Irlanda e nelle Isole della Manica. Benché le cause della mortalità siano tuttora incerte, dalle indagini epidemiologiche svolte in Irlanda e nel Regno Unito nel 2009 risulterebbe che il virus OsHV-1 μvar è uno dei fattori più importanti.

(6)

Le autorità competenti dei suddetti Stati membri e delle Isole della Manica hanno informato la Commissione della situazione e delle misure adottate; la questione è stata ripetutamente trasmessa al Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali.

(7)

Le misure di contenimento adottate dalle autorità competenti degli Stati membri in questione e delle Isole della Manica per lottare contro l'insorgere della malattia si basavano prevalentemente sulla restrizione dei movimenti di ostriche Crassostrea gigas in uscita dalle zone affette dall'aumento di mortalità.

(8)

In considerazione del riemergere della malattia nel 2009 e della possibilità che si ripresenti e si diffonda ulteriormente nella primavera e nell'estate del 2010, nonché sulla base delle esperienze acquisite, è opportuno e necessario estendere le misure già adottate dagli Stati membri interessati.

(9)

Per garantire condizioni uniformi di attuazione delle prescrizioni della direttiva 2006/88/CE sulle malattie emergenti e per garantire che le misure adottate consentano di tutelarsi in modo sufficiente dall'ulteriore diffusione della malattia, senza imporre restrizioni inutili ai movimenti delle ostriche Crassostrea gigas, è necessario coordinare le misure relative a tale malattia emergente a livello dell'Unione europea.

(10)

Non appena le autorità competenti vengono informate del rilevamento di un aumento della mortalità delle ostriche Crassostrea gigas, devono essere effettuati campionamenti e test volti a rilevare o escludere la presenza del virus OsHV-1 μvar.

(11)

Qualora venga confermata la presenza del genotipo del virus OsHV-1 μvar gli Stati membri devono attuare misure di lotta alla malattia e istituire una zona di contenimento. Nella definizione della zona di contenimento va tenuto conto di determinati fattori indicati nel presente regolamento. Le misure di lotta alla malattia devono restare in vigore finché risulti dalle ispezioni che l'aumento della mortalità è cessato.

(12)

Per limitare il rischio di diffusione della malattia va predisposta la restrizione dei movimenti di ostriche Crassostrea gigas in uscita dalle zone di contenimento. Vanno tuttavia previste deroghe per i casi in cui il rischio di diffusione della malattia è ridotto. Tali deroghe riguardano i movimenti di determinate ostriche Crassostrea gigas destinate alle zone di allevamento o di stabulazione in un'altra zona di contenimento o destinate al consumo umano. Per garantire la tracciabilità delle partite di ostriche Crassostrea gigas destinate alle zone di allevamento o di stabulazione, è necessario che siano accompagnate da un certificato sanitario. Per compilare il certificato ci si attiene al regolamento (CE) n. 1251/2008 della Commissione, del 12 dicembre 2008, recante modalità di esecuzione della direttiva 2006/88/CE per quanto riguarda le condizioni e le certificazioni necessarie per l'immissione sul mercato e l'importazione nella Comunità di animali d’acquacoltura e i relativi prodotti e che stabilisce un elenco di specie vettrici (2).

(13)

Per ottenere ulteriori informazioni sulla situazione relativa alla malattia emergente nell'Unione e in particolare negli Stati membri e nelle zone finora non interessate, nonché per garantire un rilevamento tempestivo dell'eventuale presenza del virus OsHV-1 μvar, gli Stati membri hanno la facoltà di istituire programmi di campionamento e test mirati per il rilevamento tempestivo del virus OsHV-1 μvar. Le ostriche Crassostrea gigas originarie di zone soggette a misure di contenimento nel 2009 in applicazione di provvedimenti nazionali oppure nel 2010 in conformità del presente regolamento devono essere soggette ad ulteriori prescrizioni sanitarie qualora vengano introdotte a fini di allevamento o di stabulazione in Stati membri o zone oggetto dei suddetti programmi, finché il virus OsHV-1 μvar non viene rilevato nei suddetti Stati membri o zone.

(14)

Affinché i dati rilevati in vari Stati membri nell'ambito di programmi di campionamento e test mirati per il rilevamento tempestivo del virus OsHV-1 μvar siano comparabili, vanno fissati determinati criteri relativi al contenuto di detti programmi.

(15)

La disponibilità di informazioni precise e tempestive sulla situazione relativa al rilevamento del virus OsHV-1 μvar negli Stati membri è un elemento fondamentale della strategia di lotta all'emergere della malattia. A tal fine gli Stati membri devono informare senza inutili ritardi la Commissione e gli altri Stati membri della prima presenza confermata del virus OsHV-1 μvar nei loro territori nel 2010.

(16)

Inoltre si rinvia alle pagine d'informazione su Internet elaborate in applicazione dell'articolo 10 della decisione 2009/177/CE della Commissione, del 31 ottobre 2008, che attua la direttiva 2006/88/CE del Consiglio per quanto riguarda i programmi di sorveglianza e di eradicazione e lo status di «indenne da malattia» di Stati membri, zone e compartimenti (3).

(17)

Per garantire trasparenza ed un accesso rapido alle informazioni pertinenti sulla malattia emergente, gli Stati membri devono mettere a disposizione della Commissione europea e degli altri Stati membri informazioni riguardanti le zone di contenimento, le zone precedentemente oggetto di misure di contenimento, nelle quali però è stata dimostrata l'assenza del virus OsHV-1 μvar, e i programmi per il rilevamento tempestivo del virus OsH-1 μvar.

(18)

Poiché sussistono grandi incertezze sulla situazione relativa alla malattia emergente, le misure di cui al presente regolamento restano applicabili fino alla fine del dicembre 2010.

(19)

Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Definizioni

Ai fini del presente regolamento, OsHV-1 μvar indica un genotipo del virus dell'herpes Ostreid -1 (OsHV-1), definito sulla base di dati di sequenza parziali dai quali risulta la cancellazione sistematica di 12 coppie di base nell'ORF 4 del genoma rispetto all'OsHV-1 (GenBank # AY509253).

Articolo 2

Campionamento, test e istituzione di zone di contenimento

1.   Non appena si rileva un aumento della mortalità nelle ostriche della specie Crassostrea gigas, l'autorità competente deve:

a)

prelevare campioni in conformità dell'allegato I, parte A;

b)

effettuare test volti a rilevare la presenza del virus OsHV-1 μvar secondo i metodi di diagnosi di cui all'allegato I, parte B.

2.   Se i risultati dei test di cui al paragrafo 1, lettera b) indicano la presenza del virus OsHV-1 μvar, l'autorità competente istituisce una zona di contenimento. Tale zona va definita sulla base di un'analisi caso per caso, tenendo conto dei fattori che determinano i rischi di diffusione della malattia di cui all'allegato I, parte C.

3.   Gli Stati membri informano la Commissione e gli altri Stati membri senza inutili ritardi dell'istituzione della prima zona di contenimento nel loro territorio nel 2010.

Articolo 3

Prescrizioni relative all'immissione sul mercato delle ostriche Crassostrea gigas originarie di una zona di contenimento di cui all'articolo 2

1.   Le ostriche Crassostrea gigas originarie di zone di contenimento istituite in conformità dell'articolo 2, paragrafo 2, non possono uscire da dette zone.

2.   In deroga al paragrafo 1, le partite di ostriche Crassostrea gigas possono uscire dalle zone di contenimento nei casi seguenti:

a)

se sono destinate ad un'altra zona di contenimento istituita in conformità dell'articolo 2, paragrafo 2;

b)

se sono originarie di una parte della zona di contenimento, inclusi i vivai, non interessata dall'aumento di mortalità e se la partita è stata oggetto di:

i)

campionamento in conformità dell'allegato I, parte A; nonché

ii)

test volti a rilevare la presenza del virus OsHV-1 μvar secondo i metodi di diagnosi di cui all'allegato I, parte B, e detti test hanno avuto esito negativo;

c)

se sono destinate alla trasformazione, a centri di spedizione o ad impianti di trasformazione prima del consumo umano che siano dotati di un sistema di trattamento delle acque reflue approvato dall'autorità competente, il quale:

i)

rende inattivi i virus con involucro; oppure

ii)

riduce il rischio di trasmissione della malattia nel sistema idrico naturale ad un livello accettabile;

d)

se sono destinate al consumo umano, confezionate ed etichettate a tale fine in conformità del regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e sono:

i)

incapaci di sopravvivere se reintegrate nell'ambiente dal quale provengono; oppure

ii)

destinate alla trasformazione senza uno stoccaggio temporaneo nel luogo di trasformazione;

e)

se le partite di ostriche o i prodotti di ostriche sono destinati al consumo umano senza ulteriori trasformazioni, purché essi siano confezionati in imballaggi atti alla vendita al dettaglio conformi alle disposizioni previste dal regolamento (CE) n. 853/2004.

3.   Le partite di cui al paragrafo 2, lettera a) e lettera b) destinate a zone di allevamento o di stabulazione devono essere accompagnate da un certificato sanitario compilato secondo il modello di cui all'allegato II del presente regolamento e secondo le note esplicative di cui all'allegato V del regolamento (CE) n. 1251/2008.

Articolo 4

Revoca delle misure di cui agli articoli 2 e 3

L'autorità competente può revocare le misure di controllo relative alle zone di contenimento istituite in conformità dell'articolo 2, paragrafo 2, e le restrizioni all'immissione sul mercato di cui all'articolo 3 dopo aver svolto due ispezioni consecutive a 15 giorni di distanza l'una dall'altra, che dimostrino che l'aumento della mortalità è cessato.

Articolo 5

Prescrizioni relative all'immissione sul mercato di ostriche Crassostrea gigas originarie di compartimenti in precedenza soggetti a misure di controllo dovute ad un aumento della mortalità delle ostriche Crassostrea gigas connesso alla presenza del virus OsHV-1 μvar

1.   Le ostriche Crassostrea gigas immesse sul mercato e originarie di compartimenti che sono stati soggetti a misure di contenimento nel 2009 o nel 2010, dovute ad un aumento della mortalità delle stesse, connesso alla presenza del virus OsHV-1 μvar devono:

a)

essere accompagnate da un certificato sanitario compilato secondo il modello di cui all'allegato II del presente regolamento e secondo le note esplicative di cui all'allegato V del regolamento (CE) n. 1251/2008 se gli animali:

i)

sono destinati a Stati membri o compartimenti nei quali è stato istituito un programma per il rilevamento tempestivo del virus OsHV-1 μvar e nei quali detto virus non è stato rilevato; e

ii)

sono destinati a zone di allevamento o di stabulazione;

b)

essere originarie di un compartimento in cui l'assenza del virus OsHV-1 μvar è stata dimostrata da campionamenti e test svolti secondo le prescrizioni dell'allegato I, parte A; nonché

c)

rispettare le prescrizioni di polizia sanitaria indicate nel certificato modello di cui alla lettera a).

2.   I programmi per il rilevamento tempestivo del virus OsHV-1 μvar di cui al paragrafo 1, lettera a), punto i), devono rispettare le seguenti prescrizioni:

a)

i programmi devono essere dichiarati al Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali;

b)

la dichiarazione va effettuata in conformità del punto 1, dei punti 5.1, 5.2, 5.3, 5.5 e 5.9, nonché dei punti 6 e 7 del modello di cui all'allegato II della decisione 2009/177/CE;

c)

i programmi devono comprendere:

i)

campionamento in conformità dell'allegato I, parte A;

ii)

test volti a rilevare la presenza del virus OsHV-1 μvar, effettuati applicando i metodi di diagnosi di cui all'allegato I, parte B.

3.   Il paragrafo 1 si applica una settimana dopo la riunione del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali durante la quale è stato dichiarato il programma di cui al paragrafo 1, lettera a), punto i).

Articolo 6

Pagine d'informazione su Internet

1.   Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione e degli altri Stati membri:

a)

un elenco delle zone di contenimento e dei fattori presi in considerazione per definirle, compresa una descrizione dei limiti geografici della zona in questione, istituita in conformità dell'articolo 2, paragrafo 2;

b)

un elenco dei compartimenti, compresa una descrizione dei limiti geografici della zona in questione:

i)

che sono stati oggetto di misure di contenimento nel 2009, dovute ad un aumento della mortalità delle ostriche Crassostrea gigas connesso al virus OsHV-1 μvar;

ii)

in cui l'assenza del virus OsHV-1 μvar è stata dimostrata da test svolti secondo le prescrizioni dell'allegato I, parti A e B, su campioni prelevati nella zona di contenimento;

c)

le dichiarazioni di programmi di cui all'articolo 5, paragrafo 2, inclusa una descrizione dei limiti geografici della zona in questione.

2.   Le informazioni di cui al paragrafo 1 vanno tenute aggiornate e disponibili pubblicandole sulla pagine d'informazione su Internet elaborate in conformità dell'articolo 10 della decisione 2009/177/CE.

Articolo 7

Relazioni

Entro il 1o ottobre 2010 gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sui programmi dichiarati in conformità dell'articolo 5, paragrafo 2.

La relazione è redatta in conformità del modello di formulario figurante nell’allegato VI della decisione 2009/177/CE.

Articolo 8

Entrata in vigore e applicazione

Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 15 marzo 2010 fino al 31 dicembre 2010.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione

Il presidente

José Manuel BARROSO


(1)  GU L 328 del 24.11.2006, pag. 14.

(2)  GU L 337 del 16.12.2008, pag. 41.

(3)  GU L 63 del 7.3.2009, pag. 15.

(4)  GU L 139 del 30.4.2004, pag. 55.


ALLEGATO I

PARTE A

Campionamento

1.   Campionamento in applicazione dell'articolo 2

I campioni di cui all'articolo 2 devono essere costituiti da almeno 12 esemplari di ostriche Crassostrea gigas. Vanno selezionati gli animali deboli, a conchiglia aperta o appena morti (non decomposti) e vanno prelevati dal compartimento in cui è stata osservata la mortalità.

2.   Campionamento in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera b) e dell’articolo 5, paragrafo 2

a)

Il campionamento in applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b) consiste:

i)

per le larve, in cinque prelievi di almeno 50 mg di animali interi per partita, raccolti tra 4 e 8 giorni dopo la fecondazione, compresa la conchiglia;

ii)

per le ostriche giovani, di dimensioni inferiori a 6 mm, in 30 prelievi di 300 mg di animali interi per partita, compresa la conchiglia;

iii)

per le ostriche di dimensioni superiori a 6 mm, in 150 esemplari per partita.

Selezionando gli animali per il campione si devono rappresentare, in modo proporzionale, tutte le parti della partita. Il prelievo deve innanzitutto comprendere i soggetti deboli, a conchiglia aperta, o appena morti (non in stato di decomposizione);

b)

il campionamento in applicazione dell'articolo 5, paragrafo 2 consiste in almeno 150 esemplari di Crassostrea gigas per punto di campionamento. Tutte le aziende o zone di allevamento di molluschi dello Stato membro o del compartimento oggetto del programma vanno sottoposte a campionamento.

Il campionamento in applicazione dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b) consiste in almeno 150 esemplari di ostriche Crassostrea gigas per compartimento.

Per la selezione degli animali da includere nel campione va tenuto conto dei criteri seguenti:

il prelievo deve innanzitutto comprendere i soggetti deboli, a conchiglia aperta, o appena morti (non in stato di decomposizione); se non sono disponibili animali nelle suddette situazioni, la selezione deve comprendere molluschi sani di età inferiore a 12 mesi,

per i campionamenti da effettuare presso aziende che, per la produzione, ricorrono a più di una fonte idrica, vanno selezionati animali che rappresentino tutte le fonti idriche, in modo che tutte le parti dell'azienda siano rappresentate in modo proporzionale nel campione,

per i campioni prelevati in zone di allevamento dei molluschi, il campione deve comprendere animali prelevati da un numero sufficiente di punti di campionamento, almeno tre, affinché il campione rappresenti in modo proporzionale tutte le parti della zona di allevamento dei molluschi, compresi i banchi naturali eventualmente presenti; i principali fattori da tenere in considerazione per la selezione dei punti di campionamento sono: precedenti rilevamenti del virus OsHV-1 μvar nella zona, coefficiente di densità, flussi idrici, batimetria e prassi di gestione;

c)

il campionamento di cui all'articolo 5, paragrafo 2 va effettuato nel periodo dell'anno in cui, secondo le informazioni, si registra la massima prevalenza del virus OsHV-1 μvar nello Stato membro o nel compartimento. Se tali informazioni non sono disponibili, il campionamento va effettuato immediatamente dopo il periodo in cui la temperatura dell'acqua supera i 16 °C oppure nel periodo dell'anno in cui la temperatura raggiunge solitamente i massimi livelli;

d)

il campionamento di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera b) va preferibilmente effettuato nel periodo dell'anno indicato al punto c). Se i campioni vengono prelevati in un altro periodo dell'anno, le ostriche ivi contenute devono essere conservate in condizioni equivalenti a quelle descritte al punto c) per un periodo adatto al rilevamento del virus OsHV-1 μvar, prima di essere sottoposte a test.

PARTE B

Metodi di diagnosi per il rilevamento del virus OsHV-1 μvar

1.   Campo d'applicazione

La presente procedura illustra un metodo di diagnosi standard da impiegare per il rilevamento e l'identificazione del virus OsHV-1 μvar tramite PCR (reazione a catena della polimerasi). La PCR consente di distinguere tra OsHV-1 e OsHV-1 μvar.

Se opportuno, al fine di ottimizzare le condizioni di reazione e di adeguarle all'attrezzatura e alle condizioni presenti nel loro laboratorio, i laboratori possono apportare modifiche ai metodi descritti dal presente allegato, a condizione di poter dimostrare pari sensibilità e specificità.

2.   Definizioni

Il virus OsHV-1 μvar è definito all'articolo 1 del presente regolamento.

3.   Attrezzature e condizioni ambientali

Il test di diagnosi che si effettua per rilevare e identificare il virus OsHV-1 μvar attraverso la PCR necessita delle attrezzature e delle condizioni ambientali solitamente impiegate per le prove di PCR, ovvero:

una cappa chiusa, con sistema di produzione di raggi UV per l'eliminazione di eventuali contaminazioni durante la preparazione della miscela PCR,

due serie complete di pipette (2 μl; 20 μl; 200 μl e 1 000 μl), la prima per l'estrazione del DNA e la seconda per la preparazione della miscela PCR,

tre pipette diverse: una (2 μl) per distribuire i campioni nella miscela PCR, una (20 μl) per prelevare EB ed un'altra (20 μl) per inoculare i prodotti della PCR nei gel di agarosio,

puntali per pipette con filtro (2 μl; 20 μl; 200 μl e 1 000 μl) per l'estrazione del DNA, per la preparazione della miscela PCR e per la distribuzione dei campioni,

puntali per pipette (20 μl) per prelevare EB e inoculare i prodotti di amplificazione nel gel di agarosio,

un thermocycler per effettuare le amplificazioni,

un apparecchio per elettroforesi orizzontale per l'elettroforesi dei prodotti della PCR,

un tavolo UV per osservare i prodotti della PCR dopo l'elettroforesi su gel di agarosio,

un dispositivo atto ad ottenere immagini dei gel.

Il tecnico di laboratorio deve indossare camice e guanti durante tutte le varie fasi descritte qui di seguito. Il camice e i guanti vanno sostituiti, di preferenza, dopo ogni fase principale: estrazione del DNA, preparazione della miscela PCR, distribuzione dei campioni, amplificazione e carico nel gel.

Si raccomanda di eseguire le varie fasi in locali diversi. In particolare, l'amplificazione ed il carico nel gel/l'elettroforesi devono essere effettuati in un locale separato da quello in cui vengono effettuate l'estrazione del DNA, la preparazione della miscela PCR e la distribuzione del DNA.

4.   Procedura

4.1.   Preparazione del campione

Le ostriche vive o appena morte (non decomposte), che possono essere state congelate, vengono trattate per estrarre il DNA.

I campioni vengono trattati in modo diverso a seconda delle loro dimensioni:

a)

per le larve, i prelievi di 50 mg di animali interi (compresa la conchiglia) vengono frantumati e centrifugati a 1 000 g per un minuto, unitamente a 200 μl di acqua distillata;

b)

per le ostriche giovani di dimensioni inferiori a 6 mm, i prelievi di 300 mg di animali interi (compresa la conchiglia) vengono frantumati e centrifugati a 1 000 g per un minuto, unitamente a 1 200 μl di acqua distillata;

c)

per le ostriche giovani di dimensioni comprese tra 6 e 15 mm, tutti i tessuti molli di ogni animale vanno frantumati separatamente;

d)

per gli animali di dimensioni superiori a 15 mm, vanno isolati pezzi di branchie e mantello.

L'estrazione del DNA viene effettuata con il QIAamp® DNA Mini Kit (QIAGEN), seguendo le istruzioni del protocollo per il test sui tessuti.

Le altre operazioni di preparazione del campione vanno svolte nel seguente ordine:

1.

Mettere 100 μl di surnatante [per i campioni di cui alle lettere a) e b)] oppure da 10 a 50 mg di tessuti [per i campioni di cui alle lettere c) e d)] in un tubo per microcentrifuga e aggiungere 180 μl di Buffer ATL.

2.

Aggiungere 20 μl di Proteinase K, miscelare con il vortex e incubare a 56 °C finché il tessuto non è completamente lisato (una notte). Durante l'incubazione, miscelare occasionalmente con il vortex per disperdere il campione. Centrifugare brevemente il tubo per microcentrifuga da 1,5 ml per rimuovere le gocce dal tappo.

3.

Aggiungere al campione 200 μl di Buffer AL, miscelare con il vortex a pulsazione per 15 s ed incubare a 70 °C per 10 minuti. Centrifugare brevemente il tubo per microcentrifuga da 1,5 ml per rimuovere le gocce dal tappo.

4.

Aggiungere al campione 200 μl di etanolo (96-100 %) e miscelare con il vortex a pulsazione per 15 s. Centrifugare brevemente il tubo per microcentrifuga da 1,5 ml per rimuovere le gocce dal tappo.

5.

Applicare con cautela la miscela ottenuta al termine della fase 4 alla colonnina QIAamp (in un tubo di raccolta da 2 ml) senza bagnare il bordo. Chiudere il tappo e centrifugare a 10 000 rpm per un minuto. Mettere la colonnina QIAamp in un tubo di raccolta da 2 ml pulito (presente nel kit) e gettare il tubo contenente il filtrato.

6.

Aprire con cautela la colonnina QIAamp e aggiungere 500 μl di Buffer AW1 senza bagnare il bordo. Chiudere il tappo e centrifugare a 10 000 rpm per un minuto. Mettere la colonnina QIAamp in un tubo di raccolta da 2 ml pulito (presente nel kit) e gettare il tubo contenente il filtrato.

7.

Aprire con cautela la colonnina QIAamp e aggiungere 500 μl di Buffer AW2 senza bagnare il bordo. Chiudere il tappo e centrifugare a massima velocità (14 000 rpm) per tre minuti.

8.

(Facoltativo) Mettere la colonnina QIAamp in un nuovo tubo di raccolta da 2 ml (non presente nel kit) e gettare il tubo contenente il filtrato. Centrifugare a massima velocità (14 000 rpm) per un minuto.

9.

Mettere la colonnina QIAamp in un tubo per microcentrifuga pulito da 1,5 ml (non presente nel kit) e gettare il tubo contenente il filtrato. Aprire con cautela la colonnina QIAamp e aggiungere 100 μl di acqua distillata. Incubare per 5 minuti a temperatura ambiente e centrifugare a 10 000 rpm per un minuto.

10.

Controllare la qualità e l'efficacia dell'estrazione (ad esempio misurando la OD (260 nm) sotto spettrofotometro o dopo l'elettroforesi nel gel di agarosio).

11.

Diluire i campioni in modo da avere una concentrazione finale di DNA pari a 50-100 ng/μl.

12.

Le soluzioni di DNA vanno conservate a 4 °C fino all'esecuzione delle analisi della PCR.

Per estrarre il DNA possono essere utilizzati anche altri kit commerciali, a condizione che forniscano risultati analoghi.

4.2.   Reazione a catena della polimerasi (PCR)

4.2.1.   Reagenti

10 X Buffer (fornito con la Taq DNA polimerasi)

MgCl2 (fornito con la DNA polimerasi) (25 mM)

Taq DNA Polimerasi (Goldstar, Eurogentec) 5 U/μl

dNTP (dATP, dCTP, dGTP, dTTT) Master Mix (20 mM) da diluire 10 volte (a 2mM) prima dell'uso

d H2O (H2O distillata, priva di DNA e di RNA)

4.2.2.   Primer

Vanno impiegati i primer (1) seguenti:

 

CF (10 μM)

 

CF (10 μM)

4.2.3.   Miscela PCR

La miscela PCR per ogni tubo:

 

Volume per tubo

Concentrazione finale

Buffer (10 X)

5 μl

1X

MgCl2 (25 mM)

5 μl

2,5 mM

dNTP (2 mM)

5 μl

0,2 mM

CF (10 μM)

1 μl

0,2 μM

CF (10 μM)

1 μl

0,2 μM

Taq polimerasi (5 U/μl)

0,5 μl

2,5 U

dH2O

31,5 μl

In ogni tubo per PCR vanno versati 49 μl di tale miscela PCR

In ogni tubo va aggiunto 1 μl di DNA estratto (50-100 ng/μl)

4.2.4.   Controlli

Sono previsti due tipi di controllo:

i controlli negativi consistono in dH2O (1 μl per 49 μl di miscela PCR). Essi sono intesi ad individuare eventuali contaminazioni o ambienti di lavoro reattivi. Ogni 10 campioni o dopo ogni serie di campioni va inserito un controllo negativo,

i controlli positivi consistono in DNA plasmidico contenente la regione genomica bersaglio CF-CR dell'OsHV-1. Il loro obiettivo è verificare l'efficacia della reazione PCR. Va incluso un controllo positivo per ogni analisi PCR. I controlli positivi sono messi a disposizione dal Laboratorio comunitario di riferimento.

4.2.5.   Amplificazione

I cicli di amplificazione vengono realizzati in un thermocycler.

Denaturazione iniziale: 2 minuti a 94 °C

Amplificazione: 35 cicli (1 minuto a 94 °C, 1 minuto a 50 °C e 1 minuto a 72 °C)

Allungamento finale: 5 minuti a 72 °C

4.3.   Elettroforesi

4.3.1.   Reagenti

50 X TAE (si può acquistare pronto per l'uso):

Tris base (40 mM) 242 g

Acido acetico glaciale (40 mM) 57,1 ml

Na2EDTA-2H2O (1 mM) 18,61 g

d H2O per 1 litro

Aggiustare a pH 8

Gel di agarosio 2,5 % in 1X TAE

Aggiungere bromuro d'etidio (0,5 μg/ml) dopo il raffreddamento del gel.

Colorante loading blue dye:

Blu di bromofenolo 0,25 %

Xilene cianolo FF 0,25 %

Saccarosio 40 %

Conservare a 4 °C

Utilizzare diluito 6 volte (2 μl di loading blue buffer per 10 μl di prodotti della PCR)

marcatore di peso molecolare:

SmartLadder SF (Eurogentec): Marcatore di peso molecolare pronto per l'uso, comprendente 9 bande a spaziatura regolare, da 100 a 1 000 bp.

4.3.2.   Preparazione del gel di agarosio

1.

Pesare 2,5 g di agarosio, aggiungere 100 ml di 1X TAE e riscaldare fino a far sciogliere la miscela.

2.

Dopo aver raffreddato la soluzione, aggiungere il bromuro d'etidio (5 μl per 100 ml di gel di agarosio) e versare la soluzione nell'apposito stampo dotato di pettini (per formare i pozzetti).

3.

Quando il gel è polimerizzato si tolgono i pettini e si inserisce il gel in un apparecchio per elettroforesi orizzontale contenente 1X TAE in quantità sufficiente da coprire il gel di agarosio.

4.

Nei pozzetti si dispongono 10 μl di prodotti della PCR mescolati a 2 μl di blue dye (6X).

5.

Un pozzetto è riservato al marcatore di peso molecolare (5 μl)

6.

Si applica corrente elettrica a 50-150 volt per un periodo compreso tra 30 minuti e un'ora, a seconda dello spessore e della dimensione del gel.

7.

Si osserva il gel sotto raggi UV.

4.4.   Interpretazione

La presenza di OsHV-1 μVar in un campione è indicata dalla presenza di una banda della dimensione adeguata (157 bp anziché 173 bp per l'OsHV-1) su gel di agarosio al 2,5 % con tutti i controlli negativi negativi e tutti i controlli positivi positivi.

PARTE C

Definizione della zona di contenimento

Quando si definisce una zona di contenimento in applicazione dell'articolo 2, paragrafo 2, va tenuto conto dei fattori seguenti che determinano i rischi di diffusione della malattia:

a)

il numero, il tasso e la distribuzione di molluschi nell'azienda o nella zona di allevamento infette;

b)

la distanza e la densità di aziende o zone di allevamento limitrofe;

c)

la prossimità a stabilimenti di trasformazione, aziende o zone di allevamento di contatto;

d)

specie presenti nell'azienda o nella zona di allevamento;

e)

prassi di allevamento applicate nell'azienda o zona infetta e nelle aziende o zone di allevamento limitrofe; nonché

f)

condizioni idrodinamiche ed altri fattori significativi dal punto di vista delle epizoozie identificati.


(1)  I primer o le relative descrizioni possono essere ottenuti dal Laboratorio comunitario di riferimento per le malattie dei molluschi (LGP-Ifremer, av. De Mus de Loup, 17390 La Tremblade, Francia).


ALLEGATO II

Modello di certificato sanitario per l'immissione sul mercato di ostriche Crassostrea gigas destinate a zone di allevamento e di stabulazione

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3.3.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 52/14


REGOLAMENTO (UE) N. 176/2010 DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

che modifica l’allegato D della direttiva 92/65/CEE del Consiglio per quanto riguarda i centri di raccolta e di magazzinaggio dello sperma, i gruppi di raccolta o di produzione di embrioni e le condizioni relative agli animali donatori delle specie equina, ovina e caprina e al trattamento dello sperma, degli ovuli e degli embrioni di tali specie

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

vista la direttiva 92/65/CEE del Consiglio, del 13 luglio 1992, che stabilisce norme sanitarie per gli scambi e le importazioni nella Comunità di animali, sperma, ovuli e embrioni non soggetti, per quanto riguarda le condizioni di polizia sanitaria, alle normative comunitarie specifiche di cui all’allegato A, sezione I, della direttiva 90/425/CEE (1), in particolare l’articolo 22, primo comma,

considerando quanto segue:

(1)

La direttiva 92/65/CEE stabilisce norme sanitarie che disciplinano gli scambi e le importazioni nell’Unione europea di animali, sperma, ovuli ed embrioni non soggetti alle condizioni di polizia sanitaria fissate negli atti specifici dell’Unione europea citati in detta direttiva.

(2)

Essa stabilisce le condizioni per il riconoscimento e la sorveglianza dei centri di raccolta dello sperma degli animali delle specie equina, ovina e caprina (in appresso «centri di raccolta dello sperma»).

(3)

Alcuni centri di raccolta dello sperma effettuano solo operazioni di magazzinaggio dello sperma raccolto da queste specie. È perciò opportuno stabilire condizioni separate per il riconoscimento ufficiale e la sorveglianza di tali centri.

(4)

La direttiva 88/407/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1988, che stabilisce le esigenze di polizia sanitaria applicabili agli scambi intracomunitari ed alle importazioni di sperma di animali della specie bovina (2) contiene una definizione dei centri di magazzinaggio dello sperma. A fini di coerenza della normativa dell’UE, i centri di magazzinaggio dello sperma degli animali interessati dal presente regolamento sono denominati «centri di magazzinaggio dello sperma» in conformità a tale definizione.

(5)

La direttiva 88/407/CEE stabilisce inoltre i requisiti per il riconoscimento e la sorveglianza dei centri di magazzinaggio dello sperma per la specie bovina. Tali requisiti servono da orientamento per le condizioni per il riconoscimento e la sorveglianza dei centri di magazzinaggio dello sperma per la specie equina, ovina e caprina stabilite nel presente regolamento. L’allegato D, capitolo I, sezioni I e II, della direttiva 92/65/CEE va modificato di conseguenza.

(6)

La direttiva 92/65/CEE, modificata dalla direttiva 2008/73/CE (3), stabilisce che gli ovuli e gli embrioni delle specie ovina, caprina, equina e suina devono essere prelevati da un gruppo di raccolta o prodotti da un gruppo di produzione riconosciuto dall’autorità competente di uno Stato membro.

(7)

È quindi necessario definire nell’allegato D della direttiva 92/65/CEE le condizioni per il riconoscimento di tali gruppi. Il codice sanitario per gli animali terrestri dell’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE), 18a edizione, 2009, (in appresso «codice terrestre») contiene la tecnologia attuale e le norme internazionali concernenti la raccolta e il trattamento degli embrioni. I capitoli 4.7, 4.8 e 4.9 di detto codice contengono raccomandazioni sulla raccolta e sul trattamento degli embrioni concepiti in vivo, fertilizzati in vitro e micromanipolati. Le raccomandazioni vanno prese in considerazione ai fini dell’allegato D, capitolo III, della direttiva 92/65/CEE. È quindi opportuno modificare di conseguenza tali sezioni.

(8)

La Società internazionale per il trasferimento embrionale (IETS) è un’organizzazione internazionale e un forum professionale che, tra l’altro, promuove la scienza della produzione degli embrioni e coordina la standardizzazione del trattamento degli embrioni e le procedure di registrazione a livello internazionale. L’IETS ha lavorato per alcuni anni per formulare protocolli pratici su base scientifica al fine di evitare il rischio di trasmissione di malattie con il trasferimento degli embrioni dai donatori ai riceventi. Tali protocolli si basano principalmente sui metodi sanitari di trattamento embrionale descritti nella terza edizione del manuale dell’IETS e si riflettono anche nel codice terrestre. Per alcune malattie, i metodi di trattamento embrionale raccomandati dall’IETS possono sostituire le misure di prevenzione tradizionali, come i test diagnostici dei donatori, mentre per altre essi dovranno essere utilizzati solo per rafforzare e completare le misure tradizionali.

(9)

La direttiva 92/65/CEE stabilisce anche che lo sperma degli animali donatori delle specie equina, ovina e caprina deve provenire da animali che rispondano alle condizioni stabilite nell’allegato D, capitolo II, della stessa direttiva. Tali condizioni vanno rivedute per quanto riguarda gli stalloni, i montoni e i caproni donatori, tenendo presenti le norme internazionali di cui al capitolo 4.5 del codice terrestre. L’allegato D, capitolo II, sezioni A e B, va modificato di conseguenza.

(10)

Nell’applicazione del presente regolamento, per quanto riguarda gli animali donatori delle specie ovina e caprina, occorre tenere conto delle disposizioni del regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, recante disposizioni per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (4), del regolamento (CE) n. 546/2006 della Commissione, del 31 marzo 2006, che attua il regolamento (CE) n. 999/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda programmi nazionali di sorveglianza dello scrapie e garanzie addizionali, deroga da taluni requisiti della decisione 2003/100/CE e abroga il regolamento (CE) n. 1874/2003 (5), e del regolamento (CE) n. 1266/2007 della Commissione, del 26 ottobre 2007, relativo alle misure di applicazione della direttiva 2000/75/CE del Consiglio per quanto riguarda la lotta, il controllo, la vigilanza e le restrizioni dei movimenti di alcuni animali appartenenti a specie ricettive alla febbre catarrale (6).

(11)

Nell’applicazione del presente regolamento, per quanto riguarda l’uso di antibiotici nello sperma o nei mezzi utilizzati per la raccolta, il congelamento e il magazzinaggio degli embrioni, va tenuto conto delle disposizioni della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (7).

(12)

Nell’applicazione del presente regolamento, per quanto riguarda le femmine donatrici della specie suina, occorre tener conto delle disposizioni della decisione 2008/185/CE della Commissione, del 21 febbraio 2008, che stabilisce garanzie supplementari per la malattia di Aujeszky negli scambi intracomunitari di suini, e fissa i criteri relativi alle informazioni da fornire su tale malattia (8).

(13)

La direttiva 92/65/CEE dispone che solo lo sperma, gli ovuli e gli embrioni conformi alle condizioni stabilite nella stessa direttiva possono costituire oggetto di scambi. In particolare, essa dispone che, per essere destinati alla raccolta di sperma, gli stalloni devono essere sottoposti a determinati test, tra cui quello per l’anemia infettiva degli equidi e la metrite contagiosa degli equidi. Analogamente, la direttiva 92/65/CEE stabilisce che, per essere destinate alla raccolta di ovuli ed embrioni, le femmine donatrici devono essere conformi a determinate condizioni. Attualmente non esistono tuttavia prescrizioni di sottoporre le femmine donatrici ai test per l’anemia infettiva degli equidi e la metrite contagiosa degli equidi. Poiché non esistono prove scientifiche del fatto che il trattamento degli embrioni possa eliminare i rischi derivanti dal trasferimento di un embrione prelevato da una femmina donatrice infetta, occorre ampliare le condizioni di polizia sanitaria per gli scambi di ovuli ed embrioni della specie equina e includere i test per l’anemia infettiva degli equidi e la metrite contagiosa degli equidi delle femmine donatrici. L’allegato D, sezione C, capitolo II va quindi modificato di conseguenza.

(14)

Occorre pertanto modificare di conseguenza l’allegato D della direttiva 92/65/CEE.

(15)

Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

L’allegato D della direttiva 92/65/CEE è modificato conformemente all’allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 1o settembre 2010.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione

Il presidente

José Manuel BARROSO


(1)  GU L 268 del 14.9.1992, pag. 54.

(2)  GU L 194 del 22.7.1988, pag. 10.

(3)  GU L 219 del 14.8.2008, pag. 40.

(4)  GU L 147 del 31.5.2001, pag. 1.

(5)  GU L 94 dell’1.4.2006, pag. 28.

(6)  GU L 283 del 27.10.2007, pag. 37.

(7)  GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1.

(8)  GU L 59 del 4.3.2008, pag. 19.


ALLEGATO

L’allegato D della direttiva 92/65/CEE è sostituito dal seguente:

«ALLEGATO D

CAPITOLO I

Condizioni relative ai centri di raccolta e di magazzinaggio dello sperma, ai gruppi di raccolta di embrioni e ai gruppi di produzione di embrioni

I.   Condizioni per il riconoscimento dei centri di raccolta e di magazzinaggio dello sperma

1.   Per essere riconosciuto ed ottenere il numero di registrazione veterinario di cui all’articolo 11, paragrafo 4, il centro di raccolta dello sperma deve:

1.1.

essere in permanenza sotto la sorveglianza di un veterinario responsabile di un centro autorizzato dall’autorità competente;

1.2.

disporre almeno di:

a)

locali di stabulazione degli animali, provvisti di dispositivi di chiusura, ed eventualmente di una zona d’esercizio per gli equidi separata materialmente dagli impianti di raccolta e dai locali adibiti al trattamento e al magazzinaggio;

b)

impianti di isolamento, senza comunicazione diretta con i normali locali di stabulazione;

c)

impianti di raccolta dello sperma, che possono essere all’aperto, protetti dagli effetti del maltempo, con pavimenti antiscivolo all’interno e attorno alla zona di raccolta dello sperma, che proteggono da lesioni gravi in caso di caduta, ferme restando le prescrizioni del punto 1.4;

d)

un locale separato per la pulizia, la disinfezione o la sterilizzazione delle attrezzature;

e)

un locale per il trattamento dello sperma, separato dagli impianti di raccolta e dal locale per la pulizia delle attrezzature di cui al punto d), non situati necessariamente nello stesso luogo;

f)

un locale di magazzinaggio dello sperma, non situato necessariamente nello stesso luogo;

1.3.

essere costruito o isolato in modo da impedire il contatto con il bestiame esterno;

1.4.

essere costruito in modo che l’intero centro di raccolta dello sperma, ad eccezione dei locali amministrativi e, per gli equidi, della zona d’esercizio, possa essere pulito e disinfettato rapidamente.

2.   Per essere riconosciuto, ogni centro di magazzinaggio dello sperma deve:

a)

se il magazzinaggio non è limitato allo sperma di un’unica specie raccolto in centri riconosciuti conformemente alla presente direttiva, o se gli embrioni sono immagazzinati nel centro conformemente alla presente direttiva, disporre dei numeri di registrazione veterinari di cui all’articolo 11, paragrafo 4, per ciascuna delle specie il cui sperma è immagazzinato nel centro;

b)

essere posto sotto la sorveglianza permanente di un veterinario responsabile di un centro autorizzato dall’autorità competente;

c)

disporre di un locale di magazzinaggio dotato delle attrezzature necessarie per immagazzinare lo sperma e/o gli embrioni, che è costruito in modo tale da proteggere tali prodotti e le attrezzature dal maltempo e dagli effetti ambientali;

d)

essere costruito in modo da impedire il contatto con il bestiame esterno o altri animali;

e)

essere costruito in modo che l’intero centro, ad eccezione dei locali amministrativi e, per gli equidi, della zona d’esercizio, possa essere pulito e disinfettato rapidamente;

f)

essere costruito in modo da impedire l’accesso a persone non autorizzate.

II.   Condizioni per la sorveglianza dei centri di raccolta e di magazzinaggio dello sperma

1.   I centri di raccolta dello sperma devono:

1.1.

essere sorvegliati affinché:

a)

vi vengano ammessi soltanto animali della specie di cui deve essere raccolto lo sperma.

Possono tuttavia esservi accolti altri animali domestici, a condizione che non presentino rischi d’infezione per le specie di cui dev’essere raccolto lo sperma e che soddisfino le condizioni stabilite dal veterinario responsabile del centro.

Nel caso degli equidi, qualora il centro di raccolta dello sperma si trovi nello stesso luogo di un centro d’inseminazione artificiale o di una stazione per la monta naturale, gli equidi femmina (giumente) e gli equidi maschi non castrati (stalloni) di prova e da monta possono esservi ammessi, a condizione che soddisfino le condizioni di cui al capitolo II, sezione I, punti 1.1, 1.2, 1.3 e 1.4;

b)

sia impedito l’accesso a persone non autorizzate e i visitatori autorizzati siano tenuti a rispettare le condizioni stabilite dal veterinario del centro;

c)

sia assunto solo personale competente, dotato di una formazione adeguata sulle tecniche igieniche e di disinfezione volte a prevenire la propagazione delle malattie;

1.2.

essere controllati affinché:

a)

tengano registri in cui figurano:

i)

la specie, la razza, la data di nascita e l’identificazione di ogni animale presente nel centro;

ii)

gli eventuali movimenti degli animali in entrata e in uscita dal centro;

iii)

l’anamnesi, tutti gli esami diagnostici e i relativi risultati, i trattamenti e le vaccinazioni cui gli animali sono stati sottoposti;

iv)

la data di raccolta e di trattamento dello sperma;

v)

la destinazione dello sperma;

vi)

le modalità di magazzinaggio dello sperma;

b)

nessun animale tenuto nel centro venga utilizzato per la riproduzione naturale almeno nei 30 giorni che precedono il primo prelievo di sperma e durante il periodo di raccolta;

c)

la raccolta, il trattamento e il magazzinaggio dello sperma siano effettuati soltanto negli appositi locali;

d)

tutti gli strumenti che vengono a contatto con lo sperma o con l’animale donatore durante la raccolta e il trattamento siano opportunamente disinfettati o sterilizzati prima di ogni impiego, fatta eccezione per gli strumenti nuovi, non riutilizzabili ed eliminati dopo l’uso (“strumenti monouso”).

Per gli equidi, se un centro di raccolta si trova nello stesso luogo di un centro di inseminazione artificiale o di una stazione per la monta naturale, gli strumenti e le attrezzature per l’inseminazione artificiale o la monta, nonché gli strumenti e le attrezzature che vengono a contatto con gli animali donatori o con altri animali detenuti nel centro di raccolta, devono essere rigorosamente separati dallo sperma;

e)

i prodotti di origine animale utilizzati per il trattamento dello sperma, compresi i diluenti, gli additivi o i riempitivi, siano ottenuti da fonti che non presentano alcun rischio per la salute degli animali o siano trattati prima dell’uso in modo da evitare tale rischio;

f)

gli agenti criogeni utilizzati per conservare o immagazzinare lo sperma non siano stati impiegati in precedenza per altri prodotti di origine animale;

g)

i recipienti utilizzati per il magazzinaggio e il trasporto siano opportunamente disinfettati o sterilizzati prima di ogni operazione di riempimento, fatta eccezione per i recipienti nuovi, non riutilizzabili ed eliminati dopo l’uso (“recipienti monouso”);

h)

ogni singola dose di sperma od ogni eiaculato di sperma fresco destinato a un ulteriore trattamento siano contrassegnati chiaramente, in modo che si possa determinare con facilità la data di raccolta dello sperma, la specie, la razza e l’identificazione dell’animale donatore nonché il numero di riconoscimento del centro di raccolta dello sperma;

1.3.

essere ispezionati durante il periodo di riproduzione, almeno una volta all’anno nel caso di animali la cui riproduzione è stagionale e due volte all’anno in caso di riproduzione non stagionale, da un veterinario ufficiale che deve verificare, se necessario sulla base di registri, procedure operative standard e controlli interni, il rispetto delle condizioni di riconoscimento, sorveglianza e controllo, nonché esaminare tutte le questioni attinenti.

2.   I centri di magazzinaggio dello sperma devono:

2.1.

essere sorvegliati affinché:

a)

le condizioni degli animali donatori il cui sperma è immagazzinato nel centro siano conformi alle prescrizioni della presente direttiva;

b)

siano rispettate le prescrizioni di cui al punto 1.1, lettere b) e c);

c)

siano registrati tutti di movimenti dello sperma in entrata e in uscita dal centro di magazzinaggio;

2.2.

essere controllati affinché:

a)

in un centro riconosciuto di magazzinaggio dello sperma venga introdotto solo sperma raccolto in centri di raccolta riconosciuti o proveniente da centri di magazzinaggio riconosciuti, che sia stato trasportato in condizioni che offrano tutte le garanzie sanitarie e non sia venuto a contatto con sperma non conforme alla presente direttiva;

b)

il magazzinaggio dello sperma abbia luogo soltanto negli appositi locali e in condizioni igieniche rigorose;

c)

tutti gli strumenti che vengono a contatto con lo sperma siano opportunamente disinfettati o sterilizzati prima dell’uso, ad eccezione degli strumenti monouso;

d)

i recipienti utilizzati per il magazzinaggio e il trasporto siano opportunamente disinfettati o sterilizzati prima di ogni operazione di riempimento, ad eccezione dei recipienti monouso;

e)

gli agenti criogeni utilizzati per conservare o immagazzinare lo sperma non siano stati impiegati in precedenza per altri prodotti di origine animale;

f)

ogni singola dose di sperma sia contrassegnata chiaramente, in modo che si possa determinare con facilità la data di raccolta dello sperma, la specie, la razza e l’identificazione dell’animale donatore nonché il numero di riconoscimento del centro di raccolta dello sperma; ciascuno Stato membro comunica alla Commissione e agli altri Stati membri le caratteristiche e la forma dei marchi applicati nel suo territorio;

2.3.

in deroga al punto 2.2, lettera a), è autorizzato il magazzinaggio di embrioni nel centro di magazzinaggio dello sperma riconosciuto, a condizione che siano conformi alle prescrizioni della presente direttiva e vengano immagazzinati in recipienti separati;

2.4.

essere ispezionati almeno due volte all’anno da un veterinario ufficiale che deve verificare, se necessario sulla base di registri, procedure operative standard e controlli interni, il rispetto delle condizioni di riconoscimento, sorveglianza e controllo, nonché esaminare tutte le questioni attinenti.

III.   Condizioni per il riconoscimento e la sorveglianza dei gruppi di raccolta di embrioni e dei gruppi di produzione di embrioni

1.   Per essere riconosciuto, ogni gruppo di raccolta di embrioni deve essere conforme alle prescrizioni seguenti:

1.1.

la raccolta, il trattamento e il magazzinaggio degli embrioni devono essere effettuati da un veterinario del gruppo oppure, sotto la sua responsabilità, da uno o più tecnici competenti e da lui addestrati su metodi e tecniche di igiene e su tecniche e principi della lotta contro le malattie;

1.2.

il veterinario del gruppo è responsabile di tutte le operazioni del gruppo, comprendenti tra l’altro:

a)

la verifica dell’identità e delle condizioni di salute dell’animale donatore;

b)

le operazioni sanitarie e chirurgiche degli animali donatori;

c)

le procedure igieniche e di disinfezione;

d)

la tenuta di registri in cui figurano:

i)

la specie, la razza, la data di nascita e l’identificazione di ciascun animale donatore;

ii)

l’anamnesi, tutti gli esami diagnostici e i relativi risultati, i trattamenti e le vaccinazioni cui gli animali donatori sono stati sottoposti;

iii)

il luogo e la data di raccolta, trattamento e magazzinaggio di oociti, ovuli ed embrioni;

iv)

i dati d’identificazione degli embrioni e, se noti, i particolari relativi alla loro destinazione;

1.3.

il gruppo è posto sotto la sorveglianza generale di un veterinario ufficiale, che lo ispeziona almeno una volta all’anno per verificare, se necessario in base a registri, procedure operative standard e controlli interni, il rispetto delle condizioni sanitarie nella raccolta, nel trattamento e nel magazzinaggio degli embrioni, e per esaminare tutte le questioni concernenti le condizioni di riconoscimento e di sorveglianza;

1.4.

il gruppo deve disporre di un laboratorio con sede stabile o mobile che consenta l’esame, il trattamento e l’imballaggio degli embrioni e che consista almeno di un’area di lavoro, un microscopio ottico o stereo e un impianto criogenico;

1.5.

un laboratorio con sede stabile deve disporre di:

a)

un locale in cui gli embrioni possano venir trattati, fisicamente separato dall’area utilizzata per accogliere gli animali donatori durante la raccolta;

b)

un locale o un’area per la pulizia e la sterilizzazione degli strumenti, fuorché nel caso in cui si ricorra unicamente a strumenti monouso;

c)

un locale per immagazzinare gli embrioni;

1.6.

un laboratorio mobile deve:

a)

disporre di una parte del veicolo appositamente attrezzata, costituita da due reparti separati:

i)

un reparto, che deve essere pulito, per l’esame ed il trattamento degli embrioni; e

ii)

un altro reparto per sistemare le attrezzature ed i materiali che sono stati in contatto con gli animali donatori;

b)

utilizzare unicamente strumenti monouso, a meno che la sterilizzazione degli strumenti e la fornitura dei fluidi e di altri prodotti necessari per la raccolta e il trattamento degli embrioni possano essere effettuate in collegamento con un laboratorio con sede stabile;

1.7.

la progettazione e la disposizione degli edifici e dei laboratori e le operazioni del gruppo devono essere effettuate in modo tale da evitare la contaminazione incrociata degli embrioni;

1.8.

il gruppo dispone di locali di magazzinaggio che devono:

a)

comprendere almeno un locale che possa essere chiuso a chiave per il magazzinaggio di ovuli ed embrioni;

b)

poter essere puliti e disinfettati agevolmente;

c)

disporre di registri permanenti con tutti i movimenti degli embrioni in entrata e in uscita;

d)

disporre di recipienti per ovuli ed embrioni immagazzinati in un luogo posto sotto il controllo del gruppo veterinario e a ispezioni regolari di un veterinario ufficiale;

1.9.

l’autorità competente può autorizzare il magazzinaggio dello sperma nei locali di cui al punto 1.8, a condizione che esso:

a)

soddisfi le prescrizioni per le specie ovina, caprina o equina della presente direttiva o le prescrizioni per la specie suina della direttiva 90/29/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, che stabilisce le esigenze di polizia sanitaria applicabili agli scambi intracomunitari ed alle importazioni di sperma di animali della specie suina (1);

b)

sia immagazzinato per le necessità del gruppo in recipienti separati nei locali di magazzinaggio degli embrioni autorizzati.

2.   Per essere riconosciuto, ogni gruppo di produzione di embrioni deve inoltre essere conforme alle seguenti prescrizioni supplementari:

2.1.

i membri del gruppo hanno ricevuto una formazione adeguata sulla lotta contro le malattie e sulle tecniche di laboratorio, in particolare sulle procedure di lavoro in condizioni sterili;

2.2.

il gruppo dispone di un laboratorio con sede stabile dotato di:

a)

attrezzature e strutture adeguate, comprendenti locali separati per:

il prelievo degli oociti dalle ovaie,

il trattamento di oociti, ovuli ed embrioni,

il magazzinaggio degli embrioni;

b)

impianti a flusso laminare o di altro tipo adeguato, in cui si eseguono tutte le operazioni tecniche che richiedono condizioni sterili particolari (trattamento di ovuli, embrioni e sperma);

la centrifugazione dello sperma può tuttavia aver luogo al di fuori dall’impianto a flusso laminare o di diverso tipo, purché siano state adottate tutte le opportune precauzioni igieniche;

2.3.

qualora gli ovuli e gli altri tessuti debbano essere raccolti in un macello, quest’ultimo deve disporre di adeguate attrezzature per effettuare in modo igienico e sicuro la raccolta delle ovaie e degli altri tessuti e il loro trasporto al laboratorio di trattamento.

CAPITOLO II

Condizioni relative agli animali donatori

I.   Condizioni relative agli stalloni donatori

1.   Per essere destinato alla raccolta di sperma, lo stallone donatore deve, secondo il veterinario responsabile del centro, soddisfare i seguenti requisiti:

1.1.

non presentare sintomi clinici di malattie infettive o contagiose al momento dell’ammissione né il giorno del prelievo dello sperma;

1.2.

provenire dal territorio o, in caso di regionalizzazione, da una parte del territorio di uno Stato membro o di un paese terzo, nonché da un’azienda sottoposta a sorveglianza veterinaria, che devono tutti soddisfare le prescrizioni della direttiva 90/426/CEE;

1.3.

aver soggiornato, per i 30 giorni precedenti la raccolta dello sperma, in aziende in cui nessun equino abbia presentato, durante lo stesso periodo, sintomi clinici di arterite virale degli equidi o metrite contagiosa degli equidi;

1.4.

non essere stato utilizzato per la monta naturale nei 30 giorni precedenti la prima raccolta dello sperma, né durante il periodo di raccolta;

1.5.

essere stato sottoposto ai seguenti test, effettuati e certificati da un laboratorio riconosciuto dall’autorità competente, secondo il programma di cui al punto 1.6:

a)

un test di immunodiffusione in gel di agar (test di Coggins) e un test ELISA per l’anemia infettiva degli equidi, con risultato negativo;

b)

un test di isolamento del virus per l’arterite virale degli equidi, effettuato con esito negativo su una percentuale di tutto lo sperma dello stallone donatore, a meno che non sia stato ottenuto un risultato negativo in una diluizione del siero di 1:4 in un test di sieroneutralizzazione per l’arterite virale degli equidi;

c)

un test per la metrite contagiosa degli equidi eseguito in due occasioni, a sette giorni d’intervallo, su campioni prelevati dallo stallone donatore, mediante l’isolamento del germe Taylorella equigenitalis dal liquido pre-eiaculatorio o da un campione di sperma e da tamponi genitali prelevati almeno dalla guaina del pene, dall’uretra e dalla fossa uretrale, con risultato negativo in entrambi i casi;

1.6.

essere stato sottoposto a uno dei seguenti programmi di controllo:

a)

se lo stallone donatore ha soggiornato in modo continuativo nel centro di raccolta dello sperma per almeno 30 giorni precedenti la prima raccolta di sperma e durante il periodo di raccolta, e se nessun equide nel centro di raccolta dello sperma è entrato in contatto diretto con equidi in condizioni sanitarie inferiori a quelle dello stallone donatore, i test di cui al punto 1.5 devono essere effettuati su campioni prelevati dallo stallone donatore prima della prima raccolta di sperma ed almeno 14 giorni dopo l’inizio del periodo di almeno 30 giorni trascorso nel centro;

b)

se lo stallone donatore ha soggiornato nel centro di raccolta dello sperma per almeno 30 giorni precedenti la prima raccolta di sperma e durante il periodo di raccolta, ma ha potuto lasciare il centro occasionalmente sotto la responsabilità del veterinario del centro per un periodo inferiore a 14 giorni, e/o gli altri equidi del centro di raccolta sono entrati in contatto diretto con equidi in condizioni sanitarie inferiori, i test di cui al punto 1.5 devono essere effettuati su campioni raccolti dallo stallone donatore come segue:

i)

almeno una volta all’anno, all’inizio del periodo riproduttivo o prima della prima raccolta di sperma ed almeno 14 giorni dopo l’inizio del periodo di 30 giorni trascorso nel centro; e

ii)

durante il periodo di raccolta dello sperma come segue:

per il test di cui al punto 1.5, lettera a), almeno ogni 90 giorni,

per il test di cui al punto 1.5, lettera b), almeno ogni 30 giorni, a meno che l’impossibilità al dono di sperma di uno stallone risultato sieropositivo all’arterite virale degli equidi venga confermata da un test di isolamento del virus eseguito due volte all’anno, e

per il test di cui al punto 1.5, lettera c), almeno ogni 60 giorni;

c)

se lo stallone donatore non soddisfa le condizioni di cui alle lettere a) e b), e/o lo sperma è raccolto per essere commercializzato allo stato congelato, i test di cui al punto 1.5 devono essere effettuati su campioni prelevati dallo stallone donatore come segue:

i)

almeno una volta all’anno all’inizio del periodo riproduttivo;

ii)

durante il periodo di magazzinaggio di cui al capitolo III, sezione I, punto 1.3, lettera b), e prima che lo sperma sia utilizzato o allontanato dal centro, su campioni prelevati non prima di 14 giorni ed entro 90 giorni dalla raccolta dello sperma;

in deroga al punto ii), il campionamento dopo la raccolta e il test per l’arterite virale degli equidi di cui al punto 1.5, lettera b), non sono richiesti se l’impossibilità al dono di sperma di uno stallone risultato sieropositivo all’arterite virale degli equidi è confermata da un test di isolamento del virus effettuato due volte all’anno;

1.7.

nel caso in cui uno dei test indicati al punto 1.5 sia positivo, lo stallone donatore deve essere isolato e lo sperma da esso prelevato dopo l’ultimo test negativo non può essere commercializzato, ad eccezione, per l’arterite virale degli equidi, di ogni eiaculato di sperma sottoposto con risultato negativo al test di isolamento del virus per l’arterite virale degli equidi;

lo sperma prelevato da tutti gli altri stalloni nel centro di raccolta dello sperma in seguito alla raccolta dell’ultimo campione con risultato negativo in uno dei test indicati al punto 1.5, va immagazzinato separatamente e non può essere commercializzato, finché la situazione sanitaria del centro di raccolta dello sperma non è stata ristabilita e lo sperma immagazzinato non è stato sottoposto a indagini ufficiali appropriate per escludere la presenza nello sperma di patogeni che causano le malattie menzionate al punto 1.5;

1.8.

lo sperma prelevato da stalloni in un centro di raccolta dello sperma soggetto a un divieto a norma degli articoli 4 o 5 della direttiva 90/426/CEE va immagazzinato separatamente e non può essere commercializzato finché lo stato sanitario del centro di raccolta dello sperma non è stato ristabilito dal veterinario ufficiale, in conformità alla direttiva 90/426/CEE, e lo sperma immagazzinato non è stato sottoposto a indagini ufficiali appropriate per escludere la presenza nello sperma di patogeni che causano le malattie elencate nell’allegato A della direttiva 90/426/CEE.

II.   Condizioni relative agli ovini e caprini maschi donatori

1.   Tutti gli animali delle specie ovina e caprina ammessi in un centro di raccolta dello sperma devono soddisfare i requisiti seguenti:

1.1.

sono stati posti in quarantena per un periodo di almeno 28 giorni in appositi impianti approvati a tal fine dall’autorità competente, nei quali si trovano soltanto animali aventi almeno lo stesso stato sanitario (impianti di quarantena);

1.2.

prima della quarantena appartenevano a un’azienda ovina o caprina ufficialmente indenne da brucellosi, a norma dell’articolo 2 della direttiva 91/68/CEE, e precedentemente non si trovavano in un’azienda con uno stato sanitario inferiore per quanto riguarda la brucellosi;

1.3.

provengono da un’azienda in cui, nei 60 giorni precedenti la quarantena, sono stati sottoposti a un test sierologico per l’epididimite contagiosa dell’ariete (B. ovis) eseguito conformemente all’allegato D della direttiva 91/68/CEE o a un altro test con sensibilità e specificità equivalenti documentate;

1.4.

sono stati sottoposti ai seguenti test, eseguiti su un campione di sangue prelevato nei 28 giorni precedenti il periodo di quarantena menzionato al punto 1.1, con risultato negativo in entrambi i casi, fuorché nel test per la malattia di Border di cui alla lettera c), punto ii):

a)

per la brucellosi (B. melitensis), un test sierologico eseguito conformemente all’allegato C della direttiva 91/68/CEE;

b)

per l’epididimite contagiosa (B. ovis), un test sierologico eseguito conformemente all’allegato D della direttiva 91/68/CEE o un altro test con sensibilità e specificità equivalenti documentate;

c)

per la malattia di Border:

i)

un test di isolamento del virus o un test dell’antigene del virus; e

ii)

un test sierologico per determinare la presenza o l’assenza di anticorpi (test degli anticorpi);

l’autorità competente può autorizzare l’esecuzione dei test qui indicati su campioni raccolti nell’impianto di quarantena. Se tale autorizzazione è concessa, il periodo di quarantena di cui al punto 1.1 non può avere inizio prima del prelievo dei campioni. Tuttavia, se uno dei test qui indicati ha esito positivo, l’animale in questione va immediatamente allontanato dall’impianto di quarantena. Nel caso di un isolamento in gruppo, il periodo di quarantena di cui al punto 1.1 può iniziare, per gli altri animali, solo dopo l’allontanamento dell’animale risultato positivo;

1.5.

sono stati sottoposti, con risultato negativo, ai seguenti test eseguiti su campioni prelevati durante il periodo di quarantena di cui al punto 1.1 ed almeno 21 giorni dopo l’ammissione nell’impianto di quarantena:

a)

per la brucellosi (B. melitensis), un test sierologico eseguito conformemente all’allegato C della direttiva 91/68/CEE;

b)

per l’epididimite contagiosa (B. ovis), un test sierologico eseguito conformemente all’allegato D della direttiva 91/68/CEE o un altro test con sensibilità e specificità equivalenti documentate;

1.6.

sono stati sottoposti ai test per la malattia di Border di cui al punto 1.4, lettera c), punti i) e ii), eseguiti su campioni di sangue prelevati durante il periodo di quarantena specificato al punto 1.1 e almeno 21 giorni dopo l’ammissione nell’impianto di quarantena.

Gli animali (sieronegativi o sieropositivi) sono ammessi al centro di raccolta dello sperma solo se non viene rilevata alcuna sieroconversione negli animali risultati sieronegativi prima dell’ingresso nell’impianto di quarantena.

Nel caso di una sieroconversione, tutti gli animali rimasti sieronegativi vanno tenuti in quarantena per un periodo prolungato, finché non si rileva più alcuna sieroconversione nel gruppo per un periodo di tre settimane dal giorno della sieroconversione.

Gli animali sierologicamente positivi possono essere ammessi nel centro di raccolta dello sperma a condizione che risultino negativi in un test indicato al punto 1.4, lettera c), punto i).

2.   Gli animali sono ammessi nel centro di raccolta dello sperma soltanto con l’esplicito permesso del veterinario del centro. Tutti i movimenti in entrata ed uscita dal centro di raccolta dello sperma devono essere registrati.

3.   Gli animali ammessi nel centro di raccolta dello sperma non devono presentare sintomi clinici di malattia il giorno dell’ammissione.

Tutti gli animali devono, fermo restando il punto 4, provenire da un impianto di quarantena, che il giorno della spedizione degli animali al centro di raccolta dello sperma è conforme alle seguenti condizioni:

a)

è situato in una zona in cui non sono stati rilevati casi di afta epizootica in un raggio di 10 km e negli ultimi 30 giorni;

b)

è risultato indenne da afta epizootica e brucellosi negli ultimi tre mesi;

c)

è risultato indenne, negli ultimi 30 giorni, dalle malattie soggette a dichiarazione obbligatoria di cui all’articolo 2, lettera b), punto 6, della direttiva 91/68/CEE.

4.   A condizione che siano rispettate le prescrizioni del punto 3 e che durante i 12 mesi precedenti il trasferimento degli animali siano stati eseguiti i test di routine di cui al punto 5, gli animali possono essere trasferiti da un centro riconosciuto di raccolta dello sperma ad un altro di stato sanitario equivalente, senza isolamento e test se il trasferimento è diretto. L’animale in questione non deve venire a contatto diretto o indiretto con animali artiodattili di stato sanitario inferiore e il mezzo di trasporto utilizzato deve essere disinfettato prima dell’uso. Se un animale è trasferito da un centro di raccolta dello sperma a un altro situato in un altro Stato membro, il trasferimento deve avvenire in conformità alla direttiva 91/68/CEE.

5.   Tutti gli ovini e caprini presenti in un centro riconosciuto di raccolta dello sperma devono essere sottoposti almeno una volta all’anno ai seguenti test, con risultato negativo:

a)

per la brucellosi (B. melitensis), un test sierologico eseguito conformemente all’allegato C della direttiva 91/68/CEE;

b)

per l’epididimite contagiosa (B. ovis), un test sierologico eseguito conformemente all’allegato D della direttiva 91/68/CEE o un altro test con sensibilità e specificità equivalenti documentate;

c)

per la malattia di Border, il test degli anticorpi di cui al punto 1.4, lettera c), punto ii), effettuato solo su animali sieronegativi.

6.   Tutti i test menzionati in questa sezione devono essere eseguiti da un laboratorio riconosciuto.

7.   Se uno dei test indicati al punto 5 risulta positivo, l’animale va isolato e lo sperma da esso prelevato in seguito all’ultimo test negativo non può essere commercializzato.

L’animale di cui al primo paragrafo va allontanato dal centro, eccetto in caso di malattia di Border, nel qual caso l’animale deve essere sottoposto a un test indicato al punto 1.4, lettera c), punto i), con risultato negativo.

Lo sperma prelevato da tutti gli altri animali nel centro di raccolta dello sperma in seguito alla raccolta dell’ultimo campione che ha ottenuto un risultato negativo in uno dei test indicati al punto 5, va immagazzinato separatamente e non può essere commercializzato, finché lo stato sanitario del centro di raccolta dello sperma non è stato ristabilito e lo sperma immagazzinato non è stato sottoposto a indagini ufficiali appropriate per escludere la presenza nello sperma di patogeni che causano le malattie menzionate al punto 5.

8.   Lo sperma deve provenire da animali che:

a)

non presentano alcun sintomo clinico della malattia alla data della raccolta dello sperma;

b)

durante i 12 mesi che precedono la raccolta dello sperma:

i)

non sono stati vaccinati contro l’afta epizootica; oppure

ii)

sono stati vaccinati contro l’afta epizootica almeno 30 giorni prima della raccolta, nel qual caso il 5 % dello sperma di ogni raccolta (un minimo di 5 provette) va sottoposto a un test di isolamento del virus per l’afta epizootica, con risultato negativo;

c)

hanno soggiornato in un centro riconosciuto di raccolta dello sperma per un periodo continuo di almeno 30 giorni prima della racconta dello sperma, nel caso del prelievo di sperma fresco;

d)

soddisfano le prescrizioni di cui agli articoli 4, 5 e 6 della direttiva 91/68/CEE;

e)

sono stati sottoposti, se tenuti nelle aziende di cui al primo comma dell’articolo 11, paragrafo 2, ai seguenti test con risultato negativo, nei 30 giorni precedenti la raccolta dello sperma:

i)

un test sierologico per la brucellosi (B. melitensis), eseguito conformemente all’allegato C della direttiva 91/68/CEE;

ii)

un test sierologico per l’epididimite contagiosa (B. ovis), eseguito conformemente all’allegato D della direttiva 91/68/CEE o un altro test con sensibilità e specificità equivalenti documentate;

iii)

un test per il virus della malattia di Border;

f)

non devono essere utilizzati per la riproduzione naturale per almeno 30 giorni precedenti la prima raccolta di sperma e tra la data del primo prelievo di campioni di cui ai punti 1.5 e 1.6 o alla lettera e), e la fine del periodo di raccolta.

9.   Lo sperma prelevato da ovini e caprini maschi donatori in un centro di raccolta dello sperma o in un’azienda di cui all’articolo 11, paragrafo 2, primo comma, soggetti a un divieto per motivi di polizia sanitaria a norma dell’articolo 4 della direttiva 91/68/CEE va immagazzinato separatamente e non può essere commercializzato, finché lo stato sanitario del centro di raccolta dello sperma o dell’azienda non è stato ristabilito dal veterinario ufficiale, in conformità alla direttiva 91/68/CEE, e lo sperma immagazzinato non è stato sottoposto a indagini ufficiali appropriate per escludere la presenza nello sperma di patogeni che causano le malattie elencate nell’allegato B, rubrica I), della direttiva 91/68/CEE.

CAPITOLO III

Condizioni relative allo sperma, agli ovuli e agli embrioni

I.   Condizioni per la raccolta, il trattamento, la conservazione, il magazzinaggio e il trasporto dello sperma

1.1.

Il certificato sanitario di cui all’articolo 11, paragrafo 2, quarto comma, deve indicare i nomi degli antibiotici aggiunti e la loro concentrazione qualora, fatta salva la direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2), vengano aggiunti antibiotici o una miscela di antibiotici con un’attività battericida almeno equivalente a quella delle seguenti miscele, per ml di sperma: gentamicina (250 μg), tilosina (50 μg), lincomicina-spectinomicina (150/300 μg); penicillina (500 IU), streptomicina (500 μg), lincomicina-spectinomicina (150/300 μg), amicacina (75 μg), divecacina (25 μg).

1.2.

Tutti gli strumenti utilizzati per la raccolta, il trattamento, la conservazione o il congelamento dello sperma vanno disinfettati o sterilizzati in modo appropriato prima dell’uso, ad eccezione degli strumenti monouso.

1.3.

Lo sperma congelato deve

a)

essere posto e immagazzinato in recipienti:

i)

che sono stati puliti e disinfettati o sterilizzati prima dell’uso, o sono recipienti monouso,

ii)

con un agente criogeno, che non sia stato utilizzato in precedenza per altri prodotti di origine animale;

b)

essere immagazzinato, prima della spedizione o dell’utilizzo, in condizioni autorizzate per un periodo minimo di 30 giorni dalla data della raccolta.

1.4.

Lo sperma destinato alla commercializzazione deve:

a)

essere trasportato nello Stato membro di destinazione in recipienti puliti, disinfettati o sterilizzati prima dell’uso o in recipienti monouso, sigillati e numerati prima della loro spedizione dai centri riconosciuti di raccolta o magazzinaggio;

b)

essere contrassegnato in modo che il numero sulle provette o sugli altri contenitori coincida con il numero figurante sul certificato sanitario di cui all’articolo 11, paragrafo 2, quarto comma, e con il recipiente in cui sono immagazzinati e trasportati.

II.   Condizioni per ovuli ed embrioni

1.   Raccolta e trattamento di embrioni concepiti in vivo

Gli embrioni concepiti in vivo sono il risultato di un’inseminazione artificiale con sperma conforme alle prescrizioni della presente direttiva e vanno raccolti, trattati e conservati secondo le disposizioni seguenti:

1.1.

gli embrioni sono raccolti e trattati da un gruppo di raccolta riconosciuto, senza venire a contatto con altre partite di embrioni non conformi alle prescrizioni della presente direttiva;

1.2.

gli embrioni sono raccolti in un’area separata dalle altri parti dei locali o dell’azienda di raccolta degli embrioni, riparata e costruita con materiali che consentono di pulirla e disinfettarla agevolmente;

1.3.

gli embrioni sono trattati (esaminati, lavati, curati e posti in provette, ampolle o altri contenitori identificati e sterili) in un laboratorio con sede stabile o mobile, che, per quanto riguarda le specie sensibili, è situato in una zona in cui non sono stati rilevati casi di afta epizootica in un raggio di 10 km nei 30 giorni precedenti;

1.4.

tutte le attrezzature utilizzate per raccogliere, manipolare, lavare, congelare e immagazzinare embrioni devono essere sterilizzate o adeguatamente pulite e disinfettate prima dell’uso, conformemente al manuale IETS (3), o essere attrezzature monouso;

1.5.

tutti i prodotti biologici di origine animale utilizzati nei mezzi e nelle soluzioni per la raccolta, il trattamento, il lavaggio o il magazzinaggio degli embrioni devono essere privi di microorganismi patogeni. I mezzi e le soluzioni utilizzati per la raccolta, il congelamento e il magazzinaggio degli embrioni devono essere sterilizzati con metodi autorizzati secondo il manuale IETS e maneggiati in modo tale da mantenere la sterilità. Se opportuno, ai mezzi per la raccolta, il trattamento, il lavaggio e il magazzinaggio possono essere aggiunti antibiotici, in conformità al manuale IETS;

1.6.

gli agenti criogeni utilizzati per conservare o immagazzinare gli embrioni non devono essere stati utilizzati in precedenza per altri prodotti di origine animale;

1.7.

ogni provetta, ampolla o altro contenitore per embrioni deve essere chiaramente identificato con etichette secondo il sistema standardizzato conformemente al manuale IETS;

1.8.

gli embrioni devono essere lavati in conformità il manuale IETS ed avere una zona pellucida intatta prima e immediatamente dopo il lavaggio. La procedura di lavaggio standard deve essere modificata per includere lavaggi supplementari con l’enzima tripsina, conformemente al manuale IETS, se è necessaria l’inattivazione o l’eliminazione di determinati virus;

1.9.

gli embrioni di animali donatori diversi non possono essere lavati contemporaneamente;

1.10.

la zona pellucida di ciascun embrione deve essere esaminata su tutta la superficie con un ingrandimento di almeno 40 volte ed essere certificata intatta e priva di sostanze aderenti;

1.11.

gli embrioni di ogni partita che ha superato con successo l’esame di cui al punto 1.10 devono essere collocati in una provetta, un’ampolla o un altro contenitore sterili e contrassegnati conformemente al punto 1.7, che vengono immediatamente sigillati;

1.12.

se opportuno, ogni embrione è congelato ed immagazzinato al più presto in un locale sottoposto al controllo del veterinario del gruppo;

1.13.

ogni gruppo di raccolta di embrioni deve sottoporre ad analisi ufficiali per la ricerca di infezioni batteriche e virali i campioni ordinari di embrioni o di ovuli non vitali e i liquidi di sciacquo o di lavaggio risultanti dalle sue attività conformemente al manuale IETS;

1.14.

ogni gruppo di raccolta di embrioni deve tenere un registro sulle proprie attività per un periodo di due anni dopo che gli embrioni sono stati commercializzati o importati, in cui figurano:

a)

la razza, l’età e l’identificazione individuale degli animali donatori in questione;

b)

il luogo di raccolta, di trattamento e di magazzinaggio degli embrioni raccolti dal gruppo;

c)

l’identificazione degli embrioni e gli estremi del destinatario della spedizione.

2.   Raccolta e trattamento di ovuli, ovaie e altri tessuti, per la produzione di embrioni concepiti in vitro.

Le condizioni di cui ai punti 1.1-1.14 si applicano, nei casi appropriati, alla racconta e al trattamento di ovuli, ovaie e altri tessuti da utilizzare per la fecondazione in vitro e/o la coltura in vitro. Inoltre, si applicano le disposizioni seguenti:

2.1.

l’autorità competente deve essere a conoscenza della/le azienda/e di origine degli animali donatori, che sono soggette alla sua autorità;

2.2.

Nel caso di prelievi di ovaie ed altri tessuti effettuati in un macello, da singoli animali o da partite di donatori (“raccolta da partite”), il macello deve essere ufficialmente riconosciuto a norma del regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (4) e deve essere sotto la sorveglianza di un veterinario, responsabile dell’esecuzione di ispezioni ante-mortem and post-mortem dei potenziali animali donatori e della loro certificazione come esenti da sintomi delle pertinenti malattie contagiose trasmissibili agli animali. Il macello deve, per quanto riguarda le specie sensibili, essere situato in una zona in cui non sono stati rilevati casi di afta epizootica in un raggio di 10 km nei 30 giorni precedenti;

2.3.

le partite di ovaie possono essere portate nel laboratorio di trattamento soltanto dopo che è stata completata l’ispezione post-mortem degli animali donatori;

2.4.

le attrezzature per la rimozione e il trasporto delle ovaie e degli altri tessuti vanno pulite e disinfettate o sterilizzate prima dell’uso ed utilizzate esclusivamente a tale fine.

3.   Trattamento di embrioni concepiti in vitro

Le condizioni di cui ai punti 1.1-1.14 si applicano, mutatis mutandis, al trattamento degli embrioni concepiti in vitro. Inoltre, si applicano le disposizioni seguenti:

3.1.

gli embrioni concepiti in vitro sono il risultato di una fecondazione in vitro con sperma conforme alle prescrizioni della presente direttiva;

3.2.

al termine del periodo di coltura in vitro e prima del congelamento, del magazzinaggio e del trasporto degli embrioni, questi devono essere lavati e sottoposti ai trattamenti indicati ai punti 1.8, 1.10 e 1.11;

3.3.

gli embrioni provenienti da diversi animali donatori, in caso di raccolta da un singolo animale, o da diverse partite, in caso di raccolta da partite, non devono essere lavati contemporaneamente;

3.4.

gli embrioni provenienti da diversi animali donatori, in caso di raccolta da un singolo animale, o da diverse partite, in caso di raccolta da partite, non devono essere conservati nella stessa provetta, ampolla o altro contenitore.

4.   Trattamento di embrioni micromanipolati

Prima di qualsiasi micromanipolazione che comprometta l’integrità della zona pellucida, tutti gli embrioni od ovuli vanno raccolti e trattati secondo le prescrizioni sanitarie dei punti 1, 2 e 3. Inoltre, si applicano le disposizioni seguenti:

4.1.

una micromanipolazione dell’embrione che comporti la penetrazione della zona pellucida deve essere eseguita in adeguate strutture di laboratorio, sotto la sorveglianza di un gruppo autorizzato di veterinari;

4.2.

ogni gruppo di raccolta di embrioni deve tenere un registro sulle proprie attività in conformità al punto 1.14, contenente i particolari delle tecniche di micromanipolazione applicate agli embrioni che comportano la penetrazione della zona pellucida. Nel caso di embrioni concepiti con la fecondazione in vitro, l’identificazione degli embrioni può essere effettuata sulla base di una partita, ma deve contenere la data e il luogo di raccolta delle ovaie e/o degli ovuli. Inoltre, deve essere possibile identificare l’azienda di origine degli animali donatori.

5.   Magazzinaggio di embrioni

5.1.

Ciascun gruppo di raccolta e di produzione di embrioni deve provvedere affinché gli embrioni siano immagazzinati a temperature adeguate nei locali di magazzinaggio di cui al capitolo I, sezione III, punto 1.8.

5.2.

Gli embrioni congelati devono essere immagazzinati in condizioni autorizzate prima della spedizione, per un periodo minimo di 30 giorni dalla loro raccolta o produzione.

6.   Trasporto di embrioni

6.1.

Gli embrioni destinati alla commercializzazione devono essere trasportati nello Stato membro di destinazione in recipienti puliti, disinfettati o sterilizzati prima dell’uso o in recipienti monouso, sigillati e numerati prima della spedizione dai locali di magazzinaggio autorizzati.

6.2.

Le provette, le ampolle o gli altri contenitori devono essere contrassegnati in modo che il numero che vi figura coincida con il numero indicato sul certificato sanitario di cui all’articolo 11, paragrafo 3, terzo comma, e con il recipiente in cui sono immagazzinati e trasportati.

CAPITOLO IV

Condizioni relative alle femmine donatrici

1.   Le femmine donatrici possono essere destinate alla raccolta di embrioni o di ovuli solo se esse o le loro aziende d’origine soddisfano, a giudizio del veterinario ufficiale, le condizioni di cui alle pertinenti direttive in materia di scambi intra-UE di animali vivi d’allevamento e da produzione per le specie in questione.

2.   Oltre alle prescrizioni della direttiva 64/432/CEE, le femmine donatrici della specie suina devono, ad eccezione degli embrioni concepiti in vivo sottoposti a un trattamento con tripsina, soddisfare le prescrizioni per la malattia di Aujeszky dell’articolo 9 o 10 di tale direttiva.

3.   Le disposizioni della direttiva 91/68/CEE si applicano alle femmine donatrici della specie ovina e caprina.

4.   Oltre a soddisfare le prescrizioni della direttiva 90/426/CEE, le giumente devono:

4.1.

non essere utilizzate per la riproduzione naturale per almeno 30 giorni precedenti la raccolta degli ovuli o degli embrioni e tra il primo prelievo di campioni di cui ai punti 4.2 e 4.3 e la raccolta di ovuli ed embrioni;

4.2.

essere sottoposte con risultato negativo a un test di immunodiffusione in gel di agar (test di Coggins) o un test ELISA per l’anemia infettiva degli equidi, eseguito su campioni di sangue prelevati all’inizio nei 30 giorni immediatamente precedenti la prima raccolta di ovuli o embrioni, e in seguito ogni 90 giorni durante il periodo di raccolta;

4.3.

essere sottoposte a un test per la metrite contagiosa degli equidi con isolamento del germe Taylorella equigenitalis, eseguito su campioni prelevati dalle superfici mucosali della fossa e dei seni clitoridei in due periodi di calore (estro) consecutivi, e durante uno degli estri su un ulteriore campione di coltura prelevato dalla cervice endometriale, tutti con risultato negativo dopo una coltivazione da 7 a 14 giorni.»


(1)  GU L 224 del 18.8.1990, pag. 62.

(2)  GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1.

(3)  Manual of the International Embryo Transfer Society — A procedural guide and general information for the use of embryo transfer technology emphasising sanitary procedures (Manuale della Società internazionale per il trasferimento embrionale — Guida procedurale e informazioni generali per l’utilizzo della tecnologia del trasferimento embrionale con particolare riguardo per le procedure sanitarie) pubblicato da: International Embryo Transfer Society, 1111 North Dunlap Avenue, Savoy, Illinois 61874, USA (http://www.iets.org/).

(4)  GU L 139 del 30.4.2004, pag. 206.


3.3.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 52/28


REGOLAMENTO (UE) N. 177/2010 DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

recante modifica del regolamento (CEE) n. 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (1), in particolare l’articolo 247,

considerando quanto segue:

(1)

A fini di chiarezza è opportuno modificare la struttura dell’articolo 313 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione (2) che stabilisce in quali casi si deve considerare che le merci abbiano posizione comunitaria.

(2)

Ai fini dell’istituzione dello spazio europeo per il trasporto marittimo senza frontiere, menzionato nella Comunicazione e nel piano d’azione della Commissione nella prospettiva della creazione di uno spazio europeo per il trasporto marittimo senza frontiere (3), è necessario semplificare i compiti sia degli operatori economici che delle amministrazioni doganali con riguardo alle merci trasportate per mare fra porti situati nel territorio doganale della Comunità.

(3)

In particolare, occorre prevedere una procedura di autorizzazione dei collegamenti marittimi regolari e di registrazione delle navi che utilizzi il sistema elettronico di informazione e comunicazione per il rilascio dei certificati AEO di cui all’articolo 14 quinvicies del regolamento (CEE) n. 2454/93.

(4)

Per ridurre l’uso di documenti cartacei, la presentazione di una versione su carta del manifesto trasmesso mediante un sistema di scambio elettronico di dati di cui all’articolo 324 sexies del regolamento (CEE) n. 2454/93 non deve essere richiesta quando le autorità doganali hanno accesso al sistema elettronico d’informazione e comunicazione in cui figura detto manifesto.

(5)

Occorre modificare l’articolo 324 quater, paragrafo 1, inserendovi il corretto riferimento alle misure di sicurezza da adottarsi in merito ai timbri. È necessario modificare gli errati riferimenti all’allegato 37 quater del regolamento (CEE) n. 2454/93 negli elementi d’informazione che figurano nella dichiarazione di transito di cui all’allegato 37 bis di detto regolamento, modificato dal regolamento (CE) n. 1192/2008 (4).

(6)

Occorre pertanto modificare di conseguenza il regolamento (CEE) n. 2454/93.

(7)

Per tutelare le legittime aspettative degli operatori economici, occorre che le autorizzazioni relative a un collegamento marittimo regolare che siano anteriori alla data di applicazione del presente regolamento siano considerate concesse in conformità del presente regolamento. Per garantire che tutte le autorizzazioni siano disponibili nello stesso sistema elettronico, è necessario che le autorizzazioni anteriori vengano registrate nel sistema elettronico d’informazione e comunicazione per il rilascio del certificato AEO.

(8)

Occorre consentire agli Stati membri e alle autorità doganali di disporre di tempo sufficiente a creare un sistema elettronico d’informazione e comunicazione totalmente operativo.

(9)

Poiché le disposizioni relative ai dati della dichiarazione di transito di cui all’allegato 37 bis del regolamento (CEE) n. 2454/93, modificato dal regolamento (CE) n. 1192/2008, sono d’applicazione dal 1o luglio 2008, occorre prevedere che le modifiche apportate a dette disposizioni si applichino ugualmente da tale data.

(10)

Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato del codice doganale,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Il regolamento (CEE) n. 2454/93 è modificato come segue:

1)

l’articolo 313 è sostituito dal seguente:

«Articolo 313

1.   Salvo il disposto dell’articolo 180 del codice e le deroghe del paragrafo 2 del presente articolo, tutte le merci che si trovano sul territorio doganale della Comunità sono considerate merci comunitarie, tranne quando si accerti che non hanno posizione comunitaria.

2.   Non sono considerate merci comunitarie, salvo che la loro posizione comunitaria venga debitamente accertata conformemente agli articoli da 314 a 323 del presente regolamento:

a)

le merci introdotte nel territorio doganale della Comunità in conformità dell’articolo 37 del codice;

b)

le merci vincolate al regime della custodia temporanea o collocate in una zona franca sottoposta a controllo di tipo I, secondo le disposizioni dell’articolo 799 del presente regolamento, o introdotte in un deposito franco;

c)

le merci vincolate ad un regime sospensivo o collocate in una zona franca sottoposta a controllo di tipo II, secondo le disposizioni dell’articolo 799 del presente regolamento.

3.   In deroga al paragrafo 2, lettera a), sono considerate merci comunitarie, tranne quando si accerti che non hanno posizione comunitaria, le merci introdotte nel territorio doganale della Comunità:

a)

per via aerea, imbarcate o trasbordate in un aeroporto situato sul territorio doganale della Comunità e destinate a un altro aeroporto situato sul territorio doganale della Comunità, purché il trasporto venga effettuato con un documento di trasporto unico rilasciato in uno Stato membro; oppure

b)

via mare, qualora siano trasportate tra due porti situati all’interno del territorio doganale della Comunità mediante un servizio regolare, autorizzato ai sensi dell’articolo 313 ter.»;

2)

gli articoli 313 bis e 313 ter sono sostituiti dai seguenti:

«Articolo 313 bis

Per “collegamento marittimo regolare” si intende un servizio di trasporto delle merci a bordo di navi che eseguono trasporti solamente tra porti situati nel territorio doganale della Comunità e non possono provenire, essere dirette o fare scalo in nessun punto al di fuori di tale territorio o in una zona franca sottoposta a controllo di tipo I, ai sensi dell’articolo 799, di un porto nel suddetto territorio.

Articolo 313 ter

1.   Una società di navigazione marittima può essere autorizzata ad istituire servizi di linea previa presentazione di una domanda alle autorità doganali dello Stato membro nel cui territorio è stabilita o, se non è stabilita, dispone di un ufficio regionale, purché siano soddisfatte le condizioni di cui al presente articolo e all’articolo 313 quater.

2.   L’autorizzazione è concessa esclusivamente alle società di navigazione marittima che:

a)

sono stabilite nel territorio doganale della Comunità, o vi dispongono di un ufficio regionale, e mettono la propria documentazione a disposizione delle autorità doganali competenti;

b)

soddisfano le condizioni stabilite all’articolo 14 nonies;

c)

determinano la(e) nave(i) da utilizzare per il servizio e specificano i porti in cui fare scalo dopo che è stata rilasciata l’autorizzazione;

d)

si impegnano, sulle rotte dei servizi di linea, a non effettuare nessuno scalo nei porti situati al di fuori del territorio doganale della Comunità o nelle zone franche sottoposte a controllo di tipo I istituite in porti situati nel territorio doganale della Comunità e a non effettuare alcun trasbordo di merci in mare;

e)

a registrare presso l’autorità doganale competente per l’autorizzazione i nomi delle navi destinate al servizio regolare e i porti di scalo.

3.   La domanda di autorizzazione per un servizio di linea specifica quali sono gli Stati membri interessati dal servizio. Le autorità doganali dello Stato membro cui è stata presentata la domanda (autorità doganale di rilascio) informano le autorità doganali degli altri Stati membri interessati dal servizio di linea (autorità doganali corrispondenti) mediante il sistema elettronico di informazione e comunicazione di cui all’articolo 14 quinvicies.

Fatto salvo il paragrafo 4, entro 45 giorni dal ricevimento di tale notifica le autorità doganali corrispondenti possono respingere la domanda adducendo come motivazione il mancato rispetto della condizione di cui al paragrafo 2, lettera b), e comunicare il rifiuto mediante il sistema elettronico di informazione e comunicazione di cui all’articolo 14 quinvicies. L’autorità doganale corrispondente indica i motivi del rifiuto e le disposizioni giuridiche relative alle infrazioni commesse. In tal caso l’autorità doganale di rilascio non rilascia l’autorizzazione e notifica, motivandolo, il rifiuto alla società che ha presentato domanda.

In assenza di risposta o di rifiuto da parte delle autorità doganali corrispondenti, l’autorità doganale di rilascio, dopo aver esaminato se le condizioni per l’autorizzazione sono soddisfatte, rilascia l’autorizzazione, che sarà accettata dagli altri Stati membri interessati dal servizio di linea. Il sistema elettronico di informazione e comunicazione di cui all’articolo 14 quinvicies è utilizzato per registrare l’autorizzazione e notificare il rilascio della stessa alle autorità doganali corrispondenti.

4.   Qualora la società di navigazione disponga di un certificato AEO di cui all’articolo 14 bis, paragrafo 1, lettera a) o c), i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere a) e b), e al paragrafo 3 del presente articolo sono considerati soddisfatti.»;

3)

sono inseriti i seguenti articoli da 313 quater a 313 septies:

«Articolo 313 quater

1.   Dopo che un servizio regolare è stato autorizzato ai sensi dell’articolo 313 ter, la società di navigazione interessata deve destinarvi le navi registrate a tale scopo.

2.   La società di navigazione è tenuta ad informare l’autorità doganale di rilascio di ogni evento verificatosi dopo il rilascio dell’autorizzazione e che potrebbe influenzarne il mantenimento o il contenuto.

Qualora un’autorizzazione sia revocata dall’autorità doganale di rilascio o su richiesta della società di navigazione, detta autorità doganale notifica la revoca alle autorità doganali corrispondenti utilizzando il sistema elettronico di informazione e comunicazione di cui all’articolo 14 quinvicies.

3.   La procedura prevista all’articolo 313 ter, paragrafo 3, si applica se è necessario modificare l’autorizzazione per includere Stati membri che non erano contemplati nell’autorizzazione originale o in un’autorizzazione precedente. Le disposizioni dell’articolo 313 ter, paragrafo 4, si applicano mutatis mutandis.

Articolo 313 quinquies

1.   La società di navigazione marittima autorizzata ad istituire servizi regolari di linea comunica all’autorità doganale di rilascio le seguenti informazioni:

a)

i nomi delle navi destinate al servizio regolare di linea;

b)

il primo porto da cui la nave inizia ad operare come servizio di linea;

c)

i porti di scalo;

d)

le eventuali modifiche alle informazioni di cui alle lettere a), b) e c);

e)

la data e l’ora in cui le modifiche di cui alla lettera d), entrano in vigore.

2.   Le informazioni comunicate in conformità del paragrafo 1 sono registrate dall’autorità doganale di rilascio nel sistema elettronico di informazione e comunicazione di cui all’articolo 14 quinvicies entro un giorno lavorativo dal giorno della comunicazione. Esse sono accessibili alle autorità doganali operanti nei porti situati nel territorio doganale della Comunità.

La registrazione è valida dal primo giorno lavorativo successivo a quello in cui è effettuata la registrazione.

Articolo 313 sexies

Quando una nave registrata per un servizio regolare di trasporto marittimo è costretta da caso fortuito o forza maggiore ad effettuare un trasbordo di merci in alto mare o a fare temporaneamente scalo in un porto che non fa parte del servizio regolare di trasporto marittimo, compresi i porti situati al di fuori del territorio doganale della Comunità e le zone franche sottoposte a controllo di tipo I istituite in un porto situato nel territorio doganale della Comunità, la società di navigazione ne informa immediatamente le autorità doganali dei successivi porti di scalo della Comunità, compresi quelli sulla rotta prevista della nave. Le merci caricate o scaricate in tali porti non sono considerate merci comunitarie.

Articolo 313 septies

1.   Le autorità doganali possono richiedere alla società di navigazione la presentazione di prove del rispetto delle disposizioni di cui agli articoli da 313 ter a 313 sexies.

2.   Qualora le autorità doganali constatino che la società di navigazione non ha rispettato le disposizioni di cui al paragrafo 1, ne informano immediatamente tutte le autorità doganali interessate dal servizio regolare utilizzando il sistema elettronico di informazione e comunicazione di cui all’articolo 14 quinvicies, in modo che dette autorità possano prendere le misure necessarie.»;

4)

all’articolo 324 quater, paragrafo 1, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Il punto 27 dell’allegato 37 quinquies si applica per analogia.»;

5)

all’articolo 324 sexies, paragrafo 4, le lettere c) e d), sono sostituite dalle seguenti:

«c)

il manifesto trasmesso mediante un sistema di scambio elettronico di dati è presentato alle autorità doganali del porto di partenza al più tardi il giorno lavorativo successivo alla partenza della nave, e in ogni caso prima dell’arrivo della nave al porto di destinazione. Le autorità doganali possono richiedere una versione su carta del manifesto trasmesso mediante un sistema di scambio elettronico di dati, quando non hanno accesso a un sistema d’informazione approvato dalle autorità doganali in cui figuri detto manifesto;

d)

il manifesto trasmesso mediante un sistema di scambio di dati è presentato alle autorità doganali del porto di destinazione. Le autorità doganali possono richiedere una versione su carta del manifesto trasmesso mediante un sistema di scambio elettronico di dati quando non hanno accesso a un sistema d’informazione approvato dalle autorità doganali in cui figuri detto manifesto.»;

6)

all’allegato 37 bis, titolo II, punto B «Elementi d’informazione che figurano nella dichiarazione di transito», il gruppo di dati «COLLI» è modificato come segue:

a)

il testo dell’attributo «Marchi e numeri dei colli» è sostituito dal seguente:

«Marchi e numeri dei colli

(casella 31)

Tipo/Lunghezza: an ..42

 

Questo attributo deve essere utilizzato se l’attributo “Natura dei colli” contiene codici figuranti nell’allegato 38 diversi da quelli utilizzati per “alla rinfusa” (VQ, VG, VL, VY, VR o VO) o per “merce disimballata o non imballata” (NE, NF, NG). Il suo utilizzo è facoltativo se l’attributo “Natura dei colli” contiene uno dei codici summenzionati.»;

b)

il testo dell’attributo «Numero di colli» è sostituito dal seguente:

«Numero di colli

(casella 31)

Tipo/Lunghezza: an ..5

 

Questo attributo deve essere utilizzato se l’attributo “Natura dei colli” contiene codici figuranti nell’allegato 38 diversi da quelli utilizzati per “alla rinfusa” (VQ, VG, VL, VY, VR o VO) o per “merce disimballata o non imballata” (NE, NF, NG). Esso non può essere utilizzato se l’attributo “Natura dei colli” contiene uno dei codici summenzionati.»

Articolo 2

Le autorizzazioni che istituiscono un servizio di linea regolare anteriori alla data di applicazione menzionata all’articolo 3, paragrafo 2 del presente regolamento, sono considerate rilasciate in conformità del regolamento (CEE) n. 2454/93 modificato dal presente regolamento.

L’autorità doganale di rilascio archivia tali autorizzazioni nel sistema elettronico di informazione e comunicazione di cui all’articolo 14 quinvicies del regolamento (CEE) n. 2454/93 entro un mese dalla data di applicazione di cui all’articolo 3, paragrafo 2.

Articolo 3

Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

I punti 2 e 3 dell’articolo 1 si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2012.

I punti 4 e 6 dell’articolo 1 si applicano a decorrere dal 1o luglio 2008.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione

Il presidente

José Manuel BARROSO


(1)  GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1.

(2)  GU L 253 dell’11.10.1993, pag. 1.

(3)  COM(2009) 10 definitivo.

(4)  GU L 329 del 6.12.2008, pag. 1.


3.3.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 52/32


REGOLAMENTO (UE) N. 178/2010 DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

che modifica il regolamento (CE) n. 401/2006 per quanto concerne le arachidi, gli altri semi oleosi, la frutta a guscio, le mandorle di albicocche, la liquirizia e l’olio vegetale

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 11, paragrafo 4,

considerando quanto segue:

(1)

Il regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione, del 19 dicembre 2006, che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (2) stabilisce limiti massimi applicabili a talune micotossine in alcuni prodotti alimentari.

(2)

Il prelievo di campioni svolge un ruolo molto importante nella determinazione precisa dei tenori di micotossine, che sono distribuiti in modo molto eterogeneo in una partita. È opportuno di conseguenza stabilire i criteri generali ai quali deve essere conforme il metodo di campionamento.

(3)

Il regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (3) stabilisce i criteri applicabili al prelievo di campioni per il controllo dei tenori di micotossine.

(4)

È necessario modificare alcune disposizioni relative al prelievo di campioni di aflatossine in alcuni prodotti alimentari per tenere conto delle evoluzioni del Codex Alimentarius e dei tenori massimi di micotossine fissati di recente per nuove categorie di prodotti alimentari.

(5)

Il Codex Alimentarius ha stabilito un nuovo piano di prelievo per le arachidi, le mandorle, le nocciole e i pistacchi destinati ad una ulteriore trasformazione, nonché per le mandorle, le nocciole e i pistacchi «pronti al consumo» (4).

(6)

Al fine di facilitare il rispetto dei tenori massimi di aflatossine, è opportuno applicare le disposizioni relative al prelievo di campioni così come stabilito dal Codex Alimentarius per le arachidi, le mandorle, le nocciole e i pistacchi destinati ad una ulteriore trasformazione, nonché per gli altri frutti a guscio destinati ad ulteriore trasformazione. È inoltre opportuno applicare le disposizioni relative al prelievo di campioni così come stabilito dal Codex Alimentarius per le arachidi, le mandorle, le nocciole e i pistacchi «pronti al consumo» nonché per altri frutti a guscio e arachidi «pronti al consumo». È inoltre opportuno applicare la procedura di campionamento della frutta a guscio alle mandorle di albicocche. È quindi opportuno modificare di conseguenza la parte D dell’allegato I del regolamento (CE) n. 401/2006 al fine di prevedere unicamente la procedura di campionamento per i fichi secchi, che deve rimanere immutata; la nuova procedura di campionamento delle arachidi, delle mandorle di albicocche, della frutta a guscio deve essere stabilita in una parte distinta dell’allegato.

(7)

Tenori massimi di aflatossine sono stati stabiliti per i semi oleosi diversi dalle arachidi (5) e tenori massimi di ocratossina A sono stati stabiliti anche per le spezie, la radice di liquirizia e l’estratto di liquirizia (6). È opportuno prevedere disposizioni specifiche di campionamento per queste nuove categorie di prodotti alimentari e fare eventualmente riferimento alle disposizioni esistenti.

(8)

Il campionamento di oli vegetali per il controllo delle microtossine ha caratteristiche specifiche ed è quindi opportuno prevedere per questa procedura regole specifiche.

(9)

Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

L’allegato I del regolamento (CE) n. 401/2006 è modificato come segue:

1)

la parte D è sostituita dal testo che figura nell’allegato I del presente regolamento;

2)

nella parte E, la prima frase è sostituita dal testo seguente:

«Questo metodo di campionamento deve essere utilizzato per il controllo ufficiale dei tenori massimi di ocratossina A, di aflatossina B1 e di aflatossine totali per le spezie.»;

3)

la parte G è sostituita dal testo che figura nell’allegato II del presente regolamento;

4)

la parte K, il cui testo figura nell’allegato III del presente regolamento, è aggiunta.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il decimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione

Il presidente

José Manuel BARROSO


(1)  GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1.

(2)  GU L 364 del 20.12.2006, pag. 5.

(3)  GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12.

(4)  Norma generale Codex per i contaminanti e le tossine nei prodotti destinati al consumo umano e animale (CODEX STAN 193-1995) http://www.codexalimentarius.net/download/standards/17/CXS_193e.pdf

(5)  Regolamento (UE) n. 165/2010 della Commissione, del 26 febbraio 2010, che modifica il regolamento (CE) n. 1881/2006 che definisce tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari per quanto riguarda le aflatossine (GU L 50 del 27.2.2010, pag. 8).

(6)  Regolamento (UE) n. 105/2010 della Commissione, del 5 febbraio 2010, che modifica il regolamento (CE) n. 1881/2006 che definisce tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari per quanto riguarda l’ocratossina A (GU L 35 del 6.2.2010, pag. 7).


ALLEGATO I

«D.1.   Metodo di campionamento per i fichi secchi

Questo metodo di campionamento deve essere utilizzato per il controllo ufficiale dei tenori massimi di aflatossina B1 e di aflatossine totali stabiliti per i fichi secchi.

D.1.1.   Peso del campione elementare

Il peso del campione elementare è di circa 300 grammi, a meno che non sia definito in altro modo nella parte D.1 dell’allegato I.

Nel caso di partite che si presentano in confezioni al dettaglio, il peso del campione elementare dipende dalla dimensione della confezione stessa.

Nel caso di confezioni al dettaglio che pesano più di 300 grammi, il campione globale peserà più di 30 kg. Se il peso di ciascuna confezione al dettaglio supera di molto i 300 grammi, è opportuno ritirare 300 grammi da ciascuna di tali confezioni per costituire il campione elementare. Questa operazione può essere effettuata al momento del prelievo del campione o in laboratorio. Se tuttavia tale metodo di campionamento provocherebbe conseguenze commerciali inaccettabili derivanti dal deterioramento della partita (a causa della forma dell’imballaggio, del mezzo di trasporto, ecc.), può essere impiegato un altro metodo di campionamento. Ad esempio, nel caso in cui un prodotto di valore è commercializzato in confezioni al dettaglio di 500 grammi o 1 kg, il campione globale può essere ottenuto riunendo un numero di campioni elementari inferiore a quello indicato nelle tabelle 1, 2 e 3, a condizione che il suo peso corrisponda al peso richiesto per il campione globale, così come indicato in tali tabelle.

Se la confezione al dettaglio pesa meno di 300 grammi e questa differenza di peso non è particolarmente importante, si considera che una confezione al dettaglio equivale a un campione elementare, per cui il campione globale avrà un peso inferiore ai 30 kg. Se il peso della confezione al dettaglio è molto inferiore ai 300 grammi, un campione elementare è costituito da due o più confezioni al dettaglio, affinché il suo peso si avvicini quanto più possibile ai 300 grammi.

D.1.2.   Riassunto generale dei metodi di campionamento per i fichi secchi

Tabella 1

Suddivisione delle partite in sottopartite in funzione del prodotto e del peso della partita

Prodotto alimentare

Peso della partita (in tonnellate)

Peso o numero delle sottopartite

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg)

Fichi secchi

≥ 15

15-30 tonnellate

100

30

< 15

10-100 (1)

≤ 30

D.1.3.   Metodo di campionamento per i fichi secchi (partite ≥ 15 tonnellate)

A condizione che le sottopartite possano essere separate fisicamente, ciascuna partita è suddivisa in sottopartite conformemente alla tabella 1. Considerando che il peso di una partita non è sempre un multiplo esatto del peso delle sottopartite, il peso delle sottopartite può superare il peso indicato per un massimo del 20 %.

Ciascuna sottopartita è oggetto di campionamento separato.

Numero dei campioni elementari: 100.

Peso del campione globale = 30 kg da mescolare e suddividere in tre campioni di laboratorio uguali di 10 kg prima della macinatura (questa divisione in tre campioni di laboratorio non è necessaria nel caso di fichi secchi destinati ad essere ulteriormente selezionati o a subire altri trattamenti fisici, oppure se si dispone di un’apparecchiatura in grado di omogeneizzare campioni di 30 kg).

Ciascun campione di laboratorio di 10 kg viene macinato separatamente e finemente e mescolato con cura per ottenere un’omogeneizzazione completa, in conformità delle disposizioni di cui allegato II.

Nei casi in cui non è possibile applicare le modalità di prelievo sopra descritte senza causare effetti commerciali inaccettabili dovuti al danneggiamento della partita (ad esempio a causa delle forme d’imballaggio o dei mezzi di trasporto), si può ricorrere a un metodo alternativo, a condizione che il campionamento sia il più rappresentativo possibile e che il metodo applicato sia chiaramente descritto e debitamente documentato.

D.1.4.   Metodo di campionamento per i fichi secchi (partite < 15 tonnellate)

Il numero di campioni elementari da prelevare dipende dal peso della partita ed è compreso tra un minimo di 10 a un massimo di 100.

Per determinare il numero di campioni elementari da prelevare e la suddivisione del campione globale è possibile basarsi sulle cifre della seguente tabella 2.

Tabella 2

Numero di campioni elementari da prelevare in funzione del peso della partita e numero di suddivisioni del campione globale

Peso della partita (in tonnellate)

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg) (in caso di confezioni al dettaglio il peso del campione globale può variare — cfr. punto D.1.1.)

N. di campioni di laboratorio a partire dal campione globale

≤ 0,1

10

3

1 (nessuna suddivisione)

> 0,1 - ≤ 0,2

15

4,5

1 (nessuna suddivisione)

> 0,2 - ≤ 0,5

20

6

1 (nessuna suddivisione)

> 0,5 - ≤ 1,0

30

9 (- < 12 kg)

1 (nessuna suddivisione)

> 1,0 - ≤ 2,0

40

12

2

> 2,0 - ≤ 5,0

60

18 (- < 24 kg)

2

> 5,0 - ≤ 10,0

80

24

3

> 10,0 - ≤ 15,0

100

30

3

Peso del campione globale ≤ 30 kg da mescolare e suddividere in due o tre campioni di laboratorio uguali di peso ≤ 10 kg prima della macinatura (questa suddivisione in due o tre campioni di laboratorio non è necessaria nel caso dei fichi secchi destinati ad essere ulteriormente selezionati o a subire altri trattamenti fisici, oppure se si dispone di un’apparecchiatura in grado di omogeneizzare un campione avente un peso sino a 30 kg).

Nel caso in cui i pesi del campione globale siano inferiori a 30 kg, il campione globale è diviso in campioni di laboratorio secondo il seguente schema:

< 12 kg: nessuna suddivisione in campioni di laboratorio

≥ 12 - < 24 kg: suddivisione in due campioni di laboratorio

≥ 24 kg: divisione in tre campioni di laboratorio.

Ciascun campione di laboratorio viene macinato separatamente e finemente e mescolato con cura per ottenere un’omogeneizzazione completa, in conformità delle disposizioni di cui allegato II.

Nei casi in cui non è possibile applicare le modalità di prelievo sopra descritte senza causare effetti commerciali inaccettabili dovuti al danneggiamento della partita (ad esempio a causa delle forme d’imballaggio o dei mezzi di trasporto), si può ricorrere a un metodo alternativo, a condizione che il campionamento sia il più rappresentativo possibile e che il metodo applicato sia chiaramente descritto e debitamente documentato.

D.1.5.   Metodo di campionamento per i prodotti derivati e gli alimenti composti da più ingredienti

D.1.5.1.   Prodotti derivati che presentano particelle molto fini (distribuzione omogenea della contaminazione da aflatossine)

Numero di campioni elementari: 100; per le partite il cui peso è inferiore a 50 tonnellate il numero di campioni elementari è compreso fra 10 e 100, in funzione del peso della partita (cfr. tabella 3).

Tabella 3

Numero di campioni elementari da prelevare in funzione del peso della partita

Peso della partite (in tonnellate)

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg)

≤ 1

10

1

> 1 - ≤ 3

20

2

> 3 - ≤ 10

40

4

> 10 - ≤ 20

60

6

> 20 - ≤ 50

100

10

Il peso del campione elementare è di circa 100 grammi. Nel caso di partite che si presentano in confezioni al dettaglio, il peso del campione elementare dipende dal peso della confezione stessa.

Peso del campione globale (sufficientemente mescolato) = 1-10 kg.

D.1.5.2.   Altri prodotti derivati che presentano particelle relativamente grandi (distribuzione eterogenea della contaminazione da aflatossine)

Metodo di campionamento e criteri di accettazione analoghi a quelli utilizzati per i fichi secchi (D.1.3 e D.1.4).

D.1.6.   Campionamento nella fase di vendita al dettaglio

Il campionamento di prodotti alimentari nella fase di vendita al dettaglio deve essere effettuato quando possibile in conformità con le disposizioni della presente parte dell’allegato I.

Ove ciò non sia possibile, si può ricorrere ad altri metodi efficaci di campionamento nella fase della distribuzione al dettaglio, purché il campione globale sia sufficientemente rappresentativo della partita campionata e il metodo utilizzato sia chiaramente descritto e debitamente documentato. In ogni caso, il campione globale deve pesare almeno 1 kg (2).

D.1.7.   Metodo specifico di campionamento per i fichi e i prodotti derivati commercializzati in confezioni sotto vuoto

D.1.7.1   Fichi secchi

Per le partite il cui peso è pari o superiore a 15 tonnellate si prelevano almeno 50 campioni elementari in modo da costituire un campione globale di 30 kg. Per le partite inferiori alle 15 tonnellate si preleva il 50 % del numero dei campioni elementari indicato nella tabella 2, il che costituisce un campione globale il cui peso corrisponde al peso della partita campionata (cfr. tabella 2).

D.1.7.2.   Prodotti derivati dai fichi con particelle di piccole dimensioni

Per le partite il cui peso è pari o superiore a 50 tonnellate si prelevano almeno 25 campioni elementari in modo da costituire un campione globale di 10 kg. Per le partite inferiori alle 50 tonnellate si preleva il 25 % del numero dei campioni elementari indicato nella tabella 3, il che costituisce un campione globale il cui peso corrisponde al peso della partita campionata (cfr. tabella 3).

D.1.8.   Accettazione di una partita o sottopartita

Per i fichi secchi sottoposti a selezione o ad altri trattamenti fisici:

accettazione se il campione globale o la media dei campioni di laboratorio non supera il limite massimo, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero,

rifiuto se il campione globale o la media dei campioni di laboratorio supera il limite massimo oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero.

Per i fichi secchi direttamente destinati all’alimentazione umana:

accettazione se nessuno dei campioni di laboratorio supera il limite massimo, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero,

rifiuto se uno o più campioni di laboratorio superano il limite massimo oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero.

Nei casi in cui il campione globale ha un peso uguale o inferiore a 12 kg:

accettazione se il campione di laboratorio non supera il limite massimo, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero,

rifiuto se il campione di laboratorio supera il limite massimo, oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero.

D.2.   Metodo di prelievo di campioni per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche e la frutta a guscio

Questo metodo di prelievo deve essere utilizzato per il controllo ufficiale dei tenori massimi di aflatossina B1 e di aflatossine totali fissati per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche e la frutta a guscio.

D.2.1.   Peso del campione elementare

Il peso del campione elementare è di circa 200 grammi, a meno che non sia definito in altro modo nella presente parte D.2 dell’allegato I.

Nel caso di partite che si presentano in confezioni al dettaglio, il peso del campione elementare dipende dal peso della confezione.

Nel caso di confezioni al dettaglio che pesano più di 200 grammi, il campione globale peserà più di 20 kg. Se il peso di ciascuna confezione al dettaglio supera di molto i 200 grammi, è opportuno ritirare 200 grammi da ciascuna di tali confezioni per costituire un campione elementare. Questa operazione può essere effettuata al momento del prelievo del campione o in laboratorio. Nei casi in cui non è possibile applicare le modalità di prelievo sopra descritte senza causare effetti commerciali inaccettabili derivanti dal deterioramento della partita (ad esempio a causa delle forme dell’imballaggio o dei mezzi di trasporto, ecc.), può essere impiegato un altro metodo di campionamento. Ad esempio, nel caso in cui un prodotto di valore è commercializzato in confezioni al dettaglio di 500 grammi o 1 kg, il campione globale può essere ottenuto riunendo un numero di campioni elementari inferiore a quello indicato nelle tabelle 1, 2 e 3, a condizione che il suo peso corrisponda al peso richiesto per il campione globale, così come indicato in tali tabelle.

Se la confezione al dettaglio pesa meno di 200 grammi e questa differenza di peso non è particolarmente importante, si considera che una confezione al dettaglio equivale a un campione elementare, per cui il campione globale avrà un peso inferiore ai 20 kg. Se il peso della confezione al dettaglio è molto inferiore ai 200 grammi, il campione elementare è costituito da due o più confezioni al dettaglio, affinché il suo peso si avvicini quanto più possibile ai 200 grammi.

D.2.2.   Riassunto generale del metodi di campionamento per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche e la frutta a guscio

Tabella 1

Suddivisione delle partite in sottopartite in funzione del prodotto e del peso della partita

Prodotto alimentare

Peso della partita (in tonnellate)

Peso o numero delle sottopartite

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg)

Arachidi, altri semi oleosi, mandorle di albicocche e frutta a guscio

≥ 500

100 tonnellate

100

20

> 125 e < 500

5 sottopartite

100

20

≥ 15 e ≤ 125

25 tonnellate

100

20

< 15

10-100 (3)

≤ 20

D.2.3.   Metodo di prelievo di campioni per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche e la frutta a guscio (partite ≥ 15 tonnellate)

A condizione che le sottopartite possano essere separate fisicamente, ciascuna partita è suddivisa in sottopartite conformemente alla tabella 1. Considerando che il peso delle partite non è sempre un multiplo esatto del peso delle sottopartite, quest’ultimo può superare il peso indicato per un massimo del 20 %.

Ciascuna sottopartita è oggetto di un campionamento separato.

Numero di campioni elementari: 100.

Peso del campione globale = 20 kg, da mescolare e suddividere in due campioni di laboratorio uguali di 10 kg prima della macinatura (nel caso di arachidi, altri semi oleosi, mandorle di albicocche e frutta a guscio, questa suddivisione non è necessaria se sono destinati ad essere selezionati o a subire altri trattamenti fisici, oppure se si dispone di un’apparecchiatura in grado di omogeneizzare un campione di 20 kg).

Ciascun campione di laboratorio di 10 kg viene macinato separatamente e finemente e mescolato con cura per ottenere un’omogeneizzazione completa, in conformità delle disposizioni di cui allegato II.

Nei casi in cui non è possibile applicare le modalità di prelievo sopra descritte senza causare effetti commerciali inaccettabili dovuti al danneggiamento della partita (ad esempio a causa delle forme d’imballaggio o dei mezzi di trasporto), si può ricorrere a un metodo alternativo, a condizione che il campionamento sia il più rappresentativo possibile e che il metodo applicato sia chiaramente descritto e debitamente documentato.

D.2.4.   Metodo di prelievo di campioni per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche e la frutta a guscio (lotti < 15 tonnellate)

Il numero di campioni elementari da prelevare dipende dal peso della partita ed è compreso tra un minimo di 10 e un massimo di 100.

Per determinare il numero di campioni elementari da prelevare e la suddivisione del campione globale, è possibile basarsi sulle cifre della seguente tabella 2.

Tabella 2

Numero di campioni elementari da prelevare in funzione del peso della partita e numero di suddivisioni del campione globale

Peso della partita (in tonnellate)

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg) (in caso di confezioni al dettaglio il peso del campione globale può variare — cfr. punto D.2.1)

N. di campioni di laboratorio a partire dal campione globale

≤ 0,1

10

2

1 (nessuna suddivisione)

> 0,1 - ≤ 0,2

15

3

1 (nessuna suddivisione)

> 0,2 - ≤ 0,5

20

4

1 (nessuna suddivisione)

> 0,5 - ≤ 1,0

30

6

1 (nessuna suddivisione)

> 1,0 - ≤ 2,0

40

8 (- < 12 kg)

1 (nessuna suddivisione)

> 2,0 - ≤ 5,0

60

12

2

> 5,0 - ≤ 10,0

80

16

2

> 10,0 - ≤ 15,0

100

20

2

Peso del campione globale ≤ 20 kg da mescolare e suddividere se necessario in due campioni di laboratorio uguali di peso ≤ 10 kg prima della macinatura (questa suddivisione in due campioni di laboratorio non è necessaria nel caso delle arachidi, dei semi oleosi, delle mandorle di albicocche e della frutta a guscio destinati ad essere selezionati o a subire altri trattamenti fisici, oppure se si dispone di un’apparecchiatura in grado di omogeneizzare un campione di 20 kg).

Se pesa meno di 20 kg, il campione globale è diviso in campioni di laboratorio secondo il seguente schema:

< 12 kg: nessuna suddivisione in campioni di laboratorio;

≥ 12 kg: suddivisione in due campioni di laboratorio.

Ciascun campione di laboratorio viene macinato separatamente e finemente e mescolato con cura per ottenere un’omogeneizzazione completa, in conformità delle disposizioni di cui allegato II.

Nei casi in cui non è possibile applicare le modalità di prelievo sopra descritte senza causare effetti commerciali inaccettabili dovuti al danneggiamento della partita (ad esempio a causa delle forme d’imballaggio o dei mezzi di trasporto), si può ricorrere a un metodo alternativo, a condizione che il campionamento sia il più rappresentativo possibile e che il metodo applicato sia chiaramente descritto e debitamente documentato.

D.2.5.   Metodo di prelievo di campioni per i prodotti derivati, ad eccezione dell’olio vegetale e gli alimenti composti da più ingredienti

D.2.5.1.   Prodotti derivati (diversi dall’olio vegetale) che presentano particelle molto fini, quali farina e burro di arachidi (distribuzione omogenea della contaminazione da aflatossine)

Numero di campioni elementari: 100; per le partite il cui peso è inferiore a 50 tonnellate il numero di campioni elementari è compreso fra 10 e 100, in funzione del peso della partita (cfr. tabella 3).

Tabella 3

Numero di campioni elementari da prelevare in funzione del peso della partita

Peso della partite (in tonnellate)

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg)

≤ 1

10

1

> 1 - ≤ 3

20

2

> 3 - ≤ 10

40

4

> 10 - ≤ 20

60

6

> 20 - ≤ 50

100

10

Il peso del campione elementare è di circa 100 grammi. Nel caso di partite che si presentano in confezioni al dettaglio, il peso del campione elementare dipende dal peso della confezione stessa.

Peso del campione globale (sufficientemente mescolato) = 1-10 kg.

D.2.5.2.   Prodotti derivati che presentano particelle relativamente grandi (distribuzione eterogenea della contaminazione da aflatossine)

Metodo di campionamento e criteri di accettazione analoghi a quelli utilizzati per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche e la frutta a guscio (D.2.3 e D.2.4).

D.2.6.   Campionamento nella fase del commercio al dettaglio

Il prelievo di campioni nella fase di distribuzione al dettaglio deve essere conforme, nella misura del possibile, alle disposizioni di campionamento di cui alla presente parte dell’allegato I.

Ove ciò non sia possibile, si può ricorrere ad altri metodi efficaci di campionamento nella fase della distribuzione al dettaglio, purché il campione globale sia sufficientemente rappresentativo della partita campionata e il metodo sia chiaramente descritto e debitamente documentato. Il campione globale deve comunque pesare almeno 1 kg (2).

D.2.7.   Metodo specifico di campionamento per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche, la frutta a guscio e prodotti derivati commercializzati in confezioni sotto vuoto

D.2.7.1.   Pistacchi, arachidi, noci del Brasile

Per le partite il cui peso è pari o superiore a 15 tonnellate, si prelevano almeno 50 campioni elementari in modo da costituire un campione globale di 20 kg. Per le partite inferiori alle 15 tonnellate si preleva il 50 % del numero dei campioni elementari indicato nella tabella 2, il che costituisce un campione globale il cui peso corrisponde al peso della partita campionata (cfr. tabella 2).

D.2.7.2.   Mandorle di albicocche, frutta a guscio diversa dai pistacchi e dalle noci del Brasile, altri semi oleosi

Per le partite il cui peso è pari o superiore a 15 tonnellate, si prelevano almeno 25 campioni elementari in modo da costituire un campione globale di 20 kg. Per le partite inferiori alle 15 tonnellate si preleva il 25 % del numero dei campioni elementari indicato nella tabella 2, il che costituisce un campione globale il cui peso corrisponde al peso della partita campionata (cfr. tabella 2).

D.2.7.3.   Prodotti con particelle fini derivati da frutta a guscio, mandorle di albicocche e arachidi

Per le partite il cui peso è pari o superiore a 50 tonnellate, si prelevano almeno 25 campioni elementari in modo da costituire un campione globale di 10 kg. Per le partite inferiori alle 50 tonnellate si preleva il 25 % del numero dei campioni elementari indicato nella tabella 3, il che costituisce un campione globale il cui peso corrisponde al peso della partita campionata (cfr. tabella 3).

D.2.8.   Accettazione di una partita o sottopartita

Per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche e la frutta a guscio sottoposti a selezione o ad altri trattamenti fisici:

accettazione se il campione globale o la media dei campioni di laboratorio non supera il limite massimo, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero,

rifiuto se il campione globale o la media dei campioni di laboratorio supera il limite massimo oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero.

Per le arachidi, gli altri semi oleosi, le mandorle di albicocche e la frutta a guscio direttamente destinati all’alimentazione umana:

accettazione se nessuno dei campioni di laboratorio supera il limite massimo, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero,

rifiuto se uno o più campioni di laboratorio superano il limite massimo oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero.

Nei casi in cui il campione globale ha un peso uguale o inferiore a 12 kg:

accettazione se il campione di laboratorio non supera il limite massimo, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero,

rifiuto se il campione di laboratorio supera il limite massimo, oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero;


(1)  Secondo il peso della partita (cfr. la tabella 2 della presente parte D.1 dell’allegato).

(2)  Se la porzione da sottoporre a campionamento è troppo piccola per ottenere un campione globale di 1 kg, il peso di quest’ultimo può essere inferiore.»

(3)  Secondo il peso della partita — cfr. la tabella 2 della presente parte D.2 dell’allegato.


ALLEGATO II

«G.   METODO DI PRELIEVO DI CAMPIONI PER IL CAFFÈ, I PRODOTTI A BASE DI CAFFÈ, LA RADICE DI LIQUIRIZIA E L’ESTRATTO DI LIQUIRIZIA

Questo metodo di prelievo deve essere utilizzato per il controllo ufficiale dei tenori massimi di ocratossina A per il caffè torrefatto, il caffè torrefatto macinato, il caffè macinato solubile, la radice di liquirizia e l’estratto di liquirizia.

G.1.   Peso del campione elementare

Il peso del campione elementare è di circa 100 grammi, a meno che non sia definito in altro modo nella presente parte G dell’allegato I.

Nel caso di partite che si presentano in confezioni al dettaglio, il peso del campione elementare dipende dalla dimensione della confezione stessa.

Nel caso di confezioni al dettaglio che pesano più di 100 grammi, il campione globale peserà più di 10 kg. Se il peso di ciascuna confezione al dettaglio supera di molto i 100 grammi, è opportuno ritirare 100 grammi da ciascuna di tali confezioni per costituire il campione elementare. Questa operazione può essere effettuata al momento del prelievo del campione o in laboratorio. Qualora tuttavia tale metodo di campionamento provochi conseguenze commerciali inaccettabili derivanti dal deterioramento della partita (a causa della forma dell’imballaggio, del mezzo di trasporto, ecc.), può essere impiegato un altro metodo di campionamento. Ad esempio, nel caso in cui un prodotto di valore è commercializzato in confezioni al dettaglio di 500 grammi o 1 kg, il campione globale può essere ottenuto riunendo un numero di campioni elementari inferiore a quello indicato nelle tabelle 1 e 2, a condizione che il suo peso corrisponda al peso richiesto per il campione globale, così come indicato in tali tabelle.

Se la confezione al dettaglio pesa meno di 100 grammi e questa differenza di peso non è particolarmente importante, si considera che una confezione al dettaglio equivale a un campione elementare, per cui il campione globale avrà un peso inferiore ai 10 kg. Se il peso della confezione al dettaglio è molto inferiore ai 100 grammi, un campione elementare è costituito da due o più confezioni al dettaglio, affinché il suo peso si avvicini quanto più possibile ai 100 grammi.

G.2.   Riassunto generale dei metodi di campionamento per il caffè torrefatto, il caffè torrefatto macinato, il caffè solubile, la radice di liquirizia e l’estratto di liquirizia

Tabella 1

Suddivisione delle partite in sottopartite in funzione del prodotto e del peso della partita

Prodotto alimentare

Peso della partita (in tonnellate)

Peso o numero delle sottopartite

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg)

Caffè torrefatto, caffè torrefatto macinato, caffè solubile, radice di liquirizia ed estratto di liquirizia

≥ 15

15-30 tonnellate

100

10

< 15

10-100 (1)

1-10

G.3.   Metodo di campionamento per il caffè torrefatto, il caffè torrefatto macinato, il caffè solubile, la radice di liquirizia e l’estratto di liquirizia (partite ≥ 15 tonnellate)

A condizione che le sottopartite possano essere separate fisicamente, ciascuna partita è suddivisa in sottopartite conformemente alla tabella 1. Considerando che il peso di una partita non è sempre un multiplo esatto del peso delle sottopartite, il peso delle sottopartite può superare il peso indicato per un massimo del 20 %.

Ciascuna sottopartita è oggetto di campionamento separato.

Numero dei campioni elementari: 100.

Peso del campione globale: 10 kg.

Nei casi un cui non è possibile applicare le modalità di prelievo sopra descritte senza causare effetti commerciali inaccettabili dovuti al danneggiamento della partita (ad esempio a causa delle forme d’imballaggio o dei mezzi di trasporto), si può ricorrere a un metodo alternativo, a condizione che il campionamento sia il più rappresentativo possibile e che il metodo applicato sia chiaramente descritto e debitamente documentato.

G.4.   Metodo di campionamento per il caffè torrefatto, il caffè torrefatto macinato, il caffè solubile, la radice di liquirizia e l’estratto di liquirizia (partite < 15 tonnellate)

Per il caffè torrefatto, il caffè torrefatto macinato, il caffè solubile, la radice di liquirizia e l’estratto di liquirizia al di sotto delle 15 tonnellate, il piano di campionamento è realizzato con un numero di campioni elementari compreso tra 10 e 100, in funzione del peso del lotto, con un campione globale da 1 a 10 kg.

Le cifre della seguente tabella possono essere utilizzate per determinare il numero di campioni elementari da prelevare.

Tabella 2

Numero di campioni elementari da prelevare in funzione del peso della partita di caffè torrefatto, caffè torrefatto macinato, caffè solubile, radice di liquirizia e estratto di liquirizia

Peso della partite (in tonnellate)

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg)

≤ 0,1

10

1

> 0,1 - ≤ 0,2

15

1,5

> 0,2 - ≤ 0,5

20

2

> 0,5 - ≤ 1,0

30

3

> 1,0 - ≤ 2,0

40

4

> 2,0 - ≤ 5,0

60

6

> 5,0 - ≤ 10,0

80

8

> 10,0 - ≤ 15,0

100

10

G.5.   Metodo di campionamento per il caffè torrefatto, il caffè torrefatto macinato, il caffè solubile, la radice di liquirizia e l’estratto di liquirizia commercializzati in confezioni sotto vuoto

Per le partite il cui peso è pari o superiore a 15 tonnellate, si prelevano almeno 25 campioni elementari in modo da costituire un campione globale di 10 kg. Per le partite inferiori alle 15 tonnellate si preleva il 25 % del numero dei campioni elementari indicato nella tabella 2, il che costituisce un campione globale il cui peso corrisponde al peso della partita campionata (cfr. tabella 2).

G.6.   Campionamento nella fase di distribuzione al dettaglio

Il prelievo di campioni nella fase di distribuzione al dettaglio deve essere conforme, nella misura del possibile, alle disposizioni di campionamento di cui alla presente parte dell’allegato I.

Ove ciò non sia possibile, si può ricorrere a un metodo alternativo di campionamento nella fase della distribuzione al dettaglio, purché il campione globale sia sufficientemente rappresentativo della partita campionata e il metodo sia chiaramente descritto e debitamente documentato. Il campione globale deve comunque pesare almeno 1 kg (2).

G.7.   Accettazione di una partita o di una sottopartita

accettazione se il campione di laboratorio non supera il limite massimo, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero,

rifiuto se il campione di laboratorio supera il limite massimo oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero.


(1)  Secondo il peso della partita — cfr. la tabella 2 della presente parte dell’allegato.

(2)  Se la porzione da sottoporre a campionamento è troppo piccola per ottenere un campione globale di 1 kg, il peso di quest’ultimo può essere inferiore a 1 kg.»


ALLEGATO III

«K.   METODO DI CAMPIONAMENTO PER GLI OLI VEGETALI

Questo metodo di campionamento deve essere utilizzato per il controllo ufficiale dei tenori massimi stabiliti per le micotossine, in particolare l’aflatossina B1, le aflatossine totali e lo zearalenone, negli oli vegetali.

K.1.   Metodo di campionamento per gli oli vegetali

Ciascun campione elementare deve pesare circa almeno 100 grammi (ml) (in funzione della natura del lotto, ad esempio olio vegetale alla rinfusa, devono essere prelevati almeno 3 campioni elementari di circa 350 ml), per formare un campione globale di almeno 1 kg (litro).

Il numero minimo di campioni elementari da prelevare dalla partita è indicato nella tabella 1. La partita è accuratamente mescolata, per quanto possibile, sia mediante un procedimento manuale, sia con un procedimento tecnico, immediatamente prima del campionamento. In questo caso, si può supporre una distribuzione omogenea dell’aflatossina all’interno di una determinata partita; è pertanto sufficiente prelevare tre campioni elementari per partita al fine di costituire il campione globale.

Tabella 1

Numero minimo di campioni elementari da prelevare dalla partita

Forma di commercializzazione

Peso del lotto (in kg)

Volume del lotto (in litri)

Numero minimo di campioni elementari da prelevare

Alla rinfusa (1)

3

confezioni

≤ 50

3

confezioni

> 50-500

5

confezioni

> 500

10


Tabella 2

Suddivisione delle partite in sottopartite in funzione del peso della partita

Prodotto alimentare

Peso della partita (in tonnellate)

Peso o numero delle sottopartite

N. di campioni elementari

Peso del campione globale (in kg)

Oli vegetali

≥ 1 500

500 tonnellate

3

1

> 300 e < 1 500

3 sottopartite

3

1

≥ 50 e ≤ 300

100 tonnellate

3

1

< 50

3

1

K.2.   Metodo di campionamento per gli oli vegetali nella fase di distribuzione al dettaglio

Il prelievo di campioni di prodotti alimentari nella fase della distribuzione al dettaglio deve essere conforme, nella misura del possibile, alle disposizioni di campionamento di cui alla presente parte dell’allegato I.

Ove ciò non sia possibile, si può ricorrere a un metodo alternativo di campionamento nella fase della distribuzione al dettaglio, purché il campione globale sia sufficientemente rappresentativo della partita campionata e il metodo sia chiaramente descritto e debitamente documentato. Il campione globale deve comunque pesare almeno 1 kg (2).

K.3.   Accettazione di una partita o di una sottopartita

accettazione se il campione di laboratorio non supera il limite massimo, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero,

rifiuto se il campione di laboratorio supera il limite massimo oltre ogni ragionevole dubbio, tenendo conto dell’incertezza della misura e della correzione per recupero.


(1)  A condizione che la sottopartita possa essere separata fisicamente, le grandi partite alla rinfusa/le partite di oli vegetali sono suddivise in sottopartite conformemente alla tabella 2 della presente parte.

(2)  Se la porzione da sottoporre a campionamento è troppo piccola per ottenere un campione globale di 1 kg, il peso di quest’ultimo può essere inferiore a 1 kg.»


3.3.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 52/44


REGOLAMENTO (UE) N. 179/2010 DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

recante fissazione dei valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1),

visto il regolamento (CE) n. 1580/2007 della Commissione, del 21 dicembre 2007, recante modalità di applicazione dei regolamenti (CE) n. 2200/96, (CE) n. 2201/96 e (CE) n. 1182/2007 nel settore degli ortofrutticoli (2), in particolare l’articolo 138, paragrafo 1,

considerando quanto segue:

Il regolamento (CE) n. 1580/2007 prevede, in applicazione dei risultati dei negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay round, i criteri per la fissazione da parte della Commissione dei valori forfettari all’importazione dai paesi terzi, per i prodotti e i periodi indicati nell’allegato XV, parte A, del medesimo regolamento,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

I valori forfettari all’importazione di cui all’articolo 138 del regolamento (CE) n. 1580/2007 sono quelli fissati nell’allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il 3 marzo 2010.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione, a nome del presidente

Jean-Luc DEMARTY

Direttore generale dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale


(1)  GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1.

(2)  GU L 350 del 31.12.2007, pag. 1.


ALLEGATO

Valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

(EUR/100 kg)

Codice NC

Codice paesi terzi (1)

Valore forfettario all'importazione

0702 00 00

JO

67,6

MA

113,6

TN

130,0

TR

116,9

ZZ

107,0

0707 00 05

EG

211,5

JO

145,3

MK

147,9

TR

148,5

ZZ

163,3

0709 90 70

MA

132,4

TR

89,4

ZZ

110,9

0709 90 80

EG

43,6

ZZ

43,6

0805 10 20

CL

52,4

EG

45,1

IL

56,5

MA

46,5

TN

46,6

TR

58,8

ZZ

51,0

0805 50 10

EG

76,3

IL

76,3

MA

68,6

TR

70,3

ZZ

72,9

0808 10 80

CA

76,4

CN

70,6

MK

24,7

US

99,2

ZZ

67,7

0808 20 50

AR

78,5

CL

200,0

CN

54,8

US

92,4

ZA

91,9

ZZ

103,5


(1)  Nomenclatura dei paesi stabilita dal regolamento (CE) n. 1833/2006 della Commissione (GU L 354 del 14.12.2006, pag. 19). Il codice «ZZ» rappresenta le «altre origini».


3.3.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 52/46


REGOLAMENTO (UE) N. 180/2010 DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

recante modifica dei prezzi rappresentativi e dei dazi addizionali all'importazione per taluni prodotti del settore dello zucchero, fissati dal regolamento (CE) n. 877/2009, per la campagna 2009/10

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (CE) n. 1234/2007, del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1),

visto il regolamento (CE) n. 951/2006 della Commissione, del 30 giugno 2006, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 318/2006 del Consiglio per quanto riguarda gli scambi di prodotti del settore dello zucchero con i paesi terzi (2), in particolare l'articolo 36, paragrafo 2, secondo comma, seconda frase,

considerando quanto segue:

(1)

Gli importi dei prezzi rappresentativi e dei dazi addizionali applicabili all'importazione di zucchero bianco, di zucchero greggio e di taluni sciroppi per la campagna 2009/10 sono stati fissati dal regolamento (CE) n. 877/2009 della Commissione (3). Tali prezzi e dazi sono stati modificati da ultimo dal regolamento (UE) n. 160/2010 della Commissione (4).

(2)

Alla luce dei dati attualmente in possesso della Commissione risulta necessario modificare gli importi in vigore, in conformità delle norme e delle modalità previste dal regolamento (CE) n. 951/2006,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

I prezzi rappresentativi e i dazi addizionali applicabili all'importazione dei prodotti contemplati dall'articolo 36 del regolamento (CE) n. 951/2006, fissati dal regolamento (CE) n. 877/2009 per la campagna 2009/10, sono modificati e figurano nell'allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il 3 marzo 2010.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione, a nome del presidente

Jean-Luc DEMARTY

Direttore generale dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale


(1)  GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1.

(2)  GU L 178 dell'1.7.2006, pag. 24.

(3)  GU L 253 del 25.9.2009, pag. 3.

(4)  GU L 49 del 26.2.2010, pag. 18.


ALLEGATO

Importi modificati dei prezzi rappresentativi e dei dazi addizionali all'importazione per lo zucchero bianco, lo zucchero greggio e i prodotti del codice NC 1702 90 95 applicabili a partire del 3 marzo 2010

(EUR)

Codice NC

Importo del prezzo rappresentativo per 100 kg netti di prodotto

Importo del dazio addizionale per 100 kg netti di prodotto

1701 11 10 (1)

40,51

0,00

1701 11 90 (1)

40,51

2,75

1701 12 10 (1)

40,51

0,00

1701 12 90 (1)

40,51

2,45

1701 91 00 (2)

47,12

3,33

1701 99 10 (2)

47,12

0,20

1701 99 90 (2)

47,12

0,20

1702 90 95 (3)

0,47

0,23


(1)  Importo fissato per la qualità tipo definita nell'allegato IV, punto III, del regolamento (CE) n. 1234/2007.

(2)  Importo fissato per la qualità tipo definita nell'allegato IV, punto II, del regolamento (CE) n. 1234/2007.

(3)  Importo fissato per 1 % di tenore di saccarosio.


3.3.2010   

IT

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L 52/48


REGOLAMENTO (UE) N. 181/2010 DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

concernente il rilascio di titoli di importazione per l’aglio nel sottoperiodo 1o giugno 2010 al 31 agosto 2010

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1),

visto il regolamento (CE) n. 1301/2006 della Commissione, del 31 agosto 2006, recante norme comuni per la gestione dei contingenti tariffari per l’importazione di prodotti agricoli soggetti a un regime di titoli di importazione (2), in particolare l’articolo 7, paragrafo 2,

considerando quanto segue:

(1)

Il regolamento (CE) n. 341/2007 della Commissione (3) reca apertura e modalità di gestione di contingenti tariffari e istituisce un regime di titoli di importazione e certificati d’origine per l’aglio e altri prodotti agricoli importati da paesi terzi.

(2)

I quantitativi per i quali sono state presentate domande di titoli «A» da parte di importatori tradizionali e nuovi importatori nel corso dei primi cinque giorni lavorativi successivi al 15 febbraio 2010, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 341/2007, superano i quantitativi disponibili per i prodotti originari della Cina e degli altri paesi terzi diversi dalla Cina.

(3)

Pertanto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1301/2006, occorre stabilire in che misura possano essere soddisfatte le domande di titoli «A» trasmesse alla Commissione entro fine di febbraio 2010 in applicazione dell’articolo 12 del regolamento (CE) n. 341/2007,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Le domande di titoli di importazione «A» presentate a norma dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 341/2007 nel corso dei primi cinque giorni lavorativi successivi al 15 febbraio 2010 e trasmesse alla Commissione entro fine di febbraio 2010 sono soddisfatte entro le percentuali dei quantitativi richiesti indicate nell’allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione, a nome del presidente

Jean-Luc DEMARTY

Direttore generale dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale


(1)  GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1.

(2)  GU L 238 dell’1.9.2006, pag. 13.

(3)  GU L 90 del 30.3.2007, pag. 12.


ALLEGATO

Origine

Numero d’ordine

Coefficiente di attribuzione

Argentina

Importatori tradizionali

09.4104

X

Nuovi importatori

09.4099

X

Cina

Importatori tradizionali

09.4105

17,875957 %

Nuovi importatori

09.4100

0,387100 %

Altri paesi terzi

Importatori tradizionali

09.4106

100 %

Nuovi importatori

09.4102

31,057336 %

«X

:

Per questa origine non sono previsti contingenti per il sottoperiodo in questione.»


DECISIONI

3.3.2010   

IT

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L 52/50


DECISIONE DEL CONSIGLIO

del 25 febbraio 2010

relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna

(2010/131/UE)

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 240, paragrafo 3,

considerando quanto segue:

(1)

Ai sensi dell'articolo 71 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea è istituito in seno al Consiglio un comitato permanente al fine di assicurare all'interno dell'Unione la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna.

(2)

È pertanto opportuno adottare una decisione relativa all'istituzione di tale comitato e definirne i compiti,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

È istituito nell'ambito del Consiglio il comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (di seguito «comitato permanente») previsto dall'articolo 71 del trattato.

Articolo 2

Il comitato permanente facilita, promuove e rafforza il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna.

Articolo 3

1.   Fatti salvi i mandati degli organismi di cui all'articolo 5, il comitato permanente facilita ed assicura l'efficace cooperazione e coordinamento operativi ai sensi della parte terza, titolo V del trattato, anche in settori che rientrano nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna.

2.   Il comitato permanente valuta altresì l'orientamento generale e l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze o mancanze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte.

3.   Il comitato permanente assiste il Consiglio ai sensi delle disposizioni dell'articolo 222 del trattato.

Articolo 4

1.   Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni che rimangono compito degli Stati membri.

2.   Il comitato permanente non partecipa all'elaborazione di atti legislativi.

Articolo 5

1.   Se del caso, saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente, in qualità di osservatori, rappresentanti di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'UE (Frontex) e di altri organismi pertinenti.

2.   Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di detti organismi.

Articolo 6

1.   Il comitato permanente presenta periodicamente al Consiglio una relazione sulle sue attività.

2.   Il Consiglio informa il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali dei lavori del comitato permanente.

Articolo 7

La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.

Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Fatto a Bruxelles, addì 25 febbraio 2010.

Per il Consiglio

Il presidente

A. PÉREZ RUBALCABA


3.3.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 52/51


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

che riconosce in linea di massima la completezza dei fascicoli presentati per un esame particolareggiato in vista della possibile iscrizione del Trichoderma asperellum (ceppo T34) e dell’isopyrazam nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio

[notificata con il numero C(2010) 1099]

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2010/132/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

vista la direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (1), in particolare l’articolo 6, paragrafo 3,

considerando quanto segue:

(1)

La direttiva 91/414/CEE dispone la compilazione di un elenco comunitario delle sostanze attive autorizzate ad essere incorporate nei prodotti fitosanitari.

(2)

Il 22 aprile 2009 la società Biocontrol Technologies SL ha presentato alle autorità del Regno Unito un fascicolo relativo alla sostanza attiva Trichoderma asperellum (ceppo T34), chiedendone l’iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE. Il 25 novembre 2008 la società Syngenta Crop Protection AG ha presentato alle autorità del Regno Unito un fascicolo relativo all’isopyrazam, chiedendone l’iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE.

(3)

Le autorità del Regno Unito hanno comunicato alla Commissione che, in base a un primo esame, i fascicoli relativi alle sostanze attive in questione sembrano soddisfare i requisiti concernenti i dati e le informazioni di cui all’allegato II della direttiva 91/414/CEE. I fascicoli presentati sembrano soddisfare anche i requisiti concernenti i dati e le informazioni di cui all’allegato III della direttiva 91/414/CEE riguardo a un prodotto fitosanitario contenente la sostanza attiva in questione. Conformemente a quanto disposto dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 91/414/CEE, i fascicoli sono stati successivamente trasmessi dai rispettivi richiedenti alla Commissione e agli altri Stati membri e sottoposti al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali.

(4)

Con la presente decisione viene ufficialmente confermato, a livello di Unione europea, che i fascicoli rispondono in linea di massima ai requisiti relativi ai dati e alle informazioni di cui all’allegato II e, almeno per un prodotto fitosanitario contenente la sostanza attiva in questione, a quelli di cui all’allegato III della direttiva 91/414/CEE.

(5)

Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

I fascicoli relativi alle sostanze attive di cui all’allegato della presente decisione, presentati alla Commissione e agli Stati membri ai fini dell’iscrizione di tali sostanze nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE, soddisfano in linea di massima i requisiti concernenti i dati e le informazioni di cui all’allegato II di detta direttiva.

I fascicoli soddisfano inoltre i requisiti relativi ai dati e alle informazioni di cui all’allegato III della suddetta direttiva per quanto riguarda un prodotto fitosanitario contenente la sostanza attiva, tenuto conto degli usi proposti.

Articolo 2

Lo Stato membro relatore prosegue l’esame particolareggiato dei fascicoli di cui all’articolo 1 e riferisce alla Commissione, quanto prima e comunque entro un anno dalla data di pubblicazione della presente decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, le conclusioni dei suoi esami, unitamente alle eventuali raccomandazioni in merito all’iscrizione o meno delle sostanze attive di cui all’articolo 1 nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE e alle eventuali condizioni di tali iscrizioni.

Articolo 3

Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione

John DALLI

Membro della Commissione


(1)  GU L 230 del 19.8.1991, pag. 1.


ALLEGATO

SOSTANZE ATTIVE OGGETTO DELLA PRESENTE DECISIONE

N.

Denominazione comune, numero d’identificazione CIPAC

Richiedente

Data della domanda

Stato membro relatore

1

Trichoderma asperellum (ceppo T34)

N. CIPAC: non pertinente

Biocontrol Technologies SL

22.4.2009

UK

2

Isopyrazam

N. CIPAC:

Isomero syn: 683777-13-1

Isomero anti: 683777-14-2

Syngenta Crop Protection AG

25.11.2008

UK


RACCOMANDAZIONI

3.3.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 52/53


RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE

del 2 marzo 2010

sulla prevenzione e sulla riduzione della contaminazione da carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo nonché sul monitoraggio dei livelli di carbammato di etile nelle suddette bevande

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2010/133/UE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,

considerando quanto segue:

(1)

Il 20 settembre 2007 il gruppo scientifico sui contaminanti nella catena alimentare dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha adottato un parere scientifico sul carbammato di etile e sull’acido cianidrico nei cibi e nelle bevande (1). Nel suddetto parere il gruppo indica margini di esposizione (MOE) per il carbammato di etile per varie situazioni relative al consumo di cibi e di bevande. Basandosi su tali MOE il gruppo conclude che il carbammato di etile nelle bevande alcoliche costituisce una minaccia per la salute, in particolare per quanto concerne le acquaviti di frutta con nocciolo, e raccomanda di adottare provvedimenti volti a ridurre i livelli di carbammato di etile in dette bevande. Essendo l’acido cianidrico un importante precursore della formazione di carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo, il gruppo conclude che tali provvedimenti debbano includere anche la problematica relativa all’acido cianidrico e ad altri precursori del carbammato di etile, al fine di prevenire la formazione di carbammato di etile durante il periodo di validità di tali prodotti.

(2)

I tenori massimi di acido cianidrico nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo sono stati fissati dal regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio (2). Detto regolamento stabilisce che il tenore massimo di acido cianidrico nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo ammonta a 7 grammi per ettolitro di alcole a 100 % vol. (70 mg/l).

(3)

Il «Codice di prassi per la prevenzione e la riduzione dei livelli di carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo» viene considerato uno strumento adeguato per mettere in pratica le raccomandazioni dell’EFSA. Il Codice raccomanda buone prassi di fabbricazione (GMP) che, se applicate, portano comprovatamente a livelli meno elevati di carbammato di etile. Applicando tali buone pratiche si può realisticamente raggiungere il livello target di 1 mg/l nelle bevande alcoliche pronte per la consumazione.

(4)

I livelli di carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo devono essere monitorati per un periodo di tre anni e i risultati vanno utilizzati per valutare gli effetti del Codice di prassi dopo un periodo di applicazione triennale. Va inoltre esaminata la possibilità di fissare un livello massimo,

HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:

Si raccomanda agli Stati membri di:

1.

Adottare i provvedimenti necessari a garantire che il «Codice di prassi sulla prevenzione e sulla riduzione della contaminazione da carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo» descritto nell’allegato alla presente raccomandazione venga applicato da tutti gli operatori partecipanti alla fabbricazione, all’imballaggio, al trasporto, alla conservazione e allo stoccaggio di acquaviti di frutta con nocciolo e acquaviti di residui di frutta con nocciolo.

2.

Garantire che vengano adottati tutti i provvedimenti adeguati ad ottenere livelli il più possibile bassi di carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo, al fine di rispettare il target di 1 mg/l.

3.

Monitorare i livelli di carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo durante gli anni 2010, 2011 e 2012 al fine di valutare gli effetti del Codice di prassi illustrato nell’allegato alla presente raccomandazione.

4.

Trasmettere all’EFSA entro il 1o giugno di ogni anno i dati relativi al monitoraggio dell’anno precedente, unitamente alle informazioni e nel formato richiesti dall’EFSA.

5.

Seguire le procedure di campionamento per il programma di monitoraggio di cui alla parte B dell’allegato al regolamento (CE) n. 333/2007 della Commissione, del 28 marzo 2007, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di piombo, cadmio, mercurio, stagno inorganico, 3-MCPD e benzo(a)pirene nei prodotti alimentari (3).

6.

Effettuare le analisi relative al carbammato di etile secondo i criteri di cui all’allegato III, punti 1 e 2 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (4).

Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2010.

Per la Commissione

John DALLI

Membro della Commissione


(1)  Parere del gruppo scientifico sui contaminanti nella catena alimentare richiesto dalla Commissione europea sul carbammato di etile e sull’acido cianidrico nei cibi e nelle bevande, The EFSA Journal (2007), n. 551, pag. 1. http://www.efsa.europa.eu/en/scdocs/doc/Contam_ej551_ethyl_carbamate_en_rev.1,3.pdf

(2)  GU L 39 del 13.2.2008, pag. 16.

(3)  GU L 88 del 29.3.2007, pag. 29.

(4)  GU L 165 del 3.4.2004, pag. 1.


ALLEGATO

Codice di prassi per la prevenzione e la riduzione della contaminazione da carbammato di etile nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo

INTRODUZIONE

1.

Il carbammato di etile è un composto che si forma naturalmente nei cibi e nelle bevande alcoliche fermentati come pane, iogurt, salsa di soia, vino, birra e in particolare nelle acquaviti di frutta con nocciolo e nelle acquaviti di residui di frutta con nocciolo, prevalentemente in quelle a base di ciliegie, prugne, mirabelle e albicocche.

2.

Il carbammato di etile si può formare da varie sostanze presenti nei cibi e nelle bevande, compreso il cianuro di idrogeno (o acido cianidrico), l’urea, la citrullina ed altri composti di N-carbamile. Nella maggior parte dei casi il cianato è il precursore finale, che reagisce con l’etanolo per formare il carbammato di etile.

3.

Nei distillati di frutta con nocciolo (acquaviti di frutta con nocciolo e acquaviti di residui di frutta con nocciolo) il carbammato di etile si può formare a partire dai glicosidi cianogenici, che sono costituenti naturali dei noccioli. Quando la frutta viene ridotta in poltiglia i noccioli si possono rompere e i glicosidi cianogenici in essi contenuti possono venire a contatto con gli enzimi della poltiglia di frutta. I glicosidi cianogenici vengono poi degradati in acidi cianidrici/cianuri. L’acido cianidrico può anche essere rilasciato da noccioli intatti che restano per un periodo più lungo nel fermentato. Durante il processo di distillazione l’acido cianidrico può essere arricchito in tutte le frazioni. Sotto l’effetto della luce il cianuro si ossida in cianato e reagisce con l’etanolo formando il carbammato di etile. Quando la reazione è avviata, è impossibile fermarla.

4.

Si può ottenere una notevole riduzione della concentrazione di carbammato di etile applicando due metodi diversi: innanzitutto riducendo la concentrazione delle principali sostanze precursori; in secondo luogo riducendo la tendenza di tali sostanze a reagire formando cianato. I principali fattori d’influenza sono la concentrazione di precursori (ad esempio di acido cianidrico e di cianuri) e le condizioni di stoccaggio, come l’esposizione alla luce e la temperatura.

5.

Sebbene finora non sia stata accertata una stretta correlazione tra il livello di acido cianidrico e quello di carbammato di etile è evidente che, in determinate condizioni, alte concentrazioni di acido cianidrico inducono livelli più elevati di carbammato di etile. Un potenziale aumento della formazione di carbammato di etile è stato associato a livelli uguali o superiori a 1 mg/l di acido cianidrico nel distillato finito (1)  (2).

6.

La parte I contiene informazioni dettagliate sul processo di produzione. La parte II contiene raccomandazioni specifiche basate sulle buone prassi di fabbricazione (GMP).

I.   DESCRIZIONE DEL PROCESSO DI PRODUZIONE

7.

Per le acquaviti di frutta con nocciolo e le acquaviti di residui di frutta con nocciolo il processo di produzione implica la riduzione in poltiglia e la fermentazione dei frutti interi, seguite dalla distillazione. Il processo si suddivide nelle fasi seguenti:

schiacciare i frutti interi maturi,

far fermentare la poltiglia così ottenuta in recipienti di acciaio inossidabile o altri contenitori adatti alla fermentazione,

trasferire il fermentato nell’impianto di distillazione, spesso costituito da un recipiente in rame,

riscaldare il fermentato secondo un metodo adeguato, in modo da estrarre l’alcole lentamente attraverso la bollitura,

raffreddare il vapore contenente alcole in un’apposita colonna (ad esempio d’acciaio inossidabile) in modo da farlo condensare e poter raccogliere l’alcole,

separare le tre frazioni di alcole denominate: «testa», «cuore», «coda».

8.

Durante la distillazione la «testa» è la prima frazione che si ottiene. La si può solitamente riconoscere dal suo aroma di solvente o di lacca. Tale frazione generalmente è inadatta al consumo e va immediatamente eliminata.

9.

Durante la fase centrale del processo di distillazione si ottiene la frazione denominata «cuore», il principale alcole contenuto in tutte le bevande alcoliche, ovvero alcole etilico (etanolo). Questa parte viene sempre raccolta ed è quella in cui si trovano il più basso contenuto di elementi volatili diversi dall’etanolo e gli aromi di frutta più puri.

10.

La frazione denominata «coda» contiene acido acetico e oli di flemma, spesso identificati dallo spiacevole aroma di aceto e di sostanze vegetali. Anche questa frazione viene eliminata, ma può essere ridistillata, dato che comprende sempre una determinata quantità di etanolo.

II.   PRATICHE RACCOMANDATE BASATE SULLE BUONE PRASSI DI FABBRICAZIONE (GMP)

Materie prime e preparazione del fermentato di frutta

11.

Le materie prime e la preparazione del fermentato di frutta devono essere tali da evitare il rilascio di acido cianidrico.

12.

I frutti con nocciolo devono essere di qualità elevata, non aver subito danni meccanici e non presentare danni microbiologici.

13.

Essi devono essere di preferenza snocciolati.

14.

Se i frutti non sono snocciolati, devono essere ridotti in poltiglia con attenzione, in modo da non rompere i noccioli.

Fermentazione

15.

Alla poltiglia di frutta vanno aggiunti lieviti dei tipi adatti alla produzione di alcole, seguendo le istruzioni d’uso.

16.

La poltiglia di frutti fermentati deve essere trattata rispettando le più rigorose norme igieniche e va ridotta al minimo l’esposizione alla luce. La poltiglia di frutti fermentati va immagazzinata il più brevemente possibile prima della distillazione, dato che i noccioli interi possono rilasciare acido cianidrico durante un periodo più esteso di permanenza nel mosto.

Impianto di distillazione

17.

L’impianto e il processo di distillazione devono essere tali da garantire che l’acido cianidrico non venga trasferito al distillato.

18.

L’impianto di distillazione deve comprendere dispositivi automatici per il risciacquo e convertitori catalitici in rame. I dispositivi automatici per il risciacquo devono tenere puliti gli alambicchi, mentre i convertitori catalitici in rame hanno la funzione di legare l’acido cianidrico prima che passi nel distillato.

19.

I dispositivi automatici di risciacquo non sono necessari qualora si opti per la distillazione discontinua. L’impianto di distillazione deve essere pulito in modo sistematico e accurato.

20.

In taluni casi, se non vengono impiegati convertitori catalitici in rame o altri separatori di cianuro, prima della distillazione vanno aggiunti al fermentato composti di rame. Essi hanno la funzione di legare l’acido cianidrico. I composti di rame vengono venduti da negozi specializzati e vanno usati con estrema cautela rispettando le istruzioni del fabbricante.

Processo di distillazione

21.

I noccioli contenuti nel fermentato non vanno pompati nell’impianto di distillazione.

22.

La distillazione va effettuata in modo da estrarre l’alcole lentamente (ad esempio con l’uso del vapore anziché di una fiamma diretta quale fonte di calore).

23.

Le prime frazioni del distillato, denominate «testa», vanno separate con cautela.

24.

La frazione centrale, denominata «cuore», va raccolta e tenuta al buio. Quando il contenuto alcolico raggiunge il 50 % vol. nel ricevitore, la raccolta va spostata alla «coda», in modo che il carbammato di etile che si è eventualmente formato venga separato nella frazione di coda.

25.

Le frazioni di coda separate, che possono contenere carbammato di etile, vanno raccolte e, se destinate alla ridistillazione, ridistillate separatamente.

Controlli del distillato, ridistillazione e stoccaggio

Acido cianidrico

26.

I distillati vanno controllati regolarmente per stabilirne il tenore di acido cianidrico. La determinazione del tenore di acido cianidrico va effettuata attraverso test adeguati, o usando kit per il test rapido oppure, in alternativa, rivolgendosi ad un laboratorio specializzato.

27.

Se il tenore di acido cianidrico nel distillato eccede il livello di 1 mg/l, si raccomanda eventualmente la ridistillazione con convertitori catalitici o composti di rame (cfr. punti 18 e 20).

28.

I distillati il cui tenore di acido cianidrico è prossimo ad 1 mg/l dovrebbero idealmente essere anch’essi ridistillati oppure, se questo non è possibile, stoccati in contenitori che li proteggano dalla luce per un periodo il più possibile breve, per evitare che durante lo stoccaggio si formi carbammato di etile.

Carbammato di etile

29.

I test per stabilire il tenore di carbammato di etile sono raccomandati per i distillati in cui il composto può già essersi formato (ad esempio quelli il cui processo di fabbricazione non è noto, con elevati livelli di cianuro, stoccati alla luce). Il livello di carbammato di etile può essere individuato unicamente da un laboratorio specializzato.

30.

Se il distillato ha un tenore di carbammato di etile superiore al livello di 1 mg/l, va eventualmente sottoposto a ridistillazione.


(1)  Christoph, N., Bauer-Christoph C., Maßnahmen zur Reduzierung des Ethylcarbamatgehaltes bei der Herstellung von Steinobstbränden (Misure di riduzione del contenuto di carbammato di etile nella produzione di acquaviti di frutta con nocciolo) (I), Kleinbrennerei 1998; 11: 9-13.

(2)  Christoph, N., Bauer-Christoph C., Maßnahmen zur Reduzierung des Ethylcarbamatgehaltes bei der Herstellung von Steinobstbränden (Misure di riduzione del contenuto di carbammato di etile nella produzione di acquaviti di frutta con nocciolo) (I), Kleinbrennerei 1999; 1: 5-13.