ISSN 1725-258X

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 275

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

51o anno
16 ottobre 2008


Sommario

 

I   Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione è obbligatoria

pagina

 

 

REGOLAMENTI

 

*

Regolamento (CE) n. 1000/2008 del Consiglio, del 13 ottobre 2008, che, in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 384/96, istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido sulfanilico originario della Repubblica popolare cinese e dell’India

1

 

*

Regolamento (CE) n. 1001/2008 del Consiglio, del 13 ottobre 2008, che, in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di taluni accessori per tubi, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica di Corea e della Malaysia

18

 

 

Regolamento (CE) n. 1002/2008 della Commissione, del 15 ottobre 2008, recante fissazione dei valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

32

 

 

Regolamento (CE) n. 1003/2008 della Commissione, del 15 ottobre 2008, recante fissazione dei dazi all’importazione nel settore dei cereali applicabili a decorrere dal 16 ottobre 2008

34

 

*

Regolamento (CE) n. 1004/2008 della Commissione, del 15 ottobre 2008, che modifica il regolamento (CE) n. 1725/2003 che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda il principio contabile internazionale (IAS) 39 e l’International Financial Reporting Standard (IFRS) 7 ( 1 )

37

 

 

II   Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione non è obbligatoria

 

 

DECISIONI

 

 

Commissione

 

 

2008/799/CE

 

*

Decisione della Commissione, del 10 ottobre 2008, recante fissazione, per l’esercizio finanziario 2008, delle dotazioni finanziarie definitive assegnate agli Stati membri, per un determinato numero di ettari, ai fini della ristrutturazione e della riconversione dei vigneti a norma del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio [notificata con il numero C(2008) 5738]

42

 

 

IV   Altri atti

 

 

SPAZIO ECONOMICO EUROPEO

 

 

Comitato misto SEE

 

*

Decisione dell'Autorità di vigilanza EFTA n. 318/05/COL, del 14 dicembre 2005, che chiude il procedimento di indagine formale, previsto dall’articolo 1, paragrafo 2, della parte I del protocollo 3 dell’accordo sull’Autorità di vigilanza e sulla Corte, relativo all’esenzione dal pagamento dell’imposta sul trasferimento (dokumentavgift) e dell’imposta di registro (tinglysingsgebyr) prevista nel quadro della costituzione della Entra Eiendom AS (Norvegia)

45

 

*

Raccomandazione dell'Autorità di vigilanza EFTA n. 119/07/COL, del 16 aprile 2007, sul monitoraggio dei livelli di base di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili nelle derrate alimentari

65

 

 

 

*

Nota per il lettore (vedi terza pagina di copertina)

s3

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


I Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione è obbligatoria

REGOLAMENTI

16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/1


REGOLAMENTO (CE) N. 1000/2008 DEL CONSIGLIO

del 13 ottobre 2008

che, in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 384/96, istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido sulfanilico originario della Repubblica popolare cinese e dell’India

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (1) («il regolamento di base»), in particolare l’articolo 9 e l’articolo 11, paragrafo 2,

vista la proposta presentata dalla Commissione dopo aver sentito il comitato consultivo,

considerando quanto segue:

A.   PROCEDIMENTO

1.   Misure vigenti

(1)

Nel luglio 2002 il Consiglio ha istituito, con il regolamento (CE) n. 1339/2002 (2), un dazio antidumping definitivo («le misure vigenti») del 21 % sulle importazioni di acido sulfanilico di cui al codice NC ex 2921 42 10 (codice TARIC 2921421060) originario della Repubblica popolare cinese («RPC») e un’aliquota di dazio residuo del 18,3 % sulle importazioni originarie dell’India. Le misure istituite si basavano sui risultati di un procedimento antidumping avviato a norma dell’articolo 5 del regolamento di base («l’inchiesta iniziale»).

(2)

Al contempo il Consiglio ha istituito, con il regolamento (CE) n. 1338/2002 (3), un dazio compensativo definitivo del 7,1 % sulle importazioni dello stesso prodotto originario dell’India.

(3)

Nel quadro dei summenzionati procedimenti antidumping e compensativo, la Commissione ha accettato, con la decisione 2002/611/CE (4), un impegno di prezzo offerto da un produttore esportatore indiano, la Kokan Synthetics & Chemicals Pvt. Ltd («Kokan»).

(4)

Nel febbraio 2004, in seguito a una nuova inchiesta antiassorbimento a norma dell’articolo 12 del regolamento di base, il Consiglio ha innalzato, con il regolamento (CE) n. 236/2004 (5), le aliquote del dazio antidumping definitivo per le importazioni di acido sulfanilico originario della RPC dal 21 % al 33,7 %

(5)

Nel dicembre 2003 la Kokan ha informato la Commissione che intendeva ritirare spontaneamente l’impegno. La decisione che accettava l’impegno è stata conseguentemente abrogata dalla Commissione con la decisione 2004/255/CE (6).

(6)

Nell’aprile 2005, a seguito di una richiesta presentata dalla Kokan, la Commissione ha avviato (7) un riesame intermedio parziale a norma dell’articolo 11, paragrafo 3 del regolamento di base, e dell’articolo 19 del regolamento (CE) n. 2026/97 (8) relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea («il regolamento antisovvenzioni di base»), limitato all’esame dell’accettabilità di un successivo impegno che doveva offrire la Kokan.

(7)

Con la decisione 2006/37/CE (9) la Commissione ha accettato l’impegno offerto dalla Kokan in relazione ai procedimenti antidumping e compensativi riguardanti le importazioni di acido sulfanilico originario dell’India.

(8)

Nel contempo il regolamento (CE) n. 1338/2002, che istituisce un dazio compensativo definitivo sulle importazioni di acido sulfanilico originario dell’India, e il regolamento (CE) n. 1339/2002, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido sulfanilico originario, tra l’altro, dell’India, sono stati modificati dal regolamento (CE) n. 123/2006 del Consiglio (10), al fine di tenere conto dell’accettazione di detto impegno.

2.   Richiesta di riesame

(9)

In data 24 aprile 2007, in seguito alla pubblicazione di un avviso di imminente scadenza (11), la Commissione ha ricevuto una richiesta di riesame a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base. Tale richiesta è stata presentata da due produttori comunitari («i richiedenti») che rappresentano il 100 % della produzione comunitaria di acido sulfanilico.

(10)

I richiedenti hanno affermato e fornito sufficienti elementi di prova circa il rischio del persistere e/o della reiterazione del dumping e del pregiudizio all’industria comunitaria per quanto riguarda le importazioni di acido sulfanilico originario della RPC e dell’India («i paesi interessati»).

(11)

Avendo stabilito, previa consultazione del comitato consultivo, che esistono elementi di prova sufficienti per giustificare l’apertura di un riesame in previsione della scadenza, il 24 luglio 2007 la Commissione ha annunciato, con un avviso di apertura pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (12), l’avvio di un riesame in previsione della scadenza, a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base.

3.   Inchieste parallele

(12)

Con un avviso di apertura pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in data 24 luglio 2007 (13) la Commissione ha inoltre aperto, a norma dell’articolo 18 del regolamento antisovvenzioni di base, un’inchiesta di riesame in previsione della scadenza delle misure compensative in vigore sulle importazioni di acido sulfanilico originario dell’India. L’inchiesta è tuttora in corso.

(13)

Con un avviso di apertura pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in data 29 settembre 2007 (14) la Commissione ha avviato di propria iniziativa, a norma dell’articolo 19 del regolamento antisovvenzioni di base, un riesame intermedio parziale limitato al livello di sovvenzionamento, poiché la Commissione disponeva di sufficienti elementi di prova a dimostrazione che le circostanze in base alle quali sono state istituite le misure sono cambiate e che tali cambiamenti sono di carattere durevole. L’inchiesta è tuttora in corso.

4.   Inchiesta

4.1.   Periodo dell’inchiesta

(14)

L’inchiesta relativa al persistere o alla reiterazione del dumping ha riguardato il periodo compreso tra il 1o aprile 2006 e il 31 marzo 2007 («periodo dell’inchiesta di riesame» o «PIR»). L’esame delle tendenze significative ai fini della valutazione della probabilità del persistere o della reiterazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 2003 e la fine del periodo dell’inchiesta di riesame («periodo in esame»).

4.2.   Parti interessate dall’inchiesta

(15)

La Commissione ha ufficialmente informato dell’avvio del riesame i produttori esportatori, gli importatori, gli utilizzatori notoriamente interessati, nonché i rappresentanti dei paesi esportatori e i richiedenti. Le parti interessate hanno avuto la possibilità di far conoscere il loro punto di vista per iscritto e di chiedere di essere sentite entro il termine fissato nell’avviso di apertura.

(16)

Sono state sentite tutte le parti interessate che ne hanno fatto richiesta dimostrando di avere particolari motivi per chiedere un’audizione.

(17)

Sono stati inviati dei questionari a tutte le parti notoriamente interessate, in particolare ai due produttori comunitari e a tutti i produttori esportatori, importatori e utilizzatori noti.

(18)

Hanno risposto al questionario i due produttori comunitari e un produttore esportatore indiano, nonché quattro utilizzatori. Nessun produttore esportatore della RPC e nessun importatore ha risposto al questionario, né si è manifestato nel corso dell’inchiesta.

(19)

La Commissione ha raccolto e verificato tutte le informazioni che riteneva necessarie ai fini di una valutazione del rischio del persistere o della reiterazione del dumping e del conseguente pregiudizio, nonché dell’interesse della Comunità. Al proposito la Commissione ha svolto visite di verifica presso le sedi delle seguenti società:

a)

il produttore esportatore indiano:

Kokan Synthetics & Chemicals Pvt Ltd., Mumbai, India;

b)

i produttori comunitari:

Ardenity, Givet, Francia, e

CUF Quìmicos Industriail, Estarreja, Portogallo;

c)

gli utilizzatori:

Kemira Germany GmbH, Leverkusen, Germania, e

Robama SA, Palafolls, Spagna.

B.   PRODOTTO IN ESAME E PRODOTTO SIMILE

1.   Prodotto in esame

(20)

Il prodotto oggetto del riesame è lo stesso dell’inchiesta iniziale, vale a dire l’acido sulfanilico attualmente classificabile al codice NC ex 2921 42 10. Esistono sostanzialmente due tipi di acido sulfanilico, caratterizzati da un diverso grado di purezza: un tipo per uso tecnico e un tipo depurato. Inoltre, il tipo di prodotto depurato viene talvolta commercializzato sotto forma di sale di acido sulfanilico. L’acido sulfanilico è utilizzato come materia prima per la produzione di sbiancanti ottici, additivi per calcestruzzo, coloranti alimentari e tinture speciali. Benché l’acido sulfanilico possa essere utilizzato in diversi modi, tutti i tipi di prodotto, in qualunque forma si presentino, sono considerati dagli utilizzatori come ragionevolmente sostituibili l’uno con l’altro e intercambiabili per la maggior parte delle applicazioni e devono pertanto considerarsi, come nell’ambito dell’inchiesta iniziale, come un unico prodotto.

2.   Prodotto simile

(21)

Come l’inchiesta iniziale, anche il presente riesame ha confermato che l’acido sulfanilico è un prodotto di base le cui caratteristiche fisiche fondamentali e qualità sono identiche indipendentemente dal paese di origine. Il prodotto in esame e quelli fabbricati e venduti dal produttore esportatore indiano sul suo mercato interno, nonché ai paesi terzi, e dai produttori comunitari sul mercato comunitario hanno quindi le stesse caratteristiche fisiche e chimiche di base ed essenzialmente le stesse applicazioni e sono pertanto da considerare prodotti simili a norma dell’articolo 1, paragrafo 4 del regolamento di base.

C.   RISCHIO DEL PERSISTERE E/O DELLA REITERAZIONE DEL DUMPING

(22)

Conformemente all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, si è esaminato se fossero in atto pratiche di dumping durante il PIR e se lo scadere delle misure comportasse o no il rischio del persistere o della reiterazione del dumping.

1.   Osservazioni preliminari

(23)

Occorre rilevare che, poiché la Comunità si è allargata nel 2004 a 25 Stati membri e nel 2007 a 27 Stati membri, i dati relativi ai volumi delle esportazioni e alle quote di mercato delle importazioni dell’inchiesta precedente non sono direttamente confrontabili con quelli dell’attuale riesame.

1.1.   India

(24)

Al fine di preservare le informazioni commerciali riservate e in considerazione del fatto che la Kokan rappresenta il 100 % delle importazioni originarie dell’India, è stato necessario presentare le informazioni pertinenti in fasce di valori o in forma indicizzata.

(25)

La valutazione si è basata sulla risposta al questionario verificata del produttore esportatore indiano che ha collaborato pienamente all’inchiesta. Dalle informazioni fornite dalla società e dai dati Eurostat disponibili risulta che tutte le importazioni del prodotto in esame durante il PIR sono state realizzate dal citato produttore esportatore.

(26)

È stato rilevato che durante il PIR sono state importate dall’India nella Comunità da 800 a 1 000 tonnellate di acido sulfanilico, pari all’8-10 % circa del consumo comunitario. Secondo l’inchiesta iniziale le importazioni dall’India corrispondevano a un totale di 1 712 tonnellate.

1.2.   Repubblica popolare cinese

(27)

In mancanza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi, la verifica dell’esistenza o meno di pratiche di dumping si è dovuta basare su informazioni che la Commissione ha ottenuto da altre fonti. Conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 18 del regolamento di base sono stati utilizzati al proposito i dati ufficiali Eurostat per definire quantitativi e prezzi delle importazioni.

(28)

Sulla base dei dati disponibili, nel PIR la Comunità ha importato dalla RPC 1 482 tonnellate di acido sulfanilico, vale a dire approssimativamente il 15 % del consumo comunitario. Nel periodo dell’inchiesta iniziale le importazioni dalla RPC hanno raggiunto un totale di 2 950 tonnellate.

2.   Rischio di persistenza del dumping

2.1.   India

(29)

A norma dell’articolo 11, paragrafo 9 del regolamento di base si è fatto ricorso allo stesso metodo utilizzato nell’inchiesta iniziale, dalla quale era risultato un margine di dumping del 24,6 %.

a)   Valore normale

(30)

Per stabilire il valore normale si è verificato innanzitutto se le vendite totali del prodotto in esame effettuate dal produttore esportatore che ha collaborato sul mercato interno fossero rappresentative rispetto alle sue esportazioni nella Comunità. A norma dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base le vendite effettuate sul mercato interno sono considerate rappresentative quando il loro volume totale corrisponde ad almeno il 5 % del volume complessivo delle esportazioni verso la Comunità. Dall’inchiesta è emerso che le vendite interne erano rappresentative.

(31)

Sono stati poi individuati i tipi di prodotto in esame venduti sul mercato interno dal produttore esportatore che aveva registrato vendite totali, in complesso, rappresentative, i quali sono risultati identici o direttamente comparabili ai tipi venduti per l’esportazione nella Comunità. I criteri usati per l’identificazione sono stati i diversi tipi (puro o per uso tecnico), la forma (in polvere o sale sodico) e la concentrazione di acido.

(32)

Per ciascun tipo di prodotto venduto dal produttore esportatore sul suo mercato interno e considerato direttamente comparabile al tipo venduto per l’esportazione nella Comunità, si è esaminato se le vendite sul mercato interno fossero sufficientemente rappresentative, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base. Le vendite interne di un determinato tipo di prodotto sono state considerate sufficientemente rappresentative se durante il periodo dell’inchiesta il loro volume complessivo è stato pari ad almeno il 5 % del volume totale delle vendite del tipo di prodotto comparabile esportato nella Comunità. L’inchiesta ha mostrato che due dei tre tipi esportati dal produttore esportatore in questione erano venduti in quantità rappresentative sul mercato interno.

(33)

Si è inoltre esaminato se le vendite effettuate dalla società sul mercato interno potevano considerarsi avvenute durante normali operazioni commerciali, a norma dell’articolo 2, paragrafo 4 del regolamento di base.

(34)

Ciò è stato fatto verificando la percentuale di vendite remunerative di ciascuno dei due tipi venduti in quantità rappresentative effettuate sul mercato interno ad acquirenti indipendenti durante il PIR. Per questi tipi di prodotto, dal momento che oltre l’80 % del volume non era stato venduto in perdita sul mercato interno e la media ponderata del prezzo di vendita era pari o superiore alla media ponderata del costo di produzione, il valore normale per ciascun tipo di prodotto è stato calcolato come la media ponderata dei prezzi, pagati o pagabili da acquirenti indipendenti, di tutte le vendite del tipo di prodotto in questione sul mercato interno, come previsto all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base.

(35)

Per quanto riguarda il tipo di prodotto le cui vendite non sono state effettuate in quantità rappresentative sul mercato interno, è stato calcolato il valore normale. Per determinare il valore normale costruito, le vendite effettuate, i costi generali e amministrativi sostenuti nonché la media ponderata dei margini di profitto realizzati sulle vendite interne di prodotto simile nel corso di normali operazioni commerciali durante il PIR da parte del produttore esportatore che ha collaborato sono stati sommati al costo medio di produzione durante il PIR, a norma dell’articolo 2, paragrafi 3 e 6, del regolamento di base.

b)   Prezzo all’esportazione

(36)

L’inchiesta ha dimostrato che tutte le esportazioni del produttore esportatore indiano erano destinate soltanto a clienti indipendenti nella Comunità.

(37)

Di conseguenza il prezzo all’esportazione è stato stabilito a norma dell’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base, ossia in base ai prezzi all’esportazione effettivamente pagati o pagabili.

c)   Confronto

(38)

Il valore normale e il prezzo all’esportazione sono stati confrontati a livello franco fabbrica. Per un equo confronto tra valore normale e prezzo all’esportazione, sono state effettuate delle correzioni per tener conto delle differenze che incidono sui prezzi e sulla loro comparabilità, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base. Tali adeguamenti sono stati apportati in relazione ai costi di trasporto e assicurazione.

d)   Margine di dumping

(39)

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 11 e 12, del regolamento di base, la media ponderata del valore normale di ciascun tipo di prodotto in esame esportato nella Comunità durante il PIR è stata comparata alla media ponderata del prezzo all’esportazione di ciascun tipo corrispondente del prodotto in esame.

(40)

Dal confronto è emersa l’assenza del dumping per il produttore esportatore indiano che ha collaborato e che ha effettuato esportazioni nella Comunità durante il PIR.

(41)

In merito all’assenza di pratiche di dumping durante il PIR da parte dell’esportatore che ha collaborato occorre rilevare che, come specificato nel precedente considerando 7, durante il PIR vigeva un impegno sui prezzi che imponeva al produttore esportatore interessato di rispettare un determinato livello di prezzi all’esportazione nella Comunità. Alcune transazioni sono risultate leggermente superiori rispetto al prezzo all’importazione minimo (PIM) di questo impegno, ma la maggior parte delle vendite era effettuata al livello del PIM.

2.2.   Repubblica popolare cinese

(42)

A norma dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base, per stabilire il margine di dumping si è fatto ricorso allo stesso metodo utilizzato nell’inchiesta precedente. Si ricorda che dall’inchiesta iniziale è risultato un margine di dumping del 21 %. In seguito a una nuova inchiesta antiassorbimento aperta nel giugno 2003 è stato tuttavia ricalcolato il margine di dumping e si è riscontrato un aumento del 33,7 %, come indicato nel regolamento (CE) n. 236/2004.

e)   Paese di riferimento

(43)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, non essendo la RPC un paese a economia di mercato, per determinare il valore normale delle importazioni è stato necessario utilizzare dati ottenuti da un paese terzo a economia di mercato.

(44)

Per quanto riguarda le esportazioni della RPC nella Comunità, nell’avviso di apertura è stata proposta l’India quale paese terzo a economia di mercato adatto. Anche nel corso dell’inchiesta iniziale il paese di riferimento prescelto era l’India.

(45)

I richiedenti hanno tuttavia suggerito che fosse più indicato scegliere come paese di riferimento gli Stati Uniti, adducendo che, contrariamente a quanto avviene in India, i prezzi dell’acido sulfanilico negli Stati Uniti sono governati dalle sole forze del mercato e non sono distorti da altri fattori. È stato inoltre sostenuto che il processo di produzione dell’acido sulfanilico negli Stati Uniti era paragonabile a quello della RPC e che i quantitativi prodotti e venduti negli Stati Uniti sono rappresentativi. I richiedenti hanno inoltre sostenuto che l’accesso alle materie prime in India non è paragonabile a quello nella RPC, in quanto i produttori indiani, a causa del sistema di licenze preliminari (Advance Licence Scheme), preferiscono importare le materie prime anziché acquistarle sul mercato interno.

(46)

Per quanto riguarda la proposta di utilizzare gli Stati Uniti come paese di riferimento, va rilevato che per diversi anni gli Stati Uniti hanno applicato misure di protezione sotto forma di misure antidumping sulle importazioni dalla RPC e dall’India nonché di misure compensative sulle importazioni dall’India. Per questo motivo non si può escludere che tali misure di difesa commerciale abbiano inciso sui prezzi.

(47)

Per quanto riguarda l’accesso alle materie prime si è rilevato che i produttori indiani di acido sulfanilico acquistano le materie prime sul mercato interno. Di conseguenza l’accesso alle materie prime non può essere addotto come motivo dell’inadeguatezza dell’India come paese di riferimento. In India sono inoltre presenti diversi produttori di acido sulfanilico e vengono effettuate anche importazioni, per esempio dalla RPC. Non vi sono dunque elementi che indichino una mancanza di concorrenza in India.

(48)

Alla luce delle considerazioni di cui sopra e in mancanza di altre valide argomentazioni a proposito di un mutamento delle circostanze dall’inchiesta iniziale, si conclude che, nel contesto del presente riesame in previsione della scadenza, l’India è un paese di riferimento adeguato ai fini del calcolo del valore normale, a norma dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base.

f)   Determinazione del valore normale

(49)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, il valore normale è stato determinato in base alle informazioni, sottoposte a verifica, ricevute dal produttore del paese di riferimento che ha collaborato. Più specificamente, il valore normale è stato calcolato in base ai prezzi pagati o pagabili in India da acquirenti indipendenti per tipi di prodotto comparabili, nel corso di normali operazioni commerciali.

g)   Prezzo all’esportazione

(50)

Tenuto conto della mancanza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi, il prezzo all’esportazione è stato ricavato dagli elementi disponibili, conformemente all’articolo 18 del regolamento di base. Quale base adeguata per determinare il prezzo all’esportazione si sono scelti i dati ufficiali Eurostat.

h)   Confronto

(51)

Ai fini di un equo confronto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione, si è tenuto debito conto delle differenze incidenti sulla comparabilità dei prezzi. Gli adeguamenti hanno riguardato, a norma dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, i costi di trasporto e assicurazione. Il valore normale a livello franco fabbrica in India è stato confrontato con il prezzo all’esportazione cinese allo stesso livello.

i)   Margine di dumping

(52)

Il confronto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione ha indicato l’esistenza di dumping, il cui margine è pari allo scarto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione nella Comunità. Il margine di dumping rilevato, come percentuale del prezzo cif frontiera comunitaria, è stato dell’ordine del 15-20 %.

3.   Andamento delle importazioni in caso di abrogazione delle misure

3.1.   India

j)   Osservazioni preliminari

(53)

In assenza di pratiche di dumping durante il PIR, si è quindi esaminato il rischio di reiterazione del dumping da parte dell’India in caso di abrogazione delle misure. Al fine di valutare la possibilità di reiterazione del dumping sono stati esaminati i prezzi praticati dalla Kokan, in particolare i prezzi delle esportazioni verso altri mercati rispetto ai prezzi all’esportazione nella Comunità e a quelli praticati sul mercato interno, nonché la produzione, la capacità produttiva e le scorte della società. L’analisi si è basata sulle risposte fornite al questionario e sulla verifica presso la sede della Kokan durante l’inchiesta.

k)   Rapporto tra i prezzi nella Comunità e i prezzi in India

(54)

I prezzi sul mercato comunitario erano superiori rispetto a quelli ottenuti dalla Kokan sul suo mercato interno durante il PIR. Tale sviluppo va visto tuttavia alla luce del fatto che i prezzi all’esportazione della società erano soggetti all’impegno che stabiliva i PIM.

l)   Rapporto tra i prezzi all’esportazione nei paesi terzi, i prezzi all’esportazione nella Comunità e i prezzi sul mercato interno indiano

(55)

Si è constatato che il prezzo medio praticato dalla Kokan per le esportazioni in paesi terzi era nettamente inferiore a quello applicato per le esportazioni nella Comunità. Si è riscontrato inoltre che tali prezzi erano oggetto di dumping in quanto nettamente inferiori rispetto a quelli applicati dalla Kokan sul suo mercato interno.

(56)

Come citato ai considerando 7 e 41, la Kokan era soggetta a un impegno relativo a un prezzo minimo per le esportazioni nella Comunità durante il PIR, mentre i prezzi applicati a clienti di altri paesi terzi erano fissati liberamente. Questi ultimi possono essere considerati dunque un indicatore del probabile livello dei prezzi all’esportazione nella Comunità, qualora le misure fossero lasciate scadere. Si è pertanto concluso che, nel caso queste venissero abrogate, probabilmente la Kokan ridurrebbe i prezzi all’esportazione nella Comunità e si assisterebbe alla reiterazione del dumping.

m)   Rapporto tra i prezzi all’esportazione verso paesi terzi e i prezzi nel mercato comunitario

(57)

Va notato altresì che i prezzi all’esportazione in paesi terzi sono risultati mediamente inferiori ai prezzi di vendita dell’industria comunitaria nel mercato comunitario. Questo significa che il livello prevalente dei prezzi del prodotto in esame sul mercato comunitario rende quest’ultimo particolarmente attraente per il produttore esportatore indiano. Si ritiene pertanto che, in caso di abrogazione delle misure in vigore, esisterebbe un interesse economico a deviare le vendite verso il più redditizio mercato comunitario.

n)   Capacità inutilizzate e scorte

(58)

Dall’inchiesta è risultato che il produttore esportatore che ha collaborato non ha accumulato scorte durante il PIR. Si è tuttavia constatato che la società avrebbe potuto aumentare la sua produzione, poiché il suo tasso di utilizzo degli impianti durante il PIR era del 65 % circa. Va notato al riguardo che la capacità inutilizzata del produttore esportatore che ha collaborato è risultata pari a più del 30 % del consumo comunitario.

o)   Conclusione riguardo all’India

(59)

L’inchiesta ha messo in evidenza che il livello dei prezzi in India e in altri mercati di paesi terzi è notevolmente inferiore rispetto a quelli applicati sul mercato comunitario. In caso di abrogazione delle misure antidumping in vigore, il produttore esportatore indiano che ha collaborato sarà decisamente motivato ad avvalersi delle capacità produttive inutilizzate, ma anche a indirizzare maggiormente le vendite verso il mercato comunitario, continuando quindi a effettuare esportazioni anche quantitativamente più importanti. La valutazione che precede indica che le accresciute esportazioni nella Comunità avverrebbero con ogni probabilità a prezzi di dumping.

3.2.   RPC

p)   Osservazioni preliminari

(60)

Oltre a riscontrare l’esistenza del dumping durante il PIR, è stato esaminato il rischio di reiterazione del dumping in caso di abrogazione delle misure. In mancanza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi, le conclusioni che seguono si basano sui dati disponibili, in particolare sulle informazioni fornite dai richiedenti, conformemente all’articolo 18 del regolamento di base, e sui dati ricavati da Eurostat.

q)   Capacità di produzione

(61)

I dati resi noti indicano per la produzione cinese un volume di circa 22 000 tonnellate, vale a dire più del doppio del consumo comunitario nel PIR. In mancanza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi, non si sono ottenute informazioni circa l’esistenza di capacità inutilizzate nella RPC. Dalle informazioni disponibili risulta tuttavia che i produttori cinesi sono in grado di utilizzare il relativamente semplice processo discontinuo attualmente in uso per le tinture speciali e i prodotti chimici nella produzione di acido sulfanilico. Inoltre, come riferito al considerando 63, il mercato comunitario ha continuato ad attrarre per molti anni gli esportatori cinesi. È pertanto ragionevole presumere che, in caso di abrogazione delle misure antidumping in vigore, una qualsiasi capacità inutilizzata esistente nella RPC sarebbe impiegata per convogliare ulteriori quantitativi verso il mercato comunitario e/o che l’aumento della produzione effettiva derivante da cambiamenti di produzione fra tinture speciali e prodotti chimici sarebbe riorientato verso la Comunità.

r)   Rapporto tra i prezzi all’esportazione nei paesi terzi e i prezzi all’esportazione nella Comunità

(62)

Secondo i dati disponibili i prezzi applicati dalla RPC alle esportazioni nei paesi terzi erano inferiori a quelli applicati alle esportazioni nella Comunità durante il PIR. Vi è dunque una forte probabilità che se le misure fossero abrogate gli esportatori cinesi dirotterebbero le esportazioni attualmente dirette a paesi terzi verso il mercato comunitario e che queste continuerebbero a essere effettuate a prezzi di dumping.

s)   Pratiche di assorbimento

(63)

Come stabilito dal regolamento (CE) n. 236/2004, si è concluso che il dazio antidumping era stato assorbito per quanto riguarda le esportazioni della RPC nella Comunità. Tale pratica ha dimostrato il continuo interesse nutrito dai produttori esportatori cinesi per il mercato comunitario. Poiché è emerso che le esportazioni durante il PIR erano effettuate a prezzi di dumping, si può concludere che se si lasciano scadere le misure vi è il rischio di persistenza del dumping e che il volume delle esportazioni probabilmente aumenterà.

t)   Conclusione sulla RPC

(64)

L’inchiesta ha mostrato che gli esportatori cinesi hanno continuato le loro pratiche di dumping durante il PIR a un livello significativo. Sulla base di quanto esposto ai considerando 62 e 63 si conclude che, nel caso siano abrogate le misure in vigore, esiste la possibilità della persistenza di significative pratiche di dumping. È inoltre probabile che il volume delle importazioni oggetto di dumping aumenti in modo significativo in mancanza di misure.

4.   Conclusioni circa il rischio di persistenza o di reiterazione del dumping

(65)

Alla luce di quanto esposto si conclude che, nel caso di abrogazione delle misure in vigore, è probabile che il dumping persista per quanto riguarda gli esportatori cinesi e che vi sia una reiterazione del dumping per quanto riguarda i produttori esportatori indiani.

D.   DEFINIZIONE DELL’INDUSTRIA COMUNITARIA

(66)

All’interno della Comunità il prodotto simile è fabbricato da due produttori, che sono responsabili della produzione comunitaria totale del prodotto simile ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base.

(67)

Va notato che dall’inchiesta iniziale le società «Sorochimie Chimie Fine» e «Quimigal SA» hanno cambiato la loro denominazione rispettivamente in «Ardenity» e «CUF Químicos Industriais».

(68)

I due citati produttori hanno collaborato all’inchiesta e hanno sostenuto la richiesta di riesame. Pertanto, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base, detti produttori costituiscono l’industria comunitaria.

E.   SITUAZIONE DEL MERCATO COMUNITARIO

1.   Consumo sul mercato comunitario

(69)

Il consumo apparente della Comunità è stato calcolato sulla base:

delle importazioni del prodotto in esame nel mercato comunitario come risultano dai dati Eurostat;

delle vendite totali dell’industria comunitaria sul mercato comunitario come risultano dalle risposte ai questionari.

(70)

Il consumo comunitario di acido sulfanilico nel PIR era di circa 10 000 tonnellate. Durante il periodo in esame è stata registrata una diminuzione del consumo del 6 %.

Tabella 1

Consumo sul mercato comunitario

 

2003

2004

2005

2006

PIR

Consumo (in tonnellate)

10 684

10 443

10 899

9 939

9 997

Indice

100

98

102

93

94

2.   Importazioni attuali dai paesi interessati

(71)

Al fine di preservare le informazioni commerciali riservate e in considerazione del fatto che la Kokan rappresenta il 100 % delle importazioni originarie dell’India e che l’industria comunitaria comprende solo due produttori, è stato necessario presentare le informazioni nelle tabelle da 2 a 5 in forma indicizzata.

2.1.   Volume delle importazioni e relativa quota di mercato nel PIR

(72)

Il volume e la quota di mercato delle importazioni dalla RPC e dall’India hanno avuto l’andamento esposto nelle tabelle sottostanti. Il volume delle importazioni è basato sui dati Eurostat.

Tabella 2

Importazioni dai paesi interessati

Importazioni (indice)

2003

2004

2005

2006

PIR

RPC

100

106

128

86

84

India

100

54

59

56

60

Totale dei paesi interessati

100

81

95

72

73

Fonte: Eurostat

Tabella 3

Quota di mercato detenuta dai paesi interessati

Quota di mercato (indice)

2003

2004

2005

2006

PIR

RPC

100

109

126

92

90

India

100

55

58

60

64

Totale dei paesi interessati

100

83

94

77

78

(73)

Le importazioni dai paesi interessati sono diminuite del 27 % nel corso del periodo in esame. La quota di mercato detenuta dai medesimi comunitaria è scesa del 22 % tra il 2003 e il PIR.

(74)

Se si considerano i due paesi separatamente, il volume delle importazioni dall’India è sceso del 40 % tra il 2003 e il PIR e la quota di mercato delle importazioni indiane è diminuita del 36 %.

(75)

Il volume delle importazioni originarie della RPC è calato del 16 % nel corso del periodo in esame e la quota di mercato è diminuita del 10 % nello stesso periodo.

2.2.   Evoluzione dei prezzi e andamento dei prezzi delle importazioni del prodotto in esame

Tabella 4

Prezzi delle importazioni in esame

Prezzi unitari (EUR/t)

2003

2004

2005

2006

PIR

RPC

773

876

1 138

1 128

1 040

Indice

100

113

147

146

135

India (valore indicizzato)

100

85

96

110

111

Totale dei paesi interessati

956

910

1 131

1 180

1 138

Indice

100

95

118

123

119

Fonte: Eurostat

(76)

Il prezzo medio delle importazioni originarie della RPC è aumentato del 35 % nel corso del periodo in esame. Nello stesso periodo il prezzo medio delle importazioni originarie dell’India ha avuto un incremento dell’11 %.

(77)

Per calcolare il livello di sottoquotazione dei prezzi durante il PIR, i prezzi franco fabbrica praticati dall’industria comunitaria ad acquirenti indipendenti sono stati confrontati con i prezzi all’importazione cif franco frontiera comunitaria dei paesi interessati, opportunamente adeguati per riflettere un prezzo franco di tutte le spese allo sbarco. Tale adeguamento è stato effettuato aggiungendo ai prezzi i normali dazi doganali e i costi successivi all’importazione, sia per la RPC sia per l’India, e sommando ulteriormente ai prezzi cinesi il dazio antidumping. Dal confronto è risultato che i prezzi adeguati cinesi e indiani non erano inferiori ai prezzi dell’industria comunitaria.

3.   Importazioni da altri paesi terzi

Tabella 5

Importazioni da altri paesi terzi

Resto del mondo

2003

2004

2005

2006

PIR

Importazioni (indice)

100

80

100

97

97

Quota di mercato (indice)

100

82

98

104

104

Prezzo medio (EUR/t)

935

927

1 100

1 255

1 285

Indice

100

99

118

134

137

Fonte: Eurostat

(78)

Il volume delle importazioni da altri paesi terzi ha subito una leggera diminuzione pari al 3 % nel periodo in esame. Tuttavia, tenuto conto della contrazione della domanda, la quota di mercato è aumentata di 0,7 % punti percentuali. Il principale paese esportatore, segnatamente gli Stati Uniti, ha realizzato la maggior parte delle esportazioni nel periodo in esame.

(79)

I prezzi dell’acido sulfanilico praticati da altri paesi terzi erano leggermente inferiori rispetto a quelli dell’industria comunitaria e dal 2005 in poi hanno seguito l’andamento dei prezzi indiani.

4.   Situazione economica dell’industria comunitaria

a)   Osservazioni preliminari

(80)

Al fine di preservare talune informazioni commerciali riservate, è stato necessario presentare in forma indicizzata i dati relativi alle due società che costituiscono l’industria comunitaria.

(81)

A norma dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base, sono stati esaminati tutti i pertinenti fattori economici e gli indici relativi all’industria comunitaria.

b)   Dati relativi all’industria comunitaria

—   Produzione, capacità produttiva installata e tasso di utilizzo degli impianti

Tabella 6

Produzione, capacità produttiva installata, utilizzo degli impianti

 

2003

2004

2005

2006

PIR

Capacità (t) (indice)

100

100

100

105

112

Produzione (t) (indice)

100

119

115

115

117

Utilizzo degli impianti (t) (indice)

100

119

115

109

105

Fonte: risposte al questionario da parte dell’industria comunitaria.

(82)

Il livello di produzione dell’industria comunitaria durante il PIR era aumentato del 17 % rispetto a quello registrato all’inizio del periodo in esame. L’utilizzo degli impianti dell’industria comunitaria è a sua volta aumentato del 12 % nel periodo in esame, con l’aumento della capacità di un produttore comunitario che aveva investito in attrezzature per la produzione di acido sulfanilico puro. La combinazione di questi due fattori ha portato a un aumento complessivo dell’utilizzo degli impianti da parte dell’industria comunitaria nel periodo in esame. Va inoltre rilevato che l’industria comunitaria ha raggiunto un livello soddisfacente di utilizzo degli impianti (nell’ordine del 75-80 %) durante il PIR.

—   Scorte

(83)

I livelli delle giacenze di fine anno dell’industria comunitaria hanno registrato un calo del 22 % nell’arco del periodo in esame. I livelli delle scorte sono diminuiti in modo significativo nel 2004 e nel 2005, ma hanno avuto una ripresa nel 2006 e nel PIR.

Tabella 7

Volume delle giacenze finali

 

2003

2004

2005

2006

PIR

Giacenze (t) (indice)

100

35

38

64

78

Fonte: risposte al questionario da parte dell’industria comunitaria.

—   Volume delle vendite, quota di mercato e crescita

(84)

Il volume delle vendite dell’industria comunitaria nel PIR è stato superiore del 5 % rispetto all’inizio del periodo in esame. Mentre il consumo comunitario è diminuito del 6 % nel periodo in esame (vedi il precedente considerando 70), la quota di mercato dell’industria comunitaria nello stesso periodo è aumentata del 12 %. In particolare, l’industria comunitaria ha guadagnato più di 7 punti percentuali di quota di mercato durante il periodo in esame. La quota di mercato dell’industria comunitaria è rimasta al di sopra del 50 % nell’arco dell’intero periodo in esame.

Tabella 8

Volume delle vendite e quota di mercato

 

2003

2004

2005

2006

PIR

Volume delle vendite (t) (indice)

100

114

107

105

105

Quota di mercato (indice)

100

116

105

113

112

Fonte: risposte al questionario da parte dell’industria comunitaria.

(85)

Va notato che la diminuzione dei consumi comunitari nel 2006 e nel PIR ha pregiudicato in parte la crescita dell’industria comunitaria. L’aumento della quota di mercato è attribuibile in misura quasi uguale a un aumento del volume delle vendite e a un minor consumo verso la fine del periodo in esame.

—   Fattori che incidono sui prezzi comunitari

(86)

Il prezzi medi di vendita dell’industria comunitaria sono aumentati considerevolmente, del 26 %, nel corso dell’intero periodo in esame. L’andamento osservato dal 2005 sembra riflettere in particolare gli effetti delle misure antiassorbimento istituite nel 2004. I prezzi di vendita medi dell’industria comunitaria sono aumentati sensibilmente tra il 2004 e il 2005, rimanendo poi piuttosto stabili. Tale incremento, tuttavia, è stato inferiore in percentuale rispetto all’aumento del prezzo dell’anilina, materia prima più importante per la produzione di acido sulfanilico. L’anilina, che è un derivato del benzene e durante il PIR rappresentava circa il 50 % del costo totale di fabbricazione, aveva registrato infatti un incremento del prezzo del 45 % circa tra il 2003 e il PIR.

Tabella 9

Prezzi di vendita

 

2003

2004

2005

2006

PIR

Prezzo di vendita medio (indice)

100

104

124

125

126

Fonte: risposte al questionario da parte dell’industria comunitaria.

—   Occupazione e produttività

(87)

Il livello occupazionale è calato del 9 % tra il 2003 e il PIR, mentre la produzione è aumentata, riflettendo un incremento della produttività e della competitività dell’industria comunitaria. Il costo medio per dipendente è salito tuttavia del 15 % nello stesso periodo.

Tabella 10

Occupazione e produttività

 

2003

2004

2005

2006

PIR

Occupazione (indice)

100

96

96

98

91

Produttività (indice)

100

125

120

117

129

Costo medio della manodopera (indice)

100

82

94

106

115

Fonte: risposte al questionario da parte dell’industria comunitaria.

—   Redditività

Tabella 11

Redditività

 

2003

2004

2005

2006

PIR

Indice

100

–1 286

1 519

335

191

Fonte: risposte al questionario da parte dell’industria comunitaria.

(88)

Fatta eccezione per l’anno 2005, la redditività dell’industria comunitaria si è posizionata intorno o al di sotto dell’1 % del relativo fatturato. Si sono verificate perdite notevoli nel 2004, mentre l’industria comunitaria ha registrato degli utili nel 2005, nel 2006 e nel PIR. Dato che la redditività dell’industria comunitaria è stata notevolmente bassa nel 2003, l’apparente aumento del periodo in esame ha condotto a un livello di redditività ancora molto inferiore rispetto a quello considerato accettabile per questo tipo di industria.

(89)

Va notato inoltre che l’evoluzione dei prezzi delle materie prime ha inciso sulla redditività dell’industria comunitaria. Tra il 2003 e il PIR il costo di produzione medio è aumentato del 25 %. Come citato al considerando 86, l’anilina è la materia prima più importante per la produzione di acido sulfanilico e rappresenta approssimativamente la metà dei costi di fabbricazione. Poiché nel 2004 il prezzo dell’anilina è aumentato considerevolmente, l’industria comunitaria non è stata in grado di trasferire tale incremento sui propri clienti e ha subito delle perdite. La situazione dell’industria comunitaria è migliorata nel 2005, quando i prezzi dell’anilina si sono stabilizzati e l’industria comunitaria è riuscita a incrementare i prezzi dell’acido sulfanilico in modo da coprire l’aumento dei costi delle materie prime. Nel 2006 e nel PIR l’industria comunitaria, confrontata con un nuovo rialzo dei prezzi dell’anilina, ha subito un calo della redditività, che ha raggiunto livelli inferiori all’1 % del fatturato.

—   Investimenti, utili sugli investimenti e capacità di ottenere capitali

Tabella 12

Investimenti e utili sugli investimenti

 

2003

2004

2005

2006

PIR

Investimenti (indice)

100

39

57

255

305

Utile sugli investimenti (indice)

100

–1 779

2 498

420

224

Fonte: risposte al questionario da parte dell’industria comunitaria.

(90)

L’industria comunitaria ha continuato a investire nelle attività connesse all’acido sulfanilico durante il periodo in esame. Nel 2006 e nel PIR, oltre agli investimenti riguardanti soprattutto la manutenzione del capitale fisso esistente, un produttore comunitario ha effettuato investimenti al fine di aumentare la propria capacità di produzione di acido sulfanilico puro. Va tuttavia osservato a questo riguardo che la completa operatività di tale nuova capacità è prevista per il 2008.

(91)

Dato che l’industria comunitaria ha realizzato esigui profitti durante l’intero periodo in esame, l’indicatore relativo all’utile sugli investimenti (che esprime l’utile al netto delle imposte in percentuale del valore contabile residuo medio, in apertura e chiusura dell’esercizio contabile, delle attività impiegate nella produzione dell’acido sulfanilico) è rimasto anch’esso molto basso, vale a dire intorno al 2 % durante il PIR.

(92)

Dall’inchiesta è emerso che il fabbisogno di capitali dell’industria comunitaria ha subito le ripercussioni della difficile situazione finanziaria. Benché uno dei produttori comunitari faccia parte di un grande gruppo, il fabbisogno di capitali non è sempre soddisfatto nella misura auspicata, poiché all’interno del gruppo le risorse finanziarie sono in genere assegnate alle entità più efficienti.

—   Cash flow

(93)

Il cash flow ha subito una notevole flessione, pari all’85 % tra il 2003 e il PIR, pur mantenendo valori positivi. Il cash flow non segue l’andamento della redditività, poiché su di esso hanno inciso voci non monetarie quali ammortamento e movimenti di magazzino.

Tabella 13

Cash flow

Cash flow

2003

2004

2005

2006

PIR

Indice

100

41

64

32

15

Fonte: risposte al questionario da parte dell’industria comunitaria.

5.   Conclusioni

(94)

Tra il 2003 e il PIR la maggior parte degli indicatori relativi all’industria comunitaria ha presentato un’evoluzione positiva: volumi delle vendite, utilizzo degli impianti, volume della produzione, giacenze finali, produttività, investimenti e utile sugli investimenti. Tuttavia la redditività è rimasta al di sotto dell’1 % del fatturato durante il PIR.

(95)

L’industria comunitaria ha beneficiato di un incremento del prezzo unitario dell’acido sulfanilico, in particolare dal 2004 alla fine del PIR. L’aumento del prezzo di vendita non ha potuto compensare tuttavia completamente l’aumento del costo di produzione e i margini di profitto sono di conseguenza diminuiti.

(96)

La diminuzione dei consumi comunitari nel 2006 e nel PIR ha inoltre ostacolato in certa misura la ripresa dell’industria comunitaria.

(97)

Nel complesso appare evidente che l’istituzione di misure antidumping ha consentito all’industria comunitaria di stabilizzarsi, ma non di riprendersi completamente dalla situazione pregiudizievole subita a causa del perdurare delle importazioni oggetto di dumping dalla RPC, nonché a causa dell’aumento dei costi delle materie prime che l’industria comunitaria non è stata in grado di trasferire sui propri clienti. L’inchiesta ha tuttavia mostrato che durante il periodo in esame l’industria comunitaria ha cominciato a investire in nuove apparecchiature.

(98)

Alla luce dell’analisi che precede sono stati rilevati da un lato indicatori di volume che hanno avuto un andamento positivo durante il periodo in esame. Dall’altro, gli indicatori finanziari relativi all’industria comunitaria, quali la redditività e il cash flow, ne hanno mostrato la situazione economica ancora vulnerabile. Si conclude pertanto che l’industria comunitaria non è stata in grado di riprendersi completamente dagli effetti di pratiche di dumping arrecanti pregiudizio.

F.   PROBABILITÀ DI REITERAZIONE DEL PREGIUDIZIO

1.   Considerazioni generali

(99)

A norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base è stata effettuata l’analisi del rischio di reiterazione del pregiudizio in caso di abrogazione delle misure. A tale proposito si sono esaminati in particolare la prevedibile evoluzione del volume e dei prezzi delle esportazioni dai paesi interessati, nonché i relativi effetti probabili sulla situazione dell’industria comunitaria in assenza di misure.

2.   Evoluzione dei volumi e dei prezzi delle importazioni dai paesi interessati in caso di abrogazione delle misure

(100)

Si ricorda che anche in presenza di misure antidumping le importazioni dai paesi interessati corrispondevano a una quota di mercato del 24,6 % nel PIR.

(101)

Dall’inchiesta è emerso che il produttore esportatore indiano che ha collaborato possiede notevole capacità inutilizzate che superano il 30 % del consumo comunitario. Inoltre, secondo le informazioni di cui dispone la Commissione, la produzione effettiva di acido sulfanilico nella RPC è di circa 22 000 tonnellate, vale a dire più del doppio del consumo comunitario. In base alle medesime informazioni risulta altresì che i produttori cinesi sono in grado di passare agevolmente dalla produzione di tinture speciali e prodotti chimici a quella di acido sulfanilico. Tali capacità eventualmente disponibili nei paesi interessati indicano che i produttori esportatori hanno la possibilità di aumentare la loro produzione attuale e quindi di incrementare le loro esportazioni di acido sulfanilico nella Comunità.

(102)

Va notato inoltre che il consumo comunitario è diminuito lievemente nel periodo in esame e non si prevede che nei prossimi anni la domanda sia tale da assorbire il potenziale incremento delle importazioni dalla RPC e dall’India nel caso in cui le misure venissero a scadere. In questo scenario le esportazioni di acido sulfanilico dalla RPC e dall’India verrebbero molto probabilmente a sostituirsi in larga parte alle vendite effettuate dall’industria comunitaria, poiché i prezzi all’importazione sarebbero probabilmente inferiori.

(103)

L’inchiesta ha mostrato che il mercato comunitario rimane interessante per i produttori esportatori cinesi e indiani. Come esposto nei considerando 57 e 62, si è riscontrato che il prezzo medio delle esportazioni indiane e cinesi verso altri paesi terzi era notevolmente inferiore al prezzo medio delle esportazioni dirette alla Comunità. Nonostante non sia stata riscontrata alcuna sottoquotazione dei prezzi all’esportazione cinesi e indiani adeguati dagli attuali dazi antidumping e dai normali dazi doganali, i prezzi all’esportazione cif cinesi e indiani si sono rivelati in media notevolmente inferiori (circa il 18 %) rispetto al prezzo medio applicato dall’industria comunitaria. In assenza di misure, le importazioni di acido sulfanilico dai paesi interessati nella Comunità avrebbero dunque probabilmente un incremento notevole in ragione: i) delle capacità inutilizzate (in particolare in India); ii) del riorientamento verso il mercato comunitario delle esportazioni dirette ad altri paesi terzi; iii) della possibilità di passare dalla produzione di tinture speciali e prodotti chimici a quella di acido sulfanilico (in particolare nella RPC), a livelli di prezzo notevolmente inferiori a quelli attualmente applicati nella Comunità.

3.   Conclusioni sul rischio di reiterazione del pregiudizio

(104)

Sulla base di quanto esposto si può concludere che, qualora le misure dovessero scadere, le importazioni nel mercato comunitario dai paesi interessati sarebbero effettuate probabilmente in volumi significativi e a prezzi di dumping, inferiori a quelli praticati dall’industria comunitaria. Con ogni probabilità ciò avvierebbe nel mercato comunitario una tendenza alla riduzione dei prezzi, con conseguenti prevedibili ripercussioni negative sulla situazione economica dell’industria comunitaria. In particolare questo annullerebbe il recupero realizzato nel periodo in esame, comportando una probabile reiterazione del pregiudizio.

G.   INTERESSE DELLA COMUNITÀ

1.   Introduzione

(105)

A norma dell’articolo 21 del regolamento di base, la Commissione ha esaminato se una proroga delle misure antidumping esistenti sia contraria all’interesse generale della Comunità. La determinazione dell’interesse della Comunità si è basata su una valutazione degli interessi di tutte le parti coinvolte.

(106)

Inoltre, il fatto che la presente inchiesta sia un riesame, il cui oggetto di indagine è quindi una situazione in cui sono già in vigore misure antidumping, permette di valutare qualsiasi indebito impatto negativo delle attuali misure antidumping sulle parti coinvolte.

(107)

Si è pertanto esaminato se, nonostante le conclusioni sul rischio di reiterazione del dumping pregiudizievole, esistano ragioni valide per concludere che, in questo caso particolare, il mantenimento delle misure non sia nell’interesse della Comunità.

2.   Interesse dell’industria comunitaria

(108)

È lecito prevedere che l’industria comunitaria continui a trarre vantaggio dalle misure attualmente in vigore e a recuperare, aumentando la sua quota di mercato e la sua redditività. Se le misure venissero abrogate, è probabile che l’industria comunitaria ricomincerebbe a subire un pregiudizio a causa dell’aumento delle importazioni a prezzi di dumping dai paesi in esame e che la sua situazione, attualmente caratterizzata da una certa fragilità, peggiorerebbe.

(109)

Su questa base si può concludere che il mantenimento delle misure sarebbe nell’interesse dell’industria comunitaria.

3.   Interesse degli importatori

(110)

Nell’inchiesta iniziale la Commissione aveva concluso che l’istituzione delle misure non avrebbe prodotto conseguenze significative sui commercianti di acido sulfanilico nella Comunità. Come riferito in precedenza, nessun importatore ha collaborato all’inchiesta; non sono stati pertanto presentati motivi validi per ritenere che l’istituzione di misure sarebbe contraria agli interessi degli importatori.

4.   Interesse degli utilizzatori

(111)

La Commissione ha inviato un questionario a ciascuno dei 31 utilizzatori noti; soltanto quattro hanno risposto. Sono pervenute tre risposte al questionario della Commissione da parte di altrettante società comunitarie produttrici di sbiancanti ottici, mentre una quarta risposta è pervenuta da un’impresa di tinture. Le informazioni fornite dagli utilizzatori a proposito degli effetti prodotti dalle misure e della percentuale rappresentata dall’acido sulfanilico sui rispettivi costi di produzione non sono state tuttavia significative.

(112)

I volumi di prodotto in esame importati dai quattro utilizzatori citati rappresentavano il 47,3 % delle importazioni totali nella Comunità. Poiché i quattro utilizzatori acquistano quantitativi importanti di acido sulfanilico dall’industria comunitaria, essi erano inoltre responsabili del 40 % del consumo comunitario nel PIR.

(113)

Tre utilizzatori si sono pronunciati ugualmente contrari alla proroga delle misure, adducendo come motivo il fatto che la capacità produttiva dell’industria comunitaria non è sufficiente a soddisfare la domanda interna e che le misure pregiudicano la loro competitività sui prodotti derivati. Il quarto utilizzatore non si è pronunciato né a favore né contro la proroga delle misure.

(114)

Per quanto riguarda l’offerta sul mercato comunitario, va osservato che la capacità produttiva attuale dell’industria comunitaria potrebbe soddisfare circa l’80 % del consumo comunitario. Va sottolineato inoltre che l’industria comunitaria ha investito in nuovi impianti al fine di aumentare la produzione di acido sulfanilico puro. In ogni caso, lo scopo dell’istituzione delle misure non è escludere dal mercato comunitario le importazioni dai paesi in questione, ma impedire che vengano effettuate a prezzi di dumping pregiudizievoli. Si può prevedere pertanto che le importazioni dai paesi interessati continuino ad affluire sul mercato, com’è accaduto in seguito all’istituzione delle misure nel 2002.

(115)

Va inoltre osservato che la produzione di acido sulfanilico fuori della Comunità si limita attualmente a pochi paesi nel mondo, quali l’India, la RPC e gli Stati Uniti. È pertanto importante che l’industria comunitaria possa operare in condizioni di effettiva concorrenza, affinché seguiti a essere disponibile per gli utilizzatori comunitari l’offerta del prodotto in esame di produzione comunitaria.

(116)

Per quanto riguarda la competitività degli utilizzatori va osservato che, malgrado la mancanza di informazioni da parte degli utilizzatori nel contesto della presente inchiesta, risulta dall’inchiesta iniziale che le misure antidumping avrebbero prodotto un aumento del costo complessivo degli sbiancanti ottici e delle tinture contenenti acido sulfanilico inferiore all’1 %.

(117)

In base a quanto precede, si ritiene anche nel quadro della presente inchiesta di riesame in previsione della scadenza, che la proroga delle misure non avrebbe effetti negativi rilevanti sulla situazione degli utilizzatori.

5.   Conclusione sull’interesse della Comunità

(118)

In base a quanto precede la Commissione ha concluso che non esistono motivi validi e convincenti che impediscano la proroga delle attuali misure antidumping.

H.   MISURE ANTIDUMPING

(119)

Tutte le parti sono state informate dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intendeva raccomandare la proroga delle misure in vigore. È stato inoltre fissato un termine entro il quale le parti potessero presentare osservazioni e commenti. Non sono pervenuti commenti tali da modificare le suddette conclusioni.

(120)

Viste le conclusioni raggiunte riguardo alla probabilità del persistere del dumping in relazione alle importazioni di acido sulfanilico dalla RPC, al rischio di reiterazione del dumping in relazione alle importazioni dall’India, al rischio di reiterazione del pregiudizio e all’interesse della Comunità, le misure antidumping sulle importazioni di acido sulfanilico vanno prorogate al fine di evitare che le importazioni oggetto di dumping producano la reiterazione del pregiudizio ai danni dell’industria comunitaria.

(121)

Il dazio non si applica alle importazioni del prodotto in esame fabbricato e venduto per l’esportazione nella Comunità da una società indiana il cui impegno è stato accettato dalla Commissione con la decisione 2006/37/CE,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1.   È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido sulfanilico di cui al codice NC ex 2921 42 10 (codice TARIC 2921421060) originario della Repubblica popolare cinese e dell’India.

2.   Le aliquote del dazio antidumping definitivo applicabile al prezzo netto, franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, per il prodotto di cui al paragrafo 1 sono le seguenti:

Paese

Dazio definitivo (%)

Repubblica popolare cinese

33,7

India

18,3

3.   In deroga al paragrafo 1, il dazio antidumping definitivo non si applica alle importazioni immesse in libera pratica a norma dell’articolo 2.

4.   Salvo diversa indicazione, si applicano le norme vigenti in materia di dazi doganali.

Articolo 2

1.   Le importazioni dichiarate per l’immissione in libera pratica e fatturate dalle società i cui impegni sono accettati dalla Commissione, società elencate nella decisione 2006/37/CE, periodicamente modificata, sono esenti dal dazio antidumping istituito dall’articolo 1, a condizione che:

siano prodotte, spedite e fatturate direttamente da tali società al primo acquirente indipendente nella Comunità, nonché

siano corredate di una fattura corrispondente all’impegno, ossia di una fattura commerciale contenente almeno le informazioni e la dichiarazione di cui all’allegato del presente regolamento, nonché

le merci dichiarate e presentate in dogana corrispondano esattamente alla descrizione riportata nella fattura corrispondente all’impegno.

2.   Un’obbligazione doganale sorge al momento dell’accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica ogniqualvolta sia accertata, per quanto riguarda le merci descritte all’articolo 1 ed esenti dai dazi alle condizioni elencate al paragrafo 1, l’inosservanza di una o più di dette condizioni. Sono considerati un’inosservanza della condizione di cui al paragrafo 1, secondo trattino, i casi in cui sia accertato che la fattura corrispondente all’impegno non è conforme alle disposizioni dell’allegato o non è autentica o allorché la Commissione abbia revocato l’accettazione dell’impegno a norma dell’articolo 8, paragrafo 9, del regolamento (CE) n. 384/96 o dell’articolo 13, paragrafo 9, del regolamento antisovvenzioni di base, in un regolamento o in una decisione in cui si faccia riferimento a una o più specifiche transazioni e si dichiari l’invalidità della o delle pertinenti fatture corrispondenti all’impegno.

3.   Gli importatori accettano quale normale rischio commerciale il fatto che l’inosservanza, dall’una o dall’altra parte, di una o più delle condizioni elencate al paragrafo 1 e definite più dettagliatamente al paragrafo 2 può determinare l’insorgere di un’obbligazione doganale ai sensi dell’articolo 201 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce il codice doganale comune (15). Il recupero dell’obbligazione doganale avviene al momento della revoca dell’accettazione dell’impegno da parte della Commissione.

Articolo 3

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Lussemburgo, addì 13 ottobre 2008.

Per il Consiglio

Il presidente

B. KOUCHNER


(1)  GU L 56 del 6.3.1996, pag. 1.

(2)  GU L 196 del 25.7.2002, pag. 11.

(3)  GU L 196 del 25.7.2002, pag. 1.

(4)  GU L 196 del 25.7.2002, pag. 36.

(5)  GU L 40 del 12.2.2004, pag. 17.

(6)  GU L 80 del 18.3.2004, pag. 29.

(7)  GU C 101 del 27.4.2005, pag. 34.

(8)  GU L 288 del 21.10.1997, pag. 1.

(9)  GU L 22 del 26.1.2006, pag. 52.

(10)  GU L 22 del 26.1.2006, pag. 5.

(11)  GU C 272 del 9.11.2006, pag. 18.

(12)  GU C 171 del 24.7.2007, pag. 18.

(13)  GU C 171 del 24.7.2007, pag. 14.

(14)  GU C 229 del 29.9.2007, pag. 9.

(15)  GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1.


ALLEGATO

La fattura commerciale che accompagna le vendite di acido sulfanilico soggette a un impegno e vendute nella Comunità dalla società deve recare le seguenti informazioni:

1.

l’intestazione «FATTURA COMMERCIALE CHE ACCOMPAGNA MERCI SOGGETTE A UN IMPEGNO»;

2.

il nome della società che rilascia la fattura commerciale, menzionata all’articolo 1 della decisione 2006/37/CE, con cui la Commissione accetta l’impegno;

3.

il numero della fattura commerciale;

4.

la data di emissione della fattura commerciale;

5.

il codice addizionale TARIC con il quale le merci figuranti sulla fattura vengono sdoganate alla frontiera comunitaria;

6.

la descrizione esatta delle merci, compresi:

il numero di codice del prodotto (NCP) usato ai fini dell’impegno (per esempio «PA99», «PS85» o «TA98»),

le specifiche tecniche/fisiche dell’NCP, cioè per «PA99» e «PS85» polvere bianca scorrevole e per «TA98» polvere grigia scorrevole,

eventualmente, il numero di codice del prodotto della società (CPS),

il codice NC,

la quantità (da indicare in tonnellate);

7.

la descrizione delle condizioni di vendita, compresi:

il prezzo per tonnellata,

le condizioni di pagamento applicabili,

le condizioni di consegna applicabili,

sconti e riduzioni complessivi;

8.

il nome della società che funge da importatore nella Comunità a cui la fattura commerciale che accompagna le merci oggetto di un impegno viene rilasciata direttamente dalla società;

9.

il nome del responsabile della società che emette la fattura commerciale, seguito dalla seguente dichiarazione firmata:

«Il sottoscritto certifica che la vendita per l’esportazione diretta nella Comunità europea delle merci coperte dalla presente fattura è effettuata nell’ambito e alle condizioni dell’impegno offerto da [nome della società] e accettato dalla Commissione europea con la decisione 2006/37/CE. Il sottoscritto dichiara inoltre che le informazioni contenute nella presente fattura sono complete ed esatte.»


16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/18


REGOLAMENTO (CE) N. 1001/2008 DEL CONSIGLIO

del 13 ottobre 2008

che, in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di taluni accessori per tubi, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica di Corea e della Malaysia

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (1) («regolamento di base»), in particolare l’articolo 9 e l’articolo 11, paragrafo 2,

sentito il comitato consultivo,

considerando quanto segue:

A.   PROCEDURA

1.   Misure vigenti

(1)

Nell’agosto 2002 il Consiglio, con il regolamento (CE) n. 1514/2002 (2) («l’inchiesta originaria»), ha istituito misure antidumping definitive relative alle importazioni di alcuni accessori per tubi («il prodotto in esame») originari tra l’altro della Repubblica di Corea e della Malaysia. I dazi antidumping in vigore per quanto riguarda la Malaysia sono i seguenti: 59,2 % per Anggerik Laksana Sdn Bhd e 75 % per tutte le altre società. Per la Repubblica di Corea il dazio è del 44 % per tutte le società.

(2)

Al di fuori dell’ambito del presente procedimento, misure antidumping sono attualmente imposte dal regolamento (CE) n. 964/2003 del Consiglio (3) nei riguardi delle esportazioni dalla Repubblica popolare cinese (58,6 %) e dalla Thailandia (58,9 %), a eccezione di due società della Thailandia, e delle esportazioni spedite da Taiwan, dichiarate originarie di Taiwan o no. Le misure antidumping relative al prodotto in esame originario della Cina sono state estese alle importazioni spedite dall’Indonesia, dallo Sri Lanka e dalle Filippine dello stesso prodotto, dichiarato originario di questi paesi o no, rispettivamente dai regolamenti (CE) n. 2052/2004 (4), (CE) n. 2053/2004 (5) e (CE) n. 655/2006 (6) del Consiglio.

2.   Domanda di riesame

(3)

A seguito della pubblicazione di un avviso di imminente scadenza (7) delle attuali misure antidumping relative alle importazioni di accessori per tubi originari della Repubblica di Corea e della Malaysia, la Commissione ha ricevuto, a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, una domanda di riesame delle misure in questione.

(4)

La domanda è stata presentata il 23 maggio 2007 dal comitato di difesa dell’industria degli accessori da saldare testa a testa dell’Unione europea (Defence Committee of the Steel Butt-Welding Fittings Industry of the European Union, «il richiedente») per conto dei produttori che rappresentano una proporzione maggioritaria, in questo caso più del 50 %, della produzione comunitaria totale di alcuni accessori per tubi.

(5)

La domanda è stata motivata con il fatto che la scadenza delle misure avrebbe comportato il rischio della persistenza o della reiterazione del dumping e del pregiudizio nei confronti dell’industria comunitaria.

(6)

Avendo stabilito, previa consultazione del comitato consultivo, che esistono elementi di prova sufficienti per giustificare l’inizio di un riesame, la Commissione ha avviato un riesame in previsione della scadenza (8) ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base.

3.   Inchiesta

(7)

La Commissione ha ufficialmente informato dell’avvio del riesame i produttori comunitari richiedenti, gli altri produttori comunitari, i produttori esportatori dei paesi interessati, gli importatori/commercianti, gli utilizzatori e le associazioni di utilizzatori notoriamente interessati nonché i rappresentanti dei governi dei due paesi esportatori.

(8)

La Commissione ha inviato questionari a tali parti e a quelle che si sono manifestate entro il termine specificato nell’avviso di apertura.

(9)

La Commissione ha inoltre dato alle parti interessate la possibilità di comunicare le proprie osservazioni per iscritto e di chiedere un’audizione entro il termine fissato nell’avviso di apertura.

(10)

Considerato l’elevato numero di produttori esportatori nella Repubblica di Corea e di importatori/commercianti del prodotto in esame e di produttori comunitari, nell’avviso di apertura, conformemente all’articolo 17 del regolamento di base, è stata presa in considerazione l’ipotesi di ricorrere al campionamento. Per decidere se il campionamento fosse necessario e, in tal caso, per selezionare il campione, la Commissione ha inviato questionari di campionamento, chiedendo informazioni specifiche sul volume medio delle vendite e sui prezzi medi di ciascun produttore comunitario, produttore esportatore e importatore interessato. Al questionario non ha risposto nessun produttore esportatore coreano, undici risposte sono giunte da importatori e solo quattro da produttori comunitari. La Commissione ha pertanto deciso di non ricorrere al campionamento.

(11)

Quattro produttori comunitari hanno risposto al questionario, ma uno di questi ha fornito soltanto una risposta parziale e non ha risposto a una lettera che lo invitava a completare la sua risposta. Due società malesi hanno risposto al questionario: una nuova società e una che ha successivamente rifiutato una visita di verifica. Nessun produttore esportatore coreano ha risposto al questionario. Due importatori hanno risposto al questionario.

(12)

La Commissione ha chiesto e verificato tutte le informazioni ritenute necessarie per determinare il persistere o la reiterazione probabili del dumping e del pregiudizio, nonché l’interesse della Comunità. Sono state effettuate visite di verifica presso le sedi delle seguenti società:

a)

Produttori comunitari richiedenti

Erne Fittings GmbH, Schlins, Austria,

Interfit SA, Maubeuge, Francia,

Virgilio Cena & Figli SpA, Brescia, Italia;

b)

Nuovo produttore in Malaysia

Pantech Steel Industries SDN. BHD., Selangor, Malaysia.

4.   Periodo dell’inchiesta

(13)

L’inchiesta relativa al persistere o alla reiterazione del dumping ha riguardato il periodo compreso tra il 1o luglio 2006 e il 30 giugno 2007 («periodo dell’inchiesta» o «PI»). L’esame delle tendenze significative ai fini della valutazione della probabilità del persistere o della reiterazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2002 e la fine del periodo dell’inchiesta («il periodo considerato»).

B.   PRODOTTO IN ESAME E PRODOTTO SIMILE

1.   Prodotto in esame

(14)

Il prodotto oggetto del riesame è costituito da accessori per tubi (diversi dagli accessori fusi, dalle flange e dagli accessori filettati), di ferro o di acciaio (escluso l’acciaio inossidabile), con un diametro esterno massimo inferiore o uguale a 609,6 mm, del tipo usato per la saldatura testa a testa o per altre applicazioni, originari della Repubblica di Corea e della Malaysia, attualmente classificabili nei codici NC ex 7307 93 11, ex 7307 93 19, ex 7307 99 30 ed ex 7307 99 90.

(15)

Gli accessori per tubi sono fabbricati essenzialmente mediante il taglio e la formatura di tubi. Sono utilizzati per connettere tubi e si presentano in varie forme (gomiti, riduzioni, raccordi a T, tappi), dimensioni e qualità di materiale. Sono soprattutto utilizzati nell’industria petrolchimica, nella costruzione, nella produzione di energia, nella costruzione navale e negli impianti industriali. Per i prodotti destinati all’industria petrolchimica, la norma applicata mondialmente è la norma ANSI. Per i prodotti utilizzati negli altri settori, la norma più comunemente utilizzata nella Comunità è la norma DIN.

2.   Prodotto simile

(16)

Come nell’inchiesta originaria, anche da questa inchiesta è emerso che gli accessori per tubi in ferro o acciaio fabbricati nei paesi interessati e venduti sui loro mercati interni e/o esportati nella Comunità presentano le stesse caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base e gli stessi impieghi finali dei prodotti venduti sul mercato comunitario dai produttori comunitari richiedenti, e sono pertanto considerati prodotti simili ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base.

C.   RISCHIO DEL PERSISTERE DEL DUMPING

(17)

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, si è proceduto a esaminare la probabilità che la scadenza delle misure comporti il persistere del dumping.

1.   Osservazioni preliminari

(18)

Come si è detto, poiché nessuno dei produttori esportatori coreani e malesi, a eccezione di una nuova società, ha cooperato, l’esame ha dovuto basarsi su informazioni che la Commissione ha attinto da altre fonti. A tale proposito, come disposto dall’articolo 18 del regolamento di base, sono stati utilizzati dati Eurostat relativi al codice NC a otto cifre, verificati utilizzando altre fonti per stabilire i quantitativi importati e i prezzi. Il margine di dumping è stato calcolato sulla base dei dati disponibili, in questo caso le informazioni contenute nella domanda e le statistiche americane.

(19)

Dato il modesto volume attuale delle importazioni nella Comunità dalla Corea e dalla Malaysia di accessori per tubi, la Commissione ha dovuto utilizzare dati relativi a un altro paese. È stato ritenuto appropriato fare riferimento agli Stati Uniti, il cui mercato ha una dimensione simile, con molti produttori nazionali, ma anche una quota notevole di importazioni, il che lo rende molto concorrenziale. Inoltre, gli Stati Uniti costituiscono una delle destinazioni principali delle esportazioni dalla Corea e dalla Malaysia.

2.   Importazioni oggetto di dumping durante il periodo dell’inchiesta

a)   Valore normale

(20)

Come disposto dall’articolo 18 del regolamento di base e in mancanza di qualsiasi cooperazione da parte dei produttori esportatori coreani e malesi, a eccezione di una nuova società, il valore normale è stato calcolato sulla base dei dati forniti nella domanda, ossia il costo di produzione stimato, maggiorato rispettivamente per la Corea e la Malaysia del 12,3 % e 15,1 % per le spese generali, amministrative e di vendita, e del 5,6 % e 6 % per i profitti, aumenti in entrambi i casi espressi in percentuale del fatturato. Dette percentuali sono considerate piuttosto prudenziali.

b)   Prezzo all’esportazione

(21)

Come disposto dall’articolo 18 del regolamento di base e in mancanza di qualsiasi cooperazione da parte dei produttori esportatori coreani e malesi, a eccezione di una nuova società, il prezzo all’esportazione è stato calcolato sulla base dei prezzi del prodotto in esame praticati dagli esportatori coreani e malesi, desunti delle statistiche americane delle importazioni. Le cifre ottenute sono state adeguate per tipo di prodotto proporzionalmente al tonnellaggio di ogni tipo di prodotto, sulla base delle informazioni fornite nella domanda.

c)   Confronto

(22)

Il valore normale medio ponderato è stato confrontato al prezzo d’esportazione medio ponderato degli accessori per tubi, conformemente all’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base, entrambi allo stadio franco fabbrica.

(23)

Per procedere a un confronto equo tra il valore normale e il prezzo all’esportazione, si è tenuto conto delle differenze nei fattori che influiscono sulla comparabilità dei prezzi, conformemente all’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base. A tale riguardo, sono stati effettuati alcuni adeguamenti per il trasporto marittimo e interno, l’assicurazione, la movimentazione, il carico e i costi accessori.

d)   Margine di dumping

(24)

Il confronto del valore normale costruito e del prezzo all’esportazione costruito ha rivelato l’esistenza di un dumping da parte dei due paesi interessati, il margine di dumping essendo pari all’importo di cui il valore normale supera il prezzo all’esportazione. Il margine di dumping accertato, espresso in termini di percentuale del prezzo all’importazione cif alla frontiera comunitaria, è risultato del 15,1 % per la Corea e del 61,3 % per la Malaysia.

3.   Andamento delle importazioni in caso di abrogazione delle misure

a)   Osservazioni preliminari

(25)

Dopo avere esaminato l’esistenza di pratiche di dumping nel periodo dell’inchiesta, si è proceduto a esaminare la probabilità del persistere del dumping. In mancanza di qualsiasi cooperazione da parte dei produttori esportatori coreani e malesi, a eccezione di una nuova società, e in ragione della scarsità di informazioni disponibili sull’industria degli accessori per tubi, le conclusioni qui di seguito esposte si basano principalmente, come disposto dall’articolo 18 del regolamento di base, sui dati disponibili, ossia i dati Eurostat, quelli contenuti nella domanda di riesame e le statistiche americane.

b)   Capacità di produzione della Corea e della Malaysia

(26)

La capacità di produzione totale della Corea e della Malaysia è stimata di 35 300 tonnellate e la loro capacità d’esportazione di 20 000 tonnellate. Questo corrisponde a più di un quarto del consumo comunitario.

c)   Prezzo delle esportazioni della Corea e della Malesia verso la Comunità

(27)

Come si è indicato nelle osservazioni preliminari, le esportazioni del prodotto in esame dai due paesi interessati verso il mercato comunitario sono pressoché inesistenti. Per quanto riguarda le esportazioni verso gli altri paesi terzi, nella domanda si sostiene che le esportazioni del prodotto in esame verso gli Stati Uniti avvengono a prezzi di dumping.

d)   Conclusioni circa la probabilità del persistere del dumping

(28)

In considerazione di quanto precede, ossia i margini di dumping elevati e la consistente capacità di produzione e d’esportazione disponibile nei due paesi, si può concludere che le importazioni a prezzi di dumping nell’UE da questi paesi riprenderebbero se le misure venissero a scadere. Inoltre, nonostante il livello elevato dei dazi imposti sulle loro esportazioni, che sono praticamente cessate, nessuno dei produttori esportatori malesi ha chiesto un riesame intermedio. Occorre anche tenere presente che le società esportatrici coreane non hanno mai cooperato all’inchiesta originaria. L’assenza di cooperazione lascia pensare che questi produttori esportatori non fossero desiderosi o in grado di dimostrare che in caso di scadenza delle misure non ricorrerebbero a pratiche di dumping.

D.   DEFINIZIONE DELL’INDUSTRIA COMUNITARIA

(29)

Hanno cooperato pienamente all’inchiesta tre società con sede in Francia (Interfit), Austria (Erne Fittings) e Italia (Virgilio Cena). Il gruppo austriaco ha anche una società collegata in Germania (Siekmann Fittings). La ricerca ha stabilito che i tre produttori comunitari che hanno presentato la domanda e hanno collaborato pienamente rappresentano più del 50 % della produzione comunitaria di accessori per tubi e pertanto costituiscono l’industria comunitaria ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base.

E.   SITUAZIONE DEL MERCATO COMUNITARIO

1.   Consumo nel mercato comunitario

(30)

Il consumo comunitario è stato calcolato sulla base del volume combinato delle vendite realizzate dai produttori comunitari richiedenti e dagli altri produttori comunitari, secondo quanto indicato nella domanda, e dei dati Eurostat relativi alle importazioni dai paesi interessati e da altri paesi terzi.

(31)

Secondo questi dati, durante il periodo considerato il consumo comunitario è aumentato del 26 %, passando da 58 561 tonnellate nel 2002 a 73 519 tonnellate nel PI. Gli accessori per tubi sono principalmente utilizzati nell’industria petrolchimica, nella costruzione, nella produzione di energia, nella costruzione navale e negli impianti industriali, il che, unitamente alla ripresa dell’industria siderurgica, può spiegare questo aumento.

(32)

Tabella 1

Consumo comunitario

Consumo comunitario

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate

58 561

62 122

64 480

56 255

65 667

73 519

Indice

100

106

110

96

112

126

Variaz. annua

100

6

4

–14

16

13

Fonte: Eurostat e risposte verificate del questionario dell’industria comunitaria

2.   Importazioni dai paesi interessati

a)   Volume e quota di mercato

(33)

I volumi importati da Malaysia e Corea sono diminuiti fortemente, passando da 404 a 11 tonnellate. Questo sembra essere la conseguenza delle misure antidumping in vigore dal febbraio 2002. La quota di mercato di questi due paesi è irrilevante.

(34)

Tabella 2

Importazioni dai paesi interessati

Importazioni dai paesi interessati

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate

404

22

54

94

17

11

Indice

100

5

13

23

4

3

Variaz. annua

100

–95

8

10

–19

–1

Quota di mercato in % del consumo comunitario

1

0,04

0,08

0,17

0,03

0,01

Fonte: Eurostat

b)   Andamento dei prezzi delle importazioni e sottoquotazione

(35)

Dato il volume molto ridotto delle importazioni dai paesi interessati e tenuto conto dell’ampia varietà di tipi di prodotti, i prezzi forniti da Eurostat non possono essere considerati come una fonte affidabile per un’analisi dettagliata.

(36)

In mancanza di cooperazione da parte dei paesi interessati, i margini di sottoquotazione sono stati calcolati applicando lo stesso metodo della domanda, ossia confrontando i prezzi delle esportazione dai paesi interessati verso gli Stati Uniti con i prezzi praticati dai richiedenti sul mercato comunitario. Il margine di sottoquotazione è di 25,2 % per la Corea e di 53,3 % per la Malaysia.

3.   Situazione economica dell’industria comunitaria

a)   Produzione, capacità di produzione e utilizzo della capacità

(37)

La produzione dell’industria comunitaria è aumentata del 5 % nel corso del periodo considerato, mentre il consumo comunitario è aumentato del 26 %.

(38)

Tabella 3

Volume di produzione

Volume di produzione

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate

46 454

43 504

47 155

40 881

49 300

48 922

Indice

100

94

102

88

106

105

Variaz. annua

100

–6

8

–14

18

–1

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

(39)

Nel periodo considerato la capacità di produzione dell’industria comunitaria è aumentata del 6 %, nonostante un leggero calo nel 2003.

(40)

Tabella 4

Capacità di produzione

Capacità di produzione

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate

89 400

87 800

89 700

90 300

94 800

95 000

Indice

100

98

100

101

106

106

Variaz. annua

100

–2

2

1

5

0

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

(41)

Nel corso del periodo considerato l’utilizzazione della capacità è diminuita dell’1 %.

(42)

Tabella 5

Utilizzazione della capacità

Utilizzazione della capacità

2002

2003

2004

2005

2006

PI

%

52

50

53

45

52

51

Indice

100

95

101

87

100

99

Variaz. annua

100

–5

6

–14

13

–1

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

b)   Volume delle vendite e prezzi

(43)

Tra il 2002 e il periodo dell’inchiesta le vendite dell’industria comunitaria ad acquirenti indipendenti della Comunità sono aumentate dell’11 %.

(44)

Tabella 6

Vendite dell’industria comunitaria ad acquirenti indipendenti

Vendite dell’industria comunitaria ad acquirenti indipendenti

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate

34 968

34 893

38 401

32 841

36 908

38 750

Indice

100

100

110

94

106

111

Variaz. annua

100

–0,2

10

–16

12

5

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

(45)

Nel periodo considerato i prezzi medi ai quali l’industria comunitaria ha venduto accessori per tubi sul mercato comunitario sono gradualmente aumentati. L’aumento totale tra il 2002 e il PI è stato del 63 %. Questo aumento si spiega in parte con l’aumento del prezzo della principale materia prima, i tubi in acciaio, e in parte con il fatto che due produttori comunitari hanno modificato la loro gamma di prodotti, concentrandosi su tipi speciali più costosi.

(46)

Tabella 7

Prezzo di vendita dell’industria comunitaria

Prezzo di vendita dell’industria comunitaria

2002

2003

2004

2005

2006

PI

EUR/tonnellata

1 553

1 652

1 783

2 133

2 217

2 528

Indice

100

106

115

137

143

163

Variaz. annua

100

6

8

23

5

20

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

c)   Quota di mercato

(47)

Tra il 2002 e il PI la quota di mercato complessiva detenuta dall’industria comunitaria è diminuita di 7 punti percentuali.

(48)

Tabella 8

Quota di mercato delle vendite dell’industria comunitaria

Quota di mercato delle vendite dell’industria comunitaria

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Quota di mercato delle vendite dell’industria comunitaria

60 %

56 %

60 %

58 %

56 %

53 %

Fonte: Eurostat e risposte verificate del questionario dell’industria comunitaria

d)   Crescita

(49)

Mentre il consumo comunitario è aumentato del 26 % durante il periodo considerato, il volume delle vendite dell’industria comunitaria sul mercato è cresciuto solo dell’11 % e la quota di mercato dell’industria comunitaria è diminuita del 7 %. Pertanto, la tendenza al rialzo del consumo comunitario non è stata seguita da un corrispondente aumento delle vendite dell’industria comunitaria.

e)   Redditività e utile sul capitale investito

(50)

Nel periodo considerato l’andamento della redditività espressa come percentuale del valore netto delle vendite ad acquirenti indipendenti è stato il seguente:

(51)

Tabella 9

Redditività

Redditività

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Percentuale del valore netto delle vendite

2 %

1 %

4 %

1 %

6 %

10 %

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

(52)

La redditività dell’industria comunitaria ha avuto un’evoluzione positiva, corrispondente all’aumento dei prezzi di vendita dell’industria comunitaria. Nonostante un ribasso significativo nel 2003 e nel 2005, la redditività complessiva ha raggiunto il 10 %, in conseguenza del passaggio a una produzione con più elevato valore aggiunto nel periodo considerato, durante il quale il profitto medio dell’industria comunitaria è stato del 4 %.

(53)

L’utile sul capitale investito, espresso come profitti/perdite in relazione al valore contabile netto degli investimenti, ha seguito lo stesso andamento della redditività.

(54)

Tabella 10

Utile sul capitale investito

Utile sul capitale investito

2002

2003

2004

2005

2006

PI

%

6

2

11

4

18

37

Indice

100

37

184

62

310

618

Variaz. annua

100

–63

147

– 122

248

309

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

f)   Flusso di cassa

(55)

Tra il 2002 e il 2005 il flusso di cassa ha subito notevoli oscillazioni e un forte aumento nel 2006 e nel corso del PI. Questo aumento del flusso di cassa è anche indicativo della ripresa dell’industria. Questo livello di liquidità consente alle società di investire nuovamente nella produzione di accessori per tubi, dopo periodi poco propizi.

(56)

Tabella 11

Flusso di cassa

Flusso di cassa

2002

2003

2004

2005

2006

PI

EUR

1 310 693

3 826 570

2 378 520

1 233 797

7 559 501

10 040 180

Indice

100

292

181

94

577

766

Variaz. annua

100

192

– 110

–87

483

189

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

g)   Investimenti e capacità di ottenere capitali

(57)

Gli investimenti dell’industria comunitaria sono aumentati del 65 % nel corso del periodo considerato e si sono principalmente concentrati su macchinari destinati ad accrescere la produttività. Nessuna delle società interessate ha segnalato difficoltà nell’ottenere capitali attualmente.

(58)

Tabella 12

Investimenti

Investimenti

2002

2003

2004

2005

2006

PI

EUR

5 839 416

5 824 908

3 438 352

7 422 926

9 986 636

9 643 822

Indice

100

100

59

127

171

165

Variaz. annua

100

–0,2

–41

68

44

–6

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

h)   Scorte

(59)

La tabella che segue indica che le scorte finali si sono mantenute stabili; tuttavia, nel corso del periodo considerato c’è stato un lieve calo, dell’1 % circa.

(60)

Tabella 13

Scorte

Volume delle scorte finali

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate

7 233

7 115

7 449

7 206

7 580

7 190

Indice

100

98

103

100

105

99

Variaz. annua

100

–2

5

–3

5

–5

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

i)   Occupazione, produttività e costo del lavoro

(61)

L’occupazione totale è scesa del 5 % nel 2003 e del 2 % nel corso del periodo considerato.

(62)

Tabella 14

Occupazione

Occupazione

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Numero di lavoratori dipendenti

760

725

719

692

729

741

Indice

100

95

95

91

96

98

Variaz. annua

100

–5

–0,8

–3

5

2

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

(63)

In conseguenza dell’aumento della produzione e del calo dell’occupazione, nel corso del periodo dell’inchiesta la produttività è cresciuta dell’8 %.

(64)

Tabella 15

Produttività

Produttività

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate/addetto

61

60

66

59

68

66

Indice

100

98

107

97

111

108

Variaz. annua

100

–2

9

–11

14

–3

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

(65)

Nel corso del periodo considerato il costo del lavoro dell’industria comunitaria è gradualmente aumentato. L’aumento complessivo è stato del 22 %. Il principale aumento del costo della manodopera si è verificato in una società che ha modificato la sua gamma di produzione per passare da prodotti di base a prodotti specializzati, il che ha richiesto qualifiche professionali più elevate.

(66)

Tabella 16

Costo del lavoro

Costo del lavoro/Retribuzioni

2002

2003

2004

2005

2006

PI

EUR

28 941 652

28 436 139

29 607 915

29 754 664

33 069 402

35 312 821

Indice

100

98

102

103

114

122

Variaz. annua

100

–2

4

1

11

8

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

4.   Effetti di altri fattori

a)   Esportazioni dell’industria comunitaria

(67)

Le esportazioni di accessori per tubi dell’industria comunitaria nel corso del periodo considerato non sono state molto stabili e hanno conosciuto forti fluttuazioni. Nel complesso, il livello delle esportazioni verso i paesi terzi è sceso del 15 %, evoluzione dovuta principalmente a un tasso di cambio EUR/USD sfavorevole.

(68)

Tabella 17

Esportazioni dell’industria comunitaria

Esportazioni dell’industria comunitaria

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate

10 893

8 003

9 358

8 410

11 890

9 278

Indice

100

73

86

77

109

85

Variaz. annua

100

–27

12

–9

32

–24

Fonte: Risposte, verificate, dell’industria comunitaria al questionario

b)   Volumi e prezzi delle importazioni da altri paesi terzi

(69)

Il regolamento (CE) n. 964/2003 ha istituito dazi antidumping sulle importazioni di accessori per tubi dalla Repubblica popolare cinese (58,6 %) e dalla Thailandia (58,9 %). Misure si applicano al prodotto in esame originario della Cina e spedito a partire da uno dei seguenti paesi: Filippine, Indonesia, Sri Lanka e Taiwan. Nonostante le misure in vigore nei confronti delle importazioni dalla Cina, le esportazioni dalla Cina verso l’UE sono in costante aumento.

(70)

I volumi totali delle importazioni di accessori per tubi da paesi terzi diversi dai paesi interessati sono più che raddoppiati durante il periodo considerato, passando da 9 654 tonnellate nel 2002 a 24 105 tonnellate nel PI.

(71)

I volumi delle importazioni di accessori per tubi nella Comunità da paesi diversi dalla Corea e dalla Malaysia hanno avuto il seguente andamento:

(72)

Tabella 18

Importazioni da altri paesi terzi

Importazioni da altri paesi terzi

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Tonnellate

9 654

12 453

11 488

13 344

19 020

24 105

Indice

100

129

119

138

197

250

Variaz. annua

100

29

–10

19

59

53

Fonte: Eurostat

(73)

Nel corso del periodo considerato la quota di mercato delle importazioni originarie di paesi terzi diversi dai paesi interessati è passata dal 16 al 33 % del consumo comunitario, con un aumento del 99 %.

(74)

Tabella 19

Quota di mercato delle importazioni da altri paesi terzi

Quota di mercato delle importazioni da altri paesi terzi

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Percentuale del mercato

16 %

20 %

18 %

24 %

29 %

33 %

Indice

100

122

108

144

176

199

Variaz. annua

100

22

–14

36

32

23

Fonte: Eurostat e informazioni di mercato fornite dai produttori richiedenti

(75)

Tabella 20

Principali importazioni nell’UE

Importazioni da altri paesi terzi

(in tonnellate)

2002

2003

2004

2005

2006

PI

Cina

859

1 428

1 772

2 236

5 846

8 339

Taiwan

1 101

2 372

1 894

2 540

4 774

5 854

Vietnam

1 835

1 214

767

694

1 224

1 475

India

1 522

1 569

1 537

1 763

1 552

2 096

Thailandia

676

1 508

778

558

1 622

2 334

c)   Ripresa dagli effetti del dumping

(76)

Come dimostra l’andamento positivo della maggior parte degli indicatori sopraelencati, la situazione economica dell’industria comunitaria ha parzialmente ammortizzato, dal 2002 a metà 2007, l’effetto pregiudizievole delle importazioni oggetto di dumping originarie dei due paesi interessati.

5.   Conclusioni sulla situazione dell’industria comunitaria

(77)

Le misure in vigore hanno prodotto, a partire dal 2002, una ripresa parziale dell’industria comunitaria. L’industria comunitaria ha potuto aumentare il volume delle sue vendite e i suoi prezzi. Anche indicatori di pregiudizio come la produzione, la capacità di produzione, la redditività, gli investimenti, l’utile sul capitale investito e la produttività hanno mostrato un andamento positivo. Ciò dimostra che l’industria comunitaria ha compiuto sforzi per migliorare la sua competitività. Di conseguenza, dal 2002 le sue vendite sono remunerative.

(78)

L’industria comunitaria, tuttavia, non è riuscita a trarre vantaggio dalla crescita consistente del consumo nella Comunità e alcuni dei fattori positivi sono anche dovuti alla scomparsa di un importante produttore britannico, le cui attività sono state riprese da due delle società che hanno appoggiato la richiesta.

(79)

Si può comunque concludere che l’introduzione delle misure nei confronti della Corea e della Malaysia ha avuto un impatto positivo sulla situazione economica dell’industria comunitaria.

(80)

In considerazione della parziale ripresa dell’industria comunitaria, la continuazione del pregiudizio causato dalle importazioni oggetto di dumping non ha potuto essere stabilita. Si è pertanto esaminato se, nel caso in cui le misure venissero a scadere, una reiterazione del pregiudizio sia da considerare probabile.

F.   PROBABILITÀ DI REITERAZIONE DEL PREGIUDIZIO

(81)

Come si è detto, i produttori coreani e malesi avranno la possibilità, se le misure scadranno, di ridirigere verso il mercato comunitario volumi consistenti di esportazioni. Secondo quanto sostenuto dai richiedenti, questi paesi sono fortemente dipendenti dai mercati di esportazione: 75 % per la Corea e 84 % per la Malaysia. Inoltre, gli altri mercati di esportazione, come gli Stati Uniti o il Giappone, non sarebbero in grado di assorbire le capacità disponibili in quanto il volume delle esportazioni verso questi paesi è già rilevante e di conseguenza queste esportazioni sarebbero dirette verso il mercato comunitario. Sembra inoltre che nel mercato asiatico vi sia un generale eccesso di capacità.

(82)

Per quanto riguarda i prezzi, risulta dalle statistiche americane che i prezzi all’esportazione verso gli Stati Uniti praticati dai produttori malesi e coreani sono stati inferiori a quelli dell’industria comunitaria. Anche se non è stato possibile procedere a un’analisi approfondita a causa della diversità dei tipi di prodotti, è probabile che questi esportatori allineeranno i loro prezzi su quelli molto bassi praticati dagli altri paesi asiatici per riconquistare le quote di mercato che hanno perso. Questa politica dei prezzi, attestata dall’assenza di cooperazione, associata alla capacità di fornire rilevanti importanti quantità del prodotto in esame al mercato comunitario, lascia supporre che vi sarebbero effetti negativi per l’industria comunitaria.

(83)

Inoltre, va tenuto presente il fatto che l’industria comunitaria, per realizzare economie di scala, deve restare competitiva per produrre un certo volume di prodotti standard, che sono quindi in concorrenza diretta con le importazioni dalla Corea e dalla Malaysia.

(84)

Alla luce di quanto precede, si conclude che se le misure venissero a scadere, con ogni probabilità si assisterebbe alla reiterazione del pregiudizio ai danni dell’industria comunitaria causato dalle importazioni oggetto di dumping.

G.   INTERESSE DELLA COMUNITÀ

1.   Introduzione

(85)

A norma dell’articolo 21 del regolamento di base, si è esaminato se una proroga delle misure antidumping in vigore sia contraria agli interessi dell’industria comunitaria nel suo insieme. La determinazione dell’interesse della Comunità è stato basato su una valutazione degli interessi di tutte le parti coinvolte: industria comunitaria, importatori e operatori commerciali e utilizzatori del prodotto in esame. Non sono pervenute risposte da parte degli utilizzatori.

(86)

Onde valutare la probabile incidenza del mantenimento o meno delle misure, la Commissione ha chiesto informazioni a tutte le parti interessate sopra elencate. La Commissione ha inviato questionari di campionamento a 64 importatori del prodotto in esame e ha ricevuto undici risposte. La Commissione ha inviato un questionario a queste undici società ma ha ricevuto soltanto due risposte parziali che non hanno dimostrato in alcun modo che le misure in vigore avevano avuto un influsso diretto su queste società. Come indica la quota di mercato significativa (33 %) detenuta dagli altri paesi terzi, è evidente che gli importatori hanno trovato altre fonti d’approvvigionamento, il che dimostra che le condizioni di concorrenza sul mercato comunitario sono eque.

(87)

Inoltre, il fatto che la presente inchiesta sia un riesame, quindi l’analisi di una situazione in cui sono già in vigore misure antidumping, permette di valutare qualsiasi indebito impatto negativo delle attuali misure antidumping sulle parti interessate.

(88)

La Commissione ha pertanto esaminato se, nonostante le conclusioni sul rischio di persistenza o reiterazione del pregiudizio, non esistano ragioni valide per concludere che, in questo caso particolare, il mantenimento delle misure non sia nell’interesse della Comunità.

2.   Interesse dell’industria comunitaria

(89)

L’industria comunitaria si è dimostrata un’industria strutturalmente solida, come ha confermato l’andamento positivo della sua situazione economica quando sono state ripristinate condizioni di effettiva concorrenza in seguito all’istituzione delle misure antidumping attualmente in vigore. Gli sforzi compiuti dall’industria comunitaria per razionalizzare la sua produzione e accrescere la sua competitività le hanno permesso di realizzare nel corso degli ultimi due anni del periodo considerato un profitto ragionevole.

(90)

Tenuto conto di quanto sopra, appare necessario prorogare le misure esistenti per evitare gli effetti negativi delle importazioni oggetto di dumping, che potrebbero compromettere il processo di ripresa dell’industria comunitaria e in ultima analisi la sua stessa esistenza. Va inoltre considerato che se l’industria comunitaria scompare, vi sarà anche un impatto negativo sull’industria a valle, poiché quest’ultima subirà una riduzione significativa della sua scelta di fornitori.

3.   Interesse degli importatori/commercianti

(91)

Come si è già indicato, solo due dei 64 importatori indipendenti hanno risposto al questionario della Commissione. Tuttavia, non hanno espresso alcun parere negativo circa un’eventuale mantenimento delle misure. La mancanza di cooperazione è di per sé indicativa del fatto che questo settore non ha subito alcun effetto negativo sostanziale sulla sua situazione economica a seguito dell’istituzione delle misure. Questo dato è confermato dal fatto che gli importatori hanno continuato a commercializzare il prodotto interessato in volumi ingenti e hanno anche aumentato il volume importato durante il periodo considerato.

(92)

Si è pertanto concluso che la situazione economica degli importatori del prodotto in esame non ha risentito negativamente dell’istituzione delle misure antidumping attualmente in vigore. Per gli stessi motivi, è improbabile che una proroga delle misure conduca a un deterioramento della loro situazione economica in futuro.

4.   Interesse degli utilizzatori

(93)

Nessun utilizzatore si è manifestato in occasione di questa inchiesta. I principali utilizzatori del prodotto in esame sono l’industria petrolchimica e la costruzione. La loro assenza di cooperazione sembra confermare che gli accessori per tubi rappresentano una parte minima dei loro costi totali di produzione e che le misure in vigore non sembrano avere causato loro alcuna perdita di competitività.

(94)

Si è quindi concluso che, se le misure venissero mantenute allo stesso livello, la situazione degli utilizzatori non subirebbe alcun deterioramento.

5.   Conclusione sull’interesse della Comunità

(95)

L’inchiesta ha mostrato che le misure antidumping esistenti hanno permesso all’industria comunitaria di recuperare in una certa misura. Se le misure fossero lasciate scadere, la ripresa in atto verrebbe compromessa e l’industria comunitaria rischierebbe di scomparire. Pertanto, è nell’interesse dell’industria comunitaria che le misure siano mantenute in vigore.

(96)

Inoltre, in passato le misure esistenti non sembrano avere avuto alcun effetto negativo di rilievo sulla situazione economica di utilizzatori e importatori. Si conclude pertanto che non esistono motivi validi e convincenti contrari alla proroga delle misure antidumping in vigore.

H.   MISURE ANTIDUMPING

(97)

Tutte le parti interessate sono state informate dei fatti essenziali e delle considerazioni in base a cui si intende raccomandare il mantenimento delle misure esistenti. È stato inoltre fissato un termine entro il quale le parti potevano presentare le loro osservazioni successivamente alla comunicazione. Nessun commento è pervenuto dalla Corea; un commento è stato ricevuto da una società malese, ma non tale da modificare le conclusioni sopraenunciate.

(98)

Ne consegue che, a norma dell'articolo 11, paragrafo 2 del regolamento di base, le misure antidumping applicabili alle importazioni di accessori per tubi originari della Repubblica di Corea, imposte dal Regolamento (EC) No 1514/2002, dovrebbero rimanere in vigore.

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1.   È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di accessori per tubi (diversi dagli accessori fusi, dalle flange e dagli accessori filettati), di ferro o di acciaio (escluso l’acciaio inossidabile), con un diametro esterno massimo inferiore o uguale a 609,6 mm, del tipo usato per la saldatura testa a testa o per altre applicazioni, originari della Repubblica di Corea e della Malaysia e rientranti nei codici NC ex 7307 93 11, ex 7307 93 19, ex 7307 99 30 ed ex 7307 99 90 (codici TARIC 7307931191, 7307931193, 7307931194, 7307931195, 7307931199, 7307931991, 7307931993, 7307931994, 7307931995, 7307931999, 7307993092, 7307993093, 7307993094, 7307993095, 7307993098, 7307999092, 7307999093, 7307999094, 7307999095, 7307999098).

2.   Le aliquote del dazio antidumping definitivo, applicabili al prezzo netto franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, dei prodotti descritti al paragrafo 1 e fabbricati dalle società sotto elencate, sono le seguenti:

Paese

Società

Aliquota del dazio

(%)

Codice addizionale TARIC

Malaysia

 

Anggerik Laksana Sdn Bhd,

Selangor Darul Ehsan

59,2

A324

 

Tutte le altre società

75

A999

Repubblica di Corea

 

Tutte le società

44

3.   Salvo diversa indicazione, si applicano le norme vigenti in materia di dazi doganali.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Lussemburgo, addì 13 ottobre 2008.

Per il Consiglio

Il presidente

B. KOUCHNER


(1)  GU L 56 del 6.3.1996, pag. 1.

(2)  GU L 228 del 24.8.2002, pag. 1.

(3)  GU L 139 del 6.6.2003, pag. 1.

(4)  GU L 355 dell’1.12.2004, pag. 4.

(5)  GU L 355 dell’1.12.2004, pag. 9.

(6)  GU L 116 del 29.4.2006, pag. 1.

(7)  GU C 286 del 23.11.2006, pag. 8.

(8)  GU C 192 del 18.8.2007, pag. 15.


16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/32


REGOLAMENTO (CE) N. 1002/2008 DELLA COMMISSIONE

del 15 ottobre 2008

recante fissazione dei valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1),

visto il regolamento (CE) n. 1580/2007 della Commissione, del 21 dicembre 2007, recante modalità di applicazione dei regolamenti (CE) n. 2200/96, (CE) n. 2201/96 e (CE) n. 1182/2007 nel settore degli ortofrutticoli (2), in particolare l’articolo 138, paragrafo 1,

considerando quanto segue:

Il regolamento (CE) n. 1580/2007 prevede, in applicazione dei risultati dei negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay round, i criteri per la fissazione da parte della Commissione dei valori forfettari all’importazione dai paesi terzi, per i prodotti e i periodi indicati nell’allegato XV, parte A, del medesimo regolamento,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

I valori forfettari all’importazione di cui all’articolo 138 del regolamento (CE) n. 1580/2007 sono quelli fissati nell’allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il 16 ottobre 2008.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 15 ottobre 2008.

Per la Commissione

Jean-Luc DEMARTY

Direttore generale dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale


(1)  GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1.

(2)  GU L 350 del 31.12.2007, pag. 1.


ALLEGATO

Valori forfettari all’importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di taluni ortofrutticoli

(EUR/100 kg)

Codice NC

Codice paesi terzi (1)

Valore forfettario all'importazione

0702 00 00

MA

73,5

MK

51,9

TR

86,7

ZZ

70,7

0707 00 05

MK

81,9

TR

100,5

ZZ

91,2

0709 90 70

TR

117,4

ZZ

117,4

0805 50 10

AR

77,7

TR

104,7

UY

95,7

ZA

84,1

ZZ

90,6

0806 10 10

BR

261,2

TR

97,8

US

224,7

ZZ

194,6

0808 10 80

AR

67,2

CL

64,0

CN

53,8

MK

37,6

NZ

89,9

US

121,5

ZA

82,2

ZZ

73,7

0808 20 50

CL

60,3

CN

50,9

TR

128,9

ZA

83,4

ZZ

80,9


(1)  Nomenclatura dei paesi stabilita dal regolamento (CE) n. 1833/2006 della Commissione (GU L 354 del 14.12.2006, pag. 19). Il codice «ZZ» rappresenta le «altre origini».


16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/34


REGOLAMENTO (CE) N. 1003/2008 DELLA COMMISSIONE

del 15 ottobre 2008

recante fissazione dei dazi all’importazione nel settore dei cereali applicabili a decorrere dal 16 ottobre 2008

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1),

visto il regolamento (CE) n. 1249/96 della Commissione, del 28 giugno 1996, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 1766/92 del Consiglio in ordine ai dazi all’importazione nel settore dei cereali (2), in particolare l’articolo 2, paragrafo 1,

considerando quanto segue:

(1)

A norma dell’articolo 136, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007, il dazio all’importazione per i prodotti dei codici NC 1001 10 00, 1001 90 91, ex 1001 90 99 [frumento (grano) tenero di alta qualità], 1002, ex 1005, escluso l’ibrido da seme, ed ex 1007, escluso l’ibrido destinato alla semina, è pari al prezzo d’intervento applicabile a tali prodotti all’atto dell’importazione e maggiorato del 55 %, deduzione fatta del prezzo cif all’importazione applicabile alla spedizione in causa. Tale dazio, tuttavia, non può essere superiore all’aliquota dei dazi della tariffa doganale comune.

(2)

A norma dell’articolo 136, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007, ai fini del calcolo del dazio all’importazione di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo, per i prodotti in questione sono fissati regolarmente prezzi rappresentativi all’importazione cif.

(3)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1249/96, il prezzo da prendere in considerazione per calcolare il dazio all’importazione per i prodotti dei codici NC 1001 10 00, 1001 90 91, ex 1001 90 99 (frumento tenero di alta qualità), 1002 00, 1005 10 90, 1005 90 00 e 1007 00 90 è il prezzo rappresentativo cif all’importazione giornaliero, determinato in base al metodo previsto all’articolo 4 del medesimo regolamento.

(4)

Occorre fissare i dazi all’importazione per il periodo a decorrere dal 16 ottobre 2008, applicabili fino all’entrata in vigore di una nuova fissazione.

(5)

Tuttavia, a norma del regolamento (CE) n. 608/2008 della Commissione, del 26 giugno 2008, recante sospensione temporanea dei dazi doganali all’importazione di alcuni cereali per la campagna di commercializzazione 2008/2009 (3), l’applicazione di alcuni dazi fissati dal presente regolamento è sospesa,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

A decorrere dal 16 ottobre 2008, i dazi all’importazione nel settore dei cereali, di cui all’articolo 136, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007, sono quelli fissati nell’allegato I del presente regolamento sulla base degli elementi riportati nell’allegato II.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il 16 ottobre 2008.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 15 ottobre 2008.

Per la Commissione

Jean-Luc DEMARTY

Direttore generale dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale


(1)  GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1.

(2)  GU L 161 del 29.6.1996, pag. 125.

(3)  GU L 166 del 27.6.2008, pag. 19.


ALLEGATO I

Dazi all’importazione dei prodotti di cui all’articolo 136, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 applicabili a decorrere del 16 ottobre 2008

Codice NC

Designazione delle merci

Dazi all’importazione (1)

(EUR/t)

1001 10 00

FRUMENTO (grano) duro di alta qualità

0,00 (2)

di media qualità

0,00 (2)

di bassa qualità

0,00 (2)

1001 90 91

FRUMENTO (grano) tenero da seme

0,00

ex 1001 90 99

FRUMENTO (grano) tenero di alta qualità, diverso da quello da seme

0,00 (2)

1002 00 00

SEGALA

19,11 (2)

1005 10 90

GRANTURCO da seme, diverso dal granturco ibrido

0,00

1005 90 00

GRANTURCO, diverso dal granturco da seme (3)

0,00 (2)

1007 00 90

SORGO da granella, diverso dal sorgo ibrido destinato alla semina

19,11 (2)


(1)  Per le merci che arrivano nella Comunità attraverso l’Oceano Atlantico o il Canale di Suez [a norma dell'articolo 2, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1249/96], l’importatore può beneficiare di una riduzione dei dazi pari a:

3 EUR/t se il porto di sbarco si trova nel Mar Mediterraneo, oppure

2 EUR/t se il porto di sbarco si trova in Danimarca, in Estonia, in Irlanda, in Lettonia, in Lituania, in Polonia, in Finlandia, in Svezia, nel Regno Unito oppure sulla costa atlantica della penisola iberica.

(2)  Secondo quanto previsto nel regolamento (CE) n. 608/2008 l’applicazione di questo dazio è sospesa.

(3)  L’importatore può beneficiare di una riduzione forfettaria di 24 EUR/t se sono soddisfatte le condizioni fissate all’articolo 2, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1249/96.


ALLEGATO II

Elementi per il calcolo dei dazi fissati nell’allegato I

1.10.2008-14.10.2008

1)

Medie nel periodo di riferimento di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1249/96:

(EUR/t)

 

Frumento tenero (1)

Granturco

Frumento duro di alta qualità

Frumento duro di media qualità (2)

Frumento duro di bassa qualità (3)

Orzo

Borsa

Minnéapolis

Chicago

Quotazione

195,25

123,95

Prezzo FOB USA

281,83

271,83

251,83

116,56

Premio sul Golfo

15,20

Premio sui Grandi laghi

4,76

2)

Medie nel periodo di riferimento di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1249/96:

Spese di nolo: Golfo del Messico–Rotterdam:

22,09 EUR/t

Spese di nolo: Grandi laghi–Rotterdam:

21,36 EUR/t


(1)  Premio positivo a 14 EUR/t incluso [articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1249/96].

(2)  Premio negativo a 10 EUR/t [articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1249/96].

(3)  Premio negativo a 30 EUR/t [articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1249/96].


16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/37


REGOLAMENTO (CE) N. 1004/2008 DELLA COMMISSIONE

del 15 ottobre 2008

che modifica il regolamento (CE) n. 1725/2003 che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda il principio contabile internazionale (IAS) 39 e l’International Financial Reporting Standard (IFRS) 7

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 1,

considerando quanto segue:

(1)

Con regolamento (CE) n. 1725/2003 della Commissione (2) sono stati adottati taluni principi contabili internazionali e interpretazioni vigenti alla data del 14 settembre 2002.

(2)

Il 13 ottobre 2008 l’International Accounting Standards Board (IASB) ha adottato modifiche al principio contabile internazionale (IAS) 39 «Strumenti finanziari: Rilevazione e valutazione» e all’International Financial Reporting Standard (IFRS) 7: «Strumenti finanziari: informazioni integrative», di seguito «modifiche allo IAS 39 e all’IFRS 7». Le modifiche allo IAS 39 e all’IFRS 7 autorizzano la riclassificazione di determinati strumenti finanziari dalla categoria «posseduti per negoziazione» in circostanze rare. L’attuale crisi finanziaria è considerata come una di tali circostanze rare che possono giustificare l’uso di questa possibilità da parte delle società.

(3)

Conformemente alle modifiche allo IAS 39 e all’IFRS 7, occorre autorizzare le imprese a riclassificare determinati strumenti finanziari a decorrere dal 1o luglio 2008.

(4)

La consultazione del gruppo degli esperti tecnici (TEG) dello European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) ha confermato che le modifiche allo IAS 39 e all’IFRS 7 soddisfano i criteri tecnici di adozione previsti dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1606/2002. Conformemente alla decisione 2006/505/CE della Commissione, del 14 luglio 2006, che istituisce un gruppo per la revisione della consulenza in materia di principi contabili con il mandato di consigliare la Commissione in merito all’obiettività e alla neutralità dei pareri dello European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) (3), il gruppo per la revisione della consulenza in materia di principi contabili ha esaminato il parere dell’EFRAG sull’omologazione e ha comunicato alla Commissione europea di considerarlo equilibrato ed obiettivo.

(5)

Il regolamento (CE) n. 1725/2003 deve pertanto essere modificato di conseguenza.

(6)

Considerato il contesto delle attuali turbolenze finanziarie e tenuto conto del fatto che taluni strumenti finanziari non sono più negoziati ovvero i relativi mercati non sono più attivi o sono in difficoltà, occorre dare effetto immediato alle modifiche che consentono la riclassificazione di taluni strumenti finanziari; pertanto l’entrata in vigore del presente regolamento riveste carattere di urgenza.

(7)

Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato di regolamentazione contabile,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Nell’allegato del regolamento (CE) n. 1725/2003, il principio contabile internazionale (IAS) 39 «Strumenti finanziari: Rilevazione e valutazione» e l’International Financial Reporting Standard (IFRS) 7 «Strumenti finanziari: informazioni integrative» sono modificati conformemente all’allegato del presente regolamento.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 15 ottobre 2008.

Per la Commissione

Charlie McCREEVY

Membro della Commissione


(1)  GU L 243 dell’11.9.2002, pag. 1.

(2)  GU L 261 del 13.10.2003, pag. 1.

(3)  GU L 199 del 21.7.2006, pag. 33.


ALLEGATO

PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI (IAS)

IAS 39

Modifiche allo IAS 39 «Strumenti finanziari: Rilevazione e valutazione»

IFRS 7

Modifiche all’IFRS 7 «Strumenti finanziari: informazioni integrative»

Riproduzione consentita nell’ambito dello Spazio economico europeo (SEE). Tutti i diritti riservati al di fuori del SEE, ad eccezione del diritto di riproduzione a fini di utilizzazione personale o altri usi legittimi. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito dello IASB: www.iasb.org

Riclassificazione delle attività finanziarie (modifiche allo IAS 39 «Strumenti finanziari: Rilevazione e valutazione» e all’IFRS 7 «Strumenti finanziari: informazioni integrative»)

Modifiche allo IAS 39

Il paragrafo 50 è modificato e sono aggiunti i paragrafi 50B-50F e 103G.

VALUTAZIONE

Riclassificazioni

50

Un’entità:

a)

non deve riclassificare un derivato fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico mentre è posseduto o emesso;

b)

non deve riclassificare alcuno strumento finanziario fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico se al momento della rilevazione iniziale è stato designato dall’entità al fair value (valore equo) rilevato a conto economico; e

c)

se un’attività finanziaria non è più posseduta al fine di venderla o riacquistarla a breve (sebbene l’attività finanziaria possa essere stata acquisita o sostenuta principalmente al fine di venderla o riacquistarla a breve), può riclassificare tale attività finanziaria fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico se sono soddisfatti i requisiti di cui al paragrafo 50B o 50D.

Un’entità non deve riclassificare alcuno strumento finanziario nella categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico dopo la rilevazione iniziale.

50B

Un’attività finanziaria alla quale si applica il paragrafo 50, lettera c) (ad eccezione di un’attività finanziaria del tipo descritto al paragrafo 50D), può essere riclassificata fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico solo in rare circostanze.

50C

Se un’entità riclassifica un’attività finanziaria fuori della categoria del fair value (valore) rilevato a conto economico conformemente al paragrafo 50B, l’attività finanziaria deve essere riclassificata al suo fair value (valore equo) alla data della riclassificazione. L’utile o la perdita già rilevati a conto economico non devono essere ripristinati. Il fair value (valore equo) dell’attività finanziaria alla data della riclassificazione diventa il suo nuovo costo o costo ammortizzato a seconda dei casi.

50D

Un’attività finanziaria alla quale si applica il paragrafo 50, lettera c), che avrebbe soddisfatto la definizione di finanziamenti e crediti (se l’attività finanziaria non avesse dovuto essere classificata come posseduta per la negoziazione alla rilevazione iniziale) può essere riclassificata fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico se l’entità ha l’intenzione e la capacità di possedere l’attività finanziaria nel prevedibile futuro o fino a scadenza.

50E

Un’attività finanziaria classificata come disponibile per la vendita che avrebbe soddisfatto la definizione di finanziamenti e crediti (se non fosse stata designata come disponibile per la vendita) può essere riclassificata fuori della categoria «disponibile per la vendita» nella categoria «finanziamenti e crediti» se l’entità ha l’intenzione e la capacità di possedere l’attività finanziaria per il futuro prevedibile o fino a scadenza.

50F

Se un’entità riclassifica un’attività finanziaria fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico conformemente al paragrafo 50D o fuori della categoria «disponibile per la vendita» conformemente al paragrafo 50E, essa deve riclassificare l’attività finanziaria al suo fair value (valore equo) alla data di riclassificazione. Per un’attività finanziaria riclassificata conformemente al paragrafo 50D, l’utile o la perdita già rilevati a conto economico non devono essere ripristinati. Il fair value (valore equo) dell’attività finanziaria alla data della riclassificazione diventa il suo nuovo costo o costo ammortizzato a seconda dei casi. Per un’attività finanziaria riclassificata fuori della categoria «disponibile per la vendita» conformemente al paragrafo 50E, l’utile o la perdita precedenti su tale attività che sono stati rilevati nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo conformemente al paragrafo 55, lettera b), devono essere contabilizzati conformemente al paragrafo 54.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

103G

«Riclassificazione delle attività finanziarie» (modifiche allo IAS 39 e all’IFRS 7), pubblicato nell’ottobre 2008, ha modificato i paragrafi 50 e AG8 e ha aggiunto i paragrafi 50B-50F. L’entità deve applicare tali modifiche a partire dal 1o luglio 2008. L’entità non deve riclassificare un’attività finanziaria conformemente al paragrafo 50B, 50D o 50E prima del 1o luglio 2008. Qualsiasi riclassificazione di un’attività finanziaria effettuata in esercizi aventi inizio il 1o novembre 2008 o in data successiva acquisisce efficacia solo a partire dalla data in cui viene realizzata la riclassificazione. Qualsiasi riclassificazione di un’attività finanziaria conformemente al paragrafo 50B, 50D o 50E non deve essere applicata retroattivamente agli esercizi conclusi prima della data di entrata in vigore stabilita nel presente paragrafo.

Nell’appendice A «Guida operativa», è modificato il paragrafo AG8.

Tasso di interesse effettivo

AG8

Se un’entità rivede le proprie stime di riscossioni o pagamenti, l’entità deve rettificare il valore contabile dell’attività o passività finanziaria (o gruppo di strumenti finanziari) per riflettere i flussi finanziari stimati effettivi e rideterminati. L’entità ricalcola il valore contabile calcolando il valore attuale dei flussi finanziari futuri stimati al tasso di interesse effettivo originario dello strumento finanziario. La rettifica è rilevata come provento o onere nel conto economico. Se un’attività finanziaria è riclassificata conformemente al paragrafo 50B, 50D o 50E e l’entità aumenta successivamente le sue stime degli incassi futuri a seguito del maggiore grado di recuperabilità di tali incassi, l’effetto di tale aumento deve essere rilevato come adeguamento al tasso di interesse effettivo dalla data del cambiamento della stima anziché come adeguamento al valore contabile dell’attività alla data del cambiamento della stima.

Modifiche all’IFRS 7

Il paragrafo 12 è modificato e sono aggiunti i paragrafi 12A e 44E.

RILEVANZA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI PER LA SITUAZIONE PATRIMONIALE-FINANZIARIA E IL RISULTATO ECONOMICO

Prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria

Riclassificazione

12

Qualora l’entità abbia riclassificato un’attività finanziaria (conformemente ai paragrafi 51-54 dello IAS 39) come un’attività valutata:

a)

al costo o al costo ammortizzato piuttosto che al fair value (valore equo); o

b)

al fair value (valore equo) piuttosto che al costo o al costo ammortizzato,

essa deve indicare l’ammontare riclassificato da e verso ogni categoria e illustrare i motivi della riclassificazione.

12A

Se l’entità ha riclassificato un’attività finanziaria fuori della categoria del fair value (valore equo) rilevato a conto economico conformemente al paragrafo 50B o 50D dello IAS 39 o fuori della categoria «disponibile per la vendita» conformemente al paragrafo 50E dello IAS 39, essa deve indicare:

a)

l’importo riclassificato da e verso ogni categoria;

b)

per ciascun esercizio fino all’eliminazione contabile, il valore contabile ed il fair value (valore equo) di tutte le attività finanziarie che sono state riclassificate nell’esercizio attuale e precedente;

c)

se un’attività finanziaria è stata riclassificata conformemente al paragrafo 50B, di quale situazione rara si tratti, nonché i fatti e le circostanze indicanti la rarità della situazione;

d)

per l’esercizio in cui l’attività finanziaria è stata riclassificata, l’utile o la perdita in termini di fair value (valore equo) sull’attività finanziaria rilevati a conto economico come utile o perdita o in altre componenti di conto economico complessivo in tale esercizio e nell’esercizio precedente;

e)

per ciascun esercizio successivo alla riclassificazione (compreso l’esercizio nel quale l’attività finanziaria è stata riclassificata) fino all’eliminazione contabile dell’attività finanziaria, l’utile o la perdita in termini di fair value (valore equo) che sarebbero stati rilevati a conto economico come utile o perdita o in altre componenti di conto economico complessivo se l’attività finanziaria non fosse stata riclassificata, e gli utili, le perdite, i proventi e gli oneri non fossero stati rilevati a conto economico; e

f)

il tasso d’interesse effettivo e gli importi stimati dei flussi finanziari che l’entità si aspetta di recuperare alla data di riclassificazione dell’attività finanziaria.

DATA DI ENTRATA IN VIGORE E DISPOSIZIONI TRANSITORIE

44E

«Riclassificazione delle attività finanziarie» (modifiche allo IAS 39 e all’IFRS 7), pubblicato nell’ottobre 2008, ha modificato il paragrafo 12 e ha aggiunto il paragrafo 12A. L’entità deve applicare tali modifiche a partire dal 1o luglio 2008.


II Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione non è obbligatoria

DECISIONI

Commissione

16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/42


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 10 ottobre 2008

recante fissazione, per l’esercizio finanziario 2008, delle dotazioni finanziarie definitive assegnate agli Stati membri, per un determinato numero di ettari, ai fini della ristrutturazione e della riconversione dei vigneti a norma del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio

[notificata con il numero C(2008) 5738]

(I testi in lingua bulgara, ceca, francese, greca, italiana, maltese, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, tedesca e ungherese sono i soli facenti fede)

(2008/799/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (1), in particolare l’articolo 14, paragrafo 2,

considerando quanto segue:

(1)

Le norme relative alla ristrutturazione e alla riconversione dei vigneti sono stabilite dal regolamento (CE) n. 1493/1999 e dal regolamento (CE) n. 1227/2000 della Commissione, del 31 maggio 2000, che stabilisce modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, in particolare in ordine al potenziale produttivo (2).

(2)

Le modalità relative alla pianificazione finanziaria e alla partecipazione al finanziamento del regime di ristrutturazione e di riconversione stabilite dal regolamento (CE) n. 1227/2000 prevedono che i riferimenti a un determinato esercizio finanziario si intendono fatti a pagamenti effettivamente eseguiti dagli Stati membri tra il 16 ottobre e il 15 ottobre dell’anno successivo.

(3)

A norma dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1493/1999, la Commissione assegna ogni anno agli Stati membri una dotazione finanziaria iniziale secondo criteri oggettivi che tengano conto delle situazioni e delle esigenze specifiche nonché degli sforzi da compiere in funzione dell’obiettivo del regime.

(4)

Con decisione 2007/719/CE la Commissione ha fissato le dotazioni finanziarie indicative per la campagna 2007/2008 (3).

(5)

In applicazione dell’articolo 17, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1227/2000, quando le spese effettive per ettaro di uno Stato membro superano quelle previste dalla dotazione iniziale, si applica una penale. Per l’esercizio finanziario 2008 detta penale si applica alla Slovacchia per un importo di 6 169 EUR.

(6)

A norma dell’articolo 16, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 1227/2000, gli Stati membri possono presentare richieste di ulteriori finanziamenti per le spese dell’esercizio in corso. Nell’ambito dell’esercizio finanziario 2008 tali richieste sono state presentate dalla Repubblica ceca, dalla Spagna, dall’Italia, dall’Ungheria e dalla Romania.

(7)

In virtù dell’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1227/2000, le richieste di ulteriori finanziamenti presentate alla Commissione dagli Stati membri sono accettate su una base proporzionale utilizzando gli stanziamenti disponibili previa detrazione, dall’importo totale assegnato agli Stati membri, della somma degli importi notificati a norma dell’articolo 16, paragrafo 1, lettere a) e b), del medesimo regolamento per tutti gli Stati membri. Per l’esercizio 2008 tale disposizione si applica alla Repubblica ceca, alla Spagna, all’Italia, all’Ungheria e alla Romania. Dato che le richieste di ulteriori finanziamenti presentate da tali Stati membri erano inferiori all’importo disponibile ai fini di una riassegnazione, tutte le domande dei suddetti Stati membri hanno potuto essere soddisfatte,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Per l’esercizio finanziario 2008 le dotazioni finanziarie definitive relative alla campagna 2007/2008 assegnate agli Stati membri interessati, per un determinato numero di ettari, ai fini della ristrutturazione e della riconversione dei vigneti a norma del regolamento (CE) n. 1493/1999 figurano nell’allegato della presente decisione.

Articolo 2

La Repubblica di Bulgaria, la Repubblica ceca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia e la Repubblica slovacca sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 10 ottobre 2008.

Per la Commissione

Mariann FISCHER BOEL

Membro della Commissione


(1)  GU L 179 del 14.7.1999, pag. 1.

(2)  GU L 143 del 16.6.2000, pag. 1.

(3)  GU L 289 del 7.11.2007, pag. 59.


ALLEGATO

DOTAZIONI FINANZIARIE DEFINITIVE PER LA CAMPAGNA 2007/2008

(esercizio finanziario 2008)

Stato membro

Superficie (ha)

Dotazione finanziaria (in EUR)

Bulgaria

1 200

9 013 796

Repubblica ceca

706

11 883 827

Germania

1 406

12 097 072

Grecia

647

6 360 118

Spagna

21 154

169 516 302

Francia

8 977

69 071 668

Italia

12 358

101 761 476

Cipro

150

2 131 684

Lussemburgo

5

38 001

Ungheria

1 852

14 813 090

Malta

3

38 157

Austria

888

5 068 342

Portogallo

2 711

23 511 590

Romania

4 205

35 050 228

Slovenia

124

2 401 900

Slovacchia

228

863 646

Totale

56 614

463 620 897


IV Altri atti

SPAZIO ECONOMICO EUROPEO

Comitato misto SEE

16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/45


DECISIONE DELL'AUTORITÀ DI VIGILANZA EFTA

N. 318/05/COL

del 14 dicembre 2005

che chiude il procedimento di indagine formale, previsto dall’articolo 1, paragrafo 2, della parte I del protocollo 3 dell’accordo sull’Autorità di vigilanza e sulla Corte, relativo all’esenzione dal pagamento dell’imposta sul trasferimento (dokumentavgift) e dell’imposta di registro (tinglysingsgebyr) prevista nel quadro della costituzione della Entra Eiendom AS (Norvegia)

L'AUTORITÀ DI VIGILANZA EFTA,

visto l'accordo sullo spazio economico europeo (1), in particolare gli articoli da 61 a 63 e il protocollo 26,

visto l'accordo tra gli Stati EFTA sull'istituzione di un'Autorità di vigilanza e di una Corte di giustizia (2), in particolare l'articolo 24 e l'articolo 1, parte I, del protocollo 3,

vista la guida sugli aiuti di Stato dell'Autorità (3) relativa all'applicazione e all'interpretazione degli articoli 61 e 62 dell'accordo SEE,

dopo avere invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente alle disposizioni di cui sopra (4) e viste le osservazioni trasmesse,

CONSIDERANDO QUANTO SEGUE:

I.   DESCRIZIONE DEI FATTI

1.   Procedimento e corrispondenza

Con lettera del 22 maggio 2002 (doc. n. 02-3856 D), l’Autorità ha chiesto al governo norvegese di fornire informazioni relative alla costituzione della Entra Eiendom AS (in appresso, Entra) per poter valutare se la costituzione di tale società sia stata conforme alle norme in materia di aiuti di Stato. Le autorità norvegesi hanno risposto con una lettera inviata dalla missione di Norvegia presso l’Unione europea in data 25 giugno 2002, recante una lettera datata 20 giugno 2002 del ministero del Lavoro e della Pubblica amministrazione, entrambe ricevute e protocollate dall’Autorità il 26 giugno 2002 (doc. n. 02-4850 A).

Con lettera del 10 ottobre 2002 (doc. n. 03-7036 D), l'Autorità ha richiesto ulteriori informazioni. Nella lettera, si faceva riferimento, al punto 1, all’esenzione dal pagamento dell’imposta sul trasferimento (dokumentavgift) e dell’imposta di registro (tinglysingsgebyr) relative al passaggio di proprietà di beni immobili e, al punto 2, alle deduzioni rispetto al valore stimato applicate in base a specifiche condizioni di estinzione del contratto. Le autorità norvegesi hanno fornito le informazioni richieste con una lettera inviata dalla missione di Norvegia presso l’Unione europea in data 14 novembre 2002, recante una lettera datata 7 novembre 2002 del ministero del Commercio e dell’Industria, entrambe ricevute e protocollate dall’autorità il 14 novembre 2002 (doc. n. 02-8219 A).

Con un fax del ministero del Commercio e dell’Industria datato 9 dicembre 2002, ricevuto e protocollato dall’Autorità lo stesso giorno (doc. n. 02-8912 A), il governo norvegese ha chiesto che l’Autorità comunicasse le proprie conclusioni in merito alla costituzione della Entra. Con lettera del 17 dicembre 2002 (doc. n. 02-9062 D) alla missione di Norvegia presso l’Unione europea, l’Autorità ha informato le autorità norvegesi che avrebbe potuto chiudere la parte dell'indagine relativa alle deduzioni rispetto al valore stimato applicate in base a specifiche condizioni di estinzione del contratto, se avesse potuto disporre di ulteriori documenti specifici e dettagliati in materia.

Tali documenti dettagliati sono stati presentati con un fax del ministero del Commercio e dell’Industria in data 23 gennaio 2003, ricevuto e protocollato dall’Autorità lo stesso giorno (doc. n. 03-424 A). Con lettera alla missione di Norvegia presso l'Unione europea del 31 gennaio 2003 (doc. n. 03-588 D), l’Autorità ha informato le autorità norvegesi che, poiché non erano emerse prove che indicassero la presenza di un aiuto, essa non avrebbe sollevato «alcuna obiezione in merito alla stima del valore effettuata nel quadro della determinazione dello stato patrimoniale di apertura relativo alle proprietà trasferite dallo Stato norvegese alla Entra Eiendom AS». L’Autorità ha tuttavia aggiunto che tale conclusione non aveva alcuna incidenza sulla questione dell’imposta sul trasferimento e dell’imposta di registro.

Con lettera del 2 aprile 2003 (doc. n. 03-1827 D), l’Autorità ha nuovamente affrontato la questione dell’esenzione dall’imposta di registro e dall’imposta sul trasferimento, chiedendo alle autorità norvegesi di fornire informazioni nuove e chiarificatrici. Con lettera inviata dalla missione di Norvegia presso l’Unione europea in data 5 giugno 2003, recante una lettera datata 4 giugno 2003 del ministero del Commercio e dell’Industria, entrambe ricevute e protocollate dall’Autorità il 10 giugno 2003 (doc. n. 03-2631 A) sono state fornite le nuove informazioni.

Il 16 giugno 2004, l’autorità ha deciso di aprire un procedimento di indagine formale (decisione n. 132/04/COL). La decisione di aprire un procedimento d’indagine formale è stata pubblicata il 23 dicembre 2004.

Con fax del 13 agosto 2004 (doc. n. 290206) e con lettera dalla missione norvegese presso l’Unione europea, datata 17 agosto 2004, ricevuta e protocollata dall’Autorità il 18 agosto 2004 (doc. n. 290456), le autorità norvegesi hanno chiesto una proroga di un mese del termine per la presentazione di osservazioni.

Con lettera del 17 agosto 2004 (doc. n. 290305), l’Autorità ha concesso una proroga di un mese.

Con fax del 16 settembre 2004 (doc. n. 292867) e con lettera della missione di Norvegia all’Unione europea datata 20 settembre 2004, recante una lettera datata 16 settembre 2004 del ministero del Commercio e dell’Industria, ricevuta e protocollata dall’Autorità il 21 settembre 2004 (doc. n. 293392), le autorità norvegesi hanno formulato le loro osservazioni sulla decisione di aprire il procedimento, affermando che l’esenzione dal pagamento dell’imposta sul trasferimento e dell’imposta di registro prevista nel quadro della costituzione della Entra non rappresenta un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE.

Entro il termine di un mese dalla pubblicazione della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, nessuna altra parte interessata ha inviato all’Autorità altre osservazioni in merito alla decisione di apertura.

Con lettera del 4 maggio 2005, ricevuta e protocollata dall’Autorità il 9 maggio 2005 (doc. n. 318691), lo studio legale Selmer, a nome della Entra, ha presentato alcune osservazioni relative alla decisione dell'Autorità di aprire il procedimento di indagine formale (cfr. punto 3.4).

La questione è stata oggetto di discussione a Oslo il 19 maggio 2005 tra rappresentanti di diversi ministeri norvegesi e i rappresentanti dell’Autorità.

Con fax datato 26 luglio 2005 del ministero della Modernizzazione (doc. n. 327938) e con lettera dalla missione di Norvegia presso l'Unione europea datata 1 agosto 2005, ricevuta e registrata il 3 agosto 2005 (doc. n. 329110), recante una lettera datata 30 giugno 2005 dal ministero del Commercio e dell'Industria, le autorità norvegesi hanno comunicato ulteriori informazioni per chiarire se l'esenzione in oggetto abbia o non abbia costituito un vantaggio economico per la Entra. Il ministero del Commercio e dell'Industria ha concluso che tale esenzione non ha rappresentato un vantaggio per la Entra.

2.   La costituzione della Entra

2.1.   Proposta di creare una nuova società a responsabilità limitata

Il 4 giugno 1999, esso ha presentato una proposta di riorganizzazione di un ente pubblico, la Direzione per l’edilizia pubblica e i beni pubblici («Statsbygg») e di costituzione della Entra (5). Contemporaneamente, esso ha presentato una legge speciale sulla conversione di alcune parti delle attività immobiliari della Statsbygg in società a responsabilità limitata per risolvere alcuni problemi di natura transitoria relativi alla trasformazione e alla costituzione della Entra (6). Secondo il paragrafo 3 di tale legge (in appresso, la legge contestata) la nuova registrazione nel catasto (real estate registry) e in altri registri pubblici va effettuata come un cambio di ragione sociale. Per questo motivo, la Entra non è stata obbligata a pagare l’imposta sul trasferimento e l’imposta di registro, pur risultando, nel catasto, titolare delle proprietà.

La Statsbygg è un ente amministrativo («Forvaltningsbedrift») che fa capo al ministero della Modernizzazione. Essa agisce a nome del governo norvegese in qualità di gestore e consulente nel settore dell’edilizia pubblica e dei beni pubblici e gestisce le sedi degli enti statali. La Statsbygg ha continuato a gestire i beni che non sono stati trasferiti alla Entra e gestisce attualmente una superficie di circa 2,2 milioni di metri quadrati in Norvegia e all’estero. Il portafoglio immobiliare gestito è costituito da uffici, scuole, alloggi ed edifici speciali distribuiti in tutto il paese ed ambasciate e residenze all’estero. Il bilancio annuale relativo all'attività di costruzione corrisponde a circa 2,3 milioni di NOK (pari a circa 288 milioni di EUR). La Statsbygg ha 669 addetti (ottobre 2005) (7).

Nella St.prp. n. 84 (1998-1999), si afferma tra l’altro che lo scopo della riorganizzazione è quello di chiarire i diversi ruoli della Statsbygg e di usare in modo più efficiente i beni immobili di proprietà dello Stato. Per garantire che la parte della Statsbygg che risultava in competizione con altre imprese private potesse operare in condizioni migliori, i beni gestiti nell’ambito di un mercato competitivo («konkuranseutsatte bygg») dovevano essere separati dagli edifici speciali (special purpose buildings) e rientrare nel nuovo portafoglio immobiliare gestito dalla Entra. Il governo ha indicato che in una fase successiva, si sarebbe potuto pensare di vendere ai privati una parte della società.

Il regolamento della Entra prevede quanto segue: «L'obiettivo principale della società è quello di fornire una sede agli enti statali. La società può possedere, acquistare, vendere, amministrare e gestire beni immobili e effettuare altre operazioni commerciali relative a tali beni. La società può inoltre possedere azioni, interessi e partecipazioni di altre società che svolgono attività del tipo di quelle elencate» (traduzione non ufficiale a cura dell'Autorità).

2.2.   Stato patrimoniale di apertura della Entra

Nella proposta presentata al Parlamento, il governo norvegese ha illustrato i principi di base del trasferimento delle attività alla nuova impresa. Non sono state formulate conclusioni sul valore effettivo delle attività da trasferire. Tale questione, al contrario, sarebbe stata affrontata in una fase successiva, come risulta dal seguente testo: «lo stato patrimoniale di apertura definitivo sarà presentato nel bilancio per l’anno 2000» (8). Inoltre, il documento in questione non fa riferimento alcuno al metodo utilizzato per determinare tale valore.

Nel periodo tra il 4 giugno 1999 e il 22 giugno 2000, data in cui la valutazione finale è stata adottata per decreto reale, il valore delle attività da trasferire è stato oggetto di un attento esame al fine di determinare il valore preciso dell’operazione conformemente ai principi di cui alla proposta n. 84 (1998-99) relativa al trasferimento delle attività. Per calcolare tale prezzo, sono stati presi in considerazione diversi metodi e diverse ipotesi.

In primo luogo, la Statsbygg ha chiesto al consulente indipendente Catella Eiendom Consult AS (CEC) di realizzare una stima dei beni oggetto del trasferimento. Tale stima è stata realizzata utilizzando il metodo valutativo della associazione dei periti norvegesi (Norwegian Valuers and Surveyors Association, NTF), stimando ogni singolo bene e ottenendo per addizione il valore complessivo del portafoglio, che è risultato pari a 3 852 110 000 NOK. Tale valutazione è stata successivamente sottoposta a revisione da parte della NTF, che ha concluso che il valore finale era accettabile anche se stimato con prudenza.

In un secondo tempo, la Statsbygg ha proceduto ad una valutazione propria delle attività, utilizzando una metodologia diversa, ovverosia il metodo dell’attualizzazione del flusso di cassa, come base del calcolo, invece di calcolare il valore di ogni singola proprietà, per poi sommarli. In questo modo, si è ottenuta la cifra di 3 137 500 000 NOK.

In un terzo momento, anche il ministero dell’Amministrazione ha provveduto ad una stima, utilizzando la stessa metodologia della Statsbygg, ma partendo da un’ipotesi diversa. In questo modo, si è ottenuta la cifra di 3 337 500 000 NOK.

A questo punto, la differenza tra la valutazione più alta e quella più bassa è risultata pari a 714 610 000 NOK, corrispondenti al 22 % rispetto al prezzo inferiore. Senza addentrarsi ulteriormente nei dettagli della questione, va osservato che i metodi utilizzati erano molto diversi. Alla stessa conclusione è giunto anche una verifica indipendente realizzata dalla PricewaterhouseCoopers (PWC), che ha preso in considerazione i tre valori in questione.

Nella sua valutazione, la PWC ha stabilito che, considerate le notevoli divergenze metodologiche, il confronto dettagliato tra le tre valutazioni è complesso e soprattutto poco utile, concludendo che tutti tre i valori rientrano nella fascia dell’attendibilità. La PWC ha inoltre sottolineato l’impossibilità di ottenere un valore preciso che possa essere considerato «giusto». Al contrario, tale valore sarebbe sempre oggetto di discussione tra le parti e potrebbe così variare in funzione delle ipotesi di partenza.

In un quarto momento, il ministero ha deciso di ricalcolare il valore in questione. Al termine di un lungo dibattito sul fatto che la possibilità degli enti pubblici di estinguere il contratto di locazione con un preavviso di 12 mesi dovesse o non dovesse avere un’incidenza sul valore di mercato dei beni, il valore è stato fissato a 2 837 550 000 NOK. È questo il valore che è stato proposto allo Storting (9) assieme al bilancio statale per il 1999-2000. La proposta prevedeva comunque che il governo potesse introdurre delle correzioni finali.

Infine, il ministero ha esercitato tale diritto a modificare il valore definitivo dello stato patrimoniale e dopo avere, tra gli altri interventi, modificato alcuni contratti di affitto della Entra, cambiando così i dati su cui basare il calcolo, ha ottenuto un valore maggiore. Per decreto reale, il valore definitivo dello stato patrimoniale di apertura è risultato pari a 3 222 871 000 NOK.

Il processo viene può essere così riassunto. Come si può osservare, i valori proposti variano tra i 3 852 110 000 NOK e i 2 837 550 000 NOK. La differenza di 1 014 560 000 NOK, pari al 35,8 % del valore inferiore, dipende dalle differenze tra le metodologie applicate e dalle ipotesi di partenza utilizzate per i diversi modelli.

Valutazione della Catella Eiendoms Consult (CEC) (10)

3 852 110 000 NOK

Raccomandazione della Statsbygg

3 137 500 000 NOK

Valutazione del ministero

3 337 500 000 NOK

Valore ricalcolato dal ministero alla luce delle specifiche condizioni di estinzione del contratto (11)

2 837 550 000 NOK

Valore definitivo dello stato patrimoniale di apertura (12)

3 222 871 000 NOK

Il valore definitivo dello stato patrimoniale è stato calcolato con il metodo dell’attualizzazione del flusso di cassa di tutto il portafoglio immobiliare, come nel caso della raccomandazione iniziale della Statsbygg, ma sulla base di un’ipotesi di partenza diversa.

La Entra è stata costituita inizialmente come società «minima» sulla base dei contributi in contante. In seguito, a partire dal 1o luglio 2000, lo Stato ha trasferito alla Entra beni, capitale e addetti (attività e passività) in cambio dell'emissione di azioni. La proprietà e il titolo di proprietà dei beni immobili in questione sono stati trasferiti dallo Stato norvegese alla Entra e registrati a suo nome. Conformemente alla legge di costituzione della Entra, non sono state pagate né imposte sul trasferimento né imposte di registro. La società è una società a responsabilità limitata di proprietà integrale dello Stato norvegese.

Nel 2004, la società [il gruppo (13)] ha ottenuto un risultato di gestione di 1 072 milioni di NOK [pari a circa 128 milioni di EUR (14)] ed un utile al lordo delle imposte di 134 milioni di NOK (pari a circa 16 milioni di EUR). Al 31 dicembre 2004, il patrimonio netto consolidato (valore contabile) del gruppo era pari a 1 288 milioni di NOK (pari a circa 154 milioni di EUR). Alla fine dell’anno, il valore contabile del portafoglio immobiliare del gruppo è risultato pari a 8 768 milioni di NOK (corrispondenti a circa 1 047 milioni di EUR). In data 31 dicembre 2004, la Entra aveva 133 addetti. Il portafoglio immobiliare complessivo è rappresentato da circa 110 beni immobili, corrispondenti ad una superficie totale di circa 900 000 m2  (15).

Secondo le stime delle autorità norvegesi, le imposte sul trasferimento accumulate sono pari a 80 571 775 NOK, mentre le imposte di registro sono pari a 147 300 NOK (150 beni per 982 NOK), per un totale di 80 719 075 NOK (pari a circa 9,87 milioni di EUR) (16).

3.   La valutazione da parte del governo norvegese del fatto che l’esenzione dall’imposta sul trasferimento e dall’imposta di registro sia o meno conforme alle disposizioni dell’accordo SEE in materia di aiuti di Stato

3.1.   La valutazione del governo presentata in concomitanza con la costituzione della Entra

Al capitolo 7.6.1, la proposta di legge n. 84 (1998-99) riporta la valutazione del governo norvegese in merito al fatto che l’esenzione dell’imposta sul trasferimento e dell’imposta di registro sia conforme alle disposizioni dell'accordo SEE in materia di aiuti di Stato. Il testo recita (traduzione non ufficiale a cura dell’Autorità):

«Il successivo problema sollevato riguarda la possibilità che la società sia dispensata dall’obbligo di registrare il trasferimento del titolo di proprietà dalla Statsbygg alla Statens utleiebygg AS e quindi dall’obbligo di pagamento delle imposte di registro e delle imposte sul trasferimento. Secondo il capitolo 6 della legge sulle spese di giustizia (Court Charges) e l’articolo 7 della legge sulle imposte sui trasferimenti (Act on Document Duty), le imposte relative alla registrazione dei documenti che attestano il trasferimento dei diritti di proprietà vanno versate al Tesoro. L'obbligo di pagamento insorge quando il trasferimento del titolo di proprietà viene registrato nel catasto. Il pagamento dell’imposta sul trasferimento non è richiesto nel caso di cambio di ragione sociale registrato nel catasto.

Il ministero dubita fortemente che la suddivisione di beni immobili tra lo Stato e la Statens utleiebygg AS implichi un trasferimento del titolo di proprietà che vada registrato nel catasto. Appare più naturale considerare la situazione come un cambiamento dell’organizzazione del portafoglio immobiliare dello Stato in cui quest'ultimo conserva i diritti di proprietà già registrati. Non si tratta di un trasferimento del titolo di proprietà, ma semplicemente di un cambio di ragione sociale nel catasto. Pertanto, non risulta necessario versare l’imposta sui trasferimenti. La società non è quindi tenuta a versare né l’imposta di registro né l’imposta sui trasferimenti. Il ministero, tuttavia, suggerisce, in una distinta proposta all’Odelsting, che una nuova registrazione effettuata nel quadro di una riorganizzazione sia considerata un semplice cambio di ragione sociale. Per quanto riguarda il catasto, ciò significa che non è necessario trasferire il titolo di proprietà. La disposizione implica con certezza che l'obbligo di trasferimento del titolo di proprietà non sussiste. La proposta è conforme alle norme applicate in relazione ad altre ristrutturazioni di società statali (cfr. la legge n. 45 del 24 giugno 1994 sulla costituzione della società a responsabilità limitata Televerket e l’articolo 73 della legge n. 65 del 22 novembre 1996 sulla costituzione della società statale delle Poste). Il problema è capire se tale prassi produca condizioni di concorrenza diverse per, da una parte, le società a responsabilità limitata di proprietà dello Stato e, dall’altra, per i soggetti privati che procedono alla suddivisione del loro patrimonio immobiliare e al trasferimento di alcuni beni nella società a responsabilità limitata di cui sono integralmente titolari.

L’Autorità di vigilanza EFTA ha pubblicato alcuni orientamenti in materia di applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato di cui all’articolo 61 dell’accordo SEE relative a transazioni finanziarie tra imprese pubbliche e le autorità (cfr. Guida sugli aiuti di Stato, capitoli 19 e 20). Secondo la guida, il principale criterio di valutazione dell’esistenza o meno di un aiuto di Stato è il cosiddetto principio dell'investitore operante in un’economia di mercato. Ciò significa che, nelle sue attività economiche, lo Stato è tenuto ad agire come agirebbe un investitore privato nella stessa situazione nei confronti di una società privata simile o paragonabile.

Il diritto norvegese prevede che il trasferimento del diritto di proprietà da un soggetto giuridico ad un altro debba essere registrato affinché risulti valido rispetto ad un terzo soggetto. Gli investitori privati sono pertanto obbligati a registrare il trasferimento del titolo di proprietà e a versare l’imposta sul trasferimento. Pertanto, una società a responsabilità limitata di proprietà dello Stato ha il medesimo obbligo di registrare il trasferimento del titolo dallo Stato.

È però improbabile che un investitore avrebbe razionalmente scelto una soluzione in base alla quale egli, per quanto riguarda la separazione di quella porzione dell'impresa rappresentata da beni immobili, si sarebbe esposto, registrando il trasferimento del titolo di proprietà, all’obbligo di pagare l’imposta sul trasferimento. Poiché tale tipo di trasferimento di titolo di proprietà implica dei costi notevoli a carico della società, è difficile immaginare che un investitore avrebbe razionalmente scelto una soluzione di questo tipo. Più probabilmente, egli avrebbe scelto una soluzione che permettesse di evitare il pagamento di imposte, per esempio lasciando alla società madre il titolo di proprietà oppure creando una holding. Lo Stato non ha a disposizione tali soluzioni. Se lo Stato sceglie di operare nel mercato, è più pratico separare tale porzione della sua attività e organizzarla nel quadro di una società distinta. Lo Stato è quindi obbligato a trasferire i propri beni ad un altro ente giuridico. Per questa ragione risulta chiaro che la registrazione del trasferimento dei diritti di proprietà non è in conflitto con le norme in materia di aiuti di Stato.

Il ministero conclude quindi che l’esenzione dall’obbligo di registrare il trasferimento dei diritti di proprietà non creerà per la Statens utleiebygg AS una situazione diversa dal punto di vista della concorrenza rispetto alla situazione di un investitore privato operante in un’economia di mercato. Tale esenzione non risulta in conflitto con l’accordo SEE.

Inoltre, tutti riconoscono che la valutazione dei beni destinati alla Statens utleiebygg AS è conforme al valore di mercato e che gli eventuali trasferimenti di capitale dallo Stato avverranno secondo le stesse modalità di un investitore privato che fornisce un apporto di capitali all’ impresa».

3.2.   Argomentazioni presentate dalle autorità norvegesi prima che l’Autorità decidesse di aprire il procedimento di indagine formale

Con lettera del 20 giugno 2002, il ministero del Lavoro e della Pubblica amministrazione ha presentato informazioni sulle condizioni generali relative alla Entra e sulla stima del suo stato patrimoniale di apertura. Il ministero ha descritto il metodo dell’attualizzazione del flusso di cassa utilizzato per valutare il valore complessivo dei beni, affermando che tale metodo è stato impiegato «in quanto esso avrebbe soddisfatto meglio le condizioni di cui alla proposta di legge n. 84 allo Storting (1998-1999), che prevedevano che la nuova società si trovasse ad agire in una situazione paragonabile a quella degli altri operatori del settore». La lettera non indica se e, in caso affermativo, in quale misura, il mancato pagamento dell’imposta sul trasferimento abbia inciso sullo stato patrimoniale d’apertura. Nella lettera, inoltre, non è stata affrontata la questione del fatto che il paragrafo 3 della legge contestata richieda o meno che l’esenzione dal pagamento dell’imposta sul trasferimento debba essere accompagnata dall’aumento della valutazione del patrimonio corrispondente all’importo che sarebbe stato pagato se la registrazione nel catasto fosse stata considerata un trasferimento del titolo di proprietà e non un cambio di ragione sociale.

Con lettera del 7 novembre 2002, il ministero del Commercio e dell’Industria ha articolato con maggiore precisione l’argomentazione presentata nei lavori preparatori secondo la quale un investitore privato potrebbe scegliere le soluzioni che non prevedano il trasferimento ufficiale del bene, evitando in questo modo di dovere pagare l'imposta sul trasferimento e l'imposta di registro. Poiché la registrazione del trasferimento del titolo di proprietà non è obbligatoria, le imprese hanno la possibilità, indipendentemente dal fatto di essere private o pubbliche, di evitare, nel rispetto della normativa, le imposte sul trasferimento e le imposte di registro, semplicemente non registrando il passaggio di proprietà. Lasciare il titolo di proprietà al proprietario precedente avrebbe rappresentato un rischio per il nuovo proprietario, dal punto di vista della sua «buona fede» nei confronti di una terza parte. Tale rischio avrebbe comunque potuto essere eliminato attraverso la registrazione di una «restrizione del diritto di proprietà». La registrazione della dichiarazione di restrizione del diritto di proprietà non avrebbe escluso il rischio di realizzazione forzata e di estinzione dei diritti del legittimo successore ai beni del debitore. Secondo le autorità norvegesi, tale metodo è diffuso tra le imprese private, soprattutto tra parti collegate.

Secondo il ministero, il proprietario privato della Statsbygg avrebbe con ogni probabilità proceduto allo scorporo della Statsbygg senza incorrere nell'obbligo di versare le imposte sul trasferimento o le imposte di registro. Nel caso della Entra, tale metodo non costituiva un’opzione realistica, a causa, tra l’altro, di ostacoli rappresentati dal fatto che la Statsbygg è sottoposta ad un controllo pubblico e politico. Se il titolo di proprietà dei beni fosse rimasto alla Statsbygg, la Entra si sarebbe trovata a dipendere dall’approvazione di un ente pubblico per ogni transazione relativa ai beni e lo Stato sarebbe risultato allo stesso tempo il locatario e il titolare ufficiale dei beni. Applicare tale pratica al caso Statsbygg/Entra significherebbe confondere la distinzione tra i diversi ruoli dei due enti. Il mandato della Statsbygg consiste nel possedere e gestire edifici pubblici non commerciali, mentre la Entra opera in modo commerciale.

Nella lettera del 7 novembre 2002, il ministero ha anche proposto un’argomentazione contro l’applicazione dell’articolo 61 dell’accordo SEE che non era stata presentata nei lavori preliminari, ribadendo che il valore del portafoglio immobiliare è stato stimato con il metodo della capitalizzazione netta. In breve, tale metodo implica che il flusso di cassa futuro relativo ai beni (affitto netto più stima degli affitti netti futuri, successivi alla scadenza dei contratti di affitto attuali) è stato attualizzato in modo da calcolare il valore tramite un fattore che tiene conto di un livello adeguato di tasso di rendimento. Tale tasso è stato fissato al 9,5 %, valore che rappresenta il livello di riferimento degli operatori privati del settore. Secondo il ministero, se le imposte sul trasferimento e le imposte di registro fossero state obbligatorie, i costi sarebbero stati considerati come attività, mentre il valore delle proprietà sarebbe risultato ridotto di conseguenza. Ciò non avrebbe ridotto lo stato patrimoniale complessivo o la valutazione complessiva delle attività della Entra. Al contrario, se fosse stata introdotta l’imposta sul trasferimento senza correggere il valore dei beni, ne sarebbe risultato un «valore delle attività complessive maggiore e un tasso di rendita del 9,1 %, un valore quindi decisamente inferiore al livello richiesto per la Entra Eiendom AS. Ciò avrebbe dato alla Entra Eiendom AS un notevole svantaggio rispetto agli operatori privati».

Con lettera del 4 giugno 2003, il ministero del Commercio e dell’Industria ha presentato ulteriori informazioni e argomentazioni relative, tra l’altro, alle misure adottate dalle imprese private ed ha inoltre ribadito le argomentazioni della lettera del 7 novembre 2002 sui motivi in base ai quali ha concluso che il mancato pagamento delle imposte non ha avuto alcuna incidenza sulla struttura del capitale, sulla solidità e sul valore della società.

Come terza argomentazione a sostegno della tesi secondo la quale l'esenzione dal pagamento dell’imposta di trasferimento non rappresenta un aiuto, il ministero ha fatto riferimento al cosiddetto «principio di continuità» caratteristico del diritto norvegese, affermando che a tale principio si ispirano una serie di norme che prevedono che l’impresa acquirente assuma la posizione giuridica della società che opera il trasferimento. Lo scopo del principio di continuità è quello di facilitare le fusioni e gli scorpori di società. In base ad esso, la posizione giuridica della società che opera il trasferimento si trasferisce alla società acquirente. Secondo il ministero, la continuità relativa alla posizione fiscale è un aspetto importante del principio. In effetti, il Registration Act, interpretato alla luce del diritto societario, prevede che in numerosi casi la riorganizzazione di attività private possa avvenire senza che insorgano obblighi di pagamento di imposte sul trasferimento o di registro. Partendo da questa premessa, il ministero ha sostenuto che l'esenzione rappresenta una misura di carattere generale, che non costituisce un aiuto ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE. Il punto 9 (Conclusione) della lettera del 4 giugno 2003, recita:

«Secondo il sistema comune relativo alle imposte di registro e sul trasferimento, il principio di continuità determina se i processi di conversione, pubblici e privati, possano essere effettuati con un cambio di ragione sociale, in relazione, tra l'altro, alle norme in materia di imposte di registro e imposte sul trasferimento. Lo scopo del principio di continuità è facilitare la realizzazione di fusioni, scorpori e ristrutturazioni e la sua applicazione è auspicabile da un punto di vista socioeconomico. In base alle stesse considerazioni, sono stati adottati la legislazione speciale e il rimborso delle imposte sul trasferimento accumulate derivanti dalla ristrutturazione delle società idroelettriche. Pertanto, tale pratica è una misura di carattere generale e, secondo una giurisprudenza consolidata, non rappresentata un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 61 dell’accordo SEE».

3.3.   Argomentazioni presentate dalle autorità norvegesi dopo che l’Autorità ha aperto il procedimento di indagine formale

Nella lettera del ministero del Commercio e dell'Industria del 16 settembre 2004, le autorità norvegesi hanno commentato la decisione dell'Autorità di aprire il procedimento di indagine formale. Il governo norvegese ha sostenuto che nessuna delle condizioni di cui all’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE è soddisfatta e che pertanto, il mancato pagamento dell’imposta sul trasferimento da parte della Entra non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE.

Il ministero ha ribadito l'argomentazione già proposta secondo la quale la misura non ha rappresentato un vantaggio per la Entra, in quanto non ne ha modificato la struttura del capitale, la solidità e il valore complessivo. Se le imposte sul trasferimento e di registro fossero state prese in considerazione nello stato patrimoniale di apertura, lo stato patrimoniale sarebbe stato diverso. Il ministero ha riportato l’opinione del governo norvegese secondo la quale la misura fiscale in questione non deve essere presa in considerazione separatamente dal bilancio di apertura della società. Inoltre, lo scopo principale delle imposte sul trasferimento e di registro è quello di tassare gli effettivi trasferimenti tra soggetti economici diversi. Quando il trasferimento è apparente, nel senso che il soggetto che trasferisce il bene e quello che lo acquista sono sostanzialmente lo stesso ente, il principio seguito dalla legge norvegese, secondo il ministero, è quello di trasferire alla società acquirente la posizione giuridica della società che trasferisce il bene (principio di continuità). Il ministero ritiene che tale principio non sia limitato a trasferimenti specifici, ma costituisca la regola principale nei casi in cui l’entità che trasferisce il bene e quella che lo acquisisce sono sostanzialmente la stessa. Per questo motivo, secondo le autorità norvegesi, la Entra non è stata esonerata dagli oneri normalmente gravanti sul suo bilancio.

In secondo luogo, il ministero ha fatto riferimento al fatto che, nella fattispecie, il trasferimento del titolo di proprietà ai sensi del paragrafo 3 della legge contestata ha preso la forma di modifica della ragione sociale e non di trasferimento del titolo. Pertanto, la Entra non è mai stata sollevata dall’obbligo di versare l’imposta sul trasferimento e non vi è stata, secondo le autorità norvegesi, alcuna perdita di gettito fiscale e quindi alcun consumo delle risorse dello Stato.

In terzo luogo, le autorità norvegesi hanno sostenuto che la misura in questione non ha inciso sugli scambi tra le parti contraenti. Il ministero ritiene che un'indagine di mercato può dimostrare che il mercato immobiliare norvegese degli immobili urbani per uffici e servizi ha un carattere puramente nazionale e non è quindi soggetto a concorrenza transfrontaliera. Secondo il ministero, fatta eccezione per gli investimenti stranieri a livello di istituti finanziari, non ci sono stati investitori non norvegesi che hanno operato sul mercato immobiliare norvegese.

In quarto luogo, il ministero ha sostenuto che l’esenzione dalle imposte sul trasferimento e di registro non è stata una misura selettiva, facendo riferimento al fatto che uno dei principali criteri seguiti nell'applicazione dell'articolo 61, paragrafo 1, dell'accordo SEE ad una misura fiscale è che la misura in questione rappresenti un’eccezione al funzionamento del sistema fiscale che favorisce alcune imprese di uno Stato EFTA. Occorre quindi determinare innanzitutto quale sia il sistema generale applicabile. Se una misura fiscale è contraria al sistema generale, occorre esaminare se tale deroga è giustificata dalla natura o dalla struttura generale del sistema fiscale. Il ministero ritiene che la pratica del cambio di ragione sociale per il trasferimento di un titolo di proprietà non sia contraria al sistema fiscale. Se l’Autorità ritiene che tale pratica sia in contraddizione con il sistema fiscale, il ministero considera tale deroga giustificata dalla natura o dalla struttura generale del sistema.

Infine, il ministero ha fatto riferimento alla decisione C 27/99 del 5 giugno 2002 (17) relativa all'aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall'Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico C 27/99. Secondo il ministero, la situazione di fatto del caso italiano è simile al caso in oggetto e valgono le stesse conclusioni. Il ministero ha concluso che l’esenzione era giustificata dalla natura o dalla struttura generale del sistema e che non ha costituito un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE.

Con lettera datata 30 giugno 2005, il ministero del Commercio e dell’Industria ha fornito ulteriori argomentazioni a sostegno del fatto che l’esenzione dall’imposta sul trasferimento e di registro non ha rappresentato un vantaggio economico per la Entra. Il ministero ha fatto riferimento al fatto che lo stato patrimoniale di apertura della Entra è stato calcolato utilizzando il metodo del valore netto attuale (Net Present Value method). Il flusso di cassa futuro relativo a ogni immobile è stato valutato e attualizzato con un opportuno tasso di rendimento. Tale tasso di rendimento è stato fissato usando il Capital Asset Pricing Model, dopo aver fatto un’indagine sulle società immobiliari concorrenti. Il patrimonio netto è stato fissato al 40 % circa, un livello paragonabile a quello di altre società simili.

Il ministero ritiene che il valore calcolato dei beni corrisponde alla stima migliore di quanto un investitore «non tenuto a versare le imposte sul trasferimento e di registro» sarebbe stato disposto a pagare per il portafoglio. Se l’acquirente del portafoglio (nel caso in oggetto, la Entra) avesse dovuto pagare le imposte sul trasferimento e di registro, il prezzo che l’investitore sarebbe stato disposto a pagare sarebbe diminuito di un importo corrispondente a tali imposte. Il valore dei beni immobilizzati nel bilancio patrimoniale sarebbe risultato ridotto dello stesso importo, mentre le immobilizzazioni finanziarie sarebbero aumentate in misura corrispondente, di modo che il valore complessivo delle attività sarebbe stato lo stesso. Per quanto riguarda le passività, il patrimonio e l'indebitamento complessivo non sarebbero cambiati, anche se l'indebitamento a breve termine sarebbe aumentato di una percentuale corrispondente alle imposte sul trasferimento e di registro. Il ministero ha concluso che la posizione finanziaria della Entra non è cambiata a causa dell'esenzione delle imposte sul trasferimento e di registro.

Il ministero ha riconosciuto che non si può concludere in generale che, in pratica, l'obbligo di versare un’imposta sul trasferimento ricade sempre sul venditore di un bene, poiché ciò dipende dalle circostanze particolari. Tuttavia, nella fattispecie sarebbe stato il venditore a sostenere l’onere, in quanto il metodo di valutazione dei beni immobiliari utilizzato per la Entra nello stato patrimoniale di apertura implicava che (traduzione non ufficiale a cura dell’Autorità): «in un caso di questo tipo, quando si usa il metodo NPV, tutti i tipi di costo relativi all’acquisto vengono dedotti dal prezzo di acquisto, poiché tutti gli elementi fanno parte del metodo di valutazione, in quanto, in caso contrario, l’acquirente non otterrebbe il tasso di rendimento richiesto (…).»

3.4.   Osservazioni comunicate dagli interessati

Con lettera del 4 maggio 2005, lo studio legale Selmer, a nome della Entra, ha presentato alcune osservazioni relative alla decisione dell'Autorità di aprire il procedimento di indagine formale. Lo studio Selmer ha sostenuto che l’esenzione dalle imposte sul trasferimento e di registro non hanno rappresentato un vantaggio per la Entra e che tale esenzione è prevista dalla natura e dagli obiettivi generali del sistema fiscale norvegese.

In primo luogo, lo studio Selmer ha fatto riferimento alla decisione di costituire la società dotandola di un patrimonio pari al 40 % del capitale complessivo. Di conseguenza, se la Entra avesse dovuto pagare le imposte sul trasferimento e di registro, il valore delle proprietà si sarebbe ridotto di un importo equivalente a tale imposte e lo Stato norvegese avrebbe dovuto versare nelle casse della società un importo corrispondente, per mantenere il patrimonio pari al 40 %. Lo studio Selmer ritiene che la situazione economica della società non è mutata e che la Entra non ha ricevuto alcun vantaggio economico.

In secondo luogo, lo studio Selmer ha affermato che tutte le riorganizzazioni statali sono state realizzate in modo analogo e sulla base del principio di continuità, facendo riferimento alle riorganizzazione dell’ente radiotelevisivo norvegese (NRK), della Telenor, delle ferrovie dello Stato (NSB), della Posten Norge, della Avinor, della Mesta e della Statkraft. Lo studio Selmer ha quindi concluso che l’esenzione dalle imposte sul trasferimento e di registro era prevista dalla natura e dagli obiettivi generali del sistema norvegese.

4.   La legislazione norvegese in materia di imposte sul trasferimento e di registro relative alla registrazione del trasferimenti di beni immobili

4.1.   Cosa fa insorgere l’obbligo di versare le imposte sul trasferimento e di registro?

In Norvegia, tutti i beni immobiliari sono registrati nel catasto («Eiendomsregisteret»), che, dal 1995, riunisce i dati del «Tinglysingsregisteret/Grunnboken» e del «GAB-registeret (Grunneiendommer, Adresser og Bygninger (18).

Il Tinglysingsregisteret è stato istituito con il Registration Act del 1935 n. 2 («Lov om tinglysing»). Ogni bene viene identificato tramite registrazione, all’interno della quale possono essere inserite informazioni relative alla proprietà, al titolo di proprietà, ai carichi ipotecari, ecc. Il catasto contiene, tra l’altro, informazioni su vari diritti e doveri relativi al bene in questione. Le parti interessate, agendo in buona fede, hanno la possibilità utilizzare le informazioni contenute nel catasto.

In base alla sezione 7, punto 1, dell’Act on Document Duty 1975 n. 59 («Lov om dokumentavgift»), la registrazione del trasferimento del titolo di proprietà immobiliare («hjemmelsoverføring») fa insorgere l'obbligo di pagare un'imposta sul trasferimento («dokumentavgift»). L’aliquota di tale imposta è pari al 2,5 % del valore di vendita della proprietà. Ai sensi della sezione 2, punto 6, del Regulation on Document Duty, del ministero delle Finanze, del 16 settembre 1975, e modifiche successive, l’obbligo del pagamento dell’imposta ricade sul nuovo detentore del titolo di proprietà.

Inoltre, la registrazione del trasferimento del titolo di proprietà nel catasto è soggetta ad un’imposta di registro («tinglysingsgebyr»), ai sensi della Court Fee Act n. 86 del 1982 («Rettsgebyrloven»). Quando è stata istituita la Entra, l’imposta era pari a 982 NOK (corrispondenti a circa 123 EUR) per documento registrato. Le disposizioni relative alle condizioni di prelievo delle imposte sul trasferimento e di registro sono le stesse.

Come indicato, l’imposta sul trasferimento insorge con la registrazione del trasferimento del titolo di proprietà ad un’altra persona giuridica («hjemmelsoverføring»). Pertanto, se non avviene il trasferimento ad un’altra persona giuridica, ma solamente un cambio di ragione sociale relativo alla stessa persona giuridica («grunnboken»), l'imposta sul trasferimento non scatta.

Non esiste l’obbligo legale di registrare («tinglyse») nel catasto i diritti relativi ai beni immobiliari (proprietà, ecc.). Non è necessario registrare il trasferimento del titolo di proprietà per determinare il passaggio di proprietà. Il titolare di tali diritti, comunque, può scegliere di registrare i propri diritti per proteggerli contro terzi.

4.2.   Quando è possibile cambiare la designazione del titolare senza che insorga l’imposta sul trasferimento?

La prassi relativa al pagamento delle accise tra il 1990 e il 1o luglio 2005 — e quindi all’epoca in cui è stata costituita la Entra — viene illustrata in due serie di circolari, la circolare G-37/90 del 25 maggio 1990 del ministero norvegese della Giustizia e le circolari annuali dell’agenzia norvegese delle dogane e delle imposte indirette (Norwegian Customs and Excise, NCE) («Toll- og Avgiftsdirektoratet») (19). Ai sensi del punto 1.1 di tali circolari, l’esenzione all’imposta sul trasferimento viene concessa solamente se esiste una base giuridica diretta nell’Act on Document Duty o tramite decisioni parlamentari (20).

i)   Operazioni di fusione

Nel caso di fusioni, non esiste, secondo il ministero della Giustizia norvegese, alcun trasferimento del titolo di proprietà ai sensi dell'Act on Document Duty. È pertanto sufficiente che la fusione venga registrata nel catasto, confermando che la società in questione si è fusa con un’altra società. Tale conferma può essere rilasciata dal registro delle imprese e non fa insorgere l’obbligo di pagamento delle imposte sul trasferimento e di registro. Ciò vale per le fusioni tra società a responsabilità limitata ai sensi della sezione 14, punto 7, della legge n. 59 del 4 giugno 1976 (la Limited Liability Company Act) (21), per altri tipi di fusione previsti dal capitolo 14 della stessa legge e per fusioni tra casse di risparmio (capitolo 8 della legge n. 1 del 24 maggio 1961 (Saving Bank Act) (22).

ii)   Scorporo nel quadro del Limited Liability Company Act del 1976.

Qualora, nel caso di scorpori di imprese, la proprietà di beni immobili viene trasferita dalla società originale (A) alla società che è stata scorporata (B), tanto la circolare G-37/90 che il punto 1.4 delle circolari annuali dell’agenzia norvegese delle dogane e delle imposte indirette prevedono il pagamento dell’imposta sul trasferimento e di registro (23).

Al contrario, se i beni immobili rimangono alla società originaria (A) da cui si è scorporata una parte (B), non esiste l’obbligo di versare le imposte sul trasferimento e di registro (24), perché in tal caso i beni immobili non vengono trasferiti ad una nuova persona giuridica (diversamente dal caso in cui i beni immobili vengono trasferiti alla società scorporata).

iii)   Trasferimento di proprietà da regime di comproprietà a società in nome collettivo o a società in accomandita

Nel periodo considerato, il trasferimento di proprietà di beni immobili da un regime di comproprietà a società in nome collettivo o società in accomandita (o viceversa) implicava il trasferimento tra persone giuridiche. Pertanto, sia la circolare G-37/90 che il punto 1.5 delle circolari annuali dell’agenzia norvegese delle dogane e delle imposte indirette affermano che tale situazione fa insorgere l’obbligo di pagamento dell’imposta sul trasferimento.

iv)   Cambiamento di forma societaria

Una situazione a cui la circolare non fa riferimento è la situazione in cui un'impresa passa da una forma societaria ad un’altra. Nella lettera del governo norvegese del 4 giugno 2002 si afferma che la norma di riferimento relativa a tali situazione è «che ci deve essere il trasferimento di titolo di proprietà. Di conseguenza, l’imposta sul trasferimento e di registro sono dovute, secondo la prassi giuridica». Il governo norvegese, tuttavia, sostiene che dovrebbe essere possibile prendere in considerazione la possibilità di esenzione a tale norma sulla base del principio di continuità (25).

A questo proposito, l’Autorità osserva che la Corte d’appello («Frostating Lagmannsrett»), in un’ordinanza del 9 ottobre 1997 pubblicato nel LF-1997-671 ha concluso che la conversione da «kommandittselskap» a «aksjeselskap» («North West Terminalen AS») ha fatto insorgere l’obbligo di pagare l’imposta sul trasferimento. La Corte d’appello ha fatto riferimento alle già citate circolari del ministero della Giustizia e dell’agenzia delle dogane e delle imposte indirette, affermando che l’Act on Document Duty prevede che l’imposta in questione debba essere pagata se non diversamente previsto dalla stessa legge o dalle relative disposizioni. Poiché la nuova società rappresenta una nuova persona giuridica rispetto alla società originaria, risulta irrilevante che i proprietari siano rimasti gli stessi e che quindi l'unico cambiamento effettivo sia stato a livello di forma societaria.

Inoltre, si può fare riferimento al caso di cui all’allegato 1 della lettera del governo norvegese del 4 giugno 2002, in cui le autorità norvegesi si sono rifiutate di accordare l'esenzione dal pagamento dell'imposta sul trasferimento nel caso di una conversione da «selveiende institusjon» a «allmenaksjeselskap».

v)   Trasferimento di proprietà da una amministrazione comunale ad una persona giuridica distinta di proprietà di tale amministrazione.

Alla riunione tra le autorità norvegesi e l’Autorità del 19 maggio 2005, le autorità norvegesi hanno indicato che con ogni probabilità, ai sensi delle circolari in vigore all’epoca dell’istituzione della Entra, l’imposta sul trasferimento sarebbe risultata obbligatoria nel caso di riorganizzazione in cui la proprietà di un edificio fosse stata trasferita da una amministrazione comunale ad una società a responsabilità limitata di proprietà di tale amministrazione. Al contrario, la prassi invalsa da un certo periodo tempo prevedeva che l'imposta sul trasferimento non fosse obbligatoria nei trasferimenti del titolo di proprietà nei casi di riorganizzazioni realizzate ai sensi della legge del 29 gennaio 1999 sulle società intercomunali (26).

vi)   La prassi dopo il 1o luglio 2005

Poiché la registrazione del cambio di ragione sociale nel catasto è avvenuta in relazione alla costituzione della Entra, le norme di cui sopra permettono un confronto pertinente con le disposizioni di cui al paragrafo 3 della legge contestata. Va tuttavia osservato che il 21 giugno 2005 il ministero della Giustizia ha adottato una nuova circolare (G-6-05) sulla procedura di trasferimento di beni immobili relativa a fusioni, scorpori e trasformazioni di società (27). La nuova circolare ha introdotto, con effetto dal 1o luglio 2005, una nuova procedura in base alla quale l’indicazione del titolare può essere cambiata senza che tale operazione implichi il trasferimento del titolo di proprietà. Secondo la nuova circolare, la registrazione relativa agli scorpori di società basata sul principio di continuità verrà trattata alla stregua delle fusioni, dal punto di vista delle norme sulle imposte indirette, e non sarà quindi più soggetta all’imposta sul trasferimento. Lo stesso vale per i cambi di forma societaria realizzati conformemente alle disposizioni di cui ai capitoli 13, 14 e 15 del Limited Liability Company Act e del Public Limited Liability Company Act.

Al contrario, secondo la nuova circolare, le imposte sul trasferimento dovranno essere versate se il bene immobile viene trasferito conformemente ad una serie di disposizioni che non si ispirano al principio di continuità (per esempio, nel caso di una fusione tra società in nome collettivo («ansvarlige selskaper»)). Il trasferimento da una forma societaria ad un’altra, per esempio da società in nome collettivo a società a responsabilità limitata, continuerà ad essere passibile di imposta sul trasferimento.

5.   Altre forme di riorganizzazione di imprese pubbliche

Come affermato nella lettera del 4 giugno 2003 delle autorità norvegesi, altre riorganizzazioni sono state realizzate sulla base di disposizioni simili a quelle della legge contestata (Posten AS, NSB AS, Mesta AS, Avinor AS, Telenor AS e società del settore sanitario) (28).

L’Autorità osserva che in altre riorganizzazioni non è stata applicata alcuna disposizione simile a quella contenuta nell’atto impugnato, per esempio l’istituzione della BaneTele AS, della Secora AS e della Statkraft AS.

La BaneTele AS è il fornitore di una rete nazionale di fibre ottiche a banda larga. Tale società a responsabilità limitata è stata creata il 1o luglio 2001. Prima di tale data, le attività realizzate erano di competenza delle Ferrovie dello Stato («Jernbaneverket»). La BaneTele è una società a responsabilità limitata di proprietà dello Stato norvegese, e fa capo al ministero del Commercio e dell’Industria. Le Ferrovie dello Stato sono competenti per la gestione della rete ferroviaria nazionale e fanno capo al ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni. La proposta di creare la società a responsabilità limitata BaneTele è stata presentata in parlamento con la proposta St.prp. n. 80 (2000-2001) Omdanning av BaneTele til aksjeselskap  (29) e con la Ot.prp n. 93 (2000-2001) Om lov om omdanning av Jernbaneverkets kommersielle televirksomhet til aksjeselskap  (30). La Ot.prp. n. 93 (2000-2001) e la successiva legge del 15 giugno 2001 non contengono disposizioni simili a quella prevista dal paragrafo 3 della legge contestata.

La Secora AS è un’impresa specializzata nello sviluppo di porti e di vie di navigazione costiere sicure e efficienti. Tale società a responsabilità limitata è stata creata il 1o gennaio 2005. Precedentemente, le attività venivano svolte dall’unità produttiva dell’agenzia norvegese responsabile delle coste («Kystverket»). La Secora AS è di proprietà esclusiva dello Stato norvegese e fa capo al ministero della Pesca e delle Coste. La Kystverket è l’agenzia nazionale norvegese competente per la gestione delle coste, della sicurezza in mare e delle comunicazioni marittime. La proposta di creare la Secora AS è stata presentata con la proposta St.prp. n. 1 (2004-2005) Om omdanning av Kystverkets produksjonsvirksomhet til statlig aksjeselskap m.m.  (31) e con la proposta Ot.prp. n. 20 /2004-2005) Om lov om omdanning av Kystverkets produksjonsvirksomhet til statsaksjeselskap  (32). La Ot.prp. n. 20 (2004-2005) e la successiva legge del 17 dicembre 2004 non contengono disposizioni simili a quella prevista dal paragrafo 3 della legge contestata.

La Statkraft è il principale produttore norvegese di energia. Tale società a responsabilità limitata è stata creata il 1o ottobre 2004. Precedentemente, la società era un’impresa statale, la «Statsforetak SF», che esiste ancora come proprietario ufficiale della Statkraft AS. La prima proposta di istituire la società a responsabilità limitata è stata presentata al parlamento con la St.meld. n. 22 (2001-2002) Et mindre og bedre statlig eierskap  (33) e quindi con la St.prp. n. 53 (2003-2004) Statens eierskap i Statkraft SF  (34) e con la Ot.prp. n. 63 (2003-2004) Om lov om omorganisering av Statkraft SF  (35). Nella St.prp. n. 53 (2003-2004) il governo ha affermato che la riorganizzazione avrebbe implicato che la Statkraft AS dovesse pagare le imposte sul trasferimento (traduzione non ufficiale a cura dell’Autorità) «conformemente alle normali regole previste dalla legge» sulle imposte indirette e che tali costi avrebbero ridotto l’eccedenza e la base per i dividendi. Nella fattispecie, le imposte indirette sono risultate pari a 1 500 milioni di NOK (equivalenti a circa 188 milioni di EUR) (36).

II.   VALUTAZIONE

1.   Esistenza di un aiuto di Stato

L'articolo 61, paragrafo 1, dell'accordo SEE recita:

«Salvo deroghe contemplate dal presente accordo, sono incompatibili con il funzionamento del medesimo, nella misura in cui incidano sugli scambi fra Parti contraenti, gli aiuti concessi da Stati membri della Comunità, da Stati AELS (EFTA) o mediante risorse statali sotto qualsiasi forma, che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.»

Per essere considerata un aiuto di Stato ai sensi dell' articolo 61, paragrafo 1, dell' Accordo SEE, una misura deve soddisfare tutti i quattro criteri seguenti:

1.

il vantaggio deve essere concesso dallo Stato o mediante risorse statali;

2.

l’aiuto deve conferire un vantaggio ai beneficiari che riduce i costi normalmente sostenuti nel quadro dell’attività commerciale;

3.

il vantaggio deve essere specifico o selettivo nel senso che favorisce alcune imprese o la produzione di alcuni beni;

4.

l’aiuto deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza ed incidere sugli scambi tra Parti contraenti.

Mentre l’Autorità, con la decisione di aprire un procedimento d’indagine, ha concluso provvisoriamente che tutte le condizioni fossero soddisfatte, il governo norvegese ha sostenuto che nessuna di esse lo fosse (37). L’Autorità deve quindi prendere in esame l’esenzione dall’imposta sul trasferimento alla luce della giurisprudenza pertinente per valutare se si tratti o meno di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE.

1.1.   L’aiuto deve essere concesso dallo Stato o mediante risorse statali

Per quanto riguarda questa prima condizione, secondo la giurisprudenza consolidata (38) essa risulta soddisfatta se la misura implica, direttamente o indirettamente, qualche forma di onere finanziario a carico dei fondi pubblici.

Decidendo di avviare il procedimento d’indagine formale, l’Autorità ha concluso in via preliminare che la misura di cui al paragrafo 3 della legge contestata implicava che un’imposta dovuta non sia stata versata. Tale esenzione ha implicato una perdita diretta di gettito fiscale per lo Stato norvegese. L’Autorità ha pertanto tratto la conclusione preliminare che la prima condizione fosse soddisfatta.

Nelle osservazioni sulla decisione di aprire il procedimento, le autorità norvegesi hanno tuttavia sostenuto (37) che, poiché l’obbligo per la Entra di pagare l’imposta sul trasferimento non è mai scattato (perché «il trasferimento del titolo di proprietà nella fattispecie è stato effettuato come un cambio di ragione sociale e non come un trasferimento di titolo di proprietà»), non si è verificata perdita di gettito fiscale e quindi consumo di risorse statali.

L’Autorità non può essere d’accordo su tale argomentazione. Un vantaggio sotto forma di esenzione fiscale che rientra nell’articolo 61, paragrafo 1, viene di solito conferito tramite un’esenzione esplicita. Tuttavia, poiché l’articolo 61, paragrafo 1, riguarda in particolare gli effetti, e non le formalità sottese, del sistema giuridico nazionale, esso copre anche le situazioni in cui lo sgravio fiscale viene causato indirettamente facendo riferimento a particolari concetti giuridici (nella fattispecie, il cambio di ragione sociale) il cui effetto è l’esenzione dal pagamento dell'imposta. In entrambe le situazioni, in riferimento al caso in oggetto, l’effetto è che la registrazione al catasto ha potuto avvenire senza l’insorgere di imposte sul trasferimento solamente a causa di una particolare disposizione legale. La registrazione in esenzione di imposte non sarebbe potuta avvenire senza la disposizione speciale in oggetto.

Nella proposta presentata al parlamento (39), il governo norvegese ha affermato di dubitare fortemente che il trasferimento di proprietà dallo Statsbygg alla Entra avrebbe fatto insorgere l’imposta sul trasferimento. Tuttavia, come indicato al punto 1.2, il governo norvegese non ha dimostrato in modo convincente che la registrazione del trasferimento di proprietà dallo Stato alla Entra avrebbe potuto beneficiare di un’esenzione dall’imposta sul trasferimento senza la disposizione particolare di cui al paragrafo 3 della legge del 18 febbraio 2000. Nel diritto norvegese non esistono altre disposizioni esplicite che prevedono che tale transazione potesse essere esonerata dalla norma generale secondo la quale la registrazione del cambio di proprietà fa insorgere l'imposta sul trasferimento. L’Autorità non capisce poi come la riorganizzazione dello Statsbygg — senza quanto disposto dal paragrafo 3 della legge del 18 febbraio 2000 — avrebbe potuto essere esentata ai sensi del Registration Act, per come è stato interpretato allora.

L’autorità conclude pertanto che la prima condizione è soddisfatta.

1.2.   La misura deve essere specifica o selettiva nel senso che favorisce «talune imprese o talune produzioni»

1.2.1.   Selettività notevole

Decidendo di aprire un procedimento di indagine formale, l’Autorità ha concluso in via preliminare che l’adozione di una legge speciale che esenta una sola società (la Entra) dal pagamento dell’imposta sul trasferimento costituisce una misura selettiva.

Al contrario, facendo appello al principio di continuità, le autorità norvegesi hanno sostenuto che la prassi del cambio di ragione sociale per il passaggio del titolo di proprietà non costituisce in pratica una deroga al sistema fiscale e rappresenta in realtà una misura di carattere generale.

L’Autorità fa riferimento al capitolo 17B.3.1 della guida dell'Autorità sugli aiuti di Stato sulla tassazione diretta delle imprese, per quanto riguarda la specificità o la selettività delle misure fiscali, secondo il quale:

«Le misure fiscali a favore di tutti gli agenti economici che operano sul territorio di uno Stato EFTA sono, in linea di principio, misure di carattere generale. Esse devono essere effettivamente destinate a tutte le imprese su una base di parità di accesso e il loro ambito non deve essere di fatto ridotto, ad esempio, dal potere discrezionale dello Stato nella loro concessione o attraverso altri elementi che ne limitino gli effetti pratici».

La legge contestata riguarda invece solo la transazione particolare che ha avuto luogo tra la Statsbygg e la Entra. È vero che misure analoghe sono state adottate anche in occasione della costituzione di altre società statali a responsabilità limitata (cfr. parte I), ma il fatto che disposizioni simili siano state applicate anche in relazione ad una serie di altre privatizzazioni di enti statali non implica che la legge speciale in oggetto sia non selettiva.

In primo luogo, non va dimenticato che in altri casi di riorganizzazione di imprese statali non sono state adottate disposizioni simili a quella contestata. Per esempio, all’atto della sua costituzione, la società a responsabilità limitata BaneTele AS (40) non ha beneficiato dell'esenzione dal pagamento dell’imposta sul trasferimento. Lo stesso è successo all’epoca della creazione della Secora AS (41). Nel caso della riorganizzazione della Statkraft, il governo norvegese ha affermato che la società doveva pagare le imposte sul trasferimento conformemente alla normativa in vigore (42).

In secondo luogo, ogni normativa fiscale che applicasse alla riorganizzazione delle imprese statali condizioni più favorevoli delle condizioni valide per la ristrutturazione delle imprese private risulterebbe selettiva ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1. Tuttavia, secondo l’Act on Document Duty, tutti i trasferimenti di titolo di proprietà tra diversi soggetti fanno insorgere un’imposta sul trasferimento, indipendentemente dal fatto che il nuovo proprietario continui l'attività del precedente. Come illustrato sopra, fino al luglio 2005, sia la circolare del 1990 del ministero della Giustizia che tutta una serie di circolari successive dell'agenzia delle dogane e delle imposte indirette, prevedevano inequivocabilmente una sola esenzione a tale norma: solo nel caso di trasferimento di proprietà nel quadro di una fusione tra società a responsabilità limitata il principio di continuità implicava che la nuova registrazione con il nuovo proprietario potesse essere effettuata come cambio di ragione sociale e non con il cambiamento del titolo di proprietà, procedura, quest’ultima, che avrebbe fatto insorgere l’obbligo di pagamento di un'imposta sul trasferimento. Al contrario, l’imposta sul trasferimento era prevista per la registrazione nel catasto del trasferimento del titolo di proprietà nel caso di scorpori, di conversioni da una forma societaria ad un’altra, di trasferimenti di proprietà da un regime di comproprietà a società in nome collettivo o in accomandita e di trasferimenti di proprietà da un’amministrazione comunale ad una persona giuridica diversa, di proprietà integrale dell’amministrazione (43). Ciò è stato inoltre chiarito nella già citata sentenza della Corte d’appello, secondo la quale è obbligatorio pagare l’imposta sul trasferimento qualora una società a responsabilità illimitata («kommandittselskap») diventa una società a responsabilità limitata anche se i proprietari sono gli stessi e il solo cambiamento riguarda la forma in cui la società opera.

L’Autorità ritiene che l’istituzione dalla Entra non possa essere considerata una fusione. Al contrario, essa è molto più simile ad uno scorporo, ad una conversione da una forma societaria ad un'altra o alla separazione attuata da un'amministrazione comunale di una certa attività, che diventa persona giuridica distinta. Pertanto, all’epoca della costituzione della Entra, la maggior parte delle transazioni simili a quella di cui al paragrafo 3 della legge contestata non poteva beneficiare delle esenzioni dalle imposte sul trasferimento.

Il paragrafo 3 della legge contestata non può quindi essere ritenuto un’applicazione di una regola generale (ovverosia non specifica) relativa a esenzioni riguardanti determinati tipi di trasferimento del titolo di proprietà nel catasto. Di conseguenza, la misura è da ritenersi notevolmente selettiva.

1.2.2.   L’esenzione dal pagamento dell'imposta sul trasferimento è giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema fiscale?

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia (44), si può distinguere tra:

un trattamento differenziato che deriva dall’applicazione, in situazioni specifiche, degli stessi principi di quelli che sottendono le norme comuni (non si tratta di aiuto);

un trattamento differenziato che, favorendo determinate imprese, si allontana dalla logica interna delle norme comuni (si tratta di aiuto) (45).

Tale distinzione viene inoltre descritta al capitolo 17B.3.4(1) della guida dell’Autorità sugli aiuti di Stato sulla tassazione diretta delle imprese, per quanto riguarda la giustificazione di una deroga rispetto alla natura o alla struttura generale del sistema: «La natura differenziale di alcune misure non significa necessariamente che queste debbano essere considerate aiuti di Stato. Questo principio vale per le misure fiscali la cui motivazione economica le rende necessarie per il funzionamento e l'efficacia del sistema di imposizione fiscale. Spetta tuttavia allo Stato EFTA fornire tale giustificazione». L’onere della prova è stato confermato dalla Corte di giustizia (46).

Le autorità norvegesi hanno sostenuto che «anche se l’Autorità ritiene che tale prassi (secondo la quale il cambio di ragione sociale costituisce un procedimento per il trasferimento del titolo di proprietà che non prevede l’insorgere dell’obbligo di pagare l’imposta sul trasferimento) costituisca una deroga alla norma di riferimento, essa è giustificata dalla natura o dalla struttura generale del sistema fiscale». A sostegno di questa posizione, le autorità norvegesi hanno sostenuto che il principio di continuità e le considerazioni sull’applicazione di tale principio in maniera tale che abbia effetti, tra l’altro, sull’imposta sul trasferimento nel caso in oggetto implicano che l’esenzione da tale imposta rientra nella logica e nella natura della pertinente legislazione norvegese. A loro parere, la disposizione contestata riflette il principio di continuità ed è conforme alle norme generali che regolano le ristrutturazioni.

Rispetto a tale argomentazione, l’Autorità osserva che, nella fattispecie, la questione riguarda il campo di applicazione del principio di continuità rispetto all’obbligo di pagare le imposte sul trasferimento e non il campo di applicazione del principio di continuità in sé, tra l’altro al diritto societario.

Sulla base dell’analisi delle norme relative alle imposte sul trasferimento di cui al punto I.4, l’Autorità conclude che mentre il principio di continuità potrebbe avere avuto un ruolo fondamentale nel diritto norvegese all’epoca della costituzione della Entra, esso non ha avuto un ruolo rilevante e generale a livello delle norme e delle prassi relative alle imposte sul trasferimento nel caso di altri tipi di riorganizzazione societaria.

Come già affermato, fino al luglio 2005, il principio di continuità implicava che la registrazione del nuovo proprietario potesse essere effettuata con un cambio di ragione sociale e non con il cambiamento di titolo di proprietà, che avrebbe fatto insorgere l’obbligo di pagamento dell'imposta sul trasferimento, solamente nel caso di un trasferimento di proprietà nel quadro di una fusione tra società a responsabilità limitata.

Al contrario, l’imposta sul trasferimento insorgeva per effetto della registrazione nel catasto del trasferimento del titolo di proprietà nel caso di scorpori, conversioni da una forma societaria ad un’altra, trasferimenti di proprietà da un regime di comproprietà a società in nome collettivo o in accomandita e trasferimenti di proprietà da un’amministrazione comunale ad una persona giuridica diversa, di proprietà integrale di tale amministrazione (47).

Le autorità norvegesi hanno spiegato che i motivi delle deroghe rispetto alla norma generale relativa alle imposte sul trasferimento si basano nel principio di continuità, senza però spiegare i motivi della diversità di trattamento dei diversi tipi di trasferimento citati. Il governo norvegese ha invece semplicemente affermato che sarebbe effettivamente più logico trattare le fusioni e alcuni altri tipi di riorganizzazione in modo analogo. Tuttavia, a partire dal 1o luglio 2005, circa cinque anni dopo la costituzione della Entra, l’interpretazione dell’Act on Document Duty è stata cambiata per introdurre una maggiore omogeneità di trattamento. L’Autorità trova pertanto difficile individuare, nell’interpretazione dell’Act on Document Duty prevalente all’epoca della costituzione della Entra, disposizioni diverse da quanto espresso nelle circolari citate, ovverosia che solo le fusioni tra società a responsabilità limitata potevano beneficiare dell'esenzione dalle imposte sul trasferimento. L’applicazione del principio di continuità relativamente all’Act on Document Duty era limitata a tali circostanze e non, come affermato, ad altri casi.

Come affermato al punto 1.2.1, l’Autorità ritiene in ogni caso che la creazione della Entra sia stata molto più simile ai casi contemporanei in cui la registrazione nel catasto avrebbe fatto insorgere l’imposta sul trasferimento che non ai casi per cui era prevista l’esenzione. Pertanto, l’Autorità non ritiene che l’esenzione prevista dalla legge contestata possa essere giustificata dalla natura e dalla logica interna delle norme norvegesi relative alle imposte sul trasferimento all’epoca dell’applicazione dell’esenzione. Il fatto che altre riorganizzazioni simili di imprese statali abbiano beneficiato dell’esenzione dell’imposta in oggetto non cambia tale valutazione. Il rispetto del principio di continuità non può giustificare il fatto che la deroga alla norma generale sull'imposta in oggetto venga applicata a determinate riorganizzazioni se le riorganizzazioni private analoghe non beneficano di esenzioni simili.

1.2.3.   Il caso italiano

Le autorità norvegesi hanno fatto riferimento ad una decisione della Commissione europea, sostenendo che la situazione di fatto del caso in questione è simile a quella della Entra.

Per adottare la decisione del 5 giugno 2002 (48), la Commissione ha esaminato la legislazione italiana, che prevede uno speciale regime fiscale a favore delle società per azioni a prevalente capitale pubblico istituite con una legge specifica. La legge italiana prevedeva specificatamente l’esenzione da tutte le imposte di trasferimento relative alla conversione di società speciali e municipalizzate in società per azioni («esenzione dalle tasse sui conferimenti»). Nella legislazione italiana, le tasse sui conferimenti di norma si applicano alla costituzione di una nuova entità economica oppure al trasferimento di attivi tra varie entità economiche. Tuttavia, le autorità italiane hanno spiegato che la legge italiana è generalmente conforme al principio della neutralità delle imposte (che significa che non vengono applicate tasse) nel contesto della conversione della forma giuridica di una società (ovverosia «quando un'impresa cambia la forma giuridica, ma rimane la stessa da un punto di vista economico») (49).

La Commissione ha concluso che anche se in apparenza la liquidazione dell’azienda municipalizzata e la costituzione di una «nuova» società per azioni equivale alla creazione di una nuova entità economica, ciò dipende esclusivamente dagli aspetti tecnici della normativa. In realtà, la nuova società per azioni era lo stesso soggetto economico dell’azienda municipalizzata che operava con una diversa forma giuridica. La Commissione ha preso atto del fatto che il principio generale della neutralità delle imposte della legge italiana venisse applicato in modo analogo alle situazioni che rientravano nel regime fiscale speciale. Pertanto, la tassa sui conferimenti non è risultata obbligatoria (50).

Secondo l’interpretazione dell’Autorità, il ragionamento della Commissione consiste nel ritenere che qualora il diritto nazionale relativo alle imposte sul trasferimento che si applicano alle conversioni effettuate dalle società private si basa sul principio generale della neutralità delle imposte — mettendo quindi l’accento sulla continuità dello stesso soggetto economico piuttosto che sul mantenimento della forma giuridica — rientra nella logica di un tale regime fiscale estendere tale principio a situazioni in cui lo Stato o un’amministrazione comunale trasforma un soggetto economico che è stato gestito come parte integrante dello Stato o dell'amministrazione comunale in un soggetto giuridico distinto.

L’Autorità si trova integralmente d’accordo con tale approccio. Tuttavia, la logica interna di ogni sistema fiscale deve essere valutata individualmente. La decisione della Commissione è basata sul fatto che il sistema giuridico italiano prevedeva la possibilità di esenzione dal pagamento delle tasse sui trasferimenti nel contesto della conversione da una forma societaria ad un’altra. Al contrario, la legislazione norvegese, per come è stata interpretata ed applicata dalle autorità fiscali non prevedeva tale possibilità. Come già affermato, i casi simili a quelli della Entra relativi alle riorganizzazioni del settore privato (ovvero casi di scorpori o conversioni da una forma societaria ad un’altra) non hanno beneficiato dell’esenzione. A parere dell’Autorità, le situazioni di fatto dei due casi sono diverse. Il fatto che il principio di continuità possa essere stato applicato ad altri settori del diritto norvegese, in particolare al diritto societario e nella legislazione relativa alla tassazione diretta delle imprese, non può essere preso in considerazione nella valutazione delle analogie tra le situazioni italiana e norvegese.

1.2.4.   Conclusioni sulla selettività

Per concludere, la misura deve essere considerata selettiva ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE e non può essere interpretata diversamente facendo riferimento alla natura e alla logica interna del diritto norvegese per quanto riguarda l'imposta in questione.

1.3.   La misura deve conferire un vantaggio ai beneficiari che riduce i costi normalmente sostenuti nel quadro dell’attività commerciale

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia europea (51) e il capitolo 17B.3(2) della guida sugli aiuti di Stato dell'Autorità «la misura deve conferire ai beneficiari un vantaggio che alleggerisca gli oneri normalmente gravanti sul loro bilancio. Tale vantaggio può risultare da una riduzione dell'onere fiscale dell'impresa, sotto varie forme tra cui: (…) una riduzione totale o parziale dell'ammontare dell'imposta (esenzione, credito d'imposta, ecc.)».

Con l’adozione della disposizione di cui al paragrafo 3 della legge contestata, la Entra ha beneficiato di un'esenzione delle imposte sul trasferimento pari a circa 81 milioni di NOK (corrispondenti a circa 10 milioni di EUR). Come indicato ai punti 1.1 e 1.2, tali imposte avrebbero altrimenti gravato sul bilancio. Pertanto, l’Autorità, con la sua decisione di aprire un’indagine formale, ha provvisoriamente concluso che la Entra ha beneficiato di un vantaggio ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE.

Al contrario, le autorità norvegesi hanno sostenuto che tale condizione non è soddisfatta, per due ragioni: in primo luogo, l’esenzione non ha avvantaggiato la Entra dal punto di vista della concorrenza rispetto ad un investitore privato; in secondo luogo, la struttura del capitale, la solidità e il valore complessivo della società sarebbero rimasti uguali se l’imposta fosse stata pagata. L’Autorità discuterà tali argomenti singolarmente.

1.3.1.   Il confronto con le imprese private

Come indicato al punto I.3.1 della proposta al parlamento, il governo norvegese ha affermato che, nella costituzione di una nuova società, un proprietario privato potrebbe scegliere di non trasferire il titolo di proprietà e, per esempio, mantenerlo nel quadro di una holding. Lo Stato, secondo le autorità norvegesi, deve trasferire le proprietà ad una nuova persona giuridica. Pertanto, secondo le autorità norvegesi, il fatto che la Entra abbia beneficiato di un'esenzione dal pagamento della imposta sul trasferimento non ha causato una distorsione della concorrenza.

Secondo il tribunale di primo grado delle Comunità europee, un vantaggio di cui all’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE (corrispondente all’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE) non sussiste necessariamente in tutti i casi in cui viene adottata una misura per liberare una società per azioni da uno svantaggio strutturale rispetto ai suoi concorrenti privati (52). L’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE ha come unico obiettivo vietare i vantaggi che favoriscono talune imprese, in quanto la nozione di aiuto riguarda solo gli interventi che alleggeriscono gli oneri gravanti normalmente sul bilancio di un’impresa e che devono ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato. L’Autorità non concorda tuttavia con le autorità norvegesi sul fatto che le argomentazioni proposte dalla Norvegia possano portare alla conclusione che il confronto con gli operatori privati dimostra che la Entra non ha beneficiato di un vantaggio quando è stata esentata dal pagamento delle imposte sul trasferimento.

I metodi di cui dispone un proprietario privato per evitare di pagare le imposte in oggetto sono ugualmente accessibili alle società costituite nel quadro della privatizzazione di imprese statali. Lo svantaggio strutturale che le autorità norvegesi sostengono di avere subito non è di natura giuridica. Il diritto norvegese non avrebbe precluso la costituzione della Entra e il trasferimento a questa delle proprietà senza registrazione nel catasto. Inoltre, la Entra e le autorità norvegesi avrebbero potuto adottare le stesse precauzioni di un operatore privato. Le autorità norvegesi non hanno seguito tale procedura nel caso della Statsbygg e della Entra semplicemente perché ritenevano che gli inconvenienti politici, gestionali e pratici associati a tale procedure fossero talmente negativi da preferire di trasferire alla Entra il titolo di proprietà.

Secondo l’Autorità, tali considerazioni non permettono di concludere che alla Entra non è stato conferito un vantaggio esentandola dal pagamento dell’imposta in oggetto. Ciò consegue immediatamente dal fatto che tutte le procedure che possono essere seguite per evitare di pagare le imposte in questione si basano sulla non registrazione del trasferimento di proprietà (conservazione del titolo di proprietà). Se tale titolo («grunnbokshjemmel») non è trasferito, l’imposta in questione non è dovuta. Tuttavia, la protezione garantita dalla registrazione non è accessibile agli operatori privati che scelgono di non trasferire il titolo di proprietà, mentre la Entra ne ha beneficiato. Tale procedura non corrisponde quindi alla procedura seguita nel caso in oggetto, in cui la Entra è diventata la nuova titolare della proprietà.

Inoltre, anche se fosse stato così, l’Autorità non ritiene che il presunto problema strutturale dello Stato norvegese sia stato di natura fondamentalmente diversa rispetto a quello affrontato dagli operatori privati. Può effettivamente essere vero che, in pratica, il non trasferimento del titolo di proprietà possa, per certi versi, presentare maggiori inconvenienti ad un operatore pubblico che ad un operatore privato. Tuttavia, l’Autorità ritiene che le questioni relative ai rapporti inter partes tra il proprietario precedente e il proprietario attuale dei beni dovrebbero essere tenute distinte dalle questioni relative alla registrazione nel catasto. Tale tipo di registrazione non ha, in genere, alcuna incidenza sulle relazioni inter partes tra le due persone giuridiche, ma solamente rispetto ad una terza parte. Pertanto, la registrazione può essere importante per l’acquirente per evitare che una terza parte che, in buona fede, acquista in un momento successivo, la proprietà dal proprietario precedente, possa vantare maggiori diritti alla proprietà del bene. Essa riveste inoltre un ruolo importante a livello di protezione contro i creditori del proprietario precedente, oltre che per quanto riguarda la capacità dell’acquirente di ottenere un credito ipotecario e altri tipi di prestito. In questi casi, gli svantaggi che derivano dalla mancata registrazione nel catasto sono fondamentalmente gli stessi per le imprese private e le imprese pubbliche. In realtà, da alcuni punti di vista, i metodi descritti possono essere meno favorevoli per le imprese private rispetto a quelle pubbliche, poiché la registrazione della dichiarazione di restrizione del diritto di proprietà non esclude il rischio di realizzazione forzata e di estinzione dei diritti del legittimo successore ai beni del debitore.

Infine, l’Autorità sottolinea che le autorità norvegesi non hanno dimostrato che un privato sceglierebbe con certezza di non trasferire il titolo di proprietà. Esse hanno semplicemente sostenuto che è più probabile che, in circostanze simili, un operatore privato avrebbe deciso di non trasferire il titolo di proprietà nel catasto.

1.3.2.   L’argomentazione relativa allo stato patrimoniale di apertura

Come già menzionato, le autorità norvegesi hanno sostenuto (53) che l’esenzione dal pagamento dell’imposta in oggetto non dovrebbe essere considerata indipendentemente dallo stato patrimoniale di apertura della società. Secondo tali autorità, la misura in questione non ha modificato la struttura del capitale, la solidità e il valore complessivo della società. Da un punto di vista teorico, se le imposte in questione fossero state prese in considerazione nello stato patrimoniale di apertura, quest’ultimo sarebbe stato diverso in quanto il valore delle proprietà sarebbe risultato ridotto di un importo pari all'entità dell'imposta.

Come dimostrato al punto 1.2, conformemente a quanto normalmente previsto dal sistema fiscale norvegese, la Entra era tenuta a versare l’imposta. Pertanto, indipendentemente dal modo in cui è stato calcolato lo stato patrimoniale di apertura, è il valore della transazione tra il venditore e l’acquirente che costituisce la base imponibile su cui calcolare l’imposta in questione. Indipendentemente dalle considerazioni dell’acquirente (Entra) e del venditore (lo Stato) in merito al prezzo pattuito, è solo tale prezzo che le autorità fiscali prendono in considerazione per il calcolo dell’imposta da pagare.

In linea di principio, l’Autorità non concorda con le autorità norvegesi sul fatto che l’esistenza dello sgravio fiscale non costituisca un vantaggio, ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE, se l’esenzione dall’imposta in questione ha inciso sulla determinazione dello stato patrimoniale di apertura della Entra in un modo che, secondo tali autorità, ha neutralizzato il vantaggio costituito dall'esenzione fiscale. Secondo il diritto norvegese, se la disposizione di cui al paragrafo 3 della legge contestata non fosse stata adottata, la Entra si sarebbe trovata obbligata a versare all’amministrazione fiscale l’imposta in questione, proporzionalmente all'importo della transazione, per la registrazione avvenuta, indipendentemente dal fatto che il prezzo della transazione avrebbe potuto essere diverso. L’imposta non è mai stata pagata ed è il mancato pagamento dell’imposta che costituisce l’oggetto della presente indagine. La forma dello stato patrimoniale di apertura, che può essere stato influenzato da altri fattori, in particolare dal fatto che il venditore avrebbe o meno accettato un valore più basso per gli edifici se la Entra avesse pagato l’imposta in questione, rappresenta un aspetto di cui non si può tenere conto per stabilire se la società abbia beneficiato o meno di un vantaggio.

L’argomentazione delle autorità norvegesi secondo la quale l’esenzione fiscale dovrebbe essere valutata congiuntamente alla considerazione che il prezzo dei beni immobili sarebbe stato diverso in caso contrario, si basa sul ragionamento che l'aiuto rappresentato dall'esenzione fiscale ha fatto sì che la Entra registrasse una perdita netta, sotto forma di un prezzo maggiore dei beni immobili trasferiti. Tuttavia, tenere conto delle possibili conseguenze economiche più o meno dirette di una misura di aiuto su uno specifico beneficiario sarebbe, secondo l’Autorità, contrario all’approccio generalmente seguito in materia di aiuti di Stato. In modo analogo, non è normalmente ammissibile che per determinare se e in quale misura la misura di aiuto sia un vantaggio ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE, si tenga conto delle conseguenze economiche di tale misura a livello di rapporti contrattuali tra il beneficiario dell’aiuto ed altri soggetti giuridici. A tale proposito, l’Autorità sottolinea che lo Stato norvegese in quanto esattore fiscale e venditore di beni immobili deve essere considerato come due entità diverse ai fini del regime dell’aiuto di Stato.

L’Autorità non può quindi essere d’accordo con il governo norvegese quando questo sostiene che la Entra non ha beneficiato di un vantaggio ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE, essendo tale società stata esentata dal pagamento dell’imposta in questione ed avendo però ricevuto la protezione garantita dalla registrazione nel catasto.

Nella lettera del 4 giugno 2003 del ministero del Commercio e dell’Industria, si sostiene che: «In linea teorica, se nello stato patrimoniale di apertura si fosse tenuto conto delle imposte sul trasferimento e di registro, lo stato patrimoniale di apertura alternativo sarebbe stato come quello di cui all’allegato 2». All’allegato 2 viene presentato uno stato patrimoniale di apertura alternativo in cui l’attivo e il passivo sono identici, ma in cui, tra l’altro, il valore delle proprietà risulta ridotto di un importo pari all'ammontare dell'imposta (in questione). Il ministero conclude che la Entra non ha ricevuto alcun vantaggio economico imputabile all’esenzione dall’imposta in questione.

Lo stato patrimoniale di apertura ipotetico descritto dalle autorità norvegesi si basa sull’ipotesi che l’acquirente (la Entra) non avrebbe ridotto il tasso di rendimento richiesto (pari al 9,5 %) e la percentuale di fondi propri (pari al 40 %) se l'imposta avesse dovuto essere versata. Ciò implica che l’ipotetico stato patrimoniale di apertura si basa sull’assunto che il venditore paga sempre il 100 % dell’imposta in questione e che il valore degli immobili in uno stato patrimoniale di apertura alternativo risulterebbe ridotto di un importo corrispondente esattamente all’imposta in questione.

L’Autorità non ha motivo di mettere in dubbio la legittimità del metodo del valore netto attuale (Net Present Value method, NPV), utilizzato per redigere lo stato patrimoniale di apertura della Entra, tuttavia, come dimostrano i tentativi dello stesso governo norvegese di fissare il valore corretto dei beni immobili (cfr. punto I 2.2 e le notevoli differenze tra i diversi valori), avrebbero potuto essere usati altri metodi. Inoltre, avrebbero potuto essere usate anche altre ipotesi, che assieme agli altri metodi di cui sopra, avrebbero potuto creare una situazione in cui l'onere fiscale non sarebbe ricaduto interamente sul venditore. In normali condizioni di mercato, alla presenza di numerosi offerenti, è più probabile che l'onere fiscale ulteriore rappresentato dall’imposta in questione applicata al prezzo concordato della transazione sarebbe stato suddiviso tra venditore e acquirente.

Secondo l’autorità, non è possibile stabilire una regola generale secondo la quale il prezzo di mercato di un fabbricato aumenta sistematicamente dell’importo esatto che l’acquirente dovrebbe di norma pagare in imposte indirette per la registrazione del fabbricato nei casi in cui tali tasse sono già state pagate ovvero non siano dovute a causa di una esenzione a norma di legge. In effetti, nella lettera del 30 giugno 2005 del ministero del Commercio e dell’Industria, il ministero riconosce che non si può trarre una conclusione così radicale e che l’argomentazione del governo sugli effetti netti del mancato pagamento dell’imposta in oggetto si basa semplicemente sull’utilizzo del metodo specifico di valutazione che il governo ha utilizzato nel caso della Entra.

Nel caso in oggetto, la Norvegia ha scelto di non prelevare l’imposta in oggetto ed ha specificato che l’ultima valutazione dei beni immobili dipendeva da tale ipotesi. La Norvegia, pertanto, sostiene sostanzialmente che nella situazione ipotetica in cui avesse deciso che la Entra dovesse essere assoggettata alla normale imposta indiretta, essa avrebbe comunque scelto di applicare il metodo del valore netto attuale e avrebbe utilizzato le stesse ipotesi per calcolare il prezzo di vendita. Accettare una tale argomentazione significherebbe ammettere che il campo d’azione dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE dipende dalla capacità dello Stato di convincere l’Autorità e la corte EFTA che esso avrebbe adottato misure immaginarie in situazioni ipotetiche.

Infine, l’Autorità precisa che nei pochissimi casi in cui la Corte di giustizia — in situazioni diverse — ha accolto un’argomentazione del genere, il meccanismo compensativo era stato sempre deciso prima (e non a fatto compiuto) in un modo chiaramente definito, obiettivo e trasparente (54). Tuttavia, in nessun punto dei lavori preparatori della legge in questione si specifica che la condizione per concedere il vantaggio dell’esenzione dal pagamento dell’imposta in questione era che tale vantaggio derivasse da una valutazione del valore dei beni immobili in questione maggiore rispetto a quanto avrebbe pagato un privato sul libero mercato. Al contrario, l’argomentazione delle autorità norvegesi secondo la quale la Entra non ha beneficiato di un vantaggio rispetto ad una situazione in cui essa avesse pagato l’imposta in questione sembra contraria all’obiettivo esplicito dell’esenzione. Come affermato al punto I.3.1 della proposta allo Storting, il governo ha spiegato che l’obiettivo dell’esenzione era che la Entra non dovesse sostenere l’onere economico dell’imposta in oggetto poiché i concorrenti privati potevano in larga misura sottrarvisi con altri mezzi a loro disposizione. In altri termini, la proposta al parlamento presuppone che il pagamento dell’imposta in oggetto avrebbe effettivamente messo la Entra in una posizione economicamente meno vantaggiosa. Secondo le intenzioni del parlamento, la Entra non avrebbe dovuto ritrovarsi in questa posizione svantaggiosa.

1.3.3.   Conclusione sul vantaggio

Per concludere, l’Autorità sostiene che il paragrafo 3 della legge contestata ha conferito alla Entra un vantaggio ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE.

1.4.   La misura deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza ed incidere sugli scambi tra le parti contraenti.

Nella decisione di apertura, l’Autorità è giunta alla conclusione preliminare che la misura in questione ha minacciato di falsare la concorrenza ed ha inciso sugli scambi all’interno dello SEE ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE. Al contrario, le autorità norvegesi hanno sostenuto che tale misura «non inciderà sugli scambi tra le parti contraenti» e che l’Autorità deve procedere ad una valutazione del mercato in questione. Inoltre, esse sostengono che «nel mercato norvegese non sono stati presenti operatori non norvegesi» (55).

La Corte di giustizia europea ha affermato (56) che la concorrenza viene falsata nel momento in cui un aiuto di Stato finanziario rafforza la posizione di un’impresa rispetto alle imprese concorrenti. La concessione di aiuti di Stato riduce i costi e pertanto offre ai beneficiari un vantaggio dal punto di vista della concorrenza rispetto a quanti devono sostenere tutti i costi a proprie spese. L'Autorità ritiene pertanto che l’aiuto fornito alla Entra sotto forma di esenzione dal pagamento dell’imposta in oggetto abbia falsato la concorrenza ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, dell’accordo SEE. In effetti, le autorità norvegesi non hanno sostenuto che la concorrenza non sia risultata falsata, ma solamente che non vi è stata incidenza sugli scambi.

Per quanto riguarda la questione degli effetti sugli scambi, bisogna valutare se l’aiuto in oggetto sia in grado di rafforzare la posizione di un’impresa rispetto alle imprese concorrenti in ambito SEE (57). Come ha sostenuto la Corte di giustizia EFTA, l’Autorità non è tenuta a dimostrare che l’aiuto abbia avuto effetti sensibili sugli scambi tra le parti, ma solamente ad esaminare se esso avrebbe potuto averne (58). Pertanto, il criterio degli effetti sugli scambi è stato tradizionalmente interpretato in modo non restrittivo, nel senso che, in genere, una misura è considerata un aiuto di Stato se essa può incidere sugli scambi tra Stati EFTA (59).

Ai sensi del Capitolo 17B.3, par. 4 degli Orientamenti dell'Autorità sugli aiuti di Stato, «secondo la giurisprudenza consolidata, ai fini della presente disposizione, si considera soddisfatto il criterio del pregiudizio arrecato al commercio quando il beneficiario svolge un' attività economica che comporta degli scambi fra le parti contraenti». In ogni caso, l’aiuto può incidere sugli scambi all’interno dello SEE anche se il beneficiario non partecipa ad operazioni transfrontaliere (60). Ciò dipende dal fatto che la concessione dell’aiuto di Stato ad un’impresa può produrre il mantenimento o l’aumento del livello dell’offerta interna, con conseguente riduzione delle opportunità, per le imprese stabilite in altri Stati SEE, di offrire i propri servizi nel mercato del paese in questione (61).

Secondo i propri conti annuali del 2001, la Entra si occupa di «sviluppo, affitto, gestione, esercizio e compravendita di beni immobili in Norvegia».

La Entra fa parte di un’associazione (la Association of Commercial Real Estate, «Foreningen Næringseiendom») (62), i cui membri svolgono integralmente o parzialmente le stesse attività. I membri dell’associazione sono 74 (ottobre 2005), e tra questi figurano le seguenti imprese: ABB AS-Eiendom, Aberdeen Property Investors, Avantor AS, ICA Eiendom Norge AS, KLP Eiendom AS, Linstow ASA, Mustad Eiendom AS, NCC Property Development AS, Reitan Eiendom AS, Skanska Eiendomsutvikling AS, Smedvig Eiendom AS, Steen & Strøm ASA, Storebrand Eiendom AS, Umoe Sterkorder AS, Veidekke Eiendom AS, Vesta Forsikring AS-Eiendom e Vital Eiendomsforvaltning AS (63).

La più grande impresa (o gruppo di imprese) norvegese è la Olav Thon Gruppen, che era attiva nel 2000, all’epoca della costituzione della Entra. Attualmente, essa possiede 320 proprietà in Norvegia e 18 all’estero (soprattutto a Bruxelles). Il primo immobile di Bruxelles è stato acquistato nel 1988 (Thon Belgium SA). Il gruppo ha 3 400 addetti e oltre all’affitto di uffici, si occupa di hotel, ristoranti e centri commerciali (64).

Una delle società elencate, la Linstow AS, possiede e gestisce beni immobili in Norvegia e negli Stati baltici, in Portogallo e in Svezia. La società appartiene ora integralmente alla Anders Wilhelmsen Group, che la ha acquisita e tolta dalla borsa valori di Oslo nel 1999. La Anders Wilhelmsen Group è uno proprietari della compagnia di navigazione Royal Caribbean Cruise Line (RCCL) e gestisce, tra le altre attività, il portafoglio norvegese (Nordea Portfolio) di beni immobili di proprietà della Curzon Global Partners. Nel novembre 2005, tale portafoglio era costituito da 31 beni sparsi su tutto il territorio del paese. La Curzon Global Partners è una società di gestione degli investimenti di Londra, di proprietà della IXIS AEW Europe (IAE). Quest’ultima è un gestore di investimenti immobiliari europeo di proprietà della Groupe Caisse d'Epargne e della Caisse des Dépôts in Francia ed è responsabile della gestione di circa 11 miliardi di EUR di attività (65).

Un’altra società, la ICA Eiendom Norge AS è una società figlia della svedese ICA Fastigheter AB, che è una controllata integralmente di proprietà della ICA AB. La ICA Fastigheter AB costruisce, gestisce e vende beni immobili in Scandinavia e nei paesi baltici. Il portafoglio ha un valore contabile di 5,7 miliardi di SEK e consiste principalmente di negozi e magazzini. Oltre ai negozi e alle società di proprietà, l’impresa offre beni immobili a clienti esterni. La ICA Group (ICA AB) è una delle principali società di vendita al dettaglio dell’Europa settentrionale, con oltre 2 600 negozi propri e associati in Scandinavia e nei paesi baltici (66).

Nello stesso periodo in cui è stata costituita al Entra (2000), è stata creata anche la Aberdeen Property Investors Norway AS, una società controllata della Aberdeen Property Investors, che fa parte della Aberdeen Asset Management PLC, un gruppo indipendente di gestione di fondi quotato alla borsa valori di Londra. Attualmente, la Aberdeen Property Investors gestisce 7,8 miliardi di investimenti immobiliari in Europa settentrionale, tra cui 9 miliardi di NOK (pari a 1,1 miliardi di EUR) in Norvegia. Nel 2001, la Aberdeen Property Investors Norway AS ha acquisito la Norke LIv Eiendom, un’altra società immobiliare attiva sul mercato norvegese e oggi gestisce i portafogli immobiliari di, tra le altre, NSB, Nordea Liv e API Eiendomsfond. La Aberdeen Property Investors ha 200 addetti in Norvegia (67).

È chiaro quindi che tra le società elencate che operano sullo stesso mercato della Entra (che si occupano quindi di sviluppo, affitto, gestione, esercizio e compravendita di beni immobili in Norvegia) e che erano attive nel 2000, all’epoca della costituzione della Entra, molte erano di proprietà non norvegese, numerose erano attive sia in Norvegia che all’estero e che parecchie gestivano portafogli immobiliari di proprietà di clienti esteri.

Pertanto, sulla base della descrizione di cui al punto I, le attività trasferite alla Entra erano esposte a concorrenza. La Entra risulta quindi in concorrenza con altre società attive nel settore immobiliare in quanto proprietario, acquirente, venditore, operatore e amministratore di proprietà immobiliari. La Entra opera in tutta la Norvegia in un mercato in cui sono presenti operatori economici di altri Stati SEE e quindi anche la condizione 4 risulta soddisfatta, in quanto la misura incide o minaccia di incidere sulla concorrenza e sugli scambi tra parti contraenti.

2.   Compatibilità dell’aiuto

Sulla base di quanto precede, le esenzioni fiscali in oggetto costituiscono un aiuto ai sensi dell' articolo 61, paragrafo 1, dell' Accordo SEE.

Le autorità norvegesi hanno sostenuto che la misura in questione non contiene elementi di aiuto e non hanno avanzato argomenti relativi alla compatibilità. Tuttavia, dopo aver accertato la probabile presenza di aiuti di Stato, si deve esaminare se gli aiuti in questione siano compatibili con l'accordo SEE in virtù dell'articolo 61, paragrafi 2 e 3, dell'accordo.

Le eccezioni di cui all’articolo 61, paragrafo 2, dell’accordo non sono pertinenti. La costituzione della Entra non implica che vi siano stati aiuti a carattere sociale concessi a singoli consumatori o aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.

Ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 3, lettera a), gli aiuti possono essere considerati compatibili con l’accordo SEE se essi sono destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione. Dato che la misura in questione non è limitata alle suddette regioni, questa disposizione non è pertinente. Anche la deroga prevista all' articolo 61, paragrafo 3, lettera b) non risulta applicabile. Infine, per quanto riguarda la deroga di cui all'articolo 61, paragrafo 3, lettera c), l’Autorità non ritiene che la misura in oggetto possa essere considerata un aiuto destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche ai sensi dello stesso articolo. Di conseguenza, l'aiuto in questione non sembra poter beneficiare di nessuna delle deroghe previste all' articolo 61, paragrafo 3, dell' accordo SEE.

3.   Requisiti procedurali e natura dell’aiuto

3.1.   L’obbligo di notifica

L’articolo 1, paragrafo 3, del protocollo 3 dell'accordo sull’autorità di vigilanza e la corte afferma che l’Autorità di vigilanza EFTA dovrà essere informata, con un anticipo tale da poter presentare le proprie osservazioni, in merito a ogni progetto di concessione o modifica di aiuti. Gli aiuti concessi senza notifica o notificati in ritardo, ovverosia dopo essere stati attuati, sono considerati illegittimi.

L’esenzione dall’imposta in oggetto concessa nel quadro della costituzione della Entra è stata adottata senza informare l'Autorità.

3.2.   Recupero

L’Autorità segnala alle autorità norvegesi l’articolo 1 della parte II del protocollo 3 dell'accordo sull'Autorità di vigilanza e la Corte. L’esenzione dal pagamento dell’imposta in oggetto è stato concesso dopo l’entrata in vigore dell’accordo SEE. Tutti gli aiuti relativi al caso in oggetto vanno quindi considerati nuovi aiuti. Come accennato, la concessione dell’aiuto non è stata notificata e pertanto l’aiuto va considerato illegittimo ai sensi dell’articolo 1, lettera f), della parte II del protocollo 3 dell’accordo sull’Autorità di vigilanza e sulla Corte.

In conformità dell’articolo 14 della parte II del protocollo 3 di tale accordo, nel caso di aiuti illegittimi e incompatibili, l’Autorità ordina di norma allo Stato EFTA in oggetto di chiedere al beneficiario la restituzione dell’aiuto.

L’Autorità ritiene che nel caso presente nessun principio generale osti al rimborso. Secondo la giurisprudenza consolidata, l’annullamento degli aiuti illegittimi e la loro restituzione è la conseguenza logica dell'illegittimità degli aiuti. Pertanto, il recupero degli aiuti di Stato concessi illegittimamente, al fine di ripristinare la situazione esistente in precedenza, non può essere considerato sproporzionato rispetto agli obiettivi dell’accordo SEE in materia di aiuti di Stato. Restituendo l’aiuto, il beneficiario perde il vantaggio di cui ha beneficiato rispetto ai suoi concorrenti del mercato, e viene ripristinata la situazione precedente alla concessione dell’aiuto (68). Da tale funzione del rimborso dell’aiuto consegue inoltre che, di norma, fatta eccezione per le circostanze eccezionali, l’Autorità non supererà i limiti del suo potere di valutazione, riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte, se chiede allo Stato EFTA in oggetto di recuperare gli importi concessi sotto forma di aiuti illegittimi, in quanto così facendo ripristina la situazione precedente (69). Inoltre, considerata la natura obbligatoria del controllo degli aiuti di Stato da parte dell’Autorità, ai sensi del protocollo 3 dell’accordo sull’Autorità di vigilanza e sulla Corte, le imprese a cui è stato concesso un aiuto non possono, in linea di principio, pretendere legittimamente che l'aiuto sia legittimo a meno che questo sia stato concesso rispettando la procedura prevista dalle disposizioni del protocollo citato (70).

4.   Conclusione

Alla luce di tali considerazioni, l’Autorità ritiene che l’esenzione dal pagamento dell'imposte sul trasferimento e di registro adottata relativamente alla costituzione della Entra sia un aiuto di Stato non compatibile con il funzionamento dell'accordo SEE. Pertanto, l’Autorità chiude la procedura di cui all’articolo 1, paragrafo 2, parte I, protocollo 3 dell’accordo sull’Autorità di vigilanza e sulla Corte con una decisione negativa e ordina alle autorità norvegesi di recuperare dalla Entra l'aiuto di Stato e gli interessi maturati.

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

1.

L’esenzione dalle imposte sul trasferimento (dokumentavgift) e dalle imposte di registro (tinglysingsgebyr) prevista alla costituzione della Entra Eiendom AS (cfr. paragrafo 3 della legge del 18 febbraio 2000, n. 11) costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 61, paragrafo 1, dell'accordo SEE. L’aiuto è stato concesso contravvenendo ai requisiti procedurali di cui all’articolo 1, paragrafo 3, parte 1, del protocollo 3 dell’accordo sull’Autorità di sorveglianza e sulla Corte e non rientra nelle esenzioni di cui all'articolo 61, paragrafo 2 e all’articolo 61, paragrafo 3, dell’accordo SEE.

2.

Il governo norvegese dovrà recuperare dalla Entra l’imposta sul trasferimento non prelevata e le imposte di registro non prelevate maggiorate degli interessi maturati calcolati in base al tasso di interesse di riferimento e a partire dalla data in cui tali imposte e spese sono risultate pagabili e fino alla data del rimborso.

3.

Il governo norvegese verrà informato con lettera contenente copia della presente decisione.

4.

Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, il governo norvegese informa l’Autorità circa i provvedimenti presi per conformarvisi.

5.

A norma del protocollo 27, lettera d), dell'Accordo SEE, la Commissione CE sarà informata mediante invio di copia della presente decisione.

6.

Gli altri Stati EFTA, gli Stati membri della CE e le parti interessate saranno informati mediante pubblicazione della presente decisione nella lingua facente fede nella sezione SEE della Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e relativo supplemento SEE.

7.

Il testo in lingua inglese della presente decisione è il solo facente fede.

Fatto a Bruxelles, il 14 dicembre 2005.

Per l’Autorità di vigilanza EFTA

Einar M. BULL

Presidente

Kurt JÄGER

Membro del Collegio


(1)  Indicato in appresso come accordo SEE.

(2)  Indicato in appresso come accordo sull’Autorità di vigilanza e sulla Corte.

(3)  Norme procedurali e sostanziali in materia di aiuti di Stato (guida sugli aiuti di Stato), adottate ed emanate dall'Autorità di vigilanza EFTA il 19 gennaio 1994 e pubblicate sulla GU L 231 del 3.9.1994. La guida sugli aiuti di Stato è disponibile sul sito dell’Autorità: www.eftasurv.int

(4)  Dec. n. 132/04/COL. La decisione di avviare un procedimento di indagine formale è stata pubblicata nella GU C 319 del 23.12.2004, pag. 17 e nel supplemento SEE n. 64 della stessa data, pag. 46. La decisione è disponibile anche sulla homepage dell’Autorità, al seguente indirizzo: http://www.eftasurv.int/fieldsofwork/fieldstateaid/stateaidregistry/sadecinor04/132_04_entra.DOC

(5)  «St prp nr 84 (1998-99) Om ny strategi for Statsbygg og etablering av Statens utleiebygg AS». Il nome originale della società era «Statens utleiebygg AS». Nel presente documento, con il nome «Entra» si fa riferimento alla Entra Eiendom AS e alla Statens utleiebygg AS.

(6)  «Ot prp nr 83 (1998-99) Om lov om omdanning av deler av Statsbyggs eiendomsvirksomhet til aksjeselskap». Legge n. 11 del 18 febbraio 2000.

(7)  Fonte: http://www.statsbygg.no/english/

(8)  Traduzione non ufficiale a cura dell’Autorità.

(9)  «St.prp. nr. 1 Tillegg nr. 10 (1999-2000) Om etablering av Statens utleiebygg AS».

(10)  «Porteføljevurdering konkurransebyggene Statsbygg». Lettera alla Statsbygg del 10 agosto 1999 contenente la valutazione.

(11)  «St.prp. nr. 1 Tillegg nr. 10 (1999-2000) Om etablering av Statens utleiebygg AS».

(12)  «Statens utleiebygg AS — Fastsettelse av åpningsbalanse og endelige bevilgninger til egenkapital og lån». Kongelig resolusjon av 22.6.2000.

(13)  Il Gruppo è costituito, oltre che dalla Entra eiendom AS, dalle seguenti società: Entra Service AS, Universitetsgaten 2 AS, Biskop Gunnerus gate 14 AS, Instituttveien 24 AS, Entra Kultur 1 AS, Langkaia 1 AS, Kr Augustgate 23 AS, Nonnen utbygging AS e Krambugt 3 AS. Fonte: Relazione annuale 2004. Cfr. http://www.entraeiendom.no/files/Entra_Eiendom_Arsrapport_2004.pdf

(14)  Tasso medio di scambio 2004: 1 EUR = 8,3715 NOK.

(15)  Fonte: Entra, relazione annuale 2004.

(16)  Tasso di cambio al 30 giugno 2000: 1 EUR = 8,1815 NOK.

(17)  GU L 77 del 24.3.2003, pag. 21.

(18)  Fonte: Statens Kartverk — Tinglysingen, cfr.: http://www.statkart.no/IPS/tinglysing/?module=Articles;action=ArticleFolder.publicOpenFolder;ID=2207

(19)  Cfr. anche Dokumentavgift 2000 — S12-DOK-2001 e Rundskriv nr. 12/2005 S, a cui si fa riferimento di seguito. Cfr. anche http://www.toll.no/upload/dokumentavgift1_1.pdf

(20)  In lingua norvegese, il brano recita: «Det gis ikke fritak for dokumentavgift med mindre det er direkte hjemmel i loven eller stortingsvedtak».

(21)  Si fa inoltre riferimento alla legge n. 44 e alla legge n. 45 del 13 giugno 1997 relative, rispettivamente, alle società a responsabilità limitata e alle società pubbliche a responsabilità limitata.

(22)  Si fa riferimento alla circolare G-37/90, pag. 1, al punto 1.3 della Dokumentavgift 2000 e al punto 1.3 del Rundskriv nr. 12/2005 S.

(23)  L’Autorità prende nota dell’osservazione del governo norvegese di cui al punto 4.3 della sua lettera del 4 giugno 2003, secondo la quale è ancora oggetto di discussione «se la registrazione di un documento debba ancora essere richiesta come espressione di trasferimento di titolo di proprietà. La questione è all’esame del ministero della Giustizia». Rimane tuttavia il fatto che le circolari governative hanno sempre mantenuto tale posizione fino al giugno 2005 e che la prassi relativa alla registrazione è cambiata solamente dopo tale data.

(24)  Ciò è vero anche se la società che è stata scorporata (B) assume il nome della società originale (A) poiché il proprietario dei beni immobili rimane lo stesso, ovvero la società originale (A). In questo caso si tratta di un semplice cambio di nome. Cfr. anche il parere del ministero della Giustizia norvegese pubblicata nella U 87-4.

(25)  Cfr. punto 7, lettera h), della lettera.

(26)  Cfr. ad esempio il punto 3.9 del Rundskriv n. 12/2005 S.

(27)  «Rundskriv G-6/05: Den tinglysingsmessige fremgangsmåten når fast eiendom blir overført i forbindelse med fusjon, fisjon og omdanning». La circolare è disponibile sul sito del ministero della Giustizia, al seguente indirizzo: http://odin.dep.no/jd/norsk/dok/regelverk/rundskriv/012081-250018/dok-bn.html

(28)  Per alcune riorganizzazioni, nei lavori preparatori non vengono fornite le motivazioni dell’esenzione. Per altre, la disposizione viene presentata come una deviazione dalla norma relativa alle imposte indirette. Si afferma inoltre che la disposizione in oggetto corrisponde a disposizioni analoghe ad altre trasformazioni di imprese statali in società per azioni. Infine, si afferma spesso che la disposizione in oggetto corrisponde all’approccio relativo al trasferimento di beni immobili nel caso di fusioni di società per azioni e banche.

(29)  Cfr. http://www.odin.dep.no/repub/00-01/stprp/80

(30)  Cfr. http://www.odin.dep.no/repub/00-01/stprp/93

(31)  Cfr. http://www.odin.dep.no/filarkiv/226433/STP0405001-T06-TS.pdf

(32)  Cfr. http://www.odin.dep.no/repub/04-05/otprp/20

(33)  Cfr. http://odin.dep.no/nhd/norsk/dok/regpubl/stmeld/024001-040006/dok-bn.html

(34)  Cfr. http://www.odin.dep.no/filarkiv/208116/STP0304053-TS.pdf

(35)  Cfr. http://odin.dep.no/filarkiv/207892/OTP0304063-TS.pdf

(36)  In lingua norvegese, il brano recita: «Den foreslåtte omorganiseringen av Statkraft vil medføre at det påløper dokumentavgift til staten, jf Stortingets vedtak om dokumentavgift § 1 første ledd. Utgiften vil være i størrelsesorden 1,5 milliarder kroner. Departementet legger til grunn at Statkraft betaler dokumentavgift i tråd med lovens normalordning. Utgifter til dokumentavgift vil redusere overskuddet til selskapet og dermed også utbyttegrunnlaget».

(37)  Lettera del 16 settembre del ministero del Commercio e dell’Industria.

(38)  Cfr. le cause riunite 67/85, 68/85 4 70/95 Van der Kooy/Commissione, Racc. 1988, pag. 219; la causa C-290/83, Commissione/Francia, Racc. 1985, pag. 439; la causa C 482/99 Repubblica francese/Commissione, Racc. 2002, pag. I-4397 e la causa C-379/98 Preussen Elektra/Scleswag AG, Racc. 2001, pag. 2099.

(39)  St. prp. n. 84 (1998-99) «Om ny strategi for Statsbygg og etablering av Statens utleiebygg AS», presentata il 4 giugno 1999.

(40)  Lov av 15.6.2001«Om omdanning av Jernbaneverkets kommersielle televirksomhet til aksjeselskap».

(41)  Lov av 17.12.2004«Om omdanning av Kystverkets produksjonsvirksomhet til statsaksjeselskap».

(42)  In lingua norvegese, il testo recita: «Departementet legger til grunn at Statkraft betaler dokumentavgift i tråd med lovens normalordning».

(43)  Cfr. il punto I.4.

(44)  Cfr. a tale riguardo: Causa 173/73 Italia/Commissione, Racc. 1974, pag. 709, punto 33 e causa C-75/97 Regno del Belgio/Commissione, Racc. 1999, pag. I-3671.

(45)  Cfr. tra le altre, le cause riunite E-5/04, E-6/04 e E-7/04 Fesil e Finnfjord, PIL e.a., e il Regno di Norvegia/l'Autorità di vigilanza EFTA, sentenza del 21 luglio 2005 (paragrafi da 82 a 85); la causa 173/73 Italia/Commissione, Racc. 1974, pag. 79, punto 33; la causa C-143/99 Adria Wuen Pipeline, Racc. 2001, pag. I-8365, punto 42; la causa C-157/01 Regno dei Paesi Bassi/Commissione, citata, punto 42 e la causa C-308/01 Gil Insurance Lrd, citata.

(46)  Cfr. a titolo esemplificativo la causa C-157/01 Regno dei Paesi Bassi contro Commissione, citata, punto 43.

(47)  Cfr. il punto I.4.

(48)  Causa C 27/99 pubblicata nella GU L 77 del 24.3.2003, pag. 21.

(49)  Cfr. paragrafo 37 della decisione.

(50)  Cfr. paragrafi da 76 a 81 della decisione.

(51)  Cfr. la causa 173/73 Italia/Commissione, Racc. 1974, pag. 709.

(52)  Cfr. Causa T-157/01 Danske Busvognmænd/Commissione, sentenza del 16 marzo 2004, paragrafo 57.

(53)  Lettere del 4 giugno 2003, del 16 settembre 2004 e del 30 giugno 2005 del ministero del Commercio e dell’Industria.

(54)  Un approccio simile in un ambito analogo di aiuti di Stato è rappresentato dalla Causa C-280/00 Altmark Trans GmbH, Racc. 2003, pag. I-7747, punti da 83 a 95 della motivazione. Cfr. anche le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs ai punti da 117 a 129 della causa C-126/01 GEMO, Racc. 2003, pag. I-13769.

(55)  Cfr. lettera del 16 settembre 2004 del ministero del Commercio e dell’Industria.

(56)  Causa 730/79, Philip Morris Holland/Commissione, Raccolta 1980, pag. 2671, punto 11 della motivazione.

(57)  Cfr. tra le altre, la causa C-126/01 Gemo, sentenza del 20 novembre 2003, la causa E-6/98 Governo di Norvegia/Autorità di vigilanza EFTA, Relazione 1999 della Corte di giustizia EFTA, pag. 76, paragrafo 59 e la causa 730/79, Philip Morris Holland/Commissione, Raccolta 1980, pag. 2671, punto 11 della motivazione.

(58)  Le cause riunite E-5/04, E-6/04 e E-7/04 Fesil e Finnfjord, PIL e.a., e il Regno di Norvegia/Autorità di vigilanza EFTA, sentenza del 21 luglio 2005, punto 94 della motivazione.

(59)  Le cause riunite T-298/97 — T-312/97 ed altre, Alzetta a.o./Commissione, Racc. 2000, pag. 2319, punti da 76 a 78 della motivazione.

(60)  Causa T-55/99 CETM/Commissione Racc. 2000, pag. II-3207, punto 86.

(61)  Causa C-303/88, Italia/Commissione, Raccolta 1991, pag. I-1433, punto 27 della motivazione e cause riunite da C-278/92 a C-280/92 Spagna/Commissione Racc. 1994, pag. I-4103, punto 40.

(62)  Tale associazione fa parte della Federazione norvegese delle imprese costruttrici [«Byggenæringens Landsforening (BNL)»], che a sua volta fa parte della Confederazione delle imprese norvegesi (NHO).

(63)  Fonte: http://www.foreningen-naringseiendom.no/medlemsbedriftene

(64)  Fonte: http://www.olavthon.no/

(65)  Fonte: http://www.ne.no/linstow

(66)  Fonte: http://www.ica.no/FrontServlet?s=eiendom&state=eiendom_dynamic&viewid=919&expand=1

(67)  Fonte: http://www.aberdeenpropertyinvestors.no

(68)  Cfr. causa C-350/93, Commissione/Italia, Racc. 1995, pag. I-699, punto 22.

(69)  Cfr. causa C- 75/97 Belgio/Commissione, Racc. 1999, pag. I-3671, punto 66 e causa C-310/99 Italia/Commissione, Racc. 2002, pag. I-2289, punto 99.

(70)  Cfr. causa C-169/95, Commissione/Italia, Racc. 1997, pag. I-135, punto 51.


16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/65


RACCOMANDAZIONE DELL'AUTORITÀ DI VIGILANZA EFTA

N. 119/07/COL

del 16 aprile 2007

sul monitoraggio dei livelli di base di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili nelle derrate alimentari

L’AUTORITÀ DI VIGILANZA EFTA,

VISTO l'Accordo sullo Spazio economico europeo (in appresso accordo SEE), in particolare l'articolo 109 e il protocollo 1,

VISTO l'accordo fra gli Stati EFTA sull' istituzione di un'Autorità di vigilanza e di una Corte di giustizia, in particolare l'articolo 5, paragrafo 2, lettera b) e protocollo 1,

VISTO l'atto di cui al punto 54zn a del capitolo XII dell'allegato II dell'accordo SEE,

Regolamento (CE) n. 466/2001 della Commissione, dell'8 marzo 2001 che definisce i tenori massimi di taluni contaminanti presenti nelle derrate alimentari  (1),

emendato e adattato all'accordo SEE dal protocollo 1,

VISTO l'atto di cui al punto 54zzc del capitolo XII dell'allegato II dell'accordo SEE,

Direttiva 2002/69/CE della Commissione, del 26 luglio 2002, che stabilisce i metodi di campionamento e d'analisi per il controllo ufficiale di diossine e la determinazione di PCB diossina-simili nei prodotti alimentari  (2),

emendato e adattato all'accordo SEE dal protocollo 1,

VISTA la decisione n. 37/07/COL dell'Autorità di vigilanza EFTA, del 27 febbraio 2007, che autorizza il membro competente del collegio ad adottare la raccomandazione se il progetto di raccomandazione è conforme al parere del Comitato EFTA dei prodotti alimentari,

CONSIDERANDO che il regolamento (CE) n. 466/2001 della Commissione stabilisce tenori massimi per le diossine e per la somma di diossine e bifenili policlorurati (PCB) diossina-simili nelle derrate alimentari,

CONSIDERANDO che è necessario produrre dati affidabili in tutto lo Spazio economico europeo riguardo alla presenza di diossine, furani e PCB diossina-simili nella più ampia gamma di derrate alimentari al fine di ottenere un quadro chiaro sull’andamento temporale della presenza di base di tali sostanze nelle derrate alimentari,

CONSIDERANDO che la raccomandazione 144/06/COL dell'Autorità di vigilanza EFTA, dell'11 maggio 2006, relativa alla riduzione della presenza di diossine, furani e PCB nei mangimi e negli alimenti invita gli Stati EFTA ad eseguire un monitoraggio casuale della presenza di diossine, PCB diossina-simili e, se possibile, PCB non diossina-simili nelle derrate alimentari, in conformità della raccomandazione 2004/705/CE della Commissione (3),

CONSIDERANDO che la raccomandazione 2004/705/CE della Commissione indica agli Stati membri la frequenza minima dei campioni da analizzare annualmente per le diverse categorie di derrate alimentari e il formato per riportare i risultati del monitoraggio della presenza di base di diossine, furani e PCB diossina-simili nelle derrate alimentari,

CONSIDERANDO che è opportuno emendare l'attuale programma di monitoraggio, previsto dalla raccomandazione 2004/705/CE per tenere conto delle esperienze acquisite, e che gli Stati del SEE EFTA partecipino alla ricerca sui livelli di diossina, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili nelle derrate alimentari,

CONSIDERANDO che è importante che i dati raccolti a norma della presente raccomandazione vengano regolarmente comunicati all'Autorità di vigilanza EFTA e che, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, del protocollo 1 dell'accordo sull'Autorità di vigilanza e sulla Corte, l'Autorità di vigilanza EFTA trasmetta a sua volta questi dati alla Commissione europea, la quale ne assicura l’inserimento in una banca dati. Occorre fornire anche dati di anni recenti ottenuti ricorrendo a un metodo di analisi conforme alle disposizioni di cui alla direttiva 2002/69/CE della Commissione,

CONSIDERANDO che i provvedimenti di cui alla presente raccomandazione risultano conformi al parere del Comitato EFTA dei prodotti alimentari, che assiste l’Autorità di vigilanza EFTA,

RACCOMANDA AGLI STATI EFTA:

1.

di assicurare, a partire dall'anno 2007 e fino al 31 dicembre 2008, il monitoraggio della presenza di base di diossine, furani e bifenili policlorurati (PCB) diossina-simili nelle derrate alimentari, applicando la frequenza minima raccomandata di campioni da analizzare annualmente di cui alla tabella nell'allegato I.

2.

Di procedere, se possibile, anche all’analisi dei PCB non diossina-simili nei medesimi campioni.

3.

Di trasmettere regolarmente all'Autorità di vigilanza EFTA i dati risultanti dal monitoraggio con le informazioni e nei formati di cui all'allegato II, ai fini del loro inserimento in una banca dati. Occorre fornire anche dati di anni recenti ottenuti ricorrendo a un metodo di analisi conforme alle disposizioni di cui alla direttiva 2002/69/CE e che riflettano i livelli di base.

4.

I riferimenti alla raccomandazione 2004/705/CE contenuti nella raccomandazione 144/06/COL dell'Autorità di vigilanza EFTA, dell'11 maggio 2006, si intendono fatti alla presente raccomandazione.

Fatto a Bruxelles il 16 aprile 2007.

Per l’Autorità di vigilanza EFTA

Kristján Andri STEFÁNSSON

Membro del Collegio

Niels FENGER

Direttore


(1)  GU L 77 del 16.3.2001, pag. 1.

(2)  GU L 209 del 6.8.2002, pag. 5.

(3)  GU L 321 del 22.10.2004, pag. 45.


ALLEGATO I

Tabella 2:

Riepilogo del numero minimo raccomandato di campioni alimentari da analizzare annualmente. La distribuzione dei campioni è basata sulla produzione in ciascun paese. Particolare attenzione viene prestata alle derrate alimentari per le quali si ritiene probabile un’ampia variazione nei livelli di base di diossina, furani e PCB diossina-simili. È il caso soprattutto del pesce.


Prodotto, compresi anche i prodotti derivati

Acquacoltura

(*)

Pesce selvatico:

(**)

Carni

(***)

Settore lattiero-caseario

(****)

Uova

(*****)

Altri

(******)

Totale

n. di campioni

 

 

 

 

 

 

 

Norvegia

 

 

 

 

 

 

 

Islanda

 

 

 

 

 

 

 

Note relative alla tabella

Le cifre menzionate nella tabella sono cifre minime. Si invitano gli Stati del SEE EFTA a raccogliere un numero di campioni superiore.

(*)   Acquacoltura: I campioni per l’acquacoltura si dovrebbero suddividere per specie, proporzionalmente alla produzione.

(**)   Pesce selvatico: I campioni per il pesce selvatico si dovrebbero suddividere per specie, proporzionalmente alla cattura. Occorre rivolgere un’attenzione particolare alle anguille selvatiche.

(***)   Carni: Oltre alla carne e ai prodotti derivati dalla carne ottenuti da bovini, suini, pollame e ovini, occorre prelevare un numero significativo di campioni di carne di cavallo, di renna, di capra, di coniglio, cervo o daino e selvaggina.

(****)   Latte: Una gran parte dei campioni di latte dovrebbe essere prelevata da latte di fattoria (soprattutto latte vaccino). Inoltre è appropriato prelevare campioni di latte e prodotti lattiero-caseari non vaccini (latte di capra, ecc.)

(*****)   Uova: Occorre rivolgere un’attenzione particolare alle uova di gallina ruspante e si dovrebbero prelevare anche campioni di uova di anatra, oca e quaglia.

(******)   Altri: In questa categoria occorre rivolgere un’attenzione particolare a:

integratori alimentari (in particolare quelli a base di olio di organismi marini);

alimenti per lattanti e per la prima infanzia

alimenti provenienti da regioni in cui, a causa per esempio di condizioni climatiche che causano inondazioni, vi sono stati mutamenti nelle condizioni produttive che potrebbero avere effetti sulla concentrazione di diossine e PCB diossina-simili nei prodotti alimentari della regione.


ALLEGATO II

A.   Note esplicative sul modulo relativo ai risultati analitici relativi alla presenza di diossine, furani e PCB diossina-simili nonché altri PCB negli alimenti

1.   Informazioni generali sui campioni analizzati

Codice del campione: codice di identificazione del campione.

Paese: nome dello Stato membro in cui è stato realizzato il monitoraggio.

Anno: anno in cui si è svolto il monitoraggio.

Prodotto: prodotto alimentare analizzato — descrivere il prodotto alimentare nella maniera più precisa possibile.

Stadio di commercializzazione: luogo in cui il (campione di) prodotto è stato raccolto.

Tessuto: parte di prodotto analizzata.

Espressione dei risultati: i risultati vanno espressi adottando il medesimo parametro adottato per fissare i livelli massimi. In caso di analisi di PCB non diossina-simili, è fortemente raccomandato esprimere i livelli adottando il medesimo parametro.

Tipo di campione: campionamento a caso — è ammissibile anche una relazione sui risultati analitici di campionamenti mirati, a condizione che si specifichi chiaramente che si trattava di un campionamento mirato che non rispecchia necessariamente i normali livelli di base.

Numero di sottocampioni: se il campione analizzato è un campione collettivo, deve essere specificato il numero di sottocampioni (numero di singoli campioni). Qualora il risultato analitico si basi su un solo campione, va notificato 1. Il numero di sottocampioni in un campione collettivo può variare, quindi si invita a specificarlo per ciascun campione.

Metodo di produzione: convenzionale/biologico (il più dettagliatamente possibile).

Area: se del caso, specificare il distretto o la regione di raccolta del campione, se possibile specificando se si tratta di un territorio rurale, urbano, di zona industriale, portuale, di mare aperto, ecc. Es.: Bruxelles — territorio urbano, Mediterraneo — mare aperto. È particolarmente importante indicare chiaramente l’area qualora il campione sia stato raccolto da alimenti prodotti in regioni che hanno subito un’inondazione.

Contenuto di grassi (%): la percentuale di grassi contenuti nel campione.

Contenuto di umidità (%): la percentuale di umidità contenuta nel campione (se disponibile).

2.   Informazioni generali sul metodo di analisi utilizzato

Metodo di analisi: fare riferimento al metodo adottato.

Accreditamento: specificare se il metodo di analisi è accreditato o meno.

Incertezza: il limite di decisione o la percentuale dell’incertezza di misurazione ampliata insita nel metodo di analisi.

Metodo di estrazione dei lipidi: specificare il metodo di estrazione dei lipidi utilizzato per determinare il contenuto di grassi del campione.

3.   Risultati analitici

Diossine, furani, PCB diossina-simili: i risultati relativi a ciascun congenere dovrebbero essere espressi in ppt — nanogrammi/chilo (ng/kg).

PCB non diossina-simili: i risultati relativi a ciascun congenere dovrebbero essere espressi in ppb — nanogrammi/grammo o microgrammi/chilo (ng/g o μg/kg).

LOQ: Limite di quantificazione in pg/g (per diossine, furani e PCB diossina-simili) o μg/kg — ng/g (per PCB non diossina-simili).

Per i congeneri identificati ma risultati al di sotto del LOQ (limite di quantificazione) nella casella dei risultati dovrebbe essere inserita la menzione < LOQ (il LOQ dovrebbe essere espresso in forma di valore).

Per i congeneri PCB analizzati in aggiunta ai PCB-6 ed ai PCB diossina-simili, è necessario menzionare nel modulo il numero del congenere PCB (es.: 31, 99, 110, ecc.). Qualora il campione venga analizzato per un numero di congeneri superiore alle righe prestampate, è sufficiente aggiungere nuove righe in fondo al modulo.

4.   Note generali relative alla tabella

Indicazione del tasso di recupero

È facoltativo riportare il tasso di recupero quando questo per i singoli congeneri sia compreso nell’intervallo 60 — 120 %. È obbligatorio riportare il tasso di recupero quando questo per i singoli congeneri si situi al di fuori di tale intervallo.

Indicazione del LOQ

Non è necessario riportare il LOQ ma, nella colonna dei risultati, i congeneri non quantificati devono essere riportati come < LOQ (cifra effettiva).

Indicazione del valore TEQ per i singoli congeneri

La colonna dei valori TEQ per i singoli congeneri è facoltativa.


ALLEGATO III

B.   Modulo per riferire i risultati specifici delle analisi dei congeneri volte ad accertare la presenza di diossine, furani e PCB diossina-simili nonché altri PCB nei prodotti alimentari

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16.10.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/s3


NOTA PER IL LETTORE

Le istituzioni hanno deciso di non fare più apparire nei loro testi la menzione dell'ultima modifica degli atti citati.

Salvo indicazione contraria, nei testi qui pubblicati il riferimento è fatto agli atti nella loro versione in vigore.