ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 486

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

65° anno
21 dicembre 2022


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

572a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 21.9.2022 – 22.9.2022

2022/C 486/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo su PMI, imprese dell'economia sociale, artigianato e libere professioni/pacchetto Pronti per il 55 % [parere d'iniziativa]

1

2022/C 486/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: I trasferimenti di imprese come promotori di una ripresa e di una crescita sostenibili nel settore delle PMI (parere d'iniziativa)

9

2022/C 486/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Tassonomia sociale — Sfide e opportunità (parere d’iniziativa)

15

2022/C 486/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici finanziato dal Fondo di coesione e da NextGenerationEU (parere d’iniziativa)

23

2022/C 486/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Cripto-attività — Sfide e opportunità (parere d’iniziativa)

30

2022/C 486/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il personale sanitario e la strategia per l'assistenza per il futuro dell'Europa (parere d'iniziativa)

37

2022/C 486/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani (parere d’iniziativa)

46

2022/C 486/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: Il ruolo delle tecnologie di rimozione del carbonio nella decarbonizzazione dell’industria europea (parere d’iniziativa)

53

2022/C 486/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: La transizione energetica e digitale nelle zone rurali (parere d’iniziativa)

59

2022/C 486/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Investimenti pubblici nelle infrastrutture energetiche come parte della soluzione dei problemi climatici (parere d'iniziativa)

67

2022/C 486/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La creazione condivisa di servizi di interesse generale come contributo a una democrazia più partecipativa nell'UE (parere d'iniziativa)

76

2022/C 486/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Partenariati tematici nel quadro dell'accordo di Lubiana (parere esplorativo)

83

2022/C 486/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Combattere la povertà energetica e accrescere la resilienza dell'UE: le sfide sul piano economico e sociale (parere esplorativo richiesto dalla presidenza ceca)

88

2022/C 486/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il dialogo sociale nell'ambito della transizione verde (parere esplorativo richiesto dalla presidenza ceca)

95

2022/C 486/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul ruolo dell'energia nucleare nella stabilità dei prezzi dell'energia nell'UE (parere esplorativo richiesto dalla presidenza ceca del Consiglio dell'UE)

102


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

572a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 21.9.2022 – 22.9.2022

2022/C 486/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Uno spazio europeo dei dati sanitari: sfruttare il potenziale dei dati sanitari per le persone, i pazienti e l'innovazione [COM(2022) 196 final] e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sullo spazio europeo dei dati sanitari [COM(2022) 197 final — 2022/0140 (COD)]

123

2022/C 486/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, che modifica i regolamenti (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/1753 del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione (UE) 2019/1754 del Consiglio [COM(2022) 174 final — 2022/0115 (COD)]

129

2022/C 486/18

Parere del Comitato economico sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme per la prevenzione e la lotta contro l'abuso sessuale su minori [COM(2022) 209 final — 2022/0155 (COD)] e sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un decennio digitale per bambini e giovani: la nuova strategia europea per un'internet migliore per i ragazzi (BIK+) [COM(2022) 212 final]

133

2022/C 486/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2011/83/UE per quanto riguarda i contratti di servizi finanziari conclusi a distanza e abroga la direttiva 2002/65/CE [COM(2022) 204 final — 2022/0147 (COD)]

139

2022/C 486/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 1303/2013 e del regolamento (UE) 2021/1060 per quanto concerne un'ulteriore flessibilità per affrontare le conseguenze dell'aggressione militare da parte della Federazione russa — FAST (assistenza flessibile ai territori) — CARE [COM(2022) 325 final — 2022/0208 (COD)]

144

2022/C 486/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Lavoro dignitoso in tutto il mondo[COM(2022) 66 final]

149

2022/C 486/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Consiglio relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione [COM(2022) 241 final]

161

2022/C 486/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'istituzione di uno strumento per il rafforzamento dell'industria europea della difesa mediante appalti comuni [COM(2022) 349 final]

168

2022/C 486/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma dell'Unione per una connettività sicura per il periodo 2023-2027 [COM(2022) 57 final — 2022/0039 (COD)] e sulla comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio Un approccio dell'UE alla gestione del traffico spaziale — Un contributo dell'UE per far fronte a una sfida globale [JOIN(2022) 4 final]

172

2022/C 486/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano REPowerEU [COM(2022) 230 final] e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2021/241 per quanto riguarda l'inserimento di capitoli dedicati al piano REPowerEU nei piani per la ripresa e la resilienza e che modifica il regolamento (UE) 2021/1060, il regolamento (UE) 2021/2115, la direttiva 2003/87/CE e la decisione (UE) 2015/1814 [COM(2022) 231 final — 2022/0164(COD)]

185

2022/C 486/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Alleggerimento temporaneo delle norme sull'utilizzo delle bande orarie negli aeroporti a causa della pandemia di COVID-19[COM(2022) 334 final]

194

2022/C 486/27

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Impatto geopolitico della transizione energetica[JOIN(2022/23) final]

198


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

572a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 21.9.2022 – 22.9.2022

21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «PMI, imprese dell'economia sociale, artigianato e libere professioni/pacchetto “Pronti per il 55 %”»

[parere d'iniziativa]

(2022/C 486/01)

Relatrice:

Milena ANGELOVA

Correlatore:

Rudolf KOLBE

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

27.6.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

143/1/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Le micro, piccole e medie imprese, siano esse imprese tradizionali, aziende a conduzione familiare, commercianti, imprese dell'economia sociale, dell'artigianato o delle libere professioni (di seguito denominate MPMI) sono una parte essenziale della soluzione verso un'economia dell'UE competitiva, a impatto climatico zero, circolare e inclusiva, a condizione che siano create e prevalgano le giuste condizioni. Le MPMI generano un impatto positivo mediante il miglioramento delle proprie prestazioni ambientali e la messa a disposizione di competenze e soluzioni ad altre imprese, ai cittadini e al settore pubblico. Pur riconoscendo e sottolineando la diversità e le differenti esigenze delle MPMI, il CESE chiede di prestare particolare attenzione a quelle tra di esse che sono più piccole e vulnerabili.

1.2.

Molte MPMI non conoscono i requisiti legislativi in continua evoluzione, stabiliti per conseguire la neutralità climatica, e non sanno come rispettarli. Inoltre, hanno difficoltà a individuare i potenziali vantaggi e le opportunità imprenditoriali offerti dalla transizione verde. Il CESE sottolinea pertanto l'urgente necessità di sostenere le MPMI nella comprensione e nella gestione ottimale della transizione verde.

1.3.

Il CESE chiede misure di informazione e sensibilizzazione ampie e mirate, realizzate in modo coordinato e complementare dalla Commissione europea e dagli Stati membri, insieme alle organizzazioni imprenditoriali, alle camere professionali, alle parti sociali e alle altre parti interessate.

1.4.

Il CESE chiede inoltre un programma completo, volto a sostenere le MPMI in tutte le questioni che devono affrontare nelle loro operazioni e attività aziendali per diventare ecologiche e conformarsi alla legislazione. Poiché esistono notevoli differenze tra le MPMI, sono necessarie soluzioni altamente personalizzate e politiche e misure ben mirate.

1.5.

Un sostegno immediato e mirato a breve termine per le MPMI è fondamentale per stimolare la loro ripresa economica dalla pandemia e aiutarle a gestire le conseguenze dell'invasione russa dell'Ucraina, quali i prezzi elevati dell'energia e la mancanza di approvvigionamento di materiali e prodotti. A causa delle circostanze straordinarie, il CESE ritiene che si debba concedere un'adeguata flessibilità ai programmi del Green Deal europeo fino alla fine della crisi, garantendo nel contempo che gli obiettivi non vengano abbandonati per nessun motivo.

1.6.

Al fine di migliorare l'efficienza delle risorse delle MPMI, il CESE propone di creare dei «poli di circolarità» in diverse regioni. Ciò dovrebbe rafforzare la cooperazione tra le imprese dei vari settori e facilitare lo sviluppo di nuove pratiche e processi, compresa la dimostrazione di nuove tecnologie. Le organizzazioni delle MPMI, le camere professionali, il mondo accademico, le parti sociali e gli altri portatori di interessi pertinenti dovrebbero essere parte integrante del processo.

1.7.

Il CESE ritiene importante coinvolgere i rappresentanti delle MPMI nella preparazione delle tabelle di marcia settoriali per l'azione per il clima a livello nazionale, nonché nella definizione dei percorsi di transizione a livello dell'UE per i diversi ecosistemi imprenditoriali, migliorando così anche le conoscenze sulla condivisione delle buone pratiche, in merito all'allocazione corretta delle risorse e all'attuazione efficiente.

1.8.

Il CESE invita l'UE e gli Stati membri ad accelerare gli investimenti verdi delle MPMI garantendo un contesto normativo favorevole, prevedibile e incoraggiante, che comprenda procedure di autorizzazione agevoli ed eviti oneri amministrativi gravosi, nonché fornendo un accesso ai finanziamenti rapido, facile, semplice e tracciabile, adeguato alle diverse esigenze di tutti i gruppi di MPMI.

1.9.

Il CESE invita a una stretta collaborazione tra gli erogatori di istruzione e le MPMI nel definire una formazione che risponda alle competenze e alle abilità necessarie per la transizione verde, anche mediante l'aggiornamento e la riqualificazione sia dei lavoratori che degli imprenditori. Inoltre, il CESE chiede di sostenere le attività di innovazione delle MPMI incentivando e facilitando la cooperazione con altre imprese, le loro organizzazioni, le camere professionali, le università e le organizzazioni di ricerca.

1.10.

Il CESE esorta a promuovere lo scambio di soluzioni verdi prodotte dalle MPMI, anche nel contesto degli appalti pubblici, garantendo alle MPMI condizioni di parità nel mercato unico e facilitando il loro accesso ai mercati esteri di prodotti, tecnologie e servizi verdi. È necessario garantire alle imprese dell'UE un contesto imprenditoriale competitivo nei confronti dei paesi terzi, utilizzando tutti gli strumenti della diplomazia, anche nell'ambito della politica climatica, delle risorse e del commercio, e prestando particolare attenzione alle azioni della Cina e di altri mercati emergenti.

2.   La transizione verde e le MPMI

2.1.

Le MPMI contribuiscono a un'economia sostenibile e creatrice di occupazione. Esse tengono unite le società, spesso combinando funzioni economiche e sociali, e in tal modo rafforzano le basi della democrazia, dell'unità e dell'inclusione. Sono fondamentali per la ripresa economica e sociale e per la prosperità, essendo radicate in ogni angolo dell'UE e soprattutto nelle aree isolate e rurali, dove spesso rappresentano l'unico fattore che genera attività economica.

2.2.

I cambiamenti climatici guidano la transizione energetica sostenibile, ma soprattutto spingono l'intera economia e società verso la neutralità climatica, la circolarità e la sostenibilità complessiva. I cambiamenti climatici sono la causa di fenomeni meteorologici estremi e disastri naturali e sono legati ad altre importanti sfide ambientali come la perdita di biodiversità, l'inquinamento ambientale e il degrado delle risorse naturali.

2.3.

Il pacchetto «Pronti per il 55 %» è specificamente incentrato sulla mitigazione dei cambiamenti climatici e comprende molti atti legislativi che riguardano le MPMI in vari modi. Fa parte dell'attuazione dell'iniziativa faro dell'UE: il Green Deal europeo, che affronta la crescita sostenibile legata alle industrie, al commercio, ai servizi e all'energia, ai trasporti, agli edifici e ai sistemi alimentari. Le MPMI svolgono un ruolo essenziale in tutti questi settori.

2.4.

Le MPMI rappresentano una parte essenziale della soluzione nell'attuazione del Green Deal europeo, a condizione che siano create e prevalgano le giuste condizioni. L'impatto positivo è generato, da un lato, dal miglioramento delle prestazioni dell'ampia varietà di MPMI e, dall'altro, dalle azioni di queste ultime, che mettono a disposizione competenze e soluzioni ad altre imprese, ai cittadini e al settore pubblico.

2.5.

La transizione verde è strettamente legata alla trasformazione digitale, e le MPMI devono gestire entrambe le parti di questa duplice transizione — una doppia sfida molto impegnativa a causa del notevole fabbisogno di risorse. La digitalizzazione rappresenta uno strumento per rendere più efficienti le operazioni aziendali, per favorire l'espansione di nuovi mercati e l'internazionalizzazione, e ha il notevole potenziale di ridurre le emissioni, i rifiuti e l'uso di risorse naturali. Tuttavia, i servizi e le apparecchiature digitali causano anche impatti ambientali che devono essere gestiti contemporaneamente.

2.6.

Oltre a compiere sforzi per le transizioni verde e digitale, le MPMI sono alle prese con la ripresa economica dalla pandemia e con le conseguenze dell'invasione russa dell'Ucraina. Gli alti prezzi dell'energia e la mancanza di approvvigionamento di materiali e prodotti sono tra i problemi recenti che si ripercuotono significativamente sulle MPMI e sulle loro attività. La loro competitività, così come quella complessiva dell'economia dell'UE, è ulteriormente compromessa dalle azioni improvvise della Cina e di altri mercati emergenti, che traggono vantaggio anche dal fatto di non aderire alle sanzioni imposte alla Russia e di seguire requisiti climatici e ambientali meno rigorosi.

2.7.

Le questioni legate al clima e all'ambiente non sono solo questioni di sostenibilità ambientale, ma costituiscono anche, in larga misura, una parte essenziale della competitività, della redditività e delle prestazioni economiche complessive delle imprese. Oltre ad affidarsi ai propri valori e alla propria coscienza generale, le MPMI soddisfano i requisiti e le aspettative in materia di clima e ambiente attraverso vari meccanismi.

Requisiti diretti del quadro normativo per le MPME, ad esempio in materia di emissioni, energia, materiali e prodotti, o obblighi amministrativi.

Effetti indiretti di alcuni requisiti, che incidono sulla disponibilità e sui prezzi di fattori di produzione come l'energia e i materiali, o attraverso altri costi di gestione di un'impresa, tra cui la tassazione.

Requisiti attraverso le catene del valore sotto forma di aspettative dei clienti, degli investitori e dei finanziatori, come quelle relative alla finanza sostenibile e alla rendicontazione, o attraverso le aspettative di altri portatori di interessi.

2.8.

Molte MPMI non sono pienamente consapevoli dell'impatto delle politiche e dei requisiti climatici e ambientali specifici per le loro attività e sulle loro catene di approvvigionamento e di valore, né di come adattare o convertire prodotti e servizi fin dalle prime fasi per evitare perdite successive o addirittura l'esclusione dal mercato. Inoltre, devono far fronte a risorse umane e finanziarie limitate per le operazioni quotidiane e per lo sviluppo delle loro attività, e sussiste il rischio che le loro dimensioni limitate facciano presupporre o richiedano troppe competenze multiple. Un quantitativo considerevole di imprese incontra difficoltà a causa della complessità della legislazione in continua evoluzione, degli oneri amministrativi, delle regole finanziarie e dei costi elevati, della mancanza di competenze e conoscenze ambientali specifiche per la scelta delle azioni giuste (1), accompagnate, tra l'altro, dalla difficoltà di accesso a nuove catene del valore, ai finanziamenti, al personale e a nuovi modelli di business.

2.9.

Se la mancanza di consapevolezza dei requisiti e dei modi per rispondervi è una sfida importante, lo sono anche le difficoltà nell'individuare i potenziali benefici e le opportunità imprenditoriali, come la riduzione dei costi energetici e dei materiali, il miglioramento dell'accesso ai finanziamenti, l'aumento della domanda e la possibilità di raggiungere nuovi mercati e il miglioramento dell'immagine presso i portatori di interessi.

2.10.

Le MPMI con una proposta di valore aziendale in materia di economia circolare, clima, biodiversità, energia rinnovabile e in altri ambiti del Green Deal europeo hanno un incentivo intrinseco a valutare, investire e perseguire nuove opportunità imprenditoriali nei suddetti settori. Esse dispongono di numerose opportunità, ad esempio nella ristrutturazione di edifici, nella progettazione e costruzione di infrastrutture, nella produzione industriale e nella manutenzione di attrezzature, nella fornitura di servizi legali e contabili e nello sviluppo di soluzioni digitali. Il processo di transizione dipende in larga misura dalle loro soluzioni intelligenti, create dagli esperti che fanno parte dei loro impiegati, il che evidenzia l'importanza di un'istruzione di alta qualità e pertinente, di una formazione professionale e di un aggiornamento costante.

2.11.

Il gruppo di MPMI più vulnerabile, che ha anche il maggior bisogno di informazioni, è quello che ritiene che il Green Deal europeo sia solo un ulteriore atto legislativo che si aggiunge agli oneri amministrativi cumulativi, mettendo sotto pressione i loro attuali modelli aziendali e limitando la redditività in uno scenario di condizioni invariate. Ciò evidenzia il fatto che tutte le categorie di MPMI, siano esse imprese vulnerabili con ritardi strutturali, imprese che stanno al passo o imprese leader, necessitano di un sostegno diverso e specificamente mirato (2).

2.12.

Oltre alla capacità e alla preparazione, esistono molte differenze tra le MPMI in termini di natura e portata delle questioni climatiche e ambientali, di requisiti e aspettative nei loro confronti e di opportunità a loro disposizione. Le differenze derivano da vari fattori: l'intensità delle risorse naturali dell'attività, le dimensioni dell'impresa, la posizione dell'impresa nelle catene di approvvigionamento e negli ecosistemi aziendali, l'ubicazione dell'impresa, i tipi di clienti, le fonti dei fattori di produzione e i mercati geografici dell'impresa.

2.13.

Ciò richiede soluzioni altamente personalizzate e politiche e misure ben mirate che tengano conto delle differenze tra, ad esempio, le medie imprese dell'industria manifatturiera, le imprese che operano nei settori dell'ospitalità e del commercio al dettaglio, le imprese familiari e tradizionali, le start-up innovative, le imprese dell'economia sociale, l'artigianato e le libere professioni.

2.14.

Nonostante le numerose differenze tra le MPMI, il successo della gestione della transizione verde in ogni impresa inizia con una consapevolezza e una conoscenza adeguate dei temi e delle tendenze attuali, che consentono di individuare i punti di forza, i punti di debolezza, le opportunità e i rischi dell'impresa e di definire il suo posizionamento nella transizione verde.

2.15.

Gli sforzi più concreti a livello aziendale riguardano la pianificazione, l'organizzazione e il monitoraggio dell'attività complessiva, compresi la produzione e il commercio di beni e servizi, i trasporti e la logistica, l'approvvigionamento di energia, materie prime e altri fattori produttivi. Gli aspetti climatici e ambientali sono altresì parte integrante delle attività di innovazione, dello sviluppo delle competenze e del coinvolgimento di tutto il personale, nonché della comunicazione e della cooperazione con le parti interessate.

3.   Politiche e misure a sostegno delle MPMI nell'ambito del pacchetto «Pronti per il 55 %»

3.1.

Per essere «pronte per il 55 %» e in grado di realizzare con buon esito la transizione verde, le MPMI devono essere informate in maniera approfondita e agevolate nel comprendere meglio le implicazioni delle nuove e complesse proposte legislative (3). Ciò richiede misure di informazione e sensibilizzazione ampie e mirate, realizzate in modo coordinato e complementare dalla Commissione europea e dagli Stati membri, i quali hanno una responsabilità fondamentale in tale contesto. Anche il ruolo delle organizzazioni imprenditoriali e delle camere professionali è fondamentale per informare e sostenere i loro membri, integrato da erogatori di istruzione e formazione, uffici di sviluppo regionale, organizzazioni di cluster, parti sociali e organizzazioni della società civile interessate.

3.1.1.

In seguito all'invasione russa dell'Ucraina, le politiche del Green Deal europeo sono ora oggetto di una consultazione aperta in termini di scadenze, a causa delle nuove circostanze straordinarie e della dipendenza dell'UE dall'energia e dai prodotti alimentari provenienti dalla Russia e dall'Ucraina. Il CESE riconosce le circostanze straordinarie e le dipendenze e ritiene che gli obiettivi verdi non debbano essere abbandonati per nessun motivo, ma che si debba concedere una ragionevole flessibilità fino alla fine della crisi.

3.1.2.

Oltre a un'adeguata valutazione dell'impatto di tutte le iniziative legislative, il CESE invita la Commissione europea a fornire una guida completa, chiara e priva di ambiguità su tutti i requisiti esistenti e futuri in materia di clima e sulle loro implicazioni per le MPMI, che dovrebbe riguardare:

i requisiti o le restrizioni diretti per le MPMI previsti dai vari atti legislativi, suddivisi in base ai vari tipi e categorie di imprese (settore, dimensioni ecc.);

gli impatti indiretti sulle MPMI da prevedere attraverso i meccanismi di mercato, a causa dei requisiti mirati alle grandi imprese.

3.1.3

Il CESE chiede che siano elaborati anche orientamenti corrispondenti sulla legislazione relativa ad altre importanti questioni ambientali. Più in generale, tale tipo di guida dovrebbe diventare una pratica regolare e accompagnare ogni futura iniziativa nel campo del Green Deal europeo. Le MPMI hanno bisogno di un quadro legislativo stabile che offra prospettive chiare e possibilità di pianificazione per i loro investimenti. Occorre pertanto evitare cambiamenti improvvisi, come la recente modifica degli obiettivi per le energie rinnovabili e l'efficienza energetica proposti nel piano REPowerEU, in quanto aggravano un contesto già estremamente complesso e incerto.

3.2.

Data l'ampia portata e la profondità del Green Deal europeo, è prevista una trasformazione industriale totale. Seguendo il principio del «pensare anzitutto in piccolo» e per evitare che le MPMI «semplicemente falliscano», è necessario un programma di sostegno e sviluppo delle capacità completo e di ampia portata. L'obiettivo sarebbe quello di sostenere le MPMI in tutte le questioni che devono affrontare nelle loro operazioni e attività aziendali per diventare ecologiche e conformarsi alla legislazione.

3.2.1.

Il CESE osserva un elevato grado di interesse, dichiarato dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo, a sviluppare le iniziative già in atto per promuovere la strategia per le PMI e a valutare ulteriori possibilità per realizzare la strategia con buoni risultati. Il CESE chiede che tale interesse si traduca effettivamente in politiche in tutti i settori possibili, e sottolinea il ruolo indispensabile degli Stati membri, che devono agire in collaborazione con le organizzazioni delle MPMI, le camere professionali, le parti sociali e le altre parti interessate.

3.2.2.

I giovani imprenditori sono il futuro della crescita delle MPMI e dell'occupazione. La loro attenzione per i consumatori e l'attrattiva per i giovani lavoratori, insieme alla crescente preoccupazione per la transizione verde, devono pertanto essere individuate e affrontate in modo più specifico, ad esempio nei piani per la ripresa. Inoltre, per sfruttare appieno il potenziale dell'intera società e rafforzare la diversità nelle imprese, è necessario rimuovere gli ostacoli all'imprenditoria femminile. È inoltre necessario stimolare e promuovere lo spirito imprenditoriale in tutti i gruppi vulnerabili, come le persone con disabilità, i migranti e le comunità minoritarie.

3.2.3.

Al fine di potenziare le sinergie tra digitalizzazione ed ecologizzazione nelle MPMI, le due tendenze devono essere considerate contemporaneamente nella definizione di politiche e misure. Poiché né la transizione verde né quella digitale rappresentano solo questioni tecniche o finanziarie, è necessario affrontare importanti questioni personali e aziendali per far sì che l'ampia maggioranza delle MPMI realizzi una doppia transizione a lungo termine e adeguata alle esigenze future (4).

3.2.4.

Il CESE invita inoltre la Commissione europea e gli Stati membri a monitorare gli effetti dell'attuazione delle transizioni verde e digitale in termini di catene di approvvigionamento e di valore, nonché i rispettivi sviluppi economici e sociali regionali, per poter contrastare tempestivamente eventuali effetti negativi sulle MPMI e sull'occupazione.

3.3.

Per sostenere lo sviluppo delle attività aziendali quotidiane delle MPMI, quali la produzione di beni e servizi, la produzione e l'utilizzo di energia e l'organizzazione della logistica, è necessario disporre di un'adeguata offerta di servizi di consulenza pratica e di piattaforme di cooperazione.

3.3.1.

Il CESE invita l'UE e gli Stati membri a potenziare e incoraggiare la creazione di servizi di supporto tecnologico e manageriale a disposizione delle MPMI, sfruttando appieno il potenziale dei diversi strumenti, in particolare nell'attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza e degli accordi di partenariato, con l'obiettivo di aiutare le imprese a migliorare l'efficienza energetica e dei materiali e a ridurre la produzione di emissioni e rifiuti, in modo da minimizzare sia i costi che l'impatto ambientale. Il CESE chiede inoltre di integrare gli aspetti ambientali nei servizi di consulenza nel campo digitale.

3.3.2.

Al fine di migliorare l'efficienza delle risorse delle MPMI, il CESE propone di creare dei «poli di circolarità» in diverse regioni. Ciò dovrebbe rafforzare la cooperazione tra le imprese dei vari settori e facilitare lo sviluppo di nuovi processi di riciclaggio e riutilizzo dei rifiuti e dei sottoprodotti, compresa la dimostrazione di nuove tecnologie.

3.3.3.

Il CESE chiede il coinvolgimento delle MPMI e dei loro rappresentanti nella preparazione delle tabelle di marcia settoriali per l'azione per il clima a livello nazionale, nonché nella definizione dei percorsi di transizione a livello dell'UE per i diversi ecosistemi imprenditoriali, migliorando così anche le conoscenze sulla condivisione delle buone pratiche, sull'allocazione corretta delle risorse e sull'attuazione efficiente.

3.4.

Al fine di migliorare e sostenere gli investimenti nell'ecologizzazione delle MPMI, dell'economia e della società nel suo complesso, è necessario garantire un ambiente favorevole agli investimenti e condizioni che consentano alle PMI di avere un accesso adeguato ai finanziamenti.

3.4.1.

Il CESE invita l'UE e gli Stati membri ad accelerare gli investimenti delle MPMI:

garantendo un ambiente normativo favorevole e incoraggiante, che preveda procedure di autorizzazione brevi e semplificate ed eviti oneri amministrativi gravosi;

fornendo un accesso rapido, facile, semplice e tracciabile ai finanziamenti, adattato alle diverse esigenze delle MPMI in base alla loro tipologia, attività, ubicazione, settore ecc., anche attraverso strumenti di sovvenzione mirati.

3.4.2.

Il CESE invita la Commissione europea a tenere debitamente conto dell'impatto indiretto dei criteri di finanza sostenibile sulle MPMI. Lo stesso vale per i requisiti di solvibilità delle banche e per qualsiasi altra misura di politica economica e fiscale che abbia un impatto indiretto sulla capacità delle MPMI di investire e operare, con conseguente creazione e mantenimento di posti di lavoro.

3.4.3.

Il CESE chiede di attenersi alle regole di una sana concorrenza nell'assegnazione dei finanziamenti pubblici per gli investimenti verdi. Il CESE sottolinea inoltre la necessità di monitorare i flussi finanziari con indicatori adeguati. È importante garantire alle MPMI un accesso paritario agli appalti e agli investimenti pubblici, ad esempio nelle infrastrutture generali, e incoraggiare gli investimenti nell'ecologizzazione delle stesse PMI, ad esempio utilizzando i finanziamenti pubblici come leva per gli investimenti privati.

3.4.4.

In seguito ai recenti sviluppi dei mercati energetici, la Commissione europea ha riconosciuto la vulnerabilità delle MPMI dovuta al crescente rischio di povertà energetica (5). Il CESE accoglie con favore la definizione di «microimprese vulnerabili» e chiede un ulteriore sforzo per fornire loro un sostegno adeguato per affrontare tale onere.

3.5.

Il CESE invita l'UE e gli Stati membri a promuovere il commercio di soluzioni verdi da parte delle MPMI, sviluppando e garantendo condizioni di mercato adeguate che consentano quanto segue.

Fornire alle MPMI condizioni di parità nel mercato unico, in termini di commercio di prodotti, tecnologie e servizi che contribuiscono alla transizione verde.

Garantire alle MPMI un accesso adeguato alla fornitura di soluzioni verdi al settore pubblico nell'ambito di gare d'appalto riguardanti, ad esempio, l'edilizia, le tecnologie e i servizi. È necessario rendere obbligatorie le procedure basate sulla qualità per tali servizi e ridurre i requisiti di capacità che ostacolano la partecipazione delle MPMI alle procedure di appalto pubblico.

Facilitare la parità di accesso ai mercati esteri di prodotti, tecnologie e servizi verdi da parte delle MPMI, mediante accordi commerciali multilaterali e bilaterali. Il CESE incoraggia inoltre gli Stati membri a tenere debitamente di conto delle esigenze delle MPMI nelle loro attività di promozione delle esportazioni.

Garantire alle imprese dell'UE un contesto imprenditoriale competitivo nei confronti dei paesi terzi, utilizzando tutti gli strumenti della diplomazia, anche nell'ambito della politica climatica, delle risorse e del commercio. Prestare un'attenzione specifica alla Cina e ad altri mercati emergenti, attraverso risposte rapide e coordinate alle loro azioni improvvise.

Garantire che le norme che promuovono la transizione verde siano redatte in modo favorevole alle MPMI e consentano l'innovazione imponendo soluzioni alternative equivalenti.

3.6.

Al fine di rafforzare il ruolo delle MPMI nello sviluppo di nuove soluzioni verdi per le imprese, i consumatori e la società in generale, il CESE chiede le seguenti misure:

i vari programmi e iniziative per l'innovazione devono essere più facilmente comprensibili e accessibili per le MPMI ed è necessario fornire indicazioni sui diversi strumenti di finanziamento disponibili nel campo dell'innovazione verde, compresi gli strumenti del Fondo europeo per gli investimenti;

i finanziamenti dovrebbero promuovere l'accesso delle MPMI agli ecosistemi dell'innovazione e ai partenariati con le grandi aziende leader. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero facilitare la cooperazione tra le MPMI e le università e le organizzazioni di ricerca nello sviluppo di nuovi prodotti, tecnologie e soluzioni;

lo sviluppo di spazi di dati comuni e la facilitazione dell'accesso ad essi per le MPMI devono essere accelerati, con l'obiettivo di contribuire allo sviluppo di nuove soluzioni verdi e digitali, comprese quelle basate sull'intelligenza artificiale.

3.7.

Al fine di garantire le competenze adeguate necessarie a sviluppare e gestire le imprese in linea con la transizione verde (6), il CESE chiede quanto segue:

garantire che i piani di studio professionali e universitari e gli approcci alla formazione professionale continua tengano pienamente conto delle competenze e delle abilità necessarie nella transizione verde, concentrandosi sul più ampio processo di ecologizzazione del lavoro e sull'interdipendenza tra i settori;

incoraggiare una stretta collaborazione tra gli erogatori di istruzione e le MPMI nel definire l'offerta di formazione, compresi i moduli e i microcorsi applicabili all'aggiornamento professionale, in modo da rispondere alle esigenze delle imprese;

avvalersi del dialogo sociale per individuare i bisogni e sviluppare le competenze nei luoghi di lavoro. Date le dimensioni e la diversità delle MPMI e le specificità dei vari sistemi nazionali, il dialogo sociale e la collaborazione tra i datori di lavoro e i lavoratori delle MPMI si esplicano in diverse modalità.

3.8.

Il CESE chiede la creazione di indicatori adeguati e di strumenti pratici che contribuiscano al monitoraggio sistematico delle operazioni e degli impatti delle imprese in relazione alla transizione verde. Ciò dovrebbe servire altresì a comunicare con l'ampia gamma di parti interessate. Nel frattempo, il CESE invita i responsabili politici dell'UE ad evitare di fissare obblighi di rendicontazione onerosi per le MPMI, e a valutare anche le ripercussioni indirette sulle MPMI causate dagli obblighi di rendicontazione applicabili alle grandi imprese.

4.   Osservazioni specifiche sulle libere professioni, l'artigianato e le imprese dell'economia sociale

4.1.

Al fine di garantire una transizione ecologica equa, in cui nessuno venga lasciato indietro, è fondamentale che le politiche dell'UE siano formulate tenendo conto del loro potenziale impatto sui mestieri e sull'artigianato. Questi attori economici sono infatti importanti per le economie locali, in quanto forniscono beni e servizi indispensabili e adeguati alle esigenze dei consumatori, anche nelle aree geografiche meno collegate ai centri urbani. Il dialogo con i loro rappresentanti, come le organizzazioni imprenditoriali e le camere professionali, consente di prendere decisioni politiche sagge che tengano conto del potenziale impatto sul territorio.

4.2.

Le competenze professionali indipendenti sono necessarie per trovare soluzioni innovative e ottimali per contrastare i cambiamenti climatici e altre sfide ambientali. Le libere professioni rispondono a questa esigenza in diversi settori dell'economia e della società, fornendo competenze e consulenze tecniche, giuridiche, finanziarie e non finanziarie. Il CESE chiede l'adozione di misure a livello dell'UE volte ad incentivare gli Stati membri a promuovere norme professionali per garantire l'attuazione adeguata delle transizioni verde e digitale, ad esempio negli approcci tecnici complessi, in modo da promuovere le soluzioni più innovative e orientate al mercato.

4.3.

Una maggiore sostenibilità nella pianificazione territoriale locale e regionale può essere garantita dal potenziamento dei servizi di consulenza per i comuni. È altresì importante sviluppare ulteriormente il concetto di valutazione ambientale strategica in direzione della valutazione della sostenibilità (ecologica, economica e sociale). Le procedure di appalto pubblico in tutta l'UE dovrebbero applicare criteri climatici e altri criteri orientati alla qualità, promuovendo così l'innovazione delle MPMI e facilitando il loro accesso ai progetti, soprattutto nel campo dei servizi di pianificazione.

4.4.

Nella transizione verso l'economia circolare sono necessarie tecniche, prodotti e processi nuovi. Ad esempio, nel settore edile ciò richiede il riciclo dei rifiuti di ristrutturazione e costruzione, il riutilizzo di elementi e l'introduzione di nuovi materiali da costruzione, compreso il riconoscimento di materiali da costruzione secondari di qualità, e una stretta collaborazione tra produttori, artigiani, professionisti e industria del riciclo. Le catene del valore regionali e i cluster edilizi devono essere rafforzati anche mediante il coinvolgimento dell'artigianato.

4.5.

Le sfide ambientali legate alle imprese dell'economia sociale sono essenzialmente le stesse delle altre imprese per quanto riguarda i temi in questione. Tuttavia, le condizioni specifiche di tali imprese devono essere tenute in debita considerazione, in linea con i numerosi pareri del CESE, attraverso misure mirate basate sul recente piano d'azione dell'UE per l'economia sociale.

Bruxelles, 21 settembre 2022

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Dati dell'Eurobarometro Flash 498. SMEs, green markets and resource efficiency report [Relazione su PMI, mercati verdi ed efficienza delle risorse], pag. 46, marzo 2022.

(2)  Smit, S.J., SME focus — Long-term strategy for the European industrial future [Focus PMI — Strategia a lungo termine per il futuro industriale europeo], Parlamento europeo, Dipartimento tematico Politica economica e scientifica e qualità di vita, PE 648.776 — aprile 2020.

(3)  Il pacchetto «Pronti per il 55 %» comprende un'ampia gamma di iniziative legislative, rispetto alle quali la decisione finale è soggetta a negoziati tra le istituzioni. Finché questo processo non sarà completato, le MPMI potranno seguire solo informazioni parziali e dovranno affrontare l'incertezza sul futuro.

(4)  Focus PMI, Dipartimento tematico del Parlamento europeo, aprile 2020.

(5)  COM(2021) 568 final, del 14.7.2021, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52021PC0568

(6)  Altresì in linea con la GU C 56 del 16.2.2021, pag. 1.


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/9


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: «I trasferimenti di imprese come promotori di una ripresa e di una crescita sostenibili nel settore delle PMI»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 486/02)

Relatrice:

Mira-Maria KONTKANEN

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

8.9.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

143/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

I trasferimenti di imprese sono importanti processi strategici che garantiscono la continuità dell'attività delle imprese e tutelano l'occupazione. Pertanto, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda che le politiche di ripresa e di crescita, al livello dell'Unione europea (UE) e a livello nazionale, attribuiscano un ruolo di rilievo alla promozione del trasferimento di imprese.

1.2

I trasferimenti di imprese preservano il tessuto sociale delle zone rurali, dove vi è una forte presenza di MPMI (micro, piccole e medie imprese). Lo sviluppo di ecosistemi di trasferimento delle imprese e di servizi di sostegno ben funzionanti è essenziale per preservare i mezzi di sussistenza e le economie delle zone rurali e monoindustriali. Il CESE ritiene che questo aspetto dovrebbe essere riconosciuto nell'attuazione della visione a lungo termine dell'UE per le zone rurali e del piano d'azione rurale dell'Unione.

1.3

Il successo dei trasferimenti di imprese salvaguarda i posti di lavoro esistenti e ne crea di nuovi, oltre ad aprire prospettive future per i lavoratori in termini di continuità occupazionale e sviluppo professionale. Il CESE incoraggia gli Stati membri a condividere le buone pratiche sulle modalità per promuovere il trasferimento di un'impresa ai dipendenti, ad esempio sotto forma di cooperativa (1) o di altre forme di imprese dell'economia sociale di proprietà dei lavoratori.

1.4

Quanto prima gli imprenditori si preparano ai trasferimenti, tanto maggiori sono le probabilità che essi abbiano successo. Gli Stati membri devono intensificare le loro attività di sensibilizzazione sui trasferimenti di imprese e dotare le aziende e le altre organizzazioni di sostegno di mezzi e risorse per promuovere e accompagnare i trasferimenti di MPMI. Il CESE invita inoltre gli Stati membri a introdurre e a sviluppare ulteriormente meccanismi di allerta precoce (2) per le MPMI al fine di sostenere la resilienza, la sostenibilità economica e, in ultima analisi, la trasferibilità delle imprese.

1.5

Rilevare un'impresa esistente dovrebbe essere un'opportunità attivamente promossa e presentata come altrettanto interessante, per chi si lancia per la prima volta in un'attività imprenditoriale, di quella di un imprenditore che crea una start-up. Le competenze in materia di acquisto di un'impresa e di successione dovrebbero far parte dell'educazione all'imprenditorialità nell'istruzione secondaria e superiore. Il CESE chiede pertanto di introdurre incentivi per il trasferimento di piccole imprese a giovani imprenditori, sotto forma, ad esempio, di sensibilizzazione, servizi di consulenza e di tutoraggio o accesso ai finanziamenti. Si potrebbe inoltre rafforzare ulteriormente la comprensione del dialogo sociale da parte dei giovani imprenditori, onde garantire la riuscita dei trasferimenti di imprese per tutti i soggetti interessati. Allo stesso modo, dovrebbero essere sviluppati ulteriori incentivi per il trasferimento di imprese a donne imprenditrici al fine di aumentare il loro numero, attualmente troppo basso.

1.6

La disponibilità o meno di risorse finanziarie rimane un ostacolo al successo dei trasferimenti di imprese e la maggior parte di tali trasferimenti richiede dei finanziamenti esterni. Il CESE incoraggia vivamente ciascuno Stato membro a garantire che vi siano istituti finanziari disposti a sostenere i trasferimenti di imprese delle MPMI, ad esempio fornendo assistenza con garanzie reali per i prestiti bancari.

1.7

Il CESE raccomanda agli Stati membri di istituire forum nazionali dei portatori di interessi nel campo dei trasferimenti di imprese nel cui ambito siano rappresentati soggetti interessati sia pubblici che privati. Tali forum offrono un approccio sistematico e di lungo periodo alla promozione del trasferimento di imprese, oltre a costituire uno spazio per un dialogo permanente tra esperti nazionali e a consentire un uso più efficiente delle risorse.

1.8

Il CESE ritiene che in tutti gli Stati membri dell'Unione sia opportuno sviluppare piattaforme online per il trasferimento di imprese cui dovrebbero poter accedere anche microimprese e piccole imprese. Dovrebbero essere realizzate interconnessioni e sinergie tra le varie piattaforme online nazionali, e la Commissione europea potrebbe agevolare le interconnessioni tra i differenti mercati online nell'UE.

1.9

I dati sui trasferimenti di imprese sono spesso frammentati, insufficienti, obsoleti e non comparabili tra gli Stati membri dell'UE. Il CESE raccomanda pertanto alla Commissione e agli Stati membri di continuare a migliorare la base di dati sui trasferimenti di imprese.

1.10

Si dovrebbe mettere a punto un riesame periodico della situazione dei trasferimenti di imprese in Europa, ad esempio sotto forma di un barometro dei trasferimenti di imprese a livello di UE che apporti anche un contributo all'elaborazione di politiche basate su dati concreti. L'assemblea annuale delle PMI dell'UE dovrebbe fungere da forum periodico di discussione e condivisione delle esperienze per i trasferimenti di MPMI. Infine, si dovrebbero prendere in considerazione varie iniziative di sensibilizzazione, come ad esempio l'istituzione di una settimana dedicata ai trasferimenti di imprese a livello nazionale e/o europeo.

2.   Introduzione

2.1

Aumentare il numero di trasferimenti di imprese realizzati con successo comporterebbe una serie di vantaggi immediati per l'occupazione, la continuità operativa e l'economia europea nel suo complesso. Come sottolineano le proposte della Conferenza sul futuro dell'Europa (3), i trasferimenti di imprese contribuiscono a società più resilienti e coese.

2.2

I trasferimenti di imprese costituiscono una parte sempre più significativa e naturale dei processi di sviluppo strategico, di rinnovamento e di crescita delle MPMI. Tenuto conto dell'invecchiamento demografico in Europa e del numero crescente di imprenditori che intendono abbandonare la loro attività, il successo dei trasferimenti di imprese diventa un fattore ancora più cruciale per l'economia delle MPMI europee.

2.3

Ogni anno in tutta Europa si registra il trasferimento di circa 450 000 imprese per un totale di 2 milioni di dipendenti. Si stima che ogni anno circa 150 000 imprese siano a rischio di un trasferimento non realizzato positivamente, con il risultato di mettere a repentaglio circa 600 000 posti di lavoro. Le imprese più piccole sono quelle più esposte al rischio di un trasferimento non riuscito (4).

2.4

Il processo di trasferimento di un'impresa può rivelarsi complesso a causa di una serie di sfide finanziarie, gestionali, normative, amministrative o di mercato, come ad esempio quella di mettere in contatto i venditori giusti con gli acquirenti giusti. Allo stesso tempo, la maggioranza di tutti i trasferimenti di imprese avviene in microimprese dotate di risorse limitate. Il trasferimento è spesso più difficile per le piccole imprese in cui il proprietario svolge un ruolo dominante (5).

2.5

Un ecosistema di trasferimento delle imprese ben funzionante è essenziale per il buon esito dei trasferimenti e contribuirà allo sviluppo di mercati dinamici nel settore del trasferimento di imprese. Negli ecosistemi di trasferimento delle imprese agiscono diversi portatori di interessi sia pubblici che privati: acquirenti, venditori, predecessori, successori, consulenti aziendali quali gli intermediari aziendali, i contabili, gli avvocati e i consulenti, mediatori, istituzioni finanziarie, organizzazioni di sostegno alle imprese, responsabili delle politiche e accademici. Una parte importante di questi ecosistemi consiste anche in attività di sensibilizzazione tese a rafforzare la preparazione ai trasferimenti di imprese. Ancora oggi il panorama dei trasferimenti di imprese è notevolmente diverso da uno Stato membro all'altro e tra regioni di uno stesso Stato membro, e questo lascia margini per l'apprendimento reciproco e il miglioramento degli ecosistemi di trasferimento delle imprese in tutta Europa. Tuttavia, la responsabilità finale del trasferimento è sempre dell'imprenditore.

2.6

Un trasferimento di proprietà riuscito può tradursi in un'azienda più resiliente, più innovativa e più competitiva. Quando le imprese con nuovi proprietari adottano modelli aziendali più verdi e digitali, i trasferimenti di imprese contribuiscono anche alla transizione verde e digitale del settore delle MPMI.

2.7

La pandemia di COVID-19 ha inoltre messo in luce la necessità di rafforzare la resilienza delle imprese europee e di garantire una migliore pianificazione della loro preparazione. L'impresa e il suo modello aziendale dovrebbero essere sani e resilienti agli shock esterni affinché il trasferimento venga realizzato con successo. La salute e la resilienza finanziarie aumentano le possibilità di un trasferimento riuscito.

3.   Contesto

3.1

Il tema dei trasferimenti di imprese fa parte della politica dell'UE per le imprese fin dai primi anni Novanta del secolo scorso. Nel 1994 la Commissione europea ha elaborato una raccomandazione (6) volta a migliorare le condizioni quadro per i trasferimenti di imprese negli Stati membri. La raccomandazione proponeva a questi ultimi una serie di misure per migliorare la situazione delle imprese che si preparano a realizzare un trasferimento di proprietà, tra cui: avviare attività di sensibilizzazione e di rafforzamento della preparazione, migliorare il contesto finanziario per il trasferimento dell'impresa, iniziare percorsi legali per la ristrutturazione, mettere a disposizione i mezzi giuridici per garantire la continuità della società di persone in caso di decesso di uno dei soci o del proprietario dell'impresa, assicurare che le imposte sulle successioni o sulle donazioni non ostacolino il trasferimento e incoraggiare con norme fiscali adeguate l'imprenditore a cedere la sua impresa a terzi.

3.2

Da allora la Commissione ha riveduto la raccomandazione nel 2006 pubblicando la comunicazione dal titolo «Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e l'occupazione — Il trasferimento di proprietà delle imprese — La continuità grazie a un nuovo avvio» (7). La revisione ha evidenziato che l'attuazione della raccomandazione del 1994 richiedeva ulteriori sforzi. Oltre a chiedere l'attuazione della raccomandazione del 1994, la comunicazione del 2006 ha formulato una serie di ulteriori raccomandazioni volte a promuovere i trasferimenti di imprese, ad esempio il fatto di rivolgere una maggiore attenzione politica ai trasferimenti di imprese, la fornitura di un sostegno e un tutoraggio da parte di specialisti, l'organizzazione di mercati trasparenti per i trasferimenti e la realizzazione di infrastrutture di sostegno a livello nazionale, regionale e locale per incentivare i trasferimenti.

3.3

Nel 2013 la Commissione ha valutato lo stato di avanzamento dell'attuazione delle raccomandazioni formulate nel 2006, concludendo nel complesso che, dalla pubblicazione della comunicazione, non sono stati realizzati sufficienti progressi nell'attuazione delle misure volte a migliorare il quadro per i trasferimenti di imprese. Le lacune messe in luce in tale valutazione si riferivano ad ambiti quali i regimi fiscali per i terzi o i dipendenti o l'offerta di un sostegno ad hoc e le iniziative di natura finanziaria. La valutazione ha inoltre evidenziato che ai trasferimenti di imprese non è stata riservata una sufficiente attenzione strategica a livello dell'UE o di Stati membri, contrariamente a quanto avvenuto per la politica per le start-up.

3.4

Nel 2020 la Commissione europea ha pubblicato una strategia dell'UE per le PMI (8) in cui ribadisce il suo impegno a continuare ad adoperarsi per facilitare i trasferimenti di imprese e a sostenere gli Stati membri nei loro sforzi volti a creare un contesto imprenditoriale favorevole al trasferimento di imprese. Più di recente la Commissione si è concentrata sul miglioramento della base di dati scientifici sui trasferimenti di imprese, argomento al quale ha dedicato una relazione pubblicata nel 2021 (9). Le azioni della Commissione e le buone pratiche finanziate dall'UE possono essere seguite sul sito web dedicato (10).

3.5

Il CESE ha inoltre riconosciuto l'importanza dei trasferimenti delle MPMI e chiede misure rapide per facilitarli e semplificarli a costi ragionevoli (11). Nel suo parere sulla strategia dell'UE per le PMI, il CESE chiede inoltre di prestare particolare attenzione ai trasferimenti transfrontalieri di MPMI, tenendo conto dei costi elevati associati a queste operazioni e della grande diversità delle normative nei vari Stati membri (12). Il seguito del parere del CESE sulla strategia dell'UE per le PMI (13) descrive le potenzialità che presentano i trasferimenti di imprese coronati da successo al fine di rendere le imprese più digitali e sostenibili, in linea con gli obiettivi perseguiti dalla duplice transizione dell'UE.

4.   Osservazioni generali

4.1

I trasferimenti di imprese sono una questione sempre più importante per le MPMI a causa della demografia europea e del crescente numero di imprenditori anziani. Circa il 90 % dei trasferimenti ha luogo in microimprese (14).

4.2

Aumentare il numero di trasferimenti di imprese realizzati con successo presenta una serie di vantaggi immediati per l'economia europea. Rispetto alle start-up, le imprese il cui trasferimento di proprietà viene realizzato con successo ottengono risultati migliori in termini di sopravvivenza, fatturato, profitto, capacità di innovazione e occupazione (15). Secondo la Commissione europea, in media le imprese esistenti mantengono cinque posti di lavoro, mentre una nuova impresa ne genera solo due (16). Promuovere i trasferimenti di imprese è quindi il miglior modo possibile per favorire la crescita imprenditoriale.

4.3

I trasferimenti di imprese preservano il tessuto sociale delle zone rurali in cui vi è una forte presenza di MPMI; si stima infatti che almeno un terzo delle MPMI europee sia ubicato in aree rurali. Le PMI garantiscono la coesione economica e sociale di questi territori attraverso i loro servizi ai cittadini, ai consumatori e alle attività economiche locali, nonché grazie ai posti di lavoro che offrono (17). I trasferimenti di imprese contribuiscono a evitare la perdita di competenze artigianali a livello locale. Spesso il settore dell'artigianato locale e del commercio al dettaglio locale contribuisce positivamente a una scelta diversificata dei consumatori sul mercato, offrendo un'alternativa alle catene di vendita al dettaglio standardizzate. Per i consumatori, un trasferimento riuscito significa la continuità dei servizi e prodotti dell'azienda e spesso persino il loro miglioramento. Lo sviluppo di ecosistemi di trasferimento delle imprese e di servizi di sostegno ben funzionanti è essenziale per preservare i mezzi di sussistenza e le economie delle zone monoindustriali e rurali, che rivestono particolare importanza soprattutto per il settore agricolo e della trasformazione alimentare. I trasferimenti riusciti forniscono inoltre un percorso per accelerare la duplice transizione nelle zone rurali attraverso una trasformazione avviata con un passaggio di proprietà. Il CESE ritiene che lo sviluppo di ecosistemi di trasferimento delle imprese e di servizi di sostegno dovrebbe rientrare nell'attuazione della visione a lungo termine dell'UE per le zone rurali e del piano d'azione rurale dell'Unione.

4.4

Favorire il trasferimento di imprese comporta dei benefici anche per i dipendenti delle aziende interessate, dal momento che tutela i posti di lavoro e la continuità operativa. In particolare nel settore delle MPMI, i dipendenti sono gli «attivi» più preziosi trasferiti alla nuova proprietà. È pertanto importante garantire il benessere dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese. Spesso i nuovi proprietari sono pieni di entusiasmo per la possibilità che il trasferimento offre di sviluppare e far crescere l'impresa. Ciò significa anche migliori prospettive future per i dipendenti in termini di continuità occupazionale e di sviluppo professionale. Il CESE incoraggia gli Stati membri a condividere le buone pratiche in materia di trasferimenti in cui i dipendenti possono continuare a lavorare e a sviluppare le attività rilevando la loro impresa, ad esempio sotto forma di cooperativa e di altre forme di impresa dell'economia sociale di proprietà dei lavoratori (18) che hanno dimostrato la loro resistenza alle situazioni di crisi. Inoltre, la promozione del dialogo sociale e dell'informazione a monte facilita le acquisizioni da parte dei dipendenti dell'impresa (employees-buy-out). Ciò è in linea con il parere del CESE INT/925 (19), che mette in evidenza le acquisizioni da parte dei dipendenti come buona pratica per rilanciare le imprese in crisi e trasferire le PMI i cui titolari non hanno successori.

4.5

Si deve dare un ruolo di rilievo alla promozione del trasferimento di imprese nelle politiche di ripresa e di crescita a livello dell'UE e a livello nazionale. Il CESE approva lo sforzo strategico che la Commissione europea e le organizzazioni per la promozione dei trasferimenti di imprese, come ad es. Transeo (20), hanno attuato per creare un contesto più favorevole ai trasferimenti in Europa. Vi sono tuttavia ancora margini di miglioramento. L'attenzione riservata all'argomento, l'attuale funzionalità complessiva dell'ecosistema di trasferimento delle imprese e la portata delle misure volte a promuovere questi trasferimenti variano notevolmente da uno Stato membro all'altro. In un contesto imprenditoriale in rapida evoluzione, gli imprenditori devono cogliere le opportunità di crescita, sia quelle interne all'azienda che quelle fornite dalle acquisizioni. Si dovrebbero prendere in considerazione tutti i tipi di trasferimenti di proprietà, tra cui le successioni familiari, le acquisizioni di un'impresa da parte dei dirigenti dell'impresa stessa (management buy-out - MBO) o da parte di esterni (management buy-in — MBI), le acquisizioni strategiche e le acquisizioni da parte dei dipendenti dell'impresa (employees-buy-out).

4.6

Affinché la transizione dell'Europa verso l'economia verde e digitale possa avere successo, le MPMI devono essere coinvolte nel processo. I trasferimenti di imprese costituiscono un metodo naturale per trasformare un modello aziendale tipico del settore delle MPMI in un modello più ecologico e più digitale, sostenendo la duplice transizione digitale e verde di queste imprese. Un trasferimento di proprietà riuscito può tradursi in un'azienda più resiliente, più innovativa e più competitiva. Inoltre, sul piano delle risorse, rilevare un'impresa esistente con i suoi mezzi di produzione è spesso più rispettoso dell'ambiente rispetto all'acquisto di mezzi e attrezzature nuovi.

4.7

Soprattutto quando l'impresa viene trasferita da un imprenditore più anziano a uno più giovane, quest'ultimo sarà probabilmente meglio preparato e attrezzato per integrare nuove tecnologie, nuovi metodi di produzione e nuovi modelli imprenditoriali sostenibili nell'impresa che ha rilevato. Il CESE chiede pertanto che per il trasferimento di MPMI a giovani imprenditori vengano introdotti ulteriori incentivi, quali la sensibilizzazione, servizi di consulenza e di tutoraggio o l'accesso ai finanziamenti. Si potrebbe inoltre rafforzare ulteriormente la comprensione del dialogo sociale da parte dei giovani imprenditori, ad esempio prevedendo moduli di apprendimento del dialogo sociale nella formazione all'imprenditorialità. Avviare un'attività imprenditoriale rilevando un'impresa esistente dovrebbe essere un'opportunità attivamente promossa e presentata come altrettanto interessante di quella di un imprenditore che crea una start-up. Allo stesso modo, dovrebbero essere sviluppati ulteriori incentivi per il trasferimento di imprese a donne imprenditrici al fine di aumentare il loro numero, attualmente troppo basso.

4.8

La stragrande maggioranza dei trasferimenti di imprese richiede dei finanziamenti esterni. A causa dei crescenti obblighi normativi che il settore finanziario deve rispettare, due sono gli strumenti finanziari più importanti per promuovere i trasferimenti di imprese. In primo luogo, è evidente che sono necessarie delle garanzie reali per finanziare pacchetti di trasferimenti di imprese. Tuttavia, una quota crescente delle attività delle imprese è formata da attività immateriali e il settore bancario è tenuto a rispettare norme sempre più severe. In ogni Stato membro deve esistere un operatore o un ente che fornisca garanzie reali per i prestiti bancari. In secondo luogo, lo sviluppo del quadro normativo dell'UE accresce la domanda di finanziamento azionario. Vi sono vari potenziali acquirenti che avrebbero le capacità per gestire l'impresa da trasferire ma che non dispongono, o non a sufficienza, di fondi per investimenti azionari. Il CESE incoraggia vivamente la Commissione ad assumere un ruolo proattivo nel promuovere lo sviluppo negli Stati membri di entrambi gli strumenti finanziari sopra descritti.

4.9

In futuro un numero sempre maggiore di MPMI a conduzione familiare sarà trasferito ad acquirenti terzi: per attirarli l'azienda in questione deve essere redditizia, economicamente sana e presentare un reale interesse per l'acquirente. Quanto prima gli imprenditori si preparano al trasferimento, tanto maggiori sono le probabilità che quest'ultimo abbia successo. Gli Stati membri devono intensificare le loro attività di sensibilizzazione sui trasferimenti di imprese e dotare le aziende e le altre organizzazioni di sostegno di mezzi e risorse per promuovere e accompagnare i trasferimenti di MPMI. Un sostegno di «allerta precoce» offerto a un'azienda che versa in condizioni finanziarie difficili può risultare importante anche per aiutare l'imprenditore a rimettere l'impresa in carreggiata sotto il profilo della sostenibilità finanziaria e a prepararla al trasferimento. Il CESE invita pertanto gli Stati membri a introdurre e a sviluppare ulteriormente meccanismi di allerta precoce per la fornitura di sostegno alle MPMI.

Uno studio recente sulla promozione dei trasferimenti di imprese nei paesi europei (21) descrive le pratiche di promozione di questi trasferimenti in uso negli Stati membri che potrebbero essere replicate in altri paesi. Il CESE approva la raccomandazione rivolta in questo studio agli Stati membri di istituire forum nazionali dei portatori di interessi nel campo dei trasferimenti di imprese nel cui ambito siano rappresentati soggetti interessati sia pubblici che privati. La cooperazione tra le parti interessate è necessaria a tutti i livelli: regionale, nazionale e internazionale. I forum per il trasferimento delle imprese offrono — attraverso un dialogo costante tra gli esperti nazionali — un approccio sistematico e di lungo periodo alla promozione del trasferimento di imprese e costituiscono un uso più efficiente delle risorse. In ultima analisi, potrebbe essere avviato un dialogo transfrontaliero tra i vari forum nazionali, promosso dalla Commissione europea, per condividere le buone pratiche in materia di promozione dei trasferimenti di imprese negli Stati membri.

4.10

Il CESE raccomanda agli Stati membri di sfruttare appieno le tecnologie digitali per promuovere i trasferimenti di imprese. In tutti gli Stati membri dovrebbero essere sviluppate piattaforme online per il trasferimento di imprese (nella maggior parte dei casi sono di proprietà di soggetti privati e vengono gestite da questi) cui dovrebbero poter accedere anche microimprese e piccole imprese. Dovrebbero essere realizzate interconnessioni e sinergie tra le varie piattaforme online nazionali, e la Commissione europea potrebbe agevolare l'accesso ai differenti mercati online negli Stati membri. Va detto anche che il numero di trasferimenti transfrontalieri di aziende tra le piccole imprese è in aumento. Una migliore cooperazione tra le piattaforme online nazionali costituirebbe un modo efficace sotto il profilo dei costi per consentire alle piccole imprese di reperire proprietari di aziende di altri Stati membri che potrebbero essere oggetto di trasferimento.

4.11

Per elaborare una politica europea in materia di trasferimenti di imprese che abbia successo occorre migliorare la raccolta dei dati, dal momento che ancora oggi i dati disponibili sui trasferimenti di imprese sono frammentati e non comparabili. Il CESE raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di adottare le misure proposte per migliorare la base di dati sui trasferimenti di imprese, misure delineate nella recente relazione dal titolo Improving the evidence base on transfer of business in Europe (22). Il CESE raccomanda inoltre di mettere a punto un barometro dei trasferimenti di imprese nell'UE, con la pubblicazione di una relazione in materia ogni quattro anni, al fine di apportare un contributo all'elaborazione di politiche basate su dati concreti e di migliore qualità. Si dovrebbero altresì prendere in considerazione diverse iniziative di sensibilizzazione, ad esempio l'istituzione di una Settimana nazionale e/o europea del trasferimento di imprese.

4.12

Il CESE propone che, oltre a sviluppare una raccolta di dati migliore, la Commissione riesamini periodicamente la situazione dei trasferimenti di imprese in Europa. L'assemblea annuale delle PMI dell'UE dovrebbe fungere da forum periodico di discussione e condivisione delle esperienze per i trasferimenti di MPMI.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Ad esempio, in Francia esiste un quadro per organizzare e facilitare il trasferimento delle imprese ai dipendenti e per rafforzare l'attività economica dei territori agevolando il trasferimento delle MPMI.

(2)  Il meccanismo di allerta precoce è un servizio di consulenza e sostegno alle imprese in difficoltà finanziarie che prevede un intervento precoce teso a prevenire i fallimenti di imprese sane.

(3)  Conferenza sul futuro dell'Europa, relazione sul risultato finale, maggio 2022.

(4)  Business Dynamics: Start-ups, business transfers and bankruptcy [Dinamiche d'impresa: start-up, trasferimenti di imprese e aziende fallite], Commissione europea, 2011.

(5)  Comunicazione della Commissione europea «Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e l'occupazione — Il trasferimento di proprietà delle imprese — La continuità grazie a un nuovo avvio», COM(2006) 117 final, pag. 4.

(6)  Raccomandazione della Commissione, del 7 dicembre 1994, sulla successione nelle piccole e medie imprese (94/1069/CE).

(7)  Comunicazione della Commissione europea «Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e l'occupazione — Il trasferimento di proprietà delle imprese — La continuità grazie a un nuovo avvio», COM(2006) 117 final.

(8)  Comunicazione della Commissione «Una strategia per le PMI per un'Europa sostenibile e digitale», COM(2020) 103.

(9)  Commissione europea, Agenzia esecutiva per le piccole e le medie imprese, Improving the evidence base on transfer of business in Europe: final report [Migliorare la base di dati scientifici sul trasferimento di imprese in Europa — Relazione finale], Ufficio delle pubblicazioni, 2021.

(10)  https://ec.europa.eu/growth/smes/supporting-entrepreneurship/transfer-businesses_it.

(11)  GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 1.

(12)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 210.

(13)  GU C 194 dell'12.5.2022, pag. 7.

(14)  Commissione europea, EASME, Improving the evidence base on transfer of business in Europe: sintesi [Migliorare la base di dati scientifici sul trasferimento di imprese in Europa — Relazione finale], Ufficio delle pubblicazioni, 2021

(15)  Tall, Varamäki & Viljamaa: Business Transfer Promotion in European Countries [Promozione dei trasferimenti di imprese nei paesi europei], Seinäjoki 2021, pag. 8.

(16)  Comunicazione della Commissione europea «Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e l'occupazione — Il trasferimento di proprietà delle imprese — La continuità grazie a un nuovo avvio», pagg. 3-4.

(17)  SMEunited (Organizzazione europea dell'artigianato e delle PMI), Position on long-term vision for the EU’s rural area [Posizione in merito alla visione a lungo termine dell'UE per le zone rurali], aprile 2022.

(18)  Ad esempio, le sociedades laborales (imprese a partecipazione operaia o di lavoratori associati) in Spagna.

(19)  GU C 286 dell'16.7.2021, pag. 13.

(20)  Transeo è un'associazione internazionale senza fini di lucro che riunisce esperti in trasferimenti e acquisizioni di piccole e medie imprese provenienti dall'Europa e da altri paesi.

(21)  Tall, Varamäki & Viljamaa: Business Transfer Promotion in European Countries [Promozione dei trasferimenti di imprese nei paesi europei], Seinäjoki 2021, pag. 8.

(22)  Commissione europea, Agenzia esecutiva per le piccole e le medie imprese, Improving the evidence base on transfer of business in Europe: final report [Migliorare la base di dati scientifici sul trasferimento di imprese in Europa — Relazione finale], Ufficio delle pubblicazioni, 2021


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/15


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: «Tassonomia sociale — Sfide e opportunità»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 486/03)

Relatrice:

Judith VORBACH

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

9.9.2022

Adozione in sessione plenaria

22.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

123/26/12

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Con il presente parere il CESE illustra l’idea di una tassonomia sociale, allo scopo di stimolare il dibattito. Il CESE invita la Commissione a pubblicare l’attesa relazione riguardante le disposizioni che sarebbero necessarie per estendere l’ambito di applicazione della tassonomia ad «altri obiettivi di sostenibilità, come gli obiettivi sociali», come previsto dal regolamento sulla tassonomia (1) (in appresso, «il regolamento»). Il CESE è favorevole a una tassonomia sociale realizzabile a livello operativo e concettualmente solida, che consenta di sfruttare le opportunità offerte, gestendo nel contempo le difficoltà esistenti. La tassonomia dell’UE dovrebbe essere in linea con un approccio onnicomprensivo, che tenga conto della sostenibilità ambientale e sociale. Alla luce delle difficoltà della transizione verde, degli effetti economici e sociali della pandemia, della guerra in Ucraina provocata dall’aggressione russa e delle conseguenti tensioni geopolitiche, il CESE rinnova la propria richiesta di perseguire una politica economica equilibrata, rivolgendo una maggiore attenzione agli obiettivi di carattere sociale.

1.2

Le garanzie minime di salvaguardia previste dal regolamento sono accolte con favore e dovrebbero essere attuate con rigore. Esse non sono tuttavia sufficienti a garantire la sostenibilità sociale per i lavoratori, i consumatori e le comunità. Una tassonomia dell’UE contribuirebbe a soddisfare i pressanti fabbisogni di investimento in ambito sociale incanalando gli investimenti in tale direzione. Assumerà ancora più importanza se inserita in una politica globale tesa a garantire l’equità e l’inclusione sociale. Una transizione giusta richiede condizioni sociali sostenibili e la tassonomia sociale potrebbe fornire gli orientamenti da tempo attesi. Il CESE invita la Commissione a fornire una stima delle risorse necessarie per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali. Tutto considerato, gli investimenti pubblici continueranno a svolgere un ruolo fondamentale nel settore dei servizi pubblici. Il finanziamento del benessere sociale mediante la spesa pubblica e la stabilità dei sistemi di sicurezza sociale rimane fondamentale. Tuttavia, una tassonomia sociale stabilita di comune accordo potrebbe fornire orientamenti per gli investimenti con impatti sociali positivi.

1.3

Il CESE raccomanda che la relazione della Commissione sia in linea con l’approccio multilivello e diversificato proposto dalla piattaforma sulla finanza sostenibile (2) (in appresso, «la piattaforma»). Sarebbe utile integrare una tassonomia sociale nel contesto legislativo dell’UE in materia di finanza e governance sostenibili, tenendo presente che c’è molto lavoro da fare. In particolare, la proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità rappresenterebbe un’importante integrazione della tassonomia sociale sulla base della quale potrebbero essere esaminati e valutati i provvedimenti. Una tassonomia sociale ben concepita contribuirebbe inoltre ad affrontare il potenziale problema della sostenibilità sociale di facciata (social washing). Il CESE raccomanda di iniziare con orientamenti chiari e lineari, che prevedano procedure semplici e trasparenti, e di integrarli gradualmente in un secondo momento. Una stretta integrazione delle tassonomie in ambito sociale e ambientale dovrebbe essere l’obiettivo ultimo, ma in una prima fase potrebbe essere utile introdurre garanzie minime di salvaguardia che siano reciproche.

1.4

La tassonomia dell’UE dovrebbe indicare le azioni e le imprese che offrono un contributo concreto alla sostenibilità sociale, e costituire una regola aurea con un livello di ambizione più elevato rispetto a quanto previsto dalle normative. Il CESE accoglie con favore gli obiettivi proposti dalla piattaforma: il lavoro dignitoso, un tenore di vita adeguato e comunità inclusive e sostenibili. Anche se la base di riferimento dovrebbe essere costituita da diversi principi internazionali ed europei, il CESE raccomanda di rivolgere particolare attenzione al pilastro europeo dei diritti sociali e ai pertinenti obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), quale l’obiettivo 8 sul lavoro dignitoso. In ogni caso, il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori deve essere un requisito per la conformità alla tassonomia. L’osservanza degli accordi di contrattazione collettiva e dei meccanismi di codeterminazione, in conformità del diritto nazionale e della legislazione europea pertinenti, è fondamentale e dovrebbe rientrare nel principio DNSH (3). Gli orientamenti che hanno impatti sociali positivi e che sono basati su un accordo tra le parti sociali dovrebbero essere considerati conformi alla tassonomia. Va tenuto presente che il livello di copertura offerto dalla contrattazione collettiva varia notevolmente tra gli Stati membri ed è diminuito in 22 di essi, un problema che è stato affrontato dalla direttiva sul salario minimo.

1.5

Il CESE esorta i legislatori a coinvolgere pienamente le parti sociali e le organizzazioni della società civile nell’elaborazione della tassonomia sociale, non solo perché sono direttamente interessate e sono tenute ad adempiere agli obblighi di comunicazione ma anche allo scopo di salvaguardarne la titolarità. Il CESE nutre dubbi in merito al ricorso eccessivo agli atti delegati nel campo della tassonomia, alla luce dell’ampio ventaglio di questioni politiche trattate. L’obiettivo della tassonomia è quello di garantire trasparenza agli investitori, alle imprese e ai consumatori. In futuro dovrebbe essere adeguatamente valutato e discusso il suo potenziale utilizzo da parte delle istituzioni governative come riferimento per i programmi di aiuto e di finanziamento. Qualunque utilizzo più ampio deve essere subordinato a un processo decisionale appropriato. È necessario prevenire qualsiasi interferenza indebita con la legislazione nazionale e con l’autonomia delle parti sociali. Va infine escluso il rischio di una sostenibilità sociale di facciata (social washing). I sindacati, i consigli di fabbrica, le organizzazioni dei consumatori e altri rappresentanti della società civile organizzata dovrebbero disporre di meccanismi di denuncia e le autorità nazionali competenti dovrebbero avere maggiori responsabilità per quanto concerne i compiti di controllo.

1.6

Il CESE desidera sottolineare gli ulteriori benefici associati alla tassonomia sociale. Innanzi tutto, la crescente domanda di investimenti con un impatto sociale andrebbe sostenuta proponendo una tassonomia affidabile che costituisca un concetto coerente per la misurazione della sostenibilità sociale. In secondo luogo, le attività socialmente dannose potrebbero comportare rischi economici e una tassonomia potrebbe contribuire a ridurli al minimo. In terzo luogo, la trasparenza è fondamentale per l’efficienza dei mercati dei capitali e potrebbe altresì contribuire al mercato interno sociale, come stabilito dall’articolo 3 TFUE. Essa promuoverebbe condizioni di parità, preverrebbe la concorrenza sleale e renderebbe più visibile il contributo delle imprese e delle organizzazioni alla sostenibilità sociale. Infine, l’UE dovrebbe sfruttare i propri punti di forza e adoperarsi per diventare un modello e un precursore in materia di sostenibilità ambientale e sociale. Andrebbe inoltre rilanciato il dibattito su un’agenzia di rating dell’UE. Il CESE rinnova inoltre la sua richiesta di un’adeguata regolamentazione e vigilanza dei fornitori di dati di natura finanziaria e non finanziaria.

1.7

Il CESE sottolinea altresì l’esistenza di alcune sfide e le possibili soluzioni. Esistono innanzi tutto timori di preclusione dal mercato. Gli investimenti si basano comunque anche su altri criteri, come il rendimento atteso, che potrebbero contare di più degli obiettivi di sostenibilità, ed esistono numerosi casi di sinergie tra gli interessi degli investitori e di altri soggetti interessati. In ogni caso, la non conformità alla tassonomia non deve essere considerata dannosa e tale aspetto deve essere chiarito dalla Commissione. Occorre porre maggiormente l’accento sull’impatto degli investimenti sostenibili sulle attività dell’economia reale. In secondo luogo, la definizione di quali aspetti includere nella tassonomia rappresenterà un tema controverso. Ed è proprio per questo che il processo di definizione dovrebbe essere oggetto di un dibattito e di un processo decisionale democratici. Potrebbe pertanto essere elaborata una nozione comune e affidabile di sostenibilità, alla quale ogni singolo attore possa e debba fare riferimento. Il successo della tassonomia è legato alla sua credibilità e le attività incluse devono soddisfare una definizione ampiamente accettata di sostenibilità. Infine, una tassonomia sociale potrebbe implicare ulteriori obblighi di comunicazione. Il CESE invita la Commissione a ridurli al minimo, evitando nel contempo le sovrapposizioni. La consulenza e la prestazione di servizi in materia di tassonomia da parte di un’agenzia legalmente autorizzata potrebbero essere strumenti utili, in particolare per le piccole e medie imprese, le cooperative e i modelli aziendali senza finalità di lucro. Inoltre, gli istituti finanziari dovrebbero essere incoraggiati a fornire valutazioni dell’impatto sociale degli investimenti, come fanno attualmente in tutto il mondo le banche etiche.

2.   Contesto del parere

2.1

Il quadro dell’UE per la finanza sostenibile dovrebbe contribuire a indirizzare i flussi finanziari privati verso le attività economiche sostenibili. Il piano d’azione 2018 sulla finanza sostenibile include una tassonomia, un sistema di comunicazione per le imprese e strumenti di investimento, compresi parametri di riferimento, norme ed etichette, mentre la strategia rinnovata per la finanza sostenibile del 2021 si concentra sul finanziamento della transizione dell’economia reale verso la sostenibilità, sull’inclusività, la resilienza e il contributo del settore finanziario, nonché sugli obiettivi globali. In tale quadro, l’UE ha lavorato a numerose iniziative legislative in cui la tassonomia dell’UE svolge un ruolo di primaria importanza. Il CESE rimanda a tale proposito ai corrispondenti pareri (4).

2.2

La tassonomia dell’UE dovrebbe garantire la trasparenza agli investitori e alle imprese e sostenerli nell’individuazione degli investimenti sostenibili. Il regolamento rappresenta un sistema di classificazione, che si concentra su sei obiettivi ambientali nel settore dell’attenuazione dei cambiamenti climatici e dell’adattamento ad essi, delle risorse idriche, della biodiversità, della prevenzione dell’inquinamento e dell’economia circolare. Un investimento sostenibile sotto il profilo ambientale deve contribuire in modo rilevante a conseguire uno o più di questi obiettivi, non arrecare un danno significativo a tali obiettivi (il cosiddetto «principio DNSH») e rispettare i limiti di prestazione (definiti come criteri di vaglio tecnico). Deve inoltre soddisfare le garanzie minime di salvaguardia sociali e in materia di governance (articolo 18). Di conseguenza, le imprese devono attuare procedure volte a garantire l’allineamento di un’attività alle linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali, ai Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, alla dichiarazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro e alla Carta internazionale dei diritti dell’uomo.

2.3

L’articolo 26 del regolamento impone alla Commissione di pubblicare una relazione entro la fine del 2021 che illustri le disposizioni necessarie per estendere l’ambito di applicazione del regolamento ad «altri obiettivi di sostenibilità, come gli obiettivi sociali». Detto articolo evidenzia l’intenzione di estendere l’ambito di applicazione del regolamento, ma non prevede tuttavia l’attuazione obbligatoria della tassonomia sociale. Ai sensi del regolamento, il sottogruppo della piattaforma che si occupa della tassonomia sociale è stato incaricato di valutare l’estensione della tassonomia agli obiettivi sociali. La sua relazione finale sulla tassonomia sociale è stata pubblicata nel febbraio 2022 (5), più tardi di quanto annunciato, e la Commissione dovrebbe elaborare la sua relazione su tale base. La piattaforma è altresì invitata a fornire indicazioni alla Commissione sull’applicazione dell’articolo 18, ossia a fornire orientamenti su come le imprese potrebbero conformarsi alle garanzie minime di salvaguardia e sulla possibile necessità di integrare i requisiti dell’articolo.

2.4

La piattaforma propone una struttura per una tassonomia sociale nel quadro dell’attuale panorama legislativo dell’Unione in materia di finanza sostenibile e governance. Nel caso dell’attuazione di una tassonomia sociale, ulteriori disposizioni fornirebbero il contesto normativo, ivi compresi la proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità (che sostituirà la direttiva riguardante la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e introdurrà norme vincolanti per quanto riguarda la comunicazione sulla sostenibilità), il regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari e la direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità. In particolare, la proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità impone altresì alle imprese di elaborare una serie di informazioni su aspetti di carattere sociale e di comunicare i fattori di governance, e si prevede che migliorerà la comunicazione in relazione alle questioni sociali. Sarebbe pertanto un importante complemento alla tassonomia sociale sulla base del quale tali aspetti possono essere analizzati e valutati.

2.5

Nonostante talune differenze, la piattaforma suggerisce di seguire gli aspetti strutturali della tassonomia ambientale. Essa propone tre obiettivi principali accompagnati da obiettivi secondari. L’obiettivo del lavoro dignitoso include obiettivi secondari quali il rafforzamento del dialogo sociale, la promozione della contrattazione collettiva e retribuzioni adeguate che garantiscano una vita dignitosa. L’obiettivo di un tenore di vita adeguato include prodotti sani e sicuri, servizi sanitari e alloggi di qualità, mentre l’obiettivo di comunità inclusive e sostenibili dovrebbe promuovere altresì l’uguaglianza, la crescita inclusiva e mezzi di sussistenza sostenibili. Le garanzie minime proposte si riferiscono a obiettivi ambientali, governativi e sociali al fine di evitare incoerenze, ad esempio un’impresa che svolge attività sostenibili coinvolta in violazioni dei diritti umani. Inoltre, dovrebbero essere presi in considerazione i soggetti interessati pertinenti, in particolare la forza lavoro e i lavoratori della catena del valore del soggetto considerato, gli utenti finali e le comunità interessate. Si suggeriscono altresì i criteri riguardanti il principio «non arrecare un danno significativo» in ambito sociale e un elenco di attività dannose.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE chiede una politica economica coerente con gli obiettivi sanciti all’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea (TUE) e con gli OSS. È necessario concentrarsi in modo equilibrato sugli obiettivi strategici fondamentali, in particolare sostenibilità ambientale, crescita sostenibile e inclusiva, piena occupazione e posti di lavoro di qualità, distribuzione equa, salute e qualità della vita, parità di genere, stabilità dei mercati finanziari, stabilità dei prezzi, scambi commerciali equilibrati sulla base di una struttura industriale ed economica equa e competitiva e finanze pubbliche stabili. Il CESE richiama inoltre l’attenzione sull’agenda per la sostenibilità competitiva, che pone le sue quattro dimensioni (sostenibilità ambientale, produttività, equità e stabilità macroeconomica) su un piano di parità al fine di ottenere effetti di rafforzamento e assicurare la riuscita della transizione verde e digitale (6). Alla luce della guerra in Ucraina causata dall’aggressione russa, il CESE rinnova l’invito a promuovere una politica economica equilibrata che contribuisca ad attenuare gli effetti economici e sociali della guerra, e si richiama alla dichiarazione nella costituzione dell’OIL del 1919 secondo la quale «una pace universale e duratura non può che essere fondata sulla giustizia sociale».

3.2

Il CESE intende chiarire il concetto di tassonomia sociale allo scopo di stimolare il dibattito e di fare opera di sensibilizzazione al riguardo. Il CESE è favorevole a una tassonomia sociale ben concepita, realizzabile a livello operativo e concettualmente solida, che consenta di verificare le notevoli opportunità offerte superando nel contempo le difficoltà esistenti (cfr. più in basso). Come la politica economica in generale, il concetto di sostenibilità legato alle finanze e, in particolare, la tassonomia dell’UE dovrebbero essere conformi a un approccio onnicomprensivo e multidimensionale nel cui quadro occorre adoperarsi per porre la sostenibilità ambientale e quella sociale su un piede di parità. Inoltre, la transizione verde può essere dannosa in termini sociali. È pertanto necessario proteggere e rafforzare gli standard in ambito sociale, concentrandosi in particolare sull’obiettivo di non lasciare indietro nessuno. Una transizione giusta richiede condizioni sociali sostenibili e la tassonomia sociale potrebbe fornire orientamenti in tal senso.

3.3

Il CESE considera la tassonomia sociale un complemento importante e necessario per la dimensione sociale dell’UE e invita la Commissione a pubblicare la relazione, come stabilito dall’articolo 26, entro i termini previsti. Occorre allinearsi all’approccio multilivello e diversificato della relazione elaborata dalla piattaforma. Tuttavia, la ricerca della perfezione e l’inclusione immediata di tutti gli aspetti di sostenibilità sociale potrebbero causare gravi ritardi nell’attuazione della tassonomia sociale e si correrebbe perfino il rischio che il progetto sia abbandonato del tutto. Di conseguenza, il CESE raccomanda di avviare tempestivamente il processo con orientamenti chiari e lineari e con procedure di trasparenza semplici, per poi integrarlo gradualmente e costantemente. Per quanto concerne il rapporto tra la tassonomia ambientale e la tassonomia sociale, l’obiettivo dovrebbe consistere nel promuovere la coerenza e una stretta integrazione dei due approcci. In una prima fase, le garanzie minime di salvaguardia reciproche potrebbero comunque risultare utili.

3.4

Il CESE si compiace del fatto che la piattaforma abbia pubblicato un progetto di relazione riguardante l’articolo 18 del regolamento, al fine di consigliare le imprese su come attenersi a quanto disposto nel suddetto articolo e, eventualmente, di consentirne la modifica. In particolare, nel contesto della sostenibilità sociale è fondamentale valutare le effettive prestazioni di un’azienda in termini di diritti umani, relazioni industriali e lavoro dignitoso. Tuttavia, per quanto le garanzie minime di salvaguardia della tassonomia ambientale siano assolutamente apprezzabili e dovrebbero essere attuare integralmente, esse non potranno mai sostituire una tassonomia sociale. Esse non sono certamente sufficienti a garantire la sostenibilità sociale per i lavoratori, i consumatori e le comunità (7). Inoltre, il CESE raccomanda di cooperare a livello locale con le parti sociali, le organizzazioni della società civile e le imprese sociali al fine di monitorare e promuovere l’impatto positivo delle attività economiche sulle parti interessate.

3.5

La tassonomia sociale assumerà ancora più importanza se inserita in una politica globale tesa a garantire la sostenibilità sociale, accompagnata da norme appropriate, ad esempio in relazione al dovere di diligenza in materia di diritti umani. Tuttavia, non sostituirà mai una regolamentazione e una politica sociale solide attuate dai governi. Il finanziamento del benessere sociale mediante la spesa pubblica e la stabilità dei sistemi di sicurezza sociale rimane fondamentale. La tassonomia non dovrebbe generare un effetto di spiazzamento o spingere verso la privatizzazione. Gli investimenti pubblici continuano a svolgere un ruolo fondamentale nel settore dei servizi pubblici e spesso stimolano ulteriori investimenti privati. La tassonomia sociale potrebbe tuttavia fornire criteri di sostenibilità nel settore delle infrastrutture, della sanità, dell’istruzione e formazione nonché dell’edilizia sociale per gli eventuali investitori, al fine di consentire investimenti socialmente sostenibili nell’economia reale e di evitare una sostenibilità sociale di facciata. In futuro, la tassonomia potrebbe essere utilizzata anche dalle istituzioni governative come riferimento per i programmi di aiuto e di finanziamento, possibilità che dovrà essere adeguatamente valutata e discussa.

3.6

Una tassonomia sociale fornirebbe un’articolazione dettagliata degli impatti sociali positivi e negativi delle attività economiche. Molti degli aspetti considerati sono strettamente correlati alle tematiche tradizionalmente dibattute tra le parti sociali e le organizzazioni della società civile. Il CESE chiede che le parti sociali e la società civile organizzata siano pienamente coinvolte nell’elaborazione della tassonomia sociale, per quel che riguarda in particolare gli obiettivi (secondari), i criteri sull’applicazione del principio «non arrecare un danno significativo» e la salvaguardia dei principi. I datori di lavoro, i lavoratori, i consumatori e altri portatori di interessi e comunità sono interessati dalla formulazione degli obiettivi e/o sono soggetti a obblighi di comunicazione. Il CESE richiama inoltre l’attenzione sui fondi pensione come esempio di situazione in cui i beneficiari degli investimenti sono dei lavoratori. Il coinvolgimento delle parti interessate è essenziale per salvaguardare la titolarità. Il CESE ritiene che una tassonomia sociale possa essere attuata attraverso la revisione del regolamento cui si procederebbe con una procedura legislativa ordinaria. Il ricorso eccessivo agli atti delegati nel contesto della finanza sostenibile e in particolare per l’attuazione della tassonomia è discutibile, poiché viene trattato un ampio ventaglio di questioni politiche che vanno ben oltre le specifiche tecniche.

3.7

Il CESE sottolinea l’importanza di migliorare la qualità delle informazioni nel campo degli investimenti socialmente sostenibili e di prevenire la disinformazione sulla situazione sociale, al fine di evitare impatti negativi su tutte le parti interessate. Una tassonomia sociale ben concepita contribuirebbe in modo significativo a risolvere tali problemi indicando chiaramente le attività e i soggetti che contribuiscono in modo importante alla sostenibilità sociale. Essa dovrebbe costituire una regola aurea e dovrebbe riflettere un livello di ambizione più elevato rispetto a quanto già previsto dalle normative, trovando nel contempo il giusto equilibrio tra obiettivi troppo generali o troppo circoscritti. Se da un lato i criteri ambientali hanno un fondamento più scientifico, dall’altro una tassonomia sociale come quella proposta dalla piattaforma si baserebbe maggiormente su norme e quadri concordati a livello mondiale, che potrebbero non essere vincolanti ma fungere da orientamenti per incoraggiare le attività socialmente sostenibili.

3.8

Il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori deve essere un requisito per la conformità alla tassonomia. Analogamente, l’osservanza degli accordi di contrattazione collettiva e dei meccanismi di codeterminazione, in conformità del diritto nazionale e della legislazione europea pertinenti, è fondamentale e dovrebbe rientrare nel principio DNSH. Inoltre, gli orientamenti che prevedono procedure semplici e trasparenti, con impatti sociali positivi e basate su un accordo tra le parti sociali, dovrebbero costituire un’attività economica conforme alla tassonomia. A tale proposito, è importante tenere presente che il livello di copertura offerto dalla contrattazione collettiva varia molto tra gli Stati membri, passando dal 7 % in Lituania al 98 % in Austria. Dal 2000 ad oggi la copertura della contrattazione collettiva si è ridotta in 22 Stati membri, e si stima che il numero di lavoratori cui tale copertura si estende sia attualmente diminuito di almeno 3,3 milioni di unità. Un ruolo importante nell’attuazione della tassonomia sociale è svolto dalla nuova direttiva sui salari minimi e dall’estensione dell’applicazione degli accordi relativi a contratti collettivi (8). Il CESE raccomanda inoltre di fornire orientamenti chiari sull’attuazione delle garanzie minime di salvaguardia direttamente nell’atto legislativo proposto, possibilmente sulla base della relazione della piattaforma in merito all’articolo 18 del regolamento.

3.9

Diversi precetti e principi internazionali ed europei possono fungere da base per la tassonomia sociale. In relazione agli obiettivi (secondari), il CESE raccomanda di fare riferimento al pilastro europeo dei diritti sociali e al relativo piano d’azione, nonché ai pertinenti OSS, specificamente OSS 8 (lavoro dignitoso e crescita economica), OSS 1 (sconfiggere la povertà), OSS 2 (sconfiggere la fame), OSS 3 (salute e benessere), OSS 4 (istruzione e formazione), OSS 5 (parità di genere), OSS 10 (ridurre le disuguaglianze) e OSS 11 (città e comunità sostenibili). Anche i quadri concordati dalle parti sociali potrebbero costituire un riferimento importante. Il CESE ritiene fondamentale l’idea della piattaforma di attuare garanzie minime di salvaguardia basate sui Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e sulle linee guida dell’OCSE. La Carta sociale europea, la Carta dei diritti fondamentali, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la proposta di direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità costituirebbero a loro volta preziosi punti di riferimento per la tassonomia sociale. Andrebbero escluse le attività che sono ritenute significativamente dannose, ossia quelle che sono fondamentalmente e in ogni circostanza in contrasto con qualsiasi obiettivo di sostenibilità e che non possono essere rese in alcun modo meno dannose. In quest’ottica andrebbero quindi escluse la produzione e la vendita di armi vietate da accordi internazionali, quali bombe a grappolo o mine antiuomo. Il CESE raccomanda inoltre di elaborare un approccio per la gestione dei rapporti con i regimi aggressivi e belligeranti.

4.   Opportunità della tassonomia sociale

4.1

Il CESE raccomanda vivamente di sfruttare il potenziale della tassonomia per incanalare gli investimenti verso attività e soggetti socialmente sostenibili e per creare posti di lavoro dignitosi. Oltre il 20 % dei cittadini dell’UE è a rischio di povertà; la pandemia ha amplificato le disuguaglianze e la guerra in Ucraina inasprirà ulteriormente le tensioni economiche e sociali. A livello mondiale, si stima che dovranno essere mobilitati all’incirca 3 300-4 500 miliardi di dollari all’anno per realizzare gli OSS. I beni prodotti violando i diritti umani in materia di lavoro sono collegati al mercato dell’UE in cui sono importati. Nell’UE vi è inoltre l’impellente necessità di investimenti sociali, ad esempio per la riduzione della povertà, per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e la sanità (9). Il divario minimo degli investimenti nelle infrastrutture sociali è stato stimato a circa 1,5 miliardi di EUR dal 2018 al 2030 (10). Il CESE invita la Commissione a presentare una stima aggiornata del fabbisogno di investimenti al fine di rispettare il pilastro europeo dei diritti sociali e di conseguire gli obiettivi principali dell’UE per il 2030. Per realizzare la sostenibilità sociale sono necessari considerevoli fondi pubblici e privati.

4.2

Con l’aiuto di una tassonomia sociale, gli investitori e le imprese potrebbero valutare l’impatto sociale del loro investimento o della loro attività e, su base volontaria, considerarlo un obiettivo essenziale. Il CESE pone in evidenza la crescente domanda di investimenti con un impatto sociale e apprezza l’apertura degli investitori nei confronti della finanza socialmente sostenibile. Per contro, mancano una definizione e una standardizzazione, e l’analisi dei rating sugli aspetti ambientali, sociali e di governance (ESG) e dei relativi risultati evidenzia inoltre differenze fondamentali a seconda di chi emette il rating, il che rende difficili gli investimenti socialmente sostenibili. Una tassonomia sociale costituirebbe un concetto coerente per definire e promuovere la sostenibilità sociale e misurare i progressi. Ha il potenziale per rafforzare la responsabilità e fornire orientamenti chiari. Offrirebbe pertanto un sostegno fondamentale agli investitori nel perseguimento dei loro obiettivi e potrebbe costituire un incentivo affinché altri partecipanti al mercato investano in tale direzione, contribuendo nel contempo a prevenire il social washing.

4.3

Le attività con effetti sociali dannosi possono implicare anche rischi economici. Esistono rischi di boicottaggio se un’impresa è associata alla violazione dei diritti umani, e un’azienda corre il rischio di essere esclusa dagli appalti pubblici qualora non adempia ai propri obblighi di dovuta diligenza in materia di diritti umani. Potrebbe inoltre trovarsi coinvolta in contenziosi onerosi dovuti alla violazione dei diritti umani o le catene di approvvigionamento potrebbero subire interruzioni a causa di scioperi. Anche i rischi economici e politici associati al crescente divario tra ricchi e poveri potrebbero influenzare le attività di investimento. Tali rischi potrebbero essere ridotti al minimo da decisioni di investimento basate su una tassonomia sociale. Il CESE richiama altresì l’attenzione sul lavoro della BCE volto a rafforzare il monitoraggio e la gestione dei rischi sistemici associati alla mancata considerazione dei fattori di sostenibilità. Il CESE sottolinea che i rischi ambientali sono spesso accompagnati da rischi sociali, ad esempio quando le persone perdono la casa a causa di inondazioni. Tutto considerato, i rischi di sostenibilità sociale dovrebbero essere trattati in maniera esplicita ed essere parte integrante dell’azione della BCE in materia di rischi di sostenibilità.

4.4

Il CESE sottolinea altresì che la trasparenza costituisce un elemento essenziale dell’efficienza del mercato e non soltanto per i mercati dei capitali. Una tassonomia sociale potrebbe offrire inoltre uno strumento per aiutare a trovare un equilibrio tra le libertà economiche e i diritti sociali e dei lavoratori (11). Migliorando la trasparenza, essa potrebbe contribuire al mercato interno sociale come stabilito dall’articolo 3 TFUE e promuovere una concorrenza leale. La tassonomia sociale promuoverebbe inoltre condizioni di parità e offrirebbe maggiore visibilità alle imprese che rispettano i diritti umani e dei lavoratori e offrono un contributo significativo alla sostenibilità sociale, aiutandole ad attrarre gli investitori. Il potenziale ruolo di trasformazione della tassonomia sarebbe rafforzato dalla diffusione della sua conoscenza. In tale contesto, il CESE ribadisce la funzione positiva che gli strumenti finanziari possono avere nello sviluppo delle imprese a impatto sociale (12).

4.5

L’UE si è infine imposta come leader a livello internazionale nel campo della finanza sostenibile sotto il profilo ambientale e contribuisce attivamente agli sforzi a livello mondiale in questo campo. Il CESE accoglie con favore tali sforzi, ma rammenta alla Commissione la necessità di promuovere anche la sostenibilità sociale e gli OSS. Nel contesto della sostenibilità sociale, l’UE dovrebbe inoltre adoperarsi per essere un modello di riferimento e diventare un precursore, promuovendo il dibattito su tale tema nelle sedi internazionali. Un’architettura internazionale sulla finanza sostenibile deve tenere conto anche della sostenibilità sociale, in particolare in tempi di guerra e di tensioni internazionali.

5.   Sfide e possibili soluzioni

5.1

L’intenzione degli investitori finanziari di effettuare investimenti sostenibili sotto il profilo sociale e ambientale è da accogliere con grande favore e deve essere sostenuta. Tuttavia, i partecipanti al mercato finanziario basano in generale le proprie decisioni di investimento sulle aspettative riguardanti il rendimento, il rischio, la liquidità e la durata. Tali motivazioni potrebbero essere antitetiche rispetto agli interessi di altri soggetti interessati ed essere in contrasto con gli obiettivi ambientali o sociali, oppure potrebbero addirittura contare di più di tali obiettivi. Il CESE sottolinea tuttavia le numerose sinergie possibili tra gli interessi degli investitori e altri soggetti interessati, ad esempio quando il miglioramento relativo alla partecipazione dei lavoratori si traduce in un aumento della produttività delle aziende o quando un’attività economica contribuisce al benessere delle comunità. In ogni caso, le attività o entità economiche che potrebbero non essere conformi alla tassonomia non devono essere considerate automaticamente dannose. In tale contesto, sorgono timori in merito alla preclusione dal mercato e il CESE chiede alla Commissione chiarimenti in merito e un approccio equilibrato. Occorre porre maggiormente l’accento sull’impatto degli investimenti sostenibili sulle attività dell’economia reale.

5.2

Le incompatibilità potrebbero sorgere perché le questioni sociali sono disciplinate al livello degli Stati membri e tra le parti sociali, mentre la società civile organizzata nel suo insieme si adopera per essere coinvolta in questioni sociali, ambientali e di altra natura. Il CESE accoglie tuttavia con favore la relazione della piattaforma per quanto riguarda il rischio di violazione di altri regolamenti, e presume che la proposta della Commissione farà attenzione a evitare sovrapposizioni contraddittorie e interferenze con i sistemi sociali, con le relazioni industriali e i regolamenti nazionali. Una tassonomia sociale si baserebbe inoltre su dichiarazioni e principi internazionali ed europei comuni — come il pilastro europeo dei diritti sociali — e costituirebbe la base per una presa di decisioni volontaria che non prevede una particolare politica sociale. Tuttavia, qualunque utilizzo più ampio della tassonomia, come sopra indicato, deve essere subordinato a un processo decisionale appropriato. È necessario prevenire qualsiasi interferenza indebita con la legislazione nazionale e con l’autonomia delle parti sociali e devono essere riconosciute le differenze tra i paesi per quel che concerne i modelli del mercato del lavoro e i sistemi di contrattazione collettiva.

5.3

L’elaborazione di una tassonomia sociale e quindi di una panoramica strutturata di attività e settori socialmente sostenibili riguarda anche i valori politici. Sarà un compito impegnativo stabilire quale attività economica e/o settore sia da considerare conforme alla tassonomia. È esattamente per questo motivo che l’elaborazione della tassonomia dovrebbe essere oggetto di un dibattito politico e di un processo decisionale democratico (13). Solo in queste condizioni sarà possibile sviluppare un’idea comune di sostenibilità sociale su cui i singoli attori potrebbero e dovrebbero fare affidamento e a cui dovrebbero fare riferimento. Il CESE sottolinea che, anche in ambito sociale, il successo della tassonomia dipende dalla sua ampia accettazione. Le attività e i settori inclusi devono rispettare una definizione ampiamente condivisa di sostenibilità e basarsi su valori generalmente riconosciuti, quali la dignità umana, la parità di genere, l’equità, l’inclusione, la non discriminazione, la solidarietà, l’accessibilità sul piano economico, il benessere e la diversità. Per non compromettere il progetto della tassonomia nel suo complesso, è fondamentale salvaguardare la credibilità della tassonomia stessa.

5.4

Ulteriori timori sono legati al fatto che la tassonomia possa sovraccaricare le imprese con ulteriori obblighi di comunicazione, rendendo necessario fornire informazioni complesse e difficili secondo procedure di audit onerose. Il CESE invita la Commissione a ridurre al minimo tali oneri e a elaborare criteri semplici e facilmente osservabili, sfruttando anche le sovrapposizioni con altri obblighi di comunicazione. Il CESE accoglie con favore l’approccio seguito dalla piattaforma nello strutturare gli obiettivi della tassonomia sociale in modo analogo all’articolazione degli obiettivi proposta nella direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità. Tutto considerato, il CESE invita ad adottare un insieme di norme chiare e coerenti, senza un’eccessiva complessità e duplicazioni, in modo che siano funzionali a livello pratico, garantendo nel contempo il livello richiesto di trasparenza. Potrebbe essere utile anche la fornitura, da parte di un’agenzia specializzata legalmente autorizzata, di consulenza e servizi relativi alla tassonomia per le imprese e le organizzazioni di altro tipo che desiderano conformarsi alla tassonomia. In questo modo si garantirebbe che le imprese con meno risorse per la comunicazione abbiano accesso alla tassonomia. Le valutazioni sull’impatto sociale degli investimenti possono tuttavia essere anche fornite da istituti finanziari, come fanno attualmente in tutto il mondo le banche etiche.

5.5

Sebbene l’obiettivo della tassonomia sia fornire un quadro affidabile per gli investimenti socialmente sostenibili, non è possibile escludere il rischio di una sostenibilità ambientale o sociale di facciata. Il CESE concorda con la piattaforma che la semplice verifica degli impegni assunti e delle politiche adottate non garantisce l’osservanza e la protezione effettive dei diritti umani, né sostiene lo sviluppo di attività socialmente sostenibili. Esistono notevoli difficoltà non solo nel controllare e garantire che le aziende rispettino gli obiettivi di sostenibilità sociale proclamati, ma anche nel valutarne le prestazioni lungo le attuali catene di approvvigionamento, spesso molto complesse. D’altro canto, la piattaforma fa riferimento ai promettenti sviluppi nel settore dei dati sociali quantificabili, come ad esempio nel contesto del quadro di valutazione della situazione sociale rivisto e degli OSS. In definitiva, la tassonomia sociale deve essere trasparente, affidabile e costantemente aggiornata. Il CESE propone altresì che i consigli di fabbrica e le organizzazioni della società civile, per esempio, siano in tal senso coinvolti.

5.6

Il CESE chiede di rilanciare il dibattito su un’agenzia di rating dell’UE, che si potrebbe concentrare sulla sostenibilità, consolidando in tal modo il ruolo pionieristico dell’UE in tale ambito. Rinnova inoltre la sua richiesta di un’adeguata regolamentazione e vigilanza dei fornitori di dati di natura finanziaria e non finanziaria. I sindacati, i consigli di fabbrica, le organizzazioni dei consumatori e altri rappresentanti della società civile organizzata dovrebbero disporre di meccanismi di denuncia in caso di false dichiarazioni di conformità alla tassonomia. Il CESE prende atto che il regolamento lascia agli Stati membri la responsabilità in merito alle misure e alle sanzioni applicabili in caso di violazioni. In ogni caso, le autorità nazionali competenti (14) dovrebbero avere maggiori responsabilità per quanto concerne i compiti di controllo, e dovrebbero anche essere tenute a riferire ai parlamenti nazionali e alla società civile.

Bruxelles, 22 settembre 2022

La Presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 198 del 22.6.2020, pag. 13..

(2)  Piattaforma sulla finanza sostenibile | Commissione europea (europa.eu).

(3)  DNSH = Do No Significant Harm (non arrecare un danno significativo).

(4)  GU C 517 del 22.12.2021, pag. 72.

(5)  Relazione finale sulla tassonomia sociale (europa.eu).

(6)  GU C 275 del 18.7.2022, pag. 50.

(7)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 97.

(8)  Direttiva relativa ai salari minimi adeguati nell’UE, articolo 4, paragrafo 2, accordo provvisorio. La soglia di copertura della contrattazione collettiva dell’80 % ivi fissata — che impone agli Stati membri di adottare misure qualora tale percentuale sia inferiore a livello nazionale — dovrebbe essere sostenuta in una tassonomia sociale.

(9)  Relazione finale sulla tassonomia sociale (europa.eu).

(10)  Commissione europea, Boosting Investment in Social Infrastructure in Europe [Promuovere gli investimenti in infrastrutture sociali in Europa], documento di riflessione 074 / gennaio 2018.

(11)  GU C 275 del 18.7.2022, pag. 50.

(12)  GU C 194 del 12.5.2022, pag. 39.

(13)  Cfr. sopra, capo 3.

(14)  Cfr. regolamento sulla tassonomia, articolo 21.


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/23


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici finanziato dal Fondo di coesione e da NextGenerationEU»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 486/04)

Relatore:

Ioannis VARDAKASTANIS

Correlatrice:

Judith VORBACH

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria e coesione economica e sociale

Adozione in sezione

9.9.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

139/3/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’Unione europea (UE) sta compiendo passi significativi sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici e della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Le politiche dell’UE in materia di clima, ambiente ed energia prevedono un piano di lungo periodo per contribuire a prevenire i peggiori impatti dell’emergenza climatica che il nostro pianeta si trova ad affrontare. Tuttavia, ciò potrebbe essere ancora insufficiente.

1.2.

Sebbene l’impegno dell’UE sia significativo, le conseguenze dei cambiamenti climatici e della scarsità di risorse si stanno purtroppo già manifestando. Dobbiamo quindi adeguarci a una realtà che non abbiamo mai conosciuto in precedenza. Sebbene l’UE sia giustamente impegnata a evitare un peggioramento della situazione, siamo tuttavia poco preparati alle emergenze climatiche, alle crisi energetiche e alle catastrofi naturali impreviste.

1.3.

Dal 2021 abbiamo affrontato due gravissime situazioni di emergenza cui i meccanismi di finanziamento dell’UE si sono dimostrati incapaci di reagire. La prima riguarda le distruzioni causate dalle inondazioni e dagli incendi boschivi verificatisi in tutta Europa durante l’estate del 2021. La seconda è l’attuale crisi energetica e la necessità di autonomia energetica dell’UE causata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022.

1.4.

L’attuale meccanismo dell’UE per rispondere alle catastrofi naturali è il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE). Tuttavia, il bilancio annuale disponibile di tale fondo risulta insufficiente a fronte del costo dei danni causati dalle recenti catastrofi naturali, e deve essere drasticamente aumentato. I finanziamenti dell’UE per la transizione verso l’energia verde sono più consistenti, ma non tengono conto dell’urgenza delle attuali esigenze dell’UE in materia di autonomia energetica, né dell’altissimo rischio di povertà energetica, come indicato nel parere sul tema Combattere la povertà energetica e accrescere la resilienza dell’UE: le sfide sul piano economico e sociale (1).

1.5.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che l’UE abbia bisogno di un nuovo meccanismo di finanziamento in grado di offrire un’assistenza immediata e ambiziosa agli Stati membri in situazioni di emergenza come quelle sopra menzionate. Il CESE propone pertanto di creare un nuovo Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici. Le risorse necessarie dovrebbero essere reindirizzate dai fondi dell’UE esistenti, in particolare dal Fondo di coesione e dal dispositivo per la ripresa e la resilienza, e gestite in modo razionalizzato e coerente attraverso questo nuovo fondo.

1.6.

La modernizzazione del contesto di finanziamento potrebbe comprendere anche l’ampliamento dell’ambito di applicazione, l’intensificazione dei programmi esistenti e l’adozione di NextGenerationEU (NGEU) come modello per un nuovo strumento di finanziamento.

1.7.

Alla luce del notevole fabbisogno di investimenti, il CESE raccomanda inoltre alla Commissione di valutare la possibilità di rafforzare il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici incoraggiando gli investimenti e i contributi privati. Per quanto riguarda in particolare le catastrofi naturali, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero inoltre adoperarsi per aumentare e facilitare la copertura assicurativa e utilizzare il sistema assicurativo come mezzo per orientare i finanziamenti verso il miglioramento della resilienza ai cambiamenti climatici, in particolare nelle zone a rischio, al fine di ridurre la dipendenza dal sostegno finanziario dell’UE.

1.8.

Il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici dovrà essere flessibile, adattabile e pronto a rispondere a crisi nuove ed emergenti negli anni e nei decenni a venire.

1.9.

È fondamentale che il funzionamento del Fondo, maggiormente incentrato su risposte rapide e urgenti, sia coerente con le politiche generali dell’UE in materia di clima, ambiente ed energia, che a lungo termine ridurranno la dipendenza dalle risposte di emergenza e proteggeranno l’umanità e l’ambiente.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE riconosce che gli sforzi tesi ad affrontare la crisi climatica sono in linea con gli impegni assunti dall’UE nel quadro del Green Deal europeo per attuare l’accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). Sebbene la lotta alle cause dei cambiamenti climatici debba essere la prima preoccupazione della politica climatica dell’UE, il CESE sottolinea la necessità di disporre, parallelamente ai piani per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, di meccanismi di finanziamento solidi e razionalizzati per far fronte alle emergenze climatiche ed energetiche che i cittadini dell’UE si trovano già ad affrontare.

2.2.

La visione del CESE è quella di un nuovo Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici, una proposta sostenuta da diversi membri del Parlamento europeo (2). Tale meccanismo dovrebbe essere alimentato dalle risorse finanziarie esistenti provenienti dai fondi per la coesione e dal dispositivo per la ripresa e la resilienza, concentrate in un unico fondo che migliorerà l’efficienza e i tempi di risposta e faciliterà il monitoraggio centralizzato degli ambiti in cui i finanziamenti sono più necessari. Il nuovo fondo dovrebbe rafforzare la capacità dell’UE di sostenere gli Stati membri nel fornire una risposta rapida alle emergenze climatiche, ambientali ed energetiche. Nel contesto attuale, servirebbe ad affrontare due delle emergenze più evidenti che stiamo attraversando: la ripresa da catastrofi naturali sempre più frequenti e l’urgente necessità di una transizione verso l’energia verde e di una graduale conquista di un’autonomia energetica europea, pur con la flessibilità necessaria per far fronte alle crisi future.

2.3.

I fondi dell’UE sono attualmente già orientati alla transizione energetica e alla ripresa dalle catastrofi, ma vari problemi ne ostacolano l’efficacia. L’attuale Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE), istituito per aiutare le comunità a riprendersi dalle catastrofi naturali, non ha una dotazione sufficientemente ampia per rispondere alla portata delle moderne catastrofi climatiche. I finanziamenti per la transizione energetica sono più ambiziosi, ma sono ancora lungi dall’essere sufficienti. Inoltre, queste risorse sono gestite attraverso numerosi fondi diversi, con il rischio di incoerenze o sovrapposizioni, e in modo da coniugare gli obiettivi immediati con quelli più a lungo termine in materia di lotta ai cambiamenti climatici. La necessità di aumentare l’autonomia energetica dell’UE a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha dimostrato in che misura la dipendenza energetica da paesi ostili indebolisce la capacità dell’Unione di reagire con decisione agli eventi internazionali.

2.4.

Il CESE chiede pertanto la creazione di un Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici che serva specificamente a rispondere alle emergenze ambientali, climatiche ed energetiche immediate e ad aiutare l’UE ad adeguarsi a una nuova realtà nella quale tali crisi sono purtroppo sempre più comuni. Il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici dovrebbe fungere da riserva di finanziamento, pronta a intervenire tempestivamente in periodi di forte necessità di investimenti.

2.5.

Il Fondo dovrà offrire la flessibilità e la solidità necessarie per investimenti rapidi e ambiziosi tesi a soddisfare le esigenze immediate dell’UE, pur rimanendo coerente con le politiche a lungo termine in materia di clima ed energia. Dovrebbe riunire una quota dei finanziamenti per la coesione attualmente stanziati per le questioni climatiche, l’attuale FSUE e una quota dei finanziamenti del dispositivo per la ripresa e la resilienza stanziati per le riforme ambientali. L’accentramento di tali risorse in un unico fondo, chiaramente orientato all’azione urgente, migliorerà l’efficienza della risposta e faciliterà il monitoraggio delle esigenze di investimento più urgenti. Dovrebbe migliorare la capacità di ottenere il denaro là dove è necessario e senza ritardi.

2.6.

La modernizzazione del contesto di finanziamento potrebbe comprendere anche l’ampliamento dell’ambito di applicazione e il potenziamento dei programmi esistenti. Tenuto conto dell’interesse comune e dell’urgente necessità di combattere i cambiamenti climatici e le loro conseguenze catastrofiche, il CESE sottolinea inoltre che occorrerà migliorare il metodo di finanziamento in futuro. Anche se dovesse essere attuata — opportunamente — una regola d’oro per gli investimenti verdi, alcuni Stati membri potrebbero non avere ancora la capacità di raccogliere gli ingenti investimenti necessari senza compromettere la loro sostenibilità di bilancio. Pertanto, il CESE raccomanda anche di considerare NextGenerationEU (NGEU) come modello per il finanziamento del Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici. Le sovvenzioni e/o i prestiti a titolo di questo fondo dovrebbero essere sbloccati a condizione che lo Stato membro o la regione che li riceve investa nella lotta ai cambiamenti climatici o alle loro conseguenze ad esempio effettuando investimenti successivi nelle energie rinnovabili e decarbonizzate. Qualsiasi misura politica di questo tipo deve essere collegata a un coinvolgimento obbligatorio delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile, e deve anche essere rispettato il principio di partenariato sancito dalla politica di coesione.

2.7.

Il CESE sottolinea che il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici non sarà sufficiente, da solo, ad affrontare le conseguenze delle catastrofi naturali e a coprire i costi di adattamento ai cambiamenti climatici per consentire una migliore resilienza. A tale proposito, il CESE richiama l’attenzione sul «divario in termini di protezione dagli eventi climatici», vale a dire la quota delle perdite economiche non assicurate causate da catastrofi legate al clima. La copertura assicurativa contro le catastrofi naturali rimane bassa in Europa: solo il 35 % circa delle perdite dovute a calamità naturali tra il 1980 e il 2017 era coperto da un’assicurazione (3). È pertanto importante esaminare e promuovere l’assicurazione contro le catastrofi negli Stati membri e favorire regimi assicurativi nazionali che incoraggino gli utenti a investire nell’adattamento, riducendo la pressione sui fondi dell’UE e incoraggiando gli investimenti proattivi. Sia il dialogo tra le parti interessate che l’innovazione in materia di prodotti assicurativi possono dar vita a nuove soluzioni di trasferimento del rischio nell’ambito del sistema di assicurazione e di riassicurazione, pur considerando prioritarie la stabilità dei mercati finanziari e la protezione dei consumatori (4). Ciò migliorerebbe la capacità del Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici di far fronte alle sfide future.

2.8.

Anche i fondi dell’UE svolgono un ruolo importante come capitale di avviamento per attrarre investimenti privati anche nell’adattamento, al fine di migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici.

3.   Il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici come strumento per la ripresa e la preparazione in caso di disastro

3.1.

Uno studio interistituzionale dell’UE descrive in termini chiari l’urgenza di affrontare la catastrofe climatica: «Un aumento di 1,5 gradi è il massimo che il pianeta può tollerare; se le temperature dovessero aumentare ulteriormente dopo il 2030, dovremo affrontare ancora più siccità, inondazioni, caldo estremo e povertà per centinaia di milioni di persone; la probabile scomparsa delle popolazioni più vulnerabili» (5).

3.2.

Comincia a essere evidente che siamo assai poco preparati alle sfide poste dai cambiamenti climatici. Nel 2021 gli Stati membri dell’UE hanno conosciuto devastazioni inaudite dovute a catastrofi naturali, che vanno dalle inondazioni che hanno mietuto vittime in Germania e nel Benelux ai catastrofici incendi boschivi in Grecia e Spagna. Di fronte alla crisi climatica, e insieme ad altre fonti di degrado ambientale, è probabile che le distruzioni e le catastrofi naturali diventino la norma piuttosto che l’eccezione. Quanto più saranno rinviate, indebolite o evitate misure efficaci per affrontare la crisi climatica e il degrado ambientale, tanto maggiori saranno i rischi.

3.3.

Almeno 240 persone hanno perso la vita a causa delle inondazioni che hanno colpito l’Europa occidentale nell’estate del 2021 (6), con un numero ingente di sfollati e senzatetto. In Grecia si sono verificati non meno di 500 incendi boschivi durante un’ondata di calore che ha colpito il paese (7).

3.4.

Oltre all’entità delle devastazioni e della perdita di vite umane a causa dei disastri ambientali del 2021, anche il costo finanziario per le comunità colpite è stato senza precedenti. Secondo le stime, nell’Europa occidentale le inondazioni hanno causato danni per un valore di 38 miliardi di EUR (8). In Grecia, il primo ministro è stato obbligato ad approvare un pacchetto di aiuti da 500 milioni di EUR a favore dell’isola di Eubea, la regione più colpita dagli incendi (9).

3.5.

Nessuna parte del mondo è immune dai crescenti pericoli delle catastrofi naturali. Analogamente, nessuno Stato membro dell’UE è sufficientemente attrezzato per superare queste enormi sfide, sia in termini di risorse e materiali per far fronte a siccità, incendi boschivi e inondazioni, sia in termini di finanziamenti necessari per aiutare le zone colpite a riprendersi.

3.6.

Gli investimenti del Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici per rispondere alle catastrofi naturali dovrebbero essere complementari all’attuale spesa dei fondi strutturali e di investimento europei per la preparazione e la prevenzione delle catastrofi. Sono necessari massicci investimenti per creare resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici, ad esempio nella costruzione di dighe, edifici resistenti alle inondazioni, opere di protezione contro l’erosione costiera, attrezzature per monitorare e contenere gli incendi boschivi e tecnologie che contribuiscano, tra l’altro, a conservare e immagazzinare acqua dolce nelle zone colpite dalla siccità. Se da un lato i fondi di investimento strutturali dovrebbero operare ex ante per ridurre i possibili danni, dall’altro il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici dovrebbe essere in grado di reagire rapidamente nei casi in cui tali misure preventive non siano riuscite ad evitare determinati danni.

3.7.

Il CESE sottolinea che le ripercussioni previste della crisi climatica richiedono un meccanismo di sostegno molto più solido di quello attualmente in vigore. Il bilancio complessivo del FSUE è limitato a un totale di 500 milioni di EUR all’anno (10). Dalla sua attuazione nel 2002, il FSUE ha sostenuto 28 diversi paesi europei con oltre 7 miliardi di EUR (11). È un impegno considerevole, ma non sarebbe in alcun modo sufficiente a coprire i costi dei danni causati dalle catastrofi naturali nel solo 2021.

3.8.

Quando si verificano catastrofi naturali si osserva un aumento del rischio di perdita di vite umane tra alcuni gruppi che non sono in grado di evacuare facilmente le zone colpite. Si tratta in particolare di anziani, persone con disabilità e minori. Gli investimenti devono essere mirati per garantire che i servizi di emergenza dispongano del materiale e del sostegno di altri soccorritori per assistere tutte le persone che necessitano di particolare attenzione. Anche le persone con minori risorse hanno più difficoltà in caso di evacuazione a causa dei costi necessari per trovare un alloggio alternativo e dell’accesso limitato ai mezzi di mobilità personale. Il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici dovrebbe cercare di affrontare questo problema.

4.   Il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici come percorso per la transizione verso l’energia verde

4.1.

Il CESE ritiene che l’adeguamento ai cambiamenti climatici consista anche nell’adeguarsi alla nuova realtà della produzione energetica sostenibile. A causa dei recenti sviluppi, l’UE si trova ad affrontare problemi gravi e urgenti in materia di indipendenza energetica, che non erano previsti al momento dell’elaborazione del quadro finanziario pluriennale (QFP), di NextGenerationEU e del quadro di governance economica. Facendo riferimento al piano della Commissione REPowerEU (12) e alle conclusioni del Consiglio europeo, il CESE concorda pienamente sul fatto che, a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, gli argomenti a favore dell’indipendenza energetica, compreso lo sviluppo delle energie rinnovabili, non sono mai stati più forti.

4.2.

Il CESE sottolinea la necessità di porre l’accento sul ruolo che le tecnologie energetiche verdi e decarbonizzate, il miglioramento dell’efficienza energetica e la riduzione della domanda di energia possono svolgere nell’aumentare l’offerta e l’accessibilità economica dell’energia nell’UE. Ciò contribuirà a proteggere dagli aumenti repentini dei prezzi, che ostacolano la crescita economica, aggravano le disuguaglianze, causano povertà energetica, gonfiano i costi di produzione e ostacolano la competitività dell’UE. In particolare, il CESE accoglie con favore l’accelerazione della diffusione nel settore di soluzioni innovative basate sull’idrogeno e di energia elettrica rinnovabile competitiva in termini di costi.

4.3.

La necessità di investire con urgenza e ambizione nella transizione verso forme più verdi di energia prodotta all’interno dell’UE è più importante che mai. Se è vero che la produzione di energia verde e l’autonomia energetica dovrebbero sempre essere un obiettivo a lungo termine per l’UE, nel contesto immediato vi è urgente bisogno di procurare energia a prezzi accessibili da fonti alternative, senza compromettere gli obiettivi energetici. Il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici potrebbe farsi carico del fabbisogno urgente di investimenti necessari per fornire ai cittadini energia a prezzi accessibili da fonti alternative in modo più efficace ed efficiente rispetto ai meccanismi oggi esistenti.

4.4.

Per il CESE appare sempre più evidente che la dipendenza energetica è un fattore causale che indebolisce le risposte dell’UE a paesi come la Russia, come risulta chiaramente dalla reazione all’invasione dell’Ucraina. L’attuale eccessiva dipendenza dal gas russo compromette gravemente la capacità dell’UE e dei suoi Stati membri di agire rapidamente senza esporre i propri cittadini al rischio di penuria di combustibili e di povertà energetica. Purtroppo, i piani di approvvigionamento di gas naturale dagli Stati Uniti non offrono una soluzione sostenibile o responsabile dal punto di vista ambientale (13).

4.5.

Il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici dovrebbe costituire un mezzo per finanziare l’urgente necessità di energia verde e decarbonizzata prodotta nell’UE, con appalti ambiziosi per le tecnologie esistenti e investimenti nello sviluppo di nuove tecnologie al fine di pervenire a un’economia a zero emissioni. Il CESE insiste affinché la guerra in Ucraina non porti a trascurare l’obiettivo dell’UE di conseguire gli obiettivi ambientali e sociali, in quanto essi costituiscono la base per costruire una forza economica a lungo termine.

4.6.

Nel contesto della riduzione del consumo energetico, i vari Stati membri hanno fatto registrare diversi livelli di progresso. Nel 2018 solo 11 su 27 avevano ridotto la domanda interna totale di energia al di sotto degli obiettivi del 2020. Nel complesso, l’UE è lontana dal conseguimento dei suoi obiettivi per il 2030, il che implica la necessità di ulteriori sforzi. Fortunatamente, la quota di energie rinnovabili nel consumo finale lordo di energia nell’UE è aumentata costantemente. Il pacchetto «Pronti per il 55 %» propone di raggiungere una quota del 40 % di energie rinnovabili nel consumo energetico entro il 2030. Se è vero che la quota di energie rinnovabili nel consumo di energia varia notevolmente all’interno dell’UE, lo stesso vale per la capacità di produrre energia rinnovabile, a causa delle restrizioni di bilancio e delle caratteristiche geografiche. In alcuni paesi, la capacità fotovoltaica pro capite installata è piuttosto bassa, nonostante l’elevato potenziale in questo settore. Altri paesi raggiungono una quota elevata di energie rinnovabili grazie alle possibilità geografiche favorevoli per le centrali idroelettriche.

4.7.

L’intensificazione degli sforzi per la transizione verso l’energia verde andrà di pari passo con nuove esigenze di finanziamento e dovrà avvenire con urgenza alla luce della crisi energetica e della crescente necessità di autonomia energetica dell’UE. Per dare impulso alle proposte del pacchetto «Pronti per il 55 %» con obiettivi più ambiziosi e scadenze più ravvicinate per le energie rinnovabili, ad esempio mediante la diffusione dell’energia solare ed eolica e il miglioramento dell’efficienza energetica, sarà necessaria una solida risposta in termini di finanziamenti. La Commissione ha annunciato l’intenzione di valutare tali esigenze di finanziamento nel contesto delle proposte REPowerEU (14) sulla base di una mappatura delle necessità degli Stati membri e dei requisiti per gli investimenti transfrontalieri. Il CESE accoglie con favore questa intenzione, ma sottolinea anche la preoccupazione che gli attuali strumenti di finanziamento a livello nazionale e dell’UE non siano sufficienti e che sia necessario agire con urgenza affinché le energie rinnovabili siano realmente una soluzione. La spesa per le energie rinnovabili nel quadro del Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici dovrebbe essere incrementata anche attirando investimenti privati, e il Fondo stesso fornirà il capitale di avviamento.

4.8.

L’aumento graduale degli investimenti per migliorare l’autonomia energetica dell’UE dovrebbe essere realizzato in linea con un’attenzione particolare alla transizione verso le energie verdi e rinnovabili. Perché ciò sia possibile, oltre a investimenti più immediati attraverso il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici, l’UE avrà bisogno di ingenti investimenti a lungo termine nella ricerca e nell’innovazione e di nuovi modi di produzione e consumo, al fine di migliorare la capacità di offrire energia pulita e a prezzi accessibili a tutti. Il programma di ricerca e innovazione dell’UE ha già dato prova di un notevole impegno a favore di questo obiettivo, con il potenziale per compiere progressi significativi. Tuttavia, l’accento posto sulla ricerca deve essere accompagnato da un impegno da parte degli Stati membri ad adottare forme più verdi di produzione di energia, nonché dalla loro capacità di abbandonare gradualmente i mezzi di produzione di energia più tradizionali, in particolare per quelli che dipendono ancora fortemente dal carbone.

4.9.

Il CESE accoglie con favore gli attuali finanziamenti destinati alla politica climatica nell’ambito del QFP e di NextGenerationEU, ma sottolinea anche che le minacce ambientali più immediate per i cittadini dell’UE sono cambiate da quando tali misure sono state concepite, e che sono necessari nuovi approcci. Oltre alla creazione di questo nuovo fondo, il CESE invita la Commissione a riesaminare il contesto di finanziamento al fine di individuare le lacune e le esigenze di finanziamento supplementari in relazione a vari aspetti della politica climatica.

5.   Garantire la solidità delle attuali politiche dell’UE in materia di clima ed energia e la complementarità del Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici

5.1.

Il Fondo di adeguamento ai cambiamenti climatici risponderebbe a un’esigenza molto specifica e insoddisfatta in termini di finanziamenti dell’UE, vale a dire la disponibilità di finanziamenti sufficienti per rispondere rapidamente alle emergenze climatiche, ambientali ed energetiche. Tuttavia, tale fondo dovrà essere coerente e in conformità con le politiche generali dell’UE in questi ambiti.

5.2.

La crisi climatica costituisce un problema sistemico che trascende i confini, il che implica la necessità di un cambiamento sistemico delle modalità di funzionamento della nostra economia e rende essenziale che i governi si impegnino a trovare soluzioni sistemiche anziché limitarsi ad affrontare i sintomi del problema.

5.3.

Le enormi disparità nel modo in cui gli individui e i gruppi sono coinvolti e colpiti aggravano il problema dei cambiamenti climatici. Queste disparità riguardano l’impronta di carbonio, con variazioni piuttosto significative delle emissioni di CO2 pro capite tra i diversi Stati membri e regioni dell’UE. Si riscontrano inoltre disparità per quanto riguarda gli impatti dei cambiamenti climatici, la capacità di adattarsi e di affrontare le sfide e, infine, gli impatti delle misure di politica climatica, nonché gli imminenti e significativi cambiamenti strutturali.

5.4.

Nell’UE gli impatti climatici variano notevolmente all’interno degli Stati membri e da uno Stato membro all’altro, a seconda della loro situazione geografica e delle condizioni e della struttura della loro economia. Ad esempio, mentre il 7 % della popolazione dell’UE vive in zone ad alto rischio di inondazioni, oltre il 9 % vive in zone in cui si registrano 120 giorni l’anno senza piogge.

5.5.

La ricerca di una transizione giusta richiede anche condizioni sociali sostenibili, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e con il pilastro europeo dei diritti sociali. Inoltre, il CESE chiede un approccio olistico alla sostenibilità ambientale e richiama l’attenzione sul regolamento sulla tassonomia, che stabilisce sei obiettivi ambientali: la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’adattamento agli stessi, l’uso sostenibile e la protezione delle risorse idriche e marine, la transizione verso un’economia circolare, la prevenzione e il controllo dell’inquinamento e la salvaguardia e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

5.6.

Con un bilancio approvato di oltre 330 miliardi di EUR nell’attuale periodo di programmazione, la politica di coesione è attualmente lo strumento di investimento comune più grande e più importante in Europa e svolge pertanto un ruolo cruciale nell’affrontare la crisi climatica. Anche le disparità all’interno degli Stati membri e tra di essi, che la politica di coesione ha l’obiettivo di affrontare, subiscono molto probabilmente l’impatto dei cambiamenti climatici e delle loro conseguenze. Anche il dispositivo per la ripresa e la resilienza, dal canto suo, pone un forte accento sul clima. Pur riconoscendo un chiaro impegno a favore degli investimenti, è necessario avere una visione chiara e strutturata di quali siano i fondi dell’UE destinati alla lotta contro i cambiamenti climatici e del modo in cui sono gestiti.

5.7.

Il CESE sottolinea inoltre la necessità che gli enti locali e regionali assumano un chiaro impegno politico per il conseguimento degli obiettivi climatici. Vi è un’urgente necessità di intensificare il dialogo multilivello tra le autorità nazionali, regionali e locali per quanto riguarda la pianificazione e l’attuazione delle misure nazionali in materia di cambiamenti climatici a livello regionale e locale, l’accesso diretto ai finanziamenti per le autorità locali e il monitoraggio dei progressi delle misure adottate. Le parti sociali e la società civile organizzata devono essere coinvolte in questo processo al fine di salvaguardare un approccio equilibrato, nel rispetto degli interessi di tutti i gruppi.

5.8.

Il CESE sottolinea il ruolo centrale dei partner sociali, locali e regionali nell’affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Purtroppo, il sostegno che molti di questi attori ricevono per finanziare le loro attività è ancora lungi dall’essere sufficiente per far fronte alle sfide a essi poste. Occorre, tra l’altro, rafforzare il Fondo per una transizione giusta affinché possa offrire un sostegno migliore.

5.9.

Il CESE insiste sul fatto che la transizione verso la sostenibilità ambientale deve essere inclusiva e in linea con gli OSS e con il pilastro europeo dei diritti sociali. In tale contesto, i criteri chiave devono includere la salvaguardia e la creazione di nuovi posti di lavoro, verdi e di qualità, garantendo in tal modo la formazione e misure sociali inclusive attraverso lo sviluppo di settori economici alternativi a impatto climatico zero per la popolazione regionale. La transizione deve prevalere sui potenziali effetti regressivi delle misure di politica climatica e dei cambiamenti strutturali. Ad esempio, le misure in materia di appalti pubblici e di aiuti di Stato per le imprese dovrebbero essere legate alla creazione di posti di lavoro di qualità e rispettare i diritti dei lavoratori, le norme ambientali e gli obblighi fiscali. Inoltre, le persone vulnerabili devono essere protette dall’impatto dei cambiamenti climatici, e occorre evitare in ogni momento la povertà energetica. Infine, il CESE richiama l’attenzione sul principio «non arrecare un danno significativo» della tassonomia dell’UE, in base al quale l’attuazione di altre politiche non può pregiudicare gli obiettivi ambientali.

5.10.

Poiché l’istruzione formale e quella non formale sono meccanismi importanti per combattere la crisi climatica, è fondamentale investire in un’istruzione accessibile in materia di cambiamenti climatici e nella cittadinanza attiva. L’educazione alla sostenibilità costituisce un potente strumento per dotare i giovani dei mezzi necessari per partecipare alle conversazioni sulla direzione che la politica concreta in materia di clima deve seguire. Il ruolo dell’istruzione e della formazione nella lotta ai cambiamenti climatici trova sempre maggiore riconoscimento.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/tackling-energy-poverty-and-eus-resilience-challenges-economic-and-social-perspective (Cfr. pag. 88 della presente Gazzetta ufficiale)

(2)  Regional development MEPs suggest to set-up a Climate Change Adaptation Fund (I membri della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo propongono di istituire un Fondo per l’adattamento ai cambiamenti climatici), Attualità — Parlamento europeo.

(3)  Economic losses from climate-related extremes in Europe (Perdite economiche dovute a eventi estremi legati al clima in Europa) —Agenzia europea dell’ambiente.

(4)  Plasmare un’Europa resiliente ai cambiamenti climatici — La nuova strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, COM(2021) 82 final, sezione 2.2.3 e Strategia per finanziare la transizione verso un’economia sostenibile COM(2021) 390 final, sezioni II e III, azione 2, lettera c), quadro operativo dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) sul divario in materia di protezione assicurativa e documento di discussione.

(5)  ESPAS Report, pag. 8.

(6)  https://www.brusselstimes.com/belgium-all-news/199487/europes-summer-floods-amount-to-worlds-second-most-costly-natural-disaster-of-2021

(7)  https://www.reuters.com/world/europe/greece-starts-count-cost-after-week-devastating-fires-2021-08-09/

(8)  Https://www.brusselstimes.com/belgium-all-news/199487/europes-summer-floods-amount-to-worlds-second-most-costly-natural-disaster-of-2021

(9)  https://www.reuters.com/world/europe/greece-starts-count-cost-after-week-devastating-fires-2021-08-09/

(10)  Fondo di solidarietà dell’UE.

(11)  Fondo di solidarietà dell’UE.

(12)  Piano REPowerEU, COM(2022) 230 final.

(13)  U.S., EU strike LNG deal as Europe seeks to cut Russian gas (Gli Stati Uniti e l’UE concludono un accordo sul GNL in un momento in cui l’Europa cerca di ridurre le importazioni di gas dalla Russia) — Agenzia Reuters.

(14)  COM(2022) 230 final.


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/30


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: «Cripto-attività — Sfide e opportunità»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 486/05)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Correlatrice:

Louise GRABO

Decisione dell’Assemblea plenaria

24.3.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

9.9.2022

Adozione in sessione plenaria

22.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

148/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Prendendo atto della crescente capitalizzazione di mercato delle cripto-attività, il CESE sostiene fermamente la proposta di regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività (MiCA) che la Commissione europea ha presentato al fine di regolamentare le cripto-attività all’interno dell’UE e che è stata oggetto di un accordo politico provvisorio siglato tra i colegislatori il 30 giugno 2022 (1).

1.2

Inoltre, il CESE chiede un quadro normativo e operativo solido per migliorare il controllo finanziario delle operazioni e la conformità fiscale delle cripto-attività.

1.3

Il CESE raccomanda vivamente alle autorità di attenersi al principio «stessa attività, stesso rischio, stesse norme». A tal fine è necessario basarsi sui quadri normativi esistenti nel caso delle imprese che effettuano operazioni in cripto-attività, nel cui ambito devono essere coperti rischi simili a quelli derivanti dalle attività tradizionali. Il CESE ritiene che ciò sia necessario per evitare asimmetrie tra servizi e beni analoghi che potrebbero rientrare in quadri normativi diversi a causa di questioni tecniche.

1.4

Un quadro normativo per le cripto-attività deve essere coerente tra varie giurisdizioni e non soltanto all’interno dell’UE. Per proteggere i clienti andrebbero stabilite delle norme basate sulla parità di condizioni sia all’interno che all’esterno dell’UE. Il CESE sostiene il regolamento sui trasferimenti di fondi (2), anche se per alcuni aspetti esso va al di là delle operazioni di finanziamento tradizionali. Tuttavia, al tempo stesso, il CESE sostiene l’innovazione all’interno dell’UE, ed è importante che i prodotti ordinari basati sulla tecnologia blockchain che non sono di natura finanziaria siano trattati come i loro omologhi fisici e non come strumenti finanziari, seguendo il principio «stessa attività, stesso rischio, stesse norme».

1.5

Il CESE prende atto con preoccupazione delle conseguenze sul piano ambientale generate dalle cripto-attività e dal relativo processo di estrazione, ed è del parere che, nonostante le tecnologie di registro distribuito (distributed ledger technology o DLT) emergenti, come la blockchain, sembrino essere in grado di realizzare infrastrutture sostenibili per un futuro a basse emissioni di carbonio, non vi siano prove definitive in tal senso.

1.6

Il CESE ritiene che la blockchain, in quanto principale tecnologia sottostante per le cripto-attività, possa contribuire ad affrontare i rischi che attualmente caratterizzano il mercato. I vantaggi potenziali offerti dalla blockchain spaziano dalle operazioni in tempo reale, che consentono di ridurre il rischio e di gestire meglio il capitale, a una migliore efficacia normativa, ad esempio con l’utilizzo della blockchain per controllare l’identità dei clienti o combattere il riciclaggio di denaro.

1.7

Il CESE osserva altresì che, grazie ad ulteriori sviluppi tecnologici, si potrebbe intervenire sui limiti esistenti in termini di conformità fiscale, migliorando così la trasparenza e la qualità dei dati trasmessi alle autorità fiscali a fini di controllo, a vantaggio della lotta contro le frodi fiscali e le operazioni illecite.

1.8

Sviluppi tecnologici ulteriori nella blockchain potrebbero inoltre spingere le banche a cooperare all’interno dell’ecosistema blockchain, potendo condividere informazioni ed esperienze con la comunità blockchain più generale attraverso una piattaforma di finanziamento al commercio basata sulla blockchain.

1.9

Infine, il CESE sostiene pienamente il ruolo svolto dalla BCE nel monitorare l’evoluzione delle cripto-attività e le loro potenziali implicazioni per la politica monetaria, come pure i rischi che tali attività possono comportare per il buon funzionamento delle infrastrutture di mercato e dei pagamenti, nonché per la stabilità del sistema finanziario.

2.   Contesto di riferimento

2.1

La capitalizzazione di mercato delle cripto-attività è più che triplicata nel 2021, arrivando a 2 600 miliardi di dollari USA, ma tali attività rimangono una piccola parte degli attivi complessivi del sistema finanziario mondiale (3). In termini numerici, le cripto-attività sono paragonabili ad alcune classi di attivi consolidate, anche se sono ben lontane dall’avere la stessa importanza dei titoli di Stato, dei titoli azionari e degli strumenti finanziari derivati. La rapida crescita di questo settore ha attratto diversi nuovi attori nell’ecosistema con l’offerta di un numero crescente di cripto-attività, alcune delle quali denominate «valute virtuali» oppure «monete» digitali o «token». Tra le cripto-attività finora risultate più importanti figurano il bitcoin e l’ether, che insieme rappresentano circa il 60 % della capitalizzazione di mercato totale delle cripto-attività.

2.2

L’anno scorso la domanda di una classe di cripto-attività denominata «stablecoin» (4) ha registrato una crescita senza precedenti, che è stata sostenuta dagli sviluppi tecnologici (soprattutto le catene di blocchi o «blockchain»). I volumi di contrattazione per — in particolare — le cripto-attività del tipo «stablecoin» hanno superato quelli per quasi tutti gli altri tipi di cripto-attività, principalmente perché questo tipo di attività virtuale è ampiamente utilizzato per saldare le operazioni a pronti e in derivati negli scambi. La relativa stabilità di prezzo delle cripto-attività del tipo «stablecoin» contribuisce inoltre a proteggere i detentori di cripto-attività dalla volatilità associata ad attivi virtuali di tipo diverso dallo «stablecoin».

2.3

La finanza decentralizzata (DeFI) (5), che utilizza la tecnologia blockchain e fornisce servizi finanziari mediante gli «stablecoin» e altri tipi di cripto-attività, rappresenta una delle ragioni principali alla base della maggiore domanda di cripto-attività, in quanto ha consentito agli utenti di negoziare attivi virtuali senza ricorrere a intermediari. Inoltre, non è necessario valutare il rischio di credito del cliente durante un’operazione. È interessante notare che tali operazioni coinvolgono principalmente attori istituzionali delle economie sviluppate in cui vengono comunemente negoziate cripto-attività del tipo «stablecoin» (6).

2.4

La blockchain, che è una tecnologia di registro distribuito (DLT), può essere descritta come un unico grande file pubblico che è condiviso e memorizzato all’interno di un’enorme rete di computer contenente tutte le operazioni in cripto-attività. La condivisione pubblica e la validazione dei contenuti rendono impossibile annullare o modificare le operazioni. Di conseguenza, il file pubblico prodotto a seguito dell’uso della DLT esclude le operazioni fraudolente.

2.5

Durante il picco della crisi COVID-19, con il mercato in situazione di stress, il valore del bitcoin è schizzato fino a 10 367,53 dollari USA a metà febbraio 2020, per poi scendere a 4 994,70 dollari USA a metà marzo dello stesso anno. Tuttavia, la brusca impennata e la successiva riduzione di valore avevano poco a che vedere con la pandemia e con i suoi effetti sul mercato azionario (7). L’andamento apparentemente erratico del valore del bitcoin è il risultato di un fenomeno che è chiamato «dimezzamento» dagli esperti e dai miner. Il dimezzamento dei bitcoin avviene ogni quattro anni, oppure ogniqualvolta sono estratti 210 000 blocchi. Si è verificato nel 2012 e ha dato luogo alle stesse prevedibili fluttuazioni nei prezzi del bitcoin. Questo andamento non è cambiato molto dal 2012.

2.6

Allo stato attuale delle cose, le cripto-attività non sembrano comportare un rischio rilevante per la stabilità finanziaria, come confermato dal Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB) nella sua relazione del 2018. Ciò premesso, lo stesso FSB si è detto preoccupato per i rischi che una maggiore capitalizzazione di mercato potrebbe comportare, in particolare per i rischi legati alla fiducia degli investitori, per i rischi derivanti dalle esposizioni dirette e indirette degli istituti finanziari, nonché per i rischi connessi all’uso delle cripto-attività come mezzo di pagamento o scambio.

2.7

Le stesse preoccupazioni sono state espresse dalle autorità europee di vigilanza (ABE, ESMA e EIOPA), che hanno messo in guardia i consumatori contro il carattere altamente rischioso e speculativo di molte cripto-attività, che non sono adatte ad essere utilizzate dalla maggior parte degli investitori al dettaglio o come mezzo di pagamento o di scambio. Secondo le suddette autorità di vigilanza, i consumatori sono esposti alla possibilità molto concreta di perdere tutto il denaro investito qualora acquistino cripto-attività ad alto rischio. Hanno inoltre avvertito che i consumatori dovrebbero prestare attenzione ai rischi di pubblicità ingannevole, anche attraverso i social media e gli influencer. I consumatori dovrebbero mostrare particolare cautela in rapporto alle promesse di rendimenti rapidi o elevati.

2.8

I legami diretti tra le cripto-attività, da un lato, e gli istituti finanziari di importanza sistemica e i mercati finanziari di base, dall’altro, sono attualmente limitati, anche se in rapida crescita. Ciononostante, il coinvolgimento istituzionale nei mercati delle cripto-attività, in qualità sia di investitori che di fornitori di servizi, è cresciuto nell’ultimo anno, anche se il livello di partenza è piuttosto basso. Se l’attuale cammino di crescita — per quel che riguarda l’espansione delle cripto-attività e la loro interconnessione con gli istituti finanziari — dovesse continuare, ci potrebbero essere delle conseguenze per il sistema finanziario mondiale.

2.9

La crescita nell’estensione e interconnessione delle cripto-attività rende ancora più evidente quanto sia necessario e importante che le cripto-attività siano sottoposte a controlli omogenei, comparabili e obiettivi, che abbiano la finalità di riferire in merito all’esattezza e alla completezza delle informazioni finanziarie comunicate al pubblico. In questo contesto, nel settembre del 2020 la Commissione europea ha presentato una proposta legislativa per l’armonizzazione delle cripto-attività e il loro inquadramento giuridico in rapporto alle criptovalute (8). La proposta fornisce un quadro completo per la regolamentazione e la vigilanza degli emittenti e offerenti di cripto-attività, nonché dei prestatori di servizi per le cripto-attività, al fine di proteggere i consumatori, oltre che l’integrità e la stabilità del sistema finanziario. Il 30 giugno 2022 i colegislatori hanno raggiunto un accordo politico provvisorio. Il testo legislativo definitivo dovrebbe essere pubblicato ed entrare in vigore nei prossimi mesi. Il CESE ha espresso la propria posizione al riguardo nel parere sul tema Le cripto-attività e la tecnologia di registro distribuito (9).

3.   Rischi posti dalle cripto-attività

3.1

La rapida crescita delle cripto-attività è stata generalmente caratterizzata da un assetto operativo inadeguato, da una gestione carente del ciber-rischio e da quadri di governance lacunosi. La combinazione di questi tre problemi fa aumentare i rischi per i clienti, dato che la cibersicurezza è una questione di primo piano nel settore delle cripto-attività. Le cripto-attività rubate confluiscono generalmente nei mercati illegali e sono utilizzate per finanziare ulteriori attività criminali. Analogamente, nel contesto degli attacchi informatici del tipo «ransomware», i criminali spesso chiedono alle vittime di pagare il riscatto in criptovalute come il bitcoin (10). Il regolamento relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario (DORA), recentemente approvato dai colegislatori e attualmente in fase di finalizzazione ai fini della pubblicazione, stabilisce obblighi uniformi in relazione alla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi che sostengono i processi commerciali delle entità finanziarie, tra cui i fornitori di servizi per le cripto-attività, e questo si rende necessario per conseguire un livello comune elevato di resilienza operativa digitale.

3.2

L’ecosistema delle cripto-attività è inoltre esposto, in una certa misura, al rischio di concentrazione, dato che nelle attività di contrattazione predomina un numero relativamente ristretto di operatori (11). Da uno studio è emerso che meno di 10 000 persone in tutto il mondo possedevano complessivamente 4,8 milioni di bitcoin (12), cioè quasi un terzo dei 18,5 milioni di bitcoin estratti finora, il cui valore di mercato si avvicinava a 600 miliardi di dollari USA. Da allora, la situazione non è cambiata molto. Nell’ecosistema del bitcoin prevalgono tuttora pochi operatori di grandi dimensioni che estraggono (13), possiedono o scambiano questa cripto-attività. Tale concentrazione espone il bitcoin a un rischio sistemico e implica inoltre che la maggior parte dei guadagni derivanti da un’ulteriore diffusione di questa cripto-attività andrà probabilmente a finire in modo sproporzionato nelle mani di un numero esiguo di investitori (14).

3.3

Nella sua ultima relazione (15) l’FSB afferma che i sistemi di mercato, come il sistema bancario, sono stati ampiamente protetti dalla volatilità delle cripto-attività. Tuttavia, l’FSB mette in guardia contro la crescente importanza delle attività digitali nelle operazioni degli istituti finanziari. Se adesso dovesse fallire una cripto-attività importante del tipo stablecoin (con largo impiego nei pagamenti), la stabilità finanziaria potrebbe risentirne ulteriormente, proprio mentre aumenta l’incertezza a causa della guerra in Ucraina e i prezzi delle materie prime rimangono costantemente elevati. Il vacillare di una cripto-attività del tipo stablecoin potrebbe inoltre causare carenze di liquidità all’interno dell’ecosistema più generale delle cripto-attività, limitando in tal modo i volumi di contrattazione.

3.4

Come osservato in un parere precedente (16), il CESE sostiene pienamente gli sforzi compiuti nell’UE per aumentare la vigilanza sulle cripto-attività. Tuttavia, poiché la percezione generale è che le cripto-attività sono avvolte nell’anonimato, queste potrebbero ancora essere utilizzate per commettere reati, malgrado i miglioramenti nella loro tracciabilità. Inoltre, in questi ultimi tempi le cripto-attività sono chiaramente diventate la valuta preferita da coloro che compiono attacchi informatici, che utilizzano i ransomware per entrare abusivamente nei sistemi e poi chiedono pagamenti in bitcoin per non distruggere o divulgare dati che un’impresa ritiene preziosi. Si è inoltre registrato un aumento delle segnalazioni per le operazioni in cripto-attività che utilizzano uno schema alla Ponzi. La BCE sostiene altresì che le criptovalute sono utilizzate per eludere le sanzioni imposte agli oligarchi russi a seguito della guerra in Ucraina (17). Il rischio di un uso scorretto delle cripto-attività al fine di aggirare le sanzioni contro la Russia è un importante richiamo del fatto che questi mercati devono essere obbligati a rispettare le norme imposte, anche per quanto riguarda le informazioni sugli investitori, le norme antiriciclaggio e gli obblighi di informativa.

3.5

Le informazioni fuorvianti e la mancanza di trasparenza destano anch’esse grande preoccupazione. Alcune cripto-attività sono pubblicizzate in modo martellante presso il pubblico, utilizzando materiale di marketing e altre informazioni che possono essere poco chiare, incomplete, imprecise o deliberatamente fuorvianti, e in cui vengono ingigantiti i guadagni potenziali tralasciando però di menzionare i rischi connessi. Per il marketing si ricorre spesso a influencer sui social media, che non rivelano di essere economicamente incentivati a commercializzare certe cripto-attività, come osservabile in particolare con il recente aumento dei non fungible token (NFT) per i prodotti dell’arte digitale legati a celebrità e sportivi.

3.6

Secondo le autorità di vigilanza dell’UE, le fortissime fluttuazioni di prezzo cui le cripto-attività sono esposte comportano un grande rischio per gli investitori, anche se rischi simili potrebbero sorgere anche con le fluttuazioni dei mercati azionari mondiali. In effetti, i prezzi di molte cripto-attività sono soggetti a oscillazioni estreme e improvvise che le rendono altamente speculative, e i prezzi dipendono principalmente dalla domanda degli investitori. Tali oscillazioni estreme fanno sorgere nuovi dubbi sul futuro delle criptovalute come classe di attivi.

3.7

Quel che preoccupa nel caso delle cripto-attività è che spesso per gli investitori è quasi impossibile intentare richieste di risarcimento danni o altre azioni legali per — ad esempio — aver ricevuto informazioni fuorvianti, specialmente perché finora gli attivi virtuali non sono ammissibili alla protezione offerta dai vigenti regolamenti dell’UE in materia di servizi finanziari. Gli investitori non sono neanche protetti dai sistemi di garanzia dei depositi delle banche, in quanto tali sistemi valgono solo per le valute, e non si applicano alle cripto-attività, alle azioni o alle obbligazioni.

3.8

Dal punto di vista dell’UE il MiCA, quando entrerà infine in vigore, dovrebbe porre rimedio alla mancanza di armonizzazione che si riscontra attualmente tra gli Stati membri. Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, gli approcci seguiti divergono tra gli Stati membri; diversi tra loro impongono un’imposta sui redditi di capitale per gli utili ricavati dalle cripto-attività applicando un’aliquota che oscilla tra 0 e 50 %. Nel 2020, con l’adozione del pacchetto sulla finanza digitale volto a disciplinare le tecnologie finanziarie (FinTech), l’UE ha riconosciuto il potenziale della finanza digitale in termini di innovazione e competitività, riducendo nel contempo i rischi che essa comporta.

3.9

Il CESE chiede un quadro normativo e operativo efficace per migliorare il controllo delle operazioni finanziarie e la conformità fiscale delle cripto-attività. Pur riconoscendo i problemi causati dalla mancanza di un controllo centralizzato delle cripto-attività, dal loro pseudo-anonimato, dalle difficoltà di valutazione, dalle caratteristiche ibride e dalla rapida evoluzione della tecnologia sottostante, il CESE ritiene che sia possibile realizzare una conformità fiscale basata su un approccio simmetrico. Da un recente studio (18) è emerso che il gettito fiscale potenziale derivante dalle plusvalenze da compravendite di bitcoin nell’UE ammontava a 850 milioni di EUR nel 2020, il che evidenzia le notevoli entrate fiscali potenziali che possono essere ricavate da questo settore. Naturalmente, queste considerazioni sono valide a condizione che i proventi ricavati dalle cripto-attività siano soggetti a tassazione, al pari di quelli degli strumenti finanziari tradizionali. Anche in questo caso, ciò presuppone di far correttamente rispettare gli obblighi fiscali sulla base di un’adeguata rendicontazione e di fare in modo che le amministrazioni fiscali abbiano accesso alle informazioni. Un ulteriore vantaggio di una migliore tracciabilità in tempo reale delle vendite effettuate dalle imprese sarebbe un miglioramento del processo di riscossione dell’IVA.

3.10

È opportuno sottolineare che alcune cripto-attività possono essere equiparate a strumenti finanziari che rientrano nell’ambito di applicazione della seconda direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID II), oppure possono essere equiparate a moneta elettronica ai sensi della direttiva in materia (EMD) o, ancora, equiparate a fondi ai sensi della seconda direttiva sui servizi di pagamento (PSD 2). Il problema è che alcuni Stati membri hanno introdotto norme specifiche a livello nazionale per le cripto-attività a cui non sono applicabili le regolamentazioni dell’UE vigenti, con la conseguenza di una frammentazione normativa. Ciò distorce la concorrenza nel mercato unico, rendendo più difficile per i fornitori di servizi legati alle cripto-attività espandere l’attività a livello transfrontaliero e aprendo quindi la strada all’arbitraggio normativo.

3.11

Il CESE, pur concordando sul fatto che vada privilegiato un approccio onnicomprensivo rivolto sia alle cripto-attività che potrebbero essere considerate strumenti finanziari esistenti sia a quelle che attualmente non rientrano nel perimetro normativo, raccomanda vivamente alle autorità di attenersi al principio «stessa attività, stesso rischio, stesse norme». A tal fine è necessario basarsi sui quadri normativi esistenti nel caso delle imprese che effettuano operazioni in cripto-attività, nel cui ambito devono essere coperti rischi simili a quelli derivanti dalle attività tradizionali. Il CESE ritiene che ciò sia necessario per evitare asimmetrie tra servizi e beni analoghi che potrebbero rientrare in quadri normativi diversi a causa di questioni tecniche. Inoltre, a qualsiasi innovazione nel settore delle cripto-attività deve fare seguito una risposta normativa efficace per attenuare i rischi.

3.12

Infine, alla luce degli impegni in materia di clima che l’UE ha assunto nel quadro del Green Deal, le conseguenze sul piano ambientale generate dalle cripto-attività e dal relativo processo di estrazione appaiono della massima rilevanza. Un recente studio della Banca centrale dei Paesi Bassi (2021) segnala che l’impronta di carbonio della rete bitcoin sta aumentando, con un consumo totale di energia elettrica da parte della rete paragonabile a quello dei Paesi Bassi e con un conseguente costo ambientale dell’ordine di 4,2 miliardi di EUR (19). Ciò premesso, può essere pertinente fare un confronto con il consumo di energia elettrica a livello mondiale riconducibile al settore bancario. A tale proposito, il CESE osserva che le DLT emergenti, come la blockchain, risultano essere utilizzate per consentire la realizzazione di infrastrutture sostenibili per un futuro a basse emissioni di carbonio. Tuttavia, non vi è ancora alcuna prova tangibile in tal senso. Un aspetto positivo è che sviluppatori in tutto il settore energetico stanno cercando di sfruttare la DLT per contribuire a decentralizzare la distribuzione di energia, controllare le reti energetiche attraverso contratti intelligenti e fornire servizi di gestione della domanda legati alle previsioni di utilizzo e fornitura di energia elettrica.

4.   Opportunità derivanti dalle cripto-attività

4.1

Alla luce dei rischi summenzionati, non è chiaro se le criptovalute diventeranno mai un mezzo di scambio largamente diffuso. Tuttavia, non è irragionevole prevedere che in futuro si possa intervenire sulle carenze che hanno caratterizzato le cripto-attività, come quelle relative alle capacità di trattamento e al consumo energetico molto elevato del processo di estrazione, grazie agli sviluppi della tecnologia. La stessa considerazione potrebbe valere per i rischi associati di attività criminali e riciclaggio di denaro, dato che il volume percentuale delle operazioni illecite in criptovalute è sceso dallo 0,62 % nel 2020 allo 0,15 % nel 2021 (20), e le autorità di contrasto stanno perfezionando la loro capacità di tracciare e confiscare le criptovalute utilizzate per scopi illeciti. Alla luce di queste considerazioni, il CESE osserva che la Commissione ha esaminato sia le opportunità che le sfide legate alle cripto-attività sin da quando ha pubblicato il piano d’azione per le tecnologie finanziarie nel marzo del 2018.

4.2

Sebbene sia necessario predisporre un quadro legislativo solido in materia di cripto-attività, come quello stabilito nella proposta della Commissione (21), il CESE è dell’avviso che la blockchain, in quanto principale tecnologia sottostante alle cripto-attività, possa contribuire in misura rilevante ad affrontare i rischi esistenti. I vantaggi potenziali offerti dalla blockchain spaziano dalle operazioni in tempo reale, che consentono di ridurre il rischio e di gestire meglio il capitale, a una migliore efficacia normativa, ad esempio con l’utilizzo della blockchain per controllare l’identità dei clienti o combattere il riciclaggio di denaro. Inoltre, la blockchain apporta anche una maggiore cibersicurezza, dato che gli atti di pirateria informatica in un ecosistema basato sulla blockchain richiederebbero risorse esorbitanti in termini di potenza di rete e di calcolo. Esiste inoltre un enorme potenziale di integrazione con altre tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale e l’Internet delle cose, a sostegno della tecnologia per le cripto-attività.

4.3

Come osservato in precedenza, la mancanza di trasparenza e di informazioni rappresenta un grave problema per quanto riguarda le cripto-attività, e tale mancanza genera pseudo-anonimato e dati fiscali insufficienti. Ulteriori sviluppi tecnologici potrebbero consentire di intervenire sui limiti esistenti migliorando così la trasparenza e la qualità dei dati trasmessi alle autorità fiscali a fini di conformità, a vantaggio della lotta contro le frodi fiscali e le operazioni illecite. Inoltre, anche le sinergie tra la blockchain e l’intelligenza artificiale (IA) potrebbero rappresentare una soluzione, in quanto la tecnologia blockchain fornisce dati di alta qualità per le applicazioni di IA, oltre a modelli trasparenti per gli studi di analisi comparativa, e garantisce l’integrità di un accertamento fiscale automatizzato.

4.4

Sviluppi tecnologici ulteriori nella blockchain potrebbero inoltre spingere le banche a cooperare all’interno dell’ecosistema blockchain, potendo condividere informazioni ed esperienze con la comunità blockchain più generale attraverso una piattaforma di negoziazione. Un’infrastruttura di questo tipo potrebbe offrire un servizio di negoziazione, regolamento e custodia end-to-end pienamente integrato per le attività digitali basate sulla blockchain. Potrebbe altresì fornire un ambiente sicuro per emettere e negoziare attività digitali, oltre che per consentire la tokenizzazione dei titoli esistenti e delle attività che le banche non trattano, al fine di rendere negoziabili attività che non lo sono.

4.5

Ovviamente, per raggiungere questo obiettivo è necessario un quadro normativo solido, che deve peraltro essere coerente tra varie giurisdizioni e non soltanto all’interno dell’UE. Per proteggere i consumatori andrebbero stabilite norme, basate sui principi della parità di condizioni, sia all’interno che all’esterno dell’UE. In tale contesto, il CESE sostiene il regolamento sui trasferimenti di fondi, anche se per alcuni aspetti esso va al di là delle operazioni di finanziamento tradizionali. Tuttavia, al tempo stesso, il CESE sostiene l’innovazione all’interno dell’UE, ed è importante che i prodotti ordinari basati sulla tecnologia blockchain che non sono di natura finanziaria siano trattati come i loro omologhi fisici e non come strumenti finanziari, seguendo il principio «stessa attività, stesso rischio, stesse norme».

4.6

L’ultima considerazione riguarda la possibile introduzione di un euro digitale. È opportuno chiarire che un euro digitale non è una cripto-attività, bensì un’altra forma di euro (22). Grazie all’euro digitale, i cittadini dell’UE potrebbero effettuare pagamenti digitali in tutta la zona euro, proprio come oggi possono utilizzare i contanti per i pagamenti fisici. Naturalmente vi sono argomenti a favore e contro l’introduzione di un euro digitale, ma sembra logico compiere un tale passo dato che i pagamenti diventano sempre più digitalizzati. Si tratta di una questione cruciale per due ragioni principali: un euro digitale potrebbe contrastare in una certa misura la posizione dominante sul mercato di cui godono gli stablecoin ancorati al dollaro USA, ed è importante che la BCE continui a monitorare l’evoluzione delle cripto-attività e le loro potenziali implicazioni per la politica monetaria, come pure i rischi che tali attività possono comportare per il buon funzionamento delle infrastrutture di mercato e dei pagamenti, nonché per la stabilità del sistema finanziario.

Bruxelles, 22 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Il testo dovrebbe essere ultimato una volta approvato dal Coreper verso la fine di settembre 2022, e pertanto è molto probabile che non sia disponibile prima dell’adozione del presente parere del CESE.

(2)  Il regolamento sui trasferimenti di fondi è essenzialmente il risultato della raccomandazione del Gruppo d’azione finanziaria internazionale (GAFI) di introdurre l’obbligo, per i prestatori di servizi di pagamento, di accompagnare i trasferimenti di fondi con i dati informativi relativi all’ordinante e al beneficiario. Le nuove tecnologie, come quelle utilizzate nei trasferimenti di cripto-attività, saranno coperte dal regolamento sui trasferimenti di fondi.

(3)  Assessment of risks to financial stability from crypto-assets [Valutazione dei rischi per la stabilità finanziaria derivanti dalle cripto-attività].

(4)  Liao e Caramichael, Stablecoins: Growth potential and impact on banking [Stablecoin: potenziale di crescita e impatto sull’attività bancaria], International Finance Discussion Papers No 1334, Washington, Consiglio dei governatori del Sistema della riserva federale, 2022.

(5)  «DeFi» significa, nella sostanza, la prestazione di servizi finanziari in modo decentralizzato, vale a dire senza il ricorso a un intermediario per facilitare la prestazione del servizio finanziario. Una volta messe a punto da singoli individui, le applicazioni DeFi sono introdotte nella blockchain e acquisiscono gradualmente una vita propria, in quanto la governance viene ceduta alla comunità degli utenti. La forma ultima che assume un’applicazione DeFi è quella di un’organizzazione autonoma decentralizzata (DAO). Ciò è il contrario del sistema finanziario tradizionale, che si basa su intermediari centralizzati che controllano l’accesso ai servizi finanziari. Di per sé, il ricorso alla tecnologia blockchain non fa rientrare automaticamente un’attività nella DeFi, ma è piuttosto l’assenza di intermediari (resa possibile proprio dalla blockchain) che porta alla DeFi.

(6)  Chainalysis (2021).

(7)  Cfr. Sajeev, K.C., Afjal, M., Contagion effect of cryptocurrency on the securities market: a study of Bitcoin volatility using diagonal BEKK and DCC GARCH models [L’effetto di contagio delle criptovalute sui mercati mobiliari: uno studio del bitcoin per mezzo dei modelli diagonali BEKK e DCC GARCH], SN Bus Econ 2, 57 (2022).

(8)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937, COM(2020) 593 final, 24 settembre 2020.

(9)  GU C 155 del 30.4.2021, pag. 31.

(10)  Crypto-assets: Key developments, regulatory concerns and responses [Cripto-attività: sviluppi fondamentali, preoccupazioni normative e risposte].

(11)  È opportuno sottolineare che il rischio di concentrazione è espresso in termini relativi e limitato all’ecosistema delle cripto-attività. Esso non incide sulla concentrazione della ricchezza quale descritta, ad esempio, nella classifica mondiale dei miliardari pubblicata da Forbes.

(12)  Makarov, I., Schoar, A., Blockchain Analysis of the Bitcoin Market [Analisi della blockchain nel mercato del bitcoin], 18 aprile 2022.

(13)  L’estrazione di cripto-attività da parte dei miner consiste nel processo di creazione di singoli blocchi che vengono aggiunti all’estremità finale della catena (la blockchain) tramite la risoluzione di problemi matematici complessi. Lo scopo dell’estrazione è verificare le operazioni in cripto-valuta e mostrare la cosiddetta proof of work (PoW), aggiungendo queste informazioni a un blocco della blockchain, che funge da registro per le operazioni di estrazione.

(14)  Makarov, I., Schoar, A., Blockchain Analysis of the Bitcoin Market [Analisi della blockchain nel mercato del bitcoin], 18 aprile 2022.

(15)  Assessment of risks to financial stability from crypto-assets [Valutazione dei rischi per la stabilità finanziaria derivanti dalle cripto-attività].

(16)  Parere del CESE sul tema Cripto-attività e tecnologia di registro distribuito, GU C 155 del 30.4.2021, pag. 31.

(17)  La Presidente della BCE Christine Lagarde afferma che le criptovalute vengono utilizzate per eludere le sanzioni imposte alla Russia.

(18)  Thiemann, A. (2021), Cryptocurrencies: An empirical View from a Tax Perspective [Cripto-valute: una visione empirica dal punto di vista fiscale], documenti di lavoro del JRC sulle riforme fiscali e strutturali n. 12/2021, Commissione europea, Centro comune di ricerca, Siviglia, JRC126109.

(19)  Trespalacios, J.P., e Dijk, J., The carbon footprint of bitcoin [L’impronta di carbonio del bitcoin], De Nederlandsche Bank, DNB Analysis Series, 2021.

(20)  Relazione 2022 di Chainalysis sulle attività criminali in cripto-valute.

(21)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937, COM(2020) 593 final.

(22)  Cfr. il parere d’iniziativa in corso di elaborazione sul tema Un euro digitale.


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il personale sanitario e la strategia per l'assistenza per il futuro dell'Europa»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 486/06)

Relatore:

Danko RELIĆ

Relatrice:

Zoe TZOTZE-LANARA

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

6.9.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/4/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sostiene con fermezza il principio secondo cui sistemi sanitari solidi e resilienti possono svilupparsi soltanto se basati su un personale sanitario istruito, qualificato e motivato, il che è fondamentale per realizzare una politica sanitaria efficace e, di conseguenza, per garantire a tutti una copertura sanitaria incentrata sulla persona e il «diritto alla salute», come raccomandato dalla Conferenza sul futuro dell'Europa, assicurando a tutti gli europei un uguale accesso, e sostenibile, a un'assistenza sanitaria a prezzi abbordabili, preventiva, curativa e di qualità.

1.2.

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa per un'azione a livello di Unione europea volta a rafforzare l'assistenza a lungo termine e l'educazione e la cura della prima infanzia, come previsto dal pilastro europeo dei diritti sociali, che contribuirà a offrire servizi di cura e assistenza di alta qualità, accessibili, equi e a prezzi abbordabili, come pure a rafforzare la parità di genere e l'equità sociale.

1.3.

Il CESE invoca un approccio trasformativo che garantisca un'assistenza incentrata sulle persone, sui loro diritti e sui loro bisogni, consentendo fra l'altro la partecipazione dei cittadini alle discussioni, consultazioni e decisioni pertinenti; ed esorta la Commissione a definire, riguardo all'assistenza, una strategia ambiziosa in grado di contribuire alla coesione e alla convergenza verso l'alto, in materia di assistenza sanitaria e assistenza a lungo termine, tra i singoli Stati membri e all'interno di essi.

1.4.

Una garanzia europea per l'assistenza può assicurare a tutti coloro che vivono nell'UE un accesso, lungo tutto l'arco della vita, a servizi di cura e assistenza di qualità e a prezzi abbordabili, affrontare le carenze nell'assistenza e promuovere condizioni di lavoro dignitose, offrendo opportunità di formazione. Il sostegno e un migliore riconoscimento per i prestatori di assistenza informale, nonché l'adozione di politiche volte ad affrontare i problemi dell'assistenza informale retribuita e non retribuita, sono fondamentali per un uso efficiente delle risorse.

1.5.

Dato che l'efficienza, la rendicontabilità e l'adeguato finanziamento dei servizi pubblici restano cruciali per garantire parità di accesso a un'assistenza di qualità, il CESE invita l'Unione europea a garantire una complementarità basata sulla solidarietà tra tutti i prestatori di servizi di assistenza, a incoraggiare gli investimenti nei servizi pubblici e l'economia sociale e a sostenere gli attori dell'economia sociale nel settore dell'assistenza.

1.6.

La pianificazione della forza lavoro dovrebbe tenere conto dello sviluppo delle tecnologie digitali, poiché le innovazioni in tali ambiti aprono nuove opportunità di creare nuovi ambienti di lavoro e contesti in cui viene erogata l'assistenza, oltre a richiedere nuove competenze. Sostenere la digitalizzazione dei servizi di assistenza a lungo termine è fondamentale per affrontare con decisione i problemi del divario e della povertà digitali.

1.7.

Il CESE propone un aggiornamento del piano d'azione per il personale sanitario e di assistenza nell'Unione europea (1). Lo sviluppo di una pianificazione e di previsioni integrate relative al personale sanitario e l'adeguamento delle competenze di tale personale e di quello dell'assistenza a lungo termine sono essenziali per migliorare l'accesso a questi servizi e la loro qualità. Un piano aggiornato potrebbe garantire una migliore raccolta dei dati, sfruttare appieno il potenziale della digitalizzazione in tutta l'UE e sviluppare metodi per prevedere meglio le esigenze in termini di forza lavoro e competenze.

1.8.

Il CESE sottolinea che deve essere rispettato il diritto alla mobilità all'interno dell'UE. La mobilità transfrontaliera aggiunge un'ulteriore dimensione alla pianificazione del personale; l'istituzione di un servizio europeo di monitoraggio del personale sanitario per assistere gli Stati membri nella creazione e nel mantenimento delle strutture di pianificazione e nel coordinamento degli aspetti transfrontalieri della pianificazione stessa costituirebbe un utile elemento infrastrutturale a lungo termine.

1.9.

Un dialogo sociale che coinvolga sia i governi che i datori di lavoro, i lavoratori e le rispettive organizzazioni rappresentative è cruciale per una strategia trasformativa in materia di assistenza e per sistemi sanitari e di assistenza resilienti nell'UE; i prestatori e i beneficiari di assistenza devono essere coinvolti nell'elaborazione di un ecosistema sanitario e dell'assistenza inclusivo, resiliente e basato sulla parità di genere.

2.   Osservazioni generali in materia di assistenza

2.1.

Di vitale importanza per la protezione sociale e il benessere dei cittadini dell'UE, l'assistenza a lungo termine comprende una gamma di servizi e assistenza per le persone che soffrono di fragilità e/o disabilità mentali e/o fisiche per lunghi periodi di tempo, che dipendono dal sostegno di altri nella loro vita quotidiana e/o necessitano di assistenza infermieristica permanente da parte di professionisti o non professionisti retribuiti/non retribuiti, presso la propria abitazione o in strutture di assistenza residenziale e case di cura (2).

2.2.

La pandemia di COVID-19 ha messo a dura prova la resilienza e l'adeguatezza dei sistemi di assistenza in tutta l'UE, portando alla luce problemi strutturali, quali la carenza di finanziamenti e di personale in molti paesi, problemi che rischiano di aggravarsi a causa delle attuali sfide economiche e/o politiche, dell'inflazione, della situazione di incertezza e della crisi energetica.

2.3.

Il pilastro europeo dei diritti sociali sancisce il diritto all'assistenza e il diritto di tutti ad avere accesso a servizi di assistenza formale di qualità in base alle loro necessità. Annunciata dalla Presidente della Commissione europea von der Leyen nel discorso sullo stato dell'Unione del 2021, la nuova strategia europea per l'assistenza prevede due raccomandazioni del Consiglio: una sull'assistenza all'infanzia (che rivede gli obiettivi di Barcellona) e una sull'assistenza a lungo termine. Il Parlamento europeo ha raccomandato di migliorare la prestazione di assistenza lungo tutto l'arco della vita sulla base delle esigenze dei beneficiari e dei prestatori di assistenza, esortando la Commissione a sostenere gli Stati membri nello sviluppo di servizi di assistenza di qualità (3).

2.4.

Il CESE ha adottato diversi pareri sulla prestazione di assistenza nell'UE (4), sottolineando la necessità di investire in un'assistenza di qualità, sostenibile e accessibile per tutti, nonché di affrontare le carenze nell'assistenza all'infanzia e nell'assistenza a lungo termine; e, riguardo alla prestazione di assistenza per tutti, ha individuato una serie di criticità — dalla «diversificazione e frammentazione delle offerte di servizi» e «regolamentazione carente delle stesse» alla «difficoltà di coordinamento dei livelli gestionali», ai «problemi di articolazione tra i servizi sociali e sanitari» e alla «crescente commercializzazione dei servizi» — e sottolineato la necessità di «politiche e misure di prevenzione». Opponendosi agli stereotipi e ad altre forme di discriminazione nei confronti degli anziani, il CESE ha chiesto che si garantisca un'assistenza incentrata sulle persone, sostenuta dalla digitalizzazione. In quest'ottica, il CESE raccomanda di assicurarsi che la digitalizzazione si diffonda pienamente, in modo da ridurre gli adempimenti burocratici superflui per i prestatori di assistenza, nonché di applicare i migliori risultati della regolamentazione intelligente.

3.   Un approccio trasformativo all'assistenza

3.1.

Per essere efficace, una strategia europea per l'assistenza richiede l'impegno ad adottare un approccio trasformativo e ambizioso, che ponga al centro le persone e i loro diritti e bisogni fondamentali, garantendo la loro partecipazione alle consultazioni e alle decisioni, e sia in grado di contribuire alla coesione e alla convergenza verso l'alto tra gli Stati membri e all'interno di essi.

3.2.

Incarnando questa trasformazione, una garanzia europea per l'assistenza garantirebbe a tutti coloro che risiedono nell'UE l'accesso, lungo tutto l'arco della vita, a un'assistenza di qualità e a prezzi abbordabili, fornirebbe agli Stati membri un quadro coerente per la prestazione di servizi di qualità elevata e l'adozione di strategie di assistenza per tutta la vita, e migliorerebbe le condizioni di lavoro e la formazione per i prestatori di assistenza formali nonché il sostegno per quelli informali.

3.3.

Sono necessari investimenti su larga scala nell'economia e nelle infrastrutture dell'assistenza per adottare un approccio trasformativo che affronti le carenze persistenti in questo settore, con la possibilità di creare circa 300 milioni di posti di lavoro entro il 2035 e di migliorare così anche l'uguaglianza di genere e l'accesso delle donne al mercato del lavoro (5).

3.4.

Sebbene negli Stati membri esistano modelli diversi, l'efficienza, la rendicontabilità e l'adeguato finanziamento dei servizi pubblici restano gli elementi fondamentali per garantire l'accesso equo a un'assistenza di qualità e sostenere i prestatori non retribuiti, in particolare le donne. Il CESE sottolinea la necessità di massimizzare la complementarità e la sinergia tra tutti i prestatori di cure e di assistenza sia nel settore pubblico che in quello privato (con e senza scopo di lucro) allo scopo di garantire una copertura per tutti (6), tenendo conto delle migliori pratiche e degli esempi positivi negli Stati membri ma rispettando nel contempo le specificità e le differenze a livello nazionale.

3.5.

Le tendenze alla privatizzazione e le pratiche orientate al mercato, come il fatto di privilegiare la selezione dei rischi e la massimizzazione dei profitti rispetto all'assistenza e alla salute, possono aggravare le disuguaglianze, colpendo i più vulnerabili con esigenze di assistenza insoddisfatte. Basate sulla solidarietà, sul rispetto delle competenze nazionali e sulla sussidiarietà, l'assistenza a lungo termine e l'assistenza all'infanzia richiedono, a livello di Unione europea e di singoli Stati membri, sistemi di protezione sociale e servizi pubblici, investimenti sociali e attori dell'economia sociale forti, ad esempio le società mutue, per garantire un'assistenza ottimale — a livello di comunità e a domicilio — da parte di prestatori di assistenza adeguatamente formati (7).

3.6.

I fondi strutturali e di investimento dell'UE possono essere utilizzati per sostenere gli investimenti nell'assistenza. Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria e l'assistenza a lungo termine, la Commissione dovrebbe rendere più mirate le sue raccomandazioni specifiche per paese nell'ambito del semestre europeo e, ove necessario, aiutare gli Stati membri a privilegiare finanziamenti adeguati che costituiscano un investimento produttivo piuttosto che un onere economico.

4.   Condizioni di lavoro, sfide e potenziale occupazionale

4.1.

Nell'UE circa 6,3 milioni di persone lavorano nel settore dell'assistenza a lungo termine, mentre 44 milioni di persone prestano frequentemente assistenza a lungo termine in via informale a parenti o amici, in uno dei settori in più rapida crescita a livello mondiale (8). Si prevede che entro il 2030 si creeranno fino a 7 milioni di posti di lavoro come operatori sanitari associati e prestatori di assistenza (9).

4.2.

Tra le sfide principali per il settore dell'assistenza figurano le carenze di personale, le condizioni di lavoro poco attraenti e impegnative, l'invecchiamento della forza lavoro e il sottofinanziamento, dovuto ai tagli ai bilanci sociali e sanitari durante la crisi economica del 2008, sia pure in misura diversa nei vari Stati membri (10). In quasi tutti i paesi dell'UE la crescita dell'occupazione non tiene il passo con l'aumento della domanda, a causa delle condizioni di lavoro mentalmente e fisicamente impegnative che spingono gli operatori ad abbandonare il settore — una tendenza esacerbata dalla pandemia, con conseguenze esiziali per la salute e la sicurezza sia dei beneficiari che dei prestatori di assistenza.

4.3.

Un approccio trasformativo dovrebbe promuovere la parità di genere, considerato che le donne rappresentano oltre l'80 % della forza lavoro del settore dell'assistenza, sono le principali prestatrici e beneficiarie di assistenza in contesti sia formali che informali (11) e sono in media più anziane della forza lavoro complessiva dell'UE. Poiché le donne si fanno carico della maggior parte delle responsabilità di assistenza in famiglia, l'offerta di servizi di educazione e cura della prima infanzia e di assistenza a lungo termine accessibili e a prezzi abbordabili consentirebbe a un maggior numero di donne di accedere al mercato del lavoro. Il diritto ad almeno cinque giorni lavorativi all'anno di congedo per i prestatori di assistenza, introdotto dalla direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare, fornirà un certo sostegno ai prestatori di assistenza informale che si sforzano di conciliare lavoro e responsabilità di assistenza. Tuttavia, la mancanza di congedi retribuiti adeguati impedisce il pieno godimento di tale diritto previsto dalla direttiva e potrebbe aggravare le disuguaglianze di genere.

4.4.

In molti paesi dell'UE, in questo settore i salari sono inferiori alla media, nonostante le condizioni di lavoro difficili, le capacità, competenze e/o qualifiche richieste e i rischi elevati per la salute e la sicurezza sul lavoro (12). In diversi Stati membri la sindacalizzazione, la copertura della contrattazione collettiva, la soddisfazione professionale e i rapporti tra personale e utenti si attestano a livelli bassi; e, tra le altre cose, la pandemia ha messo in luce delle carenze nella fornitura di dispositivi di protezione individuale.

4.5.

L'assistenza informale non retribuita, o assistenza familiare, è una pietra angolare della prestazione di assistenza a lungo termine in Europa, ma in molti paesi l'assistenza a domicilio e l'assistenza di prossimità rimangono poco sviluppate e di difficile accesso (13). Considerato l'impatto dell'assistenza informale sui risultati fondamentali conseguiti nel corso della vita, il CESE raccomanda vivamente l'adozione di politiche che favoriscano la «formalizzazione» dell'assistenza informale, sostengano i prestatori di assistenza informale e contribuiscano a un uso efficiente delle risorse.

4.6.

Il CESE esprime preoccupazione per la diffusione del lavoro di assistenza precario tra i lavoratori domestici non dichiarati, in larga maggioranza donne, che si occupano di assistenza domiciliare in una situazione di convivenza e appartengono per lo più a gruppi di migranti o a categorie di cittadini mobili. Aggravata dalla mancanza di accesso all'assistenza formale e dalla necessità economica, tale zona grigia esige di essere affrontata con un approccio politico coerente, che presti la dovuta attenzione alla certificazione delle competenze, alla regolarizzazione e/o alle procedure relative ai permessi di soggiorno.

4.7.

Con l'aumento della domanda di assistenza a lungo termine, il settore trarrà vantaggio da salari più elevati e più stimolanti, da una rappresentanza e una contrattazione collettive efficaci e da una maggiore formazione. I finanziamenti pubblici mobilitati per migliorare le condizioni di lavoro (ad esempio attraverso l'introduzione di determinati requisiti per gli appalti pubblici) possono contribuire a colmare le carenze di personale e a garantire un'assistenza a lungo termine di qualità elevata. La professionalizzazione, come anche la definizione della qualità e l'elaborazione di norme per valutarla e/o misurarla, nonché l'armonizzazione delle norme tra gli Stati membri, sono essenziali per il rinnovo del settore (14).

5.   Altre osservazioni

5.1.

La pandemia ha messo in luce situazioni di frammentazione e dispersione, in particolare per quanto riguarda le responsabilità in materia di prestazione e finanziamento dei servizi in molti Stati membri, il che rende necessaria una migliore integrazione tra l'assistenza sanitaria e i sistemi di assistenza nazionali (15), i quali sono i più idonei a garantire l'accesso per tutti e l'efficienza.

5.2.

Nella nuova strategia per l'assistenza, una delle principali sfide emergenti che richiedono misure concertate riguarda i modi di prevenire ed affrontare i problemi di salute mentale, che sono una conseguenza combinata della pandemia e dell'aumento dei casi di disturbi psichici (ad esempio, la demenza) legato all'invecchiamento della popolazione.

5.3.

Come dimostra la recente esperienza in materia di prevenzione e controllo della COVID-19 nelle strutture di assistenza a lungo termine (16), una valutazione efficace, nonché delle ispezioni e una supervisione esterna razionali ed efficienti di tali strutture, sia pubbliche che private, sono essenziali per prevenire gli abusi e garantire la sicurezza e la qualità, in particolare per gli anziani, i minori e le altre fasce di popolazione vulnerabili, facendo tesoro delle buone pratiche esistenti negli Stati membri.

5.4.

Sviluppare, a livello di Unione europea, una raccolta di dati e indicatori standardizzati per l'assistenza a lungo termine è di vitale importanza affinché, a livello di Stati membri, sia attuata una strategia efficace in materia di assistenza, che comporti anche obblighi di comunicazione e revisioni periodiche, da condurre con procedure efficienti e semplificate. Un'adeguata assistenza all'infanzia, in particolare, richiede obiettivi quantitativi e qualitativi per misurare i progressi compiuti, realizzare gli obiettivi di Barcellona e superarli.

5.5.

Il sostegno alla digitalizzazione dei servizi di assistenza a lungo termine è cruciale per affrontare il divario digitale. Particolare attenzione va prestata all'accessibilità, alle tecnologie assistive, al miglioramento dell'alfabetizzazione digitale e alla digitalizzazione per la qualità del posto di lavoro, al perfezionamento delle competenze e ai nuovi metodi di diagnosi, monitoraggio e trattamento.

5.6.

Il CESE condanna i crimini di guerra commessi dalla Federazione russa in Ucraina nei confronti di operatori sanitari e dell'assistenza, pazienti e bambini, ma anche a danno di ospedali e di altre strutture: oltre a provocare morti e feriti, infatti, questa aggressione arreca gravi danni al sistema sanitario e assistenziale ucraino — una situazione che rende necessari aiuti mirati e misure di sostegno specifiche, tenendo presente anche che la crisi in Ucraina si sta diffondendo ovunque e incide su molti aspetti del contesto sociale ed economico.

5.7.

Un dialogo sociale che coinvolga sia i governi sia i datori di lavoro, i lavoratori e le rispettive organizzazioni rappresentative è fondamentale per una strategia trasformativa in materia di assistenza e per sistemi sanitari resilienti nell'UE; ed è importante sottolineare che i prestatori e i beneficiari dell'assistenza devono essere coinvolti nell'elaborazione di un ecosistema sanitario e di assistenza più inclusivo, resiliente, basato sulla parità di genere e partecipato dalla società civile e dagli altri portatori di interessi, come ad esempio le chiese e le organizzazioni filantropiche.

6.   Osservazioni generali sul personale sanitario

6.1.

Una buona assistenza sanitaria è uno dei pilastri di una società stabile, sicura e prospera, e la sua organizzazione è responsabilità dei governi. In molti paesi è prassi comune fare affidamento su assunzioni rapide e a basso costo di operatori sanitari provenienti da altri paesi europei. Questa situazione viene semplicemente accettata come un dato di fatto e colpevolmente ignorata.

6.2.

Il CESE sostiene con fermezza il principio secondo cui sistemi sanitari solidi e resilienti possono svilupparsi soltanto se basati su un personale sanitario istruito, qualificato e motivato, che è fondamentale per realizzare una politica sanitaria efficace e, di conseguenza, per garantire una copertura sanitaria per tutti e attuare il diritto alla salute. Le stesse raccomandazioni della Conferenza sul futuro dell'Europa puntano a sancire un «diritto alla salute» che garantisca a tutti gli europei un accesso equo e per tutti a un'assistenza sanitaria preventiva, curativa, di qualità e a prezzi abbordabili.

6.3.

L'Unione europea della salute dovrebbe migliorare la protezione, la prevenzione, la preparazione e la risposta a livello UE rispetto alle minacce per la salute umana. In questo contesto, la buona riuscita di tutte le iniziative fondamentali dell'Unione europea della salute dipende in larga misura dalla disponibilità di personale sanitario di qualità elevata.

6.4.

In diversi suoi pareri (17) il CESE ha affrontato la questione del personale sanitario in tutta una serie di altri contesti e attività. Soprattutto durante la pandemia, gli operatori sanitari si trovano in prima linea, dimostrando un eccezionale livello di solidarietà nei momenti più difficili.

6.5.

Il CESE è favorevole all'adozione di misure per rendere i posti di lavoro nel settore sanitario più attraenti per i giovani. Si tratta di uno dei prerequisiti più importanti per creare nei sistemi sanitari una capacità di risorse umane sufficiente a soddisfare le esigenze in materia di assistenza sanitaria, promozione della salute e prevenzione delle malattie.

6.6.

I dati su numeri, migrazioni, competenze e altre informazioni specifiche relative al personale sanitario dovrebbero essere standardizzati e costantemente condivisi tra gli Stati membri. Numerosi eventi (pandemia di COVID-19, terremoti, inondazioni, l'invasione russa dell'Ucraina ecc.) dimostrano l'importanza di una risposta rapida, soprattutto nelle situazioni di crisi.

6.7.

Nei paesi OCSE l'occupazione nei servizi sanitari e sociali è aumentata del 48 % tra il 2000 e il 2017 (18). Con l'invecchiamento e i mutamenti della popolazione, anche la domanda di servizi sanitari è destinata ad aumentare e a cambiare: si stima che la domanda globale di operatori sanitari quasi raddoppierà entro il 2030 (19).

6.8.

Anche prima della pandemia di COVID-19, in molti paesi la capacità di prestare servizi sanitari di base era limitata a causa delle persistenti carenze di personale sanitario, con una previsione di una carenza globale di 18 milioni di operatori sanitari entro il 2030 (20).

6.9.

È importante definire chiaramente i principi dell'eventuale trasferimento o combinazione di competenze e compiti (cambio di compiti / combinazione di competenze). È necessario un coordinamento degli istituti in cui viene formato il personale sanitario affinché rispondano in modo adeguato alle esigenze del sistema sanitario nazionale attraverso correzioni tempestive dei tassi di iscrizione e dei programmi di studio.

6.10.

Lo sviluppo delle risorse umane nell'assistenza sanitaria e sociale dovrebbe seguire il principio del coordinamento, della cooperazione intersettoriale e dell'integrazione delle cure, con l'obiettivo comune di conseguire la continuità dell'assistenza per i cittadini sul modello «24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni all'anno».

6.11.

Particolare attenzione va prestata alla disponibilità di cure nelle comunità locali, e specialmente nelle aree scarsamente popolate, nelle zone rurali remote o isolate e nelle isole, dove le moderne soluzioni di trasporto e telemedicina devono essere utilizzate più attivamente.

7.   Pianificazione del personale sanitario

7.1.

Il CESE ritiene che la pianificazione del personale sanitario debba mirare a creare le condizioni per una pratica professionale che migliori la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti. Nel contempo, è necessario garantire la capacità di impartire una formazione di alta qualità a tutti i livelli.

7.2.

La gestione del personale sanitario deve essere considerata un'attività di importanza strategica — a livello dell'intera amministrazione statale e attraverso il ruolo fondamentale dei governi degli Stati membri — e deve essere realizzata in modo multisettoriale, tenendo conto delle diverse prospettive e priorità.

7.3.

La gestione del personale sanitario deve affrontare tutte le fasi del «ciclo di vita dei professionisti», dal reclutamento dei futuri studenti all'impiego di pensionati. Il processo di selezione dei candidati per la formazione, l'impiego e la promozione dovrebbe essere trasparente ed equo, privo di qualsiasi forma di discriminazione.

7.4.

Nella pianificazione del personale sanitario è importante considerare e rappresentare chiaramente le esigenze dei cittadini e degli operatori sanitari. I processi di pianificazione e gestione devono stabilire i metodi con cui è possibile individuare tutte le esigenze dei professionisti, dalle condizioni di lavoro ai diritti materiali e alle opportunità di avanzamento di carriera, dalla destinazione di tempo e risorse adeguati all'apprendimento e alla ricerca fino alla creazione di un equilibrio sostenibile tra vita personale e professionale.

7.5.

La pianificazione del personale sanitario deve riflettere la pianificazione della struttura, ma anche le azioni e i processi per conseguire gli obiettivi prefissati, per definire quali traguardi debbano essere raggiunti e secondo quali modalità specifiche.

7.6.

Il CESE propone un aggiornamento del piano d'azione per il personale sanitario e di assistenza nell'Unione europea (21). Lo sviluppo di una pianificazione e di previsioni integrate relative al personale sanitario e l'adeguamento delle competenze del personale sanitario e dell'assistenza a lungo termine sono essenziali per migliorare l'accesso a tali servizi e la loro qualità.

7.7.

Le parti sociali e tutte le organizzazioni della società civile interessate devono svolgere un ruolo attivo nel processo di pianificazione del personale sanitario. È necessario definire le relazioni tra i diversi gruppi professionali, le esigenze specifiche della popolazione e il sistema per determinate competenze.

7.8.

L'individuazione di aree geografiche poco attraenti o di settori di attività in cui si registra una carenza di risorse umane è necessaria per tutelare i diritti e fornire incentivi adeguati agli operatori sanitari. Il CESE propone che la Commissione europea formuli raccomandazioni sui tassi minimi di risorse per unità di popolazione per garantire la copertura sanitaria universale di base e per rispondere alle emergenze, tenendo conto della distribuzione geografica e del profilo d'età (22).

7.9.

Come base per tali raccomandazioni, è importante migliorare la raccolta dei dati a livello internazionale per armonizzare, ove possibile, le categorie di dati al fine di identificare le differenze ed evitare interpretazioni errate dei dati stessi. E, per poter contestualizzare i dati, è importante riflettere le deviazioni nazionali dalle categorie armonizzate in ogni parte d'Europa (23).

7.10.

La questione delle risorse finanziarie sarà affrontata in modo diverso a seconda della situazione economica di ciascuno Stato membro. I dati a disposizione suggeriscono che gli Stati membri debbano garantire che la pianificazione del sistema in generale, e del personale sanitario in particolare, tenga conto sia del contesto generale che della relativa capacità del governo di influenzarlo (24).

7.11.

La pianificazione della forza lavoro dovrebbe tenere conto dello sviluppo delle tecnologie digitali, poiché le innovazioni in tali ambiti offrono delle opportunità per creare nuovi ambienti di lavoro e contesti in cui viene erogata l'assistenza, e richiedono nuove competenze.

8.   Condizioni di lavoro

8.1.

Il ruolo delle condizioni di lavoro come fattore che incide sulla decisione dei professionisti di iniziare, proseguire o lasciare la carriera medica evidenzia l'importanza di politiche coerenti in ambiti quali l'istruzione, l'occupazione, la vita familiare, gli aspetti finanziari e la migrazione. Sebbene molte discussioni sulla pianificazione del personale sanitario si concentrino sul compenso professionale come fattore cruciale per il reclutamento e il mantenimento degli operatori, anche l'accesso all'istruzione e alla formazione, compresi lo sviluppo professionale e la capacità di conservare le competenze, condizioni pratiche come la disponibilità di assistenza sanitaria, gli orari di lavoro ufficiali, la garanzia di livelli sufficienti di personale, le opportunità di uno sviluppo professionale significativo e l'equilibrio tra vita privata e professionale contribuiscono a creare un ambiente di lavoro sano, in cui le professioni sanitarie rappresentano una scelta di carriera attraente e sostenibile (25).

8.2.

Le organizzazioni mediche europee e internazionali rilevano che i medici che lavorano negli ospedali, negli ambulatori dei medici generici e negli studi privati si trovano sempre più spesso ad affrontare situazioni di violenza, talvolta estrema, nella loro pratica quotidiana, al di fuori di qualsiasi conflitto (26). Il CESE chiede alla Commissione europea e a tutte le parti interessate di dar prova di impegno sul piano politico e di consapevolezza dell'urgente necessità di proteggere gli operatori sanitari nello svolgimento del loro lavoro.

8.3.

Gli operatori sanitari sono a rischio di contrarre malattie infettive a causa dell'esposizione sul posto di lavoro. La trasmissione di malattie determina assenteismo, morbilità e, in alcuni casi, mortalità tra tali operatori, il che, in ultima analisi, comporta una riduzione della forza lavoro e di conseguenza influisce sulla qualità dell'assistenza ai pazienti e sulla sicurezza.

8.4.

Gli operatori sanitari possono inoltre soffrire di stress psicologico e, potenzialmente, di disordini mentali, che si ripercuotono sia sul lavoro che sulla vita privata. Negli ultimi anni sono aumentate le segnalazioni di operatori sanitari che riducono la pratica professionale o vanno in pensione anticipatamente a causa di esaurimento nervoso (burnout), depressione o altri problemi di salute mentale (27). Il CESE chiede di investire nei servizi pubblici di salute mentale per garantire a tutti gli operatori sanitari un accesso completo e gratuito a tali servizi.

9.   Mobilità

9.1.

Il CESE sottolinea che il diritto alla mobilità deve essere rispettato sia all'interno che all'esterno dell'UE. La mobilità transfrontaliera dovrebbe essere agevolata a vantaggio del singolo lavoratore e della professione nel suo complesso, in quanto offre un'opportunità di trasferimento delle conoscenze e di apprendimento reciproco che va a beneficio dell'assistenza ai pazienti e, in ultima analisi, dell'intero sistema sanitario. In caso di migrazione dovuta a necessità economiche o a condizioni di lavoro sfavorevoli, è fondamentale individuare e affrontare le cause profonde di tali dinamiche e adoperarsi per migliorare la situazione del personale sanitario (28).

9.2.

La mobilità transfrontaliera aggiunge un'ulteriore dimensione alla pianificazione del personale; e l'istituzione di un servizio europeo di monitoraggio del personale sanitario per assistere gli Stati membri nella creazione e nel mantenimento delle strutture di pianificazione e nel coordinamento degli aspetti transfrontalieri della pianificazione costituirebbe un utile elemento infrastrutturale a lungo termine. Tale servizio dovrebbe essere collegato ai processi dell'UE, e in particolare al semestre europeo e alla pianificazione in caso di pandemie prevista da un futuro regolamento dell'UE sulle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero (29).

9.3.

Gli Stati membri devono attuare politiche di assunzione etiche in conformità del codice globale di condotta dell'OMS sul reclutamento internazionale del personale sanitario (30). Il reclutamento di professionisti dall'estero non deve essere considerato soltanto come un mezzo per mitigare la carenza di personale sanitario nazionale. In presenza di flussi di mobilità asimmetrici, occorre adoperarsi per creare meccanismi di equilibrio che favoriscano scambi vantaggiosi per tutti.

10.   Altre osservazioni

10.1.

Una leadership efficace è fondamentale per la gestione degli operatori sanitari a tutti i livelli; si tratta di una componente complessa e molto apprezzata dell'educazione sanitaria, che è sempre più riconosciuta come essenziale per conseguire standard elevati nell'istruzione, nella ricerca e nella pratica clinica.

10.2.

Di conseguenza, i piani di studio di tutte le professioni sanitarie dovrebbero prevedere corsi di ampiezza e di qualità sufficienti per la formazione alla leadership e lo sviluppo delle relative capacità (31).

Bruxelles, 22 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  La Commissione europea ha pubblicato il piano d'azione per il personale sanitario dell'UE nel 2012.

(2)  Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, Adequate social protection for long-term care needs in an ageing society: report jointly prepared by the Social Protection Committee and the European Commission (Un'adeguata protezione sociale per le esigenze di assistenza a lungo termine in una società che invecchia: relazione congiunta del comitato per la protezione sociale e della Commissione europea), Ufficio delle pubblicazioni, 2014, pag. 14: https://data.europa.eu/doi/10.2767/32352.

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2018 sui servizi di assistenza nell'UE per una migliore parità di genere, https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2018-0464_IT.html.

(4)  GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 44; GU C 487 del 28.12.2016, pag. 7; GU C 204 del 9.8.2008, pag. 103; Opuscolo e parere del CESE sul tema Trasformazione economica, tecnologica e sociale dei servizi sanitari avanzati alle persone anziane, GU C 240 del 16.7.2019, pag. 10; parere del CESE Verso un nuovo modello di assistenza per gli anziani: imparare dalla pandemia di COVID-19 (GU C 194 del 12.5.2022, pag. 19).

(5)  Addati, L., Cattaneo, U., e Pozzan, E., Relazione Care at Work: Investing in Care Leave and Services for a More Gender Equal World of Work (Assistenza sul posto di lavoro: investire nei congedi e nei servizi di assistenza per un mondo del lavoro più equo dal punto di vista del genere), OIL, Ginevra, 2022: https://www.ilo.org/global/topics/care-economy/WCMS_838653/lang--en/index.htm.

(6)  https://www.who.int/publications/i/item/WHO-HIS-SDS-2018.53

(7)  Cfr.parere del CESE L'impatto degli investimenti sociali sull'occupazione e sui bilanci pubblici (GU C 226 del 16.7.2014, pag. 21).

(8)  Eurofound, Long-term care workforce: employment and working conditions (Forza lavoro nel settore dell'assistenza a lungo termine: condizioni di assunzione e di lavoro), Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, Lussemburgo, 2020: https://www.eurofound.europa.eu/nb/publications/customised-report/2020/long-term-care-workforce-employment-and-working-conditions.

(9)  Barslund, Mikkel e al., Policies for long-term Carers (Politiche per i prestatori di assistenza a lungo termine), studio commissionato dal Parlamento europeo, Bruxelles, 2021: https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/695476/IPOL_STU(2021)695476_EN.pdf.

(10)  https://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0011/186932/12-Summary-Economic-crisis,-health-systems-and-health-in-Europe.pdf

(11)  Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, Long-term care report: trends, challenges and opportunities in an ageing society (Relazione sull'assistenza a lungo termine: tendenze, sfide e opportunità in una società che invecchia), vol. I, cap. 3, Ufficio delle pubblicazioni, 2021, pagg. 12-28: https://data.europa.eu/doi/10.2767/677726.

(12)  Cfr. la relazione citata alla nota 11, pagg. 68-70.

(13)  Zigante, V., Informal care in Europe: exploring formalisation, availability and quality (L'assistenza informale in Europa: valutazione della formalizzazione, della disponibilità e della qualità), studio commissionato dalla Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, Ufficio delle pubblicazioni, 2018: https://data.europa.eu/doi/10.2767/78836.

Spasova, S., et al., Challenges in long-term care in Europe. A study of national policies 2018 (Le sfide dell'assistenza a lungo termine in Europa. Uno studio sulle politiche nazionali), Rete europea per la politica sociale (ESPN), Commissione europea, Bruxelles, 2018: https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=738&langId=it&pubId=8128&furtherPubs=yes.

(14)  Cfr. la relazione citata alla nota 11, capitolo 3.

(15)  Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, Adequate social protection for long-term care needs in an ageing society: report jointly prepared by the Social Protection Committee and the European Commission (Un'adeguata protezione sociale per le esigenze di assistenza a lungo termine in una società che invecchia: relazione congiunta del comitato per la protezione sociale e della Commissione europea), Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, 2014, pag. 36 (https://data.europa.eu/doi/10.2767/32352) e OMS, commissione paneuropea per la salute e lo sviluppo sostenibile, Drawing light from the pandemic: a new strategy for health and sustainable development. A review of the evidence (Alla luce della pandemia: una nuova strategia per la salute e lo sviluppo sostenibile), 2021 (https://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0015/511701/Pan-European-Commission-health-sustainable-development-eng.pdf).

(16)  Danis, K., Fonteneau, L., et al., High impact of COVID-19 in long-term care facilities: suggestion for monitoring in the EU/EEA (L'elevato impatto della COVID-19 nelle strutture di assistenza a lungo termine: suggerimenti per il monitoraggio nell'UE/SEE), Euro Surveillance: European Communicable Disease Bulletin, 25(22), 2020: https://doi.org/10.2807/1560-7917.ES.2020.25.22.2000956.

(17)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 109; GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 251; GU C 242 del 23.7.2015, pag. 48; GU C 143 del 22.5.2012; GU C 18 del 19.1.2011, pag. 74 e GU C 77 del 31.3.2009, pag. 96.

(18)  https://one.oecd.org/document/ECO/WKP(2021)43/en/pdf.

(19)  Liu J.X., Goryakin Y., Maeda A., Bruckner T., Scheffler R., Global health workforce labor market projections for 2030 (Proiezioni del mercato della forza lavoro sanitaria globale per il 2030), Risorse umane per la salute 2017, 15, 11: https://human-resources-health.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12960-017-0187-2.

(20)  https://www.who.int/health-topics/health-workforce#tab=tab_1

(21)  Nel 2012 la Commissione europea ha pubblicato il suo piano d'azione per il personale sanitario dell'UE.

(22)  Politica sul personale sanitario del CPME (Comitato permanente dei medici europei):https://www.cpme.eu/policies-and-projects/professional-practice-and-patients-rights/health-systems-and-health-workforce.

(23)  Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, Adequate social protection for long-term care needs in an ageing society: report jointly prepared by the Social Protection Committee and the European Commission (Un'adeguata protezione sociale per le esigenze di assistenza a lungo termine in una società che invecchia: relazione congiunta del comitato per la protezione sociale e della Commissione europea), Ufficio delle pubblicazioni, 2014, pag. 14: https://data.europa.eu/doi/10.2767/32352.

(24)  Russo G., Pavignani E., Guerreiro C.S. e Neves C., Can we halt health workforce deterioration in failed states? Insights from Guinea Bissau on the nature, persistence and evolution of its HRH crisis [Possiamo arrestare il deterioramento della forza lavoro sanitaria negli Stati falliti? Spunti forniti dalla Guinea-Bissau sulla natura, la persistenza e l'evoluzione della crisi delle risorse umane), Human Resources for Health, 2017, 15(1), 12.

(25)  Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, Adequate social protection for long-term care needs in an ageing society: report jointly prepared by the Social Protection Committee and the European Commission (Un'adeguata protezione sociale per le esigenze di assistenza a lungo termine in una società che invecchia: relazione congiunta del comitato per la protezione sociale e della Commissione europea), Ufficio delle pubblicazioni, 2014, pag. 14: https://data.europa.eu/doi/10.2767/32352.

(26)  https://www.cpme.eu/api/documents/adopted/2020/3/EMOs.Joint_.Statement.on_.Violence.FINAL_.12.03.2020.pdf

(27)  Dyrbye, L.N., Shanafelt, T.D., Sinsky, C.A., Cipriano, P.F., Bhatt, J., Ommaya, A., West, C.P. e Meyers, D., 2017. Burnout among health care professionals: A call to explore and address this underrecognised threat to safe, high-quality care (Il burnout tra gli operatori sanitari: un invito a valutare e affrontare questa minaccia sottovalutata per un'assistenza sicura e di qualità), NAM Perspectives. Documento di riflessione, National Academy of Medicine, Washington, DC, 2017.

(28)  Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, Adequate social protection for long-term care needs in an ageing society: report jointly prepared by the Social Protection Committee and the European Commission (Un'adeguata protezione sociale per le esigenze di assistenza a lungo termine in una società che invecchia: relazione congiunta del comitato per la protezione sociale e della Commissione europea), Ufficio delle pubblicazioni, 2014, pag. 14: https://data.europa.eu/doi/10.2767/32352.

(29)  Commissione europea, direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, Adequate social protection for long-term care needs in an ageing society: report jointly prepared by the Social Protection Committee and the European Commission (Un'adeguata protezione sociale per le esigenze di assistenza a lungo termine in una società che invecchia: relazione congiunta del comitato per la protezione sociale e della Commissione europea), Ufficio delle pubblicazioni, 2014, pag. 14: https://data.europa.eu/doi/10.2767/32352.

(30)  https://www.who.int/publications/m/item/migration-code.

(31)  Van Diggele, C., Burgess, A., Roberts, C., e Mellis, C., Leadership in healthcare education (La leadership nella formazione sanitaria), BMC Medical Education, 20 (suppl. 2), 456, 2020: https://doi.org/10.1186/s12909-020-02288-x.


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/46


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani

(parere d’iniziativa)

(2022/C 486/07)

Relatrice:

Katrīna LEITĀNE

Decisione dell’Assemblea plenaria

24.2.2022

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

6.9.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

158/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La partecipazione politica è il fondamento di ogni democrazia funzionante. La risorsa principale di cui dispone l’UE per i giovani europei è il rispetto della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto (1). È essenziale fare in modo che i giovani abbiano voce in capitolo nelle decisioni che influiscono sul loro futuro, poiché anche un effetto indiretto può comunque avere un forte impatto sui giovani e sulle generazioni future. Le politiche che non si rivolgono direttamente ai giovani o che non sono considerate parte dell’ambito tradizionale delle politiche giovanili possono comunque incidere profondamente sulla vita dei giovani. È importante mettere a disposizione dei meccanismi ben funzionanti che integrino i meccanismi partecipativi esistenti e che siano in linea con i principi democratici e siano concepiti su misura per le esigenze dei giovani. Questo può contribuire a migliorare e rendere più efficace l’elaborazione delle politiche.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che l’istruzione sia uno dei canali più efficaci per raggiungere i giovani e informarli sull’intero ventaglio delle possibili forme di partecipazione e sui valori che il progetto europeo rappresenta. I programmi in vigore a sostegno dell’istruzione formale e non formale, quali Erasmus+ e il Corpo europeo di solidarietà, hanno registrato ottimi risultati nel migliorare l’opinione dei giovani per quel che riguarda la partecipazione democratica e i valori e i principi dell’Unione europea.

1.3

Il CESE sottolinea che è espressamente necessario coinvolgere i giovani nel processo di elaborazione delle politiche attraverso una loro significativa partecipazione, nella maniera a loro più consona, facendo poi seguire il relativo monitoraggio, la valutazione e l’analisi dell’impatto al fine di garantire che i punti di vista dei giovani siano stati tenuti in considerazione nelle decisioni sulle politiche. Il coinvolgimento lungo tutto l’arco del processo di elaborazione delle politiche instaura la fiducia tra le giovani generazioni e anche al di là di queste, permettendo loro di essere considerate rilevanti e importanti durante tale processo. I risultati di questo coinvolgimento dovrebbero essere comunicati in maniera visibile e trasparente: tale aspetto è fondamentale per instillare nei giovani la fiducia nel processo di elaborazione delle politiche (2). Grande importanza assumono anche l’inclusione sociale e il coinvolgimento di gruppi con esigenze diverse.

1.4

Il CESE concorda sul fatto che le organizzazioni della società civile possono svolgere un ruolo cruciale nel coinvolgere i giovani nelle sfide sociali e quindi nella loro partecipazione al processo democratico e di elaborazione delle politiche. Tali organizzazioni possono fungere da ponte e da rete di sostegno per aiutare i giovani a dialogare con gli organismi pubblici formali e per consentire loro di diventare cittadini attivi. Il CESE sostiene queste organizzazioni e i giovani cittadini nella messa in campo di azioni e chiede misure che consentano loro di agire in questa direzione.

1.5

Il CESE incoraggia le istituzioni dell’UE e gli Stati membri ad attuare provvedimenti e meccanismi volti a garantire che la prospettiva giovanile sia tenuta in conto in tutti gli ambiti d’intervento politico, creando al tempo stesso uno spazio che consenta ai giovani di apportare un contributo coerente e basato su specifiche competenze in merito alle sfide che hanno di fronte. Queste strutture dovrebbero essere dotate anche di meccanismi di seguito e monitoraggio trasparenti e visibili ed essere complementari agli strumenti esistenti di partecipazione dei giovani senza comportare una riduzione dei finanziamenti. Dovrebbero essere messe a disposizione risorse adeguate per consentire ai giovani di partecipare in maniera significativa al processo di definizione delle politiche.

1.6

La partecipazione dei giovani ai processi politici e decisionali può concorrere a migliorare la regolamentazione e le politiche attraverso la mappatura e la comprensione delle tendenze attuali e future che hanno un impatto sulla vita dei giovani e delle generazioni future. Tale partecipazione può anche facilitare il compito di chi presenta una proposta, in quanto può fruire di contributi qualitativi per integrare i dati secondari.

1.7

Il CESE sottolinea che mentre la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani è basata sugli obiettivi principali della strategia dell’UE per la gioventù (3) e dell’Anno europeo dei giovani, entrambe queste iniziative insistono sull’importanza di integrare sistematicamente la questione della gioventù nel processo di elaborazione delle politiche, il che richiede un approccio intersettoriale. È, questa, anche una delle misure presentate nella relazione sul risultato finale della Conferenza sul futuro dell’Europa (4), che è stata approvata da tutte le componenti con diritto di voto nella sessione plenaria della Conferenza e dai cittadini. Per ottenere un impatto duraturo e proseguire le azioni sulla scia dell’Anno europeo loro dedicato, i giovani devono vedersi conferire le capacità di guidare il cambiamento e costruire un futuro migliore.

1.8

Il CESE prende atto del riferimento alla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani contenuto nella comunicazione della Commissione europea sui risultati della Conferenza sul futuro dell’Europa (5). Sottolinea tuttavia che la proposta della Commissione non è in linea con gli obiettivi e i mezzi della proposta originaria e trascura la necessità di instaurare un dialogo significativo con le organizzazioni giovanili e gli esperti in materia, come anche quella di integrare un’attenzione specifica ai giovani in tutte le politiche, e non tiene conto dell’impatto a lungo termine delle politiche sulle generazioni future. Il CESE ritiene che la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani dovrebbe far parte del pacchetto di strumenti per «Legiferare meglio» quale elemento a sé stante, dato che le generazioni future e i giovani meritano un’attenzione specifica.

1.9

Il CESE chiede una maggiore cooperazione tra le istituzioni per allineare le iniziative di successo già in essere, come il dialogo dell’UE con i giovani, «La vostra Europa, la vostra opinione!» (Your Europe, Your Say! — YEYS) e l’Evento europeo per i giovani (European Youth Event — EYE), e far in modo che siano collegate a iniziative future quali la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani, in linea con la strategia dell’UE per la gioventù. Inoltre, il CESE delinea un elenco di proposte sulla partecipazione dei giovani in seno al Comitato stesso e intende introdurre il concetto della valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani nei suoi lavori.

2.   Osservazioni generali

2.1    Il ruolo dei giovani nella costruzione del progetto europeo

2.1.1

I giovani sono il motore del progetto europeo e la loro creatività, la loro energia e il loro entusiasmo sono la forza trainante della sua sostenibilità. L’anno in corso (2022) è stato proclamato Anno europeo dei giovani, e la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che «l’Europa ha bisogno di tutti i suoi giovani» e che «la nostra Unione deve avere un’anima e una visione in cui i giovani possano credere» (6).

2.1.2

Il progetto europeo non può essere realizzato in modo efficace e adeguato nell’attuale ambiente democratico senza tenere conto del tema della partecipazione politica dei giovani (7) nel quadro delle tradizioni democratiche e dei contesti geopolitici. Il vicepresidente per la Promozione dello stile di vita europeo, Margaritis Schinas, ha affermato che «l’Anno europeo dei giovani dovrebbe portare a un cambiamento di paradigma nel modo in cui li rendiamo partecipi dell’elaborazione delle politiche e del processo decisionale». La motivazione di fondo è offrire l’accesso ai giovani e responsabilizzarli (8) in modo da promuoverne un coinvolgimento significativo.

2.1.3

Secondo i sondaggi di Eurobarometro (9), meno della metà (47 %) dei cittadini europei ha fiducia nell’UE e soltanto il 44 % ha un’immagine positiva dell’Unione. Il futuro del progetto europeo dipende fortemente dall’importanza attribuita dai giovani ai valori europei e dalla loro volontà di fare propria l’identità europea. La partecipazione attiva dei giovani nei processi politici e decisionali è fondamentale, poiché il loro futuro dipenderà dalle decisioni odierne. È pertanto opportuno introdurre strumenti di partecipazione al fine di garantire che la voce dei giovani sia ascoltata. Il coinvolgimento nella vita civile e democratica deve essere rafforzato a tutti i livelli onde garantire la prosperità futura dell’Europa, riconoscendo che la maturità politica influenza (10) i modelli di partecipazione politica tra i giovani dell’UE.

2.1.4

L’iniziativa dell’UE di convocare una Conferenza sul futuro dell’Europa ha offerto un incentivo per la promozione del dialogo partecipativo con i cittadini in tutta l’Unione. Il miglioramento dell’efficacia degli attuali meccanismi di partecipazione giovanile e lo sviluppo di nuovi meccanismi rappresentano la via da seguire per il futuro. Come suggerito nei risultati finali della Conferenza sul futuro dell’Europa, a tal fine si potrebbe prevedere un test per accertare quale sia l’impatto della legislazione dell’UE sui giovani (Youth Test (11)), con una valutazione d’impatto e un meccanismo di consultazione che coinvolga rappresentanti dei giovani (12).

2.1.5

La valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani funge da metodo di previsione strategica per l’elaborazione delle politiche. La previsione strategica è uno strumento efficace che la Commissione europea intende utilizzare nel quadro del processo di elaborazione delle politiche. Poiché essa si fonda su principi quali l’individuazione delle tendenze emergenti (horizon scanning), la valutazione delle megatendenze e la prefigurazione e la pianificazione di scenari futuri, è essenziale che tale quadro tenga conto della prospettiva dei giovani e di quella delle generazioni future. Pur riconoscendo che il futuro non è predeterminato, il processo di previsione raccoglie informazioni sui possibili scenari, con l’obiettivo di prepararsi alle sfide emergenti. Il dialogo intergenerazionale può comprendere strumenti preziosi che garantiscano che le politiche elaborate tengano conto di tali tendenze e scenari futuri. Un’analisi che tenga in considerazione la prospettiva dei giovani e delle generazioni future può, e anzi dovrebbe, contribuire all’elaborazione di politiche migliori e più mirate, in grado di rispondere alle sfide che le future generazioni si troveranno ad affrontare.

2.1.6

Al fine di creare politiche migliori e all’altezza delle sfide future, occorre che esse riconoscano e tutelino i diritti dei giovani e delle generazioni future, garantendo che non vi siano impatti negativi su specifici gruppi generazionali e sociali. Attualmente tali gruppi sono spesso ignorati o considerati parte di altri gruppi, il che non rispecchia la realtà. Questo fa sì che le politiche non affrontino adeguatamente le sfide e contribuiscano invece al calo della fiducia e al disimpegno nei confronti delle istituzioni formali.

2.2    La necessità di una partecipazione significativa dei giovani

2.2.1

Per essere significativo, il coinvolgimento implica la condivisione del potere e la capacità di prendere decisioni, con il concorso di altri portatori di interessi, a condizioni trasparenti note a tutti i soggetti interessati. Processi di responsabilizzazione ben strutturati sono alla base della fiducia di tutti i portatori di interessi nei processi di partecipazione politica e le responsabilità esplicite dei vari attori dovrebbero essere comunicate a tutte le parti interessate.

2.2.2

La fiducia dei giovani nelle istituzioni pubbliche è in stallo dalla crisi finanziaria globale della fine degli anni 2000 (13), e la percezione che essi hanno della loro influenza politica e rappresentanza nel processo decisionale rimane invariata. La partecipazione dei giovani alla vita democratica può assumere diverse forme. Tuttavia, votare alle elezioni locali, nazionali o europee è considerato il modo più efficace per far pervenire la propria opinione ai decisori politici (39 %) (14), benché la percentuale di giovani che ripongono fiducia in questo tipo di partecipazione democratica rimanga pur sempre molto bassa. Allo stesso tempo, per coloro che restano probabilmente lontani dalla politica ciò è dovuto alla mancanza di un coinvolgimento significativo e di fiducia, e alla sensazione che sia inutile partecipare se il loro contributo non viene tenuto in nessun conto. Uno dei principali ostacoli alla partecipazione dei giovani è la convinzione che i decisori politici «non ascoltano le persone come me» (15). La promozione della fiducia e il rafforzamento del dialogo tra i giovani e le istituzioni pubbliche sono pertanto fondamentali onde garantire che le società siano preparate e resilienti di fronte alle future crisi (16).

2.2.3

La maggioranza (70 %) (17) dei giovani ritiene di avere poca o nessuna voce in capitolo su decisioni, leggi e politiche importanti che riguardano l’UE nel suo complesso. Il 24,8 % (18) dei giovani ritiene di non avere alcuna influenza in merito alle tematiche oggetto di dibattito pubblico o politico e un ulteriore 40,8 % sostiene di avere poca influenza a tale riguardo. Inoltre, i 2/3 degli intervistati ritengono che una maggiore consapevolezza delle preoccupazioni dei giovani da parte dei politici contribuirebbe a rafforzare l’influenza dei giovani sulle politiche pubbliche, mentre oltre il 50 % è dell’avviso che anche un ruolo più incisivo svolto dalle organizzazioni giovanili in politica potrebbe essere utile in tal senso.

2.2.4

I giovani hanno modificato le proprie modalità di partecipazione e preferiscono ora forme di coinvolgimento politico non istituzionalizzate e, in particolare, non elettorali (19). La ricerca ha dimostrato in misura crescente che tale tendenza è legata al calo dei livelli di fiducia negli organismi pubblici e all’insoddisfazione verso il funzionamento della democrazia rappresentativa. La partecipazione politica non convenzionale dei giovani è diventata sempre più fluida, individualizzata e personalizzata, con la preferenza a impegnarsi su questioni e argomenti singoli nonché con l’attivismo diretto e la protesta nel senso di «scelte di stile di vita individuali» (20). Nel complesso, i giovani appaiono fortemente motivati sul piano politico. Gli esperti in materia di partecipazione politica, nell’esaminare la questione della partecipazione dei giovani, hanno spostato l’attenzione dalla volontà dei giovani di partecipare al luogo e al modo in cui scelgono di esprimere le loro opinioni politiche (21). Considerando l’ampio ventaglio di modi in cui i giovani cercano ora di influenzare le politiche e la politica tout court, è evidente che occorre tenere conto della natura non convenzionale della partecipazione politica, del processo decisionale partecipativo, del rafforzamento della comunicazione e dei meccanismi di trasparenza all’interno di un quadro istituzionale democratico. Il processo di elaborazione delle politiche in seno agli organismi pubblici dovrebbe essere adattato e concepito di conseguenza onde garantire la sensibilizzazione e il coinvolgimento di tutti i gruppi giovanili nella presa delle decisioni politiche. I meccanismi di partecipazione dovrebbero quindi essere inclusivi ed essere comunicati in modo da arrivare ad un pubblico eterogeneo, incluse le persone difficili da raggiungere.

2.2.5

Le organizzazioni giovanili hanno acquisito conoscenze e competenze su un’ampia gamma di tematiche riguardanti i problemi affrontati dai giovani. La loro inclusione nel processo di elaborazione delle politiche permetterà di adottare norme e regolamenti più coerenti e adeguati. Tale visione è sostenuta anche dal numero sempre crescente di giovani che aderiscono a queste organizzazioni (22).

2.2.6

Il coinvolgimento significativo dei giovani assume un’importanza cruciale. La partecipazione giovanile deve essere migliorata, affrontando in particolare aspetti quali la mancanza di rappresentanza democratica dei giovani e di una prospettiva giovanile al di fuori del tradizionale ambito delle politiche giovanili. I giovani desiderano essere coinvolti nella definizione delle politiche che riguardano le loro vite. Le giustizia intergenerazionale (23) rappresenta un modo per porre rimedio alla disuguaglianza tra generazioni in un contesto di invecchiamento della società.

2.2.7

Gli strumenti oggi disponibili per l’analisi dell’impatto sui giovani, ad es. lo strumento n. 31 incluso nel pacchetto di strumenti per «Legiferare meglio», non prevedono l’integrazione della questione dei giovani né l’inclusione delle organizzazioni giovanili e dei giovani con competenze pertinenti, che sono in grado di fornire una valutazione sistematica delle tematiche dal punto di vista dei giovani. Non solo, ma, da quanto risulta dalle pubblicazioni disponibili, a questi strumenti si ricorre meno spesso di quanto richiederebbero la pertinenza e l’importanza delle proposte.

3.   Osservazioni particolari

3.1    Valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani

3.1.1

La proposta si fonda su tre pilastri: consultazione, valutazione d’impatto e misure di mitigazione (24). Fornisce un quadro per migliorare l’efficacia e l’efficienza delle politiche, sulla base di una maggiore partecipazione giovanile e dell’integrazione dei giovani nel processo di definizione delle politiche, prestando attenzione anche alle categorie di giovani vulnerabili, quali i giovani con disabilità, i NEET (Not in Education, Employment or Training, ossia coloro che non hanno un lavoro né seguono un percorso scolastico o formativo) (25), i giovani che vivono in zone remote e altri gruppi ancora. Con le sue diverse componenti, la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani offre una struttura coerente per l’elaborazione di politiche migliori e di elevata qualità che affrontino problematiche con cui possibilmente le generazioni future si dovranno confrontare.

3.1.2

In una prima fase, la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani stabilisce la rilevanza e l’impatto di qualsiasi progetto di proposta politica per i giovani e le generazioni future. Questa analisi contribuirà a determinare se debba essere effettuata una valutazione completa dell’impatto di tale futura politica dal punto di vista dei giovani. Attraverso uno strumento basato su una lista di controllo, i valutatori determinano se il progetto di proposta sia effettivamente rilevante per i giovani e quale sia il suo impatto diretto e indiretto sui giovani e sulle generazioni future. Una volta determinati questi aspetti, la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani prosegue con le fasi di consultazione completa, di valutazione d’impatto vera e propria e di definizione delle misure di mitigazione. Gli indicatori della lista di controllo dovrebbero essere basati sulle esigenze e sulle idee dei giovani al fine di assicurare che la valutazione d’impatto tenga conto delle proposte pertinenti dal punto di vista dei giovani.

3.1.3

Nella fase successiva, i rispettivi valutatori dovrebbero consultare in modo significativo i portatori di interessi in materia di gioventù, al fine di garantire competenze sistematiche per un’analisi approfondita. Sulla base di tale consultazione, i valutatori cercheranno di individuare le preoccupazioni dei giovani in merito ai potenziali impatti del progetto di proposta politica sottoposto alla valutazione. Questa componente partecipativa deve essere trasparente e offrire spazio a un’ampia gamma di rappresentanti dei giovani, di organizzazioni giovanili e di giovani con competenze pertinenti affinché apportino il loro contributo. In questo modo si assicura un approccio sistematico alle questioni affrontate dai progetti di proposta politica. L’inclusione delle organizzazioni giovanili, dei rappresentanti dei giovani e dei giovani con competenze pertinenti può offrire un contesto molto diversificato e unico per la valutazione d’impatto. Un coinvolgimento significativo consente ai valutatori di ottenere un quadro globale e completo sulla base delle conoscenze e delle competenze generali acquisite da questi giovani. Avvalendosi di questo contributo, l’analisi d’impatto può essere sufficientemente dettagliata per individuare le sfide e gli ambiti in cui le politiche potrebbero causare delle perturbazioni.

3.1.4

Sulla base dei dati disponibili da raccogliere lungo l’intero processo e degli esiti delle consultazioni, i valutatori sono in grado di elaborare l’analisi d’impatto seguendo gli aspetti menzionati nella lista di controllo e di fornire un’analisi di previsione per le future generazioni.

3.1.5

Laddove venga rilevato un impatto negativo, il valutatore dovrebbe proporre misure di mitigazione che dovrebbero essere rivolte in primo luogo ai gruppi che vivono in situazioni di vulnerabilità e ai giovani svantaggiati. È consigliabile che, durante la consultazione, i valutatori includano domande su eventuali misure di mitigazione che potrebbero essere integrate nell’analisi. Nei prossimi anni si raccomanda di svolgere una valutazione per monitorare l’impatto delle politiche e il modo in cui le misure di mitigazione hanno affrontato gli effetti negativi.

3.1.6

La valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani non dovrebbe andare a sostituire un impegno e un coinvolgimento significativi con i giovani in genere e dovrebbe essere complementare ai meccanismi partecipativi esistenti.

3.1.7

La proposta è il frutto di una serie di discussioni con le maggiori reti giovanili europee, oltre ad essere stata specificamente menzionata in diverse raccomandazioni scaturite dal dialogo dell’UE con i giovani sin dalla sua istituzione (e da quella del dialogo strutturato che lo ha preceduto). I giovani hanno espresso il forte desiderio di una procedura trasparente di definizione delle politiche che consenta loro di apportare un contributo alla formulazione delle stesse e al controllo dei risultati.

3.1.8

La proposta prende ispirazione inoltre dal test PMI, che costituisce un esempio di strumento adeguato per la valutazione d’impatto a livello dell’UE, basato sui tre pilastri: consultazione, analisi d’impatto e misure di mitigazione (26). Inoltre, come il test PMI, anche la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani è destinata a far parte del pacchetto di strumenti per «Legiferare meglio» quale elemento a sé stante per porre in evidenza il ruolo dei giovani nel futuro dell’Europa, in linea con la comunicazione della Presidente della Commissione europea.

3.1.9

La proposta è basata sugli esempi di strumenti di valutazione d’impatto sui giovani già adottati in diversi Stati membri, quali Austria, Germania, Francia e la regione belga delle Fiandre, e in paesi terzi quali la Nuova Zelanda e il Canada.

3.1.10

La valutazione d’impatto proposta fornisce una soluzione per garantire che le politiche tengano conto delle esigenze e delle aspettative dei giovani e prevedano un ambito di applicazione che vada oltre i tradizionali aspetti di interesse delle politiche giovanili. Solo una piccola parte delle proposte della Commissione europea è analizzata da una prospettiva giovanile. Eppure, buona parte di tali proposte ha effetti sia diretti che indiretti sulla qualità di vita dei giovani.

3.1.11

Si suggerisce di includere la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani nelle valutazioni d’impatto dell’iniziativa «Legiferare meglio», che sono a disposizione del pubblico, e se ne raccomanda la pubblicazione sul Portale europeo per i giovani. Tuttavia, è opportuno valutare ulteriormente quale sia la soluzione più efficace. In ogni caso, la direzione generale della Comunicazione è incoraggiata a promuoverla attivamente per garantirne la visibilità, mentre il segretariato generale dovrebbe sostenerne l’adozione tra le diverse DG. La valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani potrebbe inoltre essere pubblicata dalle istituzioni che decidono di attuarla, e anche sul sito web del CESE. Con la pubblicazione della valutazione e della versione finale della proposta, i portatori degli interessi dei giovani coinvolti nella consultazione potranno verificare in che modo si sia tenuto conto del loro contributo.

3.1.12

La valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani viene proposta come una struttura che può essere attuata a livello locale, regionale e nazionale, unitamente alle istituzioni dell’Unione europea.

3.1.13

La valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani può potenzialmente migliorare le politiche, ma deve anche essere fondata su meccanismi partecipativi significativi, perché attingere alle conoscenze della comunità è un modo per garantire efficienza e produrre miglioramenti.

3.2    Partecipazione dei giovani in seno al CESE

3.2.1

Il CESE riconosce l’importanza del coinvolgimento dei giovani nel plasmare il futuro dell’Europa (27) e, pertanto, conduce numerose iniziative di successo quali «La vostra Europa, la vostra opinione!», le tavole rotonde dei giovani sul clima e la sostenibilità e il vertice della gioventù sul clima, organizzato congiuntamente dal CESE e dal Parlamento europeo. Dando seguito al suo parere NAT/788 (28), il CESE ha inserito un delegato dei giovani nella propria delegazione ufficiale alla UNFCCC COP per la prima volta nel 2021, in occasione della COP26. Inoltre, nel contesto dell’Anno europeo dei giovani, l’edizione 2022 del Premio CESE per la società civile assegnerà un riconoscimento a iniziative efficaci, innovative e creative volte a costruire un futuro migliore per e con i giovani europei.

3.2.2

Il CESE si impegnerà ad amplificare le voci dei giovani e delle organizzazioni giovanili attraverso meccanismi di partecipazione più strutturati, significativi e mirati, al fine di migliorare il coinvolgimento interno dei giovani e delle organizzazioni giovanili nei lavori del CESE. Di conseguenza, il CESE dovrebbe adottare le seguenti iniziative:

introdurre meccanismi di coordinamento trasparenti e trasversali ai diversi settori in modo da integrare le prospettive giovanili nel lavoro e nell’attività legislativa del CESE;

prevedere l’intervento di giovani esperti con competenze pertinenti per pareri di particolare rilevanza;

nel contesto dell’Anno europeo dei giovani, adottare «la gioventù» quale tema comune per la tornata autunnale dei suoi pareri di iniziativa;

indire dibattiti tematici con le organizzazioni giovanili europee e le organizzazioni di base, in modo da creare un legame più efficace tra prospettive nazionali ed europee;

selezionare ogni anno una serie di tematiche correlate alla gioventù per gli studi del CESE (29);

assicurare che tutti i pareri elaborati dal CESE tengano sempre conto della prospettiva intergenerazionale (sul modello di quel che avviene per la prospettiva di genere);

sviluppare relazioni più dinamiche con le altre istituzioni dell’UE al fine di mappare i meccanismi di partecipazione dei giovani e rafforzare le attività di sensibilizzazione con i giovani e le organizzazioni giovanili a livello nazionale, regionale e locale;

adottare la risoluzione sull’impegno e il coinvolgimento dei giovani in seno al CESE, elaborata dal gruppo di coordinamento per l’Anno europeo dei giovani;

creare una sezione Youth Engagement (Impegno e coinvolgimento dei giovani) sul sito web del CESE dove mettere in risalto le attività passate, presenti e future del Comitato relative ai giovani, inclusi pareri, audizioni pubbliche, eventi ecc.;

istituire una struttura permanente del CESE che garantisca la prosecuzione, anche dopo il 2022, del lavoro sull’impegno e il coinvolgimento dei giovani sia al CESE che presso le altre istituzioni.

3.2.3

Il CESE esaminerà ulteriormente e valuterà le possibili modalità per applicare il concetto della valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani nei suoi lavori volti a definire un approccio coerente in materia di coinvolgimento dei giovani in seno al Comitato stesso.

3.2.4

Il CESE invita la Commissione europea a fornire una risposta al presente parere d’iniziativa e alla proposta sulla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani, come pure a riflettere insieme sulla sua attuazione.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Ricerca documentale European Youth in 2021 [La gioventù europea nel 2021].

(2)  Influencing and understanding political participation patterns of young people [Influenzare e comprendere i modelli di partecipazione politica dei giovani], Parlamento europeo, 2021.

(3)  Risoluzione del Consiglio europeo sulla strategia dell’Unione europea per la gioventù 2019-2027.

(4)  Conferenza sul futuro dell’Europa, Relazione sul risultato finale, maggio 2022.

(5)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52022DC0404&qid=1660827033223.

(6)  https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/speech_21_4701.

(7)  Deželan, T., Moxon, D., Influencing and understanding political participation patterns of young people: The European perspective [studio sul tema Influenzare e comprendere i modelli di partecipazione politica dei giovani: la prospettiva europea], 2021.

(8)  Barta O., Boldt G., Lavizzari A., Meaningful youth political participation in Europe: concepts, patterns and policy implications (studio di ricerca sul tema Partecipazione politica significativa dei giovani in Europa: concetti, modelli e implicazioni politiche), 2021.

(9)  Eurobarometro 96 — Inverno 2021-2022.

(10)  Kitanova, M., Youth political participation in the EU: evidence from a cross-national analysis [Partecipazione politica dei giovani nell’UE: dati scientifici tratti da un’analisi transnazionale], Journal of Youth Studies, vol. 23, n. 7, 2020 (documento ricevuto nel 2018).

(11)  https://www.youthforum.org/files/YFJ_EU_Youth_Test.pdf.

(12)  Relazione sul risultato finale della Conferenza sul futuro dell’Europa.

(13)  Governance for Youth, Trust and Intergenerational Justice Fit for all generations? Highlights [Governance per i giovani, fiducia e giustizia intergenerazionale: adatti a tutte le generazioni? Sintesi dei punti principali].

(14)  Indagine flash Eurobarometro sui giovani e la democrazia, condotta tra il 22 febbraio e il 4 marzo 2022.

(15)  European Parliament youth survey Report [Relazione sul sondaggio del Parlamento europeo sui giovani], settembre 2021.

(16)  Governance for Youth, Trust and Intergenerational Justice Fit for all generations? Highlights [Governance per i giovani, fiducia e giustizia intergenerazionale: adatti a tutte le generazioni? Sintesi dei punti principali].

(17)  European Parliament youth survey Report [Relazione sul sondaggio del Parlamento europeo sui giovani], settembre 2021.

(18)  Youth Survey Report [Relazione sul sondaggio sui giovani] (nell’ambito del trio di presidenze di Germania, Portogallo e Slovenia), gennaio 2022.

(19)  Youth Survey Report [Relazione sul sondaggio sui giovani] (nell’ambito del trio di presidenze di Germania, Portogallo e Slovenia), gennaio 2022.

(20)  Youth Survey Report [Relazione sul sondaggio sui giovani] (nell’ambito del trio di presidenze di Germania, Portogallo e Slovenia), gennaio 2022.

(21)  Deželan, T., Moxon, D., Influencing and understanding political participation patterns of young people: The European perspective [studio sul tema Influenzare e comprendere i modelli di partecipazione politica dei giovani: la prospettiva europea], 2021.

(22)  Eurobarometro sull’Anno europeo dei giovani: cresce l’impegno dei giovani europei, Commissione europea, 2022.

(23)  Governance for Youth, Trust and Intergenerational Justice Fit for all generations? Highlights [Governance per i giovani, fiducia e giustizia intergenerazionale: adatti a tutte le generazioni? Sintesi dei punti principali].

(24)  https://www.youthforum.org/files/Concept-Note_final.pdf e https://www.youthforum.org/files/YFJ_EU_Youth_Test.pdf.

(25)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 27.

(26)  Pacchetto di strumenti per «Legiferare meglio» — test PMI.

(27)  SOC/706 Anno europeo dei giovani 2022, GU C 152 del 6.4.2022, pag. 122, e SOC/589 Prossima strategia dell’UE per la gioventù, GU C 62 del 15.2.2019, pag. 142.

(28)  GU C 429 dell’11.12.2020, pag. 44.

(29)  È attualmente in corso di elaborazione uno studio del CESE sul coinvolgimento strutturato dei giovani: mappatura delle buone pratiche locali, nazionali, europee e internazionali al fine di sviluppare i meccanismi necessari ed appropriati affinché la voce dei giovani sia ascoltata.


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/53


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: «Il ruolo delle tecnologie di rimozione del carbonio nella decarbonizzazione dell’industria europea»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 486/08)

Relatore:

Andrés BARCELÓ DELGADO

Correlatrice:

Monika SITÁROVÁ

Decisione dell’Assemblea plenaria

18.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in sezione

24.6.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

229/0/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE riafferma il suo forte sostegno agli impegni del Green Deal e al rafforzamento dell’autonomia strategica nella fornitura di energia e della leadership industriale.

1.2

Gli effetti della guerra in corso in Ucraina sulla disponibilità di energia e di materie prime non possono essere trascurati, e il semestre europeo deve monitorare la situazione.

1.3

Per la sua buona riuscita, la transizione verde nell’industria manifatturiera ha bisogno di un mix di energie rinnovabili adeguato e sufficiente per l’elettrificazione e per la produzione di idrogeno verde. Le tecnologie di rimozione dell’anidride carbonica (CDR), la cattura e lo stoccaggio (CCS) e la cattura e l’utilizzo del carbonio (CCU) aiuteranno l’industria a conseguire la neutralità climatica. La diffusione dell’energia rinnovabile in tutta l’Europa è necessaria per raggiungere gli obiettivi del Green Deal.

1.4

La decarbonizzazione richiederà una profonda trasformazione delle attività industriali (nei prossimi 30 anni). Sebbene esistano già molte tecnologie a basse emissioni di carbonio, i loro livelli di maturità tecnologica (Technology Readiness Levels — TRL (1)) sono bassi. Saranno necessarie ambiziose tabelle di marcia in materia di tecnologia per applicare su vasta scala e diffondere ampiamente queste tecnologie pionieristiche, e l’UE deve promuovere l’innovazione attraverso i fondi per il clima e per l’innovazione.

1.5

Lo sviluppo di tecnologie, l’istruzione e la riqualificazione della forza lavoro sono quindi fondamentali per la transizione verde nell’industria manifatturiera. Il dialogo sociale a livello europeo, nazionale e regionale dovrebbe promuovere la consapevolezza, l’accettazione e il sostegno per una transizione verde e giusta nell’industria. Lo sviluppo delle capacità e i progetti volti a definire le competenze chiave saranno essenziali per garantire una transizione industriale efficace che non lasci indietro nessuno.

1.6

Incrementare l’uso di materie prime alternative, in particolare la biomassa sostenibile, può contribuire alla rimozione sostenibile del carbonio dall’atmosfera promuovendo la gestione sostenibile dei terreni produttivi (terreni agricoli e forestali) e l’uso della biomassa in prodotti a lunga durata che prolunghino ulteriormente il beneficio della rimozione. Tale soluzione contribuirebbe inoltre a ridurre la dipendenza dell’UE dalle materie prime e dalle risorse importate.

1.7

Il CESE invita a preservare la competitività dell’industria europea: l’UE ha assunto il ruolo di pioniere nella riduzione delle emissioni di CO2, ma ha bisogno che altri attori seguano le sue ambizioni climatiche. Poiché la crisi climatica è mondiale, la diplomazia dell’Unione europea deve adoperarsi maggiormente per convincere efficacemente i paesi terzi a intensificare i loro sforzi per contrastarla. Indipendentemente dai suoi ambiziosi obiettivi strategici, l’UE si porrà sempre più all’avanguardia della decarbonizzazione delle industrie grazie al suo sostegno politico e alle conoscenze pratiche delle imprese e dei lavoratori in merito alle capacità industriali, alle tecnologie necessarie e alle modalità di anticipazione dei cambiamenti, il che consentirà l’adozione di misure pratiche adeguate.

1.8

Mantenere una solida base industriale all’interno dell’UE garantirà alla società europea prosperità, posti di lavoro di qualità e un impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. Per mantenere la sua posizione competitiva, l’industria europea deve investire in Europa, con un quadro normativo adeguato in materia sia di ricerca, sviluppo e innovazione, sia di impianti e attrezzature.

2.   Osservazioni generali

2.1

La normativa europea sul clima ha fissato un obiettivo ambizioso di riduzione delle emissioni per il 2030, confermando il traguardo della neutralità climatica per il 2050. Per raggiungere l’obiettivo dell’Unione europea, occorre analizzare tutte le attività che producono emissioni di gas a effetto serra e individuare i percorsi per azzerare le emissioni nette entro il 2050 circa.

2.2

Il comparto manifatturiero è responsabile del 20 % (2) delle emissioni europee. Le industrie ad alta intensità di carbonio presenti in Europa sono l’industria siderurgica, chimica e petrolchimica, del cemento, della pasta di legno e carta, dei fertilizzanti, del vetro, della ceramica, di raffinazione del petrolio e dei metalli non ferrosi (soprattutto alluminio). Le emissioni di gas serra del settore industriale includono l’anidride carbonica (CO2) derivante dal consumo di energia, dagli usi non energetici dei combustibili fossili e dalle fonti di combustibili non fossili, così come i gas diversi dalla CO2.

2.3

La transizione verde dell’industria manifatturiera è essenziale ai fini del rispetto della normativa europea sul clima. La transizione avverrà dapprima nelle tecnologie e, in seguito, diversi cambiamenti interesseranno i metodi di lavoro, le abilità e le competenze nelle industrie. Tuttavia, saranno necessarie anche misure sul versante della domanda per promuovere la diffusione di prodotti a basse emissioni di carbonio e di nuovi modelli commerciali (simbiosi industriale, circolarità, gestione della domanda).

3.   L’industria manifatturiera sulla strada verso la neutralità climatica

3.1

Il presente parere d’iniziativa si concentra sui settori industriali inclusi nel sistema ETS. Le imprese di pubblica utilità del settore energetico, i trasporti e gli edifici non sono quindi contemplati.

3.2

Oltre alla sfida della decarbonizzazione, è fondamentale che ciascun settore industriale migliori la propria efficienza energetica. Anche se non sarà sufficiente per decarbonizzare l’industria europea, l’efficienza energetica può ridurre significativamente le emissioni derivanti dal consumo di energia. Si passerà dai combustibili fossili a tecnologie che non emettono gas serra, per lo più energie rinnovabili. Le imprese di pubblica utilità e le autorità pubbliche sono responsabili della transizione energetica dai combustibili fossili alle tecnologie prive di emissioni.

3.3

In relazione alla sfida della decarbonizzazione, le industrie potrebbero essere classificate come segue:

settori che devono cambiare radicalmente il loro processo di produzione: acciaio (percorso integrato), fertilizzanti e industria chimica;

settori che devono cambiare il vettore energetico nel processo di produzione: acciaio (forni elettrici ad arco), vetro, ceramica, carta ecc.;

settori le cui emissioni sono difficili da abbattere, come quello del cemento, che devono provvedere alla cattura e stoccaggio (o utilizzo) della CO2 emessa durante il processo di produzione per raggiungere la neutralità climatica;

settori che possono trarre vantaggio dalle tecnologie di cattura e utilizzo del carbonio, per sviluppare prodotti ad elevato valore aggiunto, come le raffinerie di petrolio e le industrie chimiche e petrolchimiche.

3.4

La cogenerazione ad alto rendimento (CHP (3)) nel settore industriale contribuirà sicuramente a una maggiore efficienza energetica, ma non potrà decarbonizzare l’industria. In alternativa, utilizzare il calore a bassa entalpia dell’industria per il teleriscaldamento costituirebbe un altro modo per aumentare l’efficienza energetica complessiva e potrebbe forse ottenere un riconoscimento ufficiale nel percorso di transizione verso la piena decarbonizzazione.

3.5

Le tecnologie di rimozione dell’anidride carbonica (CDR) eliminano la CO2 già emessa dall’atmosfera, creando così emissioni «negative». Le tecnologie connesse alla CCS, come la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS) e la cattura e stoccaggio direttamente dall’atmosfera (DACCS), costituiscono una parte importante del ventaglio di tecnologie a emissioni negative. Tuttavia, malgrado il potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici offerto, queste tecnologie sono attualmente ancora in fase sperimentale. Altre tecnologie CDR includono attività che migliorano i pozzi naturali di assorbimento del carbonio, come l’afforestazione e il rimboschimento, e non rientrano nell’ambito del presente parere.

La sfida del futuro delle CDR nell’industria manifatturiera consiste nel trovare un equilibrio in cui la cattura e lo stoccaggio del carbonio costituiscano un’opzione di mitigazione parallelamente ad altre tecnologie di riduzione ed eliminazione del carbonio. La riduzione e l’eliminazione dei gas a effetto serra devono essere allineate all’accordo di Parigi e alla normativa europea sul clima. La CCS può permettere all’UE di procedere al ritmo necessario con la rimozione dei gas serra, ma l’obiettivo deve essere quello di evitare lo stoccaggio del carbonio nel lungo periodo.

3.6

L’idrogeno prodotto utilizzando energie rinnovabili (idrogeno verde) sembra essere la risposta multisettoriale ai processi di decarbonizzazione. Per esempio, in Svezia è stato avviato un progetto volto a eliminare le emissioni di gas a effetto serra dalla produzione di acciaio utilizzando idrogeno rinnovabile. In Finlandia, un progetto dimostrerà le modalità di produzione di idrogeno blu e successivamente verde e di cattura di CO2 e stoccaggio permanente nel Mar Baltico.

4.   L’industria manifatturiera sulla strada della decarbonizzazione

4.1

Tra tutte le industrie europee, la nostra attenzione si concentra sui settori con un alto potenziale di miglioramento e di impatto sulla riduzione delle emissioni europee di CO2. Nell’industria manifatturiera, l’attenzione è rivolta ai settori che hanno maggiori difficoltà da superare per decarbonizzarsi. Il presente parere prende in esame l’industria siderurgica, l’industria chimica e petrolchimica, le raffinerie di petrolio, le industrie del cemento, della pasta di legno e della carta, dei fertilizzanti, del vetro e della ceramica.

4.2

Prima di descrivere le tecnologie che potrebbero avere un impatto sulla riduzione e l’eliminazione delle emissioni di anidride carbonica, occorre considerare il passaggio dalle fonti di energia derivate da combustibili fossili a fonti di energia alternative che non producono emissioni e ad altre fonti rinnovabili. Si tratta di fonti quali l’energia eolica, fotovoltaica e termosolare, idroelettrica, geotermica, la biomassa e i biocarburanti.

4.3

Alcune industrie dovrebbero adottare tecnologie esistenti o nuove nei loro processi per azzerare le emissioni di gas a effetto serra e favorire così la transizione verso una società climaticamente neutra. A seconda del settore e delle rispettive emissioni di gas serra attuali, potrebbe essere necessario procedere in una o più fasi.

4.4

Questo primo passo potrebbe sembrare essere «solo» un cambiamento nella parte del processo di produzione/approvvigionamento. In molte altre situazioni, potrebbe essere necessaria un’ulteriore attività di ricerca e sviluppo, per esempio per adattare gli attuali bruciatori a gas naturale all’idrogeno o per usare pompe di calore. Inoltre, dovrebbero essere affrontate anche le considerazioni relative all’interazione tra l’idrogeno e i materiali o i prodotti.

4.5

Industria dell’acciaio:

La sfida per l’industria siderurgica tradizionale (percorso integrato, che richiede la riduzione del minerale di ferro) ha già portato all’introduzione di diversi nuovi approcci tecnologici, incentrati ora sulla sostituzione degli altiforni con forni elettrici ad arco alimentati con ferro ridotto diretto (DRI) prodotto usando idrogeno verde. Altre alternative già esplorate si basano sulle tecnologie CCS, ma non consentono di raggiungere l’obiettivo di riduzione dei gas serra. L’elettrolisi del minerale di ferro potrebbe emettere fino all’87 % in meno di CO2 rispetto all’attuale percorso integrato (a condizione che l’elettricità fornita sia completamente decarbonizzata). La riduzione al plasma dell’idrogeno potrebbe azzerare le emissioni di CO2. La produzione di acciaio basata sull’idrogeno potrebbe emettere fino al 95 % di CO2 in meno rispetto all’attuale percorso integrato (a condizione che l’elettricità utilizzata sia completamente decarbonizzata), ma a causa dell’energia persa durante la produzione di idrogeno, il consumo energetico dell’industria risulterebbe maggiore.

La produzione di acciaio nei forni elettrici ad arco produce solo il 14 % delle emissioni di gas serra del percorso integrato e la sfida principale in questo caso è quella di sostituire il gas naturale nei forni di laminazione con idrogeno verde o elettricità a induzione.

La CCU (che utilizza i gas di scarto degli altiforni) può ridurre le emissioni fino al 65 % se utilizzata appieno (la riduzione di CO2 dipende anche dall’intero ciclo di vita dei prodotti chimici risultanti). Diversi progetti sono in una fase più avanzata di sviluppo: l’impianto dimostrativo Steelanol (attualmente in costruzione — TRL 9) usa i gas di scarico per produrre bioetanolo e il progetto Carbon2Chem (TRL 7-8) ha l’obiettivo di utilizzare i gas di scarico come materia prima per prodotti chimici.

4.6

Industria del cemento:

Solo il 37 % delle emissioni nell’industria del cemento proviene dai combustibili, mentre il restante 63 % delle emissioni è il prodotto di una reazione chimica della materia prima (l’emissione di processo). L’uso di combustibili derivati da fonti rinnovabili (biomassa o idrogeno) ridurrà quindi l’emissività di un massimo del 35 %. Sono attualmente in fase di sperimentazione delle tecnologie che potrebbero consentire in futuro la cattura e la gestione o lo stoccaggio di CO2 (metodo dell’ammina e ciclo del calcio). Un altro modo per ridurre le emissioni è quello di sviluppare i cosiddetti cementi a basso contenuto di clinker, che attualmente presentano un TRL di 5-7. Questi cementi hanno un’emissività fino al 30 % più bassa rispetto ai cementi Portland puri.

4.7

Industria chimica:

Nell’industria chimica, l’elettrificazione dei processi di produzione come l’elettrificazione dei cracker a vapore è tesa a ridurre le emissioni di CO2 per cracker del 90 %. Il settore chimico fornisce un importante contributo al ripristino di cicli di carbonio sostenibili. I prodotti chimici costituiscono un enorme serbatoio che può fissare il carbonio per 10-40 anni. Oggi il volume di carbonio contenuto nei prodotti chimici è paragonabile alle emissioni totali dell’industria per la produzione degli stessi. Anche se la maggior parte di questo carbonio finisce nell’atmosfera quando i prodotti vengono inceneriti alla fine del loro utilizzo, la creazione di un’ambiziosa strategia di economia circolare è un prerequisito per raggiungere cicli di carbonio sostenibili e resilienti ai cambiamenti climatici, mantenendo il carbonio «nel ciclo». L’industria chimica può contribuire alla riduzione delle emissioni in altri settori «assorbendo» il carbonio e stoccandolo nei prodotti.

4.8

Industria della pasta di legno e della carta:

Nell’industria della pasta di legno e carta, una serie di miglioramenti dei processi, compresa la transizione all’Industria 4.0, insieme a investimenti in tecnologie di produzione all’avanguardia, dovrebbero portare a una riduzione di 7 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2050. Sfruttando i suoi impianti di cogenerazione in loco, l’industria può partecipare al mercato dell’energia utilizzando le eccedenze di energia rinnovabile intermittente. I benefici associati alla decarbonizzazione potrebbero raggiungere i 2 milioni di tonnellate. Si prevede che un’ulteriore conversione degli impianti industriali a fonti energetiche a basse o zero emissioni possa portare a una riduzione di 8 milioni di tonnellate di CO2. Oltre ad alcuni dei concetti rivoluzionari identificati nel Two team Project (4), come la tecnologia Deep Eutectic Solvents attualmente in fase di sviluppo, altre soluzioni innovative e dirompenti potrebbero integrare lo sforzo di riduzione delle emissioni di circa 5 milioni di tonnellate di CO2.

4.9

Raffinerie di petrolio:

Le raffinerie di petrolio possono contribuire alla transizione energetica e climatica dell’economia dell’UE in due modi: i) riducendo sostanzialmente l’impronta di carbonio del loro processo produttivo, e ii) sostituendo progressivamente i combustibili e gli altri prodotti di origine fossile con combustibili e altri prodotti derivati da carbonio biogenico o riciclato. La graduale sostituzione dell’energia fossile con la bioenergia, unita alle tecnologie CCU & CCS, porterà addirittura a emissioni di gas serra negative. Le emissioni nette di gas serra generate durante l’uso dei combustibili e di altri prodotti di raffineria possono essere radicalmente ridotte passando progressivamente dal petrolio greggio alla biomassa sostenibile e al carbonio riciclato come materia prima impiegata. I combustibili risultanti, una volta bruciati, aggiungeranno una quantità netta di CO2 pari a zero o molto bassa nell’atmosfera, contribuendo così alla decarbonizzazione dei trasporti, soprattutto per i modi più difficili da elettrificare. In tali ambiti sono in corso investimenti e nuovi progetti. Ad esempio, tre delle circa 80 grandi raffinerie dell’UE sono state convertite in bioraffinerie, sostituendo completamente il petrolio greggio con biomassa sostenibile (5). Questa strategia di transizione climatica richiede minori risorse finanziarie rispetto ad altre soluzioni, poiché le raffinerie stesse e il sistema logistico per la distribuzione dei prodotti possono essere in gran parte adattati e riutilizzati.

4.10

Fertilizzanti:

L’industria dei fertilizzanti sta esaminando la sostituzione del gas naturale come materia prima con l’idrogeno verde. Diversi progetti pilota (6) sono in fase di sviluppo in tutta l’UE, e una volta che l’idrogeno verde sarà disponibile e il suo costo sarà stabilito, l’industria si muoverà verso la completa decarbonizzazione.

4.11

In conclusione, l’industria manifatturiera presenta un potenziale di decarbonizzazione attraverso l’efficienza energetica, l’ottimizzazione dei processi e la conversione alle energie rinnovabili. Per raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica entro il 2050 saranno necessari investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione. Anche le tecnologie CCS e CCUS sono importanti per le industrie manifatturiere, come l’industria del cemento, e in quelle nelle quali la biomassa è utilizzabile come fonte di energia.

5.   Capacità e competenze nella futura industria manifatturiera

5.1

I nuovi processi industriali richiederanno senza dubbio nuovi metodi di lavoro. Le industrie e i lavoratori dovranno adattare il modo in cui svolgono le loro mansioni nell’industria, concentrandosi sulla riduzione delle emissioni di CO2 fin dalle prime fasi dei processi produttivi.

5.2

La transizione verde dell’industria manifatturiera cambierà la produzione in molti modi, utilizzando appieno le nuove tecnologie di produzione e sfruttando la digitalizzazione. Saranno necessarie nuove competenze, nonché l’aggiornamento delle competenze esistenti e la riqualificazione professionale, per realizzare una transizione giusta in cui nessuno sia lasciato indietro. Occorre in particolare invitare i cittadini e i lavoratori, le PMI, le imprese sociali e gli esperti regionali dell’UE a svolgere un ruolo proattivo nell’inevitabile cambiamento dei luoghi in cui vivono.

5.3

L’UE deve garantire che la conoscenza delle nuove tecnologie e delle relative modalità di applicazione negli attuali comparti raggiunga i lavoratori dell’industria. Le autorità pubbliche e le imprese, nell’ambito del dialogo sociale, devono adoperarsi per sfruttare le competenze già esistenti e conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione.

5.4

La piena diffusione dell’idrogeno verde nell’industria sarà fondamentale per molti settori. Tuttavia, anche l’applicazione delle tecnologie CDR influenzerà le abilità e le competenze nell’industria manifatturiera e in modo marcato anche nella catena di approvvigionamento.

6.   Azione dell’UE e condizioni quadro

6.1

Il quadro giuridico dell’UE e le regolamentazioni nazionali devono favorire la decarbonizzazione dell’industria. Essi devono tener conto dell’esistenza di possibilità e/o risorse da investire nella transizione che differiscono ampiamente tra gli Stati membri e tra le regioni d’Europa.

6.2

Il Fondo per una transizione giusta dedicato a sostenere le regioni che dipendono fortemente dalle industrie ad alta intensità di carbonio è un primo passo positivo. Tuttavia, il campo di applicazione del Fondo, che è limitato alle regioni altamente dipendenti da carbone, lignite, torba, scisti bituminosi e industrie ad alta intensità di carbonio, è troppo ristretto. Il CESE, al pari del Parlamento europeo, propone di aumentare drasticamente il bilancio del Fondo per una transizione giusta, al fine di fornire sostegno ad altri settori che saranno interessati dalla decarbonizzazione dell’industria. Ulteriori risorse di bilancio dovrebbero essere destinate a garantire la transizione da un posto di lavoro a un altro, la creazione di posti di lavoro di qualità alternativi nelle stesse regioni e opportune attività di formazione, riqualificazione e aggiornamento delle competenze dei lavoratori.

6.3

La transizione verde nell’industria richiederà l’accesso ad abbondanti quantità di energia e materie prime neutre in termini di emissioni di carbonio ad un prezzo accessibile, stabile e competitivo. In Europa saranno necessari investimenti significativi, anche nelle infrastrutture energetiche, per soddisfare il bisogno dell’industria di grandi quantità di energia rinnovabile.

6.4

Il quadro normativo dell’UE deve condurre l’economia dell’Unione verso il conseguimento dell’obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050, creando le condizioni per sbloccare le enormi risorse — finanziarie, tecnologiche e intellettuali — necessarie per gli investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio, comprese le tecnologie di rimozione del carbonio, che occorre effettuare in tempi rapidi.

6.5

Sono necessari incentivi periodici per incoraggiare la diffusione della cattura del carbonio nelle industrie manifatturiere, sia a livello europeo — attraverso il Fondo per l’innovazione — sia in ciascuno Stato membro, ma senza smantellare il mercato unico, che è uno dei capisaldi dell’UE. Occorreranno ulteriori iniziative dell’UE per attrarre e mobilitare gli investimenti privati.

6.6

È necessario stringere alleanze strategiche a livello europeo per accelerare lo sviluppo di questo tipo di industria, permettendo all’UE di assumere la leadership in tale ambito. Le attuali norme in materia di aiuti di Stato potrebbero essere adeguate per consentire che ciò avvenga.

6.7

Un’attenzione particolare deve essere rivolta alle attività di R&S, che dovranno essere oggetto di dialogo a livello europeo. Tali attività dovranno essere incanalate di preferenza nello strumento del Fondo per l’innovazione.

6.8

Le politiche in materia di appalti pubblici dovrebbero essere utilizzate per stimolare i mercati dei prodotti verdi in cui i produttori stanno riducendo le emissioni di gas serra rispetto ai prodotti inquinanti.

6.9

Alla luce dei ritardi individuati nell’affrontare la sfida climatica e delle tempistiche strette, le relazioni e raccomandazioni del semestre europeo ad ogni Stato membro devono includere alcuni indicatori chiave di prestazione per contribuire a realizzare la necessaria decarbonizzazione dell’industria.

6.10

La relazione di previsione strategica dovrebbe esaminare periodicamente i progressi, gli scenari / le opzioni più promettenti e i punti deboli nei tentativi di raggiungere gli obiettivi climatici. Ciò è tanto più importante perché può fornire orientamenti per investimenti urgenti e ad alto rischio, ma anche per una ragionevole aggregazione delle risorse, sia verticalmente che orizzontalmente.

6.11

Diversi segnali d’allarme indicano l’assenza di parità di condizioni e il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio all’esterno dell’UE, il che ostacolerebbe le transizioni verso l’azzeramento delle emissioni. Ciò evidenzia ancora una volta l’importanza di introdurre la verifica della competitività come strumento per filtrare e orientare i rischi.

6.12

Esistono differenze ben quantificate nelle concentrazioni di emissioni per Stato membro, emissioni pro capite, settore economico e regione. Viste le tempistiche strette, la priorità deve essere data alle misure che consentono di raggiungere i risultati più rapidi e incisivi nelle fasi di decarbonizzazione. Pertanto, occorre prestare una forte attenzione alla metallurgia, ai minerali e ai prodotti chimici e all’industria dei carburanti rinnovabili.

Le innovazioni in fase iniziale e il desiderio di usarle e commercializzarle differiscono a seconda delle dimensioni delle imprese: i gruppi molto grandi sono avvantaggiati sul primo fronte, mentre le PMI lo sono sul secondo. Pertanto, il trasferimento di conoscenze sia intersettoriale che verticale dovrebbe essere incoraggiato e facilitato creando un ambiente commerciale favorevole.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  I TRL sono i diversi livelli su una scala usata per misurare il progresso o il livello di maturità di una tecnologia.

(2)  Agenzia europea dell’ambiente.

(3)  CHP (combined heat and power): cogenerazione di calore ed energia elettrica.

(4)  https://www.cepi.org/two-team-project-report/.

(5)  Gela, bioraffineria di Venezia (eni.com) e La Mède (TotalEnergies.com).

(6)  Fertiberia ha aperto lo stabilimento Impact Zero a Puertollano (Spagna).


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: «La transizione energetica e digitale nelle zone rurali»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 486/09)

Relatore:

John COMER

Correlatore:

Luís MIRA

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

30.6.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

173/1/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE ritiene che a una strategia combinata di transizione energetica e digitale nelle zone rurali non sia stato dedicato il livello di attenzione e sostegno che ci si poteva attendere. Il CESE chiede la rapida attuazione della visione a lungo termine della Commissione per le zone rurali dell’UE e la mobilitazione delle parti interessate attraverso il patto rurale dell’UE. Le zone rurali più vulnerabili necessitano di un’attenzione particolare, in modo che nessuno sia lasciato indietro. È essenziale concentrarsi sulla povertà energetica e sulle zone di povertà rurale.

1.2

Il CESE è convinto che il futuro successo dell’Europa dipenderà in larga misura da come sapremo gestire le zone rurali in modo da conseguire un equilibrio con le zone urbane. Le comunità rurali non dovrebbero essere svantaggiate per quanto riguarda la digitalizzazione e le opzioni per l’uso dell’energia, ad esempio la necessità di utilizzare le automobili private a causa della mancanza di mezzi di trasporto pubblici.

1.3

Il ruolo delle comunità locali deve essere sfruttato per realizzare una transizione energetica giusta combinata con lo sviluppo delle comunità, attraverso la creazione e l’espansione delle comunità di energia rinnovabile e delle comunità energetiche dei cittadini, che prevedono la cooperazione volontaria tra i cittadini, gli enti locali e le PMI per promuovere vantaggi sociali ed economici.

1.4

Il CESE chiede un rafforzamento delle politiche e degli strumenti seguenti:

Politica in materia di energie rinnovabili: l’attuale politica in materia di energie rinnovabili è dettata principalmente dalla necessità di incrementare la capacità e non da quella di aumentare le sinergie con il benessere delle comunità rurali. La necessità di massimizzare la capacità di energia rinnovabile è essenziale e altrettanto essenziale è la necessità di quantificare e risolvere tutte le questioni relative allo sviluppo rurale.

Politica in materia di appalti: l’attuale politica di aggiudicazione degli appalti per gli impianti di energia rinnovabile non è utile per le comunità rurali in quanto si concentra principalmente sulla riduzione dei costi piuttosto che sulle esigenze socioeconomiche dei cittadini rurali. Tutti gli impianti di energia rinnovabile dovrebbero puntare ad essere realizzati nel modo più efficiente possibile sotto il profilo dei costi e a fornire un contributo significativo alle esigenze socioeconomiche delle comunità rurali e dei cittadini rurali.

Stoccaggio dell’energia elettrica: è necessario far crescere il settore dello stoccaggio dell’energia elettrica. Una delle sfide principali consisterà nella sicurezza stagionale dell’approvvigionamento di energia elettrica. A tal fine saranno utili lo stoccaggio nelle batterie e l’elettrificazione intelligente, combinate con la gestione della domanda. Lo stoccaggio dell’idrogeno verde sarà necessario come soluzione di riserva.

Finanziamenti specifici attraverso la destinazione vincolata di fondi stanziati nel quadro dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza, garantendo in tal modo che il denaro sia effettivamente speso nelle zone rurali.

1.5

Il CESE invita la Commissione a proporre un Digital Rural Act quale terza componente della strategia digitale dell’UE, insieme alla legge sui mercati digitali e alla legge sui servizi digitali. La digitalizzazione aprirà nuove opportunità, in particolare per i giovani, e ciò potrebbe cambiare le tendenze demografiche, consentendo alle persone di lavorare da casa e dai centri di lavoro rurali.

1.6

A giudizio del CESE, affinché i piani dell’UE o nazionali per la ripresa e la resilienza possano beneficiare appieno del contributo delle zone rurali, è essenziale che la connettività ad alta velocità sia assicurata nell’intero territorio, comprese le zone scarsamente popolate. Il CESE esorta i governi a creare le condizioni affinché gli operatori privati possano fornire questo servizio o, in alternativa, a fornirlo essi stessi attraverso un’impresa statale.

1.7

Il CESE ritiene che le autorità di governo e i fornitori di servizi debbano sviluppare applicazioni di facile utilizzo adattate specificamente alle realtà degli stili di vita e delle attività rurali. Con l’applicazione di queste tecnologie sarà, ad esempio, possibile ridurre l’impronta di carbonio dell’agricoltura (agricoltura di precisione) e contribuire a migliorare l’accessibilità delle zone remote (droni). Se il settore privato non fornirà queste soluzioni, spetterà al settore pubblico intervenire.

1.8

Il CESE sottolinea che gli utenti rurali di età diverse devono avere la possibilità di ricevere una formazione e migliorare le proprie competenze in modo adeguato, al fine di utilizzare questa nuova tecnologia digitale. L’inclusività nelle zone svantaggiate deve inoltre consentire l’accesso ai dispositivi necessari, attraverso un uso condiviso o un contributo statale per il loro acquisto.

1.9

Il CESE è giunto alla conclusione che la diffusione delle tecnologie digitali nelle zone rurali sia necessaria per sostenere la transizione energetica. Il sistema energetico rurale deve essere decentrato, il che implica immense esigenze in termini di una maggiore e migliore interconnessione; ciò a sua volta richiede la diffusione di tecnologie digitali per far corrispondere l’offerta alla domanda e garantire flussi energetici efficienti. L’applicazione digitale a livello rurale dovrà essere altamente efficiente sotto il profilo energetico a causa del minore tasso di utilizzo e della densità di popolazione inferiore. La connettività informatica a basso consumo energetico è indispensabile per le zone rurali.

1.10

Il CESE sottolinea che, con il 30 % della popolazione dell’UE che vive nelle zone rurali, una transizione energetica rurale giusta costituisce un elemento chiave della transizione giusta verso un’Unione europea climaticamente neutra, sostenibile e prospera, in linea con l’Agenda territoriale 2030.

1.11

La Commissione ha proposto che una quota pari al 20 % di NextGenerationEU sia destinata agli investimenti nel settore digitale. Il CESE raccomanda che tutti gli Stati membri destinino almeno il 10 % di questi fondi al digitale rurale senza imporre oneri burocratici superflui.

2.   La transizione energetica nelle zone rurali

Introduzione

2.1

Esiste un consenso scientifico generale sul fatto che il più probabile fattore di influenza dell’attività umana sui cambiamenti climatici globali consiste nelle emissioni di biossido di carbonio dovuta alla combustione di combustibili fossili.

2.2

Nel suo libro The New Climate War (La nuova guerra climatica), il climatologo Michael Mann afferma che il riscaldamento del nostro pianeta ha oramai raggiunto la zona pericolosa e che non stiamo ancora adottando le misure necessarie per scongiurare la più grande crisi globale mai affrontata.

2.3

In alcuni luoghi si sono già manifestati pericolosi effetti dei cambiamenti climatici legati all’aumento del livello dei mari, e città come Venezia e Miami si trovano ad affrontare sfide significative al riguardo. Nella regione amazzonica sono state attuate massicce operazioni di disboscamento e si sono verificati fenomeni di siccità provocati dai cambiamenti climatici. Lo scioglimento più rapido del previsto della calotta polare artica è motivo di grande preoccupazione.

2.4

È necessario che tutte le parti interessate su scala mondiale si mobilitino e adottino misure immediate in materia di cambiamenti climatici, in termini sia di mitigazione e adattamento che di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. La rapida riduzione dell’uso di combustibili fossili deve essere una priorità immediata.

Zone rurali

2.5

Nelle zone rurali dell’UE vivono 130 milioni di persone, pari al 30 % della popolazione complessiva. Le zone rurali sono molto eterogenee, e le loro caratteristiche sono fortemente influenzate dalla posizione geografica. In molte zone, in particolare nell’Europa meridionale, i cambiamenti climatici causeranno un aumento progressivo della carenza idrica, un aggravamento delle inondazioni e un incremento dell’intensità e della frequenza degli incendi boschivi. Nell’Europa settentrionale, l’aumento delle precipitazioni e delle tempeste può causare e causerà danni significativi e costosi alle infrastrutture. Temperature più elevate intensificheranno il ciclo dell’acqua e aumenteranno la frequenza delle tempeste di forte intensità. Queste circostanze dimostrano la necessità di una transizione energetica e digitale quanto più rapida possibile nelle zone rurali.

2.6

L’idea della transizione energetica rurale non ha ricevuto il livello di attenzione che ci si poteva attendere. Ciò è sorprendente perché le risorse necessarie alla produzione di energia rinnovabile sono strettamente legate alle zone rurali. La maggior parte delle infrastrutture per le energie rinnovabili, come le turbine eoliche, le centrali solari e gli impianti a biogas, si trova nelle zone rurali, e anche le reti di trasmissione sono una caratteristica del paesaggio rurale. Molti abitanti delle zone rurali ritengono che tali strutture siano loro imposte e apportino maggiori benefici alle zone urbane.

2.7

Le zone rurali hanno esigenze varie e diverse a seconda della loro ubicazione. Le zone rurali possono essere classificate come segue:

Zone rurali situate all’interno delle aree di pendolarismo di una città (entro un raggio di 60 km) e il cui sviluppo è integrato con la città.

Regioni rurali che non fanno parte del mercato del lavoro urbano ma che dispongono di un flusso di beni e servizi ambientali e di altre attività economiche da e verso la regione.

Regioni rurali remote in cui l’economia locale dipende in larga misura dall’esportazione di attività primarie, come i prodotti agricoli, al di fuori della regione. In particolare, queste aree tendono ad avere una popolazione dispersa sul territorio e a soffrire dell’inadeguatezza dei servizi pubblici.

2.8

Queste diverse zone rurali devono affrontare sfide molteplici e varie nell’attuazione di una transizione energetica, il che mette in risalto l’importanza di una transizione giusta al fine di conseguire l’obiettivo auspicato.

2.9

Molte zone rurali sono fisicamente isolate, con scarsa diversità economica e bassa densità di popolazione. In molti casi, i bassi redditi e l’invecchiamento della popolazione aumentano la vulnerabilità delle comunità rurali. Le persone che vivono da sole in zone rurali isolate con scarsa interazione sociale presentano enormi problemi per l’attuazione della transizione energetica. La povertà energetica costituisce un problema significativo in queste aree.

2.10

L’introduzione di contatori intelligenti è una parte essenziale della transizione energetica rurale, e finora sembra che sia stata piuttosto lenta nelle zone rurali. È inoltre necessario garantire che le famiglie a basso reddito e le persone con competenze informatiche limitate possano utilizzare al meglio i contatori intelligenti nel quadro di una transizione energetica giusta in cui nessuno sia lasciato indietro. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza ha stanziato 25 miliardi di EUR per sostenere le competenze e l’istruzione digitali. Gli Stati membri devono assicurare la destinazione vincolata di una quota adeguata di questo fondo alle competenze digitali e alla formazione in materia di alfabetizzazione digitale per le popolazioni rurali. Il fatto che alcune parti d’Europa non dispongano di Internet è una situazione intollerabile cui va posto rimedio quanto prima.

2.11

Nel parere Verso una strategia globale per lo sviluppo rurale/urbano sostenibile (1) il CESE ha sottolineato che le politiche agricole, alimentari e rurali devono essere in linea con le politiche in materia di cambiamenti climatici e biodiversità. L’aspetto multifunzionale dell’agricoltura è importante quanto la promozione delle attività non agricole, come la creazione di imprese nel settore dei servizi energetici puliti per creare opportunità di lavoro. Occorre esplorare il potenziale del commercio elettronico.

2.12

La comunicazione «Una visione a lungo termine per le zone rurali dell’UE» (2) comprende un patto rurale teso tra l’altro a promuovere la coesione territoriale e a creare nuove opportunità per attrarre imprese innovative. L’attuazione di questa visione faciliterebbe notevolmente una transizione energetica giusta nelle zone rurali. Il CESE ha accolto con favore questo approccio nel suo parere Una visione a lungo termine per le zone rurali dell’UE (3).

Trasporti

2.13

La fornitura di servizi di trasporto rurale è una questione fondamentale a causa della scarsità dei trasporti pubblici, della bassa densità demografica e della lontananza dai negozi e dai servizi. Inoltre, gli abitanti delle zone rurali che lavorano nei centri urbani spesso coprono lunghe distanze per recarsi sul luogo di lavoro.

2.14

È necessario che la pianificazione locale e nazionale fornisca un sistema di trasporto multimodale che consenta la transizione verso le fonti di energia rinnovabili. Tale sistema deve offrire scelte e alternative per il trasporto di persone e merci.

2.15

Il trasporto di merci nelle zone rurali richiede un’attenzione particolare per quanto riguarda la transizione energetica. Ad esempio, la consegna di attrezzature alle aziende agricole e la raccolta dei loro prodotti devono costituire una parte importante della pianificazione della transizione energetica. L’obiettivo da raggiungere deve essere costituito dagli autoveicoli commerciali pesanti alimentati a elettricità e a idrogeno. A breve termine, i biocarburanti sostenibili e i veicoli ibridi potrebbero contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

2.16

La forte espansione degli acquisti online, soprattutto nelle zone rurali, mette in risalto l’importanza di ridurre le emissioni dei veicoli adibiti alla consegna. L’uso di furgoni elettrici sarà adeguato a tale scopo non appena sarà predisposta un’infrastruttura di ricarica adeguata. Inoltre, i corrieri devono finanziare l’acquisto dei suddetti furgoni. La priorità immediata consiste nell’iniziare a ridurre le emissioni in tutti i modi possibili.

2.17

Occorre dare priorità a una migliore offerta di trasporti pubblici nelle zone rurali, che comprenda tanto la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra quanto l’inclusione sociale e la creazione di opportunità di sviluppo rurale. I trasporti pubblici rurali devono essere considerati un bene pubblico nel contesto della transizione energetica e pertanto sono necessari finanziamenti pubblici per promuovere e facilitare trasporti pubblici sostenibili.

2.18

Le automobili private sono considerate un mezzo indispensabile nell’ambito del trasporto rurale, in quanto in loro assenza sarebbe impossibile vivere nelle zone rurali. La priorità deve essere quella di aiutare e incoraggiare gli abitanti delle zone rurali a ridurre, ove possibile, l’uso delle automobili private e a passare quanto prima a veicoli a basse emissioni. Gli aiuti finanziari destinati a promuovere l’acquisto di veicoli elettrici devono costituire un obiettivo fondamentale per la transizione energetica nelle zone rurali.

2.19

Lo stoccaggio nelle batterie è uno strumento efficace per appiattire la curva della domanda netta di energia elettrica da fonti rinnovabili. L’uso diffuso dei veicoli elettrici potrebbe risultare utile a tal fine. Quando i veicoli elettrici saranno in grado di restituire elettricità alla rete, il parco circolante dei veicoli elettrici potrà fungere da dispositivo di stoccaggio in aggiunta ad altre forme di stoccaggio nelle batterie. Come indicato nel parere del CESE in merito al Regolamento sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (4), i consumatori devono trovare economicamente allettante restituire elettricità alla rete a partire dai propri veicoli elettrici.

Turismo

2.20

Le zone rurali spesso dipendono dal turismo in quanto importante fonte di reddito, e pertanto devono disporre di un’adeguata infrastruttura per i combustibili alternativi al fine di favorire l’industria turistica riducendo nel contempo le emissioni di gas a effetto serra. Le società di autonoleggio devono essere incoraggiate a passare a veicoli a basse emissioni, preferibilmente a veicoli elettrici. La transizione energetica nelle zone rurali richiede azioni volte ad agevolare un aumento del reddito proveniente dal turismo.

Elettricità da fonti rinnovabili

2.21

L’energia elettrica da fonti rinnovabili, come l’energia eolica, solare e da biogas, è una componente importante del paesaggio rurale. L’armonizzazione della legislazione tra gli Stati membri deve promuovere e tutelare gli interessi dei prosumatori e motivare gli investimenti nelle infrastrutture per le energie rinnovabili. La capacità di vendere l’energia prodotta immettendola nella rete nazionale deve essere resa possibile in tutti gli Stati membri. Occorre prevedere regimi di compensazione adeguati tra l’energia rinnovabile prodotta dai prosumatori e l’energia consumata per garantire l’indipendenza energetica delle zone rurali.

2.22

In tempi recenti, le aste per appalti centralizzati di elettricità da fonti rinnovabili sono diventate sempre più diffuse e in molti casi sono riuscite a ridurre i costi di costruzione degli impianti eolici e solari. In generale, lo sviluppo dell’elettricità nelle zone rurali è legato principalmente alla decarbonizzazione del settore energetico, e non vi sono sinergie con gli obiettivi dello sviluppo rurale. Gli abitanti delle zone rurali si oppongono spesso a tale sviluppo, in quanto prevedono scarsi benefici per la comunità locale.

2.23

Le cooperative e altre organizzazioni a livello locale devono essere coinvolte nella definizione delle sedi per gli impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili, sia nell’entroterra che nelle regioni costiere. Le comunità locali devono detenere una partecipazione azionaria e ottenere un beneficio locale da tali strutture.

2.24

In questi grandi progetti, lo sviluppo delle energie rinnovabili è legato principalmente alla decarbonizzazione del settore energetico; vi è scarso interesse per lo sviluppo rurale. I piccoli parchi eolici, i piccoli impianti solari e i digestori anaerobici gestiti dalle cooperative e dalla popolazione locale possono essere maggiormente orientati allo sviluppo rurale e all’inclusione sociale ed economica delle comunità rurali. È necessario raggiungere un equilibrio in relazione a questi due sistemi. Le comunità di energia rinnovabile e le comunità energetiche dei cittadini rappresentano un’opportunità per realizzare una transizione energetica giusta, combinata con lo sviluppo delle comunità.

2.25

Uno studio di caso nella Svezia rurale (Ejdemo e Söderholm, 2015) ha rilevato che, in assenza di forme di previdenza comunitarie, le opportunità di occupazione erano molto modeste nel contesto dello sviluppo rurale.

2.26

Una comunità energetica dei cittadini è un soggetto giuridico in cui i cittadini, le PMI e gli enti locali si uniscono in quanto utenti finali per cooperare nella produzione di energia rinnovabile. Ne è un esempio il comune di Feldheim (un paesino a sud-ovest di Berlino) che è diventato autosufficiente nel settore dell’energia installando turbine eoliche nei giardini e costruendo una rete indipendente. I residenti pagano prezzi minimi per l’energia elettrica. La creazione di un impianto di biogas ha consentito al paesino di realizzare una rete di teleriscaldamento. Si tratta di un ottimo esempio di comunità di energia rinnovabile in attività, e dimostra inoltre che un approccio dal basso è fondamentale per il futuro delle zone rurali (5).

2.27

La gestione della domanda sposta il consumo di energia elettrica verso periodi di tempo in cui il sistema è in grado di far fronte alla domanda. Dobbiamo appiattire la curva della domanda netta di energia elettrica durante i periodi di picco della domanda, in modo da evitare interruzioni man mano che si produce una maggiore quantità di elettricità verde. Il ricorso allo stoccaggio nelle batterie, allo stoccaggio idroelettrico e all’elettrificazione intelligente offrirà flessibilità nell’appiattimento della curva della domanda netta.

2.28

Rivolgendosi ai parlamentari irlandesi a Dublino, la commissaria per l’Energia Kadri Simson ha dichiarato che la guerra in Ucraina ha costretto Bruxelles a fare ulteriori progressi e ad agire più rapidamente per porre fine alle importazioni di combustibili dalla Russia. Ha affermato che, nell’ambito di proposte ancora da concordare, l’UE punta a ricavare il 45 % del suo consumo energetico da fonti rinnovabili entro il 2030. Si tratta di un aumento rispetto all’attuale obiettivo del 32 % e di oltre il doppio della quota del 22 % prevista per il 2020. Il CESE approva questo nuovo obiettivo, ma avverte che esso può essere raggiunto solo promuovendo rapidamente nuovi e maggiori investimenti nella transizione energetica rurale.

2.29

Il vento non soffia sempre, per cui sarà necessario un sistema di riserva. L’idrogeno verde può fornire una riserva per soddisfare le variazioni nella domanda di energia elettrica e può essere stoccato fino al momento in cui è necessario.

Agricoltura

2.30

L’attività agricola è fondamentale per lo sviluppo e la prosperità della maggior parte delle zone rurali. Questo settore dell’economia rurale si trova ad affrontare enormi sfide nella realizzazione della transizione energetica.

2.31

Non è stato fatto molto per ridurre l’impronta di carbonio dei macchinari agricoli.

2.32

Nell’immediato futuro sembra che l’uso di biocarburanti sostenibili offra la migliore possibilità di ridurre le emissioni, in quanto potrebbero essere utilizzati i macchinari esistenti, se opportunamente modificati.

2.33

I biocarburanti sostenibili non sono producibili a basso costo, e il loro prezzo può essere oltre il doppio rispetto a quello del diesel. È possibile che col passare del tempo questi prezzi diminuiscano leggermente.

2.34

In futuro, quando le macchine agricole elettriche diventeranno maggiormente disponibili, sarà possibile ridurre in modo significativo le emissioni.

2.35

L’agricoltura è per lo più un’attività a basso profitto e pertanto i costi d’investimento per il passaggio a macchinari elettrici sarebbero estremamente difficili da finanziare. La necessità di superare il problema del finanziamento del passaggio a macchine elettriche o a idrogeno costituirà un elemento importante nella transizione energetica delle zone rurali.

2.36

L’uso di pannelli solari nei fabbricati agricoli consentirebbe agli agricoltori di utilizzare l’elettricità verde e, dato che l’agricoltura è un settore ad alto consumo di energia elettrica, ciò rappresenterebbe un vantaggio significativo nella transizione energetica. Qualsiasi eccedenza potrebbe essere rivenduta alla rete.

2.37

L’agricoltura di precisione è un approccio alla gestione delle aziende agricole basato sui dati che può migliorare la produzione e le rese, e ridurre l’impronta di carbonio dell’agricoltura. Ciò è possibile grazie ai progressi della tecnologia digitale con telerilevamento, GPS e sistemi di guida satellitari per i trattori. Tutto ciò sarà importante per la transizione energetica nel settore agricolo, unitamente al fabbisogno di investimenti, formazione e miglioramento delle competenze.

2.38

Gli agricoltori possono avere la possibilità di vendere l’energia elettrica eccedentaria alla rete in quanto i produttori di latte e carni bovine dispongono di coperture estensive nelle loro aziende. Alcuni agricoltori possono diventare partner nella creazione di impianti a biomassa e vendere gas alla rete. L’uso dei residui forestali negli impianti a biomassa è importante per facilitare la gestione delle foreste nelle zone in cui tali materiali sono disponibili.

2.39

Le conseguenze della guerra in Ucraina rendono necessario un riesame della sicurezza alimentare dell’UE. In via prioritaria, i terreni devono essere utilizzati per la produzione di alimenti. Non dovrebbe esservi concorrenza con l’installazione di pannelli solari su scala industriale né con la produzione di biomassa per le energie rinnovabili, con le quali dovrebbe invece esservi complementarità.

Biometano

2.40

Il biometano è un biogas dal quale sono stati eliminati l’anidride carbonica, l’acido solfidrico e l’acqua; può quindi essere iniettato direttamente nella rete del gas o utilizzato in un veicolo a gas.

2.41

È necessario istituire digestori anaerobici ove è disponibile una quantità adeguata di liquami. Possono essere utilizzati anche insilati di erba e di mais eccedentari, purché ciò non sia in contrasto con la produzione di alimenti e foraggi.

2.42

Sono necessarie ulteriori ricerche per migliorare l’efficienza dei digestori anaerobici e ridurre i costi associati al processo.

2.43

L’uso di digestori anaerobici deve essere promosso e finanziato nell’ambito della transizione energetica nelle zone rurali.

2.44

L’energia da biomassa può essere utilizzata per produrre calore o elettricità. La biomassa svolgerà un ruolo fondamentale nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Abitazioni rurali

2.45

Molte famiglie rurali hanno la possibilità di installare tecnologie di microgenerazione, come pannelli solari e turbine eoliche di piccole dimensioni, con la possibilità di rivendere qualsiasi eccedenza sulla rete.

2.46

Le famiglie a basso reddito hanno bisogno di assistenza finanziaria per installare strutture di microgenerazione, che consentirebbero a dette famiglie di compiere una transizione energetica significativa.

2.47

Le abitazioni rurali sono in genere meno isolate e meno efficienti dal punto di vista energetico rispetto a quelle urbane. Molte di esse sono edifici isolati in siti esposti alle intemperie.

2.48

Nel quadro della transizione energetica è necessario un importante programma di investimenti per ammodernare gli alloggi rurali al fine di migliorarne l’isolamento e l’efficienza energetica. Tali investimenti costituiranno un grande passo avanti nella riduzione del consumo di energia e nella decarbonizzazione del riscaldamento domestico nelle zone rurali. Sarà necessario un regime di aiuti sotto forma di sovvenzioni, in quanto un massiccio programma di ammodernamento comporta costi d’investimento molto elevati. Le famiglie a basso reddito e quelle che si trovano in condizioni di povertà energetica avranno bisogno di un aiuto speciale per realizzare tale transizione.

3.   La transizione digitale nelle zone rurali

3.1

Nel 2021 la Commissione europea ha presentato la sua visione per la trasformazione digitale dell’Europa entro il 2030. In primo luogo, ha sottolineato la necessità che le proposte legislative relative alla legge sui mercati digitali e alla legge sui servizi digitali garantiscano uno spazio digitale più sicuro, in cui i diritti fondamentali degli utenti siano protetti, e creino condizioni di parità per le imprese europee nel mondo digitale.

3.2

Al fine di nutrire una popolazione mondiale in crescita con il minor impatto ambientale possibile e di promuovere la neutralità carbonica, è necessario predisporre infrastrutture digitali e tecnologiche nelle zone rurali che consentano un uso efficiente e preciso delle risorse nell’agricoltura. Tuttavia, sebbene il 30 % della popolazione europea viva nelle zone rurali, che rappresentano l’80 % del territorio dei 27 Stati membri, nel mondo rurale la digitalizzazione è esposta a maggiori rischi che, se non affrontati, comprometteranno le ambizioni dell’Europa in materia di digitalizzazione. Il quadro legislativo europeo del Digital Rural Act è concepito per affrontare questi rischi promuovendo:

la garanzia di una copertura di rete a banda larga che sia equa in tutte le regioni d’Europa: attualmente la copertura è buona nei grandi centri urbani e deficitaria nelle zone rurali; al fine di conseguire gli obiettivi della digitalizzazione, vi è l’urgente necessità di risolvere questo problema in modo da non allargare ulteriormente il divario tra le diverse regioni;

le infrastrutture: garantire gli investimenti privati nella realizzazione delle infrastrutture dell’ultimo miglio, tenendo conto di benefici non finanziari quali le esternalità socioeconomiche;

lo sviluppo delle capacità: alfabetizzazione digitale degli abitanti delle zone rurali;

l’adeguatezza: promuovere lo sviluppo di applicazioni che rispondano alle esigenze della comunità agricola e rurale, nelle quali è scarsa l’adozione dei servizi digitali concepiti per l’ambiente urbano.

3.3

Il Digital Rural Act, in quanto meccanismo legislativo della Commissione europea, stabilirà, come la legge sui mercati digitali e la legge sui servizi digitali, una serie di norme, obblighi e responsabilità volti a garantire che le zone rurali europee possano usufruire di una serie di iniziative, strumenti e sistemi in materia di accessibilità che, a causa della bassa densità di popolazione, sono economicamente sfavorevoli agli investimenti privati. In tal modo, il Digital Rural Act garantirà l’attuazione della digitalizzazione nelle zone rurali nei casi in cui la sua necessità è inversamente proporzionale ai vantaggi finanziari ottenuti.

3.4

Infine, il Digital Rural Act sarà il principale precursore del Green Deal europeo, della strategia «Dal produttore al consumatore» e della neutralità carbonica dell’Europa nel 2050, in quanto la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente sarà possibile solo se la tecnologia e la digitalizzazione saranno disponibili e accessibili al mondo agricolo e rurale.

3.5

Come sottolineato nel parere del CESE Migliorare il livello di inclusività, sicurezza e affidabilità della digitalizzazione per tutti (6), l’importanza della digitalizzazione non può essere sottovalutata, in quanto può «favorire una maggiore mobilità nel mercato del lavoro, rafforzare la produttività e la flessibilità sul luogo di lavoro e consentire la conciliazione tra attività professionale e vita privata quando i lavoratori lavorano a distanza da casa». A tal fine è necessaria una serie completa di competenze digitali, indipendentemente dal fatto che i lavoratori vivano in zone urbane o rurali. Tuttavia, nelle località remote esistono ulteriori barriere multiformi. Il CESE chiede pertanto che l’agenda specifica per le competenze digitali sostenga i cittadini europei che vivono nelle zone rurali. Tale approccio, oltre ad essere al centro della legge sulla digitalizzazione delle zone rurali, dovrebbe contemporaneamente contribuire a colmare il divario digitale e a cogliere i vantaggi della trasformazione digitale della società.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere del CESE sul tema Verso una strategia globale per lo sviluppo rurale/urbano sostenibile, GU C 105 del 4.3.2022, pag. 49.

(2)  COM(2021) 345 final.

(3)  Parere del CESE sul tema Visione a lungo termine per le zone rurali dell’UE (GU C 290 del 29.07.2022, pag. 137).

(4)  Parere del CESE in merito al Regolamento sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi, (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 138).

(5)  ERP Workshop Report - Seminario 21.

(6)  Parere del CESE sul tema Migliorare il livello di inclusività, sicurezza e affidabilità della digitalizzazione per tutti (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 11).


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/67


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Investimenti pubblici nelle infrastrutture energetiche come parte della soluzione dei problemi climatici»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 486/10)

Relatore:

Thomas KATTNIG

Correlatore:

Lutz RIBBE

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sezione

7.9.2022

Adozione in sessione plenaria

22.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

162/7/8

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Le conseguenze della crisi climatica stanno colpendo duramente l'Europa e il mondo intero. Sebbene le possibilità esistenti di efficace adattamento ai cambiamenti climatici siano aumentate in questi ultimi anni, gli esperti segnalano una mobilitazione insufficiente di risorse finanziarie, un impegno troppo esiguo da parte dei cittadini e del settore privato, nonché una carenza di leadership politica.

1.2.

Per soddisfare il crescente fabbisogno di energia elettrica e realizzare gli obiettivi climatici, occorre raddoppiare gli investimenti nella rete elettrica, portandoli a 55 miliardi di EUR all'anno, e aumentare i fondi destinati alla creazione di capacità di produzione di energia pulita fino a un importo pari a 75 miliardi di EUR all'anno (1). In tale contesto, assumono grande importanza gli investimenti pubblici in sistemi energetici intelligenti e rinnovabili come anche in infrastrutture di stoccaggio, nell'ottica di garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, di contrastare la povertà energetica, di assicurare prezzi accessibili e di creare posti di lavoro.

1.3.

Il CESE appoggia le proposte della Commissione volte ad accelerare e razionalizzare le procedure di autorizzazione per le energie da fonti rinnovabili e a definire le cosiddette «zone di riferimento» per i relativi progetti. In questo ambito esiste un notevole potenziale per una transizione energetica più rapida. È ancora più importante definire nel modo più concreto possibile quali semplificazioni siano applicabili nelle zone di riferimento.

1.4.

La legislazione europea in materia di energia non riconosce la protezione del clima come obiettivo della regolamentazione delle reti. Di conseguenza, anche le autorità nazionali di regolazione hanno difficoltà a creare incentivi per attività di trasformazione, potenziamento e modernizzazione delle reti di distribuzione elettrica che rispondano ai requisiti della neutralità climatica.

1.5.

Con riferimento alla futura organizzazione dei sistemi energetici e delle relative infrastrutture, il CESE ha ripetutamente sottolineato la necessità di una partecipazione attiva di tutti i consumatori (famiglie, imprese e comunità energetiche) allo sviluppo di sistemi energetici intelligenti, nonché la necessità di creare incentivi, in modo tale che la società civile possa non solo partecipare alla transizione energetica, ma anche contribuire a finanziarla.

1.6.

Il tasso di investimento pubblico dell'UE nelle tecnologie energetiche pulite necessarie per la decarbonizzazione è il più basso tra quelli delle grandi economie, e ciò indebolisce la nostra competitività. Dall'inizio delle liberalizzazioni, gli investimenti da parte delle imprese elettriche hanno fatto registrare una contrazione, che ha comportato difficoltà nell'approvvigionamento, ostacolando l'ulteriore diffusione delle energie da fonti rinnovabili. Il CESE appoggia pertanto la proposta della Commissione, in merito all'attuazione del piano REPowerEU, di utilizzare i piani di ripresa economica e il dispositivo per la ripresa e la resilienza, nonché finanziamenti supplementari provenienti dal Fondo di coesione e dal bilancio per la politica agricola comune.

1.7.

L'assetto e la regolamentazione del mercato devono essere adattati alle nuove realtà delle energie da fonti rinnovabili che prevarranno in futuro (un maggior decentramento della produzione e un aumento del consumo in loco). A tal fine, tuttavia, devono ancora essere create le condizioni necessarie per i diversi attori e deve essere garantita un'adeguata protezione dei consumatori. Il CESE plaude all'intenzione della Commissione di valutare le possibili soluzioni per ottimizzare l'assetto del mercato dell'energia elettrica, e auspica vivamente che si effettuino valutazioni del mercato volte ad analizzare il comportamento di tutti i potenziali attori sul mercato dell'energia e l'assetto di tale mercato. Il CESE sottolinea, in ogni caso, l'importanza di condurre una valutazione d'impatto globale prima di formulare qualsiasi proposta.

1.8.

Il CESE raccomanda nuovamente di applicare per gli investimenti pubblici la «regola aurea» (golden rule) per salvaguardare la produttività e proteggere la base sociale ed ecologica necessaria per il benessere delle generazioni future.

1.9.

Le operazioni di finanziamento misto che coinvolgono gli investitori privati rappresentano un'opzione solo se si garantisce che l'assegnazione abbia luogo in modo trasparente e non comporti per la pubblica amministrazione costi aggiuntivi ingiustificati rispetto a un finanziamento pubblico. Per quanto riguarda i costi aggiuntivi giustificati, occorre garantire la piena trasparenza. È ancora più importante che tali modelli di finanziamento misto definiscano chiaramente i diritti e gli obblighi, chiariscano le questioni di responsabilità e prevedano un sistema efficiente e rapido di risoluzione dei conflitti, al fine di evitare costi aggiuntivi nel lungo termine e spiacevoli questioni relative alla responsabilità.

1.10.

Il CESE sottolinea che il concetto di «transizione giusta» non riguarda solamente il finanziamento della transizione stessa, ma implica anche l'obiettivo di creare posti di lavoro dignitosi e di qualità, di garantire la sicurezza sociale e di mantenere la competitività delle imprese europee, il che richiede misure specifiche a tutti i livelli, in particolare sul piano regionale.

1.11.

Il CESE è convinto che occorra prestare particolare attenzione alla definizione dell'ampliamento delle reti come interesse pubblico prioritario, all'integrazione della protezione del clima come obiettivo normativo e, in generale, a un più efficace sincronismo nella pianificazione delle energie da fonti rinnovabili e della rete dell'energia elettrica. In tale ambito sono assolutamente necessarie disposizioni specifiche di diritto europeo.

1.12.

Gli sviluppi dell'ultimo decennio, le sfide connesse all'espansione della rete, il notevole aumento dei prezzi dell'energia, il pericolo costituito dagli attacchi informatici e, non da ultimo, la guerra in Ucraina, mostrano chiaramente qual è la posta in gioco, ossia chi eserciterà in futuro il controllo di infrastrutture così centrali come la rete energetica. L'interesse è dunque principalmente di ordine pubblico. Ciò presupporrebbe una proprietà pubblica, chiamata a operare per il bene comune e a eliminare le disparità esistenti.

1.13.

La questione relativa ai vantaggi e agli svantaggi della proprietà pubblica e privata e/o del finanziamento privato delle infrastrutture energetiche per un mercato dell'energia ben funzionante è sicuramente importante e dovrebbe essere esaminata contestualmente alla valutazione, prevista dalla Commissione, delle possibili soluzioni per ottimizzare l'assetto di tale mercato. I risultati di tale analisi possono servire da valido strumento decisionale per gli Stati membri, che sono responsabili di decidere in merito alla proprietà pubblica o privata delle infrastrutture energetiche. Secondo il CESE, l'energia elettrica non è solo una risorsa strategica fondamentale per l'intera economia dell'UE, ma rappresenta al tempo stesso un bene pubblico. Il CESE invita pertanto la Commissione europea ad analizzare in dettaglio le implicazioni e le conseguenze dell'intero processo di privatizzazione e liberalizzazione del settore europeo dell'energia sulla sua stabilità, sull'affidabilità dell'approvvigionamento e sul funzionamento del mercato dell'energia elettrica, e a tradurre i risultati in una riorganizzazione dell'intero settore energetico, comprendente delle opzioni per rafforzare le competenze del settore statale e pubblico.

2.   Contesto

2.1.

Le conseguenze della crisi climatica colpiscono già adesso miliardi di persone in tutto il mondo, e persino gli stessi ecosistemi, come illustrato nelle ultime relazioni del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), e tutto ciò nonostante il fatto che l'aumento della temperatura non abbia ancora raggiunto la soglia degli 1,5 oC stabilita a Parigi. Particolarmente problematico è il fatto che i sistemi e i gruppi che saranno maggiormente colpiti da temperature elevate, siccità, inondazioni, malattie, scarsità di acqua e di cibo siano spesso quelli che hanno meno risorse a disposizione per far fronte a tali situazioni.

2.2.

Negli ultimi anni sono aumentate le opzioni disponibili per un efficace adattamento ai cambiamenti climatici. In molte regioni d'Europa, tuttavia, le misure attuate e previste non sono soddisfacenti. Gli esperti segnalano una mobilitazione insufficiente di risorse finanziarie, un impegno troppo esiguo da parte dei cittadini e del settore privato, nonché una carenza di leadership politica.

2.3.

Il fatto che, attualmente, a causa della guerra in Ucraina, in Europa si stiano mobilitando rapidamente ingenti somme di denaro per scopi militari induce a temere che ciò possa portare a un blocco delle risorse finanziarie e a ritardi nelle azioni finalizzate a proteggere il clima. Il CESE accoglie pertanto con favore le misure e gli strumenti annunciati dalla Commissione nel piano REPowerEU (2) per ridurre la dipendenza dell'UE dai combustibili fossili, provenienti in particolare dalla Russia, adottando misure di risparmio energetico, accelerando la transizione verso le energie da fonti rinnovabili, promuovendo la diversificazione dei fornitori e unendo le forze per realizzare un sistema energetico più resiliente e un'autentica Unione dell'energia.

2.4.

Per conseguire gli obiettivi climatici, occorre più che raddoppiare la capacità di energia rinnovabile. Già oggi, in grandi paesi come la Germania, i costi per l'elettricità verde non utilizzabile ossia non trasportabile, la cui produzione deve essere ridotta, ammontano a centinaia di milioni di euro all'anno. Questa perdita economica si moltiplicherà se non saranno ampliate velocemente le reti elettriche e le capacità di stoccaggio e se, nel contempo, non verranno ottimizzate le possibilità di usufruire di energia elettrica direttamente sul posto. Nella pianificazione e nella regolamentazione delle reti è importante allineare lo sviluppo delle reti energetiche all'obiettivo della neutralità climatica. Le reti di distribuzione svolgono un ruolo cruciale in questo senso, perché è ad esse che viene collegata la maggior parte degli impianti di energia da fonti rinnovabili.

2.5.

Per soddisfare tali requisiti, occorre raddoppiare gli investimenti nella rete elettrica, portandoli a 55 miliardi di EUR all'anno, e aumentare i fondi destinati alla creazione di capacità di produzione di energia pulita fino a un importo pari a 75 miliardi di EUR all'anno (3). Al riguardo, il CESE sottolinea il valore aggiunto delle proposte della Commissione in merito a procedure di autorizzazione rapide per i progetti in materia di energie da fonti rinnovabili e alla definizione delle cosiddette «zone di riferimento» per i relativi progetti. Il CESE appoggia le proposte volte ad accelerare e razionalizzare le procedure di autorizzazione per le energie da fonti rinnovabili. In tale ambito è necessario prestare particolare attenzione alle reti di distribuzione, dato che è in esse che vengono solitamente immesse le energie da fonti rinnovabili.

2.6.

In tale contesto, assumono grande importanza gli investimenti pubblici in sistemi energetici intelligenti e rinnovabili, nell'ottica di garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, di contrastare la povertà energetica, di assicurare prezzi accessibili e di creare posti di lavoro. La trasformazione ecologica nell'ottica del Green Deal europeo avrà sicuramente un enorme impatto sulla situazione occupazionale nei settori energetici ad alta intensità di carbonio. Nel contempo, un significativo ampliamento degli investimenti pubblici nei sistemi energetici a impatto climatico zero consentirà la creazione di numerose nuove opportunità di occupazione. A tal fine sarà necessario prevedere un margine di bilancio adeguato attraverso la ridefinizione del quadro di bilancio, come proposto dal CESE nel suo parere d'iniziativa sul tema Ridefinire il quadro di bilancio dell'UE per una ripresa sostenibile e una transizione giusta, adottato nell'ottobre 2021.

2.7.

La legislazione europea in materia di energia non riconosce ancora la protezione del clima come obiettivo della regolamentazione delle reti. Di conseguenza, anche le autorità nazionali di regolazione hanno difficoltà a creare incentivi per attività di trasformazione, potenziamento e modernizzazione delle reti di distribuzione elettrica che rispondano ai requisiti della neutralità climatica.

2.8.

Con riferimento alla futura organizzazione dei sistemi energetici e delle relative infrastrutture, il CESE ha ripetutamente sottolineato la necessità di una partecipazione attiva di tutti i consumatori (famiglie, imprese e comunità energetiche) allo sviluppo di sistemi energetici intelligenti. Purtroppo, al riguardo vi sono state solo promesse e nessuna iniziativa concreta. Il CESE chiede che siano finalmente creati incentivi per attivare i prosumatori, le comunità di energia da fonti rinnovabili o le comunità energetiche di cittadini, affinché la società civile possa partecipare alla transizione energetica e i consumatori abbiano la possibilità di essere parte attiva del mercato. In tal modo sarà possibile anche attenuare il problema del continuo aumento dei costi dovuto alla riduzione della produzione di energia da fonti rinnovabili a causa di problemi di congestione della rete.

2.9.

Il CESE è favorevole ad adeguare meglio le norme dell'Unione sulle reti transeuropee dell'energia (TEN-E) agli obiettivi del Green Deal, combinando in particolare la decarbonizzazione del sistema energetico, la transizione verso la neutralità climatica, lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili, l'efficienza energetica e la prevenzione del rischio di povertà energetica. Dal momento che le reti energetiche assolvono una funzione essenziale di equilibrio, resilienza e sviluppo del sistema energetico, il CESE chiede che il regolamento proposto si collochi più chiaramente in una dinamica di integrazione del sistema energetico, in modo da promuovere tutte le forme di energia decarbonizzata, e che si renda impossibile qualsiasi forma di «dis-integrazione». In quest'ottica, è da accogliere con favore l'iniziativa del Consiglio e del Parlamento europeo di considerare, oltre alle energie da fonti rinnovabili, anche le reti di distribuzione come elementi rientranti nell'interesse pubblico prioritario.

2.10.

Gli attuali aumenti dei prezzi gravano sui cittadini e sulle imprese europee. Il CESE osserva con rammarico che, in passato, la sua richiesta (4) di ridurre la dipendenza strategica da terzi inaffidabili non ha trovato riscontro nell'azione dei leader politici, e che, al contrario, tale dipendenza è ulteriormente aumentata. La Russia è il principale esportatore di petrolio, gas naturale e carbone verso l'UE, e molte centrali nucleari dipendono da barre di combustibile e tecnologie russe. L'attuale crisi dei prezzi dell'energia non avrebbe colpito tanto duramente i cittadini e le imprese europee se l'Europa avesse già ridotto l'importazione di combustibili fossili, come aveva promesso. Il CESE si compiace pertanto per gli sforzi delineati nel piano REPowerEU per ridurre rapidamente tale dipendenza, in particolare dalla Russia. Il CESE appoggia gli sforzi messi in campo dalle istituzioni dell'UE e dagli Stati membri per affrontare efficacemente il problema dei prezzi, in linea con la comunicazione dell'ottobre 2021, con la comunicazione sul mercato dell'energia elettrica COM(2022) 236 final e con gli strumenti offerti nell'ambito del quadro di riferimento temporaneo per le misure di aiuto di Stato.

2.11.

Nel contesto attuale, il Comitato ribadisce che tale transizione non deve però vertere principalmente su una diversificazione delle dipendenze, bensì che deve essere incentrata, per quanto possibile, sull'«indipendenza e l'autonomia energetica strategica». Le energie da fonti rinnovabili e l'idrogeno fungeranno da forza motrice nel processo di decarbonizzazione, e la loro produzione dovrebbe essere localizzata, nella misura del possibile, all'interno dell'UE.

2.12.

In alcune regioni, oltre a importanti misure di risparmio energetico, come alternativa a breve e medio termine al gas naturale russo viene attualmente preso in considerazione il gas naturale liquefatto (GNL). Nel lungo termine, l'idrogeno verde, se disponibile in quantità sufficienti e a prezzi ragionevoli, appare un'opzione compatibile con il clima. Nella misura in cui l'Europa non può produrre autonomamente il volume totale del gas necessario — come evidente nel caso del GNL, mentre per l'idrogeno è ancora possibile immaginare un'indipendenza dalle importazioni — occorre trarre i giusti insegnamenti dalla catastrofe russa. Il CESE avverte che l'Europa deve essere particolarmente cauta riguardo alle risorse destinate a sostituire il gas russo, in considerazione delle loro ripercussioni sull'ambiente e di nuove dipendenze da paesi terzi che non condividono i valori europei quali la solidità democratica, il rispetto dei diritti umani e lo Stato di diritto.

2.13.

Il tasso di investimento pubblico dell'UE nelle tecnologie energetiche pulite necessarie per la decarbonizzazione è il più basso tra quelli delle grandi economie, e ciò indebolisce la competitività sul piano mondiale. Inoltre, la Corte dei conti europea avverte che attraverso il piano REPowerEU non si è riusciti a mobilitare finanziamenti sufficienti. Il CESE appoggia pertanto la proposta della Commissione, in merito all'attuazione del piano REPowerEU, di utilizzare i piani di ripresa economica e il dispositivo per la ripresa e la resilienza, nonché finanziamenti supplementari provenienti dal Fondo di coesione e dal bilancio per la politica agricola comune.

2.14.

Le ripercussioni della guerra in Ucraina sono viste in taluni Stati membri dell'UE e a livello dell'Unione come l'impulso definitivo per conseguire una maggiore indipendenza energetica e raggiungere la neutralità climatica, un intento che il CESE accoglie con favore. Si profila tuttavia un quadro eterogeneo: si discute infatti di aumentare l'impiego del GNL e di ritornare all'utilizzo del carbone, il che potrebbe comportare una battuta d'arresto nella transizione energetica. Il CESE è critico al riguardo, ma è consapevole del fatto che, nel breve termine, un mix versatile di modi di produzione dell'energia sia una misura di emergenza capace di contribuire alla sicurezza energetica. È quindi importante utilizzare, oltre all'energia eolica e solare, l'ampia varietà di fonti energetiche a basse emissioni di carbonio che si inseriscono economicamente ed ecologicamente in un sistema energetico. Al tempo stesso, il Comitato invoca maggiori sforzi per la trasformazione ecologica del sistema energetico.

2.15.

La Federazione sindacale europea dei servizi pubblici (FSESP) ha pubblicato una relazione (5) in cui si conferma che la liberalizzazione del sistema energetico ha fornito solo poche risposte al progressivo acuirsi della crisi climatica. Il ricorso ampiamente diffuso ad alternative praticabili alle fonti energetiche che emettono carbonio è stato reso possibile perlopiù grazie a ingenti sovvenzioni pubbliche e non attraverso la libera concorrenza del mercato. Dal suddetto rapporto emerge che, senza una modifica dell'attuale modello del sistema energetico in Europa, non sarà possibile adempiere agli obblighi assunti nell'accordo di Parigi.

3.   Osservazioni generali

3.1.

A fronte del rapido avanzamento dei cambiamenti climatici e della crisi energetica attuale, è necessario mobilitare in breve tempo investimenti nelle infrastrutture al fine di conseguire l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e di assicurare l'approvvigionamento energetico. Nel contempo, l'impennata dei prezzi dell'energia ha messo a nudo le debolezze di tale mercato. Occorre sollevare questioni essenziali relative al futuro dell'energia, in modo da assicurare un approvvigionamento energetico ecologico, affidabile e a prezzi accessibili e a garantire il diritto all'energia. Il CESE sottolinea espressamente l'urgenza degli investimenti pubblici per il raggiungimento dell'obiettivo dell'indipendenza energetica dalle importazioni di gas russo, e appoggia le misure proposte al riguardo dalla Commissione nel piano REPowerEU.

3.2.

In quest'ambito, è altresì necessario tenere conto dell'assetto del mercato, nonché della sua regolamentazione, della creazione delle condizioni necessarie per i singoli attori e del rafforzamento di un'adeguata tutela dei consumatori. Il CESE accoglie con favore l'intenzione della Commissione di valutare le possibili soluzioni per migliorare l'assetto del mercato dell'energia elettrica, e prende atto dell'analisi dei mercati dell'elettricità e del gas realizzata dalla Commissione e delle misure proposte per far fronte ai prezzi elevati dell'energia, nonché delle proposte per migliorare le reti energetiche e le capacità di stoccaggio, come anche delle ennesime promesse di migliorare l'accesso al mercato per i piccoli operatori (prosumatori) e di garantire la sicurezza dell'approvvigionamento.

3.3.

L'assetto e la regolamentazione del mercato devono essere adattati alle nuove realtà delle energie da fonti rinnovabili che prevarranno in futuro: un maggior decentramento della produzione e un aumento del consumo in loco. A tal fine, tuttavia, devono ancora essere create le condizioni necessarie per i diversi attori e deve essere garantita un'adeguata protezione dei consumatori. Occorre effettuare valutazioni del mercato che analizzino il comportamento di tutti i potenziali attori sul mercato dell'energia e l'assetto di tale mercato. Il CESE sottolinea, in ogni caso, l'importanza di condurre una valutazione d'impatto globale prima di formulare qualsiasi proposta. Il CESE sottolinea l'urgente necessità di combattere i prezzi elevati dell'energia elettrica, compreso l'agganciamento dei prezzi di quest'ultima a quelli del gas, un accoppiamento che ha un impatto negativo sulle economie degli Stati membri.

3.4.

Per lungo tempo si è evitato di chiedersi fino a che punto e con quale assetto di mercato sia possibile conseguire la sicurezza dell'approvvigionamento con gli strumenti del mercato. In linea di principio, un sistema energetico basato sulle energie da fonti rinnovabili (prodotte in gran parte all'interno dell'Unione) promette di raggiungere un elevato livello di sicurezza dell'approvvigionamento. Tale scenario, tuttavia, non verrà da sé; il presupposto a tal fine è disporre del giusto quadro normativo. Una particolare importanza è rivestita dalle reti intelligenti, che inviano chiari segnali ai tanti milioni di produttori e consumatori, affinché questi si comportino in maniera conforme al sistema e possano contribuire in tal modo alla sicurezza dell'approvvigionamento.

3.5.

Sul fronte del finanziamento di progetti infrastrutturali, in passato il principale ostacolo per il settore pubblico sono state spesso le rigide regole di bilancio. Di conseguenza, occorre puntare a escludere i progetti che vertono intorno al Green Deal europeo, all'indipendenza energetica e al settore digitale da qualsiasi regolamentazione che ostacoli tali investimenti pubblici. Il CESE raccomanda pertanto, in linea con il suo parere sulla ridefinizione del quadro di bilancio dell'UE (6), di applicare agli investimenti pubblici la «regola aurea» (golden rule) per salvaguardare la produttività e proteggere la base sociale ed ecologica necessaria per il benessere delle generazioni future.

3.6.

Le operazioni di finanziamento misto che coinvolgono gli investitori privati rappresentano un'opzione solo se si garantisce che l'assegnazione abbia luogo in modo trasparente e non comporti per la pubblica amministrazione costi aggiuntivi ingiustificati rispetto a un finanziamento pubblico. Per quanto riguarda i costi aggiuntivi giustificati, occorre garantire la piena trasparenza. In un suo rapporto, la Banca europea per gli investimenti osserva che in Europa, ad esempio, i contratti di partenariato pubblico-privato (PPP) nel settore del trasporto su strada sono stati in media più costosi del 24 % rispetto a progetti analoghi sostenuti con un finanziamento tradizionale (7). È ancora più importante che tali modelli di finanziamento misto definiscano chiaramente i diritti e gli obblighi, chiariscano le questioni di responsabilità e prevedano un sistema efficiente e rapido di risoluzione dei conflitti, al fine di evitare costi aggiuntivi nel lungo termine e spiacevoli questioni relative alla responsabilità.

3.7.

La Commissione sottolinea giustamente che gli investimenti pubblici possono e devono mobilitare capitale privato. Tuttavia il piano REPowerEU non comprende disposizioni sul rifinanziamento dei fondi pubblici pertinenti. L'abolizione delle sovvenzioni per le fonti energetiche fossili costituirebbe un modo di procedere possibile, mentre la tassazione dei proventi straordinari — che trovano origine nella grave crisi nel settore del petrolio e del gas e si traducono in enormi profitti supplementari, soprattutto per le grandi compagnie petrolifere — sarebbe un'altra via percorribile. Il CESE teme che i profitti estremamente elevati delle imprese del settore energetico, da un lato, e l'aumento della povertà energetica causata dall'esplosione dei prezzi dell'energia, dall'altro, possano diventare pericolosi fattori di conflitto sociale. Il CESE propone che tali utili siano ridotti assoggettandoli a un prelievo fiscale e che il relativo gettito sia trasferito a titolo di compensazione finanziaria ai consumatori finali di energia (ad esempio, le famiglie finanziariamente più deboli o le imprese ad alta intensità energetica) e sia anche utilizzato per espandere la produzione di energia rinnovabile e le necessarie infrastrutture di rete, soprattutto perché una misura di questo tipo è già in fase di discussione o attuazione in alcuni Stati membri. Secondo il CESE, per non disincentivare le imprese del settore energetico dall'investire nelle soluzioni a basse emissioni di carbonio, una tassazione di questo tipo dovrebbe essere definita con molta attenzione. Il CESE invita la Commissione a proporre le opportune misure senza ulteriori ritardi.

3.8.

La ragion d'essere e lo scopo delle infrastrutture consistono innanzitutto nel funzionamento delle stesse, e non nel trasporto fine a sé stesso dell'energia elettrica da un punto A a un punto B con la conseguente creazione di rendimenti costanti. Gli sviluppi dell'ultimo decennio, le sfide connesse all'espansione della rete, il notevole aumento dei prezzi dell'energia, il pericolo costituito dagli attacchi informatici e, non da ultimo, la guerra in Ucraina, mostrano chiaramente qual è la posta in gioco, ossia chi eserciterà in futuro il controllo di infrastrutture così centrali come la rete energetica. L'interesse è dunque principalmente di ordine pubblico. Ciò presupporrebbe una proprietà pubblica, chiamata a operare per il bene comune e a eliminare le disparità esistenti.

3.9.

Il CESE sottolinea che il concetto di «transizione giusta» non riguarda solamente il finanziamento della transizione stessa, ma implica anche l'obiettivo di creare posti di lavoro dignitosi e di qualità, di garantire la sicurezza sociale e di mantenere la competitività delle imprese europee, il che richiede misure specifiche a tutti i livelli, in particolare sul piano regionale. Altri fattori fondamentali ai fini di una «transizione giusta» sono un ruolo attivo e organizzativo del settore pubblico e la garanzia di una partecipazione democratica delle parti sociali a tutti i livelli.

3.10.

La rete energetica rientra fra le infrastrutture critiche. Una perturbazione o un'interruzione del funzionamento di tali infrastrutture possono provocare devastanti difficoltà di approvvigionamento, mettendo a rischio la sicurezza pubblica. A causa dell'ondata di liberalizzazioni e privatizzazioni degli ultimi decenni, in Europa le infrastrutture critiche come, ad esempio, i trasporti e il traffico, i servizi sanitari, la finanza e la sicurezza — solo per menzionarne alcune — sono sempre più in mano ad attori privati. Tale situazione è problematica, in quanto i diversi settori sono collegati tra di loro, e la vulnerabilità di un settore riduce e/o compromette le prestazioni delle altre infrastrutture critiche (effetto a cascata). Se, da un lato, queste interdipendenze sono difficili da valutare, dall'altro, garantire il funzionamento dei settori rientra nell'ottica del benessere pubblico. In particolare in caso di perturbazioni sul mercato o in caso di catastrofi, risulta determinante l'importanza dell'intervento degli organismi di coordinamento pubblico che hanno margine di azione, al fine di poter assicurare una resilienza coordinata a livello territoriale. Tali rischi sono particolarmente elevati nel caso dell'energia elettrica, senza la quale il funzionamento di una civiltà avanzata del XXI secolo è praticamente impensabile, e interruzioni su larga scala della fornitura di elettricità (black-out) avrebbero effetti devastanti per l'intera società.

3.11.

In un contesto in cui agli edifici in Europa è riconducibile circa il 40 % del consumo di energia, è soprattutto per la transizione energetica e l'aumento dell'efficienza energetica nel settore dell'edilizia abitativa che risulta determinante un connubio intelligente di nuove tecnologie, ristrutturazioni di efficace attuazione e promozione di nuovi modelli di partecipazione civica. La direttiva sul mercato interno dell'energia elettrica favorisce tale partecipazione dei consumatori nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e costituisce un fondamento essenziale per l'accettazione della produzione decentrata di energia. A tal riguardo è importante che vi sia un'armonizzazione per l'intero spazio europeo, in modo tale che il maggior numero possibile di famiglie in Europa possa partecipare alla transizione energetica. Concetti quali la condivisione dell'energia (energy sharing) e l'energia comunitaria in generale offrono prospettive utili per l'utilizzo delle reti energetiche per l'approvvigionamento su piccola scala, orientato ai bisogni, che contribuisce a sgravare le reti.

3.12.

Il CESE ribadisce il suo punto di vista secondo cui l'obiettivo da perseguire è la massima riduzione possibile delle emissioni al costo sociale ed economico più basso possibile. Il Comitato raccomanda di combinare, ove necessario, strumenti compatibili con un mercato ben regolamentato e misure di regolamentazione, ivi inclusi gli strumenti finanziari messi a disposizione nel quadro finanziario pluriennale e nell'ambito dello strumento per la ripresa NextGenerationEU, al fine di contribuire a un contesto energetico più efficiente. Occorre tuttavia ricordare che laddove, sulla base di un'analisi accurata, sussistano indicazioni ben motivate di un fallimento del mercato già in atto o incombente, l'autorità pubblica è tenuta a porre rimedio a tale situazione, ad esempio attraverso investimenti o interventi sul mercato.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Gli investimenti nelle infrastrutture energetiche sono volti a promuovere la sicurezza dell'approvvigionamento e la diffusione delle energie da fonti rinnovabili in modo rapido, efficiente ed economico, nell'interesse dei consumatori e dell'economia. E al riguardo si pone una questione assolutamente decisiva, ossia quella di chi eserciterà in futuro il controllo di infrastrutture così centrali come la rete energetica e l'infrastruttura di stoccaggio. Dall'inizio delle liberalizzazioni, gli investimenti da parte delle imprese elettriche hanno fatto registrare una contrazione, in relazione alla rete e alla produzione, che ha comportato difficoltà nell'approvvigionamento, ostacolando l'ulteriore diffusione delle energie da fonti rinnovabili.

4.2.

Dal punto di vista economico-aziendale, ci si chiede perché una rete energetica, che rappresenta per gli investitori un investimento allettante in quanto affidabile, non debba destare anche l'interesse dello Stato. I dividendi distribuiti annualmente da parte delle società private, se detenuti da enti pubblici, potrebbero essere reinvestiti nell'interesse del bene comune e andrebbero a sgravare i bilanci pubblici. Questo anche perché, già in passato, in occasione di alcune privatizzazioni parziali, è emerso che, anche solo per motivi finanziari, la proprietà pubblica sarebbe stata la decisione più intelligente. Una serie di Stati membri ricorre già a strutture pubbliche o semi-pubbliche. Nel contempo si delinea una tendenza alla «rimunicipalizzazione». La questione relativa ai vantaggi e agli svantaggi della proprietà pubblica e privata e/o del finanziamento privato delle infrastrutture energetiche per un mercato dell'energia ben funzionante è sicuramente importante e dovrebbe essere esaminata contestualmente alla valutazione, prevista dalla Commissione, delle possibili soluzioni per ottimizzare l'assetto di tale mercato. I risultati di questa analisi possono servire da valido strumento decisionale per gli Stati membri, che sono responsabili di decidere in merito alla proprietà pubblica o privata delle infrastrutture energetiche.

4.3.

In quest'ottica, acquistano importanza l'approvvigionamento energetico a livello locale e regionale e la «rimunicipalizzazione» di imprese di servizi pubblici, in particolare in relazione alle strategie di decentramento. In tale contesto, gli investimenti pubblici destinati alla produzione decentrata di energia a livello dei comuni svolgono un ruolo determinante. È inoltre opportuno valutare ulteriori possibilità di incentivazione, come lo stanziamento diretto di risorse finanziarie tramite fondi. I tetti degli edifici pubblici sono particolarmente idonei ad alimentare interi quartieri con l'energia solare a basso costo.

4.4.

In alcuni Stati membri vengono forniti incentivi finanziari per accelerare la diffusione dei sistemi fotovoltaici. L'Austria, il Belgio, la Lituania, il Lussemburgo e la Spagna hanno indirizzato una lettera alla Commissione chiedendo che agli edifici amministrativi, ai supermercati, ai tetti piani e agli impianti industriali sia imposto l'obbligo, a determinate condizioni, di dotarsi di impianti fotovoltaici. I sistemi fotovoltaici dovrebbero diventare la norma anche nel caso delle abitazioni nuove e di quelle ristrutturate. I suddetti paesi invitano la Commissione a predisporre maggiori risorse a titolo del bilancio dell'Unione per sostenere tale potenziamento. Il CESE accoglie con favore questa idea ed esorta la Commissione ad analizzare quali investimenti, regolamentazioni e misure di accompagnamento, come l'attività di ricerca e sviluppo, siano necessari per incentivare la diffusione del fotovoltaico e la produzione di questa energia nell'UE.

4.5.

L'energia come bene sociale: in questo contesto, il CESE rammenta l'attuazione dei valori comuni dell'Unione in materia di servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 14 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), enunciati nel protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale allegato al Trattato UE e al TFUE. In tal modo si potrebbero garantire un'efficienza e un'accessibilità finanziaria maggiori, evitando un fallimento del mercato.

4.6.

L'attuale crisi dell'energia mette in luce l'importanza particolare dell'energia in quanto bene di rilevanza sociale. Al di là della salvaguardia di posti di lavoro di qualità e dell'occupazione, vi è un'evidente interrelazione fra aspetti ecologici e aspetti sociali. La proprietà pubblica può garantire un controllo democratico, investimenti pubblici, sicurezza dell'approvvigionamento e un'equa ripartizione dei costi relativi al passaggio dell'industria energetica alle fonti di energia rinnovabili.

4.7.

Per evitare investimenti sbagliati e improduttivi, occorre dissolvere le incertezze e le contraddizioni riguardo alle strutture essenziali del nuovo sistema energetico, all'architettura, ai ruoli e alle regole del mercato e, in particolare, bisogna affrontare senza indugio le ripercussioni sociali sui lavoratori e i consumatori. In questo scenario, una ripartizione equa dell'onere legato agli investimenti svolge un ruolo centrale, e lo stesso vale per una ripartizione equa dei possibili profitti. La questione relativa a come poter garantire il fabbisogno di investimenti e la redditività figura tra le principali problematiche da affrontare per far sì che il mercato dell'energia funzioni in modo ottimale nel lungo termine. Il CESE prende atto delle conclusioni dello studio dell'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (ACER) e della comunicazione sui mercati dell'elettricità e del gas a tale riguardo, e plaude all'intenzione della Commissione di effettuare una valutazione del mercato dell'energia elettrica.

4.8.

Un aspetto importante nel corso della transizione energetica sarà costituito dal coordinamento e dall'organizzazione tra importatori, operatori di rete regionali, comunità energetiche di cittadini, autoproduttori di energia e comunità energetiche che utilizzano in loco l'energia elettrica prodotta, imprese di stoccaggio e fornitori.

Bruxelles, 22 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Conclusione tratta dall'associazione europea di categoria dell'industria elettrica Eurelectric.

(2)  Piano REPowerEU, COM(2022) 230 final.

(3)  Conclusione tratta dall'associazione europea di categoria dell'industria elettrica Eurelectric.

(4)  Parere del CESE sul tema Prezzi dell'energia (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 80).

(5)  A Decarbonised, Affordable and Democratic Energy System for Europe [Un sistema energetico decarbonizzato, economicamente accessibile e democratico per l'Europa],

https://www.epsu.org/sites/default/files/article/files/Going%20Public_EPSU-PSIRU%20Report%202019%20-%20EN.pdf.

(6)  Parere del CESE sul tema Ridefinire il quadro di bilancio dell'UE per una ripresa sostenibile e una transizione giusta (GU C 105 del 4.3.2022, pag. 11).

(7)  Banca europea per gli investimenti (BEI), 2006. Ex ante construction costs in the European road sector: a comparison of public-private partnerships and traditional public procurement [Costi di costruzione ex ante nel settore stradale europeo: partenariati pubblico-privato e appalti pubblici tradizionali a confronto]. Relazione economica e finanziaria 2006/01, a cura di F. Blanc-Brude, H. Goldsmith e T. Välilä (https://www.eib.org/attachments/efs/efr_2006_v01_en.pdf).


ALLEGATO

Il seguente emendamento, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni:

Punto 2.9

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE è favorevole ad adeguare meglio le norme dell'Unione sulle reti transeuropee dell'energia (TEN-E) agli obiettivi del Green Deal, combinando in particolare la decarbonizzazione del sistema energetico, la transizione verso la neutralità climatica, lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili, l'efficienza energetica e la prevenzione del rischio di povertà energetica. Dal momento che le reti energetiche assolvono una funzione essenziale di equilibrio, resilienza e sviluppo del sistema energetico, il CESE chiede che il regolamento proposto si collochi più chiaramente in una dinamica di integrazione del sistema energetico, in modo da promuovere tutte le forme di energia decarbonizzata, e che si renda impossibile qualsiasi forma di «dis-integrazione». In quest'ottica, è da accogliere con favore l'iniziativa del Consiglio e del Parlamento europeo di considerare, oltre alle energie da fonti rinnovabili, anche le reti di distribuzione come elementi rientranti nell'interesse pubblico prioritario.

Il CESE è favorevole ad adeguare meglio le norme dell'Unione sulle reti transeuropee dell'energia (TEN-E) agli obiettivi del Green Deal, combinando in particolare la decarbonizzazione del sistema energetico, la transizione verso la neutralità climatica, lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili, l'efficienza energetica e la prevenzione del rischio di povertà energetica. Dal momento che le reti energetiche assolvono una funzione essenziale di equilibrio, resilienza e sviluppo del sistema energetico, il CESE chiede che il regolamento proposto si collochi più chiaramente in una dinamica di integrazione del sistema energetico, in modo da promuovere tutte le forme di energia decarbonizzata, compresa l'energia nucleare, e che si renda impossibile qualsiasi forma di «dis-integrazione». In quest'ottica, è da accogliere con favore l'iniziativa del Consiglio e del Parlamento europeo di considerare, oltre alle energie da fonti rinnovabili, anche le reti di distribuzione come elementi rientranti nell'interesse pubblico prioritario.

Motivazione

Nell'ampia gamma di tecnologie a basse emissioni la produzione di energia elettrica da centrali nucleari svolge e continuerà a svolgere un ruolo importante, come sottolineato dalla presidente della Commissione von der Leyen in alcuni suoi recenti interventi.

Esito della votazione sull'emendamento

Voti favorevoli:

44

Voti contrari:

109

Astensioni:

14


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/76


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La creazione condivisa di servizi di interesse generale come contributo a una democrazia più partecipativa nell'UE»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 486/11)

Relatore:

Krzysztof BALON

Correlatore:

Thomas KATTNIG

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sezione

7.9.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

226/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La creazione condivisa di servizi di interesse generale (SIG) da parte delle organizzazioni della società civile e direttamente da parte dei cittadini è uno degli strumenti più efficaci per stimolare la democrazia partecipativa e rafforzare così l'integrazione europea. Per questo motivo, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) propone, con il presente parere, misure concrete per migliorare le condizioni quadro nell'Unione europea in questo settore, al fine di rafforzare ulteriormente la tutela dei diritti e dei benefici dei cittadini.

1.2.

In particolare, le situazioni di crisi, come la recente aggressione russa contro l'Ucraina e la conseguente fuga di milioni di persone, per lo più donne e bambini, evidenziano il ruolo cruciale della società civile con la sua capacità di azione immediata, i suoi modelli e le sue procedure di creazione condivisa, in particolare di SIG in materia di assistenza sociale e istruzione, in settori in cui sono già state acquisite esperienze di autentica creazione condivisa, anche per quanto riguarda il collegamento tra di esse e la loro attuazione in maniera spontanea ma al tempo stesso efficace.

1.3.

Nel corso della storia, gli attori della società civile hanno sempre fornito servizi sociali e altri servizi di interesse generale, ad esempio quando il settore pubblico non ne aveva ancora ravvisato la necessità o perché le imprese commerciali non consideravano redditizio fornire tali servizi. Nella maggior parte dei casi quindi lo Stato è entrato in gioco più tardi, in qualità di fornitore o di appaltante, nonché di autorità di regolamentazione o di garante della qualità dei servizi. In questo contesto, il principio di sussidiarietà tra gli Stati membri e l'UE, sancito dall'articolo 5, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea (TUE), deve essere applicato anche ai SIG. Inoltre, per quanto riguarda i SIG, tale principio dovrebbe costituire anche un criterio di riferimento nelle relazioni tra tutti i livelli della pubblica amministrazione degli Stati membri, nonché tra le autorità pubbliche e le organizzazioni della società civile.

1.4.

Mentre la responsabilità giuridica e politica per la fornitura di SIG continua a ricadere sui soggetti eletti degli organi rappresentativi pertinenti ed è sottoposta a valutazione periodica da parte dei cittadini in occasione delle elezioni, il controllo sull'adeguatezza della fornitura dei SIG viene effettuato dalle autorità. Il CESE è favorevole ad un'attuazione mirata dell'approccio della creazione condivisa: i SIG dovrebbero essere concepiti in collaborazione con gli utenti, le comunità e le organizzazioni della società civile, in modo da soddisfare le esigenze reali, da un lato, e consentire la partecipazione democratica, dall'altro. Ciò vale in particolare nei casi in cui i dipendenti collaborano con volontari o con strutture di autoassistenza.

1.5.

Gli Stati membri sono pertanto invitati a sviluppare e/o migliorare gli strumenti per garantire la partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni della società civile all'intero processo di prestazione dei servizi di interesse generale. Ciò comprende ad esempio la creazione di condizioni quadro adeguate per le attività dell'economia sociale senza scopo di lucro, quali definite nel parere del CESE sul tema Rafforzare le imprese sociali senza scopo di lucro quale pilastro essenziale di un'Europa socialmente equa (1), del 18.9.2020, e l'attuazione dell'articolo 77 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici (2), in modo che alle organizzazioni senza scopo di lucro siano riservati appalti per determinati servizi sociali, in materia di assistenza sanitaria, cultura e istruzione, come indicato nel succitato articolo.

1.6.

Il CESE sottolinea che la fornitura di servizi di interesse generale di qualità, nell'interesse dei cittadini e dell'economia, dipende da un'adeguata disponibilità di risorse (ossia finanziamenti e personale) e che questa deve essere garantita.

1.7.

Sebbene le condizioni quadro per la fornitura e quindi la creazione condivisa di SIG siano principalmente di competenza degli Stati membri, delle regioni e dei comuni, vi è anche urgente necessità di incoraggiare gli Stati membri a sviluppare approcci di progettazione condivisa, creando un pacchetto di strumenti che faciliti l'uso di modelli di creazione condivisa. Tali iniziative dovrebbero incoraggiare tutti gli attori pertinenti negli Stati membri a promuovere la creazione condivisa e la fornitura di SIG da parte delle organizzazioni della società civile.

1.8.

Il CESE propone che la Commissione pubblichi un documento di lavoro su questo tema come base per ulteriori lavori, con l'obiettivo di creare un «pacchetto di strumenti» che spinga e guidi le autorità nazionali e gli enti regionali e locali verso un maggiore ricorso ai modelli di creazione condivisa. Un documento di questo tipo dovrebbe includere, tra l'altro, le valutazioni della creazione condivisa in base all'articolo 14 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e al protocollo n. 26 del TUE e del TFUE, tenendo conto del pilastro europeo dei diritti sociali, del ruolo specifico dell'economia sociale senza scopo di lucro nella creazione condivisa e delle necessarie condizioni quadro. Oltre a una raccolta di buone pratiche, il documento dovrà contenere anche proposte di sostegno europeo e nazionale a progetti innovativi di creazione condivisa tenendo conto delle componenti della ricerca. Sulla base del pacchetto di strumenti descritto sopra, dopo una più ampia consultazione a livello dell'UE, potrebbero essere lanciati un libro verde e successivamente un libro bianco.

1.9.

Da parte sua, il Comitato istituirà un forum per lo scambio di idee e di buone pratiche in questo campo, coinvolgendo le organizzazioni della società civile, le parti sociali, le università e i progetti di ricerca, al fine di tenere vivo e sviluppare il processo di discussione a livello europeo.

2.   Contesto del parere

2.1.

L'ulteriore sviluppo della democrazia partecipativa in seno all'Unione europea è una delle sfide fondamentali per rafforzare l'integrazione europea contro il populismo e il nazionalismo. La creazione condivisa di SIG da parte delle organizzazioni della società civile e direttamente da parte dei cittadini è uno degli strumenti più efficaci per stimolare la democrazia partecipativa.

2.2.

Da diversi anni il CESE è impegnato nella modernizzazione e nello sviluppo dei SIG in collaborazione con vari attori della società civile e con il mondo accademico e della ricerca. In seno al Comitato, la responsabilità di questi lavori è affidata in primo luogo al gruppo permanente Servizi di interesse generale.

2.3.

Nel 2019 è stata avviata la cooperazione con il consorzio del progetto Co-creation of Service Innovation in Europe (3) (Creazione condivisa di innovazioni nei servizi in Europa — CoSIE), composto da università, comuni e organizzazioni della società civile di nove Stati membri (Estonia, Finlandia, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Svezia e Ungheria) più il Regno Unito. Il gruppo permanente Servizi di interesse generale ha esaminato le esperienze e le conclusioni innovative del progetto CoSIE nel quadro di due seminari: Creazione condivisa di servizi di interesse generale: il ruolo delle organizzazioni della società civile (Bruxelles, 15 aprile 2021) e Cittadini al servizio dei cittadini: creazione condivisa e prestazione di servizi di interesse generale da parte delle organizzazioni della società civile (Lublino, Polonia, 1 e 2 dicembre 2021), in cooperazione con la città di Lublino e con la partecipazione di partner ucraini.

2.4.

La creazione condivisa è intrinsecamente legata a dibattiti più ampi sulla riforma del servizio pubblico. Il paradigma della nuova gestione pubblica (NPM) era concentrato sull'aumento dell'efficacia, sull'applicazione di modelli gestionali provenienti dal settore privato e sulla creazione di relazioni tra fornitori e consumatori nei servizi pubblici, in cui le esigenze, le richieste e le scelte degli utenti dei servizi servivano da punto di partenza. Si trattava di un modello dominante negli anni '90 e 2000 ma criticato per non essere efficace ed efficiente come previsto e per il suo limitato potenziale innovativo (4). Le tendenze post-NPM (paradigmettes (5)) dell'innovazione nel settore dei servizi pubblici si basano su un cittadino attivo, che concorre alla produzione dei servizi stessi, anziché su un singolo consumatore passivo motivato da un interesse personale atomizzato, e si concentrano anche sul miglioramento dell'integrazione e del coordinamento tra le reti dei gruppi di utenti e delle parti interessate anziché sulla disintegrazione. La creazione condivisa è considerata un concetto chiave nei modelli post-NPM (6).

2.5.

I risultati dei lavori realizzati finora dal CESE in questo ambito dimostrano che, tra gli altri ruoli fondamentali che i SIG svolgono quale indispensabile fattore abilitante di tutte le altre attività della società, la creazione condivisa e la prestazione di SIG da parte dei cittadini e delle loro organizzazioni rafforzano la democrazia partecipativa e sviluppano anche l'economia sociale nell'UE.

3.   Servizi di interesse generale

3.1.

Nel quadro dell'integrazione europea e della contrapposizione tra «unità» e «diversità» che la caratterizza, è stato sviluppato un nuovo approccio ai servizi disciplinati da norme e regolamenti specifici. L'obiettivo è quello di garantire che tutti i cittadini e tutte le parti interessate abbiano accesso ai servizi essenziali che costituiscono e continueranno a costituire la base di una vita dignitosa, oltre ad essere essenziali per la partecipazione alla società, ossia i SIG. I SIG possono essere forniti in contesti diversi, sia in mercati concorrenziali come servizi economici di interesse generale sia come servizi non economici di interesse generale esclusi da tali mercati. La Commissione opera una distinzione (7) tra servizi di interesse economico generale (SIEG), servizi non economici e servizi sociali di interesse generale (sia di natura economica che non economica). L'articolo 106 del TFUE si applica ai SIEG (8) o ai servizi di natura economica.

3.2.

Il concetto è stato poi gradualmente rafforzato e chiarito.

3.2.1.

I SIG fanno parte dei valori comuni europei e svolgono un ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale nell'UE (9). A questo proposito, il CESE richiama l'attenzione sui valori comuni dell'Unione per quanto riguarda i servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 14 del TFUE, enunciati nel protocollo n. 26 sui servizi di interesse generale allegato al TUE e al TFUE. L'ulteriore sviluppo dei principi qui enunciati può portare a una maggiore efficienza e all'eliminazione di criticità.

3.2.2.

Questi valori comuni hanno tre dimensioni: il potere discrezionale di cui dispongono le autorità nazionali e gli enti regionali e locali per soddisfare le necessità degli utenti; il rispetto della diversità e delle differenze in termini di bisogni, preferenze e scelte democratiche degli utenti, e in considerazione delle diverse condizioni geografiche, sociali e culturali; un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utente (10).

3.2.3.

Questi servizi costituiscono una parte essenziale dei sistemi economici e sociali degli Stati membri dell'UE e, nel complesso, una parte sostanziale del modello sociale europeo. I cittadini e le imprese europei si aspettano giustamente che venga garantita la disponibilità, a prezzi accessibili, di un'ampia gamma di servizi di interesse (economico) generale affidabili, stabili, efficienti e di alta qualità. Tali servizi garantiscono che le esigenze e gli interessi collettivi (missioni di interesse pubblico) possano essere soddisfatti. Il CESE sottolinea esplicitamente che la fornitura di questi servizi di qualità ai cittadini e all'economia dipende da un'adeguata disponibilità di risorse (ossia finanziamenti e personale), e che questa deve essere garantita.

3.2.4.

L'accesso ai SIEG fa parte dei diritti fondamentali (11) e del pilastro europeo dei diritti sociali (12). Mentre il principio 20 del pilastro fa esplicito riferimento ai SIG «essenziali», altri principi del pilastro riguardano importanti settori dei servizi di interesse generale, quali l'istruzione, gli alloggi e l'assistenza alle persone senza dimora, l'assistenza a lungo termine, l'inclusione delle persone con disabilità, la prevenzione in campo sanitario, per citarne solo alcuni.

3.2.5.

I servizi non economici di interesse generale sono esclusi dall'applicazione delle regole del mercato interno e della concorrenza; essi sono disciplinati esclusivamente dai principi generali dell'UE (trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità) (13).

3.2.6.

L'Unione e gli Stati membri «provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti» (14).

3.2.7.

I SIEG sono sottoposti alle norme dei Trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata (15).

3.3.

L'obiettivo dei servizi di interesse generale è soddisfare le esigenze di tutti i cittadini e di tutte le parti interessate, tenendo conto del loro sviluppo nel tempo e nello spazio; tali servizi sono per loro natura dinamici. Possono riguardare, ad esempio, settori quali la sicurezza, la sanità, i servizi sociali — tra cui l'inclusione delle persone con disabilità, l'assistenza a lungo termine e l'edilizia sociale (16) — e l'istruzione, nonché settori dei servizi essenziali esplicitamente menzionati nel principio 20 del pilastro europeo dei diritti sociali (17).

3.4.

Per quanto riguarda i SIG, il principio di sussidiarietà tra gli Stati membri e l'Unione europea è sancito dall'articolo 5, paragrafo 3, del TUE. L'UE definisce un quadro generale di principi volto a tener conto delle esigenze di tutti i cittadini e di tutti gli attori economici e sociali; la definizione e l'attuazione dei SIG sono invece di competenza degli Stati membri e degli enti regionali e locali. Inoltre, per quanto riguarda i SIG, tale principio dovrebbe costituire anche un criterio di riferimento nelle relazioni tra tutti i livelli della pubblica amministrazione degli Stati membri, nonché tra le autorità pubbliche e le organizzazioni della società civile.

3.5.

I SIG sono esposti a molteplici tensioni tra le quali: la garanzia del rispetto dei diritti fondamentali; gli obiettivi locali della coesione economica, sociale e territoriale; gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, della tutela dell'ambiente e della lotta contro i cambiamenti climatici; e l'attuazione dell'economia sociale di mercato, del mercato unico e delle norme in materia di concorrenza. Gli equilibri evolutivi devono essere trovati caso per caso, in modo pragmatico coinvolgendo tutte le parti interessate, al fine di rispondere alle esigenze di ciascun individuo e di ogni comunità.

4.   Creazione condivisa di servizi di interesse generale

4.1.

Gli attori della società civile hanno sempre fornito servizi sociali e altri servizi di interesse generale, perché il settore pubblico non ne aveva ancora ravvisato la necessità o perché le imprese commerciali non consideravano redditizio fornire tali servizi. Nella maggior parte dei casi quindi lo Stato è entrato in gioco più tardi, in qualità di fornitore e di autorità di regolamentazione, nonché di garante della qualità dei servizi.

4.2.

I servizi di interesse generale sono forniti o dati in appalto dagli enti territoriali stessi. Mentre la responsabilità politica ricade sui soggetti eletti di tali enti locali ed è sottoposta a valutazione periodica da parte dei cittadini in occasione delle elezioni, il controllo sull'adeguatezza della fornitura dei SIG viene effettuato dalle autorità. Si possono seguire due approcci diversi: dall'alto verso il basso (iniziative delle autorità nazionali e degli enti regionali o locali) o dal basso verso l'alto (creazione condivisa, con il coinvolgimento di cittadini e/o organizzazioni della società civile). Il presente parere fa riferimento al secondo approccio. Il CESE è favorevole ad un'attuazione generalizzata dell'approccio della creazione condivisa: i SIG dovrebbero essere concepiti in collaborazione con gli utenti, le comunità e le organizzazioni della società civile, in modo da assicurare il soddisfacimento delle esigenze dei cittadini, da un lato, e consentire la partecipazione democratica, dall'altro.

4.3.

Tuttavia, gli ambiti ma anche il livello di attuazione della creazione condivisa dipendono dal contesto. Non tutti i servizi, le comunità e i prestatori di servizi — in particolare nei settori delle infrastrutture critiche quali l'approvvigionamento energetico e idrico — sono in grado di adattarsi a un sistema radicalmente nuovo di gestione dei servizi e di condivisione delle responsabilità, anche se ogni passo avanti verso il rafforzamento del potere di codecisione e la promozione di soluzioni efficaci in modo collaborativo risulta gratificante. Per massimizzare il coinvolgimento degli utenti, si potrebbe raccomandare la «scala della creazione condivisa» (18), con diversi livelli di coinvolgimento sistematico dei pertinenti attori pubblici e privati, a partire da un livello inferiore di coinvolgimento (quando le agenzie pubbliche mirano a responsabilizzare i cittadini, affinché rafforzino la loro capacità di controllare la propria vita, e a incoraggiarli a creare in modo condiviso i servizi loro offerti dal settore pubblico) fino al livello più alto (quando vengono facilitate l'innovazione collaborativa basata sulla definizione comune dell'agenda e dei problemi, la progettazione condivisa e la sperimentazione di soluzioni nuove e non ancora provate, nonché l'attuazione coordinata basata su soluzioni pubbliche e private).

4.4.

La creazione condivisa implica l'adozione di metodi di lavoro basati sui punti di forza o sulle risorse. Un approccio basato sulle risorse consente di mobilitare risorse (materiali e immateriali), capacità e aspirazioni degli utenti dei servizi, anziché limitarsi a registrare e soddisfare le loro esigenze. Questo approccio si fonda sul presupposto che tutti i cittadini dispongano di risorse preziose e spesso non riconosciute (cultura, tempo, esperienze vissute e apprese, conoscenze pratiche, reti di contatti, competenze, idee) che possono contribuire allo sviluppo e alla fornitura di servizi. Lo strumentario metodologico della creazione condivisa comprende una serie di metodi: dalle indagini sul grado di soddisfazione (come nel commercio elettronico) e dai sondaggi, a diversi altri modi di esprimere opinioni, utilizzando strumenti digitali, gruppi di riflessione e panel, fino ai metodi partecipativi (ad esempio, hackathon sociali, tecnologie dello spazio aperto, living labs, world cafés, service blueprints, pensiero progettuale, percorsi degli utenti e diversi altri strumenti partecipativi online).

4.5.

Tuttavia, la creazione condivisa non rappresenta una soluzione tecnica e non può essere realizzata attraverso un unico esercizio. Si tratta di un approccio che permea le varie fasi dei processi di progettazione e fornitura dei servizi. Nelle sue forme più radicali, lo strumentario si estende a forme di governance condivisa che promuovono un trasferimento di potere e talvolta un trasferimento di proprietà dei servizi alle persone e alle comunità. Ciò comprende il coinvolgimento formale di persone con esperienza vissuta in materia di accordi di governance, accordi di reciprocità, cooperative e organizzazioni comunitarie.

4.6.

La condizione preliminare per un processo di creazione condivisa è invitare tutti i potenziali gruppi di utenti per poter rappresentare i loro interessi. Una partecipazione non imparziale che favorisca i cittadini che dispongono di maggiori risorse e che sono più propensi a partecipare potrebbe sfociare in processi non democratici.

4.7.

Un'altra condizione imprescindibile della creazione condivisa è la fiducia tra i partecipanti al processo, che può essere costruita tra i prestatori di servizi e le parti interessate solo se vi è trasparenza su ciò che il servizio dovrebbe conseguire attraverso i suoi processi di creazione condivisa e sulla misura in cui condivide apertamente con i cocreatori l'ambito di azione e la portata del servizio (19).

4.8.

La creazione condivisa deve sempre avvenire nel contesto della pianificazione delle necessità a livello nazionale, regionale e locale. Le incoerenze tra le diverse necessità devono sempre essere tenute in considerazione. Una volta preso atto di tali incoerenze, queste possono essere discusse nel quadro di consultazioni pubbliche allo scopo di proporne la gerarchizzazione e stabilire i criteri che dovranno utilizzare gli organi decisionali e di mediazione competenti, al fine di garantire un'elevata qualità, sicurezza dell'approvvigionamento e accessibilità, parità di trattamento e rispetto dei diritti degli utenti. I benefici per la società nel suo complesso devono rimanere infatti l'obiettivo fondamentale dei SIG. Il processo di creazione condivisa non deve in alcun caso comportare involontariamente un abbassamento della qualità dei servizi, aumenti ingiustificati dei prezzi o una riduzione dell'accesso ai servizi.

4.9.

La creazione condivisa è un'interazione dinamica tra fornitori di servizi, utenti di servizi e altre parti interessate che prevede diverse fasi potenziali:

4.9.1.

promozione condivisa: definizione comune di obiettivi e finalità dei singoli servizi fin dall'inizio del processo;

4.9.2.

coinvolgimento delle parti interessate: partecipazione di nuovi attori (utenti, clienti, fornitori di servizi) e mantenimento del loro coinvolgimento durante il processo;

4.9.3.

progettazione condivisa: progettazione comune del servizio;

4.9.4.

attuazione condivisa: prestazione comune di servizi;

4.9.5.

gestione condivisa: organizzazione e gestione comuni dei servizi;

4.9.6.

governance condivisa: formulazione comune delle politiche;

4.9.7.

valutazione condivisa: valutazione comune dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi o delle decisioni assunte, sulla base di una serie di criteri.

4.10.

In tale contesto, vale la pena di ricordare che nella pratica esistono già modelli innovativi nell'ambito dei quali la fornitura di un servizio pubblico non è affatto possibile senza il coinvolgimento attivo degli utenti (20).

4.11.

È essenziale che i SIG siano sviluppati nell'ambito di uno sforzo di collaborazione con gli utenti, le comunità e le organizzazioni della società civile, al fine di garantire che creino e arricchiscano il valore delle offerte di SIG, vale a dire un maggiore benessere o una comprensione condivisa del bene comune che può costituire la base per lo sviluppo di politiche, strategie e servizi. In un processo di sviluppo dei servizi basato sulla creazione condivisa, le persone che utilizzano i servizi lavorano con professionisti per progettare, creare e fornire servizi (21). Pertanto, in questo processo, i ruoli dell'innovatore, del fornitore di servizi e dell'utente dei servizi convergono.

4.12.

Il valore aggiunto della creazione condivisa risiede sempre nella cooperazione attiva tra le autorità pubbliche con responsabilità giuridica o politica per la fornitura di SIG, i prestatori di servizi e gli utenti che devono essere coinvolti nel processo democratico di creazione condivisa. La creazione condivisa rafforza quindi la legittimità democratica delle decisioni prese dai rappresentanti politici.

4.13.

Questo valore aggiunto contribuisce in maniera particolare a rafforzare la partecipazione democratica quando i prestatori di servizi provengono da organizzazioni della società civile o dell'economia sociale senza scopo di lucro, nell'ambito dei quali professionisti collaborano a tempo pieno con volontari o con strutture di autoassistenza, o quando le organizzazioni della società civile che rappresentano gli interessi degli utenti possono esercitare un'influenza reale sui prestatori di servizi del settore pubblico o di quello privato. Inoltre, la creazione condivisa ha anche una dimensione morale: rafforza le comunità, la coesione e la fiducia tra gli attori (22).

4.14.

Questo effetto si può osservare anche in situazioni di crisi. Un esempio di attualità è la prestazione, da parte delle organizzazioni della società civile, di servizi (in particolare nel settore sociale e dell'istruzione) a favore e con la partecipazione dei rifugiati di guerra provenienti dall'Ucraina. La capacità di azione immediata della società civile di attuare in maniera spontanea ma efficace modelli e procedure di creazione condivisa si è rivelata fondamentale e possibile in territori che avevano già sperimentato con buoni risultati processi di creazione condivisa.

5.   Iniziative politiche a livello europeo

5.1.

Sebbene le condizioni quadro per la fornitura e quindi la creazione condivisa di SIG siano principalmente di competenza degli Stati membri, delle regioni e dei comuni, è necessario incoraggiare le autorità nazionali e gli enti regionali e locali a sostenere adeguatamente la fornitura di servizi di interesse generale di qualità. A tal fine, vi è l'urgente necessità di incoraggiare gli Stati membri a sviluppare approcci di progettazione condivisa, creando un pacchetto di strumenti che faciliti l'uso di modelli di creazione condivisa. Tali iniziative dovrebbero indurre tutti gli attori pertinenti negli Stati membri a promuovere la creazione condivisa e la fornitura di SIG da parte delle organizzazioni della società civile, anche perché l'approccio della creazione condivisa contribuisce in modo significativo ad adattare i servizi al mutare delle esigenze, nonché a modernizzarli e a orientarli verso il futuro.

5.2.

A tal fine, il CESE invita la Commissione europea ad adottare un approccio trasversale che tenga conto dei suoi diversi ambiti di competenza e di tutte le parti interessate, onde sviluppare un pacchetto di strumenti che integri diverse forme di creazione condivisa, i progetti pilota realizzati e le conclusioni da trarne.

5.3.

Più specificamente, il CESE propone che la Commissione pubblichi un documento di lavoro su questo tema come base per ulteriori lavori, con l'obiettivo di creare un «pacchetto di strumenti» che spinga e guidi le autorità nazionali e gli enti regionali e locali verso un maggiore ricorso ai modelli di creazione condivisa. Un documento di questo tipo dovrebbe quindi includere, tra l'altro le valutazioni della creazione condivisa in base all'articolo 14 del TFUE e al protocollo n. 26 del TUE e del TFUE, tenendo conto del pilastro europeo dei diritti sociali, del ruolo specifico dell'economia sociale senza scopo di lucro nella creazione condivisa e delle necessarie condizioni quadro adeguate, quali definite nel parere del CESE sul tema Rafforzare le imprese sociali senza scopo di lucro quale pilastro essenziale di un'Europa socialmente equa (23), del 18.9.2020. Il documento dovrebbe altresì fare riferimento all'attuazione dell'articolo 77 della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici (24), in modo che alle organizzazioni senza scopo di lucro siano riservati appalti per determinati servizi sociali, in materia di assistenza sanitaria, cultura e istruzione, come indicato nel succitato articolo. Oltre a una raccolta di buone pratiche, il documento dovrà contenere anche proposte di sostegno europeo e nazionale a progetti innovativi di creazione condivisa tenendo conto delle componenti della ricerca. Sulla base del pacchetto di strumenti descritto sopra, dopo una più ampia consultazione a livello dell'UE, potrebbero essere lanciati un libro verde e successivamente un libro bianco.

5.4.

Da parte sua, il CESE istituirebbe un forum per lo scambio di idee e di buone pratiche in questo campo, coinvolgendo le organizzazioni della società civile, le università e i progetti di ricerca, al fine di tenere vivo e sviluppare il processo di discussione a livello europeo.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 131.

(2)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32014L0024&from=IT

(3)  https://cosie.turkuamk.fi

(4)  Drechsler, W. (2009), «Towards a Neo-Weberian European Union? Lisbon Agenda and Public Administration» (Verso un'Unione europea neoweberiana? Agenda di Lisbona e pubblica amministrazione), Halduskultuur (Giornale estone di cultura amministrativa e governance digitale), 2009, 10(1), 6-21.

(5)  Çolak, Ç. D. (2019), «Why the New Public Management is Obsolete: An Analysis in the Context of the Post-New Public Management Trends» (Perché la nuova gestione pubblica è obsoleta: un'analisi nel contesto delle tendenze post-NPM), Hrvatska i komparativna javna uprava (Pubblica amministrazione croata e comparata) 2019, 19(4), 517-536 (https://doi.org/10.31297/hkju.19.4.1).

(6)  Torfing, J., Sørensen, E., & Røiseland, A. (2019), «Transforming the Public Sector into an Arena for Co-Creation: Barriers, Drivers, Benefits, and Ways Forward» (Trasformare il settore pubblico in un'arena per la creazione condivisa: ostacoli, fattori trainanti, benefici e vie da seguire), Administration & Society 2019, 51(5), 795-825 (https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/0095399716680057).

(7)  https://ec.europa.eu/info/topics/single-market/services-general-interest_it

(8)  L'attuale articolo 106 del TFUE figurava già nel Trattato di Roma.

(9)  TFUE — Disposizioni di applicazione generale, articolo 14.

(10)  Protocollo n. 26 allegato al TUE e al TFUE.

(11)  Articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali.

(12)  Principio 20 del pilastro.

(13)  Protocollo n. 26 allegato al TUE e al TFUE.

(14)  Articolo 14 del TFUE.

(15)  Articolo 106 del TFUE.

(16)  In considerazione dell'aggravarsi della crisi abitativa in molti Stati membri, anche gli alloggi economicamente accessibili stanno diventando sempre più importanti come servizi essenziali.

(17)  Ossia «l'acqua, i servizi igienico-sanitari, l'energia, i trasporti, i servizi finanziari e le comunicazioni digitali».

(18)  Torfing, J., Sørensen, E., & Røiseland, A. (2019), «Transforming the Public Sector Into an Arena for Co-Creation: Barriers, Drivers, Benefits, and Ways Forward», Administration & Society 2019, 51(5), 795-825 (https://doi.org/10.1177/0095399716680057).

(19)  https://cosie.turkuamk.fi/arkisto/index.html

(20)  Ad esempio in Francia: Services Publics partagés (Servizi pubblici condivisi): https://service-public-partage.fr/

(21)  Social Care Institute of Excellence (2015), Co-production in social care: what it is and how to do it? (Produzione condivisa nel settore dell'assistenza sociale: che cos'è e come realizzarla?), SCIE Guide 51.

(22)  C. Fox et al. (2021), A New Agenda for Co-Creating Public Services (Una nuova agenda per la creazione condivisa di servizi pubblici), Università di Turku — Facoltà di Scienze applicate (https://julkaisut.turkuamk.fi/isbn9789522167842.pdf).

(23)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 131.

(24)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32014L0024&from=IT


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/83


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Partenariati tematici nel quadro dell'accordo di Lubiana»

(parere esplorativo)

(2022/C 486/12)

Relatore:

David SVENTEK

Correlatore:

Florian MARIN

Consultazione

Consiglio — Presidenza ceca, 26.1.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

9.9.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

190/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sostiene fermamente le dichiarazioni formulate nell'accordo di Lubiana in merito all'agenda urbana per l'UE (in prosieguo anche «l'agenda urbana») e accoglie con particolare favore il forte accento posto sul partenariato e su approcci multilivello e multipartecipativi in materia di sviluppo urbano sostenibile.

1.2.

I partenariati tematici dovrebbero produrre azioni e risultati tangibili e sostenibili che durino più a lungo dei partenariati stessi. Il trasferimento dei risultati ad altri Stati membri, regioni, città o settori dovrebbe essere oggetto di una considerazione costante. La distribuzione territoriale e l'equilibrio geografico di queste opportunità dovrebbe essere monitorata affinché ne possano beneficiare le regioni e le città vulnerabili.

1.3.

Il legame tra l'agenda urbana e la politica di coesione potrebbe essere rafforzato. Pur trattandosi di due politiche e iniziative distinte con obiettivi diversi inseriti in contesti diversi, tra di esse dovrebbero esistere delle sinergie. Sono necessari strumenti e mezzi interconnessi per un sostegno più coerente alle città nell'ambito della politica di coesione, nonché una cooperazione e un'integrazione intersettoriali e interistituzionali a livello strategico e operativo. In futuro i partenariati tematici dovrebbero godere di maggiore legittimità.

1.4.

Per gli enti urbani di piccole e medie dimensioni e per la loro continua partecipazione ai processi collegati all'agenda urbana è fondamentale che esistano meccanismi di attuazione prevedibili e sostenuti finanziariamente atti a tradurre gli obiettivi strategici europei in azioni concrete, e siano disponibili adeguati finanziamenti a livello locale.

1.5.

Il CESE ritiene che i criteri utilizzati per la selezione dei partner per i partenariati tematici debbano essere maggiormente specifici, aperti e inclusivi. Il processo di selezione non dovrebbe trascurare l'opportunità che le parti sociali e le organizzazioni della società civile partecipino a tale processo insieme agli enti urbani. È importante tenere conto della valutazione ex ante effettuata per l'inverdimento delle città e il turismo sostenibile.

1.6.

Le condizioni di lavoro, la prevedibilità della carriera e l'accesso a posti di lavoro di qualità, alle pari opportunità e a salari adeguati dovrebbero essere affrontati in modo trasversale. Occorre tenere conto della necessità di garantire tutti i tipi di dialogo e di consultazione con le parti interessate, quali il dialogo sociale, il dialogo civico e le consultazioni con i cittadini.

1.7.

Il CESE propone di tenere in considerazione l'approccio dal basso, i gruppi tematici, le reti tematiche e le reti per lo sviluppo di soluzioni su misura e basate sul territorio, oltre alla capacità di utilizzare le reti tematiche e le reti di città esistenti, in particolare per le città di piccole e medie dimensioni.

1.8.

Il ruolo del CESE nella governance dell'agenda urbana per l'UE e dell'accordo di Lubiana potrebbe essere rafforzato. Il CESE dovrebbe inoltre entrare a far parte sia del gruppo per lo sviluppo urbano che del gruppo tecnico preparatorio dell'agenda urbana ed essere coinvolto nella riunione dei direttori generali dedicata alle questioni urbane.

1.9.

La democrazia partecipativa, l'economia del benessere nelle città e i collegamenti tra zone urbane e zone rurali potrebbero essere temi supplementari da affrontare nei partenariati tematici, rivolgendo particolare attenzione ai giovani.

1.10.

Il CESE rinnova la sua proposta di istituire un'apposita segreteria per migliorare l'efficienza e l'efficacia dei partenariati tematici, al fine di garantire un collegamento con le politiche urbane a livello locale, garantire l'assistenza tecnica e facilitare la creazione di comunità tematiche e lo scambio di buone pratiche tematiche. Ciò dovrebbe avvenire in stretta collaborazione con il Comitato europeo delle regioni.

2.   Contesto

2.1.

Il 26 novembre 2021 i ministri dell'UE responsabili delle questioni urbane hanno adottato l'accordo di Lubiana e il relativo programma di lavoro pluriennale, dando il via a una nuova fase di sviluppo dell'agenda urbana per l'UE. Tale documento prevede misure concrete per rinnovare l'agenda urbana per l'UE, con l'obiettivo comune di renderla più incisiva ed efficace. Il programma di lavoro pluriennale integra la dichiarazione politica e definisce i parametri operativi, il metodo di lavoro e le tappe di attuazione della prossima fase di questa iniziativa multipartecipativa e di governance multilivello.

2.2.

I 14 temi prioritari dell'agenda urbana per l'UE (1) sono tuttora validi: inclusione dei migranti e dei rifugiati; qualità dell'aria; povertà urbana; edilizia abitativa; economia circolare; posti di lavoro e competenze nell'economia locale; adattamento ai cambiamenti climatici (comprese soluzioni per le infrastrutture verdi); transizione energetica; uso sostenibile del territorio e soluzioni fondate sulla natura; mobilità urbana; transizione digitale; appalti pubblici innovativi e responsabili; cultura e patrimonio culturale; sicurezza negli spazi pubblici.

2.3.

A questo elenco di temi prioritari, l'accordo di Lubiana aggiunge i quattro temi seguenti: città dell'uguaglianza, alimentazione, ecologizzazione delle città e turismo sostenibile. Tali temi sono stati aggiunti sulla base di processi di creazione condivisa e sono collegati alla nuova Carta di Lipsia, alle politiche dell'UE, ad altre tendenze emergenti in materia di sviluppo urbano e alle esigenze delle città.

2.4.

Prima di assumere le funzioni, la presidenza ceca del Consiglio dell'Unione europea ha chiesto al CESE di esaminare in che modo i cambiamenti introdotti con il nuovo accordo di Lubiana possano incidere sulla creazione di nuovi partenariati tematici. Due dei quattro temi concordati a Lubiana saranno ulteriormente sviluppati nel corso della presidenza ceca dell'UE: ecologizzazione delle città e turismo sostenibile.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE appoggia fermamente le dichiarazioni formulate nell'accordo di Lubiana in merito all'agenda urbana per l'UE e accoglie con particolare favore il forte accento posto sul partenariato e su approcci multilivello e multipartecipativi in materia di sviluppo urbano.

3.2.

Al tempo stesso, il CESE appoggia la prosecuzione e l'ulteriore sviluppo dell'agenda urbana per l'UE, nel pieno rispetto dei principi di proporzionalità. Inoltre, il principio di addizionalità dovrebbe essere gestito con attenzione a livello locale.

3.3.

Il CESE si compiace che l'accordo di Lubiana riconosca l'importanza e il ruolo del CESE nel sostenere l'agenda urbana per l'UE. Come indicato nel relativo programma di lavoro pluriennale, il CESE ha la capacità e la volontà di fornire contributi e sostegno per quanto riguarda la territorialità dello sviluppo, i partenariati e gli aspetti economici e sociali dello sviluppo urbano, nonché la diffusione delle politiche urbane dell'UE.

3.4.

La diversità, la complessità e le sfide delle politiche di sviluppo urbano sotto il profilo della sostenibilità richiedono approcci multilivello e multipartecipativi che diano priorità ai partenariati. L'accordo di Lubiana riconosce l'importanza del partenariato per migliorare le conoscenze. I partenariati tematici dovrebbero produrre azioni e risultati tangibili e sostenibili che durino più a lungo dei partenariati stessi. Il trasferimento dei risultati ad altre regioni, città o settori dovrebbe essere oggetto di una considerazione costante. La distribuzione territoriale di tali opportunità dovrebbe essere oggetto di monitoraggio. Le città dovrebbero essere motivate e incentivate a sfruttare le opportunità di sviluppo europee e a essere attive al livello dell'UE.

3.5.

La diversità delle città e delle loro politiche di sviluppo non consente un facile orientamento e rappresenta una questione per la quale non esiste attualmente una soluzione generale nelle politiche di sviluppo urbano dell'UE. È necessario un approccio mirato che valorizzi il partenariato, la società civile e le parti sociali. Le soluzioni per il futuro delle strategie di sviluppo dovrebbero comprendere prospettive, competenze e discipline diverse. Nel suo parere sul tema Revisione dell'Agenda territoriale dell'UE, della Carta di Lipsia e dell'Agenda urbana per l'UE (2), il CESE raccomanda di utilizzare gli strumenti di sostegno più appropriati per i tipi di territorio corrispondenti, nel rispetto del principio di sussidiarietà, il che attenuerà i fenomeni della privazione, del ritardo e dell'isolamento nel caso delle regioni a rischio.

3.6.

Nel finanziare lo sviluppo urbano sostenibile, si dovrebbe garantire una concorrenza leale tra tutti i tipi di città, il che significa che le città di piccole e medie dimensioni devono avere parità di accesso ai finanziamenti. Anche il principio di concorrenza dovrebbe essere adattato a tale situazione, e dovrebbe sempre essere tenuto in considerazione.

3.7.

Un nuovo elemento inserito nell'accordo di Lubiana è la valutazione ex ante dei temi. Tali valutazioni sono finalizzate all'adozione di un approccio pragmatico, efficace e orientato ai risultati, con l'obiettivo di aumentare l'impatto dei futuri risultati dell'agenda urbana per l'UE. Esse consentiranno inoltre di calibrare i criteri di selezione dei partner. Il CESE raccomanda che lo scambio di buone pratiche, in particolare per quanto riguarda i modelli di partenariato e di cooperazione, sia una considerazione costante per le parti interessate della politica urbana e per i futuri partenariati tematici.

3.8.

Al fine di attuare i piani d'azione dei partenariati tematici, è opportuno creare strumenti di personalizzazione finanziati da fondi UE e fondi pubblici. Dovrebbero essere creati mezzi di sostegno adeguati (strumenti finanziari, sovvenzioni e fondi) per garantire che il processo di attuazione dei partenariati tematici si svolga in modo efficiente, in particolare per quanto riguarda l'assistenza alle città e alle organizzazioni di piccole e medie dimensioni. L'accesso a tali mezzi dovrebbe essere equo, garantendo che le organizzazioni e le città di piccole dimensioni non siano lasciate indietro.

3.9.

Strumenti quali gli investimenti territoriali integrati e lo sviluppo locale di tipo partecipativo hanno avuto un ampio successo e dovrebbero essere mantenuti e rafforzati sulla base di meccanismi di attuazione stabili e prevedibili. Il CESE ritiene che vi sia anche spazio per un approccio integrato (3) anche per quanto concerne la possibilità di combinare le risorse finanziarie pubbliche e private al fine di aumentare la capacità e condividere i rischi, a vantaggio di uno sviluppo sia territoriale che urbano soggetto al controllo democratico, a una governance trasparente e al principio di responsabilità.

3.10.

Quando si affrontano le sfide dello sviluppo urbano sostenibile, l'innovazione è un aspetto che dovrebbe sempre essere tenuto in considerazione. Si raccomanda che l'accesso all'innovazione nonché la condivisione e l'ampliamento delle idee innovative siano inseriti trasversalmente nella politica di coesione per il periodo 2021-2027 e negli accordi di partenariato a livello di Stati membri. Non si dovrebbe trascurare la sperimentazione di nuove soluzioni pertinenti e innovative, in particolare in settori quali le tecnologie 4.0, l'industria 5.0 o il Web3, nonché nell'ambito dell'innovazione sociale. L'iniziativa urbana europea svolge un ruolo importante nello sviluppo di capacità e nel sostegno alle azioni innovative.

3.11.

Le regioni e le città emarginate e le loro popolazioni vulnerabili dovrebbero essere oggetto di costante attenzione nelle politiche di sviluppo, con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini. Anche la riduzione della povertà dovrebbe costituire una priorità principale. L'accesso a un'istruzione inclusiva di qualità, ai servizi sociali, all'assistenza sanitaria e ad altri servizi pubblici è fondamentale per garantire alle città una ripresa equa dopo la pandemia. Nello sviluppo e nell'attuazione dei partenariati tematici, si dovrebbe prestare particolare attenzione alle categorie vulnerabili di abitanti delle città, in particolare gli anziani, le persone con disabilità, le minoranze, gli immigrati, i profughi e le persone socialmente, economicamente e culturalmente svantaggiate. Il loro coinvolgimento dovrebbe essere garantito attraverso lo sviluppo di capacità nell'ambito del processo. Il CESE raccomanda vivamente di dare priorità alla riduzione delle nuove forme di disuguaglianza sociale, economica, ambientale e territoriale, garantendo a tal fine un coinvolgimento equo e diversificato delle varie parti interessate.

3.12.

L'accordo di Lubiana individua le esigenze di sostegno in materia di organizzazione e di competenze, nonché alcune esigenze di sostegno per le città di minori dimensioni. Poiché l'agenda urbana per l'UE rimane un'iniziativa informale e volontaria, i membri dovrebbero anche contribuire a sostenere i partenariati e ad attuare le azioni. Il CESE ritiene che nel sostegno tecnico richiesto nell'ambito dei partenariati si debba tenere conto della sostenibilità dei risultati finali dei partenariati stessi. Si dovrebbe inoltre prendere costantemente in considerazione un approccio rafforzato, integrato e partecipativo, insieme alla raccolta e all'utilizzo di dati per investimenti basati su elementi concreti.

3.13.

Tuttavia, per gli enti urbani di piccole e medie dimensioni e per la loro continua partecipazione ai processi collegati all'agenda urbana per l'UE è fondamentale che esistano meccanismi di attuazione prevedibili e sostenuti finanziariamente atti a tradurre le strategie europee in azioni concrete, e siano disponibili adeguati finanziamenti a livello locale. Tale principio dovrebbe inoltre essere gestito attentamente nell'attuazione dei partenariati tematici.

3.14.

La politica di coesione offre una serie di strumenti e mezzi per lo sviluppo urbano sostenibile nel periodo di programmazione 2021-2027. Il nuovo obiettivo strategico 5, «Un'Europa più vicina ai cittadini», è volto a elaborare strumenti specifici per l'attuazione di strategie di sviluppo locale nelle città e nei centri abitati di qualsiasi dimensione. L'assegnazione minima a livello urbano del FESR in ciascuno Stato membro destinata alle priorità e ai progetti selezionati dalle città sulla base di tali strategie è stata aumentata dal 5 % all'8 %. Inoltre, per offrire un sostegno più coerente alle città è stata creata l'iniziativa urbana europea. Il CESE raccomanda che le opportunità di partenariato tematico siano costantemente diffuse a livello locale e coinvolgano tutte le parti interessate, compreso il CESE stesso. In futuro, gli stanziamenti assegnati a livello urbano potrebbero essere più elevati.

3.15.

La maggiore instabilità e il variegato numero di rischi fanno sì che i partenariati tematici debbano contribuire a rafforzare la resilienza e la reattività agli shock asimmetrici, quali la COVID-19 e altre situazioni analoghe. La deprecabile guerra in Ucraina sta influenzando lo sviluppo urbano nei paesi vicini. I partenariati tematici dovrebbero essere adattati per far fronte alle crisi a breve termine e dovrebbero essere associati ad approcci strategici di lungo periodo.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE ritiene che i criteri utilizzati per la selezione dei partner per i partenariati tematici debbano essere maggiormente specifici. Non si dovrebbe trascurare la possibilità che le parti sociali e le organizzazioni della società civile partecipino al processo di selezione insieme agli enti urbani, in particolare le organizzazioni che rappresentano categorie vulnerabili come gli anziani, le persone con disabilità, le minoranze, gli immigrati, i profughi e le persone socialmente, economicamente e culturalmente svantaggiate. Tali organizzazioni dovrebbero essere incoraggiate e motivate a partecipare ai partenariati nel quadro dell'agenda urbana per l'UE.

4.2.

Il patto di Amsterdam riconosce il CESE tra le sue parti interessate e lo invita a contribuire, nell'ambito delle sue competenze, all'ulteriore sviluppo dell'agenda urbana per l'UE. La validità di tale patto è stata confermata nel documento di attuazione della nuova Carta di Lipsia e nell'accordo di Lubiana. Riguardo a quest'ultimo e all'agenda urbana per l'UE, il ruolo del CESE dovrebbe essere rafforzato. Il Comitato è uno dei principali attori europei responsabili delle variabili economiche e sociali delle politiche di sviluppo e ha la capacità, la competenza e la legittimità di contribuire ai tre pilastri dell'accordo di Lubiana: migliori finanziamenti, migliore regolamentazione e migliori conoscenze. Il CESE dovrebbe essere formalmente riconosciuto e svolgere un ruolo nei principali organi di governance dell'accordo di Lubiana, dovrebbe entrare a far parte sia del gruppo per lo sviluppo urbano che del gruppo tecnico preparatorio per l'agenda urbana e dovrebbe essere coinvolto nella riunione dei direttori generali dedicata alle questioni urbane.

4.3.

Il CESE ritiene che i futuri partenariati tematici dovrebbero includere temi quali la democrazia partecipativa, l'economia del benessere nelle città e i collegamenti tra zone urbane e zone rurali (4), che sono in linea con il concetto di sviluppo territoriale utilizzato nel quadro strategico europeo. Il CESE raccomanda di garantire un chiaro collegamento tra il processo di selezione dei partner, la selezione dei temi e gli OSS, da un lato, e i contributi dei partenariati all'attuazione degli OSS stessi, dall'altro.

4.4.

In futuro, i partenariati tematici potrebbero essere organizzati in gruppi tematici, reti tematiche esistenti e reti per l'elaborazione di soluzioni su misura e basate sul territorio per le città. Si dovrebbe prestare attenzione a migliorare l'accesso alle reti, in particolare per le città di piccole e medie dimensioni. Le città dovrebbero essere al centro dell'approccio dal basso dei partenariati tematici, al fine di garantire una sinergia tra le situazioni locali e i partenariati tematici esistenti.

4.5.

Il processo di consultazione applicato dai partenariati tematici dovrebbe comprendere tutte le forme di dialogo e di consultazione, come il dialogo sociale, il dialogo con i cittadini e il dialogo civico, e includere tutti gli attori della società civile, quali le parti sociali, le ONG e i cittadini.

4.6.

Il CESE propone di istituire un'apposita segreteria per i partenariati tematici con la Commissione e altre parti interessate al fine di sostenere i partenariati tematici, garantire il collegamento con le politiche urbane a livello locale, garantire l'assistenza tecnica e facilitare la creazione di comunità tematiche e lo scambio di buone pratiche tematiche. Dovrebbero essere stanziate risorse sufficienti per garantire un'amministrazione efficiente e partenariati tematici efficaci, in particolare per attuare i piani d'azione.

4.7.

Il CESE raccomanda di rafforzare il legame tra l'agenda urbana per l'UE e la politica di coesione. Sebbene si tratti di due politiche e iniziative distinte con obiettivi diversi inseriti in contesti diversi, tra di esse dovrebbero esistere delle sinergie, in particolare nell'ambito della piattaforma per la condivisione delle conoscenze (5) e delle attività di capitalizzazione da sviluppare nel quadro dell'iniziativa urbana europea. Le azioni in corso per l'attuazione dei partenariati tematici potrebbero essere menzionate nei programmi operativi, nei diversi inviti a presentare proposte o nei criteri di valutazione dei progetti. I risultati del lavoro dei partenariati tematici dovrebbero contribuire alla pianificazione dei nuovi programmi operativi nel settore della coesione.

4.8.

La coerenza e il legame tra le politiche urbane attuate a livello locale e le politiche dell'UE, in particolare la politica di coesione, devono essere rafforzati. Sono necessari strumenti e mezzi interconnessi per un sostegno più coerente alle città nell'ambito della politica di coesione, nonché una cooperazione e un'integrazione intersettoriali e interistituzionali a livello strategico e operativo. Inoltre, la competitività regionale deve essere completata attraverso la complementarità tra zone urbane e zone rurali e con una forte coesione sociale nel quadro della politica di coesione 2021-2027.

4.9.

Le condizioni di lavoro, la prevedibilità della carriera e l'accesso a posti di lavoro di qualità, a opportunità e a salari adeguati sono variabili importanti per far sì che i processi di sviluppo urbano avvengano in maniera giusta ed equa, e dovrebbero essere affrontate in modo trasversale per quanto riguarda l'ecologizzazione delle città, la sostenibilità della filiera alimentare, l'economia circolare e il turismo sostenibile. L'investimento nelle risorse umane dovrebbe rimanere una delle principali priorità delle strategie di sviluppo. L'accesso equo, le pari opportunità e la capacità di esercitare i diritti fondamentali sono fattori determinanti per la buona riuscita dei partenariati tematici.

4.10.

Data la concentrazione di risorse e di esigenze nelle zone urbane, nel quadro del semestre europeo dovrebbe essere adottato un approccio più individualizzato all'efficacia delle politiche di sviluppo urbano, in modo che nessun cittadino e nessun territorio sia lasciato indietro. La coerenza con altri strumenti europei, quali il pilastro europeo dei diritti sociali, dovrebbe costituire una considerazione costante.

4.11.

Le strategie e i progetti di sviluppo di natura altamente complessa sono sempre più richiesti. Il CESE propone che, per questi tipi di investimenti, gli enti locali e regionali rafforzino le loro capacità nei settori della partecipazione dei cittadini, della previsione strategica e della preparazione a scenari diversi, della pianificazione strategica e dell'attuazione degli investimenti pubblici. Tale rafforzamento delle capacità è fondamentale per garantire il buon esito dello sviluppo sostenibile delle città europee e per riorientare le città verso gli abitanti. La convergenza dei dati provenienti da diversi partenariati e l'accesso ai dati tramite piattaforme di dati aperti, insieme alla giustizia digitale e alla democrazia digitale, sono aspetti di cui tenere conto.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://ec.europa.eu/regional_policy/en/policy/themes/urban-development/agenda

(2)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 145.

(3)  Cfr. il parere del CESE sul tema Revisione dell'Agenda territoriale dell'UE, della Carta di Lipsia e dell'Agenda urbana per l'UE (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 145).

(4)  Verso una strategia globale per lo sviluppo rurale e urbano sostenibile (parere d'iniziativa) (GU C 105 del 4.3.2022, pag. 49).

(5)  https://research-and-innovation.ec.europa.eu/strategy/strategy-2020-2024/our-digital-future/european-research-area/knowledge-exchange-platform_it


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/88


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Combattere la povertà energetica e accrescere la resilienza dell'UE: le sfide sul piano economico e sociale»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza ceca)

(2022/C 486/13)

Relatore:

Ioannis VARDAKASTANIS

Richiesta della presidenza ceca del Consiglio dell'UE

Lettera del 26.1.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Parere esplorativo

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

22.6.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

137/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Garantire un accesso equo all'energia e la sicurezza dell'approvvigionamento energetico a costi accessibili deve essere una priorità assoluta per l'Unione europea e i suoi Stati membri. Con l'impennata dei prezzi dell'energia, in tutta Europa un numero sempre maggiore di cittadini e consumatori dell'UE è colpito dalla povertà energetica. Quanti versavano già prima in condizioni di povertà energetica vedono peggiorare la loro situazione, e i consumatori che in passato non avevano problemi a pagare le bollette energetiche rischiano di cadere in povertà. Questa situazione ha risentito delle attuali tensioni geopolitiche, tra cui la guerra in Ucraina, e della dipendenza degli Stati membri dalle importazioni di energia. È necessario adottare misure urgenti per prevenire e contrastare la povertà energetica cui devono far fronte i cittadini e i consumatori dell'UE.

1.2.

Il CESE riconosce l'importanza attribuita alla questione della povertà energetica nelle iniziative dell'UE, comprese la legislazione e le politiche, e in particolare nel pacchetto «Pronti per il 55 %», nell'attuazione del Green Deal europeo e nell'ondata di ristrutturazioni. Queste misure sono essenziali per affrontare la povertà energetica a lungo termine e garantire la sostenibilità. Tuttavia, la resilienza dell'UE si misurerà esclusivamente sul metro degli interventi dell'Unione e degli Stati membri in risposta alle sfide sociali, ambientali ed economiche cruciali che i suoi cittadini e le sue imprese si trovano ad affrontare.

1.3.

Di fronte all'attuale crisi della povertà energetica, il CESE auspica che si formi una coalizione politica ampia e ambiziosa, che analizzi e affronti questa povertà con un approccio a tutto campo, con l'obiettivo di ridurre al minimo tale fenomeno entro il 2030 e, a lungo termine, eliminarlo del tutto. Tale coalizione dovrebbe comprendere la Commissione europea e il suo polo di consulenza sulla povertà energetica, il Parlamento europeo, il Consiglio, gli Stati membri, il Comitato europeo delle regioni, lo stesso Comitato economico e sociale europeo, il Patto dei sindaci e le organizzazioni della società civile organizzata, compresi i rappresentanti delle imprese, le associazioni di consumatori e le organizzazioni rappresentative dei gruppi più a rischio di povertà energetica. Le azioni della coalizione dovrebbero essere ulteriormente sviluppate in una strategia dell'UE contro la povertà energetica, e la Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a elaborare piani o politiche nazionali volti a eliminare la povertà energetica, integrando e rendendo coerenti tutte le politiche e gli strumenti di finanziamento a livello nazionale e di Unione europea.

1.4.

Considerata l'importanza della questione, il CESE esorta l'UE a promuovere un approccio comune in materia di povertà energetica che consenta una comprensione concreta e condivisa di tale fenomeno e la raccolta di dati statistici, tenendo conto delle differenze e delle specificità degli Stati membri. Un approccio siffatto è necessario anche per monitorare la situazione e l'impatto delle azioni intraprese in tutta l'Unione.

1.5.

Il CESE rileva che la Commissione ha già iniziato a proporre azioni immediate e a lungo termine per proteggere i consumatori e combattere la povertà energetica, ad esempio nella raccomandazione sulla povertà energetica, nel pacchetto di strumenti per i prezzi dell'energia, nella comunicazione REPowerEU e nella proposta di raccomandazione del Consiglio relativa alla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica. Benché le azioni degli Stati membri possano dipendere dalle specificità nazionali e locali, ai fini della resilienza dell'UE è essenziale che, in tempi di crisi, gli Stati membri attivino una serie di misure (quali un sostegno finanziario diretto e politiche sociali, nonché incentivi e sostegni per ridurre il consumo di energia) per mitigare gli effetti negativi dell'aumento dei prezzi sui consumatori e le imprese più vulnerabili.

1.6.

Il CESE sottolinea l'importanza di investire in un approvvigionamento energetico equo ed efficiente per alleviare la povertà energetica a lungo termine. Ciò significa assicurarsi che i finanziamenti disponibili siano investiti nelle fonti di energia rinnovabili e nell'efficienza energetica, nonché nella ristrutturazione su vasta scala degli edifici in modo da sostenere i gruppi a più basso reddito, facendo sì che le persone vulnerabili dispongano di denaro sufficiente per investire nell'efficienza energetica e accordando la priorità agli edifici con le prestazioni energetiche peggiori. La Commissione dovrebbe collaborare strettamente con gli Stati membri per valutare se il bilancio disponibile soddisfi le esigenze e le richieste, nonché soppesare le opzioni disponibili per un ulteriore sostegno agli Stati membri.

1.7.

Inoltre, dato che la povertà energetica è radicata nella povertà più generale, è essenziale che la Commissione e gli Stati membri continuino a concentrarsi sulla riduzione della povertà in ogni campo. La crisi attuale è un richiamo alla costante necessità di migliorare l'accesso all'occupazione e l'inclusione sociale, di garantire condizioni di vita dignitose, dedicando una particolare attenzione a quanti vivono in zone rurali e remote, e di sostenere la crescita economica degli Stati membri.

1.8.

L'UE e gli Stati membri devono garantire un clima favorevole agli investimenti in Europa per un'energia a zero e a basse emissioni di carbonio. Inoltre, la riqualificazione e il miglioramento delle competenze svolgeranno un ruolo importante ai fini della trasformazione verde, dell'ondata di ristrutturazioni e dell'aumento dell'efficienza energetica. Tra le altre misure utili potrebbero rientrare l'educazione, la consulenza e la consultazione in materia di energia, le quali dovranno essere ampiamente disponibili ed economicamente accessibili a livello locale (ad esempio attraverso sportelli unici).

2.   Osservazioni generali

2.1.

La povertà energetica costituisce per i cittadini e le imprese dell'UE un problema e una preoccupazione crescente. Nel 2020 l'8 % dei cittadini dell'UE dichiarava di non essere in grado di riscaldare adeguatamente la propria abitazione (1). Oggi è probabile che tale percentuale sia aumentata, considerato che, dalla metà del 2021, i prezzi dell'energia sono fortemente cresciuti. Nel marzo 2022, nell'UE l'inflazione energetica annua ha raggiunto il 40,2 %, con un tasso annuale di variazione dei prezzi dell'energia che ha raggiunto un massimo del 99,6 % e non è mai sceso sotto lo 0 % (2). I prezzi dell'energia hanno risentito delle tensioni geopolitiche, tra cui la guerra in Ucraina, e della dipendenza degli Stati membri dell'UE dalle importazioni di energia (3). L'effetto combinato degli aumenti dei prezzi di energia, trasporti e prodotti alimentari accresce la pressione su tutti i consumatori, ma soprattutto sulle famiglie a basso reddito, tra cui si riscontrano tassi più alti di povertà energetica. La povertà energetica rimane pertanto una sfida importante, con un impatto sociale considerevole. Liberare i cittadini più vulnerabili da tale povertà è un compito urgente sia per l'UE che per i suoi Stati membri.

2.2.

La povertà energetica è dovuta a una combinazione di fattori, tra i quali il basso reddito, l'inefficienza degli edifici e delle apparecchiature e la carenza di informazioni in merito — o comunque la mancanza di accesso — agli incentivi per ridurre il consumo di energia. Gli alti prezzi dell'energia colpiscono anche i cittadini e le imprese, facendo aumentare le bollette delle utenze pubbliche e mettendo le microimprese e le piccole e medie imprese in condizioni molto precarie (4), quando non esponendole al rischio di fallimento, con conseguente potenziale perdita di posti di lavoro, il che a sua volta contribuisce alla povertà. Anche le «microimprese vulnerabili» risentono in misura significativa dell'impatto sui prezzi dovuto all'inclusione degli edifici nell'ambito di applicazione della direttiva 2003/87/CE, e non dispongono dei mezzi per ristrutturare gli edifici che esse occupano. L'impennata dei prezzi dell'energia ha un effetto a valanga e si traduce in costi più elevati per tutti i tipi di beni e servizi. L'Europa è esposta al rischio di una stagflazione, ossia di una crescita economica inferiore e di un'inflazione elevata, che sono ulteriori fattori di povertà (5).

2.3.

Le persone più colpite dalla povertà energetica sono gli europei a basso reddito, come i lavoratori più poveri, i pensionati a basso reddito, gli studenti, i giovani adulti, le famiglie con molti figli e le famiglie monoparentali, nonché le popolazioni svantaggiate con tassi di povertà già elevati, comprese le persone con disabilità, gli anziani, i migranti e le minoranze Rom. Le donne sono maggiormente esposte al rischio di povertà energetica e alle conseguenze di quest'ultima perché percepiscono, in media, salari più bassi e perché dipendono in misura maggiore dal riscaldamento e dal raffreddamento domestici in quanto i compiti di assistenza che esse svolgono fanno sì che trascorrano più tempo in casa. Inoltre, le persone che vivono negli Stati membri dell'Europa orientale e meridionale sono in media maggiormente colpite dalla povertà energetica (6).

2.4.

Garantire a tutti i cittadini dell'UE la parità di accesso ad un'energia pulita e a prezzi accessibili è un impegno importante per l'UE e i suoi Stati membri. Il pilastro europeo dei diritti sociali include l'energia tra i servizi essenziali cui ogni persona ha diritto ad accedere (principio 20). Inoltre, uno degli obiettivi indicati nell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (OSS 7) consiste nell'«assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni». L'erogazione adeguata di calore, raffrescamento, illuminazione ed energia per alimentare le apparecchiature costituisce un servizio essenziale, alla base di un livello di vita dignitoso e della salute. L'accesso ai servizi energetici è determinante anche per l'inclusione sociale. I molteplici vantaggi derivanti dalle misure volte a combattere la povertà energetica possono, nel loro insieme, costituire direttamente uno stimolo per la crescita economica e la prosperità nell'UE.

2.5.

Nell'ultimo decennio l'UE ha affrontato la questione della povertà energetica in vari documenti giuridici e strategici, quali il terzo pacchetto sull'energia (2009-2014), la strategia per l'Unione dell'energia del 2015 e il pacchetto legislativo Energia pulita per tutti gli europei, del 2019, volti a facilitare una transizione energetica giusta. Questo tema costituisce inoltre una parte importante di una serie di iniziative più recenti, quali il Green Deal europeo, l'ondata di ristrutturazioni e il pacchetto «Pronti per il 55 %». Quest'ultimo pacchetto tiene conto della povertà energetica in molte delle sue proposte, tra cui quella riguardante un nuovo Fondo sociale per il clima, che dovrebbe attenuare l'impatto sociale negativo della prevista applicazione del prezzo del carbonio ai trasporti e agli edifici, e la proposta di rifusione della direttiva sull'efficienza energetica, che contiene una definizione di povertà energetica (7). Il pacchetto comprende inoltre una proposta di raccomandazione del Consiglio sulla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica, che definisce orientamenti specifici per gli Stati membri sui modi di affrontare i rilevanti aspetti occupazionali e sociali della transizione verde, e che assume adesso una particolare importanza nel quadro dell'accelerazione della transizione dovuta all'aumento dei prezzi dell'energia e al contesto geopolitico.

2.6.

Nel 2020 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione sulla povertà energetica, che fornisce orientamenti su indicatori idonei a misurare tale povertà e sulla definizione di «numero significativo di famiglie in condizioni di povertà energetica». Il documento contribuisce inoltre alla condivisione delle buone pratiche tra gli Stati membri e individua il sostegno disponibile a livello dell'UE attraverso una combinazione di fonti di finanziamento che consenta alle autorità nazionali, regionali e locali di utilizzare appieno la loro capacità finanziaria, compresi contributi e ristrutturazioni sovvenzionate per limitare gli investimenti iniziali. Tra le altre iniziative importanti figurano: il sostegno fornito a progetti locali dal polo di consulenza sulla povertà energetica, attualmente nel primo anno di attività di prestazione di assistenza tecnica; il pacchetto di strumenti per i prezzi dell'energia, che continua ad aiutare gli Stati membri a utilizzare strumenti adeguati per sostenere i cittadini e le imprese nella gestione degli alti prezzi dell'energia; il sostegno alle famiglie e alle imprese più vulnerabili, ampliato nel quadro di REPowerEU (8); e la recente istituzione del gruppo di coordinamento per la povertà energetica e i consumatori vulnerabili (9).

2.7.

Tuttavia, il CESE osserva che, senza una rapida attuazione, impegni forti e misure concrete da parte degli Stati membri — compreso un approccio comune quanto al modo di intendere e affrontare la povertà energetica a livello di Unione europea che possa condurre a una definizione comune — e ferma la possibilità per ciascuno Stato membro di adottare soluzioni ad hoc, le iniziative presentate finora dalla Commissione non saranno sufficienti per affrontare l'attuale crisi, che colpisce un numero sempre maggiore di consumatori.

3.   Combattere la povertà energetica in una prospettiva a tutto campo: un appello per una coalizione politica e una strategia contro la povertà energetica

3.1.

Dato che la povertà energetica è il risultato di fattori sociali, ambientali, economici e geopolitici, per combatterla è necessario adottare un approccio a tutto campo, che includa anche un'analisi globale del problema e preveda il coinvolgimento di differenti parti interessate, dai consumatori alle organizzazioni della società civile, alle imprese e alle autorità europee, nazionali, regionali e locali. A tal fine, il CESE chiede la creazione di un'ampia e ambiziosa coalizione politica. Tale coalizione dovrebbe comprendere la Commissione europea e il suo polo di consulenza sulla povertà energetica, il Parlamento europeo, il Consiglio, gli Stati membri, il Comitato europeo delle regioni, lo stesso Comitato economico e sociale europeo, il Patto dei sindaci e le organizzazioni della società civile organizzata, compresi i rappresentanti delle imprese, le associazioni di consumatori e le organizzazioni rappresentative dei gruppi più a rischio di povertà energetica.

3.2.

Gli Stati membri dovrebbero essere costantemente in contatto con i consumatori, i comuni e gli altri enti locali che si occupano della questione. I comuni, le città e le regioni si trovano spesso nella posizione migliore per individuare precocemente le famiglie a rischio di povertà energetica e sono quindi i soggetti maggiormente in grado di combattere tale fenomeno nel modo più efficace. Insieme alle autorità nazionali e locali (compresi i comuni e i servizi comunali) (10), anche le imprese locali e nazionali possono svolgere un ruolo importante nelle azioni volte a ridurre la povertà energetica, tra l'altro contribuendo all'ondata di ristrutturazioni. I consumatori più vulnerabili, avendo in genere minori probabilità di riuscire ad adattare rapidamente i propri modelli di consumo, dovrebbero essere consultati e coinvolti a tutti i livelli. È essenziale tener conto delle loro esperienze e dei loro comportamenti nella concezione e nell'attuazione delle misure.

3.3.

Alle organizzazioni della società civile spetta un ruolo cruciale nel facilitare il dialogo tra cittadini, imprese, lavoratori, consumatori e decisori politici. Date le loro competenze specifiche e le loro reti sul campo, tali organizzazioni devono essere coinvolte nell'elaborazione di misure contro la povertà energetica, anche in relazione alla concezione, all'attuazione e al monitoraggio delle strategie volte a porre fine a tale fenomeno.

3.4.

Il CESE raccomanda che la coalizione elabori, su iniziativa della Commissione, una strategia dell'UE contro la povertà energetica. La strategia dovrebbe basarsi sul riconoscimento del diritto all'energia, stabilire traguardi ambiziosi ma realistici per conseguire gli obiettivi fissati nel piano d'azione del pilastro europeo dei diritti sociali e puntare, a lungo termine, a porre fine alla povertà energetica. Essa dovrebbe includere un ventaglio di misure, sia relative all'energia che in altri campi, intese ad affrontare le cause profonde di tale povertà e ad alleviare la situazione dei consumatori più vulnerabili e/o che già versano in condizioni di povertà energetica. Tale strategia è inoltre necessaria per garantire che le transizioni climatica ed energetica siano concepite e attuate in maniera giusta, equa ed inclusiva, senza lasciare indietro nessuno. Essa potrebbe inoltre prevedere una riunione annuale (per monitorare i progressi compiuti e sensibilizzare in merito alle azioni congiunte), introdurre requisiti per dialoghi strutturati e azioni di sensibilizzazione da condurre regolarmente con gli Stati membri e tutte le parti interessate, e creare ulteriori incentivi per investire nelle transizioni energetiche. Il polo di consulenza sulla povertà energetica potrebbe svolgere un ruolo più incisivo nell'attuazione e nel monitoraggio di tale strategia.

3.5.

Parallelamente, la Commissione europea, il Consiglio, il Parlamento europeo — e gli Stati membri a livello nazionale — devono continuare a garantire che le iniziative legislative e politiche, nuove o già esistenti, affrontino adeguatamente il fenomeno della povertà energetica. Ciò andrebbe fatto, ad esempio, nel corso dell'attuazione del Green Deal europeo e dell'ondata di ristrutturazioni, grazie al riesame e alla comunicazione dello stato di avanzamento dei piani nazionali per l'energia e il clima e delle strategie a lungo termine di ristrutturazione degli edifici, nonché a una maggiore attenzione per la povertà energetica nel processo del semestre europeo. Anche la proposta e la revisione di atti legislativi offrono importanti opportunità di affrontare ulteriormente la povertà energetica: è il caso, ad esempio, delle imminenti revisioni della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia, la direttiva sulle energie rinnovabili e la direttiva sull'efficienza energetica, nonché della proposta di un Fondo sociale per il clima. Inoltre, l'UE deve far sì che, nell'ambito di tutte le nuove iniziative volte a fornire energia sicura, sostenibile e a prezzi accessibili venga dedicata speciale attenzione alle ripercussioni per i consumatori più vulnerabili, al fine di limitare l'impatto degli alti prezzi dell'energia. Si pensi ad esempio alle iniziative per un'economia a basse emissioni di carbonio e a quelle volte a porre fine alla dipendenza dell'UE dai combustibili fossili russi, come la comunicazione REPowerEU.

3.6.

La Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a elaborare piani o strategie nazionali volti a eradicare la povertà energetica, integrando e rendendo coerenti tutti gli strumenti strategici e di finanziamento disponibili a livello europeo e nazionale. Il CESE esorta gli Stati membri i cui piani nazionali per l'energia e il clima mostrano uno scarso impegno nella lotta alla povertà energetica a intensificare gli sforzi con quadri di monitoraggio e valutazione chiari. Una rendicontazione migliore e più accurata riveste un'importanza cruciale, in quanto ad oggi esistono pochi dati qualitativamente validi sui modi in cui la povertà energetica dovrebbe essere quantificata e monitorata.

4.   Combattere la povertà energetica adottando azioni immediate e a lungo termine per misurare il fenomeno e proteggere i consumatori

4.1.

Il CESE esorta l'Unione europea a promuovere un approccio comune quanto al modo di intendere e affrontare la povertà energetica a livello di Unione europea che possa condurre a una definizione comune. È un fatto che ogni Stato membro possa stabilire i propri criteri per definire tale povertà, e la mancanza di un approccio comune potrebbe non solo rendere più difficile per la Commissione valutare adeguatamente la situazione ma anche impedire agli Stati membri di avere una comprensione comune della questione e di adottare una risposta coordinata. La definizione fornita nella proposta di rifusione della direttiva sull'efficienza energetica, così come gli indicatori precedentemente definiti dall'Osservatorio europeo della povertà energetica (11), costituiscono un punto di partenza. Considerata l'urgenza della questione, il CESE reputa che la Commissione e gli Stati membri debbano promuovere un approccio comune che renda possibile una comprensione concreta e condivisa della povertà energetica e la raccolta di dati statistici (12).

4.2.

Nel suo pacchetto di strumenti relativi ai prezzi dell'energia, la Commissione ha proposto diverse azioni immediate che potrebbero essere adottate dagli Stati membri per alleviare i costi dell'energia per i consumatori: per esempio, massimali tariffari, agevolazioni fiscali e sussidi per i consumatori e le imprese, nonché misure sociali quali specifiche prestazioni sociali di carattere pecuniario e dilazioni temporanee dei pagamenti delle bollette energetiche, tenendo conto della situazione e delle esigenze dei soggetti più vulnerabili quali le persone con disabilità, le famiglie monoparentali e le famiglie con molti bambini. Entro il febbraio 2022 gli Stati membri avevano già adottato molte delle misure raccomandate nel pacchetto di strumenti. Ad esempio, 18 Stati membri hanno trasferito fondi a fasce sociali particolarmente vulnerabili e 11 Stati membri hanno ridotto l'imposta sull'energia (13). Date la varietà delle situazioni dei singoli Stati membri (nonché all'interno delle singole regioni) e la diversità delle misure adottate, il numero dei cittadini dell'UE vulnerabili alla povertà energetica varia da una parte all'altra dell'Unione.

4.3.

Il CESE invita gli Stati membri a continuare ad adottare, ogni qual volta necessario, misure immediate per proteggere i consumatori che si trovano o rischiano di trovarsi in condizioni di povertà energetica, tenendo conto delle esigenze e delle specificità nazionali, regionali e locali. Sebbene i prezzi dell'energia varino notevolmente all'interno dell'UE — a causa, tra l'altro, del fatto che attualmente gli Stati membri intervengono nei mercati in modo molto diverso (ad esempio, con imposte e tasse, esenzioni o oneri che spesso riguardano solo alcuni consumatori) (14) — e quindi non esista una soluzione unica valida per tutti, gli Stati membri devono garantire che i più vulnerabili non siano lasciati senza sostegno. Occorrerebbe mettere in atto un sostegno finanziario diretto e politiche sociali per attenuare gli effetti negativi dell'aumento dei prezzi sulle categorie più vulnerabili.

4.4.

L'assistenza diretta alle persone che ne hanno bisogno deve essere «mirata» e non «generalizzata». Deve riflettere la dimensione sociale e non ostacolare la transizione verde. Si potrebbe pensare a una sovvenzione di durata limitata (per esempio per i primi 300 kWh di energia elettrica per ogni componente di un'utenza domestica) per le persone o famiglie con redditi inferiori a una determinata soglia. Inoltre, sempre al di sotto di una soglia di reddito da definire, dovrebbe essere prestata un'assistenza diretta, a condizione che, nella situazione considerata, non siano disponibili soluzioni alternative economicamente accessibili (15).

4.5.

Oltre a ciò, gli Stati membri dovrebbero aumentare gli incentivi affinché i consumatori riducano il loro consumo energetico e procedano a ristrutturazioni intelligenti e sostenibili a livello nazionale, regionale e locale, in modo da conseguire l'efficienza energetica e ridurre le loro bollette energetiche. Tali misure, che dovrebbero essere promosse dalla Commissione, andrebbero considerate come integrative, nel senso che non dovrebbero sostituirsi al sostegno finanziario e sociale che deve fungere da rete di sicurezza immediata quando i consumatori risentono temporaneamente e gravemente della volatilità dei prezzi.

4.6.

Tra le altre misure utili potrebbero rientrare l'educazione, la consulenza e la consultazione dei consumatori in materia di energia, le quali dovranno essere ampiamente disponibili ed economicamente accessibili a livello locale (ad esempio attraverso sportelli unici) e sostenute da sovvenzioni. Misure quali i passaporti di ristrutturazione degli edifici (16), i passaporti dell'energia e i contatori intelligenti sono anch'esse potenzialmente in grado di sostenere i consumatori, compresi i proprietari e i locatari di immobili, in questo processo. La consulenza energetica deve essere adattata alle esigenze dei consumatori, dato che la risposta è altamente individuale. In particolare le associazioni dei consumatori e gli enti locali e regionali dovrebbero essere coinvolti nel processo di elaborazione delle misure e di informazione dei consumatori.

4.7.

Poiché la povertà energetica affonda le radici anche nella povertà più generale, è essenziale che la Commissione e gli Stati membri continuino a lavorare per ridurre la povertà in genere, rivolgendo l'attenzione alla popolazione già in condizioni di povertà energetica e a coloro che rischiano di cadere in povertà perché non sono in grado di pagare prezzi dell'energia più elevati. La crisi attuale ci rammenta la costante necessità di migliorare l'accesso all'occupazione e l'inclusione sociale, di garantire condizioni di vita dignitose, dedicando una particolare attenzione a quanti vivono in zone rurali e remote, e di sostenere, più in generale, la crescita economica degli Stati membri. Per migliorare le infrastrutture di interesse generale, i servizi essenziali e i trasporti, è necessario far propria una visione diversa. L'occupazione e le PMI dovrebbero essere sostenute, in particolare nelle zone svantaggiate e in quelle rurali.

4.8.

I processi di valutazione tra pari negli Stati membri e la condivisione delle buone pratiche possono portare a progetti di successo sia in campo sociale sia in quello dell'energia, progetti che possono diffondersi in tutta l'Unione. Si pensi ad esempio ai progetti nel campo dell'efficienza energetica, dell'alfabetizzazione energetica e dell'energia pulita (per fornire alle persone energia da fonti rinnovabili), ma anche alle misure sociali che possono contribuire a ridurre le bollette energetiche e la povertà in generale.

5.   Combattere la povertà energetica investendo in un approvvigionamento energetico equo ed efficiente

5.1.

Il CESE sottolinea l'importanza di investire in un approvvigionamento energetico equo ed efficiente per alleviare, a lungo termine, la povertà energetica. Nell'UE investire nello sviluppo di energie rinnovabili pulite e nella ristrutturazione su vasta scala degli edifici costituisce una necessità, data la carenza strutturale di investimenti a lungo termine in questo campo e le conseguenze climatiche, ambientali, economiche e sociali che ne derivano. Tali investimenti, inoltre, avranno ulteriori effetti positivi per l'economia in termini di creazione di posti di lavoro e innovazione, recando vantaggi ai cittadini dell'UE a breve, medio e lungo termine.

5.2.

Il CESE accoglie con favore la proposta di dotare l'UE di un Fondo sociale per il clima, che affronti con decisione le sfide sociali e distributive derivanti dalla transizione verde (essenziale nella lotta ai cambiamenti climatici) e di incentivare misure volte ad attenuare le conseguenze sociali dello scambio di quote di emissione nei settori dell'edilizia e del trasporto su strada. Tuttavia, osserva che questo fondo da solo potrebbe non essere sufficiente a soddisfare tutte le esigenze di efficienza energetica e i requisiti della transizione, e potrebbe essere rafforzato mediante opportuni interventi nel quadro degli accordi di partenariato nazionali e dei piani per la ripresa e la resilienza.

5.3.

La povertà energetica può essere ridotta agevolando gli investimenti e orientando i finanziamenti verso le energie a fonti rinnovabili. La Commissione dovrebbe collaborare strettamente con gli Stati membri per valutare se il bilancio disponibile soddisfi le esigenze e le richieste e soppesare le opzioni disponibili per sostenere ulteriormente gli Stati membri [ad esempio la proposta, sostenuta da vari membri del Parlamento europeo (17) e dal CESE, di istituire un nuovo Fondo di adeguamento al clima, che potrebbe servire a rafforzare la capacità dell'UE di aiutare gli Stati membri a rispondere in tempi brevi alle emergenze climatiche, ambientali ed energetiche]. Essa dovrebbe tenere conto della ripresa economica e della necessità di salvaguardare lo sviluppo sostenibile delle finanze pubbliche negli Stati membri e nell'UE.

5.4.

Bisogna inoltre continuare a utilizzare il nuovo quadro finanziario pluriennale e lo strumento per la ripresa NextGenerationEU per combattere la povertà energetica nel periodo post COVID-19. Il CESE osserva che l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha reso persino più urgente per l'UE garantire una rapida transizione verso l'energia pulita, per rendersi indipendente dai combustibili fossili importati, accrescere la resilienza del sistema energetico e garantire a tutti i cittadini europei l'accesso a un approvvigionamento energetico equo ed efficiente, realizzando nel contempo gli obiettivi climatici dell'Unione. Il CESE sottolinea che la guerra in Ucraina e l'attuale contesto geopolitico non dovrebbero portare l'UE a trascurare la sua missione di conseguire degli obiettivi sociali e ambientali, che costituiscono la base per costruire una forza economica a lungo termine.

5.5.

L'UE e gli Stati membri devono garantire che i fondi disponibili sostengano investimenti su vasta scala nelle energie rinnovabili e nell'efficienza energetica, nella ristrutturazione degli edifici, nelle sovvenzioni per l'isolamento termico delle abitazioni e in alloggi sociali a prezzi accessibili ed efficienti sotto il profilo energetico, nonché in progetti di edilizia abitativa di prossimità. È evidente che sono necessari ingenti investimenti privati, e che a tal fine occorre creare un contesto normativo e finanziario ad essi favorevole. Gli Stati membri, in collaborazione con gli enti locali e regionali, dovrebbero dare priorità a una ristrutturazione profonda che porti a un risparmio energetico superiore al 60 % (18) e sostenere lo sviluppo di manodopera qualificata.

5.6.

Il Fondo di coesione e il meccanismo per una transizione giusta potrebbero fornire risorse alle regioni e alle comunità più colpite dalla transizione verso l'energia pulita. La Commissione dovrebbe anche continuare a finanziare progetti sulla povertà energetica nel quadro di Orizzonte Europa e del sottoprogramma Transizione all'energia pulita del programma LIFE. Si potrebbero ad esempio utilizzare i finanziamenti per la ricerca a titolo di Orizzonte Europa per sviluppare dispositivi e tecnologie a prezzi accessibili destinati a ridurre il consumo energetico delle famiglie. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero, attraverso i fondi dell'UE, incoraggiare le imprese e le iniziative private a sviluppare innovazioni e tecnologie adeguate per l'efficienza energetica.

5.7.

Il CESE invita inoltre la Commissione e gli Stati membri a far sì che la strategia Ondata di ristrutturazioni sia attuata in modo da sostenere i gruppi a basso reddito, assicurandosi che le persone più vulnerabili dispongano di fondi sufficienti per investire nell'efficienza energetica, dando la priorità agli edifici con le prestazioni energetiche peggiori e contrastando in tal modo l'esclusione abitativa. Dovrebbe essere previsto un aumento sostanziale dei finanziamenti dell'UE, in particolare per gli attori sul campo, ai fini della ristrutturazione degli edifici e della produzione decentrata di energie rinnovabili. Destinatarie prioritarie dovrebbero essere le famiglie vulnerabili già in condizioni di povertà o a rischio di povertà energetica. A tal fine, sarebbe necessario fornire, nell'ambito del Fondo sociale per il clima, risorse in grado di compensare l'ampliamento del sistema di scambio delle quote di emissione. Inoltre gli Stati membri dovrebbero aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili e nell'efficienza energetica. Ad esempio, con i suoi costi variabili prossimi allo zero, l'impiego di fonti di energia rinnovabili come l'eolico e il solare potrebbe tradursi in prezzi di mercato all'ingrosso più bassi (19).

5.8.

La riqualificazione e il miglioramento delle competenze svolgeranno un ruolo importante ai fini della trasformazione verde, dell'ondata di ristrutturazioni e dell'aumento dell'efficienza energetica. Ai fini dell'elaborazione di strategie concrete per monitorare e anticipare le esigenze in termini di competenze, miglioramento delle competenze e riqualificazione professionale dei lavoratori dei settori colpiti, il CESE richiama l'attenzione sui risultati dei progetti delle parti sociali in questo campo (20).

5.9.

Anche al settore privato spetta un ruolo vitale nella promozione dell'imprenditorialità e degli investimenti necessari, anche al fine di promuovere lo sviluppo di competenze verdi per accelerare la transizione verde e ridurre la povertà energetica. Occorre aumentare notevolmente i partenariati pubblico-privato e i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo, nonché fornire maggiore assistenza tecnica alle PMI, al fine di soddisfare standard ambientali quali gli audit energetici. Gli Stati membri dovrebbero inoltre condividere le buone pratiche per incoraggiarne la diffusione.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/-/ddn-20211105-1

(2)  Fonte della serie di dati: prc_hicp_manr.

(3)  Statistics on young people neither in employment nor in education or training («Statistiche sui giovani che non hanno un lavoro né seguono un percorso scolastico o formativo»).

(4)  REPowerEU: azione europea comune per un'energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili (8 marzo 2022).

(5)  La Commissione ha riconosciuto l'impatto negativo degli elevati prezzi dell'energia sull'economia, compresa la competitività delle imprese, e la Banca centrale europea ha stimato (prima dell'invasione russa) che gli shock dovuti a tali prezzi avrebbero ridotto la crescita del PIL di circa mezzo punto percentuale nel 2022. REPowerEU: azione europea comune per un'energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili (8 marzo 2022).

(6)  Dalle statistiche dell'UE sul reddito e le condizioni di vita (EU SILC) per il 2020, le cui variabili riguardano le dichiarazioni degli interpellati circa la capacità di riscaldare adeguatamente la loro abitazione, la precarietà delle condizioni abitative e i ritardi nel pagamento delle bollette energetiche, risulta che la povertà energetica, pur essendo presente in ogni parte dell'UE, ha un'incidenza particolarmente elevata nei paesi dell'Europa orientale e meridionale.

(7)  L'articolo 2, paragrafo 49, della proposta di rifusione della direttiva sull'efficienza energetica definisce la povertà energetica come «l'impossibilità per una famiglia di accedere ai servizi energetici essenziali a un tenore di vita dignitoso e alla salute, compresa un'erogazione adeguata di calore, raffrescamento, illuminazione ed energia per alimentare gli apparecchi, nel rispettivo contesto nazionale, della politica sociale esistente e delle altre politiche pertinenti».

(8)  https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_1511

(9)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32022D0589

(10)  COM(2020) 662 final.

(11)  https://energy-poverty.ec.europa.eu/energy-poverty-observatory/indicators_en

(12)  Ad esempio, la definizione di (famiglie che versano in) povertà energetica proposta nel corso dei negoziati in seno al Parlamento europeo sulla proposta di un Fondo sociale per il clima, era: «famiglie situate nei decili di reddito più bassi, le quali spendono per l'energia un importo superiore al doppio del rapporto mediano tra i costi dell'energia e il reddito disponibile al netto dei costi abitativi».

(13)  Giovanni Sgaravatti, Simone Tagliapietra e Georg Zachmann, National fiscal policy responses to the energy crisis, Bruegel, 8 febbraio 2022.

(14)  Parere del CESE sul tema Risposta all'aumento dei prezzi dell'energia (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 80).

(15)  Parere del CESE sul tema Risposta all'aumento dei prezzi dell'energia (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 80).

(16)  https://www.bpie.eu/publication/renovation-passports/

(17)  Regional development MEPs suggest to set-up a Climate Change Adaptation Fund (Membri della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo propongono di istituire un Fondo per l'adattamento ai cambiamenti climatici), Attualità — Parlamento europeo.

(18)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019H0786&from=IT

(19)  Si stima ad esempio che l'aumento della quota di energia elettrica da fonti rinnovabili sia stato responsabile, a parità di altre condizioni, di un calo del 24 % dei prezzi dell'energia elettrica a pronti in Germania nel periodo 2008-2015 e del 35 % in Svezia nel periodo 2010-2015 (Hirth, 2018).

(20)  Parere del CESE sul tema Risposta all'aumento dei prezzi dell'energia (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 80).


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/95


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il dialogo sociale nell'ambito della transizione verde»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza ceca)

(2022/C 486/14)

Relatrice:

Lucie STUDNIČNÁ

Consultazione

Presidenza ceca del Consiglio, 26.1.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

5.9.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

162/1/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Affrontare l'emergenza climatica è diventata una delle massime priorità politiche. Oggi il modello economico nato dopo la rivoluzione industriale è oggetto di una profonda revisione. La colossale trasformazione necessaria per il passaggio ad un'economia circolare, digitalizzata e climaticamente neutra comporta notevoli sforzi di adattamento. L'aggressione russa contro l'Ucraina non ha fatto che rendere questa transizione ancora più necessaria, gravando al tempo stesso la società di costi e oneri enormi.

1.2.

In quanto parte integrante del modello sociale europeo, e anche in quanto leva della competitività dell'Europa, il dialogo sociale deve essere significativo a tutti i livelli: europeo, nazionale, settoriale, regionale e sul luogo di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero riconoscere non solo il valore del dialogo sociale, ma anche che esso apporta un valore aggiunto ed è una componente importante del processo decisionale. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che tale dialogo dev'essere rafforzato e attivamente promosso. Ciò significa anche che le parti sociali devono disporre delle competenze adeguate ed avere accesso al sostegno di esperti.

1.3.

Pertanto, un forte coinvolgimento dei sindacati e delle confederazioni dei datori di lavoro attraverso un solido dialogo sociale e la partecipazione della società civile devono costituire parte integrante del quadro strategico complessivo di riferimento per l'azione per il clima. Gli Stati membri devono fare di più per coinvolgere i lavoratori nella transizione verso una società sostenibile e per assicurarne l'adesione a tale processo: un compito, questo, che non spetta soltanto agli Stati membri, ma anche alle istituzioni dell'UE.

1.4.

I sindacati svolgono un ruolo fondamentale nel preparare i lavoratori e rappresentarli nel processo di trasformazione socio-ecologica; di conseguenza occorre assicurare lo svolgimento di un dialogo sociale attivo e coerente per far sì che l'azione per il clima sia vantaggiosa per i lavoratori, renda giusta la transizione e non lasci davvero indietro nessuno.

1.5.

Il dialogo sociale deve essere accompagnato da un dialogo civile permanente e solido, in particolare con la società civile organizzata, e dal coinvolgimento delle parti interessate. Per una transizione giusta verso un'economia a zero emissioni nette, è importante costruire società più eque, eliminare la povertà alla radice e affrontare i problemi di adattamento propri del processo di transizione verde. Le organizzazioni della società civile rappresentano milioni di persone in condizioni di vulnerabilità e tutti coloro che sono sistematicamente esclusi, e costituiscono pertanto una voce importante di cui occorre tenere conto nelle decisioni sulla transizione. Una stretta cooperazione con il Comitato delle regioni sulla questione consentirebbe di integrarvi la dimensione regionale.

1.6.

È della massima importanza dare la priorità ai temi della giustizia sociale e dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali. Inoltre, l'UE deve promuovere e sostenere attivamente la contrattazione collettiva affinché i lavoratori possano creare luoghi di lavoro sostenibili e posti di lavoro verdi, competitivi e dignitosi. Seguendo questi principi l'UE sta non solo diventando più giusta e più equa, ma anche rafforzando la propria competitività e resilienza.

1.7.

È fondamentale che tutti i posti di lavoro creati durante la transizione siano conformi alla dichiarazione dell'OIL sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro, che sancisce, tra l'altro, il diritto a un lavoro dignitoso, la libertà di associazione e di contrattazione collettiva, la non discriminazione, il divieto del lavoro forzato e minorile e l'eliminazione della violenza e delle molestie sul lavoro.

1.8.

Il CESE propone di realizzare una mappatura sistematica del funzionamento del dialogo sociale negli Stati membri e ritiene anche necessari nuovi studi comparativi per esaminare il ruolo del dialogo sociale nell'ambito dei piani nazionali per l'energia e il clima (PNEC), ad esempio nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR).

1.9.

Come parte dello sforzo complessivo per rafforzare la dimensione sociale del Green Deal europeo, occorre sostenere attivamente e potenziare, con incentivi e finanziamenti, le strutture di dialogo sociale, rivolgendo una particolare attenzione agli Stati membri e ai settori in cui queste strutture sono deboli.

1.10.

In linea con la raccomandazione non vincolante del Consiglio relativa alla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica, il CESE sottolinea che agli Stati membri andrebbero forniti degli orientamenti su come affrontare gli impatti sociali e occupazionali della transizione. Si dovrebbero prendere in considerazione delle proposte — tra cui quella avanzata nel parere del CESE sul tema «Pronti per il 55 %»: realizzare l'obiettivo climatico dell'UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica (1) — per incoraggiare i paesi dell'UE a istituire delle «commissioni per una transizione giusta».

1.11.

Il CESE insiste sull'importanza di un'informazione e consultazione tempestive durante il processo di ristrutturazione. I diritti di informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori devono essere rafforzati a tutti i livelli dell'amministrazione dell'UE, nazionale e locale, conformemente alla direttiva sui diritti di consultazione e di partecipazione (2). Si dovrebbe evitare di adottare decisioni senza una consultazione preliminare e andrebbe introdotto l'obbligo di fornire informazioni in anticipo.

2.   Osservazioni generali

Contesto di riferimento

2.1.

L'elaborazione del presente parere esplorativo è stata chiesta dalla presidenza ceca del Consiglio dell'UE per valutare la dimensione sociale del Green Deal europeo, e segnatamente il ruolo del dialogo sociale.

2.2.

Affrontare l'emergenza climatica è diventata una delle massime priorità politiche. L'intero sistema della produzione e del consumo è oggetto di una profonda revisione. Benché i benefici che derivano da questa trasformazione verso un'economia circolare, digitalizzata e climaticamente neutra siano indiscutibili, tale transizione comporta notevoli sforzi di adattamento e costi enormi per la società.

2.3.

Questo fondamentale processo di ristrutturazione che le nostre economie devono realizzare nell'arco di pochi decenni per arrivare all'azzeramento delle emissioni nette è guidato dalle politiche e avrà effetti molto diversi sui gruppi di popolazione con caratteristiche socioeconomiche distinte, oltre che sulle imprese, in particolare sulle PMI. I decisori politici devono assumersi l'enorme responsabilità di affrontare tali questioni.

2.4.

I cambiamenti climatici generano certamente nuove disuguaglianze e le misure di mitigazione di tali cambiamenti e di adattamento ad essi, se applicate senza adottare strategie per una transizione giusta, potrebbero creare vincitori e vinti. Riconoscendo questo rischio, l'annuncio del Green Deal europeo nel 2019 prevedeva degli impegni a «non lasciare indietro nessuno».

2.5.

Il processo di transizione in corso è stato ulteriormente aggravato da due eventi straordinari: la crisi della COVID-19 e un cambiamento fondamentale del contesto geopolitico in Europa dovuto all'aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina. Entrambi gli eventi hanno aggravato gli oneri sulla società nel breve termine, ma potrebbero al tempo stesso contribuire anche ad accelerare la trasformazione.

Dialogo sociale

2.6.

Negli ultimi decenni i grandi cambiamenti nei mezzi di produzione sono stati spesso all'origine di problemi di adattamento o di transizione, in particolare quando tali cambiamenti hanno creato posti di lavoro meno sicuri e scarsamente retribuiti, generando un gran numero di esclusi da un lavoro dignitoso, ad esempio le donne e gli appartenenti a comunità vulnerabili. Bisogna quindi affrontare una serie di problemi legati alla transizione (questioni quali la contrattualizzazione, le forme di lavoro precario, la privatizzazione e le ristrutturazioni), per realizzare un'economia giusta che abbia eliminato la povertà alla radice. Questo problema viene esaminato anche nella raccomandazione del Consiglio relativa alla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica, adottata dal Consiglio «Occupazione e affari sociali» del 16 giugno 2022.

2.7.

La promozione del dialogo sociale è sancita dal Trattato sul funzionamento dell'UE. L'iniziativa «Un nuovo inizio per il dialogo sociale» (2016) ha riconosciuto l'importanza di tale dialogo per la ripresa e la competitività. In alcuni pareri (3) e in una risoluzione (4) il CESE ha sottolineato di recente l'importanza del dialogo sociale nelle trasformazioni correlate.

2.8.

Il dialogo sociale ha poi dimostrato di poter apportare un contributo positivo a un processo di ristrutturazione riuscito: le aziende in cui si svolge un dialogo sociale ben funzionante, infatti, ottengono risultati migliori, sono più competitive e più resilienti, e offrono salari più elevati.

2.9.

Il CESE sottolinea che tutti i livelli di dialogo sociale — europeo, nazionale, settoriale, regionale e sul luogo di lavoro — svolgono funzioni essenziali, ma distinte, nel gestire e facilitare la trasformazione verde. Tuttavia, le strutture e le istituzioni a questi vari livelli presentano punti di forza molto diversi.

2.10.

Il dialogo sociale deve essere accompagnato da un dialogo civile permanente e solido, in particolare con la società civile organizzata, e dal coinvolgimento delle parti interessate. Per una transizione giusta verso un'economia a zero emissioni nette, è importante costruire società più eque, eliminare la povertà alla radice e affrontare i problemi di adattamento propri del processo di transizione verde. Le organizzazioni della società civile rappresentano milioni di persone in condizioni di vulnerabilità e tutti coloro che sono sistematicamente esclusi, e costituiscono pertanto una voce importante di cui occorre tenere conto nelle decisioni sulla transizione. Una stretta cooperazione con il Comitato delle regioni sulla questione consentirebbe di integrarvi la dimensione regionale.

2.11.

Le istituzioni e gli attori del dialogo sociale presentano livelli differenti di capacità e influenza nei vari Stati membri, in parte a causa dei differenti modelli nazionali in materia di relazioni sociali e industriali, ma in alcuni casi le politiche e le raccomandazioni in materia di decentramento adottate in seguito alla crisi finanziaria e alla crisi della zona euro hanno attivamente contribuito a indebolire tali capacità e influenza. Il CESE sottolinea che il buon funzionamento del dialogo sociale è una componente importante dell'economia sociale di mercato europea e si compiace che la Commissione europea lo abbia riconosciuto, da ultimo nelle sue raccomandazioni rivolte al Consiglio.

2.12.

Come parte dello sforzo complessivo per rafforzare la dimensione sociale del Green Deal europeo, occorre sostenere attivamente e potenziare le strutture di dialogo sociale, rivolgendo una particolare attenzione agli Stati membri e ai settori in cui queste strutture sono deboli.

Transizione giusta

2.13.

Una transizione giusta significa che l'atto di affrontare gli effetti sia occupazionali che distributivi del passaggio a un'economia a zero emissioni nette dovrebbe essere considerato parte integrante del quadro per le politiche sul clima (ad esempio il pacchetto «Pronti per il 55 %») e non dovrebbe tradursi soltanto in una serie di ulteriori misure correttive. Queste problematiche presentano tutta una gamma di dimensioni differenti, come gli effetti distributivi delle politiche di decarbonizzazione, la perdita di posti di lavoro e le transizioni occupazionali, la tutela dei diritti sociali di base e l'inclusione dei cittadini e della società civile organizzata nel processo decisionale.

2.14.

Il Fondo per una transizione giusta e il Fondo sociale per il clima proposto nell'ambito del pacchetto «Pronti per il 55 %» sono alcune delle principali misure annunciate finora dall'UE per attenuare l'impatto della transizione sulle regioni più colpite, sulle imprese e sulle persone vulnerabili. Il CESE si compiace che la Commissione europea abbia proposto anche una raccomandazione del Consiglio relativa alla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica, onde fornire orientamenti agli Stati membri su come affrontare gli impatti sociali e occupazionali della transizione.

2.15.

Il banco di prova di una «transizione giusta» sarà costituito dall'efficacia con cui verranno affrontati i problemi di adattamento delle imprese, dei lavoratori e dei cittadini in generale, promuovendo ad esempio la ristrutturazione delle attività delle aziende, il miglioramento del livello di competenze e la riqualificazione professionale della forza lavoro ed evitando la povertà energetica e di mobilità, per fare in modo che nessuno sia lasciato indietro; e in particolare dalla misura in cui le donne e gli uomini i cui posti di lavoro saranno soppressi, declassati o in altro modo minacciati verranno coinvolti, riceveranno la garanzia di un avvenire proficuo, soddisfacente e sicuro in un impiego di buona qualità, e saranno assistiti nel loro percorso di sviluppo personale per essere in grado di ricoprire tali ruoli.

2.16.

È impossibile sottovalutare la portata di una tale sfida, Essa richiederà lo sviluppo di obiettivi economici e sociali ben ponderati e integrati nel medio e lungo periodo al fine di garantire la produttività e l'inclusione, tenendo debitamente conto delle specificità dei vari Stati membri e coinvolgendo le parti sociali a livello nazionale, regionale e locale in tutte le fasi del processo di elaborazione delle politiche, anche — laddove opportuno — attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva. Questi comporteranno un deliberato e consapevole riorientamento delle risorse a livello nazionale e centrale verso le aree e le regioni interessate. Oltre a stimolare nuovi investimenti con la fornitura di sovvenzioni, prestiti e competenze specifiche, e ad assistere le MPMI (microimprese e piccole e medie imprese) nel loro funzionamento, gli aiuti alle start-up (imprese in fase di avviamento) possono prendere anche la forma di partecipazioni al capitale, mentre potrebbero essere create anche nuove aziende pubbliche. In aggiunta all'impegno ad investire risorse pubbliche, occorrerà pervenire ad una flessibilità ottimale delle norme in materia di aiuti di Stato e persino, in determinate circostanze, procedere alla loro sospensione.

2.17.

È fondamentale che questo processo di ristrutturazione su vasta scala, che prevede la trasformazione di decine di milioni di posti di lavoro in Europa, avvenga in modo equilibrato e sia ben gestito e lungimirante; un dialogo sociale ben funzionante è essenziale per raggiungere questo obiettivo. Il Fondo per una transizione giusta, destinato a sostenere i lavoratori nella transizione verso un nuovo posto di lavoro, dovrebbe disporre sia di maggiori risorse che di un ambito di applicazione più esteso, con misure mirate a specifici settori.

2.18.

Le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile — economica, sociale e ambientale — sono strettamente interconnesse e devono essere affrontate avvalendosi di un quadro politico globale e coerente. Le linee guida 2015 dell'OIL per una transizione giusta forniscono un insieme di strumenti pratici per i governi e le parti sociali nella gestione di questo processo di trasformazione.

2.19.

Le suddette linee guida sottolineano che un consenso sociale forte sull'obiettivo e sui percorsi da seguire verso la sostenibilità è fondamentale. Il dialogo sociale deve essere parte integrante del quadro istituzionale per l'elaborazione e l'attuazione delle politiche a tutti i livelli. Sono opportune consultazioni adeguate, informate e continue con tutte le pertinenti parti interessate.

Il dialogo sociale nell'ambito della transizione verde

2.20.

È opportuno che il dialogo sociale non venga ridotto ad una pura formalità, ma che al contrario esso sia significativo a tutti i livelli: europeo, nazionale, settoriale, regionale e sul luogo di lavoro. Ciò significa anche che le parti sociali devono disporre delle competenze adeguate ed avere accesso al sostegno di esperti.

2.21.

Il CESE riconosce che all'interno dell'UE si riscontra una notevole disomogeneità tra le istituzioni responsabili del dialogo sociale, per via delle differenze tra i modelli e le tradizioni a livello nazionale e di relazioni industriali nei singoli Stati membri.

2.22.

Il CESE propone di realizzare una mappatura e un monitoraggio sistematici del funzionamento del dialogo sociale negli Stati membri (5) e ritiene anche necessari nuovi studi comparativi per valutare e monitorare il ruolo del dialogo sociale nell'ambito dei piani nazionali per l'energia e il clima (PNEC), ad esempio nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR).

2.23.

A giudizio del CESE, le iniziative in corso volte ad affrontare le sfide sociali della trasformazione verde rimangono tuttora frammentarie. Il meccanismo per una transizione giusta presenta dei limiti e riguarda solo una piccola parte del processo di transizione. Il Fondo sociale per il clima proposto avrà portata e finalità limitate e sarà destinato soprattutto a bilanciare gli effetti distributivi regressivi del sistema di scambio di quote di emissione ETS2 previsto per i settori dei trasporti e dell'edilizia (cfr. in particolare il parere del CESE sul Fondo sociale per il clima (6)). Il CESE valuta certo positivamente la raccomandazione del Consiglio relativa alla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica, ma osserva anche che questo testo, non vincolante, non offre la piattaforma politica globale di cui l'UE ha bisogno per affrontare gli effetti della transizione sui lavoratori, sulle regioni e sulle persone vulnerabili che subiscono quelle ripercussioni.

2.24.

Il CESE sottolinea che l'UE deve disporre di un quadro di riferimento robusto che garantisca condizioni di parità per la gestione della transizione. Tale solido quadro di riferimento dell'UE per una transizione giusta dovrebbe, tra l'altro, affrontare la questione dell'anticipazione e della gestione del cambiamento nella trasformazione verde, attraverso una partecipazione significativa dei lavoratori, delle imprese e dei cittadini in generale.

2.25.

Il CESE insiste sull'importanza di un'informazione e consultazione tempestive durante il processo di ristrutturazione. Si dovrebbe evitare di adottare decisioni senza una consultazione preliminare e andrebbe introdotto l'obbligo di fornire informazioni in anticipo.

2.26.

Il CESE chiede di promuovere il dialogo sociale e il coinvolgimento delle parti interessate a tutti i livelli, e di garantire che i nuovi posti di lavoro verdi siano di qualità, conformemente all'agenda per il lavoro dignitoso dell'OIL e al pilastro europeo dei diritti sociali. Conformemente allo spirito della raccomandazione del Consiglio relativa alla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica, e facendo riferimento anche al parere del CESE sul Fondo sociale per il clima, un Fondo sociale per il clima dovrebbe affrontare uno spettro più ampio di effetti distributivi determinati dalle politiche climatiche con misure mirate contro la precarietà energetica e dei trasporti, sostenendo e favorendo l'accessibilità, anche economica, delle tecnologie a basse emissioni di carbonio per le famiglie a basso reddito.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

Il CESE ritiene essenziale riconoscere che esiste una complementarità tra le politiche climatiche, ambientali e sociali. La dimensione sociale dovrebbe essere parte integrante di un quadro globale per la politica climatica, dalla fase di concezione fino a quella di attuazione, e questo riguarda l'intero processo del Green Deal europeo e tutte le concrete politiche di attuazione a titolo del pacchetto «Pronti per il 55 %».

3.2.

Il CESE riconosce inoltre che questo processo di ristrutturazione avrà un enorme impatto sull'occupazione, sui rapporti di lavoro e sulla distribuzione del reddito. Gli effetti saranno avvertiti in tutti gli ambiti della società e dell'economia, dal livello transnazionale a quello del luogo di lavoro, e il dialogo sociale dovrebbe fornire un contributo centrale alla gestione lungimirante di tale processo.

3.3.

Il CESE accoglie con favore il solido e ambizioso quadro strategico per il clima adottato dalla Commissione europea nell'ambito del Green Deal europeo, sostenuto da corrispondenti misure legislative, ma sottolinea anche che, malgrado tutte le dichiarazioni positive al riguardo, la dimensione sociale del Green Deal è tuttora sviluppata in misura insufficiente.

3.4.

Lo sviluppo di tale dimensione dipende soprattutto dagli Stati membri dell'UE e dalle parti sociali nazionali, dato che sono nella posizione migliore per comprendere la situazione e proporre misure a livello locale, regionale e nazionale. Tuttavia, le sfide sociali e occupazionali della transizione verde comprendono tutta una gamma di dimensioni differenti, come la perdita di posti di lavoro e le transizioni occupazionali, la riqualificazione e il perfezionamento professionale della forza lavoro, gli effetti distributivi delle politiche di decarbonizzazione, nonché la tutela dei diritti sociali e la partecipazione dei cittadini. Sono quindi necessarie azioni e misure coordinate a livello dell'UE per accompagnare e sostenere le iniziative in ambito nazionale. Se non vengono opportunamente trattate a un livello adeguato, è probabile che le misure di mitigazione dei cambiamenti climatici accrescano e aggravino le disuguaglianze sociali.

Fare della transizione giusta una realtà — requisiti in materia di governance/normativi per rafforzare il dialogo sociale

3.5.

Le transizioni nel mercato del lavoro, i piani sociali e i percorsi verso nuovi posti di lavoro sostenibili e dignitosi, insieme a un impegno a lungo termine a favore dello sviluppo regionale e della comunità, sono tutti elementi essenziali di una tabella di marcia per una transizione giusta.

3.6.

Andrebbe promossa l'istituzione di programmi di formazione adattati alle esigenze individuali e del mercato del lavoro ed offerti da centri per la transizione occupazionale con finalità particolari. Ciò richiede un impegno in un dialogo sociale proattivo a livello di comunità e regione, in cooperazione con tutte le parti interessate. I sindacati e i datori di lavoro dovrebbero agire di concerto per sostenere i programmi di transizione occupazionale.

3.7.

A differenza della serie coordinata e ad ampio raggio di misure vincolanti in materia di ambiente, gli elementi sociali del pacchetto «Pronti per il 55 %» mancano di omogeneità e la proposta di raccomandazione del Consiglio non ha effetti giuridici vincolanti.

3.8.

È necessario rafforzare queste caratteristiche e il dialogo sociale dovrebbe diventare una componente obbligatoria delle principali politiche nazionali adottate per conseguire gli obiettivi della politica climatica entro il 2050, tra l'altro nell'ambito dei PNEC, dei PNRR e dei piani per una transizione giusta.

3.9.

Affinché il dialogo sociale sia fruttuoso, fattori importanti sono la fiducia reciproca e l'ambizione comune di raggiungere risultati che apportino un valore aggiunto a tutte le parti in causa.

3.10.

In alcuni Stati membri dell'UE questo tipo di dialogo sociale esiste già, mentre in altri è assente. In quest'ultimo caso, si dovrebbe promuovere attivamente lo svolgimento di tale dialogo, ad esempio imponendo una tempestiva condivisione di determinate informazioni e offrendo il dialogo sociale come strumento per risolvere diverse questioni di diritto amministrativo e del lavoro, nonché favorendo l'accesso ai finanziamenti, facilitando le decisioni di pianificazione, le licenze edilizie, ecc. Per impedire gli abusi, questi vantaggi dovrebbero essere collegati all'obbligo di conseguire dei risultati.

3.11.

Il CESE è consapevole che in alcuni Stati membri l'adozione del dialogo sociale sarà una questione di cambiamento culturale che potrebbe richiedere un certo tempo, ma è convinto che valga senz'altro la pena di investire tempo e fatica per raggiungere l'obiettivo.

3.12.

La dimensione sociale del Green Deal europeo deve essere collegata al pilastro europeo dei diritti sociali, e trovare riscontro nel processo del semestre europeo.

3.13.

Nel febbraio 2021 la Commissione europea ha pubblicato una relazione (7) sul rafforzamento del dialogo sociale, che è confluita nel piano d'azione per l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, presentato nel marzo 2021. Nel piano d'azione la Commissione si impegna a presentare nel 2022 un'iniziativa a sostegno del dialogo sociale a livello dell'UE e nazionale. Il CESE è fermamente convinto che queste raccomandazioni della Commissione attese tra breve contribuiranno in misura sostanziale al conseguimento di tale obiettivo.

Bruxelles, 21 settembre 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 275 del 18.7.2022, pag. 101.

(2)  GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29.

(3)  Parere del CESE sul tema La transizione industriale verso un'economia europea verde e digitale: requisiti normativi e il ruolo delle parti sociali e della società civile (GU C 56 del 16.2.2021, pag. 10); parere del CESE sul tema Nessun Green Deal senza Social Deal (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 23); parere del CESE sul tema Il dialogo sociale quale pilastro importante della sostenibilità economica e della resilienza delle economie alla luce dell'influenza del vivace dibattito pubblico negli Stati membri (GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 14).

(4)  Risoluzione sulle proposte del CESE per la ricostruzione e la ripresa dopo la crisi della COVID-19: «L'UE deve essere guidata da un principio: quello di essere considerata una comunità unita da un destino comune», basate sui lavori del sottocomitato Ripresa e ricostruzione dopo la pandemia di COVID-19 (GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1).

(5)  Risoluzione del CESE (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 1); parere del CESE (GU C 220 del 9.6.2021, pag. 38).

(6)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 158.

(7)  Report on strengthening EU social dialogue (Relazione sul rafforzamento del dialogo sociale nell'UE), elaborato da Andrea Nahles.


ALLEGATO I

Il seguente emendamento, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni:

Punto 2.25

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE insiste sull'importanza di un'informazione e consultazione tempestive durante il processo di ristrutturazione. Si dovrebbe evitare di adottare decisioni senza una consultazione preliminare e andrebbe introdotto l'obbligo di fornire informazioni in anticipo.

Il CESE insiste sull'importanza di un'informazione e consultazione tempestive durante il processo di ristrutturazione. Si dovrebbe evitare di adottare decisioni senza una consultazione preliminare e fornire informazioni in anticipo dovrebbe diventare prassi corrente, conformemente alla già citata raccomandazione del Consiglio .

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

55/95/0


21.12.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 486/102


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul ruolo dell'energia nucleare nella stabilità dei prezzi dell'energia nell'UE

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza ceca del Consiglio dell'UE)

(2022/C 486/15)

Relatrice:

Alena MASTANTUONO

Consultazione

Presidenza ceca del Consiglio dell'UE, lettera del 26.1.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Parere esplorativo

Decisione dell'Assemblea plenaria

21.9.2022

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sezione

7.9.2022

Adozione in sessione plenaria

21.9.2022

Sessione plenaria n.

572

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

143/73/42 (votazione per appello nominale — cfr. allegato II)

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Prezzi dell'energia stabili e accessibili sono essenziali per preservare sia il potere d'acquisto delle famiglie che la competitività e la resilienza del tessuto industriale europeo. Dopo un decennio di prezzi relativamente stabili delle importazioni di energia e di aumenti dei prezzi alla produzione interna relativamente modesti, pari allo 0,9 %, tra il 2010 e il 2019, in Europa si è registrato, a partire dalla seconda metà del 2021, un forte aumento dei prezzi dell'energia. La guerra in Ucraina ha accresciuto la volatilità di tali prezzi, e aumentato l'incertezza dell'approvvigionamento energetico.

1.2.

L'Europa affronta adesso una duplice sfida: la necessità di lottare contro i cambiamenti climatici e l'esigenza di garantire un approvvigionamento energetico stabile a prezzi economicamente accessibili. Come afferma la Commissione nel suo piano REPowerEU, la sfida consiste nel ridurre in tempi brevi la nostra dipendenza dai combustibili fossili importati dalla Russia portando avanti rapidamente la transizione pulita e unendo le forze per conseguire un sistema energetico più resiliente e un'autentica Unione dell'energia. La soluzione ha tre dimensioni temporali. Il nodo della prospettiva a breve termine consiste principalmente nel risolvere la situazione con l'approvvigionamento di energia, in quanto un'eventuale carenza potrebbe aggravare ulteriormente l'aumento dei prezzi. L'attuale situazione del mercato è influenzata da fattori dal lato dell'offerta attuali e attesi. È necessario quindi utilizzare tutte le fonti energetiche disponibili nell'UE, secondo quanto indicato nel piano REPowerEU. Si tratta di uno scenario di crisi, il cui scopo principale è quello di garantire l'approvvigionamento energetico. La prospettiva a medio termine consente un maggiore rispetto della sostenibilità e dell'equilibrio delle risorse energetiche, mentre la prospettiva a lungo termine, a condizione che i rischi geopolitici per la sicurezza siano ridotti, implicherà il perseguimento di obiettivi ecologici (o «verdi»).

1.3.

I costi aggiuntivi per la protezione e la sicurezza dovuti alla guerra minacciano di contribuire in modo sostanziale all'aumento dei prezzi dell'energia. A breve termine, le centrali nucleari già esistenti negli Stati membri dell'UE che hanno scelto di includere l'energia nucleare nel loro mix energetico contribuiranno, laddove sia tecnicamente fattibile, alla stabilità dell'approvvigionamento energetico, che incide in larga misura sulla stabilità dei prezzi. Senza la capacità nucleare attualmente esistente, lo shock al sistema energetico causato dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia sarebbe certamente ancora maggiore.

1.4.

L'energia nucleare, in quanto fonte di energia elettrica a basse emissioni, è disponibile su richiesta quale complemento al ruolo guida delle rinnovabili, come l'energia eolica e solare, nel processo di transizione verso sistemi elettrici a zero emissioni nette. Il CESE fa presente che l'energia nucleare, in quanto carico energetico di base stabile, può, in questo periodo, contribuire a un approvvigionamento stabile. I costi marginali dell'energia nucleare sono stabili e assai inferiori a quelli delle centrali a gas e a carbone. Le centrali nucleari non generano quantità significative di emissioni di CO2 quando sono in funzione e quindi i loro costi marginali, come per le energie rinnovabili, non comprendono il costo di tali emissioni e non risentono della volatilità dei prezzi fissati per il carbonio, come si è potuto constatare nel 2021, quando il prezzo del carbonio è aumentato di oltre il 200 %. La volatilità nel sistema ETS dell'UE incide in modo significativo sui prezzi del gas e del carbone nel mercato dell'UE.

1.5.

Da un punto di vista normativo, i prezzi dell'energia elettrica sul mercato all'ingrosso dell'UE sono fissati in base all'ordine di merito, secondo cui l'ultima centrale elettrica determina il prezzo. Nella maggior parte dei casi di comportamento standard di mercato, il prezzo sul mercato a pronti (spot market price) è determinato dal gas o dal carbone. Ciò significa che l'energia nucleare non influisce sui prezzi dell'energia sul mercato a pronti, tranne nei casi in cui il mix energetico comprenda una quota elevata di fonti a basse emissioni. Tuttavia, il mercato a pronti rappresenta solo una quota delle vendite sul mercato. Spesso le imprese del settore energetico vendono forniture fisiche di energia elettrica sulla base di contratti bilaterali. In tal caso, diversi modelli di finanziamento e contratti bilaterali utilizzati negli Stati membri dell'UE che includono l'energia nucleare nel loro mix energetico contribuiscono a stabilizzare il prezzo dell'energia per il cliente.

1.6.

L'attuale crisi energetica ha influenzato il funzionamento del mercato dell'energia elettrica dell'UE distorcendone le norme di base per via del numero di interventi intesi ad attenuare i prezzi elevati dell'energia o a ridurre in modo significativo la domanda. Tale situazione rimanda all'importante correlazione tra diminuzione dell'offerta e aumento della domanda che spinge al rialzo i prezzi dell'energia. Con un approvvigionamento più robusto da fonti energetiche stabili a basse emissioni di carbonio, i prezzi dell'energia saranno meno volatili e, grazie all'interconnessione dei mercati nazionali dell'energia, i benefici ricavati saranno condivisi in tutta l'UE.

1.7.

Il CESE ritiene che prolungare la durata di vita dell'attuale parco di centrali nucleari costituisca una soluzione sensata in questa particolare situazione e, al tempo stesso, contribuisca alla transizione verso un'economia neutra in termini di emissioni di carbonio. Tale prolungamento può soddisfare le attuali aspettative in materia di approvvigionamento energetico e ridurre il consumo di gas nel settore dell'elettricità, riducendo così il rischio di carenze di gas. Esso contribuirà inoltre ad attenuare la volatilità dei prezzi senza precedenti dovuta a fattori non economici e soddisferà le attuali aspettative in relazione all'approvvigionamento energetico. Il CESE raccomanda agli Stati membri di elaborare soluzioni in materia di capacità di stoccaggio e di rafforzare le interconnessioni di trasmissione, al fine di rispondere efficacemente alle interruzioni nell'erogazione di energia di origine rinnovabile nel lungo periodo, e di energia prodotta mediante gas nel breve periodo.

1.8.

Il CESE propone alla presidenza ceca del Consiglio dell'UE di discutere, nell'ambito del forum europeo sull'energia nucleare, la stabilità dei prezzi nel settore nucleare e il ruolo dell'energia nucleare nella stabilizzazione dell'approvvigionamento nel quadro di una minore dipendenza dell'UE dal gas russo. Il CESE desidera essere strettamente coinvolto in questo dibattito.

1.9.

Propone di rafforzare la cooperazione bilaterale con i partner internazionali nel settore nucleare al fine di condividere i risultati in termini di innovazione e di progressi nel campo delle nuove tecnologie. Il CESE raccomanda alla presidenza ceca del Consiglio dell'UE di organizzare un convegno sui piccoli reattori modulari, un evento che potrebbe essere ricalcato sul modello del forum di alto livello UE-USA su tale tipo di reattori e che potrebbe esplorare questo promettente ambito di ricerca.

2.   Contesto e note esplicative

2.1.

L'articolo 194 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea costituisce la base giuridica della politica energetica nell'UE. Disposizioni specifiche sono contenute in altri articoli del TFUE, quali l'articolo 122 (sicurezza dell'approvvigionamento), gli articoli da 170 a 172 (reti dell'energia), l'articolo 114 (mercato interno dell'energia) e gli articoli da 216 a 218 (politica energetica esterna). Il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica (trattato Euratom) costituisce la base giuridica della maggior parte delle azioni intraprese dall'UE nel campo dell'energia nucleare.

2.2.

Il trattato sul funzionamento dell'Unione europea garantisce inoltre agli Stati membri il diritto di determinare le condizioni di utilizzo delle loro risorse energetiche, la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale del loro approvvigionamento energetico (1).

2.3.

Il piano dell'UE per diventare il primo continente a impatto climatico zero nel 2050 richiede una transizione energetica verso fonti energetiche a zero e a basse emissioni. La quota crescente di energie rinnovabili nel mix energetico non è attuabile senza un sostegno costituito da fonti energetiche attualmente stabili a nostra disposizione, come l'energia di origine fossile e quella nucleare; dobbiamo altresì investire in centrali a gas non fossili per far fronte alle fluttuazioni delle energie rinnovabili. Vi è anche una grande necessità di disporre di capacità di stoccaggio al fine di evitare blackout e di soddisfare il crescente consumo di energia indotto dall'elettrificazione. Tra le attuali fonti energetiche stabili, l'energia nucleare è l'unica fonte a basse emissioni che potrebbe ridurre la dipendenza dal gas russo.

2.4.

L'energia nucleare, con 413 gigawatt (GW) di capacità disponibile in 32 paesi, contribuisce alla decarbonizzazione e riduce la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, evitando 1,5 gigatonnellate (Gt) di emissioni a livello globale e 180 miliardi di metri cubi (mld di mc) di domanda di gas all'anno in tutto il mondo (2). L'energia nucleare, in quanto fonte di energia elettrica a basse emissioni, è disponibile su richiesta quale complemento al ruolo guida delle energie rinnovabili volatili, come l'energia eolica e solare, nel processo di transizione verso sistemi elettrici a zero emissioni nette. Secondo l'Agenzia internazionale per l'energia (AIE), meno energia nucleare disponibile renderebbe più difficile e più oneroso raggiungere l'ambizioso obiettivo di un azzeramento delle emissioni, e la capacità di generazione di energia nucleare a livello mondiale dovrebbe raddoppiare entro il 2050.

2.5.

Il regolamento delegato (UE) 2022/1214 della Commissione (3) riconosce il potenziale dell'energia nucleare nel contribuire alla decarbonizzazione dell'economia dell'UE e considera questa energia un'attività a basse emissioni di carbonio. Nella relazione finale del gruppo di esperti tecnici sulla finanza sostenibile del marzo 2020 (4) si afferma che la produzione di energia nucleare ha quasi azzerato le emissioni di gas a effetto serra nella fase di produzione dell'energia e che il potenziale contributo sostanziale dell'energia nucleare agli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici è stato ampiamente e chiaramente dimostrato. La tassonomia prevede una serie di requisiti supplementari e più rigorosi per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti nucleari, il finanziamento e la pianificazione della disattivazione delle centrali.

2.6.

Prezzi dell'energia stabili e accessibili sono essenziali per preservare sia il potere d'acquisto delle famiglie che la competitività e la resilienza del tessuto industriale europeo. Dopo la relativa stabilità dei prezzi delle importazioni di energia nell'ultimo decennio (ad eccezione del calo del 31 % nel 2020) e l'aumento relativamente basso dei prezzi alla produzione interna dell'energia, pari allo 0,9 % tra il 2010 e il 2019 (nel 2020 i prezzi alla produzione dell'energia sono diminuiti di quasi il 10 %), l'Europa ha registrato un forte rialzo dei prezzi dell'energia dall'autunno 2021 (5).

2.7.

Per la prima volta nella sua storia, l'Unione europea si trova ad affrontare numerosi gravi rischi legati all'approvvigionamento energetico, alla sicurezza energetica e al brusco aumento dei prezzi dell'energia. Uno dei motivi è che alcuni Stati membri sono stati poco prudenti o hanno ceduto alle pressioni esterne e hanno ridotto troppo rapidamente tutte le risorse di riserva, mentre le ingerenze straniere hanno certamente svolto un ruolo al riguardo.

2.8.

Già prima della guerra, a partire dall'autunno 2021, i prezzi dell'energia hanno avuto un andamento tumultuoso e volatile, a causa di diverse perturbazioni nelle forniture e dell'aumento globale della domanda di gas. Il motivo alla base di prezzi dell'energia insolitamente elevati a partire dallo scorso autunno è il brusco aumento della domanda di gas a livello mondiale, aumento che è dovuto a una serie di fattori primari: ripresa economica, contrazione delle forniture all'UE, mancanza di investimenti, nonché condizioni meteorologiche avverse che hanno ridotto la produzione di energia da fonti rinnovabili. In alcuni casi, la speculazione ha portato allo svuotamento degli impianti di stoccaggio del gas (6). L'attuale volatilità dei prezzi dell'energia è determinata principalmente dagli effetti dell'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina, dall'incertezza circa una possibile estensione del conflitto in altri paesi e dagli sforzi volti a ridurre il più rapidamente possibile la dipendenza energetica dell'UE dalla Russia.

2.9.

I costi aggiuntivi per la sicurezza causati dalla guerra minacciano di contribuire in modo sostanziale all'aumento dei prezzi dell'energia. Il prossimo periodo di diversificazione dell'approvvigionamento energetico dell'UE, che sarà caratterizzato da ingenti investimenti in nuove infrastrutture (ad esempio terminali GNL, gasdotti per l'idrogeno) e dai riallineamenti dell'attuale rete di fornitura dell'energia, potrebbe essere accompagnato da un ulteriore aumento dei prezzi. La situazione è aggravata anche da un significativo calo della produzione di energia nucleare, che nel 2022 dovrebbe registrare una diminuzione del 12 %, pari a oltre 100 Twh (terawatt/ora). Secondo la relazione dell'AIE del luglio 2022 sul mercato dell'energia elettrica, questo calo è imputabile a una minore disponibilità, per il momento, delle centrali in Francia, al ritiro di 4 GW di energia nucleare in Germania e all'impatto dell'invasione russa sulle centrali nucleari dell'Ucraina.

2.10.

Nelle circostanze attuali, almeno fino a quando la fondamentale transizione energetica dell'UE non farà passi avanti, l'uso delle fonti energetiche già esistenti, disponibili in tutto il territorio dell'UE e immediatamente utilizzabili senza impedimenti e nell'ambito di infrastrutture già installate, costituisce la massima priorità. Al tempo stesso, è in atto una riduzione delle forniture di prodotti energetici dalla Russia, il che comprende anche il rischio di riduzione della fornitura di barre di combustibile per le centrali nucleari, e la garanzia di un approvvigionamento energetico stabile per tutti gli europei sta diventando una sfida anche per quanto riguarda il rispetto degli obiettivi climatici.

2.11.

In una certa misura, l'energia nucleare consente di adattare la produzione di energia elettrica in funzione della quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili. Le centrali nucleari sono meno flessibili di quelle a gas ma introducono nel sistema un elemento di stabilità poiché contribuiscono in misura significativa al carico energetico di base, e la regolamentazione in vigore in alcuni Stati membri dell'UE consente regimi flessibili per il funzionamento delle centrali nucleari.

2.12.

Le fonti nucleari già installate sono in grado di soddisfare immediatamente la maggiore domanda di energia elettrica e sono caratterizzate da bassi costi di esercizio. Sebbene i costi totali livellati della produzione energetica da fonti nucleari siano piuttosto elevati, specie a causa degli ingenti costi di investimento che devono tener conto di severe misure di sicurezza, nel caso del gas i costi totali livellati della produzione di energia sono ancora maggiori (7). Allo stesso tempo, dato il conflitto in corso in Ucraina, non abbiamo la certezza di poter continuare ad approvvigionarci di gas o di barre di combustibile dalla Russia fino a quando non avremo trovato delle forniture alternative.

2.13.

Il nucleare è la tecnologia distribuibile a basse emissioni di carbonio con i costi più bassi previsti all'orizzonte 2025. Solo i bacini idroelettrici di grandi dimensioni possono offrire un contributo analogo a costi comparabili, benché rimangano fortemente dipendenti dalle caratteristiche naturali dei singoli paesi. Rispetto alla produzione di energia da combustibili fossili, le centrali nucleari dovrebbero avere costi più abbordabili delle centrali a carbone. Benché in alcune regioni le turbine a gas a ciclo combinato (Combined-Cycle Gas Turbines — CCGT) siano competitive, i relativi costi totali livellati della produzione di energia dipendono fortemente dai prezzi del gas naturale e delle emissioni di carbonio nelle singole regioni. L'energia elettrica prodotta da impianti nucleari funzionanti a lungo termine grazie al prolungamento della loro durata di vita è altamente competitiva e, rispetto alla costruzione di nuove centrali elettriche, rimane non solo l'opzione meno onerosa per produrre energia a basse emissioni di carbonio, ma anche per l'intera filiera della produzione di energia elettrica quale che sia il settore considerato (8).

2.14.

Come nel caso delle fonti rinnovabili, i costi operativi dell'energia nucleare sono bassi. I costi variabili sono praticamente indipendenti dal mercato mondiale delle materie prime energetiche. Per questo motivo, le centrali nucleari presentano offerte a un prezzo stabile sul mercato dell'energia elettrica. In generale, il prezzo dei combustibili e la fissazione del prezzo del carbonio hanno la massima incidenza sui costi di produzione dell'elettricità. Questi costi variabili o marginali variano notevolmente da una tecnologia all'altra. Il costo marginale delle centrali nucleari dipende dal prezzo del combustibile nucleare, che è molto inferiore a quello del gas o del carbone. Poiché la produzione nucleare è considerevole, il prezzo del combustibile può essere ripartito su un grande volume di produzione, una grande quantità di MWh. Poiché le centrali nucleari non emettono CO2, i loro costi marginali non comprendono alcun costo legato ai prezzi delle quote di tali emissioni, proprio come nel caso delle energie rinnovabili.