ISSN 1977-0944 |
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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
64° anno |
Sommario |
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II Comunicazioni |
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COMUNICAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA |
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Commissione europea |
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2021/C 486/01 |
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2021/C 486/02 |
Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata (Caso M.10247 — CVC / COOPER) ( 1 ) |
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2021/C 486/03 |
Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata (Caso M.10449 — KIA / ALMAVIVA) ( 1 ) |
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IV Informazioni |
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INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA |
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Consiglio |
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2021/C 486/04 |
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2021/C 486/05 |
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Commissione europea |
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2021/C 486/06 |
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INFORMAZIONI PROVENIENTI DAGLI STATI MEMBRI |
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2021/C 486/07 |
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2021/C 486/08 |
Nota informativa della Commissione a norma dell’articolo 16, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità — Abrogazione degli oneri di servizio pubblico relativi ai servizi aerei di linea ( 1 ) |
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V Avvisi |
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ALTRI ATTI |
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Commissione europea |
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2021/C 486/09 |
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2021/C 486/10 |
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(1) Testo rilevante ai fini del SEE. |
IT |
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II Comunicazioni
COMUNICAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA
Commissione europea
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/1 |
Comunicazione della Commissione sull’applicazione della direttiva concernente la valutazione dell’impatto ambientale (direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2014/52/UE) alle modifiche e all’estensione dei progetti di cui all’allegato I, punto 24, e all’allegato II, punto 13, lettera a), inclusi i principali concetti e principi ad esse correlati
(2021/C 486/01)
Indice
1 |
Introduzione | 3 |
1.1 Fonti di informazione disponibili | 3 |
2 |
Principi e definizioni fondamentali | 4 |
2.1 |
Valutazione dell’impatto ambientale – ambito di applicazione | 4 |
2.2 |
Principali definizioni e disposizioni pertinenti della direttiva VIA | 4 |
2.2.1 |
Progetto | 5 |
2.2.2 |
Autorizzazione | 5 |
2.2.3 |
Frazionamento dei progetti | 7 |
2.2.4 |
Valutazione degli effetti globali di un progetto | 8 |
2.2.5 |
Rimedio alla mancata valutazione dell’impatto ambientale | 8 |
3 |
Gestione delle modifiche e delle estensioni dei progetti | 8 |
3.1 |
Contesto | 9 |
3.2 |
Concetto di modifica/estensione di un progetto | 10 |
3.3 |
Allegato I della direttiva VIA - categoria di progetti nell’allegato I, punto 24 | 10 |
3.3.1 |
Allegato I – Progetti con valori limite | 11 |
3.3.2 |
Allegato I – Progetti senza valori limite | 11 |
3.4 |
Allegato II della direttiva VIA– categoria di progetti nell’allegato II, punto 13, lettera a) | 12 |
4 |
Applicazione della direttiva VIA alle modifiche e alle estensioni delle centrali nucleari | 13 |
Introduzione | 13 |
4.1 |
Esempi di lavori o interventi fisici relativi a modifiche o estensioni della categoria di progetti «centrali nucleari» | 14 |
4.2 |
Autorizzazione di modifiche o estensioni di progetti relativi alle centrali nucleari | 15 |
4.2.1 I casi specifici del prolungamento della durata di vita e dell’esercizio a lungo termine | 16 |
4.3 |
Principi guida per la valutazione delle modifiche o delle estensioni dei progetti relativi alle centrali nucleari alla luce della sentenza Doel | 16 |
4.4 |
Determinazione del rischio e della necessità di una VIA | 17 |
4.5 |
Analisi comparativa sull’attuazione della direttiva VIA nel settore nucleare | 18 |
5 |
Sintesi dei punti principali | 19 |
1 INTRODUZIONE
Il presente documento di orientamento si prefigge di fornire chiarimenti alle autorità competenti e ai portatori di interessi sull’applicazione della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (1), come modificata dalla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (2) (la direttiva sulla valutazione dell’impatto ambientale (VIA)), alla luce della più recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). In particolare gli orientamenti sono incentrati sulle modifiche e sulle estensioni di cui all’allegato I e all’allegato II della direttiva VIA e dedicano un capitolo specifico al settore nucleare.
Il punto 24 dell’allegato I e il punto 13, lettera a), dell’allegato II riguardano le modifiche e le estensioni dei progetti e prevedono un ambito di applicazione ampio, poiché concernono le modifiche di tutte le categorie di progetti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva VIA. L’applicazione corretta della direttiva VIA alle modifiche e alle estensioni dei progetti è fondamentale per l’attuazione complessiva della direttiva in questione.
Alcune delle sentenze più recenti, e in particolare la sentenza della Corte nella causa C-411/17 (3) sul prolungamento della durata di vita della centrale nucleare situata a Doel, in Belgio (in prosieguo «la sentenza Doel»), hanno messo in luce nuovi elementi che devono essere presi in considerazione quando si ha a che fare con le modifiche dei progetti di cui all’allegato I, e hanno confermato i principi fondamentali per l’applicazione della direttiva VIA. Anche a causa del loro carattere procedurale generale, le due categorie di progetti legate alla modifica o all’estensione dei progetti sono state oggetto di numerose richieste di informazioni da parte delle autorità nazionali competenti e di altri portatori di interessi a proposito della loro applicazione.
Sulla base delle considerazioni di cui sopra, la Commissione ha quindi deciso di pubblicare i presenti orientamenti per descrivere i concetti e i principi previsti dalla direttiva VIA, comprese le relative definizioni e disposizioni. I presenti orientamenti si prefiggono di migliorare l’attuazione della direttiva VIA mediante esempi contestualizzati degli obblighi derivanti da tale direttiva, la promozione di un approccio coerente e l’inquadramento delle disposizioni applicabili in materia di modifiche ed estensioni dei progetti.
Dato che esistono numerose situazioni pratiche, spesso complesse, e che la direttiva VIA si applica a un’ampia gamma di settori e tipi di progetti, non è possibile fornire un elenco esaustivo di esempi. Le autorità nazionali competenti possono essere tenute ad applicare i requisiti della direttiva VIA caso per caso e a valutare ciascuna situazione tenendo conto delle circostanze specifiche. Per attuare coerentemente la direttiva VIA, la Commissione incoraggia gli Stati membri ad avviare, su base volontaria, un esercizio di analisi comparativa per quanto riguarda le modifiche e l’estensione dei progetti. Tale esercizio offrirebbe l’opportunità di condividere le competenze e di mettere a confronto gli esempi di ciascun Stato membro e potrebbe contribuire gradualmente allo sviluppo di metodologie comuni a livello dell’UE nonché agevolare l’attuazione pratica in casi specifici.
1.1 Fonti di informazione disponibili
Soltanto la Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a fornire un’interpretazione autorevole del diritto dell’Unione europea. La direttiva VIA è stata spesso oggetto di cause sottoposte alla Corte e alcune di esse hanno affrontato la questione delle definizioni, della descrizione o dell’ambito di applicazione delle singole categorie di progetti di cui agli allegati I e II.
Le sentenze della Corte contengono principi generali fondamentali che orientano proficuamente l’interpretazione delle categorie di progetti di cui alla direttiva VIA, nonché altri concetti tra cui l’interpretazione del «progetto» stesso.
Oltre al presente documento di orientamento, i servizi della Commissione hanno preparato anche un opuscolo, che aggiornano periodicamente, intitolato «Valutazione dell’impatto ambientale dei progetti - Sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea» (4).
La direttiva VIA si riferisce esplicitamente ad altri accordi internazionali, come la convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (la convenzione di Espoo) (5) e la convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (la convenzione di Aarhus) (6): dovrebbe quindi essere interpretata conformemente a tali convenzioni (7). Inoltre, data l’ampia gamma di settori contemplati dalla direttiva VIA, molti altri atti normativi a livello dell’UE contengono definizioni dei termini di cui agli allegati I e II o si occupano di attività che vi rientrano (8).
Nella stesura dei presenti orientamenti la Commissione ha tenuto conto del documento di orientamento sull’applicazione della convenzione di Espoo per il prolungamento della durata di vita delle centrali nucleari («Guidance on the applicability of the Convention to the lifetime extension of nuclear power plants») sviluppato nel quadro della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (ECE) (9).
2 PRINCIPI E DEFINIZIONI FONDAMENTALI
2.1 Valutazione dell’impatto ambientale – ambito di applicazione
La direttiva VIA stabilisce obblighi procedurali relativi ai progetti pubblici e privati che rientrano nel suo ambito di applicazione e che possono avere un impatto ambientale significativo. Per tali progetti deve essere prevista un’autorizzazione, il cui rilascio è preceduto da una valutazione dell’impatto ambientale.
I progetti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva VIA sono divisi in categorie ed elencati negli allegati I e II. I progetti di cui all’allegato I sono ritenuti avere effetti significativi sull’ambiente e per principio sono sottoposti a valutazione obbligatoria (articolo 4, paragrafo 1, della direttiva VIA). Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva VIA, e fatti salvi i casi eccezionali di cui all’articolo 2, paragrafo 4, i progetti che rientrano nell’allegato I della direttiva devono, in quanto tali e prima della concessione dell’autorizzazione, essere sottoposti a valutazione sistematica del loro impatto ambientale (10). Ne consegue che gli Stati membri non hanno alcun margine di discrezionalità a riguardo. Inoltre la maggior parte delle categorie di progetti di cui all’allegato I prevede valori limite direttamente collegati all’ambito di applicazione. Se, nella legislazione nazionale, sono attribuiti valori limite a categorie di progetti di cui all’allegato I per i quali nell’allegato tali valori limite non sono stabiliti, l’ambito di applicazione della direttiva VIA potrebbe risultare limitato (11).
I progetti elencati nell’allegato II non hanno necessariamente in tutti i casi un impatto ambientale significativo. Essi dovrebbero essere sottoposti a una procedura di determinazione, comunemente nota con il termine «screening», per stabilire se possono avere un impatto ambientale significativo. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva VIA, la determinazione del probabile impatto ambientale significativo può essere effettuata mediante un esame del progetto caso per caso, la fissazione di soglie o criteri o una combinazione di tali metodi, tenendo conto dei criteri di selezione pertinenti di cui all’allegato III della direttiva (caratteristiche dei progetti, ubicazione dei progetti, tipologia e caratteristiche dell’impatto potenziale).
In quanto principio guida fondamentale e obiettivo essenziale, l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA limita il margine di discrezionalità degli Stati membri, in particolare per i progetti di cui all’allegato II, stabilendo che i progetti siano sottoposti a una valutazione d’impatto se si prevede un impatto ambientale significativo, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni e la loro ubicazione (12).
2.2 Principali definizioni e disposizioni pertinenti della direttiva VIA
Questa sezione seguente delinea le principali definizioni e disposizioni pertinenti relative ai progetti e alle loro modifiche o estensioni.
2.2.1 Progetto
Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA per progetto si intende:
|
La Corte ha costantemente confermato in diverse occasioni (13) che il termine «progetto» si riferisce a lavori o a interventi fisici. Il rinnovo di un’autorizzazione esistente (ad esempio a gestire un aeroporto come nella causa C-275/09, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e altri, punto 24, o una discarica come nella causa C-121/11, Pro-Braine e altri, punto 31), in assenza di lavori o di interventi di modifica della realtà fisica del sito, non può essere qualificato come «progetto» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a). Pertanto l’esistenza di lavori o interventi fisici costituisce un prerequisito affinché un’attività si qualifichi come «progetto» ai sensi della direttiva VIA.
Nella sentenza Doel la Corte ha ricordato che: «[d]alla giurisprudenza della Corte emerge che il termine ’progetto’ corrisponde, alla luce, in particolare, della formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino, della direttiva VIA, a lavori o interventi di modifica della realtà fisica del sito» (punto 62).
Lo stesso principio, se applicato all’allegato I, punto 24, e all’allegato II, punto 13, lettera a), indica che, per rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva VIA e nella definizione di progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), le modifiche o le estensioni dei progetti esistenti presuppongono lavori o interventi di modifica della realtà fisica dei progetti originari (14).
2.2.2 Autorizzazione
Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA per «autorizzazione» si intende:
«c) |
’autorizzazione’: decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso». |
In diverse occasioni la Corte ha sottolineato che «[g]li Stati membri devono attuare la direttiva [VIA] in modo pienamente conforme ai precetti da essa stabiliti, tenendo conto del suo obiettivo essenziale che – come si evince dall’art. 2, n. 1, della direttiva medesima – consiste nel garantire che, prima del rilascio di un’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto» (15).
Pertanto le modifiche o le estensioni dei progetti ai sensi dell’allegato I, punto 24, o dell’allegato II, punto 13, lettera a), della direttiva VIA che possono avere un impatto ambientale significativo sono sottoposte all’obbligo di autorizzazione.
La direttiva VIA definisce l’autorizzazione come una decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso (16).
Il termine «autorizzazione» comprende quindi un’ampia gamma di atti (ossia decisioni, permessi e altri strumenti di autorizzazione) a seconda delle procedure nazionali applicabili negli Stati membri. Esso non è definito dalla sua denominazione o dalla procedura di concessione conformemente al rispettivo diritto nazionale di un determinato Stato membro, bensì dal suo effetto giuridico. Come rilevato dalla Corte, la qualificazione di una decisione come «autorizzazione» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA deve essere effettuata applicando il diritto nazionale in conformità con il diritto dell’UE (17).
La direttiva VIA non prevede una procedura unica di autorizzazione (18) e, in conformità del suo articolo 2, paragrafo 2, la VIA «può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per rispettare gli obiettivi della presente direttiva». Si rilevano quindi differenze tra gli Stati membri per quanto attiene la terminologia relativa all’autorizzazione. Oltre alle diverse denominazioni (ad es. permesso di costruzione, decisione, autorizzazione), può essere diversa anche la procedura di concessione di un’autorizzazione. La concessione di un’autorizzazione è ad esempio possibile mediante una procedura amministrativa a livello locale, regionale o nazionale oppure attraverso una procedura legislativa (19), a condizione che le disposizioni pertinenti della direttiva VIA siano rispettate. L’autorizzazione stessa deve essere una decisione definitiva che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto (lo stesso principio si applica in caso di procedure articolate in più fasi, cfr. la prossima sezione).
Qualora possano avere un impatto ambientale significativo, le modifiche o le estensioni dei progetti ai sensi dell’allegato I, punto 24, o dell’allegato II, punto 13, lettera a), della direttiva VIA sono adottate mediante procedura legislativa e devono inoltre essere sottoposte a una valutazione del loro impatto ambientale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1 (20).
In tale contesto è altresì importante operare una distinzione tra l’autorizzazione ai sensi della direttiva VIA e un’autorizzazione/licenza relativa all’esercizio (di un impianto/struttura/sito). Tali «autorizzazioni», quali definite o utilizzate in altri strumenti legislativi, ad esempio nella direttiva relativa alle emissioni industriali (21) o nella direttiva relativa alle discariche (22), sono pertinenti per determinati regimi di esercizio. D’altra parte, secondo la definizione, il termine «autorizzazione» ai sensi della direttiva VIA conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto (ad esempio la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere, oppure altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio (23)). L’autorizzazione o licenza d’esercizio è, in base alla legislazione pertinente (24), per lo più legata a un’autorizzazione relativa al funzionamento di un progetto e spesso si basa su una decisione precedente, attuandola, nel contesto di una procedura articolata in più fasi. Come menzionato nelle sezioni precedenti, il rinnovo di un’autorizzazione/licenza d’esercizio, in assenza di lavori o di interventi di modifica della realtà fisica del sito, deve essere tenuta separata dalla nozione di «autorizzazione» (25).
L’autorizzazione dei progetti è talvolta concessa nell’ambito di procedure amministrative complesse che coinvolgono varie fasi e processi. Nei casi in cui è individuata una modifica o un’estensione del progetto (26) è fondamentale determinare «il momento in cui» dovrebbe essere applicata la VIA e «che cosa» andrebbe valutato in ciascuna fase. Nel caso di una procedura di autorizzazione articolata in più fasi, in linea di principio la valutazione dev’essere effettuata non appena sia possibile individuare e valutare tutti gli effetti che il progetto può avere sull’ambiente (27).
Nella sentenza Doel la Corte ha ricordato la giurisprudenza esistente (28). Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA la valutazione dell’impatto ambientale deve intervenire «prima del rilascio dell’autorizzazione» dei progetti sottoposti a tale valutazione (punto 82). La Corte ha altresì affermato che «qualora il diritto nazionale preveda che la procedura di autorizzazione si articoli in più fasi, la valutazione dell’impatto ambientale di un progetto dev’essere effettuata, in linea di principio, non appena sia possibile individuare e valutare tutti gli effetti che il progetto può avere sull’ambiente» (punto 85).
La Corte ha inoltre rilevato situazioni in cui la procedura di autorizzazione si articola in più fasi e una delle fasi è una decisione principale che stabilisce i parametri per le altre decisioni di attuazione. In tali casi la valutazione ambientale deve riferirsi alla decisione principale, a meno che alcune ripercussioni sull’ambiente giungano a conoscenza solo in una fase successiva e siano legate alle decisioni di attuazione. La valutazione delle ulteriori ripercussioni rilevate in una fase successiva può quindi essere effettuata in tale fase (29). Secondo la Corte, per «decisione principale» si intende la decisione che definisce le «caratteristiche essenziali» di un progetto che non saranno discusse o modificate in una fase successiva (30). In questi casi gli Stati membri devono garantire che la valutazione dell’impatto ambientale si riferisca alla decisione principale.
Inoltre la Corte ha anche affrontato la questione relativa alla necessità di valutare l’impatto di tali progetti nel loro complesso. Qualora una procedura di autorizzazione si articoli in più fasi, consistenti l’una in una decisione principale e l’altra in una decisione di attuazione che deve rispettare i parametri stabiliti dalla prima, l’autorità competente ha, all’occorrenza, l’obbligo di compiere una valutazione dell’impatto ambientale del progetto, anche dopo il rilascio del permesso di costruire sulla base di un progetto preliminare, in occasione della successiva approvazione degli aspetti riservati (31). Tale valutazione deve essere complessiva, in modo da riguardare tutti gli aspetti del progetto che non sono ancora stati valutati o che necessitano una nuova valutazione. Come ribadito dalla Corte, la direttiva VIA fa riferimento ad una valutazione globale dell’impatto ambientale dei progetti o della loro modifica, che non deve limitarsi solo agli effetti diretti degli stessi lavori previsti in sé, ma deve tenere conto anche dell’impatto ambientale che può essere provocato dall’uso e dallo sfruttamento delle opere derivanti da tali lavori (32). Tale valutazione è inoltre effettuata indipendentemente dal fatto che si tratti, eventualmente, di un progetto transfrontaliero (33)
2.2.3 Frazionamento dei progetti
L’obiettivo della direttiva VIA non può essere aggirato tramite il frazionamento di un progetto, e la mancata presa in considerazione dell’effetto cumulativo dei progetti comporta in pratica che la totalità dei progetti d’un certo tipo può venire sottratta all’obbligo di valutazione mentre, presi insieme, tali progetti possono avere un notevole impatto ambientale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA (34). Ciò può essere pertinente in particolare per i progetti complessi sviluppati in fasi per i quali possono essere necessarie domande di autorizzazione successive.
Laddove, presi insieme, più progetti possono avere un notevole impatto ambientale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA, tale impatto dovrebbe essere valutato complessivamente e in modo cumulativo. Nella sua giurisprudenza la Corte è a favore di un’interpretazione ampia della direttiva VIA e ha sottolineato che la direttiva fa riferimento ad «una valutazione globale dell’impatto ambientale dei progetti o della loro modifica» (35).
Ad esempio, in termini di lunghezza, la Corte ha stabilito che un progetto attinente al traffico a lunga distanza non può essere frazionato in una serie di tronchi successivi di modesta importanza per sottrarre alla direttiva tanto il progetto complessivamente considerato quanto i tronchi risultanti da tale frazionamento. Ove ciò fosse possibile, l’effetto utile della direttiva potrebbe essere seriamente compromesso, poiché per le autorità interessate sarebbe sufficiente frazionare un progetto attinente al traffico a lunga distanza in una serie di tronchi successivi di modesta importanza per sottrarlo alle prescrizioni della detta direttiva (36).
La Corte ha anche sottolineato che, al fine di decidere se occorra procedere a una valutazione ambientale, tale presa in considerazione cumulativa può rivelarsi necessaria al fine di evitare un’elusione della normativa dell’Unione tramite il frazionamento di progetti che, consideranti nel loro insieme, possono avere un notevole impatto ambientale. Incombe alle autorità nazionali esaminare, alla luce di tale giurisprudenza, se e in quale misura occorra valutare globalmente gli effetti sull’ambiente dei progetti in questione e dei progetti realizzati in precedenza (37).
2.2.4 Valutazione degli effetti globali di un progetto
La sentenza Doel ha confermato un altro principio importante della direttiva VIA, ossia l’obbligo di valutare gli effetti globali di un progetto e di effettuare una VIA completa. Nei punti 64-72 la Corte ha rilevato che le misure stabilite per l’estensione di un progetto esistente (le misure che prevedono la ripresa per una durata di dieci anni delle attività di una centrale nucleare o il rinvio di dieci anni della fine della sua attività come indicato al punto 59) non possono essere separate dai lavori di modernizzazione ad esse inscindibilmente connessi, facendo quindi, nell’insieme, parte di un medesimo progetto. Infatti le misure contenute nella legge del 2015 (prolungamento della durata di vita) non possono essere artificiosamente separate dai lavori necessari da un punto di vista tecnico e finanziario. Tali lavori erano noti al legislatore ed erano connessi alla legge (cfr. punti 67-69). Sebbene spetti al giudice nazionale verificare l’applicazione del principio, la Corte ha rilevato che le misure e i lavori fanno parte del medesimo progetto (punto 71).
Inoltre la necessità di valutare gli effetti globali di un progetto nel suo complesso deve essere debitamente presa in considerazione, qualora siano apportate numerose modifiche tecniche od operative durante l’esercizio di un impianto. Sebbene accada spesso che una struttura sia sottoposta a una manutenzione continua e a numerosi miglioramenti in materia di sicurezza che, se considerati singolarmente, non presenterebbero un rischio significativo per l’ambiente, nel caso in cui tali operazioni fossero collegate in modo tangibile fino a costituire un progetto ai sensi della direttiva VIA il loro impatto cumulativo sull’ambiente dovrebbe essere valutato nel suo complesso.
Pertanto, se sussiste un collegamento inscindibile tra le molteplici modifiche minori che dimostra che queste fanno parte di un’attività complessa (intrapresa ad esempio con un intento dimostrabile di prolungare la durata di vita della centrale nucleare o l’esercizio di un impianto), tali modifiche potrebbero costituire un progetto ai sensi della direttiva VIA. Documenti tecnici, piani di gestione, piani di investimento, leggi o atti amministrativi nonché relazioni esplicative relative a leggi o atti amministrativi possono contribuire a stabilire se una serie di modifiche sono inscindibilmente connesse e fanno parte di tale attività complessa (intrapresa con un intento dimostrabile di prolungare la durata di vita della centrale nucleare).
La necessità di considerare il progetto complessivamente (per quanto riguarda sia le sue componenti sia il suo impatto) è stata ulteriormente rafforzata dalla direttiva VIA riveduta (38).
2.2.5 Rimedio alla mancata valutazione dell’impatto ambientale
Gli Stati membri devono attuare la direttiva VIA in modo pienamente conforme ai precetti da essa stabiliti, tenendo conto del suo obiettivo essenziale. Dall’articolo 2, paragrafo 1, si evince chiaramente che, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, dovrebbe essere prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto sull’ambiente (39). Tale principio fondamentale della direttiva implica che i progetti elencati negli allegati I e II della direttiva devono essere sottoposti rispettivamente a una VIA o a uno screening prima che il progetto riceva l’autorizzazione.
Altrimenti il committente «non può iniziare i lavori inerenti al progetto in questione, a pena di violare i precetti della direttiva 85/337 modificata» (40).
La direttiva VIA non prevede una procedura di VIA o di screening ex post, né la prescrive quale eventuale rimedio giurisdizionale in caso di mancato rispetto della direttiva VIA. L’omissione dello screening dei progetti elencati nell’allegato II o della procedura di valutazione dell’impatto ambientale dei progetti elencati nell’allegato I costituisce una violazione del diritto dell’Unione europea (41).
Tuttavia, in virtù del principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli Stati membri sono tenuti a rimediare alle conseguenze di una violazione del diritto dell’Unione. L’obbligo di rimediare alla mancata VIA deriva dal principio di cooperazione stabilito dal diritto primario dell’UE e dalla giurisprudenza costante (42). Le autorità competenti sono pertanto tenute ad adottare, nell’ambito delle loro attribuzioni, i provvedimenti necessari al fine di rimediare alla mancata VIA, ad esempio revocando o sospendendo un’autorizzazione già rilasciata al fine di effettuare la valutazione, nel rispetto dei limiti dell’autonomia procedurale degli Stati membri (43).
La Corte ha affermato che il diritto dell’Unione non osta a che le regole nazionali consentano, in taluni casi, di regolarizzare operazioni o atti irregolari rispetto a quest’ultimo e ha chiarito che una siffatta possibilità di regolarizzazione dovrebbe essere subordinata alla condizione che essa non offra agli interessati l’occasione di aggirare le norme del diritto dell’Unione o di disapplicarle, e che rimanga quindi eccezionale (44).
La VIA ex post è una possibile misura correttiva adottata per il mancato rispetto de facto della direttiva VIA (ad esempio in situazioni in cui l’autorizzazione era già stata concessa senza effettuare una VIA e i lavori erano stati realizzati o erano in fase di realizzazione).
La Corte ha affermato che una valutazione effettuata dopo che un progetto è stato realizzato ed è diventato operativo non può limitarsi all’impatto futuro di quest’ultimo sull’ambiente, ma deve altresì prendere in considerazione l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione. Pertanto, in caso di omissione di una valutazione dell’impatto ambientale prescritta dalla direttiva VIA, il diritto dell’UE, da un lato, impone agli Stati membri di rimuovere le conseguenze illecite di tale omissione e, dall’altro, non osta a che una valutazione di tale impatto sia effettuata a titolo di regolarizzazione dopo che il progetto in questione sia stato realizzato e sia diventato operativo purché:
— |
le norme nazionali che consentono tale regolarizzazione non offrano agli interessati l’occasione di eludere le norme del diritto dell’Unione o di disapplicarle e |
— |
la valutazione effettuata a titolo di regolarizzazione non si limiti all’impatto futuro di tale progetto sull’ambiente, ma prenda altresì in considerazione l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione (45). |
La procedura di VIA ex post dovrebbe essere utilizzata solo in casi eccezionali e come rimedio per garantire il conseguimento dell’obiettivo della direttiva VIA, anche se la procedura non è stata formalmente effettuata, e non dovrebbe essere applicata dagli Stati membri per eludere i requisiti della direttiva VIA (46).
L’obbligo degli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per rimediare alle conseguenze illecite dell’omissione di una VIA è applicabile anche in caso di mancata VIA su modifiche o estensioni dei progetti.
3 GESTIONE DELLE MODIFICHE E DELLE ESTENSIONI DEI PROGETTI
3.1 Contesto
Inizialmente la Direttiva 85/337/CEE del Consiglio (47) non contemplava in modo esplicito le modifiche o le estensioni dei progetti esistenti, ad eccezione del riferimento fatto dall’allegato II, punto 12, alla «[m]odifica dei progetti che figurano nell’allegato I e dei progetti dell’allegato II che hanno esclusivamente o essenzialmente lo scopo di sviluppare e provare nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di un anno» (allegato II, punto 12).
A dodici anni dalla direttiva iniziale è stato inserito, con la stessa formulazione che ha oggi, il punto 13, lettera a), dell’allegato II quale prima categoria di progetti riguardante le modifiche dei progetti. In particolare la Direttiva 97/11/CE del Consiglio (48) ha modificato la direttiva 85/337/CEE al fine di includere nell’allegato II il punto 13: «[m]odifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato I o all’allegato II già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente» (49).
Il punto 24 dell’allegato I è stato incluso sei anni dopo l’inserimento della prima categoria di progetti riguardante la modifica di progetti. Le modifiche introdotte dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (50) per allineare la legislazione comunitaria alle disposizioni della convenzione di Aarhus hanno chiarito che una valutazione dell’impatto ambientale è obbligatoria per «[o]gni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato».
Dall’inclusione del punto 24 dell’allegato I nel testo della direttiva, la Corte ha emesso solo una sentenza avente ad oggetto l’interpretazione di questa categoria di progetti, ossia quella della causa C-411/17.
3.2 Concetto di modifica/estensione di un progetto
La direttiva VIA non definisce i termini «modifica o estensione» e non fornisce esempi. Ciò che costituisce esattamente una modifica o un’estensione dipende dal tipo di progetto. Le sezioni 3.3.1 e 3.3.2 qui di seguito presentano alcuni esempi di tali modifiche o estensioni sulla base della giurisprudenza della CGUE.
Il punto 24 dell’allegato I e il punto 13, lettera a), dell’allegato II sono categorie specifiche di progetti riguardanti le modifiche e le estensioni di tutte le categorie di progetti nell’ambito della direttiva VIA con tutte le loro specificità.
3.3 Allegato I della direttiva VIA - categoria di progetti nell’allegato I, punto 24
Allegato I, punto 24 - Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato. |
Il punto 24 dell’allegato I si riferisce esplicitamente a qualsiasi modifica o estensione dei progetti di cui all’allegato I che siano conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato (51).
Nella sentenza Doel la Corte ha ulteriormente chiarito un principio fondamentale, che determina l’obbligo di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale per le modifiche o le estensioni dei progetti di cui all’allegato I, sulla base del rischio ambientale di tale modifica.
La Corte ha ricordato che le valutazioni dell’impatto ambientale devono essere effettuate per i progetti elencati nell’allegato della direttiva, nel caso in cui gli stessi possano avere un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, e ha proseguito:
«78. |
[p]er quanto riguarda il punto 24 dell’allegato I della direttiva VIA, dal suo tenore letterale e dalla sua struttura emerge che esso riguarda le modifiche o le estensioni di un progetto che, segnatamente per la loro natura o la loro grandezza, presentano rischi simili, in termini di impatto ambientale, al progetto stesso. |
79. |
Orbene, le misure in questione nel procedimento principale – che hanno l’effetto di prolungare, per un periodo significativo di dieci anni, la durata, precedentemente limitata a quaranta anni dalla legge del 31 gennaio 2003, dell’autorizzazione di produzione, da parte delle due centrali interessate, di energia elettrica a fini industriali – abbinate ai notevoli lavori di ristrutturazione resi necessari dalla vetustà di tali centrali e dall’obbligo di renderle conformi alle norme di sicurezza, devono essere considerate, in termini di rischi di impatto ambientale, di portata comparabile a quella della messa in funzione iniziale di dette centrali». |
Nel punto 78 della sentenza Doel la Corte ha stabilito il principio fondamentale che determina l’obbligo di effettuare una VIA in caso di modifica o estensione dei progetti di cui all’allegato I. Il metro per valutare i criteri pertinenti è rappresentato dal rischio in termini di impatto ambientale. Se il rischio indotto dalla modifica o dall’estensione del progetto è comparabile al rischio presentato dalla categoria originale del progetto stesso, il progetto rientra nel punto 24 dell’allegato I della direttiva VIA (52).
Nel caso di specie, la Corte ha fatto riferimento sia alle misure che hanno l’effetto di prolungare la durata dell’autorizzazione di produzione di energia elettrica sia alla portata dei lavori. Il punto 79 rimanda al prolungamento dell’esercizio delle centrali nucleari per una durata significativa (dieci anni) e al fatto che sono necessari notevoli lavori di ristrutturazione (53). La Corte ha concluso che i rischi ambientali del progetto sono di portata comparabile a quella della messa in funzione iniziale delle centrali nucleari.
La sentenza si riferisce alla natura o alla grandezza della modifica o dell’estensione di un progetto quali esempi non esaustivi di criteri per valutare se i rischi ambientali sono simili a quelli del progetto originale. Inoltre essa non indica alcun obbligo di soddisfare entrambi i criteri in modo cumulativo. L’elemento decisivo sembra essere che l’analisi complessiva di un determinato progetto mostri la presenza di rischi simili rispetto al progetto originale (nel caso di specie: centrali nucleari e reattori nucleari). Ne consegue che la natura e la grandezza della modifica/estensione di un progetto non appaiono come gli unici criteri possibili. Inoltre non sembra necessario che i rischi derivino sia dalla natura sia dalla grandezza del progetto, purché siano, di fatto, simili a quelli del progetto originale. Non appare escluso che il rischio possa derivare anche solo dalla natura di un progetto o dalla sua grandezza («segnatamente per la loro natura o la loro grandezza» (54)).
3.3.1 Allegato I – Progetti con valori limite
Per oltre la metà delle categorie di progetti di cui all’allegato I sono stabiliti valori limite. Pertanto per le modifiche o le estensioni di detti progetti, che soddisfano o superano questi valori limite, deve essere effettuata una VIA poiché tali modifiche o estensioni presentano rischi simili alla categoria del progetto originale (55).
Tuttavia è importante osservare che, sulla base della giurisprudenza costante, per i lavori di modifica degli elementi dei progetti esistenti, per i quali sono stabiliti valori limite nell’allegato I, deve essere attentamente valutato in quali circostanze tali valori sono soddisfatti. Nella causa C-2/07, Abraham e altri, la Corte ha affermato che «[…] i lavori di modifica di un aeroporto la cui pista di decollo e atterraggio è di almeno 2 100 metri di lunghezza non sono quindi rappresentati solo dai lavori aventi eventualmente per oggetto il prolungamento della pista, ma da tutti i lavori (56) relativi agli edifici, alle installazioni o agli equipaggiamenti di tale aeroporto, qualora possano essere considerati, segnatamente alla luce della loro natura, della loro entità e delle loro caratteristiche, una modifica dell’aeroporto stesso. Lo stesso vale, in particolare, per i lavori destinati ad aumentare significativamente l’attività dell’aeroporto ed il traffico aereo» (punto 36) (57).
3.3.2 Allegato I – Progetti senza valori limite
Come per i progetti con valori limite elencati nell’allegato I, occorre ritenere che rientri nel punto 24 dell’allegato I qualsiasi modifica o estensione dei progetti senza valori limite di cui all’allegato I che, segnatamente per la loro natura o la loro grandezza, tra le altre cose, presentano rischi simili, in termini di impatto ambientale, al progetto stesso. Siffatti progetti presentano il rischio intrinseco di un significativo impatto ambientale, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA, e dovrebbero di conseguenza essere sottoposti alla valutazione dell’impatto ambientale in virtù dell’articolo 4, paragrafo 1 (58).
La direttiva VIA non indica una procedura per stabilire il livello di rischio in termini di impatto ambientale del progetto e spetta quindi ai committenti e alle autorità competenti esaminare il progetto in questione. Un elemento importante dal punto di vista dei committenti e delle autorità competenti responsabili della valutazione dell’impatto ambientale è quello di individuare in quale momento una modifica o un’estensione del progetto richiede una valutazione dell’impatto ambientale. Gli orientamenti per la definizione dell’ambito di applicazione (59) e gli orientamenti sulla preparazione del rapporto di VIA (60) forniscono indicazioni agli esperti incaricati della VIA in merito ai diversi approcci che possono essere adottati per stabilire il rischio di un significativo impatto ambientale.
Tuttavia, in tutti i casi, come menzionato nella sezione 2.2.2, gli Stati membri devono attuare la direttiva VIA in modo pienamente conforme ai precetti da essa stabiliti, tenendo conto del suo obiettivo essenziale che – come si evince dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva medesima – consiste nel garantire che, prima del rilascio di un’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, ne sia prevista un’autorizzazione e una valutazione d’impatto (61).
L’allegato I contiene 16 tipi di progetti a cui non è stato assegnato alcun valore limite e che possono essere suddivisi in tre gruppi: progetti legati al nucleare (allegato I, punto 2, lettera b), e allegato I, punto 3), impianti industriali (allegato I, punti 4, 6 e 9, allegato I, punto 18, lettera a), e allegato I, punto 22) e progetti lineari come la costruzione di tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza, di autostrade e vie di rapida comunicazione (allegato I, punto 7, lettera a) - traffico ferroviario a grande distanza (62) e allegato I, punto 7, lettera b)).
Nella prima parte del dispositivo della causa C-411/17 la Corte ha concluso che la ripresa per un periodo di quasi dieci anni della produzione industriale di energia elettrica di una centrale nucleare non in funzione, che abbia l’effetto di rinviare di dieci anni la data inizialmente stabilita dal legislatore nazionale per la sua disattivazione e per la fine della sua attività, nonché il rinvio, anch’esso di dieci anni, del termine inizialmente previsto dal medesimo legislatore per la disattivazione e la cessazione della produzione industriale di energia elettrica di una centrale in attività – misure, queste, che implicano notevoli (63) lavori di modernizzazione delle centrali interessate tali da incidere sulla realtà fisica dei siti – costituiscono un «progetto» ai sensi della direttiva VIA che, in linea di principio, deve essere sottoposto a una valutazione dell’impatto ambientale prima dell’adozione delle misure in questione.
Per analogia sono oggetto di valutazione le modifiche o le estensioni dei progetti di cui all’allegato I a cui non sono stati assegnati valori limite e che, segnatamente per la loro natura o la loro grandezza, presentano rischi simili al progetto stesso in termini di impatto ambientale.
3.4 Allegato II della direttiva VIA– categoria di progetti nell’allegato II, punto 13, lettera a)
Allegato II, punto 13, lettera a) - Modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato I o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’allegato I). |
La disposizione si riferisce a qualsiasi modifica o estensione che può avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente.
Lo screening dei progetti che rientrano in questa categoria deve essere svolto in conformità dei requisiti e dei criteri dettagliati contenuti nell’articolo 4, nell’allegato II.A e nell’allegato III della direttiva VIA. L’articolo 4, paragrafo 3, impone alle autorità competenti di considerare i criteri pertinenti al momento di decidere se è necessaria una VIA, ossia le caratteristiche dei progetti (comprese le dimensioni e la concezione dell’insieme del progetto), la localizzazione del progetto e la tipologia e le caratteristiche degli impatti potenziali. Tali criteri sono elencati nell’allegato III della direttiva VIA. L’autorità competente deve emanare la sua decisione in merito al fatto che un progetto proposto, rientrante tra quelli di cui all’allegato II, debba essere sottoposto o meno alla procedura di VIA sulla base delle informazioni fornite dal committente in conformità dei requisiti dettagliati nell’allegato II.A (compresa la descrizione delle caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto). L’autorità è inoltre tenuta a prendere in considerazione qualsiasi altra valutazione pertinente degli effetti sull’ambiente effettuata conformemente alle normative dell’UE diverse dalla direttiva VIA. La decisione di screening deve essere giustificata, resa pubblica (articolo 4, paragrafo 5) e può essere soggetta a ricorso come stabilito dalla giurisprudenza (64). Infine l’autorità competente deve decidere se la VIA è necessaria o meno entro il periodo di tempo specificato nell’articolo 4, paragrafo 6.
La direttiva VIA non fornisce una definizione di «notevoli ripercussioni negative». Il significato generale di «notevole» descrive quanto considerevoli o importanti possano essere le ripercussioni. «Negativo» indica invece che tali ripercussioni sono sfavorevoli o dannose. A questo proposito i criteri elencati nell’allegato III della direttiva VIA forniscono un orientamento generale che può fungere da quadro idoneo a determinare l’entità delle ripercussioni negative.
Come già sottolineato nella sezione 2.1, nel determinare se le modifiche o le estensioni di taluni progetti di cui all’allegato I e all’allegato II debbano essere oggetto di una valutazione, le autorità competenti dovrebbero tenere conto sia dell’obiettivo fondamentale della direttiva VIA, ossia che prima del rilascio di un’autorizzazione si proceda a una valutazione preventiva dell’impatto dei progetti i cui effetti sull’ambiente si prevede saranno notevoli, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia del suo vasto ambito di applicazione e dell’ampia portata del suo obiettivo.
4 APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA VIA ALLE MODIFICHE E ALLE ESTENSIONI DELLE CENTRALI NUCLEARI
Introduzione
L’allegato I, punto 2, lettera b), della direttiva VIA elenca le centrali nucleari (65) e gli altri reattori nucleari, compreso lo smantellamento o lo smontaggio di tali centrali o reattori. Ulteriori categorie di progetti di cui all’allegato I, punto 3, lettere a) e b), includono impianti destinati alla produzione e all’arricchimento di combustibile nucleare o impianti per il trattamento, lo stoccaggio o lo smaltimento di combustibili nucleari irradiati o di residui radioattivi. Alla luce della più recente giurisprudenza della Corte relativa al settore nucleare, questa sezione si propone di esaminare quando e come la procedura di valutazione dell’impatto ambientale si applica alle modifiche o alle estensioni dei progetti esistenti della categoria nucleare.
I presenti orientamenti tengono anche conto degli ultimi sviluppi in questo ambito nel quadro della Convenzione sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero e li presentano alla luce delle disposizioni della direttiva VIA e della più recente giurisprudenza della CGUE. In particolare, nel dicembre 2020, le parti contraenti della convenzione di Espoo hanno adottato un documento di orientamento intitolato «Guidance on the applicability of the Convention to the lifetime extension of nuclear power plants» (66). Tali estensioni possono anche costituire modifiche o estensioni dei progetti ai sensi delle disposizioni della direttiva VIA e sono quindi pertinenti per il presente documento di orientamento.
Sebbene alcuni termini utilizzati nella direttiva VIA e nella convenzione di Espoo non siano identici, i concetti sono interconnessi e la direttiva dovrebbe essere interpretata alla luce della convenzione. Ad esempio, mentre la direttiva VIA fornisce una definizione del termine «progetto», la convenzione di Espoo del 1991 utilizza il termine «attività progettata». Per quanto riguarda il concetto di modifiche ed estensioni della direttiva VIA, la convenzione di Espoo contempla le attività nuove o pianificate nonché «ogni modifica di rilievo di un’attività». Come osservato nella sezione 3.2., la direttiva VIA non definisce i termini «modifica o estensione» dei progetti esistenti; allo stesso modo la convenzione di Espoo non definisce in che cosa consista una «modifica di rilievo» di un’attività. Nonostante la differenza nella terminologia, vi sono analogie nella sostanza.
Analogamente, in relazione alla terminologia, la continuazione dell’esercizio dell’impianto oltre la durata di vita operativa inizialmente stabilita può essere indicata con una moltitudine di termini, a seconda ad esempio del sistema di licenze e del quadro normativo. Possiamo quindi riferirci a un prolungamento/estensione della durata di vita dell’esercizio, a un proseguimento dell’esercizio o a un esercizio a lungo termine (67) ecc.
Gli orientamenti relativi alla convezione di Espoo utilizzano il termine «prolungamento della durata di vita» delle centrali nucleari in modo pragmatico sulla base di una comprensione comune del termine tra le parti e forniscono una descrizione delle situazioni più comuni a tal riguardo. Il presente documento di orientamento fa inoltre riferimento al termine «esercizio a lungo termine», che è generalmente utilizzato dalla Commissione europea e dalla CGUE (e da altri forum internazionali, ad esempio l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA)).
La direttiva VIA è basata sul trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Come la CGUE ha affermato nella sua recente giurisprudenza «occorre rilevare [...] che il trattato Euratom e il trattato FUE hanno lo stesso valore giuridico, come illustrato dall’articolo 106 bis, paragrafo 3, del trattato Euratom, ai sensi del quale le disposizioni del trattato UE e del trattato FUE non derogano a quanto stipulato dallo stesso trattato Euratom. […] [P]oiché il trattato Euratom è un trattato settoriale diretto allo sviluppo dell’energia nucleare, mentre il trattato FUE ha finalità molto più ampie e conferisce all’Unione vaste competenze in numerose aree e settori, le norme del trattato FUE si applicano nel settore dell’energia nucleare quando il trattato Euratom non contiene norme specifiche» (68). Pertanto il trattato Euratom non osta all’applicazione in tale settore delle norme del diritto dell’Unione in materia ambientale, e alle centrali nucleari e agli altri reattori nucleari si applicano le disposizioni della direttiva VIA (69).
In ogni caso il trattato Euratom e la direttiva VIA sono applicabili parallelamente. L’articolo 37 del trattato Euratom include disposizioni specifiche sulla sicurezza e la protezione contro le radiazioni ionizzanti, compresa la contaminazione radioattiva delle acque, del suolo o dello spazio aereo. La direttiva VIA richiede che per un progetto passibile di avere un impatto ambientale significativo siano individuati, descritti e valutati, in modo appropriato, gli effetti significativi diretti e indiretti sulla popolazione, sulla salute umana, sulla biodiversità, sul territorio, sul suolo, sull’acqua, sull’aria, sul clima, sui beni materiali, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, nonché sull’interazione tra tali fattori.
Nell’applicare le disposizioni della direttiva VIA, le autorità competenti devono tener conto dell’effetto utile delle procedure previste dal trattato Euratom, nonché dell’insieme specifico di diritti e obblighi conferiti e imposti sia alla Commissione che agli Stati membri dal trattato Euratom (70).
4.1 Esempi di lavori o interventi fisici relativi a modifiche o estensioni della categoria di progetti «centrali nucleari»
La direttiva VIA non definisce ulteriormente i termini «modifica o estensione dei progetti esistenti», né fornisce esempi. Come affermato nelle sezioni precedenti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la presenza di lavori o altri interventi fisici è un prerequisito per l’individuazione di un progetto ai sensi della direttiva. In assenza di una definizione più dettagliata, i presenti orientamenti individuano e raggruppano esempi illustrativi di diversi possibili lavori o interventi fisici che comportano eventuali modernizzazioni, modifiche o sostituzioni di attrezzature e di sistemi, che possono aver luogo in una centrale nucleare.
Non sarebbe realistico cercare di elencare tutti i diversi interventi possibili, dato l’alto numero e complessità dei sistemi tecnici installati in una centrale nucleare. Tuttavia gli esempi dei lavori o degli interventi fisici attuati nelle centrali nucleari che determinano modifiche o sostituzioni di strutture, sistemi e componenti dell’impianto possono essere riassunti nelle tre categorie seguenti.
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Miglioramento delle prestazioni/economia degli impianti Poiché il motivo che porta alla costruzione e all’esercizio di centrali nucleari è di generare energia elettrica e di trarre profitto dalla sua vendita, i licenziatari delle centrali sono incentivati a migliorarne le prestazioni in termini di capacità di generare energia elettrica o riducendo i costi operativi. I miglioramenti dell’impianto, che possono ridurre tra l’altro i requisiti di manutenzione o le operazioni manuali, contribuiranno alla diminuzione dei costi operativi. L’aumento della quantità di energia elettrica generata deriva principalmente dall’incremento della capacità di generare energia del reattore o dalla riduzione del suo tempo di inattività. In questo ambito i progetti di modernizzazione relativi agli impianti possono includere l’ammodernamento o la sostituzione di turbine, generatori, trasformatori e condensatori; modifiche della progettazione del combustibile (ad esempio un arricchimento più elevato) per aumentare la potenza termica del nocciolo o il tempo di permanenza del combustibile al suo interno (il che porta a interruzioni di rifornimento meno frequenti/più brevi); modifiche del regime chimico dell’acqua (ad esempio per diminuire la generazione di prodotti di corrosione); ammodernamento di alcuni sistemi ausiliari selezionati per conseguire una maggiore efficienza del ciclo calorico; modernizzazione dei sistemi di controllo e delle interfacce uomo-macchina (ad esempio la sala di controllo principale) per ottenere una maggiore affidabilità e disponibilità dell’impianto ecc. Queste modifiche possono essere attuate in qualsiasi momento nel corso della durata di vita dell’impianto. |
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Mantenimento delle condizioni dell’impianto in conformità delle sue specifiche tecniche/licenza I lavori o gli interventi fisici effettuati in una centrale nucleare per mantenere le condizioni dell’impianto conformi alle sue specifiche tecniche o alla sua licenza possono andare dalla manutenzione ordinaria (ad esempio l’installazione di pezzi di ricambio), passando per ammodernamenti importanti di sistemi, strutture e componenti, fino alla sostituzione di questi ultimi, comprese le componenti principali come i generatori di vapore, le coperture del contenitore in pressione del reattore, i meccanismi di regolazione delle barre di comando o gli elementi interni del reattore. Le sostituzioni delle componenti possono rendersi necessarie per l’invecchiamento, l’usura o i danni, nonché per l’obsolescenza (ad esempio la sostituzione dei sistemi di strumentazione e controllo analogici obsoleti con sistemi digitali moderni). In molti casi si tratta di sostituzioni equivalenti, sebbene alcune possano contribuire a una maggiore sicurezza o affidabilità grazie a una progettazione migliore o all’uso di tecnologie più moderne. Questo tipo di lavori può essere necessario in qualsiasi momento nel corso della durata di vita di un reattore nucleare (71). |
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Miglioramenti in materia di sicurezza I miglioramenti in materia di sicurezza affrontano tipicamente questioni che rientrano nel processo di miglioramento continuo della sicurezza nucleare, ad esempio attraverso la revisione periodica della sicurezza o i riscontri derivanti dall’esperienza di esercizio. Tali miglioramenti possono essere necessari in qualsiasi momento nel corso della durata di vita dell’impianto. Esempi tipici di miglioramenti in materia di sicurezza potrebbero comprendere la costruzione alternativa supplementare di nuove strutture necessarie per il proseguimento dell’esercizio della centrale nucleare; gli alimentatori/generatori elettrici; lo sfiato filtrato dell’area di contenimento; l’installazione di sistemi per gestire l’idrogeno generato durante incidenti gravi (ad esempio ricombinatori autocatalitici passivi e/o bruciatori di H2); il rafforzamento/la qualifica di sistemi, strutture e componenti per una maggiore resistenza sismica; l’installazione di un ulteriore circuito differenziato di raffreddamento del nocciolo o di un altro sistema di sicurezza; l’installazione di un pozzo di calore ultimo alternativo (ad esempio una torre di raffreddamento) o l’introduzione di ulteriori mezzi di acquisizione dell’acqua di raffreddamento (ad esempio pozzi); l’installazione di sistemi di protezione contro la sovrappressione del circuito primario; il rafforzamento della protezione dalle inondazioni (ad esempio nuove dighe, modifiche del drenaggio od opere simili per far fronte a livelli di piena più elevati); le modifiche del controllo della chimica dell’acqua; misure aggiuntive di rilevazione e di protezione antincendio ecc. |
Gli esempi di lavori o interventi fisici indicati nelle tre categorie di cui sopra possono verificarsi singolarmente o congiuntamente e dovrebbero essere considerati caso per caso, in linea con le disposizioni della direttiva VIA e la giurisprudenza della CGUE. A seconda della loro natura o grandezza nel caso in questione, se si qualificano come modifiche o estensioni di un «progetto» ai sensi della direttiva VIA tali interventi possono determinare una VIA (allegato I, punto 24) o uno screening (allegato II, punto 13, lettera a)); in alcuni casi possono non ricadere nell’ambito di applicazione della direttiva VIA. Spetta alle autorità competenti valutare se i lavori costituiscono un progetto ai sensi della direttiva VIA e in che modo dovrebbero essere considerati in base ai principi contenuti in tale direttiva.
4.2 Autorizzazione di modifiche o estensioni di progetti relativi alle centrali nucleari
Tutte le centrali nucleari sono sottoposte a un regime di autorizzazione e la loro costruzione ed esercizio sono possibili solo sulla base di una decisione adottata da un’autorità competente. L’approccio relativo all’autorizzazione dell’esercizio delle centrali nucleari è diverso a seconda dello Stato membro, in particolare poiché le autorizzazioni sono concesse per un periodo specifico limitato nel tempo (ad esempio 10 anni) o per una durata indeterminata.
Una volta in funzione, le centrali nucleari sono sottoposte a continue valutazioni di sicurezza, monitoraggio (incluso il monitoraggio ambientale) e ispezioni per l’intera durata del loro ciclo di vita sotto la supervisione delle autorità competenti pertinenti. Le autorità competenti sono inoltre responsabili di verificare che l’esercizio delle centrali nucleari sia conforme alle condizioni della relativa autorizzazione e che gli operatori adottino tutte le misure necessarie per garantire tale conformità e la sicurezza nucleare (72). A seconda della procedura nazionale specifica, l’operatore, sotto il controllo di un’autorità competente, deve effettuare valutazioni supplementari e valutare l’esercizio di una centrale nucleare in momenti diversi, tra l’altro nel contesto di una revisione periodica della sicurezza, di revisioni tematiche (rischi esterni, osservazioni specifiche sul continuato esercizio) o di un prolungamento della durata di vita operativa (73). Tali considerazioni includerebbero con ogni probabilità il chiedersi: se all’impianto sarà consentito di proseguire in modo invariato il suo esercizio (o senza modifiche di rilievo); se occorre intervenire, ad esempio con misure per rafforzare la sicurezza nucleare, per poter proseguire l’esercizio; se l’impianto deve definitivamente cessare la propria attività (ad esempio se i necessari miglioramenti in materia di sicurezza non possono in definitiva essere attuati o se l’operatore ritiene che la loro attuazione non sia giustificata in base alla strategia futura di esercizio dell’impianto).
Il quadro completo delle ispezioni, le valutazioni della sicurezza e il principio del continuo miglioramento nell’ambito della direttiva sulla sicurezza nucleare consentono di individuare regolarmente i miglioramenti in materia di sicurezza e di pianificare a tempo debito la loro attuazione. Generalmente i miglioramenti in materia di sicurezza soddisfano e rispettano le condizioni dell’esistente autorizzazione all’esercizio di una centrale nucleare (comunemente raggruppate nell’ambito della licenza della centrale).
Se le modifiche richieste costituiscono un progetto ai sensi della direttiva VIA e sono già state oggetto di una VIA precedente, tale valutazione non dovrà essere ripetuta, purché le circostanze non siano nel frattempo cambiate (cfr. la sezione 4.4).
Spetta alle autorità degli Stati membri di valutare quali atti nella loro legislazione nazionale costituiscono un’autorizzazione riguardante la modifica o il prolungamento della durata di vita operativa delle centrali nucleari, ossia la decisione che conferisce all’operatore il diritto di realizzare il progetto, per garantire che le disposizioni della direttiva VIA siano soddisfatte/rispettate (a tal fine cfr. la sezione 2.2.2).
Ciò che conta nel determinare in che cosa consista una tale autorizzazione non è la denominazione (ad esempio «licenza» o «permesso»), quanto piuttosto la funzione di autorizzazione per quanto riguarda i diritti o i doveri dell’operatore. Ad esempio le procedure o le considerazioni interne di un’autorità competente che non sfociano in un’autorizzazione a realizzare i lavori non sarebbero, di conseguenza, considerate un’autorizzazione ai sensi della direttiva VIA.
4.2.1 I casi specifici del prolungamento della durata di vita e dell’esercizio a lungo termine
I presenti orientamenti contemplano tutti i tipi di modifiche ed estensioni. Il prolungamento della durata di vita e l’esercizio a lungo termine costituiscono casi specifici. A livello teorico entrambi potrebbero avvenire senza la realizzazione di lavori ma, nella pratica, negli Stati membri dell’UE è presumibile che siano accompagnati da lavori.
Il documento di orientamento sull’applicazione della convenzione di Espoo per il prolungamento della durata di vita delle centrali nucleari fornisce esempi ed elementi utili di cui tenere conto.
L’esempio della revisione periodica della sicurezza
Gli operatori possono utilizzare i processi in corso per individuare l’esistenza di un progetto e la necessità di un’autorizzazione ai sensi della direttiva VIA. Le centrali nucleari all’interno dell’UE sono sottoposte a un regime specifico di revisione della sicurezza nucleare, detto anche revisione periodica della sicurezza, in linea con la legislazione Euratom pertinente. L’articolo 8 quater della Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio (74) impone all’operatore di «[rivalutare] sistematicamente e periodicamente, almeno ogni dieci anni, la sicurezza dell’impianto nucleare». La revisione periodica della sicurezza «è intesa ad assicurare il rispetto dell’attuale riferimento di progetto e individua ulteriori miglioramenti in materia di sicurezza tenendo conto dei problemi dovuti all’invecchiamento, del continuato esercizio, dei più recenti risultati della ricerca e dell’evoluzione delle norme internazionali». Si tratta pertanto di un esame approfondito che identifica e valuta la rilevanza sotto il profilo della sicurezza degli scostamenti rispetto alle norme di sicurezza vigenti applicabili e alle buone prassi riconosciute a livello internazionale, tenendo conto dell’esperienza di esercizio, dei risultati delle ricerche pertinenti e dello stato attuale della tecnologia. Tale processo contribuisce a valutare la capacità della centrale nucleare di proseguire l’esercizio in modo sicuro e di migliorare ulteriormente il livello di sicurezza. Sulla base di un’analisi dei risultati della revisione dell’operatore, l’autorità competente può ad esempio autorizzare il proseguimento dell’esercizio dell’impianto fino alla fine del ciclo successivo di revisione periodica della sicurezza (di solito 10 anni).
È importante osservare che, a causa della sua natura e della sua finalità, la stessa revisione periodica della sicurezza, in generale, non è di per sé una decisione in merito a un’estensione o a una modifica del regime di esercizio (ad esempio l’esercizio a lungo termine). Tuttavia in alcuni casi i risultati della revisione possono portare all’adozione, da parte di un’autorità competente, di una decisione volta ad attuare i risultati della revisione (ad esempio la necessità di miglioramenti in materia di sicurezza presso l’impianto prima del proseguimento del suo esercizio o parallelamente ad esso). Inoltre in alcuni casi la revisione periodica della sicurezza è utilizzata a sostegno del processo decisionale per la proroga o il rinnovo di una licenza o può far parte di una procedura decisionale in più fasi (cfr. anche la sezione 2.2.2). Tuttavia una revisione periodica della sicurezza non richiede di per sé una VIA.
Se l’esito della revisione periodica della sicurezza determina la realizzazione di lavori, questi possono richiedere una VIA e un’autorizzazione se costituiscono una modifica o un’estensione ai sensi dell’allegato I, punto 24, della direttiva VIA o se costituiscono una modifica o un’estensione ai sensi del suo allegato II, punto 13, lettera a), e se gli Stati membri hanno stabilito, conformemente al suo articolo 2, paragrafo 1, e al suo articolo 4, paragrafo 2, che è necessaria una VIA.
4.3 Principi guida per la valutazione delle modifiche o delle estensioni dei progetti relativi alle centrali nucleari alla luce della sentenza Doel
Come indicato alla sezione 3.3, la Corte ha concluso che la direttiva VIA deve essere interpretata nel senso che la ripresa o il rinvio della cessazione dell’attività di una centrale nucleare (75), in entrambi in casi per 10 anni (nel seguito, le «misure»), misure che implicano lavori di modernizzazione delle centrali interessate di importo pari a circa 700 milioni di EUR (76) e tali da incidere sulla realtà fisica dei siti, costituiscono un «progetto», ai sensi di tale direttiva, che deve, in linea di principio, essere sottoposto a una valutazione dell’impatto ambientale prima dell’adozione di tali misure (77). Per giungere a questa conclusione, la Corte ha ritenuto che la natura dei lavori (78) sia tale da incidere sulla realtà fisica dei siti interessati ai sensi della giurisprudenza della Corte e che quindi le misure non possano essere artificiosamente separate dai lavori che sono ad esse inscindibilmente connessi, al fine di valutare l’esistenza di un progetto ai sensi della direttiva. Essa ha pertanto constatato che le misure e i lavori fanno parte, insieme, di un medesimo progetto, ai sensi della disposizione in parola (79).
Il punto 78 della sentenza Doel stabilisce il principio fondamentale che determina l’obbligo di effettuare una VIA in caso di modifica o estensione dei progetti di cui all’allegato I. Il metro per valutare i criteri pertinenti è rappresentato dal rischio in termini di impatto ambientale. Se il rischio indotto dalla modifica o dall’estensione del progetto è comparabile al rischio presentato dalla categoria originale del progetto stesso, il progetto rientra nel punto 24 dell’allegato I della direttiva VIA. La formulazione della sentenza indica che la natura o la grandezza della modifica o dell’estensione di un progetto sono esempi non esaustivi di criteri per valutare se i rischi ambientali sono simili a quelli del progetto originale e non devono necessariamente essere soddisfatti in modo cumulativo.
Dalla sentenza si può pertanto evincere che le misure che hanno l’effetto di prolungare, per un periodo significativo, la durata dell’autorizzazione di produzione di energia elettrica da parte delle centrali nucleari, e che comportano notevoli lavori di ristrutturazione inscindibilmente connessi alle misure di modernizzazione/modifica delle centrali interessate tali da incidere sulla realtà fisica dei siti, rientrano nell’ambito di applicazione dell’allegato I, punto 24, della direttiva VIA poiché presentano rischi simili, in termini di impatto ambientale, a quelli esistenti al momento della messa in funzione iniziale delle centrali. Ciò vale in particolare nel caso in cui il prolungamento a lungo termine della durata di vita operativa e i lavori di ristrutturazione abbiano un’importanza simile a quelli della causa C-411/17.
Oltre al principio guida suddetto, la sentenza Doel ha confermato altri principi importanti contenuti nella direttiva VIA, che sono anch’essi pertinenti allorché si applica la direttiva alle modifiche ed alle estensioni delle centrali nucleari (cfr. le sezioni sulla valutazione degli effetti globali di un progetto e sulla procedura decisionale in più fasi).
4.4 Determinazione del rischio e della necessità di una VIA
Sebbene non fornisca criteri per valutare il rischio dei lavori che si qualificano come modifiche o estensioni dei progetti né offra esempi dei lavori che si qualificano come modifiche o estensioni dei progetti di cui all’allegato II, la direttiva VIA fissa criteri per determinare se tali lavori debbano essere sottoposti a una valutazione dell’impatto ambientale (criteri di selezione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva VIA e requisiti di cui all’allegato II.A e all’allegato III della direttiva, come indicato nella sezione 3.4). Tali criteri di selezione possono quindi essere utilizzati per determinare l’eventuale rischio e di conseguenza la necessità di una VIA. Laddove i lavori o gli interventi fisici abbiano una portata che non presenta un rischio per l’ambiente pari a quello dell’attività stessa, ma costituiscano modifiche o estensioni di una centrale nucleare già autorizzata, realizzata o in fase di realizzazione che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente, essi rientrano nell’ambito di applicazione dell’allegato II, punto 13, lettera a), della direttiva VIA e sono soggetti a uno screening.
A questo proposito si dovrebbero prendere in considerazione anche gli orientamenti relativi alla convenzione di Espoo sul prolungamento della durata di vita delle centrali nucleari. Nell’ambito della convenzione di Espoo uno dei parametri che devono essere considerati per sottoporre una modifica di un’attività a una valutazione dell’impatto transfrontaliero è la sua classificazione quale modifica di rilievo di un’attività. Gli orientamenti relativi alla convezione di Espoo presentano quindi un elenco non esaustivo di fattori illustrativi (80) che, in base alla loro pertinenza, possono essere considerati dalle autorità competenti per determinare se un prolungamento della durata di vita equivale a una modifica di rilievo. Si tratta dei seguenti fattori:
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maggiore utilizzo delle risorse naturali rispetto ai limiti previsti nella licenza iniziale; |
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maggiore produzione di rifiuti o di combustibile esaurito rispetto ai limiti previsti nella licenza iniziale; |
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aumento delle emissioni, anche dei radionuclidi e dello scarico dell’acqua di raffreddamento, rispetto ai limiti previsti nella licenza iniziale; |
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entità dei lavori di modernizzazione e/o dei miglioramenti in materia di sicurezza, in particolare di quelli che richiedono modifiche significative della realtà fisica del sito o miglioramenti sostanziali derivanti dall’invecchiamento dei componenti e/o dall’obsolescenza; |
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cambiamenti nell’ambiente circostante, come quelli derivanti dai cambiamenti climatici; |
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misure in materia di adattamento ai cambiamenti climatici e di mitigazione degli stessi. |
Un altro fattore importante di cui tenere conto è se il prolungamento della durata di vita in questione, considerate le sue caratteristiche specifiche, possa causare notevoli ripercussioni negative sull’ambiente a livello transfrontaliero (81).
I possibili impatti dei lavori o degli interventi fisici sui fattori ambientali costituiscono un altro criterio di selezione per determinare l’eventuale rischio e la necessità di una VIA. Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva VIA diversi fattori ambientali devono essere presi in considerazione (82) quando un progetto è sottoposto a uno screening o a una VIA. I diversi fattori ambientali possono essere condizionati in modo diverso in termini di portata e durata a seconda delle eventuali modifiche o estensioni di una centrale nucleare per consentirne l’esercizio (a questo proposito cfr. le categorie di lavori descritte nella sezione 4.1).
Nella maggior parte dei casi i miglioramenti in materia di sicurezza delle centrali nucleari e i lavori per mantenere le condizioni dell’impianto conformi alle sue specifiche tecniche o alla sua licenza sono destinati a produrre un impatto ambientale complessivamente positivo, poiché la loro realizzazione è volta a ridurre sia il rischio di incidenti, che le normali emissioni operative o la generazione di rifiuti radioattivi. La maggior parte dei miglioramenti è realizzata allo scopo di ridurre le emissioni radioattive o di altro tipo rilasciate nell’ambiente in condizioni di esercizio normale o in caso di incidenti, o in entrambi i casi, e/o per ridurre l’assorbimento di dosi di radioattività da parte dei lavoratori a causa di un’esposizione professionale prolungata (83).
Tuttavia i miglioramenti possono anche produrre ripercussioni negative sull’ambiente durante il normale esercizio dell’impianto, quali il maggiore utilizzo delle risorse come l’acqua o l’energia o l’aumento delle emissioni convenzionali provenienti ad esempio dai collaudi o dall’esercizio occasionale di generatori diesel di riserva supplementari per le emergenze. Inoltre altri miglioramenti in materia di sicurezza potrebbero potenzialmente avere un impatto sull’ambiente in presenza di determinate condizioni, ad esempio un miglioramento realizzato al fine di conseguire una maggiore difesa dalle inondazioni (come nuove dighe, modifiche del drenaggio od opere simili) potrebbe contribuire a modificare il flusso naturale dei corsi d’acqua in condizioni di inondazione, influendo quindi sull’entità delle inondazioni a valle dove il corso d’acqua può passare attraverso zone popolate o vicino ad esse oppure avere un impatto su siti di particolare importanza. Inoltre non si può escludere che alcuni miglioramenti in materia di sicurezza possano comportare ripercussioni negative sull’ambiente durante la fase di costruzione o installazione (ad esempio rumore, disturbi ambientali, temporaneo aumento di rifiuti radioattivi e/o convenzionali generati, emissioni industriali/radioattive, utilizzo di risorse quali materiali da costruzione, acqua, energia).
Le modifiche del controllo della chimica dell’acqua (84) nei reattori nucleari sono importanti da almeno sei prospettive diverse: integrità dei materiali, livelli di radiazione dell’impianto, accumulo di depositi, prestazioni del combustibile, impatto ambientale e sicurezza. Tali modifiche possono apportare miglioramenti, ad esempio alla sicurezza e al degrado dovuto all’invecchiamento delle componenti, o consentire un migliore controllo o una riduzione dei tassi di corrosione (che possono inoltre migliorare l’assorbimento di dosi radiologiche da parte dei lavoratori e semplificare la manutenzione). Tuttavia la modifica di un parametro basato sulla chimica per migliorare la sicurezza può fare insorgere un altro pericolo o rischio e occorre agire all’insegna di un oculato equilibrio. Di conseguenza, sebbene i miglioramenti in materia di sicurezza siano intrapresi allo scopo di produrre un impatto ambientale complessivamente positivo, è possibile che si verifichino alcune ripercussioni negative sull’ambiente.
Qualsiasi lavoro o intervento fisico legato al miglioramento delle prestazioni delle unità produttive presenta un potenziale maggiore, rispetto ai miglioramenti in materia di sicurezza, dal punto di vista degli impatti significativi della centrale sull’ambiente, sia che si tratti di impatti radiologici (ad esempio a causa di un diverso inventario radiologico del nocciolo) sia anche di altri impatti (ad esempio un aumento del flusso o della temperatura degli scarichi dell’acqua di raffreddamento).
4.5 Analisi comparativa sull’attuazione della direttiva VIA nel settore nucleare
Oltre 20 anni fa sono stati lanciati esercizi di analisi comparativa su base regolare nell’ambito della sicurezza nucleare, che hanno fornito risultati positivi in merito all’armonizzazione dell’attuazione pratica dei principi di sicurezza. Il loro ruolo fondamentale nel garantire un elevato livello di sicurezza armonizzato a livello dell’UE è stato avallato dalla direttiva sulla sicurezza nucleare (85), in particolare prevedendo revisioni tematiche tra pari.
L’attuazione dei presenti orientamenti e della direttiva VIA potrebbe essere favorita dall’avvio di un simile esercizio di analisi comparativa da parte degli Stati membri, su base volontaria, per quanto riguarda modifiche ed estensioni delle centrali nucleari. L’analisi comparativa potrebbe dare origine all’elaborazione di metodologie comuni a livello dell’UE e agevolare l’attuazione pratica in casi specifici. Ad esempio al momento di decidere in merito a modifiche o estensioni delle centrali nucleari e alla luce della sezione 4.2, l’analisi comparativa potrebbe essere pertinente per valutare se le emissioni radioattive sono cambiate durante il normale esercizio o in caso di incidenti e in che misura ciò implica la necessità di riesaminare qualsiasi VIA esistente (qualora tale VIA sia stata effettuata). Gli esercizi di analisi comparativa possono inoltre contribuire a valutare se le modifiche e le estensioni dei progetti creino ulteriori rischi di impatto sugli Stati membri confinanti e a individuare gli Stati membri a rischio.
5 SINTESI DEI PUNTI PRINCIPALI
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Qualora soddisfino i requisiti di cui all’allegato I, punto 24, o all’allegato II, punto 13, lettera a), della direttiva concernente la valutazione dell’impatto ambientale, i lavori o gli interventi di costruzione che presuppongono modifiche della realtà fisica dei progetti originari elencati nell’allegato I o II costituiscono «progetti» ai sensi della direttiva VIA e sono sottoposti a uno screening o a una VIA. |
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Per i progetti che possono avere un impatto ambientale significativo è prevista un’autorizzazione. |
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Una modifica o un’estensione dei progetti ai sensi dell’allegato I, punto 24, della direttiva concernente la valutazione dell’impatto ambientale presuppone che siano presenti rischi simili, in termini di impatto ambientale, a quelli del progetto originale. A questo proposito il prolungamento della durata delle autorizzazioni concesse ai progetti originali per periodi significativi, nonché l’importanza dei lavori inscindibilmente legati alla grandezza delle modifiche o delle estensioni dei progetti, costituiscono criteri fondamentali che dovrebbero essere utilizzati dalle autorità competenti. |
(1) GU L 26 del 28.1.2012, pag. 1.
(2) GU L 124 del 25.4.2014, pag. 1.
(3) Causa C-411/17, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, ECLI:EU:C:2019:622.
(4) https://ec.europa.eu/environment/eia/pdf/EIA_rulings_web.pdfhttps://ec.europa.eu/environment/eia/pdf/EIA_rulings_web.pdf (tale documento non riflette il parere ufficiale della Commissione, non è vincolante per quest’ultima e non è approvato dalla presente comunicazione).
(5) GU C 104 del 24.4.1992, pag. 7.
(6) GU L 124 del 17.5.2005, pag. 4.
(7) Cfr. in tal senso le conclusioni dell’avvocato generale Kokott sulla causa C-411/17, punto 105 («Poiché la direttiva VIA è intesa ad attuare in ampia misura [la convenzione di Espoo], è tuttavia auspicabile che essa venga interpretata in conformità a [quest’ultima]. Inoltre, le competenze dell’Unione devono essere esercitate nel rispetto del diritto internazionale; di conseguenza, l’interpretazione del diritto derivato dell’Unione deve avvenire, in linea di principio, in conformità ai suoi obblighi di diritto internazionale.»).
(8) Atti legislativi diversi possono perseguire obiettivi differenti che potrebbero a loro volta influenzare l’ambito di applicazione e il significato delle classificazioni e delle definizioni dei progetti che contengono. Pertanto una determinata qualificazione del progetto in una direttiva potrebbe non necessariamente stabilire con precisione in che modo il medesimo tipo di progetto debba essere interpretato nel contesto di un’altra direttiva. Come affermato dalla Corte (cfr. ad esempio la causa C-227/01, Commissione/Spagna), il diritto dell’Unione deve essere interpretato in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui esso fa parte.
(9) https://unece.org/sites/default/files/2021-02/Guidance_on_Conventions%20applicability_to_LTE%20of%20NPPs_As%20endorsed%20and%20edited.pdf.
(10) Cfr. in tal senso la causa C-486/04, Commissione/Italia, punto 45, e la causa C-255/05, Commissione/Italia, punto 52.
(11) Causa C-435/09, Commissione/Belgio, punti 86 e 88.
(12) Causa C-72/95, Kraaijeveld e altri, punto 50; causa C-2/07, Abraham e altri, punto 37; causa C-75/08, Mellor, punto 50; causa C-427/07, Commissione/Irlanda, punto 41.
(13) Causa C-2/07, Abraham e altri, punto 23; causa C-275/09, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e altri, punto 24; causa C-121/11, Pro-Braine e altri, punto 31.
(14) Per analogia, causa C-275/09, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e altri, punto 24; causa C-121/11, Pro-Braine e altri, punto 32.
(15) Causa C-287/98, Linster, punto 52; causa C-486/04, Commissione/Italia, punto 36; causa C-215/06, Commissione/Irlanda, punto 49; causa C-329/17, Prenninger e altri, punto 35.
(16) La direttiva non prevede alcuna ulteriore «autorizzazione» in aggiunta a tale «autorizzazione», cfr. la causa C-332/04, Commissione/Spagna, punto 53.
(17) Causa C-290/03, Barker, progetto «Crystal Palace», punti 40-41.
(18) Causa C-50/09, Commissione/Irlanda, punti 73-75. «[L’articolo 2, paragrafo 2] comporta che la discrezionalità conferita agli Stati membri si estende alla determinazione delle norme di procedura e delle condizioni di rilascio dell’autorizzazione di cui trattasi. Tuttavia, questa discrezionalità può essere esercitata soltanto entro i limiti fissati da detta direttiva e purché le scelte operate dagli Stati membri garantiscano il pieno rispetto degli obiettivi fissati da quest’ultima».
(19) Per maggiori dettagli cfr. la sezione 4 del documento di orientamento della Commissione relativo all’applicazione delle esenzioni ai sensi della direttiva VIA (EUR-Lex - 52019XC1114(02) - IT - EUR-Lex (europa.eu)).
(20) Cfr. la causa Doel, punti 103-114.
(21) Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17), articolo 3, paragrafo 7 - «autorizzazione», l’autorizzazione scritta all’esercizio di un’installazione o di parte di essa oppure di un impianto di combustione, di un impianto di incenerimento dei rifiuti o di un impianto di coincenerimento dei rifiuti.
(22) Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1).
(23) La qualifica di «autorizzazione» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva non dipende dal nome (tra gli esempi dei termini utilizzati nelle pratiche nazionali figurano: permesso di costruzione, permesso di zonizzazione, permesso di utilizzo del suolo, autorizzazione ambientale (integrata), autorizzazione di pianificazione, permesso di ubicazione), quanto piuttosto dal fatto che le condizioni stabilite nella direttiva siano rispettate.
(24) Oltre alla direttiva relativa alle emissioni industriali, i sistemi di autorizzazione sono presenti ad esempio nell’ambito della legislazione sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti o direttiva 1999/31/CE, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti). Un esempio di sistema di licenze figura nella direttiva 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE ecc.
(25) Causa C-275/09, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e altri.
(26) Il principio di questa sezione è applicabile anche ai nuovi progetti.
(27) Causa C-201/02, Wells, punti 52-53, dispositivo 1.
(28) Causa C-201/02, Wells; causa C-508/03, Commissione/Regno Unito; causa C-290/03, Barker.
(29) Causa C-201/02, Wells, e causa C-2/07, Abraham e altri.
(30) Cfr. il punto 88 della sentenza Doel: «88 Ne consegue che, sebbene l’attuazione di tali misure richieda l’adozione di atti successivi nell’ambito di un processo complesso e definito, volto in particolare a garantire il rispetto delle norme di sicurezza e di protezione applicabili a tale attività di produzione industriale di energia elettrica di origine nucleare, e quantunque dette misure siano, segnatamente, soggette ad una previa approvazione dell’AFCN, come risulta dalla relazione esplicativa della legge del 28 giugno 2015, resta tuttavia il fatto che tali misure, una volta adottate dal legislatore nazionale, definiscono le caratteristiche essenziali del progetto e non sono più destinate, a priori, ad essere dibattute o discusse».
(31) Nella causa C-50/09 la Corte ha concluso che «[a]l fine di soddisfare l’obbligo impostole da detto art. 3, l’autorità ambientale competente non può limitarsi ad individuare e a descrivere gli effetti diretti e indiretti di un progetto su taluni fattori, ma deve anche valutarli adeguatamente, in funzione di ogni singolo caso» (punto 37). Cfr. inoltre la causa C-508/03, Commissione/Regno Unito, punti 103-106.
(32) Causa C-2/07, Abraham e altri, aeroporto di Liegi, punti 42-43; causa C-142/07, Ecologistas en Acción-CODA, punto 39.
(33) Causa C-205/08, Umweltanwalt von Kärnten, punto 51.
(34) Causa C-392/96, Commissione/Irlanda, punti 76 e 82; causa C-142/07, Ecologistas en Acción-CODA, punto 44; causa C-205/08, Umweltanwalt von Kärnten, punto 53; causa C-2/07, Abraham e altri, aeroporto di Liegi, punto 27; causa C-275/09, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e altri, punto 36; causa C-244/12, Salzburger Flughafen, punto 37.
(35) Causa C-2/07, Abraham e altri, aeroporto di Liegi, punto 42.
(36) Causa C-227/01, Commissione/Spagna, punto 53.
(37) Causa C-244/12, Salzburger Flughafen, punto 37. In questo caso i progetti in questione riguardavano la costruzione di edifici ausiliari per un aeroporto (ossia magazzini, ampliamento delle aree di stazionamento per veicoli e aeromobili) che dovevano essere considerati insieme ad altri progetti approvati in precedenza (ossia la costruzione di un terminal aggiuntivo).
(38) Cfr. l’allegato II.A, punto 1, lettera a), l’allegato III, punto 1, lettera a) e l’allegato IV, punto 1, lettera b), nonché il considerando 22 della direttiva 2014/52/UE («Al fine di garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana, le procedure di screening e le valutazioni dell’impatto ambientale dovrebbero tener conto dell’impatto del progetto in questione nel suo complesso , compresi ove opportuno gli strati superficiali e sotterranei durante le fasi di costruzione e di funzionamento e, se del caso, di demolizione»).
(39) Causa C-287/98, Linster, punto 52; causa C-486/04, Commissione/Italia, punto 36; causa C-215/06, Commissione/Irlanda, punto 49.
(40) Causa C-215/06, Commissione/Irlanda, punto 51. «[…] l’art. 2, n. 1, della suddetta direttiva deve necessariamente essere inteso nel senso che, se il richiedente ha omesso di presentare domanda e di ottenere quindi l’autorizzazione necessaria, e se non ha precedentemente proceduto allo studio dell’impatto ambientale laddove richiesto, egli non può iniziare i lavori inerenti al progetto in questione, a pena di violare i precetti della direttiva 85/337 modificata».
(41) Inoltre, nel caso di un’omissione della valutazione dell’impatto ambientale o dello screening, spetta al giudice nazionale verificare se le prescrizioni del diritto dell’Unione applicabili al diritto al risarcimento, in particolare l’esistenza di un nesso causale diretto tra la violazione lamentata e i danni subiti, siano soddisfatte (causa C-420/11, Leth, punto 48).
(42) Causa C-201/02, Wells, punti 66-70.
(43) Causa C-215/06, Commissione/Irlanda, punto 59, «[…] [l]e autorità competenti sono pertanto tenute ad adottare i provvedimenti necessari al fine di rimediare alla mancata valutazione dell’impatto ambientale, ad esempio revocando o sospendendo un’autorizzazione già rilasciata al fine di effettuare una tale valutazione, nel rispetto dei limiti dell’autonomia procedurale degli Stati membri».
(44) Causa C-215/06, Commissione/Irlanda, punto 57; causa C-416/10, Križan e altri, punto 87; causa C-348/15, Stadt WienerNeustadt, punto 36; causa C-411/17, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, punto 174.
(45) Cause C-196/16 e C-197/16, Comune di Corridonia, punti 35-41 e 43; causa C-117/17, Castelbellino, punto 30, causa C-411/17, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, punto 175.
(46) Causa C-215/06, Commissione/Irlanda, punto 57; causa C-416/10, Križan e altri, punto 87; causa C-348/15, Stadt WienerNeustadt, punto 36.
(47) Direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40).
(48) Direttiva 97/1 1 /CE del Consiglio, del 3 marzo 1997, che modifica la direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 73 del 14.3.1997, pag. 5).
(49) Come precursore dell’inclusione nel testo della direttiva della categoria di progetti di cui all’allegato II, punto 13, lettera a), la Corte ha stabilito nella causa C-72/95, Kraaijeveld e altri, che la direttiva si applica anche alle modifiche dei progetti. La Corte ha stabilito che l’espressione «opere di canalizzazione e di regolazione di corsi d’acqua» figurante nell’allegato II, punto 10, lettera e), della direttiva 85/337/CEE (prima delle modifiche apportate dalla direttiva 97/11/CE) deve essere interpretata nel senso che in essa rientra non solo la costruzione di una nuova diga, ma altresì lo spostamento di una diga già esistente, il suo rafforzamento o ampliamento, la sostituzione di una diga in loco, indipendentemente dal fatto che la nuova diga sia più solida e/o più larga della precedente, o una combinazione di più di tali ipotesi (punto 42).
(50) Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17).
(51) Per le modifiche/estensioni dei progetti di cui all’allegato I che sono al di sotto del valore limite, ma che hanno notevoli ripercussioni negative sull’ambiente, cfr. l’allegato II, punto 13, lettera a).
(52) Causa C-411/17, punti 79-80.
(53) La portata della ristrutturazione è stata attestata dalla dotazione finanziaria, di importo pari a 700 milioni di EUR, destinata a tale scopo, causa C-411/17, punto 64.
(54) Ibidem, punto 78.
(55) Inoltre, in base all’allegato I, punto 24, è necessaria una VIA per «[o]gni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato».
(56) Il progetto proposto prevedeva la modifica delle infrastrutture dell’aeroporto, la costruzione di una torre di controllo, nuove bretelle di uscita dalle piste e lavori di risistemazione e di allargamento delle piste di decollo e atterraggio mantenendone invariata la lunghezza.
(57) L’approccio è stato confermato anche nella causa C-275/09, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e altri, e nella causa C-244/12, Salzburger Flughafen.
(58) Per analogia, causa C-411/17, Doel, punto 78.
(59) https://ec.europa.eu/environment/eia/pdf/EIA_guidance_Scoping_final.pdf (il documento non riflette il parere ufficiale della Commissione, non è vincolante per quest’ultima e non è approvato dalla presente comunicazione).
(60) https://ec.europa.eu/environment/eia/pdf/EIA_guidance_EIA_report_final.pdf (il documento non riflette il parere ufficiale della Commissione, non è vincolante per quest’ultima e non è approvato dalla presente comunicazione).
(61) Causa C-287/98, Linster, punto 52; causa C-486/04, Commissione/Italia, punto 36; causa C-215/06, Commissione/Irlanda, punto 49.
(62) Questa categoria è costituita da tipi di progetti a cui è stato assegnato un valore limite e da tipi di progetti senza valore limite.
(63) Causa C-411/17, Doel, punto 79.
(64) Causa C-570/13, punti 44 e 50.
(65) Ai fini dei presenti orientamenti il termine «centrali nucleari» è equivalente al termine «impianti nucleari».
(66) https://unece.org/sites/default/files/2021-02/Guidance_on_Conventions%20applicability_to_LTE%20of%20NPPs_As%20endorsed%20and%20edited.pdf.
(67) Per esercizio a lungo termine di una centrale nucleare si intende l’esercizio oltre un periodo di tempo stabilito quale definito dal periodo di licenza, dalla progettazione dell’impianto originale, dalle norme pertinenti o dai regolamenti nazionali. («Ageing Management and development of a Programme for Long Term Operation of Nuclear Power Plants», Specific Safety Guide SSG-48, AIEA 2018).
(68) Cfr. la sentenza del 22 settembre 2020, Austria/Commissione, C-594/18 P, ECLI:EU:C:2020:742, punto 32.
(69) Cfr. la sentenza del 22 settembre 2020, Austria/Commissione, C-594/18 P, ECLI:EU:C:2020:742, punti 41 e 43.
(70) Cfr. tra l’altro il capo 3, «Protezione sanitaria», del trattato Euratom, nonché la sentenza della Corte del 22 settembre 2020, Austria/Commissione, C-594/18 P, ECLI:EU:C:2020:742, punti 40, 41 e 43.
(71) Questi interventi non sono necessariamente legati a un esercizio a lungo termine, sebbene una maggiore durata di vita operativa non sarebbe stata possibile se le componenti non fossero state sostituite (ad esempio la decisione di prolungare la durata di vita operativa di una centrale nucleare dopo la scadenza della durata di vita di 40 anni di un progetto potrebbe non essere stata possibile se i generatori di vapore non fossero stati sostituiti dopo 30 anni di esercizio).
(72) Direttiva 2009/71/Euratom del 25 giugno 2009 (GU L 172 del 2.7.2009, pag. 18), come modificata dalla direttiva 2014/87/Euratom dell’8 luglio 2014 (GU L 219 del 25.7.2014, pag. 42), che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari. Il principio generale alla base del requisito relativo al continuo miglioramento è che l’operatore, sotto la supervisione delle autorità nazionali in materia di sicurezza, attui su base continua tutti i ragionevoli miglioramenti individuati in materia di sicurezza. Tale approccio è integrato da ispezioni, analisi della sicurezza specifiche e periodiche (come test di resistenza, interventi dell’uomo...) o revisioni periodiche della sicurezza, esaminandola caso per caso in modo approfondito.
(73) Originariamente le centrali nucleari erano, di norma, concepite per consentire una durata di vita operativa specifica (ad esempio 30-40 anni per le cosiddette centrali nucleari di II generazione che sono oggi in esercizio, molte delle quali hanno già superato la scadenza della loro durata di vita di progetto originale o vi si stanno avvicinando). Questa durata di vita iniziale può essere influenzata da molti fattori (ad esempio la continua manutenzione e sostituzione di componenti) e di solito l’impianto rimane in esercizio oltre tale durata, a seguito di una dimostrazione sistematica e completa che conclude che sia sicuro farlo.
(74) Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio del 25 giugno 2009 che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari (GU L 172 del 2.7.2009, pag. 18), come modificata dalla direttiva 2014/87/Euratom del Consiglio dell’8 luglio 2014 (GU L 219 del 25.7.2014, pag. 42).
(75) Ai sensi del diritto belga si sono dovute disattivare le centrali nucleari 40 anni dopo la data della loro attivazione industriale.
(76) Per quanto riguarda gli importi in questione, è opportuno ricordare che la causa Doel ha messo in gioco investimenti per circa 700 milioni di EUR. La Corte ha inoltre sottolineato che la natura o la portata dei lavori sono decisive.
(77) Causa C-411/17, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, ECLI:EU:C:2019:622, punto 94.
(78) Ibidem, punto 66 - «[…] la modernizzazione delle cupole delle centrali Doel 1 e Doel 2, il rinnovo delle piscine di stoccaggio degli elementi di combustibile esausto, l’installazione di una nuova stazione di pompaggio e l’adeguamento del basamento per meglio proteggere tali centrali dalle inondazioni»; «[…] lavori comporterebbero non soltanto miglioramenti nelle strutture esistenti ma anche la realizzazione di tre edifici, due dei quali destinati ad ospitare i sistemi di ventilazione e il terzo una struttura antincendio».
(79) Ibidem, punto 71.
(80) Orientamenti relativi alla convezione di Espoo, allegato II.
(81) Orientamenti relativi alla convezione di Espoo, parte C, «Prolungamento della durata di vita come modifica di rilievo di un’attività».
(82) Popolazione e salute umana, biodiversità, territorio, suolo, acqua, aria, clima, beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio e interazione tra questi fattori.
(83) Occorre osservare che qualsiasi modifica o estensione di una centrale nucleare che potrebbe comportare un aumento delle emissioni radioattive determinerebbe un obbligo di notifica alla Commissione europea ai sensi dell’articolo 37 del trattato Euratom, secondo cui ciascuno Stato membro è tenuto a fornire alla Commissione i dati generali di qualsiasi progetto relativo allo smaltimento di residui radioattivi, sotto qualsiasi forma, per consentire di determinare se la realizzazione di tale progetto sia suscettibile di provocare una contaminazione radioattiva delle acque, del suolo o dello spazio aereo di un altro Stato membro.
(84) Il controllo della chimica dell’acqua è essenziale per l’esercizio sicuro di una centrale nucleare e può essere utilizzato per ridurre al minimo gli effetti nocivi delle sostanze chimiche, delle impurità chimiche e della corrosione sulle strutture e sulle componenti dell’impianto per prolungarne la durata di vita operativa.
(85) Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2009, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari (GU L 172 del 2.7.2009, pag. 18), come modificata dalla direttiva 2014/87/Euratom del Consiglio dell’8 luglio 2014 (GU L 219 del 25.7.2014, pag. 42).
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/20 |
Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata
(Caso M.10247 — CVC / COOPER)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2021/C 486/02)
Il 22 ottobre 2021 la Commissione ha deciso di non opporsi alla suddetta operazione di concentrazione notificata e di dichiararla compatibile con il mercato interno. La presente decisione si basa sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (1). Il testo integrale della decisione è disponibile unicamente in lingua inglese e verrà reso pubblico dopo che gli eventuali segreti aziendali in esso contenuti saranno stati espunti. Il testo della decisione sarà disponibile:
— |
sul sito internet della Commissione europea dedicato alla concorrenza, nella sezione relativa alle concentrazioni (http://ec.europa.eu/competition/mergers/cases/). Il sito offre varie modalità per la ricerca delle singole decisioni, tra cui indici per impresa, per numero del caso, per data e per settore, |
— |
in formato elettronico sul sito EUR-Lex (http://eur-lex.europa.eu/homepage.html?locale=it) con il numero di riferimento 32021M10247. EUR-Lex è il sistema di accesso in rete al diritto dell’Unione europea. |
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/21 |
Non opposizione ad un’operazione di concentrazione notificata
(Caso M.10449 — KIA / ALMAVIVA)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2021/C 486/03)
Il 19 novembre 2021 la Commissione ha deciso di non opporsi alla suddetta operazione di concentrazione notificata e di dichiararla compatibile con il mercato interno. La presente decisione si basa sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (1). Il testo integrale della decisione è disponibile unicamente in lingua inglese e verrà reso pubblico dopo che gli eventuali segreti aziendali in esso contenuti saranno stati espunti. Il testo della decisione sarà disponibile:
— |
sul sito internet della Commissione europea dedicato alla concorrenza, nella sezione relativa alle concentrazioni (http://ec.europa.eu/competition/mergers/cases/). Il sito offre varie modalità per la ricerca delle singole decisioni, tra cui indici per impresa, per numero del caso, per data e per settore, |
— |
in formato elettronico sul sito EUR-Lex (http://eur-lex.europa.eu/homepage.html?locale=it) con il numero di riferimento 32021M10449. EUR-Lex è il sistema di accesso in rete al diritto dell’Unione europea. |
IV Informazioni
INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA
Consiglio
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/22 |
Avviso all’attenzione delle persone oggetto delle misure restrittive di cui alla decisione 2012/642/PESC del Consiglio, attuata dalla decisione di esecuzione (PESC) 2021/2125 del Consiglio, e al regolamento (CE) n. 765/2006 del Consiglio, attuato dal regolamento di esecuzione (UE) 2021/2124 del Consiglio, relativi a misure restrittive nei confronti della Bielorussia
(2021/C 486/04)
Le seguenti informazioni sono portate all’attenzione delle persone che figurano nell’allegato della decisione 2012/642/PESC del Consiglio (1), attuata dalla decisione di esecuzione (PESC) 2021/2125 del Consiglio (2), e nell’allegato I del regolamento (CE) n. 765/2006 del Consiglio (3), attuato dal regolamento di esecuzione (UE) 2021/2124 del Consiglio (4), relativi a misure restrittive nei confronti della Bielorussia.
Il Consiglio dell’Unione europea ha deciso che tali persone debbano essere incluse nell’elenco delle persone oggetto delle misure restrittive di cui alla decisione 2012/642/PESC e al regolamento (CE) n. 765/2006. I motivi che hanno determinato la designazione di queste persone sono specificati alle pertinenti voci di tali allegati.
Si richiama l’attenzione delle persone in questione sulla possibilità di presentare una richiesta alle autorità competenti dello Stato o degli Stati membri pertinenti, indicate nei siti web di cui all’allegato II del regolamento (CE) n. 765/2006, al fine di ottenere un’autorizzazione a utilizzare i fondi congelati per soddisfare le esigenze di base o per effettuare pagamenti specifici (cfr. articolo 3 del regolamento).
Anteriormente al 31 dicembre 2021 le persone in questione possono presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una richiesta volta a ottenere il riesame della decisione che le include nell’elenco summenzionato al seguente indirizzo:
Consiglio dell’Unione europea |
Segretariato generale |
RELEX.1.C |
Rue de la Loi/Wetstraat 175 |
1048 Bruxelles/Brussel |
BELGIQUE/BELGIË |
E-mail: sanctions@consilium.europa.eu
Tutte le osservazioni ricevute saranno prese in considerazione ai fini del riesame periodico dell’elenco delle persone ed entità designate effettuato dal Consiglio, in conformità dell’articolo 8, paragrafo 2, della decisione 2012/642/PESC e dell’articolo 8 bis, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 765/2006.
(1) GU L 285 del 17.10.2012, pag. 1.
(2) GU L 430 I del 2.12.2021, pag. 16.
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/23 |
Avviso all’attenzione degli interessati cui si applicano le misure restrittive di cui alla decisione 2012/642/PESC del Consiglio e al regolamento (CE) n. 765/2006 del Consiglio relativi a misure restrittive nei confronti della Bielorussia
(2021/C 486/05)
Si richiama l’attenzione degli interessati sulle seguenti informazioni in conformità dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (1).
Le basi giuridiche del trattamento dei dati sono la decisione 2012/642/PESC del Consiglio (2), attuata dalla decisione di esecuzione (PESC) 2021/2125 del Consiglio (3), e il regolamento (CE) n. 765/2006 del Consiglio (4), attuato dal regolamento di esecuzione (UE) 2021/2124 del Consiglio (5).
Il titolare del trattamento dei dati è il Consiglio dell’Unione europea rappresentato dal direttore generale della RELEX (Relazioni esterne) del segretariato generale del Consiglio e il servizio incaricato del trattamento è l’unità RELEX.1.C, che può essere contattata al seguente indirizzo:
Consiglio dell’Unione europea |
Segretariato generale |
RELEX.1.C |
Rue de la Loi/Wetstraat 175 |
1048 Bruxelles/Brussel |
BELGIQUE/BELGIË |
E-mail: sanctions@consilium.europa.eu
Il responsabile della protezione dei dati dell’SGC può essere contattato al seguente indirizzo e-mail:
Responsabile della protezione dei dati
data.protection@consilium.europa.eu
Il trattamento dei dati è finalizzato all’elaborazione e all’aggiornamento dell’elenco delle persone oggetto di misure restrittive a norma della decisione 2012/642/PESC, attuata dalla decisione di esecuzione (PESC) 2021/2125, e del regolamento (CE) n. 765/2006, attuato dal regolamento di esecuzione (UE) 2021/2124.
Gli interessati sono le persone fisiche che soddisfano i criteri di inserimento in elenco fissati nella decisione 2012/642/PESC e nel regolamento (CE) n. 765/2006.
I dati personali raccolti comprendono i dati necessari per la corretta identificazione della persona interessata, la motivazione ed eventuali altri dati connessi.
I dati personali raccolti possono essere condivisi per quanto necessario con il servizio europeo per l’azione esterna e la Commissione.
Fatte salve le limitazioni di cui all’articolo 25 del regolamento (UE) 2018/1725, le richieste relative all’esercizio dei diritti degli interessati, quali il diritto di accesso nonché i diritti di rettifica o di opposizione, riceveranno risposta in conformità del regolamento (UE) 2018/1725.
I dati personali saranno conservati per un periodo di cinque anni dal momento in cui l’interessato è stato cancellato dall’elenco delle persone oggetto delle misure restrittive o la validità della misura è scaduta, o per la durata del procedimento giudiziario nel caso in cui sia stato avviato.
Fatto salvo ogni ricorso giurisdizionale, amministrativo o extragiudiziale, gli interessati possono proporre un reclamo al garante europeo della protezione dei dati a norma del regolamento (UE) 2018/1725 (edps@edps.europa.eu).
(1) GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39.
(2) GU L 285 del 17.10.2012, pag. 1.
(3) GU L 430 I del 2.12.2021, pag. 16.
Commissione europea
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/25 |
Tassi di cambio dell’euro (1)
2 dicembre 2021
(2021/C 486/06)
1 euro =
|
Moneta |
Tasso di cambio |
USD |
dollari USA |
1,1339 |
JPY |
yen giapponesi |
127,94 |
DKK |
corone danesi |
7,4362 |
GBP |
sterline inglesi |
0,85135 |
SEK |
corone svedesi |
10,2658 |
CHF |
franchi svizzeri |
1,0414 |
ISK |
corone islandesi |
146,80 |
NOK |
corone norvegesi |
10,2962 |
BGN |
lev bulgari |
1,9558 |
CZK |
corone ceche |
25,420 |
HUF |
fiorini ungheresi |
362,44 |
PLN |
zloty polacchi |
4,5953 |
RON |
leu rumeni |
4,9488 |
TRY |
lire turche |
15,2937 |
AUD |
dollari australiani |
1,5975 |
CAD |
dollari canadesi |
1,4526 |
HKD |
dollari di Hong Kong |
8,8375 |
NZD |
dollari neozelandesi |
1,6662 |
SGD |
dollari di Singapore |
1,5501 |
KRW |
won sudcoreani |
1 333,57 |
ZAR |
rand sudafricani |
17,9652 |
CNY |
renminbi Yuan cinese |
7,2297 |
HRK |
kuna croata |
7,5245 |
IDR |
rupia indonesiana |
16 342,16 |
MYR |
ringgit malese |
4,7964 |
PHP |
peso filippino |
57,320 |
RUB |
rublo russo |
83,5138 |
THB |
baht thailandese |
38,413 |
BRL |
real brasiliano |
6,3935 |
MXN |
peso messicano |
24,1963 |
INR |
rupia indiana |
85,0520 |
(1) Fonte: tassi di cambio di riferimento pubblicati dalla Banca centrale europea.
INFORMAZIONI PROVENIENTI DAGLI STATI MEMBRI
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/26 |
Aggiornamento degli importi di riferimento per l’attraversamento delle frontiere esterne, a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen)
(2021/C 486/07)
La pubblicazione degli importi di riferimento per l’attraversamento delle frontiere esterne, a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), si basa sulle informazioni comunicate dagli Stati membri alla Commissione in conformità con l’articolo 39 del codice frontiere Schengen.
Oltre alle pubblicazioni nella Gazzetta ufficiale, sul sito web della Direzione generale della Migrazione e degli Affari interni è possibile consultare un aggiornamento mensile.
IMPORTI DI RIFERIMENTO PER L’ATTRAVERSAMENTO DELLE FRONTIERE ESTERNE FISSATI DALLE AUTORITÀ NAZIONALI
SPAGNA
Sostituisce l’elenco pubblicato nella GU C 102 del 24.3.2021, pag. 8.
L’articolo 1 dell’ordinanza PRE/1282/2007, del 10 maggio 2007, relativa ai mezzi finanziari che i cittadini stranieri devono dimostrare di possedere per entrare in Spagna, stabilisce che «l’importo da dimostrare di possedere deve raggiungere un ammontare che rappresenti in euro il 10 % del salario minimo lordo interprofessionale o del suo equivalente legale in valuta estera, moltiplicato per il numero previsto di giorni di soggiorno in Spagna e per il numero di persone che viaggiano a carico del richiedente».
Il regio decreto 817/2021 del 28 settembre 2021 che fissa il salario minimo interprofessionale, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 233 del 29 settembre 2021, stabilisce l’ammontare del salario minimo interprofessionale in vigore dal 1° settembre 2021 a 32,17 EUR al giorno o 965 EUR al mese, a seconda che il salario sia fissato a giorni o a mesi.
Conformemente all’aggiornamento dell’ammontare del salario minimo interprofessionale fissato dall’RD 817/2021 del 28 settembre 2021, gli stranieri che intendono entrare nel territorio nazionale devono continuare a dimostrare di disporre di un importo minimo di 96,50 EUR pro capite pro die, e se intendono soggiornare in Spagna di un minimo di 868,50 EUR o del suo equivalente legale in valuta estera, a condizione che sia richiesto dai funzionari incaricati di svolgere il controllo in entrata nel territorio spagnolo, e alle condizioni stabilite nell’ordinanza sopra menzionata.
Elenco delle precedenti pubblicazioni
GU C 247 del 13.10.2006, pag. 19
GU C 153 del 6.7.2007, pag. 22
GU C 164 del 18.7.2007, pag. 45
GU C 182 del 4.8.2007, pag. 18
GU C 57 dell’1.3.2008, pag. 38
GU C 134 del 31.5.2008, pag. 19
GU C 331 del 31.12.2008, pag. 13
GU C 36 del 13.2.2009, pag. 100
GU C 98 del 29.4.2009, pag. 11
GU C 304 del 10.11.2010, pag. 5
GU C 157 del 27.5.2011, pag. 8
GU C 203 del 9.7.2011, pag. 16
GU C 11 del 13.1.2012, pag. 13
GU C 72 del 10.3.2012, pag. 44
GU C 298 del 4.10.2012, pag. 3
GU C 56 del 26.2.2013, pag. 13
GU C 269 del 18.9.2013, pag. 2
GU C 152 del 20.5.2014, pag. 25
GU C 224 del 15.7.2014, pag. 31
GU C 434 del 4.12.2014, pag. 3
GU C 447 del 13.12.2014, pag. 32
GU C 146 del 26.4.2016, pag. 12
GU C 248 dell’8.7.2016, pag. 12
GU C 111 dell’8.4.2017, pag. 11
GU C 21, dell’20.1.2018, pag. 3
GU C 186 del 31.5.2018, pag. 10
GU C 264 del 26.07.2018, pag. 6
GU C 366 del 10.10.2018, pag. 12
GU C 459 del 20.12.2018, pag. 38
GU C 140 del 16.4.2019, pag. 7
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/28 |
Nota informativa della Commissione a norma dell’articolo 16, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità
Abrogazione degli oneri di servizio pubblico relativi ai servizi aerei di linea
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2021/C 486/08)
Stato membro |
Italia |
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Rotte interessate |
Comiso-Roma Fiumicino e viceversa Comiso-Milano Linate e viceversa (l’onere di servizio pubblico imposto sulle rotte Comiso-Milano Malpensa e viceversa e Comiso-Bergamo Orio al Serio e viceversa è scaduto) |
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Data iniziale di entrata in vigore degli oneri di servizio |
|||||
Data di abrogazione |
18 ottobre 2021 |
||||
Indirizzo presso il quale è possibile ottenere il testo e qualsiasi informazione e/o documentazione pertinente correlata all’onere di servizio pubblico |
Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili Dipartimento per la mobilità sostenibile
Tel. +39 0644127190 E-mail: dg.ta@pec.mit.gov.it Internet: http://www.mit.gov.it |
V Avvisi
ALTRI ATTI
Commissione europea
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/29 |
Pubblicazione della comunicazione di approvazione di una modifica ordinaria al disciplinare di produzione di un nome nel settore vitivinicolo di cui all’articolo 17, paragrafi 2 e 3, del regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione
(2021/C 486/09)
La presente comunicazione è pubblicata conformemente all’articolo 17, paragrafo 5, del regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione (1)
COMUNICAZIONE DELL’APPROVAZIONE DI UNA MODIFICA ORDINARIA
«Murfatlar»
PDO-RO-A0030-AM01
Data della comunicazione: 14 settembre 2021
DESCRIZIONE E MOTIVI DELLA MODIFICA APPROVATA
1. Introduzione di nuove varietà di uve da vino come varietà principali di produzione
Nel disciplinare sono integrate le varietà di uve da vino Traminer roz per i vini bianchi e Mamaia per i vini rossi.
A causa delle condizioni pedoclimatiche della DOP Murfatlar, influenzate dalla qualità del suolo e dall’altissimo livello di irraggiamento solare, le uve di Traminer Roz accumulano grandi quantità di zuccheri che favoriscono la qualità dell’aroma specifico di questa varietà.
Il vino, molto aromatico, evoca l’aroma dei petali di rosa, oltre a essere untuoso e vellutato, con un sapore leggermente piccante che lascia in bocca una sensazione speziata. Ben equilibrato e sostenuto da una buona mineralità, esso può avere colorazioni che vanno dal bianco-giallastro al rosato.
Il vitigno Mamaia, nuova varietà approvata nel 1991 presso la SCDVV di Murfatlar, è caratterizzato da un elevato accumulo di zuccheri (da 210 a 230 g/l), una acidità media e una buona colorazione.
Grazie all’interazione tra calore, umidità e livello di irraggiamento solare, rilievo e terreno (suoli neri ricchi di carbonio su substrati di loess), la varietà Mamaia dà origine a un vino aromatico, vellutato e pieno con un gusto leggermente piccante, che lascia in bocca una sensazione speziata.
L’introduzione delle due varietà nella regione di Murfatlar amplia la gamma dei prodotti, diversifica la produzione di vini prodotti nella regione a partire da alcune varietà autoctone adatte alle buone condizioni climatiche e consolida la reputazione della regione di Murfatlar.
Sono stati modificati il capitolo IV del disciplinare e le sezioni 5, 2 e 7 del documento unico.
2. Modifica della zona geografica di produzione, in funzione dell’organizzazione a livello amministrativo
Si chiede che nella zona delimitata per la produzione dei vini della DOP Murfatlar sia integrato il villaggio di Viișoara, appartenente al comune di Cobadin, situato nel dipartimento di Costanza.
Il villaggio di Viișoara, nel comune di Cobadin, è adiacente ai comuni di Peștera e Ciocârlia a nord e di Chirnogeni a sud, situati nella regione di Murfatlar.
Condizioni climatiche nei comuni di Cobadin e Viișoara: il mare, il sale, l’irraggiamento solare e l’energia luminosa, che sono la principale fonte di sintesi delle sostanze organiche, determinano un’elevata concentrazione di zuccheri nelle uve, e indirettamente nel mosto, producendo vini fermi, pieni e ricchi, ma anche freschi, rotondi e vellutati, con aromi complessi, caratteristiche organolettiche simili a quelle dei vini fermi della DOP Murfatlar.
I vigneti si trovano su terreni esposti, la maggior parte dei quali in pendenza, con un’ottima esposizione al sole, e le uve sono baciate dai raggi del sole.
Le condizioni pedoclimatiche che si osservano nel perimetro delle località di Cobadin e Viișoara sono identiche a quelle della zona delimitata della DOP Murfatlar, con caratteristiche specifiche per la produzione di vini fermi freschi, caratterizzati da aromi diversificati, fruttati o floreali, interi, con sfumature tipiche dei vitigni aromatici.
Per la zona geografica delimitata, a causa della riorganizzazione amministrativa territoriale del villaggio di Cuza Vodă, appartenente al comune omonimo, che è costituito unicamente da tale villaggio da un punto di vista amministrativo, è necessario apportare una correzione: il villaggio di Cuza Vodă deve di norma appartenere al comune di Cuza Vodă e non a quello di Castelu.
Sono stati modificati il capitolo III del disciplinare e la sezione 6 del documento unico.
3. Informazioni aggiuntive sul legame tra il prodotto e la zona geografica
Nel disciplinare sono integrate informazioni sul legame con la zona geografica e, per una presentazione sufficientemente chiara, devono essere aggiunti i dettagli relativi alla zona, al prodotto e al legame causale tra zona e prodotto.
Sono stati modificati il capitolo II del disciplinare e la sezione 8 del documento unico.
4. Nuovo tipo di vino idoneo alla produzione – vino di ghiaccio
Il disciplinare è stato integrato da un nuovo tipo di vino, il vino di ghiaccio, destinato alla produzione nel quadro della DOP Murfatlar. Si tratta di un vino fermo che beneficia dell’elevato accumulo di zuccheri ottenuto grazie alla vendemmia tardiva delle uve, per le varietà ad alto profilo aromatico, per via delle condizioni climatiche (umidità, sovramaturazione, ecc.) della zona favorevoli all’accumulo di zuccheri durante tale periodo tardivo di raccolta.
Sono stati modificati i capitoli V, VI, X e XI del disciplinare, mentre è rimasto invariato il documento unico.
5. Indicazione delle caratteristiche analitiche/organolettiche del vino di ghiaccio
L’integrazione di tale tipo di vino fermo nel disciplinare permette di dettagliare correttamente anche le sue caratteristiche analitiche e organolettiche al fine di garantire il rispetto della normativa nel caso di una DOP.
È stato modificato solo il capitolo XI del disciplinare.
6. Aggiunta di pratiche tecnologiche specifiche per taluni vini in fase di produzione
Al disciplinare sono state aggiunte le condizioni relative a taluni processi tecnologici (alcune pratiche) che portano alla produzione di vini rosati, di vini arancioni ottenuti a partire da uve bianche, di vini bianchi ottenuti dalla macerazione, di vini rossi ottenuti dalla vinificazione bianca e di vini di ghiaccio.
È stato modificato il capitolo X del disciplinare, mentre è rimasto invariato il documento unico.
7. Precisazione degli aspetti relativi alle condizioni di commercializzazione
Ai fini del rispetto della normativa, alcuni aspetti del disciplinare relativi alle condizioni di etichettatura e di imbottigliamento dei vini (la produzione di uve garantita nella zona) sono stati sistematizzati/presentati in modo più chiaro.
È stato modificato il capitolo XII del disciplinare, mentre è rimasto invariato il documento unico.
8. Indicazione chiave delle condizioni di produzione in caso di non conformità
Sono state modificate le condizioni del disciplinare relative alla situazione in cui avviene la produzione vinicola, che può presentare eventuali non conformità, indicando chiaramente le situazioni in cui può essere riconosciuta la qualità adeguata.
È stato modificato il capitolo XIV del disciplinare, mentre è rimasto invariato il documento unico.
DOCUMENTO UNICO
1. Nome del prodotto
Murfatlar
2. Tipo di indicazione geografica
DOP - Denominazione di origine protetta
3. Categorie di prodotti vitivinicoli
1. |
Vino |
4. Descrizione del vino (dei vini)
1. Caratteristiche analitiche e organolettiche - vini bianchi/rosati
DESCRIZIONE TESTUALE CONCISA
I vini fermi di Murfatlar sono pieni e untuosi: quelli ottenuti dalle varietà bianche aromatiche e semiaromatiche presentano un carattere marcato conferito loro dal vitigno da cui sono ottenuti, mentre i vini rossi hanno tannini vellutati che addolciscono la durezza e l’astringenza proprie dei vitigni.
Sono vini gradevoli, con ricche note di frutti maturi (gialli o rossi), densi e carnosi, di consistenza grassa, quasi «esibizionisti», con acidità ben integrata e contenuto alcolico glicerico che dona al vino sensazioni dolci e leggere.
I vini bianchi fermi sono di colore dal giallo verdolino al giallo dorato. Al naso, presentano aromi di frutti esotici, agrumi, note floreali di fiori di vite, fieno appena falciato, gelsomino e acacia. Al palato i vini sono freschi, fruttati, vellutati e alcune varietà acquisiscono con l’invecchiamento un bouquet complesso.
I vini fermi rosati di colore rosa più o meno intenso presentano aromi di frutti esotici e agrumi, e gusto fresco, rinvigorente ed equilibrato con finale fruttato.
CARATTERISTICHE ANALITICHE GENERALI
Titolo alcolometrico totale massimo (in % vol)
15,00
Titolo alcolometrico effettivo minimo (in % vol)
11,00
Acidità totale minima
3,5 in grammi per litro, espressa in acido tartarico
Acidità volatile massima (in milliequivalenti per litro)
18
Tenore massimo di anidride solforosa totale (in milligrammi per litro)
350
2. Caratteristiche analitiche e organolettiche – vini rossi
DESCRIZIONE TESTUALE CONCISA
I vini rossi fermi sono vellutati, complessi, di colore dal rosso rubino al rosso intenso. Presentano aromi di frutti rossi maturi, prugne secche e frutti di bosco neri, al gusto sono corposi e ampi, con acidità e tannini ben integrati. Con l’invecchiamento i vini acquisiscono note olfattive di spezie e cioccolato.
CARATTERISTICHE ANALITICHE GENERALI
Titolo alcolometrico totale massimo (in % vol)
15,00
Titolo alcolometrico effettivo minimo (in % vol)
11,00
Acidità totale minima
3,5 in grammi per litro, espressa in acido tartarico
Acidità volatile massima (in milliequivalenti per litro)
20
Tenore massimo di anidride solforosa totale (in milligrammi per litro)
200
3. Caratteristiche analitiche e organolettiche – vino di ghiaccio
DESCRIZIONE TESTUALE CONCISA
Il vino di ghiaccio bianco è limpido, dall’aspetto cristallino brillante, di colore giallo dorato, caratterizzato da un aroma fresco, di frutti a polpa bianca, stramaturi e succosi, e un gusto cremoso di arance, albicocche, frutti esotici canditi e ananas.
Il vino di ghiaccio rosato è limpido, dall’aspetto cristallino brillante, di colore rosato, caratterizzato da un aroma fresco di fragoline di bosco e more stramature e un gusto cremoso.
Il vino di ghiaccio rosso è limpido, dall’aspetto cristallino brillante, di colore rosso porpora, caratterizzato da un aroma di frutti di bosco molto maturi e da un gusto untuoso e pieno.
CARATTERISTICHE ANALITICHE GENERALI
Titolo alcolometrico totale massimo (in % vol)
15,00
Titolo alcolometrico effettivo minimo (in % vol)
11,00
Acidità totale minima
4,5 in grammi per litro, espressa in acido tartarico
Acidità volatile massima (in milliequivalenti per litro)
20
Tenore massimo di anidride solforosa totale (in milligrammi per litro)
350
5. Pratiche di vinificazione
5.1. Pratiche enologiche specifiche
Vinificazione bianca delle varietà rosse
Diversificazione tecnologica: produzione di vini bianchi da uve rosse, che danno origine ai cosiddetti «blanc de noirs», una tecnologia di vinificazione in bianco delle uve rosse, che valorizza il potenziale dei vitigni a bacca rossa, producendo vini corposi, caratterizzati da un gusto fine, leggermente vegetale ed elegante, con note floreali e fruttate. L’acidità ne accentua la freschezza e il tocco di mineralità li rende più complessi.
Vini bianchi fermi prodotti con macerazione – vino rosato da uve bianche
Dalle uve di Pinot Gris e Traminer Roz, con buccia di color malva, grigio-porpora, blu-grigio (Pinot Gris) e rosa perlato, rosa-grigio (Traminer Roz), si producono vini fermi dall’aspetto cristallino, con sfumature bianco giallastro e dal giallo paglierino al rosa. A seconda della scelta del vinificatore, questi vitigni possono dare origine a vini bianchi e rosati fermi.
Vino arancione fermo da uve bianche – di un attraente colore da giallo ad ambra, con una struttura complessa, un bouquet aromatico fresco ed espressivo, note di noce, miele e favo da miele, presenta un carattere molto più tannico rispetto ai vini bianchi fermi.
Il metodo di produzione di questi vini differisce dalla tecnica normalmente utilizzata per i vini bianchi fermi per via del processo di macerazione sulle bucce del mosto di uve bianche, la cui durata dipende dall’intensità colorante che il vinificatore desidera dare al vino ottenuto.
Vino di ghiaccio
Le condizioni pedoclimatiche della zona sono ottimali per la produzione di questi vini: l’elevato irraggiamento solare, le escursioni termiche tra il giorno e la notte, la nebbia tardiva e l’umidità elevata determinano un accumulo elevato di zuccheri nelle uve o addirittura una sovramaturazione. Si tratta di un prodotto ottenuto senza arricchimento, da uve sane, esenti da malattie o muffa nobile, che sono lasciate congelare sulla pianta per alcuni giorni consecutivi e raccolte alla fine di novembre/dicembre.
Se le condizioni climatiche non consentono il congelamento naturale delle uve sulla pianta senza che siano colpite da muffe, queste possono essere raccolte manualmente in casse e conservate a temperature sotto lo zero in celle frigorifere.
Come noto, le uve di Chardonnay, Pinot gris, Riesling italian, Muscat Ottonel, Tămâioasă românească, Traminer roz e le uve a bacca rossa di Pinot noir sono celebri nella DOP Murfatlar per via dell’accumulo elevato di zuccheri e del loro profilo aromatico. Infatti tutte queste varietà possono essere vinificate per produrre vino di ghiaccio.
Mediante la disidratazione, il congelamento e lo scongelamento delle bacche nei vigneti, in modo naturale o artificiale all’interno delle zone frigorifere, si elimina l’acqua e aumenta la concentrazione di zuccheri. A seguito del congelamento e dello scongelamento le uve acquisiscono aromi di miele, albicocca, mango, agrumi, fichi, lamponi e fragoline di bosco, che ne accrescono la dolcezza e il gusto, e che sono preservati se le uve vengono pressate al momento del congelamento.
5.2. Rese massime
1. A piena maturazione al momento della vendemmia – Sauvignon, Riesling italian, Riesling de Rhin, Fetească regală, Fetească albă
15 000 chilogrammi di uve per ettaro
2. A piena maturazione al momento della vendemmia – Tămâioasă românească, Crâmpoșie, Columna, Traminer roz
15 000 chilogrammi di uve per ettaro
3. A piena maturazione al momento della vendemmia – Muscat Ottonel, Pinot noir, Syrah, Burgund mare
14 300 chilogrammi di uve per ettaro
4. A piena maturazione al momento della vendemmia – Chardonnay, Pinot gris
13 600 chilogrammi di uve per ettaro
5. A piena maturazione al momento della vendemmia – Cabernet Sauvignon
12 900 chilogrammi di uve per ettaro
6. A piena maturazione al momento della vendemmia – Mamaia
12 000 chilogrammi di uve per ettaro
7. Vino di ghiaccio
6 000 chilogrammi di uve per ettaro
8. A piena maturazione al momento della vendemmia – Sauvignon, Riesling italian, Riesling de Rhin, Fetească regală, Fetească albă
105 ettolitri per ettaro
9. A piena maturazione al momento della vendemmia – Tămâioasă românească, Crâmpoșie, Columna, Traminer roz
105 ettolitri per ettaro
10. A piena maturazione al momento della vendemmia – Merlot, Fetească neagră
105 ettolitri per ettaro
11. A piena maturazione al momento della vendemmia – Muscat Ottonel, Pinot noir, Syrah, Burgund mare
100 ettolitri per ettaro
12. A piena maturazione al momento della vendemmia – Chardonnay, Pinot gris
95 ettolitri per ettaro
13. A piena maturazione al momento della vendemmia – Cabernet Sauvignon
90 ettolitri per ettaro
14. A piena maturazione al momento della vendemmia – Mamaia
84 ettolitri per ettaro
15. Vino di ghiaccio
18 ettolitri per ettaro
6. Zona geografica delimitata
La zona delimitata per la vinificazione, il confezionamento e l’imbottigliamento dei vini a denominazione di origine controllata Murfatlar comprende le seguenti località del dipartimento di Costanza:
Denominazione di origine controllata «MURFATLAR»:
— |
città di Murfatlar – villaggi di Murfatlar, Siminoc; |
— |
comune di Valu lui Traian – villaggio di Valu lui Traian; |
— |
comune di Poarta Albă – villaggi di Poarta Albă, Nazarcea; |
— |
città di Ovidiu – comune di Ovidiu, villaggio di Poiana; |
— |
comune di Ciocârlia – villaggio di Ciocârlia; |
— |
comune di Cobadin – villaggio di Viișoara. |
Sottodenominazione di origine «MEDGIDIA», che può accompagnare o meno la denominazione di origine controllata:
— |
città di Medgidia – località di Medgidia, Remus Opreanu, Valea Dacilor; |
— |
comune di Castelu – villaggi di Castelu, Nisipari; |
— |
comune di Cuza Vodă – villaggio di Cuza Vodă; |
— |
comune di Siliștea – villaggio di Siliștea; |
— |
comune di Tortoman – villaggio di Tortoman; |
— |
comune di Peștera – villaggi di Peștera, Ivrinezu Mic; |
— |
comune di Mircea Vodă – villaggi di Mircea Vodă, Satu Nou, Țibrinu, Gherghina; |
— |
comune di Saligny – villaggi di Saligny, Ștefan cel Mare. |
Sottodenominazione di origine «CERNAVODĂ», che può accompagnare o meno la denominazione di origine controllata:
— |
città di Cernavodă – comune di Cernavodă; |
— |
comune di Seimeni – villaggio di Seimeni, Seimenii Mici; |
— |
comune di Rasova – villaggi di Rasova, Cochirleni. |
7. Varietà principale/i di uve da vino
Burgund Mare N – Grosser Burgunder, Grossburgunder, Blaufrankisch, Kekfrankos, Frankovka, Limberger
Cabernet Sauvignon N – Petit Vidure, Bourdeos tinto
Chardonnay B – Gentil blanc, Pinot blanc Chardonnay
Colonne B
Crâmpoșie B
Fetească albă B – Pasareasca alba, Poama fetei, Madchentraube, Leanyka, Leanka
Fetească neagră N – Schwarze Madchentraube, Poama fetei neagră, Păsărească neagră, Coada rândunicii
Fetească regală B – Konigliche Madchentraube, Konigsast, Ktralyleanka, Dănăşană, Galbenă de Ardeal
Mamaia N
Merlot N – Bigney rouge
Muscat Ottonel B – Muscat Ottonel blanc
Pinot Gris G – Affumé, Grau Burgunder, Grauburgunder, Grauer Mönch, Pinot cendré, Pinot Grigio, Ruländer
Pinot Noir N – Blauer Spätburgunder, Burgund mic, Burgunder roter, Klävner Morillon Noir
Riesling de Rhin B – Weisser Riesling, White Riesling
Riesling italian B – Olasz Riesling, Olaszriesling, Welschriesling
Sauvignon B – Sauvignon verde
Syrah N – Shiraz, Petit Syrah
Traminer Roz Rs – Rosetraminer, Savagnin roz, Gewürztraminer
Tămâioasă românească B – Rumanische Weihrauchtraube, Tamianka
8. Descrizione del legame/dei legami
8.1. Informazioni sulla zona geografica
La zona di Murfatlar si trova sull’altopiano della Dobrugia meridionale, a cavallo della valle di Carasu e del parallelo 44o 15′ di latitudine nord. Dal punto di vista geografico la zona delimitata di Murfatlar è situata nella parte sudorientale della Romania, tra il Danubio e il Mar Nero, al centro dell’altopiano della Dobrugia.
La zona beneficia di un elevato soleggiamento, di ricche risorse eliotermiche e di precipitazioni atmosferiche medie, che sono le più basse del paese. Il suolo, costituito principalmente da calcare conchiglifero, ricco di carbonato di calcio, è un fattore importante per la qualità dei vini.
Tutte le condizioni offerte dall’ambiente naturale, soprattutto quelle pedologiche ed eliotermiche, sono particolarmente favorevoli alla coltivazione della vite e alla produzione di vini di qualità superiore. La mancanza di umidità può essere compensata mediante una corretta organizzazione del sistema di irrigazione.
Il substrato geologico è costituito da loess e depositi loessici, che coprono il calcare e le arenarie calcaree mesozoiche e terziarie della piattaforma della Dobrugia meridionale, e depositi diluvio-colluviali.
Il rilievo è di tipo tabulare-strutturale, con un’altitudine assoluta compresa tra 100 e 130 m, ed è costituito principalmente da calcare cretacico e sarmatiano, adagiato su un basamento precambriano e ricoperto da uno strato di loess quaternario spesso 400 m, frammentato da valli con versanti fortemente inclinati (15o-30o) di tipo fronte di cuesta (versante sinistro della valle asimmetrica di Carasu), oppure relativamente simmetrico di tipo canyon, interessato da intensi processi di inclinazione del terreno, stabilizzati localmente da terrazzamenti e altre misure antropiche per lottare contro l’erosione a fini di valorizzazione agricola (in particolare la produzione vitivinicola).
Il clima è di tipo continentale. Le estati sono torride e secche, gli inverni moderati, le primavere precoci e gli autunni tardivi: condizioni ideali per la maturazione e la sovramaturazione delle uve. Il potenziale eliotermico, tra i più elevati del paese, è caratterizzato da un irraggiamento solare di 130 kcal/cm2, un soleggiamento di 2 220- 2 300 ore e temperature positive di 4 200 oC/anno.
Il subclima è influenzato principalmente dal canale Danubio-Mar Nero, che attraversa da ovest a est la zona vitivinicola, dal riflesso della luce solare, e dall’inerzia termica trasmessa alle zone limitrofe. I pendii del canale Danubio-Mar Nero e le differenze di temperatura tra il suolo e la massa d’acqua provocano spostamenti d’aria che si sovrappongono a quelli dei venti provenienti dal centro della Dobrugia. Le temperature giornaliere medie annue sono di circa 0 oC in inverno e a 28 oC in estate.
I terreni rappresentativi sono i mollisol di černozëm della steppa (černozëm carbonati e tipici) su substrati di loess, rendzine tipiche e litiche, regosol e suoli erosi su pendii soggetti a una fortissima degradazione per cause naturali o antropiche.
8.2. Dettagli del prodotto
A seconda della varietà, delle condizioni dell’anno e del momento della vendemmia, nella DOP Murfatlar si possono produrre vini da secchi a dolci, dando prova della diversità qualitativa della produzione vinicola. I vini a denominazione di origine controllata «Murfatlar» possono essere bianchi, rossi o rosati.
I vini bianchi presentano un aspetto limpido e brillante e un colore dal giallo verdolino al giallo dorato. Hanno un gusto vellutato e l’odore tipico delle varietà da cui sono ottenuti.
I vini rossi presentano un aspetto limpido e brillante e un colore dal rosso rubino al porpora intenso. Hanno un gusto intenso e l’odore tipico delle varietà da cui sono ottenuti. A seconda del tenore di zuccheri al momento della vendemmia, i vini ottenuti possono recare le menzioni tradizionali autorizzate dalla normativa («cules la maturitate deplină», «cules târziu», «cules la înobilarea boabelor»).
Le caratteristiche del mosto di uve da cui si ottiene il vino conferiscono al vino della DOP Murfatlar la sua specificità. Queste caratteristiche sono legate alle varietà, che godono di un elevato soleggiamento, di risorse eliotermiche tra le più elevate del paese e di scarse precipitazioni. Questi fattori contribuiscono a una migliore maturazione delle uve e consentono quindi di ottenere un mosto ricco di zuccheri. Il mare esercita un’influenza positiva sul clima della zona, in particolare in autunno, in quanto funge da regolatore termico. Nella zona di Cernavodă si fa sentire l’incidenza del Danubio, in particolare nelle piantagioni vicine al fiume. Il terreno, ricco di carbonato di calcio, costituisce un fattore importante per la qualità del vino.
8.3. Legame causale
Nella zona della DOP Murfatlar, al fine di ottenere un vino di qualità, i vitigni sono accuratamente selezionati e i metodi di coltivazione utilizzati consentono di massimizzare l’utilizzo del soleggiamento, grazie al diradamento dei grappoli, nonché a una gestione efficace della qualità della vendemmia, che implica il controllo del tenore di zuccheri, dell’acidità e degli aromi. Le pratiche enologiche applicate e le conoscenze dell’enologo costituiscono una combinazione di fattori che, insieme al suolo e al clima, permette la produzione di vini di qualità. I vini ottenuti sono pieni e fruttati, facilmente riconoscibili, in particolare nel caso dei vini bianchi, che presentano un aroma di frutta molto matura e agrumi freschi, dei vini rosati di colore rosa pallido e dei vini rossi con tannini morbidi.
La combinazione di clima (freschezza e maturazione), suolo (černozëm carbonati e tipici su substrati loessici che consentono un buon equilibrio dei nutrienti), coltivazione (selezione delle varietà, densità delle viti, gestione del fogliame, decisioni relative alla vendemmia), pratiche enologiche e conoscenze dell’enologo garantisce la freschezza e l’aroma pieno e fruttato dei vini bianchi e rosati nonché la morbidezza dei tannini e l’aroma pieno e vellutato dei vini rossi.
I terreni aridi con un apporto di calcare, visibile in numerosi punti, il clima continentale estremo con estati molto calde, autunni lunghi, precipitazioni scarse e distribuite in modo disomogeneo (in primavera e a fine autunno), ma in particolare il sole, che regala calore e luce in abbondanza, rendono questa regione un paradiso per la coltivazione di vitigni nobili per la produzione di vini. In alcune annate questi fattori consentono anche la sovramaturazione e la botritizzazione delle uve grazie all’azione del fungo Botrytis cinerea (muffa nobile).
8.4. Fattori umani coinvolti
Il famoso poeta latino Ovidio, che visse in esilio a Tomi tra il 9 e il 17 d.C., ha lasciato testimonianze scritte della tradizione della produzione vinicola nella regione di Murfatlar.
Secondo gli scritti di Vasile Pârvan inoltre «[...] su numerosi monumenti laici e religiosi della zona figurano personaggi mitici coronati di germogli e viti, che dimostrano perlopiù l’esistenza del culto di Dioniso» (Bacco).
Da quanto risulta da documenti dell’epoca, nel Medioevo gli impianti viticoli hanno continuato a rappresentare una ricchezza notevole, se non inestimabile, nel territorio dell’attuale Romania, in cui i viticoltori e i cantinieri erano considerati una categoria superiore di agricoltori. Per questo motivo le corti dei signori dedicavano un’attenzione particolare alle viti e alla preparazione dei vini, punendo i viticoltori che lasciavano in stato di abbandono le viti.
Il reimpianto dei vigneti nel villaggio di Viișoara costituisce una sorta di ricompensa per le genti del luogo che parlavano con piacere della nobile professione di viticoltore che non avevano dimenticato e che era praticata prima del comunismo. Nel corso del tempo il villaggio di Viișoara è tornato quindi a essere quello che era una volta: il villaggio tra i vigneti. Il nome che Viișoara porta oggi fu attribuito al villaggio nel 1926; fino a tale data era conosciuto come Valea Caceamac, nome risalente all’epoca in cui la Dobrugia era sotto il dominio ottomana e che, secondo i dialetti, può avere due diversi significati in turco.
Dopo la Prima guerra mondiale, lo Stato rumeno ordinò la ricostruzione delle strade in tutto il paese, ma soprattutto alla Dobrugia, devastata e segnata dalle conseguenze sanguinose del conflitto. Anche l’antica strada romana che collegava Tomi (oggi Costanza) al Tropaeum Traiani (Adamclisi) fu ripristinata. Per via della nuova strada gli abitanti di Caceamac si insediarono 2 km più a est, su entrambi i lati della via di epoca romana. Per un certo periodo la cittadina fu conosciuta anche come il «villaggio tra i vigneti», da cui il nuovo nome di Viișoara, ispirato alla principale attività esercitata dagli abitanti, ovvero la coltivazione della vite.
Nella regione di Murfatlar, nel 1907, due viticoltori rumeni, Gheorghe Nicoleanu e Vasile Brezeanu, presero l’iniziativa di piantare, in via sperimentale, varietà di Chardonnay, Pinot gris, Pinot noir e Muscat Ottonel. I risultati furono straordinari.
In seguito furono inoltre introdotti nella zona vitivinicola vitigni autoctoni rumeni, che erano stati selezionati e coltivati dai ricercatori in istituti sperimentali per ottenere ibridi robusti con un potenziale qualitativo elevato, come le varietà Fetească regală o Fetească neagră. Queste varietà hanno trovato una zona di coltivazione ottimale per svilupparsi, con precipitazioni più scarse e giornate più soleggiate, che garantiscono un migliore accumulo di zuccheri e aromi. Nel 1927, la creazione del centro di ricerca viticolo di Murfatlar ha portato a un notevole aumento dell’assortimento varietale: Sauvignon, Muscat Ottonel, Traminer rose, Riesling italian, Cabernet Sauvignon et Merlot.
9. Ulteriori condizioni essenziali (confezionamento, etichettatura, altri requisiti)
Condizioni di commercializzazione
Quadro normativo:
legislazione nazionale
Tipo di condizione ulteriore:
disposizioni supplementari in materia di etichettatura
Descrizione della condizione:
La denominazione di origine protetta Murfatlar può essere integrata, a seconda degli interessi dei produttori, con uno dei nomi viticoli seguenti:
a) |
per la denominazione di origine controllata «MURFATLAR»: BASARABI, VALUL ROMAN, BISERICA VECHE, POARTA ALBĂ, SIMINOC, CIOCÂRLIA, PIATRA ROŞIE, NAZARCEA; |
b) |
per la sottodenominazione di origine «MEDGIDIA»: VALEA DACILOR, CETATE, MIRCEA VODĂ, SATU NOU, CUZA VODĂ, TORTOMAN, SILIŞTEA, ŢIBRINU; |
c) |
per la sottodenominazione di origine «CERNAVODĂ»: DEALU VIFORUL, DEALU HINOG, COCHIRLENI, RASOVA, SEIMENI. |
Link al disciplinare del prodotto
https://www.onvpv.ro/sites/default/files/caiet_de_sarcini_doc_murfatlar_modif_cf_cererii_683_19.04.2021_no_track_changes_4.pdf
3.12.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 486/39 |
Pubblicazione della comunicazione di approvazione di una modifica ordinaria al disciplinare di produzione di un nome nel settore vitivinicolo di cui all’articolo 17, paragrafi 2 e 3, del regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione
(2021/C 486/10)
La presente comunicazione è pubblicata conformemente all’articolo 17, paragrafo 5, del regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione (1)
COMUNICAZIONE DELL’APPROVAZIONE DI UNA MODIFICA ORDINARIA CHE MODIFICA IL DOCUMENTO UNICO
«Côtes de Duras»
PDO-FR-A0165-AM01
Data della comunicazione: 1o ottobre 2021
DESCRIZIONE E MOTIVI DELLA MODIFICA APPROVATA
1. Codice geografico ufficiale
I comuni della zona geografica e della zona di prossimità immediata sono stati aggiornati in base al codice geografico ufficiale.
Il perimetro della zona rimane invariato.
Il documento unico è modificato ai punti 6 e 9.
2. Vini rosati
I vitigni Sémillon B, Sauvignon B, Sauvignon gris G e Muscadelle B sono aggiunti all’elenco delle varietà accessorie autorizzate per la produzione di vini rosati.
I vitigni accessori sono limitati al 20 % dell’azienda.
In fase di assemblaggio la percentuale totale di vitigni accessori è inferiore o pari al 20 %, di cui al massimo il 10 % per le varietà Sauvignon B e Sauvignon gris considerate insieme e il 10 % per la varietà Muscadelle B.
L’introduzione di vitigni bianchi nella produzione dei vini rosati consente di garantire la freschezza e il profilo organolettico, che possono essere compromessi in presenza di determinate condizioni climatiche avverse (in particolare le temperature elevate dopo l’invaiatura).
Questa aggiunta non incide sulla qualità del prodotto.
La modifica non comporta alcuna variazione del documento unico.
3. Produzione massima media per parcella
La produzione massima media per parcella dei vini bianchi è stata ridotta portandola al livello dei vini rossi e rosati allo scopo di facilitare le operazioni dei controlli.
La modifica non comporta alcuna variazione del documento unico.
4. Carbone per uso enologico
Finora vietato, l’uso del carbone è ora consentito in modo inquadrato e limitato: «Per l’elaborazione dei vini rosati è autorizzato l’uso del carbone per uso enologico per i mosti nel limite del 20 % del volume dei vini rosati prodotti dal vinificatore in questione, per la vendemmia considerata.». L’obiettivo è usare il carbone in modo mirato, in quelle partite che presentano una qualità organolettica o analitica inferiore (a causa di un’alterazione aromatica legata in particolare a fenomeni di ossidazione), senza con ciò modificare la tipicità del prodotto.
Il documento unico è interessato da tale modifica al punto 5.1.
5. Riferimento alla struttura di controllo
La formulazione del riferimento alla struttura di controllo è stata riveduta al fine di armonizzare tale formulazione ai disciplinari delle altre denominazioni. Tale modifica è puramente redazionale.
Questa modifica non comporta modifiche del documento unico.
DOCUMENTO UNICO
1. Nome del prodotto
Côtes de Duras
2. Tipo di indicazione geografica
DOP - Denominazione di origine protetta
3. Categorie di prodotti vitivinicoli
1. |
Vino |
4. Descrizione del vino (dei vini)
1. Vini rossi e rosati
DESCRIZIONE TESTUALE CONCISA
I vini rossi e rosati sono vini secchi fermi. In fase di confezionamento i vini rossi hanno un tenore di acido malico inferiore o uguale a 0,4 grammi per litro. I vini rossi e rosati presentano un tenore di zuccheri fermentescibili (glucosio e fruttosio) inferiore o uguale a 3 grammi per litro.
Dopo l’arricchimento i vini non superano un titolo alcolometrico volumico totale del 13 % per i vini rossi e rosati. I tenori di acidità volatile e di anidride solforosa totale sono quelli stabiliti dalla normativa europea. I vini rossi e rosati presentano un titolo alcolometrico volumico naturale minimo pari al 10,5 %. I vini rossi sono in genere caratterizzati dalla morbidezza e dalla rotondità del vitigno Merlot N e, in misura accessoria, del vitigno Cot N, proprietà che si coniugano con il potere tannico delle varietà Cabernet franc N e Cabernet-Sauvignon N. Per limitare l’acidità naturale di questi vini, la fermentazione malolattica deve essere effettuata prima del confezionamento.
I vini rosati, ottenuti di norma da assemblaggi, sono secchi e presentano un piacevole carattere fruttato e una notevole freschezza. Al fine di preservare le uve prima della vinificazione o per evitare l’estrazione di tannini astringenti, non è consentito l’utilizzo di taluni materiali.
CARATTERISTICHE ANALITICHE GENERALI
Caratteristiche analitiche generali |
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Titolo alcolometrico totale massimo (in % vol) |
|
Titolo alcolometrico effettivo minimo (in % vol) |
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Acidità totale minima |
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Acidità volatile massima (in milliequivalenti per litro) |
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Tenore massimo di anidride solforosa totale (in milligrammi per litro) |
|
2. Vini bianchi
DESCRIZIONE TESTUALE CONCISA
I vini bianchi fermi possono essere secchi, amabili o dolci.
I vini bianchi secchi presentano un tenore di zuccheri fermentescibili inferiore o uguale a 3 grammi per litro. Gli altri vini bianchi hanno un tenore di zuccheri fermentescibili superiore a 12 grammi per litro e un titolo alcolometrico volumico effettivo superiore o uguale al 10,5 % vol. Dopo l’arricchimento i vini bianchi non superano un titolo alcolometrico volumico totale del 13 % per i vini secchi e del 14 % per gli altri vini bianchi.
I vini presentano un titolo alcolometrico volumico naturale minimo pari al 10,5 % per i vini bianchi secchi e all’11,5 % per gli altri vini bianchi.
I tenori di acidità volatile e di anidride solforosa totale sono quelli stabiliti dalla normativa europea.
Per i vini bianchi secchi, la diversità dei vitigni e le regole di assemblaggio favoriscono l’emergere di vini caratterizzati da due stili diversi: un bianco secco molto fruttato e fresco, dagli aromi dominanti di bosso o di germogli di ribes nero, prodotto di norma dal vitigno Sauvignon B e un bianco secco più complesso e corposo nel quale varietà come Muscadelle B e Sémillon B apportano elementi di rotondità e corposità. Per queste due tipologie di vino, la menzione «secco» deve essere obbligatoriamente riportata sull’etichetta.
I vini bianchi amabili sono ottenuti per la gran parte dal vitigno Sémillon B e in misura accessoria dalla varietà Muscadelle B. Sono generalmente vini grassi e concentrati senza eccessi e presentano aromi di frutta matura, talvolta di frutta candita. Gli altri vitigni conferiscono freschezza in bocca nonché un migliore potenziale di invecchiamento.
CARATTERISTICHE ANALITICHE GENERALI
Caratteristiche analitiche generali |
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Titolo alcolometrico totale massimo (in % vol) |
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Titolo alcolometrico effettivo minimo (in % vol) |
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Acidità totale minima |
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Acidità volatile massima (in milliequivalenti per litro) |
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Tenore massimo di anidride solforosa totale (in milligrammi per litro) |
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5. Pratiche di vinificazione
5.1. Pratiche enologiche specifiche
1.
Le tecniche sottrattive di arricchimento sono autorizzate per i vini rossi entro il limite di un tasso massimo di concentrazione del 10 %. L’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale del lotto oggetto di trattamento è pari o inferiore all’1 % vol. Per l’elaborazione dei vini rosati è autorizzato l’uso del carbone per uso enologico per i mosti nel limite del 20 % del volume dei vini rosati prodotti dal vinificatore in questione, per la vendemmia considerata. Dopo l’arricchimento i vini non superano il titolo alcolometrico volumico totale del 13 % per i vini rossi, rosati e bianchi secchi e del 14 % per gli altri vini bianchi. Oltre alle disposizioni di cui sopra, i vini devono rispettare gli obblighi relativi alle pratiche enologiche stabiliti a livello dell’Unione e dal «Code rural et de la pêche maritime» (codice rurale e della pesca marittima).
2.
La densità minima di impianto delle vigne è di 4 000 ceppi per ettaro. La distanza tra i filari è inferiore o uguale a 2,50 metri. Ciascun ceppo dispone di una superficie massima di 2,50 metri quadrati. Questa superficie si ottiene moltiplicando la distanza interfilare per la distanza tra i ceppi dello stesso filare. Tale densità di impianto può essere ridotta a 3 300 ceppi per ettaro per quanto riguarda la piantatura di vigneti destinati alla produzione di vino bianco del tipo secco. In tal caso, la distanza tra i vigneti deve essere inferiore o uguale a 3 metri e la distanza tra i ceppi del medesimo filare deve essere superiore a 0,85 metri.
Le vigne sono potate secondo le tecniche seguenti:
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potatura a Guyot semplice o doppio; |
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potatura a sperone (corta) a cordone di Royat o a ventaglio; |
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potatura lunga (aste). |
Dopo la spollonatura, ciascun ceppo reca al massimo 15 gemme franche per il vitigno Sauvignon B e per il vitigno Sauvignon gris G e 13 gemme per le altre varietà.
Per le vigne coltivate in base ad una densità inferiore a 4 000 ceppi per ettaro, in seguito alla spollonatura, ciascun ceppo reca al massimo 18 gemme franche per ceppo per il vitigno Sauvignon B e per il vitigno Sauvignon gris G e 15 gemme franche per le altre varietà.
È vietata l’irrigazione.
5.2. Rese massime
1. Vini rossi e rosati
66 ettolitri per ettaro
2. Vini bianchi secchi
72 ettolitri per ettaro
3. Vini bianchi diversi dai vini secchi
66 ettolitri per ettaro
6. Zona geografica delimitata
La vendemmia, la vinificazione e l’elaborazione dei vini hanno luogo nel territorio dei seguenti comuni del dipartimento di Lot-et-Garonne (sulla base del codice geografico ufficiale del 26 febbraio 2020): Auriac-sur-Dropt, Baleyssagues, Duras, Esclottes, Loubès-Bernac, Moustier, Pardaillan, Saint-Astier, Saint-Jean-de-Duras, Saint-Sernin, Sainte-Colombe-de-Duras, Sauvetat-du-Dropt (La), Savignac-de-Duras, Soumensac e Villeneuve-de-Duras.
7. Varietà principale/i di uve da vino
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Cabernet franc N |
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Cabernet-Sauvignon N |
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Chenin B |
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Colombard B |
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Mauzac B |
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Merlot N |
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Muscadelle B |
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Ondenc B |
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Sémillon B |
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Ugni blanc B |
8. Descrizione del legame/dei legami
8.1. Descrizione dei fattori umani rilevanti per il legame
Delimitata a sud dalla valle del fiume Dropt, la zona geografica consiste in un prolungamento dell’altopiano dell’Entre-Deux-Mers, 70 chilometri a est di Bordeaux e in posizione intermedia tra le vallate dei fiumi Garonne e Dordogne. La parte settentrionale della zona geografica segna la linea di demarcazione delle acque tra il bacino della Dordogne e quello della Garonne. L’altopiano, orientato interamente verso sud, è stato profondamente segnato dalla rete idrografica dei corsi d’acqua del Dousset a ovest, Dourdèze al centro e Malromé ed Escourru a est. La zona geografica corrisponde ai 15 comuni del cantone di Duras.
Il paesaggio è caratterizzato da una successione di colline e di valloni più o meno incassati. La topografia tormentata è legata alla natura friabile delle molasse affioranti e alla carsificazione dei materiali calcarei sottostanti. A mezza costa e anche nella parte superiore delle colline, taluni affioramenti calcarei duri formano delle piccole falesie nettamente visibili nel paesaggio.
Le formazioni geologiche maggiormente friabili sono costituite da «molasse del Fronsadais» nella parte inferiore dei versanti collinari e da «molasse dell’Agenais» sulla sommità dei rilievi. A metà pendio compare il «calcare di Castillon» dal colore bianco e dall’aspetto gessoso e più o meno fessurato. In cima alle molasse dell’Agenais affiora, localmente, il calcare chiaro dell’Agenais. Questo calcare bianco, duro e cavernoso, raggiunge il suo apice in forma pianeggiante in corrispondenza dei comuni di Loubès-Bernac e Soumensac, e apporta argille di decalcificazione. Le molasse del Fronsadais hanno dato origine a terreni bruni argillosi, talvolta argilloso-ghiaiosi, che sono sfruttati per la viticoltura solo nelle zone della valle del Dropt non soggette al gelo. Il calcare di Castillon, all’affioramento, determina la presenza di rendzine dal terreno molto magro, sulle quali è difficile coltivare. Qui dominano soprattutto le «lande delle piante di ginepro». Laddove aumenta lo spessore del suolo, la vite può beneficiare di un terreno magro e perfettamente drenato. Le molasse dell’Agenais portano allo sviluppo di suoli privi di carbonati e spesso fortemente lisciviati, la cui copertura ad opera del limo eolico permette la formazione di terreni definiti «boulbènes». La superficie parcellare delimitata, la cui superficie è pari a 9 871 ettari, copre appena la metà della zona geografica.
Il clima oceanico determina una pluviometria distribuita durante tutto l’arco dell’anno, con un picco invernale e uno nel mese di maggio. In primavera le temperature sono miti e favoriscono una crescita precoce della vite; le stagioni autunnali sono soleggiate e talvolta precedute da un episodio piovoso all’equinozio. In questa zona i vitigni tradizionali dell’Aquitania si sono sviluppati del tutto naturalmente grazie al loro adattamento all’ambiente.
8.2. Descrizione dei fattori umani rilevanti per il legame
All’epoca della Guyana britannica, nel periodo tra i secoli XI e XIV, l’economia viticola dell’area di Duras ha conosciuto un certo slancio grazie alle spedizioni in Inghilterra dei vini dell’«Haut-Pays», definizione che raggruppava tutti i vigneti situati a monte di Bordeaux e il cui commercio era effettuato attraverso la Dordogne e la Garonne. Durante il governo dell’Ancien Régime, il protezionismo messo in atto dai bordolesi è soggetto a qualche fase di allentamento, e i vini dell’Haut-Pays pagano quindi un diritto di «doppio marchio», mentre quelli provenienti dalla regione di Duras devono versare solo un diritto di «mezzo marchio». Nel XVII secolo, il duca di Duras riceve persino l’autorizzazione a disporre ogni anno di botti bordolesi per il contenimento di 1 000 tonnellate di vino prodotto a Duras.
All’inizio del XX secolo, la produzione della regione vinicola Côtes de Duras è orientata principalmente a favore dei vini bianchi amabili, come avviene per il vino Bergerac, alquanto apprezzato nella regione di Parigi. Ma la disaffezione del consumatore nei confronti di questo tipo di prodotto dopo la seconda guerra mondiale spinge la comunità locale ad adeguare la propria produzione al cambiamento.
Nel 1924 viene istituita un’associazione di tutela dei vini del cantone di Duras, il cui obiettivo è il riconoscimento della denominazione di origine «Vino del cantone di Duras». A fronte della contestazione di questa denominazione da parte di un intermediario, la questione è conclusa per effetto di una decisione del tribunale civile di Agen il 28 giugno 1927. La sentenza stabilisce che: «Se i vigneti delle colline del cantone di Duras non conferiscono ai propri vini i profumi tipici dei vini pregiati, essi consentono quanto meno di ottenere dei vini di prim’ordine unanimemente apprezzati dai consumatori». Il giudice definisce i vini di Duras quali «vini fruttati, corposi e dal carattere rivelatore della loro origine». La denominazione di origine controllata «Côtes de Duras» è riconosciuta il 16 febbraio 1937 per i vini bianchi e i vini rossi. Nei primi anni ’60, il passaggio ai vitigni dei vini rossi e alla varietà Sauvignon B nella regione di Bordeaux è ben avviato, e l’economia della zona di Duras segue l’esempio, alla luce di opportunità economiche in pieno sviluppo. Dal 1970 in poi, i vini bianchi secchi ottenuti dal vitigno Sauvignon B diventano i prodotti di punta della regione. I progressi nel controllo delle temperature di vinificazione, grazie in particolare agli investimenti cooperativi, consentono l’elaborazione di vini ottenuti dal vitigno Sauvignon B, dagli aromi molto caratterizzati e facilmente identificati dal consumatore.
La cantina-cooperativa di Duras è creata in quel periodo, nel momento in cui una cantina non lontana, situata nella Gironde, già produce il 20 % dei vini della denominazione di origine controllata. Nel 1985 l’Union interprofessionnelle garantisce la promozione dei vini, e le due cantine si fondono nel 1998. Nel frattempo, la padronanza degli enologi bordolesi nei confronti delle tecniche di vinificazione dei vini rossi va a beneficio degli operatori della vicina regione di Duras, e la produzione dei vini rosati trova il suo naturale sviluppo.
Nel 2009 la produzione media dei vini rossi è di 65 000 ettolitri per i vini rossi e di 5 000 ettolitri per i vini rosati. La produzione dei vini bianchi secchi è pari a 40 000 ettolitri, mentre per i vini bianchi amabili il prodotto si limita a 2 000 ettolitri commercializzati direttamente in bottiglie. Per i vini bianchi secchi, la diversità dei vitigni, le norme di proporzione nel vigneto e le regole di assemblaggio favoriscono l’emergere di vini caratterizzati da due stili diversi: un bianco secco molto fruttato e fresco, dagli aromi dominanti di bosso o di germogli di ribes, prodotto di norma dal solo vitigno Sauvignon B, e un bianco secco più complesso e corposo nel quale varietà come Muscadelle B e Sémillon B apportano elementi di rotondità e corposità. Per queste due tipologie di vino, la menzione «secco» deve essere obbligatoriamente riportata sull’etichetta.
I vini bianchi amabili sono ottenuti per la gran parte dal vitigno Sémillon B e in misura accessoria dalla varietà Muscadelle B. Sono generalmente vini grassi e concentrati senza eccessi e presentano aromi di frutta matura, talvolta di frutta candita. Gli altri vitigni conferiscono, nell’assemblaggio, freschezza in bocca nonché un migliore potenziale di invecchiamento.
I vini rossi sono in genere caratterizzati dalla morbidezza e dalla rotondità del vitigno Merlot N e, in misura accessoria, del vitigno Cot N, proprietà che si coniugano con il potere tannico delle varietà Cabernet franc N e Cabernet-Sauvignon N. Per limitare l’acidità naturale di questi vini, la fermentazione malolattica deve essere effettuata prima del confezionamento.
8.3. Fattore
I vini rosati, ottenuti di norma da assemblaggi, sono secchi e presentano un piacevole carattere fruttato e una notevole freschezza. Al fine di preservare le uve prima della vinificazione o per evitare l’estrazione di tannini astringenti, non è consentito l’utilizzo di taluni materiali. Il fiume Dropt e le sue valli tributarie hanno dato forma ai rilievi e messo in luce versanti ben esposti. La superficie parcellare delimitata si basa quindi su criteri topografici e le migliori parcelle competono spesso con un’arboricoltura molto diffusa. La produzione del vino bianco amabile è dovuta alla coltivazione della varietà Sémillon B nel contesto di un clima oceanico che, grazie all’umidità autunnale del primo mattino e ai pomeriggi soleggiati, contribuisce alla sovramaturazione e all’eventuale sviluppo della muffa nobile per effetto della Botrytis cinerea.
I diversi livelli molassici, più o meno lisciviati e con un contenuto variabile di argilla presente nei terreni detti «boulbènes», favoriscono la coltivazione del vitigno Sauvignon B, il quale dispiega il suo potenziale aromatico indispensabile per la produzione di vini bianchi secchi intensi.
Le argille di decalcificazione e le condizioni propizie legate alle stagioni autunnali soleggiate contribuiscono alla maturità delle varietà di uve nere, che apportano in tal modo ai vini rossi una buona base tannica.
I produttori hanno saputo valorizzare le potenzialità del proprio territorio selezionando le parcelle più adatte alla coltivazione della vigna e sviluppando le tecniche di controllo delle temperature di fermentazione per i vini bianchi e le tecniche di estrazione dei tannini per i vini rossi.
Agli inizi del XVI secolo, tra i vini detti «di Bordeaux» sono compresi sia i vini «di Graves», «del Médoc», «del Blayais», eccetera... sia quelli del «paese di recente conquista». Tale «conquista» riguarda la conversione di anime corrotte ed è legata a numerose parrocchie e giurisdizioni influenti, come le giurisdizioni di Montravel, di Sainte-Foy o del ducato di Duras. Francesco I dà un nuovo impulso alla coltivazione della vite sulle aree collinari della regione di Duras, il cui vino è molto apprezzato alla corte dei Valois alla stregua di «un nettare».
Le crisi che seguono non risparmiano la regione di Duras (guerre, ostacoli alla commercializzazione, fillossera, esclusione dall’Haut-Pays), ma la viticoltura ha resistito e ha saputo trovare il suo adattamento. La produzione è suddivisa pressoché equamente tra l’impresa cooperativa e le cantine indipendenti. Grazie allo sviluppo dell’agriturismo, la vendita diretta diviene il metodo di commercializzazione preminente, rappresentando infatti il 60 % dei volumi venduti. Con il 15 % dei volumi commercializzati nel Nord Europa, la notorietà dei vini della denominazione d’origine controllata «Duras» oltrepassa ampiamente i confini regionali dell’Aquitania e dell’Ile-de-France, dove è nata e progredita la reputazione di questi vini.
9. Ulteriori condizioni essenziali (confezionamento, etichettatura, altri requisiti)
Quadro normativo:
legislazione nazionale.
Tipo di condizione ulteriore:
disposizioni supplementari in materia di etichettatura.
Descrizione della condizione
Il termine «sec» figura obbligatoriamente sull’etichetta dei vini bianchi con un tenore di zuccheri fermentescibili (glucosio e fruttosio) inferiore o uguale a 3 grammi per litro.
L’etichettatura dei vini che beneficiano della denominazione di origine controllata «Côtes de Duras» può precisare l’unità geografica più ampia «Sud-Ouest». Questa unità geografica più ampia può essere indicata anche su prospetti e contenitori di qualsiasi tipo. Le dimensioni dei caratteri dell’unità geografica più ampia non superano, né in altezza né in larghezza, quelle dei caratteri che compongono il nome della denominazione di origine controllata.
Quadro normativo:
legislazione nazionale.
Tipo di condizione ulteriore:
deroga relativa alla produzione nella zona geografica delimitata.
Descrizione della condizione
La zona di prossimità immediata, definita in deroga per la vinificazione e l’elaborazione dei vini, è costituita dal territorio dei comuni indicati di seguito (sulla base del codice geografico ufficiale del 26 febbraio 2020).
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Dipartimento della Dordogne |
Comuni interamente compresi: Sadillac, Thénac.
Comuni parzialmente compresi: Saint-Julien-Innocence-Eulalie per il solo territorio dell’ex comune di Sainte-Eulalie-d’Eymet che è divenuto comune delegato all’interno di Saint-Julien-Innocence-Eulalie in data 1° gennaio 2019.
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Dipartimento della Gironde: Dieulivol, Landerrouat, Lèves-et-Thoumeyragues (Les), Margueron, Monségur, Pellegrue, Riocaud, Saint-Avit-Saint-Nazaire. |
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Dipartimento di Lot-et-Garonne: Lévignac-de-Guyenne, Mauvezin-sur-Gupie, Monteton, Roumagne. |
Link al disciplinare del prodotto:
http://info.agriculture.gouv.fr/gedei/site/bo-agri/document_administratif-918e1e36-8c05-4755-8ea3-a2acdf360f18