ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 47

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

63° anno
11 febbraio 2020


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

2020/C 47/01

Risoluzione sul Contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2020 e oltre

1

2020/C 47/02

Risoluzione sull’Avvio dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania: è necessario difendere la credibilità e gli interessi geostrategici dell’UE

15

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

2020/C 47/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Blockchain e mercato unico dell’UE: le prossime tappe  (parere d’iniziativa)

17

2020/C 47/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Garantire una transizione settoriale inclusiva verso un’industria ferroviaria digitalizzata (parere d’iniziativa)

23

2020/C 47/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Non lasciare indietro nessuno nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (parere d’iniziativa)

30

2020/C 47/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Il ruolo delle politiche commerciali e di investimento dell’UE nel rafforzare le prestazioni economiche dell’UE (parere d’iniziativa)

38

2020/C 47/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Un ruolo più costruttivo della società civile nell’attuazione della normativa ambientale (Parere esplorativo)

50

2020/C 47/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Bioeconomia blu (parere esplorativo)

58


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

2020/C 47/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Creare fiducia nell’intelligenza artificiale antropocentrica  [COM(2019) 168 final]

64

2020/C 47/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo su  Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’agenda strategica per l’innovazione dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) 2021-2027: promuovere il talento e la capacità d’innovazione in Europa [COM(2019) 330 final — 2019/00152 (COD)]  e  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (rifusione) [COM(2019) 331 final — 2019/00151 (COD)]

69

2020/C 47/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise per quanto riguarda lo sforzo di difesa nell’ambito dell’Unione [COM(2019) 192 final — 2019/0096 (CNS)]

76

2020/C 47/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori nell’Unione europea [COM(2019) 12 final]

81

2020/C 47/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Progressi nell’attuazione della strategia forestale dell’Unione europea — Una nuova strategia forestale dell’Unione europea: per le foreste e il settore forestale [COM(2018) 811 final]

87

2020/C 47/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’attuazione del piano d’azione per l’economia circolare [COM(2019) 190 final]

92

2020/C 47/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Uniti nel realizzare l’Unione dell’energia e l’azione per il clima: gettare le fondamenta della transizione all’energia pulita [COM(2019) 285 final]

98

2020/C 47/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 573/2014/UE sulla cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI) [COM(2019) 620 final]

105

2020/C 47/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Politica economica della zona euro 2019 (supplemento di parere)  [COM(2018) 759 final]

106

2020/C 47/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Analisi annuale della crescita 2019 (supplemento di parere)» [COM(2018) 770 final]

113


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/1


Risoluzione sul «Contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2020 e oltre»

(2020/C 47/01)

Nella sessione plenaria del 30 e 31 ottobre 2019 (seduta del 30 ottobre) il Comitato economico e sociale europeo ha adottato la seguente risoluzione con 170 voti favorevoli, 5 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Introduzione

1.1.

In generale, le priorità politiche della nuova legislatura dovranno ruotare attorno a quattro macrotendenze: la digitalizzazione, i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, la demografia e la globalizzazione. Queste macrotendenze stanno trasformando il nostro modo di vivere e lavorare e offrono enormi opportunità, ma creano anche nuove sfide (1). La questione principale è però la portata e la velocità di questi cambiamenti.

1.2.

L’UE e i suoi Stati membri sono fermamente impegnati ad attuare l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi (2) e a portarne avanti l’applicazione a livello mondiale attraverso l’intera gamma di azioni esterne a loro disposizione. Inoltre, nel dicembre 2018, a margine della COP 24, l’UE e 20 Stati membri hanno firmato la dichiarazione di Slesia sulla solidarietà e l’equa transizione (3), nella quale hanno sottolineato che, considerando gli aspetti sociali del passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio, è fondamentale raccogliere il consenso sociale attorno ai cambiamenti in atto.

1.3.

Il mercato unico rimane uno strumento fondamentale per l’integrazione europea. La sua rivitalizzazione andrebbe a vantaggio dell’Europa, in quanto la renderebbe più sostenibile e coesa. Per esempio, il mercato unico digitale offre opportunità e deve essere sviluppato per garantire la competitività dell’UE attraverso la creazione di un contesto favorevole alle nuove forme di impresa che stanno emergendo su questo mercato. Nel frattempo, l’UE deve garantire che queste nuove forme di impresa siano sostenibili e che si espandano e rimangano in Europa.

1.4.

Dobbiamo agire simultaneamente a tutti i livelli e creare una dinamica di azione per affrontare le sfide urgenti sul piano economico, sociale e ambientale. Il CESE ritiene che lo sviluppo sostenibile debba pertanto essere al centro del futuro dell’Europa (4) e chiede una strategia globale dell’UE in materia di sostenibilità fino al 2050 al fine di attuare l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (5). Questo mutamento di paradigma richiede: a) cambiamenti nella governance, ossia sono necessari meccanismi di governance specifici per affrontare più rapidamente i problemi urgenti e risolvere le questioni complesse. Il ruolo di tali meccanismi consisterebbe nel collegare il livello dell’UE e quello degli Stati membri, senza sostituirsi all’azione di nessuno dei due; b) l’integrazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) nei processi di monitoraggio economico e sociale e di formazione del bilancio dell’UE. A tal riguardo, il semestre europeo potrebbe essere dotato di indicatori sociali, economici e ambientali nuovi, migliorati, misurabili e complementari, per monitorare e seguire tutti gli aspetti del pilastro europeo dei diritti sociali e i suoi principi come anche i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.

1.5.

Per quanto riguarda la dimensione sociale, l’UE può essere orgogliosa del suo modello sociale se lo confrontiamo ad altre parti del mondo. Tuttavia, le conquiste sociali e il progresso in Europa non possono essere dati per scontati. Nel 2017 l’UE ha confermato il suo impegno a favore del pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR). L’attuazione di tale pilastro e la via da seguire sono fondamentali per giungere a un processo di definizione delle politiche a livello dell’UE e nazionale che sia coerente e sinergico, in modo da costruire un rinnovato consenso attorno a una strategia economica e sociale sostenibile affinché l’UE possa onorare la sua promessa di adoperarsi per il conseguimento di una crescita economica equilibrata e di un progresso sociale che portino ad accrescere il benessere dei suoi cittadini (6).

1.6.

L’UE deve migliorare le sue politiche e la sua azione per assicurare la parità di genere e altre forme di uguaglianza, oltre a garantire che tutti coloro che subiscono discriminazioni di varia natura godano di pari opportunità all’interno della società.

1.7.

Per far fronte alle priorità sociali, economiche e ambientali, sia nuove che preesistenti, il CESE chiede un bilancio UE ambizioso e maggiormente mirato, che rispecchi la volontà di rispondere alle sfide che l’UE si trova ad affrontare e che potrebbe trasformare in opportunità, dotandosi di un nuovo progetto. Il CESE chiede pertanto un controllo dell’adeguatezza del quadro finanziario pluriennale (QFP).

1.8.

Alla società civile dovrebbe essere conferito un mandato chiaro a partecipare allo sviluppo, all’attuazione e al monitoraggio della strategia, in quanto il suo coinvolgimento strutturato e costante e il dialogo sociale svolgono un ruolo centrale nel promuovere la sostenibilità in tutte le sue dimensioni: economica, sociale e ambientale. Il CESE accoglie con favore il nuovo slancio impresso alla democrazia europea dalla presidente eletta della Commissione, Ursula von der Leyen, ed è pronto a svolgere pienamente il suo ruolo nella conferenza sul futuro dell’Europa che è stata proposta.

1.9.

Il dialogo sociale deve continuare a rivestire un ruolo centrale nella definizione e nell’attuazione di politiche e misure per il mercato del lavoro che aiutino efficacemente le imprese e i lavoratori. Date le notevoli sfide connesse a un’equa transizione verso un’economia verde e verso la crescita sostenibile, è fondamentale coinvolgere le parti sociali per tener conto delle informazioni pertinenti e raggiungere un consenso sull’azione da portare avanti. Il dialogo sociale e la contrattazione collettiva sono un requisito indispensabile per garantire transizioni eque, migliori posti di lavoro e un reddito dignitoso, nonché per combattere il dumping sociale.

1.10.

Il CESE sostiene una tassazione equa e la lotta contro la frode, l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro e le pratiche finanziarie dei paradisi fiscali; un obiettivo comune delle istituzioni, dei governi e delle imprese dell’UE deve essere quello di lavorare insieme per mettere in atto meccanismi efficaci, come le due direttive anti-elusione.

1.11.

Il programma di lavoro della Commissione per il 2020 e le priorità e attività proposte richiederanno pertanto un adeguamento degli obiettivi, delle posizioni e dei metodi di lavoro della Commissione. Tutte le sue politiche interne ed esterne devono essere coerenti e in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, in modo che i principi di efficienza, sussidiarietà, proporzionalità e sostenibilità siano tenuti in debita considerazione.

1.12.

Al fine di formulare proposte concrete in merito al programma di lavoro della Commissione per il 2020, il CESE ha tenuto conto degli orientamenti politici della prossima Commissione europea 2019-2024 presentati nel luglio 2019 dalla presidente eletta della Commissione (7).

1.13.

La nuova Commissione, presentata il 10 settembre, rispecchia le priorità e le ambizioni delineate in tali orientamenti ed è strutturata attorno alla necessità di affrontare i cambiamenti climatici, tecnologici e demografici che stanno trasformando il nostro modo di vivere e lavorare.

2.   Sviluppare la nostra base economica: il modello europeo per il futuro — Promuovere lo sviluppo economico duraturo, inclusivo e sostenibile, un mercato unico rivitalizzato, un’occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti.

2.1.

È chiara la necessità di una nuova strategia economica europea: una narrazione positiva per il futuro sviluppo dell’economia dell’UE nel più ampio contesto mondiale, tale da contribuire ad aumentare la resilienza dell’UE agli shock economici e rafforzare la sostenibilità (economica, sociale e ambientale) del suo modello economico, restituendo in tal modo fiducia, stabilità e prosperità condivisa a tutti i cittadini europei. Muovendo dai progressi realizzati negli ultimi anni, questa strategia potrebbe gettare le basi per l’ulteriore integrazione economica, di bilancio, finanziaria, sociale e politica, necessaria per conseguire gli obiettivi del mercato unico e dell’Unione economica e monetaria (UEM) dell’Europa, come sancito all’articolo 3 del TUE.

2.2.

L’UE può basarsi esclusivamente su una strategia che sia solida sul piano economico e robusta in termini di sostenibilità sociale e ambientale. La dimensione ambientale deve garantire che i «limiti del pianeta»siano rispettati e che le risorse naturali non siano sovrasfruttate, in modo che rimanga possibile l’impiego sostenibile a lungo termine di tali risorse e che la biodiversità sia protetta in maniera efficace (8). L’attività imprenditoriale contribuisce a creare le condizioni per lo sviluppo socioculturale e ambientale e per una competitività sostenibile. Le imprese europee sono pronte a svolgere il loro ruolo e ad assumersi le loro responsabilità, insieme ai lavoratori e alle parti interessate. L’Europa ha bisogno di un clima imprenditoriale che contribuisca a preparare il futuro, in cui gli aspetti sociali e ambientali rientrino nella sua definizione, e crei le condizioni propizie per l’imprenditoria, in modo che le imprese possano crescere in maniera efficace e sostenibile, generando così ricchezza da redistribuire. Ciò può anche assumere la forma di posti di lavoro di maggiore qualità, di migliori opportunità di lavoro e di diritti applicabili.

2.3.

Il mercato unico, in tutte le sue dimensioni, economica, sociale e ambientale, è al centro dell’integrazione europea e contribuisce in forte misura all’economia sociale di mercato dell’Europa. Tuttavia, esso deve essere completato, rivitalizzato e aggiornato in modo da diventare un mercato unico digitale. Occorre porre l’accento sulla creazione di condizioni favorevoli per lo sviluppo di diverse forme di impresa (compresi i nuovi modelli economici), la digitalizzazione e l’innovazione e le opportunità transfrontaliere. Il suo funzionamento dovrebbe essere rafforzato e dovrebbe essere garantito il pieno impegno a favore della sua ulteriore integrazione. Il mercato unico dovrebbe pertanto poter generare sviluppo economico sostenibile e innovazione, attirare investimenti, sostenere gli imprenditori e promuovere la competitività sostenibile delle sue imprese sui mercati globalizzati. Tuttavia, è anche importante riconoscere che l’impatto positivo del mercato unico non si è diffuso in maniera uniforme e che non tutti i cittadini riescono a beneficiare della ricchezza da esso prodotta (9).

2.4.

L’incertezza sulle prospettive macroeconomiche non è diminuita. La prevista uscita del Regno Unito dall’UE e le tensioni mondiali tra gli Stati Uniti e la Cina continuano a rappresentare concreti rischi di evoluzione negativa dello sviluppo economico e dell’occupazione nel futuro prossimo. Secondo le previsioni economiche d’estate della Commissione europea, nonostante un tasso di disoccupazione aggregato basso rispetto agli ultimi due decenni, diversi paesi non hanno ancora raggiunto i livelli di occupazione di prima della crisi. Quest’anno i tassi di crescita del PIL dovrebbero essere di appena l’1,4 % nell’UE e l’1,2 % nella zona euro (10). Il CESE teme che i rischi di evoluzione negativa per le prospettive economiche della zona euro possano trasformarsi in un’altra crisi socioeconomica in un futuro non troppo lontano, una crisi che creerebbe notevoli difficoltà in termini di adeguamento (11). Per evitare il rischio di una nuova recessione è necessario adottare un orientamento di bilancio espansivo (orientamento positivo della politica di bilancio) che accompagni una politica monetaria di approccio analogo. L’espansione di bilancio deve essere particolarmente significativa negli Stati membri che registrano consistenti eccedenze nella bilancia dei pagamenti e un saldo di bilancio stabile o in attivo.

2.5.

La crescita del PIL non rispecchia il grado di benessere della maggior parte dei cittadini né il degrado dell’ambiente e l’impoverimento delle risorse naturali. Per questo motivo, è necessario elaborare misure di benessere sociale e di sostenibilità con una serie di indicatori più adeguati che rispecchino la reale portata dell’impatto economico a lungo termine. Le politiche definite prendendo come unico riferimento il PIL tengono conto soltanto dell’impatto sull’economia. È pertanto necessario ampliare il quadro di riferimento includendo indicatori sociali e ambientali al fine di concepire riforme che siano realmente sostenibili. È essenziale che questi indicatori siano compatibili anche con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (12).

2.6.

Le forti disparità sociali all’interno degli Stati membri e tra di essi e all’interno delle regioni, come anche gli squilibri territoriali tra zone rurali e urbane continuano a destare grande preoccupazione. Una notevole disuguaglianza è evidente anche quando si guarda alla ricchezza. In tale contesto, il CESE si compiace per il tema prioritario della presidenza finlandese del Consiglio L’economia del benessere e concorda sul fatto che la riduzione delle disuguaglianze e delle disparità deve costituire una priorità politica. Conviene inoltre sul fatto che la nozione di economia del benessere deve essere integrata nelle future politiche dell’UE e merita di rivestire un ruolo più centrale nel processo decisionale in materia di sostenibilità e di economia.

2.7.

L’UE si trova ad affrontare una situazione geopolitica ed economica in rapida evoluzione, una crescente polarizzazione sociale e socioculturale, il ruolo sempre più rilevante della digitalizzazione e della tecnologia in tutti gli aspetti della vita, nonché i cambiamenti climatici e altre sfide ambientali. Per far fronte a tali questioni, la trasformazione industriale dell’UE è essenziale e deve tenere pienamente conto degli obiettivi globali di sviluppo sostenibile, che costituiscono un quadro di riferimento mondiale fondamentale per uno sviluppo economico equo e sostenibile.

2.8.

In tale contesto, occorre prestare maggiore attenzione alle questioni sociali e occupazionali che interessano i giovani, in particolare nel quadro del dibattito in corso sul futuro del lavoro. Fra tali questioni figurano, per esempio, la digitalizzazione, il lavoro su piattaforma digitale, la frammentazione e la casualizzazione del mercato del lavoro, le quali interessano in particolare i giovani.

2.9.

Gli effetti dei cambiamenti demografici saranno alla base di alcune delle sfide più probabili che l’Unione e i suoi Stati membri dovranno affrontare nel medio termine. Gli sviluppi demografici indicano che l’Europa dovrà migliorare l’inserimento lavorativo delle donne, dei lavoratori giovani e di quelli anziani, delle persone disabili e dei migranti. Per trarre vantaggio dal loro talento, dalle loro competenze e dal loro potenziale imprenditoriale, nonché per creare posti di lavoro di qualità sono necessarie politiche più dinamiche, più efficienti e più efficaci per il mercato del lavoro. In questo contesto è importante che i sistemi di protezione sociale siano adeguati e che il passaggio dalla disoccupazione a contratti di lavoro e a condizioni di lavoro stabili avvenga con rapidità.

2.10.

Investire nelle persone e nella sostenibilità sociale può aiutare ad affrontare queste sfide comuni. I miglioramenti delle istituzioni del mercato del lavoro (ossia le politiche attive del mercato del lavoro e un ruolo più efficiente dei servizi pubblici per l’impiego (13)) dovrebbero, in linea di principio, tradursi in migliori condizioni economiche e sociali per un maggior numero di cittadini europei. Per affrontare le sfide di cui sopra, il CESE chiede, tra le altre cose, sistemi di protezione sociale più efficaci, più efficienti e più sostenibili. A questo riguardo, esistono margini per un’azione politica più incisiva da parte dell’Unione europea e dei suoi Stati membri.

2.11.

Tali azioni potrebbero concentrarsi sull’impegno ad attuare il pilastro dei diritti sociali, un impegno che, come enunciato nella relativa proclamazione interistituzionale, si basa, tra l’altro, sui principi di crescita sostenibile, di promozione del progresso sociale ed economico, di coesione e di convergenza, tenendo conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali (14).

2.12.

Inoltre, l’UE deve essere all’avanguardia nell’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite riconoscendo, in primo luogo, che le risorse interne sono innanzitutto generate dalla crescita economica, sostenuta da un ambiente favorevole a tutti i livelli e, in secondo luogo, che l’attività imprenditoriale privata, l’esperienza e la creatività dei dipendenti, gli investimenti e l’innovazione sono i principali fattori di sviluppo (15).

2.13.

Il dialogo sociale si è rivelato uno strumento indispensabile per migliorare il processo legislativo e l’elaborazione delle politiche dell’UE, per anticipare la legislazione o fornire un’alternativa ad essa e per rafforzarne la legittimità sociale. Il dialogo sociale può anche essere uno strumento di attuazione dell’agenda per lo sviluppo sostenibile.

2.14.

Durante la crisi finanziaria ed economica, la BCE ha svolto una funzione di stabilizzazione. Il CESE propone di sanzionare il ruolo della BCE quale prestatore di ultima istanza. Tuttavia, ci troviamo ancora ad affrontare fenomeni economici preoccupanti, quali un modesto livello di investimenti, nonostante una politica monetaria relativamente espansiva, o il fatto che le banche depositino fondi presso la BCE anche se il rendimento è negativo. Poiché non è ancora possibile escludere ulteriori crisi finanziarie o economiche, la nuova Commissione dovrà attuare misure volte a rendere l’economia dell’UE meno vulnerabile e più resiliente. Inoltre, per prevenire future crisi, dovrà introdurre misure volte a stabilizzare i mercati finanziari e a rafforzare l’economia, in particolare sul lato della domanda. L’applicazione rigida delle regole di bilancio indebolisce lo sviluppo economico, soprattutto nell’attuale situazione di incertezza. Il CESE raccomanda ancora una volta di applicare la «regola d’oro» (16).

Proposte

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite presenta 17 obiettivi di sviluppo sostenibile che l’UE si è impegnata a realizzare entro il 2030. Il CESE chiede una strategia globale dell’UE in materia di sostenibilità fino al 2050 al fine di attuare l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, garantita da un bilancio UE ambizioso, e ritiene che l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali contribuirà a tale obiettivo (17).

Una nuova strategia europea di politica industriale e del mercato unico volta a sviluppare un modello sostenibile di economia sociale di mercato deve garantire che l’Europa sia all’avanguardia nel campo della tecnologia, dell’innovazione e della sostenibilità:

rivitalizzando, riformando e completando il mercato unico attraverso il riesame delle direttive fondamentali al fine di garantire condizioni favorevoli per le imprese, le PMI e le diverse forme di impresa (quali i nuovi modelli economici e l’economia sociale), nonché per l’innovazione e lo sviluppo delle competenze. Ciò comprende la revisione dei programmi di mobilità e di altre opportunità transfrontaliere e, in particolare, del mercato unico dei servizi.

Tenendo conto del ruolo crescente dell’economia sociale nella promozione di uno sviluppo economico inclusivo e sostenibile, nonché della dimensione sociale dell’UE, il CESE ritiene che un ecosistema favorevole all’economia sociale, provvisto di adeguati finanziamenti dell’UE, sia un obiettivo importante da considerare nel programma di lavoro della Commissione (18).

creando le condizioni generali per una vera e propria trasformazione digitale e un mercato unico digitale al fine di riconquistare competitività sostenibile a livello mondiale e generare crescita e occupazione sostenibili, definendo al contempo una visione europea in settori quali lo sviluppo dell’intelligenza artificiale etica e della robotica. L’Europa necessita di un cambiamento generale per diventare la regione digitale più dinamica del mondo, tenendo conto delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie che trasformano la società, come la tecnologia blockchain, della natura globale dell’economia digitale e dell’integrazione delle imprese nelle catene del valore mondiali (19), in modo da poter offrire un ambiente propizio all’innovazione, all’imprenditorialità, alla creazione di posti di lavoro di qualità, ben retribuiti, produttivi e rispettosi dell’ambiente, e rilanciare l’economia reale a beneficio di tutti (20). Particolare attenzione dovrebbe essere prestata all’acquisizione di competenze digitali in funzione dell’ulteriore sostegno alle discipline STEM e all’apprendistato. I sistemi di istruzione dovrebbero essere riformati, ove necessario, per renderli idonei allo scopo nel settore delle competenze digitali, tra gli altri aspetti, e gli investimenti in tali sistemi dovrebbero essere migliorati (21);

continuando a sostenere la trasformazione del mercato del lavoro europeo e garantendone al tempo stesso il buon funzionamento, l’equità e la sicurezza (22). Il CESE raccomanda di adottare misure intese a garantire che tutti i lavoratori dell’UE, compresi quelli nelle nuove forme di lavoro, siano tutelati dalla legislazione sulle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro in tutti gli aspetti connessi alla loro attività (23) e possano beneficiare delle migliori tecnologie per migliorare la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro e prevenire gli infortuni, tenendo debitamente conto dell’impatto che ciò può avere sulla tutela della vita privata e sul controllo delle prestazioni (24);

prevedendo, nell’agenda dell’UE, misure volte a garantire il diritto di ogni cittadino all’apprendimento permanente, con particolare attenzione all’acquisizione delle competenze digitali. I sistemi nazionali di istruzione, formazione e apprendistato dovrebbero essere ulteriormente sviluppati, insistendo in particolare sulle discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e sullo sviluppo di sistemi duali. Ciò consentirà di rispondere meglio alle esigenze del mercato del lavoro e di porre i cittadini nelle condizioni di acquisire competenze, di riqualificarsi e di aggiornarsi per attenuare le conseguenze della rivoluzione digitale, dei cambiamenti climatici e degli sviluppi socioculturali e demografici (25);

proponendo una combinazione coerente di politiche macroeconomiche, industriali, settoriali e del lavoro per garantire un’economia europea più verde (26). L’obiettivo è quello di migliorare il funzionamento dell’intera catena di approvvigionamento e di creare posti di lavoro dignitosi lungo la filiera, generando opportunità di occupazione su vasta scala. Ciò dovrebbe comportare lo sfruttamento del potenziale per la creazione e la promozione di posti di lavoro di qualità verdi e produttivi attraverso l’istituzione di un’agenda per la crescita verde e sostenibile e l’attuazione di iniziative che consentano alle imprese, in particolare PMI e microimprese, di integrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile nella loro strategia aziendale.

Il semestre europeo, quale quadro di governance economica dell’UE, riserva una certa attenzione all’occupazione e alle prestazioni sociali, ma non considera in misura sufficiente i pericoli derivanti dai cambiamenti climatici e i progressi dell’UE verso il raggiungimento degli obiettivi di Parigi, come indicato nell’Analisi annuale della crescita 2019. Il CESE sollecita pertanto una strategia UE lungimirante di sviluppo sostenibile fino al 2050, integrata in un ciclo di sviluppo sostenibile e basata su indicatori e obiettivi sociali, economici e ambientali complementari e misurabili (27), al fine di elaborare riforme che siano realmente sostenibili.

Il quadro di valutazione della situazione sociale si è rivelato uno strumento utile, ma può essere migliorato. I 14 indicatori del quadro di valutazione e i relativi sottoindicatori (35 in tutto) dovrebbero essere costantemente riveduti, coinvolgendo le parti sociali e le organizzazioni della società civile, allo scopo di adattarli agli obiettivi politici e all’evoluzione della situazione socioeconomica in Europa.

Il CESE ritiene che i seguenti elementi dovrebbero essere inclusi in un programma d’azione quali fattori essenziali per la resilienza (28):

rafforzare la stabilità finanziaria: aumentare la capacità finanziaria del meccanismo europeo di stabilità (MES), promuovere una politica fiscale europea che preveda l’armonizzazione fiscale, facilitare l’adeguatezza fiscale degli Stati membri e istituire meccanismi efficaci per combattere le frodi fiscali;

completare l’Unione economica e monetaria ampliando gli obiettivi della BCE, creando un Tesoro unico europeo con la capacità di emettere obbligazioni, migliorando la governance della zona euro e rendendola più democratica;

aumentare la produttività delle economie europee concentrando l’attenzione su fattori essenziali come gli investimenti (pubblici e privati), la ricerca, lo sviluppo, l’istruzione e la formazione professionale, il miglioramento della gestione aziendale e la partecipazione dei lavoratori;

rivolgere l’attenzione sui mercati del lavoro e sulla qualità dell’occupazione: rafforzare la contrattazione collettiva e il dialogo sociale, garantire che gli stabilizzatori automatici siano efficaci e istituire un’assicurazione europea di disoccupazione (a integrazione dei regimi nazionali), nonché aumentare e migliorare le politiche attive in materia di occupazione, sostenute da un nuovo ruolo dei servizi pubblici per l’impiego;

promuovere la coesione sociale tramite lo sviluppo e l’applicazione del pilastro europeo dei diritti sociali, con finanziamenti adeguati e maggiormente mirati e il dialogo sociale;

promuovere la creazione di contesti favorevoli all’attività e agli investimenti delle imprese migliorando il loro finanziamento. Completare con urgenza l’Unione dei mercati dei capitali e l’Unione bancaria, compreso un sistema europeo di assicurazione dei depositi (EDIS);

lottare contro la disoccupazione di lunga durata e garantire il reinserimento delle persone scoraggiate costituiscono un altro fondamentale ambito di intervento, che richiede misure urgenti e mirate. Il CESE sostiene l’introduzione di norme minime in materia di assicurazione di disoccupazione relativamente ai tassi di sostituzione netti, alla durata dell’ammissibilità e al tasso di copertura, nonché alla formazione e al sostegno ai lavoratori in caso di disoccupazione.

È assolutamente fondamentale superare la carenza di investimenti pubblici e privati, con l’obiettivo di recuperare i livelli di investimento a breve termine del 2007 (22,5 % del PIL nell’UE, rispetto all’attuale 20,5 %; percentuali queste che sono entrambe significativamente inferiori a quelle di Cina e Stati Uniti). Pertanto, le politiche di bilancio devono essere tese in via prioritaria a rilanciare gli investimenti pubblici, a incentivare gli investimenti privati e ad attuare un processo di riforme che migliori il contesto imprenditoriale. Queste riforme devono andare di pari passo con riforme che migliorino la qualità dell’occupazione, ne riducano i livelli allarmanti di precarietà e garantiscano un livello elevato di diritti sociali e del lavoro (29).

Il CESE ritiene che, nella definizione dei parametri di riferimento e delle norme minime per un’Europa sociale a «tripla A» (30), la Commissione europea e gli Stati membri debbano concordare una serie di principi, definizioni e metodi comuni per un regime di reddito minimo adeguato da attuare in tutti gli Stati membri. Il lavoro in corso sui bilanci di riferimento (31) e la Rete europea per il reddito minimo (32) rappresentano la base sui cui la Commissione europea e gli Stati membri devono concordare criteri comuni per stabilire ciò che costituisce un reddito minimo adeguato per far uscire le persone dalla povertà e per condurre un’esistenza dignitosa e compatibile con la dignità umana. Si dovrebbe prendere in considerazione un’iniziativa legislativa dell’UE in questo settore, in consultazione con tutte le parti interessate.

Sono necessari ulteriori investimenti pubblici nei settori della sanità, dell’istruzione, dell’inclusione sociale e dell’ecologizzazione dell’economia, in particolare a livello locale e regionale. Essi dovrebbero essere realizzati introducendo la regola d’oro raccomandata dal CESE in diversi recenti pareri, vale a dire che la spesa per gli investimenti, in particolare quella destinata a promuovere una crescita sostenibile a lungo termine, non deve essere contabilizzata ai fini del rispetto degli obiettivi di disavanzo del Patto di stabilità e crescita. L’applicazione di tale regola, se combinata con un processo di riforma, continuerà a garantire la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche (33).

Il CESE prende atto dell’impegno assunto dalla presidente eletta della Commissione a presentare una proposta per uno strumento giuridico volto a garantire che nell’Unione ogni lavoratore abbia un salario minimo equo. Il Comitato ritiene che sia utile stabilire parametri di riferimento che contribuiscano a valutare l’adeguatezza di livelli salariali bassi, al fine di prevenire la povertà tra i lavoratori subordinati, anche promuovendo l’analisi e lo scambio di buone pratiche tramite i processi di apprendimento reciproco disponibili e introducendo norme comuni per la fissazione di salari minimi trasparenti e prevedibili, laddove esistano e qualora le parti sociali li sollecitino (34).

La riduzione delle disparità sociali, la lotta all’evasione e alla frode fiscale e il sostegno a una maggiore equità nella distribuzione dell’onere fiscale devono diventare priorità politiche della nuova Commissione. Il CESE raccomanda pertanto che si applichino senza ritardi le norme adottate a livello europeo per combattere queste forme di criminalità e queste pratiche abusive, e chiede che sia valutata la possibilità di adottare altre misure ancora più efficaci, compreso il ricorso a strumenti volti a porre fine alle attività illecite dei paradisi fiscali (35).

3.   Costruire un futuro più verde, più equo e più inclusivo: adottare misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e il loro impatto

3.1.

Il CESE sottolinea che, in considerazione dell’attuale degrado ambientale, la protezione dell’ambiente deve essere una priorità assoluta per l’UE e deve essere integrata in tutte le politiche e in tutte le azioni dell’Unione. Il Comitato evidenzia che l’UE dovrebbe dotarsi di una strategia rinnovata in materia di politica industriale, compatibile con la necessità di adottare misure efficaci per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, per aumentare la quota di energie rinnovabili nel mix energetico e per realizzare risparmi energetici, al fine di garantire che almeno gli obiettivi dell’accordo di Parigi siano attuati pienamente e senza indugio. Nel contempo, l’UE dovrebbe sollecitare le altre parti dell’accordo di Parigi a rispettare l’impegno di garantire parità di condizioni per le imprese europee. Questo dovrebbe tradursi anche in un allineamento degli obiettivi di riduzione delle emissioni dell’UE per il 2030 e il 2050.

3.2.

L’accelerazione dei cambiamenti climatici, la drastica riduzione della biodiversità, altri rischi ambientali e l’incapacità collettiva di elaborare politiche efficaci rappresentano anch’essi una minaccia fondamentale per la popolazione, l’economia e gli ecosistemi europei. Per tale motivo abbiamo bisogno di una forte strategia globale dell’UE di sviluppo sostenibile fino al 2050 per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’UE dovrebbe accelerare la transizione equa e sostenibile per raggiungere un approvvigionamento composto al massimo livello possibile da energie rinnovabili che siano pulite, economicamente accessibili e che favoriscano la titolarità da parte della comunità e dei cittadini.

3.3.

L’Europa deve essere in prima fila nella lotta a favore dell’ambiente e contro i cambiamenti climatici. Il CESE si compiace che uno sforzo maggiore nell’azione per il clima sia e continuerà a essere una delle priorità dell’UE, come indicato negli orientamenti politici della presidente eletta della Commissione, Ursula von der Leyen. La sostenibilità ambientale richiederà un’ampia combinazione di politiche, anche per quanto riguarda la politica commerciale, ed esigerà la tempestiva attuazione di misure, a livello mondiale, UE, nazionale e regionale, in settori quali l’energia e i trasporti, la fiscalità, la ricerca, la politica industriale e della concorrenza, nonché l’occupazione e le politiche sociali.

3.4.

Nel complesso, le proiezioni sull’impatto della piena attuazione dell’accordo di Parigi indicano che il passaggio a un’economia climaticamente neutra potrebbe far aumentare il PIL di un ulteriore 1,1 % e far salire l’occupazione dello 0,5 % rispetto a uno scenario privo di politiche di azione per il clima. Questa percentuale equivale a 1,2 milioni di posti di lavoro supplementari nell’UE entro il 2030, in aggiunta ai 12 milioni di nuovi posti di lavoro già previsti (36). A tal fine, dovrebbero essere garantite condizioni di parità nell’ambito della concorrenza internazionale, in particolare per le industrie europee ad alta intensità di risorse e di energia (37).

3.5.

Il passaggio a un’economia circolare e climaticamente neutra non sarà inclusivo per sua natura, in quanto comporta costi e rischi potenzialmente significativi per determinati settori. Una transizione equa presenta due dimensioni principali: in termini di «risultato»(il nuovo panorama occupazionale e socioeconomico in un’economia decarbonizzata) e di «processo»(come raggiungere il risultato). Il «risultato»dovrebbe essere una solida base industriale ed economica sostenuta da un ambiente favorevole agli investimenti e da sistemi del lavoro e di istruzione ben funzionanti, in grado di offrire un lavoro dignitoso per tutti in una società inclusiva in cui la povertà è stata eradicata. Il processo, ossia il modo per raggiungere il risultato, dovrebbe essere basato su una transizione «gestita», caratterizzata da politiche economiche e un dialogo sociale e civile significativi a tutti i livelli, per garantire che la condivisione degli oneri e dei benefici sia equa e che nessuno sia lasciato indietro. Le misure e le riforme necessarie possono avere un notevole impatto sulle persone e sulle regioni, compresa una significativa ridistribuzione della forza lavoro tra settori e professioni, e cambiamenti profondi nelle future esigenze in materia di competenze. Una transizione sostenibile richiede investimenti in sistemi di protezione sociale efficaci e integrati. Essa deve essere inoltre strettamente associata a un rafforzamento profondo e democratico dell’Unione economica e monetaria e a una solida strategia finanziaria, in grado di garantire un finanziamento adeguato della transizione sostenibile attraverso un nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) ambizioso, sistemi fiscali nazionali sostenibili ed equi e forti investimenti pubblici a livello nazionale ed europeo. In tale contesto è necessario vagliare l’adeguatezza del quadro finanziario pluriennale.

3.6.

Gli strumenti dell’UE, quali il semestre europeo, il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), nonché il dialogo sociale europeo possono contribuire a una transizione equa, sostenendo le imprese, i lavoratori e le famiglie che durante la transizione hanno dovuto dipendere dal lavoro nei settori ad alta intensità energetica, anche attraverso la riconversione professionale, la riqualificazione, la consulenza personalizzata per la ricerca di impiego e un possibile reddito sostitutivo.

3.7.

Il CESE accoglie con favore i nuovi orientamenti in materia di comunicazione da parte delle imprese di informazioni relative al clima nel quadro della Piano d’azione della Commissione per finanziare la crescita sostenibile, nonché le raccomandazioni essenziali sui tipi di attività economiche che possono apportare un contributo reale alla mitigazione dei cambiamenti climatici o all’adattamento ad essi (tassonomia) (38). A tale riguardo, è fondamentale garantire la prevedibilità, la certezza e la chiarezza circa quali attività siano realmente sostenibili dal punto di vista ambientale (39).

Proposte

Il CESE è favorevole all’elaborazione, nel quadro di un dialogo sociale ai livelli adeguati, nazionale o europeo, di provvedimenti appropriati su «transizioni eque»che introducano misure e azioni per gestire, apportare modifiche e accordare una tutela minima in caso di riorganizzazione dei luoghi di lavoro o di licenziamenti collettivi dovuti a transizioni (tecnologiche, demografiche, collegate alla globalizzazione, ai cambiamenti climatici o all’economia circolare), compreso il diritto di partecipare alla contrattazione collettiva per anticipare i cambiamenti e offrire sostegno ai lavoratori interessati (evoluzione della direttiva sui licenziamenti collettivi) (40).

Una transizione equa deve essere parte integrante del quadro delle politiche di sviluppo sostenibile. Tali politiche dovrebbero essere incentrate sulla correzione degli effetti distributivi negativi delle misure di politica climatica e sulla gestione attiva delle transizioni sul mercato del lavoro e dovrebbero affrontare anche le questioni relative allo sviluppo regionale.

Per affrontare le sfide climatiche e ambientali, l’UE deve trasformare l’economia lineare in un’economia circolare, neutra in termini di emissioni di carbonio, capace di garantire la lunga durata e la massima efficienza possibile dei cicli (41).

Il CESE ritiene che il patto finanza-clima debba comprendere tutti gli aspetti di una politica atta ad affrontare i cambiamenti climatici: un’equa transizione (misure volte a mitigare gli effetti dei cambiamenti ma anche a compensare i danni e le perdite), nonché politiche efficaci di adattamento ai cambiamenti climatici. Bisogna privilegiare al massimo il modello dell’economia circolare e migliorarne il quadro normativo. Tutto dovrà essere finanziato sulla base di bilanci adeguati, riorientando gli investimenti attuali (destinazione verde) e grazie a nuove fonti di finanziamento accessibili (42).

Il patto richiede la predisposizione di un quadro politico europeo chiaro e prevedibile, a lungo termine, al fine di garantire la pianificazione degli investimenti. Tale quadro deve essere accompagnato da una riflessione attiva sulle diverse opzioni strategiche, quali i meccanismi di adeguamento alle frontiere, come la tassa sul carbonio alla frontiera, per evitare la rilocalizzazione delle emissioni di CO2 (43), per i prodotti che non sono soggetti alle stesse norme ambientali e sociali (44).

Una volta che la tassonomia della sostenibilità (45) sarà stata adottata e sarà pienamente attuata, si dovrà considerare la necessità di eventuali misure legislative aggiuntive, se del caso e sulla base di una solida valutazione d’impatto. In tale contesto, il CESE rimanda ai suoi due pareri sul Patto europeo finanza-clima (46) e sul piano d’azione della Commissione per il finanziamento della crescita sostenibile (47).

Occorre incrementare gli investimenti, sia pubblici che privati, nell’economia neutra in termini di emissioni di carbonio per raggiungere gli obiettivi più ambiziosi dell’UE in materia di riduzione delle emissioni per il 2030, e sarà necessario un cambiamento radicale per ottenere tale neutralità entro il 2050, in linea con gli obiettivi di Parigi. La perdurante debolezza dell’attività di investimento nelle energie rinnovabili in Europa è inoltre in contrasto con l’alto livello di sovvenzioni per i combustibili fossili e le altre sovvenzioni dannose per l’ambiente che continuano a essere concesse nei diversi Stati membri. Il problema non è dato soltanto dalla scarsità degli investimenti: anche l’allocazione delle risorse esistenti è disfunzionale. Occorrono obiettivi politici chiari e un quadro politico più coerente per invertire queste tendenze negative. In ogni caso, la fine dell’era dei combustibili fossili in Europa deve essere accompagnata dagli investimenti necessari a garantire la tutela dei lavoratori, la creazione di nuovi posti di lavoro e il sostegno allo sviluppo locale. I processi di transizione devono essere negoziati con le parti sociali e le organizzazioni della società civile e collegati a politiche di trasparenza e di comunicazione efficace.

Le emissioni di CO2 dovrebbero essere tassate in tutta l’UE in modo socialmente equo, facendo in modo che chi inquina paghi e sostenendo gli investimenti in un’energia pulita a prezzi accessibili. La tassazione dell’energia può favorire la transizione verso l’energia pulita e contribuire a una crescita sostenibile e socialmente equa.

L’inquinamento atmosferico, che causa circa 400 000 morti premature all’anno, rappresenta uno dei maggiori rischi sanitari ambientali nell’UE. Affrontare il problema dell’inquinamento atmosferico attraverso l’azione per il clima può rafforzare il sostegno da parte dei cittadini e dei responsabili politici alle politiche in materia di cambiamenti climatici.

Lottare contro la povertà energetica e idrica e garantire alimenti accessibili, sani e di buona qualità, come anche prodotti sicuri e porre fine all’esposizione a sostanze chimiche tossiche. Un’ampia combinazione di politiche, tra cui la politica agricola dell’UE, dovrebbe contribuire a soddisfare le nuove esigenze della società, in particolare metodi di produzione sostenibili, una migliore alimentazione, la riduzione degli sprechi alimentari, un migliore benessere degli animali, la protezione del clima e la conservazione della biodiversità.

L’UE dovrebbe sostenere gli sforzi dei paesi partner volti a eliminare gradualmente le sovvenzioni dannose per l’ambiente al fine di aiutarli ad attuare l’Agenda 2030 e l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

La politica commerciale dell’UE deve essere coerente con l’Agenda 2030 e con l’accordo di Parigi. Le disposizioni vigenti in materia di accordi sul capitolo relativo al commercio e lo sviluppo sostenibile devono essere applicate in modo efficace.

4.   Proteggere i cittadini e le libertà: pace, giustizia e istituzioni forti

4.1.

L’UE contribuisce a garantire pace, stabilità e prosperità in tutta Europa e oltre, nonostante le numerose sfide interne ed esterne. L’UE difende con determinazione i suoi principi di democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali, principi che guidano le nostre politiche e promuovono il senso di appartenenza, prendendo le mosse dalla nostra cultura condivisa. La democrazia deve essere rispettata in Europa e promossa all’esterno. Occorre rafforzare a tutti i livelli l’impegno civico e la responsabilità pubblica e garantire processi decisionali più equi, più trasparenti e più inclusivi.

4.2.

L’UE ha bisogno di società aperte e dinamiche, in cui le persone hanno pari diritti e possono vivere libere dalla discriminazione e nel pieno rispetto della loro vita privata e della loro sicurezza. La diversità culturale arricchisce l’Europa e i suoi cittadini. La diversità fa parte dell’identità e della forza dell’Europa.

4.3.

L’Europa si trova dinanzi a grandi sfide che devono essere affrontate e discusse in una prospettiva europea e non solo nazionale, e garantendo la piena efficacia delle disposizioni sancite dagli articoli 10 e 11 del trattato sull’Unione europea (TUE). Per questo motivo, la democrazia europea deve rafforzare la dimensione transnazionale dei suoi obiettivi e delle sue sfide, promuovendo al contempo una cittadinanza europea basata sui valori comuni dell’Unione europea, con una maggiore educazione istituzionale europea e un contesto sociale deliberativo e più partecipativo, nonché una maggiore attenzione alla dimensione europea.

4.4.

L’andamento demografico evidenzia che l’Europa avrà bisogno dei migranti, del loro talento, delle loro competenze e del loro potenziale imprenditoriale. Vi è la necessità urgente di modificare la narrazione e le politiche sulla migrazione in base a una più stretta collaborazione con i paesi terzi, al fine di garantire un dibattito razionale fondato sui fatti. I rifugiati e i migranti andrebbero visti non come una minaccia, ma come un’opportunità per il modello economico e sociale europeo. A tal fine abbiamo bisogno di un approccio globale e di una strategia in materia di migrazione, compresa quella legale.

Proposte

L’UE ha bisogno di un meccanismo globale e applicabile per il monitoraggio periodico dello stato della democrazia e dello Stato di diritto in tutti i paesi dell’UE.

I media liberi e indipendenti e la società civile devono essere sostenuti e devono poter svolgere il loro ruolo nella democrazia.

La politica dei consumatori è un argomento che sta molto a cuore ai cittadini e che può, di conseguenza, influenzare la loro adesione al processo di integrazione dell’UE. Il CESE invita la Commissione a garantire l’attuazione e il rispetto dei diritti dei consumatori in relazione al processo REFIT, al mondo digitale e alla sicurezza di prodotti e servizi. La Commissione dovrebbe rafforzare le misure volte a eliminare la povertà energetica e la povertà dei consumi, nonché a migliorare l’accesso di tutti gli europei agli alimenti e ai servizi. Dovrebbe altresì promuovere i diritti dei consumatori all’informazione, all’istruzione e alla partecipazione, nonché il loro diritto a organizzarsi autonomamente, in modo che i loro interessi siano rappresentati allorché si concepiscono le norme che li riguardano.

La Commissione dovrà concludere la revisione dei principali strumenti giuridici e non giuridici della politica europea per i consumatori in quanto politica di cittadinanza a carattere trasversale e orizzontale e presentare un nuovo piano d’azione per la tutela e la difesa dei consumatori per i prossimi dieci anni.

Inoltre, tenendo conto del fatto che l’accesso ai servizi di interesse generale costituisce un elemento essenziale della giustizia sociale e si fonda sul principio della parità di trattamento dei fruitori, che non ammette alcun tipo di discriminazione o di esclusione, il CESE chiede di chiarire il concetto di «accesso universale ai servizi di interesse generale»e di adottare misure legislative che impongano agli Stati membri di definire degli indicatori di accessibilità (48).

La Commissione dovrebbe presentare un’agenda europea per la lotta alla discriminazione sulla base definita all’articolo 19 del trattato di Lisbona, intraprendere azioni concrete per sbloccare e rivedere la direttiva sull’attuazione dei principi della parità di trattamento, e affrontare le condizioni dei minori, delle donne, delle persone con disabilità e degli anziani in situazioni vulnerabili, nonché le nuove forme di vulnerabilità. Il CESE raccomanda che la Commissione intervenga urgentemente al riguardo, fin dall’inizio del suo mandato.

La Commissione dovrebbe avviare iniziative specifiche, in linea con le raccomandazioni della commissione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità. Inoltre, nelle sue politiche esterne e nei suoi programmi esterni, dovrebbe attuare la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ivi compreso il lancio di una tessera di disabilità dell’UE riconosciuta in tutti gli Stati membri. L’UE dovrebbe presentare nel 2020 una proposta relativa all’agenda europea dei diritti delle persone con disabilità 2020-2030, e proclamare il 2023 Anno europeo dei diritti delle persone con disabilità.

Il CESE incoraggia inoltre la Commissione a sostenere le attività degli istituti di istruzione di ogni ordine e grado tese ad aiutare gli studenti a distinguere tra le notizie false e i fatti dotati di fondamento scientifico.

L’UE deve migliorare le sue politiche e le sue azioni per garantire la parità di genere attuando un’agenda trasformativa e misurabile in materia, nel quadro di una strategia quinquennale integrata e ambiziosa dell’UE a favore della parità di genere. Tale strategia dovrebbe comprendere da un lato l’eliminazione dei divari retributivi di genere, non solo attraverso uno strumento specifico che rafforzi la trasparenza delle imprese sulle politiche salariali e le loro strategie per rimediare al divario retributivo di genere, e dall’altro l’intervento in tutti i settori definiti nel piano d’azione per combattere il divario retributivo di genere. Inoltre, l’UE deve garantire che tutti i cittadini soggetti a molteplici discriminazioni abbiano pari opportunità all’interno della società.

Il CESE sottolinea la necessità urgente di assistere e integrare i profughi e i richiedenti asilo. Invita la Commissione ad avviare e ad attuare con urgenza un’efficace riforma del sistema europeo comune di asilo che rispetti i diritti umani e a istituire un sistema autenticamente comune per tutti gli Stati membri. Raccomanda altresì che si compiano progressi in fatto di visti umanitari e di reinsediamento per i profughi, al fine di soddisfare le esigenze reali. Esorta la Commissione a intensificare gli sforzi per monitorare e facilitare l’attuazione dell’accordo sulla distribuzione dei profughi tra gli Stati membri.

Chiede inoltre il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale nella revisione degli accordi di partenariato con i paesi terzi di origine e di transito dei flussi migratori, nonché lo sviluppo di strumenti finanziari per affrontare le cause profonde della migrazione.

La cooperazione con i paesi partner è essenziale per affrontare le cause profonde della migrazione, per aiutare i rifugiati, per gestire i flussi migratori misti, per contrastare il traffico di esseri umani e svolgere l’attività di rimpatrio e riammissione. Per fornire un’assistenza efficace alle persone nei loro paesi d’origine, è necessario coordinare gli strumenti umanitari, di sviluppo e politici.

L’UE dovrebbe adottare politiche e misure tese a favorire una migrazione sicura, ordinata e regolare e a rafforzare anche l’inclusione e la coesione sociale. L’UE dovrebbe regolamentare lo status delle «persone sfollate per motivi ambientali»e lavorare in stretto coordinamento con l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) riguardo alla migrazione per lavoro e ai programmi di integrazione (49).

Il CESE chiede che i rifugiati abbiano accesso a vie sicure e legali per entrare nell’UE. Tutti gli Stati membri e i portatori di interessi, europei e nazionali, devono adottare un approccio coordinato, basato su una responsabilità condivisa, un’equa ripartizione, un’impostazione convergente e il rispetto dei diritti fondamentali, al fine di prevedere più opzioni per la riunificazione familiare, la ricollocazione e il reinsediamento.

5.   Promuovere gli interessi e i valori dell’Europa nel mondo — Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile

5.1.

In un mondo sempre più frammentato e multipolare l’UE deve rafforzare la sua posizione al fine di garantire la sua prosperità, la sua sicurezza e i suoi valori. Come sottolineato nella strategia globale del giugno 2016, l’Europa deve affermarsi come leader globale grazie al sostegno convinto e coerente a un ordine mondiale multilaterale basato sulle regole, con al centro le Nazioni Unite. L’UE dovrebbe promuovere una governance mondiale informata ai valori fondamentali rappresentati dall’economia sociale di mercato, dai diritti umani, dallo Stato di diritto, dallo sviluppo sostenibile, dal multilateralismo e dal rispetto del diritto umanitario internazionale.

5.2.

L’UE dovrebbe inoltre attribuire priorità allo sviluppo di relazioni solide con i vicini immediati, basate su un chiaro equilibrio tra diritti e doveri. Si potrebbe fare riferimento alla politica di vicinato e alla politica di sviluppo dell’UE come due priorità dell’UE, e all’UE come maggiore donatore al mondo. La società civile dovrebbe partecipare al monitoraggio di tali politiche.

5.3.

L’UE deve mantenere l’impulso del processo di allargamento e portare avanti i negoziati e i programmi di adesione con i paesi dei Balcani occidentali.

5.4.

La politica commerciale dell’UE è un fattore fondamentale che si applica all’Unione nel suo complesso e unisce tutti gli Stati membri. Tale politica ha aiutato l’UE ad aumentare la propria prosperità tramite scambi commerciali con un’ampia gamma di partner. Contemporaneamente, l’UE incarna e promuove, attraverso il commercio, i valori di inclusione sociale e tutela ambientale, fondamentali per plasmare una globalizzazione sostenibile; in altre parole, una forma di globalizzazione che offrirà benefici non solo a grandi imprese e investitori, ma anche alla gente comune, ai lavoratori, agli agricoltori, ai consumatori, agli artigiani, ai liberi professionisti, alle PMI e in particolare alle microimprese. Il commercio è anche uno strumento importante per sostenere la politica dell’UE nei confronti dei paesi in via di sviluppo, in quanto contribuisce al passaggio dalla dimensione dello sviluppo a quella del partenariato, in particolare con l’Africa.

5.5.

L’ Europa ha bisogno di una politica fiscale equa e moderna, adatta alle sfide dell’economia digitale e capace di garantire condizioni di parità per i giganti di Internet, le piattaforme di vendita online e le imprese locali. La lotta contro l’evasione, la frode e l’elusione fiscali richiederà una cooperazione più ampia a livello internazionale e tra le autorità fiscali nazionali.

Proposte

Il CESE chiede in particolare un’agenda ambiziosa in materia di politica commerciale a tutti e tre i livelli, unilaterale, bilaterale e multilaterale: una politica che crei crescita e posti di lavoro di qualità nell’UE e che promuova contemporaneamente, a livello mondiale, una politica commerciale basata sulle regole.

L’UE, insieme alla società civile europea, comprese le imprese, deve inoltre promuovere attivamente il pieno rispetto dei diritti umani nei negoziati sugli accordi commerciali. Inoltre, dovrebbero essere rispettate le convenzioni dell’OIL. Tali accordi dovrebbero essere soggetti al controllo democratico, garantendo la debita partecipazione della società civile, e si dovrebbe perseguire una tabella di marcia comprendente impegni concreti qualora le convenzioni dell’OIL non siano adeguatamente ratificate o attuate (50).

L’UE deve inoltre includere un rigoroso impegno in relazione all’accordo di Parigi e alla convenzione sulla diversità biologica, al fine di introdurre clausole reali di protezione sociale e di tutela dei consumatori e dell’ambiente in ogni accordo commerciale (tutti i potenziali partner commerciali dell’Europa sarebbero interessati, dato che 195 dei 197 membri delle Nazioni Unite sono firmatari dell’accordo). Anche la fissazione del prezzo del carbonio a livello mondiale sarebbe un’opzione da analizzare ulteriormente, specie per le industrie europee delle risorse e dell’energia (51) e, se ben concepita conformemente alle norme dell’UE e dell’Organizzazione mondiale del commercio, sarebbe una misura da promuovere attivamente (52). Una tassa sul carbonio alla frontiera potrebbe contribuire a realizzare quest’obiettivo.

Il CESE esorta la Commissione a rafforzare il dialogo con la società civile al fine di perfezionare il funzionamento dei capitoli sugli scambi e sullo sviluppo sostenibile negli accordi commerciali in vigore e in quelli futuri. Il CESE la esorta altresì a essere più ambiziosa, in particolare al fine di rafforzare l’effettiva applicabilità degli impegni nei capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile (53). L’UE deve anche includere in tutti i futuri accordi commerciali clausole che impongano il massimo rispetto dei diritti umani, della tutela dei consumatori e dei diritti dei lavoratori. Inoltre, dovrebbero essere rispettate le convenzioni dell’OIL. Tali accordi dovrebbero essere soggetti al controllo democratico, garantendo la debita partecipazione della società civile.

Il CESE sostiene una tassazione equa e la lotta contro la frode, l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro e le pratiche finanziarie dei paradisi fiscali. Un obiettivo comune delle istituzioni, dei governi e delle imprese dell’UE deve essere quello di lavorare insieme per mettere in atto meccanismi efficaci, come le due direttive anti-elusione.

L’UE deve cooperare con altre regioni economiche per combattere efficacemente la corruzione e l’evasione fiscale in tutto il mondo e per garantire che le norme internazionali in materia di imposta sulle società siano chiare, trasparenti, obiettive e prevedibili.

I nuovi modelli commerciali basati sulle piattaforme via Internet e su altri strumenti digitali hanno spinto le società a fare meno assegnamento sulla presenza fisica in un dato paese. A giudizio del CESE, è estremamente importante elaborare nuovi principi su come attribuire gli utili delle imprese a un paese dell’UE e tassarli, in concertazione con i partner commerciali, nonché partecipare attivamente alle discussioni in corso a livello di OCSE/G20 su un accordo globale sull’economia digitalizzata, al fine di evitare qualsiasi inasprimento delle tensioni commerciali e fiscali tra i principali attori economici del mondo (54).

6.   Realizzare le priorità attraverso una governance forte e un bilancio dell’UE rafforzato

6.1.

Le trasformazioni dell’economia e del mondo del lavoro, i cambiamenti climatici e l’evoluzione geopolitica stanno già influenzando l’Unione e saranno i principali motori del nostro futuro. L’UE ha bisogno di un nuovo approccio in materia di governance e, all’occorrenza, ha bisogno di norme e strumenti nuovi per la definizione e l’attuazione delle sue politiche. Lo sviluppo sostenibile richiede un approccio globale e politiche intersettoriali per garantire che le sfide economiche, sociali e ambientali siano affrontate insieme.

6.2.

Il CESE sottolinea che l’UE deve affrontare queste sfide con un deciso impegno politico, con una maggiore e migliore integrazione politica, rispettando appieno e promuovendo al tempo stesso i diritti umani, le libertà fondamentali e i principi democratici e lavorando insieme.

6.3.

Il CESE sottolinea che la crisi finanziaria ed economica ha prodotto uno squilibrio tra le principali istituzioni dell’Unione, il che richiede nuove forme di governance e di gestione a livello dell’UE. Il ruolo del Parlamento europeo deve essere rafforzato per promuovere una maggiore responsabilità democratica.

6.4.

L’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi di sviluppo sostenibile richiede una solida base di bilancio, un ambiente favorevole alle imprese e investimenti pubblici e privati. I negoziati per il prossimo quadro finanziario pluriennale dovrebbero mirare a garantire un adeguato finanziamento delle politiche occupazionali, sociali e ambientali e degli investimenti produttivi.

6.5.

Un primo passo per rafforzare la dimensione climatica del prossimo QFP dovrebbe essere l’aumento dell’obiettivo di integrazione dei cambiamenti climatici per l’intero QFP al 40 %, come richiesto dal CESE. A tal fine sarebbe necessario adeguare di conseguenza tutti gli obiettivi settoriali relativi al clima e renderli giuridicamente vincolanti. La Commissione e il Parlamento dovrebbero inoltre collaborare per garantire che l’architettura verde della nuova politica agricola comune, ossia la condizionalità e i regimi ecologici, sia attuata in modo efficace dal punto di vista ambientale, eliminando gradualmente il sostegno dell’UE ai progetti che danneggiano il clima e migliorando le metodologie di monitoraggio del clima. Tali istituzioni dovrebbero inoltre liberare risorse significative per sostenere le persone e i territori più colpiti dalla transizione energetica, creando nuovi strumenti o riformando quelli esistenti.

6.6.

L’unanimità, che i Trattati richiedono in alcune materie fondamentali, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile nei momenti e per le decisioni importanti, e il Comitato raccomanda pertanto, per quanto riguarda le procedure decisionali, di applicare il principio del voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio e, per quanto riguarda la legislazione, di ricorrere alla procedura legislativa ordinaria in tutti i settori che lo consentono. Il CESE ricorda che, ai sensi dei Trattati in vigore, tale obiettivo può essere raggiunto ricorrendo alle varie clausole passerella o, nel caso di una cooperazione rafforzata, all’articolo 333 del TFUE (55).

Proposte

Promuovere l’importanza della cooperazione a livello interistituzionale, nel rispetto delle prerogative di ciascuna istituzione sancite dai Trattati. A tale cooperazione è stato assegnato un nuovo quadro di riferimento con l’accordo interistituzionale «Legiferare meglio»del 13 aprile 2016. Il CESE ritiene di dover essere coinvolto per garantire che si tenga conto dei punti di vista di tutte le parti interessate e, in ultima analisi, per agevolare la partecipazione dei cittadini alle attività dell’UE.

Un altro modo per garantire una maggiore integrazione dello sviluppo sostenibile nelle politiche europee è utilizzare gli strumenti della Commissione europea per una migliore regolamentazione. Tutte le valutazioni di impatto della Commissione devono esaminare l’impatto ambientale, climatico, sociale ed economico, affinché la sostenibilità sia inclusa e tenuta in debita considerazione. Anche nelle valutazioni ex post è necessario analizzare queste tre dimensioni adottando un approccio fortemente integrato. È inoltre necessario consultare le parti sociali, nel rispetto delle disposizioni del trattato che chiedono la consultazione specifica dei lavoratori e dei quadri dirigenti in relazione alla legislazione su questioni sociali (articolo 154, paragrafo 2). Le consultazioni con il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato europeo delle regioni e i parlamenti nazionali rientrano anch’esse tra gli strumenti per una migliore regolamentazione, al fine di soddisfare il requisito di inclusività che è al centro dell’Agenda 2030 (56).

Il CESE è fermamente convinto che il quadro finanziario pluriennale proposto per il periodo 2021-2027 non sia adeguato per affrontare le nuove sfide enunciate nell’agenda strategica del Consiglio europeo per gli anni 2019-2024 e negli orientamenti politici della prossima Commissione europea 2019-2024. Il CESE propone di aumentare i finanziamenti per consentire: i) l’attuazione da parte degli Stati membri del pilastro europeo dei diritti sociali al fine di stimolare la creazione di posti di lavoro di qualità nel contesto di uno sviluppo economico sostenibile, ii) l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e iii) l’attuazione dell’accordo di Parigi volto a promuovere transizioni eque verso società ecologiche e digitalizzate.

Subordinare la concessione di finanziamenti dell’UE agli Stati membri al rispetto del principio dello Stato di diritto, un pilastro fondamentale dei valori dell’Unione conformemente all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (TUE). Il Comitato ritiene inoltre che tale condizionalità potrebbe essere estesa agli altri principi relativi allo Stato di diritto sanciti nei Trattati dell’UE (57).

I progetti da sostenere, che saranno conformi agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e che richiedono risorse ingenti per l’innovazione e l’attività di R&S, dovranno essere eseguiti attraverso uno strumento che renda possibile visualizzare le diverse fonti di finanziamento (tra cui il prossimo QFP) e attraverso diverse azioni (58), in particolare:

reindirizzare i finanziamenti verso investimenti sostenibili attraverso una «destinazione verde»e, in tale contesto, promuovere i prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) che hanno ottenuto il «marchio verde»;

utilizzare l’allentamento monetario quantitativo della BCE come fonte di finanziamento;

aumentare la quota del Fondo europeo per gli investimenti strategici assegnata alla lotta contro i cambiamenti climatici portandola al 40 %;

dar prova di un livello di ambizione all’altezza della sfida derivante dalla lotta ai cambiamenti climatici, destinando a tale obiettivo una quota media pari al 40 % del bilancio complessivo dell’UE (QFP 2021-2027);

aumentare la dotazione del Fondo europeo di coesione oltre il 20 % attuale;

mobilitare il 3 % dei fondi pensione e assicurativi;

sostenere le imprese, e in particolare le PMI e le microimprese, nei loro investimenti in R&S destinando a questo scopo fino a 100 miliardi di EUR;

rispettare gli impegni di assistenza finanziaria nei confronti dei paesi del Sud che contribuiscono alla lotta contro i cambiamenti climatici (59).

7.   Il CESE guida e agevola la partecipazione della società civile agli affari europei, responsabilizzando, coinvolgendo e consultando le organizzazioni della società civile

7.1.

La promozione della sostenibilità in tutte le sue dimensioni, economica, sociale e ambientale, richiede notevole sforzo e impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti. Un dibattito democratico aperto, sostenuto dal coinvolgimento strutturato della società civile, è fondamentale per far sì che la transizione avvenga in maniera equa ed efficace. Gli interrogativi principali sui «risultati», sul «modo in cui arrivarci»e sulle modalità in cui garantire che la ripartizione degli oneri e dei benefici sia giusta e che nessuno sia lasciato indietro devono essere affrontati in maniera aperta e trasparente.

7.2.

Il CESE sottolinea il ruolo centrale che le organizzazioni della società civile sono chiamate a svolgere nella concezione, nell’attuazione e nel monitoraggio delle politiche, in tutte le fasi e a tutti i livelli, compreso quello locale. Ciò presuppone un cambiamento della cultura e un riconoscimento del valore della società civile al livello dell’Unione e degli Stati membri, già sancito all’articolo 11 del TUE, secondo il quale le istituzioni dell’UE promuovono e agevolano il dialogo civile orizzontale e verticale, procedono ad ampie consultazioni e gettano le basi per le iniziative dei cittadini europei. Tali processi complementari hanno luogo senza pregiudicare la consultazione del CESE e il dialogo sociale.

7.3.

La società civile ha la capacità di rispecchiare interessi realmente molto diversi e talvolta divergenti e di sensibilizzare al riguardo i responsabili delle decisioni. Il CESE è un ottimo esempio di questo processo ed è fermamente determinato a continuare a svolgere il suo ruolo: facilitare il dialogo e costruire ponti all’interno della società civile e verso le altre istituzioni europee.

Proposte

Considerando che il CESE è l’istituzione della società civile a livello dell’UE, il suo ruolo dovrebbe essere accuratamente e ampiamente rafforzato e utilizzato per guidare e facilitare il coinvolgimento e la consultazione della società civile negli affari dell’UE. Il Comitato dovrebbe pertanto essere attivamente coinvolto nella preparazione e nella realizzazione della conferenza sul futuro dell’Europa, che dovrebbe iniziare nel 2020 e che è stata annunciata da Ursula von der Leyen nella sua agenda per l’Europa.

Il CESE segue da vicino alcuni dialoghi strutturati e forum consultivi in cui è attivamente coinvolto (ad esempio, la piattaforma delle parti interessate per l’economia circolare, il Forum europeo sulla migrazione), che riuniscono e includono organizzazioni della società civile e altri attori delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri. Nel costituire piattaforme come REFIT, la Commissione dovrebbe considerare la possibilità che vi sia rappresentato il CESE, conformemente al mandato ad esso conferito dai Trattati, e in questo quadro dovrebbe garantire che tale rappresentanza rispecchi la composizione del Comitato e la sua articolazione in tre gruppi.

Il CESE sottolinea che, a livello dell’UE, non esiste una partecipazione strutturata delle organizzazioni della società civile al processo di monitoraggio dell’attuazione della politica di coesione. Pertanto raccomanda vivamente alla Commissione di istituire un Forum della società civile europea sulla coesione (60), con la partecipazione delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori e di altre organizzazioni pertinenti della società civile.

Al momento di creare portali Internet per raccogliere le posizioni dell’opinione pubblica, espresse quindi sia da organizzazioni che da singole persone, la Commissione dovrebbe operare una distinzione tra i contributi delle organizzazioni della società civile e quelli dei singoli individui. A tal fine la Commissione dovrebbe eseguire, in cooperazione con il CESE, una mappatura dei soggetti interessati, per individuare gruppi obiettivo rappresentativi ed equilibrati dal punto di vista geografico, basandosi sul registro per la trasparenza. Inoltre, la Commissione dovrebbe far sì che le risposte siano ponderate sul piano quantitativo e qualitativo. La Commissione dovrebbe altresì adoperarsi in modo continuo per migliorare queste consultazioni dal punto di vista della trasparenza, dell’accessibilità, del feedback e della responsabilità nei confronti dei partecipanti.

Al fine di sviluppare un approccio maggiormente strategico in relazione a queste attività, strutturandole meglio su base istituzionale e rappresentativa, la Commissione dovrebbe collaborare strettamente con il CESE, invitandolo a elaborare un parere esplorativo sulle possibilità di organizzare il dialogo civile in maniera efficace e su base permanente, in vista di una specifica comunicazione della Commissione.

Dovrebbe essere migliorata l’efficacia dell’iniziativa dei cittadini europei, esplorando nuovi modi, quali l’utilizzo di strumenti digitali, per aumentare il coinvolgimento dei giovani e in particolare delle persone appartenenti a categorie vulnerabili.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Studio del Parlamento europeo sulle Tendenze globali all’orizzonte del 2035 e relazione dell’ESPAS (Sistema europeo di analisi strategica e politica) Global Trends to 2030: Challenges and Choices for Europe [Tendenze globali all’orizzonte 2030: sfide e scelte per l’Europa], del 9 aprile 2019.

(2)  Supporting the Sustainable Development Goals across the world: The 2019 Joint Synthesis Report of the European Union and its Member States [Sostenere gli obiettivi di sviluppo sostenibile nel mondo: relazione di sintesi congiunta 2019 dell’Unione europea e dei suoi Stati membri], del 16 maggio 2019.

(3)  Dichiarazione ministeriale Dichiarazione di Slesia sulla solidarietà e l'equa transizione, adottata il 3 dicembre 2018 in occasione del vertice dei leader durante la 24a conferenza delle parti (COP 24) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), svoltasi a Katowice (Polonia).

(4)  Parere del CESE del 26 settembre 2019 in merito al documento di riflessione Verso un’Europa sostenibile entro il 2030 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(5)  Parere del CESE del 13 marzo 2019 sul tema Ascoltare i cittadini d'Europa per un futuro sostenibile (Sibiu e oltre) (GU C 228 del 5.7.2019, pag. 37).

(6)  Parere del CESE del 25 gennaio 2017 sul tema Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10).

(7)  Un’Unione più ambiziosa — Il mio programma per l’Europa — Orientamenti politici per la prossima Commissione europea 2019-2024.

(8)  Decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 171).

(9)  Cfr. la nota 5.

(10)  Previsioni economiche estate 2019 della Commissione europea https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/economic-performance-and-forecasts/economic-forecasts/summer-2019-economic-forecast-growth-clouded-external-factors_en.

(11)  Parere del CESE del 24 gennaio 2019 in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (GU C 159 del 10.5.2019, pag. 49).

(12)  Relazione OCSE del 1o marzo 2019 Going beyond GDP: Measuring What Counts for Economic and Social Performance [Andare oltre il PIL: misurare ciò che conta per i risultati economici e sociali]. Parere del CESE del 29 marzo 2012 sul tema Non solo PIL — Il coinvolgimento della società civile nella selezione di indicatori complementari (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 14).

(13)  Parere del CESE del 17 luglio 2019 sul tema Il nuovo ruolo dei servizi pubblici per l’impiego nel quadro dell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 46).

(14)  Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 428 del 13.12.2017, pag. 10).

(15)  Risoluzione adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015 sul tema Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

(16)  Cfr. in particolare i pareri del 24 gennaio 2019 in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (GU C 159 del 10.5.2019, pag. 49), del 14 febbraio 2018 sul tema Trarre insegnamento dal passato per evitare il rigore delle politiche di austerità nell'UE,(GU C 227 del 28.6.2018, pag. 1), del 18 gennaio 2018 sulla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (GU C 197 dell’8.6.2018, pag. 33), del 10 luglio 2013 in merito al Libro verde — Il finanziamento a lungo termine dell'economia europea (GU C 327 del 12.11.2013, pag. 11), del 26 marzo 2014 sul tema L'impatto degli investimenti sociali sull'occupazione e sui bilanci pubblici (GU C 226 del 16.7.2014, pag. 21), del 14 aprile 2018 sul tema Finanziare il pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1) e del 20 febbraio 2019 sul tema Analisi annuale della crescita 2019 — Per un'Europa più forte di fronte all'incertezza globale (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 24).

(17)  Cfr. la nota 5.

(18)  Parere del CESE del 17 ottobre 2018 sul Fondo sociale europeo Plus (FSE+), (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 165).

(19)  Cfr. la nota 5.

(20)  Parere del CESE del 17 ottobre 2018 sul Patto europeo finanza-clima (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 8).

(21)  Cfr. la nota 5.

(22)  Relazione della commissione globale sul futuro del lavoro dell’ILO intitolata Work for a brighter future [Lavorare per un futuro migliore], del 22 gennaio 2019. Tale relazione pone la salute e la sicurezza fra gli elementi della garanzia universale del lavoro.

(23)  Parere del CESE del 25 settembre 2019 sul tema Sintesi dei costi e dei benefici degli investimenti nella salute e nella sicurezza sul lavoro (SSL) (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(24)  Employment and social development in Europe 2019 [Occupazione e sviluppo sociale in Europa] rassegna trimestrale, del 26 marzo 2019.

(25)  Parere del CESE del 25 settembre 2019 sul tema Il pilastro europeo dei diritti sociali — valutazione dell’attuazione iniziale e raccomandazioni per il futuro (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).

(26)  Parere del CESE del 21 settembre 2017 sul tema La transizione verso un futuro europeo più sostenibile — Una strategia per il 2050 (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 44).

(27)  Cfr. la nota 5.

(28)  Parere del CESE del 17 luglio 2019 sul tema Verso un’economia europea più resiliente e sostenibile (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 23).

(29)  Cfr. la nota 11.

(30)  Parere del CESE del 20 febbraio 2019 sul tema Per una direttiva quadro europea in materia di reddito minimo (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 1).

(31)  http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1092&intPageId=2312&langId=it.

(32)  https://emin-eu.net/what-is-emin/.

(33)  Cfr. la nota 16.

(34)  Cfr. la nota 25.

(35)  Cfr. la nota 11.

(36)  Eurofound (2019), Future of manufacturing — Energy scenario: Employment implications of the Paris Climate Agreement [Il futuro della produzione manifatturiera - Scenario energetico: implicazioni occupazionali dell’accordo di Parigi sul clima], relazione tecnica di Eurofound, febbraio 2019.

(37)  Parere del CESE del 17 luglio 2019 sul tema Conciliare le politiche in materia di clima e di energia: la prospettiva del settore industriale (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 59).

(38)  Comunicazione della Commissione del 18 giugno 2019 Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario: integrazione concernente la comunicazione di informazioni relative al clima.

(39)  Parere del CESE del 17 ottobre 2018 sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili [COM(2018) 353 final —2018/0178(COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/1011 per quanto riguarda gli indici di riferimento di basse emissioni di carbonio e gli indici di riferimento di impatto positivo in termini di carbonio [COM(2018) 355 final —2018/0180(COD)] (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 103).

(40)  Cfr. la nota 25.

(41)  Cfr. la nota 5.

(42)  Cfr. nota 19.

(43)  Cfr. la nota 7.

(44)  Cfr. nota 19.

(45)  Cfr. la nota 38.

(46)  Cfr. la nota 19.

(47)  Parere del CESE del 17 ottobre 2018 sul tema «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile»[COM(2018) 97 final] (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 73).

(48)  Parere del CESE del 19 giugno 2019 sul tema Per una migliore attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e la promozione dei servizi essenziali (GU C 282 del 20.08.2019, pag. 7).

(49)  Cfr. la nota 5.

(50)  Parere del CESE del 14 febbraio 2018 sul tema Capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi di libero scambio (ALS) dell'UE (GU C 227 del 26.8.2018, pag. 27).

(51)  Parere del CESE del 17 luglio 2019 sul tema Conciliare le politiche in materia di clima e di energia: la prospettiva del settore industriale (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 59).

(52)  Cfr. la nota 19.

(53)  Parere del CESE del 14 febbraio 2018 sul tema Capitoli sul commercio e sullo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi di libero scambio (ALS) dell'UE (GU C 227 del 28.6.2018, pag. 27).

(54)  Parere del CESE del 12 luglio 2018 sul tema Tassazione degli utili delle multinazionali nell'economia digitale (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 73).

(55)  Parere del CESE del 17 settembre 2015 sul tema Migliorare il Trattato di Lisbona (GU C 13 del 15.1.2016, pag. 183).

(56)  Cfr. la nota 5.

(57)  Parere del CESE del 19 settembre 2018 sul tema Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106).

(58)  Cfr. la nota 19.

(59)  Cfr. la nota 19.

(60)  Parere del CESE del 17 ottobre 2018 sul tema Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 90).


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/15


Risoluzione sull’«Avvio dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania: è necessario difendere la credibilità e gli interessi geostrategici dell’UE»

(2020/C 47/02)

Nella sessione plenaria del 30 e 31 ottobre 2019 (seduta del 31 ottobre) il Comitato economico e sociale europeo ha adottato la seguente risoluzione con 174 voti favorevoli, 12 voti contrari e 15 astensioni.

1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime profonda delusione per la decisione dei leader dell’UE, adottata in sede di Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019, di rimandare ulteriormente l’avvio dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania in assenza di unanimità tra gli Stati membri al riguardo.

2.

Il CESE deplora vivamente il mancato rispetto degli impegni assunti nei confronti di questi due paesi. Difatti, le conclusioni del Consiglio europeo del 28 giugno 2018, che approvavano le conclusioni sull’allargamento e sul processo di stabilizzazione e di associazione adottate dal Consiglio il 26 giugno 2018, delineavano un percorso ben preciso verso l’apertura dei negoziati di adesione nel giugno 2019. Il 18 giugno 2019 il Consiglio europeo aveva già deciso di tornare, entro ottobre 2019, sulla questione delle raccomandazioni della Commissione di avviare negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania.

3.

Il CESE osserva che la mancata decisione, per la seconda volta, di avviare i negoziati di adesione con questi due paesi, che rispettano già tutte le condizioni necessarie (1), costituisce un errore sul piano sia geostrategico che storico e compromette la credibilità e l’affidabilità dell’Unione europea. L’UE aveva l’occasione di avviare tali negoziati applicando al tempo stesso una severa condizionalità in materia di buona governance, insistendo sulla rigorosa applicazione dei criteri di adesione nel corso del processo negoziale e mettendo a punto strumenti più efficaci per monitorare la situazione dello Stato di diritto dopo l’adesione.

4.

Il CESE è convinto che il processo di «europeizzazione» di questa regione richieda serie e profonde riforme strutturali interne nei paesi dei Balcani occidentali.

5.

È anche convinto che tra i cittadini di alcuni Stati membri dell’UE sia largamente diffuso un sentimento di «stanchezza da allargamento». Non dubita neppure che le linee di divisione all’interno dell’UE su questioni come l’immigrazione e il nuovo bilancio abbiano dirottato dalla politica di allargamento l’attenzione che quest’ultima richiede sul piano politico. Tuttavia, il consenso politico e l’ampio sostegno dell’opinione pubblica all’adesione all’UE sia nella Macedonia del Nord che in Albania non possono essere ignorati.

6.

I giovani dei Balcani occidentali nutrono grandi aspettative nei confronti dell’UE, e noi non dovremmo deluderli. Il CESE è convinto che dovremmo offrire a questi giovani una prospettiva positiva per il futuro, che consenta loro di vivere in una regione stabile e prospera.

7.

Le organizzazioni della società civile sono fermamente convinte che quella dei Balcani occidentali sia una regione (situata com’è nel nostro «cortile di casa») di importanza geostrategica fondamentale per l’Europa, in questo momento in cui altri attori globali guardano ad essa con interesse.

8.

In occasione del 7o Forum della società civile dei Balcani occidentali, promosso dal CESE a Tirana il 16 e 17 aprile 2019, le organizzazioni della società civile hanno ribadito nella dichiarazione finale che l’allargamento dell’UE, e in particolare la diffusione dei valori democratici e delle norme giuridiche dell’Unione nei Balcani occidentali, è nell’interesse sia di questa regione che dell’UE, nonostante le numerose sfide che quest’ultima deve attualmente affrontare (2).

9.

Il CESE ha espresso più volte la propria preoccupazione per la riduzione dello spazio a disposizione della società civile in diversi paesi dei Balcani occidentali e ha esortato le autorità nei Balcani occidentali a intensificare gli sforzi per garantire il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani fondamentali, la riforma del sistema giudiziario, la lotta alla corruzione e alla discriminazione nonché l’indipendenza dei giornalisti e la libertà di stampa — cioè alcuni dei valori europei fondamentali che ogni Stato membro dell’UE è tenuto a rispettare. Occorre incoraggiare vivamente e promuovere con forza il dialogo sociale e il ruolo che svolgono le parti sociali e le organizzazioni della società civile nello sviluppo economico e sociale.

10.

Il CESE continuerà a collaborare strettamente e intensamente con la società civile dei Balcani occidentali per offrirle il proprio sostegno e assicurarle che il suo posto è nell’Unione europea. Faremo tutto il possibile per promuovere la riconciliazione e i valori europei nella regione e manterremo saldamente la nostra posizione sulla questione dell’allargamento dell’UE. Siamo convinti che una prospettiva chiara per quanto riguarda l’adesione all’UE sia essenziale per la stabilità della regione e auspichiamo che l’allargamento rimanga una delle priorità dell’UE, nonostante le numerose sfide che oggi l’Unione deve affrontare (3).

11.

Il CESE, per parte sua, attraverso le attività che svolge regolarmente con i suoi partner nella regione (comitati consultivi misti con la società civile UE-Montenegro e UE-Serbia, forum della società civile dei Balcani occidentali e organizzazione di conferenze ad alto livello della società civile prima dei vertici UE-Balcani occidentali) continuerà a farsi portavoce della società civile dei Balcani occidentali e a fungere da ponte con le istituzioni dell’UE e i loro rispettivi governi.

12.

Il CESE esprime tutto il suo apprezzamento per la risoluzione adottata dal Parlamento europeo il 24 ottobre 2019 e conferma il proprio pieno impegno a sostenere il Parlamento europeo e la nuova Commissione europea nel rafforzare la politica di allargamento dell’UE e nel migliorare l’insieme di strumenti a disposizione dell’UE per un coinvolgimento con i Balcani occidentali.

13.

Il CESE esorta tutte le parti interessate a prendere tutte le misure necessarie affinché il Consiglio europeo adotti una decisione unanime e positiva prima del vertice UE-Balcani occidentali di Zagabria del maggio 2020. Chiede inoltre alla prossima presidenza croata del Consiglio dell’UE di imprimere un nuovo slancio al processo di allargamento in occasione di tale vertice.

Bruxelles, 31 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Conclusioni del Consiglio del giugno 2018.

(2)  7o Forum della società civile dei Balcani occidentali — Dichiarazione finale https://www.eesc.europa.eu/en/agenda/our-events/events/7th-western-balkans-civil-society-forum/final-declarations.

(3)  https://www.eesc.europa.eu/sites/default/files/files/7th_eesc_western_balkans_civil_society_forum_-_final_declaration.pdf.


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/17


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Blockchain e mercato unico dell’UE: le prossime tappe»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 47/03)

Relatrice: Ariane RODERT

Correlatore: Gonçalo LOBO XAVIER

Decisione dell’Assemblea plenaria

21.2.2019

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del regolamento interno

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

18.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

182/1/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il presente parere si concentra sulla blockchain come tecnologia. Se messa in atto, essa può rappresentare una forza capace di trasformare positivamente molti settori della società, portando con sé valori quali fiducia, trasparenza, democrazia e sicurezza. In ultima analisi, la blockchain può contribuire a reinventare i modelli socioeconomici, sostenendo in tal modo l’innovazione socioculturale necessaria per raccogliere le sfide cui è confrontata la società d’oggi. Tuttavia, dato che la questione delle criptovalute è oggetto di un acceso dibattito, il CESE dovrebbe, nel prossimo futuro, riesaminare questi strumenti specificamente in relazione al rischio di riciclaggio di denaro e/o di evasione fiscale.

1.2.

L’applicazione della blockchain sta già procurando benefici alla società. Questa tecnologia contribuisce a realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), conferisce autonomia e responsabilità ai cittadini, promuove l’imprenditorialità e l’innovazione, migliora la mobilità e le opportunità transfrontaliere per le imprese, accrescendo nel contempo la trasparenza per i consumatori. Inoltre, può ridurre l’evasione fiscale e la corruzione e promuovere lo sviluppo di servizi sia privati che pubblici. Restano tuttavia ancora da affrontare diverse questioni, in particolare quelle, urgenti, della garanzia di chiarezza e certezza giuridica e della protezione della vita privata.

1.3.

Sebbene le istituzioni dell’UE abbiano in una certa misura affrontato il tema della blockchain, manca ancora un approccio comune a livello dell’UE. Dati i risultati finora ottenuti, all’UE si presenta l’opportunità unica di conservare la sua posizione di leader nel mercato mondiale, ma solo se agirà con prontezza.

1.4.

Il CESE invita pertanto la Commissione europea (in prosieguo la «Commissione») ad avviare un’iniziativa globale sulla tecnologia di blockchain che definisca un approccio e una visione comuni dell’UE, ponendo al centro gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Tale iniziativa dovrebbe essere integrata da un piano d’azione per far sì che l’Europa diventi il punto di riferimento a livello mondiale per la tecnologia di blockchain. Il partenariato europeo per la blockchain e l’Osservatorio e forum dell’UE sulla blockchain, già esistenti, dovrebbero essere rafforzati con la creazione di una piattaforma UE delle parti interessate in materia di blockchain che riunisca rappresentanti delle istituzioni dell’UE, tra cui il CESE e il CdR, l’industria, i consumatori, gli Stati membri, il mondo accademico ecc., allo scopo di fornire uno spazio per l’apprendimento comune e lo sviluppo delle capacità, una rete di reti e la condivisione delle buone pratiche.

1.5.

Il CESE può partecipare attivamente ospitando tale «piattaforma» e garantendo la trasparenza e l’inclusività, come anche la collaborazione e il coinvolgimento della società civile organizzata.

2.   Introduzione

2.1.

La tecnologia di blockchain e quella di registro distribuito (Distributed Ledger Technology — DLT) hanno il potenziale di trasformare la nostra società. La blockchain consiste in una struttura matematica per la memorizzazione dei dati in maniera da ridurne la falsificazione e limitare la corruzione. Questa tecnologia offre un modo nuovo di creare fiducia per scambiare in maniera sicura qualcosa di valore. La blockchain è considerata una nuova fase più trasformativa dell’era di Internet, ma va osservato che si tratta di una delle tante opportunità tecnologiche di nuova generazione.

2.2.

Il presente parere si concentra sulla blockchain come tecnologia che può essere applicata a tutta una serie di ambiti e settori, come l’energia, la finanza, l’agroalimentare, la medicina e l’assistenza sanitaria, le elezioni e la governance. Questo tema, e in particolare la blockchain in rapporto al mercato unico dell’UE, è l’oggetto del presente parere. Se correttamente applicata, la blockchain può trasformare concetti come quelli di concorrenza e di governance, consentendo così di affrontare le sfide e le transizioni che interessano la società. Tuttavia, dato che la questione delle criptovalute è oggetto di un acceso dibattito, il CESE dovrebbe, nel prossimo futuro, riesaminare questi strumenti specificamente in relazione al rischio di riciclaggio di denaro e/o di evasione fiscale.

2.3.

Secondo la definizione contenuta nel recente parere del CESE sul tema Blockchain e tecnologia di registro distribuito (Distributed Ledger Technology - DLT) in quanto infrastrutture ideali dell’economia sociale (1), la blockchain è «allo stesso tempo un codice, cioè un protocollo di comunicazione, ed un registro pubblico nel quale vengono “annotate” con un elevato grado di trasparenza e in forma non modificabile tutte le transazioni effettuate fra i partecipanti della rete, secondo un ordine sequenziale». Tale definizione è integrata dalla valutazione della Commissione secondo cui «la blockchain è una tecnologia che promuove la fiducia degli utenti; consente di condividere informazioni online, concordare e registrare le operazioni in modo verificabile, sicuro e permanente» (2).

2.4.

Le istituzioni dell’UE hanno già adottato alcune misure per sostenere lo sviluppo della blockchain. Nel 2017 il Servizio Ricerca del Parlamento europeo (EPRS) ha pubblicato la relazione dal titolo Come la tecnologia di blockchain può cambiarci la vita (3) e nel 2018 la Commissione ha lanciato l’Osservatorio e forum dell’UE sulla blockchain (4). Lo scopo è quello di accelerare l’innovazione e lo sviluppo della blockchain in modo che l’Europa possa mantenere la sua posizione di leadership a livello mondiale in questa nuova tecnologia trasformativa.

2.5.

Una tappa importante è stata segnata nell’aprile 2018, quando la Commissione, insieme a 21 Stati membri più la Norvegia, ha firmato una dichiarazione per istituire il partenariato europeo per la blockchain (European Blockchain Partnership - EBP) e cooperare alla creazione dell’infrastruttura europea di blockchain per i servizi (European Blockchain Services Infrastructure - EBSI) (5). L’obiettivo è quello di sostenere i servizi pubblici digitali transfrontalieri con i più elevati standard di sicurezza e di protezione dei dati personali. Al partenariato hanno finora aderito 27 Stati membri.

2.6.

Nel 2018 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione non legislativa (6) sulle tecnologie di registro distribuito e blockchain, in cui si sottolinea l’opportunità per l’UE di divenire «leader mondiale» e un «attore credibile» nel guidare lo sviluppo del mercato a livello globale e intersettoriale, tenendo conto che, rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, l’UE è attualmente all’avanguardia nello sviluppo e nell’applicazione della tecnologia di blockchain (7).

3.   Blockchain: opportunità per il mercato unico e l’UE

3.1.

Anche se la tecnologia di blockchain è un fenomeno relativamente nuovo, si stanno già profilando importanti opportunità derivanti da un contesto di mercato unico.

3.2.

La blockchain contribuisce al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Questa tecnologia incorpora nella sua concezione e nella sua proposta di valore (8) la fiducia, l’apertura e la trasparenza, come viene messo in rilievo in relazione al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite (9).

3.3.

Alcuni esempi in questo contesto (10):

l’obiettivo 1 «Povertà zero» e l’impiego delle criptovalute per la popolazione priva di un conto bancario;

l’obiettivo 3 «Salute e benessere» e l’opportunità di condividere i dati sanitari dei pazienti in modo più sicuro ed efficiente, e

gli obiettivi 12, 14, 15 «Consumo e produzione responsabili», in cui la blockchain può garantire la provenienza lungo tutta la catena di approvvigionamento.

La blockchain contribuisce anche al conseguimento di diversi altri OSS come quelli riguardanti le pari opportunità, i diritti umani relativi ai dati personali, il lavoro dignitoso e la crescita economica, la partecipazione democratica ecc.

3.4.

Responsabilizzare i cittadini. La blockchain può probabilmente restituire il potere di informazione ai soggetti che ne sono possessori. Condividendo i dati in modo trasparente e riducendo la necessità di intermediari, la blockchain può responsabilizzare gli attori che in precedenza si trovavano in posizione vulnerabile rispetto a entità centralizzate.

3.5.

Stimolare l’imprenditorialità e l’innovazione. La sua modalità di funzionamento collaborativa e consensuale fa nascere soluzioni innovative e nuove imprese basate sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale. L’inclusività, resa possibile grazie alla blockchain, offre una base per l’economia delle piattaforme e per altri nuovi modelli d’impresa e, come il CESE ha già avuto modo di esaminare, per l’economia sociale.

3.6.

Migliorare la mobilità e le opportunità transfrontaliere per le imprese, tutelando al tempo stesso i consumatori. Questo obiettivo è realizzato riducendo al minimo gli ostacoli al commercio nell’UE e a livello mondiale, garantendo nel contempo la sicurezza e la protezione dei pagamenti e delle operazioni nel processo di scambio. Così facendo si miglioreranno le condizioni di mercato e l’accesso ai beni e ai servizi nell’UE, tutelando al tempo stesso la vita privata dei consumatori, la riservatezza e la condivisione delle informazioni (11).

3.7.

Favorire lo sportello digitale unico. Lo sportello digitale unico introduce il principio «una tantum», in base al quale i dati dovranno essere inseriti nella piattaforma soltanto una volta. Lo sviluppo dell’infrastruttura europea di blockchain per i servizi, subordinato all’attuazione del principio «una tantum», può quindi servire da strumento e fattore abilitante per un mercato unico efficiente, resiliente e sostenibile.

3.8.

Lo sviluppo di servizi pubblici e privati in materia di blockchain consente di ottenere enormi effetti positivi dalla trasformazione digitale dell’economia e della società dell’UE nel loro insieme. Nel quadro dell’infrastruttura europea di blockchain per i servizi sono attualmente in fase di elaborazione quattro casi d’uso (12): certificazione notarile e autenticazione, credenziali di formazione, identità autosovrana europea, tassazione e condivisione affidabile di dati. A livello di Stati membri, i benefici economici si ottengono grazie all’accesso diretto ai mercati, con costi di intermediazione pari a zero o minimi, il che si traduce in un effettivo valore per i consumatori. Ciò può essere perfezionato garantendo a questi ultimi elevati livelli di sicurezza e protezione grazie alla tracciabilità sulla blockchain e alla co-creazione partecipativa di beni e servizi. Inoltre, i sistemi di voto basati sulla blockchain possono rendere sicura la registrazione e l’identificazione degli elettori e garantire un sistema di voto solido e verificabile.

3.9.

Creare e verificare le identità digitali di singoli individui e organizzazioni. Combinando i principi della blockchain decentrata con la verifica dell’identità e la crittografia, è possibile creare un’identità digitale e assegnarla a ogni transazione online di un bene. Questo sistema presenta numerosi vantaggi potenziali per i consumatori, le imprese e le autorità di regolamentazione. L’identità digitale basata sulla blockchain consente il riconoscimento reciproco e l’esecuzione delle operazioni mediante un codice di contratto intelligente che semplifica anche la creazione di imprese. Queste identità digitali e firme elettroniche devono seguire il percorso indicato dal regolamento eIDAS, e dovrebbero anche garantire l’interoperabilità e la compatibilità.

3.10.

Attenuare le violazioni dei dati personali. I rischi di violazione dei dati possono essere attenuati o evitati grazie all’impiego responsabile delle strutture di dati blockchain. Ciò contribuirà a proteggere i dati sensibili, garantendo nel contempo la trasmissione sicura dei dati per salvaguardare il diritto degli individui alla riservatezza e al rispetto della vita privata. Un modo per raggiungere tale obiettivo è quello di evitare di memorizzare in maniera aperta i dati privati sulla blockchain. Questi ultimi potrebbero invece essere memorizzati fuori dalla catena ed essere scambiati solo in funzione delle esigenze e nelle comunicazioni tra pari.

3.11.

I processi di standardizzazione sono essenziali per l’interoperabilità transfrontaliera e l’implementazione della blockchain. Alcuni di questi processi sono stati testati ed esaminati dalle autorità di regolamentazione, ma come per ogni innovazione, le iniziative di standardizzazione devono essere integrate dalla creazione di un ambiente favorevole che consenta di esplorare pienamente le opportunità offerte da questa tecnologia.

3.12.

Occorre inoltre adoperarsi per armonizzare gli standard di crittografia tra la blockchain e altre tecnologie collegate all’eIDAS (13), al fine di creare nuovi livelli di interoperabilità tra i modelli tecnologici attuali e futuri. Questo preverrebbe il rischio che si sviluppino dei compartimenti stagni («silos») nella blockchain. In effetti, l’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) ha presentato una tabella di marcia per la normazione per il periodo fino al 2020, prendendo in considerazione la standardizzazione di settori quali la terminologia, la tassonomia, la verifica dell’identità, l’interoperabilità, la governance, la sicurezza e il rispetto della vita privata, i casi d’uso e i contratti intelligenti.

3.13.

Migliorare la trasparenza attraverso i contratti intelligenti. Le soluzioni basate sulla tecnologia di blockchain garantiscono la trasparenza resa possibile da una struttura decentralizzata, che consente ai partecipanti di vedere e verificare i dati. I «contratti intelligenti» (smart contract(14) ne sono un esempio.

3.14.

Limitare l’evasione e l’elusione fiscali. Il mercato unico dell’UE ha il potenziale di rafforzare il commercio elettronico, riducendo al minimo le esternalità negative che accompagnano il commercio internazionale odierno. I sistemi di gestione fiscale mediante blockchain possono garantire una maggiore trasparenza sia per il contribuente che per il governo. La blockchain può limitare l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro aumentando la rendicontabilità e la responsabilità delle operazioni, e può quindi migliorare la competitività del mercato unico dell’UE. La Commissione potrebbe avviare uno studio sul modo in cui la blockchain può essere d’aiuto in questo settore.

3.15.

Generare nuovi modelli di finanziamento, come il crowdfunding, le offerte iniziali di moneta (initial coin offerings) o le offerte iniziali di token (initial token offerings), che sono sistemi di raccolta pubblica di fondi (geograficamente e demograficamente) attraverso l’emissione di una valuta specifica per un determinato progetto con un particolare meccanismo di apprezzamento. Questo rappresenta il punto culminante della tendenza del crowdfunding.

3.16.

Reinventare i modelli socioeconomici. Il recupero del potere da parte degli individui può reinventare la società. Se il vantaggio principale della blockchain è quello di risolvere il problema della fiducia tra gli individui senza passare attraverso un terzo, questa tecnologia consente anche di creare nuovi tipi di governance e di relazioni basati sulla trasparenza delle interazioni. Come per qualsiasi cambiamento a livello socioculturale, occorre prestare attenzione a proteggere le persone dalla nascita di strutture che portino ad abusi, lasciando al tempo stesso un certo margine di manovra per la sperimentazione che potrebbe apportare importanti benefici all’umanità. Inoltre, le tecnologie e le reti della blockchain dovrebbero evitare di creare una divisione tra coloro che controllano o possono permettersi questa tecnologia e coloro che possono accedervi solo attraverso modelli controllati da grandi imprese. Sostenere e rafforzare organizzazioni come le cooperative, con modelli di governance aperti e democratici, al fine di sviluppare le imprese della blockchain è fondamentale affinché questa tecnologia possa avere successo tra le PMI e le organizzazioni di piccole dimensioni.

4.   Blockchain: alcune sfide da affrontare

4.1.

Per sfruttare il potenziale che la blockchain offre al mercato unico dell’UE e alle società europee occorre affrontare diverse questioni, tra cui quella prioritaria dell’incertezza giuridica attuale. Alcune soluzioni normative per le criptovalute e le offerte iniziali di moneta esistono, ma il quadro legislativo rimane poco chiaro per quanto attiene alla progettazione dei sistemi e ai settori in cui la tecnologia di blockchain si applica, il che determina un approccio frammentario a livello degli Stati membri. Finché l’UE non intraprenderà un’iniziativa congiunta per garantire certezza e chiarezza giuridica in tutta l’Unione, le opportunità transfrontaliere rimarranno limitate. I casi d’uso e gli spazi di sperimentazione normativa per determinati tipi di servizi e di utilizzo potrebbero costituire una fase iniziale per comprendere le future esigenze sul piano giuridico. L’esperienza dell’UE nell’elaborazione di regolamentazioni e politiche transfrontaliere complesse può rappresentare un vantaggio per quanto attiene alla futura regolamentazione della blockchain.

4.2.

Un altro aspetto fondamentale è rappresentato dalla tutela della vita privata. Per disciplinare le questioni più urgenti in materia di dati è stato adottato il regolamento generale sulla protezione dei dati (General Data Protection Regulation — GDPR) (15). Quando tale regolamento è stato elaborato, però, la tecnologia di blockchain era pressoché sconosciuta, per cui si rende necessario ora analizzare le possibili conflittualità tra il GDPR e questa tecnologia. Il CESE esorta la Commissione a esaminare il regolamento e a proporre revisioni e fornire ulteriori indicazioni sul rapporto tra il GDPR e la blockchain.

4.3.

La distinzione giuridica tra dati anonimizzati e dati pseudonimizzati riguarda la classificazione dei dati personali. Mentre i dati anonimizzati non consentono la reidentificazione, per i dati pseudonimizzati rimane la possibilità di risalire in qualche modo (anche in via indiretta e remota) alle singole persone. Mentre nella blockchain con autorizzazioni (permissioned), la pseudonimizzazione è considerata una soluzione per le relazioni facilitate dalla tecnologia di blockchain, l’anonimizzazione costituisce ancora un ostacolo normativo al più ampio impiego della blockchain senza autorizzazioni (permissionless), che può essere risolto attraverso soluzioni di identità digitale integrate nelle restrizioni normative.

4.4.

Il meccanismo di consenso proof-of-work è altamente dispendioso in termini di energia. Lo sviluppo del meccanismo alternativo di consenso denominato «proof-of-stake» può consentire di risolvere questo importante problema di sostenibilità ambientale. Delle soluzioni esistono già, ma devono essere condivise e pienamente applicate (16).

4.5.

Un’altra sfida tecnica è rappresentata dall’interoperabilità tra le diverse piattaforme di blockchain. Le differenti blockchain possono non essere compatibili tra loro a causa del rischio per le parti che devono scambiare i dati. Un’altra preoccupazione riguarda la compatibilità tra le piattaforme di blockchain e i sistemi di governo esistenti, un problema che impedisce ai governi di passare dalle piattaforme esistenti a un’interoperabilità basata sulla blockchain. Garantire l’interoperabilità dovrebbe essere una priorità degli sviluppatori di blockchain nel prossimo futuro, se si vuole consentire la diffusione di questa tecnologia su larga scala.

4.6.

Il tasso di penetrazione della blockchain si basa sull’adozione da parte delle diverse forme di impresa, considerando che nell’UE si tratta perlopiù di PMI. Oggi i costi delle operazioni sono spesso proibitivi, il che pone i servizi tecnici e di consulenza fuori dalla portata delle PMI. Sostenere la creazione di nuove reti di blockchain, come le cooperative, è fondamentale per garantire un accesso equo alle PMI e ad altre entità di piccole dimensioni, consentendo una migliore governance democratica.

4.7.

Come per qualsiasi tecnologia rivoluzionaria, occorre affrontare le sfide sociali che vi sono associate. Sulle tecnologie rivoluzionarie (o «di rottura») è essenziale informare correttamente il grande pubblico. Esse hanno un impatto reale sulla vita quotidiana dei cittadini, e tale aspetto deve essere valutato con attenzione, assegnando un ruolo fondamentale al dialogo civile e sociale. Il CESE continuerà ad accrescere le conoscenze e a trasmettere i punti di vista della società civile organizzata in merito alle prossime fasi di sviluppo della blockchain.

4.8.

È fondamentale capire e valutare pienamente il modo in cui la tecnologia di blockchain incide sulla protezione e sui diritti dei consumatori. È necessario chiarire il rapporto, per esempio, tra riservatezza e protezione dei dati personali imposte dalla legislazione (per esempio la normativa UE sulla protezione dei dati personali), dalla regolamentazione (riservatezza del cliente) o dal contratto (riservatezza commerciale).

4.9.

Come per qualsiasi nuova tecnologia e per tutti i modelli imprenditoriali basati sulla tecnologia, sarebbe opportuno e pertinente analizzare gli effetti e le conseguenze potenziali sull’occupazione, sulle condizioni di lavoro, sui diritti e la protezione dei lavoratori e sul dialogo sociale. L’analisi dovrebbe valutare anche l’impatto sulle organizzazioni intermediarie. È probabile che le competenze nelle materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (competenze STEM) diventino sempre più importanti per i settori che utilizzano la blockchain. Data la mancanza di una diffusa comprensione del funzionamento e dei limiti potenziali della blockchain, il CESE raccomanda un apprendimento permanente che consenta ai cittadini di acquisire competenze, di riqualificarsi e di perfezionarsi in modo da poter sfruttare meglio le opportunità e affrontare meglio le sfide legate alla blockchain.

5.   Prossime tappe

5.1.

Nonostante il fatto che le istituzioni dell’UE abbiano in una certa misura affrontato il tema della blockchain, manca ancora un approccio globale e condiviso a livello dell’UE. Visti i risultati finora ottenuti, all’UE si offre un’opportunità unica di conservare la sua posizione di leader nel mercato mondiale, ma solo se passa all’azione.

5.2.

Lo sviluppo della blockchain è ancora molto frammentato tra i diversi Stati membri. Il CESE esorta pertanto le istituzioni dell’UE a fare chiarezza sul tema e a individuare un terreno comune per sfruttare al meglio il potenziale che la blockchain offre all’Europa. Un primo passo dovrebbe essere intrapreso dalla Commissione con la pubblicazione di una comunicazione sullo sviluppo della tecnologia di blockchain e DLT dell’UE sulla base dei principi della blockchain (17), al fine di esprimere la volontà politica, affermare la titolarità e definire una visione e un piano d’azione per creare un ambiente favorevole. Questa iniziativa dovrebbe essere completata dalla ricostituzione dell’intergruppo del Parlamento europeo sulla digitalizzazione, che dovrebbe affrontare il tema della tecnologia di blockchain e DLT.

5.3.

La visione comune dell’UE potrebbe puntare a fare dell’Europa un continente pilota a livello mondiale basato sulla blockchain, in modo da garantire che l’UE rimanga competitiva, sviluppando al tempo stesso un proprio approccio alla digitalizzazione che ponga al centro gli obiettivi di sviluppo sostenibile, affiancato da iniziative pubbliche pilota e programmi pilota portati avanti a livello degli Stati membri e dell’UE.

5.4.

Dopo che sono stati istituiti il partenariato europeo per la blockchain e l’Osservatorio e forum dell’UE sulla blockchain, è giunto il momento di ampliare questa iniziativa creando una piattaforma UE delle parti interessate in materia di blockchain che riunisca i rappresentanti delle istituzioni dell’UE, tra cui il CESE e il CdR, l’industria, i consumatori, la società civile, gli Stati membri, il mondo accademico ecc. Inoltre, questa piattaforma dovrebbe essere aperta a tutti i cittadini dell’UE in modo che possano cooperare e partecipare al progetto sulla blockchain.

5.5.

Tale piattaforma offrirebbe uno spazio per l’apprendimento comune e lo sviluppo delle capacità, ma anche per far incontrare le parti interessate, fungendo da rete di reti, mettendo a disposizione luoghi di riunione e facilitando la condivisione delle buone pratiche. Il CESE è nella posizione ideale e possiede l’esperienza necessaria per svolgere un ruolo attivo ospitando tale piattaforma e garantendo la trasparenza e l’inclusività, come anche la collaborazione e il coinvolgimento della società civile organizzata, sulla base di iniziative analoghe già avviate (18).

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 1.

(2)  https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/european-countries-join-blockchain-partnership

(3)  http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/IDAN/2017/581948/EPRS_IDA(2017)581948_IT.pdf

(4)  https://www.eublockchainforum.eu/

(5)  https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/news/european-countries-join-blockchain-partnership

(6)  http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2018-0373_IT.html?redirect

(7)  Per stabilire un confronto, si pensi che, solo nel 2018, la raccolta di fondi per l’ICO (initial coin offering — offerta iniziale di moneta) in Europa è stata di circa 4,1 miliardi di USD, ossia quasi il doppio rispetto ai 2,3 miliardi di USD raccolti finora in Asia e di gran lunga superiore ai 2,6 miliardi di USD raccolti negli Stati Uniti. https://www.newsbtc.com/2018/10/16/europe-surpasses-us-and-asia-in-cryptocurrency-token-sales

(8)  La proposta di valore sociale della blockchain fa riferimento all’identità autosovrana (autenticazione e autorizzazione), alla fiducia e alla trasparenza, alla democrazia, all’immutabilità e all’eliminazione della figura dell’intermediario.

(9)  https://blockchain4sdg.com/how-blockchains-can-tackle-the-un-sustainable-development-goals/

(10)  UN/CEFACT, ECE/TRADE/C/CEFACT/2019/INF.3: Blockchain in trade facilitation: sectoral challenges and examples [Blockchain nella facilitazione degli scambi: sfide settoriali ed esempi], http://www.unece.org/fileadmin/DAM/cefact/cf_plenary/2019_plenary/CEFACT_2019_INF03.pdf

(11)  La riservatezza si riferisce alla protezione dei dati condivisi tra un’entità (persona fisica o organizzazione) e un soggetto autorizzato rispetto a terzi non autorizzati. La tutela della vita privata si riferisce alla protezione dall’intrusione nell’identità personale di un individuo e nelle sue operazioni personali.

(12)  https://ec.europa.eu/cefdigital/wiki/display/CEFDIGITAL/EBSI

(13)  Quali le firme elettroniche e le marcature temporali, che utilizzano gli attuali algoritmi di crittografia compatibili tra loro.

(14)  Si tratta di contratti autoeseguibili memorizzati sulla blockchain che nessuno controlla e di cui quindi tutti possono fidarsi. Esempi di contratti intelligenti sono la compensazione e il regolamento dei pagamenti relativi agli scambi, i buoni regalo/fedeltà, i fascicoli sanitari elettronici, la distribuzione di royalty, la tracciabilità dei prodotti, le operazioni tra pari (peer-to-peer), i prestiti, le assicurazioni, i crediti energetici e le operazioni di votazione.

(15)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag.1), https://gdpr-info.eu/

(16)  Un esempio di blockchain a basso consumo di energia è rappresentato da www.tolar.io

(17)  I principi della blockchain sono: identità autosovrana (autenticazione e autorizzazione), tracciabilità, fiducia, immutabilità, democrazia e assenza di intermediazione.

(18)  La piattaforma europea per l’economia circolare, per esempio, è un’iniziativa congiunta portata avanti con la Commissione, e il Comitato è attivo anche nel gruppo di esperti ad alto livello sull’intelligenza artificiale e nel gruppo di esperti della Commissione sull’imprenditoria sociale.


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/23


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Garantire una transizione settoriale inclusiva verso un’industria ferroviaria digitalizzata»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 47/04)

Relatore: Alberto MAZZOLA

Correlatore: Guy GREIVELDING

Decisione dell’Assemblea plenaria

21 febbraio 2019

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

Parere d’iniziativa

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

2.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

202/0/5

1.   Raccomandazioni

1.1.

La digitalizzazione contribuisce ad una maggiore efficienza e convenienza del trasporto ferroviario, sia del trasporto passeggeri che di quello merci, ma espone anche i sistemi ferroviari a rischi legati alla sicurezza informatica. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda pertanto di rafforzare la cooperazione tra l’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (European Union Agency for Network and Information Security — ENISA) e l’Agenzia dell’Unione europea per le ferrovie (European Union Agency for Railways — ERA).

1.2.

Il CESE ritiene necessario accelerare fortemente l’applicazione dell’ERTMS (European Rail Traffic Management System = sistema europeo di gestione del traffico ferroviario), che è la colonna portante della strategia digitale dell’UE per il trasporto ferroviario. Gli investimenti necessari per l’installazione del sistema — oltre 100 miliardi di EUR — dovranno essere realizzati grazie ad un’iniziativa ad hoc della Commissione europea, con un forte impegno di bilancio dell’UE, con un concreto sostegno da parte degli Stati membri e di ingenti capitali privati (InvestEU).

1.3.

Il CESE incoraggia il settore ferroviario a definire, insieme con altri modi di trasporto pubblico, un quadro globale e interoperabile per la «mobilità come servizio» (Mobility-as-a-Service — MaaS) che garantisca l’accessibilità, anche economica, di tutti i cittadini alla mobilità e ai trasporti pubblici in quanto servizio di interesse generale, invitandolo anche a prefiggersi la creazione di un quadro di tecnologia informatica aperto di tipo «plug and play» («pronto all’uso») per la distribuzione di biglietti multimodali in Europa. Il settore del trasporto ferroviario potrebbe essere la chiave di volta per lo sviluppo della componente «Mobilità» di una Identità digitale europea.

1.4.

Il CESE invita l’ETF (European Transport Workers’ Federation — Federazione europea dei lavoratori dei trasporti), la CER (Community of European Railway and Infrastructure Companies — Comunità delle ferrovie europee) e l’EIM (European Rail Infrastructure Managers Association — Associazione dei gestori dell’infrastruttura ferroviaria europea), nell’ambito del dialogo sociale dell’UE, ad avviare un dialogo proattivo e trasparente, ad esempio sotto forma di una «tabella di marcia digitale», e a lanciare iniziative comuni volte a individuare e anticipare l’impatto dell’automazione e della digitalizzazione e a mantenere un elevato livello d’occupazione e di garanzie sociali nel quadro di una transizione socialmente giusta.

1.5.

Il CESE chiede che venga istituito un regolatore UE del settore ferroviario incaricato di accompagnare lo sviluppo del mercato unico ferroviario dell’UE, inclusi gli aspetti digitali.

2.   Introduzione

Il sistema europeo della mobilità e dei trasporti attraversa oggi una fase di passaggio verso un sistema molto più ecologico e digitalizzato.

Le catene logistiche subiranno delle trasformazioni man mano che nuove tecnologie faciliteranno l’integrazione digitale dei diversi modi di trasporto e consentiranno un flusso più denso di informazioni sul traffico e il tracciamento dei treni, un accesso più agevole ai servizi e alle informazioni ai passeggeri, un uso più efficiente della capacità delle infrastrutture e un maggior grado di prevedibilità sulla tempistica.

La digitalizzazione aumenterà inoltre il volume di dati di cui disporranno le aziende ferroviarie, dati il cui utilizzo — nel pieno rispetto delle norme sulla riservatezza e sulla titolarità del loro trattamento — creerà opportunità per l’avvio di nuove iniziative commerciali.

3.   La necessità di garantire la transizione del settore ferroviario al digitale

3.1.    Il settore ferroviario quale componente dell’Europa unica digitale

La connettività è un requisito di base che consente la piena realizzazione del mercato unico digitale europeo e la digitalizzazione del settore ferroviario.

È inoltre necessario un elevato livello di connettività per fornire informazioni attendibili, ad esempio orari dei treni, disponibilità di biglietti, sistemi di pianificazione dei viaggi, dati sugli scali merci, e così via: la disponibilità di queste informazioni corrisponde ad un’aspettativa forte sia della clientela che del personale, in grado di migliorare la qualità dei servizi e della manutenzione.

L’ulteriore digitalizzazione delle ferrovie presuppone una buona cooperazione sia tra le aziende ferroviarie che con gli operatori del settore delle telecomunicazioni. Le nuove reti 5G offriranno al settore ferroviario una grande opportunità consentendogli, tra l’altro, di adottare la tecnologia dell’Internet delle cose e di fornire informazioni più accurate in tempo reale.

Il settore del trasporto ferroviario potrebbe essere la chiave di volta per lo sviluppo della componente «Mobilità» di una identità digitale europea grazie ad un contesto normativo che stimoli la concorrenza e l’innovazione e responsabilizzi i cittadini e le imprese rafforzandone la fiducia e la consapevolezza dei vantaggi delle tecnologie digitali per il grande pubblico in generale, e in particolare per i consumatori, le aziende e i lavoratori, nonché per tutti questi soggetti riuniti in un’unica «persona digitale» (1).

3.2.    Nuovi prodotti specifici e IT

La realizzazione dell’ERTMS (European Rail Traffic Management System = sistema europeo di gestione del traffico ferroviario) dovrebbe costituire uno dei capisaldi della strategia tecnica dell’UE al fine di consentire la concretizzazione dei vantaggi di tale sistema (ad esempio l’armonizzazione tecnica e operativa, il rafforzamento della capacità della rete, una migliore sicurezza e affidabilità, la riduzione dei costi di manutenzione). Negli ultimi vent’anni, meno del 10 % della rete centrale TEN-T è stato equipaggiato con il sistema ERTMS, la cui installazione dovrebbe quindi essere accelerata, senza però trascurare l’accessibilità della rete ferroviaria regionale.

Inoltre, tra le principali priorità dovrebbero figurare la definizione del quadro tecnico e giuridico — nel pieno rispetto del dialogo sociale — per i livelli crescenti di controllo automatico del movimento dei treni, il miglioramento della connettività dei dati lungo le linee ferroviarie (anche grazie alla tecnologia 5G) e gli ulteriori sviluppi digitali pertinenti per il settore ferroviario.

3.2.1.   Processi interni del trasporto ferroviario

3.2.1.1.   Opportunità: maggiore capacità delle infrastrutture, manutenzione e manutenzione predittiva, riduzione dei costi, ATO (automatic train operation = controllo automatico del movimento dei treni), sicurezza, gestione delle crisi

I sistemi di controllo, comando e comunicazione non dovrebbero limitarsi a costituire un semplice fattore di controllo e separazione sicura dei treni, ma dovrebbero trasformarsi in sistemi flessibili, intelligenti e operanti in tempo reale per la gestione del traffico e il supporto alle decisioni.

I sistemi attuali non sfruttano a sufficienza le nuove tecnologie e le nuove pratiche, in particolare l’uso di tecnologie di posizionamento satellitare, di sistemi di trasmissione dati e di comunicazione vocale ad alta velocità e ad alta capacità (Wi-Fi, 4G/LTE, 5G) e dell’automazione, nonché il ricorso a sistemi innovativi di raccolta, elaborazione e trasmissione dei dati in tempo reale. Questi ultimi potrebbero migliorare notevolmente il traffico, permettendo quindi di ottenere un miglioramento della capacità, di ridurre il consumo di energia da trazione e le emissioni di carbonio, di diminuire i costi operativi, di rafforzare la protezione e la sicurezza (anche ai passaggi a livello, con il ricorso ai C-ITS = sistemi di trasporto intelligenti cooperativi) e di fornire ai clienti un servizio informazioni accessibile, affidabile e comprensibile. La manutenzione in base alle condizioni, che utilizza sensori e tecnologia digitale, migliorerà di gran lunga l’efficienza, l’affidabilità e la resilienza del sistema ferroviario, per quanto riguarda sia le infrastrutture che il materiale rotabile.

3.2.1.2.   Minacce: sicurezza e sicurezza informatica

La digitalizzazione contribuisce ad una maggiore efficienza e convenienza del trasporto ferroviario, ma espone anche i sistemi ferroviari a rischi legati alla sicurezza informatica. Riconoscere la necessità di adottare robuste misure nel campo della sicurezza informatica e prepararsi a far fronte ad attacchi informatici, anche su vasta scala, costituiscono sfide di rilievo per l’intero settore ferroviario.

«[U]n’interpretazione omogenea delle norme in materia di cibersicurezza, compreso un riconoscimento reciproco tra Stati membri, […] un quadro e sistemi di certificazione […] potrebbe[ro] fornire una base comune [per la digitalizzazione] … in tale processo occorre coinvolgere [l’Agenzia dell’Unione europea per le ferrovie — ERA] e, in alcuni casi, con l’accordo dell’ENISA per garantire la coerenza, delegar[le] l’elaborazione di sistemi di cibersicurezza. In cooperazione con CEN, Cenelec ed ETSI dovrebbero essere adottati standard minimi europei per la cibersicurezza». (2)

3.2.2.   Nuovi servizi

3.2.2.1.   Nuove applicazioni per i passeggeri: biglietteria elettronica (e-ticketing), prenotazione online (e-booking), biglietteria integrata, biglietteria multimodale, MaaS, piattaforme digitali, stazioni digitali

Al fine di migliorare la qualità delle informazioni sui tragitti e di facilitare la scelta del treno più adatto e dei viaggi intermodali, come pure l’emissione di biglietti cumulativi, alcune aziende ferroviarie europee hanno lanciato, in collaborazione con i principali venditori di biglietti presenti sul mercato, un progetto comune denominato «Full Service Model» — FSM (modello di servizio completo), con l’obiettivo di creare un quadro di tecnologia informatica aperto di tipo «plug and play» («pronto all’uso») per la distribuzione di biglietti ferroviari che sostituirà le soluzioni informatiche bilaterali adottate tra distributori e fornitori di servizi ferroviari.

In questo nuovo contesto, «Mobility-as-a-Service» (mobilità come servizio — in sigla, MaaS) descrive un cambiamento da un modello di mezzi di trasporto personali verso soluzioni di mobilità di cui si fruisce come di un servizio. L’idea di fondo della MaaS consiste nell’offrire ai viaggiatori soluzioni di mobilità «porta a porta» basate sulle loro esigenze di spostamento e sulle loro scelte, in modo da garantire l’accessibilità, anche economica, alla mobilità e ai trasporti pubblici in quanto servizio di interesse generale. Nella prospettiva della MaaS, l’intero sistema dei trasporti forma un’unica entità, di cui il settore ferroviario, con i suoi bassi tassi di emissione, deve formare parte integrante.

3.2.2.1.1.    Nuove problematiche: protezione dei dati, tutela della vita privata, diritti dei passeggeri

La stabilità normativa è fondamentale per realizzare il salto di qualità necessario nel settore dell’emissione di biglietti. Il fatto che il cliente disponga di informazioni facilmente accessibili sull’emissione di biglietti cumulativi è essenziale per quanto riguarda l’imposizione di obblighi realistici da parte dell’UE nel regolamento sui diritti dei passeggeri del trasporto ferroviario.

Le aziende ferroviarie devono continuare a promuovere l’accessibilità in modo efficiente sotto il profilo dei costi. Le disposizioni superflue in vigore tra le imprese comportano una serie di inutili adempimenti burocratici e andrebbero risolte su base contrattuale nonché, ove opportuno, all’interno del quadro normativo pertinente relativo allo scambio di dati.

3.2.2.2.   Per il trasporto merci

Nel 2016, in occasione delle Giornate TEN-T di Rotterdam, il settore ferroviario ha adottato una dichiarazione congiunta, intitolata «dichiarazione settoriale», in cui vengono descritte le misure da adottare per migliorare il trasporto ferroviario internazionale di merci in Europa. Sulla base della «dichiarazione settoriale» sono state individuate dieci azioni prioritarie, tra cui il tracciamento dei treni, l’orario di arrivo previsto (Expected Time of Arrival) e l’agevolazione della concreta attuazione dell’ERTMS (sistema europeo di gestione del traffico ferroviario). Inoltre, il 2 dicembre 2015 le parti sociali europee del settore ferroviario hanno sottoscritto una dichiarazione sul trasporto ferroviario di merci in cui presentano le loro proposte per migliorare questo comparto.

La prova di frenatura automatica consentirà un significativo incremento dell’efficienza delle attività di composizione dei treni. Si dovrà anche garantire la protezione dei dati commerciali nel settore del trasporto merci.

3.3.    Finanziare la transizione digitale e la R&I

3.3.1.   Finanziare la digitalizzazione del settore ferroviario: programma Europa digitale, meccanismo per collegare l’Europa (CEF), programma InvestEU, programmi nazionali

Sia i fondi UE che i fondi nazionali dovrebbero garantire un sostegno adeguato a tutte le tratte del sistema ferroviario e per il completamento di una rete ferroviaria europea efficiente.

Il meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility — CEF) deve essere prorogato e rafforzato anche dopo il 2020. Si deve mettere l’accento sul fatto che il CEF dovrebbe concentrarsi sulle questioni legate alla digitalizzazione, ad esempio le apparecchiature a terra e a bordo del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario (ERTMS). Per l’installazione del sistema ERTMS sulla rete TEN-T, con collegamenti di sicurezza (interlocking) digitali, sono necessari oltre 100 miliardi di EUR, e un investimento di questa entità può essere realizzato solo grazie ad un’iniziativa ad hoc, con un forte impegno di bilancio dell’UE accompagnato da un concreto sostegno da parte degli Stati membri e di capitali privati (InvestEU). Per mobilitare le risorse necessarie, il Comitato ritiene che si debba rafforzare il ruolo proattivo della Commissione e definire un quadro normativo. Il CEF II finanzierà inoltre la realizzazione di corridoi ferroviari transfrontalieri con la tecnologia 5G al fine di migliorare la connettività.

3.3.2.   Shift2Rail e Shift2Rail2

È inoltre necessario un sostegno dell’UE destinato a promuovere l’innovazione nel settore ferroviario, in particolare per quanto riguarda il proseguimento delle attività dell’impresa comune Shift2Rail, che stanno dando ottimi risultati. Il futuro partenariato istituzionalizzato europeo dovrebbe ottenere un bilancio più consistente e poter contare su un sistema di governance migliorato e semplificato, che tenga in maggiore considerazione le esigenze dei fornitori di servizi ferroviari e dei loro clienti e sia pur sempre in grado di mobilitare l’intero ecosistema dell’innovazione nel settore ferroviario in tutti gli Stati membri. Il finanziamento della ricerca nel campo dell’innovazione digitale deve prevedere risorse consistenti per la ricerca destinata alla relativa valutazione dell’impatto sociale e alle relative misure volte ad agevolare una transizione equa.

4.   Necessità di garantire che la transizione auspicata sia inclusiva

4.1.    Per i lavoratori dipendenti

L’introduzione delle tecnologie digitali nel settore ferroviario dovrebbe apportare vantaggi in termini di efficienza e di produttività che miglioreranno la competitività del settore e che richiederanno, al tempo stesso, cambiamenti sia qualitativi che quantitativi nell’occupazione e nell’organizzazione del lavoro delle ferrovie.

Questo processo di transizione è già in atto e, per mantenere la loro posizione di datori di lavoro di qualità e capaci di attirare lavoratori, le aziende ferroviarie devono preparare e gestire i cambiamenti che interessano la loro forza lavoro per tempo e in maniera inclusiva.

Si verificheranno cambiamenti radicali nella natura del lavoro e nella domanda di competenze. Il CESE sottolinea l’importanza di affrontare questi cambiamenti strutturali favorendo una transizione equa e senza scosse e rimediando alla carenza di competenze, nonché garantendo un monitoraggio adeguato dei progressi compiuti.

Non va sottovalutato l’impatto sulla salute dei lavoratori del settore ferroviario, anche sotto forma di uno stress psichico che potrebbe essere all’origine di patologie e di tensioni nella loro vita privata.

Garantire una transizione inclusiva significa gestire il cambiamento in modo socialmente responsabile, a cominciare da un dialogo aperto e trasparente con i lavoratori dipendenti e i loro rappresentanti, dialogo che dovrebbe servire a fugare i possibili timori nei riguardi della digitalizzazione e ad assicurarsi il necessario impegno del personale lungo l’intero processo di trasformazione.

Occorre procedere con la massima cautela nel realizzare la digitalizzazione, onde evitare transizioni destabilizzanti e conflitti sociali. È indispensabile che le parti sociali europee — l’ETF (European Transport Workers’ Federation — Federazione europea dei lavoratori dei trasporti), la CER (Community of European Railway and Infrastructure Companies — Comunità delle ferrovie europee) e l’EIM (European Rail Infrastructure Managers Association — Associazione dei gestori dell’infrastruttura ferroviaria europea) — si incontrino nell’ambito della loro partecipazione al dialogo sociale settoriale dell’UE sulle ferrovie per decidere in merito a progetti comuni volti a individuare e anticipare meglio l’impatto dell’automazione e della digitalizzazione al fine di mantenere un elevato livello di occupazione e di garanzie sociali nel quadro di una transizione socialmente giusta.

I responsabili politici sia europei che nazionali e le parti sociali dovrebbero fare in modo di coordinare tra loro il dialogo sociale europeo e i negoziati nei singoli Stati membri per affrontare l’impatto sociale e sul lavoro del processo di digitalizzazione del sistema ferroviario europeo integrato.

A livello nazionale, le aziende ferroviarie devono già da oggi elaborare, insieme ai rappresentanti dei lavoratori dipendenti, una sorta di «tabella di marcia digitale» e proporre ai rappresentanti dei lavoratori delle formazioni su come individuare i processi digitali e i fattori d’influenza.

Inoltre, occorre negoziare contratti di lavoro collettivi con i rappresentanti dei lavoratori dipendenti a livello nazionale sui seguenti aspetti:

diritto di consultazione, di partecipazione e di rappresentanza collettiva prima che vengano introdotte nuove tecnologie;

definizione delle attività o degli impieghi alternativi, della riconversione professionale e delle qualifiche, nonché delle relative condizioni;

salute e sicurezza sul luogo di lavoro, «diritto a scollegarsi», protezione dei dati dei lavoratori dipendenti (per evitare il controllo permanente);

orari di lavoro più brevi e/o formule lavorative (flessibili).

La sicurezza del traffico, dei passeggeri e del personale non può essere garantita soltanto con sistemi digitali e automatizzati: è comunque necessaria una presenza umana.

La chiave per affrontare questa sfida risiede nel mettere l’accento sulle transizioni professionali, accompagnate e sostenute dall’apprendimento permanente e da investimenti nell’occupabilità del personale per evitare i licenziamenti. Due sfide importanti per il settore ferroviario sono rappresentate da una piramide delle età squilibrata all’interno della sua forza lavoro e dalle difficoltà nell’assumere nuovi lavoratori, in particolare tra i giovani e le donne. Pertanto, è necessario che le aziende ferroviarie affrontino il problema della capacità dei lavoratori più anziani di continuare ad occupare posti di lavoro in via di rapida trasformazione, al fine di garantire la trasmissione delle conoscenze essenziali da una generazione di lavoratori all’altra e di ampliare la propria base di reclutamento.

Nella prospettiva dei sistemi nazionali e su scala UE, gli squilibri nella composizione della manodopera possono essere ridotti o addirittura evitati grazie a un dialogo e ad una cooperazione efficaci tra il settore dell’istruzione e le imprese, allo scopo di preparare la «forza lavoro del futuro» con la formazione e la riqualificazione sia dei lavoratori dipendenti che dei formatori stessi per dotarli di competenze digitali.

Come indicato sopra, i sistemi di istruzione degli Stati membri — in particolare il sistema di istruzione professionale — svolgono un ruolo importante nel garantire che la futura forza lavoro disponga di competenze adeguate. È auspicabile che vengano istituiti consigli settoriali in materia di competenze.

4.2.    Passeggeri: anziani che hanno accesso a servizi ad alta informatizzazione, persone con disabilità, abitanti delle zone rurali ecc.

4.2.1.

La digitalizzazione offrirà opportunità sempre maggiori di ridurre ulteriormente l’impatto ambientale del nostro sistema dei trasporti e di rendere più efficiente la mobilità. La crescente connettività dovrebbe anche agevolare le opzioni della «mobilità come servizio» (MaaS) e la multimodalità, di cui le zone rurali potranno beneficiare soltanto se vi verranno realizzati gli investimenti necessari.

4.2.2.

Dato che il trasporto ferroviario è un servizio, è importante che la società civile, le associazioni ambientaliste e dei consumatori, le organizzazioni rappresentative dei disabili, le associazioni che promuovono una mobilità equa e le organizzazioni che difendono i diritti degli anziani possano anche diventare dei partner nel realizzare la digitalizzazione del settore ferroviario.

4.2.3.

«Per sfruttare il potenziale insito nella forza economica del 25 % di cittadini anziani nell’UE, il CESE non reputa opportuno, ai fini della crescita, considerare gli anziani una categoria di cittadini ormai esclusi dalla vita; ritiene anzi che se ne dovrebbero riconoscere tanto le capacità quanto le aspettative, e che andrebbero inclusi in quanto soggetti economici e sociali dell’era digitale» (3).

5.   Nel contesto dell’economia dei dati europea

5.1.

Lo sviluppo di nuove tecnologie informatiche ha agevolato la raccolta e l’utilizzo dei dati sui trasporti. L’ottimizzazione dell’uso dei dati apporterà crescita economica, innovazione e vantaggi significativi per il settore ferroviario, per i suoi clienti e per l’intera economia europea, grazie alla creazione e allo sviluppo di servizi interoperabili e interconnessi. Occorre analizzare meglio i diversi aspetti relativi all’apertura e alla condivisione dei dati al fine di creare un evidente valore aggiunto per il settore ferroviario e per la società.

5.2.

Il primo passo consiste nel garantire l’interoperabilità tra i formati di dati per consentire la collaborazione tra i vari attori. Si dovrebbero anche chiarire i concetti di titolarità del trattamento, accesso e uso dei diversi tipi di dati. Per eliminare gli ostacoli alla condivisione dei dati nell’ecosistema ferroviario sarà fondamentale una stretta cooperazione tra le autorità, le organizzazioni dei consumatori, gli operatori pubblici e privati, i sindacati, i gestori dell’infrastruttura e i fornitori.

5.3.

Un’analisi accurata dei megadati (big data) fornirà pertanto informazioni su tendenze e richieste che potrebbero contribuire a ripensare il settore dei trasporti conferendogli maggiore personalizzazione e flessibilità, oltre ad aiutare le città a essere più efficienti. La digitalizzazione e l’automazione dei trasporti richiedono un’adeguata disponibilità e accessibilità e il libero flusso dei dati. Occorre al tempo stesso garantire un’adeguata protezione dei dati.

5.4.

Il CESE invita la Commissione a garantire una concorrenza leale e la scelta dei consumatori nell’ambito dell’accesso ai dati. Attualmente desta preoccupazione il livello di concorrenza risultante dai tentativi di avere accesso ai dati dei passeggeri. Emergono inoltre sfide nel settore dei trasporti pubblici, in cui l’accesso ai dati (ad esempio orari dei treni e localizzazione in tempo reale) sarà essenziale ai fini di un corretto e agevole funzionamento dei servizi multimodali.

5.5.

La Commissione europea dovrebbe adottare norme vincolanti per garantire che siano rispettati i principi di concorrenza leale, senza discriminazioni tra società pubbliche e private che forniscono servizi analoghi, e quelli di accesso ai dati dei trasporti, pur nel pieno rispetto delle norme in materia di protezione dei dati. «Le stesse condizioni devono applicarsi alle società pubbliche e private, con condizioni di reciprocità per gli scambi di dati e la compensazione dei costi» (4), e questo vale anche per le piattaforme digitali.

6.   Industria europea delle forniture del settore ferroviario

6.1.

«La digitalizzazione e l’automazione dei trasporti presentano nuove opportunità commerciali sia per il settore manifatturiero che per quello dei servizi, comprese le PMI, e potrebbero costituire un campo in cui l’UE gode di un vantaggio competitivo. A tal fine, il CESE chiede un contesto stimolante e favorevole per le imprese, che preveda l’apertura verso nuovi modelli d’impresa e promuova lo sviluppo di piattaforme digitali europee (5)

6.2.

Con il suo documento sulla digitalizzazione intitolato Digital Trends in the Rail Sector («Tendenze digitali nel settore ferroviario») l’UNIFE (l’Unione delle industrie ferroviarie europee) intende esprimere il proprio punto di vista sul modo in cui le trasformazioni digitali contribuiranno a realizzare gli ambiziosi obiettivi del settore ferroviario europeo e della sua industria delle forniture, sia in termini di miglioramento dell’esperienza dei passeggeri del trasporto ferroviario, sia in termini di ottimizzazione della logistica e di potenziamento della capacità di trasporto merci. Per conseguire questo obiettivo, sono stati individuati i seguenti cinque ambiti prioritari principali:

1)

megadati (big data);

2)

sicurezza informatica;

3)

intelligenza artificiale (IA);

4)

nuovi servizi per la mobilità;

5)

digitalizzazione dei servizi logistici di trasporto merci.

7.   I diversi ruoli delle istituzioni

7.1.    ERA (European Union Agency for Railways = Agenzia dell’Unione europea per le ferrovie)

Per favorire l’ulteriore sviluppo dello spazio ferroviario europeo unico, evitando uno sviluppo frammentario delle applicazioni telematiche, è stato conferito all’ERA un ruolo rafforzato nel campo di tali applicazioni. A tal fine, all’Agenzia sono stati assegnati la funzione e i poteri di autorità di sistema per le applicazioni telematiche e, in tale veste, essa ha il compito di mantenere, monitorare e gestire tutti i corrispondenti requisiti dei sottosistemi a livello di UE.

7.2.    ENISA (European Union Agency for Network and Information Security = Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione)

L’ENISA è un centro con competenze specialistiche nel campo della sicurezza informatica in Europa e contribuisce al raggiungimento di un livello elevato di sicurezza delle reti e dell’informazione nell’UE.

Il lavoro dell’Agenzia consiste nel fornire consulenze e proporre soluzioni: tra le sue attività figurano le esercitazioni paneuropee nel campo della sicurezza informatica e le strategie nazionali in materia, la cooperazione tra i CSIRT (gruppi di intervento per la sicurezza informatica in caso di incidente) e lo sviluppo delle loro capacità, la realizzazione di studi sull’adozione di una tecnologia di cloud sicura, le questioni relative alla protezione dei dati, le tecnologie di rafforzamento della tutela della vita privata e la tutela di quest’ultima nel campo delle tecnologie emergenti, l’identificazione elettronica (carta d’identità elettronica) e i servizi fiduciari, nonché la delineazione dello scenario delle minacce informatiche, e altro ancora. L’ENA e l’ENISA dovranno lavorare di concerto su queste problematiche.

7.3.    Un’autorità europea di regolamentazione economica nel settore ferroviario

Le direttive dell’UE stabiliscono l’obbligo di istituire negli Stati membri organismi di regolamentazione incaricati di vigilare sulla concorrenza nel mercato ferroviario. Oltre a tali organismi nazionali, la creazione di uno spazio ferroviario europeo unico — e in particolare il traffico internazionale di merci e passeggeri — richiede anche maggiori sforzi a livello europeo, con l’istituzione di un’autorità europea di regolamentazione del settore ferroviario.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 79

(2)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 86.

(3)  Parere del CESE sul tema Il pilastro digitale della crescita: gli anziani digitali, un potenziale del 25 % della popolazione europea. GU C 389 del 21.10.2016, pag. 28

(4)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 79

(5)  Parere del CESE sul tema Conseguenze della digitalizzazione e della robotizzazione dei trasporti per l’elaborazione delle politiche dell’UE. GU C 345 del 13.10.2017, pag. 52


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/30


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Non lasciare indietro nessuno nell’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 47/05)

Relatore: Peter SCHMIDT

Correlatore: Lutz RIBBE

Decisione dell’Assemblea plenaria

21.2.2019

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del regolamento interno

Parere d’iniziativa

Sezioni competenti

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

31.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

159/21/16

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite preparano la strada a un futuro migliore e più sostenibile per tutti. Il principio di base degli OSS è l’impegno a far sì che «nessuno venga lasciato indietro, raggiungendo per prime le persone più svantaggiate» nel processo di transizione verso un percorso sostenibile e resiliente, e anche l’idea che nessun obiettivo possa ritenersi raggiunto se non è stato raggiunto per tutti.

1.2.

Il CESE ritiene che le problematiche sociali andrebbero trattate in piena sinergia con quelle ambientali ed economiche. L’attuazione degli OSS nell’Unione europea impone di fondere la dimensione sociale con le dimensioni economica e ambientale della sostenibilità, realizzando un cambiamento sistemico e superando il modo di pensare a compartimenti stagni prevalente nelle attuali strategie dell’UE. La definizione di misure e politiche nella prospettiva multidimensionale dell’Agenda 2030 ha un valore innegabile. Affrontare la questione sociale sarà assolutamente cruciale nell’attuazione di tale agenda.

1.3.

Rispetto alla dimensione ambientale e a quella economica, sia le questioni sociali che la coesione regionale sono state finora considerate più come settori d’intervento separati che come una parte realmente integrante della politica in materia di sostenibilità. Ciò che definisce la dimensione sociale in una politica di sostenibilità globale è la sua capacità non solo di sviluppare ulteriormente le politiche sociali tradizionali (ad esempio, in termini di migliori prestazioni sociali), ma anche di contribuire maggiormente alla giustizia e alla partecipazione all’economia – a beneficio delle persone e delle regioni.

1.4.

La transizione a un’economia sostenibile, neutra in termini di emissioni di carbonio ed efficiente sotto il profilo delle risorse richiede cambiamenti sostanziali nella nostra società e nella nostra economia, cambiamenti che comporteranno nuove opportunità ma anche dei rischi. Non lasciare indietro nessuno significa che tutti i membri della società, e in particolare quelli più svantaggiati, hanno una reale possibilità di cogliere le opportunità e sono adeguatamente preparati per far fronte ai rischi. Ciò richiede una politica attiva. In questo contesto occorre tenere in particolare considerazione i gruppi più vulnerabili della società così come le regioni e i territori più svantaggiati.

1.5.

Non lasciare indietro nessuno consiste soprattutto nel responsabilizzare nuovamente quante più persone possibili affinché svolgano un ruolo positivo come cittadini attivi, massimizzando l’accessibilità di investimenti, nuovi stili di vita, modelli di consumo e tecnologie sostenibili per tutte le persone, i gruppi e le regioni nel processo di transizione. La trasformazione verso la sostenibilità non può e non deve essere imposta dall’alto, ma avrà successo solo se sarà basata sull’ampio sostegno e la partecipazione attiva di tutti.

1.6.

Per conseguire l’attuazione degli OSS e non lasciare indietro nessuno, il CESE invita la Commissione europea, il Parlamento, il Consiglio e gli Stati membri a:

mettere a punto un accordo europeo verde e sociale nell’ambito di una generale «strategia dell’UE di sviluppo sostenibile per il 2050», che si discosti realmente dall’uso eccessivo di risorse naturali, e il cui obiettivo centrale sia di accrescere il benessere dei cittadini. Il CESE si compiace del fatto che la nuova Commissione intenda lanciare un accordo verde per l’Europa; ribadisce tuttavia che questo dovrebbe includere le dimensioni sociali;

operare una valutazione sistematica dei potenziali effetti collaterali negativi/positivi della transizione sulla popolazione in Europa (in particolare sui gruppi poveri e vulnerabili) e sulle regioni strutturalmente deboli e comprendere meglio i fattori intergenerazionali che favoriscono la sostenibilità e la disuguaglianza;

istituire le strutture e gli strumenti di governance adeguati per l’attuazione degli OSS e dell’accordo europeo verde e sociale, ad esempio utilizzando il semestre europeo, il programma «Legiferare meglio» e il quadro finanziario pluriennale (QFP), compresi i fondi sociali e di coesione per guidare la trasformazione;

sviluppare una concezione più ampia della «giusta transizione» (oltre il carbone) e attuare pienamente il pilastro europeo dei diritti sociali a sostegno della stessa, portando avanti nel contempo le riforme dei sistemi di redistribuzione (fiscalità su misura, protezione sociale e investimenti sostenibili e sociali) e promuovendo l’equilibrio tra attività professionale e vita familiare e la parità di genere;

garantire a tutti parità di accesso e pari opportunità nell’ambito di un’istruzione e una formazione adeguate;

superare gli ostacoli alla partecipazione attiva dei cittadini che non dispongono del necessario capitale finanziario e sociale o delle necessarie conoscenze e informazioni né hanno accesso alle opportunità;

introdurre politiche che allo stesso tempo arrechino beneficio ai cittadini e proteggano l’ambiente, ad esempio piani contro l’inquinamento atmosferico che diano priorità ai gruppi vulnerabili, politiche di edilizia sociale verde ecc.;

promuovere un’economia sociale e collaborativa all’interno della transizione verso la sostenibilità (ad esempio competenze, economia circolare, transizione energetica, promozione delle cooperative);

fornire sostegno alle PMI affinché queste riescano nella transizione e raggiungano una competitività sostenibile, attraverso un miglior accesso alle competenze, ai finanziamenti, all’innovazione e alla tecnologia;

rafforzare la creazione di posti di lavoro di qualità;

ideare una strategia per garantire che non solo le città ma anche le comunità rurali diventino più inclusive, resilienti e sostenibili;

rafforzare la protezione del clima e l’adeguamento ai cambiamenti climatici in Europa per combattere la desertificazione e affrontare il problema della scarsità d’acqua e dello spopolamento;

dare voce in capitolo ai giovani e alle generazioni future e fare in modo che essi contino nel processo decisionale in materia di sostenibilità;

promuovere una politica commerciale sostenibile, che internalizzi le esternalità sociali e ambientali, positive e negative, del commercio.

2.   Introduzione

2.1.

Per troppo tempo, a livello globale così come nell’Unione europea, non ci si è occupati sufficientemente della dimensione sociale della sostenibilità. Rispetto alla dimensione ambientale e a quella economica, sia le questioni sociali che la coesione regionale sono state finora considerate più come settori d’intervento separati che come una parte realmente integrante della politica in materia di sostenibilità, mentre in Europa continuano a essere diffusi disuguaglianze sociali e squilibri regionali, che in alcuni luoghi si stanno persino aggravando. Finora, le politiche hanno effettivamente lasciato indietro persone, gruppi e regioni, senza riuscire a rispettare non solo i confini planetari, ma neanche le esigenze sociali di base di parti significative della popolazione europea. L’UE è spesso ritenuta responsabile delle profonde divergenze tra quanto promesso nelle politiche sociali e di coesione e ciò che avviene nella realtà.

2.2.

I crescenti legami positivi e negativi tra le sfide economiche, sociali ed ecologiche non possono, e non devono, essere ignorati. Non si dovrebbero considerare le recenti proteste in tutta Europa come un segnale di totale rifiuto delle riforme da parte del pubblico in generale. Si tratta, piuttosto, di un’espressione delle paure di molte persone già insoddisfatte della loro condizione attuale, le quali ora temono anche che la necessaria trasformazione che si prospetta – ad esempio, verso un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio – avverrà ancora una volta a loro spese.

2.3.

Pertanto, un nuovo quadro politico per lo sviluppo sostenibile deve analizzare le carenze delle attuali politiche insostenibili e portare a un nuovo accordo verde e sociale che risponda in modo significativo alle paure della gente con soluzioni pratiche. Un’equa distribuzione dell’onere e dei benefici rappresenta il primo passo per ottenere l’accettazione e il sostegno più ampi possibili da parte del pubblico per tali misure sociali. Le persone che partecipano alla transizione in modo positivo ridurranno il rischio di un’insoddisfazione o un’opposizione ancora maggiore o di una rassegnazione politica, con una conseguente astensione delle persone dal voto. Senza dubbio la mancanza di partecipazione contribuisce a una deriva verso l’estremismo, il populismo, il razzismo e il nazionalismo nella nostra società, come si può vedere attualmente in molti Stati membri dell’UE.

2.4.

Non è possibile risolvere la crisi ecologica finché non si affronta la dimensione sociale, e viceversa. Occorre un dibattito a livello di società per accettare che alla dimensione sociale deve essere attribuita almeno altrettanta importanza che alla dimensione economica e a quella ambientale.

2.5.

Il CESE ribadisce che il principio del non lasciare indietro nessuno non deve e non può riguardare soltanto le specifiche preoccupazioni dei singoli, la loro situazione economica e le loro condizioni di vita (1). Concerne anche famiglie, comunità, regioni, settori e minoranze lasciati indietro che si sentono quindi abbandonati – ad esempio quando i servizi pubblici vengono a mancare o peggiorano, e quando persino servizi essenziali non sono accessibili o convenienti (non solo in termini economici). Riguarda dapprima l’infrastruttura fisica (trasporti, telecomunicazioni e Internet) per poi ripercuotersi sull’istruzione, l’assistenza sanitaria e sociale e le attività ricreative, nonché sui servizi amministrativi, le autorità incaricate dell’applicazione della legge, la polizia ecc.

2.6.

Non lasciare indietro nessuno implica responsabilizzare nuovamente le persone in quanto cittadini attivi, massimizzare la trasparenza e l’inclusione delle persone, dei gruppi e delle regioni nel processo di transizione.

2.7.

Tale principio, inoltre, si estende alle generazioni future, in linea con la definizione di sviluppo sostenibile illustrata nel rapporto Brundtland della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (2). Il CESE ritiene che il quadro politico e l’economia attualmente esistenti in Europa derubino i giovani e le generazioni future, e si compiace del fatto che in particolare i giovani esprimano ora con voce chiara le loro preoccupazioni, ad esempio attraverso il movimento «Venerdì per il futuro».

2.8.

Mentre occorre incoraggiare le persone ad affrontare il processo di trasformazione imminente senza paura, i leader politici a tutti i livelli devono dare nuovo impulso al principio del «non lasciare indietro nessuno», dato che la trasformazione è sinonimo di cambiamento – e certamente non tutti usciranno vincitori dalla transizione verso la sostenibilità. È pertanto sbagliato, e poco saggio, parlare di situazioni «win-win» o persino «win-win-win». Anche se la società ne trarrà vantaggio nel suo insieme, i costi e i benefici non saranno condivisi equamente senza interventi politici volti a garantire che nessuno sia lasciato indietro.

3.   Tendenze preoccupanti nelle disuguaglianze sociali e ambientali in Europa

3.1.

L’Europa è caratterizzata da livelli molto elevati di sviluppo umano e da un’aspettativa di vita dei suoi cittadini tra le più alte al mondo. Essa, tuttavia, ha ancora molta strada da fare per realizzare la dimensione sociale degli OSS. Stando ai dati più recenti di Eurostat (3), nel 2018 erano a rischio di povertà o di esclusione sociale 109,2 milioni di persone nell’UE, vale a dire il 21,7 % della popolazione. I bambini e i gruppi minoritari sono quelli maggiormente a rischio. La percentuale di persone in condizioni di grave privazione materiale (una misura della povertà assoluta) è diminuita, tra il 2008 e il 2018, passando dall’8,5 % al 5,8 % della popolazione dell’UE (4), una cifra però che è ancora lungi dall’obiettivo della strategia Europa 2020.

3.2.

Solo il 67,5 % (5) delle donne ha un’occupazione, rispetto al 73 % degli uomini (percentuale che scende al 55 % per le donne con tre o più figli, contro l’85 % degli uomini) (6); il 32 % delle donne lavora part-time (7) rispetto a solo l’8 % degli uomini. Nel 2017, la retribuzione oraria lorda delle donne nell’UE era in media del 16 % inferiore a quella degli uomini a causa di una combinazione di stereotipi, una segregazione nell’istruzione e nel mercato del lavoro, posizioni dirigenziali e di controllo per lo più ricoperte da uomini, periodi più lunghi fuori dal mercato del lavoro, responsabilità assistenziali non retribuite e una discriminazione nella retribuzione (8). La mancanza di strutture di assistenza, in particolare ai minori, rimane uno dei motivi principali dell’esclusione delle donne dalla forza lavoro. Una donna inattiva su tre (31,7 %) ha riferito che la sua inattività era dovuta a responsabilità assistenziali, rispetto a solo il 4,6 % degli uomini inattivi. Il divario retributivo di genere aumenta con l’avanzare della carriera e dell’età, portando a un impressionante divario pensionistico di genere del 39 %, con un divario in termini di povertà di genere che assume le dimensioni maggiori nella fascia di età più avanzata (65 anni o più) (9).

3.3.

La disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza è ancora maggiore: il 10 % delle famiglie più ricche detiene il 50 % della ricchezza complessiva, mentre il 40 % di quelle meno ricche ne possiede poco più del 3 % (10). La quota di reddito del 40 % della popolazione nella fascia più bassa, in termini di reddito disponibile equivalente totale, si è stabilizzata su un livello basso, raggiungendo il 21,1 % nel 2017 (Eurostat OSS 2019). Nell’UE esistono anche ampie disparità nella distribuzione del reddito: nel 2016, il 20 % della popolazione nella fascia più alta (con il reddito più elevato) ha percepito 5,2 volte il reddito del 20 % della fascia più bassa (11).

3.4.

Per giunta, i poveri sono diventati ancora più poveri: nel 2016 la profondità o gravità della povertà (ossia quanto al di sotto della soglia di rischio di povertà è il reddito delle persone a rischio) per l’UE nel suo complesso era del 25 %: ciò significa che metà di coloro che vivevano sotto la linea di povertà erano almeno del 25 % al di sotto della soglia di rischio pertinente (12).

3.5.

Secondo le prove (parziali) disponibili, le famiglie a basso reddito tendono a vivere in un ambiente meno sano rispetto a quelle a reddito più elevato e sono esposte a molteplici fonti di vulnerabilità. Le famiglie più povere affrontano anche sfide maggiori per potersi permettere l’energia e la mobilità (13). Non vi è parità tra i cittadini europei per quanto riguarda l’esposizione all’inquinamento o ad altri rischi ambientali (14).

3.6.

Sebbene le disparità economiche tra i paesi dell’UE si siano ridotte nel corso del tempo, esistono marcate differenze tra gli Stati membri (15), dato che la percentuale della popolazione a rischio di povertà può variare dal 32,8 % (Bulgaria) al 12,2 % (Cechia) (16). Vi è una variazione del 25,8 % nel reddito disponibile delle famiglie all’interno dell’UE, con livelli più elevati nei paesi settentrionali e occidentali e livelli più bassi nei paesi orientali e meridionali. Esistono inoltre ampie differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda tassi di disoccupazione e condizioni di grave privazione materiale (17). Nel complesso, il 64,9 % della popolazione disoccupata dell’UE è a rischio, con valori che vanno dall’81,8 % in Germania al 51,5 % in Polonia (18).

3.7.

Le disuguaglianze sono una conseguenza della nostra situazione economica attuale. La teoria dello sgocciolamento (trickle down), secondo cui la marea della crescita solleverebbe tutte le barche allo stesso modo, non riflette la realtà europea: infatti, non tutti hanno tratto vantaggio in ugual modo dalla crescita europea, visto che le famiglie a reddito più elevato ne hanno beneficiato in misura molto maggiore rispetto al 40 % della popolazione nella fascia più bassa. Molte persone faticano a tirare avanti, mentre una piccolissima percentuale beneficia di gran parte della ricchezza che noi tutti contribuiamo a creare.

4.   Gli impatti differenziali della transizione verso la sostenibilità

4.1.

Non solo la transizione verso la sostenibilità risponde alla necessità di trattare le nostre risorse naturali con maggiore cura e responsabilità, ma vi sono anche sempre più prove a sostegno del fatto che essa comporta un potenziale economico. Il mercato globale di beni e servizi a basse emissioni di carbonio è già in rapida crescita. Alcuni dei posti di lavoro creati nell’economia a basse emissioni di carbonio sono in regioni e settori che hanno sperimentato decenni di investimenti insufficienti. Un’economia più circolare contribuirà all’efficienza delle risorse, ridurrà gli impatti ambientali negativi e aumenterà l’occupazione, tra l’altro riportando le attività in Europa e ridistribuendole all’interno degli Stati membri, anche nelle zone svantaggiate. Uno studio recente stima un aumento dell’occupazione netta pari a circa 650 000-700 000 posti di lavoro entro il 2030 a seguito delle politiche in materia di economia circolare (19). L’accesso dovrebbe essere assicurato a tutti, con la garanzia che si tratti di posti di lavoro di qualità. Ci si attende che la transizione a un’economia climaticamente neutra creerà 1,2 milioni di posti di lavoro supplementari nell’UE entro il 2030, in aggiunta ai 12 milioni di nuovi posti di lavoro già previsti. La transizione potrebbe mitigare la polarizzazione del lavoro in atto, derivante dall’automazione e dalla digitalizzazione, creando tra l’altro posti di lavoro nel mezzo della scala di distribuzione dei salari e delle competenze, in particolare nei settori dell’edilizia e della produzione (20). Tutti i settori saranno interessati, tuttavia si prevedono perturbazioni di gran lunga maggiori nell’industria automobilistica e in agricoltura.

4.2.

Si continua tuttavia ad assistere a enormi distorsioni della concorrenza, poiché il quadro esistente della nostra economia di mercato non riesce a evitare lo spreco, la contaminazione o la distruzione delle risorse naturali. Oltre a recare danno all’ambiente, tali distorsioni impediscono la rapida diffusione di nuove opzioni economiche sostenibili. Esse esistono sia in Europa che a livello internazionale. Sia nella politica relativa al mercato interno che in quella commerciale, non devono esistere vantaggi competitivi ottenuti agendo in modo irresponsabile nei confronti del benessere delle persone o saccheggiando le risorse naturali. Il CESE pertanto si compiace del fatto che la nuova presidente della Commissione europea, ad esempio, abbia auspicato l’introduzione di una tassa sul carbonio alle frontiere, a condizione che tale regime sia concepito per accelerare la transizione verso la sostenibilità e per conseguire una maggiore giustizia sociale. Come possibile soluzione concreta a lungo termine, il CESE ritiene importante che l’UE si adoperi per una tariffazione del carbonio a livello globale.

4.3.

I sistemi fiscali degli Stati membri dell’UE costituiscono un problema in quanto si basano quasi esclusivamente sulla tassazione del lavoro. Infatti, nel 2016, le tasse ambientali rappresentavano solo il 6,3 % del gettito fiscale complessivo, mentre la tassazione del lavoro costituiva il 49,8 % del totale. Un approccio globale alla riforma fiscale, in linea con gli OSS, potrebbe di fatto spostare il centro dell’attenzione dal lavoro alle tasse sulla ricchezza eccessiva, i consumi, l’inquinamento o la digitalizzazione (21). Tale spostamento dovrebbe tenere conto della crescente disparità di reddito in Europa nonché della correlazione tra i livelli di reddito e l’impronta di carbonio. Infatti, le tasse ambientali devono essere concepite in modo da garantire un cambiamento comportamentale tra i maggiori utenti, riducendo al minimo gli impatti negativi sulla disparità di reddito e di risorse. Ad esempio, la cessazione delle sovvenzioni a favore delle risorse energetiche fossili, l’introduzione di una tariffazione della CO2 e l’assegnazione delle relative entrate allo sviluppo dei trasporti pubblici potrebbero sortire un effetto positivo su disparità di reddito e risultati sociali.

4.4.

Soltanto se si preparerà adeguatamente su questo fronte, l’UE avrà la credibilità per agire quale leader globale in tema di sostenibilità. Tanto per cominciare, si tratta di un prerequisito per trarre vantaggio dai mercati futuri in rapida crescita, ad esempio nei settori dell’economia circolare, della tecnologia verde, della bioingegneria e della finanza sostenibile. Allo stesso tempo, un impegno a favore della sostenibilità a livello globale contribuisce al raggiungimento degli obiettivi strategici dell’UE in altri settori (ad esempio, affrontare le cause della migrazione, promuovere un commercio globale equo e ridurre la dipendenza dai paesi ricchi di petrolio dal punto di vista della politica estera).

4.5.

Tuttavia, la transizione verso la sostenibilità richiede ingenti investimenti pubblici e privati o una spesa elevata in beni di consumo durevoli, cosa che recherà vantaggi nel lungo termine – a livello di famiglia e azienda, ma anche di municipalità, regione e nazione. La domanda cruciale per la sostenibilità sociale è: chi può investire o spendere questo denaro? La risposta a tale domanda stabilisce chi beneficia dei vantaggi economici individuati, e chi no. La sostenibilità sociale è in pericolo se:

solo le grandi aziende sono in grado di investire, ma non le PMI,

le start-up non hanno accesso ai mercati futuri di un’economia sostenibile,

solo il settore pubblico in regioni prospere piuttosto che in regioni strutturalmente deboli dispone del bilancio necessario a rendere le infrastrutture idonee alla sostenibilità,

e, cosa più importante, le persone con redditi più bassi e risorse finanziarie limitate, un livello di istruzione più basso e meno conoscenze, minore bancabilità, un capitale sociale inferiore e meno fiducia non hanno o non percepiscono reali opportunità di investire o di cambiare i loro modelli di consumo a favore della sostenibilità. In tale scenario, gli unici che traggono beneficio dalla transizione alla sostenibilità sono coloro che già vanno bene. Le disuguaglianze e le ingiustizie sociali quindi aumenterebbero, così come le disparità regionali.

4.6.

Ciò che definisce la sostenibilità sociale non è la capacità di sviluppare ulteriormente le politiche sociali tradizionali (ad esempio, in termini di migliori prestazioni sociali), ma quella di offrire opportunità di partecipazione all’economia più equamente ripartite. A tal fine, le PMI, le start-up, il settore pubblico nelle regioni strutturalmente deboli e soprattutto i cittadini (in particolare quelli più vulnerabili) devono essere messi in condizione di partecipare attivamente alla transizione verso la sostenibilità. In questo contesto, devono essere presi in considerazione ulteriori fattori quali il genere, le capacità individuali e l’età, in quanto questi potrebbero aggravare le disuguaglianze già esistenti in Europa.

4.7.

Occorre tener conto anche dell’impatto territoriale della transizione. A livello globale, entro il 2050 il 67 % della popolazione vivrà in città. Si prevede che il tasso di urbanizzazione in Europa raggiungerà l’80 %. Non tutti i cittadini esercitano la stessa pressione a carico dell’ambiente, e questo deve riflettersi in modo adeguato nello sviluppo delle politiche. Ad esempio, gli abitanti di Londra producono poco più della metà delle emissioni della media del Regno Unito (22). Le popolazioni rurali, invece, svolgono spesso un ruolo importante nel fornire e mantenere servizi ecosistemici. Non si dovrebbero quindi dimenticare, bensì coinvolgere nella transizione le regioni rurali e le città più piccole, così come le regioni ultraperiferiche dell’UE.

5.   Settori di intervento strategici - delineare soluzioni

5.1.

Un approccio comune nella politica di sviluppo sostenibile dovrebbe ricorrere a incentivi economici per incoraggiare comportamenti auspicabili per l’ambiente e/o penalizzare comportamenti dannosi. Ad esempio, nel contesto della tariffazione della CO2, la convinzione di fondo è che il prezzo di mercato dovrebbe riflettere il costo delle emissioni di CO2. Questo approccio può essere esteso a qualsiasi esternalità con ricadute sull’ambiente naturale, di cui tener conto tramite un’internalizzazione del prezzo. L’internalizzazione delle esternalità è un approccio generalmente apprezzato perché promette un alto grado di efficacia ed efficienza, ed è compatibile con il concetto di base dell’economia di mercato.

5.2.

Fortunatamente, la Commissione ha iniziato a considerare più seriamente l’internalizzazione degli effetti esterni, riconoscendo ad esempio che le energie rinnovabili sono in posizione di svantaggio fintanto che i costi esterni delle risorse fossili non si riflettono pienamente nel prezzo di mercato (23), o cercando di attuare il principio «chi inquina paga» (24) nel settore dei trasporti. Questi approcci stanno riconciliando la dimensione ecologica con quella economica della sostenibilità, ma non incorporano la dimensione sociale. Occorre fornire a tutti i gruppi sociali e a tutte le parti interessate un quadro che garantisca loro una possibilità equa di produrre e consumare in modo sostenibile. In caso contrario, le PMI perderanno la loro competitività, le regioni strutturalmente deboli diventeranno ancora più deboli e le persone svantaggiate a livello sociale o individuale avranno ancora meno possibilità di partecipare alla prosperità della società.

5.3.

Pertanto, una strategia in materia di sostenibilità che si fondi esclusivamente su un mercato in cui idealmente tutte le esternalità sono internalizzate non basta, in quanto non fornisce automaticamente risultati sostenibili per la società. Oltre a internalizzare gli effetti esterni, una politica che promuova anche la sostenibilità sociale deve adottare un approccio più ampio. Occorre rimuovere gli ostacoli esistenti che impediscono a singole persone, gruppi sociali, cooperative, aziende specifiche o al settore pubblico di partecipare allo sviluppo sostenibile.

5.4.

La transizione verso la sostenibilità sarà particolarmente critica in settori specifici, quali l’alimentazione, i trasporti, l’edilizia abitativa e l’energia. Tre esempi, in particolare, relativi al settore energetico appaiono emblematici:

Un prezzo della CO2 più elevato fa aumentare il costo dell’energia elettrica, a meno che questa non sia prodotta completamente senza CO2. Si rende così più interessante l’auto-approvvigionamento di energia elettrica da risorse rinnovabili, come l’energia solare (che sarà potenziata in futuro grazie allo stoccaggio dell’energia elettrica). La prosumazione è una soluzione ragionevole in termini di sostenibilità ambientale ed economica. Tuttavia, chi vive in una casa di proprietà o gestisce un’impresa di maggiori dimensioni e possiede superfici (di tetto) sufficientemente grandi ha di gran lunga migliori possibilità di trarre vantaggio dalla prosumazione. Per gli affittuari o le piccole imprese artigiane, invece, diventare prosumatori è più difficile, se non oggettivamente impossibile. Per loro l’energia elettrica diventa quindi sempre più costosa, mentre chi pratica l’auto-approvvigionamento può risparmiare e recuperare il proprio investimento, in alcune circostanze ricevendo persino il denaro dei contribuenti. Ne deriva un aumento della disuguaglianza sociale e degli svantaggi competitivi per le piccole imprese. Anche nel settore del riscaldamento si riscontrano problemi molto simili.

Un prezzo della CO2 più elevato rende costosi anche i combustibili fossili. In altre parole, il costo dell’acquisto di un’auto elettrica si recupera più velocemente. Ciò tuttavia richiede liquidità finanziaria o almeno affidabilità creditizia. Le persone fisiche, o persino le piccole imprese, che non ne sono provviste, non sono in grado di acquistare un’auto elettrica e devono, pertanto, sostenere il prezzo più elevato della benzina. Un’altra opzione, per lo meno nelle grandi città, è data dal trasporto pubblico o dall’uso della bicicletta, che però non rappresentano un’alternativa realistica in molte zone rurali. La conseguenza è che non soltanto si incontrano gli stessi problemi già delineati per l’energia elettrica o il riscaldamento, ma che anche la coesione regionale si trova ulteriormente in difficoltà.

In conclusione, il miglior modo per incoraggiare efficacemente lo sviluppo dell’economia circolare è probabilmente quello di rendere più costoso il consumo di materie prime, ad esempio facendo leva sull’IVA. Tuttavia, per evitare l’uso di materie prime e o per riciclarle nei settori dell’industria o del commercio, sono spesso necessari investimenti anticipati nelle attrezzature o tecnologie, il che, ancora una volta, andrebbe a vantaggio delle grandi aziende a scapito delle PMI.

5.5.

Gli esempi appena menzionati mostrano che – per quanto giustificato sia promuovere l’energia rinnovabile, l’elettromobilità e l’economia circolare aumentando il costo delle emissioni o delle materie prime – la sostenibilità sociale ne risentirà se si adotta solo questo approccio. Esso deve essere sostenuto da iniziative rivolte specificamente alla situazione dei partecipanti al mercato più svantaggiati, e in grado almeno di compensarne gli svantaggi. Tuttavia, la pura e semplice compensazione spesso non è sufficiente a conseguire progressi in termini di sostenibilità sociale. In alcuni casi, ai soggetti svantaggiati vanno in realtà offerte maggiori possibilità rispetto agli altri.

5.6.

In questo contesto, la partecipazione, ad esempio, alla transizione energetica dipende anche dall’istruzione e dalla conoscenza del potenziale d’azione; quindi è essenziale aiutare le persone ad accrescere la propria fiducia nel fatto di impegnarsi in attività che portano a una maggiore partecipazione allo sviluppo sostenibile. In mancanza di ciò, gli ostacoli creati dalle procedure amministrative e dalla burocrazia possono rivelarsi ancora più onerosi. Merita attenzione anche un’eventuale modifica dell’infrastruttura.

5.7.

Un altro settore d’intervento strategico comprende l’acquisizione di qualifiche, l’istruzione, l’orientamento e l’assistenza. La transizione verso un’economia climaticamente neutra avrà un impatto notevole sulle esigenze in termini di competenze. Vi è l’urgente necessità di investire nel capitale umano (istruzione, formazione, apprendimento lungo tutto l’arco della vita) per dotare le generazioni attuali e future delle competenze necessarie nel campo delle tecnologie verdi e digitali. Le scuole e le università dovrebbero includere specifici piani di studio sullo sviluppo sostenibile anche per promuovere l’apprendimento basato sul lavoro, tenendo conto della situazione dei mercati del lavoro. Investire nella riqualificazione e nel miglioramento delle competenze della popolazione è essenziale per non lasciare indietro nessuno.

5.8.

Altrettanto importanti sono i trasferimenti sociali (ad esempio finanziati tramite un’«imposizione progressiva» e tasse innovative quali l’imposta sulle transazioni finanziarie). A motivo della natura mutevole del lavoro dovuta al cambiamento tecnologico, la questione dei nuovi diritti - per fornire un esempio - a un reddito adeguato per tutti diventerà uno dei temi cruciali da discutere nel prossimo futuro con il pieno coinvolgimento delle parti sociali. Sarà importante garantire che le loro modalità di concezione contribuiscano alla sostenibilità, piuttosto che ostacolarla.

5.9.

La politica sociale ha trascurato le sfide ambientali. Il Fondo sociale europeo, ad esempio, non tratta i cambiamenti climatici, stanziando, secondo le stime, solo un 7 % a favore di un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici attraverso la riforma dei sistemi di istruzione e formazione, l’adattamento delle competenze e delle qualifiche, il perfezionamento della forza lavoro e la creazione di nuovi posti di lavoro (25). Inoltre, la mancanza di coerenza tra i quadri strategici implica che i compromessi, le sinergie e la necessità di misure di accompagnamento sono assenti dal dibattito o difficili da valutare per carenza di dati, strumenti o processi adattati.

5.10.

Più nello specifico, per facilitare un cambio di paradigma, passando dagli sforzi di compensazione e mitigazione a posteriori verso la possibilità per le persone socialmente svantaggiate nelle regioni strutturalmente svantaggiate di sviluppare loro stesse progetti dal basso verso l’alto e gradualmente creare modelli economici realmente sostenibili, partecipativi e inclusivi (26), saranno necessari i seguenti elementi:

un reddito adeguato garantito per le persone in stato di bisogno;

un accesso garantito ai microfinanziamenti o ai prestiti pubblici per i soggetti con basso merito creditizio dal punto di vista delle banche private;

sostegno all’auto-approvvigionamento (soprattutto a livello di comunità), ad esempio nei settori dell’energia, dell’edilizia abitativa e dell’agricoltura, che potrebbe essere incorporato in diverse forme di strutture all’interno dell’economia sociale, in particolare le cooperative;

riduzione degli ostacoli amministrativi per tali soggetti;

consulenza legale e tecnica di prossimità;

rafforzamento degli investimenti pubblici nelle infrastrutture e degli investimenti sociali.

6.   Il ruolo del pilastro europeo dei diritti sociali nel contesto della sostenibilità

6.1.

Proclamato dall’UE nel novembre 2017, il pilastro europeo dei diritti sociali è lo strumento specifico per rispondere alle sfide sociali affrontate dall’UE, poiché stabilisce principi e diritti essenziali per mercati del lavoro e sistemi di protezione sociale equi e ben funzionanti nell’Europa del XXI secolo e punta ad offrire nuovi e più efficaci diritti a tutti i cittadini sulla base di 20 principi chiave strutturati in tre categorie: i) pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, ii) condizioni di lavoro eque e iii) protezione sociale e inclusione per tutti.

6.2.

L’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali richiede una solida base di bilancio e investimenti. Da un lato, il prossimo quadro finanziario pluriennale dovrebbe garantire i finanziamenti necessari e, dall’altro, gli investimenti sociali possono essere facilitati facendo riferimento a una «regola d’oro» (27) per gli investimenti pubblici con obiettivi sociali e ambientali. Politiche fiscali adeguate, che prevedano anche misure efficaci di lotta alla frode fiscale, all’elusione fiscale e alla pianificazione fiscale aggressiva, dovrebbero consentire agli Stati membri e all’UE di raccogliere risorse supplementari per contribuire al finanziamento del pilastro sociale (28) e degli OSS. Gli investimenti del settore privato possono inoltre integrare la spesa/gli investimenti pubblici in alcuni settori, ma dovrebbero essere soggetti a criteri specifici e trasparenti che garantiscano un ritorno sociale adeguato a vantaggio dell’interesse generale (29).

6.3.

Sebbene i 17 OSS e i 20 diritti e principi del pilastro europeo dei diritti sociali abbiano molto in comune, non è ancora stata formulata alcuna proposta su come creare utili sinergie tra i due. In quest’ottica, si potrebbe iniziare migliorando i 14 indicatori del quadro di valutazione della situazione sociale al fine di una loro migliore corrispondenza con i 20 diritti e principi del pilastro europeo e con gli OSS. Sulla base di un ampio e più specifico insieme di indicatori comuni, la Commissione dovrebbe inoltre avviare una strategia volta a combinare meglio questi due strumenti fondamentali per il progresso socio-ambientale, evitando al contempo sovrapposizioni che potrebbero creare confusione. Il sito webwww.inequalityin.eu (30) rappresenta un valido esempio di uno strumento che misura i redditi e i parametri ambientali quali indicatori della qualità della vita all’interno degli Stati membri.

6.4.

È in corso un dibattito su come rendere operativo il concetto di «giusta transizione» in Europa. Le politiche attive del mercato del lavoro dovrebbero contribuire ad agevolare la transizione, in particolare verso lavori a basse emissioni di carbonio (formazione e assistenza nella ricerca di lavoro, ad esempio), e aumentare la partecipazione dei lavoratori, nonché i pagamenti per i servizi ambientali, a sostegno dei gruppi svantaggiati durante la transizione (31).

Bruxelles, 31 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Parere del CESE sul tema «La transizione verso un futuro europeo più sostenibile — Una strategia per il 2050» (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 44).

(2)  Rapporto Brundtland «Our Common Future» (Il nostro futuro comune).

(3)  https://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/10163468/3-16102019-CP-EN.pdf/edc3178f-ae3e-9973-f147-b839ee522578

(4)  Cfr. la nota 3.

(5)  Ibidem.

(6)  https://eige.europa.eu/publications/poverty-gender-and-intersecting-inequalities-in-the-eu

(7)  Eurostat

(8)  https://ec.europa.eu/info/policies/justice-and-fundamental-rights/gender-equality/equal-pay/gender-pay-gap-situation-eu_it

(9)  https://www.equalpayday.be/europa/; Eurostat

(10)  OCSE, Understanding The Socio-Economic Divide in Europe (Comprendere il divario socio-economico in Europa), relazione informativa, 2017.

(11)  Income inequality in the EU (Disparità di reddito nell’UE), Eurostat, 2016.

(12)  What is poverty?– Facts and trends (Che cos’è la povertà? Fatti e tendenze), EAPN 2016.

(13)  30x30 Actions for a Sustainable Europe (30x30 azioni per un’Europa sostenibile), piano d’azione #Think2030, IEEP.

(14)  AEA, 2018.

(15)  Eurostat, 2019.

(16)  Cfr. la nota 3.

(17)  ESPAS 2019; Eurostat 2019.

(18)  Eurostat, 2018.

(19)  Impacts of circular economy policies on the labour market (Impatti delle politiche in materia di economia circolare sul mercato del lavoro), relazione per la Commissione europea a cura di Cambridge Econometrics, Trinomics e ICF, maggio 2018.

(20)  ESDE 2019.

(21)  Parere del CESE sul tema «Sistemi sostenibili di sicurezza e protezione sociale nell’era digitale» (GU C 129 dell’11.4.2018, pag. 7).

(22)  IIED.

(23)  Comunicazione della Commissione — Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020 (GU C 200 del 28.6.2014, pag. 1).

(24)  Libro bianco «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti — Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» [COM(2011) 144 definitivo].

(25)  Baldock, David e Charverat, Céline. 2018. Nella relazione, i dati sono indicati come: «calcoli propri basati su Ricardo (2017)». Climate mainstreaming in the EU Budget: preparing for the next MFF (Integrazione delle questioni climatiche nel bilancio dell’UE in preparazione del prossimo QFP).

(26)  Parere del CESE sul tema «Nuovi modelli economici sostenibili» (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 57).

(27)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 1, punto 1.6, GU C 197 dell’8.6.2018, pag. 33, punti 1.8 e 3.6; GU C 327 del 12.11.2013, pag. 11; GU C 227 del 28.6.2018, pag. 95, punto 1.4, GU C 226 del 16.7.2014, pag. 21; GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1, punto 3.14 e GU C 190 del 5.6.2019, pag. 24, punto 1.8, ECO/498 (cfr. pagine 113 della presente Gazzetta ufficiale).

(28)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1, punto 1.6.

(29)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1, punto 1.4.

(30)  https://www.inequalityin.eu/en

(31)  Linee guida dell’ILO per una giusta transizione citate dalla Confederazione sindacale internazionale


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Il ruolo delle politiche commerciali e di investimento dell’UE nel rafforzare le prestazioni economiche dell’UE»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 47/06)

Relatore: Jonathan PEEL

Relatrice: Tanja BUZEK

Decisione dell’Assemblea plenaria

24.1.2019

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

3.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

155/4/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il commercio e gli investimenti svolgono un ruolo di fondamentale importanza per l’UE e hanno in particolare il potenziale per un rafforzamento delle sue prestazioni economiche «interne». Nell’UE un posto di lavoro su sette dipende dalle esportazioni, e poiché ci si attende che il 90 % della crescita economica globale nei prossimi 10-15 anni sarà generato fuori dall’Europa, l’UE deve adoperarsi per garantirsi una quota ottimale di tali aperture e per non cedere senza ragione davanti a concorrenti di paesi terzi.

1.1.1.

Oggi la politica commerciale e di investimento dell’UE è oggetto di esame e di valutazioni politiche come mai prima. Importanti sviluppi politici, quali la crescita del populismo, le implicazioni commerciali della Brexit e le misure in materia di scambi industriali imposte dall’attuale amministrazione statunitense, hanno messo in evidenza preoccupazioni in merito agli accordi commerciali sleali e hanno portato a ulteriori incertezze politiche. Il presente parere si propone di esaminare ciò che l’UE deve fare al suo interno per garantire che un commercio equo promuova un’equa distribuzione dei suoi benefici. L’UE deve ottenere un consenso interno sufficiente per poter continuare a negoziare accordi commerciali vantaggiosi e dinamici in tutto il mondo. A tal fine è necessario promuovere un’agenda commerciale progressiva fondata sulla tutela delle norme e dei diritti fondamentali in materia ambientale, sociale e di protezione dei consumatori.

1.1.2.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ricorda alla nuova Commissione europea e al nuovo Parlamento europeo le raccomandazioni da esso formulate in una serie di recenti importanti pareri sulla politica commerciale e di investimento dell’UE (1), e chiede che siano integrate in ogni nuova strategia commerciale. Nel presente parere, il nostro obiettivo è quello di concentrarci su ciò che l’UE deve fare per fare ordine in casa propria, affrontando nel contempo le controversie commerciali esistenti e fornendo le necessarie garanzie.

1.2.

In primo luogo, il CESE ritiene essenziale che l’UE garantisca il corretto funzionamento del mercato interno e della zona euro. Un quinto dei posti di lavoro dell’UE connessi alle esportazioni (2) è basato in uno Stato membro diverso da quello dell’esportatore, non da ultimo a causa della crescita delle catene di approvvigionamento, il cosiddetto «effetto di ricaduta».

1.2.1.

Questo obiettivo deve coprire una gamma molto ampia di politiche distinte, dai trasporti e dall’energia a una migliore integrazione dei servizi, alla creazione di un quadro giuridicamente solido e socialmente protetto per l’evoluzione della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale (IA). Deve comprendere anche normative e politiche dell’UE tese a promuovere condizioni che aiutino le imprese ad assumere un ruolo guida nello sviluppo e nell’applicazione di nuove tecnologie che mantengano la competitività, garantendo nel contempo la crescita e posti di lavoro dignitosi nel quadro di una transizione equa.

1.2.2.

Il successo della ricerca e dell’innovazione è fondamentale per rafforzare la posizione dell’UE nel mondo. Il CESE chiede pertanto alla nuova Commissione di fare tutto il possibile per garantire che Orizzonte Europa diventi un seguito efficace, resiliente e solido di Orizzonte 2020. Saranno altresì necessari notevoli sforzi, in particolare da parte degli Stati membri e con la piena partecipazione delle parti sociali, per garantire un’istruzione di elevata qualità e l’accesso alla formazione sia professionale che di altro tipo.

1.2.3.

Anche la promozione e lo sviluppo delle competenze umane rivestono un’importanza fondamentale. Il CESE ritiene che si debba porre l’accento sulla necessità di aiutare i singoli ad adattare rapidamente le loro competenze attraverso l’apprendimento permanente, una maggiore attenzione per il multilinguismo e programmi di formazione prontamente adattabili, invece di tentare vanamente di trasformare gli esseri umani in computer di qualità superiore.

1.3.

Le esigenze e il potenziale delle PMI devono essere inclusi in tutti i settori di intervento, per contribuire a garantire il loro accesso ai finanziamenti e ad altre risorse, nonché per sostenere la loro capacità di evolversi. Come ha sottolineato la comunicazione Commercio per tutti della Commissione europea (3) nel 2015, oltre 600 000 PMI, che danno lavoro a più di sei milioni di persone, rappresentano direttamente un terzo delle esportazioni dell’UE.

1.4.

Per quanto riguarda il funzionamento effettivo degli scambi commerciali, il CESE rilancia il suo invito affinché l’UE, nel sostenere l’OMC, dia prova di leadership a livello mondiale nella promozione di norme tese a realizzare una politica commerciale progressiva, equa e sostenibile. Deve continuare a collaborare strettamente con altri soggetti per riformare l’OMC, non da ultimo per stabilire norme che garantiscano il rispetto e l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). L’UE e gli Stati membri dovrebbero adoperarsi a tal fine ed esercitare la loro influenza in tutte le varie strutture delle commissioni dell’OMC, in particolare per quanto riguarda i nuovi settori quali il commercio e il lavoro dignitoso. Un sistema di commercio internazionale aperto e fondato sulle regole, che garantisca elevate norme in materia di ambiente, sicurezza e lavoro, è essenziale per rafforzare le opportunità d’affari e condizioni commerciali eque per le imprese dell’UE rispetto ai loro concorrenti.

1.5.

A giudizio del CESE, è essenziale che la politica commerciale e di investimento dell’UE affronti tutte le conseguenze importanti dell’apertura dei mercati e limiti il più possibile gli impatti negativi, compresi i costi sociali e i costi di transizione. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione deve prevedere, nell’ambito di qualsiasi quadro finanziario pluriennale, finanziamenti sufficienti a coprire gli effetti negativi sugli scambi, e occorre riesaminare ogni condizione e criterio di limitazione della sua applicazione.

1.5.1.

Negoziati commerciali così globali hanno un maggiore potenziale di generare conflitti in ambiti sensibili, ed eventuali controversie devono essere affrontate in modo efficace. È possibile che vengano messe in discussione norme elevate, in particolare in materia di sicurezza alimentare, protezione dei consumatori, condizioni di lavoro dignitose, protezione dei servizi pubblici o applicazione dei diritti in materia di commercio sostenibile, come già evidenziato in modo particolareggiato in numerosi pareri precedenti. Il CESE sottolinea ancora una volta che nessuna disposizione prevista da accordi commerciali deve poter limitare lo spazio di manovra dei governi che in materia di politiche pubbliche devono essere liberi di legiferare come ritengono opportuno.

1.5.2.

Inoltre, il CESE invita la nuova Commissione a riconfermare le sue disposizioni orizzontali in materia di flussi di dati transfrontalieri e di protezione dei dati personali negli accordi commerciali e di investimento dell’UE.

1.5.3.

L’UE è nella posizione migliore per assumere un ruolo guida sulla dovuta diligenza e pertanto il CESE invita la Commissione a proporre una legislazione europea in questo settore. Il CESE riafferma la propria convinzione che l’attuazione della condotta responsabile delle imprese attraverso la politica commerciale sia importante per rafforzare la posizione commerciale globale dell’UE e per promuovere la sostenibilità, in particolare incoraggiando le imprese ad assumersi le proprie responsabilità in termini di impatto sulla società. Il CESE chiede inoltre che gli accordi commerciali impongano ai governi a livello nazionale e locale di svolgere appieno il loro ruolo.

1.5.4.

A giudizio del CESE, una discussione politica più ampia sul ruolo degli scambi e degli investimenti è essenziale per comprendere meglio i fattori determinanti e l’impatto economico del commercio. La politica di valutazione dell’UE deve concentrarsi maggiormente sulla valutazione degli elementi qualitativi degli accordi commerciali, con il pieno coinvolgimento della società civile e del CESE. È necessario concordare una serie più ampia di indicatori, con un atteggiamento di apertura verso i modelli alternativi, e le valutazioni d’impatto devono essere concluse prima di avviare i negoziati. Inoltre, a intervalli appropriati, dovrebbe essere condotto uno studio più olistico dell’impatto globale degli scambi.

1.5.5.

Il CESE insiste con forza sulla necessità che il SEAE sia maggiormente sensibile agli scambi commerciali. Malgrado il commercio sia diventato un elemento sempre più importante sia a livello geopolitico che come parte della diplomazia economica, le questioni commerciali erano praticamente assenti dalla recente comunicazione congiunta sulla connessione UE-Asia (4). Il CESE reitera inoltre la sua richiesta di una collaborazione reciproca più stretta, coerente e trasparente tra la DG Commercio e altre direzioni generali, in particolare le DG DEVCO ed EMPL.

1.6.

Il CESE chiede che il dialogo costruttivo con la società civile in materia di politica commerciale e di investimento, durante e dopo i negoziati, sia molto più profondo e che il suo ruolo di controllo sia rafforzato. Tale dialogo deve essere sviluppato sulla base di una maggiore trasparenza e di un continuo miglioramento, dato che i negoziati e gli accordi sono diventati più complessi, non da ultimo per effetto degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), dell’accordo di Parigi e delle iniziative a favore di un’economia circolare.

1.7.

Il CESE richiama inoltre la sua precedente raccomandazione secondo la quale non solo occorre ripensare e rafforzare l’approccio multilaterale all’agricoltura, ma l’UE è nella posizione migliore per svolgere un ruolo guida e proattivo in questo ambito, promuovendo nel contempo norme ambientali, sociali e di sviluppo sostenibile più ampie, in linea con gli OSS. L’UE deve inoltre evitare di fare importanti concessioni in agricoltura che comprometterebbero la produzione interna.

1.8.

Il CESE è stato il primo ad accogliere con favore il rilievo che la comunicazione Commercio per tutti attribuisce allo sviluppo sostenibile, specie nel contesto dei diritti umani e sociali e dell’ambiente, e l’inclusione di capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile in tutti gli accordi commerciali di nuova generazione. Questi ultimi devono diventare centrali nella promozione della politica commerciale e di investimento dell’UE. L’effettiva applicabilità è ora fondamentale per realizzare tali impegni, non da ultimo al fine di garantire parità di condizioni per le imprese dell’UE all’estero.

1.8.1.

Il CESE si compiace della recente proposta della presidente designata della Commissione europea, di nominare un nuovo responsabile dell’applicazione degli accordi commerciali, incaricato, sotto la supervisione del commissario responsabile per il Commercio, di monitorare e migliorare la conformità dei nostri accordi commerciali (5). Chiediamo che questa nuova figura chiave sia dotata di ampi poteri, con un peso e un’efficacia proporzionali agli impegni assunti negli accordi di libero scambio, specie riguardo lo sviluppo sostenibile. Ciò deve comportare un processo decisionale obiettivo, basato su indagini tempestive ed avviate in modo efficace, sostenuto da risorse adeguate e con un chiaro ruolo per le parti interessate riconosciute per quanto riguarda la presentazione di reclami e la partecipazione ad eventuali audizioni pubbliche successive. In tale contesto occorrerà prevedere un’approfondita rendicontazione al Parlamento europeo e al Consiglio, un ruolo decisivo per il CESE e i rispettivi gruppi consultivi interni, e il coinvolgimento continuo della società civile.

1.8.2.

Il CESE ha già raccomandato di includere in tutti i futuri mandati riguardanti i capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile non solo una clausola specifica volta a promuovere gli OSS, ma anche, a seguito dell’accordo di Parigi, la lotta al riscaldamento globale, in quanto parte integrante dei valori dell’UE. La transizione verso un’economia circolare a basse emissioni di carbonio deve a sua volta costituire un altro fattore fondamentale, con riflessi per qualsiasi mandato negoziale dell’UE.

1.8.3.

L’effettiva transizione, entro il 2050, a un’economia dell’UE neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio costituirà una sfida considerevole. Ciò avrà un impatto profondo sullo sviluppo della politica commerciale, mentre le decisioni adottate in materia di scambi incideranno a loro volta notevolmente sul modo in cui tale transizione verrà realizzata, sia nell’UE che a livello mondiale. La necessità di garantire una transizione equa anche in quest’ambito dovrà essere posta al centro di tutte le future politiche, pratiche e trattative commerciali.

1.8.4.

L’aumento dei flussi commerciali comporterà un ulteriore incremento dei trasporti, le cui emissioni di gas a effetto serra sono già elevate. Il CESE chiede pertanto che tutti i modi di trasporto diventino parte integrante di una politica di trasporto migliorata, sostenibile ed equa, e che sia stabilita una chiara correlazione tra il commercio e i trasporti, non da ultimo nel rispetto degli impegni pertinenti connessi agli OSS.

1.8.5.

Infine, il CESE chiede che, nel suo percorso verso un’economia circolare, l’UE consideri con attenzione le questioni che riguardano le industrie essenziali dell’UE ad alta intensità di risorse e di energia, si adoperi per prevenire la rilocalizzazione del carbonio e degli investimenti e valuti in modo approfondito misure mitiganti di adeguamento alle frontiere compatibili con l’OMC.

2.   Contesto

2.1.

Il commercio e gli investimenti svolgono un ruolo di fondamentale importanza per l’UE e hanno il potenziale per un rafforzamento delle sue prestazioni economiche «interne». Nella comunicazione Commercio per tutti (6) si sottolinea che oltre 30 milioni di posti di lavoro dell’UE (uno su sette) dipendono dalle esportazioni verso i paesi terzi, e che ci si attende che il 90 % della crescita economica globale nei prossimi 15 anni sarà generato fuori dall’Europa. Pur riconoscendo quanto sia importante rafforzare le proprie prestazioni economiche attraverso il commercio, l’UE non deve tuttavia correre il rischio di affidarsi unicamente a un modello fondato sulle esportazioni. Va infatti riconosciuta uguale importanza al rafforzamento della domanda interna attraverso gli investimenti pubblici e privati e i consumi.

2.1.1.

L’UE, che rappresenta un sesto delle importazioni e delle esportazioni mondiali, è il principale esportatore mondiale di manufatti e servizi e, a sua volta, è il più grande mercato di esportazione per circa 80 paesi. L’industria, uno dei pilastri dell’economia europea, rappresenta l’80 % delle esportazioni dell’UE, genera importanti innovazioni private e offre posti di lavoro altamente qualificati. Come ha sottolineato la comunicazione Commercio per tutti, «La quota delle importazioni rispetto alle esportazioni dell’UE è aumentata di oltre la metà rispetto al 1995», il che sottolinea ulteriormente il ruolo chiave svolto dalle imprese e dall’industria, nonché una politica commerciale dinamica e proattiva.

2.1.2.

I posti di lavoro interni all’UE (7) che attualmente dipendono dalle esportazioni sono 36 milioni, con un aumento di due terzi (e di circa 1 500 miliardi di EUR) rispetto al 2000, e l’UE ha mantenuto la propria «quota delle esportazioni mondiali di merci» (pari al 15 %) a fronte di un aumento della quota di esportazioni della Cina e di una corrispondente diminuzione delle quote delle esportazioni mondiali di Stati Uniti e Giappone. La Commissione europea sottolinea che i posti di lavoro associati ad attività collegate alle esportazioni sono «mediamente meglio retribuiti» e costituiscono una quota significativa in tutti gli Stati membri.

2.1.3.

A differenza degli scambi di merci, gli scambi di servizi si prestano in misura maggiore a pressioni al ribasso sui salari. Una recente relazione dell’OCSE (8) evidenzia che le funzioni connesse ai servizi costituiscono una gran parte dell’industria manifatturiera e che la quota straniera di tali servizi è in aumento. Sempre più spesso le imprese valutano se realizzare autonomamente i propri servizi o acquistarli presso fornitori esterni. In caso di delocalizzazione in paesi caratterizzati da minori costi del lavoro, la questione del trasferimento di posti di lavoro è particolarmente acuta.

2.1.4.

La Brexit rischia di diventare un fattore critico nel futuro delle relazioni commerciali dell’UE e nella prosecuzione di flussi commerciali senza tariffe né barriere. L’uscita dal mercato unico di un paese importante per il commercio potrebbe incidere sull’equilibrio che caratterizza la politica commerciale dell’UE e costituire una grande sfida, se seguita da una decisa mossa del Regno Unito verso la deregolamentazione, anche per quanto riguarda l’indebolimento delle norme e dei diritti. È fondamentale che l’UE si adoperi al meglio per far fronte a qualsiasi iniziativa del Regno Unito diretta a competere in modo sleale. Un accordo tra l’UE e il Regno Unito che mantenga standard e diritti elevati è di fondamentale importanza.

2.2.

Sono molteplici i fattori che contribuiscono all’aumento esponenziale della domanda globale di scambi di beni e, in misura sempre maggiore, di servizi. Si prevede che la popolazione mondiale raggiungerà i 9-10 miliardi entro la metà del secolo. A causa della rapida industrializzazione e urbanizzazione, per la prima volta oltre la metà della popolazione mondiale vive in centri urbani e città, dove l’interdipendenza tra le persone è più marcata rispetto alla società rurale, maggiormente fondata sulla sussistenza.

2.2.1.

Si stima inoltre che entro il 2030 ci potrebbero essere due miliardi di persone in più con redditi medi, in particolare in paesi come Cina, India Kenya, Cile e Indonesia, desiderosi di avere una maggiore diversità e libertà di scelta in ciò che mangiano, indossano, usano, guidano o consumano a vario titolo, e in grado di pagare i relativi costi (molti per la prima volta nella loro vita).

2.2.2.

Tuttavia, l’espansione dei mercati non è l’unica ragione dell’aumento dei flussi commerciali. Nel mondo di oggi, le attività delle imprese multinazionali sono sempre più organizzate lungo catene del valore globali. Nell’analizzare tali strategie, l’OCSE (9) ha descritto in che modo le strategie fiscali, le dimensioni (la concentrazione delle imprese è in aumento), le competenze tecnologiche e la diversificazione delle attività sono fattori chiave per il commercio mondiale. Anche la digitalizzazione dell’economia rende meno netti i confini tradizionali. Inoltre, le imprese multinazionali si affidano sempre più spesso alle relazioni basate su strumenti diversi da quelli di capitale (partnership strategica, esternalizzazione). Le strutture societarie sono quindi più complesse che mai e le pratiche commerciali stanno cambiando. Di conseguenza, potrebbe essere necessario adeguare le politiche commerciali e di investimento.

2.3.

Un’importante opportunità per gli esportatori europei si basa sui punti di forza dell’UE, tra cui in particolare la produzione di beni e servizi a valore aggiunto o di fascia alta del mercato, nonché i circa 70 accordi commerciali preferenziali già conclusi, senza dimenticare gli altri importanti negoziati attualmente in corso. L’alternativa è restare a guardare mentre gli esportatori rivali colgono tali opportunità, siano essi quelli stabiliti in altri paesi sviluppati o, in particolare, quelli delle economie emergenti in rapida crescita. Tra gli sviluppi recenti più significativi figurano il partenariato transpacifico (TPP) rivisto e altri importanti negoziati commerciali per la zona Asia-Pacifico.

3.   I più importanti elementi di base per sostenere la prosperità dell’UE connessa agli scambi

3.1.

L’importanza del mercato unico per gli scambi dell’UE è dimostrata dal cosiddetto effetto di ricaduta («spill-over effect»), per cui un quinto dei posti di lavoro dipendenti dalle esportazioni si trova in uno Stato membro diverso. Dalle esportazioni tedesche dipendono, ad esempio, 6,8 milioni di posti di lavoro in Germania, ma anche 1,6 milioni di posti di lavoro in altri paesi dell’UE. Ciò è principalmente dovuto alla crescente presenza di lunghe catene di approvvigionamento, non soltanto in Europa ma in tutto il mondo, per cui i prodotti non finiti possono varcare i confini più volte, soprattutto nell’industria automobilistica. La Brexit ha evidenziato tale aspetto, poiché 650 000 posti di lavoro nel Regno Unito sono legati a esportazioni dirette fuori dall’UE, che hanno origine in altri Stati membri. Secondo i dati pubblicati dalla Commissione (10), tra i paesi che ne traggono i maggiori vantaggi figurano la Cechia, la Slovacchia e la Polonia.

3.1.1.

Di conseguenza, il corretto ed equo funzionamento del mercato unico e della zona euro rappresenta un fattore decisivo per il mantenimento e l’aumento dei posti di lavoro creati dalle esportazioni. La continua integrazione del mercato unico e della zona euro rimane fondamentale, in particolare per quanto riguarda l’energia e il buon funzionamento del sistema dei trasporti e l’agevolazione di un’equa mobilità dei lavoratori.

3.1.2.

È essenziale inoltre una migliore integrazione dei servizi e dei flussi di dati, nel pieno rispetto delle norme dell’UE in materia di riservatezza dei dati, non da ultimo perché il mercato unico diventa sempre più digitale. Anche un ecosistema digitale sano richiede politiche che assicurino che i dati siano utilizzati per il bene comune e forniscano opportunità di sviluppo di servizi digitali orientati all’interesse pubblico.

3.1.3.

Nel suo parere sulla riforma dell’OMC, il CESE ha chiesto che «eventuali future iniziative multilaterali sui flussi di dati siano pienamente conformi alle disposizioni orizzontali dell’UE in materia di flussi transfrontalieri di dati e di protezione dei dati negli accordi commerciali e di investimento dell’UE» (11), e ha invitato la nuova Commissione a riconfermare che tale impegno fondamentale non è negoziabile.

3.2.

La rapida evoluzione della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale, unitamente ai cambiamenti demografici e al passaggio a un’economia circolare e a basso tenore di carbonio trasformeranno radicalmente la società. Le imprese svolgono un ruolo guida nell’apportare innovazione e fornire nuove tecnologie, mentre il ruolo delle autorità pubbliche è quello di garantire il quadro legislativo per una transizione giusta e i principi per l’elaborazione di norme etiche vincolanti in materia di intelligenza artificiale.

3.2.1.

La ricerca e l’innovazione, guidate dall’industria e sostenute da un’istruzione e da un’imprenditorialità di alta qualità, sono fondamentali per mantenere l’UE all’avanguardia del progresso. Una delle massime priorità della nuova Commissione deve essere quella di garantire che Orizzonte Europa rappresenti un seguito efficace e solido di Orizzonte 2020. L’UE deve inoltre adoperarsi per aiutare le imprese a migliorare la loro competitività, sia all’interno che a livello internazionale, e a sviluppare e applicare nuove tecnologie. Si può promuovere l’innovazione anche attraverso progetti pilota e la cooperazione tra i settori pubblico e privato e il mondo accademico.

3.2.2.

Il mutamento e lo sviluppo tecnologico richiedono rapidi cambiamenti nelle competenze quando si manifestano carenze in modo repentino e imprevisto, ma ciò avviene con maggiore frequenza nei settori tecnici, in particolare nelle discipline «STEM» (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).

3.2.3.

La promozione e lo sviluppo delle competenze umane e di un più diffuso multilinguismo sono tanto importanti quanto una maggiore attenzione all’accesso alla formazione professionale, alla riqualificazione e all’apprendimento permanente.

3.2.4.

Per ridurre il divario di competenze, i sistemi di formazione dovranno essere sufficientemente flessibili e pronti a rispondere alle esigenze future. Ciò richiederà pertanto un notevole impegno da parte degli Stati membri, e anche le parti sociali devono avere un ruolo essenziale.

3.3.

Con l’emergere di forme di lavoro nuove e diverse, è fondamentale migliorare il passaggio dall’istruzione al lavoro, da un posto di lavoro a un altro o da una mansione a un’altra o fra diverse posizioni professionali, come anche creare condizioni che stimolino il lavoro autonomo e l’imprenditorialità. I cambiamenti nel mondo del lavoro devono essere sostenuti da mercati del lavoro socialmente protetti, flessibili e ben funzionanti, insieme a un dialogo sociale orientato ai risultati.

3.4.

La concorrenza è una forza propulsiva determinante per lo sviluppo delle imprese. Le politiche e i regolamenti dell’UE in materia di commercio, nell’ambito delle rispettive competenze, devono garantire alle imprese condizioni positive che promuovano posti di lavoro dignitosi con standard elevati nell’ambito della concorrenza con i paesi terzi. Tale regolamentazione deve essere adatta allo scopo e favorire uno spirito e una cultura imprenditoriali positivi, che siano anche attraenti per i giovani, e in particolare per le donne.

3.4.1.

Il CESE prende atto delle relazioni dell’OCSE e dell’FMI (12) che rilevano una maggiore concentrazione dei settori sia nel comparto manifatturiero che nei servizi non finanziari. Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere i fattori alla base di tale concentrazione del mercato, che potrebbe giustificare una nuova riflessione sulle politiche in materia di concorrenza e scambi internazionali. Soprattutto in quest’ambito, l’agenda commerciale non deve ostacolare le politiche volte a offrire alle PMI migliori opportunità di accesso ai mercati, anche le attraverso politiche industriali europee ambiziose, in particolare nel settore digitale.

3.4.2.

L’UE deve garantire un ambiente favorevole agli investimenti sia privati che pubblici. Ciò richiede stabilità e prevedibilità, un contesto macroeconomico stabile, una forte protezione dei diritti di proprietà intellettuale e responsabilità di bilancio. Il sistema fiscale, dal canto suo, dev’essere equo e anche incoraggiare l’innovazione, l’imprenditorialità, la crescita e la creazione di posti di lavoro.

3.4.3.

Nel contempo, le politiche commerciali e di investimento dell’UE devono rimanere vigilanti nei confronti di qualsiasi investimento che possa derivare dalla frode o dall’elusione fiscale.

3.4.4.

Gli investimenti esteri diretti (IED) sono importanti in un momento in cui le imprese localizzano sempre più la produzione vicino ai mercati di destinazione, cosa che fra l’altro può aiutarle a restare competitive. Il Comitato ha accolto inoltre con favore (13) il regolamento UE in materia di difesa commerciale per quanto riguarda le recenti iniziative volte a monitorare gli investimenti esteri nell’UE.

3.4.5.

Ciononostante, la relazione annuale dell’OCSE del 2018 sulle statistiche relative agli investimenti esteri diretti (IED) ha evidenziato una diminuzione di questi ultimi del 27 % a livello mondiale a seguito della riforma fiscale degli Stati Uniti. Per alcuni paesi dell’UE (Lussemburgo, Paesi Bassi), il calo è stato spettacolare. Occorre pertanto dedicare particolare attenzione alla distinzione tra IED collegati all’economia reale e IED aventi finalità di frode o di elusione fiscale, che l’UE deve combattere a tutti i livelli.

3.5.

La comunicazione Commercio per tutti specifica che «oltre 600 000 PMI, che danno lavoro a più di sei milioni di persone, realizzano esportazioni dirette di merci fuori dall’UE che rappresentano un terzo del totale delle esportazioni dell’UE» (14), precisando poi che «molte altre PMI esportano servizi» o sono fornitrici di imprese di grandi dimensioni.

3.5.1.

Il CESE ha apprezzato particolarmente l’impegno «a favore delle piccole imprese, che si trovano ad affrontare maggiori ostacoli rispetto alle altre quando puntano ad accedere a nuovi mercati». Disposizioni ad hoc per le PMI sono state promesse in tutti i futuri processi negoziali, così come lo svolgimento di «indagini periodiche sugli ostacoli» che queste imprese incontrano in determinati mercati. Per questi aspetti è pertinente anche il parere del CESE (15) sul tema Il TTIP e il suo impatto sulle PMI.

3.5.2.

Le esigenze e le potenzialità delle PMI devono essere incluse in tutti gli ambiti d’intervento, al fine di garantire a queste imprese l’accesso ai finanziamenti, alle altre risorse e ai mercati nonché di metterle in condizione di evolvere, considerando le diverse esigenze dei diversi tipi di imprese e le condizioni specifiche in cui operano le PMI (comprese le zone rurali e periferiche).

4.   Soluzione delle controversie in materia di scambi

4.1.

Il trattato di Lisbona ha attribuito all’UE nuove competenze in materia di investimenti e la obbliga a unire le iniziative in materia di commercio e investimenti ad altri ambiti di intervento fondamentali, in particolare lo sviluppo. Il CESE continua a essere preoccupato per l’assenza di una sufficiente correlazione (read-across) tra le varie DG della Commissione, comprese le DG DEVCO ed EMPL, per quanto riguarda gli impatti commerciali.

4.2.

Oltre agli accordi commerciali di «nuova generazione», a cominciare da quello con la Corea, la Commissione ha cercato altresì di negoziare accordi di libero scambio più ampi, sia con i paesi del partenariato orientale che con partner commerciali più avanzati. Rientra in tale contesto il Giappone e in particolare l’accordo economico e commerciale globale (CETA) con il Canada, che va oltre la mera eliminazione dei dazi e regolamenta un’ampia gamma di aspetti diversi, quali le norme in materia di servizi, l’eliminazione delle barriere non tariffarie al commercio e altri aspetti legati al commercio, come gli investimenti e la concorrenza o la cooperazione regolamentare.

4.2.1.

Con questa evoluzione, il CESE ritiene che la necessità di uno sviluppo continuo di una strategia commerciale progressiva orientata al futuro diventi più urgente che mai. Negoziati commerciali così globali hanno un maggiore potenziale di generare conflitti con ambiti sensibili quali il mantenimento di standard elevati, in particolare in materia di sicurezza alimentare, protezione dei consumatori e condizioni di lavoro dignitose, protezione dei servizi pubblici o applicazione dei diritti di un’agenda commerciale sostenibile.

4.2.2.

Poiché gli accordi di nuova generazione vanno ben oltre la tradizionale riduzione dei dazi doganali, definendo norme affinché le misure di governo non incidano sugli scambi commerciali, sorgono timori che ciò possa limitare lo spazio di manovra in materia di politiche pubbliche. Gli Stati non soltanto hanno il diritto di regolamentare, laddove lo ritengano opportuno, ma sono anche tenuti a farlo nell’interesse pubblico. Il CESE sottolinea che nessuna disposizione prevista da accordi commerciali deve impedire loro di farlo.

4.2.3.

Il CESE ha affermato (16) che la politica commerciale dell’UE «sarà valutata sulla base della capacità o meno della Commissione di dimostrare che gli accordi commerciali non porteranno a un abbassamento degli standard in materia di ambiente o di lavoro, e neppure in altri ambiti; gli accordi dovrebbero anzi puntare a migliorare tali standard».

4.3.

Il commercio internazionale aperto e fondato sulle regole è essenziale per rafforzare le opportunità d’affari e garantire la parità di condizioni per le imprese rispetto ai concorrenti dei paesi terzi. L’UE deve sostenere le norme dell’OMC volte a promuovere il commercio equo che garantisca il rispetto degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), e dare prova di leadership a livello mondiale sia nella lotta al protezionismo che nella promozione di una politica commerciale progressista e sostenibile. L’UE e gli Stati membri dovrebbero adoperarsi a tal fine ed esercitare la loro influenza in tutte le varie strutture delle commissioni dell’OMC, in particolare per quanto riguarda i nuovi settori quali il commercio e il lavoro dignitoso.

4.4.

Quello del commercio è uno dei processi politici della Commissione europea più soggetti a valutazione. Tuttavia, al fine di consentire una discussione politica più ampia sul ruolo degli scambi e degli investimenti, sono necessarie ulteriori analisi per comprendere meglio i fattori determinanti e l’impatto economico del commercio, nonché il suo potenziale contributo agli OSS.

4.4.1.

In questo caso la politica di valutazione dell’UE deve svolgere un ruolo chiave. La DG Commercio valuta l’impatto delle grandi iniziative commerciali, utilizzando vari strumenti: valutazioni d’impatto (VI) e valutazioni d’impatto sulla sostenibilità (VIS), valutazioni economiche dei risultati negoziati e valutazioni ex post.

4.4.2.

Le questioni riguardanti la metodologia e la tempistica sono fondamentali e dovrebbero essere riesaminate. Il modello di equilibrio generale calcolabile (CGE) utilizzato dovrebbe essere rivalutato tenendo conto di modelli alternativi e includere una gamma più ampia di indicatori che misurino gli impatti sui diritti umani e del lavoro, sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità, sui consumatori e sugli IED. Un semplice raffronto della situazione con o senza un accordo commerciale è tuttavia insufficiente rispetto alla valutazione qualitativa delle opzioni di negoziato, in particolare in materia di commercio e sviluppo sostenibile. La VI e la VIS devono essere concluse in tempo utile per assistere i negoziatori ed essere prese in considerazione prima e durante i negoziati, e non essere presentate dopo la loro conclusione.

4.4.3.

Come già raccomandato dal CESE nel suo parere sul tema Il ruolo fondamentale del commercio e degli investimenti nel conseguire e attuare gli OSS (17), il contributo alla realizzazione degli OSS dovrebbe essere posto al centro della valutazione della politica commerciale dell’UE.

4.4.4.

Il CESE ravvisa un valido contributo nella consultazione della società civile per le VIS e raccomanda di estenderla al processo di elaborazione dei mandati negoziali. Anche il lavoro del gruppo di orientamento della Commissione potrebbe migliorare ulteriormente coinvolgendo la società civile. I consulenti devono avere sufficiente indipendenza e competenza, in particolare in materia di diritti umani e questioni ambientali.

4.4.5.

Per quanto riguarda i mercati del lavoro, è necessaria un’analisi più dettagliata dei potenziali effetti di spostamento, dell’evoluzione dei salari e della sicurezza occupazionale. Per quanto concerne l’impatto economico, occorre prestare attenzione non solo all’UE, ma anche alle economie meno sviluppate, valutando in che misura il commercio e gli investimenti consentano loro di aumentare la produttività e l’innovazione. Inoltre, a intervalli appropriati, dovrebbe essere condotto uno studio olistico dell’impatto globale degli scambi.

4.4.6.

Il commercio è diventato un elemento sempre più importante sia a livello geopolitico che in quanto parte della diplomazia economica. A tal fine, il SEAE deve adottare un approccio maggiormente sensibile al commercio, dato che le questioni commerciali erano praticamente assenti dalla comunicazione congiunta sulla connessione Europa-Asia (18).

4.5.

I negoziati per un accordo di partenariato transatlantico su commercio e investimenti (TTIP) con gli Stati Uniti hanno fatto emergere per la prima volta numerose preoccupazioni di un’ampia sfera pubblica e della società civile, sebbene siano di natura più generale. Mentre la Commissione, nei negoziati commerciali, si è adoperata per ottenere impegno politico a non incoraggiare gli scambi o gli investimenti indebolendo i livelli di protezione, o a offrire garanzie quali esenzioni e riserve specifiche, clausole dedicate in materia di monopoli statali o un rigetto rapido di ricorsi futili da parte degli investitori, il CESE ha chiesto e continua a chiedere ulteriori chiarimenti e garanzie su vari punti altamente sensibili.

4.5.1.

L’esposizione dei servizi pubblici in un accordo commerciale attraverso la liberalizzazione e clausole specifiche [clausola di sospensione (standstill) e clausola di irreversibilità (ratchet)], che definiscono la futura possibilità delle parti di introdurre restrizioni all’accesso al mercato e misure discriminatorie, costituisce motivo di forte preoccupazione. In precedenza il CESE ha accolto con favore «la volontà manifestata dalla Commissione, in linea con le posizioni espresse dal CESE, dal Parlamento europeo e dalla società civile in generale, di proteggere i servizi pubblici negli accordi di libero scambio», sottolineando tuttavia come «a tal fine il modo migliore sia quello di ricorrere a un elenco positivo, sia per quanto riguarda l’accesso al mercato che il trattamento nazionale» (19).

4.5.2.

Data la costante possibilità di cambiamento di governo e di cambio di rotta delle politiche in materia di servizi pubblici, qualsiasi precedente apertura negli accordi commerciali sarebbe «bloccata». Non ci possono essere ripensamenti. Di conseguenza, le clausole di apertura di irreversibilità e di sospensione possono costituire una minaccia soprattutto per i servizi pubblici, data la definizione ristretta e ambigua del loro ambito di applicazione.

4.5.3.

Il mantenimento di uno spazio di manovra in materia di politiche pubbliche diventa altresì fondamentale nel contesto dell’inclusione degli appalti pubblici negli accordi commerciali. Per tale motivo, il CESE ha ritenuto importante formulare l’invito a «mantenere la facoltà delle entità contraenti di utilizzare nelle gare d’appalto criteri ambientali e sociali o attinenti al lavoro, come l’obbligo di rispettare i contratti collettivi e di conformarvisi» (20).

4.6.

Nel contesto della protezione degli investimenti, il CESE ha chiesto «salvaguardie procedurali contro i ricorsi che abbiano per oggetto la normativa nazionale sul pubblico interesse, per garantire il diritto delle parti a legiferare nel pubblico interesse, come ritengano opportuno, per quel che concerne la protezione degli investitori» (21). Nel suo parere sul tribunale multilaterale per gli investimenti, il CESE esprime il giudizio che «tale obiettivo possa essere raggiunto in misura sufficiente soltanto introducendo […] una clausola di esclusione per motivi di interesse pubblico […] accompagnata da opportune garanzie atte a evitare che se ne abusi a fini protezionistici». Nel contesto più ampio del suo parere su alcune questioni specifiche del TTIP, il CESE chiede che «siano esplicitamente indicati i contratti collettivi, compresi gli accordi tripartiti e/o generalizzati (ossia valevoli erga omnes), sì da evitare che possano essere interpretati come una violazione delle legittime aspettative di un investitore» (22).

4.7.

Anche se l’agricoltura e il commercio sono competenze dell’UE da oltre 40 anni, talvolta è mancata la comunicazione o una riflessione «congiunta» tra questi due settori d’interesse fondamentale. L’UE deve inoltre evitare qualsiasi tentazione di fare importanti concessioni in agricoltura che comprometterebbero la produzione interna.

4.7.1.

Nel parere sul ruolo dell’agricoltura negli accordi commerciali (23), il CESE sottolinea che gli accordi bilaterali dovrebbero essere intesi a evitare disparità di criteri nell’agricoltura, in particolare in relazione all’accordo sulle norme sanitarie e fitosanitarie e all’accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi, nei paesi partner. L’UE sarà inoltre interessata a promuovere le proprie norme in materia ambientale, sociale e di sviluppo sostenibile in senso più ampio, in linea con gli OSS. L’UE (e altre parti) devono inserire un impegno vincolante a favore dello sviluppo di capacità per aiutare i paesi meno sviluppati a conformarsi a tali norme, ad esempio, l’assistenza per lo sviluppo di un sistema accettabile di certificazione veterinaria, in quanto le norme sulla sicurezza alimentare sono fondamentali.

4.7.2.

L’approccio multilaterale agli scambi commerciali di prodotti agricoli deve essere ripensato e rafforzato. «Doha» quale concetto dell’OMC per un dialogo sulle materie commerciali tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo deve essere mantenuto e rafforzato, nel contestuale rispetto del principio della sovranità alimentare per tutti. Nello stesso parere, il CESE sottolinea che l’UE è nella posizione idonea per svolgere un ruolo proattivo di guida nella promozione di un approccio nuovo ed equilibrato, non da ultimo a causa dell’incapacità, da parte di talune economie in rapida espansione, di compiere sforzi degni di nota per aiutare altri paesi, tuttora meno sviluppati.

4.8.

Nel suo parere sulla riforma dell’OMC, il CESE «considera essenziale che il principio di precauzione, come sancito dai trattati dell’UE, sia adeguatamente protetto anche a livello multilaterale e venga pienamente riconosciuto, al fine di garantire un livello più elevato di protezione attraverso il processo decisionale preventivo in caso di rischi per la salute umana o l’ambiente. Data la sua importanza, l’UE dovrebbe farne un interesse offensivo in tutti i suoi negoziati commerciali» (24).

4.9.

Mentre la comunicazione Commercio per tutti pone un chiaro accento sulla fiducia dei consumatori nella sicurezza dei prodotti, gli orientamenti delle Nazioni Unite sulla protezione dei consumatori danno un’interpretazione assai più ampia, che include la protezione della vita privata dei consumatori, i loro diritti nell’ambito del commercio elettronico e il diritto a un’efficace applicazione dei diritti dei consumatori. Considerato l’impatto della liberalizzazione commerciale sui consumatori, il CESE ha auspicato, nel parere sui capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi di libero scambio, l’introduzione «di un capitolo specifico per i consumatori, incentrato sul tema «commercio e consumatori», nel quadro del CSS, che riprendesse i pertinenti standard internazionali riguardanti i consumatori e rafforzasse la cooperazione in materia di applicazione dei loro diritti» (25).

4.10.

Il documento di riflessione della Commissione sulla gestione della globalizzazione (2017) individua una serie di conseguenze della mancata gestione della globalizzazione, in particolare in riferimento alle crescenti disuguaglianze. I vantaggi degli scambi non sono mai ripartiti in modo uniforme. La politica commerciale e di investimento dell’UE deve affrontare tutte le conseguenze importanti dell’apertura dei mercati e limitare il più possibile gli impatti negativi, compresi i costi sociali e i costi di transizione.

4.10.1.

La comunicazione Commercio per tutti è stata la prima a riconoscere che il commercio implica cambiamenti che «possono […] avere effetti perturbanti temporanei per alcuni lavoratori e in determinate regioni, quando la nuova situazione concorrenziale risulta troppo intensa per alcune imprese», e sottolinea che «cambiamenti simili non sono […] di modesta entità per le persone direttamente coinvolte». Al riguardo il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ha un ruolo importante da svolgere. Nel biennio 2013-2014 il FEG ha prestato assistenza ad oltre 27 600 lavoratori (26). Il CESE ritiene pertanto importante che qualunque quadro finanziario pluriennale futuro preveda fondi adeguati direttamente collegati agli impatti del commercio e riesamini eventuali condizioni limitanti e criteri per la sua applicazione. Per anticipare e accompagnare meglio i mutamenti connessi alle ristrutturazioni, i diritti effettivi dei lavoratori all’informazione, alla consultazione e alla contrattazione collettiva sono essenziali per garantire transizioni giuste.

4.11.

Il CESE chiede inoltre di prevedere un rafforzamento della protezione per i settori sensibili alla concorrenza commerciale sleale, includendo le norme dell’OIL nei criteri di valutazione di tali settori. In un recente parere sulla metodologia per gli strumenti di difesa commerciale (27), il CESE ha chiesto condizioni di parità tra i produttori esportatori europei e quelli dei paesi terzi. A tale riguardo, il CESE ha accolto con favore l’intenzione della Commissione di usare criteri specifici per stabilire se vi siano distorsioni significative della situazione del mercato, rilevando tuttavia che anche il rispetto delle norme dell’OIL e degli accordi multilaterali in materia di ambiente dovrebbe essere preso in considerazione.

4.12.

Per quanto riguarda il fermo impegno assunto dalla Commissione europea in merito al rafforzamento delle disposizioni sul lavoro attraverso i negoziati commerciali, il CESE ha invitato i paesi partner a «dimostrare il pieno rispetto delle otto convenzioni fondamentali del lavoro dell’OIL prima della conclusione degli accordi commerciali. Se un paese partner non ha ratificato o attuato correttamente tali convenzioni, o dimostrato un livello di protezione equivalente, il CESE raccomanda di chiedere che una tabella di marcia basata su impegni concreti sia inclusa nel capitolo CSS per garantire che ciò avvenga in modo tempestivo» (28). L’UE deve inoltre promuovere l’attuazione e l’applicazione di norme aggiornate dell’OIL al fine di garantire una reale parità di condizioni per le imprese dell’UE all’estero e promuovere l’OSS 8 riguardante il lavoro dignitoso.

4.13.

La politica commerciale deve altresì rafforzare le iniziative di responsabilità sociale delle imprese. Le imprese devono assumersi le proprie responsabilità in tutte le fasi della catena di approvvigionamento. A sua volta, ciò dovrebbe accrescere il margine di azione delle imprese, ottimizzando nel contempo sia l’innovazione che una crescita economica sostenibile. L’attuazione coerente della condotta responsabile delle imprese è importante per rafforzare la posizione commerciale globale dell’UE e contribuire alla realizzazione degli OSS. L’UE dovrebbe insistere affinché, in tutti gli accordi di libero scambio, ciascuna parte contraente incoraggi attivamente il rispetto da parte delle imprese degli orientamenti OCSE per le imprese multinazionali (29). Riconoscendo l’importanza dell’applicazione delle norme del mercato del lavoro da parte delle autorità pubbliche, anche attraverso le ispezioni, il CESE chiede che gli accordi commerciali impongano ai governi a livello nazionale e locale di svolgere appieno il loro ruolo.

4.13.1.

Sono sempre più numerosi i governi che mettono a punto le proprie leggi e i propri strumenti, come la recente normativa francese in materia di dovere di vigilanza e quella neerlandese sul dovere di diligenza in materia di lavoro minorile. Il Canada ha migliorato la sua strategia in materia di responsabilità sociale delle imprese concentrandosi sul comportamento delle società canadesi all’estero e ha creato un organo consultivo multipartecipativo. Nell’aprile 2019 è stato nominato il primo Mediatore canadese per l’impresa responsabile, incaricato di esaminare e riferire pubblicamente le presunte violazioni dei diritti umani derivanti dalle attività all’estero delle società canadesi nei settori minerario, petrolifero e del gas e dell’abbigliamento, nonché di formulare raccomandazioni relative alle misure commerciali per le imprese.

4.14.

A giudizio del CESE, l’UE è nella posizione migliore per assumere un ruolo guida sulla dovuta diligenza, in particolare in relazione alle catene globali di approvvigionamento e del valore sempre più estese. Le misure volontarie e quelle vincolanti non si escludono a vicenda, ma devono invece completarsi. A tale proposito, il CESE ha preso atto del lavoro svolto sul cosiddetto trattato vincolante delle Nazioni Unite, attualmente oggetto di discussione da parte dei membri dell’ONU, volto a codificare obblighi internazionali in materia di diritti umani giuridicamente vincolanti per le attività di imprese transnazionali e plaude ai lavori attualmente in corso per il parere di iniziativa REX/518. Al pari di alcuni Stati membri che hanno già legiferato in materia di dovere di diligenza, il CESE invita la Commissione a proporre una normativa europea in questo settore.

5.   Commercio e sviluppo sostenibile: l’esigenza di realizzare gli OSS/l’accordo di Parigi

5.1.

Nel suo parere sul tema Commercio per tutti (30), il CESE ha accolto con favore soprattutto l’accento posto dall’UE sulla sua analisi approfondita del settore dello sviluppo sostenibile, con particolare riguardo ai diritti umani e sociali e all’ambiente. Nel parere relativo ai capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile (CSS) negli accordi di libero scambio (31), il CESE ha esortato la Commissione «ad essere più ambiziosa nel suo approccio, in particolare per quanto riguarda il rafforzamento dell’effettiva applicabilità degli impegni contenuti nei capitoli CSS, che è di fondamentale importanza per il CESE. Ai capitoli CSS deve essere attribuita la stessa importanza di quelli che riguardano le questioni commerciali, tecniche o tariffarie».

5.1.1.

In tale contesto, il CESE si compiace in particolare del recente annuncio della presidente designata della Commissione europea riguardante la prossima nomina di un nuovo responsabile dell’applicazione degli accordi commerciali, incaricato, senza nulla togliere alla responsabilità generale del commissario per il Commercio, di monitorare e migliorare la conformità dei nostri accordi commerciali. In questo caso è essenziale che ciò comprenda ampi poteri, con pari peso e pari efficacia, per coprire tutti gli impegni concordati negli accordi di libero scambio, in particolare quelli relativi ai capitoli su commercio e sviluppo sostenibile e alle questioni di ordine sociale e ambientale che si pongono in relazione ad altri capitoli degli accordi commerciali e di investimento. Tale posizione deve comportare un processo decisionale obiettivo, basato su indagini tempestive ed avviate in modo efficace, sostenuto da risorse adeguate e con un chiaro ruolo per le parti interessate riconosciute per quanto riguarda la presentazione di reclami e la partecipazione ad eventuali audizioni pubbliche successive. In tale contesto occorrerà prevedere un’approfondita rendicontazione al Parlamento europeo e al Consiglio, un ruolo decisivo per il CESE e i rispettivi gruppi consultivi interni, e alla base il coinvolgimento continuo della società civile.

5.2.

In ciascuno degli accordi di libero scambio conclusi dopo il 2010, che l’UE definisce di «nuova generazione», è stato incluso un capitolo specifico sul commercio e sullo sviluppo sostenibile, che prevede fra l’altro un ruolo di monitoraggio attivo della società civile di ciascuna controparte.

5.2.1.

Il CESE ritiene che il dialogo costruttivo con la società civile in materia di politica commerciale e di investimento sia un elemento essenziale, e rilancia la sua richiesta di rafforzare ulteriormente il suo ruolo. Nel suo parere sul ruolo dei gruppi consultivi interni (GCI) (32), il CESE ha sottolineato tale coinvolgimento e ha chiesto la sua estensione a tutti gli aspetti degli accordi commerciali, ponendo l’accento sul loro impatto sugli impegni in materia di commercio e sviluppo sostenibile.

5.2.2.

Il CESE ha già raccomandato di includere in tutti i futuri mandati riguardanti i capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile non solo una clausola specifica volta a promuovere gli OSS (33), ma anche, a seguito dell’accordo di Parigi, la lotta al riscaldamento globale.

5.3.

Sia i 17 OSS, fulcro dell’ampia «Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile» delle Nazioni Unite, che l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (34) devono rimanere priorità globali. In questo campo il commercio e gli investimenti devono svolgere un ruolo di sostegno fondamentale, ma una sfida considerevole sarà quella consistente nel realizzare, entro il 2050, un’economia dell’UE neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio.

5.3.1.

Tutti questi aspetti avranno effetti profondi sul commercio, poiché a loro volta i flussi commerciali avranno un effetto su di essi, sia nell’UE che a livello mondiale. Le agende di Parigi e degli OSS dovranno essere poste al centro di tutte le future politiche, pratiche e trattative commerciali. Secondo le stime della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad) (35), per conseguire gli OSS saranno necessari altri 7 000 miliardi di dollari USA, di cui almeno un terzo dovrà provenire dal settore privato. Anche le risorse pubbliche saranno inoltre essenziali per l’attuazione e il finanziamento degli OSS. Come precedentemente asserito dal direttore generale dell’OMC, gli obiettivi di sviluppo del millennio hanno già evidenziato il «potenziale trasformativo del commercio» (36).

5.3.2.

A loro volta, saranno necessarie significative modifiche regolamentari per assicurare una transizione energetica adeguata e la libertà necessaria per conseguire gli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi. Nel suo parere sul tribunale multilaterale per gli investimenti, il CESE ha chiesto l’inclusione di una clausola sulla gerarchia delle fonti che garantisca che, in caso di conflitto tra un accordo internazionale di investimento e un accordo internazionale in materia ambientale, sociale o di diritti umani vincolante per una delle parti della controversia, prevalgano gli obblighi stabiliti in quest’ultimo accordo, onde evitare che sia data la priorità agli accordi tra investitori (37).

5.4.

In un parere precedente (38), il CESE ha concluso che l’UE «si trova in una posizione privilegiata per promuovere la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile» poiché «ha la credibilità necessaria per svolgere un’efficace funzione di ponte tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo». Nondimeno, ha esortato a dare maggiore rilievo alla piena integrazione degli OSS «nel quadro strategico europeo e nelle attuali priorità della Commissione», ove necessario in cooperazione con gli Stati membri.

5.4.1.

Il CESE ha già sottolineato (39) che l’agricoltura svolge un ruolo particolarmente importante nella realizzazione di undici OSS. In un parere più recente, Connessione Europa-Asia (40), il Comitato ha sottolineato che «ritiene essenziale stabilire un collegamento formale tra l’iniziativa cinese Nuova via della seta (BRI) e gli obiettivi di sviluppo sostenibile», elencando nuovamente i nove OSS più pertinenti.

5.5.

Almeno 13 OSS riguardano i cambiamenti climatici. L’accordo di Parigi rappresenta a sua volta il primo accordo globale sul clima a livello mondiale. Se gli OSS sono il programma generale per la futura generazione, l’accordo di Parigi rappresenta il progetto per il futuro del pianeta. È generalmente riconosciuto che un aumento della temperatura media globale superiore ai 2 °C rispetto ai livelli preindustriali avrebbe effetti catastrofici, e i paesi più esposti sarebbero anche quelli meno attrezzati a far fronte ai cambiamenti.

5.5.1.

L’aumento dei flussi commerciali comporterà per sua natura un ulteriore incremento dei trasporti, le cui emissioni di gas a effetto serra sono già elevate. Il settore dei trasporti rappresenta il 24 % delle emissioni globali di CO2 ed è l’unico settore in cui le emissioni stanno ancora aumentando e raggiungeranno, secondo le previsioni, il 40 % delle emissioni totali entro il 2030. Con l’aviazione internazionale e il trasporto marittimo non direttamente inclusi nell’accordo di Parigi, vi è l’urgente necessità di trattare tutti i modi di trasporto nell’ambito di una politica dei trasporti rafforzata, equa e sostenibile, coinvolgendo altri operatori della filiera, come i produttori di energia e i produttori di apparecchiature originali (OEM).

5.5.2.

In un parere separato sul ruolo dei trasporti, il CESE ha messo in risalto le «numerose sfide per quanto riguarda gli OSS, come la necessità di ridurre l’impatto ambientale e climatico, migliorare i sistemi di trasporto e la sicurezza del traffico, nonché gestire le problematiche connesse all’occupazione e al lavoro dignitoso» (41). Ora il CESE chiede anche che venga stabilito un collegamento politico con gli scambi e gli investimenti.

5.6.

Tale preoccupazione generale ha favorito la diffusione del concetto di «economia circolare», descritta come sistema economico volto a ridurre al minimo gli sprechi e a utilizzare in modo ottimale le risorse. Lo scopo dell’economia circolare è ridurre al minimo il consumo di risorse e la produzione di scarti ed emissioni e la dispersione energetica. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso un approccio rigenerativo basato su una progettazione rivolta alla lunga durata, sulla manutenzione, la riparazione, il riutilizzo, la rifabbricazione, la rigenerazione e il riciclaggio.

5.6.1.

Molti ritengono che un mondo sostenibile non debba essere sinonimo di qualità della vita peggiore per i consumatori, che l’obiettivo possa essere conseguito senza una diminuzione dei profitti e senza costi aggiuntivi e che i modelli commerciali circolari possano essere redditizi quanto quelli lineari.

5.6.2.

Sorgono tuttavia diverse problematiche correlate, in particolare per quanto riguarda le industrie ad alta intensità di risorse ed energia dell’UE, che si scontrano con una difficoltà intrinseca. Esse svolgono un importante ruolo strategico nella catena del valore industriale dell’UE. Se da un lato l’ambizioso obiettivo della politica in materia di cambiamenti climatici è ridurre le emissioni di gas a effetto serra (derivanti sia dalla combustione di combustibili fossili che dai processi industriali) — e l’attuale obiettivo dell’UE è raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 — dall’altro, i costi energetici delle industrie ad alta intensità di risorse ed energia costituiscono una percentuale decisamente elevata dei loro costi complessivi: 25 % per l’acciaio, 22-29 % per l’alluminio (42), 25-32 % per il vetro (43). Questo problema è affrontato in modo più approfondito in un altro parere specifico del CESE (44).

5.6.3.

La rilocalizzazione delle emissioni di CO2 e, di conseguenza, degli investimenti si verifica quando un prezzo superiore nell’UE determina una perdita di quote di mercato e dei relativi posti di lavoro. In questo caso, le emissioni di gas a effetto serra vengono semplicemente trasferite dai produttori dell’UE a quelli di paesi terzi (sovente meno efficienti sotto il profilo energetico) — un trasferimento che, nella migliore delle ipotesi, non ha alcuna incidenza sulla quantità globale delle emissioni di GES.

5.6.4.

Le misure palliative di adeguamento alle frontiere, per cui i paesi possono imporre tasse sui beni importati e rimborsare le imposte sulle merci esportate, sono possibili, e riconosciute come legittime dall’OMC, a determinate condizioni.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  I relativi riferimenti figurano nella maggior parte delle note a piè di pagina dalla n. 9 in poi.

(2)  Pubblicazione della DG Commercio, novembre 2018.

(3)  COM(2015) 497 final

(4)  JOIN(2018) 31 final

(5)  Lettera di incarico della presidente eletta della Commissione Ursula von der Leyen al commissario designato per il Commercio Phil Hogan, 10 settembre 2019.

(6)  Cfr. la nota 3.

(7)  E altri 20 milioni nei paesi terzi.

(8)  OCSE Trade Policy Papers (Documenti di lavoro dell’OCSE sulla politica commerciale), N. 226 (2019), Offshoring of services functions and labour market agents (Delocalizzazione delle funzioni connesse ai servizi e adeguamenti del mercato del lavoro), Parigi.

(9)  Documenti di lavoro dell’OCSE sulla politica commerciale, n. 227 (2019), Micro-Evidence on Corporate Relationships in Global Value Chains: The Role of Trade, FDI and Strategic Partnerships («Microdati in materia di relazioni societarie nelle catene globali del valore: il ruolo degli scambi commerciali, degli IED e dei partenariati strategici»), Parigi.

(10)  Cfr. la nota 2.

(11)  GU C 159 del 10.5.2019, pag. 15

(12)  Documento di lavoro dell’OCSE sulla produttività, n. 18 (2019), Industry Concentration in Europe and North America («La concentrazione dell’industria in Europa e America settentrionale»), Parigi; World Economic Outlook Report, aprile 2019.

(13)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 94

(14)  Cfr. la nota 3.

(15)  GU C 383 del 17.11.2015, pag. 34

(16)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 123

(17)  GU C 129 dell’11.4.2018, pag. 27

(18)  Cfr. la nota 4.

(19)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 123

(20)  GU C 159 del 10.5.2019, pag. 15

(21)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 145

(22)  GU C 487 del 28.12.2016, pag. 30

(23)  GU C 173 del 31.5.2017, pag. 20

(24)  GU C 159 del 10.5.2019, pag. 15

(25)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 27

(26)  Comunicato stampa della Commissione europea, luglio 2015.

(27)  GU C 209 del 30.6.2017, pag. 66

(28)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 27

(29)  Orientamenti dell’OCSE per le imprese multinazionali, edizione 2011.

(30)  Cfr. la nota 16.

(31)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 27

(32)  GU C 159 del 10.5.2019, pag. 28

(33)  Cfr. la nota 16.

(34)  Conferenza delle parti (COP) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC COP21) che si è tenuta a Parigi.

(35)  Unctad WIF, Comunicato stampa, Ginevra 14.10.2014. La stima è stata in seguito ribadita a più riprese.

(36)  Intervento alle Nazioni Unite del 21 settembre 2016.

(37)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 145

(38)  Cfr. la nota 17.

(39)  Cfr. la nota 23.

(40)  GU C 228 del 5.7.2019, pag. 95

(41)  GU C 367 del 10.10.2018, pag. 9

(42)  A. Marcu, W. Stoefs: Study on composition and drivers of energy prices and costs in selected energy-intensive industries, («Analisi della composizione e dei fattori determinanti dei prezzi dell’energia e dei suoi costi in alcune industrie ad alta intensità energetica»), CEPS, 2016, disponibile sul sito: http://ec.europa.eu/DocsRoom/documents/20355

(43)  C. Egenhofer e L. Schrefler, Study on composition and drivers of energy prices and costs in energy-intensive industries. The case of the flat glass industry («Analisi della composizione e dei fattori determinanti dei prezzi dell’energia e dei suoi costi nelle industrie ad alta intensità energetica. Il caso dell’industria del vetro piano»), CEPS, 2014.

(44)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 59


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/50


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Un ruolo più costruttivo della società civile nell’attuazione della normativa ambientale»

(Parere esplorativo)

(2020/C 47/07)

Relatore: Arnaud SCHWARTZ

Correlatore: István KOMORÓCZKI

Consultazione

Commissione europea, 18.12.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Parere esplorativo

Decisione dell’Ufficio di presidenza

11.12.2018

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

1.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

152/3/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Nel richiedere il parere, la Commissione europea (CE) ha dichiarato che nella società civile organizzata «datori di lavoro, lavoratori, e altri rappresentanti sono cruciali per l’attuazione». Il CESE è d’accordo su questo punto e, come già fatto in pareri precedenti (1) (2), sottolinea il fatto che la legislazione ambientale non è attuata correttamente a causa della mancanza di volontà politica a tutti i livelli istituzionali. Ciò non ha nulla a che vedere con il fatto che la società civile non svolga il suo ruolo in maniera sufficiente o in maniera costruttiva.

1.2.

Il CESE invita pertanto la CE a sviluppare un migliore quadro per il rispetto della legislazione a livello dell’UE. Ciò dovrebbe realizzarsi con un trattamento più trasparente e risoluto dei reclami e delle infrazioni, ma anche aumentando le risorse umane e finanziarie (per esempio nell’ambito del quadro finanziario pluriennale — QFP). L’obiettivo è spiegare quale sia la legislazione ambientale dell’UE, verificarne la corretta attuazione, valutarla e assistere i tribunali nell’esercizio dei loro poteri quando necessario.

1.3.

Il CESE dà il suo sostegno al processo di riesame dell’attuazione delle politiche ambientali (EIR), che è fondamentale per fornire un’ampia gamma di informazioni ambientali su questioni quali la sostenibilità, i cambiamenti climatici e la qualità della vita in Europa, ma è in attesa che la CE e gli Stati membri adempiano ai loro obblighi integrando le opinioni delle organizzazioni della società civile sull’EIR e sulle relazioni per paese.

1.4.

Il CESE chiede inoltre alla CE di integrare in modo più sistematico le organizzazioni della società civile nei futuri controlli dell’adeguatezza della normativa ambientale dell’UE, nonché nei futuri processi EIR, a livello sia nazionale che europeo. Tale integrazione dovrebbe avvenire in una fase iniziale, al momento di definire i criteri di valutazione, in cooperazione con il CESE o i consigli omologhi, a seconda che ciò si attui a livello europeo, nazionale o locale.

1.5.

Il CESE chiede alla CE di garantire che gli Stati membri sviluppino, introducano e operino sistemi fiscali armonizzati, verdi e sostenibili basati sul principio «chi inquina paga». In questo modo, le risorse saranno sistematicamente ridistribuite verso coloro che agiscono per prevenire l’inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria. Questo principio dovrebbe applicarsi anche ai comuni e agli altri enti locali o regionali.

1.6.

Le organizzazioni della società civile per l’ambiente e le PMI dovrebbero essere maggiormente coinvolte nel fornire informazioni ai dipendenti e nel definire modelli per l’educazione e la formazione in campo ambientale, al fine di garantire che il pubblico abbia una comprensione di fondo di tali questioni. Tale cooperazione dovrebbe essere sostenuta e finanziata dagli Stati membri. I programmi scolastici nazionali dovrebbero prevedere corsi obbligatori sulle tematiche legate al clima e all’ambiente (6-18 anni) e a partire dal 2020 le organizzazioni della società civile attive nel settore ambientale dovrebbero partecipare ad attività teoriche o pratiche su base obbligatoria.

1.7.

A livello politico, il CESE esorta tutti gli Stati membri a istituire almeno un ministero per la tutela dell’ambiente, che consenta di porre maggiormente l’accento sul miglioramento del coordinamento e dell’applicazione della legislazione in materia di ambiente.

1.8.

Al fine di ridurre la nostra impronta ecologica e di rafforzare lo sviluppo sostenibile, il CESE esorta gli Stati membri ad attuare pienamente le strategie degli appalti pubblici verdi (GPP) sotto la supervisione regolare e diretta della CE. Quest’ultima dovrebbe spingersi oltre esigendo che le organizzazioni della società civile siano consultate al momento di preparare i GPP e di finalizzare le offerte pervenute. La Commissione dovrebbe altresì presentare la possibilità di utilizzare i fondi UE per rafforzare l’impatto positivo dei GPP.

1.9.

L’UE deve contribuire allo sviluppo di modelli di sviluppo locale e promuovere la protezione diffusa dell’ambiente. Per questi motivi è necessaria una presenza dell’UE più visibile a livello locale per garantire che i fondi dell’UE siano ben spesi e che i soggetti pubblici e privati interessati siano coinvolti nella corretta attuazione della legislazione e della governance in materia ambientale. Questo potrebbe inoltre soddisfare l’esigenza di garantire che le persone e le organizzazioni che risiedono nelle regioni periferiche dell’UE ricevano un sostegno e siano trattate come una componente essenziale dell’UE. La CE dovrebbe inoltre garantire che sufficiente personale qualificato sia impiegato per accedere all’informazione e alla giustizia e, in particolare, nel campo dell’ispezione al fine di monitorare la corretta attuazione.

1.10.

Il CESE segnala che la CE deve tutelare e sostenere a fondo i nostri standard ambientali e sociali fondamentali nel quadro della promozione e della protezione dell’economia dell’UE nell’ambito dei negoziati commerciali globali. Si tratta non solo di un modo per far crescere la competitività europea, migliorare l’immagine dell’Europa e dare un futuro ai suoi abitanti e territori, ma ciò offre anche l’opportunità per mostrare ad altre regioni del mondo un metodo di governance più democratico e sostenibile basato su una più intensa partecipazione delle organizzazioni della società civile.

1.11.

Il CESE propone di istituire un organo tripartito (CE, Stati membri e organizzazioni della società civile) per la risoluzione delle controversie e/o per la discussione di problemi sollevati dalle organizzazioni della società civile, prima che si verifichi un eventuale danno ambientale o che si avvii un procedimento legale. Inoltre, un organismo consultivo scientifico indipendente dell’UE dovrebbe essere in grado di formulare raccomandazioni destinate alla Commissione qualora un’organizzazione della società civile segnali un problema. La CE dovrebbe inoltre presentare decisioni motivate.

1.12.

Gli Stati membri e la CE dovrebbero estendere un maggiore sostegno politico, finanziario e professionale alle PMI e alle organizzazioni della società civile che si concentrano sulla protezione dell’ambiente dopo il 2020.

2.   Osservazioni generali

2.1.    Il ruolo della società civile nella governance, attuazione e valutazione della normativa ambientale

Contesto

2.1.1.

Come ha scritto al presidente del CESE il Primo vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, nella lettera del dicembre 2018 in cui chiede di elaborare il presente parere esplorativo: «La società civile — datori di lavoro, lavoratori, e altri rappresentanti — è cruciale per l’attuazione». Il CESE, in quanto voce della società civile organizzata, riflette le opinioni della base della società europea in settori che rientrano tra i temi menzionati nella lettera di cui sopra.

2.1.2.

Negli ultimi anni il CESE ha adottato diversi pareri su questo tema che la Commissione europea dovrebbe tenere in considerazione (3) (4).

2.1.3.

Alla luce del diffondersi delle preoccupazioni ambientali tra i cittadini (5), il CESE desidera ricordare alla CE che uno dei problemi più importanti in relazione a una migliore attuazione della normativa ambientale è stata la mancanza di volontà politica a livello locale, nazionale e dell’UE. Questa lacuna si traduce anche in una mancanza di risorse umane e finanziarie (per esempio nell’ambito del quadro finanziario pluriennale — QFP) necessarie per chiarire quale sia la finalità della legislazione ambientale, fare in modo che sia correttamente attuata, assistere i tribunali nell’esercizio dei loro poteri in caso di necessità (6) e procedere alla valutazione. In altre parole, la ragione dell’insufficiente attuazione della legislazione ambientale non va cercata nel fatto che la società civile abbia omesso di svolgere il suo ruolo in modo adeguato e costruttivo. Il CESE è dell’avviso che la responsabilità ricada principalmente sugli organi legislativi, che semplicemente non se ne sono occupati in misura sufficiente.

2.1.4.

Da ultimo, ma non meno importante, il CESE reputa che, per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS), a cominciare dall’OSS 1, e per mettere in pratica gli accordi in materia di clima, le organizzazioni della società civile debbano svolgere un ruolo più forte nella governance, nell’attuazione e nella valutazione della normativa ambientale dell’UE. Il CESE richiama quindi l’attenzione delle autorità competenti su una serie di miglioramenti di carattere generale, settoriale e tematico elencati nel presente parere.

Accesso alle informazioni

2.1.5.

Il CESE sostiene risolutamente il processo di riesame dell’attuazione delle politiche ambientali (EIR), che è fondamentale per fornire un’ampia gamma di informazioni ambientali su questioni quali la sostenibilità, i cambiamenti climatici e la qualità della vita in Europa, ma è in attesa che la CE e gli Stati membri adempiano ai loro obblighi integrando le opinioni delle organizzazioni della società civile sull’EIR e sulle relazioni per paese.

2.1.6.

Il CESE chiede alla Commissione di imporre agli Stati membri di adottare un meccanismo che consenta l’accesso alle informazioni ambientali entro un mese (convenzione di Aarhus (7)). Non è più accettabile che i cittadini debbano aspettare talvolta più di un anno per poter accedere a questo tipo di informazioni.

2.1.7.

Il CESE chiede inoltre alla Commissione di comunicare e promuovere meglio l’immagine delle direttive dell’UE in modo più regolare e efficiente attraverso l’uso dei social media. Tale approccio potrebbe essere sostenuto dalle organizzazioni della società civile. Misure di formazione e di educazione permanenti sulle questioni ambientali sono cruciali.

Partecipazione

2.1.8.

Il CESE chiede inoltre alla CE di integrare in modo più sistematico le organizzazioni della società civile nei futuri controlli dell’adeguatezza della normativa ambientale dell’UE, nonché nei futuri processi EIR, a livello sia nazionale che europeo. Tale integrazione dovrebbe realizzarsi in una fase iniziale, al momento di definire i criteri di valutazione, in cooperazione con il CESE e gli omologhi consigli a livello nazionale e locale.

2.1.9.

Come sostenuto in precedenti pareri (8) (9), il CESE riafferma che l’attuazione efficace delle misure di protezione ambientale dipende, in parte, dal conferimento di un ruolo più attivo alla società civile (datori di lavoro, lavoratori dipendenti e altre parti interessate). Il CESE reitera quindi la propria richiesta di una partecipazione più robusta e strutturata delle organizzazioni della società civile, che sarebbe in grado di rafforzare i processi EIR. Ad esempio, alle organizzazioni della società civile interessate alle questioni ambientali a livello nazionale e alla comunità scientifica va data l’opportunità di contribuire, con le loro competenze e conoscenze, alle relazioni per paese, ai dialoghi nazionali strutturati e al loro monitoraggio.

2.1.10.

Lo stesso vale per i negoziati commerciali dell’UE: la CE deve tutelare e sostenere con fermezza i nostri standard ambientali e sociali fondamentali nel quadro della promozione e della protezione dell’economia dell’UE nell’ambito dei negoziati commerciali globali. Si tratta non solo di un modo per far crescere la competitività europea, migliorare l’immagine dell’Europa e dare un futuro ai suoi abitanti e territori, ma ciò offre anche l’opportunità per mostrare ad altre regioni del mondo un metodo di governance più democratico e sostenibile basato su una più intensa partecipazione delle organizzazioni della società civile.

2.1.11.

Le organizzazioni della società civile sono spesso chiamate a rappresentare e a esprimere le preoccupazioni della società civile per quanto riguarda i costi e i disagi relativi all’attuazione. Il CESE propone pertanto che le organizzazioni della società civile svolgano un ruolo in una fase iniziale dell’iter, quando sono invitate a organizzare consultazioni e a diventare soggetti pertinenti nella risoluzione delle controversie. Il CESE ritiene che la risoluzione delle controversie dovrebbe trovar posto in una fase iniziale dell’iter.

2.1.12.

Il CESE propone di istituire un organo tripartito (CE, Stati membri e organizzazioni della società civile) per la risoluzione delle controversie e/o per la discussione di problemi sollevati dalle organizzazioni della società civile, prima che si verifichi un eventuale danno ambientale o che si avvii un procedimento legale. Inoltre, un organismo consultivo scientifico indipendente dell’UE dovrebbe essere in grado di formulare raccomandazioni destinate alla Commissione qualora un’organizzazione della società civile segnali un problema. La CE dovrebbe inoltre presentare decisioni motivate.

Accesso alla giustizia

2.1.13.

Facendo di nuovo riferimento a un parere precedente (10), il CESE chiede alla Commissione di adoperarsi per migliorare l’accesso alla giustizia per la società civile (ad esempio con il diritto delle organizzazioni della società civile di adire la Corte di giustizia dell’Unione europea e con giudici e pubblici ministeri specializzati a livello dell’UE, nazionale e locale).

2.1.14.

Per migliorare l’accesso alla giustizia, il CESE ritiene inoltre che i cittadini dovrebbero avere la possibilità di rivolgersi direttamente alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), come nel caso della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), quando è in gioco il recepimento delle direttive UE nel diritto nazionale e quando i mezzi di ricorso nazionali sono stati esauriti.

2.1.15.

Dati i ritardi spesso enormi dei procedimenti giudiziari, il CESE chiede alla CE di considerare l’istituzione, per le questioni diverse dalle situazioni di emergenza, di un meccanismo d’ingiunzione ambientale che gli Stati membri siano tenuti a rispettare, e che preveda la sospensione dei lavori in attesa di una decisione del Tribunale di primo grado in caso di danno immediato all’ambiente.

2.1.16.

Il CESE chiede inoltre alla CE di creare un meccanismo adeguato per far sì che le ammende pagate da chi ha causato danni ambientali siano investite in azioni volte a sostenere la tutela dell’ambiente.

2.2.    Proposte della società civile in merito al ruolo delle PMI, dei datori di lavoro, dei sindacati e delle organizzazioni ambientaliste nell’attuazione della normativa ambientale

Il ruolo delle PMI nell’attuazione della normativa ambientale

2.2.1.

Come sottolineato in un precedente parere (11), il CESE, al pari della Commissione, è cauto per quanto riguarda il riconoscimento del fatto che l’insufficiente rispetto dei meccanismi volti a garantire l’attuazione della normativa in materia di ambiente e della governance ambientale sia un deprecabile fattore di concorrenza sleale e di pregiudizio economico.

2.2.2.

Le PMI e le microimprese in particolare rappresentano il 99,8 % delle imprese in Europa: esse sono definite dal numero di dipendenti o dal loro fatturato e dal loro bilancio (12). Il contributo delle PMI alla creazione di valore e all’occupazione, nonché il loro impatto ambientale sono significativi. Sebbene le singole PMI dispongano in generale di risorse umane e finanziarie limitate, è nell’interesse di tutti mobilitarle e incoraggiarle a concentrarsi di più sulle norme in materia di tutela ambientale. Le capacità delle PMI e la loro partecipazione all’innovazione, al rinnovamento, alla creazione di posti di lavoro e al mantenimento del progresso sociale sono molto importanti per realizzare gli OSS dell’ONU e per conseguire gli obiettivi climatici globali dell’accordo di Parigi. Esistono numerosi altri settori importanti, quali la salute, l’agricoltura, la produzione, il turismo e l’ospitalità, i servizi e le imprese in generale, in cui sono fondamentali lo sviluppo e l’armonizzazione delle norme ambientali, la salvaguardia dello sviluppo sostenibile e la lotta ai cambiamenti climatici. A questo proposito, la Commissione europea, gli Stati membri e le organizzazioni della società civile devono veramente collaborare più strettamente con le PMI.

2.2.3.

Il CESE chiede alla CE di garantire che gli Stati membri sviluppino, introducano e gestiscano sistemi fiscali armonizzati, verdi, sostenibili e compatibili con l’ambiente basati sul principio «chi inquina paga». In questo modo, le risorse saranno sistematicamente ridistribuite verso coloro che agiscono per prevenire l’inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria. Questo principio dovrebbe applicarsi anche ai comuni e agli altri enti locali o regionali.

Il ruolo dei sindacati e dei datori di lavoro nell’attuazione della normativa ambientale

2.2.4.

Il CESE chiede alla CE di sovvenzionare una parte dei costi sostenuti per la formazione dei lavoratori in materia di riconoscimento e attuazione della normativa ambientale, nel quadro di corsi organizzati dai sindacati e/o dai datori di lavoro.

2.2.5.

Le organizzazioni della società civile interessate alla protezione dell’ambiente e le PMI dovrebbero essere maggiormente coinvolte nel fornire informazioni ai dipendenti e nel definire modelli per l’educazione e la formazione in campo ambientale, al fine di garantire che il pubblico abbia una comprensione di fondo di tali questioni. Tale cooperazione dovrebbe essere finanziata dagli Stati membri. I programmi scolastici nazionali dovrebbero prevedere corsi obbligatori sulle tematiche legate al clima e all’ambiente (6-18 anni) e a partire dal 2020 le organizzazioni della società civile attive nel settore ambientale dovrebbero partecipare ad attività teoriche o pratiche su base obbligatoria.

Il ruolo delle organizzazioni della società civile interessate ai temi ambientali nell’attuazione della normativa ambientale

2.2.6.

Il CESE chiede alla CE di garantire che il bilancio dell’UE copra i costi legati al contributo delle organizzazioni della società civile senza scopo di lucro ai processi europei e nazionali nonché alla struttura della governance, all’attuazione e alla valutazione della normativa ambientale.

2.2.7.

In generale, gli Stati membri e la CE dovrebbero estendere un maggiore sostegno politico, finanziario e professionale alle PMI e alle organizzazioni della società civile per l’impegno nella protezione dell’ambiente dopo il 2020.

2.2.8.

Le organizzazioni della società civile interessate ai temi ambientali dovrebbero avere la possibilità di partecipare al processo decisionale relativo all’utilizzo dei fondi europei a livello regionale, per progetti che abbiano un impatto sull’ambiente. Esse dovrebbero altresì avere un accesso più agevole a tali fondi.

2.2.9.

Inoltre, le organizzazioni della società civile ambientaliste devono avere la possibilità di fornire consulenza e partecipare all’elaborazione delle relazioni annuali degli Stati membri relative alle direttive ambientali (per esempio relative alle direttive Uccelli e Habitat o allo stato dell’ambiente nei singoli paesi). La CE dovrebbe inoltre essere più vigile nel garantire che gli Stati membri pubblichino tali relazioni in tempo (perché alcune non vengono presentate nei termini, come stabilito dall’articolo 16 della direttiva Habitat (13) o dall’articolo 9 della direttiva Uccelli (14)).

2.3.    Proposte della società civile organizzata in merito al suo ruolo nell’attuazione della normativa ambientale nei settori dei rifiuti, dell’aria e della biodiversità

Il ruolo della società civile nell’attuazione della normativa ambientale nel settore dei rifiuti

2.3.1.

Il CESE è molto preoccupato per il fatto che, secondo la relazione della CE, la metà dei paesi dell’UE rischia di non raggiungere l’obiettivo del 50 % di riciclaggio dei rifiuti urbani entro il 2020 (15).

2.3.2.

Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a eliminare gradualmente l’incinerazione e l’interramento dei rifiuti riciclabili. È giunto il momento che la CE e gli Stati membri rispettino i loro impegni in materia di protezione dell’ambiente, piuttosto che accettare di piegarsi ai gruppi di pressione che agiscono contro un’economia sostenibile, a zero rifiuti e circolare di cui vi è urgente bisogno.

2.3.3.

A tale riguardo, il CESE esorta tutti gli Stati membri a svolgere un ruolo significativo nel concentrarsi sulla tutela dell’ambiente e agire in tal senso. La CE dovrebbe chiedere agli Stati membri di istituire, nell’ambito della loro struttura governativa, un ministero dotato di un portafoglio per la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile, che consenta loro di concentrarsi maggiormente sul coordinamento e l’applicazione delle normative ambientali dell’UE.

2.3.4.

Al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi in materia di rifiuti e di sostenere tale processo attraverso una migliore educazione e formazione, il CESE sollecita altresì gli Stati membri a lanciare campagne di educazione e informazione chiare sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti, destinate al grande pubblico, comprese le scuole primarie e secondarie. Al fine di evidenziare meglio la responsabilità sociale globale in materia di tutela dell’ambiente, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero assicurare una più ampia copertura online delle attività mirate condotte dalle PMI e dalle ONG in materia di raccolta e gestione dei rifiuti. Seguendo l’esempio del concorso Capitale verde europea (vinto da Oslo (16) nel 2019), il CESE propone che, a partire dal 2020, la Commissione assegni alle ONG ambientaliste dei diversi paesi le risorse finanziarie necessarie per assegnare ogni anno, negli Stati membri, analoghi premi verdi a tre centri rurali (città o cittadine di piccole dimensioni), sulla base della loro prestazione ambientale. Ovviamente il premio avrà una valenza più simbolica che sostanziale, mentre l’interesse mirato dei media locali e nazionali porrà in evidenza l’importanza di questo tema.

2.3.5.

Le imposte, le sanzioni tributarie, l’esenzione dal pagamento di determinate imposte e sgravi fiscali sono incentivi importanti per la gestione e la crescita economica dei paesi al momento di incoraggiare o scoraggiare le parti interessate a ridurre, eliminare, distruggere e gestire i rifiuti come risorsa utile. Al fine di coinvolgere le PMI nella gestione più efficiente dei rifiuti e di assicurare una migliore qualità dell’aria, il CESE propone che gli Stati membri applichino tasse più elevate per lo smaltimento dei rifiuti in discarica, riducano vigorosamente l’incenerimento dei rifiuti oppure addirittura lo vietino del tutto, applichino il principio «paghi quanto butti» su tutto il territorio dell’UE e impongano sanzioni per le materie riciclabili contaminate. Sarebbe molto utile introdurre tasse verdi (o compatibili con l’ambiente) o sgravi fiscali una tantum per le PMI che introducono innovazioni fondamentali nella gestione e nel riutilizzo dei rifiuti.

2.3.6.

Il CESE sostiene con forza gli obiettivi di base illustrati nella direttiva quadro sui rifiuti (17) la quale prevede che la gestione dei rifiuti debba essere effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o la fauna, senza causare disagi da rumori od odori e senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse. Di conseguenza, la CE dovrebbe integrare la legislazione e la politica dell’UE in materia di rifiuti con una combinazione di metodi di raccolta differenziata dei rifiuti (porta a porta, isole di rifiuti, discariche, azioni collettive-sociali in materia di raccolta di rifiuti) e stabilendo una rete nazionale di discariche. L’introduzione (e l’applicazione) obbligatoria di sistemi di vuoto a rendere su cauzione per i contenitori monouso (PET, alluminio, vetro), l’uso intelligente dei rifiuti ingombranti (centri di riutilizzo), l’estensione della raccolta differenziata dei rifiuti (tessili, biodegradabili, pericolosi) e una più ampia incentivazione del compostaggio domestico e comunitario, unitamente al sostegno finanziario e tecnico per l’utilizzo del compost, consentiranno di ridurre l’onere dello smaltimento dei rifiuti.

2.3.7.

Le organizzazioni della società civile e le PMI interessate (principalmente le aziende di gestione dei rifiuti) dovrebbero essere coinvolte più adeguatamente nel relativo processo decisionale in materia ambientale e nell’attuazione a livello nazionale. Gli Stati membri dovrebbero istituire regimi di sostegno finanziario per le PMI che svolgono un ruolo attivo nella raccolta, nel riciclaggio, nella rivalutazione dei rifiuti e nell’economia circolare più in generale.

2.3.8.

Al fine di ridurre la nostra impronta ecologica e di rafforzare lo sviluppo sostenibile, il CESE esorta gli Stati membri ad attuare pienamente le strategie degli appalti pubblici verdi (GPP) sotto la supervisione regolare e diretta della CE. Quest’ultima dovrebbe spingersi oltre, chiedendo che le ONG ambientali nazionali attive negli Stati membri siano coinvolte nella preparazione dei GPP e nella valutazione finale delle offerte pervenute. La Commissione dovrebbe altresì presentare la possibilità di utilizzare i fondi UE per rafforzare l’impatto positivo dei GPP.

2.3.9.

L’EIR (18) dovrebbe essere pubblicato regolarmente, mettendo costantemente a disposizione del grande pubblico le informazioni pertinenti. L’EIR pubblicato il 4 aprile 2019 fa riferimento a uno studio secondo il quale i costi totali per la società delle attuali lacune nell’attuazione delle norme ambientali ammontano a circa 55 miliardi di euro all’anno (19).

2.3.10.

Gli scambi europei tra pari tra gli esperti delle agenzie ambientali e dei comuni degli Stati membri in atto da due anni funzionano bene e hanno permesso di sensibilizzare le parti interessate. Sarebbe tuttavia necessario assicurare, negli Stati membri, una copertura online molto più ampia delle nuove idee e delle buone pratiche apprese, grazie alla regolare pubblicazione del contenuto e dei risultati di tali eventi tra pari. Un migliore coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle PMI dei diversi Stati membri può tradursi in una più stretta cooperazione tecnica o commerciale e in un più rapido riconoscimento delle opportunità per le PMI. Il CESE esorta la Commissione europea a pubblicare ogni anno le date delle giornate mondiali per l’ambiente (20), invitando e responsabilizzando le parti locali interessate negli Stati membri, quando mobilitano o finanziano le parti interessate, le imprese, le organizzazioni della società civile e le autorità per organizzare manifestazioni per la raccolta dei rifiuti, la pulizia o il miglioramento della qualità dell’aria.

Il ruolo della società civile nell’attuazione della normativa ambientale nel settore dell’aria

2.3.11.

A causa dell’aumento dei problemi sanitari e ambientali, gli Stati membri dovrebbero migliorare la qualità generale dell’aria e coinvolgere più attivamente le ONG e le imprese nel processo di prevenzione dell’inquinamento. Il riscaldamento domestico mediante l’utilizzo di carbone e legno umido, la combustione all’aria aperta di rifiuti commerciali (plastica, tessili), di giardino o di altro tipo, i veicoli vecchi dotati di motori che producono maggiori emissioni, l’aviazione civile e militare (21), i trasporti su strada, marittimi, le navi da crociera in acque dolci e nei mari, nonché un certo numero di pratiche industriali e agricole, sono tutti fattori all’origine di un inquinamento atmosferico significativo.

2.3.12.

Il CESE apprezza pienamente la politica agricola comune (PAC), che ha introdotto norme vincolanti sulla protezione dell’ambiente per promuovere lo sviluppo sostenibile (articolo 11 del TFUE), sulla protezione dei consumatori (articolo 12), sui requisiti in materia di benessere degli animali (articolo 13) ecc. Il CESE incoraggia la Commissione a continuare a migliorare questi settori e a introdurre, per esempio, nuove misure della PAC legate al miglioramento della qualità dell’aria e alla riduzione dei livelli di emissione. Tuttavia, al fine di attenuare i problemi relativi ai costi sostenuti dalle piccole imprese e dagli agricoltori, l’UE dovrebbe anche attuare pienamente la decisione di istituire un’adeguata infrastruttura per i combustibili alternativi (22), come concordato a norma della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (23).

2.3.13.

Al fine di ridurre l’inquinamento atmosferico provocato dai veicoli vecchi, la Commissione dovrebbe interrompere le vendite transfrontaliere di veicoli di seconda mano che abbiano superato i 5 anni. La riduzione del trasporto merci su strada, il miglioramento delle condizioni per il trasporto ferroviario, marittimo e fluviale di merci e la realizzazione di zone a basse emissioni nelle aree abitate sono iniziative fondamentali per ridurre l’inquinamento atmosferico. Al fine di evitare l’inquinamento atmosferico e acustico, tra il 2022 e il 2027 sono necessari ulteriori sforzi e l’ulteriore ricorso a fondi degli Stati membri per sostituire gli attuali motori diesel obsoleti con auto elettriche o almeno con motori che producono minori emissioni.

2.3.14.

Al fine di migliorare la qualità dell’aria, la CE dovrebbe aiutare gli Stati membri a modernizzare il materiale rotabile, sopprimere le limitazioni di velocità sulle linee ferroviarie, estendere a tutte le strade i pedaggi elettronici calcolati in base alla distanza percorsa per i veicoli pesanti e introdurre una maggiore differenziazione del sistema di pedaggio basata sulle emissioni. Gli Stati membri, sulla base di un dialogo regolare con le ONG e le PMI interessate, dovrebbero istituire una tariffazione stradale urbana nelle capitali (compresa l’introduzione di una tassa sulla congestione del traffico entro il 2025) e creare un maggior numero di aree per i pedoni, parchi più grandi e altre aree verdi delle città. Le ONG e le PMI dovrebbero essere regolarmente coinvolte e consultate online nelle fasi di pianificazione e creazione di queste zone.

2.3.15.

Il CESE insiste con la CE perché consideri normative sull’utilizzo di una quota più elevata di energie rinnovabili, al fine di incrementare in tal modo la quota di energie rinnovabili nell’approvvigionamento dell’energia elettrica e nel riscaldamento. Sia le ONG che le PMI dovrebbero essere coinvolte in modo visibile nell’elaborazione di nuovi piani nazionali per l’energia che risultino in un minor uso di energia, specialmente di combustibili fossili. Gli Stati membri dovrebbero discutere proposte concrete e fattibili al riguardo; si dovrebbero inoltre riconoscere le buone pratiche e rendere disponibili le necessarie risorse finanziarie. Gli Stati membri dovrebbero condividere regolarmente le buone pratiche ambientali.

Il ruolo della società civile nell’attuazione della normativa ambientale nel settore della biodiversità

2.3.16.

Secondo il CESE, in particolare per quanto riguarda l’impatto sulla biodiversità, è fondamentale che gli Stati membri realizzino le consultazioni pubbliche in una fase iniziale, quando tutte le opzioni sono ancora aperte e vi è margine per un’analisi reale delle alternative. Incombe anzitutto agli Stati membri e alle autorità competenti garantire che gli sviluppatori prendano sul serio tale requisito e incoraggino lo svolgimento di consultazioni pubbliche nelle fasi iniziali del processo.

2.3.17.

Affinché le organizzazioni della società civile possano effettivamente confrontarsi con la CE, sarebbe necessario chiarire il funzionamento della Commissione (in particolare le modalità di adozione delle decisioni) e le sue aspettative (il tipo di informazioni attese), per esempio in caso di mancato rispetto della normativa ambientale o di rischi di danni alla biodiversità.

2.4.    Proposte della società civile in merito all’attuazione della normativa ambientale e al ruolo della Commissione europea in qualità di custode dei trattati

2.4.1.

Il CESE invita la Commissione europea a presentare osservazioni ai parlamenti nazionali, nei casi in cui uno Stato membro legiferi per recepire la normativa ambientale dell’UE.

2.4.2.

Il CESE auspica inoltre che la CE, su richiesta di terzi, presenti osservazioni e le comunichi alle parti in causa quando l’impugnazione di una disposizione nazionale di recepimento della normativa ambientale dell’UE viene deferita a una corte costituzionale.

2.4.3.

Il CESE chiede alla Commissione di ricordare agli Stati membri che il concetto di sovrarecepimento non è contemplato dalla legislazione dell’UE e che il diritto ambientale dell’Unione prevede l’adozione di misure su base continuativa al fine di migliorare lo stato dell’ambiente. Pertanto, la legislazione dell’UE vieta qualsiasi passo indietro in questo ambito.

2.4.4.

Il CESE invita inoltre la CE a spiegare agli Stati membri che la normativa ambientale dell’UE, che autorizza deroghe alle norme del diritto derivato, impone che tali deroghe siano rigorosamente delimitate dagli Stati per non essere in contrasto con gli obiettivi dell’UE.

2.4.5.

Il CESE incoraggia la Commissione a continuare a elaborare orientamenti per agevolare l’interpretazione e l’applicazione del diritto ambientale derivato, in particolare per quanto riguarda due aspetti:

a)

la considerazione delle questioni attinenti alla salute nelle valutazioni ambientali,

b)

la definizione delle zone umide in base alla loro funzionalità multifunzionale.

2.4.6.

L’UE deve contribuire all’elaborazione e all’osservazione di modelli di sviluppo locale e alla promozione della protezione dell’ambiente. Pertanto, sono necessari controlli in loco della CE su base più regolare negli Stati membri per garantire che i fondi dell’UE siano ben spesi e che tutti i soggetti pubblici e privati interessati attuino correttamente la normativa e la governance in materia di ambiente. Questo potrebbe inoltre soddisfare l’esigenza generale di garantire che le persone e le organizzazioni che risiedono nelle regioni periferiche dell’UE ricevano un sostegno e siano trattate come una componente essenziale dell’UE. La CE dovrebbe inoltre garantire che sufficiente personale qualificato sia impiegato in ogni Stato membro nei settori dell’accesso all’informazione e alla giustizia e, ancora di più, nel campo dell’ispezione al fine di monitorare la corretta attuazione delle normative ambientali.

2.4.7.

Il CESE invita il presidente della CE a conferire maggiore autorevolezza al commissario responsabile per l’Ambiente, in particolare per quanto riguarda le questioni ambientali e relative alla salute. Il commissario dovrebbe inoltre concentrarsi e implicarsi maggiormente nel coordinamento degli sviluppi nelle zone rurali, nel miglioramento della qualità della vita in tutti i territori e nel fare in modo che le imprese nazionali rispettino i requisiti ambientali stabiliti dall’UE. L’economia competitiva del futuro deve diventare l’economia della bellezza, includendo tutto ciò che è bello e buono: attività culturali, artistiche, ambientali e attività locali capaci di migliorare la qualità di vita. Il nostro obiettivo fondamentale dovrebbe essere quello della crescita della felicità nazionale (Growth of Domestic Happiness — GDH), vale a dire del benessere generale nella sua accezione più ampia, concetto che è legato a un’economia più sana e crea valori economici, sociali e ambientali migliori e più sostenibili che possono poi essere rigenerati.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Parere del CESE sul tema Azioni dell’Unione europea volte a migliorare la conformità e la governance ambientali (GU C 283 del 10.8.2018, pag. 83).

(2)  Parere del CESE sul tema Attuazione della normativa ambientale dell’UE nei settori della qualità dell’aria, dell’acqua e dei rifiuti GU C 110 del 22.3.2019, pag. 33).

(3)  Parere del CESE sul tema Azioni dell’Unione europea volte a migliorare la conformità e la governance ambientali (GU C 283 del 10.8.2018, pag. 83).

(4)  Parere del CESE sul tema Attuazione della normativa ambientale dell’UE nei settori della qualità dell’aria, dell’acqua e dei rifiuti (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 33).

(5)  https://glocalities.com/latest/reports/environmental-concern

(6)  Parere del CESE sul tema Attuazione della normativa ambientale dell’UE nei settori della qualità dell’aria, dell’acqua e dei rifiuti (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 33) (conclusione 1.5).

(7)  https://ec.europa.eu/environment/aarhus/

(8)  Parere del CESE sul tema Riesame dell’attuazione delle politiche ambientali dell’UE: sfide comuni e indicazioni su come unire gli sforzi per conseguire risultati migliori (GU C 345 del 13.10.2017, pag. 114).

(9)  Parere del CESE sul tema Attuazione della normativa ambientale dell’UE nei settori della qualità dell’aria, dell’acqua e dei rifiuti (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 33).

(10)  Parere del CESE sul tema Azioni dell’Unione europea volte a migliorare la conformità e la governance ambientali (GU C 283 del 10.8.2018, pag. 83).

(11)  Parere del CESE sul tema Azioni dell’Unione europea volte a migliorare la conformità e la governance ambientali GU C 283 del 10.8.2018, pag. 83).

(12)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32003H0361

(13)  Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7).

(14)  Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7).

(15)  COM(2019) 149 final

(16)  http://ec.europa.eu/environment/europeangreencapital/index_en.htm

(17)  Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3) http://ec.europa.eu/environment/waste/framework/

(18)  http://ec.europa.eu/environment/eir/pdf/eir_2019.pdf

(19)  http://ec.europa.eu/environment/eir/pdf/study_costs_not_implementing_env_law.pdf

(20)  https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_environmental_dates

(21)  Parere del CESE sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE al fine di mantenere gli attuali limiti dell’ambito di applicazione relativo alle attività di trasporto aereo e introdurre alcune disposizioni in vista dell’attuazione di una misura mondiale basata sul mercato a partire dal 2021 (GU C 288 del 13.10.2017, pag. 75).

(22)  Parere del CESE sul tema Verso l’uso più ampio possibile di combustibili alternativi: un piano d’azione sulle infrastrutture per i combustibili alternativi a norma dell’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva 2014/94/UE, compresa la valutazione di quadri strategici a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2014/94/UE (GU C 262 del 25.7.2018, pag. 69).

(23)  Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (GU L 307 del 28.10.2014, pag. 1) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32014L0094&from=EN


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/58


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Bioeconomia blu»

(parere esplorativo)

(2020/C 47/08)

Relatore: Simo TIAINEN

Correlatore: Henri MALOSSE

Consultazione

Presidenza finlandese dell’UE, 7.2.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

19.2.2019

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

1.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

151/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Per «bioeconomia blu» s’intendono le attività economiche e la creazione di valore basate sull’utilizzo sostenibile e intelligente delle risorse acquatiche rinnovabili, e le relative conoscenze tecniche. In Europa esistono moltissime conoscenze, competenze e tradizioni umane legate all’acqua, alle risorse acquatiche e alla bioeconomia blu. Ciononostante, quando si parla di potenzialità e opportunità, le attività economiche connesse alla bioeconomia blu sono ancora piuttosto modeste nel continente europeo. Esistono, infatti, diversi ostacoli da superare.

1.2.

Per rafforzare la crescita sostenibile di questa attività economica, è necessario individuare il pieno potenziale della bioeconomia blu nell’UE e definire le priorità di ricerca. Più specificamente, è necessario sviluppare una migliore comprensione di come utilizzare le materie prime acquatiche nei processi con valore aggiunto. Il rafforzamento della crescita sostenibile richiede finanziamenti alla ricerca mirati volti a dare slancio all’innovazione, allo sviluppo multidisciplinare, all’imprenditoria e a nuovi posti di lavoro di alta qualità. La crescita sostenibile richiede inoltre condizioni eque di concorrenza quale contesto operativo, l’ampia collaborazione tra l’industria, gli istituti di ricerca, gli enti pubblici e il terzo settore, nonché la creazione di nuovi partenariati tra questi soggetti.

1.3.

In molte zone dell’Unione europea, lo stato delle acque e degli ecosistemi acquatici non è adeguato, eppure, la buona qualità delle acque e la buona salute dell’ambiente acquatico sono alla base della bioeconomia blu. È necessario preservare e ripristinare il buono stato e la biodiversità degli oceani, dei mari, dei laghi e dei fiumi. Ciò richiede sforzi ingenti da parte di tutti i soggetti interessati (tra cui l’UE, le istituzioni nazionali e regionali, le università e i centri di ricerca), di tutti i professionisti coinvolti (ad esempio, quelli operanti nei settori della pesca e del turismo) e delle organizzazioni della società civile. Nel quadro di detti sforzi occorre inoltre prevedere una ricerca, una formazione e un trasferimento di conoscenze adeguati.

1.4.

Sono necessari maggiori investimenti nella gestione degli ambienti acquatici e delle strutture igienico-sanitarie onde garantire l’accesso all’acqua pulita e il suo utilizzo sostenibile, oltre a condizioni igienico-sanitarie adeguate, per tutti. Vi è l’esigenza di soluzioni competitive per ripulire le acque dai rifiuti e sviluppare tecnologie di risparmio idrico e di riciclaggio dell’acqua, oltre che di nuove soluzioni economicamente vantaggiose che consentano di ridurre gli scarichi di nutrienti nelle acque naturali e di ripristinare gli habitat critici e i corpi idrici mutati.

1.5.

Il CESE esorta l’UE e gli altri attori della bioeconomia blu a proporre azioni urgenti volte a contrastare i cambiamenti climatici e a combatterne l’impatto. In particolare, è fondamentale un adattamento urgente della pesca e dell’acquacoltura ai cambiamenti climatici, in quanto le condizioni stanno mutando in modo radicale e tale mutamento ha un impatto enorme su queste importanti attività di sussistenza. La pesca, l’acquacoltura e l’alghicoltura sono essenziali per incrementare la produzione sostenibile di alimenti di origine acquatica nell’Unione europea. La messa a punto di sistemi alimentari acquatici resilienti ai cambiamenti climatici, tuttavia, richiede ulteriori ricerche e innovazioni prima di procedere all’attuazione con risultati soddisfacenti. La biomassa algale costituisce una risorsa acquatica potenzialmente importante da utilizzare come materia prima per un’ampia gamma di usi.

1.6.

Sono necessari sforzi congiunti tra le università, i centri di ricerca, le ONG e il settore della pesca, al fine di sviluppare nuovi prodotti a valore aggiunto a partire dai sottoprodotti e dai materiali di scarto di origine ittica. Sono poi necessari nuovi strumenti di finanziamento per promuovere le innovazioni e i servizi tecnologici, oltre a una collaborazione intersettoriale e a un miglioramento dei processi decisionali. Ripristinando la biodiversità dei mari, dei laghi e dei fiumi si dischiuderanno nuove opportunità di attività economica, anche in termini di imprese piccole e a gestione familiare sui mercati locali. Inoltre, la promozione di nuovi modelli d’impresa per il turismo acquatico e l’utilizzo delle risorse acquatiche a fini ricreativi offrono alle aree remote nuove possibilità di avviare attività economiche sostenibili.

1.7.

Tra le priorità in termini di misure di sviluppo per l’agenda della bioeconomia blu figurano: i) acqua pulita e servizi igienico-sanitari, ii) un ambiente acquatico sano, diversificato e sicuro, iii) una produzione sostenibile di alimenti di origine acquatica, iv) prodotti non alimentari di alto valore, v) l’adattamento ai cambiamenti climatici, vi) la salute e il benessere blu, e vii) un migliore coordinamento nella lotta alle attività illegali connesse alle risorse acquatiche. Investendo in questo sviluppo, l’Europa può rafforzare la sua posizione all’avanguardia nel campo dell’economia circolare.

1.8.

L’Unione europea è chiamata a promuovere una sensibilizzazione, un’educazione e una formazione che comprendano la ricerca così come la valorizzazione e il trasferimento delle conoscenze specialistiche delle comunità che vivono nelle zone costiere e in prossimità delle acque interne, consentendo in tal modo una gestione rispettosa dell’ambiente e la creazione di reti di formazione europee in questo campo. Per quanto riguarda l’agricoltura, l’UE dovrebbe affrontare anche la questione della penuria idrica.

1.9.

Il CESE propone di fare della bioeconomia blu uno dei settori faro delle politiche dell’UE, comprese quelle per la cooperazione con i paesi vicini, anche nel quadro degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e degli obiettivi della COP 21 racchiusi nell’accordo di Parigi. A tale proposito, il CESE ritiene opportuno che il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo chiedano alla Commissione di avviare una serie di azioni pilota nelle diverse zone di pesca e di acquacoltura dell’UE, avendo cura di scegliere quelle che rispecchiano la grande diversità delle realtà esistenti nell’Unione, il loro grado di vulnerabilità al rischio di collasso e il potenziale di sviluppo della bioeconomia blu. Andrebbe istituito un comitato di gestione comprendente gli Stati membri, le loro regioni, le parti interessate e un rappresentante del CESE, al fine di organizzare scambi di buone prassi e di assicurare che i progetti pilota coronati da successo vengano sviluppati su più ampia scala.

2.   Introduzione

2.1.

Per «bioeconomia blu» s’intendono le attività economiche e la creazione di valore basate sull’utilizzo sostenibile e intelligente delle risorse acquatiche rinnovabili, e le relative conoscenze tecniche. Le imprese e le attività che coltivano le materie prime per questi prodotti (oppure che estraggono, raffinano, lavorano e trasformano i composti biologici) fanno tutte parte della bioeconomia blu.

2.2.

L’importanza, le caratteristiche e le opportunità della bioeconomia blu nei diversi Stati membri variano ampiamente in funzione delle condizioni geografiche, ed è necessario tenere conto di tale fattore. La maggior parte degli Stati membri ha accesso diretto all’oceano o ai mari, le acque costiere sono estremamente importanti per molti di essi. I laghi e i fiumi, poi, svolgono un ruolo cruciale nella maggior parte dei paesi.

2.3.

A maggio 2019, il CESE ha adottato un parere (1) sulla comunicazione della Commissione europea che aggiorna la strategia 2012 per la bioeconomia, e le conclusioni e raccomandazioni ivi illustrate risultano pertinenti per la bioeconomia blu. Il presente parere descrive in maggior dettaglio le possibilità e potenzialità della bioeconomia blu. La bioeconomia blu è strettamente legata al concetto di economia circolare.

2.4.

L’acqua pulita e le risorse acquatiche rinnovabili presentano significative opportunità in termini di attività economiche sostenibili e possono offrire soluzioni di primo piano per molti obiettivi di sviluppo sostenibile a livello mondiale (OSS n. 2, 3, 6, 7, 8 e 14). Con il presente parere esplorativo, il CESE intende rispondere alla domanda posta dalla presidenza finlandese del Consiglio dell’Unione su come l’UE possa promuovere lo sviluppo dell’economia blu e quali misure debbano essere adottate in via prioritaria.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La bioeconomia blu può offrire molteplici vantaggi fintantoché l’ambiente acquatico è sano e produttivo. Come mostrato nella relazione di maggio 2019 della piattaforma intergovernativa di politica scientifica per la biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES), le minacce alla biodiversità, insieme ai cambiamenti climatici, mettono gravemente a rischio le capacità produttive degli organismi acquatici. Lo sfruttamento eccessivo, l’inquinamento, lo sviluppo costiero, il turismo nei periodi di punta e i trasporti rappresentano tutti sfide impegnative, specialmente nelle aree dell’Unione (in particolare il Mediterraneo) che risentono maggiormente di tali fattori di stress. Sono dunque necessarie soluzioni studiate in funzione dei diversi ambienti e delle diverse regioni.

3.2.

In futuro la domanda di biomassa aumenterà, e l’UE dovrà far fronte a questa sfida. Una transizione basata sulla biomassa a un’economia neutra sotto il profilo dei gas serra sarà limitata dalla disponibilità di terreni. Pertanto, sarà importante migliorare la produttività delle risorse acquatiche cogliendo tutte le opportunità offerte dalla bioeconomia blu, ad esempio la produzione e l’utilizzo di alghe e di altre nuove fonti di proteine che hanno le potenzialità per alleggerire la pressione sui terreni agricoli.

3.3.

La bioeconomia blu presenta un crescente potenziale in termini sia di miglioramento della sicurezza alimentare che di fornitura di alimenti sani e con una ridotta impronta di carbonio, di nuovi prodotti alimentari e additivi alimentari, di mangimi animali, di prodotti nutraceutici e farmaceutici, di cosmetici, nuovi materiali, acqua pulita, energia non fossile, possibilità di riciclaggio dei nutrienti e molti altri vantaggi. La crescita della bioeconomia blu dipende dal buono stato delle acque e degli ecosistemi acquatici, da attività di pesca e sistemi di produzione acquatica resilienti, da un’efficace collaborazione sistemica a livello intersettoriale, dalle innovazioni tecnologiche, da nuovi strumenti di finanziamento e da un miglioramento dei servizi e modelli relativi alle attività economiche sostenibili.

3.4.

È poi essenziale sottolineare l’importanza dei fattori culturali nell’attuazione della bioeconomia blu. Le conoscenze specialistiche delle popolazioni umane che vivono nelle zone costiere e in prossimità delle acque interne costituiscono una risorsa eccezionale per l’Europa purché vengano identificate, preservate e trasmesse alle nuove generazioni. Qualunque azione intrapresa nel settore della bioeconomia blu dovrebbe pertanto includere la dimensione culturale e umana e garantire il coinvolgimento di tutte le parti interessate, con particolare riferimento ai rappresentanti locali, ai professionisti e alla società civile.

4.   Bioeconomia blu e obiettivi di sviluppo sostenibile

4.1.

Gli OSS delle Nazioni Unite sono strettamente legati all’acqua e agli ambienti acquatici. Questi obiettivi riguardano le sfide globali più significative che l’umanità deve affrontare e indicano in linea generale come garantire un futuro più sostenibile rispetto a temi fondamentali come la sicurezza alimentare, i cambiamenti climatici e la prevenzione del degrado ambientale. Gli obiettivi sono strettamente interconnessi e il presente documento vi fa riferimento dal punto di vista delle opportunità in termini di attività economiche sostenibili offerte dall’acqua e dalle risorse naturali acquatiche. Tra acqua, energia e alimentazione esiste, in particolare, un forte nesso.

Acqua pulita e servizi igienico-sanitari

4.2.

L’OSS 6 (acqua pulita e servizi igienico-sanitari) mira a garantire a tutti la disponibilità e l’utilizzo sostenibile di acqua pulita e di servizi igienico-sanitari adeguati. Nel mondo sono ancora oltre 1 miliardo le persone che non hanno accesso a un’acqua dolce di qualità adeguata, e oltre 2 miliardi quelle che vivono con il rischio di un accesso ridotto alle fonti di acqua dolce. Peraltro, si prevede che il fabbisogno globale di acqua dolce aumenterà in maniera significativa entro il 2030. Il CESE ha affrontato il tema dell’acqua potabile in un parere adottato nel 2018 (2).

4.3.

Benché di recente siano stati compiuti progressi nell’UE e in altre parti del mondo, sono necessari maggiori investimenti nella gestione delle risorse di acqua dolce e delle strutture igienico-sanitarie. L’obiettivo principale è pervenire a soluzioni competitive che consentano di eliminare i rifiuti dai corpi idrici e sviluppare tecnologie di risparmio idrico e riciclaggio dell’acqua onde ridurre lo spreco di questa risorsa. Le potenzialità delle suddette soluzioni e tecnologie sono enormi, e lo stesso vale per la gestione intelligente delle risorse e delle forniture idriche. In rapporto alle strutture igienico-sanitarie, esistono nuove concezioni e tecnologie che consentono di eliminare i residui di farmaci e di ormoni e le microplastiche dalle acque reflue. Sono altresì disponibili promettenti innovazioni tese a trasformare l’acqua salata in acqua potabile attraverso l’energia rinnovabile.

4.4.

La buona qualità delle acque è alla base della bioeconomia blu. La buona gestione delle risorse idriche è parte integrante della soluzione a quasi tutti i grandi problemi del mondo, ivi compresi il consumo eccessivo di risorse acquatiche e la necessità di adattamento ai cambiamenti climatici. La gestione del ciclo di vita dell’acqua necessita di obiettivi chiari, informazioni aggiornate, pianificazione e gestione, e richiede altresì soluzioni digitali per i servizi idrici e il relativo monitoraggio, nonché nuove soluzioni tecnologiche versatili per il trattamento delle acque reflue (tecnologia a membrana) e un approccio integrato («nexus thinking») senza compartimenti stagni.

4.5.

L’Unione europea ha le potenzialità per diventare, nel settore delle acque, un soggetto di primo piano a livello mondiale come fornitore di tecnologie e servizi idrici. La digitalizzazione, inoltre, offre una nuova opportunità per le imprese operanti nel settore idrico e può accrescere significativamente l’efficienza sia nella gestione delle risorse idriche che nelle concezioni relative alla produzione e ai servizi. Le soluzioni digitali possono essere utilizzate per fornire servizi che vanno incontro alle esigenze dei consumatori, ora come in futuro. In questo settore, l’UE può offrire soluzioni competitive e sostenibili al mondo intero.

Un ambiente acquatico sano, diversificato e sicuro

4.6.

Gli oceani, i mari e le acque interne sono la principale fonte sostenibile di proteine a livello mondiale: la sussistenza di oltre 3 miliardi di persone in tutto il mondo dipende dalla biodiversità marina e costiera. Le attività umane stanno rapidamente degradando gli oceani e i mari, nonché le acque interne. Più specificamente, le acque costiere e interne si deteriorano a causa dell’inquinamento e dell’eutrofizzazione, e la perdita di habitat è allarmante. Tutti questi cambiamenti hanno un effetto devastante sul funzionamento degli ecosistemi acquatici e sulla biodiversità e, quindi, sulla produzione alimentare potenziale. Una gestione attenta di questa risorsa mondiale fondamentale è un aspetto cruciale di un futuro sostenibile.

4.7.

L’OSS 14 (la vita negli oceani e nei mari) mira a preservare gli oceani, i mari e le risorse acquatiche, e ne promuove l’utilizzo sostenibile. Sono diverse le misure necessarie per migliorare la situazione, compresa una riduzione significativa dell’inquinamento acquatico di ogni tipo e una gestione più efficiente di tutte le attività umane. Occorrono nuove soluzioni per ridurre gli scarichi di nutrienti nelle acque naturali, ed è necessario sviluppare e collaudare mezzi e metodi economicamente efficienti che consentano di migliorare la capacità del suolo di catturare e legare i nutrienti. L’eutrofizzazione può essere arginata anche incrementando l’impiego di specie ittiche sotto-utilizzate così come la produzione e la raccolta delle alghe (poiché i nutrienti sono eliminati con le catture). Servono nuove soluzioni per ridurre l’eutrofizzazione e ripristinare i fiumi, i laghi e i fondali marini.

4.8.

Ambienti acquatici sani possono generare un numero significativo di nuovi posti di lavoro di alta qualità. Stock ittici sani e acque pulite sono alla base della sostenibilità della pesca e dell’utilizzo ricreativo dell’acqua, e aprono nuove opportunità per la bioeconomia blu. In tutto il mondo sono in atto sforzi tesi a rigenerare l’acqua di fiume e l’acqua dolce per ripristinare gli habitat degradati, i processi ecosistemici, gli stock ittici migratori, le comunità biotiche e i relativi servizi. Il ripristino degli stock migratori darà vita a nuovi potenziali mezzi di sussistenza per le zone scarsamente popolate, fornendo posti di lavoro alle persone secondo un modello di impresa familiare con accesso ai mercati locali.

Una produzione sostenibile di alimenti di origine acquatica

4.9.

Si prevede che la domanda mondiale di prodotti alimentari aumenterà in modo significativo. L’OSS 2 (eliminare la fame nel mondo) mira a porre fine alla fame, conseguire la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere una produzione primaria sostenibile entro il 2030.

4.10.

La pesca e l’acquacoltura forniscono alimenti nutrienti e generano il tanto necessario reddito, oltre a sostenere lo sviluppo rurale e (potenzialmente) a tutelare l’ambiente. Attualmente, il pesce garantisce circa il 17 % dell’offerta mondiale di proteine animali e fornisce il 6,5 % di tutte le proteine destinate al consumo umano. Per centinaia di milioni di persone, il pesce costituisce la principale fonte di proteine e nutrienti essenziali. Molti stock ittici sono ancora sfruttati in misura eccessiva ed è necessario migliorarne la gestione. Inoltre, la considerevole sovracapacità delle flotte pescherecce in molte parti del mondo può ancora contare su ingenti sovvenzioni. Gli oceani, i mari e le acque interne dovrebbero essere utilizzati in modo molto più sostenibile di quanto non avvenga oggi. È essenziale investire nell’acquacoltura, nella pesca e nella lavorazione del pesce, nonché nello sviluppo di nuovi prodotti ottenuti dagli scarti e dai flussi collaterali, per incrementare la produzione alimentare sostenibile e contribuire a preservare la sicurezza alimentare. In particolare, la bilancia commerciale dell’Unione è sostanzialmente negativa per quanto riguarda il pesce e i prodotti della pesca, dato che il 60 % circa del pesce che si mangia nell’UE è importato. Queste importazioni non sempre corrispondono ai criteri fissati dall’UE per una produzione sostenibile e la sicurezza alimentare.

4.11.

L’acquacoltura presenta un grande potenziale di crescita ulteriore. Si potrebbe incrementare considerevolmente la quantità di biomassa prodotta in maniera sostenibile nell’acquacoltura europea ricorrendo a un numero maggiore di specie utilizzate nel settore dell’acquacoltura, comprese le specie marine con un livello trofico inferiore (ad esempio alghe e molluschi). Tuttavia, lo sviluppo dell’acquacoltura è disseminato di ostacoli. In primo luogo, la crescita della produzione acquicola richiede fonti di mangime aggiuntive. In futuro, le catture di specie ittiche di valore modesto saranno utilizzate in misura maggiore per il consumo umano diretto, e in misura minore come materia prima per i mangimi animali. Sarà necessaria una maggiore quantità di biomassa da utilizzare come mangime per l’acquacoltura, che potrebbe essere ottenuta da specie adesso ampiamente sottoutilizzate come il krill (e altri organismi mesopelagici) e le alghe, nonché dagli scarti di lavorazione (flussi collaterali). In secondo luogo, il limitato spazio disponibile per gli impianti di acquacoltura è un problema crescente che va risolto. Una buona pianificazione delle attività marine e di acqua dolce che tenga conto delle dimensioni ecologica, economica, sociale e culturale è essenziale per lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura. In terzo luogo, sono necessarie soluzioni migliori ai problemi della dispersione dei nutrienti e del controllo delle malattie.

4.12.

Una normativa ambientale rigorosa in vari paesi incide in maniera rilevante sui costi e sulla competitività dell’acquacoltura. Si sta lavorando intensamente allo sviluppo di varie nuove tecnologie, ma permangono numerose incertezze economiche e tecnologiche. I sistemi di acquacoltura a ricircolo (RAS) presentano svariati vantaggi come un fabbisogno idrico minimo, il controllo efficace degli effluenti e dei rifiuti, un ingombro minimo e il controllo delle condizioni di produzione. Il potenziale delle tecnologie RAS risiede soprattutto nei sistemi d’acqua dolce. È però probabile che una percentuale crescente dell’acquacoltura marina dovrà svolgersi in acque d’altura. Sono dunque necessari nuovi approcci all’utilizzo multiplo e alla gestione integrata, ivi compresi la pianificazione territoriale e i piani di gestione locali.

Prodotti di origine acquatica a valore aggiunto e usi non alimentari

4.13.

La lavorazione del pesce e di altri organismi acquatici per il consumo umano genera flussi collaterali, che spesso non vengono utilizzati per il consumo umano diretto. Secondo le stime, il 30-70 % di tutta la biomassa ittica raccolta diventa un sottoprodotto di scarso valore o un rifiuto a tutti gli effetti. Tale biomassa, tuttavia, comprende materiali potenzialmente utili e di valore che potrebbero essere utilizzati dall’industria per scopi alimentari e non alimentari. Da questi materiali, infatti, è possibile ricavare ingredienti funzionali di alto valore per prodotti specializzati. Esistono vari organismi acquatici che possono sostenere lo sviluppo di nuovi prodotti (quali prodotti nutraceutici, farmaceutici e cosmetici), nonché fornire nuovi enzimi, lipidi, biopolimeri e altri biomateriali. L’utilizzo efficiente sul piano ecologico di queste materie prime è fondamentale. È forte la pressione a livello mondiale volta a migliorare l’utilizzo di tutto il materiale biologico e, quindi, anche a ridurre i relativi scarti. Le biotecnologie marine possono svolgere un ruolo importante nella creazione di valore aggiunto nella bioeconomia blu.

4.14.

La biomassa algale sta diventando sempre più importante come risorsa per una serie di applicazioni commerciali nella bioeconomia blu. Le alghe costituiscono una risorsa efficace, sostenibile e ancora ampiamente sottoutilizzata per i processi e i prodotti biologici. Le alghe sono ricche di nutrienti e presentano un’elevata densità energetica. La maggiore produzione di macroalghe e microalghe sta ottenendo ampio riconoscimento in Europa quale fonte di risorse da utilizzare come materie prime per una vasta gamma di usi. Cresce l’interesse a raccogliere, coltivare o lavorare le alghe per creare un ampio ventaglio di prodotti di alto valore, tra cui alimenti, mangimi animali, prodotti nutraceutici e biologici.

Attenuazione dei cambiamenti climatici e adattamento ai medesimi

4.15.

È ampiamente riconosciuto che i cambiamenti climatici incidono su una serie di variabili ambientali, tra cui le precipitazioni, le temperature, la portata dei fiumi, la proliferazione di alghe nocive e l’acidificazione degli oceani. L’OSS 13 (azioni contro il cambiamento del clima) sollecita interventi urgenti per combattere i cambiamenti climatici e i loro effetti. L’innalzamento delle temperature si ripercuote sugli oceani, sui mari e su altri corpi idrici nonché sulle reti di nutrienti, sulla pesca e sui mezzi di sussistenza. In Europa, i cambiamenti climatici provocheranno un aumento delle precipitazioni invernali e, con l’innalzamento delle temperature, si aggraverà anche il rischio di eutrofizzazione e deterioramento della qualità dell’acqua. Ciò avrà molteplici effetti negativi sugli stock ittici e su altre risorse acquatiche e, quindi, anche sulla pesca e su altri modi di produzione. Le temperature elevate ostacolano la vita delle specie di acqua fredda, come i salmonidi, e contribuiscono alla diffusione di molte specie nocive e malattie. Si diffondono le specie che traggono vantaggio dall’eutrofizzazione. I picchi di calore, poi, costituiscono sfide rilevanti per le aziende acquicole. Per quanto riguarda l’agricoltura, l’UE dovrebbe affrontare anche la questione della penuria idrica.

4.16.

Il sistema alimentare futuro deve essere un elemento della soluzione ai cambiamenti climatici e non un elemento del problema. In sostanza, la pesca e l’acquacoltura costituiscono dei metodi di produzione di proteine che sono efficienti dal punto di vista delle emissioni che incidono sul clima. Pertanto, è opportuno promuovere la pesca e l’acquacoltura sostenibili, ed è fondamentale rafforzare la resilienza della pesca e dei sistemi di produzione acquatici. Le attività di pesca devono adattarsi alle mutate circostanze quali condizioni meteorologiche estreme e inverni senza ghiaccio. In acquacoltura, uno dei possibili metodi per prepararsi ai picchi di calore è rappresentato dalle colture in alto mare, che in alcuni casi possono trarre vantaggio dall’aumento della temperatura media dei mari. I sistemi RAS, inoltre, possono aiutare il settore acquicolo ad adattarsi ai cambiamenti climatici, mentre i programmi di piscicoltura possono migliorare la tolleranza dei pesci di allevamento all’aumento delle temperature.

Salute e benessere blu

4.17.

L’OSS 3 (salute e benessere) mira a garantire una vita sana e a promuovere il benessere per tutti a ogni età. I servizi dedicati al benessere e al tempo libero basati sugli ambienti acquatici presentano un grande potenziale di crescita. La promozione dell’utilizzo sostenibile delle risorse acquatiche a fini ricreativi offre dunque nuove opportunità di attività economica alle aree remote con uno scarso livello di urbanizzazione, opportunità che contribuiranno a creare nuovi posti di lavoro di elevata qualità. Grazie alla sua importanza e al suo potenziale economico, la bioeconomia blu contribuisce anche al raggiungimento dell’obiettivo 8 (lavoro dignitoso e crescita economica).

5.   Azioni prioritarie

5.1.

Le priorità in termini di misure di sviluppo per l’agenda della bioeconomia blu sono le seguenti: i) acqua pulita e servizi igienico-sanitari, desalinizzazione dell’acqua di mare, riduzione dell’inquinamento; ii) un ambiente acquatico sano, diversificato e sicuro, e il ripristino degli ecosistemi e della biodiversità negli habitat acquatici; iii) una produzione sostenibile di alimenti di origine acquatica; iv) la creazione di prodotti non alimentari di alto valore; v) l’adattamento ai cambiamenti climatici; vi) la salute e il benessere blu, il risparmio energetico e la produzione di energia rinnovabile a partire dai mari, dai fiumi e dai laghi; vii) il miglioramento del risparmio e della conservazione delle risorse idriche, e viii) un migliore coordinamento nella lotta alle attività illegali connesse alle risorse acquatiche. La bioenergia acquatica pulita e a basso costo e l’utilizzo dei rifiuti organici sono altri temi emergenti importanti. Investendo in questo tipo di sviluppo, l’Europa può rafforzare la sua posizione all’avanguardia nel campo dell’economia circolare.

5.2.

Il CESE propone che il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo chiedano alla Commissione di avviare azioni pilota specifiche volte a migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e le loro capacità di produzione in località selezionate dell’UE, avendo cura di scegliere quelle che rispecchiano la grande diversità delle realtà esistenti e il potenziale di sviluppo della bioeconomia blu. Queste azioni pilota dovrebbero essere condotte nelle zone costiere e in quelle vicine ad acque interne (comprese le isole) che risentono, pesantemente o moderatamente, dell’impatto delle attività umane, come il turismo stagionale eccessivo, l’inquinamento, lo scarico di nutrienti di origine terrestre, la deviazione dei corsi d’acqua e lo sfruttamento eccessivo delle risorse acquatiche.

5.3.

I progetti pilota dovrebbero essere attuati il più rapidamente possibile, in collaborazione con rappresentanti eletti a livello locale, università e centri di ricerca, professionisti e soggetti pertinenti della società civile. Questi progetti dovrebbero consentire di sviluppare e collaudare le azioni e misure principali per migliorare la situazione, attualmente inadeguata, nelle località pilota. Il CESE raccomanda che venga condotto un numero ragionevole di progetti pilota nel Mediterraneo, nel Mar Nero, sulla costa atlantica, nel Mare del Nord e nel Mar Baltico, nonché nelle acque interne che presentano grandi potenzialità di miglioramento. Questi progetti potrebbero, ad esempio, implicare la pulizia delle acque ricche di nutrienti o inquinate, in zone quali i porti o le aree turistiche, mediante l’introduzione di particolari specie filtratrici (come ostriche, ricci di mare, mitili o piante acquatiche [alghe]) oppure il ripristino delle rotte migratorie e delle zone di riproduzione di specie ittiche migratorie, al fine di ristabilirne i cicli di vita. Nei progetti pilota potrebbe inoltre essere testata la capacità di catturare CO2 su larga scala. In questi progetti potrebbe anche essere valutata la fattibilità di nuove tecnologie tese a produrre energia dalle acque marine o lacustri, oppure a trovare nuovi metodi per risparmiare risorse idriche.

5.4.

Sulla base dei risultati e delle esperienze maturate nei progetti pilota, l’Unione europea è chiamata a promuovere la formazione e il trasferimento delle conoscenze specialistiche a beneficio delle comunità che vivono nelle zone costiere e in prossimità delle acque interne, consentendo così il ripristino e la gestione adeguata degli ambienti e la creazione di reti di formazione europee, oltre a dimostrare le opportunità per la creazione di posti di lavoro di alta qualità in questo settore.

5.5.

Per i progetti pilota andrebbe istituito un comitato di gestione comprendente gli Stati membri, le loro regioni, le parti interessate e un rappresentante del CESE, al fine di coordinare scambi di buone prassi e di assicurare che i progetti pilota coronati da successo vengano sviluppati su più ampia scala. Nel contempo, gli Stati membri dell’UE e le regioni interessate dovrebbero essere incoraggiati a elaborare strategie in materia di bioeconomia blu, con la consultazione delle parti interessate a livello locale e delle organizzazioni della società civile.

5.6.

L’esperienza dell’UE nel settore della bioeconomia blu (maturata grazie ai programmi di ricerca Orizzonte Europa, LIFE e i progetti pilota in questo settore) dovrebbe essere messa a disposizione, a determinate condizioni, dei paesi terzi, in particolare dei paesi del vicinato orientale, dei paesi mediterranei e africani, della Russia (per l’area del Mar Baltico) e di altri paesi interessati. La bioeconomia blu dovrebbe diventare un’iniziativa faro dell’UE nei suoi programmi di cooperazione con le Nazioni Unite, nonché uno strumento per conseguire gli obiettivi della COP 21 di Parigi nella lotta al riscaldamento globale.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Parere del CESE sulla comunicazione che aggiorna la strategia 2012 per la bioeconomia (GU C 240 del 16.7.2019, pag. 37).

(2)  Parere del CESE sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (rifusione) » (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 107).


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Creare fiducia nell’intelligenza artificiale antropocentrica

[COM(2019) 168 final]

(2020/C 47/09)

Relatrice: Franca SALIS-MADINIER

Consultazione

Commissione europea, 3.6.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

18.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

198/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’intelligenza artificiale (IA) non è un fine in sé, bensì uno strumento che può apportare cambiamenti radicali positivi ma anche comportare dei rischi, e del quale pertanto è necessario regolamentare l’uso.

1.2.

La Commissione dovrebbe adottare misure per prevedere, prevenire e impedire l’impiego doloso dell’IA e dell’apprendimento automatico, nonché disciplinare meglio la commercializzazione di prodotti immessi sul mercato con intento doloso.

1.3.

In particolare, l’UE deve promuovere lo sviluppo di sistemi di IA orientati verso applicazioni concrete che consentano di accelerare la transizione ecologica e climatica.

1.4.

Occorre individuare le sfide che potranno essere affrontate mediante codici etici, misure di autoregolamentazione e impegni volontari e quelle che richiedono strumenti normativi e legislativi accompagnati da un monitoraggio e, in caso di non conformità, da sanzioni. In ogni caso, i sistemi di IA devono conformarsi alla legislazione vigente.

1.5.

L’IA richiede un approccio che consideri sì gli aspetti tecnici, ma anche quelli sociali ed etici. Il CESE accoglie con favore la volontà dell’UE di sviluppare un approccio all’IA che ponga al centro l’essere umano («antropocentrico») e conforme ai valori su cui l’Unione si fonda: rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza e non discriminazione, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani.

1.6.

Il CESE insiste (1) sulla necessità di consultare e informare i lavoratori e i loro rappresentanti al momento di introdurre sistemi di IA che possano comportare cambiamenti nell’organizzazione, nella sorveglianza e nel controllo del lavoro, nonché nei sistemi di valutazione e assunzione dei lavoratori. La Commissione deve promuovere il dialogo sociale al fine di coinvolgere i lavoratori nell’uso dei sistemi di IA.

1.7.

Il CESE sottolinea (2) che un’IA degna di fiducia presuppone il controllo dell’essere umano sulla macchina e l’informazione dei cittadini in merito al suo utilizzo. I sistemi di IA devono poter essere illustrati in modo comprensibile ai cittadini (devono cioè essere «spiegabili») oppure, nei casi in cui ciò non sia possibile, i cittadini e i consumatori devono essere informati riguardo ai limiti e ai rischi di tali sistemi.

1.8.

L’UE deve affrontare i «rischi emergenti» (3) in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Occorre stabilire norme per evitare che i sistemi autonomi arrechino pregiudizio o provochino danni alle persone. I lavoratori devono essere addestrati, con un’apposita formazione, a lavorare con i suddetti sistemi e ad arrestarne il funzionamento in caso di emergenza.

1.9.

Il CESE chiede che sia messo a punto un robusto sistema di certificazione basato su procedure di prova che consentano alle imprese di verificare l’affidabilità e la sicurezza dei loro sistemi di IA. La trasparenza, la tracciabilità e la spiegabilità dei processi decisionali algoritmici costituiscono una sfida tecnica che richiede il sostegno di strumenti dell’UE come il programma Orizzonte Europa.

1.10.

La tutela della riservatezza e la protezione dei dati personali determineranno il livello di fiducia dei cittadini e dei consumatori nell’IA. La proprietà, il controllo e l’utilizzo dei dati da parte delle imprese e delle organizzazioni sono questioni ancora in gran parte da risolvere (in particolare riguardo all’Internet degli oggetti). Il CESE esorta la Commissione a riesaminare periodicamente il regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD) (4) e gli atti normativi ad esso correlati alla luce degli sviluppi tecnologici.

1.11.

Il CESE giudica essenziale riflettere sul contributo che i sistemi di IA possono apportare alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, in particolare nei settori dell’industria, dei trasporti, dell’energia, dell’edilizia e dell’agricoltura, e raccomanda che le transizioni climatica e digitale siano interconnesse.

1.12.

Il CESE ritiene che il controllo dei sistemi di IA possa non essere sufficiente per definire le responsabilità e ispirare fiducia; raccomanda di accordare la priorità alla definizione di regole chiare che attribuiscano la responsabilità di eventuali inadempienze ai soggetti giuridici appropriati: le persone fisiche o quelle giuridiche; e chiede inoltre alla Commissione di esaminare in via prioritaria la questione fondamentale dell’assicurabilità dei sistemi di IA.

1.13.

Il CESE propone di mettere a punto, per le imprese che rispettano le norme, un «certificato europeo di impresa di fiducia per l’IA» basato, tra l’altro, sull’elenco di valutazione proposto dal gruppo di esperti ad alto livello in materia di intelligenza artificiale (GAL).

1.14.

Promuovendo i lavori pertinenti nel G7, nel G20 e nei dialoghi bilaterali, l’UE deve cercare di far sì che la regolamentazione dell’IA oltrepassi le frontiere europee. Occorre costruire un accordo internazionale per un’IA affidabile, che consenta di elaborare norme internazionali e di verificarne regolarmente la pertinenza.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.

La comunicazione in esame si basa sui lavori del GAL che la Commissione ha istituito nel giugno 2018. Nella comunicazione, la Commissione definisce sette requisiti fondamentali per realizzare un’IA affidabile, elencati al punto 4.

2.2.

La Commissione ha avviato una fase pilota, con la partecipazione di un’ampia gamma di parti interessate, in cui ci si è concentrati in particolare sull’elenco di valutazione elaborato dal GAL per ciascuno dei cennati requisiti fondamentali. All’inizio del 2020 il GAL riesaminerà e aggiornerà l’elenco di valutazione e, se del caso, la Commissione proporrà nuove misure.

2.3.

La Commissione intende portare il suo approccio in materia di IA sulla scena internazionale e continuerà a svolgere un ruolo attivo in tal senso, anche nell’ambito del G7 e del G20.

3.   Osservazioni generali

3.1.

L’intelligenza artificiale antropocentrica necessita di un approccio che consideri sì gli aspetti tecnici, ma anche quelli sociali ed etici. Il CESE accoglie con favore la volontà delle istituzioni dell’UE di adottare un approccio all’IA conforme ai valori su cui l’Unione si fonda: rispetto della dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza e non discriminazione, Stato di diritto, rispetto dei diritti umani. Come sottolineato dalla Commissione (5), l’IA non è fine a se stessa, ma è uno strumento in grado di apportare cambiamenti radicali positivi. Come qualsiasi strumento, essa crea allo stesso tempo delle opportunità e dei rischi, ragion per cui l’UE deve disciplinarne l’uso e definire chiaramente le relative responsabilità.

3.2.

La fiducia in un’IA antropocentrica potrà scaturire soltanto dall’affermazione di valori e principi, da un quadro normativo consolidato e da orientamenti etici contenenti requisiti essenziali.

3.3.

Tra le numerose sfide poste dall’IA occorre individuare, di concerto con l’insieme delle parti interessate, quelle che andranno affrontate con strumenti normativi e legislativi accompagnati da meccanismi normativi di monitoraggio e, in caso di non conformità, da sanzioni, e quelle che invece potranno esserlo mediante codici etici, misure di autoregolamentazione e impegni volontari, giuridicamente non vincolanti. Il CESE si compiace che la Commissione abbia fatto propri taluni principi originariamente indicati dal CESE, ma si rammarica del fatto che in questa fase essa non proponga alcuna misura specifica per rispondere a preoccupazioni legittime riguardo ai diritti dei consumatori, alla sicurezza dei sistemi e al regime di responsabilità.

3.4.

I sistemi di IA devono rispettare il quadro normativo esistente, in particolare per quanto riguarda la protezione dei dati personali, la responsabilità per danno da prodotti difettosi, la protezione dei consumatori, la non discriminazione e le qualifiche professionali, nonché l’informazione e la consultazione dei lavoratori sul luogo di lavoro. Occorre garantire che tali norme siano adeguate alle nuove sfide della digitalizzazione e dell’IA.

3.5.

Come rileva la Commissione, «[è] opportuno prevedere processi in grado di chiarire e valutare i potenziali rischi associati all’uso dei sistemi di IA nei vari settori di applicazione» (6). Il CESE attribuisce la massima importanza alle future modalità di tale valutazione e all’introduzione di indicatori che possano essere presi in considerazione a questo scopo. Il progetto di elenco di valutazione elaborato dal gruppo ad alto livello costituisce un punto di partenza per l’attuazione di questi processi.

3.6.

Ciò riguarda altresì la questione dell’equa distribuzione del valore aggiunto che ci si attende di ottenere dai sistemi di IA. Il CESE ritiene che le trasformazioni positive che l’IA dovrebbe apportare in termini di sviluppo economico, sostenibilità dei processi di produzione e consumo (in particolare di energia) e migliore uso delle risorse debbano andare a beneficio di tutti i paesi e, al loro interno, di tutti i cittadini.

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Intervento e sorveglianza umani

4.1.1.

La Commissione intende garantire che l’uso di sistemi di IA non possa in alcun caso pregiudicare l’autonomia degli esseri umani o provocare effetti negativi. Come già affermato nei suoi pareri precedenti, il CESE condivide questo approccio della sorveglianza umana sulle macchine.

4.1.2.

In quest’ottica, è necessario anche che i cittadini siano adeguatamente informati sugli usi di questi sistemi, che questi siano spiegabili o, qualora ciò non sia possibile (ad esempio nel caso dell’«apprendimento profondo»), che siano fornite all’utente informazioni in merito ai limiti e ai rischi del sistema. In ogni caso, i cittadini devono poter mantenere la libertà di decidere diversamente dal sistema di IA.

4.1.3.

Nelle imprese e nelle amministrazioni pubbliche, i lavoratori e i loro rappresentanti devono essere adeguatamente informati e consultati al momento dell’introduzione di sistemi di IA che possano modificare l’organizzazione del lavoro e che possano riguardarli direttamente in termini di controllo, sorveglianza, valutazione e assunzione. La Commissione deve promuovere un dialogo sociale al fine di coinvolgere i lavoratori nell’uso dei sistemi di IA.

4.1.4.

Per quanto riguarda le risorse umane, occorre prestare particolare attenzione ai rischi di abuso dei sistemi di IA quali la sorveglianza illimitata, la raccolta di dati personali e dati sanitari, la condivisione di tali dati con terzi, nonché ai rischi emergenti in termini di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (7). Occorre adottare norme chiare per garantire che la collaborazione uomo-macchina non rechi pregiudizio o provochi danni agli esseri umani. La norma introdotta dall’Organizzazione internazionale per la normazione (ISO) sui robot collaborativi (8), destinata a fabbricanti, integratori e utilizzatori, fornisce linee guida per la progettazione e l’organizzazione dello spazio di lavoro e la riduzione dei rischi ai quali possono essere esposte le persone. I lavoratori devono essere addestrati, con un’apposita formazione, a utilizzare l’IA e la robotica, a lavorare con i relativi sistemi e, in particolare, ad arrestarne il funzionamento in caso di emergenza («principio del freno di emergenza»).

4.2.   Robustezza tecnica e sicurezza

4.2.1.

Il CESE chiede che siano introdotte norme di sicurezza a livello europeo e che sia messo a punto un robusto sistema di certificazione basato su procedure di prova che consentano alle imprese di verificare l’affidabilità dei loro sistemi di IA. Il CESE desidera anche sottolineare l’importanza della questione dell’assicurabilità dei sistemi di IA.

4.2.2.

La Commissione tratta solo marginalmente l’aspetto della previsione, della prevenzione e dell’interdizione dell’utilizzo doloso dell’IA e dell’apprendimento automatico, rischio segnalato da molti ricercatori (9). Sarebbe opportuno tenere conto delle raccomandazioni di questi ultimi, e in particolare di quelle riguardanti il duplice uso delle tecnologie in questione, che può riguardare la sicurezza digitale (espansione degli attacchi informatici, sfruttamento delle vulnerabilità degli esseri umani e della stessa IA, «data poisoning»), la sicurezza materiale (hacking dei sistemi autonomi, compresi i veicoli autonomi, i droni, le armi automatiche) o la sicurezza politica (raccolta di grandi quantità di dati personali, propaganda mirata, manipolazione video ecc.). Ricercatori, ingegneri e autorità pubbliche devono collaborare intensamente tra loro per prevenire questi rischi; gli esperti e le altre parti interessate, quali gli utenti e i consumatori, devono poter essere coinvolti nelle discussioni riguardanti tali sfide.

4.3.   Riservatezza e governance dei dati

4.3.1.

La Commissione chiede che l’accesso ai dati sia «adeguatamente disciplinato e controllato» (10), ma il CESE ritiene che sia necessario andare al di là delle dichiarazioni generiche. Il grado di fiducia che i cittadini accorderanno all’IA sarà un fattore determinante per lo sviluppo dei relativi sistemi. Le questioni relative alla proprietà, al controllo e all’uso dei dati da parte delle imprese e delle organizzazioni rimangono in gran parte ancora in sospeso. Ad esempio, la quantità dei dati trasmessi dalle automobili ai costruttori e il tipo dei dati trasmessi destano non poche preoccupazioni (11). Nonostante l’obbligo, ai sensi dell’RGPD, di progettare gli «oggetti connessi» rispettando il principio della privacy by design (tutela della riservatezza fin dalla concezione dell’oggetto), si deve constatare che, al riguardo, il consumatore dispone solo di pochissime informazioni, quando non ne è addirittura del tutto privo, e non dispone di alcuno strumento di controllo su tali dati. Il CESE esorta pertanto la Commissione a riesaminare il regolamento generale sulla protezione dei dati e gli atti normativi ad esso correlati alla luce degli sviluppi tecnologici (12).

4.4.   Trasparenza

4.4.1.

Il CESE ritiene che la spiegabilità dei processi decisionali algoritmici sia essenziale per la comprensione non tanto dei meccanismi in quanto tali, quanto piuttosto della logica alla base dei processi decisionali e del modo in cui tali processi sono influenzati dai sistemi di IA. Lo sviluppo di procedure di prova standard per i sistemi di apprendimento automatico costituisce tuttora una sfida tecnica per la quale l’UE dovrebbe fornire un sostegno mediante strumenti come il programma Orizzonte Europa.

4.4.2.

Il CESE concorda con la Commissione nel ritenere che i sistemi di IA debbano essere identificabili in quanto tali «così che gli utenti sappiano che stanno interagendo con un sistema di IA» (13), anche nel quadro del rapporto paziente/operatore sanitario e dei servizi professionali connessi alla salute e al benessere dei cittadini. Il CESE sottolinea inoltre che gli utenti o i consumatori devono poter essere informati anche in merito ai servizi prestati da esseri umani. Molti sistemi di IA comportano di fatto grandi quantità di lavoro umano, spesso nascoste agli utenti finali (14). Una situazione, questa, che pone la questione della mancanza di trasparenza nei confronti degli utenti e dei consumatori di servizi, ma anche quella costituita da una forma di sfruttamento del lavoro nascosto e non riconosciuto.

4.4.3.

Inoltre, il CESE ritiene che i consumatori debbano sempre essere informati del fatto che nei prodotti che acquistano siano integrati sistemi di IA e che debbano sempre essere in grado di accedere ai propri dati e di controllarli.

4.5.   Diversità, non discriminazione ed equità

4.5.1.

I rischi in termini di discriminazione e pregiudizi sono presenti in alcune applicazioni dell’IA che consentono la profilazione dei cittadini, degli utenti e dei consumatori (ad esempio per l’assunzione di lavoratori, la locazione di beni immobili e taluni servizi alla persona). L’UE ha adottato un corpus legislativo in materia di parità di trattamento e non discriminazione (15), e i sistemi di IA devono rispettarlo. Tuttavia, anche tali norme devono essere adattate e, se necessario, rafforzate (anche sul piano del controllo di conformità) per far fronte alle nuove pratiche. Esiste un rischio reale che la profilazione algoritmica diventi un nuovo e potente strumento di discriminazione, e l’UE deve prevenire questo rischio.

4.5.2.

La direttiva sul razzismo (16) e la direttiva sulla parità di trattamento tra uomini e donne al di fuori del mondo del lavoro (17) prevedono la creazione di organismi specifici e competenti per la promozione della parità di genere. Il CESE chiede che tali organismi svolgano un ruolo attivo nel monitoraggio e nel controllo dei sistemi di IA contro i rischi di discriminazione diretta o indiretta.

4.6.   Benessere sociale e ambientale

4.6.1.

La Commissione non fornisce indicazioni precise circa le modalità per interconnettere la transizione climatica e la trasformazione digitale, in particolare nell’uso dei sistemi di IA. È essenziale riflettere sul contributo che i sistemi di IA possono apportare alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, in particolare nei settori dell’industria, dei trasporti, dell’energia, dell’edilizia e dell’agricoltura.

4.6.2.

La Commissione sottolinea che i sistemi di IA possono essere utilizzati per rafforzare le competenze sociali, ma possono anche portare a un deterioramento delle stesse. Il CESE ritiene che l’UE debba acquisire una maggiore consapevolezza di determinate sfide sociali. Alcuni studi hanno dimostrato, ad esempio, che la progettazione di alcune applicazioni che incorporano sistemi di IA è concepita per mantenere gli utenti di servizi online connessi il più a lungo possibile (reti sociali, giochi, video ecc.). L’obiettivo è quello di raccogliere il maggior numero possibile di dati sul loro comportamento, e le strategie impiegate vanno da un continuo rinnovo delle raccomandazioni algoritmiche ai promemoria e alle notifiche, passando per i giochi ecc. Gli effetti sui minori degli eccessi della connessione e della sollecitazione hanno formato oggetto di studi specifici (18), dai quali sono emersi fenomeni quali l’aumento dell’ansia e dell’aggressività sociale, la privazione del sonno e conseguenze negative per l’apprendimento, le relazioni sociali, la salute e il benessere. Per costruire un’IA degna di fiducia, l’UE deve tenere conto di tali effetti e prevenirli.

4.6.3.

Infine, uno dei fattori del benessere sociale è legato al senso di sicurezza sul lavoro, che gli effetti della digitalizzazione possono ridurre, diventando quindi fonte di stress (19). È pertanto opportuno prevedere strategie per anticipare i cambiamenti (prima che sopravvengano eventuali ristrutturazioni) e per garantire la formazione permanente di tutti i lavoratori. Ciò implica necessariamente, all’interno delle imprese, un dialogo sociale di qualità tra i datori di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori, che consenta in particolare una diffusione inclusiva delle nuove tecnologie, specialmente l’IA e la robotica. Al fine di rafforzare la fiducia tra i dirigenti e i lavoratori, i sistemi di IA relativi alla gestione, alle valutazioni e al monitoraggio dei lavoratori devono essere spiegabili, i loro parametri noti e il loro funzionamento trasparente.

4.7.   Accountability

4.7.1.

Le decisioni adottate dai sistemi di apprendistato automatico non sono semplici da spiegare e vengono perdipiù regolarmente aggiornate. Il CESE ritiene che il controllo dei sistemi di IA possa non essere sufficiente per definire le responsabilità e ispirare fiducia. Raccomanda pertanto di definire delle regole per l’attribuzione della responsabilità di eventuali inadempienze ai soggetti di diritto: le persone fisiche o giuridiche. Il CESE raccomanda inoltre di basarsi più su imprese o professionisti affidabili che sugli algoritmi, e propone di mettere a punto, per le imprese che rispettano le norme, un «certificato europeo di impresa di fiducia per l’IA» basato, tra l’altro, sull’elenco di valutazione proposto dal GAL.

4.7.2.

La direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi (20) stabilisce per i produttori europei il principio della responsabilità oggettiva: se un prodotto che presenta un difetto causa danni a un consumatore, il produttore può essere ritenuto responsabile anche in assenza di colpa o di negligenza. La concezione, la diffusione e l’impiego sempre più diffusi dei sistemi di IA impongono all’UE di adottare norme in materia di responsabilità adeguate alle situazioni in cui i prodotti a contenuto digitale e i servizi proposti ai consumatori possono risultare pericolosi e nocivi. I consumatori devono poter avere accesso alla giustizia in caso di danni causati da un sistema di IA.

5.   Necessità di una regolamentazione al di là dell’Europa

5.1.

In un mondo globale, la regolamentazione dell’IA deve andare oltre le frontiere dell’Europa. L’Europa dovrebbe promuovere un ampio accordo sull’IA in seno al G7 e al G20 e proseguire i dialoghi bilaterali in modo che la maggior parte dei paesi possa partecipare ai processi di normazione dell’IA e verificarne periodicamente la pertinenza.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 1.

(2)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 1 e GU C 440 del 6.12.2018, pag. 1.

(3)  https://osha.europa.eu/fr/emerging-risks.

(4)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(5)  COM(2019) 168 final.

(6)  COM(2019) 168 final, pag. 5.

(7)  Cfr. in particolare OSH and the future of work: benefits and risks of artificial intelligence tools in workplaces («La SSL e il futuro del lavoro: benefici e rischi degli strumenti di IA sul luogo di lavoro»)

(8)  ISO/TS 15066, 2016.

(9)  Cfr. la relazione The Malicious Use of Artificial Intelligence: Forecasting, Prevention, and Mitigation («L’utilizzo doloso dell’intelligenza artificiale: previsione, prevenzione e attenuazione»), febbraio 2018.

(10)  COM(2019) 168 final, pag. 6.

(11)  Your car knows when you gain weight («Se ingrassi, la tua automobile lo sa»), The New York Times (edizione internazionale), 22.5.2019.

(12)  GU C 190 del 5.6.2019, pag. 17.

(13)  COM(2019) 168 final, pag. 6.

(14)  Cfr. ad esempio: A white-collar sweatshop: Google Assistant contractors allege wage theft («Impiegati sfruttati: i collaboratori esterni di Google Assistant accusano»), The Guardian, 29.5.2019, e Bot technology impressive, except when it’s not the bot («La tecnologia dei bot è impressionante, tranne quando non è un bot»), The New York Times (International Edition), 24.5.2019.

(15)  GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22, GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16, GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37 e GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.

(16)  Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22).

(17)  Direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37).

(18)  Cfr. in particolare Kidron, Evans e Afia, Disrupted Childhood – The COST of Persuasive Design («Un’infanzia perturbata: il costo del persuasive design»), 5Rights Foundation, 2018.

(19)  Relazione del GAL sull’impatto della trasformazione digitale sui mercati del lavoro dell’UE, 2019.

(20)  Direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU L 210 del 7.8.1985, pag. 29).


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/69


Parere del Comitato economico e sociale europeo su

«Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’agenda strategica per l’innovazione dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) 2021-2027: promuovere il talento e la capacità d’innovazione in Europa»

[COM(2019) 330 final — 2019/00152 (COD)]

e

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (rifusione)»

[COM(2019) 331 final — 2019/00151 (COD)]

(2020/C 47/10)

Relatore generale: Antonello PEZZINI

Consultazione

Parlamento europeo, 18.7.2019

Consiglio, 26.7.2019

Base giuridica

Articoli 173, paragrafo 3, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Decisione dell’Ufficio di presidenza

24.9.2019

Adozione in sessione plenaria

31.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

168/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia pienamente la sinergia tra l’EIT e il programma quadro pluriennale UE di ricerca e innovazione, proposta nel regolamento rivisto, nell’ambito della razionalizzazione introdotta con Orizzonte Europa, che si presenta con un’architettura semplificata nei temi della ricerca e innovazione.

1.2.

Il CESE è convinto che «l’innovazione aperta» di Orizzonte Europa offrirà un unico punto di contatto agli innovatori ad alto potenziale, tramite il Consiglio europeo per l’innovazione, e intensificherà la cooperazione con gli ecosistemi e con gli operatori, in sinergia con l’EIT, evitando doppioni e sovrapposizioni, assicurando effettive complementarietà, come indicato dal Consiglio in merito alla proposta di programma d’attuazione di Orizzonte Europa (1).

1.3.

In tale ambito, l’EIT dovrebbe apparire come uno dei principali motori di innovazione per obiettivi, in grado di affrontare le sfide della società in aree quali: ecosistemi di innovazione sostenibile; innovazione e capacità imprenditoriali in una prospettiva di apprendimento permanente; incremento di operatività degli istituti di istruzione superiore; nuove soluzioni rivolte al mercato, per affrontare le sfide globali; sinergie e valore aggiunto, all’interno di tutto il programma Orizzonte Europa.

1.4.

Secondo il CESE, l’EIT e le sue comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) dovrebbero svolgere un ruolo più incisivo nel panorama dell’innovazione, nazionale e regionale, dell’UE; dovrebbero affinare le proprie capacità, per un maggiore e migliore coordinamento con tutti gli attori interessati ai vari livelli; e aumentare le loro azioni verso tutte le imprese, indipendentemente dalle loro dimensioni, con l’obiettivo di potenziare la cultura imprenditoriale dell’UE.

1.5.

Il CESE raccomanda che l’EIT mantenga ed enfatizzi l’unicità del suo valore aggiunto, quale leader europeo nell’educazione con alte competenze specialistiche nell’apprendimento imprenditoriale (learning by doing), individuando e sperimentando nuovi metodi di insegnamento e di apprendimento. Il marchio EIT dovrebbe essere riconosciuto dai principali organismi di accreditamento internazionali ed essere esportato al di fuori della cerchia delle CCI e dei loro partner, per fertilizzare una comunità dell’innovazione sempre più ampia, in collaborazione con i paesi extra-UE, Asia e USA in particolare.

1.6.

A parere del CESE, l’EIT dovrebbe sostenere lo sviluppo di nuovi prodotti, caratterizzati da una forte valenza commerciale, arricchiti da esperienze educative, diffuse a livello internazionale, sulla falsariga dei dottorati industriali. Ciò favorirebbe, senza dubbio, un coinvolgimento più forte e più attivo di nuovi partner commerciali nelle attività delle CCI.

1.7.

Per coinvolgere meglio le PMI, le CCI dovrebbero esplorare nuovi sistemi per sfruttare e promuovere l’«effetto di prossimità», coinvolgendo, in particolare, i centri territoriali, che dovrebbero rappresentare, per gli attori regionali e locali, il punto di accesso alle piattaforme di innovazione globale.

1.8.

L’EIT e le CCI dovrebbero, ciascuna, sviluppare le proprie strategie di finanziamento delle imprese e dello sviluppo, per sostenere il percorso di consolidamento delle imprese innovative. Anche le reti con il mondo finanziario e con i fondi del capitale di rischio dovrebbero essere rafforzate.

1.9.

Il CESE raccomanda che la distribuzione delle CCI rispetti maggiormente l’equilibrio geopolitico e copra meglio il territorio dell’UE, a cominciare dalla CCI «Industrie culturali e creative», anche nell’ottica di coperture di aree, come quella Adriatico/Balcanica e quella cinese.

1.10.

Per quanto attiene alla decisione proposta sull’agenda strategica per l’innovazione (ASI) per il periodo 2021-2027, il CESE ritiene che il processo dovrebbe caratterizzarsi per un approccio olistico e dovrebbe coprire tutti i tipi di partenariati (P2P, PPP, EIT-CCI, FET-Flagships), come richiesto nelle conclusioni del Consiglio, per garantire una panoramica completa di ciò che viene fatto attraverso i partenariati e per realizzare gli obiettivi politici.

1.11.

Il CESE condivide, in linea di massima, l’agenda strategica per l’innovazione, così come descritta in allegato alla proposta di decisione, nella misura in cui le misure proposte si svilupperanno in pieno allineamento con il piano strategico di Orizzonte Europa, come indicato nella posizione comune di PE e Consiglio sul 9o programma quadro (PQ) (2).

1.12.

Il CESE apprezza lo sforzo dichiarato con il quale «l’EIT continuerà ad adoperarsi per la semplificazione al fine di alleviare gli oneri amministrativi superflui che gravano sulle CCI e per consentire un’attuazione, agile ed efficiente, dei piani annuali e della strategia pluriennale».

1.13.

Il CESE ritiene che l’EIT sia tenuta a produrre un rapporto su tutti i prodotti innovativi di successo, posti sul mercato nella sua decennale esperienza (value for money).

1.14.

Il CESE ritiene altresì importanti: gli sforzi di rendicontazione e di monitoraggio, con precisi indicatori d’impatto; la valutazione del rendimento operativo delle CCI; le effettive realizzazioni; i risultati e i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi, in linea con il quadro di Orizzonte Europa.

2.   Introduzione

2.1.

Le difficoltà dell’Europa nel trasformare le invenzioni in prodotti e servizi commerciabili hanno indotto l’UE a rivedere le sue politiche in materia di ricerca, per cercare di porre rimedio alle sue incapacità di convertire tempestivamente in innovazione orientata al mercato la sua eccellenza nella ricerca fondamentale.

2.2.

L’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT), sul quale il CESE ha avuto modo di pronunciarsi (3), è stato creato dall’Unione europea nel 2008 per rafforzare la sua capacità d’innovazione e costituisce parte integrante del programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione (PQ).

2.3.

Allo stato attuale, l’EIT è il più grande ecosistema di innovazione integrata in Europa. Esso riunisce partner di imprese, istituti di ricerca e di istruzione, e sostiene le CCI. Queste comunità rappresentano partenariati europei di ampio respiro, in grado sia di affrontare specifiche sfide globali sia di rafforzare gli ecosistemi dello sviluppo, promuovendo l’integrazione dell’istruzione con la ricerca, per creare ambienti favorevoli all’innovazione e per stimolare la creazione di imprese innovative, in stretta complementarità con il Consiglio europeo per l’innovazione (EIC).

2.4.

Da parte sua, l’attuale PQ 2014-2020 «Orizzonte 2020» finanzia in modo esplicito l’innovazione con nuovi strumenti pubblici introdotti per potenziare l’innovazione dell’Europa e incoraggiare ulteriormente la partecipazione delle imprese alle attività d’innovazione, quali: i partenariati pubblico-privato, come le iniziative tecnologiche congiunte (JTI); i regimi di prestito e di garanzia, come l’RSFF; e il capitale di rischio, come il GIF (4).

2.5.

Con una dotazione di oltre 300 milioni di EUR, per il periodo 2008-2013, 2,7 Mrd EUR, per il 2014-2020, e 3,1 Mrd per il 2021/2027, l’EIT intende svolgere un ruolo importante nel quadro della strategia Europa 2020 (5).

2.6.

L’EIT ha come obiettivo il miglioramento dei processi di innovazione, integrando formazione e imprenditorialità con ricerca e innovazione, con l’obiettivo esplicito di concentrarsi concretamente sui risultati tangibili e sui benefici concreti (6).

2.7.

L’attività dell’EIT si sviluppa attraverso le CCI: partenariati europei su vasta scala, che affrontano sfide sociali specifiche, riunendo organizzazioni dei settori dell’istruzione, della ricerca e dell’imprenditoria. L’EIT eroga sovvenzioni alle CCI e deve monitorare la loro attività, con un efficace controllo e diffusione dei risultati.

2.8.

L’EIT è ora integrato in Orizzonte Europa, in quanto parte del terzo pilastro (Europa innovativa), ma dovrebbero essere create sinergie e complementarità anche con le altre componenti del programma (7). Le CCI, come parte integrante dell’EIT, sono considerate «partenariati europei istituzionalizzati».

2.9.

In particolare, gli obiettivi generali dell’EIT si riflettono nelle sue aree di intervento, come identificate da Orizzonte Europa, che definisce anche: criteri di selezione, attuazione, monitoraggio, valutazione e cessazione dei partenariati europei, compresi quelli delle CCI-EIT.

2.9.1.

Val la pena ricordare le principali aree di intervento:

rafforzare gli ecosistemi dell’innovazione sostenibile in tutta Europa;

promuovere lo sviluppo di capacità imprenditoriali e di innovazione, in una prospettiva di apprendimento permanente;

sostenere le trasformazioni verso una cultura imprenditoriale delle università;

portare sul mercato nuove soluzioni, per rispondere alle sfide globali della società.

2.10.

L’EIT opera come un organismo decentrato dell’UE. La sua sede è a Budapest. L’EIT non è un centro di ricerca e non contribuisce direttamente al finanziamento di singoli progetti, ma offre sovvenzioni alle CCI.

2.11.

Le CCI sono selezionate mediante un invito aperto, sulla base di temi prioritari ad alto impatto sociale. L’EIT sostiene attualmente 8 CCI, che riuniscono imprese, università e centri di ricerca, in partenariati transfrontalieri (8).

2.12.

Ciascuna CCI mira a rafforzare le capacità di innovazione, gestendo un portafoglio equilibrato di attività in tre settori:

progetti di sostegno all’innovazione volti a sostenere e sviluppare nuovi prodotti, servizi e soluzioni innovative;

istruzione, programmi di istruzione e formazione innovativi, offerti da ciascuna CCI sotto forma di programmi post-laurea (MSc/PhD); corsi di sviluppo gestionale/professionale; moduli di apprendimento permanente; scuole estive, con un marchio di qualità EIT;

attività di creazione e supporto alle imprese, con programmi di start-up, per aiutare gli imprenditori e i potenziali imprenditori a tradurre le loro idee in attività di successo, concentrandosi principalmente sull’accesso al mercato, sui finanziamenti, sulle reti, sul tutoraggio e coaching.

2.13.

Parallelamente, come parte della propria strategia di sensibilizzazione, ciascuna CCI è impegnata a svolgere attività di sensibilizzazione, comunicazione, divulgazione, compreso lo sviluppo del Regional Innovation Scheme (RIS) in stretta sinergia con l’EIT.

2.14.

Il CESE ha già avuto modo di sottolineare che le CCI «dovrebbero garantire che siano rappresentati i diversi paesi europei, segnatamente con riferimento alla sede dei poli di innovazione» e che «l’imprenditorialità sostenuta dal pilastro accademico dovrebbe essere rafforzata» (9).

2.15.

Il CESE ha altresì rilevato che «le CCI si concentrano in pochi paesi» e ha auspicato «che vengano condotti sforzi specifici, al fine di stabilire, nel maggior numero possibile di Stati membri, collegamenti con laboratori, imprese e istituti di ricerca» (10).

2.16.

Da parte sua il PE ha invitato la Commissione a mantenere le CCI nell’attuale EIT, sottolineando l’importanza della trasparenza e di un ampio coinvolgimento delle parti interessate, e ad «analizzare in che modo l’EIT e le CCI possano interagire con il Consiglio europeo per l’innovazione (CEI)» (11).

2.17.

Il PE ha peraltro rilevato, dalla relazione della Corte dei conti, che le CCI non hanno utilizzato integralmente le sovvenzioni concesse dall’Istituto, principalmente a causa di un’attuazione incompleta dei piani d’azienda (12). Inoltre, il rapporto speciale della Corte dei conti UE sull’EIT ha indicato che il complesso quadro operativo e i problemi di gestione dell’Istituto ne hanno ostacolato l’efficacia generale, con diverse debolezze.

2.18.

Il Consiglio, da parte sua, ha riconosciuto il comprovato valore aggiunto dei partenariati strategici e delle iniziative, come l’EIT e le azioni Marie Skłodowska-Curie (13), e, nell’accordo sul futuro programma «Orizzonte Europa», il terzo pilastro (Europa innovativa) si concentrerà sul potenziamento delle innovazioni di punta e dirompenti, mediante l’istituzione di un Consiglio europeo per l’innovazione. Quest’ultimo fungerà da sportello unico per gli innovatori ad alto potenziale (14).

3.   Le proposte della Commissione europea

3.1.

Le proposte mirano ad assicurare una maggiore apertura e trasparenza delle CCI e un allineamento dell’EIT con il prossimo programma di ricerca e innovazione dell’UE (2021-2027) e, in particolare, con l’approccio proposto per i partenariati europei, all’interno di Orizzonte Europa, con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente il potenziale di innovazione dell’UE.

3.2.

Con una dotazione proposta di 3 miliardi di EUR, pari a un aumento di 600 milioni di EUR (+ 25 %) rispetto all’attuale agenda strategica per l’innovazione (2014-2020), si ritiene che l’EIT possa finanziare efficacemente le attività esistenti e nuove CCI e sostenere le capacità di innovazione di 750 istituti di istruzione superiore.

3.3.

L’EIT dovrebbe attuare attività volte a:

rafforzare gli ecosistemi dell’innovazione sostenibile in tutta Europa;

promuovere lo sviluppo di capacità imprenditoriali e di innovazione, in una prospettiva di apprendimento permanente, e sostenere la trasformazione imprenditoriale degli istituti di istruzione superiore dell’UE;

portare sul mercato nuove soluzioni, per rispondere alle sfide globali.

3.4.

La proposta di rifusione del regolamento EIT (15) mira a garantire maggiore chiarezza giuridica e migliore allineamento con il programma quadro di ricerca e innovazione dell’UE, con una nuova base giuridica e introduce, inoltre, un modello di finanziamento semplificato per l’EIT per favorire in maniera più efficace investimenti pubblici e privati aggiuntivi, rafforzando la struttura amministrativa dell’EIT.

3.5.

La proposta di decisione sull’agenda strategica per l’innovazione (ASI) per il periodo 2021-2027 — che deve essere in linea con il programma quadro di ricerca e innovazione Orizzonte Europa — prevede di perseguire i seguenti obiettivi:

aumento dell’impatto, a livello regionale, delle CCI, grazie a reti EIT rafforzate, con un maggior numero di istituti d’istruzione superiore, di imprese e di organizzazioni di ricerca coinvolti, in collegamento con le strategie di specializzazione intelligente regionali;

potenziamento della capacità di innovazione dell’istruzione superiore;

lancio di nuove CCI. L’EIT farà nascere due nuove CCI, selezionate nei settori più pertinenti, per le priorità programmatiche di Orizzonte Europa. La prima incentrata sulle industrie culturali e creative e una seconda che verrà individuata in una fase successiva, nel 2025.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE plaude al ruolo dell’EIT nella promozione della competitività dell’UE attraverso il suo sostegno all’ecosistema dell’innovazione, nella misura in cui l’Istituto ha saputo contribuire allo sviluppo del cosiddetto «triangolo della conoscenza».

4.2.

Il CESE è convinto che «l’innovazione aperta» offrirà un unico punto di contatto agli innovatori ad alto potenziale, tramite il Consiglio europeo per l’innovazione, e intensificherà la cooperazione con gli ecosistemi e con gli operatori dei processi innovativi.

4.3.

In tale ambito, l’EIT dovrebbe essere uno dei principali motori di innovazione per obiettivi, per affrontare le sfide della società in aree quali:

ecosistemi di innovazione sostenibile in tutta Europa;

innovazione e capacità imprenditoriali, in una prospettiva di apprendimento permanente, compreso l’aumento di capacità degli istituti di istruzione superiore;

nuove soluzioni, rivolte al mercato, per affrontare le sfide globali;

sinergie e valore aggiunto, all’interno di tutto «Orizzonte Europa».

4.4.

L’EIT e le CCI dovrebbero svolgere un ruolo più incisivo, nel panorama dell’innovazione dell’UE, a livello nazionale e regionale, e dovrebbero rafforzare le proprie capacità, per un maggiore e migliore coordinamento con tutti gli attori interessati.

4.5.

L’EIT dovrebbe rivolgersi a tutte le imprese, indipendentemente dalle loro dimensioni, potenziando la cultura imprenditoriale dell’UE, tramite il coinvolgimento di tutte le forze sociali, creare sinergie con il Consiglio europeo per l’innovazione (EIC) e dare valore aggiunto a molti progetti, nell’ambito di Orizzonte Europa.

4.6.

Secondo il CESE, l’EIT e le CCI dovrebbero dare priorità sia al rafforzamento sistematico dei contatti tra le grandi e medie imprese, attive nelle CCI, sia alle nuove imprese e start up, che vengono coinvolte dalle iniziative delle CCI.

4.7.

L’EIT e le CCI dovrebbero sviluppare le proprie strategie rivolte al finanziamento delle imprese, per sostenere il potenziamento delle imprese innovative, attraverso opportuni collegamenti con il mondo finanziario e con i fondi di capitale di rischio.

4.8.

Il CESE ritiene che il sostegno finanziario dell’EIT dovrebbe essere bilanciato in base alle dimensioni, al tipo e alla maturità del settore. Le piccole e medie imprese si trovano in maggiori difficoltà di fronte agli oneri normativi, e dovrebbero essere sostenute finanziariamente.

4.9.

Per coinvolgere meglio le PMI, le CCI dovrebbero esplorare modi per sfruttare e promuovere l’«effetto di prossimità», in particolare attraverso i centri territoriali, che dovrebbero rappresentare, per gli attori regionali e locali, il punto di accesso alle piattaforme di innovazione globale, fornendo strutture e supporto mirati alle PMI.

4.10.

Il CESE ritiene che i centri territoriali siano fondamentali per il futuro delle CCI. L’integrazione nei sistemi di innovazione locali e la funzione di gatekeeper efficace, per i partner esterni, sono due aspetti cruciali per la futura sostenibilità finanziaria della CCI.

4.11.

L’apertura e la trasparenza delle CCI dovrebbero essere aumentate. Le procedure e i criteri per essere selezionati come partner delle CCI (completo, associato ecc.) dovrebbero essere resi pubblici. Le regole per la selezione di attività/progetti (ad esempio per proposte di innovazione) dovrebbero essere rese ampiamente disponibili e diffuse in tutta la UE, e i meccanismi di feedback adeguati dovrebbero essere introdotti e monitorati da organismi indipendenti.

4.12.

Il CESE raccomanda che l’EIT mantenga ed enfatizzi l’unicità del suo valore aggiunto nel campo dell’istruzione, quale leader europeo nell’educazione ad alto livello e sviluppi competenze specialistiche dell’apprendimento imprenditoriale sul terreno (learning by doing). Il marchio EIT dovrebbe essere riconosciuto dai principali organismi di accreditamento internazionali.

4.13.

A parere del CESE, l’EIT dovrebbe sostenere lo sviluppo di nuovi prodotti con una forte presenza commerciale integrata nell’esperienza educativa a livello internazionale, sulla falsariga dei dottorati industriali.

4.13.1.

Il CESE appoggia pienamente l’allineamento dell’EIT con il programma quadro pluriennale di ricerca e innovazione UE, proposto nel regolamento rivisto, nell’ambito di Orizzonte Europa e dei «partenariati europei» proposti.

4.14.

Secondo il CESE, è opportuna una ulteriore semplificazione del funzionamento sia dell’EIT — la cui governance deve essere rafforzata — che delle CCI, che dovrebbero, seguendo tutte le stesse regole, disporre di relazioni annuali e adottare piani aziendali pluriennali invece che annuali.

4.15.

Il CESE sottolinea la necessità di porre efficacemente rimedio ai rilievi della Corte dei conti UE quanto ad alcuni elementi chiave del modello dell’EIT che non sono stati adeguatamente concepiti per garantire che costituisca un sistema pubblico efficace e innovativo.

4.16.

Per quanto attiene alla decisione proposta sull’agenda strategica per l’innovazione (ASI) per il periodo 2021-2027, il CESE ritiene che il processo dovrebbe adottare un approccio olistico e coprire tutti i tipi di partenariati (P2P, PPP, EIT-CCI, FET-Flagships) di oggi, come richiesto nelle conclusioni del Consiglio.

Bruxelles, 31 ottobre 2019

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Interinstitutional file 2018/0225 (COD) – 8550/19 del 15.4.2019.

(2)  Interinstitutional file 2018/0224 (COD) – 7942/19 del 27.3.2019.

(3)  GU C 161 del 13.7.2007, pag. 28; GU C 181 del 21.6.2012, pag. 122; GU C 62 del 15.2.2019, pag. 33

(4)  JTI — iniziative tecnologiche congiunte sono state introdotte per rispondere meglio alle necessità dell’industria nei campi dedicati della ricerca. Sono organismi dell’UE indipendenti con la partecipazione dell’industria e, in alcuni casi, degli Stati membri. RSFF — meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi è stato lanciato per migliorare l’accesso al finanziamento del debito per i ricercatori, in speciale modo per gli investimenti a più alto rischio nel settore della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione. GIF — strumento a favore delle PMI innovative e a forte crescita nell’ambito del programma per la competitività e l’innovazione fornisce capitale di rischio alle PMI innovative e alle PMI ad alto potenziale di crescita.

(5)  Articolo 3 del regolamento (UE) n. 1292/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che modifica il regolamento (CE) n. 294/2008 che istituisce l'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 174).

(6)  Decisione n. 1312/2013 Decisione n. 1312/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativa all'agenda strategica per l'innovazione dell'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT): il contributo dell'EIT a un'Europa più innovativa (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 892).

(7)  V. nota 1.

(8)  EIT Climate-KIC: Drivers of climate innovation in Europe and beyond; EIT Digital: For a strong, digital Europe; EIT Food: EIT Food connects businesses, research centres, universities and consumers; EIT Health: Together for healthy lives in Europe; EIT InnoEnergy: Pioneering change in sustainable Energy; EIT Manufacturing: Strengthening and increasing the competiveness of Europe’s manufacturing; EIT RawMaterials: Developing raw materials into a major strength for Europe; EIT Urban Mobility: Smart, green and integrated transport.

(9)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 33

(10)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 122

(11)  Risoluzione del Parlamento europeo del 13 giugno 2017 sulla valutazione della messa in atto di Orizzonte 2020 in vista della sua valutazione intermedia e della proposta relativa al 9o Programma quadro (GU C 331 del 18.9.2018, pag. 30).

(12)  Risoluzione (UE) 2019/1483 del Parlamento europeo, del 26 marzo 2019, recante le osservazioni che costituiscono parte integrante della decisione sul discarico per l'esecuzione del bilancio dell'Istituto europeo di innovazione e tecnologia per l'esercizio 2017 (GU L 249 del 27.9.2019, pag. 229).

(13)  Conclusioni del Consiglio «Verso la prospettiva di uno spazio europeo dell’istruzione», 23.5.2018.

(14)  Consiglio dell’UE — comunicato stampa 27.3.2019.

(15)  Regolamento (UE) n. 1292/2013.


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/76


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise per quanto riguarda lo sforzo di difesa nell’ambito dell’Unione»

[COM(2019) 192 final — 2019/0096 (CNS)]

(2020/C 47/11)

Relatore: Benjamin RIZZO

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 13.5.2019

Base giuridica

Articolo 113 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

17.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

204/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE riconosce l’obiettivo della Commissione di garantire la parità di trattamento, ai fini dell’IVA, per le forze armate degli Stati membri che collaborano nell’ambito di un quadro dell’UE e delle forze armate della NATO dispiegate nell’UE, che già beneficiano dell’esenzione dall’IVA. Garantire condizioni di parità a tale riguardo sembra ragionevole.

1.2.

Il CESE comprende le motivazioni per cui dal 2000 sono state create determinate strutture dell’UE per gestire le forze armate dispiegate all’interno di essa per la sicurezza e la difesa dell’Unione. Adesso, con un direttore generale responsabile della difesa, queste strutture saranno utilizzate in modo migliore e soggette a una vigilanza più efficace.

1.3.

Il CESE prende nota del fatto che le due condizioni per l’esenzione previste dalla proposta della Commissione consistono nel fatto che le forze armate siano dispiegate al di fuori del proprio Stato membro, da un lato, e siano coinvolte in uno sforzo comune europeo di difesa, dall’altro.

1.4.

Il CESE accetta il fatto che alcuni ambiti non siano coperti dalla nuova esenzione. Tali ambiti riguardano, in particolare, le finalità di sicurezza e difesa, i compiti di soccorso umanitario e i casi in cui è invocata la clausola di solidarietà. Di conseguenza, le esenzioni dall’IVA complessive si limitano alle «operazioni militari», intese secondo un’interpretazione restrittiva.

1.5.

Il CESE propone che le diverse autorità fiscali nazionali dispongano di un unico sistema per l’attuazione delle nuove esenzioni. Si raccomanda pertanto che la Commissione, attraverso il suo gruppo di controllo dell’IVA, istituisca un apposito sistema in cui le fatture esenti da IVA emesse dai fornitori alle forze armate debbano essere inserite per beneficiare dell’esenzione prevista nella proposta della Commissione. In tal modo verrà utilizzato un sistema unificato in tutti gli Stati membri.

1.6.

Il CESE ritiene che i dati relativi ai costi e ai benefici delle esenzioni introdotte dalla proposta della Commissione dovrebbero essere calcolati in modo più accurato, in modo da rendere presto disponibile una relazione più realistica sugli effetti di tali esenzioni. Ciò contribuirà a una rendicontazione migliore e più trasparente per gli Stati membri e l’opinione pubblica in generale.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

Con la proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE (1) relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto e della direttiva 2008/118/CE (2) relativa al regime generale delle accise per quanto riguarda lo sforzo di difesa nell’ambito dell’Unione, pubblicata il 24 aprile 2019, la Commissione europea ha presentato il suo piano per esentare dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) e dalle accise la cessione di beni e la prestazione di servizi destinate alle forze armate, quando queste siano dispiegate al di fuori del loro Stato membro e partecipino a uno sforzo di difesa europeo.

2.2.

A norma dell’articolo 2 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, l’ambito di applicazione dell’IVA comprende le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo d’imposta che agisce in quanto tale e le importazioni di beni nell’Unione europea.

2.3.

La direttiva individua un elenco comune di esenzioni dall’IVA intese a garantire che le risorse proprie dell’UE siano prelevate in modo uniforme in tutti gli Stati membri. Attualmente l’elenco delle esenzioni non comprende la cessione di beni né la prestazione di servizi a fini di sicurezza e di difesa. Di conseguenza, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi alle forze armate ovvero le importazioni effettuate da queste ultime sono soggette all’IVA.

2.4.

Viceversa, la direttiva IVA dispone attualmente un’esenzione per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi destinate alle forze armate di qualsiasi Stato parte contraente del trattato del Nord Atlantico le quali partecipino a uno sforzo comune di difesa al di fuori del proprio Stato. Tale esenzione è stata stabilita per le situazioni in cui «si interrompe il circolo del flusso di entrate e spese, in quanto l’IVA su tali cessioni e prestazioni costituirebbe di norma un’entrata per lo Stato in cui sono ubicate le forze armate, anziché per il loro Stato».

2.5.

La direttiva 2008/118/CE del Consiglio relativa al regime generale delle accise stabilisce un’analoga esenzione dall’accisa per i movimenti di prodotti che vi sono soggetti e che sono destinati alle forze armate di qualsiasi membro dell’Organizzazione del trattato del Nord Atlantico (NATO).

2.6.

In base al diritto dell’UE, le accise vengono applicate alle bevande alcoliche, al tabacco lavorato e ai prodotti energetici (carburanti per motori e combustibili per riscaldamento, come petrolio e benzina, energia elettrica, gas naturale e carbone). La struttura delle imposte e le aliquote minime sono armonizzate a livello dell’UE.

2.7.

Mentre lo sforzo di difesa della NATO è stato esentato sia dalla direttiva IVA (dal 1977) che dalla direttiva sulle accise (dal 1993), non è attualmente disponibile alcuna esenzione per le forniture connesse allo sforzo comune di difesa nell’ambito dell’UE.

2.8.

La politica di sicurezza e di difesa comune (3), originariamente istituita (2000) come la politica europea di sicurezza e di difesa, è uno strumento fondamentale per lo sviluppo graduale di una politica di difesa comune dell’Unione. Il trattato di Lisbona ha contribuito in modo significativo a sviluppare la politica di sicurezza e di difesa comune, istituendo tra l’altro il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) al fine di sostenere chi ricopre la carica di Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza in tutte le sue funzioni, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune.

2.9.

Il trattato sull’Unione europea comprende anche una clausola di assistenza reciproca e consente agli Stati membri di rafforzare le rispettive forze armate tramite una «cooperazione strutturata permanente» (4).

2.10.

Il Comitato militare dell’UE (5), istituito nel 2001, è l’organo militare superiore del Consiglio, «assicura la direzione di tutte le attività militari nell’ambito dell’Unione europea e fornisce consulenza sulla pianificazione e sull’esecuzione delle missioni e delle operazioni militari nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune e sullo sviluppo delle capacità militari».

2.11.

Nel giugno 2016 la strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea (6) ha gettato le basi per l’ulteriore sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune verso tre priorità fondamentali: reagire alle crisi e ai conflitti esterni, sviluppare le capacità dei partner e proteggere l’Unione e i suoi cittadini.

2.12.

Nel marzo 2018 la Commissione e l’Alta rappresentante hanno presentato una comunicazione congiunta sul piano d’azione per la mobilità militare (7). Il piano d’azione riconosce l’esigenza di un uguale trattamento degli sforzi di difesa al fine di ridurre gli oneri amministrativi e, di conseguenza, i ritardi e i costi della mobilità militare e offrire agli Stati membri un incentivo a cooperare.

2.13.

Più specificamente, la comunicazione congiunta afferma che «L’agevolazione della mobilità militare interessa anche le attuali norme in materia di imposta sul valore aggiunto. Gli sforzi di difesa e la mobilità militare richiedono in particolare una serie di prestazioni come formazione, materiali da esercitazione, alloggio, fornitura di servizi di ristorazione/mensa, carburante ecc.. Tali prestazioni sono soggette, in linea di principio, all’imposta sul valore aggiunto. Nell’ambito del gruppo di lavoro ad hoc sulla mobilità militare, gli Stati membri hanno rilevato la necessità di garantire che gli sforzi di difesa siano trattati in maniera paritaria, al fine di ridurre gli oneri amministrativi ed evitare così ritardi e costi aggiuntivi per la mobilità militare e per offrire agli Stati membri un incentivo alla cooperazione».

2.14.

In seguito a tale richiesta, la proposta della Commissione in esame persegue l’allineamento, per quanto possibile, sia del trattamento IVA che dell’esenzione dalle accise per gli sforzi di difesa nell’ambito dell’UE e della NATO. In base alla proposta, le attività legate alla politica comune di sicurezza e di difesa coperte dall’esenzione sono: i) missioni e operazioni militari; ii) gruppi tattici; iii) assistenza reciproca. Saranno inoltre coperte anche le attività della cooperazione strutturata permanente e dell’Agenzia europea per la difesa.

2.15.

È opportuno notare che, in base alla proposta della Commissione, le forniture alle forze armate e al personale civile che le accompagna possono essere esentate solo nel caso in cui tali forze partecipino a uno sforzo di difesa svolto ai fini della realizzazione di un’attività dell’Unione nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune.

2.16.

Pertanto, le esenzioni non coprono il dispiegamento di forze armate unicamente a fini di sicurezza, per le missioni umanitarie e di soccorso o quando è invocata la clausola di solidarietà di cui all’articolo 222 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che non ha risvolti afferenti alla difesa.

2.17.

Secondo una stima prudenziale, un importo di 530 milioni di EUR, su una spesa complessiva per la difesa di 5,3 miliardi di EUR, può essere attribuito ad attività esternalizzate che saranno coperte dalla proposta della Commissione, il che potrebbe comportare una possibile perdita di gettito IVA per tutti gli Stati membri pari a circa 80 milioni di EUR (nell’ipotesi di un’aliquota IVA media del 18 %).

2.18.

Per quanto riguarda le accise, i prodotti energetici (per esempio i carburanti) e l’energia elettrica dovrebbero rappresentare la principale categoria di prodotti soggetti all’esenzione. Come per l’IVA, si può ipotizzare che in futuro circa il 10 % di tali costi sarebbe esentato dall’accisa. Tuttavia, non sono disponibili dati che consentano di quantificare l’incidenza.

2.19.

Gli Stati membri dovranno adottare e pubblicare, entro il 30 giugno 2022, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle nuove disposizioni, e comunicare il testo di tali disposizioni alla Commissione.

3.   Osservazioni generali e particolari

3.1.

La proposta della Commissione integra il piano d’azione IVA del 2016 volto a modernizzare il sistema dell’IVA per creare un modello più semplice, più resistente alle frodi e più favorevole alle imprese. Le suddette modifiche riguardanti il settore militare si iscrivono pertanto in una riforma più ampia e diventeranno parte del nuovo sistema fin dall’inizio. In tal modo si eviteranno eventuali problemi relativi a future modifiche a un sistema già in essere.

3.2.

La proposta della Commissione modifica l’elenco attuale previsto dalla direttiva 2006/112/CE, introducendo una nuova esenzione. Tale modifica sostanziale mira a permettere una sorta di «parità di condizioni», sul piano dell’IVA, per quanto riguarda le operazioni della NATO, da un lato, e le operazioni effettuate nell’ambito di un quadro comune da parte delle forze militari degli Stati membri, dall’altro. In tal modo si conseguirà la necessaria coerenza e l’ambito di applicazione dell’esenzione sarà analogo per gli sforzi di difesa dell’Unione e della NATO.

3.3.

Il CESE osserva che le attuali esenzioni per le attività di difesa della NATO, che sono già strutturate e limitate nel campo di applicazione, non saranno ampliate, dal momento che sarà realizzato un semplice allineamento a favore delle operazioni militari condotte nell’ambito di un quadro comune.

3.4.

La scelta di redigere le nuove disposizioni della direttiva per rispecchiare i paragrafi esistenti relativi alle forze armate della NATO è coerente con l’obiettivo finale della Commissione di garantire la parità di trattamento tra tali operazioni e gli sforzi militari compiuti nell’ambito di un quadro comune dell’UE.

3.5.

Il CESE osserva che non vi saranno implicazioni negative per il bilancio dell’UE, dato che la risorsa propria basata sul reddito nazionale lordo (RNL) compensa le eventuali spese non coperte dalle risorse proprie tradizionali e dalla risorsa propria basata sull’IVA. Il venir meno di risorse proprie IVA non riscosse da alcuni Stati membri sarà compensato da tutti gli Stati membri attraverso la risorsa propria basata sull’RNL.

3.6.

La proposta è in linea con il principio di sussidiarietà, dato che una legislazione europea è più adatta di più norme nazionali diverse per coordinare l’applicabilità dell’IVA a specifiche operazioni militari in tutto il mercato interno. Gli Stati membri sono stati consultati in sede di gruppo sul futuro dell’IVA e hanno confermato in larga misura la necessità di agire a livello dell’UE, giustificando in tal modo la scelta di una proposta di direttiva.

3.7.

La proposta è coerente con il principio di proporzionalità, in quanto non va oltre quanto necessario per realizzare gli obiettivi dei Trattati connessi al corretto funzionamento del mercato unico e alla progressiva definizione di una politica di difesa comune nell’ambito della politica comune di sicurezza e di difesa. Un obiettivo a lungo termine di tale portata ha l’appoggio del CESE.

3.8.

La scelta di mantenere la coerenza tra l’IVA e le accise, affrontando entrambe le esenzioni all’interno di un’unica proposta, sembra ragionevole e in grado di giustificare una delle rare occasioni in cui le accise e l’IVA sono disciplinate congiuntamente nell’ambito della legislazione dell’UE.

3.9.

Il CESE suggerisce tuttavia di specificare meglio l’ambito di applicazione dell’esenzione che sarà concessa sia nel quadro del sistema IVA che in quello delle accise. Infatti, la definizione precisa del perimetro specifico di tale esenzione è strategica al fine di garantire la certezza del diritto e la prevedibilità dei sistemi dell’IVA e delle accise.

3.10.

Per quanto riguarda la necessità di chiarezza e prevedibilità della legge, è opportuno notare che le esenzioni concesse saranno applicate e valutate principalmente, con diverse prospettive, da fornitori nazionali operanti nel settore militare e dalle autorità fiscali nazionali. Le autorità fiscali nazionali forniranno ai fornitori nazionali che operano nel settore militare istruzioni su come strutturare le loro fatture IVA alle forze armate.

3.11.

A tale riguardo, onde evitare complicazioni tecniche all’interno degli Stati membri, il CESE raccomanda alla Commissione di emanare — mediante una nota esplicativa o linee guida emanate dal comitato IVA — norme di esecuzione dettagliate per le autorità fiscali nazionali e per le imprese. La prassi precedente relativa all’esenzione nell’ambito NATO potrebbe certamente essere utile per fornire alcuni orientamenti iniziali.

3.12.

Il CESE sottolinea infine che un nuovo meccanismo di esenzione, come quello indicato nella proposta della Commissione, richiede certamente meccanismi di controllo idonei al fine di vigilare sulla sua concreta attuazione. Il CESE suggerisce pertanto alla Commissione di sviluppare e avviare, attraverso il suo gruppo di controllo IVA, un sistema adeguato che consenta di controllare il nuovo regime di esenzione in tutti gli Stati membri raccogliendo, quando possibile e sostenibile, tutte le informazioni pratiche pertinenti dalle autorità fiscali nazionali.

3.13.

Un sistema così concepito potrebbe contribuire a un’attuazione efficace e al tempo stesso trasparente della nuova esenzione, consentendo altresì di condurre un’analisi ex post dell’impatto accurata. Così, gli Stati membri potrebbero adottare una piattaforma comune, creando un sistema unico seguito da tutti gli Stati membri anziché avere sistemi diversi in paesi diversi.

3.14.

Si raccomanda di effettuare una stima dei costi più dettagliata e realistica per comprendere l’effetto dell’esenzione IVA proposta: trattandosi di una parte delle imposte pagate dai cittadini, è opportuno garantire una maggiore trasparenza. Inoltre, è evidente che, in caso di gravi catastrofi naturali, il costo di tale esenzione potrebbe risultare assai più elevato.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Direttiva 2006/112/CE del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1).

(2)  Direttiva 2008/118/CE del Consiglio relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU L 9 del 14.1.2009, pag. 12).

(3)  La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione[1]. La politica di sicurezza e di difesa comune è inquadrata dal trattato sull’Unione europea (TUE), il cui articolo 41 definisce il finanziamento della politica estera e di sicurezza comune e della politica di sicurezza e di difesa comune, mentre quest’ultima politica è ulteriormente descritta negli articoli dal 42 al 46, nel capo 2, sezione 2, del titolo V del trattato («Disposizioni sulla politica di sicurezza e di difesa comune») e nei protocolli 1, 10 e 11 e nelle dichiarazioni 13 e 14. Il ruolo specifico del Parlamento europeo nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune e della politica di sicurezza e di difesa comune è descritto all’articolo 36 del TUE.

(4)  Le disposizioni relative alla cooperazione strutturata permanente sono sancite dall’articolo 46 del trattato sull’Unione europea e dal protocollo n. 10 sulla cooperazione strutturata permanente istituita dall’articolo 42 del trattato sull’Unione europea.

(5)  Il Comitato militare dell’Unione europea è l’organo militare superiore istituito in seno al Consiglio (decisione del Consiglio, del 22 gennaio 2001, che istituisce il comitato militare dell’Unione europea).

(6)  Shared vision, common action: a stronger Europe — a global strategy for the European Union's foreign and security policy.

(7)  Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio — Miglioramento della mobilità militare nell’Unione europea [JOIN(2017) 41 final].


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori nell’Unione europea»

[COM(2019) 12 final]

(2020/C 47/12)

Relatore: Jean-Marc ROIRANT

Consultazione

Commissione europea, 12.3.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

15.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

213/1/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) fa proprio l’appello rivolto dal Parlamento europeo in una recente relazione (1) ad eliminare progressivamente tutti i programmi per gli investitori, ed esorta gli Stati membri ad applicare tale raccomandazione oppure a dimostrare con prove ed argomentazioni ragionevoli perché non la si debba applicare.

1.2.

Finché la raccomandazione non verrà effettivamente applicata, il CESE riconosce che, per rimediare ai rischi associati ai programmi di cittadinanza per investitori e ai programmi di soggiorno per investitori (descritti in dettaglio nella sezione 3 del presente parere), e per adempiere al mandato principale affidatogli, il gruppo di esperti degli Stati membri istituito dalla Commissione europea dovrebbe concentrare il proprio lavoro sull’elaborazione di:

i)

standard minimi in materia di adeguate verifiche della clientela (due diligence) e di controlli di sicurezza adattati al profilo di rischio dei richiedenti dei programmi in esame e conformi alle norme antiriciclaggio dell’UE in vigore;

ii)

standard minimi di integrità funzionale dei programmi, comprese misure in materia di gestione e di trasparenza, nonché misure di regolamentazione del settore in questione conformemente al relativo quadro giuridico; e

iii)

orientamenti e meccanismi per la condivisione e lo scambio delle informazioni tra Stati membri e tra le autorità nazionali competenti negli Stati membri.

1.3.

Laddove ciò sia consentito dall’acquis dell’UE, queste misure devono essere sostenute da un attento monitoraggio e dell’applicazione di sanzioni da parte della Commissione.

1.4.

Il CESE raccomanda di esortare gli Stati membri ad applicare una procedura per lo svolgimento di adeguate verifiche senza limiti di tempo specifici e adattate al profilo ad alto rischio dei richiedenti: in altre parole, gli Stati membri dovranno applicare misure rafforzate di adeguata verifica come quelle stabilite in dettaglio nella quinta direttiva antiriciclaggio (2). Queste adeguate verifiche dovrebbero essere realizzate anche per gli eventuali benefattori, qualora ai richiedenti venga data la possibilità di affidarsi a terzi per effettuare i loro investimenti.

1.5.

Il CESE raccomanda alla Commissione di adottare un meccanismo di coordinamento che consenta agli Stati membri di scambiarsi informazioni sulle domande di cittadinanza e di permesso di soggiorno accolte e su quelle respinte. Tale meccanismo potrebbe consistere in registri centrali collegati tra loro e contenenti informazioni sulla procedura di svolgimento delle adeguate verifiche che ha portato a respingere una domanda e sugli elementi che hanno motivato tale decisione, per scoraggiare la ricerca delle condizioni più vantaggiose («shopping») da parte di un richiedente in più Stati membri. La pubblicazione dei motivi che giustificano il rigetto di una domanda dovrebbe tenere conto di eventuali timori o preoccupazioni degli enti responsabili della sicurezza sulla base di considerazioni di pubblica sicurezza o di cooperazione internazionale tra gli enti.

1.6.

Il CESE raccomanda che tutti gli agenti e gli intermediari che prestano servizi ai richiedenti dei programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori nell’UE siano assoggettati alle norme antiriciclaggio previste dalla quinta direttiva antiriciclaggio.

1.7.

Il CESE raccomanda inoltre che l’UE incoraggi tutti gli agenti che prestano servizi ai richiedenti a ricevere un accreditamento e ad essere vincolati ad un codice di condotta che definisca criteri e requisiti minimi armonizzati a livello dell’UE, affinché sia possibile sanzionare gli agenti che non provvedono a preparare una documentazione rigorosa e attendibile per l’accettazione della domanda di un richiedente e, in caso anche di una sola recidiva, ritirare loro la licenza o l’accreditamento.

1.8.

Il CESE, pur riconoscendo che le autorità pubbliche possano avere l’esigenza di delegare lo svolgimento dei necessari controlli ad agenzie specializzate, sottolinea che quella di accogliere o respingere le domande dei richiedenti dovrebbe rimanere in primo luogo una responsabilità delle autorità pubbliche. Dette autorità devono inoltre mettere in campo una serie di misure per evitare i conflitti di interessi o i rischi di corruzione. In particolare, è opportuno che queste agenzie specializzate siano selezionate in base a solidi principi di aggiudicazione dei contratti che privilegino la prestazione di servizi di elevata qualità rispetto ai costi del servizio, che siano escluse dalle attività di promozione/commercializzazione dei programmi in esame o dalla prestazione di altri servizi ai richiedenti e, infine, che la loro retribuzione non dipenda dall’esito delle domande.

1.9.

È inoltre di fondamentale importanza che le relazioni sulle misure rafforzate di adeguata verifica che mettono in evidenza dei rischi siano oggetto di discussione con l’ente pubblico competente, affinché tutti gli Stati membri interessati dispongano di un quadro completo del tipo e del livello di rischi in questione e di una piena comprensione di come le fonti e le tecniche di ricerca utilizzate dall’agenzia specializzata rispettino i principi delle migliori pratiche applicabili. Tutta la documentazione relativa alle decisioni adottate dovrebbe essere conservata per l’intera durata consentita dalle norme sulla prescrizione per i reati di corruzione e di falsificazione di documenti.

1.10.

Gli Stati membri dovrebbero garantire che il funzionamento dei programmi in esame sia accompagnato da robusti meccanismi di gestione e di vigilanza e soggetto ad un controllo pubblico. I cittadini dovrebbero essere informati degli obiettivi, dei rischi e dei benefici connessi ai programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori nell’UE. Il CESE insiste sull’importanza che le informazioni relative ai richiedenti di detti programmi siano accessibili al pubblico, e chiede alla Commissione di incoraggiare gli Stati membri a raccogliere e pubblicare sistematicamente informazioni sui programmi in questione in un formato di dati aperto e su base armonizzata e comparabile.

1.11.

Il CESE reputa importante che gli Stati membri realizzino periodicamente delle valutazioni d’impatto dei programmi per apportarvi, se necessario, le opportune modifiche, come pure che esercitino una vigilanza indipendente sui programmi stessi e li sottopongano regolarmente ad audit, con pubblicazione dei risultati nel rispetto della legislazione in vigore.

1.12.

Gli Stati membri dovrebbero inoltre prevedere robusti meccanismi per trattare le denunce di irregolarità affinché il personale e i cittadini in generale possano segnalare eventuali problemi o illeciti, e dovrebbero integrare nei programmi in esame dei meccanismi di revoca della cittadinanza o dei diritti di soggiorno nel caso in cui emergano nuove prove di corruzione o di altri reati. Qualsiasi decisione relativa alla perdita della cittadinanza dovrebbe essere adottata nel rispetto della legislazione in vigore negli Stati membri e nell’UE.

2.   Contesto e sintesi della relazione della Commissione

2.1.

La nazionalità è un vincolo tra un cittadino e lo Stato. La cittadinanza di un paese è basata solitamente sull’acquisizione per diritto di nascita, sia essa per discendenza (ius sanguinis) o per nascita sul territorio (ius soli). Uno Stato può inoltre offrire la propria cittadinanza a coloro che soddisfino determinate condizioni o che dimostrino di avere un legame effettivo con il paese (naturalizzazione). Tra queste condizioni rientra l’obbligo di acquisire e mantenere una residenza permanente nello Stato membro in questione, a dimostrazione del fatto che il richiedente intende trasferire parte dei propri interessi in detto Stato membro.

2.2.

Negli ultimi decenni un gran numero di Stati membri dell’UE ha istituito programmi di cittadinanza per investitori e programmi di soggiorno per investitori volti ad attirare investimenti concedendo in cambio a tali investitori diritti di cittadinanza o di soggiorno nel paese interessato.

2.3.

In una risoluzione del 16 gennaio 2014 (3) il Parlamento europeo ha espresso il timore che i programmi nazionali che comportano «una vera e propria vendita diretta o indiretta» della cittadinanza dell’UE compromettano il concetto stesso di «cittadinanza dell’Unione europea». In un dibattito tenutosi il 30 maggio 2018, il Parlamento europeo ha esaminato una serie di rischi associati ai programmi di cittadinanza e di soggiorno per investitori (4). La questione è stata ulteriormente discussa in seno alla commissione speciale sui reati finanziari, l’evasione fiscale e l’elusione fiscale (TAX3) del Parlamento europeo. La relazione finale della commissione TAX3 (5) delinea una serie di misure chiave per la riduzione dei rischi associati ai programmi di cittadinanza e di soggiorno per investitori, e invita in particolare gli Stati membri ad eliminare progressivamente e prima possibile tutti i programmi di questo tipo in vigore. Finché tali programmi non saranno definitivamente abrogati, la relazione del PE invita la Commissione a controllare con la massima attenzione il rispetto dell’obbligo di adeguata verifica della clientela nei confronti dei richiedenti dei programmi, e la esorta anche ad assicurare una raccolta dati migliore e a coordinare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri.

2.4.

Il 23 gennaio 2019 la Commissione europea ha pubblicato una relazione (6) in cui esamina i quadri giuridici nazionali e le pratiche degli Stati membri in materia e descrive i principali rischi, sfide e preoccupazioni in relazione a questi programmi.

2.5.

La relazione della Commissione precisa che questi programmi presentano rischi in relazione alla sicurezza, al riciclaggio di denaro, all’evasione fiscale e all’elusione delle norme dell’UE, rischi che (sempre secondo la relazione) sono ulteriormente aggravati dalla scarsa trasparenza delle modalità di funzionamento di alcuni di tali programmi e dalla mancanza di cooperazione tra Stati membri. La Commissione si è impegnata a monitorare ulteriormente la conformità dei programmi di cittadinanza e di soggiorno per investitori con il diritto dell’UE e, ove opportuno, ad adottare i necessari provvedimenti. Al fine di migliorare questo stato di cose e di individuare misure ad hoc per affrontare le sfide poste da questi programmi, la Commissione ha istituito un gruppo di esperti, il quale si è già riunito due volte nel corso del 2019 per valutare i rischi associati ai programmi di cittadinanza per gli investitori e definire misure di riduzione di tali rischi.

2.6.

La maggior parte di questi programmi è stata adottata subito dopo la crisi finanziaria del 2007: diversi paesi europei che erano stati duramente colpiti dalla crisi li hanno probabilmente considerati come un’opportunità di ripresa economica. In un contesto di concorrenza tra Stati membri per attirare investimenti diretti esteri, questo potrebbe avere incoraggiato l’adozione di norme e requisiti diversi da paese a paese.

3.   Osservazioni generali

3.1.   Rischi e minacce per l’UE

3.1.1.

Il CESE accoglie con favore la relazione in esame, in cui la Commissione analizza in maniera solidamente fondata e delinea con chiarezza i diversi tipi di rischi che questi programmi presentano per tutti i cittadini europei e per l’UE nel suo complesso. In particolare, la relazione evidenzia che i programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori, se non sono attuati in modo adeguato, possono presentare rischi intrinsechi in materia di corruzione, riciclaggio di denaro, sicurezza ed evasione fiscale, rischi a cui vengono così esposti sia i singoli Stati membri che gestiscono questi programmi sia l’intera UE.

3.1.2.

Il CESE ritiene che si possa dubitare della conformità di alcuni di questi programmi ai principi e alle finalità dell’UE, in particolare al principio di leale cooperazione.

3.2.   Nessuna distinzione tra programmi di cittadinanza per investitori e programmi di soggiorno per investitori

3.2.1.

Il CESE concorda con la Commissione che non andrebbe fatta alcuna distinzione nel modo in cui affrontare i rischi associati ai programmi di soggiorno e ai programmi di cittadinanza per investitori.

3.2.2.

Sebbene il rilascio di un passaporto o la concessione di un visto abbia conseguenze notevolmente diverse quanto ai diritti accordati, entrambi i tipi di programmi presentano lo stesso livello di rischio per la sicurezza e, pertanto, dovrebbero essere corredati di misure di riduzione di tale rischio che soddisfino standard elevati simili nell’uno come nell’altro caso. Ciò è particolarmente importante nell’ottica di impedire che i richiedenti che presentano i rischi maggiori tendano a riorientare le loro richieste dai programmi di cittadinanza a quelli di soggiorno.

3.2.3.

Questi ultimi possono sembrare meno rischiosi in quanto concedono diritti solo temporanei, ma costituiscono al tempo stesso una possibilità di accesso ad uno status permanente. In alcuni paesi le persone cui è stato concesso un visto di soggiorno in qualità di investitori possono presentare domanda di soggiorno permanente o di cittadinanza dopo pochi anni.

3.3.   Rischi di riciclaggio di denaro e di corruzione

3.3.1.

La relazione della Commissione evidenzia come l’assunzione di rischi, associata a controlli insufficienti in materia di sicurezza e di adeguate verifiche (due diligence) sui richiedenti, potrebbe aprire le porte dell’UE a individui corrotti.

3.3.2.

La relazione della Commissione conferma una serie di potenziali lacune e zone grigie in materia di controlli di sicurezza e di adeguate verifiche della clientela, e dà adito a timori, in particolare, per quanto riguarda il trattamento delle domande di cittadinanza da parte delle autorità nazionali e il modo con cui tali procedure si riferiscono alle norme dell’UE.

3.3.3.

Il CESE osserva che in generale, nonostante l’elevato profilo di rischio dei richiedenti dei programmi in questione, non vengono applicate sistematicamente misure rafforzate di adeguata verifica. Inoltre, le persone a carico o i garanti terzi che versano fondi a sostegno del richiedente non sono sistematicamente sottoposti a severi controlli né a rigorose misure di adeguata verifica.

3.3.4.

Il CESE è consapevole del fatto che una delle principali attrattive dei programmi in esame è quella di offrire un percorso accelerato per ottenere la cittadinanza o un permesso di soggiorno, talvolta nel giro di pochi mesi, un aspetto che di solito viene apertamente pubblicizzato. Tuttavia, in molti casi il profilo e l’origine dei richiedenti rendono difficile eseguire controlli di sicurezza e verifiche della clientela adeguati nonché elaborare relazioni di intelligence aziendale entro le scadenze stabilite.

3.3.5.

L’assenza di standard minimi in materia indica che non tutti gli Stati membri sono ugualmente selettivi, e induce a dubitare del rigore delle verifiche e dei controlli effettuati sui richiedenti.

3.3.6.

Alcuni paesi UE che gestiscono programmi di soggiorno per investitori non sembrano disporre di procedure idonee per trattare con il dovuto anticipo problemi di sicurezza che potrebbero emergere solo dopo la concessione del permesso di soggiorno al richiedente.

3.3.7.

Il CESE evidenzia altresì l’elevato rischio di elusione delle norme antiriciclaggio dell’UE, visto che gli intermediari e gli organismi tramite i quali vengono convogliati i fondi versati dai richiedenti non possono essere considerati soggetti obbligati ai sensi della quarta e della quinta direttiva antiriciclaggio. Inoltre, non tutti gli Stati membri prevedono che l’investimento debba essere effettuato tramite una banca nazionale soggetta agli obblighi dell’UE in materia di antiriciclaggio, e anche i versamenti in contanti effettuati direttamente a favore di enti governativi non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa antiriciclaggio dell’UE.

3.4.   Lacune in materia di governance e di trasparenza

3.4.1.

Il CESE teme che l’insufficiente rendicontabilità e la scarsa trasparenza dei programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori possano anche essere all’origine di corruzione. La mancanza di trasparenza e di integrità, inoltre, espone lo stesso apparato statale e i funzionari pubblici a rischi di corruzione. Tra le carenze strutturali dei programmi in esame potremmo citare: la forte discrezionalità del processo decisionale, la mancanza di un’adeguata vigilanza indipendente e il rischio di conflitti di interesse per gli agenti e intermediari privati coinvolti sia nella procedura di presentazione della domanda da parte dei richiedenti sia nello svolgimento delle adeguate verifiche sui medesimi.

3.4.2.

Il CESE esprime particolare preoccupazione in quanto tali carenze e opacità strutturali in un settore che genera ingenti flussi di cassa e che tratta clienti con ampie disponibilità patrimoniali potrebbero esporre i governi a influenze indebite, abusi di potere e corruzione. In poche parole, i programmi in esame comportano non solo il rischio di aprire le porte degli Stati membri a individui corrotti, ma anche quello di corruzione delle stesse autorità pubbliche.

3.4.3.

Il CESE è al corrente del fatto che in alcune giurisdizioni sono le autorità pubbliche a svolgere in prima persona le adeguate verifiche sui richiedenti, mentre in altre esse possono delegare ad agenzie specializzate lo svolgimento dei controlli, del cui risultato si terrà poi conto nell’adottare la decisione finale. Osserva inoltre che, in ogni caso, quella di accogliere o respingere le domande dei richiedenti deve rimanere in primo luogo una responsabilità dei governi, i quali fondano la loro decisione sugli elementi raccolti nello svolgimento delle adeguate verifiche sui richiedenti stessi. Nei casi in cui questo passaggio fondamentale della procedura di presentazione della domanda sia delegato ad agenzie specializzate, il CESE mette in guardia dai potenziali rischi di conflitti di interesse e di corruzione, e ritiene che non si debba consentire che queste agenzie ricevano dalle autorità pubbliche l’incarico di eseguire adeguate verifiche su richiedenti qualora prestino al tempo stesso dei servizi, compresi servizi di consulenza, a detti richiedenti.

3.4.4.

Il CESE auspica che vengano messi a disposizione maggiori dati ufficiali che aiutino a delineare la dimensione del fenomeno (entità degli investimenti, numero di richiedenti e di beneficiari e loro nazionalità, importo e impatto dei singoli investimenti ecc.) e lamenta che, nonostante il crescente interesse pubblico dell’argomento, persino le informazioni più basilari sui richiedenti dei programmi in esame e sui loro investimenti continuino a rimanere coperte da segreto.

3.5.   La dimensione europea

3.5.1.

La relazione della Commissione mette l’accento sulla dimensione europea del problema. Non soltanto l’UE è utilizzata come principale fattore di richiamo per gli investitori, ma per di più la decisione di uno Stato membro di rilasciare un passaporto o di concedere un visto può avere ripercussioni negative su altri Stati membri e sull’intera UE, dato che una tale decisione concede l’accesso allo spazio Schengen e al mercato interno nella loro interezza.

3.5.2.

Il CESE concorda sul fatto che sono a rischio la reputazione della cittadinanza dell’UE e il corpus comune dei suoi diritti e valori, e ribadisce la posizione del Parlamento europeo e l’affermazione di un’ex commissaria europea (7) secondo cui «la cittadinanza dell’UE non dovrebbe essere in vendita».

3.5.3.

Di conseguenza, la concessione della cittadinanza e della possibilità di soggiorno nell’UE (come pure i vantaggi che se ne ricavano, le relative implicazioni etiche e i rischi) ha delle ripercussioni su tutti i cittadini europei. Il CESE sottolinea che, malgrado ciò, i cittadini dell’UE non hanno alcuna idea del funzionamento dei programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori, di come i loro governi nazionali prendano (oppure no) misure volte a ridurre gli inevitabili rischi associati a tali programmi, né sanno minimamente quale sia la destinazione ultima degli investimenti effettuati nell’ambito dei programmi.

3.5.4.

Il CESE riconosce che l’assenza di un’armonizzazione delle norme e pratiche a livello dell’UE può spingere ad una corsa al ribasso sotto il profilo degli standard e della trasparenza delle adeguate verifiche sui richiedenti, e può incoraggiare individui a rischio a fare «passport shopping» tra le diverse giurisdizioni (cioè a presentare domanda di rilascio del passaporto cercando la giurisdizione con le condizioni più favorevoli). La relazione della Commissione sottolinea che questo rischio è ulteriormente aggravato dall’attuale mancanza di consultazione e di scambio di informazioni tra Stati membri su coloro che richiedono la cittadinanza nel quadro dei programmi di cittadinanza per investitori. In pratica, questo significa che una domanda respinta in uno Stato membro per motivi di sicurezza e di lotta al riciclaggio di denaro potrebbe essere accolta in un altro Stato membro. A giudizio del CESE, quindi, sarebbe utile che gli Stati membri imponessero ai richiedenti di un programma di cittadinanza per investitori, nell’ambito della procedura di presentazione della domanda, l’obbligo di presentare un visto Schengen valido.

3.5.5.

Sebbene le modalità di funzionamento dei programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori siano diverse da uno Stato membro all’altro, il CESE ritiene che non sia sufficiente applicare un approccio «caso per caso» mirato agli specifici problemi riscontrati nei singoli paesi, ma considera invece che per affrontare il fenomeno sia necessario adottare un approccio coordinato a livello dell’UE.

3.6.   Rischi di evasione fiscale e altri tipi di rischi

3.6.1.

Come è stato dimostrato di recente in modo circostanziato sia dal Parlamento europeo (8) che dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) (9), i programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori potrebbero essere utilizzati impropriamente a fini di evasione fiscale, dal momento che consentono all’investitore di mantenere la residenza fiscale nella propria giurisdizione nazionale beneficiando al tempo stesso dei vantaggi fiscali accordati dai suddetti programmi.

3.6.2.

Sono stati individuati come particolarmente a rischio i programmi che permettono di avvalersi di regimi fiscali speciali, i quali possono più facilmente aprire la strada all’evasione fiscale. In particolare, tali programmi offrono ai privati la possibilità di eludere gli obblighi di comunicazione previsti dallo standard comune di comunicazione di informazioni (common reporting standard — CRS). L’OCSE ha inserito due Stati membri dell’UE nel suo elenco delle giurisdizioni che offrono programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori che presentano potenzialmente un rischio elevato per l’integrità del CRS (10).

3.6.3.

Lo studio del Parlamento europeo citato ai punti 2.3 e 3.6.1 del presente parere evidenzia altri tipi di rischi associati ai programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori, quali: rischi macroeconomici connessi alla volatilità di questo tipo di flusso di investimenti; rischi socioeconomici dovuti all’inflazione dei prezzi sul mercato immobiliare; o ancora rischi politici, in particolare il rischio di minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni dell’UE e di infliggere un «danno reputazionale» alla cittadinanza dell’UE e, di conseguenza, quello di pregiudicare possibilmente la futura mobilità e libertà di circolazione dei cittadini dell’UE. Il documento del PE insiste anche sull’ulteriore rischio di rafforzare la discriminazione tra categorie di migranti. È quindi importante che gli Stati membri (tenuto conto dei vantaggi e degli effetti attesi di questi programmi) chiariscano quali sono i rischi che sono disposti ad assumersi, ed è altrettanto importante che svolgano periodicamente delle valutazioni d’impatto per assicurarsi che i benefici derivanti da tali programmi siano superiori ai rischi ad essi associati descritti sopra.

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Il ruolo del settore privato

4.1.1.

Il CESE riconosce che, nel valutare il ruolo delle società private nella gestione dei programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori, occorre distinguere tra due diversi tipi di società. Nel primo tipo rientrano le società cui lo Stato ha appaltato la gestione di un programma, il disbrigo delle domande di partecipazione al programma e il controllo dei richiedenti; del secondo tipo fanno invece parte le società che prestano servizi agli investitori e li aiutano a presentare la richiesta di partecipazione ad un programma, siano esse società accreditate oppure no.

4.1.2.

Pur riconoscendo che le società private cui lo Stato ha dato in appalto lo svolgimento di determinate mansioni possono risultare utili nell’effettuare le adeguate verifiche sui richiedenti, svolgendo i necessari controlli dei precedenti personali di questi ultimi ed elaborando relazioni di intelligence aziendale, il CESE mette tuttavia in guardia dall’affidare a queste società il compito di valutare i rischi o di adottare decisioni, sottolineando con forza che sono le autorità pubbliche competenti a doversi far carico di tali responsabilità.

4.1.3.

Il CESE nutre forte preoccupazione per le attività di promozione dei diritti dell’UE e della cittadinanza dell’UE come se si trattasse di prodotti messi in vendita. È inoltre fortemente preoccupato dall’esistenza di un conflitto di interessi nel caso in cui le società incaricate di selezionare i richiedenti svolgano anche attività commerciali in questo stesso settore o forniscano altri servizi a potenziali investitori.

4.1.4.

Per quanto riguarda gli agenti privati e le società private che forniscono servizi agli investitori che presentano domanda per i programmi in esame, il CESE deplora il fatto che, nonostante il profilo di rischio dei loro potenziali clienti, tali società e agenti privati che operano nel settore dei programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori non siano sistematicamente regolamentati da disposizioni di legge, e neppure considerati soggetti obbligati ai sensi delle normative antiriciclaggio.

4.1.5.

Il CESE è inoltre a conoscenza del fatto che non tutti gli Stati membri che forniscono servizi ai richiedenti impongono agli intermediari di ottenere un accreditamento e/o la concessione di una licenza, ossia l’obbligo di superare un test di «onorabilità e competenza» e di rispettare una serie di requisiti minimi per ottenere l’accreditamento, tra cui la conferma che quella svolta dagli intermediari è un’attività professionale regolamentata, la divulgazione di informazioni sulla loro titolarità effettiva e la presentazione di una dichiarazione di interessi. Pertanto, il CESE accoglierebbe con favore l’introduzione di un codice di condotta obbligatorio, l’esercizio di una vigilanza su queste professioni regolamentate da parte di un organismo competente nei singoli Stati membri e la messa a disposizione di informazioni su tali professioni regolamentate mediante l’istituzione di un registro dei prestatori di servizi accessibile al pubblico.

4.2.   La dimensione esterna

4.2.1.

Il CESE esprime preoccupazione per i rischi cui l’UE è esposta a causa dei programmi di cittadinanza e di soggiorno per investitori adottati da paesi terzi con i quali l’Unione ha concluso accordi di esenzione dal visto (come i paesi candidati all’adesione, i paesi del partenariato orientale e i paesi dei Caraibi e del Pacifico). Approva la raccomandazione della Commissione di subordinare la concessione ad un paese terzo dello status di esenzione dall’obbligo del visto al rispetto dei più elevati standard possibili nell’attuazione di detti programmi, nonché di rivedere gli attuali regimi di esenzione dal visto alla luce dell’osservanza di tali standard.

4.2.2.

Il CESE raccomanda che (mentre ci si sta adoperando per eliminare gradualmente i programmi di soggiorno e di cittadinanza per investitori in vigore nell’UE) ai paesi candidati ad entrare nell’Unione non sia consentito di avere programmi di questo tipo in corso al momento della loro adesione, in modo da non aggiungerne di nuovi a quelli che attualmente già esistono nell’UE.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2019-0240_IT.html

(2)  Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 43), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32018L0843&from=IT

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 16 gennaio 2014, sulla cittadinanza dell'UE in vendita (GU C 482 del 23.12.2016, pag. 117) http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2014-0038+0+DOC+XML+V0//IT.

(4)  http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/CRE-8-2018-05-30-ITM-019_IT.html

(5)  http://www.europarl.europa.eu/cmsdata/162244/P8_TA-PROV(2019)0240.pdf

(6)  https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2019:0012:FIN:IT:PDF

(7)  https://europa.eu/rapid/press-release_SPEECH-14-18_en.htm.

(8)  http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2018/627128/EPRS_STU(2018)627128_EN.pdf

(9)  https://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/crs-implementation-and-assistance/residence-citizenship-by-investment

(10)  http://www.oecd.org/tax/automatic-exchange/crs-implementation-and-assistance/residence-citizenship-by-investment


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/87


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Progressi nell’attuazione della strategia forestale dell’Unione europea — Una nuova strategia forestale dell’Unione europea: per le foreste e il settore forestale»

[COM(2018) 811 final]

(2020/C 47/13)

Relatore: Andreas THURNER

Correlatore: Antonello PEZZINI

Consultazione

Commissione europea, 18.2.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Assemblea plenaria

22.1.2019 (in previsione della consultazione)

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

1.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

162/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni politiche

Il CESE…

1.1.

chiede che la strategia forestale dell’UE per il periodo successivo al 2020 sia aggiornata nel quadro del Green Deal europeo. La nuova strategia potrebbe essere impostata all’orizzonte del 2050, al fine di garantire l’attuazione coerente di impegni politici ben riconosciuti, quali il piano strategico delle Nazioni Unite per le foreste, gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (OSS) e l’accordo di Parigi. L’importanza che le foreste, la silvicoltura e le industrie forestali rivestono nel raggiungimento di questi obiettivi dovrebbe essere riconosciuta in tutti i settori e portare a una cooperazione intersettoriale ottimizzata;

1.2.

sottolinea che i cambiamenti climatici rappresentano una sfida importante per il pianeta, con conseguenze immediate, in gran parte negative, per il settore forestale stesso. Nel contempo, tale settore offre un grande potenziale in termini di soluzioni per la mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso una bioeconomia sostenibile e circolare, a condizione che siano attuate in tempo utile strategie di adattamento efficaci. Occorre sviluppare ulteriormente tutto il potenziale di immobilizzazione del CO2 aumentando la mobilitazione delle risorse lignee in maniera sostenibile, incrementando la sostituzione delle materie prime e dell’energia di origine fossile e intensificando lo stoccaggio del carbonio nei prodotti in legno di lunga durata. Le foreste costituite da specie diverse offrono maggiori benefici climatici rispetto alle monocolture, le quali possono avere un impatto negativo sulla sostenibilità a lungo termine;

1.3.

pone in risalto l’importanza di mettere a punto sistemi di informazione forestale armonizzati al fine di accrescere le conoscenze e i dati sulla disponibilità e sullo stato delle risorse forestali e sulle opportunità che esse offrono di fornire alla società una pluralità di servizi, tra cui materie prime rinnovabili, energia e altri prodotti forestali;

1.4.

sottolinea l’importanza del ruolo multifunzionale delle foreste e osserva che i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia per i servizi ecosistemici. Si prevede che i cambiamenti climatici determineranno un aumento delle probabilità di perturbazioni naturali, quali incendi boschivi, inondazioni, siccità e danni provocati da parassiti quali gli scolitidi. Per rafforzare il ruolo multifunzionale delle foreste è fondamentale una solida combinazione di strumenti finanziari volti a garantire la continuità degli investimenti nelle tecnologie moderne, nonché nelle misure a favore del clima e dell’ambiente. Quando si tratta di aziende forestali private, è fondamentale assicurare che i diritti di proprietà siano rispettati e che le decisioni relative alle foreste siano prese di concerto con i proprietari delle foreste stesse;

1.5.

raccomanda una mappatura dello stato attuale della forza lavoro e la previsione del fabbisogno di manodopera nel settore forestale europeo, in particolare per quanto riguarda la forza lavoro forestale. È necessario tracciare un quadro preciso dell’attrattiva del settore e della sua forza lavoro qualificata, al fine di sviluppare ulteriormente la catena del valore del settore forestale e garantire la vitalità degli ecosistemi. Posti di lavoro dignitosi e condizioni di lavoro dignitose sono un presupposto per attirare le persone verso il settore forestale;

1.6.

incoraggia, per quanto riguarda le politiche dell’UE connesse alle foreste, un forte coinvolgimento ex ante del comitato permanente forestale, del gruppo di dialogo civile sulle foreste e il sughero e del gruppo di esperti dell’UE sulle industrie forestali e le questioni settoriali connesse, al fine di sfruttare appieno le competenze disponibili;

1.7.

sottolinea l’importanza di ridurre la deforestazione e il degrado forestale a livello mondiale rafforzando la gestione attiva e sostenibile delle foreste, ad esempio attraverso un accordo paneuropeo, mobilitando la biomassa prodotta localmente in Europa e sostenendo la transizione verso modelli di consumo più sostenibili.

2.   Osservazioni generali

Il CESE…

2.1.

accoglie con favore la relazione della Commissione europea sui progressi compiuti nell’attuazione della strategia forestale dell’UE e prende atto che la maggior parte delle azioni del piano di attuazione pluriennale (MAP forestale) è stata attuata come previsto;

2.2.

si compiace per le conclusioni del Consiglio sui progressi nell’attuazione della strategia forestale dell’Unione europea e per le raccomandazioni in merito a un nuovo quadro strategico per le foreste;

2.3.

ricorda l’importanza della sussidiarietà degli Stati membri per quanto riguarda la politica forestale e sottolinea il ruolo fondamentale della strategia forestale dell’UE quale strumento per coordinare le diverse politiche in materia e garantirne la coerenza allo scopo di rafforzare la visione d’insieme della gestione sostenibile delle foreste e la catena del valore del settore forestale;

2.4.

mette in evidenza l’importanza del settore forestale per quanto riguarda la transizione da un’economia a base fossile a un’economia basata sulle risorse biologiche. La capacità del settore forestale di svolgere un ruolo forte nella bioeconomia circolare offrirà all’economia europea grandi opportunità di raggiungere la leadership tecnologica mondiale in tale settore;

2.5.

pone l’accento sul fatto che i cambiamenti climatici rappresentano una grande sfida per l’umanità e per il nostro pianeta, una sfida che già colpisce in modo grave le foreste e il settore forestale (ad esempio attraverso l’impatto sulla quantità e sulla qualità dell’approvvigionamento di legno e l’enorme quantità di legno danneggiato). Di conseguenza sono fondamentali le misure di mitigazione dei cambiamenti climatici, la gestione delle foreste e il loro adeguamento alle mutevoli condizioni climatiche. Foreste sane e resilienti hanno un ruolo decisivo da questo punto di vista. Per salvaguardarne la resilienza e la vitalità a lungo termine è indispensabile che esse siano gestite in modo attivo e sostenibile, preservandone in particolare la biodiversità. L’ulteriore sviluppo della mobilitazione delle risorse lignee (ad esempio, attraverso la digitalizzazione e le nuove tecniche) e l’impiego del legno e dei prodotti a base di legno sono elementi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi sul clima. Occorre sviluppare ulteriormente tutto il potenziale di immobilizzazione del CO2 attraverso una maggiore sostituzione delle materie prime e dell’energia di origine fossile e lo stoccaggio del carbonio in prodotti in legno di lunga durata;

2.6.

sottolinea l’importanza della ricerca e dell’innovazione per trovare soluzioni volte ad aumentare la sostenibilità delle catene di valore basate sulla biomassa legnosa. Ciò stimolerà i progressi verso la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra in relazione alle tecnologie di trasformazione e lo sviluppo di nuove soluzioni innovative per i mercati basate sulla biomassa legnosa. L’ulteriore sviluppo e l’adozione di soluzioni digitali e tecnologiche agevoleranno le tecnologie per la silvicoltura di precisione e offriranno miglioramenti per favorire la gestione sostenibile delle foreste;

2.7.

prende atto dell’importanza del ruolo multifunzionale delle foreste e della fornitura di molteplici servizi ecosistemici, e riconosce che i cambiamenti climatici rappresentano una grave minaccia per le foreste che svolgono tale ruolo. Occorrono pertanto risorse adeguate per garantire il mantenimento dei molteplici servizi ecosistemici, in particolare la funzione protettiva delle foreste, nonché l’approvvigionamento sostenibile di legno per la società, salvaguardando al contempo la biodiversità e garantendo l’adattamento ai cambiamenti climatici. Una solida combinazione di strumenti finanziari (ad esempio, BEI, FEIS, PAC, FSE, fondi nazionali e fondi privati) garantirà la prosecuzione degli investimenti nelle tecnologie moderne, nonché nelle misure a favore del clima e dell’ambiente che rafforzano il ruolo multifunzionale delle foreste. Il futuro quadro finanziario pluriennale dovrebbe prendere in considerazione l’istituzione di un fondo specifico per le misure volte ad attenuare le ingenti perdite di risorse forestali causate dai cambiamenti climatici;

2.8.

evidenzia il ruolo importante delle foreste gestite in maniera attiva e dell’industria forestale nel creare nuovi posti di lavoro verdi e promuovere la crescita nelle zone rurali e urbane, tra l’altro nell’ecoturismo, nelle attività legate al tempo libero e nei servizi sanitari;

2.9.

sottolinea che l’impiego di tecniche nuove e moderne nel settore forestale richiede una forza lavoro qualificata e condizioni di lavoro dignitose. Attualmente la mancanza di giovani lavoratori qualificati sembra essere un problema a livello europeo. Occorre pertanto adottare misure adeguate per affrontare questa sfida e attirare i giovani verso il settore forestale. A tale proposito sarebbe utile effettuare una mappatura della forza lavoro;

2.10.

sottolinea la necessità di promuovere la programmazione precoce, la cooperazione e gli investimenti per quanto riguarda la prevenzione e il contrasto delle perturbazioni naturali come gli incendi boschivi, le inondazioni, la siccità e i danni provocati dai parassiti (tra cui gli scolitidi) e dalle malattie;

2.11.

mette in luce l’importanza del ruolo di protezione svolto dalle foreste contro l’erosione, le valanghe, le frane e le inondazioni, soprattutto nelle zone di montagna;

2.12.

osserva che le foreste, comprese quelle gestite, sono ecosistemi naturalmente ricchi di biodiversità. Tuttavia, le monocolture industriali, in particolare di specie non autoctone, sono spesso povere di biodiversità, comportano un maggiore rischio di catastrofi e, in alcuni casi, non fungono da assorbitori netti di carbonio. La silvicoltura sostenibile deve comprendere la necessità di una copertura forestale di specie miste gestita secondo un modello di silvicoltura a copertura continua. Le foreste costituite da specie diverse offrono maggiori benefici climatici rispetto alle monocolture, le quali possono avere un impatto negativo sulla sostenibilità a lungo termine;

2.13.

incoraggia, per quanto riguarda le politiche dell’UE connesse alle foreste, una migliore integrazione ex ante delle competenze del comitato permanente forestale, del gruppo di dialogo civile sulle foreste e il sughero e del gruppo di esperti dell’UE sulle industrie forestali e le questioni settoriali connesse. In tal modo si rafforzerà la base di conoscenze sulla catena del valore del settore forestale nel processo decisionale, nelle campagne di sensibilizzazione e di comunicazione e nel sostegno e nell’attuazione delle decisioni politiche;

2.14.

rileva che le amministrazioni locali e regionali svolgono un ruolo importante nel rafforzare l’utilizzo sostenibile delle foreste e la vitalità del settore forestale e possono tenere conto di questi aspetti nelle gare d’appalto pubbliche;

2.15.

ritiene che l’adozione di adeguate misure di comunicazione e informazione sulla gestione sostenibile delle foreste sia importante per garantire il sostegno da parte della società. A questo proposito, le foreste urbane e periurbane offrono un grande potenziale, in quanto esistono forti interconnessioni tra la società (attività ricreative locali) e il settore forestale;

2.16.

sottolinea l’importanza di promuovere l’adozione di un accordo giuridicamente vincolante sulle foreste, al fine di rafforzare il quadro delle politiche sulle foreste nella regione paneuropea.

3.   Osservazioni specifiche

3.1.   Le foreste svolgono un ruolo decisivo nella lotta ai cambiamenti climatici

3.1.1.

Il passaggio a un’economia climaticamente neutra costituisce una sfida enorme ma anche un’opportunità e necessita una notevole riduzione delle emissioni da combustibili fossili, nonché un aumento sostanziale dell’immobilizzazione del CO2. La sostituzione delle materie prime e dei combustibili di origine fossile offre un potenziale enorme ai fini del raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.

3.1.2.

L’assorbimento efficace del CO2 necessita una crescita costante e progressiva della biomassa e metodi e tempi di raccolta affidabili. Ai fini dello stoccaggio a lungo termine del carbonio biogenico è richiesto un impiego maggiore (in termini di quantità, qualità e durata) di prodotti a base di legno. La gestione attiva e sostenibile delle foreste e un utilizzo del legno efficiente sotto il profilo delle risorse costituiscono elementi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi climatici (come già sottolineato in due precedenti pareri, uno sull’impatto della politica del clima e dell’energia (1) e l’altro sulla ripartizione degli sforzi e il settore LULUCF (2)). Gli sforzi per migliorare l’utilizzo dei prodotti a base di legno potrebbero essere agevolati dal riconoscimento di una più ampia gamma di «prodotti legnosi» ai sensi del regolamento LULUCF (3) e, in ogni caso, da prodotti legnosi che raggiungono valori di emivita più lunghi grazie all’impiego di tecnologie di conservazione del legno adeguate dal punto di vista ambientale.

3.1.3.

Un metro cubo di legname cattura circa una tonnellata di anidride carbonica (4). La biomassa in crescita ha la capacità comprovata di assorbire CO2; pertanto, la gestione attiva delle foreste nell’ambito delle pratiche di gestione sostenibile (5) e la continua rigenerazione del patrimonio boschivo sono fondamentali per raggiungere una crescita massima sostenibile che favorisca la disponibilità di biomassa.

3.2.   Le foreste multifunzionali e i servizi ecosistemici richiedono una remunerazione adeguata

3.2.1.

Oltre ai prodotti del legno e quelli non legnosi (ad esempio, sughero, funghi e bacche), le foreste forniscono una serie di servizi ecosistemici indispensabili per le comunità rurali, periurbane e urbane (ad esempio, risorse idriche, aria, spazi ricreativi e servizi sanitari). Le modifiche delle condizioni dovute ai cambiamenti climatici aumentano la pressione sulle foreste e il rischio di eventi naturali sfavorevoli. Di conseguenza, l’adozione di misure adeguate di protezione del clima e gli sforzi di mitigazione e adattamento devono rafforzare la resilienza e il ruolo multifunzionale delle foreste.

3.2.2.

Nonostante la difficile situazione del mercato, causata da calamità aggravate dai cambiamenti climatici (ad esempio, scolitidi, sradicamenti dovuti al vento, incendi boschivi, inondazioni e siccità), è della massima importanza garantire la continuità dei servizi ecosistemici, al fine di preservare questo ruolo multifunzionale delle foreste. È pertanto essenziale che il mercato sia regolato in maniera adeguata, in modo da sostenere la fornitura di legno e di biomassa legnosa per le industrie forestali.

3.2.3.

Potrebbe inoltre essere utile esaminare la mercificazione delle compensazioni delle emissioni di CO2 attraverso i mercati volontari del carbonio (6). Per esempio, il progetto pilota Carbomark (7), finanziato dal programma LIFE, si occupa dello sviluppo di mercati locali volontari del carbonio per la mitigazione dei cambiamenti climatici. L’obiettivo è quello di promuovere un mercato locale dei crediti di carbonio, su base volontaria, per rafforzare le politiche dell’UE in materia di lotta ai cambiamenti climatici:

mitigare l’effetto dei gas serra favorendo la fissazione del carbonio;

generare reddito per le zone svantaggiate stimando il valore del servizio di fissazione del carbonio fornito dall’ecosistema foresta;

promuovere l’adozione di strategie di compensazione da parte di amministrazioni locali;

responsabilizzare maggiormente le piccole e medie imprese, in modo che siano portate a mitigare il proprio impatto ambientale.

Tuttavia, è importante garantire che il meccanismo di compensazione non sia sproporzionato in un senso o nell’altro e non ostacoli la mobilitazione sostenibile di legno e la gestione sostenibile della risorsa.

3.3.   Una bioeconomia sostenibile e circolare offre opportunità economiche al settore forestale con un grande potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici (come già evidenziato in un precedente parere (8))

3.3.1.

Una bioeconomia sostenibile contribuisce alla mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso diversi meccanismi: tramite l’immobilizzazione del CO2 presente nell’atmosfera che viene convertito in biomassa mediante fotosintesi, attraverso lo stoccaggio del carbonio in bioprodotti e attraverso la sostituzione delle materie prime, dei materiali, dei prodotti e dei combustibili di origine fossile con quelli di origine biologica.

3.3.2.

I prodotti a base di legno possono immagazzinare il carbonio a lungo, tenendolo così fuori dall’atmosfera. I prodotti di legno duraturi quali il legname per costruzioni in legno e i mobili di alta qualità sono tra gli strumenti più efficaci per lo stoccaggio del carbonio. Il riutilizzo e il riciclaggio dei prodotti di origine biologica con cicli di vita più brevi garantiranno che il carbonio rimanga stoccato. Tutti questi prodotti, compresi i biocarburanti avanzati, i prodotti tessili e i prodotti chimici verdi, possono fornire un notevole contributo alla sostituzione delle materie prime e dei prodotti di origine fossile che sono le principali cause dei cambiamenti climatici. Inoltre, al termine del loro ciclo di vita attivo, i bioprodotti possono essere utilizzati per nuovi prodotti di origine biologica o come fonte di bioenergia e, quindi, sostituire le fonti di energia fossili. Vanno considerati ovviamente anche i flussi collaterali lungo la catena del valore.

3.3.3.

Facilitare la creazione di catene del valore basate sul legno, quindi di origine biologica, ben funzionanti attraverso la cooperazione intersettoriale può svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo di nuovi ecosistemi imprenditoriali e di opportunità per il settore. A questo proposito, è importante dare priorità alla ricerca, all’innovazione e all’espansione delle innovazioni, nonché all’istruzione, alla formazione e allo sviluppo delle competenze, al fine di sostenere le catene del valore basate sul legno e la bioeconomia circolare in generale.

3.4.   Rafforzare la gestione sostenibile delle foreste (GSF) e fermare la deforestazione mondiale devono rimanere obiettivi chiari della strategia forestale dell’UE

3.4.1.

La gestione sostenibile delle foreste rientra nella competenza nazionale degli Stati membri dell’UE, e la definizione concordata di tale concetto è integrata delle normative nazionali e subnazionali in vigore in tutta l’UE. Le pratiche forestali sostenibili si basano su sistemi di governance nel settore forestale attuati a livello nazionale. Gli strumenti volontari basati sul mercato, quali la certificazione, possono essere un modo per dimostrare la sostenibilità.

3.4.2.

Ridurre la deforestazione mondiale e il degrado forestale attraverso il rafforzamento della gestione attiva e sostenibile delle foreste grazie a un accordo paneuropeo, l’inserimento di capitoli di sostenibilità sufficientemente solidi negli accordi commerciali, la mobilitazione di biomassa prodotta a livello locale in Europa e il sostegno alla transizione verso modelli di consumo più sostenibili sono tutte misure fondamentali per conseguire gli OSS. Sono inoltre necessari sforzi comuni per sostenere le attività di rimboschimento a livello mondiale.

3.4.3.

A questo riguardo, il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione intitolata Intensificare l’azione dell’UE per proteggere e ripristinare le foreste del pianeta (9).

4.   Contesto del parere

4.1.

Il 7 dicembre 2018 la Commissione europea ha pubblicato la relazione (10) di revisione intermedia sui progressi nell’attuazione della strategia forestale dell’Unione europea (in appresso «la relazione»). Tale relazione traccia un quadro dei progressi compiuti nell’attuazione di ciascuno degli otto settori prioritari individuati dalla strategia forestale dell’UE (11):

1)

Sostenere le comunità rurali e urbane.

2)

Migliorare la competitività e la sostenibilità delle industrie forestali dell’UE, della bioenergia e dell’economia verde in generale.

3)

Le foreste e i cambiamenti climatici.

4)

Proteggere le foreste e migliorare i servizi ecosistemici.

5)

Che tipo di foreste abbiamo e come stanno cambiando?

6)

Prodotti forestali nuovi e innovativi che generano valore aggiunto.

7)

Collaborare per conoscere meglio le nostre foreste e gestirle in maniera coerente.

8)

Le foreste viste da una prospettiva globale.

4.2.

Il piano di attuazione pluriennale (12) (MAP forestale) elencava le priorità per la Commissione europea fino al 2017. La relazione è intesa anche a contribuire a definire le priorità per il rimanente periodo 2018-2020.

4.3.

La relazione conclude che l’attuazione della strategia forestale dell’UE è in larga misura sulla buona strada. Gli elementi in sospeso sono in corso di attuazione o saranno attuati entro il 2020. Tuttavia, la relazione non si spinge oltre il 2020.

4.4.

Il 15 aprile 2019 il Consiglio ha adottato le Conclusioni del Consiglio sui progressi nell’attuazione della strategia forestale dell’Unione europea e su un nuovo quadro strategico per le foreste (13) invitando la Commissione «ad avviare una riflessione sulle opzioni per una nuova strategia forestale dell’UE dopo il 2020». Ovviamente, tale quadro strategico dovrebbe riguardare le foreste e il settore forestale nel suo complesso.

4.5.

Il Comitato europeo delle regioni, per parte sua, ha adottato, nella sessione plenaria dell’aprile 2019, un parere (14) sull’attuazione della strategia forestale dell’UE.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Parere del CESE sul tema Impatto della politica del clima e dell’energia dell’UE sui settori agricolo e forestale (GU C 291 del 4.9.2015, pag. 1).

(2)  Parere del CESE sul tema Ripartizione degli sforzi in relazione al quadro 2030 e uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF) (GU C 75 del 10.3.2017, pag. 103).

(3)  Regolamento (UE) 2018/841 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo all’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l’energia, e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 e della decisione n. 529/2013/UE (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 1).

(4)  Fonte: Bollettino d’informazione del Centro federale austriaco di ricerca sulle foreste (BFW) BFW-Praxisinformation n. 28 (2012, pag. 4).

(5)  Risoluzione H1 Orientamenti generali per la gestione sostenibile delle foreste in Europa.

(6)  Voluntary Carbon Market Insights: 2018 Outlook and First-Quarter Trends [Indicazioni sui mercati volontari del carbonio: prospettive per il 2018 e tendenze del primo trimestre].

(7)  Carbomark - Miglioramento delle politiche verso i mercati locali e volontari del carbonio per la mitigazione del cambiamento climatico.

(8)  Cfr. il parere del CESE sul tema Bioeconomia: contribuire a realizzare gli obiettivi dell’UE in materia di clima e di energia e a conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 45).

(9)  COM(2019) 352 final.

(10)  EU forest strategy on track to achieve its 2020 aims [La strategia forestale dell’UE è sulla buona strada per conseguire gli obiettivi per il 2020].

(11)  COM(2013) 659 final.

(12)  SWD(2015) 164 final.

(13)  Conclusioni del Consiglio sui progressi nell'attuazione della strategia forestale dell'Unione europea e su un nuovo quadro strategico per le foreste.

(14)  Parere del CdR sul tema Attuazione della strategia forestale dell'UE (GU L 275 del 14.8.2019, pag. 5).


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/92


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: «Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’attuazione del piano d’azione per l’economia circolare»

[COM(2019) 190 final]

(2020/C 47/14)

Relatore: Peter SCHMIDT

Consultazione

Commissione, 11.4.2019

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

19.3.2019

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

1.10.2019

Adozione in sessione plenaria

31.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

164/2/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la relazione della Commissione sull’attuazione del piano d’azione per l’economia circolare, e in particolare il riconoscimento del ruolo fondamentale che i portatori d’interesse svolgeranno grazie al loro impegno nel processo di transizione verso l’economia circolare. Il CESE è favorevole anche all’intenzione di lanciare un «Green Deal» europeo e di proporre un nuovo piano di azione per l’economia circolare incentrato su settori specifici, quali l’industria tessile e l’edilizia, così come indicato negli orientamenti politici presentati dalla neoeletta presidente della Commissione europea von der Leyen (1).

1.2.

La Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare (ECESP) è una piattaforma istituita come punto d’incontro della comunità dell’economia circolare in Europa. Creata nel 2017 a seguito delle raccomandazioni formulate dal CESE nel parere in merito al pacchetto sull’economia circolare (2), l’ECESP è un’iniziativa congiunta del CESE e della Commissione europea. Un elemento chiave del successo della piattaforma è stato il partenariato tra le istituzioni, ed è importante che esso continui a svilupparsi ad ogni nuovo piano d’azione per l’economia circolare, al fine di garantire agli attori della società civile un ruolo centrale nel processo di transizione.

1.3.

Il CESE crede fermamente nel ruolo chiave della piattaforma per garantire l’impegno delle parti interessate - un ruolo che dovrebbe essere portato avanti e rafforzato in futuro. In particolare, la piattaforma dovrebbe essere ulteriormente sviluppata per garantire un approccio olistico all’economia circolare, che tenga conto delle interconnessioni con altri ambiti politici (ad esempio l’energia, i cambiamenti climatici, la politica sociale, l’impegno dei cittadini, il benessere, l’integrazione/inclusione sociale, i diritti e i doveri dei cittadini/consumatori) e tra tutti i livelli di governo (europeo, nazionale, regionale e locale), e per individuare gli ostacoli alla transizione verso un’economia circolare, in particolare in ambiti chiave come l’industria tessile, il settore alimentare, l’edilizia, l’elettronica e la (micro)plastica. Bisogna raccogliere dati concreti sui vantaggi derivanti dalla creazione di posti di lavoro, dall’accesso ai servizi, dalla riduzione dei costi e dai modelli di consumo collaborativo.

1.4.

Per tenere conto dell’importanza crescente e della pluridimensionalità dell’economia circolare, per il prossimo mandato i membri del gruppo di coordinamento che coadiuvano la piattaforma dovrebbero accogliere altre parti interessate fondamentali (ad esempio rappresentanti dei giovani e del settore finanziario), contribuire a definire scenari futuri per rafforzare le interconnessioni fra i settori, riunirsi con maggiore regolarità e diventare ambasciatori della piattaforma anche in consessi esterni alla comunità dell’economia circolare. Tra le attività future del gruppo di coordinamento potrebbero figurare il sostegno alla sperimentazione di soluzioni di economia circolare sul campo mediante interventi pilota e laboratori viventi per orientare l’elaborazione delle politiche. Il gruppo di coordinamento è stato, è e continuerà ad essere determinante per il successo della piattaforma, e dovrebbe pertanto essere consultato in merito all’orientamento strategico di qualsiasi nuovo piano d’azione per l’economia circolare.

1.5.

Il CESE sottolinea che, per essere inclusiva, la transizione verso un’economia circolare va ora incentivata a livello nazionale, regionale e locale. È importante che le attività siano adattate alle problematiche locali e che si avvalgano delle forze locali.

1.6.

Un approccio decentrato può essere particolarmente utile per analizzare il ruolo dell’economia circolare nel contribuire a una vita migliore per i cittadini. Il CESE raccomanda di costituire un gruppo di analisi dei comportamenti dei cittadini (Citizen Insights Panel) al fine di contribuire a valutare i comportamenti dei cittadini, le loro motivazioni e gli ostacoli che impediscono loro di ricorrere a soluzioni circolari. Tale gruppo riprenderebbe, ampliandolo, l’attuale gruppo di azione per l’analisi dei comportamenti dei consumatori (Consumer Insight Action Panel), un’iniziativa dei membri del gruppo di coordinamento dell’ECESP volta a comprendere meglio il coinvolgimento dei consumatori e dei cittadini e ad accelerare il cambiamento verso i comportamenti circolari che fanno la differenza.

1.7.

La finanza svolge già un’importante funzione abilitante della transizione. Per decentrare ulteriormente l’economia circolare e individuare soluzioni locali, si dovrebbero fornire agli istituti finanziari locali gli strumenti necessari per aderire in modo più efficace ai principi dell’economia circolare, ad esempio estendendo il programma Città circolari della Banca europea per gli investimenti (BEI) ai «villaggi circolari». Un’altra proposta per indirizzare l’economia verso i principi dell’economia circolare consiste nell’utilizzare l’imposta sul valore aggiunto (IVA) come strumento economico per contribuire a garantire l’allungamento del ciclo di vita dei prodotti mediante il riutilizzo e la riparazione.

1.8.

Riconoscendo l’importante ruolo svolto dai dettaglianti nel rendere i prodotti più circolari, una task force del commercio al dettaglio circolare può contribuire a integrare ulteriormente i principi dell’economia circolare lungo la catena del valore, anche rendendo possibile l’adozione di comportamenti circolari. Il CESE propone che la Commissione eserciti un’azione di stimolo sulla task force attraverso l’attuale Forum del commercio al dettaglio. Le organizzazioni della società civile e quelle specializzate nei comportamenti e negli stili di vita sostenibili dovrebbero essere coinvolte in questo processo per garantire la rappresentanza dei cittadini e un approccio integrato alla produzione e al consumo circolari.

1.9.

Gli appalti pubblici possono essere un fattore determinante per accelerare la transizione. Per promuovere una maggiore diffusione di prodotti, lavori e servizi circolari e sfruttarne il potenziale al fine di generare circolarità, è importante istituzionalizzare gli appalti pubblici circolari, sviluppare le capacità e le conoscenze dei soggetti interessati, fornire chiarezza giuridica e sostenere l’attuazione di questo tipo di appalti. A tale riguardo, sarebbe molto utile organizzare un programma di formazione sugli appalti pubblici circolari, e potrebbe rivelarsi efficace anche tenere in tutta Europa una serie di seminari sull’impegno del mercato che pongano l’accento sulla circolarità. Il CESE raccomanda che, per ridurre al minimo e, nel migliore dei casi, evitare gli impatti ambientali negativi degli appalti pubblici e la creazione di rifiuti in tutto il loro ciclo di vita, i criteri ambientali minimi in materia, già previsti nelle direttive dell’UE, diventino obbligatori in tutti gli Stati membri.

1.10.

Anche la comprensione e l’impegno da parte dei consumatori sono fondamentali per il successo della transizione verso un’economia circolare. L’introduzione di un’etichetta «economia circolare» potrebbe accelerare la transizione e aiutare i consumatori a compiere scelte sostenibili, ma dovrebbe essere accompagnata da una campagna di comunicazione a livello europeo. Anche lo sviluppo di capacità costituisce un pilastro fondamentale per aiutare le parti interessate a comprendere e integrare la transizione dell’UE verso l’economia circolare.

2.   Piano d’azione per l’economia circolare

2.1.

La strategia Europa 2020 pone l’accento su una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva quale strumento per migliorare la competitività e la produttività dell’Europa e dare forza a un’economia sociale di mercato sostenibile. L’economia circolare costituisce un percorso fondamentale per conseguire tale strategia e garantire il benessere della popolazione e del pianeta. Nel 2015 la Commissione europea ha pubblicato un piano d’azione per l’economia circolare (di seguito «piano d’azione») volto a sostenere e promuovere, in Europa, la transizione da un modello economico lineare a uno circolare.

2.2.

Il piano d’azione (3) ha definito un ambizioso programma di 54 azioni che copre molteplici catene del valore, tra le quali figurano la produzione, il consumo, la gestione dei rifiuti e le materie prime secondarie. Nel piano d’azione la Commissione fa spesso riferimento alla partecipazione e alla collaborazione con i portatori d’interesse quali fattori che rendono possibile la transizione verso un modello economico circolare.

2.3.

Nel 2016 il CESE ha adottato un parere sul pacchetto di proposte relative all’economia circolare (4), in cui suggeriva di creare una piattaforma che consentisse ai portatori d’interesse della comunità dell’economia circolare di partecipare attivamente e condividere buone pratiche, conoscenze ed esperienze. Il CESE e la Commissione hanno creato congiuntamente la piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare (ECESP) (5) - uno spazio virtuale che consente ai portatori d’interesse di incontrarsi online, ma anche di persona in occasione della conferenza annuale. L’ECESP è coadiuvata da un gruppo di coordinamento, costituito da 24 rappresentanti di organizzazioni della società civile provenienti da tutta Europa, i quali fungono da ambasciatori dell’economia circolare a nome della piattaforma.

2.4.

Nel 2019 la Commissione ha adottato una relazione (6) sull’attuazione del piano d’azione, in cui illustra i principali risultati ottenuti, delineando inoltre le sfide da affrontare in futuro. La relazione affronta temi come la creazione di un’economia circolare e l’accelerazione della transizione. Riguardo a quest’ultimo tema, la Commissione formula alcuni riferimenti specifici alla necessità di un forte impegno da parte dei portatori d’interesse. Il CESE osserva che i documenti di accompagnamento della relazione (SWD(2019) 90/91/92) sono disponibili solo in inglese, il che ostacola la comprensione e la partecipazione a livello di Stati membri.

2.5.

Il CESE accoglie con favore questa relazione di aggiornamento e in particolare il riconoscimento del ruolo fondamentale che i portatori d’interesse svolgeranno grazie al loro impegno nel processo di transizione verso l’economia circolare.

2.6.

Il CESE osserva che l’economia circolare dovrebbe essere inclusa anche nei piani nazionali per l’energia e il clima, e che in questo contesto va dato maggior risalto anche alla dimensione sociale.

2.7.

Il CESE sottolinea la necessità di un’analisi completa di tutti i flussi di materiali in entrata e in uscita dall’UE, nel quadro di un’analisi più ampia dell’impatto dell’economia circolare sul commercio.

3.   Coinvolgimento dei portatori d’interesse per un futuro piano d’azione per l’economia circolare

3.1.

L’ECESP è già diventata un forum visibile e riuscito a livello dell’UE, facilitando i dialoghi intersettoriali e multipartecipativi e rendendo possibile la condivisione di buone pratiche, strategie e conoscenze su un’ampia gamma di temi dell’economia circolare.

3.2.

È arrivato ora il momento di portare questa forma vincente di impegno multipartecipativo ai livelli regionale, nazionale e locale per moltiplicare gli effetti positivi in tutti gli Stati membri e aumentare la partecipazione dei cittadini. È importante che le attività siano decentrate, adattate alle problematiche locali, e che si avvalgano delle forze locali. Data la varietà di culture e di contesti in tutta Europa, gli interessi e i settori industriali variano da paese a paese. È quanto mette in luce lo studio commissionato dal CESE Circular economy strategies and roadmaps in Europe: Identifying synergies and the potential for cooperation and alliance building [«Strategie e tabelle di marcia in materia di economia circolare in Europa: individuare le sinergie e le potenzialità di cooperazione e di sviluppo di alleanze»] (7).

3.3.

Il comportamento e le motivazioni dei cittadini, nonché gli ostacoli che questi incontrano per accedere a soluzioni circolari, dipendono in ugual misura dal contesto, e ciò accresce l’importanza di facilitare esperienze multiple decentrate per comprendere meglio ed accelerare i comportamenti circolari che contano davvero. Gli impegni dovrebbero essere pertinenti localmente, orientati all’azione e rivolti a specifiche attività di attuazione nei singoli paesi, soddisfacendo così le esigenze della popolazione locale ed aumentandone il benessere. Questo ed altri comportamenti dei cittadini di fronte alle strategie sono attualmente oggetto di esame nel quadro del Consumer Insight Action Panel, e si raccomanda di svilupparli ulteriormente.

3.4.

Un approccio decentrato può essere particolarmente utile per analizzare il ruolo dell’economia circolare nel contribuire ad una vita migliore per i cittadini, integrando indicatori sociali per misurare la riuscita delle attività di economia circolare a livello locale. Aspetti come il livello di interazione e di integrazione sociale conseguito grazie a iniziative di condivisione o la soddisfazione di imparare nuove abilità per riparare oggetti o produrre autonomamente generi alimentari o capi di abbigliamento costituiscono solo alcuni esempi di questo collegamento tra economia circolare e vita migliore.

3.5.

Questo approccio decentrato potrebbe prendere la forma di eventi nazionali, regionali o urbani per i portatori d’interesse (8), incentrati su problemi di rilevanza locale e tali da rafforzare il loro impegno in ambito locale. Tra i principali partecipanti figurerebbero le PMI, i governi, le organizzazioni della società civile a livello locale e in special modo i consumatori, che interverrebbero agli eventi per:

affrontare sfide specifiche di valore locale;

definire le modalità con cui l’economia circolare può contribuire al benessere personale;

stabilire in che modo l’economia circolare può generare felicità e migliorare la qualità di vita;

definire le scelte che consentono ai cittadini di condurre uno stile di vita sostenibile e circolare;

prendere contatto con agenzie e infrastrutture locali (o investire in nuove strutture, dove queste manchino);

creare opportunità di incontro per risolvere problemi locali;

impegnare le organizzazioni sindacali in attività di qualificazione per i lavoratori dipendenti locali;

avviare centri di apprendimento che continuino ad operare anche una volta concluso l’evento;

discutere i processi di normazione, come ad esempio la «prassi di riferimento» (9) italiana per l’economia circolare.

3.6.

Tali eventi e piattaforme saranno particolarmente indicati nei paesi e nelle regioni in cui l’attività circolare è limitata. Gli eventi dovrebbero innescare nuove azioni circolari e l’impegno a garantire una più ampia comprensione e attuazione dell’economia circolare in tutta l’UE. I futuri piani d’azione per l’economia circolare dovrebbero sostenere i portatori d’interesse e le soluzioni locali per riuscire ad attuare la strategia dell’UE ed accrescere il benessere in tutti i paesi d’Europa.

3.7.

Per innescare soluzioni di economia circolare a livello locale e promuovere una più ampia diffusione di tali pratiche, è importante dare visibilità e riprodurre su più larga scala i progetti di economia circolare replicabili in contesti diversi - ad esempio i 100 quartieri circolari, le 100 comunità circolari, i 100 villaggi circolari, i 10 campus universitari circolari e le 10 isole circolari.

3.8.

La finanza svolge già un’importante funzione abilitante della transizione. Per decentrare ulteriormente l’economia circolare e individuare soluzioni locali, si dovrebbero fornire agli istituti finanziari locali gli strumenti necessari per aderire in modo più efficace ai principi dell’economia circolare, partendo da una migliore comprensione di tali principi per arrivare ad un maggiore sostegno alla transizione con prodotti, servizi e operazioni. Ad esempio, la BEI potrebbe utilizzare gli strumenti esistenti destinati alle grandi città, come il programma per le città circolari, ed estenderli ai «villaggi circolari». Le banche locali dovrebbero assumere un ruolo più attivo in questo processo. Occorre inoltre esaminare ulteriormente le interconnessioni tra i finanziamenti destinati a lottare contro i cambiamenti climatici e quelli a favore dell’economia circolare.

3.9.

Le crisi ambientali sono interconnesse dal punto di vista sistemico con le crisi di disuguaglianza, migrazione e democrazia. Queste crisi nascono - ma non solo - dalle enormi disuguaglianze inerenti al capitalismo finanziario e dalla continua erosione della democrazia, e sono il risultato della società di mercato che siamo diventati. Nessuna di queste crisi può essere affrontata adeguatamente in modo isolato, mentre un’economia circolare ben concepita può contribuire ad attenuare la vulnerabilità del sistema economico, ambientale e sociale.

3.10.

Una transizione sistemica dovrebbe affrontare anche le sfide sociali e ambientali collaterali interconnesse con le crisi prodotte dalle disuguaglianze o dall’erosione democratica. È importante promuovere il dialogo con le organizzazioni della società civile per far fronte ai rischi potenziali e alle problematiche più profonde di un’economia circolare, nonché creare, presso le organizzazioni della società civile pertinenti, le competenze che consentano di garantire una transizione più equa/giusta.

3.11.

Per sviluppare modi di pensare e pratiche circolari, la transizione verso l’economia circolare richiede alle parti interessate di acquisire nuove competenze/capacità, che vanno da una conoscenza più approfondita della composizione dei materiali a una migliore comprensione dei modelli d’impresa e dei comportamenti sociali, in particolare in ambiti chiave come l’industria tessile, l’edilizia, il settore alimentare, l’elettronica e la (micro)plastica. È importante sviluppare e approfondire le competenze circolari delle principali parti interessate, come ad esempio gli imprenditori, i produttori, i dettaglianti, i committenti pubblici e i cittadini.

3.12.

Per contribuire a promuovere la transizione, gli imprenditori, i produttori, i sindacati e i consumatori dovrebbero essere sostenuti nello sviluppo di un’economia circolare intelligente e basata sulle TIC. Esistono vari modi per raggiungere questo obiettivo, ad esempio attraverso lo sviluppo di centri di competenze in materia di economia circolare intelligente, che potrebbero essere integrati nei poli locali per favorire lo scambio e l’incontro, oppure la creazione di una task force con le principali parti interessate del settore delle TIC.

3.13.

Si dovrebbe studiare la possibilità di utilizzare l’IVA come un mezzo per garantire l’allungamento del ciclo di vita dei prodotti mediante il riutilizzo e la riparazione. Diversi Stati membri dell’UE hanno già intrapreso degli sforzi per ridurre l’IVA sia sui beni di seconda mano che sui servizi di riparazione (10).

3.14.

Vi è inoltre la possibilità di utilizzare i quadri esistenti che le imprese conoscono già, ad esempio gli strumenti di audit ambientale quali il sistema di ecogestione e audit (EMAS), gli strumenti internazionali come quelli sviluppati dall’ISO (ad esempio ISO 14001 o il prossimo ISO/TC 323 sull’economia circolare) o i criteri ambientali minimi (definiti dalle direttive UE, ma la cui applicazione negli Stati membri non è obbligatoria).

3.15.

I dettaglianti svolgono già un ruolo importante nel rendere i prodotti più circolari, ad esempio riducendo gli imballaggi, e potrebbero anche esercitare un notevole influsso sugli stili di vita dei consumatori, decidendo quali prodotti sottoporre alla scelta di questi ultimi, influenzando gli acquisti da essi effettuati e persino le modalità di utilizzo e di smaltimento dei prodotti. Una task force circolare del commercio al dettaglio, simile al Forum del commercio al dettaglio, può contribuire a integrare ulteriormente i principi dell’economia circolare lungo la catena del valore, anche consentendo comportamenti circolari, e dovrebbe essere estesa alle organizzazioni che studiano i comportamenti dei cittadini e dei consumatori come pure ai sindacati.

3.16.

Gli appalti pubblici sono un fattore determinante per accelerare la transizione, e il piano d’azione aveva fissato delle azioni volte a facilitare l’integrazione dei principi dell’economia circolare negli appalti pubblici. Sono state realizzate attività pionieristiche, che hanno consentito di trarre importanti insegnamenti. Sono in aumento i dibattiti su che cosa significhi, nella pratica, il concetto di «appalti verdi circolari» e sul ruolo incisivo che tali appalti potrebbero svolgere per promuovere lo sviluppo dell’economia circolare, ad esempio esercitando un effetto di trazione (vale a dire ampliando il mercato delle soluzioni circolari esistenti grazie al potere di acquisto) o addirittura un potenziale effetto propulsivo (ossia partecipando alla creazione di nuove soluzioni per soddisfare le esigenze degli acquirenti pubblici). Per promuovere una maggiore diffusione di appalti pubblici circolari e sfruttarne il potenziale per generare innovazione, è importante istituzionalizzarli, sviluppare le capacità e le conoscenze dei soggetti interessati, fornire chiarezza giuridica e promuovere il dialogo in materia.

3.17.

Lo stile di vita circolare o il cambiamento dei comportamenti in senso circolare può essere un indicatore complementare per misurare la transizione verso l’economia circolare sistemica e dimostrare l’influenza esercitata dall’infrastruttura, dalle imprese e dalle politiche per l’economia circolare a livello dei cittadini. È importante che noi, cittadini europei, siamo in grado di riflettere su quali prodotti utilizziamo, ripariamo e smaltiamo oggi e su come lo facciamo, piuttosto che su quello che abbiamo utilizzato, noleggiato, riparato e smaltito in passato e su come l’abbiamo fatto. A livello urbano si dovrebbero creare strumenti quali i «laboratori viventi». I laboratori viventi sono contesti di vita reale, come le famiglie, le organizzazioni e persino i quartieri urbani, in cui le soluzioni e gli interventi circolari possono essere standardizzati, testati nella pratica, e contribuire così alla definizione di strategie per l’economia circolare. L’obsolescenza prematura dovrebbe essere affrontata in modo più deciso, come raccomandato dal CESE nel parere sul tema Per un consumo più sostenibile: la durata di vita dei prodotti industriali e l’informazione dei consumatori per ripristinare la fiducia. In particolare, si dovrebbe prendere in considerazione un’estensione della garanzia almeno fino a cinque anni. Il Consumer Insight Action Panel, in collaborazione con imprese, ONG e organizzazioni dei consumatori, sta esaminando soluzioni e modalità per promuovere dei modelli di garanzia a vita.

3.18.

L’economia circolare è uno strumento fondamentale per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e un’economia a basse emissioni di carbonio. Per accelerare la transizione verso un’economia circolare, è importante promuovere il dialogo e lo scambio su come le parti interessate possono utilizzare questo tipo di economia quale strumento per conseguire gli OSS o altri traguardi pertinenti. Al fine di garantire che un’economia circolare e sostenibile funzioni per tutte le parti interessate, si dovrebbero sostenere i lavoratori tramite i quadri già esistenti, come la formazione professionale, dotando così i lavoratori attuali e futuri delle competenze necessarie per sostenere la transizione.

3.19.

È importante esplorare e mostrare in che modo l’innovazione volta a realizzare un’economia circolare possa stimolare la competitività per un’economia più sostenibile e a basse emissioni di carbonio. Le università e i centri di ricerca dovrebbero diventare poli potenziali di innovazione circolare per lo sviluppo, il collaudo e la diffusione delle innovazioni, in quanto le università dispongono di buone capacità di ricerca per affrontare le sfide circolari. L’apprendimento e la formazione basati sui problemi sono utili per stimolare i futuri innovatori e imprenditori, come pure i ricercatori, che intraprendono la loro carriera nelle università. Gli atenei con una forte densità di popolazione e un’elevata domanda di risorse possono fungere da «laboratori viventi» per testare le soluzioni prima che vengano lanciate. Sono necessari progetti pilota per sviluppare e dimostrare approcci e soluzioni, riproducibili su più larga scala, di tipo «campus circolare», e una rete di campus circolari può contribuire a promuovere ulteriormente lo scambio di conoscenze.

3.20.

Indubbiamente, la transizione verso un’economia circolare in Europa avrà un impatto sulle parti interessate a livello internazionale, ad esempio attraverso gli accordi commerciali. Innovando per passare a un’economia circolare, l’Europa può fissare degli standard globali per un’economia più equa che operi a favore di tutti i cittadini - differenziata e adattabile, quindi, sia alle zone rurali che a quelle urbane. Ciò richiederà un approccio a livello locale, regionale e nazionale per coinvolgere le parti interessate della società civile nella creazione, nello sviluppo, nell’attuazione e nel monitoraggio di strategie di economia circolare (11) che funzionino per tali regioni (ad esempio, lotta alla povertà, creazione di posti di lavoro di qualità e miglioramento della qualità della vita, lavoro nel rispetto dei limiti ecologici). Una buona pratica al riguardo può essere ravvisata nell’approccio adottato dalla Slovenia con la sua tabella di marcia per l’economia circolare. Il CESE incoraggia i responsabili decisionali coinvolti nell’elaborazione di strategie e tabelle di marcia circolari ad adottare tale approccio.

4.   Il ruolo della piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare (ECESP)

4.1.

L’ECESP è una piattaforma istituita come punto d’incontro della comunità dell’economia circolare europea. Creata nel 2017 a seguito delle raccomandazioni formulate dal CESE nel parere in merito al pacchetto sul tema L’anello mancante - Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare (12), l’ECESP è un’iniziativa congiunta del CESE e della Commissione europea. Il suo obiettivo è quello di agevolare la consultazione della società civile, la cooperazione tra reti nazionali, regionali e settoriali, e lo scambio di competenze, informazioni e buone pratiche. Il CESE funge da segretariato per l’ECESP, facendo così da ponte tra la società civile e i responsabili politici.

4.2.

L’ECESP è coadiuvata da un gruppo di coordinamento formato da 24 esperti - da tutta Europa - scelti tra le organizzazioni della società civile, i rappresentanti delle imprese e dei sindacati, i gruppi di riflessione, i centri di ricerca e gli enti pubblici interessati all’economia circolare. Questo gruppo così variegato di portatori d’interesse rappresenta la piattaforma europea tramite le attività e le funzioni svolte a livello locale, regionale e nazionale. Il CESE e la Commissione sostengono con successo tali attività tramite la piattaforma virtuale (13).

4.3.

Il gruppo di coordinamento orienta le attività dell’ECESP, indirizzando anche le tematiche scelte per la seconda giornata della Conferenza annuale delle parti interessate dell’economia circolare (giunta alla sua terza edizione), e i suoi membri svolgono il ruolo di ambasciatori della piattaforma. Il mandato del gruppo di coordinamento, che si riunisce formalmente una volta l’anno, giungerà al termine nel 2020. Il gruppo di coordinamento è stato costituito a seguito di un invito a manifestare interesse, e le sue competenze sono state stabilite dal CESE e dalla Commissione. In futuro, i membri del gruppo di coordinamento dovrebbero riunirsi con maggiore regolarità e/o su questioni specifiche, e fungere da ambasciatori anche al di fuori della comunità dell’economia circolare.

4.4.

Un elemento chiave del successo dell’ECESP è stato il partenariato tra le istituzioni, ed è importante che esso continui a svilupparsi ad ogni nuovo piano d’azione per l’economia circolare, al fine di garantire che gli attori della società civile abbiano un ruolo centrale nel processo di transizione.

4.5.

Il gruppo di coordinamento della piattaforma offre un patrimonio di potenziali conoscenze ed esperienze a livello di Stati membri, di cui istituzioni europee, come la Commissione, la BEI ecc., dovrebbero cogliere i vantaggi. Tali conoscenze ed esperienze andrebbero coltivate grazie ad un più elevato livello di coinvolgimento e di consultazione del gruppo di coordinamento. Come già in passato, il coinvolgimento del gruppo di coordinamento è e continuerà ad essere parte integrante del successo dell’ECESP, e tale dovrebbe restare in qualunque nuovo piano d’azione per l’economia circolare. Qualunque nuovo mandato dell’ECESP dovrebbe rispecchiare questo elemento e cercare di sviluppare ulteriormente il ruolo che questi attori della società civile hanno già svolto, ad esempio con i consumatori, il mondo della finanza, la bioeconomia. l’istruzione e l’innovazione. Il gruppo di coordinamento andrebbe pertanto consultato riguardo all’orientamento strategico di qualunque nuovo piano d’azione. In tale contesto il CESE continuerà a svolgere il proprio ruolo fondamentale di integrazione delle parti interessate nel processo di elaborazione delle politiche.

4.6.

Le competenze del CESE in materia di costruzione del consenso e di inclusione sono essenziali. L’importante lavoro svolto dal CESE per assicurare il segretariato e la gestione del sito web dell’ECESP è riconosciuto e sostenuto. Tale struttura è stata essenziale per il più ampio successo dell’ECESP.

4.7.

Il sito web dell’ECESP, inoltre, costituisce una fonte in continua espansione di conoscenze e buone pratiche, aiutando così la piattaforma ad offrire uno «sportello unico virtuale» per l’economia circolare. Questo fondamentale strumento online deve continuare a ricevere un adeguato sostegno istituzionale e ottenere lo spazio e le risorse per crescere, in modo da poter diffondere ulteriormente le soluzioni innovative, le conoscenze essenziali e i contatti chiave atti a liberare il potenziale delle parti interessate ai fini di una transizione circolare in tutta Europa.

Bruxelles, 31 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Un'Unione più ambiziosa - Il mio programma per l'Europa.

(2)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98.

(3)  COM(2015) 614 final.

(4)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98.

(5)  Piattaforma europea delle parti interessate per l'economia circolare.

(6)  COM(2019) 190 final.

(7)  Studio sul tema Circular economy strategies and roadmaps in Europe: Identifying synergies and the potential for cooperation and alliance building (Strategie e tabelle di marcia in materia di economia circolare in Europa: individuare le sinergie e le potenzialità di cooperazione e di sviluppo di alleanze) e parere collegato dal titolo Sviluppare sinergie tra le diverse tabelle di marcia per l'economia circolare (non ancora pubblicato nella GU).

(8)  Ad esempio il Circular Economy Virtuous Circle Tour (tour del Circolo virtuoso dell’economia circolare della Commissione europea).

(9)  Cfr. UNI.

(10)  Reduced taxation to support re-use and repair (Una tassazione ridotta per sostenere il riutilizzo e la riparazione).

(11)  Parere del CESE sul tema Sviluppare sinergie tra le diverse tabelle di marcia per l'economia circolare (non ancora pubblicato nella GU).

(12)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98.

(13)  Piattaforma europea delle parti interessate per l'economia circolare.


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/98


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Uniti nel realizzare l’Unione dell’energia e l’azione per il clima: gettare le fondamenta della transizione all’energia pulita»

[COM(2019) 285 final]

(2020/C 47/15)

Relatore: Tommaso DI FAZIO

Consultazione

Commissione, 22.7.2019

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

16.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

219/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione europea (CE) per l’avvio della valutazione dei progetti di Piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC) presentati dagli Stati membri, dando così seguito al nuovo modello di governance varato dal Consiglio e dal Parlamento nel dicembre 2018, volto ad assicurare (assieme ai paesi membri, alle autorità regionali e locali, alla società civile organizzata e ai cittadini) un processo di convergenza e coerenza d’azione a livello europeo per la transizione verso l’energia pulita e la salvaguardia del clima, attraverso un dialogo interattivo multilivello di pieno coinvolgimento della società civile e degli attori pubblici e privati a livello locale e regionale.

1.2.

Il CESE si compiace che l’Unione europea, attraverso i concreti Piani nazionali per l’energia e il clima, sia la prima grande economia mondiale ad adottare un quadro giuridicamente vincolante per tener fede agli impegni assunti nel 2015 con l’Accordo di Parigi COP21 e con l’Agenda delle Nazioni Unite per il 2030, con cui gli Stati membri sono stati chiamati ad elaborare proposte di Piani nazionali «integrati» per l’energia e il clima.

1.3.

Il CESE si compiace che l’Unione europea divenga così un riferimento sia normativo sia di governance per l’intero globo nella lotta per contrastare l’aggravarsi continuo, mondiale, senza eccezioni, dello stato del clima. Il raggiungimento dell’obiettivo climatico al 2030, che pone le basi per il più ambizioso, e necessario, obiettivo al 2050 della decarbonizzazione totale, non potrà che essere il risultato di una complessa e pilotata azione complessiva degli Stati membri.

1.4.

Il Comitato sostiene con forza il varo di una piattaforma condivisa, solida e armonizzata per eliminare le compartimentazioni (tra politiche e settori, tra amministrazioni pubbliche, tra portatori di interessi e cittadini, tra uno Stato e l’altro) e tracciare percorsi comuni per il conseguimento degli obiettivi 2030 con uno sviluppo sostenibile e competitivo, una neutralità climatica, un graduale processo di decarbonizzazione e un approccio integrato e sistemico. Il Comitato ritiene che il successo dei piani potrà meglio essere garantito se unanimemente condiviso dalla popolazione attraverso un processo di coinvolgimento dal basso.

1.5.

È indispensabile e prioritario, a parere del CESE, lo sviluppo di una cultura diffusa della sostenibilità che accompagni il processo di transizione energetica e neutralità climatica e sia pervasiva del sistema educativo e formativo a tutti i livelli a partire dall’infanzia, per una partecipazione proattiva e consapevole di tutte le componenti della società: secondo il CESE è fondamentale raccomandare che azioni in tal senso siano parte integrante dei PNEC.

1.6.

Il Comitato ritiene necessario raccomandare nei PNEC una transizione antropocentrica verso un sistema energetico globale più inclusivo, sostenibile, economico, equo e sicuro, che fornisca soluzioni alle sfide globali legate all’energia e al clima, basate sul consenso sociale ma anche sulla creazione di valore per le imprese e la società, senza compromettere l’equilibrio del triangolo energetico: sicurezza e accesso; sostenibilità ambientale e sociale; sviluppo economico e crescita competitiva.

1.7.

Il completamento effettivo del mercato europeo dell’energia, non ancora pienamente interconnesso, interoperabile e trasparente, con differenziali di prezzi di gas e elettricità oggi rilevanti, deve essere — a parere del CESE — un’altra raccomandazione prioritaria accompagnata da impegni di piena applicazione e verifica puntuale della corretta attuazione della legislazione.

1.8.

Il contributo del settore energetico e dei trasporti alla decarbonizzazione dovrebbe svilupparsi, secondo il CESE, sulla base di incentivi per i consumatori e mediante la promozione della diffusione di tecnologie chiave per raggiungere il traguardo «zero emissioni» nel 2050. Il CESE raccomanda l’adozione di strategie speciali per le industrie e le regioni ad alta intensità energetica — anche con il ricorso agli ETS e a meccanismi di carbon market in seno a Lulucf — che dovrebbero figurare esplicitamente nei PNEC, così come le riforme poste in essere per un mercato all’ingrosso decarbonizzato più integrato tra i settori dell’energia elettrica, del gas e dell’energia termica e per un mercato europeo al dettaglio più trasparente. Il CESE raccomanda particolare attenzione per un’equa applicazione degli ETS ai fini della competitività, introducendo un’adeguata carbon border tax ai prodotti ad alto contenuto di energia importati nell’UE.

1.9.

Il CESE concorda con le valutazioni della CE secondo cui i Piani sono fondamentali per garantire il raggiungimento collettivo degli obiettivi comuni per il 2030 in materia di clima ed energia, purché forniscano alle imprese e al settore finanziario la chiarezza e le certezze necessarie e prevedibili per stimolare gli investimenti in tutta Europa, anche per la ricerca e l’innovazione, ai fini della competitività dell’UE nel settore. I piani nazionali dovrebbero inoltre aiutare gli Stati membri a orientare i finanziamenti — previsti in circa il 25 % del totale — nell’ambito del prossimo quadro finanziario 2021–27.

1.10.

Il Comitato sottolinea l’importanza di raccomandare maggiore chiarezza nei PNEC quanto agli importi aggiuntivi d’investimento necessari alla realizzazione delle misure previste che richiedono un consenso politico e sociale di ampio livello, insieme a piattaforme che incoraggino la collaborazione e intese comuni tra una pluralità di parti interessate. In merito agli investimenti previsti nei PNEC, il CESE ritiene che si debbano valutare il modo e le forme di sollevarli dai vincoli del Patto di stabilità, o comunque considerarli a parte, per le loro finalità neutrali, la trasversalità della condivisione e l’alto obiettivo comune da raggiungere.

1.11.

Il CESE raccomanda particolare attenzione al consenso sociale e alla soluzione delle problematiche che sorgeranno nell’attuazione dei Piani, specie laddove il perseguimento dell’obiettivo di energia pulita implicherà la ristrutturazione o addirittura la chiusura di interi settori produttivi. La modalità di ricollocazione dei lavoratori dovrà essere prevista nei Piani stessi.

1.12.

Il CESE raccomanda alla Commissione di verificare che nei PNEC siano esplicitati con chiarezza da tutti i paesi membri i capitoli sulla sostenibilità sociale dei processi che si intendono avviare e sulle politiche di attuazione che devono promuovere una crescita inclusiva, un’equa ripartizione dei benefici e degli oneri e un’informazione chiara e trasparente alla società civile.

1.13.

Il Comitato riterrebbe utile raccomandare l’attivazione della rete dei Consigli economici e sociali e di organismi equivalenti negli Stati membri, per una partecipazione proattiva della società civile organizzata alla messa a punto ed al monitoraggio dei PNEC, il cui contributo dovrebbe figurare in un capitolo apposito dei Piani, insieme ai rilievi degli attori pubblici e privati a livello locale e regionale.

1.14.

Il CESE chiede alla CE che la valutazione conclusiva dei PNEC definitivi sia presentata al Consiglio, al Parlamento, al Comitato delle regioni e al CESE stesso, augurandosi che possa essere oggetto di una conferenza interistituzionale con la partecipazione di rappresentanti della società civile e degli enti a livello locale e regionale, per dare un seguito efficace alla conoscenza effettiva e alla presa di coscienza del processo di transizione energetica e climatica.

1.15.

Inoltre il CESE ritiene che nei PNEC debbano essere previsti azioni e fondi adeguati per campagne continue di sensibilizzazione e aggiornamento, evitando che i media abbassino la guardia e l’attenzione quando il tema energetico e climatico, per eccesso di informazione, non sarà più sulle prime pagine.

1.16.

La condivisione oggi raggiunta sull’importanza dell’obiettivo climatico e della necessità di attuazione dei Piani nazionali per l’energia e il clima raccomanda, a giudizio del CESE, che il tema sia inserito tra gli argomenti primari e costanti del semestre europeo.

2.   Introduzione

2.1.

Conformemente al quadro normativo dell’Unione dell’energia e alle regole di azione per il clima, entrate in vigore il 24 dicembre 2018 (1), i paesi UE hanno proceduto a:

sviluppare PNEC che coprano le cinque dimensioni dell’Unione dell’energia — sicurezza energetica, mercato interno dell’energia, efficienza energetica, decarbonizzazione, R&I e competitività — per il periodo 2021-30 (e ogni successivo periodo di dieci anni) sulla base di un modello comune;

presentare alla Commissione europea un progetto PNEC entro il 31/12/2018 e, dopo esame e valutazione della Commissione, essere pronti a presentare i piani definitivi entro il 31/12/2019;

riferire sui progressi compiuti nell’attuazione dei rispettivi PNEC negli step annuali sullo stato dell’Unione dell’energia con prima revisione dei PNEC al 2024.

2.2.

La comunicazione oggetto di questo parere si inscrive in tale quadro e riguarda le raccomandazioni della CE sulla base delle valutazioni dei progetti di PNEC presentati dagli Stati membri, che riguardano in particolare:

livelli di ambizione degli obiettivi, traguardi e contributi volti al conseguimento collettivo degli obiettivi dell’Unione dell’energia, specie i traguardi 2030 dell’Unione per la riduzione delle emissioni di gas serra in tema d’energia rinnovabile e d’efficienza energetica nonché il livello d’interconnettività elettrica entro il 2030;

politiche e misure in relazione agli obiettivi a livello di Stati membri e dell’Unione e le altre politiche e misure di potenziale rilevanza transfrontaliera;

eventuali politiche e misure aggiuntive che possano essere necessarie nei piani nazionali integrati per l’energia e il clima;

interazioni e coerenza tra le politiche e misure vigenti e quelle previste incluse nei PNEC nell’ambito di una singola dimensione e tra le cinque dimensioni dell’Unione dell’energia;

il conseguimento degli obiettivi con piena salvaguardia di competitività e di equità sociale.

2.3.

Per quanto attiene alle rinnovabili, le raccomandazioni della CE agli Stati membri si basano su una formula fissata nell’allegato II del regolamento (UE) 2018/1999 che, a sua volta, si basa su criteri oggettivi, e mirano, da un lato, a valutare l’ambizione complessiva a livello di Unione e, dall’altro, a garantire a ciascuno Stato membro interessato tempi sufficienti per acquisire un adeguato consenso sociale e procedere ai PNEC definitivi che saranno, seguendo un processo iterativo formalizzato, di nuovo oggetto di analisi e valutazione da parte della Commissione.

3.   La comunicazione della Commissione

3.1.

La CE ha elaborato la comunicazione in esame che:

analizza le proposte di PNEC e i relativi effetti aggregati nel conseguire gli obiettivi dell’Unione dell’energia al 2030;

integra le analisi dettagliate condotte a livello nazionale (2) ed europeo (3) e le raccomandazioni specifiche rivolte a ciascuno Stato membro (4).

Lo scopo è di aiutare gli Stati membri a mettere a punto i PNEC entro la fine del 2019 per l’attuazione delle raccomandazioni attraverso un dialogo continuo e iterativo.

In particolare, secondo la Commissione, saranno necessari ulteriori affinamenti da e con gli Stati membri, specie su: ambizioni individuali, cooperazione transfrontaliera, legame tra politica climatica e qualità dell’aria, maggiore attenzione agli investimenti, competitività ed equità sociale.

3.2.

Secondo la Commissione, i piani definitivi dovrebbero, tra l’altro:

contenere informazioni più solide sulle politiche e sulle misure intese a concretizzare con tempestività gli obiettivi e i contributi proposti per le energie rinnovabili;

essere più solidi e indicare traiettorie più chiare del consumo d’energia e individuare le lacune e le migliori prassi, la portata, i tempi e i risparmi di energia attesi delle politiche e misure previste specie per l’attuazione degli obblighi di risparmio energetico e la strategia di ristrutturazione a lungo termine, nonché il fabbisogno di investimenti e le fonti di finanziamento;

individuare, nei PNEC, i rischi per la sicurezza energetica, come quelli associati all’approvvigionamento delle materie prime, agli effetti dei cambiamenti climatici o alle minacce accidentali, naturali, antropiche o terroristiche alle infrastrutture energetiche critiche, specie i rischi legati alla cibersicurezza e alla digitalizzazione;

specificare obiettivi, programmi e tempi per le riforme del mercato dell’energia in linea con la legislazione adottata nel quadro del pacchetto «Energia pulita per tutti gli europei» e con i codici di rete e gli orientamenti vigenti — con sostegni alle riforme dei mercati all’ingrosso e lo sviluppo di mercati al dettaglio competitivi — tenendo conto dei monitoraggi delle autorità nazionali di regolamentazione e dell’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia;

coinvolgere in questo processo tutti i segmenti della società in un esercizio di co-creazione che dovrebbe consentire alle parti interessate di acquisire una reale titolarità dell’azione.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione, volta a porre in essere per la prima volta un nuovo modello per assicurare — assieme agli Stati membri, alle autorità regionali e locali, alla società civile organizzata e ai cittadini — un processo di convergenza e coerenza d’azione a livello europeo per la transizione verso l’energia pulita, lo sviluppo sostenibile e competitivo, la decarbonizzazione e un approccio integrato e sistemico, tecnologicamente neutrale, l’economia circolare come leva per soluzioni innovative per i cambiamenti climatici, l’equità sociale basata sul patto europeo per l’energia (5) che metta i consumatori al centro del sistema e con un piano di lotta alla povertà energetica.

4.2.

Il CESE sottolinea che vi è sempre stato un forte e crescente sostegno (6) fra i cittadini dell’UE a favore degli obiettivi dell’Unione dell’energia e di politiche più ambiziose in materia di clima e di energia così come un crescente sostegno per gli obiettivi dell’Unione dell’energia nella comunità imprenditoriale europea (7), sia all’interno che all’esterno del settore dell’energia. D’altra parte il CESE ha accolto con favore (8) l’entrata in vigore del regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia e delle azioni per il clima e ha invitato la società civile organizzata a svolgere un ruolo massimamente attivo per garantire la corretta attuazione di tale regolamento.

4.3.

Secondo il CESE, «è urgente intervenire sui cambiamenti climatici, poiché ne stiamo già avvertendo l’impatto. La transizione verso un’economia sostenibile diviene anche una importante opportunità. Per avere successo in questa transizione dobbiamo mantenere la competitività delle nostre imprese e incoraggiare la ricerca e lo sviluppo. Dobbiamo includere tutti i settori e la società civile e mantenere un dialogo permanente dei cittadini per evitare che qualcuno rimanga indietro» (9).

4.4.

Il CESE sottolinea l’importanza dell’impegno dell’Unione —confermato al massimo livello dalla Dichiarazione di Sibiu (10) — ad essere un leader mondiale responsabile: nella lotta ai cambiamenti climatici, nella protezione dei cittadini, nella tutela dell’ambiente e nel rispetto del principio di equità.

4.5.

Il CESE condivide il principio per cui «le proposte di PNEC costituiscono una piattaforma comune, solida e armonizzata di confronto con la società civile, le imprese, le parti sociali e le amministrazioni locali di tutta l’Unione, che permette di coinvolgerle nella discussione sulle sfide comuni e le priorità a lungo termine dell’UE sul versante dell’energia e del clima» (11).

4.6.

Tuttavia, il consenso sociale dovrebbe essere una priorità, soprattutto se si considera che alcune regioni dell’UE che ancora dipendono dalla produzione di carbone o dall’utilizzo di altri combustibili fossili sono ben lungi dall’aver completato la transizione verso la sostenibilità, e che i loro abitanti hanno redditi e opportunità economiche inferiori rispetto ad altri Stati membri. La mancata risposta adeguata agli impatti negativi della transizione energetica su cittadini e imprese, specie PMI, e l’incapacità di assicurare adeguato sostegno a chi è più duramente colpito possono portare a forti resistenze politiche e sociali e a rallentare il processo generale di attuazione complessiva dei PNEC.

4.7.

Il Comitato ritiene quindi necessario raccomandare una transizione antropocentrica verso un sistema energetico globale più inclusivo, sostenibile, economico, equo e sicuro, che fornisca soluzioni alle sfide globali legate all’energia e al clima, che creino valore per le imprese e la società senza compromettere l’equilibrio del triangolo energetico: sicurezza e accesso; sostenibilità ambientale e sociale; sviluppo economico e crescita competitiva.

4.8.

Al primo posto delle raccomandazioni — non solo agli Stati membri ma alle istituzioni europee stesse — dovrebbe figurare il completamento effettivo del mercato europeo dell’energia non ancora pienamente interconnesso, interoperabile e trasparente, con differenziali di prezzi di gas e elettricità rilevanti sia per la componente energetica che per oneri di rete e di fornitura e per imposizione fiscale. Il CESE esprime pertanto il proprio disappunto per la permanenza di differenze significative nei prezzi dell’energia nell’UE, che rivelano un grave fallimento nel mercato unico e possono compromettere, se non vengono adottate le opportune misure correttive, il raggiungimento dell’obiettivo dell’Unione dell’energia al 2030.

4.8.1.

Il CESE chiede quindi alla Commissione e agli Stati membri che i PNEC integrino impegni di piena applicazione e verifica puntuale della corretta attuazione della legislazione approvata sia per le imprese che per i consumatori in una rinnovata strategia di completamento del mercato unico entro il 2025 che sia capace di affrontare le sfide globali della crescita competitiva sostenibile e del clima in un moderno ambiente intelligente digitalizzato e interconnesso su scala continentale.

4.8.2.

Il CESE ritiene che debbano essere raccomandati sostegni sia per le riforme di un mercato all’ingrosso decarbonizzato più integrato tra i settori dell’energia elettrica, gas ed energia termica sia per un mercato europeo al dettaglio più trasparente che ponga cittadini e imprese in grado di beneficiare efficacemente delle misure di sostenibilità energetica e climatica in termini di consumi e di costi ridotti sul mercato UE, potendo operare scelte pienamente consapevoli.

4.9.

Le raccomandazioni concernenti il contributo del settore energetico alla decarbonizzazione dovrebbero svilupparsi, secondo il CESE, sulla base di incentivi per i consumatori e promozione della diffusione di tecnologie chiave per un’economia neutrale dal punto di vista climatico per raggiungere il traguardo «zero emissioni» nel 2050. La Commissione europea dovrebbe in merito raccomandare esplicitamente strategie speciali per le industrie ad alta intensità energetica come l’industria chimica, dell’acciaio, del cemento, della carta, così come per le regioni ad alta intensità di carbonio, stimolando e incentivando per esse la conversione all’uso di tecnologie a migliore efficienza energetica.

4.9.1.

È fondamentale che le industrie ad alta intensità energetica siano sostenute efficacemente dall’UE e dai loro governi nazionali: uno dei modi è quello di migliorare le linee guida ETS in materia di aiuti di Stato. Il CESE ritiene che «il sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS UE) come strumento per la riduzione delle emissioni energetiche UE debba dare un segnale del prezzo del carbonio ma anche influire positivamente su investimenti sostenibili in nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio» (12), anche attraverso il Fondo per l’innovazione finanziato con EU-ETS.

4.9.2.

Secondo il CESE, la decarbonizzazione dei trasporti, che oggi assorbono il 90 % del fabbisogno di petrolio, renderà necessario un graduale passaggio a carburanti alternativi a impatto zero con adeguate infrastrutture e con una maggiore efficienza energetica che sfrutti al massimo le tecnologie digitali e la tariffazione intelligente e incoraggi l’integrazione multimodale e modalità di trasporto più sostenibili.

4.9.3.

Il comparto dell’edilizia è responsabile del 40 % del consumo energetico e di circa il 15 % delle emissioni di gas a effetto serra; occorre dare piena attuazione alle normative UE sul risparmio energetico negli edifici e alle relative incentivazioni. Dovranno inoltre assicurarsi investimenti su reti elettriche intelligenti al fine di integrare e ottimizzare l’uso di diverse fonti rinnovabili e di tecnologie sostenibili di produzione, stoccaggio e trasmissione. Dovrà in particolare essere incentivato l’uso in situ dell’energia rinnovabile prodotta, attraverso precise normative di stimolo inserite in un opportuno quadro regolatorio.

4.10.

Il CESE esprime accordo sullo stimolo dato dalla Commissione a dare piena attuazione nei PNEC alla normativa unionale adottata nel maggio 2018 (13) sull’uso del suolo, sul cambiamento di uso del suolo o sulla silvicoltura (Lulucf) (14), che obbliga gli Stati membri a compensare le emissioni di gas a effetto serra risultanti dall’uso del suolo con un assorbimento equivalente di CO2 delle foreste nel periodo 2021-2030. Il settore può ancora agire in incremento nella cattura del carbonio. Come sottolineato dal CESE, «la gestione attiva e sostenibile delle foreste e l’utilizzo efficiente del legno sotto il profilo delle risorse costituiscono elementi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi sul clima» (15).

4.11.

In tema di sicurezza, il CESE condivide le raccomandazioni per un sistema energetico europeo resiliente, sia in termini di approvvigionamento e di scorte d’emergenza sia di cibersicurezza. La sicurezza informatica è della massima importanza per garantire una transizione sicura nell’UE verso un sistema energetico decarbonizzato, decentralizzato, digitalizzato e integrato.

4.12.

È necessario affrontare appieno le sfide e i rischi individuati per il settore energetico sia a livello dell’UE promuovendo il ruolo dell’Agenzia europea per la cibersicurezza (ENISA), sia con raccomandazioni agli Stati membri per approcci armonizzati alla cibersicurezza per ridurre il rischio di collegamenti deboli in un sistema europeo di reti sempre più interconnesso. Questo garantirà una comprensione comune degli attacchi e una risposta comune alle minacce alla cibersicurezza, come già sottolineato dal CESE (16). Tutto il sistema energetico è altamente informatizzato, per garantirne in ogni istante stabilità ed equilibrio; un attacco cibernetico può compromettere o mettere definitivamente fuori servizio non solo isole territoriali ma anche estesi comprensori geografici, potendosi attivare addirittura criticità geopolitiche nel malaugurato ma sempre possibile caso di attacco hacker strumentale.

4.13.

Le raccomandazioni della CE in tema di R&I sono pienamente condivise dal CESE, che ritiene essenziale assicurare competitività internazionale al processo di transizione, accelerare la trasformazione del sistema energetico in modo efficace sotto il profilo dei costi ed accrescere il contributo degli ecosistemi industriali/innovativi nazionali alla creazione di catene di valore europee strategiche sostenibili, come nel caso delle batterie su cui il CESE ha avuto modo di pronunciarsi anche di recente (17).

4.14.

Il nuovo programma quadro Orizzonte Europa (2021-2027), i fondi strutturali e la BEI, il Fondo europeo per gli investimenti strategici, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e il Fondo per l’innovazione finanziato dalla vendita di quote del sistema EU ETS sono tra gli strumenti di cui gli Stati membri dovrebbero assicurare nei PNEC attivazioni conformi.

4.15.

Gli investimenti — e le relative coperture finanziarie — che dovrebbero essere attivati per realizzare gli obiettivi dell’UE nei settori del clima e dell’energia — stimati in investimenti aggiuntivi annui di circa 260 miliardi di euro (18) — rimangono il fattore più problematico insieme all’equità e sostenibilità sociale che devono essere il perno di un processo antropocentrico di transizione energetica e climatica.

4.15.1.

Il CESE fa rilevare che tali importi aggiuntivi d’investimento appaiono assai riduttivi rispetto a quelli messi in luce in suoi recenti pareri (19) e che i finanziamenti necessari richiedono un trade-off politico e sociale di ampio livello insieme a piattaforme che incoraggino la collaborazione e intese comuni tra pluralità di parti interessate, a cominciare dai cittadini, dai consumatori, dai lavoratori e dalle imprese, su una visione a lungo termine sulla transizione energetica, sugli obiettivi intermedi e sulle priorità più immediate.

4.15.2.

Altro problema chiave è quello dell’equità sociale e della sostenibilità sociale del processo di transizione nonché dell’equa distribuzione di costi e benefici: il CESE ha già indicato che «l’Europa ha bisogno di un «Patto sociale per la transizione energetica», da concordare tra l’UE, gli Stati membri, le regioni, le città, le parti sociali e la società civile organizzata, per assicurare che la transizione non lasci indietro nessuno» (20).

4.15.3.

Il CESE raccomanda alla Commissione di verificare che nei PNEC siano esplicitati con chiarezza da tutti i paesi membri i capitoli sulla sostenibilità sociale dei processi che si intendono avviare e sulle politiche di attuazione che devono promuovere una crescita inclusiva, una equa ripartizione dei benefici e degli oneri e un’informazione chiara e trasparente alla società civile accompagnata da piani di formazione delle competenze atte a forgiare attori consapevoli e proattivi di processi condivisi.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima che modifica le direttive (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 94/22/CE, 98/70/CE, 2009/31/CE, 2009/73/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE e 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive del Consiglio 2009/119/CE e (UE) 2015/652 e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio Regolamento (UE) 2018/1999 (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1).

(2)  SWD(2019) 211; SWD(2019) 225; SWD(2019) 214; SWD(2019) 275; SWD(2019) 229; SWD(2019) 277; SWD(2019) 230; SWD(2019) 261; SWD(2019) 262; SWD(2019) 263; SWD(2019) 224; SWD(2019) 264; SWD(2019) 223; SWD(2019) 265; SWD(2019) 228; SWD(2019) 266; SWD(2019) 267; SWD(2019) 268; SWD(2019) 227; SWD(2019) 226; SWD(2019) 281; SWD(2019) 272; SWD(2019) 273; SWD(2019) 271; SWD(2019) 274; SWD(2019) 276; SWD(2019) 278; SWD(2019) 279.

(3)  SWD(2019) 212.

(4)  C(2019) 4401; C(2019)4402; C(2019) 4403; C(2019) 4404; C(2019) 4405; C(2019) 4406; C(2019) 4407; C(2019) 4408; C(2019) 4409; C(2019) 4410; C(2019) 4411; C(2019) 4412; C(2019) 4413; C(2019) 4414; C(2019) 4415; C(2019) 4416; C(2019) 4417; C(2019) 4418; C(2019) 4419; C(2019) 4420; C(2019) 4421; C(2019) 4422; C(2019) 4423; C(2019) 4424; C(2019) 4425; C(2019) 4426; C(2019) 4427; C(2019) 4428.

(5)  COM(2015) 80 final e GU C 345 del 13.10.2017, pag. 120

(6)  Cfr. Speciale Eurobarometro 459 Relazione «Climate Change», marzo 2017.

(7)  Cfr. Union of the Electricity Industry — Eurelectric e B Team Initiative.

(8)  Cfr. GU C 353 del 18.10.2019, pag. 96

(9)  Il presidente Luca Jahier nel seminario su Concrete measures to combat climate change in the new EU term 2019-2024, 6 giugno 2019, Helsinki https://www.eesc.europa.eu/it/node/71384 Inoltre «I prezzi dell’energia, che aumentano più rapidamente dei bilanci delle famiglie, le disparità di reddito in Europa e i costi prodotti dalla transizione energetica (decentramento e digitalizzazione dei mercati dell’elettricità e del gas) determinano in quale misura la povertà energetica sia presente in una società», in TEN/694 (in attesa di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale).

(10)  Dichiarazione di Sibiu, riunione informale dei capi di Stato o di governo, Sibiu (Romania), 9 maggio 2019.

(11)  COM(2019) 285 final

(12)  Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/87/CE per sostenere una riduzione delle emissioni più efficaci sotto il profilo dei costi e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio» [COM(2015) 337 final — 2015/0148 (COD)] (GU C 71 del 24.2.2016, pag. 57).

(13)  Regolamento (UE) 2018/841 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo all’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall’uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l’energia, e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 e della decisione n. 529/2013/UE (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 1).

(14)  Cfr. GU C 351 del 15.11.2012, pag. 85

(15)  Cfr. parere CESE sul tema «Impatto della politica del clima e dell’energia dell’UE sui settori agricolo e forestale», GU C 291 del 4.9.2015, pag. 1, e parere CESE sul tema «Ripartizione degli sforzi in relazione al quadro 2030 e uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura (Lulucf)», GU C 75 del 10.3.2017, pag. 103.

(16)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 102; GU C 75 del 10.3.2017, pag. 124; GU C 227 del 28.6.2018, pag. 86; GU C 440 del 6.12.2018, pag. 8

(17)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 102

(18)  Cifra ricavata dallo scenario EUCO 32-32.5 (in linea con le principali dinamiche tecnologiche ipotizzate negli scenari EUCO) (cfr. https://ec.europa.eu/energy/en/data-analysis/energy-modelling/euco-scenarios).

(19)  Cfr. GU C 353 del 18.10.2019, pag. 79. Il CESE fa osservare che la realizzazione di un’economia a zero emissioni nette di gas a effetto serra richiederà investimenti aggiuntivi di entità compresa tra 175 e 290 miliardi di EUR all’anno, per un totale di 520-575 miliardi di euro nel settore dell’energia e di circa 850-900 miliardi di euro in quello dei trasporti.

(20)  CFR. GU C 353 del 18.10.2019, pag. 96


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/105


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 573/2014/UE sulla cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI)»

[COM(2019) 620 final]

(2020/C 47/16)

Consultazione

Parlamento europeo, 19.9.2019

Consiglio dell’Unione europea, 19.9.2019

Base giuridica

Articoli 149 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

219/3/11

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente ed essendosi già pronunciato al riguardo nel proprio parere SOC/620 — Il nuovo ruolo dei servizi pubblici per l’impiego nel quadro dell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali (1), adottato il 17 luglio 2019, il Comitato, nel corso della 547a sessione plenaria dei giorni 30 e 31 ottobre 2019 (seduta del 30 ottobre 2019), ha deciso, con 219 voti favorevoli, 3 voti contrari e 11 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 46.


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/106


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Politica economica della zona euro 2019 (supplemento di parere)»

[COM(2018) 759 final]

(2020/C 47/17)

Relatore: Petr ZAHRADNÍK

Decisione dell’Ufficio di presidenza del Comitato

14.5.2019

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 1, del Regolamento interno e articolo 29, lettera a), delle Modalità d’applicazione del Regolamento interno

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

17.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

137/0/4

Preambolo

Il presente parere forma parte di un pacchetto di due pareri di follow-up, relativi, rispettivamente, all’Analisi annuale della crescita 2019 (COM(2018) 770 final) e alla Raccomandazione sulla politica economica della zona euro (COM(2018) 759 final). L’obiettivo consiste nell’aggiornare e approfondire le precedenti proposte del CESE (1) non solo alla luce degli sviluppi recenti e delle previsioni economiche per l’UE e la zona euro, ma anche sulla base delle varie relazioni e raccomandazioni pubblicate nel quadro dell’attuale semestre europeo. Il pacchetto costituisce il contributo complessivo della società civile dell’UE alla politica economica, sociale e ambientale per il prossimo ciclo del semestre europeo, che prenderà avvio nel novembre del 2019. Il CESE invita la Commissione europea e il Consiglio a tenere conto di questo contributo nel contesto del prossimo «pacchetto d’autunno» del semestre europeo, oltre che nel quadro del risultante processo decisionale interistituzionale.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE prende atto degli sviluppi positivi registrati dall’economia dell’UE e della zona euro negli ultimi anni ma, al tempo stesso, è ben consapevole dei rischi che potrebbero determinare un’inversione di tendenza. Il CESE osserva che, attualmente, l’economia dell’UE e quella della zona euro sono esposte all’influsso di rischi esterni in misura relativamente superiore alla norma. Come fattori principali di incertezza in questo contesto si possono indicare la Brexit, in particolare se dovesse avvenire in modo automatico e senza accordo, e l’inasprimento delle guerre commerciali.

1.2.

Il CESE è convinto che l’attuale priorità della politica economica dell’UE e della zona euro sia quella di limitare e attenuare il rischio di recessione e di orientare l’economia dell’UE verso un percorso di crescita sostenibile. A tal fine è essenziale che la politica di bilancio sia accompagnata da una politica monetaria espansiva della BCE attraverso un orientamento positivo della politica di bilancio nella zona euro e nell’UE, nel rispetto dei principi della disciplina di bilancio. Il CESE è convinto che vi sia l’urgente necessità di aumentare la resilienza e di mantenere il potenziale di crescita futura e che sia giunto il momento di agire in tal senso.

1.3.

Il CESE rileva che l’attuale tasso di crescita degli investimenti è superiore a quello del PIL dell’UE e della zona euro, il che ha permesso al tasso di investimenti di raggiungere nel 2018 (20,5 %) il valore più elevato dal 2008 (22,8 %). Ritiene tuttavia che il fabbisogno di investimenti sia aumentato e che, per superare questa carenza, sia necessario destinare maggiori risorse sia agli investimenti pubblici che a quelli privati, soprattutto se si considera che in Cina o negli Stati Uniti tali investimenti raggiungono livelli più elevati.

1.4.

Tuttavia, il CESE è pienamente consapevole che questo sviluppo economico non si è verificato in modo uniforme nel territorio dell’UE e della zona euro e che i progressi in materia di convergenza restano insoddisfacenti. Anche la questione della sostenibilità costituisce per l’UE una sfida sempre più complessa.

1.5.

Il CESE si compiace del fatto che il significativo miglioramento della disciplina di bilancio apra la via ad una maggiore espansione del bilancio, a condizione che siano rispettate tutte le regole prudenziali di bilancio. Questi margini di manovra sono disponibili a livello sia dei singoli Stati membri che dell’UE nel suo complesso. Il CESE prende atto della proposta di uno strumento di bilancio per la convergenza e la competitività (BICC), che costituisce un progetto pilota inteso a rafforzare la politica di bilancio a livello della zona euro, e del suo stretto collegamento con il programma di sostegno alle riforme. Il CESE si aspetta che il BICC e il programma di sostegno alle riforme assicurino un considerevole sostegno alle riforme e agli investimenti sia all’interno che all’esterno della zona euro. Tuttavia, alla luce di quanto precede, il CESE è del parere che la proposta della Commissione europea per il QFP 2021-2027 potrebbe non essere sufficiente per attuare con successo i programmi prioritari, e ribadisce la richiesta di aumentare il volume delle risorse destinate a questo obiettivo.

1.6.

Al tempo stesso, il CESE chiede che vengano portate avanti riforme strutturali efficaci accompagnate da strategie di investimento ben mirate, e a tale proposito sostiene e approva il rispetto del cosiddetto «triangolo virtuoso» delle priorità politico-economiche attuali, basato sull’equilibrio e sulla condizionalità reciproca tra il sostegno agli investimenti, l’attuazione delle riforme strutturali e l’applicazione della responsabilità e della prudenza di bilancio. In considerazione del volume limitato dei fondi pubblici, il CESE sottolinea l’importanza cruciale degli investimenti privati, la cui crescita a lungo termine dipende direttamente dalla credibilità della politica economica e dalla riduzione degli squilibri di bilancio. L’Unione bancaria e l’Unione dei mercati dei capitali possono contribuire all’accelerazione del ritmo di crescita degli investimenti attraverso flussi di capitale più efficienti e flessibili. Il CESE esprime preoccupazione per i ritardi nell’attuazione dei loro elementi mancanti.

1.7.

Il CESE osserva con attenzione e preoccupazione l’ampio spettro degli squilibri macroeconomici che si riscontrano nell’UE e nella zona euro. Invita la Commissione europea e gli Stati membri a intraprendere uno sforzo comune inteso a ravvicinare le posizioni degli Stati membri su come affrontare il problema degli squilibri esterni, tenuto conto in particolare dell’aumento dei rischi esterni atteso per il futuro.

1.8.

Il CESE condivide pienamente il principio secondo cui gli investimenti e le riforme devono andare di pari passo ed essere realizzati nel rispetto dei principi di responsabilità e sussidiarietà.

1.9.

Il CESE è del parere che le priorità dell’economia europea dovrebbero essere ora maggiormente rivolte a sostenere la domanda interna. Allo stesso tempo, ritiene che il saldo con l’estero degli scambi di beni e servizi, fortemente positivo per l’Unione europea, dovrebbe essere ripartito in modo più uniforme tra un numero maggiore di Stati membri.

1.10.

Il CESE sostiene con convinzione la realizzazione di ulteriori attività volte a migliorare l’efficienza e l’omogeneità del mercato interno e unico, in particolare nei segmenti che non sono ancora stati integrati in misura più sostanziale e in quelli in cui si manifestano tendenze centrifughe. Rileva inoltre con preoccupazione il problema della carenza di manodopera e lo squilibrio tra la domanda e l’offerta di competenze dei lavoratori.

2.   Contesto

2.1.   Attuali sviluppi economici della zona euro e dell’UE: previsioni di primavera e d’estate della Commissione europea

2.1.1.

L’economia dell’UE e della zona euro è in crescita per il settimo anno consecutivo ma, stando alle previsioni, vi sono segnali di un futuro deterioramento delle prestazioni dell’economia. Ciò non significa tuttavia che la crescita sia stata uniforme sull’intero territorio dell’UE e della zona euro. Le previsioni economiche di primavera ed estate pubblicate dalla Commissione europea indicano che la tendenza alla crescita dell’economia dell’UE e della zona euro manifestatasi l’anno scorso dovrebbe continuare quest’anno e l’anno prossimo, seppure a un ritmo più lento; nelle previsioni d’estate il rischio di rallentamento risulta più marcato.

2.1.2.

Tale rallentamento è dovuto in larga parte al contesto esterno e alla limitata capacità dell’UE di mantenere il suo volume di esportazioni al livello record raggiunto. Tra i principali fattori di rischio figurano le conseguenze della Brexit, in particolare nel caso in cui il recesso avvenga senza accordo, e l’inasprimento delle guerre commerciali nell’economia mondiale, oggi molto più percepibili rispetto, per esempio, a un anno fa.

2.1.3.

Tra i fattori endogeni più importanti si annoverano le difficoltà a conseguire la sostenibilità sociale e ambientale e i progressi insufficienti in termini di convergenza all’interno dell’UE, come pure una distribuzione squilibrata dei redditi e della ricchezza. Anche le trasformazioni che interessano settori di punta (come l’industria automobilistica o il settore dell’energia) possono essere considerate importanti. Altre preoccupazioni possono derivare dal previsto rallentamento del tasso di espansione del credito, dal 3,7 % su base annua al 3,0 % nel corso del 2019 (2).

2.1.4.

Il parere del CESE sulla politica economica della zona euro 2019 (3) ha segnalato i rischi di una nuova crisi economica e ha incoraggiato le autorità europee e nazionali ad adottare un approccio coordinato per individuare tali rischi e rafforzare la resilienza dell’economia europea, in particolare considerato che due delle principali economie europee potrebbero entrare in recessione nel secondo semestre di quest’anno.

2.1.5.

Benché sia il ritmo di crescita che il volume degli investimenti si stiano riavvicinando ai livelli precedenti la crisi o li abbiano già raggiunti, il fabbisogno di investimenti nell’UE e nella zona euro è ancora superiore al loro attuale livello reale; da questo punto di vista si può parlare di una persistente carenza di investimenti nell’UE e nella zona euro. Desta preoccupazione anche il brusco rallentamento del ritmo di crescita degli investimenti atteso nel prossimo periodo. Nel 2018 gli investimenti dell’UE sono cresciuti del 3,7 % su base annua, mentre per quest’anno e per il prossimo tale crescita è stimata soltanto al 2,3 % nell’UE e nella zona euro. Il livello degli investimenti nel 2018, pari al 20,5 % del PIL, è stato il più elevato dal 2008 (22,8 %) (4). Anche a tale proposito, in una prospettiva futura, l’Europa dovrà destinare risorse finanziarie molto più consistenti in particolare alle attività e ai settori strategicamente importanti che possono offrirle un vantaggio competitivo a lungo termine nel contesto globale.

2.1.6.

L’occupazione è aumentata in modo significativo, al punto che molti paesi si trovano ad affrontare il problema della carenza di manodopera disponibile che frena il loro potenziale di crescita. Al tempo stesso, questa situazione incoraggia ad accelerare i processi e gli approcci innovativi basati sull’automazione e sulla virtualizzazione delle attività economiche che non necessitano di manodopera fisica, manuale e non qualificata (disaccoppiamento economico), nonché a intensificare la preparazione della forza lavoro a nuove sfide e ad affrontare il problema della disoccupazione strutturale. Inoltre, si registrano differenze significative per quanto riguarda il mercato del lavoro tra gli Stati membri, alcuni dei quali presentano ancora tassi di disoccupazione superiori al 10 %, con una disoccupazione giovanile che in molti casi raggiunge livelli preoccupanti. Anche la crescita debole o negativa dei salari reali in alcuni Stati membri o il problema della povertà lavorativa sono una possibile fonte di preoccupazione.

2.2.   Politica di bilancio

2.2.1.

Il miglioramento della disciplina di bilancio in un contesto di tassi di interesse molto bassi crea condizioni favorevoli per il finanziamento e opportunità per adottare misure fiscali di sostegno in alcuni Stati membri, il che ha un impatto positivo sulla domanda interna. Il CESE aggiunge che una politica di bilancio responsabile riguarda anche le entrate del bilancio e, di conseguenza, la lotta efficace contro le frodi fiscali, che può generare risorse aggiuntive per finanziare gli investimenti pubblici.

2.2.2.

Vi è inoltre margine per rafforzare il ruolo della politica di bilancio della zona euro; la proposta di uno strumento di bilancio per la convergenza e la competitività (BICC) è un passo importante in tal senso (5). L’obiettivo è contribuire a migliorare la resilienza economica dell’Unione economica e monetaria (UEM) attraverso un sostegno finanziario alle riforme e agli investimenti nei singoli Stati membri. Il CESE ribadisce la posizione, già formulata nel parere sul quadro finanziario pluriennale post 2020 (6), secondo cui le risorse di bilancio nell’ambito della proposta di QFP 2021-2027 sono insufficienti, e ciò vale anche per i fondi destinati alle riforme strutturali o al sostegno alla convergenza e alla competitività nella zona euro. Come il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni, il CESE ha chiesto che le risorse del prossimo QFP siano pari all’1,3 % dell’RNL.

2.2.3.

L’elemento fondamentale del BICC dovrebbe essere un quadro per la definizione delle strategie di riforma e di investimento che tale strumento dovrebbe sostenere. Sulla base della proposta della Commissione europea (7), il Consiglio dell’UE (in seguito a discussioni nel quadro dell’Eurogruppo) definirà una strategia relativa alle priorità in materia di riforme e investimenti per la zona euro nel suo complesso. In seguito, il Consiglio dell’UE adotterà una raccomandazione contenente degli orientamenti prioritari rivolti a ciascuno Stato della zona euro e riguardanti le riforme e gli investimenti che dovranno essere finanziati dallo strumento BICC mediante sovvenzioni.

2.3.   Politica economica e monetaria

2.3.1.

Riforme strutturali efficaci collegate a strategie di investimento ben mirate e accompagnate da un approccio di bilancio responsabile, nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile, sono essenziali per la politica economica dell’UE, della zona euro e dei singoli Stati membri per il prossimo periodo, almeno a medio termine.

2.3.2.

In vista del vertice dell’Eurogruppo è stato pubblicato un documento che fa il punto della situazione e delle prospettive della zona euro (8). La questione della zona euro è stata discussa anche nel contesto delle azioni volte a rafforzare la posizione internazionale dell’euro (9). Sembra che gli Stati aderenti alla zona euro possano ancora aumentare poiché, dopo gli sforzi compiuti l’anno scorso dalla Bulgaria per adottare le misure indispensabili per l’adesione alla moneta unica europea, anche la Croazia ha dato inizio a tale processo. Al tempo stesso, il CESE incoraggia gli Stati membri che non fanno ancora parte della zona euro ad elaborare e attuare dei piani per un’adesione sostenibile a tale zona nel prossimo futuro.

2.3.3.

Tra le misure più recenti che hanno contribuito al rafforzamento della zona euro non va dimenticata, ad esempio, l’attuazione del sostegno comune per il Fondo di risoluzione unico (SRF), i cui principi erano già stati concordati nel 2012; ciò ha rafforzato il ruolo del meccanismo europeo di stabilità (MES). È stato definito il percorso da seguire per l’istituzione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi, che costituisce un traguardo fondamentale per il completamento dell’Unione bancaria. Sono state tracciate le linee principali dello strumento di bilancio per la convergenza e la competitività della zona euro, come parte integrante del futuro bilancio dell’UE, e sono stati compiuti alcuni progressi verso il rafforzamento del ruolo internazionale dell’euro, anche se si può fare molto di più attraverso uno sforzo congiunto da parte degli Stati membri e delle istituzioni europee.

2.4.   Politica e riforme strutturali

2.4.1.

Nelle raccomandazioni specifiche per paese di quest’anno si ravvisa con chiarezza lo sforzo di promuovere il cosiddetto triangolo virtuoso creato dalla promozione degli investimenti, dall’attuazione di riforme strutturali e dalla garanzia di politiche di bilancio responsabili, ove possibile rispondenti alle esigenze specifiche di ciascuno Stato membro.

2.4.2.

Per affrontare le carenze e i problemi strutturali delle economie dell’UE, aumentarne la resilienza e realizzarne il potenziale di crescita a lungo termine a fronte di un aumento dei rischi economici globali, è necessario definire le riforme prioritarie e accelerare e potenziare la loro attuazione (a livello sia degli Stati membri che dell’UE nel suo complesso).

2.4.3.

È importante anche conseguire un nuovo equilibrio più simmetrico nell’UE e nella zona euro. La necessità di correggere gli squilibri macroeconomici si manifesta in forme molto diverse. Alcuni paesi presentano, oltre a problemi con i loro saldi con l’estero, altre manifestazioni di squilibri macroeconomici, quali l’elevato indebitamento del settore pubblico e anche privato, la crescita dinamica dei prezzi degli immobili, l’aumento del costo unitario del lavoro o le più diverse tipologie di squilibri esterni.

2.4.4.

Le riforme strutturali consistono anche nel rafforzare l’ambiente e la qualità del mercato interno e unico e nel migliorare la complementarità della politica in materia con le riforme strutturali a livello nazionale, al fine di raggiungere il livello più elevato possibile di convergenza.

2.5.   Governance della zona euro

2.5.1.

Le raccomandazioni specifiche per paese comprendono anche istruzioni e orientamenti per rafforzare il funzionamento e la governance dell’UEM e la resilienza delle economie della zona euro, in linea con la raccomandazione del 2019 sulla politica economica della zona euro, e per promuovere la convergenza sociale conformemente al pilastro europeo dei diritti sociali. In ogni caso, sembra che l’UE stia entrando nuovamente in una fase in cui le misure di politica economica sono strettamente legate al contesto della zona euro e in cui uno Stato membro che non vi appartiene può veder aumentare il rischio di marginalizzazione, in particolare in un momento in cui emerge sempre più evidente la volontà di rafforzare la posizione della zona euro nel futuro quadro finanziario pluriennale dell’UE. Il CESE pone l’accento sull’equilibrio tra tutti i pilastri dell’UEM, un tema affrontato più in dettaglio nel parere su una nuova visione per il completamento dell’Unione economica e monetaria (10).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ritiene che, in un periodo di cambiamenti nelle posizioni chiave delle istituzioni dell’UE, l’economia europea versi in condizioni migliori rispetto all’ultimo processo comparabile di nomina delle principali cariche dell’UE, nel 2014. Al tempo stesso, il CESE è ben consapevole dei rischi (cfr. punti 2.1.1 e 2.1.3) che possono invertire questa tendenza, e si rende conto delle sfide strategiche da affrontare in vista dei futuri sviluppi economici.

3.2.

Tuttavia, l’attuale rallentamento della crescita (attualmente confermato, ad esempio, dal basso indice del clima di fiducia degli operatori economici registrato in settembre), che d’altronde non è mai stata particolarmente forte nella zona euro, e l’aumento dei fattori di rischio di crisi dovrebbero ora indurre sia le istituzioni europee che gli Stati membri ad intraprendere delle azioni per realizzare il principale obiettivo economico della politica economica europea, ossia l’adozione di misure preventive efficaci per evitare il ritorno a una recessione generale e il riorientamento dell’economia della zona euro e dell’economia dell’UE verso un percorso di crescita sostenibile. A tale proposito è essenziale allineare la politica monetaria e quella di bilancio. Come osserva la BCE, nel prossimo periodo non si può passare da una politica monetaria accomodante a una politica più restrittiva perché ciò avrebbe un impatto negativo sulla crescita economica. Tuttavia, è disponibile un margine di manovra per una politica di bilancio favorevole alla crescita. Gli Stati membri con avanzi significativi delle partite correnti dovrebbero effettuare questo sforzo di bilancio su più ampia scala, il che, a condizione che gli investimenti siano sostenibili, può apportare vantaggi aggiuntivi alle loro economie e alle loro società. Secondo il CESE, una politica monetaria e una politica fiscale che promuovano la crescita e, soprattutto, gli investimenti, come pure riforme strutturali che rafforzino la resilienza economica, dovrebbero essere i tre assi di politica economica intorno ai quali articolare la risposta alla situazione attuale.

3.3.

Il CESE sostiene pertanto il rafforzamento della resilienza dell’economia dell’UE e della zona euro rispetto ai fattori negativi a livello mondiale che minacciano la fluidità degli scambi commerciali e degli investimenti, aumentano l’incertezza e rendono più difficili le condizioni sui mercati finanziari internazionali. Il CESE raccomanda che le priorità a medio termine dell’economia europea siano maggiormente rivolte a soddisfare la domanda interna. Allo stesso tempo, il saldo con l’estero molto favorevole degli scambi di beni e servizi dovrebbe essere ripartito in modo più uniforme tra più Stati membri. Molti di essi dovranno realizzare riforme strutturali fondamentali, in quanto le loro attuali prestazioni rispetto a tutta una serie di indicatori di competitività presentano dei rischi da questo punto di vista.

3.4.

Il CESE è convinto che la necessità di aumentare la resilienza dell’economia europea e il suo potenziale di crescita futura sia urgente e che ciò si debba fare tempestivamente. Un calo della produzione economica in un futuro non troppo remoto può acuire i problemi e le carenze strutturali prevalenti, come pure le conseguenze sociali che ne derivano. Sotto il profilo della responsabilità di bilancio, è essenziale trovare l’equilibrio, molto fragile e tenue, tra, da un lato, gli sforzi compiuti dai paesi fortemente indebitati per ridurre il proprio tasso di indebitamento e costruire delle riserve di bilancio e, dall’altro, la capacità dei paesi con un avanzo di bilancio o in pareggio di utilizzare i margini di bilancio per gli investimenti, in particolare quelli pubblici.

3.5.

Il CESE accoglie con favore la proposta dello strumento di bilancio BICC. Tuttavia, chiede che esso venga definito concretamente al più presto e che venga creato un collegamento funzionale tra di esso e un altro strumento recentemente proposto, ossia il programma di sostegno alle riforme. In particolare, è fondamentale che quest’ultimo sia in grado di fornire un sostegno significativo alle riforme e agli investimenti nei paesi non appartenenti alla zona euro senza compromettere gli obiettivi del BICC specificamente rivolti a tale zona. Il CESE invita inoltre la Commissione europea a definire indicatori trasparenti da utilizzare nel quadro del BICC per valutare l’efficacia e i risultati ottenuti da tale strumento. In tale contesto, il CESE chiede un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo, delle parti sociali e della società civile nello spirito delle conclusioni del parere «Una nuova visione per il completamento dell’Unione economica e monetaria» (11).

3.6.

Il CESE valuta molto positivamente il fatto che lo strumento BICC debba anche essere parte integrante del processo del semestre europeo, poiché il sostegno deve essere principalmente legato alle raccomandazioni elaborate nel quadro del semestre europeo.

3.7.

Il CESE condivide l’obiettivo principale del BICC, che è quello di raggiungere un grado più elevato di convergenza e di migliorare la competitività rafforzando il coordinamento delle riforme e dei piani di investimento nella zona euro. Per conseguire tale obiettivo, il CESE invita la Commissione europea a elaborare un progetto di ripartizione delle risorse finanziarie tra gli Stati sulla base di una metodologia trasparente.

3.8.

Il CESE si compiace del fatto che le raccomandazioni specifiche per paese dell’anno in corso rispondano molto bene alle esigenze di strategie di investimento mirate. Inoltre, dal prossimo anno le raccomandazioni specifiche per paese e il semestre europeo in generale dovrebbero svolgere un ruolo di orientamento economico strategico dell’UE, dato che la strategia Europa 2020 arriverà alla sua conclusione e non è ancora previsto un nuovo programma che le subentri. In tale contesto, il semestre europeo dovrebbe anche tenere conto degli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali e di quelli della strategia per lo sviluppo sostenibile 2030.

3.9.

Il CESE prende atto e apprezza le conclusioni del vertice di valutazione dell’Eurogruppo del 21 giugno (12), che non solo ha definito obiettivamente lo sviluppo della zona euro dalla lettera dei cinque presidenti del 2015, ma, soprattutto, ha fissato nuovi obiettivi, in particolare per quanto riguarda il rafforzamento significativo del peso della zona euro nel prossimo quadro finanziario pluriennale dell’UE.

3.10.

Il CESE è convinto che nell’autunno del 2019 la zona euro sia qualcosa di completamente diverso dalla zona euro di esattamente dieci anni fa, quando essa si è trovata a dover affrontare, impreparata, una crisi senza precedenti, cui all’epoca non era in grado di far fronte con gli strumenti di cui disponeva. Ma negli ultimi quattro-cinque anni la zona euro ha dimostrato di essersi rafforzata: ha imparato dalla crisi e intende continuare a farlo. Ciò dovrebbe includere non solo la capacità di pianificare per i prossimi anni, ma anche di stanziare effettivamente le risorse necessarie per rendere l’economia europea più resiliente (il che non sempre accade).

3.11.

Il CESE è del parere che, da un lato, questo periodo concluda l’era dell’introduzione delle componenti strutturali degli ingranaggi della zona euro che erano sostanzialmente e fatalmente assenti al momento della crisi, ma che, dall’altro, l’UE progredisca in modo ambizioso rafforzando significativamente la posizione di bilancio della zona euro (che oggi sia i sostenitori che gli oppositori dell’integrazione monetaria europea riconoscono quasi unanimemente come ancora molto debole). Il programma di sostegno alle riforme proposto, insieme alla funzione europea di stabilizzazione degli investimenti, potrebbe diventare un progetto pilota, sulla base del quale la zona euro influirebbe in modo significativo e innovativo sulla forma del futuro bilancio europeo. Se ciò si realizza nella pratica, alcuni suoi capitoli (anche se per il momento molto minoritari) dovrebbero essere accessibili solo ai membri della zona euro.

3.12.

Il CESE ritiene che, a livello della bilancia delle partite correnti, le differenze tra gli Stati membri dell’UE rimangano molto marcate, accompagnate anche da interpretazioni divergenti per quanto riguarda gli strumenti e gli obiettivi della politica economica. Se è vero che un certo numero di paesi che presentavano un disavanzo cronico delle partite correnti lo ha ridotto in modo significativo, è altrettanto vero, al tempo stesso, che numerosi Stati membri presentano ancora avanzi consistenti delle partite correnti. È importante colmare il divario tra i due gruppi di paesi, altrimenti vi è il rischio elevato che venga a crearsi un’economia europea a due velocità, un fenomeno che potrebbe durare a lungo. I percorsi di convergenza dovrebbero consistere, per i paesi con un disavanzo, nel rafforzare le misure a sostegno della competitività e della produttività (in linea con gli indicatori utilizzati nel quadro del semestre europeo) mentre, per i paesi eccedentari, nel concentrarsi maggiormente sui fattori che stimolano la domanda aggregata, ad esempio potenziando gli investimenti con un impatto positivo sulla creazione di posti di lavoro di qualità.

3.13.

Il CESE approva l’obiettivo generale delle raccomandazioni specifiche per paese 2019-2020 di incoraggiare gli Stati membri a modernizzare le loro economie, aumentando così il loro potenziale di crescita e rafforzando la loro resilienza. Non vanno dimenticate le differenze socioeconomiche, talvolta significative, che esistono in alcuni paesi. Il loro sviluppo economico è molto disomogeneo, il che costituisce un notevole ostacolo alla loro futura crescita economica. È inoltre fondamentale l’attivazione di strumenti volti a ridurre le disuguaglianze sociali e a rafforzare la coesione sociale.

3.14.

Il CESE è del parere che gli investimenti e le riforme debbano andare di pari passo, il che riveste una particolare importanza al momento dell’approvazione definitiva del quadro finanziario pluriennale dell’UE per il periodo 2021-2027. Anche i principi di responsabilità e sussidiarietà dovrebbero essere pienamente rispettati dagli Stati membri. Pur se il bilancio dell’UE non è la panacea che permette di rispondere a tutte le esigenze di investimento riscontrate, una destinazione appropriata delle sue risorse può contribuire in modo significativo ad affrontare le carenze di investimenti specificamente individuate, descritte molto dettagliatamente nelle raccomandazioni specifiche per paese di quest’anno. Anche in quest’ambito esiste la possibilità di un legame molto più stretto tra il futuro bilancio dell’UE e il semestre europeo, che permetta di collegare meglio le risorse finanziarie limitate con le esigenze reali, rispettando nel contempo il criterio dell’efficienza e dei risultati quantificati.

3.15.

In considerazione del volume limitato dei fondi pubblici, il CESE sottolinea l’importanza cruciale degli investimenti privati, la cui crescita a lungo termine è direttamente proporzionale alla credibilità della politica economica e alla riduzione degli squilibri di bilancio.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

In considerazione dell’incertezza sul piano economico, commerciale e degli investimenti a livello mondiale, cresce l’esigenza di autonomia, da realizzare rafforzando il funzionamento del mercato interno e unico. Il CESE è convinto che l’efficienza e l’omogeneità di tale mercato inoltre possano contribuire all’eliminazione di alcuni degli squilibri individuati. I mercati dei servizi presentano un livello di integrazione relativamente inferiore; nel caso delle attività tecnologicamente avanzate esiste il rischio che, senza una legislazione appropriata, esse si diffondano solo in alcuni paesi, ossia che all’interno dell’UE le soluzioni adottate nei diversi Stati membri diventino incompatibili tra loro. Inoltre, la libera circolazione dei capitali dovrebbe diventare più efficiente e flessibile grazie all’Unione bancaria e all’Unione dei mercati dei capitali. Nel contempo, il CESE esprime preoccupazione per i ritardi nell’attuazione degli elementi mancanti dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali. L’unione finanziaria prevista costituisce una piattaforma importante per la promozione di forme alternative e di opportunità di finanziamento. Per quanto riguarda l’integrazione del mercato interno e unico, il margine di intervento più ampio continua ad essere a livello del mercato del lavoro e nel settore delle imposte e delle norme fiscali (ad oggi gli Stati hanno la competenza esclusiva per quanto concerne l’imposizione diretta).

4.2.

Il CESE riconosce che quest’anno il semestre europeo pone un forte accento sulle attività di investimento, il che ha aiutato gli Stati membri a indirizzare meglio le priorità di investimento laddove esiste un tasso più elevato di rendimento macroeconomico; al tempo stesso, a livello degli Stati membri e dell’UE sono stati individuati degli ostacoli normativi e strutturali che rappresentano un fattore cruciale della mancata realizzazione del potenziale di crescita a lungo termine dell’economia europea.

4.3.

Secondo il CESE, per una strategia di investimento sana e razionale è essenziale un clima in cui prevalgano la fiducia delle imprese, la prevedibilità e la certezza del diritto, nel pieno rispetto dello Stato di diritto e della giustizia sociale.

4.4.

Il CESE continua a ritenere che gli oneri amministrativi superflui rappresentino un ostacolo enorme. La soluzione potrebbe essere legata all’adozione di sistemi di digitalizzazione dei servizi pubblici; la digitalizzazione è giustamente considerata come un fattore chiave per la produttività, la competitività e la crescita. Le modalità della sua attuazione devono rispettare il consenso sociale e i risultati del dialogo sociale condotto a tal fine.

4.5.

Il CESE ritiene inoltre che la carenza di personale qualificato e lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze rappresentino oggi un ostacolo all’aumento degli investimenti.

4.6.

Il CESE sottolinea l’importanza di un collegamento sempre più stretto degli investimenti con un’intensa attività di ricerca e innovazione: il punto non è soltanto il volume delle risorse investite, ma anche il miglioramento sostanziale dei parametri di qualità degli investimenti effettuati. Allo stesso tempo, il fabbisogno di investimenti di capitali varia da un territorio all’altro dell’UE; una forte esigenza di investimenti non si riscontra solo nelle regioni in ritardo, bensì anche in quelle che stanno attraversando una fase di profonda trasformazione tecnologica, e al tempo stesso anche in quelle che sono all’avanguardia in un determinato settore a livello mondiale e intendono mantenere tale posizione.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. i pareri del CESE sull’analisi annuale della crescita 2019, (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 24), e sulla politica economica della zona euro (2019) (GU C 159 del 10.5.2019, pag. 49).

(2)  Previsioni economiche della Commissione europea per la primavera 2019.

(3)  GU C 159 del 10.5.2019, pag. 49.

(4)  Fonte: Eurostat.

(5)  Modalità di funzionamento dello strumento di bilancio per la convergenza e la competitività, Eurogruppo, 14 giugno 2019.

(6)  Conclusioni pertinenti sull’efficienza nell’utilizzo delle risorse di bilancio si ritrovano nel parere del CESE sul quadro finanziario pluriennale post 2020, GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106.

(7)  COM(2019) 354 final.

(8)  COM(2019) 279 final.

(9)  Parere del CESE Per un rafforzamento del ruolo internazionale dell’euro (GU C 282 del 20.8.2019, pag. 27).

(10)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 32.

(11)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 32.

(12)  COM(2019) 279 final.


11.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 47/113


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Analisi annuale della crescita 2019»

(supplemento di parere)»

[COM(2018) 770 final]

(2020/C 47/18)

Relatrice: Anne DEMELENNE

Decisione dell’Ufficio di presidenza del CESE

14.5.2019

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 1, del Regolamento interno e articolo 29, lettera a), delle Modalità di applicazione del Regolamento interno

Supplemento di parere

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

17.10.2019

Adozione in sessione plenaria

30.10.2019

Sessione plenaria n.

547

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

140/3/6

Preambolo

Il presente parere, che verte sull’analisi annuale della crescita 2019 [COM(2018) 770 final], è stato elaborato parallelamente al parere in merito alla raccomandazione sulla politica economica della zona euro [COM(2018) 759 final]. L’obiettivo consiste nell’aggiornare e approfondire le precedenti proposte del CESE (1) non solo alla luce degli sviluppi recenti e delle previsioni economiche per l’UE e la zona euro, ma anche sulla base delle varie relazioni e raccomandazioni pubblicate nel quadro dell’attuale semestre europeo. Questi due pareri rappresentano il contributo complessivo della società civile dell’UE alla politica economica, sociale e ambientale per il prossimo ciclo del semestre europeo, che prenderà avvio nel novembre del 2019. Il CESE invita la Commissione europea e il Consiglio a tenere conto di questo contributo nel contesto del prossimo «pacchetto d’autunno» del semestre europeo, oltre che nel quadro del correlato processo decisionale interistituzionale.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il presente parere del CESE integra il parere sull’Analisi annuale della crescita 2019. Esso tiene conto delle raccomandazioni per paese (2), della comunicazione della Commissione europea sul semestre europeo e delle relative raccomandazioni del Consiglio, e copre in modo più approfondito una selezione di questioni economiche e sociali relative al semestre europeo 2019.

1.2.

La carenza di investimenti nell’UE non è ancora stata risolta. Permane l’esigenza di investimenti pubblici e privati, oltre che di spese per la formazione e l’istruzione (a partire dall’istruzione in tenera età), al fine di migliorare la competitività delle imprese europee. Suscita compiacimento il fatto che quest’anno le raccomandazioni per paese mettano in rilievo gli investimenti. Occorre dedicare particolare attenzione agli investimenti produttivi e nelle infrastrutture sociali, allo scopo di dare priorità alla crescita sostenibile, e alle misure volte a dare attuazione al pilastro dei diritti sociali.

1.3.

Gli sforzi di riforma strutturale degli Stati membri devono aumentare. In particolare, per quanto riguarda i paesi che presentano un avanzo delle partite correnti, occorre affrontare la scarsa conformità degli Stati membri con la procedura per gli squilibri macroeconomici, nell’interesse della stabilità economica e politica dell’Unione europea e della zona euro. Il CESE deplora lo squilibrio esistente tra (da un lato) le grandi raccomandazioni generali riguardanti settori importanti come gli investimenti, le questioni sociali e i cambiamenti climatici, e (dall’altro) gli obiettivi strategici concreti e quantificati derivanti dalle regole di bilancio.

1.4.

L’attuale congiuntura, caratterizzata da tassi di interesse molto bassi, ha permesso di liberare fondi dai bilanci nazionali grazie alla diminuzione della spesa legata al pagamento degli interessi sulle obbligazioni di Stato. Gli Stati membri dovrebbero utilizzare tali fondi per aumentare non solo gli investimenti materiali e digitali (oltre a quelli per l’ambiente), ma anche la spesa per la formazione, lo sviluppo di competenze e le qualifiche, spesa che dovrebbe essere considerata come un investimento nelle risorse umane e non come un costo.

1.5.

Per quanto riguarda il campo delle raccomandazioni per paese di carattere sociale, si rileva con compiacimento il ruolo più ampio svolto dal pilastro europeo dei diritti sociali e dal quadro di valutazione della situazione sociale. Il Comitato incoraggia la Commissione a portare avanti questo approccio e a svilupparlo nei prossimi cicli del semestre europeo. In caso di rallentamento economico nei prossimi anni, è importante che gli obiettivi positivi di politica sociale rivestano un ruolo centrale nel semestre europeo e abbiano pari rilievo rispetto ad altri obiettivi macroeconomici e di bilancio.

1.6.

I cambiamenti climatici sono diventati una questione centrale nel corso dell’ultimo anno e potrebbero essere tenuti in maggiore considerazione nell’ambito del semestre. Nelle raccomandazioni per paese relative al prossimo ciclo annuale dovrebbe figurare un numero maggiore di raccomandazioni, e almeno una per Stato membro, sulla lotta contro la minaccia esistenziale rappresentata dai cambiamenti climatici.

1.7.

La tassazione deve favorire gli investimenti produttivi e la spesa destinata all’economia reale. Il prelievo fiscale dovrebbe essere trasferito verso fonti diverse da quelle legate al lavoro e al consumo sostenibile.

1.7.1.

La finanziarizzazione di alcuni settori dell’economia europea ha imposto un onere eccessivo sui lavoratori e sulle imprese, le quali creano posti di lavoro, producono valore aggiunto e fanno aumentare lo stock di capitale reale. Il CESE chiede alla Commissione di esaminare la possibilità di utilizzare il semestre europeo per promuovere la totalità del valore per i portatori di interessi anziché soltanto il valore per gli azionisti.

1.7.2.

Nel contesto delle raccomandazioni per paese di quest’anno, diversi Stati membri sono stati destinatari di raccomandazioni sul rafforzamento del dialogo sociale. Al fine di incoraggiare il coinvolgimento delle parti sociali, sarebbe opportuno introdurre norme minime sulla consultazione delle parti sociali dei vari paesi da parte dei governi nazionali nelle diverse fasi del processo del semestre europeo.

1.7.3.

La politica della Commissione in materia di beni pubblici dovrebbe essere informata al principio secondo cui andrebbe esclusa la privatizzazione dei beni pubblici che rivestono un’importanza strategica e sono gestiti meglio dal settore pubblico, e la privatizzazione non dovrebbe comportare una perdita netta per lo Stato a causa di una vendita realizzata in una congiuntura sfavorevole.

2.   Contesto: le priorità della Commissione europea nel semestre europeo 2019 e nelle raccomandazioni per paese

2.1.

Secondo la Commissione europea, gli Stati membri hanno fatto almeno qualche progresso riguardo al 40 % delle raccomandazioni che sono state rivolte loro. In una prospettiva pluriennale, oltre due terzi delle raccomandazioni specifiche per paese hanno registrato «alcuni progressi» (3). Mentre l’attuazione è solida per quanto riguarda i servizi finanziari, sono stati rilevati progressi anche nella promozione della creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato e negli interventi relativi alla segmentazione del mercato del lavoro. Tuttavia, l’attuazione rimane limitata e troppo lenta in settori chiave necessari per la correzione degli squilibri macroeconomici (4).

2.2.

Le raccomandazioni per paese 2019 si basano sulle conclusioni delle relazioni per paese 2019 e si concentrano maggiormente sugli investimenti, includendo almeno una raccomandazione in materia per ogni Stato membro.

2.3.

L’incertezza sulle prospettive macroeconomiche non è diminuita. La prevista uscita del Regno Unito dall’UE e le «guerre commerciali» globali causate dagli Stati Uniti continuano a rappresentare concreti rischi di evoluzione negativa della crescita economica e dell’occupazione nel futuro prossimo. Nonostante un tasso di disoccupazione aggregato basso rispetto agli ultimi due decenni, diversi paesi non hanno raggiunto i livelli di occupazione di prima della crisi. Quest’anno i tassi di crescita del PIL dovrebbero essere pari a solo l’1,4 % nell’UE e l’1,2 % nella zona euro (5). Come rilevato dal Consiglio direttivo della Banca centrale europea (6), il tasso d’inflazione nella zona euro rimane troppo basso rispetto all’obiettivo fissato (cioè un tasso inferiore, ma prossimo, al 2 % nel medio termine) e la politica di bilancio dovrà quindi fare la sua parte nel sostenere la crescita della zona euro e dell’UE.

3.   Osservazioni generali sulle raccomandazioni della Commissione europea

3.1.   Investimenti

Il CESE apprezza e sostiene con forza lo speciale rilievo che la Commissione europea attribuisce a un aumento degli investimenti nelle relazioni per paese e nelle raccomandazioni per paese di quest’anno. In passato, il Comitato ha ripetutamente invitato gli Stati membri e la Commissione europea a insistere maggiormente sull’aumento degli investimenti pubblici e privati, ed è lieto di vedere una delle sue raccomandazioni messe in pratica. In quest’ottica gli investimenti devono essere produttivi e sostenibili, mentre andrebbero evitati gli investimenti speculativi finanziari e immobiliari.

3.1.1.

Gli obiettivi d’investimento indicati a titolo di raccomandazioni per paese non sono molto concreti, in linea con la prassi della Commissione di fissare obiettivi generali. Permane tuttavia uno squilibrio, essendo gli obiettivi di bilancio molto concreti, in linea con le disposizioni del trattato. Non è chiaro come gli obiettivi di investimento possano essere raggiunti in paesi strettamente vincolati dai requisiti del Patto di stabilità e crescita. Come già in precedenti pareri, il CESE raccomanda pertanto di assegnare agli investimenti un ruolo di maggior rilievo, introducendo una regola d’oro nel quadro di bilancio europeo (7).

3.1.2.

Il semestre europeo deve dare maggior rilievo alla crescita sostenibile guidata dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per il 2030, cosa che si riflette nella richiesta del CESE di un’analisi annuale della crescita sostenibile (8). Gli investimenti in infrastrutture devono avere un impatto sociale ed essere rispettosi dell’ambiente mediante una loro concentrazione sulle energie rinnovabili, come peraltro proposto dalla nuova Commissione. Il Semestre europeo dovrebbe tener conto di questa necessità in misura ancor maggiore. Ispirandosi all’auspicato rilievo dedicato agli investimenti nelle raccomandazioni per paese quest’anno, il CESE propone che la Commissione europea e il Consiglio valutino se dette raccomandazioni specifiche per paese debbano contenere almeno un obiettivo ambizioso e concreto per ogni Stato membro volto a ridurre sostanzialmente le emissioni di gas a effetto serra fino a quando non sarà risolta l’attuale sfida climatica, potenzialmente catastrofica. In tale contesto, il CESE accoglie con favore che la BCE, nel quadro dei suoi programmi di acquisto di attività (PAA, in inglese asset purchase programme o APP) del settore privato, abbia investito in obbligazioni verdi e considera che la BCE debba continuare questo impegno ed estenderlo quando riprenderà gli acquisti netti e durante la fase di reinvestimento del programma.

3.1.3.

Per quanto riguarda i fabbisogni d’investimento effettivi, il CESE chiede alla Commissione europea e agli Stati membri di elaborare un piano concreto volto ad aumentare gli investimenti pubblici e privati, al fine di colmare le lacune individuate in settori importanti e, quindi, assicurare il futuro economico e sociale dell’Europa e salvaguardarne la competitività nei confronti della Cina e degli Stati Uniti, ad esempio investimenti nelle tecnologie dell’informazione e nell’intelligenza artificiale (R&S, anche nel campo delle infrastrutture informatiche). È inoltre opportuno equiparare a un investimento di questo tipo anche le spese necessarie nei settori dell’istruzione, della formazione professionale, del miglioramento delle competenze e della mobilità, nonché la promozione di industrie e trasporti efficienti sotto il profilo energetico, ad esempio tramite lo sviluppo e l’utilizzo della rete ferroviaria. Queste spese dovrebbero beneficiare di un sostegno maggiore grazie all’utilizzo dei fondi strutturali. In questo modo sarebbe possibile promuovere la competitività e porre rimedio alla carenza di manodopera qualificata, un problema che in tutta l’UE rappresenta un ostacolo agli investimenti (9).

3.1.4.

Il Comitato ritiene che nell’attuazione degli obiettivi generali del Consiglio europeo vi sia spazio per obiettivi e priorità strategiche più concrete. Mentre gli indicatori della strategia Europa 2020 erano troppo generici, le grandi priorità concordate dal Consiglio devono essere rese concrete ed estese ad altri settori di intervento. Il CESE chiede pertanto al Consiglio e alla Commissione di elaborare una strategia a lungo termine per il 2030, che dovrebbe riflettersi nelle raccomandazioni per paese del 2020 (10). Questa strategia a lungo termine dovrebbe includere una visione per un’economia del benessere nell’UE, che comprenda maggiori investimenti in attività produttive, in un’istruzione migliore, nelle qualifiche, nelle competenze e nella formazione, nella protezione sociale, nella salute e nel risparmio energetico, oltre che in alloggi a prezzi accessibili e nella promozione della parità tra donne e uomini.

3.2.   Squilibri della bilancia delle partite correnti

3.2.1.

Il Comitato accoglie con favore l’attenzione che la Commissione europea rivolge ai paesi che presentano un avanzo delle partite correnti in quanto costituiscono un grave problema macroeconomico per la zona euro e l’UE. Mentre i paesi che presentavano un disavanzo delle partite correnti hanno eliminato i loro disavanzi, i paesi con un avanzo delle partite correnti non sono disposti ad intervenire in modo significativo, nel quadro delle loro politiche, per accrescere la domanda interna, ad esempio con un aumento degli investimenti pubblici, salari più elevati, maggiore spesa pubblica o una riduzione delle tasse, misure queste che permetterebbero di ridurre le loro eccedenze. Il modo migliore per applicare una tassazione minore è quello di spostare il prelievo dal lavoro e dall’IVA verso altre fonti di gettito. Tuttavia, qualsiasi potenziale riduzione della pressione fiscale sul lavoro non dovrebbe riguardare i contributi sociali, che sono un importante elemento finanziario per l’assistenza sanitaria, le pensioni, l’assicurazione infortuni, la disoccupazione e altri fini di protezione sociale.

3.2.2.

Data la persistente riluttanza dei paesi che hanno un avanzo delle partite correnti a espandere adeguatamente la domanda interna, i paesi con un disavanzo delle partite correnti risentono di una mancanza di domanda. La procedura per gli squilibri macroeconomici permette di mettere in evidenza il problema, ma non dispone di alcun potere in termini di applicazione. L’attuazione delle raccomandazioni per paese risulta quindi particolarmente debole per quanto riguarda quelle relative alla procedura per gli squilibri macroeconomici (11). Il CESE chiede al Consiglio europeo di coordinare una strategia macroeconomica che aumenti la domanda interna dei paesi con un avanzo delle partite correnti, riducendo di conseguenza i surplus nazionali delle partite correnti, che formano l’avanzo delle partite correnti della zona euro. Nell’ambito di questa strategia, i paesi con un avanzo delle partite correnti devono impegnarsi credibilmente a ridurlo in modo permanente e sostenibile.

3.2.3.

Quando, nel quadro di recenti negoziati, è stato definito uno strumento di bilancio della zona euro, è emerso chiaramente che il Consiglio europeo non è riuscito a trovare un accordo su un bilancio significativo della zona euro dotato di una funzione di stabilizzazione. Il CESE teme che il quadro macroeconomico a livello europeo sia inadeguato a far fronte a una futura crisi, qualora si concretizzino i rischi che pesano sulla crescita economica. Il CESE chiede al Consiglio europeo di preparare una risposta politica efficace da parte degli Stati membri per far fronte a un’eventuale recessione, nonché una risposta in materia di politica monetaria da parte della Banca centrale europea.

3.3.   Politica di bilancio, debito pubblico e tassazione

3.3.1.

La rivalutazione del rischio legato alle obbligazioni di Stato durante la crisi dell’eurozona ha introdotto un fattore di divergenza in più. I governi con tassi di crescita più bassi e un debito iniziale maggiore devono pagare tassi di interesse più elevati sui loro debiti pubblici, a causa di stime del mercato finanziario, talvolta parecchio inadeguate, sulla loro situazione di bilancio. Tentare prematuramente di ripristinare riserve di bilancio o, in termini meno metaforici, ridurre la spesa e aumentare le imposte, come suggerito dalla Commissione agli Stati membri con un debito più elevato, rischia di frenare di nuovo le dinamiche positive del settore privato e la crescita tuttora debole di alcuni Stati membri. Prevedere percorsi obbligatori di aggiustamento di bilancio per i paesi con un margine di bilancio inferiore, limitandosi a formulare raccomandazioni ai paesi che dispongono di un margine di bilancio maggiore, rischia di rendere l’orientamento generale della politica di bilancio della zona euro non abbastanza espansivo per tenere sotto controllo il forte avanzo delle partite correnti della zona euro.

3.3.2.

Poiché i grandi esperti della materia stanno rivalutando il ruolo del debito pubblico in tempi di bassi tassi di interesse (12), il CESE invita il Consiglio europeo a considerare se l’attuale quadro di bilancio ha frenato i necessari investimenti pubblici e la spesa pubblica diretta ad accrescere la produttività, attraverso tra l’altro l’istruzione, il miglioramento delle competenze, l’apprendimento permanente, l’assistenza sanitaria e la protezione sociale (13). La BCE, come annunciato nel suo pacchetto di misure per settembre, manterrà i tassi di interesse su livelli molto bassi nel prossimo futuro. Tale politica ha permesso ai governi, in questi ultimi anni, di diminuire la spesa per interessi. Il CESE invita gli Stati membri a utilizzare i fondi così liberati per aumentare gli investimenti.

3.3.3.

Le misure della Commissione europea riguardanti il divario tra prodotto effettivo e potenziale, utilizzate per determinare l’orientamento di bilancio appropriato, sono sempre più considerate dagli esperti come troppo procicliche (14). Invece di misurare in modo indipendente la massima produzione potenziale di un’economia attraverso il numero di disoccupati e la mancanza di capitale, la misura della Commissione europea si basa eccessivamente sui risultati passati (15). Di conseguenza, quando i paesi seguono le regole del Patto di stabilità e crescita, diviene impossibile applicare una politica di bilancio anticiclica sia nei periodi buoni che in quelli cattivi. Il CESE raccomanda alla Commissione europea di valutare insieme agli Stati membri la procedura per calcolare i divari di produzione alla luce di tali constatazioni.

3.3.4.

Nel caso dei paesi che negli ultimi anni non sono stati in grado di trarre profitto, nella misura prevista, dalla crescita economica, il basso livello della domanda aggregata, associato a un’evoluzione sfavorevole della struttura produttiva dell’economia relativamente alle esportazioni, ha contribuito alla loro debole crescita. Il CESE incoraggia la Commissione europea e il Consiglio europeo a tenere conto delle considerazioni in materia di strategia e di politica industriale nell’Unione europea per il prossimo ciclo del semestre europeo.

3.3.5.

Come sottolineato in diversi precedenti pareri del CESE, gli Stati membri devono contrastare la pianificazione fiscale aggressiva e l’evasione fiscale, ponendo l’accento sulla giustizia fiscale e sul finanziamento della spesa pubblica.

3.3.6.

La finanziarizzazione dell’economia ha permesso a un ristretto numero di operatori finanziari di esercitare un’influenza indebita sulle grandi imprese e sul settore pubblico, alla ricerca di profitti e bonus a breve termine piuttosto che del soddisfacimento delle necessità a lungo termine di talune imprese, dei loro dipendenti e delle regioni in cui operano (16). Il CESE chiede alla Commissione di esaminare la possibilità di utilizzare il semestre europeo per promuovere il valore per i portatori di interessi piuttosto che il valore per gli azionisti. Se del caso, il sistema fiscale negli Stati membri dovrebbe essere riorientato verso la promozione degli investimenti materiali, digitali e sostenibili, nonché degli investimenti nel settore delle risorse umane, disincentivando gli investimenti a fini puramente finanziari e speculativi. In particolare, le raccomandazioni per paese dovrebbero mettere in evidenza le distorsioni del sistema fiscale che promuovono indebitamente e premiano finanziariamente l’idea del valore per gli azionisti e suggerire una riforma in materia.

3.4.   Pilastro europeo dei diritti sociali

3.4.1.

Il CESE accoglie con favore e appoggia la svolta nelle raccomandazioni politiche verso una maggiore accentuazione del dialogo sociale, dell’istruzione, delle competenze e della formazione, della salute e della protezione sociale. Il Comitato incoraggia la Commissione a procedere in questa direzione e a sviluppare questo approccio durante i prossimi cicli del semestre europeo, concentrandosi in particolare su retribuzioni minime sufficienti negoziate in modo responsabile dalle parti sociali, garantite dalla legge e dai contratti collettivi nazionali.

3.4.2.

Il Comitato si compiace del fatto che la Commissione europea abbia prestato particolare attenzione ai risultati conseguiti dagli Stati membri per quanto riguarda le dimensioni del pilastro europeo dei diritti sociali. Riconosce il particolare valore aggiunto creato dall’introduzione degli indicatori del quadro di valutazione della situazione sociale, che mettono in luce gli sviluppi sociali e la convergenza tra gli Stati membri dell’UE, in quanto assicurano il necessario equilibrio rispetto all’accento tradizionalmente posto sulle questioni economiche e finanziarie. Il CESE incoraggia la Commissione a mantenere il pilastro nell’ambito delle raccomandazioni per paese e ad attribuirvi maggior peso, nonché a valutare la possibilità di esplorare nuovi indicatori per il quadro di valutazione della situazione sociale, riguardanti ad esempio la contrattazione collettiva.

3.4.3.

Poiché la convergenza dei salari tra gli Stati membri è molto più lenta rispetto a quanto previsto dai leader dell’UE e dalla Commissione, ne è scaturito un aumento dei flussi migratori verso i paesi e le regioni con un maggior numero di posti di lavoro e salari più elevati. In linea di principio, questo flusso di lavoratori verso regioni economicamente più forti è un meccanismo di aggiustamento fondamentale all’interno dell’Unione economica e monetaria (UEM). Tuttavia, per effetto della lenta convergenza dei salari e delle condizioni di vita, i flussi migratori sono stati più consistenti del previsto. In alcuni casi, è emigrata una parte non trascurabile della popolazione in età lavorativa, una situazione che può rappresentare un problema a medio termine per i paesi di origine qualora le persone emigrate non tornino. Si rende quindi necessaria una convergenza reale più rapida dei salari e delle condizioni di vita tra gli Stati membri dell’UE e, in particolare, tra quelli che hanno aderito all’UEM. Il CESE invita la Commissione a presentare una relazione dettagliata sulla convergenza reale e, al fine di assicurare un’effettiva convergenza, ad adattare le sue raccomandazioni strategiche agli Stati membri e all’Unione nel suo complesso.

3.4.4.

Nell’introduzione dell’analisi annuale della crescita 2019, la Commissione europea si compiace del fatto che la crescita sia ripresa in tutti gli Stati membri. Tuttavia, i tassi di crescita positivi del PIL non si traducono necessariamente in una convergenza sociale verso l’alto, che può essere realizzata ricorrendo, tra l’altro, allo strumento della contrattazione collettiva. Il Comitato chiede pertanto alla Commissione di ampliare gli indicatori del quadro di valutazione della situazione sociale per includervi misure di contrattazione collettiva.

3.4.5.

Per attuare le raccomandazioni relative al pilastro europeo dei diritti sociali occorre disporre di finanziamenti adeguati. Sarebbe opportuno precisare in che modo è possibile conseguire gli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali, in particolare negli Stati strettamente vincolati dai requisiti del Patto di stabilità e crescita. Il CESE, riallacciandosi alle proposte che aveva avanzato in un parere precedente (17), raccomanda alla Commissione europea e al Consiglio di assicurare che vengano messe a disposizione delle risorse, in particolare nel quadro dei fondi strutturali e d’investimento europei e di altri fondi dell’UE, allo scopo di integrare l’apporto di fondi pubblici e privati a livello nazionale. Gli investimenti pubblici negli Stati membri potrebbero essere aumentati tramite l’applicazione di una «regola d’oro» per gli investimenti pubblici a finalità sociale, un meccanismo che apporterebbe più flessibilità alle regole di bilancio. Bisogna inoltre contrastare qualsiasi riduzione del bilancio dell’Unione che comporti una diminuzione delle risorse destinate al conseguimento degli obiettivi del pilastro europeo dei diritti sociali. Anche il piano di investimenti per l’Europa, sostenuto dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), dovrebbe essere migliorato, alla luce delle critiche mosse nel gennaio del 2019 dalla Corte dei conti europea, che ha sottolineato l’esagerazione dei suoi presunti effetti sui livelli di investimento (18).

3.5.

Se si esamina il contenuto delle raccomandazioni per paese nel settore sociale e si amplia la prospettiva risalendo all’inizio del semestre europeo, si constata che le raccomandazioni destinate agli Stati membri con una crescita ridotta e un debito pubblico più elevato incentivano la svalutazione sociale (19). In linea generale, gli obiettivi macroeconomici sono stati prioritari (20). Alla luce dell’incertezza delle prospettive economiche, il CESE esorta il Consiglio europeo ad assicurare che nei prossimi anni si dia agli obiettivi sociali positivi una priorità più elevata (e quindi pari a quella riconosciuta agli altri obiettivi), anche in tempi di crisi economica.

3.5.1.

Garantire un’occupazione di qualità rimane una sfida. Negli ultimi dieci anni hanno preso piede in diversi Stati membri forme di lavoro atipico, come il lavoro temporaneo, il lavoro part-time a orario molto ridotto, il subappalto o il lavoro mediante piattaforma. Nonostante l’aumento delle capacità dei lavoratori e del loro grado d’istruzione, la qualità dei posti di lavoro offerti è diminuita in numerosi paesi. A titolo di esempio, si ricorda che, secondo i dati raccolti da Eurostat, in alcuni paesi il numero dei lavoratori costretti ad accettare contratti a tempo determinato o parziale è in aumento, a causa della mancanza di posti di lavoro permanenti a tempo pieno (21). Talvolta queste forme di occupazione possono soddisfare le esigenze dei lavoratori, ma spesso non è così, e le nuove forme di occupazione sollevano anche degli interrogativi in rapporto all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita per i lavoratori temporanei e precari. Il CESE chiede agli Stati membri di adottare tempestivamente misure di protezione del lavoro e di tutela della sicurezza sociale, in un quadro europeo, per adeguarsi alle forme di occupazione emergenti e a un mondo del lavoro sempre più incerto.

3.5.2.

L’economia sociale svolge un ruolo sempre più importante nell’economia (22). Grazie alla sua diversità (cooperative, mutue, associazioni, fondazioni, imprese sociali), essa racchiude un enorme potenziale per stimolare la crescita economica e occupazionale in Europa e contribuire in modo decisivo alla coesione sociale nell’Unione europea. Purtroppo l’Unione non ha definito un quadro giuridico adeguato per sfruttare tale potenziale nell’ambito del mercato interno. Il CESE chiede alla Commissione di integrare questo punto nel programma del suo prossimo mandato.

3.5.3.

Maggiori investimenti da parte del settore pubblico e delle imprese nell’istruzione possono contribuire a evitare la disoccupazione nella società digitale del presente e del futuro, oltre che nel campo dell’industria e dei servizi, in cui è richiesto personale altamente qualificato. Il CESE invita gli Stati membri a utilizzare i fondi europei per assicurare la riqualificazione della forza lavoro nell’era digitale.

3.5.4.

Ove giustificato dal contesto nazionale, potrebbe risultare utile un riorientamento qualitativo verso un’istruzione professionale di elevata qualità piuttosto che verso l’istruzione terziaria. Concentrare eccessivamente l’attenzione sul conseguimento del diploma di istruzione superiore, come avviene negli indicatori del quadro di valutazione della situazione sociale relativi all’istruzione, potrebbe comportare una distorsione del quadro generale. Il CESE chiede alla Commissione e agli Stati membri di valutare se, tenendo conto di questo fatto, il successo scolastico possa essere misurato in modo più efficace nel quadro di valutazione della situazione sociale.

3.6.   Coinvolgimento delle parti sociali

3.6.1.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di approfondire il dialogo con le parti sociali e la società civile, comprese le istituzioni di solidarietà, le ONG, le università e le organizzazioni dei consumatori, al fine di incoraggiare ulteriormente l’attuazione delle raccomandazioni per paese, in particolare mediante le visite negli Stati membri e le discussioni bilaterali e multilaterali.

3.6.2.

In questo contesto è possibile migliorare lo scambio e il flusso informali e regolari di informazioni. Benché, prima delle riunioni più importanti, alle parti sociali vengano fornite le necessarie informazioni preliminari per garantire uno scambio proficuo su questioni relative al mercato del lavoro e all’inclusione sociale, altrettanto non vale per le questioni fiscali e di bilancio. Il CESE incoraggia la Commissione a impegnarsi quanto prima in un dialogo più approfondito e costruttivo con le parti sociali al di fuori delle procedure formali ufficiali.

3.6.3.

La partecipazione costruttiva e tempestiva delle parti sociali al semestre europeo può essere migliorata, come ha giustamente osservato la Commissione europea (23). Anche se il semestre funziona bene a livello europeo e all’interno di alcuni Stati membri, lo stesso non si può dire per tutti i paesi. Il CESE accoglie con favore le raccomandazioni rivolte a diversi Stati membri in merito al rafforzamento del dialogo sociale nel quadro delle raccomandazioni per paese e incoraggia gli Stati membri ad attuarle.

3.6.4.

La rapidità dell’accesso a informazioni significative e la tempestività delle consultazioni, la serietà dell’impegno da parte dei governi e le capacità delle parti sociali sono questioni che, a livello nazionale, hanno compromesso le consultazioni delle parti sociali nell’ambito del semestre. Il CESE raccomanda che i governi nazionali introducano norme minime per la consultazione delle parti sociali nazionali nelle diverse fasi del semestre europeo. Essi dovranno inoltre chiarire se e per quale ragione si sono discostati dalle proposte formulate dalle parti sociali. Il coinvolgimento delle parti sociali deve essere garantito anche nelle fasi di follow-up in cui viene valutata l’attuazione delle proposte presentate.

4.   Raccomandazioni specifiche

4.1.

Per quanto riguarda il dibattito in seno al Consiglio in merito all’opportunità di ampliare l’ambito di applicazione del semestre europeo per includervi questioni di coesione economica e sociale, il CESE sostiene con forza la decisione di integrare tali questioni nel semestre (24). Il Comitato incoraggia la Commissione europea e gli Stati membri a proseguire su questa via e a sviluppare questo approccio nei prossimi anni, integrandovi anche una risposta alla sfida climatica. Si congratula inoltre con il Consiglio europeo per aver chiesto agli Stati membri di avvalersi del quadro di valutazione della situazione sociale, del monitoraggio dei risultati in materia di occupazione e di quello in materia di protezione sociale (SPPM) per guidare gli sforzi di convergenza.

4.2.   Edilizia abitativa

4.2.1.

In alcuni Stati membri, i prezzi delle abitazioni sono aumentati negli ultimi anni. In alcune città di grandi e medie dimensioni gli affitti sono saliti a livelli talmente elevati da impegnare una quota di reddito in forte crescita. Pur non essendo l’unico elemento determinante, questo fattore è legato ai bassi tassi di interesse, dato che gli effetti più immediati della politica monetaria si fanno sentire sul mercato degli alloggi. I tassi d’interesse di riferimento della BCE rimarranno ai loro attuali livelli (o a livelli inferiori) finché non verrà registrata una salda convergenza dell’inflazione verso l’obiettivo fissato (ossia, un livello sufficientemente prossimo, ma inferiore, al 2 % nell’orizzonte di proiezione) (25). Inoltre, l’aumento dei canoni di locazione aggrava il problema dei senzatetto. La mancanza di dati rende difficile seguire da vicino l’evoluzione della situazione dei senzatetto nell’Unione europea. Il CESE invita pertanto gli Stati membri e la Commissione europea a migliorare la raccolta dei dati al riguardo, con l’obiettivo di migliorare il monitoraggio del numero, della distribuzione e delle condizioni di vita delle persone senza fissa dimora nell’Unione.

4.2.2.

Per migliorare il bilancio energetico e climatico delle abitazioni e di altri edifici si potrebbe ricorrere a modifiche del sistema fiscale e ad altri incentivi pubblici negli Stati membri, al fine di incoraggiare maggiormente la ristrutturazione e la nuova costruzione di edifici efficienti sotto il profilo energetico.

4.3.   Altre riforme

4.3.1.

In molti casi, le singole riforme menzionate nelle raccomandazioni per paese comportano il rischio di un peggioramento delle disuguaglianze sociali ed economiche. Le riforme delle pensioni non devono portare le persone in età avanzata alla povertà.

4.3.2.

La privatizzazione dei beni pubblici dovrebbe escludere quelli che rivestono un’importanza strategica e che sono gestiti meglio dal settore pubblico, e non dovrebbe comportare una perdita netta per lo Stato a causa di una vendita realizzata in una congiuntura sfavorevole. In linea di principio, è lo Stato che fornisce i servizi pubblici essenziali nella maniera più efficiente, vista l’assenza dell’obbligo di realizzare un profitto, obbligo che determina un aumento dei costi. Nei casi in cui la qualità e il finanziamento dei servizi pubblici non corrispondono agli standard auspicati dai cittadini, occorre migliorare la capacità amministrativa necessaria per fornire questi servizi in modo efficace e fornire le risorse finanziarie necessarie a tal fine. Ciò non preclude la possibilità che singoli paesi possano decidere di autorizzare dei partenariati pubblico-privato (PPP) su misura per prestare determinati servizi in una situazione e in un momento specifici. In tale circostanza, i suddetti PPP devono servire l’interesse pubblico. Soprattutto nei mercati caratterizzati da situazioni di monopolio o di oligopolio, essi non devono essere utilizzati da gruppi di interesse particolari per negoziare canoni più elevati del necessario o per rinunciare agli investimenti necessari al fine di mantenere la qualità.

4.3.3.

Una politica industriale ben concepita, che soddisfi le esigenze del paese, può aumentare la crescita, la produttività, il benessere e l’occupazione. Il CESE sottolinea la necessità di un’ampia discussione e di azioni concrete al fine di elaborare una strategia industriale a livello europeo e nazionale, che sia sostenuta da risorse finanziarie sufficienti e che vada al di là di un semplice adeguamento del diritto europeo della concorrenza inteso ad autorizzare un maggior numero di fusioni tra multinazionali.

Bruxelles, 30 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Parere del CESE sul tema Analisi annuale della crescita 2019 (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 24), e parere del CESE sul tema Politica economica della zona euro (2019) (GU C 159 del 10.5.2019, pag. 49).

(2)  COM(2019) 500 final.

(3)  COM(2019) 500 final, pagg. 3-4.

(4)  Konstantinos Efstathiou, Guntram B. Wolff, Is the European Semester effective and useful? [Il semestre europeo è efficace e utile?], 2018.

(5)  Previsioni economiche - estate 2019, Commissione europea.

(6)  Mario Draghi, presidente della BCE, conferenza stampa, Dichiarazione introduttiva, Francoforte sul Meno, 12 settembre 2019.

(7)  Parere del CESE sul tema Analisi annuale della crescita 2019, punto 3.9.8 (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 24).

(8)  Parere del CESE sul tema Analisi annuale della crescita 2019, punto 1.7 (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 24).

(9)  EIB Investment Report 2018/2019: retooling Europe's economy [Relazione della BEI sugli investimenti 2018/2019 - Dotare l’economia europea di nuovi strumenti].

(10)  Come enunciato nel parere del CESE sul tema Il semestre europeo e la politica di coesione - Verso una nuova strategia europea post-2020 (GU C 353 del 18.10.2019, pag. 39).

(11)  What drives national implementation of EU policy recommendations? [Che cosa spinge ad attuare a livello nazionale le raccomandazioni strategiche dell’UE?], Bruegel working paper, numero 4.

(12)  Cfr. Blanchard, O., Public Debt and Low Interest Rates, [Debito pubblico e bassi tassi di interesse], gennaio 2019, e il dibattito tedesco, avviato da Michael Hüther, sulla regola nazionale del «freno all’indebitamento», IW Policy Paper 3/19.

(13)  Germany's even larger than expected fiscal surpluses: Is there a link with the constitutional debt brake? [Avanzi di bilancio ancora maggiori del previsto in Germania: c’è un legame con il freno costituzionale all’indebitamento?], Bruegel.

(14)  The campaign against "nonsense" output gaps [La campagna contro divari «irrealistici» tra prodotto effettivo e potenziale], Bruegel.

(15)  Why Hysteria Over the Italian Budget Is Wrong-Headed [Perché l’isteria sul bilancio italiano è fuori luogo].

(16)  Vatteville, É. Management & Avenir, 2008/4 (no 18), pag. 88-103.

(17)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1.

(18)  Relazione speciale n. 03/2019: Fondo europeo per gli investimenti strategici: sono necessari interventi per la piena riuscita del FEIS.

(19)  Copeland, P. e Daly, M. (2018), The European Semester and EU Social Policy [Il semestre europeo e la politica sociale dell’UE].

(20)  Degryse, C. e Pochet, P. (2018), European social dynamics: a quantitative approach [La dinamica sociale europea: un approccio quantitativo].

(21)  Banca dati di Eurostat, lfsa_eppgai e lfsa_etgar.

(22)  Le istituzioni e le imprese dell’economia sociale in Europa contano oltre 2,8 milioni di organizzazioni, che danno lavoro a 13,6 milioni di persone e rappresentano l’8 % del PIL dell’UE.

(23)  Progetto di relazione comune sull'occupazione della Commissione e del Consiglio, pag. 11.

(24)  Conclusioni del Consiglio sull'analisi annuale della crescita 2019 e la relazione comune sull'occupazione (15 marzo 2019), pag. 7.

(25)  Mario Draghi, presidente della BCE, conferenza stampa, Dichiarazione introduttiva, Francoforte sul Meno, 12 settembre 2019.