ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 62

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

62° anno
15 febbraio 2019


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

538a sessione plenaria del CESE, 17.10.2018 – 18.10.2018

2019/C 62/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Sfide future e trasformazioni industriali nel settore aerospaziale dell’UE

1

2019/C 62/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul Patto europeo finanza-clima (parere d’iniziativa)

8

2019/C 62/03

Parere del comitato economico e sociale europeo sugli Sviluppi strategici in materia di politica industriale all’orizzonte 2030, al fine di rafforzare la competitività e la diversità della base industriale dell’Europa e di concentrarsi sulla redditività a lungo termine all’interno delle catene globali del valore (parere esplorativo richiesto dalla presidenza austriaca)

16


 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

538a sessione plenaria del CESE, 17.10.2018 – 18.10.2018

2019/C 62/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo su a) Proposta di direttiva (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva (UE) 2017/1132 per quanto concerne l’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario [COM(2018) — 239 final — 2018/0113 (COD)] e su b) Proposta di direttiva che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere [COM(2018) — 241 final — 2018/0114 (COD)]

24

2019/C 62/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla a) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione — e ne stabilisce le norme di partecipazione e diffusione [COM(2018) 435 final — 2018/0224 (COD)] e sulla b) Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’istituzione del programma specifico di attuazione di Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione [COM(2018) 436 final — 2018/0225 (COD)]

33

2019/C 62/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma relativo al mercato unico, alla competitività delle imprese, comprese le piccole e medie imprese, e alle statistiche europee e che abroga i regolamenti (UE) n. 99/2013, (UE) n. 1287/2013, (UE) n. 254/2014, (UE) n. 258/2014, (UE) n. 652/2014 e (UE) 2017/826[COM(2018) 441 final — 2018/0231 (COD)]

40

2019/C 62/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Dogana per la cooperazione nel settore doganale[COM(2018) 442 final — 2018/0232 (COD)]

45

2019/C 62/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma spaziale dell’Unione e l’Agenzia dell’Unione europea per il programma spaziale e che abroga i regolamenti (UE) n. 912/2010, (UE) n. 1285/2013 e (UE) n. 377/2014 e la decisione n. 541/2014/UE[COM(2018) 447 final — 2018/0236 (COD)]

51

2019/C 62/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo su: a) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale [COM(2018) 378 final — 2018/203 (COD)] e su b) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (notificazione o comunicazione degli atti) [COM(2018) 379 final — 2018/204 (COD)]

56

2019/C 62/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma antifrode dell’UE[COM(2018) 386 final — 2018/0211 (COD)]

63

2019/C 62/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell’ambito del Fondo per la gestione integrata delle frontiere, lo Strumento di sostegno finanziario relativo alle attrezzature per il controllo doganale[COM(2018) 474 final — 2018/0258 (COD)]

67

2019/C 62/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile[COM(2018) 97 final]

73

2019/C 62/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo e migrazione, al Fondo per la Sicurezza interna e allo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti[COM(2018) 375 final — 2018/0196 (COD)]

83

2019/C 62/14

Parere del Comitato economico e sociale sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione[COM(2018) 372 final — 2018/0197 (COD)]

90

2019/C 62/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’informativa in materia di investimenti sostenibili e rischi per la sostenibilità recante modifica della direttiva (UE) 2016/2341[COM(2018) 354 final — 2018/0179 (COD)]

97

2019/C 62/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili[COM(2018) 353 final — 2018/0178 (COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/1011 per quanto riguarda gli indici di riferimento di basse emissioni di carbonio e gli indici di riferimento di impatto positivo in termini di carbonio[COM(2018) 355 final — 2018/0180 (COD)]

103

2019/C 62/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 92/83/CEE relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche[COM(2018) 334 final — 2018/0173 (CNS)] sulla Proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione)[COM(2018) 346 final — 2018/0176 (CNS)] sulla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (rifusione)[COM(2018) 341 final — 2018/0187 (COD)] sulla Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto del registro elettronico[COM(2018) 349 final — 2018/0181 (CNS)]

108

2019/C 62/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai titoli garantiti da obbligazioni sovrane[COM(2018) 339 final — 2018/0171 (COD)]

113

2019/C 62/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Fiscalis per la cooperazione nel settore fiscale[COM(2018) 443 final — 2018/0233 (COD)]

118

2019/C 62/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma di sostegno alle riforme[COM(2018) 391 final — 2018/0213 (COD)]

121

2019/C 62/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione della Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti[COM(2018) 387 final — 2018/0212 (COD)]

126

2019/C 62/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma InvestEU[COM(2018) 439 final — 2018/0229 (COD)]

131

2019/C 62/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla: Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Costruire un’Europa più forte: il ruolo delle politiche in materia di gioventù, istruzione e cultura[COM(2018) 268 final], sulla Proposta di raccomandazione del Consiglio sulla promozione del riconoscimento reciproco automatico dei diplomi dell’istruzione superiore e dell’istruzione secondaria superiore e dei risultati dei periodi di studio all’estero[COM(2018) 270 — 2018/0126 (NLE)], sulla Proposta di raccomandazione del Consiglio relativa a sistemi di educazione e cura della prima infanzia di alta qualità[COM(2018) 271 — 2018/0127 (NLE)], sulla Proposta di raccomandazione del Consiglio su un approccio globale all’insegnamento e all’apprendimento delle lingue[COM(2018) 272 — 2018/0128 (NLE)]

136

2019/C 62/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Mobilitare, collegare e responsabilizzare i giovani: una nuova strategia dell’UE per la gioventù» [COM(2018) 269 final]

142

2019/C 62/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una nuova agenda europea per la cultura[COM(2018) 267 final]

148

2019/C 62/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Rafforzare la protezione degli informatori a livello di Unione europea[COM(2018) 214 final] e sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione[COM(2018) 218 final]

155

2019/C 62/27

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo Plus (FSE+)[COM(2018) 382 final — 2018/0206 (COD)]

165

2019/C 62/28

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri[COM(2018) 324 final — 2018/0136 (COD)]

173

2019/C 62/29

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Diritti e valori[COM(2018) 383 final — 2017/0207 (COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Giustizia[COM(2018) 384 final — 2017/0208 (COD)]

178

2019/C 62/30

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo e migrazione[COM(2018)471 final — 2018/0248 (COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell’ambito del Fondo per la gestione integrata delle frontiere, lo Strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e i visti[COM(2018) 473 final — 2018/0249(COD)]

184

2019/C 62/31

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Sicurezza interna[COM(2018) 472 final — 2018/0250(COD)]

189

2019/C 62/32

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce Erasmus: il programma dell’Unione per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga il regolamento (UE) n. 1288/2013[COM(2018) 367 — 2018/0191 (COD)]

194

2019/C 62/33

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma corpo europeo di solidarietà e abroga i regolamenti[regolamento sul corpo europeo di solidarietà] e (UE) n. 375/2014[COM(2018) 440 final — 2018/0230 (COD)]

201

2019/C 62/34

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente[COM(2018) 340 final — 2018/0172(COD)]

207

2019/C 62/35

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio[COM(2018) 392 final — 2018/0216 (COD)], sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga il regolamento (UE) n. 1306/2013[COM(2018) 393 final — 2018/0217 (COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, (UE) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati, (UE) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell’Unione e (UE) n. 229/2013 recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle isole minori del Mar Egeo[COM(2018) 394 final — 2018/0218 (COD)]

214

2019/C 62/36

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE) e abroga il regolamento (UE) n. 1293/2013[COM(2018) 385 final — 2018/209 (COD)]

226

2019/C 62/37

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 1313/2013/UE su un meccanismo unionale di protezione civile[COM(2017) 772 final — 2017/0309 (COD)]

231

2019/C 62/38

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (rifusione) e comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Verso uno spazio comune europeo dei dati[COM(2018) 234 final — 2018/0111 (COD); COM(2018) 232 final]

238

2019/C 62/39

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni L’Europa in movimento — Una mobilità sostenibile per l’Europa: sicura, interconnessa, pulita[COM(2018) 293 final]

254

2019/C 62/40

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali[COM(2018) 274 final — 2018/0129 (COD)]

261

2019/C 62/41

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di interfaccia unica marittima europea e abroga la direttiva 2010/65/UE[COM(2018) 278 final — 2018-139(COD)] e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle informazioni elettroniche sul trasporto merci[COM(2018) 279 final — 2018-140(COD)]

265

2019/C 62/42

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla razionalizzazione delle misure per promuovere la realizzazione della rete transeuropea dei trasporti[COM(2018) 277 final — 2018/0138 (COD)]

269

2019/C 62/43

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni — Verso la mobilità automatizzata: una strategia dell’UE per la mobilità del futuro [COM(2018) 283 final]

274

2019/C 62/44

Parere del Comitato economico e sociale europeo Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’etichettatura dei pneumatici in relazione al consumo di carburante e ad altri parametri fondamentali e che abroga il regolamento (CE) n. 1222/2009 0187[COM(2018) 296 final — 2018/0148 (COD)]

280

2019/C 62/45

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi[COM(2018) 284 final — 2018/0143 (COD)] e sulla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/53/CE del Consiglio per quanto riguarda i termini di applicazione delle norme speciali in materia di lunghezza massima delle cabine in caso di miglioramento delle prestazioni aerodinamiche, dell’efficienza energetica e delle prestazioni di sicurezza[COM(2018) 275 final — 2018/0130 (COD)]

286

2019/C 62/46

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Europa digitale per il periodo 2021-2027[COM(2018) 434 final — 2018/0227 (COD)]

292

2019/C 62/47

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 391/2009 per quanto riguarda il recesso del Regno Unito dall’Unione[COM(2018) 567 final — 2018/0298 (COD)]

298

2019/C 62/48

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1316/2013 per quanto riguarda il recesso del Regno Unito dall’Unione[COM(2018) 568 final — 2018/0299(COD)]

301

2019/C 62/49

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla soppressione dei cambi stagionali dell’ora e che abroga la direttiva 2000/84/CE[COM(2018) 639 final — 2018/0332 (COD)]

305

2019/C 62/50

Parere del Comitato economico e sociale Europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse per la coesione economica, sociale e territoriale e rettifica tale regolamento per quanto riguarda le risorse per l’obiettivo investimenti a favore della crescita e dell’occupazione[COM(2018) 498 final — 2018/0265 (COD)]

308

2019/C 62/51

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’interoperabilità tra i sistemi di informazione dell’UE (frontiere e visti) e che modifica la decisione 2004/512/CE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 767/2008, la decisione 2008/633/GAI del Consiglio, il regolamento (UE) 2016/399, il regolamento (UE) 2017/2226, il regolmanto (EU) 2018/XX [il regolamento ETIAS], il regolamento (UE) 2018/XX [il regolamento relativo al SIS nel settore delle verifiche di frontiera] e regolamento (UE) 2018/XX [il regolamento eu-LISA][COM(2018) 478 final — 2017/0351 (COD)] e sulla Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’interoperabilità tra i sistemi d’informazione dell’UE (cooperazione di polizia e giudiziaria, asilo e migrazione) e recante modifica del [regolamento (UE) n. 2018/XX [regolamento Eurodac], del regolamento (UE) 2018/XX [regolamento sul SIS nell’ambito dell’applicazione della legge], del regolamento (UE) 2018/XX [il regolamento ECRIS-TCN] e del regolamento (UE) 2018/XX [il regolamento eu-LISA][COM(2018) 480 final — 2017/0352 (COD)]

309

2019/C 62/52

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’ Agenzia europea di controllo della pesca (codificazione)[COM(2018) 499 final — 2018/0263(COD)]

310

2019/C 62/53

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di decisione del Consiglio sull’associazione dei paesi e territori d’oltremare all’Unione europea, comprese le relazioni tra l’Unione europea, da un lato, e la Groenlandia e il Regno di Danimarca, dall’altro (Decisione sull’associazione d’oltremare)[COM(2018) 461 final]

311

2019/C 62/54

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Politica economica della zona euro 2018 (supplemento di parere)[COM(2017) 770 final]

312


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

538a sessione plenaria del CESE, 17.10.2018 – 18.10.2018

15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Sfide future e trasformazioni industriali nel settore aerospaziale dell’UE»

(2019/C 62/01)

Relatore:

Thomas KROPP

Correlatore:

Enrico GIBELLIERI

Decisione dell’Assemblea plenaria

15.2.2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

25.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

184/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Occorre sviluppare una politica industriale per il settore aeronautico dell’Unione europea per consentire all’industria UE del settore di competere in condizioni di parità nel contesto della forte concorrenza esercitata da operatori consolidati (in particolare gli Stati Uniti) e della crescente concorrenza di soggetti emergenti (in particolare la Cina). In tale contesto, sarà necessario istituire una sentinella dell’aeronautica a livello UE per fare di questo settore un elemento chiave della diplomazia economica e della politica commerciale dell’UE.

1.2.

Non bisogna trascurare le sfide in materia di competenze, tra le quali la necessità di garantire che una forza lavoro altamente specializzata ma in fase di invecchiamento abbia l’opportunità di condividere le sue esperienze e competenze con i lavoratori più giovani, la necessità di attrarre nel settore un maggior numero di giovani lavoratori dotati di competenze sempre più richieste sia nel campo dell’ingegneria che nelle TIC, e l’urgente necessità di accrescere le competenze dei lavoratori esistenti nel settore della digitalizzazione.

1.3.

La ricerca nel settore dell’aviazione civile deve restare una priorità assoluta del programma Orizzonte Europa, con un incremento del bilancio rispetto al programma Orizzonte 2020. In tale contesto, bisogna assicurare la prosecuzione delle iniziative tecnologiche più riuscite al fine di ridurre l’impatto ambientale delle emissioni con il lancio di Clean Sky 3 e SESAR 3.

1.4.

Occorre al più presto diffondere le soluzioni SESAR e istituire il Cielo unico europeo (CUE) dopo decenni di discussioni. È necessario investire nella capacità efficiente sia in volo che a terra al fine di agevolare la crescita dell’aviazione, riducendone al contempo l’impatto ambientale e incrementando i livelli di sicurezza.

1.5.

Va rafforzato il ruolo internazionale dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) e sono necessarie norme AESA maggiormente basate sulle prestazioni, per una diffusione più efficiente delle nuove tecnologie secondo modalità sicure e in condizioni di concorrenza eque per gli esportatori dell’UE.

1.6.

Vanno individuate soluzioni per un accordo efficace post Brexit che comprenda: disposizioni doganali, quadri regolamentari, cooperazione nelle attività di ricerca e diffusione e nella mobilità dei lavoratori. Occorre avviare in via prioritaria discussioni tecniche riguardanti la regolamentazione al fine di garantire l’applicazione di misure di mitigazione.

1.7.

È necessario compiere progressi in materia di controllo degli investimenti esteri diretti (IED) nell’UE al fine di proteggere le tecnologie critiche per l’industria aeronautica e il settore della manutenzione, riparazione e revisione (MRO) dell’UE.

1.8.

Occorre garantire la continuità del dialogo sociale tra i datori di lavoro, i lavoratori e la società civile, nonché avviare un dialogo sociale settoriale per l’industria aeronautica ai sensi della decisione n. 98/500/CE della Commissione.

2.   Osservazioni generali

L’industria aeronautica rappresenta uno dei principali settori ad alta tecnologia dell’UE sul mercato mondiale. Essa impiega in via diretta 500 000 persone per mansioni di elevata qualità (1) (a cui si aggiunge 1 milione di posti di lavoro indiretti) ed è costituita da un ecosistema di grandi e piccole imprese che coprono l’intero spettro dell’aeronautica.

L’industria aeronautica dell’UE è uno dei leader tecnologici nel suo campo, detiene attualmente una quota di mercato pari a circa un terzo del mercato mondiale e fornisce un contributo positivo alla bilancia commerciale dell’UE (46 miliardi di euro di esportazioni(2).

Portata del parere

Sebbene i settori della difesa e dello spazio non siano specificamente oggetto del presente parere, è importante prendere atto del contributo che l’industria aeronautica civile fornisce a tali settori, tra cui l’autonomia strategica dell’Europa attraverso le sinergie nel campo delle tecnologie e i centri decisionali comuni con le attività della difesa.

La forza e la leadership mondiale dell’industria aeronautica dell’UE sono il risultato di strategie solide e di attività produttive. Tale posizione di leadership non deve essere data per scontata, in quanto il settore deve far fronte a numerose sfide:

1)

l’accanita concorrenza sia degli operatori consolidati che di quelli emergenti, che beneficiano di un notevole sostegno da parte dei rispettivi governi;

2)

uno spostamento della crescita e del potere economici verso oriente, che costituisce al tempo stesso un’opportunità e una minaccia;

3)

le sfide operative a breve termine come la Brexit, i vincoli di bilancio dell’UE e le misure protezionistiche nei paesi terzi;

4)

la necessità che l’industria aeronautica dell’UE mantenga la leadership tecnologica, soprattutto in materia di riduzione dell’impatto ambientale delle emissioni;

5)

la mancanza di una politica industriale dell’UE che sia coerente;

6)

la necessità di una strategia coerente dell’UE in materia di controllo degli investimenti esteri diretti;

7)

la necessità di una maggiore presenza internazionale dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA);

8)

il rafforzamento della competitività del settore della manutenzione, riparazione e revisione (MRO) dell’UE;

9)

l’importanza di assicurare che la futura forza lavoro possieda le competenze specialistiche necessarie per il settore, soprattutto nel campo della digitalizzazione.

Osservazioni particolari

3.   Le sfide del mercato mondiale

3.1.

L’attuale posizione di leadership dell’industria aeronautica dell’UE non andrebbe data per scontata. Il PIL dell’UE, in percentuale del PIL globale, subirà una riduzione del 30 %, passando dall’attuale 17 % al 12 % (3).

3.2.

Numerosi paesi hanno elaborato e attuato strategie di vasta portata su come posizionarsi sulla scena mondiale, impiegare i propri cittadini e garantirsi un posto di primo piano nella catena del valore globale nel contesto della robotica e dello spostamento del potere economico verso oriente.

3.3.

L’Europa dovrà far fronte ad una situazione totalmente diversa in termini di concorrenza, che sarà ricca di opportunità se riusciremo a massimizzare tutti i nostri sforzi e a prendere decisioni coraggiose. Sarà invece piena di rischi se ci limiteremo a dare per scontata la nostra posizione di leadership.

4.   Sostegno all’industria di paesi terzi da parte di governi stranieri

4.1.

L’industria degli Stati Uniti (che comprende i principali concorrenti di quella europea) continua a beneficiare di un forte sostegno pubblico da parte del governo federale, ivi compresi 34 agenzie/dipartimenti diversi. Nel corso degli anni, le amministrazioni statunitensi hanno messo a punto una vasta gamma di regolamenti, politiche e strumenti a sostegno della loro industria aeronautica civile che sfrutta in modo molto efficace l’effetto leva del settore della difesa, soprattutto in termini di ricerca, tecnologia e sviluppo (compresi gli stanziamenti del bilancio federale per i programmi di ricerca). Anche altri soggetti consolidati (Canada e Brasile) continuano a ricevere un forte sostegno dai rispettivi governi nel quadro di una strategia industriale globale.

4.2.

Oltre ai soggetti ben consolidati nel settore dell’aeronautica civile, anche diversi paesi emergenti (Cina, Indonesia, India, Corea del Sud, Filippine e altri) stanno rafforzando il loro impegno per sostenere lo sviluppo di industrie aeronautiche nazionali competitive nei prossimi anni.

4.3.

Tra questi, la Cina dispone della più ampia strategia di sostegno all’aeronautica civile, che combina una programmazione centralizzata con alcune imprese di proprietà statale. Il governo cinese ha indicato in diversi documenti ufficiali (della massima autorevolezza), tra cui l’iniziativa «Made in China 2025», che lo sviluppo di un’industria aeronautica civile nazionale costituisce una priorità fondamentale. L’attuale piano quinquennale cinese prevede importanti progressi in materia di motori per l’aviazione civile e un’accelerazione della ricerca riguardante gli aeromobili a fusoliera larga, gli elicotteri, i jet regionali e l’aviazione generale. È anche importante notare che l’industria dell’aviazione cinese è di proprietà dello Stato e che la Commissione nazionale cinese per lo sviluppo e le riforme (NDRC) ha il potere di approvare tutti gli acquisti di aeromobili da parte delle compagnie aeree, e ciò viene utilizzato per incoraggiare l’acquisto di aviogetti di produzione nazionale, come il COMAC C919 (4). Infine, il piano «Internet Plus» istituisce un partenariato tra i giganti cinesi della tecnologia e le industrie tradizionali, compresa quella aeronautica.

5.   Strategia industriale dell’UE

5.1.

La mancanza di una politica industriale dell’UE tesa a sostenere l’industria aeronautica, combinata con un approccio frammentato tra le istituzioni dell’UE e i governi nazionali, costituisce una sfida fondamentale nel contesto di un panorama concorrenziale in fase di cambiamento. È necessario mettere a punto una strategia industriale dell’UE per l’industria aeronautica al fine di garantirne la competitività e di conservarne la leadership sul mercato mondiale dell’aviazione civile.

5.2.

A tal fine si rendono necessari una strategia e un impegno su scala UE in cui tutti i soggetti coinvolti a livello UE, nazionale e intergovernativo (ivi compresi la Commissione europea, il Servizio europeo per l’azione esterna, le agenzie competenti come l’AESA ed Eurocontrol, e le iniziative tecnologiche congiunte come Clean Sky e SESAR) lavorino assieme per conseguire l’obiettivo comune di sostenere la competitività dell’industria dell’UE sul mercato mondiale dell’aviazione civile.

5.3.

È necessario un impegno da parte dell’UE per fornire un sostegno finanziario pubblico continuo a questo settore cruciale, in particolare nel campo della ricerca e dell’innovazione, sulla base di una tabella di marcia a lungo termine.

5.4.

Sarà opportuno istituire una sentinella dell’aeronautica a livello della Commissione per controllare le barriere non tariffarie nelle principali regioni aeronautiche e valutare la competitività relativa dell’industria aeronautica dell’UE.

5.5.

L’aeronautica dovrebbe anche diventare un settore chiave per la diplomazia economica e la politica commerciale dell’UE, che dovrebbe far maggiormente sentire la propria voce a livello internazionale, ad esempio in seno all’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO).

6.   Attività di ricerca e sviluppo per un miglioramento dell’efficienza e una riduzione delle emissioni

6.1.

I due principali programmi di ricerca europei nel settore dell’aviazione, Clean Sky (tecnologie più ecologiche ed efficienti per il trasporto aereo) e SESAR (attività di ricerca e innovazione per la gestione del traffico aereo e diffusione dei risultati), fungono da catalizzatori per l’intera catena dell’innovazione in Europa.

6.2.

Grazie alla loro tabella di marcia a lungo termine per la tecnologia e al loro impegno finanziario, tali programmi hanno dimostrato la loro efficienza e il loro valore aggiunto sia per le autorità pubbliche che per la catena dell’innovazione, soprattutto per quanto riguarda: 1) la progettazione, lo sviluppo, la fabbricazione e il funzionamento di aeromobili e sistemi di gestione del traffico aereo più competitivi, sicuri e sostenibili sul piano ambientale; 2) la creazione di una vasta ed efficiente comunità scientifica e tecnologica formata dai professionisti della ricerca accademica e dalle industrie, dalle grandi imprese alle PMI, in tutti i paesi dell’UE a 28; e 3) la realizzazione di eccellenti dimostratori con un impatto reale sul mercato degli aeromobili e sui relativi programmi.

6.3.

Le storie di successo di Clean Sky comprendono, tra l’altro, le prove di volo dell’ala a profilo laminare BLADE (che consente una riduzione del 50 % dell’attrito alare e una riduzione fino al 5 % delle emissioni di CO2) e il rotore aperto controrotante (che riduce il consumo di carburante e le emissioni di CO2 del 30 % circa).

6.4.

Le storie di successo di SESAR emergono al meglio dai suoi risultati di notevole impatto: se attuate, le 63 soluzioni SESAR dovrebbero offrire un aumento del 34 % della capacità dello spazio aereo e una diminuzione del 30 % della varianza del tempo di volo, che si tradurrebbe in una riduzione dei ritardi su tutti i voli UE e consentirebbe al 95 % dei voli dell’UE di rispettare gli orari previsti, nonché di ridurre del 2,3 % il consumo di carburante e le emissioni di ciascun volo.

6.5.

Nel contesto di Orizzonte Europa, l’aviazione civile deve rimanere una priorità assoluta, con una dotazione finanziaria superiore rispetto ai livelli di finanziamento previsti attualmente nell’ambito di Orizzonte 2020. La ricerca e l’innovazione costituiscono la linfa vitale dell’industria aeronautica dell’UE e i lunghi cicli di ricerca dell’industria aeronautica richiedono una condivisione dei rischi tra il settore pubblico e quello privato mediante un finanziamento basato su sovvenzioni e fondato su un impegno di lungo periodo per lo sviluppo dei programmi di ricerca. Ciò è essenziale per la competitività dell’industria aeronautica dell’UE. Le due iniziative tecnologiche congiunte (Clean Sky e SESAR) dovrebbero pertanto essere mantenute. Nell’ambito del meccanismo per collegare l’Europa (MCE), i finanziamenti dovrebbero rimanere una priorità assoluta al fine di accelerare e incoraggiare la diffusione delle tecnologie sviluppate nel contesto delle attività di ricerca e innovazione collegate a Clean Sky e SESAR.

6.6.

L’aviazione civile ha dimostrato di avere la capacità di ridurre il proprio impatto ambientale. Ogni nuova generazione di aeromobili in genere riduce le emissioni del 15-20 %. Il settore dell’aviazione civile è stato il primo al mondo a concordare un approccio globale per ridurre le emissioni, basato sulla «strategia a quattro pilastri»: tecnologia, operazioni, infrastrutture e una misura globale basata sul mercato.

6.7.

La prosecuzione del sostegno dell’UE alla ricerca e all’innovazione è essenziale per garantire ulteriori progressi in materia di riduzione dell’impronta ambientale dell’aviazione civile (pilastro tecnologico), dato che oltre il 70 % di tutte le attività di ricerca è connesso ad obiettivi ambientali.

6.8.

Secondo gli obiettivi del programma Flightpath 2050 del Consiglio consultivo per la ricerca aeronautica in Europa, le tecnologie e le procedure attuate dovrebbero consentire, entro il 2050, una riduzione del 75 % delle emissioni di CO2 per passeggero/chilometro, del 90 % delle emissioni di NOx e del 65 % delle emissioni acustiche percepite degli aeromobili in volo (rispetto alle capacità dei nuovi modelli standard di aeromobili nel 2000).

6.9.

Inoltre, i movimenti di aeromobili dovrebbero diventare a emissioni zero durante il rullaggio e i velivoli dovrebbero essere progettati e fabbricati in modo da essere riciclabili. L’Europa dovrebbe peraltro diventare un centro di eccellenza per i carburanti alternativi sostenibili, compresi quelli per l’aviazione, sulla base di una forte politica europea in materia di energia.

6.10.

L’Europa dovrebbe essere all’avanguardia della ricerca atmosferica e svolgere un ruolo guida nell’elaborazione di un piano d’azione in materia di ambiente che stabilisca delle priorità e nella definizione di norme ambientali su scala mondiale. Benché siano stati compiuti notevoli progressi nel quadro di Orizzonte 2020, il ritmo delle attività di ricerca e di innovazione dovrebbe essere aumentato con Orizzonte Europa, anche per quanto riguarda l’elettrificazione e l’ibridazione degli aeromobili.

7.   Digitalizzazione

7.1.

Anche la digitalizzazione (compresa l’infrastruttura digitale necessaria per tenere conto delle nuove piattaforme volanti automatizzate), la robotica e le tecnologie per la realtà virtuale e aumentata costituiranno una priorità fondamentale per la ricerca nel settore aeronautico. Insieme alla necessità di continuare a migliorare il livello di sicurezza dell’aviazione e a lavorare per la riduzione dell’impronta ambientale del settore, esse determineranno la tabella di marcia in materia di ricerca e innovazione per SESAR 3 e Clean Sky 3.

7.2.

La diffusione delle soluzioni SESAR dovrebbe essere intensificata e, per assicurarne un dispiegamento efficace all’interno dell’UE, è fondamentale istituire il CUE.

8.   Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA)

8.1.

Un ruolo internazionale più convinto per l’AESA è di fondamentale importanza per l’industria aeronautica dell’UE (compreso il settore MRO) per controbilanciare il forte ruolo internazionale che continua a svolgere l’Amministrazione federale dell’aviazione degli Stati Uniti (FAA) nel promuovere l’industria dell’aviazione americana sui mercati dei paesi terzi.

8.2.

Si dovrebbe consentire all’AESA di aprire un numero maggiore di uffici in paesi terzi con un ruolo chiave al fine di promuovere le regole di sicurezza, le politiche e le norme di certificazione europee, e di garantire che l’industria europea possa competere su un livello di parità nei principali mercati di esportazione — mediante contatti quotidiani con le autorità dell’aviazione civile di tali paesi terzi e sforzi volti ad eliminare ostacoli tecnici all’accettazione dei prodotti europei su questi mercati di esportazione.

8.3.

Gli accordi bilaterali per la sicurezza aerea con i paesi terzi dovrebbero essere ampliati al fine di ridurre la duplicazione dei controlli di sicurezza sia per l’omologazione e l’aeronavigabilità iniziale che per il mantenimento dell’aeronavigabilità e la manutenzione.

8.4.

Da ultimo, ma non meno importante, le regole dettagliate dell’AESA dovrebbero basarsi maggiormente sulle prestazioni e fare affidamento su norme industriali, in modo da consentire la diffusione di nuove tecnologie in condizioni di sicurezza e secondo modalità più efficienti e più rapide. In questo contesto va accolta favorevolmente la revisione del regolamento di base dell’AESA (regolamento 216/2008) concordata di recente.

9.   Infrastrutture

9.1.

L’industria aeronautica dell’UE trae anche vantaggio dallo stato di salute del settore UE dell’aviazione civile inteso in senso più generale (ad esempio le compagnie aeree, gli operatori di elicotteri e jet commerciali e gli altri utilizzatori dello spazio aereo), dato che un’ulteriore crescita degli utilizzatori dello spazio aereo implica la necessità di acquisire più aeromobili e la corrispondente tecnologia.

9.2.

Al riguardo, è quindi essenziale continuare ad investire in infrastrutture sicure ed efficienti sotto il profilo dei costi sia a terra che nell’aria, evitando nel contempo un’imposizione fiscale eccessiva del settore dell’aviazione.

9.3.

La strategia dell’UE per il settore dell’aviazione va pertanto accolta con favore, in quanto prevede una serie di strumenti volti a migliorare la competitività dell’industria dell’aviazione civile dell’UE in senso più generale, compresa una revisione del regolamento di base dell’AESA, una strategia per garantire la leadership dell’UE nei mercati emergenti dei sistemi aerei civili a pilotaggio remoto e dei sistemi di gestione del traffico di aeromobili non presidiati, nonché altre proposte che incidono sulla competitività del settore del trasporto aereo (revisione del regolamento (CE) n. 868/2004 ed eventuale revisione della direttiva UE concernente i diritti aeroportuali).

9.4.

A questo proposito andrebbe considerata anche la revisione del regolamento (CE) n. 1008/2008 sulle norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità, che dovrebbe garantire che il mercato unico si mantenga al passo dell’evoluzione futura. Inoltre, vista la riconosciuta necessità di un ulteriore consolidamento del settore del trasporto aereo dell’UE, occorre trovare un equilibrio tra tale obiettivo e i vantaggi per i consumatori dell’UE derivanti dalla possibilità di scegliere tra le diverse compagnie aeree e un’efficace concorrenza.

10.   Servizi di manutenzione, riparazione e revisione (MRO)

10.1.

Anche i servizi di MRO rappresentano un segmento importante dell’industria aeronautica dell’UE, e contribuiscono sia alla creazione di posti di lavoro che alle esportazioni di tali servizi da parte dell’UE. Rilanciare la competitività del settore MRO dell’UE (servizi per le compagnie aeree, i soggetti indipendenti e i costruttori di apparecchiature originali) è quindi essenziale anche al fine di consentire all’industria di continuare a creare posti di lavoro e di conquistare nuovi mercati.

10.2.

Anche il ricorso ai big data e alle nuove tecnologie per il settore MRO sarà un elemento importante da affrontare nell’ambito dei programmi di ricerca e innovazione.

11.   Gli investimenti esteri diretti (IED)

11.1.

La proposta della Commissione per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’UE [COM(2017) 487 final] migliorerà lo scambio di informazioni e la valutazione di impatto, e rafforzerà la trasparenza transnazionale, ma lascerà la decisione finale al livello nazionale. La proposta prevede inoltre che la Commissione abbia poteri di controllo per motivi di sicurezza o di ordine pubblico nei casi in cui gli IED negli Stati membri possano influire su progetti o programmi di interesse unionale.

11.2.

La proposta della Commissione va accolta con favore come un primo passo, poiché è di fondamentale importanza rispetto non soltanto agli IED nell’industria aeronautica europea e alla sua catena di approvvigionamento, ma anche a tecnologie critiche per l’industria manifatturiera dell’UE (la robotica, l’intelligenza virtuale, i big data e l’informatica).

12.   Brexit

Il settore europeo dell’aviazione è pienamente integrato, nel senso che numerosi suoi componenti attraversano più volte le frontiere nazionali prima dell’assemblaggio finale. La catena di approvvigionamento è composta da numerose imprese di grandi, medie e piccole dimensioni che operano secondo il principio del «just in time».

Il mercato unico e l’unione doganale sono di importanza cruciale, in quanto riducono gli oneri amministrativi e burocratici a carico dell’industria, con conseguente riduzione dei costi.

L’UE 27 e il Parlamento europeo hanno indicato a chiare lettere che proteggeranno l’integrità del mercato unico, ivi comprese le quattro libertà e le competenze della Corte di giustizia dell’UE, e non saranno privilegiati alcuni settori industriali a scapito di altri.

Il governo del Regno Unito ha precisato che in data 29 marzo 2019 diventerà un paese terzo.

12.1.

Occorre evitare lo scenario di una Brexit senza accordo, che sarebbe particolarmente dannoso per la competitività dell’industria aeronautica europea su scala mondiale e metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro su entrambe le sponde della Manica. È necessario trovare soluzioni per un accordo post-Brexit in materia di:

accordi doganali senza attriti, compreso il controllo delle esportazioni di beni a duplice uso;

prosecuzione della permanenza in seno all’AESA e all’Agenzia europea delle sostanze chimiche ECHA (REACH);

ricerca in materia di aeronautica civile: prosecuzione della collaborazione alle iniziative tecnologiche congiunte;

possibilità di mobilità dei lavoratori altamente qualificati attraverso le frontiere.

Occorre avviare in via prioritaria discussioni tecniche riguardanti la regolamentazione in materia di AESA ed EChA al fine di garantire l’applicazione di misure di mitigazione per ridurre al minimo eventuali perturbazioni.

I governi nazionali devono formulare chiari orientamenti per aiutare le loro imprese a prepararsi a tutti i possibili cambiamenti causati dalla Brexit, al fine di ridurre al minimo le perturbazioni.

13.   Competenze

13.1.

Il futuro successo dell’industria aeronautica dell’UE dipenderà in larga misura anche dalla sua capacità di attrarre manodopera qualificata. Nel contesto dell’invecchiamento della forza lavoro e delle nuove sfide tecnologiche (digitalizzazione, robotica, cibersicurezza, industria 4.0), si rende necessaria una strategia globale dell’UE per mettere a punto programmi UE di istruzione e formazione, che sia incentrata sulle possibilità di apprendimento permanente e sull’offerta formativa di elevata qualità.

13.2.

A livello nazionale, gli Stati membri sono incoraggiati a promuovere la scelta delle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), soprattutto tra le ragazze, sin dalla più tenera età, nonché la partecipazione ai programmi Erasmus+.

13.3.

Occorre tracciare percorsi flessibili tra il mondo del lavoro e quello dell’istruzione (apprendimento basato sul lavoro, apprendistati di qualità e iniziative di formazione settoriale) e le PMI dovrebbero ricevere un sostegno supplementare, se necessario.

13.4.

Di fronte a queste sfide sociali sostanziali e specifiche, l’industria aeronautica dell’UE potrebbe avvalersi del dialogo sociale settoriale a livello dell’UE (decisione 98/500/CE) per permettere alle parti sociali di discutere questioni specifiche.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Fonte: dati e cifre dell’Associazione europea delle industrie aerospaziali e della difesa (ASD).

(2)  Fonte: dati e cifre dell’Associazione europea delle industrie aerospaziali e della difesa (ASD).

(3)  Fonte: PWC.

(4)  Fonte: RAND, Chinese Investment in U.S. Aviation («Investimenti cinesi nell’aviazione civile»), 2017.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/8


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul «Patto europeo finanza-clima»

(parere d’iniziativa)

(2019/C 62/02)

Relatore:

Rudy DE LEEUW

Decisione dell’Assemblea plenaria

15.2.2018

Base giuridica

Articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

5.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

172/4/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE aderisce con decisione all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e all’accordo di Parigi. Tuttavia, la traiettoria che stiamo seguendo consentirebbe al massimo di limitare l’aumento della temperatura a 3 oC o più, ben al di là di quanto previsto dall’accordo di Parigi.

1.2.

Parallelamente, l’Europa ha bisogno di un nuovo slancio e di un nuovo progetto, basato sulla cooperazione e la convergenza piuttosto che sulla concorrenza, che dimostri il valore aggiunto concreto che essa può offrire ai cittadini, in particolare ai giovani. Ora è di fondamentale importanza adottare una politica europea proattiva e di indicare una rotta chiara al modello socioeconomico che vogliamo per il periodo attuale, ma soprattutto per le generazioni future.

1.3.

L’Europa deve dimostrare che essa può offrire un ambiente propizio alla creazione di posti di lavoro di qualità, ben retribuiti e rispettosi dell’ambiente, e rilanciare l’economia reale a beneficio di tutti: imprenditori, lavoratori e cittadini europei.

1.4.

Tuttavia, enormi masse di capitali alimentano nuove bolle finanziarie, invece di irrigare l’economia reale e istituzioni come l’FMI segnalano la possibilità di una nuova crisi, ancora più devastante di quella del 2008 (1).

1.5.

Il prossimo quadro finanziario pluriennale (2021-2027) deve essere funzionale allo sviluppo economico (2) e all’occupazione (3) e permettere all’UE di raggiungere i suoi obiettivi e di contribuire alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050.

1.6.

Non vi saranno né vita, né occupazione, né imprenditorialità in un pianeta morto. La lotta contro i cambiamenti climatici offre dunque un’opportunità in termini di creazione di posti di lavoro di qualità e deve poter fornire una soluzione vantaggiosa ai datori di lavoro, ai lavoratori e alla società civile. Ritardare l’adattamento, o non agire affatto, potrebbe aumentare sostanzialmente il costo totale dei cambiamenti climatici (4).

1.7.

La Commissione, la Corte dei conti europea e la Banca mondiale indicano gli stessi importi: sarà necessario investire l’equivalente di 1 115 miliardi di EUR all’anno nell’UE a partire dal 2021 per passare all’azione e conseguire gli obiettivi dell’UE per il 2030 (5). Questi 1 115 miliardi di EUR comprendono una parte significativa degli investimenti attuali che devono essere riorientati verso lo sviluppo sostenibile («destinazione verde»). Il costo della non azione ammonterebbe a 190 miliardi di EUR all’anno (pari al 2 % del PIL dell’UE) (6).

1.8.

Alla stregua delle posizioni difese da molti economisti e da numerose personalità di rilievo politico della società civile (7), è importante incoraggiare e sostenere qualsiasi progetto che possa riunire le forze europee nell’interesse dei lavoratori, delle imprese e dei cittadini europei. È questo l’obiettivo di un patto finanza-clima per posti di lavoro di qualità.

1.9.

Il patto finanza-clima mira a reindirizzare verso la lotta ai cambiamenti climatici e verso l’economia reale i capitali che potrebbero essere all’origine di una nuova bolla finanziaria. Esso deve anche essere oggetto di nuovi finanziamenti, in particolare per le piccole e medie imprese. Il patto deve costituire una nuova tabella di marcia per una leadership europea e dovrebbe dotarsi di un piano integrato (in cooperazione con la Cina e l’India, che sono attori importanti nella lotta contro i cambiamenti climatici).

1.10.

Secondo il CESE, tale tabella di marcia dovrà comprendere tutti gli aspetti della lotta contro i cambiamenti climatici: una transizione equa (misure da prendere per mitigare gli effetti dei cambiamenti, ma anche per compensare i danni e le perdite) nonché politiche reali di adattamento ai cambiamenti climatici. Bisogna privilegiare al massimo il modello dell’economia circolare (8) e migliorarne il quadro normativo. Il tutto dovrà essere finanziato con bilanci adeguati per riorientare gli investimenti attuali (destinazione verde) e con nuove fonti di finanziamento accessibili.

1.11.

Tale transizione indurrebbe la necessaria trasformazione del mercato del lavoro e potrebbe contribuire alla creazione di posti di lavoro di qualità nel quadro del pilastro europeo dei diritti sociali (9).

1.12.

È necessario accompagnare socialmente l’evoluzione verso un modello di società sostenibile e disporre di un piano d’azione per un’equa transizione in modo da non lasciare indietro nessuno.

1.13.

Tale transizione richiede investimenti considerevoli in materia di ricerca e sviluppo (R&S) e di innovazione per creare e sostenere progetti innovativi che rispondano alla tassonomia europea.

1.14.

Si tratta di non ripetere gli errori del passato (sovvenzione dei carburanti e sfruttamento eccessivo delle energie fossili) e di far cessare qualsiasi incoraggiamento a progetti dannosi per il clima e/o non in linea con l’accordo di Parigi.

1.15.

Per conseguire gli obiettivi dell’accordo di Parigi una parte significativa degli investimenti da effettuare al fine di lottare contro i cambiamenti climatici, da aggiungere ai finanziamenti pubblici, dovrebbe essere realizzata dal settore privato.

1.16.

Il patto richiede la predisposizione di un quadro politico europeo chiaro e prevedibile, a lungo termine, al fine di garantire la pianificazione degli investimenti (10). Questo quadro dovrà essere accompagnato da meccanismi di adeguamento alle frontiere per i prodotti che non siano soggetti alle stesse norme sociali e ambientali.

1.17.

Secondo il CESE, e come rilevato dalla Commissione, è fondamentale istituire un sistema di classificazione unica (tassonomia) dell’UE, per individuare i progetti sostenibili (e scartare quelli che non lo sono) e individuare i settori in cui gli investimenti possono avere l’impatto più incisivo. Il Parlamento europeo sostiene questo approccio e propone altresì l’istituzione di un marchio di qualità ecologica. Il marchio dovrebbe essere concesso agli investimenti che rispondano alla tassonomia dell’UE e alle norme più rigorose in materia di sostenibilità, nell’ottica di una destinazione virtuosa degli investimenti (11).

1.18.

I progetti da sostenere, che saranno conformi agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e che richiedono risorse ingenti per l’innovazione e la R&S, dovranno essere eseguiti attraverso uno strumento che renda possibile visualizzare le diverse fonti di finanziamento (tra cui il prossimo quadro finanziario pluriennale) e attraverso diverse azioni:

reindirizzare i finanziamenti verso investimenti sostenibili attraverso una «destinazione verde» e, in tale contesto, promuovere i prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) che hanno ottenuto il «marchio verde»;

utilizzare l’allentamento monetario quantitativo della Banca centrale europea (BCE) come fonte di finanziamento;

aumentare la quota del Fondo europeo per gli investimenti strategici assegnata alla lotta contro i cambiamenti climatici al 40 %;

destinare una quota media pari al 40 % del bilancio complessivo dell’UE (QFP 2021-2027) (QFP 2014-2020) alla lotta contro i cambiamenti climatici, in modo da dar prova di un livello di ambizione all’altezza di tale sfida;

aumentare la dotazione del Fondo europeo di coesione al di là del 20 % attuale;

mobilitare il 3 % dei fondi pensione e assicurativi;

sostenere le imprese, e in particolare le PMI, nei loro investimenti in R&S destinando a questo scopo fino a 100 miliardi di EUR

rispettare gli impegni di assistenza finanziaria nei confronti dei paesi del Sud che partecipano alla lotta contro i cambiamenti climatici;

introdurre una clausola relativa all’«accordo di Parigi» realmente vincolante negli accordi commerciali dell’UE.

2.   Introduzione

2.1.

L’articolo 3 del trattato sull’Unione europea stabilisce che essa favorisce una crescita sostenibile, rispettosa dell’ambiente. L’urgenza climatica è ormai assurta al rango di priorità assoluta, anche per il CESE, e si impone come un quadro globale per l’azione dei poteri pubblici, ma anche per gli operatori economici, i lavoratori e i cittadini. Di conseguenza, occorre organizzare e, soprattutto, finanziare una vasta transizione economica, sociale e ambientale (12).

2.2.

Pertanto, la discussione appena avviata sul prossimo quadro finanziario pluriennale dell’UE (quello per il periodo 2021-2027) dovrebbe integrare, in modo orizzontale, le questioni connesse alla sfida dei cambiamenti climatici e inquadrarsi nell’obiettivo prioritario di una transizione verso un mondo più sostenibile.

2.3.

Tale transizione indurrebbe la necessaria trasformazione del mercato del lavoro e potrebbe contribuire alla creazione di posti di lavoro di qualità nel quadro del pilastro europeo dei diritti sociali.

2.4.

L’Europa ha bisogno di un nuovo progetto per affermare il suo plusvalore e dimostrare che essa può, allo stesso tempo, offrire un ambiente propizio alla creazione di posti di lavoro di qualità ben retribuiti e rilanciare l’economia reale e sostenibile a beneficio di tutti.

2.5.

L’Europa farà parte della soluzione, in quanto farà la differenza rispetto agli altri soggetti economici internazionali se affronta, simultaneamente, la triplice equazione sociale, ambientale ed economica dello sviluppo sostenibile.

2.6.

Studi recenti dell’FMI e dell’OCSE hanno criticato il modo in cui la crisi del 2008 è stata gestita e cioè con l’adozione di politiche economiche che hanno costretto i cittadini, le imprese e i governi a tagli di bilancio.

2.7.

Sono necessari maggiori investimenti in innovazione e R&S per far fronte alle nuove sfide socioeconomiche quali la transizione energetica, l’economia circolare e collaborativa oppure ancora l’automazione e prevenire così il degrado della qualità dei posti di lavoro.

2.8.

A tali crisi, finanziaria e sociale, si sono aggiunte una crisi politica, o, in determinati paesi, forti turbolenze politiche, e una crisi ambientale.

2.9.

La lotta contro i cambiamenti climatici rappresenta quindi una necessità, ma anche un’opportunità di rifondare le nostre economie, di promuovere un modello sostenibile di crescita, di combattere meglio le disuguaglianze e di rafforzare le nostre democrazie.

3.   I fatti

3.1.

Il CESE aderisce risolutamente all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che mira a definire un insieme di obiettivi di sviluppo sostenibile per sconfiggere la povertà, proteggere il pianeta, garantire la protezione dei diritti umani e assicurare la prosperità per tutti. L’adozione di questo programma rappresenta una svolta storica in direzione di un nuovo modello che affronti le disparità economiche, sociali e ambientali nel quadro di un approccio universale e integrato.

3.2.

L’accordo di Parigi prevede di contenere entro il 2100 il riscaldamento globale ben al di sotto di 2 oC rispetto ai livelli preindustriali e, se possibile, di puntare a proseguire gli sforzi compiuti per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 oC. Tuttavia, secondo le Nazioni Unite, la traiettoria che stiamo seguendo consentirebbe al massimo di limitare l’aumento della temperatura a 3 oC (o più).

3.3.

I cambiamenti climatici hanno costi umani e finanziari molto rilevanti, a causa segnatamente dell’aumento delle catastrofi naturali: i periodi di caldo eccezionale e le inondazioni hanno contribuito alla morte di otto milioni di persone nel mondo intero dall’inizio del XX secolo, con un costo economico di 7 000 miliardi di dollari USA (13). Si osserva inoltre un aumento del numero di rifugiati per ragioni climatiche (che arriveranno a 250 milioni entro il 2050). Ne consegue che i più deboli sono anche le prime vittime dei cambiamenti climatici, che fanno aumentare le disuguaglianze. Secondo l’FMI «l’aggravarsi delle disuguaglianze mette a repentaglio una crescita economica sostenibile» (14).

3.4.

In uno scenario di status quo, in assenza di misure di adeguamento, i cambiamenti climatici previsti per il 2080 avrebbero un costo di 190 miliardi di EUR all’anno (soltanto per il costo delle assicurazioni intese a coprire i danni causati da tali cambiamenti), a prezzi costanti, per le famiglie di tutta l’UE (15).

3.5.

Anche se in materia di finanziamento della lotta contro il riscaldamento globale e i suoi effetti sono stati fatti progressi, questi non sono sufficienti. La priorità deve essere data a una finanza e un’economia sostenibili, in particolare attraverso un quadro politico chiaro, stabile e basato sugli incentivi, che deve altresì incoraggiare la realizzazione di progetti innovativi, ad alto valore aggiunto e rispettosi dell’ambiente.

3.6.

L’Europa non si è interamente ripresa dalla crisi finanziaria del 2008 e già l’FMI fa suonare il segnale di allarme e prospetta il rischio di una crisi più grave e più generalizzata di quella del 2008 (16).

3.7.

Secondo P. Larrouturou and J. Jouzel, su 2 200 miliardi di EUR creati da parte della Banca centrale europea a partire dal 2015, solo l’11 % è stato iniettato nell’economia reale, mentre l’89 % ha alimentato la speculazione e una nuova bolla finanziaria (17). Inoltre, l’OCSE ha recensito circa 800 programmi di spesa e sgravi fiscali attuati nei 35 paesi dell’OCSE e in sei grandi economie emergenti del G20, che incoraggiano la produzione o il consumo di combustibili fossili (18), politica assolutamente contraria agli orientamenti fissati nell’accordo di Parigi.

3.8.

Questi orientamenti dei finanziamenti, sia che rientrino in un approccio speculativo, sia che riguardino una destinazione che è in contraddizione con gli obiettivi di lotta contro i cambiamenti climatici che l’UE si è prefissa, comportano costi elevati, sul piano economico, sociale ed ecologico, per tutta la società europea.

3.9.

Il Parlamento europeo osserva che il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 ha dimostrato la sua incapacità di soddisfare le esigenze attuali. Inoltre, esso non è più in grado di rispondere a una serie di crisi e di nuove sfide (tra cui quelle relative all’agricoltura, all’occupazione giovanile, agli investimenti sostenibili o all’ambiente). Per questo motivo, il prossimo quadro finanziario deve ormai essere messo al servizio della grande sfida rappresentata dalla lotta contro i cambiamenti climatici e, attraverso questa, al servizio della creazione di posti di lavoro di qualità.

4.   Opportunità

4.1.

I dirigenti delle grandi imprese hanno compreso la portata delle possibilità offerte dalla lotta contro i cambiamenti climatici. Molti di essi, anzi, reputano che le imprese debbano essere parte della soluzione e sottolineano che i risultati premiano sempre di più le imprese che hanno colto le opportunità che si presentavano nei settori a bassa intensità di carbonio.

4.2.

Secondo gli imprenditori, è possibile creare nuovi posti di lavoro e innovare lungo l’asse di un’economia prospera e a basse emissioni di carbonio (19) e, allo stesso tempo generare utili per le imprese. Ciò è tanto più importante in quanto l’approccio «zero emissioni di carbonio» dovrebbe essere effettivo entro la metà del secolo per conseguire l’obiettivo di un riscaldamento inferiore a 2 oC.

4.3.

Un patto finanza-clima deve contribuire a fare della necessità di affrontare i cambiamenti climatici un’opportunità di trasformare l’industria europea e generare nuove imprese. Di qui l’importanza di investire in misura significativa nell’economia reale e nella ricerca e sviluppo per creare posti di lavoro sostenibili e di qualità.

4.4.

Il tasso di occupazione complessivo è aumentato nell’Unione europea, mentre la disoccupazione è calata in seguito alla recente ripresa economica. La disoccupazione di lunga durata, la precarizzazione dell’occupazione, soprattutto per le donne, e la disoccupazione giovanile rimangono, tuttavia, allarmanti. La transizione verso lo sviluppo sostenibile dovrebbe consentire alle imprese dinamiche e innovative di cogliere tutte le opportunità a loro disposizione e di contribuire, per quanto possibile, a ridurre la disoccupazione.

4.5.

È pertanto essenziale che l’Unione europea lavori, in collaborazione con gli Stati membri, a sviluppare un approccio coordinato che offra un ambiente propizio alla creazione di posti di lavoro sostenibili e di qualità. La Commissione deve studiare la possibilità di escludere dal calcolo del debito pubblico (20) gli investimenti pubblici che contribuiscono alla creazione di posti di lavoro di qualità e a un’economia sostenibile che vada a beneficio di tutti, imprese e lavoratori.

4.6.

L’UE incoraggia il rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri. Essa sostiene e valuta i loro sforzi, soprattutto nel quadro del semestre europeo, delle linee direttrici per l’occupazione e del monitoraggio delle politiche nazionali (relazioni congiunte sull’occupazione, programmi nazionali di riforma e raccomandazioni specifiche per paese). Essa, però, deve anche poter far coincidere le sue politiche con le finalità e gli obiettivi che sostengono una prosperità condivisa per gli imprenditori, i lavoratori e i cittadini europei.

4.7.

L’ADEME (21) ritiene che il potenziale di creazione netta di posti di lavoro connessa con il clima in Europa vari tra 5 e 6 milioni di posti di lavoro entro il 2050 e, secondo la Commissione europea, 3 milioni di posti di lavoro possono essere creati nel campo delle energie rinnovabili entro il 2020.

4.8.

La confederazione dei datori di lavoro BDI in Germania, dal canto suo, ha affermato che potrebbe conseguire l’obiettivo di una riduzione dell’80 % delle emissioni di CO2 nel 2050, se disponesse di 50 miliardi di EUR all’anno in questo arco di tempo.

4.9.

Si constata un aumento dei posti di lavoro in equivalenti a tempo pieno nell’economia verde (da 2,8 milioni nel 2000 a 4,2 milioni nel 2014). Taluni settori sono molto dinamici: le energie rinnovabili (1 milione di posti di lavoro creati dal 2000: + 182 %) o la gestione dei rifiuti (da 0,8 milioni nel 2000 a 1,1 milioni nel 2014: + 36 %).

4.10.

Tuttavia, è fondamentale che le PMI, ma anche le cooperative e le organizzazioni più piccole, presenti a tutti i livelli locali, possano anch’esse lanciarsi in progetti sostenibili e che abbiano la precedenza nell’assegnazione dei fondi. Bisogna pertanto fare in modo che l’accesso ai finanziamenti non costituisca un ostacolo per loro (22).

4.11.

Inoltre, è importante adottare un approccio a più livelli e coinvolgere tutti i soggetti pubblici e privati interessati, in modo da promuovere e integrare le iniziative, i piani e le attività delle reti di regioni, di città e di comuni che s’impegnano nella lotta contro i cambiamenti climatici e l’attuazione dell’accordo di Parigi, come affermato dal Comitato europeo delle regioni in un recente parere (23).

4.12.

Infine, il patto finanza-clima, che deve mobilitare tutte le energie e le buone volontà, sia pubbliche che private, dovrà tenere conto delle misure di accompagnamento proposte dalla Commissione, quali ad esempio la tassonomia (classificazione), l’obbligo per gli investitori istituzionali di integrare la «sostenibilità», l’informazione degli investitori, l’adeguamento dei fondi propri delle banche, il miglioramento della trasparenza per quanto riguarda la pubblicazione di informazioni da parte delle imprese o, ancora, i marchi dell’UE (suggeriti dal Parlamento europeo).

5.   Le diverse fonti di finanziamento e le azioni da intraprendere

Nuovo orientamento (destinazione verde) e nuove fonti di finanziamento

5.1.

La Commissione europea e la Corte dei conti menzionano le stesse cifre, concordando su un fabbisogno dell’ordine di circa 1 115 miliardi di EUR l’anno da destinare alla lotta contro i cambiamenti climatici e i loro effetti.

5.2.

All’interno di una dotazione di 1 115 miliardi di EUR, per il periodo 2021-2030, è necessario distinguere due categorie di progetti da finanziare (24):

da una parte, i progetti che presentano un rendimento positivo degli investimenti e che rientrano nei settori di intervento della BEI e delle banche pubbliche di sviluppo (25), delle banche private, dei fondi pensione e di assicurazione o dei fondi sovrani;

dall’altra, i progetti che necessitano di sovvenzioni pubbliche, da finanziare con contributi europei.

5.3.

Si tratta di reindirizzare tutti o parte dei finanziamenti attuali verso investimenti sostenibili, ossia «inverdire» il quadro finanziario europeo e destinare i fondi verso la lotta contro gli effetti dei cambiamenti climatici. I finanziamenti interessati sono i seguenti:

i prestiti della BEI: le banche private potrebbero far finanziare dalla BEI gli investimenti che rispondono alla tassonomia (classificazione) dell’UE;

la creazione di moneta della BCE, orientando la massa monetaria emessa con l’allentamento monetario quantitativo verso l’economia reale e sostenibile: 50 % dell’allentamento quantitativo annuo permetterebbe di liberare centinaia di miliardi di euro ogni anno;

una quota del 40 % (anziché del 20 % come oggi) del Fondo europeo per gli investimenti strategici (BEI e Commissione) dovrebbe essere destinata alla lotta contro il riscaldamento globale e le sue conseguenze, anche nelle sue dimensioni sociale ed educativa;

una quota media del 40 % del bilancio annuale dell’UE deve essere assegnata alla lotta contro i cambiamenti climatici, in modo che l’UE dia prova di un livello di ambizione all’altezza di tale sfida. Ciò vale in particolare per il Fondo europeo di coesione, che destina soltanto il 20 % dei suoi mezzi a tal fine nel bilancio per il periodo 2014-2020;

a integrazione di questi finanziamenti, il 3 % degli investimenti dei fondi pensione e assicurativi dovrebbe essere destinato alla lotta contro il riscaldamento globale.

5.4.

Uno sforzo particolare deve essere profuso nei campi della ricerca e sviluppo e della formazione professionale; 100 miliardi di EUR all’anno devono essere riservati specificamente per questo scopo. Il Comitato presenterà proposte in tempo utile affinché si possa decidere quale/i strumento/i utilizzare per integrare i finanziamenti attuali e futuri necessari a tal fine.

Le azioni da intraprendere.

5.5.

Molti strumenti finanziari possono essere messi a disposizione della lotta contro i cambiamenti climatici, ma i finanziamenti arriveranno soltanto se l’Europa dispone di un piano coerente con una direzione chiara e a lungo termine (26). Il piano dovrebbe tenere conto dei seguenti elementi:

5.5.1.

dovrà essere definito un quadro politico chiaro, stabile e a lungo termine. Si tratta di offrire sicurezza per la pianificazione e gli investimenti, in quanto niente è più negativo per la decisione d’impegnarsi che l’incertezza legata a continui cambiamenti di rotta nell’elaborazione delle politiche.

5.5.2.

La BEI è diventata, dal gennaio 2018, il maggior emittente di obbligazioni verdi nel mondo. Per consentirle di erogare prestiti a condizioni ancora più favorevoli ai promotori di progetti nell’ambito del patto finanza-clima, si potrebbero adottare due misure:

in primo luogo, sarebbe opportuno estendere il piano Juncker a tali progetti, il che consentirebbe alla BEI di beneficiare della garanzia del Fondo europeo per gli investimenti strategici.

La BEI potrebbe poi finanziarsi maggiormente presso la BCE. La BEI ha già accesso al programma di acquisto di attivi della BCE, ma per una quota molto limitata. Tuttavia, visti gli importi previsti, la BEI incontrerebbe rapidamente un problema in termini di coefficiente di capitale proprio. È per questo che si potrebbe pensare a fare della BEI la banca dello sviluppo sostenibile, con il compito di finanziare principalmente la transizione energetica, la mobilità ecologica e l’innovazione, rinunciando a finanziare progetti tradizionali cui è ancora assegnata una quota maggioritaria dei suoi prestiti.

5.5.3.

Si tratta di individuare i settori nei quali tali bilanci sarebbero più vantaggiosi e più interessanti dal punto di vista del rapporto costi/benefici per l’ambiente, i cittadini e l’economia (energia, alloggi, agricoltura, mobilità, trasporti, riciclaggio, acqua ecc.). Fermo restando che occorre garantire un accesso equo alla rete, è importante tener conto del fatto che alcuni settori sono sufficientemente redditizi e non chiedono più sovvenzioni, come, per esempio, il settore del fotovoltaico.

5.5.4.

Occorrerebbe rafforzare l’azione della BEI, non solo in termini di volume, ma anche sotto il profilo della sua capacità ad assumere maggiori rischi. La BEI, ad esempio, sarebbe più utile alla lotta contro i cambiamenti climatici attraverso il sostegno ai settori emergenti, anche di piccole dimensioni, che concedendo miliardi di euro al settore del fotovoltaico o all’eolico classici, già in gran parte finanziati dal settore privato.

5.5.5.

I finanziamenti devono tutti, come proposto dalla Commissione, rispondere ad una tassonomia (classificazione) comune dell’UE. Il CESE, in quanto rappresentante della società civile, dovrebbe partecipare alle modalità pratiche di elaborazione di tale classificazione.

5.5.6.

Bisogna privilegiare al massimo il modello dell’economia circolare e migliorarne il quadro normativo. L’economia circolare deve permettere di diminuire, o persino, con il tempo, arrestare l’estrazione di risorse naturali, grazie al riciclaggio degli oggetti (i telefoni cellulari sono riciclati solo nella misura del 3 %, altri oggetti non lo sono per nulla) e dei metalli preziosi. Tali metalli, per esempio il cobalto o il litio, utilizzati nella fabbricazione di prodotti proiettati nel futuro, sono disponibili soltanto in quantità limitate rispetto alle esigenze future, per l’elettrificazione dei veicoli e lo stoccaggio di elettricità in generale, in quanto la produzione di tali metalli è totalmente inadeguata rispetto ai bisogni che si delineano.

5.5.7.

Dovranno essere inoltre incoraggiati gli investimenti in materia di efficienza energetica degli edifici, che sono responsabili del 30 % delle emissioni di CO2 (tanto più che si tratta di investimenti rapidamente redditizi). Inoltre, occorrerà disporre di linee elettriche e gasdotti perfettamente interconnessi per realizzare un mercato energetico europeo integrato, in collegamento con l’Africa e il Medio Oriente.

5.5.8.

Ai fini di una transizione equa e sociale, come stabilito nell’accordo di Parigi e sostenuto dall’Istituto Jacques Delors (27), una parte dei finanziamenti dovrà essere destinata a un fondo di aggiustamento per le regioni e i lavoratori dei settori in transizione. A tale proposito, sarebbe opportuno che una parte sostanziale del Fondo europeo di coesione destinata alle regioni fosse assegnata agli obiettivi climatici e alle loro ricadute sociali ed economiche positive. Il fondo di aggiustamento alla transizione dovrà anche prevedere un sostegno per la riconversione dei lavoratori sul piano della formazione e dovrà anche anticipare i cambiamenti, invece di subirli, assegnando una parte dei suoi bilanci all’innovazione e alla R&S nei settori che sono stati classificati come prioritari.

5.5.9.

In ogni accordo di libero scambio, le clausole sociali e ambientali dovrebbero essere completate da un impegno vincolante a rispettare l’accordo di Parigi. (Tutti i potenziali partner commerciali dell’Europa ne sarebbero interessati, dato che 195 dei 197 membri delle Nazioni Unite ne sono firmatari).

5.5.10.

Per sottolineare l’estrema importanza politica di questa azione, le risorse finanziarie e di bilancio accantonate su tale base dovrebbero essere eseguite mediante uno strumento che consenta di visualizzare, in maniera effettiva e trasparente, i fondi interessati.

5.5.11.

Inoltre, anche se ciò non rientra direttamente nel quadro di un fondo europeo finanza-clima, l’UE deve rispettare i propri impegni politici internazionali (conferenza delle Nazioni Unite sul clima del 2009), che consistono nel provvedere 100 miliardi di USD all’anno per finanziare la lotta contro i cambiamenti climatici in Africa e nella regione del Mediterraneo a partire dal 2020.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER,


(1)  https://www.theguardian.com/business/2018/oct/03/world-economy-at-risk-of-another-financial-crash-says-imf; IMF: Global Financial Stability Report October 2018.

(2)  Parere del CESE (adottato il 19.9.2018 ma non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale) in merito al Quadro finanziario pluriennale, punto 3.1.8.

(3)  CESE. ECO Priorities for 2018 and beyond (Priorità della sezione ECO per il 2018 e oltre).

(4)  OCSE. The Economic Consequences of Climate Change (Le conseguenze economiche dei cambiamenti climatici), 2.9.2016.

(5)  Commissione europea. Impact assessment accompanying the document Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council amending Directive 2012/27/EU on Energy Efficiency (Valutazione d’impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica) SWD(2016) 405 final/2 del 6.12.2016, tabella 22 (scenario EUCO30 — fonte: modello Primès);

Corte dei conti. https://www.euractiv.fr/section/climat/news/la-cour-des-comptes-fustige-linefficacite-de-la-politique-climat-de-lue/.

(6)  M. Ciscar et alii. Climate Impacts in Europe. The JRC PESETA II Project (Le conseguenze climatiche in Europa. Il progetto PESETA II del JRC), 2014.

(7)  https://www.pacte-climat.eu/en/the-first-signatories-of-the-call/

(8)  Parere del CESE sul tema Investire in un’industria intelligente, innovativa e sostenibile — Una rinnovata strategia di politica industriale dell’UE, (GU C 227 del 28.6.2018, pag. 70).

(9)  Parere del CESE sul tema Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali, (GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10).

(10)  Parere del CESE sul tema Costruire una coalizione della società civile e degli enti subnazionali per rispettare gli impegni dell’accordo di Parigi, (GU C 389 del 21.10.2016, pag. 20).

(11)  Relazione del 4 maggio 2018 sulla finanza sostenibile [2018/2007(INI)], relatrice Molly Scott Cato.

(12)  Parere del CESE sul tema Piano d'azione per finanziare la crescita sostenibile.

(13)  Studio di James Daniell, Istituto di tecnologia di Karlsruhe, aprile 2016.

(14)  https://blogs.imf.org/2017/02/22/the-imfs-work-on-inequality-bridging-research-and-reality/.

(15)  M. Ciscar et alii. Climate Impacts in Europe. The JRC PESETA II Project (Le conseguenze climatiche in Europa. Il progetto PESETA II del JRC), 2014.

(16)  https://www.theguardian.com/business/2018/oct/03/world-economy-at-risk-of-another-financial-crash-says-imf; IMF: Global Financial Stability Report October 2018.

(17)  J. Jouze e P. Larrouturou. Pour éviter le chaos climatique et financier (Per evitare il caos climatico e finanziario), edizioni Odile Jacob.

(18)  OECD Companion to the Inventory of Support Measures for Fossil Fuels 2015 (Rapporto che accompagna l’inventario dell’OCSE delle misure di sostegno ai combustibili fossili).

(19)  Paul Polman, amministratore delegato di Unilever, e Jean-Pascal Tricoire, amministratore delegato di Schneider Electric e presidente del Pacte mondial France, in occasione del vertice Business & Climate http://www.businessclimatesummit.com/summit/2015/press-room

(20)  Parere del CESE sul tema Finanziare il pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1).

(21)  Agenzia francese per l’ambiente e la gestione dell’energia.

(22)  Parere del CESE sul tema Dopo Parigi, (GU C 487 del 28.12.2016, pag. 24).

(23)  Parere del CdR sul tema Finanziamenti per il clima: uno strumento essenziale per l’attuazione dell’Accordo di Parigi, (GU C 54, 13.12.2018, pag. 9).

(24)  Fonte: Philippe Maystadt, ex presidente della BEI.

(25)  KfW in Germania, CDC in Francia, CDP in Italia, ICO in Spagna.

(26)  Jeffrey Sachs — audizione del CESE del 18 maggio 2018.

(27)  http://institutdelors.eu/wp-content/uploads/2018/01/Pactesocialtransitionénergétique-FernandesPellerinCarlin-janvier18.pdf.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/16


Parere del comitato economico e sociale europeo sugli «Sviluppi strategici in materia di politica industriale all’orizzonte 2030, al fine di rafforzare la competitività e la diversità della base industriale dell’Europa e di concentrarsi sulla redditività a lungo termine all’interno delle catene globali del valore»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza austriaca)

(2019/C 62/03)

Relatore:

Carlos TRIAS PINTÓ

Correlatore:

Gerald KREUZER

Consultazione

Presidenza austriaca del Consiglio dell’UE, 12.2.2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

25.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

158/9/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La politica industriale dovrebbe individuare e cogliere le opportunità per una crescita futura sostenibile e inclusiva a livello globale. Nessuno dovrebbe essere lasciato indietro.

1.2.

L’Europa deve mantenere il suo obiettivo ambizioso di riportare la quota della produzione industriale ai livelli precedenti, regolando questo obiettivo in funzione dei principali indicatori della performance. La politica industriale dell’Europa (a livello delle direzioni generali delle istituzioni europee competenti, degli Stati membri e delle regioni) deve essere migliorata, in quanto è un elemento costitutivo delle complesse catene del valore transfrontaliere nel quadro di un mercato sempre più globalizzato. È necessario un approccio globale che concili lo stimolo alla crescita e la risposta alle sfide climatiche e ambientali e ai problemi sociali nella progettazione di una «transizione equa», atta a unire i fattori propulsivi nazionali e dell’UE.

1.3.

Il termine rEUnaissance indica un vero e proprio piano generale per l’industria europea, che integri la politica industriale in tutte le politiche dell’UE, consenta la trasformazione industriale necessaria per fare dell’Europa la più grande economia basata sulla conoscenza, generi valore aggiunto industriale attraverso la creatività, la progettazione intelligente e l’innovazione sociale e promuova nuovi modelli industriali sostenibili e inclusivi (il marchio «made in Europe»).

1.4.

Se si vuole che le politiche dell’UE in materia di clima e di economia circolare creino posti di lavoro in Europa, è di cruciale importanza che i segmenti fondamentali della catena del valore legata a queste politiche siano situati in Europa. È quindi importante che la strategia dell’UE riconosca la rilevanza delle catene del valore e contempli misure ambiziose atte a svilupparle ulteriormente. Piuttosto che concentrarsi su singoli settori, la strategia dovrebbe far sì che le condizioni operative presenti in Europa esercitino un forte richiamo. Occorre fare in modo che l’Europa mantenga il suo ruolo nell’economia mondiale; e a tal fine la misura del successo dovrebbe essere la capacità di integrare le singole catene del valore europee nelle catene del valore globali: i fornitori europei dovrebbero cioè essere in grado di competere a livello mondiale e non solo in Europa.

1.5.

I miglioramenti nell’istruzione e nella formazione per le nuove occupazioni e i nuovi servizi dovrebbero essere strettamente connessi anche alle politiche di R+S+i e alla promozione dell’apprendimento basato sul lavoro, così da estendere l’agenda per le competenze (1) a comparti industriali d’importanza cruciale come i settori edilizio, siderurgico, cartario, delle tecnologie «verdi» e delle fonti di energia rinnovabili, manifatturiero e del trasporto marittimo.

1.6.

Per garantire la leadership tecnologica dell’Europa, il CESE raccomanda inoltre di intensificare gli investimenti in tecnologie dirompenti che imprimano una svolta, come ad esempio l’intelligenza artificiale e la robotica, l’Internet degli oggetti, l’analisi dei dati, la stampa in 3D, i nuovi materiali e i nanomateriali, la realtà virtuale aumentata, la bioeconomia, gli alimenti sostenibili, le tecnologie digitali, le neurotecnologie, la nanoelettronica, l’esplorazione degli oceani e dello spazio.

1.7.

Il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 deve provvedere nel modo più specifico e dettagliato possibile ad assegnare risorse di bilancio supplementari a ciascun settore, in particolare alle politiche di coesione e in materia di R+S+i.

1.8.

Il CESE sottolinea che la governance istituzionale andrebbe rafforzata, anche per quel che concerne la valutazione dell’impatto a livello non solo economico, ma anche sociale e ambientale lungo l’intera catena di valore.

1.9.

Nell’ottica di aumentare la sostenibilità dell’intera catena del valore industriale, il CESE appoggia con convinzione la tabella di marcia della Commissione sul finanziamento della crescita sostenibile (2), attraverso l’elaborazione di una tassonomia della finanza sostenibile che riorienti il risparmio responsabile verso investimenti sostenibili rafforzando gli investimenti strategici europei (giusta combinazione del previsto fondo InvestEU e di apporti finanziari dal settore privato).

1.10.

Il CESE ribadisce il suo saldo sostegno a favore della regola d’oro sugli investimenti pubblici, non soltanto nel cofinanziamento di progetti d’investimento strategici ma anche in tutti i progetti d’investimento sostenibili connessi a concreti passi avanti verso un sistema europeo di classificazione (o tassonomia) delle attività sostenibili, allo scopo di offrire nuove opportunità di sviluppo ai paesi europei più penalizzati dalla crisi.

1.11.

Strumenti di finanziamento: creazione di condizioni di parità, concessione di finanziamenti pubblici per progetti su scala industriale (fino al 75 % o più, se giustificato, dei costi di investimento), aumento dei prestiti agevolati e maggiore accesso al credito. Accesso alle sovvenzioni pubbliche per azioni tese a eliminare i rischi (de-risking) in progetti innovativi intrinsecamente ad alto rischio.

1.12.

I settori più produttivi (con il massimo valore aggiunto) sono anche quelli in cui l’innovazione è maggiore. Inoltre, i settori soggetti a una normativa ambientale più rigorosa sono anche caratterizzati da un numero maggiore di brevetti, probabilmente per effetto della pressione normativa (3).

1.13.

Uno dei principali fattori del costo normativo è rappresentato dall’attuazione delle politiche dell’UE mediante atti delegati o di esecuzione. Procedure tecnocratiche di conformità, che non definiscono i metodi più efficienti sul piano dei costi per raggiungere i risultati normativi auspicati, rallentano la capacità di innovazione degli operatori del settore, in particolare le PMI.

1.14.

Lo sviluppo sostenibile e la competitività devono andare di pari passo. Il CESE chiede che le norme dell’UE in materia di prodotti debbano essere rispettate sia dai produttori europei che da quelli di paesi terzi e che siano fatte applicare alle frontiere dell’Unione. Infatti, le importazioni di prodotti che non rispettano le norme ambientali e sociali europee fanno sì che i settori industriali dell’UE incontrino seri ostacoli nel soddisfare i bisogni e le istanze della società in termini di sostenibilità.

1.15.

La Commissione europea dovrebbe monitorare attentamente la corretta attuazione degli accordi di libero scambio (ALS) dell’UE, anche in relazione alla semplicità e alla chiarezza delle disposizioni pertinenti. Negli ALS, capitoli sulla sostenibilità devono promuovere l’attuazione delle norme fondamentali dell’OIL in materia di lavoro e dei principi guida dell’ONU su imprese e diritti umani (4), stabilendo condizioni trasversali minime inderogabili (diritti delle persone vulnerabili, buona governance di bilancio ecc.). Occorrerebbe garantire la reciprocità nelle relazioni commerciali (ad esempio in tema di investimenti, appalti pubblici e sovvenzioni).

1.16.

È necessario un dialogo sociale a largo raggio a vari livelli per condurre un’analisi adeguata e fornire risposte comuni alle catene globali del valore, nel quadro di imprese sostenibili in cui i lavoratori abbiano voce in capitolo.

1.17.

Il CESE invita la Commissione europea a inserire la competitività e la leadership industriali tra le massime priorità politiche e a lanciare un programma europeo di strategia industriale. Esorta inoltre la Commissione a pubblicare una relazione annuale sui risultati della strategia industriale dell’UE che prenda in esame tutti i settori politici pertinenti di competenza della Commissione stessa.

2.   Tendenze generali — Un solo mondo

2.1.

Oggi l’industria sta attraversando una fase di profonda trasformazione connessa alle enormi potenzialità della trasformazione digitale e di un’economia a basse emissioni di carbonio. Le fonti di energia rinnovabili prenderanno il posto dei combustibili fossili, i dati stanno diventando la nuova materia prima dominante e Internet (l’Internet degli oggetti) è diventato il metodo di comunicazione più importante. I modelli di produzione lineare cederanno il passo a sistemi di produzione/consumo/riciclo più circolari, mentre la fabbricazione in serie sarà sostituita da processi di produzione su misura. Essere un’industria moderna significa produrre e innovare all’interno di una rete di operatori che collaborano strettamente tra loro, dalle grandi imprese fino alle PMI, arrivando ai servizi collegati lungo la catena del valore. La conoscenza ha preso il posto della manodopera e del capitale quale fattore più importante nella creazione del valore. La strategia industriale a lungo termine dell’Europa deve tener conto di tutte queste sfide (di portata dirompente) per entrare, attraverso una transizione paragonabile solo al passaggio dal paleolitico al neolitico, in una nuova fase della storia umana: la cosiddetta era infolitica (5).

2.2.

La maggior parte della ricerca accademica avverte che, per effetto della diffusione delle tecnologie e della robotica, da qui al 2030 circa scomparirà dal 20 al 50 % dei posti di lavoro, a seconda del settore considerato (6). Saranno tuttavia creati nuovi posti di lavoro, sebbene con maggiori disparità in termini geografici, settoriali e di competenze. La sfida cui la politica industriale europea deve far fronte consiste nell’evitare che l’UE, le sue regioni e i suoi cittadini rimangano esclusi.

2.3.

La trasformazione digitale sta interessando tutte le principali risorse del settore industriale, siano esse connesse alla natura e all’ambiente oppure al lavoro e al capitale (sul piano fisico, tecnologico e istituzionale). Per gestirne in modo appropriato le ripercussioni sociali, è necessaria una nuova valutazione delle principali risorse o del capitale sociale da cui proverranno, paese per paese e settore per settore, i flussi di reddito più importanti.

2.4.

Ampi settori dell’industria europea fanno sempre più assegnamento sulle esportazioni verso paesi terzi, oppure fanno parte di complesse catene del valore transfrontaliere nel quadro di un mercato sempre più globalizzato. Allo stesso tempo, l’UE deve fare fronte al diffondersi degli effetti delle politiche che pongono gli Stati Uniti al primo posto («America First»), politiche che fanno aumentare il rischio di guerre commerciali da cui nessuno uscirebbe vincitore, generando soltanto sconfitti. Tali politiche rappresentano altresì una minaccia per l’ordine economico multilaterale scaturito dalla seconda guerra mondiale. Infine, bisogna ricordare che stanno emergendo modelli economici centralizzati a guida statale.

2.5.

Una transizione equa verso un’industria più sostenibile all’orizzonte 2050 (7) esige che l’Europa affronti le seguenti sfide:

i continui cambiamenti climatici e il deterioramento delle condizioni ambientali;

l’esaurimento delle risorse naturali del pianeta e la perdita di biodiversità;

la digitalizzazione della maggior parte dei settori industriali, che renderà indistinti i confini tra i settori e tra il mondo fisico e quello virtuale e permetterà l’ingresso di nuovi operatori con la conseguente riduzione del lavoro manuale;

le disuguaglianze sociali, ad esempio con la crescente polarizzazione del mercato del lavoro, la disoccupazione giovanile e le persone lasciate indietro nelle regioni industriali in declino;

la perdita di fiducia (da parte dei cittadini) nei governi, nella classe dirigente politica, nell’UE e nelle sue strutture di governance, come anche in altre istituzioni;

le sfide sul piano demografico: l’invecchiamento della popolazione, le migrazioni, la forte crescita della popolazione mondiale e una nuova consapevolezza ambientale;

la concentrazione della popolazione nelle megalopoli, con l’integrazione delle reti infrastrutturali, dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico e profondo;

il mutare delle preferenze dei consumatori (comportamenti di consumo diversi, maggiore consapevolezza ambientale, regolamentazione dei comportamenti di consumo da parte delle autorità pubbliche).

Una visione a lungo termine dovrebbe tener conto di tutte queste tendenze allo stesso tempo. Una delle maggiori priorità della politica industriale europea consisterà nel comprendere le sfide e capire come trasformarle in opportunità. L’elaborazione delle risposte a queste sfide è un esercizio complesso che richiede il coinvolgimento di tutte le parti interessate, le quali devono condividerne la responsabilità; e il buon esito di questo processo dipende dagli sforzi e dalla cooperazione tra le istituzioni dell’UE, gli Stati membri e le regioni, ma soprattutto dal contributo attivo dell’industria stessa.

3.   La transizione: un’UE impegnata a rimanere competitiva attraverso la sostenibilità

3.1.

Per affrontare le molteplici e inedite sfide che si profilano per l’industria, l’Europa ha scelto di rafforzare la sua competitività migliorando la qualità dei suoi prodotti e servizi, nonché attuando una strategia di differenziazione per regioni e settori industriali, allo scopo di generare crescita e occupazione attraverso il valore aggiunto ottenuto con la creatività e una progettazione intelligente, l’innovazione sociale e nuovi modelli industriali sostenibili e inclusivi.

3.2.

In Europa stanno già emergendo alcuni indicatori incoraggianti, come il 40 % dei brevetti mondiali nel settore delle tecnologie rinnovabili. Sono tuttavia osservabili nuovi e gravi squilibri tra i sistemi d’istruzione e formazione, le iniziative imprenditoriali e le nuove competenze richieste dall’industria.

3.3.

Un altro grande freno allo sviluppo industriale in tutta l’Europa è ravvisabile nella frammentazione delle politiche dell’Unione europea, in termini sia geografici che settoriali. Il passaggio da 28 politiche diverse per ogni settore industriale a una politica industriale europea con un approccio globale richiede la sincronizzazione con le misure volte a completare l’UEM (e in particolare le unioni di bilancio e bancaria), lo sviluppo di un mercato su scala europea per il capitale di rischio e l’adozione di un modello di finanziamento sostenibile che assicuri una crescita equilibrata e armonizzata in tutta l’Unione europea.

3.4.

Capire se una maggiore innovazione verde rafforza l’innovazione in altri settori, ripercuotendosi anche sui prezzi dei fattori produttivi dell’industria, significa compiere un passo importante non solo verso una migliore valutazione degli effetti della politica ambientale sulla competitività dei paesi, ma anche verso una migliore pianificazione della politica ambientale stessa.

3.5.

È inoltre necessario prestare molta attenzione al potenziale delle PMI nei comparti che forniscono servizi innovativi di alto livello basati sulla conoscenza. In genere, l’innovazione in Europa nasce spesso in strutture di piccole dimensioni, e l’esportazione di servizi di alto livello basati sulla conoscenza ha un ruolo pionieristico per il posizionamento di mercato delle industrie collegate.

3.6.

Se l’Europa vuole riconquistare la leadership dell’industria della conoscenza o del capitale immateriale, la cooperazione industriale e il coordinamento tra gli Stati membri assumono un’importanza fondamentale nello sviluppo dell’innovazione europea. Il CESE tiene a sottolineare l’importanza del comune interesse europeo e dei partenariati innovativi tra settore pubblico e settore privato, oltre che della cooperazione regionale in ogni aspetto e fase delle strategie di specializzazione intelligente.

4.   Una strategia globale e olistica

4.1.

Le economie più capaci di generare valore aggiunto sono quelle maggiormente coinvolte nelle catene globali del valore (CGV). Di conseguenza, l’UE dovrebbe opporsi con maggiore determinazione al neoprotezionismo, che potrebbe rendere ancora più grave il recente stallo del processo di crescita del coinvolgimento in queste catene.

4.2.

Vi è l’opportunità di legare le catene globali del valore al tessuto economico locale, promuovendo lo sviluppo delle economie locali assieme a tecnologie dirompenti (block chain, stampanti 3D, robotica, Internet degli oggetti, stoccaggio di energia, energie rinnovabili, megadati, biogenetica, nanotecnologie ecc.) con un approccio inclusivo: esse possono infatti anche creare le condizioni per una produzione locale con fattori produttivi a costi inferiori, specialmente ove venga adottato (e adeguatamente disciplinato) il modello del prosumatore, promuovendo lo sviluppo di microimprese produttive e inclusive, in complementarità con le principali CGV.

4.3.

Il nuovo paradigma della sostenibilità come fattore di competitività, imperniato su un approccio di lungo termine, punta a mobilitare, allineare e garantire risorse pubbliche e private sufficienti per conseguire gli obiettivi fissati nelle politiche dell’UE. La disponibilità di risorse sufficienti è indispensabile per assicurare una trasformazione equa, equilibrata e inclusiva, in cui nessuno sia lasciato indietro o escluso dalla competizione e in cui gli interessi pubblici (come la protezione dei consumatori, la salute, la sicurezza e la qualità) continuino a figurare tra le massime priorità.

4.4.

Le iniziative e alleanze settoriali dell’industria europea volte a modellare la nuova agenda per le competenze, nonché a compilare un catalogo di iniziative ben strutturate per rafforzare o adeguare i programmi esistenti (Erasmus+, la nuova agenda europea per la cultura ecc.) e attuarne di nuovi, devono essere applicate nell’intera UE a 27 Stati il prima possibile, garantendo il rispetto della diversità geografica e lo stretto coinvolgimento degli enti locali.

4.5.

Al tempo stesso, il CESE appoggia fermamente lo slancio impresso ai forum di dialogo multipartecipativo, allo sviluppo congiunto di strategie innovative e di progetti pilota con valore dimostrativo, alla sperimentazione congiunta e allo scambio di buone pratiche, nonché la disponibilità a seguire e valutare i progetti in modo dettagliato. Il CESE sottolinea inoltre che devono essere coinvolti tutti gli attori della catena del valore industriale, così come i consumatori. A questo proposito, merita ricordare qui la tavola rotonda industriale ad alto livello, il gruppo ad alto livello sulle industrie ad alta intensità energetica e il gruppo ad alto livello Competitività e crescita.

4.6.

È essenziale migliorare la capacità dell’UE di realizzare investimenti e di colmare il divario tra la formulazione delle politiche settoriali e gli investimenti finanziari, aumentando gli stanziamenti a favore del FEIS 2.0 e dei fondi strutturali connessi agli investimenti (per raggiungere le regioni e le popolazioni che sono rimaste indietro negli anni della crisi) e destinando il recente avanzo esterno dell’UE e quello degli enti pubblici a investimenti che modernizzino le infrastrutture industriali dell’UE, contribuendo così all’aumento della produttività e alla crescita economica.

5.   Governance istituzionale dell’industria dell’UE

5.1.

I piani d’azione per il settore industriale dovrebbero tener conto dei piani d’azione dell’UE per il lungo termine (UE2020, piani in materia di clima ecc.). La creazione di sinergie tra le differenti iniziative politiche (per l’economia circolare, l’innovazione, i trasporti, il commercio, le competenze, la politica regionale) contribuirebbe sicuramente ad aumentarne al massimo l’impatto.

5.2.

La trasparenza è un fattore decisivo per assicurare il buon esito di questo processo. L’industria nel suo complesso deve «agire e comunicare» fornendo informazioni di alta qualità (pertinenti, verificabili e comparabili) che consentano la precisa misurazione degli impatti finanziari e non finanziari sull’intera catena globale del valore di un prodotto.

5.3.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (17 OSS, articolati in 169 traguardi) e l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici fungono da incentivo per il bene comune, ma vi è urgente necessità di adattare e ampliare gli indicatori mediante una metodologia comune che combini parametri quantitativi e parametri qualitativi oltre a valutare in termini monetari le esternalità. La nuova serie di indicatori deve comprendere quelli relativi alla dimensione del cambiamento del valore globale, rispecchiando i valori dell’Unione europea.

5.4.

Il CESE chiede che vengano introdotti codici di condotta per i segmenti internazionalizzati della catena del valore di un prodotto o servizio europeo (come ad esempio gli alimenti sostenibili), dato che molti di essi sfuggono a una governance giuridica. Chiede inoltre una vigilanza di mercato più attenta e l’introduzione di misure dissuasive o sanzioni contro le pratiche dannose per la sostenibilità, come ad esempio l’obsolescenza programmata.

5.5.

Rafforzare la ricerca e l’innovazione responsabili nel quadro di un approccio dal basso. Previsioni più accurate riguardo ai singoli settori, regione per regione, e allineamento degli investimenti con gli obiettivi strategici dell’UE per il 2030 e con le prospettive per il 2050 (8). L’UE dovrebbe inoltre assicurarsi che la prima applicazione dei risultati della R&S finanziata con fondi pubblici abbia luogo all’interno dell’UE. Bisognerebbe finalmente raggiungere l’obiettivo di portare gli investimenti in R&S al 3 % del PIL (attualmente sono pari solo all’1,9 %, quindi inferiori a quelli della Cina, che destina alla R&S il 2,2 % del PIL). L’introduzione delle tecnologie dirompenti deve essere accompagnata da tabelle di marcia che affrontino le sfide e le condizioni legate alla loro diffusione (compreso l’impatto sul piano economico, normativo e sociale).

5.6.

Il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 deve provvedere nel modo più specifico e dettagliato ad assegnare risorse di bilancio supplementari a ciascun settore, in particolare alle politiche di coesione e in materia di R+S+i. Il sostegno pubblico dovrebbe essere aumentato in tutte le fasi del ciclo di innovazione, anche per le imprese in fase di avviamento, i progetti dimostrativi e pilota, i progetti di RST (ricerca e sviluppo tecnologico) in collaborazione, la diffusione delle tecnologie ecc.

5.7.

L’Unione dei mercati dei capitali dell’UE e lo sviluppo industriale dovrebbero consentire la mobilitazione del risparmio sia pubblico che privato attraverso canali sicuri che vadano dall’investimento socialmente responsabile (ISR) alla responsabilità sociale delle imprese (RSI). La certificazione EMAS potrebbe inoltre ottimizzare e bilanciare i rendimenti finanziari con vettori per la sostenibilità.

5.8.

Realizzare una transizione strategica equa all’orizzonte del 2030 significa non soltanto innovare per i cittadini e investire in posti di lavoro per i lavoratori, ma anche innovare con i cittadini e i lavoratori, permettendo loro di trovare nuovi lavori dignitosi. A tale proposito, il CESE sottolinea che l’industria manifatturiera deve rimanere tecnologicamente neutra.

6.   Rendere più ambizioso il piano d’azione per l’industria europea

6.1.

La costruzione di una società della conoscenza rappresenta una delle condizioni basilari per un’industria innovativa e concorrenziale. L’Europa, non potendo competere sul piano salariale con le economie emergenti, dev’essere più intelligente. Le competenze rivestono un’importanza cruciale per i lavoratori, consentendo loro non solo di trovare più facilmente un impiego, ma anche di avere un posto di lavoro più sicuro, integrarsi nella società e fruire di migliori opportunità nella vita. È dunque necessario investire nel perfezionamento e nella riqualificazione professionali permanenti, promuovendo un’istruzione, una formazione e uno sviluppo professionale di qualità lungo tutta l’arco della vita lavorativa. È necessaria una «nuova agenda per le competenze per l’Europa» più ambiziosa, che porti a una revisione del quadro europeo delle competenze fondamentali, in modo che i cittadini acquisiscano le conoscenze e le abilità di cui l’industria ha bisogno per accrescere la resilienza dell’economia europea e per promuovere lo sviluppo sostenibile (traguardo 4 degli OSS delle Nazioni Unite).

6.2.

Migliorare i meccanismi di trasferimento delle conoscenze tra università e centri di ricerca da un lato e imprese e lavoratori dall’altro.

6.3.

Molto spesso le PMI fungono da apripista nello sviluppo di beni e servizi innovativi di alto livello, ma in molti casi non dispongono dei mezzi necessari per introdurre queste innovazioni in mercati più ampi. In linea con le priorità della politica industriale dell’UE all’orizzonte del 2030, è necessario un ampio ventaglio di possibili incentivi e benefici (che faccia leva sulla forza della rete pubblica paneuropea basata su ricompense) pensati specialmente in funzione delle PMI ma che tengano conto anche dei liberi professionisti in quanto pionieri nella prestazione, anche all’estero, di servizi innovativi di alto livello basati sulla conoscenza:

per quanto concerne gli appalti pubblici strategici, che rappresentano uno strumento importante della politica industriale, bisognerebbe sfruttare appieno il loro potenziale inserendo criteri di selezione innovativi, ecologici e sociali nelle gare d’appalto pubbliche, invece di cercare soltanto di spuntare il prezzo più basso; e l’UE dovrebbe aiutare le autorità competenti ad agire in tal senso fornendo orientamenti e assistenza, contribuendo alla pianificazione di grandi progetti infrastrutturali e rafforzando lo scambio di buone prassi;

sostegno all’internazionalizzazione;

appositi spazi («sandbox») per la sperimentazione multipartecipativa e un sostegno alla preventiva convalida delle soluzioni innovative;

cluster (settoriali, orizzontali e verticali) e incubatori di imprese in fase di avviamento, che rafforzino i legami tra gli attori industriali per la condivisione e lo scambio di risorse;

consulenza specializzata e ad alto valore aggiunto, incontri periodici tra le imprese in fase di avviamento e quelle già affermate nel settore d’interesse, per cooperare in merito a piani e iniziative;

agevolazioni fiscali e garanzie pubbliche a sostegno degli investimenti;

ecc.

6.4.

Incentivare la conoscenza e il consolidamento di nuovi modelli economici sostenibili (9) attraverso la promozione dell’innovazione sociale (nuovi modi, incentrati sulle persone, di soddisfare le esigenze della società) per effetto dell’applicazione dei metodi emergenti.

6.5.

Occorre prestare un’attenzione particolare alle regioni meno sviluppate e a quelle interessate da una transizione industriale. Le agenzie di sviluppo locale e il ventaglio di strumenti a loro disposizione devono servire da motore per la creazione di «microclimi» o «ecosistemi» che riuniscano e catalizzino le crescenti sinergie tra industria manifatturiera e servizi, partendo dalle esigenze degli individui e delle singole aree.

6.6.

Il ruolo del commercio internazionale è fondamentale per far fronte alle sfide insite in un’industria sostenibile. Revisione e miglioramento dei trattati e degli accordi preferenziali di libero scambio (dal GATT al TTIP) con l’introduzione di un certo grado di condizionalità legata agli impegni in materia di sostenibilità. Fissazione di posizioni non negoziabili (le «linee rosse»): governance giuridica e fiscale, risoluzione delle divergenze con le giurisdizioni off-shore, soglie minime in campo sociale ed ambientale. Occorrerebbe garantire la reciprocità nelle relazioni commerciali (ad esempio in tema di investimenti, appalti pubblici e sovvenzioni).

6.7.

Creazione di un’agenda settoriale per la gestione equilibrata della transizione verso un’economia circolare a basse emissioni di carbonio: fissazione di obiettivi per settore e area geografica, introduzione di tabelle di marcia che tengano conto delle circostanze reali, dell’impatto dei costi dell’energia e di altri fattori produttivi.

6.8.

La ristrutturazione industriale per l’era digitale trasformerà l’industria europea in un sistema produttivo ad alta intensità di informazioni e conoscenze, ragion per cui il CESE tiene a sottolineare le seguenti priorità:

promuovere appieno il ricorso alle tecnologie dell’informazione nell’affrontare le sfide sociali;

sviluppare un’infrastruttura digitale «ad alte prestazioni» su scala europea;

affrontare le notevoli disparità esistenti in termini di digitalizzazione tra le regioni, nonché tra le piccole imprese e quelle di grandi dimensioni;

accelerare lo sviluppo di standard per le TIC;

affrontare la dimensione sociale della digitalizzazione (impatto sull’occupazione dal punto di vista qualitativo e quantitativo, regolamentazione dell’economia collaborativa per evitare la concorrenza sleale);

accrescere l’alfabetizzazione digitale a tutti i livelli professionali; promuovere le competenze digitali a tutti i livelli d’istruzione (dalla scuola di ogni ordine e grado fino all’apprendimento permanente);

definire nuove norme per la tassazione dell’economia digitale;

garantire la sicurezza informatica.

6.9.

Un’energia sicura, sufficiente e sostenibile rappresenta una delle massime priorità sia per l’industria che per la società. Le energie da fonti rinnovabili devono essere disponibili a un prezzo concorrenziale. Affinché ciò sia possibile, sarà necessario, tra l’altro, effettuare ingenti investimenti nelle reti intelligenti e nell’interconnettività, nonché in tecnologie innovative per lo stoccaggio dell’energia. Un impiego intelligente del carbonio contribuirà inoltre a riutilizzare il carbonio da rifiuti e l’idrogeno, attualmente destinati alla combustione, per generare energia e per produrre combustibili sintetici e prodotti chimici di sintesi. L’impiego di questi prodotti potrebbe accelerare in misura significativa la riduzione globale di CO2 in tutta una serie di settori legati tra loro: quelli siderurgico, chimico e dei trasporti. La direttiva sulle energie rinnovabili dovrebbe promuovere l’impiego di questi combustibili sintetici o di queste materie prime a destinazione energetica.

6.10.

Il CESE desidera sottolineare l’importanza dei piani d’azione per i settori e le catene del valore con un forte potenziale di crescita ai fini del potenziamento strutturale dei settori tradizionali, nonché ai fini del sostegno alla decarbonizzazione nelle industrie ad alta intensità energetica.

6.11.

La politica industriale dovrà prestare particolare attenzione al settore dei trasporti, che è alle soglie di un paradigma completamente nuovo, date le molte e dirompenti innovazioni tecnologiche che vi si stanno sviluppando simultaneamente: basti pensare ad esempio all’elettrificazione, alla digitalizzazione della produzione, alle automobili connesse e automatizzate e all’integrazione dei trasporti privati e di quelli collettivi.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  È in fase di attuazione il piano per la cooperazione settoriale sulle competenze.

(2)  COM(2018) 97 final.

(3)  ftp://ftp.unibocconi.it/pub/RePEc/bcu/papers/iefewp69.pdf.

(4)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 4 ottobre 2018, sul contributo dell’UE ad uno strumento vincolante delle Nazioni Unite sulle società transnazionali ed altre imprese con caratteristiche transnazionali con riferimento ai diritti umani (2018/2763 (RSP)] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2018-0382+0+DOC+XML+V0//IT.

(5)  Da «lysis», termine greco che può significare «scioglimento» (donde ad esempio «elettrolisi»), ma anche «diffusione, distribuzione» (da cui appunto «infolisi» nel senso di «informazione diffusa»).

(6)  D. Acemoglu e P. Restrepo, Robots and jobs: evidence from US labour markets («Robotica e occupazione: indicazioni dal mercato del lavoro statunitense»), NBER Working Paper n. 23285, 2017. M. Arntz, T. Gregory e U. Zierahn, The risk of automation for jobs in OECD countries: a comparative analysis («Il rischio dell’automazione per l’occupazione nei paesi dell’OCSE: un’analisi comparativa»), OCSE, Social, Employment and Migration Working Papers n. 189, 2016.

(7)  Cfr. il parere SC/047, pubblicato sulla GU C 81 del 2.3.2018, pag. 44.

(8)  Come indicato nel parere del CESE SC/047, pubblicato nella GU C 81 del 2.3.2018, pag. 44.

(9)  Cfr. il parere esplorativo CESE SC/048 (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 57).


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

538a sessione plenaria del CESE, 17.10.2018 – 18.10.2018

15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/24


Parere del Comitato economico e sociale europeo su a) Proposta di direttiva (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva (UE) 2017/1132 per quanto concerne l’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario

[COM(2018) — 239 final — 2018/0113 (COD)]

e su b) Proposta di direttiva che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere

[COM(2018) — 241 final — 2018/0114 (COD)]

(2019/C 62/04)

Relatore:

Dimitris DIMITRIADIS

Correlatore:

Norbert KLUGE

Consultazione

a)

Parlamento europeo, 28.5.2018

a)

Consiglio, 30.5.2018

b)

Parlamento europeo, 28.5.2018

b)

Consiglio, 29.5.2018

Base giuridica

a)

articolo 50, paragrafo 1, lettere b), c), f) e g), e articolo 50, paragrafo 2, del TFUE

b)

articolo 50, paragrafi 1 e 2, del TFUE

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

2.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

190/2/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore le proposte della Commissione, che rappresentano un approccio globale volto a bilanciare e proteggere i legittimi interessi ed esigenze di tutti i portatori di interessi, delle PMI, degli azionisti di minoranza, dei creditori e dei lavoratori.

1.2.

Al tempo stesso, l’obiettivo di assicurare alle società un mercato unico senza frontiere interne deve coniugarsi con altri obiettivi dell’integrazione europea, come quello di protezione sociale sancito dall’articolo 3, paragrafo 3, del TUE, dagli articoli 9 e 151 del TFUE e dal pilastro europeo dei diritti sociali. Il CESE ritiene che la recente proposta legislativa sulla mobilità delle imprese offra una buona occasione per avviare un ulteriore dibattito sulle prescrizioni e l’efficienza del diritto societario europeo nell’era digitale. Si dovrebbero così prendere in considerazione i punti di vista di tutti i soggetti interessati, ad esempio quelli dei lavoratori dipendenti e della società nel suo insieme. Questo fa sì che l’evoluzione auspicata verso la creazione di imprese sostenibili diventi per l’UE un vantaggio competitivo.

1.3.

Il CESE sostiene queste proposte che favoriscono la competitività internazionale delle PMI, riducono i costi, armonizzano e semplificano le procedure di registrazione e di deposito delle modifiche e delle trasformazioni societarie. Ritiene utile, inoltre, che la Commissione formuli per gli Stati membri una serie di orientamenti sul recepimento delle direttive in esame.

1.4.

Il CESE è contrario alle scappatoie/lacune legislative che permettono alle società di comodo di abusare della legislazione per commettere frodi, evasioni fiscali, riciclaggio di denaro, per abbassare gli standard di lavoro o di protezione sociale e per aumentare la concorrenza sleale. Sollecita le autorità coinvolte ad accertare e punire le pratiche fraudolente. Il CESE sostiene la limitazione della scelta dello Stato membro di registrazione a quello con cui la società ha una connessione reale.

1.5.

Il CESE sostiene la trasparenza, la sicurezza e la certezza del diritto. Sottolinea l’importanza di una verifica dell’identità efficiente, che deve essere obbligatoria in sede di costituzione delle società e che, in ogni caso, dovrebbe avere luogo prima della loro registrazione. Gli Stati membri dovrebbero rispettare pienamente le norme dell’UE oppure applicare norme equivalenti ai fini di una verifica dell’identità efficiente e della disponibilità di informazioni attendibili per includere norme complete per la titolarità effettiva.

1.6.

Il CESE ritiene che la presentazione di copie scannerizzate di passaporti, carte d’identità o procure non sia ammissibile e che pregiudichi la certezza del diritto. I moduli delle procure dovrebbero essere documenti pubblici debitamente verificati prima del deposito delle informazioni. Le persone giuridiche iscritte nei registri nazionali dovrebbero utilizzare gli strumenti di registrazione e deposito online qualora vengano rappresentate da un rappresentante legale che sia una persona fisica e non una società di partecipazione (holding).

1.7.

Il CESE accoglie con favore il principio «una tantum», in modo che le PMI evitino multiple registrazioni e pubblicazioni ufficiali ripetute, e che i registri nazionali garantiscano al tempo stesso la credibilità e l’attendibilità dei documenti e delle informazioni in essi contenuti.

1.8.

Il CESE sottolinea l’importanza del fattore costo per le microimprese e le PMI, in quanto sono prive sia della capacità che degli strumenti necessari per tenere il passo con la società digitale. La facilità di registrazione e la mobilità transfrontaliera le aiuteranno a beneficiare pienamente del mercato unico digitale e ad alleggerire i propri oneri amministrativi. Il CESE sostiene l’iniziativa secondo la quale i documenti e le informazioni rilasciati dai registri delle imprese dovrebbero essere equivalenti alle «copie reali». Tuttavia, si dovrebbe fare in modo che i reali costi amministrativi da sostenere per la registrazione delle imprese nei registri di commercio siano trasparenti e abbordabili, e che non abbiano un impatto sull’accessibilità.

1.9.

Il CESE ritiene che l’accesso transfrontaliero ai registri delle imprese dovrebbe essere libero e semplice al fine di confermare le informazioni societarie, ad esempio per l’interdizione degli amministratori, per consentire di verificare le informazioni sulle imprese e per ridurre le frodi transfrontaliere.

1.10.

Il CESE apprezza che la proposta della Commissione riconosca espressamente il ruolo che svolgono i notai in molti Stati membri nel garantire la certezza del diritto, fornire consulenza legale e prevenire frodi e abusi in un ambiente economico sempre più digitalizzato. Il CESE ritiene in particolare che la prevenzione delle frodi e degli abusi non sia d’ostacolo all’attività economica bensì, al contrario, rappresenti un prerequisito per un mercato unico dell’UE equo e trasparente, nel quale le microimprese abbiano le stesse opportunità e possano competere per conquistarsi i clienti all’interno di un ambiente equo e favorevole offrendo i migliori prodotti e servizi a vantaggio di tutti gli operatori del mercato.

1.11.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione per agevolare la mobilità transfrontaliera delle società, che definisce condizioni chiare tramite il diritto derivato. Tuttavia, come evidenziato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sua giurisprudenza, dovrebbe essere ribadito che il proposito di una società di godere dei benefici associati a una legislazione più favorevole non costituisce, di per sé, un abuso della libertà di stabilimento. La mobilità delle imprese favorirà la creazione di nuova occupazione nell’UE nel suo complesso. Andrebbero però presi in considerazione anche gli effetti negativi di una trasformazione, una scissione o una fusione sui mercati del lavoro locali e regionali.

1.12.

Il CESE raccomanda alla Commissione di considerare con attenzione le divergenze tra la direttiva 2005/56/CE relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali e le procedure, presentate nella proposta in esame, per le trasformazioni e le scissioni transfrontaliere, con l’obiettivo di valutarne le conseguenze eventuali quanto all’efficacia e all’interesse che tali procedure offrono.

1.13.

Il CESE è del parere che la nuova procedura per il trasferimento della sede della società (trasformazione transfrontaliera) produrrà certezza del diritto attraverso il suo controllo ex ante nello Stato membro di origine e nello Stato membro di destinazione, e che, in quest’ultimo caso, il controllo dovrebbe limitarsi a rivedere gli obblighi che detto Stato membro impone per il collegamento di una società trasformata al proprio ordinamento giuridico nazionale. Ritiene inoltre che sarebbe utile inserire una clausola generale contro l’abuso del diritto di stabilimento.

1.14.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione di prendere in considerazione che le trasformazioni, le fusioni e le scissioni possono essere usate in modo fraudolento. Tuttavia, resta poco chiaro cosa debba intendersi con «costruzione artificiosa». Pertanto, al fine di chiarire meglio l’espressione «costruzione artificiosa», il CESE suggerisce che è necessario definire criteri o indicatori che individuino le pratiche fraudolente o i vantaggi fiscali indebiti che pregiudicano la certezza del diritto, la concorrenza leale e la protezione sociale.

1.15.

Il CESE accoglie con favore l’esenzione delle piccole imprese e delle microimprese dall’obbligo dell’esame dell’esperto indipendente, poiché il costo della relazione di un esperto indipendente sarebbe un onere eccessivo per queste aziende. Ritiene che l’obbligo di far redigere una tale relazione dovrebbe valere soltanto per le grandi imprese che desiderino realizzare trasformazioni, scissioni o fusioni transfrontaliere.

1.16.

Il CESE si compiace dell’intenzione della Commissione di tutelare i diritti di partecipazione dei lavoratori attualmente in vigore. Auspica tuttavia che venga potenziato il ruolo dei comitati aziendali europei in caso di trasformazioni di grandi imprese, in conformità della direttiva 2009/38/CE.

1.17.

Il CESE accoglie con favore l’introduzione di norme armonizzate per la protezione degli azionisti di minoranza e dei creditori, assenti nella direttiva 2005/56/CE.

1.18.

Il CESE sottolinea la necessità che tutti gli strumenti e i processi digitali per le finalità delle proposte in esame siano pienamente accessibili, in particolare alle persone con disabilità visive.

2.   Le proposte della Commissione

2.1.

La Commissione ha presentato una serie completa di provvedimenti (1) (2) per dotare l’UE di norme di diritto societario eque, moderne e in grado di favorire lo sviluppo delle imprese.

2.2.

Attualmente il diritto societario dell’UE (3) contempla alcuni elementi di digitalizzazione, ad esempio l’obbligo per gli Stati membri di rendere disponibili online le informazioni sulle società di capitali. Tali disposizioni sono però limitate e poco precise e hanno portato a modalità di attuazione molto diverse a livello nazionale.

2.3.

La proposta (4) punta ad offrire un maggior numero di soluzioni digitali alle società nel mercato unico nonché a rafforzare le pari opportunità per le società nell’UE garantendo al contempo che gli Stati membri dispongano della flessibilità necessaria per adeguare i loro sistemi nazionali nel rispetto delle loro tradizioni giuridiche. Essi dovrebbero rendere possibile e promuovere l’uso degli strumenti e dei processi digitali nel diritto societario senza interruzioni né perturbazioni, consentendo così agli Stati membri di trasferire nell’era digitale i loro attuali sistemi di controllo ex ante.

2.4.

Obiettivo generale della proposta in esame è garantire il corretto funzionamento del mercato unico per l’intero ciclo di vita di una società nelle sue interazioni con le autorità ai fini della sua registrazione, nonché della registrazione di una succursale, e dell’inserimento di informazioni nel fascicolo depositato, e questo sull’intero territorio dell’UE.

2.5.

La libertà di stabilimento ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del mercato unico, dato che consente alle imprese di esercitare su base stabile attività economiche in altri Stati membri. Nella pratica l’esercizio di questa libertà da parte delle società rimane difficile, soprattutto per le PMI, come riconosciuto dalla strategia per il mercato unico del 2015 (5). Tuttavia l’incertezza giuridica, la parziale inadeguatezza e addirittura la mancanza di regole che disciplinano determinate operazioni societarie transfrontaliere fanno sì che non vi sia un quadro giuridico chiaro tale da garantire l’effettiva protezione di questi portatori di interessi.

2.6.

La trasformazione transfrontaliera offre una soluzione efficace alle società per trasferirsi in un altro Stato membro senza perdere la propria personalità giuridica o dover rinegoziare i contratti commerciali. La Corte di giustizia dell’Unione europea (Corte di giustizia) ha ritenuto che la libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 del TFUE implicasse il diritto, per le società stabilite in uno Stato membro, di trasferire la propria sede in un altro Stato membro mediante una trasformazione transfrontaliera, senza perdere la propria personalità giuridica (6). Nella sua recente sentenza Polbud (7) la Corte di giustizia ha confermato il diritto delle imprese di realizzare trasformazioni transfrontaliere sulla base della libertà di stabilimento.

2.7.

In linea con le sentenze della Corte di giustizia (8), gli obiettivi principali delle norme armonizzate per le trasformazioni transfrontaliere (9) sono duplici:

consentire alle imprese, in particolare alle microimprese e alle piccole imprese, di effettuare trasformazioni transfrontaliere in modo ordinato, efficiente ed efficace;

proteggere il maggior numero di portatori di interessi, quali i lavoratori, i creditori e gli azionisti in modo adeguato e proporzionato.

2.8.

La proposta prevede anche norme armonizzate per la protezione dei creditori e degli azionisti. Le società dovranno prevedere la tutela prevista per i creditori e gli azionisti nel progetto di trasformazione transfrontaliera. Inoltre, le norme integrano le recenti iniziative tese a rafforzare le norme sui lavoratori distaccati e sulla lotta contro l’evasione fiscale e le frodi fiscali nonché la proposta della Commissione su un’Autorità europea del lavoro.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La direttiva (UE) 2017/1132 (10) codifica le esistenti direttive sul diritto societario dell’UE. La direttiva è entrata in vigore il 20 luglio 2017 e, meno di un anno dopo, la Commissione europea ha presentato nuove proposte per la modernizzazione del diritto societario dell’UE.

3.2.

Il CESE accoglie con favore queste iniziative della Commissione europea nonché il comune accordo tra le istituzioni europee e gli Stati membri sul fatto che il processo di digitalizzazione debba avanzare al fine di attuare la strategia per il mercato unico digitale del 2015 (11) e il piano d’azione dell’UE per l’eGovernment del 2016 (12).

3.3.

Le proposte della Commissione europea di modificare la direttiva (UE) 2017/1132 adottano i provvedimenti necessari per mettere le imprese europee al passo con quelle di altri paesi industrializzati con una solida tradizione digitale, tra cui Stati Uniti, Canada e Australia. È necessario che le società operino in un determinato contesto giuridico e amministrativo che sia adeguato ad affrontare le nuove sfide economiche e sociali di un mondo globalizzato e digitale, perseguendo al contempo anche altri interessi pubblici legittimi come la tutela dei dipendenti, dei creditori e degli azionisti di minoranza e fornendo alle autorità tutte le garanzie necessarie a combattere frodi e abusi (ad esempio, l’invio di dati fiscali nel quadro della cooperazione amministrativa (13)) e a garantire la credibilità e l’attendibilità dei documenti e delle informazioni contenute nei registri nazionali.

3.4.

Tuttavia, occorre apportare determinate modifiche al fine di alleggerire l’onere amministrativo e i costi di attuazione delle iniziative proposte per le microimprese o per le piccole e medie imprese.

3.5.   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva (UE) 2017/1132 per quanto concerne l’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario — COM(2018) 239 final

3.5.1.

Il CESE accoglie con favore questa proposta legislativa (14) al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato unico dell’UE per l’intero ciclo di vita di una società nelle sue interazioni con le autorità ai fini della sua registrazione, nonché della registrazione di una succursale e dell’inserimento di informazioni nel fascicolo depositato.

3.5.2.

Il CESE è dell’avviso che la digitalizzazione del diritto societario sia uno strumento per processi onesti, trasparenti ed efficienti. Essa non rappresenta un fine in sé ma deve servire gli interessi delle imprese, in particolare delle microimprese. Pertanto, la proposta legislativa sull’uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario dovrebbe tradurre in realtà le summenzionate caratteristiche fondamentali di un diritto societario moderno dell’UE nell’era digitale, segnatamente la certezza del diritto e la prevenzione degli abusi, informazioni attendibili per includere norme complete per la titolarità effettiva, i controlli preventivi e le strutture aziendali trasparenti attraverso registri delle imprese attendibili. Solo a queste condizioni il potenziale della digitalizzazione può essere sfruttato appieno e le microimprese possono beneficiare di «condizioni digitali eque» al fine di creare crescita e occupazione nell’UE.

3.5.3.

Il CESE accoglie con favore il riconoscimento e la proposta di eliminazione, da parte della Commissione europea, dell’esistenza di ostacoli che creano oneri e costi amministrativi inutili per gli imprenditori che desiderano fondare una nuova impresa oppure espandere la propria società registrandone le succursali. Gli ostacoli da eliminare sono:

a)

la registrazione online della società o della succursale è permessa, proibita o imposta dal diritto nazionale generando un quadro diversificato, che è complesso per le PMI (15);

b)

la pubblicazione multipla dei dati della società e la registrazione dei conti delle succursali nelle gazzette o bollettini ufficiali nazionali in numerosi Stati membri, laddove le succursali sono presenti;

c)

la diversità delle condizioni alle quali i terzi (investitori, cittadini, altre società) accedono alle informazioni societarie contenute nei registri nazionali (quali informazioni sono fornite gratuitamente e quali a pagamento).

3.5.4.

Il CESE ritiene che continuare il processo di digitalizzazione sia molto importante poiché:

a)

le procedure di registrazione online sono generalmente più economiche, più veloci e più efficienti rispetto a quelle in cui le domande sono presentate di persona e in formato cartaceo (16);

b)

l’iniziativa è pienamente coerente con le componenti del diritto societario dell’UE riguardanti la digitalizzazione già esistenti e su cui si fonda, in particolare, il sistema di interconnessione dei registri delle imprese (BRIS), basato sugli obblighi giuridici stabiliti dalla direttiva 2012/17/UE (17) e dal regolamento di esecuzione (UE) 2015/884 della Commissione (18);

c)

l’attuale proposta integrerà la proposta di regolamento della Commissione concernente l’istituzione di uno sportello digitale unico in cui è prevista una procedura di registrazione generale online di un’attività d’impresa, fatta eccezione per la costituzione di una società a responsabilità limitata. Tale proposta costituisce una «lex specialis» rispetto allo sportello digitale unico (19).

3.5.5.

I timori circa le frodi o gli abusi, in particolar modo quelli realizzati tramite società di comodo, non dovrebbero impedire il sostegno alla proposta per una serie di motivi. Spetta agli Stati membri affrontare tali preoccupazioni regolando le condizioni di costituzione delle società, compreso il controllo obbligatorio giudiziario, notarile e/o amministrativo dello statuto della società (20). L’Unione europea ha già adottato una serie di misure per contrastare l’elusione dell’imposta sulle società mediante la comunicazione obbligatoria da parte degli intermediari di informazioni sui sistemi di pianificazione fiscale, l’invio di dati fiscali nel quadro della cooperazione amministrativa (21), nonché il riconoscimento obbligatorio dei mezzi di identificazione elettronica conformi al regolamento e-IDAS dei cittadini dell’Unione rilasciati in un altro Stato membro.

3.5.6.

Il CESE sostiene, quale misura estrema di salvaguardia per prevenire le frodi, il provvedimento che consente agli Stati membri di esigere la presenza fisica delle persone interessate dinanzi alle autorità competenti ma soltanto in casi giustificati da ragionevoli motivi imperativi di interesse generale. Il CESE ritiene che tale procedura digitale non dovrebbe essere impiegata dalle società di partecipazione (holding) oppure in caso di rappresentanti muniti di procura che potrebbero celare i soggetti realmente interessati, e mette in guardia sul «furto di identità».

3.5.7.

Il CESE apprezza che la proposta della Commissione europea riconosca espressamente il ruolo che svolgono i notai in molti Stati membri nel garantire la certezza del diritto, fornire consulenza legale e prevenire frodi e abusi in un ambiente economico sempre più digitalizzato. Il CESE ritiene in particolare che la prevenzione delle frodi e degli abusi non sia d’ostacolo all’attività economica bensì, al contrario, rappresenti un prerequisito per un mercato unico dell’UE equo e trasparente, nel quale le microimprese abbiano le stesse opportunità e possano competere per conquistarsi i clienti all’interno di un ambiente equo e favorevole offrendo i migliori prodotti e servizi a vantaggio di tutti gli operatori del mercato.

Per garantire la certezza del diritto ed evitare le frodi, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati ad introdurre controlli preventivi realizzati da autorità competenti e/o da notai lungo l’intero ciclo di vita delle aziende, anche nei casi in cui vengano utilizzati dei modelli, a condizione che la procedura possa essere svolta interamente online. L’invio di documentazione online e lo scambio automatico di estratti dai registri delle imprese non pregiudicano gli obblighi imposti nello Stato di registrazione a norma del diritto nazionale quanto alla forma e all’accuratezza dei documenti presentati.

3.5.8.

Pertanto, il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea di agevolare la digitalizzazione nel diritto societario basata sul principio «una tantum», che funzionerà sulla base della fiducia reciproca tra gli Stati membri che continueranno ad applicare i requisiti nazionali per la costituzione di una società.

3.6.   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere — COM(2018) 241 final

3.6.1.

La proposta punta a stabilire regole chiare e ad adeguare il diritto societario alla mobilità transfrontaliera delle società nell’UE. Essa perviene ad un equilibrio attentamente calibrato tra, da un lato, le norme e le procedure specifiche sulle operazioni societarie transfrontaliere volte a sfruttare il potenziale del mercato unico e, dall’altro, la protezione contro gli abusi a danno di tutti i soggetti che hanno un interesse negli affari di una società, ossia i dipendenti, i creditori e gli azionisti di minoranza.

3.6.2.

Il CESE sostiene le trasformazioni transfrontaliere nell’UE (22) e l’inclusione nella proposta della Commissione della sentenza della Corte di giustizia dell’UE emessa nel 2017 nella causa Polbud (23). Nella sentenza Polbud la Corte ha stabilito che una norma nazionale che impone quale condizione preliminare l’obbligo di liquidazione di una società transfrontaliera costituisce una restrizione ingiustificata e sproporzionata e, quindi, incompatibile con la libertà di stabilimento. L’obbligo generale di attuare una procedura di liquidazione imposta dallo Stato si risolve nel costituire una presunzione generale di esistenza di un abuso; una normativa di tal genere è pertanto sproporzionata. Il trasferimento della sede legale di una siffatta società senza spostamento della sede effettiva rientra nella libertà di stabilimento protetta dal diritto dell’Unione. Pertanto, la Corte di giustizia ha ribadito il diritto delle società di trasferire soltanto la loro sede legale, senza spostamento della sede effettiva, da uno Stato membro all’altro, anche laddove la società svolga l’essenziale, se non il complesso, delle sue attività economiche nel primo Stato membro. L’intento della Polbud di beneficiare di una legislazione più vantaggiosa non costituisce, di per sé, un abuso della libertà di stabilimento.

3.6.3.

In linea di principio il CESE sostiene l’istituzione di una procedura per rendere possibili tali trasformazioni e l’adozione di condizioni sostanziali al fine di eliminare l’incertezza giuridica dovuta alla diversità delle normative nazionali che incide negativamente sulle imprese, sui portatori di interessi e sugli Stati membri. Le legislazioni nazionali, ove esistano, sono spesso incompatibili o difficili da conciliare tra loro. Inoltre, più della metà degli Stati membri non consente trasformazioni transfrontaliere. Le PMI, in particolare, subiscono conseguenze negative poiché spesso non dispongono delle risorse necessarie a espletare le procedure transfrontaliere attraverso metodi alternativi costosi e complicati.

3.6.4.

La procedura ha inizio presso l’autorità competente dello Stato membro di partenza, che rilascia un certificato preliminare alla trasformazione entro un mese; oppure, in caso di dubbi, l’autorità procede a un esame approfondito della durata di un altro mese. La procedura ha quindi termine quando lo Stato membro di destinazione, alla luce di tutti i fatti e le informazioni pertinenti, registra la società trasformata, se la società rispetta la sua legislazione sulla registrazione e la protezione dei lavoratori. La comunicazione tra le autorità competenti sarà facilitata attraverso il sistema di interconnessione dei registri delle imprese (BRIS). Le preoccupazioni circa la partecipazione dei lavoratori sono affrontate per mezzo del loro diritto di essere informati e consultati a tempo debito dalla società. La protezione dei lavoratori può anche essere confermata dall’autorità dello Stato membro di destinazione. Un ruolo importante è svolto dai comitati aziendali europei.

3.6.5.

Il CESE desidera esprimere le proprie riserve in merito alla questione se una procedura lunga e costosa sia conforme ai criteri relativi all’esercizio della libertà di stabilimento in un altro Stato membro e se rispetti la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-106/16, Polbud. È importante evidenziare che la Corte ha interpretato l’articolo 54 del trattato sul funzionamento dell’UE e ha applicato il principio generale di proporzionalità. Dunque, il diritto di una società alla trasformazione transfrontaliera deriva dal trattato stesso e gli Stati membri, unitamente alle istituzioni dell’UE, devono prestare attenzione per evitare di violarlo. Il CESE, pertanto, sostiene la procedura di trasferimento della sede della società (trasformazione transfrontaliera) nello Stato membro di partenza, ma raccomanda che la procedura nello Stato membro di destinazione (articolo 86 septdecies) si limiti ad un controllo ex ante degli obblighi che detto Stato membro impone per il collegamento di una società trasformata al proprio ordinamento giuridico nazionale (24). Nel testo della direttiva, tuttavia, dovrebbe essere inserita una clausola generale contro gli abusi del diritto di stabilimento delle società. In questo modo la nuova procedura non imporrà oneri superflui, al di là cioè di quelli necessari per raggiungere i suoi obiettivi dichiarati, e, allo stesso tempo, conferirà allo Stato membro di destinazione il potere di controllare gli abusi anche dopo la trasformazione.

3.6.6.

Per di più è necessario un chiarimento sul concetto di «costruzione artificiosa» di una società in uno Stato membro finalizzata all’ottenimento di indebiti vantaggi fiscali. Questo è un concetto elaborato principalmente dalla Corte di giustizia dell’Unione europea ed è sviluppato nei considerando e nell’articolo 86 quater, paragrafo 3, della proposta di direttiva in esame. Si tratta di un concetto fondamentale che consentirà o proibirà la libertà di stabilimento di una società in un altro Stato membro. Occorre definire criteri o indicatori chiari per impedire che vengano ostacolate attività economiche genuine e basate su solide decisioni commerciali, in conformità con la causa Polbud della Corte di giustizia dell’Unione europea.

3.6.7.

Fusioni transfrontaliere (25): la proposta si basa sull’esperienza positiva della direttiva 2005/56/CE (26) relativa alle fusioni transfrontaliere esclusivamente di società di capitali, e ne affronta le carenze. La proposta introduce pertanto norme sostanziali armonizzate sulla protezione dei creditori e degli azionisti, mentre la direttiva 2005/56/CE prevedeva soltanto norme procedurali, ad esempio l’obbligo di informare gli azionisti, lasciando agli Stati membri la protezione sostanziale. La nuova proposta esige che i termini del progetto di fusione specifichino quanto segue:

garanzie per i creditori: la proposta introduce la presunzione secondo cui non sussiste pregiudizio laddove i creditori siano pagati da un garante terzo o dalla società derivante dalla fusione, previa valutazione della loro situazione da parte di esperti indipendenti.

Il diritto di uscire dalla società per gli azionisti che non hanno votato per la fusione o non hanno diritti di voto, il diritto di ricevere una compensazione adeguata e il diritto dei soci/azionisti di contestare il rapporto di cambio delle azioni proposto dinanzi ai tribunali nazionali.

3.6.8.

Il CESE concorda inoltre con i seguenti altri elementi contenuti nella proposta della Commissione:

a)

Norme armonizzate relative all’informazione dei dipendenti in modo specifico e complessivo per quanto concerne le implicazioni delle fusioni transfrontaliere, mentre la direttiva 2005/56/CE prevedeva soltanto la loro partecipazione nell’organo di amministrazione o di vigilanza e che la loro situazione venisse descritta nella relazione di gestione.

b)

Norme armonizzate su una procedura accelerata da applicare a fusioni meno complesse o sulla rinuncia ad una relazione di esperti indipendenti previo accordo di tutti gli azionisti o in caso di fusione di una società madre con una sua controllata.

c)

Interconnessione dei registri delle imprese per lo scambio di informazioni — uso di strumenti digitali.

3.6.9.

Scissioni transfrontaliere (27): tali scissioni sono soggette a norme nazionali diverse o incompatibili soltanto in 13 Stati membri, senza alcuna armonizzazione dell’UE malgrado la loro importanza in termini di crescita. Al fine di prevenire gli abusi e proteggere i portatori di interessi occorre introdurre un quadro giuridico unionale per le società di capitali simile a quello per le trasformazioni transfrontaliere. Dovrebbe essere istituita una procedura articolata in due fasi. Nella prima si redigono i termini del progetto di scissione unitamente a due relazioni contenenti spiegazioni interamente dettagliate per quanto concerne le implicazioni della scissione per i creditori e i dipendenti. Inoltre, per le imprese medie e grandi è richiesta una relazione di un esperto indipendente. Questa è soltanto la prima fase, e il CESE è dell’avviso che la proposta dovrebbe contemplare anche la scissione transfrontaliera effettuata tramite acquisizione del patrimonio attivo e passivo di una o più società esistenti, e non soltanto il caso in cui vengono costituite delle nuove società.

3.6.10.

Attualmente le norme nazionali differiscono notevolmente da uno Stato membro all’altro e impongono talvolta procedure amministrative eccessive, ed è a queste carenze che la Commissione deve sforzarsi di porre rimedio mediante la nuova proposta in esame, al fine di non scoraggiare le imprese dal cercare nuove opportunità. Sebbene il CESE sostenga le nuove norme e procedure, queste devono comunque essere esaminate attentamente per evitare che si traducano in ulteriori oneri o costi amministrativi, il che esulerebbe dagli obiettivi che si prefiggono in termini di protezione dei dipendenti, dei creditori e degli azionisti.

3.6.11.

Il CESE accoglie con favore l’esenzione, prevista dall’articolo 86 octies della proposta, delle piccole imprese e delle microimprese dall’obbligo dell’esame dell’esperto indipendente, poiché il costo della relazione di un esperto indipendente sarebbe un onere eccessivo tanto per le microimprese come per le piccole e medie imprese.

3.6.12.

Il CESE intende evidenziare il ruolo che svolgono gli esperti indipendenti nello svelare le frodi solamente nelle imprese di grandi dimensioni in sede di esame e raccolta dei documenti della società nella relazione scritta, purché siano tuttavia rispettate determinate condizioni, ad esempio l’esistenza di un’efficace struttura di controllo interno e di efficienti procedure operative standard volte a prevenire e a disinnescare eventuali conflitti di interesse nonché a garantire l’indipendenza delle relazioni relative alle parti interessate.

3.6.13.

Il CESE sostiene con convinzione la proposta della Commissione europea che, per la prima volta, istituisce una procedura per la trasformazione transfrontaliera e integra le procedure già istituite per le fusioni e le scissioni transfrontaliere migliorando la protezione dei portatori di interessi. Tuttavia, le differenze che ne risultano tra le procedure per la fusione transfrontaliera, da un lato, e quelle per la trasformazione e la scissione transfrontaliere, dall’altro, potrebbero avere delle conseguenze quanto all’interesse relativo che offre il secondo tipo di procedure. Il CESE raccomanda alla Commissione di analizzare tali ripercussioni.

3.6.14.

Il CESE si compiace dell’intenzione della Commissione di tutelare i diritti di partecipazione dei lavoratori attualmente in vigore. Il CESE ritiene che nella società derivante da una trasformazione transfrontaliera si debbano continuare ad applicare almeno allo stesso livello tutti gli elementi di partecipazione dei dipendenti previsti dal diritto dello Stato membro di partenza, conformemente alla procedura e alle norme armonizzate sancite dalla direttiva 2001/86/CE (28).

3.6.15.

Il CESE pone l’accento sul ruolo rilevante ricoperto dai comitati aziendali europei istituiti nelle imprese di grandi dimensioni destinate a subire una trasformazione, e ne chiede un maggiore coinvolgimento, ai sensi della direttiva 2009/38/CE (29).

3.7.

In generale, il CESE sottolinea la necessità che tutti gli strumenti e i processi digitali per le finalità delle proposte in esame siano pienamente accessibili alle persone con disabilità, in particolare a quelle con disabilità visive.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2018) 239 final

(2)  COM(2018) 241 final

(3)  Direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativa ad alcuni aspetti di diritto societario (GU L 169 del 30.6.2017, pag. 46).

(4)  COM(2018) 239 final.

(5)  COM(2015) 550 final.

(6)  Cartesio, C - 0210/06, EU:C:2008:723, punti da 109 a 112; VALE, C - 378/10, EU:C:2012:440, punto 32.

(7)  Sentenza Polbud — Wykonawstwo, causa C - 106/16, ECLI:EU:C:2017:804.

(8)  Cfr. le note 6 e 7.

(9)  COM(2018) 241 final.

(10)  GU L 169 del 30.6.2017, pag. 46.

(11)  COM(2015) 192 final.

(12)  COM(2016) 179 final.

(13)  Direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU L 64 dell'11.3.2011, pag. 1).

(14)  COM(2018) 239 final.

(15)  COM(2018) 241 final, pag. 3.

(16)  COM(2018) 241, pag. 5.

(17)  GU L 156 del 16.6.2012, pag. 1.

(18)  GU L 144 del 10.6.2015, pag. 1.

(19)  COM(2017) 256 final.

(20)  Articolo 10 del testo codificato della direttiva (UE) 2017/1132 sul diritto societario.

(21)  Direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU L 64 dell'11.3.2011, pag. 1).

(22)  Un’operazione nella quale una società, costituita e registrata in conformità con il diritto di uno Stato membro, si trasforma in un’altra società costituita e registrata secondo il diritto di un altro Stato membro conservando la propria personalità giuridica e senza essere sciolta o dover entrare in liquidazione.

(23)  Causa C - 106/16. ECLI:EU:C:2017:804. La Polbud era una società con sede in Polonia che aveva deciso di trasferire la propria sede legale in Lussemburgo senza spostamento della sede effettiva della società. È stato annotato nel registro delle imprese polacco l’avvio della procedura di liquidazione ed è stato nominato il liquidatore. Nel 2013 la sede legale della Polbud è stata trasferita in Lussemburgo. La Polbud è pertanto divenuta la «Consoil Geotechnik Sàrl», società di diritto lussemburghese. Peraltro, la Polbud ha chiesto al tribunale del registro polacco di essere cancellata dal registro delle imprese polacco. Il tribunale del registro ha respinto l’istanza di cancellazione. La Polbud ha intentato una causa contro suddetta decisione. Adita con ricorso per cassazione, la Corte suprema della Polonia chiede innanzitutto alla Corte di giustizia dell’UE se la libertà di stabilimento sia applicabile al trasferimento della sola sede legale di una società, costituita ai sensi del diritto di uno Stato membro, verso il territorio di un diverso Stato membro, nel caso in cui detta società sia trasformata in una società disciplinata dal diritto di tale Stato membro diverso senza spostamento della sede effettiva. Cfr. anche https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2017-10/cp170122it.pdf

(24)  Sentenze della Corte di giustizia nella causa C - 378/10, VALE Építési kft, EU:C:2012:440, punto 31 e nella causa C - 106/16, Polbud — Wykonawstwo, ECLI:EU:C:2017:804, punti 33, 35, 44.

(25)  Un’operazione nell’ambito della quale due o più società da due o più Stati membri trasferiscono il loro patrimonio attivo e passivo a una società esistente (incorporante) o a una nuova.

(26)  Direttiva 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali, ora inclusa nel testo codificato della direttiva del 2017.

(27)  Un’operazione in cui una società si scinde e trasferisce tutto o parte del suo patrimonio attivo e passivo a una o più società, esistenti o nuove, in un altro Stato membro.

(28)  Direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (GU L 294 del 10.11.2001, pag. 22).

(29)  Direttiva 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (rifusione) (GU L 122 del 16.5.2009, pag. 28).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla a) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione — e ne stabilisce le norme di partecipazione e diffusione

[COM(2018) 435 final — 2018/0224 (COD)]

e sulla b) Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’istituzione del programma specifico di attuazione di Orizzonte Europa — il programma quadro di ricerca e innovazione

[COM(2018) 436 final — 2018/0225 (COD)]

(2019/C 62/05)

Relatore:

Gonçalo LOBO XAVIER

Consultazione

a)

Parlamento europeo, 14/06/2018

Consiglio, 25/06/2018

b)

Parlamento europeo, 14/06/2018

Consiglio, 27/06/2018

Base giuridica

a)

articolo 173, paragrafo 3, articolo 182, paragrafi 1, 4 e 5, articolo 188 del TFUE; e articolo 7, paragrafo 5, del trattato Euratom

b)

articolo 173, paragrafo 3, e articolo 182, paragrafo 4, del TFUE

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

02/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

187/1/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione europea abbia chiarito che il settore della ricerca e innovazione (R&I) deve continuare ad essere una priorità fondamentale dell’UE, anche nell’ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Il CESE si compiace in particolare del fatto che molte delle raccomandazioni formulate dal Comitato per la valutazione intermedia del programma Orizzonte 2020 siano state adottate in settori come la ricerca collaborativa e la mobilità, unitamente a misure intese a rafforzare l’innovazione, superare le disparità tra le regioni, promuovere la scienza e le attività innovative tra i cittadini, porre rimedio ai modesti tassi di successo e ridurre gli oneri amministrativi (1).

1.2.

Il CESE mette in rilievo che la scienza, la ricerca e l’innovazione devono costituire elementi fondamentali nel processo di integrazione europea e appoggia, pertanto, l’approccio adottato nella definizione di Orizzonte Europa di avvicinare i cittadini a tali attività e ai risultati conseguiti. A tal fine, una comunicazione efficace, non solo delle opportunità offerte dal programma, ma anche degli effetti prodotti dalle attività di innovazione e di ricerca sulla vita dei cittadini, deve essere parte integrante della strategia volta a promuovere un maggiore sostegno da parte degli Stati membri agli sforzi messi in campo.

1.3.

Il CESE appoggia la definizione di missioni di R&I nel quadro della strategia perseguita da Orizzonte Europa per far sì che i risultati ottenuti in materia di R&I siano più incisivi e per cambiare realmente il modo in cui i cittadini percepiscono la scienza e i relativi impatti sulla propria vita quotidiana. Il CESE invita a definire urgentemente missioni strategiche in grado di stimolare gli ecosistemi di ricerca e di innovazione in Europa e di promuovere la ricerca collaborativa quale principale strumento per creare conoscenza e ottenere un impatto. Tali missioni dovrebbero concentrarsi su un obiettivo specifico, quantificabile e raggiungibile ed essere aperte a qualsivoglia possibile partecipante, attirando le eccellenze dalle diverse regioni d’Europa.

1.4.

Il CESE condivide il fatto che le missioni siano aperte a soluzioni diversificate, dal basso verso l’alto e in grado di coprire l’intero ciclo di vita della ricerca e innovazione. Poiché le missioni dovrebbero perseguire obiettivi a medio e lungo termine, il loro approccio dovrebbe anche tenere conto della significativa importanza della ricerca con un basso livello di maturità tecnologica. Le missioni non dovrebbero focalizzarsi esclusivamente su modelli di innovazione lineari, che sono spesso limitati all’innovazione incrementale, ma dovrebbe esplicitamente incentivare modelli di innovazione dirompente.

1.5.

Il CESE, in quanto rappresentante della società civile organizzata, offre la sua disponibilità a contribuire attivamente al processo di co-progettazione e appoggia l’idea delle missioni, ma esorta a non dimenticare che avvicinare eccessivamente le decisioni agli utenti finali rischia di limitare la portata e l’effetto dirompente delle missioni. I comitati di missione dovrebbero poter disporre di una massa critica sufficiente e di elevata qualità, formata da tutte le parti interessate, onde evitare così una ricerca incrementale o, all’estremo opposto, missioni che si spingano ben oltre le capacità tecniche/tecnologiche esistenti.

1.6.

Il CESE richiama l’attenzione sul Consiglio europeo per l’innovazione (CEI), quale strumento importante per sostenere le innovazioni pionieristiche e promuovere l’imprenditorialità e la competitività a livello dell’Unione. In tal senso, tenuto anche conto del panorama europeo, il CESE ritiene che il CEI dovrebbe concentrarsi in particolare su PMI e start-up molto innovative e rivoluzionarie.

1.7.

Il CESE concorda sul fatto che Orizzonte Europa dovrebbe coinvolgere le scienze sociali e umane in modo sistematico, trattandole congiuntamente con l’approccio tecnologico. L’innovazione va ben oltre la tecnologia e, riunendo le diverse visioni, i differenti compromessi e le varie sfide, ridefinirà in meglio il panorama di R&I in Europa. Il CESE ritiene altresì che andare «oltre la tecnologia» promuoverebbe le scienze sociali e umane nel quadro di Orizzonte Europa.

1.8.

Il CESE sostiene l’approccio strategico della «scienza aperta» quale strumento inteso a concentrarsi sulla scienza di eccellenza e sulla conoscenza di elevata qualità. La scienza aperta è cruciale per lo sviluppo scientifico complessivo delle istituzioni europee, ma occorre considerare l’introduzione di un termine prestabilito per la pubblicazione dei risultati scientifici, per assicurare che tutti i risultati ottenuti in tali progetti siano resi disponibili in appositi repertori ed entro tempi ben definiti. Il CESE accoglie con favore l’accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati della ricerca, ma raccomanda vivamente che si svolgano regolari consultazioni dei portatori di interesse sulle future esigenze nell’ambito della scienza aperta. Le possibilità di opt-out già previste dovrebbero essere mantenute nell’ambito di Orizzonte Europa.

1.9.

Il CESE conviene che la rinnovata struttura a pilastri migliorerà la coerenza interna, in particolare integrando le tecnologie industriali nel pilastro 2, accrescendo il contributo dell’industria agli sforzi volti ad affrontare le sfide globali e adeguando l’offerta alla domanda di nuove soluzioni. A fronte di un approccio ritenuto molto interessante, una raccomandazione sarebbe comunque quella di favorire consorzi che chiudano il ciclo dell’innovazione, vale a dire che coinvolgano i partner accademici che creano, gli attori che sviluppano soluzioni innovative e gli utenti finali che esprimono le proprie esigenze in modo da poter agire in maniera sostenibile.

1.10.

Inoltre, il CESE concorda con l’obiettivo di semplificare ulteriormente le norme sugli aiuti di Stato per agevolare la combinazione di diversi fondi, approccio che può essere determinante per superare le grandi disparità tra Stati membri e tra regioni in termini di numero di progetti di R&I che producono risultati positivi. Le sinergie tra i diversi programmi di finanziamento e le politiche dell’Unione, e in particolare con i fondi strutturali grazie a regolamentazioni compatibili, sono fondamentali per garantire il massimo impatto dei progetti di R&I.

1.11.

Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che la mobilità dei ricercatori attraverso le azioni Marie Skłodowska-Curie (MSCA) è anch’essa fondamentale per rafforzare ulteriormente lo Spazio europeo della ricerca, mentre le politiche a livello dell’UE e quelle nazionali devono essere volte a creare condizioni di lavoro adeguate e attraenti per i professionisti, al fine di evitare il fenomeno della fuga dei cervelli, che non giova al conseguimento della coesione in seno all’UE. È inoltre indispensabile rafforzare il sostegno ai ricercatori a inizio carriera nel programma del CER.

1.12.

Il CESE ritiene che particolare attenzione dovrebbe essere rivolta all’educazione scientifica e alla comunicazione scientifica nel pilastro Rafforzare lo Spazio europeo della ricerca. Ciò rafforzerebbe la scienza con e per la società nell’ambito di questo pilastro e, di conseguenza, in seno a Orizzonte Europa.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE accoglie con favore il recente impegno della Commissione a stimolare la crescita europea attraverso nuove politiche europee misurate e sostenute da una maggiore promozione delle attività di R&S+I, che possono conferire all’Europa una posizione di leadership in numerosi settori (2). La comunità europea di ricercatori e innovatori ha conseguito numerosi obiettivi negli ultimi anni, ma resta il fatto che questa situazione non è pienamente valorizzata dai cittadini europei per diverse ragioni, come ad esempio la mancanza di comunicazione, lo scarso impegno da parte della comunità o addirittura l’indifferenza dei cittadini alle realizzazioni scientifiche. Pertanto, è fondamentale modificare tale percezione all’interno della società europea, non solo a breve termine, ma anche al fine di contribuire ad un ecosistema scientifico e di innovazione a lungo termine inserito nella società nel suo complesso.

2.2.

Il CESE sostiene l’approccio secondo cui è attraverso la definizione delle sfide globali fondamentali che può essere cambiato il punto di vista dei cittadini, nell’ambito di uno sforzo energico per mobilitare e coinvolgere la società a favore del progetto europeo. Rafforzare la competitività dell’Europa attraverso l’innovazione è fondamentale e i leader devono tenere presente questo aspetto quando vengono fissate le priorità politiche. Non ci si può limitare ad affermare che le attività di R&S+I apportano un importante contributo in termini di creazione di posti di lavoro e di crescita. Né basta fornire informazioni che indicano che i due terzi dell’attuale crescita economica in Europa derivano da attività di R&S+I. Gli Stati membri devono partecipare a questo sforzo collettivo.

2.3.

Il CESE plaude alla proposta di istituire un nuovo programma europeo di ricerca e innovazione volto a sostenere e promuovere la ricerca e l’innovazione a livello dell’UE per il periodo 2021-2027 e alle relative caratteristiche principali, vale a dire l’accento posto sulla scienza aperta, sulle sfide globali e la competitività industriale e sull’innovazione aperta. Il CESE è fermamente convinto che l’approccio basato sulla co-creazione, con il coinvolgimento di tutte le parti interessate all’interno della comunità della conoscenza e dell’innovazione, rappresenti la base per promuovere la competitività europea, la creazione di posti di lavoro, la coesione sociale, in particolare la lotta alla disoccupazione giovanile, e la protezione ambientale, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS).

2.4.

Il programma Orizzonte Europa sembra riflettere l’obiettivo prioritario della Commissione di creare un ecosistema scientifico e dell’innovazione che possa consentire all’UE di migliorare la sua competitività attraverso attività strutturali che avranno un impatto economico e sociale. Ciò è confermato non solo dalla proposta di aumentare il pacchetto finanziario ma anche dalle attività previste nell’ambito dei tre pilastri del programma.

2.5.

Il CESE appoggia i principali nuovi elementi messi in luce dalla proposta Orizzonte Europa, ovvero: i) sostenere le innovazioni pionieristiche attraverso il Consiglio europeo dell’innovazione; ii) esercitare un impatto maggiore attraverso l’orientamento alla missione e il coinvolgimento dei cittadini (missioni di R&I); iii) intensificare la cooperazione internazionale; iv) rafforzare l’apertura attraverso una politica più incisiva a favore della scienza aperta; e v) razionalizzare il panorama dei finanziamenti mediante un nuovo approccio ai partenariati europei.

2.6.

L’organizzazione di missioni dell’UE in materia di ricerca e innovazione dal basso verso l’alto, incentrate sulle sfide globali e la competitività industriale potrebbe essere un buon metodo per ottenere un maggiore impegno della società nelle attività relative alla scienza e all’innovazione. E questo approccio, che potrebbe rappresentare un valido strumento per coinvolgere i cittadini e la società nelle missioni che devono essere definite, creerà un senso di comunità che potrebbe rivelarsi indispensabile per conseguire risultati e un impatto significativi. Il ruolo della società civile organizzata in questo processo potrebbe, ancora una volta, risultare determinante.

2.7.

Il CESE apprezza inoltre il fatto che Orizzonte Europa sosterrà i «partenariati pubblico-privati» (PPP), come strumento efficiente per stimolare la ricerca collaborativa incentrata sulle attività di R&I guidate dall’industria, ponendo l’accento su un numero inferiore di partenariati con un impatto maggiore. L’Europa deve accettare il fatto che vi è ancora molta strada da fare per realizzare un processo efficiente in termini di collaborazione tra il mondo accademico e l’industria. Vi sono naturalmente molti esempi positivi e buone pratiche, ma vi è anche spazio per miglioramenti. I partenariati pubblico-privati figurano tra gli strumenti in grado di ridurre il divario esistente tra questi due mondi diversi ma complementari, ossia università e industria/mercato.

2.8.

Il CESE esorta nuovamente (3) la Commissione a continuare a adoperarsi per ridurre il livello di burocrazia nell’ambito del programma Orizzonte. Accoglie quindi con favore la proposta della Commissione di prevedere una minore burocrazia e migliori «tempi di accesso al mercato»/livelli di risposta alle proposte, come si può osservare, ad esempio, in Orizzonte 2020, in relazione allo specifico strumento per le PMI. La semplificazione deve rappresentare uno degli obiettivi principali di Orizzonte Europa, segnatamente in termini di tempi per la concessione della sovvenzione e per il successivo ingresso nel mercato, tassi di finanziamento costanti, riduzione del numero di strumenti, uso limitato dei fogli di presenza, ricorso diffuso a somme forfettarie ecc.

2.9.

Il CESE accoglie con particolare favore, oltre alla riduzione della burocrazia, al miglioramento della semplificazione e a una campagna maggiormente visibile per far avvicinare le PMI alle attività di R&I e innovazione, anche il concetto alla base del Consiglio europeo per l’innovazione (CEI), in particolare per quanto riguarda la promozione della commercializzazione, il potenziamento delle innovazioni, e gli imprenditori. Il CESE ritiene in realtà che, nell’ambito di questa strategia, il grado di successo potrebbe aumentare se si tenesse presente che alcune delle start-up e delle idee non hanno avuto successo in passato, per diversi motivi che il CEI intende approfondire. Non dobbiamo dimenticare la necessità di ridurre l’avversione al rischio nella cultura europea, obiettivo, questo, al quale contribuirà il CEI, che dovrebbe considerare azioni di R&I ad alto rischio tra i propri obiettivi generali e criteri di valutazione.

2.10.

Il CESE appoggia l’idea di coinvolgere un maggior numero di PMI e start-up nel programma, ma nutre alcuni dubbi in merito alla proposta di potenziamento. Nonostante gli sforzi precedentemente compiuti nell’ambito dei programmi quadro, le PMI dovrebbero essere maggiormente coinvolte nelle attività basate su R&I e Orizzonte Europa rappresenterebbe la migliore opportunità per «farle salire a bordo». L’idea di un maggiore coinvolgimento tramite capitale potrebbe essere utile, ma a tutte le imprese deve essere inviato un messaggio chiaro. Il fatto che le PMI hanno ancora una prospettiva diversa quando si tratta di «partecipazione al capitale» richiede una spiegazione completa del programma, al fine di stimolare la partecipazione delle comunità ed evitare errori di interpretazione. Le PMI hanno una lunga tradizione di capitale basato su imprese familiari e le proposte di «aprire» il loro capitale al mercato, grazie ai finanziamenti del presente programma, potrebbero sollevare questioni specifiche. Pertanto, il CESE esorta la Commissione ad essere molto chiara in merito a questa proposta interessante.

2.11.

Il CESE condivide inoltre il principio secondo cui, senza dialogo con l’UE, non vi sarebbero più investimenti finanziari dell’UE a favore degli imprenditori. Questo «slogan», recentemente annunciato dal commissario Moedas in una riunione pubblica, si basa sull’idea ambiziosa di un’interazione più diretta con imprenditori e candidati, ma rivela anche un atteggiamento molto rischioso: non è infatti ancora chiaro quale tipo di risorse saranno assegnate ai colloqui con i candidati, e l’intero processo deve ancora essere reso efficiente. Il CESE è tuttavia pronto a sostenere questo nuovo approccio e disponibile a collaborare al processo mettendo a disposizione le competenze specifiche dei suoi membri ed il supporto delle rispettive organizzazioni della società civile.

2.12.

Infine, il CESE accoglie con favore anche le iniziative che sembrano volte a incentivare le sinergie dei fondi tra i programmi. Le sinergie tra i fondi potrebbero svolgere un ruolo importante nel valorizzare e promuovere le capacità di R&I nelle diverse regioni d’Europa. Aumentare le sinergie con altre politiche e altri programmi di finanziamento dell’Unione, segnatamente con i fondi strutturali grazie a regolamentazioni compatibili, dovrebbe rappresentare un aspetto di fondamentale importanza. In realtà, secondo le disposizioni del QFP riguardanti i fondi di coesione, gli Stati membri possono trasferire fino al 5 % delle loro dotazioni da un fondo all’altro, rendendo quindi possibile il trasferimento di capitali di investimento ad altri settori chiave che sono stati individuati. Ciò potrebbe rappresentare un altro importante passo avanti verso un migliore coinvolgimento degli Stati membri per quanto riguarda il conseguimento dell’obiettivo del programma per l’innovazione e l’innalzamento del livello dell’agenda scientifica. Il CESE è convinto che solo tramite il coinvolgimento dei settori pubblico e privato il programma potrà essere considerato un successo, con un impatto sulla vita quotidiana dei cittadini. Un altro aspetto importante sarebbe l’armonizzazione delle norme e dei regolamenti dei diversi fondi, almeno per gli stessi tipi di attività, e in particolare per la ricerca e l’innovazione.

3.   La proposta Orizzonte Europa (2021-2027)

3.1.

La proposta della Commissione per Orizzonte Europa si basa sull’annuncio di una importante realizzazione: un programma di ricerca e innovazione dal valore di 100 miliardi di EUR, che rappresenta già un passo avanti per una società della conoscenza europea basata sulla scienza e l’innovazione. A tal proposito, il fatto che gli Stati membri abbiano convenuto questo aumento di bilancio dimostra non soltanto un impegno politico, ma anche un messaggio chiaro al resto del mondo: l’Europa intende assumere la guida in materia di innovazione, e le condizioni di finanziamento per farlo sono state create.

3.2.

Oltre all’aumento finanziario, vi sono alcune idee nuove e innovative che il CESE desidera mettere in evidenza, sotto forma di punti tratti direttamente dalla proposta, che risultano importanti per questo parere. Si tratta, in particolare, dei seguenti aspetti, riassunti in appresso:

a)

La struttura a tre pilastri di Orizzonte Europa: come affermato dalla Commissione europea, il programma non rappresenta una rivoluzione, bensì un’evoluzione. Esso, pertanto, si basa su tre pilastri principali: «Scienza aperta», comprensivo del CER, delle azioni Marie Skłodowska-Curie e delle infrastrutture di ricerca; «Sfide globali e competitività industriale», composto di cinque poli tematici (sanità; società inclusiva e sicura; digitale e industria; clima, energia e mobilità; e prodotti alimentari e risorse naturali); e «Innovazione aperta», con il CEI, gli ecosistemi europei dell’innovazione e l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT). I tre pilastri saranno sostenuti da attività volte a rafforzare lo Spazio europeo della ricerca.

b)

L’istituzione del Consiglio europeo per l’innovazione (CEI), che aiuterà l’UE ad assumere la guida nelle innovazioni creatrici di mercati; l’Europa persegue tale obiettivo da molti anni, eppure nonostante questi sforzi, nonostante le idee eccellenti e nonostante una comunità innovativa e scientifica molto forte, il livello di crescita e di creazione di posti di lavoro non riflette il livello di impegno. La proposta della Commissione prevede pertanto l’istituzione di uno sportello unico per trasferire dal laboratorio al mercato le più promettenti tecnologie innovative e ad alto potenziale, e la concessione di aiuto alle start-up e alle imprese più innovative affinché possano espandere le loro idee. Il nuovo CEI contribuirà a individuare e finanziare le innovazioni in rapida evoluzione, ad alto rischio, che hanno un forte potenziale in termini di creazione di mercati completamente nuovi; fornirà un sostegno diretto agli innovatori attraverso due principali strumenti di finanziamento: uno per le fasi iniziali e l’altro per lo sviluppo e la diffusione sul mercato; integrerà l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT). Il CESE ritiene che il CEI dovrebbe concentrarsi su PMI e start-up molto innovative e rivoluzionarie.

c)

Per quanto concerne l’EIT, le proposte relative alle future comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) dell’EIT saranno indicate nell’agenda strategica per l’innovazione dell’EIT (ASI). Il CESE è dell’avviso che tali comunità non dovrebbero aumentare significativamente, quanto piuttosto essere mantenute a un numero limitato in linea con il principio di semplificazione del panorama di R&I. Le future comunità della conoscenza e dell’innovazione, inoltre, dovrebbero garantire che siano rappresentati i diversi paesi europei, segnatamente con riferimento alla sede dei poli di innovazione. L’imprenditorialità sostenuta dal pilastro accademico (promuovendo l’educazione imprenditoriale, incoraggiando solide collaborazioni non disciplinari tra l’industria e il mondo accademico, individuando le competenze di cui dovranno disporre gli innovatori del futuro ecc.) dovrebbe essere rafforzata.

d)

La definizione di missioni UE in materia di ricerca e innovazione, incentrate sulle sfide globali e sulla competitività industriale. Questo approccio, che potrebbe rappresentare un valido strumento per coinvolgere i cittadini e la società nelle missioni da individuare, creerà un senso di comunità che potrebbe rivelarsi indispensabile per conseguire risultati e un impatto significativi. I temi potrebbero spaziare dalla lotta contro il cancro ai trasporti puliti, all’eliminazione della plastica dagli oceani o all’acqua sicura e pulita per tutti. Tali missioni saranno definite in collaborazione con i cittadini, i portatori di interessi, il Parlamento europeo e gli Stati membri. Il CESE, in quanto rappresentante della società civile organizzata, offre la sua disponibilità a contribuire attivamente a questo processo di co-progettazione.

e)

Massimizzare il potenziale di innovazione nell’insieme dell’UE e rafforzare lo Spazio europeo della ricerca: l’assistenza agli Stati membri che presentano un potenziale limitato in termini di risultati di R&I sarà raddoppiata. Inoltre, le sinergie con i fondi strutturali e di investimento europei (Fondi strutturali e di coesione ecc.) faciliteranno il coordinamento e la combinazione di finanziamenti e aiuteranno le regioni a promuovere l’innovazione e ad acquisire influenza a livello dell’Unione.

f)

Maggiore apertura: il principio della «scienza aperta/innovazione aperta» diventerà il modus operandi del programma Orizzonte Europa e prescriverà l’accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati. Ciò promuoverà la divulgazione e lo sfruttamento, favorirà la diffusione sul mercato e accrescerà il potenziale innovativo dei risultati generati dai finanziamenti dell’Unione.

g)

Una nuova generazione di partenariati europei e una maggiore collaborazione con altri programmi dell’UE: l’aspettativa è che Orizzonte Europa permetta di razionalizzare il numero di partenariati co-programmati o co-finanziati dall’UE con partner quali l’industria, la società civile e le agenzie che erogano finanziamenti, al fine di aumentarne l’efficacia e l’impatto in termini di realizzazione delle priorità politiche dell’Europa. Orizzonte Europa promuoverà collegamenti efficaci e operativi con altri futuri programmi dell’UE, come la politica di coesione, il Fondo europeo per la difesa, il programma Europa digitale e il meccanismo per collegare l’Europa, nonché con il progetto internazionale per l’energia da fusione ITER.

h)

Il Centro comune di ricerca (JRC): il servizio della Commissione europea per la scienza e la conoscenza continuerà a fornire il proprio contributo sotto forma di pareri scientifici, assistenza tecnica e ricerche specifiche.

4.   Scienza e innovazione per tutti i cittadini europei

4.1.

I cittadini dovrebbero essere consapevoli del potenziale e delle realizzazioni dell’Europa per quanto riguarda le attività nel settore della scienza e dell’innovazione. Tali attività sono realmente parte della vita di tutti e costituiscono una vera opportunità per coinvolgere la società nel progetto europeo. L’idea e le misure proposte dalla Commissione sono ambiziose e alimentano un «processo continuo, senza fine», che rappresenta però anche la migliore opportunità di coinvolgere i cittadini nella promozione dei valori europei legati al concetto di innovazione e scienza per tutti.

4.2.

L’educazione scientifica e la comunicazione scientifica devono essere considerate un approccio fondamentale per il coinvolgimento di tutti i cittadini nel progetto europeo. Considerare la partecipazione pubblica come una priorità nell’ambito di Orizzonte Europa rappresenterà un chiaro passo avanti nel conseguimento dei risultati di R&I per il mercato e la nostra vita quotidiana. Il processo di co-creazione sulla base di un approccio multipartecipativo costituirebbe un messaggio chiaro per il coinvolgimento dei cittadini nel contesto di R&I. L’innovazione a livello sociale con la partecipazione pubblica e la fiducia nell’innovazione saranno cruciali per incoraggiare nuovi modelli di governance, produzione e consumo.

4.3.

La divulgazione, la comunicazione e lo sfruttamento dei successi ottenuti dalle attività realizzate dall’Europa nel settore della scienza e dell’innovazione sembrano essere piuttosto inefficaci. I cittadini esprimono apprezzamento per le innovazioni di altre regioni ma non riconoscono «le realizzazioni europee» neppure quando sono evidenti. Questa situazione deve cambiare per vari motivi: oltre all’idea di ricavare un «valore aggiunto europeo» dagli investimenti effettuati dall’Europa, è anche importante essere orgogliosi dei risultati e degli obiettivi dell’UE in relazione al progetto europeo per tutti.

4.4.

L’Europa è spesso criticata per la sua «carenza di investimenti» e «mancanza di una cultura del rischio e dell’imprenditorialità». L’idea generale della proposta della Commissione consiste nell’affrontare queste sfide e nel creare una nuova narrazione su queste idee. Il contributo fornito dalle attività nel campo della scienza e dell’innovazione alla costruzione di un’Europa migliore e più inclusiva fa parte del cambiamento necessario per evitare malintesi sul progetto europeo, e rappresenta certamente un valido strumento per coinvolgere maggiormente i cittadini e renderli fieri di essere parte della soluzione. È inoltre importante opporsi alle idee errate circa l’uso dei fondi europei nelle comunità locali: il riconoscimento da parte dei cittadini che il «denaro dei contribuenti» viene utilizzato correttamente rappresenterebbe un importante passo avanti nella lotta alla retorica populista estrema che deve essere contrastata.

4.5.

Il programma dovrebbe, in particolare, contribuire a rafforzare lo Spazio europeo della ricerca, assicurando che la maggior parte dei finanziamenti siano destinati alla ricerca collaborativa, con il coinvolgimento di partecipanti degli Stati membri e/o dei paesi associati, onde offrire un valore aggiunto significativo dell’UE. La collaborazione tra i ricercatori, l’industria (ivi comprese le PMI) e altre istituzioni pubbliche e private in Europa è stata determinante nella creazione dello Spazio europeo della ricerca e rappresenta un tratto distintivo dei programmi quadro europei per la ricerca e l’innovazione, molto apprezzato dai portatori di interessi e che deve essere preservato in Orizzonte Europa.

4.6.

Le attività di Orizzonte Europa devono essere realizzate principalmente mediante inviti a presentare proposte. In tale contesto, occorre assicurare che la maggior parte del bilancio di Orizzonte Europa sia spesa attraverso bandi di gara concorrenziali gestiti direttamente dalla Commissione europea o dalle sue agenzie esecutive, in maniera trasparente ed efficiente, e che il numero e le dotazioni delle missioni e dei partenariati siano limitati a livelli ragionevoli, onde razionalizzare il panorama di R&I, in linea con l’obiettivo principale, che è quello della semplificazione.

4.7.

Orizzonte Europa deve rispondere alle esigenze e alle priorità urgenti messe in evidenza nel quadro della consultazione dei portatori di interessi lanciata all’inizio del 2018 nell’ambito dell’esercizio di valutazione d’impatto (4). La consultazione dei portatori di interessi intendeva raccogliere il punto di vista dei cittadini interessati e dei portatori di interessi sulla definizione di Orizzonte Europa, segnatamente per quanto concerne la promozione delle attività di R&I nell’UE, il sostegno a istruzione, competenze e formazione, la salvaguardia di un ambiente pulito e salubre e la protezione delle risorse naturali.

4.8.

Onde contribuire attivamente alla coesione delle diverse regioni in Europa, il CESE apprezza l’aumento dei finanziamenti destinati al Consiglio europeo della ricerca, in particolare se saranno assegnati innanzitutto ai ricercatori a inizio carriera, quale categoria che offre il maggiore potenziale per il futuro dell’Europa. A questo proposito, occorre arginare la fuga di cervelli dalle regioni periferiche verso altre aree e sostenere concretamente i ricercatori a inizio carriera.

4.9.

Al fine di sensibilizzare maggiormente la società civile in merito ai risultati conseguiti dalla ricerca, è importante sottolineare il ruolo fondamentale dell’innovazione sociale. È altresì opportuno porre l’accento sull’importanza delle imprese dell’economia sociale e dei portatori di interesse in generale che, insieme all’industria e alle PMI, rappresentano attualmente una parte consistente del sistema economico europeo.

5.   Il ruolo delle imprese

5.1.

Il CESE sottolinea ancora una volta il fatto che le PMI rappresentano la principale comunità imprenditoriale in Europa. Le PMI sono responsabili della crescita e della creazione di posti di lavoro e devono quindi essere al centro del processo di definizione delle politiche. La proposta sembra rispecchiare questa idea ma al tempo stesso il CESE richiama l’attenzione della Commissione sul fatto che non esiste una soluzione universale per tutti gli Stati membri su come incentivare la partecipazione delle PMI al programma Orizzonte Europa. Gli Stati membri presentano livelli di crescita ed ecosistemi strutturali di innovazione differenti e questo aspetto deve trovare in qualche modo corrispondenza nelle misure specifiche proposte.

5.2.

Il CESE riconosce il ruolo delle start-up negli ecosistemi scientifici e di innovazione, ma richiama l’attenzione della Commissione sul fatto che gli imprenditori devono adottare un approccio orientato all’impresa se vogliono avere successo. È pertanto opportuno fornire consulenza agli imprenditori sulle potenzialità e le esigenze del mercato. Al processo devono partecipare anche le grandi imprese. Queste ultime infatti offrono maggiori opportunità per le start-up e le PMI, non solo a causa delle sfide che creano, ma anche per le opportunità commerciali che accompagnano normalmente le loro attività. Vale quindi senz’altro la pena di creare un ecosistema dell’innovazione più efficiente, che riunisca tutte le loro realtà.

5.3.

Il CESE richiama l’attenzione della comunità di imprenditori, e della Commissione, sulla necessità di sviluppare una nuova narrazione per quanto riguarda le attività industriali. I settori industriali tradizionali potrebbero davvero trarre vantaggio dalle attività delle start-up quando queste sono orientate alle sfide che derivano dalla digitalizzazione e robotizzazione delle attività industriali, per esempio per il passaggio all’economia circolare, oppure il sostegno all’introduzione di nuove tecnologie produttive molto avanzate mediante la partecipazione di PMI e start-up e la promozione della cooperazione tra queste e le grandi industrie. E il livello di successo potrebbe aumentare se la comunità delle start-up fosse in qualche modo resa consapevole delle sfide industriali che ci attendono.

6.   Questioni finanziarie

6.1.

La dotazione finanziaria proposta, pari a 100 miliardi di EUR per il periodo 2021-2027, prevede 94,1 miliardi di EUR per il programma Orizzonte Europa, 3,5 miliardi di EUR stanziati a titolo del Fondo InvestEU e 2,4 miliardi di EUR per il programma Euratom di ricerca e formazione. Quest’ultimo programma, che finanzia la ricerca e la formazione in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione, verterà maggiormente sulle applicazioni tecnologiche non connesse alla produzione di energia elettrica, come quelle per l’assistenza sanitaria e le apparecchiature mediche, e sosterrà inoltre la mobilità dei ricercatori nucleari attraverso le azioni Marie Skłodowska-Curie (MSCA).

6.2.

La distribuzione indicativa del bilancio di Orizzonte Europa mostra un aumento significativo della dotazione del CER (di circa il 20 %) e delle azioni Marie Skłodowska-Curie (di circa il 10 %) rispetto al programma quadro Orizzonte 2020 per il periodo 2014-2020. Il CESE appoggia pienamente tale aumento e il fatto che il CER debba destinare la maggior parte del proprio bilancio ai ricercatori a inizio carriera, nella fase più produttiva e creativa della loro carriera (sovvenzioni di avviamento (5) e di consolidamento (6)).

6.3.

Con un totale di 13,5 miliardi di EUR, la dotazione del CEI registra l’aumento maggiore nel quadro di Orizzonte Europa. Nell’ambito del pilastro Sfide globali e competitività industriale, invece, a registrare la crescita più elevata, per un totale di 10 miliardi di EUR, è il polo tematico «Prodotti alimentari e risorse naturali». Anche il pilastro trasversale volto al «Consolidamento dello Spazio europeo della ricerca» registra un aumento significativo del proprio bilancio, per un totale di 2,1 miliardi di EUR. Il CESE accoglie con soddisfazione tali tendenze di bilancio e ritiene che rafforzeranno lo Spazio europeo della ricerca e consolideranno un ecosistema di R&I che coinvolge diversi attori in tutte le regioni europee.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 34 del 2.2.2017, pag. 66 e Orizzonte 2020 (valutazione) (relazione informativa).

(2)  GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 10.

(3)  GU C 34 del 2.2.2017, pag. 66.

(4)  https://ec.europa.eu/info/publications/horizon-europe-impact-assessment-swd-2018-307_en

(5)  Per ricercatori di qualsiasi nazionalità, con 2-7 anni di esperienza maturata dal completamento del dottorato di ricerca, un percorso scientifico promettente e una proposta di ricerca eccellente (https://erc.europa.eu/funding/starting-grants).

(6)  Per ricercatori di qualsiasi nazionalità, con 7-12 anni di esperienza maturata dal completamento del dottorato di ricerca, un percorso scientifico promettente e una proposta di ricerca eccellente (https://erc.europa.eu/funding/consolidator-grants).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/40


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma relativo al mercato unico, alla competitività delle imprese, comprese le piccole e medie imprese, e alle statistiche europee e che abroga i regolamenti (UE) n. 99/2013, (UE) n. 1287/2013, (UE) n. 254/2014, (UE) n. 258/2014, (UE) n. 652/2014 e (UE) 2017/826»

[COM(2018) 441 final — 2018/0231 (COD)]

(2019/C 62/06)

Relatore:

Oliver RÖPKE

Correlatrice:

Violeta JELIĆ

Consultazione

Parlamento europeo, 14/06/2018

Consiglio, 26/06/2018

Base giuridica

Articoli 114, paragrafo 1, 169, paragrafo 3, 43, paragrafo 2, e 173, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

02/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

187/4/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il mercato unico fornisce una base essenziale per la crescita economica e la competitività. Reca un contributo importante alla creazione di posti di lavoro, offre ai consumatori un’ampia scelta di beni e servizi e può inoltre servire da base per rendere più prospera l’Unione europea.

1.2.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore, in linea di principio, l’integrazione di cinque programmi precedenti (nonché del programma statistico europeo, che peraltro non riguarda soltanto l’ambito del mercato unico) e di una serie di linee di bilancio in un solo programma relativo al mercato unico: ciò, infatti, dovrebbe produrre sinergie e accrescere l’efficienza sul piano dei costi.

1.3.

Il CESE concorda con la Commissione sulla necessità di rimuovere gli ostacoli esistenti, nonché di promuovere con decisione lo sviluppo, l’attuazione e l’applicazione del diritto dell’UE nel mercato interno. Ciò vale, in particolare, per ambiti quali le merci e i servizi, gli appalti pubblici, la vigilanza del mercato, il diritto societario, il diritto contrattuale ed extracontrattuale, la lotta contro il riciclaggio di denaro, la libera circolazione dei capitali, i servizi finanziari, la concorrenza e lo sviluppo di strumenti di governance. Il CESE invoca la creazione di un mercato interno equo e completo, che tenga conto anche della necessità di conformarsi alle norme in materia di lavoro, consumatori e ambiente.

1.4.

Per quanto riguarda la filiera alimentare, peraltro, il CESE invita la Commissione a garantire le risorse finanziarie necessarie nell’ambito della categoria 3 («risorse naturali e ambiente»), considerata la stretta correlazione del programma con la politica agricola.

1.5.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di destinare il 25 % delle risorse finanziarie disponibili agli obiettivi climatici fissati dall’accordo di Parigi, ma desidererebbe ulteriori informazioni su quali spese debbano essere considerate «relative ad azioni per il clima».

1.6.

Il CESE osserva che il volume di lavoro nella politica in materia di tutela dei consumatori (in appresso «politica dei consumatori») è in costante aumento, anche per effetto della trasformazione digitale. Il CESE esorta pertanto la Commissione a sviluppare ulteriormente la cooperazione con le reti e le organizzazioni dei consumatori e ad aumentare di conseguenza le risorse finanziarie destinate alla protezione dei consumatori.

1.7.

Il CESE prende atto che, secondo la Commissione, le risorse finanziarie assegnate alle priorità del nuovo programma sul mercato unico ammonteranno a circa 3,9 miliardi di EUR, situandosi dunque più o meno allo stesso livello di quelle stabilite per il periodo di programmazione in corso (2014-2020), ma è preoccupato che i negoziati sul prossimo quadro finanziario pluriennale dell’UE possano risolversi in una serie di tagli e quindi in una dotazione finanziaria più limitata rispetto al passato. Nondimeno, il CESE accoglie con favore il fatto che, nell’ambito di COSME, un importo supplementare di 2 miliardi di EUR sia reso disponibile a titolo del programma InvestEU e che sia possibile combinare i finanziamenti provenienti da altri programmi.

1.8.

Le statistiche prodotte dal programma statistico europeo presentano un elevato valore aggiunto europeo e costituiscono una delle basi delle politiche dell’Unione europea, anche e soprattutto in materia di mercato unico, ragion per cui il CESE concorda con la Commissione nel ritenere che l’attuale programma statistico europeo debba continuare a essere sostenuto con le risorse necessarie anche nell’ambito del nuovo programma relativo al mercato unico.

1.9.

Il CESE chiede che le parti sociali europee siano adeguatamente coinvolte in tutte le fasi del nuovo programma relativo al mercato unico.

2.   Osservazioni generali sul nuovo programma per il mercato unico

2.1.

Il CESE ha già sottolineato a più riprese che il mercato unico è una pietra angolare del processo di integrazione europea e contribuisce in modo significativo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. Inoltre, il mercato unico può anche apportare un contributo alla prosperità dell’UE (1).

2.2.

Il CESE ha già avuto modo di criticare — nel suo parere sul quadro finanziario pluriennale per il dopo 2020 (2) — il fatto che, per il conseguimento degli obiettivi dell’Unione europea, il prossimo QFP metta a disposizione risorse finanziarie ancora inferiori a quelle stanziate per il periodo di finanziamento in corso.

2.3.

Nel prossimo QFP, la Commissione propone di consolidare una serie di programmi e di linee di bilancio relativi alla competitività delle imprese (comprese le PMI), alla protezione dei consumatori, ai clienti e agli utenti finali dei servizi finanziari, alla definizione delle politiche nel settore dei servizi finanziari, alla filiera alimentare e allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee. Il CESE accoglie, in linea di principio, con favore questa proposta, perché essa consente di realizzare sinergie e di aumentare l’efficienza nel finanziamento dei progetti sostenuti. Il programma offre inoltre un quadro finanziario più flessibile, che renderà più facile per i beneficiari attuare i progetti.

2.4.

Anche una valutazione dei singoli programmi che saranno incorporati nel nuovo programma relativo al mercato unico dimostra l’elevato valore aggiunto europeo fornito da queste diverse iniziative.

2.5.

Occorre tener presente che esistono ancora barriere ed ostacoli al mercato unico, ragion per cui è importante seguire gli sviluppi in questo ambito, fare il punto degli ostacoli rimasti e definire una tabella di marcia affinché il mercato unico funzioni correttamente, nell’interesse di tutti. Il CESE concorda con la Commissione nel ritenere che il nuovo programma possa contribuire a migliorare il funzionamento del mercato unico attraverso l’elaborazione, l’attuazione e l’applicazione della legislazione dell’UE. L’intervento dell’Unione europea deve condurre a un quadro normativo semplice, chiaro, stabile e prevedibile per le imprese, i lavoratori e i cittadini. Il CESE invoca la creazione di un mercato interno equo e completo, che tenga conto anche della necessità di conformarsi alle norme in materia di lavoro, consumatori e ambiente.

2.6.

Il CESE accoglie con particolare favore la possibilità di finanziare attività e progetti attraverso il sostegno cumulativo di diversi programmi dell’UE, come ad esempio InvestEU, Orizzonte Europa o il Fondo sociale europeo. Ciò, infatti, potrebbe sia produrre effetti sinergici che rendere più agevole il finanziamento dei progetti.

2.7.

Il CESE, inoltre, richiama l’attenzione sulla particolare importanza di sviluppare ulteriormente la politica fiscale dell’UE per promuovere un mercato unico efficiente, competitivo ed equo (3).

3.   Obiettivi del programma

3.1.

Le piccole e medie imprese (PMI) svolgono un ruolo centrale nell’economia europea. Esse costituiscono il 99 % delle imprese e occupano i due terzi dei dipendenti di tutta l’UE. Secondo il CESE, quindi, è essenziale che l’Unione europea aiuti le PMI a migliorare la loro competitività. Il CESE tiene a sottolineare l’importanza delle misure volte a sostenere i servizi professionali e le imprese nel loro ruolo di promotori della competitività delle PMI: essi, infatti, assumono un rilievo cruciale per molti altri settori e svolgono un ruolo centrale nella «servitizzazione» dell’economia europea.

3.2.

Il CESE desidera qui richiamare l’attenzione sull’esperienza positiva del programma COSME, che è stato di grande beneficio per le PMI grazie al fatto di aver fornito loro un sostegno orientato ai loro bisogni in diversi settori, tra i quali il turismo e l’industria tessile, contribuendo così in misura rilevante alla crescita economica e alla creazione di nuovi posti di lavoro; e ritiene pertanto che il sostegno offerto attraverso il programma COSME dovrebbe essere mantenuto e sviluppato.

3.3.

Da diversi anni a questa parte, le PMI si trovano ad affrontare particolari difficoltà nell’accesso ai finanziamenti. La mancanza di solvibilità rende impossibile per le piccole e medie imprese effettuare gli investimenti adeguati in ambiti con grandi prospettive come la digitalizzazione, l’innovazione e la globalizzazione. Ciò ha senz’altro un impatto negativo sulla crescita economica e sulla creazione di posti di lavoro, e può persino arrivare a minacciare la stessa sopravvivenza di queste imprese. Il CESE accoglie pertanto con favore la possibilità supplementare di rifinanziamento mediante strumenti di debito e di equity a titolo del nuovo fondo InvestEU.

3.4.

Inoltre, è necessario aiutare finanziariamente lo sviluppo delle capacità delle parti sociali, della pubblica amministrazione e degli altri beneficiari per dar loro la possibilità di partecipare ai programmi dell’UE.

3.5.

Il sostegno ai giovani imprenditori e ai prodotti e servizi innovativi costituirà uno degli elementi chiave del programma relativo al mercato unico. Il CESE giudica positivamente l’approccio che consiste nell’erogare sostegno attraverso organizzazioni di cluster per diffondere nuovi modelli commerciali, tecnologie avanzate, soluzioni a basse emissioni di CO2 ed efficienti nell’uso delle risorse e altre iniziative, volte ad esempio a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese, ad attrarre talenti e a migliorare le competenze del personale. Il Comitato sostiene l’attività della Piattaforma europea per la collaborazione fra i cluster.

3.6.

In molti settori economici, il ricorso a soluzioni digitali viene già dato per scontato. Per le PMI, uno dei presupposti di un successo e una competitività duraturi è costituito dalla possibilità di effettuare investimenti tempestivi nelle infrastrutture digitali appropriate. Il CESE sostiene pertanto l’idea di offrire un sostegno alle PMI che investono in progetti digitali. Tali progetti, peraltro, dovrebbero essere concepiti in modo da recare benefici sia alle imprese che alla società civile nel suo complesso.

3.7.

Il CESE è favorevole alla prosecuzione del sostegno ai portali digitali «La tua Europa», SOLVIT e «La tua Europa — Consulenza», al sistema di informazione del mercato interno e al quadro di valutazione del mercato unico, nonché alla promozione e all’espansione di ulteriori servizi pubblici digitali e della cooperazione in materia digitale tra le autorità all’interno degli Stati membri e tra di essi, anche in collegamento con il programma Europa digitale.

3.8.

A questo proposito, il CESE accoglie con favore l’approccio gradualista della Commissione consistente nel destinare il 25 % delle risorse finanziarie disponibili agli obiettivi climatici fissati dall’accordo di Parigi, ma desidererebbe ulteriori informazioni su quali spese debbano essere considerate «relative ad azioni per il clima».

3.9.

La finalità del programma relativo al mercato unico è sostenere gli interessi dei consumatori e assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori. Il CESE osserva che, in generale, le sfide che la politica dei consumatori è chiamata ad affrontare sono in continuo aumento, anche in relazione al commercio elettronico di beni e servizi — un aumento riconducibile in parte alla trasformazione digitale e in parte a misure di deregolamentazione non appropriate, come ad esempio l’abolizione di normative volte a garantire la qualità o a stabilire condizioni di accesso alle professioni. Il nuovo programma deve quindi provvedere affinché i consumatori, quando acquistano beni o servizi, siano assistiti ed informati in maniera appropriata e, nel contempo, far sì che anche le imprese ricevano un’assistenza e un’informazione adeguate in materia di disposizioni di tutela dei consumatori.

3.10.

L’esperienza della crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008 ha dimostrato la specifica necessità di fornire ai consumatori una consulenza e un’informazione esaurienti in merito ai servizi finanziari, anche per quanto attiene alla gestione dell’indebitamento. Inoltre, è necessario coinvolgere più intensamente la società civile nell’elaborazione delle politiche riguardanti i servizi finanziari, in particolare attraverso la promozione delle organizzazioni che difendono gli interessi dei consumatori in relazione a tali politiche.

3.11.

L’informazione sui mercati ed ai consumatori nonché l’accesso ai mezzi di ricorso dovrebbero essere garantiti sostenendo le organizzazioni di tutela dei consumatori e le autorità di vigilanza e controllo competenti. Il CESE rileva però che il «New Deal per i consumatori» non corrisponde affatto alle loro legittime aspettative, e in proposito rimanda tra l’altro al suo recente parere in merito alla relativa proposta della Commissione.

3.12.

La protezione dei consumatori a livello di Unione europea riceve un forte sostegno in particolare dalla Rete dei centri europei dei consumatori e l’Organizzazione europea dei consumatori (BEUC). Negli ultimi anni, la Rete è riuscita a raggiungere e tenere informati milioni di consumatori, nonché a rispondere a diverse centinaia di migliaia di richieste di informazioni da parte dei consumatori stessi, mentre il BEUC rappresenta attivamente i loro interessi in tutte le politiche dell’UE che li riguardano. Il sostegno offerto alla Rete ed al BEUC ha dunque consentito di produrre un elevato valore aggiunto europeo, ragion per cui il CESE raccomanda di proseguire e continuare a sviluppare anche a lungo termine la cooperazione, dimostratasi così proficua, con queste due strutture. Analogamente, il CESE accoglie con favore la prevista cooperazione con le associazioni nazionali che difendono gli interessi dei consumatori.

3.13.

Per migliorare la rappresentanza degli interessi dei consumatori nel campo dei servizi finanziari, sono state sostenute finanziariamente due associazioni senza scopo di lucro, ossia Finance Watch e Better Finance — prima nell’ambito di un progetto pilota e poi attraverso un’azione preparatoria. Il regolamento (UE) 2017/826 in materia di sviluppo delle capacità in questo campo prevede un ulteriore cofinanziamento di tali associazioni. Il CESE sollecita la Commissione a stimolare ulteriormente la cooperazione con le organizzazioni in questo settore di intervento delle politiche europee.

3.14.

Il CESE fa osservare che, considerata la moltitudine di compiti da assolvere, il bilancio disponibile per la tutela degli interessi dei consumatori — pari a 198,5 milioni di EUR — è estremamente ridotto; ed esorta pertanto il Parlamento europeo e il Consiglio ad aumentare tale bilancio in misura adeguata a tali compiti.

3.15.

I dati statistici forniscono la base fattuale delle decisioni da adottare in un gran numero di ambiti diversi, come la politica sociale, economica, regionale, ambientale e agricola. I dati prodotti dal programma statistico europeo presentano dunque un elevato valore aggiunto europeo e costituiscono una delle basi delle politiche dell’Unione europea, anche e soprattutto in materia di mercato unico. Il CESE concorda pertanto con la Commissione nel ritenere che l’attuale programma statistico europeo debba continuare a essere dotato delle risorse necessarie anche nel quadro del programma relativo al mercato unico, in particolare alla luce della necessità di modernizzare i processi di produzione dei dati statistici e del crescente fabbisogno di tali dati.

3.16.

Per quanto riguarda le norme, il CESE raccomanda di elaborarle rapidamente e tempestivamente, in cooperazione con i rappresentanti delle PMI, dei lavoratori, dei consumatori e delle organizzazioni ambientaliste.

3.17.

Il programma relativo alla catena di approvvigionamento alimentare finanzia misure volte a garantire un livello elevato di tutela della salute umana, animale e vegetale, nonché a rendere più sostenibile la produzione europea di alimenti e mangimi e ad innalzarne gli standard qualitativi. L’impatto degli organismi nocivi e delle malattie degli animali dovrebbero essere ridotto al minimo mediante programmi di prevenzione sostenuti dall’UE. Inoltre, occorrerebbe sostenere il livello di tutela dell’ambiente e della biodiversità.

3.18.

Molte delle attività del programma relativo alla catena di approvvigionamento alimentare rientrano nella politica agricola e in quella ambientale. Il CESE invita pertanto la Commissione a garantire i finanziamenti di queste attività riguardanti la filiera alimentare attraverso la categoria 3 («risorse naturali e ambiente»).

4.   Bilancio

4.1.

La Commissione propone per il programma relativo al mercato unico un bilancio globale di 4 089 milioni di EUR per il periodo 2021-2027. Tale importo comprende:

circa 438 milioni di EUR per l’obiettivo relativo al mercato interno;

1 miliardo di EUR per il programma COSME per le PMI;

198,5 milioni di EUR per la protezione dei consumatori;

220,5 milioni di EUR per le attività di normazione;

552 milioni di EUR per le statistiche, e

1,68 miliardi di EUR per la filiera alimentare.

4.2.

Riguardo alla comparabilità di queste dotazioni finanziarie con quelle previste per il periodo di finanziamento in corso (2014-2020), il CESE rileva che la Brexit e l’integrazione dei singoli programmi nel programma relativo al mercato unico fanno sì che, in merito al bilancio attuale, si possano formulare soltanto poche osservazioni.

4.3.

Il CESE prende atto che, secondo la Commissione europea, il finanziamento previsto per il programma relativo al mercato unico è paragonabile a quello previsto per l’attuale periodo finanziario (circa 3,9 miliardi di EUR), ma è preoccupato che i negoziati in corso possano risolversi in una serie di tagli di bilancio e quindi in una riduzione delle risorse disponibili rispetto al periodo 2014-2020.

4.4.

Il CESE osserva che oltre il 41 % del bilancio totale — 1,68 miliardi di EUR — è destinato alla filiera alimentare, che è dunque di gran lunga la componente meglio finanziata del programma relativo al mercato unico, mentre meno del 5 % di tale bilancio sarà disponibile per progetti di politica di tutela dei consumatori.

4.5.

Il CESE si compiace del fatto che, in aggiunta al miliardo di EUR per il programma COSME, per il sostegno alle PMI saranno resi disponibili altri 2 miliardi di EUR attraverso il programma InvestEU (4).

4.6.

Il CESE chiede che la dotazione finanziaria della componente «politica dei consumatori» del programma relativo al mercato unico sia aumentata in misura significativa, considerato che le sfide che tale politica deve affrontare sono in forte aumento, anche a causa della crescente importanza del commercio elettronico e dei servizi on line transfrontalieri.

4.7.

Per quanto riguarda la filiera alimentare, il CESE esorta a garantire le risorse finanziarie necessarie nell’ambito della categoria 3 («risorse naturali e ambiente») per le misure non rientranti tra le «azioni relative alla vigilanza del mercato», ossia, ad esempio, per le attività volte a combattere le malattie degli animali e i parassiti delle piante e per le misure in materia di benessere degli animali.

4.8.

Il CESE accoglie con favore la possibilità di finanziare i progetti combinando risorse erogate da altre fonti, come il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo di coesione, il Fondo sociale europeo Plus o il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

4.9.

Oltre che alle misure di sostegno alle PMI e alle start-up e di stimolo alla competitività e alla crescita delle imprese, l’ammissibilità al programma relativo al mercato unico (ai sensi dell’articolo 3 del relativo regolamento) andrebbe estesa anche alle misure che consentono a cittadini, consumatori, utenti finali, sindacati e rappresentanti della società civile e delle imprese di assumere un ruolo attivo nel dibattito politico, nonché nel processo di elaborazione delle politiche e in quello decisionale, comprese le misure di sostegno alle attività delle organizzazioni rappresentative nazionali ed europee.

Bruxelles, il 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 1.

(2)  Parere del CESE ECO/460 sul tema Quadro finanziario pluriennale post 2020 (adottato nella sessione plenaria del settembre 2018).

(3)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 1.

(4)  COM(2018) 439 final.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma “Dogana” per la cooperazione nel settore doganale»

[COM(2018) 442 final — 2018/0232 (COD)]

(2019/C 62/07)

Relatrice:

Laure BATUT

Consultazione

Parlamento europeo, 14.6.2018

Consiglio dell’UE, 27.6.2018

Base giuridica

Articoli 114, 33 e 207 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

2.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

191/3/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il CESE si compiace dell’importanza che viene riconosciuta al settore doganale nell’ambito del mercato interno, e apprezza l’obiettivo della proposta, che mira a sostenere l’unione doganale e le autorità doganali, fornendo loro un nuovo strumento finanziario a sostegno dell’attuazione della politica doganale, ai fini di un’applicazione uniforme delle regole. Il CESE ritiene che, sul piano politico, le dogane europee, che applicano già un quadro legislativo comune, dovrebbero pervenire a operare come un unico soggetto.

1.1.   Sul bilancio e l’attuazione del programma Dogana

1.1.1.

A giudizio del CESE l’importo previsto per il programma «Dogana», pari a 950 milioni di EUR per 7 anni, ossia in media 5,02 milioni di EUR l’anno per Stato membro (UE27), rischia di essere insufficiente, data la portata degli obiettivi della proposta e le aspettative riposte nelle risorse umane, nelle reti, nelle tecnologie e nei materiali. Poiché l’onere ricadrà in grande misura sugli Stati membri, per ciò che rientra nelle loro responsabilità, il CESE raccomanda alla Commissione di semplificare la piena e completa utilizzazione, da parte delle autorità doganali nazionali, del programma e delle previste sinergie con altri programmi; auspica che la Commissione vigili sulla flessibilità tra i poli di bilancio del quadro finanziario pluriennale (QFP).

1.1.2.

Il CESE riconosce che è difficile avanzare ipotesi corredate di cifre circa il costo della Brexit, che rischia di essere molto elevato; raccomanda di adeguare gradualmente il testo in esame, senza penalizzare il completamento del mercato interno dei 27 e tenendo conto dell’esigenza vitale di disporre di agenti ben formati, di strumenti e di procedure doganali comuni e competitivi nei confronti di paesi come gli Stati Uniti e la Cina.

1.2.   Informatica

Trattandosi del principale valore aggiunto del programma, e data l’esigenza di garantire un adeguato sviluppo della strategia informatica nel settore doganale (1), il CESE si compiace del fatto che vengano integrati nel dispositivo gli strumenti intesi a finanziare i sistemi informatici doganali transeuropei e a facilitarne lo sviluppo e la manutenzione, e in particolare gli strumenti di pianificazione informatica, specie se contribuiscono a ridurre le disparità tra gli Stati membri.

1.2.1.

Innovazione tecnologica: Il CESE raccomanda che il programma sia attuato in modo da diffondere simultaneamente delle innovazioni tecnologiche a tutti gli Stati partecipanti.

1.2.2.

Cooperazioni digitali: Per ottenere il massimo risultato, il CESE raccomanda di incoraggiare gli Stati membri a intervenire per ridurre i loro divari di esperienze e competenze e intensificare il loro impegno comune nella lotta antifrode.

1.3.   Miglioramento delle competenze

Il CESE ritiene che il rafforzamento delle competenze dei dipendenti delle amministrazioni e la formazione in materia doganale siano essenziali per il buon andamento della cooperazione doganale nell’UE. Raccomanda di sfruttare pienamente il programma per proseguire gli sviluppi già in corso (2), che potrebbero, anni dopo il programma Matthaeus, dar luogo a un Erasmus doganale (scambi temporanei di agenti di tutte le categorie).

1.3.1.

Il CESE raccomanda che venga riconosciuto alle autorità doganali il titolo di autorità abilitate ad accedere ai sistemi interoperabili di controllo delle persone alla frontiera (3).

1.4.   Diritti fondamentali

Il CESE raccomanda di far sì che il programma contribuisca a rafforzare, nella sua zona operativa, il rispetto dei diritti fondamentali e della protezione dei dati.

1.5.   Indicatori

Il CESE raccomanda di aiutare gli Stati partecipanti ad adempiere adeguatamente ai propri obblighi di rendicontazione sull’attuazione del programma in funzione degli indicatori proposti, giacché le restrizioni sui bilanci pubblici non consentiranno sempre alle amministrazioni nazionali di disporre del tempo e dei dipendenti necessari. Il CESE propone che, almeno nei primi 5 anni, venga effettuato un confronto tra tutti gli Stati membri.

1.6.   Governance

Il CESE è favorevole a un dialogo aperto, tra gli Stati membri, la Commissione e le parti interessate, sull’attuazione del programma. Auspica che un rinnovato sostegno da parte del Consiglio europeo conferisca nel corso degli anni una maggiore visibilità a tale programma, e che vengano promosse le condizioni di un suo totale successo, come l’armonizzazione fiscale tra gli Stati membri, l’impegno di tutti i paesi partecipanti alle misure di formazione e la loro volontà di investire nella cooperazione, di contrastare la frode e di praticare un commercio leale.

2.   Introduzione

2.1.

Nel quadro finanziario pluriennale proposto dalla Commissione europea, il programma Dogana mira a sostenere la cooperazione tra le autorità doganali e a tutelare gli interessi economici e finanziari dell’Unione. L’unione doganale beneficia, dopo 50 anni, di un quadro giuridico armonizzato a livello europeo. Occorre tuttavia fare ulteriori progressi per garantire che le dogane degli Stati membri svolgano i propri compiti in maniera uniforme ed equivalente. L’Unione ha un territorio doganale comune e una tariffa esterna comune, in virtù dei quali sono vietati i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente tra Stati membri. Ma permangono delle differenze, e negli interstizi dell’applicazione delle regole, si insinua un «turismo doganale», equivalente a una concorrenza sleale, la quale, come le sanzioni doganali, dipende dalle legislazioni nazionali.

2.2.

L’attuazione uniforme è resa ancora più difficile dai molteplici ruoli della dogana, che si colloca al punto di equilibrio politico tra le regolamentazioni nazionali, europee e internazionali in materia di commercio e la libertà di circolazione. La dogana si occupa delle merci, favorendo la circolazione di quelle lecite, intercettando quelle illecite e bloccando quelle pericolose. In alcuni Stati membri la dogana redige le statistiche sul commercio estero.

2.3.

Inoltre la dogana fa rispettare numerose legislazioni non doganali:

a)

essa protegge la popolazione dalle minacce terroristiche, ambientali e sanitarie, dalle armi da fuoco e dalle droghe, controlla i movimenti di valuta, i diritti di proprietà intellettuale, la sanità e la pubblica sicurezza, vigila sulla sicurezza dei prodotti, sulla tutela delle specie selvatiche e dell’ambiente e altro ancora. Essa riveste un ruolo crescente in tutti i campi della sicurezza;

b)

le autorità doganali svolgono inoltre un ruolo fondamentale per garantire l’integrità della catena di approvvigionamento. Vi saranno numerose sinergie tra il programma Dogana e altri programmi finanziari del QFP.

2.4.

La dogana utilizza già strumenti e tecnologie digitali, che hanno ridotto i tempi dei controlli e le spese pubbliche, malgrado l’aumento dei volumi del commercio mondiale e la crescita della criminalità transnazionale. Si tratta di uno strumento essenziale per i governi e per l’Unione. Essa può essere mobilitata su tutto il territorio dell’UE per la protezione degli interessi finanziari dell’Unione (ad esempio: dazi doganali/Stati Uniti) e dei cittadini (ad esempio: crisi dell’encefalopatia spongiforme bovina). Il corpo europeo di guardia di frontiera e costiera (4) è destinato a rafforzarla.

3.   Sintesi della proposta di regolamento

3.1.

Per il periodo 2021-2027 (5), la Commissione europea ha incentrato il suo progetto globale di bilancio sugli obiettivi politici dell’Unione a 27. Tra tali obiettivi, il nuovo programma «Dogana» prosegue, in forma rafforzata ed estesa, il programma Dogana 2020, e mira a sostenere l’attuazione del codice doganale dell’Unione (6) e della politica doganale. A tal fine, esso privilegia una cooperazione strutturata, metodologica e di bilancio, nonché un rafforzamento della cooperazione operativa tra gli Stati membri e, al di là di essi, con i paesi «partecipanti», compresi i paesi candidati e in via di adesione.

3.2.

Il numero di dichiarazioni doganali aumenta (sono state circa 310 milioni nel 2016, ossia 10 dichiarazioni al secondo, nel 98 % dei casi presentate per via elettronica). Il codice doganale dell’Unione ha già avviato il progetto di digitalizzazione di massa di 17 sistemi elettronici per il periodo 2020-25. Il loro obiettivo è la competitività delle imprese europee. La Commissione ritiene che costituiranno il principale valore aggiunto del programma Dogana.

3.3.

Le analisi d’impatto hanno evidenziato l’esigenza di rafforzare le competenze delle amministrazioni doganali dell’UE e il coordinamento tra esse, e segnalato la necessità di indicatori semplificati per ridurre i loro oneri amministrativi. La proposta menziona un’intensificazione delle azioni, sia a livello operativo, con scambi strutturali di buone pratiche e di conoscenze operative tra gli Stati membri, che attraverso una serie di sistemi e di infrastrutture informatiche, miranti a realizzare la dogana (7) interamente online. I progetti si svolgeranno nell’arco di diversi anni, di certo in sinergia con il programma Fiscalis.

3.4.

La Commissione rispetterà gli impegni internazionali assunti dall’UE nell’ambito dell’OMC, e le amministrazioni doganali degli Stati membri, per essere conformi al messaggio politico della sua comunicazione sulla governance (8), dovrebbero operare come fossero un’unica entità.

3.5.

Sommando i risparmi connessi all’uscita del Regno Unito dall’UE, quelli derivanti dalle riforme e dall’austerità, e nuovi contributi da chiedere agli Stati membri, la Commissione propone per il periodo 2021-2027 un quadro finanziario pluriennale complessivo dell’UE pari a 1 279 miliardi di EUR, ossia l’1,11 % della ricchezza prodotta dai 27, di cui 950 milioni per il programma Dogana.

3.5.1.

Combinazioni di finanziamenti renderanno possibili delle sinergie, grazie a una nuova flessibilità tra poli differenti nella gestione del bilancio complessivo, per esempio per l’informatica. Il Fondo per la gestione integrata delle frontiere potrà essere attivato dalle dogane nazionali per migliorare le loro attrezzature di controllo (acquisto, manutenzione e aggiornamento delle attrezzature ammissibili), mentre il programma Dogana sosterrà tutte le azioni correlate, come le azioni di cooperazione per valutare la necessità di attrezzature o la formazione in relazione alle attrezzature acquistate.

3.5.2.

Il programma di sostegno alle riforme strutturali potrà migliorare le capacità amministrative delle dogane dell’UE. Destinato ad aiutare le autorità doganali a tutelare gli interessi finanziari dell’UE, il programma Dogana beneficerà anche del sostegno del programma antifrode che succederà all’attuale programma Hercule III (9) e al sistema d’informazione antifrode che sostiene l’assistenza reciproca in materia doganale. Esso sarà in sinergia con il programma Fiscalis, con le attività della Procura europea e con il programma «Giustizia» del Fondo giustizia, diritti e valori, ai fini della formazione sull’applicazione della normativa doganale dell’UE.

4.   Osservazioni generali

4.1.   Attuazione del programma Dogana

4.1.1.

Il 24 marzo 2018, il Parlamento europeo ha raccomandato di aumentare di 219 miliardi di EUR il bilancio totale dell’UE. La Commissione intende concentrare l’attenzione sul valore aggiunto europeo in relazione alla spesa pubblica nazionale. Tuttavia, l’aumento complessivo è pari solo all’1,11 % della ricchezza prodotta (10) dall’UE (contro l’1,13 % del periodo precedente). Dal 1993 al 1999 la media è stata dell’1,25 %. Il CESE, che chiede da anni un aumento delle risorse proprie dell’UE (11), spera che per la politica doganale si manifesti la volontà politica di completare il mercato interno, e che le autorità doganali nazionali ricevano aiuti per attuare tale politica.

4.1.2.

Il CESE si chiede come sia stato fissato l’importo di 950 milioni di EUR per il periodo 2021-2027 (articolo 4, paragrafo 1, della proposta): 137,7 milioni di EUR all’anno, ossia 5,02 milioni di EUR all’anno per Stato membro (27), con livelli differenti di sviluppo, sembra poco.

4.2.

La proposta prevede che si agisca assegnando i contratti e le sovvenzioni nell’ambito della gestione diretta. La flessibilità del nuovo modello di quadro finanziario pluriennale permetterebbe di creare delle sinergie tra i diversi programmi e tra i diversi compiti della dogana, le sue relazioni con altre amministrazioni, gli altri settori di intervento dell’UE, come il programma Europa digitale (12), Fiscalis, Giustizia ecc. e i relativi elementi di bilancio. Il CESE ritiene che si tratti di un buon principio, ma si chiede quali saranno i criteri di ammissibilità per la ripartizione dell’aiuto richiesto tra gli elementi permeabili di ciascun programma. Teme il rischio di un divario tra teoria e pratica di queste combinazioni di finanziamento qualora si vogliano finanziare diverse azioni contemporaneamente attraverso uno stesso fondo, che non potrebbe essere esteso a piacimento.

4.3.

La Commissione sembra ipotizzare una congiuntura favorevole per le entrate degli Stati membri e dell’UE, ma questa è solo un’ipotesi, difficile da verificare per un periodo di 7 anni.

4.4.

La proposta lascia una buona parte della responsabilità di bilancio agli Stati membri, che dovranno sviluppare taluni elementi al loro livello, tenendo conto delle necessità nazionali. Gli Stati membri fanno nondimeno fronte a politiche di austerità imposte dal semestre europeo, e a una crescita che tarda a consolidarsi, specie nella zona euro. Tuttavia, la proposta, grazie allo strumento della cooperazione strutturata, consentirà agli Stati membri di lavorare insieme, in particolare allo sviluppo di componenti dei sistemi informatici.

5.   Osservazioni particolari del CESE

5.1.   Informatica

5.1.1.

Si ritiene che essa costituisca il principale valore aggiunto del programma (13). La dogana è stata probabilmente il primo elemento di amministrazione online di cui l’Unione sia stata dotata. La struttura ad albero degli strumenti di controllo e di rendicontazione richiede un continuo aumento dell’interconnettività e dell’interoperabilità. A tal fine occorre in primo luogo che tutti gli Stati membri siano dotati di infrastrutture informatiche doganali efficienti, con un’altissima velocità ovunque. Il CESE auspica che le autorità doganali dei 27 siano riconosciute, inoltre, come autorità abilitate a utilizzare la futura architettura dei sistemi interoperabili di controlli alle frontiere (14).

5.1.2.

L’articolo 7, paragrafo 5, e l’articolo 8 della proposta annunciano che il tasso di finanziamento applicabile ai progetti da parte della Commissione può arrivare fino al 100 % per le azioni di cooperazione. Se l’azione riguarderà lo sviluppo ed il funzionamento di un sistema elettronico europeo, solo i costi relativi alle componenti comuni e al coordinamento saranno ammissibili al finanziamento, e gli Stati membri si faranno carico dei costi connessi alle responsabilità che il testo affida loro.

5.1.3.   Innovazione informatica

5.1.3.1.

Le reti digitali ad altissima capacità sostengono tutti i servizi digitali innovativi. Affinché il valore aggiunto dell’informatica doganale dia i risultati previsti, tutti gli operatori privati (imprese) e pubblici (autorità dei paesi terzi) devono fruire del miglior livello di materiali e servizi nei loro rapporti con la dogana.

5.1.3.2.

Qualora il piano strategico pluriennale per i sistemi doganali elettronici (e-customs MASP-C) (15) facesse parte del programma Dogana, tutte le innovazioni digitali avverrebbero attraverso di esso. Il CESE auspica che ogni innovazione convalidata dalle autorità sia distribuita in maniera sicura lungo tutta la rete doganale interconnessa dell’Unione, in modo che non vi siano perdite di tempo dopo la convalida, o deviazioni del traffico.

5.1.3.3.

In tutti i settori è stata segnalata l’esigenza di cibersicurezza per i dati e le reti. Quanto maggiore è l’interconnessione, tanto maggiore è il rischio. Il CESE ritiene che tale aspetto sia abbastanza importante da meritare una menzione nel programma e una dotazione di fondi, a maggior ragione perché le attività doganali hanno aspetti strategici.

5.2.   Indicatori

5.2.1.

La Commissione mette in evidenza il sostegno che il programma può fornire nell’attuazione uniforme della normativa e della politica doganale, e propone, per la loro valutazione, degli indicatori originali di carattere qualitativo.

5.2.2.

Il Comitato raccomanda che gli Stati partecipanti siano preparati, attraverso le misure di formazione previste nel programma, per tale interessante raccolta di dati, a livello sia di rilevamento che di trattamento. In tempi di restrizioni dei bilanci pubblici, le dogane rischiano di non disporre del tempo e del personale necessari per sviluppare tali indagini, che risulterebbero quindi di dubbia affidabilità. Esistono già degli strumenti di misurazione e i software potrebbero fornire direttamente informazioni, ad esempio sulla «disponibilità dei sistemi elettronici europei».

5.3.   Governance

5.3.1.

Per evitare deviazioni di traffico e perdite di competitività, la Commissione mira a coordinare le azioni in direzione di un’applicazione uniforme delle regole. Essa vuole circondarsi, come in passato, di comitati e gruppi di esperti, e insiste sulla partecipazione della società civile.

5.3.2.

Tale coordinamento dovrebbe essere garantito con le autorità doganali nazionali, con rappresentanti specializzati, a livello operativo e a lungo termine. Il CESE è favorevole a un dialogo aperto con soggetti quali esperti esterni e rappresentanti dei poteri pubblici, in particolare di paesi terzi, con rappresentanti di organizzazioni internazionali, con operatori economici e della società civile. Esso apprezzerebbe: 1) che prima della conclusione del programma Dogana il Consiglio europeo promuova tale programma ed esprima il suo interesse per la sua completa realizzazione; 2) che il programma fornisca dettagli sui partecipanti della società civile e sull’accesso ai mezzi di ricorso di cui i cittadini potrebbero disporre per difendere i loro diritti.

5.3.3.

Il Comitato ritiene che per un’armonizzazione ben riuscita occorrerebbe che tutti gli Stati e le istituzioni dell’UE lavorassero nella stessa direzione in un contesto di trasparenza. Il CESE avrebbe apprezzato che, dopo le decisioni politiche sulle priorità, fosse stato possibile distinguere le azioni legate al controllo delle merci lecite da quelle relative alle merci illecite e al controllo delle persone alla frontiera (nel rispetto della politica doganale e della politica in materia di migrazioni).

5.3.4.

Occorre menzionare gli elementi generali che rafforzerebbero il successo del programma Dogana, come l’armonizzazione fiscale tra gli Stati membri, l’impegno di tutti i paesi partecipanti alle misure di formazione e la loro volontà di investire nella cooperazione, di contrastare la frode e di praticare un commercio leale.

5.4.   Sviluppo delle capacità umane

5.4.1.

La dogana non parte da zero, bensì dispone di personale, attrezzature e competenze. Il programma menziona, ma non approfondisce, questo punto molto importante. Ogni amministrazione nazionale dovrà essere ammissibile al programma infrastrutture e sviluppo delle conoscenze.

5.4.2.

Il CESE raccomanda anche di diffondere le formazioni europee comuni, come avviene nel quadro di Europol. Tali formazioni potrebbero essere tematiche, sull’interoperabilità, sugli audit AEO (16), sulla lotta contro la frode, sulla cibersicurezza, sulla sicurezza interna ecc. In aggiunta ai moduli comuni già elaborati dalla Commissione europea in formato digitale, esse potrebbero essere integrate da un Erasmus doganale dedicato alla formazione continua, che consenta lo scambio temporaneo di agenti di ogni grado, e sia finanziato nel quadro del programma Dogana.

5.4.3.

Il Comitato ritiene che ai fini di un’efficace cooperazione tra amministrazioni nazionali caratterizzate da culture differenti, e per individuare e condividere le buone pratiche, serva del personale che abbia imparato a conoscersi e a praticare la professione in modo analogo (17), con l’uso del digitale ma non solo (competenze amministrative). Il CESE ritiene che sarebbe una buona politica, per gli Stati e per l’UE, mantenere la presenza delle amministrazioni doganali sul territorio, nonostante la crescente esigenza di tecnicità. Auspica che non vi siano riduzioni di personale pubblico a causa dell’austerità associata all’ambizione dichiarata nel programma, e che tutti siano in condizione di arricchire le loro conoscenze per cooperare con i loro omologhi europei.

5.5.   Tutela dei diritti fondamentali

5.5.1.

Il Comitato sottolinea che, oltre ad essere uno strumento di attuazione della politica doganale, il programma Dogana può fungere da catalizzatore per il rispetto dei diritti fondamentali, attraverso misure di formazione armonizzate dedicate agli agenti e ai rappresentanti dei paesi terzi partecipanti, e ritiene importante non trascurare questa opportunità.

5.5.2.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR (18)) si applica in tutta l’Unione. Esso dev’essere rispettato dagli utenti commerciali, dalle imprese e dagli agenti, e dev’essere applicato a tali soggetti. La protezione dei dati civili, industriali e commerciali può essere essenziale e dev’essere garantita dai sistemi nazionali e comuni nelle procedure regolari, nei contenziosi, nel commercio elettronico e nelle statistiche relative agli indicatori di attuazione del programma.

5.5.2.1.

La gestione, in cooperazione con Frontex, delle frontiere esterne dell’UE può dar luogo a casi in cui i diritti umani sono minacciati. Le amministrazioni doganali interessate devono rispettare i diritti umani sia dei presunti autori del reato che dei propri agenti.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Rapporto della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, dell’11.4.2018 — COM(2018) 178 final.

(2)  SWD(2017) 34 final.

(3)  COM(2017) 793 e 794 final — 2017/0351 e 352 (COD).

(4)  Regolamento (UE) 2016/1624.

(5)  COM(2018) 322 final.

(6)  Il codice doganale dell’Unione, regolamento (UE) n. 952/2013, in applicazione dall’1.5.2016, prevede la possibilità, per un operatore, di trasmettere le sue dichiarazioni a un solo ufficio doganale nell’UE (centralizzazione) anche se le sue merci transitano per luoghi differenti, e stabilisce l’obiettivo di smaterializzare interamente le formalità doganali entro il 31 dicembre 2020.

(7)  Decisione n. 70/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente un ambiente privo di supporti cartacei per le dogane.

(8)  GU C 434 del 15.12.2017, pag. 43.

(9)  Hercule III (regolamento (UE) n. 250/2014, 104,9 milioni di EUR) mira a tutelare gli interessi finanziari dell’UE, sostenendo la lotta contro le irregolarità, la frode e la corruzione a danno del bilancio dell’UE. Il programma è gestito dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).

(10)  Reddito nazionale lordo.

(11)  GU C 74 del 23.3.2005, pag. 32, punto 4.5.15.

(12)  COM(2018) 434 final.

(13)  SWD (2018) 322 final — Valutazione d’impatto.

(14)  COM(2017) 793 final.

(15)  Piano strategico pluriennale per i sistemi doganali elettronici (e-customs MASP-C piano strategico pluriennale), Taxud.a.3 (2017) 6498377.

(16)  AEO: Operatore economico autorizzato.

(17)  Cfr. in passato, il programma Matthaeus.

(18)  GDPR: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:OJ.L_.2016.119.01.0001.01.ITA&toc=OJ:L:2016:119:TOC


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma spaziale dell’Unione e l’Agenzia dell’Unione europea per il programma spaziale e che abroga i regolamenti (UE) n. 912/2010, (UE) n. 1285/2013 e (UE) n. 377/2014 e la decisione n. 541/2014/UE»

[COM(2018) 447 final — 2018/0236 (COD)]

(2019/C 62/08)

Relatore:

Raymond HENCKS

Consultazione

Commissione europea, 12/07/2018

Consiglio, 13/07/2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

02/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

189/3/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’UE vanta grandi successi nel settore spaziale. Con i suoi programmi spaziali essa contribuisce a rispondere a talune grandi sfide mondiali, in particolare quelle legate ai cambiamenti climatici, alla sicurezza e al miglioramento delle condizioni di vita quotidiane dei cittadini, preservando al tempo stesso la propria sovranità e la propria indipendenza strategica nei confronti delle altre potenze spaziali.

1.2.

Il CESE sostiene l’Unione nei suoi sforzi complementari volti a rimanere una grande potenza spaziale indipendente. Esso si compiace del fatto che l’UE si doti dei mezzi finanziari all’altezza degli ambiziosi obiettivi che si è prefissa, nel caso specifico un «importo di riferimento privilegiato» di 16 miliardi di euro, che per il CESE costituisce una dotazione finanziaria minima. Il CESE reitera la richiesta di reperire, di concerto con la Banca europea per gli investimenti, nuove possibilità di finanziamento per sostenere progetti di ricerca, di concezione e di produzione nel settore spaziale per imprese private, PMI e start-up.

1.3.

Per quanto riguarda gli obiettivi specifici del programma spaziale europeo, il CESE si compiace del fatto che, in aggiunta allo sviluppo permanente dei due fiori all’occhiello del programma, Galileo e Copernicus, l’Unione riconosca un’autonomia rafforzata e capacità maggiori «alla sorveglianza dello spazio e al tracciamento» (space surveillance and tracking), per proteggere le infrastrutture spaziali dai rischi derivanti dagli innumerevoli detriti spaziali che orbitano intorno alla Terra. Si compiace inoltre della nuova iniziativa riguardante il sistema Govsatcom, che risponde alle esigenze di comunicazioni satellitari sicure europee.

1.4.

Il CESE constata tuttavia che l’Unione mantiene un profilo molto basso nelle sue comunicazioni con i cittadini sui vantaggi che l’attività comunitaria nello spazio apporta alla società e all’economia. Esso propone un’adeguata campagna per sensibilizzare i cittadini in merito al valore aggiunto delle attività spaziali europee, che sono divenute indispensabili nella loro vita quotidiana, promuovono l’occupazione, la crescita e gli investimenti, e costituiscono una risorsa per la loro sicurezza.

1.5.

L’Europa rimane inoltre ben lontana dal massimizzare i vantaggi che lo spazio rappresenta per la sua economia. Rimangono in grande misura sottoutilizzate le possibilità offerte dal programma di osservazione della Terra e l’enorme quantità di dati che esso produce. Il CESE chiede che venga avviata un’azione di informazione e di sensibilizzazione per i potenziali beneficiari, specie nel settore marittimo e dell’agricoltura.

1.6.

Sul piano internazionale il settore spaziale europeo deve far fronte a un’accanita concorrenza, dato che le attività spaziali divengono sempre più commerciali a causa di una crescente presenza del settore privato nel mercato esterno all’UE. Pertanto bisognerà assolutamente aumentare l’importanza del mercato interno e applicare un principio di «preferenza europea» nel settore spaziale.

1.7.

Se vuole mantenere un accesso autonomo allo spazio in un contesto di aumento del numero di lanciatori (razzi vettori) e di forte concorrenza, l’Europa ha bisogno di lanciatori concorrenziali, adeguati per il mercato commerciale e per quello istituzionale. Il CESE incoraggia la Commissione a valutare con quali mezzi sostenere la ricerca e le infrastrutture di lancio europee.

1.8.

Il CESE ritiene che il progetto futuristico di estrazione e recupero di risorse naturali fuori dell’orbita terrestre (space mining), che vede uno Stato membro in posizione di pioniere, meriti che l’UE ne segua più da vicino l’evoluzione, per conservare un evidente valore aggiunto europeo.

2.   Introduzione

2.1.

A partire dagli anni Novanta, l’UE ha sviluppato una politica spaziale comunitaria finalizzata a rendere l’UE indipendente dalle altre potenze spaziali, in particolare attraverso lo sviluppo di programmi e applicazioni in settori industriali fondamentali quali le comunicazioni, la sicurezza, i servizi di emergenza, i sistemi di navigazione, l’informazione, le trasmissioni televisive di eventi, i cambiamenti climatici le previsioni meteorologiche ecc.

2.2.

Nel frattempo l’UE, con la partecipazione dell’Agenzia spaziale europea (ESA), dispone di una vasta rete di satelliti e di un proprio accesso allo spazio, attraverso la Guyana, grazie a lanciatori europei. Gli Stati membri dell’ESA (1) dispongono, a loro volta, di proprie agenzie spaziali e di propri programmi, nonché di centri di ricerca, di installazioni a terra e di notevoli capacità industriali e sono, in generale, all’origine delle iniziative spaziali che vengono successivamente riprese nel quadro dell’UE o dell’ESA.

2.3.

L’UE interviene, in particolare, attraverso l’elaborazione, il finanziamento integrale e la gestione dei seguenti programmi spaziali, di cui si assume la responsabilità generale riguardo all’attuazione, anche per quanto riguarda la sicurezza:

Galileo è la prima infrastruttura di radionavigazione ad alta precisione e di posizionamento satellitare, progettata espressamente a fini civili, fornita gratuitamente agli utilizzatori;

Copernicus fornisce dati di osservazione della Terra riguardanti sei ambiti: il monitoraggio del territorio, dell’ambiente marino, dell’atmosfera, dei cambiamenti climatici, nonché la gestione delle emergenze e la sicurezza;

EGNOS è un sistema paneuropeo di 3 satelliti che migliora la qualità dei segnali aperti emessi dai sistemi globali di radionavigazione via satellite esistenti e fornisce dati di geolocalizzazione più precisi;

SST (sorveglianza dello spazio e tracciamento) è un sistema di sorveglianza dello spazio e di osservazione di circa 780 000 rifiuti spaziali (detriti spaziali) in orbita intorno alla Terra;

Govsatcom è un sistema di telecomunicazioni governative (civili e militari) via satellite, considerato uno degli elementi della strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE.

2.4.

La Commissione ha attualmente delegato lo sviluppo e la realizzazione dell’infrastruttura spaziale all’ESA, che è responsabile della realizzazione dell’infrastruttura Galileo, mentre l’agenzia dell’UE che ha sede a Praga (Agenzia del GNSS europeo — GSA) ha il compito di agevolare la penetrazione di Galileo nel mercato. L’ESA gestisce anche una parte delle operazioni di Copernicus.

2.5.

L’industria spaziale europea dà lavoro a oltre 231 000 persone, di cui 41 333 nel settore della costruzione spaziale, e genera un valore aggiunto stimato dalla Commissione europea tra 53 e 62 miliardi di EUR nel 2017.

3.   Proposta della Commissione

3.1.

Il programma spaziale proposto risponde alla strategia industriale presentata dal presidente Juncker nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 2017 e alla comunicazione della Commissione del 26 ottobre 2016, in cui si propone una nuova strategia spaziale per l’Europa.

3.2.

I seguenti atti:

regolamento (UE) n. 1285/2013 relativo all’attuazione e all’esercizio dei sistemi europei di radionavigazione via satellite, Galileo e EGNOS;

regolamento (UE) n. 377/2014 che istituisce il programma Copernicus;

decisione n. 541/2014/UE che istituisce un quadro di sostegno alla sorveglianza dello spazio e al tracciamento (SST), e

regolamento (UE) n. 912/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Agenzia del GNSS europeo

sono abrogati e sostituiti dal regolamento in esame, che istituisce norme comuni per tutte le componenti del programma, in particolare per quanto concerne i contributi e i meccanismi di bilancio, le disposizioni finanziarie, gli appalti pubblici, la governance e la sicurezza. Il suddetto regolamento stabilisce, inoltre, alcune regole specifiche per ciascuna di queste componenti.

3.3.

L’Agenzia del GNSS europeo, incaricata della realizzazione di una nuova generazione di sistemi di radionavigazione via satellite (GNSS), diventa Agenzia dell’Unione europea per il programma spaziale, il cui compito consiste nel contribuire al programma, in particolare riguardo alla sicurezza, alle attività di comunicazione e di promozione e alle attività di commercializzazione dei servizi offerti da Galileo ed EGNOS.

3.4.

Il nuovo programma spaziale mira a:

fornire servizi, informazioni e dati spaziali aggiornati, di qualità e, se del caso, sicuri;

massimizzare i benefici socioeconomici;

rafforzare la sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri;

promuovere il ruolo dell’Unione sulla scena internazionale in quanto attore di primo piano.

3.5.

La proposta di regolamento fissa la dotazione di bilancio complessiva per l’insieme delle attività spaziali dell’Unione, compresa la ricerca, a 16 miliardi di EUR per il periodo 2021-2027 (rispetto ai 12,6 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020). Tale dotazione finanziaria costituisce l’importo di riferimento privilegiato, conformemente all’accordo istituzionale sulla disciplina di bilancio del 2 dicembre 2013, ed è ripartita come segue:

Galileo ed EGNOS 9,7 miliardi di EUR;

Copernicus 5,8 miliardi di EUR;

SST/Govsatcom 0,5 miliardi di EUR.

3.6.

Il nuovo regolamento tratta, inoltre, diverse forme di cooperazione e partenariato tra le parti interessate nonché le relazioni con le organizzazioni internazionali e i soggetti terzi.

3.7.

La Commissione presenterà ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione del programma spaziale, sulla base di indicatori di performance da definire.

3.8.

Il programma, inoltre, sarà sottoposto a una valutazione almeno ogni quattro anni. Le conclusioni delle valutazioni, accompagnate dalle osservazioni della Commissione, saranno comunicate al Parlamento europeo, al Consiglio, al CESE e al Comitato delle regioni.

4.   Osservazioni generali

4.1.

In primo luogo, bisogna riconoscere che l’UE può sfruttare il fatto di avere sviluppato in tempo utile la propria politica spaziale, e di essere attualmente indipendente dalle altre potenze spaziali, compresa quella considerata in passato come un partner affidabile, ma diventata nel frattempo imprevedibile.

4.2.

Il CESE sostiene l’Unione nei suoi sforzi complementari per restare una grande potenza spaziale indipendente e dotarsi dei mezzi necessari per consolidare i suoi vantaggi tecnici. Il settore spaziale è un ambito che richiede risorse finanziarie notevoli. Non può esistere una politica spaziale ambiziosa priva di un bilancio adeguato.

4.3.

Non può non destare compiacimento, quindi, il fatto che il progetto di regolamento preveda di assegnare all’Unione mezzi finanziari all’altezza degli ambiziosi obiettivi che si è prefissa, nel caso specifico una dotazione di 16 miliardi di euro per il programma in oggetto, a titolo di «importo di riferimento privilegiato» minimo. Ne consegue che il Parlamento e il Consiglio, come pure la Commissione quando elabora il progetto di bilancio, si impegnano a non discostarsi di più del 10 % da tale importo per l’intera durata del programma (salvo circostanze eccezionali). Il CESE reitera tuttavia la richiesta di reperire, di concerto con la Banca europea per gli investimenti (BEI), nuove possibilità di finanziamento per sostenere progetti di ricerca, di concezione e di produzione nel settore spaziale per imprese private, PMI e start-up, ad esempio nei settori dei nanosatelliti, dei sistemi di propulsione miniaturizzati, del prolungamento della durata di vita dei satelliti, delle nuove applicazioni per l’osservazione della Terra e altro ancora.

4.4.

Inoltre, la ricerca e l’innovazione nel settore spaziale, che devono necessariamente essere rafforzate se l’Unione vuole restare all’avanguardia, possono essere finanziate attraverso il programma Orizzonte Europa nell’ambito del programma di lavoro «Leadership nelle tecnologie abilitanti e industriali», dotato di un bilancio di 13,5 miliardi di euro.

4.5.

In tale contesto non può non suscitare compiacimento il fatto che il Regno Unito intenda chiedere di continuare a partecipare al programma spaziale europeo anche dopo la Brexit. Il CESE si rammarica tuttavia del fatto che solo 20 degli attuali 28 Stati membri dell’UE siano membri dell’ESA.

4.6.

Per quanto concerne gli obiettivi specifici del programma spaziale, il CESE approva che le nuove applicazioni e i nuovi servizi tengano conto dei progressi compiuti in materia di autovetture a guida autonoma, di droni, di robot e di Internet degli oggetti (Galileo) e pongano l’accento, nell’interesse dell’umanità, sul monitoraggio dei cambiamenti climatici (ad esempio la sorveglianza delle emissioni antropiche di CO2 e di gas a effetto serra), la destinazione dei terreni a sostegno dell’agricoltura, l’osservazione delle regioni polari, la gestione delle foreste e delle acque e l’individuazione di piccoli oggetti (ad esempio imbarcazioni) per monitorare i traffici illeciti (Copernicus).

4.7.

Il CESE appoggia altresì la proposta di conferire maggiore autonomia e capacità rafforzate all’SST, al fine di proteggere le infrastrutture spaziali e la Terra dai rischi spaziali, e la creazione di nuove attività per l’osservazione dei detriti spaziali e dei fenomeni meteorologici spaziali estremi derivanti dall’attività solare o di asteroidi e comete (oggetti vicini alla Terra). Il problema dei detriti spaziali riguarda direttamente oltre 60 paesi che attualmente possiedono e gestiscono dei satelliti. La sorveglianza dello spazio è di fatto fondamentale, visto il rischio di danneggiare infrastrutture essenziali per la vita quotidiana dei cittadini, con le interruzioni dei servizi, i disagi e le perdite economiche che ne conseguirebbero.

4.8.

La nuova iniziativa riguardante il sistema Govsatcom risponde alle esigenze di comunicazioni europee sicure via satellite (sorveglianza delle frontiere, comunità marittima, compiti di polizia, protezione civile, aiuti umanitari, azione esterna dell’UE e altro) e permetterà di migliorare la sicurezza e l’indipendenza europea dai futuri sistemi e servizi sicuri di telecomunicazioni, obiettivo che il CESE non può che sostenere.

4.9.

L’UE può quindi vantare i suoi grandi successi nel settore spaziale. Il CESE constata tuttavia che l’Unione, nelle sue comunicazioni con i cittadini, mantiene un profilo molto basso circa i vantaggi che lo spazio rappresenta per la società e l’economia, Molti cittadini non sono consapevoli del fatto che quando, ad esempio, utilizzano un telefono cellulare, uno smartphone, un sistema di navigazione, oppure guardano la TV via satellite, viaggiano via terra, via mare e via aria, o ritirano dei soldi, stanno usando servizi spaziali. Bisognerà quindi fare in modo, grazie a un’adeguata campagna d’informazione, che i cittadini si rendano conto che le attività spaziali europee sono indispensabili nella loro vita quotidiana, promuovono l’occupazione, la crescita e gli investimenti, e costituiscono uno strumento per la loro sicurezza.

4.10.

Analogamente, l’Europa rimane ben lontana dal massimizzare i vantaggi che lo spazio rappresenta per la sua economia. Rimangono in grande misura sottoutilizzate le possibilità offerte dal programma di osservazione della Terra e l’enorme quantità di dati che esso produce. Il CESE chiede che venga avviata un’azione di informazione e di sensibilizzazione per i potenziali beneficiari, specie nel settore marittimo e dell’agricoltura.

4.11.

Come sottolinea la Commissione, il settore spaziale fa fronte a difficoltà legate alla sua insufficiente capacità di assumere personale adeguato. Il CESE ritiene che la scienza spaziale debba essere integrata nel sistema di istruzione, e che le università degli Stati membri debbano essere sensibilizzate in merito all’esigenza di offrire un master in ingegneria spaziale.

4.12.

Sul piano internazionale, l’Europa spaziale dovrà raccogliere la sfida di un’accanita concorrenza, dato che le attività spaziali divengono sempre più commerciali a causa di una crescente presenza del settore privato. I principali soggetti europei del settore svolgono la maggior parte delle loro attività al di fuori dell’Europa. Pertanto bisognerà assolutamente aumentare l’importanza del mercato interno e applicare un principio di «preferenza europea» nel settore spaziale.

4.13.

Come precisato dalla Commissione, lo spazio è parte di una catena del valore globale interessata da grandi cambiamenti, i quali stanno ampliando i confini tradizionali di questo settore. Questo «nuovo spazio» (New Space) sta rivoluzionando il settore spaziale, non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche da quello dei modelli commerciali. Per questo motivo è importante che l’Unione sostenga attivamente l’intero settore spaziale, in particolare per quanto riguarda ricerca e sviluppo, start-up e incubatori di imprese attivi in questo settore. Il CESE si rammarica del fatto che, nel regolamento in esame, la Commissione si limiti ad annunciare che il programma spaziale sostiene la cooperazione tra imprese sotto forma di poli spaziali che riuniscono, a livello regionale e nazionale, gli operatori del settore spaziale e di quello digitale, senza ulteriori indicazioni circa il funzionamento e il finanziamento di tali poli.

Un progetto del genere, denominato «New Space» potrebbe consistere nello sviluppo dell’economia delle risorse spaziali (space mining = attività minerarie nello spazio), il cui obiettivo è estrarre e recuperare risorse naturali al di fuori dell’orbita terrestre. Ad esempio gli asteroidi possono contenere nichel, platino, ferro e cobalto. La NASA stima in 700 mila miliardi di dollari il valore della cintura di asteroidi (oltre un milione) che si trova tra Marte e Giove. Tali risorse potranno essere portate sulla Terra o essere utilizzate nello spazio come energia per i satelliti, oppure per costruire basi da cui far partire un’esplorazione spaziale che si spinga più lontano.

4.14.

Il Lussemburgo è il secondo paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, ad adottare un quadro giuridico, da alcuni contestato, che autorizza la ricerca e l’utilizzo commerciale delle risorse spaziali. La BEI partecipa anch’essa al progetto con un ruolo di consulenza, allo stesso titolo dell’ESA, che prevede di fornire pareri e orientamenti tramite il proprio servizio di consulenza finanziaria in materia di innovazione.

4.15.

Il CESE ritiene che l’UE dovrebbe partecipare più attivamente, dal punto di vista tecnologico, finanziario e giuridico, alla ricerca sulle attività minerarie nello spazio, e fare in modo che tale progetto conservi un evidente valore europeo, mentre già adesso altre organizzazioni o imprese statunitensi, arabe o asiatiche si sono associate a questo progetto.

4.16.

Se vuole mantenere un accesso autonomo allo spazio, l’Europa ha bisogno di lanciatori adeguati per il mercato commerciale e per quello istituzionale. I razzi riutilizzabili rappresentano un passo avanti particolarmente promettente che ridurrà i costi e i tempi di rotazione tra i lanci. Sul mercato commerciale la concorrenza continua ad essere intensa e talvolta sleale. Il CESE invita la Commissione a studiare le modalità per sostenere la ricerca e le infrastrutture di lancio europee, alla luce dell’importanza vitale di mantenere un accesso indipendente dell’Europa allo spazio.

4.17.

Sebbene ai sensi del TFUE la competenza di definire i servizi di interesse generale spetti agli Stati membri, ciò non pregiudica in alcun modo le competenze dell’Unione di definire, al proprio livello, tali servizi, qualora questo risulti necessario per la realizzazione degli obiettivi dell’UE. Il CESE auspica che le istituzioni dell’UE riconoscano l’esistenza e la necessità di servizi di interesse generale dell’Unione negli ambiti in cui l’azione dell’UE risulta più efficace per rispondere ai suoi propri obiettivi, come è palese nel caso del settore spaziale.

Bruxelles, il 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  L’ESA passa così ad avere 22 Stati membri Siedono nel consiglio dei governatori dell’ESA gli organismi nazionali responsabili dello spazio di Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria. Anche il Canada partecipa al consiglio e ad alcuni progetti nel quadro di un accordo di cooperazione. La Slovenia è membro associato. Altri sette Stati dell’UE hanno concluso degli accordi di cooperazione con l’ESA: Bulgaria, Cipro, Croazia, Lettonia, Lituania, Malta e Slovacchia.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo su: a) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale

[COM(2018) 378 final — 2018/203 (COD)]

e su b) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio

che modifica il regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale («notificazione o comunicazione degli atti»)

[COM(2018) 379 final — 2018/204 (COD)]

(2019/C 62/09)

Relatore:

Bernardo HERNÁNDEZ BATALLER

Consultazione

a)

Parlamento europeo, 10.9.2018

b)

Parlamento europeo, 10.9.2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

02.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

184/0/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE prende atto delle proposte della Commissione relative alla modifica del regolamento sull’assunzione delle prove e del regolamento sulla notificazione e la comunicazione degli atti.

1.2.

Il CESE invita la Commissione a prendere in considerazione le osservazioni formulate nel presente documento riguardo le sue proposte — segnatamente, quelle contenute nei punti 5.2, 5.3, 5.4, 5.5, 5.9, 5.10, 6.3, 6.4. e 6.6 — poiché, in assenza di un autentico spazio giudiziario, non si può fruire pienamente delle libertà del mercato unico.

2.   Contesto

2.1.

Al fine di creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea (UE), l’articolo 81 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabilisce le condizioni per lo sviluppo della cosiddetta «cooperazione giudiziaria nelle materie civili» con implicazioni transfrontaliere, conferendo all’UE competenze che le consentono di adottare misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.

2.2.

Vige la disposizione giuridica secondo cui, se necessario al buon funzionamento del mercato interno, vanno adottate misure volte a garantire il riconoscimento reciproco (tra gli Stati membri) delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali e la loro esecuzione, nonché la cooperazione nell’assunzione dei mezzi di prova.

2.3.

Per disciplinare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, l’UE ha sostituito i sistemi disciplinati dalle convenzioni dell’Aia con l’adozione dei seguenti strumenti giuridici:

2.3.1.

Il regolamento (CE) n. 1206/2001 (1) del Consiglio, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle prove in materia civile o commerciale, adottato su iniziativa della Repubblica federale di Germania (in prosieguo: «regolamento sull’assunzione delle prove»), che si applica a tutti gli Stati membri eccetto la Danimarca.

2.3.2.

Questo regolamento istituisce un sistema rapido e diretto a livello di UE per la trasmissione e l’esecuzione delle richieste di acquisizione delle prove tra autorità giudiziarie, e stabilisce regole precise circa la forma e il contenuto di tali richieste. Esso ha creato un sistema di contatti bilaterali diretti tra autorità giudiziarie che sostituisce il precedente, in base al quale le richieste erano inviate da un’autorità giudiziaria di uno Stato membro all’autorità centrale di un altro Stato membro.

2.3.3.

Il regolamento (CE) n. 1393/2007 (2) del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (in prosieguo: «regolamento relativo alla notificazione e alla comunicazione»), applicabile in tutti gli Stati membri (3).

2.3.4.

Tale regolamento si applica, in materia civile e commerciale, quando un atto giudiziario o extragiudiziale debba essere trasmesso in un altro Stato membro per essere notificato o comunicato al suo destinatario. Esso non concerne, tuttavia, la materia fiscale, doganale o amministrativa, né la responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii).

2.4.

Il CESE è da sempre favorevole alla creazione nell’UE di uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia, il quale presuppone tra l’altro l’adozione, nel campo della cooperazione giudiziaria e delle materie civili, di misure necessarie affinché i cittadini e le imprese non siano ostacolati o scoraggiati dall’esercitare i propri diritti per l’incompatibilità o la complessità dei sistemi giudiziari degli Stati membri.

2.5.

In ogni caso, per creare lo spazio giudiziario europeo, è essenziale migliorare la cooperazione tra tribunali e, pertanto, semplificare e accelerare le procedure volte a eliminare disfunzioni e ritardi.

3.   Le proposte della Commissione

3.1.

Le proposte della Commissione mirano a modificare i due regolamenti in vigore nel settore dell’assunzione delle prove e della notificazione e comunicazione degli atti.

3.2.   La proposta di modifica del regolamento sull’assunzione delle prove

3.2.1.

Tale proposta è intesa a migliorare il funzionamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e del mercato interno, migliorando e accelerando l’assunzione transfrontaliera di prove.

3.2.2.

Essa mira ad allineare il regolamento agli sviluppi tecnici sfruttando i vantaggi della digitalizzazione, esigendo che la comunicazione e lo scambio di documenti avvengano, come opzione predefinita, per via elettronica e rispettando la protezione dei dati e della vita privata, senza alcun pregiudizio per i diritti procedurali delle parti. A tal fine, il sistema dovrà prevedere una struttura decentralizzata che consenta la comunicazione diretta tra gli utenti finali.

3.2.3.

La proposta incoraggia l’uso dei moderni metodi di acquisizione delle prove, quali la videoconferenza, per raccogliere le dichiarazioni di persone che si trovino in un altro Stato membro. Essa intende favorire un ricorso più adeguato, frequente e rapido all’acquisizione diretta di prove attraverso l’audizione di un testimone o di un perito, o l’interrogatorio di una parte, quando gli interessati sono domiciliati in un altro Stato membro.

3.2.4.

La proposta elimina gli ostacoli giuridici all’accettazione di prove elettroniche (digitali), e sancisce il riconoscimento reciproco di dette prove digitali. Ciò ridurrà gli oneri procedurali per i cittadini e le imprese, e limiterà il numero di casi in cui le prove elettroniche non possono essere ammesse.

3.2.5.

La proposta offre una soluzione per il problema delle interpretazioni divergenti del termine «autorità giudiziaria», che attualmente non è definito nel regolamento sull’assunzione delle prove, allo scopo di fugare i dubbi su questo punto.

3.2.6.

Essa è coerente con altri strumenti dell’UE nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, e non rappresenta un ostacolo agli scambi di informazioni tra autorità nel contesto del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale (4) o di obbligazioni alimentari (5), anche quando tali informazioni abbiano valore probatorio, in modo che l’autorità richiedente è libera di scegliere il metodo più adatto.

3.2.7.

La proposta disciplina la possibilità degli agenti diplomatici o consolari di uno Stato membro di assumere le prove nel territorio di un altro Stato membro e nell’ambito in cui esercitano le loro funzioni, senza necessità della richiesta preventiva presso l’organo centrale o l’autorità competente di tale Stato membro.

3.2.8.

Per garantire il reciproco riconoscimento delle prove digitali, a tali prove non potrà essere negato il loro valore probatorio (purché siano state assunte in uno Stato membro conformemente alla sua legge nazionale) a causa della loro natura digitale.

3.2.9.

Per introdurre aggiornamenti o modifiche dei formulari standard figuranti negli allegati è prevista una delega alla Commissione, a norma dell’articolo 290 del TFUE.

3.3.   Il regolamento sulla notificazione e la comunicazione degli atti

3.3.1.

L’obiettivo principale delle norme di tale regolamento è effettivamente quello di prevedere canali uniformi per la trasmissione di atti da uno Stato membro ad un altro, ai fini della loro notificazione o comunicazione in tale Stato membro. A tal fine è risultata particolarmente utile l’esperienza maturata con l’applicazione dell’attuale regolamento e la giurisprudenza pronunciata in materia dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

3.3.1.1.

Il suo campo di applicazione è stato modificato, pur mantenendo l’attuale formulazione della parte relativa agli atti extragiudiziali. Per contro, per quanto riguarda gli atti giudiziari, il regolamento si applicherà in tutte le situazioni in cui il domicilio del destinatario è in un altro Stato membro.

3.3.1.2.

Questo nuovo regime, in virtù del quale tutti i casi di notificazione o comunicazione di atti a destinatari domiciliati in un altro Stato membro sono obbligatoriamente regolamentati, si applica unicamente alla notificazione o comunicazione dell’atto introduttivo del procedimento o della domanda. Per quanto riguarda i successivi casi di notificazione o comunicazione di atti giudiziari nel corso di un procedimento giudiziario, la tutela supplementare è meno rilevante.

3.4.

La comunicazione e lo scambio di atti fra le autorità mittenti e riceventi deve avvenire per via elettronica, attraverso un sistema informatico decentrato, formato da sistemi informatici nazionali interconnessi da un’infrastruttura di comunicazione sicura e affidabile, sebbene si possano utilizzare mezzi di comunicazione alternativi (tradizionali) in caso di guasti imprevisti ed eccezionali del sistema informatico.

3.5.

È previsto che gli Stati membri debbano fornire assistenza per individuare il luogo in cui si trova un destinatario in un altro Stato membro, attraverso una delle seguenti tre opzioni alternative:

fornire assistenza giudiziaria attraverso autorità designate dagli Stati membri;

fornire l’accesso ai registri pubblici relativi al domicilio attraverso il Portale europeo della giustizia elettronica;

fornire, attraverso il Portale europeo della giustizia elettronica, informazioni dettagliate sugli strumenti disponibili per localizzare una persona sul loro territorio.

3.6.

La parte estera di un procedimento può essere tenuta a nominare un rappresentante ai fini della notificazione o comunicazione degli atti nello Stato membro in cui si svolge il procedimento.

3.7.

La proposta migliora la procedura relativa al diritto del destinatario di rifiutare di ricevere l’atto se non è redatto o tradotto in una lingua appropriata.

3.8.

La proposta prevede che i fornitori di servizi postali siano tenuti a utilizzare uno specifico tagliando di ricevuta uniforme (ricevuta di ritorno) in caso di notificazione o comunicazione di atti tramite posta ai sensi del regolamento. Essa introduce anche una norma minima relativa ai soggetti da poter ammettere come «sostituti riceventi» se il fornitore del servizio postale non può consegnare l’atto al destinatario in persona.

3.9.

La proposta introduce la notificazione o comunicazione elettronica degli atti come modalità alternativa supplementare di notificazione o comunicazione ai sensi del regolamento.

3.10.

Per il caso di mancata comparizione del convenuto, la proposta introduce due importanti cambiamenti:

a)

l’autorità giudiziaria investita del procedimento sarà tenuta ad inviare un messaggio d’avviso relativo all’avvio del procedimento o alla sentenza contumaciale all’account utente disponibile del convenuto in absentia;

b)

è uniformemente fissato in due anni dall’emissione della sentenza contumaciale il periodo di tempo disponibile per la richiesta di rimozione straordinaria della preclusione derivante per il convenuto dallo scadere del termine di impugnazione del riconoscimento e dell’esecuzione di tale decisione in un altro Stato membro.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE accoglie con favore le proposte della Commissione relative alla modifica del regolamento sull’assunzione delle prove e del regolamento sulla notificazione e la comunicazione degli atti, poiché facilitano l’integrazione giudiziaria negli Stati membri, istituendo percorsi uniformi nei rispettivi campi di applicazione.

4.2.

Entrambe le proposte contribuiscono a migliorare la cooperazione giudiziaria nell’UE, fondata sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie (articolo 81 del TFUE), a rafforzare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (articolo 3, paragrafo 2, e articolo 67 del TFUE) e a instaurare il mercato interno (articolo 26 del TFUE).

4.3.

In sintesi, l’adozione e l’attuazione del quadro giuridico proposto dalla Commissione dovrà contribuire oggettivamente ad abbattere vari ostacoli invisibili che influiscono direttamente sulla vita di tutti i cittadini, siano essi provvisti della cittadinanza di uno Stato membro o residenti nell’UE, e sull’attività commerciale delle imprese che operano nell’UE.

4.4.

Per garantire l’accesso alla giustizia e un processo equo è essenziale che le disposizioni di queste due proposte si applichino in tutti i casi giudiziari con implicazioni transfrontaliere, e vengano attuate correttamente.

4.5.

Le proposte sono inoltre in linea anche con la strategia per il mercato unico digitale in materia di e-government, in particolare per quanto riguarda la necessità di misure volte a modernizzare la pubblica amministrazione e a realizzare l’interoperabilità attraverso le frontiere, favorendo l’interazione con i cittadini.

4.6.

Esse accresceranno la certezza del diritto, contribuendo pertanto a evitare ritardi e costi inutili ai cittadini, alle imprese e alle amministrazioni pubbliche, e a rimediare alle carenze nella tutela dei diritti procedurali delle parti, dato che cercano di evitare l’impossibilità a difendersi, in base al «principio della parità delle armi».

4.7.

Va segnalato che la disposizione concernente gli atti delegati per l’aggiornamento e la modifica dell’allegato alle due proposte di regolamento si discosta dalla posizione del CESE (6), poiché la proposta prevede che la delega abbia durata indeterminata, malgrado il requisito di un orizzonte temporale determinato per l’adozione di atti delegati.

4.8.

In definitiva il CESE ritiene che, in assenza di un autentico spazio giudiziario, non si possa fruire pienamente delle libertà del mercato unico.

5.   Osservazioni generali sul regolamento sull’assunzione delle prove

5.1.

La proposta di modifica del regolamento sull’assunzione delle prove mira a intensificare le comunicazioni elettroniche tra le autorità competenti interessate, a scapito dei supporti cartacei, più costosi e lenti, e a utilizzare la videoconferenza per raccogliere dichiarazioni in un altro Stato membro, senza alcun pregiudizio per i diritti procedurali delle parti.

5.2.

La proposta, sebbene presupponga una condotta diligente ed efficiente delle autorità giudiziarie interessate e un rispetto rigoroso dei principi di leale cooperazione e di reciproco riconoscimento — quest’ultimo espressamente invocato per evitare che venga negato il valore probatorio delle prove digitali (considerando (4) e articolo 18 bis della proposta) — non prevede alcuna disposizione per i casi di rifiuto, da parte dell’autorità giudiziaria richiesta, a causa di:

ritardo indebito;

difetto di motivazione;

carenza di motivazione.

Tali casi equivalgono in pratica all’impossibilità di accedere a una tutela giudiziaria effettiva, e occorrerebbe ricercare una soluzione per evitare che si verifichino.

5.2.1.

Tale circostanza risulta rilevante allo stato attuale del diritto dell’UE, in cui il mero rifiuto di un’autorità giudiziaria obbligata a sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea in un caso di cui è investita potrebbe essere considerato una grave inadempienza degli obblighi incombenti allo Stato membro considerato ai sensi del diritto dell’UE (7).

5.2.2.

In numerose situazioni l’autorità giudiziaria richiesta può ledere gravemente i diritti delle parti in giudizio se non coopera con diligenza, specie nella tutela cautelare, invocando riserve basate sulla sovranità nazionale, sulla sicurezza nazionale, sull’ordine pubblico ecc. (cfr. l’articolo 4, paragrafo 2, del TFUE), o divergenze derivanti dalle differenti prassi processuali negli Stati membri.

5.2.3.

Quest’ultima situazione si verifica, ad esempio, nel caso della divulgazione predibattimentale, giacché l’articolo 23 della Convenzione dell’Aia del 18 marzo 1970 sull’assunzione all’estero delle prove in materia civile o commerciale consente agli Stati contraenti di introdurre una riserva di sovranità per respingere rogatorie presentate durante la fase preliminare del procedimento (dopo l’avvio dell’azione in giudizio, ma prima dell’inizio del processo).

5.2.4.

L’attuale regolamento (CE) n. 1206/2001, pur non affrontando esplicitamente tale questione, la esclude dal suo campo di applicazione, come risulta dalla dichiarazione 54/01 del Consiglio del 4 luglio 2001 (doc. 10571/01, pag. 1).

5.2.5.

Occasionalmente le dilazioni indebite possono essere dovute a un’insufficiente qualificazione tecnica delle autorità richieste, o al cattivo funzionamento dell’infrastruttura tecnologica. Per prevenire ed eliminare tali situazioni nella misura del possibile, la proposta dovrebbe contenere una disposizione che richieda agli Stati membri di garantire l’aggiornamento digitale delle proprie autorità giudiziarie e l’adeguatezza dell’infrastruttura tecnologica.

5.3.

Occorre inoltre concretizzare specifiche disposizioni della proposta. Ad esempio, l’articolo 1, paragrafo 4, definisce in maniera restrittiva la nozione di «autorità giudiziaria» come «qualsiasi autorità giudiziaria di uno Stato membro competente ad eseguire l’assunzione delle prove» conformemente al regolamento.

5.3.1.

Tale definizione potrebbe comprendere i pubblici ufficiali (ad esempio i notai), ma esclude gli organismi arbitrali privati — anche nell’ambito dell’arbitrato in materia commerciale, di investimenti o di consumo — e qualsiasi organo arbitrale che risolva altre questioni.

5.3.2.

In tal modo viene ignorata la grande importanza degli organi arbitrali nelle attività commerciali ed economiche degli Stati membri e dei paesi terzi.

5.3.3.

Per quanto riguarda questi ultimi, possono verificarsi situazioni di litispendenza o problemi connessi all’esecuzione delle loro decisioni da parte delle autorità richieste degli Stati membri (ad esempio, un’anti-suit injunction) che potrebbero causare incertezza sul piano del diritto.

5.3.4.

È innegabile che tale definizione restrittiva di «autorità giudiziaria» è in linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che tende a negare la qualità di «autorità giudiziaria» a organismi di arbitrato di natura privata (8).

5.3.5.

A giudizio del CESE, applicare automaticamente tale giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea all’ambito in questione potrebbe generare una situazione di mancato riconoscimento delle decisioni di tribunali arbitrali, o di diniego di cooperazione da parte dell’autorità giudiziaria richiesta che, in alcuni casi, potrebbe lasciare senza difesa gli interessati.

5.3.6.

Tuttavia vanno escluse da tale valutazione le clausole compromissorie tra l’investitore e lo Stato di cui ai trattati bilaterali di investimento, dato che esse sono incompatibili con il diritto dell’UE e non hanno alcun effetto giuridico nella misura in cui siano illegali, perché si sovrappongono alle norme del mercato unico e operano una discriminazione tra gli investitori nell’UE, nei termini stabiliti dalla Corte di giustizia nella sentenza Achmea (9).

5.4.

Dal canto suo, l’articolo 17 ter riconosce agli agenti diplomatici o consolari di uno Stato membro la possibilità di assumere prove, senza preventiva richiesta, nel territorio di un altro Stato membro in cui sono accreditati. Questa competenza è limitata all’assunzione di prove o all’audizione senza coercizione di cittadini dello Stato membro che rappresentano, nel contesto di un procedimento pendente dinanzi all’autorità giudiziaria di tale Stato membro.

5.5.

Sarebbe opportuno che i compiti di assistenza giudiziaria svolti da detti funzionari secondo quanto previsto dalla proposta potessero essere estesi per tener conto della realtà attuale dell’UE, in particolare nel quadro della libertà di circolazione e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri e della libertà di stabilimento delle imprese. Di conseguenza, l’assunzione delle prove da parte di tali funzionari potrebbe riguardare anche cittadini stranieri, senza che vi sia bisogno di chiedere l’autorizzazione preventiva, o i cittadini dello Stato richiesto, ove tale Stato lo autorizzi.

5.6.

Il CESE considera molto importante, e riconosce, l’esigenza di prevedere l’obbligo di assistere lo Stato membro mittente nella ricerca del recapito della persona alla quale dev’essere notificato o comunicato l’atto giudiziario o extragiudiziale nello Stato membro ricevente, quando tale recapito sia sconosciuto.

5.7.

Inoltre, nel contesto della proposta in esame rientra l’agenda giustizia dell’UE per il 2020, che mira a rafforzare i diritti fondamentali, compresi i diritti procedurali in materia civile.

5.8.

A tale proposito, le misure di digitalizzazione previste dalla proposta tengono conto dei requisiti in materia di protezione dei dati e di tutela della vita privata nel sistema di scambi elettronici fra le autorità giudiziarie interessate, come l’indicazione di una serie predefinita di utenti del sistema (solo i tribunali e le autorità giudiziarie degli Stati membri).

5.9.

Tuttavia, anche se si prevede che in futuro si moltiplicheranno gli attacchi a dette infrastrutture elettroniche — rischio che può aumentare a causa dell’interconnessione tra i sistemi informatici interessati — non viene stabilita alcuna disposizione su come risolvere l’attribuzione della responsabilità nel caso in cui gli attacchi informatici, o i guasti e le interruzioni di attività del sistema informatico, dovessero comportare la divulgazione di informazioni sensibili o addirittura la distruzione di elementi probatori di un processo.

5.10.

Si possono pertanto produrre gravi lesioni dei diritti delle parti in giudizio, senza che vi sia un modo prevedibile di far valere la responsabilità di quanti ne sono causa, o può avvenire anche che le parti in giudizio debbano accettare tali lesioni dei loro diritti se i responsabili invocano un caso di forza maggiore.

6.   Osservazioni generali sulla proposta di regolamento relativo alla notificazione e comunicazione degli atti

6.1.

Il CESE ritiene che la proposta di regolamento relativo alla notificazione e alla comunicazione degli atti migliorerà e accelererà i procedimenti giudiziari, semplificando e rendendo più agili i meccanismi di cooperazione per la notificazione e la comunicazione degli atti. Ciò consentirà di migliorare l’amministrazione della giustizia in casi con implicazioni transfrontaliere, rafforzerà i diritti procedurali in materia civile e accrescerà la fiducia reciproca tra i sistemi giudiziari degli Stati membri.

6.2.

La proposta in esame mira a porre rimedio alla lentezza e alla frequente violazione dei termini stabiliti — situazioni che si verificano perché gli atti sono trasmessi dagli organismi competenti — rendendo obbligatoria la comunicazione degli atti per via elettronica. Tale proposta mira inoltre a rafforzare i diritti della difesa del destinatario dell’atto, con azioni specifiche degli organismi competenti in caso di incertezza derivante dalla non accettazione di un documento o in caso di sentenze rese in absentia.

6.3.

Il CESE rileva che la proposta presenta un ampio campo di applicazione oggettivo e soggettivo, essendo applicabile a tutte le persone, siano esse fisiche o giuridiche, compresi quindi tutti gli operatori commerciali, ad esempio anche le microimprese, con le sole eccezioni espressamente previste (articolo 1, paragrafi 1 e 3).

Sarebbe necessario procedere a un allineamento di tutte le versioni linguistiche, affinché sia chiaro che il regolamento proposto si riferisce non solo alla lettera di avvio del procedimento, ma anche a tutti gli atti giudiziari del processo.

6.4.

Il CESE considera appropriate le garanzie e le tutele previste per quanto riguarda il rifiuto, da parte del destinatario, di ricevere l’atto, e l’obbligo per l’organo ricevente di informare in materia. D’altro canto, per equilibrare i diritti delle parti nel procedimento, è necessario che il convenuto abbia piena conoscenza del documento che dà origine al procedimento, di modo che sembra opportuno che il regime linguistico preveda una lingua compresa dal destinatario o una lingua ufficiale del luogo di notificazione o comunicazione.

6.5.

Il CESE considera adeguate le disposizioni in merito agli strumenti complementari di notificazione o comunicazione degli atti tramite i servizi postali, direttamente tramite gli ufficiali giudiziari, i funzionari o altre persone incaricate dello Stato membro richiesto, oppure tramite i mezzi elettronici.

6.6.

In ogni caso, ciò che è importante è salvaguardare e garantire l’integrità e la finalità del documento, sia esso giudiziario o extragiudiziale.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001 (GU L 174 del 27.6.2001, pag. 1).

(2)  Regolamento (CE) n. 1393/2007 del 13 novembre 2007, che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 (GU L 324 del 10.12.2007, pag. 79).

(3)  Sulla base del cosiddetto accordo parallelo con la Danimarca (GU L 300 del 17.11.2005, pag. 55). Dal canto loro, il Regno Unito e l’Irlanda hanno notificato, a norma dell’articolo 3 del protocollo n. 21 del trattato, il desiderio di partecipare all’adozione e all’applicazione di entrambi i regolamenti.

(4)  Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003 (GU L 338 del 23.12.2003, pag. 1).

(5)  Regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008 (GU L 7 del 10.1.2009, pag. 1).

(6)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 29; GU C 345 del 13.10.2017, pag. 67.

(7)  Cfr. le conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa C-416/17, Commissione europea contro Repubblica francese, paragrafi 95-103.

(8)  Ad esempio nelle cause Nordsee 102/81(1982), punti 10-13; Eco Swiss C-126/97(1999), punto 34; Denuit e Cordier C-125/04 (2005), punto 13; Gazprom C-536/13(2015), punto 36; Achmea C-284/16(2018), punti 45-49 ecc.

(9)  Sentenza Achmea, causa C-284/16, del 6 marzo 2018 (ECLI:EU:C:2018:158).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/63


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma antifrode dell’UE»

[COM(2018) 386 final — 2018/0211 (COD)]

(2019/C 62/10)

Relatore:

Giuseppe GUERINI

Consultazione

Commissione, 18/06/2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

02/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

193/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE supporta la proposta della Commissione europea che istituisce il nuovo programma antifrode per la tutela degli interessi finanziari dell’UE e la reciproca assistenza amministrativa fra le autorità doganali degli Stati membri.

1.2.

È positivo che il nuovo programma antifrode si basi sul precedente programma Hercule III, cercando di migliorarne la performance alla luce della prassi applicativa maturata nel frattempo, soprattutto per quanto riguarda una più estesa analisi dei dati disponibili e con riferimento ad un’efficace combinazione fra il sistema Hercule e i sistemi AFIS e IMS.

1.3.

Il CESE auspica che l’Unione europea promuova forme di cooperazione internazionale in materia di contrasto alle frodi, in modo da sviluppare una risposta efficace e coordinata rispetto a fenomeni che superano ormai i confini statali e addirittura continentali, richiedendo lo sviluppo di efficaci metodi di collaborazione globale fra le diverse autorità competenti.

1.4.

Il CESE raccomanda che vi sia un adeguato livello di investimento, da parte della Commissione, nelle nuove tecnologie di lotta alle frodi, a cominciare dall’intelligenza artificiale che potrebbe generare importanti miglioramenti a favore dell’attività di contrasto dei fenomeni illeciti.

1.5.

Tali investimenti dovranno essere accompagnati da un’adeguata attività formativa a favore del personale impiegato nelle autorità pubbliche coinvolte nella lotta alle frodi. È cruciale che l’aggiornamento rispetto all’evoluzione dei traffici illeciti si concretizzi in un’azione combinata di uso delle nuove tecnologie e di adeguata formazione delle persone coinvolte su questo fronte.

1.6.

In considerazione dell’importanza strategica della tecnologia nell’attività di contrasto alle frodi, il CESE suggerisce che, in aggiunta agli indicatori di performance contenuti nella proposta della Commissione, se ne aggiungano di ulteriori relativi alla misurazione della progressione della capacità delle autorità fiscali di adottare nuove tecnologie digitali e relative all’intelligenza artificiale per contrastare le frodi lesive degli interessi dell’UE.

1.7.

Sotto il profilo politico, il CESE ritiene che il contrasto alle frodi potrebbe essere meglio condotto dalle istituzioni europee anche attraverso uno sforzo supplementare nell’armonizzare le regole legali e fiscali applicabili nelle diverse giurisdizioni nazionali. È infatti possibile che l’eccessiva differenza delle regole fiscali e legali tra i diversi Stati membri del mercato interno determini l’adozione di condotte illecite al fine di sfruttare le attuali differenze regolatorie (ad esempio le frodi carosello in materia di IVA) con possibile pregiudizio, diretto o indiretto, per il bilancio dell’UE o, in termini più generali, per il consolidamento del mercato unico europeo.

2.   Proposta della Commissione

2.1.

L’attuale sistema di lotta alle frodi lesive del bilancio UE comprende le seguenti misure: i) il programma di spesa Hercule III, relativo alla lotta alle frodi, alla corruzione e a qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari UE; ii) il sistema d’informazione antifrode (AFIS), che riguarda una serie di applicazioni informatiche doganali gestite dalla Commissione ai sensi del regolamento (CE) n. 515/972; iii) il sistema di gestione delle irregolarità (IMS), uno strumento di comunicazione elettronica volto ad aiutare gli Stati membri a rispettare l’obbligo di segnalare le irregolarità rilevate.

2.2.

Il nuovo programma antifrode UE, oggetto del presente parere, si baserà in larga misura sul precedente programma Hercule III, con alcuni miglioramenti quali la possibilità di finanziare nuove iniziative — ad esempio in materia di analisi dei dati — meglio combinando tale programma con i sistemi AFIS e IMS.

2.3.

Il programma antifrode persegue due obiettivi generali: i) tutelare gli interessi finanziari dell’UE; ii) sostenere la mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri, oltre che la cooperazione tra queste ultime e la Commissione, al fine di assicurare la corretta applicazione delle normative doganale e agricola.

2.4.

Il programma prevede inoltre tre obiettivi specifici, direttamente collegati agli obiettivi generali: i) prevenire e combattere le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’UE; ii) favorire la segnalazione di irregolarità, comprese le frodi, per quanto riguarda la gestione concorrente e i fondi di assistenza preadesione del bilancio dell’Unione; iii) fornire strumenti per lo scambio di informazioni e sostegno delle attività in materia di mutua assistenza amministrativa in ambito doganale e agricolo.

2.5.

La dotazione finanziaria del programma per il periodo 2021-2027 ammonta a 181,207 milioni di EUR, così suddivisi: i) 114,207 milioni di EUR per prevenire e combattere le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’UE; ii) 7 milioni di EUR per favorire la segnalazione delle irregolarità, comprese le frodi, per quanto riguarda la gestione concorrente e i fondi di assistenza preadesione del bilancio dell’Unione; iii) 60 milioni di EUR per fornire strumenti per lo scambio di informazioni e sostegno alle attività operative in materia di mutua assistenza amministrativa in ambito doganale e agricolo.

2.6.

L’attuazione del nuovo programma avverrà in un contesto normativo nuovo e caratterizzato da importanti cambiamenti riguardanti, in particolare, l’istituzione della Procura europea (EPPO), che assumerà un ruolo rilevante e auspicabilmente efficace che, unita all’attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 relativa al contrasto alle frodi mediante il diritto penale dovrebbe assicurare una maggiore tutela degli interessi finanziari dell’Unione e dei cittadini europei.

2.7.

Il regolamento per il programma antifrode è stato elaborato a seguito di una consultazione condotta dalla Commissione con i portatori di interesse — tenendo inoltre in considerazione i suggerimenti di un gruppo di esperti — e ha una solida base giuridica nei Trattati (articoli 325 e 33 TFUE).

3.   Osservazioni generali e specifiche

3.1.

Il CESE supporta pienamente la proposta della Commissione europea che istituisce il nuovo programma antifrode per la tutela degli interessi finanziari dell’UE e la reciproca assistenza amministrativa fra le autorità doganali degli Stati membri.

3.2.

È fondamentale attuare l’articolo 325 e l’articolo 33 TFUE attraverso strumenti adeguati e un opportuno coordinamento fra autorità nazionali ed europee come hanno dimostrato le misure adottate negli anni scorsi, che hanno recuperato ampie somme al bilancio UE, anche se la Commissione osserva come sia difficile stimare l’ammontare preciso delle somme recuperate.

3.3.

La globalizzazione dei mercati, la crescente mobilità di merci e persone, la diffusione sempre più ampia di nuove tecnologie di comunicazione favoriscono una crescita esponenziale delle transazioni transfrontaliere e del commercio su piattaforme digitali. Ciò determina grandi opportunità di crescita e sviluppo dei mercati, ma richiede anche un rapido e costante aggiornamento delle tecniche di controllo dei fenomeni illegali, nonché delle normative di contrasto alle frodi e alle diverse forme di elusione dei controlli doganali.

3.4.

È quindi cruciale che la risposta delle autorità pubbliche rispetto alle forme sempre più raffinate di frode risulti al passo con i tempi sia per quanto riguarda l’efficacia dell’enforcement, che sotto il profilo tecnologico e dell’effettiva collaborazione fra le diverse autorità nazionali, la cui azione deve essere coordinata e sinergica.

3.5.

La natura transnazionale delle frodi e la crescente facilità, agevolata dalla tecnologia, nello sviluppare rapidamente pratiche illegali — si pensi, per esempio, alla facilità con cui si possono spostare i capitali frutto di attività illecite — richiedono lo sviluppo di forme sempre più intense di collaborazione fra le autorità a livello globale. Il CESE auspica che l’Unione europea promuova forme di cooperazione internazionale in materia di contrasto alle frodi, in modo da sviluppare una risposta efficace e coordinata rispetto a fenomeni che superano ormai i confini statali e continentali.

3.6.

È positivo che il nuovo programma antifrode si basi sul programma Hercule III, cercando di migliorare l’esperienza precedente alla luce della prassi applicativa maturata nel frattempo, soprattutto per quanto riguarda una più estesa ed accurata analisi dei dati disponibili e con riferimento ad un’efficace combinazione fra il sistema Hercule e i sistemi AFIS e IMS.

3.7.

Oggi, grazie all’Unione doganale assegnata alla competenza esclusiva dell’UE ai sensi dell’articolo 3 TFUE, si sono raggiunti importanti risultati in materia di armonizzazione delle norme, di efficacia dei controlli e di deterrenza delle sanzioni. È importante che tali risultati siano completati da un’efficace protezione degli interessi finanziari dell’UE, il che presuppone tra le altre cose che si continui a lavorare con sempre maggiore intensità per il rafforzamento della cooperazione doganale tra gli Stati membri in stretto rapporto con la Commissione.

3.8.

Con il nuovo programma antifrode, le attività di contrasto ai fenomeni illeciti lesivi degli interessi UE saranno rafforzate anche tramite forme di semplificazione e accelerazione delle procedure di controllo, grazie all’introduzione di nuove tecnologie relative alle attività doganali. A questo proposito, il CESE raccomanda che vi sia un adeguato livello di investimento nelle nuove tecnologie di lotta alle frodi, a cominciare dall’intelligenza artificiale che si ritiene possa offrire importanti margini di miglioramento all’attività delle autorità pubbliche.

3.9.

Tali investimenti dovranno essere accompagnati da un’adeguata attività formativa a favore del personale impiegato nelle autorità pubbliche coinvolte nella lotta alle frodi. È cruciale che l’aggiornamento rispetto all’evoluzione dei traffici illeciti si concretizzi in un’azione combinata di uso delle nuove tecnologie e di adeguata formazione delle persone coinvolte nella lotta alle frodi e ai fenomeni illeciti, che dovranno essere costantemente coinvolte in attività di formazione, training ed aggiornamento in base agli sviluppi delle tecnologie di contrasto dei fenomeni illegali.

3.10.

Il CESE condivide gli obiettivi generali e specifici fissati dal nuovo programma antifrode, ma suggerisce di introdurre un nuovo obiettivo specifico relativo al contrasto alle frodi doganali, la corruzione e le attività illecite che vengono realizzate attraverso canali informatici e con l’utilizzo delle nuove tecnologie, al fine di sviluppare una politica doganale e di contrasto alle frodi digitale.

3.11.

È importante sottolineare che l’adeguamento della politica doganale e delle politiche antifrode sotto il profilo tecnologico non è solo una questione di adattamento strumentale e delle dotazioni fisiche a disposizione delle autorità di settore, ma deve concretizzarsi in una vera e propria strategia di lungo periodo che parta da obiettivi, finalità e metodologie precisi.

3.12.

La Commissione non ha ritenuto necessario procedere con una valutazione d’impatto preventiva, in quanto il nuovo programma antifrode consiste in buona parte nella prosecuzione di un programma precedente, su cui sono state già effettuate valutazioni ex post (1) che lo hanno fatto ritenere efficace. Pur comprendendo la scelta di non procedere ad una valutazione preventiva d’impatto e ritenendo in linea di principio adeguate le valutazioni ex post richiamate dalla Commissione, il CESE ritiene importante che le politiche di prevenzione e contrasto alle frodi condotte dall’UE siano basate su dati concreti e verificabili. In assenza di una analisi d’impatto preventiva, diventa quindi indispensabile che il nuovo programma antifrode sia ora supportato da una costante attività di monitoraggio, valutazione e informazione che permetta un effettivo apprezzamento dello stato dell’arte e dei progressi ottenuti nel corso del tempo.

3.13.

Il CESE condivide l’istituzione di tre indicatori per la verifica del raggiungimento degli obiettivi specifici fissati dal nuovo programma antifrode, ovvero: i) grado di soddisfazione degli utenti e percentuale degli Stati membri che ricevono sostegno al fine di prevenire e combattere la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione; ii) tasso di soddisfazione degli utenti che si avvalgono del sistema di gestione delle irregolarità; iii) quantità di informazioni sull’assistenza reciproca messe a disposizione e numero delle attività sostenute nell’ambito dell’assistenza reciproca.

3.14.

Coerentemente alla richiesta operata in precedenza di aggiungere un obiettivo specifico relativo alla necessità di implementare una strategia doganale e antifrode per l’economia digitale, il CESE suggerisce che si introducano anche indicatori relativi alla misurazione della progressione della capacità delle autorità fiscali di adottare nuove tecnologie digitali e relative all’intelligenza artificiale per il contrasto alle frodi lesive degli interessi dell’UE.

3.15.

Per un buon funzionamento del programma antifrode è importante che le misure introdotte siano adeguatamente supportate sul piano della dotazione di risorse finanziarie. Il CESE condivide quindi la proposta della Commissione che prevede l’attuazione del programma sia in regime di gestione diretta, che con la forma della gestione indiretta.

3.16.

Il CESE condivide, ritenendola coerente rispetto all’impostazione complessiva del regolamento sul nuovo programma antifrode, la possibilità di finanziare agli Stati membri i costi d’installazione e di manutenzione delle infrastrutture tecniche, dei mezzi logistici, informatici e di automazione degli uffici necessari per assicurare il coordinamento delle operazioni doganali congiunte e di altre attività operative. Coerentemente, il CESE condivide anche la possibilità di finanziare le spese relative all’acquisto, allo studio, allo sviluppo e alla manutenzione dell’infrastruttura informatica e dei software e delle specifiche connessioni di rete per la prevenzione e il contrasto delle frodi.

3.17.

Premesso e considerato quanto al punto precedente, il CESE incoraggia la Commissione a rendere effettivi e stringenti i meccanismi di coordinamento necessari a garantire l’efficienza e l’interoperabilità di tutte le attrezzature acquistate con il sostegno di risorse finanziarie dell’Unione al fine di perseguire e raggiungere una sempre più efficace e coordinata lotta alle frodi e ai fenomeni illegali che causano un pregiudizio al bilancio UE.

3.18.

Sotto il profilo politico, il CESE ritiene che il contrasto alle frodi potrebbe essere condotto dalle Istituzioni europee anche attraverso uno sforzo supplementare nell’armonizzare le regole legali e fiscali applicabili sul mercato interno. È infatti possibile che l’eccessiva differenza delle regole fiscali e legali tra i diversi Stati membri del mercato interno possa determinare l’adozione di condotte illecite al fine di sfruttare le differenze regolatorie attuali (ad esempio le frodi carosello in materia di IVA) con possibile pregiudizio, diretto o indiretto, del bilancio dell’Unione o, in termini più generali, per il consolidamento del mercato unico europeo.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. valutazione del programma Hercule II (2007-2013) e Hercule III (2014-2017).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/67


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell’ambito del Fondo per la gestione integrata delle frontiere, lo Strumento di sostegno finanziario relativo alle attrezzature per il controllo doganale»

[COM(2018) 474 final — 2018/0258 (COD)]

(2019/C 62/11)

Relatore:

Antonello PEZZINI

Consultazione

Parlamento europeo, 02/07/2018

Consiglio, 4.7.2018

Base giuridica

Artt. 114, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

2.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

200/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo ritiene che, di fronte a problemi crescenti legati al controllo delle frontiere esterne dell’Unione, sia indispensabile attuare un sistema che sia in grado di coniugare la protezione degli individui e la sicurezza delle frontiere, con la realizzazione di proficui ponti commerciali con i paesi terzi.

1.2.

È questa una delle grandi sfide alle quali l’Unione europea deve dare una risposta, e il CESE ritiene che il pacchetto Gestione frontiere, predisposto per il prossimo bilancio pluriennale UE, costituisca un primo passo positivo.

1.3.

Il CESE ritiene fondamentale assicurare all’Unione alti livelli di qualità e di innovazione delle attrezzature doganali, per tutelare al meglio la cultura sociale, gli interessi sociali, ambientali, economici e finanziari degli Stati membri, che si concretizzano:

nella lotta, tuttora inefficace, contro il commercio illegale;

nello snellimento e nella semplificazione delle pratiche del commercio legale;

nella salvaguardia della sicurezza del mercato interno dell’UE;

nella protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini;

nel rispetto dei diritti fondamentali del lavoro;

nella tutela degli interessi dei consumatori;

nella gestione ottimale dei rischi doganali;

nella riscossione dei dazi.

1.4.

Il Comitato ritiene, inoltre importante, per il nuovo strumento:

assicurare priorità di attrezzature alle frontiere che sono soggette a maggiori pressioni di controllo, come quelle marittime;

accelerare i lavori dei team di valutazione che operano in tale ambito (1);

garantire un’equa distribuzione geografica;

rispettare la proporzionalità, legata ai flussi di merci e di persone, in sinergia con il Fondo per la sicurezza.

1.5.

Il Comitato apprezza lo sforzo della Commissione, rivolto sia a migliorare i controlli delle frontiere UE, sia a potenziare i fondi e gli strumenti necessari, con l’obiettivo di assicurare controlli doganali innovativi e di qualità, e un’applicazione, possibilmente uniforme, della normativa doganale, applicata negli uffici operanti alle frontiere esterne (2).

1.6.

Il Comitato ritiene insufficiente la dotazione finanziaria del nuovo strumento rispetto agli scopi che vorrebbe conseguire, che dovrebbero, per di più, includere: le attrezzature per il controllo della sicurezza fitosanitaria e gli strumenti per la spettrografia avanzata dei contenitori merci (3).

1.7.

Il Comitato ritiene inoltre importante assicurare, in tempi compatibilmente brevi, la fornitura di attrezzature agli uffici di frontiera che subiscono maggiori pressioni di controllo, come quelle marittime, alle quali dare priorità nell’attribuzione delle sovvenzioni. Sarebbe inoltre auspicabile che il nuovo strumento prevedesse la costituzione di una riserva d’intervento rapido per la diffusione di nuove attrezzature innovative, con la possibilità di rivedere, al contempo, la lista delle attrezzature già ammesse.

1.8.

Il Comitato chiede che sia assicurata la massima trasparenza ai programmi annuali di lavoro e ai meccanismi di attribuzione delle sovvenzioni (4), gestite direttamente dalla Commissione.

1.9.

Il CESE raccomanda uno stretto coordinamento, in particolare con il programma Dogana, inteso a finanziare una serie completa di infrastrutture e di sistemi informatici, tra cui la digitalizzazione delle interazioni tra operatori commerciali e servizi doganali, con Orizzonte Europa e con gli altri opportuni fondi.

1.10.

Il Comitato chiede che gli venga presentato il rapporto, a medio termine, sulle realizzazioni e sul funzionamento del nuovo strumento, corredato da un’analisi basata su indicatori qualitativi e quantitativi.

1.11.

L’idea di sviluppare, nei tempi opportuni, una base linguistica comune sui temi ricorrenti nel linguaggio degli uffici doganali, in analogia a quanto avviene con i controllori di volo, renderebbe più facile la realizzazione, tanto auspicata, di un unico, omogeneo, sistema doganale europeo.

1.11.1.

Il CESE raccomanda di aggiornare tempestivamente la «cassetta» delle attrezzature doganali, in modo da tener conto, con immediatezza, dell’evoluzione dell’Internet degli oggetti, della cybersicurezza, della tracciabilità digitale e delle applicazioni tecnologiche più avanzate, per accelerare la diffusione e la formazione aggiornata, per un loro utilizzo.

1.11.2.

Parimenti, occorrerebbe sviluppare quadri formativi comuni (5) basandosi sul «Quadro delle competenze per il settore delle dogane dell’UE», che mira ad armonizzare e ad innalzare gli standard di prestazioni doganali in tutta l’UE.

1.11.3.

Nel frattempo è importante stabilire norme e protocolli comuni, attraverso un eventuale mandato agli organismi di normazione europei, che accompagnino i materiali e le attrezzature sovvenzionati e destinati alle dogane.

2.   Introduzione

2.1.

Triplicare i fondi per la gestione delle frontiere dell’Unione europea è la proposta della Commissione per il prossimo bilancio 2021-2027: fondi destinati al rafforzamento delle frontiere, per migliorare la mobilità di beni, servizi e persone, ivi compresi i migranti. La dotazione finanziaria dovrebbe passare, secondo la proposta dell’esecutivo UE, dai 13 miliardi attuali a 34,9 miliardi di euro.

2.2.

La Commissione ha l’intenzione di creare un nuovo fondo, separato, per la gestione integrata delle frontiere. L’Agenzia europea di guardia costiera e di frontiera (Frontex) sarà ulteriormente rafforzata, con un nuovo corpo permanente di circa 10 000 guardie e con ulteriori finanziamenti, per migliorare il controllo alle dogane e per il rafforzamento delle attrezzature di controllo. Verrà creato un nuovo Fondo di gestione integrata delle frontiere (IBMF), per un valore superiore a 9,3 miliardi di euro.

2.2.1.

Questi investimenti serviranno per: rafforzare Frontex; effettuare controlli sistematici alle frontiere; realizzare nuovi sistemi informatici su larga scala e interoperabili; e varare un futuro sistema che regoli l’entrata e l’uscita dalle frontiere.

2.3.

Il nuovo fondo IBMF comprenderebbe due strumenti distinti: il primo, per una «Gestione integrata delle frontiere e visti» — IGFV; il secondo, dotato di 1,3 miliardi di euro, per il periodo 2021/2027, per «Attrezzature di controllo doganale» — CCE, che dovrebbe contribuire alla realizzazione di controlli doganali adeguati ed equivalenti nei diversi uffici di frontiera.

2.3.1.

Quest’ultimo Fondo è rivolto all’acquisto di attrezzature, per controlli doganali moderni e affidabili, per la loro manutenzione e il loro aggiornamento.

2.4.

Dopo 50 anni dalla sua entrata in vigore, il 1o luglio 1968, l’Unione doganale si è confermata un pilastro insostituibile del mercato unico, tutelando le frontiere dell’UE e proteggendo i cittadini da merci vietate e pericolose, come armi e stupefacenti, e da merci contraffatte, favorendo, inoltre, una costante crescita della quota del commercio mondiale: nel 2017 le dogane dell’UE hanno trattato il 16 % del commercio mondiale.

2.5.

Per garantire il buon funzionamento dell’Unione doganale, gli Stati membri dell’UE si avvalgono di un insieme comune di norme, fondato sul codice delle dogane dell’Unione. Questo codice, è stato adottato nel 2013 e applicato dal 2016 in tutti gli Stati dell’Unione. Dal 2016 il Codice rappresenta il nuovo quadro giuridico per gestire l’import, l’export, il transito e lo stoccaggio delle merci che transitano nel territorio doganale e nei legami con i Paesi terzi.

2.5.1.

Inoltre, le dogane applicano più di 60 legislazioni non strettamente doganali, relative, fra l’altro:

ai beni a doppio uso, civile e militare;

alle armi da fuoco;

ai precursori di droga;

ai movimenti di valuta in contanti;

ai diritti di proprietà intellettuale;

alla salute pubblica;

alla sicurezza dei prodotti;

alla protezione dei consumatori;

alla salvaguardia delle specie selvagge;

alla protezione dell’ambiente.

2.6.

Il CESE ha sempre sostenuto che «una unione doganale efficiente sia una conditio sine qua non del processo di integrazione europea, per assicurare una libera circolazione delle merci, sicura e trasparente, con la massima tutela dei consumatori e dell’ambiente, e una efficace lotta contro la frode e la contraffazione, in modo uniforme, in tutto il territorio dell’Unione» (6).

2.7.

Il Comitato ha egualmente sottolineato la necessità e l’importanza dell’«introduzione di misure di modernizzazione, quali la semplificazione della legislazione doganale e il completamento dell’informatizzazione interoperativa delle dogane, per uno snellimento delle pratiche commerciali e un coordinamento rafforzato delle attività di prevenzione e repressione» (7).

2.8.

Già nel 2012 il Consiglio europeo si era pronunciato (8) sulla necessità di migliorare la governance interna dell’unione doganale e sull’opportunità di una cooperazione con altre agenzie e con il settore privato, per fornire il miglior servizio agli operatori; e nelle conclusioni del Consiglio del giugno 2014 ha raccomandato di migliorare la valutazione delle prestazioni, definendo alcuni settori, e ha chiesto che venissero elaborati adeguati indicatori chiave di prestazione.

2.9.

Nelle sue conclusioni sul finanziamento delle dogane del 23 marzo 2017, il Consiglio ha invitato la Commissione a «valutare la possibilità di finanziare il fabbisogno di attrezzature tecniche dai futuri programmi finanziari della Commissione e migliorare il coordinamento e la cooperazione tra autorità doganali e altre autorità di contrasto a fini di finanziamento».

2.10.

Da parte sua il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 7 aprile 2017 (9), ha evidenziato che «l’efficienza delle procedure doganali è essenziale non solo per agevolare gli scambi, ma anche per attuare una incisiva e opportuna attività di contrasto alla contraffazione e al contrabbando di prodotti soggetti ad accisa che entrano nell’UE», che «i servizi doganali siano il punto di incontro fra la circolazione garantita delle merci, a tutela dei consumatori nell’UE, e l’applicazione delle disposizioni degli accordi commerciali».

3.   Le proposte della Commissione

3.1.

Viene proposto, tramite regolamento, un nuovo strumento finanziario per le attrezzature di controllo doganale, nell’ambito di un Fondo per la gestione integrata delle frontiere (IBMF) a valere sulla linea di bilancio «Gestione della migrazione e delle frontiere», allo scopo di fornire un sostegno rafforzato agli Stati membri, per garantire l’equivalenza nell’esecuzione dei controlli doganali in tutta l’unione doganale, correggendo gli squilibri esistenti tra gli uffici doganali situati nei diversi Stati membri.

3.2.

Il nuovo strumento di finanziamento, con una dotazione 2021/27 di 1,3 miliardi di euro, intende coprire le attrezzature doganali destinate ai quattro tipi di frontiera (terrestre, marittima, aeroportuale (10) e postale).

3.3.

I finanziamenti saranno a disposizione di tutti gli Stati membri e saranno valutati i bisogni di ogni tipo di frontiera. Il team di esperti della frontiera doganale terrestre orientale e sud-orientale (CELBET), che riunisce gli 11 Stati membri competenti per le frontiere terrestri dell’UE, ha già avviato i lavori in questo settore, mentre altri tipi di frontiere inizieranno presto le attività, in modo che le necessità degli Stati possano essere valutate e i fondi possano essere assegnati non appena lo strumento entrerà in vigore, nel 2021, per i 27 Stati membri (11).

3.4.

Gli obiettivi enunciati dovrebbero comportare maggiore coordinamento e certezza giuridica, maggiore efficacia o complementarità, con un approccio centralizzato, attraverso la gestione diretta: sono previste sovvenzioni, agli Stati membri, fino all’80 % dei costi ammissibili, a sostegno dell’acquisto, della manutenzione e dell’evoluzione delle attrezzature di controllo doganale, in conformità con standard predefiniti, per tipo di confine.

3.5.

Lo strumento è strettamente collegato al nuovo programma Dogana (12), i cui strumenti di collaborazione saranno utilizzati per la valutazione dei bisogni, in termini di attrezzature di controllo doganale innovative e, ove necessario, la formazione «congiunta» (13) del personale delle dogane, per un miglior utilizzo delle attrezzature stesse.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE è fortemente convinto che, di fronte a crescenti sfide di controllo alle frontiere esterne dell’Unione, sia indispensabile attuare un valido sistema che sia in grado di coniugare la protezione degli individui, l’economia sociale di mercato, la sicurezza della produzione e del commercio sostenibili tra gli Stati membri e gli scambi con i paesi terzi.

4.2.

Il Comitato apprezza lo sforzo della Commissione europea per potenziare i fondi e gli strumenti d’intervento, con lo scopo di rafforzare i controlli alle frontiere esterne e per assicurare controlli doganali innovativi e di qualità, nell’ambito del rafforzamento dell’unione doganale.

4.3.

Il CESE ritiene però del tutto insufficiente la dotazione finanziaria di 1,3 miliardi di euro, dedicata al nuovo strumento — pari a circa 186 milioni di EUR all’anno — dotazione che rappresenta meno di un trentesimo di quella destinata nel periodo 2021-2027 ai compiti generali delle frontiere e delle migrazioni, pari a 34,9 miliardi di euro.

4.4.

Il Comitato ritiene inoltre importante:

assicurare priorità di attrezzature alle frontiere che sono soggette a maggiori pressioni di controllo, come quelle marittime;

accelerare i lavori dei team di valutazione che operano in tale ambito (14);

garantire un’equa attribuzione geografica;

rispettare la proporzionalità, legata ai flussi di merci e di persone, in complementarità con il Fondo per la sicurezza.

4.4.1.

Il CESE ritiene fondamentale assicurare livelli di qualità e di innovazione delle attrezzature doganali, per tutelare al meglio la cultura sociale, gli interessi economici e finanziari dell’Unione e dei suoi Stati membri, attraverso:

la lotta, tuttora inefficace, contro il commercio illegale (15);

lo snellimento e la semplificazione degli adempimenti connessi con il commercio legale;

la salvaguardia della sicurezza del mercato interno dell’UE;

la protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini;

il rispetto dei diritti fondamentali del lavoro;

la protezione dei consumatori;

la gestione dei rischi;

la riscossione dei dazi.

4.5.

Il Comitato chiede che sia assicurata la massima diffusione ai programmi annuali di lavoro e alle azioni previste, nonché ai meccanismi di attribuzione delle sovvenzioni, gestite dalla Commissione, favorendo i pool d’acquisto delle attrezzature, che devono essere innovative (16).

4.6.

Il CESE raccomanda uno stretto coordinamento con il programma Dogana, rivolto a finanziare infrastrutture e sistemi informatici, tra cui la digitalizzazione delle interazioni tra operatori commerciali e servizi doganali, e con il programma Orizzonte, utile per individuare le tecniche innovative nel controllo doganale.

5.   Osservazioni particolari

5.1.

Tenuto conto che, ogni anno, vengono movimentati oltre 200 milioni di TEU (17), cioè oltre 10 milioni di container, risulta molto difficile effettuare controlli puntuali in molte frontiere marittime e stradali. Sarebbe quindi opportuno avvalersi di controlli lungo i percorsi, attraverso una revisione dei materiali della struttura dei container (18), che consenta una ricognizione attraverso droni o con il sistema di Galileo.

5.2.

Sarebbe opportuno aggiornare la Convenzione di Ginevra del 1972 e le norme ISO del 1967, nate prima delle profonde evoluzioni, avvenute nel XXI secolo, con l’affermarsi della mondializzazione e del crescente — e oggi preoccupante — fenomeno della contraffazione (19).

5.3.

Occorre aggiornare, tempestivamente, la cassetta delle attrezzature doganali — Equipment tools — in modo da tener conto con immediatezza dell’evoluzione dell’Internet degli oggetti, della cybersicurezza, della tracciabilità digitale e delle applicazioni tecnologiche sempre più avanzate, per accelerarne la diffusione e la formazione aggiornata al loro utilizzo consapevole, tramite lo European Union Customs Competency Framework (EU Customs CFW(20). Al riguardo sarebbe importante che il nuovo strumento di sostegno finanziario prevedesse la costituzione di una riserva d’intervento rapido, per la diffusione delle attrezzature innovative, rivedendo, al contempo, la lista delle attrezzature ammesse.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Attualmente solo per 11 Stati membri con frontiere esterne terrestri orientali e sud-orientali è stato realizzato il necessario inventario delle attrezzature e tipologie d’intervento e sono stati identificati gli standard proposti per ciascuna categoria.

(2)  Si tratta di 2 140 uffici doganali, cfr. https://ec.europa.eu/info/publications/annual-activity-report-2016-taxation-and-customs-union_en

(3)  Molto utile per controllare i contenuti degli innumerevoli container.

(4)  Le sovvenzioni in deroga al regolamento finanziario vengono attribuite agli Stati membri, che diventano proprietari dei materiali; articoli 7, 10.2, 195f, 197, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del 18.7.2018.

(5)  The European Union Customs Competency Framework (EU Customs CFW) aims at harmonising and raising customs performance standards throughout the EU. © Unione europea, 2015. Quadro delle competenze per il settore delle dogane dell’UE, che illustra i componenti del quadro delle competenze per il settore delle dogane dell’UE e delinea l’approccio utilizzato per la definizione delle competenze. Motiva anche le decisioni assunte in merito alla scelta di determinate competenze in ciascuna sezione, soffermandosi in particolare sui criteri utilizzati per definire l’elenco delle competenze operative (ad esempio riferimento al Codice doganale dell’Unione, correlazione a competenze «on-the-job» e orientamento al futuro).

(6)  Cfr. GU C 229 del 31.7.2012, pag. 68

(7)  Ibidem nota 6.

(8)  Cfr. GU C 80 del 19.3.2013, pag. 11

(9)  Cfr. . http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+REPORT+A8-2017-0162+0+DOC+XML+V0//IT#title1PE 595.633v02-00 A8-0162/2017.

(10)  Sono circa 400 gli aeroporti civili in UE.

(11)  La proposta è presentata per un’Unione di 27 Stati membri, in linea con la notifica da parte del Regno Unito della sua intenzione di ritirarsi dall’Unione europea e dall’Euratom.

(12)  Cfr. COM(2018) 442 final sul quale il CESE ha elaborato il proprio parere INT/860. Cfr. pagina 45 della presente Gazzetta Ufficiale.

(13)  Cfr. estensione del programma «Visite di lavoro».

(14)  Attualmente solo per 11 Stati membri con frontiere esterne terrestri orientali e sud-orientali è stato realizzato il necessario inventario delle attrezzature e tipologie d’intervento e sono stati identificati gli standard proposti per ciascuna categoria.

(15)  Nel 2017 sono stati sequestrati 31,4 milioni di pezzi per un valore di 582 milioni di EUR. Il 25 % erano contraffazioni alimentari, l’11 % giocattoli, l’8 % sigarette (fonte: Commissione europea).

(16)  Cfr. COM(2018) 178 final, Relazione della Commissione sulla strategia informatica per le dogane.

(17)  TEU (Twenty-foot Equivalent Unit), 1 TEU corrisponde a 1 container box da 20 piedi, cioè 28 tonnellate di peso e 40 metri3.

(18)  Già ora molti container hanno strutture in legno o in altro materiale.

(19)  Cfr. GU C 345 del 13.10.2017, pag. 25

(20)  Cfr. nota 6.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile»

[COM(2018) 97 final]

(2019/C 62/12)

Relatore:

Carlos TRIAS PINTÓ

Consultazione

Commissione europea, 10.4.2018

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

7.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

164/6/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Per rispondere alle sfide principali cui deve far fronte l’Unione dei mercati dei capitali (UMC) e migliorare la resilienza della zona euro, un solido sistema di finanziamento della crescita sostenibile, basato su una visione di lungo periodo, rappresenta lo strumento principale per ripristinare la fiducia nei mercati e collegare i risparmi agli investimenti sostenibili, fornendo fonti di finanziamento supplementari per le PMI e rafforzando i progetti infrastrutturali ecologici e sociali.

1.2.

Il Comitato accoglie con favore il piano d’azione della Commissione, concordando sul fatto che «l’Europa può diventare meta prescelta [a livello mondiale] per gli investimenti sostenibili» (1). Il Comitato reputa importante garantire la competitività dell’UE sul lungo periodo. In termini più generali, si tratta di incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti (obiettivo di sviluppo sostenibile 8).

1.3.

Le suddette sfide dovrebbero essere affrontate in modo armonioso, attraverso uno sforzo congiunto da parte di tutti, compresi gli operatori del settore finanziario, le imprese, i cittadini e le autorità. Inoltre, realizzare la transizione verso un modello di crescita sostenibile rappresenta un compito complesso, e costituisce indubbiamente un processo graduale che deve tenere conto delle specificità settoriali.

1.4.

Dovrebbero prevalere una visione olistica, la cooperazione e l’ulteriore integrazione tra gli Stati membri. È della massima importanza che, in questo campo, l’intera Unione parli con una sola voce e segua lo stesso approccio. Ciò non solo contribuirà a raggiungere gli obiettivi stabiliti, ma consentirà anche di fare progressi in altri ambiti importanti come l’Unione dell’energia, l’Unione bancaria, l’Unione dei mercati dei capitali e l’agenda digitale.

1.5.

I modelli economici sostenibili devono contare su un sistema finanziario diversificato, nel quale convivano su un piano di parità istituti bancari diversi per dimensioni e modelli d’impresa, come pure altri soggetti finanziari. A tal fine, è di fondamentale importanza completare le regole e migliorarne la coerenza e la corretta attuazione, in linea con il principio di proporzionalità.

A giudizio del CESE, il riorientamento dei flussi di capitali verso un’economia più sostenibile deve necessariamente procedere di pari passo con l’inclusione finanziaria e la coesione sociale in un’Europa in cui nessuno venga lasciato indietro. Il crescente divario tra il reddito dei cittadini può infatti rappresentare un ostacolo alla crescita sostenibile, e la governance societaria e istituzionale deve pertanto riequilibrare la situazione attuale.

1.6.

Occorre assicurare un adeguato livello di coerenza tra i diversi quadri finanziari esistenti a livello mondiale, prendendo come riferimento comune gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite, ed eseguendo in rapporto ad essi una mappatura della tassonomia sostenibile (2). La nuova tassonomia proposta dal piano d’azione dovrebbe essere promossa a livello mondiale e integrata nel diritto dell’UE in modo uniforme e simultaneo in tutti gli Stati membri, garantendo che venga periodicamente sottoposta a revisione e aggiornata.

1.7.

In sintesi, il CESE sostiene fortemente la tabella di marcia della Commissione sul finanziamento della crescita sostenibile, che dovrebbe rendere l’intera catena del valore finanziario più sostenibile, ma desidera formulare alcune considerazioni in merito alle azioni del piano e alla loro attuazione:

I.

Un approccio globale, che utilizzi la metodologia del ciclo di vita per integrare la rilevanza finanziaria (3) nel processo di investimento, richiede investimenti sostenibili e un prestito responsabile: gli uni senza l’altro sarebbero incoerenti e ostacolerebbero il completamento dell’Unione finanziaria (bancaria e dei mercati di capitali).

II.

La tassonomia deve essere dinamica ed essere costruita gradualmente a partire dalla definizione chiara dei criteri ambientali, sociali e di governo societario per attività economiche sostenibili. Sarà opportuno iniziare fin da una fase precoce con la configurazione dei fattori ambientali (A), introducendo però salvaguardie per quanto riguarda gli ambiti sociali e il buon governo societario.

III.

Le dieci azioni conservano una grande coerenza interna e interagiscono tra loro. È quindi necessario un buon allineamento tra la configurazione della nuova tassonomia (azione 1), l’esame delle agenzie di rating (azione 6) per lo sviluppo dei sistemi di punteggio (scorings) sulla base di informazioni affidabili ottenute dalle imprese (azione 9), complementare ai marchi (azione 2) e parametri di riferimento (benchmarks) sostenibili (azione 5). Pertanto, gli attori del sistema finanziario potranno contare su una base affidabile per includere i fattori ambientali, sociali e di governo societario (ESG) nelle loro decisioni di inaquisvestimento (azione 7), a partire da una consulenza preliminare e dall’interazione proattiva con i loro clienti (azione 4). Tutto ciò verrà realizzato nel quadro dell’obbligo fiduciario di agire nel migliore interesse degli investitori o dei beneficiari (sulla base del principio della persona prudente, presente nell’acquis dell’UE).

IV.

La normazione e, se del caso, l’ulteriore etichettatura dei prodotti finanziari sostenibili potrebbero essere integrate dal nuovo quadro europeo per le obbligazioni garantite (4) e alimentare i prodotti paneuropei sostenibili previsti, a cominciare dal capitolo sulle pensioni.

V.

È della massima importanza allineare incentivi diversi per promuovere gli investimenti sostenibili, a condizione di attestare le esternalità positive associate. Una metodologia armonizzata per gli indici di basse emissioni di carbonio deve fungere da orientamento per il calcolo di altri impatti. In considerazione della resilienza e della stabilità del settore finanziario, l’opportunità di offrire un fattore di sostegno ecologico dovrebbe essere presa in esame per definirne correttamente i perimetri. A tale riguardo, il CESE concorda con il Parlamento europeo nel promuovere l’inclusione dei rischi per la sostenibilità nel quadro di Basilea IV (5). Eventualmente si dovrebbero prendere in considerazione ulteriori alternative che vadano direttamente a beneficio dei mutuatari finali e degli investitori, come ad esempio incentivi fiscali.

VI.

Si dovrebbe perseguire l’obiettivo della pubblicazione di informazioni non finanziarie di elevata qualità e quanto più possibile armonizzate, più complete, pertinenti e comparabili, al fine di agevolare i controlli esterni. A tal fine, dovrebbe essere valutato anche l’impatto della direttiva sulle informazioni di carattere non finanziario (95/2014/UE). Allo stesso modo, un altro capitolo da affrontare in parallelo è quello dello sviluppo di trattamenti contabili alternativi.

VII.

Le autorità di vigilanza europee e il loro comitato misto (Joint Committee) devono poter contare su risorse tecniche specializzate (esistono molti enti con una lunga esperienza in materia di investimenti socialmente responsabili) per configurare le norme tecniche relative agli atti delegati proposti dalla Commissione europea e al successivo monitoraggio dell’ingente attuazione normativa, stabilendo processi proporzionati ed efficaci, senza cadere nel frequente eccesso di tecnocrazia.

VIII.

Analogamente, il depositario di un investimento deve essere in grado di svolgere in modo efficace il proprio lavoro di controllo delle attività della società di gestione o di investimento. Occorre pertanto assicurarne l’indipendenza. Ciò comporta, in particolare, l’adozione di una politica in materia di conflitti di interessi nel caso di legami azionari o di partecipazioni incrociate (6).

IX.

Per quanto riguarda il rapporto con la proposta della Commissione per il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 (7), il CESE ritiene che la proposta costituisca un passo nella direzione giusta, anche se dovrebbe essere più ambiziosa, in modo da poter realizzare gli impegni dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. A questo proposito, il CESE chiede di aumentare almeno del 30 % la spesa dell’UE che contribuisce agli obiettivi climatici (8), senza compromettere altri impegni assunti. Il Comitato si compiace del sostanziale aumento «percentuale» degli impegni destinati all’azione per l’ambiente e il clima (+ 46 %). Tuttavia, gli importi di bilancio previsti a questo scopo restano nettamente insufficienti per una transizione verso uno sviluppo sostenibile e la lotta contro i cambiamenti climatici.

1.8.

Gli studi (9) dimostrano che gli investitori vorrebbero che i loro investimenti prendessero in considerazione gli aspetti climatici, ambientali e sociali. Per consentire un accesso più facile e sicuro per gli investitori, dovrebbero essere creati e offerti «prodotti finanziari di punta sostenibili paneuropei», a partire dai «prodotti pensionistici individuali paneuropei» (PEPP). La promozione internazionale di questi prodotti sicuri e sostenibili può costituire un motivo di attrazione per gli investimenti stranieri in Europa.

1.9.

La comunicazione di tali azioni è estremamente importante affinché i cittadini siano consapevoli di ciò che l’UE sta facendo per loro. Occorre una responsabilità condivisa tra tutti i soggetti pubblici e privati, e l’educazione finanziaria (10) deve diventare obbligatoria in modo che i cittadini possano comprendere questo nuovo approccio e, quindi, incoraggiare sia gli investimenti al dettaglio socialmente responsabili che la produzione sostenibile di beni e servizi.

1.10.

Infine, il CESE sottolinea il potenziale dell’intelligenza artificiale per allineare le preferenze degli investitori con la destinazione degli investimenti. Alla luce delle esperienze di valore aggiunto nell’«apprendimento automatico in materia ambientale, sociale e di governo societario» (che combina indicatori di investimento socialmente responsabile, parametri di riferimento di sostenibilità, ecc.), sarebbe opportuno sperimentare la nuova tassonomia in tali iniziative emergenti. Occorre anche analizzare le soluzioni di apprendimento automatico affinché le banche e gli investitori incrementino i prestiti a settori specifici o ad attività specifiche che comprendono principi ambientali, sociali e di governo societario.

1.11.

Il CESE sollecita pubblicamente i colegislatori a discutere e adottare in tempi rapidi le tre proposte legislative risultanti dal piano d’azione, che sono già state adottate dalla Commissione europea il 24 maggio 2018.

2.   Introduzione: la transizione verso il nuovo scenario

2.1.

La crescita accelerata della finanziarizzazione delle economie o del loro spessore finanziario è iniziata nel 1971, quando gli Stati Uniti hanno abolito la convertibilità del dollaro in oro e il denaro si è trasformato in un bene più immateriale e fiduciario, basato appunto sulla fiducia. Fino agli anni Ottanta la massa monetaria (M2) rappresentava circa il 50 % del PIL mondiale, una percentuale simile a quella degli strumenti finanziari derivati.

2.2.

Dopo essere diminuito durante la crisi, tale importo è tornato ai livelli precedenti nel 2015, quadruplicando le attività finanziarie rispetto alla massa monetaria (M2) e più che decuplicando i derivati.

2.3.

Questo squilibrio tra economia reale ed economia finanziaria ha cominciato ad aumentare in misura crescente con la recente ascesa delle tecnologie emergenti applicate alla finanza e alle assicurazioni (FinTech e InsurTech), che richiede maggiori sforzi per assicurare una sana regolamentazione e vigilanza, necessarie per la stabilità finanziaria.

2.4.

I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e l’accordo di Parigi per adattare e rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici dovrebbero garantire stabilità, ripresa e un migliore equilibrio tra società inclusive ed economie prospere.

2.5.

In linea con lo spirito dei Trattati dell’UE e le successive politiche realizzate, la transizione verso un’economia circolare, a basse emissioni di carbonio e più efficiente sotto il profilo delle risorse è fondamentale per garantire la competitività a lungo termine dell’UE, ma anche per integrare dimensioni equilibrate a livello economico, sociale e di governance.

2.6.

La risposta europea all’Agenda 2030 deve infatti rispettare i Trattati e recuperare una visione di lungo termine del concetto di sostenibilità, nella quale crescita economica, coesione sociale e protezione ambientale procedono di pari passo e si sostengono a vicenda.

2.7.

Il sistema finanziario può svolgere un ruolo importante per affrontare le sfide in materia di sostenibilità, specialmente per quanto riguarda la capacità di attrarre i fondi necessari a colmare una carenza di investimenti di quasi 180 miliardi l’anno, com’è necessario per conseguire gli obiettivi UE in materia di clima ed energia entro il 2030 (11). A tale proposito, il Comitato condivide l’osservazione del gruppo ad alto livello sulla finanza sostenibile secondo cui la trasformazione dell’economia dell’UE deve avvenire nell’economia reale, incoraggiando una cooperazione stabile tra attori pubblici e privati.

2.8.

La transizione verso un’economia sostenibile sarà accompagnata dalle tecnologie e dall’innovazione digitale e dovrebbe proteggere e promuovere valori globali (12), come dichiarato dal Segretario generale delle Nazioni Unite. I rischi giuridici e operativi di blockchain, criptovalute e contratti intelligenti sono in aumento a causa della loro mancanza di regolamentazione e della loro opacità. Per una migliore protezione dei consumatori e degli investitori, nonché per preservare l’integrità dei mercati ed evitare pratiche dannose (evasione fiscale, riciclaggio di capitali o finanziamento del terrorismo), è necessario incentivare la sicurezza e la trasparenza delle reti di innovazione finanziaria (13).

2.9.

I progetti collegati agli obiettivi della COP 21 (14) richiedono capitali adeguati, stabili e dedicati, sia finanziari che immateriali (capitali umani e tecnologici e altri tipi di capitali relazionali, compresi i capitali istituzionali).

2.10.

Sarà essenziale adeguare le politiche pubbliche, incoraggiare gli attori privati e rafforzare le risorse di bilancio, conferendo all’economia una maggiore trasparenza e una visione a lungo termine.

2.11.

Una visione sostenibile richiede una connessione più stretta, più globale e olistica con politiche specifiche, come l’Unione dell’energia, l’agenda digitale e il pilastro europeo dei diritti sociali, al fine di stimolare investimenti verdi e sociali, sia pubblici che privati.

2.12.

Questa visione si trova anche al centro del progetto dell’Unione dei mercati dei capitali dell’UE (UMC), e il CESE condivide il parere secondo il quale sarebbe opportuno combinare in maniera efficace capitali privati, finanziamenti del FEIS (Fondo europeo per gli investimenti strategici) e altri fondi UE, per reindirizzare gli investimenti verso le imprese che presentano esternalità sociali e ambientali positive.

2.13.

È tempo di agire! L’Europa è all’avanguardia nel settore della sostenibilità da ventotto anni, ma non è certamente sola.

3.   Una finanza per un mondo più sostenibile

3.1.

Dobbiamo far fronte sempre più spesso alle conseguenze catastrofiche e imprevedibili dei cambiamenti climatici e dell’esaurimento delle risorse, eventi che aggravano spesso i fenomeni di esclusione sociale o di ineguaglianza

3.2.

L’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea stabilisce che essa favorisce una crescita sostenibile, rispettosa dell’ambiente. L’urgenza climatica è ormai assurta al rango di priorità assoluta, anche per il CESE, e si impone come un quadro globale per l’azione dei poteri pubblici, ma anche per gli operatori economici, i lavoratori e i cittadini. Di conseguenza, occorre organizzare e, soprattutto, finanziare una vasta transizione economica, sociale e ambientale.

3.3.

Le suddette sfide devono essere affrontate in modo armonioso, attraverso uno sforzo congiunto da parte di tutti. Il settore finanziario deve svolgere un ruolo importante nel convogliare i fondi, i risparmi e gli investimenti dei cittadini, dei risparmiatori e degli investitori nell’economia. In fin dei conti, è nell’economia che avrà luogo la transizione vera e propria, e il ruolo delle imprese è pertanto essenziale e indispensabile. Anche le autorità dovranno assumersi le proprie responsabilità al riguardo.

3.4.

L’Europa sarà in grado di prendere una posizione forte solo se vi sarà il massimo consenso sul piano. Gli Stati membri dovrebbero coalizzarsi e unire le forze. Gli approcci e gli interessi individuali dovrebbero cedere il passo a un progetto comune per il futuro, il quale, al tempo stesso, dovrebbe salvaguardare l’avvenire delle prossime generazioni. In effetti, la risposta europea all’Agenda 2030 richiede una visione a lungo termine della sostenibilità e obiettivi chiari, nel cui ambito la crescita economica, la coesione sociale e la protezione dell’ambiente procedano di pari passo e si sostengano a vicenda.

3.5.

Un approccio alla crescita sostenibile basato su una visione a lungo termine dovrebbe essere accompagnato da: politiche pubbliche che valutino adeguatamente le esternalità negative e le opzioni di investimento sostenibili e non sostenibili; una migliore prevedibilità di una politica industriale più efficacemente integrata all’interno delle catene globali del valore, in tutti gli Stati membri; un’analisi approfondita, seguita da un processo politico adeguato che la Commissione e gli Stati membri devono sostenere.

3.6.

Il CESE sottolinea che una crescita sostenibile dovrebbe fare riferimento alle dimensioni ambientale, economica, sociale e di governance, in un approccio equilibrato, globale e generale, in linea con tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, stabilendo condizioni trasversali minime insostituibili. Tale soglia minima inderogabile è fissata dalle convenzioni internazionali sui diritti delle categorie di popolazione vulnerabili (donne e ragazze, minori, rifugiati e lavoratori migranti, disabili, ecc.) (15), e applicata nel rispetto delle regole di buona governance di bilancio.

3.7.

Tenuto conto dei numerosi dati che confermano il desiderio dei cittadini europei di vedere i loro risparmi e investimenti collegati a obiettivi sociali e ambientali, risulta opportuno dotare i cittadini di maggiori poteri e coinvolgerli nelle tematiche relative alla finanza sostenibile.

3.8.

A tal fine, il sistema finanziario dovrebbe, in fin dei conti, tendere maggiormente ad essere trasparente, fattuale e comprensibile per i cittadini dell’UE. È infatti essenziale migliorare l’accesso alle informazioni sulla prestazione delle imprese in termini di sostenibilità e promuovere l’alfabetizzazione finanziaria (una comprensione più approfondita del ruolo monetario).

4.   Riorientare i flussi di capitali verso un’economia più sostenibile

4.1.

Da quando è stato istituito il FEIS sono stati mobilitati investimenti sia pubblici che privati in progetti dell’UE di importanza strategica. Tale fondo inoltre è stato gestito conformemente all’elenco di progetti della Banca europea per gli investimenti (BEI) (investimenti nel settore dell’efficienza ambientale, energetica e delle risorse, dell’acqua, del digitale, dei trasporti, ecc.).

4.2.

La copertura dei fondi, oltre a quelli provenienti dal FEIS, deve invece coinvolgere maggiormente altri settori, specialmente quelli incentrati sulle istituzioni e infrastrutture sociali che valorizzano i capitali immateriali di giovani, donne e altre categorie sociali escluse o vulnerabili.

4.3.

Il risparmio endogeno costituisce un fattore indispensabile di una solida crescita economica, che presuppone il finanziamento di progetti sostenibili delle PMI con il sostegno delle banche locali.

4.4.

A parere del CESE, i finanziamenti del FEIS dovrebbero essere aumentati con capitali provenienti da banche pubbliche e agenzie finanziarie degli Stati membri dell’UE, che dovrebbero agire come una rete, con il compito di elaborare congiuntamente una prospettiva a lungo termine più strategica e inclusiva, basandosi su una definizione comune di quel che effettivamente significa il termine sostenibile e delineando una tabella di marcia per la decarbonizzazione delle imprese.

4.5.

Al tempo stesso, il CESE invita la Banca centrale europea (BCE) a prendere in esame la fattibilità di un tasso di interesse verde e sociale volto ad incoraggiare investimenti e prestiti sostenibili, ed è d’accordo con il Parlamento europeo sulla necessità che le sue linee guida destinate a orientare i suoi programmi di acquisto tengano espressamente conto dell’accordo di Parigi e degli obiettivi ESG.

4.6.   Un sistema unificato di classificazione delle attività sostenibili

4.6.1.

I tradizionali metodi di calcolo e di valutazione d’impatto devono essere riesaminati. Occorre ridefinire indicatori quantitativi e qualitativi più attendibili, conciliando i valori prioritari economici e ambientali con quelli della società e della sopravvivenza dell’umanità.

4.1.2.

4.6.2. Il CESE concorda con la Commissione sull’urgenza di attivare la prima fase di elaborazione di una solida ma dinamica tassonomia della sostenibilità, che garantisca la coerenza con il mercato e fornisca orientamenti chiari su che cosa sia da considerare ecologico, sociale e conforme alla buona governance sulla base di un approccio olistico.

4.6.3.

L’asse portante di questo processo è l’istituzione di un gruppo di esperti tecnici sulla finanza sostenibile, che dovrà essere altamente qualificato e dotato di competenze specifiche in settori industriali strategici per elaborare una tassonomia ecologica e sociale solida e affidabile.

4.6.4.

Il mandato del gruppo di esperti dovrebbe iniziare con obiettivi chiari in termini di contenuti e di tempi, cominciando con l’accorpare la nuova tassonomia e le altre classificazioni internazionali esistenti (attività economiche, occupazioni, studi, ecc.), al fine di garantire una più stretta conformità ai criteri e ai riferimenti delle Nazioni Unite.

4.6.5.

La tassonomia europea dovrebbe articolarsi in tre livelli:

una norma minima in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell’Agenda 2030, con l’accordo di Parigi e con il principio del «non nuocere» sulla base dell’analisi dei rischi ambientali, sociali e di governance (ESG);

un livello intermedio che identifica le attività che esercitano un «impatto positivo» verificabile, secondo la definizione dell’UNEP FI (United Nations Environment Programme Finance Initiative = Iniziativa finanziaria del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente);

un livello che comprende le attività in grado di accelerare la trasformazione positiva e il sostegno per affrontare le sfide in campo ecologico, economico e sociale, in conformità con le esigenze di diversi soggetti interessati che prenderanno come riferimento questa tassonomia europea.

4.6.6.

Vi è urgente necessità di classificare i vari tipi di profitti derivanti da investimenti che possono essere attribuiti all’introduzione del fattore di sostenibilità (tassonomia). I criteri positivi dovrebbero infatti essere integrati da criteri relativi agli effetti dannosi per l’ambiente (16), che consentirebbero di determinare le attività non sostenibili.

4.6.7.

La nuova classificazione dovrebbe essere collegata alla strategia e al piano di investimenti dell’UE per la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Essa dovrebbe includere le attività finanziarie a favore della riduzione delle emissioni nei settori del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) (17) e in quelli del regolamento sulla condivisione degli sforzi (18).

4.7.   Norme e marchi per i prodotti finanziari sostenibili

4.7.1.

Agevolare e rendere più sicuro l’accesso degli investitori è fondamentale per l’espansione dei mercati finanziari sostenibili. Le norme europee in materia di finanza sostenibile dovrebbero essere attentamente configurate, e dovrebbero essere adottate norme minime in materia di investimenti socialmente responsabili (SRI).

4.7.2.

A tal fine, si inizierà introducendo una norma ufficiale europea per le obbligazioni verdi, e prendendo in considerazione un marchio o un certificato UE per le obbligazioni verdi, soggetto all’obbligo di controllo esterno, per garantire investimenti con un impatto positivo. Nell’ambito del Piano d’azione riguardante i servizi finanziari destinati ai consumatori : prodotti migliori, maggiore scelta (19), il CESE raccomanda che la Commissione definisca prodotti più facilmente comparabili e completamente trasparenti, semplici e con caratteristiche simili.

4.7.3.

Ciò permette di offrire «prodotti di punta sostenibili paneuropei» e di fornire strumenti adeguati, indipendenti e obbligatoriamente certificati che consentano il raffronto (20) tra differenti prodotti finanziari sostenibili nelle varie giurisdizioni dell’Unione europea.

4.7.4.

La configurazione dei «prodotti pensionistici individuali paneuropei» (PEPP(21), secondo quanto stabilito nella proposta legislativa adottata dalla Commissione il 29 giugno 2017, richiederebbe agli enti pensionistici di dichiarare pubblicamente se e come essi tengono conto dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nei loro sistemi di gestione dei rischi, ma non richiede loro di prendere in considerazione tali fattori nelle loro politiche di investimento. Prevedere un tale obbligo contribuirebbe ad ampliare il ricorso ai suddetti fattori come una delle soluzioni disponibili in materia di sostenibilità.

4.7.5.

Il CESE invita gli Stati membri a includere, al momento opportuno, questo obbligo in tutti i prodotti legati alle pensioni. Questo contribuirebbe ad estenderne l’utilizzo come una delle soluzioni al problema della sostenibilità dell’attuale sistema pensionistico per ripartizione.

4.8.   Promuovere gli investimenti in progetti sostenibili

4.8.1.

Secondo gli obiettivi strategici della nuova politica industriale dell’UE, il riorientamento dell’allocazione dei capitali verso investimenti a lungo termine dovrebbe andare di pari passo con gli aiuti alla crescita delle PMI, il sostegno delle regioni meno sviluppate, il miglioramento delle infrastrutture, il rafforzamento delle capacità dei cittadini tramite l’istruzione e la formazione.

4.8.2.

Per completare gli investimenti in infrastrutture sostenibili, c’è bisogno di una più ampia politica macroprudenziale che tenga conto degli effetti fisici (crescente esposizione ai rischi legati ai cambiamenti climatici), in conformità della direttiva Solvibilità II. Ad esempio, i codici di costruzione che minimizzano l’impatto delle catastrofi naturali dovrebbero obbligare le compagnie assicurative a ricalibrare la gestione dei rischi conformemente ai nuovi principi in materia di assicurazione sostenibile.

4.8.3.

Il CESE sostiene il rafforzamento del FEIS 2.0 e del Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile. Per il quadro finanziario pluriennale 2021-2027, accoglie con favore la creazione di InvestEU, che dovrebbe coinvolgere più capitali privati e poter accedere al mercato delle obbligazioni, dei fondi assicurativi e dei fondi pensionistici.

4.8.4.

Occorrerebbe reperire altro capitale privato per incoraggiare e sostenere le imprese, in particolare le PMI, nei loro investimenti nell’innovazione e nelle attività di ricerca e sviluppo.

4.8.5.

Infine, il CESE raccomanda una migliore identificazione dei luoghi in cui le iniziative pubbliche e private esistenti realizzano il maggior numero di infrastrutture sostenibili e resilienti, in modo da riprodurre tali iniziative sia nell’UE che nei paesi partner, secondo soluzioni in scala.

4.9.   Considerazioni relative alla sostenibilità nella consulenza finanziaria

4.9.1.

Come dichiarato nel suo parere sul tema Obblighi in materia di sostenibilità per gli investitori istituzionali e i gestori di attività (22), il CESE è favorevole alla modifica della direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID II) e della direttiva sulla distribuzione assicurativa (IDD), al fine di garantire che sia necessario valutare in che modo le preferenze degli investitori in materia di sostenibilità possano esservi incluse. In questo modo i promotori potrebbero formulare opportune raccomandazioni sui prodotti finanziari, fornendo informazioni chiare circa i potenziali rischi e vantaggi associati ai diversi fattori di sostenibilità.

4.9.2.

Il CESE concorda sull’opportunità che l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) inserisca disposizioni in materia di preferenze sulla sostenibilità nei suoi orientamenti sulla valutazione dell’adeguatezza.

4.10.   Indici di riferimento in materia di sostenibilità

4.10.1.

La definizione di una metodologia comune per misurare le prestazioni non finanziarie di un investimento sostenibile è un obiettivo ottimale. Nel frattempo, il CESE accoglie con favore gli atti normativi tesi ad armonizzare gli indici di riferimento, compresi gli emittenti a basso contenuto di carbonio, una prima tappa che va estesa anche ad altri parametri di sostenibilità.

4.10.2.

Il CESE invita pertanto la Commissione a rivolgere la propria attenzione anche all’ambito sociale, grazie al lavoro del gruppo di esperti tecnici che sarà incaricato di consultare tutte le parti interessate e di pubblicare una relazione sulla progettazione e la metodologia dell’indice di riferimento in materia di carbonio.

5.   Integrare la sostenibilità nella gestione dei rischi

La sostenibilità riguarda l’insieme dei rischi associati alla generazione di ricchezza e non può ignorare l’impatto dell’estrazione, acquisizione e deterioramento delle risorse.

5.1.   La sostenibilità nella ricerca di mercato e i rating di credito

5.1.1.

Il CESE ribadisce che le agenzie di rating devono essere esenti da qualsiasi conflitto di interessi, al fine di garantire l’indipendenza dei fornitori di ricerche e punteggi. Inoltre, deve essere garantita, caso per caso, una giustificazione trasparente e tempestiva della metodologia utilizzata da questi soggetti.

5.1.2.

Le agenzie di rating esistenti non tengono sufficientemente conto dell’influenza degli effetti dirompenti delle tendenze ambientali, sociali e di governance sulla futura affidabilità creditizia degli emittenti. Il CESE raccomanda chiarezza nelle norme e nell’attività di vigilanza dell’UE per quanto riguarda l’inclusione dei fattori ESG (ambientali, sociali e di governance) nei rating per tutte le agenzie di rating del credito che operano nell’UE. Sollecita inoltre l’istituzione di una procedura di accreditamento per un «marchio della finanza verde» da parte di agenti certificati dall’ESMA.

5.1.3.

Va inoltre valutata la possibilità di un accreditamento dei vari soggetti finanziari (banche, gestori di fondi, ecc.) in modo da vincolarli maggiormente e da evitare la tendenza a utilizzare i prodotti sostenibili a fini di greenwashing (ecologismo di facciata).

5.1.4.

Infine, il CESE propone di studiare la creazione di rating sovrani ecologici. Fornire un chiaro rating ecologico accanto al rating di un paese permetterebbe anche di stimolare i paesi a migliorare costantemente le loro prestazioni, e nel contempo potrebbe costituire un incentivo per attirare gli investimenti stranieri.

5.2.   Obblighi in materia di sostenibilità per gli investitori istituzionali e i gestori di attività (obbligo fiduciario)

5.2.1.

Le autorità di vigilanza dell’Unione europea devono garantire il rigoroso rispetto delle funzioni dei servizi di intermediazione finanziaria.

5.2.2.

Ciò richiede un approccio più olistico di quello previsto nel piano d’azione della Commissione, che dia priorità alle relazioni in ambito educativo, fattoriale, di genere, geografico, razziale o etnico, religioso, culturale o in altri ambiti della diversità.

5.2.3.

Come elemento fondamentale degli obblighi giuridici, gli investitori dovrebbero impegnarsi proattivamente a comprendere gli interessi non finanziari dei clienti, anche fornendo informazioni chiare circa i potenziali rischi e vantaggi finanziari associati ai fattori ESG (ambientali, sociali e di governance).

5.2.4.

Autorità di regolamentazione, investitori, gestori di attivi, dipendenti del settore finanziario e promotori devono agire nel migliore interesse del beneficiario (ad esempio futuri pensionati) o del cliente (investitori al dettaglio o istituzionali). Tutte le attività negli organi di governance e di voto devono essere orientate verso la protezione del valore sostenibile delle attività di investimento, nel rispetto degli obblighi fiduciari. I suddetti soggetti devono inoltre riferire su come utilizzano i diritti di voto in qualità di detentori di attività dei fondi.

5.2.5.

Chiarendo gli obblighi degli investitori in relazione ai fattori di sostenibilità, l’UE rafforzerà gli investimenti a lungo termine (la finanza sostenibile è collegata in modo assiomatico a una visione a lungo termine).

5.3.   Requisiti prudenziali per le banche e le imprese di assicurazione

5.3.1.

Il CESE, in un recente parere, sottolinea «il potenziale ruolo che le banche possono svolgere […] attraverso le loro funzioni di intermediazione fra il risparmio consapevole e gli SRI». Il Comitato raccomanda di applicare ai requisiti patrimoniali per le banche un trattamento più favorevole per gli investimenti nell’economia verde e per le operazioni non complesse di prestito inclusivo a lungo termine, per esempio mutui ipotecari, riguardanti soprattutto l’efficienza energetica, l’installazione di pannelli solari, ecc., e di considerare l’applicazione di maggiorazioni in termini di requisiti patrimoniali per gli investimenti in attivi dannosi per l’ambiente allo scopo di incentivare una transizione positiva verso attività sostenibili. Eventualmente si dovrebbero prendere in considerazione soluzioni alternative che vadano direttamente a beneficio dei mutuatari finali e degli investitori, come ad esempio incentivi fiscali. Il meccanismo di vigilanza unico (SSM) dovrebbe esercitare una vigilanza specifica in questo ambito (23).

5.3.2.

Tuttavia, nel calcolo delle attività ponderate per il rischio (RWA), i modelli aggiornati di rating bancario devono sempre riflettere il più attuale livello di rischio associato a queste attività sostenibili, mantenendo un livello elevato di protezione dei consumatori.

5.3.3.

In considerazione di ciò, è necessario definire più precisamente i perimetri del cosiddetto «fattore di sostegno ecologico», garantendo elementi di prova empirici completi e rigorosi a partire da una definizione chiara e precisa di cosa si intende per «investimenti ecologici». La ricerca e l’innovazione responsabili (RRI), nel quadro di Orizzonte 2020 e del futuro programma Orizzonte Europa, potrebbero rappresentare un ottimo canale per ottenere risultati scientifici.

5.3.4.

In sintesi, al fine di preservare la resilienza e la stabilità finanziaria, questo nuovo scenario richiede una solida combinazione di gestione dei rischi finanziari, tenendo conto dell’impatto dei fattori ESG sul rendimento finanziario e adattando opportunamente le norme in un processo dinamico. Come dichiarato nella risoluzione del Parlamento europeo sulla finanza sostenibile (24), la Commissione dovrebbe promuovere l’inclusione dei rischi per la sostenibilità nel quadro di Basilea IV.

6.   Promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine

6.1.1

6.1.1. La finanza sostenibile impone di creare un quadro di incentivi che riorienti i flussi di capitali verso gli investimenti necessari, assicurando un’equa transizione ambientale e sociale per l’Europa, nella quale la sua posizione di leader quanto a solidità di valori conferisca alle imprese europee un vantaggio competitivo.

6.2.   Comunicazione e contabilità

6.2.1.

Il CESE osserva che la direttiva UE sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario è stata recepita con un basso livello di ambizione e una metodologia non omogenea, e ha interessato solo le grandi società, contribuendo quindi in misura estremamente ridotta alla realizzazione di investimenti sostenibili equi e globali in Europa.

6.2.2.

La sostenibilità comporta una serie di nuove preoccupazioni e sfide quando si tratta di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, come la trasformazione digitale, i nuovi criteri di misurazione, la standardizzazione, gli obblighi vincolanti, i nuovi modelli economici sostenibili, ecc. In effetti, le tassonomie e le metodologie di comunicazione delle informazioni dovrebbero essere il più possibile standardizzate e le norme dovrebbero essere adattate per ottenere informazioni di carattere non finanziario in maggiore quantità e di migliore qualità. Tale misura offrirebbe alle autorità di regolamentazione e di vigilanza dei mercati una migliore visione delle tendenze globali e conseguentemente una migliore capacità di agire tenendone conto. La fase attuale, che è denominata «controllo dell’adeguatezza», terrà conto di considerazioni in linea con le osservazioni dell’unità operativa per la comunicazione finanziaria correlata al clima del Consiglio per la stabilità finanziaria, dopo lo svolgimento della consultazione pubblica lanciata dalla Commissione.

6.2.3.

Per quanto riguarda le piattaforme di crowdfunding (finanziamento collettivo), la «scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento» dovrebbe comprendere anche i principali rischi e benefici immateriali ma rilevanti sotto il profilo finanziario, da una prospettiva contabile (25), connessi al finanziamento di un progetto di crowdfunding.

6.2.4.

Il CESE sostiene inoltre la risoluzione del Parlamento europeo sui principii internazionali d’informativa finanziaria (IFRS 9) (26) e chiede con urgenza una valutazione d’impatto degli IFRS sugli investimenti sostenibili.

6.2.5.

Il CESE accoglie con favore l’obbligo per il Gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (EFRAG) di valutare l’impatto di IFRS nuovi o riveduti sugli investimenti sostenibili e di prendere in esame eventuali trattamenti contabili alternativi.

6.2.6.

Il CESE propone inoltre alla Commissione di invitare l’ESMA a:

valutare le attuali pratiche nel mercato del rating del credito, analizzando in che misura si tenga conto delle considerazioni ESG (ambientali, sociali e di governance);

includere informazioni sulla sostenibilità ambientale e sociale nelle sue linee guida sulle informazioni che dovranno essere comunicate dalle agenzie di rating del credito e prendere in considerazione, se del caso, ulteriori misure.

6.3.   Governo societario e visione eccessivamente a breve termine del mercato dei capitali

6.3.1.

Sono molti gli investitori che vorrebbero sapere se una società utilizza metodi contabili accurati e trasparenti e se gli azionisti ordinari hanno diritto di voto in merito a questioni importanti. Vorrebbero inoltre che le imprese evitassero conflitti di interesse nella scelta dei membri del consiglio di amministrazione, delle agenzie di rating e dei revisori dei conti.

6.3.2.

È giunto il momento di prendere seriamente in considerazione non solo i fattori E (ambientale) ed S (sociale) (norme, marchi, fattore di sostegno ecologico e sociale per i requisiti prudenziali, indici di riferimento in materia di sostenibilità), ma anche il fattore G (governance societaria), escludendo da tutti i benefici ed eliminando dalle classifiche di sostenibilità le imprese che evitano di comunicare in maniera trasparente su aspetti fondamentali, quali la governance di bilancio, i diritti umani, la corruzione, il riciclaggio di denaro e altre attività illecite.

7.   Attuazione del piano d’azione

7.1.

Il CESE chiede un allineamento dell’insieme delle istituzioni, agenzie e meccanismi europei coinvolti, modificandone, se del caso, i rispettivi mandati per adeguarli al calendario di attuazione del piano d’azione.

7.2.

L’incertezza riguardo al futuro e la mancanza di comunicazione dei rischi a lungo termine sono importanti limitazioni per l’orizzonte temporale di un’analisi (le stime infatti raramente coprono periodi superiori ai cinque anni).

7.3.

Le autorità di vigilanza europee dovrebbero altresì svolgere un ruolo significativo nel monitorare la sostenibilità. Per adottare una metodologia comune a livello UE per le analisi degli scenari rilevanti, si dovrebbe esplorare la possibilità di considerare i fattori di rischio ESG (ambientali, sociali e di governance) in una prospettiva a più lungo termine, fattori che il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) potrebbe progressivamente integrare nelle sue prove di stress.

7.4.

Infine, l’Organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari (IOSCO) dovrebbe disciplinare e promuovere l’osservanza delle norme internazionali per la regolamentazione e la vigilanza in materia di finanza sostenibile (27), al fine di conferire una coerenza globale alla nuova architettura della sostenibilità.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. il piano d’azione: Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile [COM(2018)97 fina], capitolo 6 — Prossime tappe.

(2)  Cfr. il progetto di tassonomia della BEI: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/180131-sustainable-finance-final-report-annex-3_en.pdf

(3)  Un quadro di rilevanza analizza i fattori più pertinenti per i risultati finanziari delle imprese, compresi i fattori di sostenibilità rilevanti dal punto di vista finanziario.

(4)  Le obbligazioni garantite sono titoli di debito emessi da enti creditizi e garantiti da un aggregato di attività segregato sul quale i possessori delle obbligazioni possono rivalersi direttamente in qualità di creditori privilegiati. Cfr. le nuove proposte di regolamento COM(2018) 93 final — 2018/0042 (COD) e COM(2018) 94 final — 2018/043 (COD)

(5)  Il quadro di Basilea è un accordo internazionale in materia di regolamentazione che introduce una serie di riforme volte a migliorare la regolamentazione, la vigilanza e la gestione dei rischi nel settore bancario. Tutte le norme emanate dal Comitato di Basilea sono requisiti minimi che si applicano alle banche che operano a livello internazionale: di conseguenza inserire in questo quadro anche una serie di disposizioni sulla sostenibilità contribuirà a far avanzare il settore a livello mondiale nella stessa direzione. https://www.bis.org/bcbs/basel3.html

(6)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv%3AOJ.L_.2016.078.01.0011.01.ITA

(7)  Per la posizione complessiva del CESE, cfr. il parere ECO/460 sul QFP dopo il 2020, (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106).

(8)  Secondo le proposte della Commissione europea, nel periodo 2021-2027 almeno il 25 % della spesa dell’UE dovrebbe contribuire agli obiettivi climatici (nel periodo 2014-2020 la soglia è fissata al 20 %).

(9)  https://www.morganstanley.com/pub/content/dam/msdotcom/ideas/sustainable-signals/pdf/Sustainable_Signals_Whitepaper.pdf

(10)  Cfr. la relazione IOSCO/OECD The Application of Behavioural Insights to Financial Literacy and Investor Education Programmes and Initiatives

(11)  Cfr. supra, piano d’azione, Introduzione generale, punto 1.1.

(12)  Lo scopo consiste nel definire in che modo il sistema delle Nazioni Unite sosterrà l’utilizzo di queste tecnologie per accelerare la realizzazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per favorire la conformità di dette tecnologie ai valori sanciti dallo Statuto delle Nazioni Unite, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dalle norme e standard del diritto internazionale. http://www.un.org/en/newtechnologies/images/pdf/SGs-Strategy-on-New-Technologies.pdf

(13)  Cfr. il parere del CESE in merito al piano d’azione della Commissione europea per le tecnologie finanziarie (Fin Tech), (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 61).

(14)  COP 21: Conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici (2015).

(15)  Cfr., in particolare, i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE e le norme dell’OIL in materia di lavoro.

(16)  Cfr. OCSE, Recommendation of the Council on Common Approaches for Officially Supported Export Credits and Environmental and Social Due Diligence («Raccomandazione del Consiglio dell’OCSE sugli approcci comuni ai crediti all’esportazione che beneficiano di sostegno pubblico e alla diligenza ambientale e sociale»).

(17)  Elencati nell’allegato 1 alla direttiva 2003/87/CE, modificata dalla direttiva 2009/29.

(18)  Regolamento relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013.

(19)  Cfr. al riguardo il parere del CESE sui servizi finanziari per i consumatori, (GU C 434 del 15.12.2017, pag. 51).

(20)  In base ai Principi fondamentali per gli strumenti di confronto.

(21)  Gli attivi dei regimi pensionistici privati e a capitalizzazione hanno superato i 38 000 miliardi di USD nell’area dell’OCSE alla fine del 2016.

(22)  Cfr. il parere ECO/466 sul tema Obblighi in materia di sostenibilità per gli investitori istituzionali e i gestori di attività, punto 3.8, (cfr. pag. 97 della presente Gazzetta Ufficiale).

(23)  Cfr. al riguardo il parere del CESE sui servizi finanziari per i consumatori, (GU C 237 del 15.12.2017, pag. 46).

(24)  http://www.europarl.europa.eu/news/en/press-room/20180529IPR04517/meps-back-resolution-on-sustainable-finance

(25)  Le voci o elementi dei conti finanziari (dei bilanci) sono rilevanti se possono influenzare le decisioni economiche degli utenti. Il concetto di rilevanza è un principio contabile universalmente accettato, le aziende che comunicano informazioni o rendicontazioni devono divulgare tutti gli elementi di questo tipo. https://www.business-case-analysis.com/materiality-concept.html

(26)  http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2016-0381+0+DOC+XML+V0//IT.

(27)  Cfr. Methodology for Assessing Implementation of the IOSCO Objectives and Principles of Securities Regulation


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/83


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo e migrazione, al Fondo per la Sicurezza interna e allo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti»

[COM(2018) 375 final — 2018/0196 (COD)]

(2019/C 62/13)

Relatore:

Stefano MALLIA

Consultazione

Parlamento europeo, 11.6.2018

Consiglio europeo, 19.6.2018

Base giuridica

Articoli 177, 304 e 322, paragrafo 1, del TFUE

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

3.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

111/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La politica di coesione è una delle politiche dell’UE che produce i risultati più tangibili e ha ripercussioni dirette sulla vita quotidiana dei cittadini europei. Sulla base di questa premessa, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) respinge fermamente la proposta della Commissione di ridurre il bilancio dell’UE del 10 % in termini reali. Il CESE esorta pertanto gli Stati membri a trovare soluzioni affinché il bilancio europeo possa essere mantenuto, in valori del 2020, allo stesso livello del periodo di programmazione 2014-2020.

1.2.

Il CESE ritiene necessaria una strategia politica chiara, in linea con gli impegni dell’Unione europea a livello internazionale. Il CESE esorta la Commissione a rinnovare la strategia Europa 2020 e a conformare a tale strategia rinnovata le priorità del nuovo regolamento recante disposizioni comuni. Raccomanda inoltre alla Commissione di integrare efficacemente gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) nei regolamenti relativi alla politica di coesione, assicurandone l’inclusione trasversale in tutte le priorità dei fondi.

1.3.

Il CESE ritiene che le circostanze economiche stabilite dal nuovo regolamento recante disposizioni comuni (condizionalità macroeconomiche, riduzione del cofinanziamento ecc.) creerebbero un contesto troppo rigido e potrebbero nuocere agli investimenti. Pertanto il CESE:

respinge la condizionalità macroeconomica, poiché penalizza regioni e cittadini che non hanno alcuna colpa delle decisioni macroeconomiche adottate a livello nazionale o europeo;

invita la Commissione a mantenere la regola di disimpegno a «n+3»;

chiede alla Commissione di riconsiderare la questione di aumentare i tassi di cofinanziamento.

1.4.

Il CESE apprezza grandemente gli sforzi in materia di semplificazione, flessibilità ed efficacia, sforzi che vanno tutti nella direzione giusta. Deplora tuttavia il fatto che il nuovo regolamento non costituisca un corpus unitario di norme.

1.5.

Il CESE ritiene eccessivamente stringenti le norme in materia di concentrazione tematica. Il Comitato propone che uno degli obiettivi strategici del regolamento sia scelto dagli Stati membri, e li invita a prendere in considerazione per la loro scelta l’obiettivo strategico 5 (OS n. 5) poiché ritiene che esso garantisca la soluzione più pensata «su misura» per le sfide specifiche cui sono confrontati.

1.6.

Il CESE raccomanda alla Commissione di mettere a punto gli strumenti necessari per consentire alle aree caratterizzate da svantaggi strutturali e permanenti (isole, regioni montane ecc. (1)) di affrontare efficacemente le sfide specifiche e complesse che sono loro proprie. È, questo, un problema che non può restare di esclusiva competenza delle autorità nazionali. Il CESE raccomanda inoltre di sostenere i progetti realizzati in queste aree tramite tassi di cofinanziamento più elevati.

1.7.

Il CESE raccomanda di trovare soluzioni ad hoc per tener conto della situazione di quei paesi o regioni classificati come «regioni di convergenza» nel programma 2007-2013, beneficiando di un tasso di cofinanziamento dell’80 % durante il periodo 2014-2020, e che saranno d’ora in poi classificati come «regioni in transizione» per il periodo 2021-2027 e beneficeranno di un tasso di cofinanziamento del 55 %.

1.8.

Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe rafforzare ulteriormente le sinergie trovando il modo di reinserire il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale nel corpus di norme del nuovo regolamento e consolidando altresì i collegamenti con il Fondo sociale europeo Plus (FSE+). Chiede inoltre una maggiore integrazione con e tra altri programmi e strumenti di finanziamento (Orizzonte 2020, InvestEU ecc.).

1.8.1.

Questi collegamenti dovrebbero risultare con evidenza anche nella programmazione dei finanziamenti. Il CESE invita gli Stati membri a elaborare e attuare programmi plurifondo che affrontino le sfide in modo integrato, e ritiene che questa integrazione debba altresì risultare con evidenza in termini di cooperazione territoriale. È essenziale stabilire collegamenti logici tra aree urbane e rurali, tra aree urbane e periurbane e così via, ossia adottare un approccio basato sul territorio.

1.9.

Uno dei prerequisiti fondamentali per il successo della politica di coesione consiste nell’attuare una «governance multilivello e multipartecipativa» con il coinvolgimento dei partner economici e delle parti sociali nel processo decisionale e di attuazione. Quanto al codice di condotta, il CESE, avendo constatato che le parti sociali europee non ne sono soddisfatte, chiede di rivederlo e aggiornarlo consultandosi direttamente con loro, e chiede inoltre di renderlo vincolante.

1.10.

Il CESE disapprova fortemente che dalla proposta sul nuovo regolamento recante disposizioni comuni siano stati eliminati i princìpi della promozione della parità tra uomini e donne, di non discriminazione, dell’accessibilità per le persone con disabilità e di sviluppo sostenibile. Raccomanda pertanto vivamente di inserire l’articolo 7 del vigente regolamento recante disposizioni comuni per il periodo 2014-2020 nel testo del nuovo regolamento recante disposizioni comuni proposto, e che tale principio sia direttamente incorporato nel testo principale della proposta di regolamento relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e al Fondo di coesione (FC). Il CESE caldeggia inoltre l’inserimento dell’accessibilità per le persone con disabilità all’articolo 67 («Selezione delle operazioni da parte dell’autorità di gestione») del nuovo regolamento recante disposizioni comuni proposto.

1.11.

Il CESE considera di fondamentale importanza un’azione complessiva più efficace in materia di comunicazione. Sono troppi i casi in cui progetti finanziati dall’UE vengono realizzati e i cittadini non sanno nulla, o quasi, dell’intervento dell’Unione. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di mettere in campo una più efficace strategia di informazione rivolta ai cittadini europei e alle diverse categorie di beneficiari.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE deplora profondamente il fatto che il bilancio della politica di coesione sia stato ridotto del 10 % in termini reali. A questo proposito, il Comitato respinge con forza i tagli proposti al bilancio dell’UE e propone agli Stati membri di trovare soluzioni che consentano di mantenere tale bilancio al livello attuale, in valori del 2020.

2.2.

La politica di coesione è uno degli elementi più importanti per avvicinare maggiormente i cittadini alla prospettiva dell’integrazione europea. Essa apporta un evidente valore aggiunto creando occupazione, crescita sostenibile e infrastrutture moderne, rimuovendo ostacoli strutturali, promuovendo il capitale umano e migliorando la qualità della vita dei cittadini stessi. Per questo motivo il CESE accoglie con grande favore il fatto che tutte le regioni siano ammissibili a beneficiare dei finanziamenti.

2.2.1.

La politica di coesione dell’UE deve formare parte integrante di una strategia europea in materia di investimenti, accompagnata da un forte approccio territoriale e volta a dotare ciascuna regione degli strumenti necessari per migliorarne la competitività. La politica di coesione deve determinare trasformazioni economiche e strutturali, assicurando una base resiliente nelle singole regioni che poggi sui punti di forza di ciascuna di esse (2).

2.3.

Il CESE prende atto che il nuovo approccio adottato dalla Commissione europea, basato su tre categorie («regioni meno sviluppate», «regioni in transizione», «regioni più sviluppate»), è maggiormente mirato. Benché il metodo di assegnazione dei fondi rimanga in larga misura basato sul PIL pro capite, sono stati aggiunti tuttavia ulteriori criteri: il tasso di disoccupazione giovanile, il basso livello di istruzione, le misure di lotta ai cambiamenti climatici nonché l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. Il CESE ritiene che questo nuovo approccio tenga meglio conto della realtà sul terreno, anche se (conformemente alla valutazione d’impatto richiesta dal comitato per il controllo normativo (3)) ha la sensazione che potrebbe essere ulteriormente perfezionato.

2.4.

Il CESE esprime forte preoccupazione per la proposta della Commissione di ridurre i tassi di cofinanziamento e per l’impatto che tale diminuzione avrà sull’impegno dei beneficiari in contesti finanziari meno favorevoli. Apprezza l’inclusione dell’IVA come spesa ammissibile, sebbene alcuni elementi in tal senso siano già previsti nel periodo in corso.

2.5.

Si deve anche osservare che vi sono situazioni in cui paesi o regioni classificati come «regioni di convergenza» nel programma 2007-2013, e che hanno beneficiato di un tasso di cofinanziamento dell’80 % durante il periodo 2014-2020, saranno d’ora in poi classificati come «regioni in transizione» per il periodo 2021-2027 e beneficeranno di un tasso di cofinanziamento del 55 %: vale a dire che, nel loro caso, subiranno una forte diminuzione del cofinanziamento. Il CESE ritiene necessario affrontare in modo specifico situazioni di questo tipo. Inoltre, occorre notare che, nel caso di progetti realizzati con finanziamenti privati, i beneficiari riceveranno unicamente il cofinanziamento della componente pubblica del progetto.

2.6.

La priorità dell’UE nei confronti delle regioni ultraperiferiche deve essere quella di rafforzare i legami che le uniscono all’Europa continentale e il sentimento di appartenenza dei loro abitanti al progetto europeo (4). Il Comitato plaude al fatto che tali regioni ultraperiferiche continueranno a beneficiare di uno specifico sostegno finanziario da parte dell’UE.

2.7.

Il CESE si rammarica, tuttavia, che la politica di coesione non offra ancora soluzioni globali per le sfide cui sono confrontati gli specifici territori citati all’articolo 174 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (5). Gli studi dimostrano che le autorità centrali non sempre si occupano di queste aree specifiche quali vengono definite ed elencate all’articolo 174 del TFUE. Il CESE ritiene pertanto che la Commissione dovrebbe incoraggiare il coinvolgimento dei soggetti interessati a livello locale e regionale nelle iniziative intraprese dagli Stati membri per affrontare i problemi delle suddette aree specifiche, purché ciò avvenga nel rispetto dei quadri istituzionali e giuridici in vigore nei rispettivi territori.

3.   Principi generali

3.1.

Il CESE disapprova fortemente che dalla proposta sul nuovo regolamento recante disposizioni comuni siano stati eliminati i princìpi della promozione della parità tra uomini e donne, di non discriminazione, dell’accessibilità per le persone con disabilità e di sviluppo sostenibile. L’acquis dell’UE ha sviluppato un approccio trasversale all’applicazione di questi principi nella programmazione ed esecuzione dei fondi (cfr. l’articolo 7 del vigente regolamento recante disposizioni comuni e l’articolo 16 del regolamento recante disposizioni comuni per il periodo 2007-2013).

3.1.1.

Il CESE raccomanda pertanto vivamente di inserire l’articolo 7 del vigente regolamento recante disposizioni comuni per il periodo 2014-2020 nel testo del nuovo regolamento recante disposizioni comuni proposto, e che tale principio sia direttamente incorporato nel testo principale della proposta di regolamento relativo al FESR e al Fondo di coesione. Inoltre, il Comitato caldeggia l’inserimento dell’accessibilità per le persone con disabilità all’articolo 67 («Selezione delle operazioni da parte dell’autorità di gestione») del nuovo regolamento recante disposizioni comuni proposto.

3.2.

Poiché l’UE è uno Stato parte alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD), il CESE ritiene opportuno che detta Convenzione sia integrata nella base giuridica della proposta sul nuovo regolamento recante disposizioni comuni.

3.3.

Il Comitato è fermamente convinto che un autentico partenariato, a tutti i livelli, con i partner economici, le parti sociali e i soggetti interessati della società civile organizzata nella preparazione, l’esecuzione e la valutazione ex post dei programmi e progetti della politica di coesione dell’UE migliori la qualità di questi ultimi e ne favorisca una realizzazione efficiente. Dal momento che ha già chiesto l’adozione di un codice di buona condotta, il CESE sostiene risolutamente l’iniziativa della Commissione e ne condivide le raccomandazioni proposte (cfr. l’articolo 6 della proposta di regolamento in esame) (6). Il CESE osserva che la proposta della Commissione può aver bisogno di essere perfezionata affinché sia in grado di affrontare le sfide settoriali (in particolare quelle legate alla sicurezza nazionale) poste dai programmi in materia di migrazione e di sicurezza.

3.4.

Il CESE è fermamente convinto che il partenariato tra autorità amministrative, partner economici e parti sociali a livello dell’UE, nazionale e regionale, attuato sotto forma di una governance multilivello e multipartecipativa, sia uno dei criteri essenziali per il successo della politica di coesione, e debba quindi essere il presupposto di base per la concessione di accordi di partenariato e l’attribuzione di fondi europei. Il CESE approva la nuova formulazione vincolante all’articolo 6 della proposta sul nuovo regolamento e chiede espressamente al legislatore di mantenere l’attuale formulazione «[gli Stati membri] coinvolgono».

3.5.

Quanto al codice di condotta, il CESE, avendo constatato che le parti sociali europee non ne sono soddisfatte, chiede di rivederlo e aggiornarlo consultandosi direttamente con loro, e chiede inoltre di renderlo vincolante.

3.6.

Per rafforzare le capacità e l’efficacia del partenariato, il CESE sollecita l’introduzione di misure di sviluppo delle capacità e di assistenza tecnica per i partner di cui all’articolo 6 della proposta in esame. Il CESE auspica inoltre l’istituzione di un meccanismo annuale di consultazione con i partner pertinenti.

3.7.

Il CESE concorda sul fatto che ciascun membro dei comitati di sorveglianza disponga di un voto. Al fine di garantire un giusto equilibrio nel processo decisionale, la ponderazione dei voti dovrebbe essere pari al 50 % per le autorità amministrative e le autorità menzionate all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della proposta in esame, e al 50 % per i partner economici, le parti sociali e gli altri soggetti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettere b) e c). Il CESE precisa che potrebbe essere necessario affinare tale proposta per tener conto di una serie di questioni sensibili, ad esempio quelle relative alla sicurezza nazionale.

4.   Semplificazione

4.1.

Il Comitato reputa della massima importanza ridurre in misura sostanziale gli oneri amministrativi inutili a carico dei beneficiari, pur preservando un livello elevato di garanzia di legittimità e regolarità. Il CESE riconosce e apprezza il fatto che la proposta della Commissione affronti tutta una serie di problemi nel campo della semplificazione.

4.2.

Il CESE propone di applicare in modo sistematico il principio «una tantum» sancito dallo Small Business Act, garantendo così che le formalità amministrative, di audit e di controllo adempiute siano trasmesse una sola volta dai responsabili di progetto alle autorità di gestione direttamente competenti, le quali saranno poi incaricate di trasmetterle alle autorità di gestione nazionali ed europee.

4.3.

Il CESE raccomanda inoltre di adottare un sistema di controllo e audit «de minimis» estremamente semplificato per i progetti di modestissima entità: se l’autorità di gestione direttamente responsabile constata e dichiara che i risultati attesi sono stati conseguiti, non dovrebbero essere richiesti ulteriori controlli né audit.

4.4.

È senz’altro esagerato affermare che il regolamento recante disposizioni comuni costituisca un corpus unitario di norme. Sebbene le sue disposizioni riguardino ben sette fondi, date le numerose «eccezioni alle regole» previste, il regolamento manca di coerenza; in molti casi sono disposizioni diverse a regolamentare, ad esempio, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, il Fondo Asilo e migrazione, il Fondo per la Sicurezza interna e lo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti. In linea con le conclusioni del gruppo ad alto livello sulla semplificazione per il periodo successivo al 2020 (7), il CESE è convinto che il pacchetto normativo in esame dovrebbe essere molto semplificato ed evitare la microgestione dei fondi.

4.5.

Se il CESE prende atto dell’inserimento nel regolamento recante disposizioni comuni dei nuovi stanziamenti destinati a fronteggiare la crisi migratoria e le questioni di sicurezza (8), deplora però profondamente che il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) non faccia più parte del corpus di norme del nuovo regolamento e si rammarica anche che i collegamenti con il nuovo FSE+ siano più deboli rispetto a quelli stabiliti con il Fondo precedente. Il CESE chiede quindi alla Commissione di riconsiderare tale decisione.

4.6.

Il CESE conviene che si dovrebbe dare priorità alla sospensione degli impegni, e non dei pagamenti, per evitare di aggravare situazioni di crisi. I pagamenti devono essere sospesi solo qualora si richieda un intervento immediato e in caso di grave inadempienza.

5.   Flessibilità

5.1.

Al fine di agevolare la creazione e lo sviluppo di imprese, l’UE deve sostenere l’adozione di riforme che promuovano un contesto favorevole agli investimenti e in cui le aziende possano prosperare, e deve anche migliorare le condizioni generali per l’imprenditorialità. I fondi di coesione devono essere utilizzati per creare un ambiente più favorevole alla crescita di start up e di PMI giovani e innovative e per facilitare la successione delle imprese a conduzione familiare. A questo proposito, il CESE ritiene che la politica di coesione debba fornire un quadro stabile e al tempo stesso flessibile (9).

5.2.

Per quanto riguarda i trasferimenti obbligatori al meccanismo per collegare l’Europa (Connecting Europe Facility — CEF), il CESE osserva che l’importo complessivo dei fondi da trasferire è rimasto allo stesso livello di quello attuale, malgrado una riduzione del 10 % della dotazione di bilancio globale. Di conseguenza, la quota delle risorse totali trasferite verrebbe in realtà ad essere superiore a quella del periodo di programmazione in corso. Il CESE concorda con l’impostazione generale adottata a condizione che il bilancio complessivo della politica di coesione rimanga al livello del periodo 2014-2020.

5.3.

Inoltre, attualmente il 100 % delle risorse trasferite al CEF è costituito da fondi riservati per ciascuno Stato membro. Per il nuovo periodo si propone che solo il 70 % dei fondi sia riservato per un dato Stato membro, mentre il rimanente 30 % sarà destinato a progetti scelti dalla Commissione. Il CESE respinge fermamente questa impostazione formulata nella proposta in esame.

5.4.

Il CESE plaude al fatto che non vi saranno più regole specifiche per gli investimenti che generano entrate. Rileva anche che non vi sarà nessun iter relativo ai «grandi progetti» (i progetti strategici saranno invece seguiti dal comitato di sorveglianza): anche se questo costituisce, in sé, uno sviluppo positivo, il CESE esprime perplessità su come si potrà continuare a garantire la validità dei grandi progetti.

5.5.

Il CESE accoglie inoltre positivamente la possibilità di adeguare gli obiettivi e le risorse dei programmi tenendo conto dell’evolvere delle circostanze, il che consentirebbe di mobilitare i fondi dell’UE fin dal primo giorno in caso di catastrofi naturali (10).

5.6.

Il CESE conviene con la Commissione che le sovvenzioni non bastano, da sole, a rimediare alle significative carenze di investimenti, ma possono essere efficacemente integrate da strumenti finanziari, i quali hanno un effetto moltiplicatore e sono più vicini al mercato. Il CESE si compiace quindi che con il nuovo regolamento sia più agevole combinare sovvenzioni e strumenti finanziari e che il nuovo quadro preveda anche specifiche disposizioni per attirare più capitali privati.

5.7.

Il CESE approva la proposta della Commissione di semplificare l’assistenza tecnica degli Stati membri e precisa che dovrebbero beneficiarne anche i «partner» indicati all’articolo 6 della proposta di regolamento.

6.   Efficacia

6.1.

Il CESE si rammarica del fatto che la Commissione non abbia avviato un processo partecipativo risultante in una strategia globale e integrata per un’Europa sostenibile nel 2030 e oltre. È lecito chiedersi a quali priorità la Commissione proponga di allineare gli accordi di partenariato e i programmi operativi degli Stati membri.

6.2.

Il CESE raccomanda alla Commissione di allineare la politica di coesione dell’UE con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e di integrare gli OSS dell’Agenda nel testo principale del regolamento recante disposizioni comuni, relativo all’insieme dei fondi.

6.3.

Il CESE esprime perplessità in merito alle nuove regole sulla concentrazione tematica. Ritiene eccessivamente restrittiva la concentrazione dei fondi su due priorità, e manifesta preoccupazione quanto all’approccio «unico uguale per tutti» adottato in proposito dalla Commissione. Il CESE è convinto che la concentrazione tematica debba essere sufficientemente flessibile da permettere l’assegnazione dei finanziamenti a priorità che affrontino le diverse esigenze di sviluppo esistenti a livello nazionale e regionale.

6.4.

Il CESE accoglie favorevolmente il collegamento rafforzato con il processo del semestre europeo attraverso le raccomandazioni specifiche per paese (11). Respinge tuttavia la condizionalità macroeconomica, poiché penalizza regioni e cittadini che non hanno alcuna colpa delle decisioni macroeconomiche adottate a livello nazionale o europeo (12). Il Comitato conviene sull’importanza di garantire altresì la totale complementarità e il pieno coordinamento con il nuovo programma di sostegno alle riforme rafforzato.

6.5.

Nella misura in cui può contribuire a semplificare l’accesso ai finanziamenti, il CESE valuta positivamente il rafforzamento delle sinergie tra alcuni programmi («approccio basato sul marchio di eccellenza»), ma ritiene che nella maggior parte dei casi la proposta non sia sufficientemente precisa, ad esempio non è chiaro se, nel caso dello strumento dello sviluppo locale di tipo partecipativo, i fondi strutturali possano essere combinati con il FEASR.

6.6.

Per quanto riguarda le regole di disimpegno, il CESE deplora il fatto che la proposta in esame modifichi la vigente regola «n+3» in regola «n+2» e invita la Commissione europea a riesaminare la questione. Il CESE intende prendere in considerazione le esigenze dei paesi che hanno incontrato difficoltà nell’attuare i programmi e offrire loro una maggiore, e non minore, flessibilità.

6.7.

Inoltre, si deve sottolineare che la capacità amministrativa, soprattutto nel caso degli Stati membri più piccoli e delle regioni di dimensioni più ridotte, potrebbe essere messa a dura prova durante le fasi iniziali del periodo 2021-2027. Questo aspetto va valutato alla luce del fatto che, sebbene gli Stati membri siano ancora impegnati nella chiusura del periodo di programmazione in corso, saranno però sotto forte pressione perché inizino a dare esecuzione agli ultimi due anni del nuovo periodo di programmazione (per via dell’approccio 5 + 2), dovendo inoltre applicare la regola «n+2» e con un importo di prefinanziamento ridotto.

6.8.

Considerando che le piccole imprese, le microimprese e le organizzazioni della società civile possono incontrare delle difficoltà nell’avvalersi delle opportunità offerte dai fondi europei in generale, il CESE chiede un sostegno per azioni volte a potenziare l’accesso di questi soggetti alle informazioni, fornire loro consulenza e tutoraggio e stimolarne le capacità di intervento.

7.   Programmazione e attuazione

7.1.

Il CESE è soddisfatto che nella proposta di regolamento in esame il numero di obiettivi strategici (OS) sia stato ridotto e che tali obiettivi appaiano più flessibili dei precedenti, ma deplora che non siano collegati ad un quadro strategico più ampio.

7.2.

Il Comitato apprezza in modo particolare il nuovo obiettivo strategico denominato Un’Europa più vicina ai cittadini (OS n. 5). Il CESE auspica che, tenendo fede a tale denominazione (e nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 17, paragrafo 3, lettera g), della proposta di regolamento), gli Stati membri elaborino e attuino i loro programmi a titolo dell’OS n. 5 in stretta cooperazione con i cittadini nonché con i partner economici, le parti sociali e le organizzazioni della società civile.

7.3.

Il Comitato nutre delle preoccupazioni circa il fatto che inizialmente saranno programmati solo i primi cinque anni. Pur comprendendo i vantaggi risultanti da questo approccio, il CESE teme che esso possa trasformarsi in un pesante fardello amministrativo per le autorità, che rischiano anche di non ottemperare alle regole di disimpegno.

7.4.

Il CESE si compiace che i documenti di programmazione (accordo di partenariato, programmi operativi) siano stati semplificati, approva in particolare la semplificazione dell’accordo di partenariato e ritiene che quest’ultimo dovrebbe essere considerato un documento strategico ad alto livello. È importante quindi adoperarsi per garantire che i programmi degli Stati membri rimangano allineati con le priorità dell’UE e in sinergia reciproca. Il CESE accoglie inoltre con favore la semplificazione degli atti delegati. Per evitare il rischio di un eccesso di regolamentazione da parte delle autorità di gestione, il CESE chiede alla Commissione di coinvolgere i soggetti economici e sociali europei nell’elaborazione degli atti delegati.

7.5.

Il CESE ritiene di fondamentale importanza il fatto che vengano proposte soluzioni semplici che colleghino tra loro le diverse iniziative realizzate nell’ambito della politica di coesione (strategie e programmi) nei vari livelli territoriali sia orizzontalmente (ad esempio, strategie macroregionali con programmi transnazionali) che verticalmente (tra i differenti livelli territoriali). Per questo motivo il CESE accoglie con favore le disposizioni dell’articolo 17 della proposta di regolamento e incoraggia la Commissione a continuare a lavorare in questa direzione.

7.6.

La quota della popolazione mondiale che vive nelle città supera già il 50 %, e dovrebbe arrivare al 70 % nel 2050 (13). Il CESE accoglie pertanto con favore l’aumento degli stanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) destinati allo sviluppo urbano sostenibile integrato, ma si rammarica che tale incremento non sia esteso all’FSE+.

7.7.

Il CESE è convinto che basare lo sviluppo territoriale su strategie territoriali integrate sia l’approccio giusto, poiché consente al livello locale di individuare le proprie potenzialità ed esigenze e di avviare iniziative attuate in partenariato con tutti i soggetti locali per soddisfare le esigenze specifiche così messe in luce. Il CESE ritiene che questo sia un approccio di buona governance, che dovrebbe essere fortemente incoraggiato e rafforzato. A questo proposito, plaude al fatto che i partner, a norma dell’articolo 6 della proposta di regolamento, debbano essere coinvolti nella preparazione e nell’attuazione delle strategie territoriali.

7.8.

Il CESE accoglie con favore anche i nuovi «altri strumenti integrati» di cui all’articolo 22, lettera c), in quanto possono consentire di individuare e attuare soluzioni su misura e che funzionano a livello locale, ma deplora che il ricorso a tali «altri strumenti» sia limitato all’obiettivo strategico n. 5. Tale strumento dovrebbe essere disponibile per tutti gli obiettivi strategici. Dal momento che vengono fornite spiegazioni piuttosto vaghe su questo nuovo strumento, il CESE raccomanda alla Commissione di precisare meglio questo aspetto, in modo che gli Stati membri possano essere incoraggiati ad avvalersi pienamente di tale opzione.

7.9.

Il CESE è del parere che, per rispecchiare meglio la realtà e assicurarsi che l’interesse locale sia rappresentato nelle iniziative intraprese a titolo della nuova Iniziativa urbana europea, la società civile debba essere fortemente associata al relativo meccanismo di governance e disporre di una rappresentanza al suo interno. Il CESE è decisamente favorevole all’istituzione di un simile meccanismo di governance su scala europea, con il coinvolgimento dei pertinenti attori della società civile.

7.10.

Il CESE esprime la ferma convinzione che i finanziamenti erogati a titolo della politica di coesione abbiano la massima visibilità per i cittadini e per i soggetti economici e sociali. Le azioni che beneficiano di un sostegno della politica di coesione costituiscono uno dei più solidi baluardi contro l’euroscetticismo e i movimenti antieuropei. È quindi necessario fornire informazioni dirette e facilmente accessibili, mirate in funzione dell’attività professionale dei destinatari, corredate ad esempio di orientamenti in materia di buone pratiche. Il CESE chiede alla Commissione di mettere a punto un piano di comunicazione strategica in collaborazione con tutti i partner interessati.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Articolo 174 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

(2)  https://www.businesseurope.eu/sites/buseur/files/media/position_papers/ecofin/2017-06-09_eu_cohesion_policy.pdf

(3)  SEC(2018) 268.

(4)  GU C 161 del 6.6.2013, pag. 52.

(5)  GU C 209 del 30.6.2017, pag. 9.

(6)  GU C 44 del 15.2.2013, pag. 23.

(7)  http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/newsroom/pdf/simplification_proposals.pdf

(8)  GU C 75 del 10.3.2017, pag. 63.

(9)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 1.

(10)  GU C 173 del 31.5.2017, pag. 38.

(11)  https://www.eesc.europa.eu/sites/default/files/resources/docs/qe-02-17-362-en-n.pdf e https://www.eesc.europa.eu/sites/default/files/resources/docs/qe-01-14-110-en-c.pdf.

(12)  GU C 191 del 29.6.2012, pag. 30.

(13)  http://www.un.org/en/development/desa/news/population/world-urbanization-prospects-2014.html


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/90


Parere del Comitato economico e sociale sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione»

[COM(2018) 372 final — 2018/0197 (COD)]

(2019/C 62/14)

Relatore:

Ioannis VARDAKASTANIS

Correlatrice:

Ester VITALE

Consultazione

Parlamento europeo, 11.6.2018

Consiglio dell’UE, 19.6.2018

Base giuridica

Articoli 177, 178, 304 e 349 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

3.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

138/0/1

Il presente parere riguarda la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (1) relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e al Fondo di coesione (FC) per il periodo dal 2021 al 2027, presentata dalla Commissione europea il 29 maggio 2018. Il parere comprende inoltre brevi osservazioni su talune disposizioni della proposta di regolamento recante disposizioni comuni (RDC) (2) che riguardano direttamente aspetti pertinenti della struttura, del contenuto, dell’articolazione e dell’ulteriore attuazione del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e del Fondo di coesione (FC).

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE ribadisce il proprio fermo impegno per la politica di coesione e la propria salda fiducia in tale politica, che considera uno strumento importante per avvicinare l’UE ai cittadini e per affrontare le disparità tra le regioni dell’UE e le disuguaglianze tra i suoi cittadini.

1.2.

Pur prendendo atto del ragionamento della Commissione, il CESE è in totale disaccordo con i tagli alla politica di coesione in generale, e in particolare con i tagli del 12 % al FESR e del 46 % al Fondo di coesione. Per questo invita la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio ad aumentare la dotazione di bilancio proposta, in modo da assicurare almeno risorse uguali, a prezzi costanti, a quelle di cui all’attuale quadro finanziario.

1.3.

Il CESE sottolinea che la diminuzione dei tassi di cofinanziamento europeo ostacolerà l’attuazione dei progetti, in particolare da parte degli Stati membri che incontrano difficoltà di bilancio e, ovviamente, di quelli che sono stati colpiti più duramente dalla crisi.

1.4.

Il CESE chiede alla Commissione di rendere più flessibili i criteri per il cofinanziamento, in modo che la situazione economica e finanziaria di ogni Stato membro sia presa in considerazione e che venga applicata la regola che il Comitato ha raccomandato in molti dei suoi pareri più recenti, ossia che le spese di investimento non sono considerate ai fini del rispetto degli obiettivi di disavanzo del Patto di stabilità e crescita.

1.5.

Il CESE ritiene che la proposta della Commissione di reintrodurre la regola N + 2 non sia suffragata da prove concrete o dai risultati dell’analisi dell’attuazione della regola N + 3. Non è quindi d’accordo con tale proposta e chiede alla Commissione di mantenere la regola N + 3 per il nuovo periodo di programmazione.

1.6.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione volta a semplificare l’uso dei fondi in termini di struttura, amministrazione e gestione, in modo da renderne l’accesso più agevole ed efficace. Tuttavia, la semplificazione dei fondi non dovrebbe far passare in secondo piano i principi e i valori che sono parte integrante dell’acquis dell’Unione.

1.7.

Il CESE si compiace del fatto che la proposta della Commissione migliori la governance multilivello grazie all’importanza che riserva alla gestione concorrente, rafforzando la partecipazione delle organizzazioni della società civile e di altri soggetti interessati al processo di programmazione, attuazione, valutazione e monitoraggio dell’uso dei fondi. Occorre tuttavia che il codice europeo di condotta sul partenariato (ECCP) sia pienamente rispettato a tutti i livelli e rafforzato con solide garanzie e misure che ne assicurino la piena attuazione. La conformità con tale codice dovrebbe essere considerata una condizione abilitante. Ciò consentirà ai soggetti interessati e alle organizzazioni della società civile di svolgere un ruolo fondamentale in quanto organi intermedi, avvicinando i progetti ai loro beneficiari finali.

1.8.

Il CESE sottolinea che, a livello dell’UE, non esiste una partecipazione strutturata delle organizzazioni della società civile al processo di monitoraggio dell’attuazione della politica di coesione. Pertanto raccomanda vivamente alla Commissione di istituire un Forum della società civile europea sulla coesione — a cui partecipino le parti sociali, le organizzazioni della società civile e altre parti interessate — che consulterà ogni anno le suddette parti sociali e organizzazioni della società civile sullo stato di attuazione della politica di coesione nel corso del ciclo di programmazione 2021-2027.

1.9.

Il CESE raccomanda alla Commissione di integrare efficacemente gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) nella politica di coesione attraverso il regolamento sulle disposizioni comuni e i regolamenti sul FESR e sul FC, assicurando la loro inclusione trasversale in tutte le priorità dei fondi, e non solo nell’azione per il clima.

1.10.

Il CESE suggerisce che le zone scarsamente popolate, le zone isolate, le piccole isole e le regioni montane, conformemente all’articolo 174 del TFUE, beneficino del sostegno in base a requisiti di concentrazione tematica, portata del sostegno e benefici uguali a quelli che valgono per le regioni ultraperiferiche, e con le stesse deroghe. Le strategie di investimento dovrebbero essere orientate verso gli obiettivi delle macroregioni e della cooperazione territoriale e transfrontaliera, in particolare per far fronte a fenomeni complessi come la migrazione.

1.11.

Il CESE raccomanda di accrescere la dotazione di bilancio assegnata alla cooperazione territoriale europea (CTE)/Interreg per il nuovo periodo di programmazione, in modo che possa efficacemente svolgere i propri compiti e realizzare i propri obiettivi. Il CESE propone anche di fornire al FESR un adeguato sostegno per l’attuazione del meccanismo transfrontaliero. Inoltre, il CESE ritiene che le strategie di investimento debbano essere orientate in funzione degli obiettivi delle macroregioni e delle regioni circostanti i bacini marittimi.

1.12.

Il CESE invita la Commissione a tener conto di altri indicatori sociali, oltre al reddito nazionale lordo (RNL) pro capite, per classificare gli Stati membri in base ai requisiti di concentrazione tematica ad essi applicabili.

1.13.

Il CESE sostiene il concetto della concentrazione tematica, ma invita la Commissione a equilibrare la distribuzione dei requisiti di concentrazione tematica degli investimenti tra gli obiettivi strategici, dato che le risorse assegnate agli obiettivi strategici da 3 a 5 sembrano insufficienti per affrontare le esigenze socioeconomiche e per costruire un’Europa più vicina ai suoi cittadini.

1.14.

Il CESE si rammarica del fatto che le proposte della Commissione relative a tutti i regolamenti abbiano escluso l’integrazione orizzontale della parità, della non discriminazione e dell’accessibilità per le persone con disabilità. Raccomanda pertanto vivamente che l’articolo 7 dell’attuale regolamento recante disposizioni comuni per il periodo 2014-2020 sia integrato nel proposto nuovo regolamento recante disposizioni comuni (RDC), e che tale principio sia direttamente incorporato nel testo principale del proposto regolamento relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione. Inoltre, il CESE raccomanda fermamente di includere nell’articolo 67 del proposto RDC, riguardante la selezione delle operazioni, l’accessibilità per le persone con disabilità.

1.15.

Il CESE sottolinea che la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD) dovrebbe essere pienamente integrata nel testo principale della proposta di regolamento relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione, nonché nel regolamento sulle disposizioni comuni. L’UNCRPD, in particolare, dovrebbe essere pienamente integrata nella base giuridica del regolamento del FESR e dell’FC, e l’accessibilità per le persone con disabilità dovrebbe essere un criterio obbligatorio di ammissibilità.

1.16.

Il CESE invita la Commissione a garantire che la costruzione e la ristrutturazione di istituti di assistenza segregativi siano escluse dal sostegno a titolo del FESR e dell’FC. Occorre invece promuovere l’inclusione sociale attraverso la transizione dall’assistenza in istituti a quella di prossimità.

1.17.

Il CESE accoglie con favore il miglioramento del coordinamento tra i vari fondi, nonché il collegamento tra questi e il semestre europeo e i programmi di sostegno alle riforme.

1.18.

Il CESE ritiene che l’inclusione delle condizionalità macroeconomiche, che sono decise a livello nazionale ed europeo, crei gravi ostacoli nell’impiego dei fondi da parte delle regioni, dei comuni, delle altre parti interessate e dei cittadini, e pertanto respinge totalmente tale strumento e invita la Commissione a riconsiderare i criteri di inclusione

1.19.

Il CESE ritiene che l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR) debba avere la priorità nella politica di coesione, e non solo nel Fondo sociale europeo Plus. Raccomanda pertanto fermamente di destinare almeno il 10 % delle risorse all’obiettivo strategico 4 del FESR, che istituisce l’iniziativa regionale sulla sostenibilità sociale e l’accessibilità.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Già da molti anni il CESE considera la politica di coesione uno dei pilastri fondamentali per conseguire l’integrazione nell’UE, e ritiene pertanto che — in questi tempi di incertezze e con l’avanzare del populismo, del nazionalismo e dell’euroscetticismo — tale politica rappresenti per i cittadini il vero elemento di connessione con il progetto dell’UE.

2.2.

Il CESE sottolinea che la politica di coesione e i suoi strumenti di finanziamento avrebbero potuto essere utilizzati per presentare ai cittadini europei un nuovo discorso positivo sul progetto europeo.

2.3.

Il CESE osserva pertanto che la proposta della Commissione è priva della necessaria ambizione politica, e che nella proposta di quadro finanziario pluriennale 2021-2027 tale mancanza di ambizione si traduce in pratica in tagli alle dotazioni del FESR e dell’FC, rispettivamente del 12 % e del 46 % a prezzi costanti, rispetto alle dotazioni attuali. I tagli sono proposti malgrado la Commissione riconosca nella relazione che «in numerosi paesi il FESR e il Fondo di coesione rappresentano almeno il 50 % degli investimenti pubblici». Pertanto essi avranno un effetto negativo su paesi intenti a stabilizzare le rispettive economie mentre si riprendono dalla crisi e mentre i loro cittadini cercano di far fronte alle misure di austerità. In molti paesi i livelli di povertà e di disuguaglianza restano elevati e, in alcuni casi, stanno aumentando, con notevoli differenze non solo tra i paesi e le regioni (e al loro interno), ma anche tra vari gruppi di popolazione, in particolare per quanto riguarda gli indicatori sociali relativi alle donne, ai rom, alle persone con disabilità, agli anziani ecc.

2.4.

Data la fondamentale importanza del FESR e dell’FC per lo sviluppo economico e sociale e la coesione delle regioni d’Europa, il CESE richiede che nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027 il finanziamento della politica di coesione sia mantenuto almeno allo stesso livello di risorse, a prezzi costanti, di cui al quadro finanziario attuale (3).

2.5.

La proposta della Commissione di ridurre i tassi di cofinanziamento per le tre categorie (4) di regioni compromette la capacità di accedere ai fondi e di utilizzarli in condizioni di parità, in particolare per gli Stati membri con maggiori difficoltà di spesa o che sono stati colpiti più duramente dalla crisi.

2.6.

Il CESE sostiene gli sforzi per semplificare la politica di coesione e accoglie con favore la diminuzione del numero di obiettivi da 11 a 5, che consentirà di concentrare le risorse sulle questioni prioritarie della competitività delle imprese e dei diritti delle persone. Tuttavia, un numero minore di norme più chiare e più brevi non dovrebbe voler dire regole meno efficienti nell’attuazione dei corrispondenti obiettivi generali e specifici. Più in particolare, la maggiore semplificazione non dovrebbe tradursi nell’esclusione, dal regolamento proposto, di principi trasversali che sono parte integrante dell’acquis comunitario.

2.7.

La semplificazione, mediante l’accorpamento dei fondi, e l’agevolazione dell’accesso per i beneficiari, in particolare grazie al maggior rilievo dato alla gestione da parte degli Stati membri e al maggiore ricorso alle opzioni semplificate in materia di costi, sono azioni indispensabili per rendere più efficaci gli investimenti. Anche l’estensione del principio dell’audit unico e un maggiore ricorso alle autorità nazionali, regionali e locali contribuiranno a una spesa più efficiente per l’assistenza tecnica. Il CESE accoglie inoltre con favore il rafforzamento della coesione elettronica e dello scambio di dati, che accresceranno la trasparenza e l’efficienza del FESR e del Fondo di coesione. Il CESE si compiace della proposta della Commissione volta a rafforzare la cooperazione interregionale attraverso la strategia di specializzazione intelligente (S3).

2.8.

Il CESE ravvisa nella cooperazione territoriale europea un modo importante di sostenere specifiche regioni transfrontaliere che affrontano spesso problemi riguardanti le infrastrutture, la fornitura di servizi pubblici, le comunicazioni e i trasporti, a causa, tra l’altro, di specificità geografiche e/o storiche. Interreg dovrebbe essere uno strumento per promuovere concretamente la convergenza economica e sociale di queste regioni, sottoregioni e aree locali, e il Comitato propone quindi di aumentarne il bilancio. Il CESE raccomanda inoltre vivamente che vengano erogati finanziamenti a titolo del FESR per sostenere un funzionamento e un’attuazione efficaci del meccanismo transfrontaliero.

2.9.

Sebbene la parità, la non discriminazione e l’accessibilità siano menzionate nella relazione del documento, il CESE è fermamente convinto che debbano essere pienamente integrate nel testo principale del regolamento del FESR e del Fondo di coesione, divenendo criteri di ammissibilità obbligatori per l’assegnazione di fondi, e che l’accessibilità per le persone con disabilità debba essere inclusa nell’articolo 67 del proposto RDC, riguardante la selezione delle operazioni (5).

2.10.

La classificazione delle regioni viene ancora effettuata con il metodo di Berlino, che tiene conto esclusivamente del reddito nazionale lordo e della popolazione di ciascuna regione per determinare i requisiti di concentrazione tematica che vi si applicano (6). Tuttavia, la Commissione ha deciso di includere nuovi indicatori per il metodo di assegnazione, quali la disoccupazione, la migrazione netta o le emissioni di gas a effetto serra. Anche se questa soluzione contribuisce a rendere più accurata la distribuzione dei fondi in rapporto alle esigenze delle regioni, i relativi requisiti di concentrazione tematica continueranno a essere fissati secondo un metodo di classificazione che fa astrazione da tali disparità.

2.10.1.

Pertanto molte regioni degli Stati membri del «gruppo 1» potrebbero beneficiare di una ripartizione «corretta», in relazione alle disuguaglianze di cui risentono e che vanno al di là dell’RNL, ma dovrebbero poi confrontarsi con i requisiti di concentrazione tematica, cosa che potrebbe limitare la loro capacità di affrontare dette disuguaglianze. La spiegazione della scelta del metodo di Berlino, fornita nella valutazione d’impatto in risposta alla richiesta del comitato per il controllo normativo (7), non precisa il motivo per cui non sono stati presi in considerazione altri indicatori pertinenti. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di rivedere tale approccio.

2.11.

Le aree scarsamente popolate, conformemente all’articolo 174 del TFUE, e le aree isolate, come le piccole isole, sono regioni soggette a problemi specifici di comunicazione, anche per l’accesso a Internet, e di trasporto. Per di più non dispongono in genere di infrastrutture sociali (sanità, istruzione ecc.). In queste regioni, la dispersione della popolazione e la mancanza di opportunità di lavoro, da cui deriva un preoccupante tasso di invecchiamento demografico, comportano un graduale aumento del costo della fornitura di servizi pubblici, cosa che rende più difficile sviluppare programmi per l’occupazione e attirare le imprese.

2.11.1.

La proposta assegna una parte del bilancio a queste regioni, insieme a quelle classificate come regioni ultraperiferiche. Tuttavia la classificazione delle regioni include le regioni ultraperiferiche nel «gruppo 3», sorvolando sulle speciali caratteristiche delle zone scarsamente popolate, a parte il reddito nazionale lordo pro capite. Il CESE considera opportuno adottare un approccio ad hoc, con finanziamenti sufficienti e adeguati requisiti di concentrazione tematica, per rispondere alle difficoltà incontrate dalle aree scarsamente popolate o isolate, e ritiene che esse debbano quindi beneficiare della concentrazione tematica, del campo di applicazione del sostegno e delle deroghe applicabili alle regioni ultraperiferiche.

2.12.

Il CESE accoglie con favore il miglioramento del coordinamento tra i sette fondi a gestione concorrente, che è stato realizzato principalmente attraverso la proposta di regolamento recante disposizioni comuni e soddisfa una importante richiesta delle parti in causa. Per il FESR e il Fondo di coesione è particolarmente rilevante la combinazione con il proposto programma di sostegno alle riforme (8), poiché contribuirà a collegare l’attuazione dei programmi alle raccomandazioni formulate nell’ambito del semestre europeo, quando sono socialmente sostenibili, accrescendo l’efficacia degli investimenti. Questa combinazione dovrebbe prevedere negoziati specifici tra le autorità nazionali ed europee, con la partecipazione attiva delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile.

2.13.

Il CESE riconosce l’importanza di combinare diversi tipi di fondi e strumenti con i fondi della politica di coesione, in particolare i dispositivi finanziari, assicurando quindi una migliore rispondenza agli obiettivi. Inoltre, la mobilitazione di capitale privato garantisce e moltiplica il valore aggiunto degli investimenti, provvedendo a una distribuzione più ampia dei benefici.

2.14.

Il CESE si compiace del miglioramento della flessibilità nell’adattare i fondi e i programmi a fattori imprevisti, come proposto dalla Commissione. Il proposto collegamento tra le raccomandazioni specifiche per paese, il periodo di programmazione e la valutazione intermedia è importante ai fini dell’efficacia dei fondi, ma bisognerà vigilare attentamente qualora le modifiche divengano troppo frequenti, dato che potrebbero facilmente snaturare la programmazione. Inoltre, la proposta di non programmare l’erogazione delle risorse fino agli ultimi due anni rischia di renderne difficile l’utilizzazione per ragioni di tempo.

2.15.

Il CESE nota che la Commissione, nella proposta sul quadro finanziario 2021-2027, raccomanda di destinare agli obiettivi in materia di clima una quota maggiore di risorse rispetto al periodo 2014-2020, vale a dire, il 30 % del FESR e il 37 % del Fondo di coesione. Data l’assoluta importanza di questo obiettivo e la capacità di entrambi i fondi di affrontarlo, il CESE ritiene che occorra considerare ulteriormente un aumento di tale quota.

2.16.

La Commissione ravvisa negli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite una giustificazione della spesa proposta per gli obiettivi in materia di clima. Il CESE ritiene che la Commissione debba valutare un più ampio allineamento del regolamento proposto, e delle cinque priorità che esso indica per la programmazione e l’attuazione dei fondi, con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. A tale scopo, occorre garantire che anche le prospettive economiche e sociali degli obiettivi di sviluppo sostenibile siano incluse nel regolamento.

2.17.

La Commissione presenta un modello di governance multilivello che sottolinea la gestione concorrente dei programmi tra la Commissione e gli Stati membri, i quali hanno adesso una responsabilità più diretta. Anche la ripartizione dei compiti è più chiara, e il contributo degli enti regionali e locali, delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile (9) è stato accresciuto. Occorre tuttavia prevedere solide garanzie e specifiche misure per consentire alle parti sociali e alle organizzazioni della società civile di svolgere un ruolo essenziale in quanto organi intermedi, sviluppando i progetti in maniera più efficiente e avvicinandoli ai loro beneficiari finali.

2.18.

Il CESE sottolinea l’esigenza di rafforzare il partenariato, la partecipazione e il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e di altri soggetti interessati al monitoraggio della politica di coesione a livello dell’UE. In effetti, il CESE fa presente di essere in grado di affrontare — in maniera molto proattiva, inclusiva ed efficace — tale lacuna presente a livello dell’UE. Il CESE propone quindi di istituire un forum della società civile europea sulla coesione, incaricato di monitorare la politica di coesione, e si dichiara disponibile a facilitarne pienamente il funzionamento.

2.19.

Il CESE si compiace che la Commissione abbia scelto di cambiare il tradizionale approccio all’assistenza tecnica, eliminando l’obiettivo prioritario utilizzato per orientare tale sostegno. La proposta prevede invece un tasso forfettario generale del 2,5 % per ciascun programma, che garantisce fino al 100 % dell’investimento, per coprire le spese di assistenza tecnica. Se necessario si potranno cofinanziare, al di là di tale quota del 2,5 %, altri investimenti classificati come assistenza tecnica. Il CESE apprezza questo approccio semplificato. Oltre a dare la priorità al principio di proporzionalità e a migliorare la flessibilità e la governance del partenariato, la Commissione ha anche scelto di non limitare l’importo della dotazione destinata alla capacità istituzionale dei partner, compresi gli organismi che rappresentano la società civile.

2.20.

Il CESE non condivide la proposta di sostituire la regola «N + 3» con la regola «N + 2» e invita la Commissione a riesaminare la questione. L’approccio in materia di flessibilità a queste condizioni dovrebbe essere più vicino alle esigenze dei paesi e delle regioni, sottoregioni, comunità locali e parti interessate che hanno registrato le maggiori difficoltà nell’attuare i programmi; la Commissione dovrebbe quindi adeguare il processo di attuazione alle capacità dei diversi Stati membri e alle rispettive circostanze. La reintroduzione della regola N + 2 richiede anche un livello più elevato di efficienza nella programmazione e nell’esecuzione, dato che ci sarà un anno in meno per la certificazione dei pagamenti.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

Secondo il CESE, gli obiettivi specifici per il FESR e il Fondo di coesione (articolo 2) dovrebbero includere settori quali l’economia sociale e l’accessibilità delle infrastrutture e dei servizi per tutti i cittadini dell’UE, e dovrebbero esserci riferimenti specifici alle zone scarsamente popolate e alle isole, in conformità all’articolo 174 del TFUE.

3.2.

Il CESE ritiene che gli allegati I e II debbano essere riesaminati di conseguenza, per convertire le precedenti aree in indicatori di realizzazione e di risultato comuni, nonché in indicatori di rendimento.

3.3.

Pur riconoscendo che le opzioni strategiche 1 e 2 sono obiettivi strategici ad alto valore aggiunto, il CESE sottolinea che stabilire percentuali molto elevate per questi due settori in tutti e tre i gruppi regionali comprometterebbe l’efficienza del FESR e del Fondo di coesione per quanto riguarda le opzioni strategiche da 3 a 5. Invita pertanto la Commissione a riesaminare i requisiti di concentrazione tematica (articolo 3.4) al fine di equilibrare gli sforzi per affrontare adeguatamente le disparità sociali, tra cui la povertà e la discriminazione, cosa che è necessaria per conseguire una crescita inclusiva.

3.4.

Il CESE sottolinea che lo sviluppo urbano è strettamente legato alla modernizzazione e all’innovazione delle infrastrutture e dei servizi locali, e si compiace quindi dell’inclusione nel FESR di un’iniziativa urbana europea legata all’agenda urbana europea. Tuttavia, il CESE raccomanda vivamente che la Commissione aumenti il sostegno finanziario per questa iniziativa, e allo stesso tempo la renda trasversale, per includere i tre pilastri dell’Agenda 2030 relativi agli obiettivi di sviluppo sostenibile, ad esempio per sviluppare città intelligenti e accessibili.

3.5.

Il CESE accoglie con favore l’inclusione della condizione abilitante orizzontale 4, che richiede quadri nazionali per l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Tuttavia, secondo il CESE:

3.5.1.

poiché l’UE è uno Stato parte di tale Convenzione, e quindi l’attuazione da parte dell’UE è obbligatoria, è opportuno che la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità sia integrata nella base giuridica della proposta di regolamento del FESR e del Fondo di coesione.

3.5.2.

L’accessibilità per le persone con disabilità, compresa l’accessibilità a beni, servizi e infrastrutture, dovrebbe essere inclusa nel campo di applicazione della proposta di regolamento e figurare quale criterio obbligatorio per il finanziamento di progetti in ciascun settore contemplato. Il CESE raccomanda quindi vivamente di includere nel testo principale del regolamento il seguente testo tratto dal considerando 5 dello stesso: «Gli Stati membri dovrebbero anche rispettare gli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e garantire l’accessibilità in conformità all’articolo 9 della Convenzione e alla normativa dell’Unione che armonizza i requisiti di accessibilità per i prodotti e i servizi».

3.5.3.

L’acquis europeo ha sviluppato un approccio trasversale alla promozione della parità, della non-discriminazione e dell’accessibilità delle persone con disabilità nella programmazione e nell’esecuzione dei fondi, attraverso l’articolo 7 dell’RDC attuale (10) e l’articolo 16 dell’RDC 2007-2013. Il CESE, pertanto, raccomanda vivamente di reintrodurre l’articolo 7 del regolamento sulle disposizioni comuni 2014-2020 nella proposta di nuovo regolamento recante disposizioni comuni.

3.6.

Il CESE constata con disappunto che la proposta di regolamento non dà seguito all’impegno, lanciato nel quadro finanziario pluriennale 2014-2020, di promuovere attraverso il FESR la transizione dall’assistenza in istituti all’assistenza basata sulla comunità. L’articolo 2, lettera d), della proposta di regolamento del FESR privilegia un aumento dell’integrazione socioeconomica «mediante misure integrate riguardanti alloggi e servizi sociali». Benché si tratti di una disposizione importante, non è detto che questo obiettivo specifico basti a garantire che l’investimento mirato nella deistituzionalizzazione dell’assistenza conduca all’inclusione delle persone, specie di quelle più svantaggiate, nella comunità. Poiché gli investimenti del FESR sono fondamentali per l’inclusione sociale, il CESE propone di garantire che essi siano destinati esclusivamente a servizi che promuovono tale inclusione, e di escludere dal campo di applicazione del FESR e del Fondo di coesione l’utilizzo dei fondi per costruire o ristrutturare istituti di assistenza segregativi. È essenziale non solo mantenere ma anche rafforzare, nel regolamento del FESR proposto, sia l’incentivo positivo che l’obbligo negativo.

3.7.

Sebbene venga proposto di destinare un terzo del finanziamento FSE+ al sostegno dell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, il CESE è fermamente convinto che i finanziamenti a titolo del FESR debbano essere destinati in via prioritaria a sostenere efficacemente l’attuazione dell’obiettivo strategico 4. Il CESE raccomanda pertanto vivamente di destinare almeno il 10 % delle risorse all’obiettivo strategico 4 del FESR, che istituisce l’iniziativa regionale sulla sostenibilità sociale (SSRI), al fine di promuovere in modo sistematico e coerente l’inclusione sociale e l’accessibilità.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2018) 372 final — 2018/0197 (COD), COM(2018) 372 final — ALLEGATO I, COM(2018) 372 final — ALLEGATO II.

(2)  COM(2018) 375 final.

(3)  Cfr. parere del CESE sul quadro finanziario pluriennale post-2020 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106)

(4)  Cfr. parere del CESE sul quadro finanziario pluriennale post-2020 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106)

(5)  L’articolo 7 del regolamento recante disposizioni comuni 2014-2020 è stato soppresso, avendo la Commissione optato per l’inserimento di un obbligo, a carico degli Stati membri, riguardo la selezione dei progetti, tramite l’articolo 67 della proposta di regolamento recante disposizioni comuni per il quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Tuttavia, l’articolo 67 non fa menzione dell’accessibilità.

(6)  La nuova proposta in materia di concentrazione tematica del FESR classifica gli Stati membri in tre gruppi in funzione del loro reddito nazionale lordo (RNL): «gruppo 1», quelli con un rapporto RNL pari o superiore al 100 % della media UE; «gruppo 2», quelli con un rapporto RNL pari o superiore al 75 % e inferiore al 100 % della media UE; e «gruppo 3», quelli con un rapporto RNL inferiore al 75 % della media UE, comprese le regioni ultraperiferiche per quanto riguarda i programmi connessi all’obiettivo Investimenti a favore dell’occupazione e della crescita. I requisiti di concentrazione tematica dei vari gruppi regionali prevedono che gli Stati membri del gruppo 1 assegnino almeno l’85 % delle loro risorse all’OS 1 e all’OS 2 e almeno il 60 % all’OS 1; che gli Stati membri del gruppo 2 assegnino almeno il 45 % delle risorse di cui dispongono a priorità dell’OS 1 e almeno il 30 % all’OS 2; e che gli Stati membri del gruppo 3 assegnino almeno il 35 % delle loro risorse all’OS 1 e almeno il 30 % all’OS 2.

(7)  SEC(2018) 268.

(8)  COM(2018) 391 — 2018/0213 (COD).

(9)  Ne fanno parte i partner ambientali e gli organismi di promozione dell’inclusione sociale, dei diritti fondamentali, dei diritti delle persone con disabilità, della parità di genere e della non discriminazione, come menzionato all’articolo 6 della proposta di regolamento sulle disposizioni comuni.

(10)  Regolamento (UE) n. 1301/2013.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/97


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’informativa in materia di investimenti sostenibili e rischi per la sostenibilità recante modifica della direttiva (UE) 2016/2341»

[COM(2018) 354 final — 2018/0179 (COD)]

(2019/C 62/15)

Relatore:

Carlos TRIAS PINTÓ

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 6.7.2018

Parlamento europeo, 5.7.2018

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

3.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

174/7/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Gli operatori finanziari contribuiscono alla transizione dell’economia europea verso un sistema maggiormente ecologico, resiliente e circolare, grazie all’integrazione dei fattori ASG (1):

nelle attività di consulenza agli investitori finali, chiedendo informazioni circa le loro preferenze in materia di sostenibilità;

nella configurazione o nella scelta di un portafoglio di attività finanziarie;

nella comunicazione trasparente e nella giustificazione veritiera delle scelte operate;

nell’informazione preliminare, precontrattuale, sull’integrazione di rischi e sul loro impatto previsto;

nelle relazioni periodiche, presentando l’impatto complessivo del prodotto finanziario in relazione alla sostenibilità mediante indicatori di sostenibilità pertinenti.

1.2.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS(2), l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici formano la parte frontale dei pilastri della sostenibilità condivisa, e il piano d’azione della Commissione europea sulla finanza sostenibile (3) consoliderà questa nuova architettura.

1.3.

Il punto di partenza consiste nel definire gradualmente quali attività siano sostenibili, in base a rigorose prove scientifiche e sulla scorta di un metodo di analisi dei costi e dei benefici lungo l’intero ciclo di vita del progetto, che valuti le esternalità ambientali, sociali ed economiche.

1.4.

Sia pure partendo dalla A (ambiente) dei criteri ASG, si devono rispettare in ogni momento (4) le garanzie sociali concordate a livello internazionale (5) e il al pilastro europeo dei diritti sociali (6). A giudizio del CESE le garanzie dovrebbero giungere fino alla G, senza dimenticare la buona governance fiscale (aziendale e istituzionale).

1.5.

Il CESE plaude alla stesura del piano d’azione. Il presente parere è incentrato sulle azioni volte a riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili, e va pertanto al cuore degli obblighi fiduciari degli operatori dei mercati dei capitali, il cui elemento debole, l’investitore finale, potrà allineare le sue preferenze in materia di sostenibilità con le sue decisioni consapevoli di investimento. Sia il nuovo regolamento proposto che la riforma della direttiva conferiscono solidità, coerenza ed efficacia allo sviluppo del piano d’azione.

1.6.

Da più parti viene menzionato lo slancio necessario per fare di necessità virtù e rafforzare l’Europa dei valori, prendendo il controllo della sostenibilità. A questo proposito, il CESE è decisamente in favore della configurazione di prodotti finanziari paneuropei sostenibili, nella convinzione che contribuiranno a fare di più e di meglio in Europa.

1.7.

Il CESE appoggia la proposta della Commissione di istituire una piattaforma sulla finanza sostenibile, composta di esperti in rappresentanza del settore pubblico e di quello privato. Il CESE dovrebbe essere chiamato a farne parte.

1.8.

Infine, il CESE sottolinea la necessità di garantire la partecipazione della società civile e delle parti sociali durante l’intero processo.

2.   Contesto

2.1.   Quadro generale: piano d’azione per finanziare lo sviluppo sostenibile

2.1.1.

Nel lungo percorso verso il completamento dell’Unione finanziaria, la revisione intermedia dell’Unione dei mercati dei capitali è stata incentrata su come mobilitare i risparmi europei attraverso la promozione di investimenti sostenibili. Il piano d’azione per il finanziamento della crescita sostenibile, presentato dalla Commissione l’8 marzo 2018, ha indicato una tabella di marcia intelligente e precisa per realizzare tale impegno.

2.1.2.

Il Comitato economico e sociale ha accolto con grande favore questa iniziativa, le cui dieci azioni configurano una sequenza di atti coerenti e ben integrati, che dovrebbero essere adottati entro la fine del 2019.

2.1.3.

La proposta di modifica del quadro normativo, oggetto del presente parere, è collegato al ruolo fiduciario degli operatori finanziari.

2.1.4.

Essa si riferisce in particolare all’azione 7, nel cui quadro l’integrazione della sostenibilità nei portafogli d’investimento e la sua corretta divulgazione hanno come corollario l’azione 4, concernente la consulenza all’investitore finale. Essa riguarda in parte anche l’azione 9, dato che una condizione imprescindibile è che le imprese mettano a disposizione informazioni societarie, di carattere non finanziario, di qualità e armonizzate.

2.1.5.

In parallelo, in questa prima serie coerente di misure del piano d’azione, il CESE adotta la sua posizione sulla tassonomia (azione 1) e sulla sostenibilità (azione 5) (7).

2.2.   Obblighi in materia di sostenibilità per gli investitori istituzionali e i gestori di attività

2.2.1.

Viene proposto un regolamento sull’integrazione di considerazioni relative alla sostenibilità nel processo decisionale e nella divulgazione di informazioni relative agli investimenti sostenibili e ai rischi per la sostenibilità, accompagnato dalla modifica della direttiva (UE) 2016/2341, relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP), nonché da atti delegati della Commissione europea per adeguare in modo coerente la direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID II) e la direttiva sulla distribuzione assicurativa (IDD), con l’assistenza delle autorità di vigilanza.

2.2.2.

L’obiettivo è far sì che i gestori degli attivi, gli investitori istituzionali, i distributori di prodotti assicurativi e i consulenti finanziari integrino i fattori ambientali, sociali e di governo societario (ASG), nelle loro decisioni di investimento (azione 7) e nella loro consulenza (azione 4), nell’ambito del loro obbligo di agire nel migliore interesse degli investitori o dei beneficiari.

2.2.3.

I gestori degli attivi e gli investitori istituzionali dovrebbero chiarire in che modo i loro investimenti si allineano a tali obiettivi di sostenibilità, e riferire periodicamente in merito ai risultati non finanziari degli investimenti, tramite appositi indicatori di impatto. Ciò significa maggiore trasparenza nei confronti degli investitori finali, i quali potranno adottare decisioni correttamente informate, sulla base di prodotti comparabili e non soggetti a un’esagerazione degli aspetti ecologici o sociali.

2.2.4.

Il regolamento proposto si applica ai gestori degli attivi (8), agli investitori istituzionali (compagnie di assicurazione soggette alla direttiva Solvibilità II e fondi pensionistici di cui alla direttiva EPAP II), ai distributori di prodotti assicurativi coperti dalla direttiva sulla distribuzione assicurativa (IDD), ai consulenti in materia di investimenti e ai gestori di portafogli individuali disciplinati dalla direttiva MiFID II.

2.2.5.

Le disposizioni proposte coprono tutti i prodotti finanziari offerti e i servizi (gestione di portafogli e consulenza) forniti dalle entità summenzionate, indipendentemente dal fatto che vengano perseguiti investimenti nella sostenibilità o no.

2.2.6.

Un basso tasso di carbonio dell’UE o un indice di impatto positivo sul carbonio si configurerebbero come punto di riferimento solo per i prodotti o servizi che perseguono un obiettivo di basse emissioni di carbonio, così come si applicheranno altri indici per i prodotti o servizi che perseguono obiettivi di impatto ambientale e/o sociale.

2.2.7.

In tal modo, gli investitori terranno conto della copertura dei rischi di sostenibilità al momento di valutare il rendimento dei loro investimenti a lungo termine, e adempiranno al cosiddetto obbligo fiduciario nel migliore interesse dei loro investitori finali/beneficiari.

2.2.8.

Analogamente, il settore finanziario svolgerà un ruolo fondamentale per adeguare i rischi dei cambiamenti climatici e le sfide ambientali, sociali e di governance, riorientando gradualmente i flussi dei capitali privati verso investimenti sostenibili, mediante la scelta di attività, progetti e imprese idonei.

2.2.9.

Da parte sua, l’UE rafforzerà i fondi pubblici al fine di attrarre maggiori investimenti privati. In particolare, il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS 2.0), ampliato e rafforzato, in vigore dal 31 dicembre 2017, propone un obiettivo del 40 % di investimenti intelligenti sotto il profilo climatico e proseguirà la sua crescita nel quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Nella transizione verso economie più sostenibili e inclusive, un’impostazione equilibrata dei rischi ambientali, sociali e di governance, e un adeguato allineamento degli operatori del sistema finanziario, contribuiranno alla stabilità finanziaria sistemica.

3.2.

Nell’ambito del piano d’azione della Commissione europea, il CESE si è recentemente pronunciato (9), in linea generale, sugli obblighi fiduciari in materia di sostenibilità degli investitori istituzionali e dei gestori degli attivi.

3.3.

Più specificamente, il CESE è favorevole a inquadrare i prodotti finanziari legati alle pensioni nella nuova tassonomia e nei parametri di riferimento, che potranno essere associati agli investimenti a lungo termine del FEIS 2.0 e del futuro Fondo InvestEU, previsto nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027.

3.4.

Pertanto, i futuri prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP) potrebbero caratterizzarsi come prodotto sostenibile di punta, data la grande utilità di attivare un flusso di risorse finanziarie a lungo termine, che consenta di rispondere contemporaneamente a una varietà di sfide della società europea, ossia in sintesi, garantire il benessere individuale futuro delle persone, finanziando al tempo stesso solide infrastrutture sostenibili. A giudizio del CESE sarebbe questa l’opzione di investimento di base, la quale deve consentire ai risparmiatori in PEPP di recuperare il capitale investito, anche grazie al sostegno istituzionale sussidiario dell’UE (10).

3.5.

Oltre a mobilitare il risparmio interno, occorre attirare più investimenti verso l’Europa. In aggiunta agli incentivi connessi con gli investimenti sostenibili, è stato dimostrato da numerosi studi che gli investitori cercano di accedere ai mercati dei capitali più grandi perché in tali mercati ottengono in genere rendimenti più elevati degli investimenti.

3.6.

L’integrazione dei mercati dei capitali dovrebbe inoltre prendere in considerazione incentivi atti a promuovere piani pensionistici paneuropei individuali e collettivi sostenibili, con il presupposto di garantire al tempo stesso un solido sistema pensionistico pubblico, estendendo l’attuale base di affiliati ai regimi di sicurezza sociale. Occorre incoraggiare i sistemi pensionistici pubblici a optare per l’investimento sostenibile dai loro fondi di riserva, ove ve ne siano.

3.7.

Il CESE ha inoltre sottolineato che i servizi di intermediazione finanziaria, come elemento essenziale dei loro obblighi giuridici, dovrebbero interagire proattivamente con i clienti, per offrire loro informazioni chiare sui possibili rischi finanziari e i benefici derivanti dall’inclusione dei fattori ambientali, sociali e di governance. Nel caso dell’investitore al dettaglio, occorre verificare che abbia compreso esattamente tutte le informazioni fornite.

3.8.

Per tale ragione, il CESE sostiene anche l’adeguamento della direttiva MiFID II e della direttiva sulla distribuzione assicurativa, e auspica che l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) preveda in futuro, nelle sue linee guida per la valutazione dell’idoneità, preferenze in materia di sostenibilità. In particolare, e fatti salvi gli obiettivi delle direttive in esame, tese a garantire la protezione degli investitori, è necessario valutare in che modo le preferenze degli investitori in materia di sostenibilità possano essere incluse in questa normativa affinché i consulenti finanziari possano formulare raccomandazioni appropriate sui prodotti finanziari che rispettano il più possibile le preferenze dei clienti e l’idoneità.

3.9.

In sintesi, il CESE accoglie con favore la coerente e simultanea revisione del Sistema europeo di vigilanza finanziaria, volta a integrare i rischi per la sostenibilità (11) rilevanti dal punto di vista finanziario nei compiti di vigilanza microprudenziale, e prende nota del fatto che gli attuali requisiti patrimoniali e di liquidità dovranno essere attentamente valutati in funzione di questi nuovi elementi.

3.10.

Infine il CESE esprime ancora una volta profondo rammarico per il fatto che neanche i paesi più avanzati siano riusciti a colmare il divario di genere. La finanza sostenibile offre risposte efficaci in questo campo: tra gli investimenti in un’ottica di genere (12) (gender-lens investing) può figurare il finanziamento di attività gestite da donne, o di imprese con una solida tradizione di occupazione femminile, o che migliorano la vita delle donne e delle bambine attraverso i loro prodotti e servizi.

3.11.

Per di più, secondo quanto riferisce il Boston Consulting Group, sia la generazione del nuovo millennio che le donne cercano sempre più di allineare i loro obiettivi finanziari e di investimento con i loro valori, senza per questo ridurre le loro aspettative di rendimento. In altri termini, ricercano un’ulteriore unità di valore, in aggiunta al rendimento finanziario.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE considera appropriato che la base giuridica del regolamento sia l’articolo 114 del TFUE, essendo l’obiettivo quello di mantenere la parità di condizioni tra i vari operatori finanziari, garantendo nel contempo un elevato livello di protezione dei consumatori (investitori finali).

4.2.   Proposta di regolamento

4.2.1.

Il CESE apprezza l’armonizzazione, operata dal regolamento in esame, delle norme che gli investitori istituzionali e i gestori degli attivi devono seguire nel processo di investimento, tenuto conto dei fattori di sostenibilità e dei rischi per essa, nonché dei requisiti di trasparenza che consentiranno un confronto oggettivo tra prodotti finanziari sostenibili. Sottolinea inoltre l’importante ruolo che le autorità di supervisione svolgeranno nella definizione delle norme tecniche per l’elaborazione e la divulgazione delle informazioni, ai cui fini devono disporre di un parere tecnico specializzato.

4.2.2.

Il CESE si compiace delle esaurienti definizioni dell’articolo 2, e rileva con soddisfazione che esse contemplano in maniera congiunta le questioni ambientali, sociali e di governance, che si rifletteranno nella costruzione della nuova tassonomia. Tale approccio normativo si riflette nella lettera o) di detto articolo, in base alla considerazione che gli investimenti sostenibili debbano non solo basarsi sul punto i), che fa riferimento all’articolo 2 della proposta di regolamento sulla nuova tassonomia (13), ma anche soddisfare i punti ii) e iii), relativi alla dimensione sociale e di governance. Tali disposizioni sono state configurate per facilitare l’obbligo di informazione a carico degli agenti di mercato che hanno già integrato i fattori sociali e di governance nei loro portafogli di investimento. A giudizio del CESE tali due punti devono essere formulati in modo da configurare una salvaguardia della «tassonomia verde».

4.2.3.

Il CESE considera opportuno che tutti i partecipanti al mercato finanziario pubblichino sui loro siti web i criteri di integrazione dei fattori di sostenibilità rilevanti dal punto di vista finanziario (14) accanto ai rischi finanziari connessi al loro catalogo di prodotti, ma ritiene che ciò sarà utile solo se le informazioni sono quanto più possibile normalizzate e aggiornate simultaneamente da tutti gli operatori della catena d’investimento.

4.2.4.

Le informazioni precontrattuali sono estremamente importanti e dovrebbero essere chiare, pertinenti, oggettive e comparabili. È importante che vengano uniformate le informazioni specifiche relative a ciascun gruppo di prodotti, e che vengano segnalati chiaramente gli indicatori di impatto e/o i parametri di riferimento, compresa la metodologia di calcolo.

4.2.5.

Infine, il CESE si compiace delle norme sull’informazione degli investitori finali circa l’impatto dei loro investimenti. Chiede inoltre all’autorità di vigilanza europea competente per ciascun caso di vigilare attentamente sul rispetto dei requisiti di periodicità, aggiornamento e oggettività delle informazioni, e garantire la coerenza con le strategie di commercializzazione associate a ciascun prodotto.

4.3.   Proposta di modifica della direttiva (UE) 2016/2341

4.3.1.

Il CESE considera opportuno che tutti gli atti delegati volti a integrare i fattori ambientali, sociali e di governance nelle direttive riguardanti gli investitori istituzionali e i gestori degli attivi si basino sul principio della «persona prudente» e offrano un quadro sicuro e affidabile per le politiche di investimento, che equilibra le condizioni di concorrenza tra gli operatori e garantisce un elevato livello di protezione dei consumatori.

4.3.2.

Accoglie pertanto con favore la revisione intesa ad allineare tale direttiva alle altre direttive e ai fondi interessati dal regolamento in esame.

4.4.   Atti delegati (MiFID II e direttiva sulla distribuzione assicurativa)

4.4.1.

Essi si riferiscono all’azione 4 del piano d’azione e mirano ad allinearsi con l’azione 7, in un esercizio coordinato di coerenza normativa. Il CESE accoglie con favore le previste modifiche dei precedenti atti delegati, volte ad assicurare che gli investitori finali siano correttamente interpellati sulle loro preferenze in materia di sostenibilità, cosa che dovrà a sua volta riflettersi chiaramente nella raccomandazione del consulente.

4.5.

Oltre esprimere apprezzamento per i primi passi che la Commissione sta compiendo nella tabella di marcia collegate al piano d’azione per finanziare lo sviluppo sostenibile, il CESE formula le seguenti osservazioni:

4.5.1.

è essenziale attingere alle esperienze e alle prove empiriche offerte dagli operatori finanziari che svolgono già attività bancaria con valori mobiliari, e la Commissione europea dovrà quindi gestire l’apporto regolato e sistematico di pratiche di mercato, fattore chiave di una corretta costruzione della nuova tassonomia.

4.5.2.

Bisogna quindi incoraggiare, nel quadro dei nuovi processi diretti a «legiferare meglio», una maggiore interazione tra la Commissione europea e le principali parti in causa: riunioni, incontri virtuali, seminari specialistici, nuovi strumenti e altro ancora, senza pregiudizio dei compiti affidati dagli atti delegati della Commissione al gruppo tecnico di esperti di finanza sostenibile e ad altri gruppi ad hoc, nonché dell’attuale procedura di consultazione, la cui applicazione rimane limitata.

4.5.3.

Nello sforzo volto a completare l’Unione dei mercati dei capitali, è fondamentale promuovere la confluenza di risorse pubbliche e private, creando diverse rotte per riorientare i flussi di capitali e fare convergere varie fonti al fine di generare un coinvestimento sostenibile (fondazioni, associazioni, donatori, equity crowdfunding ecc.), applicando il principio di non discriminazione, eliminando ostacoli transfrontalieri e vincoli amministrativi conformemente alle leggi degli Stati membri, e armonizzando il trattamento fiscale.

4.5.4.

Il CESE ritiene che i costi di integrazione della sostenibilità nei portafogli di gestione degli attivi siano accessibili anche per gli operatori di dimensioni minori, che possono compensarli facilmente generando un volume d’affari maggiore grazie a una reputazione prestigiosa.

4.5.5.

L’azione 9 del piano (rafforzare la divulgazione di informazioni sulla sostenibilità) deve fungere da leva per facilitare alla PMI la divulgazione di informazione di qualità in materia di sostenibilità, migliorando la raccolta di finanziamenti sostenibili.

4.5.6.

La preoccupazione principale risiede nelle azioni di conformità, generalmente molto tecnocratiche e gravose per gli enti con meno risorse. Le autorità di vigilanza (in particolare, l’ESMA e l’EIOPA) dovrebbero richiedere soltanto le informazioni pertinenti e facilitare così i compiti di trasmissione dei dati e di giustificazione.

4.5.7.

Il CESE approva il termine di 12 mesi per l’applicazione della regolamentazione, poiché per i prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati (15) è stato possibile completare la richiesta in soli sei mesi.

4.5.8.

Il CESE si chiede infine se, alla luce dell’esperienza avviata dall’iniziativa «Legiferare meglio», non sia eccessivo concedersi un periodo di 60 mesi come scadenza per il riesame dell’attuazione del regolamento in esame.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Ambientali, sociali e di governance.

(2)  Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) sono stati tracciati alla Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, svoltasi a Rio de Janeiro nel 2012.

(3)  COM(2018) 97 final.

(4)  In particolare, i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, la Carta dei diritti fondamentali dell’UE e le norme dell’OIL in materia di lavoro.

(5)  Impegno comune nel quadro del dialogo tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione («trilogo»).

(6)  Cfr. il parere del CESE sul tema Pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10).

(7)  Parere del CESE ECO/467 — «Finanza sostenibile: tassonomia e indici di riferimento» Cfr. pag. 103 della presente Gazzetta Ufficiale.

(8)  Di cui alla direttiva sugli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e alla direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi (GEFIA), i fondi europei per il venture capital (EuVECA) e i fondi dell’imprenditoria sociale (EuSEF).

(9)  Parere ECO/456 — «Finanza sostenibile (comunicazione)». Cfr. pag. 73 della presente Gazzetta Ufficiale.

(10)  A tal fine sarà utile limitare le commissioni che riceveranno gli ideatori e gli intermediari di PEPP, e prevedere standard minimi di armonizzazione fiscale.

(11)  Un quadro di rilevanza analizza i fattori più pertinenti per i risultati finanziari delle imprese, compresi i fattori di sostenibilità rilevanti dal punto di vista finanziario.

(12)  Sarah Kaplan e Jackie VanderBrug della U.S. Trust hanno scritto che «le donne che avviano o espandono imprese nel mondo devono far fronte, collettivamente, a un deficit di investimento di 320 miliardi di dollari».

(13)  COM(2018) 353 final.

(14)  Un quadro di rilevanza analizza i fattori più pertinenti per i risultati finanziari delle imprese, compresi i fattori di sostenibilità rilevanti dal punto di vista finanziario.

(15)  Informazioni chiave per i prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/103


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili»

[COM(2018) 353 final — 2018/0178 (COD)]

e sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/1011 per quanto riguarda gli indici di riferimento di basse emissioni di carbonio e gli indici di riferimento di impatto positivo in termini di carbonio»

[COM(2018) 355 final — 2018/0180 (COD)]

(2019/C 62/16)

Relatore:

Daniel MAREELS

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 06/07/2018

Parlamento europeo, 05/07/2018

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

03/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

182/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore le proposte riguardanti la tassonomia, che rappresentano un primo passo verso l’attuazione del piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile (1). Tali proposte stabiliscono quali attività economiche possano essere considerate «ecosostenibili», permettendo così di determinare quali investimenti possano essere classificati come «ecosostenibili», una questione che rappresenta il punto centrale in questo contesto.

1.2.

Il Comitato accoglie positivamente anche la proposta relativa all’introduzione di nuovi indici di riferimento di basse emissioni di carbonio e di impatto positivo in termini di carbonio.

1.3.

Alla luce degli obiettivi del piano d’azione è estremamente importante creare fin da subito una base solida per tutte le successive realizzazioni. La tassonomia svolge tale funzione, e il Comitato appoggia pienamente la scelta di cominciare da questo elemento.

1.4.

Tale fondamento deve inoltre essere in linea con gli obiettivi ambiziosi annunciati nel piano d’azione, secondo cui «l’Europa è in una posizione favorevole per assumere il ruolo di guida mondiale». Ciò che conta ora è agire conformemente a tale ambizione e introdurre la tassonomia secondo questa linea.

1.5.

È della massima importanza che a questo riguardo l’intera UE parli con una sola voce e segua lo stesso approccio. La tassonomia europea dovrebbe pertanto consentire di superare e sostituire gli approcci individuali e disomogenei seguiti attualmente negli Stati membri. Laddove possibile, occorre basarsi sui quadri internazionali esistenti.

1.6.

Questo è importante anche per il mercato interno, in particolare quando si tratta di attrarre capitali per investimenti sostenibili in tutta l’UE. Gli operatori si troveranno infatti a sostenere costi inferiori, mentre gli investitori disporranno di una scelta più ampia.

1.7.

Il piano d’azione e la sua attuazione comportano sfide importanti. Essi si iscrivono chiaramente in un contesto in piena evoluzione e in costante trasformazione. La tassonomia deve quindi essere considerata anche come uno strumento in evoluzione, da valutare e adeguare con regolarità.

1.8.

In considerazione di quanto precede, il Comitato conviene con la necessità di privilegiare l’approccio morbido e graduale scelto nelle proposte. È saggio iniziare con un numero limitato di settori e con un numero limitato di obblighi giuridici.

1.9.

Come accennato sopra, le proposte in esame riguardano l’inquadramento ecologico. Da un punto di vista complessivo, il Comitato insiste tuttavia sulla necessità di prestare attenzione alla coerenza globale. Se è positivo che debbano essere rispettate delle garanzie minime in campo sociale e in materia di governance, restano comunque auspicabili ulteriori azioni. Pertanto, è particolarmente importante che in futuro si proceda a un ampliamento degli obiettivi di sostenibilità sociale e di governance.

1.10.

Il Comitato appoggia pienamente la scelta di introdurre una tassonomia dell’UE con un elevato livello di granularità. Garantire certezza e chiarezza nella determinazione di quali attività siano realmente ecosostenibili è essenziale, come lo è anche eliminare fin dall’inizio qualsiasi dubbio al riguardo.

1.11.

Inoltre, l’applicabilità pratica della tassonomia riveste un’importanza altrettanto fondamentale, e tale aspetto è utile anche per i consumatori e gli investitori. È quindi da sottoscrivere pienamente la decisione di applicare la tassonomia soltanto quando il sistema avrà raggiunto un livello sufficiente di stabilità e maturità.

1.12.

Nell’elaborazione della tassonomia occorre anche tener conto del fatto che saranno le imprese ad applicarla. Sono loro, infatti, che garantiranno in larga parte la «vera» transizione verso un’economia sostenibile. È certamente opportuno adottare un approccio che tenga conto delle differenze tra i settori e delle dimensioni delle imprese, e occorre anche garantire che nella raccolta di finanziamenti per attività economiche ecosostenibili non sia falsata la concorrenza.

1.13.

Al tempo stesso, la tassonomia deve poter essere applicata sia in un contesto internazionale di grandi dimensioni che in un contesto locale. Secondo il Comitato, è chiaro che occorre non soltanto evitare che tali misure siano eccessivamente incentrate sulle esigenze delle grandi imprese, ma anche assicurare che esse vadano a beneficio delle PMI.

1.14.

È positivo che le autorità europee di vigilanza siano chiamate a svolgere un ruolo fondamentale nell’attuazione della tassonomia dell’UE. Questo sistema deve poter essere utilizzato da tutti gli istituti finanziari e per tutti i prodotti finanziari, sempre restando applicabile a tutte le attività economiche interessate. Occorre inoltre garantire che esso sia compatibile con la normativa finanziaria dell’UE. Il carico e gli oneri accessori legati alla regolamentazione e alla vigilanza devono essere il più possibile contenuti, anche sulla base del principio di proporzionalità.

1.15.

Il Comitato ritiene che anche l’informazione e la comunicazione siano di importanza fondamentale. Reputa quindi che sia assolutamente opportuno riservare grande attenzione all’informazione e alla comunicazione nei confronti di tutti i soggetti interessati, compreso il contesto operativo delle imprese, e del pubblico in generale. Si potrebbe elaborare un piano volto a informare al meglio tutte le parti interessate e i cittadini, e ad avviare con essi un dialogo, in modo da ottenere la loro adesione. In tale approccio possono rientrare anche l’istruzione e le formazioni finanziarie su questi temi. In definitiva, sono le persone che fanno la differenza.

2.   Contesto (2)

2.1.

A livello internazionale, l’adozione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile (nel 2015) e dell’accordo di Parigi (nel 2016) hanno modificato in modo sostanziale l’atteggiamento verso i cambiamenti climatici e il degrado ambientale. Questo significa che a livello mondiale si è scelto di imboccare la strada verso un ambiente più sostenibile.

2.2.

L’UE non è rimasta in attesa di questi testi per passare all’azione, ma le cose si sono accelerate dopo la loro adozione. La transizione verso la sostenibilità richiede peraltro sforzi considerevoli e cospicui investimenti. Per il solo settore del clima e dell’energia si parla di somme dell’ordine di 180 miliardi di EUR l’anno.

2.3.

Nel 2016 è stato quindi istituito un gruppo di esperti di alto livello per definire una strategia UE in materia di finanza sostenibile, il quale ha individuato, in particolare, due imperativi per il sistema finanziario europeo.

2.3.1.

Il primo è il miglioramento del contributo del sistema finanziario alla crescita sostenibile e inclusiva;

2.3.2.

il secondo è il consolidamento della stabilità finanziaria attraverso l’integrazione dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle decisioni di investimento.

2.4.

Il gruppo di esperti di alto livello ha formulato inoltre otto raccomandazioni che ritiene fondamentali per giungere a un sistema finanziario europeo sostenibile. Tra queste, la raccomandazione di istituire, a livello di Unione, un sistema di classificazione tecnicamente solido per chiarire cosa rientri nel concetto di «verde» o «sostenibile», in modo che sia possibile stabilire se un’attività economica possa essere considerata «ecosostenibile» o meno.

2.5.

Per dar seguito al lavoro del gruppo di esperti di alto livello, nella primavera del 2018 la Commissione ha adottato un piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile nel quale sono state prospettate, in particolare, le proposte che sono ora in esame.

2.6.

Tali proposte (3), pubblicate il 24 maggio 2018, sono volte a:

2.6.1.

gettare le basi di una tassonomia, come indicato sopra, che consentirà anche di determinare quali investimenti possano essere classificati come «sostenibili»;

2.6.2.

fornire agli investitori degli orientamenti chiari, intesi a garantire, in particolare per quanto concerne determinati attori del sistema finanziario, che i rischi legati ai fattori ESG siano tenuti in considerazione in modo chiaro e coerente nelle decisioni di investimento e nella consulenza agli investitori;

2.6.3.

aumentare i requisiti di trasparenza per taluni operatori del sistema finanziario, anche per quanto concerne il modo in cui integrare gli orientamenti di cui al punto 2.6.2 nelle decisioni e nella consulenza in materia di investimento. Gli operatori saranno tenuti anche a fornire informazioni sul modo in cui perseguono gli obiettivi di sostenibilità;

2.6.4.

introdurre nuovi indici di riferimento di basse emissioni di carbonio e di impatto positivo in termini di carbonio che dovranno essere applicati dai loro amministratori al fine di garantire certezza agli utilizzatori.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore le proposte in esame che rappresentano un primo passo verso l’attuazione del piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile. L’iniziativa mira, in primo luogo, a introdurre una tassonomia grazie alla quale sarà possibile stabilire quali attività economiche possano essere considerate «ecosostenibili». Ciò, a sua volta, consentirà di determinare quali investimenti possano essere classificati come «ecosostenibili», una questione che rappresenta in definitiva il punto centrale in questo contesto.

3.2.

Tali proposte sono peraltro ben lungi dall’essere le sole a contribuire alla realizzazione di questo obiettivo. Si tratta infatti di una questione estremamente complessa, che richiederà tutta una serie di azioni ed iniziative. Alcune di esse sono già sul tavolo, mentre altre dovrebbero essere presentate prossimamente.

3.3.

Alla luce degli obiettivi del piano d’azione è estremamente importante gettare fin da subito una base solida che possa servire da fondamento per tutte le successive realizzazioni. La tassonomia svolge tale funzione, e il Comitato appoggia pienamente la scelta di cominciare da questo elemento. Si tratta in effetti, in primo luogo, di capire con esattezza quali attività siano realmente «verdi» e «sostenibili».

3.4.

Tale fondamento è inoltre in linea con gli obiettivi ambiziosi enunciati nel piano d’azione, nel quale si afferma, in particolare, che «L’Europa è in una posizione favorevole per assumere il ruolo di guida mondiale». Ciò che conta ora è agire in questo senso e introdurre la tassonomia in maniera coerente.

3.5.

È importante quindi che la tassonomia sia incontestabile e accettata da tutte le parti interessate. In caso contrario, le possibili conseguenze negative potrebbero mettere in pericolo tutti gli sviluppi futuri e il raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Un pericolo che deve essere evitato in tutti i modi.

3.6.

La tassonomia europea dovrebbe quindi consentire anche di superare e sostituire gli approcci individuali e disomogenei seguiti attualmente negli Stati membri. Ciò non significa, tuttavia, che si debbano gettare alle ortiche le esperienze positive fatte finora; bisogna anzi metterle a frutto qualora la situazione lo consenta. A tal riguardo, è anche importante che la tassonomia si appoggi sui quadri internazionali esistenti.

3.7.

Ciò che più conta è che su questo tema l’intera UE parli con una sola voce e applichi lo stesso approccio. Tale approccio sarebbe positivo anche per il mercato interno, dal momento che renderebbe più facile attrarre capitali per investimenti sostenibili in tutta l’UE. Gli operatori si troveranno infatti a sostenere costi inferiori, visto che non dovranno più conformarsi alle diverse norme in vigore nei diversi Stati membri. Gli investitori disporranno inoltre di una scelta più ampia e potranno investire più facilmente a livello transfrontaliero.

3.8.

Come indicato giustamente nel piano d’azione, la scienza della sostenibilità è dinamica e in evoluzione, così come le attese sociali e i bisogni degli investitori e dei mercati (4). La tassonomia deve quindi essere considerata come uno strumento in evoluzione, da valutare con regolarità ed, eventualmente, adeguare o correggere. Si tratterà di progredire a un ritmo sostenuto, senza però correre troppo.

3.9.

Alla luce di quanto precede, il Comitato conviene con la necessità di privilegiare un approccio morbido e graduale. Ciò vale del resto anche per la realizzazione delle diverse azioni e dei diversi obiettivi previsti nel piano d’azione.

3.10.

È pertanto saggio iniziare con un numero limitato di settori (5) e imporre, per il momento, solo un numero limitato di obblighi giuridici (6). In questo modo si consentirà a tutti di familiarizzarsi con il nuovo approccio e di acquisire la necessaria esperienza. Si tratta inoltre di un contesto in rapida evoluzione e occorre tener conto del fatto che la transizione economica richiede sempre un certo tempo. È quindi pienamente appropriata anche una valutazione periodica dei risultati raggiunti e dei progressi compiuti. Il Comitato condivide le disposizioni proposte, che prevedono una valutazione ogni tre anni.

3.11.

In linea con quanto sopra, il Comitato sostiene l’approccio alla base delle proposte in esame riguardo alla dimensione ambientale. Da un punto di vista complessivo, il Comitato insiste tuttavia sulla necessità di prestare attenzione alla coerenza globale. A tal riguardo è positivo che la Commissione si richiami ai principi sanciti nel pilastro europeo dei diritti sociali e ponga la condizione che l’attività economica debba essere svolta nel rispetto tanto delle garanzie minime internazionali in materia sociale e del lavoro quanto delle norme contabili. Va osservato, tuttavia, che si tratta di garanzie minime, per cui restano comunque auspicabili altre misure. Allo stesso modo, è particolarmente importante che in futuro si proceda a un ampliamento degli obiettivi di sostenibilità sociale e di governance.

3.12.

Nel contempo, occorre perseguire fin dall’inizio il massimo grado di chiarezza e certezza. Il Comitato appoggia pienamente la scelta di introdurre una tassonomia dell’UE con un elevato livello di granularità. Tale scelta consente di apportare in ogni momento la massima chiarezza in merito a quali attività siano realmente ecosostenibili e di eliminare immediatamente qualsiasi possibile dubbio al riguardo. Essa permetterà altresì di migliorare la misurazione e il monitoraggio del contributo agli obiettivi ecologici. Ciò non è soltanto importante di per sé, ma anche nella prospettiva di ulteriori sviluppi futuri.

3.13.

Oltre alla chiarezza e alla certezza, è fondamentale anche l’applicabilità pratica della tassonomia e di tutte le ulteriori decisioni che saranno prese in base ad essa. Sono infatti diversi i soggetti che, spesso pur non essendo esperti del campo, dovranno avere a che fare con questo strumento. Essi dovranno essere formati a «parlare la stessa lingua». Inoltre, la prospettiva degli operatori del settore finanziario non corrisponderà sempre a quella delle imprese.

3.14.

La regolamentazione deve quindi corrispondere alle esigenze di queste ultime, considerando le loro attività e il fatto che esse si collocano alla fine della catena. La tassonomia deve inoltre poter essere applicata sia in un contesto internazionale di grandi dimensioni che da piccole imprese e in un contesto locale. Viste le notevoli differenze che esistono tra le imprese, è opportuno adottare un approccio settoriale. Secondo il Comitato è chiaro che queste misure devono andare anche a beneficio delle PMI, soprattutto perché esse costituiscono la spina dorsale dell’economia europea. È pertanto necessario che i criteri siano anche modulabili in funzione delle dimensioni.

3.15.

Occorre evitare ogni distorsione della concorrenza tra imprese durante la raccolta di finanziamenti per attività economiche ecosostenibili. I criteri di vaglio tecnico dovrebbero assicurare che tutte le attività economiche interessate di un determinato settore possano essere considerate ecosostenibili e siano trattate in maniera paritaria se contribuiscono nella stessa misura agli obiettivi ambientali stabiliti. A tal riguardo, il Comitato invita a prestare particolare attenzione alle sfide che si presenteranno nel processo di armonizzazione dei criteri di vaglio tecnico di diversi (sotto)settori economici e delle norme relative alla riservatezza dei dati.

3.16.

Sempre riguardo all’applicabilità pratica di cui sopra, il Comitato si compiace che la Commissione abbia tenuto largamente conto dei lavori del comitato per il controllo normativo. È quindi da sottoscrivere l’adeguamento dei testi inteso a garantire che la tassonomia venga applicata soltanto quando il sistema avrà raggiunto un livello sufficiente di stabilità e maturità.

3.17.

Allo stesso modo e al fine di garantire la compatibilità con la normativa finanziaria europea, è positivo che le autorità europee di vigilanza (AEV (7)) siano chiamate a svolgere una funzione fondamentale nell’applicazione della tassonomia dell’UE. Tale ruolo dovrà garantire che questo sistema possa essere utilizzato dagli istituti finanziari e sia applicabile ai prodotti finanziari. Al riguardo è opportuno tener conto del principio di proporzionalità, nell’interesse degli istituti di piccole dimensioni e a vocazione locale. Nel complesso, è importante contenere al minimo il carico e gli oneri accessori legati alla regolamentazione e alla vigilanza.

3.18.

L’attenzione all’applicabilità pratica non è utile soltanto per le imprese e gli operatori del sistema finanziario, ma anche per i consumatori e gli investitori. Anch’essi ne trarranno beneficio, in quanto ciò consentirà di creare ancora maggiore certezza e chiarezza in relazione agli investimenti sostenibili che effettuano o nei quali i loro fondi vengono impiegati.

3.19.

Inoltre, più in generale, l’attenzione ai summenzionati principi di certezza, chiarezza e applicabilità pratica consente di massimizzare le possibilità di riuscita e di piena ed effettiva realizzazione degli obiettivi del piano d’azione.

3.20.

Il Comitato accoglie positivamente anche l’introduzione di nuovi indici di riferimento per le basse emissioni di carbonio e per l’impatto positivo in termini di carbonio. Questi indici contribuiscono a migliorare il funzionamento del mercato unico mettendo fine alla frammentazione attuale e garantiscono maggiore protezione e trasparenza a beneficio degli investitori grazie alla messa a disposizione di informazioni maggiori e migliori. Essi, inoltre, aumenteranno la quantità e la qualità delle informazioni sulle imprese in relazione al clima e ne miglioreranno la comparabilità. Tali indici possono infine dare un grande contributo ai progetti e alle attività che concorrono alla realizzazione degli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima.

3.21.

Il Comitato ritiene che anche l’informazione e la comunicazione siano di importanza fondamentale. La realizzazione degli obiettivi del piano d’azione e di tutte le iniziative previste in questo quadro può essere favorita in misura significativa anche in altri modi. Il Comitato reputa quindi che sia assolutamente opportuno riservare grande attenzione all’informazione e alla comunicazione nei confronti di tutti i soggetti interessati e del pubblico in generale. Si potrebbe elaborare un piano volto ad informare al meglio tutte le parti interessate e ad avviare con esse un dialogo, in modo che si crei adesione e ognuno diventi partner nella realizzazione degli obiettivi. In tale approccio possono rientrare anche l’istruzione e l’educazione in materia finanziaria. In definitiva, sono le persone che fanno la differenza.

Bruxelles, il 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2018) 97 final

(2)  La presente sezione fa ampiamente riferimento alla relazione che accompagna la proposta di regolamento e al piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile — COM(2018) 97 final

(3)  COM(2018) 353 final e COM(2018) 355 final

(4)  COM(2018) 353 final, pag. 7.

(5)  In particolare, quello ambientale e solo successivamente altri settori come quello sociale.

(6)  Come, per esempio, l’articolo 4 della proposta di regolamento.

(7)  Note anche con la sigla inglese ESA (European Supervisory Authorities).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/108


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 92/83/CEE relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche»

[COM(2018) 334 final — 2018/0173 (CNS)]

sulla «Proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce il regime generale delle accise

(rifusione)»

[COM(2018) 346 final — 2018/0176 (CNS)]

sulla «Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa

(rifusione)»

[COM(2018) 341 final — 2018/0187 (COD)]

sulla «Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto del registro elettronico»

[COM(2018) 349 final — 2018/0181 (CNS)]

(2019/C 62/17)

Relatore:

Jack O’CONNOR

Consultazione

Parlamento europeo, 5.7.2018

Consiglio dell’Unione europea, 13.6.2018

Commissione europea, 25.5.2018

Base giuridica

Articoli 113 e 114 del TFUE

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

3.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

193/0/9

1.   Sintesi e conclusioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore le misure proposte dalla Commissione nel pacchetto in esame. Secondo il Comitato, tali misure conseguiranno in larga misura gli obiettivi stabiliti, ossia fornire maggiore certezza e chiarezza sulla disciplina di taluni prodotti alcolici, agevolare gli scambi commerciali transfrontalieri nel quadro di sistemi più semplici e moderni e ridurre gli oneri amministrativi e giuridici per le piccole imprese.

1.2.

Il CESE è consapevole della variabilità del gettito fiscale che le accise — in particolare quelle sui prodotti alcolici — apportano agli Stati membri, nonché del fatto che varia in base a fattori culturali il modo di rapportarsi a determinati prodotti, finalità sociali (ad esempio la salute) e obiettivi imprenditoriali (ad esempio la promozione delle piccole imprese o dell’innovazione). Ne consegue che, in questo campo, uno dei principi guida consiste nel permettere la massima discrezionalità possibile, in modo da consentire agli Stati membri di adeguare le accise sui prodotti alcolici alle esigenze e agli obiettivi nazionali in relazione alla struttura dei tributi e ai contesti culturali e sociali. Il CESE esprime la sua soddisfazione per il fatto che le modifiche proposte rispettino tale principio.

1.3.

Il CESE appoggia le misure contenute nel pacchetto di modifiche in quanto esse rendono più chiare e più coerenti le definizioni (ad esempio, legalmente ed economicamente indipendente, sidro ecc.), rendono più semplice sul piano amministrativo e più moderno — grazie a sistemi informatici aggiornati — l’accesso al commercio transfrontaliero per i piccoli produttori e precisano i procedimenti e le condizioni di fabbricazione per l’alcole denaturato. Queste misure ridurranno l’incertezza amministrativa e giuridica sia per gli Stati membri che per gli operatori economici, con conseguente riduzione di costi ed eliminazione di ostacoli. In aggiunta a tali misure, sarebbe opportuno commissionare una relazione sul mercato nero delle bevande alcoliche.

1.4.

Riguardo a queste ultime, peraltro, il CESE ravvisa due motivi di preoccupazione. Il primo concerne la proposta di aumentare dal 2,8 % vol. al 3,5 % vol. la soglia di gradazione alcolica delle birre che possono beneficiare di un’aliquota ridotta. Anche se questa proposta viene presentata come una misura a favore della salute, si teme che essa possa, paradossalmente, far aumentare l’assunzione di alcolici. Ad ogni modo, poiché tale misura è facoltativa, ossia lasciata alla discrezione degli Stati membri, il CESE appoggia la relativa proposta, ma chiede che sia riesaminata entro cinque anni per valutarne gli effetti in tutti gli Stati membri che la avranno accolta.

1.4.1.

Il secondo motivo di preoccupazione concerne la proposta della Commissione relativa alla razionalizzazione del metodo di misurazione del grado Plato delle birre sulla base del «prodotto finito», secondo cui la misurazione dovrebbe essere effettuata al termine del processo di produzione. Secondo la recente interpretazione data alla direttiva in vigore dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), ai fini della riscossione delle accise il grado Plato dovrebbe essere misurato prima dell’aggiunta di zucchero o dolcificanti. Tuttavia, il CESE fa presente che il metodo indicato dalla Corte è oggi utilizzato soltanto in tre Stati membri, il che significa che, per conformarsi ad esso, ben undici Stati membri dovrebbero modificare il proprio metodo di misurazione del grado Plato (quanto ai rimanenti Stati membri, essi non utilizzano tale grado). Pertanto, nell’ottica di arrecare il minor disagio possibile, il CESE appoggia le proposte della Commissione, in base alle quali soltanto tre Stati membri sarebbero obbligati a cambiare il metodo seguito.

2.   Sintesi delle proposte della Commissione

2.1.

Il pacchetto di proposte della Commissione si articola in due parti. La prima consiste nella proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 92/83/CEE relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche, nonché nella proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce il regime generale delle accise. La seconda parte contiene altre due proposte, di natura amministrativa, che sono intese ad accompagnare le proposte contenute nella direttiva del Consiglio che stabilisce il regime generale delle accise. Si tratta della proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto del registro elettronico e della proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (rifusione).

2.2.

Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 92/83/CEE. Questa prima proposta della Commissione affronta questioni che rientrano in quattro ambiti: i) la disciplina dell’alcole denaturato, ii) le aliquote ridotte per i piccoli produttori e la classificazione di alcune bevande alcoliche, iii) le bevande alcoliche a bassa gradazione, e iv) la misurazione del grado Plato delle birre dolcificate/aromatizzate.

2.2.1.

Disciplina dell’alcole denaturato: attualmente, si riscontrano delle incoerenze riguardo al riconoscimento reciproco dell’alcole completamente denaturato (ACD) tra gli Stati membri, mentre esistono interpretazioni divergenti riguardo agli usi indiretti dell’alcole parzialmente denaturato (APD). La Commissione propone di a) chiarire il riconoscimento reciproco dell’ACD e rendere più moderne le procedure di notifica, da parte degli Stati membri, di nuove formulazioni dello stesso, b) garantire la parità di trattamento dell’APD per gli usi indiretti e c) imporre la notifica dei movimenti sia dell’alcole parzialmente denaturato con titolo alcolometrico volumico effettivo superiore al 90 % che dei prodotti non finiti contenenti alcol, notifica da effettuare attraverso il sistema d’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS).

2.2.2.

Aliquote ridotte per i piccoli produttori e classificazione di alcune bevande alcoliche: gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte ai piccoli produttori di birra e di alcole etilico. I piccoli produttori devono essere legalmente ed economicamente indipendenti, ma questo concetto non viene definito in modo adeguato, e ciò genera incertezza e comporta spese amministrative e/o legali. Inoltre, gli Stati membri non possono applicare aliquote ridotte ai piccoli produttori di altre bevande alcoliche, il che si risolve in uno svantaggio per i piccoli produttori di sidro. La Commissione propone di a) definire il concetto di «legalmente ed economicamente indipendente» e introdurre un certificato uniforme per i piccoli birrifici, compresi i produttori di sidro, in tutta l’UE (1) e di b) introdurre aliquote ridotte facoltative per i piccoli produttori indipendenti di sidro (2).

2.2.3.

Bevande alcoliche a bassa gradazione: gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte alle bevande alcoliche a bassa gradazione. Questa disposizione riguarda soltanto alcuni prodotti alcolici (ad esempio la birra). La Commissione propone di aumentare la soglia di gradazione passando da un titolo alcolometrico effettivo del 2,8 % al 3,5 % (3). È stato sostenuto che la soglia per le birre a bassa gradazione alcolica è troppo bassa, e che ciò pregiudicherebbe l’innovazione dei prodotti, oltre ad offrire scarsi incentivi allo sviluppo di questo sottosettore. La conseguenza sarebbe che i consumatori non sono passati alle birre a bassa gradazione alcolica — una tendenza che va in direzione contraria rispetto alla politica sanitaria perseguita.

2.2.4.

Misurazione del grado Plato delle birre dolcificate/aromatizzate: in 14 Stati membri, le accise sulla birra sono determinate in funzione del grado Plato del prodotto finito. In undici di questi Stati membri, il grado Plato viene misurato alla fine del processo di fabbricazione della birra, mentre negli altri tre lo si misura prima dell’aggiunta di sciroppo di zucchero o di sostanze aromatiche (per quanto riguarda i rimanenti Stati membri, essi non utilizzano il grado Plato, ma ricorrono invece alla misurazione del titolo alcolometrico volumico effettivo). Il fatto, però, che nella direttiva vigente manchi una definizione del termine prodotto finito ha dato luogo a tre diverse interpretazioni. Tutto ciò si risolve in una mancanza di uniformità nella misurazione e quindi a differenze nelle accise applicate a prodotti che potrebbero avere lo stesso titolo alcolico, oltre a complicare — come è stato affermato — le procedure di monitoraggio, dato che tre interpretazioni diverse implicano requisiti diversi per la misurazione del grado Plato (ad esempio, un monitoraggio durante la lavorazione in birrificio piuttosto che a partire dal prodotto imbottigliato). Secondo l’interpretazione data alla direttiva in vigore dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (4), il grado Plato dovrebbe essere misurato prima della fine del processo di fabbricazione, quindi escludendo le sostanze aggiunte. La Commissione propone di chiarire la disposizione relativa alla misurazione del grado Plato delle birre, in particolare per quanto riguarda il momento in cui misurare il grado Plato (5): la sua proposta, infatti, prevede che la misurazione abbia luogo alla fine del processo (ossia tenendo conto di eventuali sostanze aggiunte). Questo permetterà di chiarire realmente la definizione di prodotto finito.

2.3.

Proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione). Questa seconda proposta contenuta nella prima parte del pacchetto in esame è di natura tecnica e comprende disposizioni volte a razionalizzare il trasporto dei prodotti sottoposti ad accisa. Le procedure in materia di accise e di dogane non sono sempre allineate o sincronizzate, e questa situazione crea problemi quando i prodotti sottoposti ad accisa vengono importati o esportati. In alcuni casi le procedure in materia di accisa sono farraginose, oppure variano notevolmente da uno Stato membro all’altro. Inoltre — dato che la detenzione e movimentazione, in regime di sospensione dall’accisa, di prodotti soggetti ad accise comporta un rischio elevato sul piano fiscale — sono soprattutto le imprese di grandi dimensioni ad avvalersi di queste procedure. Le PMI, invece, impiegano procedure che sono più idonee per le piccole spedizioni e una ridotta movimentazione dei prodotti, ma che comportano anche un onere normativo maggiore per singolo movimento. Questo genera costi amministrativi e di conformità supplementari, e richiede un impegno maggiore da parte sia delle imprese che delle autorità nazionali, perché alcune fasi delle procedure devono essere eseguite manualmente e sono soggette a obblighi che variano da uno Stato membro all’altro. Inoltre, queste fasi possono essere sfruttate per commettere frodi fiscali. La Commissione propone una serie di misure volte a razionalizzare e semplificare queste procedure per quanto riguarda l’interazione all’importazione e all’esportazione di prodotti soggetti ad accisa, i movimenti B2B in regime di accisa assolta e le situazioni eccezionali.

2.3.1.

Interazione all’importazione: non esistono documenti standard obbligatori per chiedere l’esenzione dall’accisa per l’immissione in libera pratica. È possibile chiedere l’esenzione dal pagamento dell’accisa se le merci devono essere trasportate dal luogo di importazione nel quadro dell’EMCS, ma non esiste alcun obbligo di prova standard, a differenza delle disposizioni per l’esenzione dall’IVA all’importazione per le cessioni intraunionali. La Commissione propone l’obbligo di dichiarazione sia per lo speditore che per il destinatario (gli Stati membri hanno la possibilità di chiedere l’identificazione del movimento dei prodotti soggetti ad accisa).

2.3.2.

Interazione all’esportazione: non esiste una sincronizzazione armonizzata tra il sistema d’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS) e il sistema di controllo delle esportazioni (ECS). I movimenti devono essere conclusi manualmente, mentre le esportazioni invalidate non sono segnalate all’EMCS. Questa situazione può comportare oneri amministrativi per le imprese (ad esempio, un ritardo nello svincolo delle garanzie) nonché il rischio di frodi e di distorsioni del mercato. La Commissione propone di introdurre un obbligo di identificare lo speditore del prodotto soggetto ad accisa e il codice di riferimento amministrativo (ARC) del movimento nel quadro dell’EMCS. È anche previsto l’obbligo di segnalare all’EMCS una situazione eccezionale sul fronte delle esportazioni (ad esempio, una mancata uscita dall’UE o l’invalidazione di una dichiarazione) al fine di migliorare la sincronizzazione.

2.3.3.

Allineamento del transito: oltre all’impiego combinato dell’EMCS e dell’ECS, vengono utilizzate altre procedure per vigilare sull’esportazione dei prodotti soggetti ad accisa, ossia il regime di transito esterno e interno e il contratto di trasporto unico (STC). L’impiego di queste procedure semplifica le operazioni di esportazione per gli operatori economici in quanto consente loro di concludere la procedura di esportazione all’inizio del transito e quindi di segnalare la movimentazione attraverso l’EMCS. Il ricorso a queste procedure semplificate di esportazione ha tuttavia sollevato una serie di problemi: poche prove dell’esenzione dal pagamento dell’accisa, nessuna prova dell’uscita materiale, garanzie svincolate prima della reale uscita delle merci, scarsa vigilanza. Questo potrebbe aprire la strada a frodi e dar luogo a incertezze giuridiche che generino complessità e confusione a livello delle imprese. Attualmente, non è giuridicamente possibile concludere un movimento di prodotti soggetti ad accisa aprendo un transito. La Commissione propone di autorizzare gli operatori economici a utilizzare un metodo semplificato per esportare i prodotti sottoposti ad accisa, ossia la procedura di transito esterno dopo l’esportazione anziché il sistema EMCS fino alla frontiera esterna. Questo consentirebbe una gestione adeguata delle garanzie ed eviterebbe la scomparsa delle merci una volta giunte a destinazione, in quanto le merci stesse, che sono diventate prodotti non unionali con l’inizio del transito esterno, rimarrebbero sotto controllo doganale fino alla loro uscita dal territorio doganale.

2.3.4.

Movimenti da impresa a impresa (B2B) in regime di accisa assolta: la procedura attualmente seguita per movimentare le merci da impresa a impresa in regime di accisa assolta è di tipo cartaceo. Questa procedura è utilizzata dalle PMI perché non richiede un deposito fiscale di spedizione o ricezione, però è obsoleta, poco chiara e onerosa. La Commissione propone di automatizzare questi movimenti attraverso l’estensione dell’ambito di applicazione dell’EMCS grazie alla creazione di due nuove categorie, ossia gli speditori certificati e i destinatari certificati. Questo contribuirà a semplificare, nonché a ridurre i costi che le PMI devono sostenere, e porterà a una maggiore efficienza.

2.3.5.

Situazioni eccezionali: le situazioni eccezionali fanno riferimento a una serie di imprevisti: ad esempio, la quantità di merce che arriva a destinazione è inferiore a quella dichiarata al momento della spedizione (compresi gli ammanchi di merce a livello nazionale, come l’evaporazione della benzina) oppure è superiore; il destinatario rifiuta di assumersi la responsabilità delle merci; il movimento viene cancellato ufficialmente ecc. Tali situazioni non sono descritte nei dettagli sul piano legislativo, e questo induce gli Stati membri a impiegare procedure differenti per valutare gli ammanchi di merce, oltre che per gestire i rifiuti della responsabilità e le soglie per le perdite ammissibili. Ne possono derivare complessità e confusione. Le direttive già assicurano che i quantitativi di merce siano misurati con un sistema comune. La Commissione riconosce che deve aiutare le autorità nazionali ad esserne più consapevoli. Tuttavia, essa propone un nuovo intervento per uniformare le soglie delle perdite ammissibili.

2.4.

Il pacchetto presentato dalla Commissione contiene poi altre due proposte, di natura amministrativa, che sono intese ad accompagnare le proposte contenute nella direttiva del Consiglio che stabilisce il regime generale delle accise.

2.4.1.

La proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto del registro elettronico riguarda l’automazione del controllo dei movimenti di prodotti soggetti ad accisa immessi in consumo in uno Stato membro e trasportati verso un altro Stato membro al fine di esservi consegnati per scopi commerciali.

2.4.2.

La proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (rifusione) che accompagna la suddetta proposta di regolamento del Consiglio contiene misure per realizzare l’automazione del controllo dei movimenti di prodotti soggetti ad accisa.

3.   Osservazioni

3.1.   Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 92/83/CEE

3.1.1.

Disciplina dell’alcole denaturato (cfr. il punto 2.2.1 del presente parere). Il CESE ritiene che le misure proposte dalla Commissione siano soddisfacenti e debbano essere portate avanti. Inoltre, reputa necessaria una comprensione più approfondita del problema costituito dal mercato nero delle bevande alcoliche. Bisognerebbe pertanto commissionare una relazione in merito, allo scopo di poter sviluppare strumenti migliori per affrontare tale problema.

3.1.2.

Aliquote ridotte per i piccoli produttori e classificazione di alcune bevande alcoliche (cfr. il punto 2.2.2 del parere). Anche in questo caso, il CESE ritiene che le misure proposte dalla Commissione affrontino i problemi esistenti e apportino maggiore chiarezza, migliorando al contempo il regime generale affinché rimanga l’incentivo ad aiutare i piccoli produttori. Secondo il CESE, in futuro la Commissione dovrebbe prendere in considerazione l’introduzione di un’aliquota ridotta simile, con soglie rivedute, per i produttori di bevande distillate.

3.1.3.

Bevande alcoliche a bassa gradazione (cfr. il punto 2.2.3 del parere). Le misure proposte dalla Commissione in questo campo sono più controverse. In realtà vi sono pochi elementi per sostenere che venga arrecato un pregiudizio all’innovazione dei prodotti. Riscontri empirici, infatti, indicano una presenza crescente delle birre a bassa gradazione tra i produttori, compresi quelli di piccole dimensioni. Per trarne un qualche beneficio in termini di salute, i consumatori di birre a gradazione standard dovrebbero essere incentivati a prediligere le bevande alcoliche a bassa gradazione con titolo alcolometrico riveduto. Se questo non succede, allora è possibile che i consumatori di birre a bassa gradazione alcolica passino a bevande con titolo alcolico superiore. Tuttavia, il CESE riconosce altresì che le disposizioni proposte non sarebbero vincolanti per gli Stati membri: ciascuno di essi, infatti, conserverebbe il potere discrezionale di mantenere una soglia di gradazione più bassa e di ridurre le accise. Pertanto, il CESE accoglie con favore queste disposizioni, ma ritiene che, negli Stati membri che hanno scelto di avvalersene, entro cinque anni dovrebbe essere effettuato un riesame allo scopo di valutare in che misura i consumatori siano passati a preferire prodotti a gradazione alcolica inferiore rispetto alle bevande a gradazione alcolica standard,

3.1.4.

Misurazione del grado Plato delle birre dolcificate/aromatizzate (cfr. il punto 2.2.4 del parere). Il CESE riconosce che le misure proposte dalla Commissione in questo campo potrebbero dare adito a controversie, specialmente alla luce dell’interpretazione data alla direttiva in vigore dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). La tesi secondo cui la misurazione del tenore alcolico deve essere effettuata prima dell’aggiunta di zucchero o dolcificanti non solo è gravosa dal punto di amministrativo, ma è pure contestata dai rappresentanti degli operatori economici. Inoltre, attualmente soltanto tre Stati membri effettuano la misurazione prima dell’aggiunta di zucchero o dolcificanti, mentre i rimanenti undici Stati che utilizzano la metodologia Plato seguono un metodo che è in linea con le misure proposte dalla Commissione. In questa situazione, e considerati i vantaggi che deriverebbero da una definizione coerente di prodotto finito, i disagi arrecati saranno minori se si chiederà di modificare la metodologia seguita a tre Stati membri invece che a undici. Andrebbe inoltre osservato che, al momento dell’esportazione di questi prodotti, le differenze nella metodologia Plato non hanno importanza, perché quella che viene richiesta è la misurazione del titolo alcolometrico volumico effettivo. Di conseguenza, il CESE ritiene che le disposizioni proposte dalla Commissione siano quelle che arrecano meno disagi e presentano il vantaggio di salvaguardare il gettito fiscale.

3.2.   Proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione)

3.2.1.

Il CESE ritiene che le misure contenute in tale proposta riguardanti l’interazione all’importazione e all’esportazione, l’allineamento del transito, i movimenti da impresa a impresa in regime di accisa assolta e le situazioni eccezionali, avranno l’effetto atteso, ossia quello di semplificare il trasporto dei prodotti sottoposti ad accisa, allineare le procedere doganali e quelle per le accise, ridurre i costi amministrativi e di conformità sia per gli operatori economici che per le autorità nazionali e contribuire alla lotta contro le frodi. Il CESE appoggia pertanto la suddetta proposta.

3.3.   Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012, e proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (rifusione)

3.3.1.

Il CESE è favorevole a tali proposte perché agevolano sul piano amministrativo l’attuazione delle proposte contenute nella direttiva del Consiglio che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione).

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Articolo 4 e articolo 13 bis.

(2)  Articolo 13.

(3)  Articolo 5.

(4)  C-30/17 — Kompania Piwowarska, 17 maggio 2018.

(5)  Articolo 3.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/113


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai titoli garantiti da obbligazioni sovrane»

[COM(2018) 339 final — 2018/0171 (COD)]

(2019/C 62/18)

Relatore:

Daniel MAREELS

Consultazione

Parlamento europeo, 5.7.2018

Consiglio dell’Unione europea, 6.7.2018

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

3.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

201/3/8

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta in merito ai titoli garantiti da obbligazioni sovrane (SBBS), che si inquadra nel più ampio contesto del completamento dell’Unione bancaria e della creazione dell’Unione dei mercati dei capitali: due unioni che il Comitato ha sostenuto e difeso con convinzione già in occasioni precedenti. Le proposte in esame possono inoltre apportare anche un contributo positivo alla stabilità e alla resilienza del sistema finanziario.

1.2.

Sul piano concettuale, con gli SBBS si vuole attenuare il tradizionale forte legame esistente tra le banche e i loro paesi di origine «emittenti sovrani»). Fin da quando è iniziata la crisi finanziaria, il CESE ha raccomandato di intervenire e ha fortemente sostenuto l’indebolimento di questo legame. Senza nulla togliere agli sforzi compiuti già in precedenza, il CESE si compiace quindi che la proposta in esame si muova in questo senso.

1.3.

Gli SBBS possono infatti consentire alle banche di ridurre le esposizioni verso i titoli del debito pubblico emessi dal loro paese e di diversificare meglio i loro portafogli di titoli sovrani. Gli SBBS non comportano inoltre la mutualizzazione dei rischi e delle perdite tra gli Stati membri della zona euro. Sono infatti coloro che investono in questi titoli ad assumersi tutti i rischi e tutte le eventuali perdite.

1.4.

Nel quadro giuridico attuale, gli SBBS sarebbero definiti «prodotti cartolarizzati», cosa che di fatto renderebbe poco interessante per le banche investire in questi strumenti. Secondo il Comitato è assolutamente corretto rettificare questa situazione. La parificazione degli SBBS con le obbligazioni sovrane nazionali della zona euro denominate in euro (esposizioni sovrane) dovrebbe consentire agli operatori finanziari di investire nei titoli SBBS alle stesse condizioni applicabili alle obbligazioni sovrane sottostanti della zona euro.

1.5.

La proposta in esame stabilisce semplicemente un quadro che consente agli SBBS di svilupparsi secondo il mercato. Il Comitato reputa fondamentale che tale quadro sia chiaro, efficace ed efficiente in ogni circostanza. Inoltre, esso non deve comportare alcuna conseguenza negativa o dannosa.

1.6.

Per quanto riguarda il quadro normativo proposto, il CESE assume una posizione più sfumata. Il Comitato conviene con una serie di aspetti, quali il principio secondo cui l’emissione di SBBS deve essere effettuata da una società veicolo (SPV). Per altri aspetti, quali l’autocertificazione della composizione del portafoglio sottostante da parte della società veicolo, ritiene invece che siano opportune disposizioni più rigorose. Vista l’importanza di questi aspetti, si dovrebbe prevedere una vigilanza più rigida e addirittura preventiva da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA).

1.7.

Rimangono inoltre aperte diverse altre questioni. Ci si chiede, ad esempio, se gli SBBS potranno funzionare efficacemente in tutte le circostanze. E inoltre, quale sarà il loro destino in tempi di crisi generale o di crisi in uno o più Stati membri? Che cosa può comportare la suddivisione delle emissioni in tranche, visto che, a quanto sembra, le tranche «senior» (quelle che presentano minori rischi) potranno essere collocate sul mercato soltanto se è stato trovato un numero sufficiente di investitori per la tranche «junior» (quella che presenta maggiori rischi)? In tal modo, le emissioni sembrano assumere una natura aleatoria e precaria, e questo punto debole potrebbe, quantomeno, compromettere le possibilità di successo degli SBBS.

1.8.

Analogamente, è fondamentale che i «mercati» e gli altri principali soggetti interessati adottino un approccio positivo verso gli SBBS. Tali soggetti devono infatti essere disposti ad adoperarsi per trasformare questo strumento in realtà. Per quanto riguarda i mercati e i rappresentanti degli Stati membri, nelle consultazioni preliminari delle parti interessate essi si sono espressi in maniera piuttosto critica. Il Comitato reputa indispensabile instaurare un dialogo e una concertazione con tutti i soggetti coinvolti, in modo da pervenire insieme a soluzioni costruttive.

1.9.

In generale e tenuto conto di tutte le considerazioni di cui sopra, il CESE ritiene che soltanto la prova dei mercati potrà dimostrare se il nuovo strumento finanziario degli SBBS sarà in grado di portare le banche a ricorrere, per i loro investimenti, agli SBBS al posto delle obbligazioni emesse dai rispettivi paesi e di indurre gli investitori ad acquistare tranche «junior» in quantità sufficienti da giustificare la creazione di SBBS.

1.10.

Infine, il Comitato è dell’avviso che occorra riflettere più a fondo sulla questione se gli SBBS possano o meno essere acquisiti anche dai risparmiatori privati e dai consumatori. Tenuto conto, da un lato, del fatto che si tratta di un prodotto particolarmente complesso e, dall’altro, che la sua emissione è suddivisa in tranche, il Comitato tende a ritenere che l’acquisizione di questi titoli sia da prendere in considerazione soltanto per le tranche «senior» e non per quelle «junior». Soltanto le prime, infatti, offrono un livello di rischio limitato e sono paragonabili al possesso diretto di titoli di Stato da parte dei risparmiatori e dei consumatori stessi.

2.   Contesto del parere

2.1.

Il 24 maggio 2018, la Commissione ha pubblicato una proposta (1) per lo sviluppo determinato dal mercato di titoli garantiti da obbligazioni sovrane, meglio noti con la denominazione inglese «sovereign bond-backed securities», o in sigla «SBBS».

2.2.

La proposta, che si iscrive nel più ampio contesto del completamento dell’Unione bancaria e della creazione dell’Unione dei mercati dei capitali, si concentra in particolare sull’ulteriore indebolimento del legame esistente tra le banche e i loro governi nazionali («emittenti sovrani») ed è pertanto volta a ridurre i rischi e la loro condivisione tra i privati. Con il suo carattere transnazionale, questo strumento ha inoltre l’obiettivo di contribuire a una maggiore integrazione e diversificazione dei mercati finanziari dei titoli di Stato nel mercato interno.

2.3.

In passato le banche tendevano a detenere elevate quantità di titoli di Stato emessi dai propri governi nazionali (paesi di origine), cosa che, come si è visto con la crisi finanziaria, può comportare alcuni rischi. Da allora è stato quindi chiesto di indebolire questo legame.

2.4.

La risposta data con gli SBBS è volta a consentire alle banche di diversificare meglio la distribuzione geografica del loro portafoglio di titoli di Stato. In questo modo si tiene anche conto, da un lato, dell’abbassamento dell’offerta di questo tipo di obbligazioni e, dall’altro, dell’aumento della domanda di tali attività da parte degli enti finanziari, anche a causa dei nuovi requisiti normativi che prevedono la tenuta di sufficienti riserve di attività a forte liquidità.

2.5.

Gli SBBS rappresentano un nuovo tipo di strumento finanziario, e la proposta in esame è tesa a rimuovere gli ostacoli che finora ne hanno impedito lo sviluppo. In termini concreti, con il quadro proposto a sostegno di questi titoli si perseguono, in sostanza, due obiettivi:

2.5.1.

la creazione di un quadro generale adeguato per gli SBBS atto a consentire la «standardizzazione» di questo nuovo strumento, favorendone così anche la liquidità;

2.5.2.

coerentemente con tale obiettivo, l’eliminazione degli ostacoli normativi che impediscono l’utilizzo e l’acquisizione degli SBBS. In sostanza, ciò significa che per gli investitori che acquisiranno gli SBBS sarà applicato il cosiddetto metodo «look-through», ossia di trasparenza, il che significa che, sul piano regolamentare, varranno le medesime norme che si applicherebbero se detenessero essi stessi le obbligazioni sovrane sottostanti.

2.6.

Una caratteristica specifica e al tempo stesso essenziale degli SBBS riguarda il loro portafoglio sottostante: per consentire la suddetta ripartizione geografica dei rischi nell’Unione bancaria e nel mercato unico, esso deve essere composto esclusivamente di obbligazioni sovrane di tutti gli Stati membri della zona euro. Un’ulteriore limitazione è data dal fatto che sono ammissibili soltanto le emissioni in euro. Questi titoli vengono inseriti negli SBBS in proporzione al peso economico del rispettivo Stato membro.

2.7.

Un altro elemento assai specifico è dato dal fatto che sono gli investitori ad accollarsi i rischi e le perdite. Gli SBBS sono suddivisi in tranche e gli investitori possono scegliere tra le tranche senior e quelle junior, le prime a più basso profilo di rischio e le seconde a più alto profilo di rischio. Inoltre, i portafogli sottostanti costituiscono la loro unica garanzia dal momento che, nei termini della proposta, l’emissione di SBBS può essere effettuata solo da società ad hoc che non sono autorizzate a esercitare altre attività e nei confronti delle quali non può essere fatta alcuna rivalsa (2).

2.8.

Per quanto riguarda il trattamento normativo degli SBBS in relazione agli investitori, si applicherà inoltre, come accennato sopra, un metodo di tipo «look-through» in base al quale non si guarderà più alla «confezione» giuridica di questo strumento in forma di «cartolarizzazione» (3), bensì al titolo di Stato sottostante contenuto nell’SBBS. Per gli SBBS che soddisfano tutte le condizioni, gli investitori potranno godere, all’occorrenza, dello stesso trattamento normativo in termini di requisiti patrimoniali, limiti di concentrazione e liquidità previsto per i titoli di Stato detenuti direttamente.

2.9.

Le proposte in esame creano le condizioni che regolano lo sviluppo degli SBBS come anche il loro trattamento prudenziale, ma sarà in definitiva il «mercato» a farvi ricorso. Spetterà agli offerenti e agli investitori decidere se questo nuovo strumento finanziario diventerà una realtà o meno, e in caso affermativo, in quali termini e in quale misura sarà utilizzato.

3.   Commenti e osservazioni

3.1.

Il Comitato accoglie con favore la proposta in merito agli SBBS, che si iscrive nel più ampio contesto del completamento dell’Unione bancaria e della creazione dell’Unione dei mercati dei capitali: due unioni che il Comitato ha sostenuto e difeso con convinzione già in occasioni precedenti (4).

3.2.

Più specificamente, la proposta è tesa a indebolire ulteriormente il legame tra le banche e i loro paesi di origine. Fin da quando è iniziata la crisi finanziaria, il Comitato ha sostenuto con convinzione la necessità di attenuare tale legame e accoglie pertanto con favore il fatto che la proposta vada in questo senso, tenendo conto anche di un contesto in cui si registra una riduzione dell’offerta e, contemporaneamente, un aumento della domanda di titoli di Stato.

3.3.

Il nuovo strumento finanziario degli SBBS consente di migliorare e ampliare la diversificazione nell’esposizione delle banche e di altri enti finanziari verso i titoli di Stato (obbligazioni sovrane). Questo contribuirà indubbiamente a ridurre i rischi nel settore finanziario.

3.4.

La proposta in esame stabilisce semplicemente un quadro che consente, senza però garantire, lo sviluppo degli SBBS secondo il mercato. Una volta che tale sviluppo sarà effettivamente recepito dal mercato, si creerà un nuovo strumento finanziario e un mercato per esso. La Commissione traccia in due scenari distinti l’impatto previsto (5): un primo scenario in cui gli SBBS raggiungono solo un volume limitato, circa 100 miliardi di EUR, e uno in cui essi raggiungono 1 500 miliardi di EUR, ossia un volume rilevante dal punto di vista macroeconomico.

3.5.

Un’ampia diffusione degli SBBS ha anche il potenziale di migliorare l’integrazione dei mercati finanziari e contribuirebbe quindi ad aumentare la stabilità finanziaria e la resilienza del sistema finanziario.

3.6.

Secondo il Comitato è importante che il quadro proposto sia chiaro, efficace ed efficiente in ogni circostanza e non comporti alcuna conseguenza negativa o dannosa. Inoltre e per aumentare le possibilità di successo, è essenziale che i «mercati» e gli altri principali soggetti interessati adottino un atteggiamento positivo verso questo strumento. Tali soggetti devono infatti essere disposti ad adoperarsi per trasformare gli SBBS in realtà.

3.7.

Per quanto riguarda i mercati e i rappresentanti degli Stati membri, nelle consultazioni preliminari delle parti interessate essi si sono espressi in maniera piuttosto critica. Gli operatori del mercato hanno espresso, ad esempio, punti di vista discordanti in merito alla realizzabilità degli SBBS. I responsabili della gestione del debito pubblico sono invece dell’avviso che gli SBBS non spezzino il legame banca-emittente sovrano né creino attività a basso profilo di rischio. Per parte loro, i rappresentanti degli Stati membri hanno recentemente lasciato intendere di non vedere l’urgenza di tali strumenti (6). Il Comitato reputa indispensabile instaurare un dialogo e una concertazione con tutti i soggetti coinvolti, in modo da pervenire insieme a soluzioni costruttive.

3.8.

Fatte salve le considerazioni di cui sopra e in appresso, il quadro normativo proposto per gli SBBS incontra in generale il parere favorevole del Comitato, in particolare perché pone fine alla penalizzazione che questo tipo di strumenti subisce allo stato attuale e perché segue allo stesso tempo un’impostazione da «parametro di riferimento».

3.9.

Il parere positivo del Comitato deriva, tra l’altro, dal fatto che la creazione e l’emissione di SBBS dovranno essere effettuate da società del settore privato. Il Comitato ritiene giustificato che l’ente emittente debba essere una società veicolo (SPV) che non può svolgere nessun’altra attività. Tale condizione rende le cose più chiare per tutti.

3.10.

L’obbligo di inserire unicamente obbligazioni sovrane denominate in euro emesse da tutti gli Stati membri della zona euro in funzione del peso economico di ognuno di essi (7) garantisce la diffusione e la diversificazione di cui al punto 3.3. Tale requisito inoltre rende taluni titoli di Stato più interessanti per gli investitori internazionali. Questo vale, in particolare, per le obbligazioni sovrane di determinati paesi che altrimenti verrebbero emesse in mercati di piccole dimensioni e meno liquidi.

3.11.

Considerando l’importanza dell’inserimento obbligatorio di obbligazioni sovrane emesse da tutti gli Stati membri in funzione del loro peso economico (di cui al punto precedente), il Comitato nutre riserve sull’attuale sistema di autocertificazione da parte dagli enti emittenti. Si chiede infatti se non debba essere prevista una vigilanza più rigorosa e preventiva da parte dell’ESMA.

3.12.

Un altro aspetto importante è che questo nuovo strumento non comporta la mutualizzazione dei rischi e delle perdite tra gli Stati membri della zona euro. Sono infatti coloro che investono in questi titoli ad assumersi tutti i rischi e tutte le eventuali perdite.

3.13.

Quale ente emittente, la società veicolo emette una serie di titoli che rappresentano diritti sui proventi derivanti dal portafoglio sottostante. Tali titoli presentano un profilo di rischio diverso: più basso per le tranche «senior» (8) e più alto per quelle «junior». Ciò significa, di fatto, che le tranche senior potranno essere collocate sul mercato soltanto se quelle junior hanno trovato un numero sufficiente di investitori (9). Questo rende ogni emissione aleatoria e precaria, un punto debole che potrebbe compromette le possibilità di successo degli SBBS.

3.14.

Il Comitato si chiede inoltre se gli SBBS potranno funzionare efficacemente in tutte le circostanze e quale sarà il loro destino in tempi di crisi generale o di crisi in uno o più Stati membri. Si tratta di questioni importanti dato che eventi recenti hanno dimostrato ancora una volta che i mercati finanziari reagiscono rapidamente a situazioni di questo tipo.

3.15.

Un altro aspetto che va chiarito è quello dell’impatto della creazione di un mercato degli SBBS accanto a quello già esistente delle obbligazioni sovrane dei singoli Stati membri. Al riguardo sorgono diversi interrogativi: questi titoli saranno disponibili in quantità sufficiente in ogni circostanza? E cosa succederebbe se il loro volume fosse troppo esiguo? La creazione di un mercato aggiuntivo potrebbe portare alla frammentazione e disgregazione del mercato?

3.16.

Il quadro normativo prevede anche che i titoli SBBS possano essere acquisiti e detenuti dai risparmiatori e dai consumatori (10). Dato che si tratta di prodotti particolarmente complessi, si potrebbe essere tentati di escludere queste categorie di investitori. Ma forse occorre adottare una posizione più sfumata e considerare l’opportunità di vietare loro soltanto l’investimento nelle tranche «junior», proprio perché queste possono comportare anche rischi più elevati. Diverso è il discorso per le tranche del segmento «senior» che presentano un basso profilo di rischio e sono certamente paragonabili al possesso diretto di titoli di Stato da parte dei risparmiatori e consumatori stessi. Il Comitato invita a riflettere più a fondo sulla questione.

3.17.

Infine, il Comitato reputa assolutamente appropriato che, ai fini dell’applicazione della normativa, agli SBBS sia riservato lo stesso trattamento previsto per le obbligazioni sovrane nazionali della zona euro denominate in euro (esposizioni sovrane). Tale parificazione dovrebbe consentire agli operatori finanziari di investire negli SBBS alle stesse condizioni che valgono per le obbligazioni sovrane sottostanti della zona euro.

3.18.

In generale e tenuto conto di tutte le considerazioni di cui sopra, il CESE ritiene che la creazione degli SBBS rappresenti un’idea concettualmente interessante, ma la sua elaborazione nelle proposte richiede un’impostazione più sfumata e solleva una serie di interrogativi. Inoltre, non si possono lasciare senza risposta le osservazioni critiche e le reazioni degli operatori del mercato e di altri principali soggetti interessati. Nel complesso, tuttavia, il Comitato condivide l’approccio seguito dalla Commissione secondo cui una «vera» risposta si potrà avere soltanto sottoponendo l’idea alla prova dei mercati «reali».

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2018) 339 final.

(2)  Salvo in casi eccezionali, quali l’uso improprio della denominazione di «SBBS».

(3)  In tal caso, i requisiti regolamentari sarebbero più rigorosi.

(4)  Cfr. GU C 81 del 2.3.2018, pag. 117, GU C 237 del 6.7.2018, pag. 46 e GU C 177 del 18.5.2016, pag. 21.

(5)  SWD(2018) 252 final, pag. 70.

(6)  Per maggior dettagli riguardo a queste preoccupazioni e osservazioni si rimanda al punto 3 della relazione che introduce il progetto di regolamento (pag. 6).

(7)  Cfr. l’articolo 4, paragrafo 2, della proposta di regolamento e, per i dati riguardanti il peso economico degli Stati membri interessati, il sito: https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/capital/html/index.it.html.

(8)  Il segmento senior dovrebbe costituire la quota più consistente delle emissioni, mentre quello junior dovrebbe rappresentare la quota più piccola.

(9)  Per questo profilo di rischio più elevato, alle tranche junior dovrebbe andare di norma un rendimento più elevato.

(10)  Cfr. l’articolo 3, paragrafo 6, della proposta di regolamento.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/118


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma “Fiscalis” per la cooperazione nel settore fiscale»

[COM(2018) 443 final — 2018/0233 (COD)]

(2019/C 62/19)

Relatore:

Krister ANDERSSON

Consultazione

Parlamento europeo, 14/06/2018

Consiglio dell’Unione europea, 04/07/2018

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

03/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/2/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di regolamento, presentata dalla Commissione, relativa a un nuovo programma Fiscalis. Le capacità delle autorità fiscali nazionali sono ancora di livello insufficiente, e lo stesso vale per la cooperazione tra di loro; il CESE conviene quindi sull’urgente necessità di migliorare il funzionamento della politica fiscale, compresi la cooperazione amministrativa e il sostegno alle autorità fiscali.

1.2.

Il CESE conviene che, ai fini della coerenza e del funzionamento del mercato unico, è importante accrescere l’efficienza delle autorità fiscali, e concorda inoltre che l’opportuno grado di cooperazione e coordinamento può essere raggiunto solo a livello dell’UE.

1.3.

Il CESE esprime preoccupazione per la possibilità che il bilancio proposto — pari a 270 milioni di EUR — non sia sufficiente, tenuto conto del vasto programma proposto dalla Commissione e della rapida digitalizzazione in corso. Il CESE raccomanda pertanto di condurre una revisione intermedia sull’adeguatezza del finanziamento.

1.4.

Il CESE ritiene importante tenere conto dello sviluppo digitale e si compiace che la Commissione abbia fissato l’obiettivo di assicurare il coordinamento dei sistemi elettronici europei con altre azioni pertinenti relative al governo elettronico a livello dell’UE.

1.5.

Il CESE esorta la Commissione a collaborare con gli Stati membri per sviluppare un corso comune di formazione di base rivolto alle autorità fiscali, allo scopo di migliorare il funzionamento del mercato unico. Secondo il Comitato, un impegno comune nel settore della formazione potrebbe in futuro portare alla creazione di un’accademia tributaria dell’UE pensata in funzione delle autorità fiscali.

1.6.

Il CESE rileva, sulla base dell’esito della valutazione condotta sull’attuale programma, che le azioni riguardanti gli audit congiunti, i gruppi di progetto, le visite di lavoro e i gruppi di esperti per la collaborazione in materia informatica hanno riscosso il successo maggiore, e raccomanda alla Commissione di dare la priorità a tali azioni nel quadro del nuovo programma Fiscalis.

1.7.

Il CESE accoglie favorevolmente l’adozione di programmi di lavoro pluriennali per ridurre l’onere amministrativo a carico sia della Commissione che degli Stati membri.

1.8.

Secondo il CESE, è importante che la società civile in senso lato partecipi attivamente al programma Fiscalis.

2.   Introduzione e contesto

2.1.

Nel suo pacchetto sul prossimo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (1), adottato il 2 maggio 2017, la Commissione ha pubblicato una proposta per un rinnovato impegno finanziario a favore del programma Fiscalis.

2.2.

La proposta della Commissione riguarda la proroga dell’attuale programma Fiscalis 2020, che è stato istituito dal regolamento (UE) n. 1286/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio ed è attuato dalla Commissione in cooperazione con gli Stati membri e i paesi associati.

2.3.

La proposta della Commissione punta a facilitare le semplificazioni e gli aggiustamenti, vale a dire: 1) estensione del ricorso alle somme forfettarie/ai costi unitari, 2) semplificazione e riduzione della tipologia delle azioni per assicurare una maggiore flessibilità, 3) definizione più precisa dei componenti comuni e nazionali per rispecchiare con migliore efficacia la realtà dei progetti informatici e le loro caratteristiche, 4) possibilità di adottare programmi di lavoro pluriennali per evitare l’onere amministrativo annuale della comitatologia.

2.4.

Al nuovo programma, il cui campo di applicazione verrà adeguato, potranno partecipare gli Stati membri, i paesi in via di adesione, i paesi candidati e potenziali candidati, nonché i paesi della politica europea di vicinato e i paesi terzi, purché siano soddisfatte determinate condizioni.

2.5.

La Commissione propone, per il programma Fiscalis nel periodo 2021-2027, una dotazione di 270 milioni di EUR, in aumento rispetto ai 223,2 milioni di EUR del periodo 2014-2020. Inoltre, la maggior parte della dotazione sarà spesa per attività di sviluppo di capacità informatiche.

2.6.

L’obiettivo generale del programma consiste nel sostenere le autorità fiscali e l’imposizione fiscale per migliorare il funzionamento del mercato unico, stimolare la competitività dell’Unione e proteggere gli interessi economici e finanziari dell’UE e dei suoi Stati membri.

2.7.

Secondo la Commissione, questo programma offrirà un sostegno alla politica fiscale e alle autorità fiscali attraverso attività di sviluppo delle capacità amministrative e informatiche e una cooperazione di tipo operativo, fornendo quindi in modo rapido soluzioni comuni ai problemi emergenti — quali le frodi fiscali, l’evasione e l’elusione fiscale, la digitalizzazione e i nuovi modelli commerciali — ed evitando al contempo oneri amministrativi superflui per i cittadini e per le imprese nelle operazioni transfrontaliere.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento, presentata dalla Commissione, relativa a un nuovo programma Fiscalis. Le capacità delle autorità fiscali nazionali sono ancora di livello insufficiente, e lo stesso vale per la cooperazione tra di loro. Il CESE conviene quindi sull’urgente necessità di migliorare il funzionamento della politica fiscale, compresi la cooperazione amministrativa e il sostegno alle autorità fiscali.

3.2.

Il CESE conviene che, ai fini della coerenza e del funzionamento del mercato unico, è importante accrescere l’efficienza delle autorità fiscali, e concorda inoltre che l’opportuno grado di cooperazione e coordinamento può essere raggiunto solo a livello dell’UE. Secondo il CESE, inoltre, un quadro dell’Unione farà probabilmente aumentare il tasso di partecipazione e, di conseguenza, rafforzerà la competitività del mercato unico e le sue potenzialità.

3.3.

Il CESE conviene che un approccio a livello dell’Unione, con un nuovo orientamento incentrato sull’offerta di sostegno alle autorità fiscali nazionali, contribuirebbe a prevenire e a combattere non solo la frode fiscale, ma anche l’evasione e l’elusione fiscali, riducendo al tempo stesso gli oneri amministrativi superflui per i cittadini e le imprese nelle operazioni transfrontaliere. Il CESE è inoltre d’accordo che tale approccio contribuirà a migliorare il funzionamento del mercato unico, a stimolare la competitività dell’Unione e a proteggere gli interessi economici e finanziari dell’UE e dei suoi Stati membri.

3.4.

Il CESE esprime preoccupazione per la possibilità che il bilancio proposto — pari a 270 milioni di EUR — non sia sufficiente, tenuto conto del vasto programma proposto dalla Commissione e della rapida digitalizzazione in corso. Il CESE raccomanda pertanto di condurre una revisione intermedia sull’adeguatezza del finanziamento.

3.5.

Il CESE ritiene importante tenere conto dello sviluppo digitale e si compiace che la Commissione abbia fissato l’obiettivo di assicurare il coordinamento dei sistemi elettronici europei con altre azioni pertinenti relative al governo elettronico a livello dell’UE.

3.6.

Il CESE rileva, sulla base dell’esito della valutazione condotta sull’attuale programma, che le azioni riguardanti gli audit congiunti, i gruppi di progetto, le visite di lavoro e i gruppi di esperti per la collaborazione in materia informatica hanno riscosso il successo maggiore. Di conseguenza, il CESE auspica che a tali azioni venga data la priorità nel quadro del nuovo programma Fiscalis.

3.7.

Il CESE esorta la Commissione a collaborare con gli Stati membri per sviluppare un corso comune di formazione di base rivolto alle autorità fiscali, allo scopo di migliorare il funzionamento del mercato unico. Secondo il Comitato, un impegno comune nel settore della formazione potrebbe in futuro portare alla creazione di un’accademia tributaria dell’UE pensata in funzione delle autorità fiscali.

3.8.

Il CESE accoglie favorevolmente l’adozione di programmi di lavoro pluriennali tesi a migliorare l’efficienza del mercato unico e a ridurre l’onere amministrativo a carico sia della Commissione che degli Stati membri.

3.9.

Il CESE è consapevole del fatto che, attualmente, lo scambio di informazioni riguarda soltanto l’invio di informazioni e non il loro trattamento. Affinché gli Stati membri cooperino in maniera approfondita e con buoni risultati nello sviluppo delle capacità informatiche, il CESE ritiene che occorra sviluppare ulteriormente la funzione relativa al trattamento delle informazioni scambiate.

3.10.

Secondo il CESE, è importante che la società civile in senso lato partecipi attivamente al programma Fiscalis per collaborare alla realizzazione di passi avanti e monitorare i progressi compiuti man mano che il programma si evolve.

3.11.

Il CESE rileva e accoglie favorevolmente la novità rappresentata da un meccanismo più diretto e più semplice per adattare o estendere i sistemi elettronici europei, allo scopo di rendere possibile la cooperazione con i paesi terzi non associati al programma e con le organizzazioni internazionali.

3.12.

Il CESE si compiace che la proposta sia in linea con altri programmi d’azione dell’UE che sono stati proposti e che si prefiggono obiettivi collegati, tesi a ridurre i comportamenti fraudolenti, aumentare l’efficacia delle istituzioni e sostenere le misure volte a conseguire un migliore funzionamento del mercato unico.

3.13.

Il CESE appoggia la decisione di destinare la maggior parte della dotazione proposta alla spesa per attività di sviluppo di capacità informatiche. Il CESE approva inoltre la scelta di non utilizzare un sistema pienamente centralizzato e di ricorrere invece a un’architettura informatica basata su una combinazione di componenti comuni e nazionali. Un modello elettronico europeo basato sulle preferenze, i requisiti e i vincoli nazionali agevolerà il conseguimento in modo proporzionato dell’interoperabilità e dell’interconnettività, nell’interesse del mercato interno.

3.14.

Il CESE sottolinea che la suddivisione delle responsabilità tra la Commissione e gli Stati membri, che è stata decisa dalla stessa Commissione, costituisce un principio importante per assicurare congiuntamente lo sviluppo e l’operatività dei sistemi elettronici europei. Tale decisione agevola la ricerca di una soluzione adeguata non solo in una prospettiva europea più generale, ma anche in rapporto a quel che è applicabile e funzionale in ogni Stato membro, e dovrebbe auspicabilmente portare a una cooperazione ottimale tra i partecipanti.

3.15.

Una gestione più efficiente non andrebbe a vantaggio soltanto delle amministrazioni fiscali. Secondo il CESE, un ambiente fiscale più favorevole stimolerà la comunità imprenditoriale dell’UE e rafforzerà la crescita. Con la riduzione dei costi di conformità e degli oneri amministrativi, le imprese potranno concentrarsi sulle loro attività principali, generando crescita e opportunità di lavoro.

Bruxelles, il 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2018) 321 final


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/121


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma di sostegno alle riforme»

[COM(2018) 391 final — 2018/0213 (COD)]

(2019/C 62/20)

Relatore:

Petr ZAHRADNÍK

Consultazione

Parlamento europeo, 14/06/2018

Consiglio dell’Unione europea, 27/06/2018

Base giuridica

Articolo 175, paragrafo 3, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

03/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/3/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE approva e condivide le motivazioni alla base dell’istituzione di un programma di sostegno alle riforme, che deve indurre gli Stati membri dell’UE ad attuare importanti riforme strutturali, considerare tali riforme come un’attività globale e fungere da strumento supplementare per la loro attuazione su base volontaria. Il CESE propone che, nell’attuare le riforme strutturali sostenute dal programma, a livello degli Stati membri ne vengano monitorati anche l’impatto e le ricadute sociali.

1.2.

Il CESE è favorevole alla creazione di uno stretto collegamento tra il programma di sostegno alle riforme e il semestre europeo. Nello stesso tempo, è convinto che un’attuazione efficace delle riforme strutturali dovrebbe essere visibile, a medio termine, anche nell’andamento della convergenza economica all’interno dell’UE. Il CESE ritiene altresì che il collegamento del programma in esame con il semestre europeo possa essere ancora più stretto e diretto di quanto previsto nella proposta di regolamento.

1.3.

Il CESE ritiene che, per lanciare il programma con successo e conseguire i benefici attesi, sarebbe opportuno dare una risposta ancora più precisa ad alcune questioni rimaste in sospeso che la Commissione europea non ha ancora completamente elucidato.

1.4.

In linea con la nuova impostazione del quadro finanziario pluriennale dell’UE 2021-2027, che si basa anche sul raggiungimento di importanti sinergie tra i vari capitoli, il CESE è convinto della necessità di sviluppare ulteriormente le potenzialità offerte dal programma, in modo che tali sinergie possano essere effettivamente realizzate nella pratica. Il CESE sarebbe favorevole all’elaborazione di un manuale pratico che aiuti i beneficiari ad orientarsi più facilmente tra le possibilità di collegamenti reciproci con altri capitoli del futuro quadro finanziario pluriennale, soprattutto perché si tratta di un elemento completamente nuovo del funzionamento del QFP. Ai fini dell’auspicato potenziamento delle sinergie, il CESE raccomanda anche di sfruttare la possibilità di collegare direttamente le risorse del programma con il programma operativo corrispondente nell’ambito della politica di coesione.

1.5.

Il CESE raccomanda inoltre di chiarire e definire meglio le modalità di valutazione del successo delle riforme (e quindi anche le condizioni per una effettiva mobilitazione delle risorse finanziarie nell’ambito del programma). Al tempo stesso, il CESE ritiene che la società civile organizzata possa svolgere un ruolo molto attivo proprio nel raggiungimento di un accordo tra la percezione della Commissione europea e quella degli Stati membri riguardo al contenuto dei programmi di riforma. In questo contesto il CESE accoglie con favore lo stretto collegamento previsto tra il programma in esame e i programmi nazionali di riforma. A tale riguardo, il CESE raccomanda inoltre di monitorare attentamente la sincronizzazione delle riforme e di contrastare efficacemente il possibile rischio di azzardo morale. Il CESE ritiene più che necessaria la creazione di una piattaforma per la cooperazione tra Stati membri sulle questioni riguardanti la forma e la natura delle riforme strutturali.

1.6.

Il CESE ritiene che le riforme strutturali siano necessarie non soltanto a livello dei singoli Stati membri, ma anche a livello dell’intera Unione, nella misura in cui tali riforme hanno un impatto transfrontaliero e spesso persino paneuropeo. Considerato che la concezione del programma prevede che esso sia gestito a livello centrale, il CESE deplora che non vi sia la possibilità di seguire, per il suo tramite, dei progetti strutturali importanti proprio a livello paneuropeo, e quindi raccomanda di estendere le possibilità offerte dal programma a questo tipo di riforme.

1.7.

Il CESE non è affatto convinto che la modalità di versamento a posteriori del sostegno concesso nell’ambito di questo programma (per cui il pagamento può essere effettuato anche diversi anni dopo l’adozione delle relative misure di riforma) possa rappresentare una motivazione sufficiente per indurre uno Stato membro a realizzare delle riforme strutturali.

2.   Contesto generale della proposta e descrizione degli elementi principali

2.1.

Uno dei principali ostacoli a lungo termine ad una crescita economica più forte e più solida nell’UE è l’esistenza di una serie di carenze e squilibri strutturali, la cui soluzione consiste nell’attuazione risoluta di riforme anch’esse strutturali (1). Alcuni di tali ostacoli risultano più facilmente identificabili a seguito della recente crisi economica, la quale ha anche permesso di definire un criterio per valutare il successo delle riforme realizzate. Per garantire il buon esito del programma, è utile imparare anche dai casi di riforme non riuscite o mal preparate che hanno avuto notevoli ripercussioni economiche e sociali ed evitare tali pratiche in futuro.

2.2.

Le riforme strutturali sono misure di politica economica in grado di definire a lungo termine i parametri fondamentali su cui si basano la struttura economica e il relativo quadro istituzionale e giuridico. Esse prendono così la forma tanto di un’eliminazione degli ostacoli esistenti quanto dell’introduzione di elementi completamente nuovi degli strumenti di politica economica che riflettono le tendenze dello sviluppo in corso e di quello futuro. La forma e la necessità delle riforme strutturali variano nei diversi paesi dell’UE (2).

2.3.

Anche se con un volume di risorse finanziarie molto più consistente e un ambito di destinazione degli aiuti considerevolmente più esteso ed elaborato, il programma di sostegno alle riforme proposto si basa sullo strumento del programma di sostegno alle riforme strutturali, introdotto già nel 2017 principalmente sotto forma di assistenza tecnica (3).

2.4.

Il programma di sostegno alle riforme può essere considerato come un contributo essenziale del bilancio dell’UE — nello spirito delle sue attuali innovazioni — inteso a garantire un valore aggiunto europeo, una maggiore flessibilità, delle sinergie tra i suoi diversi capitoli e la semplificazione delle procedure. Tale contributo dovrebbe tradursi in un aumento delle attività di investimento a lungo termine, mentre il processo del semestre europeo deve fungere da test e punto di riferimento per valutare l’adeguatezza delle riforme strutturali (4).

2.5.

Il programma di sostegno alle riforme strutturali non va quindi considerato in una prospettiva isolata, bensì come una nuova tessera del complesso mosaico di strumenti del futuro bilancio dell’UE, nei confronti dei quali deve mostrare un elevato grado di sinergia, e ciò vale in particolare per la politica di coesione e la funzione europea di stabilizzazione degli investimenti.

2.6.

Inoltre, l’elaborazione del programma è stata annunciata come parte integrante della presentazione, nel dicembre 2017, dei nuovi strumenti di bilancio per una zona euro stabile nel quadro dell’UE. Nella proposta di regolamento, tuttavia, i paesi della zona euro non sono in alcun modo favoriti rispetto agli altri, sebbene tale programma dovrebbe rappresentare una delle varianti di una soluzione di compromesso per quanto riguarda l’introduzione di un bilancio separato per la zona euro.

2.7.

Per il programma di sostegno alle riforme vengono proposti tre strumenti:

uno strumento per la realizzazione delle riforme sotto forma di strumento di sostegno finanziario (con una dotazione di 22 miliardi di euro);

uno strumento di assistenza tecnica (direttamente collegato al programma di sostegno alle riforme strutturali; 840 milioni di EUR);

uno strumento di convergenza per gli Stati membri non appartenenti alla zona euro (2,16 miliardi di euro).

2.8.

Il principale obiettivo del programma è sostenere i governi e il settore pubblico degli Stati membri nei loro sforzi volti ad elaborare e attuare le riforme strutturali. I vantaggi che esso apporta devono rappresentare un contributo alla crescita sostenibile dell’economia dell’UE e alla realizzazione del pilastro europeo dei diritti sociali.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ritiene che le motivazioni alla base della proposta di istituire un programma di sostegno agli investimenti siano del tutto pertinenti, e di conseguenza il funzionamento pratico del programma dovrebbe produrre dei risultati positivi. Al tempo stesso, tuttavia, il CESE è del parere che la proposta sollevi un gran numero di questioni per le quali non vengono fornite né risposte né spiegazioni completamente chiare, e che, prima di avviare concretamente il funzionamento a pieno regime del programma, sia essenziale dare delle risposte più convincenti e univoche al riguardo.

3.2.

Il CESE invita a presentare, in modo più concreto e descrittivo, dei casi di possibili sinergie, ad esempio con la politica di coesione, che vengono invocate tanto dalla proposta di regolamento sul quadro finanziario pluriennale quanto da quella recante disposizioni comuni per sette fondi.

3.3.

Il successo di una specifica misura di riforma, o al contrario il suo fallimento, spesso risultano evidenti soltanto dopo un certo periodo di tempo, che rischia di superare facilmente non solo i tre anni previsti per la realizzazione della riforma, ma anche i cinque anni previsti per valutarne la sostenibilità. Il CESE si chiede in che modo il programma intenda valutare il successo di riforme per le quali si prevede di erogare un sostegno ma il cui risultato può manifestarsi solo a lunghissimo termine. In questo contesto, il CESE si chiede altresì in che modo verranno risolte eventuali controversie tra la Commissione e uno Stato membro sull’opportunità di una proposta di riforma e sulla riuscita di una riforma realizzata. A tale riguardo, il CESE raccomanda la creazione di una piattaforma per la cooperazione tra Stati membri sulle questioni riguardanti la natura delle riforme strutturali.

3.4.

Il CESE ritiene che, al fine di raggiungere un consenso tra la Commissione europea e gli Stati membri sulla forma da dare alle riforme, un contributo sostanziale possa giungere dalla società civile organizzata, che è per molti aspetti imparziale, è in grado di fornire un quadro obiettivo e competente sul merito e costituisce un ponte per la prevenzione di possibili conflitti, nonché — eventualmente — per la loro risoluzione.

3.5.

Il CESE, pur riconoscendo la correlazione dichiarata con il processo del semestre europeo, ritiene che il collegamento reciproco potrebbe essere ancora più diretto. Tale correlazione potrebbe aver luogo, per esempio, nel determinare la dotazione finanziaria nell’ambito dello strumento per l’attuazione delle riforme. Il CESE prende atto che l’unico criterio previsto a questo scopo è il numero di abitanti dello Stato membro interessato. Tuttavia, raccomanda di riflettere anche sulla possibilità di ricorrere ad una matrice basata su più criteri, che tenga conto della necessità di realizzare riforme strutturali nelle condizioni esistenti in un determinato Stato membro.

3.6.

La proposta di regolamento prevede che la Commissione garantisca che le attività del programma saranno complementari agli altri programmi nell’ambito del futuro bilancio dell’UE. Il CESE raccomanda di elaborare un manuale esplicativo più dettagliato sulle modalità con cui si realizzerà tale complementarità, in quanto reputa che si tratti di un elemento essenziale per la creazione di effetti sinergici nell’ambito del finanziamento dell’UE. Tale complementarità è pertinente innanzitutto in relazione alle disposizioni comuni per i sette fondi (e, in tale ambito, in particolare per gli strumenti della politica di coesione), mentre dovrebbe esservi coerenza anche nella definizione delle condizioni abilitanti (il CESE raccomanda che il programma sia incentrato in via prioritaria sul rispetto di tali condizioni nel quadro degli sforzi di riforma).

3.7.

Il CESE accoglie con grande favore la proposta di coerenza e collegamenti tra il programma e i programmi nazionali di riforma che gli Stati membri, nel quadro dei loro obblighi correlati al processo del semestre europeo, elaborano e presentano alla Commissione europea.

3.8.

Il CESE si rammarica del fatto che nella proposta di programma le riforme strutturali siano legate esclusivamente alle esigenze specifiche degli Stati membri e non siano contemplate riforme strutturali di portata transfrontaliera o addirittura paneuropea, tanto più che la concezione del programma prevede che esso sia gestito a livello centrale. Considerato che il programma richiede un livello estremamente elevato di interazione da parte degli Stati membri (che ne saranno de facto i realizzatori concreti), ci si chiede per quale motivo proprio questo programma sia concepito come gestito a livello centrale anziché attuato nel quadro della gestione concorrente.

3.9.

Il CESE condivide l’elenco delle attività e degli impegni di riforma (articolo 6 del regolamento proposto), lo approva e lo considera una piattaforma pienamente rappresentativa per la scelta della misura adeguata alla situazione specifica di uno Stato membro. A tale proposito, tuttavia, raccomanda di definire che cosa si intenda per riforma strutturale ai fini del programma (5), in particolare per evitare sovrapposizioni inutili del suo contenuto con le azioni di riforma finanziate da altri capitoli del bilancio dell’UE.

3.10.

Il CESE condivide altresì l’elenco dei criteri che gli Stati membri devono soddisfare nel quadro del programma per ottenere il riconoscimento dei propri impegni di riforma (articolo 11 del regolamento proposto).

3.11.

Tuttavia, il CESE esprime dubbi sul fatto che il sistema costituisca un reale incentivo per la realizzazione di riforme strutturali, in ragione del fatto che il sostegno può essere versato anche tre anni dopo la comunicazione della decisione, una volta attuati gli impegni di riforma. Il CESE, infatti, teme che il versamento dell’aiuto in un’unica rata dopo un periodo relativamente lungo dall’inizio delle attività di riforma non sia uno strumento troppo motivante.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Se è vero che il finanziamento dell’aiuto nell’ambito del programma non è legato ai costi che le riforme proposte comportano e richiedono, il CESE invoca la necessità di un controllo molto accurato da parte di esperti in merito all’approvazione degli impegni di riforma e alla valutazione finale delle riforme strutturali sotto il profilo del rispetto delle condizioni macroeconomiche e della disciplina di bilancio.

4.2.

Il CESE chiede una spiegazione della tesi formulata nella proposta, secondo cui il programma è destinato a compensare gli elevati costi politici sostenuti a breve termine nel caso di alcune riforme strutturali e ad eliminare gli ostacoli connessi con queste riforme.

4.3.

Il CESE raccomanda di definire regole più dettagliate e più univoche per valutare le modifiche apportate alle riforme (articolo 13 del regolamento proposto).

4.4.

Il CESE raccomanda di prestare attenzione alla sincronizzazione delle riforme, ossia alla possibilità che la realizzazione cronologica delle riforme venga adattata alla concessione del sostegno da parte del programma, nonché al problema connesso dell’azzardo morale. Inoltre, il CESE raccomanda di vigilare su eventuali casi in cui il programma interverrebbe per sostenere delle riforme già realizzate.

4.5.

La proposta di regolamento apre la possibilità di trasferire al programma, ad esempio, una parte delle risorse destinate alla politica di coesione. Il CESE raccomanda di creare la possibilità di un trasferimento e/o di una fusione anche in senso inverso, in modo che le risorse del programma possano essere direttamente collegate ai programmi operativi corrispondenti nell’ambito della politica di coesione.

4.6.

Per quanto concerne lo strumento di assistenza tecnica, il CESE si compiace del fatto che esso si collochi in rapporto di continuità diretta con il programma di sostegno alle riforme strutturali e che si sfrutti l’opportunità di adeguare il sostegno agli sforzi di riforma strutturale (diversamente, ad esempio, dall’assistenza tecnica fornita nel quadro della politica di coesione).

4.7.

Per quanto concerne lo strumento di convergenza, il CESE osserva che alcuni Stati membri dell’UE che non partecipano alla zona euro sono strutturalmente più preparati per essere ammissibili a beneficiare di tale strumento, rispetto ad alcuni degli Stati che fanno già parte di tale zona. L’ostacolo principale per questi ultimi non è da ricercare nelle ragioni economiche (spesso essi registrano una crescita più sostenuta del PIL, associata a un livello elevato di convergenza reale, una disciplina di bilancio esemplare, un saldo attivo della bilancia commerciale oppure un basso tasso di disoccupazione), bensì in tutta una serie di ragioni politiche (sulle quali, però, lo strumento di convergenza non può influire).

4.8.

Per quanto riguarda lo strumento di convergenza, il CESE chiede altresì che sia spiegato più chiaramente se il carattere dell’impegno di riforma nell’ambito di tale strumento non sia in qualche modo diverso da quello previsto dallo strumento per la realizzazione delle riforme.

Bruxelles, il 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Nei suoi pareri il CESE prende le mosse dalla definizione di riforme strutturali formulata nel parere Completare l’UEM — Proposte per la prossima legislatura europea (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10).

(2)  Una descrizione del rapporto tra le riforme strutturali e le altre componenti della politica economica nel contesto dell’UE viene fornita nei pareri del CESE Politica economica della zona euro 2017 (supplemento di parere) (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 216) e Politica di bilancio della zona euro (2017) (GU C 173 del 31.5.2017, pag. 33).

(3)  Cfr. il parere del CESE Sostegno alle riforme strutturali negli Stati membri (GU C 237 del 6.7.2018, pag. 53).

(4)  Cfr. il parere del CESE Le finanze dell’UE entro il 2025 (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 131).

(5)  Cfr., ancora una volta, i pareri del CESE Politica economica della zona euro 2017 (supplemento di parere) (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 216) e Politica di bilancio della zona euro (2017) (GU C 173 del 31.5.2017, pag. 33).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/126


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’istituzione della Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti»

[COM(2018) 387 final — 2018/0212 (COD)]

(2019/C 62/21)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Correlatore:

Michael SMYTH

Consultazione

Parlamento europeo, 11/06/2018

Consiglio, 25/06/2018

Base giuridica

Articolo 175, paragrafo 3, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

03/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

196/2/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che, di fronte all’attuale livello di integrazione politica e sociale, un grande bilancio federale della zona euro non è realistico. Ciò premesso, la Funzione europea di stabilizzazione degli investimenti (EISF) proposta punta a una maggiore stabilità delle politiche di bilancio nazionali in presenza di shock asimmetrici. Il CESE ritiene che si tratti di un passo verso una più stretta integrazione della zona euro, e forse di un tentativo di incoraggiare gli Stati membri non ancora aderenti all’euro ad adottare la moneta unica.

1.2.

Il CESE è consapevole che l’EISF differisce dal meccanismo europeo di stabilità (MES), che durante la crisi finanziaria si è trasformato in un fondo di sostegno. Resta però la necessità di operare una chiara distinzione tra i due fondi. L’EISF ha una portata molto più limitata, e il CESE nutre timori riguardo all’entità della sua dotazione in caso di shock asimmetrici che colpiscono due o più Stati membri.

1.3.

I prestiti erogati attraverso l’EISF daranno un certo impulso agli investimenti pubblici in presenza di shock asimmetrici. Il CESE avverte però che è improbabile che l’impatto sia immediato. La ripresa economica richiederà tempo ed è probabile che gli eventuali effetti positivi si facciano sentire nel medio e lungo periodo.

1.4.

Il CESE rileva che l’utilizzo del tasso di disoccupazione come unico criterio per attivare il sostegno potrebbe tradursi in carenze sul piano della tempestività della funzione di stabilizzazione. Il CESE, pertanto, suggerisce di introdurre altri indicatori complementari che normalmente precedono la disoccupazione nel prevedere l’incombere di grandi shock, in modo da poter attivare un primo livello di sostegno prima che il «grande» shock si trasmetta in pieno all’indicatore della disoccupazione.

1.5.

Dato che l’EISF non è considerata «supplementare» agli altri strumenti finanziari, in particolare al meccanismo di sostegno della bilancia dei pagamenti e al meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF), il CESE è del parere che il suo impiego ridurrebbe la capacità complessiva di contrarre prestiti. Spetta quindi alla Commissione mantenere costantemente in equilibrio i rimborsi ancora pendenti da parte degli Stati membri interessati e le passività potenziali.

1.6.

Il CESE non è contrario al controllo, da parte della Commissione, dei prestiti erogati dall’EISF per finanziare gli investimenti pubblici. Allo Stato membro interessato dovrebbe tuttavia essere concesso un margine di manovra sufficiente nel determinare il tipo di investimento necessario. Il CESE raccomanda pertanto di mantenere un equilibrio tra il controllo esercitato dalla Commissione, da un lato, e la discrezionalità in materia di spesa pubblica dello Stato membro interessato, dall’altro.

1.7.

Il CESE raccomanda alla Commissione di studiare come potrebbe funzionare in tutta l’UE un meccanismo di assicurazione ai fini della stabilizzazione macroeconomica. Secondo il CESE, un regime di assicurazione ben concepito a livello dell’UE che funga da stabilizzatore automatico in presenza di shock macroeconomici sarebbe più efficace dell’EISF proposta. Se un’altra crisi economica e finanziaria dovesse nel frattempo colpire l’UE, il CESE raccomanda l’adozione di un approccio coordinato per mobilitare tutti gli strumenti finanziari pertinenti, compresa l’EISF.

2.   Contesto

2.1.

Per il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP), la Commissione europea propone di introdurre una Funzione di stabilizzazione europea per gli investimenti (EISF), il cui obiettivo generale è il rafforzamento dell’Unione economica e monetaria ancorando la zona euro al bilancio a lungo termine dell’UE. L’EISF assumerebbe la forma di prestiti back-to-back fino a 30 miliardi di EUR, garantiti dal bilancio dell’UE e associati a un contributo in conto interessi per coprire gli interessi passivi sostenuti per i prestiti.

2.2.

Tale contributo sarebbe finanziato attraverso un Fondo di sostegno alla stabilizzazione alimentato dai contributi degli Stati membri equivalenti a una percentuale del reddito monetario assegnato alle loro banche centrali nazionali dalla BCE (il cosiddetto «signoraggio»). Dovrebbe essere concluso un accordo intergovernativo per stabilire il calcolo dei contributi finanziari degli Stati membri e le norme relative al loro trasferimento.

2.3.

L’ammontare dei prestiti che lo Stato membro ammissibile è autorizzato a contrarre sarà determinato da una formula basata su una serie di criteri, tra cui:

i)

il livello massimo di investimenti pubblici ammissibili che possono essere oggetto del sostegno dell’EISF;

ii)

l’aumento della disoccupazione e

iii)

un livello di soglia definito come il tasso di disoccupazione nazionale trimestrale che è aumentato di oltre un punto percentuale rispetto al tasso di disoccupazione registrato nel medesimo trimestre dell’anno precedente.

La Commissione può tuttavia aumentare l’importo dei prestiti a titolo dell’EISF fino al livello massimo di investimenti pubblici ammissibili che possono essere oggetto del sostegno dell’EISF nel caso in cui lo Stato membro interessato subisca un ampio shock asimmetrico di particolare gravità.

2.4.

La proposta di regolamento si basa essenzialmente sui principi fondamentali della solidarietà a livello dell’UE e della responsabilità dei singoli Stati membri. L’EISF è stata menzionata dal presidente della Commissione nel discorso sullo stato dell’Unione 2017 (1), nella relazione dei cinque presidenti del giugno 2015 (2), nel documento di riflessione sull’approfondimento dell’UEM del maggio 2017 (3) e nella posizione della Commissione sull’ulteriore approfondimento dell’Unione economica e monetaria, come indicato nel dicembre 2017 (4).

2.5.

Insieme all’EISF, la Commissione propone anche un programma di sostegno alle riforme strutturali volto a fornire, ove necessario, un aiuto alle riforme economiche in tutti gli Stati membri. Esso consiste di tre elementi: un meccanismo orientato alle riforme, l’assistenza tecnica e uno strumento di convergenza per aiutare gli Stati membri esterni all’area dell’euro ad adottare la moneta unica. Il CESE ha attualmente in preparazione un parere specifico su questo argomento.

2.6.

L’EISF presenta due obiettivi principali:

i)

contribuire a stabilizzare gli investimenti pubblici in presenza di shock asimmetrici causati da un cambiamento delle condizioni economiche che può incidere sugli Stati membri in modo diverso. Come ha dimostrato la crisi finanziaria, riuscire a mantenere la stabilità degli investimenti pubblici in un momento di crisi è una sfida enorme per i paesi che condividono la stessa moneta, come quelli della zona euro; e

ii)

sostenere la ripresa economica in presenza di shock economici nella zona euro e per gli Stati membri che partecipano al meccanismo europeo di cambio (ERM II), che non possono più ricorrere alla loro politica monetaria come strumento per assorbire gli shock.

2.7.

Va ricordato che l’attuale quadro di politica economica della zona euro è ancora incompleto. Mentre la politica monetaria è centralizzata, le politiche nazionali di bilancio restano decentrate e questa dicotomia può avere pesanti ripercussioni su uno Stato membro colpito da uno shock asimmetrico, come si è visto all’indomani della crisi finanziaria.

2.8.

L’EISF è volto pertanto ad affiancarsi agli stabilizzatori automatici a livello nazionale, qualora tali stabilizzatori — che sono destinati a compensare le fluttuazioni nelle attività economiche di uno Stato membro e si attivano automaticamente senza la necessità di un’azione esplicita del governo — siano considerati inefficaci. In teoria, l’EISF potrebbe avere l’effetto di attutire gli shock — principalmente nazionali — per l’economia, contribuendo in tal modo alla sua ripresa. L’EISF potrebbe altresì contribuire a ridurre il rischio di effetti di ricaduta su altri Stati membri.

2.9.

Se colpito da una crisi, uno Stato membro può perdere l’accesso ai mercati finanziari. In tal caso, tra gli strumenti a sua disposizione figurano il meccanismo europeo di stabilità (MES) o il programma di sostegno alla bilancia dei pagamenti. Allo stato attuale, tuttavia, non vi è alcun meccanismo a sostegno di uno Stato membro che sia vittima di uno shock asimmetrico senza necessariamente perdere l’accesso ai mercati dei capitali. L’EISF punta quindi a colmare questa lacuna erogando prestiti allo Stato membro interessato.

2.10.

Per rafforzare l’efficacia del meccanismo proposto, la Commissione suggerisce di valutare gli shock asimmetrici tramite un «duplice fattore di attivazione», che entra in gioco quando i tassi di disoccupazione nazionali vanno oltre quella che potrebbe essere considerata una soglia «normale» e sono considerati un indicatore pertinente dell’impatto di un grave shock asimmetrico in uno specifico Stato membro.

2.11.

Nell’erogare prestiti agli Stati membri colpiti da shock economici, il meccanismo presuppone che le politiche macroeconomiche e di bilancio siano state applicate in linea non solo con il Patto di stabilità e crescita (un insieme di regole volto a garantire che i paesi dell’UE perseguano una sana gestione delle finanze pubbliche e coordinino le loro politiche di bilancio), ma anche con la procedura per gli squilibri macroeconomici. Quest’ultima mira a individuare, prevenire e affrontare la comparsa di squilibri macroeconomici potenzialmente deleteri che potrebbero incidere negativamente sulla stabilità economica di un determinato Stato membro, della zona euro o dell’UE nel suo complesso.

2.12.

Con il tempo, la dotazione dell’EISF può essere integrata (tramite il Fondo di sostegno alla stabilizzazione) con ulteriori risorse finanziarie, esterne al bilancio dell’UE, provenienti eventualmente dalle fonti che seguono: il meccanismo europeo di stabilità (MES), il futuro Fondo monetario europeo e un meccanismo di assicurazione volontario la cui creazione spetterà agli Stati membri.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che, di fronte all’attuale livello di integrazione politica e sociale, un grande bilancio federale della zona euro non è realistico. Il CESE ha sempre sostenuto la Commissione nel suo impegno teso a far progredire e a completare l’Unione economica e monetaria (UEM) (5). Nel contempo, il Comitato ha spesso sottolineato la sua preoccupazione in relazione all’attuale mancanza di impegno politico da parte degli Stati membri, che è fondamentale per il completamento dell’UEM (6). Le proposte riguardanti l’EISF sembrano tenerne conto e rappresentano quindi una sorta di soluzione provvisoria. La contrapposizione tra una politica monetaria centralizzata e politiche di bilancio nazionali è, pertanto, destinata a persistere. L’aspetto positivo della proposta è che l’EISF è intesa a far sì che queste ultime abbiano un effetto maggiormente stabilizzatore nel caso di shock asimmetrici, garantendo al contempo una sostenibilità a lungo termine. A tale riguardo, il CESE ritiene che la proposta segni un passo verso un’integrazione leggermente più stretta della zona euro, e magari un tentativo di incoraggiare gli Stati membri non ancora aderenti all’euro ad adottare la moneta unica.

3.2.

Il meccanismo proposto presuppone l’adesione al Patto di stabilità e crescita, il che implica una gestione del bilancio e una politica macroeconomica sane. Il CESE ritiene trattarsi di un tentativo di creare una convergenza tra politica di bilancio e politica monetaria, garantendo che gli Stati membri osservino i criteri di ammissibilità che implicano una gestione finanziaria e una politica macroeconomica sane. Ciò comporta altresì l’ammissibilità all’EISF soltanto degli Stati membri che rispettano il Patto di stabilità e crescita, e che quindi hanno già effettuato riforme strutturali e aggiustamenti di bilancio. Tale condizione potrebbe servire a motivare gli Stati membri a rispettare rigorosamente il Patto di stabilità e crescita, e dissipare i timori circa il finanziamento delle spese sostenute da Stati membri che stanno conducendo riforme strutturali e aggiustamenti di bilancio.

3.3.

Di conseguenza, l’EISF non si tradurrà in una serie di «trasferimenti permanenti» tra gli Stati membri della zona euro: i governi, infatti, saranno ammissibili al sostegno solo se avranno rispettato nei due anni precedenti le regole di bilancio fondamentali dell’UE. Il CESE osserva, tuttavia, che l’EISF è destinata solo agli Stati membri con una sana gestione delle politiche di bilancio e macroeconomica, e che i prestiti saranno erogati solo se si verificano circostanze eccezionali e una volta che gli shock asimmetrici si manifestano sotto forma di tassi di disoccupazione al di sopra della norma. Ciononostante, pur riconoscendo l’importanza di una disciplina di bilancio e di mercato, il CESE concorda con l’obiettivo di una funzione di stabilizzazione e riconosce che si tratta di un primo passo verso un meccanismo più sviluppato.

3.4.

Il CESE è consapevole che la Commissione non ha potuto fornire un elenco definitivo di shock asimmetrici che includesse, tra l’altro, una crisi di liquidità. Il CESE è del parere che la risposta appropriata a una crisi di liquidità non sia l’EISF, quanto piuttosto il programma della Banca centrale europea (BCE) sulle operazioni monetarie definitive (Outright Monetary Transactions, OTM), subordinato alla partecipazione dello Stato membro interessato al programma del MES. Il CESE riconosce che non sarebbe appropriato un elenco esaustivo degli shock asimmetrici e apprezza le simulazioni macroeconomiche, effettuate dalla Commissione sulla base di dati passati, riguardo all’efficacia della Funzione di stabilizzazione quale meccanismo di prevenzione delle crisi.

3.5.

Il CESE è consapevole che l’EISF differisce dal meccanismo europeo di stabilità (MES), che durante la crisi finanziaria si è trasformato in un fondo di sostegno. Il MES è più strettamente assimilabile a un programma di salvataggio, con condizionalità più onerose e una capacità di prestito di 500 miliardi di euro, a cui possono attingere gli Stati membri che hanno perso la capacità di contrarre prestiti sui mercati dei capitali.

3.6.

Occorre quindi operare una chiara distinzione tra i due fondi. L’EISF ha una portata molto più limitata e, pur essendo destinata a Stati membri di qualunque dimensione, a giudizio del CESE presenta una dotazione di 30 miliardi di EUR che più si adatta agli Stati membri della zona euro, o non aderenti, di dimensioni minori. Il CESE solleva pertanto alcuni dubbi riguardo all’entità della dotazione in caso di shock asimmetrici che colpiscono due o più Stati membri. L’EISF proposta non può, pertanto, essere considerata la soluzione definitiva per gli Stati membri che devono fronteggiare problemi puntuali quali una catastrofe ecologica, una crisi energetica o una crisi bancaria localizzata.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE riconosce che, applicando la formula per determinare l’importo del prestito da destinare allo Stato membro ammissibile (già aderente alla zona euro oppure che aspira ad entrarci e partecipa al meccanismo europeo di cambio), il prestito darà un certo impulso agli investimenti pubblici (supponendo che si tratti di investimenti di qualità) in presenza di shock asimmetrici, ma è improbabile che l’impatto sia immediato. La ripresa economica richiederà tempo ed è probabile che gli eventuali effetti positivi si facciano sentire nel medio e lungo periodo. La proposta, pertanto, deve essere più realistica in termini di finalità auspicate e possibili risultati dell’EISF.

4.2.

Il CESE rileva che l’utilizzo del tasso di disoccupazione come unico criterio per attivare il sostegno potrebbe tradursi in carenze sul piano della tempestività della funzione di stabilizzazione. Merita valutare, inoltre, la possibilità di introdurre altri indicatori complementari che normalmente precedono la disoccupazione nel prevedere l’incombere di grandi shock, in modo tale da poter attivare un primo livello di sostegno prima che il «grande» shock si trasmetta in pieno all’indicatore della disoccupazione. Una volta che la disoccupazione è aumentata in misura significativa, la capacità produttiva dell’economia può già aver subito un danno economico. Ad esempio, un’economia che subisca un drastico calo delle esportazioni di beni e servizi non registra necessariamente un aumento concomitante della disoccupazione.

4.3.

Sarebbe quindi utile disporre di uno strumento che possa essere attivato prima che i sintomi abbiano trovato pieno riscontro nel mercato del lavoro. In altre parole, è necessario associare al criterio della disoccupazione una serie di indicatori di allerta precoce, tra cui le variazioni nelle esportazioni di beni e servizi e nel livello delle scorte, ed altri indicatori fondamentali che segnalano chiaramente la presenza di uno shock economico. In questo modo la funzione di stabilizzazione contenuta nella proposta sarebbe molto più tempestiva ed efficace.

4.4.

Inoltre, il tasso medio di disoccupazione nei 15 anni precedenti che lo Stato membro deve superare per poter beneficiare di un sostegno può andare a svantaggio dei paesi che sono riusciti a ridurre la disoccupazione strutturale. Sarebbe quindi più adeguato un arco temporale più breve di — ad esempio — cinque anni.

4.5.

Il CESE osserva che, nella forma proposta, l’EISF sarebbe autorizzata a reperire fondi sui mercati dei capitali e ad erogare prestiti agli Stati membri con un contributo in conto interessi per coprire gli interessi passivi sostenuti per i prestiti. Come già indicato in precedenza, la dotazione del fondo verrebbe finanziata sulla base del cosiddetto «signoraggio» e raccolta attraverso contributi nazionali a un Fondo di sostegno alla stabilizzazione. Il CESE è del parere che gli Stati membri debbano dimostrare il loro impegno politico e finanziario a priori.

4.6.

Dato che l’EISF non «si aggiunge» agli strumenti esistenti, l’importo complessivo dei prestiti disponibili per il sostegno alla bilancia dei pagamenti, il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) e l’EISF stessa potrebbe essere soggetto a un massimale «unico». Almeno in teoria, un nuovo dispositivo come questo ridurrebbe di fatto la capacità di prestito del MESF di 30 miliardi di EUR, che è l’importo proposto per l’EISF. Spetta quindi alla Commissione bilanciare costantemente i rimborsi in sospeso da parte degli Stati membri interessati e le passività potenziali.

4.7.

Il CESE ritiene che l’EISF e il MESF presentino una finalità pressoché analoga. Entrambi i fondi sono destinati a fornire sostegno finanziario agli Stati membri. Tuttavia, mentre l’EISF e il MESF presentano condizioni di ammissibilità separate, al CESE risulta che le condizioni del MESF resterebbero comunque d’applicazione, limitando così in una certa misura l’efficacia dell’EISF.

4.8.

Il CESE fa riferimento al contributo in conto interessi di cui beneficerebbe lo Stato membro interessato. In presenza di una crisi e a parità di condizioni, tale contributo potrebbe avere l’effetto di aumentare il costo del pagamento degli interessi a causa dei rischi che uno Stato membro in una situazione di crisi presenta. Ciò, a sua volta, avrebbe un impatto negativo sulle finanze pubbliche dello Stato membro in questione. L’efficacia di investimenti pubblici di qualità e, di conseguenza, l’efficacia della stessa EISF sono quindi fondamentali al fine di ridurre eventuali rischi di mercato che avrebbero effetti pregiudizievoli per lo Stato membro in questione e il costo del suo prestito nel medio e lungo termine.

4.9.

Il CESE fa riferimento al controllo degli investimenti pubblici da parte della Commissione a cui sarà soggetto lo Stato membro interessato, come richiesto nella proposta. Il CESE non è contrario, in linea di principio, a tale controllo, ma è dell’avviso che allo Stato membro interessato debba essere accordato un margine di manovra sufficiente nel determinare il tipo di investimento necessario e auspica pertanto che venga raggiunto un equilibrio tra il controllo della Commissione, da un lato, e la discrezionalità dello Stato membro interessato sulla sua spesa pubblica, dall’altro. Il CESE ritiene inoltre che anche gli investimenti pubblici debbano essere considerati uno strumento di solidarietà.

4.10.

Infine, il CESE osserva che la proposta della Commissione consentirà in futuro un miglioramento del sistema con l’introduzione di un eventuale meccanismo di assicurazione orientato verso la stabilizzazione macroeconomica. A giudizio del CESE, si riconosce così che la stessa EISF presenta dei limiti e che le proposte, nella loro forma attuale, dovranno alla fine essere integrate da una funzione di stabilizzazione a tutto tondo, ad esempio un regime di assicurazione a livello dell’UE che funga da stabilizzatore automatico alla comparsa di shock macroeconomici. Se un’altra crisi economica e finanziaria dovesse nel frattempo colpire l’UE, il CESE raccomanda l’adozione di un approccio coordinato per mobilitare tutti gli strumenti finanziari pertinenti, compresa l’EISF.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Lettera d'intenti al Presidente Antonio Tajani e al primo ministro Jüri Ratas, Jean-Claude Juncker, discorso sullo stato dell’Unione, 13 settembre 2017.

(2)  Relazione dei cinque presidenti: Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa, 22 giugno 2015.

(3)  COM(2017) 291 final.

(4)  COM(2017) 821 final.

(5)  Cfr. ad esempio i pareri del CESE sul tema Politica economica della zona euro, GU C 173 del 31.5.2017, pag. 33, e sul tema Approfondire l’UEM entro il 2025, GU C 81 del 2.3.2018, pag. 124.

(6)  Cfr. ad esempio il parere del CESE sul tema Pacchetto sull’Unione economica e monetaria, GU C 262 del 25.7.2018, pag. 28.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/131


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma InvestEU»

[COM(2018) 439 final — 2018/0229 (COD)]

(2019/C 62/22)

Relatore:

Petr ZAHRADNÍK

Consultazione

Consiglio dell’Unione europea, 07/09/2018

Parlamento europeo, 14/06/2018

Base giuridica

Articolo 175, terzo comma, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

03/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

204/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE si rallegra che il pacchetto di regolamenti sul futuro quadro finanziario pluriennale contenga una proposta volta a rafforzare le attività di investimento nell’UE (che non sono ancora ritornate ai livelli precedenti la crisi), compresi i progetti di investimento a lungo termine con un forte interesse pubblico, nel rispetto del criterio dello sviluppo sostenibile (in linea con l’impegno assunto dall’UE nel quadro dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile). Il CESE accoglie con favore questa soluzione anche perché i settori prioritari del programma InvestEU e il calendario per la loro attuazione coincidono in larga misura con l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile o sono basati su di essa. Per assicurarsi che il programma funzioni in modo efficace, è necessario trarre pienamente beneficio dalla partecipazione delle organizzazioni della società civile e dei partner socioeconomici.

1.2.

Il CESE accoglie con favore lo sforzo compiuto dalla Commissione europea per creare uno strumento finanziario generale, e condivide altresì l’orientamento impresso al contenuto di tale strumento. La gestione unica, l’aumento della trasparenza e la possibilità di creare delle sinergie offrono, rispetto alla situazione attuale, maggiori opportunità per conseguire gli effetti auspicati. Il CESE sottolinea la necessità di sottoporre i progetti a un’accurata verifica di mercato, garantendo in tal modo l’adeguatezza dei progetti concreti che si prestano all’applicazione degli strumenti finanziari. Il successo dello strumento è fortemente condizionato dalla qualità del funzionamento del sistema di monitoraggio.

1.3.

Il CESE apprezza il fatto che, oltre al sostegno alle infrastrutture sostenibili, alle piccole e medie imprese (PMI) e alla ricerca e all’innovazione, il programma InvestEU sia rivolto anche agli investimenti sociali e alle competenze. Ciò dimostra che gli investimenti sociali rivestono un’importanza fondamentale per il futuro sviluppo dell’UE. In tale contesto, il CESE è favorevole ad uno stretto collegamento del programma InvestEU per gli investimenti sociali e le competenze con gli strumenti tradizionali di sovvenzione per la politica sociale, in particolare il Fondo sociale europeo e gli strumenti per sostenere l’occupazione giovanile, come pure i programmi per l’occupazione e l’innovazione sociale, al fine di massimizzare la solidità degli investimenti in infrastrutture sociali sostenibili, imprese sociali, servizi e centri per lo sviluppo del potenziale umano.

1.4.

Il CESE sottolinea che anche nel quadro del programma InvestEU non si dovrebbero sottovalutare o trascurare gli investimenti sociali, che devono occupare un posto altrettanto importante rispetto agli investimenti destinati principalmente allo sviluppo e all’imprenditoria. Questa osservazione si basa, tra l’altro, sulle conclusioni presentate nel dicembre 2017 dal gruppo di lavoro ad alto livello (task force) per gli investimenti nelle infrastrutture sociali in Europa, guidato da Romano Prodi. Nell’ambito in questione, infatti, gli investimenti pubblici possono fungere da acceleratore degli investimenti privati.

1.5.

Considerando che InvestEU costituisce un nuovo tipo di programma, il CESE sarebbe favorevole alla possibilità di redigere un manuale concreto e di facile consultazione per definire la tipologia adeguata dei progetti, contenente esempi delle loro sinergie con altri capitoli del quadro finanziario pluriennale e di un’attuazione adeguata nelle diverse situazioni degli Stati membri.

1.6.

Il CESE si rallegra del fatto che si preveda un impatto positivo del programma InvestEU sullo sviluppo dei mercati finanziari degli Stati membri, e in proposito sottolinea la forte necessità di una struttura adeguata dei partner esecutivi, soprattutto a livello nazionale.

2.   Contesto generale della proposta e descrizione degli elementi principali

2.1.

La recente crisi economica ha notevolmente ridotto il volume delle attività di investimento nell’UE, che non si è ancora pienamente riattestato ai livelli precedenti. Per questo motivo, tutti gli elementi fondamentali della politica economica dell’UE devono essere intesi a trovare il modo per rilanciare, a lungo termine, gli investimenti, compresi quelli che rispondono all’interesse pubblico, anche coinvolgendo maggiormente le piccole e medie imprese; e in proposito è necessario rispettare il punto di vista della società civile.

2.2.

Per realizzare investimenti di interesse pubblico, il volume delle risorse pubbliche disponibili a livello nazionale e dell’UE è insufficiente, ed è quindi auspicabile coinvolgere in tale processo delle risorse di capitale privato nel rispetto di regole che consentano di rispondere all’interesse pubblico. Uno dei modi per conseguire questo obiettivo consiste nel creare, nel quadro del bilancio UE, un equilibrio tra gli strumenti finanziari rimborsabili e quelli basati sul principio della sovvenzione.

2.3.

Gli strumenti finanziari rimborsabili che sfruttano le possibilità del bilancio UE a livello sia centrale che nazionale hanno conosciuto un considerevole sviluppo, in particolare per il quadro finanziario 2014-2020; tuttavia, il livello del loro utilizzo non è ottimale. Vi sono margini di miglioramento, ad esempio per quanto concerne la necessità di armonizzare in maniera sistematica un gran numero di strumenti non coordinati a livello centrale in un unico meccanismo di gestione; e uno degli esempi dell’attuazione di tale principio è il programma InvestEU.

2.4.

Il programma InvestEU può essere considerato come un contributo essenziale del bilancio UE (nello spirito delle sue attuali innovazioni) inteso a garantire un valore aggiunto europeo, una maggiore flessibilità, delle sinergie tra i suoi diversi capitoli e la semplificazione delle sue procedure. Tale contributo dovrebbe tradursi, nel caso del programma in esame, nell’aumento delle attività di investimento a lungo termine (dato che occorre mobilitare investimenti per un totale di 650 miliardi di euro entro il 2027), nel rafforzamento del ruolo del mercato finanziario, anche per quanto concerne i progetti di interesse pubblico, e in una più efficace assegnazione delle risorse del bilancio dell’Unione, che, grazie alla loro capacità di rendimento, superano naturalmente la verifica di mercato.

2.5.

È quindi opportuno considerare il programma InvestEU non in una prospettiva isolata, bensì come un elemento importante del complesso mosaico degli strumenti del futuro bilancio UE, che manifesta chiaramente una nuova tendenza nell’assegnazione delle relative spese, la quale contribuirà in maniera determinante a superare la classica suddivisione, priva di prospettive a lungo termine, tra contribuenti netti e beneficiari netti.

2.6.

Il programma InvestEU si ricollega alla prassi attuale, valutata positivamente, del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e/o del piano di investimenti per l’Europa, e la espande ulteriormente in misura considerevole. Il principio di evoluzione graduale su cui si fonda il FEIS dovrebbe essere applicato fondendo l’intera gamma di strumenti finanziari concepiti in modo centralizzato a livello dell’UE.

2.7.

Il programma InvestEU consta di tre parti:

il Fondo InvestEU, il cui obiettivo principale è quello di mobilitare risorse pubbliche e private a fini di investimento ricorrendo alla garanzia del bilancio dell’UE;

il polo di consulenza InvestEU, che completa il Fondo mettendo a disposizione competenze tecniche per progetti di investimento in cerca di finanziamenti;

il portale InvestEU, che completa il Fondo sotto forma di una banca dati facilmente accessibile e di facile utilizzo, che mette in relazione gli investitori e i progetti sostenuti.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la prosecuzione e l’estensione di uno strumento finanziario basato sul principio della garanzia, che reputa essenziale anche ai fini del futuro sviluppo a lungo termine del bilancio UE e della sua esecuzione. Il CESE ritiene che la dotazione di base in capitale del programma InvestEU, pari a 15,2 miliardi di euro, sia adeguata all’esigenza di stimolare investimenti per un totale di 650 miliardi entro il 2027, così come l’importo totale della garanzia, pari a 47,5 miliardi di euro. Il CESE reputa che il tasso di copertura della garanzia dell’UE, pari al 40 %, sia appropriato in relazione alle finestre di intervento selezionate dal programma e ai progetti finanziati nel loro ambito.

3.2.

Il CESE ritiene quindi pertinente la scelta del contenuto delle finestre d’intervento del programma, incentrate sulle infrastrutture sostenibili, sulle piccole e medie imprese, sulla ricerca e l’innovazione e sugli investimenti sociali e le competenze, come pure la ripartizione dell’importo totale della garanzia ad esse destinata. Il CESE ritiene che tali settori siano i più pertinenti ai fini di un ricorso intensivo agli strumenti finanziari.

3.3.

Nell’introduzione del programma InvestEU il CESE ravvisa due vantaggi fondamentali, che finora non è stato possibile ottenere nella stessa misura nel finanziamento del bilancio UE e nell’utilizzo degli strumenti finanziari: l’accorpamento in un solo programma di programmi sinora frammentati, rafforzando gli effetti di sinergie tra di essi; e, al tempo stesso, un’enfasi maggiore sull’efficacia delle risorse assegnate dal bilancio UE grazie alla necessità di superare la verifica di mercato. Il CESE reputa che anche solo il rafforzamento di uno strumento basato sulle garanzie rappresenti un’opportunità unica per assicurare risorse sufficienti ad effettuare investimenti di interesse pubblico: un obiettivo, questo, che non si sarebbe potuto conseguire in alcun modo tramite le attuali procedure di utilizzo del bilancio UE; e ritiene pertanto che, nel lungo termine, tale principio sia molto promettente. Per il CESE, la concezione globale del programma InvestEU rappresenta un’importante manifestazione del valore aggiunto europeo.

3.4.

Il CESE apprezza altresì i principali benefici che si prevede saranno apportati dal programma InvestEU, ossia: costituire uno strumento sufficientemente solido per continuare a rilanciare le attività di investimento e contribuire a mantenerle, nel lungo periodo, almeno al livello anteriore al 2009; al tempo stesso, aumentare anche la trasparenza e l’efficacia del sistema degli strumenti finanziari gestiti direttamente a livello UE e, in modo indiretto, ispirare l’attuazione di strumenti finanziari a livello degli Stati membri (soprattutto in quelli in cui questa modalità di esecuzione delle risorse finanziarie non riesce ad attecchire); successivamente, affrontare le vere priorità di sviluppo dell’UE e impiegare metodi moderni di finanziamento nel realizzarle. Il CESE, inoltre, ritiene importante che il contenuto concreto del sostegno offerto dal programma InvestEU sia definito in funzione degli indicatori e degli strumenti impiegati nel contesto del semestre europeo, compresi gli impegni degli Stati membri sotto forma di programmi nazionali di riforma.

3.5.

Nel quadro del punto precedente, il CESE sottolinea l’importanza di un sistema di monitoraggio qualitativamente efficace, che garantisca il controllo del criterio della redditività del programma InvestEU e valuti così il successo degli investimenti effettuati, privati e pubblici. In tale contesto, il ruolo degli investimenti pubblici produrrà, grazie alle sinergie innescate (spillover), un effetto di accelerazione (driving) sui successivi investimenti privati.

3.6.

È in linea con l’approccio generale del CESE, nonché con molti dei suoi pareri in materia, che il programma InvestEU sia finalizzato al raggiungimento di obiettivi trasversali e per molti aspetti anche concepiti a livello transfrontaliero, basati sulla semplificazione, sulla flessibilità, sulle sinergie e sul rendimento, mentre viene gradualmente adottata la regola per cui il bilancio UE non deve necessariamente tradursi in una sovvenzione, ma può essere distribuito o investito in altro modo. Si compie così un salto di qualità, dalla «mera» ridistribuzione delle spese di bilancio a veri e propri investimenti di interesse pubblico.

3.7.

L’adozione della procedura di cui sopra crea un margine di manovra più ampio per l’incremento del volume globale degli investimenti sostenuti, margine che non si sarebbe potuto garantire ricorrendo a metodi tradizionali. Inoltre, tale meccanismo consente di associare delle risorse finanziarie private anche a progetti di interesse pubblico, in particolare se vi è un rischio di fallimento del mercato. In tale ambito vi è un deficit di investimenti nel quale il capitale privato non si avventurerà mai in assenza di una garanzia pubblica adeguata.

3.8.

Il CESE raccomanda che la proposta di regolamento descriva e specifichi ulteriormente e in modo più chiaro le possibilità concrete di combinare le varie risorse con le opportunità offerte dal programma InvestEU. Tale possibilità di combinazione costituisce un obiettivo dichiarato, che tuttavia, in assenza di un manuale esplicativo, rischia di scontrarsi con ostacoli pratici. Dal punto di vista del bilancio UE, la combinazione di diverse risorse finanziarie nel quadro di un unico progetto dovrebbe essere consentita nei due sensi: come contributo dei fondi nel quadro della gestione concorrente a vantaggio del programma InvestEU e come contributo del programma InvestEU agli strumenti finanziari nazionali, creati su misura e attuati nel quadro della gestione concorrente. Le norme di attuazione pertinenti che garantiscono tale flessibilità dovrebbero essere inserite nel regolamento.

3.9.

Il CESE raccomanda inoltre di definire una tipologia dei progetti che si prestano all’utilizzo del programma InvestEU e, al tempo stesso, anche di quelli per cui continuerà ad essere più opportuno ricorrere al principio della sovvenzione (ossia dei progetti per i quali una redditività finanziaria diretta, anche a più lungo termine, è improbabile se non addirittura impossibile).

3.10.

In relazione alla proposta relativa al programma InvestEU, e nel contesto più ampio dell’intero spettro del quadro finanziario pluriennale 2021-2027, il CESE raccomanda di valutare l’impatto economico prodotto finora dal FEIS sui singoli Stati membri, compresa una panoramica dell’esecuzione dei fondi e dei benefici che essi hanno consentito di ottenere. Tale valutazione sarà particolarmente importante per fare in modo che il programma InvestEU, in quanto nuovo strumento nell’ambito del finanziamento dell’UE, possa essere direttamente orientato alle vere priorità di investimento ed evitare alcune delle criticità collegate alle attuali forme di utilizzo del bilancio dell’UE. Anche in questo ambito si aprono delle possibilità per l’inclusione di soggetti della società civile organizzata, grazie alla quale è possibile mettere in luce l’utilità dei progetti europei in termini di prosperità e benessere, e rendere espliciti tali vantaggi in modo comprensibile.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE accoglie con favore la possibilità di istituire su base volontaria, nel quadro del programma InvestEU, un comparto specifico di risorse destinate primariamente, ad esempio, alla politica di coesione. Poiché si tratta di un nuovo modo di ripartire le risorse, il CESE raccomanda di mettere a punto un manuale di istruzioni per facilitare tali operazioni.

4.2.

Il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di armonizzare in modo più preciso le definizioni del contenuto delle quattro principali finestre d’intervento del programma InvestEU e di definire più in dettaglio le attività sostenute nel quadro dell’allegato II. Ai fini di un migliore orientamento pratico dei promotori dei progetti, il CESE raccomanda di rielaborare in modo più accurato l’allegato II, in modo da ottenere una maggiore coerenza con il testo del capo II della proposta di regolamento.

4.3.

Il CESE apprezzerebbe che fossero indicate delle soluzioni per i casi in cui le risorse di garanzia del bilancio dell’UE non siano, per qualsivoglia ragione, sufficienti a garantire il volume di investimenti previsto oppure si verifichi un peggioramento delle condizioni di rendimento del Fondo.

4.4.

Il CESE è convinto che il programma InvestEU rappresenti una delle possibilità per sviluppare le istituzioni del mercato finanziario negli Stati membri; e anche per questa ragione ritiene molto opportuno dare spazio ai partner incaricati dell’esecuzione («partner esecutivi») a livello nazionale. Sottolinea, a tale proposito, la necessità di effettuare una selezione molto accurata, ma non discriminatoria, di tali soggetti, sulla base di requisiti pertinenti fondati sulla loro competenza, consentendo nel contempo una loro rappresentanza equa ed equilibrata tra gli Stati membri.

4.5.

Il CESE ritiene fondamentale che i partner esecutivi siano in grado di contribuire a lungo termine al conseguimento degli obiettivi del programma InvestEU, garantendo non solo il suo corretto funzionamento, ma anche la capacità di contribuire con le proprie risorse finanziarie e di inserire nel sistema altri investitori privati e pubblici nazionali, la fornitura di un’adeguata copertura nell’ambito del territorio e del settore interessati e, soprattutto, la capacità di rimediare in modo preciso e globale a fallimenti del mercato e a situazioni di investimento subottimali.

4.6.

Il CESE chiede ulteriori chiarimenti sul modo in cui sarà esercitato il ruolo del partner esecutivo privilegiato, ossia la Banca europea per gli investimenti, e verrà garantito che l’intervento di tale partner non comporti un restringimento dei margini di azione di altri partner esecutivi, soprattutto di quelli attivi a livello nazionale.

4.7.

Il CESE raccomanda che il comparto dell’UE del Fondo sia realmente incentrato sulla gestione di progetti di portata transfrontaliera e che, in tale ambito, siano sostenuti i progetti, volti ad affrontare casi di fallimenti del mercato o situazioni di investimento subottimali su scala UE, che apportino un chiaro valore aggiunto europeo.

4.8.

Pertanto, il CESE accoglie con favore l’obbligo imposto ai partner esecutivi di coprire il territorio di almeno tre Stati membri. Tuttavia, è convinto che vi sia un margine di manovra per affrontare esigenze specifiche di investimento nazionali e regionali, che dovrebbero essere coperte in primo luogo tramite il comparto dello Stato membro interessato, in stretta sinergia con la dotazione nazionale garantita nel quadro della politica di coesione. In tale contesto il CESE sottolinea l’importanza degli investimenti nel capitale umano e nelle infrastrutture sociali, che contribuiscono a realizzare il potenziale di crescita a lungo termine (apprendimento lungo tutto l’arco della vita, reti di servizi sociali e alloggi a prezzi accessibili) e a garantire la competitività del sistema economico dell’UE.

Bruxelles, il 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/136


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla:

«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Costruire un’Europa più forte: il ruolo delle politiche in materia di gioventù, istruzione e cultura»

[COM(2018) 268 final]

sulla «Proposta di raccomandazione del Consiglio sulla promozione del riconoscimento reciproco automatico dei diplomi dell’istruzione superiore e dell’istruzione secondaria superiore e dei risultati dei periodi di studio all’estero»

[COM(2018) 270 — 2018/0126 (NLE)]

sulla «Proposta di raccomandazione del Consiglio relativa a sistemi di educazione e cura della prima infanzia di alta qualità»

[COM(2018) 271 — 2018/0127 (NLE)]

sulla «Proposta di raccomandazione del Consiglio su un approccio globale all’insegnamento e all’apprendimento delle lingue»

[COM(2018) 272 — 2018/0128 (NLE)]

(2019/C 62/23)

Relatrice:

Tatjana BABRAUSKIENĖ

Consultazione

Commissione europea, 18.6.2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

18.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

117/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il CESE:

1.1.

accoglie con favore l’iniziativa come un ulteriore passo avanti verso l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR), al fine di garantire il diritto alla parità di accesso a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi. Ciò riveste un’importanza fondamentale per un’ulteriore e più stretta cooperazione fra gli Stati membri e garantisce, nel contempo, la loro competenza nazionale in materia di istruzione, formazione e apprendimento permanente;

1.2.

ritiene che la nuova iniziativa dovrebbe rientrare in una visione a lungo termine delle politiche UE in materia di istruzione e di formazione permanenti e in tutti gli ambiti della vita, nel contesto della strategia Europa 2020 come pure del quadro strategico ET 2020 e dei preparativi per le prossime strategie dell’UE. Ciò comprende le visioni e le strategie per l’istruzione e la formazione professionale e l’apprendimento degli adulti;

1.3.

sottolinea che l’istruzione dovrebbe concentrarsi in primo luogo sull’apprendimento olistico, sulla cittadinanza democratica e sui valori comuni europei, per garantire la pace, la sicurezza, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto, la solidarietà e il rispetto reciproco, l’apertura dei mercati, la crescita sostenibile e l’inclusione e l’equità sociale, rispettando e arricchendo la diversità culturale e promuovendo un sentimento di appartenenza;

1.4.

sottolinea che il ruolo dell’istruzione, della formazione e dell’apprendimento permanente è quello di preparare e aiutare i giovani e gli adulti ad essere cittadini democratici responsabili e in grado di occupare posti di lavoro di qualità e produttivi nel quadro di un’occupazione equa, nonché a dotarsi delle competenze adeguate;

1.5.

ritiene che lo spazio europeo dell’istruzione dovrebbe essere inclusivo nei confronti di tutti, e pertanto incoraggia i governi ad adottare misure per realizzare una vera inclusività nell’apprendimento formale e non formale, come pure per promuovere e valorizzare l’apprendimento informale;

1.6.

richiama l’attenzione dei governi sui divari persistenti riguardo alla parità di accesso a un’istruzione di qualità per i bambini provenienti da contesti socioeconomicamente svantaggiati, in particolare le minoranze, i migranti, i bambini con disabilità e quelli che vivono in zone rurali di diverse regioni d’Europa. È fondamentale che lo spazio europeo dell’istruzione sostenga attivamente l’integrazione dei migranti e dei rifugiati nei sistemi di istruzione e nel mercato del lavoro, con particolare riguardo per la convalida e il riconoscimento dei loro percorsi di istruzione e formazione e delle loro esperienze lavorative;

1.7.

è del parere che, per conseguire gli obiettivi dell’iniziativa in esame, siano necessari investimenti nazionali sostenibili nell’istruzione che superino il 5 % del PIL per paese e il sostegno degli strumenti di finanziamento dell’UE disponibili, tra cui il programma Erasmus+ e il processo del semestre europeo;

1.8.

ritiene che, all’interno del quadro europeo delle competenze chiave, l’apprendimento delle lingue e la convalida delle competenze linguistiche acquisite in modo non formale e informale dovrebbero essere sostenuti da finanze pubbliche sostenibili. L’apprendimento delle lingue dovrebbe rivolgersi a tutti, giovani e adulti, e sostenere le persone in difficoltà; e, nel contempo, andrebbe promosso quale parte integrante dell’apprendimento familiare e perfezionato nel quadro dell’apprendimento formale e non formale;

1.9.

sostiene l’invito, contenuto nella proposta, a investire di più nello sviluppo professionale iniziale e continuo degli insegnanti di lingue, per rimediare alla carenza di insegnanti di lingue qualificati;

1.10.

accoglie con favore l’obiettivo della proposta di incoraggiare ulteriormente i governi a migliorare l’accessibilità e la qualità dell’educazione per la prima infanzia. Ulteriori sforzi sono effettivamente necessari per garantire l’equilibrio tra vita privata e vita professionale e assicurare che un’educazione e cura della prima infanzia (ECEC) di qualità e finanziariamente abbordabile sia un diritto di tutti i bambini e di tutte le famiglie, come pure per prendere in considerazione l’importante ruolo dell’apprendimento familiare, che aiuta i genitori ad acquisire maggiore fiducia nel loro ruolo e contribuisce all’apprendimento degli adulti;

1.11.

sostiene la proposta di offrire al personale addetto all’ECEC un ambiente di lavoro favorevole e un aumento della loro professionalizzazione; esorta a garantire l’attrattività del lavoro di insegnante come pure l’equilibrio e la parità di genere nell’ambito di tale professione;

1.12.

riconosce l’importanza del riconoscimento transfrontaliero dei periodi di apprendimento in tutte le forme di istruzione secondaria e superiore e dei titoli di studio di livello secondario superiore acquisiti in generale, come pure dell’istruzione e formazione professionali, che danno accesso all’istruzione superiore nel paese di origine. La mobilità per l’apprendimento è essenziale per la partecipazione attiva alla società e al mercato del lavoro, e dovrebbe essere rafforzata dalla fiducia nei programmi e nelle qualifiche ed essere basata su sistemi di garanzia della qualità ben strutturati;

1.13.

sottolinea che gli strumenti, i mezzi e i principi europei per l’istruzione superiore e professionale dovrebbero completarsi e sostenersi a vicenda (EQF, ECVET, EQAVET, EQAR ecc.), mentre il principio dei risultati dell’apprendimento deve essere pienamente attuato a livello europeo al fine di realizzare il riconoscimento automatico della mobilità per l’apprendimento in Europa;

1.14.

sottolinea che l’iniziativa dovrebbe essere incentrata anche sul riconoscimento dell’apprendimento formale, non formale e informale all’estero e dare atto del ruolo dei soggetti interessati, delle parti sociali e della società civile nel riconoscere i risultati dell’apprendimento come pure del ruolo del personale di orientamento per sostenere il processo; incoraggia il gruppo consultivo per il Quadro europeo delle qualifiche (EQF) e il Cedefop a perfezionare l’Inventario europeo sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (VNFIL) e le linee guida europee in materia come standard di qualità destinati ai governi, alle parti sociali e ai soggetti interessati per migliorare i processi di convalida;

1.15.

sottolinea che il conseguimento di un’istruzione di qualità e inclusiva nel quadro dell’ECEC, il miglioramento dell’apprendimento delle lingue e il riconoscimento reciproco dei diplomi di maturità devono essere discussi a tutti i livelli tra i governi, i datori di lavoro e i sindacati, nel quadro di un dialogo sociale efficace, insieme con altri soggetti interessati.

2.   Contesto politico

2.1.

La responsabilità principale per le politiche dell’istruzione e della cultura spetta agli Stati membri. Tuttavia, nel corso degli anni, l’Unione europea ha svolto un importante ruolo complementare, come previsto dall’articolo 165 del trattato sul funzionamento dell’UE. È nell’interesse di tutti gli Stati membri sfruttare appieno le potenzialità rappresentate da istruzione e cultura quali forze propulsive per la creazione di posti di lavoro, la crescita economica e la giustizia sociale, e come mezzi per sperimentare l’identità europea in tutta la sua diversità.

2.2.

In occasione del vertice sociale di Göteborg del novembre 2017 è stato proclamato il pilastro europeo dei diritti sociali, che sancisce il diritto alla parità di accesso all’istruzione, alla formazione e all’apprendimento permanente, sulla base della comunicazione della Commissione COM(2017) 673. Ciò ha dato luogo alle conclusioni del Consiglio europeo del 14 dicembre 2017, che esortavano gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione a portare avanti l’agenda discussa a Göteborg.

2.3.

Il cosiddetto primo pacchetto sullo spazio europeo dell’istruzione conteneva una raccomandazione del Consiglio COM(2018) 23 (adottata il 22 maggio 2018), basata sulla Dichiarazione di Parigi sulla promozione della cittadinanza e dei valori comuni di libertà, tolleranza e non discriminazione attraverso l'istruzione, adottata dai ministri dell’Istruzione nel 2015. Il documento era stato annunciato nella comunicazione della Commissione (COM(2016) 379) del 14 giugno 2016.

2.4.

Il 22 maggio, la Commissione europea ha pubblicato il secondo pacchetto Istruzione, comprendente ulteriori proposte per la creazione di uno spazio europeo dell’istruzione entro il 2025.

2.5.

Il presente parere riguarda il secondo pacchetto Istruzione, che verte sulle ulteriori sfide da affrontare per realizzare uno spazio europeo dell’istruzione di qualità e inclusivo, tra cui figurano l’apprendimento delle lingue, il riconoscimento reciproco automatico degli studi superiori e un’educazione di qualità per la prima infanzia.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ritiene che creare lo spazio europeo dell’istruzione per l’ulteriore cooperazione tra gli Stati membri, garantendo nel contempo la loro competenza nazionale nel campo dell’istruzione, della formazione e dell’apprendimento permanente, costituisca una strategia fondamentale per affrontare e portare avanti lo sviluppo sociale, economico, demografico, ambientale e tecnologico al fine di realizzare l’integrazione competitiva dell’Europa quale potenza economica mondiale, assicurando al tempo stesso una forte dimensione sociale.

3.2.

L’iniziativa rappresenta un eccellente passo avanti verso l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, al fine di garantire il diritto alla parità di accesso a un’istruzione e a un orientamento, generali e professionali, che siano di qualità e inclusivi lungo tutto l’arco della vita (1), sulla base della comunicazione della Commissione (COM(2017) 673) che annunciava la creazione dello spazio europeo dell’istruzione.

3.3.

Il CESE sottolinea che il nostro obiettivo comune prevede di concentrarsi, in primo luogo, su un’istruzione, una formazione e un apprendimento permanente olistici, con particolare attenzione alla cittadinanza democratica, ai valori comuni europei e all’identità europea, per garantire la pace, la sicurezza, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto, la solidarietà e il rispetto reciproco, la crescita sostenibile come pure l’inclusione e l’equità sociale, rispettando e arricchendo la diversità culturale e promuovendo un sentimento di appartenenza all’UE.

3.4.

Pur sottolineando il ruolo cruciale che l’istruzione, la formazione e l’apprendimento permanente svolgono nel preparare i giovani e gli adulti ad essere cittadini democratici e ad occupare, in condizioni eque, posti di lavoro di qualità, lo spazio europeo dell’istruzione dovrebbe anche essere inclusivo nei confronti di tutti, con particolare attenzione alla parità di genere, e incoraggiare i governi ad adottare misure per realizzare un’autentica inclusività nell’apprendimento formale, informale e non formale, anche nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD).

3.5.

In tal senso, facendo riferimento al proprio parere in materia (2), il CESE osserva che lo spazio europeo dell’istruzione dovrebbe anche proporre ai governi delle modalità per fornire un sostegno attivo all’integrazione dei migranti e dei rifugiati nei sistemi di istruzione e nel mercato del lavoro, con particolare riguardo per la convalida e il riconoscimento dei loro percorsi di istruzione e formazione e delle loro esperienze lavorative.

3.6.

Per riformare e adeguare i sistemi di istruzione e formazione occorre tempo. Il CESE auspica che la nuova iniziativa rientri in una visione a lungo termine delle politiche dell’UE in materia di istruzione, formazione e apprendimento permanente, intitolata «Spazio europeo dell’apprendimento permanente 2025», nell’ambito della strategia Europa 2020 e del quadro strategico ET 2020, e che serva a preparare le prossime strategie dell’UE.

3.7.

Per realizzare l’obiettivo di un’ECEC inclusiva e di qualità, di un miglioramento dell’apprendimento delle lingue e del riconoscimento reciproco dei diplomi di maturità, occorre che tali iniziative siano oggetto di un dialogo sociale efficiente a tutti i livelli tra i governi, i datori di lavoro e i sindacati, con il coinvolgimento di altri soggetti interessati, in primo luogo gli insegnanti e altri educatori, i genitori, il personale di orientamento e i discenti, ma anche gli organi delle comunità e le organizzazioni della società civile.

3.8.

Il CESE riconosce l’iniziativa «Università europee» come un processo dal basso verso l’alto per motivare le università a istituire reti per creare diplomi comuni, accrescere la mobilità degli studenti e facilitare l’apprendimento delle lingue. Rammentando quanto affermato nel proprio parere su questo tema (3), incoraggia l’inclusività e la diversità nella costituzione di reti di docenti, ricercatori e studenti, e invita a offrire la possibilità di creare delle reti a tutte le università nell’ambito del processo di Bologna.

3.9.

Nel considerare l’idea di una carta europea dello studente, il CESE raccomanda che questa iniziativa si fondi sul sistema di carte dello studente che ha dimostrato la propria efficacia, e aggiorni le carte degli studenti già esistenti. Rammenta il proprio parere al riguardo (4), ribadendo che occorre chiaramente individuare il valore aggiunto di qualsiasi nuova carta, che deve integrare quelle già esistenti.

3.10.

Per conseguire gli obiettivi dello spazio europeo dell’istruzione, occorrono investimenti nazionali sostenibili nell’istruzione che superino il 5 % del PIL per paese e il sostegno degli strumenti di finanziamento dell’UE nell’ambito del prossimo QFP, in particolare il programma Erasmus+ e il FEIS. Il CESE auspica che un’istruzione, una formazione e un apprendimento permanente olistici e inclusivi rientrino tra le priorità del futuro programma Erasmus+ e della futura strategia per la gioventù. Il CESE accoglie con favore il ruolo del semestre europeo nel sostenere le riforme strutturali volte a migliorare la politica dell’istruzione in linea con questa iniziativa.

3.11.   Migliorare l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue

3.11.1.

Il CESE ritiene che tale iniziativa sia fondamentale, in quanto il livello di competenza linguistica tra gli allievi al termine della scuola dell’obbligo è generalmente basso e si registrano grandi differenze tra i diversi Stati membri (5). Con la crescente mobilità all’interno dell’Europa e l’afflusso senza precedenti di alunni provenienti da paesi terzi che parlano lingue diverse, occorre riesaminare le sfide e le opportunità per il futuro, al fine di rendere il multilinguismo un’autentica risorsa dell’UE. A tutte le lingue va dato lo stesso valore, pertanto occorre sostenere l’apprendimento delle lingue UE e non UE.

3.11.2.

Le scuole hanno bisogno di sostegno per creare un ambiente di apprendimento multilingue, in cui si trovi il giusto equilibrio tra l’apprendimento delle lingue straniere e un elevato livello di alfabetizzazione e sviluppo della capacità di comunicazione nella/e madrelingua/e. Un apprendimento integrato di lingua e contenuti può favorire la mobilità e l’integrazione. È essenziale un uso più efficiente degli strumenti digitali e online per l’apprendimento delle lingue. A tal fine è necessario garantirne la qualità e la certificazione nonché l’accesso, l’assistenza e l’abbordabilità per tutti, tenendo presente che le persone potrebbero avere bisogno di aiuto per acquistare, selezionare e utilizzare strumenti adeguati a loro vantaggio.

3.11.3.

Il CESE accoglie con favore l’accento posto sull’apprendimento delle lingue nella prospettiva di rafforzare la comprensione reciproca, la mobilità e, di conseguenza, la cittadinanza europea. 64 milioni di adulti scarsamente qualificati devono migliorare le loro competenze di base, comprese le competenze linguistiche (6), per essere cittadini europei attivi, mantenere il loro posto di lavoro e migliorare le loro prospettive occupazionali. Per i singoli individui, l’apprendimento delle lingue crea opportunità al tempo stesso personali e professionali, per la società esso promuove la sensibilizzazione culturale, la comprensione reciproca e la coesione sociale, mentre, per le imprese, poter contare su lavoratori dotati di competenze linguistiche e interculturali serve ad affermarsi e a crescere sui mercati mondiali.

3.11.4.

L’apprendimento delle lingue dovrebbe essere rivolto a tutti e sostenere le persone in difficoltà, e, nel contempo, andrebbe perfezionato quale parte integrante dell’apprendimento formale, non formale e informale e attuato nell’ambito del quadro europeo delle competenze chiave, con il sostegno di finanze pubbliche sostenibili.

3.11.5.

Gli orientamenti del 2018 in materia di occupazione (7) asseriscono che la «mobilità dei discenti e dei lavoratori dovrebbe essere promossa con l’obiettivo di migliorare le competenze in termini di occupabilità e di sfruttare pienamente il potenziale del mercato del lavoro europeo.» Il difetto di competenze linguistiche può essere considerato un notevole ostacolo alla mobilità. Il CESE sottolinea che la proposta in esame dovrebbe rivolgersi ai discenti ben al di là degli alunni dell’istruzione obbligatoria, e mettere in evidenza la necessità dell’apprendimento delle lingue per tutti, dalla più tenera età fino al pensionamento e oltre, con particolare attenzione all’IVET e al CVET, all’istruzione superiore e all’apprendimento per gli adulti.

3.11.6.

La politica di apprendimento delle lingue dovrebbe puntare ad insegnare ad apprendere attraverso la pratica, tramite scambi di studenti, volontariato e altre attività, come il corpo europeo di solidarietà, sostenute dall’attuale e futuro programma Erasmus+.

3.11.7.

La carenza di insegnanti di lingue qualificati costituisce effettivamente un grave problema, e il CESE accoglie con favore l’invito contenuto nella proposta ad aumentare gli investimenti nello sviluppo professionale iniziale e continuo degli insegnanti di lingue, per rispondere ai requisiti in materia di qualifiche professionali dei paesi dell’UE.

3.12.   Sistemi di educazione e cura della prima infanzia di alta qualità

3.12.1.

Il parametro di riferimento fissato dalla strategia ET 2020 che prevede una partecipazione all’ECEC del 95 % dei bambini tra i quattro anni e l’inizio dell’istruzione obbligatoria è stato quasi raggiunto. Tuttavia, 17 milioni di bambini sugli oltre 32 milioni che non hanno ancora raggiunto l’età dell’obbligo scolastico nell’UE non hanno ancora accesso ai servizi per la prima infanzia. Inoltre, persistono dei divari in materia di parità di accesso per i bambini provenienti da contesti socioeconomicamente svantaggiati, in particolare le minoranze, i migranti, i bambini con disabilità e quelli che vivono in zone rurali di diverse regioni d’Europa.

3.12.2.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo della proposta di incoraggiare ulteriormente i governi a migliorare l’accessibilità e la qualità dell’educazione per la prima infanzia. In effetti, occorrono ulteriori sforzi per assicurare che un’assistenza per la prima infanzia di qualità e finanziariamente abbordabile sia un diritto di tutti i bambini e di tutte le famiglie. I servizi di alta qualità svolgono un ruolo decisivo nel migliorare il rendimento scolastico e lo sviluppo di competenze sociali. La partecipazione a forme di educazione e cura di alta qualità per la prima infanzia si traduce nel conseguimento di competenze di base più elevate e rappresenta un’efficace strumento di prevenzione dell’abbandono scolastico.

3.12.3.

La Commissione europea sottolinea la forte coerenza della proposta con le altre politiche dell’Unione. Il CESE apprezza in particolare il collegamento con la proposta di direttiva relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza (8), che ha riconosciuto l’esigenza di fornire servizi di assistenza formale di buona qualità in tutta Europa. Il CESE ha sostenuto tale interazione reciproca in molti dei suoi pareri, al fine di aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ridurre le disparità retributive ingiustificate, nonché di tenere conto dell’importante ruolo dell’apprendimento familiare, che aiuta i genitori ad avere fiducia nel proprio ruolo e contribuisce all’apprendimento degli adulti.

3.12.4.

Il personale addetto all’ECEC dovrebbe essere sostenuto nel migliorare il proprio livello di professionalità e creare un contesto lavorativo favorevole. La formazione iniziale e lo sviluppo professionale continuo del personale docente dell’ECEC dovrebbero essere di qualità elevata, e rispondere al contempo alle esigenze di educatori e bambini: ad esempio, in che modo garantire l’inclusività insegnando i valori democratici.

3.12.5.

Secondo l’OCSE (2015) (9), la professione di insegnante è caratterizzata da un considerevole squilibrio di genere, dato che 7 insegnanti su 10 sono donne. Nei paesi dell’OCSE (2015) il 97 % degli educatori a livello prescolare e l’83 % degli insegnanti della scuola elementare sono donne, mentre nell’istruzione terziaria solo il 43 % dei docenti sono donne. Lo squilibrio di genere tra il personale e la necessità di attirare un maggior numero di insegnanti uomini per garantire modelli di ruolo maschili per i bambini nell’ECEC sono questioni che ancora richiedono un’azione urgente, dato che lo squilibrio di genere è collegato allo status, alla retribuzione e alle condizioni di lavoro attuali degli insegnanti del settore.

3.13.   Riconoscimento automatico reciproco dei diplomi e dei periodi di apprendimento all’estero

3.13.1.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo dell’iniziativa di garantire che qualunque studente, apprendista o alunno che abbia portato a compimento un’esperienza di apprendimento all’estero, per conseguire un titolo di studio o nell’ambito della mobilità per l’apprendimento, possa vedere automaticamente riconosciuta tale esperienza ai fini di un ulteriore apprendimento. La mobilità favorisce competenze ed esperienze fondamentali per la partecipazione attiva alla società e al mercato del lavoro, e dovrebbe essere potenziata promuovendo la fiducia nei programmi di studio e nelle qualifiche.

3.13.2.

Per evitare che si debbano ripetere anni e/o periodi scolastici interi, il CESE sottolinea l’importanza del riconoscimento transfrontaliero dei periodi di apprendimento nell’istruzione secondaria e superiore e dei titoli di studio di livello secondario superiore che danno accesso all’istruzione superiore nel paese di origine.

3.13.3.

Il CESE sottolinea che l’iniziativa dovrebbe essere incentrata anche sul riconoscimento dell’apprendimento formale, non formale e informale all’estero e tenere conto del ruolo dei soggetti interessati, delle parti sociali e della società civile nel riconoscere i risultati dello studio e dell’apprendimento (10). Rammenta a questo proposito il ruolo importante svolto dalla raccomandazione del Consiglio, del 20 dicembre 2012, sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale e sull’ulteriore miglioramento dei sistemi nazionali di convalida. Il CESE incoraggia il gruppo consultivo EQF e il Cedefop a migliorare l’Inventario europeo sulla VNFIL (11) e a perfezionare le Linee guida europee per la VNFIL (12) come standard di qualità destinati ai governi, alle parti sociali e ai soggetti interessati per migliorare i processi di convalida. Si dovrebbe prestare particolare attenzione alla comprensione delle condizioni necessarie, delle sinergie e dei benefici del miglioramento del coordinamento tra la VNFIL e i servizi di orientamento e consulenza (13).

3.13.4.

La permeabilità e la fiducia tra la l’istruzione professionale e superiore rappresentano ancora un problema, tra i vari paesi ma anche al loro interno. All’istruzione accademica e professionale dovrebbe essere attribuito lo stesso valore. Gli strumenti, i mezzi e i principi europei per l’istruzione superiore e professionale dovrebbero sostenersi a vicenda (EQF, ECVET, EQAVET, EQAR ecc.), mentre il principio dei risultati dell’apprendimento deve essere pienamente attuato al fine di realizzare il riconoscimento automatico della mobilità per l’apprendimento in Europa.

Bruxelles, 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 173 del 31.5.2017, pag. 1

(2)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 19.

(3)  GU C 71 del 24.2.2016, pag. 11.

(4)  GU C 132 del 3.5.2011, pag. 55.

(5)  Eurydice, Cifre chiave dell'insegnamento delle lingue a scuola in Europa — 2017.

(6)  Cedefop, 2017, Investing in skills pays off: The economic and social cost of low-skilled adults in the EU («Investire nelle competenze paga — Il costo economico e sociale dei lavoratori adulti poco qualificati nell’UE»), Ufficio delle pubblicazioni, Lussemburgo, Documento di ricerca Cedefop n. 60.

(7)  https://ec.europa.eu/info/publications/2018-european-semester-employment-guidelines_en.

(8)  COM(2017) 253 final — 2017/085 (COD).

(9)  OCSE, Education at a Glance («L’istruzione in sintesi»), 2017.

(10)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 49.

(11)  http://www.cedefop.europa.eu/en/events-and-projects/projects/validation-non-formal-and-informal-learning/european-inventory.

(12)  http://www.cedefop.europa.eu/en/publications-and-resources/publications/3073.

(13)  Cedefop (di prossima pubblicazione), Validation of non-formal and informal learning and career guidance (Convalida dell’apprendimento non formale e informale e dell’orientamento professionale).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/142


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Mobilitare, collegare e responsabilizzare i giovani: una nuova strategia dell’UE per la gioventù»

[COM(2018) 269 final]

(2019/C 62/24)

Relatore:

Michael McLOUGHLIN

Correlatore:

Adam ROGALEWSKI

Consultazione

Commissione europea, 18.6.2018

Base giuridica

Articolo 165 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

18.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

116/4/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la strategia dell’UE per la gioventù per il 2019-2027 (in appresso «la strategia») e in particolare l’istituzione, nell’ambito di tale strategia, di un coordinatore dell’UE per la gioventù.

1.2.

Il Comitato ritiene che la strategia, vista la sua natura intersettoriale, dovrebbe essere più collegata ai programmi dell’UE esistenti, come Erasmus+, la garanzia per i giovani e il corpo europeo di solidarietà.

1.3.

Il CESE è dell’avviso che, se si vogliono ottenere buoni risultati, la strategia debba perseguire i seguenti tre obiettivi:

attuare un approccio intersettoriale, con una visione globale dei giovani, delle loro esigenze e dei loro diritti;

attribuire alla nuova figura del coordinatore dell’UE per la gioventù, che dovrebbe occupare una posizione di alto livello, un ruolo guida principalmente per quanto riguarda il lavoro intersettoriale;

integrare la politica dell’UE per i giovani nel processo del semestre europeo affinché sia maggiormente mirata al conseguimento dei risultati, in particolare in ambiti d’intervento di natura intersettoriale.

1.4.

Il CESE ritiene che l’ambito di applicazione della strategia dovrebbe essere esteso alle azioni volte a tutelare e sostenere i giovani nonché a dotarli dei diritti, delle conoscenze e delle competenze necessari per affrontare sfide globali quali la digitalizzazione, i cambiamenti climatici e l’avanzare del populismo.

1.5.

Il CESE raccomanda che la strategia si prefigga obiettivi molto ambiziosi per quanto riguarda il lavoro intersettoriale da compiere in altri ambiti di intervento pertinenti delle politiche europee, quali l’occupazione, l’istruzione, la salute, la migrazione e l’uguaglianza.

1.6.

Il Comitato raccomanda che la strategia presti maggiore attenzione ai problemi occupazionali che interessano i giovani, in particolare in termini di discussione sul futuro del lavoro e di altre questioni sociali come la salute mentale, l’uguaglianza e l’istruzione.

1.7.

Pur concordando con la Commissione sul fatto che la strategia debba promuovere la democrazia, il CESE ritiene che essa dovrebbe promuovere anche l’impegno civico in senso più ampio, con particolare riguardo alla partecipazione alle consultazioni elettorali, al volontariato, alle ONG dirette da giovani, alla democrazia sul luogo di lavoro e al dialogo sociale.

1.8.

Il Comitato è convinto che la promozione del coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali debba andare al di là dei singoli eventi una tantum. Inoltre, nello sviluppare ulteriormente il dialogo dell’UE con i giovani, è necessario migliorare il ruolo delle organizzazioni giovanili di volontariato e dei consigli nazionali della gioventù e percorrere anche altre strade. Le istituzioni dell’UE dovrebbero prendere l’iniziativa a questo proposito, e il CESE dovrebbe essere quella impegnata in prima linea nel migliorare la partecipazione dei giovani a livello dell’UE.

1.9.

Occorre incoraggiare l’aumento della spesa destinata all’animazione socioeducativa per i giovani così come gli investimenti a lungo termine nei servizi pubblici, in particolare quando i finanziamenti di questi ultimi siano stati oggetto di tagli.

1.10.

La strategia deve riflettere un approccio basato sui diritti, ad esempio ispirandosi, laddove opportuno, alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.

1.11.

La strategia deve inoltre dedicare maggiore attenzione alle giovani donne e alle ragazze, alle giovani persone LGBTIQ+, ai giovani con disabilità e ai giovani migranti e rifugiati.

1.12.

Dovrebbe essere richiesta una maggiore convergenza verso l’alto tra gli Stati membri in relazione alla politica per la gioventù, e i piani nazionali relativi ad ambiti d’intervento analoghi dovrebbero agevolare tale convergenza. A tal fine occorre rafforzare il processo degli indicatori, avviato nell’ambito dell’ultima strategia adottata.

1.13.

Il CESE propone che il portale UE per i giovani utilizzi tutti gli strumenti online disponibili in relazione all’attuale mobilitazione dei giovani.

1.14.

Il CESE accoglie con favore questa nuova strategia ad hoc dell’UE per la gioventù, ma raccomanda vivamente di integrare in modo sistematico la dimensione giovanile nell’insieme delle attività svolte dalle varie direzioni generali (DG) della Commissione europea.

2.   Contesto

2.1.

La strategia presentata è il terzo quadro proposto dall’UE incentrato sulla popolazione giovanile dell’Europa. La nuova strategia si concentra su tre ambiti di intervento («mobilitare, collegare, responsabilizzare»), in contrapposizione agli otto ambiti d’azione della strategia dell’UE per la gioventù 2010-2018, ossia occupazione e imprenditorialità, inclusione sociale, partecipazione, istruzione e formazione, salute e benessere, volontariato, i giovani nel mondo, creatività e cultura.

2.2.

I cambiamenti più importanti nella nuova strategia comprendono: l’istituzione di un coordinatore dell’UE per la gioventù, la sostituzione del dialogo strutturato con i giovani con il dialogo dell’UE con i giovani e la diluizione di una serie di obiettivi precedenti in tendenze intersettoriali che mirano ad aprire canali di comunicazione tra i giovani e i decisori politici.

2.3.

Come nelle strategie precedenti, la garanzia per i giovani non è compresa nella strategia e fa parte del Fondo sociale europeo+.

2.4.

Nel campo della strategia esistono già numerose iniziative, a livello sia nazionale che dell’Unione europea. Un lavoro considerevole viene svolto nell’ambito di Erasmus+, della garanzia per i giovani, dell’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile e del Fondo sociale europeo. Altri ambiti d’intervento pertinenti a cui si fa riferimento sono l’agenda per le competenze e il corpo europeo di solidarietà. Allo stesso tempo, altre politiche hanno un forte impatto sui giovani negli ambiti d’intervento cosiddetti intersettoriali (ad esempio trasporti, affari sociali, salute, azione esterna e agricoltura). Inoltre, ciascuno Stato membro ha un proprio approccio alle politiche per la gioventù e alle altre questioni che riguardano i giovani.

2.5.

Le questioni giovanili sono integrate, tra l’altro, nel pilastro europeo dei diritti sociali, nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile.

2.6.

Il CESE ha già adottato numerosi pareri in merito alle questioni giovanili, e in particolare all’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (1), alla garanzia per i giovani (2), al corpo europeo di solidarietà (3) e, più recentemente, a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (4). Ha inoltre valutato, dal punto di vista della società civile, l’attuazione delle politiche dell’UE per l’occupazione giovanile, e principalmente della garanzia per i giovani, in una selezione di sei Stati membri.

2.7.

Nella consultazione organizzata dal CESE per elaborare il presente parere, condotta dai giovani stessi, questi hanno dato voce ad una grandissima incertezza: hanno riferito di avvertire una forte pressione e una scarsa accettazione nei confronti di coloro che intraprendono un percorso diverso o abbandonano presto la scuola, e alcuni hanno sottolineato il fatto di dover iniziare a pensare alla pensione fin da adolescenti. L’ingresso nel mondo del lavoro rimane una sfida, e i giovani hanno espresso la loro frustrazione per il fatto di essere discriminati sul piano retributivo, ricevendo, semplicemente a causa della giovane età, un salario inferiore per lo svolgimento dello stesso lavoro. Anche l’alloggio e i trasporti costituiscono questioni fondamentali, unitamente alla digitalizzazione e ai problemi legati al riconoscimento e alla convalida delle competenze acquisite attraverso l’apprendimento non formale.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la strategia proposta. Ritiene che essa debba costituire un piano completo che produca effettivamente i risultati attesi e fornisca ai giovani un valore aggiunto superiore alla semplice somma delle sue parti, con un’efficacia superiore a quella di una serie di azioni diverse. Il CESE ritiene che la strategia dovrebbe essere più collegata ai programmi dell’UE esistenti, come Erasmus+, la garanzia per i giovani e il corpo europeo di solidarietà.

3.2.

Di recente, il concetto di un «approccio globale» alle questioni politiche ha guadagnato terreno ed è diventato comune a livello sia dell’UE che degli Stati membri. Si tratta di uno sviluppo da accogliere con favore, in quanto con esso si riconosce che i problemi sociali non sempre rientrano in categorie amministrative precise. Tuttavia, il superamento dei ruoli settoriali, dei bilanci e delle culture tradizionali rappresenta una sfida enorme, ed è necessario garantire che tale «approccio globale» non diventi una sorta di panacea nel caso in cui un problema sia troppo difficile da risolvere o quando i decisori politici vogliano semplicemente seguire altre opzioni.

3.3.

Il CESE ritiene che l’attuazione della politica dell’UE per la gioventù debba essere più visibile e sostenibile a livello dell’UE e degli Stati membri se si vuole che essa sia valutata in modo appropriato, ad esempio nell’ambito del semestre europeo e del quadro di valutazione della situazione sociale.

3.4.

Nel complesso, la strategia proposta deve avere un approccio più basato sui diritti. Si tratta di un ambito d’intervento importante, in quanto la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (che naturalmente non si applica a tutti gli appartenenti alla categoria dei giovani) è concepita in questo modo e prevede revisioni periodiche delle prestazioni degli Stati mediante parametri di misurazione concordati. Le proposte pongono un forte accento sulla natura stessa dell’animazione socioeducativa per i giovani e sul ruolo del settore del volontariato; ciò è di fondamentale importanza, poiché esistono approcci nuovi e più strumentali al «lavoro con i giovani», evidenti a livello internazionale.

3.5.

Il CESE ritiene che la strategia debba mirare a promuovere una reale convergenza verso l’alto tra gli Stati membri nel campo delle politiche per la gioventù. Ciò è particolarmente vero in quanto sono previsti finanziamenti considerevoli da parte dell’UE (ad esempio, attraverso il programma Erasmus) per tutti gli Stati membri. In altri ambiti finanziati dall’UE esiste un approccio di cofinanziamento che promuove la convergenza e un approccio comune più ampio a livello dell’UE. Il Comitato reputa che ciò costituisca una grande lezione per la strategia.

3.6.

Pur concordando con la Commissione in merito al ruolo cruciale svolto dagli animatori socioeducativi e ai benefici unici che essi offrono ai giovani nella transizione verso l’età adulta, il CESE sottolinea che la qualità di tale animazione dipende in gran parte dal finanziamento dei servizi pubblici. In alcuni Stati membri, a causa dei tagli nel settore pubblico e del congelamento degli stipendi, non solo la qualità del lavoro degli animatori socioeducativi è peggiorata, ma vi sono anche molti posti vacanti in questo settore. Pertanto, il CESE chiede maggiori investimenti nei servizi pubblici.

3.7.

Ciò nondimeno, la Commissione sottolinea giustamente che gli Stati membri devono dedicare le proprie risorse alle politiche per la gioventù. A tale riguardo, le proposte sul monitoraggio dei finanziamenti sono molto incoraggianti, ma devono comprendere il lavoro degli Stati membri e altri ambiti d’intervento intersettoriali. Il CESE ritiene che il monitoraggio debba essere condotto con il coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile a tutti i livelli.

3.8.

Il Comitato concorda con la Commissione sulla necessità che gli Stati membri esplorino forme innovative e alternative di partecipazione democratica. Tuttavia, il CESE è fermamente convinto che sia necessario assicurare un maggiore sostegno, anche finanziario, alle modalità di impegno sociale esistenti, come ad esempio il volontariato, i consigli della gioventù, la partecipazione alle attività di organizzazioni della società civile, sindacati o comitati aziendali. Dal momento che i giovani sono il futuro dell’Europa, andrebbero incoraggiati a prendere parte alle elezioni sia locali che europee e ad impegnarsi in tutte le forme di partecipazione civica e politica.

3.9.

Il CESE ritiene che, nell’ambito di applicazione della strategia, la quale è incentrata su tre settori di intervento — MOBILITARE, COLLEGARE, RESPONSABILIZZARE — quest’ultimo settore dovrebbe essere esteso per includere azioni volte a tutelare e sostenere i giovani nonché a dotarli delle competenze necessarie per affrontare sfide globali quali la digitalizzazione, i cambiamenti climatici e l’ascesa del populismo. Poiché una delle priorità dell’UE è quella di proteggere i suoi cittadini, il Comitato ritiene che anche i giovani, alla stregua della popolazione adulta, debbano rientrare in questa priorità. I giovani dovrebbero inoltre beneficiare del concetto di «giustizia digitale», promosso dal CESE (5), che mira a proteggere i cittadini europei dagli aspetti negativi della rivoluzione digitale o nel quadro più ampio della «transizione equa» sostenuta dall’OIL.

I giovani e il mondo del lavoro

3.10.

Sebbene la strategia per i giovani debba essere chiara e includere un numero limitato di obiettivi, il Comitato ritiene che la strategia attuale dovrebbe riservare maggiore attenzione alle questioni sociali e occupazionali che interessano i giovani, in particolare nel quadro del dibattito in corso sul futuro del lavoro. Fra tali questioni figurano, ad esempio, la digitalizzazione, le piattaforme, la frammentazione e la casualizzazione del mercato del lavoro, le quali interessano in particolare i giovani.

3.11.

Conciliare il lavoro con lo studio è ormai diventata un’abitudine quotidiana per molti giovani. Per questo motivo, il CESE ritiene che le future politiche dell’UE in materia di gioventù debbano promuovere la democrazia sul luogo di lavoro, anche favorendo il dialogo sociale e proteggendo i diritti dei giovani in materia di occupazione. Nel mercato del lavoro i giovani dovrebbero ricevere lo stesso trattamento riservato alla popolazione adulta, e in particolare percepire lo stesso salario minimo (6), nonché beneficiare dello stesso accesso alle pensioni e dello stesso livello di protezione contro i contratti di lavoro precari (a zero ore), i tirocini non retribuiti o il lavoro autonomo fittizio. Anche la voce dei giovani dovrebbe essere ascoltata, sia nella società che nei luoghi di lavoro. Inoltre, i giovani dovrebbero essere più fortemente incoraggiati a partecipare alle attività degli organismi di rappresentanza nei luoghi di lavoro (sindacati e comitati aziendali), sull’esempio di alcuni paesi che hanno istituito speciali consigli di rappresentanza dei giovani in tali ambiti.

3.12.

Alcuni giovani sono anche genitori, e le politiche europee pertinenti (come una nuova direttiva sull’equilibrio tra attività professionale e vita privata) sono importanti per i giovani che devono conciliare il lavoro, lo studio e la cura dei propri familiari. A causa della digitalizzazione dei luoghi di lavoro, senza dubbio i giovani si troveranno in una situazione lavorativa diversa rispetto a quella dei loro genitori. Il CESE raccomanda che la strategia dedichi maggiore attenzione alle politiche sociali e per l’occupazione, considerata l’importanza delle politiche del mercato del lavoro per la vita delle giovani generazioni.

3.13.

Il mercato del lavoro è particolarmente importante al riguardo perché in molti paesi sono stati proprio i giovani i più colpiti dalla disoccupazione negli anni successivi alla crisi economica del 2008. Sebbene il tasso di disoccupazione giovanile sia diminuito, il numero di giovani senza lavoro era quasi il doppio di quello dei giovani occupati (7). In molti casi i posti di lavoro creati negli ultimi anni sono di qualità inferiore, o offrono meno sbocchi verso contratti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno, rispetto a quelli precedenti la crisi (si tratta, ad esempio, di contratti a tempo determinato o a zero ore).

Salute e istruzione dei giovani

3.14.

La strategia mira a far sentire ai politici la voce dei giovani non rappresentati. Per raggiungere questo obiettivo, sono necessari ulteriori interventi per integrare nella società i giovani che sono più lontani dal mercato del lavoro e dal sistema d’istruzione. Nonostante una lieve diminuzione del numero dei giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (Not in Education, Employment or Training — NEET), nel 2017 il 10,9 % dei giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni e il 17,7 % di quelli di età compresa tra i 25 e i 29 anni non erano ancora usciti dalla condizione di NEET. Il miglioramento delle capacità e delle competenze ha senz’altro un impatto positivo sull’occupabilità dei giovani; da solo, tuttavia, questo fattore non potrà determinare la crescita dell’occupazione. Il disimpegno dei NEET ha un impatto significativo sulla vita e le aspirazioni di questi giovani, in quanto può portare alla povertà e all’esclusione sociale. Inoltre, per il mancato inserimento della popolazione dei NEET nel sistema dell’istruzione o nel mondo del lavoro le autorità pubbliche sostengono un costo che, secondo le stime di Eurofound (2012, 2014), è pari all’1,2 % del PIL nazionale. La popolazione dei NEET è inoltre più propensa a sostenere ideologie estremiste e xenofobe.

3.15.

Il principio n. 4 del pilastro europeo dei diritti sociali sul sostegno attivo all’occupazione stabilisce che «[i] giovani hanno diritto al proseguimento dell’istruzione, al tirocinio o all’apprendistato oppure a un’offerta di lavoro qualitativamente valida entro quattro mesi dalla perdita del lavoro o dall’uscita dal sistema d’istruzione». La strategia dell’UE per la gioventù dovrebbe contribuire all’effettivo rispetto di questo principio, in particolare promuovendo lo sviluppo di alleanze della società civile e delle parti sociali intese ad elaborare e a monitorare il ventaglio di politiche attuate in questo campo. Un’attenzione speciale andrebbe riservata a strategie di sensibilizzazione volte a reinserire i giovani che sono più lontani dal mercato del lavoro nei settori dell’occupazione o dell’istruzione.

3.16.

La strategia europea per la gioventù dovrebbe pertanto impiegare una strategia paneuropea per raggiungere queste categorie di giovani. Una stretta cooperazione tra le autorità nazionali, le parti sociali europee, i consigli nazionali della gioventù e il settore della gioventù costituisce la chiave del successo di questa impresa.

3.17.

I giovani trascorrono generalmente buona parte del loro tempo studiando a tempo pieno o parziale, e anche nel settore dell’istruzione l’UE dispone di competenze limitate, a parte l’obbligo di garantire che «ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro», secondo quanto sancito dal principio n. 1 del pilastro europeo dei diritti sociali. Anche in questo caso si tratta di un ambito di intervento che era oggetto di un pilastro specifico della precedente strategia.

3.18.

La questione della salute mentale dei giovani è centrale per l’animazione socioeducativa e per qualsiasi interazione professionale con i giovani. Benché, in linea generale, la salute rientri nella competenza degli Stati membri, tuttavia la salute mentale è un aspetto della sanità pubblica di competenza dell’UE e dovrebbe pertanto avere un posto di primo piano nel lavoro intersettoriale previsto dalla strategia. Occorre pertanto prestare particolare attenzione a problemi quali i tassi di ansietà, di depressione e di suicidio tra i giovani.

3.19.

Sono sempre più frequenti, a livello dei singoli Stati membri, gli esempi di buone pratiche efficaci per i giovani. Analogamente, l’animazione socioeducativa per i giovani si è dimostrata benefica per la loro salute mentale. Il CESE ritiene che la questione della salute mentale dei giovani necessiti di maggiore attenzione da parte della strategia.

3.20.

Allo stesso modo, molte politiche nazionali si concentrano sulla salute fisica dei giovani. In questo campo vi sono diversi fenomeni che destano preoccupazione. L’aumento dell’obesità infantile e giovanile appare preoccupante, così come l’abuso di sostanze psicotrope e delle cosiddette «droghe legali». Sebbene gli Stati membri possano ancora adottare strategie piuttosto diverse tra loro, una strategia europea basata su un approccio intersettoriale ai problemi dei giovani non può ignorare tali fenomeni e deve adoperarsi per affrontarli, facendo leva sulle competenze pertinenti dell’UE. Si tratta di ambiti di intervento che costituivano pilastri specifici della precedente strategia, ed è importante che il lavoro intersettoriale mantenga un forte accento su questi temi.

Uguaglianza

3.21.

Esiste un forte legame tra l’animazione socioeducativa per i giovani, la politica per la gioventù e l’uguaglianza. In questo campo vi è stata un’azione considerevole da parte dell’UE, e tutti gli Stati membri dispongono di una legislazione in materia. Ciononostante, in molte situazioni i giovani devono ancora fare i conti con la discriminazione, per esempio nel caso dell’alloggio oppure di servizi sui quali fanno più affidamento di altre categorie della popolazione, come i trasporti pubblici. Le normative volte a promuovere l’uguaglianza spesso si focalizzano sui problemi delle persone anziane. Negli Stati membri dell’UE nove motivazioni universali sono alla base del divieto di discriminazione. Dobbiamo assicurarci che la strategia dell’UE per la gioventù tengo conto in misura adeguata dei giovani che sono vittime di questi tipi di discriminazione. Se è vero che vi sono diverse categorie di giovani discriminati, il CESE intende mettere in evidenza le seguenti, cui il documento deve riservare maggiore attenzione:

giovani con disabilità;

giovani migranti e rifugiati;

giovani donne e ragazze;

giovani persone LGBTIQ+.

3.22.

Negli ultimi tempi numerose politiche dell’UE per la gioventù si sono concentrate sul fenomeno della radicalizzazione. Tuttavia, l’integrazione deve essere parte di un ventaglio più ampio di misure messe a disposizione dei giovani, e occorre insistere su questo aspetto nella strategia. Il tema dell’integrazione si inserisce inoltre in modo naturale nei programmi di occupazione giovanile.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE accoglie con favore l’istituzione della nuova figura del «coordinatore dell’UE per la gioventù», il quale dovrebbe ascoltare le voci dei giovani e influenzare la dimensione intersettoriale della politica giovanile, e reputa che l’accento andrebbe posto su quest’ultimo aspetto. Il coordinatore dovrebbe inoltre incoraggiare e facilitare un processo analogo a livello degli Stati membri e dovrebbe pertanto essere sempre presente assieme ai rappresentanti della Commissione alle riunioni del Consiglio.

4.2.

Sono inoltre molto apprezzate le proposte di piani d’azione nazionali nel settore della gioventù. Nel sostenere i giovani è necessario prefiggersi obiettivi chiari, monitorarne l’attuazione e assicurarsi che questa vada avanti. Il CESE sostiene fermamente la linea di pensiero della Commissione secondo cui occorre un più saldo collegamento tra i finanziamenti e i piani d’azione nazionali.

4.3.

Il passaggio da un dialogo strutturato a un dialogo con i giovani più inclusivo è accolto con grande favore. È tuttavia necessaria una maggiore inclusione, che potrebbe essere raggiunta ampliando il tipo e la natura delle organizzazioni coinvolte e aggiungendovi ulteriori categorie. Le organizzazioni giovanili di volontariato e i consigli nazionali della gioventù dovrebbero rimanere al centro di queste attività poiché sono vicine ai giovani e dispongono di un’enorme esperienza in materia.

4.4.

Si accoglie con favore il consolidamento del Portale europeo per i giovani come punto d’ingresso digitale unico attraverso il quale i giovani sono coinvolti nelle attività dell’UE. Tuttavia, sarebbe opportuno dedicare un’attenzione particolare alla disponibilità di questo portale attraverso una connessione a Internet e un accesso ai computer a titolo gratuito, in particolare per le categorie di giovani svantaggiati negli Stati membri. La Commissione deve inoltre tenere traccia dei movimenti costanti nelle piattaforme sociali tra i giovani.

4.5.

Le proposte indicano che i giovani si trovano in una posizione di vantaggio per quanto riguarda il cambiamento tecnologico. In proposito, tuttavia, occorre osservare che esistono anche giovani esclusi dal mondo digitale. Coloro che lavorano con i giovani devono inoltre essere consapevoli tanto degli aspetti positivi quanto di quelli negativi del coinvolgimento tecnologico dei giovani (ad esempio i problemi di salute mentale e le sfide poste dalla diffusione di notizie false).

4.6.

Sebbene costituisca un valore europeo fondamentale e sia centrale nei programmi per la gioventù, la mobilità può anche presentare degli svantaggi, in particolare nei paesi interessati dall’emigrazione, dal calo demografico e dalla «fuga di cervelli» o da quella di manodopera. Tuttavia, si profilano delle possibilità di migliorare tale situazione attingendo alla popolazione formata dai nuovi migranti e profughi in Europa.

4.7.

Il CESE ritiene preziose le proposte formulate dalla Commissione sulla convalida dell’apprendimento informale e non formale. Al riguardo sarebbe utile vedere sviluppati alcuni modelli nel settore della gioventù e in altri ambiti.

4.8.

Fortunatamente, oggi vi è un maggior numero di eventi dedicati ai giovani che coinvolgono le istituzioni dell’UE, così che varrebbe la pena di valutarli tutti insieme. Sarebbe inoltre opportuno verificare se fosse possibile conseguire una maggiore sinergia tra questi eventi. Il dialogo strutturato ha il vantaggio di essere un’attività permanente anziché un evento occasionale. Il coinvolgimento costante dei giovani nelle decisioni che li riguardano dovrebbe costituire una priorità, ed è importante che ciò avvenga in tutti gli ambiti d’intervento, non solo in quello della politica per la gioventù. Le istituzioni che attualmente organizzano eventi singoli dovrebbero passare a un coinvolgimento costante dei giovani nella propria attività.

4.9.

Il Comitato ritiene che, in un’epoca di diffusione di notizie false e di eccessiva dipendenza dagli strumenti online, sia importante garantire un ruolo forte all’informazione indipendente dei giovani. Il rapporto con adulti fidati dovrebbe rimanere una caratteristica cruciale dell’animazione socioeducativa per i giovani e della politica per la gioventù.

4.10.

Il CESE ritiene che la strategia, insieme ad altre politiche rivolte alle giovani generazioni, dovrebbe essere uno strumento importante per affrontare i sentimenti anti-europei e il populismo tra i giovani.

4.11.

Il CESE accoglie con favore questa nuova strategia ad hoc dell’UE per la gioventù, ma raccomanda vivamente di integrare in modo sistematico la dimensione giovanile nell’insieme delle attività svolte dalle varie direzioni generali (DG) della Commissione europea.

Bruxelles, 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 268 del 14.8.2015, pag. 40

(2)  GU C 271 del 19.9.2013, pag. 101

(3)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 160

(4)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 41

(5)  GU C 237 del 6.7.2018, pag. 1

(6)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10

(7)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/148


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una nuova agenda europea per la cultura»

[COM(2018) 267 final]

(2019/C 62/25)

Relatore:

Antonello PEZZINI (IT/I)

Consultazione

Commissione europea, 18.6.2018

Base giuridica

Articolo 167 del TFUE

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

182/1/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE è convinto che l’Europa rappresenti una comunità culturale che si fonda su valori condivisi e che l’economia sociale di mercato sia un segno distintivo dello stile di vita europeo, che combina la libertà economica con i diritti sociali e con i principi di rispetto dell’uomo.

1.2.

Il CESE ritiene fondamentale il consolidamento e lo sviluppo della dimensione culturale dell’Unione, basata sui valori comuni consacrati nei Trattati, quale fattore chiave del processo di integrazione e come pietra angolare dell’identità culturale europea, impegnata nella costruzione di una società inclusiva, pluralista, coesa e competitiva.

1.2.1.

Secondo il CESE, solo il rafforzamento del senso di appartenenza all’Europa e un’identità culturale comune possono rafforzare la costruzione europea e le diversità culturali e linguistiche.

1.2.2.

Il patrimonio culturale materiale e immateriale dell’Europa rappresenta, secondo il CESE: il collante dei popoli europei, un fortissimo legame identitario e una preziosa risorsa strategica di coesione sociale.

1.3.

Il CESE ritiene che, proprio per la crisi politica e d’identità in atto in Europa (1), sia estremamente importante ridare alla cultura quel ruolo centrale, di trasmissione di legami identitari e per dare realtà ai valori comuni, sanciti dai Trattati.

1.4.

Il CESE, pur valutando positivamente l’iniziativa di porre la cultura al centro dell’agenda, chiede che il rilancio dell’Agenda sia un’occasione per confrontarsi con la visione di un «Nuovo Rinascimento europeo», che miri alla creazione di uno Spazio europeo della Cultura (2) — SEC —, fondato su molti valori comuni, come: solidarietà, fiducia e corresponsabilità.

1.5.

Un’Agenda europea della cultura rinnovata deve, secondo il CESE, basarsi su una visione strategica condivisa, che indichi, nella realizzazione del SEC:

valori identitari comuni, di libertà e di solidarietà;

principi cardine della libertà di circolazione, stabilimento e prestazione, in Europa, di persone beni e servizi che operano in ambito culturale;

sistemi di gestione e progettazione di interventi rivolti al patrimonio culturale;

concreti interventi di restauro e di conservazione dell’immenso patrimonio artistico che rende viva, alle nuove generazioni, la cultura europea (3);

una valorizzazione della cultura europea nelle relazioni internazionali;

una governance rinvigorita delle politiche europee, per dare più spazio agli attori che producono e danno forma alla cultura, nelle espressioni culturali e nelle industrie culturali e creative;

sostegno all’aggregazione delle piccole imprese creative, in particolare a quelle con finalità sociali;

sinergie e scambi di processi culturali, che contribuiscano a rafforzare la condivisione delle molteplici espressioni della società europea.

1.6.

Dal lato dell’offerta culturale è necessario che i destinatari delle azioni abbiano una percezione chiara e accessibile, attraverso nuovi mezzi di comunicazione plurilingue, affinché lo Spazio europeo della cultura sia effettivamente patrimonio di tutti.

1.7.

Dal lato della domanda culturale, il Comitato ritiene essenziale un’azione diretta ai fruitori della cultura, per aumentare i livelli della partecipazione allo sviluppo dell’identità valoriale europea, con iniziative come: un «Erasmus di cittadinanza culturale» e il lancio di una Carta europea della cultura, rivolta ai cittadini europei.

1.8.

Il CESE è convinto di poter giocare un ruolo proattivo in un dialogo culturale strutturato, per rafforzare la cittadinanza democratica, l’identità culturale e la condivisione delle molteplici espressioni creative della società, anche con iniziative congiunte, come il lancio di una Settimana europea della cultura, le Notti della cultura europea, e le nomination di Ambasciatori europei della cultura.

1.9.

Il Comitato si impegna in un monitoraggio dei dati della tabella di marcia della nuova Agenda e al completamento del SEC, sulla base della presentazione di rapporti periodici della Commissione.

2.   Introduzione

2.1.

La cultura è al centro del progetto europeo e costituisce il fondamento dell’«unità nella diversità» dell’Unione europea. Essa rappresenta una componente fondamentale del vivere comune e un valore in grado di arricchire la nostra umanità, quale elemento imprescindibile dei nostri comportamenti nella società e nell’espressione quotidiana della nostra cittadinanza.

2.2.

La cultura rappresenta quindi la risorsa strategica di coesione sociale e di dialogo interculturale per eccellenza e una grande opportunità per valorizzare la storia comune, con la grande ricchezza della diversità culturale delle regioni europee e del patrimonio materiale e immateriale condiviso.

2.3.

Il trattato di Lisbona ha attribuito grande importanza alla cultura: nel Preambolo del trattato sull’Unione si fa esplicito riferimento alla volontà di ispirarsi «alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa», con obiettivi prioritari come l’impegno a rispettare «la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e a vigilare sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo».

2.3.1.

Molti di questi valori, che fungono da base alla società europea, sono evidenziati dal trattato: «L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani…». Questi valori, che sono diventati parte integrante della cultura europea, emergono e devono acquistare sempre più spazio in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, e dalla solidarietà.

2.3.2.

La carta dei diritti fondamentali, parte integrante del trattato, ha raccolto, ribadito e sintetizzato una ricca elencazione di valori, in parte già enunciati nel trattato.

2.3.3.

L’azione dell’UE è, quindi, volta ad incoraggiare la cooperazione tra Stati membri, in modo che la loro specifica competenza in materia di politica culturale si riferisca sempre più ai valori comuni sottoscritti e si integrino, come ordito, nella trama delle relazioni sociali.

2.3.4.

Il comportamento dell’uomo, nelle relazioni sociali e nell’agire quotidiano, segue modelli fissati a priori nel proprio intelletto (4). Ma questi modelli vengono acquisiti mediante l’istruzione (5), l’insegnamento (6) e si rafforzano con le relazioni che si sviluppano con il mondo che ci circonda.

2.3.5.

Da qui l’importanza di divulgare e insistere sui valori che costituiscono la base comune della civiltà europea, soprattutto nei riguardi dei giovani, a partire dalla preadolescenza, perché si consolidino i «neuroni specchio», che simulano le azioni, le sensazioni e le emozioni che osserviamo negli altri (7).

2.4.

Il concetto di cultura (8) è di per sé dinamico, implica quindi una serie di azioni che devono essere sviluppate dalle politiche europee e dagli Stati, attraverso l’istruzione e gli esempi. I valori sopra elencati, fatti propri dal trattato, non nascono per germinazione spontanea, ma sono il risultato di considerazioni e di esperienze maturate nel sociale, che regolano la pacifica convivenza e la crescita della fiducia dei popoli e devono essere oggetto di processi formativi e di interazioni sociali, rivolti soprattutto alle nuove generazioni, perché siano in grado di aderire e condividerne i valori etici.

2.5.

La cultura, oltre che per il suo valore sociale e identitario, è riconosciuta sempre più come un segmento economico trainante e strategico, per lo sviluppo della ricchezza pro capite, del welfare e del PIL complessivo europeo, e nelle relazioni internazionali.

2.6.

Si stima che i settori culturali e creativi contribuiscano al 4,2 % del PIL dell’Europa, con una crescita dell’occupazione pari all’1,5 %. Tradotto in valori assoluti, nel 2016 la cultura ha generato 89,9 miliardi di euro — pari a +1,8 % rispetto al 2015 — e, considerando l’indotto, ha mosso più di 250 miliardi, dando lavoro a 1,5 milioni di persone (9).

2.7.

La partecipazione culturale costituisce un elemento essenziale dell’impegno dell’Europa ma, con la crisi economica e finanziaria sopravvenuta nel 2008 in Europa, trasferitasi poi nel sociale e nel campo politico, tale partecipazione ha subìto una contrazione in tutti i paesi europei, con caratteristiche più accentuate nei paesi dell’Europa meridionale (10).

2.8.

L’Agenda europea per la cultura nel 2007 (11) aveva impegnato l’UE e gli Stati membri a:

promuovere la diversità culturale;

tutelare il patrimonio culturale;

superare gli ostacoli alla libera circolazione degli operatori del settore;

sostenere il contributo dato dalle imprese culturali e creative.

2.8.1.

Il Piano di lavoro dell’UE per la cultura (2015-2018) aveva fissato 4 priorità principali, per la collaborazione a livello europeo nel campo delle politiche culturali:

una cultura accessibile e aperta a tutti;

salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale;

sostegno ai settori culturali e creativi, in un’economia innovativa;

promozione della diversità culturale.

2.9.

Il Parlamento ha adottato numerose risoluzioni (12) e raccomandazioni su un accesso equo ai servizi culturali, sulla cultura nelle relazioni esterne dell’Unione e sulla mobilità, sulle industrie culturali e creative.

2.10.

Nel Consiglio UE del 23 maggio 2018 sono state adottate conclusioni sull’inserimento del patrimonio culturale anche in seno alle altre politiche e sul rafforzamento del dialogo con le organizzazioni della società civile.

2.11.

Dal canto suo il CESE ha espresso, a più riprese, il proprio parere per la valorizzazione dei settori culturali e creativi e di sostegno per una strategia di relazioni culturali internazionali (13), incluso il contributo al patrimonio culturale europeo delle aree rurali (14).

3.   Le proposte della nuova Agenda

3.1.

I principali elementi della nuova Agenda proposta dalla Commissione possono così riassumersi:

promuovere la partecipazione culturale, la mobilità degli artisti e la protezione del patrimonio, sfruttando il potere della cultura e della diversità culturale per la coesione sociale e il benessere;

promuovere l’arte e la cultura nell’istruzione;

rafforzare le relazioni culturali internazionali;

realizzare legami più forti con la politica industriale;

sfruttare il ruolo della cultura per rafforzare un’identità europea;

attuare una forte cooperazione con gli Stati membri e con la società civile.

3.2.

Le dimensioni-chiave proposte possono così riassumersi:

3.2.1.

Dimensione sociale: sfruttare il potere della cultura e della diversità culturale per la coesione sociale e il benessere.

3.2.2.

Dimensione economica: sostenere la creatività culturale nell’istruzione e nell’innovazione, la crescita attraverso nuovi posti di lavoro, sviluppo di industrie culturali e di competenze (15);

3.2.3.

Dimensione esterna di rafforzamento delle relazioni culturali internazionali: sostegno della cultura nei paesi dell’allargamento e nei Balcani occidentali, nei paesi del Mediterraneo, e azioni del Fondo di Sviluppo ACP (16);

3.2.4.

Dimensione trasversale: iniziative «Anno europeo del patrimonio culturale» e «Capitali europee della cultura», nuovo Piano europeo d’azione per i beni culturali 2019-2022, sviluppo di Digital4Culture, elenco online di film europei, supporto della trasformazione digitale.

3.3.

La collaborazione strategica nell’ambito della nuova Agenda sarà sostenuta da Europa Creativa e dagli altri programmi dell’UE.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE ritiene fondamentale il consolidamento e lo sviluppo di una dimensione culturale dell’Unione basata sui valori comuni consacrati nei Trattati, per consolidare il senso d’appartenenza nella costruzione di una società inclusiva, coesa e competitiva.

4.2.

Il patrimonio culturale materiale e immateriale dell’Europa rappresenta il collante dei popoli europei, un fortissimo legame identitario specie in momenti di crisi d’identità e di solidarietà europea.

4.3.

Il CESE ritiene che, proprio per la crisi politica, d’identità e di governance in atto in Europa sia opportuno ridare alla cultura europea il ruolo di trasmissione di valori identitari, anche attraverso il rafforzamento di percorsi formativi europei.

4.4.

Questo processo d’integrazione valoriale, deve essere il fondamento per un salto di qualità di una nuova Agenda della cultura e deve sfociare in un vero e proprio Spazio europeo della cultura — SEC (17), fondato sui valori comuni, analogamente e congiuntamente con lo Spazio europeo della ricerca.

4.5.

Questo nuovo SEC dovrebbe comprendere, con uno scadenziario:

4.5.1.

il rafforzamento delle politiche e degli strumenti culturali europei per il sostegno e la diffusione dei valori identitari, sulla base del senso d’appartenenza ad un ceppo valoriale comune.

4.5.2.

la piena attuazione delle libertà di circolazione, stabilimento e prestazione in tutto il territorio europeo di persone fisiche e giuridiche che operano nel campo culturale.

4.5.3.

una «economia della cultura» centrata su sistemi socialmente inclusivi, che promuova nuovi modelli di conservazione e restauro del patrimonio culturale e di sviluppo delle industrie creative, anche attraverso forme nuove d’impresa, a forte valore sociale.

4.5.4.

la promozione della cultura europea nelle relazioni internazionali, sia come strumento di rilancio della diplomazia culturale, sia come meccanismo di soft power nelle relazioni esterne dell’Europa, sia come moltiplicatore economico negli scambi internazionali, in grado di trasformare gli artisti/creativi in «Ambasciatori della Cultura europea».

4.5.5.

meccanismi bottom-up, per dare più spazio all’insieme degli attori che direttamente producono, costruiscono e danno forma alla cultura, nei campi dell’arte e delle industrie culturali e creative.

4.6.

Per il CESE, occorre affrontare le sfide comuni con la creazione di un vero e proprio «mercato interno della cultura» favorendo:

mobilità degli artisti, dei servizi delle imprese culturali

mobilità delle opere d’arte

cooperazione mediante progetti transnazionali

dialogo interculturale

azioni specifiche di rafforzamento dell’identità culturale europea

azioni di restauro e conservazione dell’immenso patrimonio artistico europeo con linee dedicate di R&I multimediale (18) e di sostenibilità

rafforzamento dell’indipendenza creativa

sviluppo di una cultura umanistico-digitale in grado di ridimensionare il dominio manipolatorio dell’algoritmo delle fake news e della disinformazione online.

4.7.

Secondo il CESE, è fondamentale promuovere, soprattutto nei giovani attraverso l’istruzione, la convinzione che le diversità culturali e le molteplici forme dell’arte rappresentano elementi essenziali allo sviluppo umano e all’affermazione delle libertà fondamentali, e che lo scambio di processi culturali contribuiscono a rafforzare la cittadinanza democratica.

4.8.

Il CESE sottolinea la necessità che la nuova Agenda culturale europea — inquadrata in una nuova visione strategica condivisa e arricchita — sia integrata e ancorata nelle prospettive del prossimo quadro finanziario pluriennale europeo.

4.9.

È necessario, secondo il CESE, che i destinatari di programmi e azioni normative strutturali e finanziarie di sostegno ne abbiano una percezione chiara, trasparente ed accessibile sui social network.

4.10.

Parimenti, il CESE ritiene che sia essenziale un’azione diretta ai destinatari ultimi della politica europea della cultura, per aumentare i livelli di partecipazione, messi a dura prova della crisi economica e finanziaria, che si è estesa al sociale.

4.10.1.

Secondo il CESE, il lancio di un Erasmus di cittadinanza, per la diffusione culturale e turistica dell’Unione e di una Carta europea della cultura, con accesso agevolato alle meraviglie culturali europee — ed il lancio di Settimane e Notti europee della cultura — potrebbero rivelarsi iniziative utili, specie per le giovani generazioni.

5.   Osservazioni particolari

5.1.

Una guida operativa digitale, con sito web aggiornato in tempo reale e user-friendly e disponibile in tutte le lingue dell’Unione, deve assicurare la fruibilità dei molteplici strumenti comunitari oggi disponibili, dei quali si indica, a titolo di esempio, un primo elenco:

DCI II, strumento di cooperazione allo sviluppo (19)

Programma Interreg Med (20) e Programma Med Cultura (2014-18) (21)

ENI, strumento di prossimità, ex ENPI (22)

IPA II (2014-20) (23)

Rete Natura 2020 (24)

«Piano d’azione per la natura, i cittadini e l’economia» di Natura 2020 (25)

LIFE (2014-20) (26)

i fondi Strutturali (27)

EMODnet, Phase III, osservazione marina e siti sottomarini (28)

Crescita Blu dell’Unione, nei settori marino, trasporto e turismo (29)

Leader plus, riqualificazione del patrimonio rurale e culturale (30)

Europa per i cittadini (2014-20) per la storia e le diversità dell’Unione (31)

gli aiuti di Stato in materia di conservazione culturale e del patrimonio (32)

il traffico illecito dei beni culturali (33)

Copernicus (ex GMES), informazioni satellitari per il monitoraggio del patrimonio culturale (34)

EDEN (European Destinations of exelleNce)

COSME che finanzia iniziative a favore della cultura e del turismo (35)

Itinerari culturali del Consiglio d’Europa e della CE

«C3 Monitor», monitorare e comparare circa 170 città culturali e creative in 30 paesi europei la «Vivacità Culturale» (Cultural Vibrancy) l’«Economia Creativa»( Creative Economy) l’«Ambiente incentivante» (Enabling Environment)

partenariato pubblico-privato (PPP) su «l’efficienza energetica degli edifici storici»

patrimonio culturale per lo sviluppo sostenibile di Horizon 2020

piattaforma digitale Europeana con più di 50 milioni di voci digitalizzate: libri, musica, opere d’arte, con metodi di ricerca avanzati

Agenda digitale per lo studio del patrimonio cinematografico europeo (36)

investimenti sul patrimonio culturale, grazie ai regolamenti per la politica di coesione (37)

Erasmus+ (38)

Marchio del patrimonio europeo istitutivo di un marchio attribuito a siti ubicati nell’Unione (39)

programma Europa creativa (2014-20) con: componente MEDIA, dedicata al settore audiovisivo (sottoprogramma MEDIA); componente culturale dedicata ai settori creativi e culturali (sottoprogramma Cultura); componente trans-settoriale dedicata a tutti i settori creativi e culturali (sezione transettoriale(40).

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. i diffusi movimenti e aspetti di populismo e di sovranismo.

(2)  In analogia e in rafforzamento dello Spazio europeo della Ricerca-ERA.

(3)  Cfr. Servizi specialistici di restauro: www.opencare.it

(4)  Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu (J. Locke).

(5)  Dal latino «instruere», preparare, costruire.

(6)  Imprimere segni e modelli.

(7)  Cfr. i risultati delle neuroscienze che illustrano la mimesi delle azioni e l’imitazione dei modelli.

(8)  Dal Latino Colere, coltivare.

(9)  Fonte Eurostat.

(10)  Rapporto «Cultural access and participation» http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_399_en.pdf

(11)  V. GU C 287 del 29.11.2007.

(12)  V. GU C 377 E del 7.12.2012, pag. 142, GU C 93 del 9.3.2016, pag. 95 — Testi P8_TA(2016)0486.

(13)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 120.

(14)  NAT/738 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 22).

(15)  In particolare con la conversion P.I.S.A. da STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) a STEAM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Arti e Matematica) e in campo digitale.

(16)  Africa, Caraibi, Pacifico.

(17)  V. anche Consiglio d’Europa — Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la Società (CETS n. 199) 18/03/08 Faro, 27 ottobre 2005.

(18)  V. nota 14.

(19)  Regolamento (UE) n. 233/2014.(GU L 77 del 15.3.2014, pag. 44).

(20)  Programma Interreg Med.

(21)  Programma Med Cultura.

(22)  Regolamenti (UE) n. 232/2014 (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27) e (UE) n. 236/2014 (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 95).

(23)  Regolamento (UE) n. 231/2014 (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).

(24)  Direttiva Habitat 92/43/CEE (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7) e Direttiva conservazione uccelli selvatici 2009/147/CE (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7).

(25)  COM(2017) 198 final.

(26)  Regolamento (UE) n. 1293/2013 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 185).

(27)  I 5 fondi: FESR, FSE, Coesione, FEASR, FEAMP.

(28)  Decisione (UE) 2017/848 (GU L 125 del 18.5.2017, pag. 43).

(29)  Risoluzione PE del 2.7.2013 [2012/2297(INI)] (GU C 75 del 26.2.2016, pag. 24).

(30)  Regolamento (UE) n. 1305/2013 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 487).

(31)  Reg (UE) 390/2014 (GU L 115 del 17.4.2014, pag. 3).

(32)  Regolamento (UE) n. 651/2014 (GU L 187 del 26.6.2014, pag. 1) e Regolamento (UE) n. 2015/1588 (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 1).

(33)  Combattere il traffico di beni culturali.

(34)  Regolamento (UE) n. 377/2014 (GU L 122 del 24.4.2014, pag. 44).

(35)  Regolamento (UE) n. 1287/2013 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 33).

(36)  COM(2010) 487 final e COM(2014) 477 final.

(37)  GU L 347 del 20.12.2013.

(38)  Regolamento (UE) n. 1288/2013 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 50).

(39)  Decisione n. 1194/2011/UE (GU L 303 del 22.11.2011, pag. 1.

(40)  Regolamento (UE) n. 1295/2013 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 221).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/155


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Rafforzare la protezione degli informatori a livello di Unione europea»

[COM(2018) 214 final]

e sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione»

[COM(2018) 218 final]

(2019/C 62/26)

Relatrice:

Franca SALIS-MADINIER

Consultazione

Parlamento europeo, 28.5.2018

Consiglio dell’Unione europea, 29.5.2018

Commissione europea, 18.6.2018

Base giuridica

Articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

18.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

158/77/15

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE ritiene che la protezione degli informatori, oltre a tutelare questi ultimi, sia uno strumento importante per aiutare le imprese a meglio affrontare atti illeciti e contrari all’etica.

1.2.

Il Comitato si compiace del fatto che alcune imprese abbiano introdotto procedure volte a proteggere gli informatori e che 10 Stati membri su 28 dispongano già di quadri generali per la protezione degli informatori.

1.3.

Il CESE ritiene che l’ambito di applicazione della direttiva dovrebbe essere esaminato sulla base della valutazione dell’attuazione di quest’ultima e che dovrebbe essere sufficientemente ampio da salvaguardare l’interesse generale.

1.4.

Il CESE invita la Commissione a rivedere la base giuridica della direttiva per includervi anche i diritti dei lavoratori, facendo riferimento all’articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

1.5.

Gli ex impiegati, i rappresentanti sindacali dei lavoratori e le persone giuridiche di cui all’articolo 3 possono effettuare segnalazioni beneficiando della stessa protezione e devono figurare esplicitamente all’articolo 2 della direttiva.

1.6.

Il CESE raccomanda (articolo 13) una procedura di segnalazione a due livelli che consenta all’informatore di accedere in primo luogo, a sua scelta, alla via interna o alle autorità competenti, poi, se del caso, alla società civile/ai media, nell’interesse dell’equità e della certezza giuridica.

1.7.

Il CESE raccomanda che gli informatori possano rivolgersi ai rappresentanti sindacali in qualsiasi fase della segnalazione di informazioni e che questi ultimi siano legittimati a rappresentarli e a fornire loro consigli e sostegno.

1.8.

La direttiva deve incoraggiare in modo più chiaro la negoziazione, con i rappresentanti sindacali dei lavoratori, di un sistema di segnalazione interno come oggetto del dialogo sociale, conformemente alla raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2014 e alla relazione del Parlamento europeo del 2017.

1.9.

Il CESE raccomanda che, in caso di divulgazione della sua identità, l’informatore, che ha fatto una segnalazione in forma anonima goda della protezione prevista dalla direttiva in esame.

1.10.

Il CESE raccomanda una modifica all’articolo 15, paragrafo 5, sull’onere della prova prima facie. È sufficiente che l’informatore «presenti elementi di fatto che confermano di avere effettuato una segnalazione».

1.11.

Il CESE raccomanda che all’articolo 15, paragrafo 6, la questione del risarcimento dei danni non sia rinviata al diritto nazionale (variabile), ma che la direttiva preveda il pieno risarcimento per danni, senza massimale, sull’esempio della normativa britannica.

1.12.

Il CESE chiede la soppressione dell’articolo 17, paragrafo 2, in quanto superfluo (le sanzioni in caso di diffamazione o di false accuse sono stabilite dal diritto nazionale).

1.13.

Il CESE incoraggia la Commissione a includere un’esplicita clausola di non regressione all’articolo 19, al fine di garantire che l’applicazione della direttiva non permetta in nessun caso di ridurre i diritti degli informatori, accordati prima della direttiva, negli Stati membri e nei settori ai quali essa si applica, se i diritti esistenti sono più favorevoli.

1.14.

Il CESE raccomanda di rendere obbligatoria la pubblicazione delle relazioni periodiche degli enti pubblici e degli Stati membri.

1.15.

Il CESE esorta la Commissione a prevedere nella direttiva campagne di sensibilizzazione a livello europeo e nazionale, in particolare destinate ai giovani, per modificare il modo in cui gli informatori vengono percepiti.

2.   Contesto del parere

2.1.

Attività illecite e abusi del diritto possono verificarsi in qualsiasi organizzazione, pubblica o privata. Essi possono assumere forme molto diverse, come la corruzione o la frode, gli illeciti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, l’evasione fiscale o la negligenza e, se non vi si pone rimedio, possono arrecare grave danno all’interesse pubblico e al benessere dei cittadini in uno o più Stati membri dell’UE.

2.2.

Essere in grado di prevenire, correggere o far cessare una situazione rischiosa è vantaggioso per le imprese, i cittadini, i lavoratori (morti o feriti, azioni legali, perdite finanziarie, rischio per la reputazione). La denuncia di irregolarità che la Commissione propone di proteggere con la direttiva in oggetto è una segnalazione presentata in nome dell’interesse generale che va a vantaggio della società nel suo insieme.

2.3.

Coloro che lavorano per un’organizzazione o in rapporto con essa, nel quadro della loro attività professionale sono spesso i primi ad essere informati di atti illeciti. Le persone che segnalano (all’interno dell’organizzazione interessata o a un’autorità esterna) o rivelano tali irregolarità, ovvero gli informatori, possono pertanto svolgere un ruolo importante per farle cessare. Tuttavia, sono molti coloro che si astengono dal farlo. Secondo studi internazionali, le ragioni principali di tale silenzio sono: la paura di ritorsioni, il timore che la segnalazione cada nel vuoto e il fatto di non sapere a chi rivolgersi per farla. L’85 % dei partecipanti alla consultazione pubblica, condotta dalla Commissione nel 2017, ritiene che i lavoratori segnalino raramente o molto raramente le minacce o i danni all’interesse pubblico per timore di conseguenze giuridiche e finanziarie, ma anche a causa dell’esistenza di una percezione negativa degli informatori. In alcuni paesi, permane una certa confusione tra informatore, traditore o delatore. Fare una segnalazione è però un atto di coraggio, a differenza della delazione che è un atto di viltà.

2.4.

Per tali motivi, è importante garantire una protezione efficace degli informatori. Strumenti già esistono a livello internazionale e in diversi Stati membri. Il Consiglio d’Europa, il Parlamento europeo, il Consiglio dell’UE, nonché le organizzazioni della società civile e i sindacati hanno già chiesto l’adozione di una legislazione a livello dell’UE in materia di protezione degli informatori che agiscono nel pubblico interesse. Alcune imprese europee hanno introdotto procedure volte a tutelare gli informatori. La proposta della Commissione scaturisce dalla constatazione che, attualmente, la protezione degli informatori nell’Unione europea è insufficiente, non uniforme tra gli Stati membri e da un settore all’altro.

2.5.

La Commissione propone pertanto una direttiva che istituisce la protezione degli informatori in ambiti precisi, completata da una comunicazione che delinea un quadro strategico a livello dell’UE, comprendente misure volte a sostenere le autorità nazionali.

2.6.

Obiettivo della proposta è quello di stabilire un insieme di norme minime comuni volte a proteggere contro le ritorsioni nei confronti degli informatori che segnalano violazioni del diritto dell’UE in materia di: i) appalti pubblici; ii) servizi finanziari; iii) riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo; iv) sicurezza dei prodotti; v) sicurezza dei trasporti; vi) tutela dell’ambiente; vii) sicurezza nucleare; viii) sicurezza degli alimenti e dei mangimi; ix) salute e benessere degli animali; x) salute pubblica; xi) protezione dei consumatori; xii) tutela della vita privata e dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi.

2.7.

La proposta si applica anche alle violazioni delle norme dell’UE in materia di concorrenza, alle violazioni e agli abusi delle norme applicabili all’imposizione fiscale delle imprese e alle violazioni che danneggiano gli interessi finanziari dell’UE.

2.8.

Secondo la proposta, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le imprese con almeno 50 dipendenti (o il cui fatturato annuo è superiore a 10 milioni di EUR) e gli enti pubblici istituiscano canali e procedure di segnalazione interni per ricevere e seguire eventuali segnalazioni. Essi dovranno inoltre garantire che le autorità competenti dispongano di canali di segnalazione esterni. Tali canali devono assicurare la riservatezza delle identità e delle informazioni. Le piccole imprese e le microimprese sono esenti dall’obbligo di dotarsi di canali di segnalazione interni (tranne nel settore finanziario o in settori sensibili).

2.9.

La proposta vieta ritorsioni dirette o indirette nei confronti degli informatori e stabilisce le misure che gli Stati membri sono tenuti ad adottare per assicurarne la protezione.

2.10.

Infine, prevede sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che sono necessarie per scoraggiare: i) le azioni volte a ostacolare le segnalazioni, gli atti di ritorsione e i procedimenti vessatori nei confronti delle persone segnalanti e le violazioni dell’obbligo di riservatezza sulla loro identità; e ii) le segnalazioni dolose e infondate.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Ad oggi, solo 10 dei 28 Stati membri dell’UE dispongono già di una legislazione generale sulla protezione degli informatori. In Europa, la frammentazione e le lacune concernenti tale protezione sono pregiudizievoli per l’interesse generale e potrebbero ostacolare le segnalazioni. Nel caso di reati transfrontalieri o commessi in imprese multinazionali, il grado di protezione di cui gode un informatore varia a seconda della legislazione e della giurisprudenza dello Stato che gli vengono applicate.

3.2.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo di promuovere la segnalazione responsabile e volontaria, allo scopo di difendere l’interesse pubblico.

3.3.

Nel 2016 (1) la Commissione ha osservato che «l’applicazione e l’attuazione della legislazione dell’UE rimangono una sfida e necessitano di una maggiore attenzione all’attuazione per essere al servizio dell’interesse generale». L’obiettivo perseguito è quello di una legislazione proattiva, anziché reattiva, e che rappresenti un «elemento sistemico dell’applicazione del diritto dell’UE».

3.4.

Il CESE prende atto che la proposta di direttiva è coerente con l’acquis europeo (Consiglio d’Europa, Parlamento, Commissione), in termini di norme e obiettivi, in particolare, con la raccomandazione CM/Rec(2014)7 del Consiglio d’Europa, del 30 aprile 2014, e conforme in larga misura alle norme internazionali. La proposta in esame è altresì complementare ai dispositivi settoriali dell’Unione in essere (servizi finanziari, trasporti, ambiente) e con le politiche dell’Unione (lotta alla corruzione, finanza sostenibile, imposizione fiscale più equa).

3.5.

Conformemente al principio di sussidiarietà, l’ambito di applicazione materiale è stato limitato alle violazioni del diritto dell’UE (attività illecite e abuso del diritto) e ai settori specifici in cui:

1.

occorre rafforzare l’applicazione della legge;

2.

l’assenza quasi totale di segnalazioni di violazione è un fattore essenziale;

3.

eventuali violazioni possono arrecare grave pregiudizio al pubblico interesse.

3.6.

Tuttavia, il CESE ritiene che il rapporto tra il diritto dell’Unione e il diritto nazionale, che può essere causa di controversie e difficoltà nell’applicazione dei principi sanciti dalla direttiva, debba essere chiarito.

3.7.

Il CESE sottolinea l’aspetto positivo della direttiva che incoraggia gli Stati ad adottare norme nazionali «complete e coerenti» sulla base dei principi formulati nella raccomandazione del Consiglio d’Europa e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Al tempo stesso, sarebbe importante assicurare il buon funzionamento dei quadri consolidati esistenti negli Stati membri, nella misura in cui rispettano i principi della direttiva.

3.8.

Analogamente, il riferimento all’adozione di disposizioni più favorevoli secondo gli Stati membri è positivo. Tuttavia, il CESE ritiene indispensabile aggiungervi una clausola di non regressione, perché la direttiva non deve servire a sopprimere o pregiudicare le norme nazionali più favorevoli.

3.9.

Infine, il CESE raccomanda di valutare la direttiva alla luce degli elementi di prova che potrebbero emergere in futuro e che potrebbero scaturire dalla valutazione della sua attuazione. Il Comitato ritiene pertinente l’indicazione di un’eventuale futura estensione possibile dell’ambito di applicazione materiale della direttiva, alla luce di tale valutazione.

3.10.

Il CESE riafferma l’importanza dell’attuazione di questa direttiva negli Stati membri per un migliore funzionamento della democrazia in relazione alle sfide attuali o future e per rafforzare lo Stato di diritto, le libertà e l’integrità pubblica, perché la libertà di dire la verità (ossia «parresìa») è considerata un pilastro fondamentale della democrazia.

3.11.

Il CESE è favorevole alla creazione di un’Agenzia europea di segnalazione o di un mediatore europeo, che avrebbero il compito di coordinare le autorità nazionali di segnalazione e di monitorare le linee di segnalazione.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE reputa inaccettabile che non sia stato possibile condurre una consultazione delle parti sociali sulla proposta di direttiva, come previsto dall’articolo 154 del TFUE. La Commissione non deve riproporre tale prassi.

4.2.

Il Comitato raccomanda che anche il settore sociale sia disciplinato dalla direttiva con l’aggiunta dell’articolo 153 del TFUE ai 16 riferimenti giuridici della direttiva. Il CESE sottolinea che, all’art. 1 (ambito di applicazione materiale) riguardante le violazioni del diritto che gli informatori possono segnalare, la tutela dei lavoratori è omessa. Discriminazioni, comportamenti vessatori, violenza nel luogo di lavoro ecc. non sono considerati nella proposta. Raccomanda quindi di integrare tali aspetti nella direttiva.

5.   Ambito di applicazione personale

5.1.

Il CESE prende atto dell’ampiezza dell’ambito di applicazione personale della direttiva: le persone segnalanti che lavorano nel settore pubblico o privato che hanno acquisito informazioni sulle violazioni nel contesto lavorativo. La nozione di persona che lavora è ampia: tutte le persone aventi la qualità di lavoratore ai sensi dell’articolo 45 del TFUE, le persone aventi la qualità di lavoratore autonomo ai sensi dell’articolo 449 del TFUE, ma anche volontari, tirocinanti non retribuiti, consulenti, fornitori, subappaltatori, azionisti o membri dell’organo direttivo di un’impresa. Questa direttiva dovrebbe contribuire a ridurre il rischio di danni alla reputazione al quale le imprese potrebbero essere esposte.

5.2.

Gli ex impiegati, i rappresentanti sindacali dei lavoratori e le persone giuridiche di cui all’articolo 3 possono effettuare segnalazioni beneficiando della stessa protezione e devono figurare esplicitamente all’articolo 2 della direttiva.

5.3.

Il CESE osserva che i funzionari dell’UE dovrebbero beneficiare di una protezione uguale a quella dei lavoratori degli Stati membri.

6.   Procedure di segnalazione

6.1.

Per quanto riguarda l’istituzione di canali di segnalazione interna, il CESE raccomanda che i lavoratori e i loro rappresentanti sindacali siano attivamente coinvolti nella progettazione e attuazione di tali canali.

6.2.

Il CESE ritiene che il principio di una segnalazione per gradi (interna, alle autorità competenti, pubblica) risponda al principio della segnalazione responsabile. Tuttavia, il CESE reputa che l’informatore debba avere le stesse possibilità di scelta in relazione all’accesso al canale interno o alle autorità competenti, e raccomanda pertanto una procedura a due, e non tre, livelli, nell’interesse dell’equità e della certezza del diritto. Da un lato, studi internazionali, anche in paesi in cui non vi è l’obbligo del canale interno (Regno Unito, Irlanda), mostrano che il lavoratore dipendente ricorre in primo luogo al canale interno, per un senso di lealtà; non sussiste quindi il pericolo di un aggiramento massiccio del canale interno. Inoltre, nel caso in cui il canale interno sia obbligatorio, è difficile prevedere tutte le necessarie eccezioni. D’altro canto, alcune legislazioni nazionali prevedono il ricorso diretto alle autorità (ad esempio per le fattispecie di reato). Infine, tale obbligo si applica solo ai lavoratori dipendenti, essendone esonerati gli altri lavoratori. Ciò configura una violazione del principio di uguaglianza e una situazione d’incertezza giuridica.

6.3.

Il CESE ritiene che, sul posto di lavoro, l’informatore debba potersi mettere in contatto con i rappresentanti sindacali, ed essere da loro rappresentato, in qualsiasi fase della procedura di segnalazione. Questi ultimi, vicini ai lavoratori, possono svolgere un ruolo essenziale nel fornire consigli e protezione.

6.4.

Il CESE raccomanda che le garanzie di riscontro di cui beneficiano le segnalazioni esterne siano applicate anche alle segnalazioni interne: conferma del ricevimento della segnalazione, riscontro sul seguito dato alla segnalazione.

6.5.

Alcuni studi indicano che le persone più vulnerabili, o in possesso di fascicoli che possono mettere in pericolo la loro vita o le loro famiglie, sono costrette all’anonimato. Se viene rivelata l’identità di un informatore che ha fatto una segnalazione in forma anonima, il CESE ritiene che questi debba beneficiare della protezione conferita dalla direttiva. Infine, il fatto che un fascicolo sia pervenuto in forma anonima non può essere un pretesto per non dar seguito alla segnalazione.

7.   Protezione degli informatori: onere della prova e risarcimento dei danni

7.1.

Secondo la proposta di direttiva, per beneficiare dell’onere della prova, l’informatore che subisce ritorsioni deve provare prima facie che tali ritorsioni siano la conseguenza della segnalazione (doppia verifica). Tuttavia, in linea con il principio dell’inversione dell’onere della prova (cfr. la direttiva sulla discriminazione), spetta al datore di lavoro dimostrare che le misure di ritorsione non sono conseguenza della segnalazione.

7.2.

La direttiva deve specificare le misure di risarcimento in caso di ritorsioni (articolo 15, paragrafo 6) e non rinviarle al quadro giuridico nazionale che, come abbiamo visto, varia da paese a paese o è addirittura inesistente. È necessario che, per proteggere in modo efficace gli informatori da qualsiasi forma di sanzioni dirette o indirette, la direttiva preveda l’obbligo di un risarcimento integrale dei danni, senza massimale (compresi gli anni di pensione perduti in caso di licenziamento), alla stregua del Public Interest Disclosure Act del Regno Unito del 1998.

8.   Sanzioni

8.1.

Il CESE ritiene che l’obiettivo della direttiva sia quello di agevolare la segnalazione e proteggerla. Pertanto, è opportuno stralciare l’articolo 17, paragrafo 2, che crea confusione tra la segnalazione responsabile e la diffamazione o le false accuse, reati che sono già previsti dalle legislazioni nazionali.

9.   Trattamento più favorevole e clausola di non regressione

9.1

Il CESE accoglie favorevolmente la possibilità, prevista dalla direttiva, di consentire agli Stati membri di adottare una normativa che sia più favorevole ai diritti degli informatori. Tuttavia, deve essere aggiunta un’esplicita clausola di non regressione al fine di mantenere le leggi o le disposizioni più favorevoli esistenti in alcuni Stati membri.

10.   Relazioni, valutazione e revisione

10.1

Dovrebbe essere reso obbligatorio un bilancio dell’attuazione della direttiva, mediante la pubblicazione delle relazioni annuali (dati resi anonimi e statistiche) degli enti pubblici degli Stati membri, in modo da poter alimentare la relazione della Commissione, prevista per il 2027, e informare i cittadini.

Bruxelles, 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 18 del 19.1.2017, pag. 10.


ALLEGATO

I seguenti emendamenti, pur avendo ricevuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:

Punto 3.11

Aggiungere il seguente nuovo punto:

3.11.

Il CESE raccomanda di affrontare in modo più approfondito la questione della prevenzione dei rischi di ribasso per le imprese pubbliche e private in relazione a un uso indebito o alla divulgazione illecita di informazioni sensibili. La reputazione delle imprese e delle organizzazioni dovrebbe essere salvaguardata in misura sufficiente in caso di comportamento doloso.

Motivazione

La reputazione di ogni organizzazione è fondamentale per tutte le parti in causa, non da ultimo per i dipendenti.

Esito della votazione

Favorevoli

84

Contrari

130

Astensioni

15

Punto 4.1

Sopprimere il punto:

4.1.

Il CESE reputa inaccettabile che non sia stato possibile condurre una consultazione delle parti sociali sulla proposta di direttiva, come previsto dall’articolo 154 del TFUE. La Commissione non deve riproporre tale prassi.

Motivazione

Dal momento che la proposta non si basa sull’articolo 153 del TFUE, la consultazione delle parti sociali non è obbligatoria.

Esito della votazione

Favorevoli

79

Contrari

133

Astensioni

18

Punto 4.2

Modificare come segue:

4.2.

Il Comitato riconosce che la base giuridica della direttiva è abbastanza ampia da assicurare un’adeguata protezione degli informatori. Tuttavia, nell’interesse della certezza giuridica, il CESE chiede che sia fatta chiarezza sulla base giuridica applicabile in riferimento ai diritti dei lavoratori. raccomanda che anche il settore sociale sia disciplinato dalla direttiva con l’aggiunta dell’articolo 153 del TFUE ai 16 riferimenti giuridici della direttiva. Il CESE sottolinea che, all’art. 1 (ambito di applicazione materiale) riguardante le violazioni del diritto che gli informatori possono segnalare, la tutela dei lavoratori è omessa. Discriminazioni, comportamenti vessatori, violenza nel luogo di lavoro ecc. non sono considerati nella proposta. Raccomanda quindi di integrare tali aspetti nella direttiva.

Motivazione

Poiché vi sono opinioni divergenti circa la base giuridica della direttiva, occorre un chiarimento della Commissione per quanto riguarda la questione dei diritti dei lavoratori (articolo 153 del TFUE).

Esito della votazione

Favorevoli

82

Contrari

139

Astensioni

14

Punto 6.2

Modificare come segue:

6.2.

Il CESE ritiene che il principio di una segnalazione per gradi (interna, alle autorità competenti, pubblica) risponda al principio della segnalazione responsabile, in particolare al fine di individuare e porre fine alle violazioni in modo rapido ed efficace alla fonte e, quindi, attenuare i rischi interni o esterni. Tuttavia, il CESE reputa che l’informatore debba avere le stesse possibilità di scelta in relazione all’accesso al canale interno o alle autorità competenti, e raccomanda pertanto una procedura a due, e non tre, livelli, nell’interesse dell’equità e della certezza del diritto. Da un lato, studi internazionali, anche in paesi in cui non vi è l’obbligo del canale interno (Regno Unito, Irlanda), mostrano che il lavoratore dipendente ricorre in primo luogo al canale interno, per un senso di lealtà; non sussiste quindi il pericolo di un aggiramento massiccio del canale interno. Inoltre, nel caso in cui il canale interno sia obbligatorio, è difficile prevedere tutte le necessarie eccezioni. D’altro canto, alcune legislazioni nazionali prevedono il ricorso diretto alle autorità (ad esempio per le fattispecie di reato). Infine, tale obbligo si applica solo ai lavoratori dipendenti, essendone esonerati gli altri lavoratori. Ciò configura una violazione del principio di uguaglianza e una situazione d’incertezza giuridica.

Motivazione

È importante che l’impresa abbia la possibilità di risolvere in primo luogo la questione a livello interno prima che l’informatore si rivolga all’esterno. Con la procedura a due livelli è più facile individuare e porre fine alle violazioni in modo rapido ed efficace alla fonte.

Esito della votazione

Favorevoli

78

Contrari

145

Astensioni

11

Punto 7.2

Modificare come segue:

7.2.

La direttiva deve specificare le misure di risarcimento in caso di ritorsioni (articolo 15, paragrafo 6) e non rinviarle le rinvia al quadro giuridico nazionale che, come abbiamo visto, varia da paese a paese o è addirittura inesistente. È necessario che, per Per proteggere in modo efficace gli informatori da qualsiasi forma di sanzioni dirette o indirette, l’attuazione della direttiva dovrebbe essere attentamente monitorata e valutata per quanto riguarda l’efficacia del quadro nazionale. preveda l’obbligo di un risarcimento integrale dei danni, senza massimale (compresi gli anni di pensione perduti in caso di licenziamento), alla stregua del Public Interest Disclosure Act del Regno Unito del 1998.

Motivazione

È importante che la sanzione e i sistemi di compensazione basati sui quadri nazionali soddisfino gli obiettivi fondamentali della direttiva per quanto riguarda la protezione dell’informatore, nel rispetto dei principi degli ordinamenti giuridici nazionali. Questa è una delle questioni chiave che devono essere oggetto di monitoraggio per quanto riguarda l’attuazione della direttiva.

Esito della votazione

Favorevoli

82

Contrari

144

Astensioni

10

Punto 8.1

Modificare come segue:

8.1.

Il CESE ritiene che l’obiettivo della direttiva sia quello di agevolare la segnalazione e proteggerla. Pertanto, è opportuno stralciare chiarire l’articolo 17, paragrafo 2, che crea potrebbe creare confusione tra la segnalazione responsabile e la diffamazione o le false accuse, reati che sono già previsti dalle legislazioni nazionali.

Motivazione

Sebbene sia necessario combattere le conseguenze di informazioni fasulle, fuorvianti e ingiustificate prevedendo sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, occorre chiarire adeguatamente l’ambito di applicazione di tali sanzioni negli Stati membri.

Esito della votazione

Favorevoli

87

Contrari

147

Astensioni

6

Punto 1.4

Modificare come segue:

1.4.

Il CESE invita la Commissione a rivedere riconosce che la base giuridica della direttiva è abbastanza ampia per assicurare una protezione adeguata degli informatori per includervi anche i diritti dei lavoratori, facendo riferimento all’articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Tuttavia, nell’interesse della certezza giuridica, il CESE chiede che sia fatta chiarezza sull’ambito giuridico di applicazione in riferimento ai diritti dei lavoratori.

Motivazione

Gli articoli definiti dalla CE come base giuridica possono garantire pienamente il miglioramento dell’applicazione del diritto dell’Unione introducendo nuove disposizioni sulla protezione degli informatori volte a rafforzare il corretto funzionamento del mercato unico e la corretta attuazione delle politiche dell’Unione e a garantire, al tempo stesso, standard elevati e coerenti di protezione degli informatori negli strumenti settoriali dell’Unione dove esistono già norme pertinenti. Tuttavia, per evitare confusioni in merito alla base giuridica relativa ai diritti dei lavoratori sono necessari alcuni chiarimenti.

Esito della votazione

Favorevoli

84

Contrari

133

Astensioni

6

Punto 1.4

Inserire un nuovo punto dopo l’attuale punto 1.4:

Il CESE è convinto che un quadro giuridico per la protezione degli informatori dovrebbe essere configurato in modo tale da consentire di distinguere tra informazioni che è opportuno divulgare solo all’interno dell’impresa e informazioni che possono essere divulgate alle autorità o anche al pubblico in generale. Questa distinzione è particolarmente importante nel caso di segreti commerciali.

Motivazione

La proposta dovrebbe precisare che gli informatori devono sempre comunicare all’interno dell’impresa informazioni che contengono segreti commerciali, perché, una volta che tali informazioni sono state rese pubbliche, il danno arrecato all’impresa è irreversibile.

Esito della votazione

Favorevoli

89

Contrari

149

Astensioni

7

Punto 1.6

Modificare come segue:

1.6.

Il CESE raccomanda (articolo 13) una procedura di segnalazione a due livelli che consenta all’informatore di accedere in primo luogo, a sua scelta, alla via interna allo scopo di individuare e far cessare rapidamente e efficacemente le violazioni o alle autorità competenti, poi, se del caso, alle autorità pubbliche competenti e, se opportuno, alla società civile/ai media, nell’interesse dell’equità e della certezza giuridica.

Motivazione

È importante che l’impresa abbia la possibilità di risolvere in primo luogo la questione a livello interno prima che l’informatore si rivolga all’esterno. Con la procedura a due livelli è più facile individuare e porre fine alle violazioni in modo rapido ed efficace alla fonte.

Esito della votazione

Favorevoli

89

Contrari

144

Astensioni

8

Punto 1.10

Sopprimere il punto:

1.10.

Il CESE raccomanda una modifica all’articolo 15, paragrafo 5, sull’onere della prova prima facie . È sufficiente che l’informatore «presenti elementi di fatto che confermano di avere effettuato una segnalazione».

Motivazione

Questa raccomandazione non si basa sul testo del progetto di parere (7.1). Pur potendo essere contestato, il principio dell’inversione dell’onere della prova è stato enunciato in modo neutrale nel testo.

Esito della votazione

Favorevoli

93

Contrari

148

Astensioni

7

Punto 1.11

Modificare come segue:

1.11.

Per proteggere in modo efficace gli informatori da qualsiasi forma di sanzioni dirette o indirette, l’attuazione della direttiva dovrebbe essere attentamente monitorata e valutata per quanto riguarda l’efficacia del quadro nazionale. Il CESE raccomanda che all’articolo 15, paragrafo 6, la questione del risarcimento dei danni non sia rinviata al diritto nazionale (variabile), ma che la direttiva preveda il pieno risarcimento per danni, senza massimale, sull’esempio della normativa britannica.

Motivazione

È importante che la sanzione e i sistemi di compensazione basati sui quadri nazionali soddisfino gli obiettivi fondamentali della direttiva per quanto riguarda la protezione dell’informatore, nel rispetto dei principi degli ordinamenti giuridici nazionali. Questa è una delle questioni chiave che devono essere oggetto di monitoraggio per quanto riguarda l’attuazione della direttiva.

Esito della votazione

Favorevoli

95

Contrari

143

Astensioni

9

Punto 1.12

Modificare come segue:

1.12.

Il CESE chiede la soppressione dell’articolo chiarimenti in merito all’articolo 17, paragrafo 2, in quanto superfluo (le sanzioni in caso di può creare confusione tra la segnalazione responsabile e la diffamazione o di le false accuse sono stabilite dal diritto nazionale).

Motivazione

Cfr. il punto 8.1.

Esito della votazione

Favorevoli

96

Contrari

147

Astensioni

7


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/165


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo Plus (FSE+)»

[COM(2018) 382 final — 2018/0206 (COD)]

(2019/C 62/27)

Relatore:

Krzysztof BALON

Correlatrice:

Cinzia DEL RIO

Consultazione

Parlamento europeo, 11.6.2018

Consiglio dell’Unione europea, 19.6.2018

Base giuridica

Articoli 46, lettera d), 149, 153, paragrafo 2, lettera a), 164, 168, paragrafo 5, 175, terzo comma, e 349 del TFUE

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

183/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione relativa al Fondo sociale europeo Plus (FSE+), intesa a migliorare la coerenza e le sinergie tra gli strumenti dell’UE, ad accorpare alcuni fondi UE e a semplificare una serie di procedure. Pur segnalando alcuni aspetti critici della proposta, il CESE chiede che in merito ad essa sia presa una decisione rapida, responsabile ed equilibrata prima delle elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno.

1.2.

L’Europa ha bisogno di una combinazione efficace di politiche economiche, sociali e di investimento per restare competitiva nell’economia globale e garantire un’occupazione di qualità, come pure un’istruzione e una formazione di qualità universalmente disponibili e accessibili, nonché la parità di accesso ai servizi sanitari, l’inclusione sociale e la partecipazione attiva alla società. Occorre un bilancio dell’UE che sia in grado di rispondere a sfide di rilievo, quali la disoccupazione giovanile, lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze, la disoccupazione di lunga durata, la rapida evoluzione del mercato del lavoro e l’impatto delle nuove forme di lavoro sulle persone; si tratta di sfide che creano una nuova esclusione sociale dei gruppi emarginati, cui si aggiunge, in alcuni paesi, il persistere di elevati tassi di povertà. Inoltre, le recentissime sfide poste dalla digitalizzazione richiedono approcci innovativi ai finanziamenti dell’UE (1).

1.3.

Il CESE è molto critico nei confronti della proposta, in quanto essa prevede un taglio dei fondi disponibili per la politica di coesione dell’UE. Per quanto riguarda in particolare il FSE+, la diminuzione è pari al 6 % in termini reali. Il CESE, inoltre, non è d’accordo con la soppressione della quota minima (attualmente fissata al 23,1 %) dei finanziamenti della politica di coesione nel quadro del FSE+. Considerato che il FSE+ è il principale strumento di finanziamento per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, il CESE chiede che il 30 % delle risorse totali per le politiche di coesione economica, sociale e territoriale sia assegnato a tale fondo, e che, all’interno di esso, il 30 % delle risorse sia destinato a misure di inclusione sociale.

1.4.

L’accorpamento dei diversi fondi e programmi nel nuovo quadro FSE+ dovrebbe essere attuato con cautela, tenendo conto di ogni potenziale aumento della loro efficacia ed efficienza rispetto a quadri di attuazione distinti. Il CESE chiede alla Commissione di semplificare ulteriormente le norme del FSE+ sia per le autorità di gestione che per i beneficiari, garantendo nel contempo che i progetti rispettino i valori dell’UE. La condizione abilitante dell’inclusione attiva, in base alla quale gli Stati membri devono disporre di strategie nazionali contro la povertà e l’esclusione sociale per poter beneficiare dei finanziamenti concessi dal FSE+, dovrebbe continuare ad essere applicata a tutti gli Stati membri anche nel prossimo periodo di programmazione finanziaria del QFP.

1.5.

Il FSE+ dovrebbe essere utilizzato in modo coerente con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (UNCRC) e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD). La conformità alle norme del codice europeo di condotta sul partenariato (ECCP) deve essere considerata una condizione abilitante, e gli accordi di partenariato e i programmi operativi dovrebbero essere riveduti e dar luogo a sanzioni se non rispettano pienamente gli obblighi dell’ECCP.

1.6.

L’Unione europea dovrebbe sfruttare appieno l’esperienza e la capacità delle parti sociali e di altre organizzazioni della società civile (OSC) che operano a livello locale, nazionale ed europeo coinvolgendo tali organizzazioni, insieme con gli utenti dei servizi e in funzione dei loro diversi ruoli, nei compiti di programmazione, attuazione, monitoraggio e valutazione dei finanziamenti dell’UE. Le parti sociali e le altre OSC sono soggetti fondamentali del progetto democratico europeo. Nel contesto del FSE+, ciò significa che le autorità pubbliche dovrebbero agevolare il loro accesso alle risorse disponibili. Il CESE sostiene la revisione della composizione del comitato FSE+ di cui all’articolo 40, paragrafo 2, del regolamento, in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera c) del regolamento sulle disposizioni comuni e nel rispetto dei principi dell’ECCP (codice europeo di condotta sul partenariato).

1.7.

Una quota adeguata delle risorse disponibili dovrebbe essere destinata a progetti guidati da piccole organizzazioni locali, nonché al meccanismo per la riassegnazione dei fondi (re-granting), al fine di sostenere le attività di organizzazioni che operano a livello locale. Occorrerebbe garantire l’equiparazione del trattamento delle prestazioni in natura a quello dei contributi finanziari.

1.8.

La transnazionalità (ovvero le attività transfrontaliere) dovrebbe, di regola, far parte dei programmi operativi di tutti gli Stati membri. Tale approccio è necessario al fine di promuovere un sentimento di identità europea tra i cittadini di Stati membri diversi.

1.9.

Il CESE ritiene importante che si stabilisca un livello elevato di finanziamento per gli ambiti di intervento principali per il futuro dell’Europa e dei suoi cittadini. Tra questi ambiti figurerebbero: un’occupazione giovanile di qualità; iniziative per la parità di genere; l’inclusione e l’occupazione dei gruppi vulnerabili; l’apprendimento permanente e lo sviluppo delle competenze nel contesto di un mercato del lavoro in rapida evoluzione e digitalizzato; il potenziamento dei servizi pubblici di interesse generale nonché lo sviluppo delle capacità della pubblica amministrazione, delle parti sociali — con un approccio incentrato sull’intensificazione del dialogo sociale e sul lancio di attività congiunte — e di altre OSC, compresa la loro partecipazione alla gestione del fondo per garantire una migliore governance.

1.10.

Tenuto conto del ruolo sempre maggiore dell’economia sociale nella dimensione sociale dell’UE, il CESE ritiene anche che il sostegno per le attività dell’economia sociale dovrebbe diventare un obiettivo specifico e distinto del FSE+.

1.11.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di individuare nuovi indicatori per l’assegnazione dei finanziamenti; ciò nondimeno, il sistema attuale è ancora basato principalmente sul prodotto interno lordo (PIL). Inoltre, il CESE ritiene che la correlazione tra il FSE+ e le raccomandazioni specifiche per paese (RSP) del semestre europeo debba essere migliorata. Il CESE teme che possano essere applicate condizionalità rigorose. Sottolinea pertanto che tale correlazione dovrebbe essere negoziata tra le autorità nazionali ed europee, con la piena e attiva partecipazione delle parti sociali e di altre OSC.

1.12.

Nei comitati di sorveglianza, le parti sociali e le altre OSC dovrebbero essere considerate come soggetti interessati di pari status, con diritto di voto e la possibilità di esercitare specifiche funzioni di indirizzo. Il monitoraggio dovrebbe anche valutare i progressi delle misure di inclusione sociale, invece di limitarsi ad applicare una serie di indicatori quantitativi.

1.13.

Il CESE sottolinea l’importanza di mantenere il FSE+ nell’ambito della politica di coesione economica, sociale e territoriale.

1.14.

Il CESE non condivide la proposta di ridurre il tasso di cofinanziamento europeo del FSE +. In ogni caso, tale riduzione non dovrebbe essere a carico dei promotori dei progetti.

2.   Introduzione: le proposte della Commissione per il quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e l’attuale situazione sociale nell’UE

2.1.

Il 2 maggio 2018, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione contenente le sue proposte per il quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, cui ha fatto seguito la pubblicazione dei regolamenti sul QFP e sul Fondo sociale europeo Plus, rispettivamente il 29 e 31 maggio e il 1o giugno 2018.

2.2.

Come richiesto dal Parlamento europeo, il bilancio dell’UE dovrebbe essere aumentato fino a rappresentare l’1,3 % del prodotto interno lordo (PIL) (l’importo previsto dalla proposta è appena dell’1,08 %) e il sistema delle risorse proprie dovrebbe essere riformato per stabilizzare il finanziamento di nuove azioni e affrontare le nuove sfide interne. Solo un bilancio più sostanzioso potrà consentire all’UE, anche dopo la Brexit, di tener fede all’impegno di attuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) dell’ONU e il pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR), che stabilisce obiettivi e principi per una nuova politica sociale e del lavoro a livello europeo, al fine di promuovere posti di lavoro di qualità e pari opportunità, offrire un’istruzione e una formazione di qualità — le quali dovrebbero essere universalmente disponibili e accessibili -, così da rispondere alle rapide trasformazioni del mercato del lavoro e garantire condizioni di lavoro eque, nonché una più ampia inclusione e protezione sociale, consentendo la partecipazione di tutti alla società.

2.3.

L’Europa dovrà continuare ad essere competitiva nell’economia globale e a garantire standard sociali e occupazionali elevati. Il CESE chiede che una decisione rapida, responsabile ed equilibrata sul QFP e sulla proposta relativa al FSE+ venga adottata prima delle elezioni europee.

2.4.

L’Unione si trova ora a dover affrontare nuove sfide derivanti dalla necessità di superare un lungo periodo di crisi economica e sociale, e deve gestire l’impatto di un mercato del lavoro in rapida evoluzione e delle nuove forme di impiego, nonché far fronte a livelli di competenze insufficienti, a una bassa mobilità professionale e ai risultati insoddisfacenti delle politiche attive del mercato del lavoro e dei sistemi di istruzione e formazione, come pure alla «nuova» esclusione sociale di gruppi emarginati, tra cui i rom e i migranti.

2.5.

Nell’UE il tasso di disoccupazione giovanile rimane elevato. A ciò si aggiunge il crescente ricorso a contratti di lavoro atipici, anche in questo caso specialmente per i giovani, insieme con il persistere di una percentuale elevata di giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (NEET). Lo squilibrio tra l’offerta di competenze e le esigenze dei datori di lavoro è stato sottolineato in diversi pareri del CESE. È per questo motivo che oggi la sfida consiste nell’aumentare l’occupazione di qualità e nel rendere l’occupazione giovanile una priorità. In alcuni Stati membri, tuttavia, la disoccupazione di altre componenti della società, come le donne, le persone anziane e i migranti, sta assumendo dimensioni critiche e richiede soluzioni specifiche.

2.6.

L’introduzione di nuove tecnologie, della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale (IA) sta avendo un forte impatto sull’occupazione: un’istruzione di base di qualità, una formazione di alto livello ed efficace, l’apprendimento permanente, il perfezionamento e la riqualificazione professionali, insieme con la capacità di rispondere alle nuove esigenze delle economie dell’UE fornendo abilità e competenze mirate, rappresenteranno gli strumenti necessari per cogliere tutte le opportunità di lavoro del futuro e promuovere la competitività delle imprese (2). Tali strumenti devono essere accompagnati da una giusta combinazione di politiche economiche, sociali e di investimento a favore di una crescita inclusiva e sostenibile trainata dall’innovazione.

2.7.

Un altro aspetto critico è costituito dal livello di povertà tra i cittadini dell’UE, 118 milioni dei quali (ovvero il 23,7 % della popolazione totale) vivono, o rischiano di vivere, in situazioni di povertà e di esclusione sociale (3). Al tempo stesso, in alcuni paesi la povertà lavorativa rimane elevata, ed è accompagnata da un aumento significativo della sottoccupazione (4).

3.   Aspetti principali della proposta di regolamento sul Fondo sociale europeo Plus

3.1.

Per garantire maggiore coerenza e sinergie tra gli strumenti complementari dell’UE, aumentare la flessibilità, consentire ai fondi di rispondere meglio alle sfide e semplificarne la programmazione e la gestione, il nuovo Fondo sociale europeo Plus (FSE+) accorpa i seguenti fondi e programmi del quadro finanziario pluriennale 2014-2020:

il Fondo sociale europeo (FSE) e l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (IOG);

il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD);

il programma per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI); e

il programma d’azione dell’Unione in materia di salute (il programma per la salute).

3.2.

Il bilancio totale destinato al FSE+ ammonta ad approssimativamente 101 miliardi di euro (a prezzi correnti) per il periodo 2021-2027, di cui 100 miliardi per la componente del FSE+ in regime di gestione concorrente (ex FSE ed ex FEAD). La dotazione finanziaria per le componenti a gestione diretta del FSE+ sarà pari a 1 174 milioni di EUR a prezzi correnti, di cui 761 milioni per l’occupazione e l’innovazione sociale e 413 milioni per la salute. Al FSE+ viene inoltre accorpata l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (IOG), con il 10 % della dotazione finanziaria destinata ai giovani tra i 15 e i 29 anni. Almeno il 25 % delle risorse del FSE+ nazionali sarà destinato alla promozione dell’inclusione sociale e alla lotta alla povertà. In aggiunta, gli Stati membri dovranno assegnare almeno il 2 % delle loro risorse del FSE+ a misure rivolte agli indigenti.

3.3.

Per semplificare l’attuazione del FSE+, ridurre l’onere amministrativo sui beneficiari e spostare l’attenzione verso il conseguimento di risultati, vengono introdotte diverse misure nel regolamento sulle disposizioni comuni (CPR). Il regolamento FSE+ prevede anche misure per contrastare la deprivazione materiale, rispondendo così alla richiesta avanzata dai portatori di interessi di alleggerire i requisiti per questo tipo di assistenza e semplificare la raccolta dei dati e i requisiti di sorveglianza e rendicontazione.

4.   Osservazioni generali sulla proposta di regolamento

4.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione relativa al FSE+, soprattutto in considerazione dei seguenti aspetti:

l’allineamento della proposta con il pilastro europeo dei diritti sociali;

gli orientamenti per ottenere risultati di qualità attraverso indicatori più efficaci;

il riconoscimento della necessità di semplificazione e di maggiore flessibilità;

l’accento su tre aree di intervento: occupazione, istruzione e inclusione sociale;

l’introduzione di una priorità «azioni innovative» per sostenere l’innovazione sociale e la sperimentazione sociale, che rafforzano gli approcci dal basso basati su partenariati;

la coerenza e la compatibilità con altri programmi di finanziamento, quali Erasmus (5) e il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), nell’ambito del capitolo politico del QFP «Investire nelle persone»;

il fatto che essa raggruppi singoli fondi e programmi in un unico quadro, al fine di lottare meglio contro la povertà, l’esclusione sociale, la disoccupazione e la sottoccupazione nell’Unione europea.

4.2.

Il CESE contesta la dotazione complessiva proposta per il prossimo QFP, pari a circa 1 100 miliardi di euro — un importo che, in termini reali, è inferiore a quello dell’attuale QFP. Inoltre, critica fortemente i tagli finanziari proposti per la politica di coesione dell’UE, pari a circa il 7 %, nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Per quanto riguarda specificamente il FSE+, la proposta rappresenta il 27 % delle dotazioni complessive per la politica di coesione. In termini reali, ciò corrisponde a una diminuzione del 6 % nell’ambito del FSE+. Il CESE inoltre non è d’accordo con la soppressione della quota minima (attualmente fissata al 23,1 %) dei finanziamenti della politica di coesione nel quadro del FSE+. Considerato che il FSE+ è il principale strumento di finanziamento per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, il CESE chiede inoltre che il 30 % delle risorse per le politiche di coesione economica, sociale e territoriale sia assegnato a tale fondo e raccomanda che il 30 % delle risorse del FSE+ sia destinato a misure di inclusione sociale. Il CESE non condivide la proposta di ridurre il tasso di cofinanziamento europeo del FSE+. In ogni caso, tale riduzione non dovrebbe essere a carico dei promotori dei progetti.

4.3.

A questo proposito, il CESE ribadisce con forza che i finanziamenti, a livello sia europeo sia nazionale, devono:

affrontare i problemi legati alla qualità della vita e all’equilibrio tra vita professionale e vita privata;

investire in un’istruzione e in una formazione inclusive e di qualità, che dovrebbero essere accessibili per tutti a prezzi abbordabili ed essere orientate alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro;

affrontare la disoccupazione — in particolare di lungo periodo e giovanile — e il divario tra domanda e offerta di competenze e la sottoccupazione, nonché estendere opportunità di formazione e condizioni di lavoro eque anche ai lavoratori impiegati nelle nuove forme di occupazione (atipiche), che in alcuni casi sono illegali;

affrontare le sfide demografiche e garantire una protezione sociale adeguata e sostenibile nell’arco del ciclo di vita per tutti;

promuovere l’inclusione e l’accessibilità per le persone con disabilità;

mettere a punto, verificare, valutare e sviluppare soluzioni innovative e rafforzare approcci dal basso e sperimentazioni sociali basate su partenariati che coinvolgano le autorità pubbliche, il settore privato, le parti sociali e le altre OSC;

promuovere le pari opportunità e combattere tutte le forme di discriminazione;

migliorare l’occupabilità e l’integrazione socioeconomica dei gruppi emarginati, tra cui le persone senza fissa dimora;

sostenere l’integrazione dei migranti;

offrire un sostegno individualizzato a livello di famiglia e comunità, migliorando l’accesso a servizi sociali abbordabili, sostenibili e di qualità, nonché ai servizi sanitari e abitativi;

promuovere azioni congiunte delle parti sociali;

sostenere lo sviluppo delle capacità per le amministrazioni e/o istituzioni, le parti sociali e le organizzazioni della società civile.

4.4.

Dato che i fondi strutturali dell’UE svolgono un ruolo cruciale nel realizzare un’Europa più competitiva, coesa, resiliente e sociale, agli Stati membri incombe la responsabilità specifica di investire i finanziamenti del FSE+ in servizi sociali erogati da enti pubblici, soggetti dell’economia sociale e altre organizzazioni senza scopo di lucro.

4.5.

L’accorpamento dei diversi fondi e programmi nel nuovo quadro FSE+ dovrebbe essere attuato con cautela, tenendo conto di ogni potenziale aumento della loro efficacia ed efficienza rispetto a quadri di attuazione distinti (6).

4.6.

La Commissione propone di accorpare l’Iniziativa a favore dell’occupazione giovanile (IOG) con il FSE+ al fine di garantire la coerenza e l’efficacia delle azioni incentrate sui giovani. La proposta è volta a rafforzare le politiche occupazionali negli Stati membri. Le procedure per accedere ai finanziamenti a titolo della IOG dovrebbero essere semplificate e garantire una chiara ripartizione delle risorse. In caso contrario, potrebbe essere più utile lasciare che la IOG resti un’iniziativa finanziaria distinta. Inoltre, occorre adottare misure intese a garantire che i calcoli che impongono agli Stati membri di utilizzare almeno il 10 % del bilancio FSE+ per la IOG siano efficaci e ragionevoli. Occorre evitare il rischio che l’iniziativa sia messa ai margini e che nel 2021-2027 la dotazione ad essa assegnata venga ridotta (7).

4.7.

È anche importante riconoscere che le parti sociali e — su un piano di parità — altre organizzazioni della società civile sono soggetti di primo piano del progetto democratico europeo, ragion per cui le autorità pubbliche devono facilitarne l’accesso alle risorse disponibili.

4.8.

Il finanziamento dell’Unione europea dovrebbe sfruttare appieno l’esperienza e la capacità delle parti sociali e delle altre OSC che operano a livello locale, nazionale ed europeo coinvolgendo tali organizzazioni, in funzione dei loro diversi ruoli e insieme con gli utenti dei servizi, nei compiti di programmazione, attuazione, monitoraggio e valutazione dei finanziamenti dell’UE (8). A tal fine, sarà necessario inserire un chiaro riferimento al codice europeo di condotta sul partenariato (ECCP). Il rispetto di tale codice deve essere considerato una condizione abilitante. Le parti sociali e le altre OSC dovrebbero — una volta ottenuto un sostegno adeguato — elaborare strumenti di valutazione appropriati e, ove possibile, avvalersi delle competenze dei diretti beneficiari (9). Questo obiettivo può essere realizzato solo se vengono ridotti gli oneri burocratici e semplificate le norme di finanziamento per sostenere le parti sociali e le altre OSC.

4.9.

Una parte adeguata delle risorse disponibili dovrebbe essere destinata a progetti guidati da piccole organizzazioni locali, nonché al meccanismo per la riassegnazione dei fondi (re-granting). Ciò consentirebbe di sostenere le organizzazioni attive a livello locale e i gruppi di autosostegno ed eviterebbe o attenuerebbe l’effetto deterrente di oneri eccessivi di cofinanziamento per le OSC. Occorrerebbe garantire l’equiparazione del trattamento delle prestazioni in natura a quello dei contributi finanziari.

4.10.

Va osservato che, nella maggior parte dei casi, strumenti finanziari quali prestiti, garanzie o capitale azionario non assicurano un finanziamento adeguato per i progetti sociali, ragion per cui si dovrebbe optare per le sovvenzioni come principale meccanismo di attuazione, a meno che altri strumenti finanziari non si rivelino più efficaci.

4.11.

Il CESE invita la Commissione a semplificare ulteriormente le regole del FSE+ sia per le autorità di gestione che per i beneficiari. Tuttavia, la Commissione e le autorità di gestione dovrebbero adottare provvedimenti specifici intesi a garantire che la semplificazione non esponga a rischi finanziari le OSC che lavorano per e con le persone colpite dalla povertà e dall’esclusione sociale. Tali rischi sono particolarmente legati all’elevato numero di requisiti per la raccolta di dati personali.

4.12.

Nessuna semplificazione delle regole che disciplinano i fondi dovrà portare all’eliminazione di meccanismi (ad esempio, le condizioni abilitanti) previsti per assicurare che i progetti finanziati con fondi dell’UE siano conformi ai suoi valori e, in particolare, all’obbligo di rispettare i diritti umani. La condizione abilitante in materia di inclusione attiva, in base alla quale gli Stati membri devono disporre di strategie nazionali contro la povertà e l’esclusione sociale per poter beneficiare dei finanziamenti del FSE+, dovrebbe continuare ad essere applicata a tutti gli Stati membri anche nel prossimo periodo di programmazione finanziaria.

4.13.

Dato che il FSE+ è un fondo europeo, la transnazionalità (ovvero le attività transfrontaliere) dovrebbe, di regola, far parte dei programmi operativi di tutti gli Stati membri. Tale approccio è necessario per promuovere un sentimento di identità europea tra i cittadini di Stati membri diversi e rendere molto più visibile il sostegno finanziario offerto dall’UE ai suoi cittadini. Al fine di contribuire all’attuazione di progetti transfrontalieri, le buone pratiche e i modelli dimostratisi efficaci nell’attuale periodo finanziario pluriennale (2014-2020) dovrebbero continuare ad essere applicati e condivisi tra gli Stati membri.

5.   Osservazioni e richieste specifiche concernenti la proposta di regolamento

5.1.

Il CESE ritiene che sia importante fissare degli obiettivi specifici (10) per il FSE+ con un livello elevato di finanziamento per gli ambiti di intervento principali per il futuro dell’Europa e dei suoi cittadini, quali:

qualità dell’occupazione giovanile;

iniziative volte a promuovere la parità di genere;

inclusione e occupazione dei gruppi vulnerabili, quali le persone con disabilità e i migranti;

accesso all’apprendimento permanente nel contesto di un mercato del lavoro digitalizzato e in rapida evoluzione;

potenziamento dei servizi pubblici di interesse generale, giacché essi contribuiscono a una migliore qualità della vita e a un maggiore equilibrio tra vita professionale e vita privata;

sviluppo delle capacità delle pubbliche amministrazioni, delle parti sociali e delle altre OSC, al fine di garantire una migliore governance, anche nella gestione del fondo.

5.2.

Tenuto conto del ruolo sempre maggiore dell’economia sociale nella dimensione sociale dell’UE, il CESE ritiene anche che il sostegno per le attività dell’economia sociale dovrebbe costituire un obiettivo a sé stante del FSE+ (11). Le misure previste dovrebbero concentrarsi sull’intera economia sociale, in tutte le diverse forme che assume nei vari Stati membri. Si esorta la Commissione a cooperare con gli Stati membri per promuovere un ecosistema favorevole all’economia sociale.

5.3.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di individuare nuovi indicatori per l’assegnazione di fondi per affrontare questioni quali la disoccupazione giovanile, i bassi livelli d’istruzione, i cambiamenti climatici e l’accoglienza e/o l’integrazione dei migranti, al fine di rispecchiare meglio la situazione economica e sociale delle regioni e dei territori europei e allineare tali indicatori con il quadro di valutazione della situazione sociale del pilastro europeo dei diritti sociali. Ad oggi, tuttavia, il sistema di assegnazione dei fondi è ancora basato principalmente sul PIL (12).

5.4.

Il CESE ritiene che la correlazione tra il FSE+ e le raccomandazioni specifiche per paese (RSP) del semestre europeo rivesta un’importanza fondamentale. Al tempo stesso, teme che possano essere applicate condizionalità rigorose. Sottolinea pertanto che tale correlazione dovrebbe essere negoziata tra le autorità nazionali ed europee, con la piena e attiva partecipazione delle parti sociali e di altre OSC (13), poiché è importante garantire una strategia orientata tanto sul medio quanto sul lungo termine.

5.5.

Il CESE sottolinea l’importanza di mantenere il FSE+ nell’ambito della coesione economica, sociale e territoriale, date le forti complementarità tra crescita, obiettivi occupazionali e inclusione sociale. Il valore aggiunto del FSE+ rispetto all’azione degli Stati membri è legato alle esigenze territoriali e all’integrazione con altri fondi strutturali al fine di realizzare iniziative coerenti e complete a livello locale. In tale contesto, la dimensione regionale/locale è di cruciale importanza per la programmazione e l’attuazione di provvedimenti su misura.

5.6.

Il CESE accoglie con favore l’obbligo imposto agli Stati membri di garantire un’adeguata partecipazione delle parti sociali e delle altre OSC alla realizzazione delle politiche sostenute dal FSE+ e di assegnare un’adeguata quantità di risorse di tale fondo allo sviluppo delle capacità e ad azioni congiunte. Ciò dovrebbe includere un approccio specifico allo sviluppo delle capacità delle parti sociali, che sia in linea con la dichiarazione quadripartita del 2016 «Un nuovo inizio per il dialogo sociale» e faccia sì che le autorità di gestione assegnino le risorse, in funzione delle necessità, sotto forma di formazioni, misure volte alla creazione di reti e rafforzamento del dialogo sociale, nonché attività intraprese congiuntamente dalle parti sociali (14).

5.7.

Al fine di incoraggiare una partecipazione adeguata delle altre OSC ad azioni sostenute dal FSE+, in particolare negli ambiti dell’inclusione sociale, dell’uguaglianza di genere e delle pari opportunità, le autorità di gestione devono assicurarsi che una quantità adeguata di risorse del FSE+ sia destinata allo sviluppo delle capacità di tali organizzazioni.

5.8.

Gli Stati membri dovrebbero sfruttare pienamente l’articolo 17 del codice europeo di condotta sul partenariato (ECCP). Poiché gli accordi di partenariato e i programmi operativi sono il frutto di negoziati tra la Commissione e le autorità nazionali, la Commissione potrebbe essere più rigorosa nell’esaminare tali accordi ai fini della loro approvazione ed esigere che vengano riveduti se non rispettano appieno gli obblighi derivanti dal principio di partenariato (15). Inoltre, per il nuovo periodo 2021-2027, l’ECCP dovrebbe essere riveduto e il ruolo delle parti sociali e delle altre OSC dovrebbe essere definito con chiarezza. Il CESE sostiene la revisione della composizione del comitato FSE+ di cui all’articolo 40, paragrafo 2, del regolamento, in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera c) del regolamento sulle disposizioni comuni e nel rispetto dei principi dell’ECCP (codice europeo di condotta sul partenariato). Pertanto, l’articolo 40, paragrafo 2, dovrebbe stabilire che ogni Stato membro nomina al comitato FSE+ un rappresentante del governo, un rappresentante delle organizzazioni dei lavoratori, un rappresentante delle organizzazioni dei datori di lavoro e un rappresentante della società civile.

5.9.

La Commissione dovrebbe chiarire i requisiti minimi che le autorità degli Stati membri dovranno soddisfare nell’attuazione dei partenariati, comprese le sanzioni da applicare in caso di risultati insufficienti. Il mancato rispetto dell’obbligo imposto agli Stati membri di conformarsi all’ECCP dovrebbe essere penalizzato tramite diverse misure, che, nei casi gravi di non conformità, potrebbero giungere alla sospensione dei pagamenti, come previsto dai fondi strutturali e di investimento europei (16).

5.10.

I comitati di sorveglianza devono funzionare in modo più trasparente e incisivo, nonché svolgere specifiche funzioni di indirizzo. Al loro interno, le parti sociali e le altre OSC dovrebbero essere considerate come soggetti interessati con pari status ed essere quindi membri obbligatori con diritto di voto. Il monitoraggio dovrebbe altresì garantire che tutti i fondi siano utilizzati in modo coerente con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con le norme internazionali in materia di diritti umani, come quelle sancite dall’UNCRC e dall’UNCRPD, ratificate dall’Unione europea e da 27 dei suoi Stati membri. Inoltre, il monitoraggio dovrebbe servire anche a valutare i progressi delle misure di inclusione sociale, invece di limitarsi ad applicare una serie di indicatori quantitativi (17).

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. ad esempio il parere del CESE sul quadro finanziario pluriennale post 2020 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106).

(2)  Cfr. GU C 237 del 6.7.2018, pag. 8.

(3)  Commissione europea, Joint Employment Report 2017 («Relazione congiunta sull'occupazione 2017»).

(4)  Dati Eurostat e UE-SILC (Statistiche UE sul reddito e sulle condizioni di vita). A questo proposito, come pure su alcuni altri punti, il documento ribadisce le posizioni espresse dal CESE nella relazione informativa Seguito al dossier SOC/537 (trasmessa alla Commissione europea dopo essere stata adottata all’unanimità dal Comitato nella 534a sessione plenaria del 18 e 19 aprile 2018), nella quale viene spesso citato il parere GU C 173 del 31.5.2017, pag. 15.

(5)  Il parere del CESE su Erasmus (cfr. pag. 194 della presente Gazzetta ufficiale) raccomanda di mantenere la denominazione «Erasmus+».

(6)  Cfr. la relazione finale per il contratto VC/2017/0131 Studio sui sistemi di monitoraggio e valutazione del FSE, nell’ambito del contratto quadro multiplo VC/2013/0017, pag. 50.

(7)  Cfr. l’analisi del Forum europeo della gioventù: https://www.youthforum.org/sites/default/files/2018-07/_ESF%2B%20data%20analysis_website.pdf.

(8)  Cfr. GU C 173 del 31.5.2017, pag. 15.

(9)  Idem e «Seguito al dossier SOC/537».

(10)  Cfr. gli articoli 3 e 4 del regolamento proposto.

(11)  Cfr. l’articolo 4 del regolamento proposto.

(12)  Cfr. l’articolo 4 del regolamento proposto.

(13)  Cfr. l’articolo 7 del regolamento proposto.

(14)  Cfr. l’articolo 8 del regolamento proposto.

(15)  Cfr. l’articolo 4 del regolamento proposto.

(16)  Cfr. l’articolo 34 del regolamento proposto.

(17)  Cfr. gli articoli 38 e 39 del regolamento proposto.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/173


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri»

[COM(2018) 324 final — 2018/0136 (COD)]

(2019/C 62/28)

Relatore:

Jukka AHTELA

Consultazione

Commissione europea, 18/06/2018

Base giuridica

Articolo 304 del TFUE

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26/09/2018

Adozione in sessione plenaria

18/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

156/2/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento della Commissione volta a creare un nuovo strumento che permetterebbe l’adozione di misure correttive, di natura economica, per gli Stati membri che commettono gravi e persistenti violazioni dei valori sanciti all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (TUE). Il CESE, osservando che la Commissione già dispone di poteri correttivi simili tesi a incoraggiare il rispetto delle norme per una sana governance economica (1), guarda con favore alla proposta in esame volta a fare in modo che lo Stato di diritto sia salvaguardato da misure correttive. A questo proposito, il CESE accoglie con favore il fatto che gli atti di esecuzione proposti dalla Commissione ai sensi del regolamento in esame verranno adottati dal Consiglio con votazione a maggioranza qualificata inversa.

1.2.

Il CESE sottolinea l’importanza del rispetto dello Stato di diritto per i cittadini, nonché per le iniziative imprenditoriali, l’innovazione e gli investimenti. Raccomanda tuttavia di modificare la proposta per includere una nozione di Stato di diritto più ampia, che comprenda la protezione dei diritti fondamentali e garantisca la tutela della democrazia pluralista. Lo Stato di diritto è soltanto uno dei valori su cui l’UE è fondata, come stabilito all’articolo 2 del TUE. Lo Stato di diritto, i diritti fondamentali e la democrazia formano un rapporto triangolare e sono interdipendenti e indissociabili. Solo garantendo congiuntamente questi tre valori è possibile prevenire l’abuso del potere statale.

1.3.

Il CESE conviene che soltanto con l’esistenza reale di uno Stato di diritto i cittadini possono avere fiducia che la spesa dell’UE negli Stati membri sia sufficientemente tutelata. Il CESE accoglie con favore il fatto che la proposta rafforzerà ulteriormente la protezione degli interessi finanziari dell’UE. Il CESE ribadisce tuttavia che il meccanismo proposto dalla Commissione dovrebbe essere attivato automaticamente qualora una carenza generalizzata relativa allo Stato di diritto rischi di compromettere gli interessi finanziari dell’UE.

1.4.

Il CESE è inoltre dell’avviso che l’obiettivo principale della proposta debba essere la tutela dei diritti, di cui all’articolo 2 del TUE, attraverso la protezione delle finanze dell’UE. Di conseguenza, il CESE raccomanda di modificare la proposta per consentire alla Commissione di proporre un atto di esecuzione del regolamento nei casi in cui esista una minaccia seria, persistente e sistemica per lo Stato di diritto, i diritti fondamentali o le norme che garantiscono una democrazia pluralista, in quanto tali minacce — per loro stessa natura — possono rappresentare direttamente un rischio per gli interessi finanziari dell’UE.

1.5.

Il CESE incoraggia la Commissione a sviluppare ulteriormente, come misura preventiva, i canali di dibattito politico negli Stati membri sui valori di cui all’articolo 2 del TUE. Il CESE esorta pertanto la Commissione a proporre la creazione di un sistema per il monitoraggio costante e indipendente dell’attuazione di questi valori negli Stati membri, sulla falsariga di quanto proposto in precedenza dal CESE stesso e dal Parlamento europeo.

1.6.

Il CESE raccomanda di essere inserito nell’elenco degli organi che la Commissione terrà informati in merito alle misure proposte o adottate sulla base della normativa in esame, e di essere specificamente indicato come una delle fonti d’informazione pertinenti ai fine della determinazione, da parte della Commissione, dell’esistenza di una grave carenza in rapporto allo Stato di diritto. Questo consentirebbe al CESE di dare un contributo significativo ed efficace per la protezione dei valori dell’articolo 2, nonché di assicurare che la voce della società civile organizzata sia ascoltata.

2.   Introduzione e sintesi della proposta

2.1.

La proposta della Commissione in esame è stata concepita per proteggere il bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri. La Commissione giustifica la sua proposta richiamandosi alla necessità di proteggere le finanze dell’Unione imponendo agli Stati membri di mantenere salvaguardie sufficientemente solide per quanto concerne le modalità di gestione e spesa dei fondi dell’UE. Gli Stati membri sono già tenuti a dimostrare di aver introdotto adeguate salvaguardie sul piano istituzionale e procedurale volte ad assicurare che i fondi dell’UE siano spesi in modo efficiente e nel rispetto della legge. Il corretto funzionamento di questi meccanismi nazionali di verifica non può, tuttavia, essere garantito senza un controllo, sotto forma di una magistratura, di una procura e di organi investigativi indipendenti preposti ad occuparsi dei casi di frode e corruzione.

2.2.

La proposta della Commissione consentirebbe la sospensione o la rettifica dei pagamenti, il divieto di nuovi impegni giuridici, una riduzione degli impegni o l’interruzione dei termini di pagamento in risposta all’individuazione di una carenza generalizzata in rapporto allo Stato di diritto. Queste disposizioni verranno applicate a tutti i fondi dell’UE. La Commissione può rilevare l’insorgere di una carenza generalizzata in materia di Stato di diritto quando: l’indipendenza della magistratura è messa in pericolo; alle autorità pubbliche non viene impedito di attuare un comportamento arbitrario o illegittimo, oppure tale comportamento non viene corretto o sanzionato; viene rifiutata l’assegnazione di risorse alle autorità pubbliche, con la conseguenza di comprometterne il funzionamento; non vengono adottate misure per evitare i conflitti di interesse tra le autorità pubbliche; lo Stato limita la disponibilità e l’efficacia delle vie di ricorso.

2.3.

Nei termini della proposta, le suddette carenze farebbero attivare misure correttive qualora rischiassero di compromettere la sana gestione finanziaria o la protezione degli interessi finanziari dell’Unione arrecando pregiudizio a: le autorità nazionali incaricate dell’attuazione del bilancio dell’UE; le indagini o le azioni penali sui casi di frode e corruzione; il controllo giurisdizionale effettivo delle autorità nazionali; la prevenzione della frode e della corruzione, e l’irrogazione di sanzioni efficaci e dissuasive; il recupero dei fondi indebitamente versati; la cooperazione con l’OLAF e la Procura europea in rapporto alle indagini e alle azioni penali.

3.   Osservazioni generali

3.1.

L’UE è fondata sui valori che sono comuni ai suoi Stati membri, tra cui lo Stato di diritto, così come stabilito all’articolo 2 del TUE. Il rispetto dello Stato di diritto garantisce anche la certezza del diritto e la parità di condizioni per le iniziative imprenditoriali, l’innovazione, gli investimenti e la concorrenza leale in tutto il mercato interno, a vantaggio dei consumatori e dei cittadini. Si tratta di un presupposto essenziale per la fiducia reciproca, che è necessaria per il corretto funzionamento dell’UE. L’inosservanza dello Stato di diritto ostacola uno sviluppo economico e sociale equilibrato in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, sviluppo che costituisce il motore che consente all’UE e ai governi degli Stati membri di perseguire l’obiettivo generale dell’Unione di «promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli», come stabilito all’articolo 3 del TUE.

3.2.

Il CESE si rammarica che i Trattati dell’UE non stabiliscano espressamente che gli Stati membri devono soddisfare i criteri di Copenaghen anche dopo l’adesione all’UE (2). Il CESE osserva che le istituzioni dell’UE non dispongono di strumenti sufficientemente solidi e ben commisurati per proteggere lo Stato di diritto, i diritti fondamentali e una democrazia pluralista contro i pericoli attualmente rilevati negli Stati membri.

3.3.

Il rispetto dello Stato di diritto ha una relazione d’interdipendenza con le garanzie che proteggono una democrazia pluralista e i diritti fondamentali, oltre a essere indissociabile da esse. Lo Stato di diritto garantisce che i governi rispettino le norme in materia di diritti fondamentali, e una democrazia pluralista assicura che i governi perseguano politiche volte a favorire il benessere dei loro cittadini. Il rispetto dello Stato di diritto non garantisce di per sé che la legge rispetti i diritti fondamentali, né che tale legge sia adottata al termine di un processo inclusivo e legittimo basato su un dibattito pubblico informato, pluralista ed equilibrato che preveda la partecipazione dei cittadini. Per evitare che la legge si riduca a un guscio vuoto, è necessario rispettare anche i diritti fondamentali e le norme alla base di una democrazia pluralista, oltre allo Stato di diritto.

3.4.

La Commissione definisce il regolamento proposto come uno strumento per proteggere il bilancio dell’UE e, al tempo stesso, tutelare lo Stato di diritto. Il CESE conviene che soltanto con l’esistenza reale dello Stato di diritto i cittadini possono avere fiducia che la spesa dell’UE negli Stati membri sia sufficientemente tutelata. Il CESE, tuttavia, interpreta la proposta più come un potenziale strumento di difesa di tutti i valori dell’articolo 2 attraverso la leva del bilancio dell’UE.

3.5.

Il CESE sottolinea l’importanza di dimostrare ai cittadini europei che la gestione dei fondi dell’UE è esente da atti di corruzione e conforme al diritto dell’Unione. È altrettanto importante che l’UE protegga i valori su cui è fondata, che sono stati sanciti nell’interesse dei suoi cittadini. La Commissione dovrebbe avere il potere di intervenire, ai sensi del regolamento in esame, ogniqualvolta i valori dell’articolo 2 siano minacciati in modo serio, sistemico e persistente, in quanto tale minaccia — per sua stessa natura — può rappresentare direttamente un rischio per le finanze dell’UE.

3.6.

Come è stato osservato nelle recenti risoluzioni del Parlamento europeo e nelle dichiarazioni della Commissione europea e della presidenza del Consiglio, nell’UE sono sempre più minacciati lo Stato di diritto, i diritti fondamentali e le norme alla base di una democrazia pluralista. Sebbene le sfide principali siano legate alla situazione prevalente in taluni Stati membri, l’autoritarismo populista, che osteggia i valori fondanti dell’UE e spesso si oppone alla stessa Unione, continua a rafforzarsi in tutti gli Stati membri.

3.7.

Il CESE rileva che gli strumenti di cui le istituzioni dell’UE dispongono attualmente per proteggere i valori dell’articolo 2 presentano delle lacune. Le procedure d’infrazione tendono a limitare eccessivamente la loro attenzione a questioni di tecnica giuridica per essere in grado di prevenire o correggere attacchi concertati allo Stato di diritto. Anche se l’articolo 7 del TUE permette al Consiglio di contrastare, in maniera generale, le misure volte a pregiudicare lo Stato di diritto, si è rivelato estremamente difficile mobilitare la volontà politica sufficiente ad attivare questa procedura.

3.8.

Per quanto concerne il quadro di riferimento per lo Stato di diritto, anche se è più facile da attivare dell’articolo 7, è una procedura non vincolante, la cui efficacia è discutibile se impiegata con governi restii a collaborare in buona fede con la Commissione. Inoltre, il quorum richiesto per attivare il quadro di riferimento per lo Stato di diritto e l’articolo 7 è talmente alto che, quando tali strumenti saranno infine utilizzati, le carenze nell’attuazione dei valori dell’articolo 2 saranno diventate estremamente serie e, quindi, più difficili da risolvere.

3.9.

Tenuto conto delle crescenti sfide e della mancanza di strumenti adeguati ed efficaci, il CESE invita la Commissione europea a proseguire con maggiore urgenza il dibattito politico sui modi in cui l’UE può meglio proteggere i valori dell’articolo 2 e sviluppare ulteriori strumenti per la tutela dello Stato di diritto, dei diritti fondamentali e delle garanzie alla base del pluralismo democratico.

3.10.

Il CESE ricorda il proprio parere sul tema Un meccanismo europeo di controllo dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, che sostiene la creazione di un meccanismo a livello dell’UE volto a vigilare sul rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali tramite un monitoraggio indipendente e un dialogo costante tra gli Stati membri e le istituzioni dell’UE (3).

3.11.

Il CESE ribadisce la propria posizione secondo cui la creazione di tale meccanismo di prevenzione, secondo quanto proposto dal Parlamento europeo, completerebbe gli strumenti dell’UE esistenti a protezione dei valori dell’articolo 2 (4). La creazione di un meccanismo di prevenzione consentirebbe di identificare le lacune nell’attuazione di questi valori che emergono a livello nazionale e permetterebbe di risolvere tali lacune in una fase precoce.

3.12.

Quale ulteriore misura, il CESE propone di istituire a livello europeo una piattaforma della società civile o un forum annuale che preveda la partecipazione del CESE, in primo luogo per consentire ai responsabili decisionali dell’UE di ricevere direttamente dalle organizzazioni di base un allarme preventivo sulle sfide emergenti in rapporto ai valori dell’articolo 2 del TUE, e in secondo luogo per agevolare l’apprendimento reciproco e la collaborazione transnazionale tra le organizzazioni della società civile che operano soprattutto a livello nazionale.

3.13.

È importante che l’UE prenda in considerazione in che modo sostenere le organizzazioni della società civile e i mezzi d’informazione che monitorano e segnalano le sfide emergenti in rapporto all’articolo 2. Secondo il CESE, uno strumento di finanziamento a sostegno delle organizzazioni della società civile che promuovono i valori dell’articolo 2 negli Stati membri rappresenterebbe un importante complemento alla proposta in esame, rafforzando il sostegno dei cittadini a questi valori. A questo proposito, il CESE rimanda al proprio parere sulle proposte relative a un nuovo Fondo per la giustizia, i diritti e i valori (5) e invita il Consiglio e il Parlamento europeo ad aumentare in modo sostanziale le risorse per questo fondo stabilite nella decisione sul quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2020.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE ritiene che la disponibilità di un effettivo controllo giurisdizionale da parte di tribunali indipendenti delle azioni e omissioni delle autorità pubbliche sia essenziale non soltanto per garantire l’impiego efficace dei fondi dell’UE, in linea con il diritto dell’Unione, ma che rappresenti anche l’unico mezzo per assicurare una protezione efficace per tutti i cittadini dell’UE dei diritti derivanti dalle norme giuridiche dell’UE e per garantire in tutti gli Stati membri l’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, su cui sono basati sia il mercato comune che lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

4.2.

Il CESE approva il ricorso alla votazione a maggioranza qualificata inversa, in seno al Consiglio, per l’adozione dell’atto di esecuzione sulle misure appropriate da prendere. Sarà così possibile adottare misure in modo obiettivo, quando la Commissione ritenga che uno Stato membro presenti una carenza generalizzata, e ridurre al minimo il rischio di inazione o di selettività politica che potrebbe comportare il requisito di una votazione del Consiglio.

4.3.

Il CESE si rende conto delle difficoltà connesse alla formulazione di criteri più dettagliati per determinare l’esistenza di una carenza generalizzata. Ciononostante, il CESE si domanda se la proposta non potrebbe essere rafforzata grazie all’inserimento di tali criteri dettagliati. L’esistenza di criteri più dettagliati potrebbe contribuire ad assicurare che la legittimità della decisione della Commissione non venga messa in discussione da accuse di parzialità o mancanza di obiettività. Tali criteri potrebbero essere inseriti sotto forma di orientamenti elaborati dalla Commissione in una fase successiva all’adozione della proposta, e potrebbero ispirarsi ai criteri della Commissione stessa relativi al quadro di riferimento per lo Stato di diritto, oltre all’elenco dei criteri per la valutazione dello Stato di diritto stabilito dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (la Commissione di Venezia).

4.4.

Il CESE ha sottolineato che lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti fondamentali sono interdipendenti, come indicato nell’articolo 2 della proposta della Commissione. Oltre a criteri più dettagliati sullo Stato di diritto, la proposta dovrebbe comprendere anche criteri che consentano alla Commissione di determinare l’esistenza di una minaccia seria, sistemica e persistente per il rispetto dei diritti fondamentali o le garanzie alla base di una democrazia pluralista. Qualora la situazione in uno Stato membro corrisponda a tali criteri, la Commissione dovrebbe avere la facoltà di adottare misure correttive a norma del regolamento in esame.

4.5.

Il CESE rileva che la Commissione terrà conto di tutte le informazioni pertinenti, comprese le decisioni della Corte di giustizia, le relazioni della Corte dei conti e le conclusioni e raccomandazioni delle organizzazioni internazionali competenti. Taluni organismi di vigilanza del Consiglio d’Europa, come la Commissione di Venezia e il gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), svolgono un ruolo importante nel monitoraggio dello Stato di diritto negli Stati membri. La Commissione di Venezia ha elaborato vari pareri sulla situazione dello Stato di diritto in alcuni Stati membri dell’UE e il GRECO formula periodicamente delle raccomandazioni agli Stati membri. Analogamente, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), i difensori civici nazionali, le associazioni di magistrati e le reti giudiziarie riferiscono periodicamente sullo stato di salute dei meccanismi giudiziari nazionali che combattono la corruzione e la frode.

4.6.

Il rispetto delle norme in materia di diritti fondamentali e delle garanzie alla base di una democrazia pluralista negli Stati membri è monitorato e valutato periodicamente anche da altri organismi internazionali, tra cui l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, la Corte europea dei diritti dell’uomo, il Consiglio dei diritti umani dell’ONU e gli organi previsti dai trattati delle Nazioni Unite che sono competenti in materia di diritti umani. Inoltre, anche le organizzazioni indipendenti della società civile rappresentano spesso una fonte affidabile di informazioni e analisi. Un esplicito riferimento a questi organi nella proposta rispecchierebbe il loro ruolo speciale nella salvaguardia dei valori sanciti all’articolo 2 del TUE.

4.7.

Inoltre secondo il CESE, che è l’istituzione rappresentativa della società civile all’interno dell’UE, le analisi e osservazioni che esso elabora sono di particolare rilevanza per la Commissione quando essa deve determinare l’esistenza di gravi carenze in rapporto allo Stato di diritto in un dato Stato membro, sia nel quadro del regolamento in esame che sulla base di altri strumenti. A questo proposito, il CESE richiama l’attenzione della Commissione sulla creazione, al proprio interno, di un gruppo di lavoro sui diritti fondamentali e lo Stato di diritto, che assicurerà un’attenzione speciale al tema della protezione dei valori sanciti all’articolo 2 del TUE.

4.8.

L’inserimento del CESE tra gli organismi che la Commissione terrà informati in merito alle misure proposte o adottate in base alla normativa in materia, oltre che tra le fonti d’informazione pertinenti ai fini della determinazione, da parte della Commissione, dell’esistenza di una grave carenza per quanto riguarda lo Stato di diritto, consentirebbe al CESE di dare un contributo significativo ed efficace per la protezione dei valori dell’articolo 2, nonché di assicurare che la voce della società civile organizzata sia ascoltata.

4.9.

Il CESE condivide pienamente l’obiettivo della Commissione, secondo cui le conseguenze dell’attivazione del meccanismo proposto dovrebbero ricadere sui responsabili delle carenze e non sui singoli beneficiari dei finanziamenti dell’UE, come gli studenti Erasmus, i ricercatori o le organizzazioni della società civile (6).

4.10.

Il CESE osserva che, secondo la proposta, qualora siano adottate delle misure, la responsabilità per la distribuzione dei fondi continua a essere dello Stato membro in questione. Secondo il CESE tale impostazione, seppure giuridicamente corretta, avrebbe scarsa efficacia nell’impedire a uno Stato membro di rifiutarsi, nella pratica, di distribuire i fondi in questione e di attribuirne la colpa alla Commissione per calcoli politici. Poiché è improbabile che i cittadini siano in grado di valutare i meccanismi più sofisticati della legislazione dell’UE, gli Stati membri sarebbero in grado di stabilire un legame diretto tra i tagli dei finanziamenti e una decisione della Commissione. Questo porterebbe a una situazione in cui la Commissione potrebbe essere dissuasa dal prendere misure nei confronti di uno Stato membro a causa della potenziale reazione negativa dell’opinione pubblica. Si tratta di un rischio specifico di quegli Stati membri in cui il governo esercita un controllo o un’influenza sui mezzi d’informazione pubblici e privati, una situazione che tendenzialmente è tipica proprio degli Stati membri che presentano gravi carenze per quanto riguarda lo Stato di diritto.

4.11.

Il CESE incoraggia la Commissione a ricercare i modi per attenuare il rischio non solo che singoli beneficiari possano subire ripercussioni negative, ma anche che le misure prese ai sensi del regolamento in esame possano essere capovolte, a fini di calcolo politico, dai governi che violano i valori dell’articolo 2. La Commissione potrebbe valutare strade alternative attraverso cui assicurare che i fondi dell’UE pervengano ai beneficiari designati. Una possibilità potrebbe essere la creazione di un’agenzia esecutiva a cui sia affidata la gestione diretta dei fondi pertinenti.

4.12.

Per porre fine a una carenza generalizzata e, quindi, revocare tutte le misure adottate in base al regolamento in esame, il CESE sottolinea l’importanza di un dialogo aperto tra lo Stato membro interessato e le istituzioni dell’UE, come indicato nella proposta. Le istituzioni e gli Stati membri dovrebbero tenere conto del punto di vista delle organizzazioni della società civile per quanto riguarda la situazione nello Stato membro interessato e l’adeguatezza delle misure adottate non solo per porre fine alla carenza generalizzata individuata, ma anche per evitare il ripetersi di una situazione simile in futuro.

Bruxelles, il 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320, articolo 23.

(2)  Questi criteri sono stati stabiliti nella riunione del Consiglio europeo tenutasi a Copenaghen nel 1993.

(3)  GU C 34 del 2.2.2017, pag. 8.

(4)  2015/2254(INL).

(5)  Parere SOC/599 (cfr. pag. 178 della Gazzetta Ufficiale) elaborato in merito al COM(2018) 383 final e al COM(2018) 384 final

(6)  COM(2018) 98 final, pag. 16.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/178


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Diritti e valori»

[COM(2018) 383 final — 2017/0207 (COD)]

e sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Giustizia»

[COM(2018) 384 final — 2017/0208 (COD)]

(2019/C 62/29)

Relatore:

Jean-Marc ROIRANT

Consultazione

Consiglio europeo, 21/06/2018

Commissione europea, 18/06/2018

Parlamento europeo, 14/06/2018

Base giuridica

Articoli 81, paragrafi 1 e 2, 82, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Articoli 16, paragrafo 2, 19, paragrafo 2, 21, paragrafo 2, 24, 167, 168 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26/09/2018

Adozione in sessione plenaria

18/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

135/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta della Commissione europea, che fonde programmi già esistenti, quale strumento di cui vi è grande bisogno al fine di promuovere i valori e la storia dell’UE, i diritti fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto, la partecipazione e il sostegno di una società civile dinamica e diversa, nonché il coinvolgimento delle comunità locali.

1.2.

Il CESE chiede di assicurare coerenza nella linea politica e nei finanziamenti tra l’impegno politico esterno e interno dell’UE in materia di diritti umani e democrazia e chiede un finanziamento complessivo di 1,4 miliardi di EUR, di cui almeno 500 milioni di EUR dovrebbero essere assegnati alla sezione «Coinvolgimento e partecipazione dei cittadini».

1.3.

Il CESE ritiene che il Fondo dovrebbe essere basato su un approccio dal basso autenticamente partecipativo per rispondere alle sfide cui l’UE è attualmente confrontata per quanto riguarda la promozione dei diritti e dei valori dell’UE, l’incoraggiamento della democrazia, il rafforzamento della fiducia dei cittadini nell’UE, attraverso la loro diretta partecipazione alla definizione del futuro dell’Europa, e il sostegno a una società civile dinamica.

1.4.

Il CESE chiede inoltre l’impiego di strumenti di finanziamento innovativi per consentire di rafforzare la partecipazione e la capacità della società civile a livello locale, nazionale e transnazionale, per esempio attraverso la fornitura di assistenza tecnica, azioni preparatorie guidate da partner più esperti o sovvenzioni a cascata, aprendo così la possibilità di livelli diversi di sovvenzioni o di una procedura di candidatura in due fasi. Chiede inoltre di destinare specificamente finanziamenti alle organizzazioni della società civile, e precisamente di assegnare loro almeno il 50 % delle diverse sezioni.

1.5.

Il CESE accoglie con favore la decisione di prorogare la durata della concessione di sovvenzioni di funzionamento su base pluriennale per tutti i programmi e le sezioni del Fondo, e sottolinea la necessità di continuare a garantire la sostenibilità e la continuità delle azioni.

1.6.

Il CESE propone di cambiare il titolo del Fondo in «Cittadini, diritti e valori» e di rinominare «Europa per i cittadini» la sezione Coinvolgimento e partecipazione dei cittadini nell’ambito del programma Diritti e valori, al fine di assicurare la coerenza con gli obiettivi del Fondo, che sono in stretto rapporto con la dimensione della cittadinanza nonché dell’autonomia e della responsabilizzazione, con la partecipazione dei titolari di diritti, con la protezione delle vittime, con la storia e la memoria comuni.

1.7.

Il CESE si rammarica del fatto che le azioni relative alla libertà di espressione dei media, al pluralismo dei media nonché al contrasto alle notizie false e infondate (le cosiddette fake news) e alla disinformazione mirata siano state eliminate dalla versione finale del programma Diritti e valori, e propone pertanto di creare sinergie con il programma Europa creativa, data la rilevanza di queste azioni per i valori dell’UE e la promozione di una società democratica e pluralistica.

1.8.

Il CESE chiede che il sostegno finanziario nell’ambito del programma Giustizia sia ulteriormente esteso alle organizzazioni della società civile, includendo azioni che vanno dalla sensibilizzazione, l’apprendimento reciproco e lo scambio, nonché le attività di analisi e di monitoraggio, alla formazione e allo sviluppo delle capacità, e invita a monitorare il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile nel programma Giustizia.

1.9.

Il CESE prende atto dei lavori della Commissione in corso riguardanti l’attuazione di un’azione preparatoria, proposta dal Parlamento europeo, intesa a sviluppare un fondo dell’UE che eroghi un sostegno economico per contenziosi relativi alle violazioni della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali rivolto alle organizzazioni della società civile; chiede che tali attività siano integrate nel programma Giustizia.

1.10.

Il CESE considera il Fondo uno strumento importante per rafforzare l’integrazione della dimensione di genere, il bilancio di genere e la raccolta di dati disaggregati per genere. Accoglie con favore in particolare l’inserimento di azioni intese a prevenire e a combattere tutte le forme di violenza contro le donne, i bambini e i giovani nel programma Diritti e valori e chiede una maggiore coerenza e maggiori sinergie con le attività del programma Giustizia relative ai diritti delle vittime e alla loro effettiva applicazione. Chiede inoltre per entrambi i programmi indicatori disaggregati per sesso.

1.11.

Il CESE accoglie con favore la proposta di estendere il ruolo dei punti di contatto nazionali del programma Europa per i cittadini alle diverse sezioni del programma Diritti e valori, tenuto conto dell’efficacia del loro ruolo nel creare collegamenti con i potenziali beneficiari sul campo e nel sostenerli. È necessario nominare enti indipendenti dai loro governi nazionali e dotati di una conoscenza approfondita delle esigenze del settore della società civile e degli attori locali. Il CESE chiede finanziamenti adeguati, l’elaborazione di orientamenti sul loro ruolo e i loro compiti, modi per garantire una maggiore visibilità del programma, nonché attività di formazione.

2.   Descrizione della proposta

2.1.

Il presente parere del CESE concerne il Fondo per la giustizia, i diritti e i valori, che comprende due distinte proposte di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, una che istituisce il programma Giustizia e l’altra che istituisce il programma Diritti e valori, programmi che hanno obiettivi complementari per il periodo 2021-2027.

2.2.

L’obiettivo del Fondo è quello di contribuire a sostenere società aperte, democratiche, pluralistiche e inclusive, nonché a rafforzare l’autonomia e la responsabilità delle persone, tutelando e promuovendo i diritti e i valori e ampliando ulteriormente uno spazio europeo di giustizia, una priorità fondamentale nel contesto attuale dell’UE, in cui si assiste a un aumento dell’estremismo e del radicalismo, a una crescente polarizzazione, a riforme che mettono in discussione lo Stato di diritto e riducono gli spazi civici.

2.3.

Allo scopo di promuovere i valori e i diritti europei sanciti negli articoli 2 e 3 del TUE e nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE, il Fondo combina differenti strumenti già esistenti (il programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza, il programma Europa per i cittadini e il programma Giustizia) cercando di superare la frammentazione e di affrontare le lacune attuali e le nuove sfide, in particolare quelle riguardanti la fiducia dei cittadini nella democrazia e il sostegno per la difesa dei valori e dei diritti fondamentali.

2.4.

Oltre a promuovere la parità e i diritti e la lotta contro la violenza, la proposta di un programma Diritti e valori è volta anche, più specificamente, a sostenere una società civile dinamica, a incoraggiare la partecipazione democratica e sociale dei cittadini e a promuovere la ricca diversità della società europea, basata sulla nostra storia e memoria comuni. Tale proposta fa inoltre seguito alla richiesta dell’istituzione di un Fondo europeo per la democrazia, i diritti umani e i valori avanzata dal CESE (1), dal Parlamento europeo (2) e da 80 ONG di 22 paesi diversi (3).

2.5.

Il programma Giustizia è basato sugli articolo 81 e 82 del TFUE relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e penale, mentre il programma Diritti e valori si fonda su una combinazione di differenti articoli del TFUE: articolo 16, paragrafo 2, sulla protezione dei dati, articolo 19, paragrafo 2, sulla lotta contro le discriminazioni, articolo 24 sul sostegno all’Iniziativa dei cittadini europei, articolo 167 sulla cultura e sul retaggio culturale, articolo 168 sulla promozione di un livello elevato di protezione della salute umana e sulla prevenzione, nonché articolo 21, paragrafi 1 e 2, sulla libertà di circolazione dei cittadini.

2.6.

La dotazione dei due programmi sarebbe la seguente: al programma Giustizia sarebbero destinati 305 milioni di EUR e al programma Diritti e valori circa 642 milioni di EUR, di cui 233 milioni di EUR sarebbero assegnati alla sezione «Coinvolgimento e partecipazione dei cittadini» e oltre 408 alle sezioni «Uguaglianza e diritti» e «Daphne».

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione quale strumento di cui vi è grande bisogno al fine di promuovere efficacemente i diritti umani, la democrazia lo Stato di diritto, il rispetto delle minoranze, i diritti dei gruppi discriminati, dei gruppi emarginati e delle persone svantaggiate (quali le persone con disabilità e la comunità Rom) la partecipazione, il sostegno e lo sviluppo di capacità di una società civile dinamica e diversa, come sancito dai Trattati dell’UE e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dai trattati internazionali in materia di diritti umani ratificati dall’Unione europea e dagli Stati membri, per esempio la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.

3.2.

Il CESE apprezza gli sforzi della Commissione volti a rafforzare il rispetto dei valori di cui all’articolo 2 del TUE, e, a tale proposito, accoglie con favore la proposta della Commissione per un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri. La proposta è complementare alle proposte in esame sui programmi Giustizia e Diritti e valori e comporterebbe l’esercizio di una pressione economica sugli Stati membri che commettono violazioni gravi e persistenti dei valori di cui all’articolo 2 del TUE. Mentre la prima proposta mira a tutelare lo Stato di diritto attraverso una pressione esercitata dall’alto verso il basso, la seconda potenzialmente tutela lo Stato di diritto e altri valori di cui all’articolo 2 del TUE attraverso la creazione di un sostegno di base diffuso tra i cittadini. A questo proposito, il CESE rimanda al suo parere sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri (4).

3.3.

Il CESE si rammarica del fatto che il Fondo si basi solo su programmi esistenti che hanno avuto risultati positivi, e osserva che esso deve essere migliorato e ampliato per rispondere alle nuove realtà all’interno dell’Unione europea e per assicurare una maggiore visibilità e consentire una promozione globale e una protezione completa dei valori sanciti all’articolo 2 del TUE.

3.4.

Il CESE chiede che sia garantita la coerenza nella linea politica e nei finanziamenti tra l’impegno dell’UE in materia di diritti umani e di democrazia nelle sue politiche esterne e in quelle interne. Il CESE ricorda in tale contesto le conclusioni del Consiglio sul piano d’azione in materia di diritti umani e di democrazia in cui si affermava l’impegno dell’UE a intensificare «gli sforzi per promuovere un ambiente sicuro e favorevole in cui la società civile e i media indipendenti possano prosperare» (5).

3.5.

Il CESE accoglie con favore la base giuridica proposta per il programma Diritti e valori e per il programma Giustizia, poiché consente al Parlamento europeo e al Consiglio dell’UE di essere coinvolti in pari misura nel processo decisionale in un settore che è di fondamentale importanza per i cittadini e la società civile nel senso più ampio. Il CESE, tuttavia, ritiene che la base giuridica dovrebbe offrire un margine di manovra sufficiente in termini di settori tematici e di sostegno alla società civile, a tutti i livelli, e propone che si consideri l’inserimento di un riferimento all’articolo 11 (paragrafi 1 e 2) del TUE.

3.6.

Il CESE ritiene che la dotazione di bilancio proposta sia molto bassa in considerazione delle attuali sfide cui l’UE è confrontata in questo campo di fondamentale importanza per le società europee e chiede (6) un bilancio complessivo di almeno 1,4 miliardi di EUR (7), di cui almeno 500 milioni dovrebbero essere assegnati alla sezione Coinvolgimento e partecipazione dei cittadini.

3.7.

Il CESE, inoltre, prende atto delle valutazioni positive dei programmi che sono stati integrati nel Fondo e pone l’accento sul fatto che la limitata disponibilità di fondi e l’elevata richiesta per il programma Europa per i cittadini e per la sezione Daphne del programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza hanno generato frustrazione tra i richiedenti. Il CESE si rammarica che, nonostante ciò, l’incremento sia stato estremamente limitato.

3.8.

Il nome del Fondo e quello dei programmi dovrebbero essere cambiati per renderli più coerenti con il titolo e gli obiettivi del programma, che sono strettamente connessi alla dimensione della cittadinanza e alla responsabilizzazione e autonomia, alla partecipazione dei titolari dei diritti, alla storia e alla memoria comuni, nonché alla rubrica corrispondente del Quadro finanziario pluriennale: Investire nelle persone, nella coesione sociale e nei valori. Il CESE ritiene pertanto che il Fondo dovrebbe essere rinominato Cittadini, diritti e valori. Inoltre, la sezione Coinvolgimento e partecipazione dei cittadini nell’ambito del programma Diritti e valori dovrebbe essere rinominata Europa per i cittadini, al fine di garantire la coerenza con i nomi delle altre sezioni e di accrescere la visibilità.

3.9.

Allo scopo di rispondere anche alle sfide cui l’UE è attualmente confrontata per quanto riguarda la promozione dei suoi diritti e dei suoi valori, la promozione della democrazia, il rafforzamento della fiducia dei cittadini nell’UE attraverso la loro diretta partecipazione alla definizione del futuro dell’Europa, nonché lo sviluppo di capacità e il sostegno a una società civile dinamica, il Fondo dovrebbe essere basato su un approccio dal basso realmente partecipativo, in cui le considerazioni giuridiche sostengono tali obiettivi, piuttosto che informarli. Inoltre, il sostegno e lo sviluppo di capacità dovrebbero coprire le attività della società civile indipendente e delle organizzazioni a livello locale, regionale, nazionale e transnazionale che promuovono e monitorano l’attuazione dei valori dell’UE.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE accoglie con favore l’inserimento, tra le attività del programma, del sostegno alle organizzazioni della società civile al fine di promuovere e agevolare la partecipazione attiva alla costruzione di un’Unione più democratica nonché la consapevolezza dei diritti e dei valori. Tuttavia, il CESE ritiene che tale attività dovrebbe essere promossa da un obiettivo generale, da inserire all’articolo 4, lettera a), consistente nello «sviluppare le capacità delle organizzazioni della società civile di accrescere la partecipazione civica e democratica». Inoltre, all’articolo 4, lettera b), andrebbe precisato espressamente che la promozione della partecipazione civica e democratica dei cittadini dovrebbe essere sostenuta a livello locale, regionale e nazionale.

4.2.

Il CESE accoglie con favore il fatto che si continui a prestare un’attenzione particolare alla prevenzione e alla lotta contro tutte le forme di violenza nei confronti delle donne, dei bambini e dei giovani, nell’ambito del programma Diritti e valori, e alla promozione di mezzi di ricorso per le vittime, attraverso il programma Giustizia. Osserva che le persone con disabilità hanno da due a cinque volte più probabilità di subire atti di violenza domestica, fa notare l’aumento di episodi di violenza contro gli anziani, nonché gli atti di violenza perpetrati sui migranti, sui membri della comunità Rom e sulle minoranze etniche e chiede ulteriori sforzi, insistendo sulla necessità di garantire una maggiore coerenza e sinergie all’interno dei due programmi del Fondo.

4.3.

Il CESE ritiene che il Fondo offra una nuova opportunità per imporre l’integrazione della dimensione di genere, il bilancio di genere e la raccolta di dati disaggregati per genere. Tali misure consentono la promozione di una maggiore uguaglianza attraverso un’analisi dei diversi effetti dei finanziamenti sulle donne, sulle ragazze, sugli uomini e sui ragazzi, nonché mediante la fissazione di finalità e obiettivi e un’allocazione più efficiente dei finanziamenti allo scopo di sostenere tali finalità. Il Comitato chiede in particolare indicatori disaggregati per sesso per il programma Diritti e valori.

4.4.

Il CESE sottolinea il valore fondamentale e unico delle attività di apprendimento reciproco e di scambio di buone pratiche tra le comunità locali nell’ambito del programma Europa per i cittadini e chiede un maggiore coinvolgimento dei cittadini nei gemellaggi tra città attraverso partenariati per migliorare l’approccio dal basso di tali azioni. In particolare, il Comitato prende atto della positiva esperienza delle attività di sviluppo locale di tipo partecipativo (Community-Led Local Development — CLLD) (8) al fine di garantire la partecipazione e lo sviluppo di capacità delle comunità locali e delle parti interessate.

4.5.

Il CESE accoglie con favore il fatto che si mantenga viva l’attenzione sul miglioramento della comprensione dell’Unione, della sua storia e della sua diversità culturale. Ritiene che, in considerazione dell’aumento dell’estremismo e del radicalismo, tale obiettivo dovrebbe includere esplicitamente le attività di commemorazione e una riflessione critica sulla memoria storica.

4.6.

Il CESE deplora il fatto che le azioni relative alla libertà di espressione dei media, al pluralismo dei media, nonché al contrasto alle notizie false e infondate (le cosiddette fake news) e alla disinformazione mirata siano state eliminate dalla versione finale del programma Diritti e valori. Data la pertinenza di tali azioni rispetto ai valori dell’UE e alla promozione di una società democratica e pluralistica, propone la creazione di sinergie con il programma Europa creativa.

4.7.

Il CESE chiede che il sostegno finanziario nell’ambito del programma Giustizia sia ulteriormente esteso a tutte le sue attività: attività di sensibilizzazione, di educazione e mobilitazione dei cittadini, di apprendimento reciproco e scambi, attività di analisi e di monitoraggio, di formazione e di sviluppo di capacità.

4.8.

Il CESE prende atto dei lavori della Commissione in corso riguardanti l’attuazione di un’azione preparatoria, proposta dal Parlamento europeo, intesa a sviluppare un fondo dell’UE che eroghi un sostegno economico per contenziosi relativi alle violazioni della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali rivolto alle organizzazioni della società civile; chiede che tali attività siano integrate nel programma Giustizia.

4.9.

I punti di contatto nazionali si sono generalmente rivelati efficaci nel sostenere l’approccio dal basso verso l’alto del programma Europa per i cittadini, prendendo contatto con i potenziali beneficiari sul campo e sostenendoli. Il CESE accoglie con favore la proposta di estendere il loro ruolo ad altre sezioni del programma Diritti e valori, pur insistendo sulla necessità di assicurare finanziamenti adeguati e di designare organismi che siano indipendenti dai rispettivi governi e possiedano una conoscenza approfondita del settore della società civile, degli attori locali e delle loro esigenze. Chiede lo sviluppo di orientamenti sulla loro indipendenza, sul loro ruolo e sui loro compiti, anche per quanto riguarda la garanzia di una maggiore visibilità del programma e in materia di formazione.

4.10.

Il CESE accoglie con favore l’inclusione di riunioni del dialogo civile nell’ambito del programma Europa per i cittadini e ritiene che tali riunioni dovrebbero essere mantenute ed estese a tutte le sezioni del Fondo per consentire uno scambio approfondito sui valori, sui diritti, sulla democrazia e sullo Stato di diritto, basato sull’articolo 11 del trattato relativo al dialogo a tutti i livelli con la società civile. Tali riunioni dovrebbero essere aperte a attori pertinenti diversi dai beneficiari del programma e includere il dibattito sulle priorità future del programma.

4.11.

Il CESE accoglie con favore il fatto che tutte le azioni dei programmi saranno finanziate mediante una gestione diretta e indiretta e che i finanziamenti comprenderanno una combinazione di sovvenzioni di funzionamento e per le azioni. Il CESE sottolinea che la disponibilità di sovvenzioni di modesta entità è fondamentale per garantire la partecipazione e il sostegno delle organizzazioni della società civile alle diverse azioni del Fondo e, in particolare, per il mantenimento di un approccio dal basso, che coinvolga i beneficiari a livello nazionale e locale.

4.12.

Il CESE ritiene inoltre che il programma Diritti e valori trarrebbe beneficio dalla stessa modalità di gestione diretta per le diverse sezioni, in modo da garantire una maggiore coerenza nell’attuazione, e sottolinea in particolare la valutazione positiva dell’Agenzia esecutiva per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA) sotto la supervisione della Commissione, in termini di gestione di diversi tipi di sovvenzioni, di modalità di finanziamento, di ricorso ai costi semplificati e di bassa percentuale di errori.

4.13.

Il CESE chiede che i programmi applichino le nuove disposizioni dell’ultima versione del regolamento finanziario, in quanto queste ultime sono particolarmente rilevanti per la società civile, si pensi per esempio all’uso del cofinanziamento in natura e alla contabilizzazione del lavoro dei volontari come costo ammissibile. Ribadisce inoltre la necessità di limitare il ricorso al cofinanziamento e di fare maggiore uso di misure di semplificazione, come ad esempio somme forfettarie, tassi fissi e costi unitari. Invita la Commissione a coinvolgere le organizzazioni della società civile nell’elaborazione e nel monitoraggio di orientamenti per l’applicazione di tali norme. Chiede, inoltre, ai governi nazionali di includere anche nei loro programmi di finanziamento pubblico norme per l’ammissibilità del cofinanziamento in natura, comprese le attività di volontariato.

4.14.

Il CESE accoglie con favore la decisione di prorogare la durata della concessione di sovvenzioni di funzionamento su base pluriennale per tutti i programmi e le sezioni del Fondo e sottolinea la necessità di continuare a garantire la sostenibilità e la continuità delle azioni.

4.15.

Il CESE chiede inoltre l’elaborazione di nuovi strumenti per permettere una partecipazione rafforzata della società civile a livello nazionale, in particolare nei settori in cui essa non dispone di una capacità adeguata, per esempio attraverso la fornitura di un’assistenza tecnica efficiente, azioni preparatorie condotte da partner più esperti o sovvenzioni a cascata, aprendo così, per esempio, la possibilità di livelli diversi di sovvenzioni o di una procedura di candidatura in due fasi.

4.16.

Il CESE accoglie con favore l’inclusione di un indicatore relativo alle organizzazioni della società civile per permettere attività di sostegno e di sviluppo delle capacità nell’ambito del programma Diritti e valori e ritiene che si dovrebbe fare lo stesso nell’ambito del programma Giustizia. Chiede inoltre di destinare specificamente finanziamenti alle organizzazioni della società civile, e precisamente di assegnare loro almeno il 50 % delle diverse sezioni.

4.17.

Il CESE invita la Commissione a organizzare, in collaborazione con il Comitato stesso, una riunione annuale volta a promuovere il coordinamento tra donatori pubblici e privati nei settori coperti dal Fondo per esplorare le sinergie e imparare dalle buone pratiche.

Bruxelles, il 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 9.

(2)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 19 aprile 2018, sulla necessità di istituire uno strumento europeo dei valori per sostenere le organizzazioni della società civile che promuovono i valori fondamentali all'interno dell'Unione europea a livello locale e nazionale [2018/2619(RSP)] e Risoluzione del Parlamento europeo, del 14 marzo 2018, sul prossimo QFP: preparazione della posizione del Parlamento in merito al QFP per il periodo successivo al 2020 [2017/2052(INI)].

(3)  https://megacampaign.eu/support-csos-ask-your-mep-to-vote-for--the-european-values-instrument-resolution

(4)  SOC/598 (cfr. pag. 173 della presente Gazzetta ufficiale).

(5)  Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio Piano d’azione per i diritti umani e la democrazia (2015-2019) «Mantenere i diritti umani al centro dell’azione dell’UE», JOIN/2015/0016 final.

(6)  Cfr. GU C 81 del 2.3.2018, pag. 9.

(7)  Al fine di garantire la coerenza con il sostegno dell’UE nell’ambito dei finanziamenti esterni, quali lo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani.

(8)  GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 36.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/184


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo e migrazione»

[COM(2018)471 final — 2018/0248 (COD)]

e sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell’ambito del Fondo per la gestione integrata delle frontiere, lo Strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e i visti»

[COM(2018) 473 final — 2018/0249(COD)]

(2019/C 62/30)

Relatore:

Giuseppe IULIANO

Consultazione

Consiglio europeo 25.7.2018

Parlamento europeo, 2.7.2018

Base giuridica

Articoli 77, paragrafo 2, 78, paragrafo 2, 79, paragrafi 2e 4, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

101/0/3

1.   Conclusioni

1.1.

La migrazione è una costante storica nell’Unione europea, con un chiaro impatto sul futuro dell’UE stessa e delle società che la compongono. La gestione congiunta della migrazione nell’UE è ancora incompleta e negli ultimi anni ciò ha portato a una crisi istituzionale che ha messo in luce la mancanza di una posizione comune europea. La situazione attuale è dovuta all’incapacità degli Stati membri dell’UE di sviluppare un sistema comune di asilo e di concedere una protezione adeguata alle centinaia di migliaia di sfollati e di richiedenti asilo che arrivano alle nostre frontiere.

1.2.

Il CESE ritiene che le politiche in materia di libertà, sicurezza e giustizia debbano basarsi sulla protezione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

1.3.

È necessario far fronte a profonde modifiche nel settore della migrazione, dell’asilo e delle frontiere esterne. È inoltre indispensabile recuperare il lavoro svolto dalle varie istituzioni europee per riesaminare gli strumenti attuali e offrire alternative che servano a sviluppare una politica comune in materia di migrazione e asilo, globale e coerente, conforme ai principi e agli obblighi derivanti dal trattato e dal diritto internazionale.

1.4.

È imprescindibile compiere progressi verso una politica globale della migrazione e dell’asilo, che rafforzi l’integrazione e la cooperazione tra gli Stati membri e includa con maggiore chiarezza le posizioni delle diverse istituzioni europee, al fine di rispondere alle preoccupazioni dei cittadini ed evitare così un crescente distacco nei confronti del progetto europeo. Il CESE è consapevole del fatto che non offrire risposte e non soddisfare le aspettative dei cittadini in questi settori provoca delusione e un crescente euroscetticismo.

1.5.

Il CESE reputa preoccupante l’aumento dell’intolleranza, del razzismo e della xenofobia nei confronti dei migranti e dei rifugiati nei paesi dell’Unione europea, e constata che in alcuni paesi potrebbero verificarsi abbassamenti del livello di protezione dei diritti fondamentali.

1.6.

Il CESE accoglie con favore i nuovi fondi, di natura assai diversa fra loro, che daranno continuità al lavoro già avviato, e apprezza l’aumento della loro dotazione finanziaria. Ricorda che i fondi sono strumenti che devono contribuire ad avanzare in direzione di una politica europea in materia di immigrazione e di asilo di carattere globale. I fondi coprono temi differenti quali l’immigrazione, l’asilo e la gestione delle frontiere esterne, ma va rilevato con rammarico che non sono stati inseriti riferimenti alle vie di entrata regolari nell’Unione europea, al fine di garantire anche il corretto funzionamento in questo ambito.

1.7.

Il CESE considera appropriato il riferimento, quale base giuridica del regolamento, all’articolo 80 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che stabilisce esplicitamente che le politiche comuni in materia di asilo, migrazione e frontiere esterne sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri che applicano le disposizioni di Schengen in materia di frontiere esterne e di visti (1). Il CESE ritiene necessario rafforzare l’applicazione del principio di solidarietà affinché esso non venga interpretato come una semplice dichiarazione retorica.

1.8.

La parità di trattamento e le politiche di lotta alla discriminazione sono i pilastri delle politiche europee, comprese quelle relative all’integrazione dei cittadini di paesi terzi. Suscita preoccupazione il fatto che l’eliminazione del termine «integrazione» dal titolo possa essere interpretata come il segnale di minore preoccupazione per tale questione.

1.9.

Si richiama l’attenzione sulla necessità di menzionare nuovamente una maggiore cooperazione tra gli Stati membri nel settore dell’asilo e della migrazione, in particolare sostenendo il finanziamento della messa in comune delle buone pratiche in materia di asilo, anche attraverso la creazione di reti e lo scambio di informazioni sulla migrazione legale e sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

1.10.

Il CESE si compiace dell’importanza attribuita alla flessibilità in entrambi i fondi, che indica il riconoscimento della necessità di rispondere meglio alle esigenze di ciascuno Stato membro in un quadro di azione comune. Analogamente, accoglie con favore la semplificazione delle procedure e il riconoscimento dell’importanza della valutazione.

1.11.

Il CESE si compiace del fatto che la gestione delle frontiere aiuti ad aumentare la sicurezza interna dell’Unione, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali, ma deplora il fatto che non si faccia alcun riferimento specifico alla protezione dei diritti fondamentali anche nelle zone di frontiera.

1.12.

È essenziale ricordare agli Stati membri che la sorveglianza della frontiera marittima comprende la sicurezza e il controllo delle frontiere, ma anche le azioni di ricerca e soccorso in mare. È opportuno ricordare la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2012 (2), che vieta il respingimento non soltanto nel territorio di uno Stato, ma anche nella sua azione extraterritoriale, anche quando condotta in mare aperto.

1.13.

Il CESE ha proposto in vari pareri (3) che l’UE consideri le frontiere esterne dello spazio Schengen come frontiere comuni e, quindi, che la responsabilità sia gestita a livello europeo.

2.   Contesto

2.1.

La migrazione è una costante storica nell’Unione europea, con un chiaro impatto sul futuro dell’UE stessa e delle società che la compongono. La gestione congiunta della migrazione nell’UE è ancora incompleta e negli ultimi anni ciò ha portato a una crisi istituzionale che ha messo in luce la mancanza di una posizione comune europea. È inoltre indispensabile recuperare il lavoro svolto dalle varie istituzioni europee per riesaminare gli strumenti attuali e offrire alternative che servano a sviluppare una politica comune in materia di migrazione e asilo, globale e coerente, conforme ai principi e agli obblighi derivanti dal diritto internazionale e dai Trattati.

2.2.

La migrazione è una delle priorità politiche della Commissione, il cui obiettivo principale è quello di affrontare la questione in modo globale. L’agenda europea sulla migrazione, adottata nel 2015, combina risposte immediate alla situazione di crisi umanitaria alle frontiere dell’Europa con misure a lungo termine per gestire le migrazioni in modo globale.

2.3.

La crisi nel Mediterraneo ha evidenziato le esigenze immediate e ha anche messo in luce i limiti strutturali della politica migratoria e degli strumenti relativi alla migrazione dell’UE. L’UE deve trovare il giusto equilibrio e inviare un chiaro messaggio agli europei, che confermi che la migrazione può essere gestita meglio se si agisce in modo congiunto. L’AMF e lo strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e i visti fanno parte di tale processo.

2.4.

Nel contesto del quadro finanziario pluriennale 2021-2027, la Commissione ha proposto di rafforzare considerevolmente il bilancio generale per la gestione della migrazione e delle frontiere, dotando il nuovo AMF di un importo totale proposto di 10 415 milioni di EUR (a prezzi correnti) (4) e il Fondo per la gestione integrata delle frontiere di 9 318 milioni di EUR (a prezzi correnti).

2.5.

L’AMF è inteso a contribuire a una gestione globale della migrazione, dell’integrazione e del rimpatrio, come pure del sistema europeo comune di asilo (CEAS), fornendo sostegno agli Stati membri in un quadro di solidarietà e condivisione delle responsabilità tra di essi.

2.6.

Lo Strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e dei visti, nell’ambito del Fondo per la gestione integrata delle frontiere, è inteso ad aiutare gli Stati membri ad attuare misure comuni in materia di attraversamento delle frontiere interne da parte delle persone, nonché in materia di controllo di frontiera e di politica comune in materia di visti. Una buona gestione delle frontiere esterne è essenziale per realizzare uno spazio senza frontiere interne, in cui le persone e le merci possano circolare liberamente.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE si compiace del fatto che la base giuridica citata per ambedue gli strumenti sia l’articolo 80 del TFUE, il quale stabilisce che le politiche comuni relative all’asilo, alla migrazione e alle frontiere esterne sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri.

3.2.

L’attuazione di entrambi i fondi deve avvenire sulla base di orientamenti chiari e precisi sui sistemi di gestione e di controllo e sugli obblighi in materia di audit. I due fondi devono poter avvantaggiarsi di una semplificazione delle procedure e di una riduzione degli oneri amministrativi e si devono promuovere misure che assicurino una maggiore trasparenza, una migliore rendicontabilità e un più soddisfacente conseguimento degli obiettivi per quanto riguarda le risorse finanziarie che vengono trasferite agli Stati membri.

3.3.

Gli strumenti devono operare in coordinamento con altri dispositivi esistenti, evitando duplicazioni e in piena complementarità con le diverse agenzie dell’UE attive in questi ambiti. Il lavoro deve essere portato avanti mantenendo la coerenza con le altre politiche pertinenti dell’UE, quali la gestione delle frontiere, la sicurezza interna, l’inclusione e l’integrazione sociale dei cittadini di paesi terzi e la politica esterna dell’UE.

3.4.

Gli strumenti devono essere flessibili per rispondere alle sfide in costante evoluzione relative alla gestione delle frontiere e dei visti. Suscita pertanto compiacimento il fatto che, al di là del contributo fisso stabilito per ciascuno Stato membro partecipante, il resto dei fondi sia destinato ad azioni specifiche, nelle quali l’intervento dell’Unione presenti un valore aggiunto.

3.5.

Gli strumenti devono servire a articolare la solidarietà e la responsabilità condivisa tra gli Stati membri che applicano integralmente le disposizioni di Schengen sulle frontiere esterne e i visti (o stanno preparando la loro piena partecipazione a tale regime), e devono essere utilizzati a vantaggio della politica comune dell’Unione per la gestione delle frontiere esterne. Per garantire un buon funzionamento di Schengen, le frontiere esterne, che sono frontiere comuni, devono essere gestite a livello europeo.

3.6.

È essenziale procedere all’uniformazione dei termini di migrazione «irregolare» o di migrante «sprovvisto di documenti» nei testi, a seguito delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa (5) e del Parlamento europeo stesso (6).

3.7.

L’UE ha bisogno di una politica comune in materia di migrazione, con strumenti e metodi che facilitino la migrazione regolare e ordinata, e la tutela del diritto di asilo. Il CESE si rammarica del fatto che i considerando siano incentrati principalmente sugli arrivi irregolari e sui controlli alle frontiere, e non menzionino la necessità di fare un passo avanti e di innovare in direzione di un sistema globale dell’UE in materia di migrazione. Non si può inoltre prescindere dalla riforma del sistema di Dublino.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE ritiene opportune le proposte relative ai due strumenti finanziari, prendendo atto del sostegno che l’assistenza tecnica e finanziaria dell’Unione europea ha fornito agli Stati membri nel periodo 2015-2017 tramite il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (7) e altri dispositivi, sostegno che ha contribuito a migliorare la gestione nei settori dell’asilo, della migrazione e delle frontiere esterne.

4.2.

Il CESE esprime un giudizio positivo sull’aumento della dotazione dei fondi in questione, purché serva all’obiettivo di contribuire a una politica dell’UE in materia di migrazione che sia globale, comune, coerente e conforme ai principi del diritto internazionale, e che riconosca allo stesso tempo le esigenze della società di accoglienza e dei cittadini dell’UE e collabori strettamente con partner di tutto il mondo.

4.3.

Si ritiene necessario reinserire la parola «integrazione» nella denominazione dell’AMF, dato che l’inclusione costituisce una sfida per gli Stati membri.

4.4.

È positivo che l’AMF riconosca il ruolo degli enti locali e regionali (compresi quelli ultraperiferici), i soggetti sociali e le organizzazioni della società civile nell’integrazione a breve e a lungo termine, anche nel mercato del lavoro, dei cittadini di paesi terzi. Il CESE si rammarica del fatto che la proposta non offra soluzioni innovative per migliorare l’accesso di detti soggetti all’AMF, ricordando l’importanza di garantire e rispettare il principio di sussidiarietà.

4.5.

Il CESE si compiace del fatto che, nell’utilizzazione del sostegno operativo del Fondo, si possa stabilire che uno Stato membro non rispetta la pertinente legislazione dell’UE, poiché non osserva gli obblighi vincolanti dei Trattati o perché sussiste un rischio evidente di violazione dei valori dell’UE in materia di asilo e di rimpatrio. Sarebbe auspicabile precisare meglio nei dettagli le conseguenze di questo mancato rispetto nel funzionamento concreto dell’AMF. Il CESE ribadisce di essere favorevole alla possibilità di intervento della Commissione in situazioni di emergenza, nel rispetto di una procedura trasparente che tenga costantemente informati i legislatori europei (Parlamento e Consiglio) (8). Ritiene altresì importante che si possano avviare immediatamente procedimenti di infrazione in caso di inosservanza in questo ambito da parte degli Stati membri.

4.6.

Nel quadro della cooperazione con i paesi terzi volta a una corretta gestione dei flussi di richiedenti asilo sono necessari incentivi economici, ma anche collaborazione tecnica e rafforzamento istituzionale. Il Fondo fiduciario dell’UE per l’Africa è uno strumento necessario, ma non può essere l’unico strumento: l’assegnazione a tale Fondo di una dotazione di bilancio adeguata deve essere completata dalla ricerca di un partenariato, reale e basato sulla corresponsabilità, con obiettivi condivisi e rientranti tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, tra i paesi dell’Unione europea e i paesi africani Ci si dovrebbe sforzare di migliorare il coordinamento di queste azioni nel settore della migrazione e dell’asilo con quelle di rafforzamento istituzionale e con il sostegno ai processi democratici della DG DEVCO, evitando sempre le duplicazioni e la mancanza di coerenza.

4.7.

Il CESE ritiene necessario monitorare più da vicino l’obbligo di cooperare e istituire meccanismi di coordinamento con le autorità di gestione del FSE+ e del FESR in ciascuno Stato membro, allo scopo di promuovere il coordinamento e la trasversalità, e studiare come darvi attuazione anche quando fanno capo ad amministrazioni subnazionali.

4.8.

L’AMF deve conferire maggiore valore aggiunto al rafforzamento del sistema europeo comune di asilo, alle capacità degli Stati membri di assistere le persone bisognose di protezione internazionale, alla promozione del ricorso a canali legali per l’ingresso nel territorio dell’UE e al sostegno dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi in situazione regolare.

4.9.

In termini di integrazione, la chiave di ripartizione tiene conto solo dei flussi degli arrivi annuali e delle percentuali complessive di popolazione straniera, senza utilizzare alcun indicatore qualitativo che possa servire anche per determinare meglio le esigenze specifiche degli Stati membri. È necessario stabilire con maggior precisione gli obiettivi a ciò relativi e definire indicatori (9) che consentano di valutare in modo continuativo i risultati del contributo dell’AMF in questi ambiti.

4.10.

È di cruciale importanza garantire la valutazione, intermedia e retrospettiva, dell’AMF e dotarsi di meccanismi flessibili che consentano di apportare correzioni alle azioni valutate. Si ritiene necessario combinare la valutazione dell’impatto e quella dei risultati, in particolare nelle azioni che possono essere condotte da diversi livelli amministrativi in ciascuno Stato membro.

4.11.

La riduzione degli incentivi alla migrazione irregolare, mediante una politica sostenibile in materia di rimpatrio e di riammissione, non è un risultato scontato. Il CESE considera essenziale una politica di rimpatrio e di riammissione efficace, che garantisca i diritti umani delle persone interessate, e sottolinea la necessità di migliorare la valutazione delle politiche in questo campo e il loro impatto effettivo nel ridurre i flussi migratori irregolari.

4.12.

Considera parimenti essenziale sottolineare l’esigenza di un contrasto dell’occupazione irregolare, specie dei migranti in situazione di irregolarità amministrativa e nei casi di abuso e di sfruttamento del lavoro. Il CESE si compiace particolarmente del fatto che l’AMF possa servire a finanziare misure dirette a contrastare gli incentivi alla migrazione irregolare, compresa l’occupazione irregolare, che può costituire un elemento di richiamo del flusso di migranti irregolari, un fattore di concorrenza sleale tra imprese e uno spazio di violazione dei diritti (10).

4.13.

Considera molto positiva l’assegnazione di risorse al quadro dell’Unione europea per il reinsediamento e l’ammissione umanitaria. Auspica che il programma specifico di reinsediamento dell’Unione trasformi quest’impegno in una realtà concretamente messa in atto dagli Stati membri. Il CESE ha già espresso il proprio sostegno a un programma specifico di reinsediamento dell’Unione che renda questa iniziativa una realtà effettivamente sviluppata dagli Stati membri con incentivi finanziari per gli Stati membri più impegnati.

4.14.

Con lo strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e i visti si ribadisce la volontà di contribuire a garantire la sicurezza interna dell’Unione europea nel pieno rispetto dei diritti fondamentali, suscita tuttavia rammarico il fatto che la proposta non menzioni in modo specifico la protezione di tali diritti nelle zone di frontiera, né in relazione a persone che non sono cittadini dell’Unione europea.

4.15.

Il CESE apprezza il fatto che lo strumento consenta agli Stati membri, previa consultazione della Commissione, di attuare progetti con un paese terzo o nel territorio di quest’ultimo. Ritiene che si dovrebbero fornire informazioni più esaurienti sui requisiti di tale consultazione (o sulla comunicazione dell’informazione), definendo criteri chiari, che comprendano anche la situazione dei diritti umani nel paese di destinazione. Ciò risulta necessario, poiché tra le azioni realizzate con un paese terzo possono figurare il monitoraggio, l’individuazione, l’identificazione, la localizzazione, la prevenzione e l’intercettazione dell’attraversamento non autorizzato della frontiera.

4.16.

Il CESE si rammarica del fatto che nel regolamento si equipari, ripetutamente, la lotta contro la migrazione irregolare con quella contro la criminalità transfrontaliera, senza distinguere gli obiettivi illegittimi della criminalità transfrontaliera rispetto all’immigrazione irregolare.

4.17.

Per quanto riguarda la gestione delle frontiere, si considera deludente il fatto che la sicurezza continui a essere interpretata come una questione sostanzialmente «militare», mentre la «strategia globale dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza» afferma che l’UE promuoverà la sicurezza umana mediante un approccio integrato. Ciò implica, tra l’altro, azioni volte a ridurre la povertà e la diseguaglianza, promuovendo il buon governo e i diritti umani, aiuti allo sviluppo e interventi che affrontino le cause profonde dei conflitti e dell’insicurezza.

4.18.

Il CESE apprezza che si sottolinei che l’obiettivo dello strumento è anche quello di contribuire a proteggere e salvare le vite dei migranti, e che si ricordi agli Stati membri che la sorveglianza della frontiera marittima comprende non solamente la sicurezza e il controllo delle frontiere, ma anche le attività di ricerca e soccorso in mare.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. il parere SOC/582 sulla revisione del codice dei visti (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 142).

(2)  Causa Hirsi e altri c. Italia (ricorso n. 27765/09).

(3)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 109; GU C 451 del 16.12.2014, pag.1; GU C 458 del 19.12.2014, pag. 7; GU C 44 del 11.2.2011, pag. 162.

(4)  Per ulteriori dettagli su queste cifre, cfr. ECO/460 — quadro finanziario pluriennale dopo il 2020 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 106).

(5)  Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Risoluzione 1509 (2006).

(6)  Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea (2004-2008) [2007/2145(INI)].

(7)  Nell’aprile 2014 è stato adottato il regolamento (UE) n. 516/2014, che istituiva uno specifico programma di finanziamento dell’UE in materia di asilo e migrazione per il periodo 2014-2020, al fine di contribuire, attraverso l’assistenza finanziaria, alla gestione efficiente dei flussi migratori e all’attuazione e allo sviluppo di un approccio comune dell’UE in materia di asilo e migrazione. Tale fondo aveva quattro obiettivi: 1) consolidare e sviluppare il sistema europeo comune di asilo; 2) sostenere la migrazione legale verso gli Stati membri, conformemente ai loro bisogni economici e sociali, e promuovere l’effettiva integrazione dei cittadini di paesi terzi; 3) incoraggiare strategie di rimpatrio eque ed efficaci per lottare contro l’immigrazione irregolare; 4) migliorare la solidarietà e ripartire meglio le responsabilità tra gli Stati membri, rivolgendo particolare attenzione a quelli più esposti ai flussi migratori e di richiedenti asilo.

(8)  GU C 303, del 19.8.2016, pag. 109.

(9)  OCSE/UE (2015) Indicators of Immigrant Integration 2015 (Indicatori dell’integrazione degli immigrati 2015) («Indicatori di Saragozza).

(10)  Cfr. i pareri già adottati GU C 204 del 9.8.2008, pag. 70 e GU C 75 del 10.3.2017, pag. 81.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/189


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Sicurezza interna»

[COM(2018) 472 final — 2018/0250(COD)]

(2019/C 62/31)

Relatore:

José Antonio MORENO DÍAZ

Consultazione

Parlamento europeo, 02/07/2018

Consiglio, 25/07/2018

Base giuridica

Articoli 82, paragrafo 1, 84, 87, paragrafo 2, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26/09/2018

Adozione in sessione plenaria

18/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

141/3/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE conviene sulla necessità di assegnare maggiori risorse agli interventi e ai programmi operativi e preventivi in materia di sicurezza, e di istituire a questo scopo un fondo flessibile e trasparente, in cui la ripartizione delle risorse sia conforme a criteri operativi e a obiettivi stabiliti con chiarezza e prevedibilità, destinati a rafforzarli.

1.2.

L’assetto interno del fondo sulla sicurezza deve progredire nel senso di un approfondimento dell’impostazione preventiva; a questo scopo, è essenziale contare sulla partecipazione e collaborazione della società civile, in particolare prestando assistenza alle vittime e aiutandole a organizzarsi, vigilando sugli operatori responsabili della sicurezza e prevenendo la radicalizzazione.

1.3.

Gli stanziamenti del Fondo, siano essi destinati a Stati membri dell’UE o a paesi terzi, devono essere assegnati esclusivamente a istituzioni pubbliche che garantiscano concretamente il rispetto scrupoloso dei diritti umani.

1.4.

Il CESE dovrebbe essere coinvolto, in qualità di osservatore, nella creazione e nello sviluppo di questo fondo, per far conoscere il punto di vista della società civile organizzata a livello dell’UE.

1.5.

Il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di affrontare specificamente il rischio connesso alla radicalizzazione violenta di gruppi dell’estrema destra.

1.6.

Il CESE richiama altresì l’attenzione sull’esigenza di intervenire sui meccanismi di finanziamento dei gruppi di criminalità organizzata e sui loro flussi finanziari.

1.7.

Il CESE ritiene necessario andare oltre un approccio puramente reattivo e approfondire l’impostazione preventiva, non solo attraverso la valutazione delle cause profonde che spingono alcune persone a radicalizzarsi e a costituire un pericolo per i propri simili, ma anche mediante l’analisi dei meccanismi di finanziamento dei gruppi violenti.

1.8.

I diritti umani, secondo la linea di pensiero su cui è fondata la stessa Unione europea, devono essere parte integrante di ogni azione e rappresentarne il criterio vincolante. Questo significa, nel quadro di un fondo di sostegno finanziario, che occorre rifiutare l’assegnazione di risorse a chi non dimostri di rispettare le norme minime in questo campo. Questo punto di vista è condiviso sia dalla Commissione (1) nella sua recente proposta sulle misure finanziarie volte a garantire lo Stato di diritto negli Stati membri, che dal gruppo Diritti fondamentali e Stato di diritto creato all’interno del CESE.

2.   Testo della proposta

2.1.

Il presente parere fa proprio, sul piano metodologico, il contenuto dell’articolo 2 della proposta della Commissione per quanto riguarda le definizioni dei vari concetti impiegati nella trattazione dell’argomento.

2.2.

Il CESE condivide le riflessioni contenute nella proposta in esame, che sono basate su dati concreti relativi alle minacce per la sicurezza in Europa, minacce che si sono amplificate e diversificate prendendo la forma di attentati terroristici e di nuovi sistemi di criminalità organizzata, compresa la criminalità informatica.

2.3.

La sicurezza ha una dimensione intrinsecamente transfrontaliera e richiede pertanto la risposta ferma e coordinata dell’UE. Oltre ai problemi di sicurezza interna, l’Unione deve far fronte a minacce esterne complesse che nessuno Stato membro può gestire da solo.

2.4.

La sicurezza resterà una questione determinante per l’UE negli anni a venire. Gli europei si aspettano che l’Unione e i governi nazionali garantiscano la sicurezza in un mondo incerto e in rapida evoluzione. È pertanto auspicabile che vengano realizzate azioni in campo educativo e pedagogico sulla prevenzione dei comportamenti violenti, anche attraverso la scelta di libri di testo e di materiale didattico in cui predomini una visione di rispetto dei diritti fondamentali, del pluralismo e della diversità.

2.5.

Indubbiamente, le sfide che l’Unione europea deve affrontare, in particolare il terrorismo internazionale, non possono essere affrontate dai singoli Stati membri senza il sostegno finanziario e tecnico dell’UE. Sebbene il terrorismo (sia quello la cui origine è in un paese terzo che quello nato all’interno dell’UE, oppure quello di matrice religiosa o scaturito dall’estremismo politico, in particolare quello degli ambienti dell’estrema destra) e altri pericoli (derivanti dal traffico di droga, dalla tratta di esseri umani a fini di sfruttamento e da altri reati gravi) non conoscano attualmente frontiere, spetta agli Stati membri garantire la sicurezza pubblica ai propri cittadini, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali sanciti anche nel corpus normativo dell’UE e nei trattati internazionali.

2.6.

L’UE può e deve appoggiare le azioni del caso e, a questo proposito, i trattati prevedono la necessità di garantire un livello elevato di sicurezza, in particolare attraverso misure di prevenzione, oltre che con il coordinamento e la cooperazione tra le forze di polizia, le autorità giudiziarie e le altre autorità competenti, come le agenzie decentrate.

2.7.

L’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol), l’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto (CEPOL) e l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT) svolgono un ruolo fondamentale a livello non solo operativo, ma anche di coordinamento e di sostegno, per realizzare le priorità, gli obiettivi e le attività dell’UE in materia di sicurezza.

2.8.

Il Fondo Sicurezza interna è istituito per agevolare la cooperazione transfrontaliera e lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto degli Stati membri e altre autorità pertinenti. In particolare, tale cooperazione si esplica tramite l’interoperabilità dei vari sistemi di informazione dell’UE per la sicurezza, migliorando l’efficacia e l’efficienza della gestione delle frontiere e della migrazione, facilitando le azioni operative comuni e fornendo assistenza per la formazione, per la costruzione delle infrastrutture di sicurezza essenziali, per la raccolta e il trattamento dei codici di prenotazione (registri dei nomi dei passeggeri) conformemente all’acquis dell’UE pertinente e per l’acquisto delle attrezzature tecniche necessarie.

2.9.

Il fondo mira a intensificare la cooperazione operativa transfrontaliera per prevenire e individuare la criminalità transfrontaliera, oltre che per condurre indagini in proposito, e a sostenere gli sforzi volti a potenziare la capacità di combattere tale criminalità, compreso il terrorismo, in particolare attraverso una maggiore cooperazione tra le autorità pubbliche, la società civile e i partner privati in tutti gli Stati membri.

2.10.

Il coinvolgimento della società civile nei temi relativi alla sicurezza ha rappresentato uno strumento non solo assai utile, ma anche necessario ai fini di un miglioramento qualitativo in rapporto al rispetto dei diritti fondamentali, al controllo delle autorità affinché non commettano abusi, e alla denuncia di alcuni comportamenti indesiderati, che costituiscono tuttavia una tentazione costante. In un contesto democratico non bisogna lasciarsi guidare da un approccio esclusivamente securitario e improntato alla sola efficacia dell’azione. Il Fondo di cui si propone l’istituzione deve pertanto essere messo a disposizione per finanziare programmi che rafforzino tale controllo e sostengano le strutture giuridiche che permettono di sottoporre l’operato delle forze di sicurezza all’esame indipendente di un giudice. Il sostegno va inoltre fornito anche per l’evidente compito di prevenire la radicalizzazione, per la formazione e la sensibilizzazione sociale.

2.11.

Le organizzazioni non governative, così come tutte quelle della società civile, stanno già apportando, in termini quantitativi e qualitativi, il loro contributo alla sicurezza mediante:

la prevenzione e il contrasto delle azioni eccessive o poco rispettose dei diritti umani realizzate dalle forze di polizia degli Stati membri;

la prevenzione e il contrasto della radicalizzazione ideologica sotto ogni punto di vista;

la sensibilizzazione della società a favore delle vittime e della loro integrazione sociale, oltre che per fornire il sostegno necessario;

l’articolazione dell’organizzazione, oltre che della capacità operativa e propositiva, delle vittime, di tutte le persone che si adoperano a loro favore in modo solidale, nonché di tutte le parti interessate ai temi della sicurezza;

l’intervento in campo educativo, soprattutto tra i più giovani, con uno scopo duplice e importantissimo: da un lato, la sensibilizzazione, dall’altro, la prevenzione della radicalizzazione;

numerose altre azioni che hanno l’effetto indiretto di favorire la sicurezza interna e quella alle frontiere, come il suddetto controllo dell’operato delle forze di sicurezza, l’educazione e la sensibilizzazione, la protezione delle vittime e l’assistenza loro fornita affinché possano organizzarsi ecc.;

In quest’ottica, bisogna permettere alla società civile di monitorare costantemente in che modo viene utilizzato il Fondo.

2.12.

Questo ventaglio di azioni deve ricevere il sostegno diretto delle autorità dell’Unione e, visto che viene promossa la sicurezza, occorre prevedere un apposito stanziamento nel quadro della dotazione del Fondo.

2.13.

Sia l’UE che i suoi Stati membri devono essere consapevoli che anche talune organizzazioni della società civile possono — direttamente o indirettamente — incoraggiare discorsi e/o azioni che sono contrari ai valori e diritti sanciti dall’UE.

2.14.

La sfida principale che la proposta mira ad affrontare è la necessità di una maggiore flessibilità nella gestione del futuro fondo rispetto all’attuale periodo di programmazione. È inoltre importante prevedere i mezzi atti a garantire che i finanziamenti siano indirizzati verso le priorità e le azioni dell’UE con un significativo valore aggiunto per l’Unione. Visto che, per affrontare le nuove sfide e priorità, sono necessari nuovi meccanismi di assegnazione dei fondi in funzione del regime prescelto di gestione diretta, indiretta o concorrente, tali meccanismi devono anche consentire la partecipazione di membri attivi della società civile, come indicato al punto precedente, per il raggiungimento delle finalità stabilite. In quest’ottica, il CESE propone di essere coinvolto, in qualità di osservatore, nella creazione e nello sviluppo di questo fondo, per far conoscere il punto di vista della società civile organizzata a livello dell’UE.

2.15.

Tenuto conto della rilevanza dell’importo assegnato quale dotazione del Fondo (2 500 000 000 EUR), bisogna chiarire i criteri per la distribuzione di tale ammontare. È auspicabile che sia mantenuta la necessaria flessibilità, ma specificando con chiarezza le voci di bilancio in cui saranno ripartiti gli stanziamenti.

2.16.

Questi stanziamenti dovranno seguire un criterio di semplicità, volto a evitare eccessivi vincoli burocratici nell’accesso al Fondo, ed essere improntati al principio della fiducia reciproca. La chiarezza e la prevedibilità in questo campo renderanno più agevole per i responsabili politici dei vari Stati membri l’attuazione di interventi rapidi, anche da parte di gruppi speciali (task force), con la garanzia che tali interventi potranno contare sul sostegno finanziario del Fondo.

2.17.

Il CESE valuta positivamente la proposta in esame e considera opportuna l’istituzione del Fondo Sicurezza interna (sulla base dell’articolo 3, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea), che è inoltre giustificato dagli obiettivi di cui all’articolo 67 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tale fondo è retto dai principi di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità (come sancito dall’articolo 80 del TFUE), nonché dai principi di sussidiarietà (in quanto la materia non rientra nella competenza esclusiva dell’UE) e di proporzionalità, secondo quanto stabilito nello strumento legislativo pertinente (il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Sicurezza interna).

2.18.

In ogni caso, l’istituzione del Fondo Sicurezza interna ha come scopo la creazione di uno strumento complementare all’attività condotta sia dalle agenzie e dai fondi di cui l’UE già dispone, che dagli organi competenti a livello nazionale. Il suo obiettivo fondamentale consiste nel contribuire ad assicurare un livello elevato di sicurezza all’interno dell’Unione, in particolare lottando contro il terrorismo e la radicalizzazione (oltre che contro i reati gravi, la criminalità organizzata e la criminalità informatica) e fornendo assistenza e protezione alle vittime di reati; in quest’ottica, persegue obiettivi specifici quali lo scambio di informazioni, il potenziamento delle azioni transfrontaliere congiunte e il rafforzamento delle capacità in materia di prevenzione, sempre in cooperazione con le autorità pubbliche competenti, la società civile e i partner privati negli Stati membri (2). In tale contesto, è importante anche intervenire sui meccanismi di finanziamento e sui flussi finanziari delle organizzazioni criminali, e il Fondo deve tenere conto di tale questione.

2.19.

È infine opportuno ricordare che il CESE ha partecipato in qualità di osservatore al gruppo di esperti ad alto livello della Commissione in materia di radicalizzazione, che è stato creato nel 2017 (3).

3.   Raccomandazioni

3.1.

Il Fondo dovrebbe adoperarsi a valutare le cause profonde che spingono alcune persone ad aderire a movimenti — e ad organizzarsi in gruppi — che rappresentano un pericolo per i propri simili, attraverso analisi e indagini approfondite che contribuiscano a prevenire situazioni oggettive.

3.2.

L’istituzione del Fondo trae il suo fondamento negli investimenti e nei risultati realizzati in precedenza, come il programma Sicurezza e tutela delle libertà, lo strumento per la cooperazione di polizia e la dimensione strategica relativa agli stupefacenti del programma Giustizia. In ogni caso, bisognerà approfondire il senso dell’affermazione secondo cui «lo strumento permetterà di affrontare nuove priorità o intraprendere azioni urgenti e attuarle tramite la modalità di attuazione più adatta all’obiettivo strategico» (4). L’innovazione rappresenta una priorità, in particolare perché i gruppi contro cui si intende lottare sono enormemente innovativi.

3.3.

I criteri relativi alla ripartizione della dotazione del Fondo devono essere esclusivamente di natura operativa, in modo da finanziare azioni e programmi, e andranno evitati criteri quali le dimensioni della popolazione o del paese considerato. Occorre inoltre attribuire la priorità alla totale trasparenza nella ripartizione e gestione degli stanziamenti del Fondo, che sarà accessibile ai mezzi d’informazione e alla società civile, in modo che possano vigilare sul rispetto delle condizioni stabilite per usufruire delle risorse finanziarie del Fondo.

3.4.

È inoltre importante prevedere che il Fondo, una volta istituito, venga valutato sul piano della sua rilevanza ed efficacia realizzando periodicamente uno studio aggiornato sulla situazione generale che permetta di valutarne l’evoluzione.

3.5.

Il Comitato economico e sociale europeo desidera ricordare alcune delle nuove priorità che il documento in esame non prende in considerazione e che meritano una valutazione specifica, in quanto possono rappresentare un fattore importante, specialmente in rapporto all’obiettivo di prevenzione della radicalizzazione, obiettivo che è stato oggetto di una certa complicità da parte di alcune autorità.

3.6.

Il CESE fa riferimento, nel contesto attuale, ai movimenti di estrema destra, neonazisti, antisemiti, dei suprematisti bianchi ecc., o di qualsiasi altra natura che sono favorevoli alle discriminazioni fondate sull’appartenenza etnica, l’origine, l’orientamento sessuale ecc. Questi movimenti costituiscono una minaccia reale per la sicurezza e persino per lo Stato di diritto, e sono di competenza dell’Unione, soprattutto nella misura in cui tali movimenti, malgrado le loro tendenze ultranazionaliste, iniziano a comprendere l’opportunità di assumere una dimensione internazionale e di coordinare le proprie azioni con quelle di gruppi di altre nazioni di pensiero analogo (5).

3.7.

La protezione e l’assistenza fornita alle vittime delle reti di trafficanti di esseri umani sembrano essere subordinate a una cooperazione effettiva ed efficiente nel perseguire i responsabili della tratta di esseri umani. Tuttavia, l’obiettivo fondamentale dell’attività dell’Unione in questo campo, oltre che del Fondo apposito, deve consistere nel proteggere le vittime e non è opportuno subordinarne la protezione alla buona o cattiva cooperazione nel perseguire i responsabili dei reati nei loro confronti.

3.8.

Ciononostante, è indubbio che la necessaria assegnazione delle risorse finanziarie del Fondo di cui si propone l’istituzione, direttamente alle vittime oppure alle istituzioni che contribuiscono alla loro protezione e al loro inserimento, genererà naturalmente questa cooperazione, che favorirà — anche se nel medio termine — il perseguimento e la prevenzione delle attività criminose.

3.9.

La prevenzione della radicalizzazione rappresenta un settore importante che non può riguardare soltanto il ventaglio dei possibili casi di radicalizzazione in un senso (facendo riferimento agli attentati più gravi commessi negli ultimi anni da gruppi islamisti radicali), perché bisogna prestare particolare attenzione anche ai vari movimenti che si ispirano all’estremismo politico e ideologico (che nascono e si sviluppano in contesti completamente differenti), oltre alle loro potenziali vittime.

3.10.

Un altro settore della proposta in esame per il quale il CESE deve muovere una critica è quello delle valutazioni ex post, delle consultazioni dei portatori di interessi e delle valutazioni d’impatto. Ovviamente, se ci si limita a considerare la questione dell’efficienza per quanto riguarda gli obiettivi degli strumenti, i costi, la logica, la pertinenza, la coerenza e la complementarità, la valutazione è positiva. Ciononostante, la relazione introduttiva non esamina se tali strumenti servono a migliorare non solo la cooperazione, lo scambio di conoscenze e di buone pratiche, nonché la fiducia tra le autorità, ma anche il trattamento delle questioni relative ai diritti fondamentali, a cui è dedicato soltanto un breve paragrafo (un impegno puramente formale) alla fine del capitolo 3.

3.11.

Visto che storicamente esiste un’antinomia tra sicurezza e diritti fondamentali, uno strumento come quello proposto, volto ad accrescere la sicurezza (senz’altro necessaria), deve prevedere anche obiettivi specifici per un maggiore rispetto dei diritti fondamentali senza pregiudicare la sicurezza. Non bisogna permettere che il rafforzamento della sicurezza vada a scapito dei diritti fondamentali.

3.12.

Un dato paese, sia esso uno Stato membro dell’Unione oppure un paese terzo, se non dimostra che le sue forze e i suoi organi di sicurezza intervengono in modo proporzionato, e/o non accetta di ricevere la formazione del caso o di essere soggetto a meccanismi di controllo delle sue azioni in questo campo, non deve ricevere finanziamenti dal Fondo e deve esserne escluso. L’osservanza delle norme minime in materia di rispetto dei diritti umani deve rappresentare una conditio sine qua non per poter ricevere il sostegno di altri Stati membri dell’UE, attraverso il Fondo Sicurezza interna oppure tramite qualsiasi altro meccanismo di solidarietà.

3.13.

Per quanto riguarda la questione della coerenza con altre politiche dell’Unione, occorre richiamare l’attenzione sulla necessità di sinergie e di un coordinamento con il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, con il Fondo per la gestione integrata delle frontiere, nonché con l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). Il funzionamento di questi fondi e l’operato di Frontex sono stati messi in discussione proprio in rapporto a tale questione, in quanto l’obiettivo della sicurezza è stato privilegiato in maniera eccessiva rispetto ad altri compiti che rientrano tra le responsabilità di tutte le autorità e istituzioni europee, a cui è già stato rivolto l’invito a prestare una maggiore attenzione a questo tema, dato che porta a garantire in misura migliore il rispetto dei diritti fondamentali.

3.14.

Il Fondo è e deve rimanere accessibile per sostenere azioni di cooperazione con i paesi terzi, ma le risorse finanziarie non possono essere assegnate direttamente alle autorità di questi paesi, bensì a progetti e programmi realizzati congiuntamente dalle autorità degli Stati membri e da quelle dei paesi terzi considerati. La cooperazione deve essere assolutamente subordinata al controllo dei finanziamenti accordati dal Fondo, al rispetto dei diritti umani da parte dei paesi beneficiari che sono partner nel quadro del rapporto di cooperazione e, soprattutto, al fatto che gli organismi che possono ricevere un finanziamento sono enti di diritto pubblico, che dipendono e sono gestiti dallo Stato. Bisogna assolutamente evitare che gli importi stanziati tramite il Fondo possano finanziare gruppi, piccoli o grandi che siano, non soggetti ad alcun controllo che potrebbero persino costituire un rischio per la sicurezza dei loro paesi o della stessa Unione.

3.15.

Gli strumenti internazionali in materia di diritto del mare, come la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati e il rimanente corpus normativo a protezione delle persone che si trovano nella difficile situazione di attraversare le frontiere tramite canali non convenzionali, impongono all’Unione e a tutti i suoi Stati membri di inserire il salvataggio in mare tra le principali preoccupazioni della politica di sicurezza delle frontiere, dando la debita accoglienza nei porti più vicini alle persone soccorse in mare e ai passeggeri clandestini delle navi, nel rispetto dei diritti fondamentali e applicando le procedure di respingimento o rimpatrio con le necessarie garanzie a tutela dei diritti di queste persone, in particolare il diritto al riconoscimento del loro status di rifugiati. Il Fondo di cui si propone l’istituzione deve perseguire anche queste finalità, sovvenendo finanziariamente alle necessità degli Stati e sostenendo la società civile, come indicato più sopra.

Bruxelles, il 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2018) 324 final.

(2)  Articolo 3, paragrafi 1 e 2 della proposta.

(3)  Relazione finale del gruppo di esperti ad alto livello della Commissione in materia di radicalizzazione (HLCEG-R).

(4)  Pagina 3 della relazione introduttiva alla proposta della Commissione.

(5)  Relazione finale del gruppo di esperti ad alto livello della Commissione in materia di radicalizzazione (HLCEG-R); raccomandazioni per i settori d’interesse politico. Nel punto 2.5, riguardante l’ideologia e la polarizzazione, il gruppo riconosce che occorre prestare attenzione anche all’ascesa dei movimenti di estrema destra e alla generale tendenza verso una polarizzazione della società.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/194


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce “Erasmus”: il programma dell’Unione per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga il regolamento (UE) n. 1288/2013»

[COM(2018) 367 — 2018/0191 (COD)]

(2019/C 62/32)

Relatrice:

Tatjana BABRAUSKIENĖ

Correlatrice:

Imse SPRAGG NILSSON

Consultazione

Parlamento europeo, 14.6.2018

Consiglio, 21.6.2018

Base giuridica

Articolo 165, paragrafo 4, articolo 166, paragrafo 4 e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

186/3/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE):

1.1.

accoglie con favore l’obiettivo del prossimo programma Erasmus di dotare i singoli delle conoscenze, competenze e abilità necessarie per far fronte alle sfide sociali ed economiche, come pure di rivolgere l’attenzione prima di tutto ai giovani cittadini europei;

1.2.

auspica che il futuro programma Erasmus consideri l’istruzione e la formazione in una prospettiva olistica, nella quale le competenze chiave (1) e le qualifiche di base rivestano un ruolo cruciale insieme ad un costante miglioramento delle competenze nel quadro di un apprendimento permanente, con un’attenzione particolare alla convalida e al riconoscimento delle competenze così acquisite;

1.3.

raccomanda di non cambiare la denominazione del programma e di conservargli quella di «Erasmus+», a indicare il fatto che tutti i programmi rientrano in un unico quadro generale;

1.4.

plaude alla proposta di raddoppiare la dotazione finanziaria del programma, ma chiede di triplicarla, poiché questo indicherebbe un impegno più forte a favore del perfezionamento didattico e dello sviluppo professionale e personale degli operatori nei settori dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport, al fine di garantire un’inclusività e un accesso effettivi per tutti;

1.5.

ritiene che l’aumento della dotazione finanziaria debba essere accompagnato da maggiori flessibilità e responsabilità a livello nazionale;

1.6.

sottolinea che in passato le azioni realizzate a titolo del capitolo sulla gioventù hanno dato i risultati migliori nel raggiungere i destinatari con meno opportunità, e che questo dovrebbe avere un riscontro nella ripartizione dei finanziamenti;

1.7.

chiede che, se deve entrare a far parte del nuovo programma, l’iniziativa DiscoverEU contenga una forte componente legata all’apprendimento;

1.8.

sottolinea che l’esperienza sul campo non deve essere eclissata né sostituita da strumenti virtuali, bensì rimanere complementare ad essi;

1.9.

concorda con l’aumento degli obiettivi proposto nel nuovo programma relativamente all’apprendimento degli adulti e all’istruzione e alla formazione professionali permanenti (Continuous Vocational Education and Training — CVET), e raccomanda che la ripartizione dei finanziamenti rispecchi tale ampliamento nella portata del programma;

1.10.

chiede di riservare una maggiore attenzione alla cooperazione intersettoriale (azione chiave 2) nell’ambito dell’«approccio di apprendimento permanente», e di assegnare una dotazione finanziaria sufficiente a realizzare progetti strategici su vasta scala;

1.11.

si compiace dell’aumento delle voci di bilancio relative al personale, in particolare per quanto riguarda la mobilità di insegnanti e formatori, e destinate a sostenere il loro sviluppo professionale, sia iniziale che continuo;

1.12.

accoglie con favore il buon proposito dichiarato nella proposta di regolamento di voler erogare sovvenzioni di modesta entità per sostenere quanti non si sono finora mai candidati a partecipare al programma;

1.13.

raccomanda di assegnare la priorità, nel quadro del capitolo sulla gioventù del nuovo programma, alle attività e organizzazioni «di volontariato», invece di fare una distinzione terminologica tra organizzazioni «di grandi dimensioni» e di «piccole dimensioni». Andrebbe inoltre presa in considerazione l’erogazione di sovvenzioni alle manifestazioni europee su larga scala destinate ai giovani;

1.14.

si compiace inoltre che la proposta insista sull’importanza di designare un organismo di audit indipendente incaricato di valutare le prestazioni delle agenzie nazionali;

1.15.

ritiene che il prossimo programma Erasmus debba essere pubblicizzato e sostenuto da servizi di orientamento professionale presso gli istituti di istruzione e formazione, i servizi per l’impiego e altre organizzazioni, affinché il programma possa raggiungere gruppi destinatari più ampi;

1.16.

ritiene che la proposta debba incoraggiare la diffusione dei risultati dei progetti a livello dell’UE e su tutto il territorio dell’Unione, nonché la prosecuzione di progetti che hanno dato risultati eccellenti;

1.17.

insiste sull’assoluta necessità che il comitato permanente che regolamenta il programma consenta a tutti i pertinenti soggetti interessati e parti sociali a livello europeo di disporre al suo interno di rappresentanti stabilmente designati;

1.18.

accoglie con favore le «attività di partecipazione dei giovani»; si tratta di un formato i cui risultati nell’ambito del programma Gioventù in azione (in cui erano denominati «iniziative per i giovani») sono stati ritenuti estremamente positivi, in quanto consentono a giovani non inquadrati in un’organizzazione di prendere parte al programma.

2.   Introduzione

2.1.

Facendo seguito al programma finanziario dell’UE per il sostegno all’istruzione, alla formazione, alla gioventù e allo sport attraverso l’attuale programma Erasmus+ (2014-2020), la Commissione europea ha pubblicato la prossima generazione di tale programma, sempre sotto la dicitura «Erasmus», nell’ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027.

2.2.

Il precedente programma Erasmus+ ha notevolmente contribuito a dare sostegno all’istruzione e alla formazione a livello europeo, nazionale, regionale e locale, a sviluppare un senso di appartenenza all’UE (l’«identità europea» in tutte le sue sfaccettature) e a favorire la comprensione reciproca, la cittadinanza democratica, l’integrazione europea e l’equità sociale, l’inserimento nel mercato del lavoro e, di conseguenza, anche la crescita economica.

2.3.

La finalità sottesa è che il programma Erasmus di prossima generazione, con una dotazione finanziaria raddoppiata, venga potenziato ed esteso per raggiungere un maggior numero di gruppi destinatari, sia più inclusivo, offra sostegno a progetti su piccola scala e coinvolga organizzazioni che fino ad oggi non hanno mai partecipato al programma. Come in passato, il programma riguarderà le scuole, l’istruzione e la formazione professionali, l’istruzione superiore e l’apprendimento degli adulti, inclusi l’apprendimento non formale e informale e le attività di volontariato, nonché i settori della gioventù e dello sport, ma con una formula più snella, basandosi sulla valutazione intermedia e la consultazione dei soggetti interessati.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE sottolinea che tutti dovrebbero poter avere accesso a un’istruzione, una formazione e una mobilità ai fini dell’apprendimento di qualità. È di fondamentale importanza l’impegno assunto dal nuovo programma Erasmus a promuovere l’inclusività e l’uguaglianza come suoi obiettivi di base. Le statistiche attualmente disponibili mostrano che la maggior parte degli studenti dell’istruzione superiore in mobilità provengono da ambienti familiari con una tradizione universitaria e condizioni socioeconomiche agiate (2). Nel 2016 il 63 % degli studenti che non usufruiscono della mobilità ha menzionato, tra i principali ostacoli alla loro partecipazione ai programmi universitari di scambio Erasmus, l’insufficienza delle sovvenzioni del programma destinate a studenti dell’istruzione superiore che studiano all’estero e i costi elevati della vita in un altro paese (3). Il limitato sostegno finanziario erogato dal programma ha fatto sì che si creasse un ampio divario di accesso tra studenti provenienti da ambienti socioeconomici diversi.

3.2.

Il programma Erasmus di prossima generazione è essenziale per rafforzare la comprensione reciproca e un senso di appartenenza all’UE, come pure per migliorare le qualifiche e le competenze dei giovani, in modo tale che siano in grado di comportarsi da cittadini democratici e dispongano di maggiori opportunità sul mercato del lavoro. Il nuovo Erasmus sarà fondamentale per favorire l’inclusività e i valori europei comuni, promuovere l’integrazione sociale, migliorare la comprensione interculturale e prevenire la radicalizzazione grazie alla partecipazione dei giovani ai processi democratici, con il sostegno della mobilità ai fini dell’apprendimento e della cooperazione tra i cittadini europei, gli istituti di istruzione e di formazione, le organizzazioni, i soggetti interessati e gli Stati membri — tutti attori di vitale importanza per il futuro dell’Unione.

3.3.

Il CESE accoglie con favore l’obiettivo del nuovo programma Erasmus di dotare i giovani cittadini europei — futuri beneficiari del programma stesso — delle conoscenze, competenze e abilità necessarie per partecipare a un mercato del lavoro in continua trasformazione e per affrontare le sfide che si profilano in campo sociale, economico e ambientale. Per conseguire questo obiettivo occorre rendere i sistemi di istruzione più moderni e accessibili e metterli al passo con l’era digitale, ed è anche necessario che i discenti siano meglio preparati a diventare cittadini democraticamente attivi nonché solidi candidati a un’occupazione equa e di qualità.

3.4.

Il CESE auspica che il futuro programma Erasmus consideri l’istruzione e la formazione in una prospettiva olistica, nella quale le competenze chiave e le qualifiche di base — in particolare nei settori «STEAM» (4) — rivestano un ruolo cruciale insieme ad un costante miglioramento delle competenze nel quadro di un apprendimento permanente. Anzitutto, il programma dovrebbe favorire la cittadinanza democratica e i valori europei comuni al fine di garantire la pace, la sicurezza, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto, la solidarietà e il rispetto reciproco, oltre che di contribuire all’apertura dei mercati, ad una crescita sostenibile e all’inclusione e all’equità sociali, pur rispettando — se non rafforzando — un senso di appartenenza e la diversità culturale.

3.5.

Per quanto riguarda l’obiettivo strategico, il CESE approva il fatto che la proposta di regolamento si basi sul pilastro europeo dei diritti sociali, e ritiene che il prossimo programma Erasmus debba servire da strumento di attuazione del primo principio del pilastro, affinché sia garantito a tutti il diritto a un’istruzione, a una formazione e ad un apprendimento permanente di qualità e inclusivi.

3.6.

Il CESE apprezza inoltre il fatto che la proposta di regolamento sia basata sulla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (5), al fine di garantire il diritto all’uguaglianza e l’accesso per tutti. Il CESE chiede che il testo definitivo del regolamento metta ancor più in evidenza che la parità di trattamento, l’equità e l’equilibrio di genere sono principi che sono d’applicazione e vengono rafforzati in tutto il programma.

3.7.

Benché risulti chiaramente che il nuovo programma Erasmus prende in considerazione anche «le persone con disabilità, i migranti e i cittadini dell’Unione che vivono in zone isolate», il CESE chiede che nella ripartizione della dotazione finanziaria sia garantito lo stanziamento di un aiuto alla persona specifico e di un sostegno finanziario ad hoc per le persone con disabilità, nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Convention on the Rights of Persons with Disabilities — CRPD) (6).

3.8.

Occorre un’assistenza finanziaria rafforzata a sostegno di tutti i giovani per favorire la mobilità ai fini dell’apprendimento, per offrire alle persone che provengono da contesti socioeconomici svantaggiati, compresi i migranti arrivati da poco, maggiori opportunità di accedere a un’istruzione e una formazione di qualità, e per promuoverne l’integrazione sociale.

3.9.

Considerato che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea stabilisce che tutti hanno diritto ad un trattamento equo e non solo i cittadini dell’UE, i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo hanno anch’essi bisogno di sostegno non solo per poter ottenere un riconoscimento dei loro livelli di istruzione e di formazione, ma anche per ricevere una formazione ulteriore affinché possano inserirsi nel sistema d’istruzione e nel mercato del lavoro dell’UE.

3.10.

Inoltre, il CESE accoglie con favore il fatto che il prossimo programma Erasmus si concentrerà sull’attuazione della Dichiarazione di Parigi sulla promozione della cittadinanza e dei valori comuni di libertà, tolleranza e non discriminazione attraverso l’istruzione  (7), dato che oggigiorno la prevenzione dell’estremismo e della radicalizzazione in Europa è più importante che mai.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il CESE sottolinea l’importanza della complementarità del programma con le finalità e attività politiche degli Stati membri e dell’Unione. Tra le finalità politiche che il programma dovrebbe realizzare figurano lo spazio europeo dell’istruzione, la strategia dell’UE per la gioventù e il futuro quadro strategico «Istruzione e formazione 2020» (ET 2020) con i relativi programmi settoriali; occorrerà inoltre chiarire quali saranno le modalità del sostegno che il programma fornirà agli Stati membri, alle parti sociali e ad altri soggetti interessati per allinearsi agli indicatori e ai parametri di riferimento di queste future strategie.

4.2.

Il CESE chiede di triplicare la dotazione finanziaria del programma Erasmus, poiché questo indicherebbe un impegno più forte a favore della mobilità ai fini dell’apprendimento e la necessità di investire nella coesione sociale, nei valori europei, nell’integrazione e nella cittadinanza. Il nuovo programma Erasmus dovrà perseguire anche gli ulteriori obiettivi strategici già indicati sopra. I responsabili politici devono assicurarsi che questo non comporti tassi di successo inaccettabilmente bassi di alcune componenti di Erasmus, come è avvenuto per i programmi precedenti.

4.3.

Il CESE ritiene che il prossimo programma Erasmus debba essere complementare ad altri fondi e programmi dell’Unione, in particolare il futuro FSE+. Al tempo stesso, desidera sottolineare che i bilanci nazionali destinati all’istruzione, alla formazione, alla gioventù e allo sport devono essere autonomamente sostenibili e che la dotazione finanziaria del programma Erasmus non deve servire a colmarne le carenze in materia di investimenti. Il processo del semestre europeo dovrebbe continuare a svolgere un ruolo attivo al fine di garantire investimenti equi e sostenibili a livello dei singoli Stati membri nei settori dell’istruzione, della formazione e dell’apprendimento permanente.

4.4.

Il CESE sottolinea l’importanza che la dotazione finanziaria del prossimo programma Erasmus promuova la cooperazione tra gli Stati membri al fine di migliorare i sistemi nazionali di istruzione e di formazione allineandoli alle finalità e attività politiche concordate democraticamente, discusse e approvate dal Consiglio e dal Parlamento europeo in consultazione con le parti sociali e con il CESE. L’aumento della dotazione finanziaria per il programma dovrebbe essere accompagnato da maggiori flessibilità e responsabilità a livello nazionale: queste dovrebbero valere per gli obiettivi collegati ai contenuti, ad esempio le modifiche eventualmente apportate al programma per allinearlo agli sviluppi politici e socioeconomici in Europa, sia in atto che futuri.

4.5.

Il CESE apprezza che la proposta della Commissione consenta la partecipazione di paesi terzi al programma, poiché ritiene che si tratti di una possibilità per svilupparne l’internazionalizzazione e di un modo per rafforzare la cooperazione tra istituti di istruzione e organizzazioni sportive e giovanili di tutto il mondo, dal momento che tale partecipazione offrirà ai giovani dei paesi partner maggiori opportunità di studio e di formazione in Europa, e viceversa. È necessario che questi partecipanti dei paesi terzi dispongano di un accesso più agevole e di un sostegno amministrativo, finanziario e sociale sufficiente, garantendo così che il sistema di istruzione europeo trovi una sua collocazione sullo scenario mondiale in questo settore.

4.6.

Il CESE riconosce la maggiore importanza attribuita agli strumenti di cooperazione virtuale e concorda sul fatto che alcune opzioni — ad esempio la mobilità mista — come viene sottolineato anche nella proposta in esame, sono un ottimo modo di facilitare l’accesso dei gruppi che devono affrontare ostacoli specifici alla loro mobilità fisica, quali abitanti di zone isolate, prestatori di assistenza ai familiari o persone con disabilità. Questi strumenti possono incrementare la cooperazione e la comunicazione transnazionali e possono inoltre contribuire a preparare e orientare i futuri partecipanti. Il CESE, tuttavia, sottolinea che gli strumenti virtuali non dovrebbero sostituire l’esperienza sul campo, bensì rimanere complementari ad essa. La priorità deve essere accordata ad investimenti a sostegno di una mobilità fisica di qualità.

4.7.

Il CESE raccomanda di menzionare nella proposta gli ostacoli burocratici che possono sorgere quando un gruppo di discenti con nazionalità e status diversi intende partecipare ad un’iniziativa in materia di mobilità, soprattutto quando il paese di destinazione è un paese terzo (ad esempio requisiti per il rilascio del visto o restrizioni di accesso differenti a seconda della nazionalità dei partecipanti).

4.8.

Il CESE ritiene estremamente importante la denominazione del programma e considera necessario fare in modo che il grande pubblico comprenda chiaramente quali sono gli obiettivi sostenuti dal programma e che esso interessa tutti i vari gradi di istruzione, non soltanto l’istruzione superiore, e tutte le forme di apprendimento, dal momento che metà dei finanziamenti di Erasmus è destinata alla promozione dell’istruzione e della formazione, dell’apprendimento degli adulti nonché al sostegno alla gioventù e allo sport, consentendo così ai giovani e al personale del settore di trascorrere un periodo di tempo all’estero. Tuttavia, ora che il simbolo «+» (a indicare il fatto che tutti i programmi rientrano in un unico quadro generale) non comparirà più nella denominazione, il programma rischia di «perdere» taluni soggetti situati al di fuori del settore dell’istruzione superiore. Il CESE raccomanda pertanto che il nuovo programma conservi la denominazione «Erasmus+».

4.9.

Il CESE concorda con l’aumento degli obiettivi proposto nel nuovo programma relativamente all’apprendimento degli adulti e all’istruzione e alla formazione professionali permanenti (CVET), e raccomanda che la ripartizione dei finanziamenti rispecchi tale ampliamento nella portata del programma. Il CESE sottolinea che l’apprendimento degli adulti riguarda anche le categorie di persone svantaggiate sotto il profilo socioeconomico, compresi i rifugiati. Il Comitato teme quindi che, ancora una volta, all’apprendimento degli adulti e al sostegno agli adulti scarsamente qualificati sia destinata la quota più bassa della dotazione finanziaria del programma. Il CESE dubita che questo importo, unitamente alla dotazione del futuro FSE+, sia sufficiente a fornire un sostegno ai 70 milioni di adulti scarsamente qualificati che hanno bisogno di essere inseriti nel mercato del lavoro, di conservare il posto di lavoro, oppure di ricevere aiuto nel periodo di transizione da un posto di lavoro a un altro.

4.10.

Pur compiacendosi degli sforzi compiuti per aumentare le risorse destinate all’istruzione e alla formazione professionali (IFP), il CESE osserva che non sono previste misure specifiche per rafforzare la qualità dell’IFP e per farne un settore interessante, accessibile e inclusivo. Al tempo stesso, occorre migliorare la mobilità dei discenti nel settore dell’istruzione e della formazione professionali e degli apprendistati (oggi solo l’1 % degli apprendisti europei — l’obiettivo entro il 2020 è arrivare al 6 % — sceglie di trascorrere un periodo all’estero durante la formazione (8)), conformemente alla raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (9), al sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionali (ECVET) e al quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell’istruzione e della formazione professionali (EQAVET).

4.11.

Il CESE vorrebbe vedere quali saranno le modalità concrete di realizzazione dell’«approccio di apprendimento permanente» proposto, e ritiene che vada riservata una maggiore attenzione alla cooperazione intersettoriale (azione chiave 2 = «Cooperazione tra organizzazioni e istituti»), dotandola di risorse sufficienti a realizzare progetti strategici su vasta scala, dato il loro elevato potenziale a livello sia nazionale che dell’UE, come sottolineato nella relazione informativa del CESE su Erasmus+ (10).

4.12.

Il CESE si compiace altresì dell’aumento delle voci di bilancio relative al personale, in particolare per quanto riguarda la mobilità di insegnanti e formatori, e destinate a sostenere il loro sviluppo professionale, sia iniziale che continuo. La mobilità degli insegnanti, dei formatori e di altro personale (didattico) è essenziale per contribuire a migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione, e aiuta anche a promuovere la cooperazione internazionale, di vitale importanza, tra gli istituti di istruzione e altre organizzazioni del settore, come pure a favorirne l’internazionalizzazione. Il CESE ritiene che la proposta potrebbe fornire un ulteriore sostegno ad insegnanti, formatori, altro personale (didattico), docenti universitari e ricercatori che devono essere sostituiti quando usufruiscono di periodi di mobilità. Questi addetti dovrebbero ricevere un sostegno nell’apprendimento delle lingue, e i loro congedi di mobilità dovrebbero essere considerati parte integrante del loro lavoro, oltre ad essere riconosciuti nel quadro del loro sviluppo personale e professionale continuo.

4.13.

Il CESE ritiene che il prossimo programma Erasmus debba essere pubblicizzato e sostenuto da servizi di orientamento professionale presso gli istituti di istruzione e di formazione e i servizi per l’impiego, e che sia inoltre necessario impegnarsi di più a realizzare campagne di comunicazione tramite i mezzi d’informazione affinché il programma possa raggiungere gruppi destinatari più ampi.

4.14.

Il CESE raccomanda che il regolamento ricordi l’importanza di stabilire un collegamento tra la dotazione finanziaria e le sovvenzioni concrete, da un lato, e l’adozione di rigorose procedure di valutazione della qualità e la descrizione dei risultati dell’apprendimento, dall’altro. La proposta dovrebbe anche insistere in modo particolare sulla convalida e il riconoscimento dei periodi di istruzione e di formazione all’estero e online. Pertanto, la proposta dovrebbe fare riferimento alla raccomandazione del Consiglio sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (11) e alla raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (12), al processo di Bologna e ai suoi valori fondamentali oltre che ai sistemi dei crediti nazionali, nonché a strumenti e quadri europei quali il quadro europeo delle qualifiche (EQF), il registro europeo di certificazione della qualità dell’istruzione superiore (EQAR) e i già citati ECVET ed EQAVET.

4.15.

Il programma Erasmus svolge un ruolo fondamentale nel sostenere l’azione e il lavoro quotidiano delle organizzazioni giovanili, in particolare il sostegno erogato per l’apprendimento non formale e informale e per la realizzazione di animazione socioeducativa destinata ai giovani. Pertanto, il CESE accoglie con favore la proposta che quello sulla gioventù resti un capitolo distinto anche nel prossimo programma. Tuttavia, per raggiungere un maggior numero di giovani, e in particolare quelli che hanno meno opportunità, le attività a titolo del capitolo dedicato alla gioventù sono fondamentali per contribuire a conseguire questi obiettivi. In base alla valutazione intermedia dell’attuale programma, le azioni realizzate a titolo del capitolo sulla gioventù, che adottano approcci di apprendimento inclusivo e non formale, hanno dato i risultati migliori nel raggiungere i giovani con meno opportunità, e questo aspetto dovrebbe essere preso in considerazione al momento della ripartizione dei fondi sui vari capitoli. Il capitolo sulla gioventù dovrebbe quindi beneficiare di un finanziamento migliore. Andrebbe inoltre presa in considerazione l’erogazione di sovvenzioni alle manifestazioni europee su larga scala destinate ai giovani (tramite la concessione di sovvenzioni «per singola manifestazione» invece che «per singola persona»), dato che così aumenterebbe in misura significativa il numero di giovani raggiunto dal programma Erasmus+.

4.16.

Il servizio volontario europeo (SVE), un elemento importante del precedente programma Erasmus+, non figura più nella proposta in esame. Poiché è previsto che le relative attività ricadano nella sfera di competenza del Corpo europeo di solidarietà e non di Erasmus+, i legami tra i due programmi dovrebbero essere ulteriormente sviluppati e precisati.

4.17.

Il CESE esprime preoccupazione per l’assenza di aspetti educativi nell’iniziativa DiscoverEU. Il fulcro del programma Erasmus+ è la mobilità e il programma presenta una forte componente legata all’apprendimento: se questo aspetto è assente, allora l’iniziativa non è adatta al programma Erasmus+. Inoltre, è senz’altro positivo che i giovani ricevano un sostegno per approfondire la conoscenza del continente europeo, tenuto conto del valore aggiunto che questo apporta per comprendere paesi, popoli, lingue e culture differenti, e altro ancora. Tuttavia, si ha l’impressione che DiscoverEU sia un’iniziativa che va a beneficio principalmente di giovani di ambienti agiati. copre infatti soltanto i costi del viaggio e, quindi, esclude i giovani svantaggiati che non possono permettersi di viaggiare. Inoltre, occorrerà chiarire meglio quale sia il ruolo delle organizzazioni giovanili nell’attuazione di questa iniziativa, la quale, per essere realmente utile e significativa, deve essere provvista di una componente educativa e raggiungere veramente tutti i giovani.

4.18.

È particolarmente necessario semplificare e razionalizzare le domande per la realizzazione di progetti nel quadro del prossimo programma Erasmus. Secondo la relazione informativa del CESE sulla valutazione intermedia di Erasmus+ (13) e in base a uno studio realizzato dalle parti sociali (14), al programma fa difetto l’inclusività di organizzazioni di ogni tipo e dimensione provenienti da tutte le regioni e le aree geografiche dell’UE. Il CESE accoglie pertanto con favore il buon proposito dichiarato nella proposta di regolamento di voler erogare sovvenzioni di modesta entità per sostenere quanti non si sono finora mai candidati a partecipare al programma. La semplificazione, tuttavia, dovrà garantire che si eviti la cattiva gestione dei fondi. Il CESE si compiace quindi che la proposta metta l’accento sull’importanza di designare un organismo di audit indipendente incaricato di valutare le prestazioni delle agenzie nazionali.

4.19.

Per quanto concerne il capitolo sulla gioventù, la distinzione terminologica proposta tra organizzazioni «di piccole dimensioni» e «di grandi dimensioni» non corrisponde alla realtà dei beneficiari. Il CESE raccomanda invece di assegnare la priorità, nel quadro del nuovo programma, alle attività e organizzazioni «di volontariato», in cui i giovani svolgono un ruolo centrale nel portare avanti il loro sviluppo formativo. Inoltre, i gruppi giovanili a livello locale dovrebbero avere la possibilità di registrarsi come beneficiari, in qualità di gruppi autonomi, indipendentemente dall’entità giuridica nazionale di riferimento. I gruppi giovanili a livello locale dovrebbero ricevere gli orientamenti di cui hanno bisogno dalle rispettive agenzie nazionali. Questo contribuirebbe a convogliare i finanziamenti verso le iniziative organizzate dagli stessi giovani, riducendo il rischio che gran parte dei finanziamenti vada a operatori professionali, una situazione che purtroppo si è verificata con l’attuale programma e che è stata oggetto di critiche durante le consultazioni del CESE in occasione della revisione intermedia.

4.20.

Anche la diffusione e la sostenibilità dei progetti sono due elementi di grande rilevanza. La proposta dovrebbe incoraggiare un’adeguata diffusione dei risultati dei progetti, la prosecuzione dei progetti che si sono dimostrati eccellenti e la diffusione coordinata dei risultati dei progetti a livello dell’UE e su tutto il territorio dell’Unione.

4.21.

Al settore dell’istruzione formale e a quello dell’istruzione non formale andrebbero concesse sovvenzioni di funzionamento di pari entità. Questo rafforzerebbe le complementarità e darebbe al settore dell’istruzione non formale la capacità di fornire programmi attraenti di alta qualità. Inoltre, la sovvenzione di funzionamento dovrebbe essere proporzionale non solo all’impatto conseguito in rapporto alle priorità del programma, ma anche ai costi operativi delle piattaforme europee.

4.22.

Il CESE ritiene inoltre che con il prossimo programma i progetti a livello europeo debbano potersi candidare non più tramite le agenzie nazionali, ma rivolgendosi ad una struttura centralizzata. Una disposizione di questo tipo non solo garantirebbe un maggiore accesso alle reti e organizzazioni europee, ma eviterebbe anche doppioni nei finanziamenti destinati a progetti paralleli.

4.23.

Dal momento che la dotazione del programma si basa sul contributo finanziario dei cittadini dell’UE, il CESE sottolinea l’importanza di una governance democratica per il prossimo Erasmus e insiste sull’assoluta necessità che il comitato permanente che regolamenta il programma consenta a tutti i pertinenti soggetti interessati e parti sociali a livello europeo di disporre al suo interno di rappresentanti stabilmente designati e non con il semplice status di «osservatore ad hoc».

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Raccomandazione del Consiglio relativa alle competenze chiave per l'apprendimento permanente. Le «competenze chiave» sono definite come segue: competenza alfabetica funzionale e competenza linguistica; competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria; competenza digitale; competenza personale, sociale e capacità di apprendimento; competenza in materia di cittadinanza; competenza imprenditoriale; e competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali. Tali competenze chiave comprendono anche un corredo esaustivo di valori, abilità e atteggiamenti per partecipare adeguatamente alle società democratiche.

(2)  Secondo lo Studio sull’impatto del programma Erasmus (2014), nel caso di quasi due terzi degli studenti almeno un genitore svolgeva un incarico a livello dirigenziale o lavorava come libero professionista o tecnico.

(3)  What are the obstacles to student mobility during the decision and planning phase? («Quali sono gli ostacoli alla mobilità degli studenti nella fase di decisione e di pianificazione?») Nota di informazione n. 02 (2016) http://www.eurostudent.eu/download_files/documents/EV_IB_mobility_obstacles.pdf.

(4)  Scienza, tecnologia, ingegneria, arte e matematica (Science, Technology, Engineering, Arts and Mathematics — STEAM).

(5)  http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf.

(6)  https://www.un.org/development/desa/disabilities/convention-on-the-rights-of-persons-with-disabilities.html.

(7)  http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/repository/education/news/2015/documents/citizenship-education-declaration_en.pdf.

(8)  http://www.institutdelors.eu/wp-content/uploads/2018/01/extendingerasmus-fernandesbertoncini-june2017.pdf?pdf=ok.

(9)  http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2018/03/15/quality-and-effective-apprenticeships-council-adopts-european-framework/.

(10)  https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/information-reports/erasmus-mid-term-evaluation.

(11)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32012H1222%2801%29.

(12)  http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2018/03/15/quality-and-effective-apprenticeships-council-adopts-european-framework/.

(13)  https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/information-reports/erasmus-mid-term-evaluation.

(14)  ETUC — ETUC — CEEP — EFEE: Investment in Education («Investire nell’istruzione»), 2017. https://www.etuc.org/sites/default/files/publication/files/investment_in_education_and_training_-etuc_-ceep.pdf.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/201


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma “corpo europeo di solidarietà” e abroga i regolamenti[regolamento sul corpo europeo di solidarietà] e (UE) n. 375/2014»

[COM(2018) 440 final — 2018/0230 (COD)]

(2019/C 62/33)

Relatore:

Michael McLOUGHLIN

Consultazione

Parlamento europeo, 2.7.2018

Consiglio dell’Unione europea, 10.7. 2018

Base giuridica

Articolo 165, paragrafo 4, articolo 166, paragrafo 4, articolo 214, paragrafo 5, e articolo 294 del TFUE

 

 

Organo competente

Sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

26.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

184/1/3…

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE si rallegra per l’impegno a favore di un nuovo corpo europeo di solidarietà (CES), dotato di un bilancio più cospicuo e aperto alla partecipazione di una gamma più ampia di soggetti.

1.2.

Apprezziamo il fatto che questo CES rinnovato si fondi su una base giuridica nuova e completa, disponga di un bilancio specifico e incorpori attività oggi sostenute dall’iniziativa Volontari dell’Unione per l’aiuto umanitario (1).

1.3.

È necessaria una nuova politica globale dell’UE in materia di volontariato, che affronti tutte le questioni pertinenti e avvii un dialogo con gli Stati membri, andando anche al di là del concetto del «corpo europeo di solidarietà».

1.4.

Accogliamo con favore la ripartizione del bilancio che accorda la priorità alla componente «volontariato» e auspichiamo che si continui a porre l’accento su questo aspetto.

1.5.

In futuro, l’UE dovrà mettere a punto due programmi di sostegno indipendenti, uno per i giovani e uno per il volontariato, pur ammettendo che vi saranno alcune sovrapposizioni.

1.6.

Si dovrà prestare attenzione ad evitare che le priorità dell’UE in materia di politica estera, e specialmente quelle più cogenti, influenzino l’operato del CES dopo la fusione con i Volontari dell’Unione per l’aiuto umanitario.

1.7.

Occorrerà disporre in tempo utile di dati statistici solidi che aiutino a valutare tale operato (anche in relazione al suo impatto sulle comunità) e a prendere le decisioni necessarie; dati che andrebbero resi di pubblico dominio anche qualora non siano positivi.

1.8.

Bisogna che la componente «occupazione» sia soggetta a una disciplina rigorosa e ad un riesame periodico onde accertarsi che gli impegni assunti in questo ambito vengano onorati.

1.9.

In linea con un’impostazione basata sull’apprendimento permanente, non dovrebbero esservi limiti di età per la partecipazione al CES, data la sua natura di programma di sostegno per il volontariato.

1.10.

Ribadiamo l’opinione che il programma CES debba essere limitato al settore non profit e che questo valore debba essere mantenuto, chiunque sia il soggetto che realizza i progetti.

1.11.

La condivisione delle buone pratiche in materia di volontariato dovrà essere facilitata e resa prioritaria, coinvolgendo gli Stati membri dell’UE al fine di raccogliere tutte le informazioni pertinenti e favorire un maggiore sviluppo delle politiche in questo campo.

1.12.

Le agenzie nazionali dovrebbero ricevere un sostegno più consistente per occuparsi degli aspetti occupazionali e delle questioni inerenti al mercato del lavoro.

1.13.

Nel monitorare l’attività del CES, si dovrebbe far riferimento ai principali documenti intesi a garantire un trattamento equo alle persone impegnate nei tirocini, negli apprendistati e nelle altre misure contemplate nel presente parere e occorrerebbe riferire in merito al rispetto di tali disposizioni.

1.14.

Le principali piattaforme della società civile in questo campo (Forum europeo della gioventù e Centro europeo per il volontariato) dovrebbero essere associate, a livello centrale, alla regolamentazione e alla vigilanza del corpo europeo di solidarietà.

1.15.

È senz’altro positivo il fatto che il programma venga semplificato e snellito.

1.16.

Nondimeno, l’UE deve dar prova della sua volontà di investire in altre forme e altri tipi di volontariato, anche al di là del corpo europeo di solidarietà.

2.   Contesto

2.1.

La Commissione europea propone di fissare il bilancio totale per il corpo europeo di solidarietà per il periodo dal 1o gennaio 2021 al 31 dicembre 2027 a 1,26 miliardi di EUR a prezzi correnti. Ciò consentirebbe a circa 350 000 giovani di partecipare all’iniziativa tra il 2021 e 2027, in aggiunta ai 100 000 partecipanti che la Commissione punta a sostenere entro la fine del 2020.

2.2.

Considerata la possibilità di sviluppare ulteriormente la solidarietà nei confronti delle vittime di crisi e catastrofi verificatesi all’esterno dell’Unione, la proposta in esame prevede di estendere l’ambito di intervento del CES al sostegno ad operazioni di aiuto umanitario in paesi terzi, compresi quelli vicini alle regioni ultraperiferiche dell’UE.

2.3.

Il programma «corpo europeo di solidarietà» mira ad accrescere la partecipazione dei giovani e delle organizzazioni ad attività di solidarietà accessibili e di elevato livello qualitativo. Si tratta di un mezzo per rafforzare la coesione, la solidarietà e la democrazia in Europa e al di fuori di essa e per affrontare le sfide sociali e umanitari sul campo, con una particolare attenzione alla promozione dell’inclusione sociale.

2.4.

Il programma, infatti, consente ai partecipanti di accrescere e consolidare le loro competenze e di inserirsi più facilmente nel mercato del lavoro.

2.5.

Le attività offerte dal programma possono essere svolte in un paese diverso (attività transfrontaliere e di volontariato a sostegno delle operazioni di aiuto umanitario) oppure nel paese di residenza dei partecipanti (attività nazionali). Il programma sarà attuato nell’ambito di due sezioni:

la prima riguarderà la «partecipazione dei giovani ad attività di solidarietà rivolte alle sfide sociali» — ad azioni, cioè, che contribuiscano in particolare a rafforzare la coesione, la solidarietà e la democrazia nell’UE e fuori dall’UE e al tempo stesso ad affrontare le sfide sociali, con una particolare attenzione a promuovere l’inclusione sociale;

la seconda riguarderà la partecipazione dei giovani ad attività di solidarietà connesse all’aiuto umanitario («corpo volontario europeo di aiuto umanitario») — ad azioni, cioè, che contribuiscano in particolare a offrire aiuti umanitari rivolti, in funzione dei bisogni dei destinatari, a tutelare la vita, a prevenire e alleviare la sofferenza delle persone e a preservare la dignità umana, nonché ad accrescere le capacità e la resilienza di comunità vulnerabili o colpite da calamità naturali.

2.6.

Qualsiasi entità pubblica o privata stabilita in uno dei paesi partecipanti, come pure un’organizzazione internazionale, potrà richiedere finanziamenti nell’ambito del corpo europeo di solidarietà. Tuttavia, per ottenere tali finanziamenti o realizzare qualsiasi azione autofinanziata nel quadro del CES, tale entità dovrà prima avere ottenuto un marchio di qualità.

2.7.

Si presterà particolare attenzione a far sì che le attività sostenute dal corpo europeo di solidarietà siano accessibili a tutti i giovani e in particolare a quelli più svantaggiati; e saranno introdotte misure speciali per promuovere l’inclusione sociale e la partecipazione dei giovani svantaggiati e per tenere conto dei vincoli imposti dalla lontananza di determinate aree rurali così come delle regioni ultraperiferiche dell’UE e dei paesi e territori d’oltremare.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Apprezziamo l’impegno a favore di un nuovo corpo europeo di solidarietà, dotato di un bilancio più cospicuo e aperto alla partecipazione di una gamma più ampia di soggetti. Tuttavia, siamo convinti che restino ancora da affrontare una serie di problemi, molti dei quali già sollevati dal CESE nel suo parere precedente in materia (2), nonché alcuni sviluppi e altri problemi potenziali connessi all’assorbimento delle funzioni dei Volontari dell’Unione per l’aiuto umanitario, che implica l’estensione dell’ambito di intervento della sezione «volontariato» ai paesi del vicinato dell’UE, ai paesi candidati all’adesione e alle regioni ultraperiferiche dell’Unione europea.

3.2.

Il presente parere verte in particolare sugli aspetti innovativi o comunque nuovi contenuti nella proposta in esame. Questa, infatti, fonda il CES su una base giuridica nuova e completa, dota il nuovo programma di un bilancio specifico e vi incorpora attività oggi sostenute dall’iniziativa Volontari dell’Unione per l’aiuto umanitario. In base alle proposte in esame, le otto diverse entità finora esistenti saranno sostituite da una sola, il corpo europeo di solidarietà — accorpamento, questo, che va senz’altro accolto con favore.

3.3.

Nel suo parere precedente sul corpo europeo di solidarietà (3) il CESE aveva sollevato una serie di questioni, che oggi noi riteniamo ancora attuali. Molte di tali questioni non sono state affrontate, ragion per cui, riguardo ad alcune di esse, è necessario ribadire le raccomandazioni a suo tempo formulate e, riguardo ad altre, occorrono sistemi e strutture che scongiurino gli scenari paventati già all’epoca dal CESE. In base ad alcune di tali raccomandazioni, si tratta di:

garantire un controllo di qualità sui partecipanti al programma CES;

garantire un controllo di qualità sui progetti e le persone nelle comunità locali;

chiarire il ruolo delle risorse on line a sostegno dei volontari;

affrontare la questione del credito supplementare;

definire il ruolo delle organizzazioni diverse da quelle senza scopo di lucro;

definire l’attività di volontariato;

precisare il ruolo delle organizzazioni giovanili;

assicurare ai partecipanti l’aiuto necessario per prepararsi a prendere parte al programma;

svolgere azioni di sostegno e monitoraggio che contribuiscano ad accrescere le probabilità che l’impegno con il CES induca a praticare attività di volontariato, e altre azioni in cui si esprime la solidarietà, lungo tutto l’arco della vita.

3.4.

Per noi è importante che le piattaforme pertinenti delle organizzazioni della società civile — come il Forum europeo per la gioventù e il Centro europeo per il volontariato (CEV) — siano rappresentate ufficialmente nell’organo di monitoraggio del CES, così da garantire che, ai fini della gestione del programma, si tenga conto della voce della società civile nonché dei riscontri «sul campo» e da parte degli utenti del programma stesso.

3.5.

È importante anche valutare con attenzione l’assorbimento delle attività dell’iniziativa Volontari dell’Unione per l’aiuto umanitario. Si tratta infatti di un tipo di azione assai diverso. Anche se si potrebbero fare molte considerazioni per quanto attiene alla semplificazione e allo snellimento delle procedure, in fatto di sviluppo si pongono questioni diverse e specifiche in relazione alla cultura, ai poteri e al tipo di progetti. E dalla proposta in esame emerge la consapevolezza di questa sfida. È importante non avviare con precipitazione tali azioni soltanto per ragioni di opportunità amministrativa.

3.6.

Volontari dell’Unione per l’aiuto umanitario è un programma di dimensioni relativamente ridotte, ma che non si è rivolto solamente ai giovani — un punto, questo, su cui la proposta si mostra reticente. Dalla valutazione esterna del programma Volontari dell’Unione per l’aiuto umanitario risulta che tale iniziativa ha fissato uno standard europeo per la gestione dei volontari, e occorre quindi che adesso, con l’incorporazione nel CES, tali insegnamenti o tali sistemi non vadano perduti.

3.7.

È necessario analizzare i dati del portale del CES (4) per iniziare a esaminarne l’impatto fin dagli inizi della sua attività. I sistemi di valutazione e di feedback assumeranno un’importanza cruciale. Anche al di là di tali sistemi, meccanismi formali di controllo della conformità (ad esempio l’accesso al Mediatore europeo) dovrebbero essere garantiti sia per i partecipanti che per gli altri soggetti interessati.

3.8.   Il sostegno per il volontariato

3.8.1.

Il sostegno per il volontariato può assumere molte forme, e gran parte di esso continuerà a dover essere garantito dagli Stati membri. La Commissione fa notare che il corpo europeo di solidarietà costituisce soltanto un singolo programma e copre soltanto un aspetto di tale fenomeno. Tuttavia, il CES viene ormai percepito come un’iniziativa centrale, cui si attribuisce un notevole peso politico. Ciò potrebbe ridurre le possibilità di un approccio più specifico al sostegno dei volontari.

3.8.2.

Evidentemente vi è anche il rischio che l’attrazione esercitata dal CES possa distogliere da altre forme di volontariato. Analogamente, fermo restando che il sostegno alle organizzazioni della società civile è sempre benvenuto, la loro maggiore forza di attrazione potrebbe indurre a scegliere di fare volontariato in una di tali organizzazioni anziché presso un’entità pubblica o anche solo a titolo personale, oppure a scegliere di impegnarsi in un’attività di volontariato transnazionale anziché locale.

3.8.3.

Il volontariato è un fenomeno assai diversificato. L’attività di volontariato può essere estremamente circoscritta nel tempo oppure protrarsi per un lungo periodo. Può comportare diversi gradi di altruismo, essere svolta con maggiore o minore entusiasmo e — soprattutto — ad essa può essere dedicata una quantità variabile di tempo. Il volontariato è senza dubbio un bene pubblico e, al tempo stesso, può soddisfare interessi sociali ed economici di vitale importanza, alleviando la pressione sullo Stato e assicurando compiti essenziali, in molti casi sulla base di un’impostazione prettamente locale. Lo Stato, quindi, ha bisogno di sostenere il volontariato tanto quanto ne ha l’Unione europea. Il corpo europeo di solidarietà è solo un programma specifico, e il fatto che sia incentrato sulle attività di volontariato svolte effettivamente a tempo pieno in un contesto transnazionale sottolinea tale impostazione, ragion per cui, anche con le migliori intenzioni possibili, non potrebbe dedicare la medesima attenzione ad altri tipi di volontariato.

3.8.4.

Il sostegno pubblico per il volontariato deve essere diversificato: deve riguardare il mondo del lavoro, la flessibilità dei regimi di sicurezza sociale, la certificazione, l’approccio delle autorità pubbliche nei campi della salute e dell’istruzione, la questione dell’indennizzo se pertinente, la formazione e molto altro ancora. È cruciale che l’UE sottolinei l’implicazione di tutti questi aspetti; e, anche se può non essere competente in tutti gli ambiti interessati, l’UE deve prestare particolare attenzione nel selezionare, onde accordarle il suo sostegno finanziario, una forma di volontariato piuttosto che un’altra. In materia di volontariato vi è bisogno di una politica globale e ad ampio raggio anziché di un singolo programma, per quanto adeguatamente finanziato.

3.8.5.

Anche con le nuove proposte in esame, e a iniziativa ormai consolidata, permangono alcune questioni generali circa la ratio e gli obiettivi del CES. Al più alto livello, occorre stabilire se il corpo europeo di solidarietà è un programma di volontariato oppure un programma di sostegno allo sviluppo dei giovani. Oscillare tra l’uno e l’altro di questi obiettivi può creare delle difficoltà.

3.8.6.

Potrebbe dunque essere preferibile separare la logica e la ratio del sostegno al volontariato (sostegno che può assumere varie forme) da quella dei programmi dedicati ai giovani, programmi che possono essere finanziati nel quadro della strategia per la gioventù. La commistione e la sovrapposizione tra questi obiettivi dovrebbe essere il frutto di una precisa scelta di concezione e di principio piuttosto che la conseguenza di fattori storici e della disponibilità di fondi. In effetti, per il futuro sembra più opportuno disporre di programmi di sostegno dei giovani e del volontariato separati, anche se potrà esservi qualche sovrapposizione. Questo potrebbe essere l’approccio se, per esempio, si scegliesse di «ripartire da zero».

3.8.7.

Il corpo europeo di solidarietà si prefigge un numero considerevole di obiettivi. Eppure, occorre non smettere di interrogarsi su quale sia lo scopo fondamentale di questo programma e quale sia il modo migliore per realizzarlo. In linea di massima, noi continuiamo a ritenere che il corpo europeo di solidarietà dovrebbe essere destinato soltanto alle organizzazioni senza scopo di lucro. Ciò potrebbe anche riguardare partenariati con organizzazioni con scopo di lucro, purché però l’attività in questione sia realizzata inequivocabilmente tramite un’organizzazione non profit, nonché, ove necessario, disciplinata da un accordo giuridicamente vincolante in tal senso.

3.9.   La componente occupazionale

3.9.1.

L’aspetto occupazionale del CES è oggetto di una notevole attenzione. È nostra convinzione che il lavoro svolto nell’ambito del CES debba essere disciplinato in modo estremamente rigoroso e non vi è dubbio che esso debba essere offerto esclusivamente da entità senza fine di lucro. La situazione dell’occupazione in questo settore, dove creare un numero molto ridotto di posti di lavoro sembra richiedere molti sforzi e molto impegno, deve essere riesaminata costantemente. Con la migliore volontà del mondo, non si può pretendere che le agenzie nazionali (le stesse che si occupano di Erasmus+) dispongano di conoscenze sufficienti in materia di occupazione e di mercato del lavoro.

3.9.2.

Se deve continuare ad esservi anche una componente occupazionale, allora essa deve essere conforme agli standard più elevati in questo campo. In proposito mantengono la loro validità tutta una serie di standard e di documenti esterni in materia di volontariato, lavoro e gioventù, che noi continuiamo a sostenere e che raccomandiamo all’attenzione della Commissione, dell’Agenzia esecutiva e delle agenzie nazionali, ossia:

a)

l’agenda politica per il volontariato in Europa (PAVE) (5);

b)

la Carta europea dei diritti e delle responsabilità dei volontari del Forum europeo della gioventù (6);

c)

la Carta europea della qualità per i tirocini e gli apprendistati del Forum europeo della gioventù (7);

d)

la decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo sui tirocini non retribuiti (8).

3.10.   Un programma per i giovani?

3.10.1.

È comprensibile che ci si concentri soprattutto sull’esperienza, il benessere e la crescita dei giovani partecipanti, e noi approviamo pienamente l’attenzione prestata a questo aspetto. Deve però esservi altrettanta attenzione per la qualità degli interventi, a far sì che essi raggiungano i loro obiettivi, rispondano alle aspettative e rispettino gli standard pertinenti nei rispettivi ambiti. Non si può compensare la scarsa qualità dei progetti con la buona qualità dei risultati per il partecipante o viceversa: si tratta di due aspetti altrettanto importanti.

3.10.2.

Se in questa fase il volontariato dei giovani costituisce un obiettivo specifico e una priorità, potrebbe però anche essere giunto il momento (in una prospettiva di apprendimento lungo tutto l’arco della vita) di iniziare a chiedersi, avviando sul punto un dibattito, se sia davvero opportuno fissare un limite di età per la partecipazione al CES e alle sue attività. In ogni parte della società, molte persone hanno qualcosa da offrire e decisamente qualcosa da imparare; e la solidarietà tra generazioni può essere altrettanto importante.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Non è chiaro se i dati disponibili sui progressi finora compiuti siano stati sufficienti per poter fondare ulteriori decisioni in merito al consolidamento e alla fusione con nuovi settori. Il servizio volontario europeo (SVE) (9) si basava su una logica chiara: quella di un programma destinato ai giovani. Non siamo affatto certi che, prima di decidere di introdurre il CES, si sia provveduto a effettuare una valutazione d’impatto sufficiente su quel suo predecessore. Anche se gran parte delle attività dello SVE viene ora svolta nell’ambito del corpo europeo di solidarietà, si può temere che a indurre a decidere in tal senso sia stato il bilancio disponibile anziché una visione chiara per il volontariato. Inoltre, non è affatto chiaro in quale misura i giovani siano stati coinvolti nel processo decisionale che ha condotto a questo cambiamento.

4.2.

La fusione dei programmi dell’UE per l’aiuto umanitario e il volontariato deve rispondere a una logica chiara ed esplicita. In alcune delle politiche esterne dell’UE si pone sempre più l’accento sulla sicurezza, anche in conseguenza della crisi migratoria. Ciò potrebbe anche contribuire a un cambiamento della natura del corpo europeo di solidarietà, qualora esso venga utilizzato nell’ambito dell’azione esterna dell’UE. Inoltre, con tale fusione si introduce, per quanto attiene alla dimensione umanitaria del programma, una soglia di età che in precedenza non era prevista.

4.3.

Gli obiettivi della nuova strategia dell’UE per la gioventù (2019-2027) (10) volti ad accrescere l’impegno dei volontari negli Stati membri anche al di là del CES potrebbero trovare maggiore espressione nella proposta in esame. Tale strategia, infatti, sembra porsi traguardi più ambiziosi quando incita gli Stati membri a rafforzare le politiche e le strategie in materia di volontariato per spronare i giovani ad essere più attivi. Sarebbe importante prevedere anche finanziamenti specifici per offrire agli Stati membri degli spazi in cui condividere le buone pratiche relative a tali politiche e a tali strategie, ad esempio ripristinando il gruppo di esperti sulla mobilità dei giovani per le attività di volontariato. In particolare, auspichiamo che lo strumento del CES per il riconoscimento dei risultati in termini di apprendimento possa essere utilizzato in tutte le forme di impegno di volontariato al di fuori di tale programma. La base giuridica della proposta in esame di per sé non esclude questo utilizzo, ma al riguardo sarebbe comunque utile definire un obiettivo più ampio.

4.4.

La nuova proposta si propone di semplificare le procedure, e questo è di per sé un passo avanti. Al riguardo, però, per i soggetti interessati sarebbe utile disporre di maggiori dettagli. L’inclusione di progetti di solidarietà da realizzare a livello locale è una novità decisamente positiva, e tali progetti dovrebbero diventare una priorità.

4.5.

Alcuni dei materiali promozionali relativi al corpo europeo di solidarietà si concentrano in larghissima misura sulle opportunità e sullo sviluppo individuali. Se è necessario che nell’offerta del programma rientri anche questo aspetto, è chiaro però che è della massima importanza sottolineare e promuovere con altrettanta efficacia anche il prodotto e il risultato finali dell’attività di volontariato. Come per l’iniziativa DiscoverEU (11), potrebbe essere necessario prestare attenzione a evitare di dare l’impressione che il sostegno accordato dall’UE riguardi in via prioritaria gli «anni di transizione» e i giovani più agiati.

4.6.

Siamo decisamente favorevoli alla ripartizione indicativa che assegna al volontariato il 90 % del bilancio del programma, nonché alla prospettiva di potenziare il tutoraggio per i più svantaggiati. La ripartizione della dotazione di bilancio tra le diverse componenti del programma dovrebbe essere mantenuta, salvo nel caso in cui la carenza di domanda imponga alle agenzie nazionali di stornare fondi da una linea all’altra del bilancio. In generale, l’allocazione dei fondi dovrebbe essere effettuata sulla base delle richieste delle organizzazioni partecipanti.

4.7.

Sarà necessario dotare le agenzie nazionali di risorse sufficienti, in particolare per rispondere alle eventuali sfide poste dall’esigenza di conseguire ulteriori risultati nella componente occupazionale del CES e per mettere tali agenzie in condizione di cooperare con i centri o servizi per l’impiego e gli altri programmi nazionali pertinenti.

4.8.

Il servizio volontario europeo aveva un robusto quadro di riferimento per la formazione formale e informale. Il concetto di un Erasmus per gli operatori culturali è ormai stato sviluppato e potrebbe risultare molto utile per il corpo europeo di solidarietà. L’apprendimento non formale rappresenta un aspetto cruciale. Occorre considerare la possibilità di adottare l’approccio del PISA, in base al quale gli studenti possono ottenere crediti per il proprio lavoro concreto analogo a quello svolto nell’ambito del programma Erasmus.

4.9.

Per il corpo europeo di solidarietà è prevista una componente di monitoraggio, ma solo per quanto concerne la condivisione delle conoscenze. È necessario adoperarsi alacremente affinché i partecipanti al programma si impegnino a più lungo termine in azioni di solidarietà, comprese quelle (che sono le più diffuse) svolte a tempo parziale nel tempo libero e anche al di là delle opportunità di volontariato offerte dal CES.

4.10.

È importante analizzare l’accettazione finora ottenuta dalla componente occupazionale e rispondere a questa situazione. Nella valutazione ex ante, per misurare l’efficacia ci si è talora concentrati più sulla quantità che sulla qualità dei risultati. Occorre che le valutazioni future affrontino questo problema.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  https://webgate.ec.europa.eu/echo/eu-aid-volunteers_en/.

(2)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 160.

(3)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 160.

(4)  https://europa.eu/youth/SOliDARITY_it.

(5)  http://www.kansalaisareena.fi/EYV2011Alliance_PAVE_copyfriendly.pdf.

(6)  https://www.youthforum.org/charter-rights-and-responsibilities-volunteers.

(7)  https://www.youthforum.org/european-quality-charter-internships-and-apprenticeships.

(8)  https://www.socialistsanddemocrats.eu/it/newsroom/unpaid-internships-european-parliament-and-elsewhere-must-be-banned-say-sds.

(9)  https://europeanvoluntaryservice.org/.

(10)  https://ec.europa.eu/youth/policy/youth-strategy_it.

(11)  https://europa.eu/youth/discovereu_it.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/207


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente»

[COM(2018) 340 final — 2018/0172(COD)]

(2019/C 62/34)

Relatrice:

Maria NIKOLOPOULOU

Consultazione

Consiglio, 15.6.2018

Parlamento europeo, 11.6.2018

Base giuridica

Articolo 192, paragrafo 1, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Decisione dell’Assemblea plenaria

17.4.2018

 

 

Sezione competente

Sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

5.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/3/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene la proposta di direttiva sull’uso di plastica monouso e la considera un elemento cruciale nella strategia per l’economia circolare e per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

1.2.

Il Comitato sottolinea in particolare che la transizione verso la sostenibilità richiede anzitutto la partecipazione di tutti i soggetti politici, economici, sociali, ambientali e culturali, e il coinvolgimento di tutti i cittadini in un nuovo modello di produzione, consumo e riciclaggio dei prodotti. Ne consegue che l’istruzione, la formazione e le campagne di sensibilizzazione sono requisiti fondamentali a tutti i livelli e, in questo contesto, una speciale attenzione va riservata ai giovani in età scolare.

1.3.

Il Comitato ritiene che la proposta della Commissione rappresenti un importante progetto pilota, che dedica speciale attenzione alle materie plastiche maggiormente presenti nei mari e negli oceani, ma osserva anche che essa potrebbe essere ancora più ambiziosa e, allo stesso tempo, che dovrebbe essere integrata da una tabella di marcia e da altre iniziative volte a garantire un’attuazione efficace.

1.4.

In particolare, il Comitato raccomanda quanto segue:

1.4.1.

valutare un’estensione della lista di dieci articoli, aggiungendone altri per i quali sul mercato esistono già alternative sostenibili in termini di quantità e di prezzo;

1.4.2.

chiarire il principio per cui tutti i prodotti biodegradabili devono essere anche compostabili, con specifici tempi di fotodegradazione in terraferma e in mare;

1.4.3.

i pescatori possono essere un fattore essenziale per pulire i mari e gli oceani. Bisogna estendere al più presto gli incentivi alla restituzione degli attrezzi da pesca a tutti i rifiuti raccolti durante l’attività di pesca. Per il pieno sviluppo di un nuovo sistema di pulizia dei mari e degli oceani è necessario coinvolgere tutte le parti interessate e le autorità locali. Inoltre tutti i porti, anche quelli più piccoli, devono disporre di un sistema avanzato per la raccolta e la gestione trasparente dei rifiuti;

1.4.4.

sebbene il 90 % dei prodotti in plastica monouso presenti nel mercato europeo sia realizzato in paesi terzi, è essenziale assistere tutte le imprese del settore nella transizione verso una produzione più sostenibile. Bisogna in particolare promuovere, mediante strumenti finanziari e fiscali, l’innovazione e lo sviluppo di settori quali la progettazione ecocompatibile, la bioplastica e le materie prime secondarie. In questo modo l’UE potrà beneficiare di una significativa crescita della bilancia commerciale, favorire lo sviluppo di imprese più sostenibili e aumentare i posti di lavoro di qualità;

1.4.5.

il principio per cui chi inquina paga, sancito dalla direttiva 2004/35/CE, è un elemento essenziale della proposta della Commissione e costituisce la base di una ripartizione più equa ed equilibrata degli oneri di gestione e riciclaggio dei rifiuti. Una corretta applicazione della direttiva consentirà di ridurre i relativi costi per le imprese dotate di processi certificati di prevenzione dell’inquinamento o di recupero diretto dei prodotti inquinanti fabbricati;

1.4.6.

un maggiore coordinamento della restante normativa vigente in materia di gestione e riciclaggio dei rifiuti, sulla base della separazione dei rifiuti. Sarebbe altresì importante che gli Stati membri istituissero autorizzazioni e sanzioni armonizzate;

1.4.7.

la strategia per la plastica monouso avrà un effetto limitato se la Commissione non interviene con una strategia ad hoc per una gestione e un controllo più sostenibili delle acque interne (laghi e fiumi), in cui transita l’80 % dei rifiuti presenti in mare. Il Comitato raccomanda di promuovere la diffusione di sistemi di governance che coinvolgano le autorità pubbliche e private e la società civile organizzata, come i contratti di fiume, che dovrebbero essere valutati come un requisito essenziale per l’accesso a taluni fondi per la protezione dell’ambiente (ad esempio quelli di Interreg);

1.4.8.

L’introduzione di sistemi di etichettatura e tracciabilità dei prodotti di plastica potrebbe costituire un valore aggiunto nei processi di gestione e riciclaggio dei rifiuti. La creazione di un logo specifico potrebbe consolidare la fiducia dei consumatori, soprattutto per quanto riguarda i prodotti fabbricati con materie prime secondarie;

1.4.9.

la direttiva dovrebbe essere riveduta ogni tre anni invece che ogni sei. Questa proposta è giustificata dal fatto che i meccanismi di monitoraggio sono già attivi e convalidati (metodo di calcolo). Detta misura consentirebbe inoltre di risolvere eventuali problemi emersi durante la fase di attuazione e, se necessario, di modificare o ampliare l’elenco dei dieci prodotti di plastica monouso in funzione dello stato di attuazione della direttiva e degli sviluppi nel settore della progettazione ecocompatibile;

1.4.10.

occorrerebbe diffondere maggiormente le numerose buone pratiche presenti nell’economia circolare, rafforzando la Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare del CESE, che costituisce uno strumento efficace per lo scambio di esperienze tra tutte le parti coinvolte.

2.   Introduzione

2.1.

Nell’Unione europea, una percentuale compresa tra l’80 % e l’85 % dei rifiuti marini è costituita da residui in plastica, di cui il 50 % sono prodotti di plastica monouso, mentre un altro 27 % è composto da attrezzi da pesca contenenti plastica, utilizzati nella pesca tradizionale e nell’acquacoltura, abbandonati o persi in mare.

2.2.

I dieci articoli di plastica monouso rinvenuti più frequentemente sulle spiagge europee rappresentano l’86 % del totale dei prodotti trovati e il 43 % dei rifiuti marini. Si tratta di oggetti di uso comune, la cui composizione non viene sempre associata alla plastica (1): contenitori per alimenti, bicchieri, bastoncini cotonati, piatti, cannucce, aste per palloncini, contenitori per bevande e relativi tappi, filtri di prodotti del tabacco, salviettine umidificate e sacchetti di plastica. Questi dieci prodotti, insieme agli attrezzi da pesca contenenti plastica, costituiscono approssimativamente il 70 % dei rifiuti marini rinvenuti (2).

2.3.

I prodotti di plastica monouso, generalmente realizzati in polietilene e polipropilene, necessitano in media di 300 anni per degradarsi nell’ambiente, benché in alcuni casi la loro fotodegradazione possa richiedere fino a 1 000 anni. Inoltre, la degradazione non implica l’assorbimento della plastica nel ciclo di vita naturale, bensì la sua trasformazione in microplastiche invisibili all’occhio umano.

2.4.

Tra le invenzioni del XX secolo, quella della plastica è una della più importanti e una di quelle che hanno influenzato maggiormente le nostre vite. Le sue caratteristiche fisiche (flessibilità, leggerezza e resistenza), fanno della plastica un materiale dalle infinite applicazioni, tra cui i prodotti monouso, ideali per l’uso all’aperto (ad esempio per i picnic). Ciò significa che i prodotti di plastica monouso presentano un elevato rischio di dispersione nell’ambiente, indipendentemente dalla volontà di numerosi consumatori e dall’efficienza dei sistemi di gestione e riciclaggio dei rifiuti. Si tratta di un rischio e di un impatto ambientale sproporzionati, in particolare se si considera che il tempo di utilizzo previsto di tali prodotti talvolta non supera i cinque minuti.

2.5.

Se non entrano nella catena di gestione dei rifiuti, i prodotti di plastica monouso si accumulano nei mari e negli oceani, con effetti dannosi per l’ambiente e per la salute umana, dato che entrano nella catena alimentare. Per di più, questo fenomeno ha ripercussioni su vari settori economici, come il turismo, la pesca e il trasporto marittimo.

2.6.

I rifiuti in mare costituiscono un problema transfrontaliero, ben rappresentato dalle isole di plastica (3). L’Unione europea si è impegnata a combattere tale fenomeno, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (4) e con l’accordo di Parigi (COP 21). La strategia sulla plastica (5) è stata un primo passo in tale direzione, nel quadro del piano d’azione per l’economia circolare (6).

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1.

L’obiettivo della proposta di direttiva consiste nel prevenire e ridurre i residui di plastica (macroplastica) in mare derivanti da prodotti di plastica monouso e attrezzi da pesca contenenti plastica, integrando le misure già previste dalla strategia sulla plastica e colmando le lacune individuate nelle azioni e nella legislazione in vigore.

3.2.

La direttiva è collegata anche all’iniziativa volta ad eliminare i sacchetti di plastica monouso (a favore di altre borse realizzate con bioplastiche o materiali compostabili), che ha modificato radicalmente e in breve tempo le abitudini dei consumatori, producendo risultati estremamente positivi per l’ambiente (7).

3.3.   Prodotti di plastica monouso

3.3.1.

Sulla scorta dei conteggi realizzati in diverse spiagge europee, la proposta si concentra sui dieci prodotti di plastica monouso rinvenuti più frequentemente sulle spiagge. La Commissione ha previsto una serie di misure in funzione della disponibilità di prodotti alternativi sostenibili e dal prezzo accessibile. Se tali prodotti alternativi sono già presenti sul mercato, si dispone l’eliminazione di prodotti analoghi più inquinanti (ad esempio cannucce, piatti e bastoncini cotonati). In caso contrario, viene istituito un insieme di misure tese a ridurne il consumo attraverso campagne di sensibilizzazione e a promuovere la progettazione ecocompatibile allo scopo di produrre quanto prima materiali alternativi, ecocompatibili e riciclabili (ad esempio contenitori per alimenti, tazze per bevande, palloncini, pacchetti e involucri, contenitori per bevande, filtri di prodotti del tabacco, salviettine umidificate, sacchetti di plastica in materiale leggero).

3.3.2.

La direttiva stabilisce l’applicazione del regime di responsabilità estesa del produttore per tutti i prodotti che non rientrano nella misura di restrizione di mercato, al fine di contribuire al costo della prevenzione e della gestione dei rifiuti.

3.3.3.

La Commissione propone inoltre un sistema di etichettatura che fornisca ai consumatori informazioni sulla gestione dei rifiuti, in modo da incentivare la raccolta differenziata e il riciclaggio. Tale misura implica inoltre che siano segnalati i comportamenti da evitare (ad esempio l’utilizzo di salviettine umidificate).

3.3.4.

La proposta introduce misure concrete riguardanti la progettazione dei prodotti (ad esempio tappi agganciati alle bottiglie) e obiettivi ambiziosi in termini di riciclaggio (ad esempio un tasso del 90 % per le bottiglie di plastica monouso).

3.4.   Attrezzi da pesca contenenti plastica

3.4.1.

La direttiva propone un sistema integrato e più moderno di raccolta degli attrezzi da pesca contenenti plastica che si basa su tre punti chiave: l’attuazione di un meccanismo specifico e l’utilizzo di macchinari per la raccolta differenziata nei porti, incentivi per i pescatori che restituiscono gli attrezzi da pesca o consegnano rifiuti abbandonati in mare, e l’introduzione di un regime di responsabilità estesa del produttore per i produttori di attrezzi da pesca, comprese le PMI. I fondi raccolti attraverso il regime di responsabilità estesa del produttore saranno utilizzati per coprire i costi sostenuti per la prevenzione della produzione di rifiuti (campagne di sensibilizzazione pubblica) e la gestione dei rifiuti stessi, compresa la rimozione di prodotti in plastica monouso dispersi nell’ambiente.

3.5.

Gran parte dei prodotti in plastica monouso sono fabbricati in paesi al di fuori dell’UE. Ne consegue che la proposta potrebbe incoraggiare uno sviluppo produttivo europeo, sostenuto dalla forte domanda interna. Si prevede quindi che la normativa in esame contribuirà anche ad accelerare lo sviluppo di un’economica competitiva, sostenibile e decarbonizzata, apportando evidenti vantaggi in termini di bilancia commerciale con i paesi terzi e di creazione di posti di lavoro.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE è stato uno dei pionieri dello sviluppo sostenibile basato sulla sensibilizzazione sia dei cittadini che di tutti i soggetti politici, economici, sociali, ambientali e culturali. In quest’ottica, l’educazione a tutti i livelli riveste un ruolo chiave nel gettare le basi di un nuovo modo di produrre, consumare e vivere rispettando l’ambiente. Nel quadro della responsabilità sociale delle imprese, queste sono un fattore essenziale di tale opera di sensibilizzazione e di educazione. La società civile organizzata ha già eseguito numerose azioni volontarie, che potrebbero rappresentare un importante valore aggiunto per l’iniziativa della Commissione.

4.2.

Il CESE rammenta che l’inquinamento è un problema mondiale. Qualsiasi iniziativa europea, indipendentemente dal suo obiettivo e dalla sua portata, sarà insufficiente se non verrà affiancata da un progetto più ampio di sviluppo sostenibile che coinvolga sia i grandi concorrenti dell’Unione sia i paesi in via di sviluppo. Si raccomanda, in particolare, di creare sinergie con i paesi terzi vicini nella gestione sostenibile di mari chiusi come il Mar Nero e il Mediterraneo. Il Comitato, quindi, auspica che l’UE assuma un ruolo sempre più importante nella guida dei processi di sviluppo sostenibile.

4.3.

Il CESE sostiene la proposta volta a prevenire e ridurre i rifiuti di plastica in mare composti da prodotti di plastica monouso e attrezzi da pesca contenenti plastica. Il Comitato comprende l’idea di concentrarsi su un numero limitato di prodotti con un elevato impatto ambientale, seguendo la logica del progetto pilota, e considera questa iniziativa come un passo importante verso la creazione di un’economia realmente sostenibile, nel quadro del piano d’azione per l’economia circolare (8) e a integrazione della strategia sulla plastica (9). Tuttavia, il Comitato reputa che l’iniziativa della Commissione potrebbe essere più ambiziosa, estendere l’elenco dei prodotti sostenibili già disponibili in quantità e a prezzi adeguati (ad esempio, capsule per il caffè) e garantirne la sicurezza, con il coinvolgimento dell’EFSA.

4.4.

Il CESE ritiene appropriata la proposta di limitare la commercializzazione solo quando esistano già prodotti alternativi sostenibili, sicuri per l’ambiente e le persone ed economicamente accessibili per i consumatori.

4.5.

Per risolvere il problema dell’accumulo di rifiuti di plastica sono importanti, oltre alla gestione dei rifiuti, le abitudini di consumo e il modello di produzione. È quindi fondamentale che i governi nazionali impieghino tutti gli strumenti necessari per incentivare l’uso di prodotti di plastica sostenibili, promuovendo e sostenendo i processi di produzione e consumo più razionalizzati. Nel contempo, è importante sensibilizzare i cittadini, a partire dall’età scolare, affinché agiscano in maniera responsabile e partecipino alla raccolta differenziata dei rifiuti.

4.6.

I prodotti di plastica monouso presentano un alto rischio di dispersione nell’ambiente, indipendentemente dalla volontà dei consumatori e dall’efficienza dei sistemi di gestione e riciclaggio dei rifiuti. Data l’impossibilità di istituire un meccanismo di raccolta e riciclaggio dei rifiuti efficace al 100 %, bisogna creare quanto prima prodotti alternativi sostenibili, e adottare misure che riducano il livello di inquinamento che è stato raggiunto (10).

4.7.

La progettazione ecocompatibile è un fattore chiave nella creazione di prodotti ecocompatibili alternativi a quelli più inquinanti. Il Comitato raccomanda di investire adeguate risorse in tale settore nel nuovo quadro finanziario dell’UE, in particolare attraverso il nuovo programma Orizzonte. Il CESE ritiene che l’innovazione verde nell’ambito della bioplastica e delle materie prime secondarie o il ricorso a enzimi come le PETasi, in grado di «mangiare» la plastica, possa rappresentare un valore aggiunto per tutta l’Unione dal punto di vista economico, sociale e ambientale.

4.8.

Il Comitato raccomanda di adottare un approccio specifico per i prodotti di plastica destinati a essere trasformati in materie prime secondarie. In particolare, è importante che la plastica non contenga additivi chimici tossici che potrebbero ostacolarne il riciclaggio, causando danni alle persone, alle imprese e all’ambiente. È altresì importante prevedere una fine del ciclo di vita, non essendo possibile procedere a un numero infinito di riciclaggi.

4.9.

Secondo il CESE, uno dei limiti più evidenti dell’iniziativa consiste nell’assenza di una normativa che integri il concetto di biodegradabilità. In effetti, il fatto che un prodotto di plastica sia biodegradabile non implica necessariamente che sia anche ecosostenibile. I prodotti di plastica, in particolare quelli monouso, possono trasformarsi in microplastiche, contaminando l’ambiente ed entrando nella catena alimentare. Il Comitato raccomanda pertanto di intervenire quanto prima per chiarire il principio che i prodotti di plastica biodegradabili devono essere anche compostabili , ossia né tossicinocivi per l’ambiente. In questo contesto è essenziale anche fissare scadenze specifiche di biodegradabilità in mare e terra, in linea con la norma armonizzata EN 13432 (11). Infine, è essenziale creare un sistema europeo di etichettatura, con adeguati meccanismi di controllo per evitare frodi.

4.10.

Il CESE è favorevole alla proposta di promuovere la restituzione degli attrezzi da pesca mediante incentivi ai pescatori. Il Comitato sottolinea che l’attività di separazione dei rifiuti non è né semplice né di breve durata e si aspetta, pertanto, che gli incentivi siano commisurati al tempo investito dai pescatori in tale separazione.

4.10.1.

Una simile misura dovrebbe essere estesa alla riconsegna di tutti i rifiuti raccolti durante l’attività di pesca, per il cui scarico nei porti, secondo le leggi vigenti, i pescatori sono tenuti a pagare. Ciò significa che attualmente i pescatori pagano per pulire il mare e scaricare a terra rifiuti che non hanno prodotto, bensì raccolto. Per tale ragione si raccomanda di rivedere, nel quadro del nuovo Fondo europeo per la pesca 2021-2026, le misure attuali in materia di gestione dei rifiuti, favorendo i comportamenti proattivi e responsabili.

4.10.2.

Data la grande quantità di rifiuti, sia galleggianti sia sommersi, i pescatori possono rappresentare un importante valore aggiunto per la loro raccolta. La recente imposizione di limiti all’attività di pesca di diversi stock ittici permette di considerare tali incentivi come un elemento di compensazione economica (12). In tal modo l’attività di pulizia, a seguito di una formazione adeguata e con il coinvolgimento diretto delle associazioni di pescatori, potrebbe trasformarsi in un’altra attività economica conveniente, come la pesca-turismo (economia blu), molto praticata nei periodi di interruzione naturale della pesca. Questa misura dovrebbe essere prevista dal nuovo Fondo europeo per la pesca e la relativa attuazione dovrebbe essere oggetto di una iniziativa legislativa europea.

4.11.

Il Comitato è favorevole all’introduzione del regime di responsabilità estesa del produttore, in linea con il principio chi inquina paga. Sino ad oggi altri settori produttivi (turismo (13), trasporto marittimo, pesca) e i cittadini (attraverso l’aumento delle tasse per la raccolta, la gestione e il riciclaggio dei rifiuti) hanno pagato i costi dell’inquinamento del mare. Al momento della sua attuazione sarà importante verificare che tale principio si applichi alle imprese che fabbricano realmente prodotti inquinanti e non finisca per gravare sul prezzo finale pagato dai consumatori (14).

4.12.

Il Comitato, in linea con i criteri della direttiva 2004/35/CE (15), invita la Commissione e gli Stati membri a valutare la possibilità di ridurre gli oneri economici a carico delle imprese che svolgono azioni certificate di recupero diretto dell’inquinamento causato dai loro prodotti (ad esempio contenitori riutilizzabili). La valutazione di queste buone pratiche, sebbene di competenza diretta delle autorità nazionali, dovrebbe essere soggetta anche a un controllo europeo di secondo livello.

4.13.

Il CESE è consapevole del fatto che la transizione verso l’economia circolare implicherà una serie di costi elevati per molte imprese. Pertanto auspica che tale processo, così indispensabile dal punto di vista ambientale, sia affiancato da incentivi finanziari che permettano alle imprese di passare a una produzione sostenibile. È importante che detto processo sia gestito e monitorato a livello europeo per evitare situazioni di concorrenza sleale sul mercato interno.

4.14.

La transizione verso l’economia circolare può rappresentare un’importante opportunità per tutta l’Unione europea in termini di competitività e occupazione. Per cogliere tale opportunità è necessario sviluppare un sistema avanzato di istruzione e formazione. Ciò implica altresì un sistema adeguato di politiche attive del lavoro per l’aggiornamento delle competenze dei lavoratori.

4.15.

Il Comitato condivide l’idea di elaborare una direttiva affinché ogni Stato membro attui la normativa conformemente alle sue specificità nazionali, benché sarebbe importante limitare quanto prima le differenze in termini di autorizzazioni e sanzioni (16). In un simile contesto è fondamentale che i governi nazionali coinvolgano la società civile organizzata in ogni fase, dall’elaborazione della legislazione fino alla sua attuazione, al suo monitoraggio e alla sua valutazione. In fase di attuazione della direttiva, sebbene in alcuni casi siano previsti limiti di tempo per il conseguimento degli obiettivi prefissati, in molti altri casi (ad esempio il riciclaggio del PET) non sono stati stabiliti calendari precisi. Il CESE ritiene che l’assenza di scadenze chiare e uguali per tutti possa far aumentare le situazioni di squilibrio in fase di recepimento della normativa.

4.16.

Il Comitato sottolinea che i meccanismi di monitoraggio sono già attivi e convalidati (metodo di conteggio). Pertanto raccomanda di procedere alla revisione della direttiva ogni tre anni anziché ogni sei come previsto dalla proposta originaria. Ciò consentirebbe di risolvere eventuali problemi emersi durante la fase di attuazione e, se necessario, di modificare o ampliare l’elenco dei dieci prodotti di plastica monouso in virtù dello stato di attuazione della direttiva e degli sviluppi nel settore della progettazione ecocompatibile.

5.   Osservazioni particolari

5.1.

Secondo il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) (17), l’80 % dei rifiuti accumulati nei mari e negli oceani è stato prodotto a terra e giunge al mare attraverso i fiumi. Ciò implica la necessità di intervenire con misure sempre più coordinate per evitare che i rifiuti finiscano in mare. Le azioni riguardanti la plastica monouso miglioreranno la condizione dei laghi e dei fiumi, tuttavia non vi sono previsioni specifiche per quanto concerne gli attrezzi da pesca. Per questo motivo il CESE raccomanda di estendere questa normativa a laghi e fiumi mediante una strategia a livello europeo per una gestione più sostenibile delle acque interne.

5.2.

I contratti di fiume (18) sono una buona pratica di grande successo, ampiamente diffusa in Europa, che può risultare particolarmente efficace per gestire le acque interne in relazione al rischio idrogeologico e ambientale. Il punto forte di questo strumento consiste nella sua governance aperta, che permette di coinvolgere a livello territoriale tutti i soggetti pubblici, privati e della società civile organizzata. Tali esperienze dovrebbero essere raccolte in un’apposita banca dati europea volta a facilitare un loro sviluppo organico e strutturato in tutta l’UE. In linea con il nuovo programma Orizzonte Europa, nel cui quadro il 35 % del bilancio dovrebbe essere destinato ad azioni per il clima e l’ambiente, il Comitato raccomanda che i contratti di fiume costituiscano una condizione preliminare per l’accesso a determinati fondi europei nel campo della ricerca e dell’innovazione per la sostenibilità ambientale, come pure ai fondi per la protezione del territorio dal rischio idrogeologico e ambientale (ad esempio Interreg).

5.3.

Il Comitato ritiene fondamentale un’attuazione della direttiva coerente e coordinata con la restante legislazione elaborata dall’UE in materia di rifiuti e di acque, in particolare la direttiva quadro sui rifiuti (19), la direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (20), la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (21) e la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (22). Particolare attenzione dovrebbe essere prestata alle norme dell’UE in materia di gestione dei rifiuti (23).

5.3.1.

È importante che vi siano adeguate strutture di gestione dei rifiuti (ad esempio raccolta differenziata dei rifiuti compostabili per un trattamento efficiente e corretto negli impianti di riciclaggio), e che vengano fornite informazioni chiare ai consumatori. La corretta separazione favorirà anche l’uso della tecnica di stampa tridimensionale, giacché le materie plastiche possono essere usate facilmente come materia prima per la creazione di nuovi oggetti.

5.3.2.

Sebbene non rientrino tra i prodotti di plastica monouso, il Comitato invita la Commissione a prendere in considerazione il crescente fenomeno dei filtri a biomassa adesa che vengono ritrovati su numerose spiagge in seguito a malfunzionamenti nella gestione delle acque reflue.

5.4.

La digitalizzazione può rappresentare un solido alleato nella lotta all’inquinamento e nella promozione dell’economia sostenibile. L’introduzione di sistemi di etichettatura e tracciabilità dei prodotti di plastica potrebbe costituire un valore aggiunto nei processi di gestione e riciclaggio dei rifiuti. La creazione di un logo specifico potrebbe consolidare la fiducia dei consumatori, soprattutto per quanto riguarda i prodotti fabbricati con materie prime secondarie (24).

5.5.

Il Comitato raccomanda di realizzare un quadro comune di qualità elevata in materia di certificazioni ambientali. Tale iniziativa è fondamentale per consentire alle imprese di conformarsi alle norme più rigorose sulla sostenibilità, evitando la sovrapposizione dei requisiti e oneri economici aggiuntivi.

5.6.

Il CESE richiama di nuovo l’attenzione sulla questione dei diversi sistemi portuali esistenti nell’UE (25). Ci sono in Europa centinaia di piccoli porti che rappresentano un fattore chiave per lo sviluppo delle piccole comunità locali che vivono grazie al mare e alla pesca. La proposta della Commissione introduce un processo di modernizzazione (in termini di metodo, tecnologia e infrastruttura) che difficilmente potrà essere realizzato a livello locale senza il sostegno finanziario dell’Unione europea. Tale processo è fondamentale per contrastare i fenomeni di spopolamento e salvaguardare sia le peculiarità produttive locali sia le comunità stesse.

5.6.1.

Il Comitato raccomanda che i fondi raccolti attraverso la responsabilità estesa del produttore, sulla base della direttiva (UE) 2018/851, siano destinati anche a rinnovare le infrastrutture portuarie, in linea con gli standard più elevati in materia di raccolta e gestione dei rifiuti. Al tempo stesso, il CESE ritiene fondamentale coinvolgere le istituzioni e la società civile a livello locale, con una particolare attenzione per i piccoli comuni costieri (di meno di 5 000 abitanti) per trovare insieme soluzioni comuni e, nel lungo termine, meno costose.

5.7.

Il CESE dispone, insieme alla Commissione, di una piattaforma per l’economia circolare (26) che ha già conseguito risultati importanti favorendo la raccolta e lo scambio di numerose esperienze e buone pratiche vigenti tra i vari soggetti già coinvolti e promuovendo la loro diffusione e riproduzione. Questa piattaforma costituisce uno strumento fondamentale, che andrebbe diffuso maggiormente.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  I filtri delle sigarette sono fatti per il 95 % di plastica. https://www.noordzee.nl/hele-noordzeekust-schoon-2764-vrijwilligers-ruimen-11163-kilo-afval-op/ .

(2)  Il conteggio dei rifiuti sulle spiagge rappresenta un metodo riconosciuto a livello internazionale per stabilire la composizione dei rifiuti marini. La comunità scientifica lo considera un indicatore molto attendibile per l’elaborazione delle politiche. Il metodo di conteggio si basa su relazioni elaborate dagli Stati membri e compilate dal Centro comune di ricerca nell’ambito dell’attuazione della direttiva quadro 2008/56/CE sulla strategia per l’ambiente marino. Fonte: Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, 2017.

(3)  Le isole di plastica si trovano in acque internazionali ed è necessario un accordo a livello mondiale per eliminarle. Esse si sono formate nel corso degli anni per effetto delle correnti marine, attraverso l’accumulo di gran parte della plastica proveniente da paesi in via di sviluppo (soprattutto dell’Asia sudorientale).

(4)  Obiettivi di sviluppo sostenibile n. 3, 9, 12 e 14 (salute e benessere; industria, innovazione e infrastrutture; consumo e produzione responsabili; vita marina).

(5)  COM(2018) 28 final.

(6)  COM(2015) 614 final.

(7)  Direttiva (UE) 2015/720 (GU C 214 del 8.7.2014, pag. 40).

(8)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98, GU C 367 del 10.10.2018, pag. 97.

(9)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 61.

(10)  GU C 230 del 14.7.2015, pag. 33.

(11)  La norma UNI EN 13432: 2002 è una norma armonizzata del Comitato europeo di normalizzazione sulle caratteristiche che un materiale deve possedere per essere definito come biodegradabile o compostabile.

(12)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 61.

(13)  GU C 209 del 30.6.2017, pag. 1 .

(14)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 22 .

(15)  La direttiva 2004/35/CE stabilisce il principio per cui chi inquina paga. Ciò significa che una società che causa danni ambientali è responsabile di tali danni, e deve quindi adottare le necessarie misure di prevenzione o di riparazione e sostenere tutti i costi correlati.

(16)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 61.

(17)  UNEP, Marine plastic debris and microplastics (Rifiuti marini di plastica e microplastiche), 2016.

(18)  I contratti di fiume sono una buona pratica introdotta per la prima volta in Francia negli anni Novanta. La loro importanza e la loro utilità sono state riconosciute nel 2000, in occasione del forum mondiale sull’acqua. In una prima fase, tali contratti vertevano sulla prevenzione del rischio idrogeologico. Più di recente essi sono divenuti, in molti paesi dell’UE, uno strumento essenziale per una gestione responsabile e sostenibile delle acque interne, secondo un approccio dal basso.

(19)  Direttiva 2008/98/CE.

(20)  Direttiva 1994/62/CE.

(21)  Direttiva 2008/56/CE.

(22)  Direttiva 91/271/CEE.

(23)  Direttiva 2008/98/CE.

(24)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 61.

(25)  GU C C288 del 31.8.2017, pag. 68.

(26)  https://circulareconomy.europa.eu/platform/en.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/214


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio»

[COM(2018) 392 final — 2018/0216 (COD)]

sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga il regolamento (UE) n. 1306/2013»

[COM(2018) 393 final — 2018/0217 (COD)]

e sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, (UE) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati, (UE) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell’Unione e (UE) n. 229/2013 recante misure specifiche nel settore dell’agricoltura a favore delle isole minori del Mar Egeo»

[COM(2018) 394 final — 2018/0218 (COD)]

(2019/C 62/35)

Relatore:

John BRYAN

Consultazione

Parlamento europeo, 11.6.2018

Consiglio dell’Unione europea, 22.6.2018

Base giuridica

Articolo 43, paragrafo 2, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Decisione dell’Ufficio di presidenza

22.5.2018

 

 

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

5.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

201/11/19

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Una PAC forte, con un solido bilancio basato sul modello europeo di agricoltura e produzione alimentare, che sostenga una politica agricola e un settore agricolo europei sostenibili sul piano economico, sociale e ambientale e operanti secondo le norme più elevate, e che contribuisca ad assicurare un settore agricolo competitivo, è molto importante per l’UE e per tutti i suoi cittadini. È essenziale modernizzare e semplificare la PAC con questa riforma, per renderla maggiormente capace di rispondere alle esigenze di un settore agricolo UE più sostenibile e redditizio dappertutto in Europa, e di raccogliere le nuove sfide nel campo dei cambiamenti climatici e dell’ambiente.

1.2.

Le proposte volte a ridurre il bilancio della PAC sono inaccettabili. Il mantenimento di una dotazione finanziaria adeguata per la PAC è una condizione previa indispensabile per la sostenibilità (economica, ambientale e sociale) dell’agricoltura dell’UE, nell’ottica di preservare redditi e occupazione e garantire la produzione di beni pubblici ambientali: si concorre così in modo decisivo alla vitalità dell’ambiente rurale e alla complessiva stabilità dell’economia. Il CESE condivide il giudizio secondo cui il bilancio dell’UE dovrebbe essere aumentato all’1,3 % del reddito nazionale lordo, per finanziare adeguatamente la PAC e le nuove finalità strategiche e sfide che sono state individuate.

1.3.

Il CESE si compiace del nuovo orientamento in materia di sussidiarietà proposto per la PAC, con una maggiore responsabilità e flessibilità per gli Stati membri attraverso i piani strategici della PAC e il nuovo modello di attuazione basato sul rendimento. Tuttavia, il CESE intende garantire che la PAC resti una politica comune forte in tutti gli Stati membri e che il mercato unico sia pienamente salvaguardato. È essenziale mantenere l’attuale struttura a due pilastri della PAC, con forti pagamenti diretti, a sostegno dei redditi agricoli, a titolo del primo pilastro, e misure di sviluppo rurale a sostegno dei settori, delle regioni e delle infrastrutture sociali vulnerabili e per promuovere la transizione verso aziende più sostenibili e innovative, a titolo del secondo. Sono fondamentali anche l’organizzazione comune dei mercati e un mercato unico efficace.

1.4.

È senz’altro positivo che vi siano più attenzione e maggiore ambizione riguardo alle proposte della PAC in materia di ambiente e cambiamenti climatici. Gli obiettivi specifici sono chiari e solidi, e riguardano questioni cruciali come l’acqua, l’aria e il suolo, il paesaggio e la biodiversità, nonché la produzione sostenibile di derrate alimentari di qualità. Tuttavia, le misure incluse nel testo del regolamento per il raggiungimento di questi obiettivi devono essere descritte in maniera molto più chiara e più concreta. Per realizzare tali obiettivi, è essenziale che la PAC disponga di un bilancio adeguato, con pagamenti incentivanti idonei a favore degli agricoltori.

1.5.

Il 40 % della spesa agricola dovrebbe contribuire agli obiettivi dell’UE in materia di cambiamenti climatici. Il CESE accoglie con favore questo obiettivo, ma si aspetta che l’UE definisca un elenco di misure ben precise in questo ambito.

1.6.

Il CESE è fermamente convinto che gli impegni sulla semplificazione a livello di azienda, assunti in varie precedenti riforme della PAC, vadano adesso mantenuti. Teme tuttavia che i nuovi vincoli di sussidiarietà e condizionalità, che prevedono piani strategici della PAC per il I e il II pilastro, nonché ulteriori criteri di gestione obbligatoria (CGO) e buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA), accresceranno l’onere burocratico anziché ridurlo.

1.7.

I pagamenti diretti del primo pilastro e i finanziamenti del secondo pilastro della PAC devono essere pienamente tutelati, per garantire aziende agricole a conduzione familiare economicamente efficienti e sostenibili. I pagamenti diretti dovrebbero essere corrisposti solo a veri agricoltori, e bisognerebbe adottare criteri chiari e oggettivi a livello di UE per definire tale categoria.

1.8.

Va apprezzato l’aumento del sostegno al ricambio generazionale e ai giovani agricoltori. Questo aumento del sostegno dev’essere accompagnato da misure aggiuntive che consentano un effettivo ricambio generazionale.

1.9.

Qualsiasi proposta in materia di convergenza interna o esterna, livellamento, degressività e ridistribuzione deve basarsi su criteri oggettivi e non discriminatori, e non deve pregiudicare aziende agricole economicamente solide, né minare l’equità delle condizioni di concorrenza o la competitività degli agricoltori nelle varie regioni dell’UE.

1.10.

Qualsiasi taglio praticato al finanziamento del secondo pilastro della PAC è inaccettabile, in quanto un forte programma di sviluppo rurale è essenziale per sostenere le zone e i settori più vulnerabili, determinando uno sviluppo territoriale più equilibrato.

2.   Aspetti fondamentali della riforma della PAC 2021-2027

Introduzione

2.1.

Il CESE accoglie con interesse le proposte legislative concernenti la riforma della PAC e, in particolare, l’attenzione e l’ambizione maggiori riguardo ai cambiamenti climatici e all’ambiente; si oppone ai tagli al bilancio della PAC perché un bilancio sostanzioso è necessario per un settore agricolo sostenibile e per mantenere i redditi delle aziende agricole; prende atto delle modifiche in tema di sussidiarietà e ritiene necessario realizzare risultati concreti nella semplificazione a livello di azienda agricola.

2.2.

In merito a tali proposte legislative il CESE formula il seguente parere, corredato di un elenco di proposte dettagliate di modifiche ed emendamenti, e chiede che sia tenuto in considerazione nel futuro dibattito in sede di Parlamento europeo e di Consiglio.

Il modello europeo di agricoltura e produzione alimentare

2.3.

Una PAC forte, che sostenga una politica agricola e un settore agricolo europei sostenibili sul piano economico, sociale e ambientale, è essenziale per l’UE in termini di sicurezza e sovranità alimentari, e per soddisfare la crescente domanda di derrate alimentari di qualità superiore da parte dei 512 milioni di cittadini dell’Unione (1). Inoltre, l’UE deve tener presente la crescita della popolazione mondiale, che, secondo le stime raggiungerà, nel 2050, i 9,5 miliardi, dei quali 3 miliardi vivranno in aree con carenze idriche: ciò, infatti, determinerà maggior penuria alimentare e carestie. Pertanto, il CESE ritiene necessario che l’azione dell’UE si concentri sul trasferimento di conoscenze e la condivisione di esperienze riguardo ai modi di produrre, in maniera sostenibile e a livello locale, alimenti migliori e in maggiore quantità in altre parti del mondo.

2.4.

La PAC deve realizzare, per tutti i cittadini europei e tutte le comunità rurali europee, gli obiettivi originari sanciti nel trattato di Roma, e rispondere alle nuove sfide in materia di clima e sviluppo derivanti dagli impegni dell’UE nel quadro dell’accordo di Parigi e degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

2.5.

Il CESE è fermamente convinto che la PAC per il periodo 2021-2027 debba sostenere e agevolare ovunque in Europa il modello europeo di agricoltura e produzione alimentare, con tutto ciò che esso comporta: aziende agricole a conduzione familiare, cooperative, gruppi di produttori e altre forme di produzione agricola, come pure alimenti prodotti secondo gli standard più elevati al mondo (2). La nuova PAC deve affrontare meglio la questione dei bassi redditi agricoli e il crescente divario tra il reddito degli agricoltori e le retribuzioni nell’economia in generale (3). Il modello agricolo europeo non può essere realizzato alle condizioni e ai prezzi del mercato mondiale. Il modello agricolo europeo è quindi minacciato oggi più che mai dagli sviluppi in corso, e deve pertanto essere sostenuto e promosso mediante una PAC forte (4).

2.6.

Pur riconoscendo i benefici degli scambi commerciali per il settore agricolo, è essenziale che la politica agricola dell’UE tuteli, tramite la PAC, i più elevati standard mondiali in materia di agricoltura, di produzione alimentare, di controlli ambientali, di salute e sicurezza e di diritti dei lavoratori. Il CESE ritiene che l’UE debba dotarsi di un approccio strategico molto più coerente nei confronti degli accordi commerciali internazionali nel settore agricolo e alimentare e della PAC (5). Tuttavia, mentre la PAC si prodiga per mantenere le migliori norme, nei negoziati commerciali, ad esempio con il Mercosur, l’UE sta accettando importazioni di prodotti alimentari che non soddisfano le sue norme di sicurezza alimentare e che sono realizzati in base a norme ambientali meno rigorose. Non si può lasciare che la globalizzazione comprometta gli standard e i mercati europei e i cittadini dell’UE.

2.6.1.

Il Comitato rileva con preoccupazione che un gran numero di agricoltori britannici ha votato a favore del recesso del Regno Unito dall’UE a causa, sembra, dell’invasività e complessità del funzionamento della PAC all’atto pratico. Onde evitare che contestazioni analoghe insorgano anche in altri Stati membri, portando quindi a un aumento delle pressioni populiste e anti UE, il CESE esorta la Commissione a mettere al centro delle sue proposte per la PAC 2021-2027 misure di semplificazione effettive e concrete a livello di azienda agricola.

2.7.

Stante la multiforme natura dell’agricoltura europea, del patrimonio culinario europeo e delle prospettive dei mercati europei, la differenziazione della qualità è un obiettivo strategico e una parte indispensabile del futuro dell’agricoltura europea, insieme agli sforzi di miglioramento dell’efficienza e della competitività. Pertanto, la PAC dovrebbe prevedere differenti modalità per promuovere la politica della qualità, com’è avvenuto nel passato. Per conseguire quest’obiettivo, è opportuno evidenziare la qualità anche nell’elaborazione dei piani strategici della PAC.

2.8.

Eventuali modifiche proposte alla PAC, che implichino la sussidiarietà, devono garantire che il mercato unico dell’UE non ne risenta e continui a operare in modo solido e ben funzionante. È fondamentale che i piani strategici nazionali della PAC non interferiscano col funzionamento del mercato unico.

Necessità di un bilancio sostanzioso per la PAC

2.9.

Le proposte volte a ridurre la dotazione finanziaria della PAC dal 38 % del bilancio dell’UE del periodo 2014-2020 al 28,5 % nel periodo 2021-2027 sono inaccettabili per il CESE, specie in considerazione del previsto aumento del bilancio complessivo dell’UE. I tagli al bilancio della PAC sono compresi tra il 3 % e il 4 % a prezzi correnti e tra l’11 % e il 16 % a prezzi del 2018 (considerando un’inflazione del 2 % all’anno), a seconda del metodo di calcolo utilizzato (6). Nel caso dei fondi per lo sviluppo rurale, i tagli proposti sono superiori al 25 % a prezzi del 2018.

Valori in migliaia di EUR

2014-2020

(UE28 + FES)

7*2020

(UE27 + FES)

2014-2020

(UE27 + FES)

2021-2027

Variazione in % rispetto all’UE27

2020*7

Variazione in % rispetto all’UE27

2014-2020

QFP (prezzi correnti)

1 115 919

1 151 866

1 063 101

1 279 408

+ 11 %

+ 20 %

% DELL’RNL

1,03  %

1,14  %

1,16  %

1,11  %

 

 

CAP (prezzi correnti)

420 015

394 659

391 849

378 920

-4 %

-3 %

QFP (prezzi 2018)

1 136 105

1 107 138

1 082 320

1 134 583

+ 2 %

+ 5 %

CAP (prezzi 2018)

428 354

379 334

399 608

336 623

-11 %

-16 %

Fonte: Documento di lavoro della Commissione europea sul confronto fra i QFP 2021-2027 e 2014-2020.

2.10.

In linea con il punto di vista della commissione per i bilanci del Parlamento europeo, il CESE è fermamente convinto che il bilancio dell’UE debba essere aumentato all’1,3 % del reddito nazionale lordo. Il bilancio della PAC dovrebbe conservare l’attuale percentuale di finanziamento a carico del bilancio dell’UE. Ciò assicurerebbe un bilancio della PAC adeguatamente finanziato, per conseguire gli obiettivi e soddisfare le ambizioni della politica agricola comune, nonché per rispondere alle altre grandi sfide come la Brexit. In assenza di un bilancio della PAC adeguatamente finanziato non è possibile realizzare gli obiettivi enunciati dalla Commissione nelle proposte legislative.

2.11.

I tagli al bilancio della PAC non sono coerenti con le finalità della politica agricola comune di cui all’articolo 39 TFUE, in particolare:

assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell’agricoltura;

assicurare un approvvigionamento dei consumatori a prezzi ragionevoli.

Il CESE si oppone fermamente ai tagli ai finanziamenti a favore del secondo pilastro della PAC (FEASR) delineati nelle proposte, perché colpiscono in modo sproporzionato numerosi Stati membri, nei quali la quota del II pilastro rispetto al totale delle risorse della PAC è comparativamente maggiore, e rileva che i finanziamenti del II pilastro sostengono i settori e le aree più vulnerabili, come pure gli investimenti, la modernizzazione, l’apprendimento, l’uso efficiente delle risorse e il benessere animale in tutto il comparto agricolo europeo.

Trasferimenti tra pilastri e cofinanziamento

2.12.

Il CESE è preoccupato per il livello di flessibilità concesso agli Stati membri ai fini del trasferimento di fondi tra i pilastri della PAC. Per evitare che gli Stati membri eludano i propri obblighi in materia di cofinanziamento nel quadro del II pilastro, il CESE ritiene che essi debbano poter utilizzare la flessibilità per trasferire fondi tra pilastri solo nel caso in cui cofinanzino pienamente questi trasferimenti. Il CESE non è favorevole a consentire agli Stati membri di trasferire fondi dal II al I pilastro (7).

Struttura della PAC e nuove misure

2.13.

Le proposte legislative mantengono le componenti essenziali della PAC (I pilastro per i pagamenti diretti, II pilastro per le misure di sviluppo rurale e l’organizzazione comune dei mercati (OCM) comprendente misure di sostegno del mercato), in linea con la promessa del commissario Hogan che la riforma in esame rappresenta un’evoluzione piuttosto che una rivoluzione.

2.14.

Il Comitato accoglie con favore la proposta di cui all’articolo 14, che prevede, oltre ai pagamenti accoppiati, quattro forme differenti di pagamenti disaccoppiati, intesi a contribuire alla stabilizzazione del reddito:

«sostegno di base al reddito»: il CESE suggerisce di sopprimere nella denominazione le parole «per la sostenibilità» e di inserirle invece nel titolo dell’articolo 14, perché solo in una combinazione realmente equilibrata di tutti e quattro i pagamenti disaccoppiati si può realizzare una sostenibilità maggiore e adeguata;

«sostegno redistributivo complementare al reddito»: anche in questo caso è opportuno sopprimere le parole «per la sostenibilità», inserendole nel titolo;

«sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori»;

«regime per il clima e l’ambiente».

2.15.

Le proposte contengono nuove misure in merito a ulteriore condizionalità in materia di ambiente e cambiamenti climatici per tutti i pagamenti della PAC (primo e secondo pilastro) nonché nuove proposte in materia di sussidiarietà, con un nuovo modello di attuazione (piani strategici della PAC) elaborato per offrire agli Stati membri molta più responsabilità e flessibilità riguardo a come conseguono gli obiettivi specifici, a come affrontano specifici settori problematici e a come attuano e applicano la conformità. Questa maggiore sussidiarietà non dovrebbe comportare un aumento della rinazionalizzazione bensì piuttosto un adeguamento delle misure generali alle circostanze specifiche di ciascun territorio.

2.16.

Il CESE accoglie con favore il mantenimento degli aspetti fondamentali della PAC in termini di pagamenti del primo e del secondo pilastro, sottolineando l’importanza dei pagamenti diretti per gli agricoltori e i redditi agricoli, e si compiace inoltre della maggiore attenzione posta sulla condizionalità e sull’attuazione in materia di ambiente e cambiamenti climatici.

Maggiore ambizione in materia di ambiente e cambiamenti climatici

2.17.

Il CESE, sia pure ricordando che gli agricoltori contribuiscono già alla protezione dell’ambiente e del clima, prende atto del maggiore rilievo e delle ambizioni più elevate che caratterizzano le proposte sull’ambiente e sui cambiamenti climatici, nonché dell’allineamento con gli impegni dell’UE nel quadro dell’accordo di Parigi e degli obiettivi di sviluppo sostenibile, ma sottolinea che la realizzazione di risultati in merito a tali ambiziosi obiettivi non dovrebbe limitare la competitività del settore e richiederà un adeguato bilancio della PAC.

2.18.

La società chiede che la produzione alimentare e l’agricoltura siano sostenibili sotto il profilo ambientale, ed è essenziale che la PAC sia ammodernata e concentrata sulla risposta a tali richieste. La sostenibilità ha tre pilastri: economico, sociale e ambientale. Tutti e tre sono egualmente importanti. Nella nuova PAC i risultati in materia di tutela dell’ambiente e l’azione relativa ai cambiamenti climatici sono essenziali. Il CESE si compiace del fatto che uno dei tre obiettivi generali indicati nelle proposte consista nel «rafforzare la tutela dell’ambiente e l’azione per il clima e contribuire al raggiungimento degli obiettivi in materia di ambiente e clima dell’Unione» (8). Tali misure dovrebbero avere un adeguato sostegno di bilancio, in modo da non compromettere la redditività complessiva delle aziende agricole a conduzione familiare.

2.19.

Il CESE constata con soddisfazione che, dei nove obiettivi specifici indicati nelle proposte, tre sono dedicati al miglioramento dell’ambiente e dei cambiamenti climatici. In particolare, tali proposte intendono:

contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all’adattamento a essi, come pure all’energia sostenibile;

promuovere lo sviluppo sostenibile e un’efficiente gestione delle risorse naturali, come l’acqua, il suolo e l’aria;

contribuire alla tutela della biodiversità, migliorare i servizi ecosistemici e preservare gli habitat e i paesaggi.

è cruciale che le azioni e i programmi di pertinenza nell’ambito dei regimi per il clima e l’ambiente siano corredati di una componente incentivante, che incoraggi la partecipazione da parte degli agricoltori e mandi un segnale forte all’opinione pubblica.

2.20.

Il nuovo approccio globale della PAC, che sarà contemplato nei piani strategici degli Stati membri, è inteso a trattare gli interventi e la condizionalità sia del primo che del secondo pilastro della PAC. La nuova condizionalità rafforzata comprende proposte aggiuntive in materia di condizionalità e di ecologizzazione, riguardanti:

mitigazione dei cambiamenti climatici, ad esempio mantenimento dei prati permanenti, protezione adeguata di zone umide e torbiere, divieto di bruciare le stoppie;

protezione dell’acqua attraverso l’attuazione dell’azione dell’Unione in materia di acque, controllo dell’inquinamento da fosfati, direttiva sui nitrati e introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua, nonché uso dello strumento di sostenibilità relativo ai nutrienti (piani di gestione dei nutrienti);

protezione e qualità del suolo, incentrata sulla gestione della lavorazione del terreno per ridurre i rischi di degrado del suolo, sulla pratica di non lasciare nudo il suolo nei periodi più sensibili e sulla rotazione delle colture.

2.21.

In termini di biodiversità e paesaggio, le proposte sulla condizionalità (buone condizioni agronomiche e ambientali — BCAA) indicano i dettagli relativi alla conservazione degli uccelli selvatici, degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche: «Percentuale minima della superficie agricola destinata a elementi o zone non produttive, mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio, divieto di potare le siepi e gli alberi nella stagione della riproduzione e della nidificazione degli uccelli e misure per combattere le specie invasive» (BCAA 9), «Introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua» (BCAA 4) o «Rotazione delle colture» (BCAA 8). Il CESE, tuttavia, propone che l’UE corredi queste buone condizioni agronomiche e ambientali di chiari obiettivi quantitativi, che siano vincolanti per gli Stati membri.

2.22.

Il CESE accoglie con favore il criterio in base al quale gli Stati membri devono spendere almeno il 30 % del bilancio del FEASR per interventi direttamente rivolti all’ambiente e ai cambiamenti climatici e il 40 % del bilancio totale (FEAGA e FEASR) deve essere rilevante ai fini dei cambiamenti climatici.

2.23.

Il 40 % delle spese agricole dovrebbe contribuire agli obiettivi dell’UE in materia di cambiamenti climatici. Il CESE accoglie con favore questo obiettivo, ma si aspetta che al riguardo l’UE definisca un elenco chiaro di misure.

2.24.

Il CESE rileva che è di fondamentale importanza che i piani strategici degli Stati membri diano priorità agli interventi in materia di ambiente e cambiamenti climatici, concorrendo alla resilienza e alla redditività a lungo termine delle aziende agricole e al mantenimento dei posti di lavoro, e che l’attuazione si incentri sul conseguimento degli obiettivi.

Sussidiarietà — piani strategici della PAC e nuovo modello di attuazione

2.25.

Il CESE sostiene l’idea di spostare l’attenzione della PAC dalla conformità ai risultati e di offrire agli Stati membri maggiore flessibilità e responsabilità attraverso la sussidiarietà nel quadro del nuovo modello di attuazione e dei piani strategici della PAC.

2.26.

Tuttavia, il CESE intende garantire che la PAC resti una politica comune in tutti gli Stati membri e che il mercato unico sia pienamente tutelato. I piani strategici della PAC non possono consentire agli Stati membri di rinazionalizzare i mercati o di ostacolare o limitare una concorrenza leale nel mercato unico. L’attuazione di questi piani strategici non può essere considerata in alcun caso come un passo verso il cofinanziamento della PAC nel suo insieme.

2.27.

È essenziale mantenere condizioni di parità in termini di attuazione a livello di azienda agricola, in particolare in relazione alla condizionalità e alle norme sulle buone condizioni agronomiche e ambientali. Occorre impedire agli Stati membri e alle regioni di praticare tanto la sovraregolamentazione quanto un approccio di variazioni «leggere» dei piani di attuazione.

2.28.

Il CESE constata con soddisfazione che i piani strategici della PAC prevedono che gli Stati membri debbano poter contribuire in misura maggiore al conseguimento degli obiettivi specifici in materia di ambiente e cambiamenti climatici. È opportuno offrire agli agricoltori la scelta di un «menù» di misure per adeguarsi meglio alle loro circostanze specifiche (ad esempio, l’impossibilità di praticare la rotazione delle colture nelle risaie o in coltivazioni pluriennali o permanenti).

2.29.

La proposta che richiede agli Stati membri di sviluppare e presentare piani strategici sia per il primo che per il secondo pilastro della PAC sarà più complessa rispetto al sistema attuale. È essenziale evitare che tale obbligo ritardi l’attuazione o rallenti in alcun modo l’erogazione efficiente e tempestiva dei pagamenti diretti agli agricoltori. È opportuno coinvolgere le regioni e valorizzarne al meglio la competenza.

2.30.

Il CESE suggerisce che, in aggiunta agli elementi essenziali illustrati nelle proposte, i piani strategici della PAC a livello di Stato membro affrontino le seguenti questioni:

le modalità secondo cui gli Stati membri rispondono a questioni che li interessano specificamente, ad esempio l’abbandono dei terreni o la desertificazione in alcune parti dell’Europa del sud, la qualità dell’acqua o i nitrati in parti dell’Europa del nord ovest, la perdita di biodiversità in Europa;

il piano di uno Stato membro in materia di semplificazione a livello di azienda agricola;

il piano di attuazione e le scadenze di pagamento per tutti i pagamenti a titolo della PAC;

il sistema di incentivi per buone prestazioni ambientali e climatiche

obiettivi di prestazioni e di attuazione a livello nazionale.

Semplificazione e condizionalità

2.31.

Il CESE sostiene fermamente la semplificazione e chiede che nelle nuove proposte per la PAC venga attuato a livello di azienda agricola il relativo impegno politico. Sebbene si evidenzino elementi positivi, il proposto funzionamento del nuovo modello di attuazione, la condizionalità rafforzata, l’introduzione di indicatori nel primo pilastro e l’obbligo di elaborare dettagliati piani strategici della PAC sono particolarmente preoccupanti e vanno contro un’effettiva semplificazione.

2.32.

Nonostante i progressi compiuti verso la semplificazione nel regolamento omnibus, l’estensione del sistema del cartellino giallo e l’adozione della tecnologia satellitare per il controllo territoriale, le proposte della PAC mantengono numerosi requisiti particolareggiati, con un gravoso onere burocratico sui singoli agricoltori, che per la maggior parte sono operatori unici, il cui reddito è soggetto a una forte pressione.

2.33.

Il CESE è preoccupato del fatto che l’approccio delle proposte della Commissione evidenzi una contraddizione tra la semplificazione e la sussidiarietà. Da un lato, la Commissione perora la semplificazione mentre, dall’altro, le nuove proposte in merito al modello di attuazione e i piani strategici della PAC estesi sia al primo che al secondo pilastro, nonché gli ulteriori e più dettagliati criteri di gestione obbligatori (CGO) e i requisiti relativi alle BCAA (allegato III) (9) a livello di azienda agricola, renderanno l’attuazione della politica più complessa e burocratica a livello sia di Stato membro che di azienda agricola. Le diverse categorie di esenzione stabilite nel corso del regime di ecologizzazione del periodo 2014-2020 devono essere estese alle norme di condizionalità post 2020.

2.34.

Al fine di realizzare una vera e propria semplificazione a livello di azienda agricola, mantenendo al contempo controlli completi e adeguati, è necessario ridurre il volume e il peso della burocrazia per gli agricoltori. L’attuale sistema di attuazione della PAC si basa su disposizioni dettagliate a livello dell’UE, con controlli, sanzioni e meccanismi di audit rigorosi (10). Dovrebbero aver luogo un riesame e un ripensamento completi del sistema di controllo a livello di azienda agricola: maggior utilizzo delle tecnologie, ispezione satellitare e telerilevamento; non si può ammettere che le maggiori tolleranze e ispezioni ritardino i pagamenti (11). Per quanto riguarda il maggiore utilizzo del telerilevamento, il compito di individuare correttamente la superficie ammissibile dovrebbe ricadere anche sulle autorità di controllo.

2.35.

L’attuale regime di ispezione e sanzione è concepito per individuare e sanzionare, invece che per correggere e migliorare. Il CESE propone qui l’idea del diritto di rettifica, con l’introduzione di un modello di compensazione a livello di azienda agricola che consenta agli agricoltori di correggere le inadempienze involontarie senza sanzioni.

2.36.

Vi è una forte necessità di un’ulteriore semplificazione e di meno burocrazia a livello dell’UE e a livello di Stati membri in relazione ai programmi del secondo pilastro della PAC (12).

2.37.

Gli Stati membri dovrebbero essere tenuti nell’ambito del loro piano strategico a redigere una sezione specifica sulla semplificazione e sulle modalità con cui essi propongono di ridurre l’onere burocratico sugli agricoltori, delineando le differenze con il regime attuale.

Ricambio generazionale

2.38.

Il CESE accoglie con favore la maggiore attenzione al ricambio generazionale e al sostegno supplementare proposto per i giovani agricoltori, che richiedono un più facile accesso ai terreni, alla formazione e ai finanziamenti. Occorre fornire incentivi agli agricoltori che vanno in pensione e cedono la loro azienda ad un giovane agricoltore.

3.   Proposte specifiche del CESE

Agricoltori veri e propri

3.1.

Il CESE sostiene vivamente l’obiettivo di destinare i pagamenti diretti solo agli agricoltori veri e propri. La titolarità di un bene fondiario non dovrebbe, di per sé, rendere ammissibile alla ricezione di pagamenti diretti una persona che non svolga attività agricola. Tuttavia, la situazione, dato che interessa praticamente tutte le aziende agricole nell’UE, deve essere riconosciuta.

3.2.

Il CESE è del parere che occorra delineare in modo chiaro, solido, unificato a livello dell’UE le definizioni vitali quali quella degli agricoltori veri e propri e quella dei criteri di ammissibilità, al fine di ottenere parità di condizioni, scongiurare il vantaggio/lo svantaggio competitivo e prevenire qualsiasi indebolimento delle norme comuni.

3.3.

Oltre a esaminare l’accertamento del reddito e la manodopera impiegata in azienda, come proposto, si dovrebbe ampliare la definizione di agricoltore vero e proprio in modo da includere criteri non discriminanti come, tra le altre cose, il reddito, i beni, il tempo impiegato, la produzione e i criteri legati all’istruzione. In linea con le recenti modifiche introdotte nel quadro del regolamento omnibus, gli Stati membri potrebbero mantenere la flessibilità necessaria per meglio orientare l’ammissibilità del sostegno. In tal modo dovrebbe essere possibile elaborare un quadro comune, sia pure mantenendo la possibilità di adattare la definizione alle effettive esigenze e condizioni degli Stati membri.

Giovani agricoltori

3.4.

Il CESE propone di rivedere la definizione di giovane agricoltore, in modo da garantire i pagamenti soltanto ai giovani agricoltori veri e propri. Nel secondo pilastro, dovrebbe costituire una misura prioritaria il sostegno all’integrazione dei nuovi arrivati.

Obiettivi generali

3.5.

Il CESE intende sottolineare che non è possibile conseguire gli obiettivi generali in merito a un’agricoltura intelligente, resiliente e diversificata, alla sicurezza alimentare, alla tutela dell’ambiente e all’azione per il clima nonché al rafforzamento del tessuto socioeconomico delle aree rurali senza disporre prima di un settore agricolo sostenibile sotto il profilo economico. Il conseguimento di un settore agricolo redditizio deve essere un obiettivo generale della PAC.

Obiettivi specifici

3.6.

Il CESE sostiene pienamente i nove obiettivi specifici della PAC indicati nelle proposte legislative. Tuttavia, propone che la sezione (f) includa un ulteriore obiettivo, evitare l’abbandono dei terreni e proteggere i terreni agricoli dalle acquisizioni. Inoltre, il CESE ritiene che tra gli obiettivi specifici dovrebbe figurare uno sviluppo territoriale equilibrato. Il CESE auspica inoltre che l’obiettivo 6.1.b («accrescere la competitività») sia riformulato in modo più inclusivo come segue: «migliorare la sostenibilità economica delle aziende agricole sui mercati locali, nazionali e internazionali». Il CESE propone inoltre di sottolineare l’obiettivo della promozione dell’inclusione sociale e di prevedere, in quanto specifico obiettivo del sostegno, lo sviluppo di infrastrutture sociali.

Indicatori

3.7.

Il CESE ritiene che la proposta di introdurre indicatori per misurare il conseguimento degli obiettivi indicati con target intermedi e finali quantificati rispetto ai criteri dettagliati di cui all’allegato I (13) dovrebbe applicarsi soltanto a livello nazionale e non debba accrescere gli oneri burocratici a carico degli agricoltori. I nuovi indicatori della PAC devono essere semplici, realistici, facilmente quantificabili, controllabili e applicabili alle realtà locali. Essi devono essere direttamente collegati agli obiettivi della PAC che sono stati stabiliti.

BCAA

3.8.

Il CESE propone di prendere in considerazione una densità minima e massima per i prati nel contesto del mantenimento del terreno in buone condizioni agricole e ambientali.

Servizi di consulenza aziendale

3.9.

Il sostegno e l’ulteriore sviluppo del sistema europeo della conoscenza e dell’informazione agricola (AKIS), compresi i servizi di consulenza, lo scambio di conoscenze e la formazione professionale, sono importanti per aiutare gli agricoltori nell’utilizzo delle innovazioni e delle nuove tecnologie che a sua volta migliorerà la loro competitività e sostenibilità. Qualsiasi iniziativa dell’UE concernente i servizi di consulenza e i sistemi di innovazioni deve fondarsi su quelle esistenti a livello degli Stati membri e incentrarsi sulla creazione di valore aggiunto. In considerazione della pressione cui è soggetto il bilancio della PAC, le proposte legislative dovrebbero chiarire che i pagamenti diretti del primo pilastro della PAC non possono essere concessi a operatori non appartenenti al settore agricolo.

Pagamenti diretti

3.10.

Il CESE riconosce e sostiene pienamente l’importanza fondamentale dei pagamenti diretti del primo pilastro della PAC nel sostenere i redditi agricoli. A tale riguardo, il CESE è del parere che i pagamenti del primo pilastro della PAC debbano essere pienamente protetti, e che eventuali adeguamenti al nuovo sostegno di base al reddito debbano essere mantenuti a un minimo assoluto.

Livellamento e riduzione dei pagamenti

3.11.

La proposta della Commissione prevede due diverse forme di pagamenti diretti, ossia quattro pagamenti disaccoppiati e vari pagamenti accoppiati.

3.12.

Riguardo ai pagamenti disaccoppiati, il CESE, nei pareri NAT/703 e NAT/727, si era espresso con chiarezza nei seguenti termini: «i pagamenti diretti a titolo del primo pilastro dovrebbero essere soggetti a un massimale equo e ragionevole per singolo agricoltore (pari, ad esempio, al reddito comparabile di un lavoratore qualificato). Dovrebbero essere possibili degli aggiustamenti, e si dovrebbe tenere conto di partenariati, cooperative, imprese e del numero di dipendenti che hanno una copertura previdenziale» (14).

3.13.

Il Comitato ha tuttavia raccomandato anche di non applicare il massimale a pagamenti che rappresentano la remunerazione di servizi pubblici, e in particolare ai pagamenti nel settore ambiente e clima, per i quali aveva richiesto una forte componente di incoraggiamento.

3.14.

Il Comitato auspica inoltre un premio più elevato per i pascoli.

3.15.

Il CESE accoglie, in linea di principio, con favore l’inclusione di retribuzioni e stipendi, conformemente all’articolo 15, paragrafo 2, lettere a) e b), ma non considera appropriato che essi vengano computati nella misura del 100 %. Non è giustificato che i bilanci pubblici finanzino integralmente le retribuzioni e gli stipendi di una specifica categoria professionale, comprese le imposte connesse, e che persino il lavoro non retribuito possa essere conteggiato per intero. Occorre che l’UE definisca un tasso massimo inferiore al 100 %.

Convergenza dei pagamenti

3.16.

Il CESE sostiene le proposte sulla convergenza esterna per l’armonizzazione continua del livello del sostegno con pagamenti diretti tra gli Stati membri. La proposta mira a colmare il 50 % del divario in essere tra il livello medio attuale dei pagamenti diretti degli Stati membri e il 90 % della media dei pagamenti diretti dell’UE dal 2021 al 2027. Con un adeguato bilancio della PAC, le proposte della Commissione potrebbero tuttavia essere più ambiziose, soprattutto per quanto riguarda gli Stati membri con i più bassi livelli di aiuto. Il Comitato ritiene che alla fine del prossimo periodo di bilancio, il livello dei pagamenti diretti dovrebbe essere almeno pari all’85 % della media dell’UE.

3.17.

Il livellamento dei diritti all’aiuto rappresenta un approccio molto semplicistico, che non tiene conto di eventuali criteri oggettivi come il livello di investimenti effettuati in azienda, il tipo di metodo colturale, il livello di reddito, l’esigenza di manodopera, la futura sostenibilità economica dell’azienda e il grado di dipendenza dell’azienda dai pagamenti diretti nonché dall’impegno dell’agricoltore.

3.18.

Per beneficiare della convergenza interna e aumentare i diritti all’aiuto minimi fino al 75 % della media entro il 2026, gli agricoltori dovrebbero essere tenuti a soddisfare determinati criteri oggettivi.

Riserva nazionale

3.19.

Il CESE sostiene il concetto di riserva nazionale per i nuovi giovani agricoltori e, per quanti fanno il loro ingresso nel settore. Tuttavia, i criteri per l’assegnazione dalla riserva nazionale devono essere tali che l’assegnazione dei diritti non sia utilizzata in maniera impropria e che tali diritti siano riconosciuti solo agli agricoltori veri e propri sulla base di chiari criteri oggettivi, quali l’età, il reddito, l’istruzione, l’impiego di tempo e l’output.

3.20.

Inoltre, eventuali diritti assegnati dalla riserva nazionale dovrebbero essere obbligatoriamente attivati e utilizzati dal destinatario per un periodo minimo determinato dallo Stato membro, e dovrebbe essere impossibile per i percettori di tale riserva vendere i diritti assegnati prima del termine di tale periodo di dieci anni.

Sostegno ridistributivo complementare al reddito

3.21.

Il sostegno ridistributivo al reddito ha dato ottimi risultati in alcuni Stati membri; tuttavia, in altri contesti, esso potrà ulteriormente ridurre il livello di pagamenti diretti e di redditi per gli agricoltori che dipendono principalmente dai pagamenti diretti per i loro redditi, molti dei quali sono agricoltori a tempo pieno, e trasferirà i pagamenti agli agricoltori a tempo parziale e a quelli che dipendono in misura inferiore dai pagamenti diretti per la totalità dei loro redditi.

3.22.

Le proposte mettono in luce l’importanza dei pagamenti diretti per i redditi agricoli e chiariscono che la garanzia di un adeguato livello di sostegno, e quindi di reddito agricolo, rimane un elemento fondamentale per il futuro, al fine di garantire la sicurezza alimentare, l’ambizione in materia di ambiente e clima e la dinamicità delle aree rurali. Tuttavia il CESE precisa anche che qualsiasi opzione che consenta una notevole ridistribuzione dei pagamenti diretti alle aziende e alle regioni con una minore produttività porterà, nel breve periodo, a una riduzione della competitività dell’UE (15) sui mercati internazionali, ma corrisponderà maggiormente alle aspettative dei consumatori, e dei cittadini in generale, di un più marcato orientamento della PAC verso il soddisfacimento delle esigenze del mercato interno.

3.23.

Il CESE è del parere che il pagamento ridistributivo complementare dovrebbe essere finanziato, ove sia applicato, solo con i fondi liberati dal livellamento e, al fine di ridurre le forti disparità che caratterizzano il settore, essere mirato e destinato agli agricoltori che dipendono per lo più dall’attività agricola per il loro reddito.

Sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori

3.24.

Il CESE sostiene la proposta di garantire un sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori. Affinché non ne derivi un pregiudizio per gli agricoltori veri e propri occorrerà prevedere meccanismi adeguati, che impediscano la concessione di sostegno economico in assenza di un effettivo ingresso nell’attività agricola.

Sistema volontario per il clima e l’ambiente («regime ecologico»)

3.25.

Il CESE prende atto dell’introduzione di un regime ecologico volontario per il clima e l’ambiente a livello d’azienda agricola nel primo pilastro. Tuttavia, è importante che il «regime ecologico» proposto nell’ambito del primo pilastro non abbia l’effetto di dissuadere o di trattenere gli agricoltori dall’aderire e dal partecipare agli importanti regimi per l’ambiente e i cambiamenti climatici di cui al secondo pilastro.

3.26.

È opportuno prevedere, nel quadro di tale misura, un pagamento per i pascoli ai fini della produzione zootecnica, con una densità minima e massima. È opportuno prevedere anche pagamenti legati al benessere animale in funzione del numero di capi, come attualmente avviene con questo tipo di regime.

Pagamenti accoppiati

3.27.

I pagamenti accoppiati hanno un ruolo importantissimo da svolgere nella tutela dei settori vulnerabili e delle aree vulnerabili. I pagamenti accoppiati possono fornire pagamenti diretti essenziali, mirati e di livello più elevato a settori a basso reddito quali l’allevamento estensivo di bovine nutrici o di pecore, le colture proteiche o l’allevamento nelle zone montuose, dove il mantenimento del bestiame è essenziale all’equilibrio dell’ecosistema. L’opzione dei pagamenti accoppiati dovrebbe in linea generale rimanere limitata, ma dovrebbe contribuire a evitare l’abbandono dei terreni e a promuovere e incoraggiare la pastorizia (16).

Sviluppo rurale

3.28.

Il CESE sostiene gli otto ampi interventi dell’UE nel quadro dello sviluppo rurale. Come delineato in precedenza, il CESE si oppone a tutti i tagli proposti per i finanziamenti del secondo pilastro, giacché essi colpiscono in misura sproporzionata una parte degli Stati membri e suscitano dubbi in merito allo sviluppo intelligente, sostenibile e competitivo dell’agricoltura.

3.29.

Il CESE ritiene che, in linea con l’attuale PAC, sia opportuno prevedere specifici interventi per il benessere degli animali nel quadro dei programmi di sviluppo rurale, e che ciò dovrebbe essere incluso nell’ambito di uno degli interventi a vasto raggio.

3.30.

Al fine di accrescere la partecipazione e il coinvolgimento degli agricoltori, il CESE propone di destinare una percentuale più elevata del pagamento ai costi di transazione o agli incentivi.

3.31.

Il CESE ritiene che gli impegni ambientali, climatici e altri impegni in materia di gestione debbano essere presi in considerazione per periodi superiori a sette anni a condizione che anche il finanziamento di tali impegni sia garantito di conseguenza.

3.32.

Il CESE ritiene che i pagamenti per le zone soggette a vincoli naturali (17) debbano essere obbligatori nelle zone pertinenti al fine di evitare l’abbandono dei terreni negli Stati membri. Nel quadro delle misure bisognerebbe inoltre prevedere disposizioni relative alla densità minima e massima di pascolo, e specificare un intervallo per il periodo di tempo da destinare al pascolo degli animali. I pagamenti per le zone soggette a vincoli naturali dovrebbero poter essere ammessi nell’ambito della spesa per l’ambiente nel quadro del secondo pilastro.

3.33.

Nell’ambito delle proposte relative ai vincoli naturali o altri vincoli specifici locali, è importante stabilire il principio per cui non si possono imporre restrizioni senza al tempo stesso concedere compensazioni. Al fine di cambiare le pratiche, è molto importante calcolare la compensazione per le perdite totali e pagare adeguati incentivi.

3.34.

Il CESE è a favore di un elenco positivo di proposte di investimenti rispetto a un elenco negativo.

3.35.

Il CESE ritiene che le proposte sugli strumenti di gestione del rischio debbano essere volontarie anziché obbligatorie a livello di Stato membro. In generale, il CESE è del parere che la migliore protezione dalla volatilità dei redditi sia rappresentata da solidi pagamenti diretti del primo pilastro e che questi ultimi non debbano essere erosi in alcun modo per trasferire fondi verso regimi assicurativi e fondi di mutualizzazione. Propone inoltre che qualsiasi finanziamento per la gestione del rischio dovrebbe essere specifico per settore.

3.36.

Il CESE accoglie con favore la nuova flessibilità e varietà di aiuti nel quadro degli strumenti finanziari.

Riserva di crisi

3.37.

Il CESE riconosce la necessità di un fondo permanente per la riserva di crisi, efficace e adeguatamente finanziato. Il CESE propone di erogare il finanziamento della riserva di crisi con una nuova voce di spesa, esterna al bilancio della PAC e che non possa pertanto comportare riduzioni dei pagamenti diretti agli agricoltori. Ai sensi dell’attuale normativa sulla PAC, i fondi inutilizzati della riserva di crisi per il 2020 devono essere restituiti agli agricoltori nel 2021.

Organizzazione comune di mercato

3.38.

Le proposte legislative lasciano l’OCM ampiamente immutata, coinvolgendo una rete di sicurezza di intervento pubblico e ammasso privato e misure eccezionali. Inoltre, l’OCM prevede norme di commercializzazione e disposizioni sulla cooperazione degli agricoltori. Il CESE ritiene che la Commissione debba prendere in considerazione un maggiore rafforzamento della regolamentazione dei mercati per garantire redditi migliori.

3.39.

Il CESE ritiene che le proposte dovrebbero riesaminare e reimpostare i prezzi di riferimento (tenendo conto dell’evoluzione dei costi di produzione) e i livelli di attivazione per l’introduzione del sostegno di mercato a livelli più pratici, al fine di fornire, quando necessario, un sostegno del mercato più realistico e utile. La Commissione dovrebbe concentrare l’attenzione sugli strumenti di gestione del mercato, limitando in particolare le fluttuazioni dei prezzi dei prodotti agricoli, in quanto essi rappresentano la principale fonte di reddito per gli agricoltori.

Pagamenti

3.40.

Il CESE propone di aumentare i pagamenti anticipati dal 16 ottobre di ogni anno all’80 % (attualmente 50 %, ma di solito consentiti al 70 %) per i pagamenti diretti e fino al 90 % (attualmente 75 % ma di solito consentiti all’85 %) nell’ambito delle misure di sviluppo rurale.

Calendario

3.41.

La tempistica dell’accordo sul quadro finanziario pluriennale e le nuove proposte per la PAC sono poco chiare, in particolare nel contesto delle prossime elezioni del Parlamento europeo. La proposta di riforma introduce diversi elementi di novità come il piano strategico, che rappresenta un elemento di base della riforma che non sarà facile da mettere in atto da parte delle amministrazioni nazionali, e una nuova struttura della PAC che prevede determinati obblighi per gli agricoltori (nuova condizionalità rafforzata, rispetto degli indicatori del piano strategico ecc.) per i quali occorre un certo periodo di tempo affinché possano essere recepiti e implementati dagli stessi agricoltori. Il CESE raccomanda un sollecito accordo sul QFP prima delle elezioni del Parlamento europeo nel maggio 2019 e un accordo puntuale sul futuro della PAC, in modo che agricoltori e settore agricolo possano fare piani adeguati per il futuro con certezza. Pertanto, è essenziale adottare con sufficiente anticipo un adeguato periodo transitorio sulla base dell’attuale regime di sostegno, per i periodi successivi al 2020, prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni.

Filiera alimentare

3.42.

Il CESE ribadisce l’invito a sviluppare una politica alimentare globale nell’UE (18). In particolare, il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione abbia sottolineato l’importante ruolo della PAC nella promozione di diete più salutari, mettendo a disposizione dei cittadini dell’UE derrate alimentari nutrienti, come frutta e verdura. In un parere d’iniziativa in corso d’elaborazione, saranno formulate proposte concrete e raccomandazioni al riguardo. Il CESE accoglie con favore le proposte volte a rafforzare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare. È essenziale ad ogni livello, dal consumatore fino al produttore primario, una maggiore trasparenza dei prezzi di mercato. Occorre inoltre fornire incentivi e un sostegno maggiori alle organizzazioni di produttori.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Eurostat — Popolazione dell’UE al 1o gennaio 2017.

(2)  Parere del CESE, Un’eventuale riforma in profondità della PAC GU C 288 del 31.8.2017, pag. 10.

(3)  Presentazione di R. Ramon Sumoy, DG Agri, Unità C.1, al gruppo di studio del CESE, 25 giugno 2018.

(4)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 35.

(5)  GU C 283, 10.08.2018, pag. 69, punti 10.2, 10.3 e 10.4.

(6)  Documento di lavoro dell’UE sul confronto tra i quadri finanziari pluriennali 2021-2027 e 2014-2020.

(7)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 69 punto 7.13.

(8)  COM (2018) 392 final, articolo 5 — Obiettivi generali, pag. 41.

(9)  COM (2018) 392 final, allegato 3 — Regole di condizionalità di cui all’articolo 11.

(10)  COM (2018) 392 final, pag. 3.

(11)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 69 punti 1.9/6.4.

(12)  Programmi del secondo pilastro della PAC — Valutazione ex post dei programmi di sviluppo rurale 2007-2013.

(13)  COM(2018) 392, allegato I — indicatori di impatto, risultato e output a norma dell’articolo 7.

(14)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 10. e GU C 283 del 10.08.2018, pag 69.

(15)  COM (2018) 392 final, pag. 7.

(16)  La tabella di marcia per la politica settoriale europeo sulle carni ovine — Raccomandazioni del forum europeo sulle carni ovine, presieduta da John Bryan.

(17)  Zone soggette a vincoli naturali e ad altri vincoli specifici.

(18)  GU C 129 dell’11.4.2018, pag 18.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/226


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma per l’ambiente e l’azione per il clima (LIFE) e abroga il regolamento (UE) n. 1293/2013»

[COM(2018) 385 final — 2018/209 (COD)]

(2019/C 62/36)

Relatore generale:

Lutz RIBBE

Consultazione

Parlamento europeo, 14/06/2018

 

Consiglio, 2.7.2018

Base giuridica

Articolo 192, paragrafo 1, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Decisione dell’Assemblea plenaria

22.5.2018

 

 

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

5.10.2018

Adozione in sessione plenaria

18.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

133/7/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Nell’Unione europea la natura e l’ambiente stanno attraversando una grave crisi. Secondo il Comitato economico e sociale europeo (CESE), la dotazione eccessivamente limitata del programma LIFE non costituisce una risposta adeguata e non potrà apportare nessun cambiamento sostanziale alla crisi ambientale attuale. Tuttavia, in linea di principio il CESE accoglie con favore la prosecuzione del programma.

1.2.

Oltre ad accrescere notevolmente la dotazione finanziaria del programma LIFE, sarebbe necessario assicurare una coerenza molto maggiore tra tutte le politiche dell’UE. Il CESE ha già criticato più volte questa incoerenza che pregiudica la natura e l’ambiente, senza che i suoi interventi abbiano indotto a cambiare questa situazione.

1.3.

Negli ultimi decenni l’impostazione privilegiata dalla Commissione europea (quella basata sull’integrazione) si è dimostrata inadeguata ai fini del finanziamento della tutela della biodiversità. Pertanto il CESE ribadisce la proposta di trasformare il programma LIFE in uno strumento di finanziamento di Natura 2000.

1.4.

Nel nuovo periodo di finanziamento l’impostazione basata sull’integrazione potrebbe risultare efficace per le azioni a favore del clima, dal momento che almeno il 25 % dei fondi dell’UE deve essere destinato alle misure in materia climatica.

1.5.

Il CESE accoglie con particolare favore il fatto che il nuovo programma LIFE possa contribuire finanziariamente allo sviluppo e all’attuazione di iniziative dal basso per realizzare concetti economici innovativi, decentrati e sostenibili.

1.6.

Il CESE si compiace che il nuovo regolamento LIFE sia meno restrittivo e che, tra l’altro, preveda anche il finanziamento integrale di progetti. Al tempo stesso, accoglie con favore la possibilità, offerta da tale regolamento, di sostenere organizzazioni importanti per lo sviluppo e l’attuazione della politica ambientale dell’UE.

2.   Contesto del parere

2.1.

La Commissione ha presentato i suoi orientamenti per la programmazione finanziaria di medio termine per il periodo 2021-2027. L’uscita del Regno Unito dall’UE, come anche la fissazione di nuove priorità, fanno sì che tale programmazione abbia un impatto significativo sulla politica di aiuti dell’UE fin qui condotta e, in particolare, su alcuni programmi specifici.

2.2.

Se, ad esempio, nell’attuale struttura di aiuti del quadro finanziario pluriennale erano previsti 58 diversi programmi, ora il loro numero sarà ridotto a 37.

2.3.

Questa ristrutturazione non incide però sul programma LIFE, il quale rimarrà attivo come strumento a sé stante, dotato di una propria linea di bilancio, a sostegno dello sviluppo e dell’applicazione di soluzioni innovative ai problemi ambientali e climatici, quali la transizione energetica. Nel prossimo bilancio dell’UE, il programma LIFE disporrà di una propria dotazione pari a 5,45 miliardi di EUR.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ha sempre considerato il programma LIFE una componente preziosa della politica europea in materia di protezione della natura e dell’ambiente e dunque si compiace della sua prosecuzione come programma a sé stante nel nuovo periodo di finanziamento 2021-2027.

3.2.

In generale, il Comitato osserva che nell’Unione europea la natura e l’ambiente stanno vivendo una grave crisi. Da un lato, questo è dovuto al fatto che i programmi di finanziamento dell’UE per la tutela dell’ambiente e della natura dispongono di dotazioni eccessivamente limitate, e dall’altro al fatto, non meno esiziale, che le diverse politiche settoriali dell’UE non sono sufficientemente coerenti. Il CESE invita la Commissione e il Consiglio a ovviare a queste carenze, già più volte criticate dal Comitato. Altrimenti il programma LIFE, che indubbiamente consente di finanziare dei progetti estremamente validi, continuerà a rivestire una funzione meramente simbolica.

3.3.

Il CESE prende atto di una grave contraddizione tra le priorità politiche indicate nelle dichiarazioni, nelle strategie, nei progetti e nella stessa legislazione e un bilancio in cui queste presunte priorità non trovano riscontro. In ogni caso, vale il principio secondo cui è nel bilancio che si ritrovano le priorità politiche reali.

3.4.

L’ultima volta che il CESE si è espresso in merito al programma LIFE è stata nel parere sul tema Valutazione intermedia del programma LIFE (1), nel quale aveva avanzato diverse proposte di riconfigurazione che purtroppo non sono state prese in considerazione nella nuova proposta di regolamento. Tali proposte si riferivano tra l’altro all’ambito di attività e alla dotazione finanziaria del programma.

Dotazione finanziaria del programma LIFE

3.5.

Gli stanziamenti per il nuovo sottoprogramma «Transizione all’energia pulita» relativizzano già da soli l’aumento, che a prima vista appare molto consistente, della dotazione finanziaria del programma LIFE dai 3,45 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020 ai 5,45 miliardi di EUR per l’intero periodo 2021-2027. Occorre inoltre tenere conto del fatto che circa 2,6 miliardi di EUR, vale a dire quasi la metà degli stanziamenti, sono stanziamenti d’impegno che, in base alla programmazione attuale, potrebbero essere spesi soltanto dopo il 2027.

3.6.

Nel periodo di programmazione in corso, la dotazione del settore «Azione per il clima» ammonta a 864 milioni di EUR, mentre nel nuovo periodo sarà pari a 1,95 miliardi di EUR, di cui 1 miliardo di EUR è destinato al nuovo sottoprogramma «Transizione all’energia pulita», attualmente promosso nel quadro di Orizzonte 2020. Ciò significa che l’aumento effettivo per il settore «Azione per il clima» del programma in corso, pari a circa 100 milioni di EUR (per tutto il periodo di 7 anni), risulta in definitiva eccessivamente modesto.

3.7.

Nel periodo di finanziamento in corso, la dotazione assegnata al settore «Ambiente e uso efficiente delle risorse» è di 2,59 miliardi di EUR, di cui 1,15 miliardi di EUR sono destinati alla biodiversità. Per il nuovo periodo di programmazione è previsto un notevole aumento che porterà la dotazione a 2,15 miliardi di EUR (un incremento pari a quasi il 100 %), ma anche questo importo va considerato in relazione con il resto.

3.8.

Come la Commissione assai giustamente rileva nel considerando 14, la «carenza di congrui finanziamenti [è] una delle maggiori cause dell’attuazione insufficiente della legislazione [a tutela della natura] e della strategia [sulla biodiversità]». Anche la Corte dei conti europea ha fatto riferimento in particolare al sottofinanziamento della tutela della biodiversità nella sua relazione speciale sulla rete Natura 2000 (2).

3.9.

Il previsto aumento non serve neppure lontanamente a risolvere questo problema. Il CESE è estremamente preoccupato per il grave sottofinanziamento che colpisce in particolare la rete Natura 2000, la quale è fondamentale per la biodiversità europea: secondo le previsioni del Comitato, nel nuovo periodo di finanziamento 2021-2027 tale situazione verrà ulteriormente peggiorata dalla riduzione degli stanziamenti per il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e per il fondo di sviluppo regionale.

3.10.

Invece di accrescere la dotazione finanziaria del programma LIFE, come ritenuto necessario dal CESE, la Commissione propone di rafforzare l’impostazione basata sull’integrazione, ossia il finanziamento con fondi provenienti da altre linee di bilancio. Il Comitato riconosce che l’impostazione basata sull’integrazione può funzionare se le risorse finanziarie adeguate agli obiettivi sono disponibili altrove. E in proposito si riferisce in particolare all’azione per il clima, considerata, tra l’altro, la proposta della Commissione secondo cui almeno il 25 % del bilancio dell’UE dovrebbe essere destinato alle misure a favore del clima (3).

3.11.

Tuttavia, l’impostazione basata sull’integrazione scelta per la protezione della biodiversità, che consiste nell’organizzare il finanziamento della rete Natura 2000 principalmente attraverso i fondi europei per lo sviluppo regionale e il secondo pilastro della politica agricola comune (PAC), è radicalmente fallita. A questo riguardo, pertanto, nel suo parere del 23 febbraio 2017 sul tema Valutazione intermedia del programma LIFE (4) il CESE aveva raccomandato di trasformare tale programma «in uno strumento fondamentale di finanziamento della rete Natura 2000». In proposito, il CESE rimanda a tale parere (5), nonché ad altri suoi pareri sull’argomento, e ribadisce la sua richiesta di dotare il programma LIFE di risorse adeguate agli obiettivi. Un’altra proposta volta a realizzare degli obiettivi ambiziosi in materia di ambiente potrebbe consistere nel riassegnare eventuali importi residui, rimasti in sospeso in seguito a infrazioni nel quadro della PAC, a iniziative intese a conservare la biodiversità.

3.12.

Se si prendono come riferimento i calcoli fatti in Germania per finanziare la realizzazione della rete Natura 2000 e li si traspone su scala UE a 28, il fabbisogno finanziario dovrebbe aggirarsi su una cifra che ammonta a ben 21 miliardi di EUR all’anno (6). L’aumento di 1 miliardo di EUR della dotazione del programma LIFE per il settore biodiversità/tutela della natura per il periodo di 7 anni non è quindi che una goccia nell’oceano.

3.13.

Inoltre, gran parte dei suddetti costi per la rete Natura 2000 dovranno essere spesi per la manutenzione costante e la gestione degli oltre 27 000 siti Natura 2000 esistenti. Anche in base alla nuova proposta, il programma LIFE offre però poche possibilità di finanziare le spese correnti di manutenzione di tali siti. Pertanto, diversamente dalle disposizioni di cui al considerando 14, il CESE reputa che tale programma non potrà fornire alcun contributo sufficiente per superare la crisi della biodiversità nell’UE.

3.14.

A questo riguardo, il CESE è estremamente deluso dal fatto che la sua proposta non sia stata presa in considerazione. Nella proposta di regolamento presentata dalla Commissione si legge che la valutazione d’impatto «ha inoltre esaminato il modo in cui il programma potrebbe svolgere un ruolo più incisivo nell’attuazione delle politiche dell’Unione in materia di natura e biodiversità. […] l’opzione di un grande fondo di gestione concorrente nel quadro di LIFE è stata considerata inefficiente», ma per il CESE non risulta chiaro come debba essere risolta la situazione di estremo sottofinanziamento della rete Natura 2000. Peraltro, il CESE non ha mai chiesto l’istituzione di un fondo in regime di gestione concorrente, in quanto esso sarebbe in effetti difficile da gestire in modo efficace. Il Comitato ha invece raccomandato di trasformare complessivamente il programma LIFE (quale strumento finanziario europeo per l’ambiente) in modo tale che serva a finanziare gli impegni assunti dall’UE riguardo all’attuazione delle corrispondenti direttive sulla tutela della natura.

3.15.

Inoltre, nel considerando 18 si afferma che, in futuro, il programma LIFE sosterrà anche progetti che concorrono ad attuare la direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE). Il CESE accoglie, in linea di principio, questa prospettiva, ma richiama l’attenzione sul fatto che, se non verranno assegnate maggiori risorse, ciò porterà a un ulteriore sottofinanziamento delle altre importanti componenti del programma. La stessa riserva, il CESE la esprime anche in relazione al sostegno, previsto dal considerando 19, di progetti per l’attuazione della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (2008/56/CE).

3.16.

Il Comitato constata con sorpresa che nel regolamento LIFE si fa riferimento al concetto lungimirante di «infrastruttura verde» soltanto in un punto del testo, e anche lì solo in maniera marginale. Dato che il programma di finanziamento della rete transeuropea delle infrastrutture verdi (TEN—G), proposto nella comunicazione della Commissione (7) del 6 maggio 2013, non figura nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027, il CESE suggerisce che il programma LIFE, con una dotazione finanziaria fortemente accresciuta, finanzi esplicitamente anche progetti di infrastruttura verde.

3.17.

Già oggi risulta evidente che gli obiettivi di tutela della biodiversità concordati a livello di UE non saranno conseguiti nel 2020. Se nel periodo finanziario 2021-2027 si disporrà di una dotazione finanziaria ancora più ridotta, vi è il rischio che l’UE stessa non riesca a realizzare miglioramenti significativi entro il 2030. La grave crisi che ha colpito la biodiversità rende necessario accrescere in maniera significativa la dotazione del programma LIFE. Il CESE invita pertanto il Consiglio e il Parlamento europeo a discutere e a prendere in considerazione queste idee negli ulteriori dibattiti sulla programmazione finanziaria di medio termine.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Nella sua relazione introduttiva alla proposta in esame, la Commissione sottolinea più volte la dimensione di «piccola scala» dei progetti finanziati dal programma, cosa che distingue, ad esempio, LIFE da Orizzonte Europa. Nel testo, si legge che LIFE aiuta «i cittadini ad agire per scongiurare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici a beneficio delle loro comunità». Questo approccio, ossia la promozione di iniziative dal basso portate avanti dai soggetti della società civile, è proprio ciò a cui il CESE attribuisce enorme importanza e che bisogna continuare a sostenere.

4.2.

Ma deve trattarsi di ben più di quanto menzionato dalla Commissione nei considerando 8 e 10. I progetti volti a «favorire l’utilizzo di tecnologie già disponibili» sono senz’altro da considerare in maniera positiva. Tuttavia, il ruolo dei «cittadini» non si limita alla semplice messa in atto di tecniche già sviluppate.

4.3.

Non è infatti soltanto il Consiglio europeo per l’innovazione menzionato nella proposta di regolamento, a poter, come scrive la Commissione, «essere di sostegno all’espansione e alla commercializzazione delle idee innovatrici».

4.4.

Questo contributo può giungere anche, ad esempio, dalle PMI, dai gruppi piccoli e grandi di iniziativa civica, dalle organizzazioni sindacali, dai privati o dai comuni. Tutti questi soggetti elaborano già idee, pratiche o tecnologie (talvolta molto semplici) innovative e appropriate, per le quali finora la politica/la pubblica amministrazione e l’economia convenzionale hanno mostrato o voluto mostrare scarso interesse.

4.5.

LIFE dovrebbe concorrere a sostenere proprio tale funzione, tanto più che proprio queste strutture non tradizionali incontrano spesso notevoli difficoltà nel reperire aiuti per le attività di innovazione.

4.6.

Tale considerazione può essere illustrata con i due esempi che seguono e che potrebbero essere in sintonia con il nuovo sottoprogramma «Transizione all’energia pulita»:

4.6.1.

È noto che l’allestimento di infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici è un compito importante, che anche la politica deve affrontare. Nel quadro di iniziative civiche si comincia, ad esempio, a riflettere su come utilizzare direttamente in modo decentrato l’energia elettrica prodotta nelle centrali eoliche cooperative per alimentare stazioni di ricarica gestite in comune o punti di ricarica privati a casa propria, nel quartiere di residenza o sul luogo di lavoro. Ciò che già ora si vede spesso con le stazioni di rifornimento a energia solare (ossia le pensiline fotovoltaiche) potrebbe quindi essere realizzato anche con gli impianti eolici. Questa soluzione creerebbe possibilità del tutto nuove di partecipazione per i soggetti della società civile, possibilità che sarebbero importanti sia per lo sviluppo dell’economia regionale che per l’accettazione della nuova struttura di alimentazione da realizzare (8). In questo modo si potrebbe anche concretizzare l’ambizione dell’UE di «porre i cittadini al centro della transizione energetica». In genere, però, questi nuovi approcci concettuali non vengono sviluppati dagli operatori tradizionali del mercato dell’energia elettrica e devono essere aiutati a decollare, specie perché in molti casi la loro realizzazione richiede un approfondito esame del quadro giuridico e dei dettagli tecnici. Il programma LIFE dovrebbe assolutamente sostenere questo tipo di innovazioni, che, appunto, non sono ancora «pronte per il mercato».

4.6.2.

Le stesse considerazioni si possono fare riguardo a un’altra iniziativa innovativa portata avanti nel comune di Łapy, nella regione polacca della Podlachia, iniziativa che però non può essere realizzata semplicemente perché non è stato possibile reperire alcun fondo per i necessari studi di approfondimento. Come molti altri comuni dei paesi dell’Europa centrale e orientale, anche questa città è interessata da elevati livelli di inquinamento causato dalle emissioni dei sistemi comunali di teleriscaldamento a carbone. Secondo alcuni calcoli, la sostituzione del carbone con energie rinnovabili (come, ad esempio, la biomassa) o meno inquinanti, come il gas, comporterebbe un aumento dei prezzi al consumo che non sarebbe sostenibile a livello sociale. La costruzione e gestione di un parco eolico comunale per convertire l’energia elettrica prodotta in energia termica mediante l’uso di pompe di calore potrebbe, molto probabilmente, portare a una riduzione delle tariffe per il riscaldamento. Tuttavia, il comune non dispone delle risorse necessarie per gli studi di fattibilità tecnica e giuridica che l’attuazione di un progetto pilota di questo tipo richiederebbe in tempi brevi, e per il momento l’amministrazione non può contare neppure su un sostegno proveniente da altre parti.

4.7.

Il CESE accoglie pertanto con favore il fatto che, con il sottoprogramma «Transizione all’energia pulita», venga introdotta una nuova priorità nell’ambito del settore «Azione per il clima» del programma LIFE, la cui dotazione di 1 miliardo di EUR per il periodo 2012-2027 costituirà quasi il 20 % della dotazione totale di 5,45 miliardi di EUR dell’intero programma.

4.8.

Il CESE ritiene necessario che, per il programma LIFE, siano scelte delle procedure di domanda ed esecuzione quanto più semplici possibile. Apprezza gli sforzi costantemente messi in atto dalla Commissione per ridurre ulteriormente gli oneri burocratici collegati alla domanda di finanziamento e all’attuazione di progetti.

4.9.

Il nuovo regolamento LIFE prevede un numero di restrizioni molto più limitato rispetto al programma attuale, e in questo modo attribuisce alla Commissione una maggiore flessibilità nella selezione e nel finanziamento dei progetti. Secondo il CESE, ciò farà sì che i fondi disponibili siano utilizzati in maniera molto più efficace.

4.10.

I progetti validi e innovativi non dovrebbero restare incompiuti soltanto perché i ricorrenti potrebbero non disporre di sufficienti possibilità di cofinanziamento. Il CESE rileva con soddisfazione che il nuovo regolamento sul programma LIFE non contiene più alcun articolo che escluda il finanziamento integrale di progetti (cfr. l’articolo 20 del vecchio regolamento).

4.11.

Il CESE si compiace inoltre che il programma LIFE sia in continua evoluzione, e che d’ora in poi venga messa in evidenza la funzione catalizzatrice che il programma o i progetti da esso finanziati devono avere. Tuttavia, secondo il Comitato non è chiaro in che modo tale funzione debba esplicarsi in concreto.

4.12.

Il CESE suppone che la Commissione selezionerà una certa percentuale dei progetti sostenuti che appaiono particolarmente innovativi per chiedere ai loro titolari di descrivere in dettaglio, in un piccolo progetto di follow-up, le circostanze che hanno determinato la riuscita o meno del progetto stesso. Attualmente, molte idee innovative (cfr. il paragrafo 3.8) falliscono a causa, per esempio, degli oneri amministrativi, di ostacoli normativi o della mancanza di un quadro legislativo adatto. Affinché la politica possa trarre insegnamenti e conseguenze dai progetti sostenuti da LIFE, è importante conoscere con precisione i fattori di successo e di insuccesso.

4.13.

Nel considerando 17 si afferma che «l’opinione pubblica è attenta alle questioni legate all’inquinamento atmosferico e i cittadini si aspettano che le autorità intervengano». Questo è vero, e in futuro LIFE potrà dare un contributo anche in questo senso se le indicazioni che scaturiranno dai progetti troveranno riscontro pratico nelle politiche.

4.14.

Ciò che il programma LIFE non può e non deve fare è trovarsi a dover svolgere una specie di «ruolo di battitore libero» per l’inazione dalle autorità pubbliche. La qualità dell’aria in Europa avrebbe già potuto essere migliorata in misura significativa se, per esempio, si fosse dato prova di coerenza a) rispettando i valori limite già decisi, b) attuando l’annunciata internalizzazione dei costi esterni e c) abolendo le sovvenzioni dannose per l’ambiente, come promesso ormai da anni.

4.15.

Nel considerando 27 si fa perciò giustamente riferimento al rispetto del diritto, ivi compresi i processi di controllo del rispetto e di autorizzazione, come anche alla qualità dell’ispezione ambientale e dei meccanismi di garanzia dell’osservanza. In considerazione del contributo apportato agli obiettivi del programma, la «rete europea per l’attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell’ambiente (IMPEL), la rete europea dei procuratori per l’ambiente (ENPE) e il forum UE dei giudici per l’ambiente (EUFJE)» dovrebbero, in base all’articolo 12 del regolamento proposto, poter ricevere sovvenzioni, ossia un finanziamento istituzionale, senza che queste ultime siano subordinate «all’invito a presentare proposte». Il CESE accoglie con favore questo finanziamento, e sottolinea l’importanza di poter sostenere, senza oneri burocratici eccessivi, anche altri attori sociali di rilievo che siano in grado di portare avanti la politica dell’UE in materia di ambiente, conformemente all’articolo 10, paragrafo 5, del regolamento proposto.

Bruxelles, 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 173, del 31.05.2017, p. 7

(2)  Relazione speciale della Corte dei conti europea n. 1/2017 dal titolo «Occorre fare di più per realizzare appieno le potenzialità della rete Natura 2000».

(3)  Il CESE ritiene tale importo sia comunque troppo limitato e ha invocato una quota del 40 % (parere del CESE sul tema Patto europeo finanza-clima) (Cfr. pag. 8 della presente Gazzetta ufficiale).

(4)  GU C 173 del 31.5.2017, pag. 7.

(5)  Cfr. il parere del CESE sul tema La politica dell’UE in materia di biodiversità (NAT/681, GU C 487 del 28.12.2016, pag. 14).

(6)  Cfr. il parere del CESE, (GU C 129 dell'11.04.2018, pag. 90).

(7)  COM(2013) 249 final.

(8)  Parere del CESE sul tema Gli effetti di una nuova struttura di approvvigionamento energetico senza emissioni di carbonio, decentrata e digitalizzata sui posti di lavoro e sulle economie regionali (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 1).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/231


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 1313/2013/UE su un meccanismo unionale di protezione civile»

[COM(2017) 772 final — 2017/0309 (COD)]

(2019/C 62/37)

Relatore:

Dimitris DIMITRIADIS

Consultazione

Commissione europea, 18/06/2018

Base giuridica

Articoli 196 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Decisione dell’Ufficio di presidenza

26/06/2018

 

 

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

05/10/2018

Adozione in sessione plenaria

18/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

205/2/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Conclusioni

1.1.

Il CESE, alla luce delle nuove circostanze in costante evoluzione prodotte dai fenomeni legati ai cambiamenti climatici, le quali incidono profondamente sulle attività e sulla vita umana, esorta le istituzioni europee a lanciare nuove azioni e politiche comuni.

1.2.

Affrontare questi fenomeni richiede una maggiore vigilanza e lo sviluppo solidale non solo di piani, ma anche di soluzioni concrete. In questo senso va la proposta di revisione del meccanismo europeo di protezione civile rescEU, che per la prima volta comprende mezzi aerei europei per combattere gli incendi boschivi, dispositivi di ricerca e soccorso in ambiente urbano, ospedali da campo e squadre mediche di emergenza.

1.3.

Il CESE giudica importante la disposizione in base alla quale, in aggiunta ai quattro mezzi di risposta di cui sopra, la Commissione potrà definire, mediante atti delegati, capacità di risposta supplementari da assegnare a rescEU, garantendo in tal modo la necessaria flessibilità.

1.4.

Il CESE ritiene che la comunicazione tenga conto del concetto di solidarietà europea, ma sottolinea che ciò non modifica le responsabilità e gli obblighi degli Stati membri.

1.5.

Con il nuovo meccanismo di protezione civile, l’UE nel suo complesso e ogni Stato membro separatamente potranno beneficiare insieme delle capacità di un sistema che disporrà di mezzi propri ma anche di mezzi ai quali contribuiranno gli Stati membri.

1.6.

Il CESE ritiene che, con questa proposta, la Commissione dimostri di aver compreso che è necessaria una diffusione coordinata delle informazioni, ma anche che le conoscenze vanno fornite in modo strutturato alle parti interessate perché esse possano trarne vantaggio.

1.7.

La formazione della popolazione in generale e la preparazione che ne consegue devono costituire il fulcro di una politica comune europea condotta in cooperazione sia con gli Stati membri sia con i paesi terzi che partecipano alle azioni comuni, con l’attiva collaborazione degli enti regionali e locali.

1.8.

La protezione civile è una questione che riguarda tutti e ciascuno, individualmente: tuttavia, non è la responsabilità individuale, da sola, che migliorerà la risposta alle sfide, quanto piuttosto l’impegno collettivo e la visione comune. In questo contesto, la società civile, le organizzazioni non governative, i volontari e gli organismi indipendenti devono essere mobilitati e coinvolti sia nella programmazione che nell’attuazione di piani di emergenza in caso di catastrofi naturali.

1.9.

Il settore delle imprese e i lavoratori in esse impiegati, tramite azioni collettive, possono favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici o addirittura l’inversione dei loro effetti negativi, nonché contribuire a ridurre al minimo l’impatto delle catastrofi naturali e le cause di quelle provocate dall’uomo (ad esempio, per quanto riguarda le emissioni di inquinanti gassosi e particolato).

1.10.

Le moderne tecnologie innovative e gli strumenti digitali (Internet degli oggetti) devono essere messi al servizio delle forze che gestiscono il ciclo della protezione civile, a tutti i livelli. Se utilizzati correttamente, gli strumenti elaborati sia nel settore della prevenzione che in quello del controllo e dell’indirizzo e/o dell’informazione degli operatori del settore sono in grado di prevenire i rischi.

1.11.

Il CESE ritiene che il meccanismo rescEU proposto dalla Commissione sia in grado di:

a)

trasmettere ai cittadini europei un messaggio forte di solidarietà europea in tempi in cui ciò rappresenta una necessità assoluta per l’UE;

b)

promuovere la collaborazione dei paesi candidati all’adesione ma anche la creazione di un corrispondente atteggiamento mentale di solidarietà che deve regnare tra gli Stati membri dell’UE;

c)

permettere ai paesi che cooperano nel quadro delle istituzioni europee di accedere a settori sensibili e importanti, rendendoli consapevoli di ciò che significa concretamente un’unione di Stati, come l’UE, anche al di là dei settori solitamente oggetto di discussione;

d)

intensificare la cooperazione regionale mediante accordi bilaterali e contribuire a ridurre le tensioni in regioni politicamente sensibili, come è stato dimostrato più volte in passato, quando gravi catastrofi naturali sono state affrontate congiuntamente.

1.12.

Il CESE osserva che, oltre alle informazioni fornite dalla Commissione sull’intensità dei fenomeni e delle catastrofi naturali fino al 2017, anche gli eventi di quest’estate dimostrano la necessità di riesaminare e completare l’attuale quadro del meccanismo di protezione civile dell’UE. Gli incendi, le ondate di caldo e le inondazioni, la cui intensità è senza precedenti su tutto il territorio dell’UE — anche in regioni finora ritenute immuni da tali catastrofi — e che sono fenomeni legati ai cambiamenti climatici, ma anche gli imprevedibili terremoti, di forte intensità e con un elevato tasso di ricorrenza, che producono danni e perdite enormi, dimostrano la necessità di adottare iniziative simili a quella proposta dalla Commissione con rescEU.

1.13.

Il CESE ritiene che nei prossimi anni sarà sempre più necessario affrontare le questioni della protezione civile mediante un approccio olistico, che comprenda politiche d’intervento a tutti i livelli dell’attività umana. Il CESE sottolinea l’urgente necessità di creare un quadro politico e regolamentare più ampio all’interno dell’UE in materia di protezione civile.

Raccomandazioni

1.14.

Il CESE è consapevole dei problemi e degli obblighi derivanti alla Commissione dalla legislazione europea vigente (principalmente dal diritto primario), ma ritiene che si debba compiere ogni sforzo affinché gli Stati membri aderiscano all’idea di un approccio comune alla protezione civile, soprattutto nei settori della prevenzione, della risposta e del recupero.

1.15.

L’elaborazione di studi nazionali di valutazione del rischio e di piani d’azione per la prevenzione e la risposta a livello locale, regionale e nazionale, che — sebbene volontaria — è associata a finanziamenti, dovrebbe costituire un incentivo per gli Stati membri affinché sfruttino al massimo i vantaggi offerti da rescEU.

1.16.

La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, deve definire dei principi generali e degli orientamenti per modificare le legislazioni nazionali al fine di ottenere un quadro legislativo europeo comune, moderno e compatibile su questioni quali l’allerta precoce, il volontariato e la sua inclusione formale in tutti i livelli del ciclo della protezione civile, l’obbligo di stanziare una quota dei bilanci degli Stati membri per le azioni di prevenzione ecc.

1.17.

Il CESE ritiene che la creazione di procedure amministrative comuni negli Stati membri garantirebbe la formazione di una «lingua comune» in tali ambiti, massimizzerebbe i vantaggi apportati dal nuovo meccanismo rescEU e offrirebbe la necessaria flessibilità ed efficacia per sfruttarlo appieno, in particolare per le operazioni di emergenza.

1.18.

Il CESE reputa che si debbano sfruttare risorse come i gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT), in modo da garantire, anche nel settore della protezione civile, un’azione comune degli Stati membri a livello transfrontaliero.

1.19.

Il CESE ritiene necessario lanciare un’iniziativa volta ad incoraggiare le imprese innovative e le start-up a migliorare, sviluppare e/o creare nuovi strumenti ad alta tecnologia nei settori della prevenzione e della risposta, come, ad esempio, sistemi di previsione, allerta e contrasto.

1.20.

Gli incendi boschivi sono un esempio della necessità di sviluppare tali sistemi sfruttando, in parallelo, il potenziale dell’industria europea nei settori aeronautico, informatico, automobilistico, dei sistemi antincendio ecc.

1.21.

Il CESE ritiene che la Commissione debba coinvolgere attivamente la comunità scientifica e della ricerca nel dialogo sulle azioni appropriate da intraprendere nelle diverse fasi del ciclo della protezione civile.

1.22.

Per realizzare uno scambio di buone pratiche e di informazioni sulle nuove possibilità tecnologiche o su altri aspetti, sarebbe utile lanciare un’iniziativa volta a creare un forum europeo annuale, che potrebbe essere posto sotto l’egida del CESE, cui partecipino la comunità scientifica e i dirigenti politici responsabili delle questioni di protezione civile.

1.23.

È necessario che la Commissione raccomandi agli Stati membri tutta una serie di migliori pratiche, in particolare in materia di recupero e prevenzione, introducendo dei modelli atti a garantire la fattibilità e la sostenibilità.

1.24.

Il CESE ritiene che il movimento del volontariato, e quindi la società civile, siano uno dei motori principali che consentono il funzionamento dei meccanismi della protezione civile. Ritiene quindi necessario prevedere, in parallelo, il rafforzamento dei loro mezzi e attrezzature a livello europeo e il loro coinvolgimento formale nel nuovo meccanismo rescEU.

1.25.

L’inserimento dei lavoratori che lo desiderino nei gruppi di volontari, con disposizioni adeguate per garantire i loro diritti di base, come l’assicurazione e l’astensione obbligatoria dal lavoro almeno quando partecipano alle operazioni di protezione civile sul campo, è un tema che andrebbe forse discusso dagli organi dell’UE al fine di creare un quadro unico di risposta.

1.26.

Sarebbe utile creare un sistema comune europeo di certificazione per le squadre volontarie della protezione civile e per i mezzi impiegati, accompagnato da formazioni appropriate a livello locale, regionale, nazionale e/o europeo.

1.27.

Il CESE rammenta alla Commissione che si dovrebbe conferire direttamente ai fondi strutturali e di investimento europei la flessibilità adeguata per finanziare i lavori di ripresa e recupero dopo le catastrofi naturali, sottolineando che tali interventi dovrebbero essere accompagnati da studi volti a sostenere lo sviluppo sostenibile del progetto, ma anche il rilancio delle attività quotidiane nelle zone colpite, in particolare nelle zone rurali per evitarne lo spopolamento.

1.28.

Sarebbe utile se i «mezzi» da acquistare o noleggiare, come previsto nel quadro del nuovo meccanismo rescEU, potessero, se del caso, combinare più possibilità così da far fruttare al meglio l’investimento compiuto. Ad esempio, i mezzi aerei potrebbero essere utilizzati al tempo stesso per la lotta agli incendi boschivi, la ricerca e il soccorso, la sorveglianza delle frontiere in caso di catastrofi transfrontaliere e, naturalmente, le azioni di prevenzione.

1.29.

Prevedere la possibilità di un uso combinato dei mezzi per coprire i settori della sicurezza (safety) e della protezione (security) è forse una soluzione che non solo permetterebbe di risparmiare risorse, ma favorirebbe anche lo sviluppo di attività operative integrate dell’UE e contribuirebbe all’obiettivo delle azioni complementari.

1.30.

La distribuzione dei mezzi che si prevede di creare nell’ambito di rescEU dovrebbe essere oggetto di uno studio a parte, che tenga conto non solo dei dati geografici, geologici ed economici, ma soprattutto consideri la vulnerabilità, le possibilità di risposta diretta e la copertura delle regioni dell’UE per ciascun rischio.

1.31.

Il CESE propone in generale, e almeno nei casi in cui scatta e interviene il meccanismo europeo, di rendere obbligatoria la costituzione di un dossier della catastrofe da parte dello Stato membro o della regione competente, il cui modello potrebbe essere elaborato dalla Commissione, in modo da «costruire» delle competenze tecniche e migliorare, in futuro, le pratiche operative, creando così una banca dati paneuropea. Si propone inoltre di mettere a punto degli indicatori per misurare tempi di intervento e impatto effettivo di rescEU.

1.32.

Il CESE accoglie con favore la possibilità che l’attuazione delle disposizioni di pianificazione in materia di valutazioni e gestione dei rischi costituisca una condizionalità nel quadro della politica di coesione e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Rileva tuttavia che tale iniziativa dovrebbe essere preceduta da un’ampia campagna di informazione per evitare perturbazioni del processo di produzione.

1.33.

Il CESE ritiene necessario aumentare la partecipazione degli Stati membri al pool europeo di protezione civile. Tuttavia, le misure preparatorie che gli Stati membri adotteranno per tale partecipazione devono includere anche investimenti degli stessi in attrezzature supplementari, in modo da evitare un loro indebolimento e rafforzare al contempo la capacità operativa globale dell’Unione.

1.34.

Il CESE ritiene necessario rammentare che, nella fase di recupero da catastrofi di qualsiasi tipo, si dovrebbe rivolgere una particolare attenzione al settore delle piccole e medie imprese, in quanto esse rappresentano il motore principale del funzionamento quotidiano dell’economia e della società.

2.   Osservazioni generali (contesto)

2.1.

Il meccanismo unionale di protezione civile dell’UE fornisce un quadro di cooperazione e di assistenza in caso di gravi emergenze all’interno e all’esterno dell’Unione europea. Tale quadro normativo è stato introdotto con la decisione del Consiglio che istituisce un meccanismo comunitario inteso ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della protezione civile (2001/792/CE, Euratom).

2.2.

Negli anni successivi la decisione originaria è stata modificata, prima, dalla decisione 2007/779/CE, Euratom del Consiglio che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile (rifusione) e, poi, dalla decisione 1313/2013/UΕ del Parlamento europeo e del Consiglio su un meccanismo unionale di protezione civile.

2.3.

A tale meccanismo partecipano attualmente i 28 Stati membri dell’UE, i paesi del SEE (Islanda e Norvegia), nonché il Montenegro, la Serbia, l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Turchia. Il CESE considera particolarmente utile che anche altri Stati partecipino al meccanismo, in modo da aumentarne la flessibilità e la rapidità d’intervento, nonché garantire un miglior utilizzo delle risorse.

2.4.

Il 23 novembre 2017, la Commissione ha adottato una proposta, corredata di una comunicazione, per modificare il quadro legislativo del meccanismo di protezione civile dell’UE. Tale proposta, basata sulla conoscenza derivante dalle esperienze accumulate, è intesa in particolare a:

a)

istituire una riserva specifica di capacità (mezzi) di protezione civile dell’UE;

b)

dispiegare assistenza più rapidamente e ridurre la burocrazia;

c)

attuare misure aggiuntive in materia di prevenzione e preparazione.

2.5.

Il principale strumento finanziario è costituito attualmente dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) istituito nel 2002 [regolamento (CE) n. 2012/2002].

2.6.

Già in passato il CESE ha espresso il proprio punto di vista sui temi della protezione civile, delle catastrofi naturali e del Fondo di solidarietà dell’UE in una serie di pareri: NAT/314 (2006) (1), ΝΑΤ/375 (2008) (2), ΝΑΤ/438 (2009) (3), ECO/355 (2013) (4) e ECO/426 (2017) (5).

2.7.

Il funzionamento del meccanismo di protezione civile si basa attualmente sui seguenti elementi principali: il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (ERCC) a Bruxelles, il sistema comune di comunicazione e informazione in caso di emergenza (CECIS), le squadre d’intervento, i moduli di protezione civile e i moduli di supporto tecnico, insieme alle risorse disponibili, nonché sul programma di formazione e sul sistema di scambio di esperti.

3.   Il meccanismo unionale nella sua forma attuale

3.1.

Il trattato di Lisbona ha introdotto nuovi settori di competenza in cui l’Unione europea può intervenire. Nel settore della protezione civile, le nuove competenze prendono principalmente la forma di un sostegno.

3.2.

Il trattato di Lisbona punta tra l’altro a migliorare la capacità dell’UE di far fronte a catastrofi naturali o provocate dall’uomo. L’articolo 196 del trattato dà infatti all’UE la facoltà di adottare misure in materia di prevenzione dei rischi, preparazione degli operatori della protezione civile, intervento in caso di catastrofi naturali o provocate dall’uomo, cooperazione operativa tra i servizi di protezione civile nazionali e coerenza delle azioni intraprese a livello internazionale.

3.3.

Inoltre, queste disposizioni in materia di protezione civile sono collegate con la clausola di solidarietà di cui all’articolo 222 del trattato. Tale clausola dà facoltà all’UE di prestare assistenza a uno Stato membro che abbia subito un attacco terroristico o sia stato vittima di una catastrofe naturale o provocata dall’uomo.

3.4.

È ormai noto che i cambiamenti climatici aggravano l’impatto degli eventi meteorologici estremi anche in Europa. Il CESE concorda con la Commissione e con il Parlamento europeo sul fatto che il 2017 e il 2018 sono stati anni critici per l’Europa dal punto di vista delle catastrofi naturali. Gravi perdite sono state registrate in termini di vite umane, vaste distese di superfici boschive, proprietà immobiliari e infrastrutture. Le attività agricole, silvicole, commerciali e industriali hanno subito un duro colpo, mentre hanno assunto proporzioni preoccupanti fenomeni come gli incendi boschivi nelle zone settentrionali, finora considerate immuni almeno da tale rischio.

3.5.

Il CESE ritiene che, di fronte alle nuove condizioni venutesi a creare, l’attuale meccanismo unionale di protezione civile abbia concluso il proprio ciclo, dato che risulta spesso impotente, lento e inefficace, in particolare quando si verificano catastrofi naturali in regioni diverse in un medesimo periodo di tempo. Un notevole svantaggio è rappresentato anche dal fatto che le risorse sono particolarmente limitate: esse coprono infatti solo i costi di trasporto e non quelli operativi o di altro tipo, che sono molto più consistenti.

3.6.

Allo stesso tempo, emerge ogni giorno chiaramente che gli Stati membri, da soli, non sono in grado di far fronte alle catastrofi gravi, dato che il costo di acquisizione o noleggio di tutte le attrezzature operative non può essere sostenuto da ciascun paese separatamente e sono necessari interventi a livello europeo.

3.7.

Un esempio tipico è il costo di acquisizione di un aereo antincendio moderno ed efficiente, modello Canadair (il tipo di aeromobile utilizzato comunemente negli Stati membri), che è stimato a circa 30 milioni di EUR, ma la cui produzione è stata interrotta e l’azienda fabbricante, anche nel caso di nuovi ordinativi, non può produrre più di uno o due aeromobili nuovi l’anno.

3.8.

Allo stesso tempo, e nonostante la possibilità attuale di attivare il meccanismo per il reperimento di risorse quando uno Stato membro è minacciato da una catastrofe grave, capita fin troppo spesso che gli altri Stati non possano fornire alcuna forma di assistenza o perché vi è un’evidente mancanza di risorse o perché l’evolversi delle circostanze nei pochi paesi che ne dispongono impedisce loro di intraprendere qualsiasi attività operativa in un altro Stato membro.

3.9.

Le attuali capacità del meccanismo di protezione civile rendono, in molti casi, priva di valore la disposizione dell’articolo 222 del TFUE già citata, in quanto le risorse sono limitate, la burocrazia frena ogni reazione immediata e intervento rapido, e l’interconnettività a livello di conoscenze e di condivisione delle migliori pratiche rimane teorica.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE ribadisce la necessità di migliorare, modificare e trasformare il meccanismo europeo di protezione civile in un sistema europeo integrato incentrato sulla gestione delle catastrofi e volto a coprire il ciclo della protezione civile, che parte dalla prevenzione e finisce con il ripristino della situazione.

4.2.

Con la proposta di rafforzare la gestione unionale delle catastrofi (rescEU), l’UE e gli Stati membri possono mostrare sia in teoria che nella pratica il loro volto umano, ma anche dare prova di unità e solidarietà, che sono concetti fondamentali sia dei trattati istitutivi che degli accordi che ne derivano, in un periodo in cui si rende necessario un ritorno alle radici europee.

4.3.

Occorre sottolineare che, in pratica, non esistono a tutt’oggi seri incentivi europei a elaborare proposte incisive e a creare alleanze solide in risposta alle catastrofi naturali, mentre gli sforzi volontari risultano, di regola, inadeguati e inefficaci. Oggi è una necessità fondamentale aumentare la frequenza delle esercitazioni congiunte tra paesi che sono esposti agli stessi rischi e hanno frontiere comuni, con la partecipazione e l’addestramento di volontari, nonché, parallelamente, fornire incentivi per le collettività (esenzione o riduzione di altre attività come la riserva) al fine di accrescere il numero di volontari.

4.4.

Il CESE concorda con il potenziamento dei meccanismi di prevenzione e preparazione alle catastrofi in combinazione con l’aumento della resilienza delle infrastrutture e degli ecosistemi. Oltre alla riduzione delle perdite di vite umane e alla protezione delle collettività, i vantaggi economici che deriveranno in via diretta da una minore necessità di intervento garantiranno una maggiore tutela delle attività nel settore della produzione agricola, in quanto diminuiranno i rischi di catastrofi dovuti agli incendi o alle inondazioni che hanno un forte impatto sul settore primario.

4.5.

Il riconoscimento da parte della Commissione del fatto che i rischi derivanti da cause naturali (inondazioni, incendi, terremoti ecc.) e provocate dall’uomo (incidenti tecnologici, attacchi terroristici ecc.) sono in fase di mutazione e in aumento è pienamente in linea con la forma assunta dai rischi nell’epoca attuale e con il ruolo dei cambiamenti climatici come fattore moltiplicatore. La nozione importata di «resilienza» riferita alla gestione dei rischi di catastrofi riflette il modo in cui va esercitata qualsiasi attività economica, soprattutto nel settore delle infrastrutture. Per valutare e rafforzare la resilienza delle infrastrutture si dovrebbe ricorrere agli strumenti digitali più avanzati e utilizzare le tecnologie più innovative.

4.6.

L’idea che si è venuta affermando di un rafforzamento della capacità di prevenzione, di preparazione, di reazione alle catastrofi e di recupero mette in evidenza, per la prima volta, i pilastri fondamentali volti a sostenere l’obiettivo dello sviluppo sostenibile. Il CESE è concorde con l’esplicitazione completa dell’intero ciclo di protezione civile, in quanto si evidenzia così la necessità di un’assistenza sociale, economica e ambientale. Questo approccio olistico garantisce la partecipazione a tale ciclo dell’intera gamma dei responsabili, nonché la diffusione/comunicazione di conoscenze e di pratiche. Affinché tale approccio abbia successo, saranno necessari programmi ed esercitazioni/formazioni congiunte da parte di gruppi di paesi che presentano caratteristiche comuni di esposizione ai rischi.

4.7.

Il programma rientra nel quadro nel quadro della strategia 20/20 delle Nazioni Unite e della strategia globale per la riduzione del rischio di catastrofi proclamata a Sendai (Sendai framework for disaster risk reduction/UNISDR), e più in particolare nella priorità 1, che consiste nel comprendere i rischi di catastrofi.

4.8.

Il CESE concorda inoltre con il principio generale di creare una rete di conoscenze e formazione in materia di protezione civile, come enunciato nella comunicazione della Commissione. Rileva tuttavia la necessità di coinvolgere formalmente la comunità scientifica/universitaria e di delegarle il compito di effettuare attività di ricerca (progetti e studi) per una mappatura e valutazione dei potenziali rischi, della corrispondente vulnerabilità e dell’esposizione delle comunità ai rischi. Si ritiene necessaria la cooperazione con l’iniziativa privata e le imprese, nonché con la società civile, a motivo delle competenze e delle conoscenze di cui esse dispongono, ma anche di una mobilitazione più facile e immediata a livello locale delle strutture sociali in situazioni di calamità. Inoltre, l’informazione e la formazione dei cittadini rispetto ai diversi rischi che corrono è considerata una questione assolutamente prioritaria.

4.9.

Il CESE è favorevole allo sviluppo delle competenze specifiche proposto dalla Commissione nel quadro di rescEU, ossia una riserva dedicata di risorse composta di mezzi aerei antincendio, unità di pompaggio ad alta capacità, squadre urbane di ricerca e soccorso, nonché capacità operative da potenziare per i rischi che interessano la salute pubblica, mediante l’acquisizione di ospedali da campo e squadre mediche di emergenza, come indicato nel secondo paragrafo del capitolo 3.1 della comunicazione. Il CESE ritiene che questi mezzi debbano essere interoperabili e utilizzabili con la flessibilità necessaria per realizzare economie di scala ai fini dello sviluppo sostenibile. Ad esempio, si potrebbe prendere in considerazione l’acquisizione di mezzi aerei da utilizzare simultaneamente per a) interventi aerei antincendio, b) sorveglianza aerea e vigilanza per l’allerta precoce, c) azioni di ricerca e soccorso, d) evacuazione di malati da regioni difficilmente accessibili o isole remote. In tal modo, l’impiego di questi mezzi aerei sarebbe possibile tutto l’anno, il che porterebbe a un ammortamento più rapido anche in termini economici.

4.10.

Il CESE propone di creare strutture regionali in aree con un livello di rischio più elevato per assicurare una risposta più immediata. Inoltre, occorre rafforzare le comunità locali con mezzi di prima risposta e costituendo gruppi locali, già addestrati, che organizzino sistemi di allerta precoce. Appare inoltre assolutamente necessario elaborare e diffondere dei manuali comuni certificati, contenenti delle linee guida.

4.11.

Il CESE concorda con l’allargamento dei settori di finanziamento delle azioni di protezione civile condotte dagli Stati membri come l’adattamento e il recupero, ma anche con l’incremento del tasso di cofinanziamento nel settore dei trasporti. Ad esempio, nel caso di una grave catastrofe causata da un terremoto è assolutamente legittimo un cofinanziamento UE-Stato membro per il trasporto e l’installazione delle unità abitative e l’allestimento di un sito adeguato tramite i necessari lavori di infrastrutture e servizi pubblici (elettricità, approvvigionamento idrico, comunicazioni, fognature) al fine di ristabilire più rapidamente le attività economiche e sociali e garantire il mantenimento della coesione sociale.

4.12.

Il CESE non è contrario all’inclusione dei costi operativi nell’ambito del cofinanziamento, ma sottolinea che occorre prevedere un meccanismo obiettivo per stimare e soprattutto per valutare a posteriori tali costi, in modo che si faccia un uso corretto delle risorse. Ritiene inoltre necessario utilizzare tutte le fonti alternative di finanziamento, quali i fondi strutturali e il cofinanziamento attraverso la Banca europea per gli investimenti.

4.13.

Il CESE ha sistematicamente sostenuto, in numerosi pareri, la necessità di ridurre i meccanismi burocratici e di assicurare la necessaria flessibilità nell’utilizzo dei fondi europei, senza venir meno all’obbligo di trasparenza e di controllo indipendente al fine di garantire la legalità e l’efficacia dei percorsi seguiti dai contributi dei cittadini europei.

4.14.

Il CESE accoglie con favore i riferimenti della Commissione alla lotta contro gli effetti del terrorismo e ritiene che dovrebbe esistere un quadro chiaro di azioni di prevenzione, di contrasto (degli effetti) e di recupero. In tale contesto, la Commissione potrebbe elaborare, in un prossimo futuro, un progetto di sviluppo di un pool di risorse anche per le catastrofi naturali prodotte dall’uomo a seguito di eventi chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN), senza che per questo vengano meno le responsabilità e gli obblighi delle imprese che operano in questi settori. Il CESE osserva che una risposta scarsamente tempestiva a tali incidenti può oltretutto infliggere un duro colpo alla produzione primaria, con gravissime conseguenze a lungo termine per l’alimentazione e la salute della popolazione in generale.

4.15.

Il CESE ritiene che, nel quadro di rescEU, sia necessario mobilitare formalmente la società civile, incentivandone la partecipazione al monitoraggio delle politiche, alla prevenzione, ma anche alla risposta, qualora ciò sia possibile. È altresì importante coinvolgere il Corpo europeo di solidarietà.

5.   Osservazioni particolari

5.1.

Il CESE ritiene necessario anche rafforzare il ruolo degli enti regionali e locali nel campo della protezione civile e del nuovo meccanismo unionale tramite:

a)

l’inclusione di tali enti nelle fasi di prevenzione, pianificazione e attuazione delle misure di gestione dei rischi e di contrasto dei rischi naturali e provocati dall’uomo;

b)

il rafforzamento e l’integrazione delle competenze specifiche di tali enti, che per primi sono chiamati ad affrontare le catastrofi;

c)

l’utilizzo delle competenze di cui essi dispongono nelle attività di coordinamento e sviluppo operativo di ogni tipo che vengono realizzate per ridurre al minimo la duplicazione e accrescere l’interoperabilità;

d)

il rafforzamento del loro ruolo nelle situazioni di cooperazione transfrontaliera mediante l’attuazione di progetti e programmi congiunti nonché di una formazione comune.

Bruxelles, il 18 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 139 dell’11.5.2001, pag. 27.

(2)  Parere del CESE sul tema Migliorare il meccanismo comunitario di protezione civile: una risposta alle catastrofi naturali (GU C 204 del 9.8.2008, pag. 66).

(3)  Parere del CESE sul tema Un approccio comunitario alla prevenzione delle catastrofi naturali e di origine umana (GU C 318 del 23.12.2009, pag. 97).

(4)  Parere del CESE sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (GU C 170 del 5.6.2014, pag. 45).

(5)  Parere del CESE sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le misure specifiche volte a fornire assistenza supplementare agli Stati membri colpiti da catastrofi naturali (GU C 173 del 31.5.2017, pag. 38).


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/238


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (rifusione) e comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Verso uno spazio comune europeo dei dati”»

[COM(2018) 234 final — 2018/0111 (COD); COM(2018) 232 final]

(2019/C 62/38)

Relatrice:

Baiba MILTOVIČA

Consultazione

Parlamento europeo, 28.5.2018

Consiglio dell’Unione europea, 4.6.2018

Commissione europea, 18.6.2018

 

 

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

6.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

122/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico rafforzerà l’economia dei dati dell’UE e contribuirà allo sviluppo della società e alla prosperità generale. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è dell’avviso che la direttiva, nonché le integrazioni e i miglioramenti previsti in relazione ad essa, siano particolarmente importanti per risolvere questioni di grande rilievo per l’intera società nel contesto dell’attuazione della strategia per il mercato unico digitale.

1.2.

Valutata la coerenza delle modifiche che la Commissione propone di apportare alla direttiva con gli obiettivi di miglioramento, in linea di massima il CESE accoglie con favore tali proposte, convinto com’è che le modifiche previste contribuiranno a perseguire tali obiettivi generali, ma è tuttavia dell’avviso che dette modifiche non siano sufficienti ad apportare miglioramenti negli ambiti in cui sono stati riscontrati dei problemi («ambiti problematici»).

1.3.

Il CESE, esaminata la comunicazione della Commissione «Verso uno spazio comune europeo dei dati», esprime il suo sostegno ai principi e alle misure ivi enunciati, che agevoleranno l’accesso delle imprese e del settore pubblico a dati provenienti da una molteplicità di fonti, settori economici e discipline nonché il riutilizzo di tali dati.

1.4.   Conclusioni

1.4.1.

Il CESE è dell’avviso che, in relazione agli obiettivi di miglioramento generali, con le modifiche della direttiva proposte si intendano conseguire i seguenti risultati:

migliorare l’effetto già positivo della direttiva relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico («direttiva ISP»), rafforzare l’economia dei dati dell’UE, accrescere il volume dei dati del settore pubblico riutilizzabili;

garantire in tutta l’UE condizioni comparabili per la fornitura di dati e assicurare una concorrenza leale (cfr. il punto 3.2.2 del parere);

ridurre, a lungo termine, gli oneri amministrativi per i titolari delle informazioni riutilizzabili del settore pubblico (cfr. il punto 3.2.3 del parere);

rafforzare la posizione delle PMI sul mercato dei dati, evitando che esse incontrino ostacoli tali da dissuaderle dal riutilizzare dati pubblici a scopi commerciali (cfr. il punto 3.2.4 del parere). Tuttavia, l’obiettivo di rafforzare tali imprese non deve essere compromesso da divieti eccessivamente rigorosi relativi al lock-in dei dati che abbiano l’effetto di impedire lo sviluppo e la realizzazione di progetti innovativi, a livello locale, insieme alle PMI.

1.4.2.

Il CESE reputa che, in relazione ai problemi rilevati, in generale le modifiche proposte miglioreranno la situazione esistente e contribuiranno alla soluzione dei problemi che esse puntano ad affrontare. Tuttavia, per quanto riguarda i singoli problemi, il CESE formula le seguenti osservazioni:

dati dinamici/API — le modifiche proposte corrispondono solo in certa misura ai miglioramenti che occorrerebbe apportare in questo ambito problematico, perché si tratta di modifiche di cui non è possibile controllare né prevedere il risultato e, soprattutto a breve termine, il miglioramento apportato potrebbe rivelarsi insoddisfacente (cfr. i punti 3.1.3 e 3.3.1 del parere);

tariffazione — le modifiche proposte sono idonee a migliorare la situazione in questo ambito problematico, stabiliscono compensazioni per l’aumento delle tariffe e favoriranno il riutilizzo dei dati, soprattutto con il renderli più accessibili per le PMI (cfr. i punti 3.1.5 e 3.3.2 del parere); nel contempo, il CESE fa notare che, per le imprese pubbliche, è essenziale ottenere una compensazione adeguata per le spese sostenute;

campo di applicazione della direttiva ISP — le modifiche proposte sono insufficienti, perché l’estensione dell’ambito di applicazione di tale direttiva è puramente formale e non comporta nessun vero obbligo supplementare. In tal modo il problema concreto non viene risolto (cfr. i punti 3.1.1, 3.1.3, 3.3.3);

blocco (lock-in) dei dati del settore pubblico — le modifiche apportate sono insufficienti e contribuiscono solo in parte e indirettamente a risolvere il problema relativo al lock-in dei dati del settore pubblico (cfr. i punti 3.1.4 e 3.3.4 del parere).

1.5.   Raccomandazioni

1.5.1.

Posizione del CESE: l’opzione scelta dalla Commissione (quella di un intervento a ridotta «intensità legislativa») non è sufficiente per risolvere tutti i problemi rilevati in relazione all’efficacia della direttiva (cfr. il punto 4.1.3 del parere).

Raccomandazione del CESE: se una delle motivazioni principali e degli obiettivi più importanti della modifica della direttiva consiste nel risolvere i problemi rilevati, allora è necessario procedere in modo più attivo e mirato e, per risolvere concretamente i singoli problemi, optare per un intervento a elevata «intensità legislativa». È possibile che ciò comporti una modifica delle opzioni indicate nella valutazione d’impatto.

1.5.2.

Posizione del CESE: è indispensabile rimediare alle inadeguatezze rilevate dal comitato per il controllo normativo e adottare le misure correttive conseguenti in relazione alle modifiche della direttiva (cfr. il punto 4.1.2 del parere).

Raccomandazione del CESE: una delle suddette misure correttive consisterebbe nell’indicare in modo chiaro e semplice nella direttiva stessa quale disposizione abbia la preminenza in caso di conflitto tra la direttiva in questione e una serie di altri atti normativi, ossia il regolamento generale sulla protezione dei dati, la direttiva sulle banche di dati o la direttiva che istituisce un’Infrastruttura per l’informazione territoriale.

1.5.3.

Posizione del CESE: la valutazione d’impatto rispecchia in misura insufficiente i punti di vista delle parti interessate riguardo alla scelta di un intervento a elevata oppure ridotta intensità legislativa (cfr. il punto 4.1.4 del parere).

Raccomandazione del CESE: eseguire una valutazione supplementare della posizione delle parti interessate riguardo all’opzione da scegliere per affrontare i singoli problemi, valutando inoltre la rilevanza di ciascuna di queste parti rispetto alla società nel suo insieme, consentirebbe di effettuare tale scelta in maniera più obiettiva e più informata.

1.5.4.

Posizione del CESE: considerato che sempre più spesso le informazioni o i documenti devono essere disponibili entro breve tempo, la durata massima prevista per il trattamento (20 giorni lavorativi) risulta, in alcuni casi, troppo lunga (cfr. il punto 3.1.2 del parere).

Raccomandazione del CESE: occorrerebbe verificare la possibilità di accordare una maggiore flessibilità.

1.5.5.

Posizione del CESE: la proposta di direttiva e la valutazione d’impatto non tengono sufficientemente conto degli obiettivi principali di tutta una serie di parti interessate (cfr. il punto 4.2.1 del parere).

Raccomandazione del CESE: occorrerebbe considerare ed esaminare ulteriormente i seguenti punti, che non sono stati affrontati in misura sufficiente:

possibile riduzione del numero di occupati nel settore pubblico a causa dell’automazione e quindi necessità di riqualificare il personale e di risolvere problemi sociali;

parità di diritti e obblighi per il settore pubblico e per quello privato per quanto riguarda l’accesso ai dati;

indennità per le imprese pubbliche;

protezione di infrastrutture critiche;

esigenza di evitare la sovrapposizione della direttiva con le normative locali o settoriali;

distorsioni della concorrenza per le imprese pubbliche.

1.5.6.

Posizione del CESE: Nella proposta rifusione della direttiva, la Commissione segnala espressamente la necessità di rimediare alle carenze, individuate in precedenza, della direttiva stessa. Tuttavia, la proposta in questione non offre miglioramenti significativi rispetto a dette carenze perché non stabilisce un equilibrio tra i diversi interessi dei vari gruppi di parti in causa e, in particolare, non garantisce condizioni simili per le società pubbliche e quelle private per quanto riguarda lo scambio di informazioni.

Raccomandazione del CESE: il Comitato invita la Commissione a riconsiderare la sua posizione riguardo alle soluzioni da apportare ai problemi riscontrati nella valutazione della direttiva precedente e a specificare:

gli obiettivi perseguiti attraverso la rifusione della direttiva, tenendo conto dell’attuale situazione, caratterizzata da interessi e preoccupazioni differenti dei vari gruppi di parti in causa;

le condizioni di transizione per un avanzamento graduale verso gli obiettivi della rifusione della direttiva, attraverso la connessione dei vari punti della direttiva con altri atti legislativi o altre misure che permettano di equilibrare i diversi interessi dei gruppi di parti in causa.

2.   Sintesi del contenuto della proposta di direttiva

2.1.   Informazioni di base relative alla modifica della direttiva

2.1.1.

Il settore pubblico negli Stati membri dell’UE produce enormi quantità di dati, che vengono utilizzati per assicurare una maggiore efficienza nella prestazione di servizi pubblici e privati e l’adozione di decisioni più informate. Pertanto, da diversi anni l’UE promuove il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (ISP). Il riesame della direttiva ISP costituisce un’iniziativa importante ai fini dell’accessibilità e del riutilizzo dei dati pubblici e dei dati raccolti grazie all’impiego di fondi pubblici, un’iniziativa annunciata dalla Commissione nella revisione intermedia della strategia per il mercato unico digitale.

2.1.2.

La Commissione ha riesaminato la direttiva adeguandola agli ultimi sviluppi nel campo della gestione e dell’utilizzo dei dati.

La direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico («direttiva ISP») è stata adottata il 17 novembre 2003.

Lo scopo della direttiva era agevolare il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico in tutta l’UE tramite l’armonizzazione delle condizioni di base di tale riutilizzo e la rimozione dei principali ostacoli che si frappongo ad esso nel mercato interno.

Nel luglio 2013 la direttiva 2003/98/CEE è stata modificata dalla direttiva 2013/37/UE.

Le modifiche hanno introdotto l’obbligo di consentire il riutilizzo dei dati pubblici generalmente accessibili e hanno ampliato l’ambito di applicazione della direttiva. Esse hanno stabilito una regola standard di tariffazione che limita le tariffe ai costi marginali per la riproduzione, la messa a disposizione e la divulgazione delle informazioni, e hanno obbligato gli enti pubblici a garantire maggiore trasparenza per quanto riguarda tali regole e le condizioni da essi applicate.

Il 25 aprile 2018 è stata presentata una proposta di rifusione della direttiva ISP (COM(2018) 234 final). Tale proposta modifica in modo sostanziale la direttiva 2003/98/CE e aggiunge diverse disposizioni nuove. A norma dell’articolo 13 della direttiva ISP si è proceduto al riesame dell’applicazione finora effettuata di tale atto normativo e sono stati segnalati alcuni punti problematici. Per poter sfruttare maggiormente il potenziale d’informazione del settore pubblico, nella direttiva riveduta è previsto il miglioramento di diversi ambiti ritenuti problematici nella valutazione.

2.1.3.

La proposta di modifica della direttiva rientra nel terzo pacchetto sui dati adottato dalla Commissione europea il 25 aprile 2018, che include anche la comunicazione «Verso uno spazio comune europeo dei dati» (1), nella quale si considera la questione riguardante l’accesso ai dati del settore privato per fini di interesse pubblico e si definiscono i principi per lo scambio di dati tra imprese (B2B) e tra queste e le autorità pubbliche (B2G).

2.1.3.1.

In materia di riutilizzo dei dati del settore privato (B2B) la comunicazione enuncia i seguenti «principi chiave»:

trasparenza;

creazione di valore condiviso;

rispetto degli interessi commerciali reciproci;

garanzia di una concorrenza non falsata;

riduzione al minimo del lock-in dei dati.

2.1.3.2.

In materia di riutilizzo dei dati del settore privato (B2G), invece, i «principi chiave» enunciati dalla comunicazione sono:

proporzionalità nell’uso dei dati di tale settore;

limitazione delle finalità;

«non nuocere»;

condizioni per il riutilizzo dei dati;

attenuazione delle limitazioni dei dati del settore privato:

trasparenza e partecipazione sociale.

2.2.   Obiettivi perseguiti con la modifica della direttiva

2.2.1.

Obiettivi generali:

rafforzare gli effetti positivi della direttiva ISP e l’economia dei dati dell’UE, accrescendo il volume dei dati del settore pubblico messi a disposizione per il riutilizzo;

assicurare condizioni comparabili a livello dell’UE per la fornitura di dati, garantendo in tal modo una concorrenza leale;

ridurre gli oneri amministrativi per i titolari dell’informazione riutilizzabile del settore pubblico;

rafforzare la posizione delle PMI sul mercato dei dati, evitando che esse incontrino ostacoli tali da dissuaderle dal riutilizzare dati pubblici a scopi commerciali.

2.2.2.

Obiettivi specifici:

migliorare i quattro ambiti principali in cui, nella precedente valutazione dell’efficacia della direttiva, sono stati riscontrati dei problemi.

2.3.   Principali ambiti problematici in relazione all’efficacia della direttiva (ambiti in cui esiste un potenziale di miglioramento)

2.3.1.

Ambito problematico «Dati dinamici/API»:

accesso in tempo reale incompleto ai dati in possesso degli enti pubblici, in particolare ai dati dinamici ossia variabili nel tempo;

fornitura e utilizzo insufficienti di mezzi tecnici adeguati (interfaccia per programmi applicativi, API).

2.3.2.

Ambito problematico: «Tariffazione»:

Gli enti pubblici si avvalgono attualmente di diverse disposizioni che stabiliscono deroghe a loro favore, e, per il riutilizzo dei dati del settore pubblico, impongono corrispettivi molto superiori a quanto sia necessario per il recupero dei costi, fattore che determina distorsioni del mercato: le grandi imprese vengono favorite, mentre le piccole e medie imprese (PMI), che non possono permettersi di acquistare dati pubblici, vengono ostacolate.

2.3.3.

Ambito problematico «Campo di applicazione della direttiva ISP»:

la direttiva non si applica ai soggetti che operano nel settore dei trasporti e dei servizi di pubblica utilità;

la direttiva non si applica ai dati della ricerca acquisiti ricorrendo a fondi pubblici.

2.3.4.

Ambito problematico: « Lock-in dei dati del settore pubblico»

i titolari dei dati del settore pubblico concludono accordi di esclusiva con il settore privato per ricavare dai loro dati un utile aggiuntivo, cosicché il numero dei potenziali riutilizzatori ne risulta limitato.

2.4.   Opzioni possibili e opzione scelta per apportare miglioramenti negli ambiti problematici

2.4.1.

Per quanto riguarda le misure da adottare in futuro, nella valutazione d’impatto (2) è stata esaminata una serie di possibili opzioni:

a)

uno scenario di base (mantenimento dell’impostazione attuale, senza modifiche);

b)

cessazione dell’attuale iniziativa a livello dell’UE (abrogazione della direttiva ISP);

c)

adozione di sole misure non vincolanti;

d)

adozione di un pacchetto di misure comprendente sia modifiche della direttiva ISP sia misure non vincolanti.

2.4.2.

Scelta dell’opzione per apportare miglioramenti negli ambiti problematici:

l’opzione a) è stata mantenuta come scenario di base, mentre i benefici delle altre opzioni sono stati confrontati tra loro;

le opzioni b) e c) sono state scartate nella fase iniziale;

l’opzione d) è servita da base per due varianti:

una secondo cui tutte le misure comprese nel pacchetto presentano una ridotta intensità legislativa;

una secondo cui tutte le componenti del pacchetto di misure presentano un’elevata intensità legislativa.

L’opzione scelta dalla Commissione è costituita da un pacchetto «misto», comprendente interventi normativi di ridotta intensità legislativa in combinazione con un aggiornamento delle attuali misure normative non vincolanti. Nel complesso, si tratta di un intervento a ridotta «intensità legislativa».

3.

Osservazioni generali

Il Comitato ha valutato le modifiche proposte per la direttiva sotto tre profili:

principali modifiche e integrazioni al testo originario della direttiva (cfr. punto 3.1 del parere);

conformità delle modifiche e delle integrazioni della direttiva agli obiettivi generali delle stesse (cfr. il punto 3.2 del parere):

corrispondenza delle modifiche e delle integrazioni della direttiva con i principali ambiti in cui esiste un potenziale di miglioramento (cfr. il punto 3.3 del parere).

3.1.   Principali modifiche e integrazioni del testo originario della direttiva

3.1.1.   Capo I della direttiva — Disposizioni generali

Modifiche all’articolo 1 della direttiva (Oggetto e ambito di applicazione)

Estensione del campo di applicazione della direttiva anche ai dati dei servizi pubblici e dei servizi di trasporto come pure ai dati della ricerca;

Nella parte esplicativa della proposta di direttiva (3) si specifica quanto segue:

riguardo ai dati nel settore dei trasporti e dei servizi di pubblica utilità, «sarà applicata una serie limitata di obblighi: «le imprese pubbliche possono imporre corrispettivi superiori ai costi marginali per la divulgazione e non sono tenute a divulgare i dati che non intendono rendere noti»;

riguardo ai dati della ricerca, «gli Stati membri saranno obbligati a mettere a punto politiche di accesso aperto ai dati della ricerca»: formulazione con cui, in definitiva, a livello UE non viene prescritto alcunché e tutti gli interventi al riguardo continuano ad essere rimessi, come avviene oggi, alla discrezionalità degli Stati membri.

Posizione del CESE:

Il CESE è, in certa misura, favorevole alle modifiche proposte, ma reputa che esse offrano una soluzione insufficiente alla problematica relativa all’ambito di applicazione della direttiva ISP, dato che l’estensione di tale ambito potrebbe provocare distorsioni nei mercati dove operano imprese sia pubbliche che private. L’estensione del campo di applicazione alle imprese private può scongiurare tale problema e, al tempo stesso, promuovere l’innovazione nelle imprese pubbliche.

Le modifiche proposte comporteranno, a breve termine, un maggior carico di lavoro e ulteriori oneri finanziari.

3.1.2.   Capo II della direttiva — Richieste di riutilizzo

Modifiche all’articolo 4 della direttiva (Prescrizioni per il trattamento delle richieste di riutilizzo)

Sono previsti dei casi eccezionali ai quali non si applicano le disposizioni in materia di trattamento delle richieste di riutilizzo.

Posizione del CESE: Il CESE sostiene le modifiche proposte per quanto riguarda le suddette eccezioni, ma è del parere che, poiché sempre più spesso le informazioni e i documenti devono essere disponibili in tempi brevi, la durata massima prevista per il trattamento (20 giorni) possa essere ridotta nel caso di richieste riguardanti dati che possono essere facilmente resi disponibili.

3.1.3.   Capo III della direttiva — Condizioni di riutilizzo

Modifiche all’articolo 5 della direttiva (Formati disponibili)

Si prescrive che gli enti pubblici e le imprese pubbliche rendano disponibili i dati dinamici per il riutilizzo immediatamente dopo la raccolta tramite interfacce per programmi applicativi (API) adeguate;

si prescrive che, se il mettere a disposizione i documenti immediatamente dopo la raccolta eccede la capacità finanziaria e tecnica dell’ente pubblico o dell’impresa pubblica, i documenti di cui al paragrafo 4 siano resi disponibili entro un termine che non pregiudichi indebitamente lo sfruttamento del loro potenziale economico.

Si sceglie di introdurre una prescrizione di «mettere tempestivamente a disposizione dati dinamici e di introdurre API» non vincolante per gli Stati membri (si opta cioè per un intervento a bassa «intensità legislativa»).

Posizione del CESE:

CESE è, in certa misura, favorevole alle modifiche proposte e reputa che, nel loro complesso, esse contribuiranno ad apportare una soluzione alla problematica dei «dati dinamici», ma osserva anche che il risultato di tali modifiche non è né controllabile né prevedibile e che, soprattutto a breve termine, il miglioramento apportato può rivelarsi insoddisfacente;

inizialmente, infatti, i titolari dei dati dovranno sostenere costi aggiuntivi (per lo sviluppo delle API e l’introduzione delle tecnologie), ma a lungo termine vi è da attendersi dei vantaggi grazie a un’organizzazione del lavoro ottimizzata; inoltre, occorre considerare i possibili cambiamenti della situazione occupazionale nel servizio pubblico a causa dell’automazione e la necessità di risolvere problemi sociali.

Modifiche all’articolo 10 della direttiva (Disponibilità e riutilizzo dei dati della ricerca)

Si precisa che gli Stati membri promuovono la disponibilità dei dati della ricerca adottando politiche nazionali e azioni pertinenti per rendere apertamente disponibili tutti i dati della ricerca finanziata con fondi pubblici («politiche di accesso aperto»).

Posizione del CESE: Il CESE è favorevole a questa nuova formulazione, ma solo entro certi limiti: a suo avviso, infatti, essa migliora, in linea di massima, l’efficacia della direttiva ISP, ma non è idonea a risolvere la problematica relativa al campo di applicazione della direttiva stessa in quanto ha carattere meramente dichiarativo e non prescrittivo, non imponendo alcun obbligo a livello di Unione europea e lasciando ogni eventuale intervento alla discrezione dei singoli Stati membri.

3.1.4.   Capo IV della direttiva — Non discriminazione ed equità delle transazioni

Modifiche all’articolo 12 della direttiva (Divieto di accordi di esclusiva)

Si prescrive che le disposizioni giuridiche o pratiche che, pur non concedendo un diritto esclusivo, possono limitare la disponibilità di riutilizzo di documenti, siano rese pubbliche almeno due mesi prima di prendere effetto;

l’opzione proposta (quella di un intervento a bassa «intensità legislativa») consiste nel limitarsi a porre requisiti di trasparenza, senza vietare (come invece farebbe un intervento a elevata «intensità legislativa») alcuna attività che comporti un lock-in di dati.

Posizione del CESE: Il CESE è favorevole alle modifiche proposte, ma solo fino a un certo punto: è infatti dell’avviso che, in linea di massima, esse costituiscano un progresso verso la soluzione della problematica del «lock-in dei dati del settore pubblico», ma che tuttavia l’obiettivo di rafforzare tali imprese non debba essere compromesso da divieti eccessivamente rigorosi relativi al lock-in dei dati, che abbiano l’effetto di impedire lo sviluppo e la realizzazione di progetti innovativi, a livello locale, insieme alle PMI.

3.1.5.   Capo V della direttiva — Serie di dati di elevato valore

Modifiche all’articolo 13 della direttiva (Elenco delle serie di dati di elevato valore)

La Commissione stabilisce l’elenco delle serie di dati di elevato valore e le relative modalità di pubblicazione e di riutilizzo.

Posizione del CESE:

Il CESE è favorevole alle modifiche proposte e reputa che esse contribuiscano ad accrescere la portata del riutilizzo dell’informazione del settore pubblico;

occorre tener presente che sono da attendersi sia spese aggiuntive per l’introduzione di soluzioni tecniche che minori entrate per i titolari dei dati;

nel testo proposto non sono definite con precisione le procedure per la compilazione, la gestione e l’utilizzo delle serie di dati di elevato valore,

né vi è alcuna chiara indicazione sui meccanismi di compensazione dei titolari dei dati per la messa a disposizione gratuita di questi ultimi.

3.2.   Conformità delle modifiche e delle integrazioni della direttiva agli obiettivi generali delle stesse

3.2.1.    Obiettivo: migliorare ulteriormente l’effetto già positivo della direttiva ISP, rafforzare l’economia dei dati dell’UE e accrescere il volume dei dati del settore pubblico riutilizzabili.

Posizione del CESE: le modifiche previste sono, in linea di massima, funzionali al conseguimento dell’obiettivo generale.

3.2.2.    Obiettivo: assicurare condizioni comparabili a livello di UE per la fornitura di dati, garantendo in tal modo una concorrenza leale.

Posizione del CESE: le modifiche proposte sono direttamente e chiaramente orientate alla realizzazione di tale obiettivo, in quanto:

vengono migliorate le disposizioni in materia di tariffazione (articolo 6 della direttiva);

vengono disciplinate in modo più rigoroso le possibilità di concludere accordi di esclusiva (articolo 12 della direttiva);

viene regolamentata con precisione la messa a disposizione gratuita dei dati o delle serie di dati di elevato valore (articolo 13 della direttiva);

al tempo stesso, il CESE sottolinea il pericolo di distorsioni del mercato per effetto degli obblighi unilaterali imposti a imprese pubbliche che sono in concorrenza diretta con imprese private.

3.2.3.    Obiettivo: ridurre gli oneri amministrativi per i titolari dell’informazione riutilizzabile del settore pubblico.

Posizione del CESE: le modifiche previste sono, in linea generale, accolte con favore:

a lungo termine, tali modifiche ridurranno gli oneri amministrativi per i titolari di informazioni riutilizzabili del settore pubblico, soprattutto in connessione con il ricorso alle nuove soluzioni tecnologiche (articoli 5 e 13 della direttiva);

detto ciò, si deve però tener conto dei cambiamenti che esse possono indurre per l’impiego in questo settore, rendendo necessario apportare una soluzione ai problemi sociali che ne deriveranno.

3.2.4.    Obiettivo: rafforzare la posizione delle PMI sul mercato dei dati, evitando che esse incontrino ostacoli tali da dissuaderle dal riutilizzare dati pubblici a scopi commerciali.

Posizione del CESE: Le modifiche proposte sono orientate al raggiungimento di questo obiettivo e, se verranno attuate, miglioreranno la posizione delle PMI in termini di possibilità di riutilizzo dei dati del settore pubblico (articoli 6, 12 e 13 della direttiva). Tuttavia, la produzione, l’innovazione e lo sviluppo delle PMI non devono essere ostacolati da obblighi eccessivi in materia di trasmissione dei dati dei partner della cooperazione del settore pubblico oppure dal divieto di diritti esclusivi.

3.3.   Corrispondenza delle modifiche e delle integrazioni della direttiva con i principali ambiti in cui esiste un potenziale di miglioramento

3.3.1.   Ambito problematico «Dati dinamici/ API» :

Miglioramenti proposti:

gli Stati membri vengono incoraggiati «in modo non vincolante» a mettere tempestivamente a disposizione dati dinamici e a introdurre API (articolo 5 della direttiva);

e viene loro imposto un obbligo più rigoroso di garantire la possibilità di riutilizzo di un numero limitato di serie di dati di elevato valore (articolo 13 della direttiva).

Posizione del CESE:

Le modifiche proposte sono, entro certi limiti, idonee ad apportare miglioramenti in questo ambito problematico (cfr. il punto 3.1.3 del parere):

esse concorreranno, a lungo termine, a risolvere le questioni riguardanti l’accesso ai dati dinamici e a favorire il riutilizzo di questi dati nonché l’uso di nuovo tecnologie (API) per lo scambio di dati automatico. Quella di mettere a disposizione i dati tempestivamente dovrebbe essere una prescrizione non vincolante, sì da consentire di controbilanciare situazioni locali difficili e di tenere conto delle prassi locali.

3.3.2.   Ambito in cui si può migliorare: «Tariffazione»

Miglioramenti proposti:

Si introducono norme più restrittive riguardo alla facoltà di invocare eccezioni alla regola generale secondo cui gli enti pubblici non possono imporre corrispettivi superiori ai costi marginali per la divulgazione (articolo 6 della direttiva);

è prevista l’adozione di un elenco di serie di dati di elevato valore che devono essere disponibili gratuitamente in tutti gli Stati membri (articolo 13 della direttiva).

Posizione del CESE:

le modifiche proposte sono, entro certi limiti, idonee ad apportare miglioramenti in questo ambito problematico (cfr. il punto 3.1.5 del parere); al tempo stesso, il CESE sottolinea che per le imprese pubbliche è essenziale un’adeguata compensazione delle spese sostenute;

tali modifiche stabiliscono compensazioni per l’aumento delle tariffe e favoriscono il riutilizzo dei dati, soprattutto con il renderli più accessibili per le PMI.

3.3.3.   Ambito in cui si può migliorare: «Campo di applicazione della direttiva ISP»

Miglioramenti proposti:

Viene ampliato l’oggetto ed esteso l’ambito di applicazione della direttiva (articolo 1 della direttiva);

gli Stati membri vengono obbligati a mettere a punto politiche di accesso aperto ai dati della ricerca finanziata con fondi pubblici, mantenendo nel contempo una certa flessibilità per quanto concerne la fase di attuazione (articolo 10 della direttiva).

Posizione del CESE: le modifiche proposte non sono sufficienti ad apportare miglioramenti in questo ambito problematico (cfr. i punti 3.1.1 e 3.1.3 del parere).

3.3.4.   Ambito problematico: « Lock-in dei dati del settore pubblico»

Miglioramenti proposti: Si introducono requisiti più restrittivi in materia di non esclusività e di trasparenza per gli accordi tra enti pubblici e privati riguardanti l’informazione del settore pubblico (articoli 11 e 12 della direttiva).

Posizione del CESE:

le modifiche proposte non sono sufficienti ad apportare miglioramenti in questo ambito problematico (cfr. il punto 3.1.4 del parere):

tali disposizioni favoriranno sì, entro certi limiti, la soluzione del problema del lock-in dei dati del settore pubblico e il riutilizzo di tali dati, ma, imponendo divieti eccessivi per evitare il lock-in, rischiano di creare ostacoli ai progetti e ai partenariati innovativi.

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Valutazione dell’impatto delle modifiche previste

4.1.1.

La valutazione d’impatto delle modifiche proposte è un documento importante, in quanto costituisce la base delle conclusioni e delle decisioni in merito alle modifiche e alle integrazioni della direttiva, le quali a loro volta avranno effetti considerevoli sugli Stati membri dell’UE. Per condurre tale valutazione, quindi, è indispensabile utilizzare un metodo solido, che porti a risultati oggettivi e affidabili.

4.1.2.

Le principali carenze rilevate nel suo parere dal comitato per il controllo normativo (4) sono:

la valutazione d’impatto espone soltanto in modo incompleto il punto di vista dei portatori di interesse. In particolare, non vengono prese adeguatamente in considerazione le preoccupazioni espresse dai portatori di interesse in merito alla sicurezza dei dati personali e alla protezione delle banche di dati;

sempre nella valutazione d’impatto, non si spiega in modo appropriato in che modo le modifiche previste interagiranno con la direttiva sulle banche di dati e con il regolamento generale sulla protezione dei dati;

inoltre, le possibili alternative alle modifiche non vengono esposte in maniera sufficientemente dettagliata e la gamma di tali opzioni è troppo limitata (oppure troppo uniforme) per poter garantire una scelta tra soluzioni realmente alternative.

Posizione del CESE:

è di fondamentale importanza porre rimedio alle carenze individuate dal comitato per il controllo normativo;

se del caso, occorre attuare le misure correttive corrispondenti per quanto riguarda le modifiche apportate alla direttiva.

4.1.3.

Nella sintesi della valutazione d’impatto gli interessi manifestati dalle parti interessate sono riassunti in questi termini (5):

i titolari dei dati (ossia gli enti pubblici) sono piuttosto favorevoli al mantenimento dello status quo per quanto riguarda il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, dunque alla scelta di un intervento a ridotta «intensità legislativa»;

i riutilizzatori dei dati (comprese le PMI) sono invece favorevoli all’opzione che garantisce progressi più rapidi ed efficaci riguardo all’ampliamento della portata dei dati riutilizzati, dunque alla scelta di un «intervento a elevata intensità legislativa».

Posizione del CESE:

benché l’obiettivo della direttiva sia quello di ampliare la portata dei dati riutilizzati e di rafforzare la posizione delle PMI sul mercato dei dati, non vanno ignorate le possibili distorsioni del mercato, ragion per cui la Commissione ha scelto l’opzione di un intervento a ridotta «intensità legislativa» e, così facendo, non ha sfruttato pienamente il potenziale di miglioramento disponibile negli ambiti in cui sono stati rilevati problemi;

se si vuol perseguire in modo più efficace gli obiettivi previsti con la revisione della direttiva, si deve valutare l’efficacia delle misure adottate.

4.1.4.

Nella valutazione d’impatto sono stati raccolti e valutati i punti di vista delle parti interessate (6):

raccogliere i punti di vista dei portatori d’interesse è un presupposto essenziale per scegliere le misure adeguate a risolvere i problemi (e in particolare per optare per interventi a bassa oppure alta «intensità legislativa»);

nella valutazione d’impatto trovano riscontro i punti di vista dei diversi portatori d’interesse riguardo alla valutazione complessiva del funzionamento attuale della direttiva e alle modifiche auspicabili.

Posizione del CESE:

la valutazione d’impatto non rispecchia in maniera sufficientemente concreta i punti di vista delle parti interessate riguardo alla scelta di un intervento a elevata oppure ridotta «intensità legislativa»;

all’interno di ciascun gruppo di soggetti interessati, essa non opera alcuna distinzione in funzione delle diverse preoccupazioni e possibilità, dei tipi di informazioni o delle forme di attività (ad esempio, tra i titolari dei dati che li mettono a disposizione gratuitamente e quelli che lo fanno a pagamento oppure tra i diversi tipi di utilizzatori dei dati: grandi imprese, piccole e medie imprese o altri organismi del settore pubblico);

non rileva la posizione di ogni singola parte interessata in relazione alla possibile opzione da scegliere per risolvere ogni singola problematica;

non effettua alcuna valutazione del rilievo sociale di ciascuna parte interessata (ossia del suo peso rispetto alla società nel suo insieme) e dunque anche della sua rappresentatività e dell’effettiva entità del suo impatto.

4.2.   Altri punti relativi alla direttiva considerati in misura insoddisfacente

4.2.1.

Il CESE reputa che la proposta di direttiva e la relativa valutazione d’impatto non tengano sufficientemente conto di importanti preoccupazioni espresse da varie parti interessate, e raccomanda pertanto di esaminare in maniera approfondita le seguenti questioni:

parità di diritti e obblighi per il settore pubblico e per quello privato per quanto riguarda l’accesso ai dati;

indennità per il settore pubblico a titolo di compensazione per la fornitura dell’accesso gratuito ai dati pubblici;

tutela delle «infrastrutture critiche» grazie all’introduzione di deroghe all’applicazione della direttiva per quanto riguarda tali infrastrutture;

eliminazione delle sovrapposizioni, grazie all’adeguamento della direttiva alle normative già in vigore in specifici settori in materia di scambio ed uso dei dati;

per quanto riguarda le possibili distorsioni della concorrenza, eliminazione dei rischi per le imprese pubbliche nei casi in cui esse debbano mettere gratuitamente delle informazioni a disposizione di imprese private concorrenti;

necessità di riqualificare il personale e di risolvere problemi sociali per far fronte alla possibile riduzione del numero di occupati nel settore pubblico a causa dell’automazione.

4.3.   Comunicazione della Commissione «Verso uno spazio comune europeo dei dati»

4.3.1.

Il CESE apprezza e sostiene l’opinione, espressa nella comunicazione della Commissione, secondo cui l’accesso ai dati pubblici e finanziati con fondi pubblici e il riutilizzo di tali dati sono pietre angolari essenziali per uno spazio comune europeo dei dati. Ciò è pienamente in sintonia con le attività connesse alla revisione della direttiva relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico. Gli obiettivi di tale revisione sono enumerati nella comunicazione, e il CESE reputa che i progressi compiuti nell’attuazione di tali obiettivi aumenteranno la disponibilità di dati da riutilizzare.

4.3.2.

Il CESE apprezza i principi fondamentali enunciati nella comunicazione per la condivisione dei dati tra imprese (B2B) come anche tra imprese e autorità pubbliche (B2G), e reputa che tali principi possano costituire una buona base per la futura cooperazione con le parti interessate.

4.3.3.

Il CESE esprime il suo sostegno alle misure presentate nella comunicazione, che a suo avviso renderanno più agevole per le imprese e per il settore pubblico accedere ai dati provenienti da una serie di fonti, settori economici e discipline diversi nell’Unione europea nonché il riutilizzo di questi dati.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER,


(1)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso uno spazio comune europeo dei dati» [COM(2018) 232 final].

(2)  Valutazione d’impatto SWD(2018) 127 final.

(3)  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (rifusione), COM(2018) 234 final.

(4)  Parere del comitato per il controllo normativo, [SEC(2018) 206].

(5)  Sintesi della valutazione d’impatto [SWD(2018) 128].

(6)  Valutazione d’impatto SWD(2018) 127 final.


ALLEGATO

Pur avendo ottenuto il sostegno di almeno un quarto dei voti espressi, i seguenti punti del parere della sezione specializzata sono stati modificati come conseguenza degli emendamenti accolti dall’Assemblea:

Modifiche all’articolo 1 della direttiva (Oggetto e ambito di applicazione)

Estensione del campo di applicazione della direttiva anche ai dati dei servizi pubblici e dei servizi di trasporto come pure ai dati della ricerca;

Nella parte esplicativa della proposta di direttiva (1) si specifica quanto segue:

riguardo ai dati nel settore dei trasporti e dei servizi di pubblica utilità, «sarà applicata una serie limitata di obblighi: «le imprese pubbliche possono imporre corrispettivi superiori ai costi marginali per la divulgazione e non sono tenute a divulgare i dati che non intendono rendere noti»;

riguardo ai dati della ricerca, «gli Stati membri saranno obbligati a mettere a punto politiche di accesso aperto ai dati della ricerca»: formulazione con cui, in definitiva, a livello UE non viene prescritto alcunché e tutti gli interventi al riguardo continuano ad essere rimessi, come avviene oggi, alla discrezionalità degli Stati membri.

Posizione del CESE:

Il CESE è, in certa misura, favorevole alle modifiche proposte, ma ritiene che esse offrano una soluzione insufficiente alla problematica relativa all’ambito di applicazione della direttiva ISP, dato che l’estensione di tale ambito rimane solo formale e non comporta quindi alcun obbligo e alcuna responsabilità supplementari veri e propri.

Le modifiche proposte comporteranno un maggior carico di lavoro e ulteriori oneri finanziari. A breve termine il titolare dei dati dovrà effettuare un investimento, ma a lungo termine sia questo soggetto che il riutilizzatore dei dati avranno una prospettiva di guadagno.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

80

Voti contrari:

52

Astensioni:

16

3.1.2.   Capo II della direttiva — Richieste di riutilizzo

Modifiche all’articolo 4 della direttiva (Prescrizioni per il trattamento delle richieste di riutilizzo)

Sono previsti dei casi eccezionali ai quali non si applicano le disposizioni in materia di trattamento delle richieste di riutilizzo.

Posizione del CESE: — Il CESE sostiene le modifiche proposte per quanto riguarda le suddette eccezioni, ma è del parere che, poiché sempre più spesso le informazioni o i documenti devono essere disponibili in tempi brevi, la durata massima prevista per il trattamento (20 giorni) sia troppo lunga e debba perciò essere ridotta migliorando le procedure di lavoro del settore pubblico.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

83

Voti contrari:

55

Astensioni:

7

3.1.4.   Capo IV della direttiva — Non discriminazione ed equità delle transazioni

Modifiche all’articolo 12 della direttiva (Divieto di accordi di esclusiva)

Si prescrive che le disposizioni giuridiche o pratiche che, pur non concedendo un diritto esclusivo, possono limitare la disponibilità di riutilizzo di documenti, siano rese pubbliche almeno due mesi prima di prendere effetto;

l’opzione proposta (quella di un intervento a bassa «intensità legislativa») consiste nel limitarsi a porre requisiti di trasparenza, senza vietare (come invece farebbe un intervento a elevata «intensità legislativa») alcuna attività che comporti un lock-in di dati.

Posizione del CESE: Il CESE è favorevole alle modifiche proposte, ma solo fino a un certo punto: è infatti dell’avviso che, in linea di massima, esse costituiscano un progresso verso la soluzione della problematica del «lock-in dei dati del settore pubblico», ma che l’effetto da loro conseguito non sarà sufficiente a risolvere il nocciolo di questo problema. A suo parere, riguardo a questa problematica sarebbe più fruttuoso optare per un intervento normativo che vieti le attività che comportano un lock-in di dati.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

80

Voti contrari:

60

Astensioni:

12

3.2.2.    Obiettivo: assicurare condizioni comparabili a livello di UE per la fornitura di dati, garantendo in tal modo una concorrenza leale.

Posizione del CESE: Le modifiche proposte sono direttamente e chiaramente orientate alla realizzazione di tale obiettivo, in quanto:

vengono migliorate le disposizioni in materia di tariffazione (articolo 6 della direttiva);

vengono disciplinate in modo più rigoroso le possibilità di concludere accordi di esclusiva (articolo 12 della direttiva);

viene regolamentata con precisione la messa a disposizione gratuita dei dati o delle serie di dati di elevato valore (articolo 13 della direttiva).

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

80

Voti contrari:

61

Astensioni:

9

3.2.4.    Obiettivo: rafforzare la posizione delle PMI sul mercato dei dati, evitando che esse incontrino ostacoli tali da dissuaderle dal riutilizzare dati pubblici a scopi commerciali.

Posizione del CESE: Le modifiche proposte sono orientate al raggiungimento di questo obiettivo e, se verranno attuate, miglioreranno la posizione delle PMI in termini di possibilità di riutilizzo dei dati del settore pubblico (articoli 6, 12 e 13 della direttiva). Tuttavia, la scelta di un intervento a elevata «intensità legislativa» sarebbe risultata più efficiente.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

76

Voti contrari:

53

Astensioni:

6

3.3.1.   Ambito problematico «Dati dinamici/API»:

Miglioramenti proposti:

gli Stati membri vengono incoraggiati «in modo non vincolante» a mettere tempestivamente a disposizione dati dinamici e a introdurre API (articolo 5 della direttiva);

e viene loro imposto un obbligo più rigoroso di garantire la possibilità di riutilizzo di un numero limitato di serie di dati di elevato valore (articolo 13 della direttiva).

Posizione del CESE:

Le modifiche proposte sono, entro certi limiti, idonee ad apportare miglioramenti in questo ambito problematico (cfr. il punto 3.1.3 del parere):

esse concorreranno, a lungo termine, a risolvere le questioni riguardanti l’accesso ai dati dinamici e a favorire il riutilizzo di questi dati nonché l’uso di nuovo tecnologie (API) per lo scambio di dati automatico; ma, dato che la prescrizione per gli Stati membri di «mettere tempestivamente a disposizione dati dinamici e di introdurre API» non è vincolante, il risultato cui esse condurranno non è né controllabile né prevedibile. Soprattutto a breve termine, il miglioramento apportato potrebbe risultare insoddisfacente.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

77

Voti contrari:

58

Astensioni:

10

3.3.3.   Ambito in cui si può migliorare: «Campo di applicazione della direttiva ISP»

Miglioramenti proposti:

Viene ampliato l’oggetto ed esteso l’ambito di applicazione della direttiva (articolo 1 della direttiva);

gli Stati membri vengono obbligati a mettere a punto politiche di accesso aperto ai dati della ricerca finanziata con fondi pubblici, mantenendo nel contempo una certa flessibilità per quanto concerne la fase di attuazione (articolo 10 della direttiva).

Posizione del CESE:

Le modifiche proposte non sono sufficienti ad apportare miglioramenti in questo ambito problematico (cfr. i punti 3.1.1 e 3.1.3 del parere).

L’estensione dell’ambito di applicazione della direttiva ricorrendo all’opzione di un intervento a ridotta «intensità legislativa» è puramente formale e non implica l’imposizione di alcun obbligo supplementare vero e proprio. Così facendo, il problema pratico rimane irrisolto.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

78

Voti contrari:

61

Astensioni:

10

3.3.4.   Ambito problematico: «Lock-in dei dati del settore pubblico»

Miglioramenti proposti: Si introducono requisiti più restrittivi in materia di non esclusività e di trasparenza per gli accordi tra enti pubblici e privati riguardanti l’informazione del settore pubblico (articoli 11 e 12 della direttiva).

Posizione del CESE:

Le modifiche proposte non sono sufficienti ad apportare miglioramenti in questo ambito problematico (cfr. il punto 3.1.4 del parere):

tali disposizioni favoriranno sì, entro certi limiti, la soluzione del problema del lock-in dei dati del settore pubblico e il riutilizzo di tali dati, ma l’intervento a ridotta «intensità legislativa» per il quale si è optato non sarà sufficiente per risolvere efficacemente il problema. Il CESE reputa infatti che, in relazione a questa problematica, l’opzione più efficace sarebbe quella di un intervento a elevata «intensità legislativa».

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

82

Voti contrari:

57

Astensioni:

8

4.1.3.

Nella sintesi della valutazione d’impatto gli interessi manifestati dalle parti interessate sono riassunti in questi termini (2):

i titolari dei dati (ossia gli enti pubblici) sono piuttosto favorevoli al mantenimento dello status quo per quanto riguarda il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, dunque alla scelta di un intervento a ridotta «intensità legislativa»;

i riutilizzatori dei dati (comprese le PMI) sono invece favorevoli all’opzione che garantisce progressi più rapidi ed efficaci riguardo all’ampliamento della portata dei dati riutilizzati, dunque alla scelta di un intervento a elevata «intensità legislativa».

Posizione del CESE:

Benché l’obiettivo della direttiva sia quello di ampliare la portata dei dati riutilizzati e di rafforzare la posizione delle PMI sul mercato dei dati, la Commissione ha comunque scelto l’opzione di un intervento a ridotta «intensità legislativa» e, così facendo, non ha sfruttato pienamente il potenziale di miglioramento disponibile negli ambiti in cui sono stati rilevati problemi;

per perseguire più efficacemente gli obiettivi previsti con la modifica della direttiva, è necessario procedere in modo più attivo e mirato e, per risolvere i singoli problemi pratici, occorre optare per un intervento a elevata «intensità legislativa». È possibile che ciò comporti una modifica delle opzioni indicate nella valutazione d’impatto.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

87

Voti contrari:

58

Astensioni:

6


(1)  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (rifusione), COM(2018) 234 final.

(2)  Sintesi della valutazione d’impatto [SWD(2018) 128].


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/254


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “L’Europa in movimento — Una mobilità sostenibile per l’Europa: sicura, interconnessa, pulita”»

[COM(2018) 293 final]

(2019/C 62/39)

Relatrice:

Giulia BARBUCCI

Consultazione

Commissione europea, 18.6.2018

 

 

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

4.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

201/3/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il Terzo Pacchetto Mobilità e lo considera un ulteriore passo verso una mobilità sostenibile per l’Europa. Il Comitato, tuttavia, nota che la proposta della Commissione si limita a considerare quasi esclusivamente il trasporto su strada. Per sviluppare una mobilità realmente sostenibile e sicura è necessario elaborare un progetto più ambizioso, che consideri tutte le forme di trasporto disponibili, con un’attenzione specifica all’intermodalità dei trasporti merci e passeggeri.

1.2.

Il CESE ritiene che le proposte della Commissione finalizzate ad una mobilità sicura, interconnessa e pulita comporteranno ingenti sforzi economici, in primis per gli Stati membri, per adeguare le infrastrutture materiali e digitali (5G). Quindi, è importante sostenere queste iniziative con fondi adeguati e per un lungo periodo, stabilendo obiettivi realistici e raggiungibili.

1.3.

Il CESE accoglie con favore il «piano d’azione strategico sulla sicurezza stradale» e condivide l’obiettivo «Vision Zero», finalizzato a registrare zero vittime e feriti gravi in incidenti stradali entro il 2050. Il metodo «Safe System», promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), potrà sicuramente contribuire a tale scopo, limitando il numero di incidenti e minimizzando il danno per passeggeri e pedoni. È, inoltre, prioritario procedere ad una armonizzazione delle norme nazionali relative al codice della strada e delle relative sanzioni e allo stesso tempo, estendere l’obbligatorietà dei dispositivi per la sicurezza degli autoveicoli a tutti i veicoli su strada, per il trasporto merci e passeggeri, pubblici e privati. Infine, si raccomanda che i nuovi veicoli «sicuri» siano economicamente accessibili per i consumatori e le aziende.

1.4.

La digitalizzazione, l’inteconnessione e l’automatizzazione costituiscono lo strumento principale attraverso il quale sviluppare il metodo «Safe System» e avvicinarsi all’obiettivo «Vision Zero». Il CESE sostiene il progetto di realizzare una rete stradale automatizzata e interconnessa e sicura. Il Comitato raccomanda alla Commissione di tenere in considerazione il diverso stato dell’infrastruttura stradale e autostradale nei diversi Stati membri e, soprattutto, di estendere il progetto ai centri urbani, ove si verificano la gran parte degli incidenti gravi non mortali.

1.5.

La proposta della Commissione sottolinea quanto sia importante sviluppare veicoli autonomi e quanto rilevante sia il loro contributo a una maggiore sicurezza. Tuttavia, essa non definisce una dettagliata strategia per la realizzazione di una mobilità automatizzata, il che rende probabilmente più agevole compiere progressi in questo campo, ma può costituire un problema per gli Stati membri chiamati ad adeguare le politiche dei trasporti alle nuove tecnologie e al loro utilizzo. Inoltre, il CESE evidenzia problemi di fattibilità tecnologica, per garantire condizioni di massima sicurezza in un sistema di «traffico misto» (veicoli con guida umana, assistita e automatizzati).

1.6.

L’automazione integrale dei veicoli suscita numerosi interrogativi etici, economici, occupazionali, di accettazione sociale e di responsabilità giuridica. Il CESE richiama il principio secondo cui solo l’essere umano, in quanto tale, possa compiere scelte «etiche» e che le macchine, qualunque sia il loro livello di perfezionamento, devono accompagnare l’uomo e non sostituirsi ad esso. È importante che la società civile organizzata sia pienamente coinvolta nella governance del processo e che siano attivati i processi di dialogo sociale e contrattazione collettiva per prevenire potenziali ricadute negative sul lavoro e i lavoratori.

1.7.

Il CESE sostiene le proposte per una maggiore sostenibilità dei trasporti ed il Piano d’azione strategico per le batterie, volto a ridurre il gap energetico europeo e creare una catena del valore delle batterie. Tuttavia, il Comitato sottolinea che diversi fattori si frappongono al pieno sviluppo del piano: dipendenza di materie prime da paesi terzi; mancanza di combustibili alternativi; ritardi nella gestione, trasformazione e smaltimento delle batterie esauste; mancanza di una forza lavoro qualificata.

1.8.

Queste condizioni rendono indispensabili ingenti investimenti in ricerca e innovazione per individuare nuovi combustibili alternativi completamente rinnovabili e a impatto zero. Altrettanto importante sarà investire in educazione e formazione coinvolgendo università e centri di ricerca, per avere una forza lavoro qualificata.

1.9.

La transizione verso le auto elettriche comporterà il rinnovamento di gran parte del parco auto europeo in poco più di un decennio. I veicoli più puliti e sicuri dovrebbero essere economicamente accessibili a tutti, cittadini e imprese, e gli Stati dovrebbero agevolare la transizione con adeguati incentivi fiscali.

1.10.

Il rinnovo del parco auto genererà anche il problema di smaltire e riciclare gran parte del parco auto esistente. Questo tema dovrebbe essere centrale nelle strategie della Commissione nel quadro dell’economia circolare. La società civile organizzata dovrebbe essere coinvolta in tutte le fasi del processo di transizione ed è chiamata ad informare e sensibilizzare i cittadini nell’ottica di una mobilità sostenibile.

2.   Introduzione

2.1.

Il settore dei trasporti è stato a lungo oggetto di numerose evoluzioni e trasformazioni, divenendo uno dei fattori chiave dello sviluppo. Innovazione, tecnologia, digitalizzazione e interconnettività stanno realizzando una nuova rivoluzione dei trasporti, orientata verso una maggiore sicurezza, accessibilità, sostenibilità, competitività e occupazione.

2.2.

L’Unione europea, sulla scia della Strategia per la mobilità a basse emissioni (1), ha costruito un’agenda ad hoc sul settore ripartita in tre «pacchetti mobilità» (2), pubblicati rispettivamente nel maggio 2017, novembre 2017 e maggio 2018. Il presente parere si riferisce a quest’ultima iniziativa legislativa, intitolata «Europa in movimento».

2.3.

La comunicazione della Commissione e le proposte del pacchetto si riferiscono principalmente al settore del trasporto su strada, ed in modo particolare si concentra sul trasporto in automobile, senza prendere in considerazione tutte le altre forme di trasporto.

3.   Sintesi della proposta

3.1.

La comunicazione della Commissione COM(2018) 293 «Europa in Movimento. Una mobilità sostenibile per l’Europa: sicura, interconnessa, pulita» rappresenta il documento chiave del terzo pacchetto mobilità, in quanto ne stabilisce il quadro di riferimento. Questo si articola in tre capitoli: sicurezza; interconnessione e automatizzazione; sostenibilità. Inoltre, i due allegati alla comunicazione contengono iniziative chiave relativamente al Piano d’azione strategico sulla sicurezza stradale e al Piano d’azione strategico per le batterie.

3.2.   Mobilità sicura

3.2.1.

Nonostante i progressi degli ultimi anni, il numero degli incidenti gravi o mortali sulle strade continua ad essere troppo elevato. Nel 2017 a causa di incidenti sono stati registrati 25 300 decessi e 135 000 feriti gravi, generando costi economici e sociali elevatissimi. Poiché il 90 % degli incidenti è causato da errore umano, la Commissione ritiene che automazione, connettività e nuovi standard di progettazione possano contribuire sensibilmente a limitare questo drammatico fenomeno (3), avendo come obiettivo quello di registrare zero vittime e incidenti gravi sulle strade entro il 2050 («Vision Zero»). Tale strategia prevede un obiettivo intermedio di riduzione delle vittime e dei feriti gravi del 50 % entro il 2030.

3.2.2.

Per contribuire al raggiungimento di tali obiettivi, l’UE ha intenzione di mettere in campo nuovi strumenti tecnologici e normativi in base all’approccio «Safe System» dell’OMS. Questo si basa sul principio che, sebbene gli incidenti non possano essere completamente eliminati, si possa comunque intervenire per ridurre il numero delle vittime e dei feriti gravi.

3.2.3.

L’Unione europea intende affrontare in modo integrato le cause degli incidenti, costruendo livelli di protezione tali da garantire la compensazione tra elementi, qualora uno di essi venga meno. Questo processo implica l’introduzione di dotazioni tecnologiche nei veicoli e nelle infrastrutture stradali ed il crescente scambio di informazioni tra di esse. Ciascuna misura è oggetto di un’iniziativa legislativa ad hoc:

a)

Piano d’azione strategico sulla sicurezza stradale (4). Il piano d’azione fissa l’obiettivo «zero vittime» nonché dei criteri per rafforzare la governance europea, l’aumento dei finanziamenti per l’innovazione della rete stradale attraverso il meccanismo per collegare l’Europa (200 milioni di EUR), la declinazione dell’approccio «Safe System», nuove prescrizioni per aumentare la sicurezza dei veicoli, obiettivi in termini di connettività e automazione veicolo–veicolo e infrastruttura stradale–veicolo e una proposta per esportare gli standard di sicurezza europei nei paesi terzi (con priorità verso i Balcani occidentali).

b)

Regolamento per la protezione degli occupanti dei veicoli e degli utenti vulnerabili delle strade (5). Tra gli altri, si prevede l’introduzione di dispositivi avanzati per la frenata di emergenza, l’avviso di deviazione della corsia di marcia, la diversa progettazione dell’abitacolo dei veicoli pesanti per favorire la visibilità di ciclisti o pedoni, unitamente a sensori per il rilevamento di questi ultimi.

c)

Direttiva sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (6). Si pone l’obiettivo di fare una mappatura del rischio dell’intera rete europea, non limitandosi alle sole autostrade della rete TEN-T ma estendendola anche a tutte le altre autostrade e alle strade principali. Le strade urbane sono escluse. La direttiva fissa altresì migliori standard di qualità per l’infrastruttura stradale (chiara segnaletica orizzontale e stradale e introduzione di nuove tecnologie come il correttore di uscita dalla corsia).

3.3.   Mobilità interconnessa e automatizzata

3.3.1.

La strategia della Commissione per una «mobilità connessa e automatizzata» (7)«si fonda su un percorso già intrapreso a livello UE, ed in particolare sulla comunicazione»L’intelligenza artificiale per l’Europa (8), e sulla Dichiarazione di Amsterdam, con la quale gli Stati membri hanno chiesto alla Commissione di elaborare una strategia europea in materia di guida automatizzata e connessa, di adeguare il quadro normativo, di sostenere i processi di ricerca e innovazione e diffondere «sistemi di trasporto intelligenti cooperativi e interoperabili».

3.3.2.

La Commissione include in un unico documento degli obiettivi di lungo periodo (riduzione emissioni, traffico e incidenti): offrire sostegno concreto all’industria automobilistica in raccordo con la ricerca e l’innovazione; affrontare tempestivamente gli interrogativi di carattere etico e sociale, come il nuovo rapporto uomo-macchina, la cibersicurezza e l’impatto occupazionale di dette tecnologie prima dell’introduzione sul mercato delle vetture ad automazione integrale.

3.3.3.

Tra i principali vantaggi offerti dall’automatizzazione vi è l’accessibilità alla mobilità per tutti quei soggetti (in primis diversamente abili e anziani) che ad oggi ne sono esclusi. Per massimizzare le opportunità offerte dall’automazione è fondamentale che veicoli e infrastrutture stradali si scambino costantemente informazioni, considerando che nei prossimi anni potrebbe crearsi un «sistema misto» in cui veicoli con tecnologie diverse (guida umana, assistita e automatizzata) entrino in relazione. Per completare questo quadro, nell’ottica di sviluppo dell’intermodalità, vengono altresì fissate prescrizioni ad hoc per una interfaccia unica marittima europea (9) e informazioni elettroniche sul trasporto merci (10).

3.4.   Mobilità pulita

3.4.1.

La decarbonizzazione dei trasporti e la transizione verso un’energia pulita rappresentano uno degli aspetti chiave del terzo pacchetto mobilità. Questa iniziativa rientra nel quadro più ampio del Piano d’azione per l’economia circolare. L’UE, per raggiungere livelli più elevati di sostenibilità e competitività, lancia una serie di iniziative:

a)

Piano d’azione strategico sulle batterie (11): nasce dall’esigenza di aumentare l’autosufficienza energetica europea in continuità con la creazione della «European Battery Alliance», che vede il coinvolgimento di soggetti industriali, degli Stati membri e della BEI. Il piano è finalizzato alla produzione di batterie sostenibili nell’intera catena del valore, cominciando con l’estrazione di materie prime (primarie e secondarie), la progettazione e la fase di produzione delle celle di batterie e dei pacchi di batterie, il loro uso, secondo uso, riciclaggio e smaltimento;

b)

Regolamento per le emissioni dei nuovi veicoli pesanti (12), volto a definire una serie di parametri in materia di emissioni CO2 per autocarri ed autobus, integrando e completando la normativa vigente. L’iniziativa prevede altresì misure per incentivare le aziende all’acquisto di veicoli più efficienti energicamente e meno inquinanti. Detta misura si integra con una proposta per una rapida entrata in vigore di nuovi standard di progettazione sull’aerodinamica e sul peso dei veicoli pesanti, al fine di ridurre le emissioni di CO2 (13);

c)

Regolamento per favorire la comparazione tra combustibili diversi, adottando una unica unità di misura per incentivare l’acquisto di nuovi veicoli a basso impatto ambientale (14);

d)

Regolamento per l’etichettatura degli pneumatici (15) per evidenziarne gli standard di sicurezza, efficienza energetica e rumorosità;

e)

Revisione del quadro della tassazione dei prodotti energetici promuovendo l’elettromobilità;

f)

Regolamento per razionalizzare le misure di realizzazione della rete centrale transeuropea dei trasporti (TEN-T) (16) per snellire le procedure di autorizzazione dei progetti.

3.5.

L’insieme delle iniziative è accompagnato da un investimento complessivo di 450 milioni di EUR nell’ambito del Meccanismo per collegare l’Europa, finanziando progetti che contribuiscono alla sicurezza stradale, alla digitalizzazione e alla multimodalità. Sempre sotto il medesimo programma, saranno stanziati ulteriori 4 milioni di EUR per la cibersicurezza e per la mobilità cooperativa connessa e automatizzata.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE accoglie con favore il terzo Pacchetto mobilità considerandolo un ulteriore passo verso una mobilità più sicura, accessibile e sostenibile. Tuttavia, il Comitato nota che la proposta della Commissione si limita a considerare quasi esclusivamente una parte del settore dei trasporti su strada. Per sviluppare una mobilità sostenibile e sicura è necessario considerare tutte le forme di trasporto disponibili, pianificando un’interconnessione sempre più stretta, efficace e efficiente tra trasporto pubblico e privato, riducendo i tempi di viaggio e i volumi di traffico.

4.2.

Il Pacchetto è composto da una serie di iniziative legislative collegate tra loro che il CESE ha ritenuto meritevoli di un approfondimento specifico attraverso l’elaborazione di singoli pareri. Per questa ragione, questo parere si concentra sull’analisi della comunicazione di riferimento e deve essere letto e compreso in continuità con i precedenti pareri del CESE sul primo e secondo Pacchetto mobilità nonché con i pareri elaborati in modo coordinato con questo, che ne analizzano aspetti specifici (17).

4.3.

Il CESE ritiene che la comunicazione della Commissione e le proposte collegate siano in linea con i precedenti pareri del Comitato in materia e che possa contribuire a migliorare gli standard di sicurezza, così come la competitività dell’intero settore automotive europeo.

4.4.

Il CESE mette in evidenza che la comunicazione della Commissione non è supportata da un’adeguata valutazione d’impatto sulle misure in essa proposte. In particolare, non sono chiari gli effetti sulla proprietà e l’uso dei veicoli e sulla conseguente evoluzione dei volumi di traffico. Questi, a fronte di una promozione dei trasporti, anziché diminuire potrebbero aumentare, incrementando il tempo che i cittadini usano per spostarsi e con esso il rischio di incidenti. È fondamentale che la Commissione si faccia portatrice di una visione globale e ambiziosa dei trasporti che consideri l’intermodalità tra trasporto pubblico e privato come un fattore generatore di efficienza, qualità di vita e sicurezza. Il CESE sottolinea l’importanza di produrre adeguate valutazioni d’impatto per tutte le proposte contenenti misure concrete. Nel prepararsi per i nuovi mezzi di trasporto, occorre fare attenzione a non rendere più lenta l’ampia diffusione di soluzioni tecnologiche intelligenti (ad esempio nel campo dell’illuminazione) che migliorino l’efficienza dei trasporti — in particolare di quelli pubblici — e riducano la probabilità di incidenti.

4.5.

Il Comitato sostiene l’obiettivo «Vision Zero», da raggiungersi attraverso il metodo «safe system». Questo richiederà il coinvolgimento di tutti i settori e di tutti gli utenti della strada per una governance rafforzata. È importante che gli indicatori fissati per il raggiungimento degli obiettivi siano chiari, realistici e monitorabili. In particolare, il CESE auspica il coinvolgimento attivo della società civile organizzata in tutte le fasi di elaborazione, implementazione, monitoraggio e valutazione della strategia.

4.6.

Il CESE valuta positivamente la scelta di stanziare 450 milioni di EUR (periodo 2018-2020) per la digitalizzazione e la sicurezza stradale attraverso il meccanismo Collegare l’Europa. Tuttavia, il Comitato ribadisce la necessità che il prossimo Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 incrementi sensibilmente la dotazione finanziaria disponibile a garantire una continuità nel lungo periodo, in modo da poter raggiungere gli ambiziosi obiettivi che l’UE ha fissato.

4.7.

Il Comitato ritiene che effettuare una mappatura del rischio dell’intera rete europea TEN-T e di tutte le autostrade e strade principali sia un passo fondamentale per pianificare l’entità e la tipologia di interventi infrastrutturali sulla rete stradale europea. È importante che lo sviluppo delle infrastrutture fisiche e digitali avvenga in parallelo. È altresì importante completare quanto prima la copertura 5G su tutte le reti autostradali e principali europee per consentire l’effettiva interconnettività tra strade e veicoli e tra veicoli e veicoli. Il CESE, tuttavia, rileva che le reti stradali ed autostradali nei vari paesi europei versano in condizioni molto diverse. È quindi importante accompagnare i singoli Stati membri in questo fondamentale processo di ammodernamento con adeguati finanziamenti e stabilendo obiettivi realistici e raggiungibili.

4.8.

Il CESE accoglie positivamente la proposta della Commissione di rendere obbligatorie alcune importanti caratteristiche di sicurezza dei veicoli sia di carattere tecnologico (adattamento intelligente alla velocità, frenata di emergenza autonoma…), sia progettuale (migliorare visibilità diretta negli autocarri). Il Comitato, tuttavia, auspica che l’insieme dei nuovi dispositivi di sicurezza sia egualmente esteso a tutte le forme di trasporto su strada al fine di rendere il quadro normativo completo, chiaro ed omogeneo.

4.9.

La proposta di un nuovo sistema di etichettatura degli pneumatici, contenente specifiche sugli standard di sicurezza (ma anche ambientali e di rumore), potrebbe rappresentare un fattore chiave nella riduzione degli incidenti, valorizzando la scelta proattiva e consapevole dei consumatori. È importante che le indicazioni riportate sulle etichette siano immediatamente chiare e comprensibili per i consumatori.

4.10.

Sul fronte della sicurezza stradale è altresì importante che l’Unione europea avvii un percorso di progressiva omogeneizzazione delle normative vigenti su base nazionale e le relative sanzioni (segnaletica stradale, velocità, uso di cinture e caschi, divieto di guida in stato di ebbrezza o sotto l’influsso di sostanze stupefacenti…). Tali misure dovranno essere accompagnate dallo sviluppo di adeguate tecnologie sui singoli per rilevare eventuali situazioni di rischio o pericolo (alcolock, rilevazione di sonnolenza del guidatore…). È altresì importante che qualunque forma di tecnologia non comporti l’aumento eccessivo del costo dei veicoli. I veicoli più sicuri devono essere accessibili a tutti (18).

4.11.

L’obiettivo «Vision Zero» affida molte speranze allo sviluppo di una mobilità connessa e automatizzata. Il CESE considera che l’automatizzazione potrebbe giocare un ruolo chiave nella riduzione degli incidenti, tuttavia, ritiene fondamentale rimarcare alcune preoccupazioni e perplessità relativamente al percorso di sviluppo ipotizzato dalla Commissione. Per tale ragione, è importante migliorare le tecnologie già esistenti, avviando contestualmente processi di controllo sulle tecnologie esistenti e nuove, che garantiscano il raggiungimento di effettivi livelli di sicurezza. La mancanza una strategia dettagliata in direzione della mobilità automatizzata rende probabilmente più agevole compiere progressi in questo campo, ma può costituire un problema per gli Stati membri chiamati ad adeguare le politiche dei trasporti alle nuove tecnologie e al loro utilizzo.

4.11.1.

Tale strategia dovrebbe essere sviluppata massimizzando il ruolo dell’automazione e dell’interconnettività a supporto dell’essere umano. In particolare il Comitato esprime preoccupazione in merito a come la Commissione consideri vicini i livelli di guida assistita e di completa automatizzazione (essere umano esclusivamente passeggero). La completa automatizzazione, infatti, comporta sia un problema di accettazione socio-economica, sia un problema di fattibilità tecnologica e infrastrutturale dato dal dover garantire situazioni di massima sicurezza in un sistema misto (veicoli senza guida assistita, veicoli con guida assistita e veicoli completamente automatizzati). Prima di introdurre sul mercato, quindi, veicoli completamente automatizzati, si dovrebbe passare per una fase di sperimentazione che garantisca livelli di efficienza e sicurezza simili a quelli di aerei o treni.

4.11.2.

Il CESE accoglie favorevolmente le proposte volte a creare uno scambio di informazioni digitali nei trasporti marittimi (Maritime Single Window e riconoscimento di documenti merci), ma ritiene che tali proposte potrebbero essere ulteriormente sviluppate.

4.12.

Il CESE accoglie con favore il Piano d’azione strategico per le batterie che pone al centro del processo l’alleanza europea delle batterie, mettendo in evidenza il problema della grave dipendenza energetica dell’UE da paesi terzi.

4.12.1.

La scelta di creare una catena del valore delle batterie, secondo il modello dell’economia circolare, è sicuramente condivisibile. Tuttavia, il Comitato sottolinea come ad oggi diversi fattori si frappongono al pieno sviluppo del piano: dipendenza di materie prime da paesi terzi (es. litio); stato embrionale della ricerca per materie prime alternative funzionali all’economia circolare; incapacità di gestire completamente l’attività di trasformazione delle batterie esauste (materie prime secondarie) e il loro smaltimento; mancanza di una forza lavoro qualificata.

4.12.2.

In particolare il CESE ritiene che tali criticità per essere superate necessitano di ingenti fondi in ricerca e innovazione. I fondi stanziati per il periodo 2018-2020 sono sicuramente rilevanti, ma devono trovare continuità nel prossimo QFP 2021-2027. In particolare, è fondamentale sostenere la ricerca di fonti alternative di energia completamente rinnovabili, pulite e dall’impatto ambientale zero, superando alcuni evidenti limiti di disponibilità di materie prime e di impatto ambientale che già oggi caratterizzano le batterie per motori elettrici. Inoltre è indispensabile creare una forza lavoro qualificata, attingendo ai fondi del programma Erasmus+ e coinvolgendo università e centri di ricerca.

4.12.3.

Il Comitato evidenzia che l’iniziativa della Commissione porterà al quasi completo rinnovo dell’intero parco auto europeo nell’arco di un decennio, generando un nuovo problema legato allo smaltimento e riciclo di milioni di veicoli. Questo tema dovrebbe essere centrale nelle strategie della Commissione nel quadro dell’economia circolare. La società civile organizzata deve essere coinvolta in tutte le fasi del processo di transizione ed è chiamata ad informare e sensibilizzare, nell’ottica di una mobilità sostenibile.

4.13.

Il CESE sostiene l’iniziativa di stabilire limiti di emissioni di CO2 anche per i veicoli pesanti, così come già avviene per altre categorie di veicoli. Poiché le PMI del settore dei trasporti potrebbero incontrare delle difficoltà nel rinnovare il proprio parco veicoli, si raccomanda agli Stati membri di sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di CO2 attraverso appositi incentivi fiscali.

4.14.

Il CESE ritiene che la proposta di semplificazione per la costruzione di reti TEN-T dovrebbe tenere in debita considerazione i procedimenti giudiziari al fine di essere completamente efficace (19).

5.   Osservazioni specifiche

5.1.

La classificazione del rischio effettuata su autostrade europee e strade statali non considera lo sviluppo di un’adeguata e coordinata tecnologia nelle città, dove avvengono la maggioranza degli incidenti gravi non mortali. Inoltre, sarebbe importante avviare il medesimo processo anche nei sei Stati dei Balcani occidentali che già hanno avviato i rispettivi negoziati di adesione all’UE.

5.2.

Il sistema eCall sulle autovetture, con chiamata automatica verso le autorità preposte del settore stradale e sanitario in caso di incidente, è sicuramente un ulteriore elemento capace di ridurre gli effetti degli incidenti stradali. Il CESE auspica che detta strumentazione sia resa obbligatoria su tutti i veicoli maggiormente diffusi ed esposti ad incidenti (veicoli pesati, autobus e motocicli) e che l’UE favorisca una maggiore integrazione nei servizi di pronto intervento di sicurezza stradale e pronto soccorso sanitario.

5.3.

Gli aspetti etici rappresentano un aspetto cruciale dello sviluppo dell’automazione. Particolarmente controverse sono le situazioni in cui le macchine potrebbero essere chiamate a compiere scelte «etiche». Il Comitato rinnova il principio secondo cui solo gli esseri umani possono compiere, in quanto tali, scelte etiche e che le macchine, qualunque sia il loro livello di perfezionamento, devono accompagnare l’uomo e non sostituirsi ad esso.

5.4.

In merito allo sviluppo e messa sul mercato di veicoli completamente automatizzati, il CESE invita la Commissione ad approfondire con maggiore attenzione gli aspetti occupazionali e sociali da ciò derivanti. In particolare, il Comitato teme che in un tempo relativamente breve interi settori lavorativi (es: trasportatori) potrebbero essere cancellati, ed i posti di lavoro persi non compensati da nuove occupazioni. Inoltre, di fronte ad uno scenario di questo tipo, l’UE dovrebbe far fronte ad un numero estremamente elevato di disoccupati le cui competenze e conoscenze sarebbero difficilmente rimodulabili nel nuovo sistema di trasporti automatizzato. È pertanto necessario prevedere attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva la gestione dei processi di cambiamento e l’attivazione di percorsi formativi per fornire le competenze necessarie a tutti i lavoratori del settore.

5.5.

Il Comitato ritiene che le compagnie assicurative dovrebbero incentivare l’acquisto di veicoli più sicuri attraverso la riduzione dei premi. Più in generale, il CESE ritiene fondamentale avviare una seria riflessione sugli aspetti giuridici connessi all’introduzione di veicoli completamente automatizzati, chiarendo in primis a chi imputare la responsabilità civile o penale di un incidente stradale.

5.6.

Il Comitato esprime delle perplessità sul sistema adottato dalla Commissione per la comparazione di combustibili diversi (20). Questo sistema, infatti, basato sul costo per 100 km percorsi da una vettura, non tiene in considerazione numerosi parametri indispensabili a quantificare il costo reale del carburante, rischiando di generare confusione tra i consumatori. Inoltre, il meccanismo di consultazione dei consumatori messo in atto dalla Commissione ha di fatto marginalizzato il ruolo del CESE e delle associazioni dei consumatori attive nel settore e si è concentrato su un campione statisticamente non rilevante (3 000 intervistati in tre paesi UE), ponendo alternative troppo simili.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2016) 501 final.

(2)  COM(2017) 283 final; COM(2017) 675 final; COM(2018) 675 final.

(3)  COM(2016) 686 final.

(4)  COM(2018) 293 final, allegato1.

(5)  COM(2018) 286 final.

(6)  COM(2018) 274 final.

(7)  COM(2018) 283 final.

(8)  COM(2018) 237 final.

(9)  COM(2018) 278 final.

(10)  COM(2018) 279 final.

(11)  COM(2018) 293 final, allegato 2.

(12)  COM(2018) 284 final.

(13)  COM(2018) 275 final.

(14)  Regolamento di esecuzione (UE) 2018/732 della Commissione (GU L 123 del 18.5.2018, pag. 85).

(15)  COM(2018) 296 final.

(16)  COM(2018) 277 final.

(17)  TEN/668, Interfaccia unica marittima europea e Informazioni elettroniche sul trasporto delle merci (cfr. pag. 265 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/669, Realizzazione dei progetti della rete TEN-T (cfr. pag. 269 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/675, Norme in materia di emissioni di CO2 per gli autocarri e Pesi e dimensioni dei veicoli stradali (cfr. pag. 286 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/672, Meccanismo per collegare l’Europa (CEF) (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 191); TEN/673, Mobilità connessa e automatizzata (cfr. pag. 274 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/674, Etichettatura degli pneumatici, 2018 (cfr. pag. 280 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/667, Gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (cfr. pag. 261 della presente Gazzetta ufficiale); INT/863, Sicurezza dei veicoli/protezione degli utenti vulnerabili (GU C 440 del 6.12.2018, p. 90).

(18)  GU C 157 del 28.6.2005, pag. 34.

(19)  TEN/669, Realizzazione dei progetti della rete TEN-T (cfr. pag. 269 della presente Gazzetta ufficiale).

(20)  Regolamento di esecuzione (UE) 2018/732 della Commissione del 17 maggio 2018.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/261


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali»

[COM(2018) 274 final — 2018/0129 (COD)]

(2019/C 62/40)

Relatore:

Brian CURTIS

Consultazione

Parlamento europeo, 31.5.2018

Consiglio dell’Unione europea, 8.6.2018

Base giuridica

Articolo 91, paragrafo 1, lettera c) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

4.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

204/2/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di modifica della direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (GSIS). In particolare, il CESE ritiene che le misure proposte dalla Commissione dovrebbero porre rimedio alle carenze dell’attuale direttiva (armonizzazione, condivisione delle informazioni e ambito di applicazione limitato) e svolgere un ruolo chiave per l’attuazione del piano d’azione strategico sulla sicurezza stradale.

1.2.

Il Comitato approva l’iniziativa «Vision Zero» (visione zero), che mira ad azzerare il numero degli incidenti gravi e mortali sulle strade entro il 2050, un obiettivo che può essere conseguito adottando l’approccio del «sistema sicuro» (Safe System) promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità. L’attuazione di questa strategia richiederà il coinvolgimento di tutti i settori e di tutti gli utenti della strada per mettere in atto una governance rafforzata. È importante che gli indicatori siano chiari e monitorabili. Le organizzazioni della società civile dovrebbero essere attivamente coinvolte in tutte le fasi di definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione della strategia.

1.3.

Il Comitato ritiene che una procedura di mappatura del rischio sistematica e attiva su tutta la rete TEN-T e su tutte le autostrade, nonché su tutte le strade principali, rappresenti un passo avanti fondamentale nella pianificazione di nuovi interventi infrastrutturali. Tuttavia, a causa dei diversi livelli di attuazione dell’attuale direttiva GSIS, è importante stabilire obiettivi e scadenze realistici per tutti gli Stati membri e offrire un sostegno finanziario alle regioni in cui i ritardi sono più marcati, inclusi i sei paesi dei Balcani occidentali. Inoltre, il Comitato sostiene che l’ambito di applicazione della direttiva GSIS dovrebbe essere esteso a tutte le principali strade rurali e urbane, al fine di conseguire una reale e drastica riduzione degli incidenti gravi e mortali entro il 2030.

1.4.

Il CESE ritiene che il raggiungimento di livelli elevati di sicurezza stradale rappresenti un obiettivo strategico, ma è necessario prevedere un aumento del bilancio nel prossimo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 per assicurare quella continuità a lungo termine che consentirà di realizzare gli ambiziosi obiettivi che la stessa UE si è prefissa. In particolare, il Comitato sottolinea che la strategia dell’UE è principalmente incentrata sul finanziamento della costruzione di nuove infrastrutture, ma si dovrebbero stanziare dei finanziamenti adeguati anche per la manutenzione e il miglioramento delle strade esistenti. Inoltre, il CESE ritiene che una dotazione più consistente per i trasporti avrà un ulteriore impatto positivo sulla crescita e sull’occupazione in Europa.

1.5.

Il Comitato sostiene la proposta di nuovi requisiti di prestazione per la segnaletica orizzontale e la segnaletica verticale, al fine di sviluppare sistemi di mobilità cooperativa, connessa e automatizzata (C-ITS). Il CESE raccomanda di estendere questo approccio a tutti i trasporti (intermodalità), al fine di massimizzare l’impatto di tale strategia. Inoltre, il CESE ritiene che qualsiasi strategia in materia di sicurezza stradale dovrebbe iniziare da un’adeguata istruzione e formazione per i conducenti sia privati che professionali, in quanto l’errore umano è ancora la causa principale degli incidenti.

1.6.

Il CESE condivide la proposta di tenere sistematicamente conto degli utenti della strada vulnerabili in tutte le procedure di gestione della sicurezza stradale. In particolare, il Comitato raccomanda che le nuove misure siano sviluppate in parallelo con altre disposizioni specifiche in materia di sicurezza per i veicoli, in modo da «chiudere il cerchio».

2.   Introduzione

2.1.

La sicurezza stradale nell’Unione europea è enormemente migliorata negli ultimi decenni. Tra il 2001 e il 2010 il numero di morti per incidenti stradali nell’UE è sceso del 43 %, e di un ulteriore 19 % tra il 2010 e il 2016. Tuttavia, il numero degli incidenti stradali mortali resta elevato (25 620 persone hanno perso la vita sulle strade dell’UE nel 2016 (1)), e le statistiche indicano un graduale arresto dei progressi dell’UE verso una mobilità sicura.

2.2.

Per questo motivo, la dichiarazione di La Valletta ha invitato la Commissione europea a lanciare una nuova iniziativa per adeguare la direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (GSIS) ai cambiamenti nella mobilità derivanti dalle tendenze in atto nella società e dagli sviluppi tecnologici. L’iniziativa, incentrata sulla sicurezza stradale, svolge un ruolo cruciale nel piano d’azione strategico sulla sicurezza stradale (2), pubblicato nel maggio 2018 nel quadro del terzo pacchetto per la mobilità (3).

3.   Sintesi della proposta

3.1.

Nonostante i progressi degli ultimi anni, il numero degli incidenti gravi o mortali sulle strade continua ad essere troppo elevato. Poiché il 90 % degli incidenti sono causati dall’errore umano, la Commissione ritiene che l’automazione, la connettività e nuovi standard di progettazione per le strade e i veicoli potrebbero ridurre il numero di incidenti e le loro conseguenze per i conducenti, i passeggeri e gli utenti della strada vulnerabili (ad esempio i ciclisti).

3.2.

In particolare, la Commissione ha stabilito l’obiettivo «Vision Zero», che punta ad azzerare il numero degli incidenti gravi e mortali sulle strade entro il 2050. La proposta introduce inoltre un obiettivo a medio termine che prevede di dimezzare i decessi e le lesioni gravi entro il 2030.

3.3.

Per raggiungere tali obiettivi, l’UE intende adottare nuovi strumenti tecnologici e normativi in base all’approccio del «sistema sicuro» ( Safe System) (4) dell’Organizzazione mondiale della sanità. Tale approccio si basa sul principio per cui, sebbene gli incidenti non possano essere completamente eliminati, sia comunque possibile intervenire per ridurre il numero dei decessi e delle lesioni gravi.

3.4.

L’attuale direttiva GSIS è stata adottata nel 2008 per assicurare che le considerazioni in materia di sicurezza stradale fossero in primo piano in tutte le fasi della pianificazione, della progettazione e del funzionamento delle infrastrutture stradali. Tuttavia, nello stato di attuazione della direttiva a livello nazionale si riscontrano numerose divergenze, che spesso corrispondono a un livello più elevato di incidenti gravi e mortali (5). Per questo motivo è essenziale armonizzare le norme di sicurezza e migliorare le prestazioni di sicurezza delle infrastrutture stradali. Gli Stati membri dovrebbero ricevere un sostegno finanziario specifico attraverso il meccanismo per collegare l’Europa (200 milioni di EUR) per il periodo 2018-2020.

3.5.

La direttiva riveduta mira a raggiungere i suddetti obiettivi adottando le seguenti misure:

imporre la trasparenza delle procedure di gestione della sicurezza delle infrastrutture e il seguito da dare loro;

introdurre una valutazione delle strade a livello di rete e una procedura di mappatura del rischio sistematica e attiva per valutare la sicurezza «incorporata», o intrinseca, delle strade nell’UE;

estendere l’ambito di applicazione della direttiva oltre la rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), per includere autostrade e strade principali al di fuori della rete, nonché le strade extraurbane realizzate, in tutto o in parte, con l’utilizzo di fondi dell’UE (la rete TEN-T è caratterizzata da notevoli volumi di traffico ma, grazie agli elevati standard di sicurezza, gli incidenti mortali non sono particolarmente frequenti (8 %). Sulla rete stradale principale dell’UE si verifica invece il 39 % di tutti gli incidenti mortali nell’UE. Un intervento coordinato dell’UE sulla rete stradale principale (comprendente la sezione non TEN-T) dovrebbe contribuire a realizzare gli obiettivi della «Vision Zero»);

fissare requisiti di prestazione generali per la segnaletica orizzontale e la segnaletica verticale per facilitare l’introduzione di sistemi di mobilità cooperativa, connessa e automatizzata;

rendere obbligatoria la considerazione sistematica degli utenti della strada vulnerabili in tutte le procedure di gestione della sicurezza stradale.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione volta a modificare la direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali. In particolare, il Comitato approva la dichiarazione di La Valletta e ritiene che un approccio europeo rafforzato sia necessario per ottenere risultati migliori in materia di sicurezza stradale.

4.2.

Il terzo pacchetto per la mobilità è costituito da una serie di iniziative legislative tra loro collegate, e il Comitato ha deciso di esaminare ciascuna di queste proposte legislative in un parere distinto. Pertanto, il presente parere dovrebbe essere letto e compreso in connessione con i precedenti pareri del CESE, ma anche con i pareri elaborati in linea con esso che vertono su aspetti specifici del terzo pacchetto per la mobilità (6).

4.3.

Il Comitato approva l’obiettivo della «visione zero», da conseguire mediante l’approccio del «sistema sicuro». Ciò richiederà il coinvolgimento di tutti i settori e di tutti gli utenti della strada per mettere in atto una governance rafforzata. È importante che gli indicatori fissati per il raggiungimento degli obiettivi siano chiari e monitorabili. Le organizzazioni della società civile dovrebbero essere attivamente coinvolte in tutte le fasi di definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione della strategia.

4.4.

Il CESE accoglie con favore la decisione di destinare 200 milioni di EUR (periodo 2018-2020) alla sicurezza stradale. Tuttavia, reputa necessario aumentare la dotazione finanziaria disponibile nel prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, al fine di assicurare quella continuità a lungo termine che consentirà di realizzare gli ambiziosi obiettivi che la stessa UE si è prefissa (7) (la Commissione europea ha stimato che gli investimenti necessari per realizzare la rete centrale TEN-T ammonteranno a circa 500 miliardi di euro per il periodo dal 2021 al 2030, mentre il completamento della rete globale avrà un costo di circa 1 500 miliardi di euro).

4.5.

Il CESE ritiene che una dotazione più consistente per il settore dei trasporti avrà un ulteriore impatto positivo sulla crescita e sull’occupazione in Europa. I fondi investiti eserciteranno un effetto leva, contribuendo a creare 13 milioni di posti di lavoro all’anno fino al 2030 e a generare entrate supplementari fino a 4 500 miliardi di euro (1,8 % del PIL dell’UE). Ciò significa che ogni miliardo di euro investito nella rete TEN-T dovrebbe creare fino a 20 000 posti di lavoro (8).

4.6.

Il Comitato ritiene che l’iniziativa di lanciare una procedura di mappatura del rischio attiva e sistematica su tutta la rete europea TEN-T e su tutte le autostrade (al di fuori della rete TEN-T), nonché su tutte le strade principali, rappresenti un passo avanti fondamentale nel pianificare la portata e la tipologia degli interventi infrastrutturali da effettuare sulla rete stradale europea. Tuttavia, a causa dei diversi livelli di attuazione dell’attuale direttiva GSIS, è importante stabilire obiettivi e scadenze realistici per tutti gli Stati membri e adottare misure finanziarie adeguate volte a sostenere le regioni e i paesi in cui si registrano i maggiori ritardi (9).

4.7.

Il Comitato sottolinea che la strategia dell’UE è principalmente incentrata sul finanziamento della costruzione di nuove infrastrutture. Tuttavia, si dovrebbero destinare finanziamenti adeguati anche alla manutenzione e al miglioramento delle strade esistenti, poiché tali interventi sono altrettanto cruciali per mantenere un livello elevato di sicurezza stradale.

4.8.

I nuovi requisiti di prestazione per la segnaletica orizzontale e la segnaletica verticale sono essenziali per sviluppare sistemi di mobilità cooperativa, connessa e automatizzata (C—ITS). Il Comitato ritiene indispensabile fare in modo che i veicoli e le infrastrutture stradali si scambino costantemente delle informazioni, così da poter gestire il «sistema di traffico misto», caratterizzato da veicoli che utilizzano tecnologie diverse: guida umana, assistita e automatizzata (10). Per completare la strategia per la mobilità sicura, è importante estendere tale approccio a tutti i trasporti disponibili (intermodalità), con un impatto diretto sulla riduzione e sulla sicurezza dei volumi di traffico (11).

4.9.

Il CESE è convinto che le nuove tecnologie potranno apportare un contributo rilevante al miglioramento dei livelli di sicurezza stradale, tenendo conto dei loro limiti intrinseci e delle precauzioni che occorre prendere nel loro utilizzo. Inoltre, il CESE ritiene che qualsiasi strategia in materia di sicurezza stradale dovrebbe iniziare da un’adeguata istruzione e formazione per i conducenti sia privati che professionali, in quanto l’errore umano resta una delle cause principali degli incidenti.

4.10.

Il CESE condivide la proposta di tenere sistematicamente conto degli utenti della strada vulnerabili in tutte le procedure di gestione della sicurezza stradale. Tale approccio è in linea con le nuove tendenze e abitudini dei cittadini dell’UE (ad esempio, il maggior numero di ciclisti). Il Comitato raccomanda che le nuove misure siano sviluppate in parallelo con altre disposizioni specifiche di sicurezza per i veicoli, in modo da «chiudere il cerchio» (ad esempio dispositivi avanzati di frenata d’emergenza, sistemi di avviso di deviazione dalla corsia e una progettazione diversa delle cabine dei veicoli pesanti per favorire la visibilità di ciclisti e pedoni, nonché sensori per rilevare la loro presenza) (12).

5.   Osservazioni particolari

5.1.

Il CESE ritiene importante che le infrastrutture fisiche e digitali siano sviluppate in parallelo. È altresì importante completare quanto prima la copertura 5G su tutte le reti di autostrade e strade principali d’Europa per consentire l’effettiva connettività tra strade e veicoli e tra veicoli e veicoli (13). Anche in questo caso, il CESE raccomanda un sostegno finanziario adeguato e a lungo termine nel prossimo QFP 2021-2027.

5.2.

Il Comitato, in linea con la raccomandazione del Consiglio europeo per la sicurezza dei trasporti (14), sostiene che l’ambito di applicazione della direttiva GSIS dovrebbe essere esteso a tutte le principali strade rurali e urbane. Questo approccio più ampio è necessario per conseguire una riduzione reale e drastica degli incidenti gravi e mortali entro il 2030. Tale proposta si basa sul fatto che la proposta della Commissione ha un impatto sulla metà degli incidenti che si verificano sulle strade dell’UE, e che la grande maggioranza delle lesioni gravi si registra sulle strade urbane.

5.3.

Nel 2015 l’UE ha avviato una nuova iniziativa per estendere la strategia TEN-T ai Balcani occidentali (15). L’iniziativa, sostenuta tramite il quadro per gli investimenti nei Balcani occidentali (WBIF) e il meccanismo per collegare l’Europa (CEF), dovrebbe avere un impatto determinante sul processo di allargamento dell’UE. Il CESE raccomanda di includere anche l’attuazione del piano d’azione strategico sulla sicurezza stradale nel quadro di questo ambizioso progetto infrastrutturale. Tale misura dovrebbe essere in linea con la proposta della Commissione di estendere l’ambito di applicazione della direttiva GSIS alle infrastrutture stradali extraurbane completate mediante fondi dell’UE. In particolare, essa dovrebbe consentire ai sei paesi dei Balcani occidentali di aderire all’UE senza ritrovarsi con un divario nella sicurezza e nelle infrastrutture.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Banca dati dell’UE sugli incidenti stradali, 2016.

(2)  COM(2018) 293, allegato 1.

(3)  COM(2018) 293 final.

(4)  Organizzazione mondiale della sanità, «Save LIVES — A road safety technical package» (Salvare vite — Pacchetto tecnico per la sicurezza stradale), 2017.

(5)  Care — banca dati dell’UE sugli incidenti stradali.

(6)  TEN/666, Una mobilità sostenibile per l’Europa, relatrice: Barbucci, 2018 (Cfr. pag. 254 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/668, Interfaccia unica marittima europea + Informazioni elettroniche sul trasporto delle merci, relatore: Back, 2018 (Cfr. pag. 265 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/669, Realizzazione dei progetti della rete TEN-T, relatore: Fornea, 2018 (Cfr. pag. 269 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/675, Pesi e dimensioni dei veicoli stradali, relatore: Back, 2018 (Cfr. pag. 286 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/672, Meccanismo per collegare l’Europa, relatore: Plosceanu e correlatore: Watson, 2018 (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 191); TEN/673, Mobilità connessa e automatizzata, relatore: Samm, 2018 (Cfr. pag. 274 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/674, Etichettatura degli pneumatici, 2018 (Cfr. pag. 280 della presente Gazzetta ufficiale); TEN/667 (Cfr. pag. 261 della presente Gazzetta ufficiale); INT/863, Sicurezza dei veicoli/protezione degli utenti vulnerabili, relatore: Hencks, 2018 (GU C 440, 6.12.2018, pag. 90).

(7)  COM(2018) 277.

(8)  TEN/672, Meccanismo per collegare l’Europa, relatore: Plosceanu e correlatore: Watson, 2018.

(9)  TEN/669, Realizzazione dei progetti della rete TEN-T, relatore: Fornea, 2018.

(10)  TEN/673, Mobilità connessa e automatizzata, relatore: Samm, 2018.

(11)  TEN/666, Una mobilità sostenibile per l’Europa, relatrice: Barbucci, 2018.

(12)  INT/863, Sicurezza dei veicoli/protezione degli utenti vulnerabili, relatore: Hencks, 2018.

(13)  TEN/673, Mobilità connessa e automatizzata, relatore: Samm, 2018.

(14)  COM(2018) 274, pag. 7.

(15)  http://europa.eu/rapid/press-release_STATEMENT-15-4826_it.htm.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/265


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di interfaccia unica marittima europea e abroga la direttiva 2010/65/UE»

[COM(2018) 278 final — 2018-139(COD)]

e sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle informazioni elettroniche sul trasporto merci»

[COM(2018) 279 final — 2018-140(COD)]

(2019/C 62/41)

Relatore:

Stefan BACK

Consultazione

Parlamento europeo, 11/06/2018

Consiglio, 14-15/06/2018

Base giuridica

Articoli 91, 100, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

04/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore le due proposte in esame in quanto rappresentano un passo importante verso la digitalizzazione dei trasporti, che figura tra gli obiettivi del Libro bianco del 2011 sulla politica dei trasporti. Esse costituiscono un passo avanti anche in rapporto all’attuazione della nuova strategia industriale (presentata dalla Commissione nell’ottobre del 2017), alle conclusioni del Consiglio dell’UE (del 5 dicembre 2017) sulla digitalizzazione dei trasporti e alla dichiarazione (elaborata nell’ambito delle giornate dedicate al trasporto digitale) firmata a Tallin il 10 novembre 2017.

1.2.

Il CESE appoggia la scelta relativa al tipo di atto legislativo proposto, tenuto conto che è necessario imporre agli Stati membri obblighi chiari e vincolanti ai fini dell’adeguato funzionamento di un sistema d’informazione elettronico in tutta l’Unione europea.

1.3.

Ciascuna proposta è volta ad assicurare un livello adeguato di armonizzazione, tenuto conto dei compiti che devono essere realizzati.

1.4.

Il CESE sottolinea che l’adeguatezza dei requisiti in termini di standard e certificazione che la Commissione dovrà definire in atti delegati o di esecuzione sarà di fondamentale importanza non solo per la corretta applicazione dei concetti proposti, ma anche per la fiducia degli utenti nelle soluzioni digitali. Per quanto riguarda la proposta sulle informazioni elettroniche relative al trasporto di merci, potrebbe rivelarsi essenziale rendere il sistema proposto obbligatorio non solo per le autorità competenti, ma anche per gli utenti.

1.5.

Il CESE ritiene che un perfetto funzionamento dei sistemi, che garantisca la sicurezza, l’integrità delle comunicazioni, il rispetto della vita privata e la riservatezza delle informazioni commerciali e, se del caso, di altre informazioni sensibili, sia un elemento essenziale per creare un clima di fiducia. Il CESE richiama l’attenzione sui lavori in corso in seno alla Commissione economica per l’Europa (UNECE) del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite volti ad assicurare standard universali e di alto livello a questo riguardo.

1.6.

Il CESE auspica che la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle informazioni elettroniche sul trasporto merci [COM(2018) 279 final] — nel prosieguo «la proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci» — evolva in tempi rapidi verso un sistema obbligatorio anche per gli utenti, in modo da aumentare l’efficienza, ridurre i costi e rafforzare il valore aggiunto sul piano ambientale. A questo proposito, un’occasione opportuna potrebbe essere il riesame del regolamento proposto che è previsto dall’articolo 15 della stessa proposta legislativa.

1.7.

Il CESE, inoltre, si rammarica che il campo di applicazione della proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci sia limitato agli obblighi di informazione previsti negli atti legislativi dell’Unione riguardanti le condizioni alle quali le attività di trasporto possono essere effettuate conformemente al capitolo del TFUE dedicato ai trasporti. Il CESE è dell’avviso che i vantaggi della digitalizzazione debbano essere applicati anche ad altri obblighi amministrativi riguardanti queste operazioni di trasporto. Il punto 3.8 di cui sotto propone una modifica redazionale per questa proposta legislativa. È importante inviare un segnale generale in questo senso, fatte salve le disposizioni specifiche già esistenti o che saranno adottate in futuro.

1.8.

Il CESE richiama inoltre l’attenzione sul potenziale valore aggiunto connesso alla capacità di trasmettere informazioni elettroniche alle autorità di tutto il mondo secondo standard armonizzati come quelli in corso di elaborazione da parte dell’UNECE.

1.9.

Per quanto riguarda specificamente la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di interfaccia unica marittima europea e abroga la direttiva 2010/65/UE [COM(2018) 278 final] — nel prosieguo, «la proposta sull’interfaccia unica marittima» — il CESE teme che la possibilità offerta di introdurre requisiti nazionali specifici possa facilmente trasformarsi in un ostacolo al corretto funzionamento del mercato interno. Il CESE si attende che la Commissione monitori attentamente il concreto utilizzo di tale possibilità e che un dialogo costante tra la Commissione e gli Stati membri contribuisca a limitare l’introduzione di requisiti nazionali specifici.

1.10.

Il CESE sottolinea l’importanza di affrontare gli effetti sociali della digitalizzazione anche in tale contesto, e questo significa trasmettere tempestivamente le informazioni, instaurare un dialogo, tenere conto dell’evoluzione delle mansioni lavorative e della necessità di sviluppare nuove competenze, nonché permettere alla forza lavoro di adattarsi al nuovo contesto. Secondo il CESE, la digitalizzazione del settore dei trasporti può aumentare il richiamo di questo settore come luogo di lavoro e, quindi, contribuire a risolvere gli attuali problemi incontrati dagli operatori del settore nell’assunzione di personale.

2.   Le proposte della Commissione

2.1.

La Commissione ha presentato due proposte tra loro collegate, vale a dire:

la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di interfaccia unica marittima europea e abroga la direttiva 2010/65/UE [COM(2018) 278 final], nel prosieguo, «la proposta sull’interfaccia unica marittima», e

la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle informazioni elettroniche sul trasporto merci [COM(2018) 279 final], nel prosieguo «la proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci».

2.2.

Le due proposte sono funzionalmente collegate tra loro, in quanto entrambe istituiscono un sistema per la comunicazione elettronica tra imprese e autorità pubbliche, allo scopo di facilitare il controllo di conformità in rapporto a un certo numero di obblighi giuridici per mezzo di un sistema che garantisce l’autenticità e l’integrità delle informazioni fornite, nonché il rispetto dei requisiti relativi alla vita privata.

2.3.

La proposta sull’interfaccia unica marittima è tesa a sostituire la direttiva 2010/65/UE, che aveva un obiettivo analogo ma che si è rivelata inefficace, in quanto conferiva agli Stati membri un margine di manovra troppo ampio in fase di attuazione; tale margine di manovra ha infatti portato a un ventaglio di norme e procedure, nonché a differenze nell’ambito di applicazione della notifica digitale, con il risultato di un maggiore onere amministrativo per il trasporto marittimo e di un’esecuzione manuale delle procedure amministrative restanti.

2.4.

A quanto risulta, il sistema dell’interfaccia unica marittima è utilizzabile, in quanto tale, da tutte le navi soggette per legge a un obbligo di dichiarazione quando entrano in un porto di uno Stato membro.

2.5.

La proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci è tesa a stabilire l’obbligo, per le autorità degli Stati membri, di accettare una documentazione elettronica ai fini del soddisfacimento dell’obbligo, per le imprese, di presentare dei documenti che dimostrino la loro conformità ai requisiti stabiliti da una serie di atti legislativi dell’UE relativi al trasporto di merci e alle condizioni per la spedizione di rifiuti. In quest’ottica, la proposta introduce un sistema per le informazione elettroniche sul trasporto di merci (eFTI) che consiste in un quadro di riferimento per la prestazione di servizi, comprendente: un insieme di dati comuni, le procedure e le norme in materia di accesso, i requisiti per le piattaforme e i servizi FTI, nonché un sistema di certificazione.

2.6.

La possibilità offerta nella proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci riguarda gli operatori soggetti agli obblighi in materia di informativa giuridica o di documentazione stabiliti nella proposta stessa.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore le due proposte, che perseguono l’obiettivo generale della digitalizzazione dei trasporti originariamente fissato nel Libro bianco del 2011 sulla politica dei trasporti. Il perseguimento di tale obiettivo è stato poi ribadito, ad esempio, nella strategia per il mercato unico digitale e nella nuova strategia industriale (presentata dalla Commissione nell’ottobre del 2017), nonché nelle conclusioni del Consiglio dell’UE (del 5 dicembre 2017) sulla digitalizzazione dei trasporti elaborate in seguito alla dichiarazione (sottoscritta nell’ambito delle giornate dedicate al trasporto digitale) che è stata firmata a Tallin il 10 novembre 2017.

3.2.

Il CESE rinnova il proprio sostegno a favore di soluzioni innovative e appoggia la scelta relativa al tipo di atto legislativo proposto, tenuto conto che è necessario imporre agli Stati membri obblighi chiari e vincolanti ai fini dell’adeguato funzionamento di un sistema d’informazione elettronico in tutta l’Unione europea.

3.3.

In tale contesto, il CESE ricorda i propri ammonimenti circa la problematica attuazione della direttiva, dovuta alla sua natura prevalentemente non vincolante, direttiva che la proposta sull’interfaccia unica marittima — se adottata — abrogherebbe.

3.4.

Ciò premesso, il CESE conviene che potrebbe essere necessario trovare un compromesso tra la piena armonizzazione e l’interoperabilità. È chiaramente ravvisabile l’esigenza di un’armonizzazione su vasta scala nel contesto di un sistema volto ad agevolare lo sdoganamento delle navi in arrivo e in uscita dai porti dell’UE; sarà quindi necessaria, ad esempio, un’interfaccia perfettamente funzionante tra la nave e la terraferma con norme e procedure armonizzate. È accettabile un livello di armonizzazione inferiore nel quadro di un sistema che serva essenzialmente ad assicurare procedure adeguate e sicure per mettere a disposizione delle autorità competenti i documenti necessari ad assicurare la conformità con la legislazione dell’UE.

3.5.

In tale contesto, il CESE ritiene che ciascuna delle due proposte persegua il giusto livello di armonizzazione.

3.6.

Il CESE prende atto del fatto che la proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci introduce essenzialmente la possibilità, non l’obbligo, di presentare i documenti in formato elettronico. Il CESE comprende le ragioni di tale scelta in questo momento, ma auspica comunque una rapida evoluzione verso un sistema obbligatorio, tenuto conto che questo agevolerebbe implicitamente il monitoraggio della conformità in qualsiasi momento, oltre a portare a una riduzione della documentazione cartacea, in particolare per il personale operativo, come i conducenti di mezzi pesanti. Un’occasione opportuna per affrontare tale questione potrebbe essere il riesame del regolamento proposto che è previsto dall’articolo 15 della stessa proposta legislativa.

3.7.

La proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci, secondo quando disposto all’articolo 1, paragrafo 2, «si applica alle prescrizioni relative alle informazioni regolamentari definiti negli atti dell’Unione che stabiliscono le condizioni relative al trasporto di merci nel territorio dell’Unione, conformemente alla parte terza, titolo VI, del trattato, o che stabiliscono le condizioni relative alle spedizioni di rifiuti». Il CESE si domanda se tale disposizione non limiti eccessivamente il diritto a trasmettere le informazioni e la documentazione in formato elettronico. Gli atti dell’Unione elencati nell’allegato I della proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci sono soltanto quelli che riguardano direttamente le condizioni di accesso al mercato.

3.8.

Il CESE ritiene che il diritto alla presentazione in formato elettronico possa comportare benefici anche in relazione ad altri obblighi in materia di documentazione amministrativa o di informazione. A titolo di esempio, il CESE cita le notifiche e informazioni da trasmettere nel quadro di un distacco di lavoratori, oppure le informazioni da fornire per dimostrare la conformità alle disposizioni sui periodi di guida e di riposo. Secondo il CESE, il campo di applicazione della proposta dovrebbe essere esteso mediante l’aggiunta — all’articolo 1, paragrafo 2 — delle parole «e altre disposizioni» dopo «le condizioni» e prima delle parole «relative al trasporto di merci». Secondo il CESE, è importante inviare un segnale generale in questo senso, fatte salve le disposizioni specifiche già esistenti o che saranno adottate in futuro.

3.9.

Il CESE mette inoltre in evidenza la dimensione della sostenibilità legata alla riduzione della documentazione in formato cartaceo, come indicato anche nella proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci.

3.10.

Il CESE prende atto delle disposizioni specifiche delle due proposte tese ad assicurare la riservatezza dei dati commerciali e, nel caso dell’interfaccia unica marittima, di altre informazioni sensibili. Inoltre, il CESE desidera richiamare l’attenzione sugli alti livelli sia di sicurezza contro la manomissione dei dati che di protezione della vita privata che sono insiti in una struttura ben concepita e ben gestita per lo scambio dei dati in un circuito.

3.11.

Il CESE sottolinea l’importanza dei lavori in corso in senso all’UNECE in merito alle questioni sollevate nel precedente punto 3.10, in particolare il suo Libro bianco sul tema Data Pipeline Concept for Improving Data Quality in the Supply Chain («Il concetto di circuito di dati per migliorare la qualità delle informazioni nella catena di trasmissione»). Secondo il CESE, si tratta di un altro valido motivo per introdurre nella maniera più estesa possibile l’obbligatorietà della documentazione in formato elettronico.

3.12.

Il CESE richiama l’attenzione, in tale contesto, sul potenziale valore aggiunto connesso alla capacità di trasmettere informazioni elettroniche alle autorità di tutto il mondo secondo standard armonizzati come quelli in corso di elaborazione da parte dell’UNECE.

3.13.

La Commissione ha il compito fondamentale di mettere a punto le norme e i criteri di certificazione relativi alle due proposte. Il CESE sottolinea che un quadro di riferimento che ispiri fiducia e che funzioni correttamente senza inutili complessità è essenziale affinché i sistemi proposti funzionino in modo adeguato e generino il valore aggiunto previsto. È inoltre essenziale creare fiducia nelle soluzioni digitali nell’intero settore dei trasporti.

3.14.

Il CESE sottolinea la necessità di affrontare gli aspetti sociali della digitalizzazione anche in questo contesto. Senza alcun dubbio, la digitalizzazione modificherà l’ambiente di lavoro, creerà nuove occupazioni e richiederà nuove competenze; è quindi importante rispondere in tempo utile alla necessità di permettere alla forza lavoro di adattarsi al nuovo contesto. Il CESE sottolinea altresì l’importanza di fornire informazioni tempestive e di rendere possibile un dialogo sulle modifiche a venire. Secondo il CESE, la digitalizzazione del settore dei trasporti può aumentare il richiamo di questo settore come luogo di lavoro e, quindi, contribuire a risolvere gli attuali problemi incontrati dagli operatori del settore nell’assunzione di personale.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.   La proposta sull’interfaccia unica marittima

4.1.1.

La proposta sull’interfaccia unica marittima è molto completa rispetto alla direttiva 2010/65/UE. A quanto risulta, essa fornisce un quadro adeguato per agevolare le formalità di arrivo e di partenza e, di conseguenza, sembra aver eliminato i problemi connessi agli elementi mancanti e all’assenza di armonizzazione, problemi che hanno generato effetti negativi per gli utenti in fase di attuazione della direttiva 2010/65/UE.

4.1.2.

Il CESE concorda con la scelta della Commissione di non proporre un’interfaccia unica dell’UE, ma piuttosto interfacce uniche nazionali. Sebbene esistano ottimi motivi per introdurre un’interfaccia unica a livello dell’UE, la soluzione basata sulle interfacce uniche nazionali permetterà di evitare costi irrecuperabili derivanti da investimenti già effettuati a livello nazionale, e consentirà di stabilire — se necessario — requisiti amministrativi specifici a livello nazionale.

4.1.3.

Il CESE sottolinea che un elemento essenziale della proposta è rappresentato da un’armonizzazione volta ad agevolare il corretto funzionamento del mercato interno, ed è importante assicurare che non si perda di vista questo obiettivo.

4.1.4.

Il CESE nutre pertanto dei timori circa la possibilità offerta di introdurre requisiti nazionali specifici, che potrebbero facilmente trasformarsi in ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno. Il CESE invita pertanto la Commissione a monitorare attentamente i requisiti nazionali specifici dal punto di vista del mercato interno e a portare avanti un dialogo costante con gli Stati membri, per limitare quanto più possibile i requisiti nazionali specifici.

4.2.   La proposta relativa alle informazioni sul trasporto di merci

4.2.1.

Il CESE prende atto in particolare del ruolo significativo che sarà svolto dagli atti delegati e di esecuzione che la Commissione dovrà adottare nel quadro della proposta in esame, e sottolinea l’importanza che tali atti entrino rapidamente in vigore, in quanto sono fondamentali per il corretto funzionamento del regolamento proposto.

4.2.2.

A questo proposito, il CESE desidera richiamare l’attenzione della Commissione sul suddetto Libro bianco dell’UNECE e sugli elementi costitutivi di una struttura per lo scambio dei dati in un circuito (Pipeline Data Exchange Structure o PDES) in esso descritti, in quanto si tratta di un meccanismo utile a garantire un sistema sicuro e a prova di manomissione per lo scambio di dati nelle diverse fasi del circuito dei trasporti.

4.2.3.

Il CESE fa riferimento a quanto detto anteriormente circa l’alto livello di sicurezza di un sistema ben concepito e ben attuato per lo scambio di documenti in formato elettronico, e ribadisce che, in particolare per quanto riguarda l’obiettivo di monitoraggio della conformità stabilito nella proposta in esame, vi sono validi motivi per prendere in considerazione l’obbligatorietà del formato elettronico per i documenti, nel contesto del riesame del regolamento proposto che è previsto dall’articolo 15 della stessa proposta legislativa.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/269


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla razionalizzazione delle misure per promuovere la realizzazione della rete transeuropea dei trasporti»

[COM(2018) 277 final — 2018/0138 (COD)]

(2019/C 62/42)

Relatore:

Dumitru FORNEA

Consultazione

Parlamento europeo, 11.6.2018

Consiglio, 15.6.2018

Base giuridica

Articolo 172, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Decisione dell’assemblea plenaria

22.5.2018

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

04.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

210/3/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è fermamente convinto che le iniziative riunite nel terzo pacchetto «L’Europa in movimento» siano necessarie non solo per garantire un quadro giuridico efficiente a livello europeo, ma anche per ribadire l’impegno politico e finanziario degli Stati membri alla realizzazione della rete di trasporto transeuropea TEN-T entro le scadenze fissate, ossia: completamento della rete centrale entro il 2030 e della rete globale entro il 2050.

1.2.

Il CESE rileva che la proposta di regolamento in esame apporta un valore aggiunto in quanto, sulla base delle migliori pratiche individuate all’interno dell’UE, essa provvede a regolamentare alcuni aspetti essenziali da cui dipende non solo il rispetto delle scadenze di attuazione dei progetti, ma anche il fatto che gli investitori, pubblici o privati, continuino a ritenere conveniente e interessante partecipare alle gare pubbliche di appalto per l’aggiudicazione di contratti nel settore delle infrastrutture di trasporto.

1.3.

Il CESE approva l’approccio adottato dalla Commissione, che ritiene opportuno e pertinente in relazione all’obiettivo principale della proposta di regolamento, che è quello di ridurre i ritardi che si verificano nella realizzazione dei progetti di infrastrutture TEN-T. Tale obiettivo può essere concretamente raggiunto tramite il riconoscimento del carattere prioritario dei progetti di interesse comune, la designazione di autorità competenti uniche per le autorizzazioni (che dovranno essere dotate di personale competente e mezzi adeguati e dovrebbero accorpare enti e organismi concorrenti portando a una reale semplificazione amministrativa), l’integrazione e il coordinamento delle procedure, oppure con l’applicazione di un’unica legislazione nazionale qualora le gare d’appalto siano indette da un organismo comune.

1.4.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione volta a definire un parametro di riferimento per la durata delle procedure di autorizzazione e ritiene ragionevole stabilire un limite massimo di tre anni per l’intera procedura di concessione delle autorizzazioni, ma sottolinea anche l’importanza di tener conto dei pareri delle competenti autorità nazionali, in modo che le scadenze proposte risultino realistiche rispetto alla situazione concreta dei singoli Stati membri.

1.5.

Secondo il CESE, in alcuni Stati membri il rispetto delle scadenze vincolanti fissate nella proposta di regolamento necessiterà l’adozione di una serie di provvedimenti giuridici e amministrativi che si configureranno come misure di riforma; tali misure consentiranno ai competenti organi giuridici e amministrativi di rendere più celeri ed efficienti i rispettivi metodi di lavoro, per non correre il rischio di essere citati in giudizio (dinanzi a organi giurisdizionali nazionali o europei) per la mancata osservanza delle suddette scadenze.

1.6.

Il CESE concorda con le misure di assistenza tecnica di cui all’articolo 9 della proposta di regolamento, ma fa presente alla Commissione che si avverte l’esigenza di ulteriori chiarimenti riguardo ai criteri di ammissibilità e alla procedura da seguire per beneficiare di tale assistenza tecnica.

1.7.

Il CESE ritiene che la definizione, a livello europeo, di condizioni contrattuali uniformi e di modalità specifiche per lo svolgimento delle procedure relative alle gare pubbliche d’appalto possa accelerare il ritmo di realizzazione dei progetti infrastrutturali.

1.8.

Il CESE esprime la convinzione che le autorità nazionali possano ridurre il grado di conflittualità riscontrato nella realizzazione dei progetti della rete TEN-T coinvolgendo le parti coinvolte/interessate fin dalla fase di progettazione dell’infrastruttura di trasporto e provvedendo a consultare in maniera efficiente e tempestiva i cittadini, le organizzazioni della società civile e le competenti autorità locali.

1.9.

Il CESE fa presente che, per garantire un clima politico e sociale favorevole all’attuazione delle politiche europee nel settore delle infrastrutture di trasporto, è estremamente importante prendere coscienza delle azioni denigratorie mirate ai progetti della rete TEN-T e individuarle con tempestività. Le autorità europee possono neutralizzare gli effetti deleteri di queste attività di disinformazione sia mantenendo un contatto permanente con i media a più larga diffusione, sia consolidando i meccanismi istituzionali in grado di assicurare una corretta informazione e la consultazione dei cittadini.

1.10.

Il CESE prende atto di un’incoerenza nel testo della proposta in quanto, nella definizione di «progetto transfrontaliero di interesse comune» di cui all’articolo 2, lettera e), tale concetto è limitato ai progetti realizzati da un organismo comune. Tuttavia, all’articolo 7, paragrafo 2, e all’articolo 8, paragrafo 1, il concetto di «progetto transfrontaliero di interesse comune» sembra comprendere anche i progetti per i quali non esiste un organismo comune.

1.11.

Il CESE ritiene che i meccanismi di coordinamento transfrontaliero previsti per la rete TEN-T possano essere rafforzati conferendo una maggiore autorità ai coordinatori europei e migliorando gli strumenti di cui essi dispongono per intervenire. Per sfruttare in modo ottimale l’esperienza e le capacità dei coordinatori europei, sarebbe forse necessario rivedere l’atto che ha definito i compiti loro spettanti, in modo da ampliare le competenze dei coordinatori al fine di rafforzare la leadership europea nella realizzazione dei progetti nel settore delle infrastrutture transfrontaliere di trasporto a cui gli Stati membri si sono impegnati.

1.12.

Il CESE osserva che la proposta di regolamento non definisce chiaramente quali siano le sanzioni comminate per l’inosservanza delle disposizioni giuridiche stabilite nel regolamento stesso. Considerato che l’obiettivo principale della proposta di regolamento consiste nel ridurre i ritardi nella realizzazione dei progetti, è necessario chiarire questo aspetto, in modo da rafforzare l’efficacia giuridica del regolamento e permettere ai cittadini, alla società civile, alle autorità pubbliche e agli organi giurisdizionali nazionali o europei di beneficiare di un quadro giuridico trasparente e prevedibile.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La proposta di regolamento esaminata nel presente parere, che è stata pubblicata dalla Commissione europea nel maggio 2018, intende completare le iniziative riunite nel terzo pacchetto «L’Europa in movimento» concentrandosi sulle misure giuridiche e amministrative atte ad accelerare il rimo di attuazione dei programmi di investimento per la realizzazione della rete di trasporto transeuropea TEN-T entro le scadenze fissate, ossia: completamento della rete centrale entro il 2030 e della rete globale entro il 2050.

2.2.

La Commissione europea ha stimato che gli investimenti necessari per realizzare la rete centrale TEN-T ammonteranno a circa 500 miliardi di euro per il periodo dal 2021 al 2030, mentre il completamento della rete globale avrà un costo di circa 1 500 miliardi di euro. Gli investimenti in questa infrastruttura di trasporto europea avranno un effetto moltiplicatore, contribuendo a creare 13 milioni di posti di lavoro l’anno di qui al 2030 e a generare entrate supplementari fino a 4 500 miliardi di EUR (pari all’1,8 % del PIL dell’UE).

2.3.

Nel giugno 2018 la Commissione ha annunciato che intende assegnare 30,6 miliardi di EUR per il finanziamento del Meccanismo per collegare l’Europa nell’ambito del quadro finanziario pluriennale 2021-2027, il che rappresenta un aumento del 47 % in valore nominale rispetto al periodo 2014-2020. Malgrado ciò, l’impegno dell’UE e il suo importante contributo per la realizzazione della rete TEN-T non sono di per sé sufficienti in mancanza di un significativo coinvolgimento degli Stati membri, i quali devono trovare soluzioni alternative per garantire il cofinanziamento o il finanziamento integrale di progetti nel campo delle infrastrutture di trasporto.

2.4.

L’attuazione dei programmi di investimento nella rete TEN-T presuppone non solo l’individuazione degli investitori e la messa a disposizione dei finanziamenti necessari, ma anche la creazione delle condizioni giuridiche e amministrative indispensabili affinché gli investimenti siano realizzati nel rispetto delle scadenze e delle norme di qualità stabilite. Le conclusioni delle consultazioni pubbliche svolte indicano che tutte le parti interessate (investitori sia pubblici che privati, imprese, organizzazioni della società civile e privati cittadini) chiedono che le procedure burocratiche per la realizzazione dei progetti infrastrutturali siano efficienti, prevedibili, conformi ai principi dello sviluppo sostenibile, al passo con gli sviluppi delle tecnologie digitali e orientate al conseguimento dei risultati perseguiti da politiche pubbliche, siano esse europee o nazionali, a sostegno della mobilità all’interno dell’UE.

2.5.

L’articolo 6 della proposta di regolamento in esame stabilisce quali debbano essere le singole fasi e scadenze per l’attuazione della «procedura di rilascio delle autorizzazioni», e cioè: una fase che precede la presentazione della domanda, di durata non superiore a due anni, e una fase di valutazione della domanda e adozione della decisione da parte dell’unica autorità competente, di durata non superiore ad un anno. Le scadenze indicate nella proposta sono stabilite senza arrecare diretto pregiudizio, tra l’altro, alla possibilità di ricorsi amministrativi e giurisdizionali presentati dinanzi a un organo giurisdizionale.

2.6.

All’interno della fase precedente la presentazione della domanda, è prevista una serie di scadenze che l’unica autorità competente deve rispettare per completare alcune tappe fondamentali di tale fase. Pertanto:

al massimo entro due mesi dal ricevimento della notifica redatta da un promotore del progetto, l’unica autorità competente è tenuta ad approvare o meno l’avvio della procedura di rilascio della relativa autorizzazione, oppure a respingere per iscritto la suddetta notifica se ritiene che il progetto non sia ad uno stadio sufficientemente avanzato;

al massimo entro tre mesi dall’inizio della procedura di rilascio dell’autorizzazione, l’unica autorità competente, in stretta collaborazione con il promotore del progetto e con le altre autorità interessate, redige e trasmette una descrizione dettagliata della domanda che occorre presentare per il rilascio delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto;

al massimo entro due mesi dalla data di presentazione del fascicolo completo relativo alla domanda di autorizzazione, l’autorità competente è tenuta a confermare per iscritto al promotore del progetto che il fascicolo di domanda presentato è completo.

2.7.

Tenuto conto di tutti questi elementi, si può affermare che con l’iniziativa legislativa in esame la Commissione persegue quattro obiettivi principali :

I.

ridurre i ritardi che si verificano nell’attuazione dei progetti infrastrutturali volti alla realizzazione della rete TEN-T;

II.

rendere più chiare le procedure cui devono attenersi i promotori o gli esecutori dei progetti, con particolare riguardo non solo alle procedure di rilascio delle autorizzazioni o in materia di appalti pubblici, ma anche in rapporto alle domande di aiuti di Stato o ad altri contesti che presuppongono il coinvolgimento di un’autorità pubblica;

III.

permettere l’applicazione sistematica di un unico quadro di riferimento per i progetti transfrontalieri attuati da un organismo comune, salvo altrimenti stabilito dagli Stati membri partecipanti;

IV.

fare maggiore chiarezza a beneficio dei cittadini e della società civile, rafforzando il quadro di trasparenza e il loro coinvolgimento nella pianificazione e realizzazione dei progetti della rete TEN-T.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

A giudizio del CESE, sarà impossibile completare la rete TEN-T non solo senza un risoluto impegno politico da parte degli Stati membri, ma anche senza una leadership e una cooperazione rafforzata a livello europeo. Sulla base delle migliori pratiche individuate nell’UE, la proposta di regolamento in esame apporta un valore aggiunto in quanto provvede a regolamentare alcuni aspetti essenziali da cui dipende non solo il rispetto delle scadenze di attuazione dei progetti, ma anche il fatto che gli investitori, pubblici o privati, continuino a ritenere conveniente e interessante partecipare alle gare pubbliche di appalto per l’aggiudicazione di contratti nel settore delle infrastrutture di trasporto.

3.2.

Il CESE approva l’approccio adottato dalla Commissione, che ritiene opportuno e pertinente per quanto riguarda gli aspetti essenziali disciplinati dalla proposta di regolamento, e cioè: il riconoscimento del carattere prioritario dei progetti TEN-T di interesse comune; la definizione di procedure integrate di autorizzazione; la designazione di un’unica autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni; la definizione della durata e dell’attuazione della procedura di autorizzazione; il coordinamento della procedura di rilascio delle autorizzazioni transfrontaliere; la semplificazione degli appalti pubblici nel quadro di progetti transfrontalieri di interesse comune; l’assistenza tecnica dell’Unione europea per l’applicazione del regolamento e per la realizzazione di progetti di interesse comune.

3.3.

L’opzione strategica formulata dalla Commissione nella proposta di regolamento ( Azioni vincolanti limitate, decentrate e attuate a livello nazionale ) è comprensibile nel contesto degli sviluppi politici attualmente osservabili in alcuni Stati membri e ci offre un’immagine interessante di come i governi nazionali reagiscano alle iniziative legislative dell’UE, le quali propongono una cooperazione a livello europeo in ambiti in cui interviene il principio di sussidiarietà.

3.4.

Le scadenze per le procedure di autorizzazione previste dalla proposta di regolamento sono da apprezzare, ma devono anche essere considerate piuttosto ottimistiche alla luce dei vincoli derivanti dal rispetto delle normative nazionali in materia di investimenti e di appalti pubblici.

3.5.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione volta a definire un parametro di riferimento per la durata delle procedure di autorizzazione, ma sottolinea anche l’importanza di consultare le competenti autorità nazionali, in modo che le scadenze proposte risultino realistiche rispetto alla situazione concreta dei singoli Stati membri. L’esperienza fin qui maturata suggerisce che è possibile che il tempo necessario per l’espletamento delle diverse fasi procedurali — compresa l’approvazione della documentazione tecnica, degli indicatori tecnico-economici e delle procedure di appalto pubblico, nonché di quelle per la conclusione dei relativi contratti e della loro esecuzione secondo i termini e le condizioni stabiliti dalle normative nazionali — sia di gran lunga superiore alle scadenze fissate dalla proposta di regolamento.

3.6.

I ritardi finora registrati nella realizzazione dei progetti della rete TEN-T sono in parte dovuti ad architetture istituzionali a livello nazionale inadeguate e, talvolta, eccessivamente politicizzate, con autorità pubbliche incapaci di introdurre riforme e di adottare metodi di lavoro moderni che continuano ad operare sulla base di procedure amministrative ormai obsolete e abbandonate da tempo dalle organizzazioni che utilizzano in larga misura le applicazioni della rivoluzione digitale.

3.7.

Nei contesti sopra descritti, la proposta di regolamento in esame avrà un impatto diretto sulle strutture amministrative degli Stati membri con prestazioni inferiori a quelle stabilite a livello europeo. Si dovrebbe prendere in considerazione una riforma di queste istituzioni: in questo senso, l’assistenza tecnica di cui all’articolo 9 della proposta di regolamento è bene accetta nel caso degli Stati membri che ne fanno richiesta allo scopo di attuare i progetti per la realizzazione della rete centrale TEN-T. Si avverte tuttavia l’esigenza di ulteriori chiarimenti riguardo ai criteri di ammissibilità e alla procedura da seguire per beneficiare di tale assistenza tecnica.

3.8.

Gran parte dei ritardi è dovuta principalmente alle azioni giudiziarie intentate dinanzi ai tribunali a causa di conflitti insorti tra le diverse parti interessate o coinvolte nella realizzazione dei progetti. Per assicurare che venga fatta giustizia è necessario, tra l’altro, garantire un equilibrio tra i diritti dei cittadini e quelli dello Stato. La competenza esclusiva degli Stati membri in materia giudiziaria, oltre al quadro giuridico sia nazionale che europeo particolarmente complesso per quel che riguarda le procedure di autorizzazione di progetti infrastrutturali, si traducono in un mosaico di condizionalità giuridiche non aggirabili che possono rappresentare un freno considerevole per gli ambiziosi obiettivi della Commissione.

3.9.

I tempi dei ricorsi amministrativi e dei procedimenti giudiziari avviati dinanzi ai vari organi giurisdizionali, nonché gli effetti delle condizioni sospensive, le sfide di natura tecnica inerenti alla realizzazione di opere infrastrutturali e la mancanza di documenti amministrativi indispensabili a garantire la legalità o la scarsità dei fondi necessari, hanno tutti un impatto sulla durata delle procedure di autorizzazione dei progetti. Di conseguenza, le istituzioni dell’UE sono obbligate a tener conto di tutti questi elementi quando adottano la decisione finale in merito alle scadenze per il rilascio delle autorizzazioni disciplinate a livello europeo dal regolamento proposto.

3.10.

Analogamente, una migliore formazione e una specializzazione dei magistrati, degli ufficiali giudiziari e degli avvocati nel campo dei progetti infrastrutturali di interesse pubblico potrà permettere, nel pieno rispetto della legalità, una riduzione della durata dei processi e un’accresciuta qualità della giustizia così esercitata.

3.11.

Le procedure di gara e aggiudicazione degli appalti per lavori nelle infrastrutture di trasporto hanno tempi molto lunghi, e sono quindi tra le cause maggiori dell’accumulo dei ritardi registrati nella realizzazione dei progetti della rete TEN-T. Il CESE ritiene che la definizione, a livello europeo, di condizioni contrattuali uniformi e di modalità specifiche per lo svolgimento delle procedure relative alle gare pubbliche d’appalto possa accelerare il ritmo di realizzazione dei progetti infrastrutturali.

3.12.

Il CESE esprime la convinzione che le autorità nazionali possano ridurre il grado di conflittualità riscontrato nella realizzazione dei progetti della rete TEN-T coinvolgendo le parti coinvolte/interessate fin dalla fase di progettazione dell’infrastruttura di trasporto e provvedendo a consultare in maniera efficiente e tempestiva i cittadini, le organizzazioni della società civile e le competenti autorità locali. Il dialogo sociale e civile a livello nazionale, regionale e locale può dare un contributo decisivo sia a far sì che i cittadini accolgano favorevolmente i progetti di infrastrutture di trasporto, che a migliorare il metodo di lavoro dell’amministrazione interessata grazie alla definizione e all’attuazione di procedure integrate di autorizzazione.

3.12.1.

Il CESE prende atto di un’incoerenza nel testo della proposta in quanto, nella definizione di «progetto transfrontaliero di interesse comune» di cui all’articolo 2, lettera e), tale concetto è limitato ai progetti realizzati da un organismo comune. Tuttavia, all’articolo 7, paragrafo 2, e all’articolo 8, paragrafo 1, il concetto di «progetto transfrontaliero di interesse comune» sembra comprendere anche i progetti per i quali non esiste un organismo comune.

3.13.

In alcuni Stati membri i progetti infrastrutturali della rete TEN-T o di quella TEN-E (rete transeuropea per l’energia) sono il bersaglio di campagne denigratorie o di disinformazione poiché confliggono talvolta con gli interessi geopolitici di determinati paesi o gruppi di interesse che cercano di trarre vantaggio sul piano politico dai risultati, ottenuti o mancati, nella realizzazione dei progetti infrastrutturali promossi dall’Unione europea. Per garantire un clima politico e sociale favorevole all’attuazione delle politiche europee nel settore delle infrastrutture di trasporto, è estremamente importante prendere coscienza di queste minacce e individuarle con tempestività. Le autorità europee possono neutralizzare gli effetti deleteri di queste attività di disinformazione sia mantenendo un contatto permanente con i media a più larga diffusione, sia consolidando i meccanismi istituzionali in grado di assicurare una corretta informazione e la consultazione dei cittadini.

3.14.

Il CESE ritiene che i meccanismi di coordinamento transfrontaliero previsti per la rete TEN-T possano essere rafforzati conferendo una maggiore autorità ai coordinatori europei e migliorando gli strumenti di cui essi dispongono per intervenire. La proposta di regolamento affronta tale questione e precisa il ruolo importante che spetta ai coordinatori della rete TEN-T, i quali sono incaricati di monitorare attentamente la procedura di rilascio delle autorizzazioni per i progetti europei di interesse comune e di riferire periodicamente sui progressi compiuti. Per sfruttare in modo ottimale l’esperienza e le capacità dei coordinatori europei, sarebbe forse necessario rivedere l’atto che ha definito i compiti loro spettanti, in modo da ampliare le competenze dei coordinatori al fine di rafforzare la leadership europea nella realizzazione dei progetti nel settore delle infrastrutture transfrontaliere di trasporto a cui gli Stati membri si sono impegnati.

3.15.

Il CESE prende atto che la proposta di regolamento non definisce le sanzioni comminate per l’inosservanza delle disposizioni giuridiche stabilite nel regolamento stesso. I chiarimenti da apportare su questo aspetto rafforzeranno l’efficacia giuridica del regolamento e permetteranno ai cittadini, alla società civile, alle autorità pubbliche e agli organi giurisdizionali sia nazionali che europei di beneficiare di un quadro giuridico trasparente e prevedibile.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/274


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni — Verso la mobilità automatizzata: una strategia dell’UE per la mobilità del futuro

[COM(2018) 283 final]

(2019/C 62/43)

Relatore:

Ulrich SAMM

Consultazione

Commissione europea, 18/06/2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

04/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

207/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la comunicazione sulla mobilità connessa e automatizzata, che offre un ampio ventaglio di nuove soluzioni ai consumatori e alle imprese di trasporto. Il CESE è convinto che la mobilità automatizzata apporterà benefici alla società, in quanto offrirà nuovi servizi per la mobilità delle persone, con maggiori opportunità per l’economia della condivisione, creerà possibilità di ottimizzazione del traffico, con vantaggi per l’ambiente, e aumenterà le possibilità di spostarsi per chi non può mettersi alla guida.

1.2.

L’industria automobilistica europea, con la sua esperienza nello sviluppo di tecnologie per i veicoli, è in una posizione ottimale per cogliere queste opportunità, a condizione, tuttavia, che l’UE definisca norme che consentano l’operatività attraverso le frontiere e l’interoperabilità tra le diverse marche di autovetture.

1.3.

Una caratteristica fondamentale della guida automatica o semiautomatica è costituita dal fatto che essa potrebbe migliorare significativamente la sicurezza attiva dei veicoli terrestri, riducendo considerevolmente il numero delle vittime, se non addirittura azzerandolo. Durante la fase di lancio dei nuovi sistemi, gli incidenti mortali che vedono coinvolti veicoli automatizzati potrebbero però diventare un fattore capace di interrompere la diffusione di questa tecnologia. Il CESE raccomanda pertanto che tutti i progetti pilota e le procedure di collaudo con la guida autonoma siano svolti secondo le più rigorose norme di sicurezza, anche se questa condizione imprescindibile può rallentarne lo sviluppo rispetto ai concorrenti al di fuori dell’UE. Nel lungo periodo questo potrà garantire prodotti migliori che saranno più facilmente accolti dall’opinione pubblica.

1.4.

Il CESE ritiene che le automobili senza conducente (livello di automazione 5) saranno accettate soltanto se garantiranno la stessa sicurezza di altri sistemi di trasporto di passeggeri, quali i treni o gli aeroplani di grandi dimensioni (sicuri quasi al 100 %). L’aspetto della sicurezza rappresenterà un notevole ostacolo fintantoché i veicoli a guida autonoma, le autovetture convenzionali e gli altri utenti della strada (ciclisti, pedoni e veicoli per uso speciale) condivideranno le stesse strade. La «sicurezza al 100 %», tuttavia, può essere fondamentale per risolvere questioni etiche collegate ai veicoli a guida autonoma.

1.5.

Il CESE riconosce che i veicoli semiautomatici (livello di automazione da 1 a 4) dotati di una serie di sistemi di guida assistita possono già ora ridurre gli incidenti mortali, e sostiene pertanto l’approccio seguito dalla Commissione di accrescere il numero di nuovi dispositivi di sicurezza per i veicoli nel quadro della revisione del regolamento sulla sicurezza generale dei veicoli a motore. Il CESE rileva tuttavia due ambiti problematici che possono costituire un ostacolo all’accettazione da parte dell’opinione pubblica: a) i costi supplementari e b) la crescente complessità della guida di un’automobile.

1.6.

La formazione abituale per ottenere la patente di guida non tiene conto delle più moderne tecnologie impiegate nei sistemi di guida assistita. Sarà naturalmente necessario prevedere una formazione integrativa. Il CESE ritiene che l’industria automobilistica, insieme con i comuni, debba offrire al più presto corsi di formazione e aree destinate a tale scopo, per i conducenti privati e per quelli professionali; ove ciò non avvenga, l’introduzione di nuove tecnologie per la sicurezza ne risulterebbe notevolmente ostacolata.

1.7.

La formazione sulla guida semiautomatica, che richiede nuove competenze e responsabilità, sarà essenziale per lo sviluppo di un moderno profilo per i conducenti professionali e per rispondere alla crescente domanda di trasporti.

1.8.

Il CESE riconosce che, se in futuro dovesse essere effettivamente introdotta l’automazione integrale (livello di automazione 5), si potrebbe avere come conseguenza una perdita di posti di lavoro su vasta scala (in particolare per i conducenti di camion e autobus). Il CESE sottolinea che i vantaggi offerti dall’automazione devono essere condivisi dalla società nel suo complesso e sollecita pertanto le parti sociali a pianificare congiuntamente gli sviluppi futuri e quindi a negoziare nuovi contratti collettivi di lavoro collegati all’introduzione dell’automazione nel settore dei trasporti stradali.

1.9.

La direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi deve essere riveduta in modo che copra i prodotti e i servizi mobili, come pure i prodotti con software incorporato, affinché per i consumatori sia chiaro chi abbia la responsabilità. Inoltre, in un contesto digitale più complesso, anche l’onere della prova in caso di guasto del prodotto rappresenta un motivo di preoccupazione e dovrebbe essere regolamentato in modo semplice per i consumatori. Il Comitato invita la Commissione, in particolare, ad anticipare i cambiamenti della direttiva sulle assicurazioni dei veicoli a motore senza conducente e a garantire il risarcimento delle vittime di incidenti stradali.

1.10.

Con l’aumento della connettività, i dati dei veicoli diventano accessibili da ogni angolo del globo. Come si vede nel settore degli smartphone e dei computer, questo comporta notevoli rischi e sfide in materia di sicurezza, protezione e tutela della vita privata. Le norme che valgono per questi settori non sono accettabili nel caso dei veicoli, per i quali esiste un rischio di morte o lesione. Il CESE sottolinea, pertanto, che qualsiasi nuovo regolamento sull’accesso ai dati dei veicoli deve seguire il principio della sicurezza prima di tutto.

1.11.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione dia la priorità a regolamentare la protezione dei veicoli dagli attacchi informatici, garantire comunicazioni sicure e affidabili tra i veicoli e le infrastrutture e assicurare un valido livello di protezione dei dati conformemente al regolamento generale sulla protezione dei dati.

1.12.

Il CESE offre la sua disponibilità a partecipare alla valutazione, condotta dalla Commissione, dell’impatto socioeconomico e ambientale della mobilità senza conducente e al forum istituito a livello UE al fine rispondere a questioni etiche specifiche.

2.   Introduzione

2.1.

L’iniziativa L’Europa in movimento comprende una serie di atti giuridici articolati in tre pacchetti. Il primo pacchetto rispecchia l’ambizione dell’Europa di compiere rapidi progressi verso l’introduzione, entro il 2025, di un sistema di mobilità pulita, competitiva e interconnessa, che è fondamentale per il buon funzionamento dello spazio unico europeo dei trasporti (1). Il secondo pacchetto è incentrato maggiormente sugli strumenti volti a ridurre le emissioni generate dai trasporti stradali (2). Il terzo pacchetto, appena pubblicato e oggetto del presente parere, si concentra sulle questioni di sicurezza, al cui riguardo la Commissione presenta la sua strategia nella comunicazione intitolata Verso la mobilità automatizzata  (3).

2.2.

Con ogni probabilità la tecnologia dei trasporti terrestri, in particolare, sarà radicalmente trasformata dalla digitalizzazione. La comunicazione in esame deve quindi essere inquadrata in un più ampio contesto, comprendente altre questioni quali il futuro del lavoro, la ricerca e l’innovazione, l’intelligenza artificiale e l’agenda per le competenze.

3.   Sintesi della proposta

3.1.

Con la comunicazione in esame, la Commissione propone un approccio globale dell’UE verso una mobilità connessa e automatizzata, delineando un’agenda europea ambiziosa, che offre una visione comune e individua le azioni a sostegno dello sviluppo e della messa in opera di tecnologie, servizi e infrastrutture fondamentali.

3.2.

La Commissione sta portando avanti il progetto Visione zero entro il 2050, dato che la guida automatizzata ha il potenziale di diventare un fattore di svolta e può ridurre considerevolmente il numero degli incidenti, se non addirittura azzerarlo. In questo modo si contribuisce anche al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile in materia di salute e benessere, nonché di città e insediamenti umani sostenibili.

3.3.

Al fine di rafforzare l’UE in termini di tecnologie e infrastrutture per la mobilità automatizzata, la Commissione finanzia vari strumenti e propone una serie di iniziative:

il meccanismo per collegare l’Europa, con una dotazione di 450 milioni di EUR e volto a favorire la digitalizzazione nel settore dei trasporti, con l’obiettivo di facilitare l’automazione;

collaudi su larga scala basati su corridoi transfrontalieri con l’impiego della tecnologia 5G;

priorità in materia di finanziamenti per la ricerca e l’innovazione (Orizzonte 2020 e il prossimo programma quadro).

3.4.

Entro il 2019 l’UE consentirà l’accesso gratuito ai servizi iniziali di alta precisione offerti da Galileo, che diventerà così il primo sistema a fornire un servizio di navigazione di questo tipo a livello mondiale.

3.5.

Al fine di garantire un mercato interno per una diffusione sicura della mobilità automatizzata, la Commissione intende (per lo più nel quadro della revisione del regolamento sulla sicurezza generale dei veicoli a motore):

collaborare con gli Stati membri alla definizione di orientamenti per garantire un approccio armonizzato nei confronti delle valutazioni nazionali ad hoc della sicurezza relative ai veicoli automatizzati;

iniziare a collaborare con gli Stati membri e le parti interessate per la messa a punto di un nuovo approccio in materia di certificazione di sicurezza dei veicoli automatizzati;

proporre nuovi sistemi di sicurezza per i veicoli automatizzati nel quadro della revisione del regolamento sulla sicurezza generale dei veicoli a motore;

regolamentare i registratori di dati dei veicoli automatizzati;

regolamentare i convogli di autocarri a guida semiautomaticaplatooning») per garantire la standardizzazione dello scambio dei dati tra le diverse marche;

disciplinare la protezione dei autoveicoli dagli attacchi informatici;

tenere in considerazione la necessità di specifiche relative all’accesso ai dati dei veicoli in risposta alle esigenze delle autorità pubbliche;

adottare un regolamento delegato volto a garantire comunicazioni sicure e affidabili tra i veicoli e le infrastrutture e un valido livello di protezione dei dati conformemente al regolamento generale sulla protezione dei dati.

3.6.

In seguito a una conclusione del Consiglio, la Commissione intende valutare gli effetti socioeconomici e ambientali dell’automazione e della digitalizzazione nel settore dei trasporti tenendo conto delle nuove competenze necessarie in tale settore. A tal fine la Commissione intende:

consultare le parti interessate sugli effetti socioeconomici e ambientali della mobilità autonoma;

sostenere l’acquisizione di nuove competenze e la riqualificazione della forza lavoro in tale settore tramite la nuova agenda per le competenze per l’Europa;

istituire un forum a livello UE per affrontare questioni etiche specifiche sollevate dalla mobilità autonoma.

4.   Osservazioni generali

4.1.

La digitalizzazione e l’automazione basate su connessioni Internet affidabili e veloci offrono una ricca gamma di nuove soluzioni ai consumatori e alle imprese che chiedono migliore qualità, facilità d’uso, flessibilità, accessibilità economica e sicurezza nei trasporti su strada.

4.2.

L’industria automobilistica europea, con la sua esperienza nello sviluppo di tecnologie per i veicoli, è in una posizione ottimale per cogliere queste opportunità. Il CESE sottolinea che uno degli obiettivi generali cui puntare deve essere quello di armonizzare i vari sistemi, o quantomeno trovare soluzioni tecniche che consentano loro di operare attraverso le frontiere: questo, infatti, è un presupposto di vitale importanza per il buon funzionamento del mercato interno.

4.3.

La connettività dei veicoli tra loro, e tra questi e l’infrastruttura fissa, rappresenta un elemento cruciale che sarà necessario per sfruttare appieno le tecnologie digitali. Il CESE accoglie pertanto con favore il calendario per lo sviluppo, a livello europeo, di infrastrutture per la banda larga ad alta capacità in grado di fornire una copertura 5G ininterrotta con connettività Internet ad altissima capacità lungo tutti i principali assi di trasporto terrestri (4).

4.4.

Il CESE torna perciò a incoraggiare la Commissione a proseguire ulteriormente il progetto Visione zero entro il 2050. Una caratteristica fondamentale della guida automatica o semiautomatica è costituita dal fatto che essa potrebbe migliorare significativamente la sicurezza attiva dei veicoli terrestri, riducendo considerevolmente il numero delle vittime, se non addirittura azzerandolo.

5.   Accettazione da parte dell’opinione pubblica e impatto socioeconomico

5.1.

Le nuove tecnologie possono essere attuate con successo soltanto se anche l’impatto socioeconomico è stato preso in adeguata considerazione. Per l’introduzione della mobilità automatizzata è fondamentale che questi sistemi siano accolti favorevolmente dall’opinione pubblica.

5.2.

Il CESE è convinto che la mobilità connessa e automatizzata apporterà benefici alla società, in quanto offrirà nuovi servizi per la mobilità delle persone, con maggiori opportunità per l’economia della condivisione, vantaggi per l’ambiente e possibilità di spostarsi per chi non può mettersi alla guida.

5.3.

Riguardo alle questioni della sicurezza e della responsabilità occorre fare una chiara distinzione tra la guida semiautomatica e quella autonoma. Nei veicoli semiautomatici (livelli di automazione da 1 a 4), il conducente è assistito da nuove tecnologie (radar, telecamera e laser), mentre nelle automobili a guida autonoma (livello 5) non vi è alcuna necessità di un conducente. Nel primo caso il conducente resta responsabile in ogni circostanza, mentre nel secondo caso la questione della responsabilità deve essere chiarita. Il CESE è convinto che le automobili a guida autonoma debbano soddisfare le stesse norme di sicurezza di altri sistemi di trasporto di passeggeri quali i treni o gli aeroplani di grandi dimensioni. Se l’errore umano è eliminato, i sistemi automatici di trasporto devono essere sicuri al 100 %.

5.4.

La nostra società mostra un certo grado di tolleranza all’errore umano, ciò spiega l’accettazione di circa 25 000 vittime di incidenti stradali nell’UE (dati del 2016). La situazione è del tutto diversa per altri sistemi di trasporto nei quali i passeggeri sono passivi. L’esigenza che i veicoli a guida autonoma siano sicuri al 100 % rappresenterà un notevole ostacolo fintantoché questi veicoli, le autovetture convenzionali e gli altri utenti della strada (ciclisti, pedoni e veicoli per uso speciale) condivideranno le stesse strade.

5.5.

Gli incidenti mortali che vedono coinvolti veicoli automatizzati potrebbero diventare un impedimento per questa tecnologia, anche se il tasso di incidenti è relativamente basso. Il CESE raccomanda pertanto che tutti i progetti pilota e le procedure di collaudo con la guida automatica siano svolti secondo le norme di sicurezza più elevate possibile. Questa condizione imprescindibile può rallentare lo sviluppo rispetto ai concorrenti al di fuori dell’UE, ma al tempo stesso può migliorare l’accettazione da parte dell’opinione pubblica e nel lungo periodo può offrire prodotti migliori. Il CESE osserva che i veicoli automatizzati consentiranno di raggiungere il 100 % di sicurezza soltanto se la rete stradale sarà riprogettata in maniera sostanziale.

5.6.

Riguardo alla definizione di un codice etico per i veicoli altamente automatizzati, il CESE raccomanda, come sottolineato anche in altri pareri, di adottare un approccio secondo cui la macchina deve rimanere macchina e l’uomo ne deve mantenere il controllo in ogni momento. In base a tale principio, solo l’uomo può prendere «decisioni responsabili», e questo ha conseguenze sulla progettazione dei veicoli a guida autonoma e sul contesto in cui essi sono autorizzati a operare. Tuttavia, le azioni essenziali per la sicurezza dei veicoli senza conducente, necessarie ad esempio a evitare incidenti, possono sollevare «questioni etiche» molto delicate a livello di programmazione alle quali va data una risposta.

5.7.

Il CESE riconosce che i veicoli semiautomatici (livello di automazione da 1 a 4) possono già ora ridurre gli incidenti mortali, e sostiene pertanto l’approccio seguito dalla Commissione di accrescere il numero di nuovi dispositivi di sicurezza per i veicoli nel quadro della revisione del regolamento sulla sicurezza generale dei veicoli a motore. Il CESE rileva due ambiti problematici che possono costituire un ostacolo all’accettazione da parte dell’opinione pubblica: a) l’aggiunta di dispositivi tecnici può accrescere considerevolmente il costo di un’automobile e b) l’aumento del numero di sistemi di guida assistita può rendere molto più complessa la guida di un’autovettura.

5.8.

La formazione abituale per ottenere la patente di guida (sia essa per veicoli leggeri, autocarri o autobus) non ha tenuto conto e non tiene conto delle più moderne tecnologie impiegate nei sistemi di guida assistita. Sarà naturalmente necessario prevedere una formazione integrativa sia per i neopatentati che per i conducenti già esperti. Inoltre, i consumatori devono ricevere informazioni chiare e prive di ambiguità circa le caratteristiche di un moderno veicolo al momento dell’acquisto, della locazione o del ricorso al car-sharing. Il CESE propone che l’industria automobilistica, insieme con i comuni, offra corsi di formazione e aree destinate a tale scopo, per i conducenti privati e per quelli professionali. L’esame di guida per coloro che desiderano ottenere la patente dovrebbe comprendere la formazione sugli aspetti di sicurezza legati all’utilizzo delle nuove tecnologie/dei nuovi dispositivi di automazione. La formazione sulla guida semiautomatica sarà essenziale per lo sviluppo di un moderno profilo per i conducenti professionali e può richiedere nuove competenze e responsabilità.

5.9.

Il CESE riconosce che se in futuro dovesse essere effettivamente introdotta l’automazione integrale (livello di automazione 5) si potrebbe avere come conseguenza una perdita di posti di lavoro su vasta scala (in particolare per i conducenti di camion e autobus). Il Comitato chiede alla Commissione di considerare la preoccupazione diffusa che l’introduzione di nuove tecnologie, la digitalizzazione e l’automazione in un ampio ventaglio di settori (trasporti, industria manifatturiera, servizi finanziari ecc.) possano portare alla massiccia perdita di posti di lavoro, in sostituzione dei quali verrebbero creati relativamente pochi posti di lavoro nuovi. Il CESE sottolinea che i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie, dalla digitalizzazione e dall’automazione devono essere condivisi dalla società nel suo complesso, e non semplicemente essere sfruttati dalle imprese private per ridurre il costo del lavoro. È inoltre importante rilevare, tuttavia, che già oggi il lavoro dei conducenti professionali non consiste soltanto nel guidare un veicolo e che in futuro, quando vi sarà meno necessità della sola guida (con il livello di automazione 5), si potranno estendere ulteriormente le mansioni dei professionisti del settore dei trasporti, e questo potrebbe compensare in larga misura la riduzione dei compiti di sola guida.

5.10.

Il CESE riconosce appieno che l’introduzione di sistemi semiautomatici (livelli di automazione da 1 a 4) e completamente automatici (livello 5) negli autocarri e negli autobus avrà ripercussioni sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro. Il Comitato sollecita pertanto le parti sociali a pianificare congiuntamente gli sviluppi futuri e quindi a negoziare nuovi contratti collettivi di lavoro collegati all’introduzione di nuove tecnologie, alla digitalizzazione e all’automazione nel settore dei trasporti stradali. È da accogliere con favore il fatto che alcune organizzazioni sindacali (ad esempio, UNITE nel Regno Unito) abbiano già messo a punto dei modelli di contratto collettivo al fine di proteggere i posti di lavoro, garantire la riqualificazione e l’aggiornamento professionale e assicurare che gli eventuali risparmi sui costi siano equamente condivisi con la forza lavoro.

5.11.

La direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi deve essere riveduta in modo che copra i prodotti e i servizi mobili, come pure i prodotti con software incorporato, affinché per i consumatori sia chiaro chi abbia la responsabilità (cfr. anche il parere INT/857). Inoltre, in un contesto digitale più complesso, anche l’onere della prova in caso di guasto del prodotto rappresenta un motivo di preoccupazione e dovrebbe essere regolamentato in modo semplice per i consumatori.

5.12.

Il CESE si compiace che a livello internazionale si riconosca sempre più spesso che le norme dell’UE sulla protezione dei dati stabiliscono standard tra i più elevati al mondo in materia, e accoglie con favore il fatto che la Commissione dia la priorità a regolamentare la protezione dei veicoli dagli attacchi informatici, a garantire comunicazioni sicure e affidabili tra i veicoli e le infrastrutture e ad assicurare un valido livello di protezione dei dati conformemente al regolamento generale sulla protezione dei dati.

5.13.

Con l’aumento della connettività, i dati dei veicoli diventano accessibili da ogni angolo del globo. Tale possibilità spalanca le porte a un vasto potenziale ancora inutilizzato. L’elevata accessibilità comporta tuttavia anche rischi e sfide importanti in materia di sicurezza, protezione e tutela della vita privata, aspetti questi che, nel caso dei veicoli, richiedono norme molto più rigorose rispetto, ad esempio, agli smartphone. Il CESE invita l’UE a mettere a punto tali norme e a negoziare i corrispondenti accordi su di esse a livello mondiale.

5.14.

L’accesso ai dati dei veicoli è di grande rilevanza per la concorrenza nell’assistenza post-vendita, in particolare per le imprese indipendenti che effettuano interventi di riparazione e manutenzione, e può avere conseguenze sulle possibilità di scelta e sui costi per i consumatori. Il CESE invita la Commissione ad attuare al più presto le norme sull’utilizzo dei dati, in particolare in considerazione del fatto che le industrie automobilistiche dell’UE hanno già fornito proposte particolareggiate (ad esempio il concetto, alquanto dettagliato, denominato Nevada [acronimo di: Neutral Extended Vehicle for Advanced Data Access] sviluppato dal settore automobilistico dell’UE [fonte VDA] per una piattaforma equa di scambio di dati con terzi in modo sicuro e non discriminante, oltre a tenere conto dei diritti dei consumatori alla tutela della vita privata.

5.15.

La Commissione dovrebbe considerare il fatto che l’infrastruttura necessaria per il funzionamento dei veicoli connessi e autonomi differisce in modo estremo da uno Stato membro all’altro. Inoltre le autorità di vigilanza del mercato di tutti gli Stati membri dovrebbero disporre di risorse sufficienti per poter far fronte alle nuove tecnologie.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 246 del 28.7.2017, pag. 64.

(2)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 75.

(3)  COM(2018) 283 final.

(4)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 51.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/280


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’etichettatura dei pneumatici in relazione al consumo di carburante e ad altri parametri fondamentali e che abroga il regolamento (CE) n. 1222/2009 0187»

[COM(2018) 296 final — 2018/0148 (COD)]

(2019/C 62/44)

Relatore:

András EDELÉNYI

Consultazioni

Parlamento europeo, 11/06/2018

Consiglio 14/06/2018

Base giuridica

Articoli 194, paragrafo 2, 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

04/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

215/1/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace del fatto che il legislatore europeo riesamini, in base alle sue stesse raccomandazioni, le prestazioni e la qualità globali degli pneumatici utilizzati nell’UE e la relativa etichettatura. Gli pneumatici, in quanto unico elemento di contatto tra il veicolo e la strada, contribuiscono in grande misura alla sicurezza generale dei trasporti e al livello di consumi di carburante.

1.1.1.

Il CESE condivide il giudizio secondo cui il miglioramento dell’etichettatura degli pneumatici offrirà ai consumatori informazioni più dettagliate sull’efficienza in termini di consumi di carburante, sulla sicurezza e sulla rumorosità, consentendo loro di ottenere, al momento dell’acquisto di nuovi pneumatici, informazioni accurate e comparabili, e di operare quindi una scelta consapevole.

1.1.2.

Un ulteriore aspetto importante è che una corretta etichettatura aiuta i consumatori, al momento della scelta, a trovare un equilibrio più realistico tra fattori pertinenti, quali i dati sulle prestazioni, l’immagine del marchio e il livello di prezzo. Essa contribuisce inoltre a far sì che gli acquirenti, resi più consapevoli, prendano decisioni convenienti in termini di costi e rispettose dell’ambiente, cosa importante dal punto di vista sia della tutela ambientale che del risparmio.

1.1.3.

Il CESE concorda anche sul fatto che la nuova proposta di regolamento contribuirà a migliorare l’efficacia del sistema di etichettatura degli pneumatici, rendendo in tal modo i veicoli più puliti, sicuri e silenziosi, e contribuirà anche alla modernizzazione e alla decarbonizzazione del settore dei trasporti.

1.1.4.

Lo sviluppo, la produzione e la ricostruzione di pneumatici di qualità superiore possono indirettamente contribuire in misura significativa al mantenimento di una produzione europea ad alto valore aggiunto e, dunque, di posti di lavoro di qualità. Per la società nel suo complesso, possono ridursi i costi e le spese totali a carico degli utenti finali, in termini sia finanziari che di salute e di prevenzione degli incidenti.

1.1.5.

Il CESE sostiene la revisione del sistema di etichettatura degli pneumatici, che contribuisce agli sforzi dell’UE intesi a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e l’inquinamento atmosferico, e quindi accresce la sicurezza dei trasporti su strada, la tutela della salute e l’efficienza economica e ambientale.

1.1.6.

Il CESE ritiene particolarmente importante che il sistema di mobilità del futuro sia sicuro, pulito ed efficiente per tutti i cittadini dell’UE. L’obiettivo è rendere la mobilità europea più sicura e accessibile, l’industria europea più competitiva, i posti di lavoro in Europa più sicuri, e garantire una corrispondenza migliore e più chiara ai principi fondamentali della lotta contro i cambiamenti climatici. Per farlo sarà necessario il pieno impegno dell’UE, degli Stati membri e delle parti in causa.

1.2.

Il CESE prende atto con soddisfazione dell’obbligo rafforzato di esposizione dell’etichetta nelle situazioni in cui i consumatori non vedono gli pneumatici che intendono acquistare (perché stoccati altrove o venduti a distanza o via Internet).

1.2.1.

Il CESE si compiace inoltre del fatto che la proposta preveda l’inserimento degli pneumatici nella banca dati per la registrazione dei prodotti, istituita recentemente a norma del regolamento (UE) 2017/1369, al fine di migliorare la vigilanza del mercato e l’informazione dei consumatori.

1.2.2.

Il CESE è favorevole all’obbligo, per i fornitori, di inserire le informazioni nella nuova banca dati dei prodotti. Si tratta di informazioni che già adesso i fornitori devono trasmettere, su richiesta, alle autorità nazionali di vigilanza del mercato. Gli oneri aggiuntivi che ne derivano possono essere considerati minimi e proporzionati ai benefici, specie se quanto sopra è realizzabile attraverso il collegamento alle banche dati esistenti e non espone i consumatori a un sovraccarico di informazioni.

1.2.3.

Appare ragionevole prorogare di un anno la scadenza per l’applicazione del regolamento, ai fini di una preparazione accurata. Si ritiene opportuno utilizzare come data di riferimento quella di fabbricazione, riportata sui prodotti, piuttosto che quella di immissione sul mercato, che comporta il rischio di sovrapposizioni o duplicazioni.

1.2.4.

L’indicazione obbligatoria nell’etichetta delle prestazioni in caso di neve e il nuovo simbolo relativo al ghiaccio (il cui modello sarà presentato dall’ISO entro dicembre 2018) sono buone iniziative, importanti soprattutto nei paesi nordici. Bisogna ancora elaborare e adottare in maniera definitiva un metodo di prova sicuro per l’aderenza sul ghiaccio, mentre appare opportuno prevedere un’introduzione graduale.

1.2.5.

Il CESE si compiace del fatto che tra i parametri indicati nell’etichetta aumenti il numero e la rilevanza degli elementi relativi alla sicurezza. Tuttavia quanto sopra non è compatibile con la modifica proposta delle proporzioni interne e delle dimensioni dell’etichetta.

1.2.6.

Il sistema di revisione periodica del regolamento con l’aiuto della ricerca, della valutazione di impatto e della consultazione funziona bene; data l’elevata complessità dell’argomento appare opportuno mantenerlo anche per il futuro, prima di adottare qualsiasi modifica tecnica sostanziale. Il potere delegato della Commissione di apportare tra una revisione e l’altra piccole modifiche logiche, motivate dal progresso tecnico, appare giustificato.

1.2.7.

Le attuali classi di parametri appaiono adeguate per almeno un altro ciclo di revisione giacché, con le classi superiori al momento praticamente vuote, non sembra giustificato procedere a una riclassificazione.

1.2.8.

Compete agli Stati membri motivare i produttori a raggiungere un livello stabile e di buona qualità in termini di emissioni e di adeguamento al progresso tecnico, ma sulla base di principi uniformi occorre mantenere tale livello dalla classe C in su.

1.2.9.

Potrebbe essere opportuno in futuro incoraggiare l’indicazione, nell’etichetta o tra i dati tecnici, di informazioni circa il chilometraggio e l’abrasione. Tuttavia, non essendo disponibile un adeguato metodo di prova normalizzato, finora non si può compromettere la credibilità dell’etichetta con informazioni incerte e non adeguatamente comprovate.

1.2.10.

Suscita compiacimento la futura introduzione dell’etichettatura degli pneumatici C3 ricostruiti. Anche in questo caso il prossimo compito consiste nell’elaborazione di metodi di prova pertinenti e affidabili. Occorre tutelare le PMI del settore della ricostruzione da eventuali costi eccessivi di queste prove.

1.2.11.

Elementi chiave del successo dell’intera normativa sono un’adeguata informazione e misure atte a garantire le conoscenze e la preparazione dei consumatori e degli utenti grazie alla formazione, a campagne di informazione, a consigli relativi all’acquisto e a un ampio coinvolgimento della società civile.

2.   Introduzione: contesto e sintesi della proposta

2.1.

La proposta di regolamento in esame sostituisce e abroga il regolamento (CE) n. 1222/2009 (1) sull’etichettatura degli pneumatici in relazione al consumo di carburante e ad altri parametri fondamentali (regolamento sull’etichettatura degli pneumatici).

2.1.1.

Prima di entrare in vigore nel 2012, il regolamento sull’etichettatura degli pneumatici è stato modificato due volte nel 2011, dapprima per inserire un nuovo metodo di prova per l’aderenza sul bagnato, e successivamente per inserire una procedura più rigorosa di allineamento in laboratorio per la misurazione della resistenza al rotolamento. L’attuale proposta include tali modifiche.

2.2.

Nel 2009, l’UE ha adottato due serie di norme sugli pneumatici, tenendo conto delle esigenze che erano emerse e del parere tecnico:

il regolamento sull’etichettatura degli pneumatici, che stabilisce i requisiti dell’Unione per armonizzare le informazioni sui parametri degli pneumatici da fornire agli utenti finali, consentendo loro di operare scelte di acquisto informate;

il regolamento sui requisiti di omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore (2) (regolamento sulla sicurezza generale), che stabilisce i requisiti tecnici armonizzati che gli pneumatici devono soddisfare per poter essere immessi sul mercato dell’Unione.

2.2.1.

Il regolamento sulla sicurezza generale stabilisce, tra l’altro, requisiti minimi per gli pneumatici in termini di i) resistenza al rotolamento; ii) aderenza sul bagnato; iii) rumore esterno di rotolamento.

2.3.

Tali requisiti sono entrati in vigore il 1o novembre 2012, e il 1o novembre 2016 è stata introdotta una seconda serie di requisiti, più rigorosi, in materia di resistenza al rotolamento. Ulteriori modifiche saranno introdotte nel 2018 e nel 2020.

2.3.1.

Il quadro generale per l’etichettatura energetica è stato aggiornato nel 2017, con l’adozione del regolamento (UE) 2017/1369 (3), che ha abrogato e sostituito la direttiva 2010/30/UE, e ha introdotto una serie di nuovi elementi, tra cui la banca dati per la registrazione dei prodotti e nuove norme in materia di materiale pubblicitario visivo, vendite a distanza e vendite via Internet.

2.4.

Già il 17 dicembre 2008 il Consiglio aveva consultato il CESE in merito alla prima proposta, e la sezione competente aveva adottato il parere in merito il 12 marzo 2009 (TEN/369, relatore Virgilio Ranocchiari); il CESE aveva poi adottato il proprio parere alla 452a sessione plenaria, il 25 marzo 2009.

2.5.

La Commissione europea ha fatto eseguire una ricerca e una valutazione d’impatto dettagliate (SWD (2018) 189 final) sull’efficacia del regolamento (CE) n. 1222/2009 e, in base ai relativi risultati, ha presentato la presente modifica. Essa ha inserito tra i parametri del regolamento sulla sicurezza generale la possibilità di indicare: iv) l’aderenza sulla neve e v) l’aderenza sul ghiaccio. La seguente tabella riporta le concordanze tra i parametri misurati e gli obiettivi:

Settore

Parametro

Resistenza al rotolamento

Aderenza sul bagnato

Rumore

Neve

Ghiaccio

Ambiente

x

 

x

 

 

Energia

x

 

 

 

 

Sicurezza

 

x

 

x

x

3.   Osservazioni generali

3.1.

Nell’UE i trasporti sono all’origine di oltre il 30 % del consumo energetico, e il 22 % delle emissioni totali di gas a effetto serra proviene dal trasporto su strada. La comunicazione Una strategia europea per una mobilità a basse emissioni , del 2016, indica per il 2050 un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra generate dai trasporti pari ad almeno il 60 % rispetto ai valori del 1990. Il terzo pacchetto sulla mobilità persegue la riduzione delle emissioni di automobili e automezzi pesanti, il miglioramento della sicurezza stradale e la riduzione dell’inquinamento. Esso contribuisce inoltre a ridurre la dipendenza dell’UE dalle importazioni di energia. Gli pneumatici dei veicoli hanno un impatto sul consumo di carburante (e quindi sulle emissioni di gas a effetto serra), sulla rumorosità e sulla sicurezza.

3.2.

Dalla valutazione dell’attuale regolamento sull’etichettatura degli pneumatici è emerso che il regolamento non ha conseguito pienamente il suo obiettivo di aumentare l’efficienza ambientale dei trasporti su strada promuovendo l’uso di pneumatici efficaci nel ridurre i consumi, a bassa rumorosità e sicuri. Ciò è dovuto anzitutto ai seguenti fattori:

a)

scarsa visibilità dell’etichettatura degli pneumatici e insufficiente sensibilizzazione pubblica in materia;

b)

problemi di rispetto delle norme e loro inadeguata applicazione da parte degli Stati membri;

c)

classi di prestazione imprecise, informazioni incomplete e inesatte.

3.3.

Le misure normative dell’UE assicurano che:

a)

gli utenti finali ricevano informazioni equivalenti e armonizzate, indipendentemente dallo Stato membro in cui acquistano pneumatici;

b)

i fornitori abbiano costi inferiori, potendo commercializzare i loro pneumatici in tutta l’UE con la stessa etichetta.

3.4.

Questi vantaggi innanzi tutto sostengono i consumatori, accrescono la sicurezza e rafforzano la competitività dell’industria UE degli pneumatici. Essi facilitano la commercializzazione di pneumatici nel mercato interno, e favoriscono i consumatori grazie a costi complessivi più bassi e a una più ampia gamma di prodotti. Per garantire un’azione efficace a livello dell’UE, gli sforzi per la sorveglianza del mercato dovrebbe essere coerenti in tutta l’UE, ai fini del sostegno del mercato interno. Bisogna incoraggiare gli investimenti dei produttori nella concezione, costruzione e commercializzazione di pneumatici efficienti sotto il profilo energetico.

3.5.

Dalla consultazione pubblica è emerso che esiste un consenso sulla necessità di migliorare la conoscenza dell’etichetta attraverso campagne di sensibilizzazione, l’etichettatura obbligatoria online e l’etichettatura degli pneumatici venduti con veicoli nuovi. I partecipanti hanno convenuto che al fine di accrescere la fiducia dei consumatori occorre rafforzare la sorveglianza del mercato, e creare piattaforme migliori per l’applicazione delle norme e il coordinamento delle attività da parte delle autorità.

3.6.

Suscita compiacimento il fatto che, tra le caratteristiche riportate sull’etichetta, aumentano la quantità e la rilevanza dei parametri relativi alla sicurezza. Ciò contrasta tuttavia con la relativa riduzione dello spazio destinato alla raffigurazione di tali parametri nello schema dell’etichetta. Anche la modifica delle dimensioni dell’etichetta non risulta comprensibile.

3.7.

Un’approfondita valutazione d’impatto ha evidenziato la delicatezza e l’importanza della fiducia nei sistemi di etichettatura. Ne deriva una grande responsabilità a carico della regolamentazione, dato che occorre scegliere e comunicare un numero limitato di parametri informativi precisi e affidabili. D’altro canto, le autorità degli Stati membri preposte alla sorveglianza del mercato hanno un compito gravoso, dovendo tutelare sia i consumatori che i produttori onesti, per evitare a questi ultimi di trovarsi in una situazione di svantaggio concorrenziale nei confronti di imprese poco o per nulla affidabili, che fanno quindi fronte a costi inferiori e praticano prezzi più convenienti.

3.8.

La coesistenza di tutti i fattori di cui sopra può fornire un adeguato quadro di sostegno per il percorso di ricerca, sviluppo e innovazione, orientando efficacemente gli obiettivi da perseguire e le principali risorse ad essi destinate.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

La Commissione europea svolgerà, sulla base di una delega, consultazioni a livello di esperti, al fine di introdurre nuove ulteriori prescrizioni e adeguare gli allegati al progresso tecnico. La modifica del regolamento basata sulla delega deve tuttavia limitarsi ai progressi dovuti all’avanzamento tecnico, e non estendersi a modifiche sostanziali, come nuove disposizioni in materia di chilometraggio, usura o pneumatici ricostruiti, che dovrebbero avvenire nel quadro del riesame periodico. Ciò consentirà di legiferare meglio (4). In tale contesto dovrà essere garantita una forte rappresentanza delle organizzazioni professionali della società civile, le quali — a differenza di altre organizzazioni, che dispongono di dati specifici, forniti in maniera ciclica o indiretta — ricevono informazioni continuamente aggiornate dalle organizzazioni di consumatori (singoli consumatori/utenti o gestori di parchi veicoli).

4.2.

Sulla base della relazione tecnica elaborata in vista della revisione del regolamento, e dei dati provenienti dalla ricerca di mercato, il CESE ritiene che una modifica della classificazione dei parametri sarebbe prematura: infatti, per la resistenza al rotolamento e l’aderenza sul bagnato, meno dell’1 % dell’offerta di mercato rientra nella classe A, la quale è quindi praticamente vuota. In base al regolamento 2017/1369 il riscalaggio è giustificato solo in presenza di una percentuale di oltre il 30 % dei prodotti nella categoria superiore. D’altro canto, una scala di 6-7 gradi, i cui due livelli superiori sono vuoti, non risulterebbe motivante. Dal punto di vista tecnico occorre anche considerare il fatto che prove eseguite su pneumatici della stessa serie danno talvolta luogo a differenze di due classi.

4.3.

Il CESE condivide il giudizio secondo cui sarebbe auspicabile, in presenza di dati chiari e significativi, introdurre in futuro parametri riferiti al chilometraggio e all’abrasione. Fa tuttavia osservare che nel corso degli ultimi cento anni non è stato trovato (al di là della prova pratica) un metodo di prova adeguato e conveniente per i parametri di cui sopra. Tali parametri di prova dovrebbero di fatto riflettere e caratterizzare l’uso continuo e variato a lungo termine. La modellizzazione in laboratorio di questi parametri, efficace e a costi ragionevoli, consiste necessariamente in una prova di sovraccarico accelerata, che, nella sua standardizzazione, non risulta molto rappresentativa della diversità delle utilizzazioni reali e dei differenti comportamenti naturali che ne conseguono. Tali prove, effettuate in condizioni diverse, danno come risultato differenti classificazioni e collocazioni in graduatoria dei prodotti in funzione del chilometraggio e dell’usura.

4.3.1.

Si può ritenere che sarebbe pericoloso e peggiorerebbe la credibilità dell’etichettatura se il consumatore, nell’uso concreto, constatasse risultati in contrasto con l’etichetta. Problemi di questo tipo non si presentano nel caso degli altri parametri, con i quali si modellizza e si dimostra un comportamento specifico e momentaneo. L’inclusione dei due parametri di cui sopra nell’etichetta è molto rischiosa e non è al momento raccomandata.

4.3.2.

L’importanza di ridurre l’abrasione è comprovata dalla rilevazione di diversi effetti ambientali negativi: da un lato la presenza di particelle di plastica nei corpi idrici, quantunque la gomma vi rappresenti una quota relativamente modesta, dall’altro la presenza nell’aria, seppure in piccole quantità, di benzopirene, derivante probabilmente dalla valorizzazione energetica, che è invece un importante fattore della formazione di smog e di taluni danni alle vie respiratorie.

4.4.

In linea generale, il CESE condivide il giudizio secondo cui la ricostruzione degli pneumatici di classe C3 può contribuire al risparmio globale di materie prime e di energia. Va notato, tuttavia, che agli pneumatici ricostruiti si possono applicare solo i tre attuali parametri dell’etichettatura, e solo parzialmente. Per quanto riguarda la durata e l’abrasione, la ripartizione della responsabilità relativa alla qualità tra il fabbricante dell’armatura e chi esegue la ricostruzione è ancora più vaga. Non si raccomanda quindi l’etichettatura per questi parametri. Data la loro trascurabile quota di mercato, non appare ragionevole dal punto di vista economico ed ambientale includere gli pneumatici ricostruiti di classe C1 e C2 nel regolamento sull’etichettatura degli pneumatici. Dovrebbe invece essere consentita l’etichettatura volontaria, da parte dei produttori, di detti pneumatici ricostruiti di classe C1 e C2, per rispondere alle esigenze di una clientela che richiede un minimo di efficacia dell’etichettatura.

4.4.1.

Il Comitato fa osservare che l’inclusione degli pneumatici ricostruiti comporterà un aumento esponenziale del numero di voci presenti nella banca dati dei prodotti, rispetto agli pneumatici nuovi. Le combinazioni di imprese di ricostruzione e di fabbricanti di armature, il numero di ricostruzioni e le varianti nella tecnica di ricostruzione generano ciascuna un nuovo numero di prodotto. Il gran numero di prove dei prodotti comporta un onere finanziario eccessivo per i produttori, prevalentemente PMI, e l’eccessiva varietà di prodotti risulta ingestibile anche dal punto di vista dei consumatori.

4.5.

Il CESE ritiene che, dato il poco tempo a disposizione per la preparazione, sarebbe opportuno posticipare di un anno l’introduzione del regolamento. Sarebbe molto più semplice e più gestibile se per i prodotti inclusi nella regolamentazione si tenesse conto non già della data di immissione in commercio, ma di quella di produzione. Quest’ultima, che è riportata in modo permanente sullo pneumatico, riduce il rischio di doppie registrazioni nella banca dati.

4.6.

Il nuovo regolamento, da solo, continuerà a non consentire ai consumatori di confrontare le prestazioni e i prezzi degli pneumatici in relazione al consumo di carburante. Sebbene informazioni relative ai consumi siano spesso disponibili nei punti vendita o nelle istruzioni per l’uso di veicoli, la maggior parte dei consumatori non dispone ancora di conoscenze e di informazioni sufficienti.

4.6.1.

Poiché le prestazioni degli pneumatici sono correlate ma anche in opposizione fra di loro, le informazioni riguardano l’ottimizzazione della scelta tra questi parametri. Tuttavia questo non contribuisce a una scelta pienamente consapevole della maggior parte dei consumatori, perché essi non sono al corrente delle relazioni tra i parametri forniti.

4.6.2.

Il CESE raccomanda che le organizzazioni professionali dell’UE e degli Stati membri, i servizi civili e di ordine pubblico competenti per la sicurezza stradale e la circolazione, e le scuole guida, includano nei loro programmi di insegnamento, comunicazione e formazione permanente, come pure tra gli argomenti di esame, la conoscenza degli pneumatici, nonché l’informazione in merito a tutti i parametri tecnici e ai simboli che, in base al regolamento, saranno utilizzati in futuro.

4.6.3.

Sarebbe inoltre importante, che i costruttori facessero in modo che i loro partner commerciali, che sono spesso i venditori di pneumatici, informassero adeguatamente gli acquirenti, nella misura del possibile, in merito al veicolo venduto o agli pneumatici che vogliono acquistare, e proponessero opzioni alternative, dando loro consigli.

4.6.4.

Secondo il CESE, l’UE dovrebbe fare in modo che gli Stati membri predisponessero campagne di informazione e di sensibilizzazione concernenti non solo il regolamento in esame, ma anche altre questioni relative agli pneumatici, come la loro utilizzazione in funzione della stagione, il loro trattamento ecc.

4.7.   Note per future considerazioni

4.7.1.

A più lungo termine, l’UE dovrebbe considerare l’introduzione di informazioni orientative sulla riciclabilità degli pneumatici fuori uso, non già nell’etichetta, ma piuttosto nella documentazione e nel materiale promozionale di natura tecnica.

4.7.2.

Dopo il prossimo periodo di riesame del regolamento, potrebbe essere il caso di valutare se sia necessario introdurre ulteriori differenziazioni riguardo agli pneumatici da neve (nelle prove, nella documentazione e nel materiale promozionale di natura tecnica o nell’etichetta).

Bruxelles, il 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU L 342 del 22.12.2009, pag. 46.

(2)  GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1.

(3)  GU L 198 del 28.7.2017, pag. 1.

(4)  GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/286


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi»

[COM(2018) 284 final — 2018/0143 (COD)]

e sulla «Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/53/CE del Consiglio per quanto riguarda i termini di applicazione delle norme speciali in materia di lunghezza massima delle cabine in caso di miglioramento delle prestazioni aerodinamiche, dell’efficienza energetica e delle prestazioni di sicurezza»

[COM(2018) 275 final — 2018/0130 (COD)]

(2019/C 62/45)

Relatore:

Stefan BACK

Consultazione

Parlamento europeo, 11/06/2018 e 5/07/2018

Consiglio, 8/06/2016 e 5/7/2018

Base giuridica

Articolo 91, paragrafo 1, articolo 192, paragrafo 1, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

04/10/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

216/2/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/53/CE del Consiglio (la «proposta di decisione») e rileva che essa non fa che anticipare l’attuazione di una serie di modifiche sostanziali, già concordate, alla direttiva 96/51/CE. Il CESE sottolinea la necessità di prendere in considerazione il contesto lavorativo dei conducenti al momento di adottare le norme di attuazione ed esorta la Commissione a consultare al riguardo i pertinenti soggetti interessati.

1.2.

Il CESE accoglie positivamente anche la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi (1) (la «proposta di regolamento»), la quale adotta un approccio equilibrato per soddisfare l’esigenza di ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli pesanti quale contributo alla realizzazione degli impegni assunti nel quadro dell’accordo di Parigi, tenendo altresì conto delle disposizioni specifiche per il settore dei trasporti stabilite dal Consiglio europeo dell’ottobre 2014.

1.3.

Il CESE esprime inoltre apprezzamento per l’obiettivo della proposta di regolamento volto a promuovere l’innovazione e la competitività dell’industria automobilistica dell’UE nel campo dei veicoli pesanti a basse emissioni per far fronte alla concorrenza esercitata in questo settore da Cina, Giappone e Stati Uniti d’America.

1.4.

Ciononostante, il Comitato si rammarica per la complessità della proposta, che la rende di difficile lettura. Il CESE deplora inoltre la mancanza di una terminologia comune e di criteri comuni applicati a quelli che nella proposta di regolamento vengono definiti «veicoli a basse e a zero emissioni» (low- and zero-emission vehicles — LEV/ZEV), dal momento che in altre proposte che fanno parte del pacchetto sulla mobilità si utilizzano definizioni o termini diversi. Una terminologia comune e, laddove possibile, criteri comuni avrebbero conferito maggiore chiarezza ai testi.

1.5.

A giudizio del CESE, la scelta di un approccio tecnologicamente neutro fatta nella proposta è necessaria, tenendo conto degli sviluppi in costante evoluzione nel campo delle fonti di energia alternative, e considerata anche la necessità di evitare soluzioni a livello nazionale che sarebbero di ostacolo al buon funzionamento del mercato interno.

1.6.

L’obiettivo di ridurre del 15 % le emissioni specifiche medie di CO2 nel periodo 2020—2025 è assai impegnativo, ma è pur sempre in linea con il livello di riduzione adottato dal Consiglio europeo dell’ottobre 2014 in relazione all’obiettivo di riduzione che poteva essere ragionevolmente richiesto al settore dei trasporti.

1.7.

Il CESE apprezza inoltre la flessibilità introdotta dal sistema di crediti e debiti di emissioni proposto dalla Commissione.

1.8.

Il CESE sottolinea che la prevedibilità è importante sia per l’industria automobilistica che per il settore dei trasporti, considerati il tempo e gli investimenti necessari ad entrambi per sviluppare nuovi prodotti e la necessità di disporre di un quadro giuridico prevedibile al momento di investire in nuovi macchinari o apparecchiature. Per questo motivo il CESE auspica anche che vengano definiti obiettivi più precisi per la traiettoria di riduzione delle emissioni di CO2 dopo il 2030.

1.9.

Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che spesso l’innovazione comporta la modifica delle condizioni di lavoro e la necessità di formazione per l’adattamento a nuove esigenze, il che richiede sforzi per garantire che la trasformazione avvenga in modo socialmente sostenibile e per favorire un dialogo tra le parti sociali.

1.10.

Il CESE sottolinea altresì l’importanza di verificare le prestazioni effettive dei veicoli in termini di emissioni di CO2 con prove in condizioni reali di guida, tenendo presenti, ad esempio, gli effetti supplementari sui livelli di emissioni di CO2 derivanti dalla digitalizzazione e da tecniche di guida più efficienti, fattori che determinano una maggiore efficienza, un migliore utilizzo delle capacità e una riduzione dei costi per unità trasportata.

1.11.

Il CESE ritiene pertanto che la proposta di regolamento in esame contribuirà anche a rafforzare la competitività dell’industria europea dei trasporti.

1.12.

Il CESE evidenzia la scarsa chiarezza della proposta di regolamento riguardo allo status dei «veicoli professionali», un aspetto che viene esaminato in modo più dettagliato al punto 5.1 del presente parere. A giudizio del CESE, sarebbe opportuno chiarire meglio quali siano le conseguenze del particolare status dei veicoli professionali, eventualmente con un’aggiunta al considerando 17.

1.13.

Secondo il CESE, inoltre, le entrate provenienti dalle sanzioni da pagare in caso di mancato rispetto degli obiettivi stabiliti dalla proposta di regolamento dovrebbero essere destinate a finanziare lo sviluppo di innovazione e di soluzioni di trasporto sostenibili volte a ridurre l’impronta di carbonio dei veicoli pesanti.

1.14.

Infine, il CESE osserva che i termini «indennità per le emissioni in eccesso» utilizzati all’articolo 8 della proposta per designare quella che è, in realtà, una sanzione non appaiono appropriati e andrebbero sostituiti, ad esempio, con «sanzione per le emissioni in eccesso».

2.   Contesto

2.1.

In virtù dell’accordo di Parigi l’Unione europea si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas a effetto serra per prevenire gli effetti negativi dei cambiamenti climatici. L’UE si è assunta tale impegno sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo dell’ottobre 2014, con cui si impegnava a ridurre le emissioni di almeno il 40 % entro il 2030, seppure prefiggendosi un obiettivo meno ambizioso, cioè una riduzione del 30 %, nel caso dei settori che non rientrano nel sistema ETS di scambio di quote di emissione, in particolare il settore dei trasporti (2).

2.2.

La strategia europea per una mobilità a basse emissioni (3) (la «strategia per una mobilità a basse emissioni») punta a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 60 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050, e di fare in modo che entro il 2030 i veicoli a basse emissioni rappresentino una quota significativa del mercato.

2.3.

Uno dei principali obiettivi dell’iniziativa L’Europa in movimento (il «pacchetto sulla mobilità») consiste nel produrre risultati per quanto riguarda sia la strategia per una mobilità a basse emissioni che la nuova strategia di politica industriale dell’UE (4). Le tre parti che compongono il pacchetto sulla mobilità sono state pubblicate il 31 maggio 2017, l’8 novembre 2017 e il 17 maggio 2018. Le comunicazioni generali che accompagnano queste tre parti hanno posto l’accento sull’importanza di produrre risultati per quanto riguarda questa strategia, e sono già state presentate alcune proposte in tal senso, tra cui la proposta di regolamento concernente il monitoraggio e la comunicazione dei dati relativi al consumo di carburante e alle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi (5) e la proposta di regolamento che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi nell’ambito dell’approccio integrato dell’Unione finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri e che modifica il regolamento (CE) n. 715/2007 (6). Occorre sottolineare che queste misure non perseguono unicamente una finalità ambientale, ma puntano anche a preservare la competitività dell’UE nei confronti di paesi quali la Cina, il Giappone e gli Stati Uniti, dove le norme ambientali per i veicoli pesanti sono già in vigore.

2.4.

Le due proposte esaminate nel presente parere sono contenute nella terza e ultima parte del pacchetto e riguardano, nel caso della proposta di regolamento, i livelli di prestazione in materia di emissioni dei veicoli pesanti nuovi, e, nel caso della proposta di decisione, la riduzione dei termini necessari per il recepimento nella legislazione nazionale delle norme speciali in materia di lunghezza massima delle cabine in caso di miglioramento delle prestazioni aerodinamiche.

3.   Le proposte in esame

3.1.   Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/53/CE del Consiglio per quanto riguarda i termini di applicazione delle norme speciali in materia di lunghezza massima delle cabine in caso di miglioramento delle prestazioni aerodinamiche, dell’efficienza energetica e delle prestazioni di sicurezza (7) (la «proposta di decisione»)

3.1.1.

Le norme speciali sopra ricordate mirano a consentire l’utilizzo di cabine con un’aerodinamica migliorata, il che comporta migliori prestazioni energetiche e una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Il testo della direttiva 96/53/CE attualmente in vigore prevede una moratoria di tre anni per l’introduzione di cabine aerodinamiche dopo la fine del periodo di recepimento della direttiva stessa. Per garantire che tali cabine aerodinamiche possano essere utilizzate senza inutili ritardi, il testo in esame propone di ridurre tale termine a quattro mesi dall’entrata in vigore della decisione. L’applicazione delle suddette norme speciali richiede una modifica delle norme in materia di omologazione.

3.1.2.

La proposta di decisione non modifica le disposizioni sostanziali della direttiva 96/53/CE.

3.2.   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2dei veicoli pesanti nuovi (8) (la «proposta di regolamento»)

3.2.1.

La proposta di regolamento in esame stabilisce i seguenti obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti contemplati dalla proposta stessa: riduzione del 15 % per il periodo 2025-2029, e dal 1o gennaio 2030 in poi riduzione di almeno il 30 %, con un riesame di quest’ultimo obiettivo da realizzare nel 2022. Le emissioni di CO2 di riferimento si basano sui dati del 2019 ricavati dal monitoraggio previsto dalla proposta di regolamento concernente il monitoraggio e la comunicazione dei dati relativi al consumo di carburante e alle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi (emissioni dell’anno di riferimento) (9).

3.2.2.

La proposta di regolamento si riferisce agli autocarri con un peso totale a pieno carico superiore a 16 tonnellate, ai trattori e anche — per quanto riguarda gli incentivi previsti dalle specifiche disposizioni applicabili ai veicoli a basse o a zero emissioni — a pullman, autobus e autocarri che non ricadono altrimenti nell’ambito di applicazione della proposta stessa. In linea di principio, i veicoli professionali e i veicoli pesanti non destinati alla consegna di merci non sono interessati dagli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 stabiliti dalla proposta di regolamento.

3.2.3.

Dal 2020 in poi, le emissioni specifiche medie di ciascun costruttore a decorrere dal 2019 sono calcolate, per ciascun anno civile precedente, mediante atti di esecuzione, sulla base dei dati raccolti ai sensi del regolamento proposto in materia di monitoraggio (cfr. il precedente punto 3.2.1) e sulla base del fattore per basse o zero emissioni da stabilire.

3.2.4.

Nel caso dei veicoli a basse o a zero emissioni, dal 2020 in poi la Commissione determina per ciascun costruttore il fattore per basse o zero emissioni sulla base del 2019. Ciascun veicolo a emissioni zero o a basse emissioni è conteggiato come due veicoli. Il fattore per basse o zero emissioni riduce al massimo del 3 % le emissioni specifiche medie del costruttore, o al massimo dell’1,5 % nel caso di autobus, pullman e autocarri che di norma non ricadono nell’ambito di applicazione del regolamento.

3.2.5.

A partire dal 2026, la Commissione determina mediante atti di esecuzione l’obiettivo per le emissioni specifiche di ciascun costruttore per l’anno successivo in base ai dati relativi all’anno precedente. Tali obiettivi sono basati sugli obiettivi stabiliti nel regolamento, sulle emissioni dell’anno di riferimento (2019), sulla quota di veicoli del costruttore in ciascuna categoria di veicoli, nonché sul chilometraggio annuale e sul carico utile per ciascuna categoria.

3.2.6.

È possibile acquisire crediti e debiti di emissioni. Il calcolo è il risultato della differenza tra una traiettoria di riduzione delle emissioni — da stabilire per ciascun costruttore sulla base delle emissioni dell’anno di riferimento e degli obiettivi per il 2025 e per il 2030 — e le emissioni specifiche medie del costruttore. Se tale sottrazione dà un valore positivo, si produce un credito di emissioni, mentre invece un valore negativo risultante dalla differenza tra le emissioni specifiche medie e l’obiettivo per le emissioni specifiche del costruttore produce un debito di emissioni.

3.2.7.

I crediti di emissioni possono essere acquisiti nel periodo 2019-2029, ma quelli per il periodo 2019-2024 possono essere utilizzati solamente per la conformità all’obiettivo per le emissioni specifiche da raggiungere entro il 2025. I debiti di emissioni per il periodo 2025-2029 non possono superare il 5 % dell’obiettivo per le emissioni specifiche del costruttore per il 2025, moltiplicato per il numero dei veicoli pesanti del costruttore nell’anno in questione («limite dei debiti di emissioni»). Debiti e crediti di emissioni possono essere riportati nell’arco del periodo 2025-2028, ma devono essere interamente liquidati entro il 2029.

3.2.8.

Le emissioni in eccesso su base annuale o per il periodo 2025-2029 danno luogo all’imposizione da parte della Commissione di una «indennità per emissioni in eccesso» il cui livello è fissato a 6 800 EUR per g CO2/tkm. Le indennità per emissioni in eccesso sono considerate entrate del bilancio generale dell’Unione.

3.2.9.

La proposta di regolamento contiene anche disposizioni relative al monitoraggio della conformità dei veicoli, alla pubblicazione dei dati e delle prestazioni del costruttore.

4.   Osservazioni generali

4.1.   La proposta di decisione

4.1.1.

Il CESE approva l’iniziativa volta a consentire l’attuazione in tempi più brevi delle disposizioni sull’impiego di un modello di cabina che dovrebbe permettere di migliorare l’efficienza energetica e, quindi, di ridurre le emissioni, oltre che di rafforzare la competitività dell’industria automobilistica dell’UE. Il Comitato sottolinea che la proposta di decisione non comporta modifiche sostanziali della direttiva 96/53/EC, ma si limita ad adattarne il calendario di attuazione.

4.1.2.

Il CESE osserva che la condizione preliminare per l’introduzione di cabine aerodinamiche che deroghino alle vigenti restrizioni sul peso/le dimensioni del veicolo è l’adozione di nuovi regolamenti. Ai sensi dell’articolo 9 della direttiva (UE) 2015/719, questi nuovi regolamenti riguarderanno quattro ambiti specifici:

le prestazioni aerodinamiche;

la sicurezza degli utenti vulnerabili della strada, ad esempio per quanto riguarda la loro visibilità per i conducenti, l’eliminazione degli angoli morti di visibilità ecc.;

la riduzione di danni o lesioni provocate a conducenti e ad altri utenti della strada in caso di collisione;

la sicurezza e il comfort dei conducenti, ad esempio per quanto riguarda le dimensioni interne della cabina.

4.1.3.

Il CESE esorta la Commissione a consultare i pertinenti soggetti interessati, quali organizzazioni sindacali di rappresentanza dei conducenti, degli autotrasportatori e di altri ancora, prima di pubblicare la versione definitiva delle proposte in esame.

4.1.4.

Il CESE presume che le norme di omologazione modificate che sarà necessario adottare assicureranno ai conducenti un contesto lavorativo con standard almeno pari a quelli attuali.

4.2.   La proposta di regolamento

4.2.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento della Commissione, che sembra pervenire ad un ragionevole equilibrio tra diversi obiettivi, ossia: ridurre le emissioni di gas a effetto serra in relazione alla mobilità, promuovere l’innovazione nell’industria automobilistica dell’UE e rafforzarne la competitività. La proposta in esame fa seguito a quella — già accolta positivamente dal CESE — sul monitoraggio e la comunicazione dei dati relativi alle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti, citata al precedente punto 2.3.

4.2.2.

Il CESE constata che la proposta di regolamento in esame è un atto legislativo di grande complessità, e si rammarica che, a quanto sembra, non sia stato possibile redigere un testo più chiaro e di più agevole lettura. In tale contesto, il CESE critica anche la terminologia di volta in volta assai diversa utilizzata per designare i «veicoli a basse o a zero emissioni» in ciascuna delle tre proposte sulle emissioni di CO2 dei veicoli nelle quali si articola il pacchetto sulla mobilità. Ad esempio, all’articolo 4 e alla tabella 2 dell’Allegato della proposta di direttiva che modifica la direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico (10), da un lato, e all’articolo 3 della proposta di rifusione del regolamento (CE) n. 715/2007 sulle norme sulle emissioni di CO2 per le autovetture e per i veicoli commerciali leggeri (11), dall’altro, vengono presentate due diverse definizioni del concetto di «basse o zero emissioni», mentre nella proposta di regolamento in esame la terminologia utilizzata è ancora differente da quelle delle due proposte citate. Il CESE deplora che non si sia stata utilizzata una terminologia comune e uniforme.

4.2.3.

Oltre agli obiettivi stabiliti dalla proposta in materia di ambiente, il CESE si compiace particolarmente della sua dimensione relativa alla competitività, tenuto conto del fatto che le norme sulle emissioni di CO2 e i sistemi di monitoraggio per i veicoli pesanti sono già stati introdotti, ad esempio, in Cina, Giappone e Stati Uniti. È importante, quindi, che l’industria automobilistica dell’UE venga incoraggiata ad adottare standard analoghi per divenire competitiva in modo efficiente sui mercati di questi paesi e su altri mercati ancora.

4.2.4.

Il CESE apprezza l’approccio tecnologicamente neutro della proposta di regolamento, in quanto esso dovrebbe creare le condizioni per l’adozione di un approccio di ampio respiro allo sviluppo di sistemi di propulsione a emissioni zero o a basse emissioni, in particolare lo sviluppo di motori a combustione.

4.2.5.

Il CESE richiama l’attenzione sull’importanza di sviluppare sistemi di propulsione alternativi per i veicoli pesanti, anche alla luce del contesto commerciale che presiede in genere all’impiego di questi veicoli. In tale contesto, il CESE attira inoltre l’attenzione sull’ampio ventaglio di soluzioni attualmente disponibili e sull’andamento dinamico di questo settore, il che comporta un quadro in continua evoluzione. Il CESE insiste pertanto sull’importanza, in particolare per quanto riguarda i veicoli pesanti, di evitare soluzioni nazionali divergenti che impediscano il buon funzionamento del mercato interno ostacolando la mobilità transfrontaliera.

4.2.6.

Il CESE prende atto dell’obiettivo di ridurre del 15 % le emissioni di CO2 nell’arco del periodo 2020-2025 e pensa che debba essere considerato un traguardo molto impegnativo da raggiungere, tenendo conto che si tratta di un tipo di requisito del tutto nuovo per i veicoli pesanti, categoria di veicoli per la quale il tipo di requisiti stabiliti dalla proposta di regolamento rappresenta del resto una novità.

4.2.7.

Tuttavia, il CESE si compiace che il suddetto obiettivo rimanga notevolmente al di sotto dell’obiettivo generale di riduzione delle emissioni di CO2 stabilito per l’UE, conformandosi così alla posizione assunta dal Consiglio europeo dell’ottobre 2014 quanto alle riduzioni che potevano essere ragionevolmente richieste al settore dei trasporti. In tale contesto, il CESE accoglie con favore anche il sistema di crediti e debiti di emissioni proposto dalla Commissione, in quanto introduce una flessibilità che può risultare necessaria, almeno per qualche tempo.

4.2.8.

La prevedibilità è importante sia per l’industria automobilistica che per il settore dei trasporti: l’industria ha bisogno di sapere che cosa può attendersi al momento di avviare progetti di lungo periodo come lo sviluppo di nuovi modelli e di nuove soluzioni tecniche; il settore dei trasporti, dal canto suo, deve poter compiere scelte informate, ad esempio quando investe in un veicolo di nuovo tipo. Per questo motivo è importante definire obiettivi più precisi per la traiettoria di riduzione delle emissioni di CO2 dopo il 2030.

4.2.9.

L’innovazione potrebbe anche determinare dei cambiamenti delle condizioni di lavoro nell’industria automobilistica e far sorgere l’esigenza di nuove competenze. Questi cambiamenti potrebbero altresì essere la conseguenza di un contesto lavorativo mutato e dell’avvento di nuove tecnologie che imporrebbero magari nuove esigenze, ad esempio, ai conducenti. Occorre tenere sufficientemente in considerazione la dimensione sociale degli sviluppi tecnologici al fine di garantire condizioni di lavoro adeguate e una formazione idonea all’acquisizione di nuove competenze. Un altro elemento indispensabile per assicurare una transizione sostenibile è il dialogo tra le parti sociali.

4.2.10.

La proposta di regolamento si occupa invece solamente delle caratteristiche tecniche dei veicoli. Il CESE intende quindi richiamare l’attenzione sulla digitalizzazione dei trasporti — compreso lo sviluppo di veicoli automatici e di pratiche di guida — la quale, assieme ai miglioramenti apportati alle prestazioni dei veicoli in termini di emissioni di CO2, consentirà di ridurre l’impronta di carbonio dei veicoli pesanti. Allo stesso modo, il potenziale miglioramento dell’efficienza risultante dal processo di digitalizzazione — grazie ad esempio a una migliore pianificazione degli itinerari e al raggruppamento dei carichi consentito dalle piattaforme digitali — potrebbe avere un impatto significativo sul livello effettivo di prestazione in termini di emissioni.

4.2.11.

Una maggiore efficienza e un migliore utilizzo delle capacità abbasseranno inoltre i costi per unità trasportata e rafforzeranno pertanto la competitività dell’industria dei trasporti.

4.2.12.

È quindi importante che i dati forniti dal software di simulazione VECTO (Vehicle Energy Consumption Calculation Tool = strumento per il calcolo del consumo di energia dei veicoli), da utilizzare a fini di monitoraggio e verifica del rispetto delle norme, siano integrati da dati reali. Pertanto, il CESE si compiace che la Commissione, nel contesto dell’adozione da parte del Parlamento europeo di una risoluzione legislativa sul regolamento concernente il monitoraggio delle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti, dichiari di voler integrare i propri attuali metodi di raccolta dati con i dati delle prove di verifica su strada realizzate per accertare le effettive prestazioni su strada dei veicoli pesanti (12).

5.   Osservazioni specifiche — la proposta di regolamento

5.1.

La relazione introduttiva precisa che per i veicoli professionali sono previste esenzioni dalle norme sulle emissioni di CO2. Esenzioni specifiche sono stabilite all’articolo 1, secondo comma (calcolo delle emissioni di CO2 di riferimento) e all’articolo 4 della proposta di regolamento (Emissioni specifiche medie del costruttore), benché, d’altra parte, non dispongano esenzioni né l’articolo 2 (Ambito di applicazione) né l’articolo 6 (Obiettivi per le emissioni specifiche del costruttore). Di conseguenza, ai sensi della proposta di regolamento lo status di questo tipo di veicoli non risulta del tutto chiaro. A quanto risulta, tuttavia, i veicoli professionali rientrano in realtà negli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 di cui all’articolo 1, lettere a) e b), e saranno presi in considerazione nel fissare gli obiettivi per le emissioni specifiche di ciascun costruttore e ai fini del calcolo dei debiti di emissioni di cui all’articolo 7. A giudizio del CESE, sarebbe opportuno chiarire meglio quali siano le conseguenze del particolare status dei veicoli professionali, eventualmente con un’aggiunta al considerando 17.

5.2.

Il termine «indennità per le emissioni in eccesso» utilizzato all’articolo 8 della proposta di regolamento fa pensare a qualcosa che si riceve piuttosto che a una sorta di sanzione da pagare, che è in realtà ciò a cui corrisponde. Potrebbe essere utile, per maggiore chiarezza, prendere in considerazione una formulazione diversa, ad esempio «sanzione per le emissioni in eccesso», più aderente alla realtà.

5.3.

L’articolo 8 della proposta di regolamento stabilisce che «[g]li importi delle indennità per le emissioni in eccesso si considerano entrate del bilancio generale dell’Unione». Il CESE ritiene invece che tali importi debbano essere destinati a finanziare lo sviluppo di soluzioni sostenibili nel settore automobilistico o in quello dei trasporti.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  COM(2018) 284 final — 2018/0143 (COD).

(2)  Conclusioni del Consiglio europeo, 24 ottobre 2014.

(3)  COM(2016) 501 final.

(4)  COM(2017) 479 final.

(5)  COM(2017) 279 final — 2017/0111 (COD).

(6)  COM(2017) 676 final — 2017/0293 (COD).

(7)  COM(2018) 275 final — 2018/0130 (COD).

(8)  COM(2018) 284 final — 2018/0143 (COD).

(9)  COM(2017) 279 final — 2017/0111 (COD).

(10)  COM(2017) 653 final — 2017/0291 (COD).

(11)  COM(2017) 676 final — 2017/0293 (COD).

(12)  Parlamento europeo, P8_TA-PROV(2018)0246.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/292


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Europa digitale per il periodo 2021-2027»

[COM(2018) 434 final — 2018/0227 (COD)]

(2019/C 62/46)

Relatore:

Norbert KLUGE

Correlatore:

Ulrich SAMM

Consultazione

Parlamento europeo, 14.6.2018

Consiglio, 25.6.2018

Base giuridica

Articoli 172, 173, paragrafo 3, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Ufficio di presidenza

19.6.2018

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

04.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

212/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace che la Commissione europea proponga di istituire il programma Europa digitale, mettendo così in luce l’intenzione di fare dell’Europa un attore di primo piano nel campo della digitalizzazione e di rafforzarne l’economia nel quadro della concorrenza globale. Il programma Europa digitale persegue l’obiettivo di creare le condizioni per un mercato unico digitale realmente unitario e di gestire la trasformazione digitale in maniera positiva per tutti i cittadini europei. Tale programma ha il potenziale per essere un vero successo; ma potrà esserlo soltanto se ne saranno stati definiti correttamente i dettagli finora non precisati.

1.2.

I ricercatori sono tra gli agenti del progresso sociale ed economico. Abilità e competenze costituiscono il presupposto per una ricerca di alto livello, nonché per l’attuazione concreta del programma, e sono quindi uno dei fattori del suo successo. Il CESE osserva che tra le massime priorità del programma figura pertanto la promozione delle attività di ricerca e sviluppo.

1.3.

Affinché i risultati delle attività di ricerca e sviluppo siano al servizio di tutti i cittadini dell’Unione europea e vengano diffusi tra gli stessi, il CESE auspica che si intensifichi il dialogo tra ricerca, parti sociali e organizzazioni della società civile. Questioni complesse devono essere presentate in modo tale che i non esperti possano comprenderle e seguirle. Il CESE propone inoltre di legare il programma ai principi della promozione della ricerca attraverso Orizzonte 2020 (Orizzonte Europa), che si basano tra l’altro sul rispetto della Carta europea dei ricercatori e sui principi della «ricerca e innovazione responsabili» e della «scienza aperta».

1.4.

Il CESE valuta positivamente il fatto che la promozione delle competenze digitali sia assurta a elemento centrale del programma, costituendo uno dei suoi obiettivi specifici. Le competenze e le abilità digitali sono il presupposto per poter realizzare gli altri quattro obiettivi specifici. Pertanto, il CESE deplora che la dotazione finanziaria assegnata a questo obiettivo specifico sia più esigua di quelle destinate agli altri e appoggia la proposta del Parlamento europeo di accrescere tale dotazione finanziaria, portandola da 700 milioni di EUR (pari al 7,6 % della dotazione complessiva del programma) a 830 milioni di EUR (pari al 9 % della dotazione complessiva). Tuttavia, il CESE sottolinea anche che delle questioni riguardanti la formazione sono responsabili in particolare gli Stati membri, con i rispettivi bilanci nazionali; osserva che il bilancio per le competenze digitali varia notevolmente da uno Stato membro all’altro; e invita pertanto la Commissione a richiamare gli Stati membri alla loro grande responsabilità in questo campo affinché tutti i cittadini possano trarre beneficio in egual misura dalla digitalizzazione.

1.5.

Il CESE ravvisa senz’altro la necessità di formare e reclutare talenti altamente qualificati per rendere l’Europa più attrattiva come luogo di lavoro per questa categoria di persone nel quadro della concorrenza mondiale. Tuttavia, sottolinea anche che il programma non può concentrarsi esclusivamente sugli sforzi specificamente rivolti ad attrarre abilità e competenze altamente qualificate nonché avanzate sul piano digitale. Le imprese, i lavoratori e i consumatori dovrebbero essere ampiamente incoraggiati a introdurre e ad impiegare tecnologie digitali — sia di base che avanzate: ciò, infatti, riveste un’importanza decisiva per la quantità e la qualità dell’occupazione e per la competitività dell’Europa. Il CESE osserva che ancora oggi numerose imprese e numerosi lavoratori e cittadini non dispongono di attrezzature e abilità tecniche di base, e richiama in proposito le conclusioni del Consiglio europeo del 19 ottobre 2017, secondo cui gli investimenti nelle competenze digitali devono puntare a «dare a tutti i cittadini europei le capacità e gli strumenti per agire» (1).

1.6.

Il programma Europa digitale sarà un successo in questo campo se fungerà da «capofila» e terrà conto degli altri programmi di sostegno dell’UE che perseguono obiettivi analoghi. I fondi, ad esempio il FSE+, devono essere coinvolti nel finanziamento delle misure necessarie.

1.7.

Il CESE auspica che nella realizzazione dei poli dell’innovazione digitale siano coinvolte regolarmente anche le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile, le quali dovranno avere accesso a tali centri. In quanto organizzazioni non governative, esse possono dare maggiore visibilità al funzionamento dei poli dell’innovazione digitale e migliorare la loro accettazione.

Il CESE auspica che, nel dare attuazione al programma, si abbia cura di evitare sin dall’inizio possibili disparità sociali. Infatti, dato che la digitalizzazione riguarda tutti gli ambiti della vita e tutte le persone, è assolutamente necessario che tutti i cittadini dell’UE possano beneficiarne. Il CESE, quindi, reputa importante che il programma sia configurato in maniera tale da permettere all’intera società europea di partecipare ai vantaggi e alle opportunità dell’Europa digitale. La digitalizzazione in Europa deve essere configurata in maniera inclusiva. Fattori quali il genere, lo status sociale, il livello di istruzione, le qualifiche, le competenze digitali, l’origine, l’età o anche la disabilità possono escludere tutta una serie di persone dai benefici del progresso digitale. Il «rendimento digitale» che deriva da tale progresso deve essere distribuito in modo equo attraverso misure politiche appropriate e non deve apportare vantaggi solo a un piccolo numero di gruppi di interesse. Le misure di attuazione del programma devono tener conto del principio secondo cui nell’UE ogni persona è e resta proprietaria dei suoi dati.

1.8.

Il CESE auspica che il programma sia legato più strettamente alle realtà sociali. Devono essere presi in considerazione gli effetti sul mercato del lavoro e le diverse conseguenze della digitalizzazione per le singole regioni. Il CESE ravvisa dunque un criterio essenziale per valutare il successo del programma nel fatto che la digitalizzazione generi partecipazione economica e posti di lavoro e che ciò avvenga in tutte le regioni d’Europa.

1.9.

Il CESE auspica che l’UE possa essere considerata nel mondo un attore globale che diffonde la conoscenza e può competere sul piano internazionale con la Cina e gli Stati Uniti. Ma ciò implica, tra le altre cose, che le imprese e i lavoratori abbiano fiducia nella tecnologia. Il programma Europa digitale può creare un valore aggiunto in particolare là dove i singoli Stati membri non sono in grado di conseguire molto da soli. Ciò vale in particolare per l’obiettivo specifico riguardante la criminalità informatica, con lo sviluppo congiunto di metodi e strategie contro gli attacchi informatici provenienti da paesi terzi. Tra queste misure figura ad esempio la creazione di un’industria europea indipendente dei microprocessori.

1.10.

Il CESE insiste sulla necessità che tutte le azioni svolte nell’ambito del programma siano conformi a principi etici. In proposito rammenta la sua richiesta di applicare il principio secondo cui l’uomo deve sempre mantenere il controllo della macchina («human in command»), in particolare nel quadro dell’ulteriore sviluppo e applicazione dell’intelligenza artificiale (IA) nel mondo del lavoro. Basandosi su questi principi etici, si renderà indispensabile adottare nuove misure legislative (ad esempio in materia di responsabilità, protezione dei dati, protezione dei lavoratori e dei consumatori). In ultima analisi, l’ulteriore digitalizzazione della nostra società sarà coronata da successo soltanto se, accanto a quest’attività legislativa, si metterà in moto un processo di evoluzione culturale tale da diffondere la consapevolezza dei benefici e dei rischi della trasformazione digitale.

2.   Contesto: il programma Europa digitale

2.1.

Il 2 maggio 2018 la Commissione europea ha adottato una proposta che stabilisce il prossimo quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027. Nell’ambito di tale quadro finanziario la Commissione ha presentato, il 6 giugno 2018, la proposta di regolamento sul programma Europa digitale per il periodo 2021-2027.

2.2.

Con il programma Europa digitale la Commissione europea intende affiancare alla strategia per il mercato unico digitale un solido quadro finanziario e ovviare alla carenza di investimenti, e a tale scopo ha predisposto una dotazione finanziaria complessiva di 9,2 miliardi di EUR. L’obiettivo generale del programma consiste nel sostenere la trasformazione digitale dell’industria. I vantaggi di tale trasformazione devono essere potenziati, e tutti i cittadini, le pubbliche amministrazioni e le imprese dell’UE devono beneficiarne.

2.3.

Il programma Europa digitale persegue cinque obiettivi specifici in altrettanti settori strategici: 1) il calcolo ad alte prestazioni, 2) l’intelligenza artificiale, 3) la cibersicurezza e la fiducia, 4) le competenze digitali avanzate e 5) la garanzia dell’impiego ottimale delle tecnologie digitali nell’economia e nella società nel loro insieme. Inoltre, il programma si occupa anche della digitalizzazione dell’industria.

2.4.

Nel primo settore strategico, il «calcolo ad alte prestazioni», occorre creare capacità finalizzate a migliorare l’elaborazione delle quantità sempre più elevate di dati mediante l’utilizzo dei cosiddetti «supercomputer». Con una dotazione di 2,7 miliardi di EUR, il programma punta ad accrescere le capacità dell’UE nel settore del calcolo ad alte prestazioni e dell’elaborazione dei dati e a garantire il loro ampio utilizzo allo scopo di contrastare i cambiamenti climatici, migliorare l’assistenza sanitaria e aumentare la sicurezza.

2.5.

Con i 2,5 miliardi di EUR previsti per il settore strategico «Intelligenza artificiale», la Commissione europea intende sviluppare e potenziare le capacità dell’UE in tale ambito, rendendo possibili, tra l’altro, la creazione, la consultazione sicura e la memorizzazione di grandi insiemi di dati e algoritmi. Inoltre, occorre rafforzare le strutture di prova e sperimentazione per l’IA esistenti negli Stati membri e promuovere la cooperazione tra di esse. I progressi tecnologici devono essere messi a frutto dalle imprese e dalle istituzioni pubbliche.

2.6.

Con i 2 miliardi di EUR previsti per il settore strategico «Cibersicurezza e fiducia» si intende garantire che l’Unione disponga delle capacità tecnologiche e industriali necessarie per salvaguardare la propria economia, la propria società e la propria democrazia. Gli investimenti hanno, tra l’altro, lo scopo di permettere, insieme agli Stati membri, lo sviluppo di attrezzature e strumenti di cibersicurezza, garantire l’implementazione delle più recenti soluzioni di cibersicurezza in tutti gli ambiti dell’economia, sfruttare al meglio le conoscenze europee esistenti e potenziare le capacità presenti negli Stati membri e nelle imprese private in tale ambito.

2.7.

Per trarre vantaggio dagli investimenti nelle tecnologie digitali, sono necessarie una società e una forza lavoro competenti. Per quanto riguarda il quarto settore strategico, la Commissione europea intende promuovere, con uno stanziamento di 700 milioni di EUR, le «competenze digitali avanzate», in particolare negli ambiti del calcolo ad alte prestazioni, dell’intelligenza artificiale, delle tecnologie del registro distribuito (ad esempio la blockchain) e della cibersicurezza. A tale scopo è necessario concepire ed attivare corsi e attività di formazione a lungo termine per gli studenti, i professionisti del campo informatico e la forza lavoro. Occorre inoltre promuovere corsi e attività di formazione a breve termine e misure di formazione sul posto di lavoro. L’acquisizione delle competenze deve avvenire in particolare nei poli dell’innovazione digitale.

2.8.

Il quinto settore strategico è inteso a sostenere la pubblica amministrazione e l’erogazione di servizi in settori di interesse pubblico. Con una dotazione di 1,3 miliardi di EUR si intende ad esempio far sì che il settore pubblico e settori come la sanità e l’assistenza, l’istruzione, i trasporti e i settori culturali e creativi possano accedere alle tecnologie digitali più avanzate e utilizzarle. Occorre inoltre aiutare le pubbliche amministrazioni e l’industria, e in particolare le piccole e medie imprese (PMI), ad applicare le tecnologie digitali.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La digitalizzazione e le trasformazioni indotte dai progressi tecnologici nel mondo del lavoro e nella vita sono onnipresenti e quasi nessun aspetto della vita ne è ormai immune.

3.2.

Il CESE accoglie con favore l’istituzione del programma Europa digitale da parte della Commissione europea, poiché dimostra l’importanza da essa attribuita a questo tema. Le priorità stabilite possono apportare un chiaro valore aggiunto a livello dell’UE promuovendo una tecnologia moderna fondamentale che potrà aiutare ad affrontare le più importanti sfide sociali del nostro tempo e potrà recare benefici in termini di occupazione, competitività e condizioni di vita generali di tutti i cittadini. Ciò è confermato dal fatto che, nella comunicazione relativa al quadro finanziario pluriennale, la Commissione abbia proposto uno scenario che prevede il raddoppiamento degli investimenti nel settore digitale (2). Il CESE sottolinea inoltre la necessità di investimenti sociali in relazione alla trasformazione digitale, affinché tutta la società tragga vantaggio da quest’ultima; e sottolinea che gli esseri umani devono sempre mantenere il controllo delle macchine (principio «human in command»), in particolare nel settore dell’IA.

3.3.

Il CESE si compiace che, con il programma Europa digitale, la Commissione europea promuova l’introduzione e l’utilizzo ottimale delle capacità digitali, e concorda con essa nel ritenere che le capacità digitali siano alla base dell’innovazione nei settori di pubblico interesse e nelle imprese. Ai fini di una transizione digitale positiva è indispensabile che l’UE disponga delle tecnologie digitali più avanzate e delle competenze adeguate. Il CESE reputa che la dotazione finanziaria prevista sia di per sé cospicua, ma comunque non comparabile con quelle a disposizione di Stati Uniti e Cina; ed è quindi convinto che, per quanto la dotazione prevista sia sufficiente per conseguire gli obiettivi del programma, tuttavia sia anche necessario un incremento sostanziale degli investimenti negli Stati membri se si vuole che l’UE mantenga il suo ruolo di primo piano a livello mondiale.

3.4.

Il CESE tiene a sottolineare che si deve compiere ogni sforzo affinché l’intera società europea possa partecipare a questa evoluzione tecnologica. Il programma Europa digitale dovrebbe porsi l’obiettivo di distribuire in modo equo tra tutta la popolazione europea il «rendimento digitale» che verrà generato negli anni e decenni a venire in diversi settori, ad esempio per quanto concerne la proprietà dei dati. Dato che la digitalizzazione riguarda tutti gli ambiti della vita e tutte le persone, è assolutamente necessario che tutti ne beneficino. I vantaggi economici e sociali della digitalizzazione potranno manifestarsi pienamente soltanto se l’Europa sarà in grado di realizzare reti ad alta capacità, nelle aree urbane così come in quelle rurali, che raggiungano tutti gli strati della società. A tale scopo sono necessari investimenti pubblici, dato che il mercato da solo non potrà garantire la copertura di tutte le zone periferiche né un accesso digitale minimo ai membri più vulnerabili della società.

3.5.

Ad avviso del CESE, è importante che una procedura aggregata e coordinata nell’UE possa creare un valore aggiunto che i singoli Stati non potrebbero generare da soli. Ciò comprende in particolare la realizzazione di un’industria europea indipendente dei microprocessori attraverso il programma di sostegno al calcolo ad alte prestazioni (3), l’elaborazione comune di metodi e strategie per contrastare gli attacchi informatici dall’esterno (4), la creazione di norme per il mercato unico digitale, l’applicazione coerente del regolamento generale dell’UE sulla protezione dei dati e il suo ulteriore sviluppo, in particolare in relazione alle applicazioni dell’IA (5) e della guida autonoma (6). L’applicazione dei valori europei (protezione dei dati, tutela della vita privata, protezione sociale, sostenibilità) allo sviluppo dell’IA potrebbe tradursi un giorno in un vantaggio competitivo, quando le persone saranno sempre più sensibilizzate in merito alle metodologie di utilizzo dei dati da parte di terzi (Stati Uniti) e al potenziale dei sistemi di intelligenza artificiale in materia di sorveglianza (Cina).

3.6.

Il CESE valuta positivamente il fatto che, nel programma Europa digitale, in più punti sia stata messa in primo piano la digitalizzazione dell’industria. Non vi è dubbio che la trasformazione digitale potrà avere successo soltanto se tutte le imprese e i lavoratori ne trarranno vantaggio. Sarebbe pertanto auspicabile che tale aspetto venisse integrato nel programma in maniera ancora più coerente, in modo tale da renderne riconoscibili i progressi, ad esempio anche mediante indicatori della digitalizzazione di imprese di varie dimensioni.

3.7.

Per potenziare le capacità tecniche e digitali, una parte consistente della dotazione finanziaria confluirà in progetti di ricerca e programmi di innovazione. Il CESE sottolinea la necessità di legare strettamente il sostegno ai principi della promozione della ricerca attraverso Orizzonte 2020 (Orizzonte Europa), che si basano sul rispetto della Carta europea dei ricercatori (7) nonché sui principi della «ricerca e innovazione responsabili» (8) e della «scienza aperta» (9). Solo con l’integrazione di tali principi si garantisce che la ricerca sia messa al servizio delle persone. I risultati delle attività di ricerca devono essere resi comprensibili per i non esperti, diffusi e valorizzati. In breve, la ricerca deve essere rilevante per la società.

3.8.

Per garantire la rilevanza della ricerca per tutta la società europea, è opportuno che siano periodicamente organizzati eventi di dialogo, nel corso dei quali i ricercatori possano effettuare scambi tra loro, ma anche con il resto della società civile, ed essere di stimolo gli uni per gli altri.

3.9.

In quest’ottica, è apprezzabile che uno degli obiettivi del programma sia quello di coinvolgere le pubbliche amministrazioni e le imprese nella transizione. Il CESE sostiene lo scambio tra i diversi attori e incoraggia la Commissione europea a realizzare tale scambio in tutte le regioni, i settori e le imprese di qualsiasi dimensione. L’introduzione di tecnologie avanzate nelle imprese, e in particolare nelle PMI, può essere resa più agevole da partenariati e da un contesto industriale propizio. Inoltre, il CESE auspica il rispetto del principio di partenariato nonché il coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile nell’attuazione del programma Europa digitale. Il dialogo sociale tra le parti sociali sostiene l’attuazione del programma Europa digitale per i lavoratori.

3.10.

Il CESE ravvisa senz’altro la necessità di formare e reclutare talenti altamente qualificati per rendere l’Europa più attrattiva come luogo di lavoro per questa categoria di persone nel quadro della concorrenza mondiale. Tuttavia, sottolinea anche che il programma Europa digitale non può concentrarsi esclusivamente sui lavoratori altamente qualificati e in possesso di competenze digitali avanzate. Proprio perché il programma Europa digitale persegue l’obiettivo di creare le condizioni per un mercato unico digitale e di gestire in maniera positiva la transizione digitale, occorre che tutti i cittadini e i lavoratori dell’UE possano trarre vantaggio da questo solido programma di sostegno. Se ciò non avviene, vi è il rischio di ampliare ulteriormente il divario sociale in Europa. Come già fatto presente dal CESE in altri suoi pareri, per realizzare il mercato unico digitale è prioritario porre rimedio alla carenza di competenze, anche per quanto riguarda le competenze digitali (10). Nel programma in esame la Commissione europea fa riferimento ad altri programmi di sostegno come l’FSE+ o il FESR per favorire l’acquisizione delle conoscenze digitali di base. Tuttavia, dato che le strutture di tali programmi non consentono un sostegno capillare su tutto il territorio europeo, il programma Europa digitale dovrebbe contemplare anche diversi livelli di competenze. Se le risorse previste nel programma in esame non sono sufficienti per garantire che i vantaggi della digitalizzazione vadano a beneficio di tutti, allora le risorse necessarie devono essere rese disponibili dagli altri programmi come l’FSE+. Il programma Europa digitale dovrebbe fungere da capofila su questo tema e prendere in considerazione gli altri programmi per fare in modo che tali obiettivi possano essere raggiunti. In caso contrario, si rischierebbe, in ultima analisi, che solo una minoranza sia in grado di beneficiare dei diversi programmi di sostegno dell’UE.

3.11.

Alla luce delle suddette considerazioni, il CESE tiene a sottolineare l’obiettivo di realizzare una società inclusiva, in cui si compia ogni sforzo per promuovere la parità di tutti i cittadini. Fattori quali il genere, lo status sociale, il livello di istruzione, le qualifiche, le competenze digitali, l’origine, l’età o anche la disabilità possono infatti far sì che tutta una serie di persone risulti svantaggiata dalla trasformazione digitale.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE sostiene l’obiettivo della Commissione europea di facilitare l’accesso alle capacità e alle tecnologie digitali per le imprese e in particolare per le PMI. Tuttavia, concentrandosi sulle tecnologie avanzate, il programma in esame non tiene conto del fatto che numerosi lavoratori e numerose imprese attualmente necessitano di sostegno prima di tutto per quanto riguarda le attrezzature di base per la digitalizzazione. Il CESE sottolinea che, ai fini della competitività e dell’occupazione in Europa, è fondamentale incentivare in maniera globale le imprese ad applicare tecnologie digitali, sia di base che avanzate. Il CESE incoraggia a ricercare il dialogo sociale tra le parti sociali anche per quanto concerne gli investimenti da effettuare nell’ambito del programma.

4.2.

Il CESE accoglie con favore l’attenzione specifica dedicata dal programma alla cibersicurezza e alla fiducia. La cibersicurezza è importante anche per lo sviluppo e il funzionamento delle nostre democrazie. La fiducia delle imprese e dei lavoratori nella sicurezza informatica riveste un’importanza cruciale per il successo del programma.

4.3.

Il programma Europa digitale dovrebbe, per quanto possibile, essere strettamente collegato alle realtà sociali. Dovrebbero essere presi in considerazione gli effetti sul mercato del lavoro e le diverse conseguenze della digitalizzazione per le singole regioni. Pertanto, il CESE reputa importante che, nell’attuare il programma, si mettano in rilievo le opportunità di partecipazione economica e di occupazione offerte dalla digitalizzazione; e considera fondamentale che tali opportunità siano promosse nelle regioni europee. A questo mira la cooperazione prevista con il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e con il Fondo di coesione, ragion per cui tra il programma Europa digitale, il FESR e il Fondo di coesione dovrebbe avere luogo uno scambio regolare. Inoltre, i poli dell’innovazione istituiti in loco nelle regioni dovrebbero perseguire l’obiettivo dello sviluppo regionale.

4.4.

Il quarto settore strategico («Competenze digitali avanzate») e la digitalizzazione dell’industria vanno attuati in particolare attraverso i poli dell’innovazione, i quali fungeranno da punti di accesso alle capacità digitali più recenti. Il CESE constata con soddisfazione come l’attuazione del programma sia concepita con ampio respiro; sostiene l’obiettivo di creare almeno un polo dell’innovazione digitale in ogni Stato membro e mettere a disposizione altri centri nelle regioni ultraperiferiche dell’UE; e accoglie con favore la prevista cooperazione tra questi poli. Per contro, il CESE esprime preoccupazione per gli ingenti oneri amministrativi che accompagneranno la creazione dei poli dell’innovazione, e reputa che al riguardo potrebbero essere d’aiuto i consorzi transfrontalieri. Inoltre, secondo il CESE l’attività dei poli dell’innovazione dovrebbe presupporre il coinvolgimento delle parti sociali e della società civile. Tale coinvolgimento consente infatti di adeguare l’attività dei poli alle esigenze delle imprese locali e dei lavoratori, nonché degli altri utilizzatori delle tecnologie, e di renderne accessibili i benefici ad ampie fasce della popolazione.

4.5.

Il settore strategico relativo alla promozione delle competenze digitali avanzate costituisce un elemento essenziale per poter realizzare gli altri quattro obiettivi specifici. Pertanto, il CESE deplora che la dotazione finanziaria assegnata a questo obiettivo specifico sia più esigua di quelle destinate agli altri e appoggia la proposta del Parlamento europeo di accrescere tale dotazione finanziaria, portandola da 700 milioni di EUR (pari al 7,6 % della dotazione complessiva) a 830 milioni di EUR (pari al 9 % della dotazione complessiva) (11). Tuttavia, il CESE sottolinea anche che delle questioni riguardanti la formazione sono responsabili in particolare gli Stati membri, con i rispettivi bilanci nazionali; dubita che la Commissione sarà in grado di utilizzare tutti i mezzi necessari per sensibilizzare gli Stati membri riguardo all’urgenza di garantire una formazione digitale a tutte le fasce della popolazione, a cominciare dalla scuola primaria; e osserva che le risorse finanziarie assegnate a tale compito variano notevolmente da uno Stato membro all’altro. Pertanto, affinché nessuno venga escluso da tali programmi di formazione a causa della limitata disponibilità di fondi nel relativo bilancio nazionale, l’UE dovrebbe monitorare attentamente l’attuazione di questo obiettivo specifico e rendere pubblicamente note le proprie conclusioni in materia.

4.6.

Il CESE concorda con il Parlamento europeo (12) nel ritenere che tutte le azioni svolte nel quadro del programma in esame debbano essere conformi a principi etici. In particolare per l’attività nel settore dell’intelligenza artificiale occorrerà attenersi ai principi già oggi vigenti e a quelli che verranno elaborati in futuro (13). A tal proposito il CESE ribadisce la sua richiesta di applicare il principio «human in command» in quanto principio guida fondamentale per gli sviluppi futuri in questo campo. Basandosi su questi principi etici, si renderà indispensabile adottare nuove misure legislative (ad esempio in materia di responsabilità, protezione dei dati e protezione dei consumatori). In ultima analisi, l’ulteriore digitalizzazione della nostra società sarà coronata da successo soltanto se, accanto a quest’attività legislativa, sarà promossa anche un’evoluzione culturale corrispondente, tale da diffondere la consapevolezza dei benefici e dei rischi della trasformazione digitale.

4.7.

Il CESE auspica che, nel settore strategico «Intelligenza artificiale», oltre a rafforzare e rendere accessibili le capacità, ci si concentri anche sulla questione della responsabilità giuridica legata all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e dei sistemi automatizzati. È positivo che le banche dati debbano essere rese liberamente accessibili anche alle PMI; e tale accesso dovrebbe essere garantito anche al settore pubblico. Inoltre, è necessario preparare le imprese per questa attività ed elaborare orientamenti giuridici chiari riguardo a quale soggetto debba essere tenuto responsabile in caso di incidenti o circostanze analoghe. Proteggere i lavoratori e più in generale i cittadini è tanto importante quanto la crescita dell’economia.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  EUCO 14/17 — Riunione del Consiglio europeo (19 ottobre 2017) — Conclusioni.

(2)  COM(2018) 98 final.

(3)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 89.

(4)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 86.

(5)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 1, parere INT/851 sul tema Intelligenza artificiale per l’Europa (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 51), parere TEN/664 sul tema Contrastare la disinformazione online: un approccio europeo (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 183).

(6)  Pareri del CESE TEN/673 Verso la mobilità automatizzata: una strategia dell’UE per la mobilità del futuro (cfr. pag. 274 della presente Gazzetta ufficiale) e INT/846 Internet degli oggetti (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 8).

(7)  https://euraxess.ec.europa.eu/jobs/charter.

(8)  https://ec.europa.eu/programmes/horizon2020/en/h2020-section/science-and-society.

(9)  https://ec.europa.eu/research/openscience/.

(10)  GU C 71 del 24.2.2016, pag. 65.

(11)  Progetto di parere — 2018/0227(COD).

(12)  Progetto di relazione — 2018/0227(COD).

(13)  https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/high-level-expert-group-artificial-intelligence.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/298


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 391/2009 per quanto riguarda il recesso del Regno Unito dall’Unione»

[COM(2018) 567 final — 2018/0298 (COD)]

(2019/C 62/47)

Relatore generale:

Séamus BOLAND

Consultazione

Parlamento europeo, 10/09/2018

Consiglio dell’Unione europea, 10/09/2018

Base giuridica

Articolo 100, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Decisione dell’Ufficio di presidenza

18/09/2018

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

122/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE condivide la proposta della Commissione di modificare il regolamento (CE) n. 391/2009 in materia di ispezioni e certificazione delle navi — una modifica che si rende necessaria in vista del recesso del Regno Unito dall’Unione europea (UE).

1.2.

Il CESE ritiene che le modifiche proposte dalla Commissione creeranno un contesto ricco di opportunità, e raccomanda alla Commissione stessa di promuovere una cooperazione più stretta tra tutte le istituzioni europee e nazionali pertinenti e gli organismi riconosciuti con i quali gli Stati membri hanno firmato accordi di autorizzazione.

1.3.

Il CESE si compiace del fatto che la normativa proposta apporti certezza del diritto in un settore che dipende in larghissima misura dal buon andamento del trasporto delle merci in condizioni che si dimostrino conformi ai più elevati standard di sicurezza; e raccomanda pertanto che tale proposta sia accolta con urgenza.

1.4.

Il CESE accoglie con favore l’intenzione della Commissione di riferire in merito agli effetti della nuova normativa dopo un congruo periodo di applicazione di quest’ultima; e raccomanda che, in seguito a tale valutazione, si prendano i provvedimenti necessari, in particolare nel caso in cui siano state riscontrate conseguenze che andassero oltre l’ambito di applicazione del regolamento.

2.   Considerazioni generali

2.1.

Il 23 giugno 2016, in un referendum sull’appartenenza all’UE, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha votato a favore del recesso dall’Unione europea — una decisione, questa, che riguarda anche Gibilterra.

2.2.

Il 29 marzo 2017, quindi, il Regno Unito ha notificato l’intenzione di recedere dall’Unione, il che significa che, dal 30 marzo 2019, tutto il diritto primario e secondario dell’Unione cesserà di applicarsi al Regno Unito, il quale diventerà allora un «paese terzo».

2.3.

Pertanto, è chiaro che — con le modalità che saranno stabilite dall’accordo di recesso, attualmente ancora in corso di negoziazione — anche il diritto dell’UE in materia di trasporto marittimo non sarà più applicabile al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (compresa Gibilterra). In base al diritto dell’Unione, gli organismi che forniscono servizi di ispezione e controllo delle navi battenti bandiera di uno Stato membro potranno continuare ad essere riconosciuti a livello UE soltanto se vi sarà un accordo in merito alla proposta in esame.

2.4.

L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 391/2009 (in prosieguo «il regolamento») prescrive che gli «organismi riconosciuti» che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi siano valutati ogni due anni dalla Commissione e dallo Stato membro interessato al riconoscimento di tali organismi. Tuttavia, in seguito al suo recesso dall’UE, il Regno Unito non potrà più partecipare alle valutazioni degli organismi dei quali è Stato membro «sponsor» effettuate a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento.

2.5.

E se, come prevedibile, questi organismi perderanno il riconoscimento dell’UE, è logico presumere che vi saranno conseguenze negative per la competitività e l’attrattiva delle bandiere degli Stati membri dell’UE-27 che hanno autorizzato tali organismi riconosciuti ad agire per loro conto ai fini delle ispezioni, delle visite di controllo e delle certificazioni statutarie delle navi. Molti degli organismi in questione dispongono attualmente di accordi di autorizzazione con gli altri 27 Stati membri, accordi che, con il recesso del Regno Unito, perderebbero la loro validità.

2.6.

Pertanto, la proposta della Commissione mira ad aumentare la certezza del diritto, garantire la continuità operativa per gli armatori interessati e mantenere la competitività delle bandiere degli Stati membri dell’UE-27.

2.7.

Infatti, nonostante il fatto che il Regno Unito, una volta uscito dall’UE, cesserà di partecipare a tutte le attività di cui all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento, se si troverà un accordo sulla proposta in esame gli organismi interessati potranno continuare le loro attività.

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1.

La proposta della Commissione mira a ripristinare la certezza del diritto nella regolamentazione degli affari marittimi, che altrimenti sarebbero gravemente perturbati a causa del recesso del Regno Unito dall’UE.

3.2.

In effetti, eliminando la necessità di uno Stato membro «sponsor», la normativa proposta consentirà agli organismi interessati di lavorare insieme con la Commissione, nonché con gli Stati membri che hanno firmato accordi di autorizzazione con loro, per continuare a garantire la certificazione e le ispezioni delle navi.

3.3.

La normativa mira a far sì che vengano «riconosciuti» gli organismi che abbiano avuto come Stato membro «sponsor» per conto della Commissione il Regno Unito. Lo scopo è quello di assicurare la continuità degli accordi esistenti tra questi organismi e gli Stati membri dell’UE-27, permettendo quindi il completamento delle visite di controllo e delle ispezioni sulle navi e garantendo così la sicurezza senza soluzioni di continuità.

3.4.

Per conseguire questo obiettivo, la proposta è intesa a modificare l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento, abolendo la disposizione in base alla quale soltanto lo Stato membro «sponsor» partecipa al processo di valutazione periodica per conto della Commissione. In questo modo, tali valutazioni potrebbero essere effettuate da organismi riconosciuti che operano per conto della Commissione.

3.5.

La proposta consegue inoltre l’obiettivo di tutelare la continuità operativa e la competitività delle bandiere degli Stati membri dell’UE-27 che operano con gli organismi interessati.

3.6.

L’ambito di applicazione del regolamento proposto si limita alla risoluzione delle «conseguenze negative» provocate dal recesso del Regno Unito dall’Unione europea.

4.   Osservazioni del CESE

4.1.

Il CESE osserva che la normativa che disciplina il trasporto marittimo, e in particolare quello su nave, si è evoluta in modo tale da garantire scambi e traffici commerciali armoniosi in tutta l’UE, compreso il Regno Unito.

4.2.

Concorda con l’obiettivo principale della normativa proposta, che è necessaria per tutelare le bandiere dell’UE e garantire che non vi sia incertezza giuridica in seguito alla Brexit.

4.3.

Osserva che attualmente i tre soggetti principali che operano nel campo della sicurezza dei trasporti marittimi sono l’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA), l’American Bureau of Shipping (ABS) e i Lloyds.

4.4.

Rileva che, in mancanza di una normativa come quella proposta, per la flotta battente la loro bandiera gli Stati membri non potrebbero continuare a lavorare insieme con gli organismi riconosciuti, per cui le navi delle flotte dei paesi dell’UE dovrebbero battere bandiere di paesi terzi. Una situazione, questa, che avrebbe gravi ripercussioni sui contratti in corso con i suddetti organismi e sulla continuità operativa del settore.

4.5.

Ritiene che il settore del trasporto marittimo sia fondamentale per il commercio mondiale e la circolazione delle merci, e che sia altrettanto importante che i sistemi normativi garantiscano la massima sicurezza per tutti gli interessati.

4.6.

Sottolinea che la mancata adozione della normativa proposta potrebbe portare a un’interruzione del trasporto di merci su scala mondiale e compromettere gravemente l’economia dell’UE, ragion per cui è essenziale che tale proposta sia accolta con la massima urgenza.

4.7.

Dà atto dell’intenzione della Commissione di riferire in merito a eventuali effetti imprevisti della nuova normativa dopo un determinato periodo di applicazione di quest’ultima.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/301


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1316/2013 per quanto riguarda il recesso del Regno Unito dall’Unione»

[COM(2018) 568 final — 2018/0299(COD)]

(2019/C 62/48)

Relatore generale:

Stefan BACK

Consultazione

Parlamento europeo, 10.9.2018

Consiglio, 11.9.2018

Base giuridica

Articoli 172 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Decisione dell’Ufficio di presidenza

18.9.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

118/1/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta in esame in quanto misura preparatoria che risponde all’esigenza di garantire una rete TEN-T coesa, e che adegua il corridoio della rete centrale Mare del Nord — Mediterraneo a uno scenario in cui il Regno Unito non fa parte della rete TEN-T.

1.2.

Il CESE raccomanda alla Commissione di tener conto della situazione nella quale verrà a trovarsi l’Irlanda in seguito al recesso del Regno Unito e di prendere seriamente in considerazione i potenziali effetti negativi che ne deriveranno per l’economia dell’UE e dell’Irlanda. In questo contesto si raccomanda di adottare precauzioni supplementari nella progettazione dei riallineamenti.

1.3.

Il CESE ritiene che siano necessari uno o più collegamenti diretti tra l’UE continentale e la Repubblica d’Irlanda per preservare la coesione del corridoio della rete centrale Mare del Nord — Mediterraneo e garantire le operazioni di trasporto tra l’Irlanda e l’UE continentale senza controlli alle frontiere.

1.4.

Il CESE stima che con ogni probabilità, quando il Regno Unito non farà più parte della rete TEN-T e quando, a causa dei controlli di frontiera, i trasporti attraverso il Regno Unito diventeranno, com’è presumibile, più lenti, le rotte dei flussi di traffico da e verso l’Irlanda subiranno dei cambiamenti.

1.5.

Il CESE osserva che la configurazione del corridoio attualmente proposta dalla Commissione è stata messa in discussione nel corso della consultazione che ha preceduto l’elaborazione della proposta in esame, e questo per vari motivi, tra cui l’idoneità della scelta dei porti e la necessità di riconsiderare anche l’allineamento del corridoio della rete centrale Atlantico.

1.6.

Il CESE ricorda che l’obiettivo della TEN-T è quello di garantire la coesione, l’efficienza e la sostenibilità dei trasporti, e a tal fine la rete centrale costituisce l’elemento strategicamente più importante.

1.7.

Il CESE si interroga pertanto sulla configurazione del nuovo tratto di corridoio proposto, in quanto potrebbe non corrispondere ai futuri flussi di traffico e non essere quindi in linea con l’obiettivo dei corridoi della rete centrale TEN-T di facilitare i più importanti flussi di traffico a lunga distanza.

1.8.

Il CESE osserva inoltre che alcuni dei porti che potrebbero acquisire una posizione di primo piano nel nuovo contesto non sono porti principali e quindi non soddisfano un criterio fondamentale per entrare a far parte di un corridoio della rete centrale, e che una revisione del regolamento sugli orientamenti per la TEN-T non è prevista prima del 2023.

1.9.

Il CESE sostiene che probabilmente non è ancora possibile prevedere con certezza come potrebbero cambiare i flussi di trasporto in una situazione in cui la proposta in esame sarebbe applicabile.

1.10.

Il CESE concorda pertanto sul fatto che la configurazione proposta costituisce un modo adeguato per affrontare temporaneamente la situazione, fino a quando non saranno intervenuti cambiamenti nei flussi di traffico.

1.11.

Il CESE si rammarica tuttavia che non sia stata effettuata alcuna valutazione d’impatto per verificare l’idoneità della configurazione proposta, per esempio in relazione alle merci deperibili, e per individuare la configurazione più efficiente e sostenibile di una rotta destinata a sostituire il ponte terrestre del Regno Unito quale collegamento della rete TEN-T con e dall’Irlanda.

1.12.

Il CESE raccomanda pertanto di aggiungere alla proposta in esame una clausola di revisione specifica, in base alla quale la Commissione sia chiamata a riesaminare il regolamento adottato entro due anni dalla sua entrata in vigore. Tale riesame dovrebbe basarsi su una valutazione dell’evoluzione dei flussi effettivi di trasporto tra la Repubblica d’Irlanda e l’UE continentale e dovrebbe servire da base per l’elaborazione di proposte adeguate sull’allineamento dei pertinenti corridoi della rete centrale TEN-T.

1.13.

In attesa di tale riesame, il CESE non ravvisa alcun motivo per modificare il contenuto sostanziale della proposta in esame, tenendo presente che la situazione di nessuno dei principali porti esistenti sul Canale della Manica che attualmente fanno parte del corridoio Mare del Nord — Mediterraneo o del corridoio della rete centrale Atlantico cambierà in seguito alla modifica.

1.14.

Il CESE si interroga sui motivi per cui la proposta non preveda di stralciare i collegamenti esistenti con e attraverso il Regno Unito. Se il diritto dell’UE in materia di TEN-T non si applica al Regno Unito, non vi sarebbe alcuna base giuridica per l’attuazione di tali collegamenti. Sembrerebbe quindi opportuno stralciarli.

2.   La proposta in esame

2.1.

Nel quadro delle misure previste per preparare il recesso del Regno Unito dall’Unione europea (Brexit), la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che modifica il regolamento (UE) n. 1316/2013 per quanto riguarda il recesso del Regno Unito dall’Unione («la proposta»).

2.2.

A seguito della notifica del 29 marzo 2017 di lasciare l’UE, il Regno Unito cesserà di far parte dell’Unione a partire dal 30 marzo 2019, ai sensi dell’articolo 50 del TUE. Se non diversamente convenuto attraverso un accordo di recesso ratificato, il diritto dell’UE cesserà di applicarsi al Regno Unito a decorrere dal 30 marzo 2019 e tale paese diventerà un paese terzo e non farà quindi più parte della rete TEN-T e dei suoi corridoi della rete centrale.

2.3.

Nella comunicazione intitolata Prepararsi al recesso del Regno Unito dall’Unione europea il 30 marzo 2019 (COM(2018) 556), la Commissione ha sottolineato l’importanza di prepararsi a ogni possibile esito dei negoziati sul recesso attualmente in corso, compreso il mancato raggiungimento di un accordo.

2.4.

La proposta è tesa a far fronte all’ipotesi in cui nei negoziati in corso tra il Regno Unito e l’UE non si giunga alla definizione di disposizioni transitorie in un accordo di recesso. In particolare, è volta a mantenere un collegamento diretto con la Repubblica d’Irlanda nel corridoio della rete centrale Mare del Nord — Mediterraneo dopo la scomparsa del collegamento che attraversa il Regno Unito.

2.5.

La proposta modifica l’allineamento del corridoio aggiungendo il seguente collegamento: «Baile Átha Cliath/Dublino/Corcaigh/Cork — Zeebrugge/Anversa/Rotterdam». La modifica si applica a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il regolamento (UE) n. 1316/2013 cessa di applicarsi al Regno Unito.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta in esame in quanto misura che risponde all’esigenza di garantire una rete TEN-T coesa, e che mantiene il corridoio della rete centrale Mare del Nord — Mediterraneo, anche nel caso in cui i negoziati in corso sul recesso e sulle disposizioni transitorie tra l’UE e il Regno Unito non dovessero sfociare in un accordo. La proposta rientra quindi nel quadro dei preparativi messi in atto dalla Commissione per uno scenario peggiore fra quelli ipotizzabili nel quale il Regno Unito esce dall’UE senza un accordo.

3.2.

La proposta in esame, una volta adottata, si applicherà a partire dal giorno in cui il Regno Unito uscirà dall’UE e il diritto dell’UE cesserà di applicarsi a tale paese, il che significa che quest’ultimo non farà più parte della rete TEN-T.

3.3.

Il CESE rileva che sono necessari uno o più collegamenti diretti tra l’UE continentale e la Repubblica d’Irlanda per preservare la coesione del corridoio della rete centrale Mare del Nord — Mediterraneo e garantire le operazioni di trasporto tra l’Irlanda e l’UE continentale senza controlli alle frontiere.

3.4.

Il CESE sottolinea con forza la gravità della situazione per l’economia e il benessere dell’Irlanda, in particolare per quei cambiamenti che avranno conseguenze previste e impreviste.

3.5.

È pertanto della massima importanza che qualsiasi nuovo allineamento favorisca la connettività dell’Irlanda con l’UE continentale. Dato che oggi gran parte del trasporto irlandese di merci su strada diretto verso l’Europa continentale passa per il Regno Unito, sarebbe effettivamente opportuno aggiungere nuovi collegamenti marittimi tra i principali porti irlandesi di Dublino e di Cork e i porti del corridoio Mare del Nord — Mediterraneo sul continente.

3.6.

Il CESE osserva che la configurazione del corridoio di cui alla proposta in esame traccia uno scenario in cui il Regno Unito non farà più parte della TEN-T e in cui, a causa dei controlli di frontiera, i trasporti attraverso questo paese diventeranno più lenti: una situazione nella quale è probabile che le rotte dei flussi di traffico da e verso l’Irlanda subiranno dei cambiamenti.

3.7.

Il CESE rileva inoltre che l’allineamento del corridoio attualmente proposto dalla Commissione è stato messo in discussione, sia nei dettagli che in termini generali. Nel corso della consultazione che ha preceduto l’elaborazione della proposta, la rotta, che è in gran parte emersa dalla proposta stessa, è stata messa in discussione da diversi porti situati sulla costa meridionale del Canale della Manica e dall’associazione dei porti e degli enti regionali francesi, che hanno chiesto di inserire i porti di Dunkerque, Calais, Le Havre, Roscoff e Brest nel collegamento proposto del corridoio Mare del Nord — Mediterraneo e di modificare l’allineamento del corridoio della rete centrale Atlantico. Analogamente, diversi portatori di interessi irlandesi hanno messo in dubbio l’efficienza di un lungo collegamento marittimo in sostituzione del «ponte terrestre» attraverso il Regno Unito, in quanto esistono rotte marittime più brevi, ad esempio tra l’Irlanda e i porti della Bretagna. È stato affermato che sarebbero più adatte delle rotte marittime più brevi, ad esempio per le merci deperibili.

3.8.

Lo scopo della TEN-T è quello di garantire la coesione, l’efficienza e la sostenibilità dei trasporti. La rete centrale costituisce l’elemento strategico più importante per raggiungere tali obiettivi, e i corridoi della rete centrale sono volti a facilitare i flussi di lungo raggio più importanti su questa rete (1).

3.9.

Il CESE si interroga pertanto sull’allineamento del nuovo tratto di corridoio e ritiene che la modifica della rotta potrebbe non corrispondere ai futuri flussi di traffico e potrebbe quindi non essere conforme all’obiettivo della TEN-T di facilitare i flussi di lungo raggio più importanti (2).

3.10.

Il CESE osserva che alcuni dei porti che potrebbero acquisire una posizione di primo piano nel nuovo contesto, quali quelli di Brest o di Roscoff, non sono porti principali e quindi non soddisfano un criterio fondamentale per entrare a far parte di un corridoio della rete centrale, e che una revisione del regolamento sugli orientamenti per la TEN-T non è prevista prima del 2023.

3.11.

Il CESE ritiene inoltre che probabilmente non sia ancora possibile prevedere con certezza come potrebbero cambiare i flussi di trasporto in una situazione in cui la proposta in esame sarebbe applicabile.

3.12.

Il CESE concorda pertanto sul fatto che la configurazione proposta costituisce un modo adeguato per affrontare temporaneamente la situazione, fino a quando non saranno intervenuti cambiamenti nei flussi di traffico.

3.13.

Il CESE si rammarica tuttavia che non sia stata effettuata alcuna valutazione d’impatto per verificare l’idoneità della configurazione proposta, per esempio in relazione alle merci deperibili, e per individuare la configurazione più efficiente e sostenibile di una rotta destinata a sostituire il ponte terrestre del Regno Unito quale principale collegamento della rete TEN-T tra la Repubblica d’Irlanda e l’UE continentale, tenendo presente la difficoltà di prevedere come si evolveranno i flussi di trasporto in seguito all’uscita del Regno Unito dall’UE senza un accordo di recesso.

3.14.

Il CESE ritiene che le potenziali conseguenze economiche, sociali e ambientali della misura proposta siano sufficientemente significative da giustificare una valutazione d’impatto secondo quanto stabilito dall’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (3).

3.15.

Il CESE raccomanda pertanto di aggiungere alla proposta in esame una clausola di revisione specifica, in base alla quale la Commissione sia chiamata a riesaminare il regolamento adottato entro due anni dalla sua entrata in vigore. Tale riesame dovrebbe basarsi su una valutazione dell’evoluzione dei flussi effettivi di trasporto tra la Repubblica d’Irlanda e l’UE continentale e dovrebbe servire da base per l’elaborazione di proposte adeguate sull’allineamento dei pertinenti corridoi della rete centrale TEN-T.

3.16.

In attesa di tale riesame, il CESE non ravvisa alcun motivo per modificare la proposta in esame, tenendo anche presente che la situazione di nessuno dei principali porti sul Canale della Manica che attualmente fanno parte del corridoio cambierà in seguito alla modifica.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il CESE si interroga sui motivi per cui la proposta non preveda di stralciare i collegamenti con e attraverso il Regno Unito. Se il diritto dell’UE in materia di TEN-T non si applica al Regno Unito, non vi sarebbe alcuna base giuridica ai sensi di tale diritto per l’attuazione di questi collegamenti. Sembrerebbe quindi opportuno stralciarli.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Articolo 38 del regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1).

(2)  Regolamento (UE) n. 1315/2013, articolo 43, paragrafo 1.

(3)  GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1. Cfr. anche le comunicazioni della Commissione [COM(2016) 615 final] sul tema «Legiferare meglio» e [COM(2017) 651 final] sul completamento del programma «Legiferare meglio», paragrafo 2.3.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/305


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla soppressione dei cambi stagionali dell’ora e che abroga la direttiva 2000/84/CE»

[COM(2018) 639 final — 2018/0332 (COD)]

(2019/C 62/49)

Relatrice generale:

Maria NIKOLOPOULOU

Consultazione

Consultazione da parte del Parlamento europeo, 13/09/2018

Consultazione da parte del Consiglio, 19/09/2018

Base giuridica

Articolo 114, paragrafo 1, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Decisione dell’Ufficio di presidenza

18/09/2018

 

 

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

 

 

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

109/1/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) prende atto della proposta della Commissione europea di sopprimere i cambi stagionali dell’ora e segnala una serie di importanti limitazioni riguardanti modalità, tempi e contenuti. Per tali motivi, ritiene che sia indispensabile prevedere più tempo per il dibattito e l’analisi. È infatti essenziale ottenere un ampio consenso tra i cittadini e il sostegno unanime di tutti gli Stati membri, per garantire l’effettiva attuazione della proposta, in maniera armonizzata e consensuale.

1.2.

Il CESE riconosce che alcuni cittadini europei sono favorevoli alla soppressione dell’attuale meccanismo che prevede un cambio armonizzato di orario ogni sei mesi, come è emerso dalla recente consultazione pubblica online. Una consultazione pubblica online ben organizzata rappresenta infatti, secondo il CESE, uno strumento in grado di fornire indicazioni sulle preferenze pubbliche e di integrare i processi democratici consolidati. Il CESE si rammarica del fatto che i governi nazionali e la società civile organizzata non siano stati sufficientemente consultati prima della pubblicazione urgente della proposta.

1.3.

Il CESE ritiene che la consultazione pubblica della Commissione abbia sollevato una questione importante per alcuni cittadini dell’UE, soprattutto perché si tratta di un tema discusso da anni in alcuni Stati membri ma non in altri. La Commissione, tuttavia, non ha tenuto in adeguata considerazione i seguenti aspetti: l’appartenenza di un’ampia maggioranza dei partecipanti a un solo paese; il fatto che la proposta sia stata respinta in alcuni Stati membri; l’assenza di una chiara posizione unanime sui reali benefici derivanti dalla soppressione dell’attuale sistema armonizzato o dall’adozione dell’ora legale o dell’ora solare permanente.

1.4.

Il CESE rileva che la procedura d’urgenza adottata dalla Commissione è stata criticata in diversi Stati membri, poiché i cittadini ritengono che le priorità dell’UE siano altre (crisi economica, disoccupazione, immigrazione ecc.), e che vi possano quindi essere problemi per quanto riguarda l’accettazione sociale dell’iniziativa.

1.5.

Secondo la proposta di direttiva, ciascuno Stato sarebbe libero, in base al principio di sussidiarietà, di optare per l’ora legale o per l’ora solare permanente, in sostituzione dell’attuale sistema armonizzato, che ha ampiamente dimostrato la sua efficacia. Il CESE è d’accordo con la Commissione nel ritenere che l’unanimità tra tutti gli Stati membri sull’ora da adottare sia indispensabile per garantire il mantenimento dell’attuale livello di armonizzazione. Altrimenti, la differenza di orario tra paesi che attualmente condividono lo stesso fuso orario potrebbe provocare una frammentazione e una distorsione del mercato interno.

1.6.

Il CESE osserva che l’attuazione dell’iniziativa comporterebbe una riprogrammazione di tutti i sistemi e i dispositivi digitali a livello mondiale, con un evidente costo economico per le imprese e i governi e un possibile impatto sulle persone. La transizione verso un nuovo sistema orario richiederà un lungo periodo di prova delle TIC, prima dell’entrata in vigore di tale sistema, allo scopo di assicurarne l’efficace attuazione. In caso di esito negativo della valutazione d’impatto prevista per il 2024, un rapido ritorno alla situazione precedente sarebbe inconcepibile, a causa dei costi aggiuntivi e dell’impatto sulla credibilità delle istituzioni europee. Ancora una volta, ciò dimostra la necessità di più tempo per ampliare gli studi, la raccolta di dati, la volontà politica e l’accettazione sociale da parte dei cittadini, prima di introdurre un cambiamento così dirompente per gli Stati, i cittadini e le imprese.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.

La legislazione dell’UE sulle disposizioni relative all’ora legale è stata introdotta per la prima volta nel 1980 con l’obiettivo di unificare le prassi e i regimi nazionali allora vigenti in materia di ora legale, che divergevano tra loro, e garantire un approccio armonizzato al cambio dell’ora all’interno del mercato unico.

2.2.

Dal 2001 le disposizioni dell’UE relative all’ora legale sono fissate nella direttiva 2000/84/CE, che stabilisce l’obbligo per tutti gli Stati membri di passare all’ora legale l’ultima domenica di marzo e di tornare alla loro ora normale («ora solare») l’ultima domenica di ottobre.

2.3.

Tuttavia, in base al principio di sussidiarietà, la decisione relativa all’ora normale è adottata individualmente da ciascuno Stato membro, per il suo intero territorio o per diverse parti di esso.

2.4.

Il sistema dei cambi semestrali dell’ora è stato recentemente messo in discussione in diversi Stati europei, come emerso dalla consultazione pubblica svolta dalla Commissione tra il 4 luglio e il 16 agosto 2018, che ha generato circa 4,6 milioni di risposte, l’84 % delle quali a favore della fine dei cambi semestrali dell’ora e il 16 % a favore del loro mantenimento. Nel primo caso, è stata espressa una preferenza per l’ora legale (60 %). È importante osservare che la grande maggioranza dei partecipanti proveniva da un solo paese (ossia la Germania, con 3,1 milioni di partecipanti), e che tale proposta è stata respinta in alcuni paesi (Grecia e Cipro), mentre in altri (Malta) non è emersa nessuna maggioranza netta.

2.5.

Nella sua risoluzione dell’8 febbraio 2018, il Parlamento europeo ha appoggiato l’idea di una modifica dell’attuale regime, e ha invitato la Commissione a presentare una proposta legislativa. I ministri dei Trasporti hanno affrontato di recente la questione (riunioni del Consiglio di dicembre 2017 e giugno 2018), senza tuttavia raggiungere una chiara posizione unanime. Inoltre il tema non è stato discusso da altri ministri pertinenti né è stato precedentemente affrontato durante le riunioni dei capi di governo. Nemmeno il CESE è stato consultato in precedenza.

2.6.

La proposta consiste nella soppressione dell’attuale meccanismo che prevede un cambio di orario armonizzato due volte l’anno e nella successiva adozione di un’ora permanente, che sarà stabilita, nel rispetto del principio di sussidiarietà, da ciascuno Stato membro. La Commissione auspica che tutti i paesi adottino, senza alcuna eccezione, la stessa ora solare e legale, al fine di mantenere l’attuale armonizzazione ed evitare quindi una frammentazione del mercato interno. La proposta entrerebbe in vigore il 1o aprile 2019.

2.7.

La Commissione riconosce che i dati disponibili delle ricerche sugli effetti benefici del cambio dell’ora per l’energia, la sanità, la sicurezza stradale e l’agricoltura non sono sempre conclusivi. Quello che è stato dimostrato è che l’assenza di un orario armonizzato può avere un impatto sul mercato unico, sul trasporto aereo, marittimo e stradale, nonché sulle persone che viaggiano per piacere o per lavoro (1).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE considera interessante la proposta della Commissione europea relativa alla soppressione dei cambi stagionali dell’ora previsti dalla direttiva 2000/84/CE, pur evidenziando una serie di importanti limitazioni riguardanti modalità, tempi e contenuti. Ritiene essenziale dedicare più tempo alla discussione e all’analisi, allo scopo di raggiungere un consenso veramente ampio tra i cittadini e il sostegno unanime di tutti gli Stati membri, condizioni imprescindibili per un’attuazione efficace e uniforme della proposta.

3.2.

Il CESE ritiene che il metodo utilizzato dalla Commissione (una consultazione pubblica online svolta tra luglio e agosto 2018) offra informazioni interessanti circa le aspettative di una parte della popolazione europea, ma che non rappresenti l’unico strumento disponibile per valutare l’opinione pubblica. Tenuto conto delle numerose implicazioni politiche, economiche e sociali, la società civile organizzata e un ampio numero di Stati membri avrebbero dovuto essere adeguatamente coinvolti e consultati prima della presentazione della proposta.

3.3.

Il CESE osserva che dalla consultazione pubblica non è emersa una posizione veramente unanime da parte di tutti gli Stati membri (la proposta è stata respinta in Grecia e Cipro) e, aspetto più importante, una ampia maggioranza dei partecipanti apparteneva ad un solo paese (Germania). Ciò dimostra che vi è un interesse concreto per questo tema in alcuni paesi, ma non in tutti gli Stati dell’UE. Più specificamente, il CESE ritiene che una consultazione pubblica online non possa sostituire i processi di consultazione democratica a tutti i livelli e in ogni fase legislativa (prima, durante e dopo).

3.4.

Il CESE fa presente che la procedura d’urgenza adottata dalla Commissione è stata criticata in alcuni Stati membri, poiché i cittadini ritengono che le priorità urgenti dell’UE dovrebbero essere altre (crisi economica, disoccupazione, immigrazione ecc.), e sottolinea che vi potrebbe essere qualche problema per quanto riguarda l’accettazione sociale dell’iniziativa. Inoltre, alcuni governi nazionali non hanno ancora una posizione chiara né sull’abrogazione della normativa attuale né su che cosa scegliere (ora legale oppure ora solare), e non considerano prioritaria la questione.

3.5.

Per quanto riguarda il contenuto, il CESE giudica interessante l’idea di avviare un dibattito in materia, ma rileva alcune limitazioni nell’attuale proposta della Commissione che giustificherebbero un allungamento dei tempi della discussione, allo scopo di raggiungere un ampio consenso tra tutti i cittadini e l’unanimità tra gli Stati membri.

3.5.1.

Il diritto di decidere in merito all’ora spetta a ciascuno Stato membro. Secondo la nuova proposta di direttiva, ciascuno Stato sarebbe libero, in base al principio di sussidiarietà, di optare per l’ora legale o per l’ora solare permanente. Vi è il rischio che, in mancanza di un allineamento unanime dell’orario da parte di tutti i paesi, che assicurerebbe lo stesso livello di attuazione armonizzata attualmente esistente, i costi risultanti dai diversi orari adottati dai paesi avrebbero un pesante impatto sul mercato interno (frammentazione), generando più problemi che benefici. La Commissione riconosce tale problema nella sua valutazione d’impatto e il CESE ritiene necessario che venga conseguito un più ampio consenso in anticipo, prima della presentazione della proposta della Commissione.

3.5.2.

La Commissione stessa fa presente che l’iniziativa si basa su una serie di studi svolti da differenti associazioni e Stati membri, i cui risultati sono non conclusivi o contraddittori. Il CESE raccomanda di avviare una valutazione d’impatto più approfondita, coinvolgendo tutti i settori economici e sociali, in ciascuno Stato membro dell’UE, allo scopo di capire quale sia il sistema più adeguato.

3.6.

L’adeguamento tecnologico dei sistemi a livello mondiale avrà naturalmente dei costi economici per le imprese e i governi e un possibile impatto sulle persone. Inoltre, sarà necessario un lungo periodo di prova delle TIC, prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema, allo scopo di assicurarne l’efficace attuazione.

3.7.

Sebbene la Commissione preveda l’introduzione di un meccanismo di valutazione dell’impatto della direttiva (nel 2024), il CESE sottolinea che i costi associati alla modifica del regime orario sono piuttosto elevati. Per tale motivo, in caso di esito negativo della valutazione d’impatto, sarebbe irrealistico immaginare di poter ritornare alla situazione precedente, per via, appunto, dei costi economici e dell’impatto sulla credibilità delle istituzioni europee.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  ICF International. The application of summer time in Europe («Applicazione dell’ora legale in Europa»), studio commissionato dalla DG MOVE, 19 settembre 2014.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/308


Parere del Comitato economico e sociale Europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1303/2013 per quanto riguarda le risorse per la coesione economica, sociale e territoriale e rettifica tale regolamento per quanto riguarda le risorse per l’obiettivo investimenti a favore della crescita e dell’occupazione»

[COM(2018) 498 final — 2018/0265 (COD)]

(2019/C 62/50)

Consultazione

Parlamento europeo, 05/07/2018

Consiglio dell’Unione europea, 19/07/2018

Base giuridica

Articoli 177 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

214/0/2

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 538a sessione plenaria dei giorni 17 e 18 ottobre 2018 (seduta del 17 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 214 voti favorevoli e 2 astensioni.

Bruxelles, il 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/309


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’interoperabilità tra i sistemi di informazione dell’UE (frontiere e visti) e che modifica la decisione 2004/512/CE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 767/2008, la decisione 2008/633/GAI del Consiglio, il regolamento (UE) 2016/399, il regolamento (UE) 2017/2226, il regolmanto (EU) 2018/XX [il regolamento ETIAS], il regolamento (UE) 2018/XX [il regolamento relativo al SIS nel settore delle verifiche di frontiera] e regolamento (UE) 2018/XX [il regolamento eu-LISA]»

[COM(2018) 478 final — 2017/0351 (COD)]

e sulla «Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’interoperabilità tra i sistemi d’informazione dell’UE (cooperazione di polizia e giudiziaria, asilo e migrazione) e recante modifica del [regolamento (UE) n. 2018/XX [regolamento Eurodac], del regolamento (UE) 2018/XX [regolamento sul SIS nell’ambito dell’applicazione della legge], del regolamento (UE) 2018/XX [il regolamento ECRIS-TCN] e del regolamento (UE) 2018/XX [il regolamento eu-LISA]»

[COM(2018) 480 final — 2017/0352 (COD)]

(2019/C 62/51)

Consultazione

Parlamento europeo, 10/09/2018

Base giuridica

Articolo 16, paragrafo 2, ed articoli 74 e 77, lettere a), b), d) ed e) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

196/2/5

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente ed essendosi già pronunciato al riguardo nel proprio parere SOC/573 — Pacchetto interoperabilità (1), adottato il 23 maggio 2018, il Comitato, nel corso della 538a sessione plenaria dei giorni 17 e 18 ottobre 2018 (seduta del 17 ottobre), ha deciso, con 196 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  GU C 283 del 10.8.2018, pag. 48.


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/310


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’ Agenzia europea di controllo della pesca (codificazione)»

[COM(2018) 499 final — 2018/0263(COD)]

(2019/C 62/52)

Consultazione

Parlamento europeo, 5.7.2018

Consiglio dell’Unione europea, 17.7.2018

Base giuridica

Articolo 43, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

208/0/5

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 538a sessione plenaria dei giorni 17 e 18 ottobre 2018 (seduta del 17 ottobre 2018), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 208 voti favorevoli, 0 voti contrari e 5 astensioni.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/311


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di decisione del Consiglio sull’associazione dei paesi e territori d’oltremare all’Unione europea, comprese le relazioni tra l’Unione europea, da un lato, e la Groenlandia e il Regno di Danimarca, dall’altro (Decisione sull’associazione d’oltremare)»

[COM(2018) 461 final]

(2019/C 62/53)

Consultazione

Commissione, 12/07/2018

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sessione plenaria

17/10/2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

207/0/6

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 538a sessione plenaria dei giorni 17 e 18 ottobre 2018 (seduta del 17 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 207 voti favorevoli, 0 voti contrari e 6 astensioni.

Bruxelles, addì 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


15.2.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 62/312


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Politica economica della zona euro 2018 (supplemento di parere)»

[COM(2017) 770 final]

(2019/C 62/54)

Relatore:

Javier DOZ ORRIT

Decisione dell’Ufficio di presidenza del Comitato

22.5.2018

Base giuridica

Articolo 29, lettera a), delle Modalità d’applicazione del Regolamento interno

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

3.10.2018

Adozione in sessione plenaria

17.10.2018

Sessione plenaria n.

538

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

132/1/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE condivide gli obiettivi della raccomandazione del Consiglio e accoglie favorevolmente una parte delle sue proposte. Dissente tuttavia in merito alla proposta di un orientamento di bilancio aggregato della zona euro che sia neutro e al modo in cui è formulata la raccomandazione sui salari. Ribadisce pertanto quanto già affermato in un precedente parere sulla proposta di raccomandazione della Commissione (1).

1.2.

La politica economica della zona euro dovrebbe essere concepita nel quadro di un progetto di riforma dell’UEM che non solo superi i deficit strutturali e di funzionamento che essa si trascina dietro sin dalla sua creazione, ma punti anche a una maggiore integrazione e a una governance più democratica. Il CESE esprime preoccupazione per la paralisi subita attualmente dal processo di riforma, per la mancanza di impegno di vari governi e l’ostilità di alcuni, come pure per l’assenza di una forte leadership politica che aspiri a superare tali circostanze.

1.3.

Il CESE ritiene che le raccomandazioni del Consiglio debbano essere elaborate nel quadro di una strategia generale di politica economica che abbia come riferimento l’Agenda 2030, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’attuazione dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Tale strategia dovrebbe preparare la società europea a un’equa transizione verso un modello economico verde e digitale.

1.4.

A giudizio del CESE, le ragioni interne a favore di un orientamento di bilancio moderatamente positivo sono: la fine della politica monetaria espansiva della Banca centrale europea; il preoccupante deficit di investimenti, in special modo pubblici, di cui l’UE risente e che mette un’ipoteca sul suo futuro economico e sociale; il fatto che tale deficit di investimenti concorre a sua volta a generare tassi di aumento della produttività molto modesti; e il mantenimento, da parte di Stati importanti della zona euro, di saldi attivi eccessivamente elevati delle partite correnti.

1.5.

Alcuni Stati dell’eurozona, con saldi attivi maggiori, non investono: stanno accumulando tassi annuali negativi di formazione netta del capitale pubblico. Il CESE reputa che l’aumento delle spese di investimento in tali paesi sia una necessità di politica economica sia per tali Stati che per l’insieme della zona euro e dell’UE.

1.6.

A giudizio del CESE, la giusta combinazione di politiche monetarie e di bilancio volta a rafforzare la crescita nella zona euro — che è stata reclamata negli ultimi anni dalla BCE, dall’FMI e dall’OCSE — è giustificata anche dai prevedibili effetti del protezionismo commerciale e dell’instabilità imputabili ai rischi geopolitici mondiali.

1.7.

Ci sono anche motivi sociali e politici per chiedere uno sforzo di bilancio maggiore: l’UE e gli Stati devono impegnarsi maggiormente nella lotta contro la povertà e la disuguaglianza e per una maggiore coesione sociale, specie finanziando in misura sufficiente l’applicazione del pilastro europeo dei diritti sociali. A giudizio del CESE, se l’UE e gli Stati non lo fanno, si acuiranno le crisi politiche in corso e ci sarà una recrudescenza delle tendenze antieuropee e nazionaliste, da cui scaturirà un rischio per l’esistenza stessa dell’UE.

1.8.

La raccomandazione di aumentare le retribuzioni, se applicata rigorosamente, interesserebbe solo un numero limitato di paesi. Il CESE ritiene che il contenimento dei costi unitari del lavoro non debba essere realizzato tramite la riduzione o il congelamento delle retribuzioni, ma con un aumento della produttività favorito da un incremento degli investimenti, una maggiore innovazione e una migliore formazione dei lavoratori. In ogni caso, i livelli salariali devono essere stabiliti dalle parti sociali attraverso la contrattazione collettiva. Il semestre europeo dovrebbe proporre modifiche legislative che la rafforzino negli Stati membri in cui essa si è indebolita durante la crisi, e la ripristinino dove essa non esiste, malgrado l’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Occorre parimenti adottare ulteriori misure per alzare i salari più bassi.

1.9.

La creazione di posti di lavoro di qualità dev’essere una delle priorità di politica economica. Il CESE ritiene che anche la riduzione del precariato (elevata incidenza del lavoro a tempo determinato e bassi salari), un fenomeno che colpisce soprattutto i giovani, debba figurare tra le raccomandazioni prioritarie del semestre europeo.

1.10.

Bisogna promuovere la creazione di ambienti favorevoli agli investimenti e all’innovazione imprenditoriale, in particolare per far fronte alla digitalizzazione delle attività economiche.

1.11.

Un’altra priorità della politica economica dev’essere quella di facilitare il finanziamento delle imprese. Il CESE ribadisce che l’Unione bancaria e l’Unione dei mercati dei capitali sono molto importanti per il finanziamento dell’attività economica, ed esprime la sua preoccupazione per i ritardi e gli ostacoli che stanno intralciando lo sviluppo dell’Unione bancaria, tra i quali figura il volume dei crediti in sofferenza in alcuni Stati membri.

1.12.

Il CESE ritiene che le autorità europee debbano impegnarsi efficacemente nella lotta contro l’appropriazione indebita di fondi pubblici, la frode fiscale, la pianificazione fiscale aggressiva, il riciclaggio di denaro, i paradisi fiscali e la concorrenza fiscale sleale tra Stati membri. Si tratta non solo di un’esigenza di etica politica e di attuazione delle leggi, ma anche di un fattore di stabilizzazione delle finanze pubbliche.

2.   Gli orientamenti del Consiglio e della Commissione

2.1.

A differenza di quanto è avvenuto nel 2017, la raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (2) (del 23 gennaio 2018) non differisce sostanzialmente dalla proposta della Commissione (del 22 novembre 2017) (3). Dopo aver concordato che l’orientamento generale della politica di bilancio per il 2018 sia complessivamente neutro, il Consiglio aggiunge che il miglioramento economico dovrebbe essere sfruttato per creare riserve di bilancio.

2.2.

Nelle altre raccomandazioni, il Consiglio e la Commissione concordano nell’affermare che gli Stati membri devono dare la priorità a riforme che aumentino la produttività e il potenziale di crescita, promuovano il miglioramento del contesto imprenditoriale, l’innovazione e gli investimenti, e contribuiscano alla creazione di posti di lavoro di qualità, riducendo le disuguaglianze. Gli Stati membri con elevati avanzi delle partite correnti dovranno promuovere la crescita salariale, mentre quelli che presentano un disavanzo o un elevato debito estero, dovranno contenere la crescita del costo unitario del lavoro. Si chiede infine di proseguire i lavori per il completamento dell’Unione bancaria. Le raccomandazioni specifiche per paese del 2018 sottolineano il buon momento economico per l’UE, che deve servire — secondo la Commissione — a consolidare i miglioramenti strutturali raggiunti negli ultimi anni e a completare la correzione degli squilibri macroeconomici nella maggior parte degli Stati membri.

2.3.

Le raccomandazioni specifiche prendono in esame il pilastro europeo dei diritti sociali, il miglioramento qualitativo dell’occupazione e della contrattazione collettiva, il dialogo sociale e gli aumenti salariali. Anche la riforma della pubblica amministrazione, comprese le misure anticorruzione, e del contesto imprenditoriale, come pure il potenziamento delle relazioni tra i due settori e del finanziamento delle imprese. Mentre difende un orientamento di bilancio neutro, raccomanda di riformare il sistema pensionistico e sanitario per far fronte all’invecchiamento della popolazione.

3.   Osservazioni generali e particolari

Strategia di politica economica e riforma dell’UEM

3.1.

Il CESE torna a sottolineare l’esigenza di una strategia generale di politica economica che tenga conto degli accordi internazionali, degli obiettivi di sostenibilità ambientale, della riduzione della dipendenza energetica, della rivoluzione digitale e di altre sfide globali. Il Comitato apprezza le iniziative della Commissione in questi ambiti ma, come già affermato nel parere in merito al Pacchetto sull’Unione economica e monetaria (4), ritiene che non esista una strategia economica a livello europeo che le inglobi, né risorse sufficienti per finanziarle.

3.2.

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la riforma dell’UEM sta perdendo slancio a causa della mancanza di leadership politica, del ritardo nell’adozione di decisioni e della mancanza di impegno di vari governi della zona euro; aumenta quindi il rischio che l’UE non sia preparata per la prossima recessione.

3.3.

Una politica economica in grado di favorire una crescita sostenibile deve basarsi sia sulla promozione di un contesto imprenditoriale favorevole agli investimenti e al miglioramento della produttività, che sulla promozione della coesione sociale, specie attraverso misure che contribuiscano all’eliminazione della povertà e alla riduzione delle disuguaglianze sociali.

3.4.

Il CESE invita la Commissione a garantire l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e a dare seguito alle raccomandazioni del proprio parere sul tema Finanziare il pilatro europeo dei diritti sociali (5), e si rammarica che le raccomandazioni del Consiglio e la proposta della Commissione sul quadro finanziario pluriennale 2021-2027 non indichino nulla di preciso al riguardo. Bisognerebbe inoltre tenere conto delle raccomandazioni del gruppo ad alto livello sugli investimenti in assistenza e sostegno sociale (6).

3.5.

Il CESE ritiene che le raccomandazioni annuali sugli orientamenti della politica economica della zona euro vadano formulate nel quadro di una strategia generale di politica economica che abbia come riferimento l’Agenda 2030, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’attuazione dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. La politica economica deve promuovere la costruzione di un modello economico europeo sostenibile, che riduca la dipendenza energetica mediante il ricorso a energie rinnovabili e pulite, e tenga conto delle conseguenze della rivoluzione digitale, garantendo transizioni eque ai lavoratori.

La raccomandazione del Consiglio: ragioni per un orientamento di bilancio moderatamente positivo

3.6.

Il CESE ribadisce le conclusioni del proprio parere in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (7), in cui esprime la propria conformità agli obiettivi della proposta di raccomandazione della Commissione, oltre che a una buona parte delle sue proposte, ma anche un disaccordo rispetto alla proposta di orientamento di bilancio complessivamente neutro per la zona euro. Il CESE ribadisce la richiesta di un orientamento di bilancio aggregato positivo nell’eurozona, essenzialmente sulla base di una espansione di bilancio dei paesi caratterizzati da saldi positivi delle rispettive bilance dei pagamenti e da livelli sostenibili di indebitamento a lungo termine.

3.7.

Secondo il CESE, tale approccio contribuirebbe a superare il lascito negativo derivante dalle prolungate ed eccessive misure di risanamento che sono state applicate in alcuni Stati membri. Gli Stati membri con avanzi delle partite correnti dovrebbero attuare misure volte a promuovere gli investimenti e la spesa sociale sostenibile, a rafforzare la domanda interna e la crescita potenziale e, quindi, a facilitare il riequilibrio.

3.8.

Il CESE riconosce che ci sono limiti a una politica di bilancio efficace a livello dell’UE, dovuti ai limiti insiti in un’unione economica, che si basa principalmente sul coordinamento delle politiche economiche degli Stati aderenti, rispetto a un’unione monetaria completa. In particolare, il Comitato richiama l’attenzione sul fatto che finora la Commissione e il Consiglio hanno dedicato scarsa attenzione al carattere asimmetrico del processo del semestre europeo, volto esclusivamente a garantire che vengano intraprese misure correttive negli Stati membri con saldi negativi. La Commissione e il Consiglio dovrebbero proporre misure volte a evitare sia disavanzi che avanzi di bilancio di proporzioni eccessive.

La carenza di investimenti nella zona euro

3.9.

Un altro motivo per mettere in discussione l’orientamento di bilancio neutro è la carenza di investimenti nella zona euro. Non sono stati recuperati i livelli precedenti la crisi. Gli investimenti pubblici sono diminuiti da una percentuale praticamente costante del 3,2 % del PIL (nel periodo 1997-2007 e tra il 2009 e il 2013) per arrivare al 2,6 % del PIL nel 2017 e nel 2018 (8). Tale carenza costituisce uno degli effetti più negativi della situazione economica, e rappresenta una grave ipoteca per il futuro dell’economia e della società europee. Il CESE rinnova pertanto la richiesta (9) di applicare la cosiddetta «regola d’oro» per il bilancio, secondo cui le spese di investimento non devono essere conteggiate ai fini della conformità con gli obiettivi di disavanzo del Patto di stabilità e crescita, tenendo conto della sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine. Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che anche le spese per investimenti produttivi possono contribuire a tale sostenibilità.

3.10.

Va sottolineato che detta carenza di investimenti si riscontra anche in Stati membri che dovrebbero contribuire a una politica di bilancio europea più attiva. Un esempio significativo potrebbe essere quello degli investimenti pubblici in Germania, paese in cui gli investimenti pubblici rispetto al PIL sono ammontati — nel periodo 2013-2017 — al 2,1 % (10), uno dei livelli più bassi della zona euro. Nello stesso periodo, il suo tasso netto di formazione di capitale pubblico (che tiene conto del deprezzamento dello stock di capitale) è stato negativo (-0,08 %), come lo era stato già nel periodo 2003-2007 (-0,11 %), mentre è ammontato ad appena +0,06 % nel periodo 2008-2012. Nel frattempo il tasso netto di formazione di capitale privato, che negli anni ‘90 era compreso tra il 6 % e l’8 % del PIL, è diminuito tra il 2008 e il 2017 dal 3,2 % al 2,2 % del PIL. In quello stesso arco di tempo, la Germania ha finanziato investimenti in altri paesi. L’avanzo della bilancia dei pagamenti della Germania, che è stato pari all’8,0 % del PIL nel 2017, dovrebbe raggiungere il 7,9 % e il 7,6 % rispettivamente nel 2018 e nel 2019. Le raccomandazioni del Consiglio e della Commissione dovrebbero inviare un segnale importante e contribuire a porre rimedio al basso livello di investimenti interni in Germania. Una maggiore credibilità della sostenibilità delle politiche economiche dovrebbe promuovere gli investimenti del settore privato anche in altri paesi che presentano avanzi delle partite correnti (11).

3.11.

Il CESE invita la Commissione e il Consiglio a stabilire come obiettivo prioritario degli orientamenti di politica economica della zona euro, tenendo conto dell’articolo 3 del TUE, l’aumento dei tassi di investimento, fino al raggiungimento dei livelli precedenti la crisi. Tale aumento dovrebbe orientarsi verso un modello di sviluppo sostenibile nella sua triplice dimensione: economica, sociale e ambientale.

Crescita economica e fattori di rischio

3.12.

Le prospettive di crescita, secondo le previsioni economiche dell’estate 2018 della Commissione (12), indicano una continuità della crescita, con una certa decelerazione: 2,4 % (2017), 2,1 % (2018) e 2,0 % (2019) nella zona euro e 2,6 % (2017), 2,3 % (2018) e 2,1 % (2019) nell’UE27. Nel resto del mondo, senza l’UE, la crescita sarebbe del 3,9 % (2017), 4,2 % (2018) e 4,1 % (2019). La maggiore flessibilità nell’applicazione del Patto di stabilità e crescita, introdotta dalla Commissione nel gennaio 2015 (13), attraverso la clausola sugli investimenti e la clausola sulle riforme strutturali, ha indubbiamente contribuito a produrre tali effetti positivi, come indica la recente valutazione dei risultati riportata nella comunicazione della Commissione sul riesame della flessibilità consentita dal Patto di stabilità e crescita (14).

3.13.

La politica monetaria espansiva sta volgendo al termine. L’allentamento quantitativo (quantitative easing) si concluderà il prossimo dicembre, quando la Banca centrale europea cesserà di acquistare titoli. A partire dall’estate 2019, dopo la valutazione delle prospettive di inflazione a medio termine, i tassi di interesse di riferimento potrebbero iniziare ad aumentare. Da diversi anni, il presidente della BCE Mario Draghi chiede che la politica monetaria sia accompagnata non solo dalla politica di bilancio, ma anche da adeguate riforme strutturali, allo scopo di rafforzare la ripresa e raggiungere gli obiettivi di inflazione. Anche l’FMI, l’OCSE e numerosi ambienti accademici hanno espresso tale richiesta. Per quanto riguarda la politica di bilancio, la richiesta non è stata accettata dai responsabili politici europei. Adesso che la politica monetaria passa la mano, risulta ancor più necessaria una politica di bilancio più attiva nella zona euro.

3.14.

Vi sono altri fattori, economici e sociali, e squilibri politici interni, come pure fattori di rischio economico e incertezze geopolitiche mondiali, che dovrebbero portare a utilizzare anche la politica di bilancio per rafforzare la crescita e correggere le conseguenze della crisi, ancora ben presenti in molti Stati europei. La proposta del CESE contribuisce a garantire meglio la sostenibilità finanziaria a medio termine e a ridurre lo squilibrio degli avanzi eccessivi.

3.15.

L’instabilità politica e le forze centrifughe che dallo scoppio della crisi crescono all’interno dell’UE e mettono in discussione la sua stessa esistenza, richiederebbero, per essere combattute e superate, solidi progetti di riforma dell’UEM e dell’UE che prevedano più integrazione, più democrazia e una dimensione sociale più forte; bisogna anche rafforzare la crescita sulla base della politica di bilancio e di quella fiscale, con un modello che favorisca la riduzione della disuguaglianza nella distribuzione del reddito. Ciò è possibile senza mettere in discussione la futura sostenibilità delle finanze pubbliche. Bisognerebbe inoltre mettere in atto una strategia volta a completare l’Unione economica e monetaria incorporando tutti gli Stati membri dell’UE le cui disposizioni costituzionali non precludano l’adesione all’UEM.

3.16.

I focolai di instabilità geopolitica mondiale (alcuni nel vicinato dell’UE) e il deterioramento delle relazioni transatlantiche nella sfera commerciale, ambientale e della politica estera, oltre che nelle politiche di sicurezza e di difesa, a causa delle decisioni dell’attuale amministrazione statunitense, inducono il CESE a sottolineare l’importanza per l’UE di avere un’economia forte, che sostenga la sua leadership politica nel mondo. Una guerra commerciale su diversi fronti e la conseguente ascesa del nazionalismo economico e politico creerebbero uno scenario economico e geopolitico ad alto rischio. L’UE dovrebbe cercare di prevenire tale scenario e, se del caso, essere pronta ad affrontarlo.

3.17.

Nonostante l’aumento dei prezzi del petrolio e delle materie prime, si prevede un’inflazione stabile nella zona euro, pari a circa l’1,7 % tra il 2017 e il 2019 (previsione d’estate), con un’inflazione di fondo dell’1,1 %, ben lontana dall’obiettivo prefissato. Si tratta, a giudizio del CESE, di nuovi argomenti contro l’opportunità di abbandonare una politica monetaria espansiva nel momento in cui si pratica un orientamento di bilancio neutro, per non parlare di uno di segno negativo, come quello richiesto per il 2019 dal Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (15).

Salari, occupazione e contrattazione collettiva

3.18.

Nel 2017, nei diciannove paesi della zona euro, l’aumento medio reale dei salari è stato solo dello 0,2 % rispetto all’anno precedente. In sette di tali paesi tale variazione è stata negativa, e si prevede che sarà rispettivamente dello 0,9 % e dello 0,3 % nel 2018 e nel 2019 (16). Nei tre anni considerati, il costo reale unitario del lavoro nella zona euro è previsto in diminuzione: 0,3 %, 0,1 % e 0,6 %. Per contro, la produttività reale per lavoratore, che è aumentata dello 0,8 % nel 2017, aumenterà ulteriormente dell’1 % sia nel 2018 che nel 2019 (17).

3.19.

Il tasso di disoccupazione nella zona euro era, nel 2017, del 9,1 %, tuttora più elevato rispetto al valore di prima della crisi (8,4 % tra il 2004 e il 2008). Le differenze tra gli Stati membri sono molto sensibili, poiché nel 2017 il tasso di disoccupazione andava dal 3,8 % della Germania al 21,5 % della Grecia. Il tasso di disoccupazione giovanile permane molto elevato, superiore al 15 %, con notevoli disparità e valori estremi in Grecia (43,2 %), Spagna (35,0 %) e Italia (32,5 %). Il tasso di occupazione a tempo determinato continua ad aumentare: si aggirava mediamente sul 12,2 % nel 2017, contro l’11,5 % nel 2012. Aumenta anche il lavoro a tempo parziale: 19,4 % nel 2017, rispetto al 17,5 % del 2007 (18).

3.20.

Nonostante la ripresa economica, in molti paesi vi è un divario tra i posti di lavoro precedenti e quelli nuovi, che sono più precari e sono retribuiti con salari più bassi. Tale divario è anche generazionale: riguarda i giovani in misura maggiore, come pure molti lavoratori dell’economia digitale, il cui lavoro dipende da piattaforme online. Nelle raccomandazioni del Consiglio e del semestre europeo viene espressa preoccupazione circa il miglioramento della qualità dell’occupazione. Il CESE chiede che venga data attuazione concreta a piani e misure miranti a inserire tale questione tra gli obiettivi prioritari. È essenziale il coinvolgimento delle parti sociali, attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, nell’adozione delle misure necessarie. Altrettanto essenziale è l’adozione di misure che consentano un significativo aumento dei salari più bassi. Si dovrebbe inoltre incoraggiare la partecipazione delle organizzazioni della società civile al miglioramento delle condizioni sociali e di vita dei lavoratori.

3.21.

La raccomandazione del Consiglio sull’aumento dei salari, se applicata rigidamente, interesserebbe soltanto un piccolo numero di paesi e potrebbero portare a ulteriori divergenze tra essi e a un aumento delle disuguaglianze. Il CESE ritiene che la competitività delle economie europee maggiormente in ritardo dovrebbe migliorare grazie all’aumento di produttività dovuto a maggiori investimenti, a una maggiore innovazione e a una migliore formazione dei lavoratori, e non già per mezzo di svalutazioni interne, le quali, per di più, hanno conseguenze sociali indesiderate. La crescita salariale contribuisce anche alla crescita della domanda interna e promuove l’equilibrio di bilancio attraverso un aumento delle entrate fiscali.

3.22.

In ogni caso, i livelli salariali devono essere stabiliti dalle parti sociali attraverso la contrattazione collettiva. Anche la legislazione può apportare un contribuire al riguardo in una parte degli Stati membri, almeno per quanto concerne il salario minimo. Il semestre europeo dovrebbe promuovere l’adozione, da parte degli Stati membri, di misure volte a rafforzare la contrattazione collettiva, basata sull’autonomia delle parti sociali, e il dialogo sociale, in particolare negli Stati in cui tali istituti sono stati indeboliti dalle politiche di gestione della crisi, o in cui tale diritto attualmente non esiste, malgrado l’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Produttività, contesto imprenditoriale e finanziamento degli investimenti privati

3.23.

Il CESE esprime preoccupazione per la diminuzione del tasso di aumento della produttività dell’UE negli ultimi decenni. Un recente studio dell’OCSE (19) indica che il tasso medio di aumento della produzione per ora di lavoro nell’UE è stato dello 0,6 % nel periodo 2007-2016 (in costante declino dal 2,2 % raggiunto nel periodo 1990-2000), ossia al di sotto del tasso medio dell’OCSE (pari allo 0,8 %) e molto al di sotto di quello dei paesi non OCSE (pari al 5,0 % nello stesso periodo). Alla presentazione dello studio (20), il segretario generale dell’OCSE, Ángel Gurría, ha affermato che la crescita della produttività richiede, oltre a una regolamentazione e a una governance appropriate, un aumento degli investimenti destinati a ricerca, sviluppo e innovazione, come pure a istruzione e formazione professionale. Il CESE condivide pienamente questa posizione.

3.24.

Nello stesso studio l’OCSE sottolinea che il bilancio dell’UE è modesto, e il suo peso rispetto all’RNL europeo si è progressivamente ridotto a partire dal 1993 (21). Il CESE esprime grande preoccupazione, in quanto è conscio che questa tendenza proseguirà se il quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2020 verrà adottato nei termini proposti dalla Commissione, cosa che renderebbe più difficile agire per realizzare una convergenza economica e sociale al rialzo tra gli Stati europei. Come indicato nel proprio parere in merito al Documento di riflessione sull’approfondimento dell’Unione economica e monetaria (22), su questa situazione influisce negativamente il fatto che non sia stato ancora raggiunto un accordo per completare l’UEM secondo le linee esaminate nel documento di riflessione sul futuro dell’Europa.

3.25.

Il CESE condivide la raccomandazione del Consiglio sulla crescita della produttività e il ruolo degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, come pure le raccomandazioni specifiche per paese che fanno riferimento al miglioramento delle amministrazioni pubbliche e del contesto imprenditoriale.

3.26.

Per promuovere la crescita bisogna incoraggiare gli investimenti delle imprese. Il CESE ribadisce l’importanza sia di una rapida introduzione dell’Unione dei mercati dei capitali che del completamento del processo di istituzione dell’Unione bancaria. Il Comitato esprime preoccupazione per i ritardi che sta subendo l’Unione bancaria — a causa dei quali manca tuttora un sostegno comune per il Fondo di risoluzione unico attraverso il meccanismo europeo di stabilità — e per gli ostacoli che sta incontrando la creazione di un sistema europeo di assicurazione dei depositi (EDIS), che vanno al di là dei giustificati timori che può causare il volume di crediti deteriorati in alcuni paesi (23).

La lotta contro i reati fiscali e per l’equità fiscale

3.27.

È molto difficile garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche e realizzare politiche sociali e di investimento forti se vengono mantenuti gli attuali livelli di frode ed elusione fiscale, di riciclaggio di denaro tramite i paradisi fiscali e di concorrenza fiscale sleale tra gli Stati membri dell’UE. Un importante articolo della rivista Finance & Development dell’FMI (24) indica che circa il 40 % degli investimenti esteri diretti a livello mondiale, ossia 12 000 miliardi di dollari, consiste di investimenti «fantasma», ossia di investimenti finanziari convogliati attraverso società di comodo che non realizzano alcuna reale attività. Il ricorso a intermediari o a enti «di passaggio» (pass-through) non implica di per sé un’elusione fiscale, ma certamente offre maggiori opportunità per eludere o persino evadere le tasse. L’articolo afferma inoltre che il 9,8 % della ricchezza mondiale si trova in paradisi fiscali.

3.28.

Il CESE ribadisce la necessità di attuare con urgenza efficaci misure aggiuntive contro l’appropriazione indebita di fondi pubblici, l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro, i paradisi fiscali e la concorrenza fiscale sleale, a partire dall’applicazione della quinta direttiva sulla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo (25) e dalla creazione di un elenco coerente, affidabile e unico dei veri paradisi fiscali a livello mondiale a cui applicare le dovute sanzioni.

3.29.

Bisogna anche agire efficacemente contro la pianificazione fiscale aggressiva praticata dalle multinazionali, in particolare nel settore dell’economia digitale. Questa sostanziale attività di contrasto deve riuscire a coniugare la promozione di misure globali con altre misure che possano essere applicate nell’UE. Al tempo stesso, bisogna progressivamente realizzare un’adeguata armonizzazione fiscale nella zona euro e nell’UE.

Bruxelles, 17 ottobre 2018

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 33).

(2)  Raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro.

(3)  Cfr. COM(2017) 770 final.

(4)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 28.

(5)  GU C 262 del 25.7.2018, pag. 1.

(6)  Investimenti in sostegno e assistenza sociale.Un dovere europeo, novembre 2017.

(7)  GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 33.

(8)  Previsioni economiche europee, primavera 2018. Allegato statistico, pag. 165.

(9)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (GU C 197 dell'8.6.2018, pag. 33), e altri pareri precedenti.

(10)  Questo dato e i successivi dati sugli investimenti sono tratti da: Alexander Roth e Guntram Wolff, Understanding (the lack of) German public investment [Comprendere la (mancanza di) investimenti pubblici tedeschi]; Bruegel Foundation, Blog Spot, 6 giugno 2018.

(11)  Nella zona euro gli Stati membri in questione sono i Paesi Bassi, l’Irlanda, Malta e la Slovenia, mentre all’esterno di tale zona è il caso della Danimarca.

(12)  Previsioni economiche europee, estate 2018.

(13)  Cfr. la comunicazione della Commissione Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di stabilità e crescita, COM(2015) 12 final.

(14)  Cfr. COM(2018) 335 final.

(15)  Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche, Assessment of the fiscal stance appropriate for the euro area in 2019 [Valutazione dell’orientamento di bilancio adeguato per la zona euro nel 2019], 18 giugno 2018.

(16)  Previsioni economiche europee, primavera 2018. Allegato statistico, pag. 172.

(17)  Ibid., pagg. 172-174, ed Eurostat.

(18)  Ibid., pag. 171, ed Eurostat.

(19)  2018 OECD Economic Surveys of the Euro Area and the EU [Indagine economica dell’OCSE sulla zona euro e l’UE nel 2018], presentazione e sintesi, 19 giugno 2018, pagina 21.

(20)  Fondazione Bruegel, Bruxelles, 19 giugno 2018.

(21)  Ibid., OCSE, pagg. 25-30.

(22)  GU C 81 del 2.3.2018, pag. 124.

(23)  Il CESE ha preso posizione su tale questione nel parere in merito al Pacchetto «Crediti deteriorati» (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 43).

(24)  J. Damgaard, T. Elkjaer e N. Jahannesen, Piercing The Veil: Some $12 Trillion Worldwide Is Just Phantom Corporate Investment (Alzare il velo: circa 12 000 miliardi di dollari, in tutto il mondo, sono un investimento societario fantasma), Finance&Development, 10 giugno 2018.

(25)  Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 43).