ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 270

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

59° anno
25 luglio 2016


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

IV   Informazioni

 

INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA

 

Corte di giustizia delľUnione europea

2016/C 270/01

Ultime pubblicazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

1

 

Tribunale

2016/C 270/02

Proseguimento dell’attività del Tribunale tra il 1o e il 19 settembre 2016

2


 

V   Avvisi

 

PROCEDIMENTI GIURISDIZIONALI

 

Corte di giustizia

2016/C 270/03

Cause riunite da C-210/14 a C-214/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Corte suprema di cassazione — Italia) — procedimenti penali a carico di Daniela Tomassi (C-210/14), Massimiliano Di Adamo (C-211/14), Andrea De Ciantis (C-212/14), Romina Biolzi (C-213/14), Giuseppe Proia (C-214/14) (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

3

2016/C 270/04

Causa C-433/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Domenico Rosa (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

4

2016/C 270/05

Causa C-434/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Raffaele Mignone (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

4

2016/C 270/06

Causa C-435/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Mauro Barletta (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

5

2016/C 270/07

Causa C-436/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Davide Cazzorla (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

6

2016/C 270/08

Causa C-437/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Nicola Seminario (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

7

2016/C 270/09

Causa C-462/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Lorenzo Carlucci (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

7

2016/C 270/10

Causa C-467/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bergamo — Italia) — procedimento penale a carico di Chiara Baldo (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

8

2016/C 270/11

Causa C-474/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Salerno — Italia) — procedimento penale a carico di Cristiano Pontillo (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

9

2016/C 270/12

Causa C-495/14: Ordinanza della Corte (Nona Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento) — Antonio Tita, Alessandra Carlin, Piero Constantini/Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretario Generale del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (TRGA) (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Direttiva 89/665/CEE — Appalti pubblici — Normativa nazionale — Tassazione per l’accesso alla giustizia amministrativa nell’ambito degli appalti pubblici — Diritto a un ricorso effettivo — Tassazione dissuasiva — Controllo giurisdizionale degli atti amministrativi — Principi di effettività e di equivalenza)

10

2016/C 270/13

Causa C-534/14: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bergamo — Italia) — procedimento penale a carico di Andrea Gaiti, Sidi Amidou Billa, Joseph Arasomwan, Giuseppe Carissimi, Sahabou Songne (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

10

2016/C 270/14

Causa C-65/15: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Vito Santoro (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Normativa nazionale — Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze — Nuova procedura di gara — Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

11

2016/C 270/15

Causa C-504/15: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Frosinone — Italia) — procedimento penale a carico di Antonio Paolo Conti (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Sentenza della Corte che ha dichiarato incompatibile con il diritto dell’Unione la normativa nazionale sulle concessioni per l’attività di raccolta di scommesse — Riorganizzazione del sistema tramite una nuova gara d’appalto — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

12

2016/C 270/16

Causa C-8/16: Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Frosinone — Italia) — procedimento penale a carico di Paola Tonachella (Rinvio pregiudiziale — Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte — Questioni pregiudiziali identiche — Articoli 49 TFUE e 56 TFUE — Libertà di stabilimento — Libera prestazione di servizi — Giochi d’azzardo — Sentenza della Corte che ha dichiarato incompatibile con il diritto dell’Unione la normativa nazionale sulle concessioni per l’attività di raccolta di scommesse — Riorganizzazione del sistema tramite una nuova gara d’appalto — Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco — Restrizione — Ragioni imperative di interesse generale — Proporzionalità)

13

2016/C 270/17

Causa C-278/15 P: Impugnazione proposta il 4 giugno 2015 dal The Royal Country of Berkshire Polo Club Ltd avverso la sentenza del Tribunale (Nona Sezione) del 26 marzo 2015, causa T-581/13, Royal County of Berkshire Polo Club/UAMI

13

2016/C 270/18

Causa C-451/15 P: Impugnazione proposta il 17 agosto 2015 dalla Best-Lock (Europe) Ltd avverso la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 16 giugno 2015, causa T-395/14: Best-Lock (Europe)/EUIPO

14

2016/C 270/19

Causa C-452/15 P: Impugnazione proposta il 17 agosto 2015 dalla Best-Lock (Europe) Ltd avverso la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 16 giugno 2015, causa T-396/14: Best-Lock (Europe)/EUIPO

14

2016/C 270/20

Causa C-479/15 P: Impugnazione proposta il 7 settembre 2015 dalla Nanu-Nana Joachim Hoepp GmbH & Co. KG avverso la sentenza del Tribunale (Ottava Sezione) del 9 luglio 2015, causa T-89/11, Nanu-Nana Joachim Hoepp/EUIPO

14

2016/C 270/21

Causa C-480/15 P: Impugnazione proposta il 10 settembre 2015 dalla KS Sports IPCo GmbH, succeduta alla BH Stores BV avverso la sentenza del Tribunale (Settima Sezione) del 2 luglio 2015, causa T-657/13: KS Sports/EUIPO

15

2016/C 270/22

Causa C-602/15 P: Impugnazione proposta il 10 novembre 2015 dalla Monster Energy Company avverso l’ordinanza del Tribunale (Seconda Sezione) del 9 settembre 2015, causa T-633/14, Monster Energy/EUIPO

15

2016/C 270/23

Causa C-603/15 P: Impugnazione proposta il 10 novembre 2015 dalla Monster Energy Company avverso l’ordinanza del Tribunale (Seconda Sezione) del 9 settembre 2015, causa T-666/14, Monster Energy/EUIPO

15

2016/C 270/24

Causa C-636/15 P: Impugnazione proposta il 30 novembre 2015 da August Stork KG avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) del 25 settembre 2015, causa T-366/14, August Storck/EUIPO

16

2016/C 270/25

Causa C-35/16 P: Impugnazione proposta il 21 gennaio 2016 dalla Matratzen Concord GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Nona Sezione) del 19 novembre 2015, causa T-526/14, Matratzen Concord GmbH/Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli)

16

2016/C 270/26

Causa C-76/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Najvyšší súd Slovenskej republiky (Slovacchia) l’11 febbraio 2016 — INGSTEEL spol. s r. o., Metrostav a. s./Úrad pre verejné obstarávanie

16

2016/C 270/27

Causa C-77/16 P: Impugnazione proposta l’11 febbraio 2016 dalla Hewlett Packard Development Company LP avverso la sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 3 dicembre 2015, causa T-628/14: Hewlett Packard Development Company/EUIPO

17

2016/C 270/28

Causa C-115/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — N Luxembourg 1/Skatteministeriet

17

2016/C 270/29

Causa C-116/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — Skatteministeriet/T Danmark

20

2016/C 270/30

Causa C-117/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — Skatteministeriet/Y Denmark Aps

22

2016/C 270/31

Causa C-118/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — X Denmark A/S/Skatteministeriet

25

2016/C 270/32

Causa C-119/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — C Danmark I/Skatteministeriet

27

2016/C 270/33

Causa C-191/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Berlin (Germania) il 5 aprile 2016 — Romano Pisciotti/Bundesrepublik Deutschland

29

2016/C 270/34

Causa C-265/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Torino (Italia) il 12 maggio 2016 — VCAST Limited/R.T.I. SpA

30

2016/C 270/35

Causa C-292/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Helsingin hallinto-oikeus (Finlandia) il 25 maggio 2016 — A Oy

31

2016/C 270/36

Causa C-301/16 P: Impugnazione proposta il 26 maggio 2016 dalla Commissione europea avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione) del 16 marzo 2016, causa T-586/14, Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd/Commissione europea

32

2016/C 270/37

Causa C-304/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito) il 30 maggio 2016 — American Express Co./The Lords Commissioners of Her Majesty’s Treasury

33

2016/C 270/38

Causa C-305/16: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Regno Unito) il 30 maggio 2016 — Avon Cosmetics Ltd/The Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

34

2016/C 270/39

Causa C-323/16 P: Impugnazione proposta l’8 giugno 2016 dall’Eurallumina Spa avverso la sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 22 aprile 2016, cause riunite T-60/06 RENV II e T-62/06 RENV II, Repubblica italiana e Eurallumina spa/Commissione europea

36

 

Tribunale

2016/C 270/40

Causa T-162/13: Sentenza del Tribunale del 9 giugno 2016 — Magic Mountain Kletterhallen e a./Commissione (Aiuti di Stato — Aiuti alla costruzione e allo sfruttamento di impianti di arrampicata del Deutscher Alpenverein eV — Decisione che dichiara gli aiuti compatibili con il mercato interno — Regime di aiuti — Analisi economica più approfondita — Fallimento del mercato — Obiettivo legittimo di interesse generale — Articolo 108, paragrafi 2 e 3, TFUE — Serie difficoltà)

37

2016/C 270/41

Causa T-276/13: Sentenza del Tribunale del 9 giugno 2016 — Growth Energy et Renewable Fuels Association/Consiglio (Dumping — Importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti — Dazio antidumping definitivo — Ricorso per annullamento — Associazione — Insussistenza di un’incidenza diretta dei membri — Irricevibilità — Dazio antidumping a livello nazionale — Trattamento individuale — Campionatura — Diritti della difesa — Non discriminazione — Dovere di diligenza)

38

2016/C 270/42

Causa T-277/13: Sentenza del Tribunale del 9 giugno 2016 — Marquis Energy/Consiglio (Dumping — Importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti — Dazio antidumping definitivo — Ricorso per annullamento — Incidenza diretta — Ricevibilità — Dazio antidumping a livello nazionale — Trattamento individuale — Campionatura)

38

2016/C 270/43

Causa T-122/14: Sentenza del Tribunale del 9 giugno 2016 — Italia/Commissione (Mancata esecuzione di una sentenza della Corte che accerta l’inadempimento di uno Stato — Penalità — Decisione di liquidazione della penalità — Metodo di calcolo degli interessi applicabile al recupero di aiuti illegali — Interessi composti)

39

2016/C 270/44

Causa T-614/14: Sentenza del Tribunale del 16 giugno 2016 — Fútbol Club Barcelona/EUIPO — Kule (KULE) [Marchio dell’Unione europea — Opposizione — Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo KULE — Marchi nazionali denominativi anteriori e marchio notorio CULE — Impedimenti relativi alla registrazione — Insussistenza di un uso effettivo dei marchi anteriori — Articolo 42, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009 — Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 — Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009]

40

2016/C 270/45

Causa T-789/14: Sentenza del Tribunale del 14 giugno 2016 — Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen/EUIPO — Meissen Keramik (MEISSEN) [Marchio dell’Unione europea — Opposizione — Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo MEISSEN — Marchi dell’Unione europea e nazionali denominativi e figurativo anteriori MEISSEN, MEISSENER PORZELLAN, HAUS MEISSEN, Meissen e Meissener Porzellan — Impedimenti relativi alla registrazione — Assenza di rischio di confusione — Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 — Carattere distintivo e notorietà dei marchi anteriori — Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 — Uso effettivo dei marchi anteriori — Articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 — Articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009]

41

2016/C 270/46

Causa T-385/15: Sentenza del Tribunale del 14 giugno 2016 — Loops/EUIPO (Forma di uno spazzolino da denti) (Marchio dell’Unione europea — Registrazione internazionale che designa l’Unione europea — Marchio tridimensionale — Forma di uno spazzolino da denti — Impedimento assoluto alla registrazione — Assenza di carattere distintivo — Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009)

41

2016/C 270/47

Causa T-583/15: Sentenza del Tribunale dell’8 giugno 2016 — Monster Energy/EUIPO (Raffigurazione di un simbolo di pace) (Marchio dell’Unione europea — Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo raffigurante un simbolo di pace — Richiesta di restitutio in integrum — Mancato rispetto del termine per presentare un ricorso dinanzi al Tribunale)

42

2016/C 270/48

Causa T-585/15: Sentenza del Tribunale dell’8 giugno 2016 — Monster Energy/EUIPO (GREEN BEANS) (Marchio dell’Unione europea — Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo GREEN BEANS — Richiesta di restitutio in integrum — Inosservanza del termine di deposito di un ricorso dinanzi al Tribunale)

43

2016/C 270/49

Causa T-362/14: Ordinanza del Tribunale del 26 maggio 2016 — REWE-Zentral/EUIPO — Vicente Gandía Pla (MY PLANET) (Marchio dell’Unione europea — Opposizione — Ritiro dell'opposizione — Non luogo a statuire)

43

2016/C 270/50

Causa T-825/14: Ordinanza del Tribunale del 9 giugno 2016 — IREPA/Commissione e Corte dei conti (Ricorso di annullamento — Pesca — Programma nazionale italiano per la raccolta di dati nel settore della pesca per il periodo 2009-2010 — Recupero di una parte degli anticipi versati al ricorrente — Relazione preliminare della Corte dei conti — Atto non impugnabile con un ricorso — Atto preparatorio — Lettere di pre-informazione — Nota di addebito — Articolo 263, quarto comma, TFUE — Insussistenza di un’incidenza diretta — Irricevibilità)

44

2016/C 270/51

Causa T-178/15: Ordinanza del Tribunale dell’8 giugno 2016 — Kohrener Landmolkerei e DHG/Commissione [Sistema delle specialità tradizionali garantite — Regolamento (UE) n. 1151/2012 — Lettera della Commissione che informa le autorità nazionali competenti del deposito tardivo del loro atto di opposizione — Ricorso manifestamente privo di qualsiasi fondamento giuridico]

45

2016/C 270/52

Causa T-168/16: Ricorso proposto il 18 aprile 2016 — Grizzly Tools/Commissione

45

2016/C 270/53

Causa T-202/16: Ricorso proposto il 3 maggio 2016 — Keturi kambariai/EUIPO — Coffee In (coffee inn)

46

2016/C 270/54

Causa T-222/16: Ricorso proposto l’11 maggio 2016 — Hansen Medical/EUIPO — Covidien (MAGELLAN)

47

2016/C 270/55

Causa T-229/16: Ricorso proposto il 6 maggio 2016 — Pio De Bragança/EUIPO — Ordem de São Miguel da Ala (QUIS UT DEUS)

48

2016/C 270/56

Causa T-240/16: Ricorso proposto il 14 maggio 2016 — Klyuyev/Consiglio

48

2016/C 270/57

Causa T-242/16: Ricorso proposto il 17 maggio 2016 — Stavytskyi/Consiglio

50

2016/C 270/58

Causa T-247/16: Ricorso proposto il 13 maggio 2016 — Trasta Komercbanka e altri/BCE

51

2016/C 270/59

Causa T-248/16: Ricorso proposto il 19 maggio 2016 — Walfood/EUIPO — Romanov Holding (CHATKA)

52

2016/C 270/60

Causa T-261/16: Ricorso proposto il 25 maggio 2016 — Portogallo/Commissione

52

2016/C 270/61

Causa T-272/16: Ricorso proposto il 25 maggio 2016 — Grecia/Commissione

53

2016/C 270/62

Causa T-273/16: Ricorso proposto il 30 maggio 2016 — Sun Media/EUIPO — Meta4 Spain (METAPORN)

55

2016/C 270/63

Causa T-274/16: Ricorso proposto il 27 maggio 2016 — Saleh Thabet/Consiglio

56

2016/C 270/64

Causa T-275/16: Ricorso proposto il 27 maggio 2016 — Mubarak e altri/Consiglio

57

2016/C 270/65

Causa T-282/16: Ricorso proposto il 30 maggio 2016 — Inpost Paczkomaty contro Commissione

58

2016/C 270/66

Causa T-283/16: Ricorso proposto il 30 maggio 2016 — Inpost contro Commissione

60

2016/C 270/67

Causa T-284/16: Ricorso proposto il 23 maggio 2016 — Gulli/EUIPO — Laverana (Lybera)

61

2016/C 270/68

Causa T-287/16: Ricorso proposto il 30 maggio 2016 — Belgio/Commissione

62

2016/C 270/69

Causa T-289/16: Ricorso proposto il 3 giugno 2016 — Inox Mare/Commissione

63

2016/C 270/70

Causa T-290/16: Ricorso proposto il 7 giugno 2016 — Fruits de Ponent/Commissione

64

2016/C 270/71

Causa T-298/16: Ricorso proposto il 13 giugno 2016 — East West Consulting/Commissione

66

2016/C 270/72

Causa T-560/12: Ordinanza del Tribunale del 6 giugno 2016 — Miejskie Przedsiębiorstwo Energetyki Cieplnej/ECHA

67

2016/C 270/73

Causa T-537/14: Ordinanza del Tribunale del 1o giugno 2016 — Laboratoire Nuxe/EUIPO — NYX, Los Angeles (NYX)

67

2016/C 270/74

Causa T-84/15: Ordinanza del Tribunale del 31 maggio 2016 — Laboratorios Thea/EUIPO — Sebapharma (Sebacur)

67

 

Tribunale della funzione pubblica

2016/C 270/75

Causa F-121/15: Sentenza del Tribunale della funzione pubblica (Giudice Unico) del 14 giugno 2016 — Fernández González/Commissione (Funzione pubblica — Agente temporaneo — Agente preposto al Gabinetto di un commissario europeo — Assunzione di un agente temporaneo ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del RAA — Requisito dell’interruzione di ogni forma di impiego con la Commissione per un periodo di sei mesi — Punto 3.2 della nota D(2005) 18064 della Commissione, del 28 luglio 2005, relativa all’assunzione di agenti temporanei, ai sensi dell’articolo 2, lettera b) e d), del RAA, riguardante posti permanenti in caso di mancanza di vincitori di concorso)

68

2016/C 270/76

Causa F-133/15: Sentenza del Tribunale della funzione pubblica (Giudice unico) del 10 giugno 2016 — HI/Commissione (Funzione pubblica — Funzionari — Articolo 11 dello Statuto — Dovere di lealtà — Articolo 11 bis — Conflitto di interessi — Funzionario incaricato del controllo di un progetto finanziato dall’Unione — Vincolo familiare tra tale funzionario e un impiegato assunto per l’esecuzione del progetto dalla società incaricata del progetto stesso — Procedimento disciplinare — Sanzione disciplinare — Retrogradazione — Legittimità della composizione del consiglio di disciplina — Obbligo di motivazione — Durata del procedimento — Termine ragionevole — Violazione dei diritti della difesa — Principio del ne bis in idem — Manifesto errore di valutazione — Proporzionalità della sanzione — Circostanze attenuanti)

69


IT

 


IV Informazioni

INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA

Corte di giustizia delľUnione europea

25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/1


Ultime pubblicazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

(2016/C 270/01)

Ultima pubblicazione

GU C 260 del 18.7.2016

Cronistoria delle pubblicazioni precedenti

GU C 251 dell’11.7.2016

GU C 243 del 4.7.2016

GU C 232 del 27.6.2016

GU C 222 del 20.6.2016

GU C 211 del 13.6.2016

GU C 200 del 6.6.2016

Questi testi sono disponibili su:

EUR-Lex: http://eur-lex.europa.eu


Tribunale

25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/2


Proseguimento dell’attività del Tribunale tra il 1o e il 19 settembre 2016

(2016/C 270/02)

Il Tribunale, in occasione della sua Conferenza plenaria del 15 giugno 2016, ha preso atto del fatto che il giuramento dinanzi alla Corte di giustizia dei nuovi Membri del Tribunale sarà prestato il 19 settembre 2016 e che, di conseguenza, conformemente all’articolo 5, terzo comma, del protocollo sullo statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, sino all’entrata in funzione dei nuovi Membri del Tribunale:

la presidenza del Tribunale sarà garantita dal Presidente Jaeger,

la vicepresidenza del Tribunale sarà garantita dal Vicepresidente Kanninen,

le presidenze delle sezioni di cinque e di tre giudici saranno garantite dal vicepresidente Kanninen e dai presidenti di sezione Martins Ribeiro, Papasavvas, Prek, Dittrich, Frimodt Nielsen, van der Woude, Gratsias e Berardis,

la decisione di assegnazione dei giudici alle sezioni del 23 ottobre 2013 (GU 2013, C 344, pag. 2), quale modificata da ultimo con decisione del 9 giugno 2016 (GU 2016, C 243, pag. 2), le decisioni del 13 maggio 2015, sulla modalità di composizione della Grande Sezione e sulla modalità di designazione del giudice ai fini della sostituzione di un giudice colpito da impedimento (GU 2015, C 213, pag. 2) e le decisioni del 23 settembre 2013, sui criteri di assegnazione delle cause alle sezioni e sulla composizione della Sezione delle impugnazioni (GU 2013, C 313, pagg. 4 e 5) continueranno ad applicarsi.


V Avvisi

PROCEDIMENTI GIURISDIZIONALI

Corte di giustizia

25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/3


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Corte suprema di cassazione — Italia) — procedimenti penali a carico di Daniela Tomassi (C-210/14), Massimiliano Di Adamo (C-211/14), Andrea De Ciantis (C-212/14), Romina Biolzi (C-213/14), Giuseppe Proia (C-214/14)

(Cause riunite da C-210/14 a C-214/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/03)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Corte suprema di cassazione

Procedimenti penali a carico di

Daniela Tomassi (C-210/14), Massimiliano Di Adamo (C-211/14), Andrea De Ciantis (C-212/14), Romina Biolzi (C-213/14), Giuseppe Proia (C-214/14)

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nei procedimenti principali, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nei procedimenti principali, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 292 dell'1.9.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/4


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Domenico Rosa

(Causa C-433/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/04)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bari

Procedimento penale a carico di

Domenico Rosa

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 448 del 15.12.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/4


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Raffaele Mignone

(Causa C-434/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/05)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bari

Procedimento penale a carico di

Raffaele Mignone

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 448 del 15.12.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/5


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Mauro Barletta

(Causa C-435/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/06)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bari

Procedimento penale a carico di

Mauro Barletta

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 448 del 15.12.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/6


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Davide Cazzorla

(Causa C-436/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/07)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bari

Procedimento penale a carico di

Davide Cazzorla

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 448 del 15.12.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/7


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Nicola Seminario

(Causa C-437/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/08)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bari

Procedimento penale a carico di

Nicola Seminario

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 448 del 15.12.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/7


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Lorenzo Carlucci

(Causa C-462/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/09)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bari

Procedimento penale a carico di

Lorenzo Carlucci

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 448 del 15.12.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/8


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bergamo — Italia) — procedimento penale a carico di Chiara Baldo

(Causa C-467/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/10)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bergamo

Procedimento penale a carico di

Chiara Baldo

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 448 del 15.12.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/9


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Salerno — Italia) — procedimento penale a carico di Cristiano Pontillo

(Causa C-474/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/11)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Salerno

Procedimento penale a carico di

Cristiano Pontillo

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 462 del 22.12.2014.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/10


Ordinanza della Corte (Nona Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento) — Antonio Tita, Alessandra Carlin, Piero Constantini/Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretario Generale del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (TRGA)

(Causa C-495/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Direttiva 89/665/CEE - Appalti pubblici - Normativa nazionale - Tassazione per l’accesso alla giustizia amministrativa nell’ambito degli appalti pubblici - Diritto a un ricorso effettivo - Tassazione dissuasiva - Controllo giurisdizionale degli atti amministrativi - Principi di effettività e di equivalenza))

(2016/C 270/12)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento

Parti

Ricorrenti: Antonio Tita, Alessandra Carlin, Piero Constantini

Convenuti: Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretario Generale del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (TRGA)

Dispositivo

L’articolo 1 della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, nonché i principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che prescrive il versamento di tributi giudiziari, come il contributo unificato oggetto del procedimento principale, all’atto della proposizione di un ricorso in materia di appalti pubblici dinanzi ai giudici amministrativi.


(1)  GU C 26 del 26.1.2015.


25.7.2016   

IT

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C 270/10


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bergamo — Italia) — procedimento penale a carico di Andrea Gaiti, Sidi Amidou Billa, Joseph Arasomwan, Giuseppe Carissimi, Sahabou Songne

(Causa C-534/14) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/13)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bergamo

Procedimento penale a carico di

Andrea Gaiti, Sidi Amidou Billa, Joseph Arasomwan, Giuseppe Carissimi, Sahabou Songne

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 34 del 2.2.2015.


25.7.2016   

IT

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C 270/11


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Bari — Italia) — procedimento penale a carico di Vito Santoro

(Causa C-65/15) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Normativa nazionale - Riordino del sistema delle concessioni attraverso un allineamento temporale delle scadenze - Nuova procedura di gara - Concessioni di durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/14)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Bari

Procedimento penale a carico di

Vito Santoro

Dispositivo

1)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE nonché i principi di parità di trattamento e di effettività devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo, come quella controversa nel procedimento principale, che preveda l’indizione di una nuova gara per il rilascio di concessioni aventi durata inferiore rispetto a quelle rilasciate in passato, in ragione di un riordino del sistema attraverso un allineamento temporale delle scadenze delle concessioni.

2)

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 138 del 27.4.2015.


25.7.2016   

IT

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C 270/12


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Frosinone — Italia) — procedimento penale a carico di Antonio Paolo Conti

(Causa C-504/15) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Sentenza della Corte che ha dichiarato incompatibile con il diritto dell’Unione la normativa nazionale sulle concessioni per l’attività di raccolta di scommesse - Riorganizzazione del sistema tramite una nuova gara d’appalto - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/15)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Frosinone

Procedimento penale a carico di

Antonio Paolo Conti

Dispositivo

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nei procedimenti principali, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 406 del 7.12.2015.


25.7.2016   

IT

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C 270/13


Ordinanza della Corte (Settima Sezione) del 7 aprile 2016 (domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Frosinone — Italia) — procedimento penale a carico di Paola Tonachella

(Causa C-8/16) (1)

((Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Questioni pregiudiziali identiche - Articoli 49 TFUE e 56 TFUE - Libertà di stabilimento - Libera prestazione di servizi - Giochi d’azzardo - Sentenza della Corte che ha dichiarato incompatibile con il diritto dell’Unione la normativa nazionale sulle concessioni per l’attività di raccolta di scommesse - Riorganizzazione del sistema tramite una nuova gara d’appalto - Cessione a titolo non oneroso dell’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco - Restrizione - Ragioni imperative di interesse generale - Proporzionalità))

(2016/C 270/16)

Lingua processuale: l’italiano

Giudice del rinvio

Tribunale di Frosinone

Procedimento penale a carico di

Paola Tonachella

Dispositivo

Gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale restrittiva, come quella controversa nel procedimento principale, la quale impone al concessionario di giochi d’azzardo di cedere a titolo non oneroso, all’atto della cessazione dell’attività per scadenza del termine della concessione, l’uso dei beni materiali e immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di raccolta del gioco, qualora detta restrizione ecceda quanto è necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.


(1)  GU C 90 del 7.3.2016.


25.7.2016   

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C 270/13


Impugnazione proposta il 4 giugno 2015 dal The Royal Country of Berkshire Polo Club Ltd avverso la sentenza del Tribunale (Nona Sezione) del 26 marzo 2015, causa T-581/13, Royal County of Berkshire Polo Club/UAMI

(Causa C-278/15 P)

(2016/C 270/17)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: The Royal Country of Berkshire Polo Club Ltd (rappresentante: J. Maitland-Walker, Solicitor)

Altra parte nel procedimento: Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

Con ordinanza del 14 gennaio 2016, la Corte di giustizia (Sesta Sezione) ha dichiarato l’impugnazione inammissibile.


25.7.2016   

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C 270/14


Impugnazione proposta il 17 agosto 2015 dalla Best-Lock (Europe) Ltd avverso la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 16 giugno 2015, causa T-395/14: Best-Lock (Europe)/EUIPO

(Causa C-451/15 P)

(2016/C 270/18)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Best-Lock (Europe) Ltd (rappresentante: J. Becker, Rechtsanwalt)

Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Con ordinanza del 14 aprile 2016 la Corte di giustizia (Sesta Sezione) ha dichiarato l’impugnazione irricevibile.


25.7.2016   

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C 270/14


Impugnazione proposta il 17 agosto 2015 dalla Best-Lock (Europe) Ltd avverso la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 16 giugno 2015, causa T-396/14: Best-Lock (Europe)/EUIPO

(Causa C-452/15 P)

(2016/C 270/19)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Best-Lock (Europe) Ltd (rappresentante: J. Becker, Rechtsanwalt)

Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Con ordinanza del 14 aprile 2016 la Corte di giustizia (Sesta Sezione) ha dichiarato l’impugnazione irricevibile.


25.7.2016   

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C 270/14


Impugnazione proposta il 7 settembre 2015 dalla Nanu-Nana Joachim Hoepp GmbH & Co. KG avverso la sentenza del Tribunale (Ottava Sezione) del 9 luglio 2015, causa T-89/11, Nanu-Nana Joachim Hoepp/EUIPO

(Causa C-479/15 P)

(2016/C 270/20)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Nanu-Nana Joachim Hoepp GmbH & Co. KG (rappresentanti: A. Nordemann, Rechtsanwalt, M.C. Maier, Rechtsanwalt)

Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Con ordinanza del 14 aprile 2016, la Corte di giustizia (Sesta Sezione) ha dichiarato l’impugnazione irricevibile.


25.7.2016   

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C 270/15


Impugnazione proposta il 10 settembre 2015 dalla KS Sports IPCo GmbH, succeduta alla BH Stores BV avverso la sentenza del Tribunale (Settima Sezione) del 2 luglio 2015, causa T-657/13: KS Sports/EUIPO

(Causa C-480/15 P)

(2016/C 270/21)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: KS Sports IPCo GmbH, succeduta alla BH Stores BV (rappresentanti: T. Dolde, Rechtsanwalt, M. Hawkins, Solicitor, P. Homann, Rechtsanwalt)

Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Con ordinanza del 14 aprile 2016 la Corte di giustizia (Sesta Sezione) ha dichiarato l’impugnazione irricevibile.


25.7.2016   

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C 270/15


Impugnazione proposta il 10 novembre 2015 dalla Monster Energy Company avverso l’ordinanza del Tribunale (Seconda Sezione) del 9 settembre 2015, causa T-633/14, Monster Energy/EUIPO

(Causa C-602/15 P)

(2016/C 270/22)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Monster Energy Company (rappresentante: P. Brownlow, Solicitor)

Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Con ordinanza del 4 maggio 2016, la Corte (Ottava Sezione) ha dichiarato l’impugnazione inammissibile.


25.7.2016   

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C 270/15


Impugnazione proposta il 10 novembre 2015 dalla Monster Energy Company avverso l’ordinanza del Tribunale (Seconda Sezione) del 9 settembre 2015, causa T-666/14, Monster Energy/EUIPO

(Causa C-603/15 P)

(2016/C 270/23)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Monster Energy Company (rappresentante: P. Brownlow, Solicitor)

Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Con ordinanza del 4 maggio 2016, la Corte di giustizia (Ottava Sezione) ha dichiarato l’impugnazione inammissibile.


25.7.2016   

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C 270/16


Impugnazione proposta il 30 novembre 2015 da August Stork KG avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) del 25 settembre 2015, causa T-366/14, August Storck/EUIPO

(Causa C-636/15 P)

(2016/C 270/24)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: August Storck KG (rappresentante: N. Gregor, avvocato)

Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Con ordinanza dell’11 maggio 2016, la Corte di giustizia (Nona Sezione) ha dichiarato inammissibile l’appello.


25.7.2016   

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C 270/16


Impugnazione proposta il 21 gennaio 2016 dalla Matratzen Concord GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Nona Sezione) del 19 novembre 2015, causa T-526/14, Matratzen Concord GmbH/Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli)

(Causa C-35/16 P)

(2016/C 270/25)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrente: Matratzen Concord GmbH (rappresentante: I. Selting, Rechtsanwalt)

Altre parti nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), Mariano Barranco Rodriguez, Pablo Barranco Schnitzler

Con ordinanza del 28 aprile 2016 la Corte di giustizia dell’Unione europea (Sesta Sezione) ha respinto l’impugnazione e ha disposto che la ricorrente sopporterà le proprie spese.


25.7.2016   

IT

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C 270/16


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Najvyšší súd Slovenskej republiky (Slovacchia) l’11 febbraio 2016 — INGSTEEL spol. s r. o., Metrostav a. s./Úrad pre verejné obstarávanie

(Causa C-76/16)

(2016/C 270/26)

Lingua processuale: lo slovacco

Giudice del rinvio

Najvyšší súd Slovenskej republiky

Parti

Ricorrenti: INGSTEEL spol. s r. o., Metrostav a. s.

Resistente: Úrad pre verejné obstarávanie

Altra parte nel procedimento: Slovenský futbalový zväz

Questioni pregiudiziali

1)

Se si possa considerare conforme allo scopo dell’articolo 47, e in particolare ai suoi paragrafi 1, lettera a) e 4, della direttiva 2004/18/CE (1) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, il modo di procedere di un’autorità nazionale, la quale, nell’ambito di un appalto pubblico per un contratto del valore stimato di 3 milioni di euro, abbia considerato non soddisfatti i requisiti del bando di gara attinenti alla capacità economica e finanziaria di un offerente, in base ad una dichiarazione sull’onore da quest’ultimo presentata e all’informazione fornita dalla banca, secondo la quale l’interessato poteva ottenere un credito bancario speciale senza vincolo di destinazione per un importo limite che eccedeva il valore dell’appalto.

2)

Se la situazione sul mercato dei servizi bancari di uno Stato membro, ove la banca, nella propria promessa vincolante di credito, subordini la concessione di mezzi finanziari al soddisfacimento delle condizioni previste nel contratto di credito, le quali non sono concretamente specificate al momento dell’appalto pubblico, possa costituire, ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 5, della citata direttiva 2004/18/CE, un fondato motivo per cui l’offerente non può fornire i documenti richiesti dall’amministrazione aggiudicatrice, ossia se in tale situazione sia possibile provare la propria capacità economica e finanziaria con una dichiarazione sull’onore che attesti l’esistenza di un sufficiente rapporto di credito con la banca.

3)

Se, nell’ambito del sindacato giurisdizionale sulla decisione dell’autorità nazionale per gli appalti pubblici di escludere un offerente, la circostanza che i diversi contratti siano già stati quasi del tutto eseguiti dall’offerente aggiudicatario possa essere considerata quale impedimento oggettivo, a causa del quale il giudice nazionale non può dare attuazione al contenuto della disposizione dell’articolo 47, paragrafi 1 e 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con gli articoli 1, paragrafo 1, e 2, paragrafi 3, 6, 7 e 8 della direttiva 89/665/CEE (2) del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori.


(1)  GU L 134, pag. 114.

(2)  GU L 395, pag. 33.


25.7.2016   

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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/17


Impugnazione proposta l’11 febbraio 2016 dalla Hewlett Packard Development Company LP avverso la sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 3 dicembre 2015, causa T-628/14: Hewlett Packard Development Company/EUIPO

(Causa C-77/16 P)

(2016/C 270/27)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Hewlett Packard Development Company LP (rappresentanti: T. Raab, Rechtsanwalt, H. Lauf, Rechtsanwalt)

Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Con ordinanza del 26 maggio 2016 la Corte di giustizia (Decima Sezione) ha dichiarato l’impugnazione irricevibile.


25.7.2016   

IT

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C 270/17


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — N Luxembourg 1/Skatteministeriet

(Causa C-115/16)

(2016/C 270/28)

Lingua processuale: il danese

Giudice del rinvio

Østre Landsret

Parti

Ricorrente: N Luxembourg 1

Convenuto: Skatteministeriet

Questioni pregiudiziali

1)

Se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/49/CE (1), in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, debba essere interpretato nel senso che una società residente in uno Stato membro cui si applica l’articolo 3 della direttiva e che, in circostanze come quelle del caso di specie, riceve interessi da una controllata stabilita in un altro Stato membro, è il «beneficiario effettivo» di detti interessi ai sensi della direttiva.

1.1.

Se la nozione di «beneficiario effettivo» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/49/CE, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, debba essere interpretata conformemente alla nozione corrispondente di cui all’articolo 11 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977.

1.2.

In caso di risposta affermativa alla questione 1.1, se detta nozione debba essere interpretata esclusivamente alla luce dei commentari all’articolo 11 del modello di convenzione fiscale del 1977 (paragrafo 8), o se nell’interpretazione si possa tenere conto dei commentari successivi, comprese le aggiunte effettuate nel 2003 relativamente alle «società interposte» (paragrafo 8.1, ora paragrafo 10.1), nonché le aggiunte effettuate nel 2014 relativamente alle «obbligazioni contrattuali o legali» (paragrafo 10.2).

1.3.

Nel caso in cui i commentari del 2003 possano essere presi in considerazione nell’interpretazione, se, per ritenere che una società non sia un «beneficiario effettivo» ai sensi della direttiva 2003/49/CE, debba ricorrere la condizione dell’effettivo trasferimento dei fondi a soggetti considerati «beneficiari effettivi» degli interessi in questione dallo Stato di residenza del soggetto pagatore degli interessi e — in tal caso — se costituisca una condizione ulteriore il fatto che il trasferimento effettivo abbia luogo in un momento prossimo nel tempo al pagamento degli interessi e/o abbia luogo a titolo di pagamento di interessi.

1.3.1.

Quale rilevanza abbia, a tale riguardo, il fatto che si utilizzi capitale proprio per il prestito; che gli interessi in questione siano aggiunti al capitale («capitalizzati»); che il beneficiario degli interessi abbia successivamente effettuato un trasferimento infragruppo alla sua società madre residente nello stesso Stato con l’obiettivo di rettificare gli utili per fini fiscali secondo le norme vigenti in detto Stato; che gli interessi in questione siano successivamente convertiti in capitale nella società prestataria; che il soggetto che riceve gli interessi abbia un obbligo contrattuale o legale di trasferirli a un altro soggetto, e che la maggior parte dei soggetti considerati «beneficiari effettivi» degli interessi dallo Stato nel quale risiede il soggetto pagatore degli interessi siano residenti in altri Stati membri o in altri Stati con cui la Danimarca ha stipulato convenzioni sulle doppie imposizioni, cosicché, in base alla normativa tributaria danese non si sarebbe dovuta applicare la ritenuta alla fonte qualora detti soggetti fossero stati i prestatori e avessero quindi ricevuto gli interessi direttamente.

1.4.

Quale rilevanza abbia, ai fini della valutazione della questione se il soggetto che riceve gli interessi debba essere considerato un «beneficiario effettivo» ai sensi della direttiva, il fatto che il giudice del rinvio, dopo avere accertato i fatti di causa, concluda che detto soggetto — senza essere tenuto contrattualmente o legalmente a trasferire gli interessi ricevuti a un altro soggetto — non avesse il «pieno» diritto di «utilizzo e fruizione» degli interessi, ai sensi dei commentari del 2014 al modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977.

2)

Se, affinché uno Stato membro possa invocare l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva, concernente l’applicazione di disposizioni nazionali per evitare le frodi e gli abusi, o l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva, sia necessario che lo Stato membro in questione abbia adottato una disposizione nazionale specifica di attuazione dell’articolo 5 della direttiva, o che la normativa nazionale contenga disposizioni o principi generali sulle frodi, gli abusi e l’evasione fiscale che possano essere interpretati conformemente all’articolo 5.

2.1.

In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della legge danese sull’imposta sulle società, che stabilisce che l’obbligo fiscale limitato sul reddito da interessi non comprende «gli interessi esenti da imposta (…) ai sensi della direttiva 2003/49/CE concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi», possa essere considerato una disposizione nazionale specifica ai sensi dell’articolo 5 della direttiva.

3)

Se una disposizione di una convenzione sulle doppie imposizioni stipulata fra due Stati membri e formulata secondo il modello di convenzione fiscale dell’OCSE, in base alla quale la tassazione degli interessi è subordinata al fatto che il soggetto che li riceve sia considerato il beneficiario effettivo degli stessi, costituisca una disposizione convenzionale per evitare gli abusi ai sensi dell’articolo 5 della direttiva.

4)

Se costituisca abuso, ecc., ai sensi della direttiva 2003/49/CE, il fatto che nello Stato membro di residenza del soggetto pagatore degli interessi siano consentite deduzioni fiscali degli interessi, mentre tali interessi non sono tassati nello Stato membro di residenza del soggetto che li riceve.

5)

Se uno Stato membro che non intenda riconoscere che una società di un altro Stato membro sia il beneficiario effettivo degli interessi e asserisca che la società è una cosiddetta società interposta fittizia, sia in tal caso tenuto, in forza della direttiva 2003/49/CE o dell’articolo 10 CE, a indicare lo Stato membro nel quale ritiene si trovi il beneficiario effettivo.

6)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 2003/49/CE relativamente agli interessi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (controllata), e quest’ultimo Stato membro consideri che la società madre sia soggetta a un obbligo fiscale limitato in tale Stato membro relativamente ai suddetti interessi, se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE, osti a una normativa in base alla quale l’ultimo Stato membro impone alla società tenuta ad applicare la ritenuta alla fonte (controllata) di versare, in caso di pagamento tardivo della ritenuta alla fonte, interessi moratori aventi un tasso più elevato rispetto a quello applicato da tale Stato membro ai crediti relativi all’imposta sulle società (compreso il reddito da interessi) nei confronti di una società residente nel medesimo Stato membro.

7)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 2003/49/CE relativamente agli interessi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (controllata), e quest’ultimo Stato membro consideri che la società madre sia un soggetto passivo con obbligo fiscale limitato in tale Stato membro relativamente ai suddetti interessi, se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE (o, in subordine, l’articolo 56 CE), separatamente o congiuntamente, osti a una normativa in base alla quale:

a)

l’ultimo Stato membro richiede al soggetto pagatore degli interessi di applicare la ritenuta alla fonte su tali interessi e attribuisce a detto soggetto la responsabilità nei confronti delle autorità per la mancata applicazione della ritenuta alla fonte, quando l’obbligo di applicare la ritenuta alla fonte non sussiste qualora il soggetto che riceve gli interessi sia residente in tale ultimo Stato membro.

b)

una società madre residente nell’ultimo Stato membro non sarebbe stata tenuta a versare acconti a titolo di imposta sulle società nei primi due esercizi fiscali, ma avrebbe iniziato a pagare l’imposta sulle società solo molto più tardi rispetto al termine per il pagamento della ritenuta alla fonte.

Si chiede alla Corte di giustizia di inserire la risposta alla questione 6 nella sua risposta alla questione 7.


(1)  Direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU 2003, L 157, pag. 49).


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/20


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — Skatteministeriet/T Danmark

(Causa C-116/16)

(2016/C 270/29)

Lingua processuale: il danese

Giudice del rinvio

Østre Landsret

Parti

Ricorrente: Skatteministeriet

Convenuto: T Danmark

Questioni pregiudiziali

1)

Se, affinché lo Stato membro possa invocare l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE (1), concernente l’applicazione di disposizioni nazionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi, sia necessario che lo Stato membro in questione abbia adottato una disposizione nazionale specifica di attuazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva, o che il diritto nazionale preveda disposizioni o principi generali sulle frodi e gli abusi che possano essere interpretati conformemente all’articolo 1, paragrafo 2.

1.1

In caso di risposta affermativa alla questione 1, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della legge danese sull’imposta sulle società, secondo il quale «l’esenzione dei dividendi dall’imposta è una condizione preliminare (…) ai sensi della direttiva del Consiglio 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati Membri diversi», possa essere considerato una disposizione nazionale specifica ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva.

2)

Se una disposizione di una convenzione sulle doppie imposizioni stipulata fra due Stati membri e redatta secondo il modello di convenzione fiscale dell’OCSE, in base alla quale la tassazione dei dividendi distribuiti è subordinata al fatto che il soggetto che li riceve ne sia considerato il beneficiario effettivo, costituisca una disposizione convenzionale contro gli abusi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva.

3)

Qualora la Corte risponda affermativamente alla questione 2, se spetti ai giudici nazionali definire il contenuto della nozione di «beneficiario effettivo» oppure se, nell’applicare la direttiva 90/435/CEE, tale nozione debba essere interpretata nel senso che occorre attribuirle un significato proprio secondo il diritto dell’Unione, soggetto al controllo della Corte di giustizia.

4)

Qualora la Corte risponda affermativamente alla questione 2 e risponda alla questione 3 nel senso che non spetta ai giudici nazionali definire il contenuto della nozione di «beneficiario effettivo», se tale nozione debba essere interpretata nel senso che una società residente in uno Stato membro che, in circostanze come quelle del caso di specie, riceve dividendi da una società figlia residente in un altro Stato membro, è il «beneficiario effettivo» di detti dividendi, nel senso che detta nozione deve essere interpretata secondo il diritto dell’Unione.

a)

Se la nozione di «beneficiario effettivo» debba essere interpretata conformemente alla nozione corrispondente di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/49/CE («direttiva interessi e canoni»), in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa.

b)

Se tale nozione debba essere interpretata prendendo esclusivamente in considerazione i commentari all’articolo 10 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977 (paragrafo 12), o se si possano prendere in considerazione nell’interpretazione commentari successivi, comprese le aggiunte effettuate nel 2003 relativamente alle «società interposte», nonché le aggiunte effettuate nel 2014 relativamente alle «obbligazioni contrattuali o legali».

c)

Ai fini della valutazione della questione se il percettore dei dividendi debba esserne considerato il «beneficiario effettivo», quale incidenza abbia il fatto che detto percettore sia tenuto in forza di un’obbligazione contrattuale o legale a trasferire tali dividendi a un terzo.

d)

Ai fini della valutazione della questione se il percettore dei dividendi debba esserne considerato il «beneficiario effettivo», quale incidenza abbia il fatto che il giudice del rinvio, dopo avere accertato i fatti di causa, concluda che il percettore — senza essere tenuto in forza di un’obbligazione contrattuale o legale a trasferire i dividendi ricevuti a un terzo — non avesse il «pieno» diritto di «utilizzo e fruizione» dei dividendi, ai sensi dei commentari del 2014 al modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977.

5)

Qualora si presuma nel caso di specie che esistano «disposizioni nazionali (…) necessarie per evitare le frodi e gli abusi» (v. articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE); che la società A, residente in uno Stato membro, ha versato dividendi alla sua società madre B, residente in un altro Stato membro, che li ha poi trasferiti alla sua società madre C, residente al di fuori dell’UE/SEE, che a sua volta li ha trasferiti alla sua società madre D, anch’essa residente al di fuori dell’UE/SEE; che non è stata stipulata nessuna convenzione sulle doppie imposizioni fra il primo Stato e lo Stato di residenza della società C; che è stata stipulata una convenzione sulle doppie imposizioni fra il primo Stato e lo Stato di residenza della società D; che il primo Stato, ai sensi della sua legislazione, non potrebbe esigere una ritenuta alla fonte sui dividendi versati dalla società A alla società D, nel caso in cui la società D detenesse direttamente la società A; se sussista allora un abuso ai sensi della direttiva, con la conseguenza che la società B non può avvalersi della protezione conferita da tale direttiva.

6)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE, relativamente ai dividendi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (società figlia), se l’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, osti a una normativa in base alla quale quest’ultimo Stato membro assoggetta a imposta i dividendi della società madre residente nell’altro Stato membro, quando lo Stato membro in questione considera, in circostanze altrimenti simili, che le società madri residenti sono esenti dall’imposta su detti dividendi.

7)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE relativamente ai dividendi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (società figlia) e che quest’ultimo Stato consideri che la società madre sia soggetta a un obbligo fiscale limitato relativamente a tali dividendi in detto Stato membro, se l’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, osti a una normativa in base alla quale quest’ultimo Stato membro impone alla società tenuta ad applicare la ritenuta alla fonte (società figlia) di versare, in caso di pagamento tardivo della ritenuta alla fonte, interessi moratori aventi un tasso più elevato rispetto a quello applicato da tale Stato membro ai crediti relativi all’imposta sulle società nei confronti di una società residente nel medesimo Stato membro.

8)

Nel caso in cui la Corte risponda affermativamente alla questione 2 e risponda alla questione 3 nel senso che non spetta ai giudici nazionali definire il contenuto della nozione di «beneficiario effettivo», e, di conseguenza, una società (società madre) residente in uno Stato membro non possa essere considerata, di fatto, esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 90/435/CEE relativamente ai dividendi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (società figlia), se quest’ultimo Stato membro sia dunque tenuto, ai sensi della direttiva 90/435/CEE o dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, a dichiarare quale sia il beneficiario effettivo.

9)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 90/435/CEE relativamente ai dividendi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (società figlia), se l’articolo 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE (e/o, in subordine, l’articolo 63 TFUE), separatamente o congiuntamente, osti a una normativa in base alla quale:

a)

l’ultimo Stato membro richiede alla società figlia di applicare la ritenuta alla fonte sui dividendi e le attribuisce la responsabilità nei confronti delle autorità per la mancata applicazione della ritenuta alla fonte, quando detto obbligo di applicare la ritenuta alla fonte non sussiste nel caso in cui la società madre sia residente in tale Stato membro.

b)

l’ultimo Stato membro calcola gli interessi moratori sulla ritenuta alla fonte dovuta.

Si chiede alla Corte di giustizia di inserire la risposta alle questioni 6 e 7 nella sua risposta alla questione 9.

10)

In una situazione in cui:

1)

una società residente in uno Stato membro (società madre) soddisfa le condizioni di cui alla direttiva 90/435/CEE di detenere (nel 2011) una partecipazione di almeno il 10 % del capitale di una società (società figlia) residente in un altro Stato membro;

2)

si ritiene che, di fatto, la società madre non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE relativamente ai dividendi distribuiti dalla società figlia;

3)

l’azionista o gli azionisti (diretti o indiretti) della società madre, residenti in un paese non appartenente all’UE/SEE, sono considerati i beneficiari effettivi dei dividendi in questione;

4)

nemmeno l’azionista o gli azionisti (diretti o indiretti) summenzionati soddisfano tale requisito di partecipazione al capitale;

se l’articolo 63 TFUE osti a una normativa secondo la quale lo Stato membro di residenza della società figlia assoggetta a imposta i dividendi in questione, quando tale medesimo Stato membro considera che le società residenti che soddisfano le condizioni di partecipazione al capitale di cui alla direttiva 90/435/CEE, ossia che nell’esercizio fiscale 2011 esse detengano una partecipazione pari ad almeno il 10 % del capitale sociale della società che distribuisce dividendi, sono esenti da imposta su detti dividendi.


(1)  Direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 1990 L 225, pag. 6).


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/22


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — Skatteministeriet/Y Denmark Aps

(Causa C-117/16)

(2016/C 270/30)

Lingua processuale: il danese

Giudice del rinvio

Østre Landsret

Parti

Ricorrente: Skatteministeriet

Convenuto: Y Denmark Aps

Questioni pregiudiziali

1)

Se, affinché lo Stato membro possa invocare l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE (1), concernente l’applicazione di disposizioni nazionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi, sia necessario che lo Stato membro in questione abbia adottato una disposizione nazionale specifica di attuazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva, o che il diritto nazionale preveda disposizioni o principi generali sulle frodi e gli abusi che possano essere interpretati conformemente all’articolo 1, paragrafo 2.

1.1

In caso di risposta affermativa alla questione 1, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della legge danese sull’imposta sulle società, secondo il quale «l’esenzione dei dividendi dall’imposta è una condizione preliminare (…) ai sensi della direttiva del Consiglio 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati Membri diversi», possa essere considerato una disposizione nazionale specifica ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva.

2)

Se una disposizione di una convenzione sulle doppie imposizioni stipulata fra due Stati membri e redatta secondo il modello di convenzione fiscale dell’OCSE, in base alla quale la tassazione dei dividendi distribuiti è subordinata al fatto che il soggetto che li riceve ne sia considerato il beneficiario effettivo, costituisca una disposizione convenzionale contro gli abusi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva.

2.1.

In caso affermativo, se il termine «convenzionali» di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso presuppone che uno Stato membro possa, secondo il proprio diritto interno, invocare la convenzione sulle doppie imposizioni a detrimento del contribuente.

3)

Qualora la Corte risponda affermativamente alla questione 2, se spetti ai giudici nazionali definire il contenuto della nozione di «beneficiario effettivo» oppure se, nell’applicare la direttiva 90/435/CEE, tale nozione debba essere interpretata nel senso che occorre attribuirle un significato proprio secondo il diritto dell’Unione, soggetto al controllo della Corte di giustizia.

4)

Qualora la Corte risponda affermativamente alla questione 2 e risponda alla questione 3 nel senso che non spetta ai giudici nazionali definire il contenuto della nozione di «beneficiario effettivo», se tale nozione debba essere interpretata nel senso che una società residente in uno Stato membro che, in circostanze come quelle del caso di specie, riceve dividendi da una società figlia residente in un altro Stato membro, è il «beneficiario effettivo» di detti dividendi, nel senso che detta nozione deve essere interpretata secondo il diritto dell’Unione.

a)

Se la nozione di «beneficiario effettivo» debba essere interpretata conformemente alla nozione corrispondente di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/49/CE («direttiva interessi e canoni»), in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa.

b)

Se tale nozione debba essere interpretata prendendo esclusivamente in considerazione i commentari all’articolo 10 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977 (paragrafo 12), o se si possano prendere in considerazione nell’interpretazione commentari successivi, comprese le aggiunte effettuate nel 2003 relativamente alle «società interposte», nonché le aggiunte effettuate nel 2014 relativamente alle «obbligazioni contrattuali o legali».

c)

Ai fini della valutazione della questione se il percettore dei dividendi debba esserne considerato il «beneficiario effettivo», quale incidenza abbia il fatto che detto percettore sia tenuto in forza di un’obbligazione contrattuale o legale a trasferire tali dividendi a un terzo.

d)

Ai fini della valutazione della questione se il percettore dei dividendi debba esserne considerato il «beneficiario effettivo», quale incidenza abbia il fatto che il giudice del rinvio, dopo avere accertato i fatti di causa, concluda che il percettore — senza essere tenuto in forza di un’obbligazione contrattuale o legale a trasferire i dividendi ricevuti a un terzo — non avesse il «pieno» diritto di «utilizzo e fruizione» dei dividendi, ai sensi dei commentari del 2014 al modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977.

5)

Qualora si presuma nel caso di specie che esistano «disposizioni nazionali (…) necessarie per evitare le frodi e gli abusi» (v. articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE); che la società A, residente in uno Stato membro, ha versato dividendi alla sua società madre B, residente in un altro Stato membro, che li ha poi trasferiti alla sua società madre C, residente al di fuori dell’UE/SEE, che a sua volta li ha trasferiti alla sua società madre D, anch’essa residente al di fuori dell’UE/SEE; che non è stata stipulata nessuna convenzione sulle doppie imposizioni fra il primo Stato e lo Stato di residenza della società C; che è stata stipulata una convenzione sulle doppie imposizioni fra il primo Stato e lo Stato di residenza della società D; che il primo Stato, ai sensi della sua legislazione, non potrebbe esigere una ritenuta alla fonte sui dividendi versati dalla società A alla società D, nel caso in cui la società D detenesse direttamente la società A; se sussista allora un abuso ai sensi della direttiva, con la conseguenza che la società B non può avvalersi della protezione conferita da tale direttiva.

6)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE, relativamente ai dividendi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (società figlia), se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE (e/o l’articolo 56 CE), osti a una normativa in base alla quale quest’ultimo Stato membro assoggetta a imposta i dividendi della società madre residente nell’altro Stato membro, quando lo Stato membro in questione considera, in circostanze altrimenti simili, che le società madri residenti sono esenti dall’imposta su detti dividendi.

7)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE relativamente ai dividendi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (società figlia) e che quest’ultimo Stato consideri che la società madre sia soggetta a un obbligo fiscale limitato relativamente a tali dividendi in detto Stato membro, se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE (e/o l’articolo 56 CE), osti a una normativa in base alla quale quest’ultimo Stato membro impone alla società tenuta ad applicare la ritenuta alla fonte (società figlia) di versare, in caso di pagamento tardivo della ritenuta alla fonte, interessi moratori aventi un tasso più elevato rispetto a quello applicato da tale Stato membro ai crediti relativi all’imposta sulle società nei confronti di una società residente nel medesimo Stato membro.

8)

Nel caso in cui la Corte risponda affermativamente alla questione 2 e risponda alla questione 3 nel senso che non spetta ai giudici nazionali definire il contenuto della nozione di «beneficiario effettivo», e, di conseguenza, una società (società madre) residente in uno Stato membro non possa essere considerata, di fatto, esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 90/435/CEE relativamente ai dividendi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (società figlia), se quest’ultimo Stato membro sia dunque tenuto, ai sensi della direttiva 90/435/CEE o dell’articolo 10 CE, a dichiarare quale sia il soggetto che esso considera beneficiario effettivo.

9)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 90/435/CEE relativamente ai dividendi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (società figlia), se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 (e/o, in subordine, l’articolo 56 CE), separatamente o congiuntamente, osti a una normativa in base alla quale:

a)

l’ultimo Stato membro richiede alla società figlia di applicare la ritenuta alla fonte sui dividendi e le attribuisce la responsabilità nei confronti delle autorità per la mancata applicazione della ritenuta alla fonte, quando detto obbligo di applicare la ritenuta alla fonte non sussiste nel caso in cui la società madre sia residente in tale Stato membro.

b)

l’ultimo Stato membro calcola gli interessi moratori sulla ritenuta alla fonte dovuta.

Si chiede alla Corte di giustizia di inserire la risposta alle questioni 6 e 7 nella sua risposta alla questione 9.

10)

In una situazione in cui:

1)

una società residente in uno Stato membro (società madre) soddisfa le condizioni di cui alla direttiva 90/435/CEE di detenere (nel 2005 e nel 2006) una partecipazione di almeno il 20 % del capitale di una società (società figlia) residente in un altro Stato membro;

2)

si ritiene che, di fatto, la società madre non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 90/435/CEE relativamente ai dividendi distribuiti dalla società figlia;

3)

l’azionista o gli azionisti (diretti o indiretti) della società madre, residenti in un paese non appartenente all’UE/SEE, sono considerati i beneficiari effettivi dei dividendi in questione;

4)

nemmeno l’azionista o gli azionisti (diretti o indiretti) summenzionati soddisfano tale requisito di partecipazione al capitale;

se l’articolo 56 CE osti a una normativa secondo la quale lo Stato membro di residenza della società figlia assoggetta a imposta i dividendi in questione, quando tale medesimo Stato membro considera che le società residenti che soddisfano la condizione di partecipazione al capitale di cui alla direttiva 90/435/CEE, ossia che negli esercizi fiscali 2005 e 2006 esse detengano una partecipazione pari ad almeno il 20 % del capitale sociale della società che distribuisce dividendi (il 15 % nel 2007 e nel 2008, e il 10 % successivamente), sono esenti da imposta su detti dividendi.


(1)  Direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU 1990 L 225, pag. 6).


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/25


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — X Denmark A/S/Skatteministeriet

(Causa C-118/16)

(2016/C 270/31)

Lingua processuale: il danese

Giudice del rinvio

Østre Landsret

Parti

Ricorrente: X Denmark A/S

Convenuto: Skatteministeriet

Questioni pregiudiziali

1)

Se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/49/CE (1), in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, debba essere interpretato nel senso che una società residente in uno Stato membro cui si applica l’articolo 3 della direttiva e che, in circostanze come quelle del caso di specie, riceve interessi da una controllata stabilita in un altro Stato membro, è il «beneficiario effettivo» di detti interessi ai sensi della direttiva.

1.1.

Se la nozione di «beneficiario effettivo» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/49/CE, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, debba essere interpretata conformemente alla nozione corrispondente di cui all’articolo 11 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977.

1.2.

In caso di risposta affermativa alla questione 1.1, se detta nozione debba essere interpretata esclusivamente alla luce dei commentari all’articolo 11 del modello di convenzione fiscale del 1977 (paragrafo 8), o se nell’interpretazione si possa tenere conto dei commentari successivi, comprese le aggiunte effettuate nel 2003 relativamente alle «società interposte» (paragrafo 8.1, ora paragrafo 10.1), nonché le aggiunte effettuate nel 2014 relativamente alle «obbligazioni contrattuali o legali» (paragrafo 10.2).

1.3.

Nel caso in cui i commentari del 2003 possano essere presi in considerazione nell’interpretazione, se, per ritenere che una società non sia un «beneficiario effettivo» ai sensi della direttiva 2003/49/CE, debba ricorrere la condizione dell’effettivo trasferimento dei fondi a soggetti considerati «beneficiari effettivi» degli interessi in questione dallo Stato di residenza del soggetto pagatore degli interessi e — in tal caso — se costituisca una condizione ulteriore il fatto che il trasferimento effettivo abbia luogo in un momento prossimo nel tempo al pagamento degli interessi e/o abbia luogo a titolo di pagamento di interessi.

1.3.1.

Quale rilevanza abbia, a tale riguardo, il fatto che si utilizzi capitale proprio per il prestito; che gli interessi in questione siano aggiunti al capitale («capitalizzati»); che il beneficiario degli interessi abbia successivamente effettuato un trasferimento infragruppo alla sua società madre residente nello stesso Stato con l’obiettivo di rettificare gli utili per fini fiscali secondo le norme vigenti in detto Stato; che gli interessi in questione siano successivamente convertiti in capitale nella società prestataria; che il soggetto che riceve gli interessi abbia un obbligo contrattuale o legale di trasferirli a un altro soggetto, e che la maggior parte dei soggetti considerati «beneficiari effettivi» degli interessi dallo Stato nel quale risiede il soggetto pagatore degli interessi siano residenti in altri Stati membri o in altri Stati con cui la Danimarca ha stipulato convenzioni sulle doppie imposizioni, cosicché, in base alla normativa tributaria danese non si sarebbe dovuta applicare la ritenuta alla fonte qualora detti soggetti fossero stati i prestatori e avessero quindi ricevuto gli interessi direttamente.

1.4.

Quale rilevanza abbia, ai fini della valutazione della questione se il soggetto che riceve gli interessi debba essere considerato un «beneficiario effettivo» ai sensi della direttiva, il fatto che il giudice del rinvio, dopo avere accertato i fatti di causa, concluda che detto soggetto — senza essere tenuto contrattualmente o legalmente a trasferire gli interessi ricevuti a un altro soggetto — non avesse il «pieno» diritto di «utilizzo e fruizione» degli interessi, ai sensi dei commentari del 2014 al modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977.

2)

Se, affinché uno Stato membro possa invocare l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva, concernente l’applicazione di disposizioni nazionali per evitare le frodi e gli abusi, o l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva, sia necessario che lo Stato membro in questione abbia adottato una disposizione nazionale specifica di attuazione dell’articolo 5 della direttiva, o che la normativa nazionale contenga disposizioni o principi generali sulle frodi, gli abusi e l’evasione fiscale che possano essere interpretati conformemente all’articolo 5.

2.1.

In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della legge danese sull’imposta sulle società, che stabilisce che l’obbligo fiscale limitato sul reddito da interessi non comprende «gli interessi esenti da imposta (…) ai sensi della direttiva 2003/49/CE concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi», possa essere considerato una disposizione nazionale specifica ai sensi dell’articolo 5 della direttiva.

3)

Se una disposizione di una convenzione sulle doppie imposizioni stipulata fra due Stati membri e formulata secondo il modello di convenzione fiscale dell’OCSE, in base alla quale la tassazione degli interessi è subordinata al fatto che il soggetto che li riceve sia considerato il beneficiario effettivo degli stessi, costituisca una disposizione convenzionale per evitare gli abusi ai sensi dell’articolo 5 della direttiva.

4)

Se costituisca abuso, ecc., ai sensi della direttiva 2003/49/CE, il fatto che nello Stato membro di residenza del soggetto pagatore degli interessi siano consentite deduzioni fiscali degli interessi, mentre tali interessi non sono tassati nello Stato membro di residenza del soggetto che li riceve.

5)

Se la direttiva 2003/49/CE sia applicabile a una società residente in Lussemburgo, costituita e registrata secondo il diritto societario lussemburghese come «société en commandite par actions» (S.C.A.) [società in accomandita per azioni] e classificata anche come «société d’investissement en capital à risque» (SICAR) [società d’investimento in capitale di rischio] ai sensi della legge lussemburghese del 15 giugno 2004, relativa alle società di investimento in capitale di rischio (SICAR).

5.1

In caso di risposta affermativa alla questione 5, se una «S.C.A./SICAR» lussemburghese possa essere il «beneficiario effettivo» degli interessi ai sensi della direttiva 2003/49/CE, anche se lo Stato membro di residenza della società che paga gli interessi considera la società in questione un soggetto fiscalmente trasparente secondo il suo diritto nazionale.

5.2

In caso di risposta negativa alla questione 1, cosicché la società che riceve gli interessi non è considerata il «beneficiario effettivo» degli stessi, se la S.C.A./SICAR, in circostanze come quelle del caso di specie, possa essere considerata il «beneficiario effettivo» degli interessi di cui trattasi ai sensi della direttiva.

6)

Se uno Stato membro che non intenda riconoscere che una società di un altro Stato membro sia il beneficiario effettivo degli interessi e asserisca che tale società è una cosiddetta società interposta fittizia, sia in tal caso tenuto, in forza della direttiva 2003/49/CE o dell’articolo 10 CE, a indicare lo Stato membro nel quale ritiene si trovi il beneficiario effettivo.

7)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 2003/49/CE relativamente agli interessi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (controllata), e quest’ultimo Stato membro consideri che la società madre sia soggetta a un obbligo fiscale limitato in tale Stato membro relativamente ai suddetti interessi, se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE, osti a una normativa in base alla quale l’ultimo Stato membro impone alla società tenuta ad applicare la ritenuta alla fonte (controllata) di versare, in caso di pagamento tardivo della ritenuta alla fonte, interessi moratori aventi un tasso più elevato rispetto a quello applicato da tale Stato membro ai crediti relativi all’imposta sulle società (compreso il reddito da interessi) nei confronti di una società residente nel medesimo Stato membro.

8)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 2003/49/CE relativamente agli interessi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (controllata), e quest’ultimo Stato membro consideri che la società madre sia un soggetto passivo con obbligo fiscale limitato in tale Stato membro relativamente ai suddetti interessi, se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE (o, in subordine, l’articolo 56 CE), separatamente o congiuntamente, osti a una normativa in base alla quale:

a)

l’ultimo Stato membro richiede al soggetto pagatore degli interessi di applicare la ritenuta alla fonte su tali interessi e attribuisce a detto soggetto la responsabilità nei confronti delle autorità per la mancata applicazione della ritenuta alla fonte, quando l’obbligo di applicare la ritenuta alla fonte non sussiste qualora il soggetto che riceve gli interessi sia residente in tale ultimo Stato membro.

b)

una società madre residente nell’ultimo Stato membro non sarebbe stata tenuta a versare acconti a titolo di imposta sulle società nei primi due esercizi fiscali, ma avrebbe iniziato a pagare l’imposta sulle società solo molto più tardi rispetto al termine per il pagamento della ritenuta alla fonte.

Si chiede alla Corte di giustizia di inserire la risposta alla questione 7 nella sua risposta alla questione 8.


(1)  Direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49).


25.7.2016   

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C 270/27


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Danimarca) il 25 febbraio 2016 — C Danmark I/Skatteministeriet

(Causa C-119/16)

(2016/C 270/32)

Lingua processuale: il danese

Giudice del rinvio

Østre Landsret

Parti

Ricorrente: C Danmark I

Convenuto: Skatteministeriet

Questioni pregiudiziali

1)

Se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/49/CE (1), in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, debba essere interpretato nel senso che una società residente in uno Stato membro cui si applica l’articolo 3 della direttiva e che, in circostanze come quelle del caso di specie, riceve interessi da una controllata stabilita in un altro Stato membro, è il «beneficiario effettivo» di detti interessi ai sensi della direttiva.

1.1.

Se la nozione di «beneficiario effettivo» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2003/49/CE, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 4, della stessa, debba essere interpretata conformemente alla nozione corrispondente di cui all’articolo 11 del modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977.

1.2.

In caso di risposta affermativa alla questione 1.1, se detta nozione debba essere interpretata esclusivamente alla luce dei commentari all’articolo 11 del modello di convenzione fiscale del 1977 (paragrafo 8), o se nell’interpretazione si possa tenere conto dei commentari successivi, comprese le aggiunte effettuate nel 2003 relativamente alle «società interposte» (paragrafo 8.1, ora paragrafo 10.1), nonché le aggiunte effettuate nel 2014 relativamente alle «obbligazioni contrattuali o legali» (paragrafo 10.2).

1.3.

Nel caso in cui i commentari del 2003 possano essere presi in considerazione nell’interpretazione, se, per ritenere che una società non sia un «beneficiario effettivo» ai sensi della direttiva 2003/49/CE, debba ricorrere la condizione dell’effettivo trasferimento dei fondi a soggetti considerati «beneficiari effettivi» degli interessi in questione dallo Stato di residenza del soggetto pagatore degli interessi e — in tal caso — se costituisca una condizione ulteriore il fatto che il trasferimento effettivo abbia luogo in un momento prossimo nel tempo al pagamento degli interessi e/o abbia luogo a titolo di pagamento di interessi.

1.3.1.

Quale rilevanza abbia, a tale riguardo, il fatto che si utilizzi capitale proprio per il prestito; che gli interessi in questione siano aggiunti al capitale («capitalizzati»); che il beneficiario degli interessi abbia successivamente effettuato un trasferimento infragruppo alla sua società madre residente nello stesso Stato con l’obiettivo di rettificare gli utili per fini fiscali secondo le norme vigenti in detto Stato; che gli interessi in questione siano successivamente convertiti in capitale nella società prestataria; che il soggetto che riceve gli interessi abbia un obbligo contrattuale o legale di trasferirli a un altro soggetto, e che la maggior parte dei soggetti considerati «beneficiari effettivi» degli interessi dallo Stato nel quale risiede il soggetto pagatore degli interessi siano residenti in altri Stati membri o in altri Stati con cui la Danimarca ha stipulato convenzioni sulle doppie imposizioni, cosicché, in base alla normativa tributaria danese non si sarebbe dovuta applicare la ritenuta alla fonte qualora detti soggetti fossero stati i prestatori e avessero quindi ricevuto gli interessi direttamente.

1.4.

Quale rilevanza abbia, ai fini della valutazione della questione se il soggetto che riceve gli interessi debba essere considerato un «beneficiario effettivo» ai sensi della direttiva, il fatto che il giudice del rinvio, dopo avere accertato i fatti di causa, concluda che detto soggetto — senza essere tenuto contrattualmente o legalmente a trasferire gli interessi ricevuti a un altro soggetto — non avesse il «pieno» diritto di «utilizzo e fruizione» degli interessi, ai sensi dei commentari del 2014 al modello di convenzione fiscale dell’OCSE del 1977.

2)

Se, affinché uno Stato membro possa invocare l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva, concernente l’applicazione di disposizioni nazionali per evitare le frodi e gli abusi, o l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva, sia necessario che lo Stato membro in questione abbia adottato una disposizione nazionale specifica di attuazione dell’articolo 5 della direttiva, o che la normativa nazionale contenga disposizioni o principi generali sulle frodi, gli abusi e l’evasione fiscale che possano essere interpretati conformemente all’articolo 5.

2.1.

In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della legge danese sull’imposta sulle società, che stabilisce che l’obbligo fiscale limitato sul reddito da interessi non comprende «gli interessi esenti da imposta (…) ai sensi della direttiva 2003/49/CE concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi», possa essere considerato una disposizione nazionale specifica ai sensi dell’articolo 5 della direttiva.

3)

Se una disposizione di una convenzione sulle doppie imposizioni stipulata fra due Stati membri e formulata secondo il modello di convenzione fiscale dell’OCSE, in base alla quale la tassazione degli interessi è subordinata al fatto che il soggetto che li riceve sia considerato il beneficiario effettivo degli stessi, costituisca una disposizione convenzionale per evitare gli abusi ai sensi dell’articolo 5 della direttiva.

4)

Se uno Stato membro che non intenda riconoscere che una società di un altro Stato membro sia il beneficiario effettivo degli interessi e asserisca che la società è una cosiddetta società interposta fittizia, sia in tal caso tenuto, in forza della direttiva 2003/49/CE o dell’articolo 10 CE, a indicare lo Stato membro nel quale ritiene si trovi il beneficiario effettivo.

5)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 2003/49/CE relativamente agli interessi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (controllata), e quest’ultimo Stato membro consideri che la società madre sia soggetta a un obbligo fiscale limitato in tale Stato membro relativamente ai suddetti interessi, se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE, osti a una normativa in base alla quale l’ultimo Stato membro impone alla società tenuta ad applicare la ritenuta alla fonte (controllata) di versare, in caso di pagamento tardivo della ritenuta alla fonte, interessi moratori aventi un tasso più elevato rispetto a quello applicato da tale Stato membro ai crediti relativi all’imposta sulle società (compreso il reddito da interessi) nei confronti di una società residente nel medesimo Stato membro.

6)

Qualora si ritenga che, di fatto, una società residente in uno Stato membro (società madre) non sia esente dalla ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 2003/49/CE relativamente agli interessi ricevuti da una società residente in un altro Stato membro (controllata), e quest’ultimo Stato membro consideri che la società madre sia un soggetto passivo con obbligo fiscale limitato in tale Stato membro relativamente ai suddetti interessi, se l’articolo 43 CE, in combinato disposto con l’articolo 48 CE (o, in subordine, l’articolo 56 CE), separatamente o congiuntamente, osti a una normativa in base alla quale:

a)

l’ultimo Stato membro richiede al soggetto pagatore degli interessi di applicare la ritenuta alla fonte su tali interessi e attribuisce a detto soggetto la responsabilità nei confronti delle autorità per la mancata applicazione della ritenuta alla fonte, quando l’obbligo di applicare la ritenuta alla fonte non sussiste qualora il soggetto che riceve gli interessi sia residente in tale ultimo Stato membro.

b)

una società madre residente nell’ultimo Stato membro non sarebbe stata tenuta a versare acconti a titolo di imposta sulle società nei primi due esercizi fiscali, ma avrebbe iniziato a pagare l’imposta sulle società solo molto più tardi rispetto al termine per il pagamento della ritenuta alla fonte.

Si chiede alla Corte di giustizia di inserire la risposta alla questione 5 nella sua risposta alla questione 6.


(1)  Direttiva 2003/49/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU 2003 L 157, pag. 49).


25.7.2016   

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C 270/29


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Berlin (Germania) il 5 aprile 2016 — Romano Pisciotti/Bundesrepublik Deutschland

(Causa C-191/16)

(2016/C 270/33)

Lingua processuale: il tedesco

Giudice del rinvio

Landgericht Berlin

Parti

Ricorrente: Romano Pisciotti

Convenuta: Bundesrepublik Deutschland

Questioni pregiudiziali

1)

a)

Se l’estradizione tra uno Stato membro e uno Stato terzo costituisca una materia che, indipendentemente dal singolo caso, non ricade mai nell’ambito di applicazione ratione materiae dei trattati, cosicché nell’applicazione (testuale) di una norma costituzionale (nel caso di specie: l’articolo 16, paragrafo 2, primo periodo, della Costituzione), che vieta solamente l’estradizione di determinati cittadini verso Stati terzi, il divieto di discriminazione, previsto dal diritto dell’Unione e sancito dall’articolo 18, primo comma, TFUE, non deve essere preso in considerazione.

b)

in caso di risposta affermativa alla questione, sub a): se occorra rispondere diversamente alla prima questione, in caso di estradizione tra uno Stato membro e gli Stati Uniti d’America in base all’accordo sull’estradizione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America.

2)

Nella misura in cui non si escluda a priori l’applicazione dei trattati con riguardo all’estradizione tra uno Stato membro e gli Stati Uniti d’America:

Se l’articolo 18, primo comma, TFUE e la relativa giurisprudenza pertinente della Corte debbano essere interpretati nel senso che uno Stato membro violi indebitamente il divieto di discriminazione di cui all’articolo 18, primo comma, TFUE qualora esso, basandosi su una norma costituzionale (nel caso di specie: l’articolo 16, paragrafo 2, primo periodo, della Costituzione), nell’ambito di una richiesta di estradizione di Stati terzi, riservi un trattamento diverso ai propri cittadini rispetto a cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea disponendo l’estradizione solo per questi ultimi.

3)

Qualora nei casi succitati si confermi una violazione del divieto generale di discriminazione di cui all’articolo 18, primo comma, TFUE:

Se la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea debba essere intesa nel senso che, in un caso come quello in esame, in cui la concessione dell’estradizione da parte dell’autorità competente presuppone necessariamente un controllo di legittimità attraverso un procedimento giudiziario, il cui esito però vincola l’autorità solamente se l’estradizione è dichiarata illegittima, possa sussistere una violazione grave e manifesta già nell’ambito di una semplice violazione del divieto di discriminazione di cui all’articolo 18, primo comma, TFUE oppure occorra una violazione manifesta.

4)

Nel caso in cui una violazione manifesta non sia necessaria:

Se la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea debba essere interpretata nel senso che, in un caso come quello in esame, occorra pertanto già negarsi una violazione sufficientemente grave e manifesta quando, in assenza di una giurisprudenza della Corte sulla fattispecie concreta (nel caso in esame: l’applicabilità ratione materiae del divieto generale di discriminazione di cui all’articolo 18, primo comma, TFUE, nell’ambito dell’estradizione tra uno Stato membro e gli Stati Uniti d’America), il vertice esecutivo nazionale possa invocare, a sostegno della sua decisione, la conformità con decisioni precedentemente emesse da giudici nazionali aventi il medesimo oggetto.


25.7.2016   

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C 270/30


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Torino (Italia) il 12 maggio 2016 — VCAST Limited/R.T.I. SpA

(Causa C-265/16)

(2016/C 270/34)

Lingua processuale: l'italiano

Giudice del rinvio

Tribunale ordinario di Torino

Parti nella causa principale

Ricorrente: VCAST Limited

Convenuta: R.T.I. SpA

Questioni pregiudiziali

1)

Se sia compatibile con il diritto comunitario — in particolare con l’articolo 5, comma 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (1) (nonché con la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico (2), nel mercato interno e con il Trattato istitutivo) una disciplina nazionale che vieti all’imprenditore commerciale di fornire ai privati il servizio di videoregistrazione da remoto in modalità cosiddetta cloud computing di copie private relative ad opere protette dal diritto d’autore, mediante un intervento attivo nella registrazione da parte sua, in difetto del consenso del titolare del diritto.

2)

Se sia compatibile con il diritto comunitario — in particolare con l’articolo 5, comma 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (nonché con la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servi[zi] della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno e con il Trattato istitutivo) una disciplina nazionale che consenta all’imprenditore commerciale di fornire ai privati il servizio di videoregistrazione da remoto in modalità cosiddetta cloud computing di copie private relative ad opere protette dal diritto d’autore, pur se ciò comporti un intervento attivo nella registrazione da parte sua, anche in difetto del consenso del titolare del diritto, a fronte di un compenso remuneratorio forfetizzato a favore del titolare del diritto, assoggettato sostanzialmente a un regime di licenza obbligatoria.


(1)  GU L 167, pag. 10.

(2)  «Direttiva sul commercio elettronico», GU L 178, pag. 1.


25.7.2016   

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C 270/31


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Helsingin hallinto-oikeus (Finlandia) il 25 maggio 2016 — A Oy

(Causa C-292/16)

(2016/C 270/35)

Lingua processuale: il finlandese

Giudice del rinvio

Helsingin hallinto-oikeus

Parti

Ricorrente: A Oy

Altre parti nel procedimento: Veronsaajien oikeudenvalvontayksikkö

Questioni pregiudiziali

1.

Se l’articolo 49 TFUE osti a una legislazione come quella finlandese, per effetto della quale in una fattispecie in cui una società nazionale trasferisca beni patrimoniali ad una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro UE mediante conferimento di un’attività ad una società avente domicilio fiscale in tale Stato ricevendo, a titolo di corrispettivo, un pacchetto di nuove quote della società medesima, il trasferimento dei beni patrimoniali viene tassato direttamente nell’anno del trasferimento, mentre la tassazione in una corrispondente fattispecie interna avviene solamente al momento della realizzazione.

2.

Se sussista una discriminazione indiretta o diretta, laddove la Finlandia proceda direttamente alla tassazione nell’anno del trasferimento dell’attività, prima che l’utile sia stato realizzato e, in una fattispecie interna, solamente al momento della realizzazione.

3.

Qualora la prima e la seconda questione ricevano risposta affermativa, se la restrizione della libertà di stabilimento possa essere giustificata da cause di giustificazione quali un motivo imperativo di interesse generale o il mantenimento del potere impositivo nazionale e se la restrizione vietata sia coerente con il principio di proporzionalità.


25.7.2016   

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C 270/32


Impugnazione proposta il 26 maggio 2016 dalla Commissione europea avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione) del 16 marzo 2016, causa T-586/14, Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd/Commissione europea

(Causa C-301/16 P)

(2016/C 270/36)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: T. Maxian Rusche, L. Flynn, agenti)

Altra parte nel procedimento: Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd

Conclusioni della ricorrente

La ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione) del 16 marzo 2016, notificata alla Commissione il 17 marzo 2016, nella causa T-586/14, Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd/Commissione;

respingere la prima parte del primo motivo del ricorso in primo grado, in quanto infondata in diritto;

rinviare la causa al Tribunale per un riesame della seconda parte del primo motivo e dei motivi dal secondo al quarto del ricorso in primo grado;

riservare le spese dei procedimenti di primo grado e di impugnazione.

Motivi e principali argomenti

La Commissione ritiene che la sentenza impugnata debba essere annullata per i seguenti motivi:

In primo luogo, il Tribunale ha errato nell’interpretazione della nozione di «derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato» contenuta nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (1) relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea. Tale motivo consta di cinque parti:

prima parte: le misure attuative del piano quinquennale derivano dal precedente sistema ad economia non di mercato;

seconda parte: il sostegno a settori commerciali strategici («picking winners») non è un obiettivo legittimo in un’economia di mercato;

terza parte: i sussidi in un’economia di mercato non sono a tempo indeterminato, ma sono collegati ad un investimento;

quarta parte: le misure in esame non sono comparabili ad aiuti di Stato illegali e incompatibili osservati nell’Unione;

quinta parte: erronea interpretazione della nozione di «economia non di mercato».

In secondo luogo, la sentenza è viziata da difetto di motivazione e motivazione contraddittoria.

In terzo luogo, il Tribunale ha commesso una serie di irregolarità processuali:

prima parte: il Tribunale ha statuito su una materia su cui non è competente (ultra vires), ha violato il principio dispositivo e ha violato l’articolo 21 dello Statuto della Corte di Giustizia dell’Unione europea e l’articolo 44, paragrafo 1, e l’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale in vigore al momento dell’introduzione della causa di primo grado;

seconda parte: la Commissione non è stata sentita sulla supposta comparabilità con le misure in esame dell’aiuto di Stato menzionato nella giurisprudenza citata al punto 66;

terza parte: il Tribunale non ha risposto agli argomenti della Commissione sulla definizione di «economia non di mercato».


(1)  Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51).


25.7.2016   

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C 270/33


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito) il 30 maggio 2016 — American Express Co./The Lords Commissioners of Her Majesty’s Treasury

(Causa C-304/16)

(2016/C 270/37)

Lingua processuale: l'inglese

Giudice del rinvio

High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division (Administrative Court)

Parti

Ricorrente: American Express Co..

Convenuti: The Lords Commissioners of Her Majesty’s Treasury, Diners Club International Limited, MasterCard Europe S.A.

Questioni pregiudiziali

1)

Se l’obbligo di considerare uno schema di carte di pagamento a tre parti che emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente come uno schema di carte di pagamento a quattro parti, previsto dagli articoli 1, paragrafo 5, e 2, punto 18, del regolamento (UE) 2015/751 (1) (in prosieguo: il «RCI») si applichi soltanto qualora il partner di carta multimarchio in co-branding o l’agente agisca in qualità di «emittente» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, e del considerando 29 del RCI (ossia qualora tale partner o agente abbia un relazione contrattuale con il pagatore, in forza della quale egli stipula un contratto per fornire al pagatore uno strumento di pagamento per disporre e trattare le operazioni di pagamento basate su carta del pagatore).

2)

In caso di risposta negativa alla prima questione, se gli articoli 1, paragrafo 5, e 2, punto 18, del RCI siano invalidi nei limiti in cui prevedono che tali accordi debbano essere considerati schemi di carte di pagamento a quattro parti, per i seguenti motivi:

a)

difetto di motivazione conformemente all’articolo 296 TFUE;

b)

errore manifesto di valutazione; e/o

3)

violazione del principio di proporzionalità.


(1)  Regolamento (UE) 2015/751 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta (GU 2015, L 123, pag. 1).


25.7.2016   

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C 270/34


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Regno Unito) il 30 maggio 2016 — Avon Cosmetics Ltd/The Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

(Causa C-305/16)

(2016/C 270/38)

Lingua processuale: l’inglese

Giudice del rinvio

First-tier Tribunal (Tax Chamber)

Parti

Ricorrente: Avon Cosmetics Ltd

Convenuto: The Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

Questioni pregiudiziali

1.

Laddove un venditore diretto venda beni (in prosieguo: «materiali di supporto alle vendite») a rivenditori che non sono titolari di partita IVA o laddove il rivenditore non titolare di partita IVA acquisti beni e servizi da terzi (in prosieguo: «beni e servizi di terzi») che in entrambi i casi sono utilizzati dai rivenditori non titolari di partita IVA per sostenere la loro attività economica di vendita di altri beni che sono parimenti acquistati presso il venditore diretto e assoggettate ad accordi amministrativi emessi ai sensi di una deroga autorizzata più recentemente dalla decisione 89/534/CEE del Consiglio, del 24 maggio 1989 (1) (in prosieguo: la «deroga»), se le relative autorizzazioni, la normativa di attuazione e/o gli accordi amministrativi violino le pertinenti disposizioni e/o i principi del diritto dell’Unione europea dal momento che impongono al venditore diretto di contabilizzare l’imposta a valle sul prezzo di vendita degli altri beni dei rivenditori non titolari di partita IVA senza riduzioni per l’IVA sostenuta dal rivenditore non titolare di partita IVA su tali materiali di supporto alle vendite e/o sui beni e i servizi di terzi.

2.

Se il Regno Unito, quando ha chiesto l’autorizzazione del Consiglio ai fini della deroga, avesse l’obbligo di informare la Commissione del fatto che i rivenditori non titolari di partita IVA sostenevano l’IVA sugli acquisti di materiali di supporto alle vendite e/o sui beni e i servizi di terzi utilizzati ai fini delle loro attività economiche e che, di conseguenza, nella deroga dovesse essere previsto un adeguamento che riflettesse l’imposta a monte non detraibile, o l’imposta a valle versata in eccesso.

3.

In caso di risposta affermativa alla prima e/o alla seconda questione di cui sopra:

(a)

se alcuna delle relative autorizzazioni, la normativa di attuazione o gli accordi amministrativi, possano e debbano essere interpretati tenendo conto (i) dell’IVA non detraibile sui materiali di supporto alle vendite o sui beni e servizi di terzi a carico dei rivenditori non titolari di partita IVA e utilizzati da detti rivenditori ai fini delle proprie attività economiche; OPPURE (ii) dell’IVA versata in eccesso rispetto all’imposta dovuta che non è stata riscossa dall’Her Majesty’s Revenue & Customs OPPURE (iii) della potenziale concorrenza sleale che emerge tra i venditori diretti, i loro rivenditori non titolari di partita IVA e le attività di vendita indiretta.

(b)

Se:

(i)

l’autorizzazione della deroga del Regno Unito ai sensi dell’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), della [direttiva 77/388] fosse illegittima;

(ii)

insieme alla deroga all’articolo 11, punto A, paragrafo 1, lettera a), sia necessaria una deroga all’articolo 17 della [direttiva 77/388]. Se così fosse, se il Regno Unito abbia agito in modo illegittimo omettendo di chiedere alla Commissione o al Consiglio di autorizzare la deroga all’articolo 17;

(iii)

il Regno Unito stia agendo in modo illegittimo omettendo di amministrare l’IVA in modo da consentire ai venditori diretti di pretendere un credito per l’IVA sostenuta ai fini delle loro attività economiche dai rivenditori non titolari di partita IVA per i materiali di supporto alle vendite o i beni e servizi di terzi;

(iv)

le relative autorizzazioni, la normativa di attuazione o gli accordi amministrativi, siano pertanto, tutti o in parte, invalidi e/o illegittimi.

(c)

Se il rimedio adeguato sia, da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea o del giudice nazionale:

(i)

una decisione che obbliga lo Stato membro a rendere efficace la deroga nel diritto nazionale prevedendo un adeguamento opportuno per (a) l’IVA non detraibile sui materiali di supporto alle vendite o sui beni e servizi di terzi a carico dei rivenditori non titolari di partita IVA e utilizzati da detti rivenditori ai fini delle proprie attività economiche; OPPURE (b) l’IVA versata in eccesso rispetto all’imposta dovuta che non è stata riscossa dall’Her Majesty’s Revenue & Customs; OPPURE (iii) la potenziale concorrenza sleale che emerge tra i venditori diretti, i loro rivenditori non titolari di partita IVA e le attività di vendita indiretta; o

(ii)

un provvedimento con cui l’autorizzazione alla deroga, e per estensione la deroga stessa, sia dichiarata invalida; o

(iii)

un provvedimento con cui la normativa nazionale sia dichiarata invalida; o

(iv)

un provvedimento con cui l’avviso di decisione sia dichiarato invalido; o

(v)

una dichiarazione secondo cui il Regno Unito è obbligato a presentare istanza di autorizzazione per un’ulteriore deroga così da prevedere un adeguamento opportuno per (a) l’IVA non detraibile sui materiali di supporto alle vendite o sui beni e servizi di terzi sostenuta dai rivenditori non titolari di partita IVA ed utilizzata da detti rivenditori ai fini delle proprie attività economiche; OPPURE (b) l’IVA versata in eccesso rispetto all’imposta dovuta che non è stata riscossa dall’Her Majesty’s Revenue & Customs; OPPURE (iii) la potenziale concorrenza sleale tra i venditori diretti, i loro rivenditori che non sono titolari di partita IVA e le attività di vendita indiretta.

4.

Se, ai sensi dell’articolo 27 della [direttiva 77/388] (articolo 395 della [direttiva 2006/112]), le «evasioni o elusioni fiscali» debbano essere quantificate come la perdita netta per l’erario dello Stato membro (considerando sia l’imposta a valle versata sia l’imposta a monte detraibile nel contesto che dà luogo all’evasione o all’elusione fiscale) o come la perdita lorda per l’erario dello Stato membro (considerando la sola imposta a valle nel contesto che dà luogo all’evasione o all’elusione fiscale).


(1)  Decisione del Consiglio, del 24 maggio 1989, che autorizza il Regno Unito ad applicare a talune cessioni effettuate a rivenditori che non siano soggetti passivi una misura di deroga all'articolo 11, punto A. 1. a) della sesta direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (GU L 280, pag. 54).


25.7.2016   

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C 270/36


Impugnazione proposta l’8 giugno 2016 dall’Eurallumina Spa avverso la sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 22 aprile 2016, cause riunite T-60/06 RENV II e T-62/06 RENV II, Repubblica italiana e Eurallumina spa/Commissione europea

(Causa C-323/16 P)

(2016/C 270/39)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: Eurallumina Spa (rappresentanti: L. Martin Alegi, A. Stratakis, L. Philippou, solicitors)

Altre parti nel procedimento: Repubblica italiana, Commissione europea

Conclusioni della ricorrente

La ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata

annullare la decisione (1) nei limiti in cui essa ordina alla Repubblica italiana di recuperare l’aiuto, o in subordine,

rinviare la causa al Tribunale,

condannare la Commissione alle spese.

Motivi e principali argomenti

La ricorrente propone un solo motivo, diviso in cinque parti, vertente sulla violazione del diritto comunitario, in particolare sulla violazione del principio del legittimo affidamento e dell’obbligo di motivazione. Gli argomenti specifici della ricorrente sono i seguenti:

1.

Il Tribunale è incorso in un errore di diritto nell’interpretazione della sentenza del 10 dicembre 2013, laddove ha ritenuto di essere vincolato alla posizione secondo cui la pubblicazione della decisione di avvio del procedimento del 2 febbraio 2002 ha estinto le legittime aspettative dell’Eurallumina.

2.

In conseguenza di tale errore, il Tribunale ha omesso di rispondere all’oggetto stesso del ricorso e non ha esaminato gli argomenti dell’Eurallumina relativi al persistere delle aspettative legittime della stessa o le ha valutate in un contesto di diritto inesatto e erroneamente.

3.

Anche nell’applicazione di tale inesatto contesto di diritto, il Tribunale ha errato nel giudicare che l’irragionevole ritardo della Commissione nel condurre l’indagine formale non fosse stato idoneo a far sorgere aspettative legittime da parte dell’Eurallumina tali da impedire il recupero dell’aiuto.

4.

Il Tribunale erra nell’interpretare la direttiva 2003/96 (2) contra legem, in violazione del diritto comunitario e dei suoi criteri interpretativi.

5.

Il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel respingere gli argomenti dell’Eurallumina fondati sugli investimenti nell’impianto sardo.


(1)  Decisione 2006/323/CE della Commissione, del 7 dicembre 2005, relativa all’esenzione dall’accisa sugli oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina nella regione di Gardanne, nella regione di Shannon e in Sardegna cui hanno dato esecuzione la Francia, l’Irlanda e l’Italia rispettivamente [comunicata con il documento C(2005) 4436] (GU L 119, pag. 12).

(2)  Direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità (GU L 283, pag. 51).


Tribunale

25.7.2016   

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C 270/37


Sentenza del Tribunale del 9 giugno 2016 — Magic Mountain Kletterhallen e a./Commissione

(Causa T-162/13) (1)

((«Aiuti di Stato - Aiuti alla costruzione e allo sfruttamento di impianti di arrampicata del Deutscher Alpenverein eV - Decisione che dichiara gli aiuti compatibili con il mercato interno - Regime di aiuti - Analisi economica più approfondita - Fallimento del mercato - Obiettivo legittimo di interesse generale - Articolo 108, paragrafi 2 e 3, TFUE - Serie difficoltà»))

(2016/C 270/40)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrenti: Magic Mountain Kletterhallen GmbH (Berlino, Germania), Kletterhallenverband Klever eV (Lipsia, Germania), Neoliet Beheer BV (Son, Paesi Bassi), e Pedriza BV (Haarlem, Paesi Bassi) (rappresentanti: inizialmente M. von Oppen, A. Gerdung e R. Dreblow, successivamente M. von Oppen, avvocati)

Convenuta: Commissione europea (rappresentanti: T. Maxian Rusche e R. Sauer, agenti)

Intervenienti a sostegno della convenuta: Deutscher Alpenverein eV (Monaco, Germania), e Deutscher Alpenverein, Sektion Berlin eV (Berlino, Germania) (rappresentante: R. Geulen, avvocato)

Oggetto

Domanda ai sensi dell’articolo 263 TFUE e volta all’annullamento della decisione C(2012) 8761 def. della Commissione, del 5 dicembre 2012, avente ad oggetto l’aiuto di Stato SA.33952 (2012/NN) — Germania, impianti di arrampicata del Deutscher Alpensverein.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto.

2)

La Magic Mountain Kletterhallen GmbH, la Kletterhallenverband Klever eV, la Neoliet Beheer BV e la Pedriza BV sopportano in solido le spese sostenute dalla Commissione europea nonché le proprie spese.

3)

La Deutscher Alpenverein eV e la Deutscher Alpenverein, Sektion Berlin eV sopportano le proprie spese.


(1)  GU C 147 del 25.5.2013.


25.7.2016   

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C 270/38


Sentenza del Tribunale del 9 giugno 2016 — Growth Energy et Renewable Fuels Association/Consiglio

(Causa T-276/13) (1)

((«Dumping - Importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti - Dazio antidumping definitivo - Ricorso per annullamento - Associazione - Insussistenza di un’incidenza diretta dei membri - Irricevibilità - Dazio antidumping a livello nazionale - Trattamento individuale - Campionatura - Diritti della difesa - Non discriminazione - Dovere di diligenza»))

(2016/C 270/41)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrenti: Growth Energy (Washington, DC, Stati Uniti), e Renewable Fuels Association (Washington, DC, Stati Uniti) (rappresentanti: inizialmente P. Vander Schueren, successivamente P. Vander Schueren e M. Peristeraki, avvocati)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: S. Boelaert, agente, assistito da B. Byrne, solicitor e da G. Berrisch, avvocato, successivamente da R. Bierwagen e C. Hipp, avvocati)

Intervenienti a sostegno del convenuto: Commissione europea (rappresentanti: M. França e T. Maxian Rusche, agenti); e ePURE, de Europese Producenten Unie van Hernieuwbare Ethanol (rappresentanti: O. Prost e A. Massot, avvocati)

Oggetto

Domanda di annullamento parziale del regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 del Consiglio, del 18 febbraio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America (GU L 49, pag. 10) nella parte in cui incide sulle ricorrenti e sui loro membri.

Dispositivo

1)

Il regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 del Consiglio, del 18 febbraio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America, è annullato nella parte in cui incide sulla Patriot Renewable Fuels LLC, sulla Plymouth Energy Company LLC, sulla POET LLC e sulla Platinum Ethanol LLC.

2)

Il ricorso è respinto per la restante parte.

3)

La Growth Energy e la Renewable Fuels Association, il Consiglio dell’Unione europea, la Commissione europea e la ePURE, de Europese Producenten Unie van Hernieuwbare Ethanol sopportano le proprie spese.


(1)  GU C 226 del 3.8.2013.


25.7.2016   

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C 270/38


Sentenza del Tribunale del 9 giugno 2016 — Marquis Energy/Consiglio

(Causa T-277/13) (1)

((«Dumping - Importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti - Dazio antidumping definitivo - Ricorso per annullamento - Incidenza diretta - Ricevibilità - Dazio antidumping a livello nazionale - Trattamento individuale - Campionatura»))

(2016/C 270/42)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: Marquis Energy LLC (Hennepin, Illinois, Stati Uniti) (rappresentanti: inizialmente P. Vander Schueren, successivamente P. Vander Schueren e M. Peristeraki, avvocati)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea (rappresentanti: S. Boelaert, agente, assistito da B. Byrne, solicitor e da G. Berrisch, avvocato, successivamente da R. Bierwagen e C. Hipp, avvocati)

Intervenienti a sostegno del convenuto: Commissione europea (rappresentanti: M. França e T. Maxian Rusche, agenti); e ePURE, de Europese Producenten Unie van Hernieuwbare Ethanol (rappresentanti: O. Prost e A. Massot, avvocati)

Oggetto

Domanda di annullamento parziale del regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 del Consiglio, del 18 febbraio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America (GU L 49, pag. 10) nella parte in cui incide sulla ricorrente.

Dispositivo

1)

Il regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 del Consiglio, del 18 febbraio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America, è annullato nella parte in cui incide sulla Marquis Energy LLC.

2)

Il Consiglio dell’Unione europea sostiene le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Marquis Energy.

3)

La Commissione europea e la ePURE, de Europese Producenten Unie van Hernieuwbare Ethanol sopportano le proprie spese.


(1)  GU C 226 del 3.8.2013.


25.7.2016   

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C 270/39


Sentenza del Tribunale del 9 giugno 2016 — Italia/Commissione

(Causa T-122/14) (1)

((«Mancata esecuzione di una sentenza della Corte che accerta l’inadempimento di uno Stato - Penalità - Decisione di liquidazione della penalità - Metodo di calcolo degli interessi applicabile al recupero di aiuti illegali - Interessi composti»))

(2016/C 270/43)

Lingua processuale: l’italiano

Parti

Ricorrente: Repubblica italiana (rappresentanti: G. Palmieri, agente, assistita da S. Fiorentino, avvocato dello Stato)

Convenuta: Commissione europea (rappresentanti: V. Di Bucci, G. Conte e B. Stromsky, agenti)

Oggetto

Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2013) 8681 final della Commissione, del 6 dicembre 2013, con cui, in esecuzione della sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C 496/09, EU:C:2011:740), la Commissione ha fissato l’importo della penalità dovuta dalla Repubblica italiana per il semestre dal 17 maggio al 17 novembre 2012

Dispositivo

1)

La decisione della Commissione C(2013) 8681 final, del 6 dicembre 2013, è annullata.

2)

La Commissione europea è condannata alle spese.


(1)  GU C 102 del 7.4.2014.


25.7.2016   

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C 270/40


Sentenza del Tribunale del 16 giugno 2016 — Fútbol Club Barcelona/EUIPO — Kule (KULE)

(Causa T-614/14) (1)

([«Marchio dell’Unione europea - Opposizione - Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo KULE - Marchi nazionali denominativi anteriori e marchio notorio CULE - Impedimenti relativi alla registrazione - Insussistenza di un uso effettivo dei marchi anteriori - Articolo 42, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009 - Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 - Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009»])

(2016/C 270/44)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Fútbol Club Barcelona (Barcellona, Spagna) (rappresentante: J. Carbonell Callicó, avvocato)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentanti: K. Zajfert e A. Folliard-Monguiral, agenti)

Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale: Kule LLC (New York, New York, Stati Uniti) (rappresentante: F. Rodgers, avvocato)

Oggetto

Ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 18 giugno 2014 (procedimento R 2375/2013-4), relativa a un procedimento di opposizione tra il Fútbol Club Barcelona e la Kule.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto.

2)

Il Fútbol Club Barcelona è condannato alle spese.


(1)  GU C 351 del 6.10.2014.


25.7.2016   

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C 270/41


Sentenza del Tribunale del 14 giugno 2016 — Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen/EUIPO — Meissen Keramik (MEISSEN)

(Causa T-789/14) (1)

([«Marchio dell’Unione europea - Opposizione - Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo MEISSEN - Marchi dell’Unione europea e nazionali denominativi e figurativo anteriori MEISSEN, MEISSENER PORZELLAN, HAUS MEISSEN, Meissen e Meissener Porzellan - Impedimenti relativi alla registrazione - Assenza di rischio di confusione - Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 - Carattere distintivo e notorietà dei marchi anteriori - Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 - Uso effettivo dei marchi anteriori - Articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009 - Articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009»])

(2016/C 270/45)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrente: Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen GmbH (Meissen, Germania) (rappresentanti: O. Spuhler e M. Geitz, avvocati)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentante: M. Fischer, agente)

Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale: Meissen Keramik GmbH (Meissen) (rappresentanti: M. Vohwinkel e K. Gennen, avvocati)

Oggetto

Ricorso proposto avverso la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO, del 29 settembre 2014 (procedimenti riuniti R 1182/2013-4 e R 1245/2013-4), relativa a una procedura di opposizione tra la Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen e la Meissen Keramik.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto.

2)

La Staatliche Porzellan-Manufaktur Meissen GmbH è condannata alle spese.


(1)  GU C 127 del 20.4.2015.


25.7.2016   

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C 270/41


Sentenza del Tribunale del 14 giugno 2016 — Loops/EUIPO (Forma di uno spazzolino da denti)

(Causa T-385/15) (1)

((«Marchio dell’Unione europea - Registrazione internazionale che designa l’Unione europea - Marchio tridimensionale - Forma di uno spazzolino da denti - Impedimento assoluto alla registrazione - Assenza di carattere distintivo - Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»))

(2016/C 270/46)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Loops, LLC (Dover, Delaware, Stati Uniti) (rappresentante: T. Schmidpeter, avvocato)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentanti: W. Schramek e A. Schifko, agenti)

Oggetto

Ricorso proposto avverso la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 30 aprile 2015 (procedimento R 1917/2014-2), relativa a una domanda di registrazione di un segno tridimensionale costituito dalla forma di uno spazzolino da denti come marchio dell’Unione europea.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto.

2)

La Loops, LLC è condannata alle spese.


(1)  GU C 302 del 14.9.2015.


25.7.2016   

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C 270/42


Sentenza del Tribunale dell’8 giugno 2016 — Monster Energy/EUIPO (Raffigurazione di un simbolo di pace)

(Causa T-583/15) (1)

((«Marchio dell’Unione europea - Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo raffigurante un simbolo di pace - Richiesta di restitutio in integrum - Mancato rispetto del termine per presentare un ricorso dinanzi al Tribunale»))

(2016/C 270/47)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Monster Energy Company (Corona, California, Stati Uniti) (rappresentante: P. Brownlow, avvocato)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentante: D. Gája, agente)

Oggetto

Ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 17 luglio 2015 (procedimento R 2788/2014-2), relativa ad una domanda di registrazione come marchio dell’Unione europea di un segno figurativo che raffigura un simbolo di pace.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto.

2)

La Monster Energy Company è condannata alle spese.


(1)  GU C 414 del 14.12.2015.


25.7.2016   

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C 270/43


Sentenza del Tribunale dell’8 giugno 2016 — Monster Energy/EUIPO (GREEN BEANS)

(Causa T-585/15) (1)

((«Marchio dell’Unione europea - Domanda di marchio dell’Unione europea denominativo GREEN BEANS - Richiesta di restitutio in integrum - Inosservanza del termine di deposito di un ricorso dinanzi al Tribunale»))

(2016/C 270/48)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: Monster Energy Company (Corona, California, Stati Uniti) (rappresentante: P. Brownlow, avvocato)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentante: D. Gája, agente)

Oggetto

Ricorso proposto avverso la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO, del 22 luglio 2015 (procedimento R 3002/2014-2), relativa a una domanda di registrazione del marchio denominativo GREEN BEANS come marchio dell’Unione europea.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto.

2)

La Monster Energy Company è condannata alle spese.


(1)  GU C 406 del 7.12.2015.


25.7.2016   

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C 270/43


Ordinanza del Tribunale del 26 maggio 2016 — REWE-Zentral/EUIPO — Vicente Gandía Pla (MY PLANET)

(Causa T-362/14) (1)

((«Marchio dell’Unione europea - Opposizione - Ritiro dell'opposizione - Non luogo a statuire»))

(2016/C 270/49)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrente: REWE-Zentral AG (Colonia, Germania) (rappresentanti: M. Kinkeldey, S. Brandstätter e A. Wagner, avvocati)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (rappresentanti: I. P. Harrington e P. Bullock, agenti.)

Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO: Vicente Gandía Pla, SA (Chiva, Spagna)

Oggetto

Ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 6 marzo 2014 (procedimento R 201/2013-1), relativa a un procedimento di opposizione tra la Vicente Gandía PIa SA e la REWE-Zentral AG.

Dispositivo

1)

Non vi è più luogo a statuire sul ricorso.

2)

La REWE-Zentral AG è condannata alle spese.


(1)  GU C 261 dell’11.8.2014.


25.7.2016   

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C 270/44


Ordinanza del Tribunale del 9 giugno 2016 — IREPA/Commissione e Corte dei conti

(Causa T-825/14) (1)

((«Ricorso di annullamento - Pesca - Programma nazionale italiano per la raccolta di dati nel settore della pesca per il periodo 2009-2010 - Recupero di una parte degli anticipi versati al ricorrente - Relazione preliminare della Corte dei conti - Atto non impugnabile con un ricorso - Atto preparatorio - Lettere di pre-informazione - Nota di addebito - Articolo 263, quarto comma, TFUE - Insussistenza di un’incidenza diretta - Irricevibilità»))

(2016/C 270/50)

Lingua processuale: l’italiano

Parti

Ricorrente: Istituto di ricerche economiche per la pesca e l’acquacoltura — IREPA Onlus (Salerno, Italia) (rappresentante: F. Tedeschini, avvocato)

Convenute: Commissione europea (rappresentanti: F. Moro, D. Nardi e K. Walkerová, agenti) e Corte dei conti dell’Unione europea (rappresentanti: N. Scafarto e L. Massocchi, agenti)

Oggetto

Domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa a far annullare la decisione che sarebbe contenuta nella nota di addebito del 30 settembre 2014 emessa dalla Commissione ai fini del recupero della somma di EUR 458 347,35, la relazione della Corte dei conti del 27 febbraio 2013, le lettere della Commissione del 12 luglio 2013 e del 6 agosto 2014, nonché ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale, ancorché incognito, che incida sfavorevolmente nella sfera giuridico-patrimoniale del ricorrente.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto in quanto irricevibile.

2)

L’Istituto di ricerche economiche per la pesca e l’acquacoltura — IREPA Onlus sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione europea e dalla Corte dei conti dell’Unione europea.


(1)  GU C 65 del 23.2.2015.


25.7.2016   

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C 270/45


Ordinanza del Tribunale dell’8 giugno 2016 — Kohrener Landmolkerei e DHG/Commissione

(Causa T-178/15) (1)

([«Sistema delle specialità tradizionali garantite - Regolamento (UE) n. 1151/2012 - Lettera della Commissione che informa le autorità nazionali competenti del deposito tardivo del loro atto di opposizione - Ricorso manifestamente privo di qualsiasi fondamento giuridico»])

(2016/C 270/51)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrenti: Kohrener Landmolkerei GmbH (Penig, Germania) e DHG Deutsche Heumilchgesellschaft mbH (Frohburg, Germania) (rappresentante: A Wagner, avvocato)

Convenuta: Commissione europea (rappresentanti: J. Guillem Carrau e G. von Rintelen, agenti)

Oggetto

Domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione contenuta nella lettera del 9 febbraio 2015 del direttore della direzione B «Relazioni multilaterali, politica di qualità» della direzione generale «Agricoltura e sviluppo rurale» della Commissione, recante il riferimento Ares (2015)529719, che informa le autorità tedesche competenti che il deposito avvenuto il 5 gennaio 2015 del loro atto di opposizione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1), era tardivo.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto in quanto manifestamente privo di qualsiasi fondamento giuridico.

2)

La Kohrener Landmolkerei GmbH e la DHG Deutsche Heumilchgesellschaft mbH sopporteranno le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.


(1)  GU C 245 del 27.7.2015.


25.7.2016   

IT

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C 270/45


Ricorso proposto il 18 aprile 2016 — Grizzly Tools/Commissione

(Causa T-168/16)

(2016/C 270/52)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrente: Grizzly Tools GmbH & Co. KG (Großostheim, Germania) (rappresentante: H. Fischer, avvocato)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia,

annullare la decisione di esecuzione (UE) 2016/175 della Commissione dell’8 febbraio 2016, concernente una misura adottata dalla Spagna a norma della direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio volta a vietare l'immissione sul mercato di un tipo di idropulitrice (GU 2016, L 33, pag. 12),

condannare la convenuta alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce due motivi.

1.

Primo motivo: violazione di forme sostanziali

La ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola l’obbligo di motivazione ai sensi dell’articolo 296, comma 2, TFUE, in quanto i considerando sarebbero contraddittori e oscuri.

La decisione impugnata violerebbe, altresì, il principio, secondo cui la Commissione deve accertare correttamente i fatti. Nel considerando 4 la Commissione avrebbe erroneamente affermato che la ricorrente ha fatto riferimento nella dichiarazione di conformità CE alla norma armonizzata EN 60335-2-67-2009, il che sarebbe scorretto.

2.

Secondo motivo: violazione dell’articolo 11 della direttiva 2006/42/CE (1)

A tal riguardo si asserisce che la Commissione avrebbe erroneamente ritenuto giustificate le misure adottate dalla Spagna volte a vietare l'immissione sul mercato.

Le autorità spagnole e la Commissione avrebbero, infatti, designato l’idropulitrice come apparecchio a duplice uso, che può essere utilizzato non solo come apparecchio portatile, ma anche come apparecchio a mano. Esse avrebbero, pertanto, ritenuto necessari degli standard di protezione più elevati, sebbene l’idropulitrice non sia destinata a essere utilizzata come apparecchio a mano e il suo impiego quale idropulitrice come apparecchio a mano non configuri un utilizzo scorretto ragionevolmente prevedibile ai sensi dell’articolo 11, comma 1, della direttiva 2006/42/CE.


(1)  Direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (GU 2006, L 157, pag. 24).


25.7.2016   

IT

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C 270/46


Ricorso proposto il 3 maggio 2016 — Keturi kambariai/EUIPO — Coffee In (coffee inn)

(Causa T-202/16)

(2016/C 270/53)

Lingua in cui è redatto il ricorso: l'inglese

Parti

Ricorrente: UAB Keturi kambariai (Vilnius, Lituania) (rappresentante: R. Pumputienė, avvocato)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: AS Coffee In (Tallinn, Estonia)

Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO

Richiedente il marchio controverso: la ricorrente

Marchio controverso di cui trattasi: marchio dell’Unione europea figurativo con la rivendicazione di colore «nero, arancione, bianco» contenente l’elemento verbale «coffee inn» — Domanda di registrazione n. 11 475 233

Procedimento dinanzi all’EUIPO: opposizione

Decisione impugnata: decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 marzo 2016, nel procedimento R 137/2015-4

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata e, di conseguenza, respingere l’opposizione e autorizzare la registrazione del marchio richiesto;

condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese relative al procedimento dinanzi al Tribunale e alla commissione di ricorso.

Motivi invocati

Violazione dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009;

Violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.


25.7.2016   

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C 270/47


Ricorso proposto l’11 maggio 2016 — Hansen Medical/EUIPO — Covidien (MAGELLAN)

(Causa T-222/16)

(2016/C 270/54)

Lingua in cui è redatto il ricorso: l'inglese

Parti

Ricorrente: Hansen Medical, Inc. (Mountain View, California, Stati Uniti) (rappresentante: R. Kunze, Solicitor, G. Würtenberger, T. Wittmann, avvocati)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Covidien AG (Neuhausen am Rheinfall, Svizzera)

Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO

Titolare del marchio controverso: la controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso

Marchio controverso di cui trattasi: marchio dell’Unione europea denominativo «MAGELLAN» — Marchio dell’Unione europea n. 5 437 711

Procedimento dinanzi all’EUIPO: dichiarazione di nullità

Decisione impugnata: decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 febbraio 2016 nei procedimenti riuniti R 3092/2014-2 e R 3118/2014-2

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’EUIPO alle spese.

Motivo invocato

Violazione degli articoli 15, 51, paragrafo 1, lettera a), 57, paragrafo 1, 63, paragrafo 2, 64, 75, 76, paragrafo 2 e 77 del regolamento n. 207/2009.


25.7.2016   

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C 270/48


Ricorso proposto il 6 maggio 2016 — Pio De Bragança/EUIPO — Ordem de São Miguel da Ala (QUIS UT DEUS)

(Causa T-229/16)

(2016/C 270/55)

Lingua in cui è redatto il ricorso: il portoghese

Parti

Ricorrente: Pio De Bragança (Sintra, Portogallo) (rappresentante: J. Sardinha, avvocato)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Altra parte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso: Ordem de São Miguel da Ala (Lisbona, Portogallo)

Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO

Titolare del marchio controverso: Altra parte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso

Marchio controverso interessato: Marchio figurativo contenente l’elemento verbale «quis ut deus» — Marchio dell’Unione europea n. 005747936

Procedimento dinanzi all’EUIPO: Domanda di dichiarazione di decadenza del marchio

Decisione impugnata: Decisione della Seconda Commissione di ricorso dell’EUIPO del 26/02/2016 nel procedimento R 621/2015-2

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata e, conseguentemente, dichiarare la decadenza totale, in ragione dell’assenza di serio uso del marchio controverso, anche con riferimento ai prodotti «Insegne in metallo» appartenenti alla classe 6;

condannare l’EUIPO alle spese.

Motivi invocati

Violazione dell’articolo 15, paragrafo 1, e dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a) e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, dato che il presente ricorso è stato proposto ai sensi dell’articolo 65 del regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, recante modifica del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio sul marchio comunitario, che modifica il regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario, e che abroga il regolamento (CE) n. 2869/95 della Commissione relativo alle tasse da pagare all'Ufficio per l'armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli).


25.7.2016   

IT

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C 270/48


Ricorso proposto il 14 maggio 2016 — Klyuyev/Consiglio

(Causa T-240/16)

(2016/C 270/56)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: Andriy Klyuyev (Donetsk, Ucraina) (rappresentanti: B. Kennelly e J. Pobjoy, Barristers, R. Gherson e T. Garner, Solicitors)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione (PESC) 2016/318 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina nonché il regolamento di esecuzione (UE) 2016/311 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, nei limiti in cui si applica al ricorrente;

in subordine, dichiarare inapplicabili, in considerazione della loro illegittimità, (1) l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119/PESC del Consiglio, del 5 marzo 2014 (come modificata) e (2) l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio, del 5 marzo 2014 (come modificato), nella parte riguardante il ricorrente;

condannare il Consiglio alle spese del procedimento.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce sei motivi.

1.

Primo motivo, dedotto a sostegno della sua domanda di annullamento, vertente sul fatto che il Consiglio non ha individuato una base giuridica adeguata per le misure contestate.

Secondo il ricorrente, l’articolo 29 TUE non costituisce una base giuridica adeguata per la decisione 2014/119/PESC del Consiglio, del 5 marzo 2014, in quanto la censura sollevata nei suoi confronti non lo ha identificato come soggetto che aveva compromesso la democrazia in Ucraina o privato il popolo ucraino dei benefici dello sviluppo sostenibile del suo paese (ai sensi dell’articolo 23 TUE e delle disposizioni generali dell’articolo 21, paragrafo 2, TUE). Essendo la terza decisione di modifica invalida, il Consiglio non poteva basarsi sull’articolo 215, paragrafo 2, TFUE per adottare il regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio del 5 marzo 2014.

2.

Secondo motivo, dedotto a sostegno della domanda di annullamento, vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe violato i diritti del ricorrente derivanti dall’articolo 6, in combinato disposto con gli articoli 2 e 3 TUE, e dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto ha ritenuto che i procedimenti giudiziari in Ucraina rispettassero i diritti umani fondamentali.

3.

Terzo motivo, dedotto a sostegno della domanda di annullamento, vertente sul fatto che il Consiglio sarebbe incorso in errori manifesti di valutazione, in quanto ha ritenuto soddisfatto il criterio volto ad includere il ricorrente nell’elenco di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119/PESC del Consiglio del 5 marzo 2014 (come modificata) e all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio, del 5 marzo 2014 (come modificato).

4.

Quarto motivo, dedotto a sostegno della domanda di annullamento, vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe violato i diritti della difesa del ricorrente e il diritto a una buona amministrazione e ad un controllo giurisdizionale effettivo. In particolare, secondo il ricorrente, il Consiglio non avrebbe analizzato con cura e imparzialità se i presunti motivi addotti per giustificare la nuova designazione fossero fondati alla luce delle osservazioni fatte dal ricorrente precedentemente a detta nuova designazione.

5.

Quinto motivo, dedotto a sostegno della domanda di annullamento, vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe violato, senza alcuna giustificazione e in maniera sproporzionata, i diritti fondamentali del ricorrente, compreso il suo diritto alla tutela della proprietà e della reputazione. Secondo il ricorrente, l’impatto delle misure contestate è di vasta portata, sia relativamente alla sua proprietà sia alla sua reputazione a livello mondiale. Il Consiglio non avrebbe dimostrato che il congelamento delle attività finanziarie e delle risorse economiche del ricorrente sia volto ad un legittimo obiettivo o giustificato alla luce di esso, e ancor meno che sia proporzionato a tale obiettivo.

6.

Sesto motivo, dedotto a sostegno della dichiarazione di illegittimità, vertente sul fatto che qualora, contrariamente agli argomenti avanzati nell’ambito del terzo motivo, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119/PESC del Consiglio, del 5 marzo 2014 (come modificata) e l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio del 5 marzo 2014 (come modificato), debbano essere interpretati in modo da includere (a) qualsiasi indagine svolta da autorità ucraine indipendentemente dal fatto che vi sia una decisione o un procedimento giurisdizionale a fondarla, controllarla o sorvegliarla; e/o (b) qualsiasi «abuso d'ufficio da parte di un funzionario pubblico per procurare un vantaggio ingiustificato» indipendentemente dal fatto che vi sia un’accusa di appropriazione indebita di fondi statali, allora il criterio di designazione, tenuto conto della portata e della sfera di applicazione arbitrarie che deriverebbero da un’interpretazione così estensiva, sarebbe privo di adeguata base giuridica, e/o sarebbe sproporzionato rispetto agli obiettivi dell’articolo 1, paragrafo 1) della decisione del Consiglio 2014/119/PESC del 5 marzo 2014 e dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio, del 5 marzo 2014. Le disposizioni sarebbero quindi illegittime.


25.7.2016   

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C 270/50


Ricorso proposto il 17 maggio 2016 — Stavytskyi/Consiglio

(Causa T-242/16)

(2016/C 270/57)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: Edward Stavytskyi (Belgio) (rappresentanti: J. Grayston, solicitor, P. Gjørtler, G. Pandey e D. Rovetta, avvocati)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione (PESC) 2016/318 del Consiglio del 4 marzo 2016 che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, nonché il regolamento di esecuzione (UE) 2016/311 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, nei limiti in cui tali atti iscrivono il ricorrente nell’elenco di persone e entità oggetto delle misure restrittive.

condannare il Consiglio alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi.

1.

Primo motivo, vertente sul fatto che l’elenco è viziato da illegittimità, in quanto esso è stato modificato al fine di permettere l’iscrizione del ricorrente per il solo motivo che egli è imputato in un procedimento penale, senza che vi sia bisogno di una decisione giudiziaria.

2.

Secondo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio ha fornito una motivazione insufficiente e stereotipata, in quanto si è limitato a copiare il testo riportato nella normativa in materia di iscrizione negli elenchi.

3.

Terzo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio è incorso in un errore manifesto di valutazione, in quanto non disponeva di una base fattuale sufficientemente solida per iscrivere il ricorrente nell’elenco con la motivazione che egli era imputato in un procedimento penale promosso dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici.

4.

Quarto motivo, vertente sul fatto che le misure adottate dal Consiglio non costituiscono, nei confronti del ricorrente, misure di politica estera, bensì misure di cooperazione internazionale nei procedimenti penali, che sono state pertanto adottate in virtù di una base giuridica errata.


25.7.2016   

IT

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C 270/51


Ricorso proposto il 13 maggio 2016 — Trasta Komercbanka e altri/BCE

(Causa T-247/16)

(2016/C 270/58)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrenti: Trasta Komercbanka AS (Riga, Lettonia) e sei altri (rappresentanti: O. Behrends, L. Feddern e M. Kirchner, avvocati)

Convenuta: Banca Centrale Europea

Conclusioni

Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

annullare la decisione della BCE datata 3 marzo 2016 di revocare la licenza bancaria della Trasta Komercbanka AS, e

condannare la convenuta alla spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono sei motivi.

1.

Primo motivo, vertente sul fatto che la BCE ha omesso di esaminare e di valutare con cura e imparzialità tutti gli elementi di fatto, inter alia, la BCE non avrebbe reagito adeguatamente al fatto che le informazioni e la documentazione presentate dall'autorità locale lettone di regolamentazione non erano corrette.

2.

Secondo motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità da parte della BCE per non aver riconosciuto la disponibilità di misure alternative.

3.

Terzo motivo, vertente sulla violazione, da parte della BCE, del principio della parità di trattamento.

4.

Quarto motivo, vertente sulla violazione, da parte della BCE, dell’articolo 19 e del considerando 75 del regolamento sull’MVU (1) e sul fatto che la medesima è incorsa in uno sviamento di potere.

5.

Quinto motivo, vertente sulla violazione, da parte della BCE, del principio del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

6.

Sesto motivo, vertente sulla violazione, da parte della BCE, di norme procedurali incluso il diritto di essere ascoltati, il diritto di accesso ai documenti e il diritto a una decisione sufficientemente motivata, dell’articolo 83, paragrafo 1, del regolamento quadro sull’MVU (2) e del diritto a un equo processo amministrativo.


(1)  Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63).

(2)  Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU). (BCE/2014/17) (GU 2014 L 141, pag. 1).


25.7.2016   

IT

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C 270/52


Ricorso proposto il 19 maggio 2016 — Walfood/EUIPO — Romanov Holding (CHATKA)

(Causa T-248/16)

(2016/C 270/59)

Lingua in cui è redatto il ricorso: il francese

Parti

Ricorrente: Walfood SA (Lussemburgo, Lussemburgo) (rappresentante: E. Cornu, avvocato)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Romanov Holding, SL (La Moraleja, Spagna)

Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO

Titolare del marchio controverso: Ricorrente

Marchio controverso interessato: Marchio dell’Unione europea figurativo contenente l’elemento verbale «CHATKA» — Marchio dell’Unione europea n. 943670

Procedimento dinanzi all’EUIPO: Dichiarazione di nullità

Decisione impugnata: Decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 21 marzo 2016 nel procedimento R 150/2015-5

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’EUIPO alle spese.

Motivo invocato

Violazione dell’articolo 57, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009.


25.7.2016   

IT

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C 270/52


Ricorso proposto il 25 maggio 2016 — Portogallo/Commissione

(Causa T-261/16)

(2016/C 270/60)

Lingua processuale: il portoghese

Parti

Ricorrente: Repubblica portoghese (rappresentanti: L. Inez Fernandes, M. Figueiredo, P. Estêvão e J. Saraiva de Almeida, agenti)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione di esecuzione (UE) 2016/417 della Commissione europea (CE), del 17 marzo 2016, (GU L 75, pag. 16), recante esclusione dal finanziamento di alcune spese sostenute dagli Stati membri nell'ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), nella parte in cui ha escluso dal finanziamento l’importo di EUR 385 762,22 relativo a spese dichiarate dal Portogallo nella Misura Sostegno Specifico, nell’ambito dell’articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, negli esercizi finanziari 2011, 2012 e 2013;

condannare la Commissione europea alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce due motivi.

1.

Primo motivo, relativo a una violazione dell’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 1122/2009 della Commissione — Osservanza da parte delle autorità portoghesi di tutte le norme relative ai controlli del «pagamento supplementare per capo equivalente di vacca da latte» nell’ambito del Sostegno Specifico istituito dal governo del Portogallo ai sensi dell’articolo 86 del regolamento n. 73/2009 del Consiglio.

2.

Secondo motivo, relativo a una violazione dell’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005 del Consiglio, non essendo soddisfatti i requisiti stabiliti dalla Commissione negli orientamenti che figurano nel documento n. VI/5330/97, ai fini dell’applicazione di una rettifica finanziaria su base forfetaria del 2 %.


25.7.2016   

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C 270/53


Ricorso proposto il 25 maggio 2016 — Grecia/Commissione

(Causa T-272/16)

(2016/C 270/61)

Lingua processuale: il greco

Parti

Ricorrente: Repubblica ellenica (rappresentanti: G. Kanellopoulos, O. Tsirkinidou, Α. Vasilopoulou e D. Ntourntoureka)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare l’impugnata decisione di esecuzione della Commissione, del 17 marzo 2016, recante esclusione dal finanziamento dell'Unione europea di alcune spese sostenute dagli Stati membri nell'ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), notificata con il numero C(2016) 1509 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 22 marzo 2016, L 75, pag. 16:

a)

nella parte in cui essa esclude dal finanziamento dell'Unione europea spese per un importo totale di EUR 166 797 866,22, sostenute per la voce Aiuti diretti disaccoppiati negli anni di esercizio 2012 e 2013, e dispone, in particolare, (1) una rettifica finanziaria forfettaria del 25 % per l’anno 2012 e (2) una rettifica finanziaria forfettaria e una rettifica finanziaria una tantum per l’anno 2013;

b)

nella parte in cui essa esclude dal finanziamento dell’Unione europea spese per un importo totale di EUR 3 880 460,50, sostenute per la voce Sviluppo rurale FEASR, Assi 1 + 3 — Misure orientate all’investimento (2007-2013), e dispone, in particolare, (1) una rettifica finanziaria forfettaria del 5 % per gli esercizi finanziari 2010-2013 riguardo alla Misura 125 e (2) una rettifica una tantum per gli esercizi finanziari 2011-2013;

c)

nei limiti in cui essa non dà esecuzione integrale alla sentenza definitiva del Tribunale dell’Unione europea, del 19 novembre 2015, nella causa T-107/14 e, perciò, alla Repubblica ellenica non viene immediatamente restituito l’importo di EUR 29 366 975,06; e

condannare la Commissione alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del suo ricorso, la ricorrente solleva otto motivi di annullamento.

In particolare, quanto alla rettifica finanziaria di importo totale pari a EUR 166 797 866,22 relativa alle spese sostenute per gli aiuti diretti disaccoppiati negli anni di esercizio 2012 e 2013, la Repubblica ellenica solleva tre motivi di annullamento.

Il primo motivo di annullamento, dedotto per la rettifica imposta per l’anno di esercizio 2012, verte sull’errata interpretazione e applicazione della disposizione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 796/2004 (1) [e al susseguente articolo 2, lettera c), del regolamento n. 1120/2009 (2)].

Il secondo motivo di annullamento, dedotto anch’esso per la rettifica imposta per l’anno di esercizio 2012, verte sull’errata interpretazione e applicazione degli orientamenti contenuti nel documento VI/5530/1997 e riguarda la sussistenza delle condizioni di applicazione di una rettifica finanziaria del 25 % per l’anno 2012; vengono evocati, d’altro lato, un eccesso di discrezionalità della Commissione, con contestuale violazione del principio di proporzionalità (parte A), nonché un calcolo errato della rettifica finanziaria (parte B).

Con il terzo motivo di annullamento, dedotto per la rettifica imposta per l’anno di esercizio 2013, viene sostenuto che quest’ultima è illegittima, abusiva e contraddittoria, che si fonda su un’errata interpretazione e applicazione degli orientamenti contenuti nel documento VI/5530/1997 e che viola i principi di buona amministrazione, di proporzionalità e del ne bis in idem nonché i diritti della difesa.

Quanto, poi, alla rettifica finanziaria relativa alla voce Sviluppo rurale FEASR, Assi 1 + 3 — Misure orientate all’investimento (2007-2013), sono sollevati quattro motivi di annullamento.

Con il quarto e il quinto motivo di annullamento, dedotti per la rettifica imposta riguardo alla Misura 125, vengono fatti valere un’assenza di fondamento giuridico e di giustificazione nonché un errore di fatto, in quanto l’Autorità di gestione ha esercitato legittimamente e appieno le sue competenze (quarto motivo) e l’imposizione di una rettifica finanziaria forfettaria del 5 % per le spese sostenute nel corso dell’esercizio finanziario 2010, pari a EUR 506 480,19, ha violato l’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005 (3), trattandosi di spese che risalivano a oltre ventiquattro (24) mesi prima che la Commissione comunicasse per iscritto il risultato delle verifiche.

Con il sesto motivo di annullamento, dedotto per la rettifica imposta riguardo alla Misura 121, viene sostenuto che la decisione è illegittima giacché la rettifica imposta, ovvero il metodo impiegato per il suo calcolo con applicazione analogica dell’articolo 63 del regolamento n. 809/2014 (4), disattende l’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005 e gli orientamenti contenuti nel documento VI/5530/1997 della Commissione; la sua applicazione produce, d’altro lato, effetti sproporzionati rispetto alle carenze constatate. In subordine, riguardo alla stessa misura, vengono dedotte, nel settimo motivo del ricorso, un’assenza di fondamento giuridico e di giustificazione della decisione impugnata e una violazione degli orientamenti contenuti nel documento VI/5530/1997 dell’Unione.

L’ottavo motivo di annullamento verte sulla violazione dell’articolo 266 TFUE, con riferimento all’obbligo della Commissione di prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta, non avendo essa restituito l’importo di EUR 29 366 975,06 alla Repubblica ellenica dopo la sentenza del Tribunale nella causa T-107/14, nonché sulla violazione dei principi di buona amministrazione, di certezza del diritto e di leale cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri.


(1)  Regolamento (CE) n. 796/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante modalità di applicazione della condizionalità, della modulazione e del sistema integrato di gestione e di controllo di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori (GU 2004, L 141, pag. 18).

(2)  Regolamento (CE) n. 1120/2009 della Commissione, del 29 ottobre 2009, recante modalità di applicazione del regime di pagamento unico di cui al titolo III del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori (GU 2009, L 316, pag. 1).

(3)  Regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU 2005, L 209, pag. 1).

(4)  Regolamento di esecuzione (UE) n. 809/2014 della Commissione, del 17 luglio 2014, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema integrato di gestione e di controllo, le misure di sviluppo rurale e la condizionalità (GU 2014, L 227, pag. 69).


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/55


Ricorso proposto il 30 maggio 2016 — Sun Media/EUIPO — Meta4 Spain (METAPORN)

(Causa T-273/16)

(2016/C 270/62)

Lingua in cui è redatto il ricorso: l'inglese

Parti

Ricorrente: Sun Media Ltd (Central Hong Kong, Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare Cinese) (rappresentante: A. Schnider, avvocato)

Convenuto: Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Meta4 Spain, SA (Las Rozas, Spagna)

Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO

Richiedente il marchio controverso: Ricorrente

Marchio controverso interessato: Marchio denominativo dell’Unione europea «METAPORN» — Domanda di registrazione n. 11 819 281

Procedimento dinanzi all’EUIPO: Opposizione

Decisione impugnata: Decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 marzo 2016 nei procedimenti riuniti R 653/2015-2 e R 674/2015-2

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’EUIPO e, in caso di intervento nel procedimento, la controinteressata dinanzi all’EUIPO, a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente nel procedimento dinanzi al Tribunale e nel ricorso dinanzi all’EUIPO.

Motivi invocati

Violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) del regolamento n. 207/2009;

Violazione degli articoli 75 e seguenti del regolamento n. 207/2009;

Violazione del dovere dell’EUIPO di esercitare i propri poteri secondo i principi generali del diritto dell’Unione.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/56


Ricorso proposto il 27 maggio 2016 — Saleh Thabet/Consiglio

(Causa T-274/16)

(2016/C 270/63)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrente: Suzanne Saleh Thabet (Il Cairo, Egitto) (rappresentante: B. Kennelly e J. Pobjoy, barristers, e G. Martin e M. Rushton, solicitors)

Convenuto: Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione (PESC) 2016/411 del Consiglio, del 18 marzo 2016, che modifica la decisione 2011/172/PESC, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU 2016 L 74, p.40), nella parte in cui si applica alla ricorrente;

dichiarare che l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172/PESC del Consiglio del 21 marzo 2011 concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU 2011 L 76, p. 63) e l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 270/2011 del Consiglio del 21 marzo 2011 concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU 2011, L 76, p. 4) sono inapplicabili nella parte in cui si applicano alla ricorrente e, di conseguenza, annullare la decisione (PESC) 2016/411, nella parte in cui si applica alla ricorrente; e

condannare il Consiglio alle spese sostenute dalla ricorrente.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce sei motivi.

1.

Primo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio non ha individuato una base giuridica adeguata per l’articolo 1, paragrafo 1 della decisione 2011/172/PESC (la «decisione») e per l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 270/2011 (il «regolamento»). Non vi sono prove che il Consiglio abbia effettuato un riesame della base giuridica dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione nell’adottare la decisione impugnata, nonostante sia previsto un obbligo esplicito in tal senso in base all’articolo 5 della decisione. Il fatto che l’articolo 1, paragrafo 1, abbia avuto una base giuridica valida al momento dell’adozione, il 21 marzo 2011, non conferisce alla disposizione una base giuridica duratura, fino al 2016 o successivamente.

2.

Secondo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della ricorrente derivanti dall’articolo 6 TUE, in combinato disposto con gli articoli 2 e 3 TUE e dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in quanto il Consiglio ha ritenuto che i procedimenti giudiziari in Egitto rispettassero i diritti umani fondamentali.

3.

Terzo motivo, vertente sui manifesti errori di valutazione commessi dal Consiglio nel ritenere che il criterio per l’iscrizione della ricorrente nell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione e nell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento, fosse soddisfatto.

4.

Quarto motivo, vertente sul fatto che il Consiglio non ha fornito un’adeguata motivazione per designare nuovamente la ricorrente.

5.

Quinto motivo, vertente sul fatto che il Consiglio ha violato il diritto di difesa della ricorrente e il diritto a una buona amministrazione e a una tutela giurisdizionale effettiva. In particolare, il Consiglio non ha valutato con attenzione e imparzialità se le presunte ragioni addotte per giustificare la nuova designazione fossero fondate alla luce delle dichiarazioni rese dalla ricorrente prima della nuova designazione.

6.

Sesto motivo, vertente sul fatto che il Consiglio ha violato, senza giustificazione e in maniera sproporzionata, i diritti fondamentali della ricorrente, compreso il suo diritto alla tutela della proprietà e della reputazione. L’incidenza della decisione (PESC) 2016/411 del Consiglio sulla ricorrente è di ampia portata per quanto riguarda sia la sua proprietà che la sua reputazione su scala mondiale. Il Consiglio non ha dimostrato che il congelamento dei beni e delle risorse economiche della ricorrente è connesso a un qualsivoglia legittimo scopo o giustificato alla luce di esso, e ancor meno che è proporzionato a un siffatto scopo.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/57


Ricorso proposto il 27 maggio 2016 — Mubarak e altri/Consiglio

(Causa T-275/16)

(2016/C 270/64)

Lingua processuale: l'inglese

Parti

Ricorrenti: Gamal Mohamed Hosni Elsayed Mubarak (Cairo, Egitto), Alaa Mohamed Hosni Elsayed Mubarak (Cairo), Heidy Mahmoud Magdy Hussein Rasekh (Cairo), Khadiga Mahmoud El Gammal (Cairo) (rappresentati da B. Kennelly e J. Pobjoy, barristers, nonché da G. Martin e M. Rushton, solicitors)

Convenuto: Consiglio dell'Unione europea

Conclusioni

I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

annullare la decisione (PESC) 2016/411 del Consiglio, del 18 marzo 2016, che modifica la decisione 2011/172/PESC, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU 2016 L 74, pag. 40), nei limiti in cui si applica ai ricorrenti;

dichiarare che l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità ed organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU 2011 L 76, pag. 63) e l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 270/2011 del Consiglio, del 21 marzo 2011, concernente misure restrittive nei confronti di determinate persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Egitto (GU 2011 L 76, pag. 4) non sono applicabili nei limiti in cui riguardano i ricorrenti e, di conseguenza, annullare la decisione (PESC) 2016/411, nei limiti in cui riguarda i ricorrenti;

condannare il Consiglio a sostenere le spese dei ricorrenti.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono sei motivi.

1.

Primo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio non avrebbe individuato una base giuridica adeguata per l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2011/172/PESC (in prosieguo: la «decisione») e per l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 270/2011 (in prosieguo: il «regolamento»). Non sono emerse prove che dimostrino che il Consiglio abbia riesaminato la base legale dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione nell’adottare la decisione (PESC) 2016/411 (la «decisione impugnata»), nonostante l’obbligo esplicito in tal senso di cui all’articolo 5 della decisione. La circostanza che l’articolo 1, paragrafo 1, abbia potuto avere una base giuridica valida quando è stato adottato inizialmente il 21 marzo 2011 non conferisce alla norma una base giuridica perdurante fino al 2016 o successivamente.

2.

Secondo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe violato i diritti dei ricorrenti derivanti dall’articolo 6 TUE, in combinato disposto con gli articoli 2 TUE e 3 TUE, e dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in quanto ha ritenuto che i procedimenti giudiziari in Egitto rispettassero i diritti fondamentali.

3.

Terzo motivo, vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe commesso errori manifesti di valutazione nel considerare soddisfatto il criterio per l’inserimento dei ricorrenti nell’elenco di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione e all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento.

4.

Quarto motivo, vertente sul fatto che il Consiglio non avrebbe addotto ragioni adeguate per la nuova designazione dei ricorrenti.

5.

Quinto motivo, vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe violato i diritti di difesa dei ricorrenti e il diritto a una buona amministrazione e a una tutela giurisdizionale effettiva. In particolare, il Consiglio non ha valutato con attenzione e imparzialità se le presunte ragioni addotte per giustificare la nuova designazione fossero fondate alla luce delle dichiarazioni rese dai ricorrenti prima della nuova designazione.

6.

Sesto motivo, vertente sul fatto che il Consiglio avrebbe violato, senza giustificazione e in maniera sproporzionata, i diritti fondamentali dei ricorrenti, compresi i loro diritti alla tutela della loro proprietà e della loro reputazione. L’impatto della decisione impugnata sui ricorrenti ha ampia portata sia per quanto riguarda la loro proprietà, sia per quanto riguarda la loro reputazione a livello mondiale. Il Consiglio non ha dimostrato che il congelamento dei loro beni e delle loro risorse economiche sia connesso a un qualsivoglia legittimo scopo, ovvero sia giustificato alla luce di esso, e ancor meno che sia proporzionato a uno scopo siffatto.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/58


Ricorso proposto il 30 maggio 2016 — Inpost Paczkomaty contro Commissione

(Causa T-282/16)

(2016/C 270/65)

Lingua processuale: il polacco

Parti

Ricorrente: Inpost Paczkomaty sp. z o.o. (Cracovia, Polonia) (rappresentante: T. Proć, avvocato)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione della Commissione europea (UE) C(2015) 8236, del 26 novembre 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.38869 (2014/N), alla quale la Polonia intende dare esecuzione per compensare alla Poczta Polska il costo netto dell’obbligo di servizio universale relativo agli anni da 2013 a 2015

condannare la convenuta alle spese

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce sette motivi.

1.

Primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del TFUE, sull’erronea valutazione secondo cui erano rispettati i requisiti stabiliti al punto 19 (sezione 2.6 della Disciplina [dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico comune]), sulla violazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici nonché sull’erronea interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (GU L 15, pag. 14) («direttiva postale»)

Le modalità di finanziamento del servizio universale applicate dagli Stati membri devono essere compatibili sia con i principi, previsti dalle disposizioni del TFUE relative alle libertà del mercato interno, di non discriminazione, di trasparenza e di parità di trattamento (che implicano una selezione competitiva del fornitore del servizio postale universale), sia con l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, ciò che non è avvenuto nel caso di specie.

2.

Secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del Trattato nonché sull’erronea valutazione secondo cui erano rispettati i requisiti stabiliti ai punti 14 (sezione 2.2) e 60 (sezione 2.10) della Disciplina.

La Commissione europea ha erroneamente ritenuto che, dal momento che l’obbligo di servizio pubblico affidato alla Poczta Polska corrispondeva ai requisiti stabiliti dalla direttiva postale, potesse essere esclusa la necessità della consultazione pubblica o dell’applicazione di altri strumenti adeguati che consentono di tener conto degli interessi di utenti e fornitori per dimostrare che le esigenze di servizio pubblico sono state tenute in debita considerazione.

3.

Terzo motivo, vertente sula violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del Trattato, sull’erronea valutazione secondo cui erano rispettati i requisiti stabiliti al punto 52 (sezione 2.9) della Disciplina nonché sulla violazione dell’articolo 7, paragrafi 1, 3 e 5, della direttiva postale

La Commissione ha erroneamente ritenuto che il fondo di compensazione fosse conforme al requisito di non discriminazione per quanto concerne il livello massimo della percentuale fissa stabilito al 2 % dei ricavi del fornitore del servizio universale o dei servizi intercambiabili, obbligato a versare un contributo, essendo la suddetta percentuale applicabile in modo uniforme nei confronti di tutti i partecipanti al mercato, trattamento questo che, in considerazione del fatto che la situazione dei fornitori del servizio universale e la situazione dei fornitori di servizi intercambiabili non è uguale, ha natura discriminatoria.

4.

Quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva postale per il fatto che la Commissione europea ha accettato che il costo del servizio universale fosse finanziato mediante la concessione alla Poczta Polska di numerosi diritti esclusivi e speciali

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva postale, gli Stati membri non concedono né mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione o la fornitura di servizi postali. Al tempo stesso, la Commissione europea ha esplicitamente ammesso i diritti esclusivi e speciali concessi alla Poczta Polska in relazione alla fornitura, da parte di quest’ultima, del servizio postale universale.

5.

Quinto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 102, in combinato disposto con l’articolo 106, paragrafo 1, del Trattato.

Il contributo obbligatorio al fondo di compensazione sproporzionatamente elevato determinerà una «preclusione anticoncorrenziale» del mercato postale.

6.

Sesto motivo, vertente sulla violazione degli articoli 16 e 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

La decisione impugnata della Commissione autorizza uno schema (programma) di aiuti di Stato che avrà come conseguenza di provocare un’ingerenza sproporzionata nel diritto di proprietà della ricorrente e restrizioni sproporzionate alla libertà d’impresa della ricorrente.

7.

Settimo motivo, vertente sulla violazione delle forme sostanziali nonché sull’inosservanza dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296 del Trattato

La Commissione non ha svolto accertamenti corretti dei fatti, motivando spesso la decisione con constatazioni di fatto erronee. Inoltre, deve essere contestato alla Commissione un errore nella motivazione anche per il fatto che, contrariamente alla propria prassi nell’ambito dell’adozione delle decisioni, non ha preso in considerazione, in termini di impatto sulla concorrenza, la mancata indizione di una gara d’appalto, quale circostanza aggravante.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/60


Ricorso proposto il 30 maggio 2016 — Inpost contro Commissione

(Causa T-283/16)

(2016/C 270/66)

Lingua processuale: il polacco

Parti

Ricorrente: Inpost S.A. (Cracovia, Polonia) (rappresentante: W. Knopkiewicz, avvocato)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione della Commissione europea (UE) C(2015) 8236, del 26 novembre 2015, relativa all’aiuto di Stato SA.38869 (2014/N), alla quale la Polonia intende dare esecuzione per compensare alla Poczta Polska il costo netto dell’obbligo di servizio universale relativo agli anni da 2013 a 2015

condannare la convenuta alle spese

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce sette motivi.

1.

Primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del TFUE, sull’erronea valutazione secondo cui erano rispettati i requisiti stabiliti al punto 19 (sezione 2.6 della Disciplina [dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico comune]), sulla violazione dei principi sanciti dal Trattato in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici nonché sull’erronea interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (GU L 15, pag. 14) («direttiva postale»)

Le modalità di finanziamento del servizio universale applicate dagli Stati membri devono essere compatibili sia con i principi, , previsti dalle disposizioni del TFUE relative alle libertà del mercato interno, di non discriminazione, di trasparenza e di parità di trattamento (che implicano una selezione competitiva del fornitore del servizio postale universale), sia con l’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, ciò che non è avvenuto nel caso di specie.

2.

Secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del Trattato nonché sull’erronea valutazione secondo cui erano rispettati i requisiti stabiliti ai punti 14 (sezione 2.2) e 60 (sezione 2.10) della Disciplina.

La Commissione europea ha erroneamente ritenuto che, dal momento che l’obbligo di servizio pubblico affidato alla Poczta Polska corrispondeva ai requisiti stabiliti dalla direttiva postale, potesse essere esclusa la necessità della consultazione pubblica o dell’applicazione di altri strumenti adeguati che consentono di tener conto degli interessi di utenti e fornitori per dimostrare che le esigenze di servizio pubblico sono state tenute in debita considerazione, poteva essere escluso.

3.

Terzo motivo, vertente sula violazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del Trattato, sull’erronea valutazione secondo cui erano rispettati i requisiti stabiliti al punto 52 (sezione 2.9) della disciplina nonché sulla violazione dell’articolo 7, paragrafi 1, 3 e 5, della direttiva postale

La Commissione ha erroneamente ritenuto che il fondo di compensazione fosse conforme al requisito di non discriminazione per quanto concerne il livello massimo della percentuale fissa stabilito al 2 % dei ricavi del fornitore del servizio universale o dei servizi intercambiabili, obbligato a versare un contributo, essendo la suddetta percentuale applicabile in modo uniforme nei confronti di tutti i partecipanti al mercato, trattamento questo che, in considerazione del fatto che la situazione dei fornitori del servizio universale e la situazione dei fornitori di servizi intercambiabili non è uguale, ha natura discriminatoria.

4.

Quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva postale per il fatto che la Commissione europea ha accettato che il costo del servizio universale fosse finanziato mediante la concessione alla Poczta Polska di numerosi diritti esclusivi e speciali

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva postale, gli Stati membri non concedono né mantengono in vigore diritti esclusivi o speciali per l’instaurazione o la fornitura di servizi postali. Al tempo stesso, la Commissione europea ha esplicitamente ammesso i diritti esclusivi e speciali concessi alla Poczta Polska in relazione alla fornitura da parte di quest’ultima del servizio postale universale.

5.

Quinto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 102, in combinato disposto con l’articolo 106, paragrafo 1, del Trattato.

Il contributo obbligatorio al fondo di compensazione sproporzionatamente elevato determinerà una «preclusione anticoncorrenziale» del mercato postale.

6.

Sesto motivo, vertente sulla violazione degli articoli 16 e 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

La decisione impugnata della Commissione autorizza uno schema (programma) di aiuti di Stato che avrà come conseguenza di provocare un’ingerenza sproporzionata nel diritto di proprietà della ricorrente e restrizioni sproporzionate alla libertà d’impresa della ricorrente.

7.

Settimo motivo, vertente sulla violazione delle forme sostanziali nonché sull’inosservanza dell’obbligo di motivazione di cui all’articolo 296 del Trattato

La Commissione non ha svolto accertamenti corretti dei fatti, motivando spesso la decisione con constatazioni di fatto erronee. Inoltre, deve essere contestato alla Commissione un errore nella motivazione anche per il fatto che, contrariamente alla propria prassi nell’ambito dell’adozione delle decisioni, non ha preso in considerazione, in termini di impatto sulla concorrenza, la mancata indizione di una gara d’appalto, quale circostanza aggravante.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/61


Ricorso proposto il 23 maggio 2016 — Gulli/EUIPO — Laverana (Lybera)

(Causa T-284/16)

(2016/C 270/67)

Lingua in cui è redatto il ricorso: l’inglese

Parti

Ricorrente: Diego Gulli (Genova, Italia) (rappresentante: M. Andreolini e F. Andreolini, avvocati)

Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Laverana GmbH & Co.KG (Wennigsen, Germania)

Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO

Richiedente il marchio controverso: il ricorrente

Marchio controverso di cui trattasi: marchio dell’Unione europea figurativo contenente l’elemento verbale «Lybera» — Domanda di registrazione n. 12 155 743

Procedimento dinanzi all’EUIPO: opposizione

Decisione impugnata: decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 17 marzo 2016, nel procedimento R 3219/2014-5

Conclusioni

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare il convenuto alle spese.

Motivo invocato

Violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/62


Ricorso proposto il 30 maggio 2016 — Belgio/Commissione

(Causa T-287/16)

(2016/C 270/68)

Lingua processuale: il francese

Parti

Ricorrente: Regno del Belgio (rappresentanti: J.-C. Halleux e M. Jacobs, agenti, assistiti da É. Grégoire e J. Mariani, avvocati)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

a titolo principale, annullare la decisione d’esecuzione (UE) 2016/417 della Commissione, del 17 marzo 2016, nei limiti in cui esclude dal finanziamento dell’Unione europea nei riguardi del Regno del Belgio l’importo di EUR 9 601 619,00 (voce di bilancio 6701);

in subordine, annullare parzialmente la decisione suddetta, consistente nell’escludere dal finanziamento dell’Unione europea la somma di EUR 9 601 619, dato che essa include la somma di EUR 4 106 470,02 di cui ha anteriormente beneficiato il FEAGA;

condannare la Commissione alle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la parte ricorrente deduce due motivi.

1.

Primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 31, paragrafo 1, e dell’articolo 32, paragrafo 8, del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU 2005, L 209, pag. 1), in quanto la Commissione non avrebbe dimostrato che la spesa effettuata dall’ente pagatore belga non è conforme al diritto comunitario e che il mancato recupero o l’irregolarità avrebbero origine in un’irregolarità o in una negligenza imputabile al Bureau d’intervention et de restitution belge (BIRB).

2.

Secondo motivo, dedotto in subordine, vertente sulla violazione dell’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 1290/2005 e del principio di proporzionalità, in quanto l’importo escluso non corrisponderebbe all’importanza dell’incompatibilità constatata e non si sarebbe tenuto conto del pregiudizio finanziario arrecato all’Unione europea.


25.7.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 270/63


Ricorso proposto il 3 giugno 2016 — Inox Mare/Commissione

(Causa T-289/16)

(2016/C 270/69)

Lingua processuale: l’italiano

Parti

Ricorrente: Inox Mare Srl (Rimini, Italia) (rappresentante: R. Holzeisen, avvocato)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

Annullare il Final Report OF/2013/0086/B1 THOR (2015) 40189 — 26.11.2015 viste le radicali illegittimità da cui è inficiato;

E, di conseguenza, annullare le Recommendation for action to be taken following an OLAF investigation THOR (2015) 4257 — 09.12.2015;

Con refusione di spese e onorari di causa.

Motivi e principali argomenti

Il presente ricorso si rivolge contro gli atti impugnati, nella misura in cui ci si constata che durante un certo numero di anni la ricorrente avrebbe evaso la percezione di dazi doganali e diritti antidumping. La ricorrente afferma a questo riguardo avere importato ingenti quantità di prodotti di fissaggio in acciaio inox, in affidamento sulla correttezza di quanto certificato in massa dall’autorità doganale filippina in punto asserita origine filippina dei prodotti forniti da due società filippine, fino a quando è venuta a conoscenza dell’apertura da parte dell’Unione europea di una procedura di anti-cumvention a carico delle Filippine sulla base del sospetto che i beni sopra indicati in realtà sarebbero stati beni d’origine taiwanese e, dunque, semplicemente trasbordati dal Taiwan via Filippine nell’Unione Europea.

A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce due motivi.

1.

Primo motivo, di natura pregiudiziale, vertente sull’impugnabilità ex art. 263 TFUE degli atti oggetto del ricorso.

Si fa valere a questo riguardo che gli atti impugnati, nonostante che il loro nomen iuris possa fare presumere il contrario, hanno sostanzialmente efficacia vincolante per l’autorità doganale italiana, e producono direttamente effetti giuridici che ledono gli interessi e i diritti personali e effettivi della ricorrente, modificandone la sua situazione giuridica, e ciò in considerazione (1) della natura di «Risorse proprie dell’Unione» dei dazi e dei conseguenti obblighi per gli Stati membri, semplicemente incaricati del prelievo doganale, (2) della natura dell’OLAF quale organo di indagine amministrativa che sostituisce la Commissione europea nelle indagini esterne, (3) del ruolo della Commissione europea, quale istituzione con funzione esecutiva dell’Unione europea nell’applicazione del Codice Doganale dell’Unione europea.

Negare, in questo contesto giuridico, l’impugnabilità diretta ex art. 263 TFUE degli atti dell’OLAF impugnati dalla ricorrente, significherebbe negare il Diritto Fondamentale della ricorrente ad un ricorso effettivo, e, dunque, una violazione dell’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e dell’art. 13 CEDU.

2.

Secondo motivo, vertente sui vizi di legittimità degli atti impugnati.

Si fa valere a questo riguardo che il Final Report OF/2013/0086/B1 — THOR (2015) 40189 non contiene alcuni fondamentali elementi previsti inderogabilmente dal Legislatore nel Regolamento (UE, EURATOM) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 settembre 2013 (1), dal che ne consegue la sua radicale illegittimità e l’assoluta inefficacia probatoria.

L’atto impugnato sarebbe inficiato dai seguenti vizi di legittimità: omesse indicazioni in punto rispetto delle garanzie procedurali, delle persone interessate nell’indagine, dell’audizione dei legali rappresentanti della ricorrente, della prescritta qualificazione giuridica preliminare, immotivata e contraddittoria esclusione di responsabilità delle autorità competenti, violazione da parte dell’OLAF dell’obbligo di svolgere le proprie indagini in modo obiettivo e imparziale e conformemente al principio delle presunzioni d’innocenza, nonché erronee indicazioni per difetto di istruttoria contenute nella Relazione Finale.

Per tutte le illegittimità sopra esposte, la raccomandazione impartita dalla Direzione Generale dell’OLAF all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli della Repubblica italiana di adottare tutte le necessarie misure per il recupero del dazio presso la ricorrente è del tutto destituita dei presupposti di legge e dunque illegittima.


(1)  Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013 L 248, pag. 1).


25.7.2016   

IT

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C 270/64


Ricorso proposto il 7 giugno 2016 — Fruits de Ponent/Commissione

(Causa T-290/16)

(2016/C 270/70)

Lingua processuale: lo spagnolo

Parti

Ricorrente: Fruits de Ponent, SCCL (Alcarràs, Spagna) (rappresentanti: M. Roca Junyent, J. Mier Albert, R. Vallina Hoset, avvocati)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

condannare la Commissione europea al risarcimento del danno subito dalle società Escarp. S.C.P., Agropecuaria Sebcar, S.L. e Rusfal 2000, S.L., in conseguenza delle sue azioni ed omissioni in relazione alla crisi subita dai mercati di pesche e di pesche noci durante la campagna del 2014, in particolare a causa dell’adozione del regolamento delegato (UE) n. 913/2014 della Commissione e del regolamento delegato (UE) n. 932/2014;

condannare la Commissione europea a versare:

alla Escarp, S.C.P., un importo di EUR 121 085,11, oltre ai relativi interessi compensativi e di mora;

alla Agropecuaria Sebcar, S.L., un importo di EUR 162 540,46, oltre ai relativi interessi compensativi e di mora;

alla Rusfal 2000, S.L., un importo di EUR 28 808,99, oltre ai relativi interessi compensativi e di mora;

condannare la Commissione europea alle spese.

Motivi e principali argomenti

La presente domanda verte sul risarcimento del danno asseritamente patito a causa delle azioni e omissioni della Commissione europea rispetto alla crisi dei mercati di pesche e pesche noci durante la campagna del 2014, e in particolare, ma non in modo esclusivo, a seguito dell’adozione dei regolamenti delegati (UE) n. 913/2014 (1) e n. 932/2014 (2).

A sostegno del proprio ricorso la ricorrente deduce un unico motivo, secondo il quale sono soddisfatte le condizioni poste dalla giurisprudenza dei giudici dell’Unione per il riconoscimento del diritto al risarcimento sul fondamento della responsabilità extra contrattuale dell’Unione europea.

Al riguardo essa afferma, in primo luogo, che con le sue azioni e omissioni la Commissione ha commesso una violazione sufficientemente qualificata di norme aventi l’obiettivo di conferire diritti ai singoli, quali il principio del dovere di diligenza, i principi di assistenza e protezione, il principio di buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e, infine, il principio del divieto di arbitrio.

Tale violazione sussiste in quanto, nell’adottare misure per evitare la crisi dei mercati delle pesche e delle pesche noce durante l’estate del 2014, la Commissione:

ha adottato un meccanismo di crisi dalla stessa precedentemente considerato inadeguato e inefficace, in quanto le organizzazioni dei produttori, essendo di dimensioni eccessivamente ridotte e non disponendo dei mezzi necessari per porlo in atto, non vi hanno fatto ricorso;

non ha raccolto informazioni sul mercato;

ha agito senza raccogliere dati sufficienti in relazione alle misure di ritiro;

è intervenuta tardivamente.

D’altra parte, aggiunge la ricorrente, le misure di ritiro cofinanziato di prodotti, di promozione e di distribuzione gratuita erano manifestamente inadeguate.

La ricorrente afferma inoltre che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione.

In secondo luogo, la ricorrente asserisce che le tre società interessate hanno subito un pregiudizio reale e certo, oltre che quantificabile.

Da ultimo, secondo la ricorrente sussiste un nesso di causalità tra detto pregiudizio e la condotta illecita della Commissione.


(1)  Regolamento delegato (UE) n. 913/2014 della Commissione, del 21 agosto 2014, che istituisce misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo per i produttori di pesche e pesche noci (GU L 248, pag. 1)

(2)  Regolamento delegato (UE) n. 932/2014 della Commissione, del 29 agosto 2014, che istituisce misure di sostegno eccezionali a carattere temporaneo per i produttori di taluni ortofrutticoli e che modifica il regolamento delegato (UE) n. 913/2014 (GU L 259, p. 2).


25.7.2016   

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C 270/66


Ricorso proposto il 13 giugno 2016 — East West Consulting/Commissione

(Causa T-298/16)

(2016/C 270/71)

Lingua processuale: il francese

Parti

Ricorrente: East West Consulting SPRL (Nandrin, Belgio) (rappresentanti: L. Levi e A. Tymen, avvocati)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

dichiarare il presente ricorso ricevibile e fondato;

di conseguenza,

dichiarare la responsabilità extracontrattuale della Commissione europea;

condannare la convenuta a risarcire il danno subito dalla ricorrente, stimato, con riserva di ulteriore definizione, nella somma di EUR 496 000;

in ogni caso, condannare la convenuta all’integralità delle spese.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce due motivi.

1.

Primo motivo, vertente su violazioni sufficientemente qualificate di norme giuridiche da parte della Commissione, avendo questa registrato, in base alla decisione 2008/969/CE, Euratom della Commissione, del 16 dicembre 2008, sul sistema di allarme rapido ad uso degli ordinatori della Commissione e delle agenzie esecutive (GU 2008, L 344, pag. 125), l’avviso «W3b» nel sistema di allarme rapido (SAR) nei confronti della ricorrente, a seguito di un’indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), individuando il livello di rischio associato alla ricorrente in qualità di aggiudicataria dell’appalto pubblico di servizi concernente un progetto volto a rafforzare la lotta al lavoro non dichiarato nella ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Tale motivo si suddivide in cinque parti:

Prima parte, secondo la quale la decisione di registrazione dell’avviso della ricorrente nel SAR (in prosieguo: la «decisione SAR») sarebbe illegittima, poiché sarebbe priva di base giuridica, violerebbe l’articolo 5 TUE e il diritto fondamentale alla presunzione d’innocenza;

Seconda parte, in base alla quale la decisione SAR sarebbe illegittima, in quanto violerebbe il principio della certezza del diritto riguardo alle condizioni relative all’avviso «W3b»;

Terza parte, secondo cui la decisione SAR sarebbe illegittima, in quanto risulterebbe da violazioni dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, del principio di buona amministrazione, dei diritti della difesa, del diritto fondamentale di essere ascoltato, nonché dell’obbligo di motivazione;

Quarta parte, dedotta in subordine, secondo la quale la Commissione avrebbe violato la decisione SAR, l’obbligo di motivazione di cui all’articolo 41 della Carta, il dovere di diligenza e il principio di proporzionalità;

Quinta parte, in base alla quale il motivo del rifiuto dell’accordo della Commissione sarebbe irregolare, in quanto violerebbe il capitolato d’oneri.

2.

Secondo motivo, vertente sul pregiudizio subito dalla ricorrente e sul nesso di causalità tra il comportamento scorretto della Commissione e tale pregiudizio.


25.7.2016   

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C 270/67


Ordinanza del Tribunale del 6 giugno 2016 — Miejskie Przedsiębiorstwo Energetyki Cieplnej/ECHA

(Causa T-560/12) (1)

(2016/C 270/72)

Lingua processuale: il polacco

Il presidente della Sesta Sezione ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo.


(1)  GU C 79 del 16.3.2013.


25.7.2016   

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C 270/67


Ordinanza del Tribunale del 1o giugno 2016 — Laboratoire Nuxe/EUIPO — NYX, Los Angeles (NYX)

(Causa T-537/14) (1)

(2016/C 270/73)

Lingua processuale: l'inglese

Il presidente della Settima Sezione ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo.


(1)  GU C 329 del 22.9.2014.


25.7.2016   

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C 270/67


Ordinanza del Tribunale del 31 maggio 2016 — Laboratorios Thea/EUIPO — Sebapharma (Sebacur)

(Causa T-84/15) (1)

(2016/C 270/74)

Lingua processuale: l’inglese

Il presidente dell’Ottava Sezione ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo.


(1)  GU C 118 del 13.4.2015.


Tribunale della funzione pubblica

25.7.2016   

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C 270/68


Sentenza del Tribunale della funzione pubblica (Giudice Unico) del 14 giugno 2016 — Fernández González/Commissione

(Causa F-121/15) (1)

((Funzione pubblica - Agente temporaneo - Agente preposto al Gabinetto di un commissario europeo - Assunzione di un agente temporaneo ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del RAA - Requisito dell’interruzione di ogni forma di impiego con la Commissione per un periodo di sei mesi - Punto 3.2 della nota D(2005) 18064 della Commissione, del 28 luglio 2005, relativa all’assunzione di agenti temporanei, ai sensi dell’articolo 2, lettera b) e d), del RAA, riguardante posti permanenti in caso di mancanza di vincitori di concorso))

(2016/C 270/75)

Lingua processuale: il francese

Parti

Ricorrente: Elia Fernández González (Bruxelles, Belgio) (rappresentanti: M. Casado García-Hirschfeld e É. Boigelot, avvocati)

Convenuta: Commissione europea (rappresentanti: C. Berardis-Kayser e G. Berscheid, agenti, D. Waelbroeck e A. Duron, avvocati)

Oggetto

Domanda di annullamento della decisione di rigetto della candidatura della ricorrente alla posizione che è stata oggetto dell’avviso di posto vacante COM/2014/2036, fondata sul mancato rispetto del requisito dell’interruzione di contratto per una durata di sei mesi prima dell’assunzione di un agente che era stato precedentemente assunto a contratto nel grado AT2c, in applicazione della nota D(2005)18064 del 28 luglio 2005 della DG HR, nonché risarcimento dei danni materiali e morali asseritamente subiti.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto.

2)

La Commissione europea sopporta le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute dalla sig.ra Elia Fernández González.


(1)  GU C 354 del 26/10/2015, pag. 57.


25.7.2016   

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C 270/69


Sentenza del Tribunale della funzione pubblica (Giudice unico) del 10 giugno 2016 — HI/Commissione

(Causa F-133/15) (1)

((Funzione pubblica - Funzionari - Articolo 11 dello Statuto - Dovere di lealtà - Articolo 11 bis - Conflitto di interessi - Funzionario incaricato del controllo di un progetto finanziato dall’Unione - Vincolo familiare tra tale funzionario e un impiegato assunto per l’esecuzione del progetto dalla società incaricata del progetto stesso - Procedimento disciplinare - Sanzione disciplinare - Retrogradazione - Legittimità della composizione del consiglio di disciplina - Obbligo di motivazione - Durata del procedimento - Termine ragionevole - Violazione dei diritti della difesa - Principio del ne bis in idem - Manifesto errore di valutazione - Proporzionalità della sanzione - Circostanze attenuanti))

(2016/C 270/76)

Lingua processuale: il francese

Parti

Ricorrente: HI (rappresentante: M. Velardo, avvocato)

Convenuta: Commissione europea (rappresentanti: C. Ehrbar e F. Simonetti, agenti)

Oggetto

Domanda di annullamento della decisione della Commissione che applica una sanzione di retrogradazione permanente di due gradi al ricorrente all’esito di un’indagine riguardante una situazione di conflitto di interessi, nonché risarcimento del danno morale asseritamente subìto.

Dispositivo

1)

Il ricorso è respinto.

2)

HI sopporta le proprie spese ed è condannato a sopportare le spese sostenute dalla Commissione europea.


(1)  GU C 414 del 14.12.2015, pag. 45.