ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 170

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

57° anno
5 giugno 2014


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

494a sessione plenaria del CESE del 10 e 11 dicembre 2013

2014/C 170/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Verso una strategia macroregionale dell'UE per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale nel Mediterraneo (parere d'iniziativa)

1

2014/C 170/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Strumenti statistici per misurare il volontariato (parere d'iniziativa)

11

2014/C 170/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La misurazione dell’impatto sociale (parere d’iniziativa)

18

2014/C 170/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Reddito minimo europeo e indicatori di povertà (parere d'iniziativa)

23

2014/C 170/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le sfide del settore europeo dell’ingegneria (industria meccanica, elettrotecnica, elettronica e della lavorazione dei metalli) in un’economia mondiale in trasformazione (parere d’iniziativa)

32

2014/C 170/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il settore europeo della manutenzione, riparazione e trasformazione navale: un'industria resistente e competitiva a livello mondiale che applica le politiche dell'UE per una crescita sostenibile (parere d'iniziativa)

38

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

494a sessione plenaria del CESE del 10 e 11 dicembre 2013

2014/C 170/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea COM(2013) 522 final — 2013/0248 (COD)

45

2014/C 170/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui fondi comuni monetari COM(2013) 615 final — 2013/0306 (COD)

50

2014/C 170/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Il sistema bancario ombra: affrontare le nuove fonti di rischio nel settore finanziario COM(2013) 614 final

55

2014/C 170/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Pacchetto investimenti per l'innovazione COM(2013) 494 final COM(2013) 493 final — 2013/0232 (COD) COM(2013) 495 final — 2013/0240 (NLE) COM(2013) 496 final — 2013/0241 (NLE) COM(2013) 497 final — 2013/0242 (COD) COM(2013) 498 final — 2013/0243 (COD) COM(2013) 500 final — 2013/0233 (COD) COM(2013) 501 final — 2013/0234 (NLE) COM(2013) 503 final — 2013/0237 (NLE) COM(2013) 505 final — 2013/0244 (NLE) COM(2013) 506 final — 2013/0245 (NLE)

61

2014/C 170/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi COM(2013) 401 final

68

2014/C 170/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici assistiti, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio COM(2013) 512 final — 2013/0246 (COD)

73

2014/C 170/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento tramite carta COM(2013) 550 final — 2013/0265 (COD) e alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno e recante modifica delle direttive 2002/65/CE, 2013/36/UE e 2009/110/CE e che abroga la direttiva 2007/64/CE COM(2013) 547 final — 2013/0264 (COD)

78

2014/C 170/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea COM(2013) 534 final

85

2014/C 170/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Piano d'azione per l'industria siderurgica europea COM(2013) 407 final

91

2014/C 170/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Anno europeo dello sviluppo (2015)

98

2014/C 170/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sanità animale COM(2013) 260 final — 2013/0136 (COD), alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione e alla messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale (testo unico sul materiale riproduttivo vegetale) COM(2013) 262 final — 2013/0137 (COD), e alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante COM(2013) 267 final — 2013/0141 (COD)

104

2014/C 170/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) COM(2013) 521 final — 2013/0247 (COD)

110

2014/C 170/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti COM(2013) 516 final — 2013/0239 (COD)

113

2014/C 170/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda gli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea e abroga la direttiva 2006/409/CE del Consiglio, alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione del cielo unico europeo (rifusione), e alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Accelerare l'attuazione del cielo unico europeo COM(2013) 408 final — COM(2013) 409 final — 2013/0187 (COD) e COM(2013) 410 final — 2013/0186 (COD)

116

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

494a sessione plenaria del CESE del 10 e 11 dicembre 2013

5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Verso una strategia macroregionale dell'UE per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale nel Mediterraneo (parere d'iniziativa)

2014/C 170/01

Relatore: MALLIA

Correlatore: PALMIERI

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Verso una strategia macroregionale dell'UE per lo sviluppo della coesione economica, sociale e territoriale nel Mediterraneo.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 121 voti favorevoli, 2 voti contrari e 1 astensione.

Glossario

Acronimo

 

MMR

Macroregione mediterranea

MMRS

Strategia macroregionale per il Mediterraneo

RCM

Regione costiera mediterranea

EMMRF

Forum macroregionale euromediterraneo

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la regione mediterranea abbia bisogno di una strategia macroregionale per aiutare le regioni e gli Stati che ne fanno parte a far fronte alle sfide che non possono risolvere in modo soddisfacente da soli con i mezzi consueti. Una strategia di questo tipo aiuterebbe le regioni interessate ad affrontare alla radice l'incertezza che domina nella regione mediterranea aumentando il valore aggiunto dei risultati positivi delle iniziative già lanciate e degli obiettivi della strategia Europa 2020. Il successo della strategia macroregionale per il Mediterraneo (MMRS) avrà inoltre un effetto positivo sull'intera Unione europea.

1.2

Le regioni costiere mediterranee (RCM) dell'UE presentano i presupposti ideali per costituire una piattaforma di cooperazione che potrebbe diventare strategicamente importante nel rafforzare i legami economici, sociali e politici tra queste stesse regioni e le regioni mediterranee dei paesi terzi in rapporto a temi specifici (immigrazione, trasporti marittimi, sicurezza marittima, tutela ambientale, ecc.). Le RCM sono potenzialmente in grado di catalizzare il processo di crescita economica e di trasformazione con modalità assolutamente innovative.

1.3

Tenuto conto della vastità dell'area, il CESE propone inoltre di suddividere la macroregione mediterranea (MMR) in tre sottomacroregioni identificate secondo un criterio geografico (la prossimità regionale) e di renderla operativa attraverso piani d'azione basati su un approccio funzionale alle sfide comuni.

1.4

Il CESE propende per una strategia basata sulla «regola dei tre sì» (sì alla complementarità dei finanziamenti, sì al coordinamento degli strumenti istituzionali, sì alla definizione di nuovi progetti) che rafforzi le sinergie tra le varie politiche dell'UE e coordini gli sforzi di un ampio ventaglio di soggetti interessati delle regioni costiere mediterranee dell'UE.

1.5

Il CESE è favorevole allo sviluppo di una strategia macroregionale per il Mediterraneo che inglobi tutti gli obiettivi della strategia Europa 2020, in particolare le priorità definite come crescita intelligente (promuovere un'economia basata sulla conoscenza a sostegno dell'innovazione e delle nuove tecnologie), crescita sostenibile (promuovere un'economia sostenibile, più verde e più competitiva) e crescita inclusiva (promuovere un'economia con una forte attenzione alla creazione di posti di lavoro e alla riduzione della povertà, per sostenere la coesione sociale e territoriale).

1.6

Il CESE individua cinque motori di cambiamento che possono contribuire alla riuscita attuazione delle politiche di coesione dell'UE per il periodo 2014-2020 nella regione del Mediterraneo:

promuovere uno sviluppo policentrico, equilibrato e integrato;

sostenere la cooperazione territoriale nelle regioni costiere mediterranee dell'UE;

garantire la competitività globale di tali regioni grazie a economie locali forti;

migliorare la connettività territoriale a beneficio dei cittadini, delle comunità e delle imprese;

gestire e collegare le risorse ecologiche, paesaggistiche e culturali.

1.7

Il CESE richiama l'attenzione sulla notevole importanza di sostenere la strategia per la crescita blu, potenzialmente in grado di rafforzare la competitività nella regione mediterranea facilitando l'attuazione di politiche più rispettose dell'ambiente e il passaggio verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori. Il Comitato appoggia inoltre il principio di una strategia macroregionale per il Mediterraneo che tenga conto della Strategia europea sulla disabilità  (1) e della Strategia per la parità tra donne e uomini  (2). Queste tre strategie dovrebbero rafforzarsi reciprocamente nel processo di attuazione.

1.8

Il CESE accoglie favorevolmente la proposta per il Mediterraneo avanzata dalla Commissione europea nel quadro della politica marittima integrata. Desidera tuttavia proporre un approccio più ambizioso comprendente una strategia macroregionale che inglobi sia il pilastro marittimo che quello territoriale, tenendo conto delle esperienze delle regione del Mar Baltico e di quella del Danubio, oltre che della relazione del Parlamento europeo sul tema Evoluzione delle strategie macroregionali dell'UE e della relazione della Commissione europea sul valore aggiunto delle strategie macroregionali.

1.9

Il CESE fa notare che la struttura di governance della strategia macroregionale per il Mediterraneo dovrebbe essere basata su un approccio multilivello che coinvolga le istituzioni regionali, nazionali ed europee, e non dovrebbe essere considerata un'attività o uno sforzo aggiuntivo delle suddette istituzioni.

1.10

Secondo il CESE, il principio fondamentale per l'attuazione di una strategia macroegionale per il Mediterraneo è l'adozione di un approccio integrato, da definirsi in un primo tempo attraverso tavole rotonde e da rafforzare poi con la creazione di un Forum macroregionale euromediterraneo (EMMRF), così da promuovere il pieno coinvolgimento di tutti gli attori istituzionali e della società civile (le parti interessate) e combinare le politiche esistenti con obiettivi funzionali per dare vita a una politica comune e condivisa. L'EMMRF qui proposto metterà a frutto l'esperienza accumulata nell'elaborazione, nel monitoraggio e nella valutazione delle questioni territoriali e marittime del Mediterraneo. Esso diventerà lo strumento macroregionale per la definizione delle linee d'azione strategiche comuni e assumerà un ruolo attivo nell'identificazione dei progetti prioritari per la coesione territoriale delle regioni mediterranee.

1.11

Tenuto conto del sostegno del CESE e del Comitato delle regioni per una strategia che sviluppi la coesione nel Mediterraneo, il CESE ritiene strategicamente opportuno che il Forum macroregionale del Mediterraneo sia ospitato e guidato da queste due istituzioni. A questo fine, bisognerà creare un gruppo guida composto da rappresentanti del Parlamento europeo, della Commissione, del CESE e del CdR. Questo gruppo guida fornirà un sostegno sistematico nella fase di elaborazione della strategia e nel suo futuro coordinamento.

1.12

Il CESE è dell'avviso che la strategia non debba ridursi a un mero documento, ma che vada vista innanzi tutto come un processo. Ciò significa che essa deve essere attuata nel corso del tempo. Il CESE si augura che gli insegnamenti positivi tratti dall'attuazione delle strategie macroregionali per il Baltico e per il Danubio vengano applicati alla regione mediterranea, contribuendo così a un'attuazione efficace e tempestiva della nuova strategia macroregionale per il Mediterraneo, onde apportare benefici concreti ai cittadini delle regioni interessate entro un arco di tempo ragionevole.

2.   Una strategia macroregionale dell'UE per il Mediterraneo

2.1

È importante stabilire che cosa si intenda per macroregione. Perlopiù, viene definita macroregione «un'area che abbraccia territori di diversi paesi o regioni associati a una o più caratteristiche o sfide [….] di tipo geografico, culturale o economico, oppure di altra natura» (3).

2.1.1

La Commissione ha stabilito la struttura generale di una strategia macroregionale, che consta dei tre elementi seguenti:

1)

si tratta di un quadro integrato che abbraccia Stati membri e paesi terzi di una stessa zona geografica;

2)

è intesa ad affrontare sfide comuni;

3)

i paesi interessati traggono beneficio da una cooperazione rafforzata in termini di coesione economica, sociale e territoriale.

2.2

A tutt'oggi l'UE ha adottato due strategie macroregionali: quella per la regione del Mar Baltico e quella per la regione danubiana, rispettivamente nel 2009 e nel 2011. È in corso di approvazione una strategia macroregionale per la regione adriatico-ionica, proposta originariamente nel 2011 dal Comitato delle regioni (CdR) (4), mentre è stata già approvata una strategia atlantica basata su un approccio a livello di bacino marittimo.

2.2.1

Il dibattito sulle strategie macroregionali va inteso in funzione dei vari sviluppi nel quadro delle politiche dell'UE: con il Trattato di Lisbona, la coesione territoriale è diventata un obiettivo centrale della politica dell'UE, e nella strategia Europa 2020 la governance territoriale rappresenta il fattore chiave per sostenere il raggiungimento degli obiettivi della politica di coesione dell'UE per il prossimo periodo di programmazione (quadro finanziario pluriennale 2014-2020).

2.2.2

Nel 2012 la Commissione ha pubblicato una comunicazione in cui valuta le esigenze e il potenziale delle attività connesse al mare nell'area adriatica-ionica, presentando un quadro generale «per poter procedere, entro il 2013, verso una strategia marittima coerente accompagnata dal relativo piano d'azione», e ha aggiunto che «qualora gli Stati membri dell'UE dovessero decidere di affidare alla Commissione l'elaborazione di una strategia unionale per la regione adriatica e ionica, la presente strategia marittima potrebbe costituire il punto di partenza di questa strategia macroregionale europea, estesa ad ambiti supplementari» (5).

2.3

Visto che l'approccio «macroregionale» è sempre più presente nella politica dell'UE, il CESE ritiene che lo stesso termine «macroregione» debba essere definito in modo più chiaro. Inoltre il CESE, sulla scia dei precedenti pareri (6), sostiene questa importante strategia politica e la risoluzione del Parlamento europeo sulle prospettive macroregionali nel bacino del Mediterraneo (7).

2.3.1

Nelle strategie macroregionali si distinguono due obiettivi principali, a seconda che si occupino di problemi che non possono essere affrontati in modo soddisfacente attraverso l'azione individuale di regioni o paesi (ad esempio, le sfide ambientali) o siano finalizzate a una cooperazione che apporta benefici alle regioni e ai paesi coinvolti. Questa classificazione rispecchia la distinzione tra questione transnazionale e questione d'interesse comune (concetti utilizzati nel dibattito sulla transnazionalità e sussidiarietà del finanziamento dell'UE). Nel caso del Mediterraneo, le caratteristiche geografiche, socioeconomiche e amministrative della regione fanno propendere fortemente per la prima categoria di obiettivi.

2.4

Il bacino del Mediterraneo presenta caratteristiche ambientali, storiche e culturali omogenee e per questo motivo potrebbe essere considerato come un'unica macroregione (8). Il CESE è dell'avviso che nel bacino del Mediterraneo occorra applicare un'unica strategia macroregionale, che coinvolga le 149 regioni costiere mediterranee (di cui 7 croate) di Spagna, Francia, Croazia, Italia, Malta, Slovenia, Grecia e Cipro definite al livello NUTS 3 (9).

2.5

Nel 2009 la popolazione attiva residente nelle regioni costiere mediterranee dell'UE era di 32,4 milioni di persone, di cui circa il 41 % formato da donne. In media la popolazione di queste regioni è soggetta a un maggior rischio di disoccupazione: nel 2009 il tasso medio di disoccupazione nelle regioni costiere mediterranee dell'UE si aggirava intorno al 12,9 %, a fronte di un tasso UE dell'8,9 %. Nel 2007 il prodotto interno lordo (PIL) di queste regioni era di 1 715 miliardi di SPA (standard di potere d'acquisto), ossia il 13,9 % del PIL dell'UE, mentre il PIL medio pro capite era di 23 000 SPA, ossia inferiore a quello medio dell'UE (24 000 SPA pro capite) (10).

2.5.1

Tenuto conto dell'estensione dell'area, il CESE è quindi dell'avviso che la macroregione mediterranea dell'UE debba essere suddivisa in almeno tre sottomacroregioni. Recenti consultazioni realizzate dal Parlamento europeo (PE) sull'evoluzione delle macroregioni hanno mostrato una propensione a suddividere l'area considerata in tre sottomacroregioni distinte: (i) una nel Mediterraneo occidentale, (ii) un'altra nel Mediterraneo centrale (con l'attuazione della macroregione adriatico-ionica) e (iii) la terza nel Mediterraneo orientale, con piani d'azioni specifici e coordinati tra loro.

2.5.2

Per quanto concerne la sottomacroregione del Mediterraneo centrale, il CESE, in linea con il punto di vista del Parlamento europeo e la distribuzione geografica elaborata da Eurostat, ritiene fondamentale coinvolgere la Sicilia e Malta nella macroregione adriatico-ionica. Più importante ancora, i paesi e le regioni situati lungo i confini immaginari delle sottomacroregioni dovrebbero inoltre poter far parte di più di una sottomacroregione, onde assicurare un coordinamento migliore ed eliminare inutili doppioni e conflitti.

3.   Quali sono i presupposti esistenti?

3.1

L'intero bacino del Mediteranno ha risentito di un approccio discontinuo da parte dell'Unione europea, con il lancio di vari strumenti e iniziative nel corso degli anni. Pur avendo portato ad alcuni risultati positivi, queste iniziative non sono riuscite a centrare appieno gli obiettivi di sviluppo sociale, politico ed economico che si erano inizialmente prefisse. È arrivato il momento di completare ciò che l'UE sta facendo, nel quadro della sua politica esterna, attraverso l'Unione per il Mediterraneo e la politica europea di vicinato lanciando una politica più integrata per le regioni mediterranee dell'UE.

3.1.1

Strategie chiare e condivise per l'intera regione e per le relative sotto-regioni, accompagnate dal relativo piano d'azione, potrebbero contribuire a risolvere alcune incertezze della politica regionale che sono sorte a causa degli insuccessi delle politiche esterne dell'UE in questa regione, come l'Unione per il Mediterraneo e la politica di vicinato. Strategie chiare di questo tipo possono inoltre contribuire a inglobare e salvaguardare alcuni dei risultati positivi ottenuti e dei progetti in corso nel quadro delle attuali politiche esterne dell'UE.

3.2

Il CESE propende per un approccio macroregionale che rafforzi le sinergie tra le differenti politiche dell'UE e coordini gli sforzi di un ampio ventaglio di parti interessate delle regioni costiere mediterranee dell'UE. In termini generali, una strategia macroregionale dovrebbe puntare a fornire un valore aggiunto alle azioni già in corso all'interno di una macroregione per coordinare i fondi europei, nazionali e regionali in funzione di obiettivi e traguardi condivisi, suscitare nei soggetti coinvolti il sentimento di un successo comune e riunire le organizzazioni e gli enti di ogni livello attorno ad alcune opportunità e sfide cruciali. Più concretamente, in questo periodo molto particolare di enormi restrizioni di bilancio che si stanno pesantemente ripercuotendo sulla capacità del settore privato di far ripartire il motore economico, è indispensabile raggiungere il maggior grado possibile di efficienza paretiana nell'impiego delle risorse disponibili.

3.3

La situazione economica attuale, frutto della crisi finanziaria mondiale del 2008, richiede uno sforzo continuo teso a incoraggiare nuovi settori di crescita che possano aiutare i paesi a superare la crisi economica e permettere loro di creare i tanto necessari posti di lavoro. Le aree costiere dell'UE nell'Europa meridionale sono potenzialmente in grado di diventare centri innovativi di crescita dinamica facendo leva sulle loro caratteristiche uniche.

3.3.1

Sarà tuttavia necessario uno sforzo senza precedenti per coordinare tutti i lavori in corso ad opera delle principali parti interessate della regione, allo scopo di realizzare un'integrazione più stretta tra le aree considerate, in cui le parti sociali e la società civile svolgano un ruolo di primo piano.

3.3.2

Il CESE è dell'avviso che esista già una sovrabbondanza di strumenti e politiche che potrebbero contribuire in modo significativo all'attuazione di una strategia macroregionale. Ci riferiamo ai progetti finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e dal Fondo sociale europeo (FSE), ai cosiddetti fondi strutturali e ai fondi sparsi tra l'obiettivo Convergenza, l'obiettivo Competitività regionale e occupazione e l'obiettivo Cooperazione territoriale europea, e i programmi per lo sviluppo della rete dei trasporti e la coesione territoriale (destinati alla realizzazione della strategia Europa 2020), in particolare quelli con una spiccata impronta marittima, come il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e il meccanismo per collegare l'Europa, oltre alla Banca europea per gli investimenti (BEI) e ai finanziamenti nazionali.

3.3.2.1

A questo proposito, vale la pena sottolineare che tutti gli Stati membri dell'UE (e più specificamente le 163 regioni dell'area mediterranea) stanno attualmente elaborando propri accordi di partenariato, in cui spiegano in che modo intendono utilizzare i fondi del quadro strategico comune (QSC). Sebbene la cooperazione territoriale sia senz'altro una delle componenti di tali accordi, il CESE ritiene che si stia perdendo un'opportunità di rafforzare il coordinamento tra paesi e regioni nel bacino mediterraneo.

3.3.2.2

In ogni caso, il CESE insiste sull'opportunità di ricorrere ad accordi provvisori per favorire l'attuazione della strategia macroregionale e, all'atto della revisione intermedia degli accordi di partenariato in via di conclusione con gli Stati membri, tali misure dovrebbero già essere pienamente operative.

3.3.3

Per assicurare che questi strumenti siano mirati e ottimizzati, è necessario un coordinamento multilivello tra le istituzioni interessate, allo scopo di guidare il processo e garantire che le risorse siano utilizzate al massimo e vengano evitate le duplicazioni. Il coordinamento interregionale è ora diventato essenziale e urgente, soprattutto in quanto è necessario realizzare di più con un livello di finanziamenti identico, se non inferiore. Pertanto, per garantire coordinamento ed efficacia, vanno creati gli strumenti opportuni.

3.3.3.1

In un mondo caratterizzato da una concorrenza globale, le 163 regioni del Mediterraneo devono essere in grado di competere con i concorrenti sia vicini che lontani e per questo motivo sono estremamente necessarie leadership e decisioni tempestive.

3.3.4

Le regioni che fanno parte della Conferenza delle regioni periferiche marittime d'Europa (CRPM) e il CdR hanno esortato a più riprese la Commissione europea a introdurre un «patto territoriale» per favorire l'appropriazione della strategia Europa 2020 da parte di tutti i gruppi economici nelle regioni europee (11).

3.4

Ciò che occorre è una combinazione di politiche fondamentali e decentramento del processo decisionale, che contribuisca ad assicurare che le risorse siano coordinate in modo tale da essere impiegate laddove avranno più probabilità di esercitare il massimo impatto in termini di crescita e occupazione.

3.4.1

Soltanto una strategia ben meditata, mantenuta semplice e basata sul più ampio consenso possibile può contribuire a chiarire i percorsi e le scelte che si prospettano per le regioni, le città e i porti delle regioni costiere mediterranee dell'UE.

3.4.2

È anche importante mettere a punto un metodo di misurazione dell'efficacia delle politiche all'interno della macroregione mediterranea, in modo da poter intervenire tempestivamente con un'azione correttiva. In passato, la mancanza di un parametro con cui misurare con precisione il successo o il fallimento delle politiche, associato all'assenza di coordinamento, alla duplicazione degli sforzi e a una mancanza di responsabilità, impediva un'azione correttiva tempestiva e finiva per amplificare i fallimenti delle politiche.

3.4.3

La strategia deve essere accompagnata da un piano d'azione che identifichi chiaramente i progetti, da scegliere prevalentemente in base all'impatto transregionale e all'importanza ai fini della crescita economica, e le fonti di finanziamento da mobilitare per la loro realizzazione. Questa parte è essenziale e dovrebbe essere preferibilmente completata entro i primi due anni dall'avvio del QFP 2014-2020.

3.4.4

È estremamente importante ridurre gli obblighi a carico dei soggetti interessati e degli operatori in termini di informazione e formalità amministrative. Le ONG, le PMI e gli enti regionali, soprattutto quelli appartenenti alle regioni più piccole, sono spesso disincentivati dal partecipare in quanto non dispongono della capacità necessaria e hanno estrema difficoltà a svolgere tutte le procedure burocratiche richieste. Pur riconoscendo la necessità di «checks and balances», è fondamentale che i beneficiari dei fondi per la realizzazione di progetti possano dedicare tempo e risorse alla produzione di benefici reali per la società e l'economia in senso lato.

3.4.5

Il CESE ritiene che una mancata realizzazione dei piani d'azione impedirà alle regioni di sfruttare un'opportunità di crescita. Il costo del mancato sfruttamento di questa opportunità sarà estremamente alto, soprattutto in tempi di crisi. Il CESE è fermamente convinto che attraverso una collaborazione innovativa si possano realizzare incrementi di efficienza significativi nell'impiego delle risorse allo scopo di conseguire una crescita più forte. Il rischio di un fallimento rappresenta una minaccia anche per i responsabili politici regionali e i loro cittadini. Per la maggior parte delle regioni interessate, le prospettive di crescita per i prossimi due anni non sono molto buone e questa situazione sfavorevole rischia di aggravarsi se le regioni imboccano vie che ignorano le opportunità fornite da una strategia macroregionale e non utilizzano le risorse umane e naturali della regione in modo efficiente e sostenibile (12).

3.4.6

Il punto di partenza di questa strategia dovrebbe essere la definizione degli obiettivi principali e l'individuazione dei programmi esistenti a livello europeo, nazionale e regionale nonché degli enti locali e regionali e delle organizzazioni della società civile che possono fornire il necessario sforzo di coordinamento. Esistono vari progetti finanziati dall'Unione nel quadro di una strategia macroregionale dell'UE che, se opportunamente coordinati, potrebbero produrre un valore aggiunto molto maggiore. Questo tipo di progetti che già esiste, almeno sulla carta, e quelli nuovi che saranno certamente lanciati in futuro, possono essere utili nella realizzazione di alcuni obiettivi della strategia macroregionale dell'UE.

4.   Quale dovrebbe essere il campo d'azione?

4.1

Il campo di azione consiste principalmente nell'incoraggiare la definizione di una macroregione mediterranea multilivello associata a una strategia macroregionale, in cui le attività siano realizzate attraverso piani d'azione specifici basati sulla «regola dei tre sì»: sì alla complementarità dei finanziamenti, sì al coordinamento degli strumenti istituzionali, sì alla definizione di nuovi progetti.

4.2

Le regioni mediterranee hanno bisogno di un impegno comune a collaborare per mezzo della strategia a tutti i livelli di azione: ciò renderà possibile trarre vantaggio dagli obiettivi della strategia Europa 2020, promuovendo così l'integrazione tra le politiche e i fondi dell'UE (cooperazione territoriale). La strategia macroregionale dovrebbe essere attuata per aiutare le regioni e i territori a fare fronte alle sfide che non possono essere risolte unicamente con mezzi nazionali.

4.3

Il CESE è dell'avviso che lo sviluppo di una strategia macroregionale per il Mediterraneo dovrebbe essere basato su tre pilastri di crescita:

crescita intelligente (con particolare attenzione alla crescita blu)

promuovere un'economia basata sulla conoscenza a sostegno dell'innovazione e delle nuove tecnologie

crescita sostenibile

promuovere un'economia sostenibile, più verde e più competitiva

crescita inclusiva

promuovere un'economia con una forte attenzione alla creazione di posti di lavoro e alla riduzione della povertà per sostenere la coesione sociale e territoriale.

4.3.1

La «crescita intelligente» sarà sostenuta tenendo conto del concetto di «crescita blu». Il 13 settembre 2012 la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sul tema della crescita blu in cui individua cinque «catene del valore» potenzialmente in grado di creare una crescita e un'occupazione sostenibili nell'economia blu, nella fattispecie: energia blu; acquacoltura; turismo marittimo, costiero e di crociera; risorse minerali marine; biotecnologia blu (13).

4.3.1.1

La «crescita blu» rispecchia le scelte operate dalle regioni marittime per rafforzare la propria competitività e crescita economica sfruttando la loro posizione geografica e le loro specificità — ossia, le attività marine e marittime — in breve, concentrandosi su ciò che sanno fare meglio.

4.3.1.2

La sfida della «crescita intelligente» per le regioni costiere della macroregione mediterranea dell'UE è duplice:

da un lato, si tratta di creare un'attività economica sufficiente per contribuire a far uscire l'Europa dall'attuale crisi economica e sociale,

dall'altro, occorre realizzare gli investimenti necessari nelle infrastrutture chiave (in particolare porti, aeroporti, ferrovie, poli dei trasporti e altre strutture) affinché la macroregione mediterranea dell'UE sia in grado di partecipare pienamente alla ripresa, quando questa inizierà.

4.3.1.3

L'impiego sostenibile delle risorse del Mediterraneo offre l'opportunità di creare ricchezza e occupazione. Bisognerebbe sviluppare la ricerca in sistemi e tecnologie ambientali di livello avanzato per sostenere le attività tradizionali della regione mediterranea che sono in declino, aprendo così nuove prospettive.

4.3.1.4

Queste sfide richiedono il coinvolgimento della comunità scientifica, di quella tecnologica e del mondo economico accanto alle parti sociali. Bisognerebbe tenere conto delle attività di supporto in settori quali le infrastrutture, l'industria, la formazione, le politiche d'investimento in R&S, la collaborazione tra università e la creazione di cluster.

4.3.1.5

Il settore nautico è assai prospero e contribuisce alle strategie di sviluppo. Il turismo nautico genera attività economica e occupazione, e inoltre contribuisce a sviluppare l'identità euromediterranea.

4.3.2

Gli aspetti principali della «crescita sostenibile» e i settori coinvolti sono tutti interconnessi in molteplici modi. Il raggiungimento della sostenibilità e l'attuazione di politiche più verdi, oltre al passaggio verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori, contribuiscono a realizzare gli obiettivi in materia di cambiamenti climatici e di adattamento a tali cambiamenti. Le risorse devono essere impiegate in modo efficiente, le sinergie vanno rafforzate, gli sprechi e i doppioni devono essere individuati e scoraggiati. Le infrastrutture chiave, comprese quelle per i trasporti terrestri e marittimi, le reti informatiche e quelle per la trasmissione dell'energia, devono essere costantemente potenziate per assicurare che non insorgano strozzature asfissianti.

4.3.2.1

La sostenibilità costiera e quella marittima sono interconnesse ed entrambe sono esposte alle pressioni esercitate dall'attività umana, compreso l'inquinamento del suolo, che finisce per scaricarsi nel Mediterraneo, e le emissioni di CO2 generate dalle navi (14). La gestione integrata delle aree costiere non dovrebbe essere circoscritta alle attività economiche e all'inquinamento costieri. Bisogna fornire ogni incentivo per incoraggiare il settore marittimo e le navi che solcano il Mediterraneo a passare alle forme più moderne di tecnologia «verde».

4.3.2.2

L'Unione europea e otto dei suoi Stati membri hanno sottoscritto la Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo contro l'inquinamento (e dei relativi protocolli), conclusa sotto l'egida del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP). Con atto del Consiglio approvato alla fine del 2012, l'UE è inoltre diventata parte contraente del protocollo di questa convenzione per la protezione delle aree costiere del Mediterraneo dall'inquinamento generato dalle attività offshore. Le regioni mediterranee dell'UE hanno molte probabilità di ricavare grandi benefici da questa convenzione e dovrebbero prestarvi grande attenzione, anche nel quadro del loro obiettivo di realizzare una crescita «blu».

4.3.2.3

Il potenziale di energie rinnovabili nel Mediterraneo rappresenta una fonte immensa di energia pulita ancora da sfruttare. In linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020, nella strategia macroregionale dell'UE andrebbero incluse delle misure di adattamento e prevenzione dei cambiamenti climatici.

4.3.2.4

La strategia macroregionale dell'UE deve prevedere azioni in materia di trasporto sostenibile volte a ridurre le emissioni di biossido di carbonio. Il traffico legato ai trasporti stradali dovrebbe essere trasferito sui trasporti marittimi (15), mentre questi ultimi devono proseguire sulla strada che porta all'utilizzo di carburante «più pulito». La strategia deve inoltre comprendere la sicurezza marittima, nonché la cooperazione in materia di prevenzione e risposta alle calamità.

4.3.3

La strategia macroregionale dell'UE dovrebbe prevedere una forte dimensione sociale per sostenere una «crescita inclusiva» nelle regioni costiere mediterranee. Lo sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro dovrebbero aiutare gli abitanti di queste regioni a ottenere una qualità di vita migliore. Gli enti regionali devono promuovere il dialogo sociale e la partecipazione delle parti sociali e della società civile. Sulla base di un approccio integrato alla coesione territoriale, bisognerebbe tener conto della situazione delle città e delle aree metropolitane, delle zone rurali, dei piccoli centri urbani del litorale e delle isole dal punto di vista dell'inclusione. L'accessibilità delle infrastrutture, delle tecnologie e dei servizi alle persone con disabilità dovrebbe essere collegata allo sviluppo sostenibile, in quanto rappresenta un presupposto basilare per una crescita inclusiva.

4.3.3.1

Vanno sviluppate le tecnologie dell'informazione, specialmente nelle aree periferiche, attraverso il miglioramento della connettività, per sostenere la coesione territoriale e sociale generale delle regioni mediterranee con un approccio transettoriale. Bisognerebbe promuovere lo sviluppo delle TIC.

4.3.3.2

È inoltre importante sottolineare la necessità di sviluppare ulteriormente gli aeroporti e i servizi aerei nel quadro della macroregione mediterranea, per rafforzare l'integrazione economica regionale. I servizi aerei e le infrastrutture di trasporto aereo presentano tuttora un ingente potenziale inutilizzato e hanno bisogno di maggiori investimenti.

4.3.3.3

Gli istituti d'istruzione e formazione hanno un ruolo fondamentale nel sostenere la «crescita inclusiva» nell'area mediterranea. In quest'ambito, bisogna identificare obiettivi validi per l'intera macroregione mediterranea dell'UE.

4.3.3.4

Il CESE ritiene che il dialogo tra, da un lato, le parti sociali e gli attori della società civile e, dall'altro, gli istituti di istruzione/formazione debba essere rafforzato. Bisogna dare la priorità alla formazione nelle discipline marittime e nautiche e alla collaborazione tra le università e i centri di formazione.

4.3.3.5

I disoccupati delle regioni costiere mediterranee dell'UE devono essere anch'essi ascoltati nella formulazione di una futura strategia che punti a fornire loro le opportunità per rientrare nel mercato del lavoro. È inoltre indispensabile compiere sforzi concreti e tangibili per coinvolgere le figure prominenti di gruppi sociali «esclusi», come le comunità di migranti, le persone con disabilità e le organizzazioni femminili. Il CESE appoggia pienamente le politiche UE tese a prevenire le discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica, le disabilità, l'età, l'orientamento sessuale o il genere.

4.3.3.6

Tenuto conto delle prospettive europee relative all'invecchiamento demografico, nelle regioni costiere mediterranee dell'UE bisognerebbe prevedere un'azione specifica a sostegno di un invecchiamento attivo e in buona salute. Le regioni mediterranee hanno inoltre bisogno di lanciare un piano sostenibile a lungo termine in materia di immigrazione controllata e lavoratori stagionali, allo scopo di colmare i vuoti lasciati dall'invecchiamento della popolazione e di affrontare l'aumento del tasso di dipendenza (ossia, il rapporto tra persone a carico e lavoratori). Il CESE è favorevole a un impegno più energico da parte dell'UE ad aiutare le regioni mediterranee a far fronte alla sfida della migrazione e a integrare i migranti nella società.

4.3.3.7

Il CESE ritiene essenziale sviluppare la strategia macroregionale per il Mediterraneo tenendo conto delle priorità dell'UE in materia di inclusione sociale, benessere e pieno rispetto dei diritti delle persone disabili e promuovere la parità di genere nell'area mediterranea. È pertanto fondamentale garantire l'autonomia individuale, la dignità e la libertà dei disabili e mettere le donne dell'area mediterranea in condizione di rafforzare il loro ruolo nel mercato del lavoro, nella società e nei posti decisionali.

5.   Quali benefici si possono attendere?

5.1

L'attuazione di una strategia macroregionale per il Mediterraneo offre molte opportunità, soprattutto in quanto fornisce un quadro di riferimento pertinente per la politica di coesione e incoraggia la cooperazione intersettoriale in uno spazio comune di prestazione dei servizi. Questo quadro di riferimento può guidare gli investimenti verso una maggiore complementarità e può influenzare le priorità rispettive dei singoli piani di sviluppo regionale per una macroregione europea, assicurando una visione d'insieme e autentiche sinergie nel quadro di un approccio integrato.

5.2

Una strategia macroregionale dell'UE assicurerebbe un coinvolgimento maggiore e una cooperazione migliore tra i vari meccanismi d'intervento dell'UE, andando oltre gli stanziamenti destinati alla politica di coesione e mettendo in comune le risorse delle regioni e degli Stati membri attraverso la governance multilivello. Questo rappresenta una strategia vincente per tutti i soggetti interessati a livello locale.

5.3

I benefici di una strategia macroregionale per il Mediterraneo derivano, in larga misura, dall'adozione di un approccio integrativo, molto globale e multilivello, in grado di promuovere sinergie tra le politiche e i programmi dell'UE, oltre alla complementarità dei finanziamenti.

5.4

L'attuazione della strategia macroregionale per il Mediterraneo promuoverà la realizzazione di attività strategiche nelle zone costiere e insulari, oltre ad accrescere la cooperazione tra amministrazioni, regioni, città e porti del Mediterraneo e anche, ove necessario, tra autorità nazionali.

5.5

Verranno svolte attività legate alla politica marittima integrata e alla crescita blu, sottolineando le interdipendenze e le sinergie che esistono tra attività apparentemente senza rapporto con il settore marittimo.

5.6

Le azioni proposte saranno connesse ai tre pilastri di crescita precedentemente individuati. Le azioni proposte dovranno soddisfare i seguenti criteri:

avere un impatto sulla macroregione e apportare benefici concreti ai cittadini della macroregione mediterranea dell'UE entro un arco di tempo ragionevole,

essere in linea con il principio dello sviluppo sostenibile e quindi essere rivolte a stimolare la crescita economica e, al tempo stesso, ridurre al minimo gli effetti negativi sull'ambiente,

essere realizzabili nel breve-medio termine (7 anni al massimo),

avere la probabilità di attrarre finanziamenti dal settore privato che integrino i finanziamenti pubblici (europei e statali).

6.   I motori del cambiamento

6.1   Il CESE ritiene che le sfide legate allo sviluppo sociale ed economico nell'area del Mediterraneo richiedano sforzi comuni e congiunti per gestire e utilizzare le potenzialità dei territori. Il Comitato individua cinque motori di cambiamento che possono contribuire alla riuscita attuazione delle politiche di coesione dell'UE per il periodo 2014-2020 nelle regioni costiere mediterranee dell'UE.

6.1.1   Promuovere uno sviluppo policentrico, equilibrato e integrato

Uno sviluppo territoriale equilibrato è d'importanza strategica per sostenere la coesione sociale ed economica nelle regioni costiere mediterranee dell'UE. Esse devono collaborare per creare reti innovative volte a ridurre la polarizzazione territoriale dei risultati economici e le disparità regionali, nonché per indirizzare la prosperità economica verso uno sviluppo sostenibile dell'area mediterranea.

6.1.2   Sostenere la cooperazione territoriale nelle regioni costiere mediterranee dell'UE

La cooperazione territoriale è un fattore importante nel rafforzare la competitività del Mediterraneo e, allo stesso tempo, ridurre al minimo la frammentazione economica, sociale ed ecologica. È importante rafforzare il coordinamento tra gli enti che gestiscono i programmi transfrontalieri e transnazionali, inglobando le priorità individuate per mezzo delle strategie a livello nazionale, regionale e locale per sostenere lo sviluppo di interventi in linea con la strategia Europa 2020 e le politiche di coesione per il periodo 2014-2020.

6.1.3   Garantire la competitività globale delle regioni costiere mediterranee dell'UE grazie a economie locali forti

La competitività globale e la coesione delle regioni costiere mediterranee dell'UE possono essere ottenute incoraggiando i cittadini a imparare, a studiare e ad aggiornare le loro competenze, valorizzando l'innovazione orientata al mercato per creare nuovi prodotti/servizi che generino crescita e occupazione e, al tempo stesso, aiutando le comunità locali ad affrontare le sfide sociali. Per lo sviluppo di economie locali forti è determinante rafforzare l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e la creazione di un mercato unico del digitale basato su Internet veloce/ultraveloce e su applicazioni interoperabili.

6.1.4   Migliorare la connettività territoriale a beneficio dei cittadini, delle comunità e delle imprese

L'accessibilità, anche economica, di servizi d'interesse generale come l'informazione, la conoscenza e la mobilità, insieme a soluzioni di trasporto intermodale efficaci e a sistemi di produzione rispettosi dell'ambiente sono priorità essenziali per la coesione nel Mediterraneo. Il rafforzamento dei legami tra i centri principali delle regioni costiere mediterranee dell'UE e gli snodi di trasporto intercontinentale attraverso lo sviluppo delle autostrade del mare, il potenziamento delle reti transeuropee (TEN-T) e lo sviluppo di reti di sistemi secondari a livello locale e regionale per superare barriere territoriali come quelle delle isole del Mediterraneo è d'importanza strategica per il rafforzamento della competitività e della coesione nel bacino del Mediterraneo.

6.1.5   Gestire e collegare le risorse ecologiche, paesaggistiche e culturali

La protezione e la valorizzazione del patrimonio culturale e naturale rappresentano un requisito importante per lo sviluppo delle regioni costiere mediterranee dell'UE. È importante sostenere la piena integrazione tra le aree protette e le comunità ed economie locali. Il grande pregio dei paesaggi mediterranei dovrebbe essere sviluppato sul piano qualitativo e bisogna attribuire alle aree ricche di risorse naturali e culturali il giusto valore, affinché di queste risorse venga fatto il miglior uso possibile. È quindi importante sviluppare l'identità regionale e locale e, al tempo stesso, aumentare la consapevolezza e la responsabilità di queste comunità mediterranee in rapporto all'ambiente, al paesaggio, alla cultura e ad altre risorse uniche di chi dispongono.

Bruxelles, 10 dicembre 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia europea sulla disabilità 2010-2020: un rinnovato impegno per un'Europa senza barriere COM(2010) 636 final.

(2)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia per la parità tra donne e uomini COM(2010) 491 final.

(3)  Strategie macroregionali nell'UE, documento di discussione presentato dal commissario Pawel Samecki a Stoccolma (16/9/2009): http://ec.europa.eu/regional_policy/archive/cooperation/baltic/pdf/macroregional_strategies_2009.pdf.

(4)  Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni sul tema La cooperazione territoriale nel bacino del Mediterraneo attraverso la macroregione Adriatico-Ionica, GU C 9 dell'11.1.2012, pag. 8.

(5)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Una strategia marittima per il Mare Adriatico e il Mar Ionio, COM(2012) 713 final, Bruxelles, 30.11.2012.

(6)  Parere esplorativo del CESE richiesto dalla presidenza cipriota dell'UE sul tema Sviluppo di una strategia macroregionale per la regione del Mediterraneo, GU C 44, del 15.2.2013, pag. 1; parere CESE sul tema Sviluppare una strategia marittima per la regione dell’Oceano Atlantico, GU C 229, del 31.7.2012, pag. 24.

(7)  Proposta di risoluzione del Parlamento europeo sul tema Evoluzione delle strategie macroregionali dell'UE: pratiche attuali e prospettive future, in particolare nel Mediterraneo — 2011/2179(INI), 27.6.2012

(8)  «L'area del Mar Mediterraneo comprende tutte le acque marine limitate a ovest dallo stretto di Gibilterra e a est dal Mar di Marmara (con l'esclusione di questo mare). 142 regioni costiere dell'UE sono lambite dal Mar Mediterraneo (NUTS3)». Eurostat, 2011, Statistics in Focus, «The Mediterranean and Black Sea Basin».

(9)  Una regione costiera dell'UE è una regione statistica definita al livello NUTS 3 che soddisfa uno dei seguenti criteri:

regione con un confine marittimo (372 regioni corrispondono a questo criterio),

regione con più della metà della popolazione che vive a meno di 50 km. dal mare (73 regioni corrispondono a questo criterio),

Amburgo, città-stato tedesca che non corrisponde ai criteri della definizione, è stata aggiunta all'elenco delle regioni costiere dell'UE tenuto conto della sua grande tradizione e influenza marittima.

Fonte: Eurostat, 2011, Op.cit.

(10)  Le 7 regioni costiere mediterranee acquisite con l'adesione della Croazia presentano una popolazione attiva pari a 527 700 persone (di cui 44,7 % donne), un tasso di disoccupazione del 17,8 % e un PIL medio di 20 785 SPA (Eurostat 2013). Per gli altri paesi, cfr. Eurostat, 2011, op.cit.

(11)  Marsiglia, 27 novembre 2009, seminario della CRPM sul tema Far uscire l'Europa dalla crisi: prime proposte delle regioni sul futuro del bilancio e delle politiche dell'UE. Nella sua prima risoluzione (CdR 199/2010), il Comitato delle regioni propone di dare un ampio sostegno alla proposta del Parlamento europeo volta a istituire un «Patto territoriale degli enti regionali e locali sulla strategia Europa 2020».

(12)  Scenari per il Mediterraneo — Forum economico mondiale 2011.

(13)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Crescita blu — Opportunità per una crescita sostenibile dei settori marino e marittimo, COM(2012) 494 final, Bruxelles, 13 settembre 2012.

(14)  COM(2013) 480 final — 2013/0224 (COD).

(15)  Ibidem.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/11


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Strumenti statistici per misurare il volontariato (parere d'iniziativa)

2014/C 170/02

Relatore: PATER

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso, conformemente all'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Strumenti statistici per misurare il volontariato.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 109 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Tenuto conto del fatto che il volontariato rappresenta:

1.1.1

un importante motore di crescita inclusiva, che contribuisce alla creazione di capitale sociale e umano e favorisce la solidarietà intergenerazionale, rivestendo inoltre un significativo valore economico;

1.1.2

un fattore chiave in molte politiche sociali e un indicatore dell'impatto delle politiche pubbliche, che va misurato e monitorato accuratamente per fornire ai decisori le informazioni e conoscenze loro necessarie;

1.1.3

un tema di ricerca che attualmente viene affrontato in maniera inadeguata, tramite indagini incoerenti e riduttive che omettono aspetti quali l'assistenza volontaria fornita direttamente alle persone al di fuori di qualsiasi struttura organizzativa e trascurano il valore economico del volontariato.

1.2

Il Comitato invita la Commissione europea a:

1.2.1

garantire le condizioni per intraprendere lavori metodologici e studi pilota intesi a definire i principi per la conduzione di ricerche sul volontariato da parte degli istituti di statistica nazionali degli Stati membri dell'UE, servendosi a questo fine del Manuale sulla misurazione del lavoro volontario pubblicato dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e delle esperienze maturate finora dai paesi che hanno già condotto ricerche applicando le soluzioni raccomandate in tale manuale;

1.2.2

elaborare, entro pochi anni, una metodologia uniforme per le ricerche sul lavoro volontario, e adottarla, con opportuno regolamento, per condurre ricerche regolari negli Stati membri;

1.2.3

prendere misure che, in attesa dell'adozione del regolamento, incoraggino gli istituti di statistica degli Stati membri a partecipare alle ricerche sul lavoro volontario;

1.2.4

raccogliere e rendere accessibili informazioni coerenti risultanti dalle ricerche sul volontariato condotte dai singoli Stati membri o a livello dell'UE;

1.2.5

introdurre misure giuridiche vincolanti a livello dell'UE e degli Stati membri che consentano al settore non profit di cofinanziare sovvenzioni pubbliche con il valore economico del lavoro volontario prestato, stimato in base a solidi dati statistici elaborati con strumenti statistici conformi alle raccomandazioni del presente parere.

1.3

Inoltre, il CESE coglie questa opportunità per ribadire la necessità di creare condizioni favorevoli alle attività di volontariato e di sostenerle. Nel quadro dell'Anno europeo del volontariato 2011 sono state formulate proposte precise in questo senso, tra cui quella di fornire un aiuto sostenibile alle attività volontarie, che contribuiscono in modo significativo al bene comune (1).

2.   Contesto

2.1

In base a una definizione ampiamente utilizzata (nelle istituzioni europee), per «volontariato» si intende qualsiasi forma di attività volontaria, sia essa formale o informale, svolta spontaneamente da una persona, per sua scelta e motivazione, e senza trarne vantaggi economici.

2.2

Conforme a tale accezione, quantunque più precisa, è la definizione utilizzata nel Manuale sulla misurazione del lavoro volontario, pubblicato dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) come quadro concettuale per la misurazione del volontariato formale e informale nei diversi contesti culturali e giuridici. In base a tale definizione, il volontariato è da intendersi come lavoro non retribuito e non obbligatorio; ossia, tempo donato da individui, in assenza di retribuzione, per svolgere attività tramite un'organizzazione o direttamente per altri al di fuori della propria famiglia  (2). Tale definizione, che enumera con esattezza le caratteristiche del volontariato, va applicata nelle ricerche comparative internazionali, in quanto consente di tenere conto di tutte le proprietà importanti del lavoro volontario nelle definizioni descrittive applicate nei singoli Stati membri, mantenendo così invariato l'ambito della ricerca a prescindere dal contesto locale.

2.3

Negli ultimi anni, soprattutto in relazione all'Anno europeo del volontariato 2011, numerosi documenti della Commissione europea, del Parlamento europeo, del Consiglio, del CESE, del CdR e delle organizzazioni della società civile europea hanno evidenziato che il volontariato è collegato a valori fondamentali dell'UE quali la partecipazione della società civile e la solidarietà nei confronti delle persone bisognose. In tali documenti si sottolinea che il volontariato apporta un contributo importante a quella parte di benessere sociale non misurata dal PIL, e incide molto sulla qualità di vita delle persone. Da un punto di vista sistemico, il volontariato contribuisce a creare capitale sociale, costruendo o rafforzando i legami di fiducia e di collaborazione e promuovendo norme e valori sociali ampiamente accettati. Il volontariato informale è uno strumento importante per investire nel capitale umano, tra l'altro nel campo dell'assistenza e dell'istruzione informale di bambini e giovani, mentre il volontariato formale svolge un ruolo importante, ad esempio, nello sviluppo di competenze trasversali e nell'acquisizione di nuove competenze professionali. Anche l'assistenza volontaria prestata agli — ma anche dagli — anziani è di estrema importanza per le società europee, che vivono un processo di invecchiamento demografico. Tutte queste caratteristiche, che evidenziano il ruolo svolto dal volontariato nel costruire la coesione sociale e nel favorire l'occupazione, fanno sì che esso sia considerato un elemento importante della crescita inclusiva, che rappresenta uno dei tre pilastri della strategia di sviluppo dell'UE (Europa 2020).

2.4

Una parte importante delle riflessioni succitate è costituita dalle raccomandazioni che sottolineano la necessità di raccogliere dati comparabili per tracciare un quadro dell'importanza sia sociale che economica del volontariato. Esse ravvisano inoltre nella metodologia descritta nel Manuale dell'OIL un modello appropriato per la conduzione delle ricerche statistiche in materia (3).

2.5

Le suddette raccomandazioni sono in evidente collegamento con la constatata insufficienza dei dati a nostra disposizione sul fenomeno del volontariato — una diagnosi che resta tuttora valida.

2.6

Nei singoli Stati membri sono state condotte alcune ricerche su molti aspetti importanti del volontariato (non solo il grado di partecipazione al volontariato e il profilo demografico delle persone impegnate in questo tipo di attività, ma anche, ad esempio, la loro motivazione). Ciò che ostacola l'utilizzo di tali ricerche ai fini delle analisi su scala UE è la mancanza di uniformità per quanto riguarda l'ambito, il modo di definire il volontariato e altri aspetti metodologici (ad esempio, la durata del periodo considerato, i limiti di età della popolazione esaminata, le modalità di realizzazione delle ricerche, la precisione dei risultati), ma anche per quanto riguarda i limiti temporali delle ricerche. Come si evince dalla relazione commissionata alla società GHK dalla Commissione europea, spesso le differenze possono essere addirittura del 30-40 % (4).

2.7

I dati raccolti periodicamente comparabili a livello internazionale hanno una portata tematica assai limitata per quanto riguarda il volontariato: si riferiscono infatti principalmente alla prevalenza del lavoro volontario (variamente definito) prestato nel quadro di organizzazioni (volontariato formale) e al profilo demografico delle persone impegnate in tale attività. Talvolta in tali rilevazioni vengono inserite alcune domande aggiuntive, ad esempio sulla frequenza dell'impegno in attività di volontariato (5). Parte di questi studi internazionali non si limita a porre una domanda generale sul volontariato, comunque esso sia definito, ma utilizza un repertorio di alcuni tipi, o di decine di tipi, di organizzazioni e attività alle quali le persone dedicano il proprio tempo libero (6). L'aspetto esaminato con relativamente meno frequenza è la quantità di ore dedicate alle attività di volontariato (7).

2.8

Malgrado le significative differenze nei risultati delle singole ricerche a livello internazionale, e tra i risultati nazionali e internazionali, è innegabile che il fenomeno del volontariato — anche qualora si consideri soltanto il volontariato formale — abbia una portata molto vasta. Nell'UE, il numero dei volontari dai 15 anni in su viene stimato tra i 92 milioni e i 150 milioni di persone, il che significa che le persone impegnate in un lavoro non obbligatorio e non retribuito in organizzazioni di vario genere rappresentano tra il 22 e il 36 % della popolazione adulta degli Stati membri dell'UE (8). Secondo le stime, relativamente basse, delle maggiori istituzioni dell'UE, il numero dei volontari non supera i 100 milioni di persone (9).

2.9

I dati disponibili sul volontariato allo stato attuale non consentono di condurre le analisi richieste nei documenti della Commissione europea, del Parlamento, del Consiglio europeo e del CESE. Ad oggi, infatti, non vi è alcuna possibilità di monitorare effettivamente né l'importanza economica del volontariato né il suo contributo alla realizzazione delle politiche dell'UE. Non è possibile stabilire quanto tempo venga dedicato complessivamente al lavoro volontario né il valore pecuniario del volontariato, e quindi non è possibile valutarne l'entità in base a parametri economici universali, come ad esempio l'occupazione nazionale (numero di occupati nell'economia nazionale) o il PIL. Gli unici dati fin qui disponibili, i quali tuttavia si riferiscono esclusivamente alle attività di volontariato formale prestate in organizzazioni non profit e stimate in base a metodi poco coerenti, provengono dallo studio comparativo internazionale sul settore non profit coordinato dal Centro studi sulla società civile dell'Università Johns Hopkins (Johns Hopkins Comparative Non-Profit Sector Project — JHCNP). Tali dati hanno quantificato il contributo al PIL del lavoro volontario prestato in organismi non profit e il potenziale di lavoro rappresentato da quest'ultimo per la popolazione attiva limitatamente a tre paesi: la Repubblica ceca (rispettivamente 0,2 % del PIL e 0,5 % della popolazione attiva), la Francia (1,4 % e 3,2 %) e il Belgio (0,7 %, seconda percentuale non disponibile) (10).

2.10

Sulla base dei presupposti metodologici contenuti nel Manuale dell'OIL, gli istituti nazionali di statistica di tre Stati membri dell'UE (Polonia, Ungheria, Italia) hanno già condotto indagini sull'entità e il valore del lavoro volontario, mentre in altri paesi sono in preparazione indagini di questo tipo (11). Attualmente sono disponibili i dati relativi alla Polonia per il 2011, da cui risulta in sostanza che il volontariato formale e non formale rappresenta l'equivalente di un lavoro per il 9,6 % degli occupati nell'economia nazionale allargata (comprendente, cioè, il lavoro volontario) e il 2,8 % del PIL allargato. In Polonia, in cui i legami all'interno della famiglia allargata sono particolarmente forti, la componente più importante del lavoro volontario è rappresentata dal volontariato informale, che rappresenta l'8 % del numero degli occupati nell'economia nazionale comprendente anche il volontariato e il 2,2 % del PIL allargato. Il volontariato formale rappresenta rispettivamente l'1,6 % e lo 0,6 % nei succitati dati aggregati (12).

3.   Il Manuale dell'OIL come approccio globale e universale alle ricerche sul volontariato

3.1

Come già ricordato, il Manuale pubblicato sotto l'egida dell'OIL per la misurazione del lavoro volontario viene citato in quasi tutti i documenti dell'UE sul volontariato come modello positivo per il sistema di conduzione delle ricerche statistiche in questo campo. Le soluzioni metodologiche in esso contenute sono state indicate anche dalla Conferenza internazionale degli statistici del lavoro come una base idonea per le ricerche sul lavoro volontario, che si chiede di collegare alle statistiche ufficiali sul lavoro (13). L'utilità delle soluzioni proposte nel Manuale ha fatto sì che esso trovasse sostegno anche tra gli attivisti del terzo settore, come dimostra la grande attività delle organizzazioni non governative che promuovono l'utilizzo del modello contenuto nel Manuale (14).

3.2

L'approccio metodologico proposto nel Manuale dell'OIL offre inoltre una risposta al problema della mancanza o dell'incongruenza dei dati sul volontariato nel terzo settore, problema individuato nel già citato studio sul settore non profit dell'Università Johns Hopkins e successivamente indicato come un grave ostacolo per le statistiche ufficiali relative ai conti nazionali e al conto satellite del settore non profit (15).

3.3

L'approccio metodologico applicato si basa su una definizione operativa del fenomeno studiato, che nel Manuale viene denominato «lavoro volontario». Tale definizione nel quadro di specifiche ricerche non si basa sull'uso uniforme di uno o di alcuni termini in ciascun paese studiato bensì su una definizione descrittiva, che prende in considerazione 3 caratteristiche fondamentali del fenomeno studiato. Vengono definite come lavoro volontario le attività che:

a)

hanno carattere di lavoro produttivo,

b)

non hanno scopo di lucro,

c)

sono intraprese liberamente, e

d)

non vengono svolte a profitto del nucleo familiare di appartenenza.

Il Manuale apporta numerosi altri chiarimenti, che servono a risolvere eventuali dubbi interpretativi in merito ai suddetti criteri (16).

3.4

Il vasto campo d'indagine adottato nel Manuale consente di tenere conto delle esigenze informative di numerose parti interessate. L'ambito d'applicazione è determinato dalla nozione di lavoro volontario, che occupa un posto centrale nel Manuale, e comprende sia il volontariato formale (definito dall'OIL come «volontariato indiretto») che il volontariato informale (denominato dall'OIL «volontariato diretto»). Inoltre, esso non è limitato a un unico settore, bensì tiene conto sia del volontariato praticato nell'ambito del terzo settore che di quello svolto nelle istituzioni del settore pubblico, e chiede la separazione dei dati, ad esempio in base al settore e all'ambito istituzionale. I dati raccolti saranno così chiaramente definiti e al tempo stesso potranno essere utilizzati in maniera flessibile.

3.5

Il modello d'indagine proposto nel Manuale dell'OIL si basa su alcuni principi generali che costituiscono il fondamento della sua coerenza:

a)

la più ampia copertura possibile, in modo da captare tutte le componenti rilevanti della popolazione;

b)

l'uso della definizione descrittiva del concetto di lavoro volontario adottata nel Manuale e della terminologia utilizzata in tale descrizione;

c)

copertura di tutte le forme di volontariato (volontariato svolto per — o tramite — organizzazioni e volontariato diretto svolto in maniera informale a favore di persone che non fanno parte del proprio nucleo familiare oppure a favore dell'ambiente o della collettività);

d)

raccolta di dati sullo svolgimento del lavoro volontario per quanto riguarda tutte le variabili contenute nel modulo raccomandato dal manuale per le rilevazioni: tempo dedicato a un determinato lavoro (ore effettive), tipo di attività svolte (professione corrispondente), tipo di organizzazione nelle cui fila viene svolto il volontariato (settore istituzionale o ramo economico);

e)

capacità di definire l'attività volontaria in base ai codici occupazionali (ISCO) e industriali (la classificazione internazionale tipo NACE oppure la classificazione ICNPO, specificamente dedicata alle attività del settore non profit) standard per permetterne un'analisi in termini di mercato del lavoro e di valore monetario (17).

3.6

La metodologia proposta consente di concentrare gli sforzi di ricerca soprattutto sull'acquisizione dei dati necessari per definire il volume e il valore del lavoro volontario in unità economiche standard, permettendo una comparazione con l'occupazione nazionale o il PIL. I dati raccolti consentono di definire la scala e il valore di diversi tipi di lavoro volontario a seconda del settore istituzionale, del comparto economico, del tipo di attività svolta, delle regioni, del grado di urbanizzazione, ecc.

3.7

Sulla base dei dati raccolti applicando il modulo del lavoro volontario è inoltre possibile realizzare numerose analisi di carattere sociale. Si possono analizzare la diffusione e l'intensità del volontariato, la forma che assume (ad esempio se viene svolto a favore di persone o di organizzazioni nel caso di strutture formali, si può definirne l'ambito d'attività o il settore). Queste analisi possono tenere conto di diverse caratteristiche dei volontari: ad esempio delle categorie demografiche di appartenenza (età, sesso, situazione familiare), della loro ubicazione (regione, dimensioni della località in cui operano), del loro grado di istruzione e del loro status professionale e materiale. Aggiungendo al modello sul lavoro volontario delle domande aggiuntive è inoltre possibile esaminare anche la motivazione dei volontari, le ragioni per cui non si fa volontariato, ecc.

3.8

Tenuto conto del fatto che spesso i rispondenti sono in grado di fornire dati precisi e affidabili soltanto relativamente al passato recente, il periodo di riferimento adottato nel Manuale per le domande relative al lavoro volontario è di 4 settimane. Tale limite è motivato dalla necessità di stabilire con esattezza, per quanto possibile, il numero di ore dedicate al volontariato. Si tratta però di un periodo significativamente più breve dei classici 12 mesi utilizzati nella maggior parte delle ricerche sul volontariato. Un periodo di riferimento più breve si traduce in indici di diffusione più bassi (numero di volontari) e comporta inoltre il rischio che i risultati siano alterati da fluttuazioni stagionali. Si raccomanda pertanto di attenersi, per motivi di comparabilità, al periodo di riferimento di 4 settimane, e al tempo stesso di trovare dei metodi che consentano di bilanciare la stagionalità e di garantire un campione di dimensioni adeguate, che fornisca all'indagine un numero di volontari sufficiente per ulteriori stime quanto al numero di ore in ciascun gruppo.

3.9

Il metodo raccomandato nel Manuale per le ricerche sul volontariato consiste nell'inserire il relativo modulo all'interno della Rilevazione sulle forze di lavoro o di altre rilevazioni sulle famiglie. L'utilizzo della Rilevazione sulle forze di lavoro come piattaforma offre una serie di vantaggi:

a)

l'assoluta comparabilità e la piena affidabilità dei risultati, ottenuti con ricerche condotte su campioni più rappresentativi utilizzando una metodologia universale (indagine sulle forze di lavoro),

b)

è potenzialmente meno oneroso per il sistema statistico pubblico e per i rispondenti,

c)

offre la possibilità di analizzare i dati relativi al lavoro volontario in congiunzione con i dati sulla situazione demografica, sociale e professionale ottenuti nel quadro dell'indagine sulle forze di lavoro,

d)

consente di raggiungere i partecipanti a un costo limitato,

e)

offre la possibilità di avvalersi dell'esperienza dei rilevatori della Rilevazione sulle forze di lavoro nel codificare diversi tipi di attività in base alle classificazioni utilizzate nelle statistiche pubbliche, in special modo la classificazione delle professioni (ISCO),

f)

fornisce un contesto cognitivo adeguato per le rilevazioni (le domande sul lavoro non retribuito rappresentano un naturale complemento delle domande sul lavoro retribuito).

3.10

Effettuare le rilevazioni sul volontariato tramite un modulo collegato alla Rilevazione sulle forze di lavoro comporta però anche alcune limitazioni e problemi, che vengono risolti in funzione delle condizioni locali o in modo globale:

a)

il fatto che le rilevazioni nelle indagini sulle forze di lavoro vengano sempre più spesso effettuate con il metodo telefonico anziché tramite indagini dirette si traduce in una pressione a ridurre la durata delle interviste e potrebbe comportare una diminuzione della percentuale di volontari (tasso di volontariato) — in particolare nei paesi in cui il volontariato è poco riconosciuto e poco radicato nel linguaggio familiare, per cui le interviste richiedono più tempo perché bisogna fornire esempi o chiarimenti (18),

b)

questo problema potrebbe essere eliminato inserendo le domande del modulo per la misurazione del lavoro volontario in indagini multiscopo realizzate con il metodo del contatto diretto tra rilevatore e rispondente (intervista faccia a faccia) (19),

c)

per alcuni dei problemi indicati precedentemente nell'applicazione del modulo di rilevazione del lavoro volontario, gli autori del Manuale dell'ILO raccomandano soluzioni universali: ad, esempio, per risolvere il problema dell'inferiorità qualitativa delle informazioni ottenute intervistando sostituti (proxy), si raccomanda di intervistare unicamente il diretto interessato sul lavoro volontario da lui prestato, anziché utilizzare le informazioni fornite dal coniuge o da altri familiari, mentre, in caso di difficoltà ad applicare le grandi classificazioni universali come la NACE, è prevista la possibilità di applicare sistemi più semplici come la classificazione ICNPO (20).

3.11

Il carattere globale del Manuale per la misurazione del lavoro volontario è legato al fatto che esso non soltanto fornisce orientamenti per l'impostazione e la realizzazione delle ricerche, ma raccomanda anche un metodo per elaborare e presentare i risultati. Per la stima del valore del lavoro volontario viene raccomandato il metodo del costo di sostituzione completo, assegnando ad ogni ora di lavoro volontario il valore retributivo medio previsto nell'economia nazionale per quel determinato tipo di attività (professione corrispondente), per il comparto e per il settore economici nel cui ambito viene prestato il lavoro volontario.

3.12

A prescindere dall'approccio globale e dalla solida motivazione delle soluzioni proposte, il Manuale dell'OIL consente una grande flessibilità riguardo a molte questioni, che possono essere decise dai singoli paesi in base alle condizioni locali. Ad esempio, è possibile adattare la formulazione dei quesiti alle condizioni locali, e calcolare in modo più o meno dettagliato il valore del lavoro volontario (per alcuni altri esempi, si veda il punto 3.10). Per garantire la comparabilità internazionale dei dati, tuttavia, è opportuno mantenere gli elementi chiave delle definizioni di lavoro volontario.

3.13

Tale flessibilità è dovuta al fatto che esso è concepito per garantire un'applicazione ampia e generalizzata, facendo astrazione dalle enormi differenze tra le culture e civiltà presenti nel mondo. Nell'UE tali differenze sono relativamente limitate, e ciò consente di elaborare una metodologa più uniforme e quindi di ottenere risultati più comparabili.

4.   Che fare?

4.1

Data la grande necessità di dati sul volontariato, alla luce dell'importante ruolo di quest'ultimo nel generare crescita inclusiva e nel rafforzare la coesione sociale, il capitale sociale, il capitale umano, l'istruzione informale, l'inserimento professionale e la solidarietà fra le generazioni, bisogna che a livello UE vengano garantite condizioni che sostengano lo svolgimento di ricerche sistematiche e comparative sul volontariato negli Stati membri. Il CESE è consapevole del fatto che tutte le nuove attività intraprese dalle istituzioni UE e dagli Stati membri devono poter contare su un'adeguata copertura finanziaria, e dichiara pertanto la sua intenzione di esplorare tutte le vie percorribili per sostenere e finanziare ricerche sulla misurazione del volontariato, anche in relazione alla proposta avanzata al punto 4.2.

4.2

Sulla scorta delle raccomandazioni contenute nei documenti dell'UE, che invitano gli Stati membri a sviluppare ricerche sul volontariato sulla base del Manuale dell'OIL, il CESE esorta la Commissione europea ad attivarsi affinché, entro pochi anni, venga elaborata una metodologia uniforme per le ricerche sul lavoro volontario, e ad adottarla, con opportuno regolamento, per condurre ricerche regolari negli Stati membri.

4.3

In attesa dell'adozione di tale regolamento, la Commissione europea dovrebbe intraprendere azioni che sostengano lo svolgimento di lavori metodologici e ricerche pilota intesi a definire i principi comuni su cui si baseranno le ricerche sul volontariato da parte degli istituti nazionali di statistica, avvalendosi, in tali lavori, dei principi fondamentali del Manuale dell'OIL e delle esperienze dei paesi che hanno già intrapreso ricerche applicando le soluzioni in esso descritte. Nel definire i dettagli del regolamento, bisogna puntare a ridurre al minimo i costi e gli oneri amministrativi. A questo fine, la soluzione ottimale è quella di collegare le ricerche sul lavoro volontario ad una delle rilevazioni che oggi vengono già effettuate dagli istituti nazionali di statistica degli Stati membri.

4.4

Considerate la necessità di maggiori dati sull'entità del volontariato formale e non formale e la sua incidenza sul livello di benessere sociale nonché su determinati aspetti della vita sociale dei singoli Stati membri e dell'intera UE, è necessario assicurare le condizioni per raccogliere e facilitare l'accesso, da parte della Commissione europea, a dati opportunamente armonizzati forniti da ricerche condotte negli Stati membri. Una possibilità sarebbe quella di studiare gli effetti del volontariato tramite l'indagine sulla partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente (Adult Education Survey, Indagine sull'istruzione degli adulti), nell'ambito della quale potrebbero essere raccolti e analizzati dati sull'incidenza del lavoro volontario sull'acquisizione di abilità utili per ottenere il lavoro desiderato.

4.5

Il valore economico del lavoro volontario deve essere riconosciuto e valutato dalle autorità pubbliche. La Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero introdurre disposizioni che ammettano il valore economico del lavoro volontario come uno dei modi per cofinanziare i progetti sostenuti con fondi pubblici. Le esperienze e i dati ottenuti con ricerche sul valore economico del volontariato condotte in base a una metodologia uniforme in tutta l'Unione europea saranno molto utili nell'elaborazione di soluzioni pratiche.

Bruxelles, 10 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 150.

(2)  Manuale sulla misurazione del lavoro volontario, Organizzazione internazionale del lavoro, Ginevra, 2011.

(3)  (1) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Comunicazione sulle politiche dell'UE e il volontariato: riconoscere e promuovere le attività di volontariato transfrontaliero nell'UE (COM(2011) 568 final; (2) Il ruolo delle attività di volontariato nella politica sociale — Conclusioni del Consiglio — Consiglio dell'Unione europea, 2011; (3) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 150

(4)  GHK, Volunteering in the European Union (Il volontariato nell'Unione europea), GHK, 2010.

(5)  Ad esempio, nel quadro dell'Indagine sociale europea (ESS 2002-2010), ogni due anni vengono raccolti dati sulla prevalenza dell'impegno nelle attività dei partiti politici o di altre organizzazioni o associazioni motivato dalla volontà di fare qualcosa di positivo per il paese o di impedire qualcosa di negativo. Nelle indagini relative al 2006 e al 2012 è stata però posta anche la seguente domanda: con che frequenza ti sei impegnato in attività a favore di organizzazioni sociali o caritative negli ultimi 12 mesi?

(6)  Come ad esempio lo European Values Study (Studio sui valori europei) e alcune indagini condotte nel quadro di Eurobarometro, con il coordinamento della DG Comunicazione (Eurobarometro 66.3/2006, 73.4/2010, 75.2/2011).

(7)  European Quality of Life Survey (Indagine sulla qualità della vita in Europa (EQLS 2003, 2007), Eurobarometro 60.3 (2003/2004). I dati più completi sul tempo dedicato al lavoro non retribuito all'interno di organizzazioni, all'assistenza informale a famiglie diverse dalla propria oppure alla partecipazione alle riunioni di organizzazioni, gruppi o comunità tenendo conto anche delle differenze stagionali nell'arco dell'anno vengono raccolti nel quadro della Time Use Survey (Indagine sull'impiego del tempo).

(8)  Le stime citate sono tratte dalla relazione della società GHK Volunteering in the European Union («Il volontariato nell'Unione europea»), del 2010

(9)  Questa cifra viene fornita nella Relazione sul contributo del volontariato alla coesione economica e sociale della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento europeo (2008) (2007/2149 (INI) documento A6- 0070/2008.

(10)  Tali risultati si fondano su ricerche condotte presso organizzazioni non profit. Sulla base di tali dati viene stimato il numero totale di ore di lavoro volontario prestato nel settore, che viene convertito in posti di lavoro a tempo pieno (full time equivalent) per poterlo successivamente comparare con la popolazione attiva di un determinato paese. Il valore del volontariato viene quindi stabilito moltiplicando il numero di unità equivalenti a tempo pieno per la retribuzione media percepita nel settore non profit. Le stime del volume e del valore del volontariato ottenute con questo metodo possono essere più basse di quelle che si ottengono con il metodo descritto nel Manuale dell'OIL, in quanto le organizzazioni molto spesso non tengono una contabilità del tempo dedicato al lavoro volontario e tendono a non tener conto del lavoro prestato saltuariamente. Inoltre, i risultati ottenuti riguardano soltanto il settore non profit, mentre la metodologia del Manuale dell'OIL consente di misurare la totalità del volontariato formale svolto in qualsiasi tipo di organizzazione. I risultati riportati al punto 2.9 sono tratti dalla seguente pubblicazione: Salamon, L. M., Sokolowski, S. W., Haddock, M. A., Tice, H.S, The State of Global Civil Society and Volunteering. Latest Findings from the Implementation of the UN Nonprofit Handbook («Stato della società civile globale e del volontariato, ultimi risultati dell'attuazione del Manuale del non profit delle Nazioni Unite»), Center for Civil Society Studies — Johns Hopkins University, 2013.

(11)  L'Istituto di statistica del Portogallo ha già condotto un'indagine pilota applicando il modulo del Manuale dell'OIL nel quadro della Rilevazione sulle forze di lavoro, e gli istituti statistici di Irlanda e Spagna hanno manifestato la disponibilità a svolgere studi analoghi.

(12)  Nałęcz, S., Goś-Wójcicka, K., (a cura di) Wolonatariat w organizacjach i inne formy pracy niezarobkowej poza gospodarstwem domowym — 2011 («Il volontariato nelle organizzazioni e altri forme di lavoro non retribuito al di fuori della propria abitazione — 2011»), Istituto nazionale polacco di statistica, Varsavia, 2012.

(13)  In base alla risoluzione adottata l'11 ottobre 2013 dalla 19a Conferenza degli statistici del lavoro, il volontariato rientra tra le forme lavorative contemplate nella definizione statistica di lavoro. Si chiede quindi che esso sia oggetto di un regolare monitoraggio statistico.

(14)  Ad esempio l'Alleanza per l'Anno europeo del volontariato 2011, il Centro europeo per il volontariato, il Centro studi sulla società civile dell'Università Johns Hopkins e l'associazione italiana Promozione e solidarietà (SPES).

(15)  Handbook on Non-Profit Institutions in the System of National Accounts (Manuale sulle istituzioni non profit nel sistema dei conti nazionali), Divisione statistica delle Nazioni Unite, New York, 2003.

(16)  Sono disponibili traduzioni ufficiali del Manuale in francese, spagnolo, italiano e montenegrino, scaricabili ai seguenti indirizzi: www.ilo.org e www.evmp.eu.

(17)  Versione abbreviate e modificata delle disposizioni del Manuale dell'OIL (pag. 10). ISCO: Classificazione internazionale tipo delle professioni; NACE: Classificazione statistica delle attività economiche; ICNPO — Classificazione internazionale delle organizzazioni non profit.

(18)  Nałęcz, S., Sharing the Experience of Volunteer Work Measurement. Lessons from Pioneer Implementation of the ILO Methodology by the Central Statistical Office of Poland (Condividere l'esperienza della misurazione del lavoro volontario; insegnamenti tratti da un progetto pilota di applicazione della metodologia dell'OIL condotto dall'Istituto centrale di statistica della Polonia), http://evmp.eu/wp-content/uploads/Lessons-Podgorica-GUSISP.pdf.

(19)  Cappadozzi, T., Sharing the Italian Experience on the Project of Measurement of Unpaid Volunteer Work (Condivisione dell'esperienza italiana nel progetto di misurazione del lavoro volontario non retribuito), http://evmp.eu/wp-content/uploads/Cappadozzi_Presentation_EVMP-Conference_Madrid_3.28.2012.pdf.

(20)  Questa classificazione più semplice è stata applicata in tutti e 3 i paesi in cui sono già state effettuate misurazioni del lavoro volontario in base al Manuale dell'OIL


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/18


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La misurazione dell’impatto sociale (parere d’iniziativa)

2014/C 170/03

Relatrice: RODERT

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 settembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d’iniziativa sul tema:

La misurazione dell’impatto sociale

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 146 voti favorevoli, 5 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il dibattito sui metodi di misurazione dell’impatto sociale delle imprese sociali, pur sottolineando che è essenziale disporre di più tempo per esaminare un tema così complesso. Per la Commissione europea un primo passo consiste nell’avviare una raccolta dati che consenta un’analisi comparata della misurazione dell’impatto sociale nei diversi Stati membri, ma anche nell’approfondire ulteriormente la questione nel contesto della dimensione sociale dell’Europa.

1.2

A giudizio del CESE, un approccio errato o poco ponderato potrebbe nuocere all’obiettivo delle istituzioni UE di sostenere lo sviluppo e la crescita del settore delle imprese sociali. Considerata la scarsa conoscenza del settore in gran parte degli Stati membri, il CESE esorta la Commissione a perseguire quali obiettivi prioritari una maggiore sensibilizzazione al programma dell’Iniziativa per l’imprenditoria sociale e la sua integrale applicazione.

1.3

Scopo della misurazione dell’impatto sociale è misurare gli effetti sociali e l’impatto sulla società determinati da specifiche attività di un’impresa sociale e non dall’impresa in sé, anche se le strutture delle aziende dell’economia sociale contribuiscono di per sé a creare valore sociale. Si tratta di un processo permanente, che costituisce parte integrante dell’attività dell’impresa e al tempo stesso un importante strumento di pianificazione strategica.

1.4

È difficile raccomandare l’applicazione di un solo metodo specifico: ecco perché il CESE suggerisce che la Commissione, invece di elaborare un nuovo metodo, faccia opera di sensibilizzazione sui principi più diffusi in questo campo. Un tratto comune a queste iniziative risiede nel fatto che nascono «dal basso» e vengono progettate per inquadrare i mutamenti sociali sulla base di necessità effettive e di attività concrete.

1.5

Qualsiasi metodo di misurazione va elaborato a partire dai risultati principali ottenuti dall’impresa sociale, deve favorirne le attività, essere proporzionato e non deve ostacolare l’innovazione sociale. Il metodo dovrebbe prefiggersi di trovare un equilibrio tra dati qualitativi e quantitativi, nella consapevolezza che la «narrazione» è centrale per misurare il successo. Va anche osservato che occorre valutare meglio le difficoltà che emergono nel processo di trasposizione dei risultati della misurazione dell’impatto sociale dal livello micro a quello macro (nell’ambito dell’UE).

1.6

Consapevole dell’esigenza di metodi di misurazione dell’impatto sociale concepiti appositamente per i regolamenti sui fondi europei per l’imprenditoria sociale (FEIS) (1) e sul programma europeo per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI) (2), il CESE raccomanda che i metodi messi a punto per questi due regolamenti formino oggetto di progetti pilota e di un attento monitoraggio nonché, se necessario, di una revisione, per garantire che il loro impiego non ostacoli l’accesso delle imprese sociali ai finanziamenti offerti dai due strumenti. La Commissione potrebbe così elaborare linee guida e orientamenti comuni che riguardino non tanto il modo per realizzare la misurazione quanto piuttosto l’oggetto da misurare.

1.7

Il CESE continuerà ad approfondire questo tema e seguirà con attenzione l’applicazione di un metodo di misurazione da parte della Commissione, onde evitare che esso finisca per soffocare lo sviluppo dell’imprenditoria sociale in Europa. Non solo, ma continuerà ad impegnarsi in un dibattito più ampio su come il concetto di impatto sociale possa in futuro essere preso in considerazione anche in altri ambiti.

2.   Introduzione

2.1

Nella comunicazione della Commissione L’Atto per il mercato unico II — Insieme per una nuova crescita  (3) si sottolinea la necessità di definire metodi di misurazione dei vantaggi socioeconomici generati dalle imprese sociali nel quadro dell’attuazione sia dei FEIS che dell’EaSI.

2.2

Di conseguenza, si è incaricato un sottogruppo (4), composto di rappresentanti del gruppo consultivo multilaterale di esperti sull’imprenditoria sociale della Commissione (Groupe d’experts de la Commission sur l’entrepreneuriat social — GECES), di fornire orientamenti alla Commissione su come le imprese sociali possano misurare il loro impatto sociale.

2.3

Il presente parere illustra la prospettiva delle imprese sociali nello sviluppo di un metodo di misurazione dell’impatto sociale nell’UE, prevalentemente nel contesto dei FEIS e dell’EaSI. Considerata l’importanza dell’argomento, tuttavia, il CESE fa osservare che idealmente, per evitare un approccio frammentario, si dovrebbe valutare l’ipotesi di estendere in seguito la misurazione dell’impatto sociale anche ad altri settori.

2.4

L’imprenditoria sociale viene messa in risalto in tutta una serie di recenti iniziative dell’Unione. Inoltre, il CESE ha svolto un’intensa attività su questo tema (5), ad esempio elaborando un parere sulle sfide nel quadro dei FEIS e le imprese sociali (6). Un elemento centrale è il varo, da parte della Commissione, dell’Iniziativa per l’imprenditoria sociale (7), tesa a promuovere lo sviluppo e la crescita di questo settore e delle imprese sociali nell’UE.

2.5

Le imprese sociali vengono create con una finalità sociale e operano nel quadro dell’economia sociale. Per salvaguardare questo modello, il CESE rileva che la descrizione dell’impresa sociale proposta dall’Iniziativa per l’imprenditoria sociale dovrebbe essere il parametro di riferimento di ogni regolamento, norma o programma che ne derivano, poiché tale descrizione inscrive questo particolare tipo di impresa in un contesto più ampio che corrisponde ai diversi tipi di impresa sociale osservabili nei paesi UE.

2.6

È importante sottolineare che l’obiettivo del presente parere non è quello di avanzare argomenti a favore della misurazione dell’impatto sociale delle imprese in generale. Il tema non va neppure confuso con le diverse iniziative sulla responsabilità sociale delle imprese (RSI) né con l’obbligo, che incombe a tutti i datori di lavoro, di garantire condizioni di lavoro dignitose e rispettare gli accordi collettivi in vigore. Si deve anche osservare che la fornitura di prestazioni e infrastrutture sociali adeguate resta una materia di competenza dei singoli Stati membri.

2.7

Benché il presente parere prenda in esame unicamente l’impatto sociale derivante dagli effetti delle attività delle imprese sociali e non le imprese sociali in sé, la struttura e i modelli operativi di queste imprese rappresentano di per sé dei fattori chiave nel determinare un impatto sociale, grazie all’internalizzazione dei costi sociali e alla creazione di esternalità positive.

3.   L’impatto sociale inserito in un contesto sociale

3.1

Per molto tempo lo sviluppo delle organizzazioni e dei paesi è stato misurato prevalentemente in base al criterio dei risultati economici, senza considerare se l’impulso principale di questo sviluppo venisse dal progresso sociale o da quello economico. Nell’interesse di un mondo sostenibile deve emergere in primo piano una prospettiva più olistica, che tenga conto delle ripercussioni in campo sociale, ambientale ed economico.

3.2

In questi ultimi anni la consapevolezza del problema è aumentata. Nel 2008 il CESE ha adottato un parere d’iniziativa intitolato Oltre il PIL: strumenti per misurare lo sviluppo sostenibile  (8) in cui ha sottolineato la necessità di disporre di metodi nuovi per misurare la sostenibilità e il benessere in modo da poter rispondere alle sfide sociali. Al parere ha fatto seguito nel 2009 la comunicazione della Commissione Non solo PIL: misurare il progresso in un mondo in cambiamento  (9), in cui si segnalava l’esigenza di adottare nuovi strumenti di monitoraggio e misurazione dello sviluppo sociale. Anche altri soggetti hanno elaborato nuovi strumenti a questo fine, come ad esempio il Better Life Index (l’Indice di miglioramento della vita) (10) messo a punto dall’OCSE.

3.3

Nell’Europa odierna, colpita dalla crisi e dalla trasformazione dei modelli di protezione sociale, diventa più importante che mai concentrarsi sulla creazione di valori autentici. Più di recente questo è stato evidenziato in una serie di iniziative tese a rafforzare la dimensione sociale dell’Unione economica e monetaria (UEM) (11), in cui vengono proposti indicatori sociali e azioni per integrare la rendicontazione economica. Questo tipo di argomentazione si ritrova oggi in numerosi documenti dell’UE, in cui la misurazione e il monitoraggio del valore aggiunto sociale, dei mutamenti sociali e dell’impatto sociale costituiscono i presupposti per un’attuazione efficace delle direttive, dei programmi e delle attività.

3.4

La misurazione dell’impatto sociale è una questione non solo importante, ma addirittura cruciale per ricostruire un’Europa a dimensione sociale. Per questo il Comitato biasima l’approccio davvero poco ponderato adottato dalla Commissione in materia, e la esorta al contrario a dedicare più tempo ad un esame approfondito dell’argomento in un contesto più ampio, da cui possano emergere le forme di metodologia più idonee. A questo proposito occorre sottolineare che, dal momento che l’obiettivo generale è sostenere le imprese sociali nello svolgimento della loro missione, la Commissione deve usare cautela nel mettere a punto strumenti che potrebbero sortire l’effetto opposto a quello auspicato.

3.5

L’invito alla prudenza è tanto più opportuno se si considera che in numerosi Stati membri la conoscenza dell’imprenditoria e dell’economia sociali e il riconoscimento del loro apporto sono quasi inesistenti. Aprire il dibattito nella prospettiva dell’impatto sociale piuttosto che cercare di promuovere un ambiente propizio allo sviluppo di imprese sociali può quindi rivelarsi controproducente per la crescita del settore. Il CESE invita pertanto la Commissione a considerare un obiettivo prioritario la piena attuazione dell’Iniziativa per l’imprenditoria sociale, in modo da assicurare condizioni eque e trasparenti alle imprese sociali di tutti i paesi UE prima ancora di varare un’iniziativa sulla misurazione dell’impatto sociale.

4.   La descrizione dell’impatto sociale

4.1

La misurazione dell’impatto sociale ha ricadute positive su tutti i settori della società. Conseguire un impatto sociale positivo rappresenta l’obiettivo fondamentale di un’impresa sociale, ed è spesso parte integrante e una componente permanente della sua attività. È importante distinguere tra i risultati sociali e quelli commerciali dell’impresa: ciò che va misurato è l’impatto sociale e non l’organizzazione stessa.

4.2

Vi sono sia analogie che differenze nel modo in cui i vari soggetti interessati descrivono l’impatto sociale. Il CESE sottolinea che è importante giungere ad una comprensione comune in materia, e suggerisce la seguente descrizione dell’impatto sociale: «gli effetti sociali e l’impatto sulla società determinati da specifiche attività di un’impresa sociale».

4.3

È importante poi segnalare che misurando l’impatto non si intende valutare solamente gli effetti desiderati, bensì anche gli effetti globali (sia quelli auspicati che quelli imprevisti) e il loro impatto.

4.4

Valutare l’impatto sociale è un lavoro arduo, poiché può essere difficile dimostrare l’esistenza di un collegamento tra l’attività realizzata e l’effetto ottenuto. Spesso gli effetti positivi sono di ordine qualitativo, e talvolta possono risultare evidenti solo nel lungo periodo. Gli sforzi volti a tradurre un’attività in cifre comportano il rischio significativo che le informazioni ottenute non siano in grado di misurare — o non adeguatamente — quello che dev’essere misurato. Di conseguenza, le imprese sociali non devono essere indotte a equiparare misurazione e quantificazione, concentrandosi unicamente su attività in grado di essere agevolmente misurate, quantificate o riconosciute dall’esterno.

4.5

La quantificazione va vista invece come uno dei metodi di misurazione, da affiancare ad altri metodi orientati alla qualità come, ad esempio, la narrazione. Un simile approccio alternativo, o complementare, che consiste nel raccogliere «storie» ricche di informazioni viste dalla prospettiva dei beneficiari è cruciale per poter valutare il «valore aggiunto» delle attività di un’impresa sociale. Inoltre, va precisato che misurare la creazione di valore non significa necessariamente ottenere delle cifre definitive, bensì che il risultato può presentarsi come una combinazione di cifre e di testo.

4.6

Per esaminare in modo approfondito questa complessa questione, il CESE raccomanda alla Commissione di intraprendere una raccolta dati sui metodi oggi in uso quale punto di partenza per realizzare un’analisi comparata tra Stati membri.

5.   Protagonisti principali e concetti fondamentali

5.1

Uno dei presupposti dell’elaborazione di un metodo di misurazione dell’impatto sociale a livello e nel contesto dell’UE (FEIS e EaSI) è che vi prendano parte i soggetti interessati, ossia principalmente le imprese sociali, gli utenti, i decisori politici e i finanziatori, oltre che, laddove opportuno, i prestatori di servizi sociali, le autorità pubbliche e le parti sociali. Questo approccio basato sul coinvolgimento dei soggetti interessati comporta un processo di costruzione della fiducia che permette una visione condivisa dell’impatto auspicato.

5.2

Un prerequisito indispensabile per l’adozione di un tale approccio è un’interpretazione comune dei concetti basilari da utilizzare per la misurazione dell’impatto sociale. Termini come input , output , effetto e impatto infatti vengono spesso definiti in maniera diversa a seconda del contesto, ma è essenziale che tutte le parti interessate ne diano un’interpretazione univoca.

5.3

Se si tiene conto unicamente dell’output (ad esempio il numero di persone che partecipano ad una formazione), si finisce per non misurare l’impatto reale dell’attività. L’importante è quindi riconoscere che per misurare l’impatto sociale si deve passare dalla misurazione dei semplici output a quella del vero e proprio impatto, in modo tale da cogliere il valore aggiunto reale, senza però dimenticare che la misurazione dell’impatto sociale rimane un esercizio complesso e multidisciplinare.

5.4

Va anche osservato che occorre in particolare valutare meglio le difficoltà che emergono nel processo di trasposizione dei risultati della misurazione dell’impatto sociale dal livello micro a quello macro (nell’ambito dell’UE), così come il modo in cui i metodi di misurazione rispettano i diritti e le esigenze sia dei cittadini che delle imprese.

6.   Metodi e strumenti

6.1

Dato che l’impatto sociale viene misurato in molti modi diversi, risulta difficile raccomandare un metodo specifico o persino confrontare i vari metodi tra loro (12). È stata elaborata tutta una serie di metodi, molti dei quali sono stati sperimentati nel quadro di diversi progetti EQUAL (13). Il tratto comune di queste iniziative risiede nel fatto che nascono «dal basso» e sono progettate per conseguire un mutamento sociale auspicato, sulla base di una necessità reale e di attività concrete.

6.2

I metodi più conosciuti sono «l’utile sociale sul capitale investito» (Social Return On Investment — SROI), un metodo fondato sugli effetti ottenuti per comprendere la creazione di valore sociale, ambientale ed economico di un’organizzazione, e il «bilancio sociale» (o «contabilità sociale»), un metodo per pianificare, misurare e valutare gli obiettivi sociali di un’organizzazione (14). Vi sono altri esempi di metodi di applicazione più generale per stabilire il valore sociale aggiunto, come il Global Reporting Index (GRI), un sistema per l’elaborazione di relazioni sulla sostenibilità che offre un quadro per la rendicontazione sociale, ambientale ed economica. Va tuttavia ricordato che esistono anche numerosi altri metodi (15).

6.3

L’elemento che accomuna tutti questi metodi è che sono stati concepiti nella prospettiva della finalità perseguita dall’impresa sociale nelle sue varie attività piuttosto che su modelli derivati da altri settori. Invece di limitarsi a misurare gli output in un periodo determinato, essi prevedono spesso un processo più ampio e non lineare come, ad esempio, quello della Theory of Change («teoria del cambiamento») (16), che, semplificando, comporta un lavoro di definizione, quantificazione e monitoraggio. Il ricorso a questi metodi fa sì che lo stesso processo di misurazione diventi parte integrante della pianificazione aziendale dell’impresa, oltre che uno strumento importante per migliorarne l’organizzazione interna.

6.4

Nel mettere a punto i metodi di misurazione dell’impatto sociale occorre fare in modo che essi rimangano proporzionati e finalizzati al sostegno delle imprese sociali: molte di queste, infatti, sono piccole aziende create solo di recente e dispongono di risorse limitate per l’applicazione di metodi complessi. Pertanto, per ridurre gli oneri burocratici e renderli più proporzionati, il CESE propone che siano altri soggetti interessati (l’UE, i gestori dei fondi) e non le imprese sociali a farsi carico dei costi della misurazione dell’impatto.

6.5

Per quanto concerne gli indicatori, il Comitato raccomanda che vengano selezionati dalle imprese sociali sulla base di interviste con gli utenti e le parti interessate. Tra gli indicatori si possono citare, ad esempio, i «costi sociali evitati» o «l’impatto determinato» dalle imprese sociali, ma anche il lavoro svolto a favore di una certa causa, la loro struttura e i loro modelli operativi.

6.6

Alla luce dei metodi oggi utilizzati, la Commissione dovrebbe prendere in considerazione l’elaborazione, in linea con le raccomandazioni del CESE, di un quadro europeo che sia conforme alle normative specifiche in vigore in alcuni Stati membri, oltre che ai modelli degli enti di previdenza sociale e delle stesse imprese sociali esistenti in quei paesi UE.

7.   Altre osservazioni

7.1

Dal momento che è estremamente difficile raccomandare l’applicazione di un solo metodo specifico o di indicatori standard per la misurazione dell’impatto sociale, un primo passo per la Commissione consisterà nel fare opera di sensibilizzazione sui principi e i metodi più diffusi in questo campo e nell’incoraggiare le imprese a utilizzarli. Alla luce di queste esperienze, la Commissione potrà redigere delle linee guida comuni per la misurazione degli effetti sociali invece che degli output, al fine di elaborare un quadro che riunisca i principi su cosa misurare invece di cercare di definire come misurare l’impatto sociale.

7.2

Dato che l’argomento è assai complesso, il CESE raccomanda che, in una prima fase, i metodi elaborati per i FEIS e l’EaSI formino oggetto di progetti pilota, affinché la Commissione possa monitorare attentamente l’impatto della loro applicazione e apportare, se necessario, delle modifiche. L’insieme dei dati raccolti dovrebbe essere disaggregato per genere, per assicurare il riconoscimento del ruolo svolto dalle donne nell’imprenditoria sociale e garantire una ripartizione dei fondi trasparente. Questo contribuirà a fare in modo che i metodi impiegati non comportino, per i destinatari previsti, una limitazione dell’accesso ai finanziamenti.

7.3

Nel definire la struttura dei progetti pilota, la Commissione deve tener conto anche di fattori quali la competenza e la finalità della funzione di «audit»/del soggetto interessato — un aspetto strettamente legato ai costi aggiuntivi e alle motivazioni di questi attori. Il CESE esorta la Commissione a fare il possibile per ridurre al minimo tali costi all’atto di stabilire i requisiti di misurazione, per evitare gli adempimenti burocratici inutili e per non falsare lo sviluppo sociale.

7.4

Vi è il rischio che il metodo di misurazione elaborato appositamente per i FEIS e l’EaSI prevalga rispetto all’applicazione di altri strumenti e normative relativi all’imprenditoria sociale a livello nazionale, regionale e locale. Un’applicazione inadeguata o scorretta della misurazione dell’impatto sociale può compromettere l’innovazione e la sperimentazione sociali. Per ridurre tale rischio, la Commissione dovrebbe prevedere programmi di sensibilizzazione e di formazione nei vari Stati membri.

7.5

Il presente parere costituisce una prima tappa dei lavori del CESE nel campo della misurazione dell’impatto sociale, nonché una risposta all’attività che la Commissione svolge attualmente sullo stesso tema. Il CESE ritiene tuttavia indispensabile approfondire ed ampliare il dibattito: esso continuerà quindi a seguire con attenzione il lavoro della Commissione in materia e proseguirà il proprio anche nell’ambito di altri settori della sua attività politica.

Bruxelles, 13 novembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Fondi europei per l’imprenditoria sociale, COM(2011) 862 final.

(2)  Programma per l'occupazione e l'innovazione sociale, COM(2011) 609 final.

(3)  COM(2012) 573 final.

(4)  http://ec.europa.eu/internal_market/social_business/expert-group/social_impact/index_en.htm.

(5)  GU C 318 del 23.12.2009, pag. 22; GU C 24 del 28.1.2012, pag. 1; GU C 229 del 31.7.2012, pag. 44.

(6)  GU C 229 del 31.7.2012, pag. 55.

(7)  COM(2011) 682 final.

(8)  GU C 100 del 30.4.2009, pag. 53.

(9)  COM(2009) 433 final.

(10)  www.betterlifeindex.org.

(11)  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2013:0690:FIN:IT:PDF.

(12)  Bouchard, M. (a cura di) (2009): The worth of social economy, Peterlang, Bruxelles.

(13)  http://ec.europa.eu/employment_social/equal_consolidated.

(14)  http://www.thesroinetwork.org/what-is-sroi, http://www.socialauditnetwork.org.uk/getting-started/what-is-social-accounting-and-audit.

(15)  Ad esempio: PQASSO — Practical Quality Assurance Systems for Small Organisations; SIMPLE — Simple Impact Measurement for Local Economies; Volunteering Impact Assessment Toolkit; The Big Picture; Impact Framework; Logic Model Builder; Measuring Impact Framework; Outcome Mapping; Outcome-Based Evaluation; Social Impact Assessment (valutazione dell'impatto sociale — VIS); The Shujog Impact Framework and Assessment.

(16)  http://www.theoryofchange.org.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/23


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Reddito minimo europeo e indicatori di povertà (parere d'iniziativa)

2014/C 170/04

Relatore: DASSIS

Correlatore: BOLAND

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Reddito minimo europeo e indicatori di povertà.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 novembre 2013.

Nella sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 155 voti favorevoli, 93 voti contrari e 12 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L'impatto negativo — sociale ed economico — della crisi e la mancanza di riforme strutturali, che alimentano la povertà e l'esclusione nell'UE, associati all'invecchiamento demografico, all'aumento dei flussi migratori e al diffondersi dell'euroscetticismo, rendono quanto mai urgente l'affermazione di un modello politico che rafforzi la solidarietà e i valori fondamentali dell'acquis sociale europeo.

In tale contesto, il Comitato economico e sociale europeo (CESE):

1.2

ritiene che, in una congiuntura così difficile, l'introduzione di un reddito minimo europeo possa contribuire a garantire la coesione economica, sociale e territoriale, a tutelare i diritti umani fondamentali, a trovare un equilibrio tra gli obiettivi economici e quelli sociali e a ridistribuire equamente le risorse e i redditi;

1.3

fa notare che in merito si è svolto un importante dibattito a livello di organi del CESE, sottolinea la necessità e l'urgenza di garantire un reddito minimo adeguato nell'Unione europea attraverso una direttiva quadro volta a combattere efficacemente la povertà agevolando l'inclusione sul mercato del lavoro, come invocato dal Comitato delle regioni (1) e da varie organizzazioni impegnate nella lotta contro la povertà (2), e invita la Commissione a intraprendere un'azione concertata in linea con la risoluzione adottata nel 2011 dal Parlamento europeo (3);

1.4

invita la Commissione a esaminare le possibilità di finanziare un reddito minimo europeo, concentrandosi in particolare sulla prospettiva di creare un apposito fondo dell'UE;

1.5

invoca l'adozione di ulteriori misure per far sì che gli obiettivi della strategia Europa 2020 in materia di occupazione, povertà ed esclusione sociale siano realmente raggiunti. Tali misure dovrebbero comprendere: 1) l'ulteriore perseguimento di obiettivi orizzontali in materia di occupazione; 2) la fissazione di obiettivi in termini di tasso di riduzione dei tre fattori che compongono l'indicatore composito di povertà ed esclusione sociale; 3) la definizione di sotto-obiettivi, a livello europeo e nazionale, per le categorie a più alto rischio di povertà rispetto alla popolazione generale (ad esempio i bambini e le famiglie monoparentali) e per i lavoratori poveri; 4) il riesame delle modalità in cui gli Stati membri calcolano i livelli di povertà e fissano i loro obiettivi nazionali; e 5) la conferma di un rinnovato impegno da parte degli Stati membri per far sì che la combinazione degli sforzi prodigati da ciascuno di loro consenta di raggiungere l'obiettivo generale dell'Unione europea;

1.6

chiede una valutazione effettiva dell'impatto sociale prodotto dalle misure previste dai programmi nazionali di riforma (PNR) e dalle relazioni sociali nazionali (RSN), nonché dai pacchetti di risanamento finanziario, in modo che tali provvedimenti non peggiorino la povertà o l'esclusione sociale e al fine di garantire una maggiore partecipazione della società civile all'elaborazione dei PNR e delle RSN;

1.7

chiede un maggiore controllo del peggioramento della povertà e dell'esclusione sociale, e invita la Commissione a proporre, ove opportuno e paese per paese, nel quadro della sua valutazione dei programmi nazionali di riforma e delle relazioni sociali nazionali, delle raccomandazioni specifiche in materia di inclusione sociale. Queste ultime dovrebbero valere anche per i paesi che beneficiano di un programma speciale di assistenza della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale;

1.8

sottolinea che avere un lavoro dignitoso è la migliore garanzia contro la povertà e l'esclusione sociale, e sollecita la Commissione ad attuare, in cooperazione con gli Stati membri e nel quadro del Patto per la crescita e l'occupazione, misure volte a promuovere la crescita, la competitività e l'occupazione; accoglie con favore l'intenzione del commissario europeo Tajani di lanciare un patto per l'industria inteso a rafforzare il settore industriale dell'UE e il suo potenziale occupazionale;

1.9

sottolinea in particolare l'importanza di fare in modo che i lavoratori, i disoccupati e tutte le categorie sociali vulnerabili partecipino maggiormente all'apprendimento permanente e di migliorare il livello delle qualifiche professionali e l'acquisizione di nuove competenze, al fine di favorire una più rapida integrazione nel mercato del lavoro, aumentare la produttività e aiutare le persone a trovare impieghi migliori.

2.   Contesto generale

2.1

Il reddito minimo garantito rappresenta un sostegno al reddito che non è fondato sul versamento di contributi e che fornisce una rete di sicurezza a coloro che non hanno diritto a prestazioni di sicurezza sociale (4). In quanto ultimo rifugio di fronte alla povertà, esso è indissolubilmente legato al diritto a una vita dignitosa per chi non dispone di altri mezzi per garantire il proprio reddito e quello delle persone a suo carico (5). È importante non confondere il concetto di «reddito minimo garantito» con quello di «salario minimo» definito dai contratti collettivi o dal legislatore.

2.2

L'articolo 10, paragrafo 2, della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (1989) (6) sancisce il diritto delle persone escluse dal mercato del lavoro e prive di mezzi di sostentamento di «beneficiare di prestazioni e risorse sufficienti».

2.3

La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (2000), giuridicamente vincolante nel quadro del Trattato di Lisbona, stabilisce che «la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata» (articolo 1) e che, «al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, l'Unione riconosce e rispetta il diritto all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti» (articolo 34, paragrafo 3).

2.4

Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 153, paragrafo 1, lettera h) consente all'Unione di adottare una legislazione volta a sostenere e completare l'azione degli Stati membri in materia di integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro. La clausola sociale orizzontale (articolo 9) pone, tra gli imperativi di cui l'Unione deve tener conto nel definire e attuare le sue politiche e azioni, in particolare un elevato livello di occupazione, una protezione sociale adeguata e la lotta contro l'esclusione sociale.

2.5

Nella raccomandazione 92/441/CEE (7) del Consiglio si invitano gli Stati membri a riconoscere il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti e affidabili, ad adeguare i rispettivi sistemi di protezione sociale e a stabilire dei criteri comuni di attuazione, senza tuttavia specificare una soglia minima a livello UE.

2.6

La raccomandazione del 2008 della Commissione (8) riconosce un'adeguata integrazione del reddito quale uno dei tre pilastri dell'inclusione attiva, sottolineando che i beneficiari dovrebbero essere disponibili al lavoro, alla formazione o ad altre misure di inclusione sociale.

2.7

La lotta contro la povertà e l'esclusione sociale è uno degli obiettivi prioritari della strategia Europa 2020, che ha istituito la Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale (9). Essa pone, per la prima volta, l'obiettivo di far uscire dalla povertà almeno 20 milioni di persone entro il 2020 sulla base di tre indicatori combinati: rischio di povertà (inteso come la percentuale di persone che vivono con meno del 60 % del reddito mediano nazionale), grave deprivazione materiale (che consiste in una mancanza di risorse determinata sulla base di un paniere specifico) e intensità di lavoro molto bassa (il fatto di vivere in un nucleo familiare senza occupati) (10). Il CESE ha accolto con favore questo impegno, e ha sottolineato che le politiche dell'UE non dovrebbero comportare un aumento del rischio di povertà (11).

2.8

L'obiettivo principale fissato dalla strategia Europa 2020 in materia di riduzione della povertà e dell'esclusione sociale si basa sulla riduzione del numero di persone appartenenti a questa categoria, e si differenzia, per il metodo adottato, dagli altri obiettivi principali perseguiti dalla strategia (12). Questi ultimi, infatti, sono espressi in termini percentuali, il che facilita il compito degli Stati membri nel raggiungere a loro volta lo stesso obiettivo percentuale.

2.9

Sono i singoli Stati membri che decidono come definire i loro obiettivi nazionali e adottano una serie di misure per realizzarli. Tuttavia, combinando gli obiettivi dei singoli Stati membri si resta ben al di sotto dell'obiettivo di 20 milioni di persone perseguito dalla strategia Europa 2020: secondo le stime, tra l'obiettivo principale della strategia Europa 2020 e la somma degli obiettivi nazionali vi sarebbe un divario che va da 5 a 8 milioni di persone (13). Inoltre, molti programmi nazionali di riforma non sono sufficientemente chiari sulle modalità con cui sarà raggiunto l'obiettivo di riduzione della povertà e mancano di adeguate misure di inclusione sociale (14). I paesi che beneficiano di aiuti straordinari da parte della Commissione, della Banca centrale europea o del Fondo monetario internazionale non sono tenuti a presentare programmi nazionali di riforma specifici (15): essi devono rispondere soltanto in base ai termini di ciascuno dei memorandum di intesa, i quali non prevedono però alcuna misura volta a ridurre la povertà o l'esclusione sociale.

2.10

Il Parlamento europeo, in una risoluzione del 2010 (16), invita gli Stati membri a introdurre sistemi di reddito minimo equivalente al 60 % del reddito mediano nazionale, chiedendo al riguardo raccomandazioni più decise da parte dell'Unione europea, mentre in una risoluzione del 2011 (17) esorta la Commissione ad avviare una consultazione sulla possibilità di un'iniziativa legislativa su un reddito minimo adeguato.

3.   Povertà, esclusione sociale e disoccupazione nell'UE

3.1

Il CESE riconosce che la povertà costituisce una violazione dei diritti umani (il che dimostra la necessità di ulteriori sforzi per realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 3, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea), e considera il superamento della povertà come una sfida per tutta l'Europa.

3.2

La crisi in atto dal 2008 e la mancanza di riforme strutturali hanno determinato in molti paesi un aumento del rischio di povertà e di esclusione sociale e professionale (18): i più recenti dati Eurostat (19) confermano che il 24,2 % della popolazione dell'Unione europea, ossia 119,7 milioni di persone (20), è a rischio di povertà o esclusione sociale. Nel 2011 questa percentuale è salita in 19 Stati membri e, tra il 2008 e il 2011, il numero di persone in condizioni di indigenza o di esclusione sociale è aumentato di 4 milioni. Dal 2008 sono peggiorati anche i tre indicatori che definiscono il «rischio di povertà o di esclusione sociale», attestandosi ormai al 17 % per quanto riguarda il rischio di povertà, al 9 % per la grave deprivazione materiale e al 10 % per le persone che vivono in famiglie con un'intensità di lavoro molto bassa. In molti paesi i poveri stanno diventando sempre più poveri (21).

3.3

Con un tasso del 27,1 %, i minori sono tra le categorie maggiormente a rischio di povertà o esclusione sociale rispetto alla popolazione generale (22). In alcuni paesi, inoltre, la percentuale degli ultrasessantacinquenni a rischio di povertà è relativamente elevata (23).

3.4

Le disparità di reddito e le disuguaglianze sociali sono in aumento all'interno di ogni Stato membro e tra i diversi Stati e le diverse regioni, e sono gravemente peggiorate in seguito alla crisi (24). Inoltre, le categorie che erano già svantaggiate prima della crisi lo divengono ancora di più (25).

3.5

La crisi mette a nudo nuove forme di povertà, quali la mancanza di un alloggio, la povertà energetica, l'esclusione finanziaria (mancanza di accesso ai servizi bancari di base e al credito) o il sovraindebitamento delle famiglie, mentre l'esposizione ai rischi sociali colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini. Allo stesso tempo, le categorie più vulnerabili, come gli anziani (soprattutto se di età molto avanzata e/o di sesso femminile), i disabili, i malati cronici gravi, le famiglie monoparentali, le famiglie a basso reddito, ma anche i migranti e alcune minoranze etniche come i Rom, sono colpiti in modo sproporzionato da molteplici forme di privazione.

3.6

L'occupazione e la situazione sociale nell'Unione europea hanno ormai raggiunto livelli critici; la disoccupazione aumenta senza sosta, arrivando a interessare, nel gennaio del 2013, 26,2 milioni di persone, ossia il 10,8 % della popolazione economicamente attiva dell'Unione (rispettivamente 19 milioni e l'11,9 % nella zona euro), mentre la situazione economica delle famiglie ha assunto dimensioni allarmanti (26). La disoccupazione giovanile è a livelli record in tutta l'Unione europea: il 23,6 % dei giovani in età lavorativa è disoccupato, e tende a rimanere tale per periodi più lunghi.

3.7

Il Comitato è seriamente preoccupato per il crescente numero di lavoratori poveri derivante, tra l'altro, dalla diffusione del lavoro precario e delle basse retribuzioni. Nel 2011, l'8,9 % degli occupati viveva sotto la soglia di povertà e rappresentava un terzo di tutti gli adulti in età lavorativa esposti al rischio di povertà (27).

4.   Osservazioni generali

4.1

Il CESE ha adottato una serie di pareri (28) su questioni direttamente o indirettamente connesse con il reddito minimo e la povertà, formulando delle raccomandazioni specifiche. Le osservazioni e raccomandazioni formulate nel 1989 (29) sono rese oggi ancora più urgenti dagli effetti funesti della crisi. Il Comitato sostiene in particolare la Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale, ritenendo che il metodo di coordinamento aperto e la clausola sociale orizzontale possano contribuire a garantire un reddito minimo e a combattere la povertà e l'esclusione sociale.

4.2

La necessità urgente di un sistema di reddito minimo è stata sottolineata in occasione di un'audizione pubblica (30) che il CESE ha organizzato nel corso dell'elaborazione del presente parere e che ha riunito esperti e personalità impegnate sul campo per una riflessione su come migliorare la misurazione della povertà e sulle sfide da superare per giungere a un sistema europeo di reddito minimo.

4.3

Il carattere pluridimensionale della povertà (31) e dell'esclusione sociale richiede il rafforzamento della dimensione sociale nella governance europea: politiche macroeconomiche socialmente sostenibili costituiscono un presupposto per uscire dalla crisi e garantire la coesione sociale. La persistenza della povertà e dell'esclusione nuoce all'economia, poiché riduce il reddito disponibile e la domanda, compromette la competitività e impone vincoli ai bilanci nazionali.

4.4

A questo proposito, il CESE è convinto della necessità di riesaminare le priorità e le politiche, in particolare quelle monetarie, tra cui il Patto di stabilità e di crescita, quelle in materia di concorrenza e di commercio estero e quelle in materia di bilancio e fiscalità.

4.5

Il CESE accoglie con favore il pacchetto aggiornato sugli investimenti sociali adottato il 20 febbraio 2013 (32) che invita gli Stati membri a mettere a punto un'assistenza al reddito efficiente e adeguata, che tenga conto dei bisogni sociali a livello locale, regionale e nazionale, e a stabilire dei bilanci di riferimento per un paniere di beni e servizi necessari a una famiglia di una data dimensione e composizione per vivere a un certo livello di benessere, corredati di una stima dei relativi costi mensili o annuali.

4.6

Il CESE insiste sulla Commissione affinché essa acceleri l'adempimento della sua promessa (33) di sostenere l'azione degli Stati membri monitorando le riforme di inclusione attiva, mettendo a punto un metodo di elaborazione dei bilanci di riferimento e verificando l'adeguatezza del sostegno al reddito ricorrendo a tali bilanci non appena essi saranno stati definiti in collaborazione con gli Stati membri.

4.7

Il CESE è fermamente convinto che il modo migliore per ridurre la povertà e prevenire l'esclusione sociale consista nel rilanciare la crescita, promuovere la competitività e creare condizioni quadro favorevoli per le imprese europee (ad esempio, evitando oneri amministrativi eccessivi e garantendo l'accesso ai finanziamenti), per consentire a queste ultime di espandersi e di creare occupazione per i lavoratori in possesso delle competenze adeguate.

4.8

Il CESE sottolinea la necessità di attribuire un'importanza particolare ai programmi di apprendimento permanente in quanto strumento fondamentale per combattere la povertà e l'esclusione sociale, nonché promuovere l'occupabilità e l'accesso alla conoscenza e al mercato del lavoro. È importante incrementare la partecipazione all'apprendimento permanente da parte dei lavoratori, dei disoccupati e di tutte le categorie sociali vulnerabili, e migliorare il livello delle qualifiche professionali e l'acquisizione di nuove competenze, al fine di favorire una più rapida integrazione nel mercato del lavoro, rafforzare la produttività e aiutare le persone a trovare impieghi migliori.

4.9

Il CESE sostiene un approccio globale in materia di imprenditoria sociale, con un aumento delle risorse destinate al Fondo per l'imprenditoria sociale e un miglioramento del contesto giuridico e amministrativo, in modo da promuovere le imprese dell'economia sociale che sono capaci di combattere la povertà fungendo da fattori di traino per la crescita, l'innovazione e l'occupazione.

4.10

Il CESE accoglie con favore la recente raccomandazione sulla povertà infantile (34), ma deplora il fatto che l'esposizione continua di un numero così elevato di bambini al rischio di povertà, che si trasmette da una generazione all'altra, sia un chiaro indice delle carenze esistenti nelle politiche in atto.

4.11

Il CESE esprime preoccupazione per la forte probabilità che l'obiettivo fissato dalla strategia Europa 2020 in materia di povertà ed esclusione sociale (20 milioni di poveri in meno nell'Unione entro il 2020) non venga raggiunto.

4.12

Il CESE ha già fatto osservare che il grado di coinvolgimento della società civile nell'elaborazione dei programmi nazionali di riforma varia significativamente da uno Stato membro all'altro, tanto che in alcuni paesi tale coinvolgimento non è quasi previsto (35).

4.13

La mancanza di dati aggiornati sul reddito e sulle condizioni di vita rappresenta un ostacolo all'attuazione della strategia Europa 2020.

5.   Il ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e nell'inclusione sociale

5.1

Il CESE è consapevole che assegnare un ruolo centrale e specifico all'Unione europea in materia di protezione attraverso il reddito minimo rappresenterebbe un'impresa politica estremamente complessa, per via delle differenze economiche esistenti tra gli Stati membri, della diversità dei sistemi di reddito minimo (36) e delle strutture di protezione sociale, della sussidiarietà, della rete di diritti e doveri in relazione ai sistemi di protezione attraverso il reddito minimo, della complessa interazione tra le politiche in atto e i loro risultati, da un lato, e il concetto di «solidarietà» all'interno dell'Unione, dall'altro.

5.2

Il CESE, tuttavia, reputa necessario introdurre o rafforzare, ove già esistano, i sistemi di reddito minimo: 22 anni dopo l'adozione della raccomandazione 92/441/CEE, infatti, non tutti gli Stati membri dispongono ancora di sistemi di questo tipo o, laddove questi esistano, la loro accessibilità e adeguatezza non sono garantite ovunque, e gli obiettivi cumulativi degli Stati membri in materia di riduzione della povertà e dell'esclusione sociale restano ben al di sotto dell'obiettivo perseguito dalla strategia Europa 2020 (37).

5.3

In considerazione delle dinamiche che intercorrono tra povertà ed economia, il CESE sottolinea che i sistemi di reddito minimo offrono un potenziale di stabilizzazione, capace di attenuare l'impatto sociale della crisi e di esplicare un effetto anticiclico, fornendo ulteriori risorse per rilanciare la domanda sul mercato interno.

5.4

Il CESE è fortemente preoccupato che i sistemi di reddito minimo, che nella maggior parte degli Stati membri variano notevolmente in termini di copertura, universalità ed efficacia, non riescano ad attenuare sufficientemente la povertà, e teme che il loro mancato utilizzo possa pregiudicarne ancora di più l'adeguatezza (38).

5.5

Il CESE esprime apprezzamento per i risultati positivi ottenuti grazie al metodo di coordinamento aperto in materia sociale, ma si rammarica che gli strumenti e le strutture esistenti non siano stati esplorati a fondo e che i progressi compiuti nella lotta contro la povertà e l'esclusione sociale siano limitati.

5.6

Il CESE è favorevole ad adottare, a integrazione del metodo di coordinamento aperto in materia di politica sociale, una direttiva europea che estenda i sistemi di reddito minimo a tutti gli Stati membri, migliori l'adeguatezza di quelli esistenti tenendo conto dei diversi contesti nazionali, e invii così un messaggio forte riguardo a un pilastro sociale europeo.

5.7

La direttiva proposta dovrebbe fissare standard e indicatori comuni, fornire i metodi per monitorare la sua applicazione e consentire alle parti sociali, ai beneficiari e agli altri soggetti interessati di partecipare all'istituzione di sistemi nazionali di reddito minimo o alla revisione di quelli esistenti.

5.8

Nel quadro dell'attuazione delle politiche adottate e dell'applicazione degli strumenti e delle strutture esistenti, il CESE ritiene che, in quanto condizione preliminare per rafforzare la solidarietà e la coesione sociale all'interno dei diversi Stati membri ma anche tra di essi, le politiche di bilancio e quelle macroeconomiche debbano contribuire anche agli obiettivi in materia di investimenti sociali della strategia Europa 2020.

5.9

Il CESE è convinto che gli sforzi messi in campo dall'Unione europea per migliorare la protezione attraverso il reddito minimo debbano consistere nel fornire agli Stati membri, in particolare a quelli nei quali vi è più acuta necessità, un aiuto nell'aprire i loro mercati e nell'applicare politiche macroeconomiche efficaci, nonché nell'impiegare in modo più efficiente e mirato le risorse esistenti e nell'esaminare senza indugio le possibilità di accrescere le risorse necessarie.

5.10

Il CESE ricorda che i sistemi di reddito minimo, pur essendo direttamente collegati ai sistemi di protezione e di prestazioni sociali, non dovrebbero indurre una dipendenza da tali sistemi, e ribadisce le condizioni che aveva delineato già nel 1989 (39). A tal fine, i sistemi di reddito minimo dovrebbero essere accompagnati da misure generali e disposizioni mirate (come politiche attive per il mercato del lavoro volte ad aiutare le persone disoccupate a trovare un impiego, servizi di collocamento, una gestione di indennità e programmi destinati al mercato del lavoro, ad esempio per la formazione e la creazione di posti di lavoro) sostenute da strategie di attivazione adeguate, per far sì che le persone in cerca di impiego abbiano maggiori possibilità di trovare un lavoro. Altrettanto essenziale è l'esistenza di istituzioni efficaci per il mercato del lavoro, l'assistenza sanitaria e le politiche abitative, o ancora di servizi pubblici di alta qualità, accessibili e a prezzo abbordabile.

Bruxelles, 10 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Parere del Comitato delle regioni sul tema Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale, GU C 166 del 7.6.2011, pag. 18. Cfr. punti 19 e 7.

(2)  ATD Quarto Mondo, la Rete europea contro la povertà (EAPN), la Federazione europea delle associazioni nazionali che si occupano dei senzatetto (Feantsa), la sezione europea del movimento Emmaus ecc.

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2011 sulla piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale (2011/2052(INI)), GU C 153E del 31.5.2013, pag. 57.

(4)  Atre opzioni politiche disponibili in materia sono l'introduzione di a) un reddito universale di base o una garanzia di reddito di base, un'indennità forfetaria permanente versata a intervalli regolari a ciascun cittadino adulto, indipendentemente dalla sua situazione economica o sociale o dalla sua disponibilità al lavoro, e di b) un'imposta negativa sui redditi, basata sul concetto di aliquota marginale d'imposta.

(5)  FRAZER, Hugh e MARLIER, Eric, Minimum Income Schemes Across EU Member States («I sistemi di reddito minimo nei diversi Stati membri dell'UE»), relazione di sintesi della Rete di esperti indipendenti in materia di inclusione sociale dell'UE, Commissione europea, DG Occupazione, affari sociali e pari opportunità, 2009.

(6)  Commissione delle Comunità europee, Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 1990.

(7)  Raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale, GU L 245 del 26.8.1992, pag. 46.

(8)  Raccomandazione della Commissione, del 3 ottobre 2008, relativa all'inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro [notificata con il numero C(2008) 5737], GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11.

(9)  Europa 2020 — Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) 2020 final, Bruxelles, 3.3.2010.

(10)  Questi tre indicatori combinati definiscono una categoria generale di persone «a rischio di povertà o esclusione», il che significa che chiunque risponda a uno qualsiasi di questi tre criteri rientra in tale categoria ed è contato una sola volta.

(11)  Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — La Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale, COM(2010) 758 final, GU C 248 del 25.8.2011, pag. 130.

(12)  In materia di occupazione, istruzione, cambiamenti climatici e R&S, gli obiettivi sono espressi in termini percentuali, consentendo agli Stati membri di fissare a loro volta obiettivi percentuali analoghi a livello nazionale.

(13)  Commissione europea, Employment and Social Developments in Europe («Occupazione e sviluppi sociali in Europa»), 2012.

(14)  FRAZER, Hugh e Eric MARLIER. 2011. Assessment of Progress towards the Europe 2020 Social Inclusion Objectives: Main Findings and Suggestions on the Way Forward («Valutazione dei progressi compiuti verso la realizzazione degli obiettivi di inclusione sociale perseguiti dalla strategia Europa 2020: conclusioni principali e proposte su come proseguire»), Rete di esperti indipendenti dell'UE sull'inclusione sociale, Bruxelles, Commissione europea.

(15)  Commissione europea, Guidance for the National Reform Programmes («Orientamenti per i programmi nazionali di riforma»), 18 gennaio 2012.

(16)  Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010 sul ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa (2010/2039(INI)), GU C 70E dell'8.3.2012, pag. 8.

(17)  Cfr. la nota 3.

(18)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Evidence on Demographic and Social Trends. Social Policies' Contribution to Inclusion, Employment and the Economy («Dati sulle tendenze demografiche e sociali: contributo delle politiche sociali all'inclusione, all'occupazione e all'economia»), SWD(2013) 38 final, prima parte.

(19)  Eurostat, 2013. Indicatori chiave t2020_50, t2020_51, t2020_52, t2020_53, aggiornamento del 3 ottobre 2013.

(20)  I tassi più elevati si registrano in Bulgaria (49 %), Romania e Lettonia (40 % in entrambi i paesi), Lituania (33 %), Grecia e Ungheria (31 % in entrambi i casi) e Italia (28,2 %).

(21)  Commissione europea, relazione annuale 2012 del Comitato per la protezione sociale intitolata Social Europe: Current Challenges and the Way Forward («Europa sociale: sfide attuali e prospettive»).

(22)  Cfr. la nota 18.

(23)  Ibidem.

(24)  Confederazione europea dei sindacati (CES) e Istituto sindacale europeo (ISE), Benchmarking Working Europe («Analisi comparative dell'Europa del lavoro»), 2013.

(25)  Eurofound, Quality of Life in Europe: Impacts of the Crisis, 3rd European Quality of Life Survey («La qualità della vita in Europa: l'impatto della crisi, terza indagine europea sulla qualità della vita»), Lussemburgo, 2012.

(26)  Commissione europea, Rivista trimestrale sull'occupazione e la situazione sociale nell'UE, marzo 2013.

(27)  Cfr. la nota 21.

(28)  Cfr. GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 23; GU C 166 del 7.6.2011, pag. 18; GU C 24 del 28.1.2012, pag. 35; GU C 318 del 23.12.2009, pag. 52; GU C 48 del 15.2.2011, pag. 57; GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 90; GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 34; GU C 318 del 29.10.2011, pag. 43; GU C 132 del 3.5.2011, pag. 26; GU C 128 del 18.5.2010, pag. 10.

(29)  GU C 221 del 28.8.1989, pag. 10.

(30)  28 maggio 2013, http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.fr.events-and-activities-european-minimum-income.

(31)  L'indicatore del rischio di povertà o esclusione sociale è costituito da tre parametri: rischio di povertà, grave deprivazione materiale e intensità di lavoro molto bassa.

(32)  Comunicazione COM(2013) 83 della Commissione del 20 febbraio 2013 intitolata Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-2020. Il «pacchetto investimenti sociali» comprende anche una raccomandazione intitolata Investire nell'infanzia (C(2013) 778 final), documenti di lavoro sui temi: Long-term care in ageing societies — Challenges and policy options («Assistenza di lungo periodo nelle società che invecchiano — Sfide e opzioni politiche»), Investing in Health («Investire nella salute»), Follow-up on the implementation by the Member States of the 2008 European Commission recommendation on active inclusion of people excluded from the labour market («Seguito dell'attuazione da parte degli Stati membri della raccomandazione della Commissione del 2008 sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro»), e la Terza relazione biennale sui servizi sociali di interesse generale.

(33)  Comunicazione COM(2013) 83 final, punto 2.2.

(34)  Raccomandazione della Commissione, del 20 febbraio 2013, intitolata Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale, GU L 59 del 2.3.2013, pag. 5.

(35)  CESE, Civil Society Involvement in the National Reform Programmes, Summary Report («Coinvolgimento della società civile nei programmi nazionali di riforma. Relazione di sintesi»), Bruxelles, 28 febbraio 2011.

(36)  Per un quadro completo, cfr. FRAZER e MARLIER, op. cit., 2009.

(37)  Comitato per la protezione sociale, op. cit.

(38)  SWD(2013) 39 final.

(39)  Cfr. il parere menzionato alla nota 29.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto più di un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:

Punto 1.4

Modificare come segue:

invita la Commissione a esaminare le possibilità di finanziare un reddito minimo europeo, concentrandosi in particolare sulla prospettiva di creare un apposito fondo dell'UE buone pratiche esistenti per aiutare gli Stati membri nell'elaborare strategie di inclusione attiva, comprendenti un sostegno al reddito sufficiente e adeguato nonché misure di attivazione e di lotta alla povertà, rispettando la loro responsabilità primaria dal punto di vista della sussidiarietà e delle pratiche nazionali, e valutando al tempo stesso le possibilità di finanziamento e il loro impiego efficiente e mirato;

Esito della votazione:

Favorevoli:

:

112

Contrari:

:

134

Astenuti:

:

10

Punto 4.2

Modificare come segue:

La necessità urgente di affrontare la questione di un sistema di reddito minimo è stata sottolineata in occasione di un'audizione pubblica30 che il CESE ha organizzato nel corso dell'elaborazione del presente parere e che ha riunito esperti e personalità impegnate sul campo per una riflessione su come migliorare la misurazione della povertà e sulle sfide da superare per giungere a un sistema europeo di reddito minimo a livello nazionale.

Esito della votazione:

Favorevoli:

:

110

Contrari:

:

132

Astenuti:

:

13

Punto 5.3

Modificare come segue:

In considerazione delle dinamiche che intercorrono tra povertà ed economia, il CESE sottolinea osserva che i sistemi di reddito minimo offrono un potenziale di stabilizzazione, capace di che potrebbe attenuare l'impatto sociale della crisi e di esplicare un effetto anticiclico, fornendo ulteriori risorse per rilanciare la domanda sul mercato interno.

Esito della votazione:

Favorevoli:

:

110

Contrari:

:

139

Astenuti:

:

8

Punto 5.6

Modificare come segue:

Il CESE sollecita uno scambio di buone pratiche in merito ai sistemi e agli orientamenti in materia di reddito minimo vigenti a livello nazionale, al fine di sostenere gli Stati membri nell'introdurre tali sistemi e nel renderli adeguati ed efficaci. è favorevole ad adottare, a integrazione del metodo di coordinamento aperto in materia di politica sociale, una direttiva europea che estenda i sistemi di reddito minimo a tutti gli Stati membri, migliori l'adeguatezza di quelli esistenti tenendo conto dei diversi contesti nazionali, e invii così un messaggio forte riguardo a un pilastro sociale europeo. Inoltre, il quadro di valutazione sociale recentemente introdotto può contribuire a evitare potenziali disparità.

Esito della votazione:

Favorevoli:

:

115

Contrari:

:

138

Astenuti:

:

9

Punto 5.7

Modificare come segue:

La direttiva proposta dovrebbe Le misure proposte dovrebbero fissare standard e indicatori comuni guida, fornire i metodi per monitorare la loro applicazione e consentire alle parti sociali, ai beneficiari e agli altri soggetti interessati di partecipare all'istituzione di sistemi nazionali di reddito minimo o alla revisione di quelli esistenti.

Esito della votazione:

Favorevoli:

:

115

Contrari:

:

139

Astenuti:

:

5


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/32


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le sfide del settore europeo dell’ingegneria (industria meccanica, elettrotecnica, elettronica e della lavorazione dei metalli) in un’economia mondiale in trasformazione (parere d’iniziativa)

2014/C 170/05

Relatrice: STUDNIČNÁ

Correlatore: ATANASOV

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d’iniziativa sul tema:

Le sfide del settore europeo dell’ingegneria (industria meccanica, elettrotecnica, elettronica e della lavorazione dei metalli) in un’economia mondiale in trasformazione

(parere di iniziativa).

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta dell’11 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 167 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il settore europeo dell’ingegneria (1) svolge un ruolo fondamentale nella ripresa economica dell’Europa e nella realizzazione dell’ambizioso obiettivo di incrementare la produzione industriale entro il 2020 a oltre il 20 % del PIL. Tuttavia, per realizzare tale crescita, invertire le tendenze attuali e far uscire le persone dalla disoccupazione è necessario aumentare gli investimenti delle imprese.

1.2.

Per raggiungere tale scopo, l’Europa deve sviluppare una visione e degli obiettivi chiari per il settore industriale, i quali devono portare a una politica coordinata, che metta un chiaro accento sulla competitività dell’industria europea, integri le altre politiche e aumenti l’attrattiva dell’Europa come luogo in cui fare impresa.

1.3.

L’Europa deve sviluppare un approccio più positivo verso i cambiamenti nel settore, in particolare considerando il buon esito della transizione dei paesi dell’Europa centrale e orientale.

1.4.

L’Europa dovrebbe diventare più consapevole dei suoi punti di forza, e dovrebbe svilupparli e rafforzarli: lavoratori qualificati e motivati, un panorama dell’istruzione diversificato, conoscenze scientifiche gigantesche, numerosi poli regionali di primo piano sul panorama mondiale, filiere di approvvigionamento e di servizi ben integrate, infrastrutture di trasporto ben sviluppate, un enorme mercato interno di oltre 500 milioni di consumatori e una solida cooperazione tra le parti sociali.

1.5.

Per generare nuovi investimenti, l’Europa deve seguire una strategia che mantenga il suo settore industriale all’avanguardia dell’innovazione tecnologica e allo stesso tempo rafforzare la sua attrattività per le imprese che fabbricano prodotti di massa sia di alto che di basso e medio contenuto tecnologico, in modo da raggiungere il livello necessario di produzione e di occupazione che consentirà, più di ogni altro strumento, di rafforzare la competitività. Il Comitato economico e sociale europeo esorta la Commissione europea ad avviare una strategia che consenta all’Europa di attrarre maggiori investimenti nelle imprese ad alta tecnologia (in particolare negli stabilimenti di concezione moderna frutto della quarta rivoluzione industriale) e profili professionali altamente qualificati che promuovano l’innovazione in tutta la catena del valore.

1.6.

Il finanziamento della ricerca in Europa dovrebbe essere collegato più strettamente alle esigenze dell’industria, coinvolgendo le imprese in una fase precoce del processo innovativo e sostenendo l’ingegneria creativa nelle PMI, in modo da trasformare più facilmente e più rapidamente le nuove idee in nuovi prodotti. Bisognerebbe incoraggiare e sostenere i poli che raggruppano imprese manifatturiere e strutture di ricerca.

1.7.

La Commissione europea dovrebbe intensificare gli sforzi per agevolare la vita delle imprese europee, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni. L’adozione di nuove normative tecniche e amministrative dovrebbe essere presa in considerazione soltanto se i loro obiettivi non possono essere conseguiti in altro modo. La Commissione dovrebbe dare maggior risalto all’applicazione coerente delle norme esistenti in tutti gli Stati membri, armonizzando e rafforzando la sorveglianza del mercato. Dovrebbe inoltre promuovere l’applicazione equilibrata di tale approccio in altre regioni del mondo.

1.8.

Gli svantaggi, quali la difficoltà di accesso ai finanziamenti, gli elevati costi dell’energia o i costi derivanti da oneri amministrativi e dalla legislazione, dovrebbero essere ridotti adottando una normativa più coerente e prevedibile.

1.9.

Il tasso di occupazione in Europa può essere mantenuto su percentuali elevate soltanto se il livello di istruzione e di formazione dei lavoratori è migliore rispetto ai paesi concorrenti. Occorre adottare misure volte ad attrarre i giovani, sia uomini che donne, verso professioni tecnologiche che comportano l’impiego di macchinari e servizi sempre più complessi. Bisogna incoraggiare la cooperazione delle imprese con le università e gli istituti scolastici, nonché la formazione e l’apprendimento permanente.

2.   Introduzione

2.1.

Il settore europeo dell’ingegneria è molto ampio e diversificato, e le sue attività sono comprese nelle categorie 25, 26, 27, 28, 29.3, 32.11 e 33 (tranne 33.15, 33.16 e 33.17) della nomenclatura NACE. Tale comparto è tradizionalmente rappresentato dall’ingegneria meccanica ed elettrotecnica, dalla costruzione di macchine, dall’ingegneria elettronica, dalla produzione di articoli in metallo e dalla lavorazione dei metalli.

2.2.

L’intero settore europeo dell’ingegneria è costituito da circa 130 000 imprese, dà lavoro a oltre 10,3 milioni di addetti altamente qualificati e specializzati e realizza un fatturato annuo di circa 1 840 miliardi di euro e circa 1/3 di tutte le esportazioni dell’UE.

2.3.

Questo settore, che produce una vasta gamma di prodotti finiti e fornisce ad altri comparti componenti, pezzi, utensili, macchinari, impianti, sistemi, tecnologie ecc., contribuisce in misura fondamentale al livello tecnologico di numerosi altri settori e determina lo sviluppo della società sotto il profilo dell’efficienza energetica, della sanità, della mobilità, delle comunicazioni e della sicurezza.

2.4.

Dati i suoi enormi volumi, la sua elevata capacità di assorbimento occupazionale e la sua spiccata vocazione all’export, il settore europeo dell’ingegneria svolge un ruolo fondamentale nella ripresa economica dell’Europa e nella realizzazione dell’ambizioso obiettivo indicato nella comunicazione della Commissione Un’industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica, inteso a invertire le tendenze attuali e a incrementare la produzione industriale entro il 2020 a oltre il 20 % del PIL.

2.5.

Le imprese del settore ingegneristico devono essere considerate ed esaminate nel contesto dello sviluppo economico dell’UE e costituiscono anelli integranti e indispensabili delle relative filiere del valore. Da questo punto di vista, soffrono sostanzialmente degli stessi problemi degli altri anelli della loro filiera (industria siderurgica, settore dell’energia ecc.).

3.   Le sfide del settore europeo dell’ingegneria

3.1.   Concorrenza internazionale

3.1.1.

I vari settori dell’ingegneria europea esportano una quota considerevole della loro produzione. Negli ultimi anni gli investimenti non sono riusciti a stare al passo rispetto ad altre regioni del mondo. Ciò induce una pericolosa delocalizzazione di catene del valore fuori dall’Europa, e i settori dell’ingegneria europea si trovano a far fronte a una crescente concorrenza a livello mondiale.

3.1.2.

L’America del Nord ha adottato una strategia di reindustrializzazione, basata in particolare su costi energetici moderati e su un costo della manodopera più basso nell’ambito del NAFTA. La Cina e diversi paesi del Sud-Est asiatico hanno attirato notevoli investimenti, in particolare nei settori elettrotecnico ed elettronico e recentemente anche in quello meccanico. Grazie a piani di sviluppo sostenuti dallo Stato, questi settori basano la loro competitività non soltanto su salari più bassi, ma presto produrranno beni a maggior valore aggiunto. Il Giappone sta rafforzando la sua competitività grazie al recente deprezzamento di circa il 30 % dello yen. Infine, in questi ultimi anni l’Africa e il Medio Oriente sono riusciti ad attirare investimenti nell’industria manifatturiera.

3.1.3.

L’obiettivo di portare al 20 % il PIL prodotto dall’industria richiede la creazione di almeno 400 000 nuovi posti di lavoro l’anno. L’Europa potrà creare occupazione e ricchezza in misura sufficiente da poter preservare i suoi standard sociali elevati e realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020 soltanto se saprà attirare maggiori investimenti. E ciò potrà avvenire soltanto se è competitiva.

3.1.4.

È evidente che un numero così elevato (> 10 milioni) di posti di lavoro per la maggior parte ben retribuiti non può essere garantito se l’Europa si concentra unicamente sulla fascia superiore del mercato dell’ingegneria. Mentre le imprese ad alta tecnologia svolgono un ruolo determinante nel sostenere il vantaggio tecnologico e promuovere l’innovazione in tutta la catena del valore, è fondamentale che l’Europa rimanga un luogo di produzione per tutti i tipi di prodotti dell’ingegneria, anche nei settori a bassa e media tecnologia. Oltre a creare occupazione, questo aspetto è decisivo per la rete integrata dei fornitori, che è uno dei principali punti di forza dei produttori europei, e consente un rapido scambio di conoscenze, una rapida adozione della produzione e la fruizione dei benefici offerti dai poli regionali.

3.2.   Sfide tecnologiche

3.2.1.

Il settore dell’ingegneria, in particolare, è all’avanguardia della transizione verso un’economia verde e a basse emissioni di carbonio grazie ai beni, ai sistemi e alle tecnologie che producono le sue imprese. Il settore sta progredendo molto rapidamente verso la quarta rivoluzione industriale (2), che consentirà di compiere il salto verso la personalizzazione di massa, la quale permetterà all’industria di rispondere alle sfide della società attraverso soluzioni su misura.

3.2.2.

L’Europa dispone delle conoscenze scientifiche e delle capacità di ricerca necessarie per passare a un’economia più verde, ma la strada verso prodotti innovativi richiede qualcosa di più. In molte tecnologie, l’Europa possiede un chiaro vantaggio scientifico, ma le imprese che traggono profitto da queste ricerche si sono stabilite in paesi terzi; ciò significa che l’Europa non presenta un’attrattiva sufficiente come luogo di produzione per introdurre tali innovazioni sul mercato, e il flusso di conoscenze verso le economie concorrenti diviene una minaccia reale.

4.   Cosa può fare l’Europa?

4.1.   Aspetti strategici

4.1.1.

Nella valutazione delle probabilità che l’UE attui la politica industriale di cui ha realmente bisogno, si osservano gravi problemi intrinseci capaci di ostacolare la transizione necessaria. In primo luogo, l’UE manca purtroppo di visione e di leadership, il che porta a un numero eccessivo di iniziative incoerenti e a una grave incongruenza del quadro normativo. In secondo luogo, il concetto di sostenibilità, che potrebbe essere alla base di tale strategia di integrazione, dovrebbe attribuire la stessa importanza a tutti e tre i pilastri (ambientale, sociale ed economico).

4.1.2.

L’attuale calo della fiducia degli investitori (3) nell’economia dell’UE è allarmante: è fondamentale riconquistarla. Una soluzione in tal senso potrebbe essere quella di dare reale attuazione alla strategia Europa 2020 e di stimolare e motivare il contesto imprenditoriale.

4.1.3.

Per invertire il continuo declino dell’industria europea è necessario rafforzare considerevolmente gli investimenti e la crescita. L’obiettivo del 20 % e la creazione di nuovi posti di lavoro non saranno realizzabili se l’Europa non svilupperà una visione e un’agenda chiare per l’industria, le quali dovrebbero portare a una politica coordinata, che metta un forte accento sulla competitività dell’industria europea, integri le altre politiche e trasformi l’Europa in un luogo attrattivo in cui fare impresa.

4.1.4.

Le imprese del settore ingegneristico soffrono di un eccesso di regolamentazione, con normative talvolta inadeguate, e del fatto che numerose leggi nazionali si sovrappongono a quelle europee. Le PMI, in particolare, non sono in grado di farvi fronte. Il compito principale delle imprese del settore ingegneristico dovrebbe essere quello di trovare soluzioni tecniche, senza dover dedicare una parte considerevole delle loro risorse per conformarsi agli ultimi regolamenti. Il modo più diretto per risolvere questo problema è quello di ridurre la quantità di nuovi atti legislativi.

4.1.5.

Un esempio di nuova legislazione inutile è l’abitudine ormai invalsa di rispondere con emendamenti alla maggior parte delle proposte di rifusione di regolamenti e direttive esistenti. Per risolvere un problema sarebbe spesso più efficace applicare meglio le norme esistenti piuttosto che crearne di nuove. L’introduzione di nuove regole dovrebbe quindi costituire l’ultima ratio.

4.1.6.

Il legislatore europeo tende spesso a regolamentare un determinato settore in maniera eccessivamente dettagliata. Anche se questo approccio è giustificato per taluni regolamenti tecnici, potrebbe rivelarsi inopportuno in altri ambiti. Le norme sui campi elettromagnetici, ad esempio, risultano troppo difficili da rispettare per le PMI. La strategia 2013-2020 della Commissione europea in materia di salute e sicurezza deve garantire un livello adeguato di protezione sul posto di lavoro ma dovrebbe al tempo stesso essere coerente, concisa e di facile applicazione.

4.1.7.

La legislazione europea deve diventare più prevedibile. Ciò significa, per quanto riguarda i cicli di investimento delle imprese, che le metodologie, una volta stabilite, non devono essere modificate e che gli obiettivi devono essere fissati in maniera prevedibile e in una prospettiva di lungo termine. Un esempio di caso in cui l’approccio inizialmente olistico della Commissione si perde è rappresentato dalla direttiva sulla progettazione ecocompatibile. Inizialmente l’accento era posto sull’energia, e la solida metodologia utilizzata per elaborare i regolamenti sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia andrebbe mantenuta. Un problema particolare deriva da frequenti rifusioni. La legislazione che disciplina alcuni prodotti viene modificata all’incirca ogni cinque anni, il che ha effetti particolarmente devastanti sul settore dell’ingegneria, nel quale l’orizzonte di investimento va da 10 a 30 anni.

4.1.8.

Purtroppo, le valutazioni d’impatto della Commissione non tengono sufficientemente conto dei costi di nuove regolamentazioni per le imprese, specialmente quelle di piccole e medie dimensioni. Il principale costo dovuto alle norme aggiuntive che si omette di considerare è dato dagli investimenti e dalle nuove imprese che l’Europa perde perché si stabiliscono fuori dell’UE.

4.1.9.

Analogamente, le norme in materia di appalti pubblici devono essere di facile comprensione. Altrimenti, le PMI non sono più in grado di partecipare, la concorrenza viene meno, le decisioni nelle procedure di appalto diventano più difficili da controllare e gli appalti pubblici sono più esposti alla frode. L’accento dovrebbe essere posto quindi sulla semplificazione e sulla trasparenza.

4.1.10.

I costi dell’energia sono molto più elevati in Europa di quanto non lo siano nei paesi concorrenti. La misura più urgente per rendere più accessibile il prezzo dell’energia è quella di creare un vero mercato europeo dell’energia. Inoltre, è importante evitare di introdurre normative che inducono ulteriori aumenti dei prezzi. La decarbonizzazione deve essere accessibile, neutra sul piano tecnologico e basata sulle leggi di mercato.

4.2.   Mercato interno e vigilanza del mercato

4.2.1.

La protezione contro i prodotti non conformi o pericolosi e contro la contraffazione è un presupposto indispensabile per garantire una concorrenza leale. Attualmente, meno dell’1 % di tutti i prodotti manufatti importati attraverso i grandi porti europei è sottoposto, al suo arrivo, a un controllo di conformità alle norme UE, e sono numerosi i prodotti pericolosi o contraffatti, soprattutto apparecchi elettrici, che entrano nel mercato interno.

4.2.2.

Gli organismi di controllo e vigilanza dei singoli Stati membri differiscono notevolmente gli uni dagli altri. In alcuni Stati membri, il sistema prevede un meccanismo per la necessaria tutela delle imprese; in altri, tali organismi sono rari, incompleti e insufficienti, oppure la normativa viene applicata in maniera difforme. L’UE dovrebbe migliorare e rafforzare il coordinamento tra questi organismi, con l’obiettivo di giungere a un sistema europeo adeguato e uniforme.

4.3.   Norme

4.3.1.

In Europa la normazione è diventata un elemento decisivo per il successo del mercato unico. La normazione contribuisce a rendere i prodotti scambiabili e quindi commercializzabili in tutto il mondo e nei diversi anelli delle lunghe filiere del valore. Tuttavia, negli ultimi anni molte PMI si lamentano della quantità di mandati di normazione emessi dalla Commissione europea e del fatto che la normazione va ormai al di là delle esigenze di natura tecnica. Le PMI dovrebbero essere incoraggiate e aiutate a partecipare al processo di normazione.

4.3.2.

Poiché le PMI sono sempre più coinvolte nelle filiere del valore, dovrebbe essere data loro la possibilità di contribuire adeguatamente alla definizione delle norme. Occorre adottare misure concrete intese a creare condizioni di parità tra le parti interessate, sostenendo meglio, a livello nazionale, la partecipazione delle PMI che dispongono di minori risorse finanziarie.

4.4.   Tecnologia e ricerca

4.4.1.

Le imprese del settore ingegneristico sono soggetti fondamentali all’avanguardia dell’innovazione per quanto riguarda la produzione delle attrezzature necessarie a realizzare la rivoluzione verde. L’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di CO2 e l’impatto limitato sul clima influenzano positivamente lo sviluppo sostenibile del settore. Oltre a creare nuovi prodotti, le innovazioni delle imprese di questo settore danno spesso luogo a nuovi metodi di produzione, a beni e sistemi ancora più ecocompatibili e al tempo stesso più produttivi e più accessibili per i consumatori.

4.4.2.

L’Europa ha raggiunto un livello elevato sul piano della ricerca e dei suoi risultati. Nel 2012 sono state depositate oltre 250 000 richieste di brevetto in Europa. Tuttavia, per passare dalla ricerca alla realizzazione di prodotti innovativi non basta disporre di conoscenze e competenze in materia di ricerca. In molte tecnologie l’Europa ha detenuto a lungo un chiaro vantaggio scientifico, ma le imprese che hanno tratto profitto da questa ricerca hanno spesso finito per stabilirsi al di fuori dell’Europa. Tale insufficiente sfruttamento industriale delle conoscenze esistenti in Europa può essere superato soltanto con la partecipazione delle imprese a programmi di ricerca fin dalle prime battute e creando un quadro adeguato che consenta loro di sfruttare in maniera tempestiva le conoscenze acquisite. Attraverso fondi pubblici occorre promuovere la realizzazione di nuove strutture che uniscano l’industria e la ricerca: poli, parchi tecnologici e centri di scambio tecnologico.

4.4.3.

Per migliorare l’adozione di nuove conoscenze scientifiche da parte delle imprese, bisognerebbe calibrare meglio il finanziamento della ricerca e dell’innovazione sulle esigenze delle imprese stesse e conferirgli la forma di partenariato pubblico-privati, sul modello del programma «Fabbriche del futuro». Al fine di incentivare la partecipazione delle imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni, occorrere semplificare gli orientamenti e le regole di partecipazione e di approvazione dei progetti. Bisogna adottare misure volte a promuovere la creazione di stabilimenti moderni frutto della quarta rivoluzione industriale.

4.5.   Strumenti per il mercato del lavoro

4.5.1.

Il numero di posti di lavoro in questo settore dimostra, già di per sé, il ruolo chiave che esso riveste nel superamento degli elevati tassi di disoccupazione che si registrano attualmente nell’UE e il suo grande potenziale in termini di nuovi posti di lavoro, purché l’Europa possa generare gli investimenti necessari alla prossima ripresa economica. La creazione di tali posti di lavoro consentirebbe di ridurre i livelli inaccettabilmente elevati della disoccupazione giovanile. Nell’attuale contesto di crisi, i tentativi messi in atto dall’UE per creare una «garanzia per i giovani» sembrano essere una misura valida. Tuttavia, sul lungo periodo, l’occupazione sostenibile può arrivare soltanto da imprese solide che investono sul posto.

4.5.2.

Numerosi settori manifatturieri si trovano a far fronte a una carenza di giovani professionisti. I sistemi di istruzione e formazione professionale devono essere orientati in misura molto maggiore alle esigenze attuali e future delle imprese. Le amministrazioni pubbliche e l’industria stessa devono adottare misure per attrarre i giovani verso questo comparto e per migliorare, allo stesso tempo, l’immagine del settore. Occorre trovare una soluzione alla mancanza di figure professionali che colpisce alcune regioni d’Europa per quanto riguarda i settori delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica, ad esempio favorendo la mobilità di questi professionisti in tutta Europa.

4.5.3.

Il numero di donne che aspirano a una carriera nel settore dell’ingegneria è ancora troppo esiguo. In molti paesi europei il settore dell’ingegneria ha già avviato campagne intese a rendere l’apprendistato interessante per le giovani donne, e il Fondo sociale europeo ha finanziato progetti volti ad abbassare la barriera psicologica delle giovani donne verso una carriera in questo settore. Ma occorre fare di più. La tecnica e l’ingegneria dovrebbero essere insegnate in maniera più stimolante nelle scuole.

4.5.4.

Uno dei punti di forza determinanti che hanno consentito a molte imprese europee di superare la crisi attuale è stata l’eccellenza della loro manodopera. Grazie al sistema di apprendistato, i loro lavoratori dispongono di una conoscenza approfondita delle basi teoriche e dell’effettivo processo di produzione. Queste imprese sono in grado di integrare rapidamente l’innovazione nelle varie fasi della catena del valore. La politica europea in materia di occupazione dovrebbe incoraggiare i paesi ad adottare sistemi di apprendistato di questo tipo a livello di impresa. Occorre promuovere la cooperazione tra imprese, scuole e università, come anche l’organizzazione di «borse per il primo impiego» e tirocini.

4.5.5.

Con il sostegno delle amministrazioni pubbliche, le associazioni di categoria e i sindacati possono assumere iniziative intese a valutare lo stato dell’insegnamento nel loro settore e a migliorare i percorsi didattici che possono contribuire a colmare una lacuna nella qualificazione professionale per un settore che fornisce macchinari e un servizio tecnico sempre più complessi, che richiedono nuove competenze.

4.5.6.

La formazione lungo tutto l’arco della vita dovrebbe essere un dovere comune dei datori di lavoro e dei lavoratori. I lavoratori che perdono il proprio impiego devono avere sufficienti possibilità di aggiornare rapidamente le loro qualifiche. Dovrebbero essere rafforzate le politiche attive per il mercato del lavoro e dovrebbe essere accelerato lo scambio di buone pratiche, quali ad esempio quelle cofinanziate dal Fondo sociale europeo e dal Fondo europeo di sviluppo regionale.

4.5.7.

I settori industriali sono soggetti a costanti cambiamenti. Mentre nuovi posti di lavoro e nuovi prodotti vengono creati continuamente, altri scompaiono. Le necessarie ristrutturazioni devono essere organizzate in maniera preventiva, coinvolgendo nel dialogo tutte le parti sociali (sindacati e datori di lavoro), come anche i governi nazionali e le istituzioni dell’UE, al fine di mettere a punto un approccio più flessibile e positivo verso i cambiamenti che interessano l’industria. Occorre evitare in via prioritaria i licenziamenti, al fine di conservare all’interno dell’impresa una manodopera competente e qualificata. Le perdite inevitabili di posti di lavoro dovrebbero essere organizzate e attenuate in maniera socialmente sostenibile. In alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale si possono trovare esempi di come modernizzare l’economia in modo da renderla più produttiva, più pulita e capace di creare nuovi posti di lavoro ben retribuiti.

4.5.8.

Le amministrazioni pubbliche, le associazioni di categoria e i sindacati devono trovare soluzioni per adattarsi alle fluttuazioni congiunturali dell’attività economica. L’impiego rapido ed efficiente di personale qualificato è essenziale affinché l’industria manifatturiera europea possa rispondere alle pressioni sempre più forti esercitate della concorrenza mondiale. La normativa in materia di lavoro deve consentire forme di impiego, sul piano sia esterno che interno, che tengano conto della necessità di efficienza del processo produttivo nonché delle questioni di salute, sicurezza ed equilibrio tra vita professionale e vita privata. Gli strumenti di questa flessibilizzazione necessaria non devono essere applicati per abbassare gli standard sociali esistenti in Europa.

4.5.9.

Le parti sociali nazionali hanno un’elevata responsabilità nella contrattazione collettiva. Conservare la competitività ai livelli attuali del costo del lavoro rappresenta una sfida. Occorre salvaguardare il potere d’acquisto dei salari. Il miglioramento della competitività delle imprese europee non deve essere ottenuto con l’abbassamento delle retribuzioni. Gli sforzi volti a preservare e migliorare l’occupazione devono concentrarsi sia sulla competitività non legata ai prezzi che sul controllo dei costi di produzione. Gli incrementi della produttività dovrebbero portare a una ripartizione tra l’aumento delle retribuzioni, l’investimento e la remunerazione degli azionisti.

4.6.   Internazionalizzazione delle PMI

4.6.1.

Negli ultimi anni la Commissione europea ha riconosciuto che aiutare le PMI a esportare è fondamentale per rafforzare l’economia. Per molte PMI, il primo passo consiste nell’esportare in un altro paese dell’UE. È per questo motivo che la concorrenza nel mercato interno è così importante, perché le esperienze acquisite su questo fronte potrebbero incoraggiare le imprese a esportare in paesi terzi. Poiché per le PMI è difficile esportare fuori Europa, è importante che tali imprese non siano abbandonate a sé stesse in questi mercati. Inoltre, dovrebbe essere migliorato l’accesso delle PMI agli strumenti di finanziamento delle esportazioni.

4.7.   Politica in materia di energia e investimenti futuri

4.7.1.

Anche se i bilanci pubblici rimangono sotto pressione, gli investimenti necessari nelle infrastrutture energetiche non devono essere rinviati, poiché un loro ritardo pregiudicherebbe la competitività dell’Europa.

4.7.2.

Oggi, la maggior parte degli investimenti a favore dell’efficienza nell’utilizzo dell’energia e delle risorse viene realizzata soltanto se si ripaga in meno di tre anni, e di conseguenza molte possibili occasioni di guadagno rimangono non sfruttate. Anche se sarebbero utili, numerosi investimenti privati non vengono realizzati perché la loro soglia di redditività viene raggiunta in genere non prima di 3-5 anni. Questo dilemma potrebbe essere superato se i profitti futuri prodotti da tali investimenti creassero un flusso di cassa già nel momento in cui deve essere effettuato l’investimento. La Banca europea per gli investimenti o gli istituti di finanziamento nazionali potrebbero quindi creare dei sistemi di finanziamento atti a fornire alle imprese e alle famiglie i crediti necessari a effettuare tali investimenti in cambio degli utili generati dai risparmi realizzati, finché il credito non sarà rimborsato. Tale modello consentirebbe di realizzare questo tipo di investimenti senza il ricorso a sovvenzioni pubbliche.

4.8.   Accesso alle materie prime

4.8.1.

Nell’attuale contesto caratterizzato dal rincaro delle materie prime, i produttori europei hanno tratto beneficio dagli sforzi compiuti in precedenza per migliorare il riciclaggio dei rifiuti. Oggi la maggioranza dei metalli che sono alla base di gran parte dei prodotti proviene dal riciclaggio. Nondimeno, l’accesso alle materie prime che devono essere importate rimane di fondamentale importanza per la competitività delle imprese del settore ingegneristico. Pertanto, l’UE deve fare in modo che il commercio di materie prime, in particolare di terre rare, non sia ostacolato da restrizioni incompatibili con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. Bisogna quindi tenere conto del fatto che gli standard etici, sociali ed ecologici devono essere rispettati.

4.9.   Mettere a frutto il potenziale dei nuovi Stati membri dell’UE e di quelli in via di adesione

4.9.1.

Le imprese europee dovrebbero esplorare e utilizzare molto meglio il potenziale offerto dai nuovi Stati membri dell’UE. Tale approccio potrebbe trasformare in un vantaggio per l’Europa i problemi legati all’esistenza di differenze economiche eccessive tra le regioni europee.

4.9.2.

Il CESE esorta la Commissione europea a monitorare la situazione del commercio internazionale delle materie prime fondamentali e raccomanda di elaborare diversi scenari plausibili, tra cui quello peggiore, onde illustrare le minacce esistenti e le possibili soluzioni. Andrebbe inoltre promossa la cooperazione con altri paesi in situazione analoga (Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud).

Bruxelles, 11 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Cfr. il punto 2. Introduzione.

(2)  La prima rivoluzione industriale (fine del XVIII secolo) è stata caratterizzata dalla meccanizzazione dei sistemi di produzione, la seconda (inizio del XX secolo) dal passaggio alla produzione di massa e dalla divisione del lavoro, la terza (dalla metà degli anni ‘70) dall’introduzione dell’automazione, dell’elettronica e dell’informatica, e la quarta dall’impiego di Internet nei processi di produzione e dalla messa in rete di tali processi.

(3)  Cfr. il documento Eurostat in allegato.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il settore europeo della manutenzione, riparazione e trasformazione navale: un'industria resistente e competitiva a livello mondiale che applica le politiche dell'UE per una crescita sostenibile (parere d'iniziativa)

2014/C 170/06

Relatore: KRZAKLEWSKI

Correlatore: CALVET CHAMBÓN

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Il settore europeo della manutenzione, riparazione e trasformazione navale: un'industria resistente e competitiva a livello mondiale che applica le politiche dell'UE per una crescita sostenibile.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 novembre 2013, sulla base del progetto predisposto dal relatore KRZAKLEWSKI e dal correlatore CALVET CHAMBÓN.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 163 voti favorevoli, 3 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il settore della manutenzione, riparazione e trasformazione navale è strategicamente importante per l'Europa e per il suo sviluppo sostenibile, in quanto svolge un ruolo chiave in ambiti quali la protezione ambientale, i trasporti, la sicurezza e l'efficienza energetica.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) reputa che l'attuale rete di cantieri che svolgono attività di manutenzione, riparazione e trasformazione navale nell'UE, disponga, grazie al suo know-how tecnico avanzato, della preparazione e delle capacità necessarie per soddisfare la crescente domanda di sviluppo sostenibile, tecnologia, innovazione, lavoratori qualificati e attrezzatura per la cantieristica navale.

1.3

Secondo il Comitato, malgrado il difficile clima economico si stanno prospettando opportunità per questo settore, legate alla crescita della flotta mondiale e della percentuale di navi di più lunga data, e in particolare alla crescente domanda di trasformazione e ammodernamento per soddisfare i requisiti di tutela ambientale, efficienza e sostenibilità energetiche e protezione del clima. Nell'immediato, ciò comporterà un crescente fabbisogno di mezzi navali più efficienti dal punto di vista energetico, l'attivazione e lo sviluppo di impianti off-shore per la produzione di energia eolica e l'estrazione di risorse naturali dall'ambiente marino.

1.4

A medio e lungo termine, si apriranno ulteriori opportunità per il settore con l'apertura di rotte marittime nell'Artico e le attività di estrazione mineraria in mare aperto.

1.5

Il Comitato osserva che, malgrado queste opportunità promettenti, la crisi in corso fa sì che gli armatori e i cantieri di manutenzione, riparazione e trasformazione navale debbano spesso confrontarsi con strozzature finanziarie — ad esempio in termini di accesso al credito — che determinano condizioni difficili per le imprese. Un'ulteriore sfida è quella di fare in modo che il settore conservi una massa critica.

1.6

Per affrontare questo aspetto, il sotto-settore della manutenzione, riparazione e trasformazione navale dovrebbe lavorare in stretta cooperazione con la catena di valore del settore marittimo per migliorare la propria visibilità e ottenere un sostegno dall'UE, dagli Stati membri e dalle regioni, data la concorrenza sempre più agguerrita esercitata dai paesi terzi.

1.6.1

Il Comitato ritiene che per il settore sarà utile e necessario adottare misure come:

affidare alla BEI un ruolo più ampio e attivo, nel quadro degli obiettivi di quest'ultima a sostegno della politica industriale europea; ciò riguarda anche le PMI del settore in esame, nei confronti delle quali la BEI e il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) hanno grandi possibilità di intervento indiretto;

organizzare seminari con la partecipazione della BEI, della Commissione europea e degli operatori del settore (seminari proposti nell'iniziativa LeaderSHIP 2020) e condurre analisi per esplorare le opportunità di finanziamento offerte dalla BEI;

utilizzare eventualmente le obbligazioni di progetto previste nel quadro della strategia Europa 2020 nei settori collegati ai trasporti e all'energia; allocare al settore marittimo finanziamenti regionali (compresi i fondi per la «specializzazione intelligente»);

prorogare — con decisione che deve essere adottata dalla Commissione entro la fine del 2013 — il termine di validità della disciplina sugli aiuti di Stato alla cantieristica fino alla formulazione e all'entrata in vigore di nuove disposizioni riguardanti sia il quadro generale in materia di RSI sia gli aiuti regionali, che in futuro dovrebbero svolgere congiuntamente il ruolo dell'attuale disciplina; bisognerà provvedere affinché la scadenza della suddetta disciplina (e la sua sostituzione con nuove disposizioni) non dia luogo a nuove «strozzature» finanziarie, e adoperarsi in ogni modo per compensare i danni economici che il settore potrebbe subire;

nel quadro del programma Orizzonte 2020 e più specificamente dei finanziamenti UE alle attività di RSI (che devono essere il proseguimento della piattaforma tecnologica Waterborne), dare priorità ai progetti incentrati sul settore marittimo e che presentano elementi di dimostrazione e un potenziale innovativo (compresi i PPP per la ricerca).

1.7

Il CESE fa osservare che, sebbene i lavoratori impiegati nella manutenzione, riparazione e trasformazione navale nell'UE siano adeguatamente qualificati, le loro qualifiche dovrebbero essere costantemente valutate e aggiornate. Le misure in questo senso dovrebbero ricevere un sostegno prioritario, ad esempio nel quadro dell'iniziativa LeaderSHIP 2020. Vi è infatti il rischio concreto che, con l'invecchiare della manodopera qualificata, il settore perda la sua massa critica.

1.8

Secondo il CESE, una delle preoccupazioni principali dovrebbe essere quella di suscitare interesse per questo settore tra i lavoratori della nuova generazione, associando le iniziative in questo senso a misure volte a migliorare l'immagine del settore. Ciò deve accompagnarsi ad un sostegno finanziario alle scuole e alle università che dispongono di specializzazioni anche nel campo qui trattato.

1.9

Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe elaborare, di concerto con le parti sociali europee e altre parti interessate (ad esempio nel quadro del consiglio settoriale sulle competenze), un piano che consenta di adeguare costantemente le competenze alle nuove mansioni richieste dal settore e comprenda, fra le altre cose, gli impianti off-shore (piattaforme, centrali eoliche, ecc.), gli approdi, le nuove unità tecniche galleggianti, gli impianti e le navi per il rifornimento di GNL, ecc.). Ciò presuppone un monitoraggio delle competenze, l'avanzamento costante della formazione e la promozione della mobilità intraeuropea.

1.10

L'esistenza di un insieme completo di principi e di norme (protezione ambientale, sicurezza, porti, norme sul trasporto, l'assemblaggio e il riciclaggio) esercita un impatto fondamentale sul modo in cui opera il settore e sulla domanda dei servizi che offre. Alla luce di questo fatto, il CESE ritiene che il settore della manutenzione, riparazione e trasformazione e quello della costruzione di nuove navi dovrebbero condurre consultazioni frequenti e sistematiche di concerto con l'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) al fine di garantire navi più sicure e rispettose dell'ambiente ed un monitoraggio efficace delle stesse.

1.11

Secondo il CESE, l'insieme di nuove regole e requisiti relativi alle tecnologie avanzate non dovrebbe essere considerato come qualcosa di nocivo o problematico per il settore, ma piuttosto come un'opportunità. In quest'ottica, il settore della manutenzione, riparazione e trasformazione, quello della costruzione navale e quello della produzione di acciaio dovrebbero operare in più stretta collaborazione per ottenere risultati migliori. Il Comitato invita la DG MOVE a tenere conto del settore in esame nei suoi piani strategici (anche per quanto riguarda i trasporti marittimi a corto raggio).

Il CESE è dell'avviso che, sulla base delle previsioni a medio termine (3 anni), che indicano un forte aumento della domanda di riciclaggio di navi in Europa, il settore della manutenzione, riparazione e trasformazione possieda le attrezzature necessarie per realizzare progetti di questo tipo. Dispone inoltre di un capitale umano che gli permette di soddisfare i requisiti di un riciclaggio navale rispettoso sia dell'uomo che dell'ambiente. Al tempo stesso, nel settore si tiene conto del fatto che si tratta di un tipo di attività nuovo e diverso dagli altri, con aspetti sensibili che richiedono un approccio attento. Secondo il Comitato, il riciclaggio di navi sarà un'attività di crescente valore strategico per l'industria europea.

1.12

Secondo il Comitato, gli obiettivi più importanti da realizzare nel breve periodo, che richiedono un sostegno pubblico per il finanziamento delle trasformazioni nel settore in esame, sono i seguenti: l'installazione di dispositivi di pulizia e sistemi per il trattamento delle acque di zavorra (che potrebbero interessare fino a 65 000 navi nel mondo, in base al Registro dei Lloyd's) e le trasformazioni associate all'efficienza energetica (compresa l'installazione di motori a GNL, di impianti per il rifornimento in GNL in mare aperto e di sistemi di recupero del calore, nonché di unità di ammodernamento per il rallentamento della velocità di servizio delle navi, il cosiddetto slow steaming), ecc.

1.13

Il Comitato è fermamente convinto che il settore della manutenzione, riparazione e trasformazione navale sia di enorme importanza per le flotte militari marittime dei singoli paesi europei, e che questo tema debba essere trattato in altri pareri del CESE sul settore degli armamenti.

1.14

Il CESE ritiene fondamentale per il settore che vengano tradotte in pratica le norme dell'IMO, e in particolare la Convenzione sul controllo e la gestione delle acque di zavorra. La Convenzione dovrebbe perciò essere applicata in modo corretto ed efficace, e occorrerebbe definire in modo chiaro quali sono le aspettative al riguardo.

2.   Introduzione

L'industria europea della manutenzione, ammodernamento e riparazione navale

2.1

L'industria della costruzione navale comprende tutte le imprese impegnate nella costruzione, manutenzione, trasformazione e riparazione di ogni tipo di nave e altre strutture marittime pertinenti. Per indicare i cantieri che svolgono questo tipo di attività, in inglese si utilizza la sigla SMRC. Anche in questo settore si svolgono visite di classe. Nell'UE cantieri di questo tipo sono presenti in 16 Stati membri ed occupano in media circa 50-55 mila persone (dati relativi al periodo 2007-2011).

2.2

Il settore in esame costituisce uno specifico segmento della cantieristica navale. Esso va assumendo un'importanza crescente con l'espansione della flotta globale e dei trasporti marittimi (e fluviali) e con lo sviluppo delle tecnologie navali e i più severi requisiti imposti ai trasporti per via d'acqua in materia di sviluppo sostenibile.

2.3

Attualmente l'UE gode di una posizione di forza in questo campo. Essa detiene infatti una quota pari al 35 % del mercato mondiale, il che dimostra che si tratta di un settore strategico per l'Europa. Tale posizione andrebbe mantenuta e anzi consolidata al fine di garantire un elevato livello di sicurezza nei trasporti marittimi e di stabilire norme rigorose in materia di ambiente e di efficienza energetica.

Profilo del settore

2.4

Il settore della manutenzione, riparazione e trasformazione presenta numerose differenze rispetto a quello della costruzione navale. Esso si suddivide nei seguenti sottosettori: riparazione, manutenzione, ammodernamento e conversione.

2.5

Manutenzione e riparazione sono generalmente interventi a breve termine. La nave si trova per la maggior parte del tempo in un bacino di carenaggio, e in media vi rimane per circa 10-12 giorni.

2.6

La pianificazione dei lavori di riparazione è relativamente semplice, e le caratteristiche dei cantieri possono influenzare la scelta del cantiere stesso da parte dell'armatore. Le riparazioni impreviste a seguito di un guasto sistemico, meccanico o strutturale devono essere effettuate nel cantiere più vicino possibile al luogo in cui si verifica in guasto. In tali casi, è difficile influenzare la scelta dell'armatore.

2.7

In base a una relazione pubblicata dall'OCSE nel 2008 (1), scegliere il cantiere di riparazione più idoneo è diventato estremamente importante per gli armatori, che spesso devono decidere tra un'opzione a basso costo, allettante dal punto di vista finanziario, e la necessità di avvalersi di cantieri affidabili in grado di lavorare con tecnologie avanzate. I fattori più importanti nello scegliere dove riparare una nave sono solitamente il costo, la durata dei lavori di riparazione (compreso il costo di deviazione) e, in minor misura, il tipo di tecnologia utilizzata.

2.8

Per realizzare economie di scala, in molte località mondiali costruzione e riparazione navale sono collegate. Nei paesi leader del settore, le attività di costruzione e quelle di manutenzione, riparazione e trasformazione navale si svolgono in cantieri distinti, in modo da rafforzare la concentrazione della manodopera e aumentare la produttività.

In alcuni paesi dell'UE (ad esempio Polonia, Germania e Paesi Bassi) ed in India esistono legami funzionali e societari tra i due tipi di cantieri. In tali paesi questo modello sembra funzionare bene, grazie a reparti e impianti (e altre unità organizzative (2)) congiunti per i due tipi di cantieri, alla diversificazione della gamma dei prodotti e delle commesse e alla riduzione al minimo dei rischi della recessione economica.

2.9

Le realtà di mercato del settore

2.10

Nelle pubblicazioni degli ultimi decenni, per descrivere lo sviluppo del settore della manutenzione, riparazione e trasformazione navale è stata utilizzata l'espressione «sempre giovane». La forte crescita della flotta internazionale, passata da 660 milioni di tonnellate di portata lorda (TPL) nel 1990 a 1 468 milioni di TPL nel 2011, si è tradotta in un parallelo aumento delle opportunità di lavoro per il settore. Alla fine del 2010 il suo fatturato annuo mondiale è stato stimato in circa 12 miliardi di dollari statunitensi (3).

2.11

Sempre nel 2010 il fatturato del settore europeo della riparazione navale ammontava a 3,16 miliardi di EUR (la punta massima è stata registrata nel 2008, con 4 miliardi di EUR). L'allegato 1 mostra il fatturato dei cantieri di riparazione navale in vari paesi europei dal 2006 al 2010.

2.12

Prima della crisi, il settore europeo della manutenzione, riparazione e trasformazione navale godeva di salute piuttosto buona. Dal 2010 a questa parte, tuttavia, gli armatori hanno tagliato le spese o posticipato gli ordini nel tentativo di ridurre i costi. Nella seconda metà del 2010 sono riusciti a compensare le perdite, come dimostra il fatto che i tempi di attesa per i lavori di riparazione hanno ricominciato ad allungarsi (da una settimana a tre).

2.13

Vi sono cantieri di manutenzione, riparazione e trasformazione in tutto il mondo. Benché nei cantieri asiatici le riparazioni siano meno costose (grazie al minor costo del lavoro), molti armatori scelgono cantieri che offrono tempi di lavorazione più brevi (evitando così i costi di deviazione) e un know-how più sofisticato.

Le attività di trasformazione e ammodernamento

2.14

Per alcuni aspetti, il processo di trasformazione e ammodernamento ha più analogie con quello della costruzione navale che con le attività di riparazione e manutenzione. La trasformazione di solito richiede più tempo dei normali lavori di riparazione, e gli interventi che essa comporta possono essere descritti come un processo produttivo.

2.15

Stando a Sea Europe (4), la trasformazione è più prossima alle attività dei cantieri di costruzione in termini di tempi, ma richiede un approccio completamente diverso, improntato alla flessibilità, di modo che il programma dei lavori possa essere modificato in base alle esigenze del cliente e alle specificità della nave da riconvertire.

2.16

Immediatamente prima della crisi, il mercato della trasformazione navale era molto fiorente. A partire dal 2009, tuttavia, le commesse hanno cominciato a diminuire. La flessione maggiore si è verificata all'inizio del 2010, quando la maggior parte dei cantieri di trasformazione si è ritrovato con un portafoglio ordini vuoto. La situazione è migliorata un po' nella seconda metà del 2010, ma molti armatori limitano tuttora i lavori di trasformazione a causa delle difficoltà finanziarie.

2.17

Negli ultimi tempi, hanno assunto un ruolo sempre più importante la riparazione, la trasformazione e l'ammodernamento delle navi ausiliarie di tipo off-shore e degli impianti galleggianti (comprese le piattaforme di trivellazione). Tenuto conto del fatto che costruire ex novo navi di questo tipo (e impianti galleggianti off-shore) comporta costi elevati e lunghi tempi di attesa per la consegna (fino a quattro anni), gli armatori scelgono piuttosto di trasformare le unità off-shore e gli impianti galleggianti esistenti. In Europa, tuttavia, per gli interventi di trasformazione è forte la tentazione di rivolgersi ai più economici cantieri extraeuropei.

3.   Analisi della competitività del settore europeo della manutenzione, riparazione e trasformazione navale

3.1

La competitività del settore della riparazione, manutenzione e riparazione navale nell'UE è stata oggetto di studi ed analisi, da ultimo nel quadro del programma di ricerca Eco-Refitec (5), realizzato nell'ambito del Settimo programma quadro. I risultati di queste ultime ricerche vengono presentati nell'allegato 2.

4.    Normativa europea e internazionale che interessa il settore della riparazione, manutenzione e trasformazione navale (fonte  (6)  (7)  (8))

4.1

A livello internazionale non sono stati discussi accordi multilaterali in materia di competitività (sotto gli auspici dell'OMC), che potrebbero avere un impatto sul settore. Le probabilità di raggiungere un accordo in questo senso nel breve periodo sono piuttosto scarse.

4.2

A livello bilaterale, l'UE ha negoziato accordi commerciali che incidono indirettamente sulla competitività con Stati Uniti, Canada, Giappone e Corea del Sud, ma il loro impatto sul settore è relativamente trascurabile.

A livello europeo, nel quadro della normativa UE è in vigore la disciplina degli aiuti di Stato alla costruzione navale, che dà alla Commissione la facoltà di autorizzare la concessione di aiuti all'innovazione e di aiuti regionali ai cantieri navali o, nel caso dei crediti alle esportazioni, agli armatori. Per quanto riguarda il settore in esame, tale disciplina riguarda gli aiuti a finalità regionale e gli aiuti all'innovazione concessi per attività di riparazione e di trasformazione, mentre, nel caso dei crediti alle esportazioni, essa si applica esclusivamente alle attività di trasformazione.

4.2.1

La disciplina attuale è entrata in vigore il 1o gennaio 2012 ed ha una validità di due anni. La Commissione annuncia che, al termine di tale periodo, sarà possibile integrarla nella versione futura della disciplina UE per gli aiuti di Stato alla ricerca e all'innovazione e per gli aiuti regionali, in quanto attualmente entrambe le discipline europee — sia quella generale che quella più specifica riguardante la costruzione navale — sono in fase di riesame.

4.3

Norme in vigore ratificate dagli Stati membri dell'IMO che creano opportunità per il settore della riparazione, manutenzione e trasformazione navale

4.4   Convenzione per la gestione delle acque di zavorra

4.4.1

La Convenzione per la gestione delle acque di zavorra risolve il problema del trasferimento di specie marine invasive da un'area marittima all'altra provocato dallo scarico dell'acqua di zavorra trasportata dalle navi. L'entrata in vigore della Convenzione è previsto per l'inizio del 2014.

4.4.2

La Convenzione avrà un forte impatto sul settore in esame in quanto occorrerà ammodernare e/o trasformare molte navi. Secondo il Registro dei Lloyd's, in tutto il mondo le imbarcazioni interessate potrebbero essere fino a 65 000.

4.4.3

Tra gli altri effetti potenziali della Convenzione per i cantieri del settore in esame, il primo e il più importante sono i rischi derivanti dall'impiego e dalla stoccaggio di nuove sostanze chimiche e i più severi obblighi giuridici relativi al loro uso.

4.5   Convenzione MARPOL (Allegato VI) — prevenzione dell'inquinamento atmosferico causato da navi

4.5.1

La Convenzione, entrata in vigore nel 2013, mira a ridurre l'inquinamento atmosferico, e in particolare le emissioni di SOx and NOx provenienti dalle navi.

4.5.2

Per evitare inutili restrizioni al comparto marittimo, l'Allegato VI della Convenzione prevede che le emissioni possano essere ridotte utilizzando carburanti alternativi o adottando tecnologie per la depurazione dei gas.

4.5.3

La Convenzione crea opportunità per i cantieri di riparazione, manutenzione e trasformazione navale, in quanto richiede l'installazione di tecnologie per la limitazione delle emissioni a bordo delle navi esistenti. Tra i potenziali rischi cui vanno incontro i cantieri che installano dispositivi per il rispetto dell'ambiente, si citeranno la maggiore dipendenza dai fornitori di tali dispositivi e la necessità di effettuare determinati investimenti nei cantieri.

4.6   Convenzione sul riciclaggio delle navi

4.6.1

La Convenzione è intesa a garantire che il rischio per l'ambiente, la salute e la sicurezza durante il riciclaggio delle navi sia mantenuto ad un livello accettabile.

4.6.2

In virtù delle disposizioni della Convenzione, gli armatori devono essere pienamente informati di tutti i materiali utilizzati nella manutenzione, riparazione e conversione, e assicurarsi che nei cantieri non vengano mai utilizzati materiali indesiderati. In questo modo si possono creare ulteriori possibilità di ottenere nuove commesse specializzate per i cantieri dell'UE, che si contraddistinguono per il loro elevato grado di know-how.

4.7

Il riciclaggio di navi costituirà un'attività di crescente importanza strategica intesa ad assicurare e rifornire l'industria manifatturiera dell'UE, ad esempio, di rottami e altre materie prime (acciaio, alluminio, rame) allo scopo di ridurre l'impatto ambientale sia diretto che indiretto e di evitare condizioni di lavoro e sociali inammissibili.

5.   Proposte e orientamenti per il settore nell'iniziativa LeaderSHIP2020 e nell'attuale lavoro del comitato per il dialogo settoriale dell'industria cantieristica

5.1

Il settore della riparazione, manutenzione e trasformazione navale e le industrie correlate dovrebbero tenere conto delle opportunità e delle possibilità di finanziamento da parte della BEI offerte dalle maggiori attività di prestito previste per quest'ultima. Andrebbe promossa e studiata la possibilità di interventi da parte della BEI, principalmente per i progetti relativi ai trasporti marittimi ecocompatibili, l'energia rinnovabile off-shore e le trasformazioni. Si propone che la DG ENT dia priorità all'organizzazione di seminari volti a esaminare in maggiore dettaglio le prospettive di sostegno da parte della BEI.

5.2

Gli Stati membri e le regioni costiere dovrebbero studiare la possibilità di stanziare fondi strutturali per la diversificazione tecnologica dell'industria marittima, in collegamento con i nuovi settori di mercato. Ciò vale in modo particolare per le strategie regionali di specializzazione intelligente.

5.3

Per quanto riguarda un potenziale finanziamento a lungo termine da parte dell'UE, la Commissione europea dovrebbe esaminare la possibilità di adottare misure per finanziare la costruzione e l'ammodernamento delle navi. Gli Stati membri, gli operatori finanziari, l'industria delle tecnologie marittime e altri soggetti interessati dovrebbero analizzare la disponibilità di garanzie di mercato.

5.4

L'industria della costruzione navale (compreso il settore in esame), in collaborazione con la Commissione, gli Stati membri o le regioni, dovrebbe essere associata alle attività di ricerca utilizzando a tal fine, tra le altre cose, la formula dei PPP (partenariati pubblico-privati), tenendo pienamente conto della struttura dei settori marittimi e alla luce dei principi pertinenti in materia di aiuti di Stato.

5.4.1

Il CESE condivide il punto fondamentale dell'iniziativa LeaderSHIP 2020 per cui, per realizzare gli obiettivi generali dei PPP per il settore della cantieristica, occorre un forte impegno a favore dei programmi di ricerca. Quanto agli obiettivi a breve termine, la competitività sostenibile del settore deve incontestabilmente essere favorita da misure appropriate di promozione dell'innovazione nelle imprese.

5.5

Il CESE sostiene la partecipazione del comitato per il dialogo settoriale dell'industria della costruzione navale ai lavori per la definizione e l'attuazione delle politiche previste nel quadro dell'iniziativa LeaderSHIP 2020. Allo stato attuale, è previsto che tale comitato svolga un ruolo specifico nell'attuazione del capitolo dell'iniziativa relativo ad una migliore individuazione e comparabilità delle qualifiche e delle competenze al fine di garantire la prosperità a lungo termine del settore.

5.6

Il CESE si augura che il comitato faccia compiere dei passi avanti per quanto riguarda le norme sociali nel settore europeo della costruzione e della riparazione, manutenzione e trasformazione navali.

Bruxelles, 10 dicembre 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  The Interaction between the Ship Repair, Ship Conversion and Shipbuilding Industries Report (Relazione sull'interazione tra le industrie di riparazione, trasformazione e costruzione navale), C/WP6(2008)6c.

(2)  Cfr. nota 1.

(3)  Comunità delle associazioni di costruttori navali europei (Community for European Shipyards Associations — CESA), Relazione annuale 2010-2011.

(4)  Nel 2012, la Comunità delle associazioni di costruttori navali europei (Community for European Shipyards Associations — CESA) e il Consiglio europeo dei produttori di equipaggiamento marittimo (European Marine Equipment Council — EMEC) hanno costituito un'associazione denominata SEA Europe.

(5)  Eco Innovative Refitting Technologies and Processes for Shipbuilding Industry Promoted by European Repair Shipyards (Tecnologie e processi di refitting ecoinnovativi per l'industria navale promossi dai cantieri europei di riparazione) — Progetto cofinanziato dalla Commissione europea nell'ambito del Settimo programma quadro (2007-2013).

(6)  Cfr. nota 5.

(7)  Cfr. nota 3.

(8)  Cfr. nota 1.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

494a sessione plenaria del CESE del 10 e 11 dicembre 2013

5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea

COM(2013) 522 final — 2013/0248 (COD)

2014/C 170/07

Relatore: DIMITRIADIS

La Commissione europea, in data 5 settembre 2013, e il Parlamento europeo, in data 10 settembre 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea

COM(2013) 522 final — 2013/0248 (COD).

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013, (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 153 voti favorevoli, 3 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime un giudizio complessivamente positivo sul funzionamento, a tutt'oggi, del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE) (1), di cui ha sostenuto la creazione fin dall'inizio (2).

1.2

Il CESE ritiene necessario intraprendere immediatamente e senza ulteriori ritardi (3) la revisione del regolamento (CE) n. 2012/2002 che riguarda il funzionamento del Fondo di solidarietà dell'UE, e sostiene gli sforzi della Commissione, benché sia dell'avviso che la nuova proposta sia particolarmente conservatrice, come sottolineato anche dal Parlamento europeo (4).

1.3

Il CESE ritiene che con il respingimento, da parte del Consiglio, della proposta avanzata dalla Commissione nel 2005 (5) si sia persa un'occasione per gettare nuove basi per il funzionamento del Fondo.

1.4

Il CESE ritiene che si debbano adottare tutte le misure necessarie per diminuire gli oneri amministrativi nel funzionamento del FSUE e accelerarne le procedure (6).

1.5

Il CESE condivide le modifiche proposte dalla Commissione nel testo in esame (7) per quanto riguarda l'introduzione di un sistema di anticipi, la precisazione dei termini «catastrofi gravi» e «catastrofi regionali straordinarie» e l'adozione di misure contro gli Stati membri che non applichino la dovuta diligenza nella prevenzione delle catastrofi.

1.6

Il CESE ritiene che, malgrado la situazione finanziaria particolarmente difficile in cui versa attualmente, l'UE dovrà stanziare importi maggiori per l'attività del FSUE qualora sventuratamente dovesse verificarsi una catastrofe molto grave.

1.7

Il CESE ritiene necessario chiarire pienamente le condizioni di intervento del FSUE, per non suscitare aspettative infondate e impedire la strumentalizzazione del Fondo per giochi politici, ma anche per non provocare delusioni nelle popolazioni duramente provate.

1.8

Il CESE reputa che strumenti come il FSUE offrano all'UE un'occasione unica per dar prova di unità e di solidarietà, purché siano utilizzati in modo appropriato e a condizione che i cittadini europei siano messi al corrente degli sforzi compiuti e degli aiuti erogati dall'UE.

1.9

Il CESE è del parere che bisognerà prevedere l'intervento del Fondo anche nelle catastrofi che si verifichino all'improvviso in conseguenza dell'effetto serra e dei cambiamenti climatici in generale, nonché nelle catastrofi dovute ad atti terroristici.

1.10

Il CESE si chiede perché mai mantenere così alti i livelli da raggiungere per considerare come evento «grave» una catastrofe, fatto che costringe il Fondo a intervenire soltanto in via eccezionale e soltanto ricorrendo alle clausole di esclusione, ed è dell'avviso che le soglie minime relative all'ordine di grandezza dei danni constatati siano eccessivamente elevate e vadano abbassate.

1.11

La clausola di sussidiarietà, utilizzata in modo rigoroso dal Consiglio, costituisce un fattore dissuasivo che ostacola fortemente gli sforzi della Commissione. Il CESE chiede che tale clausola sia applicata in modo più flessibile.

1.12

Il CESE ritiene che alcune grandi catastrofi avrebbero potuto e possano essere evitate utilizzando i meccanismi e le dotazioni europee disponibili e il know-how esistente.

1.13

Il CESE concorda con il principio secondo cui i danni devono essere pagati da chi li provoca.

1.14

Il CESE constata che purtroppo negli ultimi anni si è registrato un significativo aumento delle grandi catastrofi in Europa.

1.15

Il CESE invita gli Stati membri a migliorare le procedure e i meccanismi interni in modo da facilitare il lavoro della Commissione mettendo a disposizione tempestivamente le informazioni necessarie, che devono essere valide, affidabili e documentate.

1.16

Il CESE ritiene che il periodo di 9-12 mesi previsto per l'erogazione degli aiuti sia troppo lungo e non contribuisca all'obiettivo di prestare un soccorso urgente e immediato.

1.17

Il CESE ritiene necessario definire regole per la pubblicità e la promozione del lavoro del Fondo, in modo da renderlo noto ai cittadini.

2.   Introduzione

2.1

Il FSUE è stato istituito nel 2002 a seguito delle drammatiche inondazioni che hanno colpito l'Europa centrale e settentrionale, allo scopo di fornire agli Stati membri e ai paesi in via di adesione colpiti da gravi calamità naturali un'assistenza a titolo sussidiario per la ripresa dell'attività economica e sociale nelle zone interessate.

2.2

Il Fondo è stato istituito con procedura d'urgenza allorché l'UE si è resa conto di disporre di dotazioni molto consistenti per affrontare le calamità naturali nel resto del pianeta, ma di non possedere strumenti adeguati per rispondere a catastrofi analoghe sul suo territorio o nei paesi in via di adesione.

2.3

Dalla sua istituzione il FSUE ha compiuto molti interventi soddisfacenti, ma ha anche rivelato alcune disfunzioni organizzative e amministrative, cui la Commissione ha cercato di porre rimedio con la proposta di regolamento presentata nel 2005, che però è stata respinta dal Consiglio, malgrado il parere favorevole del Parlamento europeo.

2.4

Il massimale annuo di bilancio del Fondo è pari a un miliardo di euro — importo che finora si è dimostrato sufficiente.

3.   Il regolamento in vigore

3.1

Le principali disposizioni del regolamento che disciplina attualmente il funzionamento del FSUE sono le seguenti:

3.1.1

il Fondo è stato istituito per venire in soccorso agli Stati membri e ai paesi in via di adesione colpiti da gravi catastrofi naturali e mettere l'UE in condizione di intervenire in maniera urgente ed efficace;

3.1.2

si applica agli Stati membri dell'UE e ai paesi che hanno avviato negoziati di adesione;

3.1.3

costituisce uno strumento supplementare e fornisce un'assistenza di tipo sussidiario per il rifinanziamento delle azioni di emergenza;

3.1.4

il regolamento specifica che gli aspetti principali delle catastrofi gravi su cui si concentra sono le condizioni di vita, l'ambiente naturale e l'economia;

3.1.5

precisa che per «catastrofe grave» si intende un evento che provochi danni considerevoli in termini finanziari o di percentuale del reddito nazionale lordo (RNL) (8);

3.1.6

stabilisce che il Fondo deve operare in base a procedure particolarmente celeri e adottare decisioni immediate;

3.1.7

l'attuazione della sovvenzione spetta comunque allo Stato beneficiario;

3.2

il regolamento stabilisce la necessità della massima trasparenza e di una prudente gestione finanziaria.

3.3

Inoltre, dati gli importi elevati fissati per definire le grandi «catastrofi naturali», il regolamento prevede delle clausole di esclusione per le cosiddette «catastrofi regionali straordinarie» e le catastrofi «in un paese limitrofo», associate però a criteri estremamente severi e a un massimale di 75 milioni di euro. Il risultato è che, a causa degli importi particolarmente elevati previsti in origine per le catastrofi gravi, è diventata prassi corrente ricorrere a tali clausole di esclusione per gli interventi del Fondo.

3.4

In base al regolamento, le priorità fondamentali del Fondo in caso di catastrofe grave sono le seguenti:

3.4.1

ripristino immediato delle infrastrutture e delle attrezzature nei settori dell'elettricità, delle condutture idriche e fognarie, delle telecomunicazioni, dei trasporti e dell'istruzione;

3.4.2

realizzazione di misure provvisorie di alloggio e finanziamento dei servizi di soccorso;

3.4.3

adozione di misure di protezione del patrimonio culturale;

3.4.4

ripulitura immediata delle aree colpite dalla catastrofe.

3.5

Lo Stato colpito deve presentare quanto prima, e comunque non oltre dieci settimane dall'inizio della catastrofe, domanda di intervento alla Commissione, precisando anche l'importo dell'aiuto richiesto.

4.   La proposta di modifica del regolamento

4.1

La modifica del regolamento 2012/2002 attualmente all'esame prevede i seguenti cambiamenti:

4.1.1

il funzionamento del Fondo viene iscritto nell'ambito del nuovo quadro finanziario pluriennale 2014-2020;

4.1.2

viene definito chiaramente il campo d'applicazione del Fondo in modo da limitarlo alle catastrofi naturali, comprese quelle provocate dall'uomo;

4.1.3

viene definita la soglia dell'1,5 del PIL regionale a livello NUTS 2 (popolazione compresa tra 800 000 e 3 milioni di abitanti) per le «catastrofi regionali»;

4.1.4

viene introdotta la possibilità di erogare rapidamente acconti, su richiesta dello Stato membro colpito, fino al 10 % dell'importo dell'aiuto finanziario previsto, entro un massimale di 30 milioni di euro;

4.1.5

sono previste per la prima volta disposizioni per le catastrofi in lenta evoluzione come la siccità;

4.1.6

vengono introdotte misure che incoraggiano una più efficace prevenzione delle catastrofi e incentivano il ricorso alla legislazione UE in materia di prevenzione, consentendo al tempo stesso alla Commissione di respingere una domanda di aiuto in caso di grave negligenza da parte dello Stato membro o quando si verifichi due volte una catastrofe analoga;

4.1.7

sono previste nuove disposizioni sull'ammissibilità dell'IVA ed è esclusa l'assistenza tecnica;

4.1.8

è prevista la possibilità, in circostanze eccezionali, di derogare ad alcune disposizioni del regolamento finanziario;

4.1.9

viene fissata a 3 miliardi di euro, oppure allo 0,6 % dell'RNL, la soglia per definire una catastrofe come «grave».

5.   Il punto di vista del CESE

5.1

Il CESE ha convenuto sulla necessità di rivedere il regolamento 2012/2002 sul funzionamento del FSUE affinché quest'ultimo:

5.1.1

diventi un meccanismo di sostegno più efficace al servizio degli Stati membri, dei paesi in via di adesione e dei paesi limitrofi colpiti da catastrofi naturali;

5.1.2

acquisisca competenze per intervenire anche in caso di catastrofi dovute a incidenti industriali e tecnologici.

5.2

Il CESE ritiene che le dotazioni previste siano inadeguate nel caso di catastrofi su vasta scala che interessino gran parte dell'UE, come ad esempio incidenti nucleari, epidemie, ecc., e invita la Commissione ad adottare disposizioni specifiche.

5.3

Il CESE condivide pienamente gli sforzi della Commissione per accelerare le procedure di funzionamento del FSUE, sempre nel quadro di meccanismi affidabili, con norme operative assolutamente chiare e semplici.

5.4

Il CESE invita gli Stati membri a utilizzare con cautela i meccanismi del Fondo così da non provocare ingiuste reazioni negative nei confronti dell'UE.

5.5

Il CESE sostiene la procedura per l'erogazione di anticipi nonché l'applicazione della categoria dei «danni in lenta evoluzione» come nel caso della siccità. Ritiene inoltre che tra i lavori di risanamento previsti dopo una catastrofe naturale debba figurare anche l'imboschimento.

5.6

Il CESE ritiene che la Commissione debba essere particolarmente severa nei confronti degli Stati membri che, malgrado l'esistenza di una legislazione UE e di finanziamenti europei specifici, si rendano colpevoli di negligenza che si traduce in grandi catastrofi.

5.7

Il CESE ritiene che i cambiamenti climatici provocheranno in futuro un numero ancor maggiore di catastrofi naturali e invita pertanto la Commissione a tenerne conto anche nel regolamento in fase di revisione.

5.8

Il CESE ritiene che la società civile svolga sempre un ruolo particolarmente importante quando si verificano grandi catastrofi e chiede alla Commissione di inserire nella proposta di regolamento la possibilità di finanziare anche organizzazioni della società civile specializzate e certificate, le quali dispongono delle strutture e delle conoscenze necessarie per contribuire con i loro servizi.

5.9

Il CESE reputa che il funzionamento efficace di meccanismi come il FSUE consenta all'UE di dar prova di solidarietà efficace e concreta, e invita la Commissione a fare il necessario affinché i cittadini europei siano informati del ruolo dell'Unione.

5.10

Il CESE ritiene che il finanziamento del Fondo debba essere inglobato nel bilancio ordinario dell'UE, in modo da diminuire i ritardi dovuti alle lente procedure amministrative che coinvolgono il Consiglio, il Parlamento e la Commissione. Al tempo stesso bisognerà tuttavia prevedere un meccanismo che consenta di incrementare il finanziamento in caso di catastrofe eccezionalmente grave che richieda maggiori aiuti.

5.11

Il CESE concorda con il Parlamento europeo nel ritenere che la soglia dell'1,5 % del PIL regionale a livello NUTS2 sia particolarmente elevata ed escluda dal campo d'intervento del Fondo molte catastrofi gravi, con conseguente delusione dei cittadini. Propone pertanto di ridurre tale percentuale all'1 % per poter coprire principalmente i paesi i cui parametri demografici sono bassi.

Bruxelles, 10 dicembre 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell'11.11.2002, GU L 311 del 14.11.2002.

(2)  Parere CESE in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea, GU C 61 del 14.3.2003, pag. 187.

(3)  Parere CESE in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea, GU C 28 del 3.2.2006, pag. 69.

(4)  Relazione del Parlamento europeo sul Fondo di solidarietà dell'Unione europea, attuazione e applicazione, C2012/2075 — A7-0398/2012, del 20.12 2012.

(5)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea, COM(2005) 108 final, del 6.4.2005.

(6)  Parere CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il futuro del Fondo di solidarietà dell'Unione europea, GU C 181 del 21.6.2012, pag. 52.

(7)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea, COM(2013) 522 final, del 25.7.2013.

(8)  Viene considerata grave una catastrofe che provochi danni oltre i 3 miliardi di euro, a prezzi 2002, o superiori allo 0,6 % dell'RNL del paese interessato.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/50


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui fondi comuni monetari

COM(2013) 615 final — 2013/0306 (COD)

2014/C 170/08

Relatore: IOZIA

Il Parlamento europeo, in data 12 settembre 2013, e il Consiglio, in data 19 settembre 2013, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui fondi comuni monetari

COM(2013) 615 final — 2013/0306 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 149 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è lieto che finalmente l'attesa e più volte annunciata proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui fondi comuni monetari sia stata presentata dalla Commissione europea.

1.2

Il mercato dello shadow banking è di grande importanza, stime del Financial Stability Board (FSB) indicano la cifra di 51 000 miliardi di euro a livello globale; il 25/30 % dell'intero sistema finanziario. In Europa, la maggior parte dei fondi comuni monetari (FCM) opera nell'ambito della direttiva 2009/65/CE (OICVM), circa l'80 % dei volumi e il 60 % dei fondi. Il resto degli FCM operano, a partire dal luglio 2013 sulla base delle regole della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi.

1.3

L'esigenza di regolare le attività delle cosiddette «banche-ombra», è stata determinata da due ragioni principali: la possibilità che il sistema delle banche ombra sia usato come un modo per eludere la regolazione, in particolare i requisiti patrimoniali, ovvero per svolgere attività che possono essere gestite nell'ambito del tradizionale sistema regolato, aumentando le probabilità di un evento sistemico. L'altra ragione principale risiede nel fatto che le attività finanziarie delle banche ombra si avvalgono di leve importanti, esponendo il settore finanziario, al pari delle banche tradizionali, al panico e all'evento sistemico.

1.4

Il CESE condivide la scelta della Commissione di provvedere con un regolamento alla normazione del settore, piuttosto che con una direttiva. Date le caratteristiche degli FCM che operano a livello globale, ma che sono basati essenzialmente in tre paesi, Francia Irlanda e Lussemburgo, è cruciale avere una normativa omogenea ed immediatamente applicabile. Questa scelta risponde pienamente ai principi di proporzionalità e sussidiarietà.

1.5

Su incarico del Financial Stability Board, l'IOSCO ha redatto una prima serie di raccomandazioni, nell'ottobre 2012 per orientare i regolatori ad intervenire sui mercati degli FCM. Nel mese di novembre 2012 è la volta dell'FSB a proporre un documento di indirizzo di regolazione, con lo scopo di ridurre la sensibilità degli FCM alla corsa al disinvestimento e il 20 novembre 2012 è la volta del PE di emanare le proprie osservazioni di indirizzo. Infine il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) nel dicembre 2012 (1) ha emanato la sua raccomandazione.

1.6

Negli Stati Uniti la SEC ha emanato la norma 2-a7 che regola la materia, fin dal 2010 e in data 19 novembre 2012 (2), il FSOC (Financial Sability Oversight Council), l'Autorità preposta alla regolazione negli Stati Uniti, ha avviato una revisione della normativa in essere, proponendo ipotesi molto simili a quelle che la CE ha emanato: obbligo di realizzare un cuscinetto di capitale, di passare obbligatoriamente da FCM a NAV variabile e di obblighi di investimento a brevissimo termine e di maggior frequenza della comunicazione al mercato del composizione del portafoglio di investimenti. Il CESE raccomanda, considerata la forte integrazione dei mercati, di condividere con le autorità di oltre Atlantico regolazioni omogenee ed efficaci.

1.7

Il CESE condivide l'affermazione contenuta nel documento del CERS. «Gli FCM non hanno provocato la crisi finanziaria del 2007-2008, ma con la loro attività durante le turbolenze finanziarie si sono rivelati potenzialmente in grado di propagare — se non addirittura amplificare — una crisi. L'esperienza del 2007-2008 ha dimostrato come gli FCM possano essere esposti a episodi di fuga degli investitori e possano necessitare del sostegno delle società promotrici, in particolare per mantenere costante il loro valore patrimoniale netto».

1.8

Il Comitato riafferma che «sebbene sia indubbio che il sistema finanziario necessiti di liquidità — che già prima della crisi finanziaria dipendeva in buona misura dal sistema bancario ombra, gli insegnamenti tratti dalla crisi raccomandano che, nel processo di regolamentazione, venga data la priorità all'indispensabile stabilità del sistema finanziario». Infatti, «non dovrebbero esistere attività “nell'ombra” e per questo motivo il sistema bancario ombra deve essere soggetto agli stessi requisiti regolamentari e prudenziali dell'intero sistema finanziario». «La nuova regolamentazione deve avere come obiettivo un alto livello di protezione dei consumatori europei».

1.9

Il Comitato già da tempo, in linea con le raccomandazioni dell'FSB, aveva auspicato la rapida emanazione del regolamento (3). È indispensabile che il Parlamento e il Consiglio trovino al più presto le intese necessarie per varare il regolamento in esame, tenendo conto delle proposte di cambiamento avanzate dal CESE. Il rischio concreto è che la regolamentazione slitti di molti mesi, tenendo conto delle scadenze istituzionali del Parlamento e della Commissione.

1.10

Il CESE ritiene migliore e più adeguata allo scopo la raccomandazione emanata dall'FSB e dal CERS (4) circa la rischiosità dei CNAV, che dovrebbero essere trasformati in Variabili NAV. Il cuscinetto di capitale del 3 % appare insufficiente, tenendo conto del fatto che il massimo rischio possibile cui si è fatto fronte era di oltre il 6 % a fronteggiare le richieste di liquidità in un momento nel quale tutti gli operatori dovessero attendere gravi turbolenze sul mercato e si precipitassero a ritirare i loro investimenti.

2.   La proposta di regolamento: i tratti essenziali

2.1

La proposta di regolamento della Commissione è un follow-up del Libro verde dello scorso anno sul sistema bancario ombra, detto shadow banking (vedi IP/12/253 e MEMO/12/191). Essa riassume il lavoro svolto finora e illustra la roadmap per possibili successive azioni di regolamentazione in questo importante settore.

2.2

I fatti accaduti durante la crisi finanziaria hanno acceso una luce su molti aspetti degli FCM che li hanno resi vulnerabili in caso di difficoltà nel mercato finanziario ed essi possono diffondere o amplificare i rischi attraverso i mercati.

2.3

Le linee guida, adottate dal CESR per creare un minimo terreno comune, sono state applicate dopo un anno solo da 12 Stati membri, mettendo in evidenza la persistenza di diverse regolazioni nazionali. Questo richiede un intervento tempestivo e deciso.

2.4

Gli FCM non potranno operare con derivati, al di fuori dei normali circuiti di protezione dal rischio di cambio e di interesse.

2.5

Gli FCM dovranno anche ridurre il rischio di controparte, attraverso una diversificazione degli investimenti: non sarà consentito di avere oltre il 20 % impegnato in un contratto di riacquisto con la medesima controparte.

2.6

I manager dovranno astenersi dal richiedere un giudizio ad agenzie esterne specializzate; dovranno altresì sottoporre periodicamente gli FCM a test stress sulle loro capacità di resilienza.

2.7

La proposta di regolamento emessa mira a una maggiore trasparenza, attraverso:

una raccolta di dati dettagliati;

una normativa sugli strumenti finanziari e rischi associati alle operazioni di finanziamento tramite titoli;

la definizione di un quadro che disciplini le interazioni con le banche.

2.8

La proposta di regolamento propone anche un giro di vite sui fondi comuni monetari, chiedendo condizioni di liquidità più stringenti. Secondo la Commissione, questo garantirebbe che, in caso di ritiro dei capitali da parte degli investitori, i fondi siano in grado di rimborsarli senza ripercussioni sul sistema.

2.9

In particolare, i fondi dovranno detenere in portafoglio almeno il 10 % di attività a scadenza giornaliera e un altro 20 % a scadenza settimanale, mentre non potranno avere un'esposizione superiore al 5 % in valore nei confronti di un unico emittente. Dovrà inoltre essere garantito un cuscinetto di capitale pari al 3 % per i fondi a valore patrimoniale netto costante.

3.   Osservazioni generali

3.1

Lo shadow banking gioca un ruolo importante nel finanziamento dell'economia reale. Il sistema bancario ombra ha contribuito alla finanziarizzazione dell'economia e alla bolla immobiliare che dal 2007 ha colpito vari paesi sviluppati, portando le loro economie sull'orlo del collasso; pertanto, bisogna attribuire al sistema bancario ombra la responsabilità di fondo, seppure non esclusiva, della grande recessione che ha colpito gli Stati Uniti e molti Stati membri dell'UE. Il sistema finanziario nel suo complesso deve essere al servizio dell'economia reale" (5). Le PMI in particolare stanno affrontando gravi problemi per quello che riguarda il taglio ai crediti che stanno subendo. Il sistema bancario non sembra in condizione di adempiere alla sua funzione primaria di sostegno alla economia reale.

3.2

Gli FCM fanno incontrare la domanda e l'offerta di disponibilità liquide per un periodo breve.

3.3

Come constatato anche dal Financial Stability Board e da altre importanti istituzioni quali l'Organizzazione internazionale delle commissioni dei valori mobiliari (IOSCO) e il Comitato europeo per il rischio sistemico, nonostante si riconosca la loro importanza sistemica, gli FCM non hanno ricevuto un livello adeguato di regolamentazione. Il CESE condivide questa osservazione.

3.4

Sul versante opposto la FBE, la Federazione europea delle banche, solleva alcune preoccupazioni per le conseguenze delle proposte riguardanti i fondi monetari, giudicate restrittive e difficili da attuare per i fondi, le cui risorse ''possono essere utilizzate dalle banche per sostenere i prestiti all'economia reale''.

3.5

Nel frattempo, anche il G20 è al lavoro sul tema. Il focus è costituito dalle attività (e non dai soggetti) del settore. I vari commenti espressi dai paesi del G20 punterebbero a regolare il settore tramite un approccio soft per evitare eccessivi contraccolpi ai flussi finanziari mondiali, visto il ruolo importante che lo shadow banking riveste nel fornire liquidità al settore bancario.

3.6

In termini di istituzioni ed attività coinvolte, le stime del 2011 diffuse dal Financial Stability Board indicano che la dimensione dello shadow banking è di circa 51 mila miliardi di euro a livello globale, pari al 25-30 % dell'intero sistema finanziario e alla metà delle attività bancarie (Eurozona: quasi 17 mila miliardi; Regno Unito: quasi 7 mila miliardi; Stati Uniti: 17 mila miliardi e mezzo (6)).

3.7

Tra i vari intermediari coinvolti in questo sistema, gli FCM hanno una rilevanza sistemica e costituiscono una fonte importante di finanziamento a breve termine per le istituzioni finanziarie, imprese e governi. Per tale motivo, il funzionamento dei fondi comuni monetari è al centro del lavoro internazionale di regolamentazione di cui si discute.

3.8

In Europa, gli FCM detengono circa il 22 % dei titoli di debito a breve termine emessi da governi o dal settore societario ed il 38 % del debito a breve termine emesso dal settore bancario, pari a circa 1 000 miliardi di euro.

3.9

In termini di distribuzione geografica complessiva, nell'UE, gli FCM sono principalmente basati in Francia, Irlanda e Lussemburgo e sono molto utilizzati soprattutto dalle imprese in Germania e Gran Bretagna, per quello che riguarda i fondi a NAV costante.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il settore degli FCM è strettamente intrecciato con le banche che spesso gestiscono i fondi stessi e addirittura ricorrono ai fondi stessi per finanziarsi. Secondo la Commissione, è la maggioranza degli FCM a venire sostenuta da banche: nove su dieci dei più grandi manager di FCM sono infatti finanziati da banche commerciali. Questa stima evidenzia l'alto livello di interconnessione non solo tra i due settori in oggetto, ma anche il legame tra gli FCM, la finanza delle aziende e i governi.

4.2

Per le aziende, gli FCM costituiscono una modalità alternativa per l'impiego della loro cassa a breve termine. Attraverso questi strumenti, infatti, le aziende possono impiegare le loro riserve con maggior profitto, piuttosto che depositarle presso una banca. Il CESE, pur riconoscendo la potenziale validità di queste forme di impiego del denaro, ne denuncia la pericolosità. A differenza delle banche, infatti, qualora le cose andassero male, i fondi non hanno accesso ad alcun supporto da parte delle banche centrali.

4.3

Nel mondo degli FCM non esistono infatti sistemi di garanzia dei depositi. Gli intermediari dello shadow banking (hedge fund, FCM o veicoli di investimento strutturati) forniscono credito.

4.4

Secondo l'attuale meccanismo di funzionamento, un FCM può dare in prestito tutti i soldi raccolti da individui o imprese. Il CESE fa notare che se uno o due soggetti tra quelli che hanno chiesto a prestito denaro non è poi in grado di ripagare il debito, l'FCM può fallire, perché se nello stesso momento alcuni depositanti/investitori hanno chiesto i loro soldi indietro, il fondo non è in grado di restituirli. Se non si interviene con regole prudenziali, con questo meccanismo, può essere innescata una nuova crisi.

4.5

Alla luce di queste osservazioni e considerando che, come già rilevato, i maggiori finanziatori/sponsorizzatori degli FCM sono proprio le banche, il CESE sostiene con convinzione che l'industria degli FCM avrebbe dovuto essere posta sotto regole e controlli simili a quelli già predisposti per il sistema bancario.

4.6

Il CESE sostiene che la previsione della Commissione di ovviare a questo rischio imponendo un buffer di liquidità del 3 % sia insufficiente a coprire i rischi derivanti dagli FCM a NAV costante, visto che si sono verificati casi di rischi superiori al 6 %.

4.7

L'inadeguatezza delle previsioni della Commissione si esprime anche rispetto alle raccomandazioni dell'FSB e dell'ESRB. Sia l'FSB che l'ESRB, in un'ottica prudenziale di salvaguardia del sistema, hanno suggerito alla Commissione di adottare un meccanismo di valutazione dei fondi basato sul NAV variabile, in modo tale che il valore del fondo si adeguasse sulla base delle oscillazioni dei prezzi. La regolazione ha invece mantenuto il meccanismo di NAV costante originariamente previsto, limitandosi ad aggiungere un buffer di liquidità per fronteggiare eventuali variazioni sfavorevoli dei valori. Il CESE ritiene che le raccomandazioni dei due soggetti regolatori del mercato, siano più rispondenti al principio della salvaguardia della stabilità del sistema finanziario, come si evince dalla tabella qui allegata.

Fondo comune monetario (FCM) con valore patrimoniale netto costante (CNAV — Constant Net Asset Value) (Art. 25)

Proposta della Commissione (4 settembre 2013)

Raccomandazioni del Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS)

Raccomandazioni del Financial Stability Board (FSB)

Articolo 30:

L'FCM di tipo CNAV istituisce e mantiene in ogni momento una riserva NAV pari ad almeno il 3 % del valore totale delle sue attività

Prescrivere agli FCM l'adozione di un valore patrimoniale netto (NAV) variabile e richiedere agli FCM di ricorrere in generale alla valutazione al fair value (raccomandazione A, punto 2, pag. 3)

Agli FCM che offrono un valore patrimoniale netto stabile o costante dovrebbe essere richiesto il passaggio a un NAV fluttuante ove possibile (raccomandazione punto 2.2., pag. 3)

Articolo 31:

La riserva NAV è utilizzata unicamente per le sottoscrizioni e i rimborsi, al fine dell'equalizzazione della differenza tra il NAV costante per azione o quota e il NAV per azione o quota

Il metodo del costo ammortizzato dovrebbe essere utilizzato solo in circostanze limitate

(raccomandazione A, punto 2, pag. 3)

 

Tabella di comparazione (7)

Rispetto ai prodotti offerti, il CESE invita a una riflessione rispetto al fatto che in questo sistema bancario parallelo siano finiti i prodotti già in circolazione nel circuito bancario tradizionale e per questo regolamentati, per evitare i controlli più stringenti presenti nella vigilanza bancaria.

4.8

Il timore espresso dal CESE è che tali rischi vengano ora riproposti dal sistema ombra, per sfuggire alla vigilanza. Il Comitato ritiene opportuno quindi che ci si ispiri al principio «stesse attività = stesse regole».

4.9

Il CESE ribadisce un principio già sancito più volte, ovvero quello secondo cui una buona trasparenza e un adeguato livello di vigilanza garantirebbero al sistema finanziario di funzionare al servizio dell'economia, guadagnandoci in termini di fiducia, efficienza e quindi efficacia.

Il progetto di legge inoltre bandisce i rating esterni sui fondi del mercato monetario. Questa previsione è finalizzata a prevenire che potenziali downgrade scatenino il panico nei mercati. Il CESE, benché questa previsione vada contro il principio della trasparenza ed efficienza e possa nuocere alla piena simmetria informativa, ritiene che il mercato degli FCM sia frequentato da operatori professionali e che le agenzie di rating possano, semplicemente cambiando un giudizio, scatenare il panico tra gli investitori. Misure di rating interno, rafforzamento delle procedure e dei presidi di risk management, una vigilanza più rigorosa e stringente, potranno aiutare a salvaguardare in modo efficace la qualità degli asset di riferimento e dei collaterali dei fondi.

Bruxelles, 10 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 146 del 25.5.2013, pag. 1.

(2)  Federal Register, Vol. 77, No. 223, 19 novembre 2012, Notices 69455.

(3)  GU C 146 del 25.5.2013, pag. 39.

(4)  Raccomandazione A — GU C 146 del 25.5.2013, pag. 1.

(5)  GU C 11 del 15.1.2013, pag. 42.

(6)  Come confronto, si pensi che l'intero sistema bancario dell'eurozona gestisce complessivamente attivi per circa 27 mila miliardi di euro.

(7)  Elaborazione eurodeputato Sven Giegold.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/55


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Il sistema bancario ombra: affrontare le nuove fonti di rischio nel settore finanziario

COM(2013) 614 final

2014/C 170/09

Relatore: POLYZOGOPOULOS

La Commissione europea, in data 18 aprile 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Il sistema bancario ombra: affrontare le nuove fonti di rischio nel settore finanziario

COM(2013) 614 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre 2013), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 153 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) valuta positivamente la comunicazione della Commissione quale contributo coerente allo sforzo necessario di riformare i servizi finanziari allo scopo di ripristinare l'equilibrio e la stabilità in questo settore essenziale e di limitare i rischi sistemici.

1.2

Il CESE conta sul contributo positivo dei nuovi meccanismi dei mercati finanziari alla solidità economica e ribadisce la sua profonda convinzione che la stabilità del settore finanziario e la riuscita delle riforme costituiscano un presupposto per lo sviluppo economico sostenibile, l'occupazione e il completamento del mercato interno dell'Unione europea (UE).

1.3

Il CESE ritiene che la tabella di marcia contenente le misure già adottate e quelle future vada nella giusta direzione e riconosce i progressi compiuti, segnalando però la necessità urgente di intensificare numerose attività e di completare le iniziative legislative ancora pendenti.

Valutando i cinque livelli di priorità per un'azione futura (1) il CESE:

1.4

ritiene che l'eliminazione dell'arbitraggio costituisca il nodo della riforma dei servizi finanziari (2) ed apprezza quindi il pacchetto dettagliato di misure (3), in particolare il rafforzamento del quadro prudenziale del settore bancario per limitare i rischi di contagio e di arbitraggio;

1.5

valuta positivamente il tentativo di accrescere la trasparenza e in particolare le azioni concrete che puntano a creare un quadro di monitoraggio del sistema bancario ombra nell'UE, sviluppare repertori centrali per i derivati nell'ambito del regolamento sulle infrastrutture di mercato europee (EMIR) (4), rivedere la direttiva sui mercati degli strumenti finanziari (MiFID) (5), istituire un identificativo delle entità giuridiche (Legal Entity Identifier — LEI) e migliorare la trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli;

1.6

riconosce che sono stati compiuti progressi verso la creazione di un quadro regolamentare rafforzato per taluni fondi di investimento con l'obiettivo di migliorare la liquidità e la stabilità, e in particolare per i fondi comuni monetari che hanno come sede legale o che si vendono in Europa;

1.7

ritiene che, riguardo alla «riduzione dei rischi associati alle operazioni di finanziamento tramite titoli», la comunicazione si limiti ad alcune osservazioni generiche che descrivono, sì, una realtà, ma non sono all'altezza delle attuali circostanze critiche; il CESE raccomanda di accelerare e precisare le azioni soprattutto per quanto riguarda la normativa sugli strumenti finanziari, dal momento che le operazioni di finanziamento tramite titoli — specialmente i patti di riacquisto o di prestito di titoli — hanno svolto un ruolo di primo piano nell'indebitamento eccessivo del settore finanziario;

1.8

analogamente, rileva un ritardo e raccomanda quindi di intensificare i lavori e di chiarire al più presto la questione cruciale di rafforzare la vigilanza sul sistema bancario ombra; riguardo a tale questione, infatti, ci si limita a descrivere alcuni aspetti e, quale azione futura, si fa riferimento solo al quadro del riesame del sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria (SEVIF) da parte della Commissione nel 2013.

1.9

Dal momento che le principali vittime involontarie della crisi finanziaria ed economica sono i cittadini in quanto contribuenti, lavoratori, titolari di depositi e consumatori, il CESE raccomanda di potenziare le iniziative riformatrici che riguardano la tutela dei cittadini tramite la trasparenza, l'informazione corretta, la responsabilità sociale del settore finanziario e la tutela dei consumatori e dei piccoli investitori; ricorda inoltre le proprie osservazioni pertinenti già formulate a suo tempo riguardo alla partecipazione della società civile alla riforma dei mercati finanziari (6).

1.10

Il CESE ritiene importante che, nella comunicazione in esame, la Commissione precisi che il sistema bancario ombra non deve essere considerato esclusivamente nella prospettiva dei rischi che comporta. Esso costituisce infatti un ulteriore canale di finanziamento alternativo che potrebbe essere utile per l'economia reale.

2.   Definizione, campo di applicazione e contesto

2.1

Il sistema bancario ombra viene definito come un sistema di intermediazione creditizia costituito da entità e attività operanti al di fuori del normale sistema bancario  (7) che poggia su due pilastri strettamente correlati. Tali entità si dedicano principalmente ad attività come l'offerta di finanziamenti con caratteristiche analoghe ai depositi, il trasferimento della scadenza e/o della liquidità, il trasferimento del rischio creditizio e l'uso, diretto o indiretto, della leva finanziaria. Tra le attività (che costituiscono potenzialmente un'importante fonte di finanziamento per le entità non bancarie) figurano la cartolarizzazione, il prestito di titoli e le operazioni di vendita con patto di riacquisto (repurchase agreement o repo).

2.2

Le società a destinazione specifica (special purpose entity — SPE) costituiscono veicoli di cartolarizzazione, quali gli ABCP conduit (veicoli per l'emissione di cambiali finanziarie garantite da attività), i veicoli speciali d'investimento (special investment vehicle, SIV) e altre società veicolo (special purpose vehicle, SPV), i fondi comuni monetari (money market fund — MMF) e altri tipi di fondi di investimento/prodotti con caratteristiche analoghe ai depositi, fortemente esposti al ritiro in massa (corsa allo sportello), fondi di investimento, compresi i fondi indicizzati quotati (exchange traded funds, ETF), che forniscono credito o utilizzano la leva finanziaria, società finanziarie ed entità specializzate nei titoli che forniscono crediti o garanzie su crediti non regolamentate o realizzano operazioni di trasformazione delle scadenze e/o della liquidità, come le banche, nonché le imprese di assicurazione e di riassicurazione che emettono o garantiscono prodotti creditizi.

2.3

L'origine delle attività bancarie ombra è rintracciabile nella deregolamentazione del sistema finanziario che ha avuto inizio negli anni '80 del secolo scorso in Gran Bretagna, per poi proseguire negli anni '90 (8) negli Stati Uniti e altrove. Significativo è stato il ruolo dei primi accordi di Basilea, che hanno spinto fuori bilancio le attività speculative delle banche e hanno introdotto una disciplina rigorosa dei loro bilanci (9).

2.4

L'abrogazione o allentamento delle norme e delle disposizioni (10) ha consentito agli istituti di credito di estendere le loro attività a nuovi livelli e a modelli complessi, mentre la promessa di rendimenti elevati ha avuto ripercussioni su milioni di persone di ogni parte del mondo con una conoscenza minima dei prodotti del sistema bancario ombra e del suo funzionamento.

2.5

Nel 2007 il G20 ha deciso di adottare un pacchetto di misure di regolamentazione per la sicurezza e la sopravvivenza del sistema finanziario, mentre il grave impatto sociale ed economico della crisi del 2008 ha evidenziato i rischi connessi con le attività bancarie ombra e le lacune normative, l'insufficiente vigilanza, i mercati opachi e i prodotti eccessivamente complessi, dando così visibilità al ruolo del Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board — FSB).

2.6

Negli sforzi internazionali condotti in sede di G20 e di FSB, l'UE svolge un ruolo primario segnando importanti progressi nell'attuazione degli impegni contenuti nella sua tabella di marcia per la riforma del settore finanziario e nello sviluppo di nuove strutture di vigilanza. Numerose riforme, ad esempio dei derivati fuori borsa, trovano ora riscontro in un'apposita normativa.

2.7

La relazione pubblicata dall'FSB nell'ottobre 2011 rappresenta il primo tentativo di ampio respiro a livello internazionale di accrescere la vigilanza sul sistema bancario ombra ponendo l'accento: i) sulla definizione di principi per la vigilanza e la regolamentazione del sistema bancario ombra; ii) sulla mappatura e la valutazione dei rischi sistemici e iii) sulla definizione del campo d'applicazione delle misure di regolamentazione secondo cinque filoni di studio (11). La Commissione ha da parte sua pubblicato un Libro verde incentrato sui potenziali rischi del sistema bancario ombra nell'UE, nonché su come far fronte a tali rischi tramite disposizioni regolamentari.

3.   Sintesi del documento della Commissione

3.1

La comunicazione analizza inizialmente le azioni già adottate nell'ambito di due filoni. Le misure per le entità finanziarie sono incentrate sul rafforzamento dei requisiti imposti alle banche e alle imprese di assicurazione nei loro rapporti con il sistema bancario ombra e sull'introduzione di un quadro armonizzato per i gestori di fondi di investimento alternativi. Le misure per l'integrità del mercato si concentrano sugli strumenti di trasferimento del rischio, sui meccanismi di cartolarizzazione rafforzati e sul miglioramento del quadro per le agenzie di rating.

3.2

La comunicazione stabilisce inoltre cinque livelli di priorità nel cui ambito la Commissione punta ad adottare alcune misure supplementari:

1)

accrescere la trasparenza nel sistema bancario ombra;

2)

creare un quadro rafforzato per i fondi d'investimento, in particolare per i fondi comuni monetari;

3)

sviluppare una legislazione sugli strumenti finanziari per limitare i rischi associati alle operazioni di finanziamento tramite titoli;

4)

rafforzare i meccanismi prudenziali nel settore bancario e

5)

migliorare l'organizzazione della vigilanza sul sistema bancario ombra.

Più in particolare:

3.2.1

per accrescere la trasparenza del sistema bancario ombra, gli sforzi compiuti in materia di raccolta e scambio di dati affidabili ed esaurienti sono completati da iniziative per lo sviluppo di un quadro per il monitoraggio dei rischi di tale sistema e i repertori centrali per i derivati nel quadro del regolamento sulle infrastrutture di mercato europee (EMIR) (12), la revisione della direttiva sui mercati degli strumenti finanziari (MiFID) (13), l'istituzione dell'identificativo delle entità giuridiche (Legal Entity Identifier — LEI) e il miglioramento della trasparenza delle operazioni di finanziamento tramite titoli.

3.2.2

Per taluni fondi di investimento e, in particolare, per i fondi comuni monetari che hanno sede legale o si vendono in Europa si propongono nuove norme volte a migliorare la fluidità e la stabilità, nonché la riforma della legislazione che disciplina gli organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).

3.2.3

Per ridurre i rischi associati alle operazioni di finanziamento tramite titoli, nella comunicazione si legge che sono state condotte ricerche approfondite per capire meglio il fenomeno e trarre insegnamenti; per risolvere questi problemi, la Commissione sta vagliando l'opportunità di presentare una proposta legislativa in materia di valori mobiliari.

3.2.4

I meccanismi prudenziali del settore bancario volti a limitare i rischi di contagio e di arbitraggio sono rafforzati dall'introduzione di norme più severe con, tra l'altro, requisiti patrimoniali per le banche quando queste operano con entità finanziarie non regolamentate, norme più severe in materia di solvibilità e nuovi meccanismi di liquidità essenzialmente grazie all'entrata in vigore, il 1o gennaio 2014, del regolamento sui requisiti prudenziali per gli enti creditizi (14) e della direttiva sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi (15). È prevista un'eventuale estensione dell'ambito di applicazione delle norme prudenziali per ridurre i rischi di arbitraggio.

3.2.5

Quanto al rafforzamento della vigilanza, si sottolineano la natura diffusa, diversificata e dinamica del sistema bancario ombra e i problemi di applicazione dei requisiti prudenziali, dovuti ad esempio alle possibilità di eludere le norme oltre frontiera. A livello europeo sono in corso lavori preliminari in seno al Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) e alle autorità di vigilanza europee. Questi aspetti, uniti alla necessità di impedire l'arbitraggio ed eventualmente di chiarire il ruolo istituzionale di ciascuna autorità, saranno affrontati nel quadro del riesame del SEVIF, che sarà condotto nel 2013.

4.   Osservazioni

4.1

Fin dall'insorgere della crisi finanziaria il CESE ha espresso, in una serie di pareri (16), le posizioni della società civile su un ampio ventaglio di temi legati al funzionamento del sistema finanziario e ha formulato osservazioni e raccomandazioni tempestive sia di portata generale che riguardanti, più in particolare, il risanamento e la risoluzione delle crisi degli enti creditizi (17).

4.1.1

Il CESE ha espresso un giudizio positivo nei confronti del Libro verde sul sistema bancario ombra (18) quale passo importante nella giusta direzione. Esso affronta infatti i problemi esistenti sottolineando, tra l'altro, che andranno eliminate le attività condotte «nell'ombra», le quali devono pertanto essere soggette agli stessi requisiti regolamentari e prudenziali dell'intero sistema finanziario.

4.2

Il CESE apprezza il fatto che i meccanismi prudenziali vengano affrontati a livello mondiale, allo scopo di estendere la regolamentazione e la vigilanza a tutti gli istituti, gli strumenti e i mercati finanziari di importanza sistemica (19). Esprime la propria soddisfazione riguardo all'adozione delle raccomandazioni dell'FSB nella riunione del G20 di settembre (20), alle quali la comunicazione in oggetto aderisce integralmente.

4.3

Il CESE invita la Commissione a concretizzare e ad aggiornare il quadro d'azione per una maggiore vigilanza del sistema bancario ombra con l'attuazione di un meccanismo di vigilanza coesivo, accelerando così il chiarimento del ruolo istituzionale delle autorità di vigilanza nel quadro del riesame del SEVIF.

4.4

Dal momento che, a seconda della realtà nazionale, determinate attività ed entità ombra possono essere soggette o meno a un regime di regolamentazione, risulta particolarmente importante garantire pari condizioni di concorrenza tra i paesi, nonché tra il settore bancario e le entità del sistema bancario ombra tramite regolamentazioni opportune per impedire un arbitraggio regolamentare che porti a una distorsione degli incentivi normativi.

4.5

Il CESE evidenzia in particolare la necessità per le autorità di regolamentazione di adottare un approccio globale unitario nell'analisi dei dati, con quadri di riferimento comuni e norme di settore aperte, in modo da rendere possibile il rapido scambio di dati e un intervento risolutivo al fine di prevenire in modo tempestivo un rischio sistemico e tutelare la stabilità finanziaria.

4.6

Il CESE ritiene che le dimensioni del sistema bancario ombra e la sua velocità di espansione siano un altro importante fattore di rischio sistemico poiché, secondo l'FSB (2012) (21), esso ha raggiunto nel 2011 i 67 000 miliardi di dollari (rispetto ai 26 000 miliardi del 2002), che corrispondono al 111 % del PIL aggregato dei paesi presi in esame.

4.7

Il CESE ritiene inoltre utile analizzare la questione in termini di attività, piuttosto che di entità del settore ombra, in quanto la supervisione e il controllo delle attività costituiscono una sfida essenziale per la riuscita delle misure adottate.

4.8

Il CESE ritiene che il problema delle dimensioni e delle pratiche distorte non riguardi solo il sistema bancario ombra. Il modello bancario sovradimensionato, unito alla mancanza di trasparenza, comporta, come dimostrato, il rischio di destabilizzare l'economia, con il risultato di un trasferimento sulla società dei costi sostenuti per il salvataggio di istituti che sono «troppo grandi o interconnessi per fallire».

4.9

Il CESE rileva che il rafforzamento della competitività e della stabilità del settore finanziario europeo, contemporaneamente alla riforma del sistema bancario ombra, comporta la necessità di rimediare in modo efficace alla questione delle banche le cui dimensioni sono tali da rendere proibitivo il loro fallimento, incrementando la trasparenza e la razionalizzazione delle attività dei grandi gruppi e riducendo le dipendenze all'interno degli stessi gruppi.

4.10

Assieme alle misure precauzionali, il CESE ritiene quindi indispensabile affrontare in modo risolutivo qualunque distorsione del settore finanziario di pari passo con le riforme strutturali ed esorta la Commissione ad accelerare le procedure per l'introduzione di un meccanismo comune di risoluzione tenendo conto delle raccomandazioni contenute nella relazione Liikanen e della relazione, pubblicata di recente dalla commissione per i Problemi economici e monetari del Parlamento europeo, sulla riforma della struttura del settore bancario dell'UE (22).

4.11

Dal momento che la natura diffusa, diversificata e adattabile del sistema bancario ombra rende complessa e difficile una vigilanza efficace, il CESE esorta la Commissione a chiarire tempestivamente se le autorità di vigilanza competenti a livello nazionale ed europeo, ivi compreso il meccanismo di vigilanza unico, dispongano di risorse, strumenti di controllo e poteri adeguati.

4.12

Il CESE ritiene che, per essere coronata da successo, la vigilanza debba essere accompagnata da sistemi efficaci, dissuasivi e proporzionali di applicazione delle sanzioni e dalla pubblicazione dei gradi di sanzione e delle informazioni riguardanti quanti violano le norme; pone inoltre in rilievo il problema del mancato rispetto dei regimi europei da parte di persone fisiche e giuridiche di paesi terzi.

4.13

Il CESE sottolinea la necessità di tutelare i consumatori di prodotti finanziari dalle pratiche sleali, da prodotti e servizi ingannevoli e insolventi e da clausole contrattuali eventualmente abusive; ricorda altresì la sua proposta di creare un'Agenzia europea di protezione degli utenti di servizi finanziari allo scopo di rafforzare la tutela dei consumatori migliorando la trasparenza e potenziando la risoluzione efficace dei reclami.

4.14

Siti web accessibili e altri strumenti moderni di informazione potrebbero offrire l'opportunità ai consumatori di confrontare e di selezionare prodotti e servizi, contribuendo alla concorrenza e all'autoregolamentazione del mercato finanziario.

4.15

Il CESE incoraggia la Commissione ad accelerare il completamento delle analisi d'impatto in modo da ultimare le nuove norme di liquidità e da effettuare uno studio costi-benefici riguardo all'efficacia e alla proporzionalità dei numerosi atti normativi adottati dall'insorgere della crisi finanziaria, in modo da valutare complessivamente l'impatto della normativa sul mercato creditizio dell'UE.

4.16

Il CESE rileva infine la necessità di potenziare lo sforzo regolamentare perfezionando le competenze e intensificando la ricerca scientifica riguardo agli aspetti della raccolta e dello scambio di dati, e più in generale l'esigenza di un monitoraggio più completo dello sviluppo dinamico delle entità ombra, nonché di una definizione degli aspetti di tale sistema vantaggiosi per l'economia reale, ma anche di quelli che potrebbero creare nuove fonti di vulnerabilità e di pericolo sistemico.

Bruxelles, 10 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Cfr. punto 3.2 del presente documento.

(2)  GU C 11 del 15.1.2013, pag. 39.

(3)  COM(2013) 614 final, punto 3.4.

(4)  Strumenti derivati negoziati fuori borsa (over the counter, OTC), controparti centrali e repertori di dati sulle negoziazioni.

(5)  Cfr. http://ec.europa.eu/internal_market/securities/isd/mifid_en.htm.

(6)  GU C 143 del 22.05.2012, pag. 3.

(7)  COM(2013) 614 final, pag. 3.

(8)  Nicholas Gregory Mankiw e Mark Taylor, Economics: Special Edition with Global Economic Watch (UK: Cengage Learning EMEA, 2010).

(9)  GU C 11 del 15.1.2013, pag. 39 — Libro verde — Sistema bancario ombra.

(10)  Negli Stati Uniti la legge Gramm-Leach-Blilay (1999) ha abolito le distinzioni tra banche commerciali e istituti di credito ipotecario, tra compagnie di assicurazione e società finanziarie di intermediazione titoli.

(11)  Interazione tra banche normali e banche ombra (a cura del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria — CBVB), rischi sistemici dei fondi comuni monetari (a cura dell'Organizzazione internazionale delle commissioni dei valori mobiliari — IOSCO), requisiti in materia di cartolarizzazione (IOSCO e CBVB), altri istituti bancari ombra (FSB) e prestiti di titoli e operazioni pronti contro termine o repo (FSB).

(12)  Strumenti derivati OTC, controparti centrali e repertori di dati sulle negoziazioni.

(13)  Cfr. http://ec.europa.eu/internal_market/securities/isd/mifid_en.htm.

(14)  Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1).

(15)  Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338).

(16)  Cfr., tra l'altro, GU C 11 del 15.1.2013, pag. 59, GU C 299 del 4.10.2012, pag. 76, GU C 191 del 29.6.2012, pag. 80, GU C 181 del 21.6.2012, pag. 64, GU C 181 del 21.6.2012, pag. 68 (pareri disponibili sul sito Internet del CESE all'indirizzo: http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.financial-markets-opinions).

(17)  GU C 44 del 15.2.2013, pag. 68.

(18)  GU C 11 del 15.1.2013, pag. 39.

(19)  Cfr. il comunicato finale del vertice del G20 di Londra, 2 aprile 2009.

(20)  Cfr. il vertice del G20 di San Pietroburgo, 5 e 6 settembre 2013.

(21)  Consiglio per la stabilità finanziaria, Global Shadow Banking Monitoring Report 2012 (FSB, 2012).

(22)  2013/2021(ΙΝΙ).


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/61


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Pacchetto investimenti per l'innovazione

COM(2013) 494 final

COM(2013) 493 final — 2013/0232 (COD)

COM(2013) 495 final — 2013/0240 (NLE)

COM(2013) 496 final — 2013/0241 (NLE)

COM(2013) 497 final — 2013/0242 (COD)

COM(2013) 498 final — 2013/0243 (COD)

COM(2013) 500 final — 2013/0233 (COD)

COM(2013) 501 final — 2013/0234 (NLE)

COM(2013) 503 final — 2013/0237 (NLE)

COM(2013) 505 final — 2013/0244 (NLE)

COM(2013) 506 final — 2013/0245 (NLE)

2014/C 170/10

Relatore: PEZZINI

Correlatrice: BATUT

La Commissione europea, in data 29 luglio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304, primo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Partenariati pubblico-privato nell’ambito di Orizzonte 2020: uno strumento poderoso per l’innovazione e la crescita in Europa

COM(2013) 494 final.

Il Parlamento europeo, in data 10 settembre 2013, e il Consiglio, in data 3 settembre 2013, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 185 e 188, secondo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla partecipazione dell'Unione a un programma di ricerca e sviluppo avviato da vari Stati membri a sostegno delle piccole e medie imprese che effettuano attività di ricerca

COM(2013) 493 final — 2013/0232 (COD)

alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla partecipazione dell'Unione europea al Programma metrologico europeo di ricerca e innovazione avviato congiuntamente da più Stati membri

COM(2013) 497 final — 2013/0242 (COD)

alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla partecipazione dell'Unione europea a un secondo programma di partenariato Europa-paesi in via di sviluppo per gli studi clinici avviato congiuntamente da più Stati membri

COM(2013) 498 final — 2013/0243 (COD)

e alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla partecipazione dell'Unione al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma avviato congiuntamente da più Stati membri

COM(2013) 500 final — 2013/0233 (COD).

Il Consiglio, in data 2 settembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 187 e 188, primo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Consiglio relativo all'impresa comune per l'iniziativa in materia di medicinali innovativi 2

COM(2013) 495 final — 2013/0240 (NLE)

alla Proposta di regolamento del Consiglio sull'impresa comune Bioindustrie

COM(2013) 496 final — 2013/0241 (NLE).

alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo all'impresa comune ECSEL

COM(2013) 501 final — 2013/0234 (NLE)

alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo all’impresa comune Clean Sky 2

COM(2013) 505 final — 2013/0244 (NLE)

e alla Proposta di regolamento del Consiglio sull'impresa comune Celle a combustibile e idrogeno 2

COM(2013) 506 final — 2013/0245 (NLE).

Il Consiglio, in data 2 settembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 187 e 188 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 219/2007 relativo alla costituzione di un’impresa comune per la realizzazione del sistema europeo di nuova generazione per la gestione del traffico aereo (SESAR) per quanto riguarda la proroga dell’impresa comune fino al 2024

COM(2013) 503 final — 2013/0237 (NLE).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 105 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è d'accordo sul fatto che i partenariati offrono numerosi vantaggi per sviluppare l'innovazione e sulle possibilità di utilizzarne maggiormente il potenziale.

1.2

Il CESE ritiene che sia importante qualificare e rendere sinergiche le 10 iniziative proposte, con il sostegno finanziario di Orizzonte 2020 (H2020), in quanto distinte per strumenti, forme e sostanza, dagli altri tipi di partenariato.

1.3

Il CESE chiede certezza di prospettive finanziarie a lungo termine alle iniziative e la stabilità del quadro regolamentare, per ridurre gli elementi d'alto rischio che le contraddistinguono e contribuire alla realizzazione degli obiettivi generali UE: sviluppo sostenibile, occupazione e formazione di nuovi profili professionali qualificati.

1.4

Il CESE ritiene che tali strumenti sono elementi importanti per assicurare maggiori fondi per gli investimenti in ricerca e innovazione, purché siano flessibili, semplici e non burocratici, aperti e trasparenti, con effetto leva di finanziamenti aggiuntivi ed una crescente partecipazione dell'impresa minore, specie delle regioni meno favorite.

1.5

Secondo il CESE, gli obiettivi devono essere misurabili e mirati all'innovazione e alla sua trasformazione in obiettivi industriali e in nuova occupazione, ancorati ad una visione comune a medio-lungo termine, nell'ambito di un sistema di governance equilibrato e trasparente, con chiari indicatori di performance tecnico-scientifici e socioeconomici.

1.6

Per i partenariati pubblico-privati (PPP) istituzionali, il CESE raccomanda maggiore attenzione a: meccanismi che impediscano l'insider trading; valorizzazione più forte dell'effetto leva e più spazio, nei programmi e nei progetti, a tutte le forme di impresa minore, compresa l'economia sociale; una forte politica di comunicazione con un ruolo proattivo del forum degli stakeholder in tutte le imprese comuni.

1.7

Quanto ai partenariati pubblico-pubblico (P2P), il CESE ritiene opportuno che il bilancio della R&I europea contribuisca a realizzare un maggior equilibro distributivo delle risorse comunitarie, con maggiore attenzione alle PMI ad alta intensità tecnologica, e a innovazioni cliniche, mediche e tecnologiche che favoriscano il benessere di tutti i cittadini specie per la vita attiva e l'assistenza delle persone anziane.

1.8

Il CESE chiede una politica proattiva di comunicazione sull'evoluzione delle 10 iniziative poste in essere e raccomanda l'organizzazione di conferenze annuali con tutte le parti interessate della società civile organizzata, ove presentare le relazioni annuali sui risultati conseguiti e sulle strategie future, nonché guide pratiche multilingue per una partecipazione intelligente alle varie forme di partenariato attive a livello UE.

1.9

Il CESE raccomanda alla Commissione lo sviluppo di tale politica proattiva — anche attraverso l'istituzione di premi CESE, per l'innovazione economica e sociale. A tal fine occorre basarsi su tre filoni principali: mondo scientifico e imprenditoriale interessato; utenti dei risultati innovativi sul mercato; all'insieme dei cittadini dell'Unione, per la soddisfazione dei bisogni della società, specie in termini occupazionali e formativi. Il CESE propone l'istituzione di un premio europeo per l'innovazione, volto a ricompensare le applicazioni innovative in ambito industriale, economico o sociale, e ad assicurare un'ampia visibilità al valore aggiunto europeo.

2.   Il contesto dei partenariati

2.1

Orizzonte 2020 prevede la costituzione di partenariati pubblico-privati in settori chiave, nei quali la ricerca e l'innovazione potrebbero contribuire a:

realizzare gli obiettivi europei, in materia di competitività;

affrontare le sfide della società;

armonizzare meglio il sostegno dell'UE alla ricerca e all'innovazione;

attrarre maggiori investimenti industriali nella ricerca e nell'innovazione.

2.2

Occorre precisare che sussistono varie forme di partenariato per la ricerca e l'innovazione:

PPP istituzionale ai sensi dell'art. 187, Impresa Comune — JU autonoma, ex articolo 171 TFUE: medicine innovative, celle a combustibile e idrogeno, cieli puliti, bio-industrie, componenti e sistemi elettronici, gestione traffico aereo

PPP contrattuale, costituito con accordo (Memorandum of Understanding) che stabilisce obiettivi strategici, bilanci indicativi e meccanismi consultivi: fabbrica del futuro, edifici a efficienza energetica, veicoli verdi, Internet del futuro, processi industriali sostenibili, robotica, fotonica, computer ad alto rendimento

Piattaforme tecnologiche europee, che contribuiscono alla definizione di partenariati europei per l'innovazione, iniziative tecnologiche europee, partenariati pubblico-privati e pubblico-pubblico, ERANETs, Comunità della conoscenza e dell'innovazione

Partenariato pubblico-pubblico P2P, ai sensi dell'articolo 185, di partecipazione a programmi congiunti tra Stati membri e l'UE, che finanzia la sua quota da H2020: cooperazione sanitaria allo sviluppo, metrologia, PMI, assistenza per una vita attiva

Partenariato europeo per l'innovazione-PEI, introdotto con l'iniziativa faro «L'Unione dell'innovazione» della strategia Europa 2020: piattaforma comune di cooperazione, guidata da un gruppo direttivo presieduto dal commissario o dai commissari europei responsabili per le aree interessate. Ne esistono 3: materie prime; sostenibilità e produttività agricola; invecchiamento attivo e in buona salute

Comunità della conoscenza e dell'innovazione-CCI, create nell'ambito dell'Istituto europeo di Tecnologia-IET, reti di eccellenza, costituite attorno a partenariati integrati fra vari settori: accademia, tecnologia, ricerca, industria e imprenditoria. Tre CCI sono state create: Climate-KIC, KIC InnoEnergy, EIT ICT Labs. Aree tematiche individuate: industria manifatturiera, alimentazione del futuro, innovazione per una vita sana e un invecchiamento attivo, materie prime, società sicure e intelligenti, mobilità urbana

Partenariati Smart Specialisation ( RIS3 ), nell'ambito della politica regionale UE e dei fondi strutturali e in particolare della Strategia regionale dell'innovazione, nel campo di ricerca, innovazione — compresa l'innovazione sociale e tecnologica — trasferimento tecnologico e sviluppo delle tecnologie dell'informazione, in coerenza con i nuovi orientamenti di coesione 2014-2020.

2.3

L'esperienza con i PPP istituzionali, come organismi dell'UE ai sensi dell'articolo 185 del regolamento (CE, Euratom, n. 1605/2002), ha mostrato che dovrebbero essere aggiunte altre categorie, al fine di aumentare la scelta degli strumenti, più flessibili e accessibili, per partner privati, rispetto a quelli applicabili a istituzioni dell'UE.

2.4

PPP di H2020 possono essere definiti come strumenti finanziari innovativi, identificati e attuati in modo aperto e trasparente, sulla base di una valutazione effettuata da esperti indipendenti, nei quali emergano:

il valore aggiunto, intrinseco ed europeo;

l'impatto su competitività industriale e crescita sostenibile;

la qualità degli obiettivi socioeconomici indicati, specie in tema d'occupazione e formazione;

il contributo equilibrato di tutti i partner, sulla base di una visione condivisa;

una chiara definizione dei ruoli di ciascun partner;

indicatori chiave di prestazione;

coerenza con l'agenda strategica dell'UE, in materia di R&I;

un sistema di sana gestione finanziaria;

capacità di attivare effetti leva per nuovi investimenti;

un quadro di governance aperto, trasparente e partecipato anche da imprese minori.

2.5

Le iniziative tecnologiche congiunte (ITC) rappresentano formule comprovate di collaborazione pubblico-privata, in campo di R&S.

2.6

Le ITC derivano principalmente dalle piattaforme tecnologiche europee (ETP) sulle quali il CESE ha avuto modo d'esprimersi (1) e, in particolare, da quelle ETP per le quali i normali strumenti di supporto delle attività di R&S esistenti non sarebbero sufficienti per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalle agende strategiche.

2.7

Il CESE è d'accordo sul fatto che i partenariati offrono numerosi vantaggi e che se ne potrebbe utilizzare maggiormente il potenziale. Per questo, ha accolto con favore "l'iniziativa della Commissione di creare e promuovere dei partenariati europei per l'innovazione (PEI) nel quadro dell'iniziativa faro «L'Unione dell'innovazione».

2.8

Il CESE ha altresì sottolineato «la cruciale importanza dell'innovazione per la strategia Europa 2020» e ha ribadito che «le innovazioni non sono necessariamente il frutto di uno sviluppo lineare […], ma nascono piuttosto da un processo di notevole complessità […]» (2).

2.9

Se vi è un elevato livello d'interdipendenza tra ricerca e innovazione, «l'innovazione non deve essere subordinata alla ricerca, né la ricerca può essere subordinata all'innovazione. Ciò infatti provocherebbe un impoverimento culturale di valori europei di fondamentale importanza […]» (3).

2.10

Il CESE rinnova il sostegno alla promozione dell'innovazione sociale, specie nel quadro di programmi di finanziamento UE quali i fondi strutturali o il programma per il cambiamento sociale e l'innovazione, come mezzo per facilitare un sostegno addizionale per lo sviluppo delle capacità di finanziamento delle imprese sociali (4).

2.11

Il CESE ha sottolineato l'importanza dei partenariati al fine di aumentare l'attrattività dell'Europa, come protagonista della scena mondiale, nel campo della R&I.

2.12

Il CESE ha ribadito il sostegno alla funzione del partenariato nel raggruppare i soggetti del settore pubblico europeo e nazionale in P2P e PPP (5), allo scopo di affrontare le grandi sfide sociali e rafforzare la posizione concorrenziale dell'UE. Dall'analisi:

dei modelli di partenariato sperimentati nell'ambito del VII programma quadro,

del programma competitività e innovazione — CIP,

dello spazio europeo della ricerca — SER,

del quadro politico dell'Unione dell'innovazione,

del partenariato pilota in materia di invecchiamento attivo e in buona salute (AHA),

è stato possibile trarre elementi molto positivi in materia (6).

2.13

Il CESE condivide il metodo con cui tali 10 proposte del Pacchetto investimenti per l'innovazione sono state sviluppate dalla Commissione, sulla base dei risultati di consultazioni pubbliche, valutazioni d'impatto e varie roadmap.

2.14

Il CESE dal canto suo ha organizzato il 31 ottobre 2013 una audizione sul pacchetto di iniziative proposte, con la partecipazione di un folto gruppo di rappresentanti della società civile interessati, dei vertici di varie imprese comuni esistenti e della commissione stessa.

3.   Considerazioni generali

3.1

Il CESE appoggia con convinzione il pacchetto di iniziative della Commissione e ritiene che, sia le proposte di PPP ai sensi dell'art. 187 TFUE, sia quelle di P2P ai sensi dell'articolo 185 TFUE, rappresentino potenti strumenti per affrontare le grandi sfide, che hanno un impatto sulla competitività dell'Europa e sul suo sviluppo economico e sociale sostenibile.

3.2

Il CESE ritiene che sia importante qualificare le dieci iniziative con sostegno finanziario di H2020, in quanto distinte per strumenti, forme e sostanza dagli altri tipi di partenariato, anche se con obiettivi talvolta convergenti e/o in parte coincidenti con altri evitando doppioni, sovrapposizioni e potenziali conflitti, evidenziando invece sinergie e complementarità con altre iniziative. In nessun caso gli Stati membri sono sollevati dalle loro responsabilità negli ambiti interessati da queste iniziative di partenariato.

3.3

Il Comitato sottolinea l'importanza che sia assicurata certezza di prospettive di bilancio in tema di R&I e stabilità del quadro regolamentare semplificato, da parte dell'UE, e siano assicurate, da parte delle imprese, iniziative per ridurre gli elementi d'alto rischio che le contraddistinguono: ritiene peraltro che la distribuzione dei sostegni finanziari dovrebbe essere più equilibrata tra le iniziative, con maggior attenzione alla domotica, rivolta all'assistenza per una vita attiva, e al programma per le PMI high-tech.

3.4

Quanto agli strumenti in sé, essi rappresentano elementi importanti per assicurare maggiori fondi per gli investimenti in R&I, a condizione che siano flessibili, semplici e non burocratici, aperti e trasparenti, e vengano risolti i problemi relativi all'equilibrio e/o al potenziale conflitto tra regole di concorrenza e promozione dell'innovazione, tutela della proprietà intellettuale, diffusione e accesso aperto ai risultati, con l'obiettivo che il servizio finale, reso ai cittadini-contribuenti ed ai consumatori, sia migliore.

3.5

In particolare il CESE ricorda che «occorre continuare ad assicurare che siano rispettati i diritti d'autore e di proprietà intellettuale dei ricercatori e delle organizzazioni presso cui essi lavorano […]» e che «[…] il libero accesso a un'opportuna selezione dei dati contenuti in pubblicazioni liberamente accessibili potrebbe essere utile, soprattutto nel caso di una simmetria globale tra l'Europa e i paesi terzi […]» (7).

3.6

Secondo il CESE, gli obiettivi devono essere misurabili e collegati, non solo alla strategia industriale di settore, ma soprattutto alla soluzione di problemi della società e dello sviluppo economico e sociale sostenibile specie in termini d'occupazione, ancorandoli ad una visione comune a medio-lungo termine, nell'ambito di un sistema di governance equilibrato e trasparente, con chiari ed espliciti indicatori di performance tecnico-scientifici e socioeconomici.

3.7

Il CESE, nel valutare positivamente le esperienze di PPP come strumento per combinare finanziamenti diversi, si esprime per modelli cost-funding, radicalmente semplificati, per migliorare l'affidabilità del modello, diminuire il rischio di irregolarità nelle dichiarazioni di spesa dei beneficiari, rendere meno complessa la contabilità di progetto, eliminare passaggi non strettamente necessari alla verifica, facilitando e accelerando il processo di applicazione.

3.8

Il CESE ritiene pertanto necessario, per garantire condizioni eque a tutte le imprese attive nel mercato interno, che il finanziamento fornito da H2020 a PPP e P2P sia concepito nel rispetto della disciplina prevista per gli aiuti di Stato, in modo da assicurare l'efficacia della spesa pubblica e impedire distorsioni del mercato e rispetti tutte le prescrizioni etiche.

3.9

In particolare, secondo il CESE, occorre subordinare la creazione di PPP a condizioni intese ad assicurare la conservazione di un ambiente competitivo effettivo e a garantire ai nuovi operatori l'opportunità di inserirsi in ogni momento, così come l'inserimento sistematico nei programmi e progetti di gruppi di utilizzatori finali.

3.10

Per il CESE risulta necessario riconoscere l'importanza dei diritti di proprietà intellettuale. In particolare, occorre incoraggiare la costituzione di accordi di sfruttamento congiunto dei brevetti, al fine di consentire la condivisione dei dati scientifici e aumentare gli sforzi di cooperazione e ricerca su filiere tecnologiche specifiche, evitando situazioni di patent thicket  (8).

3.11

Il CESE raccomanda la realizzazione di un «manuale di istruzione» per gli utilizzatori finali comprensivo dei numerosi strumenti comunitari per l'innovazione, e delle varie forme di partenariato, iniziative congiunte, iniziative faro, comunità della conoscenza, piattaforme ed altre azioni comunitarie similari in materia di R&I. L'introduzione di trasversalità potenzierebbe, inoltre, gli investimenti (vedi: nanotecnologie e assistenza agli anziani) e permetterebbe di associare maggiormente, tutte le diverse forme di impresa.

3.12

Per il CESE è indispensabile rendere più user-friendly e trasparenti, specie per PMI e organizzazioni minori e dell'economia sociale, il complesso sistema di misure, sinergie e politiche comunitarie coinvolte, che vanno dalla politica della R&I, alla politica regionale e di coesione e alla politica industriale.

3.13

Parimenti, il CESE, ritiene importante assicurare visibilità, pubblicità — anche linguistica — e trasparenza all'intero pacchetto e alle iniziative e strumenti collegati o collegabili, con una politica proattiva di comunicazione e con conferenze annuali, con tutte le parti interessate della società civile organizzata, nelle quali presentare le relazioni periodiche sui risultati conseguiti e sulle strategie future.

3.14

Tenendo conto dell'importanza delle risorse attribuite e della diversità delle situazioni e dei bisogni reali negli Stati membri, il CESE raccomanda di sviluppare una politica della comunicazione mirata su quattro tipologie di destinatari:

comunità scientifiche e mondo delle imprese, nelle diverse forme e dimensioni,

il mondo della piccola e media impresa e dell'economia sociale,

utilizzatori finali, attraverso un dialogo strutturato con i loro rappresentanti, nei vari settori cui il CESE potrebbe essere utilmente associato,

l'insieme dei cittadini contribuenti, per informarli sui risultati e sulle possibili applicazioni innovative della R&I comunitaria.

3.15

Il CESE ritiene che potrebbe essere lanciato un Premio CESE all'innovazione economica e sociale, per una valorizzazione dei risultati conseguiti dai 10 partenariati proposti nelle diverse discipline, nei 28 paesi membri, con il coinvolgimento dei Fora degli Stakeholders, previsti nello statuto delle Imprese comuni. Il CESE chiede alla Commissione di sviluppare, dal canto suo, un'azione diffusa di sensibilizzazione e formazione al partenariato pubblico privato.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE si rallegra che vi sia una chiara tendenza verso l'aumento dell'uso di PPP in campo di: salute pubblica e cieli puliti, gestione degli spazi aerei, elettronica e informatica, celle a combustibile e idrogeno. Pone però in guardia sulla necessità di sinergie con altri partenariati ed iniziative esistenti a diverso titolo, e nell'ambito di altre politiche UE.

4.2

Quanto all'iniziativa Medicine innovative, il CESE raccomanda maggior spazio allo sviluppo di medicine accessibili agli strati più poveri della popolazione per somministrazioni prolungate e per malattie rare. Inoltre il CESE raccomanda tra le priorità la commercializzazione nell'UE dei prodotti della ricerca europea e la fissazione di regole di prezzo per grammo di sostanza attiva, che tengano conto delle difficoltà dei bilanci pubblici e dei sistemi sociali degli Stati membri.

4.3

Quanto all'iniziativa FCH 2 — cellule a combustibile e idrogeno, il CESE ritiene importante che tra gli obiettivi venga inserito, in particolare, lo sviluppo di tecnologie CO2-free per la generazione dell'idrogeno.

4.4

Nell'iniziativa Cieli puliti, occorre dare maggiore rilevanza all'impatto dei risultati, anche in itinere, dei progetti dimostrativi indicati, così come della gestione dei rischi per la sicurezza e per l'ambiente nel PPP cielo unico.

4.5

Sull'iniziativa per lo sviluppo della Bio-industria con materiali biologici, bio-agricoli e biomateriali, occorre vigilare perché tali tecnologie siano pienamente rispettose del mondo vivente, dell'ambiente e della sostenibilità agroalimentare dei principi di precauzione. Il CESE si attende dei risultati positivi concreti e visibili da questa iniziativa.

4.6

Al forte impegno, anche finanziario, dedicato all'iniziativa ECSEL, per tecnologie digitali e nano elettronica, già previsto anche nelle tematiche di H2020, deve corrispondere un concreto beneficio anche per il cittadino contribuente, in termini di migliore accesso user-frienly e costless a tali tecnologie (9).

4.7

Il CESE appoggia con convinzione anche le quattro iniziative P2P, ma sottolinea l'importanza di due di esse delle quali chiede un rafforzamento, anche in termini di risorse ad esse destinate:

l'iniziativa Eurostar, per i positivi risultati di cui ha dato prova nel sostegno dell'accesso alla RST&I delle PMI, nel quadro dello Spazio europeo della ricerca — ERA;

il programma europeo di domotica per una vita attiva assistita (AAL), che risponde a esigenze importanti per un sano sviluppo del singolo e della società europea nel suo complesso.

4.8

In particolare, per AAL il CESE raccomanda di tener conto delle diverse situazioni esistenti tra paesi membri, anche in relazione alle prospettive di accentuazione di tali problematiche, per l'andamento demografico al 2024 e oltre: il livello di finanziamento UE dovrebbe essere fortemente aumentato, rispetto a quello del PQ7, tenendo conto dei pareri futuri delle differenti categorie rappresentative della società civile in un creando comitato ad hoc.

4.9

Il CESE raccomanda, per uno sviluppo accelerato e per l'aumento delle possibilità di creazione d'impiego e di più qualificati profili professionali, che questi partenariati istituzionali si sviluppino in stretta sinergia e coordinamento con altre azioni similari, presenti nell'ambito delle iniziative-faro di politica industriale e delle Smart Specialization, nella politica di coesione e nelle strategie regionali di innovazione.

4.10

Quanto alla partecipazione al programma di metrologia, il CESE rimanda al suo parere in proposito (10) e raccomanda di aumentare il sostegno anche finanziario della partecipazione delle imprese minori e dei gruppi d'utenza; mentre, quanto al partenariato Europa-paesi in via di sviluppo, si fa riferimento al parere UE/Africa (11) con la raccomandazione specifica di non trascurare le sintomatologie di ritorno in Europa delle malattie oggetto della ricerca, e di sorvegliare il pieno rispetto nei protocolli dei principi etici.

Bruxelles, 10 dicembre 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 299 del 4.10.2012, pag. 12.

(2)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 121.

(3)  V. nota 2.

(4)  GU C 143 del 22.5.2012, pag. 17.

(5)  Esempi di partenariati P2P fra gli altri: ERA-NET ed ERA-NET Plus, le iniziative ex art. 185 e la programmazione congiunta (PC). Esempi di PPP nel settore della R&I sono invece le ITC e l'Internet del futuro.

(6)  GU C 229 del 31.7.2012, pag. 39.

(7)  GU C 76 del 14.3.2013, pag. 48.

(8)  GU C 68 del 6.3.2012, pag. 28.

(9)  V. parere CESE 4345/2013 del 24.10.2013.

(10)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 69.

(11)  GU C 77 del 31.3.2009, pag. 148.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/68


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi

COM(2013) 401 final

2014/C 170/11

Relatore: FRANK VON FÜRSTENWERTH

La Commissione, in data 11 giugno 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi

COM(2013) 401 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 161 voti favorevoli, 2 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede da oltre due decenni che siano istituiti meccanismi di ricorso collettivo a livello europeo, che, in caso di violazione di diritti collettivi, consentano una tutela giuridica efficace. Le misure di tutela giuridica collettiva dovrebbero coprire tutti gli ambiti nei quali i cittadini sono tutelati dal diritto dell'Unione europea, e nel contempo rispettare le differenti tradizioni giuridiche degli Stati membri.

1.2

Il CESE esprime apprezzamento per il fatto che la Commissione europea abbia finalmente preso l'iniziativa in tal senso, e abbia invitato gli Stati membri a dotarsi di sistemi di ricorso collettivo a livello nazionale basandosi su una serie di principi comuni europei. Un'iniziativa siffatta era auspicata da tempo. I meccanismi di ricorso collettivo sono sia nell'interesse dei cittadini europei che in quello delle imprese che operano in maniera corretta e conforme alla legge. Essi tutelano l'economia dalla concorrenza sleale e rafforzano la fiducia dei cittadini europei nell'economia stessa.

1.3

Il CESE si rammarica che la Commissione non abbia presentato alcuna proposta di direttiva in materia. Una semplice comunicazione accompagnata da una raccomandazione, infatti, non è sufficiente per garantire la necessaria uniformità di attuazione negli Stati membri. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di presentare una proposta di direttiva. L'azione collettiva è l'unica procedura in grado di garantire una tutela pienamente efficace dei diritti collettivi in tutta l'Unione europea.

1.4

Il CESE riconosce gli sforzi profusi dalla Commissione per adottare un approccio equilibrato che garantisca i diritti processuali fondamentali delle parti ed impedisca gli abusi. Il CESE appoggia inoltre l'intento della Commissione di prevedere ricorsi collettivi di natura sia inibitoria che risarcitoria. Bisognerebbe esaminare la possibilità di ampliare i tipi di ricorso.

1.5

Il CESE apprezza il fatto che la Commissione sia contraria ad adottare il modello statunitense della «class action»: un ricorso collettivo di diritto europeo deve appunto essere qualcosa di differente dalla «class action» di tipo statunitense. Le cautele previste al riguardo dalla Commissione sono adeguate ed appropriate. I patti di quota lite (onorari forensi legati all'esito della causa: contingency fees), che si risolvono in un incentivo al contenzioso, e i risarcimenti sanzionatori (o «punitivi»: punitive damages) vengono giustamente esclusi. Le regole in materia di legittimazione ad agire e di addebito delle spese del procedimento devono essere rivedute nell'ottica dell'accesso alla giustizia.

1.6

Il CESE condivide la posizione della Commissione secondo cui occorrerebbe garantire ai singoli il diritto di scegliere se partecipare a una procedura di ricorso collettivo (opt-in). Tuttavia, esso ravvisa anche dei casi in cui sarebbe vantaggioso prevedere una procedura opt-out. In particolare quando i danneggiati sono molti e il pregiudizio subito è molto limitato, può infatti essere opportuno estendere automaticamente la procedura di ricorso a tutti i possibili danneggiati. Non è chiaro, però, se, per casi come questo, la Commissione consideri giuridicamente accettabile applicare il sistema dell'opt-out. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di precisare la sua proposta. Il CESE raccomanda inoltre di istituire un registro centrale europeo dei ricorsi per fornire informazioni ai potenziali ricorrenti.

1.7

Il CESE ha sempre posto l'accento sul potenziale dei meccanismi di composizione extragiudiziale delle controversie. Accoglie quindi con favore l'approccio scelto al riguardo dalla Commissione, che ravvisa in questi meccanismi uno strumento complementare e facoltativo per le parti e affida al giudice il compito di promuovere la risoluzione consensuale delle liti.

1.8

Il CESE raccomanda poi di prevedere disposizioni specifiche che risolvano i conflitti di leggi in relazione ai ricorsi collettivi. Le disposizioni sul finanziamento dei ricorsi collettivi vanno completate. Per le organizzazioni di utilità sociale, il rischio finanziario deve essere gestibile. Esistono già disposizioni in tal senso negli Stati membri.

2.   Sintesi della comunicazione e della raccomandazione della Commissione

2.1

Nella comunicazione la Commissione riassume i risultati della consultazione effettuata nel 2011 sul tema Verso un approccio europeo coerente in materia di ricorsi collettivi  (1). Inoltre, essa illustra la sua posizione in merito alle questioni fondamentali della tutela collettiva dei diritti. Nella raccomandazione pubblicata parallelamente alla comunicazione (2), la Commissione esorta gli Stati membri a dotarsi di sistemi di ricorso collettivo a livello nazionale basandosi su una serie di principi comuni europei. Gli Stati membri dovrebbero integrare tali principi nei rispettivi sistemi nazionali entro due anni; e dopo quattro anni la Commissione dovrebbe verificare se debbano essere proposte ulteriori misure legislative.

2.2

Meccanismi di ricorso nazionali dovrebbero essere disponibili nei settori in cui il diritto dell'Unione conferisce diritti ai cittadini e alle imprese. La Commissione intende migliorare l'accesso alla giustizia, ma nel contempo instaurare le opportune garanzie per evitare un abuso del contenzioso.

3.   Osservazioni generali

3.1

Da oltre vent'anni il CESE si esprime — nel quadro di discussioni anche molto accese sulla posizione da assumere — a favore della creazione di meccanismi di ricorso collettivo a livello europeo, i soli in grado di garantire una tutela giurisdizionale efficace in caso di violazione di diritti collettivi (3). L'accesso effettivo alla giustizia è un diritto fondamentale dei cittadini sancito, in quanto tale, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. I meccanismi di ricorso collettivo sono destinati ai cittadini dell'Unione, ma anche alle piccole e medie imprese nei casi di danni di massa e danni diffusi, in cui il rischio finanziario di un ricorso individuale sarebbe probabilmente sproporzionato rispetto al danno subito. Essi riguardano ampi settori quali, ad esempio, la protezione dei consumatori, la concorrenza, la tutela dell'ambiente e la protezione dei dati personali. Solo in tal modo il diritto sancito dall'articolo 47, primo comma, della suddetta Carta può essere davvero reso effettivo.

3.2

Alla luce di tali considerazioni, il CESE si compiace dell'iniziativa ora intrapresa dalla Commissione, anche se avrebbe desiderato un intervento ben più rapido e tempestivo, nonché più mirato quanto alla scelta degli strumenti giuridici. La questione della tutela giurisdizionale dei diritti collettivi viene discussa a livello europeo dal 1985, per cui erano da tempo attese delle decisioni in merito (4).

3.3

Il CESE constata con rammarico che la Commissione ha scelto lo strumento della direttiva esclusivamente per il settore del diritto della concorrenza (5). Esso, infatti, ha sempre posto l'accento sul fatto che una raccomandazione non è sufficiente per garantire la necessaria efficacia e un'applicazione uniforme negli Stati membri (6). Considerato che le procedure variano notevolmente da uno Stato membro all'altro, soltanto una direttiva garantirebbe un livello minimo di armonizzazione ma al tempo stesso lascerebbe un margine di discrezionalità sufficiente per tener conto delle specificità dei diversi ordinamenti giuridici nazionali. Il CESE chiede dunque alla Commissione di presentare al più presto una proposta di direttiva.

3.4

È positivo il fatto che la Commissione segua un'impostazione di tipo orizzontale. Infatti, come il CESE ha già avuto occasione di far osservare, ambiti d'intervento politico quali la tutela dei consumatori, il mercato interno e la concorrenza siano strettamente interconnessi (7). Le iniziative volte ad agevolare il risarcimento dei danneggiati devono essere pienamente coordinate, così da evitare inutili duplicazioni normative. Il CESE, pertanto, si compiace del fatto che la Commissione abbia concepito la raccomandazione in esame e la proposta di direttiva sul diritto della concorrenza come parti di un unico pacchetto (8).

3.5

Il CESE dà atto alla Commissione di avere adottato un approccio equilibrato, che, tenendo conto delle differenti tradizioni giuridiche, garantisce i diritti processuali fondamentali delle parti e nel contempo dispone le garanzie idonee ad impedire gli abusi.

3.6

E il CESE invoca da sempre una tutela efficace contro le pratiche abusive. Esso esprime quindi particolare apprezzamento per il rifiuto della Commissione di adottare il modello statunitense della «class action». Il Comitato, infatti, ha sempre sottolineato che un ricorso collettivo di diritto europeo non può essere una «class action» di tipo statunitense (9); e ha perciò sempre raccomandato di evitare di consentire i patti di quota lite e le clausole che prevedano incentivi economici per soggetti terzi (10). Nelle raccomandazioni in esame queste richieste sono state accolte.

3.7

La Commissione, inoltre, sottolinea giustamente che le azioni risarcitorie collettive dovrebbero servire a ottenere compensazione per i danni che si accertino derivati da violazioni del diritto dell'Unione. Le funzioni sanzionatoria e deterrente dovrebbero invece essere demandate ai procedimenti instaurati dai pubblici poteri.

3.8

Il CESE, tuttavia, deplora che la Commissione non abbia presentato alcuna proposta specifica in materia di competenza territoriale (foro competente) e di diritto applicabile. Può infatti accadere che, nelle controversie transfrontaliere, il giudice si trovi a dover applicare norme di ordinamenti diversi in materia di risarcimento del danno; così come non si può escludere una competenza parallela di più giudici, e quindi il rischio che i ricorrenti scelgano in maniera opportunistica il foro da adire (forum shopping).

4.   Osservazioni particolari

4.1   Ricorsi inibitori e risarcitori

4.1.1

Il CESE nota con soddisfazione che le proposte in esame prevedono, per i casi di «danno di massa», ricorsi collettivi di natura sia inibitoria che risarcitoria. Al riguardo, inoltre, va evidenziato in positivo anche il fatto che le considerazioni della Commissione valgano evidentemente sia per le controversie di modesta entità che per quelle il cui oggetto ha un elevato valore economico.

4.1.2

Detto ciò, potrebbe essere opportuno, in un'ottica di tutela dei consumatori, interrogarsi sull'utilità di circoscrivere i ricorsi collettivi alle sole azioni inibitorie e risarcitorie. Potrebbe infatti essere utile prevedere ulteriori mezzi di tutela collettiva per i casi in cui due o più persone siano danneggiate da un medesimo fatto illecito costituito dalla violazione di norme dell'UE: si potrebbe, ad esempio, prendere in considerazione la possibilità di prevedere azioni di accertamento, di annullamento e di garanzia. Queste possibilità dovrebbero essere tenute presenti dalla Commissione.

4.2   Ruolo del giudice

4.2.1

Nei suoi pareri precedenti, il CESE ha posto l'accento sulla centralità del giudice nelle procedure di ricorso collettivo (11), e adesso si rallegra di constatare che le sue raccomandazioni in tal senso sono state recepite dalla Commissione. Un esame preliminare da parte del giudice, volto ad accertarsi che il ricorso non sia palesemente infondato, è un importante elemento di tutela contro l'abuso dei ricorsi collettivi.

4.2.2

Per quanto alle autorità pubbliche sia attribuita la potestà di far accertare le violazioni del diritto dell'UE, l'esperimento dell'azione privata non dovrebbe essere consentito soltanto dopo la conclusione del procedimento avviato dall'autorità pubblica. Tempi procedurali lunghi possono risolversi di fatto in un diniego di giustizia. Al riguardo le funzioni del giudice — ad esempio ai fini della sospensione temporanea della procedura — possono essere rafforzate.

4.3

Legittimazione ad agire. Onde evitare un abuso del contenzioso, bisognerebbe stabilire criteri chiari e univoci per la legittimazione ad agire delle organizzazioni rappresentative. Il CESE si compiace pertanto anche del fatto che la Commissione abbia previsto una serie di requisiti minimi per le organizzazioni che rappresenteranno i danneggiati. È giusto che tali organizzazioni siano di pubblica utilità e che non vi sia alcun conflitto d'interessi. È invece eccessivo e inaccettabile che, tra i suddetti requisiti minimi, debba rientrare anche quello di «avere sufficienti capacità, in termini di risorse finanziarie e umane e di competenza legale»: infatti, ci si può chiedere in base a quali parametri si debba decidere se tali condizioni sussistano o meno nei singoli casi concreti. Sul punto è necessaria una riflessione approfondita, cui procedure legislative recentemente adottate negli Stati membri possono dare un forte impulso.

4.4

Effettività del risarcimento. È estremamente importante che i danneggiati siano pienamente risarciti del valore effettivo della perdita subita (12). E le raccomandazioni della Commissione tengono conto di questo principio. In relazione a ciò, merita di essere sottolineato positivamente anche il fatto che non siano ammessi onorari forensi consistenti in una quota del risarcimento ottenuto dal ricorrente (13).

4.5   Procedure con sistema opt-in oppure opt-out

4.5.1

Nel suo parere del 14 febbraio 2008 il CESE ha descritto nei dettagli i pregi e i difetti dei sistemi opt-in e opt-out riguardo ai ricorsi collettivi (14). In quella stessa sede, nonché in pareri successivi, si è pronunciato a favore di un sistema «misto» che combinasse i vantaggi di entrambi quei sistemi (15).

4.5.2

Bisognerebbe garantire ai singoli il diritto di scegliere se partecipare a una procedura di ricorso collettivo (opt-in), anziché esservi associati soltanto in via presuntiva salvo loro espressa decisione contraria (opt-out) (16). Detto ciò, il CESE ravvisa anche delle situazioni in cui il sistema opt-out presenta dei vantaggi: in particolare nei casi in cui i danneggiati sono molti e il pregiudizio subito è molto limitato, può essere opportuno estendere automaticamente la procedura di ricorso a tutti i possibili danneggiati (17).

4.5.3

Il ricorrente dovrebbe dunque essere un'organizzazione rappresentativa qualificata, nel senso indicato nella raccomandazione della Commissione.

4.5.4

Non è chiaro, però, se, per casi come questi, la Commissione consideri giuridicamente accettabile applicare il sistema dell'opt-out. Essa si limita piuttosto ad osservare genericamente che si può derogare al principio dell'opt-in (solo) per motivi di buona amministrazione della giustizia, senza però spiegare, purtroppo, in quali casi sussistano questi motivi. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di precisare la sua proposta (18).

4.6

Informazioni sui ricorsi collettivi. Il CESE deplora il fatto che la raccomandazione non preveda un registro elettronico dei ricorsi, istituito a livello europeo, per la notifica e la convocazione dei potenziali ricorrenti. Un registro siffatto, consultabile dai danneggiati in ogni parte dell'Unione europea, potrebbe essere realizzato in maniera efficiente e a costi ragionevoli (19) e aiuterebbe i cittadini europei e le imprese a far valere i loro diritti.

4.7

Procedure alternative di composizione delle controverse collettive. Le procedure extragiudiziali di composizione delle controversie collettive possono costituire un utile complemento alla risoluzione delle stesse per via giudiziaria (20). Il CESE ha sempre posto l'accento sul potenziale di tali meccanismi alternativi (21). Esso accoglie quindi con favore l'approccio adottato al riguardo, che prevede la possibilità di ricorrere anche a questi meccanismi, riconoscendo loro un ruolo complementare al contenzioso e di strumento facoltativo per le parti. Inoltre, è indispensabile che, in pendenza di queste procedure extragiudiziali, i termini di prescrizione o decadenza non decorrano; e la Commissione dovrebbe indicarlo con chiarezza, come ha già fatto nel caso delle azioni risarcitorie collettive «conseguenti».

4.8

Azioni risarcitorie collettive «conseguenti». Nei campi in cui vengono avviate procedure su iniziativa di autorità pubbliche — ad esempio in materia di regole di concorrenza — si deve garantire un'attuazione efficace delle norme europee da parte delle autorità, e nel contempo agevolare l'attuazione dei diritti al risarcimento delle vittime delle violazioni di queste norme (22). In merito la proposta della Commissione è equilibrata, perché, fintanto che i procedimenti avviati dalle autorità non si sono conclusi, i termini di prescrizione o decadenza non decorrono a carico dei danneggiati.

4.9   Finanziamento dei ricorsi collettivi

4.9.1

I ricorsi collettivi non infondati devono poter essere proposti, senza che i costi elevati delle procedure restringano di fatto tale possibilità. Il CESE apprezza pertanto il fatto che la Commissione inviti gli Stati membri ad assicurarsi che le relative procedure non siano eccessivamente costose.

4.9.2

Anche in questo caso, però, la Commissione dovrebbe precisare ulteriormente le sue considerazioni. Per organizzazioni rappresentative di pubblica utilità, le spese legali e processuali possono rappresentare un ostacolo insormontabile, in particolare quando, in caso di soccombenza, possano esser tenute al pagamento, ad esempio, di onorari peritali così elevati da minacciare la loro stessa sopravvivenza. Per tali organizzazioni, quindi, bisognerebbe considerare seriamente la possibilità di una limitazione delle spese processuali — come prevedono già le normative sociali e del lavoro di alcuni Stati membri. Per i casi di illecito arricchimento, è opportuno considerare seriamente la possibilità di introdurre un sistema di sequestro dei proventi a favore delle organizzazioni di pubblica utilità.

4.9.3

Analogamente, il CESE condivide la decisione di consentire, a determinate condizioni, che i ricorsi collettivi siano finanziati da terzi. Le condizioni poste a tal fine dalla Commissione, come ad esempio la trasparenza riguardo all'origine dei mezzi finanziari, sono appropriate e idonee a scongiurare l'abuso dei ricorsi collettivi.

Bruxelles, 10 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2010) 135 final del 31.3.2010.

(2)  Principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (GU L 201 del 26.7.2013, pag. 60).

(3)  In proposito si vedano GU C 162 del 25.6.2008, pag. 1; GU C 128 del 18.5.2010, pag. 97); GU C 181 del 21.6.2012, pag. 89).

(4)  Cfr. in proposito GU C 162 del 25.6.2008, cit., punti 3.6 ss. e 7 ss., e GU C 128 del 18.5.2010, cit..

(5)  COM(2013) 404 final dell'11.6.2013.

(6)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 8.1.

(7)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 40, punto 4.2.1.

(8)  Sul punto cfr. la nota 10 della comunicazione della Commissione COM(2013) 401 final dell'11.6.2013.

(9)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.1.2, e GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(10)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.1.2, e GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(11)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.3 ss., e GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(12)  GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(13)  GU C 228 del 22.9.2009, cit., punto 4.8.4.

(14)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.2 ss.

(15)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.2.3.1, GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3, e GU C 228 del 22.9.2009, cit., punti 4.4.1 e 4.4.2.

(16)  GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3.

(17)  GU C 162 del 25.6.2008, cit., punto 7.2.3.1, GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.2.3, e GU C 228 del 22.9.2009, cit., punti 4.4.1 e 4.4.2.

(18)  La Commissione dovrebbe, anche in questo caso, chiarire quando e a quali condizioni il sistema opt-out è compatibile con il principio del contraddittorio, sancito negli articoli 41, paragrafo 2, e 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Ciò è particolarmente importante per gli Stati membri — come ad esempio la Germania — in cui tale diritto è tutelato dalla Costituzione.

(19)  GU C 228 del 22.9.2009, cit., punto 4.8.5.

(20)  GU C 128 del 18.5.2010, cit., punto 5.3.5.

(21)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 93.

(22)  GU C 228 del 22.9.2009, cit., punto 3.6.1.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici assistiti, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio

COM(2013) 512 final — 2013/0246 (COD)

2014/C 170/12

Relatrice generale: DARMANIN

Il Consiglio, in data 6 settembre 2013, e il Parlamento europeo, in data 10 settembre 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici assistiti, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio

COM(2013) 512 final– 2013/0246 (COD).

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 12 novembre 2013, ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Considerata l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 494a sessione plenaria dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta dell'11 dicembre), ha designato DARMANIN come relatrice generale e ha adottato il seguente parere con 96 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.

1.   Raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di direttiva relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici assistiti. Riconosce che il campo d'applicazione e le definizioni costituiscono una componente centrale di tale proposta e formula pertanto le seguenti raccomandazioni:

i viaggi di natura professionale o in parte di natura professionale e in parte di piacere, non acquistati nell'ambito di un contratto quadro, sotto forma di pacchetti turistici o servizi turistici assistiti, rientrano chiaramente nel campo di applicazione della direttiva proposta;

anche gli organizzatori occasionali di viaggi dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della direttiva, per assicurare parità di condizioni e un'adeguata tutela dei consumatori. È quindi opportuno escludere dal considerando 19 della proposta i «pacchetti turistici organizzati occasionalmente»;

dovrebbero inoltre rientrare nel campo di applicazione della direttiva proposta anche i pacchetti turistici e i servizi turistici assistiti che si estendono su un periodo inferiore alle 24 ore. Poiché la durata è limitata, il rischio per il professionista è inferiore e i consumatori possono incontrare lo stesso numero di problemi che incontrerebbero con qualsiasi altro pacchetto. In alcuni paesi, inoltre, questo limite non è previsto;

le generalità necessarie per concludere la prenotazione cui fa riferimento la definizione di servizio turistico assistito (articolo 3, paragrafo 2, lettera b), numero v) dovrebbero comprendere qualsiasi informazione riguardante il cliente che forma oggetto del trasferimento e non esclusivamente i dati della carta di credito, come si afferma nel considerando 18 della proposta;

l'ultima frase dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b), numero v) — «al più tardi al momento della conferma della prenotazione del primo servizio» — dovrebbe essere eliminata, poiché qualsiasi riferimento a un arco temporale specifico risulta problematico e genera confusione;

dovrebbero essere altresì rimossi i riferimenti allo «stesso processo di prenotazione» e alle «prenotazioni separate» contenuti rispettivamente nell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b), numero i) e nell'articolo 3, paragrafo 5, lettera a).

1.2

Il CESE apprezza il passo avanti compiuto verso una maggiore trasparenza. Tuttavia, la metodologia adottata per garantire tale trasparenza dovrebbe essere chiara e attuabile, in modo da poter essere presa come riferimento, e non lasciata interamente a discrezione dei venditori.

1.3

Il CESE, pur essendo favorevole alla diffusione di informazioni in formato digitale, osserva che vi sono ancora consumatori europei che non utilizzano tale formato, o per scelta personale o per via di un accesso limitato. Essi pertanto non dovrebbero essere discriminati per quanto riguarda l'accesso alle informazioni relative ai loro pacchetti turistici o agli aggiornamenti di tali informazioni.

1.4

Il CESE raccomanda che i costi «ragionevoli» in caso di annullamento vengano definiti in maniera più chiara, e sottolinea che l'indennizzo di 100 euro è insufficiente e limitativo degli attuali diritti dei consumatori.

1.5

Il CESE ritiene che sia possibile modificare la direttiva 90/314/CEE, adeguandola alle nuove tecnologie senza dover ridurre il livello di tutela dei consumatori.

2.   Contesto

2.1

La direttiva sui pacchetti turistici e i servizi turistici assistiti è un aggiornamento, atteso da tempo, della direttiva relativa ai pacchetti turistici del 1990. Questa nuova direttiva tiene conto dei nuovi mezzi digitali, strumenti tramite i quali i consumatori possono prenotare le loro vacanze, ed elimina alcuni elementi obsoleti.

2.2

La Commissione ha iniziato a occuparsi della revisione di questa direttiva nel 2007, elaborando valutazioni d'impatto, avviando un processo di consultazione e organizzando riunioni specifiche con i soggetti interessati.

3.   Definizione

3.1

Un elemento centrale della nuova direttiva consiste nel suo campo di applicazione e nelle definizioni che essa contiene. Nel campo di applicazione rientra una più ampia serie di viaggi, tra cui:

pacchetti turistici preconfezionati, da un venditore o un fornitore online;

la nuova categoria di pacchetti personalizzati acquistati da un fornitore online o presso un'agenzia di viaggi tradizionale;

altri servizi turistici personalizzati (servizi turistici assistiti), per i quali un venditore o un fornitore di servizi turistici online agisce come intermediario.

3.2

Sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva i servizi turistici indipendenti e i servizi turistici di natura professionale, oltre ad altri settori indicati nell'articolo 2. A tale proposito il CESE sottolinea che l'esclusione di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera c) non dovrebbe in alcun modo interessare l'imprenditore o il suo impiegato che dovesse acquistare un servizio turistico assistito o un pacchetto turistico di natura professionale, oppure un viaggio in parte di natura professionale e in parte di piacere, che non formano oggetto di un contratto quadro. Pertanto questo tipo di viaggio rientrerebbe a pieno titolo nella definizione di pacchetto turistico e/o di servizio turistico assistito.

3.3

Questa nuova definizione assicura che il pacchetto turistico abbia un campo di applicazione più ampio rispetto alle tradizionali vacanze tutto compreso; essa inoltre tiene conto di tendenze più recenti in materia di vacanze, includendo in tal modo un ulteriore 23 % di turisti. Si prevede quindi che quasi la metà (46 %) dei turisti saranno interessati da questa nuova direttiva (1). Sebbene 7 pacchetti turistici tradizionali su 10 siano acquistati presso la struttura fisica di un'agenzia di viaggi, diversi consumatori acquistano questi prodotti online, e sempre più spesso ci si avvale di Internet per la ricerca di pacchetti personalizzati (2).

3.4

Il CESE accoglie favorevolmente questa nuova più ampia definizione di pacchetto turistico che comprende chiaramente aspetti inerenti ai pacchetti turistici personalizzati non affrontati dalla direttiva del 1990, sebbene i consumatori avessero generalmente l'impressione di essere tutelati. A parere del CESE, il pacchetto turistico non necessariamente combina trasporto e alloggio, ma è invece una combinazione di almeno due diverse componenti: noleggio di auto o escursioni, trasporto, alloggio, pratica di sport o qualsiasi altra componente relativa alla vacanza.

3.5

La definizione di pacchetto turistico di cui all'articolo 3, paragrafo 2 comprende un'ampia serie di aspetti relativi al pacchetto turistico. Il CESE è soddisfatto della definizione ma osserva che le generalità citate nell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b), numero v), dovrebbero comprendere tutte le generalità del viaggiatore necessarie per concludere la prenotazione che formano oggetto del trasferimento e non esclusivamente i dati della carta di credito, come si afferma nella relazione (considerando 18) della direttiva. Il CESE raccomanda pertanto la soppressione delle ultime due frasi del considerando 18 della proposta. Il CESE sottolinea inoltre che tali trasferimenti di generalità non dovrebbero essere collegati a un periodo di tempo specifico e raccomanda quindi di sopprimere la seguente formulazione contenuta nel considerando 18 e nell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b), numero v): «al più tardi al momento della conferma della prenotazione del primo servizio».

3.6

Il CESE osserva che la direttiva dovrebbe anche applicarsi agli organizzatori occasionali di pacchetti turistici, i cui obblighi e responsabilità dovrebbero essere altresì coperti. In tal modo un consumatore sarebbe tutelato indipendentemente dall'organizzatore del viaggio, e verrebbero garantite parità di condizioni per gli organizzatori di pacchetti turistici. Il CESE raccomanda quindi di sopprimere l'espressione «pacchetti turistici organizzati occasionalmente» nel considerando 19 della relazione della direttiva.

3.7

I pacchetti turistici e i servizi turistici assistiti che si estendono su un periodo inferiore alle 24 ore dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della direttiva proposta. Poiché la durata è limitata, il rischio per il professionista è inferiore e i consumatori possono incontrare lo stesso numero di problemi che incontrerebbero con qualsiasi altro pacchetto. In alcuni paesi, inoltre, questo limite non è previsto (3).

4.   Trasparenza

4.1

La proposta mira a garantire maggiore trasparenza per i consumatori, assicurando che essi siano informati sul tipo di contratto che sottoscrivono e sui propri diritti al riguardo. Si intende in questo modo evitare il ripetersi di situazioni verificatesi in passato, nelle quali i consumatori potevano essere indotti a credere, erroneamente, di essere tutelati.

4.2

Il CESE condivide l'idea che i consumatori debbano disporre di informazioni chiare e più ampie in merito alle condizioni che accettano. Tuttavia, garantire concretamente questa trasparenza potrebbe non essere così facile come sembra, dato che la metodologia relativa alla sua attuazione è a discrezione del venditore.

4.3

La responsabilità dovrebbe essere sia dell'organizzatore che del venditore e non solo dell'organizzatore. I consumatori hanno spesso le idee confuse su chi siano i diversi attori della catena contrattuale e molto spesso considerano il venditore come la controparte contrattuale. Occorre inoltre evitare che i consumatori dipendano dalla buona volontà del venditore di trasferire i reclami, ed è quindi fondamentale garantire l'effettiva attuazione dell'articolo 13.

5.   Norme speciali sulla pubblicazione

5.1

L'obbligo di ristampare gli opuscoli previsto dalla direttiva del 1990 è venuto meno con l'avvento di Internet, che ha inaugurato una nuova era dell'informazione per i consumatori. L'abolizione di tale obbligo permetterà al settore di risparmiare 390 milioni di euro all'anno (4). La nuova proposta, tuttavia, prevede ancora che il consumatore riceva tutte le informazioni in sede di contratto e venga informato per iscritto di qualsiasi cambiamento.

5.2

Il CESE esprime apprezzamento per i risparmi resi possibili per il settore, e raccomanda vivamente che essi vengano destinati all'innovazione, all'occupazione e alla crescita. Tuttavia il CESE reputa che i consumatori che non utilizzano Internet, per scelta o per mancanza di risorse, non dovrebbero essere svantaggiati in termini di accesso a una corretta informazione.

6.   Informazioni precontrattuali e modifiche del contratto

6.1

Il CESE ribadisce la necessità di fornire le informazioni precontrattuali su un supporto durevole, in modo che i consumatori possano consultarle in qualsiasi momento.

6.2

Inoltre il CESE accetta l'idea che le informazioni (sia precontrattuali che contrattuali) fornite al viaggiatore possano essere modificate, anche se le informazioni relative al nome e all'indirizzo del fornitore sono troppo importanti per essere modificate e non dovrebbero pertanto subire alcun cambiamento.

6.3

Modifiche sostanziali del contratto dovrebbero essere possibili solo se non comportano inconvenienti per il passeggero. Inoltre, l'accettazione delle modifiche da parte del consumatore dovrebbe essere esplicita e non tacita, come proposto all'articolo 9, paragrafo 2, lettera b).

6.4

Il diritto dell'organizzatore di annullare il pacchetto in caso di mancato raggiungimento del numero minimo di persone richiesto dovrebbe essere eliminato. Questa possibilità, benché già presente nell'attuale direttiva, non può più essere giustificata, dato che la tecnologia attuale consente ai venditori di prevedere e gestire con facilità i rischi connessi alle loro offerte e operazioni.

6.5

I contratti devono essere redatti nella lingua del consumatore.

7.   Diritti di annullamento

7.1

In virtù delle nuove disposizioni, i consumatori non soltanto manterranno il diritto di trasferire un contratto a una terza persona ma potranno anche annullarlo. Nel caso in cui si avvalgano di tale diritto, i consumatori saranno obbligati al pagamento di spese ragionevoli all'organizzatore per coprire i costi sostenuti.

7.2

Il CESE approva l'estensione del diritto di annullamento, da parte dei consumatori, prima della partenza; tuttavia esprime riserve sul valore reale delle spese «ragionevoli» in caso di recesso da parte del consumatore. La direttiva dovrebbe stabilire principi o norme generali sulle modalità di calcolo dell'indennizzo dovuto dal consumatore. Le spese, infatti, non dovrebbero essere sproporzionate o eccessive.

7.3

Inoltre il consumatore dovrebbe avere la possibilità di risolvere il contratto ove ricorrano circostanze imprevedibili e fuori dal suo controllo (ad es. malattia, lutto familiare), senza obbligo di indennizzo, come corollario al diritto proposto dell'organizzatore di risolvere il contratto senza obbligo d'indennizzo, per cause di forza maggiore.

8.   Responsabilità in caso di mancata esecuzione

8.1

L'indennizzo massimo di 100 euro e di tre notti per viaggiatore è totalmente inaccettabile per il CESE: è in contrasto con la responsabilità generale dell'organizzatore di eseguire le prestazioni del pacchetto turistico come convenuto con il consumatore, e viola il principio del «risarcimento integrale» dei danni, che costituisce un principio generale del diritto in tutti gli Stati membri dell'UE. La limitazione dei costi non deve mai applicarsi alle persone a mobilità ridotta.

8.2

Il CESE osserva con soddisfazione che la direttiva proposta contiene riferimenti espliciti ai diritti delle persone con disabilità (ad esempio nel capo IV).

8.3

Il CESE raccomanda alla Commissione di fare riferimento nei considerando della direttiva proposta alla certificazione e alla normalizzazione dell'accessibilità, poiché in tal modo verrebbero fornite informazioni preziose alle agenzie di viaggi.

8.4

Il CESE condivide l'idea che il principio secondo il quale ai viaggiatori viene attribuita la responsabilità di comunicare all'organizzatore le «loro particolari esigenze almeno 48 ore prima dell'inizio dell'esecuzione del contratto» dovrebbe valere anche per le persone con disabilità. Il CESE rileva, tuttavia, che spesso i viaggiatori, pur volendo agire in tal senso, non riescono a trovare il modo di comunicare le loro esigenze all'organizzatore. Ciò dimostra l'importanza di spiegare chiaramente ai viaggiatori quali sono i canali da utilizzare per comunicare tali informazioni (per tale scopo potrebbe essere previsto, ad esempio, un campo specifico nel modulo di iscrizione online).

9.   Un sistema di regresso migliorato

9.1

Il diritto di regresso è un aspetto cruciale per la tutela dei consumatori. Finora, infatti, è capitato che i consumatori si trovassero in situazioni esasperanti, dovute al fatto che l'onere della responsabilità si spostava da un fornitore di servizi all'altro. La proposta evidenzia la necessità di un unico punto di contatto nel caso in cui dovessero insorgere problemi.

9.2

Il CESE condivide l'idea di semplificare le procedure di regresso per i consumatori, individuando un unico punto di contatto per la gestione di eventuali problemi nell'ambito dei pacchetti turistici personalizzati. L'esistenza di questo punto di contatto unico dovrebbe essere resa nota fin dall'inizio delle discussioni relative a un contratto per un pacchetto vacanza.

9.3

I consumatori dovrebbero disporre di un tempo ragionevole per inoltrare eventuali reclami, senza essere costretti a farlo immediatamente; in questo modo non verrebbe loro negato il diritto di regresso una volta terminato il viaggio.

10.   Impatto della proposta

10.1

Il CESE riconosce l'impatto significativo che questa nuova proposta esercita sia sui consumatori che sulle imprese. Vi sono diversi vantaggi per entrambe le parti, come indicato nei comunicati stampa pubblicati in proposito dalla Commissione.

10.2

La proposta riveduta rafforzerà la tutela dei consumatori in alcuni ambiti ed aumenterà i risparmi per il settore. Ciononostante, il CESE esprime ancora preoccupazione riguardo alla corretta diffusione delle informazioni ai consumatori e alla chiara individuazione delle responsabilità del settore.

10.3

Inoltre, il fatto che i servizi turistici individuali non siano disciplinati dalla direttiva in esame non significa che ad essi non debbano applicarsi pari diritti di tutela dei consumatori.

11.   Consolidamento delle disposizioni giuridiche

11.1

Il CESE rileva un problema di frammentazione giuridica nei diritti in materia di viaggi e vacanze, che richiede quindi l'adozione di un approccio più armonizzato. Il fatto che ai viaggi e alle vacanze non si applichi la legislazione in materia di diritti generali dei consumatori, come previsto dalla direttiva 2011/83 sui diritti dei consumatori, genera tale frammentazione e indebolisce la tutela dei consumatori europei quando viaggiano. Inoltre, i viaggi individuali sono disciplinati in maniera diversa da altre direttive che prevedono diritti specifici per tali viaggi; tuttavia, la varietà e l'ampiezza dei diritti previsti dalle diverse direttive rendono la situazione ancora più confusa per i viaggiatori.

12.   Insolvenza

12.1

La protezione dei consumatori in caso d'insolvenza prevista nella proposta è una garanzia utile per evitare situazioni di consumatori impotenti che devono far fronte ai casi di insolvenza mentre si trovano in vacanza. Tuttavia, dovrebbe essere assicurata una cooperazione amministrativa e si dovrebbe garantire che i punti di contatto previsti agiscano rapidamente.

13.   Riesame

13.1

Il CESE accoglie con favore il fatto che entro 5 anni dalla sua entrata in vigore la Commissione preveda di presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva, se del caso corredata di proposte legislative. Il CESE ritiene importante che tale riesame possa iniziare subito dopo l'entrata in vigore della direttiva, in modo da avere un quadro preciso dell'attuazione fin dalle prime fasi, evitando che per l'adozione delle proposte legislative si debbano attendere tempi troppo lunghi.

14.   Armonizzazione e relazione con il diritto contrattuale generale

14.1

La piena armonizzazione proposta dalla Commissione non dovrebbe ridurre l'attuale livello di tutela dei consumatori. Gli Stati membri dovrebbero essere liberi di integrare le norme della direttiva e mantenere le norme esistenti a livello nazionale.

14.2

Il CESE sottolinea che il sistema relativo ai mezzi di ricorso specifici in caso di mancata o inadeguata esecuzione da parte del professionista comporta implicazioni per il diritto contrattuale generale negli Stati membri e che, conseguentemente, occorre chiarire il rapporto tra la proposta e il diritto contrattuale generale.

15.   Altri aspetti

15.1

Occorrerebbe definire più chiaramente alcuni termini generici utilizzati nella proposta della Commissione, come parte sostanziale (articolo 2, paragrafo 2, lettera d)), termine ragionevole (articolo 9, paragrafo 2, lettera b)) e sproporzionato (articolo 11, paragrafo 2).

15.2

È necessario chiarire la formulazione di due punti dell'articolo 3 (ovvero il paragrafo 2, lettera b), numero i) e il paragrafo 5, lettera a)), che risultano in contraddizione.

15.3

La Commissione dovrebbe compilare un elenco indicativo non esaustivo per gli altri servizi turistici (articolo 3, paragrafo 1, lettera d)), oltre alle spese e ai termini di cui all'articolo 10, paragrafo 1, e alle circostanze eccezionali citate nell'articolo 12, paragrafo 3, lettera a), numero iii).

Bruxelles, 11 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Fonte: Valutazione di impatto della Commissione europea (SWD(2013) 263 final.

(2)  Indagine svolta dal BEUC e dai suoi membri sul tema Vacanze e viaggi.

(3)  In Ungheria e in Austria, ad esempio, sono contemplati i viaggi di durata inferiore alle 24 ore. In alcuni paesi (ad es. Spagna) si stanno già diffondendo le offerte di servizi che combinano trasporto, cena e ingresso a uno spettacolo o evento sportivo. Tali servizi si estendono su un periodo inferiore alle 24 ore e non comprendono pertanto l'alloggio.

(4)  Fonte: Valutazione di impatto della Commissione europea SWD(2013) 263 final.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/78


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento tramite carta

COM(2013) 550 final — 2013/0265 (COD)

e alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno e recante modifica delle direttive 2002/65/CE, 2013/36/UE e 2009/110/CE e che abroga la direttiva 2007/64/CE

COM(2013) 547 final — 2013/0264 (COD)

2014/C 170/13

Relatore: FARRUGIA

Il Parlamento europeo, in data 8 ottobre 2013, e il Consiglio, in data 31 ottobre 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento tramite carta

COM(2013) 550 final — 2013/0265 (COD)

e alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno e recante modifica delle direttive 2002/65/CE, 2013/36 UE e 2009//110/CE e che abroga la direttiva 2007/64/CE

COM(2013) 547 final — 2013/0264 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta dell'11 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 176 voti favorevoli, 22 voti contrari e 12 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente le due iniziative legislative pubblicate nel pacchetto sui pagamenti della Commissione europea il 24 luglio 2013: la proposta di direttiva sui servizi di pagamento (PSD II) e la proposta di regolamento sulle commissioni interbancarie.

1.2

Il CESE sottolinea la necessità che l'iter normativo di tali proposte venga completato con urgenza, in modo da combattere la mancanza di trasparenza sui costi reali delle carte di pagamento ed eliminare gli ostacoli che impediscono l'accesso al mercato dei pagamenti — tra cui la commissione interbancaria multilaterale. Il CESE osserva che il mercato dei pagamenti non dispone ancora di un quadro normativo basato su prove empiriche che porti alla piena armonizzazione della SEPA. Inoltre, il quadro giuridico deve consentire una concorrenza libera e aperta per promuovere il benessere dei consumatori e il corretto funzionamento del libero mercato. Il mercato europeo dei pagamenti deve evolversi, in modo da accogliere i nuovi modelli di pagamento e gli sviluppi della tecnologia.

1.3

Per quanto concerne il regolamento sulle commissioni interbancarie, il CESE approva i massimali proposti dalla Commissione, ma raccomanda che per i pagamenti elettronici, sia con carte di credito sia con carte di debito, i massimali siano più bassi di quelli attualmente proposti. Un sistema di carte di debito che funzionasse senza usare un sistema di commissione interbancaria darebbe all'Europa un'alternativa elettronica al denaro liquido davvero economica, efficiente e di facile uso, e creerebbe maggiori opportunità per il mercato del commercio elettronico a livello sia nazionale che transfrontaliero. Parallelamente, un sistema di costi più contenuti per le transazioni con carta di credito apporterebbe maggiori benefici ai consumatori e all'economia.

1.4

Il CESE, inoltre, ritiene che l'importanza di tali misure sia tale che esse debbano essere attuate il più presto possibile. I massimali dovrebbero essere introdotti a livello nazionale se possibile entro sei mesi dall'adozione del regolamento, ma in ogni caso entro un anno al massimo.

1.5

Il CESE raccomanda di trovare una soluzione affinché vengano limitate anche le spese previste dal «modello (o circuito) a tre parti». Nella valutazione d'impatto pubblicata insieme alle proposte, la Commissione afferma che il circuito a tre parti può essere esentato dai massimali proposti, dato che copre una quota limitata del mercato ed è in genere utilizzato solo dalle imprese; Tuttavia, considerata la rapidità con cui si sviluppano nuovi modelli commerciali e si diffondono sistemi basati sul cloud computing (la «nuvola informatica»), il CESE non condivide del tutto la fiducia della Commissione che ciò varrà anche per il futuro.

1.6

Ad avviso del CESE, le carte aziendali dovrebbero essere soggette a massimali dello stesso livello di quelli proposti per le carte ad uso dei consumatori. Occorre anzi adottare misure che impediscano qualsiasi pressione, da parte dei sistemi di carte di pagamento, a favore di un uso più massiccio delle carte aziendali.

1.7

Il CESE raccomanda maggiore chiarezza nella direttiva PSD II quanto alla possibilità per le banche di far pagare commissioni a terzi prestatori di servizi in cambio dell'accesso alle informazioni sui conti dei consumatori. Il CESE ritiene infatti che, secondo la Commissione, le banche non dovrebbero applicare tali commissioni, per cui raccomanda di precisare bene questo punto nel testo della direttiva.

1.8

Il CESE sottolinea la necessità che, oltre alle norme proposte, siano adottati standard totalmente interoperativi in materia di pagamenti per tutti i mercati europei. Resta ancora molto da fare per integrare nuove tecnologie e garantire certezza del diritto. Inoltre, è essenziale che tutte le parti interessate siano consultate e si attengano agli stessi standard. E questo richiede una leadership centralizzata da parte dell'Europa e una solida struttura di governance.

2.   Commenti e osservazioni

2.1

Nel 2011, la Commissione europea ha pubblicato il Libro verde intitolato «Verso un mercato europeo integrato dei pagamenti tramite carte, Internet e telefono mobile» (1). L'attuale pacchetto sui servizi di pagamento è il risultato della consultazione avviata da tale Libro verde. Ebbene, già nel parere in merito al Libro verde (2) il CESE aveva sottolineato la necessità di chiarezza e certezza quanto alle norme in materia di commissioni interbancarie multilaterali e alle regole commerciali relative ai pagamenti con carta di credito. Questa necessità è stata confermata da molti operatori che hanno preso parte alla consultazione. Il CESE accoglie favorevolmente la proposta di regolamento sulle commissioni interbancarie, che intende disciplinare proprio questi aspetti. Il regolamento si applicherebbe non solo alle operazioni effettuate con le attuali carte plastificate, ma anche a qualsiasi pagamento elettronico o con telefono mobile effettuato con applicazioni basate sullo stesso modello commerciale.

2.2

Il CESE fa osservare che, secondo i dati della BCE, il costo totale per la società dei pagamenti al dettaglio è di 130 miliardi di euro, pari all'1 % del PIL, e che il costo delle commissioni interbancarie è di 10 miliardi di euro (3). Il mercato bancario al dettaglio, il suo grado di sviluppo e la maturità dei pagamenti elettronici o con carta di credito variano notevolmente da uno Stato membro all'altro. In gran parte dell'Europa, e in particolare in taluni Stati membri, questo mercato è caratterizzato da una concorrenza troppo esigua, che mantiene i prezzi elevati e fa sì che il grado di innovazione resti basso.

2.3

Il CESE fa osservare che il prelievo di contanti agli sportelli automatici non rientra nell'ambito di applicazione del regolamento proposto. Un uso più limitato del denaro liquido potrebbe determinare un aumento dei pagamenti elettronici, apportando così una serie di vantaggi tanto per gli esercenti quanto per i consumatori. La BCE e la Commissione riconoscono che il denaro liquido ha un elevato costo privato e può favorire l'economia sommersa e l'evasione fiscale, dato che i pagamenti in contanti hanno una tracciabilità e una trasparenza limitate.

2.4

D'altra parte, i sistemi di pagamento elettronico, vuoi su Internet vuoi tramite telefonia mobile, si stanno diffondendo rapidamente. È dunque essenziale che il panorama normativo europeo sia in grado di tener conto di questi cambiamenti. Il CESE, al pari della Commissione, sottolinea il pericolo che gli inconvenienti del sistema di commissioni interbancarie e altri tipi di costi si ripercuotano sulle nuove tecnologie mobili, e invita a scongiurare questo rischio.

2.5

Il CESE accoglie favorevolmente la proposta di direttiva della Commissione sull'accesso ai conti di pagamento (4), che dovrebbe contribuire a stimolare la concorrenza in questo campo. È auspicabile che questa direttiva fornisca la necessaria trasparenza e adeguate informazioni su tutti gli altri costi pagati dai consumatori — informazioni che attualmente non sono disponibili -, e contenga disposizioni che permettano ai consumatori di cambiare banca più facilmente al fine di trovare la soluzione migliore sul piano dei costi. Obiettivo della direttiva è attribuire a tutti i cittadini europei il diritto di aprire un conto bancario con una serie di prestazioni minime gratuite o ad un costo «ragionevole». In combinazione con questa proposta, il pacchetto sui servizi di pagamento dovrebbe perseguire l'obiettivo generale di dare a tutti i cittadini dell'UE la possibilità di effettuare semplici pagamenti elettronici via Internet, a livello sia nazionale che transfrontaliero, in maniera economica ed agevole.

2.6

Il CESE richiama inoltre l'attenzione sull'assenza di dati disponibili sui costi reali dei metodi di pagamento elettronici, nonché sulla mancanza di trasparenza su questo aspetto. Sono infatti necessari maggiori dati, che consentano di effettuare un'analisi completa di questi problemi e quindi di stabilire chi, tra le parti interessate, paga cosa. Bisogna anche fare in modo di evitare conseguenze indesiderate: ad esempio, commissioni più basse in un settore del mercato potrebbero determinare un aumento dei costi in un altro settore.

2.7

Il CESE fa osservare che la Commissione ha dato incarico di eseguire uno studio per stabilire l'impatto delle commissioni interbancarie multilaterali sugli esercenti rispetto al denaro contante, utilizzando il test d'indifferenza per l'esercente (5). Ritiene tuttavia necessario che la Commissione faccia eseguire studi analoghi sui modi in cui i consumatori percepiscono il costo dei diversi strumenti di pagamento e reagiscono ad esso, in quanto oggi esistono pochi dati empirici su questo argomento. Lo studio sull'impatto della direttiva PSD I e sull'applicazione del regolamento sui pagamenti transfrontalieri, condotto dalla London Economics, fornisce una serie d'informazioni in merito (6). Inoltre, da un recente studio (7) emerge che a incidere sulla scelta dei metodi di pagamento da parte dei consumatori è soprattutto la presenza di una maggiorazione. Il CESE fa tuttavia osservare che, quando i costi reali dei diversi modelli di pagamento verranno resti trasparenti, bisognerà condurre ulteriori studi per valutare gli effetti sul comportamento dei consumatori.

2.8

Il sistema di carte di pagamento basato sulla commissione interbancaria multilaterale era inizialmente stato concepito per incoraggiare l'uso della carta, e ha funzionato bene per diversi anni. Tuttavia, nel mercato saturo di oggi, è diventato obsoleto; esso rappresenta un ostacolo all'innovazione e alla concorrenza, e va a scapito dell'economia europea nel suo insieme.

2.9

La commissione interbancaria multilaterale viene richiesta dalla banca del titolare della carta (banca emittente) alla banca dell'esercente (banca convenzionatrice) su ciascuna operazione di vendita effettuata con carta di pagamento. La commissione viene poi imposta dalla banca convenzionatrice all'esercente sotto forma di ritenuta sul prezzo pagato per l'operazione. Le commissioni interbancarie sono per le banche emittenti una fonte importante di introiti ricavati dalle carte di pagamento (altre fonti sono le commissioni annuali, gli interessi sull'uso di un'agevolazione creditizia, le commissioni per ritardato pagamento, le commissioni sui cambi delle valute, ecc.).

2.10

L'attuale mercato dei pagamenti elettronici in Europa è dominato dalle carte, di proprietà solo di due grandi circuiti e gestite in base al modello delle commissioni interbancarie multilaterali. Un modello commerciale, questo, che distorce la concorrenza in diversi modi. Infatti, la concorrenza tra i circuiti di carte di pagamento per assicurarsi la clientela delle banche emittenti fa aumentare ulteriormente le commissioni, mentre la concorrenza per assicurarsi i titolari delle carte fa sì che vengano offerti nuovi prodotti con maggiori «benefici gratuiti». È dunque necessario accrescere la concorrenza tra i prestatori dei servizi di pagamento.

2.11

Nel 2007 la Commissione ha adottato una decisione in cui giunge alla conclusione che il modello di commissione interbancaria multilaterale di MasterCard rappresenta un accordo anticoncorrenziale, contrario all'articolo 101 del Trattato UE. MasterCard ha presentato ricorso contro la decisione, ma nel maggio 2012 il Tribunale dell'UE ha pienamente confermato la decisione della Commissione, statuendo che la commissione applicata da MasterCard è anticoncorrenziale e non necessaria al corretto funzionamento del sistema di tale carta di pagamento. MasterCard ha presentato ricorso contro la sentenza del Tribunale.

2.12

Il regolamento proposto mira a risolvere questi problemi fissando determinati massimali — da applicare dopo specifici periodi transitori — per le commissioni interbancarie richieste per taluni tipi di carte. Il regolamento intende inoltre occuparsi, rendendole nulle, di alcune delle clausole contrattuali che sono state imposte agli utilizzatori dei sistemi di carte e che si ritiene abbiano un impatto anticoncorrenziale.

2.13

Il regolamento proposto fissa dei massimali soltanto per le operazioni mediante carta effettuate nell'ambito dei circuiti a quattro parti, ampiamente utilizzati dai consumatori. I massimali non si applicherebbero, invece, alle carte commerciali o ai circuiti a tre parti (come ad esempio Amex o Diners). Tuttavia, i circuiti a tre parti vengono equiparati a quelli a quattro parti quando emettono o acquisiscono operazioni su carta attraverso una banca licenziataria, come fa Amex in alcuni Stati membri.

2.14

I massimali proposti si applicherebbero quindi soltanto alle operazioni con carte ad uso dei consumatori, e il loro livello verrebbe fissato allo 0,2 % per le carte di debito e allo 0,3 % per quelle di credito. Il CESE non sa su quali dati definitivi siano basati questi livelli di massimali. Si tratta degli stessi livelli adottati in seguito all'impegno assunto da MasterCard nel 2009 al termine della causa per violazione delle regole di concorrenza. Inoltre, nel 2010 anche Visa Europe si è impegnata a rispettare lo 0,2 % per le carte di debito; e la stessa Visa Europe si è in seguito impegnata a rispettare un livello dello 0,3 % per le carte di credito.

2.15

I livelli di massimale, pertanto, rispecchiano gli impegni in materia di concorrenza accettati dalla Commissione sulla base del test d'indifferenza per l'esercente. Il CESE fa tuttavia osservare che la Commissione non ha ancora portato a termine lo studio di cui al precedente punto 2.7. Le cifre summenzionate sono state suggerite dagli stessi circuiti di carte di pagamento, in base a dati forniti da una certo numero di banche centrali (8). Il CESE sottolinea la necessità d'introdurre nella normativa proposta tutte le opportune salvaguardie affinché i costi diretti che potrebbero essere imposti ai consumatori dalle banche (ad esempio le commissioni sulle carte o sui conti) non vengano aumentati per aggirare la riduzione della commissione interbancaria multilaterale.

2.16

Tuttavia, come si afferma nella relazione che illustra la proposta di regolamento, in otto Stati membri dell'UE si applicano commissioni interbancarie molto basse, o non se ne applicano affatto, alle carte di debito, senza che ciò produca effetti negativi di rilievo sull'emissione delle carte e sul loro uso. Anche nella valutazione d'impatto la Commissione appoggia sostanzialmente l'idea che le carte di debito ad uso dei consumatori non dovrebbero comportare commissioni interbancarie (9). Il CESE è convinto che occorrerebbe condurre un'analisi più particolareggiata per stabilire i costi reali della commissione interbancaria multilaterale per i consumatori sia in caso di maggiorazione che in caso di aumento diretto delle tariffe.

2.17

Il CESE è del parere che i livelli di massimale proposti nel regolamento sulle commissioni interbancarie dovrebbero essere considerati in maniera più approfondita. Il mercato delle carte di debito è altamente sviluppato in quasi tutti gli Stati membri, e non c'è bisogno di incentivare l'uso di queste carte mediante una commercializzazione finanziata dalle commissioni interbancarie. Inoltre, commissioni interbancarie multilaterali più basse farebbero sì che le carte fossero più ampiamente accettate e quindi maggiormente utilizzate. In tal modo le banche non subirebbero nel complesso alcuna perdita di introiti, o tali perdite sarebbero minime.

2.18

Il CESE propone di modificare l'attuale proposta per definire un sistema di carte di debito senza commissioni interbancarie multilaterali basato sui regimi nazionali attualmente più efficienti. Parallelamente, il massimale per le carte di credito, fissato allo 0,3 %, dovrebbe essere riveduto e fissato ad un livello più basso, proporzionato a quello più basso previsto per le carte di debito. Sarebbe altresì opportuno sottoporre le misure a revisione e valutarne l'impatto su imprese e consumatori.

2.19

Il regolamento sulle commissioni interbancarie prevede che i massimali diventino applicabili in due fasi: le operazioni transfrontaliere sono soggette al massimale due mesi dopo, e quelle nazionali due anni dopo, l'entrata in vigore del regolamento. Il CESE mette in dubbio la necessità di un periodo transitorio così lungo per le commissioni interbancarie nazionali. La maggior parte dei pagamenti avviene a livello locale, mentre il mercato dei pagamenti transfrontalieri è, al confronto, molto limitato. È sul mercato nazionale che i livelli delle commissioni interbancarie rappresentano l'onere più gravoso per gli esercenti e, di conseguenza, per i consumatori. Un periodo transitorio così lungo per il mercato nazionale ritarderebbe gravemente gli effetti benefici del regolamento.

2.20

Il CESE, inoltre, accoglie favorevolmente alcune modifiche alle norme sul convenzionamento (acquiring) transfrontaliero, ma insiste anche sulla necessità di evitare che ciò porti alla creazione di nuove barriere tra grandi e piccoli esercenti. La proposta, infatti, consentirebbe il convenzionamento transfrontaliero con carte ad uso dei consumatori al tasso massimo fissato dal regolamento e sin dall'entrata in vigore di quest'ultimo; ma, se tali misure non verranno applicate quanto prima a livello nazionale (come raccomandato al precedente punto 1.4), allora solo le grandi imprese potranno beneficiare immediatamente dei massimali sfruttando il convenzionamento transfrontaliero, mentre le PMI, che non dispongono di questa possibilità, dovranno continuare a pagare elevate tariffe nazionali. Non si può infatti dare per scontato che le banche nazionali abbasseranno spontaneamente i tassi per controbilanciare lo spostamento delle operazioni verso gli acquirenti transfrontalieri. Il Comitato ritiene inoltre che anche le carte aziendali dovrebbero essere soggette alle regole sul convenzionamento transfrontaliero, nel qual caso la commissione interbancaria applicabile dovrebbe essere quella del paese in cui opera l'acquirente.

2.21

Il CESE è favorevole a rimuovere le norme che obbligano ad accettare tutte le carte. Eventuali carte aziendali non soggette ai massimali dovrebbero infatti poter essere rifiutate dai dettaglianti, i quali potrebbero inoltre, in base alla PSD II, applicare ad esse una maggiorazione. Ciò consentirà agli esercenti di tenere i consumatori a distanza dalle carte cui si applicano commissioni più elevate.

2.22

Tuttavia, il CESE non è affatto certo che quella di escludere i circuiti a tre parti dall'ambito di applicazione del regolamento sia una scelta giusta, e il ragionamento della Commissione secondo cui questo tipo di carte continuerà a puntare sui consumatori ricchi non lo convince (10). Vi è infatti il rischio che le banche possano cercare di dirottare i loro clienti verso i circuiti a tre parti oppure convincerli ad usare le carte aziendali, che non sono soggette al regolamento.

2.23

Il CESE altresì osserva che non sono chiare le regole in base alle quali le carte aziendali dovrebbero o devono essere emesse. In numerosi Stati membri, a tutte le imprese individuali viene automaticamente rilasciata una carta aziendale quando aprono un conto bancario ad esse intestato. Per il CESE non è chiaro in che modo vengano stabilite queste regole, e se una piccola impresa possa richiedere una carta non aziendale. Inoltre, diverse imprese rilasciano ai loro impiegati carte «aziendali» che possono essere utilizzate anche per scopi non aziendali.

2.24

Il CESE accoglie con favore le norme concernenti la scelta dell'applicazione di pagamento presso il terminale. Il regolamento proposto precisa che, quando uno strumento o una carta contengono sistemi di pagamento di due o più marche, la banca non può stabilire una scelta per «default» all'atto dell'emissione della carta: la scelta viene effettuata volta per volta dal consumatore al punto vendita. Questo dà al consumatore un maggior margine di libertà per scegliere il metodo di pagamento più adatto al suo profilo economico. Il regolamento, inoltre, elimina la regola della non discriminazione e rende così più flessibili le informazioni che gli esercenti possono e non possono fornire per quanto concerne le commissioni interbancarie che pagano.

2.25

Il regolamento mira a prevenire un aumento delle commissioni previste dal circuito di pagamento per compensare la riduzione delle commissioni interbancarie multilaterali, stabilendo, all'articolo 5, che le compensazioni nette che una banca emittente riceve da un circuito di carte di pagamento in relazione alle operazioni di pagamento o ad attività correlate sono considerate parte della commissione interbancaria. Non è certo, tuttavia, che il regolamento presti adeguata attenzione al livello delle commissioni imposto agli esercenti dalle loro stesse banche convenzionartici, livello che può essere molto elevato in particolare per le piccole imprese che hanno scarso potere contrattuale.

2.26

Il CESE accoglie favorevolmente la norma che prevede la separazione tra il circuito delle carte di pagamento e i soggetti che si occupano del trattamento. Così facendo, infatti, si impedisce il «raggruppamento» di circuiti di carte e servizi di trattamento in un'unica offerta contrattuale, e consente agli esercenti di scegliere liberamente la loro opzione di trattamento. Questo incrementerà la concorrenza e permetterà a nuovi operatori di entrare nel mercato, facendo abbassare i prezzi.

2.27

Per quanto riguarda la PSD II, il CESE approva l'apertura del mercato che essa renderà possibile. La nuova direttiva, infatti, allinea le norme giuridiche ed elimina le divergenze nazionali che derivano dal carattere facoltativo di alcune disposizioni della direttiva attuale (PSD I). Il nuovo testo fornisce certezza giuridica sullo status dei nuovi modelli di pagamento, in quanto li riconduce tutti alla medesima disciplina giuridica. In questo modo, esso accrescerà la concorrenza tra i prestatori di servizi di pagamento, consentirà ai nuovi operatori di entrare nel mercato e contribuirà ad aumentare l'efficienza e a ridurre i costi. Così facendo, inoltre, promuoverà lo sviluppo di nuovi modelli di pagamento per il commercio elettronico. Infine, darà agli utenti dei servizi di pagamento sicurezza, trasparenza e informazioni adeguate.

2.28

La PSD II include nel suo ambito di applicazione i «terzi prestatori di servizi di pagamento», e modifica la definizione di servizi di pagamento per renderla tecnologicamente neutrale e promuovere così lo sviluppo di nuove tecnologie. Apre inoltre la strada a nuovi modelli di pagamento, consentendo ai terzi prestatori di servizi di pagamento di accedere alle informazioni sui conti dei consumatori. I terzi prestatori saranno pertanto in grado di controllare se un consumatore che desidera effettuare un pagamento online ha risorse sufficienti sul suo conto, e potranno trasferire l'autorizzazione ottenuta da tale consumatore al fine di effettuare un pagamento alla sua banca. Il testo prevede una serie di salvaguardie per i consumatori, affinché diano il loro consenso informato ai terzi prestatori per effettuare tali operazioni.

2.29

Tuttavia, la direttiva sui servizi di pagamento non stabilisce se una banca può imporre una commissione al terzo prestatore (e quindi al consumatore) per la fornitura di tale servizio. Un'eventuale diffusione di queste commissioni, nonché un loro livello elevato, potrebbero eliminare qualsiasi vantaggio per il modello commerciale del terzo prestatore. Pertanto, il CESE sollecita i legislatori a prevedere che tale servizio venga reso gratuitamente, vale a dire come parte del normale servizio fornito ai termini del contratto del titolare del conto.

2.30

In materia di compensazione e regolamento, la PSD II introduce una serie di cambiamenti. Conformemente alla direttiva sul carattere definitivo del regolamento, gli istituti di pagamento non possono partecipare direttamente ai meccanismi di compensazione e di regolamento, ma devono accedervi indirettamente attraverso le grandi banche. La PSD II non modifica la situazione in modo radicale: non prevede, infatti, alcun accesso diretto e generalizzato di tali istituti ai sistemi di compensazione e di regolamento. In base alla nuova direttiva, le regole per l'accesso indiretto devono essere le stesse per tutti i tipi di istituti di pagamento (tenendo conto della necessità di salvaguardia dal rischio di regolamento).

2.31

Un ulteriore punto da considerare è l'esigenza che in Europa la compensazione e il regolamento siano effettuati in tempo reale o quasi. Alcune giurisdizioni già dispongono di un sistema del genere, mentre altre ci stanno pensando. La Federal Reserve degli Stati Uniti ha pubblicato, nel settembre 2013, un documento di consultazione in materia. I legislatori dovrebbero valutare la necessità o meno di passare, attraverso una futura iniziativa legislativa, a sistemi di compensazione e regolamento che operano in tempo reale.

2.32

Il CESE spera che la direttiva PSD II contribuisca a far entrare nuovi operatori sul mercato dei pagamenti offrendo soluzioni di pagamento basate sui sistemi SEPA di bonifico e di addebito diretto. Questi prodotti di pagamento innovativi ridurrebbero sensibilmente i costi dei pagamenti nell'ambito del commercio elettronico e aprirebbero a questi pagamenti un mercato più ampio. Probabilmente tali pagamenti sarebbero anche più sicuri, poiché per effettuarli basterebbe fornire informazioni assai meno sensibili. I pagamenti online effettuati con carta rendono invece necessario comunicare un gran numero di dati sensibili, per cui sono estremamente soggetti alle frodi. I metodi di sicurezza attualmente utilizzati (3-D secure, ecc.) cercano di porre rimedio a questa situazione, ma sono complessi e inadeguati.

Bruxelles, 11 dicembre 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  COM(2011) 941 final.

(2)  GU C 351 del 15.11.2012, pag. 52.

(3)  Relazione della BCE «Il costo sociale e privato degli strumenti di pagamento al dettaglio», Occasional Paper 137, settembre 2012.

(4)  COM(2013) 266 final, parere del CESE (GU C 341 del 21.11.2013, pag. 40).

(5)  La Commissione ha infatti incaricato la società Deloitte di condurre uno studio sui costi dell'accettazione dei mezzi di pagamento.

(6)  Cfr. lo studio sull'impatto della direttiva 2007/64/CE e sull'applicazione del regolamento 924/2009

(http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/docs/2010/audit/summary_responses_en.pdf).

(7)  Elke Himmelsbach e Nico Siegel, della società tedesca di ricerche di mercato TNS, «Le commissioni nascoste sui pagamenti tramite carta: la trasparenza determinerà un nuovo comportamento nei consumatori?».

(8)  Cfr. la nota della Commissione 13/719 del 24 luglio 2013.

(9)  A pagina 193 si afferma quanto segue: «L'opzione di vietare le commissioni interbancarie per le carte di debito che potrebbero comportare benefici potenzialmente più elevati agli esercenti e ai consumatori merita un esame più approfondito. Questo consente di assicurare che la maturità dei mercati nello SEE, specie per quanto concerne l'emissione e l'uso delle carte di debito, è tale che non c'è bisogno di imporre commissioni interbancarie per incentivare i pagamenti con carta di debito. Un'analisi al riguardo potrebbe pertanto essere effettuata poco dopo l'adozione di un'azione legislativa sulle commissioni interbancarie».

(10)  Cfr. la nota della Commissione 13/719 del 24 luglio 2013.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente emendamento, che ha ottenuto oltre un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso del dibattito (articolo 54, paragrafo 3, del Regolamento interno).

Punto 2.18

Modificare come segue:

Il CESE propone di modificare l'attuale proposta per definire un sistema di carte di debito senza commissioni interbancarie multilaterali basato sui regimi nazionali attualmente più efficienti. Parallelamente, il massimale per le carte di credito, fissato allo 0,3 %, dovrebbe essere riveduto e fissato ad un livello adeguato più basso, proporzionato a quello più basso previsto per le carte di debito. Sarebbe altresì opportuno sottoporre le misure a revisione e valutarne l'impatto su imprese e consumatori

Esito della votazione

Voti favorevoli:

:

49

Voti contrari:

:

108

Astensioni:

:

20

Punto 2.19

Modificare come segue:

Il regolamento sulle commissioni interbancarie prevede che i massimali diventino applicabili in due fasi: le operazioni transfrontaliere sono soggette al massimale due mesi dopo, e quelle nazionali due anni dopo, l'entrata in vigore del regolamento. Il CESE invita la Commissione ad analizzare attentamente l'impatto delle prime misure sulle parti interessate (consumatori, commercianti, datori di lavoro e lavoratori di questo sistema di pagamento, ecc.) prima di dare inizio alla seconda fase mette in dubbio la necessità di un periodo transitorio così lungo per le commissioni interbancarie nazionali. La maggior parte dei pagamenti avviene a livello locale, mentre il mercato dei pagamenti transfrontalieri è, al confronto, molto limitato. È sul mercato nazionale che i livelli delle commissioni interbancarie rappresentano l'onere più gravoso per gli esercenti e, di conseguenza, per i consumatori. Un periodo transitorio così lungo per il mercato nazionale ritarderebbe gravemente gli effetti benefici del regolamento.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

:

48

Voti contrari:

:

121

Astensioni:

:

22


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/85


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea

COM(2013) 534 final

2014/C 170/14

Relatore: LUCAN

La Commissione, in data 17 luglio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea

COM(2013) 534 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta dell'11 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 176 voti favorevoli, 7 voti contrari e 13 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene opportuna l'iniziativa della Commissione. L'istituzione di una Procura europea rappresenta un passo importante nella creazione di nuovi meccanismi giuridici che proteggano sia gli interessi finanziari dell'Unione che i contributi erariali dei cittadini europei al bilancio dell'Unione.

1.2

Il CESE, pur considerando necessario proteggere gli interessi finanziari dell'UE, ritiene che la coerenza dell'ordinamento di diritto penale dell'Unione verrebbe meglio garantita se il regolamento in esame definisse (1) con precisione e accuratezza sia la terminologia sia, e soprattutto, i reati che ledono gli interessi finanziari dell'UE e che devono altresì essere configurati come tali negli Stati membri. Le definizioni dovrebbero essere integrate nel regolamento, il che può avvenire anche tramite l'inserimento in un allegato elaborato secondo il modello del regolamento relativo a Eurojust (2), completato eventualmente da una direttiva. Questa attività di definizione può costituire il quadro di regolamentazione ulteriore dei reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione e assicurerebbe il rispetto del principio «nullum crimen sine lege».

1.3

Il CESE considera che la competenza della nuova Procura europea debba essere limitata a quella stabilita dall'articolo 86, par. 2. Dal momento che non disponiamo di una valutazione d'impatto relativa alla criminalità transnazionale, appare prematuro, in conformità dell'articolo 86, paragrafo 4, del TFUE, estendere le attribuzioni della Procura europea.

1.4

Il CESE raccomanda che, nei procedimenti e nelle controversie in cui la Procura europea è parte, si applichino le garanzie procedurali a favore degli indagati conformemente alle pertinenti norme citate nel regolamento, in particolare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, soprattutto il diritto a un giudice imparziale e i diritti della difesa, che offre un livello superiore di protezione rispetto alle legislazioni nazionali. Il CESE interpreta i «diritti della difesa» come l'assicurazione che venga rispettato il principio della «parità delle armi» tra accusa e difesa.

1.5

Il CESE propone di ampliare il mandato del comitato di monitoraggio Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) –attribuendogli nuove competenze in materia di controllo del rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali della persona, in particolare nel quadro dell'istituzione della Procura europea e del rispetto dei diritti delle persone coinvolte in procedimenti penali. Tale comitato di monitoraggio collaborerà con tutte le sezioni specializzate del CESE, come pure con le altre istituzioni europee e nazionali competenti in materia. Il comitato di monitoraggio Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) (3) funzionerà in modo da controllare e valutare il rispetto dei diritti della persona nelle relazioni dell'UE sia con i propri Stati membri che con i paesi terzi.

1.6

Il CESE raccomanda che nel comitato di esperti che fornisce alla Commissione un parere consultivo nella fase preliminare della procedura di selezione del procuratore europeo siedano anche un rappresentante a testa per lo stesso CESE, il Comitato delle regioni, l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, la Corte dei conti europea e il Consiglio degli ordini forensi dell'Unione europea (CCBE). Il comitato consultivo di esperti dovrebbe quindi essere composto da un minimo di undici membri.

1.7

Il CESE ritiene che tra i principi fondamentali stabiliti per il funzionamento della Procura europea debbano figurare anche il principio di legalità e quello di subordinazione gerarchica (non espressamente affermati nel regolamento in esame).

1.8

Il Comitato ritiene inoltre che il regolamento debba stabilire maggiori garanzie in merito all'esercizio dei diritti e dei doveri dei procuratori europei, oltre che alla loro responsabilità in caso di abuso e di colpa grave professionale.

1.9

Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che l'ammissibilità delle prove raccolte e presentate dalla Procura europea dinanzi agli organi giurisdizionali di merito, qualora tali prove vengano ammesse senza essere convalidate, può determinare condizioni di diseguaglianza e il mancato rispetto del principio della «parità delle armi». Partendo dalla premessa che, come stabilito dall'articolo 32, paragrafo 5, del regolamento in esame, le persone «godono di tutti i diritti processuali previsti dal diritto nazionale» (tra cui s'intendono evidentemente incluse le procedure di ammissibilità delle prove), si constata che le disposizioni del regolamento sono contraddittorie e che possono portare alla violazione dei diritti degli imputati nei procedimenti penali.

1.10

La raccolta e il trattamento dei dati personali dovrebbero riguardare esclusivamente le persone sospettate, sulla base di indizi validi, di aver compiuto un reato lesivo degli interessi finanziari dell'UE; in caso contrario, essi potrebbero configurarsi come una grave e sproporzionata ingerenza nella vita di queste persone.

1.11

Il CESE ritiene che l'istituzione della Procura europea rappresenti un modo per garantire la protezione dei contributi erariali dei cittadini europei al bilancio dell'Unione. Le definizioni relative ai reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione devono essere formulate e armonizzate in modo omogeneo sia nella proposta di regolamento che nella proposta di direttiva.

2.   Contesto e osservazioni generali

2.1

Il dibattito sull'istituzione di una Procura europea è iniziato più di dieci anni fa (4). Nel maggio 2011 la Commissione ha adottato la comunicazione sulla tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea attraverso il diritto penale e le indagini amministrative (5), in cui formula delle proposte per tutelare più efficacemente gli interessi finanziari dell'UE.

2.2

Negli ultimi tre anni sono andati perduti in media circa 500 milioni di euro annui per frode presunta negli Stati membri; si ritiene tuttavia che l'importo effettivo sia significativamente superiore. Solo una minima parte — meno del 10 % (6) — del valore totale delle frodi commesse viene recuperata presso gli autori di reato. Si ritiene perciò che nel 2010 il 46 % dei rinvii alle autorità competenti per reati lesivi degli interessi finanziari dell'UE (a livello di Stati membri) provenisse dal settore pubblico e il 52 % dal settore privato. I dati sulle frodi in rapporto ai settori colpiti sono i seguenti: agricoltura — 17 %; tabacchi — 1 %; dogane — 6 %; spese/acquisti diretti — 11 %; istituzioni dell'UE — 27 %; aiuto esterno — 19 %; fondi strutturali — 19 %. In generale, come risulta anche dalle relazioni dell'OLAF, questi dati si mantengono invariati anche per gli anni 2011 e 2012. Una simile situazione richiede soluzioni e interventi specifici a livello delle politiche dell'UE in materia di diritto penale.

2.3

Nel luglio 2012 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alla lotta contro le frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale. La proposta prevede definizioni comuni dei reati a danno del bilancio dell'UE, sanzioni minime armonizzate (tra cui la pena detentiva per i reati gravi) e termini di prescrizione comuni.

2.4

Nel corso del 2012 e nei primi mesi del 2013 si sono svolte discussioni e riunioni a livello UE in merito all'istituzione della Procura europea (7). Nel suo discorso sullo stato dell'Unione del settembre 2012 il Presidente Barroso ha ribadito l'impegno della Commissione a portare a compimento tale progetto.

2.5

Il 17 luglio 2013 la Commissione ha varato un pacchetto legislativo composto da tutta una serie di regolamenti volti a riformare la struttura di Eurojust, migliorare la governance dell'OLAF e istituire una Procura europea.

2.6

Il compito principale della Procura europea consisterà nel combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione. Il nuovo organo sarà competente per individuare, perseguire e rinviare a giudizio dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri le persone indagate per questi reati.

3.   Presentazione della proposta di regolamento relativa all'istituzione della Procura europea

3.1

L'istituzione della Procura europea non costituisce un obbligo, bensì una possibilità. Il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) dispone che il Consiglio «può istituire» una Procura europea deliberando all'unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo. La base giuridica e le norme relative all'istituzione di una Procura europea sono stabilite dall'articolo 86 del TFUE, che recita: «Per combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, può istituire una Procura europea a partire da Eurojust».

3.2

Il Consiglio europeo può estendere le attribuzioni della Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale, in conformità dell'articolo 86, par. 4, del TFUE.

3.3

Il regolamento relativo all'istituzione della Procura europea stabilisce l'oggetto e le definizioni pertinenti, le norme generali (statuto e organizzazione della Procura, nomina e revoca dei suoi membri, principi fondamentali), la competenza del nuovo organo, le norme procedurali applicabili alle indagini, all'azione penale e al procedimento penale, le norme relative alle garanzie procedurali, il controllo giurisdizionale, la protezione dei dati, le relazioni della Procura europea con le istituzioni dell'UE e l'incidenza sul bilancio.

3.4

Il controllo giurisdizionale degli atti procedurali della Procura europea è affidato agli organi giurisdizionali nazionali.

3.5

In base ai trattati UE (8), la Danimarca non farà parte della Procura europea.

3.6

A Regno Unito e Irlanda si applica una clausola di «non partecipazione» (opt-out) alle politiche in materia di giustizia e affari interni: questi due paesi non faranno quindi parte della Procura europea, a meno che non decidano volontariamente e in modo esplicito in tal senso.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Oggetto, definizioni e competenza

4.1.1

Benché l'articolo 1 del regolamento in esame preveda «l'istituzione» della Procura europea, il funzionamento e l'operatività del nuovo organo dipenderanno esclusivamente da come verrà attuata nel lungo periodo la direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale (9), che definisce i reati e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'UE. L'istituzione di una Procura europea è utile per proteggere i contributi erariali dei cittadini europei al bilancio dell'Unione.

4.1.2

Come indicato nella proposta di direttiva relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione (10), i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione sono i seguenti:

i.

le frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione (art. 3);

ii.

i reati connessi alle frodi che ledono gli interessi finanziari dell'Unione (art. 4): la comunicazione o l'omessa comunicazione di informazioni, il riciclaggio di denaro, il fatto che un funzionario europeo prometta o riceva vantaggi indebiti;

iii.

l'istigazione, il favoreggiamento, il concorso nella commissione di reati e il tentativo di commetterli (l'articolo 5 della direttiva precisa soltanto quali siano le sanzioni per questi reati, senza tuttavia darne una definizione).

4.1.3

Il CESE reputa necessario che il regolamento contenga definizioni giuridiche precise ed esplicite per questi reati, e che occorra quindi inserirvi un paragrafo in cui vengano chiaramente indicati i reati perseguiti dalla Procura europea. Inoltre, i reati bagatellari (che cagionano un danno inferiore a un determinato ammontare, ad esempio 10 000 euro) dovrebbero essere esclusi dalla competenza della Procura europea. Secondo il CESE, tutte le definizioni contenute nella direttiva devono essere formulate in modo dettagliato e dovrebbero essere riprese nel regolamento, compresa la definizione di «funzionario pubblico» (11) (che viene estesa dal settore pubblico a quello privato). Tutte le definizioni sia della proposta di regolamento che della proposta di direttiva devono essere formulate in modo preciso e dettagliato e devono essere armonizzate e uniformate.

4.1.4

Il Comitato considera inoltre che una soluzione alternativa per stabilire con chiarezza l'oggetto, le definizioni e la competenza per quanto concerne la Procura europea potrebbe consistere nel modificare alcuni articoli, che definiscono il campo di attività della Procura (12), tramite l'inserimento in un allegato elaborato secondo il modello del regolamento relativo a Eurojust (13). Tale allegato potrebbe essere completato e armonizzato dalla proposta di direttiva.

4.1.5

La competenza della Procura europea deve essere chiara e non può essere messa in discussione. Sebbene il chiarimento dei reati che rientrano nell'ambito della competenza materiale della Procura europea è operato con riferimento alla legge nazionale di attuazione del diritto dell'Unione (direttiva 2013/xx/UE), certi presupposti di questi reati stabiliti dal regolamento (ad esempio, il carattere transfrontaliero, il pregiudizio arrecato agli interessi dell'Unione, il coinvolgimento di funzionari europei, ecc.) garantirebbero una politica coerente in materia penale, in cui tutti i tipi di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione sono sottoposti al medesimo trattamento.

4.1.6

Il regolamento non dovrebbe tuttavia estendere la competenza della Procura europea ai reati per i quali sono i pubblici ministeri nazionali a svolgere l'indagine penale. Andrebbero inoltre precisati i criteri per determinare la «prevalenza» in caso di competenza accessoria della Procura europea, altrimenti saranno possibili interpretazioni e prassi giudiziarie differenti negli Stati membri.

4.1.7

In caso di indagini transfrontaliere, possono esistere situazioni in cui alcuni Stati membri non partecipano al sistema di indagine della Procura europea. Attraverso le relazioni tra il procuratore europeo e i procuratori europei delegati, è possibile evitare l'avvio della stessa azione penale in più Stati membri. Si potrebbe istituire una regola semplice relativa alla giurisdizione adita per prima, in modo che l'azione penale venga avviata nello Stato membro in cui le autorità giudiziarie siano state adite per prime.

4.2   Norme relative all'istituzione della Procura europea

4.2.1

Il procuratore europeo è nominato dal Consiglio, con l'approvazione del Parlamento europeo, ma nella fase di preselezione dei candidati la Commissione ha un ruolo importante poiché presenta una rosa dei candidati in merito alla quale chiede il parere di un comitato di esperti (14). Nel quadro della procedura di selezione del procuratore europeo il CESE raccomanda alla Commissione di portare da 7 a 11 il numero di membri che compongono detto comitato consultivo di esperti e di precisare quanti di questi debbano essere membri della Corte di giustizia, dei massimi organi giurisdizionali nazionali o delle procure nazionali oppure avere un profilo di giuristi altamente qualificati ed esperti; raccomanda inoltre che nel comitato consultivo siedano un rappresentante a testa dello stesso CESE, del Comitato delle regioni, dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, della Corte dei conti europea e del Consiglio degli ordini forensi dell'Unione europea (CCBE).

4.2.2

Inoltre, il CESE considera una soluzione legislativa adeguata la creazione di garanzie specifiche per i magistrati tese ad assicurarne l'indipendenza, la neutralità e l'imparzialità, nonché a garantire loro protezione e stabilità. In quest'ottica, il CESE richiama l'attenzione sul fatto che l'inamovibilità dei procuratori europei è assolutamente necessaria, soprattutto in caso di denunce nei loro confronti.

4.2.3

La revoca del procuratore europeo o dei suoi sostituti spetta alla Corte di giustizia dell'Unione europea su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione. La competenza sui danni arrecati ai cittadini a causa dei procuratori europei delegati, del procuratore europeo o dei suoi sostituti spetta alla Corte di giustizia dell'Unione europea, che esamina e decide sulle istanze relative ai suddetti danni. Il CESE ritiene necessario che, nel caso di controversie relative al risarcimento di danni, le decisioni della Corte di giustizia dell'Unione europea siano comunicate al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione.

4.2.4

Tra i principi fondamentali stabiliti per il funzionamento della Procura europea dovrebbero figurare anche il principio di legalità e quello di subordinazione gerarchica (non espressamente affermati nel regolamento in esame). Dovrebbe essere possibile adire la Procura europea anche d'ufficio. Il sistema europeo di indagine penale guadagnerebbe in coerenza e solidità se la Procura europea potesse impartire linee guida e istruzioni vincolanti all'OLAF.

4.2.5

Attraverso le decisioni interne sul funzionamento vanno stabiliti dei meccanismi di comunicazione efficienti che garantiscano l'indipendenza della Procura europea e del relativo personale, nonché del procuratore europeo e dei suoi sostituti, da qualsiasi influenza esterna.

4.2.6

Il regolamento distingue tra due categorie di reati: la prima (articolo 12) è di competenza automatica della Procura europea, la seconda (articolo 13) presuppone l'esistenza di reati che hanno determinati collegamenti con reati della prima categoria (fatti connessi). Secondo il Comitato, il regolamento non dovrebbe tuttavia estendere la competenza della Procura europea ai reati per i quali sono i pubblici ministeri nazionali a svolgere l'indagine penale finché non esisterà un corpus di definizioni chiare dei reati propriamente detti e dei reati basati su fattispecie identiche (strettamente connessi con i reati lesivi degli interessi finanziari dell'UE). Gli unici criteri di riferimento citati nel regolamento sono definiti con le parole «prevalenti» (15) e «fatti identici», il che rende non prevedibile l'applicazione delle disposizioni del regolamento stesso in assenza di definizioni chiare dei reati («prevalente» da che punto di vista: delle persone coinvolte, delle norme di legge violate, o dell'impatto finanziario?).

4.3   Regole procedurali applicabili alle indagini, all'azione penale e al procedimento penale

4.3.1

Le misure investigative previste dal regolamento in esame, il quale elenca i tipi e le condizioni dei singoli atti di indagine che la Procura europea potrà disporre, debbono essere realizzate esclusivamente in relazione a reati che rientrino nell'ambito di competenza materiale della Procura. I differenti tipi di decisione che la Procura europea può prendere alla conclusione delle indagini — specialmente le soluzioni concrete, comprese l'imputazione e l'archiviazione — devono essere armonizzate a livello dell'Unione.

4.3.2

L'ammissibilità delle prove raccolte e presentate dalla Procura europea dinanzi agli organi giurisdizionali di merito, qualora tali prove vengano ammesse senza essere convalidate, può determinare condizioni di diseguaglianza e il mancato rispetto del principio della «parità delle armi». Dal momento che la Procura europea riceve, tramite la collaborazione istituzionale, l'appoggio di tutte le istituzioni, gli organismi, gli organi e le agenzie dell'Unione, oltre che delle autorità nazionali degli Stati membri, sia l'imputato che i suoi difensori non dispongono di risorse analoghe per dimostrare l'innocenza: ne consegue la violazione del principio della «parità delle armi».

4.3.3

La conclusione di un compromesso nell'interesse della buona amministrazione della giustizia può essere incompatibile con alcuni ordinamenti nazionali; inoltre, tale misura non dovrebbe essere esclusa dal controllo giurisdizionale. Il CESE raccomanda alla Commissione di inserire nel regolamento la definizione di «compromesso» e le condizioni per la sua applicazione (anche nel caso di fattispecie per le quali è stabilita la competenza accessoria della Procura europea).

4.3.4

Le garanzie procedurali per gli indagati e altre persone coinvolte nei procedimenti avviati dalla Procura europea, conformemente alle norme pertinenti, e in particolare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, possono autonomamente definire una serie di diritti (diritto al silenzio e diritto al patrocinio a spese dello Stato) sinora non regolamentati dalla legislazione europea. Questi diritti dovrebbero valere anche per i testimoni e non solo per gli «indagati».

4.4   Controllo giurisdizionale

4.4.1

Quando adotta atti procedurali, la Procura europea è considerata un'autorità nazionale ai fini del controllo giurisdizionale. A giudizio del CESE, gli atti interni adottati dalla Procura europea dovrebbero poter essere sottoposti a un controllo giurisdizionale a livello dell'UE.

4.4.2

Il regolamento interno (che disciplina l'organizzazione del lavoro) della Procura europea non può riguardare soltanto l'assegnazione dei casi, ma anche molti altri aspetti (sostanziali), come la gerarchia, la struttura e la direzione, le attribuzioni specifiche, ecc. Sebbene queste norme interne non abbiano forza esecutiva ma solo validità interistituzionale, per motivi di certezza giuridica possono essere considerate fonte di diritto e dovrebbero poter essere invocate dai cittadini europei sottoposti a un'indagine penale. Tale possibilità è, tra l'altro, conforme al disposto dell'articolo 86, paragrafo 3, del TFUE, che prescrive al legislatore dell'Unione di stabilire le regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti procedurali adottati dalla Procura europea nell'esercizio delle sue funzioni.

4.5   Protezione dei dati personali

4.5.1

Le regole che disciplinano il regime di protezione dei dati nell'ambito specifico della Procura europea precisano e integrano la normativa europea applicabile al trattamento dei dati personali da parte degli organismi dell'UE (16). La trasmissione di questi dati a paesi terzi non può avvenire se non esiste una convenzione in tal senso. Detta trasmissione di dati personali ad un paese terzo è consentita soltanto se ciò è assolutamente necessario per perseguire concretamente un reato e a condizione che il paese terzo sia tenuto, in base ad un accordo, a garantire e rispettare lo stesso livello di protezione dei dati vigente nell'UE. Il compito di controllare il trattamento dei dati personali nell'ambito delle attività della Procura europea deve essere affidato in egual misura al Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) e alle autorità nazionali competenti.

4.5.2

Il trattamento dei dati personali dovrebbe riguardare esclusivamente le persone sospettate, sulla base di indizi validi, di aver compiuto un reato lesivo degli interessi finanziari dell'UE; in caso contrario, esso potrebbe configurarsi come una grave e sproporzionata ingerenza nella vita di queste persone, oltre che come una violazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

4.5.3

Il CESE ritiene che debbano esistere sia una assoluta necessità di raccogliere certi dati (come quelli elencati nell'art. 37, par. 4,) sia un solido e sostanziale nesso causale con i fatti oggetto di indagine. La raccolta di certi dati personali supplementari, come quelli elencati nell'art. 37, par. 4, deve essere rigorosamente giustificata dalle esigenze dell'indagine e deve rispettare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e tutte le norme più avanzate degli Stati membri in materia di protezione dei dati personali.

4.5.4

Secondo il CESE, quando questi dati personali non sono strettamente necessari e in tutti i casi in cui le persone non sono imputate, i dati devono essere cancellati dalla documentazione e dai registri.

Bruxelles, 11 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Cfr. l'art. 2, let. b), l'art. 4, par. 1 e l'art. 12 del COM(2013) 534 final, oltre alle spiegazioni del punto 4.1 («Oggetto, definizioni e competenza») del presente parere.

(2)  COM(2013) 535 final, art. 3, par. 1: «Eurojust è competente per le forme di criminalità di cui all'allegato 1».

(3)  Il comitato di monitoraggio EIDHR svolge la propria attività presso la sezione specializzata Relazioni esterne (REX). La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza (SOC) è competente per la cittadinanza attiva e la difesa dei diritti fondamentali della persona.

(4)  Libro verde sulla tutela penale degli interessi finanziari comunitari e sulla creazione di una procura europea, COM(2001) 715 final dell'11 dicembre 2001.

(5)  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0293:FIN:IT:PDF

(6)  Sintesi della valutazione d'impatto, SWD(2013) 275 final, pag. 2, punto 1.2.

(7)  COM(2013) 534 final, p. 3 e 4.

(8)  Articoli 1 e 2 del Protocollo n. 22 del TFUE.

(9)  All'articolo 2, lettera b), del regolamento in esame questo atto legislativo viene menzionato con i termini «direttiva 2013/xx/UE».

(10)  Nella proposta di regolamento COM(2013) 534 viene precisato che si tratta della «direttiva 2013/xx/UE».

(11)  COM(2012) 363 final, art. 4, par. 5.

(12)  Cfr. l'art. 1, let. b), l'art. 4, par. 1 e l'art. 12 del COM(2013) 534 final.

(13)  COM(2013) 535 final, art. 3: «Eurojust è competente per le forme di criminalità di cui all'allegato 1».

(14)  COM(2013) 534 final, art. 8, par. 3.

(15)  COM(2013) 534 final, art. 13 («Competenza accessoria»), par. 1.

(16)  In particolare il regolamento (CE) n. 45/2001 concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/91


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Piano d'azione per l'industria siderurgica europea

COM(2013) 407 final

2014/C 170/15

Relatore: ROLIN

Correlatore: KOTOWSKI

La Commissione, in data 3 luglio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Piano d'azione per l'industria siderurgica europea

COM(2013) 407 final.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 novembre 2013.

Nella sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta dell? 11 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 156 voti favorevoli, 5 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie con favore il Piano d'azione per l'industria siderurgica europea (in prosieguo anche «il Piano») reso noto dalla Commissione europea l'11 giugno 2013. Considera infatti il Piano un primo passo avanti, che riconosce l'importanza strategica del settore siderurgico per l'Europa e la sua funzione propulsiva ai fini della crescita. Tuttavia, il CESE avverte anche che il successo del Piano dipenderà dai modi in cui queste affermazioni di principio verranno tradotte in realtà.

1.2

Il Piano contiene proposte specifiche, ma per attuarlo occorreranno molti mesi o persino degli anni. Senonché, la rapidità con cui quest'anno produzione e ricavi sono calati rende necessarie azioni immediate e urgenti che aiutino i lavoratori colpiti dalla crisi e ripristinino un clima propizio agli investimenti nella siderurgia e nei settori a valle. Se non si provvederà in tal senso, potrebbero essere chiusi altri impianti e tagliati altri posti di lavoro. In tale contesto, il CESE esorta la Commissione a pubblicare al più presto una tabella di marcia con scadenze precise per l'attuazione del Piano; tabella di marcia che dovrebbe essere discussa con le parti sociali nella prossima riunione del gruppo di alto livello.

1.3

Il Piano resta piuttosto vago quanto alle misure concrete da adottare, e non affronta in maniera adeguata la dimensione ciclica della crisi. Per far sì che la siderurgia continui ad essere un settore strategico per l'industria manifatturiera e per l'occupazione europee, e onde evitare che il suo spazio si restringa ulteriormente, il CESE esorta la Commissione ad adottare una serie di misure urgenti, tra le quali:

una valutazione dettagliata della capacità esistente, con il coinvolgimento delle parti sociali;

misure per agevolare l'uso e il trasporto dei rottami e impedire le esportazioni illegali;

un impiego massiccio dei fondi strutturali, assicurandosi che, nell'allocarli, si presti un'attenzione sufficiente alle esigenze del settore;

nuove misure temporanee con sostegno pubblico (come ad esempio il Kurzarbeit in Germania) e/o il rafforzamento delle misure esistenti, per mantenere la forza lavoro nell'ambito dell'industria siderurgica;

misure di stimolo alla domanda nei settori a valle della siderurgia, come ad esempio quelle proposte per i settori automobilistico ed edile, che vanno attuate immediatamente. Più in generale, si deve garantire un giusto equilibrio tra il risanamento dei conti pubblici — misure di austerità — e politiche industriali attive che generino investimenti e posti di lavoro (1). Per rilanciare la domanda di acciaio, non basterà fare affidamento sui settori dell'auto e delle costruzioni;

un sostegno molto più forte, anche con fondi pubblici, agli investimenti nello sviluppo di tecnologie e processi nuovi, che suscitino un ulteriore potenziamento di impianti e stabilimenti;

un modello sostenibile di produzione dell'acciaio per sostenere l'industria siderurgica europea; bisognerebbe sviluppare e promuovere con urgenza standard di sostenibilità europei, quali il marchio dei prodotti siderurgici da costruzione «SustSteel»;

interventi del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione che, anziché consistere in misure ex post, si concentrino sull'anticipazione dei cambiamenti, ad esempio agevolando l'introduzione di nuove tecnologie e aiutando i lavoratori ad adattarvisi.

1.4

Bisogna inoltre concentrare immediatamente gli sforzi per realizzare politiche europee sostenibili in materia di clima, energia e commercio che consentano al settore di passare a un'economia a basse emissioni di carbonio, nonché efficiente nell'uso dell'energia e delle risorse, senza che ad essere gravata dai relativi costi sia soltanto l'industria siderurgica europea. Per far ciò, occorrerà anche promuovere politiche ambiziose in materia di RS&I, ad esempio nel quadro di Orizzonte 2020, e sostenere attivamente la diffusione di nuove tecnologie pulite ed efficienti nell'uso delle risorse e dell'energia.

1.5

Il CESE appoggia l'obiettivo generale della lotta contro i cambiamenti climatici e sostiene l'azione dell'UE in questo senso. Tuttavia, si devono valutare attentamente le caratteristiche specifiche del settore, in particolare quelle relative alle limitazioni tecnologiche, nonché gli sforzi che sono già stati compiuti. Gli obiettivi fissati per l'industria siderurgica devono essere realizzabili sul piano tecnico così come su quello economico. Essi devono essere configurati in modo tale da evitare che almeno le imprese europee più performanti debbano sostenere costi aggiuntivi derivanti dalle politiche UE in materia di clima, e in particolare dal sistema europeo di scambio di quote di emissioni (ETS), quantomeno finché non si addivenga a un accordo internazionale globale sui cambiamenti climatici che preveda obiettivi e misure identici per l'industria siderurgica di tutto il mondo.

1.6

In tutta Europa, durante il terzo periodo di scambio (2013-2020) e oltre, bisognerebbe ottimizzare misure compensative temporanee volte a controbilanciare gli aumenti dei prezzi dell'energia elettrica indotti in tutta l'UE dall'ETS. Il CESE esorta la Commissione a esaminare ulteriormente tale questione e ad adottare in tempi brevi le misure appropriate.

1.7

Esso appoggia l'idea di istituire un sistema europeo per finanziare lo sviluppo di tecnologie nuove e innovativi nei settori ad alto consumo di energia; sistema che verrebbe a sua volta finanziato dai proventi della vendita delle quote ETS specificamente destinati a questo scopo.

1.8

Bisognerebbe continuare a promuovere l'introduzione di tecnologie di punta come quelle impiegate per il progetto ULCOS. Secondo il CESE, è molto importante monitorare attentamente i dati sulle emissioni di CO2 e l'efficienza energetica degli stabilimenti siderurgici.

1.9

Per la Commissione, garantire la reciprocità e condizioni di parità a livello globale deve costituire una priorità. Data l'assenza di tali condizioni, e considerato il dilagare di tendenze protezionistiche nei paesi con economie emergenti, il CESE esorta la Commissione ad adottare misure più energiche per tutelare l'industria siderurgica europea in maniera rapida e mirata, anche ricorrendo a strumenti di difesa commerciale.

1.10

Il CESE accoglie con favore l'adozione di un quadro di qualità per l'anticipazione dei cambiamenti e le ristrutturazioni, che recepisca le pratiche migliori in questo campo. A suo avviso, tale quadro di riferimento dovrebbe essere usato dai diversi operatori del settore come uno standard minimo europeo per anticipare e gestire i cambiamenti in modo socialmente responsabile, promuovendo corsi di formazione anche per migliorare le competenze del personale e riqualificarlo laddove necessario. Esso dovrebbe inoltre costituire un'opportunità per rendere il settore siderurgico europeo più attrattivo per i giovani più qualificati. Oltre a ciò, bisognerebbe elaborare soluzioni a lungo termine che diano risposte alle sfide del ricambio generazionale. Le parti sociali, a tutti i livelli, possono svolgere un ruolo proattivo al riguardo.

1.11

Il CESE reputa che, per gestire la transizione verso una siderurgia europea più competitiva ma anche socialmente responsabile, si debba garantire alle imprese siderurgiche lo stesso accesso degli altri settori ai fondi europei, nazionali e regionali disponibili.

2.   Introduzione

2.1

Come evidenziato dalla Commissione nel suo Piano d'azione per una siderurgia europea competitiva e sostenibile, «l'UE è il secondo maggiore produttore mondiale di acciaio, con una produzione di oltre 177 milioni di tonnellate di acciaio l'anno, pari all'11 % della produzione mondiale». L'industria siderurgica è ampiamente diffusa in tutta Europa, con almeno 500 impianti di produzione distribuiti in 24 Stati membri.

2.2

Il CESE, da parte sua, ribadisce che il settore dell'acciaio è il cardine della prosperità europea e un anello indispensabile della catena di approvvigionamento dell'UE, poiché sviluppa e realizza migliaia di soluzioni siderurgiche innovative e fornisce così, direttamente o indirettamente, un impiego e un sostentamento a milioni di cittadini europei.

2.3

Purtroppo, però, è ormai evidente che si tratta di un settore colpito molto duramente dalla crisi economica di cui risentono oggi tutti i paesi europei. L'industria siderurgica dipende infatti, per lo sbocco dei suoi prodotti, da settori come l'industria automobilistica e le costruzioni, i quali hanno fatto registrare un drastico calo di attività dal 2008 ad oggi, facendo così diminuire la domanda di acciaio in Europa.

2.4

Una contrazione della domanda che si è manifestata nella chiusura temporanea o permanente di impianti di produzione e nella perdita di oltre 60 000 posti di lavoro nel settore siderurgico.

2.5

Per l'Europa è di vitale importanza adottare azioni tempestive per contenere la crisi che oggi affligge l'industria dell'acciaio. Ecco perché il CESE accoglie con favore questa recente iniziativa della Commissione, che prefigura misure di sostegno per l'industria siderurgica europea.

2.6

Undici anni dopo la scadenza del Trattato CECA (2002), la Commissione propone adesso per la prima volta un piano d'azione globale per l'acciaio. Il Piano è il risultato degli sforzi comuni della Commissione e delle parti sociali per portare avanti la questione della politica industriale sia in generale che riguardo ai principali settori manifatturieri. Esso rappresenta inoltre il primo passo verso un'autentica politica industriale che integri politiche come quella commerciale, quella di R&S, quella ambientale e quelle climatica ed energetica.

2.7

Il Piano delinea una serie di misure e raccomandazioni in materia di domanda, energia ed efficienza energetica, politica climatica, concorrenza, commercio, materie prime, ricerca e innovazione, ma affronta anche aspetti sociali, come l'accesso ai fondi strutturali dell'UE per alleviare il costo sociale dell'anticipazione e gestione dei cambiamenti e la promozione dell'occupazione giovanile per rilanciare la competitività del settore.

2.8

Le parti sociali della siderurgia europea hanno contribuito a questa strategia di lungo termine nel quadro del comitato di dialogo sociale dell'UE, sviluppando una visione «a tutto tondo» delle sfide che il settore è chiamato ad affrontare. Questa analisi comune è servita da piattaforma per la tavola rotonda di alto livello varata dalla Commissione per sviluppare il Piano d'azione per una siderurgia europea competitiva e sostenibile.

2.9

La siderurgia è il nucleo strategico dell'industria manifatturiera europea, ed è tuttora un motore di innovazione tecnologica di vitale importanza per la creazione di valore in settori a valle come quelli automobilistico, delle costruzioni, aerospaziale e dell'energia. Per l'Europa, poi, avere un robusto settore siderurgico è indispensabile, se vuole raggiungere l'obiettivo che si è prefissa di portare dall'attuale 15,2 al 20 % la quota del suo PIL prodotta dall'industria (2).

2.10

L'industria siderurgica europea può contare su molti punti di forza: impianti moderni, prodotti avanzati, clienti esigenti che la costringono a innovare costantemente sui prodotti, un importante mercato interno e una forza lavoro qualificata. Oggi, tuttavia, essa deve confrontarsi con diverse grandi sfide: calo della domanda, aumento dei costi dell'energia, dipendenza da materie prime d'importazione e, in molti casi, concorrenza sleale.

2.11

Il Piano d'azione individua tutte le questioni più importanti che riguardano il settore dell'acciaio, dando particolare rilievo a un elenco delle possibili azioni da realizzare ai vari livelli istituzionali e da parte dei principali attori interessati.

2.12

Come previsto dalla Commissione, un gruppo di alto livello vigilerà sull'attuazione del Piano e ne monitorerà l'impatto sulla competitività, la sostenibilità e la situazione occupazionale del settore.

3.   Osservazioni del CESE

3.1

Il CESE apprezza il fatto che l'allarmante situazione che la siderurgia europea si trova ad affrontare figuri all'ordine del giorno della Commissione. La consultazione delle parti sociali e degli Stati membri ha dato loro l'opportunità di esprimere i loro punti di vista riguardo al settore e ai suoi problemi, nonché di proporre possibili soluzioni affinché l'Europa mantenga un robusto settore siderurgico; e tali consultazioni sono sfociate nell'elaborazione del Piano d'azione per una siderurgia europea competitiva e sostenibile.

3.2

Il Piano è il primo passo per aiutare il settore dell'acciaio a confrontarsi con le molte sfide economiche, sociali e ambientali che oggi lo attendono, creando un «nuovo» quadro di politica industriale che preservi la competitività del settore e ne mantenga la forza lavoro in Europa. Le affermazioni fatte nel Piano sono ottimistiche, ma in ultima analisi il suo successo dipenderà dai modi in cui le sue indicazioni verranno tradotte in realtà: se il Piano non si fonderà su una strategia chiara di breve, medio e lungo termine e non sarà dotato dei necessari strumenti giuridici, finanziari e logistici, esso non potrà realizzare il suo impatto potenziale.

3.3

Ad avviso del CESE, l'attuazione del Piano dovrebbe consentire di:

creare le condizioni quadro per mantenere la competitività internazionale e lo sviluppo sostenibile dell'industria siderurgica europea a breve e lungo termine. La capacità del settore di rispondere alle mutate circostanze economiche è influenzata dalle politiche in materia di ricerca e innovazione, ambiente, energia, commercio e concorrenza, nonché dai bisogni dei consumatori. Il Piano dovrebbe puntare a modulare tali politiche per far sì che esse affrontino in modo adeguato le sfide che attendono la siderurgia;

sostenere l'industria siderurgica — che è stata e continua ad essere duramente colpita dalla crisi economica — mettendola in condizione di far fronte al rallentamento dell'economia. Fin dall'inizio della crisi il settore ha reagito con decisione al calo della domanda di acciaio, tagliando la capacità produttiva sia in modo permanente che in via temporanea. Dal 2008 ad oggi, è stato tagliato il 15,5 % dei posti di lavoro nell'industria siderurgica (fonte: Eurofer).

impedire che il futuro dell'industria siderurgica in Europa sia minacciato. Gli impianti dismessi e gli altiforni spenti potrebbero benissimo non essere sostituiti o rimessi in attività. Il CESE teme che, una volta ripartita la domanda, l'economia dell'UE rischi molto concretamente di diventare un importatore strutturale di acciaio;

migliorare il contesto imprenditoriale e le condizioni normative per la produzione di acciaio nell'UE. In Europa i prezzi delle materie prime e dell'energia e i costi di conformità sono tra i più alti al mondo; i prezzi del gas e dell'elettricità sono, rispettivamente, da tre a quattro volte e due volte più alti che negli Stati Uniti; e, se non si corre ai ripari, il divario è destinato ad aumentare;

sostenere i lavoratori e le regioni, anch'esse duramente colpite dalla crisi, ma anche migliorare i modi di programmare e gestire i cambiamenti, promuovendo la formazione, migliorando le competenze e sostenendo la riqualificazione laddove necessario. Migliaia di posti di lavoro sono già stati tagliati, e molti altri sono ancora minacciati. Inoltre, vi è stato un aumento generalizzato degli impieghi temporanei, che rende più difficile trasferire le competenze fondamentali e il know-how. In alcuni casi ciò può incidere sulla qualità della produzione o mettere a repentaglio la sicurezza fisica dei lavoratori.

Osservazioni generali

3.4

Uno degli obiettivi principali enunciati nella comunicazione della Commissione sulla politica industriale è far sì che la quota di PIL prodotta dall'industria raggiunga il 20 % entro il 2020. Il CESE appoggia questo obiettivo, in quanto dalla sua realizzazione trarrebbe beneficio anche il settore siderurgico. Tuttavia, sarà probabilmente molto difficile realizzarlo senza agevolare l'accesso a istituzioni finanziarie quali la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo.

3.5

La situazione di mercato costringerà i produttori di acciaio a effettuare ulteriori, difficili cambiamenti strutturali (non si può escludere la possibilità di fusioni, acquisizioni e fallimenti). Oggi, per i produttori di acciaio, investire massicciamente in innovazione, realizzare tipi di acciaio innovativi, migliorare la gamma dell'offerta di prodotti finiti, ridurre ulteriormente i costi di determinati tipi d'acciaio e fornire servizi utilizzando acciaio di produzione propria, sono attività tanto essenziali quanto difficili o impossibili da finanziare.

«Il corretto quadro normativo»

3.6

Da un recente studio, effettuato su incarico della Commissione per valutare i costi cumulativi di conformità per l'industria siderurgica dell'UE, emerge che, in periodi normali, non sono quei costi i principali fattori del divario di competitività. In periodi di crisi, tuttavia, i costi di conformità possono avere un impatto significativo sulla competitività di tale industria (3). Il quadro normativo dovrebbe essere valutato sia in termini di costi che in termini di benefici.

3.7

Le parti sociali del settore siderurgico devono essere pienamente coinvolte nella valutazione del quadro normativo.

«Il rilancio della domanda di acciaio»

3.8

Come evidenziato dalla Commissione, «la domanda di acciaio dipende dalla situazione economico-finanziaria di pochi settori industriali chiave che utilizzano l'acciaio: le costruzioni e l'industria automobilistica, ad esempio» (4). Purtroppo, l'attuale crisi economica sta mettendo a dura prova la domanda di questi settori, provocando così un calo della domanda lorda di acciaio.

3.9

La Commissione conta sul suo programma «CARS 2020 (5)» e sull'iniziativa di sostegno alla competitività sostenibile del settore delle costruzioni (6) per stimolare la domanda di acciaio in Europa. Tuttavia, considerate la gravità e l'urgenza della situazione attuale del settore siderurgico, tali programmi non sono abbastanza concreti e non saranno sufficienti per incidere già a breve termine su questa situazione.

3.10

La domanda di acciaio può essere rilanciata anche agevolando il varo di grandi infrastrutture orientate al futuro e migliorando il potere d'acquisto dei cittadini europei, allo scopo di innescare una ripresa nel mercato interno.

«Condizioni di parità a livello internazionale»

3.11

Nell'ultimo decennio la siderurgia europea è stata sempre più penalizzata da pratiche commerciali sleali, protezionismo di paesi terzi ed eccessiva concentrazione dei produttori di materie prime. È quindi urgente valutare la possibilità di affrontare con decisione, in maniera rapida e mirata, tutte le pratiche sleali di cui è vittima l'industria siderurgica europea. E ciò è tanto più urgente se si considera l'eccesso di capacità produttiva del settore su scala mondiale, che induce taluni paesi terzi a ricorrere a pratiche commerciali sleali per esportare le loro eccedenze di produzione.

«Politica energetica e politiche in materia di clima, di efficienza energetica e di efficienza nell'impiego delle risorse per promuovere la competitività»

3.12

L'industria siderurgica europea avrà un futuro soltanto se le sue imprese saranno all'avanguardia dell'evoluzione tecnologica mondiale, specie per quanto attiene all'applicazione, se economicamente redditizia, delle più recenti tecnologie produttive nel campo della riduzione delle emissioni di CO2 e dell'efficienza energetica.

3.13

La siderurgia è un'industria a elevato consumo energetico che oggi in Europa deve fare i conti con prezzi dell'energia più alti di quelli praticati nella maggior parte delle economie concorrenti; ed è un'industria a elevata intensità di capitale, per il cui sviluppo a lungo termine è fondamentale che i prezzi dell'energia siano stabili, prevedibili e competitivi a livello mondiale.

3.14

Il Piano d'azione si concentra giustamente sul contributo dei prodotti e materiali siderurgici alla riduzione delle emissioni di CO2. Per quanto concerne i processi produttivi, con le tecnologie attuali l'industria siderurgica è ormai prossima ai suoi limiti e non può quindi raggiungere gli obiettivi proposti dalla Commissione per il 2050. Miglioramenti significativi potranno essere realizzati soltanto con tecnologie radicalmente innovative. La R&S finalizzata all'innovazione (R&S+I) e le risorse per finanziarla assumono pertanto un'importanza fondamentale. In tale contesto, il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di sostenere, nel quadro di Orizzonte 2020, progetti di R&S, pilota e dimostrativi, di nuove tecnologie più pulite e più efficienti nell'uso delle risorse e dell'energia.

3.15

Benché — come si è detto — con le tecnologie attuali la siderurgia sia prossima ai suoi limiti, non tutti gli impianti hanno esaurito il loro potenziale di miglioramento, in termini di efficienza nell'uso dell'energia o delle risorse, sulla base delle tecnologie esistenti. Le imprese dovrebbero quindi essere incoraggiate a investire nelle migliori tecnologie disponibili.

3.16

Oggi sono proprio i prezzi delle risorse e dell'energia a spingere l'industria verso l'innovazione. Se la responsabilità principale degli investimenti in R&S+I incombe alle stesse imprese siderurgiche, è però necessario garantire un sostegno più forte ai progetti di R&S, pilota e dimostrativi, e alla diffusione di nuove tecnologie. Dato che, in termini di costi, l'aggravio principale per l'industria dell'acciaio è rappresentato da quelli delle materie prime e dell'energia, la sfida consiste nel ridurre il divario nel loro costo tra l'UE e le principali economie concorrenti.

3.17

A ciò si aggiunge il fatto che la crisi e i rigorosi vincoli di bilancio hanno gravemente compromesso, in alcuni Stati membri, la possibilità di erogare compensazioni ai produttori di acciaio, con la probabile conseguenza di creare una situazione iniqua in tutta Europa.

Innovazione

3.18

Negli ultimi decenni l'industria siderurgica europea ha mantenuto un vantaggio competitivo sulle sue concorrenti grazie a un'accresciuta efficienza, a innovazioni nei prodotti e a considerevoli aumenti della produttività del lavoro. Nella situazione attuale, tuttavia, sarà difficile compiere ancora progressi in questo campo fintanto che le condizioni del mercato, il contesto normativo e il clima imprenditoriale non saranno migliorati.

3.19

Bisogna che lo sviluppo di nuove tecnologie valide anche sotto il profilo economico vada di pari passo con l'aumento della competitività delle imprese siderurgiche europee nei confronti delle loro concorrenti del resto del mondo. Una produzione che consumi meno energia e materie prime farà diminuire i costi, rendendo così la siderurgia europea più competitiva.

«La dimensione sociale: processi di ristrutturazione e bisogni di competenze»

3.20

Il Piano individua il problema della futura penuria di competenze, dovuta principalmente al cambiamento della piramide delle età, ma non tiene sufficientemente conto della «perdita» di know-how e di competenze causata dai processi di ristrutturazione. Inoltre, il ricambio generazionale imporrà soluzioni sistematiche, soprattutto in considerazione del forte aumento della disoccupazione giovanile.

3.21

Promuovere misure temporanee di sostegno ai lavoratori è essenziale per far fronte alla difficile congiuntura economica, salvaguardare la forza lavoro e preservare le competenze di vitale importanza per il futuro della siderurgia.

Il gruppo di alto livello

3.22

Considerata l'urgenza dei problemi della siderurgia europea, è sconfortante che la Commissione preveda che il gruppo di alto livello si riunisca soltanto una volta all'anno. La rapidità con cui oggi si evolve la situazione del settore renderà infatti necessari aggiornamenti costanti, che consentano di adottare decisioni informate.

3.23

Infine, bisogna che, entro 12 mesi dall'adozione del Piano, sia effettuata una valutazione del suo impatto sulla competitività dell'industria siderurgica europea; e, per assicurarsi che tale valutazione sia la più accurata e obiettiva possibile, è di cruciale importanza associare le parti sociali alle relative discussioni. Vi è bisogno di maggiore cooperazione tra i rappresentanti dei datori di lavoro e quelli dei lavoratori, a livello europeo, nazionale, locale e aziendale, affinché ciascuno si impegni a fare la sua parte per attuare il Piano d'azione.

Bruxelles, 11 dicembre 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  CCMI/108

(2)  COM(2012) 582 final.

(3)  Centre for European Policy Studies, Assessment of Cumulative Cost Impact for the Steel Industry («Valutazione dell'impatto dei costi cumulativi per l'industria siderurgica»), 2013.

(4)  COM(2013) 407.

(5)  COM(2012) 636 final.

(6)  COM(2012) 433 final.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente emendamento, che ha ottenuto più di un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni (articolo 54, paragrafo 3, del Regolamento interno).

Punto 1.11

Modificare come segue:

Il CESE reputa che, per gestire la transizione verso una siderurgia europea più competitiva ma anche socialmente responsabile, si debba garantire alle imprese siderurgiche lo stesso accesso degli altri settori ai fondi europei, nazionali e regionali disponibili.

Motivazione

Una formulazione abbreviata evita di specificare in modo più dettagliato di quali fondi si tratta e garantisce agli operatori una flessibilità sufficiente senza introdurre potenziali distorsioni del mercato nel settore.

Esito della votazione

Voti favorevoli:

:

70

Voti contrari:

:

77

Astensioni:

:

12


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/98


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Anno europeo dello sviluppo (2015)

2014/C 170/16

Relatore unico: GOBIŅŠ

Il Parlamento europeo, in data 18 settembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Anno europeo dello sviluppo (2015).

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 5 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 144 voti favorevoli, 2 voti contrari e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la decisione della Commissione europea di rispondere all'iniziativa congiunta della società civile e dello stesso Comitato di designare il 2015 Anno europeo dello sviluppo.

1.2

Il CESE approva pienamente sia le modifiche alla proposta della Commissione relativa all'Anno europeo dello sviluppo (1) suggerite dalla Confederazione europea delle ONG operanti nel settore dell'emergenza e dello sviluppo (CONCORD) (2), sia le proposte di emendamento al medesimo testo presentate dal Parlamento europeo (3). Sottolinea inoltre che molte delle idee avanzate in tali proposte di modifica sono già state oggetto di discussione in seno alla task force informale istituita per l'anno europeo, oltre a venire parzialmente citate in altri pareri del CESE e sulla pagina web del Comitato dedicata al dibattito sullo stesso tema.

1.3

L'Anno europeo dello sviluppo sarà la prima delle iniziative di questo tipo ad essere dotata di una forte dimensione globale e fondata sui diritti. Il CESE chiede alle istituzioni UE di fare del loro meglio per realizzare gli obiettivi stabiliti da CONCORD: l'Anno europeo 2015 rappresenta «un'occasione imperdibile per un dibattito pubblico di vasto respiro e un impegno civile sostanziale sulla visione dell'Europa in materia di sviluppo globale, sia nel nostro continente che nel resto del mondo, con le sue dimensioni relative ai diritti umani, alla sostenibilità ambientale e alla coesione sociale» (4)

.

1.4

Il CESE invita i suoi partner di altre regioni del mondo a fare campagna per la celebrazione di un Anno mondiale per lo sviluppo 2015 anche in altre parti del pianeta, dal momento che rimane ancora tempo a sufficienza per i necessari preparativi.

1.5

L'accento dovrà essere posto prevalentemente sugli aspetti più sostenibili e pertinenti della cooperazione allo sviluppo, quali la solidarietà e la giustizia globali, la coerenza delle politiche di sviluppo, gli obiettivi di sviluppo sostenibile, i beni pubblici e le sfide globali, nonché il ruolo dei cittadini europei in qualità di consumatori e protagonisti in un'economia globalizzata. Questioni di portata limitata e legate alla relazione tra donatore e beneficiario non dovrebbero essere considerate prioritarie.

1.6

Si dovrebbe inoltre dare risalto al ruolo del settore privato nel campo dello sviluppo (5), dal momento che in genere i paesi in via di sviluppo non dispongono di strategie di sviluppo per le piccole e medie imprese (PMI), incluse le cooperative, che possano contribuire ad eliminare la povertà e a promuovere una crescita inclusiva. Le esperienze europee in materia di politiche di sostegno alle PMI, attuate in collaborazione con le parti sociali e le ONG interessate, dovrebbero essere trasferite in modo mirato e pertinente nei paesi in via di sviluppo allo scopo di conseguire una crescita sostenibile nelle sue tre dimensioni principali: economica, sociale e ambientale.

1.7

Il CESE ribadisce che il successo registrato da precedenti anni europei va attribuito essenzialmente alla stretta cooperazione tra le istituzioni e gli organi dell'Unione, da un lato, e la società civile, dall'altro, a livello sia nazionale che UE. Esorta perciò a passare subito all'azione istituendo delle task force multilaterali, allo scopo di assicurare per tempo e adeguatamente lo svolgimento di una cooperazione strutturata. Il Comitato caldeggia pertanto la creazione di un'alleanza delle organizzazioni della società civile (OSC).

1.8

Le attività condotte dalle OSC a più livelli (nazionale, UE e di paese partner) rivestono un ruolo chiave nell'elaborazione dei processi politici: ecco perché le organizzazioni della società civile e le iniziative da esse realizzate dovrebbero rappresentare la priorità principale dell'Anno europeo 2015 e ricevere la maggior parte dei finanziamenti. Affinché l'iniziativa dell'Anno europeo dello sviluppo dia migliori risultati sia a breve che a lungo termine è essenziale evitare di investire denaro in campagne costose affidate ad agenzie di pubbliche relazioni, o perlomeno, qualora si decida comunque di ricorrere alle loro prestazioni, cercare di ridurle al minimo (come indicato al punto 3.6 del presente parere).

1.9

Il Comitato invita le istituzioni dell'UE a sfruttare le discussioni in sede di dialogo a tre per concentrare l'attenzione sul conseguimento di risultati e di una partecipazione duraturi piuttosto che sull'organizzazione di campagne o iniziative di diffusione di informazioni. Per fare ciò, occorre emendare in diversi punti una serie di articoli della proposta della Commissione, come indicato più avanti nelle sezioni 3 e 4, e occorre inoltre apportare delle modifiche ai considerando e agli allegati del medesimo testo, modifiche che, per ragioni di spazio, non è possibile elencare dettagliatamente nel presente parere.

1.10

Come indicato al punto 3.5 del presente parere, l'approccio più produttivo potrebbe essere quello decentrato, dato che le tradizioni e i precedenti nel campo della cooperazione allo sviluppo sono molto eterogenei e, quindi, non è possibile individuare una formula universalmente valida per la redazione dei testi, le attività e così via. Nelle sezioni 3 e 4 del presente parere viene formulata una serie di proposte in merito ad un Anno europeo 2015 «realizzato a partire dalla base» che andrebbero tenute in considerazione nel preparare l'iniziativa.

2.   Osservazioni generali

2.1

L'Anno europeo riveste una funzione specifica nell'ambito delle attività di comunicazione e coinvolgimento attivo dei cittadini, consentendo l'organizzazione di eventi congiunti di portata europea, nazionale e regionale/locale ad opera tanto dei soggetti istituzionali quanto di un numero crescente di organizzazioni della società civile.

2.2

Il 2015 — l'anno entro il quale dovranno essere conseguiti gli obiettivi di sviluppo del millennio — dovrebbe concludersi con una valutazione dei risultati ottenuti e con l'adozione di una nuova strategia o di un nuovo paradigma per il prossimo decennio. L'UE ha svolto un ruolo fondamentale nel campo delle tematiche di sviluppo, come pure per quanto riguarda la definizione degli obiettivi di sviluppo del millennio. Benché gli interventi della cooperazione allo sviluppo vadano ben al di là dei soli aiuti allo sviluppo, si deve osservare che la maggior parte (il 60 %) degli aiuti pubblici allo sviluppo (APS) totali viene versata dall'UE e dai suoi Stati membri. L'Unione e i cittadini europei, insieme ai partner dell'UE nei paesi in via di sviluppo, dovrebbero porsi alla guida del dibattito sul periodo successivo al 2015.

2.3

Secondo dati di Eurobarometro (6), nell'UE circa 20 milioni di persone sono attivamente impegnate nell'ambito di organizzazioni non governative che operano nel campo dello sviluppo (compreso il volontariato), circa 130 milioni di cittadini europei donano a organizzazioni di aiuto ai paesi in via di sviluppo e il 72 % della popolazione UE è favorevole all'idea di aiutare i paesi che registrano valori bassi degli indicatori di sviluppo.

2.4

Aumenta il numero di persone che hanno maturato la consapevolezza che lo sviluppo comincia «a casa nostra» e dai nostri comportamenti quotidiani, attraverso il commercio equo e solidale, la protezione dell'ambiente, la partecipazione ai processi politici e così via.

2.5

Una vasta e inclusiva coalizione di promotori dell'iniziativa, le cui file si vanno rapidamente ingrossando e che è fortemente sostenuta dal commissario europeo per lo Sviluppo Andris Piebalgs e dai suoi collaboratori, sotto la guida di organizzazioni della società civile sia nazionali che a livello UE (Movimento europeo — Lettonia), della Piattaforma lettone per la cooperazione allo sviluppo (LAPAS), della Confederazione europea delle ONG operanti nel settore dell'emergenza e dello sviluppo (CONCORD) e del CESE (7), ha riunito i principali soggetti interessati, tra cui un ampio spettro di organizzazioni della società civile, il Comitato delle regioni e il Parlamento europeo. Sin dall'inizio i partner si sono adoperati per la riuscita di un Anno europeo 2015 ambizioso e capace di produrre risultati tangibili.

3.   Osservazioni specifiche

3.1

Il CESE invita le istituzioni dell'UE a sfruttare le discussioni in sede di dialogo a tre per arricchire i contenuti dell'Anno europeo 2015 e per dotarlo di misure che garantiscano risultati di migliore qualità e più sostenibili (ad es. tramite processi politici, impegni, il miglioramento del dialogo sia orizzontale che strutturale, ecc.).

3.2

Il CESE rammenta la sua proposta iniziale sui contenuti dell'Anno europeo: «Il CESE chiede che venga rivolta maggiore attenzione al tema della cooperazione allo sviluppo, alla solidarietà globale e al dibattito sugli obiettivi di sviluppo del Millennio. Propone pertanto di dedicare l'anno 2015 ai temi dello “sviluppo e della cooperazione” (titolo provvisorio). Dato che sia l'UE che gli Stati membri sono determinati a raggiungere tali obiettivi entro il 2015, il CESE invita a profittare dell'anno europeo per sensibilizzare i cittadini, la società civile e i livelli nazionali ed europeo — e per promuovere una responsabilità condivisa di tutti questi soggetti — in merito al conseguimento degli obiettivi fissati e dei nuovi obiettivi per il dopo 2015» (8)

.

3.3

Il fattore chiave per la riuscita dell'Anno europeo e del settore dello sviluppo in quanto tale consiste nel garantire l'impegno e la partecipazione in materia di sviluppo dei cittadini e delle organizzazioni della società civile in Europa, nonché dei loro partner in tutto il mondo, oltre che il loro coinvolgimento in un dialogo politico sullo sviluppo e la giustizia a livello globale. Le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo fondamentale non solo per quanto riguarda il reperimento di fondi e la realizzazione delle attività di sviluppo, ma anche nell'ambito dei processi politici. Questo vale in particolare per i giovani, che spesso sono maggiormente collegati con la realtà che li circonda tramite le reti sociali e altri mezzi di comunicazione, e hanno una maggiore consapevolezza dei problemi urgenti che loro stessi — in quanto nostri futuri leader — dovranno risolvere. Ecco perché è di cruciale importanza associare in modo diretto e sostanziale i bambini e i giovani, in particolare le ragazze, ai dibattiti dell'Anno europeo. È inoltre necessaria una partecipazione sostanziale e diretta di cittadini provenienti da contesti sociali diversi e con un variegato spettro di interessi. La preparazione e la realizzazione dell'Anno europeo, come pure il contenuto e il quadro finanziario dell'iniziativa, dovrebbero tenere adeguatamente conto di tutti gli aspetti summenzionati.

3.4

Il CESE è favorevole ad un approccio decentrato per l'Anno europeo. In ciascuno Stato membro una task force dovrebbe creare un motto, uno slogan o un'esortazione, appositamente concepiti per l'Anno europeo, che rispecchino quanto più possibile la situazione del paese. Queste task force a livello sia nazionale che UE dovrebbero venire istituite entro due mesi dall'adozione della proposta e avere accesso ai finanziamenti assegnati all'iniziativa. Le organizzazioni della società civile dovrebbero avere un ruolo di primo piano in seno a questi organismi, le cui attività dovrebbero proseguire e ricevere un sostegno anche dopo l'Anno europeo.

3.5

Il CESE plaude alla volontà della Commissione di destinare ingenti finanziamenti per garantire la riuscita dell'Anno 2015. Al tempo stesso, però, esprime la propria preoccupazione perché, al momento, solo una piccola parte dei fondi è stata stanziata per l'impegno e le attività della società civile, che potrebbero invece assicurare al meglio la sostenibilità dell'Anno e offrire i risultati più interessanti. L'impiego dei fondi per contratti o appalti, in corso o ancora da concludere, nel campo delle pubbliche relazioni andrebbe evitato o ridotto al minimo, dato che in alcuni casi queste attività potrebbero risultare persino controproducenti rispetto agli obiettivi dell'iniziativa.

3.6

Alla luce delle buone pratiche attuate in precedenti edizioni dell'anno europeo, il Comitato caldeggia la creazione di un'ampia e inclusiva alleanza delle organizzazioni della società civile che, come in passato, dovrebbe guidare la programmazione e la realizzazione dell'Anno europeo 2015. Raccomanda inoltre di dedicare particolare attenzione all'avvio di una stretta cooperazione con i suoi membri ed organi, come pure con altri soggetti interessati e con le organizzazioni che aderiranno all'alleanza, a livello sia nazionale che UE.

3.7

La buona prassi di designare alcuni Ambasciatori dell'Anno europeo dovrebbe essere ripetuta anche nel 2015, poiché tali figure offrono importanti opportunità di sensibilizzare i cittadini e di guadagnare consensi agli obiettivi dell'iniziativa.

3.8

Il CESE si impegna a mettere a punto meccanismi di cooperazione a tutti i livelli pertinenti al fine di avviare una cooperazione e creare sinergie quanto più possibile efficaci tra le istituzioni e gli organi dell'UE. Nel corso dell'Anno europeo si dovrebbe egualmente dare inizio ad una collaborazione con le Nazioni Unite.

3.9

Il Comitato appoggia con convinzione le proposte per l'Anno europeo avanzate in sede di task force informale istituita per l'occasione e sulla pagina web del CESE dedicata al dibattito su questo tema. Le raccomandazioni espresse dalle organizzazioni della società civile e dai loro partner sono state presentate da CONCORD (9). Le istituzioni dell'UE dovrebbero fare del loro meglio affinché l'Anno europeo 2015 risulti:

fonte d'ispirazione: dovrebbe essere un processo al cui interno tutti i soggetti discutono ed elaborano nuove idee e pratiche innovative nel campo dello sviluppo, e giungono inoltre ad un consenso su «qual è il significato della giustizia globale per l'Europa e i cittadini europei?»

partecipativo: vanno messi al centro, come protagonisti del dibattito, i cittadini e i loro punti di vista sulla giustizia globale. Per fare ciò, essi devono beneficiare di pari opportunità di esprimere le loro idee e quelle delle loro organizzazioni, il che significa spostare l'accento dalle «campagne di informazione per sensibilizzare i cittadini» ad un «dibattito congiunto sul parere dei cittadini su uno sviluppo globale equo».

coerente: è necessaria una politica di sviluppo coerente, e nel corso dell'Anno europeo si dovrebbe avviare un dibattito orientato secondo questa prospettiva anche per altre politiche della Commissione oltre a quella di sviluppo (commercio, finanza, agricoltura, ecc.).

un processo di educazione e sensibilizzazione allo sviluppo: l'Anno europeo dovrebbe essere visto come un processo partecipativo di educazione e sensibilizzazione allo sviluppo, fondato sui principi pedagogici e i valori del Consenso europeo in materia di sviluppo.

globale: tutti i dibattiti devono svolgersi su un piano di parità con i partner al di fuori dell'Europa.

3.10

Inoltre, il CESE aderisce con convinzione alle seguenti raccomandazioni formulate dal relatore del Parlamento europeo sull'argomento (10):

modificare la designazione dell'anno, da Anno europeo dello sviluppo ad Anno europeo per lo sviluppo;

riservare una particolare attenzione ai cittadini di Stati membri che non hanno una tradizione consolidata nel settore della cooperazione allo sviluppo  (11); il CESE raccomanda ugualmente di ricorrere a soluzioni specifiche in questi paesi per evitare l'insorgere di diffusi problemi di cofinanziamento;

sensibilizzare maggiormente i cittadini dell'UE sul loro ruolo nel quadro dello sviluppo globale, sul loro contributo a quest'ultimo nonché sulle possibilità di renderlo più equo e di inserire il tema dello sviluppo nei programmi educativi nazionali  (12);

assicurare il coinvolgimento dei partner dei paesi in via di sviluppo (13);

«sensibilizzare e promuovere il dibattito sulle potenziali conseguenze delle decisioni e delle scelte individuali, locali, regionali, nazionali ed europee per lo sviluppo globale e per gli abitanti dei paesi in via di sviluppo, in modo da giungere a una più approfondita comprensione della politica» (14);

«La Commissione inviterà a queste riunioni [di coordinamento], in veste di osservatori, rappresentanti della società civile e rappresentanti del Parlamento europeo» (15)

.

4.   Ulteriori raccomandazioni in merito ad emendamenti alla proposta presentata dalla Commissione europea  (16)

4.1

Articolo 1 (aggiungere una frase). Un titolo secondario per l'Anno, diverso da paese a paese, permetterebbe di riflettere meglio le differenti tradizioni, sfide e potenzialità proprie a ciascuno Stato membro: «Il 2015 è proclamato Anno europeo dello sviluppo [...]. Ogni Stato membro dovrebbe elaborare un titolo secondario e un motto, uno slogan o un'esortazione per l'Anno europeo.».

4.2

Articolo 2 (primo trattino). Potrebbe essere utile riservare una maggiore attenzione al tema dell'impegno; occorre poi fare riferimento a tutte le parti interessate come a soggetti di pari livello: «- informare i cittadini europei circa la cooperazione allo sviluppo dell'UE, sottolineando e associarli a discussioni su ciò che l'Unione europea può già ottenere quale partner dello sviluppo a livello mondiale maggiore donatore di aiuti al mondo e decidere come potrebbe fare di più con una maggiore coerenza e un migliore coordinamento gli sforzi congiunti dei suoi Stati membri e delle sue istituzioni nonché di altri soggetti;».

4.3

Articolo 2 (secondo trattino). Alla luce del parere del CESE sul tema Commercio, crescita e affari mondiali — La politica commerciale quale componente essenziale della strategia 2020 dell'UE: «- stimolare l'interesse attivo e sostanziale oltre che la partecipazione dei cittadini europei nella cooperazione allo sviluppo e promuovere un senso di responsabilità e opportunità per quanto riguarda le decisioni a livello individuale e gli impegni sia nazionali che internazionali (compresa l'Agenda post-2015), come pure la loro partecipazione alla formulazione e attuazione delle politiche; nonché».

4.4

Articolo 2 (terzo trattino). Il testo si basa in modo eccessivo sui concetti di «aiuto» e «donatore», creando così una prospettiva estremamente limitata: «- aumentare la consapevolezza del ruolo della cooperazione allo sviluppo dell'UE, che comporta un'ampia gamma di benefici per tutti i soggetti associati all'UE e per i paesi partner dell'Unione non solo per i beneficiari, ma anche per i cittadini dell'UE, in un mondo sempre più mutevole e interdipendente.».

4.5

Articolo 2 (nuovo trattino). Un elemento chiave, assente nell'attuale proposta della Commissione, è il conseguimento di risultati sostenibili nell'ambito dei processi politici a livello sia UE che nazionale: «- conseguire risultati e miglioramenti sostenibili, laddove necessario (ad esempio, per quanto riguarda l'agenda politica interna ed esterna e le politiche di sviluppo, la coerenza, l'efficienza, l'approccio basato sui diritti, l'emancipazione femminile, lo sviluppo sostenibile, la capacità di garantire la sicurezza ( securitability )/la sicurezza umana, la partecipazione e lo scambio, gli strumenti e le strutture per la società civile, compresi le organizzazioni imprenditoriali e i sindacati, ecc.).».

4.6

Articolo 3 (paragrafo 1, primo trattino). La comunicazione deve essere un processo bidirezionale; recenti campagne relative all'anno europeo sono state fortemente criticate da più parti: «- campagne attività di comunicazione per diffondere dibattere e concordare i messaggi chiave indirizzate le tematiche principali mirate al grande pubblico e a gruppi più specifici, anche attraverso i media sociali;».

4.7

Articolo 3 (paragrafo 1, secondo trattino). È dimostrato che uno dei fattori chiave del successo di un anno europeo è la presenza di task force efficienti a livello sia nazionale sia dell'UE. Per risultare trasparenti, le discussioni devono portare a risultati concreti e misurabili: «- l'organizzazione di un processo politico aperto ed inclusivo, diretto da una task force multilaterale che includa conferenze, eventi e iniziative con tutte le parti interessate, per promuovere la partecipazione attiva e il dibattito, e per sensibilizzare l'opinione pubblica a livello europeo e per garantire risultati e miglioramenti, laddove necessario;».

4.8

Articolo 3 (paragrafo 1, nuovo trattino). Non è concepibile proclamare un anno «dedicato» allo sviluppo senza il coinvolgimento diretto dei soggetti interessati dei paesi in via di sviluppo o provenienti da tali paesi: «- attività realizzate all'interno delle frontiere dell'UE e che abbiano un impatto anche al di là di tali confini sui paesi partner, i loro cittadini e le loro organizzazioni;».

4.9

Articolo 3 (paragrafo 1, nuovo trattino). Sia il CESE che la Commissione europea precisano, nei rispettivi documenti di lavoro, che una preparazione sin da una fase precoce e attività per dare seguito alle pertinenti iniziative, come pure dei collegamenti tra anni tematici, possono far sì che l'Anno europeo registri risultati migliori: «- attività di preparazione dell'Anno europeo e per dar seguito alle pertinenti iniziative, a livello sia nazionale che UE;»

4.10

Articolo 4 (paragrafo 2). Come già spiegato al punto 4.7 del presente parere: «I coordinatori nazionali, in stretto coordinamento con la Commissione, si consultano e collaborano con istituiscono una task force / un gruppo direttivo nazionale composta/o di un'ampia gamma di parti interessate, compresa la società civile, [...]».

4.11

ALLEGATO — Particolari delle misure di cui all'articolo 3 — parte A — Iniziative dirette dell'Unione (primo capoverso). Andrebbe favorito un approccio decentrato, capace di riflettere le situazioni concrete dei vari Stati membri; le organizzazioni della società civile non dovrebbero essere escluse dall'attuazione delle relative proposte: «Il finanziamento assumerà generalmente la forma di acquisto diretto di beni e servizi nell'ambito di gare d'appalto aperte alle organizzazioni della società civile, al settore privato e ad altri soggetti contratti quadro esistenti. […]».

4.12

ALLEGATO — Particolari delle misure di cui all'articolo 3 — parte A — Iniziative dirette dell'Unione (nuovo trattino). Sulla base delle buone pratiche attuate per i precedenti anni europei: nel 2013, oltre 60 reti di dimensioni europee di organizzazioni della società civile hanno preso parte al coordinamento e alla realizzazione dell'Anno europeo, con attività a livello sia UE che nazionale; un sostegno adeguato al lavoro dell'alleanza è cruciale: «- sostegno al coordinamento della società civile sul modello consolidato di una Alleanza per l'Anno europeo ;».

Bruxelles, 10 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'anno europeo dello sviluppo (2015), COM(2013) 509 final.

(2)  Cfr. risposta di CONCORD alla proposta della Commissione europea relativa all'Anno europeo dello sviluppo 2015.

(3)  Progetto di relazione in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'anno europeo dello sviluppo (2015), relatore: GOERENS, 2013/0238(COD).

(4)  Cfr. risposta di CONCORD alla proposta della Commissione europea relativa all'Anno europeo dello sviluppo 2015.

(5)  Parere del CESE sul tema Partecipazione del settore privato al quadro di sviluppo per il periodo post-2015, GU C 67 del 6.3.2014, pagg. 1-5.

(6)  Speciale Eurobarometro n. 352, giugno 2010: http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_352_en.pdf.

(7)  L'iniziativa è stata presentata e discussa per la prima volta all'Assemblea generale di CONCORD del 22 giugno 2011 da Andris GOBIŅŠ (membro del Movimento europeo — Lettonia e del CESE) e Māra SĪMANE (Piattaforma lettone per la cooperazione allo sviluppo — LAPAS). È stata istituita una task force informale e, nel corso della sessione plenaria del 7 dicembre 2011, il CESE ha ufficialmente adottato il parere sul tema Commercio, crescita e affari mondiali — La politica commerciale quale componente essenziale della strategia 2020 dell'UE comprendente la richiesta di designare un Anno europeo dello sviluppo e della cooperazione.

(8)  Parere del CESE sul tema Commercio, crescita e affari mondiali — La politica commerciale quale componente essenziale della strategia 2020 dell'UE, GU C 43 del 15.2.2012, pagg. 73–78.

(9)  Cfr. risposta di CONCORD alla proposta della Commissione europea relativa all'Anno europeo dello sviluppo 2015 (settembre 2013).

(10)  Progetto di relazione in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'anno europeo dello sviluppo (2015), relatore: GOERENS, 2013/0238(COD).

(11)  Ibidem: emendamenti 14 e 31.

(12)  Ibidem: adattamento del testo dell'emendamento 17.

(13)  Ibidem: emendamenti 18, 19, 21, 28 e 30.

(14)  Ibidem: emendamento 20.

(15)  Ibidem: emendamento 27.

(16)  Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'anno europeo dello sviluppo (2015), COM(2013) 509 final.


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/104


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sanità animale

COM(2013) 260 final — 2013/0136 (COD), alla

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione e alla messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale (testo unico sul materiale riproduttivo vegetale)

COM(2013) 262 final — 2013/0137 (COD), e alla

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante

COM(2013) 267 final — 2013/0141 (COD)

2014/C 170/17

Relatore: KRAUZE

Il Parlamento europeo, in data 23 maggio 2013, e il Consiglio, in data 31 maggio e in data 7 giugno 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, dell'articolo 114, paragrafo 3, dell'articolo 168, paragrafo 4, lettera b), e dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alle seguenti proposte:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sanità animale

COM(2013) 260 final — 2013/0136 (COD),

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione e alla messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale (testo unico sul materiale riproduttivo vegetale)

COM(2013) 262 final — 2013/0137 (COD),

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante

COM(2013) 267 final — 2013/0141 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 146 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore e sostiene complessivamente la proposta della Commissione concernente i regolamenti del Parlamento e del Consiglio sulla salute degli animali e dei vegetali e sulla qualità del materiale riproduttivo vegetale; inoltre ritiene che l'esistenza di disposizioni coerenti e trasparenti, unitamente a una loro adeguata attuazione in tutti gli Stati membri dell'UE, rappresenti una condizione imprescindibile per assicurare condizioni di concorrenza eque tra tutti gli attori presenti sul mercato in Europa.

1.2

Il CESE raccomanda tuttavia di inserire alcune precisazioni redazionali nella proposta relativa alla sanità animale, allo scopo di rendere il testo più facilmente comprensibile.

1.3

Il CESE invita la Commissione europea a inserire nella legislazione tutte le misure di sicurezza necessarie e a prevedere un finanziamento dell'Unione sufficiente per prevenire i rischi legati agli animali selvaggi che, migrando da paesi terzi e varcando le frontiere esterne dell'Unione europea, rischiano di diffondere malattie infettive pericolose sul territorio dell'UE.

1.4

Il CESE fa osservare che gli atti legislativi dell'UE, in particolare nel campo della salute vegetale, devono essere coerenti con le posizioni che l'Unione ha assunto in precedenza a livello internazionale, e constata che, per il momento, la proposta della Commissione relativa al processo di definizione di norme fitosanitarie internazionali non coincide con il punto di vista che l'Unione aveva precedentemente espresso in merito all'inclusione delle specie invasive nel dispositivo di salute vegetale.

1.5

Il CESE accoglie con favore la possibilità introdotta per la prima volta dalla nuova legislazione fitosanitaria di concedere un'indennità di compensazione agli operatori interessati per il valore delle piante e dei prodotti vegetali distrutti o di altri oggetti sottoposti a misure di eradicazione o contenimento.

1.6

Il CESE esprime preoccupazione riguardo al fatto che, tenuto conto delle modifiche che la Commissione prevede di apportare al regime fitosanitario, l'UE rischia di compromettere il buono stato fitosanitario in cui si trova, al punto che il potenziale di esportazione dei suoi Stati membri potrebbe risentirne negativamente e i produttori potrebbero dover sostenere maggiori spese per combattere le malattie e gli organismi nocivi.

1.7

Il CESE è scettico riguardo al fatto che la categoria del materiale riproduttivo forestale sia inclusa nel progetto di regolamento, poiché la Commissione non ha fornito argomentazioni convincenti circa i vantaggi che ne deriverebbero per il settore forestale.

2.   Informazioni generali sulle iniziative legislative

2.1

In ciascuno dei tre ambiti interessati, ovvero la sanità animale, la sanità delle piante e la circolazione del materiale riproduttivo vegetale, a livello UE sono stati incontrati diversi ostacoli che hanno conseguentemente creato difficoltà agli attori del mercato. Risulta quindi particolarmente importante modificare la legislazione allo scopo di ridurre il peso degli oneri amministrativi che devono sostenere tanto i produttori e i prestatori di servizi quanto i consumatori e gli utilizzatori di prestazioni, e di migliorare il contesto imprenditoriale.

2.2

Dal punto di vista della sanità animale, sussistono diversi problemi per quanto riguarda i testi legislativi attualmente in vigore: la politica in materia è complicata, si deplora l'assenza di una strategia complessiva e non viene prestata sufficiente attenzione alla prevenzione delle malattie, che dovrebbe concentrarsi in particolare sulla necessità di definire ed applicare norme di bioprotezione più severe per gli ambienti in cui sono detenuti gli animali.

2.3

Per quanto concerne la salute degli animali, la proposta della Commissione pone maggiormente l'accento sulle misure preventive, la sorveglianza delle malattie, i controlli e la ricerca, allo scopo di ridurre la frequenza delle malattie e il loro impatto qualora insorgano dei focolai; analogamente sono previste disposizioni specifiche per gli animali terrestri e per quelli acquatici.

2.4

La salute delle piante è importante anche ai fini della tutela della biodiversità e dei servizi ecosistemici. Gli organismi nocivi provenienti da altri continenti sono particolarmente pericolosi: se introdotti in Europa, essi provocano gravi danni economici. Il loro insediamento può indurre i paesi terzi ad imporre restrizioni commerciali, a discapito delle esportazioni dell'Unione.

2.5

In materia di salute delle piante, la proposta della Commissione prevede di definire la natura concettuale degli organismi nocivi da quarantena e la loro ripartizione in categorie, che corrispondono ai criteri utilizzati per stabilire se un organismo nocivo debba essere considerato un organismo nocivo da quarantena. La Commissione è autorizzata ad adottare, mediante atti di esecuzione, elenchi di piante specifiche, prodotti vegetali e altri oggetti sottoposti a divieti e disposizioni particolari che riguardano la loro introduzione e circolazione sul territorio dell'UE, nonché norme relative all'introduzione e alla circolazione di piante, prodotti vegetali e altri oggetti nelle zone protette.

2.6

Riguardo al materiale riproduttivo vegetale, la proposta della Commissione mira a completare la legislazione sulla commercializzazione delle sementi e dei materiali di moltiplicazione delle piante, considerando i progressi tecnici realizzati per la selezione vegetale, lo sviluppo rapido del mercato internazionale e la necessità di sostenere la biodiversità vegetale e di ridurre i costi e gli oneri amministrativi sia delle autorità competenti che degli operatori del mercato.

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1

Il 6 maggio 2013, la Commissione europea ha approvato e pubblicato, per esame pubblico, alcune revisioni relative alla salute degli animali e delle piante e alla qualità del materiale riproduttivo vegetale.

Salute degli animali

3.2

L'attuale quadro normativo dell'UE in materia di sanità animale comprende quasi 50 direttive e regolamenti di base e circa 400 atti di diritto derivato. Nel 2004 la Commissione ha avviato una valutazione dei testi normativi nel campo della salute degli animali, che ha portato nel 2007 ad una nuova strategia in materia. Nella sua comunicazione del 6 maggio 2013, la Commissione provvede alla definizione del quadro normativo sulla base di questa strategia di sanità animale per l'Unione europea, così come pubblicata nel 2007.

3.3

La Commissione propone di istituire un quadro normativo semplificato, basato sulla buona governance, conforme alle norme internazionali e incentrato sulle misure di prevenzione a lungo termine e sulla collaborazione con tutti i soggetti interessati.

3.4

La proposta della Commissione suggerisce di prevedere meccanismi efficaci per dare una risposta rapida al manifestarsi delle malattie, comprese le nuove sfide, come le malattie emergenti; ripartire in modo chiaro ed equilibrato i ruoli e le responsabilità fra le autorità competenti, le istituzioni dell'UE, il settore agricolo e i proprietari di animali; e definire gli obblighi dei diversi soggetti interessati, come gli operatori, i veterinari, i detentori di animali da compagnia e i professionisti degli animali. Tutti questi aspetti rivestono un'importanza fondamentale per la tutela della salute degli animali.

3.5

È importante che la Commissione sia disponibile a ridurre le perturbazioni negli scambi, a tenere conto delle specificità dei piccoli allevatori e delle microimprese, e a introdurre procedure semplificate, al fine di eliminare gli oneri amministrativi ingiustificati e i costi eccessivamente elevati, assicurando peraltro una rigida applicazione di norme di qualità in materia di salute degli animali.

3.6

È opportuno ridurre, nella misura del possibile, l'impatto delle malattie degli animali sulla sanità animale e pubblica, sul benessere degli animali, sull'economia e sulla società, migliorando la sensibilizzazione alle malattie, la preparazione per affrontare tali situazioni, i sistemi di sorveglianza e di risposta alle emergenze a livello nazionale e dell'UE.

3.7

Uno degli obiettivi più importanti della proposta della Commissione consiste nel garantire il buon funzionamento del mercato interno degli animali e dei prodotti di origine animale, con un elevato livello di protezione della sanità animale e pubblica e sostenendo gli obiettivi della strategia Europa 2020.

Salute delle piante

3.8

La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che riprende alcune disposizioni concernenti l'individuazione dei rischi fitosanitari dovuti a tali organismi e la loro riduzione a livelli accettabili, è stata elaborata tenendo conto della proposta della Commissione del 2008, che suggeriva una revisione della direttiva 2000/29/CE del Consiglio sulla salute dei vegetali. La proposta abroga diverse direttive di controllo riguardanti la gestione di determinati organismi nocivi da quarantena, la cui presenza nell'Unione è nota.

3.9

Riguardo alle importazioni di piante, la proposta della Commissione definisce un nuovo quadro, che le conferisce il potere di adottare atti di esecuzione per affrontare rischi emergenti connessi a determinate piante da impianto provenienti da determinati paesi terzi nei confronti dei quali devono essere adottate misure cautelative; inoltre impone ulteriori condizioni alle stazioni di quarantena, disponendo che l'introduzione nell'Unione di piante regolamentate, da parte dei passeggeri nei loro bagagli, non è più esonerata dalle rispettive prescrizioni e dai rispettivi divieti, e può ora avvenire solo previo rilascio di un certificato fitosanitario.

3.10

Per quanto riguarda lo spostamento di prodotti vegetali nell'UE, la proposta della Commissione suddivide gli operatori in categorie, a seconda che si tratti di operatori professionali o non professionali, e ne definisce responsabilità e obblighi relativi a detti spostamenti di piante, prodotti vegetali e altri oggetti sottoposti a regolamentazione. Secondo la proposta gli operatori professionali sono tenuti a iscriversi in un registro nel quale figurano anche gli operatori soggetti allo stesso obbligo a norma del proposto regolamento sul materiale riproduttivo vegetale. In tal modo si riducono gli oneri amministrativi per gli operatori professionali.

3.11

La proposta prevede di istituire un sistema elettronico per le notifiche, in modo che gli Stati membri comunichino in maniera uniforme e tempestiva la comparsa sul loro territorio di un organismo nocivo; analogamente si prevede di sensibilizzare maggiormente l'opinione pubblica, aumentare il numero di relazioni, resoconti e altri programmi, ed effettuare simulazioni di situazioni di emergenza.

Materiale riproduttivo vegetale

3.12

La Commissione ha adottato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla produzione e alla messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale (regolamento sul materiale riproduttivo vegetale) che codifica e modifica la legislazione sulla commercializzazione di tale materiale, abrogando e sostituendo dodici direttive del Consiglio.

3.13

Occorre rivedere la legislazione sul materiale riproduttivo vegetale, poiché le direttive citate nella proposta sono attualmente superate, sono state modificate a più riprese e divergono tra loro sia nella logica sottostante che nell'approccio adottato; sono inoltre confuse e gli Stati membri incontrano regolarmente difficoltà a comprenderle in sede di recepimento, a tal punto che questa situazione crea a sua volta distorsioni tra gli attori del mercato, dato che tali direttive riguardano le condizioni in cui essi operano. Inoltre, tenuto conto del loro numero elevato, le direttive in materia non sono adeguatamente coordinate con gli altri atti legislativi inerenti alla salute delle piante o al controllo dei mercati.

3.14

Il progetto di regolamento relativo al materiale riproduttivo vegetale riguarda le sementi di varietà agricole, i materiali di moltiplicazione delle piante coltivate (ortaggi, piante da frutto, arbusti da bacche e specie ornamentali) e il materiale riproduttivo forestale. Per tale motivo, nel regolamento viene introdotta l'espressione generica «materiale riproduttivo vegetale» che si applica sia alle sementi che al materiale di moltiplicazione.

3.15

Gli unici casi ai quali non si applica il regolamento riguardano lo spostamento del materiale riproduttivo vegetale destinato a scopi sperimentali, scientifici e selettivi, come pure alla conservazione in banche genetiche, nonché il materiale riproduttivo scambiato in natura tra persone diverse dagli operatori professionali.

3.16

Per quanto riguarda il materiale riproduttivo forestale, le disposizioni contenute nel progetto di regolamento precisano che gli Stati membri possono prevedere prescrizioni più rigorose per il materiale messo a disposizione dell'utilizzatore finale. Nel caso di questo materiale riproduttivo forestale, il nuovo progetto di regolamento impone alle autorità un'ulteriore serie di formalità amministrative supplementari, che potrebbe tradursi in un aumento degli oneri amministrativi per gli operatori.

4.   Osservazioni generali e particolari

Salute degli animali

4.1

Il CESE esprime riserve in merito al potere della Commissione di adottare atti delegati e di esecuzione a norma del Trattato di Lisbona. Le sue preoccupazioni riguardano in particolare le tematiche sensibili per gli Stati membri, dato che non sarà loro possibile, nel caso degli atti delegati, assicurare che venga presa in considerazione la dimensione nazionale o regionale specifica del dossier in esame.

4.2

Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che in prossimità delle frontiere terrestri esterne dell'Unione europea esiste un rischio maggiore di diffusione da parte degli animali selvatici di diverse malattie animali infettive negli Stati membri. La proposta, tuttavia, mira ad ampliare il potenziale ambito d'azione delle misure di lotta contro le malattie, che ora possono essere applicate in maniera più coerente agli animali selvatici, e prevede una serie di norme di bioprotezione unitamente ad altre misure preventive applicabili alle frontiere dell'UE. A questo proposito, il CESE invita la Commissione europea ad assicurare tutte le misure di sicurezza necessarie, unitamente a un finanziamento europeo adeguato per prevenire questo rischio.

4.3

Occorre precisare quali sono le categorie di soggetti tenuti a notificare ogni sospetto di focolaio di malattia animale. I proprietari di animali hanno l'obbligo di vigilare sulla salute dei propri animali.

4.4

Il CESE rileva alcune incoerenze nell'impiego dei termini operatore e professionista degli animali ed auspica che venga fornita una spiegazione in proposito, per precisare che il diritto di proprietà spetta all'operatore. Fa inoltre osservare che in nessun punto del testo viene indicato quale sia il ruolo che la proposta attribuisce al suddetto professionista degli animali.

4.5

Il CESE invita la Commissione europea a pubblicare quanto prima un elenco strutturato delle malattie degli animali, per valutare le disposizioni relative alla prevenzione e al controllo di tali malattie. È opportuno adottare un approccio flessibile, che possa quindi essere facilmente aggiornato in caso di necessità. Tale approccio dovrebbe essere definito in stretta collaborazione con gli Stati membri e altri soggetti interessati.

4.6

Il CESE sottolinea che tra il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia (in prosieguo: «regolamento sugli animali da compagnia») e la proposta della Commissione in esame si osserva un'incoerenza riguardo ai termini utilizzati, il cui preciso significato andrebbe concordato. Non si comprende quali siano i rapporti giuridici tra la persona fisica (detentore) e il proprietario degli animali, sebbene il regolamento sugli animali da compagnia definisca la persona autorizzata come «una persona fisica che è stata autorizzata in forma scritta dal proprietario a provvedere per suo conto ai movimenti a carattere non commerciale dell’animale da compagnia».

4.7

Per evitare il ricorso a norme interpretative, il CESE suggerisce che venga specificato che la Commissione elabora un atto delegato sull'acquisizione di conoscenze di base da parte degli operatori e dei professionisti degli animali.

4.8

Per quanto concerne gli accertamenti sanitari in alcuni settori, come l'acquacoltura e l'apicoltura, il CESE raccomanda che i soggetti abilitati a svolgere funzioni di veterinari siano obbligatoriamente specialisti adeguatamente formati e autorizzati.

4.9

Il CESE invita la Commissione europea a definire in maniera chiara e comprensibile nella legislazione i meccanismi di risarcimento dei proprietari di animali da allevamento in caso di diffusione di malattie infettive pericolose.

4.10

Il CESE raccomanda di includere anche settori come quello dell'allevamento di pollame nei programmi di sviluppo rurale per il finanziamento di investimenti da parte delle aziende avicole necessari per uniformarsi alle nuove norme zoosanitarie.

Salute delle piante

4.11

Nel progetto di testo concernente la salute vegetale sono state snellite le disposizioni e le procedure in materia di quarantena: è infatti previsto un regime fitosanitario semplificato per la commercializzazione in quantità limitate, fermo restando che anche quantità modeste di piante o prodotti vegetali infetti o infestati possono avere serie ripercussioni sulla situazione fitosanitaria dell'UE.

4.12

Per la definizione di organismi nocivi, la proposta introduce dei criteri che non corrispondono ai principi della Convenzione internazionale per la protezione delle piante (International Plant Protection Convention — IPPC); inoltre utilizza termini e definizioni che si allontanano considerevolmente dalla terminologia e dalle accezioni utilizzate da tale convenzione e dalle norme per le misure fitosanitarie. Questa discrepanza può suscitare incomprensioni con i paesi terzi e creare conseguentemente difficoltà per le esportazioni di piante e prodotti vegetali.

4.13

Il CESE accoglie con favore la possibilità introdotta per la prima volta dalla nuova legislazione fitosanitaria di concedere un'indennità di compensazione agli operatori interessati per il valore delle piante e dei prodotti vegetali distrutti o di altri oggetti sottoposti a misure di eradicazione o contenimento. Il fondo veterinario dell'Unione europea ha già adottato un approccio simile per quanto riguarda gli animali. Il risarcimento del valore delle piante distrutte e degli altri danni citati sarà giuridicamente applicabile dopo l'adozione della legislazione in materia di salute delle piante. Sarebbe auspicabile poter applicare questa misura senza indugi, non appena sarà varato il quadro finanziario pluriennale 2014-2020.

4.14

Dato che l'UE, come ciascuno dei suoi Stati membri, ha firmato l'IPPC e l'accordo sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie, prevedibilmente tali modifiche apportate alle definizioni faranno sì che l'Unione possa trovarsi a non applicare i principi di detta convenzione e dell'accordo internazionale.

4.15

Il CESE esprime riserve sulla modifica dei requisiti relativi all'attuazione del passaporto delle piante, previsto per le piante e i prodotti vegetali destinati a essere introdotti in zone protette, dato che il progetto prevede che tale passaporto non sarà più necessario per gli utilizzatori finali: in tal modo aumenteranno infatti i rischi di diffusione di nuove piante assimilabili a organismi nocivi da quarantena.

4.16

Il CESE non sostiene la proposta di obbligare gli operatori, in particolare gli agricoltori, in caso di presenza di organismi nocivi da quarantena, ad applicare rapidamente tutte le misure fitosanitarie necessarie per sopprimere tali organismi, dato che la responsabilità e gli investimenti economici necessari per garantire la salute delle piante a lungo termine spettano all'autorità competente e che eventuali costi aggiuntivi indebolirebbero la competitività degli operatori.

4.17

Pur esprimendo parere favorevole sull'approccio della Commissione in merito alle esportazioni verso i paesi terzi e la possibilità di beneficiare di un certificato di pre-esportazione, il CESE teme che questa nuova regolamentazione non risolva i problemi che emergono attualmente in materia di certificazione delle merci esportabili quando il paese da cui provengono non coincide con lo Stato che ha emesso il certificato. Analogamente, continua a esprimere preoccupazione riguardo agli esami e ai controlli doppi ai quali saranno sottoposte — e di cui dovranno farsi carico — le imprese europee.

Materiale riproduttivo vegetale

4.18

Secondo il progetto di regolamento in esame, nella definizione di operatore non rientrano i soggetti privati. L'operatore professionale è definito come «una persona fisica o giuridica che svolge a titolo professionale almeno una delle seguenti attività in relazione al materiale riproduttivo vegetale: produzione, selezione, mantenimento, fornitura di servizi, conservazione, o messa a disposizione sul mercato». Per facilitare le attività di controllo, è previsto l'obbligo di iscrizione per questi operatori professionali.

4.19

Occorre formulare più chiaramente la nuova disposizione riguardante gli operatori professionali, poiché risulta difficile capire qual è il suo ambito di applicazione: in pratica, è valida solo per tali operatori oppure anche per quelli non professionali?

4.20

Il progetto di regolamento proposto dalla Commissione contiene ancora diversi punti poco chiari che riguardano, ad esempio, il modo in cui le disposizioni di tale atto si applicheranno alla produzione di materiale riproduttivo forestale e al controllo della sua commercializzazione; tali disposizioni differiscono infatti da quelle concernenti i materiali di moltiplicazione delle coltivazioni agricole per quanto riguarda il sistema di classificazione, le definizioni o gli stessi principi fondamentali di controllo e sorveglianza che sarebbe opportuno non modificare. Inoltre il dispositivo in vigore per produrre e certificare tale materiale riproduttivo forestale è conforme al quadro dell'OCSE.

4.21

Il CESE non può accettare che il produttore sia tenuto a coprire tutte le spese legate ai materiali di base utilizzati per la produzione di materiale riproduttivo forestale, poiché tale disposizione ridurrà probabilmente l'interesse per l'iscrizione di nuovi materiali di base di questo tipo, di elevata qualità genetica, e potrebbero inoltre derivarne effetti negativi per i nuovi soprassuoli nell'UE. Elaborare simili materiali di base per la produzione di materiale riproduttivo forestale è un'impresa a lungo termine e gli investimenti previsti divengono redditizi solo dopo diversi decenni.

4.22

Il CESE è d'accordo sul fatto che il materiale riproduttivo vegetale scambiato in natura tra due persone diverse dagli operatori professionali sia escluso dal campo di applicazione del regolamento, che deve essere concepito in modo tale da permettere a dei collezionisti o dei vicini di scambiarsi semi o piante senza dover temere di infrangere la legge.

Bruxelles, 10 dicembre 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/110


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)

COM(2013) 521 final — 2013/0247 (COD)

2014/C 170/18

Relatore: BOLAND

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 10 e 17 settembre 2013, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, e dell'articolo 207, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)

COM(2013) 521 final — 2013/0247 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 142 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con grande favore la proposta, presentata dalla Commissione europea, di modifica dell'articolo 70, paragrafo 4 quater del regolamento (CE) n. 1698/2005 sulla proroga della deroga atta a consentire il ricorso a tassi di cofinanziamento maggiorati per gli Stati membri minacciati da gravi difficoltà quanto alla loro stabilità finanziaria, in modo che i programmi di sviluppo rurale siano attutati pienamente.

1.2

Il CESE sostiene la proposta, poiché essa è applicabile alla fine dell'attuale programma 2007-2013 e al prossimo programma.

1.3

Il CESE raccomanda che gli Stati membri ancora interessati da programmi di stabilità finanziaria nel periodo di applicazione del programma 2013-2020 beneficino di tali regimi di cofinanziamento.

1.4

Osserva che il bilancio complessivo rimarrà lo stesso, ma si compiace dell'osservazione secondo cui la necessità di stanziamenti di pagamento nel bilancio 2014 può aumentare di 90 milioni di EUR se gli Stati membri continuano ad applicare i tassi di cofinanziamento maggiorati.

1.5

Come già nei precedenti pareri sul sostegno agli Stati membri che versano in condizioni di instabilità finanziaria, il CESE raccomanda di garantire la continuità in termini di equità.

2.   Spiegazione e contesto

2.1

La Commissione europea intende fare in modo che il programma di sviluppo rurale nel quadro della politica agricola comune sia attuato pienamente e offra un massimo di vantaggi alle comunità rurali in tutti gli Stati membri, specie in quelli colpiti dalla crisi finanziaria.

2.2

A causa della crisi finanziaria e del fatto che numerosi paesi devono applicare rigide misure di consolidamento del bilancio, è evidente che si presenteranno difficoltà per il cofinanziamento dei programmi.

2.3

Tali difficoltà possono in certi casi ridurre il livello totale di assistenza ai beneficiari, causando svantaggi alla popolazione rurale.

2.4

I paesi direttamente interessati sono sette: Cipro, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Portogallo e Romania, denominati anche «paesi oggetto di un programma». L'Ungheria, la Romania e la Lettonia non sono più oggetto di un programma di adeguamento.

2.5

La proposta è intesa a consentire a questi Stati membri e ad altri di applicare pienamente il programma di sviluppo rurale, in modo che i progetti possano proseguire senza perdite di sostegno.

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1

La proposta contiene disposizioni che consentirebbero a tali Stati membri di beneficiare di tassi di cofinanziamento più elevati, senza per questo modificare la loro dotazione complessiva nel quadro della politica di sviluppo rurale per il periodo 2007-2013. In tal modo gli Stati membri disporranno di risorse finanziarie aggiuntive in un momento cruciale; ciò li aiuterà a continuare ad attuare programmi in loco.

3.2

La proposta non incide assolutamente sugli stanziamenti d'impegno poiché non è proposta alcuna modifica degli importi massimi dell'intervento del FEASR per i programmi operativi 2007-2013. Tuttavia, la necessità di stanziamenti di pagamento nel bilancio 2014 può aumentare di 90 milioni di EUR se gli Stati membri continuano ad applicare i tassi di cofinanziamento maggiorati.

3.3

In funzione delle richieste degli Stati membri di beneficiare di questa misura e tenendo conto dell'evoluzione delle domande di pagamenti intermedi, la Commissione riesaminerà la situazione e, ove necessario, prenderà in considerazione le misure da adottare.

3.4

Il CESE ha già presentato pareri analoghi, in cui prende atto delle difficoltà di cofinanziamento nelle quali versano gli Stati membri interessati da programmi di stabilità finanziaria, tra cui il parere NAT/613 Risanamento di bilancio/Programmi del Fondo europeo per la pesca ed ECO/352 Gestione finanziaria e norme di disimpegno per Stati membri in gravi difficoltà.

4.   Osservazioni generali

4.1

L'importanza del programma di sviluppo rurale in termini di valore socioeconomico per tutti gli Stati membri è ben documentata. Il programma permette alle regioni rurali di mantenere le loro popolazioni consentendo loro di competere, in termini economici, con imprese più vicine al centro e migliorando, in termini sociali, la qualità della vita delle persone che vivono nelle aree rurali più isolate.

4.2

L'attuale crisi finanziaria ha seriamente compromesso la crescita economica e la stabilità finanziaria in alcuni Stati membri, contribuendo a deprimere la crescita nell'insieme dell'UE.

4.3

Gli Stati membri soggetti a una severa disciplina di bilancio e a rigidi obiettivi di spesa, fissati da organismi esterni come il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea o altri, non saranno ovviamente in grado di far fronte agli obblighi di cofinanziamento dei programmi di sviluppo rurale come previsto dall'UE.

4.4

È importante che il CESE riconosca che la crisi finanziaria ha avuto un impatto sul cofinanziamento dell'attuale programma 2007-2013. Ciò si ripercuoterà in modo sensibile sui progetti in via di conclusione o destinati a proseguire fino alla fine del 2015.

4.5

Per rimediare a questo problema, che potrebbe comportare svantaggi per alcune aree rurali, si può garantire la massima utilizzazione delle risorse del FEASR disponibili in base all'articolo 70, paragrafo 4 quater del regolamento (CE) n. 1698/2005, del Consiglio, estendendone l'applicabilità fino al termine ultimo di ammissibilità delle spese relative al periodo di programmazione 2007-2013, ossia il 31 dicembre 2015.

4.6

In funzione del periodo in cui lo Stato membro riceve assistenza finanziaria in base al regolamento (UE) n. 407/2010, al regolamento (CE) n. 332/2002 o al trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità, vigono limiti temporali per i pagamenti intermedi e il pagamento del saldo finale. Purtroppo gli Stati membri continueranno probabilmente a versare in difficoltà finanziarie anche dopo tale periodo, e la loro capacità di cofinanziare tali programmi sarà limitata.

4.7

Conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013 e all'articolo 22 del regolamento recante disposizioni comuni, il tasso di cofinanziamento è aumentato di dieci punti percentuali. Per quanto riguarda il periodo di programmazione 2014-2020, questa possibilità di aumento sarà in vigore fino al 30 giugno 2016, quando sarà oggetto di revisione. Poiché i periodi di programmazione 2007-2013 e 2014-2020 si sovrappongono, dovrebbe essere necessario garantire un trattamento coerente e uniforme degli Stati membri che ricevono assistenza finanziaria in tali periodi. Di conseguenza, è opportuno che gli Stati membri che ricevono assistenza finanziaria possano beneficiare della maggiorazione di dieci punti percentuali del tasso di cofinanziamento fino alla fine del periodo di ammissibilità e chiedere tale maggiorazione nelle loro richieste di saldo finale anche se l'assistenza finanziaria non è più fornita.

4.8

La possibilità di maggiorare i pagamenti intermedi e i pagamenti dei saldi finali rispetto al normale tasso di cofinanziamento non dovrebbe essere limitata al periodo di tempo durante il quale lo Stato membro riceve assistenza finanziaria ai sensi del regolamento (UE) n. 407/2010, del regolamento (CE) n. 332/2002 o del trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità perché lo Stato membro continua ad avere gravi difficoltà per garantire il cofinanziamento dal bilancio nazionale anche una volta completata l'assistenza finanziaria.

4.9

È previsto che la modifica del pertinente regolamento 1698/2005 non avrà alcun impatto finanziario. Ciò è dovuto al fatto che la dotazione complessiva dello sviluppo rurale rimarrà invariata. Tuttavia la Commissione potrebbe rivedere i pagamenti concessi agli Stati membri in un momento più prossimo al termine del programma.

Bruxelles, 10 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/113


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti

COM(2013) 516 final — 2013/0239 (COD)

2014/C 170/19

Relatore generale: BUFFETAUT

Il Consiglio, in data 27 settembre 2013, e il Parlamento europeo, in data 8 ottobre 2013, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 192 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'UE, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti

COM(2013) 516 final — 2013/0239 (COD).

Il 17 settembre 2013 l'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato la sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della sua 494a sessione plenaria dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta del 10 dicembre), ha nominato BUFFETAUT relatore generale e ha adottato il seguente parere con 121 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.

1.   Conclusioni

1.1

La proposta di modifica del regolamento, pienamente giustificata nel principio, dovrebbe consentire di combattere meglio la pratica delle spedizioni illegali di rifiuti e del loro smaltimento in modo inadeguato. Definendo un quadro chiaro e uniforme per l'attuazione dei controlli, la nuova legislazione apporta in effetti un ausilio metodologico agli Stati membri e dovrebbe incitarli a mettere in atto controlli più efficaci, tanto più che i piani saranno esaminati ogni anno e adattati ove necessario.

1.2

Per quanto riguarda l'esportazione di rifiuti, il fatto che le autorità competenti siano autorizzate a chiedere di dimostrare l'effettiva conformità della spedizione ai requisiti giuridici quanto ai metodi, alle tecnologie e alle norme di trattamento dei rifiuti utilizzati dagli impianti di recupero del paese destinatario dovrebbe consentire di combattere meglio le esportazioni illegali, che com'è noto sono purtroppo diventate un'attività mafiosa.

1.3

L'istituzione di controlli efficaci e uniformi dovrebbe inoltre permettere di combattere situazioni di concorrenza sleale in cui le imprese che rispettano le regole e agiscono in modo onesto e trasparente siano penalizzate rispetto a quelle che invece si sottraggono agli obblighi di legge, li aggirano o li violano deliberatamente.

1.4

Per proteggere la salute pubblica e l'ambiente, mantenere una sana concorrenza nel settore e lottare contro le pratiche mafiose, è auspicabile una migliore organizzazione dei piani di controllo. Va tuttavia tenuto presente che la mobilitazione di mezzi pratici supplementari genera necessariamente dei costi e la necessità della definizione di priorità nella spesa pubblica degli Stati.

2.   Contesto

2.1

A otto anni dall'entrata in vigore del regolamento 1013/2006, la Commissione desidera fare un bilancio dell'esperienza acquisita allo scopo di migliorare il dispositivo di tale regolamento, apportando modifiche intese, da un lato, a semplificare le procedure e, dall'altro, a rendere più efficaci i controlli, per impedire in particolare le spedizioni illegali di rifiuti.

2.2

Vale la pena di ricordare che il regolamento mirava a: trasporre nella legislazione comunitaria alcune disposizioni adottate nell'ambito dell'OCSE e della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti di rifiuti, risolvere alcuni problemi relativi all'applicazione del regolamento del 1993, favorire l'armonizzazione delle norme a livello internazionale in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti, e semplificare e chiarire il testo.

2.3

Se la questione della conformità della legislazione europea con le convenzioni internazionali è stata risolta, restano da apportare alcuni miglioramenti in materia di ispezione, con un'attenzione prioritaria ai rifiuti pericolosi ed ai rifiuti spediti illegalmente per essere abbandonati in discariche abusive o trattati in maniera inadeguata. Si tratta, in pratica, di mirare più efficacemente i controlli verso i rifiuti più problematici.

2.4

Conviene ricordare che nell'ambito dell'UE, tutte le spedizioni di rifiuti destinati ad operazioni di recupero beneficiano del diritto di libera circolazione. Per i rifiuti non pericolosi tali spedizioni non sono soggette ad obblighi di notifica preventiva e devono solo rispettare obblighi generali di informazione, mentre le spedizioni di rifiuti pericolosi destinati ad operazioni di recupero o allo smaltimento sono soggette ad obblighi di notifica e autorizzazione preventive scritte.

2.5

L'attuazione di questa legislazione presuppone misure di esecuzione per controllarne l'applicazione. È quindi previsto che gli Stati membri debbano condurre ispezioni nelle imprese conformemente alla direttiva quadro sui rifiuti, oltre a controllare i rifiuti nel corso del trasporto su strada, nei porti, o con altro mezzo di trasporto. I controlli possono anche essere effettuati quando i rifiuti già si trovano negli impianti di recupero o smaltimento.

2.6

Gli Stati membri eseguono questi controlli nella maniera che reputano opportuna. Il regolamento sulle spedizioni dei rifiuti non prevede infatti alcuna modalità specifica per l'esecuzione di tali controlli. All'atto pratico, però, questa discrezionalità concessa agli Stati membri si è tradotta in forti disparità tra gli Stati membri. Alcuni hanno predisposto dispositivi efficaci, altri invece hanno fatto molto meno, soprattutto a causa della mancanza dei mezzi necessari. Tale situazione induce alcuni esportatori di rifiuti illegali a scegliere di spedire questi ultimi partendo da Stati membri i cui sistemi di controllo sono carenti.

2.7

I problemi più seri riguardano naturalmente le spedizioni illegali di rifiuti pericolosi nonché i rifiuti che vengono spediti per essere abbandonati in discariche abusive o trattati in maniera inadeguata e in violazione delle norme vigenti. Tali pratiche possono avere serie conseguenze sia per la salute umana che per l'ambiente.

2.8

Un altro degli effetti perversi del grave fenomeno delle spedizioni illegali sono le distorsioni della concorrenza provocate dall'estrema eterogeneità dei controlli attuati nei diversi Stati membri. In questo modo, le imprese rispettose della legislazione risultano svantaggiate rispetto a quelle che possono invece operare in paesi in cui i controlli sull'applicazione della regolamentazione sono scarsi o inadeguati.

2.9

Al fine di contrastare queste pratiche illegali e pericolose, la Commissione propone una revisione del regolamento, intesa a sostenere e guidare le ispezioni degli Stati membri, in modo da concentrarsi sui flussi di rifiuti ad alto rischio.

3.   Contenuto della proposta

3.1

Oltre ad aggiungere la definizione di riutilizzo di prodotti che non sono rifiuti e a conferire alla Commissione il potere di adottare atti delegati riguardo alle disposizioni tecniche e organizzative relative all'interscambio di dati e informazioni, il punto principale della proposta è la modifica dell'articolo 50 del regolamento.

3.2

Lo scopo di tali modifiche è:

3.2.1

indurre gli Stati membri a organizzare ispezioni di imprese e controlli a campione delle spedizioni di rifiuti nonché dei processi di recupero e smaltimento;

3.2.2

assicurare che gli Stati membri predispongano piani di ispezione delle spedizioni, comprese le ispezioni di stabilimenti e imprese, nonché dei trasporti (stradali, ferroviari e portuali).

3.3

Gli elementi che devono figurare in questi piani sono definiti dalla Commissione, la quale enumera sette punti che gli Stati membri devono rispettare e di cui devono rendere conto:

3.4

la strategia adottata, con riferimento alle risorse mobilitate; la valutazione dei rischi inerenti ai flussi illegali; la definizione di priorità; informazioni sul numero e sul tipo di ispezioni che si prevede di eseguire nei siti di destinazione dei rifiuti e nei trasporti; la ripartizione dei compiti tra le autorità coinvolte; i mezzi di cooperazione tra le varie autorità coinvolte nelle ispezioni; una valutazione dei bisogni formativi degli ispettori. La proposta prevede che i piani siano riesaminati almeno una volta all'anno.

3.5

Vengono inoltre aggiunte alcune disposizioni concernenti l'adeguata protezione delle spedizioni di rifiuti e l'attuazione di operazioni di recupero conformi alla legislazione.

4.   Osservazioni generali

4.1

La situazione descritta dalla Commissione — diffusione del fenomeno delle spedizioni illegali e disparità in materia di controlli e attuazione della legislazione — giustifica la volontà di intervenire per contrastare questo fenomeno, ridurre i conseguenti rischi sanitari e ambientali e porre fine alla situazione sfavorevole delle imprese che applicano correttamente la regolamentazione.

4.2

Bisogna tuttavia fare in modo che l'attuazione della nuova legislazione non si limiti all'adozione di misure amministrative formali di adeguamento alle nuove regole, ma si traduca invece in azioni concrete. Ciò richiederà tuttavia la mobilitazione di nuove risorse finanziarie — un'operazione delicata per gli Stati membri con meno disponibilità finanziarie e che sono confrontati alla necessità di risanare la spesa pubblica.

4.3

Bisogna quindi prevedere procedure semplici per indurre gli Stati membri che oggi non lo fanno correttamente a istituire i necessari controlli o a migliorare quelli esistenti. Il timore di essere trascinati davanti alla Corte di giustizia per mancato rispetto degli obblighi derivanti dai Trattati, così come delle azioni da parte di semplici cittadini che abbiano un legittimo interesse ad agire, potrebbero eventualmente indurre all'osservanza gli Stati inadempienti.

Bruxelles, 10 dicembre 2013.

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


5.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 170/116


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda gli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea e abroga la direttiva 2006/409/CE del Consiglio, alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione del cielo unico europeo (rifusione), e alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Accelerare l'attuazione del cielo unico europeo

COM(2013) 408 final — COM(2013) 409 final — 2013/0187 (COD) e COM(2013) 410 final — 2013/0186 (COD)

2014/C 170/20

Relatore: MCDONOGH

Il Parlamento europeo, in data 1o luglio 2013, e il Consiglio dell'Unione europea, in data 17 luglio 2013, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 100 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda gli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea e abroga la direttiva 2006/409/CE del Consiglio, alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione del cielo unico europeo (rifusione) e alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Accelerare l'attuazione del cielo unico europeo

COM(2013) 408 final — COM(2013) 409 final — 2013/0187 (COD) e COM(2013) 410 final — 2013/0186 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha adottato il proprio parere in data 19 novembre 2013.

Alla sua 494a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2013 (seduta dell'11 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 180 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La realizzazione del cielo unico europeo (Single European Sky — SES) rimane una priorità fondamentale della politica europea in materia di aviazione, che dispone di potenzialità ancora inattuate per produrre risparmi e miglioramenti a livello di qualità, sicurezza, sostenibilità ambientale e capacità, non solo per il settore dell'aviazione ma anche per l'economia europea nel suo complesso. Negli ultimi anni il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è costantemente intervenuto nel dibattito sul cielo unico europeo facendosi portavoce delle istanze della società civile, e ha adottato diversi pareri sul tema (1) elaborati con il sostanziale contributo dell'ampio spettro di soggetti interessati del settore dell'aviazione. In tutti questi documenti il CESE ha sostenuto con forza il progetto SES.

1.2

Le proposte legislative rappresentano un'evoluzione e non una rivoluzione, e si basano sulle riforme precedenti, senza sostituirle. Le proposte dovrebbero tuttavia contribuire in modo significativo a rendere il sistema europeo di gestione del traffico aereo uno spazio aereo operativo più efficiente e integrato nei prossimi anni, sulla base dei risultati già realizzati a partire dal 2004.

1.3

Il CESE esorta, da un lato, gli Stati membri a dar prova del coraggio e della volontà politica necessari a realizzare rapidamente il SES e, dall'altro, la Commissione europea ad assumere pienamente la direzione del relativo processo di attuazione.

1.4

Un elemento essenziale per dare impulso alla riforma dello spazio aereo europeo, che è un'iniziativa di fondamentale importanza e attesa da tempo, è un sistema di prestazioni globale. I risultati inferiori alle aspettative ottenuti per quanto concerne gli obiettivi di efficienza rispetto ai costi stabiliti per il primo periodo di riferimento rendono ancora più cruciale fissare, per il secondo periodo di riferimento, obiettivi atti a promuovere la formazione di effettivi ed efficienti blocchi funzionali di spazio aereo (Functional Airspace Blocks — FABs), realizzare sinergie ed eliminare i doppioni che esistono oggi tra gli attuali 37 distinti fornitori di servizi di navigazione aerea.

1.5

Pur con una serie di difficoltà iniziali, la realizzazione di un autentico SES stimolerà un continuo incremento del traffico aereo in Europa, creando importanti nuove opportunità occupazionali e la prospettiva di un piano di carriera europeo per i controllori del traffico aereo.

1.6

Bisogna mettere in atto senza ulteriori indugi un dialogo sociale su vasta scala. Solo un partenariato globale sulle risorse umane nel settore dell'aviazione europea può garantire che tutte le parti esibiscano il necessario impegno allo stesso livello e che venga applicato un approccio armonizzato alla realizzazione di un vero e proprio SES, a beneficio dell'occupazione in tutti i comparti della catena del valore del settore dell'aviazione, nonché a vantaggio dell'ambiente e, non da ultimo, dei consumatori europei.

1.7

Si dovrebbe inoltre trattare prima possibile la questione della fusione e concentrazione dei blocchi funzionali di spazio aereo, e quindi quella della riduzione del loro numero. Il concetto dei centri virtuali rappresenta un'innovazione tecnica compatibile con il progetto SESAR (Single European Sky ATM Research = ricerca sulla gestione del traffico aereo nel cielo unico europeo) e rende al contempo possibile un processo di transizione permanente e accettabile dal punto di vista sociale. Per raggiungere tale obiettivo, l'adozione di SESAR richiederà una riforma della gestione del traffico aereo, un ambito, questo, in cui si dovrebbe altresì perseguire l'obiettivo di una standardizzazione delle apparecchiature.

1.8

La delimitazione tra un blocco e l'altro andrebbe riveduta per fare in modo che ciascuno di questi blocchi sia della forma e dimensione adatte allo scopo per cui è stato realizzato. I criteri determinanti idonei per la creazione di un blocco funzionale di spazio aereo dovrebbero essere i flussi di traffico, le sinergie nella fornitura dei servizi e le potenzialità di miglioramento delle prestazioni piuttosto che la semplice vicinanza geografica o i legami politico-culturali.

1.9

Il CESE accoglie con entusiasmo la proposta di rafforzare il ruolo del gestore della rete, privilegiando il vantaggio a livello della rete europea rispetto al più limitato interesse nazionale.

1.10

Il CESE prende atto dell'iniziativa di operare una separazione (unbundling) dei servizi ausiliari di gestione del traffico aereo, aprendoli perciò a una maggiore concorrenza. Insiste affinché, prima dell'applicazione di tali misure, la Commissione provveda quanto prima all'elaborazione di una valutazione d'impatto indipendente sugli effetti che ne deriveranno, in particolare dal punto di vista sociale e occupazionale (2).

1.11

È importante definire degli obiettivi che puntino ad aumentare l'efficienza e, al tempo stesso, a preservare la qualità delle condizioni di lavoro e a migliorare la sicurezza aerea.

1.12

Gli utenti dello spazio aereo devono essere associati in misura maggiore alla formulazione della politica in materia.

2.   Introduzione

2.1

Il settore dell'aviazione in Europa svolge un ruolo fondamentale nell'economia europea, in quanto promuove il commercio e il turismo e incentiva l'occupazione. Il controllo del traffico aereo è un elemento fondamentale nella catena del valore dell'industria aeronautica. Esso dovrebbe garantire un flusso del traffico aereo sicuro, rapido ed efficiente sotto il profilo dei costi, riducendo quindi al minimo il consumo di carburante, le emissioni di carbonio e i tempi di volo.

2.2

Tuttavia, i servizi di navigazione aerea europei si sono storicamente sviluppati in gran parte all'interno dei confini nazionali, dove ciascuno Stato membro ha istituito il proprio sistema di gestione del traffico aereo, generando una costosa e inefficiente frammentazione strutturale dello spazio aereo europeo e una perdita continua di capacità di reazione alle esigenze degli utenti, ossia le compagnie aeree e, in definitiva, i passeggeri.

2.3

L'attuazione del SES e la relativa riforma del sistema europeo di gestione del traffico aereo devono essere accelerate, aiutando gli utenti del nostro spazio aereo in un contesto mondiale caratterizzato da una dura concorrenza (anche da parte di paesi emergenti di primo piano nel settore dell'aviazione situati nel vicinato immediato dell'UE, come l'Ucraina e la Turchia (3)) e agevolando la futura crescita economica. Dal momento che i pacchetti legislativi SES I e SES II hanno dato finora risultati deludenti, la Commissione presenta un'ulteriore proposta legislativa (4) attentamente mirata per facilitare una precoce attuazione del cielo unico europeo. Quest'ultimo pacchetto legislativo, detto SES II+, comprende la rifusione dei quattro regolamenti che avevano istituito il cielo unico europeo (5) e la modifica del regolamento che aveva istituito l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) (6).

3.   Osservazioni generali

3.1

L'istituzione di un cielo unico europeo (SES) punta a migliorare l'efficienza complessiva delle modalità di organizzazione e gestione dello spazio aereo europeo.

3.2

In base all'analisi svolta nella comunicazione in esame (7) e alla valutazione di impatto ad essa associata (8), la Commissione propone un pacchetto legislativo (SES2+) (9) per consolidare e, laddove possibile, accelerare il processo di riforma della gestione del traffico aereo (Air Traffic Management — ATM) in Europa, rafforzando ulteriormente la qualità, l'efficienza, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della fornitura di servizi di navigazione aerea (Air Navigation Services — ANS) e proseguendo il processo inteso al consolidamento del sistema europeo di gestione del traffico aereo. Dalle relazioni dell'unità di valutazione delle prestazioni di Eurocontrol emerge che le inefficienze e la frammentazione del sistema sono state all'origine di costi evitabili per oltre 4 miliardi di euro nel solo 2010.

3.3

Il primo ambito problematico affrontato nella valutazione d'impatto di SES II+ è la scarsa efficienza, in particolare rispetto ai costi, della fornitura di servizi di navigazione aerea in Europa, che restano molto inefficienti in termini di efficienza dei costi e di volo, come pure per quanto riguarda la capacità offerta. Tutta la misura del problema emerge con chiarezza da un confronto con gli Stati Uniti, il cui spazio aereo presenta dimensioni comparabili. Negli Stati Uniti lo spazio aereo è controllato da un unico prestatore di servizi, a fronte dei 38 fornitori di servizi «en-route» (in rotta) che operano in Europa. Il prestatore di servizi statunitense controlla quasi il 70 % di voli in più con il 38 % di personale in meno. Le cause principali di tale diverso livello di efficienza e produttività risiedono nella resistenza degli Stati membri dell'Unione a stabilire obiettivi sufficientemente flessibili di efficienza rispetto ai costi per il primo periodo di riferimento del sistema di prestazioni, nei risultati inferiori alle aspettative ottenuti anche rispetto a tali modesti obiettivi, nell'inefficacia dei controlli e delle azioni per il rispetto delle norme eseguiti dalle autorità di vigilanza e nell'entità sproporzionatamente elevata del personale ausiliario impiegato dai fornitori di servizi.

3.4

Il 60 % del totale delle tariffe di gestione del traffico aereo in Europa è generato da 5 fornitori (10). Il nodo consiste nello stabilire perché mai questi operatori di grandi dimensioni, pur con le loro economie di scala, registrino costi doppi e talvolta persino quadrupli rispetto ai loro omologhi più piccoli. Questa è infatti la realtà, malgrado tutte le teorie economiche sostengano che dovrebbe accadere esattamente il contrario. Secondo le stime dell'unità di valutazione delle prestazioni di Eurocontrol, il valore complessivo in gioco, considerati i costi diretti e indiretti per il periodo di riferimento 2015-2019, è superiore a 70 miliardi di euro.

Dato che il sistema di prestazioni del cielo unico europeo stabilisce obiettivi a livello UE per il secondo periodo di riferimento, ai quali i piani nazionali dei singoli Stati membri devono dare un contributo commisurato al paese in questione, è evidente che il conseguimento di obiettivi globali a livello UE in materia di efficienza rispetto ai costi dipende in larghissima misura dai paesi che generano la maggior parte delle tariffe, dando quindi il loro contributo al necessario miglioramento. Tale contributo non era disponibile durante il primo periodo di riferimento.

3.5

Il secondo problema fondamentale da affrontare risiede nella frammentazione del sistema di gestione del traffico aereo. Il sistema ATM europeo si compone di 28 autorità nazionali che vigilano su più di un centinaio di fornitori di servizi di navigazione aerea, ciascuno controllato da regolatori nazionali distinti, con le differenze in termini di sistemi, norme e procedure che è facile immaginare. Il fatto che in Europa operi un numero così elevato di fornitori di servizi di navigazione aerea comporta parecchi costi aggiuntivi, in quanto ciascuno di essi stabilisce il proprio programma di investimenti di capitale, bandisce gare di appalto distinte e provvede separatamente alla manutenzione dei propri sistemi, che spesso non sono compatibili con quelli di altri fornitori di servizi (11). I problemi sono inoltre accresciuti dal fatto che ciascun fornitore provvede separatamente alla formazione del personale e stabilisce procedure operative distinte, e che la prestazione di servizi è limitata ad uno spazio aereo di ridotte dimensioni. I 38 maggiori fornitori nazionali di servizi di navigazione aerea hanno sborsato ogni anno, in totale, circa 1 miliardo di euro per beni strumentali, senza alcun coordinamento di questi capitali investiti e senza aver valutato se fossero atti ad apportare dei vantaggi globali a livello di rete.

3.6

L'iniziativa SES II+ punta a rafforzare il coordinamento di questi processi decisionali, attualmente separati tra loro, e a promuovere maggiori vantaggi e una più forte cooperazione a livello di rete.

4.   Evoluzione delle prestazioni dei servizi di navigazione aerea

4.1

Alla fine degli anni '90 l'Europa ha dovuto far fronte a gravi ritardi e inefficienze nella fornitura dei servizi di controllo del traffico aereo. A distanza di oltre un decennio, la frammentazione dello spazio aereo europeo resta elevata.

4.2

Nel 2011 i costi totali diretti e indiretti per il controllo del traffico aereo in Europa ammontavano a circa 14 miliardi di euro. Solo i costi diretti (riscossi sotto forma di tariffe applicate agli utenti) rappresentano più del 20 % dei costi operativi totali, escluso il carburante, delle compagnie aeree più efficienti. A differenza di quanto avviene con altri modi di trasporto, tutti questi costi vengono addebitati agli utenti, e di conseguenza ai consumatori.

4.3

La produttività (misurata in ore/controllore del traffico aereo) è aumentata di circa il 18 % negli ultimi dieci anni, ma il costo totale del lavoro per i controllori del traffico aereo ha registrato un incremento maggiore nello stesso periodo (di quasi il 40 %). I controlli rappresentano però solo un terzo del totale degli addetti occupati dai fornitori di servizi di navigazione aerea, il che indica cifre molto elevate per il personale ausiliario (circa 30 000 unità nel 2011).

5.   Migliorare l'efficienza del cielo unico europeo

5.1

L'esperienza dimostra che gli Stati membri, qualora siano detentori unici o di maggioranza dei fornitori di servizi, hanno una forte tendenza a concentrarsi sui robusti flussi di entrate del sistema finanziato dagli utenti dei servizi di controllo del traffico aereo e possono essere quindi riluttanti ad approvare cambiamenti fondamentali in direzione di uno spazio aereo operativo più integrato, il quale potrebbe imporre delle limitazioni alle rotte attualmente utilizzate attraverso lo spazio aereo nazionale, rotte preferite dagli Stati/dai fornitori di servizi di navigazione aerea, probabilmente con l'obiettivo di generare entrate.

5.2

Un approccio di rete più coesivo alla pianificazione delle rotte potrebbe ridurre di circa 10 minuti la durata media dei voli nello spazio aereo europeo, con conseguenti minor consumo di carburante e diminuzione delle emissioni di CO2. Se l'attuale situazione di inefficienza non presenta reali svantaggi per i fornitori di servizi di navigazione aerea o per gli Stati, i costi che ne derivano gravano invece sui clienti delle compagnie aeree e si ripercuotono poi inevitabilmente sui consumatori.

5.3

Con il sistema attualmente in vigore, gli Stati membri rappresentati in seno al comitato per il cielo unico europeo (Single Sky Committee — SSC) hanno l'ultima parola per quanto concerne gli obiettivi, l'adozione di piani in materia di prestazioni e l'accettazione di misure correttive nel caso in cui gli obiettivi non vengano raggiunti. Come già raccomandato dal CESE in un suo precedente parere (12), sia agli utenti che ai fornitori di servizi di navigazione aerea dovrebbe essere consentito partecipare alle riunioni del comitato per il cielo unico europeo in veste di osservatori, se necessario. Il Comitato riconosce che la Commissione ha preso una serie di misure per consultare più efficacemente i soggetti non statali interessati al cielo unico europeo, segnatamente provvedendo a istituire un organo consultivo di settore (13) distinto, ma ritiene che per un'attuazione efficiente del cielo unico siano necessari un dialogo costruttivo tra tutte le parti interessate e i paesi coinvolti nonché una loro piena partecipazione.

5.4

Nel nuovo pacchetto legislativo la Commissione propone di rafforzare i meccanismi di controllo e di sanzione. Poiché la Commissione è l'organo di controllo del sistema di prestazioni e ne è responsabile in ultima istanza, il CESE approva con convinzione la proposta della Commissione di nominare direttamente essa stessa i membri dell'organo di valutazione delle prestazioni al fine di salvaguardarne l'indipendenza.

6.   Osservazioni specifiche

6.1

Il miglior regolatore è la concorrenza, che però è del tutto assente nella fornitura dei principali servizi di gestione del traffico aereo. Non sarebbe realisticamente fattibile prendere in considerazione l'introduzione della concorrenza in tutti i servizi di gestione del traffico aereo né a breve né a medio termine. L'analisi della Commissione indica che i principali servizi di controllo del traffico aereo sono monopoli naturali, almeno con la tecnologia attuale. In situazione di assenza di concorrenza, è ancora più essenziale una forte ed efficace regolamentazione economica di questi fornitori monopolistici che funga da surrogato di una vera concorrenza. Pertanto il CESE concorda con la proposta, implicita nel pacchetto SES II+, che sia la Commissione a fungere da effettivo regolatore economico della gestione del traffico aereo a livello europeo.

6.2

Il primo pacchetto sul cielo unico europeo del 2004 mirava a introdurre meccanismi di mercato per la fornitura di servizi di assistenza, al fine di migliorarne l'efficienza. In pratica si sono ottenuti scarsi risultati, sebbene nei due casi in cui tali misure sono state adottate (Svezia e Regno Unito) essi siano stati positivi (un fornitore di servizi di navigazione aerea ha stimato un risparmio di circa il 50 % rispetto alla fornitura interna di servizi di assistenza).

6.3

Servizi di assistenza quali la meteorologia, le informazioni aeronautiche, la comunicazione, i servizi di navigazione o di sorveglianza rappresentano proposte più concrete. Sia all'interno che all'esterno del settore della gestione del traffico aereo sono molte le aziende che potrebbero offrire tali servizi, i quali potrebbero essere suddivisi tra diversi fornitori per ottimizzare la concorrenza, o — come è stato suggerito di recente da Eurocontrol nella sua analisi del concetto di «servizi centralizzati» — ricondotti a un unico fornitore o a un raggruppamento di fornitori di servizi che potrebbero offrire servizi a diversi fornitori principali.

6.4

La Commissione ritiene che dovrebbero essere introdotti meccanismi di mercato per aumentare l'efficienza nella fornitura di servizi di assistenza. Nel suo pacchetto legislativo la Commissione propone di perseguire la separazione e l'apertura del mercato per una parte dei servizi di assistenza summenzionati. Gran parte dei servizi inseriti nell'elenco iniziale di servizi candidati alla centralizzazione proposto da Eurocontrol, e che interessano più o meno la gestione dei dati, potrebbero venire forniti da soggetti esterni al settore della gestione del traffico aereo. Si dovrebbe pertanto prendere in considerazione l'idea di bandire gare d'appalto rivolte anche ad altri fornitori di servizi di navigazione aerea oltre a quelli già esistenti, in modo da introdurre qualche elemento di concorrenza e soprattutto procedure di appalto più concorrenziali.

6.5

Una serie di ostacoli all'attuazione del cielo unico europeo può essere attribuita alle difficoltà cui devono far fronte le autorità nazionali di vigilanza: risorse insufficienti, mancanza di competenze specialistiche e scarsa indipendenza sia dai governi che dai fornitori di servizi di navigazione aerea. La mancata risoluzione di queste carenze metterà notevolmente a rischio l'attuazione del cielo unico europeo. Il gran numero di autorità nazionali di vigilanza in Europa contrasta con quanto avviene negli Stati Uniti, dove esiste un regolatore unico. Una regolamentazione a livello UE della gestione del traffico aereo — magari sulla base dei blocchi funzionali di spazio aereo — rafforzerebbe tanto la coerenza quanto il rispetto delle norme nell'attuazione del cielo unico europeo e contribuirebbe a ridurre i costi di supervisione, che sono a carico degli utenti e, in ultima analisi, dei consumatori.

7.   Eliminare la frammentazione del sistema europeo di gestione del traffico aereo

7.1

La nuova configurazione dei blocchi funzionali di spazio aereo è intesa a combattere la frammentazione dello spazio aereo avviando una cooperazione tra i fornitori di servizi di navigazione aerea e ottimizzando l'organizzazione e l'uso dello spazio aereo e delle rotte su aree geografiche più vaste, realizzando quindi sinergie globali grazie alle economie di scala.

7.2

Sebbene gli Stati membri e i loro fornitori di servizi di navigazione aerea abbiano compiuto numerosi passi avanti lungo il cammino della creazione di blocchi funzionali di spazio aereo, la realizzazione di progressi sostanziali rimane ancora insoddisfacente. Sono stati annunciati nove blocchi funzionali di spazio aereo, ma nessuno di essi è pienamente operativo e la maggior parte sembra destinata a soddisfare requisiti formali anziché lo sviluppo di sinergie o economie di scala.

7.3

Lo sviluppo di blocchi funzionali di spazio aereo reali, al contrario di quelli puramente di facciata, è stato spesso bloccato per il timore che il flusso di entrate generato dalle tariffe di navigazione aerea si riducesse, in alcuni casi di oltre il 30 %, a causa della realizzazione di tali blocchi e della razionalizzazione dei servizi, ad esempio accorciando le rotte. Una forte opposizione da parte del personale, in difesa del mantenimento dell'attuale livello di effettivi, ha rappresentato un'ulteriore sfida per gli Stati membri in questo ambito. Benché tale insicurezza sia comprensibile, è tuttavia infondata. Una gestione del traffico aereo più efficiente grazie alla realizzazione di un cielo unico europeo non soltanto sulla carta, unitamente a rapidi progressi tecnologici, offrirà maggiori garanzie di un incremento costante del traffico aereo in Europa, salvaguardando i livelli occupazionali e conferendo ai controllori un ruolo con maggiori responsabilità manageriali e di supervisione.

7.4

Inoltre, sono stati invocati problemi di sovranità nazionale per tutelare i monopoli esistenti, in nome della protezione delle infrastrutture, degli obiettivi e delle operazioni militari nello spazio aereo europeo. Nonostante le autentiche esigenze militari siano legittimamente tutelate nel quadro del cielo unico europeo, il confine preciso tra queste esigenze legittime e l'indebita protezione degli interessi nazionali è diventato spesso indistinto. Esistono esempi di delegazione dello spazio aereo che non hanno sollevato concreti problemi di sovranità.

Nel settore dell'aviazione si è già assistito ad una riuscita privatizzazione di importanti aeroporti nazionali, passati in mano ad una proprietà transfrontaliera. Quello della gestione del traffico aereo è sostanzialmente un servizio di infrastrutture, e in Europa disponiamo di numerosi esempi di privatizzazioni transfrontaliere, già attuate o pianificate, di servizi di infrastrutture essenziali nel settore energetico, anche in un campo sensibile come quello della produzione di energia nucleare, oppure nei settori delle telecomunicazioni, dell'acqua, ecc. Un fornitore europeo di servizi di navigazione aerea parzialmente privatizzato, di fatto, è in parte di proprietà di interessi non nazionali.

7.5

Il CESE prende atto della volontà della Commissione di continuare a perseguire i casi di infrazione nei confronti degli Stati membri per quanto riguarda i blocchi funzionali di spazio aereo, in particolare qualora non si registrino chiari passi avanti verso la riforma nei prossimi mesi. Anche se l'attuazione coordinata del SES da parte di tutti gli Stati membri sotto la guida della Commissione è di gran lunga l'opzione da preferire, è necessario ricorrere con fermezza alle procedure d'infrazione come ultima risorsa contro il mancato rispetto delle norme. La Commissione inoltre ha ragione di voler tener fede al proprio impegno per l'adozione da parte dei blocchi funzionali di spazio aereo di modelli organizzativi idonei per una rete europea più integrata di spazio aereo operativo.

7.6

Il CESE appoggia la proposta della Commissione, nel pacchetto legislativo in esame, di sviluppare ulteriormente il concetto di blocco funzionale di spazio aereo, affinché esso diventi uno strumento maggiormente orientato alle prestazioni e più flessibile per i fornitori di servizi di navigazione aerea, basato su partenariati industriali, e atto a conseguire gli obiettivi fissati dal sistema di prestazioni del cielo unico europeo.

8.   Il ruolo di Eurocontrol

8.1

Eurocontrol continua ad avere un ruolo importante da svolgere nell'attuazione del cielo unico europeo. Istituito in origine per fornire un sistema comune di controllo del traffico aereo in sei paesi europei, negli anni questo organismo ha assunto tutta una serie di altri compiti. Con l'avvento del cielo unico europeo, Eurocontrol dovrebbe tornare ad occuparsi quasi esclusivamente della sua missione primaria di coordinamento della fornitura di servizi.

8.2

Per giungere ad un coordinamento più efficace delle loro attività, nel 2012 l'UE ed Eurocontrol hanno firmato un accordo ad alto livello (14) che riconosce il contributo che Eurocontrol può apportare all'istituzione di un sistema europeo di gestione del traffico aereo efficiente sostenendo l'operato del regolatore europeo unico in materia di gestione del traffico aereo designato dall'Unione, e cioè la Commissione. Al riguardo, Eurocontrol continuerà ad assistere la Commissione e l'AESA nell'elaborazione di norme e regolamenti.

8.3

Sono già stati compiuti significativi passi avanti, e nel 2013 è iniziata l'ultima fase del processo di riforma di Eurocontrol. Il suo statuto rimane quello di un'organizzazione intergovernativa e la sua costituzione e i suoi organismi decisionali (come il Consiglio provvisorio) non riflettono ancora l'esito delle recenti modifiche apportate dalla riforma. La Commissione sostiene la riforma di Eurocontrol in corso, che si concentrerà sulla gestione e il funzionamento della rete europea di gestione del traffico aereo. La particolare importanza di questo ruolo è già stata riconosciuta dall'UE, che ha dato mandato a Eurocontrol di svolgere le funzioni di gestione della rete introdotte dalla normativa sul cielo unico europeo. Tale sviluppo dovrebbe essere promosso in piena conformità con il quadro normativo del cielo unico europeo e la realizzazione del progetto SESAR. Inoltre, esso non può concretizzarsi senza modificare la governance dell'organizzazione in direzione di un contesto più orientato dalle imprese del settore.

8.4

Poiché il sistema di prestazioni è essenziale per realizzare il cielo unico europeo, il compito di rivedere le previsioni sulle quote di traffico e le tariffe unitarie dei paesi UE non dovrebbe più essere affidato al comitato allargato di Eurocontrol bensì all'organo di valutazione delle prestazioni, che dovrebbe esaminare tali dati per conto della Commissione. Dal momento che il comitato allargato dipende dal Consiglio interinale di Eurocontrol, e di conseguenza dagli Stati membri dell'UE, la proposta di trasferire all'organo di valutazione delle prestazioni la responsabilità di rivedere le previsioni sulle quote di traffico e le tariffe unitarie dei paesi UE sarebbe più logica nel contesto del sistema di prestazioni, e anche maggiormente conforme al ruolo di regolatore economico della gestione del traffico aereo a livello europeo che si propone di affidare alla Commissione. La revisione delle previsioni sulle quote di traffico e le tariffe unitarie dei paesi non membri dell'Unione che aderiscono ad Eurocontrol, revisione che viene anch'essa effettuata nell'ambito del sistema di prestazioni del cielo unico europeo, dovrebbe continuare ad essere condotta dal comitato allargato di Eurocontrol.

8.5

La Commissione ha designato Eurocontrol per la funzione di gestore della rete, sotto la guida di un consiglio di gestione della rete. Il ruolo di gestore della rete si sta già dimostrando molto utile.

8.6

Il concetto di un partenariato industriale per la fornitura di servizi potenziati dovrebbe essere considerato un obiettivo compatibile anche con l'ulteriore riforma di Eurocontrol. A tale scopo, i fornitori di servizi di navigazione aerea e gli utenti dello spazio aereo parteciperebbero alle funzioni di gestione della rete, in una sorta di impresa comune. Questo modello garantisce un ruolo distinto da quello degli organismi di regolamentazione, poiché allontana il gestore della rete dal ruolo di un'organizzazione intergovernativa incaricata di controllare un mosaico di blocchi di spazio aereo nazionali, e lo avvicina invece ad una funzione più razionale di coordinamento di servizi di navigazione aerea incentrata sulla creazione di una rete europea dello spazio aereo più efficiente, anche rispetto ai costi, e meritevole del nome di «cielo unico europeo».

8.7

Il CESE plaude alla proposta della Commissione, nel pacchetto legislativo in esame, di rafforzare il ruolo del gestore della rete sulla base di una governance snella che conferisca un ruolo di maggiore rilievo al settore (fornitori di servizi di navigazione aerea, utenti dello spazio aereo e aeroporti).

9.   Il ruolo dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) nella gestione del traffico aereo

9.1

A partire dal 2002 l'AESA ha avuto un ruolo fondamentale nella politica europea in materia di sicurezza aerea, con il duplice obiettivo di raggiungere un livello di sicurezza elevato e uniforme e di perseguire i tradizionali obiettivi dell'UE che consistono nel creare condizioni eque di concorrenza, assicurare la libera circolazione e la tutela ambientale, evitare doppioni normativi, promuovere le norme ICAO (15), ecc.

9.2

La legislazione esistente esorta la Commissione a proporre modifiche al fine di rimuovere le sovrapposizioni non appena siano state stabilite le corrispondenti norme di attuazione dell'AESA.

9.3

La gestione del traffico aereo è una questione diversa in quanto si è operata una distinzione tra norme «di sicurezza» e «non inerenti alla sicurezza», dato il forte ruolo residuale svolto da Eurocontrol nelle questioni che esulano dalla sicurezza.

9.4

Con il progetto SESAR (Single European Sky ATM Research = ricerca sulla gestione del traffico aereo nel cielo unico europeo) ormai prossimo alla realizzazione, il problema dell'allineamento di norme tecniche diverse rischia di aggravarsi, dato che tutti i relativi concetti e tecnologie devono essere agevolati o resi obbligatori dal sistema di regolamentazione. È necessario scegliere l'unicità della strategia di regolamentazione, della struttura delle regole e delle procedure di consultazione in seno all'AESA.

9.5

Nel pacchetto legislativo in esame la Commissione propone di eliminare la sovrapposizione tra i regolamenti relativi al cielo unico europeo e il regolamento sull'AESA e di suddividere di conseguenza il lavoro tra le diverse istituzioni. La Commissione dovrebbe quindi concentrarsi sulle questioni principali di regolamentazione economica, mentre l'AESA garantisce l'elaborazione coordinata e la supervisione di tutte le norme tecniche, avvalendosi dell'esperienza di Eurocontrol.

10.   Dialogo sociale

10.1

Come dichiarato dal CESE nel recente parere esplorativo sul SES II+ (16), la questione del dialogo sociale va affrontata quanto prima insieme a tutti i soggetti interessati della catena del valore del settore dell'aviazione, poiché è di fondamentale importanza per l'attuazione del cielo unico europeo.

10.2

A questo proposito sarebbe opportuno adoperarsi in modo che venissero approvate norme a livello dell'UE, per salvaguardare l'occupazione e garantire la qualità nel settore dell'aviazione. Al riguardo, il quinto pilastro del cielo unico europeo è essenziale per prendere adeguatamente in considerazione le sfide in materia di occupazione, mobilità dei lavoratori, cambiamenti nella gestione del personale e formazione. Il dialogo sociale dovrebbe essere quindi rafforzato e non riguardare il solo settore della gestione del traffico aereo, ma essere aperto anche ad altre parti sociali, al di là dei soli servizi di navigazione aerea, e affrontare inoltre il tema delle ripercussioni sociali per i lavoratori dei servizi di navigazione aerea, delle compagnie aeree e degli aeroporti, nonché interrogarsi su come salvaguardare i posti di lavoro nell'insieme del settore dell'aviazione.

Bruxelles, 11 dicembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 182 del 4.8.2009, pagg. 50-55; GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 38-43; GU C 198 del 10.7.2013, pagg. 9-13.

(2)  Cfr. GU C 198 del 10.7.2013, pagg. 9-13 (punto 4.7).

(3)  GU C 198 del 10.7.2013, pagg. 51-55.

(4)  Ibidem.

(5)  COM(2013) 410 final.

(6)  COM(2013) 409 final.

(7)  COM(2013) 408 final.

(8)  SWD(2013) 206 final.

(9)  COM(2013) 409 final e COM(2013) 410 final.

(10)  Cfr.: Tabella riassuntiva Calculation of 2014 Unit Rates — Adjustments and revenues in: Documento informativo Initial Estimates of the Route Charges Cost-Bases and Unit Rates pubblicato dal comitato allargato di Eurocontrol per le tariffe di rotta in data 16 luglio 2013 (pag. 6); http://www.eurocontrol.int/sites/default/files/content/documents/route-charges/operation-reports/cer-99-2013-3452-fin_item_2-en.pdf.

(11)  Cfr. la relazione di Eurocontrol del 2010 sul raffronto tra Stati Uniti ed Europa per quanto concerne le prestazioni operative legate alla gestione del traffico aereo.

(12)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 9.

(13)  L'organo consultivo di settore si è riunito per la prima volta nel 2004; come riportato nel sito web della Commissione europea, esso offre «a tutte le parti interessate del settore l'occasione di indicare alla Commissione europea quali aspettative ripongano nel cielo unico europeo, oltre che di esprimere il loro punto di vista sulle opzioni disponibili e i calendari previsti. La Commissione intende avvalersi della consulenza di tale organo per orientare non solo le iniziative legislative, ma anche i propri investimenti in materia di standardizzazione, ricerca e infrastrutture» (http://ec.europa.eu/transport/modes/air/single_european_sky/consultation_body_en.htm).

(14)  http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/12/st13/st13792.it12.pdf.

(15)  International Civil Aviation Organization (Organizzazione internazionale dell'aviazione civile — ICAO).

(16)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 9.