ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2013.356.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 356

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

56o anno
5 dicembre 2013


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

103a sessione plenaria del 7 e 9 ottobre 2013

2013/C 356/01

Risoluzione del Comitato delle regioni COP 19 dell'UNFCCC — Far progredire l'agenda internazionale sui cambiamenti climatici

1

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

103a sessione plenaria del 7 e 9 ottobre 2013

2013/C 356/02

Parere del Comitato delle regioni Raccomandazioni per una migliore gestione della spesa

3

2013/C 356/03

Parere del Comitato delle regioni Partenariato e governance urbano-rurali

9

2013/C 356/04

Parere del Comitato delle regioni Il progetto di bilancio dell'UE per l'esercizio 2014

15

2013/C 356/05

Parere del Comitato delle regioni Il punto di vista degli enti locali e regionali in materia di gas e olio di scisto e di gas e olio da formazioni a bassa permeabilità (idrocarburi non convenzionali)

23

2013/C 356/06

Parere del Comitato delle regioni Libro verde — Una strategia europea per i rifiuti di plastica nell'ambiente

30

2013/C 356/07

Parere del Comitato delle regioni Strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici

37

2013/C 356/08

Parere del Comitato delle regioni Infrastrutture verdi — Rafforzare il capitale naturale in Europa

43

2013/C 356/09

Parere del Comitato delle regioni Politica industriale dell'UE in materia di spazio

49

2013/C 356/10

Parere del Comitato delle regioni CARS 2020: piano d'azione per un'industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa

55

2013/C 356/11

Parere del Comitato delle regioni Il pacchetto investimenti sociali dell'UE

60

2013/C 356/12

Parere del Comitato delle regioni Piano d'azione Imprenditorialità 2020

68

2013/C 356/13

Parere del Comitato delle regioni Libro verde — Il finanziamento a lungo termine dell'economia europea

75

2013/C 356/14

Parere del Comitato delle regioni Lo sviluppo sostenibile delle zone rurali

80

2013/C 356/15

Parere del Comitato delle regioni Capacitare le autorità locali dei paesi partner per una migliore governance e risultati più concreti in termini di sviluppo

86

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

103a sessione plenaria del 7 e 9 ottobre 2013

2013/C 356/16

Parere del Comitato delle regioni Quarto pacchetto ferroviario

92

2013/C 356/17

Parere del Comitato delle regioni Orientamenti per le reti transeuropee di telecomunicazioni

116

2013/C 356/18

Parere del Comitato delle regioni Proposta di direttiva che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere

124

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

103a sessione plenaria del 7 e 9 ottobre 2013

5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/1


Risoluzione del Comitato delle regioni «COP 19 dell'UNFCCC — Far progredire l'agenda internazionale sui cambiamenti climatici»

2013/C 356/01

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

dichiara di aderire pienamente alla posizione comune dell'Unione europea, e invita tutte le parti della COP 19 (19a conferenza delle parti) dell'UNFCCC (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) ad adottare le misure necessarie per pervenire ad un accordo internazionale giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici teso a limitare il riscaldamento globale a meno di 2 °C, accordo da concludersi entro il 2015 e da attuare entro il 2020;

2.

invita tutti i negoziatori a riflettere nuovamente sul fatto che occorre intervenire con urgenza, e ad agire perché il nuovo accordo si prefigga obiettivi più ambiziosi;

3.

ribadisce che i governi nazionali e l'UE potranno conseguire gli obiettivi che si sono prefissi solo con la partecipazione attiva degli enti locali e regionali, che sono i più direttamente interessati dall'impatto dei cambiamenti climatici e ai quali spetta in larga misura il compito di attuare la strategia in materia; sottolinea pertanto anche l'esigenza di disporre di dati sul suddetto impatto e sulle strategie di adattamento «affinati su base territoriale»;

4.

invoca l'integrazione sistematica dell'azione sul clima nell'insieme dei settori e dei bilanci di tutti i livelli di governo, e sottolinea che numerosi settori bisognosi di riforme, tra cui l'energia, l'agricoltura, l'edilizia, l'assetto del territorio, i rifiuti e i trasporti, sono di competenza degli enti regionali e locali;

5.

chiede pertanto alle autorità internazionali e alla delegazione dell'UE di garantire a questi enti un ruolo di primo piano nei negoziati internazionali sui cambiamenti climatici e nel relativo processo di attuazione, e di riconoscere il ruolo di facilitatori che essi possono svolgere in questi negoziati;

6.

plaude alla proposta del Segretario generale dell'ONU di tenere, nel settembre 2014, un vertice dei leader mondiali sul clima, e reputa necessario, perché l'incontro si riveli fruttuoso, coinvolgervi gli enti locali e regionali;

7.

richiama l'attenzione sul fatto che oggi la concentrazione di CO2 nell'atmosfera sta superando la soglia critica di 400 ppm (parti per milione), ed esprime inoltre profonda preoccupazione per l'enorme divario (il cosiddetto gigatonne gap, «scarto di un gigaton») creatosi tra le misure che i negoziatori hanno deciso di applicare e quelle che occorre ancora adottare per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C;

8.

riconosce che l'elaborazione di modelli climatici e l'attuazione delle misure per la riduzione delle emissioni presentano degli aspetti di incertezza, e invoca quindi un approccio alla strategia di adattamento fondato sul principio di precauzione, che anticipi cioè le conseguenze di un aumento della temperatura del pianeta superiore a 2 °C;

9.

appoggia pienamente la proposta che l'accordo dell'ONU sui cambiamenti climatici, che dovrebbe essere concluso nel 2015, contempli non solo l'attenuazione degli effetti dei cambiamenti climatici ma anche l'adattamento ad essi, e sottolinea che è importante considerare entrambi gli aspetti come ugualmente prioritari;

10.

esorta i negoziatori a tener fede all'impegno di dotare il Fondo verde per il clima di 100 miliardi di dollari, e a rendere operativo il concetto di «perdite e danni» (loss and damage) concordato dalla Conferenza delle parti di Doha del 2012;

11.

accoglie con soddisfazione ogni nuovo progresso, e incoraggia a compierne di ulteriori, nel campo della silvicoltura, soprattutto per quanto concerne gli aspetti metodologici del programma delle Nazioni Unite per la riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado delle foreste (REDD+), e osserva inoltre che le opportunità di finanziamento offerte in questo campo dovrebbero aumentare di conseguenza;

12.

pone l'accento sul ruolo fondamentale che rivestono le attività di destinazione dei suoli, cambiamento della destinazione dei suoli e silvicoltura (Land-Use, Land-Use Change and Forestry — LULUCF) nell'attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici, ma insiste anche sulla necessità di tener conto dello sviluppo rurale sostenibile e della sicurezza alimentare, segnatamente nei paesi in via di sviluppo;

13.

ribadisce che, perché il futuro accordo sia equo, è essenziale sviluppare la resilienza ai cambiamenti climatici, in particolare nelle regioni del globo e tra le fasce sociali più vulnerabili;

14.

chiede che lo sforzo di riduzione delle emissioni e le altre misure di attenuazione da attuare in futuro vengano equamente ripartiti sull'intera comunità internazionale, tenendo in debito conto le differenti capacità e posizioni di partenza dei vari paesi e regioni;

15.

in tale contesto, chiede altresì una riforma strutturale complessiva del Sistema di scambio di quote di emissioni dell'UE (ETS);

16.

sottolinea che occorre favorire quanto prima delle sinergie tra le iniziative di adattamento e quelle di attenuazione, condividendo gli insegnamenti tratti e le buone pratiche seguite, nonché promuovendo la ricerca e innovazione e il coordinamento delle strategie;

17.

rileva che l'UE ha dimostrato che è possibile sganciare la crescita del PIL dalle emissioni di CO2; ribadisce che l'Unione deve restare in prima linea nel dare l'esempio e nel conseguire obiettivi ambiziosi e vincolanti come quelli in materia di riduzione delle emissioni di CO2, di energie rinnovabili e di efficienza energetica;

18.

sottolinea gli sforzi profusi dalle città e regioni europee che hanno adottato strategie e iniziative locali e regionali in materia di clima ed energia, e che sono in grado di portare le loro ambizioni fino al livello nazionale grazie ad iniziative quali il premio Capitale verde europea o il Patto dei sindaci, i cui firmatari si impegnano a ridurre le emissioni di CO2 di oltre il 20 % entro il 2020;

19.

chiede che gli sforzi compiuti dagli enti locali e regionali vengano riconosciuti ed iscritti in dispositivi MRV (misurabili, rendicontabili e verificabili) di contabilizzazione;

20.

chiede una maggiore condivisione delle informazioni a livello internazionale, e conferma l'impegno ad attuare il memorandum d'intesa che ha firmato con il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) onde favorire sinergie tra i diversi livelli di governo e migliorare l'applicazione degli accordi multilaterali sull'ambiente; ribadisce altresì, in tale contesto, il proprio impegno ad attuare il memorandum d'intesa siglato con la Conferenza dei sindaci statunitensi e per la conclusione di un futuro accordo con i sindaci cinesi;

21.

chiede che le future strategie dell'UE si avvalgano delle possibilità offerte dalla cooperazione multilaterale decentrata con i paesi terzi, e richiama l'attenzione sugli strumenti specifici che ha messo a punto per agevolare tale cooperazione;

22.

auspica che i criteri «climatici» vengano presi pienamente in considerazione nei diversi strumenti finanziari dell'UE, compresa la politica europea di sviluppo (PED);

23.

fa osservare che l'accordo di Cancún offre un più ampio riconoscimento ai governi subnazionali e agli enti locali, e ribadisce la richiesta di una strategia globale in materia di ambiente che adotti un approccio fondato sulla governance multilivello; chiede pertanto alle parti dell'UNFCCC un preciso impegno a coinvolgere e sostenere i governi subnazionali e gli enti locali nell'attuazione delle decisioni della Convenzione stessa, secondo l'esempio fornito dalla decisione X/22 della Convenzione sulla diversità biologica;

24.

incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Presidente del Parlamento europeo, al Presidente del Consiglio europeo, al Presidente della Commissione europea, alla presidenza lituana del Consiglio dell'UE e al segretariato dell'UNFCCC.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


PARERI

Comitato delle regioni

103a sessione plenaria del 7 e 9 ottobre 2013

5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/3


Parere del Comitato delle regioni «Raccomandazioni per una migliore gestione della spesa»

2013/C 356/02

IL COMITATO DELLE REGIONI

mette in rilievo l'importanza, nel contesto della spesa pubblica nell'Unione europea, dei bilanci locali e regionali. A tal proposito tiene a ricordare che è opportuno considerare le dotazioni della politica di coesione come investimenti e non come semplici voci di spesa pubblica;

ritiene che, per migliorare la qualità della spesa, non basti semplicemente aumentare l'efficacia e l'efficienza nell'allocazione delle risorse, ma occorra invece tenere conto delle differenze territoriali e degli ostacoli che possono costituire un impedimento alla crescita in determinate regioni, analizzarne gli effetti sugli interventi e cercare la maniera di ridurne l'impatto della politica di coesione;

sottolinea che la governance multilivello e la collaborazione tra i diversi livelli amministrativi sono fondamentali per una migliore attuazione dei fondi al fine di conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020;

ribadisce che le condizionalità ex-ante dovrebbero essere limitate agli ambiti direttamente connessi all'esecuzione della politica di coesione, e che è importante evitare di sovraccaricare detta politica di responsabilità che non le appartengono e che contribuiscono all'aumento della burocrazia;

ribadisce la sua ferma opposizione alla condizionalità macroeconomica, posizione condivisa dal Parlamento europeo;

si rammarica dell'insistenza del Consiglio sulla riserva di efficacia ed efficienza. Ribadisce invece la sua proposta di creare una riserva di flessibilità finanziata con le risorse del disimpegno automatico;

suggerisce, come possibili meccanismi per la semplificazione nella gestione, l'armonizzazione delle procedure e la standardizzazione dei documenti, l'utilizzo di strumenti informatici comuni e l'introduzione effettiva degli sportelli unici che evitino i passaggi tra i diversi uffici all'interno di una stessa amministrazione.

Relatore

Alberto NUÑEZ FEIJÓO (ES/PPE), presidente della regione di Galizia

Riferimento/i

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Il ruolo della politica di coesione e dei bilanci locali e regionali

1.

sottolinea l'importanza che la politica di coesione ha avuto finora nel processo di convergenza tra le regioni dell'Unione europea ed evidenzia il ruolo che essa continuerà ad avere in futuro in quanto asse fondamentale per la creazione di posti di lavoro, la promozione della crescita economica e la coesione sociale e territoriale, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Di fatto, i fondi strutturali rappresentano più del 60 % di tutti gli investimenti pubblici in 6 Stati membri e tra il 30 e il 60 % in altri 7 Stati membri;

2.

mette in rilievo l'importanza, nel contesto della spesa pubblica nell'Unione europea, dei bilanci locali e regionali, che nel 2011 rappresentavano il 16,7 % del PIL e il 34 % della spesa pubblica complessiva, e fa risaltare in questi bilanci gli investimenti diretti, che costituiscono un elemento chiave per una rapida ripresa economica. A tal proposito tiene a ricordare che è opportuno considerare le dotazioni della politica di coesione come investimenti e non come semplici voci di spesa pubblica.

Aspetti generali che possono contribuire a migliorare la spesa

3.

ritiene che, per migliorare la qualità della spesa, non basti semplicemente aumentare l'efficacia e l'efficienza nell'allocazione delle risorse, ma occorra invece tenere conto delle differenze territoriali e degli ostacoli che possono costituire un impedimento alla crescita in determinate regioni, analizzarne gli effetti sugli interventi e cercare la maniera di ridurne l'impatto della politica di coesione;

4.

raccomanda di concentrare le risorse rese disponibili dai finanziamenti europei negli ambiti a più marcato carattere strategico in ciascun territorio, e in particolare nei settori della conoscenza, dell'istruzione, della ricerca e dell'innovazione, che sono in grado di esercitare un effetto leva sul resto dell'economia delle regioni.

5.

ritiene che gli investimenti pubblici costituiscano una responsabilità condivisa tra tutti i livelli di governo e accoglie con soddisfazione il progetto di raccomandazione sui principi fondamentali per investimenti pubblici efficaci proposto dall'OCSE (1); invita ad adottare questi principi a livello dell'Unione europea, e propone un monitoraggio periodico della loro applicazione nel quadro degli indicatori della governance multilivello elaborato dal Comitato delle regioni.

Coordinamento degli interventi

6.

considera positivo l'approccio integrato del quadro strategico comune per il nuovo periodo di programmazione, che accorpa il complesso delle risorse stanziate a fini regionali, ma mette in risalto la difficoltà di coordinamento tra gli interventi, dovuta al fatto che gli obiettivi tematici di cui alle proposte di regolamento sulle disposizioni comuni differiscono dalle sei priorità previste per il FEASR e da quelle del FEAMP;

7.

richiama il legame tra la politica di coesione e la strategia Europa 2020 e gli obiettivi generali di rafforzamento della competitività e dell'occupazione (crescita sostenibile, occupazione e benessere tuttora pienamente validi). In questo senso, è fondamentale l'impulso dato dalla politica di coesione alla R&S&i e alla conoscenza, in quanto esso ha consentito di realizzare progetti innovativi, incrementando il valore aggiunto comunitario ed evidenziando l'importanza del coordinamento dei programmi e degli strumenti di finanziamento della politica di coesione con le politiche di innovazione e ricerca;

8.

ricorda l'importanza di dare un seguito ai risultati ottenuti nell'applicazione della politica di coesione, al fine di misurarne l'impatto. Qualsiasi azione deve poter essere quantificata e analizzata attraverso criteri basati sui risultati per valutare il suo contributo allo sviluppo regionale e locale. D'altro canto, un orientamento basato sugli obiettivi e non sui requisiti di ammissibilità consente alle regioni di scegliere meglio gli strumenti e le misure e di adeguarli alle loro necessità.

Governance e decentramento

9.

sottolinea che la governance multilivello e la collaborazione tra i diversi livelli amministrativi sono fondamentali per una migliore attuazione dei fondi al fine di conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020. In questo senso, ha accolto con soddisfazione l'intenzione di includere tra i principi orizzontali del quadro strategico comune la governance multilivello e il principio di partenariato e si impegna a commentare la proposta della Commissione relativa al codice europeo di condotta previsto dall'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento sulle disposizioni comuni, per favorire la partecipazione attiva degli enti regionali e locali, delle parti economiche e sociali e delle organizzazioni rappresentative della società civile a tutte le fasi del ciclo di programmazione;

10.

ribadisce che un più elevato livello di decentramento nei compiti di pianificazione, programmazione ed esecuzione decentrati è molto più efficiente, in virtù della prossimità ai cittadini, in termini sia di costi che di qualità dei servizi, poiché è più vicino al livello di base. Esso presenta anche vantaggi importanti sul piano tanto dell'individuazione delle necessità e delle esigenze quanto della concezione delle politiche volte a promuovere la crescita sostenibile e competitiva e rafforza nel contempo l'autonomia e la democrazia locale;

11.

ritiene che il decentramento, realizzato attraverso gli enti regionali e locali, svolga un ruolo fondamentale nella riduzione delle disparità economiche e sociali esistenti tra le regioni europee, contribuendo così a mitigare l'impatto negativo dell'esodo dalle zone rurali delle regioni povere verso i grandi centri urbani e quello dell'emigrazione da uno Stato membro a un altro, che indebolisce il mercato del lavoro; osserva che, affinché gli investimenti siano più mirati ed efficaci, è essenziale anticipare nelle regioni la loro pianificazione e la loro concezione, sia a lungo temine che su base annua. Ai fini di una migliore pianificazione del programma nazionale di investimenti e dei piani nazionali di sviluppo l'approccio dal basso verso l'alto ha un'importanza cruciale;

12.

sottolinea che il valore aggiunto della spesa nell'Unione europea dipende dagli ostacoli specifici che essa incontra in ciascuna regione; non è possibile, pertanto, stabilire una strategia comune applicabile in modo generale a tutte le regioni, il che rende indispensabile una certa flessibilità nel quadro normativo per il periodo di programmazione;

13.

ritiene che per conseguire gli obiettivi fissati, indipendentemente dalle differenze tra le regioni, è indispensabile che gli enti locali e regionali abbiano un ruolo di primo piano nell'attuazione dei fondi nel periodo 2014-2020, dall'elaborazione del quadro normativo che dovrà disciplinarla fino all'esecuzione delle azioni;

14.

raccomanda di decentrare la gestione operativa a livello regionale e locale, misura che farà aumentare il coordinamento e la complementarità tra i fondi e assicurerà un'impostazione dal basso verso l'alto basata sulle necessità e sulle caratteristiche di ciascun territorio. Questo decentramento, inoltre, assegnerà agli enti locali e regionali incaricati dell'esecuzione degli interventi le responsabilità attribuite a ciascuna autorità dei programmi operativi.

Applicazione del principio di sussidiarietà

15.

sottolinea che il Trattato di Lisbona ha rafforzato il principio di sussidiarietà e insiste sulla necessità di conservare e continuare a sviluppare l'approccio della politica di coesione basato sulla sussidiarietà, in modo da rafforzare il ruolo degli enti locali e regionali in tutte le fasi del ciclo di vita delle azioni strutturali;

16.

ritiene opportuno applicare il principio di sussidiarietà, insieme a quello di proporzionalità, non soltanto ai fini di una maggiore efficacia: occorre mantenere, se non rafforzare, per esempio, l'attuale sistema decentrato per l'elaborazione dei programmi operativi, in modo da promuovere l'autonomia regionale e locale nell'attuazione pratica della politica di coesione europea; ciò porterà a una programmazione più adeguata alle necessità e alle priorità di ciascuna regione;

17.

è dell'avviso che gli enti regionali e locali debbano assumersi un livello massimo di competenze nei programmi e negli interventi che si svolgono in ciascuna regione per arrivare a un vero approccio integrato sul campo. Infatti, gli enti territoriali rappresentano gli interlocutori più adeguati dei responsabili dei fondi al livello dell'Unione europea e hanno la capacità di collegare fra loro le iniziative europee, nazionali, regionali e locali.

Condizionalità e politica di coesione

18.

ribadisce che le condizionalità ex-ante dovrebbero essere limitate agli ambiti direttamente connessi all'esecuzione della politica di coesione, e che è importante evitare di sovraccaricare detta politica di responsabilità che non le appartengono e che contribuiscono all'aumento della burocrazia;

19.

richiama la posizione del CdR in merito alla proposta di regolamento generale per il periodo di programmazione 2014-2020 della politica di coesione, nel quale sottolineava che, nella maggioranza dei casi, le regioni e gli enti locali non sono responsabili del rispetto degli obiettivi di governance economica, e che pertanto l'applicazione della condizionalità macroeconomica a livello nazionale avrebbe reso più ingiusta la politica di coesione e, nel contempo, avrebbe provocato incertezza circa il finanziamento di futuri nuovi progetti;

20.

ribadisce la sua ferma opposizione alla condizionalità macroeconomica, posizione condivisa dal Parlamento europeo.

Meccanismi di follow-up

21.

considera necessario un approccio differenziato nell'uso degli indicatori qualitativi e quantitativi dei risultati, che devono essere pertinenti e adeguatamente selezionati e riferirsi ai risultati dei progetti e ai vantaggi a lungo termine piuttosto che a postulati teorici, cercando di armonizzare a livello europeo i criteri di valutazione dei risultati degli interventi dei fondi;

22.

manifesta esplicitamente il suo sostegno alla cultura della valutazione, che consente di migliorare costantemente la qualità delle strategie e delle procedure, e raccomanda di promuovere lo scambio di esperienze e buone pratiche tra le autorità nazionali e regionali di tutta Europa. Per conseguire detto obiettivo, propone di mettere a disposizione una banca dati integrata delle buone pratiche e delle migliori tecnologie finanziate da uno qualsiasi dei fondi del quadro strategico comune.

Riserve

23.

si rammarica dell'insistenza del Consiglio sulla riserva di efficacia ed efficienza. Ribadisce invece la sua proposta di creare una riserva di flessibilità finanziata con le risorse del disimpegno automatico, affinché i responsabili delle politiche possano orientare la strategia a medio termine, incentivando in tal modo la realizzazione delle spese inizialmente assegnate a ciascun programma operativo.

Investimenti territoriali integrati

24.

ritiene che la possibilità di concepire e applicare strategie attraverso gli investimenti territoriali integrati, che consentono di realizzare azioni trasversali finanziate con uno o più assi o programmi, contribuirà a rendere più concreto l'impatto dei progetti selezionati sul territorio in cui si realizzano e nel contempo a conferire ai fondi un più elevato valore aggiunto, incrementando l'efficienza della spesa.

Gestione dei programmi

25.

condivide l'idea di far coesistere gli strumenti finanziari e le sovvenzioni in quanto strumenti complementari che contribuiscono a uno sviluppo regionale equilibrato e a una crescita intelligente; l'utilizzo dei due strumenti, adeguatamente combinato, deve costituire un elemento fondamentale sul quale appoggiare le politiche di investimento nel periodo 2014-2020. In questo senso si è pronunciato il CEPS in una relazione al Parlamento europeo, nella quale afferma che gli strumenti finanziari innovativi non dovranno sostituire gli aiuti e sono adatti soltanto a progetti che abbiano una redditività finanziaria;

26.

pensa che nel corso dell'esecuzione dei quadri pluriennali si presentino elementi che possono alterare gli obiettivi e le priorità iniziali, ragion per cui, benché non siano auspicabili riprogrammazioni frequenti, si dovrebbe prevedere un margine di flessibilità per la possibilità di riassegnare internamente una parte delle risorse dei programmi. Detta riassegnazione dovrà in ogni caso essere conforme agli obiettivi iniziali previsti e interessare percentuali tali da non alterare in modo significativo il loro conseguimento, e, nel contempo, tali da consentire di adeguarli alla nuova realtà che la regione affronta.

Semplificazione

27.

ritiene che, pur avendo reso più severi sia i requisiti di applicazione che le disposizioni sul controllo finanziario, non si siano realizzate le semplificazioni annunciate nel periodo 2007-2013, e che, al contrario, si siano generati costi sproporzionati. Riafferma pertanto la necessità di procedere a una semplificazione reale degli oneri amministrativi, concentrando in particolare gli sforzi maggiori sulla gestione dei programmi. Questa semplificazione dovrà coinvolgere tanto la Commissione quanto i potenziali beneficiari, ed essere conciliata con gli imprescindibili requisiti di verifica e di controllo delle azioni e di rispetto delle garanzie per i beneficiari;

28.

è convinto che nessuna misura di semplificazione che si adotti al livello dell'Unione europea avrà un impatto significativo sulla gestione dei programmi se non sarà accompagnata da autentiche misure di semplificazione a livello nazionale, regionale e locale, in funzione delle competenze di ciascuna amministrazione;

29.

suggerisce, come possibili meccanismi per la semplificazione nella gestione, l'armonizzazione delle procedure e la standardizzazione dei documenti, l'utilizzo di strumenti informatici comuni e l'introduzione effettiva degli sportelli unici che evitino i passaggi tra i diversi uffici all'interno di una stessa amministrazione;

30.

raccomanda l'uso generalizzato dell'amministrazione elettronica, che può costituire un elemento fondamentale nell'applicazione delle risorse e nei rapporti tra i beneficiari, veri promotori della creazione di ricchezza, e le autorità e i gestori dei diversi interventi;

31.

raccomanda l'alternativa dei costi standard come modello di approvazione e giustificazione delle spese che comporta minori oneri amministrativi e non altera gli obiettivi che si perseguono attraverso gli interventi;

32.

insiste sulla possibilità di ridurre anche altre pratiche burocratiche attraverso relazioni e controlli semplificati per misurare i progressi, l'accertamento dell'affidabilità delle procedure di verifica e controllo e l'audit dei programmi;

33.

ricorda l'utilità dei programmi monofondo, che hanno consentito di semplificare le procedure di approvazione e revisione riguardanti i programmi integrati, e sottolinea i vantaggi dei programmi operativi multifondo. Questi ultimi consentono di massimizzare l'impatto positivo degli interventi dell'UE nelle regioni poiché sfruttano in modo integrato le opportunità create dai diversi strumenti di sviluppo;

34.

fa notare che un possibile elemento conflittuale per la gestione dei fondi è rappresentato dall'attuazione delle norme UE nel diritto degli Stati membri, ed esorta pertanto le autorità competenti a esercitare il massimo rigore nell'elaborazione delle disposizioni, in particolare di quelle che hanno un impatto orizzontale sui programmi, come nel caso delle gare d'appalto o delle sovvenzioni;

35.

ritiene che lo stretto rapporto tra la politica di coesione e le disposizioni europee in materia di aiuti di Stato e di servizi di interesse economico generale esige che qualsiasi riforma tenga conto in particolare della compatibilità tra i meccanismi di finanziamento e non aggiunga oneri amministrativi addizionali per la gestione dei programmi;

36.

insiste sull'opportunità di un quadro preciso per l'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato agli strumenti finanziari e ai partenariati pubblico-privati (PPP), in modo da evitare blocchi o ritardi nella realizzazione dei progetti;

37.

propone di sfruttare appieno la semplificazione introdotta dalla Commissione con la limitazione del numero dei criteri di ammissibilità per determinati interventi. A tal fine auspica che, nelle procedure di selezione dei progetti, si introducano indicatori che consentano di analizzare tanto l'impatto degli interventi quanto il livello di maturità dei progetti e di pervenire quindi a un'assegnazione più efficiente delle risorse, dando priorità ai progetti con un più elevato valore aggiunto e un impatto più rapido sull'economia. Ai fini del successo a lungo termine degli investimenti è essenziale rafforzare le capacità amministrative degli enti locali in tema di appalti pubblici, supervisione tecnica e gestione delle risorse dopo l'investimento, specie quando tali enti sono i beneficiari finali dei progetti.

Alternative di finanziamento

38.

raccomanda alle autorità competenti di avvalersi della possibilità di ottenere cofinanziamenti privati nei progetti in quanto ciò costituisce un'opportunità aggiuntiva alla politica di coesione in un contesto caratterizzato dalla costante riduzione delle risorse pubbliche, possibilità che apporterà senza dubbio un valore aggiunto a questa politica; in questo senso i modelli di partenariato pubblico-privati possono costituire uno strumento da sviluppare nel nuovo periodo di programmazione. Inoltre il cofinanziamento privato di progetti di sviluppo economico contribuisce a garantire la loro rilevanza e l'impegno e l'assunzione autonoma di responsabilità delle imprese per le iniziative avviate;

39.

mette in rilievo l'importante ruolo che può svolgere la BEI in quest'ambito e in particolare le possibilità addizionali che si aprono grazie ai «prestiti quadro» e ai «prestiti per i programmi strutturali»;

40.

fa osservare, come già fatto in precedenti pareri, la necessità di emettere obbligazioni per il finanziamento di progetti importanti caratterizzati da una redditività economica nel medio termine.

Strumenti finanziari

41.

riconosce le difficoltà di funzionamento degli strumenti finanziari nell'attuale periodo, e constata in particolare le preoccupazioni e le necessità specifiche delle città e delle aree urbane rispetto allo sviluppo dello strumento Jessica, che vanno attribuite alle tensioni tra le autorità responsabili della gestione dei programmi e le autorità comunali. Riafferma pertanto la necessità che, nell'attuazione della politica di coesione, si promuova l'utilizzo di strumenti basati sui prestiti nei settori pertinenti, per il loro effetto moltiplicatore e per lo stimolo che danno all'efficacia degli interventi; detti prestiti, nel contempo, riducono gli sforzi richiesti ai bilanci regionali e locali e propone che a tal fine si consideri, la partecipazione, tra altri operatori, delle banche di sviluppo.

Retroattività delle disposizioni

42.

rifiuta la pratica di introdurre disposizioni con carattere retroattivo e ritiene che essa vada evitata in futuro, perché rende più difficile la gestione e genera incertezza giuridica; invita a valutare l'applicazione di un principio di proporzionalità che adegui le esigenze di controllo alle dimensioni dei progetti cofinanziati con i fondi strutturali.

Proporzionalità nei controlli

43.

reputa che l'opzione di concludere «contratti di fiducia» tra la Commissione europea e le regioni possa consentire di evitare i doppioni nelle procedure di controllo e quindi di applicare il principio di proporzionalità;

44.

ritiene necessario trattare in maniera specifica la questione della concezione dei modelli a livello europeo per quanto riguarda i meccanismi di gestione e di controllo applicabili ai progetti multifondo o multiprogramma, in modo da evitare doppioni amministrativi che possano scoraggiarne l'impiego; ciò vale in particolare per la designazione delle autorità responsabili uniche, la rendicontazione generale e i controlli integrati. In tale contesto esprime il suo desiderio di pronunciarsi sugli orientamenti per l'attuazione dei nuovi progetti multifondo;

45.

segnala la necessità che le autorità responsabili della gestione dei progetti siano particolarmente sensibili all'apporto di risorse addizionali che l'Unione europea mette a disposizione delle regioni e, di conseguenza, raccomanda di adattare le loro organizzazioni in modo da garantire una struttura organizzativa sufficiente e adeguata al pieno sfruttamento di dette risorse.

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Cfr: Documento OCSE GOV/TDPC/(2013)3. Tali principi comprendono tra l'altro: il ricorso ad una strategia integrata adeguata ai diversi territori; l'adozione di strumenti di coordinamento efficaci tra le amministrazioni nazionali e subnazionali; il coordinamento tra governi subnazionali per assicurare il livello di investimenti più adeguato; la valutazione a priori dell'impatto e dei rischi degli investimenti pubblici nel lungo periodo; il coinvolgimento degli attori interessati in tutte le fasi del ciclo di investimento; la mobilitazione degli attori privati e degli istituti finanziari per diversificare le fonti di finanziamento e rafforzare le capacità; il rafforzamento delle capacità delle persone e delle istituzioni coinvolte negli investimenti pubblici; l'accento sui risultati e sulla promozione dell'apprendimento; lo sviluppo di un quadro fiscale adeguato agli obiettivi d'investimento perseguiti; il requisito di una gestione finanziaria rigorosa e trasparente a tutti i livelli di governo; la trasparenza e l'uso intelligente degli appalti pubblici; la promozione di un quadro normativo di qualità e coerente a tutti i livelli di governo.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/9


Parere del Comitato delle regioni «Partenariato e governance urbano-rurali»

2013/C 356/03

IL COMITATO DELLE REGIONI

riconosce che esistono barriere legislative, amministrative, fiscali e finanziarie che sono di ostacolo alla formazione e alla dinamica dei partenariati urbano-rurali. Perciò è importante che queste barriere vengano individuate ed eliminate, per assicurare un quadro giuridico propizio allo sviluppo dei partenariati;

raccomanda alle autorità di gestione a livello degli Stati membri di utilizzare i nuovi strumenti per lo sviluppo territoriale messi a disposizione dall'UE nel quadro della politica europea di sviluppo regionale e rurale: gli investimenti territoriali integrati (ITI), lo sviluppo locale di tipo partecipativo (Community Led Local Development — CLLD), il meccanismo delle sovvenzioni globali e l'approccio multifondo;

sottolinea che, per quel che riguarda i criteri di ammissibilità dei fondi, occorre un riconoscimento delle aree funzionali e, al tempo stesso, è necessaria l'integrazione delle fonti di finanziamento messe a disposizione attraverso la politica regionale e la politica agricola comune dell'UE;

ritiene assolutamente necessaria una migliore raccolta dei dati a livello delle aree funzionali. In questo modo verrà creata una banca dati contenente prove convincenti per una pianificazione territoriale migliore, con cognizione di causa, e verrà giustificata la proporzionalità degli interventi;

pone l'accento sugli aspetti transfrontalieri dei partenariati urbano-rurali e sul modo in cui gli strumenti di finanziamento proposti dalla Commissione sono utilizzati per stimolare il potenziale di sviluppo economico insito nei legami transfrontalieri urbano-rurali;

insiste sulla necessità di coinvolgere il settore privato e quello dell'economia sociale, il cui apporto è più che vantaggioso, tenuto conto dei criteri di performance, della capacità imprenditoriale e innovativa, oltre che della valorizzazione delle opportunità e della mobilitazione delle comunità, ma soprattutto in termini di possibilità di attirare capitali e costruire partenariati pubblico-privati.

Relatore

Romeo STAVARACHE (RO/ALDE), sindaco della città di Bacău

Testo/i di riferimento

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Considerazioni sul partenariato urbano-rurale

1.

tra le aree urbane e quelle rurali esistono legami di natura demografica, economica e infrastrutturali per l'accesso ai servizi pubblici. Le interconnessioni urbano-rurali generate dal trasporto di beni, dal pendolarismo, dai servizi d'istruzione, sanitari, idrici e di raccolta dei rifiuti, dalle operazioni economiche, dall'accesso alle risorse naturali, alla cultura e alle attività ricreative richiedono un'attenzione speciale da parte dei responsabili decisionali a tutti i livelli di governo. Il modo in cui queste interconnessioni sono gestite influisce sullo sviluppo economico e sociale delle aree funzionali e, implicitamente, sulla qualità di vita degli abitanti di queste aree;

2.

un coordinamento carente delle relazioni tra le aree urbane e quelle rurali può portare sovente a risultati non auspicati sia nelle città che nei territori circostanti. La presa di coscienza e la comprensione delle interdipendenze aiutano a risolvere i problemi cui sono confrontate le aree rurali e quelle urbane. Sia da un lato che dall'altro sarebbe utile promuovere una maggiore consapevolezza dell'esistenza di collegamenti e interdipendenze;

3.

le condizioni preliminari per stabilire i modelli migliori di governance urbano-rurale consistono nel comprendere interconnessioni e nell'individuare le sfide cui sono confrontate sia le aree urbane che le aree rurali. Un approccio del tipo «un'unica soluzione valida per tutti i contesti» deve essere escluso sin dall'inizio;

4.

il calo demografico soprattutto nelle aree isolate, la sostenibilità dell'ambiente e la conservazione dei paesaggi, l'accesso incondizionato alle risorse naturali e culturali, ai servizi pubblici e ai beni di consumo, l'espansione delle aree urbane a scapito di quelle rurali, la recessione economica, la competitività delle regioni, i collegamenti intraregionali, l'efficienza delle politiche pubbliche e il ricorso alle opportunità di finanziamento esterno rappresentano altrettanti esempi di sfide per lo sviluppo dei partenariati tra l'ambiente urbano e quello rurale;

5.

la diversità delle sfide è rispecchiata anche negli obiettivi dei partenariati urbano-rurali: lo sviluppo economico, la pianificazione comune integrata, lo sfruttamento degli effetti di sinergia, il rafforzamento della competitività regionale, le economie di scala per il finanziamento dei servizi in partenariato, la promozione dei territori nel loro insieme, le attività comuni di difesa dei propri interessi e di collaborazione strategica per accedere a fondi pubblici o privati, ecc.;

6.

partendo dai legami di natura economica, sociali e ambientali che esistono a livello dei territori, possono essere stabilite delle aree funzionali urbano-rurali. La necessità di identificare queste aree deriva dal fatto che il concetto tradizionale che è alla base delle politiche di sviluppo delle città e delle metropoli è limitato dai confini amministrativi e non è coerente con le realtà socioeconomiche del territorio;

7.

il concetto generale utilizzato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) per definire le regioni funzionali è il seguente: le regioni funzionali sono individuate attraverso uno spazio geografico, che di norma non coincide con i limiti amministrativi delle rispettive località, in cui emergono interdipendenze (funzioni) territoriali specifiche che potrebbero richiedere una forma di governo;

8.

i partenariati urbano-rurali sono caratterizzati da una geometria flessibile. La flessibilità è data da: (1) lo scopo del partenariato, che può interessare un unico settore o più settori, (2) la sua ragion d'essere — la gestione di un progetto o la gestione integrata dell'area funzionale e (3) il modello di governance scelto — «dall'alto» o «dal basso»;

9.

l'esperienza mostra che gli approcci e i problemi sono differenti da regione a regione e da paese a paese. Esistono situazioni in cui le amministrazioni nazionali hanno istituzionalizzato il quadro di cooperazione urbano-rurale, e altre in cui tale quadro è flessibile. La diversità rappresenta un vantaggio reale per l'UE, in quanto offre possibilità di esplorare e di innovare, oltre a modelli e prassi di vario tipo;

10.

a prescindere dal contesto, un fattore comune determinante per il successo della cooperazione è il dialogo e la fiducia tra le parti, come pure il riconoscimento e l'assunzione di responsabilità rispetto alle necessità comuni dell'area;

11.

l'assenza di fiducia tra le parti, sia in orizzontale tra i partner locali che in verticale tra le istituzioni pubbliche ai differenti livelli di governo coinvolti, può avere effetti distruttivi e in genere rallenta il processo di collaborazione. Sono necessari sforzi politici sostenuti da parte di tutti i responsabili decisionali coinvolti per creare fiducia e valutare soluzioni per i problemi complessi di interesse comune.

Sfide a livello dell'Unione europea

12.

nell'Unione europea, sebbene le disparità di sviluppo tra gli Stati membri si siano ridotte negli ultimi anni, in linea con le analisi macroeconomiche basate sui dati statistici precedenti la crisi, a livello regionale si osserva un aumento delle differenze. Bisogna trovare le soluzioni miglior per ridurre il divario intraregionale e per innalzare la qualità di vita nelle regioni che presentano ritardi di sviluppo a livello economico, allo scopo di sviluppare le industrie, i servizi e l'agricoltura nel rispetto dell'ambiente;

13.

spesso la pianificazione territoriale è rigidamente realizzata a livello delle unità amministrativo-territoriali e non a livello dell'area funzionale, senza tener conto dell'interdipendenza urbano-rurale. Questo può generare effetti negativi per quel che riguarda la coesione territoriale e ridurre le possibilità di creare sinergie a livello locale che consolidino lo sviluppo economico e sociale;

14.

per motivi di efficienza, l'approccio integrato delle politiche di sviluppo non dovrebbe essere rigidamente limitato ai confini amministrativi che separano l'area urbana da quella rurale. Bisognerebbe tenere conto della dimensione funzionale. Le aree situate attorno alle città, le cosiddette zone «periurbane», contribuiscono allo sviluppo economico sostenibile e forniscono energie e risorse ambientali e culturali, migliorando in tal modo la qualità di vita. È noto tuttavia che le città rappresentano dei poli per i servizi pubblici, il commercio, la sanità, l'insegnamento superiore, i trasporti, l'innovazione e l'occupazione;

15.

i limiti amministrativi a livello delle città e dei comuni spesso si differenziano dalla geografia economica delle regioni. Inoltre le regioni funzionali sono caratterizzate da un'incessante dinamica e per questo motivo le politiche territoriali devono essere adattabili e sufficientemente flessibili. Ad esempio, se facciamo riferimento al fattore più frequente di interdipendenza urbano-rurale, ossia il pendolarismo, è risaputo che, in genere, la durata ottimale del viaggio dovrebbe essere al massimo di un'ora; quando la durata aumenta, l'accessibilità al luogo di lavoro ne risente negativamente;

16.

l'approccio integrato attraverso partenariati urbano-rurali può creare opportunità nuove e dinamiche di sviluppo economico. La crescita economica sostenibile e inclusiva a livello regionale dipende in larga misura dallo sfruttamento del potenziale di cooperazione urbano-rurale;

17.

partendo dalla premessa che tra le aree urbane e quelle rurali contigue non dovrebbe esistere una competizione, ma piuttosto una complementarità, il coordinamento degli interventi pubblici costituisce una vera sfida. Soltanto in questo modo l'ambiente urbano e quello rurale possono trovare soluzioni vincenti, che rimuovano i possibili conflitti di interesse;

18.

i partenariati urbano-rurali richiedono un approccio di lungo periodo per quel che riguarda la preparazione delle strategie e dei programmi, ma soprattutto per lo sviluppo di strutture di governance. I vantaggi di una riflessione di lungo periodo sono soprattutto la coerenza e il conseguimento di risultati solidi. I partenariati possono contribuire a risolvere problemi reali attraverso l'elaborazione di risposte alle esigenze locali dello spazio urbano e di quello rurale, e mediante l'applicazione di soluzioni comuni di carattere pratico. Gli enti locali e regionali devono insistere perché, nel quadro della programmazione e dell'esecuzione pluriennali del bilancio dell'UE, sia data priorità a un approccio strategico di lungo periodo per rimuovere gli ostacoli generati dalle misure regolamentari di tipo procedurale;

19.

le casistiche sulla natura dei partenariati urbano-rurali mostrano che il loro successo non dipende interamente dagli interventi pubblici ai livelli superiori, come le misure di natura legislativa o finanziaria, siano esse nazionali o europee. Tuttavia, tali misure possono influenzare in modo decisivo l'evoluzione dei partenariati, nonché la loro motivazione, sostenibilità, efficienza ed efficacia nel raggiungere i risultati auspicati. Esistono inoltre situazioni in cui la costituzione e la gestione dei partenariati implicano costi che le parti non possono sostenere in modo equo. In simili casi, per ottenere un partenariato coeso è necessario un sostegno finanziario e/o un'assistenza tecnica. Per l'UE rappresenta una sfida l'individuazione di quelle misure di intervento che possono catalizzare e sostenere i partenariati, senza tuttavia creare una dipendenza dalle sovvenzioni finanziarie, ed evitando inoltre quel tipo di partenariati che esistono solo sulla carta e non sono nell'interesse pubblico delle comunità;

20.

la governance multilivello attuata nel quadro del partenariato urbano-rurale presuppone il coinvolgimento delle autorità pubbliche e dei partner istituzionali pertinenti di tutti i livelli. Le istituzioni che gestiscono gli strumenti delle politiche urbane e rurali a livello nazionale o europeo spesso non tengono conto delle interdipendenze urbano-rurali in rapporto alle sfide connesse, ai rischi e ai benefici potenziali.

21.

con la progressiva apertura delle frontiere all'interno dell'UE è emersa una nuova dinamica per le regioni frontaliere. La promozione dei partenariati urbano-rurali transfrontalieri offre un notevole potenziale di sviluppo e l'UE svolge un ruolo essenziale per mettere a frutto tale potenziale.

Dal punto di vista degli enti regionali e locali

22.

il valore aggiunto del partenariato urbano-rurale consiste in una maggiore efficienza degli interventi pubblici, in una migliore coerenza nell'utilizzo dei fondi, nella promozione di soluzioni integrate ai problemi comuni e — non da ultimo — nella solidarietà a livello territoriale;

23.

Le azioni delle autorità dei centri urbani e rurali devono essere orientate al coinvolgimento delle comunità locali nella programmazione e realizzazione delle attività. L'efficacia delle azioni attuate dipende infatti dal coinvolgimento attivo di tali comunità;

24.

se l'efficacia degli interventi è essenziale per far fronte ai problemi, ai frequenti mutamenti e alle sfide di natura geografica delle regioni, occorre tuttavia menzionare che la governance spesso richiede più tempo per consolidarsi. Di conseguenza, è necessario che le parti coinvolte — specialmente l'elemento urbano — diano prova di altruismo, abbiano la capacità di far fronte ai pregiudizi, promuovano la parità di trattamento tra partner malgrado le asimmetrie dal punto di vista amministrativo o economico, assumano impegni risoluti, compiano sforzi politici sostenuti per lo sviluppo di capacità e diano prova di elasticità per un approccio flessibile;

25.

esistono barriere legislative e amministrative o di natura fiscale e finanziaria che sono di ostacolo alla formazione e alla dinamica dei partenariati urbano-rurali. Perciò è importante che queste barriere vengano individuate ed eliminate, per assicurare un quadro giuridico propizio allo sviluppo dei partenariati;

26.

l'interdipendenza per quel che riguarda la prestazione dei servizi pubblici, lo sviluppo sostenibile e le opportunità commerciali offerte dall'associazione tra aree urbane e aree rurali rappresentano un buono stimolo per motivare le parti interessate sia urbane che rurali a lavorare assieme;

27.

il monitoraggio e la misurazione dei benefici dei partenariati sono molto importanti. Se i benefici materiali sono più facili da misurare, quelli immateriali sono difficili da stimare, pur essendo altrettanto importanti. Inoltre, nel caso di interventi esogeni da parte di organismi che finanziano il partenariato, la necessità di quantificare i benefici è anche maggiore, anche se i partner esprimono già un certo grado di soddisfazione in merito ai progressi ottenuti.

Raccomandazioni politiche del Comitato delle regioni

28.

ribadisce il sostegno per l'azione preparatoria Rurban proposta dal Parlamento europeo e dalla Commissione, in corso di attuazione, che getterà le basi di nuove misure a livello dell'Unione per sostenere lo sviluppo territoriale integrato e il partenariato urbano-rurale;

29.

accoglie favorevolmente i progressi compiuti a livello degli Stati membri per quel che riguarda l'attuazione dell'Agenda territoriale 2020 e dei documenti politici adottati dai ministri responsabili della politica di coesione: la Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili, la Dichiarazione di Marsiglia sul quadro di riferimento per le città sostenibili e la Dichiarazione di Toledo sul ruolo dello sviluppo urbano integrato per raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020;

30.

ribadisce le raccomandazioni del Parlamento europeo «sulla sana gestione in materia di politica regionale dell’Unione europea: procedure di assistenza e controllo della Commissione» e ne chiede l'attuazione nel nuovo ciclo di programmazione 2014-2020 (1);

31.

insiste sulla necessità di facilitare gli scambi di buone pratiche e conoscenze in materia di partenariati e governance urbano-rurale (2);

32.

riconosce l'importanza dello sforzo di armonizzazione delle norme europee in materia di politiche di coesione e di sviluppo rurale compiuto attraverso il nuovo regolamento comune sui fondi, che consente agli enti locali una maggiore flessibilità nella concezione di progetti territoriali integrati multitematici e, in particolare, le proposte relative agli investimenti territoriali integrati (ITI) e allo sviluppo locale di tipo partecipativo (Community Led Local Development — CLLD);

33.

raccomanda alle autorità di gestione a livello degli Stati membri di utilizzare i nuovi strumenti per lo sviluppo territoriale messi a disposizione dall'UE nel quadro della politica europea di sviluppo regionale e rurale: gli investimenti territoriali integrati (ITI), lo sviluppo locale di tipo partecipativo (Community Led Local Development — CLLD), il meccanismo delle sovvenzioni globali e l'approccio multifondo;

34.

raccomanda di promuovere l'approccio territoriale integrato nel nuovo ciclo di programmazione attraverso l'inclusione e la chiara indicazione, negli accordi di partenariato, della dimensione territoriale degli interventi e delle misure di sostegno, soprattutto di quelle rivolte ai partenariati urbano-rurali, a livello delle aree funzionali;

35.

sottolinea che gli enti regionali e locali strutturano i programmi di investimento partendo dagli obiettivi tematici della strategia Europa 2020, ma che dal punto di vista della superficie geografica coperta essi possono delimitare delle aree funzionali. Per quel che riguarda i criteri di ammissibilità dei fondi, occorre un riconoscimento delle aree funzionali e, al tempo stesso, è necessaria l'integrazione delle fonti di finanziamento messe a disposizione attraverso la politica regionale e la politica agricola comune dell'UE;

36.

sostiene la tesi secondo cui i partenariati urbano-rurali non sono uno strumento per ripartire il potenziale economico in modo diverso nello spazio, né servono per dar vita ad una ridistribuzione finanziaria all'interno di un'area funzionale. Il partenariato urbano-rurale consiste nell'utilizzo corretto delle potenzialità esistenti e nel collegamento delle parti coinvolte, allo scopo di promuovere lo sviluppo locale;

37.

ritiene che sia necessaria una migliore quantificazione dei rischi di frammentazione istituzionale nel quadro del partenariato urbano-rurale: i potenziali conflitti d'interesse tra partner e la relativa dimensione economica, i rischi relativi alle opzioni di riforma per aumentare l'efficienza economica ma al tempo stesso di stabilità per il riconoscimento della legittimità degli interventi, la fragilità e la sostenibilità finanziaria, le eventuali discrepanze tra la necessità di finanziamento e le possibilità esistenti; il rischio di non coinvolgere in misura sufficiente i partner pertinenti e quelli privati, ecc.;

38.

ritiene che sia necessario promuovere più adeguatamente e riconoscere a livello europeo i benefici del partenariato. Il consolidamento della capacità istituzionale degli enti pubblici locali nell'organizzazione delle loro missioni pubbliche, lo sviluppo e l'utilizzo delle capacità esistenti e l'aumento della produttività, la razionalizzazione delle risorse e un accesso migliore alle risorse naturali dovrebbero avere il sostegno di tutti i livelli di governo, anche dell'UE. Una maggiore visibilità delle regioni funzionali, la diminuzione dell'impatto negativo generato dalla concorrenza tra unità amministrative confinanti (specialmente in materia di tassazione), migliori economie di scala per gli investimenti, la sostenibilità economica, l'accesso ai servizi, la mobilizzazione delle risorse inutilizzate, il miglioramento delle conoscenze locali attraverso la condivisione delle informazioni, il contenimento dell'espansione urbana incontrollata costituiscono esempi di sfide per la cooperazione urbano-rurale;

39.

raccomanda di sostenere le regioni funzionali e i partenariati urbano-rurali transfrontalieri quali elementi di riferimento per la realizzazione di programmi di sviluppo pluriennali, finanziati con i fondi europei strutturali e di investimento;

40.

insiste sul fatto che i programmi europei devono essere flessibili per stare al passo con le realtà cui devono fare fronte le aree funzionali e per sviluppare meccanismi che aiutino e incoraggino le aree rurali e quelle urbane a collaborare più facilmente e a promuovere soluzioni politiche più efficienti;

41.

ritiene assolutamente necessaria una migliore raccolta dei dati a livello delle aree funzionali. In questo modo verrà creata una banca dati contenente prove convincenti per una pianificazione territoriale migliore, con cognizione di causa, e verrà giustificata la proporzionalità degli interventi, cioè la necessità che l'attività di pianificazione venga realizzata dove i problemi o i cambiamenti si producono effettivamente. Inoltre, per consolidare l'accento messo sulle prove concrete di come il partenariato funzioni (oppure non funzioni), sono necessari esempi pratici che dimostrino il valore aggiunto e i benefici del partenariato per lo sviluppo economico sostenibile (3). Al riguardo, le analisi realizzate dall'ORATE (Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo) saranno della massima importanza per i responsabili politici e i promotori dei progetti;

42.

è convinto che una comprensione migliore dei benefici materiali e immateriali sia essenziale per valutare la qualità dei partenariati urbano-rurali. Tali benefici dimostrano il valore aggiunto europeo dei partenariati urbano-rurali per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Può quindi essere opportuno sviluppare degli indicatori comuni per la quantificazione dei benefici. Gli enti locali potrebbero essere incoraggiati a utilizzare questi indicatori. Nel lungo termine i partenariati potrebbero essere oggetto di valutazione comparativa («benchmarking»), soprattutto nel caso di programmi finanziati con fondi europei;

43.

esorta gli enti locali e regionali a progettare modelli di governance urbano-rurale innovativi che massimizzino gli effetti della cooperazione tra aree urbane e rurali e i risultati ottenuti;

44.

propone che il partenariato urbano-rurale sia uno dei temi prioritari nel quadro del programma URBACT e delle azioni innovative, allo scopo di trarre profitto dalle esperienze e dalle pratiche sul partenariato urbano-rurale dell'UE e di promuovere modelli di governance innovativi;

45.

ritiene necessario rafforzare la cooperazione, soprattutto nel contesto transfrontaliero, e offrire sostegno finanziario attraverso i programmi dell'UE tesi a cofinanziare i costi operativi del partenariato, che possono essere ingenti (ad esempio, i costi amministrativi e quelli per le risorse umane). Tali costi devono essere misurati come un rapporto costo-benefici per assicurare la sostenibilità del partenariato;

46.

ritiene che un partenariato efficiente debba includere tra i partner chiave il settore privato, il settore dell'economia sociale e quello non governativo — nonché assicurarsi il sostegno dei cittadini;

47.

pone l'accento sugli aspetti transfrontalieri dei partenariati urbano-rurali e sul modo in cui gli strumenti di finanziamento proposti dalla Commissione sono utilizzati per stimolare il potenziale di sviluppo economico insito nei legami transfrontalieri urbano-rurali;

48.

sottolinea l'importanza del dialogo con i cittadini, assolutamente necessario nel processo di governance urbano-rurale per ottenere il consenso in merito a una visione e a degli obiettivi comuni e per consolidare la fiducia;

49.

ritiene che siano necessarie misure che scongiurino l'espansione urbana incontrollata che genera effetti indesiderati in rapporto alle opzioni di sviluppo sostenibile, in quanto essa influisce non solo a livello dell'impermeabilizzazione del suolo — poiché si vengono a creare le precondizioni per le inondazioni e vengono ostacolate le misure tese a prevenire i rischi o ad assicurare l'approvvigionamento idrico e la qualità dell'aria — ma anche sulla mobilità, come la congestione del traffico, e i costi aggiuntivi per le infrastrutture e in rapporto alla pianificazione del territorio in generale. Problemi di questo genere possono trovare una soluzione quando l'ambiente urbano e quello rurale lavorano in partenariato;

50.

insiste sulla necessità di coinvolgere il settore privato e quello dell'economia sociale, il cui apporto è più che vantaggioso, tenuto conto dei criteri di performance, della capacità imprenditoriale e innovativa, oltre che della valorizzazione delle opportunità e della mobilitazione delle comunità, ma soprattutto in termini di possibilità di attirare capitali e costruire partenariati pubblico-privati;

51.

ricorda i fattori di successo essenziali del partenariato: la creazione di un clima di fiducia, l'individuazione di tutte le opportunità esistenti, un lavoro di riflessione nell'ottica della realizzazione di progetti concreti, soluzioni vincenti sia per il polo urbano che per il polo rurale, l'obiettivo di attrarre fondi, la coerenza e la sostenibilità nel tempo.

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Relazione (2009/2231(INI)) del PE:

http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+REPORT+A7-2010-0280+0+DOC+XML+V0//IT

(2)  Raccomandazioni dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) — studio globale sul partenariato urbano-rurale; studio realizzato dall'Istituto federale di ricerca sull’edilizia, gli affari urbani e lo sviluppo del territorio «Partenariato per lo sviluppo sostenibile urbano-rurale: prove esistenti»; rapporto di Eurocities «Le città — la cooperazione al di là dei limiti amministrativi: prove tratte dall'esperienza» e il rapporto del CCRE sul «Partenariato urbano-rurale per lo sviluppo territoriale integrato».

(3)  A questo riguardo si può fare riferimento alla rete europea PURPLE, nell'ambito della quale le regioni periurbane di diversi Stati membri dell'UE lavorano assieme sul tema della vivibilità nelle aree rurali situate attorno agli agglomerati urbani.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/15


Parere del Comitato delle regioni «Il progetto di bilancio dell'UE per l'esercizio 2014»

2013/C 356/04

IL COMITATO DELLE REGIONI

evidenzia che il processo di redazione del bilancio annuale dell'UE è di natura politica e strategica per gli enti locali e regionali, e propone una consultazione ufficiale sui bilanci degli anni futuri;

accoglie favorevolmente gli sforzi compiuti dalla Commissione europea per fornire informazioni sui soggetti che ricevono finanziamenti dall'UE, ma reputa che le informazioni a disposizione del pubblico siano inadeguate e troppo frammentarie per ricavarne un quadro globale preciso dei fondi europei spesi e gestiti dagli enti locali e regionali;

sottolinea che monitorerà con attenzione se un'eventuale lentezza nell'avvio della programmazione e del ritmo di assorbimento avrà un'incidenza negativa sulla revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale (QFP) prevista per il 2016;

rileva che circa un terzo degli impegni residui totali (70,7 miliardi di euro) sarà pagato nel 2014, ma condivide i timori espressi dalla Commissione europea in rapporto agli anni finanziari 2015 e 2016;

considera inaccettabile che i pagamenti siano rimandati e raccomanda che la scadenza di pagamento di 60 giorni per i programmi in gestione concorrente sia vincolante e che venga introdotta una sanzione legale o finanziaria se il pagamento non è eseguito entro la scadenza;

si rammarica per l'assenza di riferimenti al semestre europeo nella presentazione politica delle priorità del bilancio dell'UE per il 2014;

propone che la piena anticipazione dell'iniziativa per l'occupazione giovanile (YEI) venga accompagnata da misure appropriate (ad esempio, lo sviluppo di capacità) ai fini di una veloce attuazione;

chiede un'ulteriore anticipazione degli stanziamenti d'impegno fino a 200 milioni di euro per Orizzonte 2020, 150 milioni di euro per Erasmus e 50 milioni di euro per COSME negli anni 2014-2015;

si rallegra che sia previsto uno storno di 351,9 milioni di euro dal primo al secondo pilastro della politica agricola comune (PAC) e ribadisce la propria ferma opposizione a storni nella direzione opposta;

propone che la flessibilità aggiuntiva del «margine globale per la crescita e l'occupazione» venga impiegata per la rubrica 1b.

Relatore

Luc VAN DEN BRANDE (BE/PPE), presidente dell'Ufficio di collegamento Fiandre-Europa

Testi di riferimento

Commissione europea, Stato di previsione per l'esercizio finanziario 2014 (preparazione del progetto di bilancio per il 2014)

SEC(2013) 370, giugno 2013

Consiglio dell'Unione europea, Progetto di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020

(11655/13), 27 giugno 2013

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

sottolinea che per la prima volta elabora un parere sulla procedura di bilancio annuale dell'UE per esprimere il punto di vista degli enti locali e regionali sulle rubriche di bilancio di cui essi sono i beneficiari principali e in cui sono direttamente coinvolti;

2.

evidenzia che il processo di redazione del bilancio annuale dell'UE è di natura politica e strategica per gli enti locali e regionali, e propone una consultazione ufficiale sui bilanci degli anni futuri da parte della Commissione, del Consiglio o del Parlamento europeo, per consentire al CdR di formulare la propria posizione dopo la pubblicazione del progetto di bilancio da parte della Commissione europea e preferibilmente prima che il Consiglio lo trasmetta al Parlamento;

3.

mette in risalto che il presente parere non si occupa delle spese amministrative di cui alla rubrica 5 del bilancio dell'UE;

4.

concentra l'attenzione del presente parere sulle rubriche di bilancio che rivestono l'interesse maggiore per sé e per gli enti locali e regionali, compresi i fondi strutturali, Orizzonte 2020, il programma per la competitività delle imprese e delle PMI (COSME), il Fondo di coesione e altri programmi in gestione concorrente, come il FEAMP, il FEASR e LIFE+.

Il bilancio dell'UE e gli enti locali e regionali

5.

osserva che il bilancio dell'UE è di particolare importanza per gli enti locali e regionali, in quanto essi gestiscono direttamente alcuni programmi dell'UE in gestione concorrente e sono quindi direttamente toccati dal livello degli stanziamenti sia d'impegno che di pagamento in questi settori, specialmente se si tiene conto dei ritardi nei pagamenti derivanti dall'accumularsi negli ultimi anni di impegni residui, cosa che influisce direttamente sulle finanze pubbliche di molti enti locali e regionali di tutta l'UE;

6.

rileva inoltre che molti enti locali e regionali che beneficiano di fondi europei — come il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo di coesione, il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) — dipendono fortemente da tali finanziamenti per raggiungere i loro obiettivi strategici;

7.

desidera inoltre ricordare che il bilancio dell'UE rappresenta soltanto una piccola percentuale (circa il 2 %) della spesa pubblica complessiva all'interno dell'Unione europea ed è di per sé insufficiente ad assicurare i 1 800 miliardi di euro di investimenti diretti orientati al futuro che la strategia Europa 2020 richiede. Il Comitato delle regioni ritiene pertanto che sia cruciale un ulteriore coinvolgimento degli enti locali e regionali nel nuovo quadro europeo di governance economica e sottolinea l'importanza della partecipazione di detti enti nel quadro degli accordi di partenariato;

8.

mette in rilievo che gli investimenti a partire dal bilancio dell'UE hanno sia un effetto moltiplicatore che un effetto leva attraverso il cofinanziamento pubblico e privato a livello locale, regionale e nazionale. In molti Stati membri gli investimenti pubblici dipendono in grande misura dai fondi strutturali, che rappresentano oltre il 30 % dell'investimento pubblico in 13 Stati membri e, in 6 paesi UE, anche più del 60 %;

9.

osserva che non esiste una visione chiara in merito alla quota di competenza delle regioni e dei governi locali, sebbene si presuma che gran parte del bilancio dell'UE venga spesa dalle autorità nazionali e dagli enti locali e regionali, da enti pubblici, ONG, organizzazioni non a scopo di lucro, organismi privati, persone fisiche e giuridiche, università e istituti d'istruzione, ecc., e che complessivamente un terzo della spesa pubblica e due terzi degli investimenti pubblici siano effettuati a livello locale e regionale;

10.

è convinto che gli enti locali e regionali siano un fattore essenziale e insostituibile per quel che riguarda l'attuazione di obiettivi strategici europei. Ad esempio, gli enti locali e regionali partecipano, direttamente o indirettamente, a:

i programmi per l'occupazione rivolti a disoccupati, immigrati, donne, ecc.;

i programmi tesi a promuovere l'occupazione giovanile;

l'integrazione sociale di gruppi vulnerabili;

la lotta contro la discriminazione sul luogo di lavoro;

il dialogo interculturale e la diffusione della cultura;

l'inclusione sociale e la partecipazione dei giovani;

la promozione della partecipazione delle persone con disabilità nella società;

il sostegno al settore audiovisivo;

la tutela dell'ambiente e la biodiversità;

l'attuazione del Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico;

i programmi per la modernizzazione e la diversificazione della struttura economica e per la creazione di posti di lavoro in settori quali le TIC, il turismo, l'energia, la salute, l'ambiente, la ricerca, ecc.;

la promozione dell'innovazione e della conoscenza;

l'accesso ai trasporti e alle telecomunicazioni;

la promozione dell'efficienza energetica e dei trasporti pubblici;

le energie rinnovabili;

la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale;

la soluzione di problemi specifici di città, di aree remote, ecc.;

la costruzione delle reti di trasporto europee;

i programmi di mitigazione dei cambiamenti climatici;

il miglioramento della competitività del settore agricolo;

il miglioramento della qualità di vita nelle aree rurali;

la diversificazione dell'economia rurale;

lo sviluppo sostenibile delle zone di pesca, ecc.;

11.

ne deduce che le regioni e gli enti locali sono coinvolti, direttamente e/o indirettamente, nella gestione o nella spesa di più del 75 % del bilancio dell'UE (1);

12.

accoglie favorevolmente gli sforzi compiuti dalla Commissione europea per fornire informazioni sui soggetti che ricevono finanziamenti dall'UE, sia direttamente dalla Commissione stessa oppure tramite le autorità nazionali o gli enti regionali, allo scopo di accrescere la responsabilizzazione attraverso una maggiore trasparenza, ma reputa che le informazioni a disposizione del pubblico siano inadeguate e troppo frammentarie per ricavarne un quadro globale preciso dei fondi europei spesi e gestiti dagli enti locali e regionali;

13.

deplora la mancanza di dati statistici che gli consentano di svolgere il proprio ruolo consultivo e chiede alla Commissione europea di fornire, a partire dal 2014:

dati consolidati sugli importi ricevuti e sugli importi rimasti da liquidare (RAL) (2) per linea di bilancio e tipo di beneficiario, specialmente le autorità pubbliche infrastatali;

la ripartizione degli impegni residui non solo per paese ma anche per categoria di beneficiario (autorità nazionale o autorità pubblica infrastatale);

gli importi raccolti dalle autorità nazionali e/o dalle autorità pubbliche infrastatali per il cofinanziamento dei progetti UE in gestione concorrente;

14.

esorta la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio a snellire e armonizzare le modalità di presentazione delle modifiche ai progetti di bilancio, allo scopo di facilitare il processo di controllo democratico;

15.

sottolinea a questo proposito che l'efficacia della politica europea dipende da una corretta applicazione del principio della governance multilivello, che è considerato il principio generale che disciplina i fondi strutturali (3). Questo significa che tutti i livelli di governo devono collaborare efficientemente, ciascuno secondo le proprie competenze, per raggiungere gli obiettivi strategici. Le regioni e gli enti locali non possono essere considerati beneficiari alla stessa stregua delle ONG, delle organizzazioni private, delle imprese, degli istituti d'istruzione, ecc.;

16.

sostiene l'iniziativa della Commissione europea relativa al Codice di condotta europeo in materia di partenariato (ECCP) quale integrazione al regolamento recante disposizioni comuni. L'ECCP approfondisce e concretizza il partenariato nella preparazione, attuazione e valutazione dei programmi e fondi del quadro strategico comune (QSC). Il Comitato è dell'avviso che un partenariato di questo tipo sia la migliore garanzia di un uso efficiente delle risorse e di un allineamento alle necessità delle regioni o delle comunità locali; si rammarica pertanto che il Consiglio non abbia incluso l'ECCP nello schema di negoziato, sebbene esso rappresenti uno strumento di gestione importante per il periodo di programmazione 2014-2020;

17.

invita la Commissione a riferire chiaramente con quale sistema gli enti locali e regionali sono stati coinvolti in modo tempestivo e strutturato nell'elaborazione degli accordi di partenariato e dei programmi operativi per il periodo 2014-2020;

18.

ribadisce la necessità di ridurre l'onere amministrativo per gli enti locali e regionali e raccomanda alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento europeo di tenere conto di questa necessità attraverso lo sviluppo di nuove regole che abbiano effetto sugli enti locali e regionali;

19.

ribadisce la propria richiesta affinché le proposte della Commissione tengano conto della qualità della spesa pubblica nella contabilità macroeconomica dell'Unione europea e degli Stati membri. Tali proposte dovrebbero affrontare in particolare la questione della separazione, ai fini del calcolo del disavanzo di bilancio, tra spesa corrente e investimenti, così da evitare di considerare voci negative gli investimenti che apportano benefici netti a lungo termine;

20.

si rallegra per gli sforzi intrapresi dalla Commissione europea per monitorare la spesa pubblica relativa alle azioni per il clima.

Il quadro finanziario pluriennale (QFP) e gli enti locali e regionali

21.

accoglie favorevolmente l'accordo politico che il Parlamento europeo, la presidenza del Consiglio e la Commissione hanno raggiunto il 27 giugno 2013 sul quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020;

22.

è preoccupato che la Commissione non disponga di una strategia adeguata per la gestione del rischio relativo alla possibilità che, in assenza di un quadro finanziario pluriennale, il funzionamento della politica di coesione sia basato su bilanci annuali;

23.

è particolarmente preoccupato che il livello complessivo del prossimo QFP, che è stato deciso dal Consiglio europeo, possa non essere sufficiente a realizzare le aspirazioni dell'UE indicate nella strategia Europa 2020 e nel Patto per la crescita e l'occupazione;

24.

deplora che il massimale del QFP per gli stanziamenti d'impegno (960 miliardi di euro) sia inferiore di 34 miliardi a quello del periodo 2007-2013 — proprio quando l'Europa ha bisogno dei mezzi necessari per superare l'attuale crisi in modo coordinato — e che tale massimale sia inferiore di oltre 80 miliardi a quello originariamente proposto dalla Commissione;

25.

appoggia la posizione del Parlamento europeo secondo cui il regolamento sul QFP non può essere adottato legittimamente se non viene raggiunto un accordo politico sulle basi giuridiche pertinenti;

26.

si rammarica che non sia stato compiuto alcun progresso tangibile sulla riforma del sistema delle risorse proprie quale metodo per ridurre il contributo diretto degli Stati membri al bilancio dell'UE; esorta quindi il Consiglio, la Commissione e il Parlamento europeo a definire quanto prima il mandato e la composizione del gruppo di lavoro sulle risorse proprie, come stabilito nell'accordo del 27 giugno, in modo da poter disporre, secondo il termine previsto, di una prima valutazione entro il 2014. Il gruppo di lavoro dovrebbe essere convocato al momento dell'adozione formale del regolamento sul QFP;

27.

accoglie favorevolmente l'accordo raggiunto sul rafforzamento della flessibilità — per utilizzare completamente i massimali del QFP consentendo il riporto automatico degli stanziamenti non utilizzati da un anno finanziario a quello successivo — e sul riesame obbligatorio e la conseguente revisione del QFP entro la fine del 2016;

28.

ribadisce la propria chiara e netta opposizione a ogni forma di condizionalità macroeconomica, e ritiene che l'opzione di estenderla a tutte le rubriche di bilancio — come chiesto da alcuni Stati membri — non sia di alcuna utilità, in quanto rischia di penalizzare pesantemente gli enti locali e regionali, che non sono responsabili del mancato rispetto degli obblighi da parte del rispettivo Stato membro. Deplora che la condizionalità macroeconomica sia ancora menzionata nell'art. 6 del progetto di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020;

29.

ribadisce il proprio rifiuto della riserva di efficacia ed efficienza, in quanto potrebbe incentivare lo sviluppo di progetti modesti e scoraggiare l'innovazione. Deplora che venga fatto riferimento a tale riserva nella presentazione politica del progetto di bilancio per il 2014;

30.

appoggia la posizione del PE secondo cui l'approvazione del regolamento sul QFP non può essere accordata a meno che non vi sia una «garanzia assoluta» che gli impegni residui per il 2013 saranno pienamente coperti e che, pertanto, il Consiglio dovrebbe non soltanto prendere una decisione ufficiale sul progetto di bilancio rettificativo (PBR) 2/2013 (7,3 miliardi di euro), ma anche tener fede al suo impegno politico di adottare senza indugi un ulteriore bilancio rettificativo (3,9 miliardi di euro, per raggiungere i necessari 11,2 miliardi di euro (4)); a questo riguardo, accoglie favorevolmente la scelta della Commissione di basare il progetto di bilancio per il 2014 sull'ipotesi che i due PBR per il 2013 saranno adottati;

31.

sottolinea che monitorerà con attenzione se un'eventuale lentezza nell'avvio della programmazione e del ritmo di assorbimento avrà un'incidenza negativa sulla revisione intermedia del QFP prevista per il 2016.

Il disavanzo strutturale del bilancio dell'UE

32.

è preoccupato per il disavanzo strutturale aggiuntivo di 52 miliardi di euro che il QFP per il periodo 2014-2020 introduce nel bilancio europeo. Secondo gli enti regionali e locali, che dipendono ampiamente dai fondi europei per i loro investimenti, si tratta di una tendenza molto pericolosa, in quanto la Commissione non sarà in grado di onorare puntualmente gli impegni assunti per mancanza di stanziamenti di pagamento, e il Comitato fa presente che la creazione di questo disavanzo strutturale nel bilancio europeo è in contrasto con le disposizioni del Trattato (artt. 310 e 323 del TFUE);

33.

si dichiara estremamente sorpreso che, persino nell'ipotesi di adozione dei due PBR per il 2013 (per un totale di 11,2 miliardi di euro di pagamenti aggiuntivi), sia ancora previsto per la fine del 2013 un ammontare di impegni residui di circa 225 miliardi di euro (5) proveniente dai programmi del periodo 2007-2013 nel nuovo periodo di finanziamento, il che rappresenta il 25 % circa del massimale totale del QFP per i pagamenti lungo il periodo 2014-2020 (908,4 miliardi di euro) e 1,6 volte il bilancio annuale dell'UE;

34.

osserva che questo ammontare di impegni residui è in contrasto con l'obiettivo politico espresso dal Parlamento europeo nei negoziati per l'avvio del nuovo periodo di programmazione da una «nuova piattaforma», e avverte che alla fine del 2020 gli impegni residui saranno pari a circa 277 miliardi di euro (6) e che questo «divario», ossia il disavanzo strutturale, aumenterà ad ogni QFP;

35.

sottolinea che i due settori a cui sono maggiormente imputabili gli impegni residui sono la politica di coesione (due terzi del totale) e lo sviluppo rurale, e raccomanda che vengano trovate soluzioni per evitare l'accumularsi di impegni residui negli anni;

36.

appoggia la richiesta del Parlamento europeo alla Commissione di «riferire mensilmente (…) in merito all'andamento delle richieste di pagamento da parte degli Stati membri a titolo dei fondi strutturali, del Fondo di coesione e dei fondi per lo sviluppo rurale e la pesca (suddivise per Stato membro e per fondo)»;

37.

rileva che circa un terzo degli impegni residui totali (70,7 miliardi di euro) sarà pagato nel 2014, ma condivide i timori espressi dalla Commissione europea in rapporto agli anni finanziari 2015 e 2016 in quanto, mentre per il 2014 — che è il primo anno del nuovo QFP — c'è margine di manovra con gli stanziamenti di pagamento, visto che i nuovi programmi avranno bisogno di tempo per diventare operativi (specialmente quelli in gestione concorrente), questa flessibilità si ridurrà progressivamente col passare degli anni;

38.

sottolinea a questo proposito l'elemento positivo nel quadro dell'accordo sul QFP (7) rappresentato dalle opzioni di flessibilità all'interno del QFP stesso e il cosiddetto «margine globale per i pagamenti» (8);

39.

è preoccupato che la Commissione non preveda alcun margine per il 2014, visto che il livello dei pagamenti è fissato a 136,1 miliardi di euro, e questo significa che la Commissione non disporrà di un margine aggiuntivo per il 2015 e che il disavanzo strutturale rischia di accumularsi nuovamente con la fase preparatoria dei nuovi programmi nel periodo 2014-2020 e l'arretrato rimasto proveniente dal periodo 2007-2013 (+/– 155 miliardi di euro);

40.

richiama l'attenzione sulle conseguenze della nuova regola «n+3» per i disimpegni nel campo della politica di coesione in rapporto all'accumulo di impegni residui negli anni a venire. A questo proposito raccomanda che negli anni 2014-2016 venga data la priorità al pagamento degli impegni residui provenienti dal periodo 2007-2013 (ossia, 70 miliardi di euro ogni anno per tre anni), in quanto gli impegni residui derivanti dal nuovo periodo di programmazione inizieranno con tutta probabilità a formarsi nel 2017-2018 (2014 + 3 anni, contando sul ritardo nell'avvio dei programmi nel 2014 a causa del tardivo accordo sul QFP);

41.

considera inaccettabile che i pagamenti siano rimandati e raccomanda che la scadenza di pagamento di 60 giorni per i programmi in gestione concorrente sia vincolante e che venga introdotta una sanzione legale o finanziaria se il pagamento non è eseguito entro la scadenza; al riguardo, quando i pagamenti non rispettano la scadenza, per altri fondi si potrebbe prendere in considerazione la sanzione finanziaria (interessi) già esistente per i programmi gestiti centralmente (ad es. il Settimo programma quadro, i progetti connessi al futuro programma Orizzonte 2020). Questo è un tema di particolare importanza per gli enti locali e regionali in attesa dei rimborsi. Il Comitato si attende pertanto che venga trovata una soluzione a questo problema nella prossima revisione del regolamento finanziario dell'UE;

42.

deplora il susseguirsi di bilanci rettificativi nel corso dell'anno di esecuzione derivante dalle stime irrealisticamente basse dei fabbisogni di pagamento imposte dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento europeo. Per il 2013 si contano già 5 progetti di bilancio rettificativo, mentre nel 2010 ne erano stati presentati 10;

43.

raccomanda alla Commissione, al Parlamento europeo e al Consiglio di proporre soluzioni strutturali per ripianare il disavanzo di bilancio dell'UE, anch'esso strutturale, in modo che le entrate impegnate degli enti locali e regionali non siano più minacciate da una mancanza di stanziamenti di pagamento dell'UE.

Il progetto di bilancio dell'UE per il 2014: le priorità strategiche per gli enti locali e regionali

La strategia Europa 2020

44.

ribadisce che gli investimenti pubblici a livello infrastatale tendono a concentrarsi in alcuni settori prioritari fondamentali che sono cruciali per il successo della strategia Europa 2020; rinnova il proprio invito ad attribuire una priorità politica più marcata alla creazione di sinergie tra il bilancio dell'UE e i bilanci degli Stati membri, delle regioni e degli enti locali che sono incentrati sulla realizzazione delle priorità concordate dell'UE;

45.

accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di tracciare tutta la spesa pubblica destinata al finanziamento della strategia Europa 2020, ma è sorpreso che siano prese come punto di partenza le sette iniziative faro e non i cinque obiettivi principali di Europa 2020 (in materia di occupazione, innovazione, istruzione, inclusione sociale e clima/energia);

46.

deplora l'assenza di qualsiasi riferimento agli 11 obiettivi tematici del regolamento recante disposizioni comuni su cui bisogna concentrate i fondi strutturali e d'investimento europei (9), i quali dovrebbero essere in linea con il quadro strategico comune proposto dalla Commissione europea il 14 marzo 2012;

47.

rinnova il proprio invito alla flessibilità affinché vengano rispettate le specificità territoriali delle regioni e delle città;

48.

si rammarica per l'assenza di riferimenti al semestre europeo nella presentazione politica delle priorità del bilancio dell'UE per il 2014. Si rammarica inoltre che la Commissione abbia ignorato l'invito del Parlamento europeo a «fornire dati oggettivi e concreti sul modo in cui il suo progetto di bilancio dell'Unione può effettivamente svolgere un ruolo stimolante, catalitico, sinergico e complementare agli investimenti a livello locale, regionale e nazionale, allo scopo di attuare le priorità stabilite nel quadro del semestre europeo» (10), e raccomanda pertanto, sulla base del principio della governance multilivello, di coinvolgere nel semestre europeo le regioni, in particolare quelle con poteri legislativi.

L'iniziativa per l'occupazione giovanile (Youth Employment Initiative — YEI)

49.

appoggia l'iniziativa per l'occupazione giovanile e chiede che essa venga compresa nei futuri accordi di partenariato; al tempo stesso, sottolinea che le regioni e gli enti locali devono essere pienamente impegnati nella realizzazione di ogni iniziativa in materia di occupazione, visto che essi si trovano nella posizione migliore per valutare i mercati del lavoro locali e i programmi concepiti appositamente per i giovani, e anche poiché molte regioni hanno piena competenza in questo settore strategico;

50.

si rammarica che l'iniziativa per l'occupazione giovanile venga creata parallelamente agli altri fondi, invece di impiegare il quadro dell'FSE per affrontare questo tema, con la conseguenza di aumentare l'onere amministrativo per i beneficiari;

51.

osserva che la Commissione ha proposto la piena anticipazione (6 miliardi di euro) (11) della YEI nel 2014-2015 e propone che tale piena anticipazione venga accompagnata da misure appropriate (ad esempio, lo sviluppo di capacità) per una veloce attuazione, vista l'impossibilità di adottare il progetto di regolamento recante disposizioni comuni e il regolamento sull'FSE prima del regolamento sul QFP, ossia verso la fine del 2013, con la conseguenza di ritardi attuativi, e viste le ben più ampie incertezze sulle modalità pratiche di attuazione della YEI da parte degli Stati membri/delle regioni e sulla relativa velocità di assorbimento. Chiede inoltre che l'articolo 9, lettera f), del regolamento sul QFP venga modificato allo scopo di eliminarne la norma che limita espressamente a 3 miliardi di euro la dotazione della nuova voce di bilancio relativa alla YEI. Questo intervento sarebbe tanto più necessario in quanto eviterebbe qualsiasi rinvio a dopo il 2016 dei finanziamenti per i programmi cruciali per la coesione, come i programmi di cooperazione transfrontaliera o parti del meccanismo per collegare l'Europa.

Tagli di bilancio in programmi cruciali

52.

è particolarmente preoccupato per i tagli operati in varie rubriche di bilancio che sono essenziali per realizzare gli investimenti di lungo termine necessari per una rapida ripresa economica, specialmente nella politica di coesione, nello sviluppo rurale, nel programma COSME o in Orizzonte 2020;

53.

chiede, in linea con l'articolo 9 septies del progetto di regolamento del Consiglio sul QFP del 27 giugno 2013, un'ulteriore anticipazione degli stanziamenti d'impegno fino a 200 milioni di euro per Orizzonte 2020, 150 milioni di euro per Erasmus e 50 milioni di euro per COSME negli anni 2014-2015;

54.

non è sorpreso che gli stanziamenti d'impegno per il 2014 nel campo della coesione siano esigui, visti i ritardi (12) attesi per quanto concerne l'attuazione degli accordi di partenariato e dei programmi operativi, ma invita gli Stati membri a concentrarsi sui programmi operativi per attivare i fondi già nel 2014;

55.

si rammarica della cancellazione della voce di bilancio, relativa all'Erasmus per i rappresentanti eletti a livello locale o regionale, compresa nella rubrica 1b (voce di bilancio 13 03 77 11), e chiede il proseguimento di questa iniziativa sulla base della propria esperienza;

56.

accoglie favorevolmente l'aumento del 10,3 % degli stanziamenti d'impegno per il programma LIFE+ rispetto al 2013, ma giudica incomprensibile la riduzione degli stanziamenti di pagamento (– 1,1 %);

57.

si rallegra per il grande cambiamento dalla gestione diretta alla gestione concorrente per il FEAMP, sebbene questo significhi pagamenti d'importo inferiore all'inizio del periodo di finanziamento;

58.

accoglie favorevolmente la disposizione inserita nell'articolo 8 del progetto di regolamento del Consiglio sul QFP, che permette la revisione del QFP stesso per riportare agli anni successivi, oltre i corrispondenti massimali di spesa, gli stanziamenti non utilizzati nel 2014 qualora le nuove regole o i nuovi programmi in gestione concorrente vengano adottati dopo il 1o gennaio 2014.

Flessibilità di bilancio

59.

si rallegra che sia previsto uno storno di 351,9 milioni di euro dal primo al secondo pilastro della politica agricola comune (PAC) e ribadisce la propria ferma opposizione a storni nella direzione opposta;

60.

sottolinea che né nelle conclusioni del Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013, né nel progetto di regolamento del Consiglio sul QFP del 27 giugno 2013 è previsto un sottomassimale per la politica di coesione, che è stata invece trasformata in una sottorubrica. Data questa premessa, il Comitato contesta i numerosi riferimenti a questo sottomassimale nella presentazione del progetto di bilancio per il 2014 (13) ed è pertanto favorevole allo storno di stanziamenti d'impegno e/o di pagamento, ove necessario, all'interno della rubrica 1;

61.

accoglie favorevolmente il «margine globale per la crescita e l'occupazione» che sarà costituito con i margini ancora disponibili al di sotto dei massimali del QFP per gli stanziamenti d'impegno per gli anni 2014-2017, approva che i relativi stanziamenti d'impegno possano essere utilizzati «al di là» dei massimali per gli anni dal 2016 al 2020 (14) e propone che questa flessibilità aggiuntiva venga impiegata per la rubrica 1b.

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Questo calcolo è basato sugli impegni nel bilancio iniziale 2013 e riguarda le seguenti principali voci di bilancio: il Fondo sociale europeo, il sostegno all'agricoltura, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, la rete transeuropea dei trasporti, Life +, i programmi di ricerca, il Fondo europeo per la pesca, il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo di coesione, lo strumento di assistenza preadesione, il programma di apprendimento permanente, i programmi Cultura, Gioventù in azione e Media 2007, oltre allo strumento europeo di vicinato e partenariato.

(2)  RAL («reste à liquider»): espressione francese usata frequentemente per indicare gli impegni residui. La differenza tra il livello degli impegni e il livello dei relativi pagamenti in un dato anno rappresenta gli impegni residui (RAL) aggiuntivi per quell'anno.

(3)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca compresi nel quadro strategico comune e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio — SEC(2011) 1141 final e SEC(2011) 1142 final.

(4)  Per gli impegni residui alla fine del 2012 la Commissione europea aveva menzionato la cifra contraddittoria di 16,2 miliardi di euro, ma adesso la Commissione si attiene a questa nuova cifra per il 2013. La somma di 11,2 miliardi di euro riguarda tutte le rubriche del bilancio dell'UE, di cui la rubrica 1b (politica di coesione) rappresenta 9 miliardi di euro.

(5)  Commissione europea, Stato di previsione per l'esercizio finanziario 2014 (preparazione del progetto di bilancio per il 2014), SEC(2013) 370, giugno 2013, Allegato III — Panoramica delle richieste di pagamento, pag. 86.

(6)  Divario di 277 miliardi diFormula residui provenienti dal 2007-2013 e da periodi precedenti il cui pagamento è previsto nel 2014-2020.

(7)  Progetto di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, 27 giugno 2013, articolo 3, lettera A.

(8)  Il «margine globale per i pagamenti» stabilisce che, a partire dal 2015, la Commissione adeguerà annualmente verso l'alto il massimale di pagamento di un importo equivalente alla differenza tra i pagamenti eseguiti e il massimale di pagamento dell'anno n-1 del QFP (ad esempio, il 2014).

(9)  Lambert van Nistelrooij/Constanze Angela Krehl — Progetto di relazione sulla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni […], adottato il 10 luglio dalla commissione per lo sviluppo sostenibile del PE. Articolo 9 — Obiettivi tematici: (1) rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione; (2) migliorare l'accesso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nonché l'impiego e la qualità delle medesime; (3) promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacoltura; (4) sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori; (5) promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi; (6) preservare e tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse; (7) eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete e completare i collegamenti mancanti; (8) promuovere un'occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori; (9) promuovere l'inclusione sociale, combattere la povertà e qualunque discriminazione; (10) investire nelle competenze, nella formazione e nella formazione professionale finalizzate all'apprendimento permanente; (11) rafforzare la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e delle parti interessate e promuovere un'amministrazione pubblica efficiente.

(10)  Risoluzione del Parlamento europeo, del 13 marzo 2013, sugli orientamenti generali per l'elaborazione del bilancio 2014, sezione III — Commissione, punto 22.

(11)  Ossia l'anticipazione sia della dotazione complementare specifica di 2,143 miliardi di euro decisa nell'accordo sul QFP tra PE e Consiglio del 27 giugno 2013 (articolo 9 septies) che dei 3 miliardi di euro ricavati dalla dotazione dell'FSE.

(12)  Nel 2006 il regolamento generale è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale alla fine di luglio, mentre questa volta la pubblicazione non è prevista prima di novembre o dicembre, ossia con 5 o 6 mesi in più di ritardo rispetto al periodo di finanziamento precedente (che aveva già dovuto far fronte a un ritardo considerevole).

(13)  Gli unici sottomassimali concordati sono per le spese connesse al mercato e i pagamenti diretti all'interno della rubrica 2 e per le spese amministrative all'interno della rubrica 5.

(14)  Cfr. l'articolo 9 octies del progetto di regolamento del Consiglio sul QFP.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/23


Parere del Comitato delle regioni «Il punto di vista degli enti locali e regionali in materia di gas e olio di scisto e di gas e olio da formazioni a bassa permeabilità (idrocarburi non convenzionali)»

2013/C 356/05

IL COMITATO DELLE REGIONI

concorda con il commissario europeo per l'Ambiente sul fatto che gli studi finora effettuati indicano l'esistenza di una serie di incertezze e lacune nella vigente legislazione dell'UE, sottolinea che affrontare i rischi ambientali e sanitari sarà di fondamentale importanza se si vuole che l'industria goda di un maggiore consenso da parte della pubblica opinione e invita la Commissione europea ad elaborare un quadro per la gestione dei rischi e la soluzione delle carenze della regolamentazione dell'UE in questo settore;

chiede che siano rispettate le decisioni degli enti locali e regionali (ELR) in materia di divieto, limitazione e controllo dello sviluppo e dell'attività concernenti l'estrazione degli idrocarburi non convenzionali. Gli ELR dovrebbero avere il diritto di escludere le aree sensibili (per esempio, aree per la protezione dell'acqua potabile, piccoli comuni, terreni coltivabili, ecc.) da possibili attività di sviluppo degli idrocarburi non convenzionali;

sottolinea l'importanza fondamentale dei principi di trasparenza e di partecipazione dei cittadini interessati, nonché degli ELR, al processo decisionale in questo delicato settore, ed esprime preoccupazione per il fatto che finora non tutti gli Stati membri hanno tenuto sufficientemente conto di questi principi;

sostiene la proposta di inserire gli idrocarburi non convenzionali nell'allegato I della direttiva sulla valutazione d'impatto ambientale (VIA) riveduta, affinché i progetti sopra menzionati siano sottoposti in modo sistematico a una VIA, e invita la Commissione europea a riflettere sulla definizione di parametri ambientali comuni in materia di esplorazione ed estrazione degli idrocarburi non convenzionali nell'UE, al fine di agevolare la stesura di VIA coerenti e comprensibili.

Relatore

Brian MEANEY (IE/AE), membro del consiglio della contea di Clare e della Mid-West Regional Authority

Documento di riferimento

Parere d'iniziativa

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

riconosce che l'Europa ha bisogno di fonti di energia sicure, sostenibili, competitive su scala globale, a costi ragionevoli, e neutrali dal punto di vista delle emissioni di carbonio. Si tratta di una sfida di grande rilievo, che ha indotto gli Stati membri a cercare ogni tipo di alternativa, e che ha risvegliato un considerevole interesse per gli idrocarburi non convenzionali. Questo interesse si è sviluppato in assenza, finora, di un quadro normativo omogeneo e coordinato nell'intera UE; tuttavia, il Comitato ricorda che gli idrocarburi provenienti da giacimenti non convenzionali non sono sostenibili né dal punto di vista dei cambiamenti climatici né ai fini di un approvvigionamento energetico di lungo periodo, e che comportano rischi elevati;

2.

constata i rischi significativi per l'ambiente e la salute derivanti dallo sviluppo degli idrocarburi non convenzionali, ossia dal processo inteso a raggiungere detti idrocarburi mediante fratturazione idraulica orizzontale ad alto volume con fluidi di perforazione;

3.

sottolinea la necessità che la Commissione europea dia una forte risposta politica, e la invita ad imporre agli Stati membri di fornire agli enti locali e regionali (ELR) competenti le risorse necessarie per adempiere correttamente ai diversi ruoli e alle diverse responsabilità di regolamentazione e vigilanza che competono a tali enti negli Stati membri, in particolare in materia sociale, ambientale e di buona gestione di tutte le risorse naturali;

4.

sottolinea che la transizione verso la possibilità di un 100 % di energie rinnovabili deve chiaramente rimanere un obiettivo e che non si deve lasciare che le fonti non convenzionali o altre forme di energia distolgano l'attenzione o sottraggano le risorse necessarie per la svolta energetica. Riconosce il ruolo che gli idrocarburi non convenzionali possono svolgere nella fase di transizione tra l'energia basata sui combustibili fossili e l'energia rinnovabile.

A.    Principi generali

5.

secondo il Trattato di Lisbona (2009, art. 194), ciascuno Stato membro ha il diritto "di determinare le condizioni di utilizzo delle sue fonti energetiche, la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale del suo approvvigionamento energetico". Per questo, nell'UE vi sono posizioni molto diverse in merito al gas di scisto. Il CdR chiede che le competenze, responsabilità, opinioni e vedute degli ELR siano riconosciute, rispettate e tenute in considerazione da tutte le parti in causa e, in particolare, dalla Commissione europea al momento di redigere le proposte finalizzate a consentire, nel rispetto delle risorse naturali locali, un'estrazione sicura e affidabile degli idrocarburi non convenzionali;

6.

tenuto conto delle competenze, delle conoscenze specifiche a livello locale e dei limiti in termini di risorse degli ELR, nonché dei molteplici e considerevoli effetti e rischi che presenta l'estrazione di idrocarburi non convenzionali, il CdR chiede che siano rispettate le decisioni degli ELR stessi in materia di divieto, limitazione e controllo dello sviluppo e dell'attività concernenti l'estrazione degli idrocarburi non convenzionali. Esso inoltre sottolinea che gli ELR dovrebbero avere il diritto di escludere le aree sensibili (per esempio, aree per la protezione dell'acqua potabile, piccoli comuni, terreni coltivabili ecc.) da possibili attività di sviluppo degli idrocarburi non convenzionali o di vietare queste attività quando siano incompatibili con i loro obiettivi in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Inoltre, si dovrebbe rafforzare l'autonomia decisionale degli ELR quanto al divieto di attività di sviluppo degli idrocarburi non convenzionali sul loro territorio; ricorda in questo contesto i divieti relativi all'estrazione di idrocarburi da giacimenti non convenzionali, ad esempio quelli imposti in Bulgaria, Francia, Lussemburgo, nel cantone svizzero del Friburgo e nella regione spagnola della Cantabria;

7.

concorda col Parlamento europeo nel ritenere che gli orientamenti volontari come la Global Reporting Initiative, il Global Compact delle Nazioni Unite e le linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali, che prevedono che le imprese rimedino agli effetti ambientali e sociali negativi delle attività estrattive, sono insufficienti a mitigare tali effetti;

8.

concorda con il commissario europeo per l'Ambiente sul fatto che gli studi finora effettuati indicano l'esistenza di una serie di incertezze e lacune nella vigente legislazione dell'UE, sottolinea che affrontare i rischi ambientali e sanitari sarà di fondamentale importanza se si vuole che l'industria goda di un maggiore consenso da parte della pubblica opinione e invita la Commissione europea ad elaborare un quadro per la gestione dei rischi e la soluzione delle carenze della regolamentazione dell'UE in questo settore;

9.

esorta la Commissione a valutare la possibilità di chiedere agli Stati membri di limitare lo sviluppo degli idrocarburi non convenzionali fino a che le lacune normative delle direttive dell'UE in questo settore non saranno state colmate;

10.

nonostante il diritto degli Stati membri a utilizzare le proprie fonti energetiche, ogni sviluppo degli idrocarburi non convenzionali dovrebbe avvenire garantendo condizioni eque e paritarie in tutta l'Unione, nel pieno rispetto delle norme europee applicabili in materia di tutela dell'ambiente e della sanità pubblica. Serve un quadro normativo dell'UE chiaro e giuridicamente vincolante, di preferenza sotto forma di direttiva, sull'esplorazione e l'estrazione degli idrocarburi non convenzionali, per fornire garanzie adeguate rispetto ai rischi per l'ambiente e la salute umana causati dalle attività di estrazione del gas di scisto;

11.

ritiene che si debba applicare coerentemente in tutta l'Unione il principio di precauzione, alla base della politica ambientale dell'UE, e che le valutazioni d'impatto ambientale dovrebbero essere obbligatorie, indipendentemente dalle dimensioni delle attività di esplorazione ed estrazione degli idrocarburi non convenzionali, nel rispetto degli interessi economici, nonché dell'esigenza di garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e di promuovere lo sviluppo sostenibile;

12.

ribadisce che un'eventuale nuova direttiva sull'esplorazione e lo sfruttamento degli idrocarburi non convenzionali nell'UE dovrebbe subordinare l'autorizzazione di ciascun progetto di sviluppo in questo campo alla previa esecuzione di un'analisi del ciclo di vita;

13.

sottolinea l'importanza fondamentale dei principi di trasparenza e di partecipazione dei cittadini interessati, nonché degli enti locali e regionali, al processo decisionale in questo delicato settore, ed esprime preoccupazione per il fatto che finora non tutti gli Stati membri hanno tenuto sufficientemente conto di questi principi.

B.    Concetti generali

14.

dal momento che i recenti progressi tecnologici hanno stimolato un rapido sviluppo di natura commerciale dell'estrazione di gas non convenzionale in alcune parti del mondo, in particolare negli USA, dove il gas di scisto è considerato una novità rivoluzionaria, il CdR è consapevole dei limiti tecnici ed economici incontrati dal settore nell'UE. Vi è una crescente consapevolezza del fatto che difficilmente l'Europa vivrà un boom simile a quello in corso negli Stati Uniti (1): si calcola che le risorse europee di gas non convenzionale potranno tutt'al più compensare il declino della produzione convenzionale di gas, coi limiti dovuti alla diversa conformazione geologica (2), alle differenze legislative e anche alla maggiore densità della popolazione. Il Comitato riconosce che occorre ancora procedere a una valutazione concreta in questo settore;

15.

constata inoltre che i pozzi di idrocarburi non convenzionali cessano di produrre ben più rapidamente dei pozzi di idrocarburi convenzionali, e che pertanto si rende necessario un numero maggiore di perforazioni e i costi di produzione evolvono di conseguenza. Osserva tuttavia che l'estrazione di idrocarburi non convenzionali viene effettuata con tecniche moderne, come ad esempio la perforazione orizzontale e i cosiddetti multi-well pad (vale a dire la perforazione di più pozzi mediante un unico piazzale ad essa adibito), che possono ridurre l'impatto sull'ambiente e sulle zone circostanti;

16.

il CdR ritiene che, ai prezzi attuali del gas, il potenziale del gas di scisto sia troppo ridotto per poter avere un impatto sostanziale sull'approvvigionamento europeo. Persino uno sfruttamento accelerato delle formazioni scistose in Europa potrebbe fornire, nel migliore dei casi, meno del 10 % dell'approvvigionamento e non invertirebbe la tendenza al continuo declino della produzione interna e all'aumento della dipendenza dalle importazioni (3). Il Comitato riconosce che occorre procedere ad ulteriori valutazioni in questo settore;

17.

è consapevole del fatto che uno dei presupposti del successo economico del gas di scisto potrebbe consistere nella regolamentazione troppo permissiva. Uno dei fattori dello sviluppo vertiginoso prodottosi di questo settore negli Stati Uniti è appunto la sua esenzione da una serie di norme di tutela ambientale: ad esempio, l'esatta composizione degli additivi usati per la fratturazione è protetta dalla legge sui brevetti e non vi è l'obbligo di renderla nota; sottolinea pertanto con vigore che l'autorizzazione di questo tipo di progetti nell'Unione europea deve essere assolutamente condizionata alla comunicazione di tutti i componenti chimici e del loro tenore nel fluido di fratturazione;

18.

nota che, nella fase di perforazione, la conseguenza inevitabile dell'estrazione di gas di scisto e di olio da formazioni a bassa permeabilità è l'elevata e intensiva occupazione di suoli e di spazio per i siti di perforazione, le aree di parcheggio e manovra per gli autocarri, le attrezzature, gli impianti per la lavorazione e il trasporto di gas, nonché per le strade di accesso, con possibili rischi per gli insediamenti urbani/rurali sostenibili e gli habitat naturali. Le più gravi conseguenze, potenziali e dimostrate, sono l'emissione nell'atmosfera di sostanze inquinanti, l'inquinamento delle acque sotterranee dovuto a una fuoriuscita incontrollata di gas o fluidi in seguito a eruzioni o perdite del pozzo, l'infiltrazione dei fluidi di fratturazione e lo scarico incontrollato di acque reflue. I fluidi di fratturazione contengono sostanze pericolose, e in più il materiale di riflusso contiene metalli pesanti e sostanze radioattive provenienti dai giacimenti. La perforazione del gas di scisto presenta un rischio elevato per la salute umana (4) e per l'ambiente, peggiore di quello rappresentato da altri combustibili fossili (5), a maggior ragione perché, rispetto alla quantità estratta, le perforazioni sono più numerose;

19.

esprime preoccupazione per il fatto che le leggi attuali in materia di attività minerarie in Europa e i relativi regolamenti non tengono in considerazione gli aspetti specifici correlati allo sviluppo degli idrocarburi non convenzionali. Esistono grandi differenze tra i regolamenti in materia dei vari Stati membri. In molti casi, i diritti minerari hanno la precedenza sui diritti dei cittadini, e le autorità politiche locali spesso non possono influenzare i possibili progetti o siti minerari poiché sono concessi da autorità e governi a livello nazionale; fa osservare tra l'altro che in Europa, diversamente da quel che accade negli Stati Uniti, i proprietari dei terreni in genere non dispongono automaticamente di diritti di proprietà anche sulle risorse naturali soggiacenti, per cui non necessariamente beneficeranno del loro sfruttamento;

20.

chiede che si valuti correttamente il vero potenziale del gas non convenzionale in Europa, aspetto che può risultare di fondamentale importanza per qualunque pianificazione energetica e/o politica da realizzarsi in futuro in quanto risorsa di transizione in attesa di arrivare a una percentuale maggiore di energie rinnovabili in tutta l'UE, come previsto da documenti fondamentali per il futuro energetico dell'Europa, tra cui la Tabella di marcia 2050. Questa valutazione dovrebbe anche consentire di esaminare il margine disponibile per un utilizzo più sistematico delle risorse locali di energia. Uno degli obiettivi di tali pianificazioni e politiche dovrà essere quello di far sì che il passaggio alle fonti di energia future, economicamente competitive e con l'impronta di carbonio minore possibile, avvenga in modo che l'UE diventi competitiva rispetto ad altre aree geopolitiche. Oltre a presentare rischi imprevedibili per l'ambiente, il clima e la salute umana, il gas di scisto potrebbe anche compromettere lo sviluppo delle energie rinnovabili e imprigionare l'Europa in una dipendenza dai combustibili fossili anche peggiore di quella attuale. Il gas di scisto, come la cattura e l'immagazzinamento del carbonio, non può essere un obiettivo politico fine a sé stesso che prescinda dalle esigenze dei cittadini, e non dovrebbe essere promosso come alternativa verde per il futuro energetico dell'Europa. Data la sua elevata intensità di anidride carbonica, l'entità della sua crescita e il livello di investimenti necessari, occorre spiegare in modo chiaro come il gas di scisto possa essere un "combustibile di transizione". L'impatto del calo dei prezzi del gas dovuto a un maggiore sviluppo del gas di scisto negli USA potrebbe minacciare la sostenibilità economica delle alternative a basso tenore di carbonio e mettere in difficoltà i sistemi pubblici di sostegno;

21.

è preoccupato per la possibilità che un aumento dell'esplorazione e produzione di gas di scisto a livello mondiale causi un aumento considerevole delle emissioni fuggitive di metano, il cui effetto serra è da 20 a 25 volte maggiore di quello dell'anidride carbonica, nonché per il fatto che il potenziale di riscaldamento globale (GWP) lascia prevedere un aumento della temperatura superiore ai 3,5 gradi (6) (l'aumento accettabile perseguito è dell'ordine dei 2 gradi). Inoltre, lo sfruttamento delle risorse non convenzionali di olio e di gas potrebbe ostacolare il raggiungimento dell'obiettivo di sviluppo del millennio n. 7 delle Nazioni Unite, relativo alla sostenibilità ambientale, e vanificare gli impegni internazionali in materia di cambiamenti climatici recentemente sanciti dall'Accordo di Copenaghen;

22.

approva l'idea di aumentare il sostegno europeo alla ricerca e sviluppo nel settore della progettazione ecocompatibile mediante i fondi strutturali e di coesione e la Banca europea per gli investimenti, ma osserva che occorre parallelamente rivolgere maggiore attenzione agli effetti di distorsione che l'adozione di nuovi parametri rischia di avere sulla concorrenza; accoglie inoltre con favore la valutazione preliminare effettuata dalla Commissione europea del quadro giuridico dell'UE in materia ambientale applicabile agli idrocarburi non convenzionali. Il CdR esorta la Commissione a intraprendere urgentemente le seguenti azioni:

a.

condurre una valutazione approfondita dell'adeguatezza delle disposizioni in questione, accertando se esse coprano in modo completo tutti gli aspetti connessi all'esplorazione e al pieno sfruttamento commerciale di quantità elevate di idrocarburi non convenzionali in Europa;

b.

individuare le lacune e le deficienze della legislazione ambientale esistente e, ove necessario, avanzare proposte per adeguare tale legislazione alle caratteristiche specifiche dello sviluppo di idrocarburi non convenzionali e colmare i vuoti legislativi che possono consentire interpretazioni erronee o deroghe speciali per il settore degli idrocarburi non convenzionali all'atto del recepimento nazionale delle norme, con gli effetti relativi per gli ELR;

c.

effettuare una valutazione circa la correttezza del recepimento, in tutti gli Stati membri, delle normative europee fondamentali in materia ambientale e adottare azioni immediate in caso di mancato rispetto di tali normative;

d.

considerare ed esaminare le esperienze delle autorità locali e statali degli USA e trarne insegnamento.

Questioni tecniche connesse con la preferenza già espressa per una direttiva

C.    Valutazioni di base

23.

chiede che la Commissione stabilisca l'obbligo per l'industria di fornire valutazioni indipendenti e verificabili sulle condizioni ambientali delle aree in cui si propone di sviluppare gli idrocarburi non convenzionali:

a.

questa valutazione di base dovrebbe concentrarsi in modo specifico sulle condizioni generali in materia di salute umana e animale, nonché sulla qualità e la connettività dell'habitat naturale;

b.

la geologia del substrato roccioso connessa con lo stoccaggio e il movimento delle acque sotterranee;

c.

l'habitat che tali acque forniscono alla fauna e alla flora microscopiche;

d.

la qualità delle acque di superficie, del suolo, dell'aria e i dati sismologici in situ, compreso lo studio delle faglie geologiche naturali già presenti;

e.

dati microsismologici verificabili;

f.

visualizzazione in 3D e 4D delle acque sotterranee.

D.    Valutazioni dell'impatto ambientale (VIA)

24.

osserva con preoccupazione che la vigente direttiva VIA non tiene conto dei livelli di produzione quotidiana degli idrocarburi non convenzionali. Ciò significa che, nonostante il loro impatto ambientale, i progetti che li riguardano non vengono obbligatoriamente sottoposti a una valutazione d'impatto ambientale. In conformità del principio di precauzione, e in linea con quanto richiesto dal Parlamento europeo nella risoluzione del 21 novembre 2012, il CdR sostiene la proposta di inserire gli idrocarburi non convenzionali nell'allegato I della direttiva riveduta, affinché i progetti sopra menzionati siano sottoposti in modo sistematico a una VIA;

25.

invita la Commissione a riflettere sulla definizione di parametri ambientali comuni in materia di esplorazione ed estrazione degli idrocarburi non convenzionali nell'UE, al fine di agevolare la stesura di VIA coerenti e comprensibili;

26.

riconosce la mancanza di esperienze e competenze in questo settore in Europa e sottolinea che una corretta regolamentazione dell'esplorazione ed estrazione di idrocarburi non convenzionali dipende in parte dalla competenza e dalle risorse degli ELR. Riconosce la necessità di rafforzare la competenza e accrescere le risorse umane degli ELR in relazione agli idrocarburi non convenzionali.

E.    Acque

27.

ritiene che, data la profondità di 2+ km alla quale si procede allo sviluppo di idrocarburi non convenzionali, la prima e principale preoccupazione circa la contaminazione delle acque sotterranee riguardi l'integrità dei pozzi e la qualità dei rivestimenti e delle cementazioni. L'esperienza degli Stati Uniti mostra che vi sono perdite dal 6 % dei pozzi (7);

28.

chiede che si monitori ogni fase del processo di fratturazione e si registrino i dati sulla lunghezza massima di fratturazione, indicando la distanza dalle falde acquifere;

29.

chiede che la Commissione stabilisca l'obbligo per l'industria di prevedere una procedura correttiva nel caso di fuoriuscita di metano e/o di fuoriuscita di materiale radioattivo naturale verso le acque sotterranee, o di fuoriuscita di altre sostanze che compromettono la qualità di dette acque sotterranee, nei casi in cui le fratture si estendano verso tali acque o non si riesca a garantire l'integrità dei rivestimenti e delle cementazioni;

30.

chiede che si effettuino obbligatoriamente diagrafie di adesività del cemento e test di pressione dei rivestimenti di superficie e delle cementazioni prima di iniziare qualunque operazione;

31.

sottolinea che una prevenzione efficace richiede un monitoraggio coerente della rigorosa applicazione delle pratiche e dei parametri più elevati esistenti nel settore della costruzione di pozzi, e pone l'accento sul fatto che sia l'industria sia le autorità competenti devono garantire un controllo di qualità periodico dell'integrità dei rivestimenti e delle cementazioni;

32.

chiede di istituire l'obbligo per gli operatori, le autorità di regolamentazione e i servizi di soccorso di predisporre congiuntamente dei piani di controllo e di emergenza per la prevenzione delle fuoriuscite;

33.

chiede di definire distanze minime fra i siti di perforazione e le sorgenti o i pozzi d'acqua pubblici e privati;

34.

fa osservare che i rifiuti e le acque reflue prodotti dallo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi non convenzionali sollevano una serie di problemi per quanto riguarda lo stoccaggio, il riciclaggio e lo smaltimento in condizioni di sicurezza, per cui sono necessarie apposite norme; in questo contesto è imprescindibile la partecipazione degli enti locali e regionali interessati, cui spesso spetta la responsabilità della gestione dei rifiuti.

F.    Gestione dei rifiuti

35.

chiede che le acque reflue generate dalla fratturazione idraulica siano riciclate in modo tale da ridurre al minimo il rischio di fuoriuscite e di perdite; prende atto degli elevati volumi di acque reflue, contenenti una grande varietà di sostanze inquinanti, generati dalla fratturazione idraulica e ritiene che il riciclaggio a ciclo chiuso dell'acqua effettuato in situ durante la prospezione / lo sviluppo dei depositi per mezzo di cisterne di stoccaggio in acciaio offra un mezzo per trattare l'acqua di riflusso minimizzando i volumi d'acqua, i rischi potenziali di fuoriuscite in superficie e i costi, il traffico e i danni stradali dovuti al trasporto per il trattamento dell'acqua; chiede che s'interrompa l'utilizzo dei pozzi allineati, dato l'elevato rischio di fuoriuscite e di perdite;

36.

chiede che siano pubblicati la quantità e il contenuto dei fluidi di fratturazione che non vengono recuperati nel corso di un'operazione di sfruttamento degli idrocarburi non convenzionali; chiede inoltre di far conoscere, tenendo conto della composizione del suolo e delle rocce, i loro prevedibili effetti sulle falde freatiche e sulla fauna;

37.

sottolinea che gli impianti comunali e nazionali per il trattamento dei rifiuti o per il trattamento delle acque e dei rifiuti particolari che tale trattamento genera potrebbero non avere le capacità o le strutture tecniche per gestire il volume e la composizione specifica delle acque reflue, e chiede che gli operatori definiscano parametri per il trattamento delle acque reflue e piani obbligatori di gestione delle acque in cooperazione con le autorità responsabili per il trattamento dei rifiuti e le autorità competenti a rilasciare autorizzazioni;

38.

ricorda che il materiale radioattivo naturalmente presente nelle formazioni geologiche cambia a seconda della roccia scistosa e sottolinea la necessità di procedere a una valutazione dei contenuti radioattivi prima di rilasciare un'autorizzazione alla produzione.

G.    Sostanze chimiche

39.

esprime preoccupazione per il fatto che attualmente non esiste un obbligo a livello europeo di dichiarare il contenuto chimico dei fluidi di fratturazione; è dell'avviso che ci debba essere una piena trasparenza e un obbligo di dichiarazione da parte degli operatori, ritiene che tali elementi debbano essere tenuti presenti nelle valutazioni dell'impatto sull'ambiente, e invita la Commissione ad esaminare quale sia l'atto più adeguato per introdurre tale obbligo a livello europeo;

40.

chiede che si compia uno sforzo maggiore al fine di sviluppare additivi per i fluidi di fratturazione che presentino il minor tasso possibile di tossicità e rischio ambientale.

H.    Terra, aria e altri parametri

41.

sottolinea che le caratteristiche geologiche di una regione determinano la definizione e il metodo delle attività di estrazione e incoraggia un coinvolgimento attivo e tempestivo degli istituti geologici nazionali e degli enti locali e regionali interessati; inoltre chiede che, prima di rilasciare un'autorizzazione, si proceda obbligatoriamente a un'analisi della geologia ad alta e bassa profondità dei potenziali giacimenti di scisto, completa di relazioni sulle eventuali attività minerarie passate o presenti nella regione; infine, invita a raccogliere analisi sui pozzi;

42.

osserva che i siti di perforazione a più pozzi orizzontali minimizzano l'uso dei terreni e l'impatto sul paesaggio;

43.

si esprime a favore del ricorso a sistemi di completamento verdi per ridurre o recuperare le emissioni di metano durante il completamento dei pozzi;

44.

ricorda che gli incidenti sui siti di perforazione sono spesso causati da una scarsa formazione del personale, nonché da un'applicazione negligente o scorretta delle norme di sicurezza;

45.

raccomanda di predisporre dei piani standardizzati e squadre specializzate per rispondere alle situazioni di emergenza.

I.    Partecipazione del pubblico e sanità pubblica

46.

chiede che si proceda a un monitoraggio speciale della salute dei cittadini che vivono vicino ai siti di perforazione e che vengano istituiti registri regionali sulla salute della popolazione;

47.

raccomanda che le attività legate agli idrocarburi non convenzionali vengano fatte conoscere alla popolazione da un gruppo di esperti locali e non locali i quali, tenendo conto dell'ambiente e delle caratteristiche economiche locali, siano in grado di presentare in modo obiettivo tutte le fasi di utilizzazione, mettendo in risalto sia i vantaggi economici sia i rischi sociali e ambientali;

48.

ritiene che la partecipazione pubblica dovrebbe essere garantita attraverso l'attuazione obbligatoria di una vasta gamma di efficaci strumenti e metodi di programmazione partecipativa prima di procedere all'esplorazione, nonché consultazioni pubbliche prima delle fasi di sfruttamento, e chiede che si garantisca una maggiore capillarità dell'azione e una maggiore educazione del pubblico in materia di attività concernenti gli idrocarburi non convenzionali, in modo da favorire la comprensione, il consenso e la fiducia verso le norme a disciplina di tali attività.

J.    Pozzi abbandonati, orfani e falliti, laghetti di reflusso

49.

alla luce delle esperienze precedenti, gli ELR chiederanno il deposito di una garanzia finanziaria pari a 1,5 volte il costo della chiusura e sigillatura di ciascuna galleria di perforazione, allo scopo di renderla inerte. Tale costo include l'insieme dei materiali e delle perizie necessarie per effettuare il lavoro e valutarne gli esiti;

50.

chiede inoltre che le garanzie finanziarie siano depositate presso gli enti locali, in modo da garantire l'applicazione delle migliori pratiche durante le fasi di perforazione e fratturazione. Tali garanzie devono essere significative allo scopo di garantire la riabilitazione dei siti nei casi in cui le imprese responsabili cessano di esistere;

51.

chiede che l'industria del settore proceda anche, dal punto di vista finanziario e di altro tipo, a garantire l'applicazione delle migliori pratiche nella bonifica e nella riabilitazione degli impianti per l'estrazione di idrocarburi non convenzionali;

52.

chiede che le autorità locali con le competenze del caso possano disporre delle risorse necessarie per un monitoraggio prolungato dell'aria e delle acque sotterranee nelle aree in cui hanno o hanno avuto luogo attività di sviluppo degli idrocarburi non convenzionali.

K.    Difficoltà amministrative e in termini di risorse per gli enti locali

53.

fa notare che lo sviluppo in più fasi dei giacimenti di gas di scisto può presentare difficoltà amministrative quanto all'applicazione corretta delle procedure di legge in sede di pianificazione, monitoraggio ambientale e attuazione. Il CdR chiede agli Stati membri di garantire agli ELR le risorse necessarie per far fronte a tali difficoltà.

L.    Effetti sociali ed economici per gli enti locali e regionali

54.

osserva che la pressione sugli enti locali che dispongono di un bilancio limitato, gli interessi economici e la prospettiva di una parziale autonomia energetica portano a minimizzare l'analisi dei rischi sociali, dando vita in tal modo a processi irreversibili;

55.

alla luce delle esperienze degli ELR in materia di cicli di crescita vertiginosa e di calo repentino dell'industria estrattiva, il CdR è consapevole che:

a.

il balzo in avanti di un settore dell'economia, come l'estrazione del carbone o del gas e dell'olio di scisto, causa un forte e spesso improvviso aumento di posti di lavoro a basse qualifiche ed elevata retribuzione in quel settore;

b.

la disponibilità di tali posti di lavoro induce i giovani a lasciare gli studi superiori e altre opportunità formative di livello elevato;

c.

le altre industrie evitano la zona a causa della ridotta qualificazione della manodopera e dell'elevato livello salariale che la contraddistinguono;

d.

nel momento in cui la disponibilità delle risorse naturali comincia a scemare a causa delle attività estrattive, oppure quando il suo valore si riduce per l'effetto di altre forze economiche, l'occupazione in quel settore diminuisce rapidamente;

e.

in mancanza di altre opzioni praticabili, il declino economico costringe i lavoratori ad emigrare, in cerca di nuove opportunità;

f.

chiede che gli Stati membri tengano conto di queste possibili conseguenze, e che gli ELR possano pianificare per garantire la sostenibilità delle rispettive comunità quando le risorse di idrocarburi non convenzionali si esauriscono o cessano di essere economicamente redditizie.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Werner Zittel, Shale Gas: European Perspectives («Il gas di scisto: prospettive europee»), Parlamento europeo, 14 maggio 2013.

(2)  http://www.kpmg.com/Global/en/IssuesAndInsights/ArticlesPublications/shale-gas/Documents/cee-shale-gas-2.pdf

(3)  Parlamento europeo http://europeecologie.eu/IMG/pdf/shale-gas-pe-464-425-final.pdf

(4)  Lisa M. McKenzie, Roxana Z. Witter, Lee S. Newman, John L. Adgate, Human health risk assessment of air emissions from development of unconventional natural gas resources (La valutazione del rischio per la salute umana delle emissioni nell'atmosfera dovute allo sviluppo delle risorse non convenzionali di gas naturale), Colorado School of Public Health, University of Colorado, Anschutz Medical Campus, Aurora, Colorado, USA.

(5)  http://ec.europa.eu/environment/integration/energy/unconventional_en.htm

(6)  AIE, Golden Rules for a Golden age of Gas («Regole d'oro per un'età dell'oro per il gas»), pag. 91.

(7)  Methane Migration Data («Dati sulla migrazione del metano»), Pennsylvania DEP.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/30


Parere del Comitato delle regioni «Libro verde — Una strategia europea per i rifiuti di plastica nell'ambiente»

2013/C 356/06

IL COMITATO DELLE REGIONI

esorta la Commissione europea a vietare, entro il 2020, lo smaltimento in discarica della plastica e dei rifiuti altamente combustibili, oltre a introdurre obiettivi specifici e ambiziosi per la prevenzione, la preparazione al riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti di plastica — da armonizzare in tutte le direttive pertinenti — che tengano conto delle ponderazioni ambientali per i materiali. Con gli Stati membri potrebbero essere studiati e negoziati obiettivi intermedi e periodi transitori;

chiede alla Commissione europea di prendere in considerazione il finanziamento delle future infrastrutture che riciclano la plastica in modo efficace e di cessare i finanziamenti per le discariche e gli inceneritori. Il finanziamento dell'UE dovrebbe essere assegnato soltanto agli impianti di recupero dell'energia che facciano parte di una strategia coerente di gestione dei rifiuti, comprendente infrastrutture sufficienti per le prime fasi nella «gerarchia dei rifiuti»;

chiede la piena attuazione del principio «chi inquina paga» ed esorta la Commissione europea a studiare in che modo la responsabilità estesa del produttore possa essere meglio applicata nell'UE. I rimborsi dei depositi e i sistemi di «ritiro dei rifiuti» sono metodi da utilizzare a livello dell'Unione europea per certi prodotti di plastica o contenenti della plastica. Il principio del «paghi quanto butti» per i rifiuti voluminosi deve essere incoraggiato con i metodi di raccolta stabiliti dagli enti locali e regionali. Oltre a fornire incentivi al riutilizzo, bisognerebbe prendere in considerazione un divieto sulla fornitura gratuita di sacchetti di plastica;

ritiene che l'utilizzo, nella progettazione, di un numero limitato di singole materie plastiche non combinate con altri materiali e la chiara indicazione del tipo di plastica sugli imballaggi e sui prodotti siano importanti per agevolare il riutilizzo e il riciclaggio. Auspica che nella futura progettazione venga fissata una percentuale minima vincolante di materiale riciclato;

chiede un accordo internazionale che vieti l'utilizzo di micro-perle di plastica decomponibile a uso cosmetico e altri prodotti per la persona, per evitare che questa fonte di inquinamento relativamente nuova entri nella filiera alimentare. Ritiene che esistano molteplici prove per chiedere di vietare la plastica oxo-degradabile finché ricerche più approfondite non ne stabiliranno il valore aggiunto.

Relatrice

Linda GILLHAM, membro del Consiglio della circoscrizione di Runnymede (UK/AE)

Testo di riferimento:

Libro verde — Una strategia europea per i rifiuti di plastica nell'ambiente

COM(2013) 123 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

accoglie favorevolmente il Libro verde sui rifiuti di plastica nell'ambiente. Una gestione ottimale dei rifiuti rappresenta una delle sfide principali cui sono posti di fronte gli enti locali e regionali al giorno d'oggi, sia nel ridurre l'impatto ambientale della maggiore produzione di rifiuti attraverso la creazione e il finanziamento di infrastrutture per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti che nel preservare le risorse naturali;

2.

sottolinea tuttavia che la prevenzione dei rifiuti deve avere la massima priorità. Oltre all'ottimizzazione della gestione dei rifiuti, la sfida principale consiste in una strategia globale e ambiziosa di prevenzione dei rifiuti;

3.

in tale contesto, chiede la piena attuazione del principio «chi inquina paga», in quanto è uno dei metodi più efficaci per prevenire i rifiuti, e potrebbe aiutare gli enti locali e regionali a rispettare gli obiettivi in materia di rifiuti e anche a limitare l'onere finanziario e organizzativo a loro carico;

4.

riconosce che la partecipazione delle famiglie è fondamentale per aumentare gli obiettivi di prevenzione, raccolta e riciclaggio. Gli enti locali e regionali sono in grado di fornire ai cittadini le informazioni e le strutture per, da un lato, adattare le loro abitudini in materia di consumo e, dall'altro, aumentare la gamma e la qualità dei materiali raccolti. Questo è subordinato all'impegno di abbracciare l'idea che i rifiuti di plastica sono una risorsa potenzialmente preziosa;

5.

fa osservare che i rifiuti di plastica non sono presenti solo tra i rifiuti domestici, anzi sono soprattutto le industrie (ad esempio, l'industria automobilistica), l'edilizia e altri settori commerciali a dover essere posti maggiormente al centro dell'attenzione, in quanto grandi consumatori di materie plastiche;

6.

riconosce che esistono differenze tra gli Stati membri nella gestione dei rifiuti. Per molte ragioni, compresa l'opposizione dell'opinione pubblica, in molti Stati membri gli investimenti nelle strutture per la gestione dei rifiuti sono stati lenti a progredire, con tempi di ordinazione-spedizione lunghi per la consegna delle infrastrutture;

7.

deplora la mancanza o la lentezza della pianificazione strategica lungo la catena della gestione dei rifiuti: azioni di prevenzione e di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio, sistemi di raccolta, impianti di trattamento, iniziative di mercato. Si potranno sviluppare mercati sicuri soltanto con volumi sufficienti di materiali riciclati di plastica;

8.

esorta la Commissione europea a garantire che alla legislazione ambientale dell'UE in vigore venga data una piena attuazione ed esecuzione in tutti i 28 Stati membri. Ritiene che attualmente manchino le risorse per l'esecuzione e il controllo;

9.

accoglie favorevolmente l'intenzione di rivedere nel 2014 la direttiva sulle discariche. Reputa che questa revisione debba portare al divieto, entro il 2020, di smaltire in discarica la plastica e i rifiuti altamente combustibili. Riconosce che l'industria della gestione dei rifiuti e gli enti locali e regionali hanno bisogno di tempo, risorse e certezze per investire nelle strutture di raccolta, cernita, riciclaggio e di trattamento finale efficiente. Anche se gli Stati membri in ritardo possono aver bisogno di un certo periodo per introdurre gradualmente il divieto, tutti i rifiuti di plastica devono essere gestiti come una risorsa, come auspicato dalla Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, allo scopo di raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020;

10.

riconosce che, sebbene 7 Stati membri già smaltiscano in discarica meno del 10 % dei rifiuti, 11 Stati membri ricorrono ancora allo smaltimento in discarica per oltre il 60 %. La gestione dei rifiuti deve riconoscere il valore specifico della plastica con sistemi di raccolta migliori e più efficienti per ridurre al minimo l'inquinamento;

11.

esorta la Commissione europea ad adottare, nei futuri riesami della materia, un approccio integrato in rapporto a tutti i tipi di plastica, compresa quella connessa ai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), ai veicoli fuori uso e agli imballaggi. Gli obiettivi fissati nella direttiva quadro sui rifiuti sono troppo modesti e non si riferiscono specificamente ai rifiuti di plastica;

12.

ribadisce che nuovi obiettivi per la plastica dovrebbero affrontare la questione del tonnellaggio, che non è adeguato quale strumento di misurazione, specialmente per le pellicole di plastica molto leggera. Gli obiettivi dovrebbero tener conto delle ponderazioni ambientali per i materiali, per aumentare il valore della plastica che tende ad essere messa in secondo piano rispetto a materiali riciclabili più pesanti;

13.

osserva che gli Stati membri hanno tutti abbracciato il principio dell'energia dai rifiuti (EfW) quale valida alternativa ai rifiuti residui da discarica rimanenti dopo il riutilizzo e il riciclaggio; in tale contesto ribadisce che il finanziamento dell'UE dovrebbe essere assegnato soltanto agli impianti di recupero dell'energia che facciano parte di una strategia coerente di gestione dei rifiuti, comprendente infrastrutture sufficienti ad assicurare, a monte, la selezione, la pulizia e il riciclaggio dei rifiuti raccolti. Ritiene inoltre importante, poiché dalla plastica si ricava un combustibile con potere calorifico elevato, che vengano fissati obiettivi di riciclaggio per materiali specifici (in questo caso, la plastica) sulla base della capacità di trattamento, per evitare che la domanda di combustibile porti all'incenerimento di risorse preziose;

14.

ritiene che agli attuali obiettivi occorra dare un'applicazione migliore. Sostiene poi l'introduzione di obiettivi vincolanti, specifici e ambiziosi — ma raggiungibili — per la prevenzione, la preparazione al riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti di plastica, oltre alla ricerca di alternative alla discarica, in quanto i primi tre sono misurati con precisione maggiore. Questi obiettivi devono essere armonizzati in tutte le direttive pertinenti. Potrebbero essere studiati e negoziati obiettivi intermedi e periodi transitori con gli Stati membri e gli enti locali e regionali che non hanno compiuto progressi sodisfacenti in rapporto agli obiettivi in materia di rifiuti;

15.

chiede che la fissazione di questi obiettivi sia in linea con i principi di proporzionalità, prossimità e precauzione;

16.

ritiene che queste misure faranno salire i rifiuti di plastica nella «gerarchia dei rifiuti» e appoggia la richiesta del Parlamento europeo di vietare per il 2020 lo smaltimento in discarica di tutti i rifiuti riciclabili e organici, ma avverte che — se il riciclaggio della plastica non sarà ulteriormente sviluppato nell'UE — esiste il rischio di aumentare l'esportazione dei rifiuti di plastica verso i paesi extraeuropei;

17.

chiede che venga promosso con più forza il riciclaggio della plastica in tutte le fasi, per incoraggiare un'economia circolare. La progettazione iniziale dovrebbe prendere in considerazione non solo il riciclaggio alla fine del ciclo di vita, ma anche la razionalizzazione dei polimeri utilizzati nella produzione e l'uso di un numero limitato di singole materie plastiche non combinate con altri materiali, per facilitare la separazione ai fini del riciclaggio;

18.

invita la Commissione europea a promuovere gli appalti pubblici verdi con incentivi maggiori per la prevenzione, la preparazione al riutilizzo e il riciclaggio, e aumentando il contenuto di plastica riciclata nei nuovi prodotti;

19.

chiede alla Commissione europea di prendere in considerazione il finanziamento delle future infrastrutture che riciclano la plastica in modo efficace e di cessare i finanziamenti per le discariche e gli inceneritori, e al tempo stesso di sostenere il mercato dei materiali riciclati di plastica e, quindi, di creare occupazione;

20.

riconosce che il riciclaggio dei materiali consente all'UE di diventare più autosufficiente in rapporto alle materie prime per i suoi impianti di produzione e che il recupero energetico deve rimanere una soluzione accessoria, in linea con la gerarchia dei rifiuti, per sfruttare tutte le potenzialità dei rifiuti non inceneriti e per non incoraggiare indirettamente il recupero energetico, come d'altronde raccomandato dal Libro verde;

21.

è fermamente convinto che i sistemi di raccolta porta a porta debbano essere obbligatori, ma devono anche essere concepiti in modo da incoraggiare la separazione e da aumentare al massimo il recupero di materiali riciclabili di alta qualità. È una questione di sussidiarietà e, anche se il riciclaggio del secco indifferenziato si sta rivelando molto efficace in alcuni Stati membri, bisogna riconoscere che i metodi di raccolta variano tra le aree urbane e quelle rurali e tra un paese e l'altro. Sebbene sia poco realistica una politica uniforme che vada bene per tutti («one size fits all»), esistono validi motivi a favore di una volontaria razionalizzazione e standardizzazione dei metodi di raccolta;

22.

ribadisce il proprio punto di vista, secondo cui potrebbero esistere possibilità di collaborazione tra gli enti regionali in materia di poli transfrontalieri di gestione e trattamento dei rifiuti per tipi simili di beni — ad esempio, edifici multipiano — per assicurare una gestione efficiente dei flussi di rifiuti e un uso ottimale delle infrastrutture e risorse a disposizione del settore;

23.

reputa che occorra promuovere un riciclaggio di alta qualità attraverso un sostegno attivo a un mercato della plastica riciclata e che sia necessario favorire i materiali ecocompatibili per ridurre la quantità di rifiuti di plastica nell'ambiente;

24.

si rammarica che l'attuale rendicontazione degli obiettivi di recupero stabilita dalla direttiva quadro sui rifiuti sia basata sulla raccolta e non sul riciclaggio o sul recupero energetico effettivi. Vi è urgente necessità di chiarire le definizioni e di trovare una metodologia di calcolo unica per i risultati del riciclaggio;

25.

riconosce che la Commissione europea ha già introdotto un programma di sostegno per i 10 Stati membri con i risultati peggiori in materia di politiche per la gestione dei rifiuti. Si rammarica che 18 Stati membri siano ancora lontani dal conformarsi alla direttiva quadro sui rifiuti;

26.

indica che è necessario un ventaglio di misure, in quanto nessuno strumento politico riuscirà da solo a incanalare i rifiuti dalla discarica al riciclaggio. Tuttavia il riciclaggio non è sempre una strategia praticabile, specie quando il riciclaggio della plastica è tecnicamente difficile e non sempre giustificato sul piano economico, anche invocando le migliori motivazioni ambientali;

27.

ritiene che l'UE sia in una buona posizione per fare mostra di leadership mondiale nell'eliminare la plastica in discarica e che debba condividere le buone pratiche nella gestione dei rifiuti a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. L'UE dovrebbe promuovere iniziative sostenibili e assicurarsi che le imprese di riciclaggio spediscano per mare i rifiuti solo a impianti che hanno obblighi uguali a quelli dell'UE in materia di gestione dei rifiuti. Gli intermediari non sono imprese di riciclaggio e il CdR chiede che venga monitorata in modo più severo l'applicazione del regolamento sulle spedizioni nei porti europei;

28.

in tale contesto, ribadisce il proprio sostegno alla creazione di una piattaforma informativa europea che consenta agli enti locali e regionali di scambiare informazioni sulla prevenzione e la gestione dei rifiuti all'interno e all'esterno dell'UE;

29.

riconosce che la plastica ha una destinazione mondiale, pertanto le buone pratiche nella fase di progettazione ai fini del riutilizzo, della riparazione e della riciclabilità avranno efficacia al di là dei confini dell'UE e contribuiranno a evitare che oggetti di plastica diventino in futuro rifiuti marini;

30.

rileva che molti beni di consumo, specialmente molti articoli elettrici ed elettronici, sono prodotti all'esterno dell'UE e, a causa degli alti costi della manodopera in Europa, sono poi riesportati per lo smontaggio, il riciclaggio o lo smaltimento finale. Nel rispetto del principio di prossimità, raccomanda di sviluppare le infrastrutture di riciclaggio e riutilizzo in un quadro europeo, affinché gli Stati membri usino in modo efficiente le infrastrutture per la gestione dei rifiuti esistenti in tutta l'UE ed evitino un inutile raddoppiamento degli investimenti. Pertanto i rifiuti di plastica potrebbero essere trattati nei paesi vicini senza che sia necessario costruire molti impianti di trattamento dei rifiuti per il riciclaggio in ogni Stato membro, mentre le infrastrutture specifiche per il trattamento specializzato di certi tipi di rifiuti potrebbero essere pianificate in modo da abbracciare tutta l'UE per evitare doppioni. Riconosce che andrebbero introdotti e fatti applicare controlli transfrontalieri adeguati sui movimenti di rifiuti;

31.

ritiene che, sebbene l'azione volontaria possa completare la legislazione, sia necessario un certo livello di regolamentazione per assicurare un quadro di riferimento in materia di rifiuti che sia efficiente, efficace, sicuro e sostenibile. Reputa tuttavia che la Commissione europea, prima di ricorrere a tasse e divieti, debba prendere in considerazione misure che informino il consumatore e influiscano sul cambiamento comportamentale delle famiglie;

32.

chiede che la Commissione europea studi in che modo la responsabilità estesa del produttore e dell'importatore possa essere meglio applicata nell'UE, specialmente in rapporto ai rifiuti di plastica la cui gestione è troppo spesso a carico degli enti locali e regionali. Un'applicazione migliore di questa responsabilità dovrebbe permettere la commercializzazione di prodotti che generano una quantità minore di rifiuti di plastica, oltre a rifiuti di plastica più facilmente riciclabili. I rimborsi dei depositi e i ritiri obbligatori degli articoli fuori uso sono metodi da utilizzare a livello dell'Unione europea per certi prodotti di plastica o contenenti della plastica, allo scopo di alleviare il pesante fardello degli enti locali e regionali. Crede che valga anche la pena promuovere i sistemi di «ritiro dei rifiuti» presso i dettaglianti, le scuole e i luoghi di lavoro, in cui possono essere accumulate gran quantità di risorse preziose già differenziate per rendere il riciclaggio più fattibile. Gli esempi esistenti comprendono i telefoni cellulari e le cartucce per stampanti;

33.

ritiene che il principio del «paghi quanto butti» per i rifiuti voluminosi vada incoraggiato con i metodi di raccolta stabiliti dagli enti locali e regionali; è altresì necessario fare opera di sensibilizzazione e potenziare i controlli sui percorsi di smaltimento dei rifiuti, onde evitare che una quantità maggiore di rifiuti (di plastica) venga bruciata al di fuori degli impianti tecnici appositamente attrezzati, ad esempio nel forno di casa, oppure venga smaltita dove capita;

34.

riconosce che esiste la possibilità di sviluppare sistemi di deposito cauzionale e di rimborso sulla base delle singole circostanze. Il recupero delle bottiglie e dei contenitori per bevande ha avuto successo in alcuni Stati membri e offre materiale di qualità da riciclare. Questo potrebbe rappresentare una valida alternativa nelle aree rurali, in cui la raccolta differenziata non è fattibile. La raccolta della plastica, come il polietilene tereftalato (PET), può essere ulteriormente stimolata dagli enti locali e regionali attraverso i piani di sostenibilità ambientale per eventi destinati al grande pubblico, a meno che non esistano alternative ecocompatibili alle bottiglie di PET.

Progettazione ecocompatibile

35.

crede che la progettazione di un prodotto sia fondamentale per ridurre al minimo i rifiuti. Ritiene che, sebbene l'attuale direttiva sulla progettazione ecocompatibile sia incentrata sul consumo idrico ed energetico, un suo riesame potrebbe adesso farne ampliare il campo di applicazione ad altri prodotti di plastica e comprendere dei requisiti sulla preparazione al riutilizzo, sulla lotta all'obsolescenza, sulla riparabilità e sul riciclaggio, con un'avvertenza al consumatore sulla durabilità dei prodotti (ad esempio, un «passaporto» che accompagni il prodotto). La progettazione è importante per i consumatori, ma anche per gli incaricati della gestione dei rifiuti che si occupano della «fine del ciclo di vita» dei prodotti. La buona progettazione di un articolo e il relativo imballaggio e smontaggio ne renderanno prevedibile la riciclabilità, oltre a migliorarla;

36.

richiama l'attenzione sulla tendenza a «ridurre il peso» e sull'introduzione di buste nella progettazione del confezionamento di beni di consumo (passando dal vetro o dal metallo alla plastica), che riducono i costi di trasporto e quindi le emissioni di carbonio; evidenzia tuttavia che, sebbene questi risultati siano vantaggiosi per tutti, questa tendenza può rivelarsi molto redditizia per i produttori a spese però degli enti locali e regionali, a causa dei costi maggiori per la raccolta e il trattamento dei rifiuti;

37.

sottolinea in tale contesto l'esigenza di ridurre i tipi di plastica (composizione dei materiali sintetici) al fine di rendere possibile la fusione di materie plastiche compatibili differenziate. In questo caso è necessario anche menzionare chiaramente sugli imballaggi il tipo di plastica, onde agevolare la differenziazione; inoltre la plastica non dovrebbe contenere inquinanti organici persistenti (POP — Persistent Organic Pollutants) o sostanze chimiche vietate dal regolamento REACH;

38.

reputa che degli orientamenti sulla progettazione sostenibile dei prodotti per l'intero ciclo di vita, compreso il trattamento alla fine del suddetto ciclo, aiutino l'utente a comprendere il valore reale degli articoli e a evitare che alcune risorse preziose siano inutilmente sprecate;

39.

auspica che nelle future revisioni della progettazione venga fissata una percentuale minima vincolante di materiale riciclato, anche se comprende che alcuni usi alimentari e sanitari richiedono standard specifici per i materiali;

40.

chiede la graduale cessazione dell'uso di sostanze pericolose nelle materie plastiche, sia nei nuovi prodotti che in quelli riciclati, per ridurre i rischi legati al loro utilizzo e aumentare le possibilità di riciclaggio. Sostiene la proposta inclusa nella tabella di marcia per un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, secondo cui per il 2020 tutte le sostanze estremamente problematiche dovrebbero essere riportate nell'elenco REACH delle sostanze «candidate», e questo permetterebbe di comprendere gli additivi per materie plastiche in questione. In tale contesto, chiede che venga prestata un'attenzione particolare alle microplastiche e alle nanoparticelle, che sollevano problemi inediti che non sono necessariamente trattati nel regolamento REACH;

41.

chiede che venga riservata un'attenzione speciale alla progettazione ecocompatibile delle stampanti a tre dimensioni, il cui sviluppo potrebbe avere un impatto significativo sulla produzione, in termini sia quantitativi che qualitativi, di rifiuti di plastica.

Articoli di plastica monouso

42.

ritiene necessaria una serie di misure per affrontare la questione degli oggetti di plastica monouso dal ciclo di vita breve, comprese delle disposizioni per ridurne l'utilizzo e favorire gli oggetti riutilizzabili. I sacchetti di plastica e i recipienti per liquidi di plastica vuoti abbandonati in modo irresponsabile esemplificano la nostra società dell'usa-e-getta e degradano l'ambiente; oltre a fornire incentivi al riutilizzo, bisognerebbe perciò prendere in considerazione un divieto sulla fornitura gratuita di sacchetti di plastica, una misura che sta dando risultati positivi in numerose regioni;

43.

reputa che delle iniziative volontarie a livello nazionale, compresa la responsabilità per i dettaglianti di ritirare i rifiuti, possano contribuire a traslare il costo del trattamento di alcuni rifiuti di plastica dalle autorità responsabili dell'ambiente naturale e della gestione dei rifiuti all'intera catena del valore. Queste misure devono comprendere un programma per l'educazione dei consumatori;

44.

ritiene che il ritiro dei rifiuti possa essere stimolato ed esteso ad altri luoghi di grande frequentazione (gli ambienti di lavoro e le scuole spesso gestiscono sistemi equivalenti che li aiutano a raccogliere una quantità sufficiente per il riciclaggio);

Biodegradabile

45.

esprime il timore che i consumatori possano essere indotti in errore dal termine «biodegradabile», visto che spesso la plastica è biodegradabile soltanto ad alte temperature in strutture di compostaggio industriali;

46.

sottolinea che è importante distinguere tra degradabile, biodegradabile e utilizzabile per il compostaggio. Questi termini sono spesso impiegati scorrettamente in modo intercambiabile. Un articolo di plastica può essere degradabile, ma non biodegradabile, oppure può soltanto essere utilizzato per il compostaggio;

47.

ritiene che l'armonizzazione e la semplificazione siano essenziali in tutte le etichettature per i consumatori. È tuttavia preoccupato che alcune informazioni siano ambigue oppure fuorvianti, e può quindi essere necessario eliminarle. Le informazioni sulle procedure adeguate di riciclaggio e sul materiale riciclato dovrebbero essere facilmente comprensibili;

48.

è inoltre preoccupato che il termine «bio-plastica» possa implicare credenziali ambientali, dato che la biomassa utilizzata nella produzione potrebbe non essere sostenibile, oppure potrebbe entrare in concorrenza con l'utilizzo della terra per la produzione di alimenti; è favorevole a promuovere e a sostenere la ricerca e lo sviluppo della bioplastica. In tale contesto, l'attenzione va essenzialmente rivolta alla progettazione ecocompatibile per quanto concerne le materie prime (possibilmente ricavate da rifiuti), gli additivi (rispettosi dell'ambiente e della salute), la riparabilità (oggetti facilmente riparabili), le possibilità di riutilizzo e la decomposizione, ecc.;

49.

chiede pertanto che le norme europee vigenti su potenziale di compostaggio (sia industriale che domestico), biodegradabilità e degradabilità (come EN 13432, EN 14995) vengano pienamente applicate, ma siano anche verificate per accertarne la validità per gli ambienti appropriati, tra cui il suolo, l'acqua di mare e l'acqua dolce, gli impianti di trattamento delle acque reflue e la digestione anaerobica, per giungere a un sistema di etichettatura su scala UE che distingua molto chiaramente queste caratteristiche;

50.

chiede un accordo internazionale che vieti l'utilizzo di micro-perle di plastica decomponibile a uso cosmetico negli esfolianti per il viso, nei dentifrici e in altri prodotti per la persona, per evitare che questa fonte di inquinamento relativamente nuova entri nella filiera alimentare;

51.

è preoccupato che la plastica etichettata come «oxo-degradabile» sia soltanto oxo-frammentabile, non biodegradabile, e quando si verifica la frammentazione esiste la possibilità che micro-particelle di plastica vengano lasciate nell'ambiente. Quando è stata introdotta nel processo di riciclaggio, si è scoperto che la plastica oxo-frammentabile contamina e compromette la qualità del materiale riciclato. Anche in questo caso, esistono molteplici prove per chiedere di vietare la plastica oxo-degradabile finché ricerche più approfondite non stabiliranno che questi prodotti hanno un valore aggiunto.

Rifiuti marini

52.

concorda con il Libro verde che «la maggioranza dei rifiuti reperiti nei nostri mari e oceani è costituita da materie plastiche» e questo rappresenta un problema grave a livello mondiale. Ritiene che la riduzione del volume della plastica che finisce nell'ambiente marino debba essere una priorità per tutti gli operatori coinvolti nel ciclo di vita della plastica;

53.

riconosce la necessità di approfondire gli studi per esaminare l'origine, i canali di trasporto e la comparsa dei rifiuti di plastica (sia piccoli che grandi) abbandonati nell'ambiente. È inoltre necessario comprendere l'impatto di queste particelle microscopiche sulla vita marina;

54.

chiede di aumentare il monitoraggio e la raccolta dei dati per valutare il successo o il fallimento di misure specifiche e per contribuire a elaborare possibili soluzioni. Reputa che sia possibile formulare un obiettivo specifico di riduzione dei rifiuti abbandonati in mare soltanto se sono disponibili dati precisi sui volumi attuali di rifiuti marini;

55.

auspica una duplice strategia:

(a)

una strategia terrestre per evitare che i rifiuti di plastica finiscano nell'ambiente acquatico,

(b)

una strategia marina per garantire che le attività marittime trattino i loro rifiuti in modo responsabile.

La strategia terreste fa assegnamento sulle misure suindicate, mentre la strategia marina conta su una migliore applicazione della convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL) e di altre convenzioni;

56.

raccomanda di rafforzare il coordinamento strategico e l'applicazione delle regole tra l'UE e l'Organizzazione marittima internazionale (l'agenzia delle Nazioni Unite incaricata della sicurezza della navigazione e della prevenzione dell'inquinamento marino ad opera delle navi);

57.

riconosce che la direttiva quadro dell'UE sulla strategia per l’ambiente marino ha stabilito degli obiettivi per i rifiuti abbandonati in mare e ogni nuovo obiettivo dovrebbe essere in linea con gli obiettivi esistenti in materia di rifiuti. Si potrebbero prendere in considerazione obiettivi specifici per la plastica, ma ogni obiettivo dovrebbe essere INTELLIGENTE e non semplicemente una richiesta di ridurre. Adesso occorre una migliore applicazione della legislazione vigente in materia di rifiuti e risorse nel quadro della convenzione MARPOL;

58.

riconosce il ruolo degli enti locali e regionali e dei loro partner nella sensibilizzazione. Conoscere la diffusione dei rifiuti di plastica nell'ambiente fluviale e in quello marino rappresenta una premessa indispensabile per porre rimedio al problema e ridurne l'entità. Questo può comportare la promozione sia di programmi educativi a scuola, un invito ad adottare un comportamento responsabile nell'industria del turismo, nonché iniziative da parte dell'industria della plastica. L'introduzione delle settimane europee dedicate alla pulizia o di iniziative analoghe, accompagnate da un'adeguata pubblicità, darebbe maggior risalto a questo problema;

59.

incoraggia la cooperazione tra gli enti locali e regionali, i loro partner e le organizzazioni di volontariato per mettere meglio a fuoco le iniziative di «pulizia» valide. Anche se con le giornate dedicate alla pulizia delle coste, i recipienti per i rifiuti sulle spiagge e la raccolta dei rifiuti sul litorale viene raccolta solo una piccola percentuale dei rifiuti abbandonati, queste iniziative contribuiscono anche a sensibilizzare le comunità locali. Si potrebbero promuovere le campagne dell'industria della pesca tese alla «pesca dei rifiuti» nei giorni che non sono di pesca e allo smaltimento dei rifiuti nel porto più vicino invece che in quello di origine. A questo proposito, appoggia i piani della Commissione europea per il lancio nel 2014 di una giornata europea dedicata alla pulizia e si offre di esplorare le possibilità di cooperazione in rapporto a questa iniziativa;

60.

ritiene che gli enti locali e regionali non possano da soli sostenere i costi dei rifiuti marini e chiede una maggiore cooperazione all'interno degli Stati membri tra tutti i livelli di governance e le istituzioni competenti, le autorità per le acque, le autorità portuali e l'industria della gestione dei rifiuti, allo scopo di trovare metodi efficienti sul piano dei costi tesi a evitare che i rifiuti di plastica finiscano nell'ambiente marino;

61.

chiede un miglioramento nella base di conoscenze attraverso i programmi sostenuti dall'UE, come LIFE+ o i fondi FESR, per studiare l'impatto dei rifiuti di plastica sull'ambiente sia terrestre che marino.

Osservazioni conclusive

62.

chiede a tutti gli operatori dell'industria della gestione dei rifiuti di collaborare per ridurre l'incidenza e l'impatto della plastica sull'ambiente e l'utilizzo delle materie prime, e di riconoscere la plastica come una risorsa potenzialmente preziosa. Si tratta di una sfida, in quanto la plastica è economica e duttile con un numero crescente di applicazioni, ma la sua durabilità genera un problema persistente. Anche se la crescente accumulazione di rifiuti di plastica abbandonati nell'ambiente marino del pianeta rappresenta un campanello d'allarme, è risaputo che la maggior parte di questo smaltimento incontrollato si è originato sulla terra. È inaccettabile trovare rifiuti di plastica in ogni ambiente!

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/37


Parere del Comitato delle regioni «Strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici»

2013/C 356/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

riconosce che per alcune regioni e città europee i cambiamenti climatici globali potrebbero avere un impatto altrettanto significativo di quelli locali e ritiene pertanto necessario adottare una prospettiva più ampia, definendo strategie di adattamento che vadano oltre l'UE;

ritiene che le infrastrutture verdi offrano un esempio classico di soluzione di adattamento di tipo low regret, low cost (scarsi rimpianti, basso costo) che contribuirà ad aumentare la resilienza nelle aree urbane;

esprime profonda preoccupazione per gli impatti dei cambiamenti climatici sulle produzioni agricole, forestali e della pesca;

sostiene che la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici deve puntare di più a promuovere l'adattamento al livello locale, che risente maggiormente dell'impatto e fornisce la prima risposta a tali cambiamenti;

riconosce che i finanziamenti sono determinanti per l'attuazione di risposte di adattamento a livello locale;

riconosce l'importanza delle reti locali e regionali nella promozione delle misure di adattamento ed è favorevole a un adeguato sostegno finanziario di tali reti mediante risorse dell'UE. Tuttavia. il CdR non condivide l'idea, suggerita nella strategia, di una nuova organizzazione o di un impegno su base volontaria per l'adattamento, in quanto darebbe luogo a doppioni, sarebbe fonte di confusione per i partecipanti e potrebbe tradursi in uno spreco di risorse preziose. Sarebbe invece opportuno dotare di più adeguate risorse il Patto dei sindaci e rilanciarlo come rete incentrata sull'azione per il clima nel suo duplice aspetto di attenuazione e di adattamento;

conclude che, data l'urgenza, il proposto riesame della strategia nel 2017 non dovrebbe limitarsi a esaminare i progressi realizzati con le strategie nazionali di adattamento e a valutare la necessità o meno di una legislazione in materia per il futuro, e che occorrerebbe stabilire che dovranno anche essere raggiunti una serie di traguardi intermedi in materia di attuazione a tutti i livelli di governance e che la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici sia accompagnata da linee guida che aiutino sia gli organismi subnazionali che gli Stati membri a raggiungere questi traguardi intermedi.

Relatore

Neil SWANNICK (UK/PSE) membro del consiglio comunale di Manchester

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici

COM(2013) 216 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

prende atto del fatto che l'accordo dell'ONU previsto per il 2015 non riguarderà soltanto l'attenuazione dei cambiamenti climatici, ma anche l'adattamento. Affinché l'accordo sia equo, è assolutamente indispensabile sviluppare la resilienza ai cambiamenti climatici, in particolare nei paesi più poveri e vulnerabili;

2.

sottolinea che l'attenuazione dei cambiamenti climatici è il modo migliore per prevenire molte delle difficoltà poste dall'adattamento, e che più le misure di attenuazione dei cambiamenti climatici saranno forti e ambiziose, più le misure di adattamento potranno rimanere contenute;

3.

osserva che il mondo ha superato una soglia critica ora che il biossido di carbonio presente nell'atmosfera ha raggiunto le 400 ppm;

4.

invita i negoziatori dell'UE ad adoperarsi affinché vengano fissati obiettivi più ambiziosi e per ottenere un sostegno internazionale affinché il previsto accordo del 2015 comprenda un chiaro impegno a modificare radicalmente il sistema energetico mondiale;

5.

è estremamente consapevole del fatto che molti paesi in via di sviluppo sono minacciati da processi a lenta evoluzione dovuti ai cambiamenti climatici, come l'aumento del livello del mare e delle temperature, che stanno acuendo le minacce derivanti dai fenomeni meteorologici estremi e compromettendo gravemente la prospettiva di uno sviluppo sostenibile globale;

6.

sottolinea che i cambiamenti climatici hanno un impatto diretto sulle risorse idriche e che la gestione di tali risorse incide sugli ecosistemi e sulle produzioni vegetali e animali, sulle attività socioeconomiche e sulla salute umana;

7.

invita il Consiglio e la Commissione ad associare il CdR non soltanto ai lavori sull'attenuazione dei cambiamenti climatici, ma anche ai lavori tecnici collegati al programma di lavoro di Nairobi riguardante l'adattamento basato sugli ecosistemi e la biodiversità.

Adattamento e resilienza

8.

accoglie con favore i riferimenti della strategia in esame alla resilienza e il suo obiettivo generale di sostenere i progressi verso «un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici». Il CdR ritiene che considerare l'adattamento ai cambiamenti climatici come una dimensione della resilienza sia un approccio valido. Una città può rimettersi da uno choc al sistema urbano (sia esso climatico o di altro tipo) se possiede un'elevata resilienza; può invece essere gravemente indebolita da un tale choc se è poco resiliente;

9.

ritiene essenziale costruire collegamenti tra l'adattamento ai cambiamenti climatici e i gruppi che si occupano della gestione dei rischi e della pianificazione delle emergenze legate a calamità;

10.

nel contesto della resilienza, ritiene che l'adattamento sia:

un programma organico, che abbraccia sistemi, settori e dimensioni spaziali e temporali diverse;

una componente della più vasta strategia necessaria per sviluppare la resilienza dell'Europa e delle sue città e regioni;

un processo di identificazione e, successivamente, di riduzione dei rischi derivanti dai fenomeni meteorologici e climatici estremi, che consentirà di diminuire l'intensità dei relativi choc;

11.

si rende conto che dai cambiamenti climatici ci si possono attendere conseguenze negative anche qualora vengano sviluppate forti strategie di adattamento e venga rispettato l'obiettivo di limitare il riscaldamento a 2 °C di media. La priorità è quella di diventare resilienti a tali fenomeni e pertanto l'espressione «resilienza ai cambiamenti climatici» è più appropriata di quella «a prova di clima»;

12.

riconosce che per alcune regioni e città europee i cambiamenti climatici globali potrebbero avere un impatto altrettanto significativo di quelli locali, dati gli effetti sulla logistica e sulle catene di approvvigionamento globali, sulla sicurezza alimentare e sulle migrazioni (di esseri umani, flora, fauna e malattie); ritiene pertanto necessario adottare una prospettiva più ampia, definendo strategie di adattamento che vadano oltre l'UE. In considerazione dei possibili rischi e benefici per l'UE, è opportuno promuovere l'adattamento a livello globale, al pari di quanto avviene per lo sviluppo, la cooperazione e la produzione alimentare ed energetica;

13.

prende atto del gran numero di studi dedicati all'impatto dei cambiamenti climatici sul patrimonio culturale e afferma che le strategie di adattamento dovrebbero comprendere anche una valutazione della vulnerabilità di beni culturali quali edifici, opere d'arte e archivi ai fenomeni meteorologici estremi e al degrado ambientale;

14.

ritiene che le infrastrutture verdi offrano un esempio classico di soluzione di adattamento di tipo low regret, low cost (scarsi rimpianti, basso costo) che contribuirà ad aumentare la resilienza nelle aree urbane moderando le temperature superficiali e riducendo lo scorrimento (run-off) delle acque piovane. È essenziale disporre di una strategia di adattamento che inglobi sistemi naturali e urbani, prevedendo, ad esempio, dei corridoi ecologici che superino i confini amministrativi per sostenere la migrazione degli animali selvatici in un clima che cambia. È quindi utile promuovere gli ecosistemi o le infrastrutture verdi in quanto infrastrutture critiche;

15.

ritiene che degli ecosistemi sani e una ricca biodiversità contribuiranno alla resilienza locale e regionale ai cambiamenti climatici, ma sottolinea che questi stessi sistemi sono minacciati dai cambiamenti climatici. Questo tema dovrebbe essere riconosciuto maggiormente nella strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici, nelle strategie di adattamento nazionali e nei programmi dell'UE.

Adattamento e competitività internazionale

16.

accoglie con favore il collegamento stabilito all'interno della strategia tra adattamento ai fenomeni meteorologici estremi e ai rischi posti dai cambiamenti climatici e salvaguardia della futura prosperità economica dell'Europa, ma fa presente che le misure intese a promuovere l'adattamento per mantenere la crescita e la competitività non devono andare a discapito della protezione sociale e della salute;

17.

riconosce i significativi costi diretti associati ai rischi meteorologici e climatici, ad esempio quelli derivanti dai danni agli edifici e all'infrastruttura. Vanno quindi incoraggiate le strategie di adattamento che prevedono sia l'adeguamento del patrimonio esistente che l'integrazione della resilienza nei progetti futuri, come ad esempio le linee ferroviarie e la nuova edilizia residenziale;

18.

constata che gli assicuratori potrebbero ritenere che il territorio, gli edifici e le infrastrutture di una città o regione non siano sufficientemente protetti dai rischi derivanti dai cambiamenti climatici, e quindi limitare la copertura assicurativa messa a disposizione o aumentarne i prezzi. Le regioni con difficoltà in questo senso potrebbero faticare a realizzare i loro obiettivi di crescita e alcune aree urbane potrebbero diventare «non assicurabili». Si compiace pertanto del fatto che la Commissione affronti questo tema con il Libro verde sull'assicurazione contro le calamità naturali e antropogeniche;

19.

evidenzia l'importanza di valutare i costi legati all'impatto del clima, così da poterli comparare al valore delle azioni preventive di adattamento. Ciò consentirebbe di comprendere meglio le opportunità economiche dell'adattamento e di evitare determinati costi. Gli aspetti economici dei cambiamenti climatici sono già stati analizzati nel cosiddetto rapporto Stern. Bisogna incoraggiare il proseguimento delle ricerche in questo settore per sostenere, argomentazioni economiche alla mano, l'integrazione dell'adattamento in diverse politiche e strategie;

20.

promuove un approccio basato sul concetto di «ciclo di vita completo» per valutare i costi e i benefici del capitale onde garantire l'ammortamento a lungo termine degli investimenti a favore della resilienza ai cambiamenti climatici. Si dovrebbe esigere che nella contabilità e nei registri dei rischi vengano precisate le implicazioni economiche, ambientali e sociali delle azioni e degli investimenti in capitale che non tengono conto dei cambiamenti climatici;

21.

ritiene che il fatto che i fenomeni meteorologici estremi e i cambiamenti climatici possano perturbare il funzionamento dei sistemi infrastrutturali collegati in rete debba essere una considerazione centrale delle strategie di adattamento. Un incidente meteorologico o climatico, come ad esempio la perdita di una sottostazione elettrica o di una piattaforma TIC, può avere implicazioni indirette o effetti a cascata in molti settori economici e servizi;

22.

osserva che i collegamenti esistenti tra sistemi socioeconomici, cambiamenti climatici e infrastruttura possono indurre cambiamenti nelle preferenze dei viaggiatori o nelle abitudini di consumo energetico, incidendo significativamente sulla domanda e sull'offerta di servizi infrastrutturali;

23.

esprime profonda preoccupazione per gli impatti dei cambiamenti climatici sulle produzioni agricole, forestali e della pesca, e chiede che le politiche europee in materia contribuiscano a rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici di queste indispensabili fonti di produzione primarie e degli ecosistemi che le rendono possibili.

Obiettivo in materia di adattamento

24.

prende atto dell'incertezza associata alle future concentrazioni atmosferiche di gas a effetto serra e agli aumenti di temperatura e altri impatti ad esse collegati. La strategia di adattamento ai cambiamenti climatici si concentra sulle implicazioni di un aumento globale della temperatura pari a 2 °C. Tuttavia, stando alle conoscenze scientifiche attuali e alla quarta relazione di valutazione del gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (1), se ci si limita a mantenere le concentrazioni atmosferiche attuali, l'aumento sarà superiore ai 2 °C. In nome del principio di precauzione esortiamo quindi ad adottare misure che soddisfino le esigenze di adattamento derivanti da un aumento della temperatura superiore alle proiezioni.

Vulnerabilità ai rischi derivanti da fenomeni meteorologici e cambiamenti climatici estremi

25.

accoglie con favore i riferimenti alla vulnerabilità contenuti nella strategia in esame, in quanto ritiene che si tratti di un elemento importante per capire i cambiamenti climatici e adeguarsi ad essi; l'obiettivo primario dell'adattamento è ridurre la vulnerabilità dei soggetti esposti (comprese le persone, le infrastrutture e i settori economici) ai danni derivanti da fenomeni meteorologici e cambiamenti climatici estremi;

26.

sostiene un approccio all'adattamento incentrato sulla vulnerabilità in quanto:

è metodologicamente difficile e oneroso sia in termini di tempo che di denaro elaborare proiezioni sui cambiamenti climatici a livello locale, mentre è generalmente più facile accedere a dati sui fattori che incidono sulla vulnerabilità. Un approccio basato sulla vulnerabilità consente di realizzare progressi immediati anche in assenza di proiezioni dettagliate e localizzate sui cambiamenti climatici;

l'Organizzazione mondiale della sanità osserva che i cambiamenti climatici rappresentano la più grande minaccia alla sanità pubblica del XXI secolo;

i gruppi più vulnerabili, compresi gli anziani, i più giovani e le persone socioeconomicamente svantaggiate, sono particolarmente minacciati dai fenomeni meteorologici estremi e dai cambiamenti climatici in quanto mancano di risorse e non hanno accesso alla protezione assicurativa. Un approccio basato sulla vulnerabilità giustifica l'azione di adattamento ai cambiamenti climatici anche in base a considerazioni di salute e di giustizia sociale;

27.

sostiene che la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici trarrebbe beneficio da un uso più chiaro di termini quali «rischio», «vulnerabilità», «esposizione» e «resilienza», compresa la loro definizione generale.

Governance multilivello

28.

osserva che la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici punta sull'integrazione dell'adattamento nell'azione dell'UE e sullo sviluppo di strategie di adattamento a livello nazionale, ma dedica meno attenzione all'importanza di sostenere gli Stati membri nell'integrazione dell'adattamento a livello regionale e locale;

29.

sottolinea che occorre riconoscere più esplicitamente il ruolo della governance multilivello nella realizzazione delle strategie di adeguamento ai cambiamenti climatici. Ciò contribuirà a:

sensibilizzare al fatto che ruoli e requisiti in materia di adattamento cambiano a seconda della dimensione territoriale considerata;

far comprendere in modo più chiaro le responsabilità nelle risposte di adattamento ai diversi livelli territoriali, ad esempio per quanto riguarda i grandi assi stradali strategici e locali;

far riconoscere l'importanza dei problemi di adattamento che superano i confini nazionali o regionali, come ad esempio quelli riguardanti la gestione dei rischi di inondazione;

sostenere la trasposizione delle politiche di adattamento degli Stati membri ai livelli regionale e locale, dove avviene l'attuazione;

30.

riconosce che le strategie nazionali possono fornire un quadro generale degli impatti e dei rischi, ma che, comprensibilmente, in esse mancheranno elementi e questioni che rivestono importanza per la dimensione locale e regionale;

31.

sottolinea che le strategie nazionali di adattamento dovrebbero indicare le metodologie di governance da seguire per facilitare il processo di adattamento a livello regionale e locale, e che gli Stati membri, in collaborazione con gli enti locali e regionali, dovrebbero monitorare lo sviluppo e l'attuazione delle strategie di adattamento a livello regionale e locale. L'UE dovrebbe fornire indicazioni su come svolgere queste operazioni;

32.

Gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a creare reti che riuniscano soggetti interessati di svariati settori per definire congiuntamente delle strategie di adattamento a livelli territoriali diversi;

33.

sostiene che le strategie di adattamento regionali sono le più adatte per definire il contesto generale, segnalare le risorse pertinenti e fornire indicazioni a sostegno dell'azione locale. Le regioni e i comuni possono anche evidenziare gli effetti prevalenti dei cambiamenti climatici, che spesso presentano una specificità regionale, come ad esempio le variazioni associate alle isole, alle regioni montane, alle conurbazioni e alle aree costiere;

34.

riconosce le differenze esistenti nelle strutture di governance degli Stati membri per l'attuazione delle strategie a livello locale: alcuni di essi dispongono di pertinenti strutture di pianificazione regionale mentre altri ne sono sprovvisti. Sostiene tuttavia che in ogni caso un qualche quadro di governance per l'adattamento a livello subnazionale è necessario per trasporre gli investimenti, la legislazione e la politica di adattamento dello Stato membro a livello locale;

35.

sostiene che la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici deve puntare di più a promuovere l'adattamento al livello locale, che risente maggiormente dell'impatto e fornisce la prima risposta a tali cambiamenti. La risposta di adattamento ai cambiamenti climatici dell'Unione europea avrà successo nella misura in cui le aree locali avranno sviluppato e attuato risposte di adattamento per ridurre i rischi legati ai fenomeni meteorologici estremi e ai cambiamenti climatici;

36.

riconosce che le risposte di adattamento rivestono un'importanza cruciale nelle città. La maggioranza dei cittadini dell'Unione vive in aree urbane. Le città amplificano l'impatto dei cambiamenti climatici (ad esempio a causa del calore che sprigionano), contengono soggetti esposti vulnerabili e sono centri economici e culturali di grande importanza;

37.

sottolinea che l'adattamento dovrebbe essere integrato sistematicamente nelle politiche, in particolare in settori quali la pianificazione territoriale, che contribuisce ad apportare cambiamenti a lungo termine al paesaggio e alle aree edificate.

Attuazione di risposte di adattamento a livello regionale e locale

38.

accoglie con favore l'impegno a destinare almeno il 20 % del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020 all'aumento della spesa legata al clima e a integrare l'adattamento nei finanziamenti, nelle politiche e nei programmi di ricerca a livello UE, compresi i fondi strutturali, Orizzonte 2020, Life+ e il programma di sviluppo rurale;

39.

riconosce che in base al principio di sussidiarietà la responsabilità ultima di incoraggiare l'integrazione dell'adattamento nelle politiche e nella pratica regionale e locale spetta agli Stati membri;

40.

riconosce che il livello di adattamento cambia a seconda degli Stati membri, delle regioni e delle città, data la diversa entità dei rischi legati ai cambiamenti climatici, la vulnerabilità a tali rischi e la capacità di adattamento. Ciò a sua volta influirà sulla capacità dei territori di prepararsi e di rispondere ai fenomeni meteorologici estremi e ai cambiamenti climatici;

41.

promuove lo sviluppo di «tipologie di adattamento» per sostenere la formazione di strategie a misura di città. L'individuazione delle analogie tra città, ad esempio in termini di rischi climatici attuali e futuri, e delle caratteristiche socioeconomiche può contribuire alla formazione di reti costituite da tipologie generali di città con esigenze di adattamento simili. La creazione di gruppi di questo tipo contribuirebbe a una più efficace pianificazione strategica e definizione delle politiche in materia di adattamento, a una più efficace allocazione delle risorse, alla definizione di orientamenti appropriati e alla creazione di reti a fini di apprendimento. Osserva che già esistono alcune associazioni volontarie e che esse meritano di essere sostenute;

42.

rileva che, data la diversità di esigenze e capacità di adattamento, ad esempio le differenze a livello di modalità di governance, accesso alle risorse e caratteristiche biofisiche, che incidono sullo sviluppo e sull'attuazione delle risposte di adattamento, l'espressione «migliori pratiche» (best practice) è fuorviante. Poiché non tutte le pratiche sono replicabili in ogni contesto, può essere più opportuno impiegare l'espressione «buone pratiche» (good practice) (N.d.T. la versione italiana della comunicazione della Commissione già impiega l'espressione «buone pratiche»);

43.

ritiene che il rafforzamento della capacità di adattamento sia una condizione importante per mettere a punto e attuare le risposte di adattamento. È quindi indispensabile creare piattaforme nazionali e subnazionali per il rafforzamento della capacità di adattamento, la formazione e lo scambio di informazioni ed esperienze tra città e regioni;

44.

sottolinea l'importanza dell'educazione e della comunicazione in materia di ambiente e il ruolo essenziale degli enti locali e regionali in tale contesto; ribadisce che è importante adeguare la comunicazione, specialmente sui cambiamenti climatici, al pubblico e alle specificità locali, e garantire un sostegno finanziario a tali campagne di comunicazione e di educazione;

45.

riconosce che i finanziamenti sono determinanti per l'attuazione di risposte di adattamento a livello locale. Occorre tuttavia chiarire dove si possano reperire le ingenti somme necessarie per migliorare l'adattamento, soprattutto se si considera l'incertezza dei proventi delle aste del sistema ETS dell'UE cui fa riferimento la comunicazione. Occorre, nello specifico, fare in modo che durante il prossimo periodo di programmazione le misure per l'adattamento siano finanziabili nel quadro dei fondi strutturali come ad esempio il FESR senza tuttavia ridurre i bilanci destinati all'attenuazione dei cambiamenti climatici;

46.

riconosce l'importanza delle reti locali e regionali nella promozione delle misure di adattamento ed è favorevole a un adeguato sostegno finanziario di tali reti mediante risorse dell'UE. Tuttavia. il CdR non condivide l'idea, suggerita nella strategia, di una nuova organizzazione o di un impegno su base volontaria per l'adattamento, in quanto darebbe luogo a doppioni, sarebbe fonte di confusione per i partecipanti e potrebbe tradursi in uno spreco di risorse preziose. Sarebbe invece opportuno dotare di più adeguate risorse il Patto dei sindaci e rilanciarlo come rete incentrata sull'azione per il clima nel suo duplice aspetto di attenuazione e di adattamento;

47.

sottolinea che la strategia in esame dovrebbe essere guidata da una visione proattiva, piuttosto che reattiva; nello sviluppo e nell'attuazione delle risposte di adattamento, bisogna prestare attenzione a entrambe le strategie per ridurre i rischi a lungo termine ed essere più preparati e più in grado di rispondere ai fenomeni meteorologici e climatici estremi di oggi.

Sinergie e conflitti in materia di attenuazione/adattamento

48.

riconosce che le misure di attenuazione e adattamento sono componenti essenziali di una strategia integrata in materia di cambiamenti climatici. Se l'adattamento ai cambiamenti climatici attuali e a quelli futuri inevitabili è fondamentale, esso non deve però essere considerato come un processo sostitutivo dell'attenuazione. L'accordo di Cancún, sviluppato nel quadro della Convenzione quadro dell'ONU sui cambiamenti climatici, sottolinea che le parti devono attribuire all'adattamento e all'attenuazione lo stesso grado di priorità. Vi saranno tuttavia delle differenze nell'allocazione subnazionale delle risorse;

49.

osserva che incoraggiare le società e le economie a diventare più resilienti ai cambiamenti climatici sarà un aspetto cruciale del rafforzamento della competitività e della qualità di vita europea nei prossimi decenni. È tuttavia indispensabile moltiplicare quanto prima le misure volte a ridurre in modo significativo le emissioni di gas nocivi responsabili dei cambiamenti climatici;

50.

fa notare che, sebbene in teoria l'adattamento e l'attenuazione dei cambiamenti climatici siano strettamente collegati tra loro, attualmente le attività di attenuazione e adattamento integrate sono rare, e che di conseguenza vi è l'urgente necessità di riconoscere e incoraggiare le sinergie nella politica, nella pratica e nella ricerca. È inoltre importante che l'insieme delle politiche condotte dall'Unione europea contribuisca a questi due obiettivi;

51.

riconosce i benefici che possono derivare da misure che affrontano attenuazione e adattamento in modo complementare, mentre delle misure di adattamento e di attenuazione in contrasto tra loro potrebbero arrecare significativi svantaggi: ad esempio, il ricorso al raffreddamento meccanico in risposta alle più elevate temperature negli edifici comporta un aumento delle emissioni di gas serra;

52.

conclude che, data l'urgenza, il proposto riesame della strategia nel 2017 non dovrebbe limitarsi a esaminare i progressi realizzati con le strategie nazionali di adattamento e a valutare la necessità o meno di una legislazione in materia per il futuro. Sarebbe opportuno stabilire che entro tale termine dovranno anche essere raggiunti una serie di traguardi intermedi in materia di attuazione a tutti i livelli di governance, magari utilizzando un approccio che misuri il grado di preparazione all'adattamento sulla base di un quadro comparativo, e che la strategia di adattamento ai cambiamenti climatici sia accompagnata da linee guida che aiutino sia gli organismi subnazionali che gli Stati membri a raggiungere questi traguardi intermedi;

53.

ritiene che le proposte avanzate dalla Commissione europea nella strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici siano conformi ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  AR4 dell'IPPC.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/43


Parere del Comitato delle regioni «Infrastrutture verdi — Rafforzare il capitale naturale in Europa»

2013/C 356/08

IL COMITATO DELLE REGIONI

mette l'accento sul ruolo fondamentale degli enti locali e regionali nella definizione e nell'attuazione dell'iniziativa «Infrastrutture verdi» e li esorta ad agire in tutte le politiche settoriali interessate, in particolare l'assetto del territorio e l'urbanistica, al fine di pianificare e organizzare lo sviluppo delle infrastrutture verdi; sottolinea che il successo della realizzazione di queste infrastrutture dipende da un'efficace applicazione della governance multilivello, nonché dal coinvolgimento di tutti i soggetti e di tutte le parti interessate;

chiede alla Commissione di mettere a punto quanto prima degli orientamenti di attuazione concreti sull'integrazione delle infrastrutture verdi nelle varie politiche dell'UE, e sollecita l'elaborazione di schede tecniche aggiuntive sulle infrastrutture verdi urbane; le infrastrutture verdi dovrebbero essere inserite nel quadro di riferimento per città europee sostenibili e nella futura «rete di sviluppo urbano»;

insiste sulla necessità di decidere con urgenza le modalità di integrazione delle infrastrutture verdi, considerando oltretutto queste ultime un obiettivo prioritario, negli accordi di partenariato e nei programmi operativi dei finanziamenti europei attualmente in via di definizione per i fondi di coesione e strutturali 2014-2020;

esorta la Commissione a integrare nelle normative europee delle disposizioni volte a garantire «zero perdite nette» di biodiversità e di servizi ecosistemici; le chiede inoltre di continuare ad applicare e di estendere la condizione della subordinazione degli aiuti europei ai principi dell'ecocompatibilità e della «verifica della biodiversità»; propone ugualmente di prelevare una data percentuale di tutte le sovvenzioni europee assegnate alla realizzazione di infrastrutture grigie per alimentare un Fondo per la biodiversità;

plaude all'intenzione della Commissione, annunciata nella comunicazione in esame, di istituire insieme alla BEI, entro il 2014, un meccanismo europeo di finanziamento specificamente destinato ai promotori di progetti di infrastrutture verdi, e auspica che gli enti locali e regionali partecipino alla definizione di questo strumento;

plaude al progetto TEN-G e chiede che possa essere riconosciuto come un'iniziativa di interesse europeo, come avviene per le reti di trasporto, di energia o di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, e chiede inoltre alla Commissione di valutare la possibilità di adottare una legislazione europea in materia.

Relatrice

Annabelle JAEGER (FR/PSE), consigliere regionale della Provenza-Alpi-Costa azzurra

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Infrastrutture verdi — Rafforzare il capitale naturale in Europa

COM(2013) 249 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con entusiasmo la comunicazione della Commissione Infrastrutture verdi — Rafforzare il capitale naturale in Europa, che prefigura la strategia dell'UE in questo campo. Ritiene infatti che le proposte presentate in tale documento siano di fondamentale importanza per raggiungere entro il 2020 gli obiettivi stabiliti dall'Unione in materia di impiego efficiente delle risorse, coesione sociale e regionale, crescita intelligente e sostenibile, capacità di attrazione, miglioramento della biodiversità e della qualità del paesaggio, protezione contro i rischi naturali, promozione di un modello urbano sostenibile, conservazione e creazione di posti di lavoro nelle piccole e medie imprese locali, miglioramento della sanità pubblica e lotta alle diseguaglianze, a sostegno degli obiettivi della strategia UE 2020 sulla biodiversità, oltre che in conformità e a sostegno delle disposizioni delle direttive Habitat e Uccelli nonché della connettività tra i siti Natura 2000 (1);

2.

nelle aspettative del Comitato, la futura realizzazione delle infrastrutture verdi nell'UE dovrà contribuire a conseguire l'obiettivo 2 della strategia UE 2020 sulla biodiversità (che si prefigge di ripristinare almeno il 15 % degli ecosistemi degradati entro il 2020), a far cessare la perdita di biodiversità e di ecosistemi, e a ripristinare sia questi ultimi che la biodiversità su tutto il territorio europeo e non unicamente nei siti Natura 2000;

3.

ritiene inoltre che le varie strategie e i diversi programmi attuati sinora a livello internazionale, europeo e nazionale non abbiano ancora dato dei risultati all'altezza delle sfide che attendono la biodiversità; considera che è unanimemente riconosciuta la necessità di rivedere i nostri modelli socioculturali di produzione e consumo rispetto alla posta in gioco della perdita di biodiversità, di cui tali modelli rappresentano i fattori principali, perdita causata dalla distruzione e dalla frammentazione degli habitat naturali e dal gran numero di inquinamenti di vario genere, e che senza tale ripensamento gli impegni rinnovati nel quadro della Convenzione sulla diversità biologica e della strategia UE 2020 sulla biodiversità resteranno disattesi;

4.

insiste pertanto sul ruolo essenziale della Commissione nel dare impulso ad una strategia trasversale basata sulle infrastrutture verdi, la quale rappresenta un'opportunità unica per avviare tutti i soggetti europei — Stati, governi locali e regionali, imprese, ricercatori, associazioni e cittadini — lungo il cammino della conciliazione tra economia, società e biosfera;

5.

accoglie con interesse la definizione proposta, che comprende sia la sfida della connettività legata alle specie e agli habitat sia quella della qualità della rete ecologica a tutti i livelli — compreso quello degli insediamenti urbani —, la notevole biodiversità delle aree protette e quella più ordinaria, nonché le soluzioni naturali così come quelle realizzate dall'uomo ispirandosi alla natura; auspica però che tale definizione venga concretamente affinata negli orientamenti di attuazione di prossima pubblicazione, includendovi i concetti di permeabilità e di ospitalità del vivente. In quest'ottica, occorre mettere l'accento in particolare sulla creazione e l'utilizzo di connessioni ecologiche e funzionali a tutti i livelli;

6.

si compiace che vengano adeguatamente riconosciuti i molteplici benefici economici, ambientali, di protezione contro il rischio e sociali derivanti da ecosistemi in buono stato di funzionamento ecologico, e insiste affinché questa dimensione utilitaria della produzione di beni e servizi vantaggiosi per l'uomo serva sempre a rafforzare la dimensione etica della conservazione della natura e della biodiversità;

7.

ricorda, da un lato, che il concetto di infrastrutture verdi trascende, per la sua stessa natura, i confini amministrativi e territoriali e, dall'altro, che lo sviluppo, il mantenimento o le minacce che gravano su di esso dipendono in primo luogo dalle politiche di assetto territoriale e di conservazione delle risorse naturali messe in campo dagli Stati membri e dagli enti locali e regionali;

8.

accoglie favorevolmente e sostiene questo approccio globale, che radica saldamente le infrastrutture verdi nel quadro del processo di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Mette l'accento sul ruolo fondamentale degli enti locali e regionali nella definizione e nell'attuazione di una simile strategia;

9.

sostiene che la conservazione, lo sviluppo e la manutenzione di infrastrutture verdi sono molto meno onerosi, nel medio e lungo termine, rispetto a quelli delle cosiddette «infrastrutture grigie» (ossia tradizionali), se si considerano i costi complessivi di queste ultime, inclusi i costi esterni sostenuti oggi dalla società; le soluzioni ispirate alla natura o basate su di essa e in sinergia con la biodiversità (ingegneria ecologica) richiedono minori intensità energetica, conservazione e manutenzione rispetto a quelle convenzionali, e risultano quindi più efficaci e sostenibili;

10.

sottolinea che occorre anzitutto privilegiare la prevenzione del degrado degli ecosistemi e il ripristino delle funzionalità degli ecosistemi degradati, poiché le misure di gestione delle conseguenze di squilibri ecologici derivanti dalle attività umane sono sempre più costose, vengono attuate su un lungo periodo e soprattutto ottengono risultati più incerti;

11.

ritiene che, se la valutazione economica dei servizi ecosistemici può essere utile nel quadro di determinate analisi costi-benefici al fine di prendere una decisione rispetto ad obiettivi contrastanti, non è tuttavia priva di difficoltà metodologiche — anzi, persino inopportuna in diversi contesti —, oltre ad avere una serie di evidenti implicazioni in campo etico. Va quindi sottolineato che il ragionamento sotteso alla valutazione dei costi dell'erosione della biodiversità può essere diverso: stimare cioè il costo del mantenimento delle potenzialità ecologiche per recuperare tale perdita di biodiversità calcolando il costo degli investimenti necessari per preservare o migliorare lo stato della biodiversità, al fine di garantire la sostenibilità dei flussi di servizi ecologici. È appunto quest'ultimo il metodo di cui il Comitato delle regioni auspica l'applicazione;

12.

esorta l'insieme delle autorità locali e regionali ad agire in tutte le politiche settoriali interessate, in particolare servendosi delle loro competenze in materia di assetto del territorio e di urbanistica, al fine di pianificare e organizzare lo sviluppo delle infrastrutture verdi;

13.

chiede pertanto all'UE e agli Stati membri di sostenere l'azione degli enti locali e regionali fornendo risorse umane, tecniche e finanziarie all'altezza delle sfide da affrontare (2).

Agricoltura, foreste, terreni e suoli

14.

reputa assolutamente prioritario, nel campo dell'assetto e della pianificazione urbani, la lotta contro la perdita delle funzioni del suolo, nonché contro lo sfruttamento intensivo e il degrado dei suoli. Il principio di «zero perdite nette» per quanto riguarda ambienti naturali, foreste e terreni agricoli deve avere la meglio sull'espansione urbana incontrollata; del resto alcuni enti locali e regionali hanno già iniziato a integrare, in forme diverse, i concetti di infrastrutture verdi e di «zero perdite nette» nei loro piani urbanistici e nella pianificazione regionale;

15.

ricorda inoltre il suo sostegno alla ripresa dei colloqui tra gli Stati membri per pervenire all'adozione di un quadro giuridico comune a livello UE sulla protezione e il ripristino della funzionalità del suolo, in quanto si tratta di uno strumento indispensabile per il controllo di questo aspetto essenziale (3);

16.

ricorda il contributo della silvicoltura alle infrastrutture verdi, contributo che può essere attivo, ad esempio mediante il ripristino della continuità della superficie forestale o l'adozione di pratiche gestionali ecologiche, o passivo, tramite la preservazione dei margini boschivi. Soprattutto nelle aree in cui la proprietà dei terreni forestali è estremamente frammentata e in mano a privati, la realizzazione di infrastrutture verdi richiede la costituzione, e il corretto funzionamento, di associazioni di proprietari, come pure che le regioni e gli enti locali siano provvisti degli strumenti idonei per mobilitare tali soggetti privati, vale a dire strumenti fondiari, di formazione, di assistenza tecnica e di mutualizzazione, o anche di sostegno finanziario;

17.

prende atto delle decisioni adottate dall'UE nel quadro della politica agricola comune per il periodo 2014-2020, e si chiede se di qui al 2020 sarà possibile una realizzazione efficiente delle infrastrutture verdi. Sottolinea quindi l'importanza dell'azione delle autorità competenti, che devono fare delle infrastrutture verdi uno degli assi portanti dell'impiego dei loro mezzi d'azione per la conservazione e il ripristino della biodiversità tramite l'ecologizzazione dei pagamenti diretti nelle aree rilevanti sotto il profilo ecologico, nonché tramite il ricorso al Fondo europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (FEASR), incluse una scelta dell'ubicazione e una dotazione di bilancio coerenti per le misure agroambientali. Al tempo stesso dette autorità devono investire risorse nel ripristino della biodiversità degli habitat agricoli, in particolare sostenendo l'agricoltura biologica e l'agrosilvicoltura;

18.

al fine di promuovere l'agricoltura e la silvicoltura sostenibili nell'ambito delle infrastrutture verdi, ritiene indispensabile lo sviluppo di biomateriali per l'edilizia in nome della solidarietà tra territori rurali e urbani, poiché lo sfruttamento di materiali tradizionali destinati all'edilizia urbana e alle infrastrutture grigie esercita una forte pressione sull'ambiente rurale e anche su quello marino. È fondamentale promuovere l'impiego del legno e di altri materiali derivati da prodotti connessi dell'agricoltura o complementari alle colture tradizionali (paglia, canapa, lino, lana, ecc.) a beneficio degli attori locali. Per questo motivo il CdR è convinto che si debbano promuovere delle dinamiche locali, in particolare tramite aiuti per la strutturazione delle filiere e gli investimenti negli strumenti industriali di trasformazione, ma anche provvedendo a strutturare il mercato per mezzo di appalti pubblici esemplari o di incentivi alle comunità che li privilegiano. Occorre inoltre mettere a punto programmi di ricerca sulle caratteristiche tecniche di questi materiali e sulle loro adeguate condizioni di produzione nella prospettiva della conservazione degli ecosistemi. Infine, è necessario che gli utilizzatori siano informati della provenienza e delle condizioni di produzione/coltura dei materiali grazie ad un'adeguata etichettatura.

Una governance condivisa

19.

sottolinea che il successo della realizzazione delle infrastrutture verdi dipende sostanzialmente dalla cooperazione tra tutti i livelli di governo e da un'efficace applicazione dei principi della governance multilivello, nonché dal coinvolgimento di tutti i soggetti e di tutte le parti interessate nella loro progettazione e attuazione, compresi i comuni cittadini a livello locale;

20.

è favorevole all'adozione di approcci partecipativi, che genereranno iniziative necessarie e complementari «dal basso» da parte dei soggetti che partecipano direttamente all'assetto del territorio e all'utilizzazione dello spazio, in particolare le comunità locali (4).

Un nuovo concetto di cittadinanza

21.

rileva la fortissima domanda sociale di natura nelle città, che risponde sia ad un'esigenza di disporre di questo bene primario sotto diverse forme (luoghi di svago e di relax, luoghi dedicati al giardinaggio e all'agricoltura, elementi paesaggistici e di abbellimento, aree naturali, ecc.), sia al senso di benessere ad esso collegato, come pure a problematiche in materia di salute pubblica e lotta alle disuguaglianze economiche e sociali; il soddisfacimento di questi bisogni riguarda ovviamente i più giovani ma anche gli anziani e le persone svantaggiate;

22.

prende atto con interesse e incoraggia le iniziative civiche relative alle infrastrutture verdi, in particolare nelle aree urbane e periurbane (inventari partecipativi della biodiversità, coinvolgimento nella definizione di nuovi spazi urbani collegati alla biodiversità, recupero di aree dismesse e luoghi abbandonati, giardini collettivi, ecc.); la connettività tra tutti questi spazi mediante itinerari idonei a sistemi di trasporto non motorizzati è fondamentale per migliorare la qualità di vita degli abitanti.

Un potenziale di innovazione e di sviluppo di nuove professioni

23.

osserva che le infrastrutture verdi sono promotrici di ricerca e innovazione, che costituiscono altrettante opportunità di sviluppo per i responsabili dell'assetto territoriale, ad esempio nel settore delle pareti e tetti verdi (cosiddetto «verde pensile») o di ripristino ecologico; precisa tuttavia che i vantaggi concretamente legati alle infrastrutture verdi, ad esempio in materia di adattamento climatico, dipendono dalla qualità di realizzazione di tali infrastrutture. Si devono incoraggiare solamente le soluzioni funzionali adattate al clima e alla biodiversità;

24.

appoggia la proposta della Commissione di ridurre i rischi collegati al processo di innovazione mettendo a disposizione degli strumenti finanziari (ad esempio pratiche di ripartizione dei rischi), e ne incoraggia la disponibilità a sostenere dei progetti con finanziamenti sia pubblici che privati;

25.

osserva con interesse l'emergere di nuove professioni legate alle infrastrutture verdi — ad esempio l'ingegneria ambientale destinata al ripristino, alla manutenzione e alla riappropriazione degli ecosistemi degradati — e sottolinea l'importanza di prendere in considerazione le professioni indirette o indotte (produzione di vegetali, filiere agricole, ecc.). In quanto responsabili dello sviluppo economico, le regioni e gli enti locali devono accompagnare e sostenere questa dinamica generatrice di posti di lavoro;

26.

ritiene che le infrastrutture verdi siano fondate sulla combinazione di ecosistemi e culture umane, che si presentano entrambi in forme estremamente differenziate per via delle condizioni biogeografiche e della loro storia rispettiva. Di conseguenza, queste infrastrutture sono un vettore di sviluppo di filiere economiche e posti di lavoro di prossimità non delocalizzabili. Ricorda, in questo contesto, che è in atto una revisione della legislazione dell'UE in materia di appalti pubblici, e che in data 11 gennaio 2013 la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo (PE) ha precisato che il criterio su cui si basano le amministrazioni aggiudicatrici per la concessione di appalti pubblici deve essere quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Appoggia la posizione del PE secondo cui tale criterio può comprendere, oltre al prezzo o ai costi, anche considerazioni di ordine qualitativo, ambientale e sociale, con particolare riferimento alle caratteristiche sociali, ambientali e innovative, compreso eventualmente il risparmio sui costi generato dalla prossimità.

Leve per stimolare l'azione

27.

chiede alla Commissione di elaborare quanto prima degli orientamenti di attuazione pratici, precisi e concreti sull'integrazione delle infrastrutture verdi nelle varie politiche dell'UE, e raccomanda di associare al processo di elaborazione le regioni e gli enti locali già attivi nella promozione di tali infrastrutture, in modo che detti enti possano mettere a punto, in collaborazione con la Commissione, delle versioni locali delle linee guida, più accurate per quanto concerne i biotopi, le conoscenze e il know-how locali; riconosce che una serie di primi orientamenti in materia è già disponibile nella Guide to Multi-Benefit Cohesion Policy Investments in Nature and Green Infrastructure («Guida agli investimenti dai molteplici vantaggi della politica di coesione nell'ambiente e in infrastrutture ecologiche») (5);

28.

sollecita l'elaborazione di schede tecniche aggiuntive sulle infrastrutture verdi urbane utili anche per incentivare dei progetti nell'ambito delle nuove misure relative ai fondi strutturali che prevedono investimenti per una quota del 5 % delle risorse da destinare allo sviluppo urbano sostenibile;

29.

auspica che le infrastrutture verdi siano inserite nel quadro di riferimento per città europee sostenibili messo a punto sotto la direzione della DG REGIO nonché nella futura «rete di sviluppo urbano» prevista dalla politica di coesione per il periodo 2014-2020 (6);

30.

chiede che la futura revisione della direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente preveda di inserire nel nuovo testo un riferimento alle infrastrutture verdi quale criterio aggiuntivo per la determinazione dei «possibili effetti significativi»;

31.

qualora un'infrastruttura grigia sia giudicata indispensabile a seguito di una valutazione a monte delle soluzioni alternative basate sulle infrastrutture verdi, insiste sulla necessità che essa venga progettata in modo tale da evitarne prima di tutto l'impatto e in seguito, una volta realizzata, da ridurne anche l'impatto residuo; infine, è necessario imporre misure compensative convalidate in termini di equivalenza ecologica e fondiaria (7). Il Comitato delle regioni esorta la Commissione a integrare l'insieme di queste esigenze nelle normative europee, tenendo conto del lavoro realizzato dalla Commissione stessa per quanto concerne l'azione 7b) della strategia dell'UE 2020 sulla biodiversità al fine di garantire «zero perdite nette» di biodiversità e di servizi ecosistemici.

Monitoraggio e valutazione

32.

plaude alla proposta della Commissione di procedere entro il 2017 ad un riesame dei progressi compiuti nello sviluppo delle infrastrutture verdi, e sottolinea che le regioni e gli enti locali sono disposti a dare il loro contributo al riguardo avvalendosi dell'operato dei loro osservatori locali sulla biodiversità, l'attività economica, la salute o le disuguaglianze sociali, in modo da far pervenire i dati pertinenti fino al livello europeo;

33.

si chiede come misurare l'efficienza delle infrastrutture verdi, e insiste sulla necessità di sostenere lo sviluppo di un dispositivo di valutazione rapida della salute funzionale degli ecosistemi che sia di agevole uso e comprensione da parte dei soggetti interessati, inteso non solo a misurare l'efficienza delle infrastrutture verdi ma anche a stabilire un confronto con le infrastrutture grigie;

34.

ritiene che debba essere realizzabile una valutazione esaustiva delle infrastrutture grigie per quanto attiene alla loro relazione con la natura, e sostiene l'opera di mappatura e valutazione dei servizi ecosistemici (Mapping and Assessment on Ecosystems and their Services — MAES) e dei loro benefici in Europa avviata dalla Commissione; insiste inoltre sulla necessità di sostenere lo sviluppo di metodiche e strumenti di misura e di calcolo che consentano di ottenere una caratterizzazione trasparente, basata sull'analisi del ciclo di vita, delle attività economiche e dei prodotti nella globalità delle loro relazioni con la natura e i servizi ecosistemici.

Comunicazione, sensibilizzazione e formazione

35.

raccomanda all'UE di intraprendere un'ambiziosa campagna di comunicazione in partenariato con gli altri livelli di governance, che possa essere fatta propria in particolare dalle autorità locali e regionali (8), nonché da altri soggetti interessati della sfera locale (associazioni, imprese, ecc.). Tale campagna potrà basarsi sui tre tipi di benefici — ambientali, economici e sociali — che apportano le infrastrutture verdi, e avvalersi delle buone pratiche attuate oggi negli Stati membri;

36.

afferma la necessità di valorizzare ulteriormente le buone pratiche. In collaborazione con altri attori istituzionali e associativi e con le autorità locali e regionali che stanno già raccogliendo i dati pertinenti, la Commissione europea deve continuare a individuare, diffondere e valorizzare le esperienze di successo tramite una piattaforma di scambio, come pure attraverso periodici incontri e sessioni di formazione che gli enti locali e regionali sono disponibili ad organizzare con il suo sostegno, dal momento che essi svolgono una funzione essenziale nell'opera di sensibilizzazione alle infrastrutture verdi;

37.

esorta la Commissione a integrare gli elementi relativi alle infrastrutture verdi nei programmi europei di etichettatura ecologica già esistenti o previsti, per quanto concerne sia le aree (parchi naturali rurali, periurbani o urbani) che i prodotti (materiali, edilizia, ecc.).

Finanziamento

38.

pur riconoscendo l'utilità dei finanziamenti incrociati per stimolare le politiche settoriali sul tema della biodiversità, sottolinea la difficoltà di mobilitare questi fondi per una serie di ragioni, che vanno dalle denominazioni differenti utilizzate da uno strumento finanziario all'altro alla complessità dell'ingegneria finanziaria richiesta; chiede quindi che vengano messi a disposizione manuali di utilizzo dettagliati;

39.

insiste sulla necessità di decidere con urgenza le modalità di integrazione delle infrastrutture verdi, considerando oltretutto queste ultime un obiettivo prioritario, negli accordi di partenariato e nei programmi operativi dei finanziamenti europei attualmente in via di definizione per i fondi di coesione e strutturali 2014-2020, in modo tale che le autorità competenti si facciano interamente carico delle loro responsabilità per i finanziamenti in questo settore; invita inoltre gli enti locali e regionali competenti a cogliere le opportunità di finanziare le soluzioni per infrastrutture verdi adatte ai diversi siti proposte nei programmi operativi, e a investire nello sviluppo delle capacità intersettoriali, nel cofinanziamento e nella creazione di reti necessari per assicurarne una riuscita attuazione;

40.

concorda con l'esigenza di uno strumento di finanziamento specifico per i progetti volti alla realizzazione delle infrastrutture verdi; accoglie con entusiasmo l'intenzione della Commissione, annunciata nella comunicazione in esame, di istituire insieme alla BEI, entro il 2014, un meccanismo europeo di finanziamento specificamente destinato ai promotori di progetti di infrastrutture verdi, e auspica che gli enti locali e regionali partecipino alla definizione di questo strumento;

41.

propone di prelevare una data percentuale di tutte le sovvenzioni europee assegnate alla realizzazione di infrastrutture grigie per alimentare un Fondo per la biodiversità, complementare al suddetto strumento di finanziamento, che verrà mobilitato per la realizzazione di infrastrutture verdi negli Stati membri in cui è prevista la costruzione di tali infrastrutture grigie, in una logica di ricapitalizzazione;

42.

invita la Commissione, gli Stati membri e gli enti locali a proseguire fattivamente, a tutti i livelli di finanziamento, lo smantellamento delle sovvenzioni e dei dispositivi fiscali dannosi per la biodiversità;

43.

chiede alla Commissione di continuare ad applicare e di estendere la condizione della subordinazione degli aiuti europei ai principi dell'ecocompatibilità (9) e della «verifica della biodiversità» (10), in modo tale che ciascun progetto sostenuto dai fondi UE comporti la valutazione del relativo impatto sulle infrastrutture verdi e sulla biodiversità e che l'importo dell'aiuto europeo venga modulato di conseguenza;

44.

chiede alla Commissione di individuare e mettere in valore iniziative future nel settore delle infrastrutture verdi sia nella sua revisione intermedia dei fondi strutturali 2014-2020 che nel meccanismo per collegare l'Europa.

L'iniziativa TEN-G

45.

plaude al progetto TEN-G, e chiede che qualsiasi studio preliminare integri le dimensioni regionali e locali connesse alle infrastrutture verdi di dimensione europea, al fine di assicurare nel contempo la coerenza, un impatto efficace sul ripristino delle funzionalità degli ecosistemi e, di conseguenza, sulla conservazione della biodiversità e sulla resilienza di quest'ultima ai cambiamenti climatici, nonché e una titolarità ottimale da parte dei cittadini e dei soggetti interessati;

46.

auspica che anche il progetto TEN-G possa essere riconosciuto di interesse europeo, come avviene per le reti di trasporto, di energia o di tecnologie dell'informazione e della comunicazione, e chiede alla Commissione di valutare la possibilità di adottare una legislazione europea in materia.

Sfide a livello transfrontaliero e paneuropeo

47.

invita le regioni e le autorità locali a collaborare su connettività ecologiche comuni al fine di assicurare la coerenza delle infrastrutture verdi, e chiede alla Commissione europea di inserire tale cooperazione transfrontaliera in uno schema globale di portata europea;

48.

chiede che l'approccio europeo in materia di infrastrutture verdi venga esteso al di là delle frontiere dell'Unione intensificando il ricorso agli strumenti UE di vicinato per realizzare investimenti in infrastrutture di questo tipo in aree sia rurali che urbane. Potrebbero offrire un contributo al riguardo iniziative già in corso quali le reti Emeraude, Man e Biosphere, nonché la Rete ecologica paneuropea (Pan-European Ecological Network).

Sussidiarietà

49.

ritiene conformi ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità le proposte della Commissione europea per integrare le infrastrutture verdi nelle altre politiche dell'UE, come pure il sostegno che la Commissione propone di fornire agli altri livelli di governance affinché possano sviluppare le proprie politiche in materia.

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 22/2009 fin, CdR 112/2010 fin.

(2)  CdR 22/2009 fin, CdR 112/2010 fin.

(3)  CdR 112/2010 fin.

(4)  CdR 112/2010 fin.

(5)  http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/studies/pdf/guide_multi_benefit_nature.pdf

(6)  «Quadro di riferimento per città europee sostenibili» (Reference Framework for Sustainable European Cities — RFSC), un'iniziativa congiunta degli Stati membri dell'UE, della Commissione europea e delle organizzazioni europee degli enti locali. Cfr.: http://www.rfsc-community.eu/

(7)  Per conseguire l'obiettivo di «zero perdite nette» di biodiversità.

(8)  CdR 112/2010 fin.

(9)  CdR 22/2009 fin, CdR 218/2009 fin.

(10)  Istituto per la politica ambientale europea (IEEP), dicembre 2012: Background Study towards biodiversity proofing of the EU budget («Studio preparatorio per una “verifica della biodiversità” del bilancio dell'UE»).


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/49


Parere del Comitato delle regioni «Politica industriale dell'UE in materia di spazio»

2013/C 356/09

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che, tra gli aspetti principali che dovranno essere disciplinati nel contesto della nascente politica spaziale dell'UE, figurano gli standard industriali, le questioni relative alle operazioni tecniche e lo sfruttamento commerciale delle infrastrutture di comunicazione via satellite;

è d'accordo che la definizione di una politica pubblica nel settore spaziale orientata alla domanda debba essere destinata a conferire maggiori poteri agli utenti, ma essa non può ridursi ad incentivi per i consumatori;

sollecita la Commissione a stabilire che, nel valutare le richieste degli utenti, verrà impiegato il criterio della pubblica utilità al servizio delle competenze e delle esigenze degli enti locali;

sottolinea che uno stretto rapporto tra il livello regionale/locale, che coopera con le industrie per monitorare e sostenere i loro primi passi, e il livello nazionale/UE dovrebbe essere un aspetto essenziale della politica industriale europea;

desidera richiamare l'attenzione sul fatto che, come dimostrano le migliori pratiche a livello locale e regionale, nella stragrande maggioranza dei casi i servizi a valle di Copernicus e del GMES rispondono alle esigenze della politica pubblica e hanno dato prova della loro utilità per finalità pubbliche;

propone che i servizi e le applicazioni sviluppati sulla base delle tecnologie spaziali vengano co-finanziati a titolo dei fondi strutturali, a condizione che esista una sufficiente volontà e consapevolezza politica da parte di chi gestisce questi fondi. Un meccanismo del genere è già stato utilizzato nel quadro finanziario 2007-2013, al cui interno i fondi FESR e di coesione non utilizzati sono stati riassegnati ad una nuova priorità: portare Internet a banda larga e su base satellitare nelle regioni periferiche;

è del parere che la fase operativa di Copernicus sia fondamentale per il successo economico dei nuovi sviluppi tecnologici, ma ritiene che un sostegno finanziario sarà necessario al fine di superare i costi iniziali connessi con l'accettazione della nuova tecnologia da parte di una vasta gamma di utenti.

Relatore

Adam STRUZIK (PL/PPE), presidente della regione Masovia

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Politica industriale dell'UE in materia di spazio: liberare il potenziale di crescita economica nel settore spaziale

COM(2013) 108 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

accoglie favorevolmente la comunicazione della Commissione, in cui si sottolinea chiaramente l'importanza della politica industriale europea in materia di spazio.

Osservazioni preliminari

2.

Sottolinea che lo spazio è un settore chiave per la strategia Europa 2020 e le sue iniziative faro, in particolare Unione dell'innovazione e Politica industriale. La tecnologia spaziale è un settore di particolare importanza per la cosiddetta «economia basata sulla conoscenza», che influenza la futura competitività economica e fornisce gli strumenti per la soluzione di altri problemi urgenti a livello terrestre. Una ricaduta positiva della politica spaziale può essere definita come un qualcosa che è stato appreso o modificato nel corso di «attività spaziali» e poi usato o trasferito ad altri contesti che hanno creato un ulteriore valore economico.

3.

Fa osservare che, in base alla valutazione che l'Agenzia spaziale europea ha compiuto dei settori con valore aggiunto che sono a valle delle applicazioni spaziali, il mercato europeo è più piccolo e meno specializzato a livello privato rispetto al mercato mondiale. Inoltre, contrariamente ad altre nazioni che vantano una politica spaziale, l'industria della difesa non definisce standard o attività iniziali. Sul piano mondiale, la maggior parte delle imprese operano su diversi segmenti e in tutta la catena di valore. In Europa è difficile che un soggetto economico, chiunque esso sia, controlli l'intera catena di valore. Nel suo complesso, la specializzazione in Europa (che si concentra su applicazioni specifiche di navigazione satellitare) è leggermente inferiore a quella mondiale.

4.

È perfettamente consapevole delle principali questioni politiche concernenti il settore spaziale nell'UE, tra le quali figurano l'organizzazione del mercato, la semplificazione amministrativa, i principi relativi agli appalti, l'accesso ai dati, la committenza da parte delle pubbliche istituzioni e il quadro regolamentare.

5.

Riconosce che, in generale, l'industria spaziale europea ha un impatto importante sulla posizione scientifica e tecnologica dell'Europa. Questo comporta la necessità di promuovere la base scientifica e tecnologica dell'Europa e di garantire che la tecnologia spaziale abbia effetti più ampi su tutta l'economia.

6.

È d'accordo con il Consiglio quando, nelle conclusioni del 30 maggio 2013 sulla Politica industriale dell'UE in materia di spazio — liberare il potenziale di crescita economica nel settore spaziale, afferma che, ai fini di una base industriale equilibrata, la partecipazione delle PMI alla catena di approvvigionamento è un elemento essenziale della competitività dell'industria spaziale europea; insieme al Consiglio, inoltre, sollecita la Commissione a valutare ulteriormente la necessità di nuovi strumenti finanziari innovativi.

7.

Ritiene che dal punto di vista degli enti regionali e locali sia particolarmente importante promuovere l'uso di applicazioni spaziali nelle politiche dell'UE; ritiene inoltre che l'UE debba definire adeguate misure di sostegno volte a stimolare lo sviluppo e la diffusione di applicazioni spaziali tra gli utenti pubblici e privati, in particolare gli enti locali e le PMI, e adottare contemporaneamente misure di sostegno all'innovazione.

A.   Obiettivi e azioni della politica industriale in materia di spazio

8.

Condivide l'opinione della Commissione secondo cui lo spazio è estremamente importante per l'UE e i suoi cittadini e, sempre come la Commissione, riconosce le sfide cui l'industria spaziale dell'UE deve far fronte tenendo conto degli sviluppi in atto nelle potenze emergenti (Cina e India, ad esempio). Come evidenziato nella comunicazione, questa situazione è il risultato di un finanziamento inadeguato piuttosto che di una mancanza di efficienza da parte del settore spaziale europeo.

9.

Riconosce che, nel momento in cui l'UE e gli Stati membri devono far fronte a difficoltà finanziarie, la politica industriale europea in materia di spazio dovrebbe concentrarsi sulla creazione di fondamenta solide per garantire il futuro sviluppo del settore sul mercato mondiale e sulla rimozione degli ostacoli che potrebbero impedire questo processo. Il Comitato pertanto appoggia pienamente gli obiettivi descritti nella comunicazione: istituire un quadro normativo, sviluppare una base industriale competitiva, stimolare l'efficienza in termini di costi, sviluppare mercati per le applicazioni spaziali, nonché garantire la non dipendenza tecnologica e un accesso indipendente allo spazio.

10.

È del parere che una governance spaziale efficace in Europa richieda un accordo tra i principali soggetti interessati — vale a dire la Commissione europea, l'Agenzia spaziale europea e gli Stati membri — e fa osservare che, da un punto di vista politico, una decisione comune europea in materia di politica di difesa faciliterebbe la cooperazione tra i settori militari nazionali, che andrebbe a vantaggio anche del settore spaziale civile.

11.

Riconosce i risultati conseguiti a livello di mercato dal settore spaziale europeo, soprattutto nell'ambito del SatCom, e sostiene gli sforzi della Commissione volti a mantenere tale segmento competitivo sul mercato mondiale. In questa prospettiva, il Comitato appoggia fermamente l'iniziativa di garantire agli operatori europei l'accesso ai canali di radiofrequenza. La questione si rivela importante per le regioni, in quanto SatCom fornisce i mezzi per eliminare il divario in materia di banda larga nelle zone a bassa densità demografica.

12.

Riconosce l'importanza della non dipendenza tecnologica del settore spaziale europeo e approva le soluzioni proposte, ad esempio l'arricchimento reciproco con settori non spaziali, gli inviti a presentare progetti pertinenti nell'ambito del programma Orizzonte 2020 e gli investimenti nella formazione di lavoratori qualificati nell'industria spaziale.

13.

Si domanda tuttavia se le risorse a disposizione (ad es. nell'ambito di Orizzonte 2020) siano sufficienti per garantire un passo avanti significativo nello sviluppo della non dipendenza tecnologica. Sollecita pertanto la Commissione a presentare un piano dettagliato che mostri le possibili modalità di raggiungimento di questo obiettivo.

14.

Per quanto concerne la manodopera qualificata, propone di dare inizialmente priorità alla ricerca nei nuovi Stati membri dell'UE, i quali hanno tutti espresso il loro interesse e desiderio di aderire al gruppo delle nazioni spaziali e dimostrano inoltre di possedere un elevato grado di competenza in ingegneria e in fisica.

15.

Sostiene fermamente lo sviluppo del mercato delle applicazioni e dei servizi spaziali e fa osservare che gli enti locali e regionali possono svolgere un ruolo fondamentale in questo processo.

16.

In tale contesto, desidera ricordare che gli enti locali e regionali sono utenti finali importanti dei servizi spaziali. Tuttavia, per sfruttare appieno le potenzialità delle applicazioni spaziali, gli enti locali e regionali dovrebbero, in quanto utilizzatori, essere maggiormente consapevoli dei benefici. È dunque necessario un dialogo più intenso tra i fornitori di servizi e gli utenti finali.

17.

Ritiene inoltre che, all'interno dei rispettivi territori, gli enti locali e regionali riuniscano diversi soggetti economici, oltre agli agenti coinvolti nel triangolo dell'innovazione. Gli enti territoriali sono responsabili in materia di innovazione e di programmi delle PMI che potrebbero essere collegati allo spazio e danno quindi un contributo strategico al rafforzamento del mercato dei servizi spaziali.

18.

Rileva altresì che, grazie alla loro vicinanza ai cittadini, gli enti regionali e locali hanno un accesso privilegiato alle diverse categorie della società nei loro territori e pertanto sono nella posizione ideale per informare la collettività circa i benefici dei servizi spaziali. In tale contesto assumono particolare importanza le reti di enti locali e regionali, come ad esempio la rete NEREUS (Network of European Regions Using Space Technologies, Rete delle regioni europee che utilizzano le tecnologie spaziali).

B.   Preoccupazioni generali a livello locale e regionale

19.

Dal punto di vista delle regioni che sono tra i principali utenti delle applicazioni satellitari — in particolare i servizi e prodotti Copernicus/GMES —, riconosce che una politica industriale europea in materia di spazio dovrebbe offrire un sostegno all'innovazione tecnica e rimuovere gli ostacoli che ne impediscono lo sviluppo. Il successo della politica spaziale dell'UE si misurerà in termini di crescita, riduzione dei costi, ripercussioni intersettoriali e opportunità di creare posti di lavoro altamente specializzati e produttivi.

20.

Condivide l'opinione della Commissione secondo cui favorire l'innovazione dal lato della domanda rappresenta la sfida principale che la politica spaziale europea deve affrontare per apportare dei benefici economici alle regioni e ai cittadini dell'UE grazie ai fondi già investiti per lo spazio nei programmi quadro.

21.

È d'accordo sul fatto che la definizione di una politica pubblica nel settore spaziale orientata alla domanda debba essere destinata a conferire maggiori poteri agli utenti, ma essa non può ridursi ad incentivi per i consumatori.

22.

Sollecita la Commissione a stabilire che, nel valutare le richieste degli utenti, verrà impiegato il criterio della pubblica utilità al servizio delle competenze e delle esigenze degli enti locali.

23.

Dal punto di vista regionale, osserva che gli utenti locali e regionali faranno ricorso ai servizi e ai prodotti di Copernicus solo se il loro uso comporterà un interesse commerciale.

24.

Raccomanda alla Commissione di affrontare la questione dei meccanismi di finanziamento per gli utenti reali e potenziali, meccanismi che l'UE e gli Stati membri potrebbero mettere a disposizione quando i servizi diventeranno operativi. In Europa, come in altre parti del mondo, l'osservazione della terra viene effettuata da una infrastruttura pubblica e il perseguimento dell'interesse pubblico comporta la dipendenza da fondi pubblici per la ricerca e lo sviluppo e per la diffusione operativa dei servizi.

25.

È del parere che la fase operativa di Copernicus sia fondamentale per il successo economico dei nuovi sviluppi tecnologici, ma ritiene che un sostegno finanziario sarà necessario al fine di superare i costi iniziali connessi con l'accettazione della nuova tecnologia da parte di una vasta gamma di utenti.

26.

Prevede che utenti quali gli enti locali e regionali e le PMI continueranno ad avere bisogno di incentivi e di sostegno da parte dell'UE e degli Stati membri e fa osservare che l'Agenzia spaziale europea potrebbe anch'essa venir coinvolta nella prestazione di assistenza agli utenti.

27.

Desidera richiamare l'attenzione sul fatto che, come dimostrano le migliori pratiche a livello locale e regionale, nella stragrande maggioranza dei casi i servizi a valle di Copernicus e del GMES rispondono alle esigenze della politica pubblica e hanno dato prova della loro utilità per finalità pubbliche.

28.

Propone che i servizi e le applicazioni sviluppati sulla base delle tecnologie spaziali vengano co-finanziati a titolo dei fondi strutturali, a condizione che esista una sufficiente volontà e consapevolezza politica da parte di chi gestisce questi fondi. Un meccanismo del genere è già stato utilizzato nel quadro finanziario 2007-2013, al cui interno i fondi FESR e di coesione non utilizzati sono stati riassegnati ad una nuova priorità: portare Internet a banda larga e su base satellitare nelle regioni periferiche.

C.   Far fronte ai problemi del settore

29.

Osserva che il settore spaziale è caratterizzato da lunghi cicli di sviluppo. Questo fa aumentare i rischi del mercato, in quanto le potenzialità del mercato per le nuove applicazioni devono essere valutate con largo anticipo. Di conseguenza, è difficile per gli imprenditori nel ramo spaziale attirare gli investitori. Inoltre, la lunga vita operativa delle infrastrutture spaziali (10-15 anni per i satelliti di telecomunicazioni) rende il mercato altamente ciclico, ed è difficilissimo adeguare rapidamente l'offerta alle mutevoli condizioni della domanda.

30.

Riconosce che nel settore a monte gli elevati costi fissi dovuti agli ingenti investimenti nella ricerca e sviluppo e ai tempi lunghi di sviluppo, nonché alle dimensioni ridotte del mercato, impediscono la creazione di economie di scala, il che favorisce la tendenza alla concentrazione (ad esempio nel settore dei lanci). Vaste economie di scala sono invece possibili nel settore a valle, il che rende i mercati più vasti maggiormente sostenibili sul piano economico. La natura stessa di queste sfide ci fa capire che nel settore spaziale non si può non tener conto del ruolo centrale dei governi.

31.

Sottolinea che è assolutamente cruciale per l'Unione europea e gli Stati membri, in collaborazione con l'Agenzia spaziale europea, adottare quanto prima le necessarie decisioni politiche, giuridiche e tecniche al fine di conseguire le risorse finanziarie necessarie per assicurare un accesso indipendente allo spazio, completare i sistemi spaziali attualmente in fase di sviluppo o programmati e promuovere la ricerca e lo sviluppo di servizi e applicazioni spaziali innovativi.

32.

Riconosce che la fabbricazione di attrezzature spaziali, pur essendo d'importanza strategica, non è ancora un elemento portante delle economie nazionali rispetto ad altri settori industriali in Europa e pertanto chiede che la futura politica industriale europea in materia di spazio garantisca una maggiore indipendenza dell'UE riguardo alla fornitura di componenti strategiche dai paesi terzi.

33.

Invita l'Agenzia spaziale europea a continuare a sostenere le organizzazioni interessate a trasferire la tecnologia spaziale ad altre industrie finanziando studi di fattibilità, analisi di mercato e creazione di prototipi. Il sostegno alle imprese in fase di avviamento viene reso disponibile attraverso gli incubatori di imprese e attraverso gli «incentivi» (o finanziamenti di avviamento) concessi dall'ufficio dell'Agenzia spaziale europea che si occupa del Programma per il trasferimento della tecnologia. Il Comitato inoltre chiede l'avvio di un dialogo che offra maggiori opportunità per i soggetti a livello locale e regionale.

34.

Ritiene fondamentale che l'UE promuova una «specializzazione intelligente» e una cooperazione tra i suoi programmi regionali e di finanziamento all'innovazione, per evitare di rimanere indietro rispetto ai suoi concorrenti internazionali.

35.

È d'accordo con il Consiglio il quale, nelle sue conclusioni, afferma che la partecipazione delle regioni in quanto attori di rilievo nella politica europea dell'innovazione rappresenta un elemento chiave della specializzazione intelligente, che può anche aiutare il settore della ricerca a sbloccare le massicce potenzialità finanziarie dei fondi regionali dell'UE. Lo sviluppo di modelli imprenditoriali e il miglioramento delle competenze imprenditoriali disponibili a livello di PMI nel settore dei servizi legati all'osservazione della terra sono particolarmente importanti per gli enti regionali e locali.

36.

Chiede che vengano elaborate politiche coordinate a livello UE e nazionale al fine di accelerare il processo di maturazione del settore europeo dell'osservazione della terra, dal lato tanto dell'offerta quanto della domanda. La recente ondata di fusioni è segno che la stessa industria si sta preparando alla prossima fase. È giunto il momento che gruppi di clienti chiave, ad esempio i governi, adottino applicazioni di osservazione della terra su larga scala. Se i governi riescono a unire la domanda in un contesto UE, le conseguenze sono, da un lato, un aumento della domanda stessa e, dall'altro, la possibilità di standardizzare (oltre alla realizzazione di economie di scala per l'industria).

D.   Impatto del settore spaziale

37.

Fa osservare che una serie di ricadute tecnologiche del settore spaziale legate alle scienze della vita attualmente non vengono sfruttate al massimo nell'UE. Ritiene che disporre di una strategia ben mirata, capace di approfittare di tali ricadute all'avvio di un programma spaziale con una più ampia partecipazione di rappresentanti di altri settori industriali, potrebbe apportare enormi benefici a livello europeo.

38.

Sottolinea l'importanza della tecnologia satellitare nel settore spaziale dell'UE e fa osservare che circa due terzi delle vendite di satelliti riguardano applicazioni nel campo delle telecomunicazioni. Nel contesto della politica industriale dell'UE in materia di spazio, è dunque importante tener conto del fatto che il relativo mercato è stato soggetto a oscillazioni cicliche che rispecchiano principalmente le variazioni nella domanda di satelliti per telecomunicazioni GEO e di servizi di lancio ad essi collegati.

39.

Sottolinea che i telefoni cellulari, Internet, le carte di credito, i pedaggi stradali, le trasmissioni televisive e le previsioni del tempo sono solo alcuni esempi di funzioni quotidiane che dipendono, in tutto o in parte, dai satelliti. Tra le altre funzioni più strategiche figurano, ad esempio, l'agricoltura, il monitoraggio delle correnti oceaniche e dei venti, la navigazione marittima e aerea, il controllo delle emergenze, dell'inquinamento, del clima e dell'ambiente.

40.

Fa inoltre osservare che lo sviluppo di operatori privati nel settore spaziale ha contribuito a rendere la tecnologia e i servizi in questo campo più accessibili e più economici. Ciò ha consentito ai paesi che non dispongono di un programma spaziale nazionale, così come ai paesi in via di sviluppo, di poter usufruire di alcuni dei benefici offerti dallo spazio.

41.

Riconosce che il Settimo programma quadro dell'UE ha dato un notevole contributo alla promozione dell'innovazione nell'ambito di Galileo/EGNOS e dei relativi servizi; il relatore tuttavia si rammarica che nell'ambito di detto Programma le applicazioni abbiano goduto di una scarsa attenzione rispetto a quella dedicata al settore a monte.

E.   Futuro approccio alla politica industriale europea in materia di spazio

42.

Si chiede se sia sufficiente porre l'accento, come finora è avvenuto, unicamente sul mercato del lavoro, sulle infrastrutture e sul rispetto delle regole in materia di concorrenza (in altre parole, sulla qualità dell'ambiente economico), o se non si debba invece insistere sull'abilità di produrre beni e servizi in grado di essere esportati.

43.

Si compiace che i programmi Galileo e Copernicus siano stati presi in considerazione nell'ambito del quadro finanziario pluriennale 2014-2020.

44.

Sottolinea che, nonostante la strategia europea per il periodo 2014-2020 si concentri sulla ricerca e lo sviluppo nonché sulle tecnologie di punta, l'UE potrebbe perdere il proprio vantaggio competitivo in questo settore rispetto ai paesi che registrano un rapido tasso di sviluppo industriale — ad esempio, India, Cina e Brasile —, qualora i bilanci nazionali per la ricerca e sviluppo restassero al di sotto dell'obiettivo fissato dalla strategia di Lisbona.

45.

Osserva che il successo di qualsiasi politica industriale è anche indissolubilmente legato alle tendenze macroeconomiche dell'UE e delle economie nazionali e chiede che venga sviluppata una produzione industriale ad alta tecnologia e intensità di ricerca, nel cui ambito sia possibile utilizzare i vantaggi competitivi.

46.

Giudica importante attuare in modo equilibrato la strategia Europa 2020; si domanda pertanto se basti essere competitivi nei settori innovativi per rafforzare l'occupazione e la crescita in tutti i settori economici dell'UE, e chiede che venga offerto un sostegno al settore spaziale nel suo complesso, al fine di renderne la struttura più equilibrata per quanto concerne le imprese grandi, medie e piccole.

47.

Riconosce che, anche se la Commissione europea dispone di strumenti (ad esempio la specializzazione intelligente) per garantire un approccio maggiormente geografico alla politica industriale nei settori chiave, molto resta ancora da fare per assicurare un accesso adeguato ai finanziamenti (capitali di rischio) da fonti non troppo restie a prendere dei rischi.

48.

Sottolinea che uno stretto rapporto tra il livello regionale/locale, che coopera con le industrie per monitorare e sostenere i loro primi passi, e il livello nazionale/UE dovrebbe essere un aspetto essenziale della politica industriale europea.

F.   Sussidiarietà e proporzionalità

49.

È d'accordo con la Commissione quando rileva che, conformemente all'articolo 4, paragrafo 3 del TFUE, nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio, l'Unione ha competenza per condurre azioni, segnatamente la definizione e l'attuazione di programmi, senza che l'esercizio di tale competenza possa avere per effetto di vietare agli Stati membri di esercitare la loro. Le competenze continueranno ad essere condivise fino a quando l'UE non elaborerà una normativa derivata in questi settori; a quel punto i parlamenti nazionali dovranno abrogare qualsiasi normativa nazionale in conflitto con essa.

50.

Osserva che il finanziamento frammentario e limitato disponibile per la ricerca in campo spaziale è considerato uno dei principali ostacoli all'ulteriore sviluppo delle attività spaziali e pertanto chiede un migliore coordinamento di tali attività tra l'UE, l'Agenzia spaziale europea e i rispettivi Stati membri, in modo da consentire all'Europa di esercitare la leadership mondiale in questo settore. L'importanza della partecipazione dell'UE al finanziamento delle attività di ricerca in campo spaziale è avvalorata dal fatto che molte di queste attività non potrebbero essere portate avanti senza un sostegno dell'UE. Un intervento da parte dell'Unione viene pertanto giudicato indispensabile al riguardo.

51.

Reputa necessaria l'azione proposta nella comunicazione, sia perché i problemi affrontati presentano aspetti transnazionali che non possono essere disciplinati in maniera soddisfacente dagli Stati membri, sia in quanto le misure esistenti a livello UE e l'assistenza mirata offerta in questo ambito non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi prefissati. L'azione proposta apporterà, grazie alla sua portata e alla sua efficacia, un netto beneficio rispetto agli interventi frammentari a livello nazionale, regionale o locale, soprattutto attraverso le economie di scala; programmi completi in ambito spaziale richiedono infatti un livello d'investimenti che gli Stati membri non possono permettersi da soli.

52.

Rileva inoltre che l'iniziativa all'esame non intende sostituirsi alle iniziative adottate dagli Stati membri. Essa cerca piuttosto di integrare le azioni intraprese al loro livello e di rafforzare il coordinamento, ove esso è necessario per raggiungere obiettivi comuni.

53.

Giudica le argomentazioni chiare, adeguate e convincenti. Pertanto, l'azione prevista nella comunicazione all'esame è in linea con il principio di sussidiarietà.

54.

Per quanto concerne la proporzionalità, è d'accordo con la Commissione sul fatto che l'UE dovrebbe legiferare solo per quanto strettamente necessario. Occorre privilegiare la promozione della cooperazione tra gli Stati membri, il coordinamento delle azioni nazionali o l'offerta di un complemento e di un sostegno a tali azioni attraverso una serie di orientamenti, la creazione di meccanismi per lo scambio di informazioni, ecc. Tra gli aspetti principali che dovranno essere disciplinati nel contesto della nascente politica spaziale dell'UE figurano gli standard industriali, le questioni relative alle operazioni tecniche e lo sfruttamento commerciale delle infrastrutture di comunicazione via satellite.

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/55


Parere del Comitato delle regioni «CARS 2020: piano d'azione per un'industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa»

2013/C 356/10

IL COMITATO DELLE REGIONI

osserva che le difficoltà dell'industria automobilistica in molti Stati membri sono riconducibili a cause strutturali che richiedono delle profonde trasformazioni;

sottolinea l'importanza di sfruttare tutte le possibilità che si offrono a livello degli enti regionali e locali, come ad esempio (in funzione delle competenze regolamentate a livello nazionale) l'eliminazione degli ostacoli burocratici, l'accelerazione delle procedure per il rilascio di autorizzazioni, l'adozione di misure a favore di istruzione e formazione, l'istituzione di centri di competenza e innovazione, nonché la pubblicazione di gare d'appalto per progetti innovativi;

segnala le possibilità esistenti nell'ambito dei fondi per progetti nel settore della ricerca e dello sviluppo o la creazione di cluster. In alcune regioni, i cluster automobilistici si sono trasformati in «cluster di mobilità» grazie all'integrazione dei sistemi ferroviari, del trasporto aereo, e addirittura della bicicletta (in particolare quella elettrica (e-bike) e quella a pedalata assistita (pedelec)). La diversificazione della produzione ha permesso di sfruttare la capacità degli impianti al massimo e in maniera costante anche in tempi di crisi. Questa tendenza è sostenuta in particolare dagli effetti sinergici ottenuti nel settore dell'innovazione e delle tecnologie;

plaude in particolare all'iniziativa della Commissione europea di istituire un gruppo di esperti di alto livello incaricato di monitorare l'attuazione e di adeguare ulteriormente le misure previste dal piano d'azione, e si compiace del coinvolgimento del Comitato delle regioni nei lavori di tale gruppo.

Relatore

Christian BUCHMANN (AT/PPE), membro del governo della Stiria

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — CARS 2020: piano d'azione per un'industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa

COM(2012) 636 final

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

1.

L'industria automobilistica occupa direttamente e indirettamente 12 milioni di persone nell'Unione europea e realizza investimenti per 28 miliardi di euro in ricerca e sviluppo (dati 2009). Questo comparto, moltiplicatore della crescita, apporta un contributo considerevole e positivo alla bilancia commerciale dell'UE.

2.

L'industria automobilistica europea sta attraversando una grave crisi che rischia di acuirsi e che ha ripercussioni sull'economia europea nel suo insieme.

3.

Mentre i mercati extra-europei, come ad esempio quelli dei paesi BRIC, fanno registrare una crescita impetuosa, la domanda automobilistica europea continua a essere stagnante, come dimostra chiaramente l'andamento delle nuove immatricolazioni di autovetture in Europa. Nel gennaio 2013, il numero di nuove immatricolazioni è sceso dell'8,7 % attestandosi a 885 159 unità, ossia il minimo storico registrato in un mese di gennaio da quando hanno avuto inizio le rilevazioni (1).

4.

I produttori europei possono, o hanno potuto, trarre vantaggi dal potenziale dei mercati esteri soltanto in misura limitata e differenziata. Mentre PSA, Peugeot, Citroen, Ford o Fiat registrano perdite importanti, i produttori di automobili di alta gamma come BMW, Audi e Daimler sono riusciti inizialmente a incrementare ancora i loro fatturati. Per i costruttori di massa, che sinora hanno venduto le loro vetture di piccole e medie dimensioni soprattutto in Europa, la situazione economica si profila sempre più difficile.

5.

Gli esperti non prevedono alcun miglioramento della situazione nei prossimi tre anni. Nel settore automobilistico si preannunciano ampie ristrutturazioni, perdite di posti di lavoro e chiusure di stabilimenti. Allo stesso tempo, si pone la questione della portata degli eventuali aiuti e dell'intensificazione delle attività di ricerca e innovazione.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

6.

osserva che le difficoltà dell'industria automobilistica in molti Stati membri sono riconducibili a cause strutturali che richiedono delle profonde trasformazioni;

7.

sottolinea che tali trasformazioni devono essere accompagnate da un intenso dialogo sociale allo scopo di limitare il più possibile gli effetti sui soggetti interessati;

8.

accoglie molto positivamente la comunicazione della Commissione CARS 2020, in cui viene proposto un piano d'azione per un'industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa;

9.

concorda con la Commissione sul fatto che, data la situazione di partenza descritta, occorre attuare il più rapidamente possibile le misure proposte;

10.

fa osservare che l'industria automobilistica europea deve fornire un contributo alla creazione di una società sostenibile a lungo termine. Partendo da questo presupposto è fondamentale che si adottino misure sul piano ambientale e climatico nonché nel settore della sicurezza stradale;

11.

plaude in particolare all'iniziativa della Commissione europea di istituire un gruppo di esperti di alto livello incaricato di monitorare l'attuazione e di adeguare ulteriormente le misure previste dal piano d'azione, e si compiace del coinvolgimento del Comitato delle regioni nei lavori di tale gruppo;

12.

constata con preoccupazione la mancanza della necessaria coerenza nelle proposte della Commissione europea. Spesso le varie direzioni generali (Imprese e industria, Azione per il Clima, Ambiente, Occupazione, Mercato interno o Commercio) operano indipendentemente le une dalle altre e le iniziative intraprese nei vari settori non sono sufficientemente coordinate;

13.

indica a titolo di esempio le restrizioni apportate agli aiuti alle grandi imprese e l'attuale soglia, molto limitata, della definizione di piccole e medie imprese (PMI), come già illustrato nel parere del CdR Orientamenti in materia di aiuti di stato a finalità regionale per il periodo 2014-2020 (CdR 2232/2012_00_00_TRA_AC);

14.

evidenzia, in questo contesto, la grande importanza che rivestono gli strumenti flessibili a sostegno delle imprese in difficoltà e rimanda in tal senso al parere del CdR Orientamenti dell'UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (CdR 240/2013_00_00_TRA_AC);

15.

ricorda che l'elaborazione di linee guida europee in materia di incentivi finanziari a favore dei veicoli puliti era una delle raccomandazioni contenute nella relazione finale CARS 21, adottata nel giugno 2012. A questo riguardo si rammarica che la Commissione europea abbia elaborato delle linee guida in materia di incentivi finanziari unicamente sotto forma di documento di lavoro anziché di testo legislativo. Deplora altresì che tale documento di lavoro contenga soltanto cinque «principi raccomandati» non vincolanti e rimanga vago sull'impatto prodotto da differenze significative negli incentivi fiscali sul funzionamento del mercato interno;

16.

sottolinea l'importanza di sfruttare tutte le possibilità che si offrono a livello degli enti regionali e locali, come ad esempio (in funzione delle competenze regolamentate a livello nazionale) l'eliminazione degli ostacoli burocratici, l'accelerazione delle procedure per il rilascio di autorizzazioni, l'adozione di misure a favore di istruzione e formazione, l'istituzione di centri di competenza e innovazione, nonché la pubblicazione di gare d'appalto per progetti innovativi;

17.

osserva, in questo contesto, che un'iniziativa che si potrebbe adottare a livello regionale o locale è la cooperazione in merito a determinati ambienti di sperimentazione comuni per l'industria automobilistica europea. Questo genere di progetti potrebbe prevedere la partecipazione di enti locali e regionali, imprese, operatori della ricerca ecc. Si tratta di progetti che presenterebbero un enorme potenziale per ridurre i costi totali di sviluppo dell'industria e che, nel lungo periodo, avrebbero effetti positivi per la competitività dell'industria europea a livello mondiale;

18.

rileva che la comunicazione è incentrata sullo sviluppo e la ricerca dell'efficienza energetica dei veicoli, mentre non tratta un punto particolarmente importante sia per la competitività delle imprese che per l'ambiente, ossia l'efficienza energetica degli impianti di fabbricazione dei veicoli e del relativo indotto, che dovrebbe essere un asse di lavoro da prendere in considerazione nel quadro del piano d'azione CARS 2020.

INVESTIMENTI IN R&S

19.

conferma quanto sostenuto dalla Commissione europea, secondo cui gli investimenti in ricerca e sviluppo svolgono un ruolo centrale per la futura evoluzione dell'industria automobilistica europea, come già illustrato anche nel parere del CdR Orizzonte 2020 (Programma quadro di ricerca e innovazione) (CdR 402/2011 fin);

20.

sottolinea tra l'altro lo sviluppo demografico che accentua la necessità di adottare misure efficaci in materia di investimenti nella ricerca e nello sviluppo. L'invecchiamento della popolazione determina nuovi requisiti in termini di adeguamento della tecnologia e delle funzioni dei veicoli in maniera da soddisfare le nuove esigenze di utenti sempre più anziani. I veicoli più efficienti, comodi, sicuri, silenziosi, meglio collegati e di più facile utilizzo possono così trasformarsi in fattori di competitività moderni, atti — nel lungo periodo — a rafforzare l'industria automobilistica europea;

21.

pone l'accento sul fatto che in particolare le PMI, innovatrici nel settore dell'indotto, così come nella creazione di posti di lavoro, svolgono un ruolo importante all'interno dell'industria automobilistica. Gli aiuti europei a cui fa riferimento CARS 2020 sarebbero estremamente importanti proprio in questo ambito;

22.

rammenta le esperienze dei programmi quadro di ricerca degli ultimi anni, dalle quali emerge che le PMI, nonostante gli sforzi di miglioramento profusi dalla Commissione, continuano a beneficiare solo in misura molto ridotta dei finanziamenti previsti nell'ambito dei programmi di ricerca europei. Ciò è da ricondurre all'elevato onere burocratico, ai lunghi tempi di acquisizione degli eventuali finanziamenti, ma anche alla scarsa dotazione finanziaria nel complesso, che consente di finanziare soltanto un numero esiguo di progetti;

23.

sostiene le proposte della Commissione europea volte a semplificare il finanziamento dei progetti nell'ambito di Orizzonte 2020 e invita il Parlamento europeo ad appoggiare tali proposte di sburocratizzazione al fine di limitare anche gli oneri connessi alle attività di controllo;

24.

si rammarica del fatto che le proposte della Commissione europea sulla dotazione finanziaria di Orizzonte 2020 non siano state messe in atto.

IL RUOLO DEI FONDI STRUTTURALI

25.

raccomanda che, nell'ambito delle possibilità offerte dalla normativa in materia di aiuti, gli enti regionali e locali facciano un utilizzo ottimale dei fondi strutturali;

26.

segnala le possibilità esistenti nell'ambito dei fondi strutturali, tra cui figurano ad esempio l'incentivazione di progetti nel settore della ricerca e dello sviluppo o la creazione di cluster. In alcune regioni, i cluster automobilistici si sono trasformati in «cluster di mobilità» grazie all'integrazione dei sistemi ferroviari, del trasporto aereo, e addirittura della bicicletta (in particolare quella elettrica (e-bike) e quella a pedalata assistita (pedelec)). La diversificazione della produzione ha permesso di sfruttare la capacità degli impianti al massimo e in maniera costante anche in tempi di crisi. Questa tendenza è sostenuta in particolare dagli effetti sinergici ottenuti nel settore dell'innovazione e delle tecnologie.

QUALIFICHE

27.

evidenzia i problemi sollevati anche nella comunicazione CARS 2020 relativi a formazione professionale e aggiornamento, evoluzione demografica, carenza di manodopera specializzata e bassa percentuale di giovani che si laureano in facoltà tecniche;

28.

ribadisce la necessità di utilizzare in maniera ragionevole le risorse dell'FSE per il perfezionamento delle competenze anche di quei lavoratori che non sono a rischio di disoccupazione. La programmazione dell'uso dei finanziamenti dell'FSE rientra tra le competenze degli Stati membri, cosa che dovrebbe garantire di tenere in debita considerazione le esigenze di sviluppo specifiche di ciascuna regione;

29.

offre, in questo contesto, il suo sostegno alla raccomandazione del Parlamento europeo affinché la Commissione presenti una proposta di direttiva sull'informazione e la consultazione dei lavoratori, l'anticipazione e la gestione delle ristrutturazioni;

30.

chiede che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) venga dotato di risorse sufficienti e sia configurato in maniera flessibile, in modo da attenuare le conseguenze negative della globalizzazione sulle imprese europee e sui loro dipendenti;

31.

segnala le esperienze positive registrate in materia di formazione precoce dei giovani nell'ambito del sistema di formazione duale, in cui le imprese formano esse stesse i lavoratori specializzati di cui hanno bisogno e i giovani, una volta conclusa la formazione, hanno buone possibilità di trovare immediatamente un lavoro;

32.

sostiene l'adozione di misure mirate volte ad attirare le donne verso le professioni tecniche. A livello europeo, la percentuale di donne laureate in discipline tecniche è inferiore al 10 %. Le esperienze fatte nelle singole regioni mostrano che le donne contribuiscono con una sensibilità molto preziosa specialmente nel settore della R&S, e che sono particolarmente apprezzate nella progettazione automobilistica. Inoltre, con la loro quota di oltre il 50 %, rappresentano il segmento di acquirenti più numeroso;

33.

incoraggia una cooperazione continua tra il sistema d'istruzione professionale e il mondo delle imprese, nella quale ravvisa un'opportunità per adeguare meglio i programmi di formazione alle esigenze di un mercato in cambiamento.

CARBURANTI ALTERNATIVI E INFRASTRUTTURA NECESSARIA

34.

esorta l'industria a intensificare ulteriormente lo sviluppo delle tecnologie di propulsione alternative e a immettere sul mercato soluzioni adatte all'uso quotidiano, in modo da conseguire gli obiettivi fissati in materia di clima, ma anche per poter sfruttare il vantaggio tecnologico dal punto di vista economico (riduzione del costo dei combustibili usati, bilancia commerciale, posti di lavoro nella produzione di biocombustibili, ecc.) e in una prospettiva di risparmio dell'energia. Ciò comprende anche i processi e le tecnologie per l'immagazzinamento e lo stoccaggio di nuove fonti energetiche;

35.

propone che tutti gli Stati membri portino avanti uno scambio intenso di informazioni sulle buone pratiche esistenti nel campo della cooperazione tra il sistema di formazione professionale e il mondo delle imprese, affinché tutte le regioni ne traggano vantaggio;

36.

chiede in questo contesto di portare avanti lo sviluppo di tecnologie diverse mediante obiettivi chiaramente definiti e di non escludere nessuna alternativa. Le singole tecnologie presentano punti di forza e punti deboli in base all'utilizzazione prevista. Allo stesso tempo, nella regolamentazione dell'impiego di carburanti alternativi provenienti da fonti rinnovabili, occorre tener conto del bilancio energetico complessivo, inclusa l'energia utilizzata per la produzione del carburante;

37.

sottolinea in questo contesto l'importanza della messa a disposizione dell'infrastruttura pertinente, senza la quale è difficile penetrare il mercato. Vanno dunque profusi sforzi congiunti per intensificare l'uso di carburanti alternativi e creare l'infrastruttura necessaria. A questo fine saranno create specifiche tavole di coordinamento tra il settore e i responsabili della pianificazione delle infrastrutture. Lo sviluppo di queste infrastrutture dovrebbe essere sostenuto e basato su studi preliminari e su piani di mobilità integrati che permettano di esaminare differenti opzioni in funzione dei diversi mezzi di trasporto e delle necessità della regione o dell'ente locale;

38.

invita a elaborare delle linee guida europee in materia di incentivi finanziari a favore dei veicoli puliti, linee guida che dovranno essere basate su dati oggettivi e disponibili come quelli relativi alle emissioni di CO2;

39.

accoglie con favore in questo contesto l'iniziativa della Commissione europea Energia pulita per i trasporti e rimanda al parere del CdR in materia (CdR 28/2013_00_00_TRA_AC);

40.

constata che il settore degli appalti pubblici vanta soluzioni innovative. Gli investimenti pubblici possono rivelarsi particolarmente utili nel sostenere le tecnologie di propulsione alternative proprio nelle zone urbane (conversione del parco veicoli);

41.

segnala i numerosi esempi positivi di regioni e comuni in cui un mix di incentivi per i veicoli elettrici, la gestione dei parcheggi e le infrastrutture (stazioni di ricarica) ha aperto nuove prospettive.

ANALISI DEL CICLO DI VITA E RICICLAGGIO

42.

fa riferimento alla direttiva UE 2000/53/CE del 18 settembre 2000 nella quale viene stabilito che, a partire dal 2015, la percentuale di recupero di un veicolo dovrà corrispondere al 95 % del suo peso. Ciò consentirà di ridurre il consumo di risorse grazie all'utilizzo di risorse riciclate, nonché di diminuire la dipendenza dagli importatori di materie prime. Allo stesso tempo, il riciclaggio orientato ai processi costituirà la base per la creazione continua di valore aggiunto e consentirà di creare posti di lavoro qualificati nelle regioni europee;

43.

sottolinea che un'analisi coerente del ciclo di vita inizia già dalla fase di progettazione di una vettura, tiene conto di tutte le conseguenze ambientali nel processo di produzione, include ovviamente la fase operativa nonché, per ultimo, il riciclaggio e/o il trattamento per il successivo riutilizzo;

44.

segnala che questo approccio globale schiude anche grandi opportunità soprattutto nello sviluppo di nuovi materiali sostenibili e contribuisce al conseguimento degli obiettivi in materia di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dalla strategia Europa 2020;

45.

sottolinea che, esportando oltre il 75 % dei veicoli fuori uso al termine del ciclo di vita, l'Europa perde un grande potenziale di risorse e, per produrre nuovi veicoli, deve utilizzare nuove materie prime, acquistate in Asia (terre rare);

46.

sottolinea in questo contesto l'importante funzione del riciclaggio per creare posti di lavoro e ridurre la dipendenza dagli importatori di materie prime;

47.

chiede pertanto di intensificare gli sforzi congiunti al fine di sfruttare maggiormente le risorse rappresentate dai veicoli fuori uso. L'obiettivo dovrebbe essere quello di elaborare una normativa chiara sull'obbligo di riciclaggio e sull'obbligo di sviluppo di materiali sostenibili;

48.

chiede che si presti maggiore attenzione al mercato delle autovetture di seconda mano e all'analisi delle abitudini dei consumatori nel processo decisionale riguardo alla valutazione dell'industria automobilistica e ad altre questioni pertinenti;

49.

esprime rammarico per il fatto che solo un punto del piano d'azione menzioni il mercato delle autovetture di seconda mano, e sottolinea che i paesi dell'Europa orientale presentano un parco di automobili più vecchie. Il fenomeno è dovuto al fatto che le autovetture usate sono più economiche e i prezzi delle automobili nuove molto elevati rispetto agli stipendi netti medi, nonché al peggioramento del tenore di vita.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Dati ACEA — European Automobile Manufactures Association:

http://www.acea.be/index.php/news/news_detail/passenger_car_registrations_-8.7_in_january_2013 [21.2.2013].


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/60


Parere del Comitato delle regioni «Il pacchetto investimenti sociali dell'UE»

2013/C 356/11

IL COMITATO DELLE REGIONI

apprezza l'approccio strategico proposto dalla Commissione con il Pacchetto in esame, consistente nel prestare maggiore attenzione alla valorizzazione delle competenze delle persone e alla loro partecipazione alla società e al mercato del lavoro, con l'obiettivo di accrescere la prosperità dei singoli, rilanciare l'economia e consentire all'UE di uscire dalla crisi più forte, coesa e competitiva;

si rammarica che il Pacchetto della Commissione trascuri il ruolo degli enti locali e regionali. Gli enti locali e regionali hanno una conoscenza diretta dei problemi sociali e svolgono un ruolo fondamentale nell'affrontarli, coordinando e realizzando i necessari interventi;

osserva che molti enti locali e regionali stanno già sviluppando e attuando con successo una serie di iniziative per far fronte alle sfide citate nel Pacchetto. Occorre pertanto promuovere lo scambio di buone pratiche tra enti locali e regionali;

invita l'UE a considerare la possibilità, in accordo con gli Stati membri, di definire un quadro europeo per gli alloggi sociali. L'edilizia abitativa sociale svolge infatti un ruolo fondamentale nella lotta alla mancanza di fissa dimora e nell'attuazione delle strategie di prevenzione imperniate sulla priorità assoluta all'alloggio richieste dalla Commissione;

sottolinea che l'FSE dovrebbe rispondere meglio alle esigenze effettive dei cittadini garantendo agli enti locali e regionali una maggiore flessibilità che permetta loro di stabilire obiettivi a livello locale;

invita la Commissione a sviluppare un piano concreto di attuazione del Pacchetto investimenti sociali che comprenda dispositivi di monitoraggio, coordinamento, scambio transnazionale e apprendimento reciproco in merito a priorità tematiche come la disoccupazione giovanile, l'istruzione, il fenomeno dei senzatetto, la povertà infantile e l'assistenza alle persone disabili e a quelle non autosufficienti.

Relatore

Ahmed ABOUTALEB (NL/PSE), sindaco di Rotterdam

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-2020

COM(2013) 83 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Contesto e motivazione del parere

1.

apprezza l'approccio strategico proposto dalla Commissione con il Pacchetto in esame, consistente nel prestare maggiore attenzione alla valorizzazione delle competenze delle persone e alla loro partecipazione alla società e al mercato del lavoro, con l'obiettivo di accrescere la prosperità dei singoli, rilanciare l'economia e consentire all'UE di uscire dalla crisi più forte, coesa e competitiva;

2.

ricorda il proprio parere sul tema del Coinvolgimento attivo (2008/C 257/01), in cui si sottolinea l'importanza degli enti locali e regionali in quanto soggetti chiave nelle politiche di coinvolgimento attivo;

3.

ritiene che crescita sostenibile, bilanci in equilibrio e coesione sociale possano essere realizzati solo intensificando gli sforzi per creare nuovi, dignitosi posti di lavoro, migliorare la protezione sociale e promuovere l'integrazione sociale. Ciò deve trovare pienamente riscontro nel semestre europeo, facendo in modo che nei meccanismi di sorveglianza e coordinamento siano incorporati degli obiettivi concernenti in particolare i posti di lavoro dignitosi e la riduzione delle disuguaglianze, e quindi l'equilibrio tra gli obiettivi economici e quelli sociali e un impegno continuo per promuovere la coesione economica, sociale e territoriale al fine di ridurre le disparità economiche e sociali tra le regioni;

4.

richiama l'attenzione sul fatto che in termini assoluti le sfide legate alla povertà e all'esclusione sociale sono particolarmente critiche nelle aree urbane, che rappresentano l'80 % della popolazione europea e l'85 % del PIL dell'UE, mentre le aree rurali, a causa dei bassi livelli di reddito e della scarsa densità demografica, si trovano ad affrontare problemi sociali gravi in termini relativi. Nelle aree urbane, i problemi sociali tendono a concentrarsi in determinati quartieri, creando così sacche di povertà a prescindere dal grado di prosperità della città in questione.

Osservazioni generali

5.

sottolinea che, nella lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, è essenziale garantire, come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che tutti i cittadini abbiano pari accesso ai servizi di base di interesse generale come gli alloggi, l'istruzione, l'assistenza sanitaria e l'occupazione, oltre ad avere accesso ai servizi sociali. Una delle condizioni necessarie per conseguire questo obiettivo è la solidarietà tra i cittadini appartenenti a tutti gli strati della società. La distribuzione di questi servizi di base richiede un'impostazione globale, tanto a breve che a lungo termine, che ponga i cittadini al centro del processo di ricerca delle soluzioni;

6.

chiede un chiaro impegno da parte di tutte le istituzioni dell'UE a far partecipare i cittadini a tutte le fasi di definizione delle politiche, dall'adozione all'attuazione. In questo particolare momento è essenziale restituire fiducia nelle istituzioni democratiche dimostrando ai cittadini di saper rispondere alle loro esigenze ed aspettative. Inoltre, cercando risposte a livello territoriale e mettendo a frutto l'energia, l'impegno e la volontà dei cittadini di fare la differenza e la loro conoscenza delle reali esigenze sul campo, saremo più in grado di trovare soluzioni realistiche ed efficaci alle sfide sociali. Investendo nelle comunità a livello sublocale si creeranno quartieri stabili, con effetti positivi sulla percezione della sicurezza;

7.

accoglie con soddisfazione il fatto che la Commissione riconosca che le politiche sociali e occupazionali sono essenzialmente di competenza degli Stati membri e degli enti locali e regionali, e che venga pertanto rispettato il principio di sussidiarietà;

8.

condivide l'opinione della Commissione secondo cui, nella lotta contro la disoccupazione, è essenziale porre maggiormente l'accento sulle misure che hanno per oggetto la creazione di nuovi posti di lavoro, la riduzione della disoccupazione, l'apprendimento permanente, la competitività sul mercato del lavoro, l'istruzione, la formazione, le pari opportunità e altre misure volte a migliorare le competenze e le opportunità delle persone; tra queste, la promozione della mobilità dei lavoratori e la messa a disposizione di microcrediti per chi desidera avviare o espandere un'attività economica;

9.

si rammarica che il Pacchetto trascuri il ruolo degli enti locali e regionali. Gli enti locali e regionali hanno un impatto importante sulla vita della maggior parte dei cittadini europei, che vivono, lavorano, studiano oppure, nel caso delle persone disabili e di quelle non autosufficienti, ricevono assistenza nei territori di loro competenza. È infatti al livello degli enti locali e regionali che viene erogata gran parte dei servizi sociali e delle prestazioni sociali;

10.

ritiene che l'attuazione integrata di strategie di inclusione attiva richiesta dal Parlamento europeo e dalla Commissione sarà facilitata da un rafforzamento del ruolo degli enti locali e regionali nel processo decisionale. Gli enti locali e regionali hanno una conoscenza diretta dei problemi sociali e svolgono un ruolo fondamentale nell'affrontarli, coordinando e realizzando i necessari interventi. L'esperienza nel gestire sfide sociali è cruciale per la realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020. Per questo motivo gli enti locali e regionali devono svolgere un ruolo importante nel quadro del semestre europeo e dei negoziati sui programmi nazionali di riforma (PNR) e sulla loro attuazione;

11.

sottolinea che il lavoro deve essere redditizio: ciò significa assicurare un salario minimo adeguato e posti di lavoro di qualità. A coloro che (temporaneamente) non sono (ancora) in grado di lavorare, andrebbe garantito un adeguato sostentamento, con pari accesso ai servizi fondamentali di prevenzione, acquisizione di capacità e attivazione. Il CdR invita quindi la Commissione europea ad affrontare la questione della necessità di attuare la raccomandazione del Consiglio sul reddito minimo del 1992;

12.

osserva che gli enti locali devono saper sfruttare l'energia di tutti gli individui, le organizzazioni della società civile e le imprese che si accentrano nelle aree urbane. Occorre promuovere lo spirito innovativo degli imprenditori sociali che possono offrire soluzioni nuove per far fronte alla domanda di servizi e infrastrutture. Le regioni e le città dovrebbero cercare di mettere in moto un processo di co-creazione istituendo partenariati produttivi con il settore privato e i gruppi della società civile, e promuovendo al tempo stesso una partecipazione genuina e profonda dei cittadini a tutte le fasi dell'innovazione sociale (ideazione, progettazione, sperimentazione su piccola scala, sviluppo e attuazione);

13.

nota che a livello locale e regionale, per quanto riguarda le politiche di inclusione e di integrazione sociale è fondamentale la partecipazione di tutti gli abitanti; non si dovrebbe fare distinzione tra i cittadini dei paesi terzi e i cittadini dell'UE; richiama l'attenzione sul fatto che l'afflusso di nuovi arrivati, favorito dalla mobilità all'interno dell'UE, crea una serie di problemi di adeguamento dei servizi pubblici e di assistenza ai cittadini in termini di alloggio, occupazione e istruzione. In generale, i requisiti di base per l'integrazione dei cittadini dell'UE sono gli stessi che per i nuovi arrivati: familiarizzarsi con una nuova lingua, nuove istituzioni e, talvolta, anche con norme sociali diverse;

14.

si rammarica che la Commissione accolga solo in parte la relazione d'iniziativa del Parlamento europeo sull'investimento sociale (INI 2012/2003 del 25 luglio 2012), in cui si chiede una migliore governance per realizzare gli obiettivi sociali e occupazionali della strategia Europa 2020, e che essa non proponga risorse supplementari. Il Pacchetto d'investimenti sociali non dovrebbe limitarsi a rivolgere raccomandazioni politiche agli Stati membri e ad annunciare alcune iniziative legislative. Soprattutto in questo periodo di crisi, bisognerebbe prefiggersi di includere nel bilancio dell'UE e nei bilanci nazionali dei programmi a favore dell'occupazione e degli investimenti sociali;

15.

fa notare che il Pacchetto presenta informazioni globali sulle tendenze sociali in atto in Europa. I dati e le informazioni utilizzati si basano su tendenze e statistiche nazionali o regionali. Questi dati aggregati non illustrano in misura sufficiente le sfide presenti a livello locale o le esigenze e carenze sociali che differenziano il livello urbano da quello regionale o nazionale. Raccogliere una documentazione che consenta di stabilire cosa funziona e cosa invece non funziona a livello locale è fondamentale per garantire che le misure attuate siano al contempo efficienti ed efficaci nel conseguimento degli obiettivi di politica sociale. Il CdR incoraggia le istituzioni europee a raccogliere dati a livello locale e regionale e informazioni sulle tendenze sociali in atto e a esaminare e valutare le politiche di inclusione sociale adottate dagli enti regionali e locali e in particolar modo dalle grandi città;

16.

sottolinea il persistere di discriminazioni fondate sul sesso, che sono ulteriormente accentuate nel caso di persone appartenenti a categorie plurisvantaggiate (come ad esempio le madri single) e apprezza il fatto che la Commissione sia consapevole di questo particolare problema e che intenda prestarvi la dovuta attenzione;

17.

prende tuttavia atto che la comunicazione potrebbe segnare un punto di svolta dal momento che definisce la politica sociale come un investimento nella società piuttosto che come il costo delle carenze del mercato. Il fatto di presentare la politica sociale in questi termini potrebbe promuovere un riorientamento politico, con il passaggio da misure correttive a misure preventive, permettendo così di affrontare problemi come l'esclusione sociale prima ancora che si presentino, oppure di ritardare la non autosufficienza attraverso la promozione dell'autonomia personale e dell'invecchiamento attivo;

18.

accoglie con favore il riconoscimento da parte del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013 della necessità di rafforzare la dimensione sociale dell'UEM. La sfida consiste nel fornire all'UE gli strumenti atti a sostenere le potenzialità in termini di reale convergenza economica e progresso sociale per tutti gli Stati membri, invece di fare affidamento su meccanismi interni di svalutazione, che affrontano soltanto gli shock asimmetrici. Attende quindi con impazienza la comunicazione della Commissione sulla dimensione sociale dell'UEM, prevista per l'inizio di ottobre 2013;

19.

ritiene che la dimensione sociale dell'UEM potrebbe, come proposto dal Parlamento europeo (1), basarsi su un «Patto per gli investimenti sociali» sul modello del «Patto Euro Plus», che definisca degli obiettivi per gli investimenti sociali che gli Stati membri dovrebbero realizzare al fine di conseguire gli obiettivi occupazionali, sociali e di istruzione della strategia Europa 2020. Inoltre, il patto per gli investimenti sociali dovrebbe essere accompagnato da un quadro di valutazione della politica occupazionale e sociale, da introdurre in linea con l'articolo 148 del TFUE e sotto la responsabilità del Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori, al fine di individuare gli squilibri occupazionali e sociali che potrebbero mettere a rischio la stabilità dell'Unione economica e monetaria;

20.

incoraggia la Commissione europea a esplorare ulteriormente la fattibilità di un regime europeo di indennità di disoccupazione di tipo assicurativo, che potrebbe fungere da stabilizzatore automatico a livello dell'UEM;

21.

si compiace del fatto che le conclusioni del Consiglio europeo (2) sottolineano che «le possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell'UE per equilibrare la necessità di investimenti pubblici produttivi con gli obiettivi della disciplina di bilancio» dovrebbero essere ulteriormente «sfruttate» nel braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita. Si attende, pertanto, che la Commissione tratti più a fondo il tema della qualità della spesa pubblica, valutando tra l'altro l'opportunità di separare la spesa corrente dagli investimenti nel calcolo del disavanzo di bilancio, per evitare di ostacolare investimenti pubblici che apportino benefici netti a lungo termine.

Raccomandazioni

22.

insiste sul fatto che l'istruzione (sia formale che informale) dovrebbe essere al centro del Pacchetto d'investimenti sociali. Le disparità di accesso all'istruzione — in particolare a un'istruzione di qualità, che metta i giovani in grado di cogliere le opportunità occupazionali offerte da una società dell'informazione inclusiva e di diventare cittadini attivi in società democratiche complesse — costituiscono un forte ostacolo alla riduzione della povertà e all'incremento della crescita economica. Gli Stati membri devono dimostrare il loro impegno a investire nell'istruzione, nell'apprendimento permanente e nella formazione per tutti, ponendo particolarmente l'accento sugli aspetti seguenti: istruzione della prima infanzia e accesso all'istruzione terziaria, cooperazione tra imprese e scuole, formazione sul posto di lavoro, formazione specifica per i settori con carenza di manodopera (ad esempio, il settore medico, quello delle tecnologie pulite e quello delle TIC) e riduzione dell'abbandono scolastico;

23.

accoglie con favore l'importanza attribuita dalla Commissione all'istruzione e alla formazione e reputa che, in questo senso, si debba prestare una maggiore attenzione alla formazione professionale e alla sua qualità introducendo misure concrete sia nella fase di orientamento che in sede di formazione e apprendimento. Per poter competere in un mondo globalizzato l'economia dell'UE ha bisogno di più artigiani, ingegneri e tecnici. Purtroppo nell'Unione sempre meno persone dimostrano interesse per la formazione professionale, che invece offre grandi opportunità per combattere la disoccupazione e garantire lo sviluppo sostenibile dell'economia;

24.

insiste sull'estremo valore della formazione professionale continua e permanente. L'Unione europea dovrebbe proporre sufficienti misure a lungo termine e destinare sufficienti finanziamenti del Fondo sociale europeo (FSE) al fine di migliorare il livello della formazione professionale;

25.

sottolinea che, oltre a concentrarsi sull'occupabilità dal lato dell'offerta, occorre prestare maggiore attenzione al lato della domanda del mercato del lavoro. È un dato di fatto che i disoccupati sono per lo più lavoratori poco qualificati e che i posti di lavoro vacanti richiedono qualifiche elevate, e in questo periodo di crisi finanziaria occorre integrare le misure sul lato della domanda con strumenti relativi all'offerta che vadano al di là della deregolamentazione dei mercati del lavoro, della riduzione dei costi della manodopera e degli incentivi ai disoccupati affinché accettino posti di lavoro mal retribuiti. È necessario migliorare le competenze dei lavoratori poco qualificati e dei disoccupati fornendo le necessarie capacità di apprendimento;

26.

sollecita la Commissione, gli Stati membri e gli enti locali e regionali a promuovere una migliore anticipazione del futuro fabbisogno di competenze, migliorare l'adeguamento delle competenze alle esigenze del mercato del lavoro, nonché colmare la distanza fra la scuola e il lavoro, soprattutto nei segmenti più bassi del mercato del lavoro, in cui la partecipazione al lavoro va incoraggiata in maniera flessibile e non burocratica. Nei Paesi Bassi, ad esempio, il governo, le imprese e gli istituti d'istruzione hanno sottoscritto un «Patto tecnologico» che si prefigge di migliorare il collegamento tra istruzione e mercato del lavoro nel settore delle tecnologie e quindi di ridurre la carenza di personale tecnico. Pur essendo stato concordato a livello nazionale, questo Patto tecnologico è costituito in massima parte da iniziative da realizzare nel quadro di un approccio regionale e settoriale utilizzando strutture già esistenti, come ad esempio i diversi centri locali di consulenza («kenniswerkplaatsen») per lo sviluppo dei talenti, la promozione di città vivibili e la salute pubblica attivi a Rotterdam;

27.

sottolinea l'importanza di sfruttare appieno il potenziale di tutta la manodopera disponibile. Per le persone ai margini del mercato del lavoro possono essere introdotte misure di sostegno che coinvolgano le competenze delle amministrazioni nazionali e/o territoriali;

28.

raccomanda che ai tre pilastri proposti dalla Commissione per accrescere il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro (un aiuto sufficiente al reddito, integrazione attiva e servizi sociali di qualità) sia aggiunta la partecipazione (sociale). La partecipazione e l'inclusione sociale devono costituire le chiavi per realizzare le nostre ambizioni sociali e per costruire e mantenere forti i nostri sistemi di previdenza sociale. I cittadini devono avere la possibilità di realizzare pienamente il loro potenziale nonché di utilizzare e sviluppare appieno l'insieme delle loro competenze, con l'obiettivo di raggiungere l'autosufficienza economica;

29.

chiede ulteriori chiarimenti riguardo alla condizionalità nell'accesso alla protezione sociale. La condizionalità può essere considerata accettabile qualora siano previsti trasferimenti sociali intesi a offrire sia un sostegno che incentivi a riprendere il lavoro, gli studi o la formazione;

30.

considerando che si stima che nell'UE circa 56 milioni di persone sopra i 15 anni siano sprovviste di conto corrente, il CdR accoglie con favore la proposta della Commissione di riconoscere a ciascun individuo nell'Unione europea il diritto a un conto corrente di base;

31.

si compiace dell'intenzione della Commissione di studiare le possibilità di ricorrere a nuovi strumenti finanziari, in particolare il rendimento sociale degli investimenti e le obbligazioni di investimenti sociali, per aumentare l'effetto leva degli investimenti sociali pubblici, e la invita a presentare proposte più dettagliate al riguardo prevedendo che le norme UE sugli appalti non influiscano sul «rendimento sociale degli investimenti». Sostiene in questo scenario la proposta di introdurre un conto di risparmio UE che potrebbe fornire all'Unione un finanziamento complementare per contribuire agli obiettivi di Europa 2020 in materia di occupazione e di crescita a livello locale e regionale;

32.

sottolinea che gli Stati membri, le regioni e gli enti locali dovrebbero sfruttare la diversità dei loro cittadini. Una cultura inclusiva che permetta — in tutta sicurezza — di mantenere la propria unicità e di entrare in contatto con gli altri grazie a questa diversità costituisce un presupposto essenziale per l'innovazione;

33.

osserva che molti enti locali e regionali stanno già sviluppando e attuando con successo una serie di iniziative per far fronte alle sfide menzionate nel Pacchetto d'investimenti sociali, tra cui ad esempio sportelli unici (sportelli per i giovani), centri regionali per i giovani e le famiglie, iniziative in materia di edilizia residenziale e strategie intese a prevenire il problema dei senzatetto, strategie per il rendimento sociale degli investimenti, obbligazioni a impatto sociale, le cosiddette «talent house», quartieri a misura di bambino e iniziative per il pieno impegno. Occorre pertanto promuovere lo scambio di buone pratiche tra gli enti locali e regionali. Grazie al partenariato e alla cooperazione, gli enti locali possono attingere a una maggiore riserva di risorse ed esperienze e nel contempo promuovere un'ampia partecipazione dei partner di diversi settori allo sviluppo delle varie iniziative. È indispensabile tenere pienamente conto di queste esperienze nella creazione della «banca delle conoscenze» proposta dal Pacchetto d'investimenti sociali nonché nella promozione di tali scambi nel quadro del programma dell'UE per il cambiamento e l'innovazione sociale;

34.

fa notare che sia il Fondo di integrazione europeo (INTI) che il Fondo sociale europeo (FSE) hanno finanziato programmi di integrazione. Tuttavia, la fonte del finanziamento ha troppo spesso circoscritto la portata del servizi erogati. Va sottolineato che, alla luce della crescente mobilità all'interno dell'UE, il prossimo programma di bilancio dovrebbe destinare finanziamenti al sostegno della mobilità dei cittadini dell'UE, riunendo le priorità dei due fondi e creando un programma di finanziamento destinato a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro cittadinanza. Questi nuovi fondi di bilancio potrebbero essere utilizzati per far partecipare i cittadini dell'UE a programmi di apprendimento delle lingue e di orientamento, in stretta collaborazione con altre parti interessate, come le ONG, e il settore privato in particolare. La Commissione deve usare la propria influenza per sollecitare taluni enti locali e regionali dei paesi d'origine a ricorrere all'FSE e al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per investire massicciamente nello sviluppo sociale ed economico dei loro cittadini;

35.

osserva che, sebbene la migrazione all'interno degli Stati membri e tra di essi sia stata un modo, per i singoli individui, di far fronte alla crisi economica, gli investimenti sociali globali e a lungo termine nelle regioni e amministrazioni locali — le quali si trovano in una posizione ideale per comprendere le specificità del loro territorio e delle loro comunità — potrebbero contrastare la crisi in modo più sostenibile, mitigando le pressioni che spingono i singoli a lasciare le loro case, famiglie e comunità alla ricerca di un posto di lavoro. Inoltre, la possibilità di migrare in un altro Stato membro alla ricerca di un lavoro o di opportunità formative potrebbe essere compromessa da conoscenze linguistiche insufficienti. Potrebbe quindi risultare necessario intensificare gli sforzi volti a rafforzare l'insegnamento delle lingue per promuovere la migrazione nel breve periodo, in attesa di trovare soluzioni a più lungo termine. Ciò contribuirà anche a promuovere ulteriormente l'inclusione sociale;

36.

sostiene la posizione della Commissione in merito alle ripercussioni prodotte a livello locale dai cambiamenti demografici e dall'invecchiamento della società, che fanno emergere nuove esigenze in termini di infrastrutture sociali e di accessibilità dei settori pubblici. La crescente povertà della popolazione anziana rende necessari sistemi e servizi di sicurezza sociale sostenibili che siano facilmente accessibili e alla portata di tutti i cittadini. Bisogna oltrepassare il modello assistenziale e tendere all'introduzione di un modello preventivo che prolunghi il mantenimento dello stato di autonomia funzionale e integrazione relazionale della popolazione. Un'attenzione particolare andrebbe riservata alla promozione dell'invecchiamento attivo e in buona salute dei cittadini europei, passando da un approccio di tipo istituzionale a un approccio a livello di comunità locale;

37.

si rammarica che il documento di lavoro dei servizi della Commissione Long-Term Care in Ageing Societies (Assistenza a lungo termine nelle società che invecchiano — Sfide e opzioni politiche) non affronti i temi della povertà, dell'esclusione sociale e di un reddito dignitoso per gli anziani, il che potrebbe, di riflesso, aumentare il bisogno di assistenza a lungo termine. Il CdR deplora altresì la mancanza di un'analisi più approfondita su come sostenere l'assistenza a lungo termine con i fondi strutturali;

38.

ritiene che il Pacchetto investimenti sociali dovrebbe procedere di pari passo con un maggiore riconoscimento del ruolo dell'economia sociale, tenendo conto del fatto che le imprese sociali in Europa sono circa due milioni (ossia il 10 % del totale) e danno un lavoro retribuito a oltre 11 milioni di persone (cioè al 6 % della forza lavoro europea). Ripete quindi il suo appello a favore dell'adozione di uno statuto della mutua europea, sostenuto anche dal Parlamento europeo nel marzo 2013;

39.

sottolinea l'importanza delle concertazioni interprofessionali tra i settori dell'assistenza sociale e sanitaria e tra le reti formali ed informali all'interno della comunità. È essenziale disporre di conoscenze specifiche in merito ai diversi tipi di sostegno di prossimità e ai ruoli complementari svolti da volontari, operatori e vicini nel fornire assistenza. Gli operatori dovrebbero instaurare un più stretto rapporto con l'area in cui operano, svolgendovi un ruolo di cooperazione e di facilitazione che potrebbe aiutarli a rafforzare e coordinare l'assistenza di prossimità e le attività di volontariato. Questo nuovo approccio alla governance, che ha prodotto validi risultati in alcune città europee, dovrebbe essere supportato da strumenti a livello europeo per diffondere le buone pratiche in tutta Europa. Un approccio positivo sembra essere quello di creare dei sistemi in cui confluiscano sia le informazioni relative al cittadino (antecedenti medici e sociali) che l'accesso alle informazioni sulle risorse e sui servizi disponibili (catalogo o cartella dei servizi e delle risorse, tecnologie innovative applicabili quali sistemi avanzati di teleassistenza, monitoraggio a distanza, ecc.);

40.

invita l'UE a considerare la possibilità, in accordo con gli Stati membri, di definire un quadro europeo per gli alloggi sociali, come già richiesto dal CdR stesso nel suo parere dell'ottobre 2011 e dal Parlamento europeo nella sua risoluzione dell'11 giugno 2013. Sebbene l'edilizia sociale non sia tra le competenze esplicite dell'UE, molte politiche dell'Unione (concorrenza, mercato interno, fondi strutturali, efficienza energetica, norme ambientali, ecc.) hanno un'incidenza diretta sull'edilizia abitativa sociale. Occorre perciò un quadro di coordinamento che garantisca la coerenza con i diritti fondamentali e tra le politiche UE che hanno un impatto sugli alloggi. In questo contesto, il CdR ricorda che in base al Trattato UE le autorità pubbliche sono libere di definire l'organizzazione del settore dell'edilizia abitativa sociale nonché le famiglie che possono beneficiare di tali alloggi. Il CdR ritiene inoltre che l'edilizia abitativa sociale sia essenziale per la coesione e che non dovrebbe limitarsi alle persone svantaggiate, in modo da promuovere la diversità sociale;

41.

ricorda agli Stati membri e alla Commissione che le spese sostenute nel settore dell'edilizia sociale consentono di rispondere a un'emergenza sociale come punto di partenza per investimenti sociali strategici; contribuiscono inoltre in modo sostenibile a creare posti di lavoro locali non delocalizzabili, a stabilizzare l'economia impedendo che si creino bolle immobiliari, a lottare contro il cambiamento climatico e a combattere la precarietà energetica. Sottolinea inoltre che l'edilizia abitativa sociale svolge un ruolo fondamentale nella lotta alla mancanza di fissa dimora e nell'attuazione delle strategie di prevenzione imperniate sull'assoluta priorità all'alloggio richieste dalla Commissione;

42.

accoglie con soddisfazione il fatto che il Pacchetto investimenti sociali consideri il problema dei senzatetto come una priorità tematica e che rivolga agli Stati membri l'invito «a risolvere il problema dei senzatetto grazie a strategie globali fondate sulla prevenzione, a metodi che diano l'assoluta priorità all'alloggio e al riesame delle disposizioni e delle prassi relative alle espulsioni, tenendo conto delle principali conclusioni tratte dagli orientamenti in materia contenuti nel presente pacchetto». In questo contesto, il CdR chiede alla Commissione di sviluppare un quadro concreto volto a sostenere le parti interessate e in particolare le pertinenti autorità nazionali, regionali e locali nel loro impegno a contrastare il problema dei senzatetto, tenendo conto del parere d'iniziativa elaborato dal Comitato sull'argomento;

43.

sottolinea che, per riuscire a conseguire i nostri obiettivi sociali, dobbiamo modificare i nostri approcci al fine di migliorare la qualità dei risultati per i beneficiari e ottenere efficacia ed efficienza. L'innovazione sociale va messa al servizio della lotta alla povertà e all'esclusione sociale e inserita nei regolamenti sui fondi strutturali, ma deve anche occupare un ruolo centrale nel programma Orizzonte 2020 ed essere efficacemente sostenuta dal programma dell'Unione europea per il cambiamento e l'innovazione sociale. A tale fine, le iniziative faro di Europa 2020 e in particolare la Piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale dovranno rappresentare il contesto di riferimento per meglio raggiungere gli obiettivi previsti;

44.

sottolinea che le società attuali si basano sulla scienza e la tecnologia non solo per la crescita economica, ma anche per il benessere e il progresso sociale. Tuttavia, l'interazione tra scienza /ricerca e società/cittadini è spesso insufficiente e talvolta inesistente. Pertanto, in futuro nei finanziamenti europei alla ricerca si dovrà tenere conto non solo delle discipline tecnico-scientifiche, bensì anche delle scienze sociali e di quelle umane allo scopo di sviluppare conoscenze e ricerche di utilità pratica riguardo ai problemi e alla vivibilità dei quartieri urbani e delle aree scarsamente popolate, e diffondere tali conoscenze concrete tra i responsabili delle politiche di pianificazione urbanistica e territoriale. Il CdR raccomanda in particolare di elaborare progetti di ricerca valutativi d'avanguardia per acquisire conoscenze sistematiche circa l'efficacia delle diverse politiche, i motivi per i quali «funzionano», per quali gruppi sociali e in quali circostanze. Accoglie con soddisfazione le iniziative avviate dalla Commissione a sostegno dell'innovazione sociale e gli sforzi volti ad incrementare gli scambi di informazioni in merito alle esperienze sull'innovazione;

45.

richiama l'attenzione sul fatto che la politica regionale dell'UE promuove lo sviluppo urbano sostenibile fin dal 1989. Mediante i fondi strutturali, la politica regionale investe in progetti che promuovono la buona governance a livello locale, assicurano un ambiente urbano sostenibile, incoraggiano l'inclusione sociale e l'uguaglianza, riqualificano le aree urbane e stimolano la crescita economica e l'occupazione. Data la vicinanza degli enti locali e regionali ai loro cittadini e la loro capacità di individuare i bisogni e le aspirazioni locali, va sottolineato che la struttura di finanziamento attuale dovrebbe tenere maggiormente conto delle esigenze locali, permettendo alle città e alle aree urbane di assumere una maggiore responsabilità e leadership nel coordinamento di approcci integrati a livello di città o di area metropolitana. Per sostenere la coesione territoriale e gli approcci integrati basati sul territorio si dovrebbe migliorare il coordinamento tra l'FSE e il FESR;

46.

accoglie con favore la proposta di dedicare almeno il 20 % dei fondi dell'FSE in ciascuno Stato membro alla promozione dell'inclusione sociale e alla lotta contro la povertà. Il CdR vorrebbe ulteriori garanzie di una corretta gestione dei fondi e del fatto che saranno utilizzati in modo mirato per assistere i più bisognosi. A tal fine, potrebbe risultare necessario stanziare i fondi nei singoli Stati membri a livello regionale, più che centrale, sulla base di un insieme di fattori che definiscano il maggior bisogno di interventi di sostegno (indicatori di povertà, PIL pro capite, occupazione, scolarità, immigrazione, ecc.);

47.

invita ad attuare immediatamente l'iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (YEI) e sottolinea la necessità di alzare a 30 anni la soglia di ammissibilità per i programmi di garanzia per i giovani. Approva la raccomandazione della Commissione relativa alla garanzia per i giovani, che prevede un intervento precoce a favore dei giovani che rischiano di abbandonare l'istruzione, il mercato del lavoro o la formazione. Sottolinea il ruolo chiave degli enti locali e regionali nel realizzare tale programma. Esprime profonda preoccupazione per la mancanza di finanziamenti sufficienti per la YEI per l'intera durata del prossimo periodo di programmazione (6 miliardi di EUR) e invita con urgenza ad anticipare una quota significativa dei fondi destinati alla nuova linea di bilancio YEI nei primi anni del quadro finanziario pluriennale. L'ammissibilità per le regioni NUTS II non dovrebbe basarsi esclusivamente sul criterio del 25 % di disoccupazione giovanile, bensì tenere conto anche di scostamenti significativi, a livello regionale, dal tasso medio di disoccupazione giovanile nazionale;

48.

sottolinea che l'FSE dovrebbe pertanto rispondere meglio alle esigenze effettive dei cittadini garantendo agli enti locali e regionali una maggiore flessibilità che permetta loro di stabilire gli obiettivi a livello locale. Gli enti locali e regionali dovrebbero partecipare alla definizione delle priorità dell'FSE e alla gestione dei suoi fondi. Dal punto di vista legislativo, il regolamento che disciplinerà in futuro il Fondo sociale europeo dovrebbe prevedere un ruolo più significativo per gli enti locali e regionali nella governance strategica del Fondo stesso. Il CdR chiede inoltre che sia introdotto l'obbligo per le autorità di gestione dell'FSE di dimostrare l'effettivo coinvolgimento degli enti locali e regionali nella definizione delle priorità dei programmi operativi nonché nella successiva gestione strategica del Fondo.

49.

Più specificamente, riferendosi ai suoi precedenti pareri sulle iniziative dell'UE per gli spazi urbani e al vertice da esso organizzato a Copenaghen nel 2012, il CdR ritiene che esistano diverse opzioni che potrebbero rafforzare la partecipazione concreta delle città: programmi operativi con una chiara attenzione per le tematiche urbane; la partecipazione delle città in qualità di organismi intermedi e all'interno dei consigli, dei comitati di gestione e dei gruppi consultivi dell'FSE; e la possibilità per le autorità di gestione dell'FSE di lavorare in partenariato con le città nella definizione e attuazione dei programmi. Potrebbe essere opportuno che alcune grandi città dispongano di un proprio programma operativo specifico;

50.

chiede che l'FSE promuova dei modelli di servizi innovativi e che il nuovo quadro giuridico agevoli e finanzi lo sviluppo di servizi a livello delle comunità di base a sostegno delle politiche del mercato del lavoro;

51.

osserva che il bilancio della politica agricola comune (PAC) dell'UE è cinque volte superiore a quello dell'FSE. Ciò è ovviamente legato al fatto che la PAC è esclusivamente una politica comune dell'UE, mentre il finanziamento della politica sociale dipende in larga misura dai bilanci nazionali e subnazionali. Tuttavia, questo squilibrio potrebbe anche essere considerato dall'opinione pubblica come il riflesso della scarsa priorità attribuita alla politica sociale dell'UE. Il CdR insiste pertanto sulla necessità che la rinnovata attenzione per le politiche sociali dell'UE sia accompagnata da un aumento delle risorse dell'FSE;

52.

accoglie con favore l'approccio all'insegna dell'investimento territoriale integrato adottato dalla Commissione europea per il nuovo periodo di programmazione dei fondi strutturali per consolidare lo sviluppo sociale, economico e fisico. Considerata la cruciale importanza delle città per la coesione sociale, economica e territoriale, il sostegno dell'UE deve andare ben oltre la quota minima del 5 % proposta;

53.

fa notare che occorre garantire una maggiore coerenza tra le rigorose norme dell'UE in materia di appalti pubblici e di aiuti di Stato e le politiche sociali, affinché queste ultime possano essere sviluppate e attuate più efficacemente. Per dare forma a questa coerenza, il CdR chiede alla Commissione di presentare una proposta per il miglioramento della qualità e dell'accessibilità dei servizi sociali d'interesse generale sulla base dell'articolo 14 del TFUE, soprattutto nei settori della sanità, dell'istruzione, dei trasporti pubblici, dell'energia, dell'acqua e delle comunicazioni;

54.

raccomanda che, per garantire un'attuazione coerente e più efficace, il documento sia applicato in stretta sinergia con i relativi documenti di lavoro dei servizi della Commissione. Il CdR incoraggia la Commissione ad adottare un approccio olistico in materia e a interagire direttamente con gli enti locali e regionali in questo processo;

55.

invita la Commissione a sviluppare un piano concreto di attuazione del Pacchetto investimenti sociali che comprenda dispositivi di monitoraggio, coordinamento, scambio transnazionale e apprendimento reciproco in merito a priorità tematiche come la disoccupazione giovanile, l'istruzione, il fenomeno dei senzatetto, la povertà infantile e l'assistenza alle persone disabili e a quelle non autosufficienti. Nel quadro del semestre europeo, gli enti locali e regionali andrebbero consultati in merito all'elaborazione delle analisi annuali della crescita e dovrebbero svolgere un ruolo più significativo nel monitoraggio dello stato di avanzamento. Gli Stati membri andrebbero esortati ad ampliare la consultazione, l'informazione e il coinvolgimento degli enti locali e regionali nel processo decisionale, dal momento che gran parte degli investimenti sociali riguardano aspetti per questi essenziali.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Risoluzione del 20 novembre 2012 sul Patto per gli investimenti sociali quale risposta alla crisi.

(2)  Conclusioni del Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2012, I. Politica economica, punto 2.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/68


Parere del Comitato delle regioni «Piano d'azione Imprenditorialità 2020»

2013/C 356/12

IL COMITATO DELLE REGIONI

nel riconoscere la rilevanza del piano d'azione, insiste sull'importanza che le autorità sovranazionali, nazionali e soprattutto regionali e locali coordinino le loro azioni per realizzare con successo gli obiettivi del piano;

pone l'accento sull'importanza cruciale di coinvolgere gli enti e i soggetti interessati locali e regionali nell'attuazione del piano d'azione, dal momento che tali enti costituiscono il livello di governance più vicino alle PMI e a quanti forniscono sostegno alle imprese, e dato che le PMI sono integrate e attive in mercati regionali e locali;

rileva che il premio Regione imprenditoriale europea (EER), che il Comitato delle regioni assegna dal 2010, può servire come punto di riferimento in Europa per l'elaborazione e l'attuazione di politiche favorevoli all'imprenditoria, oltre che di un sostegno su misura per le PMI e di strategie lungimiranti;

sottolinea che si dovrebbe dare maggiore risalto al ruolo svolto dal lavoro autonomo e dalla creazione di imprese, che andrebbero considerati delle alternative realistiche e auspicabili; sottolinea l'importanza di promuovere maggiormente l'imprenditoria sociale come valida alternativa alle forme tradizionali di attività d'impresa, che siano con o senza fini di lucro;

rileva che l'UE dovrebbe presentare ai giovani l'attività di imprenditore come un percorso professionale valido e promettente per il loro futuro, promuovendo così lo spirito imprenditoriale; sottolinea infine che gli enti locali e regionali hanno competenze in materia di promozione dell'istruzione, anche per quanto concerne l'introduzione di aspetti legati all'imprenditorialità.

Relatore

Paweł ADAMOWICZ (PL/PPE), sindaco di Danzica

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d'azione Imprenditorialità 2020 — Rilanciare lo spirito imprenditoriale in Europa

COM(2012) 795 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione Piano d'azione Imprenditorialità 2020, che si propone di promuovere una cultura dell'imprenditorialità in Europa, migliorare l'accesso ai finanziamenti, offrire alle imprese servizi di sostegno di elevata qualità, elaborare dei modelli di ruolo e coinvolgere gruppi specifici;

2.

ribadisce il suo pieno appoggio alle azioni volte a favorire l'imprenditorialità e a rimuovere gli ostacoli allo sviluppo delle PMI, riconoscendone così il ruolo essenziale nel rafforzare la competitività dell'Unione europea;

3.

sottolinea che le autorità a tutti i livelli dovrebbero adoperarsi per una razionalizzazione delle loro procedure di autorizzazione e controllo come anche per altre misure amministrative. Esse dovrebbero mirare a facilitare lo scambio d'informazioni, a uniformare la terminologia e a creare sistemi operativi che permettano di accedere direttamente alle informazioni di altri sistemi e banche dati;

4.

fa notare come sia importante una rapida attuazione delle decisioni già adottate. Ulteriori discussioni teoriche non apporterebbero alcun contributo allo sviluppo del contesto imprenditoriale;

5.

sottolinea che la recente crisi economica ha colpito molto duramente i piccoli e medi imprenditori, in particolare nelle regioni periferiche, nelle quali si è registrato un notevole aumento dei fallimenti aziendali;

6.

riconosce che un adeguato contesto imprenditoriale e un mercato interno funzionante sono di vitale importanza tanto per la ripresa e la crescita dell'economia europea quanto per una maggiore coesione sociale in Europa;

7.

sottolinea che l'ambiente imprenditoriale locale e regionale costituisce un fattore essenziale del successo: occorre rafforzare la capacità di innovazione e una mentalità che favorisca l'innovazione aperta, tra i cui fondamenti figurano l'utilizzazione efficace di informazioni provenienti da fonti differenti, il dialogo motivante, la collaborazione e la co-creatività;

8.

considera il piano d'azione come un passo necessario per incoraggiare la creazione di un contesto favorevole agli imprenditori all'interno del mercato unico, e contribuire così alla ripresa economica in tutta l'UE;

9.

condivide le priorità selezionate per il piano d'azione, rappresentate dai suoi tre pilastri (ossia: sviluppare l'istruzione e la formazione all'imprenditorialità; creare il giusto contesto imprenditoriale e definire modelli di ruolo; coinvolgere gruppi specifici), e plaude ai risultati attesi da tale iniziativa;

10.

sottolinea che si dovrebbe dare maggiore risalto al ruolo svolto dal lavoro autonomo e dalla creazione di imprese, che andrebbero considerati delle alternative realistiche e auspicabili. Si tratta di fattori indispensabili per rafforzare la competitività dell'economia europea, e richiedono pertanto un sostegno integrato e a più livelli; questo comporta l'adozione di provvedimenti, da parte di tutti i livelli di governo, per una netta riduzione degli oneri burocratici a carico dei lavoratori autonomi, il rafforzamento della protezione sociale e dei diritti pensionistici della categoria, nonché l'abbassamento della pressione fiscale nei loro confronti;

11.

non può che constatare i modesti risultati ottenuti sinora dalle donne nel mondo delle imprese, dove le imprenditrici rappresentano soltanto il 30 %, come pure, d'altro canto, la notevole incidenza che possono avere, ai fini dell'incremento dell'imprenditoria femminile, delle formazioni e un sostegno concepiti su misura per le donne, e chiede che vengano istituiti dei centri di assistenza destinati alle donne imprenditrici;

12.

rivolge ancora una volta alla Commissione la richiesta, già formulata in due recenti pareri sulla politica industriale (1) e sugli aiuti di Stato a finalità regionale (2), di affrontare la questione degli «effetti soglia» relativi alla categorizzazione delle imprese e di rivedere la definizione di PMI. Più concretamente, la Commissione dovrebbe «migliorare la propria capacità di analisi» e perfezionare gli strumenti di sostegno alle imprese, «valutando la possibilità di creare, come ha già accettato di fare per le industrie agroalimentari, una nuova categoria di impresa di dimensione intermedia, a metà strada tra una PMI e una grande impresa, con un organico compreso tra 250 e 750 unità e con un fatturato inferiore a 200 milioni di euro. Il Comitato delle regioni chiede inoltre di avviare una riflessione su come tener conto delle imprese di dimensioni intermedie sviluppatesi da PMI in crescita, che in futuro costituiranno un capitale per l'Europa e con un numero di dipendenti compreso tra 250 e 5 000. Queste nuove categorie d'impresa potrebbero beneficiare di tassi di sostegno adeguati, superiori a quello delle grandi imprese e inferiori a quello delle PMI»;

13.

pone l'accento sul ruolo importante che ha svolto — e tuttora svolge — nella crescita dell'economia europea quel comparto del settore delle PMI costituito dall'artigianato in quanto base per lo sviluppo industriale, e insiste sulla necessità di tenere maggiormente conto delle sue specifiche esigenze, in particolare per quanto riguarda la creazione di centri di formazione professionale e il loro potenziamento;

14.

desidera inoltre sottolineare il ruolo specifico delle imprese che operano nel settore dell'economia sociale e solidale. Tali imprese contribuiscono all'attività economica e ai rapporti sociali in zone svantaggiate e svolgono missioni d'interesse generale che giustificano un trattamento differenziato, specie in materia di regolamentazione dei tassi d'intervento pubblico;

15.

fa presente che l'aggravarsi del fenomeno della deindustrializzazione può avere un impatto sull'occupazione e la prosperità dell'Europa, e che pertanto l'UE dovrebbe avviare delle riforme strutturali finalizzate a promuoverne la competitività internazionale, soprattutto per quanto riguarda la sua capacità industriale;

16.

conviene che il ruolo svolto dagli imprenditori nella società merita maggiore riconoscimento e dovrebbe essere rafforzato in misura significativa;

17.

apprezza l'approccio aperto e inclusivo adottato nel piano d'azione, che mira ad una vasta platea di soggetti interessati e intende coinvolgere un ampio e variegato spettro di PMI già consolidate, di aziende appena avviate e di potenziali nuovi imprenditori;

18.

si impegna a promuovere un'Europa più imprenditoriale e a dare piena attuazione al Piano d'azione Imprenditorialità 2020 e allo Small Business Act per l'Europa a livello locale e regionale;

19.

esprime disappunto poiché nel piano d'azione non viene dato il giusto riconoscimento al ruolo degli enti locali e regionali benché il piano stesso assegni loro una funzione determinante per il conseguimento di tutti gli obiettivi stabiliti all'interno dei suoi tre pilastri principali;

20.

evidenzia il ruolo fondamentale degli enti locali e regionali negli ambiti d'intervento chiave del Piano d'azione Imprenditorialità 2020, ossia l'istruzione e la formazione, l'adozione di prassi amministrative trasparenti, la creazione di un contesto favorevole agli imprenditori e la promozione dell'imprenditorialità;

21.

sottolinea che gli enti locali e regionali di tutti gli Stati membri hanno già adottato numerosi provvedimenti e iniziative importanti nei settori interessati dal piano d'azione;

22.

deplora che non si tenga adeguatamente conto del ruolo degli enti locali e regionali nell'attuazione del piano d'azione, e che in quest'ultimo la dimensione regionale sia citata solo come parte di una rete orizzontale di sostegno alle imprese;

23.

pone l'accento sull'importanza cruciale di coinvolgere gli enti e i soggetti interessati locali e regionali nell'attuazione del piano d'azione, dal momento che tali enti costituiscono il livello di governance più vicino alle PMI e a quanti forniscono sostegno alle imprese, e dato che le PMI sono integrate e attive in mercati regionali e locali;

24.

insiste sul ruolo centrale degli enti locali e regionali nel dare l'impulso organizzativo e politico capace di creare le sinergie per una cooperazione tra soggetti che si iscrivono in un contesto regionale quali camere di commercio e dell'artigianato, organizzazioni professionali, centri e parchi tecnologici, incubatori di imprese, università, cluster (raggruppamenti) o altri soggetti che siano partner idonei per aiutare le PMI, le aziende appena avviate, le start-up a crescita rapida e altre iniziative a realizzare i loro progetti;

25.

sottolinea che è compito dei soggetti locali e regionali elaborare le strategie imprenditoriali regionali, che nell'ambito delle prossime prospettive finanziarie dell'UE possono beneficiare di un sostegno rafforzato rispetto al passato, in particolare a titolo dei fondi strutturali;

26.

fa presente che sono necessari un intervento e un sostegno più cospicui da parte dei poteri pubblici per quanto concerne l'erogazione di beni e servizi pubblici e l'offerta di informazioni, consulenza e finanziamenti a favore di PMI e start-up innovative anche nel campo dello sviluppo gestionale e della formazione alla gestione, in particolare per quanto riguarda la pianificazione, la strategia e il marketing finanziari destinati agli imprenditori che creano imprese di questo tipo;

27.

ritiene che parecchie banche debbano migliorare il loro approccio e le loro procedure in materia di valutazione del rischio d'impresa e di finanziamento di start-up e PMI: un tale obiettivo dovrebbe anzi essere considerato prioritario laddove i poteri pubblici continuino a fornire sostegno al settore bancario;

28.

rileva che il premio Regione imprenditoriale europea (EER), che il Comitato delle regioni assegna dal 2010, può servire come punto di riferimento in Europa per l'elaborazione e l'attuazione di politiche favorevoli all'imprenditoria, oltre che per un sostegno su misura destinato alle PMI e alle strategie lungimiranti. L'EER può inoltre aiutare a sviluppare partenariati locali e regionali per lo Small Business Act a favore dei «partenariati imprenditoriali», contribuendo così a raggiungere gli obiettivi del piano d'azione e quelli del programma per la competitività delle imprese e le PMI (programma COSME);

29.

nel riconoscere il ruolo fondamentale del settore delle PMI quale principale volano della creazione di occupazione e della crescita economica in Europa (ad esso si deve l'85 % dei nuovi posti di lavoro netti creati nell'UE tra il 2002 e il 2010), evidenzia la difficoltà per gli enti locali e regionali di coinvolgere le PMI, mettere a punto un'assistenza su misura per la vasta e differenziata tipologia di aziende del settore — in particolare le microimprese — e offrire loro misure di sostegno di qualità;

30.

riconosce che, benché gli enti locali e regionali abbiano una funzione essenziale nel rimuovere gli ostacoli all'imprenditorialità, l'UE ha una parte importante in tale processo poiché agevola il funzionamento del mercato unico e migliora il contesto in cui operano le imprese;

31.

nel riconoscere la rilevanza del piano d'azione, insiste sull'importanza che le autorità sovranazionali, nazionali e soprattutto regionali e locali coordinino le loro azioni per realizzare con successo gli obiettivi del piano;

32.

considerato il carattere orizzontale e trasversale dei progetti di promozione dell'imprenditorialità, pone l'accento sulla necessità di una cooperazione rafforzata tra le varie direzioni generali della Commissione europea;

33.

alla luce di quanto sopra, esorta la Commissione ad assicurare una totale complementarità tra i vari programmi di finanziamento dell'UE destinati alle imprese, in particolare tra il programma COSME, i fondi strutturali e il programma Orizzonte 2020, per sfruttare le sinergie in modo ottimale ed evitare sovrapposizioni poco proficue;

34.

nel sottolineare che gli eventuali doppioni potrebbero rivelarsi inefficienti e inefficaci, invita a razionalizzare e coordinare le misure strategiche attuate ai diversi livelli di governance;

35.

trattandosi di un punto di notevole importanza, chiede informazioni più dettagliate sui finanziamenti specifici destinati alla realizzazione delle singole azioni proposte;

36.

si rammarica che la comunicazione non prenda in considerazione le particolarità dovute all'eterogeneità delle culture e degli ecosistemi imprenditoriali delle varie regioni europee, caratterizzate da notevoli differenze soprattutto tra «vecchi» e «nuovi» Stati membri dell'UE, tra regioni metropolitane ed extrametropolitane e tra regioni centrali e regioni periferiche;

37.

esorta gli enti locali e regionali a interessarsi maggiormente alla promozione della dinamica d'impresa e ad incentivare la crescita sostenibile grazie alla presenza di aziende innovative nei rispettivi territori;

38.

sottolinea le misure volte a mettere in pratica la scoperta imprenditoriale, definita come uno dei fondamenti dell'uso dei fondi strutturali e della specializzazione intelligente;

39.

sollecita gli enti regionali e locali a definire i loro programmi operativi in modo tale da prevedere anticipatamente provvedimenti mirati intesi a promuovere gli obiettivi del piano d'azione e a far sì che i partenariati legati ai fondi strutturali tengano conto della diversità e della parità di genere;

40.

rileva che il marchio attribuito dal Comitato delle regioni con il premio Regione imprenditoriale europea (EER) costituisce un buon esempio, poiché dimostra che le regioni sono in grado di elaborare strategie lungimiranti con un'attenzione particolare all'imprenditorialità e un sostegno su misura per le PMI onde affrontare in modo più efficace le proprie sfide, sia quelle comuni che quelle relative ai singoli territori;

41.

fa osservare che tutte le regioni insignite del premio EER (nel periodo 2011-2013) hanno avviato nuove, interessanti misure o ampliato quelle già esistenti per dare forma alle loro politiche economiche regionali;

42.

chiede che la «rete EER» venga sviluppata, un'azione per la quale uno dei canali appropriati di cui avvalersi è il programma per la competitività delle imprese e le piccole e medie imprese COSME, un'iniziativa di punta della Commissione europea per il periodo 2014-2020;

43.

chiede che vengano attuati gli obiettivi stabiliti dal programma COSME, il quale è teso ad agevolare l'accesso delle PMI ai finanziamenti, realizzare un contesto propizio alla creazione di imprese e alla loro crescita, promuovere una cultura imprenditoriale in Europa, rafforzare la competitività sostenibile delle aziende europee, aiutare le piccole imprese ad essere presenti anche al di fuori dei confini nazionali e migliorare il loro accesso ai mercati;

44.

plaude all'intenzione della Commissione di snellire la gestione di COSME rispetto a quella dei programmi precedenti che l'hanno preceduto, come il programma quadro per la competitività e l'innovazione 2007-2013 (CIP), al fine di ridurre i costi amministrativi, per concentrarsi invece sulla definizione di misure di sostegno migliori per le imprese;

45.

chiede di essere invitato alle future riunioni del comitato di gestione del programma COSME;

46.

sottolinea che il piano d'azione dovrebbe essere incentrato sul quadro strategico generale, e deplora che la Commissione sembri considerare la problematica delle imprese prevalentemente come una sfida di ordine quantitativo (consistente cioè nell'incrementare il numero di imprese);

47.

sottolinea le misure che possono accrescere in modo rilevante l'attività di avviamento di impresa legata alle università e ad altri centri di istruzione. Uno strumento essenziale consiste nella modellazione di pratiche considerate ottimali secondo modalità che ne consentano l'utilizzazione in tutta l'UE;

48.

sottolinea che imprese innovative e concorrenziali sono un fattore chiave per la crescita economica e che occorre inoltre incoraggiare in modo particolare una più forte ambizione delle aziende a crescere e diventare competitive sui mercati internazionali. Incentivare l'espansione di aziende efficienti è indispensabile se vogliamo che le regioni meno sviluppate recuperino il loro ritardo (convergenza) e che le regioni più avanzate preservino la loro competitività a livello internazionale;

49.

sottolinea con preoccupazione che, a causa dell'evoluzione demografica, molti imprenditori a capo di aziende familiari che nei prossimi anni raggiungeranno l'età pensionabile non sempre riusciranno a trovare un successore in grado di rilevare la loro impresa, il che potrebbe mettere a repentaglio il futuro sia dell'azienda che di quanti vi lavorano;

50.

ritiene che per promuovere la dimensione internazionale delle imprese sia necessario migliorare la conoscenza delle lingue straniere non solo degli imprenditori, ma anche degli studenti e degli scolari nonché sensibilizzare maggiormente in merito alle opportunità offerte sia dal mercato unico dell'UE che dal mercato globale;

51.

ribadisce che i finanziamenti dell'UE dovrebbero essere utilizzati anche per contribuire all'adozione del modello dell'apprendistato nell'imprenditoria. Il trasferimento di conoscenze tra generazioni crea un rilevante valore aggiunto, perché i più anziani possono trasmettere modi di vedere e conoscenze, mentre i giovani contribuiscono con idee nuove ed entusiasmo. Il modello dell'apprendistato funziona quindi nelle due direzioni (3);

52.

fa presente che i soggetti che forniscono assistenza alle imprese a livello locale e regionale dovrebbero intensificare la loro azione affinché le PMI possano trarre vantaggio da tutte le potenzialità del mercato unico europeo; sottolinea in proposito l'esigenza di proseguire le attività della rete Enterprise Europe;

53.

rileva che altri attori regionali — ad esempio i soggetti che forniscono assistenza alle imprese, le università, i centri per il trasferimento di tecnologie, i cluster, ecc. — dovrebbero dare una nuova forma al loro impegno nel contesto dello sviluppo regionale, allo scopo di individuare i migliori modelli di cooperazione possibili che consentano alle imprese delle loro regioni di ricevere un'assistenza professionale e globale utile per conquistare nuovi mercati;

54.

conviene che, a prescindere da una cooperazione o partenariati forti, le regioni dell'UE devono essere in grado di definire il proprio potenziale di crescita e di dare impulso all'innovazione in settori sia ad alta che a bassa tecnologia, elaborando ad esempio strategie di specializzazione intelligente conformemente a specifiche condizioni preliminari stabilite a livello interregionale;

55.

riconosce che nel caso di alcune regioni europee le tecnologie abilitanti fondamentali (i materiali avanzati, la nanotecnologia, la micro e la nanoelettronica, la biotecnologia e la fotonica) potrebbero costituire importantissimi motori di crescita e incremento dell'occupazione. Questi comparti tecnologici formano parte integrante del processo di transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio e basata sulla conoscenza, e gli imprenditori attivi in tali settori potrebbero dare un contributo rilevante nel fronteggiare le attuali sfide socioculturali e nel modernizzare l'industria europea;

56.

sottolinea che, accanto all'imprenditoria tradizionale, occorrerebbe accelerare le misure grazie alle quali in ogni Stato membro sia possibile incrementare in misura significativa l'imprenditorialità accademica dei dottorandi e di quanti hanno conseguito un dottorato;

57.

sottolinea che negli ambiti interessati dal piano d'azione l'UE gode di competenze di sostegno, fatto salvo il principio di sussidiarietà. Insiste sul fatto che il piano d'azione prevede un regime a cui gli enti locali e regionali possono partecipare su base volontaria;

58.

riconosce che gli interventi proposti puntano specificamente a rimediare a carenze delle politiche e disfunzioni del mercato, quali le asimmetrie nell'informazione, che possono essere affrontati unicamente a livello dell'UE, e che di conseguenza sono conformi al Trattato di Lisbona;

59.

riconosce che il piano d'azione è conforme al principio di proporzionalità. Le dimensioni e la portata dell'azione prevista dovrebbero generare ricadute positive grazie a effetti di accumulo e moltiplicatori mirati a specifiche disfunzioni del mercato.

Promuovere l'istruzione e la formazione all'imprenditorialità

60.

rileva che l'UE dovrebbe presentare ai giovani l'attività di imprenditore come un percorso professionale valido e promettente per il loro futuro, rilanciando così lo spirito imprenditoriale;

61.

sottolinea che gli enti locali e regionali hanno competenze in materia di promozione dell'istruzione, anche per quanto concerne l'introduzione di aspetti legati all'imprenditorialità;

62.

insiste sull'esigenza di riconoscere la capacità degli enti locali e regionali di promuovere l'imprenditorialità;

63.

invita le organizzazioni responsabili della formazione e i sistemi scolastici locali e regionali ad offrire opportunità di formazione più mirate, di tipo sia formale che informale, in materia di sviluppo imprenditoriale e creazione di imprese destinate a gruppi specifici;

64.

pone l'accento sull'importanza del quadro di riferimento europeo sulle competenze chiave, che ha riconosciuto il grande valore dell'educazione all'imprenditorialità accanto alla matematica, alle tecniche di risoluzione dei problemi, alla comunicazione, alla conoscenza delle lingue e ad altre competenze;

65.

chiede alla Commissione di promuovere l'apprendimento dell'imprenditorialità nell'insegnamento generale e superiore, mettendo l'accento sull'acquisizione di competenze pratiche e sull'apprendimento informale tra imprenditori, studenti e scolari;

66.

esorta gli enti locali e regionali ad introdurre programmi di istruzione e di formazione all'imprenditorialità o a migliorare la qualità di quelli già disponibili;

67.

sottolinea l'importanza di adottare programmi di sensibilizzazione all'imprenditorialità e di rafforzamento delle competenze fin dall'insegnamento primario per stimolare il potenziale innovativo e la tendenza alla sperimentazione della giovane generazione;

68.

ritiene che gli enti locali e regionali abbiano le capacità per avviare questi programmi educativi, che rafforzerebbero lo spirito imprenditoriale dei giovani in ambiti di attività prettamente regionali, contribuendo così alla crescita di quel settore economico specifico e allo sviluppo dell'intera regione;

69.

pone l'accento sull'importanza di un dialogo tra gli imprenditori che hanno appena avviato un'attività e gli aspiranti imprenditori, come quello promosso nel quadro del programma europeo Erasmus Giovani imprenditori;

70.

fa presente che alcune regioni insignite del marchio EER sono già seriamente impegnate in questo programma, che ha prodotto risultati molto incoraggianti per gli imprenditori partecipanti. Il programma offre ai futuri imprenditori una formazione all'interno di PMI consolidate, e così facendo consente agli imprenditori più esperti di beneficiare della presenza in azienda di (futuri) imprenditori giovani e motivati che guardano con occhi nuovi ad alcune delle loro sfide quotidiane (nel campo della produzione o dei processi utilizzati). Questo tipo di scambi offre quindi un forte potenziale di incremento della capacità di innovazione per le aziende partecipanti;

71.

sottolinea l'importanza di promuovere maggiormente l'imprenditoria sociale come valida alternativa alle forme tradizionali di attività d'impresa, che siano con o senza fini di lucro. Le attività dell'imprenditoria sociale possono essere molto gratificanti, soprattutto se si considera che il perdurare della crisi finanziaria ed economica richiede attività imprenditoriali più sostenibili.

Creare un contesto in cui gli imprenditori possano prosperare e crescere

72.

riconosce che le aziende e i futuri imprenditori dovrebbero conoscere meglio le opportunità offerte dal mercato unico per poterne fruire;

73.

invita la Commissione e gli Stati membri ad un'azione efficace nell'abbattere le barriere che tuttora ostacolano l'imprenditorialità, come indicato nel secondo pilastro del piano d'azione; inoltre, ritiene che i sistemi di sicurezza sociale non dovrebbero discriminare né gli imprenditori né i lavoratori autonomi;

74.

fa osservare che per creare un ambiente favorevole allo sviluppo delle imprese, gli enti pubblici devono investire nelle infrastrutture di qualità, vuoi nel settore dei trasporti vuoi nel digitale, e per questo hanno bisogno di un sostegno da parte dell'UE;

75.

è consapevole che, in particolare nei prossimi anni, parecchie centinaia di migliaia di proprietari di aziende europee anziani saranno costretti a chiudere la loro impresa o a cederla alla generazione più giovane; sarà quindi necessario mettere in atto delle strategie di successione aziendale, oltre a suscitare una più diffusa attenzione verso questo problema; a tale proposito, il Comitato delle regioni ribadisce la richiesta, già formulata nel parere sugli aiuti di Stato a finalità regionale (4), di rendere la ripresa di attività ammissibile agli aiuti in forza degli orientamenti in materia di ASFR;

76.

conviene che occorre semplificare le procedure fallimentari per offrire agli imprenditori una seconda opportunità.

Promuovere modelli di ruolo e lo spirito imprenditoriale tra gruppi specifici di destinatari

77.

considera essenziale proseguire nell'eliminazione degli adempimenti burocratici richiesti per l'avviamento, l'espansione o lo stabilimento delle imprese;

78.

appoggia l'idea di promuovere l'imprenditorialità presso gruppi di destinatari ben precisi, tenendo conto delle specifiche sfide incontrate;

79.

mette in risalto il ruolo fondamentale degli imprenditori più anziani per l'economia dell'UE e sottolinea che, visti gli andamenti demografici osservati, esso diventerà probabilmente ancora più importante;

80.

esprime apprezzamento per il fatto che il piano d'azione considera il ruolo che svolgono gli anziani una preziosa risorsa per l'imprenditoria europea, e che esso consente quindi potenziali sinergie con le politiche sociali volte ad incrementare l'attività economica tra gli ultracinquantenni;

81.

sottolinea che i dipendenti anziani, considerata la loro lunga esperienza lavorativa, sono una fonte preziosa di conoscenze e possono quindi avere un ruolo essenziale nell'aiutare una nuova generazione di imprenditori ad avviare le loro aziende o a consolidarle;

82.

conviene che i soggetti che forniscono assistenza alle imprese a livello locale e regionale devono individuare nuovi modelli lavorativi che consentano ai lavoratori anziani di rimanere in attività qualora lo desiderino, e contribuiscano ad aumentare l'occupabilità sia degli studenti che degli imprenditori con aziende appena avviate (grazie a programmi di tutoraggio);

83.

raccomanda al riguardo di incentivare un atteggiamento favorevole all'invecchiamento attivo nelle nostre società, poiché quest'ultimo non va a vantaggio dei soli diretti interessati, ma può anche generare crescita e innovazione. I responsabili decisionali locali e regionali potrebbero ulteriormente esplorare e promuovere le preziose opportunità offerte dalla cosiddetta silver economy (attività economiche legate alla fascia di popolazione più anziana), la quale dipenderà in larga misura da un cambiamento di mentalità verso politiche più attente agli aspetti legati all'età;

84.

rileva che alcune regioni europee si rivolgono già a gruppi specifici di destinatari di cui intendono incrementare il potenziale imprenditoriale, e invita le altre regioni a fare tesoro delle conoscenze da queste acquisite; un buon esempio in questo campo è il programma Principi Attivi della regione Puglia.

Rafforzare il potenziale di innovazione dell'Europa grazie all'imprenditorialità

85.

concorda che l'economia verde presenta un notevole potenziale di innovazione, che le PMI europee potrebbero prefiggersi di sfruttare con maggiore efficacia;

86.

rammenta il ruolo importante che possono svolgere gli incubatori d'impresa, le iniziative legate ai cluster e i cluster stessi nell'agevolare il trasferimento di know-how scientifico e la diffusione di conoscenze utili per l'economia reale, come pure nel potenziare la base di competitività delle economie regionali e la loro capacità d'influenza; incoraggia inoltre la commercializzazione delle conoscenze scientifiche;

87.

sottolinea che in numerose regioni insignite del marchio EER si osservano esempi promettenti di iniziative di cluster e incubatori di nuove imprese che hanno generato nuovi prodotti e servizi provvisti di un potenziale di crescita. Tra gli esempi di iniziative che hanno avuto successo si possono citare il cluster Eco World Styria (regione cui è stato assegnato il premio EER 2013), il parco scientifico Potsdam-Golm nel Land Brandeburgo (vincitore del premio EER 2011) o il parco scientifico con incubatore d'impresa della regione di Murcia (anch'essa insignita del premio EER 2011);

88.

accoglie con favore il potenziamento della rete Enterprise Europe e l'incremento dei fondi assegnati all'obiettivo specifico «Migliorare l'accesso ai mercati», sostenuto dalla rete;

89.

invita tutti gli attori regionali interessati a disporre di loro rappresentanti in seno alla rete Enterprise Europe al fine di coinvolgere l'intero e variegato spettro delle PMI e di costruire relazioni più forti.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Parere del CdR dell'11 aprile 2013, CDR2255-2012_00_00_TRA_AC, punto 18.

(2)  Parere del CdR del 31 gennaio 2013, CDR2232-2012_00_00_TRA_AC, punto 45.

(3)  CdR 14/2012 fin, ECOS-V-025, punto 64.

(4)  Parere del CdR del 31 gennaio 2013, CDR 2232-2012_00__TRA_AC, punto 49.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/75


Parere del Comitato delle regioni «Libro verde — Il finanziamento a lungo termine dell'economia europea»

2013/C 356/13

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie con favore la tempestiva pubblicazione del Libro verde della Commissione europea Il finanziamento a lungo termine dell'economia europea e si compiace del fatto che, in vista del futuro sviluppo dell'UE, venga avviato un ampio dibattito, sotto forma di consultazione, sui modi per migliorare l'offerta di finanziamenti a lungo termine, nonché per rafforzare e diversificare il sistema di finanziamento degli investimenti a lungo termine in Europa;

concorda con la Commissione sul fatto che la crisi finanziaria abbia ridotto la capacità del settore finanziario di incanalare i risparmi verso gli investimenti a lungo termine, e che in particolare la stessa crisi finanziaria e l'attuale situazione di debolezza macroeconomica abbiano creato un clima di incertezza e di avversione al rischio, soprattutto negli Stati membri in difficoltà finanziarie;

si dichiara preoccupato per la scarsa considerazione accordata alle specificità dei livelli locale e regionale nell'ambito delle offerte per i finanziamenti a lungo termine e delle misure specifiche a favore degli investimenti a lungo termine;

si rammarica che l'UE abbia limitato la concorrenza e il margine d'azione dei governi in determinati settori di investimento di particolare rilievo per gli enti locali e regionali. L'eccessiva lungaggine e complessità dei processi di coordinamento e delle procedure di autorizzazione compromette la competitività europea sul mercato globale, rendendo altre regioni del mondo più attrattive agli occhi degli investitori.

Relatore

Uno SILBERG (EE/AE), membro del consiglio comunale di Kose

Testo di riferimento

Libro verde — Il finanziamento a lungo termine dell'economia europea

COM(2013) 150 final

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI

Crescita intelligente e inclusiva

1.

accoglie con favore la tempestiva pubblicazione del Libro verde della Commissione europea Il finanziamento a lungo termine dell'economia europea e si compiace del fatto che, in vista del futuro sviluppo dell'UE, venga avviato un ampio dibattito, sotto forma di consultazione, sui modi per migliorare l'offerta di finanziamenti a lungo termine, nonché per rafforzare e diversificare il sistema di finanziamento degli investimenti a lungo termine in Europa;

2.

concorda con la Commissione sul fatto che la crisi finanziaria abbia ridotto la capacità del settore finanziario di incanalare i risparmi verso gli investimenti a lungo termine, e che in particolare la stessa crisi finanziaria e l'attuale situazione di debolezza macroeconomica abbiano creato un clima di incertezza e di avversione al rischio, soprattutto negli Stati membri in difficoltà finanziarie;

3.

condivide la posizione della Commissione, secondo cui il compito più urgente per l'Europa è far sì che l'UE riprenda a crescere in maniera intelligente, sostenibile e inclusiva. Allo stesso tempo, occorre garantire che le specificità locali e regionali siano tenute maggiormente in considerazione, così come le sfide affrontate dalle PMI;

4.

sottolinea che per superare la crisi economica, far fronte alle nuove sfide, nonché fissare e realizzare obiettivi comuni è essenziale garantire in particolare un'ampia collaborazione reciproca, basata sui principi della sussidiarietà e della proporzionalità, tra le istituzioni UE, gli Stati membri, le città e le regioni, gli enti locali e regionali, così come i vari gruppi di interesse;

5.

ritiene che un aumento del valore aggiunto medio delle imprese dei settori della produzione che operano in rami dell'economia ad elevata intensità occupazionale, potrebbe imprimere un effettivo impulso alla crescita economica. La promozione di tali imprese attraverso l'innovazione e la semplificazione delle condizioni per il loro accesso al capitale potrebbe avere effetti positivi considerevoli sull'intera economia;

6.

segnala che le attività basate sulla conoscenza delle più grandi aziende mondiali (quotate in borsa con l'indice S&P 500) rappresentano già l'80 % del valore delle imprese. I motori di crescita si situano principalmente nei settori economici con il maggiore potenziale di crescita a livello mondiale: l'economia verde, l'agricoltura (incluso l'utilizzo efficiente delle risorse biologiche locali e la bio-economia), l'«economia d'argento», la fornitura di prodotti e servizi nei settori della sanità e del sociale, l'utilizzo di soluzioni informatiche e il ricorso all'industria creativa in determinati ambiti economici e della vita quotidiana. Negli Stati Uniti, ad esempio, gran parte (60 % circa) dei nuovi posti di lavoro che saranno creati nei prossimi 10 anni potrebbe essere legata a prodotti o servizi che ancora non esistono. Grazie alle soluzioni informatiche, il vantaggio economico derivante dall'utilizzo o dal riuso delle informazioni del settore pubblico potrebbe determinare un aumento del PIL di 140 miliardi di euro all'anno (1);

7.

rammenta i precedenti pareri elaborati dal Comitato delle regioni su temi collegati: Sinergie tra investimenti privati e finanziamenti pubblici a livello locale e regionale  (2); Mobilitare gli investimenti pubblici e privati per la ripresa e i cambiamenti strutturali a lungo termine: sviluppare i partenariati pubblico-privati  (3); Programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (2014-2020)  (4); Creare maggiori sinergie tra il bilancio dell'UE e i bilanci nazionali e subnazionali  (5); Il ruolo delle autorità locali e regionali nel promuovere la crescita e rafforzare la creazione di posti di lavoro  (6).

II.   OSSERVAZIONI DEL COMITATO DELLE REGIONI

L'offerta di finanziamento a lungo termine e le caratteristiche degli investimenti a lungo termine

8.

concorda con l'analisi della Commissione europea, dalla quale emerge essenzialmente che gli investitori non dispongono di alcuna certezza giuridica, sono molto prudenti nei loro investimenti e privilegiano forme di investimento più liquide e a breve termine, in particolare in oggetti di investimento privati. Gli istituti finanziari volgono spesso il loro sguardo verso i paesi emergenti, caratterizzati da un rapido sviluppo e da un basso livello salariale;

9.

esprime al contempo preoccupazione per il rapido inasprimento della concorrenza internazionale sul mercato del capitale estero, determinato dall'urgenza con cui gli Stati indebitati devono reperire nuove fonti di capitale per poter attivare investimenti che favoriscano la crescita e per servire il debito accumulato sinora. L'attenzione non andrebbe rivolta (o almeno non esclusivamente) ai prestiti, ma anche ad altre fonti di finanziamento;

10.

fa osservare che le città e le regioni svolgono numerosi ruoli differenti sui mercati dei capitali. Esse effettuano direttamente importanti investimenti a lungo termine e svolgono anche il ruolo di investitori più o meno per conto proprio, ad esempio attraverso le aziende municipalizzate o per ragioni di politica industriale. Inoltre le città e le regioni costituiscono esse stesse degli investimenti sui mercati finanziari;

11.

segnala che nel mercato dei capitali il contesto di attività e gli obiettivi del settore pubblico variano sensibilmente da quelli dei soggetti privati. Per esempio le aspettative di redditività degli investimenti, gli orizzonti di investimento e la tolleranza del rischio differiscono sensibilmente tra investitori pubblici e privati. Pertanto, quando sono in discussione gli investimenti a lungo termine, la Commissione dovrebbe dedicare particolare attenzione all'attività del settore pubblico;

12.

si dichiara preoccupato per la scarsa considerazione accordata alle specificità dei livelli locale e regionale nell'ambito delle offerte per i finanziamenti a lungo termine e delle misure specifiche a favore degli investimenti a lungo termine;

13.

si rammarica che l'UE abbia limitato la concorrenza e il margine d'azione dei governi in determinati settori di investimento di particolare rilievo per gli enti locali e regionali. L'eccessiva lungaggine e complessità dei processi di coordinamento e delle procedure di autorizzazione compromette la competitività europea sul mercato globale, rendendo altre regioni del mondo più attrattive agli occhi degli investitori;

14.

chiede che gli investimenti a lungo termine degli enti locali e regionali che creano posti di lavoro, promuovono l'innovazione tecnologica e la crescita verde e sviluppano l'infrastruttura dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni siano favoriti e incoraggiati, anche in un periodo difficile sotto il profilo economico.

Migliorare il finanziamento a lungo termine dell'economia europea — Capacità degli istituti finanziari di incanalare il finanziamento a lungo termine — Banche commerciali

15.

ricorda che le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2012 (7) sottolineano che «le possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell'UE per equilibrare la necessità di investimenti pubblici produttivi con gli obiettivi della disciplina di bilancio potranno essere sfruttate nel braccio preventivo del patto [di stabilità e di crescita] stesso». In tale contesto, ribadisce l'auspicio che il Patto di stabilità venga riveduto in modo tale da tenere distinta la spesa corrente da quella per gli investimenti nel calcolo del disavanzo di bilancio, per evitare di ostacolare gli investimenti pubblici che apportano benefici netti a lungo termine;

16.

esprime la propria soddisfazione per il fatto che le banche stiano riacquistando gradualmente la capacità di incanalare risorse finanziarie in finanziamenti a lungo termine; per quanto riguarda invece gli investimenti a livello locale, le condizioni di concessione dei finanziamenti risultano a tutt'oggi alquanto insoddisfacenti.

Banche di sviluppo nazionali e multilaterali e incentivi al finanziamento

17.

ritiene importante che le banche di sviluppo nazionali e multilaterali a) sostengano gli investimenti strategici, in particolare nel settore delle infrastrutture e dell'approvvigionamento energetico; b) conducano una politica finanziaria anticiclica, vale a dire trattengano le risorse finanziarie in tempi di crescita economica e aumentino considerevolmente gli investimenti soprattutto in un momento di profonda crisi economica;

18.

condivide la posizione secondo cui andrebbe evitato a livello UE un consolidamento eccessivo delle banche; tuttavia, ritiene auspicabile intensificare ulteriormente la cooperazione allo scopo di far convergere i finanziamenti disponibili verso la realizzazione di investimenti a livello locale e regionale;

19.

si dichiara favorevole, nel caso di investimenti che promuovano una crescita economica sostenibile, ad abbinare i controlli con delle scadenze più larghe, e chiede che i piani di investimento temporanei vengano portati avanti. I prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti consentirebbero inoltre di garantire anche la sostenibilità a livello locale e regionale nel lungo periodo;

20.

è dell'avviso che gli investimenti a lungo termine a livello locale e regionale possano essere sostenuti non solo con strumenti e quadri politici, ma anche snellendo la burocrazia, potenziando la comunicazione online e accelerando in maniera sostanziale il processo decisionale.

Investitori istituzionali

21.

concorda sul fatto che gli investitori istituzionali svolgono un ruolo essenziale nel finanziamento a lungo termine e che la direttiva «Solvibilità II» vada rispettata. Il ruolo di tali investitori acquista sicuramente un'importanza sempre maggiore con l'aumentare delle somme investite. In questo contesto, occorre garantire che i capitali disponibili vengano investiti nell'economia dell'UE, e non in quella asiatica o di altre regioni del mondo.

Gli effetti combinati della riforma regolamentare sugli istituti finanziari

22.

pone in evidenza il fatto che le attuali e future riforme delle norme prudenziali produrranno effetti cumulativi a lungo termine. A questo stadio, la regolamentazione deve essere sottoposta a una riflessione particolarmente approfondita e, nel corso degli anni, andranno monitorate da vicino le sue possibili conseguenze, anche a livello locale e regionale.

L'efficienza e l'efficacia dei mercati finanziari nell'offrire strumenti di finanziamento a lungo termine

23.

segnala che il finanziamento degli investimenti a lungo termine sul mercato dei capitali in Europa può essere migliorato rafforzando il mercato interno dei capitali e le infrastrutture, sostenendo le istituzioni finanziarie locali e regionali nonché garantendo un'effettiva tutela degli investitori; inoltre, andrebbero coinvolti i fondi pensione che investono nello sviluppo locale e regionale;

24.

reputa necessario sviluppare ulteriori prodotti d'investimento o pacchetti di investimenti potenziali (come ad esempio progetti stradali/di infrastrutture) più favorevoli ad investimenti diretti da parte dei fondi pensione;

25.

ritiene che la produttività sul luogo di lavoro vada aumentata con urgenza. Essa deve adeguarsi continuamente a un ambiente economico in costante mutamento. In tale ambiente può risultare utile che i lavoratori possano e vogliano fungere al contempo anche da azionisti e/o investitori, interessati a che l'impresa in cui operano sia oggetto di investimenti a lungo termine. Nel caso degli investimenti locali, soprattutto nei settori dell'energia e dell'ambiente, è indispensabile istituire sistemi di investimento all'interno dei quali la comunità locale e regionale possa figurare come attore finanziario e non solo come consumatore;

26.

sottolinea che il fatto che i lavoratori siano al contempo anche azionisti e investitori può eventualmente favorire il cambiamento e lo sviluppo locale nella misura in cui i lavoratori stessi lo desiderino e la struttura del mercato lo consenta. La modifica delle norme contabili e una maggiore trasparenza possono eventualmente incoraggiare i lavoratori a tale partecipazione;

27.

è convinto che occorra coinvolgere maggiormente le microimprese e le PMI, migliorare la trasparenza delle piattaforme di negoziazione e coinvolgere gli investitori. La quota del mercato obbligazionario esterna al settore finanziario andrebbe aumentata e l'accesso al mercato andrebbe agevolato per le obbligazioni delle PMI;

28.

sottolinea che il mercato delle cartolarizzazioni dell'UE può essere rivitalizzato controllando il modo in cui gli istituti finanziari utilizzano i capitali e assicurando, con l'applicazione di metodi di valutazione omogenei e trasparenti, che possa essere preso in considerazione soltanto il capitale debitamente garantito. L'attuazione di queste misure dovrebbe liberare capitali che potrebbero essere destinati agli investimenti; al contempo, occorre garantire la liquidità del mercato delle obbligazioni dei progetti per le PMI.

Fattori trasversali che consentono risparmi e finanziamento a lungo termine

29.

ritiene che la creazione di vari modelli di conto specifico di risparmio all'interno dell'UE e i loro possibili vantaggi siano aspetti legati alle modalità con cui garantire i rendimenti sui risparmi;

30.

teme che un conto di risparmio europeo obbligatorio, o parzialmente obbligatorio, possa essere rifiutato categoricamente in vari Stati membri e che la sottoscrizione di un conto simile su base volontaria non susciti grande interesse nell'opinione pubblica. Nella scelta di un modello di conto specifico di risparmio nell'UE andrebbero assolutamente privilegiati i modelli maggiormente atti a ristabilire la fiducia scalfita e a contribuire al conseguimento a livello locale e regionale degli obiettivi della strategia Europa 2020 in materia di occupazione e di crescita.

Tassazione

31.

ritiene auspicabile prendere in considerazione l'adozione di un approccio coordinato a livello europeo in merito all'applicazione di aliquote più basse per gli investimenti di capitale;

32.

ritiene che, nell'ottica dei giusti incentivi al risparmio a lungo termine, si debba riflettere sull'introduzione a livello nazionale di agevolazioni fiscali capaci di stimolare un rapido reinvestimento degli utili, investimenti a lungo termine, nonché investimenti di capitale nelle microimprese e nelle PMI. In questo contesto, sarebbe utile operare una distinzione tra redditi da capitale e redditi da altre fonti. Inoltre, si potrebbe considerare la possibilità di scaglionare le aliquote fiscali e di prevedere un'esenzione fiscale per i depositi di risparmio a lungo termine;

33.

propone che la valutazione dei vantaggi per le imprese derivanti dalle agevolazioni riguardo all'imposta sui redditi delle società parta dalle esperienze positive o negative registrate sinora. In alcuni Stati membri, ad esempio, la totalità degli utili continua a essere esente da imposizione, a prescindere se venga reinvestita o meno, mentre soltanto alcuni dei loro utilizzi, che fanno defluire risorse dall'impresa, sono soggetti a imposizione (ad esempio dividendi, agevolazioni particolari o benefici in natura). Secondo le stime, l'aliquota fiscale effettiva si aggira in ultima analisi sul 4-5 %. Un sistema di questo tipo non incentiva gli investimenti a livello locale;

34.

segnala che, in diverse inchieste relative alle decisioni in materia di investimenti, il regime fiscale viene menzionato soltanto al quarto, quinto o sesto posto. Se ne deduce pertanto che entrano in gioco anche altri fattori più importanti, come la disponibilità in loco di forza lavoro con una formazione pertinente, la disponibilità di energia, risorse idriche ecc., nonché i costi di base favorevoli alle imprese, ma anche altri aspetti che potrebbero incidere direttamente o indirettamente sull'attività dell'impresa, come ad esempio la corruzione;

35.

raccomanda di prendere in considerazione la possibilità di non tassare la quota reinvestita degli utili e degli interessi provenienti da investimenti, e di prevedere esenzioni fiscali per progetti di ricerca, sviluppo e ambientali;

36.

è favorevole inoltre a un coordinamento più serrato che consenta di semplificare il sistema di imposta sui redditi delle società, ampliare la base imponibile e ridurre le aliquote fiscali. Le ingerenze dello Stato nell'economia e nella vita delle persone vanno limitate, mentre andrebbe aumentata la responsabilizzazione delle imprese e dei cittadini quanto alla loro situazione economica, promuovendo allo stesso tempo diverse iniziative collettive.

Principi contabili

37.

osserva che i principi contabili del fair value (valore equo) non vengono applicati in tutti gli Stati membri. Essi vengono utilizzati nelle imprese attive contemporaneamente in più paesi dell'UE. Sinora i principi contabili del fair value non hanno prodotto alcuna modifica nel comportamento degli investitori;

38.

nel caso degli investimenti a lungo termine, occorre garantire la stabilità dei principi contabili che si fondano su una valutazione delle attività e delle passività basata sul mercato; inoltre, occorre prevedere misure alternative affinché la scadenza dei finanziamenti a lungo termine non presenti rischi in termini di valore di mercato degli attivi e delle loro fonti.

Governo societario

39.

ritiene che la concessione di vantaggi fiscali per i dividendi porterebbe gli azionisti a propendere per un impegno a più lungo termine. Lo stesso accadrebbe se tra gli azionisti che investono i ricavati dei dividendi a lungo termine venisse distribuita una percentuale maggiore di detto ricavato. Andrebbero inoltre previsti vantaggi fiscali per gli investimenti a lungo termine nello sviluppo locale e regionale;

40.

è dell'avviso che, laddove gli incentivi dei gestori delle attività si trasformano in fattori controproducenti, occorra senz'altro migliorare la trasparenza dei principi contabili al fine di garantire la fiducia tra opinione pubblica, proprietari d'impresa, direzione dell'impresa e dipendenti.

Informazioni e comunicazione

41.

ritiene che, in un quadro di maggiore integrazione delle informazioni di carattere finanziario e non finanziario grazie a cui l'impresa può ottenere una panoramica più chiara sulla propria situazione economica a lungo termine e adottare così decisioni più opportune, non sarebbe comunque giusto rinunciare alle relazioni trimestrali, considerando i ritmi attuali e le possibilità offerte dall'era digitale. Inoltre, tali relazioni consentono di valutare l'alterazione di una situazione prima che si accumulino problemi o che l'eliminazione delle loro conseguenze si riveli decisamente più costosa;

42.

suggerisce di considerare le dimensioni e la portata degli indicatori trimestrali tenendo conto di tutte le possibilità offerte dall'era digitale. Al contempo, è importante che i dati non siano tendenziosi, ma siano oggetto di pubblicazioni oggettive e affidabili nei media specializzati, corredate da sintesi chiare e, se del caso, con il coinvolgimento di esperti o l'aggiunta di una breve analisi;

43.

è dell'avviso che la scienza economica e statistica offrano giù un numero sufficiente di indicatori comparativi a lungo termine, cosa che rende l'applicazione, il controllo e l'analisi degli indicatori già esistenti un'impresa impegnativa. L'utilizzo di nuovi indicatori non appare quindi particolarmente appropriato, a meno che non si reperisca un indicatore o un valore mediano degli indicatori comparativi dal valore informativo particolarmente elevato.

La facilità di accesso delle PMI ai finanziamenti bancari e non bancari

44.

concorda sul fatto che le PMI abbiano minore facilità di accesso ai finanziamenti rispetto alle grandi imprese; ciò è aggravato dal fatto che l'attività delle PMI in vari Stati membri è ostacolata da una normativa per certi aspetti discriminatoria;

45.

propone di riflettere sulla possibilità di istituire una borsa pubblica o un mercato obbligazionario basato su Internet in cui ciascuno possa investire liberamente, e senza l'intermediazione di un agente, nello sviluppo locale o regionale;

46.

raccomanda alle PMI di rivolgersi alle cooperative di credito, alle casse di risparmio immobiliari e ad altre piccole istituzioni finanziarie analoghe come prestatori complementari; nella maggior parte dei paesi est-europei, purtroppo la quota di mercato di tali istituti è molto esigua e il loro sviluppo spesso non viene incentivato nemmeno dall'amministrazione pubblica. In alcuni Stati membri esiste ad esempio una garanzia dei depositi bancari, dalla quale le cooperative di credito sono escluse;

47.

propone che le amministrazioni locali e regionali, le organizzazioni di mutuo beneficio economico, le organizzazioni con un'autorità sulla ricchezza pubblica e le organizzazioni del mercato monetario istituiscano, a livello locale e regionale, delle cooperative in grado di fornire fondi alternativi per finanziamenti locali e regionali a lungo termine;

48.

suggerisce di esaminare le modifiche di legge utili e necessarie al buon funzionamento delle cooperative di credito e di avanzare proposte pertinenti in materia;

49.

ritiene che una tale rete di piccoli istituti finanziari potrebbe rappresentare la soluzione per molti problemi locali e regionali; occorrerebbe inoltre assicurare che alle PMI venga assegnata una percentuale garantita del capitale di rischio. Al contempo, si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di fare un ricorso più massiccio a misure di sostegno al credito;

50.

sottolinea che, a determinate condizioni, la definizione di un quadro regolamentare dell'Unione europea per le forme alternative di finanziamento non bancario destinato alle PMI risulterebbe senz'altro benefica per lo sviluppo locale e regionale, dato che l'attuale quadro giuridico, piuttosto che favorire le PMI, le limita.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Commissione europea, informazioni del settore pubblico — Dati provvisori sui nuovi servizi e prodotti (http://bit.ly/wa4AR).

(2)  CdR 272/2013.

(3)  CdR 21/2010.

(4)  CdR 98/2012.

(5)  CdR 1778/2012.

(6)  CdR 1186/2012.

(7)  Conclusioni del Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre 2012, I. Politica economica, punto 2.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/80


Parere del Comitato delle regioni «Lo sviluppo sostenibile delle zone rurali»

2013/C 356/14

IL COMITATO DELLE REGIONI

ribadisce che, se è vero che le regioni prevalentemente rurali stanno in parte recuperando il ritardo accumulato, tuttavia il loro livello di sviluppo resta notevolmente al di sotto della media dell'UE;

deplora che, rispetto alle prospettive finanziarie 2007-2013, le risorse assegnate allo sviluppo delle zone rurali siano state considerevolmente ridotte;

fa notare che è attualmente al vaglio la possibilità di estendere l'ambito d'intervento del secondo pilastro della PAC, ed esprime il suo rammarico per questa prospettiva, che avrebbe il solo effetto di ridurre ulteriormente le risorse destinate al sostegno dell'infrastruttura tecnica e sociale nelle zone rurali;

osserva che assegnare al programma Leader una quota minima pari al 5 % delle risorse finanziarie del FEASR non è sufficiente per stimolare l'economia rurale;

ritiene giustificata un'ampia e diretta cooperazione tra i comuni rurali situati in zone funzionali, in particolare ai fini della preparazione di una strategia di negoziazione nei confronti delle città situate in tali zone;

riconosce che le strategie di sviluppo di queste zone dovrebbero delineare un quadro pluriennale che copra un periodo di almeno una dozzina d'anni;

chiede una mappatura sistematica e completa delle aree di povertà nelle zone rurali (almeno al livello NUTS 3), allo scopo di utilizzare in modo più efficace le risorse disponibili per la lotta contro l'emarginazione sociale;

reputa che la futura politica europea di sviluppo rurale dovrebbe:

essere compatibile con la sostenibilità delle zone rurali,

riconoscere che tali zone offrono prospettive di sviluppo e possono svolgere un ruolo cruciale nell'affrontare le sfide che attendono l'Europa,

riconoscere che la diversità delle zone rurali europee è un fattore importante di cui tener conto nell'affrontare le sfide future,

essere chiara e trasparente, così da essere più ampiamente accettata,

far leva sulla diversità regionale per realizzare un obiettivo europeo condiviso, in modo che nessuna regione venga abbandonata a se stessa.

Relatore

Jerzy ZAJĄKAŁA (PL/AE), sindaco di Łubianka

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

L'importanza della vitalità delle zone rurali

1.

osserva che, secondo gli ultimi dati Eurostat, oltre il 23 % della popolazione dell'UE vive in zone esclusivamente rurali, e un altro 35 % in zone intermedie. Richiama inoltre l'attenzione sul fatto che, in alcuni paesi dell'UE, la quota di popolazione che abita in zone esclusivamente rurali è significativamente più alta: è il caso di ben 17 Stati membri dell'UE-27, tra cui Irlanda (73 %), Slovacchia (50 %), Estonia (48 %), Romania (46 %), Finlandia, Grecia, Lituania e Danimarca (43 %);

2.

sottolinea che le zone rurali racchiudono un grande potenziale in termini di risorse umane (culturali e sociali), ambiente naturale e biodiversità, nonché di materie prime e altre risorse economiche, che sono di particolare rilievo per la vita sociale dell'Unione europea e il suo sviluppo. In tale contesto, riconosce la particolare importanza delle misure intese a preservare la vitalità delle zone rurali in campo sociale, culturale, naturalistico, ambientale ed economico;

3.

richiama l'attenzione sul fatto che le zone rurali presentano una notevole diversità. Alcune di esse sono afflitte dal problema dello spopolamento, e si trovano quindi ad affrontare le gravi difficoltà che ne derivano, mentre altre, perlopiù situate nei dintorni delle città, devono far fronte a una crescente domanda di terreni e a una sempre maggiore pressione demografica. Alcune di esse sono ancora alle prese con la grave recessione causata dalla crisi economica generale, che colpisce anche l'agricoltura, mentre altre stanno conseguendo un sempre maggiore successo grazie al turismo e alla qualità del loro ambiente naturale;

4.

esprime preoccupazione per il drastico calo della popolazione e l'aumento della sua età media in ampie parti dello spazio rurale europeo. Per garantire la vitalità delle regioni interessate, occorrerà stabilizzare le aree rurali come zone di insediamento e di produzione, offrendo possibilità economiche adeguate. Ciò richiederà uno sforzo da parte dell'intera società, nonché l'impegno di progetti specifici per regione, che facciano leva sul potenziale endogeno;

5.

sottolinea che la qualità della vita nelle zone rurali riveste notevole importanza ai fini della decisione, da parte degli agricoltori e delle loro famiglie, degli altri operatori economici che sfruttano, valorizzano e trasformano le altre risorse primarie e degli abitanti delle zone rurali non impegnati nel settore agricolo, di continuare o meno a vivere e lavorare in quelle zone; decisioni da cui, a loro volta, finiscono per dipendere in larga misura l'entità e la composizione della popolazione delle zone rurali, nonché il mantenimento della vitalità delle stesse;

6.

sottolinea la necessità di preservare e ripristinare le caratteristiche culturali tradizionali delle zone rurali, in quanto rappresentano una parte importante dell'identità locale, regionale, nazionale ed europea;

7.

riconosce l'importanza del ruolo dell'agricoltura nel garantire anche beni pubblici essenziali quali il paesaggio e la sicurezza alimentare. Sostiene pertanto la necessità che l'Unione europea continui ad assicurare un sostegno finanziario alle aziende agricole impegnate a garantire questi beni. Reputa inoltre che proprio le zone rurali siano le più vulnerabili ai mutamenti climatici che saranno provocati dal cambiamento globale del clima. Occorre quindi che, tra gli strumenti di pianificazione, di gestione territoriale e di bilancio, figurino anche misure di attenuazione e di adattamento, affinché attraverso i meccanismi partecipativi e le pratiche agricole si renda possibile uno sviluppo sostenibile;

8.

reputa necessario che tutti i cittadini, e in particolare i giovani, vengano educati a comprendere e apprezzare i valori espressi dalle zone rurali nonché l'importanza, per l'intera popolazione, di mantenerne la vitalità.

La dimensione finanziaria dello sviluppo sostenibile delle zone rurali

9.

reputa essenziale continuare ad attuare e migliorare la politica agricola comune (PAC) in quanto importante strumento d'intervento dell'Unione europea, utile a realizzare obiettivi sia a breve che a lungo termine e orientato a raggiungere risultati utili per l'economia interna e la competitività sui mercati mondiali nonché a conseguire la coesione territoriale in tutte le regioni degli Stati membri;

10.

ritiene che l'ambiente rurale sia destinato a mutare radicalmente per effetto delle politiche in materia di energia, di clima e di efficienza nell'uso delle materie prime, politiche che potranno conferirgli un ruolo più importante nel settore economico primario; e reputa che occorra anticipare fin d'ora questa evoluzione, onde assicurarsi che essa sia sostenibile e tenga conto in maniera equilibrata delle considerazioni economiche, sociali ed ambientali. Osserva inoltre che la rotazione delle colture riveste ancora un grande interesse per l'ambiente rurale, poiché riduce la dipendenza dalle importazioni di soia, migliora la qualità dei suoli, riduce il ricorso ai fertilizzanti, riporta in quell'ambiente un'attività economica stabile e riequilibra la bilancia commerciale dell'UE. Nel contempo, il Comitato deplora che il suo parere sul tetto massimo per gli aiuti e sull'ecologizzazione non sia stato preso in considerazione ai fini delle decisioni adottate il 26 giugno 2013 dai capi di Stato e di governo, poiché tali decisioni indeboliscono l'ambiente rurale in termini sia di diversità che di sostenibilità;

11.

al tempo stesso, è favorevole a un ampio finanziamento, da parte dell'UE, di programmi efficaci di incentivi per i giovani agricoltori e di sostegno finanziario alle aziende agricole di semisussistenza o situate in zone svantaggiate, che sono strumenti importanti per preservare la vitalità delle zone rurali. Rileva inoltre la necessità di aumentare gli aiuti e le sovvenzioni per le azioni connesse al ripristino, mantenimento e miglioramento delle aree protette, allo scopo di rendere compatibile la preservazione dell'ambiente naturale con lo sviluppo sostenibile delle zone rurali, nel cui territorio si trova la maggior parte di quelle aree;

12.

fa notare che gli introiti che gli agricoltori traggono sia dall'esercizio dell'attività agricola che dai pagamenti equivalenti e i sussidi che ricevono in base a entrambi i pilastri della PAC hanno un considerevole impatto sulla situazione delle zone rurali in cui essi vivono e conducono le loro aziende. Tali introiti incidono non solo sull'efficienza delle attività agricole da loro esercitate e sulla qualità della vita degli agricoltori stessi e delle loro famiglie, ma anche sul livello di gettito fiscale dei comuni in cui essi vivono. L'entità di tali introiti, inoltre, incide notevolmente sull'effettiva capacità e volontà degli agricoltori di impegnarsi personalmente a sostenere il tenore di vita delle zone rurali;

13.

esprime preoccupazione per l'annunciata riduzione delle risorse destinate alle zone rurali nelle prospettive finanziarie 2014-2020. Deplora che, rispetto alle prospettive finanziarie 2007-2013, le risorse assegnate allo sviluppo delle zone rurali abbiano subito una notevole riduzione, passando da 95,7 a meno di 85 miliardi di euro; e osserva che il pool di risorse effettivamente disponibile per i comuni rurali potrebbe venire ridotto ulteriormente per effetto della prevista attribuzione agli Stati membri della facoltà di trasferire fino al 15 % (e, in alcune regioni, fino al 25 %) delle risorse dal secondo al primo pilastro della PAC;

14.

fa inoltre notare che è attualmente al vaglio la possibilità di estendere l'ambito d'intervento del secondo pilastro della PAC ai fondi fiduciari destinati a coprire le perdite finanziarie causate da epizoozie o fitopatie, da emergenze ambientali o da un sensibile calo dei redditi agricoli — fondi che tradizionalmente rientravano nel primo pilastro di tale politica. Il CdR si rammarica per questa prospettiva, che avrebbe il solo effetto di ridurre ulteriormente le risorse destinate al sostegno dell'infrastruttura tecnica e sociale nelle zone rurali;

15.

si compiace del fatto che il quadro strategico comune e gli accordi di partenariato creino condizioni che favoriscono il coordinamento e l'integrazione, promuovendo così lo sviluppo sostenibile delle zone rurali. L'assegnazione al programma Leader di una quota minima pari al 5 % delle risorse finanziarie del FEASR costituisce senz'altro un approccio importante per il sostegno allo sviluppo locale. Ciò nondimeno, il Comitato osserva che si tratta di una quota insufficiente per stimolare l'economia rurale;

16.

è favorevole all'inclusione dello sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) nei programmi dei fondi strutturali sotto forma di strategia di sviluppo locale attuata da soggetti locali. Ciò nondimeno, reputa che una strategia multifondo debba essere accompagnata dal necessario coordinamento dei regolamenti che disciplinano i rispettivi fondi. La proposta della Commissione di ricorrere a un'istanza intermedia per ovviare a questi problemi è insufficiente, poiché, se è vero che attribuisce la responsabilità a un unico organo amministrativo invece che a diverse autorità di gestione, tuttavia non rende di per sé più semplici le procedure amministrative. Le diverse regolamentazioni risultano tra loro poco coerenti, e vi è un chiaro rischio di destinare più tempo e risorse a prevenire eventuali contestazioni che a favorire davvero lo sviluppo;

17.

deplora che, ai fini dei programmi operativi del FESR e del FSE, il ricorso all'iniziativa Leader abbia carattere meramente facoltativo e possa essere finanziato soltanto nel quadro del nono obiettivo tematico («Promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà»). Questo principio limiterà il margine di manovra a disposizione dei gruppi di azione locale (GAL), nonché la possibilità di coinvolgere più fondi diversi nel definire le strategie di sviluppo locale;

18.

fa notare che, in molti casi, mantenere un'alta qualità dei servizi pubblici e privati esige una forte mobilitazione politica, sociale e finanziaria, basata su una più decisa perequazione, che a sua volta presuppone necessariamente una maggiore solidarietà tra le zone rurali e quelle urbane;

19.

prevede che l'annunciata ulteriore deregolamentazione dei mercati agricoli europei renderà più volatili i prezzi agricoli, minacciando soprattutto le piccole e medie aziende agricole a conduzione familiare. Fa inoltre notare che la liberalizzazione delle quote latte può condurre a un'industrializzazione e concentrazione ulteriori del settore zootecnico-lattiero, accelerando così sia i cambiamenti climatici che lo spopolamento delle zone rurali. Ribadisce l'importanza che gli agricoltori ricevano una compensazione per i beni pubblici che garantiscono alla società, come ad esempio il patrimonio naturale e culturale costituito dai paesaggi aperti adibiti a pascolo, patrimonio che non ha valore commerciale. Qualora l'abolizione del sistema delle quote latte finisse per provocare distorsioni indesiderate nell'attività zootecnica, si renderebbe necessario adottare misure politiche volte a sostenere una maggiore informazione dei consumatori e del mercato in generale, nonché a garantire il benessere animale in tutta l'UE;

20.

sottolinea le possibilità di collegare le attività sostenute dal programma di sviluppo rurale (secondo pilastro) con le attività dei fondi regionale, sociale e di sostegno alla pesca, ovvero dei fondi del quadro strategico comune (QSC). La produzione di biogas, le infrastrutture terrestri per le TIC, l'innovazione, lo sviluppo delle competenze e delle imprese e il già citato CLLD sono misure che rientrano nel programma di sviluppo rurale, ma che sono anche connesse agli altri fondi; e sono misure nel cui ambito le diverse attività economiche possono trarre beneficio l'una dall'altra e le esigenze e le risorse delle città e delle zone rurali finiscono per incontrarsi.

L'importanza dei rapporti funzionali tra le zone urbane e quelle rurali

21.

riconosce le particolari difficoltà con cui devono confrontarsi i comuni rurali situati in zone sotto l'influsso diretto di medie e grandi città, e raccomanda di preferire un approccio funzionale per la definizione della strategia di sviluppo di tali zone;

22.

osserva che sia le città che i comuni rurali situati in zone funzionali possiedono risorse sociali ed economiche preziose e di grande utilità. Raccomanda che, nel preparare la strategia di sviluppo per una zona funzionale, si effettui ogni volta un'analisi delle risorse esistenti per l'intera zona funzionale e si tenga conto, nella strategia stessa, del potenziale racchiuso sia nelle zone rurali che in quelle urbane, pianificandone uno sfruttamento ottimale in una prospettiva di sostenibilità. Nel contempo, richiama l'attenzione sui potenziali pericoli derivanti, per le zone rurali, dalla mancanza di uno sviluppo equilibrato delle città e dei comuni rurali, evidenziata ad esempio dalle situazioni in cui una città sfrutta la sua preponderanza demografica ed economica;

23.

ritiene giustificata un'ampia e diretta cooperazione tra i comuni rurali situati in zone funzionali, in particolare ai fini della preparazione di una strategia di negoziazione nei confronti delle città situate in tali zone;

24.

ritiene opportuno che, nel definire una strategia di sviluppo sostenibile delle zone funzionali, si adotti una metodologia di questo tipo onde garantire la partecipazione delle autorità locali e della popolazione delle città e dei comuni rurali. Partecipazione, questa, che dovrebbe essere garantita sia nel corso dei lavori preparatori (di ricerca e di analisi) che nell'adottare la decisione che definisce la configurazione definitiva della strategia;

25.

richiama inoltre l'attenzione sul fatto che, nei comuni rurali situati nelle aree di influenza delle città, solo una parte della popolazione conduce aziende agricole. In molti casi, gli abitanti di questi territori che vi si sono trasferiti dalle città reclamano la cessazione dei tipi di pratiche agricole che considerano turbative o moleste, come ad esempio l'uso di fertilizzanti naturali o artificiali, l'impiego di attrezzature agrotecniche, l'allevamento e il pascolo di bestiame. Il CdR raccomanda che, nel quadro della pianificazione del territorio, si anticipino e affrontino tali problemi, segnatamente attraverso una strategia di sviluppo sostenibile che concili gli interessi economici, sociali e ambientali di ciascuno, designando ad esempio zone preferenziali per la produzione agricola, in modo da ridurre al minimo i possibili conflitti sociali;

26.

sottolinea che i programmi di integrazione sociale nelle zone rurali in cui si registra un costante flusso migratorio dalle città costituiscono un modo di affrontare i conflitti sociali che possono insorgere nelle situazioni in cui vengono a contatto stili di vita, valori e regole sociali diversi;

27.

richiama l'attenzione sulla necessità che i costi della riduzione degli effetti economici, ambientali e sociali della «dispersione urbana» (urban sprawl) siano ripartiti in modo solidale tra le zone urbane e quelle rurali.

Le sfide con cui devono misurarsi i comuni rurali nelle zone remote (periferiche)

28.

richiama l'attenzione sul fatto che la grande maggioranza delle zone rurali si trova al di fuori delle aree di influenza diretta delle città di grandi e medie dimensioni. Una situazione, questa, che richiede l'uso di strumenti specifici in grado di fornire un sostegno efficace a tali zone. Raccomanda perciò di includere, sia nella PAC che nella politica di coesione — la quale è attuata anche mediante strumenti di sviluppo regionale —, soluzioni che garantiscano realmente il conseguimento della coesione territoriale e assicurino pari opportunità di sviluppo in una prospettiva di sostenibilità;

29.

riconoscendo l'importanza di preservare le zone rurali, invoca un maggiore sostegno agli enti locali nel campo della creazione e manutenzione delle infrastrutture tecniche, così come di quelle sociali, che contribuiscono a mantenere vitali dette zone;

30.

richiama l'attenzione sui rapporti funzionali delle zone rurali periferiche con i piccoli centri urbani, e invoca la creazione di meccanismi appropriati che stimolino la realizzazione congiunta di progetti volti a migliorare la qualità della vita all'interno di queste zone, in particolare affinché tali centri urbani garantiscano tutti i servizi locali necessari per il buon funzionamento delle zone in questione;

31.

osserva che i documenti strategici che definiscono la politica di sviluppo di tali zone dovrebbero essere sia il risultato di un'unità di azione e di intenti (a livello bilaterale o più ampio) tra autorità locali di territori vicini sia il frutto di una cooperazione nell'ambito della politica regionale.

Le relazioni città-campagna e l'importanza dei loro effetti sullo sviluppo regionale

32.

sottolinea una volta di più la particolare importanza, e anzi la necessità, della cooperazione tra i comuni rurali e le città nell'ambito delle zone funzionali; ma riconosce al tempo stesso che le strategie di sviluppo di queste zone dovrebbero delineare un quadro pluriennale che copra un periodo di almeno una dozzina d'anni;

33.

chiede che la cooperazione tra zone rurali e urbane assuma la forma di partenariati territoriali;

34.

reputa che, prima di lanciare qualsiasi azione comune nel quadro di una zona funzionale, dovrebbe svolgersi un ampio dibattito civile che culmini nella decisione sovrana dei singoli enti locali interessati. Tuttavia, in considerazione dell'esistenza di una rete di connessioni infrastrutturali e sociali, l'eventuale ritiro di un dato ente locale da una cooperazione già avviata nel quadro di una zona funzionale dovrebbe essere soggetto all'approvazione di tutti gli enti locali coinvolti nell'attuazione di tale cooperazione in quella zona;

35.

richiama l'attenzione sui rapporti di dipendenza reciproca tra città e zone rurali nel quadro di una zona funzionale, rapporti basati sull'impiego condiviso di risorse umane, naturali ed economiche e sull'organizzazione congiunta di servizi pubblici;

36.

considerate le attuali tendenze in termini di stile di vita nelle comunità urbane, propone di far leva sui suddetti rapporti per promuovere i valori delle zone rurali; e richiama l'attenzione sul fatto che agire insieme in una rete offre un'opportunità senza precedenti di instaurare stretti legami tra produttori agricoli e consumatori alimentari, nonché sul fatto che tali iniziative possono rappresentare un contributo straordinariamente utile alla creazione di relazioni di nuovo tipo tra campagne e città;

37.

sottolinea che, nell'approvvigionamento di prodotti agricoli, filiere brevi conducono allo sviluppo di una produzione sostenibile e di un consumo responsabile. Esse rispondono infatti a una crescente domanda, da parte dei consumatori, di prodotti autentici, che soddisfino criteri di stagionalità, prossimità al luogo di produzione e relazionalità sociale. Tale modello di consumo rimanda altresì a comportamenti dei cittadini legati al rispetto dell'ambiente, di cui sono espressione la limitazione della quantità degli imballaggi, la riduzione delle emissioni di CO2 e il sostegno alle pratiche di produzione sostenibili. Il sostegno alle filiere brevi deve coesistere con la promozione dell'integrazione cooperativa quale elemento di rafforzamento della posizione dei produttori agricoli sui mercati. La concentrazione dell'offerta è fondamentale, in quanto strumento efficace per garantire prezzi giusti ai produttori e soddisfare la crescente domanda di prodotti alimentari;

38.

sottolinea tuttavia che i produttori desiderosi di impegnarsi in queste iniziative devono far fronte a un gran numero di problemi. Spesso, infatti, è difficile garantire un'offerta regolare e continua ai consumatori, i quali chiedono di regola una fornitura costante in termini di quantità e varietà di prodotti. Un'attività di questo tipo richiede il più delle volte attrezzature costose (veicoli appositi, sistemi di refrigerazione, punti vendita e locali per la trasformazione dei prodotti, ecc.), e il CdR raccomanda pertanto che essa possa fruire di un sostegno;

39.

richiama l'attenzione sul fatto che i problemi di accessibilità delle zone rurali e la lontananza di queste dai centri decisionali e di ricerca, nonché il limitato accesso alle nuove tecnologie, rappresentano altrettanti ostacoli che per molte di quelle zone è difficile superare e che hanno risvolti importanti in termini di possibilità di sviluppo, pari opportunità e qualità della vita. Inoltre, la quota di popolazione che partecipa al mercato del lavoro è inferiore nelle zone rurali che in quelle urbane, e nelle prime vengono creati meno posti di lavoro;

40.

sottolinea che ai problemi già esistenti si aggiungono ora nuove sfide, come gli effetti dei cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e altri problemi ambientali, il ridursi dell'estensione delle zone rurali, e in particolare dei terreni agricoli, o anche l'invecchiamento della popolazione. Evidenzia che è necessario compiere un notevole sforzo di comprensione di questa problematica e impiegare i mezzi necessari per porvi rimedio, con politiche attive che evitino lo spopolamento delle zone rurali;

41.

deplora che le zone rurali stiano perdendo dinamismo rispetto a quelle urbane, e nel contempo sottolinea che la Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale, pubblicata nel novembre 2010, ha richiamato l'attenzione sulle disparità socioeconomiche tra le regioni dell'UE;

42.

ribadisce che, se è vero che le regioni prevalentemente rurali stanno in parte recuperando il ritardo accumulato, tuttavia il loro livello di sviluppo resta notevolmente inferiore alla media dell'UE; e osserva che tale divario è particolarmente marcato rispetto alle regioni in cui prevalgono le zone urbane. Nell'UE-12 il PIL medio delle zone rurali è del 73 % più basso di quello delle zone urbane; e le disparità tra le zone rurali e quelle urbane sono particolarmente marcate nell'Europa centrale e orientale, come anche nel Sud dell'Europa;

43.

chiede una mappatura sistematica e completa delle aree di povertà nelle zone rurali (almeno al livello NUTS 3), allo scopo di utilizzare in modo più efficace le risorse disponibili per la lotta contro l'emarginazione sociale;

44.

richiama ancora una volta l'attenzione sul fatto che la creazione di un quadro di governance multilivello è una condizione indispensabile per trasformare davvero le politiche europee e nazionali, compresa la PAC del dopo 2013. Al riguardo permangono ancora dei dubbi, che occorre dissipare con urgenza: infatti, mentre tale principio è stato riconosciuto espressamente nella proposta di RDC, non è affatto stato chiarito il ruolo degli enti locali e regionali negli accordi di partenariato. Autorità e comunità delle zone rurali non possono più accontentarsi dello status di soggetti cofinanziatori, privi di voce in capitolo nelle scelte delle priorità e dei metodi di attuazione e di gestione. Bisogna che, negli stessi orientamenti elaborati dalla Commissione europea per la stesura degli accordi di partenariato, si sottolinei con chiarezza l'importanza di associare i rappresentanti delle zone rurali alla definizione di tali accordi.

La strategia e le politiche europee per le zone rurali fino al 2030

45.

reputa che la futura politica europea di sviluppo rurale dovrebbe:

essere compatibile con la sostenibilità delle zone rurali,

riconoscere che tali zone offrono prospettive di sviluppo e possono svolgere un ruolo cruciale nell'affrontare le sfide che attendono l'Europa,

riconoscere che la diversità delle zone rurali europee è un fattore importante di cui tener conto nell'affrontare le sfide future,

essere chiara e trasparente, così da essere più ampiamente accettata,

far leva sulla diversità regionale per realizzare un obiettivo europeo condiviso, in modo che nessuna regione venga abbandonata a se stessa;

46.

ritiene che, al fine di raggiungere questi obiettivi, la futura politica di sviluppo rurale dovrà fare in modo che gli agricoltori siano maggiormente coinvolti nella prestazione di servizi pubblici;

47.

considera che, nel prossimo periodo di programmazione, l'attuale tendenza a concentrare i fondi per lo sviluppo rurale soprattutto sul settore agricolo dovrà essere più equilibrata, al fine di garantire un autentico sviluppo economico nelle zone rurali.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/86


Parere del Comitato delle regioni «Capacitare le autorità locali dei paesi partner per una migliore governance e risultati più concreti in termini di sviluppo»

2013/C 356/15

IL COMITATO DELLE REGIONI

appoggia pienamente l'approccio adottato dalla Commissione nella comunicazione in esame, che riconosce il ruolo politico degli enti territoriali in quanto responsabili delle strategie e decisori, ruolo che deve quindi essere accompagnato da un adeguato livello di autonomia, di sviluppo delle capacità e di risorse finanziarie;

appoggia l'idea che il sostegno al settore pubblico dei paesi partner, volto a incoraggiarli a concepire e attuare in modo più fattivo e efficace le politiche e i piani nazionali di sviluppo, debba tenere conto anche del ruolo importante ricoperto dalle amministrazioni pubbliche;

esorta la Commissione ad adottare la norma del finanziamento totale (Modalità di esecuzione del Regolamento finanziario) «quando è nell'interesse della Comunità essere l'unico donatore per un'azione», ad esempio per gli attori non statali e le autorità locali;

concorda con la Commissione che il sostegno erogato dall'UE va adattato al ruolo sempre più rilevante degli enti locali e regionali e delle loro associazioni nei paesi partner, nonché al loro potenziale e alle loro esigenze, superando l'obiettivo dell'efficacia degli aiuti per prefiggersi invece l'efficacia dello sviluppo; pone altresì l'accento sul fatto che questo comporta un incremento delle dotazioni finanziarie per le attività di sostegno al decentramento e per il conferimento di responsabilità e autonomia agli enti locali e regionali e alle loro associazioni;

si dichiara disponibile a contribuire, con l'assistenza tecnica e il sostegno finanziario della Commissione, alla messa a punto di uno strumento di valutazione e monitoraggio degli aspetti relativi al decentramento nei paesi partner, in collaborazione con l'intero spettro dei soggetti interessati;

afferma che è necessario un autentico processo partecipativo per garantire il coinvolgimento ad ampio raggio degli enti locali nell'elaborazione dell'agenda di sviluppo post 2015, e che tale coinvolgimento, a differenza di quanto avvenuto per la definizione degli obiettivi di sviluppo del millennio, deve concretizzarsi fin dalle prime fasi della preparazione dell'agenda stanziando le risorse finanziarie necessarie;

ribadisce il proprio appoggio alla designazione del 2015 quale Anno europeo dello sviluppo e chiede che il bilancio preveda risorse finanziarie adeguate da destinare alle iniziative degli enti locali e regionali;

riafferma la propria disponibilità ad offrire agli enti locali e regionali europei uno spazio politico per consolidare la loro cooperazione internazionale e transfrontaliera.

Relatore

Hans JANSSEN (NL/PPE), sindaco di Oisterwijk

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Capacitare le autorità locali dei paesi partner per una migliore governance e risultati più concreti in termini di sviluppo

COM(2013) 280 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la recente comunicazione della Commissione europea dal titolo Capacitare le autorità locali dei paesi partner per una migliore governance e risultati più concreti in termini di sviluppo, che rappresenta un passo avanti importante per riconoscere espressamente e definire il ruolo specifico degli enti locali e regionali in quanto partner della politica di sviluppo dell'UE, alla stregua di altri interlocutori e attori quali i governi centrali e le organizzazioni della società civile, ma ben distinti da questi;

2.

rammenta che la Commissione ha pubblicato nel 2008 la prima comunicazione (1) sul ruolo degli enti locali e regionali nell'ambito dello sviluppo, una tappa di grande rilievo nel processo di riconoscimento della posizione, della funzione e del valore aggiunto di tali enti nella politica e nella cooperazione in materia di sviluppo;

3.

fa riferimento ad alcuni suoi precedenti pareri, in particolare quelli di più recente adozione sulle comunicazioni L'Europa nel mondo: una nuova strategia per il finanziamento dell'azione esterna dell'UE e Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento, che mettono l'accento sulla collocazione e il ruolo specifici degli enti locali e regionali nell'ambito dell'azione esterna dell'Unione;

4.

appoggia pienamente l'approccio adottato dalla Commissione nella comunicazione in esame, che riconosce il ruolo politico degli enti territoriali in quanto responsabili delle strategie e decisori, ruolo che deve quindi essere accompagnato da un adeguato livello di autonomia, di sviluppo delle capacità e di risorse finanziarie;

5.

ricorda che le «autorità locali» di qualsiasi tipo — che si tratti di regioni, province, contee e distretti o di comuni e piccole città — svolgono un ruolo strategico nel migliorare la governance democratica e contribuire ad uno sviluppo più efficace; giudica pertanto ingiustificata la decisione della Commissione europea di mettere, nella comunicazione, l'accento principalmente sul livello comunale, come si afferma alla nota 1 a pie' di pagina;

6.

plaude alla proposta, avanzata nella comunicazione, di conferire a questi enti dei paesi partner le responsabilità e l'autonomia necessarie per aiutarli a ricoprire l'importante ruolo loro assegnato, anche dal programma di cambiamento, in materia di diritti umani, democrazia e altri elementi fondamentali della buona governance, nonché nel contesto di una crescita inclusiva e sostenibile al servizio dello sviluppo umano;

7.

ribadisce che gli enti locali e regionali dell'UE dispongono di una vasta e preziosa esperienza in un gran numero di settori in cui i loro omologhi dei paesi partner devono ancora sviluppare le loro capacità: la comunicazione in esame dovrebbe riconoscere in modo più esplicito tali competenze e riflettere su come esse possano essere trasferite, tra l'altro mediante la condivisione delle conoscenze tra pari (peer-to-peer knowledge sharing), e applicate ai contesti locali dei paesi partner;

8.

alla luce dell'analisi condotta nella comunicazione, ritiene che gli enti locali e regionali dovrebbero essere coinvolti da vicino nell'elaborazione dell'agenda di sviluppo post 2015. Il riconoscimento del ruolo importante ricoperto da questi enti non vale soltanto per lo sviluppo sostenibile, ma anche per ambiti ad esso collegati quali l'urbanizzazione inclusiva, la coesione sociale, le misure di adeguamento ai cambiamenti climatici, la sicurezza umana, ecc.; a questo proposito:

accoglie con favore la relazione pubblicata dal gruppo di personalità ad alto livello del Segretario generale delle Nazioni Unite sull'agenda di sviluppo post 2015;

plaude al fatto che nel 2016 HABITAT III (2) si concentrerà su una nuova agenda urbana; e

sottolinea l'esigenza che gli enti locali e regionali partecipino a pieno titolo all'elaborazione dei contributi e delle posizioni dell'UE, fin dalla fase preparatoria;

9.

riconosce che nella fase di elaborazione della comunicazione è stato seguito un processo di tipo aperto, dal momento che gli enti locali e regionali hanno potuto inviare i loro contributi e idee, e in varie occasioni si sono svolti scambi di vedute, in particolare durante una riunione della commissione CIVEX;

10.

si compiace che la comunicazione in esame riconosca il ruolo fondamentale del CdR nel promuovere e coordinare le iniziative di sviluppo degli enti locali e regionali, e si propone per proseguire questa cooperazione al fine di affinare ulteriormente la politica europea di sviluppo e di darle attuazione. Tra le sedi utili per questo compito citiamo le Assise della cooperazione decentrata, intese ad agevolare il dialogo tra gli enti locali e regionali europei e quelli dei paesi in via di sviluppo, nonché il dialogo con le istituzioni dell'UE; inoltre, segnatamente per quanto riguarda la cooperazione con le azioni di sostegno allo sviluppo nei paesi vicini condotte dall'Unione, le due assemblee ARLEM e Corleap, composte di rappresentanti locali e regionali dell'UE e di paesi partner (del vicinato europeo).

Contesto

11.

concorda con la Commissione che per far fronte alle complessità dello sviluppo sostenibile e per combattere la povertà non bastano politiche e programmi calati dall'alto e gestiti a livello centrale, e conviene inoltre quanto al fatto che i soggetti pubblici e privati hanno un ruolo da svolgere, soprattutto a livello locale;

12.

sottoscrive il ben calibrato giudizio della Commissione sul ruolo fondamentale degli enti locali e regionali — un ruolo che, da un lato, può essere svolto anche in autonomia rispetto alle modalità di funzionamento delle autorità centrali (ad esempio negli Stati deboli), e, dall'altro, può venire compromesso da fattori negativi, anche a livello locale;

13.

apprezza la proposta della Commissione di garantire un impegno più strategico con gli enti locali e regionali nei paesi partner per conferire loro le responsabilità e l'autonomia necessarie e per realizzare gli obiettivi di sviluppo;

14.

condivide il parere della Commissione secondo cui al riconoscimento politico del ruolo di questi enti nell'ambito dei processi di sviluppo dovrebbe corrispondere un adeguato livello di autonomia, di sviluppo delle capacità e di risorse finanziarie, per completarne il percorso di responsabilizzazione e per rispecchiare la ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di governo;

15.

esorta la Commissione a tenere in debito conto queste validissime e opportune considerazioni nel concordare le priorità con i paesi partner nel quadro dei suoi programmi di cooperazione, alla cui definizione e attuazione gli enti locali e regionali, considerato il ruolo di rilievo che ricoprono, dovrebbero partecipare a pieno titolo, anche tramite le loro associazioni di rappresentanza.

Sfruttare le potenzialità delle autorità locali nel campo dello sviluppo

16.

appoggia l'idea che il sostegno al settore pubblico dei paesi partner, volto a incoraggiarli a concepire e attuare in modo più fattivo e efficace le politiche e i piani nazionali di sviluppo, debba tenere conto anche del ruolo importante ricoperto dalle amministrazioni pubbliche a livello locale e regionale. La proposta è in linea con la richiesta del Comitato di un maggiore coinvolgimento degli enti locali e regionali nella politica di sviluppo, sia all'interno dell'Unione che nei paesi partner in via di sviluppo;

17.

concorda con la Commissione in merito all'importanza assegnata ai partenariati e meccanismi di dialogo a livello di beneficiari tra i vari soggetti interessati, in quanto strumenti per intavolare un dialogo con le autorità centrali competenti al fine di sensibilizzarle ai bisogni e timori di questi ultimi. L'impostazione della Commissione è conforme al metodo della governance multilivello, il quale nel contempo richiede che le autorità centrali, dal canto loro, si adoperino per avviare un dialogo con gli enti locali e regionali per conoscerne le esigenze e le preoccupazioni a livello di territori;

18.

il requisito di cofinanziamento impedisce la partecipazione di taluni soggetti sia negli Stati membri dell'UE sia nei paesi partner. Nel caso di questi ultimi, i vincoli di bilancio possono impedire il coinvolgimento di soggetti locali mentre in taluni Stati membri, ad esempio in Svezia, i governi locali e regionali non possono partecipare a programmi come «Attori non statali e autorità locali», poiché non sono autorizzati a ricorrere alle imposte locali per finanziare la cooperazione internazionale allo sviluppo. Tenuto conto degli obiettivi specifici del programma e delle esperienze di diversi paesi europei che spaziano in numerosi campi (welfare, decentramento, assistenza sanitaria, ecc.), questo non sembra essere nell'interesse dell'UE e del suo programma di cooperazione esterna. Per evitare una situazione del genere, il Comitato delle regioni esorta la Commissione ad adottare la norma del finanziamento totale «quando è nell'interesse della Comunità essere l'unico donatore per un'azione» (articolo 253, paragrafo 1, lettera e), delle Modalità di esecuzione del Regolamento finanziario);

19.

insiste sull'importanza, ricordata anche nella comunicazione, di un approccio territoriale allo sviluppo, e chiede all'UE di collaborare con altri interlocutori dello sviluppo alla definizione e all'attuazione di un simile approccio. Inoltre, l'Unione dovrebbe mettere a punto degli incentivi, ad esempio un sostegno finanziario supplementare per i paesi partner che, nel quadro di un dialogo con gli enti locali e regionali e con la o le loro associazioni in questi paesi, compiono autentici passi avanti nell'applicare un approccio territoriale nei rispettivi piani nazionali di sviluppo.

Definire il sostegno dell'UE in funzione di una migliore governance e di risultati più efficienti in termini di sviluppo a livello locale

20.

rileva che, pur ritenendo pertinente la proposta della Commissione di operare a favore di autorità dotate di legittimità, lo specifico riferimento, nel primo paragrafo del capitolo 3 della comunicazione, alle «possibilità di coordinamento con le autorità regionali» non è a suo giudizio comprensibile, tenuto conto della premessa della nota a piè di pagina 1 della medesima comunicazione secondo cui il termine «autorità locali» ivi utilizzato designa gli enti subnazionali di qualsiasi tipo, ossia non solo i comuni e le città ma anche i distretti, le province e le regioni;

21.

conviene con la Commissione che il buon esito del processo di decentramento è subordinato all'esistenza di una volontà politica. Conformemente alla comunicazione, tuttavia, ritiene che la volontà politica vada incoraggiata, ad esempio nel quadro del dialogo politico, e, qualora sia accertata, vada premiata con incentivi nell'ambito della cooperazione UE;

22.

condivide il parere della Commissione secondo cui il sostegno dell'UE ai processi di decentramento deve puntare all'instaurazione di un contesto normativo e politico propizio, come pure allo sviluppo delle istituzioni e al rafforzamento delle capacità. Il CdR si pronuncia anche a favore di altri obiettivi prioritari ben individuati, quali una forte attenzione al decentramento fiscale, oltre che alla gestione e all'assunzione di responsabilità in materia di finanze pubbliche, nonché un approccio a lungo termine e basato sulla domanda nel campo dello sviluppo di capacità;

23.

ribadisce che gli enti locali e regionali dell'UE dispongono di notevoli conoscenze e vantano una vasta e preziosa esperienza in un gran numero di settori in cui i loro omologhi dei paesi partner devono ancora sviluppare le loro capacità, e ritiene che le associazioni di tali enti, in aggiunta e in combinazione con la cooperazione bilaterale tra gli enti territoriali dell'UE e quelli dei paesi partner, dovrebbero essere considerate interlocutori strategici per la gestione di programmi di sviluppo di capacità rivolti agli enti locali e regionali;

24.

conviene con la Commissione che le associazioni di enti locali e regionali possono rivelarsi utili per realizzare una buona governance e ottenere risultati nel campo dello sviluppo a livello locale, e fa presente che, in aggiunta alle sei funzioni principali che la comunicazione attribuisce loro, queste associazioni dovrebbero avere anche quella di fornire servizi agli enti che ne fanno parte. Sovente, e in particolare nel settore dello sviluppo, le associazioni di enti locali e regionali vengono sollecitate dai loro membri perché forniscano servizi di potenziamento delle capacità e attività di formazione. Offrire questi servizi si è rivelato di cruciale importanza per la visibilità, per l'impegno degli aderenti e, quindi, per la continuità dell'operato di queste associazioni, oltre ad essere fonte di informazioni e conoscenze che possono rivelarsi utili per le attività di lobbying e di sensibilizzazione ai propri interessi svolte da tali organizzazioni;

25.

concorda con la Commissione che in molti paesi partner le associazioni di enti locali e regionali non hanno ancora un ruolo abbastanza incisivo, e hanno bisogno di un sostegno forte e di lungo periodo per poter svolgere pienamente i loro compiti. Questo sostegno può assumere diverse forme, ad esempio come finanziamenti diretti dai bilanci gestiti dalle delegazioni dell'UE, oppure può essere erogato tramite la creazione o il proseguimento di programmi di più ampio respiro e collegati tra loro, come il programma ARIAL citato nella comunicazione. In ogni caso, è di fondamentale importanza avvalersi delle conoscenze e delle competenze delle associazioni europee di enti locali e regionali con attività di apprendimento tra pari e scambi di esperienze.

La via da percorrere: modalità di sostegno più efficienti e flessibili

26.

concorda con la Commissione che il sostegno erogato dall'UE va adattato al ruolo sempre più rilevante degli enti locali e regionali e delle loro associazioni nei paesi partner, nonché al loro potenziale e alle loro esigenze, superando l'obiettivo dell'efficacia degli aiuti per prefiggersi invece l'efficacia dello sviluppo;

27.

pone l'accento sul fatto che questo comporta un incremento delle dotazioni finanziarie per le attività di sostegno al decentramento e per il conferimento di responsabilità e autonomia agli enti locali e regionali e alle loro associazioni. Questo è il momento propizio per aumentare le dotazioni, visto che prende il via un nuovo periodo di finanziamento. Gli enti locali e regionali dovrebbero essere espressamente ammessi a beneficiare di tutti gli strumenti finanziari del pacchetto Europa nel mondo. È inoltre necessario un significativo spostamento all'interno del Fondo europeo di sviluppo (FES). Il documento Thematic global evaluation of the Commission support to decentralisation processes [Valutazione tematica globale del sostegno erogato dalla Commissione ai processi di decentramento] (3), del febbraio 2012, mostra che i contributi diretti al decentramento erano pari solo all'1 % dei contributi finanziari complessivi erogati dalla Commissione (per tutti i settori e tutti i paesi) nel periodo 2000-2004, ammontavano solo a circa il 2,5 % nel 2004-2008, ed erano di nuovo scesi ad una quota molto inferiore nell'ultimo biennio interessato dalla valutazione (2008-2009). Vale la pena di investire di più per conferire alle autorità locali dei paesi partner le responsabilità e l'autonomia necessarie ai fini di una migliore governance e di risultati più efficienti in termini di sviluppo;

28.

si compiace dell'intento della Commissione di esplorare il ricorso a modalità di finanziamento innovative e plaude all'idea che queste possano essere collegate alla valutazione dell'operato istituzionale degli enti locali e regionali. Troppo spesso, tuttavia, tali valutazioni sono esercizi realizzati «dall'alto» e si concludono con l'imposizione di sanzioni per gli enti che registrano risultati meno soddisfacenti, cosa che in genere induce i partecipanti a dar prova di minore apertura. Considerata l'esigenza di sviluppo delle capacità degli enti locali e regionali, il Comitato incoraggia il ricorso a processi di apprendimento orizzontali, con l'impiego di strumenti quali l'analisi comparativa (benchmarking) e confronti aperti che consentono di rafforzare il contributo delle associazioni di enti locali e regionali al miglioramento dell'efficienza e che sono più facilmente associabili a incentivi finanziari positivi nonché più adeguati e produttivi nel lungo periodo;

29.

concorda con la Commissione che l'UE dovrebbe garantire un'adeguata flessibilità dei suoi programmi per sostenere le iniziative proprie degli enti locali e regionali e delle loro associazioni. Tale flessibilità è anzi una componente essenziale della scelta della Commissione di un impegno più strategico inteso a conferire agli enti territoriali le responsabilità e l'autonomia necessarie, e dovrebbe pertanto prevedere anche la possibilità di un finanziamento diretto a questi enti e alle loro associazioni per la realizzazione delle «iniziative proprie», nonché di un finanziamento con i loro omologhi e associazioni partner in Europa o tramite essi;

30.

conviene con la Commissione che, nel quadro del sostegno di bilancio, l'UE dovrebbe appoggiare l'introduzione di sistemi di monitoraggio dei trasferimenti di risorse finanziarie dal governo centrale agli enti locali e regionali. Questi sistemi di controllo dovrebbero altresì contribuire allo sviluppo di strumenti più onnicomprensivi a livello sia regionale che globale e capaci di fornire degli orientamenti per i processi di decentramento e una base per monitorarne lo stato di avanzamento, sul modello dei risultati della Carta europea dell'autonomia locale su scala europea;

31.

si dichiara disponibile a contribuire, con l'assistenza tecnica e il sostegno finanziario della Commissione, alla messa a punto di uno strumento di valutazione e monitoraggio degli aspetti relativi al decentramento nei paesi partner, in collaborazione con l'intero spettro dei soggetti interessati, in particolare le associazioni di enti locali e regionali e altre organizzazioni (UN-Habitat — programma ONU per gli insediamenti umani, PNUS — programma di sviluppo dell'ONU) o organismi, anche quelli di paesi in via di sviluppo, come per esempio il CCT (Conseil des collectivités territoriales = Consiglio degli enti territoriali) dell'UEMOA (Unione economica e monetaria dell'Africa occidentale);

32.

è dell'avviso che strumenti di vasta portata come quelli sopra descritti diano un valido apporto al dialogo politico tra l'UE e i paesi partner, in quanto consentono che le discussioni in tale sede tengano conto del coordinamento, della complementarità e della coerenza delle politiche tra i diversi livelli di governo di un paese. Il dialogo politico può essere rafforzato per mezzo di incentivi finanziari collegati a questi temi, conformemente alla volontà sopra ricordata di esplorare il ricorso a modalità di finanziamento innovative;

33.

concorda con la Commissione che l'UE dovrebbe sostenere la cooperazione decentrata e transfrontaliera tra gli enti locali e regionali europei e quelli dei paesi partner nel quadro di partenariati istituzionali paritari e a lungo termine. Dal punto di vista dell'Unione europea, andrebbero incentivati e promossi il coordinamento dei partenariati in reti di maggiori dimensioni o la collaborazione nell'ambito di programmi congiunti. Sottolinea che il portale web della cooperazione decentrata allo sviluppo agevola questo lavoro di coordinamento poiché fornisce informazioni sui progetti in corso e permette di intavolare un dibattito finalizzato ad elaborarne di nuovi. Il CdR è desideroso di continuare a svolgere il proprio ruolo in questo ambito, ad esempio in cooperazione con le associazioni di enti locali e regionali, e dovrebbe essere incentivato a farlo grazie ad un aumento dei fondi europei disponibili per approcci più coordinati, al fine di rafforzare l'impatto previsto derivante dall'adozione di approcci di questo tipo;

34.

accoglie con favore la dichiarazione della Commissione secondo cui l'UE dovrebbe sostenere il ruolo che ricoprono gli enti locali e regionali e le loro associazioni nell'elaborazione dell'agenda di sviluppo post 2015; osserva con soddisfazione che il suo punto di vista è appoggiato dal Consiglio (4) il quale invita l'UE e gli Stati membri, se opportuno in cooperazione con il CdR, a tener conto delle opinioni e delle competenze delle autorità locali e a fare in modo che esse siano rappresentate nelle discussioni sulla strategia a livello sia nazionale che internazionale, anche per quanto riguarda la definizione dell'agenda di sviluppo post 2015 e l'elaborazione di HABITAT III;

35.

afferma che è necessario un autentico processo partecipativo per garantire il coinvolgimento ad ampio raggio degli enti locali nell'elaborazione dell'agenda, e che tale coinvolgimento, a differenza di quanto avvenuto per la definizione degli obiettivi di sviluppo del millennio, deve concretizzarsi fin dalle prime fasi della preparazione dell'agenda di sviluppo post 2015 e va assicurato stanziando le risorse finanziarie necessarie;

36.

ribadisce il proprio appoggio alla designazione del 2015 quale Anno europeo dello sviluppo (5) e ritiene che si tratti di una buona occasione per lanciare e sostenere, anche dal punto di vista finanziario, delle attività a livello locale e regionale; chiede perciò che il bilancio preveda risorse finanziarie adeguate da destinare alle iniziative degli enti locali e regionali;

37.

riafferma la propria disponibilità ad offrire agli enti locali e regionali europei uno spazio politico per consolidare la loro cooperazione internazionale e transfrontaliera;

38.

ribadisce il proprio impegno a contribuire ad ulteriori sviluppi e innovazioni in materia di politiche, avvalendosi tra l'altro delle proposte della comunicazione in esame e dell'esperienza maturata con la cooperazione decentrata allo sviluppo, in cooperazione con reti e associazioni di enti locali e regionali, tenendo sempre presente l'obiettivo globale di conferire a tali enti dei paesi partner le responsabilità e l'autonomia necessarie per una migliore governance e risultati più efficienti in termini di sviluppo.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  COM(2008) 626 final.

(2)  La terza conferenza delle Nazioni Unite sugli insediamenti umani e sullo sviluppo urbano sostenibile.

(3)  http://ec.europa.eu/europaid/how/evaluation/evaluation_reports/2012/1300_docs_en.htm

(4)  Cfr. le Conclusioni del Consiglio sulle autorità locali nel campo dello sviluppo, Consiglio Affari esteri, Bruxelles, 22 luglio 2013 e Un'agenda globale post 2015- Conclusioni del Consiglio, Consiglio Affari generali, Lussemburgo, 25 giugno 2013

(5)  Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'Anno europeo dello sviluppo (2015), COM(2013) 509 final.


III Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

103a sessione plenaria del 7 e 9 ottobre 2013

5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/92


Parere del Comitato delle regioni «Quarto pacchetto ferroviario»

2013/C 356/16

IL COMITATO DELLE REGIONI

apprezza la volontà della Commissione europea di completare il quadro normativo necessario all'avvento di uno spazio ferroviario unico;

ritiene che la liberalizzazione non sia un'attività fine a sé stessa: l'obiettivo deve essere migliorare l'offerta e la qualità dei servizi. L'apertura alla concorrenza non può essere valutata senza considerare anche gli investimenti nelle infrastrutture, le condizioni effettive di funzionamento del mercato o ancora gli aspetti tecnici dell'interoperabilità;

ricorda che il principio della libera amministrazione consente agli enti locali di scegliere come meglio organizzare i propri servizi di trasporto pubblico; a suo avviso, però, l'introduzione di massimali troppo bassi per l'aggiudicazione diretta costituiscono una gravissima limitazione del principio della libera amministrazione degli enti locali;

esprime soddisfazione per il rafforzamento del ruolo del gestore dell'infrastruttura, nonché l'insediamento di comitati di coordinamento che sorveglieranno le attività del gestore delle infrastrutture così rafforzato e vigileranno sull'efficacia dell'intero sistema. Le autorità locali dovranno essere associate sistematicamente a queste attività, e non soltanto «all'occasione»;

incoraggia l'introduzione rapida di una rete europea dei gestori dell'infrastruttura, che risulta indispensabile al funzionamento di uno spazio ferroviario europeo unico e al coordinamento transfrontaliero;

è favorevole a rafforzare il ruolo dell'Agenzia ferroviaria europea, il cui obiettivo consiste in particolare nel sostenere l'interoperabilità tecnica e l'armonizzazione delle procedure di sicurezza, per evitare i gravi problemi creati dalle divergenze fra 26 autorità nazionali.

Relatore

Pascal MANGIN (FR/PPE), consigliere regionale dell'Alsazia

Testi di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul «Quarto pacchetto ferroviario — completare lo spazio ferroviario europeo unico per favorire la competitività e la crescita europee»

COM(2013) 25 final;

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che abroga il regolamento (CEE) n. 1192/69 del Consiglio relativo alle norme comuni per la normalizzazione dei conti delle aziende ferroviarie

COM(2013) 26 final;

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'Agenzia dell'Unione europea per le ferrovie e che abroga il regolamento (CE) n. 881/2004

COM(2013) 27 final;

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1370/2007 per quanto riguarda l'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia

COM(2013) 28 final;

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico, per quanto riguarda l'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri per ferrovia e la governance dell'infrastruttura ferroviaria

COM(2013) 29 final;

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario dell'Unione europea (rifusione)

COM(2013) 30 final;

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle ferrovie (Rifusione)

COM(2013) 31 final;

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sui progressi compiuti verso l’interoperabilità del sistema ferroviario

COM(2013) 32 final;

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni concernente il profilo e i compiti degli altri membri del personale viaggiante

COM(2013) 33 final;

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’attuazione delle disposizioni della direttiva 2007/58/CE relativa alla liberalizzazione del mercato del trasporto ferroviario internazionale di passeggeri che accompagna la comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sul quarto pacchetto ferroviario

COM(2013) 34 final.

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

A.    Obblighi di servizio pubblico

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

apprezza la volontà della Commissione europea di completare il quadro normativo necessario all'avvento di uno spazio ferroviario unico;

2.

ricorda la propria posizione già sostenuta a più riprese, ad esempio nel pacchetto Trasporti verdi, a favore di un settore dei trasporti più ecocompatibile, secondo cui uno degli obiettivi più importanti della politica europea dei trasporti consiste nello spostare il trasporto di persone e di merci, soprattutto nel caso del traffico merci transfrontaliero e di quello pesante, dalla strada alla rotaia, che costituisce il vettore più rispettoso dell'ambiente; l'Unione europea deve garantire il conseguimento di questo obiettivo tramite misure appropriate ove, per questa manovra, siano disponibili capacità in misura sufficiente;

3.

ritiene che la liberalizzazione non sia un'attività fine a sé stessa: l'obiettivo deve essere migliorare l'offerta e la qualità dei servizi. L'apertura alla concorrenza non può essere valutata senza considerare anche gli investimenti nelle infrastrutture, le condizioni effettive di funzionamento del mercato o ancora gli aspetti tecnici dell'interoperabilità;

4.

intende adottare un approccio olistico che combini proporzionalità, sussidiarietà e controllo del mercato da parte di un'autorità di regolamentazione forte. Il Comitato delle regioni (CdR) è quindi favorevole alle condizioni di proporzionalità dei servizi pubblici introdotte dalla Commissione e al controllo dell'autorità di regolamentazione sulla ripartizione fra servizi commerciali e servizi pubblici;

5.

auspica che gli enti locali e regionali siano associati a pieno titolo alla preparazione e all'attuazione delle misure di politica ferroviaria che hanno un impatto diretto sugli utenti e sulle autorità competenti stesse;

6.

ritiene che una maggiore efficienza del sistema ferroviario, in particolare dei contratti di servizio pubblico, rechi un beneficio alle collettività territoriali, in considerazione dei severi vincoli di bilancio e finanziari cui tali collettività sono sottoposte;

7.

ricorda che il principio della libera amministrazione consente agli enti locali di scegliere come meglio organizzare i propri servizi di trasporto pubblico. In questo senso, l'articolo 5, paragrafo 2, non dovrà essere toccato, dal momento che consente di ricorrere a un operatore interno; a suo avviso, però, l'introduzione di massimali troppo bassi per l'aggiudicazione diretta costituiscono una gravissima limitazione del principio della libera amministrazione degli enti locali;

8.

insiste sul fatto che il trasporto pubblico deve avere un prezzo ragionevole per gli utenti.

Il quadro normativo

Piani di trasporto pubblico

9.

chiede che i piani di trasporto pubblico garantiscano una visibilità e una sicurezza sufficienti agli operatori e agli utenti di tutti i modi di trasporto, allo scopo di favorire l'intermodalità. Essi dovranno tener conto delle problematiche legate alla coesione sociale e territoriale, nonché allo sviluppo sostenibile;

10.

appoggia la richiesta, da parte della Commissione europea, di piani di mobilità per tutti i modi di trasporto. Tali piani devono essere facilmente adattabili dalle autorità competenti a livello locale, in quanto le circostanze che li influenzano potrebbero subire cambiamenti di vario genere. Inoltre, è opportuno incoraggiare e garantire una cooperazione transfrontaliera efficace tra le autorità competenti in particolare attraverso i GECT, perché queste possano coordinare il loro piano di mobilità per i diversi modi di trasporto;

11.

chiede che gli obblighi imposti alle autorità locali riguardo alla realizzazione dei piani di mobilità non diano luogo ad oneri organizzativi e finanziari eccessivi.

Il quadro sociale

12.

si compiace per i riferimenti fatti al quadro sociale. Occorrerà però renderli più precisi, per limitare ogni rischio di dumping sociale. D'altro canto, essi non dovranno ostacolare una migliore competitività del settore ferroviario, e dovranno incoraggiare la polivalenza del personale.

Modi di selezione dei fornitori di servizi

13.

osserva che l'aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico mediante procedura di gara può, a determinate condizioni, generare dei benefici in termini di efficienza e delle economie per le autorità competenti, il tutto a prestazioni equivalenti se non addirittura migliori;

14.

chiede peraltro che le autorità competenti a livello locale mantengano la possibilità di scegliere se ricorrere a una procedura di gara (apertura parziale o globale del contratto di servizio pubblico) ad un appalto in economia oppure a un'aggiudicazione diretta. Per evitare derive monopolistiche, l'aggiudicazione diretta deve essere regolamentata in modo più severo, in particolare tenendo conto di criteri di qualità della prestazione, e non soltanto del prezzo. La sfida consiste, per le autorità organizzatrici dei trasporti, nel raggiungere una trasparenza dei prezzi rispetto ai servizi prestati, grazie alla contestabilità dei mercati;

15.

sottolinea che un approccio flessibile riguardo alla scelta dell'operatore di trasporto da parte delle autorità locali competenti, regioni comprese, dovrebbe tener conto del livello di sviluppo del mercato dei trasporti regionali nei singoli Stati membri;

16.

si chiede se si tratti di una vera apertura alla concorrenza in considerazione del fatto che alcune procedure di gara riescono a suscitare una competizione assai scarsa. Invita la Commissione a chiarire i criteri effettivi di tali procedure, sulla base in particolare dei costi amministrativi di risposta alle procedure stesse o della durata dei contratti proposti dalle autorità competenti;

17.

insiste affinché gli operatori ferroviari che abbiano prestato un servizio pubblico siano responsabili anche dell'esattezza delle informazioni fornite nel quadro delle procedure di gara per il rinnovo o il trasferimento di un contratto, nei limiti imposti dalla confidenzialità delle attività.

Accesso al mercato del materiale rotabile

18.

Riconosce l'importanza dell'acquisto di materiale rotabile quale ostacolo all'ingresso sul mercato;

19.

non esclude alcun metodo per garantire la copertura del valore residuo di tale materiale.

Aiuti di Stato

20.

Ricorda che il Parlamento e il Consiglio hanno già espresso il proprio rifiuto di abolire l'articolo 9 del presente regolamento;

21.

si associa a tali istituzioni nel respingere l'obbligo di comunicare sistematicamente tutti i contributi ai servizi pubblici di trasporto, in considerazione delle specificità del settore dei trasporti.

B.    Apertura dei mercati e governance del settore

22.

Ritiene che, una volta garantite in modo rigoroso sia condizioni di equa concorrenza e d'apertura a tutte le imprese ferroviarie europee sia l'assenza di distorsioni della concorrenza sul mercato, gli Stati membri dovrebbero disporre di una certa libertà di organizzare e modificare il loro sistema ferroviario scegliendo tra il modello della separazione e quello delle imprese integrate;

23.

esprime soddisfazione per il rafforzamento del ruolo del gestore dell'infrastruttura nell'ottica di una razionalizzazione del sistema ferroviario. Il gestore dell'infrastruttura deve offrire uno sportello unico per l'accesso alla rete, in particolare alle autorità organizzatrici. Occorre quindi che al suo consiglio direttivo o di vigilanza partecipi un collegio di rappresentanti delle autorità regionali organizzatrici;

24.

accoglie con favore l'insediamento di comitati di coordinamento che sorveglieranno le attività del gestore delle infrastrutture così rafforzato e vigileranno sull'efficacia dell'intero sistema. Le autorità locali dovranno essere associate sistematicamente a queste attività, e non soltanto «all'occasione»;

25.

chiede che siano designati degli interlocutori interni al gestore dell'infrastruttura che si occupino delle relazioni con gli enti locali e regionali;

26.

ricorda l'obbligo di applicare i principi di proporzionalità e sussidiarietà, in particolare quando la Commissione prevede di attribuirsi nuovi poteri decisionali;

27.

incoraggia l'introduzione rapida di una rete europea dei gestori dell'infrastruttura, che risulta indispensabile al funzionamento di uno spazio ferroviario europeo unico e al coordinamento transfrontaliero;

28.

insiste sulla necessità di responsabilizzare i gestori delle stazioni nei confronti degli enti locali e regionali. Le stazioni sono infatti elementi molto importanti per determinare l'attrattiva di un territorio;

29.

ricorda che la liberalizzazione non è fine a sé stessa: l'obiettivo deve essere infatti migliorare l'offerta e la qualità dei servizi. Tuttavia, le esperienze di apertura alla concorrenza dei mercati ferroviari interurbani di trasporto passeggeri sono ancora troppo limitate in Europa. È opportuno incoraggiare tali esperienze, preservando allo stesso tempo i servizi pubblici e inquadrandoli in base alla nozione di rischio per l'equilibrio economico di tali servizi;

30.

sottolinea l'opportunità di mantenere le norme vigenti che consentono alle imprese che svolgono il ruolo di gestori di infrastrutture e di operatori, prestando servizi di carattere locale su specifiche infrastrutture ferroviarie di piccole dimensioni, di proseguire le loro attività alle condizioni attuali; le infrastrutture locali di questo tipo non devono superare i 150 km;

31.

si compiace per i riferimenti fatti al quadro sociale. Occorrerà però renderli più precisi, per limitare ogni rischio di dumping sociale. D'altro canto, non dovranno ostacolare una migliore competitività del settore ferroviario, e dovranno incoraggiare la polivalenza del personale;

32.

sostiene il rafforzamento degli organismi di controllo e ne incoraggia la cooperazione a livello europeo, in particolare per quanto riguarda la valutazione dei rischi per l'equilibrio economico di un servizio. Inoltre, gli enti locali e regionali dovranno beneficiare di termini ragionevoli per rivolgersi agli organismi di controllo in caso di dubbi circa il mantenimento di tale equilibrio;

33.

ricorda che l'emissione dei biglietti è parte integrante dell'apertura dei mercati: in questo settore s'impone un migliore coordinamento tra le imprese ferroviarie e fra queste e gli enti locali e regionali competenti;

34.

ritiene che la partecipazione delle imprese che gestiscono servizi nazionali a un sistema d'informazione nazionale sull'offerta e l'emissione di biglietti (intermodali) dovrebbe essere resa obbligatoria, dal momento che lo sviluppo dei servizi associati è un fattore di primaria importanza per migliorare l'attrattiva del trasporto collettivo, in particolare di quello ferroviario.

C.    Pilastro tecnico

35.

Condivide la diagnosi della Commissione sui principali problemi e limiti del quadro legislativo europeo vigente per le questioni tecniche;

36.

è favorevole a rafforzare il ruolo dell'Agenzia ferroviaria europea sita a Valenciennes (il cui obiettivo consiste in particolare nel sostenere l'interoperabilità tecnica e l'armonizzazione delle procedure di sicurezza), nonché ad accelerare l'introduzione di un'autorizzazione unica alla messa in servizio dei veicoli e a rafforzare i poteri dell'Agenzia per evitare i gravi problemi creati dalle divergenze fra 26 autorità nazionali. I veicoli destinati ad essere utilizzati solo sul territorio nazionale possono continuare ad essere autorizzati dalle autorità nazionali preposte alla sicurezza;

37.

chiede peraltro che sia previsto un periodo di transizione prima che l'Agenzia divenga pienamente operativa per poter svolgere i propri nuovi compiti;

38.

sostiene l'obiettivo fissato dalla Commissione di ridurre il numero delle norme nazionali sopprimendo quelle ridondanti e quelle contrarie al diritto dell'UE e alle specifiche tecniche in materia di interoperabilità;

39.

accoglie con favore alcune proposte della Commissione europea sul ruolo dell'Agenzia e sulla creazione al suo interno di un organo di ricorso. Infatti, la Commissione propone di rafforzare il ruolo dell'Agenzia e di farne lo sportello unico decisionale per i veicoli e i certificati di sicurezza per le imprese ferroviarie. È quindi necessario rafforzare e chiarire i poteri dell'Agenzia, le sue risorse (finanziarie e umane) e la sua responsabilità. Lo stesso vale per la commissione di ricorso;

40.

chiede di essere associato all'elaborazione dei programmi dell'Agenzia;

41.

esorta a non trascurare le analisi costi/benefici delle misure relative all'interoperabilità, in particolare il loro impatto sugli enti locali e regionali.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

COM(2013) 28 final

Nuovo considerando dopo il considerando 9

Progetto di parere

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Il principio di reciprocità è un modo importante per evitare le distorsioni della concorrenza: tale principio dovrebbe essere applicato alle imprese dei paesi terzi che desiderino partecipare alle procedure di gara interne all'Unione.

Motivazione

Non bisogna dare agli operatori dei paesi terzi la possibilità di partecipare a una procedura di gara negli Stati membri dell'UE se i paesi terzi interessati non hanno ancora aperto i propri mercati agli operatori degli Stati membri dell'UE.

Emendamento 2

COM(2013) 28 final

Considerando 15

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Prepararsi all'obbligatorietà delle procedure di gara per i contratti di servizio pubblico implica per le imprese ferroviarie disporre di un lasso di tempo in cui le imprese che, in passato, godevano dell'aggiudicazione diretta di tali contratti possano procedere ad una ristrutturazione interna efficace e sostenibile. È pertanto necessario prevedere misure transitorie per i contratti aggiudicati direttamente nel periodo compreso tra l'entrata in vigore del presente regolamento e il 3 dicembre 2019.

Prepararsi all'obbligatorietà delle procedure di gara per i contratti di servizio pubblico implica per le imprese ferroviarie disporre di un lasso di tempo in cui le imprese che, in passato, godevano dell'aggiudicazione diretta di tali contratti possano procedere ad una ristrutturazione interna efficace e sostenibile. È pertanto necessario prevedere misure transitorie per i contratti aggiudicati direttamente nel periodo compreso tra l'entrata in vigore del presente regolamento e il 3 dicembre 2019.

Emendamento 3

COM(2013) 28 final

Considerando 18

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Nel contesto delle modifiche del regolamento (CE) n. 994/98 (regolamento di abilitazione), la Commissione introduce, tra l'altro, una modifica nel regolamento (CE) n. 1370/2007. Al fine di armonizzare l'approccio riguardo ai regolamenti di esenzione per categoria in materia di aiuti di Stato, e secondo le procedure di cui all'articolo 108, paragrafo 4, e all'articolo 109 del trattato, gli aiuti richiesti dalle necessità del coordinamento dei trasporti ovvero corrispondenti al rimborso di talune servitù inerenti alla nozione di pubblico servizio, di cui all'articolo 93 del trattato, dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione del regolamento di abilitazione.

Nel contesto delle modifiche del regolamento (CE) n. 994/98 (regolamento di abilitazione), la Commissione introduce, tra l'altro, una modifica nel regolamento (CE) n. 1370/2007. Al fine di armonizzare l'approccio riguardo ai regolamenti di esenzione per categoria in materia di aiuti di Stato, e secondo le procedure di cui all'articolo 108, paragrafo 4, e all'articolo 109 del trattato, gli aiuti richiesti dalle necessità del coordinamento dei trasporti ovvero corrispondenti al rimborso di talune servitù inerenti alla nozione di pubblico servizio, di cui all'articolo 93 del trattato, dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione del regolamento di abilitazione.

Motivazione

Il rinvio verso un altro testo del principio di esenzione dall'obbligo di notifica delle compensazioni cambierebbe l'intera economia del regolamento sugli obblighi di servizio pubblico e farebbe pesare un grave rischio d'incertezza del diritto sui servizi pubblici di trasporto dei passeggeri.

Emendamento 4

COM(2013) 28 final

Articolo 2, lettera c)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

c)

«autorità competente a livello locale»: qualsiasi autorità competente la cui zona di competenza geografica non è estesa al territorio nazionale e cui fanno capo le esigenze di trasporto di un agglomerato urbano o di un bacino rurale;

c)

«autorità competente a livello locale»: qualsiasi autorità competente la cui zona di competenza geografica non è estesa al territorio nazionale e copre l'intero territorio di uno Stato membro o cui fanno capo le esigenze di trasporto di una regione o di un agglomerato urbano o di un bacino rurale, anche a livello transfrontaliero;

Motivazione

La formulazione «non è estesa al territorio nazionale» può avere due significati: o la zona di competenza geografica non copre l'intero territorio di uno Stato membro oppure si tratta di un'autorità competente a livello locale il cui territorio fa parte di due o più Stati membri. La definizione deve essere chiarita, per tener conto della comparsa di autorità organizzatrici dotate di competenze transfrontaliere.

Inoltre, le regioni devono essere coperte dal regolamento in oggetto senza ambiguità di sorta.

Emendamento 5

COM(2013) 28 final

Articolo 2, lettera e)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

e)

Esulano dall'ambito di applicazione degli obblighi di servizio pubblico tutti i servizi di trasporto pubblico che vanno oltre quanto necessario per sfruttare gli effetti di rete locali, regionali o subnazionali.

e)

Esulano dall'ambito di applicazione degli obblighi di servizio pubblico tutti i servizi di trasporto pubblico che vanno oltre quanto necessario per sfruttare gli effetti di rete locali, regionali o subnazionali. Rientrano nell'ambito di applicazione degli obblighi di servizio pubblico tutti i servizi di trasporto pubblico che fanno emergere effetti di rete locali, regionali o subnazionali che possono derivare dalla combinazione di linee redditizie e non redditizie.

Motivazione

Se una linea di trasporto regionale è in equilibrio finanziario o in attivo, deve poter essere inserita in un contratto di servizio pubblico con altre linee deficitarie, in modo che l'attivo della prima contribuisca al finanziamento delle seconde e che, se del caso, si possano ottimizzare i mezzi tecnici necessari al funzionamento del servizio.

Emendamento 6

COM(2013) 28 final

Articolo 2 bis, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   L'autorità competente stende e periodicamente aggiorna un piano di trasporto pubblico di passeggeri relativo a tutti i pertinenti modi di trasporto nel territorio che le fa capo.

1.   L'autorità competente stende e periodicamente aggiorna un piano di trasporto pubblico di passeggeri relativo a tutti i pertinenti modi di trasporto nel territorio che le fa capo. Questo obbligo si applica soltanto agli agglomerati di oltre 100 000 abitanti.

Il piano di trasporto pubblico stabilisce gli obiettivi della politica del trasporto pubblico e i relativi mezzi di conseguimento per tutti i pertinenti modi di trasporto nel territorio che fa capo all'autorità. Esso riporta almeno:

Il piano di trasporto pubblico stabilisce gli obiettivi della politica del trasporto pubblico e i relativi mezzi di conseguimento per tutti i pertinenti modi di trasporto nel territorio che fa capo all'autorità. Esso riporta almeno:

(a)

la struttura della rete o dei tragitti;

(a)

la struttura della rete o dei tragitti;

(b)

requisiti di base che l'offerta di trasporto pubblico deve soddisfare, come accessibilità, connettività territoriale, sicurezza, interconnessioni modali e intermodali nei nodi principali, caratteristiche dell'offerta quali orario di circolazione, frequenza del servizio e grado minimo di utilizzazione della capacità;

(b)

requisiti di base che l'offerta di trasporto pubblico deve soddisfare, come accessibilità, connettività territoriale, sicurezza, interconnessioni modali e intermodali nei nodi principali, caratteristiche dell'offerta quali i principi orari orario di circolazione, e la frequenza del servizio e grado minimo di utilizzazione della capacità;

(c)

norme di qualità per voci quali attrezzature di fermate e materiale rotabile, puntualità e affidabilità, pulizia, servizio e informazioni alla clientela, gestione dei reclami e risarcimento, monitoraggio della qualità del servizio;

(c)

norme di qualità per voci quali attrezzature di fermate e materiale rotabile, puntualità e affidabilità, pulizia, servizio e informazioni alla clientela, gestione dei reclami e risarcimento, monitoraggio della qualità del servizio;

(d)

principi di politica tariffaria;

(d)

principi di politica tariffaria;

(e)

requisiti operativi quali trasporto di biciclette, gestione del traffico, piano di emergenza in caso di perturbazioni.

(e)

requisiti operativi quali trasporto di biciclette, gestione del traffico, piano di emergenza in caso di perturbazioni;

 

(f)

i requisiti di coesione sociale e territoriale.

Nella stesura del piano di trasporto pubblico l'autorità competente tiene presenti, in particolare, le norme applicabili in materia di diritti dei passeggeri, protezione sociale, occupazione e tutela dell'ambiente.

Nella stesura del piano di trasporto pubblico l'autorità competente tiene presenti, in particolare, le norme applicabili in materia di diritti dei passeggeri, protezione sociale, occupazione e tutela dell'ambiente, per prevenire ogni tipo di dumping in questi diversi settori.

 

I piani di trasporto pubblico devono essere presentati all'organismo di controllo, per semplice parere, un mese prima della loro pubblicazione.

 

Le autorità competenti collaborano fra loro per coordinare le informazioni contenute nei rispettivi piani di trasporto e redigono dei piani di trasporto comuni per i servizi di trasporto regionale transfrontaliero.

L'autorità competente adotta il piano di trasporto pubblico previa consultazione dei pertinenti portatori d'interesse e lo pubblica. Ai fini del presente regolamento i pertinenti portatori d'interesse da considerare comprendono perlomeno gli operatori di trasporto, laddove appropriato i gestori dell'infrastruttura, e le associazioni di passeggeri e di dipendenti rappresentative.

L'autorità competente adotta il piano di trasporto pubblico previa consultazione dei pertinenti portatori d'interesse e lo pubblica. Ai fini del presente regolamento i pertinenti portatori d'interesse da considerare comprendono perlomeno gli operatori di trasporto, laddove appropriato i gestori dell'infrastruttura, e le associazioni di passeggeri e di dipendenti rappresentative.

 

I fornitori dei servizi pubblici precedenti o esistenti sono tenuti a fornire all'autorità competente i dati necessari entro il termine di un mese dalla richiesta formulata dall'autorità stessa, anche nei casi in cui si tratti dell'autorità di uno Stato membro vicino.

Motivazione

I piani di trasporto pubblico di passeggeri possono rappresentare un pesante onere aggiuntivo, ma non hanno effetto sulle linee ferroviarie di grande comunicazione che rientrano nell'ambito di convenzioni per la pianificazione del territorio. L'emendamento suggerisce di limitarne l'obbligatorietà ai soli agglomerati di una certa dimensione.

Tenuto conto della complessità e della volatilità (che non dipendono dalle autorità competenti) dell'orario di circolazione, appare più realistico indicare in un piano di trasporto i principi che informano l'orario.

Sulle linee poco frequentate, l'impegno di garantire un grado minimo di utilizzazione delle capacità rischia di avere effetti negativi sul servizio pubblico interessato, risultando così contrario agli interessi dell'autorità competente.

Occorre incoraggiare l'intermodalità e il coordinamento transfrontaliero.

I piani di trasporto pubblico hanno bisogno di dati precisi sull'evoluzione dei mercati dei diversi modi di trasporto. I soggetti del mercato detengono le principali fonti d'informazione che devono quindi condividere con le autorità pubbliche.

Emendamento 7

COM(2013) 28 final

Articolo 2 bis, paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Le specifiche degli obblighi di servizio pubblico e la collegata compensazione dell'effetto finanziario netto degli obblighi di servizio pubblico assicurano:

Le specifiche degli obblighi di servizio pubblico e la collegata compensazione dell'effetto finanziario netto degli obblighi di servizio pubblico assicurano:

il conseguimento degli obiettivi del piano di trasporto pubblico con la massima efficienza in termini di costi;

il conseguimento degli obiettivi del piano di trasporto pubblico con la massima efficienza in termini di costi;

Emendamento 8

COM(2013) 28 final

Articolo 4, paragrafo 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Le autorità competenti mettono a disposizione di tutte le parti interessate le informazioni pertinenti alla predisposizione dell'offerta in una procedura di gara.

Le autorità competenti mettono a disposizione di tutte le parti interessate le informazioni pertinenti alla predisposizione dell'offerta in una procedura di gara. I gestori delle infrastrutture ferroviarie e le imprese ferroviarie che detengono o hanno detenuto il contratto di servizio pubblico devono aiutare le autorità competenti a fornire tutti i dati pertinenti e sono responsabili dell'esattezza dei dati forniti alle autorità stesse.

Affinché dette parti siano in grado di elaborare piani d'attività con cognizione di causa, le informazioni indicano la domanda di passeggeri, le tariffe, i costi e ricavi inerenti al trasporto pubblico di passeggeri oggetto della gara e i dettagli delle specifiche d'infrastruttura pertinenti all'esercizio dei veicoli o del materiale rotabile necessari. I gestori dell'infrastruttura ferroviaria collaborano con le autorità competenti mettendo a disposizione tutte le pertinenti specifiche d'infrastruttura.

Affinché dette parti siano in grado di elaborare piani d'attività con cognizione di causa, le informazioni indicano la domanda di passeggeri, le tariffe, i costi e ricavi inerenti al trasporto pubblico di passeggeri oggetto della gara e i dettagli delle specifiche d'infrastruttura pertinenti all'esercizio dei veicoli o del materiale rotabile necessari. I gestori dell'infrastruttura ferroviaria collaborano con le autorità competenti mettendo a disposizione tutte le pertinenti specifiche d'infrastruttura.

L'inosservanza delle disposizioni del presente paragrafo è soggetta alla verifica giuridica di cui all'articolo 5, paragrafo 7.

L'inosservanza delle disposizioni del presente paragrafo è soggetta alla verifica giuridica di cui all'articolo 5, paragrafo 7.

 

L'operatore attuale di una linea o di una rete sottoposta a procedura di gara deve fornire all'autorità competente i dati necessari alla preparazione dell'offerta in modo gratuito, completo e preciso, in particolare per quanto riguarda la domanda di trasporto e gli utili ottenuti dal trasporto di passeggeri, nei limiti della confidenzialità delle attività.

 

L'operatore precedente e il gestore dell'infrastruttura devono risarcire gli altri operatori per qualunque perdita causata da offerte presentate in base a dati erronei o mancanti.

Motivazione

I dati del gestore dell'infrastruttura non sono sufficienti, dal momento che non contengono le informazioni commerciali dell'operatore ferroviario. I fornitori precedenti e/o attuali, in particolare gli operatori storici, devono fornire dati al fine di garantire un accesso non discriminatorio alle informazioni. Una maggiore coerenza è indispensabile per evitare di far pesare sulle autorità competenti obblighi che non potrebbero rispettare.

Emendamento 9

COM(2013) 28 final

Articolo 5, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

L'autorità competente può escludere gli operatori dei paesi terzi dalle procedure di gara qualora tali paesi terzi non prevedano procedure di gara aperte alle imprese degli Stati membri dell'UE.

Motivazione

Non è opportuno offrire ai paesi terzi la possibilità di partecipare alle procedure di gara negli Stati membri dell'UE quando tali paesi non hanno ancora aperto il loro mercato nazionale agli Stati membri.

Emendamento 10

COM(2013) 28 final

Articolo 5, paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

4.   A meno che sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico

4.   A meno che sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico

(a)

il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1 000 000 EUR o inferiore a 5 000 000 EUR per il contratto di servizio pubblico che include il trasporto pubblico per ferrovia, oppure

(a)

il cui valore annuo medio stimato è inferiore a 1 000 000 EUR o inferiore a 5 000 000 EUR per il contratto di servizio pubblico che include il trasporto pubblico per ferrovia, oppure

(b)

che riguardano la prestazione di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300 000 chilometri l'anno o inferiore a 150 000 chilometri l'anno per il contratto di servizio pubblico che include il trasporto pubblico per ferrovia.

(b)

che riguardano la prestazione di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300 000 chilometri l'anno o inferiore a 150 000 500 000 chilometri l'anno per il contratto di servizio pubblico che include il trasporto pubblico per ferrovia.

Motivazione

La soglia proposta dalla Commissione di 150 000 chilometri l'anno per il trasporto pubblico per ferrovia esclude di fatto ogni linea ferroviaria in cui questo modo di trasporto risulterebbe pertinente. La soglia di 500 000 chilometri permette di limitare i casi che fanno eccezione alla regola delle procedure di gara alle sole linee uniche di una lunghezza pertinente per il modo di trasporto ferroviario e con un livello di servizio sostenibile per tale modo.

Emendamento 11

COM(2013) 28 final

Articolo 5, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

La decisione di aggiudicare direttamente i servizi è trasmessa per parere, entro un termine di due mesi, all'organismo di regolamentazione di cui all'articolo 55 della direttiva 2012/34/CE.

Motivazione

Questo nuovo paragrafo consente la partecipazione dell'organismo di regolamentazione competente al processo di organizzazione del trasporto ferroviario, senza però limitare il diritto delle amministrazioni locali competenti di aggiudicare direttamente i contratti di servizio a operatori interni. Nel contempo, esso disciplina l'aggiudicazione diretta di tali servizi, in modo da limitare le situazioni di oligopolio.

Emendamento 12

COM(2013) 28 final

Articolo 5, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

A meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale, le autorità competenti hanno facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico di trasporto per ferrovia, fatta eccezione per altri modi di trasporto su rotaia quali metropolitana o tram. In deroga all’articolo 4, paragrafo 3, la durata di tali contratti non è superiore a dieci anni, salvo nei casi in cui si applica l’articolo 4, paragrafo 4.

 

Tuttavia, se il contratto è già stato oggetto di aggiudicazione diretta e se gli indicatori di qualità dei servizi si degradano in media oltre il 10 % per l'intera durata del contratto per motivi imputabili all'operatore che fornisce i servizi pubblici, quest'ultimo sarà sottoposto a procedura di gara al momento della sua scadenza. Sei mesi dopo l'adozione del presente regolamento, la Commissione europea definirà la qualità mediante atti delegati, in funzione di una serie d'indicatori di rendimento che comprendono tra l'altro la puntualità.

Motivazione

È necessario ristabilire la possibilità di ricorrere all'aggiudicazione diretta, ma disciplinandone la durata: se il suo funzionamento non risulta soddisfacente, l'autorità dovrà procedere automaticamente a una procedura di gara.

Emendamento 13

COM(2013) 28 final

Articolo 5 bis, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

[…]

[…]

L'autorità competente può assolvere l'obbligo sancito al primo comma in uno dei modi seguenti:

L'autorità competente può assolvere l'obbligo sancito al primo comma in uno dei modi seguenti secondo modalità diverse che favoriscono le economie di scala, ad esempio:

a)

acquistando essa stessa il materiale rotabile necessario per l'esecuzione del contratto di servizio pubblico, al fine di metterlo a disposizione dell'operatore di servizio pubblico selezionato al prezzo di mercato ovvero nel quadro del contratto di servizio pubblico a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell'articolo 6 e, se applicabile, dell'allegato;

a)

acquistando essa stessa il materiale rotabile necessario per l'esecuzione del contratto di servizio pubblico, al fine di metterlo a disposizione dell'operatore di servizio pubblico selezionato al prezzo di mercato ovvero nel quadro del contratto di servizio pubblico a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell'articolo 6 e, se applicabile, dell'allegato;

b)

prestando una garanzia per il finanziamento del materiale rotabile necessario per l'esecuzione del contratto di servizio pubblico, al prezzo di mercato ovvero nel quadro del contratto di servizio pubblico a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell'articolo 6 e, se applicabile, dell'allegato. La garanzia può coprire il rischio sul valore residuo, sempre nel rispetto, ove applicabili, delle pertinenti norme sugli aiuti di Stato;

b)

prestando una garanzia per il finanziamento del materiale rotabile necessario per l'esecuzione del contratto di servizio pubblico, al prezzo di mercato ovvero nel quadro del contratto di servizio pubblico a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell'articolo 6 e, se applicabile, dell'allegato. La garanzia può coprire il rischio sul valore residuo, sempre nel rispetto, ove applicabili, delle pertinenti norme sugli aiuti di Stato;

c)

impegnandosi, nel contratto di servizio pubblico, ad acquisire il materiale rotabile al prezzo di mercato alla scadenza del contratto.

c)

impegnandosi, nel contratto di servizio pubblico, ad acquisire il materiale rotabile al prezzo di mercato alla scadenza del contratto;

 

d)

stringendo rapporti di collaborazione con le autorità locali vicine al fine di disporre di una dotazione più consistente di materiale rotabile;

 

e)

sollecitando un contributo da parte del proprio Stato membro come accompagnamento a una delle modalità di copertura del valore residuo del materiale rotabile.

[…]

[…]

Motivazione

Non va escluso nessun metodo di finanziamento locale (garanzia, ritiro, acquisto diretto, ecc.). Gli Stati non devono però scaricare le loro responsabilità, trasferendo indebitamente i loro oneri sugli enti locali. Il quadro legislativo e regolamentare dev'essere tale da stimolare il mercato del materiale rotabile favorendo in particolare le economie di scala e i meccanismi di finanziamento appropriati.

Emendamento 14

COM(2013) 28 final

Articolo 8, paragrafo 2 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

I contratti di servizio pubblico inerenti al trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia aggiudicati direttamente tra il 1° gennaio 2013 e il 2 dicembre 2019 possono restare in vigore fino alla data di scadenza. Tuttavia, essi non vanno in nessun caso oltre il 31 dicembre 2022.

I contratti di servizio pubblico inerenti al trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia aggiudicati direttamente tra la data d'entrata in vigore del presente regolamento il 1° gennaio 2013 e il 2 dicembre 2019 possono restare in vigore fino alla data di scadenza. Tuttavia, essi non vanno in nessun caso oltre il 31 dicembre 2022. La presente disposizione non si applica ai contratti conclusi prima dell'entrata in vigore del presente regolamento.

Motivazione

La data d'entrata in vigore del regolamento riveduto dovrebbe corrispondere alla data di entrata in vigore delle modifiche proposte. Tale disposizione non dovrebbe applicarsi ai contratti conclusi anteriormente.

Emendamento 15

COM(2013) 29 final

Considerando 10

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

I vigenti requisiti della direttiva 2012/34/UE riguardano solo l'indipendenza giuridica, organizzativa e decisionale. Ciò non esclude del tutto la possibilità di mantenere un'impresa integrata a condizione che siano garantiti questi tre livelli di indipendenza. Per quanto riguarda l'indipendenza decisionale, occorre garantire che adeguate misure di salvaguardia escludano il controllo dell'impresa integrata sul processo decisionale del gestore dell'infrastruttura. Tuttavia, anche la piena applicazione di tali salvaguardie non esclude completamente tutte le possibilità di comportamenti discriminatori nei confronti dei concorrenti che si presentano nell'ambito di un'impresa a integrazione verticale. In particolare, nelle strutture integrate esiste sempre la possibilità di sussidi incrociati o è comunque molto difficile per gli organismi di regolamentazione controllare e applicare le salvaguardie stabilite per impedire tale fenomeno. La misura più efficace per risolvere tali problemi è la separazione istituzionale fra gestione dell'infrastruttura e attività di trasporto.

I vigenti requisiti della direttiva 2012/34/UE riguardano solo l'indipendenza giuridica, organizzativa e decisionale. Ciò non esclude del tutto la possibilità di mantenere un'impresa integrata a condizione che siano garantiti questi tre livelli di indipendenza sia garantita l'indipendenza dei gestori dagli operatori, per quanto riguarda le funzioni essenziali, vale a dire le decisioni relative all'assegnazione della traccia ferroviaria e quelle relative all'imposizione di canoni per l'utilizzo dell'infrastruttura, alle stazioni, agli investimenti e alla manutenzione. Per quanto riguarda l'indipendenza decisionale, occorre garantire che adeguate misure di salvaguardia escludano il controllo dell'impresa integrata sul processo decisionale del gestore dell'infrastruttura. Tuttavia, anche la piena applicazione di tali salvaguardie non esclude completamente tutte le possibilità di comportamenti discriminatori nei confronti dei concorrenti che si presentano nell'ambito di un'impresa a integrazione verticale. In particolare, nelle strutture integrate esiste sempre la possibilità di sussidi incrociati o è comunque molto difficile per gli organismi di regolamentazione controllare e applicare le salvaguardie stabilite per impedire tale fenomeno. La misura più efficace per risolvere tali problemi è la separazione istituzionale fra gestione dell'infrastruttura e attività di trasporto.

Motivazione

La Commissione parte dal postulato ideologico che la separazione totale delle attività sia la soluzione migliore. Ma si tratta appunto solo di un postulato ideologico incompatibile con la proposta di direttiva, che deve mantenere una posizione neutrale al riguardo.

Emendamento 16

COM(2013) 29 final

Articolo 6, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La Commissione propone di sopprimere l'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2012/34/UE.

Modificare come segue l'articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2012/34/UE:

 

Onde evitare costi di transazione esageratamente elevati, gli Gli Stati membri possono inoltre prevedere che la detta separazione comporti sezioni organiche distinte all’interno di una stessa impresa, a condizione che quest'ultima impieghi meno di 3 000 lavoratori e svolga attività limitate al trasporto locale su un'infrastruttura di meno di 150 km o che la gestione dell’infrastruttura e dei servizi di trasporto sia esercitata da enti distinti.

Motivazione

Riguardo alla separazione istituzionale tra gestori dell'infrastruttura e attività di trasporto, nel caso delle imprese la cui attività si limiti esclusivamente alla prestazione di servizi di trasporto a copertura regionale si raccomanda di mantenere le disposizioni attualmente in vigore. Si richiama l'attenzione sul fatto che, nel caso di piccoli operatori che effettuano servizi su infrastrutture proprie, questa separazione istituzionale potrebbe tradursi in una significativa dispersione delle loro forze e in un aumento dei loro costi di funzionamento, e, conseguentemente, delle compensazioni erogate sulla base di fondi pubblici.

Emendamento 17

COM(2013) 29 final

Articolo 7, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri assicurano che il gestore dell'infrastruttura svolga tutte le funzioni indicate all'articolo 3, punto 2, e che sia indipendente da qualsiasi impresa ferroviaria.

Gli Stati membri assicurano che il gestore dell'infrastruttura svolga tutte le funzioni indicate all'articolo 3, punto 2, e che sia indipendente da qualsiasi impresa ferroviaria, per quanto riguarda le funzioni essenziali, vale a dire le decisioni relative all'assegnazione della traccia ferroviaria e quelle relative all'imposizione di canoni per l'utilizzo dell'infrastruttura, alle stazioni, agli investimenti e alla manutenzione.

Per garantire l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura, gli Stati membri provvedono affinché i gestori dell'infrastruttura siano organizzati in un'entità giuridicamente distinta da qualsiasi impresa ferroviaria.

Per garantire l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura, gli Stati membri provvedono affinché i gestori dell'infrastruttura siano organizzati in un'entità giuridicamente distinta da qualsiasi impresa ferroviaria possono organizzarsi come ritengono più opportuno, nel rispetto del principio di sussidiarietà.

Emendamento 18

COM(2013) 29 final

Articolo 7, paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Laddove, alla data di entrata in vigore della presente direttiva, il gestore dell'infrastruttura sia inserito in un'impresa a integrazione verticale, lo Stato membro interessato può decidere di non applicare i paragrafi da 2 a 4. In tal caso lo Stato membro assicura che il gestore dell'infrastruttura svolga tutte le funzioni indicate all'articolo 3, punto 2, e che goda di effettiva indipendenza organizzativa e decisionale rispetto a qualsiasi impresa ferroviaria conformemente agli articoli da 7 bis a 7 quater.";

Laddove, alla data di entrata in vigore della presente direttiva, il gestore dell'infrastruttura sia inserito in un'impresa a integrazione verticale, lo Stato membro interessato può Gli Stati membri possono decidere di non applicare i paragrafi da 2 a 4. In tal caso lo Stato membro interessato assicura che il gestore dell'infrastruttura svolga tutte le funzioni indicate all'articolo 3, punto 2, e che goda di effettiva indipendenza organizzativa e decisionale rispetto a qualsiasi impresa ferroviaria conformemente agli articoli da 7 bis a 7 quater.";

Motivazione

Consente di tornare a un modello integrato, indipendentemente dalla situazione presente al momento dell'entrata in vigore della direttiva.

Emendamento 19

COM(2013) 29 final

Articolo 7 ter, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Il gestore dell'infrastruttura dispone di un consiglio di vigilanza composto di rappresentanti dei proprietari finali dell'impresa a integrazione verticale.

Il gestore dell'infrastruttura dispone di un consiglio di vigilanza composto di rappresentanti dei proprietari finali dell'impresa a integrazione verticale e di rappresentanti delle autorità locali e regionali competenti qualora questi non figurino già nel consiglio d'amministrazione del gestore dell'infrastruttura.

[…]

[…]

Motivazione

Gli enti locali e regionali sono operatori a pieno titolo del sistema ferroviario. Essi devono pertanto essere coinvolti negli organismi di decisione o di controllo del gestore dell'infrastruttura che beneficia di un monopolio naturale. Tali enti costituiscono il nesso tra gli operatori e gli utenti finali dei quali conoscono le esigenze.

Emendamento 20

COM(2013) 29 final

Articolo 7 ter, paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

[…] I trasferimenti di personale diversi da quelli indicati alla lettera c) tra il gestore dell'infrastruttura e le altre entità giuridiche inserite nell'impresa a integrazione verticale sono consentiti solo se è possibile garantire che non avvenga nessuna comunicazione di informazioni sensibili.

[…] I trasferimenti di personale diversi da quelli indicati alla lettera c) tra il gestore dell'infrastruttura e le altre entità giuridiche inserite nell'impresa a integrazione verticale sono consentiti. Il personale interessato dovrà tuttavia mantenere il segreto professionale riguardo alle proprie attività precedenti secondo le consuetudini del diritto commerciale solo se è possibile garantire che non avvenga nessuna comunicazione di informazioni sensibili.

Motivazione

Applicazione del principio di proporzionalità: il concetto di informazione sensibile è troppo vago per impedire la mobilità all'interno dei gruppi ferroviari. I periodi di carenza ed altre «muraglie cinesi» basteranno a impedire il diffondersi di informazioni sensibili tra le diverse filiali di uno stesso gruppo ferroviario. Com'è consuetudine nel diritto commerciale, il personale dev'essere però tenuto al segreto professionale.

Emendamento 21

COM(2013) 29 final

Articolo 7 ter, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

La Commissione europea deve introdurre entro il 1° gennaio 2019 disposizioni precise riguardo ai lavoratori mobili per impedire la pratica del dumping e della concorrenza salariale, prevedendo una procedura di certificazione specifica per il personale viaggiante.

Motivazione

Occorre evitare il diffondersi, nel settore ferroviario, di pratiche come il dumping e la concorrenza salariale, che già interessano il trasporto su strada e quello marittimo.

Emendamento 22

COM(2013) 29 final

Articolo 7 quater

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Procedura di verifica della conformità

Procedura di verifica della conformità

1.   Su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa, la Commissione decide se il gestore dell'infrastruttura inserito in un'impresa a integrazione verticale soddisfa i requisiti di cui agli articoli 7 bis e 7 ter e se tali requisiti sono applicati in modo atto a garantire pari condizioni di concorrenza a tutte le imprese ferroviarie e l'assenza di distorsioni della concorrenza sul mercato in questione.

1.   Su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa, la Commissione decide se il gestore dell'infrastruttura inserito in un'impresa a integrazione verticale soddisfa i requisiti di cui agli articoli 7, 7 bis e 7 ter e se tali requisiti sono applicati in modo atto a garantire pari condizioni di concorrenza a tutte le imprese ferroviarie e l'assenza di distorsioni della concorrenza sul mercato in questione.

2.   La Commissione ha diritto di ottenere, entro tempi ragionevoli, tutte le informazioni necessarie dallo Stato membro in cui è stabilita l'impresa a integrazione verticale. La Commissione consulta l'organismo o gli organismi di regolamentazione interessati e, se del caso, la rete degli organismi di regolamentazione di cui all'articolo 57.

2.   La Commissione ha diritto di ottenere, entro tempi ragionevoli, tutte le informazioni necessarie dallo Stato membro in cui è stabilita l'impresa a integrazione verticale interessato. La Commissione consulta l'organismo o gli organismi di regolamentazione interessati, le autorità competenti in materia e, se del caso, la rete degli organismi di regolamentazione di cui all'articolo 57.

3.   Gli Stati membri possono limitare i diritti di accesso previsti dall'articolo 10 per le imprese ferroviarie inserite nell'impresa a integrazione verticale cui appartiene il gestore dell'infrastruttura in questione se la Commissione li informa che non è stata presentata alcuna richiesta ai sensi del paragrafo 1 o se la richiesta è ancora all'esame della Commissione oppure se questa decide, secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2, che si è verificata una delle situazioni seguenti:

3.   Gli Stati membri possono limitare i diritti di accesso previsti dall'articolo 10 per le imprese ferroviarie inserite nell'impresa a integrazione verticale cui appartiene il gestore dell'infrastruttura in questione se la Commissione li informa che non è stata presentata alcuna richiesta ai sensi del paragrafo 1 o se la richiesta è ancora all'esame della Commissione oppure se questa decide, secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2, che si è verificata una delle situazioni seguenti:

a)

non sono pervenute risposte soddisfacenti alle richieste d'informazioni da essa inoltrate a norma del paragrafo 2;

a)

non sono pervenute risposte soddisfacenti alle richieste d'informazioni da essa inoltrate a norma del paragrafo 2;

b)

il gestore dell'infrastruttura in questione non soddisfa i requisiti di cui agli articoli 7 bis e 7 ter;

b)

il gestore dell'infrastruttura in questione non soddisfa i requisiti di cui agli articoli 7, 7 bis e 7 ter;

c)

i requisiti di cui agli articoli 7 bis e 7 ter non sono applicati in modo atto ad assicurare pari condizioni di concorrenza per tutte le imprese ferroviarie e l'assenza di distorsioni della concorrenza nello Stato membro in cui è stabilito il gestore dell'infrastruttura in questione.

c)

i requisiti di cui agli articoli 7, 7 bis e 7 ter non sono applicati in modo atto ad assicurare pari condizioni di concorrenza per tutte le imprese ferroviarie e l'assenza di distorsioni della concorrenza nello Stato membro in cui è stabilito il gestore dell'infrastruttura in questione.

La Commissione decide entro tempi ragionevoli.

La Commissione decide entro tempi ragionevoli 30 giorni lavorativi.

4.   Lo Stato membro interessato che dimostri alla Commissione che non sussistono più i motivi alla base della decisione assunta a norma del paragrafo 3 può chiederle di abrogarla secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2. La Commissione decide entro tempi ragionevoli.

4.   Lo Stato membro interessato che dimostri alla Commissione che non sussistono più i motivi alla base della decisione assunta a norma del paragrafo 3 può chiederle di abrogarla secondo la procedura di cui all'articolo 62, paragrafo 2. La Commissione decide entro tempi ragionevoli 30 giorni lavorativi.

5.   Fatti salvi i paragrafi da 1 a 4, l'organismo di regolamentazione di cui all'articolo 55 controlla la conformità costante ai requisiti di cui agli articoli 7 bis e 7 ter. Ogni richiedente ha diritto a presentare ricorso all'organismo di regolamentazione se ritiene che tali requisiti non siano soddisfatti. Se investito di siffatto ricorso, l'organismo di regolamentazione dispone, nei tempi indicati all'articolo 56, paragrafo 9, le misure necessarie a rettificare la situazione.

5.   Fatti salvi i paragrafi da 1 a 4, l'organismo di regolamentazione di cui all'articolo 55 controlla la conformità costante ai requisiti di cui agli articoli 7 bis e 7 ter. Ogni richiedente ha diritto a presentare ricorso all'organismo di regolamentazione se ritiene che tali requisiti non siano soddisfatti. Se investito di siffatto ricorso, l'organismo di regolamentazione dispone, nei tempi indicati all'articolo 56, paragrafo 9, le misure necessarie a rettificare la situazione.

Motivazione

La Commissione discrimina le imprese a integrazione verticale. La portata delle verifiche da essa effettuate dovrebbe essere la stessa per le imprese integrate e quelle separate. Come qualunque organismo di regolamentazione, la Commissione deve essere tenuta a rispettare delle scadenze precise allo scopo di rafforzare la sicurezza giuridica per l'insieme dei soggetti coinvolti.

Emendamento 23

COM(2013) 29 final

Articolo 7 quinquies, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Comitato di coordinamento

Comitato di coordinamento

1.   Gli Stati membri assicurano che i gestori dell'infrastruttura istituiscano e organizzino comitati di coordinamento per ciascuna rete. Possono far parte del suddetto comitato almeno il gestore dell'infrastruttura, i richiedenti noti ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, e, su loro richiesta, i richiedenti potenziali, le loro organizzazioni rappresentative, i rappresentanti degli utenti dei servizi di trasporto di passeggeri e di merci per ferrovia e, se del caso, le autorità locali e regionali. I rappresentanti dello Stato membro e l'organismo di regolamentazione interessato sono invitati alle riunioni del comitato di coordinamento in qualità di osservatori.

1.   Gli Stati membri assicurano che i gestori dell'infrastruttura istituiscano e organizzino comitati di coordinamento per ciascuna rete, sia essa nazionale, regionale o locale. Possono far parte del suddetto comitato almeno il gestore dell'infrastruttura, i richiedenti noti ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, e, su loro richiesta, i richiedenti potenziali, le loro organizzazioni rappresentative, i rappresentanti degli utenti dei servizi di trasporto di passeggeri e di merci per ferrovia e, se del caso, le autorità locali e regionali interessate. I rappresentanti dello Stato membro e l'organismo di regolamentazione interessato sono invitati alle riunioni del comitato di coordinamento in qualità di osservatori.

Motivazione

Essendo tra i principali responsabili della politica dei trasporti, gli enti regionali e locali devono necessariamente far parte del comitato di coordinamento.

Emendamento 24

COM(2013) 29 final

Articolo 7 sexies, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Rete europea dei gestori dell'infrastruttura

Rete europea dei gestori dell'infrastruttura

1.   Gli Stati membri assicurano che i gestori dell'infrastruttura partecipino e cooperino in una rete al fine di sviluppare l'infrastruttura ferroviaria dell'Unione, in particolare per assicurare l'attuazione tempestiva ed efficiente della rete transeuropea di trasporto, inclusi i corridoi della rete centrale, i corridoi merci ferroviari a norma del regolamento (UE) n. 913/2010 e il piano di implementazione del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario (ERTMS) previsto dalla decisione 2012/88/UE.

1.   Nei due anni successivi all'entrata in vigore della presente direttiva gli Gli Stati membri assicurano che impongono ai gestori dell'infrastruttura di partecipare partecipino e cooperino cooperare in una rete al fine di sviluppare l'infrastruttura ferroviaria dell'Unione, in particolare per assicurare l'attuazione tempestiva ed efficiente della rete transeuropea di trasporto, inclusi i corridoi della rete centrale, i corridoi merci ferroviari a norma del regolamento (UE) n. 913/2010 e il piano di implementazione del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario (ERTMS) previsto dalla decisione 2012/88/UE, nonché l'efficacia della cooperazione regionale ferroviaria a livello transfrontaliero.

La Commissione è membro della rete. Coordina e sostiene il lavoro della rete, cui presenta, se del caso, raccomandazioni. Assicura la fattiva cooperazione dei gestori dell'infrastruttura appropriati.

La Commissione è membro della rete. Coordina e sostiene il lavoro della rete, cui presenta, se del caso, raccomandazioni. Assicura la fattiva cooperazione dei gestori dell'infrastruttura appropriati. Riferisce, infine, in merito ai progressi compiuti dalla suddetta rete al Comitato delle regioni e alla rete degli organismi di regolamentazione di cui all'articolo 57 almeno ogni due anni.

Motivazione

La rete europea dei gestori dell'infrastruttura costituisce un'occasione per affrontare al livello più opportuno i problemi operativi transfrontalieri ed è per questo che gli enti locali devono potervi aderire. La rete degli organismi di regolamentazione va da parte sua tenuta informata in merito ai progressi registrati dalla rete dei gestori.

Emendamento 25

COM(2013) 29 final

Nuovo articolo dopo articolo 7 sexies

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Il gestore dell'infrastruttura designa al suo interno un rappresentante incaricato delle relazioni con le autorità locali o regionali. Detto rappresentante dev'essere in grado di rispondere a nome del gestore dell'infrastruttura, entro cinque giorni, alle richieste poste da un'autorità locale o regionale.

Motivazione

Il rafforzamento delle competenze dei gestori dell'infrastruttura deve associarsi a una loro maggiore responsabilizzazione a livello internazionale grazie alla rete dei gestori dell'infrastruttura, ma anche a livello locale. In quanto vero e proprio sportello unico, l'interlocutore degli enti locali o regionali dev'essere in grado di rispondere rapidamente alle richieste che gli sono poste.

Emendamento 26

COM(2013) 29 final

Articolo 10, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Per garantire un l'accesso non discriminatorio alle stazioni, i gestori delle stazioni e dei relativi binari mettono a disposizione degli operatori e di qualunque utente un modulo per i ricorsi, disponibile online. Gli organismi di regolamentazione e le autorità competenti ricevono una relazione annuale su detti ricorsi.

Motivazione

L'accesso non discriminatorio deve poter essere valutato a intervalli regolari, soprattutto dagli enti locali e regionali, per i quali è importante che gli utenti beneficino di un'offerta di trasporto di qualità.

Emendamento 27

COM(2013) 29 final

Articolo 11, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Per stabilire se l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico sia compromesso, l'organismo o gli organismi di regolamentazione pertinenti di cui all'articolo 55 procedono ad un'analisi economica oggettiva e basano la decisione su criteri prestabiliti. Essi procedono in tal senso in seguito ad una richiesta proveniente da uno dei seguenti soggetti, presentata entro un mese dall'informazione sul previsto servizio di trasporto di passeggeri, di cui all'articolo 38, paragrafo 4:

Per stabilire se l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico sia compromesso, l'organismo o gli organismi di regolamentazione pertinenti di cui all'articolo 55 procedono ad un'analisi economica oggettiva e basano la decisione su criteri prestabiliti. Essi procedono in tal senso in seguito ad una richiesta proveniente da uno dei seguenti soggetti, presentata entro un mese due mesi dall'informazione sul previsto servizio di trasporto di passeggeri, di cui all'articolo 38, paragrafo 4:

a)

la o le competenti autorità di aggiudicazione del contratto di servizio pubblico;

a)

la o le competenti autorità di aggiudicazione del contratto di servizio pubblico;

b)

qualsiasi altra autorità competente interessata che gode del diritto di limitare l'accesso ai sensi del presente articolo;

b)

qualsiasi altra autorità competente interessata che gode del diritto di limitare l'accesso ai sensi del presente articolo;

c)

il gestore dell'infrastruttura;

c)

il gestore dell'infrastruttura;

d)

l'impresa ferroviaria che adempie al contratto di servizio pubblico.;

d)

l'impresa ferroviaria che adempie al contratto di servizio pubblico.;

Motivazione

Il termine di un mese è troppo breve per poter sollevare obiezioni nei confronti di un nuovo servizio di trasporto tale da compromettere l'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico.

Emendamento 28

COM(2013) 29 final

Articolo 13 bis, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Servizio comune d'informazione e sistema integrato di emissione dei biglietti

Servizio comune d'informazione e sistema integrato di emissione dei biglietti

1.   Fermi restando il regolamento (CE) n. 1371/2007 e la direttiva 2010/40/UE, gli Stati membri possono imporre alle imprese ferroviarie che effettuano servizi di trasporto nazionale di passeggeri di partecipare ad un servizio comune d'informazione e a un sistema integrato di emissione dei biglietti ai fini dell'offerta di biglietti, biglietti cumulativi e prenotazioni oppure decidere d'incaricare le autorità competenti di istituirlo. Se tale sistema è istituito, gli Stati membri assicurano che esso non crei distorsioni di mercato o discriminazioni tra imprese ferroviarie e che sia gestito da un'entità giuridica pubblica o privata o da un'associazione di tutte le imprese ferroviarie che effettuano servizi di trasporto di passeggeri.

1.   Fermi restando il regolamento (CE) n. 1371/2007 e la direttiva 2010/40/UE, gli Stati membri possono imporre impongono alle imprese ferroviarie che effettuano servizi di trasporto nazionale di passeggeri di partecipare ad un servizio comune d'informazione e a un sistema integrato di emissione dei biglietti ai fini dell'offerta di biglietti, biglietti cumulativi e prenotazioni oppure decidere d'incaricare le autorità competenti di istituirlo. Se Quando tale sistema è istituito, gli Stati membri assicurano che esso non crei distorsioni di mercato o discriminazioni tra imprese ferroviarie e che sia gestito da un'entità giuridica pubblica o privata o da un'associazione di tutte le imprese ferroviarie che effettuano servizi di trasporto di passeggeri.

 

Un collegio di rappresentanti delle autorità locali e regionali figura all'interno dell'entità giuridica o dell'associazione di cui sopra e partecipa a pieno titolo alle loro decisioni.

Motivazione

L'articolo in oggetto costituisce la base giuridica dell'obiettivo perseguito dalle regioni di armonizzare il sistema di emissione dei biglietti in un mercato competitivo. Esso consente loro di affrontare i problemi di varia natura sorti con i diversi sistemi di emissione nelle stazioni gestite dagli operatori storici.

La partecipazione delle imprese che gestiscono servizi nazionali a un sistema d'informazione nazionale dovrebbe essere resa obbligatoria, dal momento che lo sviluppo dei servizi associati è un fattore di primaria importanza per migliorare l'attrattiva dei modi di trasporto collettivo, in particolare su rotaia. Gli enti locali dovranno pertanto essere coinvolti negli organismi di governance del sistema.

Emendamento 29

COM(2013) 29 final

Articolo 59, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Alle imprese a integrazione verticale che gestiscono infrastrutture di estensione inferiore a 150 km o che forniscono esclusivamente servizi ferroviari di prossimità non si applicano gli articoli 7 e da 7 bis a 7 quater quando questi servizi rientrano nella gestione ausiliaria di infrastrutture portuali marittime e interne, fermo restando l'articolo 13, paragrafo 3, della presente direttiva e senza arrecare pregiudizio al trasporto di merci tramite operazioni ferroviarie di prossimità (short-liner).

Motivazione

Con il presente emendamento si intende escludere dal campo di applicazione degli articoli 7 e da 7 bis a 7 quater le piccole reti ferroviarie e le attività di prossimità che consentono di soddisfare esigenze locali e scarsamente sviluppate. Si ribadisce anche l'accesso non discriminatorio alle strutture dei servizi.

Emendamento 30

COM(2013) 29 final

Articolo 59, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Alle imprese a integrazione verticale che gestiscono i progetti di investimento specifici di cui all'articolo 32, paragrafo 3, della presente direttiva soggetti alla concorrenza diretta ad opera di altri modi di trasporto non si applicano gli articoli 7 e da 7 bis a 7 quater.

Motivazione

Il presente emendamento, in armonia con altre disposizioni della direttiva 2012/34/UE, è volto ad escludere dal campo di applicazione degli articoli 7 e da 7 bis a 7 quater i casi particolari dei «progetti di investimento specifici», la cui redditività è garantita solo sul lungo periodo.

Emendamento 31

COM(2013) 27 final

Considerando 29

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Per garantire un efficace adempimento delle funzioni dell'Agenzia, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero essere rappresentati in un consiglio direttivo dotato dei poteri necessari, tra cui il potere di predisporre il bilancio e il potere di approvare i programmi di lavoro annuali e pluriennali.

Per garantire un efficace adempimento delle funzioni dell'Agenzia, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero essere rappresentati in un consiglio direttivo dotato dei poteri necessari, tra cui il potere di predisporre il bilancio e il potere di approvare i programmi di lavoro annuali e pluriennali, temi, questi, sui quali il Comitato delle regioni e gli organismi rappresentativi devono essere consultati.

Motivazione

La rete di organismi rappresentativi del settore ferroviario e il Comitato delle regioni dovrebbero essere consultati nell'ambito del programma di lavoro annuale e pluriennale dell'Agenzia ferroviaria europea dal momento che sono interessati dai risultati e dalle priorità di lavoro dell'Agenzia.

Emendamento 32

COM(2013) 27 final

Articolo 33, paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Le autorità nazionali preposte al rilascio delle licenze e dei certificati di cui al paragrafo 2, lettere c) e d), notificano all'Agenzia, entro un mese, ogni decisione individuale di rilascio, rinnovo, modifica o revoca di tali licenze e certificati.

Le autorità nazionali preposte al rilascio delle licenze e dei certificati di cui al paragrafo 2, lettere c) e d), notificano all'Agenzia, entro un mese, ogni decisione individuale di rilascio, rinnovo, modifica, rifiuto o revoca di tali licenze e certificati, fornendo una giustificazione in merito. L'Agenzia ratifica o revoca ciascuna decisione entro un mese, previa consultazione delle parti interessate.

Motivazione

L'obiettivo è di evitare che le autorità nazionali sfruttino tutte le possibili vie di ricorso contro le decisioni adottate, prima di ricorrere alla Corte di giustizia dell'Unione europea. Per questo è necessario coinvolgere l'Agenzia ferroviaria europea nella ratifica o nella revoca delle decisioni nazionali contrarie allo spirito dello Spazio ferroviario unico europeo.

Emendamento 33

COM(2013) 27 final

Articolo 48, paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Il consiglio direttivo adotta e aggiorna, entro il 30 novembre di ogni anno, un programma di lavoro strategico pluriennale, tenendo conto del parere della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e delle reti di cui all'articolo 34 in merito al progetto di programma. Il programma di lavoro pluriennale adottato è trasmesso agli Stati membri, al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e alle reti di cui all'articolo 34.

Il consiglio direttivo adotta e aggiorna, entro il 30 novembre di ogni anno, un programma di lavoro strategico pluriennale, tenendo conto del parere della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato delle regioni e delle reti di cui all'articolo 34 in merito al progetto di programma. Il programma di lavoro pluriennale adottato è trasmesso agli Stati membri, al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, al Comitato delle regioni e alle reti di cui all'articolo 34.

Motivazione

Anche il Comitato delle regioni dovrebbe essere consultato in merito al programma di lavoro pluriennale dell'Agenzia, dal momento che gli enti locali e regionali partecipano al finanziamento del materiale rotabile e sono direttamente interessati al miglioramento dell'interoperabilità e della sicurezza.

Emendamento 34

COM(2013) 27 final

Articolo 54, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Si può presentare ricorso presso la commissione di ricorso avverso le decisioni prese dall'Agenzia ai sensi degli articoli 12, 16, 17 e 18.

Si può presentare ricorso presso la commissione di ricorso avverso le decisioni prese dall'Agenzia ai sensi degli articoli 12, 16, 17 e 18 o la sua mancata reazione nei termini fissati.

Motivazione

Nel caso in cui l'Agenzia non intraprenda un'azione o non si pronunci nei termini fissati, dev'essere possibile presentare un ricorso.

Emendamento 35

COM(2013) 27 final

Articolo 56, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Nell'esaminare il ricorso, la commissione di ricorso agisce rapidamente. Ogniqualvolta sia necessario, essa invita le parti a presentare, entro un termine determinato, le osservazioni sulle sue notificazioni o sulle comunicazioni provenienti dalle altre parti del procedimento di ricorso. Dette parti possono presentare osservazioni orali.

Nell'esaminare il ricorso, la commissione di ricorso agisce rapidamente. Ogniqualvolta sia necessario, essa invita le parti a presentare, entro un termine determinato, le osservazioni sulle sue notificazioni o sulle comunicazioni provenienti dalle altre parti del procedimento di ricorso. Dette parti possono presentare osservazioni orali.

 

La commissione esamina tutti i ricorsi e, se del caso, chiede le informazioni pertinenti ed avvia le consultazioni con le parti interessate entro un mese dalla ricezione del ricorso. Essa è tenuta a pronunciarsi in merito a tutti i ricorsi e adotta le misure necessarie per risolvere la situazione, nonché informa le parti interessate riguardo alla propria decisione motivata entro un termine ragionevole fissato preventivamente e, comunque, entro un periodo massimo di due mesi dalla ricezione di tutte le informazioni pertinenti. In mancanza di reazioni da parte dell'Agenzia nei termini fissati, la commissione di ricorso può emettere un'ingiunzione, se necessario accompagnata da una sanzione pecuniaria.

Motivazione

È importante specificare le procedure e i termini applicati dalla commissione di ricorso nell'esame dei ricorsi che le sono indirizzati (ad esempio, sarebbe opportuno definire il momento in cui la richiesta si considera ricevuta per poter calcolare il termine una volta avviata la procedura).

Alla commissione di ricorso andrebbero attribuiti poteri specifici per permetterle di applicare le sue decisioni, come l'ingiunzione o le sanzioni (penalità di mora) soprattutto in assenza di un'azione nei termini previsti.

Emendamento 36

COM(2013) 27 final

Nuovo articolo dopo l'articolo 77

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

1.   L'Agenzia prende le decisioni in conformità degli articoli 12, 16, 17 e 18 con decorrenza [entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento]. Sino a tale data gli Stati membri continuano ad attuare le disposizioni legislative e regolamentari applicabili.

2.   Durante un ulteriore periodo transitorio di 42 mesi successivi alla data di cui al paragrafo 1, gli Stati membri continuano a rilasciare i certificati e le certificazioni in deroga agli articoli 12, 16, 17 e 18 alle condizioni specificate dalla Commissione nelle regole adottate per la loro applicazione in conformità dell'articolo 75. Prima di pronunciarsi, l'Agenzia deve valutare se:

ciò possa ridurre il livello di sicurezza ferroviaria e/o

possa costituire una discriminazione arbitraria o una restrizione eccessiva a un servizio di trasporto ferroviario.

L'Agenzia può chiedere alle autorità nazionali preposte alla sicurezza di modificare la decisione, di sospenderne l'applicazione o di revocarla. Se l'autorità nazionale preposta alla sicurezza si rifiuta di intraprendere un'azione, l'Agenzia può sottoporre la questione alla Commissione e al comitato di cui all'articolo 75.

Motivazione

Prendendo come modello la fase di transizione dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea per quanto riguarda la responsabilità per l'omologazione dei velivoli, anche nel caso dell'Agenzia ferroviaria europea si dovrebbe introdurre un meccanismo che consenta di assumere gradualmente personale supplementare e di formarlo alle nuove mansioni.

Emendamento 37

COM(2013) 30 final

Allegato I, punto 4.2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

3.    Controllo dei costi

Ai fini dell'analisi costi-benefici delle misure proposte si terrà conto, in particolare, di quanto segue:

costo della misura proposta,

benefici per l'interoperabilità derivanti dall'estensione dell'ambito di applicazione a particolari sottocategorie di reti e veicoli,

riduzione degli oneri e dei costi di capitale dovuta alle economie di scala e a un migliore impiego dei veicoli,

riduzione dei costi d’investimento e di manutenzione/esercizio dovuta a una maggiore concorrenza tra fabbricanti e imprese di manutenzione,

benefici per l’ambiente dovuti a miglioramenti tecnici del sistema ferroviario,

maggiore sicurezza dell’esercizio.

Inoltre, tale valutazione indicherà l’impatto previsto per tutti gli operatori e gli agenti economici interessati, tra cui gli enti locali e regionali.

Motivazione

Si dovrebbe reintrodurre questo brano della direttiva attuale (Allegato I, punto 4.2) per poter valutare i costi e i benefici stimati di tutte le soluzioni tecniche previste per ciascuna specifica tecnica di interoperabilità, allo scopo di adottare le soluzioni più efficaci soprattutto a vantaggio degli enti locali e regionali.

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/116


Parere del Comitato delle regioni «Orientamenti per le reti transeuropee di telecomunicazioni»

2013/C 356/17

IL COMITATO DELLE REGIONI

prende atto della della proposta modificata di regolamento sugli orientamenti per le reti transeuropee di telecomunicazioni presentata dalla Commissione europea (in appresso «la Commissione») e sottolinea che le priorità delineate nel documento in esame — reti ad alta velocità, servizi pubblici transfrontalieri, accesso a informazioni riutilizzabili del settore pubblico e ai servizi multilingui e infrastrutture per un Internet più sicuro — interessano dei settori in cui le città e le regioni sono, al tempo stesso, parti interessate, fornitori e beneficiari;

mette in risalto il ruolo fondamentale delle reti transeuropee di telecomunicazioni a fini commerciali e non, e l'importanza di investire nella ricerca a sostegno di attività specifiche e dello sviluppo di applicazioni future volte a valorizzare il settore delle telecomunicazioni;

propone di sfruttare appieno il potenziale europeo di sviluppo dei servizi TIC nei settori pubblico e privato, e chiede quindi che le TIC vengano utilizzate come strumento per migliorare i servizi forniti dagli enti locali e regionali in ambiti come l'assistenza sanitaria, l'istruzione, gli appalti pubblici, la sicurezza e i servizi sociali, ma anche per altre azioni di sostegno all'adozione di decisioni da parte degli enti regionali e locali;

richiama l'attenzione sull'importanza di promuovere il partenariato, in un quadro di reciproco rafforzamento tra gli investimenti pubblici e privati nelle zone rurali e a bassa densità, come anche in quelle urbane con problemi sociali ed economici, e richiama l'attenzione sul coordinamento dell'accesso alla banda larga proveniente dalla pubblica amministrazione, dalla sicurezza pubblica, dalle scuole locali e dalle strutture sanitarie.

Relatore

Alin Adrian NICA (RO/ALDE), sindaco di Dudeștii Noi

Testo di riferimento

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli orientamenti per le reti transeuropee di telecomunicazioni e che abroga la decisione n. 1336/97/CE

COM(2013) 329 final

I.   LA POSIZIONE DEL COMITATO DELLE REGIONI

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

prende atto della della proposta modificata di regolamento sugli orientamenti per le reti transeuropee di telecomunicazioni presentata dalla Commissione europea (in appresso «la Commissione») e sottolinea che le priorità delineate nel documento in esame — reti ad alta velocità, servizi pubblici transfrontalieri, accesso a informazioni riutilizzabili del settore pubblico e ai servizi multilingui e infrastrutture per un Internet più sicuro — interessano dei settori in cui le città e le regioni sono, al tempo stesso, parti interessate, fornitori e beneficiari;

2.

riconosce l'importanza di riesaminare accuratamente la normativa europea esistente, come richiesto dal Parlamento europeo, e di adattarla alle attuali necessità;

3.

rileva con preoccupazione la sostanziale riduzione da 9,2 miliardi a 1 miliardo di euro per la voce del Meccanismo per collegare l'Europa relativa alle telecomunicazioni e sottolinea che ildisinteresse per le reti di telecomunicazioni può causare gravi problemi per quanto riguarda l'attuazione e lo sviluppo dei futuri servizi digitali e dell'economia digitale. A tale proposito, il CdR deplora la soppressione, per motivi di bilancio, di due servizi non più considerati tra i progetti di interesse comune: le «connessioni portanti transeuropee ad alta velocità per le amministrazioni pubbliche» e le «soluzioni di tecnologia dell'informazione e delle comunicazioni per le reti intelligenti di energia e per la fornitura di servizi intelligenti di energia»;

4.

mette in risalto il ruolo fondamentale delle reti transeuropee di telecomunicazioni a fini commerciali e non, e l'importanza di investire nella ricerca a sostegno di attività specifiche e dello sviluppo di applicazioni future volte a valorizzare il settore delle telecomunicazioni;

5.

osserva che queste tecnologie potrebbero trasformarsi in strumenti preziosi per i cittadini, le imprese e le amministrazioni e contribuire a migliorare i prodotti e la qualità dei servizi pubblici;

6.

ribadisce l'importanza di investire nella ricerca relativa alle TIC, con l'obiettivo di assicurare la crescita e promuovere la creazione di nuove imprese, e sottolinea che l'utilizzo delle TIC nell'innovazione potrebbe consentire di affrontare problemi socioeconomici d'importanza cruciale;

7.

rammenta che le TIC, che sono alla base di una società dell'informazione aperta a tutti, devono tenere conto delle necessità di tutti i membri della società, compresi quelli esposti all'esclusione sociale;

8.

sottolinea che, nel contesto della proposta in esame, gli enti locali e regionali non andrebbero esclusivamente considerati utenti dei servizi telematici paneuropei, ma anche importanti fornitori di servizi;

9.

chiede di incoraggiare gli investimenti privati come anche quelli pubblici provenienti da fonti diverse dal Meccanismo per collegare l'Europa, in particolare contributi più ampi da parte delle imprese e di attori istituzionali come la Banca europea per gli investimenti;

10.

riafferma l'importanza delle sinergie tra Orizzonte 2020, fondi strutturali e politiche nazionali, in relazione ai più ampi obiettivi di competitività e di coesione perseguiti dall'UE;

11.

mette in evidenza il ruolo fondamentale svolto dagli enti locali e regionali nel promuovere un dialogo pubblico informato e nell'affrontare i timori dei cittadini a un livello a loro vicino, nonché nell'agevolare la cooperazione tra utenti e produttori di innovazioni TIC a diversi livelli di amministrazione e di governo;

12.

rileva che lo scambio di buone pratiche tra regioni ed enti locali non solo sarebbe utile, ma dovrebbe di fatto costituire anche una componente essenziale della proposta.

II.   RACCOMANDAZIONI DEL COMITATO DELLE REGIONI

13.

incoraggia gli enti locali e regionali a partecipare a una cooperazione ad ampio raggio volta a migliorare l'interoperabilità delle pubbliche amministrazioni e l'efficienza dell'erogazione dei servizi pubblici;

14.

sottolinea il ruolo fondamentale svolto dagli enti locali e regionali nel facilitare la diffusione di servizi transfrontalieri, sia fisici che digitali, e insiste pertanto sulla necessità di coinvolgere pienamente tali enti nella governance del programma;

15.

riconosce che, per quanto la posizione competitiva dei diversi settori meriti un'attenzione costante, è importante osservare che la prosperità futura dell'Europa dipenderà sempre più dalle attività intersettoriali (1).

II.1    Banda larga

16.

rammenta il ruolo fondamentale degli enti locali e regionali nel concorrere a garantire un accesso ai servizi a banda larga equo e a prezzi ragionevoli nelle regioni in cui i meccanismi di mercato si rivelano insufficienti a tal fine, nel realizzare progetti volti a colmare il divario in materia di accessibilità digitale e nel mettere a punto nuove soluzioni per servizi pubblici online incentrati sull'utente (2);

17.

propone di sfruttare appieno il potenziale europeo di sviluppo dei servizi TIC nei settori pubblico e privato, e chiede quindi che le TIC vengano utilizzate come strumento per migliorare i servizi forniti dagli enti locali e regionali in ambiti come l'assistenza sanitaria, l'istruzione, gli appalti pubblici, la sicurezza e i servizi sociali, ma anche per altre azioni di sostegno all'adozione di decisioni da parte degli enti regionali e locali;

18.

rammenta che i partenariati pubblico-privati, sostenuti dall'UE, tra gli enti locali e regionali e le PMI impegnate nello sviluppo delle TIC nel settore dei pubblici servizi che usano tali tecnologie, possono costituire un eccellente punto di partenza per costruire competenze e conoscenze locali in tutta l'UE (3);

19.

sottolinea che gli investimenti nelle reti a banda larga superveloci, sebbene possano essere considerati rischiosi dagli investitori, rappresentano la giusta soluzione poiché Internet ad alta velocità consente un migliore accesso ai servizi digitali, e fa presente che queste azioni dovrebbero essere accompagnate da programmi volti a promuovere e facilitare la richiesta di questi servizi da parte dei cittadini, in linea con gli obiettivi fissati dall'Agenda digitale europea;

20.

ricorda che i finanziamenti e le altre misure di sostegno dovrebbero favorire la realizzazione di reti a banda larga ad accesso libero basate su un'architettura di rete di tipo orizzontale, e sottolinea la necessità di un modello operativo che separi l'accesso fisico alla rete dall'erogazione dei servizi e che le attuali reti in fibre ottiche dovrebbero essere aperte alla concorrenza. Concretamente ciò significa che per la cosiddetta fibra ottica spenta, che è un tipo di infrastruttura passiva, occorre promuovere attivamente dei modelli imprenditoriali basati sull'accesso al libero mercato;

21.

richiama l'attenzione sull'importanza di promuovere il partenariato, in un quadro di reciproco rafforzamento tra gli investimenti pubblici e privati nelle zone rurali e a bassa densità, come anche in quelle urbane con problemi sociali ed economici, e richiama l'attenzione sul coordinamento dell'accesso alla banda larga proveniente dalla pubblica amministrazione, dalla sicurezza pubblica, dalle scuole locali e dalle strutture sanitarie (4).

II.2    Pubblica amministrazione e interoperabilità

22.

chiede che venga dedicata maggiore attenzione alla sensibilizzazione a livello regionale e locale circa l'importanza dell'interoperabilità delle strutture per i servizi digitali ai fini dell'effettiva realizzazione di progetti di interesse comune a livello nazionale e transfrontaliero; inoltre, insiste sulla necessità di promuovere l'ammodernamento delle infrastrutture per garantire lo sviluppo e la realizzazione delle reti transeuropee di telecomunicazioni;

23.

riconosce la necessità di dotarsi di un quadro europeo finalizzato a un migliore funzionamento delle infrastrutture di ricerca e all'eliminazione effettiva degli ostacoli alla ricerca transnazionale;

24.

sottolinea la necessità di garantire a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro luogo di residenza, un'efficiente infrastruttura per la società dell'informazione e riconosce che, per promuovere la competitività delle regioni, l'accessibilità e l'uguaglianza tra le persone, sono particolarmente importanti dei collegamenti informatici affidabili e veloci, integrati da efficienti servizi mobili senza filo (5);

25.

incoraggia a sviluppare servizi pubblici transfrontalieri tenendo conto delle questioni relative all'interoperabilità, all'identificazione elettronica dei cittadini, alla firma elettronica, alla notificazione dei documenti per via elettronica e ad altri aspetti essenziali dell'e-Government.

II.3    Accesso alle risorse digitali

26.

ribadisce che il mercato unico digitale rappresenta un pilastro dell'Agenda digitale europea e che esso consentirà di dar vita a un mercato europeo in crescita, efficace e dinamico, per offrire l'accesso ai servizi elettronici (6);

27.

sottolinea la necessità di un impegno coordinato in materia di digitalizzazione e fa rilevare che l'accessibilità online dei contenuti culturali consentirà ai cittadini di tutta Europa di accedere a questo materiale e di utilizzarlo a fini di svago, di studio o di lavoro;

28.

incoraggia a creare e distribuire contenuti digitali legali e servizi online, e al tempo stesso a offrire ai consumatori un accesso semplice, sicuro e flessibile ai mercati dei contenuti e dei servizi digitali;

29.

si compiace che le risorse digitali del patrimonio europeo siano ammissibili a priori ai finanziamenti previsti dal programma; richiama a tal fine l'attenzione sull'impatto dell'accessibilità online dei contenuti culturali sui cittadini di tutta Europa e mette in risalto in fatto che tale processo contribuisce a conferire al patrimonio europeo diversificato e plurilingue una chiara visibilità su Internet; accoglie pertanto con favore la prosecuzione del sostegno all'attuale portale Europeana, ossia la biblioteca, l'archivio e il museo digitali dell'Europa;

30.

ritiene che i materiali digitalizzati possano essere riutilizzati a fini commerciali e non, per usi quali lo sviluppo di contenuti pedagogici e didattici, documentari, applicazioni turistiche, giochi, animazioni e strumenti di progettazione, a condizione che ciò avvenga nel pieno rispetto dei diritti d'autore e dei diritti connessi;

31.

segnala l'assoluta necessità che le istituzioni pubbliche a livello regionale e locale dispongano di capacità interne adeguate e di risorse finanziarie sostenibili per la digitalizzazione al fine di poter beneficiare di considerevoli riduzioni dei costi.

II.4    Accesso a informazioni riutilizzabili del settore pubblico

32.

ritiene necessario operare una distinzione tra l'accesso all'informazione pubblica, che deve essere disciplinato dagli Stati membri, e il suo riutilizzo, nel pieno rispetto delle norme in materia di protezione dei dati, allo scopo di accrescere i benefici per il produttore delle informazioni che potrebbe non essere in grado di coprire interamente le spese sostenute per generarle, con l'obiettivo di eliminare i rischi di delusione da parte degli utenti nel caso in cui l'accesso all'informazione pubblica sia limitato (7);

33.

ribadisce l'importanza e la necessità di poter contare su regole e pratiche comuni in materia di riutilizzo e sfruttamento delle informazioni del settore pubblico, che garantiscano l'applicazione delle stesse condizioni di base a tutti coloro che operano sul mercato europeo dell'informazione, una maggiore trasparenza riguardo alle condizioni di riutilizzo di dette informazioni e l'eliminazione delle distorsioni del mercato interno come stabilito nella direttiva 2013/37/UE (8);

34.

fa osservare che il libero accesso a dati riutilizzabili del settore pubblico rafforza la crescita economica e crea nuove opportunità commerciali anche per le PMI di dimensioni minori, indipendentemente dal loro luogo di stabilimento. Fa altresì notare che occorrerebbe promuovere la partecipazione soprattutto delle PMI al riutilizzo di tali dati, e garantire il rifinanziamento necessario per la produzione, la conservazione e l'aggiornamento dei documenti del settore pubblico (9);

35.

sottolinea che si potrebbe sfruttare pienamente il potenziale del riutilizzo dell'informazione del settore pubblico coinvolgendo maggiormente gli enti locali e regionali i quali potrebbero contribuire in maniera significativa alla promozione del riutilizzo di tali informazioni per incrementare la competitività e creare occupazione (10).

II.5    Sicurezza

36.

sottolinea che, al momento di sviluppare ulteriormente le infrastrutture e i servizi nel quadro dell'Agenda digitale europea, sarà necessario soddisfare tutti i requisiti di sicurezza a ogni livello, onde garantire un grado ottimale di riservatezza e di protezione dei dati personali nonché impedire il monitoraggio non autorizzato di qualsiasi tipo di informazione di carattere personale e la creazione di profili degli utenti, per quanto riguarda ad esempio le preferenze di acquisto, lo stato di salute, le cartelle cliniche ecc (11);

37.

propone alle diverse organizzazioni, in particolare le pubbliche autorità, di riconoscere che la lotta alla criminalità informatica ha carattere permanente, e le esorta a considerare prioritaria la minaccia rappresentata da perturbazioni e attacchi informatici, individuando i punti vulnerabili e sviluppando capacità organizzative per la gestione delle violazioni;

38.

osserva che la criminalità informatica o cibercrimine, in tutte le sue forme, è un pericolo di tipo nuovo, sofisticato e in rapido sviluppo per gli Stati membri, le organizzazioni e i cittadini dell'UE del XXI secolo, un pericolo che cresce di continuo per frequenza, complessità e assenza di confini;

39.

sottolinea che gli enti locali e regionali potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nella lotta al cibercrimine, raffrontando i dati nel settore informatico e proteggendone la sicurezza, dal momento che le violazioni della sicurezza rappresentano una minaccia per i servizi di pubblica utilità come l'acqua e l'energia a livello locale, e che tali enti utilizzano e posseggono numerosi prodotti e servizi d'informazione digitali;

40.

chiede di incoraggiare e sviluppare collaborazioni fra tutti i soggetti interessati a lavorare su azioni coordinate per la cibersicurezza, in modo da arrivare ad azioni in materia a livello nazionale ed europeo, al fine di combattere il cibercrimine e ridurre al minimo gli effetti determinati dal furto diretto, finanziario o di proprietà intellettuale, dall'interruzione delle comunicazioni o dai danni arrecati a dati fondamentali per l'impresa (12).

II.6    Osservazioni conclusive

41.

ritiene che, nella loro forma attuale, le azioni previste nella proposta modificata di regolamento in esame non sollevino alcun problema di conformità ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

42.

evidenzia il ruolo degli enti locali e regionali come promotori di programmi di ricerca comuni: essi sono infatti attori chiave nello sviluppo di strategie regionali di ricerca e innovazione, amministrano spesso istituti di ricerca e promuovono ambienti innovativi;

43.

sottolinea che gli enti locali e regionali dovrebbero essere sistematicamente consultati nell'elaborazione, attuazione e gestione delle misure concernenti il finanziamento delle reti transeuropee di telecomunicazioni (in particolare per quanto riguarda gli aspetti connessi alla diffusione della banda larga nelle aree a bassa densità demografica, la prestazione di servizi transfrontalieri ecc.).

III.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Nuovo considerando dopo il considerando 9

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

(10)

Al momento di sviluppare ulteriormente le infrastrutture per i servizi digitali sarà necessario prestare la massima attenzione al soddisfacimento di tutti i requisiti di sicurezza a ogni livello per garantire un grado adeguato di riservatezza e di protezione dei dati personali nonché impedire il monitoraggio non autorizzato di qualsiasi tipo di informazione di carattere personale e la creazione di profili degli utenti.

Motivazione

Al giorno d'oggi è importante garantire l'applicazione di requisiti di sicurezza per la protezione dei dati personali e la tutela della vita privata a causa delle vulnerabilità che potrebbero compromettere le informazioni personali dei cittadini come ad esempio le preferenze di acquisto, lo stato di salute, le cartelle cliniche ecc.

Emendamento 2

Considerando 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Le reti e i servizi di telecomunicazioni sono sempre più basati su infrastrutture internet in cui le reti a banda larga e i servizi digitali sono strettamente interconnessi. Internet sta diventando la piattaforma dominante per la comunicazione, i servizi e le attività commerciali. Pertanto, la disponibilità a livello transeuropeo dell'accesso a internet veloce e a servizi digitali di interesse pubblico è essenziale per la crescita economica e per il mercato unico.

Le reti e i servizi di telecomunicazioni sono sempre più basati su infrastrutture internet in cui le reti a banda larga e i servizi digitali sono strettamente interconnessi. Internet sta diventando la piattaforma dominante per la comunicazione, i servizi e le attività commerciali. Pertanto, la disponibilità a livello transeuropeo in tutte le regioni dell'UE dell'accesso a internet veloce a prezzi ragionevoli e a servizi digitali di interesse pubblico è essenziale per la competitività, la crescita economica, l'inclusione sociale e per il mercato unico.

Motivazione

La competitività e l'inclusione sociale sono due aspetti importanti che devono essere presi in considerazione.

Emendamento 3

Considerando 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Per quanto riguarda le infrastrutture di servizi digitali, gli elementi sono prioritari rispetto ad altre infrastrutture di servizi, poiché ne costituiscono la precondizione. È auspicabile che le infrastrutture di servizi digitali creino fra l'altro un valore aggiunto europeo e soddisfino esigenze dimostrate. È opportuno che siano pronte per la diffusione, sia sotto il profilo tecnico, sia sotto quello operativo, in particolare previa dimostrazione di un progetto pilota. È necessario che siano fondate su un piano concreto disostenibilità al fine di garantire un funzionamento a lungo termine delle piattaforme di servizi chiave oltre il CEF. Ove possibile è quindi necessario che l'assistenza finanziaria del presente regolamento sia eliminata gradualmente, passando a mobilizzare risorse provenienti da fonti diverse dal CEF.

Per quanto riguarda le infrastrutture di servizi digitali, gli elementi e le infrastrutture di servizi digitali con elementi che possono essere utilizzati da altri fornitori di servizi sono prioritari rispetto ad altre infrastrutture di servizi, poiché ne costituiscono la precondizione la base dello sviluppo ulteriore. È auspicabile che le infrastrutture di servizi digitali creino fra l'altro un valore aggiunto europeo e soddisfino esigenze dimostrate. È opportuno che siano pronte per la diffusione, sia sotto il profilo tecnico, sia sotto quellooperativo, in particolare previa dimostrazione di un progetto pilota. È necessario che siano fondate su un piano concreto di sostenibilità al fine di garantire un funzionamento a lungo termine delle piattaforme di servizi chiave oltre il CEF. Ove possibile è quindi necessario che l'assistenza finanziaria del presente regolamento sia eliminata gradualmente, passando a mobilizzare risorse provenienti da fonti diverse dal CEF.

Emendamento 4

Considerando 22

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La Commissione è assistita da un gruppo di esperti, composto da rappresentanti degli Stati membri. Tale gruppo è consultato e contribuisce fra l'altro al monitoraggio dell'attuazione dei presenti orientamenti, alla programmazione, alla valutazione e alla risoluzione dei problemi di attuazione.

La Commissione è assistita da un gruppo di esperti, composto da rappresentanti degli Stati membri e da un rappresentante degli enti locali e regionali. Tale gruppo è consultato e contribuisce fra l'altro al monitoraggio dell'attuazione dei presenti orientamenti, alla programmazione, alla valutazione e alla risoluzione dei problemi di attuazione.

Motivazione

La partecipazione di rappresentanti degli enti locali e regionali potrebbe essere utile al processo di consultazione grazie al ruolo che essi svolgono nell'erogazione dei servizi.

Emendamento 5

Articolo 3, paragrafo 2, lettera b)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

contribuiscono a migliorare la vita quotidiana dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni promuovendo l'interconnessione e l'interoperabilità delle reti nazionali, regionali e locali di telecomunicazioni nonché l'accesso a tali reti;

contribuiscono a migliorare la vita quotidiana e le attività socioeconomiche dei cittadini, delle imprese e delle amministrazioni promuovendo l'interconnessione e l'interoperabilità delle reti nazionali, regionali e locali di telecomunicazioni nonché l'accesso a tali reti;

Motivazione

Le attività socioeconomiche sono collegate alla vita quotidiana e rientrano tra le priorità locali e regionali; esse possono favorire lo sviluppo, promuovere servizi pubblici più efficienti e stimolare le imprese.

Emendamento 6

Articolo 3, paragrafo 3, lettera b)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

flusso efficiente di investimenti pubblici e privati volti a promuovere la diffusione e l'ammodernamento delle reti a banda larga in vista di contribuire agli obiettivi di banda larga dell'Agenda digitale europea.

flusso efficiente di investimenti pubblici e privati e sviluppo dell'apprendimento online (e-learning) volti a promuovere la diffusione e l'ammodernamento delle reti a banda larga in vista di contribuire agli obiettivi di banda larga dell'Agenda digitale europea.

Motivazione

Lo sviluppo del mercato dell'e-learning rappresenta un'alternativa per finanziare la digitalizzazione dei contenuti.

Emendamento 7

Articolo 4, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

I progetti di interesse comune possono comprendere il loro intero ciclo, tra cui gli studi di fattibilità, la realizzazione, il funzionamento continuato, il coordinamento e la valutazione.

I progetti di interesse comune possono comprendere il loro intero ciclo, tra cui gli studi di fattibilità, la realizzazione, il funzionamento continuato, il coordinamento e la valutazione., e dovrebbero rispettare il principio della neutralità tecnologica, sul quale si fonda il quadro europeo delle comunicazioni elettroniche.

Motivazione

È importante precisare i principi che regolano il quadro delle comunicazioni elettroniche, in particolare nel contesto della definizione dei progetti di interesse comune.

Emendamento 8

Articolo 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

L'Unione può stabilire contatti, intavolare discussioni, scambiare informazioni e cooperare con autorità pubbliche o altre organizzazioni di paesi terzi per raggiungere qualsiasi obiettivo dei presenti orientamenti. Fra gli altri obiettivi, tale cooperazione mira a promuovere l'interoperabilità fra le reti di telecomunicazioni nell'Unione e le reti di telecomunicazioni di paesi terzi.

L'Unione può stabilire contatti, intavolare discussioni, scambiare informazioni e cooperare con autorità pubbliche o altre organizzazioni di paesi terzi, ove ciò sia nell'interesse pubblico, per raggiungere qualsiasi obiettivo dei presenti orientamenti. Fra gli altri obiettivi, tale cooperazione mira a promuovere l'interoperabilità fra le reti di telecomunicazioni nell'Unione e le reti di telecomunicazioni di paesi terzi. Tale cooperazione è effettuata in coordinamento con le strategie elaborate nel quadro delle politiche esterne dell'Unione, in particolare con eventuali strategie macroregionali già in fase di attuazione o di preparazione.

Motivazione

L'interesse pubblico dovrebbe costituire una priorità nella preparazione e adozione delle decisioni. Nella definizione dei meccanismi di cooperazione esterna è inoltre consigliabile seguire le politiche e le strategie esistenti.

Emendamento 9

Articolo 8, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Sulla base delle informazioni pervenute a norma dell'articolo 21 del regolamento XXX che istituisce il CEF, gli Stati membri e la Commissione si scambiano informazioni sui progressi compiuti nell'attuazione dei presenti orientamenti.

Sulla base delle informazioni pervenute a norma dell'articolo 21 del regolamento XXX che istituisce il CEF, gli Stati membri e la Commissione si scambiano informazioni e buone pratiche sui progressi compiuti nell'attuazione dei presenti orientamenti. Una sintesi annuale di tali informazioni è trasmessa al Parlamento europeo. Gli Stati membri coinvolgono gli enti locali e regionali in questo processo.

Motivazione

Proposta volta a migliorare la trasparenza del processo.

Emendamento 10

Articolo 8, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La Commissione consulta ed è assistita da un gruppo di esperti, composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro.

La Commissione consulta ed è assistita da un gruppo di esperti, composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro, tra cui un rappresentante di un ente regionale e uno di un ente locale.

Motivazione

La partecipazione degli enti locali e regionali a tale gruppo di esperti sarebbe utile perché in Europa i servizi pubblici sono forniti principalmente da tali enti e sono importanti per la vita quotidiana e la libera circolazione di imprese e persone.

Emendamento 11

Sezione 1, articolo 2, lettera g) dell'allegato

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Infrastruttura per un internet più sicuro: si tratta della piattaforma per acquisire, fruire e mantenere le risorse di calcolo, le banche dati e gli strumenti informatici destinati ai centri «Internet più sicuro» negli Stati membri. Sono comprese anche le operazioni di back office per trattare le denunce di contenuti pornografici nonché i collegamenti verso le autorità di polizia quali Interpol e, se del caso, la gestione del ritiro di tali contenuti da parte dei siti interessati. Le banche dati comuni costituiranno la base di questa struttura.

Infrastruttura per un internet più sicuro: si tratta della piattaforma per acquisire, fruire e mantenere le risorse di calcolo, le banche dati e gli strumenti informatici destinati ai centri «Internet più sicuro» negli Stati membri e per consentire negli stessi lo scambio di buone pratiche. Garantendo il valore aggiunto dell'Unione, i centri «Internet più sicuro» negli Stati membri sono l'elemento chiave dell'infrastruttura per un internet più sicuro, in cui le linee telefoniche d'assistenza e d'urgenza come anche i nodi di sensibilizzazione e le altre attività di sensibilizzazione rivestono un'importanza particolare. Sono comprese anche le operazioni di back office per trattare le denunce di contenuti pornografici nonché i collegamenti verso le autorità di polizia quali Interpol e, se del caso, la gestione del ritiro di tali contenuti da parte dei siti interessati. Le banche dati e i sistemi software comuni costituiranno la base di questa struttura.

Motivazione

Gli esempi di buone pratiche possono contribuire notevolmente all'attività dei centri «Internet più sicuro».

Bruxelles, 8 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 39/2006 fin.

(2)  CdR 5/2008 fin.

(3)  CdR 156/2009 fin.

(4)  CdR 10/2009 fin.

(5)  CdR 104/2010 fin.

(6)  CdR 104/2010 fin.

(7)  CdR 247/2009 fin.

(8)  CdR 247/2009 fin.

(9)  CdR 626/2012 fin.

(10)  CdR 247/2009 fin.

(11)  CdR 247/2009 fin.

(12)  CDR1646-2013.


5.12.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 356/124


Parere del Comitato delle regioni «Proposta di direttiva che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere»

2013/C 356/18

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che la proposta di direttiva è stata elaborata in un contesto in cui in diversi Stati membri sono in vigore politiche in materia di pianificazione dello spazio marittimo e di gestione integrata delle zone costiere, nelle quali gli enti locali e regionali sono attori di primo piano. Sottolinea che la proposta non deve incidere sulle competenze esistenti a livello di Stati membri e all'interno di questi ultimi nel campo della pianificazione territoriale;

ritiene che rimanga aperta la questione se l'UE debba legiferare o meno in questa materia e che occorra esaminare le modalità di tale azione legislativa; fa presente a questo riguardo che la proposta, nella sua attuale formulazione, viola il principio di proporzionalità;

ritiene che la proposta di direttiva non preveda una sufficiente flessibilità per quanto riguarda l'attuazione poiché: a) il testo non tiene conto delle procedure informali ben consolidate in materia di gestione integrata delle zone costiere, in uso in alcuni Stati membri; e b) le proposte in materia di gestione integrata delle zone costiere, in particolare, interferiscono direttamente con le competenze esistenti in relazione alla politica e alle prassi in materia di assetto territoriale a livello regionale e/o locale;

sottolinea che una direttiva quadro non deve prescrivere il contenuto dei piani di gestione dello spazio marittimo;

ritiene che la direttiva quadro debba stabilire dei principi comuni, agevolare la cooperazione transfrontaliera e tra amministrazioni nazionali dotate di competenze sulle zone costiere e lasciare alle autorità degli Stati membri il compito di definire le «zone costiere»;

fa presente che la proposta di direttiva, nella sua formulazione attuale, avrà ripercussioni negative sulla politica e sulle procedure locali/regionali in materia di assetto territoriale, poiché la proposta assoggetterà i piani di gestione dello spazio aventi una dimensione costiera a requisiti minimi specifici settoriali in termini di contenuto, pregiudicando gravemente l'autonomia delle autorità incaricate della pianificazione nel trovare un equilibrio tra le esigenze di tutti gli usi appropriati

Relatore

Paul O'DONOGHUE (IE/ALDE), membro del consiglio della contea di Kerry e dell'Autorità regionale del Sud-Ovest dell'Irlanda

Testo di riferimento

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere

COM(2013) 133 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

condivide gli obiettivi generali della direttiva proposta, ossia: realizzare una gestione più efficace delle attività marittime e raggiungere un uso efficiente delle risorse marine; definire un processo decisionale coerente, basato su elementi concreti, e rafforzare la cooperazione per la gestione delle zone costiere e marittime; agevolare la realizzazione coerente degli obiettivi fondamentali delle politiche europee in materia (1); e contribuire alla crescita sostenibile e allo sviluppo dell'«economia blu»;

2.

esprime apprezzamento per gli sforzi volti a migliorare il coordinamento tra le attività terrestri e quelle marittime; approva l'adozione di una politica europea coerente basata sulle buone pratiche internazionali e sensibile alle prassi nazionali tradizionali; e sostiene l'elaborazione di principi comuni in materia di pianificazione dello spazio marittimo e di gestione integrata delle zone costiere;

3.

sottolinea che la proposta di direttiva è stata elaborata in un contesto in cui in diversi Stati membri sono in via di definizione, se non già in vigore, politiche in materia di pianificazione dello spazio marittimo e di gestione integrata delle zone costiere, nelle quali gli enti locali e regionali sono attori di primo piano. Sottolinea che la proposta non deve incidere sulle competenze esistenti a livello di Stati membri e all'interno di questi ultimi nel campo della pianificazione territoriale;

4.

dato che la «pianificazione dello spazio marittimo» necessità una concertazione periodica tra gli Stati, il ruolo dell'UE in materia deve limitarsi alla formulazione di un quadro procedurale o di norme procedurali;

5.

deplora che la valutazione d'impatto non sia stata oggetto di una consultazione mirata degli enti locali e regionali, in quanto autorità competenti in materia di assetto territoriale e principali responsabili dell'attuazione della proposta di direttiva.

Base giuridica

6.

riconosce che la proposta di direttiva è una conseguenza dell'istituzione, nel 2007, della politica marittima integrata e all'adozione, nel 2012, di un'agenda sulla «crescita blu»; condivide tuttavia alcune delle preoccupazioni che sono state espresse in merito alla base giuridica multipla della proposta di direttiva;

7.

a tale proposito prende atto del parere dei servizi giuridici del Consiglio (2) in merito alla base giuridica multipla utilizzata per la proposta di direttiva; reputa che in futuro sia necessaria maggiore chiarezza quando la Commissione europea presenta delle proposte facenti riferimento a basi giuridiche multiple o all'articolo 3 (TUE — coesione territoriale) che possono avere implicazioni dirette e/o indirette per la politica e le prassi in materia di assetto territoriale negli Stati membri.

Principi di sussidiarietà e di proporzionalità

8.

sottolinea che la verifica della sussidiarietà da parte dei parlamenti nazionali (e regionali) ha dato luogo a nove pareri motivati negativi (3), e concorda sul fatto che alcuni elementi della proposta di direttiva non soddisfano adeguatamente i requisiti di necessità e di valore aggiunto indispensabili per l'adozione di atti legislativi a livello di UE;

9.

comprende che vi siano preoccupazioni per quanto riguarda: a) la competenza (mancanza di chiare competenze a livello dell'UE, mentre in alcuni Stati membri la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere rientrano già tra le competenze nazionali, regionali e/o locali); b) il fatto che la proposta di direttiva non tiene adeguatamente conto delle specificità regionali/locali delle zone costiere e delle prassi in uso in materia di pianificazione e gestione; e c) la questione se sia opportuno utilizzare la legislazione UE per affrontare specifiche questioni transfrontaliere e se spetti al livello UE definire la cooperazione con i paesi terzi, mentre esistono già convenzioni marittime internazionali al riguardo;

10.

ritiene che rimanga aperta la questione se l'UE debba legiferare o meno in questa materia e che occorra esaminare le modalità di tale azione legislativa; fa presente a questo riguardo che la proposta, nella sua attuale formulazione, viola il principio di proporzionalità;

11.

reputa che la proposta di direttiva sia eccessivamente prescrittiva, e non condivide l'elenco dei requisiti minimi di cui agli articoli 6-8 poiché questi limitano la possibilità di definire le priorità a livello regionale o locale e sono in contrasto con gli obiettivi dichiarati della direttiva, che sarebbero puramente di natura procedurale e non dovrebbero entrare nei dettagli della pianificazione;

12.

ritiene che la proposta di direttiva non preveda una sufficiente flessibilità per quanto riguarda l'attuazione poiché: a) il testo non tiene conto delle procedure informali ben consolidate in materia di gestione integrata delle zone costiere, in uso in alcuni Stati membri; b) le proposte in materia di gestione integrata delle zone costiere, in particolare, interferiscono direttamente con le competenze esistenti in relazione alla politica e alle prassi in materia di assetto territoriale a livello regionale e/o locale;

13.

esprime inoltre perplessità in merito all'approccio prescrittivo adottato riguardo ad altri aspetti della proposta, come ad esempio la definizione di scadenze per la revisione dei piani e delle strategie (articolo 6) e i requisiti per la presentazione delle relazioni (articolo 15). Ritiene che l'aumento della burocrazia, degli oneri amministrativi e dei costi aggiuntivi che comporterebbe l'attuazione della direttiva, in particolare a livello locale, ne pregiudichi ulteriormente il valore aggiunto;

14.

esprime delle riserve sulla proposta di ricorrere ad ulteriori atti di esecuzione riguardo alle fasi operative per la definizione di piani e strategie (articolo 16); ritiene che tali piani e strategie vadano al di là di quanto è necessario per contribuire all'attuazione degli obblighi previsti dalla direttiva e potrebbero indurre a pensare che la Commissione europea ritenga che la direttiva, nei termini in cui viene proposta, abbia bisogno di un ulteriore rafforzamento. Raccomanda di riconsiderare la proposta di ricorrere agli atti di esecuzione, per fare in modo che questi riguardino soltanto gli aspetti procedurali.

Pianificazione dello spazio marittimo

15.

appoggia pienamente lo sviluppo della pianificazione dello spazio marittimo come strumento multisettoriale per facilitare l'attuazione dell'approccio ecosistemico, per sostenere l'utilizzo razionale delle risorse del mare, per conciliare le attività umane concomitanti e ridurre al minimo l'impatto sull'ambiente marino nonché rendere le zone costiere e marine resilienti ai cambiamenti climatici; è inoltre favorevole a un approccio orientato alla pianificazione che fornisca regole chiare per incentivare gli investimenti a lungo termine e quindi per aumentare il contributo delle attività marittime alla realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020;

16.

sottolinea che la pianificazione dello spazio marittimo deve essere sviluppata come strumento di pianificazione neutrale, dotato di un grado tale di flessibilità da consentire di tenere conto di processi di elaborazione delle politiche adeguati ai diversi ambienti marini; chiede inoltre chiarezza sulla portata dell'approccio ecosistemico previsto nel progetto di direttiva, poiché dovrà esservi un equilibrio tra lo sviluppo economico e la tutela ambientale; respinge pertanto la fissazione di priorità calate dall'alto e di requisiti minimi per i piani di gestione e rifiuta l'utilizzo della pianificazione dello spazio marittimo come strumento per garantire la realizzazione di determinati obiettivi strategici settoriali;

17.

ritiene che la proposta di direttiva, nella sua formulazione attuale, sia eccessivamente dettagliata e non sufficientemente flessibile per tener pienamente conto delle prassi di pianificazione dello spazio marittimo in uso, della necessità di continuare a fissare delle priorità di gestione a livello nazionale o subnazionale, e della specificità regionale delle risorse del mare;

18.

sostiene, tuttavia, l'adozione di una direttiva quadro per disciplinare la pianificazione dello spazio marittimo nell'Unione europea, la quale, tenuto conto delle prassi in uso in alcuni Stati membri, dovrebbe: rendere obbligatori i piani di gestione dello spazio marittimo, fissare dei principi comuni, stabilire dei requisiti minimi per la cooperazione transfrontaliera e il coordinamento dei piani marittimi, e introdurre dei principi che consentano di conciliare gli utilizzi concorrenti dello spazio marittimo e gli obiettivi divergenti di diversi piani di gestione di tale spazio;

19.

sottolinea che una direttiva quadro non deve prescrivere il contenuto dei piani di gestione dello spazio marittimo;

20.

fa presente che, nel sostenere la pianificazione dello spazio marittimo, lo sviluppo dell'«economia blu» richiede una gestione integrata per la quale tale pianificazione è parte della soluzione, ma non la soluzione stessa. Richiama inoltre l'attenzione sulla necessità di migliorare la governance marittima;

21.

è pertanto sorpreso che, data la sua natura prescrittiva, il progetto di direttiva non faccia alcun riferimento ai necessari principi di governance; ritiene quindi che la politica marittima e la pianificazione dello spazio marittimo, in particolare, richiedano un approccio di governance multilivello intersettoriale; fa presente che, mentre gli Stati membri sono responsabili dell'amministrazione delle acque territoriali e delle zone economiche esclusive, gli enti regionali e locali, in virtù delle loro competenze in materia di pianificazione e gestione territoriale, sono in grado di garantire la coerenza e il coordinamento tra gli approcci di pianificazione dello spazio marittimo e di quello terrestre.

Gestione integrata delle zone costiere

22.

ricorda di essere da lunga data fautore della gestione integrata delle zone costiere e riconosce che tale gestione può svolgere un ruolo importante nel generare sinergie tra i quadri di pianificazione per gli ambienti marittimi e per quelli terrestri e nel creare consenso tra le parti interessate;

23.

richiama l'attenzione sulla definizione di «zona costiera» (articolo 3, paragrafo 1) e, in particolare, sulle implicazioni che ne derivano per le autorità locali/regionali incaricate della pianificazione. Ritiene, nello specifico, che l'inclusione, sul lato marittimo, dell'intera area delle acque territoriali dia luogo a un'estensione assai vasta che va al di là della portata delle autorità incaricate della pianificazione esistenti in numerosi Stati membri (ossia delle loro risorse umane e finanziarie); reputa altresì che il testo non sia sufficientemente chiaro riguardo all'estensione dell'area sul lato terrestre, e teme che ciò possa avere implicazioni dirette sui piani e sulle prassi esistenti in materia di utilizzo del territorio;

24.

ritiene che la direttiva quadro debba stabilire dei principi comuni, agevolare la cooperazione transfrontaliera e tra amministrazioni nazionali dotate di competenze sulle zone costiere e lasciare alle autorità degli Stati membri il compito di definire le «zone costiere», ove necessario e in linea con la politica di assetto territoriale e le prassi in materia, in atto nelle loro giurisdizioni;

25.

ritiene che l'interfaccia tra la pianificazione terrestre e quella marittima debba adottare un approccio più integrato, dato che le interconnessioni tra terra e mare vanno oltre il concetto di «zona costiera» (come ad esempio l'influenza dei bacini fluviali nelle zone dell'entroterra, l'impatto dei porti in quanto poli di sviluppo regionale, l'interconnessione delle vie di comunicazione e dei sistemi di produzione e trasmissione di energia ecc.) e osserva che gli Stati membri devono disporre di maggiore flessibilità nello stabilire quali strumenti utilizzare per consentire un efficace coordinamento tra le attività terrestri e quelle marittime;

26.

nutre, pertanto, dubbi in merito all'utilità di trasformare ciò che è attualmente un approccio di gestione informale in un ulteriore strumento di pianificazione formale; esprime perplessità riguardo all'articolo 2, paragrafo 3, secondo cui «Le disposizioni della presente direttiva si applicano fatte salve le competenze degli Stati membri in materia di pianificazione urbana e rurale», poiché ritiene che legiferare in merito alla gestione integrata delle zone costiere equivalga a legiferare in materia di pianificazione dello spazio terrestre, il che è innanzi tutto competenza degli Stati membri, sebbene in alcuni Stati membri tale competenza ricada sulle regioni; ritiene che l'attuazione della direttiva avrà un impatto diretto sulle pratiche di pianificazione a livello nazionale, regionale e locale, e per questa ragione nutre forti riserve sull'idea di rendere obbligatoria la definizione di strategie di gestione integrata delle zone costiere in tutti gli Stati membri costieri (4);

27.

ricorda la raccomandazione sulla gestione integrata delle zone costiere (del 2002), la quale considera che «viste le diverse condizioni delle zone costiere e dei quadri giuridici e istituzionali nei vari Stati membri, gli obiettivi dell'azione proposta [ossia l'attuazione della gestione integrata delle zone costiere] possono essere realizzati al meglio seguendo orientamenti elaborati a livello comunitario» (5); rileva che da allora poco è cambiato e si rammarica del fatto che la Commissione europea non abbia pienamente considerato tutte le opzioni non vincolanti per rafforzare l'attuazione della gestione integrata delle zone costiere;

28.

ritiene, tuttavia, che la gestione integrata delle zone costiere debba continuare a svolgere un ruolo importante nel completare la pianificazione dello spazio marittimo e nel contribuire a gestire le risorse costiere e a coinvolgere le parti interessate; esorta la Commissione europea a riconsiderare come si potrebbe rinvigorire tale ruolo attraverso lo sviluppo di ulteriori misure non vincolanti più appropriate; invita gli Stati membri a valutare le misure specifiche che occorre adottare per garantire una migliore coerenza tra i piani di gestione dello spazio terrestre e quelli di gestione dello spazio marittimo.

Impatto a livello locale e regionale

29.

mette in risalto il ruolo svolto dagli enti locali e regionali nella politica di assetto territoriale, in particolare per quanto riguarda le prassi in uso in materia di pianificazione dello spazio marittimo e di gestione integrata delle zone costiere; fa inoltre presente che detti enti svolgono già un'attività di coordinamento transfrontaliero bilaterale nella politica di assetto territoriale;

30.

sostiene le iniziative esistenti in materia di cooperazione regionale, a livello macroregionale o di bacino marittimo; si rammarica che la proposta di direttiva non tenga esplicitamente in considerazione la diversità degli ambienti marittimi e il potenziale offerto da una più stretta cooperazione che tenga conto di tali specificità regionali; ritiene inoltre che occorra considerare l'imprevedibilità dei contatti con alcuni paesi terzi e la complessità della materia per le regioni ultraperiferiche;

31.

ritiene che gli effetti potenziali, voluti o imprevisti, della proposta di direttiva a livello locale/regionale possano essere significativi, soprattutto in termini di: a) impatto sulle competenze esistenti a livello locale/regionale in materia di politica e di prassi di assetto territoriale, e b) imposizione di ulteriori oneri amministrativi e finanziari;

32.

fa presente che la proposta di direttiva, nella sua formulazione attuale, avrà ripercussioni negative sulla politica e sulle procedure locali/regionali in materia di assetto territoriale, poiché la proposta assoggetterà i piani di gestione dello spazio aventi una dimensione costiera a requisiti minimi specifici settoriali in termini di contenuto, pregiudicando gravemente l'autonomia delle autorità incaricate della pianificazione nel trovare un equilibrio tra le esigenze di tutti gli usi appropriati;

33.

ritiene che il termine di 36 mesi dall'entrata in vigore della direttiva proposto per l'istituzione dei piani di gestione dello spazio marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere sia molto ambizioso, e fa presente che tali tempistiche sarebbero impossibili da rispettare nelle situazioni in cui i piani e le strategie in materia sono ancora agli inizi; propone, pertanto, di estendere tale termine;

34.

esprime perplessità, in particolare, circa la logica che richiede una revisione dei piani di gestione dello spazio marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere almeno ogni 6 anni, perché tale operazione rappresenta un impegno difficile e costoso per le autorità competenti e non necessariamente conforme con gli intervalli di revisione dei piani consolidati negli Stati membri;

35.

sottolinea che l'attuazione comporterà oneri aggiuntivi considerevoli per le autorità incaricate della pianificazione a livello locale e regionale, costringendo peraltro tali autorità, in tempi di ristrettezze finanziarie, a reperire ulteriori risorse finanziarie e umane, tra cui tecnici adeguatamente qualificati addetti alla pianificazione territoriale marittima (rari da trovare), per conformarsi alla direttiva;

36.

esprime preoccupazione per l'assenza di una valutazione dettagliata da parte della Commissione europea circa la portata degli oneri amministrativi aggiuntivi e dei costi di attuazione, una buona parte dei quali sarà a carico degli enti locali e regionali; fa presente che tali ripercussioni pregiudicano l'aspetto del valore aggiunto che la proposta di direttiva dovrebbe rappresentare per tali autorità;

37.

propone pertanto che la Commissione europea esegua una dettagliata valutazione ex ante di: a) l'impatto della direttiva sulle attuali politiche e pratiche di pianificazione delle regioni costiere; b) il costo aggiuntivo dell'attuazione della direttiva, in particolare a livello locale e regionale.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Considerando 3

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La politica marittima integrata individua la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere come strumenti politici intersettoriali che consentono alle autorità pubbliche e alle parti interessate di applicare un approccio integrato e coordinato. L'applicazione di un approccio ecosistemico contribuirà a promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime e costiere e l'uso sostenibile delle risorse del mare e delle coste.

La politica marittima integrata individua la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere come strumenti politici intersettoriali che consentono alle autorità pubbliche e alle parti interessate di applicare un approccio integrato, e coordinato e transfrontaliero. L'applicazione di un approccio ecosistemico contribuirà a promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime e costiere e l'uso sostenibile delle risorse del mare e delle coste.

Motivazione

Il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera è essenziale per la politica marittima integrata, e in particolare per la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere.

Emendamento 2

Considerando 12

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Se da un lato è opportuno che l'Unione stabilisca norme relative ai piani di gestione dello spazio marittimo e alle strategie di gestione integrata delle zone costiere, gli Stati membri e le loro autorità competenti continuano a essere responsabili della definizione e fissazione, nell'ambito delle rispettive acque marine e costiere, del contenuto di tali piani e strategie, inclusa la ripartizione dello spazio marittimo tra le diverse attività settoriali.

Se da un lato è opportuno che l'Unione stabilisca norme relative un quadro relativo ai piani di gestione dello spazio marittimo e alle strategie di gestione integrata delle zone costiere, gli Stati membri e le loro autorità competenti continuano a essere responsabili della definizione e fissazione, nell'ambito delle rispettive acque marine e costiere, del contenuto di tali piani e strategie, inclusa la ripartizione dello spazio marittimo tra le diverse attività settoriali e i diversi usi marittimi.

Emendamento 3

Articolo 3.2

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

«politica marittima integrata», la politica dell'Unione intesa a promuovere un processo decisionale coordinato e coerente al fine di ottimizzare lo sviluppo sostenibile, la crescita economica e la coesione sociale degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda le regioni costiere, insulari e ultraperiferiche dell'Unione nonché i settori marittimi, grazie a politiche coerenti nel settore marittimo e alla cooperazione internazionale in materia;

«politica marittima integrata», la politica dell'Unione intesa a promuovere un processo decisionale coordinato una governance marittima intersettoriale e transfrontaliera coordinata e coerente al fine di concepita per ottimizzare lo sviluppo sostenibile, la crescita economica e la coesione sociale degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda le regioni costiere, insulari e ultraperiferiche dell'Unione nonché i settori marittimi, grazie a politiche coerenti nel settore marittimo e alla cooperazione internazionale in materia;

Emendamento 4

Articolo 5

Obiettivi dei piani di gestione dello spazio marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

I piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere applicano un approccio ecosistemico per agevolare la coesistenza e prevenire i conflitti tra attività settoriali concorrenti nelle acque marine e nelle zone costiere e mirano a contribuire ai seguenti obiettivi:

(a)

(b)

I piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere applicano un approccio ecosistemico per agevolare la coesistenza e prevenire i conflitti tra attività settoriali concorrenti nelle acque marine e nelle zone costiere e mirano a stabiliscono contribuire ai seguenti degli obiettivi che potrebbero, tra l'altro, contribuire a:

(a)

(b)

Motivazione

Dovrebbe risultare chiaro che gli obiettivi contenuti nel testo normativo proposto sono di carattere esemplificativo. La formulazione del testo deve essere sufficientemente flessibile da consentire alle autorità competenti di decidere le priorità più adeguate ai loro ambienti marini e le modalità in cui attuarle.

Emendamento 5

Articolo 6

Requisiti minimi comuni per i piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   I piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere definiscono fasi operative per conseguire gli obiettivi enunciati all'articolo 5, tenendo conto di tutte le attività e le misure ad essi applicabili.

2.   In questa prospettiva, i piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere devono almeno:

(a)

essere coordinati fra loro, se non sono integrati;

(b)

garantire un'efficace collaborazione transfrontaliera tra gli Stati membri e tra le autorità nazionali e le parti interessate delle relative politiche settoriali;

(c)

individuare gli effetti transnazionali dei piani di gestione dello spazio marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere sulle acque marine e sulle zone costiere soggette alla sovranità o alla giurisdizione di paesi terzi situati nella stessa regione o sottoregione marina e nelle zone costiere corrispondenti e gestire tali effetti in cooperazione con le autorità competenti di tali paesi in conformità degli articoli 12 e 13.

3.   I piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere sono rivisti almeno ogni 6 anni.

1.   I piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere definiscono fasi operative per conseguire gli obiettivi enunciati all'articolo 5, tenendo conto di tutte le attività e le misure ad essi applicabili.

2.   In questa prospettiva, i piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere devono almeno:

(a)

essere coordinati fra loro, se non sono integrati;

(b)

garantire un'efficace collaborazione transfrontaliera tra gli Stati membri e tra le autorità nazionali e le parti interessate delle relative politiche settoriali;

(c)

individuare gli effetti transnazionali dei piani di gestione dello spazio marittimo e delle strategie di gestione integrata delle zone costiere sulle acque marine e sulle zone costiere soggette alla sovranità o alla giurisdizione di paesi terzi situati nella stessa regione o sottoregione marina e nelle zone costiere corrispondenti e gestire tali effetti in cooperazione con le autorità competenti di tali paesi in conformità degli articoli 12 e 13.

3.   I piani di gestione dello spazio marittimo e le strategie di gestione integrata delle zone costiere sono rivisti almeno ogni 6 anni in conformità con gli intervalli nazionali di revisione dei piani.

Motivazione

I cicli di attuazione dovranno variare da uno Stato membro all'altro al fine di ridurre gli oneri amministrativi necessari e di garantire che l'attuazione della direttiva sia conforme alle prassi in uso e ormai consolidate negli Stati membri.

Emendamento 6

Articolo 7

Requisiti minimi specifici per i piani di gestione dello spazio marittimo

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   I piani di gestione dello spazio marittimo contengono almeno una mappatura delle acque marine che individua la distribuzione spaziale e temporale, effettiva e potenziale, di tutte le attività marittime al fine di conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 5.

2.   Nel definire i piani di gestione dello spazio marittimo gli Stati membri prendono in considerazione almeno le seguenti attività:

(a)

impianti per l'estrazione di energia e la produzione di energia rinnovabile;

(b)

siti e infrastrutture per l'estrazione di petrolio e gas naturale;

(c)

rotte di trasporto marittimo;

(d)

tracciati per cavi e condutture sottomarini;

(e)

zone di pesca;

(f)

siti di acquacoltura;

(g)

siti di conservazione della natura.

1.   I piani di gestione dello spazio marittimo contengono almeno una mappatura delle acque marine che individua la distribuzione spaziale e temporale, effettiva e potenziale, di tutte le attività marittime al fine di conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 5.

2.   Nel definire i piani di gestione dello spazio marittimo gli Stati membri prendono in considerazione almeno le seguenti attività da essi reputate pertinenti, che possono comprendere:

(a)

impianti per l'estrazione di energia e la produzione di energia rinnovabile;

(b)

siti e infrastrutture per l'estrazione di petrolio e gas naturale;

(c)

rotte di trasporto marittimo e zone di navigazione da diporto;

(d)

tracciati per cavi e condutture sottomarini;

(e)

zone di pesca;

(f)

siti di acquacoltura;

(g)

siti di conservazione della natura.;

(h)

zone portuali (commercio, pesca, diporto).

Motivazione

La formulazione del testo deve essere sufficientemente flessibile da consentire alle autorità competenti di decidere le priorità più adeguate ai loro ambienti marini e le modalità in cui attuarle.

Dato che in alcune regioni d'Europa le attività di diporto sono molto sviluppate, è necessario prenderle in considerazione nella pianificazione dello spazio marittimo. Lo stesso vale per le zone portuali, che rappresentano un elemento fondamentale della pianificazione sia marittima che terrestre (rete stradale, ferroviaria ecc.).

Emendamento 7

Articolo 8

Requisiti minimi specifici per le strategie di gestione integrata delle zone costiere

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Le strategie di gestione integrata delle zone costiere comprendono almeno un inventario delle misure esistenti applicate nelle zone costiere e un'analisi del fabbisogno di ulteriori azioni per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 5. Le strategie prevedono l'attuazione di una politica integrata e intersettoriale e prendono in considerazione le interazioni tra le attività marittime e terrestri.

2.   Nel definire le strategie di gestione integrata delle zone costiere gli Stati membri prendono in considerazione almeno le seguenti attività:

(a)

uso di risorse naturali specifiche, inclusi gli impianti per l'estrazione di energia e la produzione di energia rinnovabile;

(b)

sviluppo di infrastrutture, impianti energetici, trasporti, porti, opere marittime e altre strutture comprese le infrastrutture verdi;

(c)

agricoltura e industria;

(d)

pesca e acquacoltura;

(e)

conservazione, ripristino e gestione di ecosistemi costieri, servizi ecosistemici e siti naturali, paesaggi costieri e isole;

(f)

mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

1.   Le strategie di gestione integrata delle zone costiere comprendono almeno un inventario delle misure esistenti applicate nelle zone costiere e un'analisi del fabbisogno di ulteriori azioni per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 5. Le strategie prevedono l'attuazione di una politica integrata e intersettoriale e prendono in considerazione le interazioni tra le attività marittime e terrestri.

2.   Nel definire le strategie di gestione integrata delle zone costiere gli Stati membri prendono in considerazione almeno le seguenti attività:

(a)

uso di risorse naturali specifiche, inclusi gli impianti per l'estrazione di energia e la produzione di energia rinnovabile;

(b)

sviluppo di infrastrutture, impianti energetici, trasporti, porti, opere marittime e altre strutture comprese le infrastrutture verdi;

(c)

agricoltura e industria;

(d)

pesca e acquacoltura;

(e)

conservazione, ripristino e gestione di ecosistemi costieri, servizi ecosistemici e siti naturali, paesaggi costieri e isole;

(f)

mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

Motivazione

Il Comitato reputa che legiferare in materia di gestione integrata delle zone costiere equivalga a legiferare in materia di pianificazione dello spazio terrestre, il che è competenza degli Stati membri. Ritiene, inoltre, che la formalizzazione di uno strumento di gestione informale esistente offra uno scarso valore aggiunto.

Emendamento 8

Articolo 14

Autorità competenti

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Ogni Stato membro è tenuto a designare, per ciascuna zona costiera e per ciascuna regione o sottoregione marina interessata, l'autorità o le autorità competenti per l'attuazione della presente direttiva, anche per quanto concerne la cooperazione con altri Stati membri ai sensi dell'articolo 12 e la cooperazione con i paesi terzi ai sensi dell'articolo 13.

2.   Gli Stati membri trasmettono alla Commissione l'elenco delle autorità competenti, unitamente alle informazioni indicate nell'allegato I della presente direttiva.

3.   Gli Stati membri inviano nel contempo alla Commissione un elenco delle proprie autorità competenti responsabili per gli organismi internazionali di cui fanno parte e che sono interessati dall'attuazione della presente direttiva.

4.   In caso di modifica delle informazioni comunicate ai sensi del paragrafo 1, ogni Stato membro ne informa la Commissione entro sei mesi dalla data in cui la modifica prende effetto.

1.   Ogni Stato membro, tenendo conto della necessità di un forte approccio intersettoriale e basato sulla governance multilivello, è tenuto a designare, per ciascuna zona costiera e per ciascuna regione o sottoregione marina interessata, l'autorità o le autorità competenti per l'attuazione della presente direttiva, anche per quanto concerne la cooperazione con altri Stati membri ai sensi dell'articolo 12 e la cooperazione con i paesi terzi ai sensi dell'articolo 13.

2.   Gli Stati membri trasmettono alla Commissione l'elenco delle autorità competenti, unitamente alle informazioni indicate nell'allegato I della presente direttiva.

3.   Gli Stati membri inviano nel contempo alla Commissione un elenco delle proprie autorità competenti responsabili per gli organismi internazionali di cui fanno parte e che sono interessati dall'attuazione della presente direttiva.

4.   In caso di modifica delle informazioni comunicate ai sensi del paragrafo 1, ogni Stato membro ne informa la Commissione entro sei mesi dalla data in cui la modifica prende effetto.

Motivazione

Sottolinea la necessità di menzionare nel testo normativo che l'attuazione della direttiva deve avvenire secondo un approccio basato sulla governance multilivello.

Emendamento 9

Articolo 16

Atti di esecuzione

Testo della Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   La Commissione può adottare mediante atti di esecuzione:

(a)

specifiche operative per la gestione dei dati di cui all'articolo 10, a condizione che esse non siano state stabilite da altre normative dell'Unione quali la direttiva 2007/2/CE o la direttiva 2008/56/CE, con riguardo a

la condivisione dei dati e l'interfaccia con i processi di gestione e raccolta dei dati esistenti, e

(b)

le fasi operative per la redazione e la comunicazione di relazioni in merito ai piani di gestione dello spazio marittimo e alle strategie di gestione integrata delle zone costiere con riguardo a:

coerenza degli obblighi in materia di presentazione di relazioni ai sensi della presente direttiva con altre disposizioni della pertinente legislazione dell'Unione;

cicli di monitoraggio e revisione;

modalità di cooperazione transfrontaliera;

consultazione pubblica.

1.   La Commissione può adottare mediante atti di esecuzione:

(a)

specifiche operative per la gestione dei dati di cui all'articolo 10, a condizione che esse non siano state stabilite da altre normative dell'Unione quali la direttiva 2007/2/CE o la direttiva 2008/56/CE, con riguardo a

la condivisione dei dati e l'interfaccia con i processi di gestione e raccolta dei dati esistenti., e

(b)

le fasi operative per la redazione e la comunicazione di relazioni in merito ai piani di gestione dello spazio marittimo e alle strategie di gestione integrata delle zone costiere con riguardo a:

coerenza degli obblighi in materia di presentazione di relazioni ai sensi della presente direttiva con altre disposizioni della pertinente legislazione dell'Unione;

cicli di monitoraggio e revisione;

modalità di cooperazione transfrontaliera;

consultazione pubblica.

2.   Gli atti di esecuzione di cui al paragrafo 1 sono adottati secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2.

2.   Gli atti di esecuzione di cui al paragrafo 1 sono adottati secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2.

Motivazione

Vi sono serie riserve circa il ricorso ad atti di esecuzione, in particolare in merito agli aspetti operativi connessi alla definizione di piani e di strategie, che vanno al di là di quanto è richiesto per contribuire ad attuare gli obblighi imposti dalla direttiva.

Bruxelles, 9 ottobre 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  In particolare, la direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino, le direttive Uccelli e Habitat, e la riforma della politica comune della pesca.

(2)  Parere dei servizi giuridici del Consiglio formulato il 12 luglio 2013 (12283/13).

(3)  Pareri motivati negativi sono stati formulati da BE, DE, FI, IE, LT, NL, PL e SE; mentre PT e RO si sono espressi in maniera favorevole.

(4)  La Convenzione di Barcellona impone già determinati obblighi agli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo.

(5)  Raccomandazione relativa all'attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa (2002/413/CE), considerando 17.