ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2013.139.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 139

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

56o anno
17 maggio 2013


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

100a sessione plenaria dell'11 e 12 aprile 2013

2013/C 139/01

Risoluzione del Comitato delle regioni Il futuro approccio globale per sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile

1

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

100a sessione plenaria dell'11 e 12 aprile 2013

2013/C 139/02

Parere del Comitato delle regioni Sinergie tra investimenti privati e finanziamenti pubblici a livello locale e regionale

4

2013/C 139/03

Parere del Comitato delle regioni Un'industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica

11

2013/C 139/04

Parere del Comitato delle regioni Orientamenti dell'UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà

17

2013/C 139/05

Parere del Comitato delle regioni Il sostegno dell'UE a un cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione

22

2013/C 139/06

Parere del Comitato delle regioni Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2012-2013

27

2013/C 139/07

Parere del Comitato delle regioni Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa

35

2013/C 139/08

Parere del Comitato delle regioni Il decentramento nell'Unione europea e il ruolo delle autonomie locali e regionali nella definizione e nell'attuazione delle politiche dell'UE

39

2013/C 139/09

Parere del Comitato delle regioni Potenziare e concentrare la cooperazione internazionale dell'UE nelle attività di ricerca e innovazione

46

2013/C 139/10

Parere del Comitato delle regioni Ripensare l'istruzione

51

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

100a sessione plenaria dell'11 e 12 aprile 2013

2013/C 139/11

Parere del Comitato delle regioni Fondo di aiuti europei agli indigenti

59

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

100a sessione plenaria dell'11 e 12 aprile 2013

17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/1


Risoluzione del Comitato delle regioni «Il futuro approccio globale per sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile»

2013/C 139/01

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore la comunicazione Un'esistenza dignitosa per tutti: sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile e sostiene pienamente l'obiettivo di creare un quadro di riferimento completo per la futura politica globale in materia di sviluppo che integri sviluppo socioeconomico e sostenibilità ambientale e al tempo stesso affronti le questioni della giustizia, dell'uguaglianza, dell'equità, della pace e della sicurezza;

2.

segnala i vantaggi di un modello sostenibile di sviluppo; esso offre innumerevoli opportunità di dare impulso alla crescita, creare nuovi posti di lavoro, ecologizzare l'economia, migliorare i servizi per lo sviluppo umano, far crescere la prosperità, ridurre l'esclusione sociale e mantenere l'ambiente più pulito e più sano;

3.

ritiene che, malgrado i notevoli progressi compiuti, rimanga ancora molta strada da fare per realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM); rammenta che, anche in un periodo di recessione economica, l'85 % dei cittadini dell'UE pensa che l'Europa dovrebbe continuare ad aiutare i paesi in via di sviluppo (1); invita a continuare a impegnarsi per il conseguimento degli OSM fino al 2015 e sostiene anche il relativo processo in direzione dello sviluppo di Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) globali, ribadendo il suo appoggio a dichiarare il 2015 Anno europeo per lo sviluppo, in modo da garantire che vi sia un'iniziativa di continuità con gli OSM;

4.

concorda nel ritenere che la Dichiarazione del Millennio sia tuttora pertinente e che essa abbia dimostrato che, se si concentrano e si coordinano gli sforzi ai livelli giusti i problemi si possono risolvere; pensa che sia essenziale garantire il coinvolgimento di tutti gli attori principali e in particolare degli enti subnazionali, sia nei paesi in via di sviluppo che nei paesi donatori, nello sviluppo e nella realizzazione delle politiche e dei programmi necessari per migliorare la loro attuazione e per contribuire allo sviluppo sostenibile e alla crescita inclusiva;

5.

conviene quindi sul fatto che il futuro quadro dovrebbe appoggiarsi sulla solida base delle finalità e degli obiettivi attuali e continuare a concentrarsi sull'eliminazione delle molteplici dimensioni della povertà estrema, tenendo conto al tempo stesso delle lacune degli OSM e dei cambiamenti radicali verificatisi nel paesaggio mondiale nell'ultimo decennio, in particolare, la crescente importanza che vanno assumendo:

(i)

nuove parti interessate, come i paesi emergenti, il settore privato, le fondazioni, la società civile organizzata e in particolare gli enti subnazionali (2), e

(ii)

sfide globali crescenti, tra cui la sicurezza, il degrado ambientale, i cambiamenti climatici e il fabbisogno energetico;

6.

conviene sul fatto che gli obiettivi fissati in futuro dovrebbero essere limitati nel numero e globali nell'applicazione e dovrebbero far sì che tutti i livelli di governo possano farli propri; sottolinea che, per rimanere comprensibili ad un numero più vasto possibile di persone, dovranno inoltre essere semplici, chiari e misurabili;

7.

osserva tuttavia che le sfide poste dalla povertà sono notevolmente diverse da un paese all'altro; è pertanto convinto che l'adozione di obiettivi comuni e condivisi non escluda l'esigenza di applicare politiche e strumenti specifici rispettando lo specifico contesto di una data zona, paese, regione o realtà subnazionale;

8.

ritiene che un'importante ragione per il parziale mancato conseguimento degli OSM stia nelle disparità e disuguaglianze sociali all'interno di molti paesi in via di sviluppo dovute alla mancanza di democrazia e di responsabilità politica, nonché alla corruzione diffusa. L'instabilità e l'insicurezza crescenti in taluni paesi impediscono la realizzazione degli OSM; invita pertanto l'UE a promuovere attivamente i suoi valori fondamentali - democrazia, diritti umani e principi dello Stato di diritto - attraverso la sua politica di sviluppo e ricorda l'importante ruolo degli enti subnazionali nell'individuare e affrontare le carenze nell'applicazione dei diritti umani, nella promozione della democrazia e nella lotta contro la corruzione;

9.

sottolinea la necessità di sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo che coinvolga tutte le parti, sia incentrato sulla componente umana e utilizzi un approccio partecipativo e inclusivo dal basso verso l'alto; esorta l'UE a dare l'esempio adottando una posizione unitaria e coerente che rispecchi il contributo e la partecipazione di tutti i livelli di governance;

10.

sottolinea che gli enti subnazionali erogano ai cittadini molti dei servizi necessari al conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, come il sistema sanitario, le strutture igienico-sanitarie, l'istruzione, i trasporti e i sistemi energetici, l'acqua e la gestione dei rifiuti e, di conseguenza, incidono notevolmente sui risultati del quadro futuro;

11.

nell'interesse della pace e della sicurezza, ricorda che la diplomazia moderna non è un'attività esclusiva dei governi nazionali e che in considerazione della necessità di dialogo, cooperazione e coordinamento, il ruolo della diplomazia delle città è essenziale e sempre più importante. Con questo strumento gli enti locali possono promuovere la coesione sociale, la sostenibilità ambientale, la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, la ricostruzione dopo la conclusione dei conflitti e il risanamento;

12.

esprime preoccupazione per il fatto che, in base a dati recentemente pubblicati dall'OCSE, nel 2012 il volume globale degli aiuti allo sviluppo erogati dall'Unione europea è diminuito del 4,3 %, pari a 2,3 miliardi di euro, rispetto all'anno precedente. Sebbene l'UE continui a essere il principale donatore mondiale e la crisi economica in alcuni Stati membri sia parzialmente responsabile della riduzione degli aiuti, il CdR invita l'Unione e gli Stati membri a proseguire gli sforzi perché l'UE tenga fede all'impegno assunto alle Nazioni Unite di destinare agli aiuti lo 0,7 % del reddito nazionale nel 2015 (la percentuale attuale, dopo i recenti tagli, è dello 0,43 % e soltanto pochi Stati membri raggiungono l'obiettivo dello 0,7 %);

13.

ricorda che gli enti subnazionali conducono in misura crescente una politica autonoma attiva di cooperazione allo sviluppo e che, benché il loro contributo globale sia molto maggiore del loro contributo finanziario, alcuni si sono già fissati l'obiettivo di destinare lo 0,7 % delle loro risorse alla cooperazione con i paesi in via di sviluppo, mentre altri hanno anche creato propri meccanismi di finanziamento per rispondere a bisogni specifici;

14.

accoglie con favore il fatto che «il ruolo degli enti locali nell'avvicinare i cittadini alle istituzioni e nel garantire un'appropriazione democratica e su larga scala dei programmi di sviluppo dei paesi» sia riconosciuto a livello internazionale nella dichiarazione di Busan e, più recentemente nel documento finale di Rio+20 in cui essi sono descritti come soggetti che sviluppano strategie, prendono decisioni e realizzano politiche di sviluppo sostenibile;

15.

richiama quanto affermato nel proprio parere Contributo degli enti locali e regionali dell'UE alla Conferenza dell'ONU sullo sviluppo sostenibile 2012 (Rio+20) (CdR 187/2011) in cui auspica l'ulteriore sviluppo dell'agenda 21 e il rilancio della sua attuazione. L'agenda 21 a livello locale, avviata dopo il vertice di Rio nel 1992, rappresenta un buon esempio di processo «di base» produttivo di risultati soddisfacenti e durevoli sotto forma sia di misure concrete che di una migliore comprensione e di un maggiore coinvolgimento nei temi della sostenibilità da parte degli attori della società;

16.

ricorda l'attivo contributo del CdR alla conferenza Rio+20, sia nella fase di preparazione del Vertice di Rio sia come parte della delegazione dell'UE, impegnata a illustrare i risultati resi possibili da iniziative come il Patto dei sindaci e le Capitali verdi europee; segnala il Memorandum d'intesa che ha firmato in quest'occasione con il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) allo scopo di produrre ulteriori sinergie tra i diversi livelli e migliorare l'applicazione della Dichiarazione di Rio+20; continuerà in tale contesto a far parte in qualità di osservatore della delegazione dell'UE alle pertinenti Conferenze delle parti;

17.

ribadisce l'idea che nel quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile gli enti subnazionali debbano avere un pieno riconoscimento, in quanto livelli di governo, accanto ai governi nazionali e agli organi dell'ONU; in questo contesto, invita a creare una commissione permanente per i governi subnazionali e locali o nell'ambito dell'UNEP oppure nel Forum politico intergovernativo ad alto livello sullo sviluppo sostenibile (Intergovernmental High-Level Political Forum on sustainable development (HLPF));

18.

ricorda che, in riconoscimento del loro ruolo e al fine di rafforzare l'efficacia dell'aiuto allo sviluppo, la Commissione europea, nel 2008, ha chiesto per la prima volta lo sviluppo di un approccio olistico agli enti locali quali attori dello sviluppo a livello globale, europeo e nazionale; apprezza gli sforzi della Commissione a livello dell'UE a questo riguardo e la sua intenzione di dar conto di questo riposizionamento strategico della sua relazione con gli enti summenzionati mediante la pubblicazione nella primavera 2013 di una comunicazione specifica sul ruolo degli enti locali nello sviluppo;

19.

chiede che le future strategie, in particolare nell'UE, tengano conto delle possibilità offerte dalla cooperazione multilaterale decentrata, compresi strumenti quali il portale della cooperazione decentrata per fornire una mappa delle attività e delle buone pratiche e permettere lo scambio di informazioni diretto a far incontrare le competenze e le capacità con i bisogni, e le Assise della cooperazione decentrata per il dialogo politico, oltre a specifiche assemblee politiche rappresentative per i paesi del vicinato come l'ARLEM per il Mediterraneo e la Corleap per l'Est;

20.

si impegna a continuare a sostenere gli sforzi per migliorare la promozione e l'integrazione di iniziative europee quali il Patto dei sindaci e le Capitali verdi europee e di iniziative analoghe in altre parti del mondo e programmi globali, come la nuova iniziativa dell'UNEP Resource Efficient Cities (Città efficienti nell'impiego delle risorse) oppure il partenariato UE-Cina appena lanciato per l'urbanizzazione sostenibile e l'agenda locale 21 a livello globale e, in particolare, nelle sue relazione con i paesi dell'ampliamento dell'UE e i paesi del vicinato;

21.

accoglie con favore il riconoscimento da parte della Commissione dell'obiettivo della «transizione verso città sostenibili e resilienti» come motori per la crescita inclusiva e sostenibile; raccomanda che i futuri OSS includano un obiettivo concreto per la sostenibilità delle città; invita l'UE a continuare a lavorare sulla questione cruciale della vita urbana sostenibile e ad appoggiare gli sforzi delle città e degli enti subnazionali per adattarsi ai cambiamenti climatici e sviluppare la loro resilienza e la loro capacità di risposta e di prevenzione delle calamità sulla base delle competenze e risorse necessarie, dal momento che essi si trovano spesso in prima linea quando si tratta di reagire in caso di calamità naturali o prodotte dall'uomo;

22.

incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Presidente del Parlamento europeo, al Presidente del Consiglio europeo, al Presidente della Commissione europea, alla presidenza irlandese del Consiglio dell'UE e alla prossima presidenza lituana.

Bruxelles, 12 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Special Eurobarometer 392, Ottobre 2012.

(2)  Nella presente risoluzione viene utilizzata la dicitura «enti subnazionali» con lo stesso senso con cui è impiegata nel contesto dell'ONU (dove per regioni si intendono le regioni del mondo). Nel quadro dell'UE, essa ha il senso di «enti locali e regionali».


PARERI

Comitato delle regioni

100a sessione plenaria dell'11 e 12 aprile 2013

17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/4


Parere del Comitato delle regioni «Sinergie tra investimenti privati e finanziamenti pubblici a livello locale e regionale»

2013/C 139/02

IL COMITATO DELLE REGIONI

concorda che combinare le sovvenzioni con gli strumenti finanziari innovativi (InFI) può fornire un approccio innovativo attraverso cui possono essere ridotti i costi e i rischi complessivi dei progetti/degli investimenti, e invita gli enti locali e regionali a pensare con creatività al modo in cui utilizzare questi differenti «strumenti» per ottimizzare il sostegno agli investimenti chiave sul campo;

sottolinea il ruolo centrale svolto dalla BEI quale istituzione dell'UE per il finanziamento di lungo termine nel sostenere i partenariati pubblico-privati (PPP) all'interno dell'UE e nel fornire esperienza e conoscenze per lo sviluppo e l'attuazione di una serie di InFI a livello dell'UE, in collaborazione con la Commissione europea;

accoglie favorevolmente l'aumento di capitale (+ 10 miliardi di euro) deciso nel 2012 che consentirà alla BEI di fornire fino a 60 miliardi di euro di credito supplementare;

accoglie favorevolmente i nuovi strumenti per i «prestiti quadro» e per i «prestiti per i programmi strutturali» introdotti dalla BEI. Questi strumenti potrebbero rivelarsi cruciali per il finanziamento degli enti locali e regionali consentendo il finanziamento di un portafoglio di investimenti e così superando la barriera della dimensione del progetto;

riconosce che ci sono stati problemi iniziali nella diffusione degli InFI nei programmi dei fondi strutturali, e individua una serie di fattori che spiegano questa bassa diffusione, tra cui la mancanza di consapevolezza e comprensione delle opportunità, la necessità di un «cambiamento culturale» per gli enti di gestione che devono passare dalle sovvenzioni agli strumenti finanziari, nonché i timori per la complessità del quadro normativo, compresa la legislazione sugli aiuti di Stato;

accoglie favorevolmente l'estensione del campo di applicazione degli InFI per il periodo 2014-2020 a tutti i tipi di progetti, a tutti gli obiettivi tematici e a tutte le priorità d'investimento contemplati negli accordi di partenariato e nei programmi operativi, e a tutti i fondi del quadro strategico comune (QSC);

evidenzia il crescente interesse degli enti locali e regionali nello sviluppo, assieme alla BEI, di fondi multiregionali nel quadro di strategie macroregionali;

chiede la proroga dell'iniziativa Prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti (Project Bonds Initiative - PBI) fino al 2020 e l'ampliamento del suo campo di applicazione per comprendere anche settori diversi dalle reti transeuropee, dopo che sarà stata effettuata una valutazione della fase pilota;

raccomanda alla Commissione europea di chiarire l'applicabilità delle norme sugli aiuti di Stato agli InFI.

Relatore

Rhodri Glyn THOMAS (UK/AE), membro dell'Assemblea nazionale del Galles

Testo di riferimento

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Introduzione

1.

afferma, malgrado il crescente ottimismo secondo cui la fase peggiore della crisi della zona euro sarebbe ormai alle spalle, che rimangono sfide e ostacoli importanti nello stimolare la ripresa economica in tutta l'UE, soprattutto in termini di disponibilità di finanziamenti pubblici e privati a sostegno degli investimenti chiave;

2.

sostiene che l'UE ha un ruolo fondamentale da svolgere nel contribuire a ripristinare la fiducia nell'economia attraverso la creazione delle condizioni quadro volte ad aiutare a mobilitare le limitate risorse pubbliche e private disponibili per stimolare gli investimenti chiave a livello locale e regionale, e per affrontare l'attuale mancanza di disponibilità di finanziamenti e crediti per le PMI, senza i quali l'aspirazione di dare attuazione concreta alla strategia Europa 2020 e al Patto per la crescita e l'occupazione è destinata a fallire;

3.

ribadisce, come indicato nel proprio parere sul tema Creare maggiori sinergie tra il bilancio dell'UE e i bilanci nazionali e subnazionali adottato il 31 gennaio 2013 (1), il ruolo e le competenze centrali degli enti locali e regionali nello sforzo di ripresa europeo, visto che essi sono responsabili di una quota sostanziale della spesa pubblica in Europa (il 16,7 % del PIL e il 34 % di tutta la spesa pubblica nel 2011, oltre a rappresentare i due terzi degli investimenti diretti nel 2011 (2)), gran parte della quale è concentrata in settori di massima priorità che rappresentano il fulcro della strategia Europa 2020 (come l'economia, l'istruzione, l'ambiente, l'edilizia abitativa e i servizi alla comunità);

4.

evidenzia la crescente importanza e interesse dei partenariati pubblico-privati per il finanziamento di progetti (PPP) (3) e degli strumenti finanziari innovativi (InFI) (4) quale meccanismo potenziale attraverso cui contribuire a liberare gli investimenti chiave;

5.

accoglie pertanto favorevolmente il ruolo che la Commissione europea sta svolgendo per stimolare l'utilizzo di PPP e InFI attraverso la creazione di un quadro strategico che sostenga e incoraggi l'utilizzo di questi strumenti, e attraverso la mobilitazione del bilancio dell'UE per aumentare il finanziamento «pubblico» disponibile a livello degli enti locali e regionali;

6.

sottolinea il ruolo centrale della Banca europea per gli investimenti (BEI) e del crescente settore bancario pubblico in tutta l'UE nel sostenere un clima per gli investimenti che sia «strategicamente fondato», coerente e globale;

7.

osserva che il bilancio dell'UE, nonostante le dimensioni relativamente ridotte, e la BEI svolgono una funzione di leva fondamentale per stimolare gli investimenti sul territorio dell'UE, in particolare (ma non esclusivamente) attraverso i fondi del «quadro strategico comune» (QSC) erogati e utilizzati a livello territoriale (in molti casi dagli enti locali e regionali), che generano un importante effetto «moltiplicatore» per l'economia;

8.

rileva l'ambizione della Commissione europea di raddoppiare potenzialmente l'effetto leva degli investimenti finanziati con i fondi strutturali lungo il periodo 2014-2020 per arrivare fino a 4,2 euro per ogni euro investito dall'UE, con l'indicazione iniziale che la percentuale del FESR riconducibile agli InFI potrebbe aumentare dal 5 % al 15 %;

9.

accoglie favorevolmente il proseguimento dell'approccio di «fondo rotativo» per i fondi del QSC, in quanto esso ha il potenziale per creare un «fondo ereditario» a livello territoriale. Chiede di valutare in quale modo possa essere efficacemente sviluppato un approccio di «fondo rotativo» per gli InFI gestiti attraverso programmi gestiti a livello centrale e sostenuti dal bilancio dell'UE (ad esempio, nel programma COSME e nell'iniziativa Orizzonte 2020);

10.

accoglie con favore la più marcata priorità politica riservata agli InFI nel quadro finanziario pluriennale 2014-2020 e alle relative proposte. Esorta gli enti locali e regionali (e gli Stati membri) a ottimizzare questo quadro normativo di sostegno, in particolare attraverso norme rafforzate e chiarite per i fondi del QSC erogati attraverso una gestione congiunta a livello territoriale;

11.

concorda con la relazione speciale preparata dal Centro per gli studi politici europei (CEPS) su richiesta del Parlamento europeo (5) secondo cui gli InFI non dovrebbero essere considerati la panacea per tutti i tipi di intervento a livello locale e regionale, sottolineando che sono idonei soltanto «per i progetti con risultati finanziari potenzialmente vantaggiosi» e che «non dovrebbero essere considerati un sostituto delle sovvenzioni, ma piuttosto un mezzo per rafforzare il campo di applicazione del bilancio dell'UE»;

12.

concorda inoltre che combinare (o «mescolare») le sovvenzioni con gli InFI può fornire un approccio innovativo attraverso cui possono essere ridotti i costi e i rischi complessivi dei progetti/degli investimenti, e invita gli enti locali e regionali a pensare con creatività al modo in cui utilizzare questi differenti «strumenti» per ottimizzare il sostegno agli investimenti chiave sul campo.

Motivazione, giustificazione e benefici dei PPP/InFI

13.

afferma che la ragion d'essere dei PPP e degli InFI risiede in una serie di fattori che vanno al di là del ruolo chiave potenziale che questi approcci potrebbero avere nel sostenere la ripresa economica dell'UE. La logica di fondo sottostante ai PPP è il potenziale per raggiungere benefici condivisi, oltre che obiettivi e mete comuni, in un modo che non sarebbe possibile o auspicabile senza mettere in comune interessi pubblici e privati. La logica sottostante agli InFI è fornire un sostegno più strutturato, fissando piani con regole e obiettivi prestabiliti, che può essere utilizzato per puntare a particolari gruppi/beneficiari (ad esempio, le PMI attraverso i microfinanziamenti, i progetti di R&S, i piani di sviluppo urbano);

14.

afferma che il fallimento del mercato fornisce una giustificazione importante a favore della logica dell'intervento pubblico, quale mezzo per attenuare i rischi incentivando la partecipazione del settore privato e consentendo la realizzazione di investimenti che altrimenti non si concretizzerebbero. Questa ragion d'essere è evidente, ad esempio, negli InFI volti a fornire alle PMI un accesso ai microfinanziamenti;

15.

sostiene tuttavia con forza che il fallimento del mercato non è l'unico motore per queste azioni o il fattore necessariamente sottostante, e che può esserci anche un obiettivo di politica pubblica più generale quale ragion d'essere degli interventi, ad esempio, l'attenzione agli obiettivi a lungo termine piuttosto che al guadagno a breve termine, l'attenzione agli obiettivi ambientali (ad esempio, l'energia pulita) o sociali (ridurre la povertà, combattere l'esclusione sociale), anche se questi investimenti possono a loro volta portare a nuovi mercati e a una nuova attività economica (ad esempio, il settore dello sviluppo delle energie rinnovabili, il risanamento urbano, ecc.);

16.

chiede alla Commissione europea di chiarire, nel quadro legislativo e normativo sottostante ai PPP/InFI, non solo questa motivazione di politica pubblica, ma anche l'applicazione delle regole sugli aiuti di Stato e della normativa sugli appalti pubblici, che potrebbero ostacolare la partecipazione degli enti locali e regionali a queste iniziative. Qualora esista una chiara motivazione di politica pubblica, le norme dell'UE sulla concorrenza non dovrebbero ostacolare o frenare la realizzazione di questi interventi;

17.

sottolinea che il settore pubblico è informato al principio della responsabilità democratica: in linea di principio esso adotta una visione di lungo termine della sostenibilità degli investimenti, concentrando la sua attenzione sul garantire che obiettivi e valori pubblici fondamentali vengano rispettati, oltre a diminuire i rischi fornendo un ambiente relativamente sicuro in cui il settore privato possa investire, mentre i soci del settore privato apportano nuovi finanziamenti, la consapevolezza e l'esperienza commerciali, e capacità innovative e imprenditoriali;

18.

rileva che per gli investitori privati, compresi i fondi pensione, una delle possibili attrattive dell'investimento in PPP/InFI, soprattutto nel clima economico attuale, vista la grande incertezza nei mercati finanziari, è data dalla partecipazione del settore pubblico, che può far diminuire il rischio percepito dell'investimento. Inoltre, il coinvolgimento del finanziamento della BEI/UE ha il potenziale per ridurre ulteriormente il rischio percepito attraverso una verifica «esterna» della qualità degli investimenti pianificati;

19.

chiede alla Commissione europea di continuare a esaminare le possibilità di un'azione a livello dell'UE tesa a mobilizzare gli investimenti dei fondi pensione sottostanti al piano di ripresa dell'UE;

20.

afferma, a causa degli investimenti finanziari irresponsabili che hanno portato alla crisi finanziaria del 2008 e della volontà mostrata negli ultimi 3-4 anni di riformare il settore dei servizi finanziari in Europa, che è esplicitamente riconosciuta la necessità di concentrare l'attenzione sugli investimenti sostenibili a lungo termine, e di evitare gli abusi e gli eccessi del passato;

21.

sottolinea inoltre la necessità fondamentale di difendere e di tenere in considerazione gli obiettivi e gli interessi pubblici nei partenariati pubblico-privati; rileva tuttavia che senza investitori privati non può esistere un partenariato pubblico-privati, e che le norme che disciplinano i PPP e gli InFI devono essere sviluppate in modo da incentivare la partecipazione di soci privati;

22.

afferma che esiste una forte spinta verso nuovi modelli di assetto proprietario, tesi alla realizzazione di investimenti strategicamente fondati che siano sì a beneficio dei cittadini a livello locale e regionale, ma nel rispetto della necessità di realizzare rendimenti basati sui costi e di ottenere una sostenibilità e una vitalità di lungo termine, senza puntare a massimizzare i profitti a breve termine a tutti i costi, sulla base di una solida tradizione di banche pubbliche nell'UE, che rappresentano più del 20 % del settore bancario dell'UE (ad esempio, KFW e la rete di banche regionali in Germania, la Caisse des Dépôts in Francia e la Cassa Depositi e Prestiti in Italia) (6);

23.

rileva in questo contesto l'emergere del modello scandinavo delle agenzie per il finanziamento degli enti locali e regionali: BNV (Paesi Bassi), KommuneKredit (Danimarca), Kommunalbank (Norvegia), Kommuninvest (Svezia) e Municipality Finance (Finlandia). Sebbene esse siano molto diverse in termini di livello di coinvolgimento del rispettivo governo centrale e, pertanto, di livello di controllo esercitato da tale governo e di livello di rischio che esso si assume (7), queste agenzie forniscono una pista alternativa interessante per il finanziamento degli investimenti degli enti locali e regionali, compreso il partenariato con il settore privato; ad esempio, nel caso della Finlandia, Municipal Finance è detenuta per il 16 % dallo Stato, per il 31 % da fondi pensione pubblici finlandesi e per il 52 % da comuni. In Galles è in corso un dibattito sulla possibilità di creare una banca per gli investimenti gallese («Wales Investment Bank») di proprietà pubblica.

Il ruolo della Banca europea per gli investimenti

24.

sottolinea il ruolo centrale svolto dalla BEI quale istituzione dell'UE per il finanziamento di lungo termine (oltre ad essere il più grande prestatore e mutuatario multilaterale del mondo, che coopera con più di 150 paesi terzi) nel sostenere i PPP all'interno dell'UE e nel fornire esperienza e conoscenze per lo sviluppo e l'attuazione di una serie di InFI a livello dell'UE, in collaborazione con la Commissione europea (comprese le iniziative Jeremie, Jessica, Elena e il meccanismo RSFF, oltre ai meccanismi di sostegno tecnico del tipo di Jaspers e Jasmine);

25.

sottolinea il valore che la BEI apporta in termini di approccio basato sugli investimenti, la sua flessibilità per adattare il sostegno e il credito in funzione di pacchetti su misura, e la sua capacità di fornire agli enti pubblici servizi di consulenza professionale e competenze tecniche, oltre ad offrire buone condizioni ai suoi clienti grazie al suo rating AAA sui mercati finanziari internazionali;

26.

evidenzia l'ampio portafoglio del sostegno BEI disponibile e la gamma di differenti tipi di intervento, compresi i prestiti diretti per progetti (se superiori a 25 milioni di euro), i prestiti per i quali la BEI ha agito da intermediario presso banche locali, il capitale di rischio, i piani di microfinanziamento, ecc., e il suo approccio agli investimenti strategicamente fondato che concentra l'attenzione sulle priorità generali dell'UE per sviluppare le PMI, per affrontare gli squilibri economici/sociali, per investire nell'ambiente naturale/urbano e nell'economia della conoscenza, nonché per sostenere le reti transeuropee e un approvvigionamento energetico sostenibile nell'UE;

27.

rileva che, sebbene più del 90 dell'attività della Banca sia incentrata sull'Europa, la BEI svolge un ruolo importante nell'attuazione degli aspetti finanziari delle politiche esterne e di sviluppo dell'UE, cosa di cui il Comitato delle regioni si rallegra;

28.

evidenzia la crescente importanza dei finanziamenti della BEI a partire dalla fine degli anni '90, testimoniata dall'aumento del credito erogato nell'ultimo decennio e osservata in particolare durante la crisi finanziaria degli ultimi 4-5 anni;

29.

rileva che a metà del 2000 il volume annuale dei prestiti erogati dalla BEI era aumentato da 10 miliardi di ECU nel 1998 a 45 miliardi di euro, per balzare a 79 miliardi di euro nel 2011 (anno in cui si è raggiunto il picco) per compensare il calo degli investimenti privati durante la crisi. Per la fine del 2011 il valore totale dei prestiti in corso non rimborsati era aumentato di oltre un terzo, arrivando a 395 miliardi di euro; la BEI ha svolto un ruolo centrale nel mettere a disposizione capitale in tutta l'UE e nel sostenere gli investimenti in alcuni Stati dell'area dell'euro che si trovano in difficoltà, tra cui la Grecia, il Portogallo e la Spagna;

30.

accoglie favorevolmente l'aumento di capitale (+ 10 miliardi di euro) deciso nel 2012 che consentirà alla BEI di fornire fino a 60 miliardi di euro di credito supplementare;

31.

sottolinea il valore di avere a disposizione dell'UE questa risorsa, capace di rispondere in modo flessibile e rapido all'evolvere delle circostanze, di adattarsi e sviluppare di conseguenza nuovi programmi di sostegno; ribadisce l'importanza, nel clima economico attuale, di avere un'istituzione dell'UE che si fa carico di investimenti strategici, tesi a realizzare gli obiettivi fondamentali dell'UE, sulla base di un approccio «non a fondo perduto» invece che di un approccio teso alla massimizzazione dei profitti;

32.

si congratula con la Commissione europea e con la BEI per aver sviluppato una serie di InFI nel periodo 2007-2013 e aver fermamente radicato il principio che il finanziamento dell'UE ha un ruolo e un valore aggiunto chiari da svolgere attraverso questi InFI, che integrano e vanno al di là della tradizionale sovvenzione; rileva che entro la fine del 2011 era stato messo a punto un numero totale di 592 InFI in tutti gli Stati membri, ad eccezione dell'Irlanda e del Lussemburgo;

33.

accoglie favorevolmente i nuovi strumenti per i «prestiti quadro» e per i «prestiti per i programmi strutturali» introdotti dalla BEI. Questi strumenti potrebbero rivelarsi cruciali per il finanziamento degli enti locali e regionali consentendo il finanziamento di un portafoglio di investimenti e così superando la barriera della dimensione del progetto (normalmente, l'ammontare minimo del prestito è 25 milioni di euro);

34.

chiede alla Commissione europea di esplorare la possibilità di estendere questo approccio al bilancio dell'UE mediante strumenti finanziari che consentano la «cartolarizzazione» di un gruppo di piccoli progetti (tra cui l'emissione di obbligazioni per il finanziamento di progetti (project bond), che il Consiglio europeo ha approvato nelle sue conclusioni del giugno 2012, prevedendo una fase pilota dell'iniziativa per l'attuale quadro finanziario e citando il meccanismo per collegare l'Europa come un esempio di progetto cui si potrebbe applicare tale approccio nel periodo 2014-2020);

35.

accoglie con favore i passi intrapresi per assicurare un rapporto stretto e solido tra la BEI e il Comitato stesso, visto il ruolo sempre più importante della BEI nel sostenere gli investimenti economici a livello degli enti locali e regionali.

Ostacoli all'utilizzo dei partenariati pubblico-privati e degli strumenti finanziari innovativi

36.

riconosce che ci sono stati problemi iniziali nella diffusione degli InFI nei programmi dei fondi strutturali durante il periodo 2007-2013, come testimoniato nella relazione esterna di valutazione chiesta dalla Commissione europea sui progressi compiuti nel finanziamento e nell'attuazione degli strumenti di ingegneria finanziaria cofinanziati per mezzo dei fondi strutturali;

37.

individua una serie di fattori che spiegano questa bassa diffusione, tra cui la mancanza di consapevolezza e comprensione delle opportunità, la necessità di un «cambiamento culturale» per gli enti di gestione che devono passare dalle sovvenzioni agli strumenti finanziari, un cambiamento che comprende l'approccio al rischio, la complessità percepita degli strumenti e i metodi di partecipazione, oltre ai timori per la complessità del quadro normativo, compresa la legislazione sugli aiuti di Stato;

38.

rileva i timori specifici delle città e delle amministrazioni comunali in rapporto allo sviluppo degli strumenti Jessica nel periodo di programmazione 2007-2013, incentrati sulle tensioni tra gli enti di gestione dei programmi e le autorità cittadine; accoglie pertanto favorevolmente la maggiore chiarezza e l'allargamento del campo di applicazione nel quadro dei progetti di regolamento 2014-2010 per la programmazione a livello sub-regionale e gli «investimenti territoriali integrati», poiché ciò dovrebbe significare che le città/le aree urbane saranno più capaci di sviluppare piani Jessica in futuro;

39.

rileva alcuni punti di vista espressi nella fase di raccolta delle prove secondo cui la BEI dovrebbe assumere una posizione più forte, nel quadro del suo portafoglio di investimenti, a sostegno di progetti/investimenti «più rischiosi»;

40.

sottolinea l'importanza di sostenere le tecnologie nuove ed emergenti, comprese le priorità strategiche come lo sviluppo delle tecnologie abilitanti fondamentali nell'UE (ad esempio, la fotonica); chiede alla Commissione europea e alla BEI di assicurare che i PPP e gli InFI nel periodo 2014-2020 diano la priorità in misura sufficiente alle tecnologie nuove ed emergenti, nel quadro di una prospettiva d'investimenti a lungo termine per l'Europa.

Semplificare, snellire e rafforzare gli strumenti a livello dell'UE (compresi i fondi del QSC)

41.

rileva che nel quadro del periodo 2007-2013 un'ampia gamma di strumenti tematici differenti è stata sviluppata in modo confuso ed estemporaneo, in quanto varie direzioni generali hanno cercato di introdurre nuovi metodi di finanziamento;

42.

accoglie con favore gli sforzi della Commissione europea tesi a snellire e semplificare la gamma di InFI disponibili per il periodo 2014-2020;

43.

accoglie favorevolmente l'estensione (8) del campo di applicazione degli InFI per il periodo 2014-2020 (come stabilito negli articoli 32-40 della proposta di regolamento recante disposizioni comuni) a tutti i tipi di progetti, a tutti gli obiettivi tematici e a tutte le priorità d'investimento contemplati negli accordi di partenariato e nei programmi operativi, e a tutti i fondi del QSC; attende con interesse un'ampia e forte diffusione di queste disposizioni, anche nei programmi di sviluppo rurale e in quelli marittimi;

44.

accoglie in particolare con favore l'eliminazione del divieto di finanziare un progetto con più di una fonte e la possibilità di combinare vari strumenti finanziari, cosa che dovrebbe contribuire a facilitare il finanziamento dei progetti locali e regionali;

45.

accoglie favorevolmente la proposta di unire il sostegno per le PMI innovative nel quadro del programma COSME (9) al meccanismo RSFF per le PMI nel quadro del programma Orizzonte 2020, con un effetto moltiplicatore potenziale stimato sugli investimenti in R&S di oltre 100 miliardi di euro nel periodo 2014-2020, pari a circa il 10 % della differenza verso il raggiungimento dell'obiettivo del 3 % del PIL fissato dalla strategia Europa 2020;

46.

rileva la necessità di una maggiore sensibilizzazione a livello locale e regionale circa le opportunità potenziali di sostegno offerte dalla BEI, e chiede agli enti locali e regionali (compresi gli enti di gestione per i programmi del QSC) di assumere un ruolo più intraprendente nel prendere contatto con la BEI; al tempo stesso, chiede alla Commissione europea e alla BEI di intraprendere ulteriori attività di sensibilizzazione tese a promuovere le opportunità già esistenti e quelle disponibili in futuro;

47.

propone, a questo proposito, una serie di conferenze congiunte, da organizzare assieme al Comitato stesso nel 2013 e 2014, possibilmente nel quadro della Settimana europea delle regioni e delle città; ribadisce l'importanza di coinvolgere a questi eventi organizzazioni come l'Associazione europea delle banche pubbliche, KFW e il settore bancario commerciale, oltre a organizzazioni di reti di imprese;

48.

rileva che un timore comune per i beneficiari, in particolare dal punto di vista delle PMI (specialmente le microimprese), è quello di non riuscire a orientarsi in mezzo a una gamma così complessa di strumenti a sostegno degli investimenti;

49.

rileva che per la maggior parte delle PMI la banca locale rappresenta il primo posto a cui rivolgersi per consulenze e finanziamenti, e ciò significa che gli strumenti di finanziamento dei prestiti (compresi quelli sostenuti dalla BEI e dal bilancio dell'UE) devono trovare una via d'accesso efficiente alle imprese; chiede che il principio del «pensare anzitutto in piccolo» venga applicato più rigorosamente nello sviluppo degli InFI;

50.

rileva che nei paesi (come la Germania) in cui esiste una solida infrastruttura bancaria pubblica e un'etica degli investimenti strategicamente fondata, i legami tra gli sviluppi delle politiche dell'UE, i nuovi strumenti e l'integrazione nel portafoglio esistente dei servizi forniti alle PMI a livello degli enti locali e regionali sono evidenziati più chiaramente;

51.

chiede pertanto agli Stati membri e agli enti locali e regionali, in particolare nel quadro delle attuali riforme delle strutture di governance economica dell'UE, di intraprendere un riesame più sistematico del modo in cui le strutture finanziarie/bancarie a livello europeo, nazionale e subnazionale possono lavorare più efficacemente assieme per concentrare il sostegno sulle PMI e sugli attori con un valore aggiunto creativo/innovativo nell'economia dell'UE;

52.

evidenzia il crescente interesse degli enti locali e regionali nello sviluppo, assieme alla BEI, di fondi multiregionali nel quadro di strategie macroregionali (ad esempio, nei paesi nordici). Questa messa in comune di fondi, al posto di fondi regionali isolati e separati, potrebbe far aumentare la ripartizione del rischio e l'effetto leva e moltiplicatore dei fondi interessati.

L'iniziativa Prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti

53.

accoglie favorevolmente il coinvolgimento della BEI nell'iniziativa Prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti (Project Bonds Initiative o PBI), tesa ad aiutare i promotori privati di progetti a finanziare progetti infrastrutturali e ad attrarre i finanziamenti dei mercati dei capitali erogati da investitori istituzionali, compresi i fondi pensione;

54.

chiede la proroga dell'iniziativa PBI fino al 2020 e l'ampliamento del suo campo di applicazione per comprendere anche settori diversi dalle reti transeuropee, dopo che sarà stata effettuata una valutazione della fase pilota (come chiesto dal Parlamento europeo);

55.

chiede la condivisione di buone pratiche a livello dell'UE per evidenziare la possibilità che gli enti locali e regionali si sottopongano alle valutazioni di un'agenzia di rating, allo scopo di ridurre il loro livello di rischio quando cercano di attrarre finanziamenti privati;

56.

rinnova la richiesta formulata in propri precedenti pareri affinché la Commissione europea valuti la possibilità di facilitare lo sviluppo delle «obbligazioni dei cittadini» e delle «obbligazioni a impatto sociale» (già utilizzate nel Regno Unito e negli Stati Uniti) quali ulteriori strumenti finanziari innovativi a sostegno degli obiettivi dell'UE;

57.

accoglie favorevolmente l'integrazione delle valutazioni ex ante tese a motivare la logica dell'intervento pubblico per i progetti che utilizzano questi strumenti finanziari;

58.

raccomanda alla Commissione europea di chiarire l'applicabilità delle norme sugli aiuti di Stato agli InFI, ad esempio sviluppando modelli standardizzati pronti per l'uso che affrontino questi argomenti; inoltre, la Commissione europea e la BEI potrebbero rafforzare l'assistenza tecnica agli enti locali e regionali su questi temi.

Sussidiarietà e proporzionalità

59.

rileva che le considerazioni sulla sussidiarietà e proporzionalità non sono molto pertinenti in questo parere, visto che esso non costituisce una risposta a una proposta legislativa o politica della Commissione europea;

60.

sottolinea tuttavia l'importanza di garantire che gli interventi a livello dell'UE vengano adottati sulla base dei principi dell'addizionalità/del valore aggiunto, e accoglie con favore il fatto che questo principio venga sancito nel nuovo regolamento finanziario dell'UE relativo alle norme applicabili agli strumenti finanziari.

Bruxelles, 11 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 1778/2012 fin.

(2)  Dexia Crédit local e CEMR (2012), Finanza pubblica a livello subnazionale nell'Unione europea, luglio 2012.

(3)  In tutto il parere il termine PPP è utilizzato in riferimento ai progetti d'investimento congiunti che comprendono soci e finanziamenti sia pubblici che privati, e deve essere inteso nel quadro di un approccio basato su un progetto, di investimenti una tantum ad opera di un consorzio pubblico/privato.

(4)  In tutto il parere il termine InFI è utilizzato in riferimento a piani o strumenti istituiti a sostegno di una serie di progetti/azioni realizzati attraverso un «fondo di partecipazione» invece che per mezzo di un singolo progetto, ad esempio, Jeremie o Jessica. Il termine InFI è preferito a quello di strumenti di ingegneria finanziaria (FEI), anch'esso ampiamente diffuso nell'UE e nelle pubblicazioni scientifiche in questo settore.

(5)  Relazione speciale del CEPS, n. 68, ottobre 2012, pag. 1.

(6)  Istituti finanziari pubblici in Europa, marzo 2011, Associazione europea delle banche pubbliche (EAPB).

(7)  In Norvegia la Kommunalbank è controllata e detenuta al 100 % dal governo centrale; nei Paesi Bassi la banca BNV è detenuta per una metà dallo Stato e per l'altra metà da enti locali e regionali.

(8)  Cfr. gli articoli 32-40 della proposta di regolamento recante disposizioni comuni (CPR) per i 5 fondi che rientrano nel quadro strategico comune, ossia, FESR, FSE, Fondo di coesione (FC), FEASR e FEAMP.

(9)  Precedentemente compreso nel Programma quadro per la competitività e l'innovazione (CIP) con due InFI: lo strumento a favore delle PMI innovative e a forte crescita (GIF) e lo strumento di garanzia delle PMI (SMEG).


17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/11


Parere del Comitato delle regioni «Un'industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica»

2013/C 139/03

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che la politica industriale dovrebbe diventare uno dei pilastri della costruzione europea ed essere considerata come una vera e propria priorità politica, al pari della coesione, delle infrastrutture o dell'agricoltura;

ritiene che la Commissione europea debba sfruttare tutte le potenzialità del Trattato di Lisbona in materia di politica industriale, definite all'articolo 173 del TFUE;

approva la proposta del Parlamento europeo di istituire un gruppo direttivo che riunisca le competenze a livello europeo, nazionale e degli enti territoriali e che metta in comune le risorse attualmente sparse a tutti i livelli e in tutti i settori;

segnala che l'innovazione economica, sociale e ambientale si trova già al centro della strategia di sviluppo di numerosi enti locali e regionali, che dispongono delle reti e dell'esperienza necessarie a sviluppare gli ecosistemi dell'innovazione essenziali per l'evoluzione delle PMI;

propone l'emissione di project bond (obbligazioni di progetto) che consentano di finanziare le PMI e aumentare i fondi di investimento regionali diretti alle PMI stesse e alle imprese di dimensione intermedia, in modo da incoraggiare un'industria europea del capitale di rischio basata sui territori;

propone che i programmi regionali di innovazione vengano ampliati sino a divenire dei programmi regionali di innovazione e sviluppo industriale.

Relatore

Claude GEWERC (FR/PSE), membro del Consiglio regionale della Picardia

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un'industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica

COM(2012) 582 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore la comunicazione della Commissione in cui si conferma con chiarezza l'importanza dell'imperativo industriale.

Osservazioni generali

2.

con l'80 % delle esportazioni e della spesa del settore privato in ricerca e sviluppo, l'industria rimane la punta di diamante dell'Europa nel processo di globalizzazione, continuando ad esercitare un effetto trainante sull'intera economia, in particolare in termini di occupazione (con 35 milioni di lavoratori) e di impatto sulle attività di servizio;

3.

tuttavia, gli ultimi tempi sono stati caratterizzati da un indebolimento delle capacità produttive europee, da un aggravamento delle disuguaglianze intracomunitarie e da crescenti preoccupazioni legate alla delocalizzazione e alla competitività delle imprese europee;

4.

l'Unione europea si è sviluppata a partire dalla Comunità europea del carbone e dell'acciaio. L'attuale crisi economica e finanziaria ha rafforzato la convinzione che la prosperità e la continuità dell'Unione dipendano dalla sua capacità di mantenere una base manifatturiera solida, promuovendo un nuovo modello industriale - basato sull'innovazione e su più forti investimenti nelle nuove tecnologie - che la unisca e riaffermi la sua posizione nell'economia mondiale. In questo senso l'Europa, culla della rivoluzione industriale, ha tutte le carte in regola dal punto di vista economico, culturale, scientifico e politico per realizzare un rinnovamento industriale: un ampio mercato con più di 500 milioni di abitanti, lavoratori istruiti e qualificati, la seconda valuta mondiale, la presenza di imprese di successo in quasi tutti i settori, un quadro politico stabile;

5.

alla luce di queste considerazioni, la politica industriale dovrebbe pertanto diventare uno dei pilastri della costruzione europea ed essere considerata come una vera e propria priorità politica, oggetto di un impegno politico pari per intensità a quello profuso per la coesione, le infrastrutture o l'agricoltura;

6.

la volontà di procedere in questo senso è proclamata da un numero sempre maggiore di voci, senza per questo essere sempre condivisa dagli Stati, come dimostrano i tagli smisurati proposti dal Consiglio europeo nel corso dei negoziati sul futuro quadro finanziario pluriennale in settori particolarmente importanti per l'industria come ad esempio la ricerca e l'innovazione (Orizzonte 2020) e le infrastrutture transeuropee (meccanismo per collegare l'Europa);

7.

ritiene che la Commissione europea debba sfruttare tutte le potenzialità del Trattato di Lisbona in materia di politica industriale, definite all'articolo 173 del TFUE, cogliendo in particolare l'opportunità di «prendere ogni iniziativa utile a promuovere [il] coordinamento [degli Stati membri nel campo della politica industriale], in particolare iniziative finalizzate alla definizione di orientamenti e indicatori, all'organizzazione di scambi di migliori pratiche e alla preparazione di elementi necessari per il controllo e la valutazione periodici»;

8.

approva pertanto la proposta del Parlamento europeo di istituire un gruppo direttivo che riunisca le competenze a livello europeo, nazionale e degli enti territoriali e che metta in comune le risorse attualmente sparse a tutti i livelli e in tutti i settori;

9.

secondo la Commissione, per rafforzare la base industriale e portarla al 20 % del PIL europeo occorre concentrare l'azione su sei assi prioritari: tecnologie di produzione avanzate, tecnologie abilitanti fondamentali, bioprodotti, politica industriale, edilizia e materie prime sostenibili, veicoli puliti e reti intelligenti. La comunicazione si suddivide in quattro capitoli.

Il Comitato delle regioni:

10.

concorda sull'urgenza attribuita alla situazione dell'industria - considerazione che ha indotto la Commissione a completare le sue proposte di medio e lungo termine con altre proposte con effetti più immediati;

11.

osserva tuttavia che le difficoltà che incontra l'industria in numerosi Stati membri sono di natura strutturale e richiedono una profonda trasformazione della concezione, della governance e del finanziamento della politica industriale stessa e che sarebbe pertanto opportuno accelerare tale trasformazione, destinandovi delle risorse istituzionali e finanziarie all'altezza della sfida;

12.

condivide la convinzione secondo cui la creazione di un quadro di riferimento favorevole all'industria e gli investimenti nelle imprese, così come nel loro ecosistema, sia indispensabile per migliorare la competitività e garantire una crescita sostenibile. La sfida principale per la competitività delle imprese europee è infatti quella di aumentare la produttività attraverso una gestione efficace e sostenibile delle risorse, in particolare di quelle umane, grazie alla formazione permanente, all'innovazione, all'internazionalizzazione e alla condivisione delle responsabilità e degli utili con i lavoratori, piuttosto che quella di concentrarsi unicamente sul costo del lavoro;

13.

prende atto, come la Commissione, delle conseguenze che la crisi finanziaria ha sul finanziamento dell'economia reale; tuttavia, osserva che limitarsi all'adozione di una «serie di misure» non basta per correggere uno squilibrio sistemico;

14.

sottolinea il ruolo delle competenze per lo sviluppo e la modernizzazione dell'industria europea;

15.

ribadisce l'urgenza di intervenire sulla dimensione umana, sociale e territoriale legata ai mutamenti industriali;

16.

osserva che l'estensione del mercato unico non si è ancora tradotta in un rafforzamento della base industriale dell'Unione, e si stupisce del fatto che la parità monetaria non figuri tra le condizioni di accesso al mercato;

17.

si associa alla volontà di favorire l'imprenditoria, ma sottolinea che è altrettanto importante promuovere e riconoscere le professioni industriali;

18.

invita la Commissione a migliorare la propria capacità di analisi e a perfezionare lo strumento di sostegno alle imprese, valutando la possibilità di creare, come ha già accettato di fare per le industrie agroalimentari, una nuova categoria di impresa di dimensione intermedia, a metà strada tra una PMI e una grande impresa, con un organico compreso tra 250 e 750 unità e con un fatturato inferiore a 200 milioni di euro. Questa categoria d'impresa potrebbe beneficiare di tassi di sostegno adeguati, superiori a quello delle grandi imprese e inferiori a quello delle PMI;

19.

si rammarica che venga fatto solo un breve riferimento alla dimensione territoriale della politica industriale, nonostante sia proprio a livello territoriale che vivono e si qualificano i nostri cittadini, che si consolidano nuovi modi di vita, che operano le infrastrutture e le piattaforme di scambio, che si allacciano cooperazioni e reti e che si costruisce la fiducia su cui si basano le relazioni interpersonali;

20.

sostiene i pilastri di una politica industriale rafforzata: investimenti nell'innovazione, migliori condizioni di accesso al mercato così come ai capitali, al capitale umano e alle competenze.

A.   AGEVOLARE GLI INVESTIMENTI NELLE NUOVE TECNOLOGIE E NELL'INNOVAZIONE

21.

l'innovazione economica, sociale e ambientale si trova già al centro della strategia di sviluppo di numerosi enti locali e regionali, che dispongono delle reti e dell'esperienza necessarie a sviluppare gli ecosistemi dell'innovazione essenziali per l'evoluzione delle PMI;

22.

le tecnologie avanzate per una produzione pulita, come le materie prime sostenibili, sono intrinsecamente legate a un approccio di ecologia industriale che favorisce il riciclaggio dei materiali e la gestione efficiente dell'energia;

23.

anche il settore dell'edilizia e delle materie prime sostenibili è legato a un contesto locale per quanto riguarda l'aspetto di dimostrazione e di orientamento degli investimenti pubblici;

24.

il futuro dei veicoli elettrici e di quelli ibridi è segnatamente concepibile anche inquadrato in un nuovo approccio alla mobilità, in una nuova forma di intermodalità collegata in particolare al settore delle stazioni. Sono però pensabili anche altre forme di utilizzo di tali veicoli; in particolare occorre dare nuove risposte alle esigenze di spostamento nell'ambito urbano e peri-urbano;

25.

questo è un ottimo esempio di un settore in cui potrebbero convergere un approccio settoriale e uno di coesione, con uno stretto collegamento tra pianificazione sostenibile del territorio e sviluppo industriale;

26.

chiede alla Commissione di anticipare la data di pubblicazione del piano d'azione europeo a favore della siderurgia, attualmente previsto per giugno 2013;

27.

in fin dei conti, che si tratti di economia digitale o di risposte al problema dell'invecchiamento, i nostri territori sono per loro natura dei luoghi di sperimentazione e di convergenza di iniziative pubbliche e private;

28.

in tutti questi settori, la forza dell'Europa risiede nella sua cultura della «convivenza» e della complessità. Siamo davanti a una delle principali sfide dello sviluppo economico per i prossimi anni a livello mondiale.

Il Comitato delle regioni:

29.

condivide la strategia per la specializzazione intelligente territorializzata proposta dalla Commissione, sottolineando che essa riguarda l'insieme dei settori industriali di cui dovrà accompagnare la trasformazione in tutto il territorio dell'Unione europea;

30.

ribadisce la necessità di favorire la progettazione di iniziative che prevedano la partecipazione di partner pubblici e privati a livello territoriale, in modo da consentire loro di fornire un contributo utile alle principali decisioni strategiche dell'Unione;

31.

sottolinea l'opportunità del fatto che la logica sottesa a tale processo sia quella di una cooperazione intracomunitaria, in modo da favorire l'emergere di un'Europa dell'innovazione basata sui territori;

32.

reitera la sua proposta di concludere patti territoriali che consentano di organizzare i diversi livelli di cooperazione relativi al progetto. Propone che questo processo sia oggetto di un documento unico di programmazione che permetta di far convergere, a livello territoriale, le politiche nazionali e locali con la politica settoriale e di coesione dell'Unione;

33.

chiede che gli investimenti legati ai suddetti documenti unici di programmazione possano beneficiare di una linea di prestiti specifica della Banca europea per gli investimenti con la finalità di creare nuovi ecosistemi territoriali per l'innovazione economica e sociale. Ciò può costituire uno strumento privilegiato per stimolare le soluzioni innovative, fornire progetti dimostrativi alle imprese e favorire la creazione di consorzi in ambiti che richiedono nuovi partenariati tra imprese. Tali ecosistemi, sottoforma di partenariati pubblico/privati, dovrebbero perseguire il duplice obiettivo di contribuire a potenziare la competitività delle imprese e migliorare l'efficienza del servizio pubblico (razionalizzando quindi la spesa pubblica).

B.   ACCESSO AI MERCATI

34.

la Commissione considera il miglioramento dell'accesso ai mercati dei beni come una delle leve privilegiate della politica industriale. Le sue proposte spaziano dall'estensione dei mercati della sicurezza, della difesa e dei medicinali, a questioni legate alle norme, alla proprietà industriale o alla promozione dell'imprenditorialità.

Il Comitato delle regioni:

35.

condivide con la Commissione la consapevolezza dell'importanza di norme europee elaborate e applicate nell'Unione e difese sul mercato mondiale, di modo che le innovazioni introdotte dalle imprese europee - ad esempio in materia di rispetto dell'ambiente - non le penalizzino ma, al contrario, possano imporsi progressivamente sull'intero mercato mondiale. Auspica che l'Unione si doti delle risorse per negoziare e far rispettare queste norme in materia di ambiente, di sicurezza industriale, di prevenzione dei rischi sul luogo di lavoro e di condizioni minime sociali e di lavoro, affinché i prodotti europei competano a parità di condizioni nel mercato globale;

36.

allo stesso modo, non può che essere d'accordo con l'auspicio espresso dalla Commissione di eliminare le disparità fiscali e sociali che mettono in concorrenza i territori europei tra loro, senza generare dinamiche di creazione di nuova ricchezza a livello dell'Unione;

37.

gli ambiti strategici indicati a ragione dalla Commissione sono atti a trasformare radicalmente le abitudini di consumo, come l'organizzazione della produzione, la divisione industria-servizi, i settori e i rami di attività come li conosciamo oggi e, in definitiva, a creare una forma di interconnessione delle nostre produzioni industriali sui mercati. Preparare le nostre imprese a queste nuove condizioni rappresenta allora una sfida considerevole che richiede una cooperazione rafforzata tra le imprese stesse, la creazione di consorzi e, in alcuni casi, di partenariati pubblico-privati. Bisognerebbe anticipare e accompagnare le iniziative di adeguamento alle nuove domande che noi avremo in parte contribuito a generare per essere attori sia sul mercato interno che su quello mondiale. L'Europa deve dotarsi di una progettazione commerciale all'altezza delle sue capacità tecnologiche;

38.

tale progettazione commerciale deve essere una delle dimensioni delle piattaforme territoriali condivise.

C.   ACCESSO AL FINANZIAMENTO E AI MERCATI DEI CAPITALI

39.

anche se la situazione differisce a seconda degli Stati, il ricorso al mercato dei capitali di prestito per il finanziamento delle imprese corrisponde soltanto al 7 % del PIL in Europa, contro il 35 % negli Stati Uniti;

40.

la Commissione ritiene che ciò rappresenti un punto debole, da superare affidandosi al sostegno del settore pubblico e, allo stesso tempo, adottando una serie di misure che possano contribuire ad agevolare l'accesso ai mercati dei capitali.

Il Comitato delle regioni:

41.

osserva la necessità di adottare un approccio globale all'aspetto monetario e del finanziamento. Un'industria caratterizzata da cicli più lunghi e da rendimenti nel complesso poco elevati non è infatti molto attraente per i capitali che sono alla ricerca di rendimenti elevati e immediati. Gli investimenti effettuati con l'obiettivo di realizzare rapidamente un profitto rilevante rischiano di pregiudicare le attività di sviluppo delle imprese nel lungo periodo;

42.

chiede pertanto che il finanziamento dell'industria venga posto nuovamente al centro dell'architettura finanziaria e monetaria dell'Unione;

43.

propone l'emissione di project bond (obbligazioni di progetto) che consentano di finanziare le PMI e aumentare i fondi di investimento regionali diretti alle PMI stesse e alle imprese di dimensione intermedia, in modo da incoraggiare un'industria europea del capitale di rischio basata sui territori;

44.

rinnova il suo sostegno alla promozione e introduzione delle «obbligazioni dei cittadini» per incoraggiare lo sviluppo dell'industria locale. Tali «obbligazioni dei cittadini» potrebbero far beneficiare i progetti sostenuti dall'UE di un finanziamento aggiuntivo fornito dai cittadini o da altri fondi pubblici, che investirebbero in cambio di un rendimento garantito ed equo;

45.

chiede alla Commissione di sviluppare degli strumenti finanziari adeguati che consentano di favorire la cooperazione interindustriale e intracomunitaria;

46.

ribadisce il proprio disaccordo con la proposta della Commissione di considerare gli aiuti regionali alle imprese dei settori della siderurgia e delle fibre sintetiche incompatibili a priori con il mercato interno;

47.

tenendo conto dell'attuale crisi economica e sociale, considera gli investimenti pubblici essenziali nel quadro di una strategia globale a favore della crescita. In tale contesto, approva la riforma generale del regime di aiuti di Stato tendente ad una maggiore semplicità, trasparenza e flessibilità. Il nuovo orientamento della politica in materia di aiuti di Stato della Commissione europea deve inoltre basarsi su un approccio più economico che tenga conto del livello effettivo di rischio legato all'impatto degli aiuti di Stato sugli scambi intracomunitari e alla loro reale capacità di distorsione della concorrenza nel mercato interno. Questo riorientamento della politica dell'UE in materia di aiuti di Stato va di pari passo con l'esigenza di tenere meglio conto della qualità della spesa pubblica e in particolare di una contabilizzazione specifica, nel quadro delle norme europee in materia di sorveglianza macroeconomica, degli investimenti pubblici nel campo delle infrastrutture o dell'innovazione rispetto alle spese pubbliche di funzionamento;

48.

propone di considerare la creazione di una sottocategoria nel quadro degli accordi di Basilea II, al fine di obbligare gli enti creditizi ad investire nell'economia a basse emissioni di carbonio e a promuovere gli investimenti destinati ad accompagnare i progressi tecnologici e gli investimenti socialmente responsabili.

D.   LE PERSONE DEVONO AVERE UN RUOLO CENTRALE

49.

la Commissione ricorda che la creazione di posti di lavoro rappresenta una priorità e osserva che una politica industriale competitiva ed efficiente deve fondarsi su un mercato del lavoro dinamico, nel cui quadro la mobilità professionale costituisce una variabile di aggiustamento essenziale;

50.

sottolinea che, in tempi di rallentamento dell'economia, la flessibilità interna può essere uno strumento efficace per salvaguardare l'occupazione e ridurre i costi di aggiustamento;

51.

infine, osserva che un forte dialogo sociale è una caratteristica che è comune ai paesi il cui mercato del lavoro ha meglio resistito alla crisi. Chiede pertanto di coinvolgere maggiormente le parti sociali nella politica industriale ed esprime il suo sostegno concreto alla proposta di direttiva relativa al miglioramento dell'informazione e della consultazione dei lavoratori e all'anticipazione e alla gestione delle ristrutturazioni, presentata al Parlamento europeo;

52.

propone quindi di investire in competenze e formazione professionale per accompagnare i mutamenti strutturali e anticipare i fabbisogni di lavoro e di competenze.

Il Comitato delle regioni:

53.

concorda sul fatto che la gestione delle competenze sia fondamentale per la riuscita della trasformazione industriale dell'Unione e rappresenti allo stesso tempo uno strumento di politica anticiclica;

54.

fa presente gli ostacoli che occorre superare a tal fine: scarso interesse dei giovani per le professioni industriali, governance e sviluppo dell'istruzione superiore e della formazione professionale non sufficienti e non al passo dei nuovi sviluppi, assenza di un approccio europeo e di forum di discussione sulle prospettive e le strategie industriali, ricorso a comitati di esperti per trattare aspetti che dovrebbero essere oggetto del dialogo sociale e territoriale;

55.

afferma che le trasformazioni non sono eventi sfortunati, ma rappresentano una parte essenziale della transizione industriale a cui è confrontata l'Unione;

56.

propone che la gestione previsionale delle competenze e delle trasformazioni sia considerata come una componente fondamentale della strategia industriale a tutti i livelli;

57.

fa osservare che sono necessarie più competenze nei settori delle tecnologie dell'informazione e delle lingue straniere per far crescere il numero delle PMI che esportano in paesi terzi; chiede alla Commissione di accertare quali siano i bisogni precisi in questi settori delle imprese più piccole degli Stati membri;

58.

pone in evidenza il ruolo svolto dal livello locale nel coordinamento delle dinamiche di occupazione/formazione nella transizione industriale;

59.

in tale contesto ribadisce il proprio sostegno al mantenimento del fondo di adeguamento alla globalizzazione al fine di migliorare le capacità degli Stati e degli enti territoriali di controllare gli effetti della crisi e di contribuire ad attuare misure attive del mercato del lavoro per i lavoratori colpiti dalle ristrutturazioni. Ritiene utile prevedere, accanto al fondo di adeguamento alla globalizzazione, un fondo di adeguamento alle trasformazioni, per favorire l'evoluzione delle competenze e la transizione industriale. In un primo tempo, si potrebbe prevedere di orientare una parte delle spese nel quadro dei fondi strutturali e del programma Orizzonte 2020 all'adeguamento alle trasformazioni. Sottolinea inoltre la necessità che gli attori sociali che operano nelle imprese, negli Stati e nelle regioni intervengano proattivamente il più possibile in anticipo rispetto alle ristrutturazioni in modo da evitarle o per lo meno ridurne le conseguenze sull'occupazione o adattare le transizioni imposte da un eccesso di capacità e procedere in tempo utile ai necessari adeguamenti;

60.

propone che l'Unione organizzi eventi a livello locale per valorizzare l'industria agli occhi dei giovani europei.

E.   GOVERNANCE

Il Comitato delle regioni:

61.

condivide la volontà di migliorare il coordinamento delle politiche europee e nazionali nell'interesse dell'industria;

62.

insiste sulla necessità di porre il dialogo sociale e territoriale al centro di queste dinamiche a tutti i livelli;

63.

chiede che a tal fine venga costituita una rete di risorse che permetta di alimentare il dibattito democratico sul futuro dell'industria;

64.

approva il coinvolgimento delle regioni nell'attuazione della strategia di specializzazione intelligente;

65.

propone che i programmi regionali di innovazione vengano ampliati sino a divenire dei programmi regionali di innovazione e sviluppo industriale.

Bruxelles, 11 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/17


Parere del Comitato delle regioni «Orientamenti dell'UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà»

2013/C 139/04

IL COMITATO DELLE REGIONI

è d'accordo sul fatto che gli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà non dovrebbero essere d'ostacolo all'uscita dal mercato di imprese ormai prive di prospettive, determinando così effetti contrari ai principi di una «economia sociale di mercato fortemente competitiva», che risulterebbero svantaggiosi sia per la libera concorrenza che per i consumatori e i contribuenti. Tali aiuti possono invece rivelarsi utili se mirano ad aiutare imprese strutturalmente redditizie a superare un periodo di instabilità, a preservare l'occupazione e un know-how industriale o il tessuto economico di un territorio;

propone di introdurre soglie minime per la notifica di aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà;

propone che la durata massima di autorizzazione per gli aiuti per il salvataggio sia portata a sei mesi, rinnovabile una sola volta per un periodo di altri sei mesi;

si dichiara a favore dell'applicazione di misure compensative specifiche per i contributi eccezionali ricevuti da enti pubblici, compreso il divieto di versare dividendi agli azionisti durante la fase di ristrutturazione dell'impresa;

propone di applicare agli aiuti di Stato, per analogia, la clausola sulla stabilità delle operazioni, prevista all'articolo 57 del vigente regolamento generale sui fondi strutturali, in forza della quale si procede al recupero degli aiuti qualora l'investimento non venga mantenuto per un periodo di cinque anni, o di tre anni nel caso di una PMI;

è dell'avviso che l'importo massimo degli aiuti concessi per l'operazione congiunta di salvataggio e di ristrutturazione di una stessa impresa, che nel 2007 è stato fissato a 10 milioni di euro, debba essere innalzato a 15 milioni di euro per tener conto dell'inflazione e di altri fattori pertinenti (tra cui gli effetti sul PIL e sulla disoccupazione).

Relatore

Christophe ROUILLON (FR/PSE), sindaco di Coulaines

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione - Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU C 244 dell'1.10.2004, pag. 2)

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

sottolinea che la revisione degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà rientra nel quadro di una riforma di portata generale intesa a modernizzare la politica dell'UE in materia di aiuti di Stato. Anche nel caso degli aiuti in esame valgono quindi, per analogia, le richieste formulate dal CdR nel parere su detta riforma generale (1), ossia: disposizioni in materia nettamente più semplici; migliori possibilità di applicazione pratica delle norme e procedure accelerate e snellite; necessità di concentrarsi sui casi che hanno ripercussioni rilevanti sul mercato interno;

2.

pone l'accento sull'importanza che rivestono per gli enti territoriali gli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, non solo in considerazione della loro rilevanza in termini di coesione territoriale, economica e sociale, ma anche perché detti enti sono tra i principali erogatori di questo tipo di aiuti;

3.

di conseguenza, benché le norme applicabili in materia di aiuti di Stato rientrino tra le competenze esclusive dell'Unione europea, e per esse non valga pertanto il principio di sussidiarietà, la partecipazione degli enti territoriali alla revisione degli orientamenti in esame ha una sua utilità rispetto alle realtà economiche e sociali e alla legittimità democratica, oltre a essere conforme ai principi della governance multilivello;

4.

ricorda infatti che gli enti territoriali, nella misura in cui sono competenti per la politica occupazionale e di sostegno alle imprese in fase di ristrutturazione, partecipano anche attivamente alle azioni nel campo dell'istruzione e della formazione professionale, nonché agli sforzi per garantire i percorsi professionali e per rivitalizzare i bacini occupazionali, intesi a soddisfare esigenze di anticipazione e accompagnamento delle ristrutturazioni;

5.

plaude alla decisione della Commissione europea, del 28 settembre 2012, di prorogare per la seconda volta gli orientamenti del 2004 e di organizzare nella primavera del 2013 una nuova consultazione sulla loro revisione. La proroga e la nuova consultazione dovrebbero infatti consentire di integrare i principi della riforma generale degli aiuti di Stato nei nuovi orientamenti riveduti e di coinvolgere maggiormente tutte le parti in causa nel processo di revisione. È vero, in effetti, che a una prima consultazione, realizzata nel breve lasso di tempo tra dicembre 2010 e febbraio 2011 (2), avevano inviato il loro contributo soltanto 19 Stati membri e 9 organizzazioni, e che nessun ente territoriale vi aveva preso parte. Insiste pertanto per essere consultato formalmente onde poter partecipare alla nuova consultazione prevista nella primavera del 2013, alla quale contribuirebbe presentando una posizione concordata degli enti territoriali europei;

6.

ritiene inoltre che prorogare gli orientamenti in vigore consentirà di trarre i dovuti insegnamenti dalle ripercussioni della crisi sulla politica in materia di aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà. In tale contesto, esprime stupore per il fatto che nella relazione della Commissione Aggiornamento 2012 del quadro di valutazione degli aiuti di Stato  (3) non venga chiaramente indicato l'andamento del volume degli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, e che l'analisi dell'impatto della crisi sugli aiuti di Stato svolta in tale documento si limiti agli aiuti al settore finanziario. Si ricorda che la Commissione distingue tra gli aiuti di Stato non legati alla crisi, che nel 2011 ammontavano a 64,3 miliardi di EUR (pari allo 0,5 % del PIL dell'UE), e gli aiuti al settore finanziario, che nel 2011 hanno raggiunto un totale di 714,7 miliardi di EUR (pari al 5,7 % del PIL dell'UE);

7.

è dell'avviso che, in ogni caso, la possibilità di un sostegno pubblico alle imprese in difficoltà non possa essere limitata ai periodi di crisi. Fin dal 1994 gli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione hanno dato prova della loro efficacia in varie congiunture economiche, proponendosi di definire un quadro europeo che consentisse, nel rispetto di condizioni ben precise, di preservare i posti di lavoro e di mantenere la coesione economica, sociale e territoriale. Gli obiettivi degli orientamenti definiti nel 1994 e confermati nel 1999 e nel 2004 conservano quindi tutta la loro validità;

8.

ribadisce la propria contrarietà, già espressa nel 2004 (4), all'obiettivo di una riduzione quantitativa e indifferenziata degli aiuti di Stato in percentuale del PIL (obiettivo ricordato al punto 3 degli orientamenti in vigore);

9.

è d'accordo sul fatto che i finanziamenti devono essere espressamente destinati alle ristrutturazioni, in modo tale da promuovere attività imprenditoriali innovative e concorrenziali. Gli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione non dovrebbero essere d'ostacolo all'uscita dal mercato di imprese ormai prive di prospettive, determinando così effetti contrari ai principi di una «economia sociale di mercato fortemente competitiva», che risulterebbero svantaggiosi sia per la libera concorrenza che per i consumatori e i contribuenti. Tali aiuti possono invece rivelarsi utili se mirano ad aiutare imprese strutturalmente redditizie a superare un periodo di instabilità, a preservare l'occupazione e un know-how industriale o il tessuto economico di un territorio, a perseguire, se necessario, dei compiti di servizio pubblico o persino a conservare una struttura di mercato concorrenziale onde evitare una situazione di monopolio o di oligopolio, o infine a consentire a imprese di rilevanza strategica per l'UE di superare tensioni transitorie sui mercati della concorrenza a livello mondiale;

10.

ritiene che le norme applicabili agli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà siano uno strumento essenziale dell'armamentario di cui dispone l'UE per far fronte alle sfide della globalizzazione. Riafferma in questo contesto il proprio sostegno al mantenimento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che può permettere di rafforzare la capacità degli Stati membri e delle regioni di contenere gli effetti della crisi ed essere di aiuto per l'adozione di misure attive del mercato del lavoro destinate ai lavoratori vittime di ristrutturazioni;

11.

sottolinea nondimeno la necessità di un intervento proattivo dei soggetti sociali presenti nelle imprese, dei governi nazionali e delle regioni quanto più possibile prima dell'avvio di una ristrutturazione, in modo tale da attenuarne, ove sia possibile, le conseguenze sull'occupazione, o da orientare, procedendo ad alcuni aggiustamenti, i processi di transizione imposti dalle sovraccapacità;

12.

chiede che la task force interservizi della Commissione possa intervenire nei processi di ristrutturazione. La Commissione ha già messo in evidenza l'efficacia del lavoro svolto su alcuni casi riguardanti l'industria automobilistica dalla task force, la quale si è prodigata in particolare fornendo consulenza sull'utilizzo delle risorse (offrendo un'assistenza tecnica, facendo in modo di ridurre i tempi d'attesa, fornendo consulenza sul modo per impiegare più efficacemente le risorse, garantendo un'attività di monitoraggio e stilando delle relazioni);

13.

auspica pertanto che la task force sia dotata di una base giuridica più formale e solida, per conferirle legittimità e consentirle di svolgere efficacemente i propri compiti;

14.

ritiene che detta task force potrebbe rappresentare il trampolino di lancio per realizzare una piattaforma di scambio, di coordinamento o addirittura di negoziazione tra la Commissione europea e i soggetti interessati, segnatamente le parti sociali a diversi livelli, con l'obiettivo di affrontare in modo ragionevole e realistico le problematiche nel settore degli aiuti di Stato;

15.

riafferma, in questo contesto, l'esigenza di elaborare nuovi metodi di governance che corrispondano ai futuri sviluppi della politica industriale;

16.

a suo giudizio, qualora venissero introdotte delle procedure di audizione dinanzi alla Commissione europea dei soggetti interessati alla tematica generale degli aiuti di Stato, affinché questi ultimi possano riferire in merito alle loro preoccupazioni per quanto concerne i processi di ristrutturazione, dette procedure dovrebbero prevedere anche l'audizione dei concorrenti che rischiano di essere danneggiati dalla concessione di un aiuto di Stato;

17.

chiede che la Commissione europea crei una banca dati, liberamente accessibile online, con informazioni esaustive su tutti gli aiuti pubblici esistenti a livello UE, nazionale e regionale; tale iniziativa non solo potrebbe rendere più trasparente l'attuazione dei regimi di aiuto, ma ha anche il duplice scopo di ridurre gli adempimenti amministrativi e di rafforzare la responsabilità politica in materia di aiuti pubblici.

In merito alle definizioni e al campo di applicazione degli orientamenti (sezione 2 degli Orientamenti comunitari)

18.

si pronuncia a favore del mantenimento dell'attuale definizione di «impresa in difficoltà» (punti 10 e 11 degli Orientamenti comunitari), in quanto tale definizione dal 2004 a oggi non solo si è dimostrata efficace all'atto pratico, ma permette anche di considerare prioritari gli aiuti versati in una fase quanto più possibile precoce di difficoltà dell'impresa, che risultano quindi di importo relativamente più modesto rispetto a quelli versati a un'impresa la cui redditività nel medio periodo sia già compromessa;

19.

ritiene tuttavia necessari dei chiarimenti circa l'interazione tra il dispositivo in materia di aiuti di Stato relativi ai servizi di interesse economico generale (SIEG) e gli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, in quanto ritiene deplorevole che il punto 9 della disciplina dell'Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (5) stabilisca che «[g]li aiuti concessi ai fornitori di SIEG in difficoltà verranno valutati a norma degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà». Concretamente, questo significa che un'impresa in difficoltà che potrebbe essere redditizia ricorrendo a compensazioni di SIEG dovrebbe, in forza di tale disposizione, essere sottoposta al regime sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, il quale comporta gravosi adempimenti amministrativi e il ricorso ad aiuti di Stato. Raccomanda pertanto di modificare il punto 9 della disciplina dell'Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico;

20.

si oppone all'ipotesi di limitare il campo di applicazione degli orientamenti alle imprese oggetto di procedure formali di insolvenza, dal momento che il salvataggio di un'impresa insolvente comporta rischi giuridici molto rilevanti, che un salvataggio condotto con successo costituisce, soprattutto trattandosi di una PMI, un'eccezione, e che, in ogni caso, affrontare e risolvere le difficoltà di un'impresa prima di avviare delle procedure concorsuali rappresenta sempre il metodo più efficace;

21.

ritiene che la distinzione tra aiuti per il salvataggio e aiuti per la ristrutturazione (punti 15 e 16 degli Orientamenti comunitari) possa essere mantenuta secondo i termini descritti negli orientamenti;

22.

propone di introdurre soglie minime per la notifica di aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, una misura che consentirebbe di escludere a priori l'esame degli aiuti che non producono effetti di distorsione della concorrenza, contribuendo quindi a ridurre in misura significativa gli adempimenti burocratici a carico tanto dei servizi della Commissione quanto delle amministrazioni nazionali e di quelle degli enti territoriali. Tali soglie minime specifiche per gli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà potrebbero essere fissate, ad esempio, ad un importo in garanzia pari a 200 000 euro per le PMI e a 500 000 euro per le altre imprese. Qualora non si intendano introdurre tali soglie minime, si potrebbero far rientrare gli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione destinati alle PMI nel campo di applicazione del regolamento generale di esenzione per categoria (RGEC). Tale misura consentirebbe ai poteri pubblici di reagire in tempi rapidi di fronte alle difficoltà in cui versano queste imprese che, date le loro dimensioni modeste, non incidono, o solamente in misura minima, sulla concorrenza e sugli scambi nel mercato interno.

Aiuti per il salvataggio

23.

chiede di prorogare al di là degli attuali sei mesi la durata massima di autorizzazione per gli aiuti per il salvataggio (punto 25 degli Orientamenti comunitari). L'esperienza dimostra infatti che, nella pratica, tale termine risulta spesso insufficiente, tenuto conto delle difficoltà inerenti all'elaborazione di un piano di prosecuzione dell’attività, soprattutto quando questo comporta che gli attivi dell'impresa vengano rilevati da terzi. Occorre inoltre considerare il tempo necessario perché la Commissione esamini i piani di ristrutturazione, cosa che può richiedere anche diversi mesi; talvolta trascorre un intero anno tra la notifica dell'aiuto e la decisione della Commissione. Il Comitato propone quindi che la durata massima di autorizzazione per gli aiuti per il salvataggio sia portata a sei mesi, rinnovabile una sola volta per un periodo di altri sei mesi.

Misure compensative

24.

ritiene che la Commissione debba valutare con più attenzione gli effetti negativi derivanti dall'adozione di misure compensative sotto forma di cessione di attivi. In base alle regole in vigore, infatti, un'impresa beneficiaria di aiuti può vedersi costretta a cedere attivi essenziali per il proprio sviluppo futuro. Inoltre, le misure compensative possono incidere negativamente sulla concorrenza quando sono potenzialmente in grado di determinare una contrazione dell'offerta sul mercato rilevante. Il CdR esige quindi che la Commissione valuti caso per caso sulla base di un'analisi di mercato incentrata sulle distorsioni effettive della concorrenza, e raccomanda di concentrare l'applicazione delle misure compensative sotto forma di cessione di attivi nei segmenti di mercato in cui si registri una sovraccapacità;

25.

a suo avviso, occorre valorizzare meglio la funzione di misure compensative svolta da quelle misure che incidono sulla condotta dell'impresa, ossia sulle sue scelte gestionali o strategiche, come ad esempio il divieto di spese destinate all'espansione dell'impresa stessa, le acquisizioni, il divieto di pubblicità, ecc.;

26.

si dichiara a favore dell'applicazione di misure compensative specifiche per i contributi eccezionali ricevuti da enti pubblici, compreso il divieto di versare dividendi agli azionisti durante la fase di ristrutturazione dell'impresa: una simile disposizione non discende solo da un imperativo morale, ma anche dall'esigenza di impedire la possibile conseguenza che lo Stato si sostituisca al capitale privato nel farsi carico dell'onere finanziario della ristrutturazione;

27.

propone di applicare agli aiuti di Stato di livello nazionale, regionale e locale, per analogia, la clausola sulla stabilità delle operazioni, prevista all'articolo 57 del vigente regolamento generale sui fondi strutturali, in forza della quale si procede al recupero degli aiuti qualora l'investimento non venga mantenuto per un periodo di cinque anni, o di tre anni nel caso di una PMI. Un'impresa che sia stata oggetto di una procedura di recupero a seguito del trasferimento di un'attività produttiva non ha più titolo a beneficiare del contributo dei fondi strutturali;

28.

ritiene che dovrebbe essere possibile includere nel calcolo del contributo proprio da parte dell'impresa le partecipazioni di subappaltatori o di dipendenti dell'impresa stessa, in quanto tali partecipazioni sono nettamente distinte da qualsiasi forma di aiuto e dimostrano la fiducia dei soggetti interessati dell'impresa nella redditività della loro azienda.

Contributo dell'impresa

29.

afferma che è indispensabile mantenere il principio di un contributo proprio da parte dell'impresa, in modo tale da responsabilizzarla. Ritiene tuttavia che i contributi minimi attualmente previsti (punto 44 degli Orientamenti comunitari) nel caso delle imprese di medie dimensioni (almeno 40 %) e nel caso delle grandi imprese (almeno 50 %) rappresentino una spesa pressoché insostenibile per imprese in difficoltà, e per di più non tengano conto delle specifiche caratteristiche finanziarie dei rispettivi settori in cui tali imprese operano. Raccomanda pertanto alla Commissione di sostituire le soglie in vigore con una forbice che vada da un contributo minimo del 20 %, nel caso delle imprese di medie dimensioni, fino a uno massimo del 30 %, nel caso delle grandi imprese, in modo da poter applicare tali soglie con una discrezionalità che tenga conto della situazione specifica dell'impresa in questione.

Importo massimo degli aiuti concessi per l'operazione congiunta di salvataggio e di ristrutturazione di una stessa impresa

30.

è dell'avviso che l'importo massimo degli aiuti concessi per l'operazione congiunta di salvataggio e di ristrutturazione di una stessa impresa, che nel 2007 è stato fissato a 10 milioni di euro, debba essere innalzato a 15 milioni di euro per tener conto dell'inflazione e di altri fattori pertinenti (tra cui gli effetti sul PIL e sulla disoccupazione).

Analisi controfattuale

31.

reputa che l'analisi controfattuale riportata nell'allegato agli orientamenti in vigore non sia adeguata nei casi in cui si debba reagire entro scadenze molto ravvicinate. Infatti, nel brevissimo lasso di tempo a disposizione per definire un piano di salvataggio e/o di ristrutturazione, la modellizzazione scientifica dei diversi scenari possibili non può essere considerata un obiettivo prioritario rispetto alle aspettative di una soluzione rapida da parte di clienti, fornitori, partner finanziari e dipendenti dell'impresa. Il Comitato propone quindi di sopprimere l'allegato agli orientamenti in vigore.

Bruxelles, 11 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 1528/2012.

(2)  http://ec.europa.eu/competition/consultations/2010_restructuring_aid/index.html

(3)  COM(2012) 778 final del 21 dicembre 2012.

(4)  CdR 518/2004 fin.

(5)  GU C 8 dell'11.1.2012, pag. 15.


17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/22


Parere del Comitato delle regioni «Il sostegno dell'UE a un cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione»

2013/C 139/05

IL COMITATO DELLE REGIONI

concorda con la Commissione nel ritenere che l'UE dovrebbe impegnarsi in modo globale e mirato, nonché a lungo termine, per sostenere le riforme nei paesi in transizione, garantendo così la loro stabilità, cambiamenti effettivi e sostenibili e strutture democratiche durature;

richiama l'attenzione sul fatto che gli enti locali e regionali, per la loro ampia esperienza nell'elaborazione e attuazione di politiche in materia di prestazione di servizi pubblici essenziali, dovrebbero svolgere un ruolo cruciale nel processo di cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione;

osserva che gli enti locali e regionali dei paesi partner devono generalmente scontrarsi, per realizzare il loro pieno potenziale, con tutta una serie di ostacoli: la mancanza di autonomia finanziaria e le limitate possibilità di bilancio, il basso livello di sviluppo della democrazia locale, di trasparenza e di partecipazione civica, la scarsa conoscenza degli aiuti finanziari offerti agli enti locali e regionali dai programmi UE, la mancanza delle capacità necessarie per partecipare ai programmi e ai progetti unionali;

sottolinea le opportunità offerte dagli strumenti creati dal Comitato delle regioni per sostenere la politica dell'UE nei paesi vicini, ossia la piattaforma di cooperazione tra enti locali e regionali costituita dall'ARLEM e dalla Corleap;

raccomanda di estendere la partecipazione ai programmi TAIEX agli enti locali e regionali dei paesi interessati;

intende incoraggiare la formazione delle autorità locali e regionali dei paesi in fase di transizione, al fine di svilupparne al meglio le capacità amministrative. In merito il Comitato delle regioni avvierà un dialogo con la Fondazione europea per la formazione professionale e le altre parti interessate;

fa notare che il Comitato lavora a stretto contatto con la Commissione europea alla creazione di un atlante della cooperazione decentrata e organizza ogni anno una conferenza su questo tema.

Relatore:

Maciej KOBYLIŃSKI (PL/PSE), sindaco di Słupsk

Testo di riferimento

Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Sostegno dell'UE a un cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione

JOIN(2012) 27 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la comunicazione congiunta della Commissione e dell'Alto rappresentante intitolata Sostegno dell'UE a un cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione, che, oltre a fornire un'analisi del sostegno esistente, formula proposte intese a migliorare l'aiuto offerto dall'UE ai paesi partner in fase di transizione, ossia impegnati in importanti riforme politiche, sociali ed economiche;

2.

concorda con la Commissione nel ritenere che l'UE dovrebbe impegnarsi in modo globale e mirato, nonché a lungo termine, per sostenere le riforme nei paesi in transizione, garantendo così la loro stabilità, cambiamenti effettivi e sostenibili e strutture democratiche durature. È particolarmente importante, sotto questo profilo, tener presente che i processi di transizione non sempre hanno un successo immediato e, in caso di insuccesso, comportano il rischio di provocare delle crisi e minacciare la stabilità della nazione o dell'intera regione interessata;

3.

sottolinea che gli avvenimenti che hanno luogo nei paesi vicini all'UE, come ad esempio le violente sollevazioni sociali e i rivolgimenti politici del 2011 in alcuni paesi arabi, si ripercuotono direttamente sugli Stati membri dell'UE. In considerazione di ciò, i paesi vicini dell'Unione europea che attraversano una fase di transizione necessitano di una maggiore attenzione e di un impegno specifico e più completo da parte dei paesi e delle istituzioni dell'UE ai diversi livelli;

4.

accoglie con favore il fatto che ci si orienti verso un'individualizzazione e un uso più mirato degli strumenti di sostegno per le società in fase di transizione, che tenga conto dei loro bisogni concreti, delle circostanze e delle specificità politiche, economiche e culturali;

5.

sottolinea la necessità di includere anche gli enti locali e regionali nelle azioni di sostegno per un cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione;

6.

richiama quanto affermato nel parere CdR 732/2012, in cui si fa notare che l'assunzione di responsabilità da parte degli attori locali e la promozione della democrazia locale presuppongono la fiducia nel sistema politico e nei suoi esponenti. La struttura decentrata permette la nascita di istituzioni dotate di maggiore legittimità ed efficacia, e costituisce il mezzo principale per avvicinare il governo ai cittadini. Processi decisionali aperti, condotti nel rispetto del principio di sussidiarietà, contribuiscono a far sì che i cittadini facciano propri i principi democratici, creando così le premesse per una società pluralistica e tollerante;

7.

richiama l'attenzione sull'importanza del ruolo dei partner non statali e delle autonomie locali e regionali nell'effettiva attuazione della politica volta a promuovere la governance democratica, i diritti umani, il benessere economico e sociale, ma anche la pace e la stabilità, in modo da favorire riforme durature in campo sociale, economico e politico nonché in quello della tutela dell'ambiente e dell'integrazione regionale;

8.

sottolinea che, nel processo di condivisione di esperienze e ravvicinamento dei diversi modelli di transizione, gli enti locali e regionali svolgono un ruolo essenziale, in quanto dispongono di conoscenze ed esperienze preziose in settori importanti per i paesi partner, come l'attuazione dei progetti di cooperazione transfrontaliera. Ritiene pertanto che gli enti locali e regionali debbano essere considerati soggetti di cruciale importanza per la politica di allargamento, di vicinato e di sviluppo;

9.

ribadisce i punti principali del proprio parere sul tema Revisione della politica europea di vicinato (CdR 198/2011) (1);

10.

accoglie con favore la proposta che l'UE rafforzi il dialogo e il coordinamento con gli altri partner non statali, compresi gli enti locali.

Sostegno alla creazione delle condizioni per un processo di transizione intelligente

11.

giudica positivo il fatto che si riconosca il ruolo cruciale della società civile e di un ampio sostegno e impegno sociale nei processi di riforma, in una transizione efficace e nel dialogo politico, nella cui configurazione gli enti locali e regionali e le organizzazioni non governative svolgono una funzione importante;

12.

richiama l'attenzione sul fatto che gli enti locali e regionali, per la loro ampia esperienza nell'elaborazione e attuazione di politiche in materia di prestazione di servizi pubblici essenziali quali la sanità pubblica, l'istruzione, la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, l'imprenditorialità locale, i trasporti e le infrastrutture, l'ambiente e le risorse naturali o l'agricoltura, dovrebbero svolgere un ruolo cruciale nel processo di cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione;

13.

fa notare che la responsabilità degli enti locali e regionali nello sviluppo e nella difesa di un'autentica democrazia, di un'educazione civica, della trasparenza e del rispetto dei diritti umani è altrettanto grande di quella delle autorità nazionali;

14.

ribadisce le raccomandazioni formulate nella dichiarazione e nella risoluzione adottate nel 2011 (2) in materia di vicinato meridionale (paesi del bacino del Mediterraneo), riguardo all'importanza di coinvolgere il livello locale e regionale nell'azione dell'UE in quella regione, dato che la costruzione della democrazia e la transizione democratica iniziano proprio al livello più basso e non possono essere imposte dall'alto. Il senso di responsabilità a livello locale e l'impegno a lavorare per la comunità locale, sia da parte delle città e delle autonomie locali che della società civile, sono di capitale importanza per garantire una democrazia stabile e fortemente radicata nella società;

15.

raccomanda di porre maggiormente l'accento sull'attuazione di una buona governance nonché sul rafforzamento della governance a livello subnazionale e di quella multilivello, quest'ultima intesa dal Comitato come azione coordinata dell'UE, degli Stati membri e degli enti regionali e locali basata sul partenariato e intesa a elaborare ed attuare le politiche dell'UE (3);

16.

richiama l'attenzione sul fatto che, in molti casi, un esempio di realizzazione efficace dei processi di trasformazione del sistema politico, sociale ed economico generale è dato dagli enti locali e regionali dei paesi dell'Europa centrale e orientale che sono membri dell'UE. Ciò che questi paesi sono riusciti a realizzare, ma anche i problemi che alcuni di essi hanno incontrato, possono essere fonte di ispirazione e contribuire allo sviluppo di modelli appropriati per l'attuazione delle riforme nei paesi in transizione. Il Comitato segnala pertanto la necessità di considerare gli enti locali e regionali dei paesi che hanno aderito all'UE nel 2004 o 2007 attori importanti nel processo di condivisione di esperienze con i paesi partner;

17.

segnala la necessità di coinvolgere gli enti locali e regionali nelle azioni intraprese a livello nazionale e internazionale per elaborare ed attuare politiche di sostegno a un cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione;

18.

sottolinea l'importanza degli enti subnazionali nel campo delle relazioni esterne, dove le autonomie locali e regionali svolgono e devono svolgere un ruolo importante;

19.

pone l'accento sulle esigenze e sulle istanze degli enti locali e regionali dei paesi in fase di transizione, sulle quali tali enti vorrebbero richiamare l'attenzione dei governi nazionali e delle istituzioni europee e internazionali; invita la Commissione europea a coinvolgere i livelli subnazionali di governo nelle discussioni con i governi nazionali dei paesi in transizione;

20.

osserva che gli enti locali e regionali dei paesi partner devono generalmente scontrarsi, per realizzare il loro pieno potenziale, con tutta una serie di ostacoli: ad esempio, la mancanza di autonomia finanziaria e le limitate possibilità di bilancio, il basso livello di sviluppo della democrazia locale, di trasparenza e di partecipazione civica, la scarsa conoscenza degli aiuti finanziari offerti agli enti locali e regionali dai programmi UE, la mancanza delle capacità necessarie per partecipare ai programmi e ai progetti unionali. Naturalmente nei diversi paesi questi fattori incidono in misura diversa. In ogni caso, però, per superare questi ostacoli occorrono interventi di sostegno: riforme della pubblica amministrazione, anche locale e regionale, maggiore partecipazione dei cittadini alla definizione delle politiche e ai partenariati a livello locale, scambio di esperienze e sviluppo della cooperazione con gli omologhi dell'UE in settori importanti per gli enti locali e regionali, sviluppo di capacità in vista della partecipazione ai programmi e progetti unionali;

21.

fa notare che, se l'UE vuole aiutare i paesi interessati dalla politica europea di vicinato (PEV) a migliorare le loro capacità amministrative, che rappresentano una questione cruciale per la maggior parte di essi, bisogna che gli enti locali e regionali siano coinvolti in questa politica. Un aspetto cruciale della PEV, infatti, consiste nello sviluppare il potenziale e assicurare la formazione degli amministratori locali e regionali dei paesi in fase di transizione, in quanto i politici e i rappresentanti degli enti subnazionali possono, migliorando le loro competenze e conoscenze, contribuire a realizzare una gestione efficace, aperta e trasparente;

22.

sottolinea che la cooperazione con gli enti locali e regionali dei paesi interessati dal processo di allargamento e dalla politica europea di vicinato offre al Comitato delle regioni la possibilità di promuovere gli obiettivi di tale politica; sedi importanti di questa cooperazione sono i gruppi di lavoro e i comitati consultivi misti, l'Assemblea regionale e locale euromediterranea (ARLEM) e la Conferenza degli enti regionali e locali del partenariato orientale (Corleap).

Strumenti di sostegno

23.

accoglie con favore l'aspirazione a migliorare il sistema di incentivi e di vincoli attraverso una definizione più precisa ed efficace delle rispettive condizioni specifiche;

24.

richiama l'attenzione sulla necessità che gli incentivi e le condizioni per i paesi interessati dal processo di allargamento e dalla PEV, ma anche la ripartizione dei fondi e la fornitura di assistenza, siano strettamente collegati allo stato di attuazione delle riforme, comprese quelle per il decentramento e per la partecipazione degli enti locali e regionali alla governance a un livello appropriato del processo decisionale;

25.

sottolinea le opportunità offerte dagli strumenti creati dal Comitato delle regioni per sostenere la politica dell'UE nei paesi vicini, ossia la piattaforma di cooperazione tra enti locali e regionali costituita dall'ARLEM e dalla Corleap;

26.

richiama l'attenzione sull'importanza del contributo recato dall'ARLEM all'approfondimento della cooperazione tra l'UE e i paesi del bacino del Mediterraneo in molti campi, in particolare riguardo alle questioni dello sviluppo urbano, della gestione locale delle risorse idriche, dell'energia da fonti rinnovabili e delle piccole e medie imprese. Tale Assemblea ha inoltre contribuito a sensibilizzare maggiormente i cittadini al tema della cooperazione mediterranea, nonché a dare a quest'ultima una dimensione concreta;

27.

segnala altresì le possibilità offerte dalla Corleap, le cui principali priorità di azione sono proprio la riforma della pubblica amministrazione, il decentramento fiscale e la cooperazione territoriale - questioni, dunque, di particolare importanza per i paesi in fase di transizione, impegnati nel processo di costruzione di una governance sostenibile, efficace e credibile a tutti i livelli;

28.

accoglie con favore il fatto che si sottolinei l'importanza dello Strumento per la società civile (Civil Society Facility - CSF) in quanto elemento essenziale dei meccanismi di recente istituiti per i paesi interessati dalla PEV;

29.

richiama l'attenzione sull'esigenza che l'UE sostenga costantemente il ruolo e la posizione delle associazioni nazionali degli enti locali nei paesi partner in quanto rappresentanti collettive della voce di tali enti. Istituzionalizzare le associazioni di enti locali e regionali nei paesi in transizione e svilupparne il potenziale significa rafforzare la democrazia locale e la governance multilivello;

30.

chiede che vengano istituiti dei punti di contatto per gli enti locali e regionali presso le delegazioni dell'UE nei paesi partner, dove vi è più urgente bisogno di assistenza;

31.

rammenta che, da molti anni, molti organi di enti locali e regionali europei partecipano a progetti di cooperazione decentrata con i loro omologhi dei paesi partner. Per agevolare tale cooperazione e riunire in un solo luogo tutti i progetti finanziati dagli enti locali e regionali dell'UE, e nel contempo individuare nuovi progetti, dal dicembre 2011 è in funzione il Portale della cooperazione decentrata per lo sviluppo, sviluppato congiuntamente dalla Commissione europea e dal Comitato delle regioni;

32.

segnala che un buon esempio di strumenti pratici e mirati è costituito dai partenariati e dai programmi TAIEX, ampiamente utilizzati dall'UE per rendere più stretti i contatti con i paesi partner;

33.

raccomanda di estendere la partecipazione ai programmi TAIEX agli enti locali e regionali dei paesi interessati. È importante sviluppare la cooperazione nei partenariati e nei progetti TAIEX tra gli enti locali e regionali nell'UE e nei paesi partner: ciò, infatti, si tradurrà in un miglioramento della governance nei paesi partner, nonché in una maggiore consapevolezza dell'importanza delle strutture di governance multilivello sia nell'UE che nei paesi interessati dalla PEV;

34.

intende incoraggiare la formazione delle autorità locali e regionali dei paesi in fase di transizione, al fine di svilupparne al meglio le capacità amministrative. In merito il Comitato delle regioni avvierà un dialogo con la Fondazione europea per la formazione professionale e le altre parti interessate;

35.

solleverà inoltre la questione della possibilità di coinvolgere i paesi in transizione in programmi analoghi allo Strumento per l'amministrazione locale (Local Administration Facility - LAF), un programma TAIEX attualmente disponibile per i paesi candidati e potenziali candidati all'adesione, inteso a diffondere la conoscenza dell'UE e delle sue procedure.

Il ruolo della cooperazione a livello locale e regionale

36.

ribadisce la necessità di compiere ulteriori sforzi per coinvolgere le autonomie locali e regionali sia nell'UE che nei paesi partner, in quanto tale coinvolgimento è parte integrante del dialogo con quei paesi;

37.

sottolinea la necessità di riconoscere il ruolo decisivo degli enti locali e regionali, sia nell'UE che nei paesi partner, nella definizione delle politiche e delle strategie di sostegno a un cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione;

38.

richiama l'attenzione sulla necessità di sostenere gli scambi tra enti locali e regionali dell'UE e dei paesi partner in ogni loro forma: gemellaggi tra città, cooperazione tecnica e sviluppo di capacità. I paesi in fase di transizione dovrebbero avere accesso agli strumenti dell'UE volti a creare partenariati sostenibili tra gli enti locali e regionali;

39.

sottolinea, in linea con quanto già affermato nel parere CdR 198/2011 (4), il peso e lo specifico aspetto sociale dei contatti tra le autonomie locali e regionali dell'UE e dei paesi vicini. L'elemento essenziale qui è rappresentato dalla partecipazione del terzo settore e delle componenti della società civile, che integra la cooperazione formale tra gli enti locali e regionali. Essendo un elemento importante della politica di vicinato, ciò richiede strumenti specifici;

40.

sottolinea che, grazie alla cooperazione con gli enti locali e regionali nei paesi interessati dal processo di allargamento e dalla PEV (ad esempio nell'ambito di gruppi di lavoro e comitati consultivi misti, della Corleap o dell'ARLEM), il Comitato contribuisce attivamente al sostegno dell'UE a un cambiamento sostenibile nelle società in fase di transizione, aiutando quindi a promuovere gli obiettivi enunciati nella comunicazione in esame;

41.

fa notare che il Comitato lavora a stretto contatto con la Commissione europea alla creazione di un atlante della cooperazione decentrata e organizza ogni anno una conferenza su questo tema.

Bruxelles, 11 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Parere del Comitato delle regioni, del14 dicembre 2011, sul tema Revisione della politica europea di vicinato (CIVEX-V-023).

(2)  Dichiarazione del Comitato delle regioni, del 7 marzo 2011, in merito alla situazione nel Sud del Mediterraneo: risoluzione del Comitato delle regioni, del 12 maggio 2011, sul tema Gestire l'impatto e le conseguenze delle rivoluzioni nel bacino del Mediterraneo.

(3)  Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni, del 17 giugno 2009, intitolato «Libro bianco del Comitato delle regioni sulla governance multilivello» (CONST-IV-020).

(4)  Parere del Comitato delle regioni, del 14 dicembre 2011, sul tema Revisione della politica europea di vicinato (CIVEX-V-023).


17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/27


Parere del Comitato delle regioni «Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2012-2013»

2013/C 139/06

IL COMITATO DELLE REGIONI

evidenzia che il processo di allargamento è inteso a superare la divisione dell'Europa e a contribuire all'unificazione pacifica del continente. Da un punto di vista politico, l'allargamento dell'UE ha contribuito alla soluzione di importanti problemi e a un consolidamento della democrazia, del rispetto dei diritti umani e della stabilità in tutta l'Unione europea. Da un punto di vista economico, l'allargamento ha contribuito ad aumentare la prosperità e la competitività, consentendo all'Unione allargata di rispondere meglio alle sfide della globalizzazione;

dichiara esplicitamente che una delle principali priorità politiche del CdR è garantire il successo del processo di allargamento. Per il Comitato delle regioni, il ruolo svolto dai rappresentanti locali e regionali nel processo di allargamento è fondamentale;

si impegna attivamente a facilitare agli enti locali e regionali dei paesi dell'allargamento il compito di prepararsi alle loro future responsabilità nell'Unione europea, di ottenere il riconoscimento del loro ruolo e di stabilire e sviluppare contatti e la cooperazione con le controparti dell'Unione europea;

osserva che l'UE dovrebbe incoraggiare i paesi candidati ad assicurare che i poteri delegati rispecchino il livello delle responsabilità che dovranno essere assunte quando l'acquis dell'UE verrà applicato a livello locale e regionale; al contempo, tali responsabilità andrebbero sostenute con risorse finanziarie commisurate, senza le quali gli enti locali e regionali non sarebbero in grado di attuare correttamente le riforme;

sottolinea pertanto che i paesi dell'allargamento devono continuare a sviluppare i loro rispettivi modelli di governance;

sottolinea l'esperienza molto positiva dello strumento per l'amministrazione locale (Local Administration Facility - LAF), coordinato con la DG Allargamento, ufficio TAIEX della Commissione europea, che aiutano a comprendere più chiaramente ciò che l'UE rappresenta a livello regionale e locale.

Relatore

Luc VAN DEN BRANDE (BE/PPE), presidente dell'Ufficio di collegamento Fiandre-Europa

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2012-2013

COM(2012) 600 final

RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Contesto politico e importanza dell'allargamento per gli enti locali e regionali e il CdR

1.

sottolinea che il presente parere deve essere visto nel contesto dell'impegno storico del CdR nell'ambito del processo di allargamento. Esso approfondisce il messaggio politico del CdR sulla strategia di allargamento dell'UE verso i paesi dei Balcani occidentali (Croazia, Montenegro, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Serbia, Albania, Bosnia-Erzegovina e Kosovo (1)), la Turchia e l'Islanda;

2.

evidenzia che il processo di allargamento è inteso a superare la divisione dell'Europa e a contribuire all'unificazione pacifica del continente. Da un punto di vista politico, l'allargamento dell'UE ha contribuito alla soluzione di importanti problemi e a un consolidamento della democrazia, del rispetto dei diritti umani e alla stabilità in tutta l'Unione europea. Da un punto di vista economico, l'allargamento ha contribuito ad aumentare la prosperità e la competitività, consentendo all'Unione allargata di rispondere meglio alle sfide della globalizzazione;

3.

segnala l'importanza di una politica d'informazione e comunicazione decentrata in merito al processo di allargamento, in particolare per rafforzare il dialogo civile e politico tra l'Unione europea e i paesi coinvolti;

4.

dichiara esplicitamente che una delle principali priorità politiche del CdR è garantire il successo del processo di allargamento. Per il Comitato delle regioni, il ruolo svolto dai rappresentanti locali e regionali nel processo di allargamento è fondamentale;

5.

sottolinea che la prospettiva di adesione all'Unione mette in moto delle riforme politiche e sociali nei paesi candidati e crea delle nuove opportunità per i cittadini di tali paesi - tanto più necessarie in questo periodo di crisi;

6.

segnala che la politica di allargamento deve continuare a essere credibile e beneficiare del sostegno dell'opinione pubblica sia all'interno dell'Unione europea che dei (potenziali) paesi candidati. Per creare legami duraturi tra i cittadini e l'UE, è di cruciale importanza coinvolgere in questo processo sia i cittadini dei paesi dell'allargamento, che quelli degli attuali Stati membri. Il sostegno all'integrazione europea nei paesi candidati è una risorsa fondamentale. Le istituzioni europee non dovrebbero darlo per scontato, quanto piuttosto tentare di attingere a questa risorsa per migliorare la legittimità pubblica dell'intera UE;

7.

è consapevole del fatto che le riforme politiche e sociali attualmente in atto non possono essere introdotte con la forza, ma solo con il rispetto della diversità e attraverso un autentico decentramento;

8.

si impegna attivamente a facilitare agli enti locali e regionali dei paesi dell'allargamento il compito di prepararsi alle loro future responsabilità nell'Unione europea, di ottenere il riconoscimento del loro ruolo e di stabilire e sviluppare contatti e la cooperazione con le controparti dell'Unione europea;

9.

auspica, con la sua strategia di relazioni esterne, di promuovere il dialogo politico e la cooperazione economica e/o culturale tra enti locali e regionali dei paesi candidati e potenziali candidati e dell'UE. Il Comitato delle regioni rappresenta un punto d'incontro importante e un forum utile per tali soggetti nel quadro dell'Unione europea;

10.

osserva che, nelle sue relazioni sui progressi realizzati, la Commissione europea dedica scarsa attenzione alle riforme che offrono un nuovo quadro giuridico agli enti regionali e locali di tali paesi. L'UE dovrebbe incoraggiare i paesi candidati ad assicurare che i poteri delegati rispecchino il livello delle responsabilità che dovranno essere assunte quando l'acquis dell'UE verrà applicato a livello locale e regionale; al contempo, tali responsabilità andrebbero sostenute con risorse finanziarie commisurate, senza le quali gli enti locali e regionali non sarebbero in grado di attuare correttamente le riforme;

11.

ritiene che l'integrazione dei nuovi Stati membri nell'UE sarà coronata dal successo soltanto se questi riusciranno ad applicare il corpus giuridico europeo esistente a tutti i livelli dell'organizzazione politica e amministrativa (nonché in funzione del modo in cui tali disposizioni saranno attuate), tenuto conto del fatto che i comuni e le regioni svolgono un ruolo essenziale nell'amministrazione dei programmi e dei fondi dell'UE; pertanto, il ruolo degli enti regionali e locali non deve limitarsi all'attuazione di misure e decisioni adottate a livello nazionale, o alla diffusione tra i cittadini di informazioni sul processo di allargamento;

12.

sottolinea che l'approccio della governance multilivello, che si basa sul principio di sussidiarietà e include il partenariato tra tutti i livelli di governo e il coinvolgimento di ognuno di essi, è un elemento essenziale dell'integrazione europea e, pertanto, ogni valutazione del processo di allargamento dovrebbe considerare se esso promuove la governance multilivello; ciò non deve avvenire soltanto per la futura politica regionale e di coesione, ma anche per la costruzione del mercato unico, per le future politiche in tema di ambiente, cambiamento climatico ed energia, per la futura politica agricola comune e marittima, per il programma di Stoccolma e per la politica di vicinato. Le medesime considerazioni valgono anche per la strategia Europa 2020 e per le sette iniziative faro, da realizzare in partenariato tramite i patti territoriali;

Osservazioni generali

13.

apprezza il fatto che la Commissione europea, nella sua strategia di allargamento per il periodo 2012-2013, riconosce un'importanza maggiore ai criteri di buon governo, quali lo Stato di diritto, l'indipendenza del sistema giuridico, l'efficienza della pubblica amministrazione, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, lo sviluppo della società civile e la libertà dei media;

14.

accoglie con favore l'analisi approfondita e la valutazione globale della Commissione, ma apprezzerebbe suggerimenti più chiari su come ovviare alle carenze riguardo l'acquis;

15.

sottolinea ancora una volta che il ruolo dei rappresentanti locali e regionali nel processo di allargamento è molto importante e incoraggia pertanto i paesi all'adesione a portare avanti gli sforzi di decentramento e regionalizzazione; in questo modo si agevola anche la politica di informazione e comunicazione, insieme al dialogo civile e politico tra l'Unione europea e i cittadini dei paesi dell'allargamento;

16.

sottolinea pertanto che i paesi dell'allargamento devono continuare a sviluppare i loro rispettivi modelli di governance, non da ultimo rafforzando le responsabilità degli enti locali e regionali, nonché attraverso la promozione di effettivi partenariati tra i diversi livelli di governance, ma anche tra diversi paesi e regioni;

17.

ritiene necessario rafforzare le capacità degli enti regionali e locali nell'ambito legislativo, finanziario e amministrativo, affinché essi possano utilizzare al meglio l'assistenza preadesione attualmente disponibile e siano in grado di attuare in maniera sostenibile l'acquis dell'Unione;

18.

si rammarica che, a dispetto delle ripetute raccomandazioni del CdR, la Commissione non abbia ancora fornito, nella relazione sull'allargamento, una valutazione esaustiva dello stato di attuazione dei principi della governance multilivello; è consapevole del fatto che non vi sia alcun capitolo dell'acquis che affronti la questione del necessario decentramento nei paesi che intendono aderire all'UE, tuttavia, suggerisce di elaborare al riguardo una serie di parametri che possano servire da orientamento per i paesi che intraprendono delle riforme;

19.

si rammarica inoltre della scarsa considerazione accordata alla dimensione sociale nel processo di allargamento, e invita la Commissione a tenere conto non solo delle riforme economiche, ma anche di quelle sociali necessarie nei paesi candidati;

20.

ribadisce la propria raccomandazione alla Commissione di adottare un maggior grado di dettaglio nelle future relazioni sulle strategie relative all'allargamento in merito alla situazione dell'autonomia regionale e locale e sottolinea l'esigenza di una riforma di regionalizzazione e decentramento più chiara per i paesi dell'allargamento, che li incoraggi a istituire livelli di governo subnazionali indipendenti;

21.

sottolinea l'esperienza molto positiva dello strumento per l'amministrazione locale (Local Administration Facility - LAF), coordinato con la DG Allargamento, ufficio TAIEX della Commissione europea, che aiutano a comprendere più chiaramente ciò che l'UE rappresenta a livello regionale e locale;

22.

è fermamente convinto della necessità di rispettare il principio dei rapporti di buon vicinato tra gli Stati membri dell'UE, i paesi candidati e gli altri paesi, e del ruolo e dell'importanza di sviluppare una cooperazione transfrontaliera e regionale tra questi paesi;

23.

ritiene che la tutela delle minoranze e il rispetto dei diritti umani, che fanno parte dei valori fondamentali dell'Unione europea, debbano rimanere elementi essenziali del processo di adesione all'UE;

24.

in questo contesto, sottolinea l'importanza della cooperazione con il Consiglio d'Europa - e in particolare con il suo Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa - sulla base di tutti i testi pertinenti, come la Carta europea dell'autonomia locale.

Raccomandazioni politiche per i singoli paesi

Croazia

25.

accoglie con soddisfazione l'adesione della Croazia all'Unione europea il 1° luglio 2013, secondo le modalità specificate nel Trattato di adesione;

26.

constata con soddisfazione che le elezioni parlamentari del dicembre 2011 si sono svolte in un ambiente pluralistico e sono state gestite in modo efficiente e trasparente, ma osserva che occorre migliorare la gestione degli elenchi dei votanti in vista delle elezioni locali e delle elezioni dei deputati croati al Parlamento europeo, previste per la primavera del 2013;

27.

rammenta alla Croazia gli impegni assunti in merito alla risoluzione dei problemi bilaterali e regionali in sospeso, nello spirito di relazioni di buon vicinato e attraverso l'attuazione di accordi internazionali giuridicamente vincolanti, tra cui quello sulle questioni di successione;

28.

sottolinea che occorre dedicare maggiore attenzione alla capacità amministrativa necessaria ad attuare e monitorare la riforma dell'amministrazione pubblica, in particolare a livello locale. Occorre compiere maggiori sforzi, tenuto conto del ruolo delle amministrazioni locali e regionali nella futura gestione dei fondi strutturali;

29.

si compiace dei progressi compiuti nell'ambito del processo di decentramento, tuttavia constata che il controllo esercitato dall'autorità centrale su tale processo è eccessivo;

30.

invita la Commissione a continuare, anche dopo l'adesione della Croazia all'UE, a monitorare, valutare e sostenere gli sviluppi a livello subnazionale e i progressi realizzati in materia di decentramento;

31.

osserva che occorre concentrare l'attenzione su misure preventive di lotta alla corruzione a livello locale, in particolare nelle procedure relative agli appalti pubblici;

32.

sottolinea che restano alcune sfide da affrontare in termini di riduzione delle disuguaglianze sanitarie e di quelle regionali in termini di sviluppo rurale inclusivo.

Islanda

33.

accoglie con favore il fatto che le istituzioni politiche dell'Islanda siano stabili e si compiace dell'elevata qualità dell'autonomia locale, quale parte integrante della ricca tradizione democratica del paese. Tale quadro si è recentemente confermato anche in una nuova legge del gennaio 2012, che prevede consultazioni ancora più approfondite tra governo e comuni;

34.

accoglie con favore l'adozione di varie misure importanti tese a rafforzare il finanziamento degli enti locali in seguito alla crisi economica del 2008, ma sottolinea che nonostante tali sviluppi positivi, la capacità di formulare e di coordinare le politiche economiche deve essere migliorata ulteriormente a livello locale e regionale. La distribuzione di finanziamenti dal livello centrale a quello locale richiede anch'essa un coordinamento maggiore;

35.

plaude al fatto che la nuova costituzione sia stata oggetto di referendum consultivo il 20 ottobre 2012 e sia stata approvata da due terzi dei votanti. Tale costituzione contiene per la prima volta una sezione dedicata alle amministrazioni locali;

36.

esprime grande compiacimento per l'istituzione di un comitato consultivo misto con il CdR, a seguito della fruttuosa cooperazione con l'associazione islandese degli enti locali, e sottolinea altresì che continuerà a sostenere il rafforzamento delle capacità a livello locale, ad esempio nel quadro del programma relativo allo strumento per l'amministrazione locale (LAF);

37.

auspica che i negoziati di adesione con l'Islanda possano concludersi in tempi brevi e che il risultato di tali negoziati venga sottoposto al popolo islandese affinché esso possa decidere in merito, basandosi su informazioni accurate sull'accordo finale di adesione che sarà concluso tra l'Islanda e l'UE;

Ex Repubblica jugoslava di Macedonia

38.

accoglie con favore la prosecuzione del processo di decentramento del governo, che costituisce un elemento fondamentale dell'accordo quadro di Ohrid, nonché l'adozione del programma di attuazione del decentramento e dell'autonomia locale per il periodo 2011-2014 e del relativo piano d'azione;

39.

osserva che occorre compiere progressi più rapidi verso il raggiungimento degli obiettivi di decentramento e che la sostenibilità finanziaria dei comuni rimane la sfida principale. Sebbene la percentuale dell'IVA trasferita ai comuni sia stata aumentata al 4 %, ciò non è ancora sufficiente per consentire a tali enti di adempiere in maniera soddisfacente ai compiti che sono stati loro delegati;

40.

sottolinea che i meccanismi a disposizione per affrontare le significative disparità nella prestazione dei servizi pubblici sono limitati e che i comuni locali rurali e di piccole dimensioni sono particolarmente svantaggiati;

41.

esprime preoccupazione per l'insufficienza delle capacità amministrative e di gestione necessarie all'attuazione dell'acquis dell'UE. Tali mancanze sono percepibili in particolare nell'attuazione e applicazione della normativa in materia di ambiente ai livelli centrale e locale. Per quanto riguarda la qualità delle risorse idriche, i progressi registrati sono molto scarsi;

42.

osserva che sono stati registrati scarsi progressi nell'ambito della politica regionale e nel coordinamento degli strumenti di politica strutturale. La gestione dei programmi dello strumento di assistenza preadesione va migliorata, per garantire un completo e tempestivo assorbimento dei finanziamenti dell'UE;

43.

desidera sottolineare l'importanza di mantenere relazioni di buon vicinato e di trovare una soluzione reciprocamente accettabile al problema della denominazione del paese;

44.

raccomanda che gli enti pubblici, ai diversi livelli territoriali, cooperino con le organizzazioni della società civile, che devono essere rafforzate e acquisire maggiore indipendenza dalle ingerenze politiche;

45.

desidera esprimere la propria preoccupazione per la polarizzazione politica ed etnica nell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia, che rischia di mettere a repentaglio la stabilità del paese e lo slancio necessario per le riforme politiche.

Turchia

46.

osserva che il periodo di consultazione per la nuova costituzione ha promosso un intenso dibattito con la società civile locale e i cittadini (un fatto che bisogna accogliere positivamente), ma è preoccupato per la mancanza di trasparenza in merito alle modalità con cui questi dibattiti abbiano alimentato il processo di redazione e a quali parti siano state pubblicate su Internet. Tale mancanza di trasparenza ha reso molto difficoltoso per i cittadini turchi, nonché per gli attori internazionali (compreso il CdR), mantenersi aggiornati in merito agli sviluppi;

47.

si rammarica della mancanza di progressi nella devoluzione delle competenze a province ed enti locali ed è preoccupato per alcuni resoconti secondo i quali alcuni governi locali o sindaci sono soggetti a intimidazioni o a procedimenti giudiziari per motivi politici. I consigli cittadini (pensati per incoraggiare la partecipazione dei cittadini al governo locale) non sono stati utilizzati in maniera efficace nella maggior parte delle città. Inoltre, il fatto che nel 2011 alcuni decreti legge abbiano riaccentrato le competenze in ambiti quali l'assetto territoriale e il rinnovamento urbano, indica che il processo di decentramento non viene affrontato seriamente. Sebbene il governo turco sia intervenuto per riformare la pubblica amministrazione, l'approccio adottato non ha apportato benefici agli enti locali e regionali, in particolare nella zona sud-orientale del paese;

48.

deplora il fatto che la Turchia non assolva pienamente agli impegni derivanti dal protocollo aggiuntivo all'accordo di associazione UE-Turchia e incita la Turchia a procedere all'attuazione integrale e non discriminatoria di detto protocollo, sottolineando che un ulteriore ritardo può comportare nuove ripercussioni sul processo di adesione;

49.

accoglie con favore il nuovo atteggiamento mostrato dal Consiglio dell'UE quanto alla possibile apertura del capitolo 22 dei negoziati, relativo a «Politica regionale e coordinamento degli strumenti strutturali», ed auspica che questo segnale positivo possa tradursi in una normalizzazione del processo negoziale tra la Turchia e l'Unione europea;

50.

si rammarica del fatto che a tutti i livelli statali emergano ancora notevoli problemi riguardo al rispetto della libertà di culto, dei diritti delle donne, dei diritti delle minoranze (in particolare dei curdi), della parità tra i sessi, nonché del diritto fondamentale alla libertà di espressione e alla libertà di stampa, cosa che mette pertanto in ombra la legislazione orientata alle riforme;

51.

incoraggia il dialogo avviato tra il governo turco e i rappresentanti dei curdi abitanti in Turchia;

52.

prende atto con soddisfazione dell'attuazione dell'Agenda positiva, conformemente al quadro negoziale (Negotiating Framework) e alle relative conclusioni del Consiglio e del Consiglio europeo;

53.

deplora il mancato rispetto di una serie di impegni assunti dalla Turchia e dalle altre parti in causa nel conflitto al fine di pervenire, nel quadro delle Nazioni Unite e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, nonché dei principi e valori su cui si fonda l'UE, a una soluzione accettabile dell'occupazione illegittima della parte nord di Cipro e invita il governo turco a sostenere concretamente i negoziati condotti sotto l'egida del Segretario generale dell'ONU e ad agire per pervenire ad una soluzione generale del problema cipriota, ritirando immediatamente le proprie forze armate da Cipro, regolando la questione dei coloni e permettendo la restituzione della zona recintata di Famagosta ai suoi legittimi abitanti, ai sensi della risoluzione 550 (1984) del Consiglio di sicurezza dell'ONU;

54.

osserva che, da un lato, viene introdotta una normativa orientata alle riforme, ma che, dall'altro, questa iniziativa viene offuscata in particolare dalla violazione della libertà di stampa e di espressione;

55.

accoglie con favore l'istituzione di un difensore civico indipendente in Turchia, e osserva che l'attuazione di tale riforma dovrà essere adeguata;

56.

sottolinea che la trasparenza, la responsabilità e i meccanismi di partecipazione devono tutti essere rafforzati a livello locale e invita a proseguire nella lotta contro la corruzione, in particolare a livello comunale;

57.

desidera sottolineare che la costante cooperazione a livello subnazionale sarà vantaggiosa sia per la Turchia che per l'UE. Ribadisce pertanto il proprio impegno a fare in modo che il gruppo di lavoro del Comitato delle regioni sulla Turchia diventi un comitato consultivo misto.

Montenegro

58.

accoglie con favore l'attuazione della legge sull'organizzazione territoriale del Montenegro e la modifica della legge sull'autonomia locale, intesa a migliorare la trasparenza, l'efficienza e la responsabilità dell'amministrazione a livello locale;

59.

osserva che il Montenegro deve rafforzare la capacità amministrativa nelle strutture relative allo strumento di assistenza preadesione istituite, e prepararle adeguatamente per aumentare la capacità di assorbimento dei fondi preadesione;

60.

osserva che uno dei principali problemi a livello locale consiste nella insufficiente qualificazione del personale, che potrebbe rendere impossibile l'assunzione delle responsabilità assegnate sulla base del processo di decentramento;

61.

si rammarica che non siano stati registrati progressi nell'ambito della protezione sociale, che l'assorbimento dei rifugiati, degli sfollati interni e delle minoranze etniche nelle città continui a essere problematico, e che i progressi compiuti nell'ambito del decentramento amministrativo e fiscale dei servizi sociali restino limitati;

62.

raccomanda di intensificare gli sforzi tesi a prevenire e contrastare la corruzione negli ambiti vulnerabili identificati: autonomia locale, pianificazione del territorio, appalti pubblici, privatizzazione, istruzione e sanità;

63.

accoglie con favore l'inaugurazione, nel 2012, del comitato consultivo misto del Comitato delle regioni con il Montenegro e auspica una cooperazione proficua con gli enti subnazionali montenegrini negli anni a venire.

Serbia

64.

osserva con soddisfazione che la Costituzione serba garantisce ai cittadini il diritto all'autonomia provinciale e locale, ma si rammarica d'altro lato del profondo divario che esiste tra i principi iscritti nella normativa e la loro attuazione nella pratica;

65.

si rammarica del fatto che le misure adottate dal governo centrale (riduzione dei contributi agli enti locali) rendano ancora più ardua la realizzazione dei compiti che incombono agli enti locali;

66.

segnala che per quanto attiene all'autonomia locale, la normativa relativa al finanziamento dei comuni deve essere chiarita e attuata correttamente, per garantire la prevedibilità dei finanziamenti dei comuni;

67.

si rammarica che il Consiglio nazionale per il decentramento continui a essere inattivo e che vi siano state consultazioni insufficienti con gli enti locali nell'ambito del processo decisionale relativo alla definizione di una nuova normativa o all'adozione di emendamenti alle leggi esistenti che hanno implicazioni a livello locale;

68.

osserva che le capacità di amministrazione e gestione a livello locale sono scarse e che permangono disparità significative tra i comuni. Prende atto del fatto che la legge sui dipendenti pubblici non si applica ai dipendenti degli enti locali;

69.

accoglie con favore i progressi compiuti nell'ambito della politica regionale e del coordinamento degli strumenti finanziari. Riconosce il fatto che la Serbia ha completato le fasi preparatorie della gestione decentrata dello strumento di assistenza preadesione per quattro componenti e osserva che occorre garantire un'ulteriore e adeguata capacità di attuazione, in particolare per la definizione di un iter solido per i progetti, basato su strategie pertinenti;

70.

si compiace del ruolo importante che la società civile svolge nella vita sociale, economica e politica del paese nonché nella promozione dei valori democratici, e ne sottolinea l'importanza anche a livello locale e nel quadro del processo decisionale.

Albania

71.

si compiace dei progressi compiuti dall'Albania nell'adempimento dei criteri politici per l'adesione all'UE; si rallegra del miglioramento del dialogo politico tra il governo e l'opposizione e sottolinea l'importanza fondamentale di un corretto svolgimento delle elezioni legislative del 2013 per il buon funzionamento delle istituzioni democratiche fondamentali; esorta le autorità albanesi a intensificare gli sforzi per la promozione e l'attuazione delle riforme necessarie per il processo di preadesione, specie in materia di diritti umani, uguaglianza di genere, protezione delle minoranze e dei diritti di proprietà, lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, nonché per quanto attiene allo sviluppo di una politica di emigrazione costruttiva;

72.

prende atto delle analisi della Commissione europea, che affermano che non sono stati realizzati progressi in termini di riforma dell'amministrazione territoriale. La legge sulla pianificazione territoriale del 2009 viene attuata con grande lentezza e a quanto emerge, vi è un divario crescente tra regioni in termini di potenziale di sviluppo economico e sociale. Tale aspetto va affrontato urgentemente;

73.

constata che in molti casi i piccoli enti locali non sono economicamente sostenibili. Il processo decisionale locale non è trasparente e le organizzazioni della società civile e le altre parti interessate non vengono consultate;

74.

osserva che per quanto attiene ai finanziamenti, in particolare mediante entrate fiscali, gli enti locali non hanno registrato miglioramenti nel 2011. Sottolinea inoltre la necessità di sviluppare capacità affinché gli enti locali e regionali possano amministrare le entrate di bilancio, controllare i sistemi operativi e gestire i fondi dello strumento di assistenza preadesione (IPA);

75.

si compiace della nomina di un mediatore ed esorta le autorità albanesi a mettere a disposizione di questa istituzione delle risorse adeguate;

76.

osserva segnali incoraggianti che indicano che le profonde divisioni politiche, che hanno ostacolato le riforme politiche per diversi anni, adesso sembrano diminuire: esorta pertanto le due associazioni che riuniscono le autorità subnazionali (l'associazione albanese delle municipalità e l'associazione albanese dei comuni) a intensificare la cooperazione in tutte le materie opportune e a evitare che la rappresentanza locale e regionale in Albania venga compromessa;

77.

sottolinea che benché i piccoli progressi compiuti nell'ambito della politica regionale e del coordinamento degli strumenti strutturali siano da accogliere con favore, occorre fare di più in questa direzione.

Bosnia-Erzegovina

78.

riconosce che la Bosnia-Erzegovina è ancora un paese con un sistema di governo e sicurezza sotto sorveglianza internazionale, il che significa che al momento neppure le istituzioni centrali nazionali hanno il controllo del processo politico e legislativo, e quindi tanto meno gli enti locali e regionali;

79.

sottolinea che l'attuale situazione politica in Bosnia-Erzegovina sta avendo ripercussioni negative sulla capacità del paese di esprimersi con una sola voce in merito alle questioni UE. Osserva, inoltre, che a causa dell'impasse politico-istituzionale, la Bosnia-Erzegovina non potrà rispettare i suoi obblighi per quanto riguarda l'autonomia locale e regionale. Ciò significa che «il funzionamento dell'autonomia locale ha risentito molto negativamente di tale situazione», cosa che «impedisce qualunque forma di decentramento nel paese». La sempre crescente frammentazione del territorio e dei comuni per motivi etnici fa crescere la mancanza di fiducia negli enti locali;

80.

si rammarica che il complesso sistema di governance e lo stallo istituzionale vogliano dire che la legislazione non è adeguatamente standardizzata a livello degli enti locali bosniaci, intralciando così in particolare questioni urgenti, come la lotta al traffico di esseri umani;

81.

chiede che sia istituto un meccanismo di coordinamento tra i diversi livelli di governance per il recepimento, l'attuazione e l'applicazione della normativa europea al fine di consentire al paese di parlare con un'unica voce in merito alle questioni europee e di utilizzare con efficacia i fondi di preadesione;

82.

prende atto che la relazione della Commissione europea elogia la normativa relativa agli enti in quanto ampiamente conforme alla Carta europea dell'autonomia locale ed esprime il proprio apprezzamento per tale sviluppo positivo. Occorre tuttavia sottolineare che la Bosnia-Erzegovina non ha firmato il protocollo aggiuntivo della Carta europea dell'autonomia locale sul diritto dei cittadini di partecipare alla gestione degli affari pubblici;

83.

sostiene il decentramento del sistema giudiziario, ma si rammarica degli scarsi progressi compiuti nell'ambito della riforma della pubblica amministrazione, in cui, al momento, il problema sembra essere lo scarso coordinamento tra i vari livelli dell'amministrazione e un carente sostegno pubblico alle riforme;

84.

accoglie con favore tutte le iniziative volte a migliorare la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, e in particolare l'adozione della modifica alla Costituzione del cantone di Sarajevo in linea con la sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Sejdić-Finci, che concede a coloro che non dichiarano alcuna appartenenza etnica o appartengono a una minoranza etnica la possibilità di costituirsi in gruppo indipendente nell'Assemblea; e invita tutti i livelli di governo in Bosnia-Erzegovina ad introdurre modifiche simili;

85.

si compiace che le elezioni comunali dell'ottobre 2012 siano state ben preparate e condotte in modo ordinato e nel rispetto degli standard del Consiglio d'Europa e della comunità internazionale per le elezioni democratiche, benché l'amministrazione elettorale a livello locale sia fortemente politicizzata;

86.

nota con soddisfazione che lo sviluppo della società civile continua a essere sostenuto dallo strumento per la società civile, un'organizzazione dell'UE istituita nel 2008 per sostenere le organizzazioni della società civile, con un progetto intitolato Reinforcement of Local Democracy (Rafforzamento della democrazia locale - LOD).

Kosovo

87.

plaude ai progressi significativi compiuti negli ultimi anni in materia di decentramento e agli sforzi compiuti dal ministero dell'Amministrazione pubblica locale (MLGA) per garantire un monitoraggio più efficiente delle strutture dell'amministrazione locale, ma ritiene che gli sforzi di attuazione del decentramento, tra cui il rafforzamento dell'amministrazione a livello comunale, debbano proseguire;

88.

osserva con soddisfazione che il Kosovo dispone di un sistema di amministrazione locale avanzato, che offre ai cittadini la possibilità di partecipare al processo decisionale locale. Ciò è rispecchiato dal fatto i cittadini del Kosovo sono in generale soddisfatti dei loro enti locali e del modo in cui questi esercitano le loro competenze;

89.

chiede al Kosovo di dimostrare chiaramente gli sforzi che sta compiendo nella lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata;

90.

raccomanda di ricorrere, a livello locale, a processi di pianificazione basati sui fatti, per gestire le questioni amministrative e i processi di bilancio. Alle autorità comunali occorrono orientamenti su misura per potere rafforzare le proprie capacità amministrative;

91.

prende atto che i nuovi comuni a maggioranza serba istituiti affrontano sfide specifiche in ragione delle loro ridotte dimensioni, necessitando pertanto di ulteriore assistenza dal livello centrale per garantirne la sostenibilità;

92.

invita tutte le parti coinvolte a trovare soluzioni costruttive alle sfide specifiche affrontate dal processo di decentramento nel Nord del Kosovo, al fine di fornire servizi di qualità ai cittadini;

93.

osserva che ai sensi dell'accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA), il Kosovo deve rispettare e attuare i principi democratici della governance attraverso un esecutivo adeguato e più efficiente a tutti i livelli dell'amministrazione.

Bruxelles, 11 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Questa denominazione lascia impregiudicate le posizioni concernenti lo status ed è in linea con la risoluzione 1244/99 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione d'indipendenza del Kosovo.


17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/35


Parere del Comitato delle regioni «Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa»

2013/C 139/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie positivamente la comunicazione relativa allo sfruttamento del potenziale del cloud computing, compiacendosi che la Commissione prenda posizione a favore delle soluzioni tecnologiche innovative, e conviene sul fatto che le potenzialità di tale sistema vanno al di là del progresso tecnologico dell'informatica, poiché hanno un impatto positivo sul mercato del lavoro, possono migliorare le pari opportunità e creare occupazione;

fa rilevare che uno dei principali ostacoli all'utilizzo del cloud computing nel settore pubblico e privato consiste nell'incertezza su quali disposizioni legislative e regolamentari vadano rispettate quando si opta per il cloud computing: a tale riguardo è opportuno citare, ad esempio, le normative nazionali ed europee per la protezione dei dati personali, le disposizioni in campo sociale e sanitario, le norme contabili, ecc. Al tempo stesso, in relazione alla sicurezza dei dati, esistono anche determinati problemi e rischi che devono essere affrontati;

appoggia le tre azioni fondamentali proposte dalla Commissione, ma ritiene opportuno completarle con delle misure concrete intese a sviluppare le conoscenze degli utenti: è in questo modo, infatti, che si potrà accrescere la domanda sul mercato, contribuendo al rafforzamento della posizione dell'Europa nella concorrenza globale, ridurre l'asimmetria tra consumatori e fornitori di servizi a livello di rischi, nonché favorire una ripartizione più proporzionata tra di loro dei vantaggi derivanti dallo sviluppo di questa nuova tecnologia. Le suddette misure dovrebbero essere incentrate anche sull'insegnamento e sulla diffusione delle competenze informatiche;

reputa opportuno che la Commissione adotti delle misure tese a consentire l'interconnessione e l'interoperabilità dei cloud già esistenti o in fase di sviluppo a livello nazionale, regionale e - eventualmente - locale, sfruttando le possibilità di normazione. A tale riguardo, è opportuno insistere in modo particolare sulla compatibilità dei registri amministrativi di cui sopra.

Relatore

Gábor BIHARY (HU/PSE), consigliere comunale di Budapest

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Sfruttare il potenziale del cloud computing in Europa

COM(2012) 529 final

I.   OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

accoglie positivamente la comunicazione relativa allo sfruttamento del potenziale del cloud computing, compiacendosi che la Commissione prenda posizione a favore delle soluzioni tecnologiche innovative, e conviene sul fatto che le potenzialità di tale sistema vanno al di là del progresso tecnologico dell'informatica, poiché hanno un impatto positivo sul mercato del lavoro, possono migliorare le pari opportunità e creare occupazione;

2.

pone l'accento, inoltre, sulla necessità di prendere in considerazione gli effetti potenziali dello sviluppo di questa nuova tecnologia sulle regioni e le classi sociali svantaggiate e, quindi, le sue eventuali ripercussioni negative sulla coesione sociale e territoriale. Un fattore di rischio in tal senso può risiedere, ad esempio, nell'asimmetria tra soggetti locali e globali per quanto riguarda i vantaggi derivanti da una migliore accessibilità dei mercati;

3.

fa rilevare che uno dei principali ostacoli all'utilizzo del cloud computing nel settore pubblico e privato consiste nell'incertezza su quali disposizioni legislative e regolamentari vadano rispettate quando si opta per il cloud computing: a tale riguardo è opportuno citare, ad esempio, le normative nazionali ed europee per la protezione dei dati personali, le disposizioni in campo sociale e sanitario, le norme contabili, ecc. Al tempo stesso, in relazione alla sicurezza dei dati, esistono anche determinati problemi e rischi che devono essere affrontati;

4.

si rammarica che gli approcci relativi al settore pubblico e il progetto di partenariato proposto per il cloud computing non prestino adeguata attenzione agli enti locali e regionali, mentre le attività di molti di essi potrebbero apportare degli insegnamenti utili e costituire degli esempi da seguire nel quadro della strategia; non viene preso in considerazione neanche il fatto che alcuni enti territoriali contribuiscono, in quanto prestatori di servizi, alla creazione e al funzionamento delle infrastrutture di cloud computing;

5.

insiste sull'importanza cruciale di un'azione coordinata che coinvolga tutti i livelli di governo affinché l'Europa compia dei progressi sostanziali nel settore del cloud computing;

6.

rileva che, affinché le imprese europee siano in grado di svolgere il ruolo loro assegnato nel quadro dell'attuazione della strategia volta a fare dell'Europa una punta di diamante in questo settore, è indispensabile elaborare delle forme di sostegno nel contesto della concorrenza globale;

7.

reputa importante, nel quadro della realizzazione del cloud computing, considerare nell'insieme l'aspetto della sostenibilità, dal momento che un migliore utilizzo delle capacità degli strumenti informatici consentirà uno sfruttamento più efficiente delle risorse; ritiene, tuttavia, che la strategia da adottare debba tenere conto attivamente anche degli effetti indiretti in questo settore e mirare, per esempio, all'aumento della quota di energie rinnovabili nell'energia destinata al cloud computing;

8.

fa osservare che tra l'esistenza di principio di un «super-cloud» e una realizzazione e applicazione che ne liberino appieno il potenziale rimane ancora molta strada da fare, e che uno strumento importante per raggiungere questo obiettivo consiste nel migliorare le conoscenze dei consumatori grazie allo sviluppo dell'insegnamento e alla diffusione delle competenze informatiche;

9.

esprime preoccupazione per il fatto che la comunicazione non tratta in modo adeguato il collegamento tra la strategia proposta e altre questioni, come l'effettiva sicurezza dei dati, la regolamentazione dei diritti d'autore o lo sviluppo dell'accessibilità e della portabilità dei dati;

10.

sottolinea che lo sviluppo del cloud computing potrebbe avvenire più rapidamente una volta che saranno state adottate le misure necessarie all'agenda digitale. Se gli utenti stanno già utilizzando i servizi di cloud computing offerti dai provider nel quadro di pacchetti richiesti dagli utenti finali, l'esperienza ha dimostrato che coloro che utilizzano queste tecnologie senza la necessaria cautela e senza una preparazione adeguata rischiano di subire dei danni, proprio a causa delle lacune nella protezione dei dati e dell'insufficiente livello di conoscenze degli utenti;

11.

appoggia le tre azioni fondamentali proposte dalla Commissione, ma ritiene opportuno completarle con delle misure concrete intese a sviluppare le conoscenze degli utenti: è in questo modo, infatti, che si potrà accrescere la domanda sul mercato, contribuendo al rafforzamento della posizione dell'Europa nella concorrenza globale, ridurre l'asimmetria tra consumatori e fornitori di servizi a livello di rischi, nonché favorire una ripartizione più proporzionata tra di loro dei vantaggi derivanti dallo sviluppo di questa nuova tecnologia. Le suddette misure dovrebbero essere incentrate anche sull'insegnamento e sulla diffusione delle competenze informatiche.

II.   OSSERVAZIONI SPECIFICHE E PROPOSTE

Districare il groviglio di norme

12.

approva la proposta della Commissione in merito alla normazione, rammaricandosi però del fatto che essa non si basi su un quadro normativo e organizzativo appropriato;

13.

giudica importante completare il processo di normazione proposto con misure concrete volte a consentire l'identificazione nel cloud, ad esempio in materia di interconnessione dei registri della pubblica amministrazione;

14.

è preoccupato per il fatto che la proposta della Commissione non tiene debitamente conto dei servizi esistenti nel settore pubblico e sul mercato, né delle strutture e infrastrutture di servizio che essi hanno consentito di realizzare;

15.

fa presente che una delle cause della mancanza di fiducia nel cloud computing è rappresentata dalla non-regolamentazione della portabilità dei dati e dalle falle di sicurezza che ne derivano;

16.

richiama l'attenzione sulla necessità di definire più concretamente, per quanto riguarda la normazione e la certificazione, a chi compete autorizzare gli organismi di certificazione e con quali modalità, nonché di stabilire se le norme di certificazione saranno elaborate a livello di Stati membri o dell'Unione.

Rendere sicure ed eque le clausole contrattuali

17.

reputa importante che la Commissione intenda regolamentare i contratti tra i fornitori di servizi e gli utenti, provvedendo in particolare a stabilire dei limiti per i provider in considerazione delle possibilità di abuso di posizione dominante;

18.

fa osservare che, se gli utenti sono favorevoli ad applicazioni che richiedono un unico login per una maggiore facilità d'uso, la soddisfazione di queste esigenze non deve andare a scapito della sicurezza, in particolare quando si tratta di operazioni finanziarie. Tali questioni vanno assolutamente disciplinate in un prossimo futuro;

19.

fa notare che gran parte dei pericoli insiti nel cyberspazio potrebbe essere eliminata attraverso un sistema di identificazione efficace, che consenta agli utenti di stabilire chiaramente l'identità di coloro che operano nel cyberspazio;

20.

sottolinea che, sebbene il cloud offra oggi eccellenti possibilità di diffusione della cultura audiovisiva, la questione dei diritti d'autore e della riproduzione dei contenuti rimane irrisolta;

21.

accoglie con favore la definizione di orientamenti comuni in materia di protezione dei dati, soprattutto perché si tratta di un aspetto fondamentale per l'utilizzo del cloud computing. Il Comitato si rammarica tuttavia che la Commissione non affronti i temi del pagamento e della fatturazione online, questioni che si presenteranno inevitabilmente nell'utilizzo del cloud computing in un contesto commerciale;

22.

reputa necessario che gli scenari che consentiranno una valutazione dei servizi accessibili attraverso il cloud computing siano descritti in maggior dettaglio e che tale valutazione venga integrata nei contratti di servizio.

Partenariato europeo per il cloud computing, un dialogo internazionale

23.

accoglie con favore l'idea di un partenariato europeo per il cloud computing;

24.

sostiene il dialogo internazionale sui servizi basati sul cloud computing e ritiene importante sottolineare che, dato lo sviluppo dinamico del settore, è necessaria un'armonizzazione globale, sia dal punto di vista giuridico che sul piano tecnologico, delle strategie che sono state sviluppate o sono in fase di sviluppo;

25.

mette in guardia contro i rischi per la protezione dei dati personali nel caso in cui i server per il cloud computing siano ubicati al di fuori dell'UE;

26.

reputa opportuno che la Commissione adotti delle misure tese a consentire l'interconnessione e l'interoperabilità dei cloud già esistenti o in fase di sviluppo a livello nazionale, regionale e - eventualmente - locale, sfruttando le possibilità di normazione. A tale riguardo, è opportuno insistere in modo particolare sulla compatibilità dei registri amministrativi di cui sopra;

27.

giudica importante il dialogo con gli organismi di normazione che si occupano anche del cloud computing (ad esempio, l'ISO e l'ETSI).

Sviluppo delle conoscenze degli utenti

28.

si compiace dell'importanza che la Commissione attribuisce all'adeguamento dei servizi pubblici alle aspettative del XXI secolo, ma richiama l'attenzione sulla necessità, ancora una volta, di adottare rapidamente le misure necessarie per colmare il divario digitale;

29.

fa notare che il divario digitale può essere ridotto soltanto attraverso un insegnamento mirato. In effetti, in una società della conoscenza, la padronanza della tecnologia è la base della dimestichezza con le nuove tecnologie e della loro diffusione;

30.

reputa necessario che i cittadini europei del XXI secolo siano in grado di far proprie le tecnologie a loro disposizione e di utilizzarle efficacemente. Un buon modo per realizzare questo obiettivo sarebbe, ad esempio, quello di sviluppare ulteriormente le possibilità offerte dalla patente informatica europea;

31.

sottolinea che, già oggi, il cloud computing offre le possibilità tecniche per diffondere ampiamente l'apprendimento online (e-learning), anche se, per registrare progressi in questo ambito, occorre risolvere una serie di questioni in materia di regolamentazione e di diritti d'autore.

III.   ALTRE OSSERVAZIONI E PROPOSTE

32.

ritiene opportuno che la Commissione sostenga il settore pubblico nel quadro della definizione dei principi di aggiudicazione degli appalti; tuttavia, reputa importante che, nelle regioni in ritardo di sviluppo, tale aiuto non sia limitato alla fase di progettazione, ma si estenda anche al finanziamento necessario all'utilizzo;

33.

sottolinea che non si può pensare di sfruttare il potenziale del cloud computing senza sviluppare parallelamente il mercato unico dei servizi di telecomunicazione, per il quale è necessaria l'adozione di misure europee nel settore delle tariffe dei servizi di scambio di dati in roaming;

34.

reputa indispensabile che siano indicati in dettaglio i servizi amministrativi che dovranno assolutamente essere inclusi nel cloud computing europeo, ad esempio per quanto riguarda l'identificazione.

Bruxelles, 11 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/39


Parere del Comitato delle regioni «Il decentramento nell'Unione europea e il ruolo delle autonomie locali e regionali nella definizione e nell'attuazione delle politiche dell'UE»

2013/C 139/08

IL COMITATO DELLE REGIONI

intende col termine decentramento tutte le misure di natura politica che rafforzano il ruolo degli enti subnazionali nel processo decisionale nazionale ed europeo, e che comportano un trasferimento di competenze dal livello centrale a favore degli enti locali e regionali;

esprime la convinzione che amministrazioni locali e regionali funzionanti e un decentramento efficiente debbano fondarsi sui principi di sussidiarietà, proporzionalità e governance multilivello;

è convinto che la sussidiarietà, in quanto principio politico e giuridico, sia una forza propulsiva decisiva per il decentramento, perché consente di trasferire le competenze al livello in cui possono essere esercitate nel modo più efficiente;

osserva che in numerosi paesi la crisi economica e finanziaria si è rivelata un catalizzatore di riforme e cambiamenti, dal momento che, in alcuni paesi, gli enti locali hanno subito un processo di ristrutturazione territoriale e in certi casi è cambiata considerevolmente anche l'organizzazione istituzionale dei poteri;

nota che un processo coerente di decentramento può avere successo soltanto se il trasferimento di competenze agli enti subnazionali è connesso con una corrispondente ed adeguata assegnazione di risorse finanziarie;

constatando che le regioni che si finanziano soprattutto mediante entrate proprie gestiscono in modo più responsabile le risorse finanziarie disponibili e quindi dispongono di un bilancio pubblico più solido, incoraggia gli Stati membri a passare nella maggiore misura possibile dal sistema dei trasferimenti a quello delle risorse proprie;

sottolinea il rapporto positivo che intercorre fra il decentramento e una politica regionale europea riuscita e sostenibile;

sottolinea che una visione dell'Europa deve comprendere assolutamente il livello regionale e locale, perché la legittimità dell'Unione europea si basa fra l'altro sulla legittimità di tale livello;

raccomanda a tutti i livelli di governo di implementare le sinergie per risolvere in modo duraturo la crisi del debito pubblico in Europa, e chiede pertanto un coinvolgimento paritario degli enti regionali e locali nell'elaborazione dei piani di riforma europei e nazionali;

Relatore

Franz SCHAUSBERGER (AT/PPE), rappresentante del Land Salisburgo presso il Comitato delle regioni

Testo di riferimento

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Vantaggi del decentramento

1.

intende col termine decentramento tutte le misure di natura politica che rafforzano il ruolo degli enti subnazionali nel processo decisionale nazionale ed europeo, e che comportano un trasferimento di competenze dal livello centrale a favore degli enti locali e regionali;

2.

riconosce che non vi è per gli Stati membri dell'UE alcun obbligo di optare per un determinato modello di ordinamento istituzionale o per il decentramento, il trasferimento o la condivisione delle competenze fra i diversi livelli di governo, ma nel contempo fa notare che l'UE rispetta anche le autonomie regionali e/o locali, come sottolineato in particolare dall'articolo 4, paragrafo 2, del TUE;

3.

fa notare che, in numerosi settori d'intervento pubblico, il livello di esecuzione decentrato è sensibilmente più efficiente, sia dal punto di vista dei costi sia in relazione alla qualità dei servizi e alla loro vicinanza ai cittadini;

4.

sottolinea l'importanza dell'identificazione dei cittadini europei con le loro regioni e città, che svolgono un ruolo decisivo in primo luogo come contrappeso alla crescente internazionalizzazione e anonimizzazione dei mercati del lavoro e dei rapporti economici;

5.

è convinto che il decentramento e di conseguenza gli enti regionali e locali contribuiscano in modo decisivo a colmare le disparità economiche e sociali esistenti fra le diverse regioni d'Europa, in modo da poter ridurre le conseguenze negative dell'esodo dalle campagne delle regioni povere verso gli agglomerati urbani e dell'emigrazione da uno Stato membro all'altro, che danneggia il mercato del lavoro;

6.

ringrazia il Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa (CPLRE), nonché i diversi gruppi d'interessi che hanno contribuito alla consultazione, per i loro preziosi contributi e pareri di esperti.

La responsabilità fondamentale del CdR nel controllo del decentramento

7.

afferma che, nel suo ruolo di rappresentante degli enti subnazionali (locali e regionali) nel quadro del processo legislativo e decisionale dell'UE, ha la responsabilità di controllare l'applicazione del principio di sussidiarietà, nonché un forte interesse per la valutazione periodica dello stato del decentramento nell'UE e nei paesi interessati dal processo di allargamento;

8.

ricorda che, nel suo recente parere sullo sviluppo di una cultura europea della governance multilivello, che fa seguito al Libro bianco adottato dal Comitato su questo stesso tema, ha espresso l'intenzione di seguire con attenzione il processo di decentramento negli Stati membri e nei paesi interessati dal processo di allargamento;

9.

vede una conferma nel fatto che il Consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa (CCRE) e il CPLRE portano avanti lavori approfonditi e sistematici sullo stesso tema, e intende attingere ai risultati di entrambe le organizzazioni nello svolgimento del suo lavoro;

10.

ricorda che l'ultimo parere del Comitato delle regioni sull'argomento risale al 7 luglio 2005, e che nel frattempo, nel settore del decentramento nell'UE, si sono prodotti cambiamenti e sviluppi significativi di tipo istituzionale, politico e giuridico.

Sviluppo del decentramento in Europa dopo l'ultimo parere (2005)

11.

constata che il Trattato di Lisbona (2009) ha portato a un rafforzamento del principio di sussidiarietà, all'inserimento nei trattati dell'identità delle regioni e dei comuni e a un potenziamento del CdR, il che ha incoraggiato successivamente diversi Stati membri a realizzare o pianificare riforme istituzionali a favore di un maggiore decentramento o rafforzamento del livello locale e regionale;

12.

constata inoltre che, in linea generale, negli ultimi anni il decentramento è andato avanti nella maggior parte dei paesi; è però seriamente preoccupato per le tendenze opposte che si registrano in alcuni Stati membri, in cui l'autonomia finanziaria e amministrativa degli enti locali e regionali sono state sensibilmente ridotte;

13.

constata però anche che, con la crisi economica e finanziaria iniziata nel 2009 e la crisi del debito pubblico cominciata nel 2010, sono insorti effetti negativi per il processo di rafforzamento del decentramento ed è cambiato il rapporto fra gli Stati nazionali e le istituzioni europee, il che ha avuto ripercussioni anche sul livello subnazionale;

14.

in questo contesto, constata con soddisfazione che, non da ultimo grazie all'iniziativa del CdR, il concetto della governance multilivello si è guadagnato diritto di cittadinanza nel dibattito politico europeo, il che può contrastare possibili tendenze di carattere negativo per il decentramento;

15.

deve ricordare che, in alcuni degli Stati membri che hanno aderito all'UE nel 2004, il processo di trasformazione nel settore del decentramento non è ancora del tutto concluso, ed è pertanto consapevole che alcuni di questi Stati membri, così come i paesi del partenariato orientale, dovranno risolvere problemi considerevoli per poter portare avanti uno sviluppo sociale ed economico all'insegna della prosperità;

16.

fa notare che i recenti allargamenti hanno messo in evidenza come la mancanza di coinvolgimento degli enti regionali e locali nel processo d'integrazione pone sia i governi nazionali che le istituzioni europee davanti a notevoli sfide e problemi per quanto riguarda l'attuazione delle politiche unionali e la realizzazione delle riforme necessarie, il che finisce per ripercuotersi anche sui cittadini;

17.

constata con soddisfazione che la schiacciante maggioranza dei membri del Consiglio d'Europa e tutti gli Stati membri dell'Unione europea hanno ratificato la Carta europea dell'autonomia locale adottata dal Consiglio d'Europa nel 1985, che garantisce e rafforza le autonomie locali in Europa in base ai principi della democrazia, della vicinanza ai cittadini e del decentramento;

18.

ha apprezzato e sostenuto l'iniziativa del Consiglio d'Europa per una Carta europea della democrazia regionale e la presentazione del progetto da parte del Congresso nel 2008, con l'obiettivo di esporre i principi fondamentali della democrazia regionale in Europa; deplora che questa iniziativa sia stata bloccata da numerosi membri del Consiglio d'Europa, ma riconosce che nel 2009 i ministri responsabili dell'amministrazione locale e regionale hanno almeno approvato un quadro di riferimento per la democrazia regionale.

Il decentramento e la crisi finanziaria

19.

osserva con grande attenzione il fatto che, in relazione alle conseguenze dell'attuale crisi economica e finanziaria, anche la ripartizione delle competenze e in particolare la questione del decentramento fiscale è sempre più al centro del dibattito pubblico a livello sia nazionale che europeo, spesso nell'idea erronea che il comportamento del livello subnazionale sia uno dei fattori che impediscono il raggiungimento degli obiettivi di bilancio del governo centrale, nonostante la responsabilità principale della crisi sia degli Stati nazionali;

20.

constata con preoccupazione che la crisi finanziaria iniziata nel 2009 è sfociata in una crisi del debito pubblico, che rappresenta una notevole minaccia per l'economia reale delle regioni e dei comuni e che reca conseguenze negative anche per il tessuto sociale degli Stati membri;

21.

il Comitato delle regioni osserva con preoccupazione la situazione dell'autonomia territoriale in alcuni paesi europei, a causa delle riforme intraprese per razionalizzare e rendere più sostenibile l'amministrazione regionale e locale. I criteri di tipo economico che in molti Stati membri dominano nell'attuale crisi economica e finanziaria hanno comportato una snaturalizzazione delle basi democratiche dell'autonomia regionale e locale, arrecandole un danno profondo;

22.

si oppone con assoluta risolutezza all'utilizzo, in alcuni paesi, della crisi economica e di quella del debito nonché delle misure di risparmio necessarie in tutta Europa come pretesto per accrescere la centralizzazione delle competenze, per procedere al decentramento senza stanziare risorse adeguate e per semplificare, ridurre o addirittura abolire le strutture subnazionali, col risultato finale di un indebolimento della democrazia regionale e locale, una tendenza basata sulla falsa supposizione che i servizi pubblici siano economicamente più convenienti se messi nelle mani del livello statale centrale;

23.

sostiene, al contrario, che gli enti locali, essendo le istituzioni più vicine ai cittadini, conoscono le esigenze di questi ultimi e si trovano nella posizione più adatta per individuarle e rispondervi in un periodo di crisi;

24.

rifiuta decisamente una politica di questo tipo in quanto contraria al principio europeo della sussidiarietà, secondo cui le decisioni politiche e normative devono essere adottate al livello più adatto per il raggiungimento degli obiettivi, nonché in un modo il più possibile vicino ai cittadini;

25.

osserva sviluppi analoghi anche nei paesi che si stanno preparando all'adesione all'UE, nonché nei paesi del partenariato orientale;

26.

deve constatare che, sulla base di argomentazioni di carattere economico connesse con la crisi finanziaria e del debito, si sostiene molto spesso e senza disporre sempre di studi e analisi sufficienti che la fusione dei comuni sia un modo di risparmiare sui costi; riconosce tuttavia che, a causa per esempio dei mutamenti demografici, in alcune regioni la fusione dei comuni possa costituire un mezzo opportuno;

27.

invita, in questo tipo di riflessioni, a non dimenticare il problema della riduzione che si potrebbe avere in termini di vicinanza ai cittadini e di democrazia locale, nonché a dare la priorità alle possibilità di cooperazione intercomunale e interregionale e di cooperazione locale transfrontaliera per realizzare risparmi. La soppressione dei comuni mediante la loro fusione dovrebbe essere considerata con particolare cautela: ad esempio, potrebbe costituire un mezzo adeguato a causa dei mutamenti demografici nelle regioni; per quanto riguarda la cooperazione intercomunale osserva con preoccupazione i tentativi della Commissione di ostacolare, attraverso requisiti che vanno oltre la giurisprudenza della Corte di giustizia, l'esecuzione in comune di compiti attraverso detta forma di cooperazione;

28.

fa notare al riguardo l'importanza dei gemellaggi tra città, delle reti europee di città e regioni, dei programmi europei bilaterali e multilaterali di cooperazione territoriale, nonché il ruolo positivo del Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT), tutti fattori, questi, che facilitano sensibilmente la cooperazione tra le regioni e i comuni negli ambiti politici connessi, come i servizi di interesse generale, i trasporti e la tutela dell'ambiente.

La situazione attuale del decentramento in Europa  (1)

29.

conclude da dati recenti che tre dei 27 Stati membri dell'UE presentano formalmente una struttura federale, uno è uno Stato quasi federale e i rimanenti possono essere definiti come Stati unitari dalle caratteristiche più disparate; inoltre, alcuni, nonostante la struttura formalmente unitaria, sono dotati di un'organizzazione territoriale eterogenea (sistema asimmetrico). Rileva altresì che undici Stati membri dispongono di un solo livello subnazionale, nove di due e sette di tre e oltre;

30.

osserva con grande interesse il fatto che in numerosi paesi la crisi economica e finanziaria si è rivelata un catalizzatore di riforme e cambiamenti, dal momento che, in alcuni paesi, gli enti locali hanno subito un processo di ristrutturazione territoriale e in certi casi è cambiata considerevolmente anche l'organizzazione istituzionale dei poteri, con modifiche però che non sempre vanno in direzione di un maggiore decentramento;

31.

rimanda ai lavori di analisi che ha commissionato al fine di fotografare lo stato del decentramento e della ripartizione dei poteri negli Stati membri.

Principi organizzativi delle autonomie locali e regionali

32.

esprime la convinzione che amministrazioni locali e regionali funzionanti e un decentramento efficiente debbano fondarsi sui principi di sussidiarietà, proporzionalità e governance multilivello;

33.

considera estremamente importante che la governance locale e regionale sia condotta attraverso organi democraticamente eletti e ampiamente rappresentativi, responsabili nei confronti dei loro cittadini. La vicinanza della politica ai cittadini che ne deriva illustra il valore aggiunto della democrazia locale e regionale, dal momento che il buon governo e la trasparenza rafforzano la legittimità e la responsabilità degli enti locali e regionali, nonché la fiducia di cui godono;

34.

ritiene assolutamente necessario che le decisioni sull'introduzione di riforme a favore del decentramento di competenze e risorse finanziarie corrispondano alle aspettative ed esigenze concrete dei cittadini e delle comunità locali e regionali: tuttavia, riconosce anche che si può ricorrere all'istituto del referendum qualora l'importanza delle misure da prendere lo giustifichi e in conformità della costituzione dello Stato membro interessato;

35.

prende atto con soddisfazione del fatto che l'integrazione europea ha apportato un contributo decisivo al processo del decentramento regionale e locale. Nei paesi candidati all'adesione e nei paesi del partenariato orientale, il processo di decentramento già in atto o attualmente in discussione può dare un contributo essenziale affinché tali paesi possano adattarsi più facilmente e rapidamente all'acquis dell'Unione europea e adempiere meglio agli obblighi che comporta l'adesione all'UE;

36.

ricorda inoltre il riconoscimento indiretto della democrazia locale e regionale operato dai trattati europei (art. 10 del TUE, art. 20, par. 2, del TFUE e art. 40 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE), il che sta a dimostrare che l'Unione europea, al di là della sua neutralità per quanto riguarda l'ordinamento istituzionale degli Stati membri, considera la democrazia locale e regionale come una delle basi della propria legittimità;

37.

invita tutti gli Stati membri dell'UE che non lo hanno ancora previsto a inserire i rispettivi enti subnazionali in un quadro giuridico adeguato, al livello più elevato possibile (idealmente, quello costituzionale);

38.

nota che il suo scopo non è l'istituzione di unità regionali dal mero significato statistico, bensì la creazione di livelli subnazionali di autonomia politica e amministrativa, che possono eseguire al meglio le misure e gli atti giuridici varati in sede UE;

39.

concorda, fra gli altri, con il CPLRE sul fatto che il numero delle unità decentrate nei paesi europei dovrebbe tener conto anche dell'estensione territoriale di ciascuno Stato membro, e ricorda il cosiddetto Manifesto di Salerno formulato dall'associazione Arco Latino nel 2012, che contiene preziose raccomandazioni per il futuro sviluppo dei livelli amministrativi intermedi;

40.

invita le istituzioni europee a sostenere il decentramento, che secondo il motto dell'UE «Unità nella diversità» rappresenta un fattore fondamentale per la promozione della diversità culturale, anche al fine di stimolare la percezione di appartenenza delle entità territoriali al ruolo di entità territoriali europee;

41.

ricorda in questo contesto i vantaggi decisivi offerti dalla governance decentrata, come una migliore comprensione dei bisogni e desideri dei cittadini, la (co)definizione di politiche capaci di promuovere una crescita sostenibile e competitiva, una sana gestione finanziaria, investimenti a livello locale e regionale e il rafforzamento dell'autonomia e della democrazia locale e regionale;

42.

sottolinea nuovamente che, in conformità dei principi di buon governo e dell'approccio Legiferare meglio, gli enti regionali e locali e i soggetti incaricati di attuare le politiche dell'UE al livello subnazionale devono essere coinvolti in maniera più attiva e fattiva fin dalle fasi iniziali nell'elaborazione e attuazione delle politiche e della legislazione dell'UE;

43.

in questo senso ritiene che un'effettiva attuazione dell'accordo di cooperazione tra la Commissione europea e il Comitato delle regioni rappresenti un mezzo importante ed imprescindibile per garantire tale coinvolgimento;

44.

invita nuovamente gli Stati membri con autorità regionali dotate di poteri legislativi a stabilire i meccanismi necessari per consentire a tali autorità di partecipare ai processi decisionali dell'UE in merito alle questioni che le riguardano. Ciò non dovrebbe valere solo per i parlamenti regionali, che devono svolgere un ruolo attivo nel meccanismo di allarme preventivo in materia di sussidiarietà, ma anche per gli organi esecutivi regionali, che dovrebbero essere coinvolti nella definizione delle posizioni nazionali in seno al Consiglio o nella composizione delle delegazioni nazionali.

La governance multilivello e il legame tra autonomia efficace e funzionale a livello locale e regionale e corretta applicazione del principio di sussidiarietà

45.

ricorda che la governance multilivello garantisce la collaborazione di tutti i livelli amministrativi e di governo all'esercizio delle competenze e al processo decisionale, per cui la sussidiarietà e la governance multilivello vanno di pari passo con una forte autonomia locale e regionale;

46.

ricorda inoltre che il Trattato di Lisbona sottolinea espressamente e per la prima volta che il principio di sussidiarietà riguarda l'intero spettro dell'attività amministrativa e di governo nell'UE, ossia abbraccia il livello europeo, nazionale, locale e regionale. I principi di sussidiarietà e proporzionalità sono le premesse per un funzionamento della governance multilivello nella pratica effettiva;

47.

è convinto che la sussidiarietà, in quanto principio politico e giuridico, sia una forza propulsiva decisiva per il decentramento, perché consente di trasferire le competenze al livello in cui possono essere esercitate nel modo più efficiente;

48.

intende proseguire la propria collaborazione con il CPLRE del Consiglio d'Europa al fine di controllare l'applicazione della Carta europea dell'autonomia locale e lo stato attuale della democrazia locale e regionale nei diversi Stati membri dell'UE e nei paesi candidati;

49.

ribadisce l'intenzione di elaborare una Carta europea della governance multilivello e di continuare i lavori già avviati in proposito (2).

Decentramento finanziario

50.

constata con soddisfazione che, secondo l'ultima relazione della Commissione europea sulle finanze pubbliche nell'Unione economica e monetaria (3), negli Stati membri dell'Unione aumenta la tendenza al decentramento fiscale, con una quota crescente di spese e di entrate di importanza locale o regionale. La relazione sottolinea che le entrate proprie, nel senso di imposte o tasse riscosse autonomamente dagli enti subnazionali, rappresentano strumenti finanziari più efficaci rispetto ai trasferimenti del governo centrale, ma nota anche che il livello subnazionale ricorre a imposte e tasse proprie in meno del 50 % dei casi, e che tali tributi locali non aumentano dal 1995;

51.

nota che un processo coerente di decentramento può avere successo soltanto se il trasferimento di competenze agli enti subnazionali è connesso con una corrispondente ed adeguata assegnazione di risorse finanziarie, e ricorda che sia la Carta europea dell'autonomia locale sia il quadro di riferimento per la democrazia regionale del Consiglio d'Europa prevedono obblighi e norme in questo senso per i paesi firmatari;

52.

critica in proposito i recenti sviluppi intervenuti in alcuni Stati membri, nei quali l'attribuzione delle competenze non è connessa con le risorse finanziarie corrispondenti oppure col potere di riscuotere entrate, il che comporta inefficienze nell'amministrazione regionale o locale che vengono a loro volta utilizzate come argomento a favore di un nuovo accentramento;

53.

ricorda che non è il decentramento in quanto tale a produrre una spesa incontrollata da parte degli enti subnazionali, bensì la cattiva applicazione di misure in materia di decentramento non accompagnate da poteri locali di tipo fiscale;

54.

cita ancora un volta la relazione della Commissione europea sulle finanze pubbliche nell'Unione economica e monetaria, secondo la quale le regioni che si finanziano soprattutto mediante entrate proprie gestiscono in modo più responsabile le risorse finanziarie disponibili e quindi dispongono di un bilancio pubblico più solido, e incoraggia pertanto gli Stati membri a passare nella maggiore misura possibile dal sistema dei trasferimenti a quello delle risorse proprie;

55.

prende atto con preoccupazione del fatto che numerose regioni e città sono precipitate in gravi difficoltà finanziarie dovute a speculazioni finanziarie rischiose, ed esorta ad elaborare strumenti e strategie adeguati per affrontare tali situazioni;

56.

per i progetti cofinanziati dall'UE e finalizzati a raggiungere obiettivi come quelli della strategia Europa 2020, invita la Commissione europea a chiarire meglio il quadro legislativo, in modo che si trovi un equilibrio fra i requisiti in materia di cofinanziamento da parte degli enti regionali e locali e il calcolo del loro deficit di bilancio;

57.

sottolinea il rapporto positivo che intercorre fra il decentramento e una politica regionale europea riuscita e sostenibile e rimanda in proposito agli studi secondo cui la politica di coesione in particolare ottiene risultati migliori negli Stati membri decentrati;

58.

attira contemporaneamente l'attenzione sul fatto che la politica di coesione è applicata in modo inefficiente soprattutto negli Stati membri centralizzati in cui tutte le regioni hanno diritto alle sovvenzioni nel quadro dell'obiettivo 1, dal momento che le autorità amministrative centrali spesso non conoscono bene i problemi regionali e le sfide che riguardano i singoli progetti, e pertanto si pronuncia affinché in futuro l'amministrazione dei singoli fondi negli Stati membri sia portata avanti con la partecipazione dei livelli subnazionali.

Decentramento e istanze indipendentistiche

59.

è convinto che un decentramento corretto possa contribuire in maniera decisiva alla soddisfazione dei cittadini nelle regioni e negli enti locali e potrebbe rafforzare l'intero Stato;

60.

d'altro canto, è convinto che un lungo rifiuto di un dialogo serio fra i diversi livelli di governo, nonché una continua negazione delle aspirazioni e delle istanze delle regioni che chiedono il decentramento delle competenze e le risorse finanziarie necessarie, potrebbero far nascere spinte autonomistiche e, in casi particolari, richieste di indipendenza; ricorda in questo contesto che un'applicazione conseguente e coerente dei principi di sussidiarietà e proporzionalità a livello europeo fornisce il miglior quadro in cui soddisfare le istanze legittime ai diversi livelli;

61.

osserva da vicino le crescenti istanze indipendentistiche delle regioni di alcuni Stati membri dell'UE e di alcuni paesi candidati all'adesione, nonché le loro cause storicamente, politicamente ed economicamente assai differenziate;

62.

esorta ad investigare dette cause, per discutere motivazioni e argomenti e cercare di capirli, in modo da trovare soluzioni coerenti e pacifiche per tutte le parti interessate;

63.

afferma con chiarezza che conformemente al disposto dell'articolo 4, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea il percorso di una regione verso l'indipendenza è fondamentalmente una questione interna dello Stato in questione;

64.

ricorda che, nel caso ottenesse l'indipendenza e desiderasse aderire all'UE, una regione dovrebbe presentare ufficialmente la propria candidatura al Consiglio e seguire la procedura di adesione prevista all'articolo 49 del Trattato sull'Unione europea, come qualsiasi altro Stato che intenda diventare Stato membro dell'UE.

Visioni per un'Europa del futuro

65.

partecipa con grande interesse al dibattito appena iniziato sulle diverse visioni dell'Europa del futuro e si aspetta che i livelli subnazionali siano coinvolti da subito in questo processo, in quella che considera una sfida importante per le attività dello stesso CdR;

66.

sottolinea che una visione dell'Europa deve comprendere assolutamente il livello regionale e locale, perché la legittimità dell'Unione europea si basa fra l'altro sulla legittimità di tale livello;

67.

considera necessario lo svolgimento di una convenzione su questi argomenti e intende formulare e presentare i propri punti di vista sulla futura forma da dare all'UE, affinché nei nuovi trattati ci sia uno spazio ancora più ampio per un maggiore riconoscimento della democrazia locale e regionale;

68.

raccomanda in proposito di riflettere in che modo il decentramento, con un'efficace autonomia locale ed eventualmente anche regionale, possa diventare una premessa per l'adesione all'UE.

Raccomandazioni

69.

raccomanda alle istituzioni europee di rafforzare il dialogo con gli enti regionali e locali in vista di una collaborazione diretta fra regioni e comuni, da un lato, e gli organi dell'Unione europea, dall'altro;

70.

raccomanda a tutti i livelli di governo di implementare le sinergie per risolvere in modo duraturo la crisi del debito pubblico in Europa, e chiede pertanto un coinvolgimento paritario degli enti regionali e locali nell'elaborazione dei piani di riforma europei e nazionali;

71.

invita gli Stati membri ad effettuare ogni riorganizzazione territoriale o futura riforma del governo locale in modo accurato, ben meditato e pianificato, nel rispetto della Carta dell'autonomia locale e del quadro europeo di riferimento per la democrazia regionale, garantendo e rafforzando l'autogoverno locale basato sui principi di democrazia, prossimità e decentramento;

72.

esorta a dare maggiore spazio agli esempi consolidati di buone pratiche delle regioni e dei comuni al fine, soprattutto nei paesi di impianto centralistico, di portare avanti il dibattito sul decentramento e di mostrare, con l'aiuto di esempi coronati da successo, quali sono i vantaggi che questo può recare;

73.

invita la Commissione europea a promuovere ancor più che in passato programmi mirati per formare l'amministrazione di livello regionale e locale all'elaborazione di progetti adeguati con cui richiedere il sostegno dell'UE, e a fare ancor maggiore attenzione per garantire che la distribuzione di tale sostegno avvenga secondo criteri obiettivi e non in base ad arbitri di natura politica;

74.

chiede nuovamente alla Commissione europea di introdurre, nelle sue relazioni annuali sui diversi paesi, un capitolo sullo stato dell'autonomia delle sue regioni e città;

75.

apprezza che l'edizione del 2012 della relazione annuale della Commissione sulle finanze pubbliche nell'Unione economica e monetaria contenga per la prima volta un capitolo dedicato al decentramento fiscale e allo stato delle finanze regionali e locali, nonché sulle riforme in corso nel settore del decentramento fiscale negli Stati membri, e incoraggia la Commissione a ripetere questo tipo di analisi ogni anno per osservare le finanze pubbliche subnazionali;

76.

propone di completare il già citato studio sullo stato del decentramento e sulla ripartizione delle competenze negli Stati membri con analisi aggiuntive sul rapporto fra il decentramento delle competenze da una parte e la messa a disposizione di risorse finanziarie mediante il decentramento fiscale dall'altra, e sottolinea l'utilità di questo strumento per il controllo della corretta applicazione del principio di sussidiarietà.

Bruxelles, 12 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  In questa sezione si fa riferimento a informazioni contenute nella recente relazione Finances publiques territoriales dans l'Union européenne («Finanze pubbliche subnazionali nell'UE»), elaborata dal Consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa (CCRE) e da Dexia Crédit Local (DCL), e nella relazione sulle finanze pubbliche nell'UEM (Report on Public finances in EMU), redatta dalla Commissione europea.

(2)  Cfr. pareri CdR 89/2009 fin e CdR 273/2011 fin.

(3)  http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2012/public-finances-in-emu-2012_en.htm (in inglese).


17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/46


Parere del Comitato delle regioni «Potenziare e concentrare la cooperazione internazionale dell'UE nelle attività di ricerca e innovazione»

2013/C 139/09

IL COMITATO DELLE REGIONI

sottolinea che agli enti regionali e locali spetta un ruolo importante nell'ambito dello Spazio europeo della ricerca. Le regioni e le città riuniscono, nei loro territori, i protagonisti del triangolo dell'innovazione, che combina mondo accademico e università, soggetti della ricerca e tutta una serie di gruppi economici e industriali lungo differenti catene del valore e reti del valore nel campo dell'innovazione. Gli enti territoriali sono attori fondamentali nello sviluppo di strategie regionali di ricerca e innovazione e nella creazione del quadro di riferimento appropriato a contesti innovativi;

si compiace che la comunicazione faccia esplicito riferimento alle dimensioni regionale e internazionale degli strumenti compresi nel programma sulle capacità del Settimo programma quadro, e chiede maggiore visibilità per la collaborazione internazionale nel campo della ricerca nel prossimo periodo di programmazione, tenendo conto dell'esperienza positiva maturata con il programma Regioni della conoscenza, e collegandola alle future iniziative ERA-NET;

mette in evidenza che la cooperazione internazionale deve essere fondata su principi comuni relativi all'integrità della ricerca, alla dimensione di genere, alla responsabilità sociale delle imprese, al libero accesso alle pubblicazioni e alla proprietà intellettuale. Va anche tenuto conto della dimensione climatica e ambientale, che si ricollega al concetto di «sviluppo sostenibile»;

pone l'accento sulla rilevanza regionale e i significativi benefici (potenziali) delle infrastrutture di ricerca, comprese quelle elettroniche, le quali, a prescindere dal paese di appartenenza e dalla loro ubicazione, mettono a disposizione gli strumenti (risorse informatiche e di comunicazione dalle prestazioni elevate, strumenti remoti e set di dati) necessari per attuare una collaborazione di eccellente qualità nel campo della ricerca e dell'innovazione.

Relatore

Markku MARKKULA (FI/PPE) consigliere comunale di Espoo

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Potenziare e concentrare la cooperazione internazionale dell'UE nelle attività di ricerca e innovazione: un approccio strategico

COM(2012) 497 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Rilevanza per gli enti locali e regionali e per il CdR

1.

sottolinea che agli enti regionali e locali spetta un ruolo importante nell'ambito dello Spazio europeo della ricerca(SER - ERA in inglese). Le regioni e le città riuniscono, nei loro territori, i protagonisti del triangolo dell'innovazione, che combina mondo accademico e università, soggetti della ricerca e tutta una serie di gruppi economici e industriali lungo differenti catene del valore e reti del valore nel campo dell'innovazione. Gli enti territoriali sono attori fondamentali nello sviluppo di strategie regionali di ricerca e innovazione e nella creazione del quadro di riferimento appropriato a contesti innovativi. Essi hanno un ruolo importante nella creazione di un ambiente regionale favorevole all'innovazione e alla scoperta imprenditoriale. Va detto inoltre che numerose amministrazioni regionali e locali dispongono di poteri legislativi e gestiscono risorse finanziarie destinate alla ricerca, all'innovazione e all'internazionalizzazione;

2.

gli enti locali e regionali sono attori importanti sia nel campo della cooperazione internazionale sia nel coordinamento delle attività di ricerca e innovazione. Le loro politiche incidono in misura significativa sullo sviluppo delle infrastrutture di ricerca e sulla creazione di ambienti innovativi (università, centri tecnologici, incubatori d'impresa, parchi scientifici e ambienti favorevoli al capitale di rischio) capaci di attirare scienziati e promotori dell'innovazione e di creare le condizioni oggettive e operative per un forte sviluppo del capitale umano.

Osservazioni generali

3.

riconosce che le proposte presentate nella comunicazione sono conformi al principio di sussidiarietà, dal momento che gli obiettivi delle azioni proposte non possono essere conseguiti pienamente dagli Stati membri nell'ambito dei rispettivi sistemi istituzionali nazionali, mentre l'azione condotta dall'UE comporta con ogni probabilità un evidente vantaggio. Per massimizzare l'impatto delle attività internazionali di ricerca e innovazione, evitando al tempo stesso una costosa frammentazione delle iniziative, è necessario che l'Unione integri la caratteristica apertura del programma Orizzonte 2020 con azioni mirate al fine di ottimizzare le dimensioni e la portata delle iniziative;

4.

fa presente che la conoscenza e l'innovazione si stanno sempre più internazionalizzando all'interno delle reti del valore globali, e riconosce l'importanza di combinare i due aspetti: pensare in una prospettiva globale e agire a livello locale;

5.

rammenta che la strategia Europa 2020 sottolinea l'importanza della ricerca e dell'innovazione per realizzare una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. L'Unione dell'innovazione, che è una delle iniziative faro della strategia Europa 2020, mette in evidenza l'importante ruolo della cooperazione internazionale nella realizzazione del potenziale d'innovazione dell'Europa;

6.

mette l'accento sulla funzione essenziale della cooperazione internazionale nel realizzare lo Spazio europeo della ricerca e i relativi cinque ambiti principali;

7.

si compiace che la comunicazione faccia esplicito riferimento alle dimensioni regionale e internazionale degli strumenti compresi nel programma sulle capacità del Settimo programma quadro, e chiede maggiore visibilità per la collaborazione internazionale nel campo della ricerca nel prossimo periodo di programmazione, tenendo conto dell'esperienza positiva maturata con il programma Regioni della conoscenza, e collegandola alle future iniziative ERA-NET;

8.

si pronuncia a favore di un bilancio ambizioso per Orizzonte 2020 e sottolinea la necessità di trovare sinergie con altri strumenti finanziari nel settore dell'internazionalizzazione. Un elemento importante sarà il ricorso agli strumenti più idonei per la cooperazione con i paesi terzi tra quelli messi a disposizione da Orizzonte 2020;

9.

accoglie con favore l'intenso sforzo compiuto dalla Commissione europea per predisporre un quadro chiaro, conciso ed esauriente, che serva di base per un approccio più strategico in grado di migliorare la cooperazione internazionale nel campo della ricerca e dell'innovazione in Europa;

10.

elogia la rassegna ordinata e sintetica degli strumenti e delle controparti (potenziali) per la collaborazione internazionale nel campo della ricerca presentata nella comunicazione;

11.

insiste sulla necessità che la cooperazione internazionale comporti sempre un valore aggiunto per l'UE;

12.

mette in evidenza che la cooperazione internazionale deve essere fondata su principi comuni relativi all'integrità della ricerca, alla dimensione di genere, alla responsabilità sociale delle imprese, al libero accesso alle pubblicazioni e alla proprietà intellettuale. Va anche tenuto conto della dimensione climatica e ambientale, che si ricollega al concetto di «sviluppo sostenibile»;

13.

individua tre tematiche generali di rilevanza regionale nella comunicazione, ossia la «diplomazia della scienza» (science diplomacy), la specializzazione intelligente e le infrastrutture di ricerca.

Le attività di ricerca, sviluppo e innovazione (RSI) devono apportare un valore aggiunto

14.

è convinto che il gran numero di iniziative condotte dagli Stati membri e dalle regioni senza un coordinamento con altri Stati membri possa talvolta sfociare in azioni tra loro scollegate e che non generano una sufficiente massa critica. Perciò è importante che vi sia un coordinamento tra la programmazione UE in materia di ricerca e innovazione e le strategie nazionali e regionali relative all'innovazione;

15.

riconosce la necessità di un maggiore allineamento delle attività dei singoli Stati membri nel quadro della cooperazione internazionale e, in quest'ottica, osserva che un valore aggiunto supplementare può venire dalla cooperazione con le regioni. Le regioni e le città hanno infatti interesse a fornire un sostegno concreto allo Spazio europeo della ricerca e, grazie al loro ruolo unificatore in una struttura a tripla elica, a contribuire a creare il quadro di riferimento adeguato per attirare investimenti internazionali nel settore della ricerca e ricercatori stranieri di livello eccellente;

16.

per poter essere un attore su scala mondiale, l'Europa deve concentrarsi sulla ricerca di soluzioni innovative che contribuiscano a far fronte alle sfide della società. A questo riguardo, il CdR sottolinea l'importanza di un approccio orientato al mercato e guidato dalla domanda e insiste sul compito fondamentale che assolvono le PMI nel dare uno sbocco applicativo e di mercato alla ricerca scientifica (internazionale);

17.

pone l'accento sul ruolo che i governi nazionali e gli enti regionali e locali d'Europa sono chiamati a svolgere per trasformare l'UE in una grande realtà integrata, in grado di competere in un mondo globalizzato e dialogare con i paesi più industrializzati (ad esempio Stati Uniti e Giappone), le nuove economie emergenti (come i paesi BRICS) e i paesi in via di sviluppo;

18.

invita a formulare una definizione più esplicita del concetto di «regione» nella comunicazione, eventualmente designando tale ente come sovranazionale e subnazionale;

19.

ritiene che le regioni siano in una posizione privilegiata per poter stabilire un collegamento tra le attività di ricerca e innovazione e le proprie politiche orizzontali e tematiche, come ad esempio la gestione dei territori, l'attenzione alle questioni ambientali e di sicurezza, la definizione di programmi e la fornitura di servizi – ambiti nei quali è possibile creare un valore aggiunto sotto forma di nuove idee e metodi e di soluzioni tecnologiche innovative.

Un'industria e una RSI globalizzate: gli strumenti a disposizione e la loro rilevanza regionale

20.

riconosce che la concorrenza a livello mondiale non si svolge soltanto tra Stati ma anche tra grandi sistemi regionali in cui sono ubicati distretti, raggruppamenti industriali guidati dalla ricerca, reti di imprese e poli commerciali: la dimensione regionale è chiamata a competere e a cooperare su scala internazionale con sistemi analoghi di altre parti del mondo;

21.

è dell'avviso che Orizzonte 2020 possa rappresentare un'importante opportunità di ripensare la funzione e il contributo potenziali dei governi regionali per la realizzazione di un sistema europeo in grado di tenere testa alla concorrenza mondiale;

22.

sottolinea che occorre sostenere il concetto di governance multilivello nell'ambito della cooperazione internazionale in materia di RSI, nel quale gli enti regionali e locali possono svolgere un ruolo fondamentale a fianco degli Stati membri e dell'UE;

23.

mette in risalto l'importanza delle reti regionali per la collaborazione a livello interregionale e internazionale nel campo della RSI tra regioni ed enti locali, poiché tali reti danno agli attori regionali e locali lo spazio per raccogliere la massa critica di idee, competenze e risorse finanziarie necessarie per partecipare a collaborazioni nel campo della RSI e ad unirsi a iniziative internazionali su vasta scala. Le reti sono strumenti preziosi per concentrare risorse, competenze specifiche, conoscenze e abilità differenti. Operatori della RSI e soggetti interessati ben collegati tra loro creano ecosistemi propizi alla cooperazione internazionale, poiché hanno l'esigenza di essere sempre più connessi a livello globale e gravitano verso realtà locali basate sul territorio.

Forum strategico per la cooperazione scientifica e tecnologica internazionale (SFIC)

24.

riconosce il valore aggiunto del Forum strategico per la cooperazione scientifica e tecnologica internazionale, che consente un impiego ottimale delle risorse nazionali, europee e mondiali e permette di evitare la duplicazione delle attività;

25.

plaude allo sforzo compiuto dallo SFIC nell'offrire una rassegna ordinata delle attività di cooperazione internazionale condotte dagli Stati membri e che rientrano nelle rispettive politiche e programmi nazionali;

26.

evidenzia l'apporto che possono dare all'attività dello SFIC quegli enti regionali e locali che dispongano delle competenze istituzionali e delle risorse necessarie per assumere iniziative e attuare la cooperazione in ambito internazionale. Diverse regioni dell'UE svolgono una considerevole attività tramite accordi, rappresentanze all'estero e iniziative cofinanziate. I centri europei per la tecnologia e le imprese (European Business and Technology Centres, EBTC) sono esempi di iniziative realizzate al di fuori dell'UE in cui gli attori regionali ricoprono un ruolo attivo;

27.

ritiene che, poiché la cooperazione tra le regioni europee e i paesi terzi spesso viene realizzata anche a prescindere dalla disponibilità di finanziamenti da parte dell'Unione, si dovrebbe prendere in esame la possibilità di definire una strategia di coordinamento con lo SFIC, affinché tale cooperazione risulti compatibile e orientata agli stessi obiettivi;

28.

fa presente che, sotto il profilo della sussidiarietà, gli enti regionali e locali, essendo i soggetti istituzionali più vicini ai cittadini, sono i più idonei a reperire gli attori nel campo della ricerca e le aziende innovative che possono decidere – in una logica di intervento «dal basso» – in merito all'utilità della loro presenza in determinati paesi o regioni e di una cooperazione con gli attori locali;

29.

è convinto che il coordinamento a livello nazionale, federale, regionale, locale nel quadro delle attività internazionali sia importante, ma reputa che i principali soggetti competenti in questo campo debbano rimanere gli Stati membri (o le regioni responsabili della definizione e dell'attuazione della politica in materia); nel caso in cui vengano individuate priorità comuni in riferimento a paesi/regioni terzi, risulta evidente il valore aggiunto di iniziative congiunte e coordinate a livello UE;

30.

giudica importante disporre di un approccio strategico corredato di tabelle di marcia pluriennali; ritiene però che tale quadro possa anche non essere eccessivamente rigido, bensì sufficientemente flessibile per consentire agli Stati membri o alle regioni di introdurre adeguamenti, debitamente giustificati, nell'allocazione delle risorse nazionali, federali, regionali.

Sistemi di raccolta delle informazioni

31.

chiede di essere tenuto informato in merito al sistema proposto per la raccolta delle informazioni, che potrebbe essere utilizzato come fonte di contributi ai programmi strategici in materia di ricerca e innovazione nel quadro della specializzazione intelligente, ed eventualmente esservi coinvolto;

32.

riconosce che la specializzazione scientifica a livello mondiale e la qualità associata a tale specializzazione offrono opportunità di cooperazione internazionale basate sulle complementarità, e apprezza il lavoro di mappatura dei punti forti e deboli in ambito scientifico a livello sovranazionale presentati nella comunicazione;

33.

chiede che questa mappatura sia estesa anche al livello subnazionale, possibilmente partendo dai sistemi d'informazione esistenti; constata l'importanza degli scambi con i partner mondiali per quanto riguarda la configurazione e l'utilizzo di sistemi d'informazione come ad esempio l'ERA-Watch europeo e le banche dati nordamericane come STAR Metrics, COMETS e ORCID;

34.

riconosce il potenziale di tali sistemi d'informazione per l'individuazione dei vantaggi (tecnologici) comparati e per il contributo alla definizione di strategie di specializzazione intelligenti riguardanti le sinergie, le complementarità e i partenariati; per le regioni interessate alla cooperazione con regioni e paesi non UE, tali informazioni possono fornire un contributo importante per la definizione di strategie di specializzazione intelligenti;

35.

fa presente l'importante contributo che possono offrire reti europee interconnesse, che si comportino come un'unica comunità collegata in rete e le cui prestazioni vengano costantemente migliorate tramite valutazioni inter pares, apprendimento comparativo, un'analisi comparativa permanente e la mappatura geografica dell'innovazione in Europa.

Altre questioni generali di rilevanza regionale

36.

valuta positivamente la proposta di concentrarsi su tematiche in merito alle quali la cooperazione internazionale può fare la differenza in positivo, in particolare nel quadro di infrastrutture di ricerca globali. Altri ambiti di rilievo per le attività di ricerca e innovazione dell'UE in campo internazionale sono la «diplomazia della scienza» e le specializzazioni;

37.

sottolinea che i modelli di collaborazione globali basati sull'innovazione aperta, Internet, le reti sociali online, i raggruppamenti, le attività internazionali congiunte, le piattaforme tecnologiche condivise, i laboratori viventi (living labs) e le iniziative comunitarie collaborative sono strumenti preziosissimi per realizzare attività in campo internazionale improntate a principi di apertura e collaborazione.

Infrastrutture di ricerca

38.

concorda sul fatto che lo sviluppo di infrastrutture strategiche di ricerca comporta per sua stessa natura una dimensione di collaborazione internazionale. È di fondamentale importanza realizzare infrastrutture (materiali e immateriali) omogenee per incrementare il potenziale di innovazione dei territori a livello mondiale;

39.

pone l'accento sulla rilevanza regionale e i significativi benefici (potenziali) delle infrastrutture di ricerca, comprese quelle elettroniche, le quali, a prescindere dal paese di appartenenza e dalla loro ubicazione, mettono a disposizione gli strumenti (risorse informatiche e di comunicazione dalle prestazioni elevate, strumenti remoti e set di dati) necessari per attuare una collaborazione di eccellente qualità nel campo della ricerca e dell'innovazione;

40.

ricorda che le infrastrutture elettroniche globali sono una delle componenti fondamentali di uno Spazio europeo della ricerca digitale aperto al resto del mondo, per la loro capacità di contribuire ad affrontare le sfide globali nel campo della ricerca;

41.

raccomanda che l'elaborazione della tabella di marcia dell'ESFRI (European Strategic Forum for Research Infrastructures = Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca) avvenga in consultazione con gli enti regionali e locali.

Diplomazia della scienza

42.

riconosce l'importanza della cooperazione internazionale nel campo della ricerca e dell'innovazione in quanto strumento di soft power (potere di persuasione) e meccanismo per migliorare le relazioni con paesi e regioni strategici;

43.

sottolinea il ruolo della «diplomazia della scienza», in particolare al fine di assicurare una dimensione locale e regionale nella nuova politica europea di vicinato, ma la cui portata non è necessariamente limitata a questo solo aspetto. La stipula di partenariati biregionali in campo scientifico e tecnologico con paesi in via di sviluppo può essere complementare alle politiche e agli strumenti per l'azione esterna dell'UE, consentendo di costruire partenariati per uno sviluppo sostenibile capaci di affrontare le sfide globali;

44.

fa presente che la cooperazione internazionale con i paesi industrializzati e le economie emergenti nel settore della ricerca e innovazione può creare opportunità commerciali e aprire nuovi mercati sia per le imprese che per gli attori locali e regionali. La banca dati di ERA-Watch, che contiene informazioni suddivise per paese sull'internazionalizzazione della cooperazione in campo scientifico e tecnologico, può essere utile alle regioni europee per definire i temi idonei nel settore della ricerca e innovazione e per individuare le regioni di paesi terzi che offrono potenzialità per una collaborazione reciprocamente vantaggiosa in questo campo.

Specializzazione

45.

ricorda che la specializzazione scientifica può servire a creare opportunità di cooperazione internazionale basate sulle complementarità;

46.

sottolinea che la dimensione internazionale delle strategie di specializzazione intelligente (S3) è di cruciale importanza, poiché rappresenta un volano essenziale per nuovi investimenti e opportunità sia per le regioni europee che per i paesi terzi.

Sfide globali per la società

47.

riconosce l'importanza della collaborazione a livello mondiale nei settori della scienza e dell'innovazione, come pure la capacità del programma Orizzonte 2020 di creare le condizioni per una risposta scientifica efficace alle sfide globali;

48.

insiste sull'importante contributo che le regioni possono fornire per affrontare i problemi della società tramite politiche, programmi coordinati e attività congiunte elaborati in sinergia con gli strumenti nazionali ed europei in materia di azione esterna;

49.

ricorda l'importanza degli enti regionali e locali quali attori cruciali per la realizzazione di ecosistemi della ricerca e dell'innovazione efficaci ed efficienti, al cui interno i raggruppamenti e le migliori competenze dell'UE (università locali, industria, PMI, agenzie regionali responsabili per la ricerca/lo sviluppo, ecc.) possono essere il motore di un'innovazione orientata alla domanda e alle opportunità, capace di trovare delle soluzioni a problemi concreti e di affrontare le principali sfide sociali a livello internazionale.

Bruxelles, 12 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/51


Parere del Comitato delle regioni «Ripensare l'istruzione»

2013/C 139/10

IL COMITATO DELLE REGIONI

appoggia la richiesta di intensificare gli sforzi per lo sviluppo di abilità trasversali, in particolare imprenditoriali;

considera essenziale costruire dei «ponti» tra l'apprendimento informale e non formale e l'istruzione formale. Troppo spesso lo sviluppo del curricolo secondario si concentra sull'acquisizione di informazioni anziché sul miglioramento della comprensione, l'apprendimento di abilità fondamentali e lo sviluppo delle competenze necessarie per affrontare e farsi strada nel mondo attuale;

ritiene fondamentale, nell'attuale clima economico, riconoscere l'importanza di combinare investimenti pubblici e privati nel campo dell'istruzione e della formazione. Attuare politiche che siano pienamente inclusive non è solo importante: è addirittura essenziale;

sottolinea che, per quanto attiene al multilinguismo e all'alfabetizzazione mediatica, la specificità delle esigenze didattiche e la rapida evoluzione dei percorsi formativi richiedono investimenti in strumenti pedagogici, partenariati più ampi e una vigilanza costante. Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno dischiuso un enorme potenziale di miglioramento dei risultati dell'istruzione;

apprezza l'intento della Commissione di continuare a cooperare con gli attori interessati, in un impulso concertato di riforma, per portare avanti la strategia proposta per «ripensare l'istruzione», e ribadisce il proprio interesse a continuare a lavorare insieme a tale istituzione e agli altri partner in questo campo.

Relatrice

Fiona O'LOUGHLIN (IE/ALDE), membro del consiglio della contea di Kildare e della Mid-East Regional Authority

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Ripensare l'istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici

COM(2012) 669 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Contesto generale

1.

accoglie con favore la comunicazione «Ripensare l'istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici» (1), in quanto contribuisce in modo valido e tempestivo a lanciare un nuovo processo di sviluppo di sistemi d'istruzione e formazione moderni ed efficaci;

2.

ritiene tuttavia che il titolo «Ripensare l'istruzione» meriti una portata più ampia di quella enunciata nella comunicazione: esso non dovrebbe infatti trascurare gli obiettivi di cittadinanza attiva, sviluppo personale e benessere, sebbene occorra migliorare le abilità funzionali all'occupabilità e alla crescita, e come mezzo per affrontare le sfide del XXI secolo, quali i cambiamenti climatici, l'invecchiamento demografico o le migrazioni;

3.

sottolinea che il pacchetto di misure proposto nella comunicazione fissa le priorità strategiche dei sistemi d'istruzione e formazione (nel cui ambito anche l'educazione deve costituire parte integrante della formazione dei giovani) per gli anni a venire, spingendo gli Stati membri a prestare una rinnovata attenzione ai seguenti aspetti:

QUALITÀ (le competenze necessarie per il lavoro),

ACCESSIBILITÀ (quali riforme aumenteranno l'efficienza e l'inclusività dell'istruzione e contribuiranno all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita), e

FINANZIAMENTI (con quali risorse e con quali interlocutori dovranno essere realizzate le riforme), riguardo alle misure necessarie a liberare il potenziale dei sistemi d'istruzione e formazione quali fattori di crescita e occupazione giovanile. Tali aspetti sono in linea con le raccomandazioni specifiche per paese formulate nell'ambito del semestre europeo;

4.

dà atto degli sforzi compiuti dalla Commissione per dare un senso nuovo e più incisivo ai concetti di formazione imprenditoriale e professionale, nonché della sua esortazione a promuovere investimenti sostenibili nei campi dell'istruzione e della formazione per rispondere alle sfide poste dall'economia globale e dal mutare della domanda di competenze, generando così crescita e occupazione;

5.

evidenzia che la comunicazione in esame sollecita un cambiamento radicale d'impostazione nel campo dell'istruzione, che deve essere maggiormente incentrata sui «risultati dell'apprendimento», ossia le conoscenze, le abilità e le competenze acquisite dagli studenti. Sottolinea la funzione fondamentale dell'istruzione in termini di motivazione e di contenuto: creare le premesse di un apprendimento permanente;

6.

reputa che il tempo trascorso a scuola non costituisca un parametro di valutazione adeguato. Contenuti didattici interessanti e pertinenti, nonché un ambiente e delle modalità di apprendimento motivanti ed efficaci risultano molto più importanti della durata della formazione. Sottolinea inoltre la necessità di migliorare ancora in modo significativo le abilità di base in tema di lettura, scrittura e calcolo, comprese le nozioni di base in campo finanziario e le competenze informatiche, nonché sviluppare e rafforzare le abilità imprenditoriali e lo spirito d'iniziativa. E risulta evidente la necessità di analizzare e studiare la distribuzione e il carico orari dei programmi di studio nei sistemi di istruzione europei, al fine di ottimizzare tali elementi in termini di rendimento scolastico reale dell'alunno;

7.

condivide la strategia sulle competenze lanciata dall'OCSE il 21 maggio 2012, secondo cui esse sono diventate la «moneta globale» del XXI secolo. Senza investimenti adeguati nelle competenze, le persone languono ai margini della società, il progresso tecnologico non si traduce in crescita economica e i paesi non sono più in grado di competere in una società globale che si basa sempre più sulla conoscenza. Tuttavia, si tratta di una «moneta» il cui valore dipende dalla sua utilità e dalle sue potenzialità di sviluppo, e che va svalutandosi man mano che mutano le esigenze dei mercati del lavoro e le persone perdono le competenze che non utilizzano più o non riescono ad acquisirne di nuove in un processo di apprendimento lungo tutto l'arco della vita;

8.

richiama l'attenzione sul fatto che neppure le competenze si traducono necessariamente in crescita e in posti di lavoro. La strategia dell'OCSE incita a promuovere l'equità nelle opportunità formative. L'istruzione e la formazione, infatti, possono contribuire a colmare le diseguaglianze che oggi vanno allargandosi in molti aspetti della vita. Il Comitato ritiene pertanto che rendere più equo lo sviluppo delle abilità sia tanto giusto sul piano sociale quanto efficiente su quello economico. Inoltre, studi comparativi condotti in tutti i paesi dell'OCSE confermano da tempo che l'equità e la qualità dell'istruzione non si escludono a vicenda, ma che, al contrario, i sistemi di istruzione che danno migliori risultati sono proprio quelli che coniugano queste due caratteristiche;

9.

sottolinea il valore della prospettiva «di sistema» applicata da questo parere all'istruzione e alla formazione, e reputa importante mettere in luce l'utilità dei dati raccolti sulle relative politiche e degli esempi di buone prassi al fine di elaborare le azioni da proporre e le riforme necessarie per rendere tali sistemi più efficienti, flessibili e pertinenti. Nel contempo, sottolinea l'ampiezza dei compiti dell'istruzione e della formazione, il ruolo di tali attività ai fini dell'inclusione sociale e l'esigenza che esse ottengano sostegno a tutti i livelli (UE, nazionale, locale e regionale).

Costruzione di abilità per il xxi secolo

10.

appoggia la richiesta di intensificare gli sforzi per lo sviluppo di abilità trasversali, in particolare imprenditoriali; e reputa che, pur dovendosi compiere ogni sforzo per soddisfare la forte domanda di abilità nell'area STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e in quella della ricerca e dell'innovazione, il primo passo debba essere quello di assicurarsi che le capacità fondamentali o di base - comprese le competenze informatiche e le nozioni di base in campo finanziario - siano acquisite da tutti. È indispensabile inserire, nei programmi di studio di tutti i sistemi di istruzione europei, l'apprendimento delle abilità imprenditoriali, molte delle quali sono strettamente connesse con le abilità e competenze emotive;

11.

sottolinea che l'istruzione di ogni livello dovrebbe ricorre in misura molto maggiore all'apprendimento di squadra, di gruppo e di rete, perché la vita lavorativa consiste solo in piccola parte nello svolgere mansioni e risolvere problemi da soli. In ogni attività il buon funzionamento del gruppo si basa sempre sul fatto che le competenze, le capacità e la personalità dei suoi componenti si conciliano e si integrano a vicenda;

12.

concorda sulla necessità di valorizzare l'istruzione e la formazione professionali (IFP) in quanto parte integrante del sistema di istruzione, e in particolare del sistema duale comprendente l'apprendimento basato sul lavoro. I paesi con sistemi duali altamente sviluppati tendono infatti ad avere migliori risultati in termini di occupazione giovanile. Tuttavia, in oltre metà degli Stati membri meno del 50 % dei discenti è impegnato in qualche forma di IFP. Gli Stati membri sono pertanto invitati a promuovere l'eccellenza nell'ambito dell'IFP adeguando i contenuti didattici alle esigenze del mercato del lavoro locale, con un forte coinvolgimento delle imprese. I cicli di qualificazione brevi, ad esempio, possono risolvere i problemi legati alla scarsa corrispondenza tra qualifiche e posti di lavoro e contribuire realmente all'occupazione. Il CdR sottolinea che, nello sviluppare sistemi duali di IFP di qualità, bisognerebbe tenere conto delle specificità e dei bisogni di ciascun paese e/o regione; e raccomanda inoltre di lanciare programmi pilota volti a rafforzare i sistemi d'istruzione nei paesi con un sistema duale poco sviluppato, in modo da promuovere gli apprendistati e collegare meglio la formazione professionale all'ambiente lavorativo;

13.

si compiace del fatto che la necessità di una strategia per la formazione imprenditoriale a livelli istituzionali sia stata debitamente riconosciuta dal Consiglio dei ministri UE dell'istruzione del 15 febbraio 2013, e si aspetta che ciò si traduca presto in azioni concrete da parte degli Stati membri;

14.

riconosce l'importanza di sviluppare e attuare sistemi di formazione imprenditoriale in tutta Europa. Ritiene che occorrerebbe concentrarsi in particolare sul superamento delle disparità e delle differenze sostanziali nello sviluppo di tali sistemi, evidenziate dall'indagine del 2008 sull'imprenditorialità nell'istruzione superiore e confermate dal simposio di alto livello svoltosi a Budapest nel 2011;

15.

sottolinea che l'accesso degli studenti alla formazione imprenditoriale non è affatto una costante, e viene spesso determinato a livello istituzionale. Considera i docenti e gli educatori dei «moltiplicatori» importanti, ma nel contempo ritiene necessario porre rimedio, nei limiti delle possibilità del sistema scolastico, all'attuale incomprensione di ciò che tale formazione comporta e dei modi in cui può essere impartita; ritiene dunque che gli Stati membri, in coordinamento con gli istituti d'istruzione e con gli organi competenti in materia di sostegno all'imprenditoria, dovrebbero inserire nozioni di educazione all'imprenditoria nel contenuto dei programmi dell'istruzione primaria, della formazione professionale e dell'istruzione superiore;

16.

pone l'accento sull'importanza del quadro di riferimento europeo sulle competenze chiave, che ha riconosciuto il grande valore della formazione imprenditoriale; raccomanda pertanto di concentrarsi con particolare attenzione sulla formazione degli insegnanti, ma anche di promuovere ampiamente l'apprendimento informale tra imprenditori e studenti;

17.

invita gli attori della formazione locali e regionali e il sistema di istruzione a garantire un'offerta formativa più mirata (di apprendimento formale e non formale), che punti a insegnare a gruppi specifici di persone a diventare imprenditori o a sviluppare la loro impresa. Al riguardo, le buone pratiche delle Regioni imprenditoriali europee possono costituire una valida fonte di ispirazione. L'esempio del premio «Regione imprenditoriale europea», indetto dal Comitato delle regioni, dimostra infatti come le regioni siano in grado di sviluppare, a costi contenuti, strategie lungimiranti specificamente rivolte a rafforzare, specialmente nei giovani, le capacità imprenditoriali, contribuendo così a promuovere una nuova generazione di imprenditori e a creare posti di lavoro;

18.

mentre la padronanza di una lingua straniera è uno dei principali fattori determinanti dell'apprendimento e della mobilità professionale, come anche dell'occupabilità nazionale e internazionale, nella comunicazione in esame la Commissione giunge alla conclusione che «l'apprendimento delle lingue straniere in Europa produce risultati insufficienti»: solo 4 studenti su 10 raggiungono un livello di padronanza intermedio nella prima lingua straniera (equivalente alla capacità di sostenere una semplice conversazione). La mancanza di competenze linguistiche adeguate rappresenta pertanto un importante ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori e alla competitività internazionale delle imprese dell'UE. Questo fatto è particolarmente problematico nelle zone in cui i cittadini europei vivono in prossimità di una frontiera con un paese di lingua diversa. Si ritiene che l'apprendimento delle lingue sia molto più efficace in giovane età e, parimenti, la promozione della comprensione reciproca e lo sviluppo di un sentimento di cittadinanza europea richiedono contatti fin da un'età precoce;

19.

dà atto dei progressi già compiuti dai sistemi d'istruzione e formazione, ma reputa che, se si vuole che essi possano adempiere meglio la loro funzione di promozione della coesione sociale e territoriale e contribuire alla prosperità dell'Europa, occorra realizzare appieno il loro potenziale, ad esempio sfruttando le nuove opportunità offerte dalle TIC e dalle risorse educative aperte (OER - Open Educational Resources) nonché dall'innovazione aperta;

20.

ritiene fondamentale, nell'attuale clima economico, riconoscere l'importanza di combinare investimenti pubblici e privati nel campo dell'istruzione e della formazione. D'altra parte, sottolinea la necessità di prestare attenzione a evitare eventuali «effetti collaterali» indesiderati, come i possibili ostacoli all'accesso delle persone socialmente ed economicamente svantaggiate all'istruzione e alla formazione. Attuare politiche che siano pienamente inclusive non è solo importante: è addirittura essenziale;

21.

particolare attenzione viene rivolta alla lotta alla disoccupazione giovanile, e per affrontare questo problema vengono considerati essenziali quattro settori, nei quali gli Stati membri dovrebbero intensificare gli sforzi:

lo sviluppo di un'istruzione generale, continua e professionale di eccellenza, onde innalzare il livello delle conoscenze universitarie necessarie per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita e la qualità delle abilità professionali;

la promozione dell'apprendimento sul lavoro, anche con tirocini di qualità, periodi di apprendistato e modelli di apprendimento duale per agevolare il passaggio dallo studio al lavoro;

la promozione di partenariati fra istituzioni pubbliche e private (per garantire l'adeguatezza dei curricoli e delle abilità trasmesse);

la promozione della mobilità di tutti i giovani a fini di apprendimento, affinché questo sia accessibile a parità di condizioni indipendentemente dal luogo in cui essi vivono;

22.

accoglie con favore, a questo proposito, il Pacchetto sull'occupazione giovanile del dicembre 2012, comprendente la cosiddetta «Garanzia per i giovani», e la proposta del Consiglio europeo di un'«Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» (Youth Employment Initiative - YEI) con una dotazione di bilancio di 6 miliardi di euro (2014-2020) per le regioni in cui il tasso di disoccupazione giovanile supera il 25 %; sollecita la Commissione europea e gli Stati membri a lavorare insieme alle regioni per garantire l'effettiva complementarità e addizionalità dell'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile rispetto alle azioni di contrasto alla disoccupazione giovanile già intraprese a livello regionale e nazionale, nonché per dare attuazione concreta alla Garanzia per i giovani;

23.

ribadisce quindi l'invito rivolto agli Stati membri e, laddove opportuno, ai governi regionali, affinché, malgrado le pressioni sul bilancio, non mettano a rischio il futuro effettuando dei tagli in settori (quali l'istruzione e la formazione) che rivestono un'importanza fondamentale per la crescita di domani (2). Il semestre europeo potrebbe essere utilizzato per assicurarsi che i tagli non colpiscano questi settori, essenziali per l'attuazione della strategia Europa 2020; il Comitato insiste sul fatto che gli Stati membri attualmente soggetti a forti vincoli di bilancio non devono essere lasciati indietro.

Stimolare l'apprendimento aperto e flessibile

24.

considera essenziale costruire dei «ponti» tra l'apprendimento informale e non formale e l'istruzione formale. Troppo spesso lo sviluppo del curricolo secondario si concentra sull'acquisizione di informazioni anziché sul miglioramento della comprensione, l'apprendimento di abilità fondamentali e lo sviluppo delle competenze necessarie per affrontare e farsi strada nel mondo attuale. Il Comitato rammenta che l'elaborazione e la configurazione concrete dei curricoli, così come la strutturazione e il finanziamento dell'istruzione, rientrano tra le competenze degli Stati membri;

25.

chiede che, nel ripensare l'istruzione e la formazione, si mettano al centro proprio queste abilità fondamentali: «pensare creativo», comunicare, elaborare informazioni, sapersi valutare e gestire, ponendosi degli obiettivi e realizzandoli, e saper lavorare insieme agli altri. Queste abilità fondamentali integrano e facilitano l'acquisizione delle otto competenze chiave per l'apprendimento permanente (3);

26.

sottolinea che, per rispondere a una domanda formativa in rapido mutamento, oggi i docenti, i loro formatori e i dirigenti scolastici devono acquisire e sviluppare tutta una serie di nuove competenze. È necessario e urgente fare di più per individuare i modi di rendere più moderni i metodi didattici, garantire l'aggiornamento dei docenti e riconoscere e promuovere l'insegnamento di alta qualità, fermo restando il fatto che lo sviluppo di un quadro di competenze per gli insegnanti rientra nei compiti degli Stati membri;

27.

sottolinea l'importanza di sviluppare le abilità di base appropriate, assicurandosi fin dall'inizio l'impegno dei docenti a dare la priorità alla loro acquisizione e la partecipazione e il sostegno attivo della comunità locale all'integrazione sociale delle persone che, ad esempio, sono socialmente svantaggiate o hanno un retroterra culturale e/o un bagaglio formativo diverso. Nel contempo, occorre anche garantire un buon collegamento con l'ambiente imprenditoriale e, se necessario, attivare misure di sostegno psicopedagogico;

28.

sottolinea che, per quanto attiene al multilinguismo e all'alfabetizzazione mediatica, la specificità delle esigenze didattiche e la rapida evoluzione dei percorsi formativi richiedono investimenti in strumenti pedagogici, partenariati più ampi e una vigilanza costante. Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno dischiuso un enorme potenziale di miglioramento dei risultati dell'istruzione. In alcuni casi, l'uso di determinati strumenti pedagogici e ausili didattici come le simulazioni e i giochi potrebbe consentire di ottenere risultati di gran lunga migliori rispetto all'insegnamento basato esclusivamente sulle lezioni e sul tradizionale materiale illustrativo. Invita pertanto gli enti locali e regionali a stabilire collegamenti e quadri di cooperazione con le imprese e le università presenti nel territorio e a coinvolgere la comunità locale, in modo da comprendere meglio le esigenze locali, rendere più probabile l'assunzione dei tirocinanti e garantire l'aggiornamento professionale dei docenti;

29.

riconosce il valido contributo che il processo in corso volto a sviluppare la dimensione europea nello sport sta dando al conseguimento degli obiettivi strategici dell'UE, in particolare di quelli definiti dalla strategia Europa 2020, come pure all'apertura di opportunità per creare posti di lavoro sostenibili, specialmente per i giovani;

30.

sottolinea altresì la funzione sociale ed educativa dello sport come fattore importante per accrescere l'efficacia dell'apprendimento e rafforzare le capacità intellettive, nonché per aumentare il benessere fisico delle persone, migliorare globalmente la loro qualità della vita e favorire l'integrazione armoniosa della società tramite la promozione dei valori di tolleranza, correttezza e cooperazione;

31.

avverte che, mentre tutto sembra indicare la necessità di riorientare l'istruzione verso lo sviluppo di abilità trasversali, di fatto la pratica corrente consiste nel muoversi in direzione opposta. Reputa che, se si vogliono rimodellare i sistemi di istruzione in modo che forniscano abilità utili nel mondo del lavoro, allora i principali ostacoli da sormontare riguardano l'impiego di verifiche standardizzate in tutta l'UE nonché lo sviluppo e l'applicazione di processi di insegnamento, simulatori di apprendimento, «fabbriche di apprendimento» e di altri strumenti equivalenti. Si tratta di questioni che devono assolutamente essere affrontate. Sviluppare e acquisire le necessarie attrezzature richiede spesso investimenti rilevanti, ma che, se effettuati in maniera strutturata, apportano benefici sostanziali;

32.

apprezza l'attenzione specifica dedicata ai risultati dell'apprendimento, e sottolinea l'importanza di garantire un equilibrio tra la flessibilità e l'autonomia con la trasferibilità e il riconoscimento reciproco delle qualifiche in tutte le regioni e i paesi d'Europa; guarda quindi con interesse alla rapida attuazione di uno «spazio europeo delle abilità e delle qualifiche». Fa tuttavia osservare che il quadro europeo delle qualifiche, ad esempio, non fa sorgere alcun diritto al riconoscimento; e, in tale contesto, mette in guardia da una possibile confusione tra strumenti di trasparenza e strumenti di riconoscimento, ravvisabile nella «possibilità di un agevole riconoscimento transfrontaliero delle abilità e delle qualifiche» auspicata dalla Commissione;

33.

ribadisce la propria ferma convinzione che l'UE debba non solo accrescere il tasso di partecipazione all'istruzione e alla formazione, ma anche attirare fasce sociali più ampie, comprese le categorie più deboli e svantaggiate (4), e mobilitare tutte le risorse necessarie per raccogliere questa sfida.

Promuovere uno sforzo di collaborazione

34.

sottolinea l'importanza di adottare fin dall'inizio, nel processo di attuazione, una strategia concertata orizzontalmente e sostenibile che assicuri anche le sinergie necessarie tra tutte le iniziative faro pertinenti della strategia Europa 2020, e in particolare tra «Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione», «Gioventù in movimento», «L'Unione dell'innovazione» e «Un'agenda digitale europea»;

35.

rammenta che gli enti locali e regionali hanno già contribuito ampiamente a conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020, e reputa importante, affinché tale strategia realizzi davvero le sue promesse, che i programmi nazionali di riforma vengano attuati in partenariato tra diversi livelli di governo; sottolinea che gli enti locali e regionali si trovano in una posizione ideale per dare un contributo sostanziale al conseguimento di tali obiettivi, agevolando la creazione di condizioni favorevoli, garantendo un'efficace comunicazione e diffusione delle informazioni tramite le loro reti e fornendo i dati necessari alla pianificazione e allo sviluppo strategici futuri;

36.

sottolinea l'importanza di un contesto generale di sostegno, in particolare per le persone più deboli e svantaggiate, nonché la necessità di azioni coerenti a lungo termine, che coinvolgano gli enti locali e regionali e raggiungano anche le scuole situate in zone geograficamente e socialmente svantaggiate, per migliorare la qualità dell'insegnamento e i risultati dell'apprendimento nonché dare ai giovani l'opportunità di nutrire e coltivare maggiori ambizioni;

37.

osserva che gli enti locali e regionali hanno responsabilità cruciali nel campo della politica dell'istruzione e della formazione e svolgono un ruolo importante nelle politiche per la gioventù e l'occupazione. In un'ottica di sviluppo delle competenze trasversali, è importante incoraggiare, nell'ambito del sistema dell'istruzione, le attitudini e capacità dei giovani connesse al lavoro autonomo, sviluppando in loro qualità personali come la creatività, la responsabilità, la propensione al rischio, l'abilità nel risolvere problemi e la capacità di lavorare in équipe;

38.

appoggia la duplice impostazione proposta nella comunicazione in esame «Priorità per gli Stati membri», e nel contempo «Coordinamento e contributi a livello europeo». Sottolinea al tempo stesso la necessità di azioni e misure appropriate e proporzionate a livello nazionale, regionale ed europeo, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà, che riguardino sia il livello formale che quelli informale e non formale e coinvolgano l'istruzione, le famiglie e la comunità, con partenariati non solo tra scuole e imprese, ma anche con ONG e altre organizzazioni della società civile;

39.

sottolinea il ruolo cruciale svolto dagli enti locali e regionali nel campo dell'istruzione e nella formazione, nonché il valore aggiunto che essi apportano sia in quanto attori che come interfacce tra la sfera dell'apprendimento e quella del lavoro, e insiste sulla necessità di colmare i divari tra le regioni, comprese quelle periferiche e ultraperiferiche, e rendere più incisive le attività degli istituti di istruzione e formazione regionali; sottolinea che i governi regionali, gli istituti di istruzione e formazione, altre istituzioni scolastiche e i principali soggetti interessati dell'economia e della società potrebbero collaborare in modo proficuo per definire insieme, a livello regionale, obiettivi, politiche e priorità riguardanti lo sviluppo del capitale umano. Si dovrebbero rafforzare i sistemi di incentivi volti a incoraggiare gli istituti di istruzione e formazione e le persone che vi lavorano ad impegnarsi in attività che favoriscano lo sviluppo regionale e locale e le iniziative imprenditoriali;

40.

rammenta che è proprio a livello subnazionale che si possono ottenere le informazioni più accurate e tempestive sui mercati regionali del lavoro, e che gli enti locali e regionali possono svolgere un importante ruolo di individuazione degli squilibri fra domanda e offerta formative, offrendo programmi appropriati di riqualificazione e formazione professionale e incentivando gli investimenti in risposta alla domanda locale;

41.

fa notare che le probabilità di successo aumentano se questo contesto di cooperazione viene concepito come un circolo virtuoso in cui la formazione impartita non prescinde dalle esigenze concrete dell'industria e/o del commercio attuali. Gli istituti di formazione collaborano strettamente con il settore privato, creando sinergie e meccanismi di feedback, e le abilità degli studenti e degli adulti migliorate dalla formazione vengono reinvestite nella riqualificazione del territorio. Per quanto concerne gli scolari, il miglioramento a lungo termine del livello di imprenditorialità potrebbe assumere la forma specifica dello sviluppo di una «attitudine imprenditoriale»;

42.

reputa che siano le esperienze creative e collaborative di lungo termine a far sviluppare ai giovani una vastissima gamma di abilità fondamentali per diventare imprenditori;

43.

ribadisce il suo appoggio allo sviluppo di programmi di formazione professionale volti a consentire veramente il passaggio dall'istruzione professionale a quella universitaria; e appoggia le misure intese ad allineare le politiche in materia di IFP (segnatamente per la «specializzazione intelligente» e l'imprenditorialità giovanile) alle strategie di sviluppo economico regionale e locale, e a sviluppare partenariati tra istruzione, impresa e ricerca;

44.

osserva che in alcuni Stati membri l'istruzione professionale può ancora essere oggetto di stigmatizzazione ed essere considerata inferiore a quella universitaria. Si tratta di un problema che dovrà essere affrontato in relazione a qualsiasi azione futura in questo campo. Il sistema di apprendimento personalizzato sviluppato negli anni novanta a Poitiers (Francia) rappresenta una tappa ulteriore nella direzione giusta: in esso, infatti, i discenti sono considerati individualmente, per cui il loro piano di apprendimento viene definito in funzione delle loro esigenze specifiche. Oltre a ciò, diviene sempre più importante elaborare programmi di apprendimento di squadra e di comunità. Il CdR sottolinea che occorre sì rendere l'istruzione superiore più pertinente in relazione al mercato del lavoro, ma anche migliorare l'IFP, e incoraggia a coinvolgere i datori di lavoro e le istituzioni di tale mercato nella concezione e nell'attuazione dei programmi. In sintesi, chi riceve un'istruzione professionale deve poterne trarre dei vantaggi tangibili rispetto ad altri tipi di istruzione, ad esempio in termini di possibilità di sviluppo delle proprie competenze, in modo che seguire una formazione professionale non significhi limitare o precludere le proprie possibilità di andare avanti;

45.

chiede che i suddetti sforzi siano compiuti congiuntamente con gli enti locali e regionali, poiché spesso è proprio a livello territoriale che iniziano a scorgersi le nuove tendenze in fatto di competenze professionali e posti di lavoro. Sottolinea l'impegno del Comitato a contribuire all'allineamento delle politiche per l'IFP alle strategie di sviluppo economico regionale e locale, in particolare riguardo alla specializzazione intelligente;

46.

sottolinea che bisognerebbe sfruttare appieno il potenziale europeo per lo sviluppo di piattaforme di supporto informatico e servizi TIC nei settori pubblico e privato, anche nei campi dell'istruzione e della formazione. I partenariati pubblico-privati, sostenuti dall'UE, tra enti locali e regionali e PMI impegnate nello sviluppo delle TIC nel campo dei servizi pubblici basati su tali tecnologie, possono costituire una base eccellente per costruire competenze e conoscenze locali in tutta l'Unione. Il Comitato mette in rilievo il potenziale di ulteriore sviluppo offerto in questo campo dalla realizzazione di centri regionali per le TIC, progetti di campus virtuali o centri di formazione «multimedia»;

47.

garantire una formazione che sviluppi abilità è un obiettivo lodevole. Tuttavia, occorre fare attenzione a non ravvisare nell'investimento in istruzione solo un mezzo per accrescere la produttività economica in Europa: un approccio di questo tipo, infatti, finendo per considerare i giovani delle proto-unità economiche, definite solo dalla loro capacità di contribuire all'economia generale, potrebbe indebolire la loro salute mentale. In quest'ottica, occorre sostenere anche e soprattutto investimenti analoghi nella creatività, nelle «competenze per la vita» (life skills), nelle abilità trasversali, nella cultura e nelle abilità cinestetiche dei giovani. I benefici pubblici e privati dell'istruzione vanno al di là della mera sfera economica: per esempio, livelli più elevati di istruzione sono associati a una maggiore aspettativa di vita, a più alti tassi di partecipazione elettorale e ad atteggiamenti più favorevoli all'uguaglianza di diritti per le minoranze etniche;

48.

in linea con i principi di sussidiarietà e proporzionalità, le misure o azioni concrete proposte o adottate a livello dell'UE dovrebbero concentrarsi sui settori con una forte dimensione europea, o che presentano aspetti transnazionali che non possono essere disciplinati in modo appropriato esclusivamente dagli Stati membri e/o dagli enti regionali e locali;

49.

sottolinea la necessità di finanziamenti e spese intelligenti, efficienti e innovativi per l'istruzione e la formazione, in modo che in futuro esse rispondano meglio alla domanda di espansione e sostituzione con professioni ad alto tasso di competenze (skill intensive), nonché al fine di sostenere la crescita e l'occupazione giovanile, e insiste sull'opportunità che lo sviluppo delle politiche e l'attuazione dei programmi passino attraverso gli organismi locali democraticamente eletti esistenti. La conoscenza del territorio e la responsabilità democratica, infatti, migliorano i meccanismi di gestione per i partenariati tra università, imprese ed enti locali, il che consentirà di definire delle priorità e assegnare delle responsabilità a livello locale in modo strettamente conforme al principio di sussidiarietà;

50.

sottolinea i vantaggi derivanti dalla creazione di robusti partenariati locali, che adottano una visione «di sistema» e integrano le diverse opportunità di finanziamento in un'unica strategia locale o regionale. Strategia che potrebbe prendere in considerazione una serie di opzioni politiche diverse per l'attuazione a livello locale e regionale:

sviluppare la raccolta di informazioni funzionali all'intervento strategico, al fine di individuare e monitorare costantemente l'adattabilità, le esigenze e la qualità della forza lavoro locale (ad esempio tramite un osservatorio delle competenze);

cooperare con il mondo delle imprese per progettare una formazione professionale adatta alle esigenze del mercato e configurarla in funzione del mondo delle imprese;

cooperare con gli attori locali (dell'istruzione e della formazione), ad esempio per incentivare centri di istruzione e formazione locali e agenzie di collocamento locali a introdurre nuove tecniche di teledidattica (e-learning), migliorare l'alfabetizzazione mediatica e il multilinguismo e offrire pari opportunità di impiego alle persone socialmente svantaggiate;

cooperare con le imprese e con i diversi settori dell'istruzione (da quella primaria a quella superiore) al fine di garantire un processo continuo di apprendimento delle lingue, la scelta delle quali può anche essere basata sulle necessità individuate dagli enti locali e regionali di comune accordo con il mondo delle imprese;

cercare attivamente sostegno anche al di là dei confini di una singola regione, unendo le forze con le regioni che devono affrontare problemi analoghi e utilizzando i fondi dell'UE.

Qualsiasi strategia di questo tipo dovrebbe essere radicata saldamente nei tre grandi obiettivi generali in materia di istruzione e formazione: puntare all'eccellenza, garantire l'accesso universale e ridurre l'abbandono scolastico;

51.

chiede che gli attori locali e regionali, compresi gli istituti di istruzione e formazione, siano sistematicamente e costantemente coinvolti nella piattaforma per la specializzazione intelligente e nell'elaborazione dei piani di sviluppo integrato locale o regionale;

52.

sottolinea l'importanza decisiva delle attività degli enti locali e regionali, e al tempo stesso attende con interesse che la Commissione europea presenti proposte più specifiche sui modi di colmare effettivamente il divario tra il potenziale delle TIC e delle «risorse educative aperte» (Open Education Resources - OER) da un lato e i sistemi di istruzione e formazione esistenti dall'altro. Il Comitato riconosce che le risorse educative aperte possono integrare utilmente i materiali tradizionali. Si chiede però come si possa garantire in maniera soddisfacente, continuativa e globale la qualità dei contenuti di queste risorse, in modo tale che il loro impiego in classe possa produrre un valore aggiunto;

53.

il CdR reputa che si debba accordare maggiore importanza al ruolo peculiare che gli enti regionali e locali «svolgono, in qualità di datori di lavoro, fornitori di servizi e autorità di regolamentazione, nella promozione della crescita e della coesione e nel coordinamento dei partenariati strategici tra istituti di istruzione, agenzie per le imprese e imprese nelle rispettive regioni». Tali enti, in effetti, intervengono sempre di più nelle politiche in materia di istruzione; tuttavia, non esistono interventi «validi per ogni situazione» che possano garantire un migliore rendimento scolastico. Più precisamente, benché oggi si disponga di conoscenze sufficienti per guidare le decisioni in materia (le più importanti delle quali riguardano la qualità dei docenti, l'autonomia degli istituti, la capacità di inclusione e le risorse), le opzioni a disposizione degli enti locali e regionali dipendono dalle loro caratteristiche socioeconomiche e dalla loro autonomia nei confronti del sistema nazionale, nonché dai risultati già ottenuti (e dalla reputazione acquisita) nei campi dell'istruzione e della formazione;

54.

rammenta che sono gli enti locali e regionali ad avere un contatto diretto con le realtà del territorio e ad averne una migliore comprensione, nonché a trovarsi in una posizione particolarmente favorevole per contribuire allo sviluppo delle politiche e all'attuazione dei programmi, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà;

55.

apprezza l'intento della Commissione di continuare a cooperare con gli attori interessati, in un impulso concertato di riforma, per portare avanti la strategia proposta per «ripensare l'istruzione», e ribadisce il proprio interesse a continuare a lavorare insieme a tale istituzione e agli altri partner in questo campo. Questa cooperazione dovrebbe riguardare tutti i settori nei quali agli enti locali e regionali incombono specifiche responsabilità, compreso, fra gli altri, l'allineamento delle politiche in materia di IFP alle strategie di sviluppo economico regionale e locale, come già indicato nella comunicazione in esame.

Bruxelles, 12 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  COM(2012) 669 final.

(2)  CdR 290/2011.

(3)  Comunicazione nella madrelingua; comunicazione nelle lingue straniere; competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; competenza digitale; imparare a imparare; competenze sociali e civiche; spirito di iniziativa e imprenditorialità; consapevolezza ed espressione culturale.

(4)  CdR 290/2011.


III Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

100a sessione plenaria dell'11 e 12 aprile 2013

17.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 139/59


Parere del Comitato delle regioni «Fondo di aiuti europei agli indigenti»

2013/C 139/11

IL COMITATO DELLE REGIONI

ribadisce l'assoluta necessità di una strategia a livello europeo a favore dei cittadini indigenti nell'Unione per raggiungere l'obiettivo, stabilito dalla stessa UE nel quadro della strategia Europa 2020, di far uscire almeno 20 milioni di persone dalla povertà e dall'esclusione sociale entro il 2020;

riconosce la pertinenza del cambiamento di base giuridica del programma (art. 174 del TFUE), ma propone di ricorrere, a partire dal 2014, ad una doppia base giuridica, fondando lo strumento anche sull'art. 39 del TFUE in modo da preservare la continuità e il legame con gli obiettivi della politica agricola comune;

plaude all'intenzione della Commissione europea di andare al di là dell'obiettivo di base dell'attuale programma europeo di aiuti agli indigenti, ritenendo che combinando gli aiuti alimentari ai cittadini indigenti con gli interventi di sostegno per i senza tetto e per la povertà infantile, e coordinando tali misure con il Fondo sociale europeo, sia possibile agire in modo multifunzionale e intervenire simultaneamente contro le carenze che si registrano nel quadro di differenti esigenze di base;

si compiace del fatto che la proposta della Commissione offre agli enti regionali e locali la possibilità di svolgere un ruolo attivo nella distribuzione degli aiuti a coloro che ne hanno bisogno;

respinge il principio di una partecipazione volontaria degli Stati membri, poiché tale principio rischia di privare talune collettività territoriali dell'accesso al Fondo, senza alcun meccanismo di concertazione partecipativo e democratico a livello europeo o nazionale, e senza tenere conto delle sfide poste dalla lotta contro la povertà e l'esclusione a livello subnazionale;

ritiene che nelle regioni interessate dalla crisi economica e nelle regioni oggetto di interventi di coesione, il programma dovrebbe essere interamente finanziato con risorse dell'Unione, poiché ciò è giustificato nell'ottica della fondamentale coesione tra i cittadini, le regioni e i popoli d'Europa;

sottolinea che il finanziamento è troppo ridotto se gli stanziamenti vengono tagliati sensibilmente rispetto al livello attuale (del 30 % nella proposta della Commissione e addirittura del 40 % in quella del Consiglio); invita a mantenere il finanziamento quanto meno al livello attuale.

Relatore

Ossi MARTIKAINEN (FI/ALDE) presidente del consiglio comunale di Lapinlahti

Testo di riferimento

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo di aiuti europei agli indigenti

COM(2012) 617 final/2

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

ribadisce l'assoluta necessità di una strategia a livello europeo a favore dei cittadini indigenti nell'Unione per raggiungere l'obiettivo, stabilito dalla stessa UE nel quadro della strategia Europa 2020, di far uscire almeno 20 milioni di persone dalla povertà e dall'esclusione sociale entro il 2020. Questo traguardo appare oggi ancor più di attualità se si considera che nel 2011 119,6 milioni di persone erano a rischio di povertà o di esclusione sociale, cioè 6 milioni in più rispetto al 2009. Lo scostamento rispetto agli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020 rende ancora meno comprensibile la proposta del Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013 di ridurre di 1,0 miliardi di euro la dotazione destinata agli aiuti europei agli indigenti;

2.

riconosce la pertinenza del cambiamento di base giuridica del programma (art. 174 del TFUE), ma propone di ricorrere, a partire dal 2014, ad una doppia base giuridica, fondando lo strumento anche sull'art. 39 del TFUE in modo da preservare la continuità e il legame con gli obiettivi della politica agricola comune;

3.

sottolinea l'importanza del principio di sussidiarietà nella formulazione di una efficace strategia di aiuti alle persone indigenti;

4.

critica l'incoerenza tra la proposta della Commissione e la strategia Europa 2020, nella misura in cui tale proposta omette il riferimento all'indicatore del numero di persone a rischio di povertà, che è invece uno dei tre indicatori utilizzati dalla strategia Europa 2020 per valutare l'obiettivo europeo in materia di inclusione sociale e di lotta alla povertà;

5.

considera importante e comprensibile che la Commissione, da un lato, abbia proposto una nuova base giuridica che consente di evitare il conflitto constatato dalla Corte di giustizia riguardo all'acquisto di aiuti alimentari sul mercato e, dall'altro, abbia proposto di elaborare un nuovo programma, che prevede funzioni più ampie, e con il quale vengono create le condizioni per proseguire l'intervento di aiuto, migliorando al tempo stesso la sostenibilità e l'efficacia dei suoi risultati;

6.

ritiene che combinando gli aiuti alimentari ai cittadini indigenti con gli interventi di sostegno per i senza tetto e per la povertà infantile, e coordinando tali misure con il Fondo sociale europeo, sia possibile agire in modo multifunzionale e intervenire simultaneamente contro le carenze che si registrano nel quadro di differenti esigenze di base;

7.

plaude all'intenzione della Commissione europea di andare al di là dell'obiettivo di base dell'attuale programma europeo di aiuti agli indigenti, ma esprime il forte timore che l'estensione dell'elenco degli aspetti della povertà su cui dovrebbe intervenire il nuovo Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) non avrebbe altro effetto che di diluirne l'impatto finale, tanto più che, vista la posizione del Consiglio europeo, le risorse potrebbero subire un taglio di quasi il 30 % (3,5 miliardi di euro per il programma europeo di aiuti agli indigenti nel 2007-2013, e 2,5 miliardi di euro nel 2014-2020);

8.

ricorda che le procedure amministrative del Fondo sociale europeo sono in molti casi percepite come delle difficoltà dai soggetti coinvolti, e auspica che i nuovi strumenti rivolti a sopperire alle esigenze di base dei cittadini indigenti evitino regolamenti inutilmente dettagliati;

9.

ritiene che a causa tra l'altro del prolungarsi della crisi economica, lo strumento di aiuto agli indigenti non dovrebbe alimentarsi delle risorse del Fondo sociale europeo, bensì avrebbe bisogno di un proprio finanziamento, più a lungo termine, grazie all'assegnazione degli stanziamenti necessari a carico del capitolo 2 del quadro finanziario pluriennale;

10.

si compiace del fatto che la proposta della Commissione offre agli enti regionali e locali la possibilità di svolgere un ruolo attivo nella distribuzione degli aiuti a coloro che ne hanno bisogno e ritiene che tale ruolo attivo possa, dal canto suo, ridurre i vincoli e le procedure amministrative a livello nazionale e di UE, perché le amministrazioni locali e regionali usano, nel quadro della propria azione, procedure e norme di verifica ben sviluppate, basate sulla legislazione nazionale e dell'UE;

11.

ricorda che la strategia dell'OMS intitolata «Salute 21 - Salute per tutti nel XXI secolo» insiste sulla necessità e l'urgenza di ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche per migliorare la salute dell'intera collettività, e nel contempo chiede di adottare una serie di misure rivolte in particolare alle persone indigenti e in condizioni di salute precarie, di rimediare alle carenze dei servizi di assistenza sanitaria e di lottare contro le disuguaglianze in campo sanitario e sociale (punto II del preambolo della dichiarazione «Salute 21», adottata dall'OMS nella sua 51a sessione);

12.

nota che sebbene il programma di aiuto alimentare agli indigenti, nella sua forma attuale, si combini con altri strumenti di integrazione sociale e di solidarietà, il suo sfondo e la sua precedente attività nel quadro della politica agricola comune sono stati pienamente giustificati, perché in sostanza l'obiettivo della politica agricola comune è quello di garantire ai cittadini dell'Unione un approvvigionamento alimentare sufficiente e a prezzi accessibili (art. 39, paragrafo 1, lettera e)), nonché di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti (art. 39, paragrafo 1, lettera d));

13.

ritiene pertanto che anche nel quadro di nuovi programmi si debba mantenere la possibilità di impiegare le eccedenze della produzione agricola (scorte di intervento). Il ricorso a tali eccedenze, tuttavia, non dovrebbe essere dedotto dalla dotazione finanziaria del Fondo;

14.

considera importante che la legislazione proposta offra alla Commissione, alle autorità nazionali e agli enti regionali e locali una regolamentazione chiara e la possibilità di eliminare i difetti visibili, poiché è in questione la legittimità dell'Unione, e sotto il profilo della fiducia dei cittadini si tratta di un settore di intervento delicato, in merito alla cui necessità, al cui funzionamento e ai cui risultati vi sono nei vari Stati membri e nelle loro regioni concezioni differenti;

15.

respinge il principio di una partecipazione volontaria degli Stati membri, poiché tale principio rischia di privare talune collettività territoriali dell'accesso al Fondo, senza alcun meccanismo di concertazione partecipativo e democratico a livello europeo o nazionale, e senza tenere conto delle sfide poste dalla lotta contro la povertà e l'esclusione a livello subnazionale;

16.

ritiene che nelle regioni interessate dalla crisi economica e nelle regioni oggetto di interventi di coesione, il programma dovrebbe essere interamente finanziato con risorse dell'Unione;

17.

invita le istituzioni a tenere conto del fatto che il cofinanziamento potrebbe condurre a una mancata introduzione dello strumento in questione, malgrado il fatto che in numerose regioni la situazione economica e sociale lo renda necessario;

18.

invita, come già nel precedente parere, la Commissione a valutare in modo continuo l'adeguatezza degli stanziamenti destinati agli interventi previsti, e ricorda i propri dubbi che il precedente livello di finanziamento (500 milioni di euro all'anno) fosse insufficiente; adesso le esigenze sono per varie ragioni aumentate, motivo per cui il finanziamento è troppo ridotto se gli stanziamenti vengono tagliati sensibilmente rispetto al livello attuale (del 30 % nella proposta della Commissione e addirittura del 40 % in quella del Consiglio); invita a mantenere il finanziamento quanto meno al livello attuale.

Considerazioni e proposte politiche specifiche del Comitato

19.

osserva che un'alimentazione sufficiente, varia e sana figura tra i diritti fondamentali garantiti in numerosi trattati e dichiarazioni internazionali sui diritti umani, e che occorre assicurarne l'applicazione a tutti i livelli, a tutti i cittadini dell'Unione e a quanti vi risiedono;

20.

ricorda che le carenze alimentari cui devono far fronte i cittadini più svantaggiati sono dovute a vari fenomeni eterogenei ma collegati fra loro, quali:

la dinamica demografica e i mutamenti intervenuti a livello globale nei mercati agricoli e nella politica agricola e commerciale;

le carenze di funzionamento del mercato agricolo comune e la scarsa trasparenza della catena del valore nel settore alimentare;

la riduzione delle superfici adatte alle colture alimentari e il loro impiego eccessivo a fini di produzione energetica;

specifiche disposizioni dell'UE e impedimenti burocratici che ostacolano la produzione di derrate agricole per uso proprio o la loro commercializzazione su piccola scala;

le trasformazioni strutturali intervenute in numerose regioni rurali;

le ripercussioni della crisi economica sull'occupazione e sul potere d'acquisto dei cittadini;

la disoccupazione, e il conseguente aumento delle sacche di povertà costituite da famiglie e minori;

l'instabilità di regioni vicine all'Unione;

21.

osserva che per una risoluzione di tali problemi ampi e multiformi occorrono anche politiche e finanziamenti efficaci dell'Unione;

22.

osserva che garantire ai cittadini dell'Unione un'alimentazione sufficiente e varia deve continuare a essere una funzione di base della politica agricola comune; invita a riformare tale politica in modo da rendere trasparente la formazione dei prezzi sul mercato e da mantenere la vitalità della produzione agricola di base in tutto il territorio dell'Unione;

23.

osserva che, sebbene lo sviluppo dei mercati, l'evoluzione delle rese e i mutamenti dei consumi negli ultimi anni abbiano ridotto le eccedenze di prodotti agricoli, queste possono continuare ad accumularsi anche in futuro, e ai fini della legittimità dell'Unione sarebbe importante utilizzarle per aiutare gli indigenti;

24.

sottolinea che quanto affermato al punto 12 può essere giustificato menzionando il fatto che la politica agricola comune ha costituito sin dall'inizio una delle principali aree di intervento comune, e deve continuare ad essere tale. Includendola nella base giuridica del nuovo strumento (doppia base giuridica) si garantirebbe la prosecuzione nel lungo periodo degli aiuti destinati agli indigenti, malgrado il fatto che le attuali sfide possano gravare nel lungo periodo sul finanziamento delle altre politiche dell'Unione, come la coesione sociale;

25.

ricorda che la situazione socioeconomica delle regioni d'Europa varia anche all'interno di uno stesso Stato membro, e osserva che il programma proposto è necessario per integrare gli interventi eseguiti da ogni Stato membro e degli enti regionali e locali nell'ottica della coesione e della solidarietà europea; in tale contesto, il programma presentato è solidamente fondato sui valori comuni dell'Unione e sull'idea di base dell'integrazione europea;

26.

considera importante che vari obiettivi vengano riuniti nel quadro del nuovo fondo allo scopo di eliminare le cause della povertà e dell'emarginazione, perché la mancanza di un domicilio, l'alimentazione insufficiente e le carenze sociali delle famiglie con bambini si influenzano a vicenda. Il Comitato ricorda tuttavia che i programmi che hanno preceduto il nuovo strumento si sono concentrati sull'alimentazione, la cui carenza è palesemente ridiventata, in numerose regioni, un problema reale e a lungo termine. Pertanto il Comitato invita gli Stati membri e le regioni a dedicare particolare attenzione, nell'attuazione del programma, all'aiuto alimentare e, attraverso esso, all'assistenza ai cittadini anche attraverso misure e programmi volti a rimediare alla mancanza di alloggio e all'esclusione sociale;

27.

osserva che quanto esposto più in alto, nei punti 16-18 è giustificato da quanto segue:

il finanziamento a carico del bilancio comune del programma dedicato ai cittadini indigenti, nelle regioni maggiormente colpite, è giustificato nell'ottica della fondamentale coesione tra i cittadini, le regioni e i popoli d'Europa;

il cofinanziamento dello strumento proposto può essere considerato da due punti di vista; da una parte esso può in qualche caso rafforzare l'efficacia dei programmi e l'impegno degli enti nazionali e regionali; d'altra parte esso può ridurre la volontà di partecipare al programma e comportare per numerose regioni la diluzione di opportunità indispensabili. Il CdR sottolinea che nell'attuale situazione economica sussiste un rischio maggiore che si verifichi quest'ultima circostanza, e invita pertanto le istituzioni a riprendere in considerazione una quota di finanziamento pari all'85 %;

tagliare del 30-40 % gli stanziamenti sarebbe miope, perché il monitoraggio del programma di aiuti alimentari agli indigenti attuato negli anni precedenti e i resoconti delle riunioni delle parti interessate suggeriscono un fabbisogno finanziario di circa 680 milioni di euro all'anno, ossia un importo aggiuntivo approssimativamente pari ai tagli attualmente in discussione.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Preambolo

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 3,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 3, e l'articolo 39, paragrafo 1,

Motivazione

La motivazione figura ai punti 2 e 12 della prima parte del parere (Raccomandazioni politiche).

Emendamento 2

Considerando 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Al fine di definire un adeguato quadro finanziario, la Commissione deve stabilire, mediante atti di esecuzione, la ripartizione annuale delle risorse globali per Stato membro utilizzando un metodo obiettivo e trasparente che rifletta le disparità in termini di povertà e deprivazione materiale.

Al fine di definire un adeguato quadro finanziario, la Commissione deve stabilire, mediante atti di esecuzione, la ripartizione annuale delle risorse globali per Stato membro utilizzando un metodo obiettivo e trasparente che rifletta le disparità in termini di povertà e deprivazione materiale, compresa la soglia di povertà relativa.

Motivazione

Dato che la povertà relativa è un indicatore accolto dalla strategia Europa 2020 e impiegato da Eurostat, è opportuno farvi ricorso anche nel quadro del Fondo.

Emendamento 3

Nuovo considerando dopo il considerando 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Per rispondere nel modo più efficace e adeguato alle esigenze degli indigenti, e in linea con il quadro strategico comune, il principio di partenariato dovrebbe essere applicato in tutte le fasi del Fondo.

Emendamento 4

Considerando 35

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La frequenza dei controlli di audit sugli interventi deve essere proporzionale all'entità del sostegno dell'Unione erogato attraverso il Fondo. In particolare occorre ridurre il numero dei controlli di audit nei casi in cui la spesa totale ammissibile per un intervento non superi 100 000 EUR. Deve tuttavia essere possibile effettuare controlli di audit in qualsiasi momento ove emergano prove di irregolarità o frode o nell'ambito di un campione da sottoporre ad audit. Affinché il livello di controlli di audit effettuati dalla Commissione sia proporzionato al rischio, la Commissione deve avere la possibilità di ridurre le proprie attività di audit relative ai programmi operativi se non sussistono carenze significative o se le autorità di audit sono affidabili. La portata degli audit deve inoltre tenere pienamente conto dell'obiettivo e delle caratteristiche dei destinatari del Fondo.

La frequenza dei controlli di audit sugli interventi deve essere proporzionale all'entità del sostegno dell'Unione erogato attraverso il Fondo. In particolare occorre ridurre il numero dei controlli di audit nei casi in cui la spesa totale ammissibile per un intervento non superi 100 000 EUR. Deve tuttavia essere possibile effettuare controlli di audit in qualsiasi momento ove emergano prove di irregolarità o frode o nell'ambito di un campione da sottoporre ad audit. Affinché il livello di controlli di audit effettuati dalla Commissione sia proporzionato al rischio, la Commissione deve avere la possibilità di ridurre le proprie attività di audit relative ai programmi operativi se non sussistono carenze significative o se le autorità di audit sono affidabili. La portata degli audit deve inoltre tenere pienamente conto dell'obiettivo e delle caratteristiche dei destinatari del Fondo. Nel valutare le esigenze di audit si dovrebbe tenere conto, per ciascuno degli interventi, delle prassi e dei poteri di controllo pubblico che gli enti regionali e locali competenti applicano già, eventualmente, agli interventi e alle azioni di sostegno. Si dovrebbe parimenti tenere in considerazione la possibilità che l'attività dell'organizzazione partner che attua un intervento rientri nel contesto del finanziamento pubblico e delle relative pratiche di audit, nonché della portata delle attività dell'organizzazione e della sua esperienza.

Emendamento 5

Articolo 4, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Il Fondo sostiene programmi nazionali nell'ambito dei quali organizzazioni partner selezionate dagli Stati membri distribuiscono alle persone indigenti prodotti alimentari e beni di consumo di base destinati all'uso personale di persone senza fissa dimora o di bambini.

Il Fondo sostiene programmi nazionali con la partecipazione attiva degli enti locali e regionali, nell'ambito dei quali organizzazioni partner selezionate dagli Stati membri distribuiscono alle persone indigenti prodotti alimentari sani e quanto più possibile vari e beni di consumo di base destinati all'uso personale di persone senza fissa dimora o di bambini.

Emendamento 6

Articolo 5, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

L'intervento del Fondo è eseguito in stretta cooperazione fra la Commissione e gli Stati membri.

L'intervento del Fondo è eseguito distribuito in stretta cooperazione fra la Commissione, e gli Stati membri, e gli enti locali e regionali interessati e le organizzazioni associate interessate al fine di garantire il massimo impatto.

Motivazione

La valutazione d'impatto che accompagna la proposta legislativa indica, nell'allegato 2 (pagina iii), i tre diversi sistemi di gestione del Fondo individuati negli Stati membri dell'UE, alcuni dei quali prevedono il coinvolgimento diretto degli enti locali e regionali e delle organizzazioni associate più vicine ai beneficiari.

Emendamento 7

Articolo 5, paragrafo 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

In funzione delle rispettive competenze, la Commissione e gli Stati membri provvedono al coordinamento con il Fondo sociale europeo e con altre politiche e altri strumenti dell'Unione.

In funzione delle rispettive competenze, la Commissione e gli Stati membri provvedono al coordinamento con il Fondo sociale europeo e con altre politiche e altri strumenti dell'Unione, in particolare tramite le azioni dell'UE nel campo della politica sanitaria, come, ad esempio, il terzo programma pluriennale d'azione dell'UE in materia di salute per il periodo 2014-2020.

Motivazione

Nel parere CdR 67/2012 sul programma pluriennale d'azione in materia di salute si legge che: «(…) il Comitato delle regioni sottolinea come una politica sanitaria sostenibile debba sempre tener conto anche dei fattori esogeni che incidono sullo stato di salute e sulla prevenzione delle malattie, come ad esempio la situazione sociale, gli stili di vita, la cultura, il livello di istruzione, i fattori ambientali e le strutture sociali.»

Emendamento 8

Articolo 5, paragrafo 8

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La Commissione e gli Stati membri provvedono ad assicurare l'efficacia del Fondo, in particolare tramite il monitoraggio, la rendicontazione e la valutazione.

La Commissione e gli Stati membri provvedono ad assicurare l'efficacia del Fondo, in particolare tramite il monitoraggio, la rendicontazione e la valutazione, nonché consultando attentamente e regolarmente, nel quadro di valutazioni di impatto, gli enti regionali e locali e le organizzazioni partner responsabili dell'attuazione degli interventi nel quadro del Fondo.

Emendamento 9

Articolo 5, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 12

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

La classificazione europea sull'esclusione abitativa e la condizione di persona senza dimora (ETHOS) potrebbe costituire uno dei criteri per l'assegnazione del Fondo.

Motivazione

La mancanza di una fissa dimora o l'esclusione legata all'alloggio sono percepite e affrontate in modo diverso nei paesi dell'Unione europea. La classificazione ETHOS è stata elaborata sulla base di un'analisi approfondita delle attuali definizioni nazionali e delle realtà che le associazioni devono affrontare nel quotidiano.

Emendamento 10

Articolo 5, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 12

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

La Commissione, gli Stati membri e le organizzazioni partner contribuiscono alla lotta contro gli sprechi alimentari in ciascuna tappa della catena di distribuzione, comprese la fornitura degli alimenti e l'educazione dei beneficiari a tale fine.

Motivazione

Gli sprechi alimentari devono diventare una preoccupazione dell'Unione europea, come esige il Parlamento europeo nella sua risoluzione del 19 gennaio 2012. Basti pensare che, secondo le stime della Commissione, in tutta l'UE e lungo tutta la catena agroalimentare tali sprechi ammonterebbero a circa 190 kg all'anno per cittadino. Le azioni che si possono prendere in considerazione per contribuire alla lotta contro gli sprechi potrebbero puntare in particolare a fare chiarezza circa determinate avvertenze di carattere sanitario imposte dalla normativa UE per i prodotti agricoli e alimentari, come la DLC (data limite di consumo) e la DLUO (data limite di utilizzazione ottimale), a rivedere la regolamentazione europea in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli (soprattutto nel settore ortofrutticolo) onde favorire l'offerta di frutta e verdura non calibrate, e ad esigere che la grande distribuzione faccia dono dei prodotti alimentari invenduti.

Emendamento 11

Articolo 6, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Le risorse globali disponibili, espresse in prezzi 2011, per gli impegni di bilancio a titolo del Fondo per il periodo 2014-2020 secondo la ripartizione annuale che figura nell'allegato II, ammontano a 2 500 000 000 EUR.

Le risorse globali disponibili, espresse in prezzi 2011, per gli impegni di bilancio a titolo del Fondo per il periodo 2014-2020 secondo la ripartizione annuale che figura nell'allegato II, ammontano a 2 500 000 000 3 500 000 000 EUR.

Emendamento 12

Articolo 6, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, una decisione relativa alla ripartizione annuale delle risorse globali per Stato membro a norma dell'articolo 84, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. …/… [CPR], fatte salve le disposizioni di cui al paragrafo 4 del presente articolo, utilizzando i seguenti indicatori stabiliti da Eurostat:

La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, una decisione relativa alla ripartizione annuale delle risorse globali per Stato membro a norma dell'articolo 84, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. …/… [CPR], fatte salve le disposizioni di cui al paragrafo 4 del presente articolo, utilizzando i seguenti indicatori stabiliti da Eurostat:

 

(a)

la soglia di povertà relativa, ovvero la percentuale della popolazione che vive in un nucleo familiare che non dispone di un reddito pari ad almeno il 60 % di quello medio nazionale;

(a)

la popolazione in condizioni di grave deprivazione materiale;

(a)(b)

la popolazione in condizioni di grave deprivazione materiale;

(b)

la popolazione che vive in famiglie ad intensità di lavoro molto bassa.

(b)(c)

la popolazione che vive in famiglie ad intensità di lavoro molto bassa.

Emendamento 13

Nuovo articolo dopo l'articolo 11

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Comitato nazionale di monitoraggio

1.

Ciascuno Stato membro istituisce un comitato nazionale di monitoraggio che assicuri un'attuazione efficace del rispettivo programma operativo.

2.

Tale comitato, in cui sono rappresentati gli enti pubblici locali e regionali nonché le organizzazioni anti-povertà, stabilisce un partenariato con organizzazioni rappresentative degli interessi delle persone indigenti e organizzazioni impegnate nella distribuzione di aiuti agli indigenti.

Emendamento 14

Articolo 15, nuovo paragrafo dopo il paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle regioni una valutazione intermedia del Fondo entro il marzo 2018.

Emendamento 15

Articolo 17, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Durante l'attuazione di un intervento, i beneficiari e le organizzazioni partner informano il pubblico sul sostegno ottenuto dal Fondo collocando almeno un poster con informazioni sull'intervento (formato minimo A3), indicante il sostegno finanziario ricevuto dall'Unione, in un luogo facilmente visibile dal pubblico e in tutti i luoghi in cui sono distribuiti i prodotti alimentari e i beni e sono attuate le misure di accompagnamento, a meno che ciò non sia possibile a causa delle condizioni della distribuzione.

I beneficiari e le organizzazioni partner che dispongono di un sito web forniscono inoltre una breve descrizione dell'intervento, compresi le finalità e i risultati, evidenziando il sostegno finanziario ricevuto dall'Unione.

Durante l'attuazione di un intervento, i beneficiari e le organizzazioni partner informano il pubblico sul sostegno ottenuto dal Fondo collocando almeno un poster con informazioni sull'intervento (formato minimo A3), indicante il sostegno finanziario ricevuto dall'Unione, in un luogo facilmente visibile dal pubblico e in tutti i luoghi in cui sono distribuiti i prodotti alimentari e i beni e sono attuate le misure di accompagnamento, a meno che ciò non sia possibile a causa delle condizioni della distribuzione. nel quadro della distribuzione di derrate alimentari e di altri beni secondo modalità compatibili con le loro prassi e con le circostanze della distribuzione, come manifesti o volantini che presentano l'attività e il sostegno ricevuto dall'UE per l'intervento in questione, e forniscono informazioni su come beneficiare di altre misure che perseguono lo stesso obiettivo, applicando in futuro sistemi che integrino l'informazione, l'orientamento e l'inclusione socio-lavorativa e che mettano fine al fenomeno della povertà intergenerazionale.

I beneficiari e le organizzazioni partner che dispongono di un sito web forniscono inoltre una breve descrizione dell'intervento, compresi le finalità e i risultati, evidenziando il sostegno finanziario ricevuto dall'Unione.

Motivazione

L'emendamento migliora la formulazione iniziale, ampliando la prospettiva generale dell'informazione in merito a qualsiasi altro tipo di misure di sostegno all'obiettivo perseguito. Questo serve per coinvolgere tali strutture di servizio ai cittadini in altri dispositivi di miglioramento delle condizioni dei cittadini stessi. La distribuzione di derrate alimentari e di altri beni deve essere uno spazio per la partecipazione attiva dei soggetti interessati alla promozione sociale e lavorativa.

Emendamento 16

Articolo 21, paragrafo 3, primo comma

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

I prodotti alimentari e i beni per le persone senza fissa dimora o per i bambini possono essere acquistati direttamente dalle organizzazioni partner.

I prodotti alimentari e i beni per le persone senza fissa dimora o per i bambini i destinatari finali possono essere acquistati direttamente dalle organizzazioni partner.

Motivazione

Il Fondo è destinato alle persone indigenti, ossia a una categoria di persone bisognose più ampia rispetto ai soli senzatetto e ai soli bambini. L'articolo 2, nn. 1 e 7, l'articolo 3 e l'articolo 21, paragrafo 4, per citarne solo alcuni, si riferiscono espressamente alle «persone indigenti». Il presente emendamento mira dunque a rendere più coerente il regolamento proposto.

Emendamento 17

Articolo 24, paragrafo 1, lettera a)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

le spese per l'acquisto di prodotti alimentari e beni di consumo di base per uso personale, destinati alle persone senza fissa dimora o ai bambini;

le spese per l'acquisto di prodotti alimentari e beni di consumo di base per uso personale, rivolti ai destinatari finali destinati alle persone senza fissa dimora o ai bambini;

Motivazione

Stessa dell'emendamento 16.

Emendamento 18

Articolo 24, paragrafo 1, lettera b)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

se un organismo pubblico acquista prodotti alimentari o beni di consumo di base per uso personale, destinati alle persone senza fissa dimora o ai bambini e li fornisce alle organizzazioni partner, le spese di trasporto di tali prodotti alimentari o beni ai depositi delle organizzazioni partner, a una percentuale forfettaria dell'1 % delle spese di cui alla lettera a);

se un organismo pubblico acquista prodotti alimentari o beni di consumo di base per uso personale, destinati alle persone senza fissa dimora o ai bambini rivolti ai destinatari finali e li fornisce alle organizzazioni partner, le spese di trasporto di tali prodotti alimentari o beni ai depositi delle organizzazioni partner, a una percentuale forfettaria dell'1 % delle spese di cui alla lettera a);

Motivazione

Stessa dell'emendamento 16.

Bruxelles, 11 aprile 2013

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO