ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2013.017.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 17

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

56o anno
19 gennaio 2013


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato delle regioni

 

98a sessione plenaria del 29 e 30 novembre 2012

2013/C 017/01

Risoluzione del Comitato delle regioni Le priorità del Comitato delle regioni per il 2013 sulla base del programma legislativo e di lavoro della Commissione europea

1

2013/C 017/02

Risoluzione del Comitato delle regioni I negoziati in corso sul quadro finanziario pluriennale

6

 

PARERI

 

Comitato delle regioni

 

98a sessione plenaria del 29 e 30 novembre 2012

2013/C 017/03

Parere del Comitato delle regioni Un’agenda europea dei consumatori — stimolare la fiducia e la crescita

8

2013/C 017/04

Parere del Comitato delle regioni Codice di condotta sul partenariato

13

2013/C 017/05

Parere del Comitato delle regioni Sviluppo locale di tipo partecipativo

18

2013/C 017/06

Parere del Comitato delle regioni Modernizzazione degli aiuti di stato dell’UE

25

2013/C 017/07

Parere del Comitato delle regioni Verso un settimo programma d’azione per l’ambiente: una migliore attuazione della legislazione dell’UE sull’ambiente

30

2013/C 017/08

Parere del Comitato delle regioni Attuazione della strategia tematica per la protezione del suolo

37

2013/C 017/09

Parere del Comitato delle regioni L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa

45

2013/C 017/10

Parere del Comitato delle regioni Il partenariato europeo per l’innovazione: produttività e sostenibilità dell’agricoltura

51

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO DELLE REGIONI

 

98a sessione plenaria del 29 e 30 novembre 2012

2013/C 017/11

Parere del Comitato delle regioni Quadro strategico comune

56

2013/C 017/12

Parere del Comitato delle regioni Il distacco di lavoratori nell’ambito della prestazione di servizi

67

2013/C 017/13

Parere del Comitato delle regioni Lo statuto della Fondazione europea

81

2013/C 017/14

Parere del Comitato delle regioni Sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque

91

2013/C 017/15

Parere del Comitato delle regioni Capitali europee della cultura (2020-2033)

97

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato delle regioni

98a sessione plenaria del 29 e 30 novembre 2012

19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/1


Risoluzione del Comitato delle regioni «Le priorità del Comitato delle regioni per il 2013 sulla base del programma legislativo e di lavoro della Commissione europea»

2013/C 17/01

IL COMITATO DELLE REGIONI

viste le sue risoluzioni del 19 luglio 2012 e del 16 febbraio 2012, rispettivamente sulle priorità del Comitato in vista del programma di lavoro della Commissione europea (1) e sulle conclusioni del Consiglio europeo di primavera del 2012 (2),

vista la comunicazione della Commissione in merito al suo programma di lavoro per il 2013 (3) e il protocollo di cooperazione fra la Commissione europea e il Comitato delle regioni firmato il 16 febbraio 2012,

vista la risoluzione del Parlamento europeo dell'11 settembre 2012 sul programma di lavoro della Commissione per il 2013 (4),

Principali priorità politiche per il 2013

1.

ritiene che la necessità di superare la crisi economica, sociale e finanziaria rappresenti la sfida principale per l'Unione europea. Sostiene pertanto risolutamente gli sforzi volti ad aumentare e mantenere l'attenzione dell'UE su:

la strategia Europa 2020,

il mercato unico,

investimenti mirati, in particolare nella ricerca e nell'innovazione, nell'ambito dei quali gli istituti di istruzione e di ricerca (europei), le imprese e le autorità (la tripla elica) cooperano per realizzare la strategia Europa 2020 in maniera intelligente, e

il conseguimento di risultati concreti in collaborazione con gli enti locali e regionali;

2.

chiede un quadro finanziario pluriennale (QFP) ambizioso e risorse proprie effettive per l'Unione;

3.

esprime apprezzamento per l'accento posto sulla disoccupazione giovanile e sarà lieto di contribuire a definire il prossimo pacchetto per l'occupazione giovanile;

4.

rammenta le accresciute responsabilità conferitegli dal Trattato di Lisbona nell'ambito del principio di sussidiarietà e il suo impegno a rappresentare un punto di riferimento per una corretta applicazione di tale principio; sottolinea in questo senso l'importanza che accorderà al monitoraggio delle iniziative dell'UE incluse nel programma di lavoro della Commissione per il 2013, e richiama l'attenzione sul suo programma di lavoro specifico per il monitoraggio della sussidiarietà nel 2013, che verrà adottato a gennaio;

5.

condivide l'idea di condurre un dibattito approfondito sul futuro dell'Europa dal punto di vista della legittimità e responsabilità democratica e dell'integrazione effettiva, e ritiene essenziale definire la sua posizione politica sul futuro ruolo del livello regionale e locale, incluse le eventuali modifiche del quadro istituzionale dell'UE; promuoverà pertanto le discussioni sulla riforma dei Trattati nel 2013 organizzando dibattiti politici e dando maggior rilievo al principio di sussidiarietà e al concetto di governance multilivello quali importanti strumenti per il conseguimento di questi obiettivi;

6.

sostiene l'invito, rivolto agli Stati membri dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 20 novembre 2012, a prendere in considerazione l'opportunità di concludere un «Patto per gli investimenti sociali», sul modello del «Patto Euro plus», contenente un elenco di interventi sotto forma di investimenti sociali da effettuarsi da parte degli Stati membri entro tempi precisi per conseguire gli obiettivi occupazionali, sociali e di istruzione della strategia Europa 2020, in linea con l'Analisi annuale della crescita e i programmi nazionali di riforma;

7.

continuerà a esaminare l'impatto territoriale del programma legislativo della Commissione europea.

Unione economica e monetaria

8.

chiede di essere consultato in merito al piano della Commissione europea per un'unione monetaria europea globale e autentica, data la dimensione territoriale di ciascuno dei suoi quattro pilastri;

9.

chiede un migliore coordinamento delle politiche economiche e sociali tra il livello europeo e quello nazionale nel quadro del semestre europeo e invoca un maggiore coinvolgimento degli enti locali e regionali in tale coordinamento. Il CdR continuerà a monitorare i progressi compiuti in questa direzione, ricercando nel contempo una più stretta cooperazione con il Parlamento europeo;

10.

appoggia con decisione la richiesta che il Parlamento europeo ha rivolto alla Commissione (5), di «affrontare […] pienamente», in occasione della sua prossima analisi annuale della crescita, «il ruolo del bilancio dell'Unione nel processo del semestre europeo fornendo dati fattuali e concreti sull'effetto scatenante, catalitico [sic], sinergico e complementare che esso esercita sulla spesa pubblica globale su scala locale, regionale e nazionale»;

11.

accoglie con favore la messa a punto di meccanismi efficaci a livello dell'UE che siano in grado di garantire la sostenibilità delle politiche di bilancio degli Stati membri, ma mette in guardia dai rischi che il coordinamento delle politiche di bilancio a livello UE potrebbe comportare per gli enti locali e regionali e per l'erogazione di servizi pubblici adeguati;

12.

si rammarica che la sua proposta di un Libro verde sulle sinergie tra i bilanci a livello UE, nazionale e subnazionale non sia stata accolta nel programma di lavoro; ricorda in particolare il suo sostegno a una comunicazione a livello europeo sulla qualità della spesa pubblica, in cui raccomanda di affrontare, tra l'altro, la questione di separare la spesa corrente dagli investimenti nel calcolo del deficit di bilancio, per evitare di considerare voci negative gli investimenti che apportano benefici netti a lungo termine;

13.

si impegna ad analizzare a fondo la dimensione locale e regionale dell'unione bancaria;

14.

chiede precisazioni in merito allo strumento giuridico previsto per l'iniziativa sui conti bancari.

Politica di coesione

15.

alla luce dei negoziati sul quadro finanziario pluriennale (QFP) attualmente in corso, è fermamente convinto che la politica di coesione sia una politica di investimenti e necessiti di una gestione efficace della spesa e di una robusta dotazione di bilancio, la quale non può essere ridotta se si vuole stimolare la crescita e l'occupazione, aumentare la competitività e attenuare le disparità territoriali tra le regioni dell'UE, in particolare nei periodi di crisi;

16.

si rammarica che la presidenza cipriota non abbia dato seguito alla proposta di un codice di condotta avanzata dalla Commissione europea; invita quest'ultima a promuovere ed esaminare il coinvolgimento degli enti locali e regionali nella concezione dei contratti di partenariato e dei relativi programmi operativi, e chiede che sia presentata una relazione in materia entro la fine del 2013. In quest'ottica, il Comitato delle regioni seguirà da vicino i relativi negoziati, sulla base dei mandati di negoziato specifici per paese conferiti alla Commissione per i fondi del quadro strategico comune per il periodo 2014-2020, in particolare alla luce del principio di partenariato;

17.

esorta la Commissione europea a procedere a una consultazione formale in merito alla revisione degli orientamenti relativi agli aiuti di Stato a finalità regionale;

18.

chiede una strategia europea di sviluppo rurale per riequilibrare le risorse a favore delle aree rurali, il cui livello di sviluppo è ancora inferiore alla media UE e spesso ben al di sotto di quello delle aree prevalentemente urbane;

19.

chiede che l'adozione del regolamento riveduto sul GECT (gruppo europeo di cooperazione territoriale) sia scissa da quella del pacchetto legislativo sui fondi strutturali.

Mercato unico

20.

deplora la lentezza nell'attuazione dell'Atto per il mercato unico;

21.

prende atto dell'intenzione della Commissione di presentare una proposta sulla fatturazione elettronica obbligatoria negli appalti pubblici, ma fa presente che il passaggio completo ai sistemi elettronici sarà impegnativo per alcuni enti locali e regionali, che potrebbero avere bisogno di assistenza o di un periodo di transizione più lungo;

22.

invoca la creazione di partenariati specifici per dare ulteriore attuazione allo Small Business Act (SBA) a livello subnazionale. Ritiene che l'iniziativa del premio «Regioni imprenditoriali europee», che il Comitato delle regioni assegna dal 2010, potrebbe essere una fonte di ispirazione per la futura promozione dell'imprenditorialità, soprattutto tra i giovani;

23.

chiede alla Commissione di chiarire il motivo per cui il Piano d'azione eHealth, raccomandato precedentemente dal Comitato delle regioni e annunciato nel programma di lavoro del 2012, non è stato ancora presentato e non figura né tra i punti previsti per adozione entro la fine del 2012, né nel programma di lavoro per il 2013;

24.

reputa necessaria una maggiore certezza giuridica per le attività dell'economia sociale e, in tale contesto, chiede l'adozione di uno statuto della mutua europea;

25.

accoglie con favore l'intenzione della Commissione europea di aggiornare le norme UE in materia di aiuti di Stato e di ridurre gli oneri amministrativi, adattando il regolamento generale di esenzione per categoria, e chiede a questo proposito un innalzamento della soglia de minimis;

26.

si rammarica che la Commissione europea non abbia consultato formalmente il CdR in merito all'elaborazione dei nuovi orientamenti per l'applicazione delle norme UE in materia di aiuti di Stato al finanziamento pubblico delle reti a banda larga;

27.

esprime apprezzamento per l'attenzione riservata nell'allegato II del programma di lavoro alle iniziative concrete in materia di semplificazione e di riduzione degli oneri amministrativi, e si dichiara pronto a contribuire all'attuazione di queste misure.

Costruire le reti di domani

28.

chiede alla Commissione europea di adottare iniziative per risolvere i problemi di connettività fra gli Stati membri e tra le loro regioni; in tale contesto, esorta la Commissione europea a intensificare gli sforzi tesi a ridurre l'isolamento energetico dei singoli Stati membri e a realizzare un mercato interno dell'energia pienamente operativo entro il 2014;

29.

deplora l'assenza di un chiaro impegno da parte della Commissione a rafforzare le politiche per lo sviluppo di una moderna infrastruttura di rete, in particolare l'installazione di reti e contatori intelligenti, che sono elementi importanti per l'efficienza energetica e la sicurezza degli approvvigionamenti; chiede alla Commissione di promuovere misure che facilitino il diffondersi della microproduzione di energia e la sua integrazione nelle reti di distribuzione;

30.

deplora che il programma di lavoro della Commissione non comprenda ulteriori iniziative in rapporto alla mobilità urbana; in tale contesto, ribadisce la sua idea che un sistema elettronico e intelligente per l'emissione di biglietti (ad es. via cellulare) in tutti i modi di trasporto è un presupposto essenziale per una mobilità urbana sostenibile, e auspica che questo tema possa essere affrontato anche nel previsto seguito al Libro verde sul tema Verso un mercato europeo integrato dei pagamenti tramite carte, Internet e telefono mobile;

31.

si aspetta che la Commissione europea sfrutti tutte le possibilità per giungere a un'attuazione coerente degli obiettivi stabiliti nel quadro della revisione della rete transeuropea dei trasporti;

32.

attende con interesse l'imminente proposta sul futuro della politica portuale dell'UE e ricorda la necessità di sottoporre tale proposta a una valutazione d'impatto territoriale.

Crescita, occupazione e inclusione

33.

ritiene che la mobilità dei lavoratori a livello nazionale e tra gli Stati membri sia un fattore importante nella lotta alla disoccupazione; sostiene pertanto i piani volti ad ammodernare i servizi pubblici dell'occupazione e in particolare a riformare la rete EURES, che attualmente funziona al di sotto delle sue possibilità; ricorda tuttavia che questi servizi sono spesso gestiti dagli enti locali e regionali, che devono essere pienamente consultati sulle riforme;

34.

si rammarica che la Commissione europea non abbia dato seguito alla ripetuta richiesta del CdR di varare un'agenda europea per l'edilizia abitativa sociale che chiarisca le norme sulla concorrenza applicabili al settore degli alloggi sociali e consenta agli enti locali e regionali di fornire alloggi dignitosi a prezzi abbordabili, al fine di promuovere la mescolanza sociale e di combattere la discriminazione;

35.

sottolinea l'importanza delle pensioni di anzianità per gli enti locali e regionali, che sono grandi datori di lavoro, e si attende che la proposta della Commissione in materia contenga misure per migliorare la trasferibilità transfrontaliera delle pensioni di lavoro;

36.

reputa che il momento sia propizio per la creazione di una piattaforma per contrastare il lavoro in nero e ritiene essenziale che gli ispettorati del lavoro e altre autorità regionali ne facciano parte; vede inoltre possibilità molto concrete di sinergia tra questa piattaforma e le proposte volte a rafforzare l'applicazione delle norme sul distacco dei lavoratori;

37.

invita la Commissione europea a garantire che nei suoi nuovi orientamenti in materia di aiuti di Stato per film ed altre opere audiovisive venga mantenuto, conformemente all'articolo 107, paragrafo 3, lettera d) del TFUE, il principio della territorializzazione della spesa, descritto nella comunicazione sul cinema del 2001;

38.

si rammarica che il programma di lavoro mostri poca ambizione in rapporto alla cultura, vista la sua importanza per un'identità europea e quale motore di crescita.

Un utilizzo migliore delle risorse dell'Europa

39.

accoglie con favore la pubblicazione del Settimo programma di azione per l'ambiente, che rappresenta uno strumento essenziale per tradurre gli obiettivi della strategia Europa 2020 in azioni ambientali, e che dovrebbe incentrarsi su una migliore attuazione della politica ambientale dell'UE in stretta cooperazione con tutti i livelli di governance, così come sull'integrazione delle questioni ambientali in tutte le politiche e sulla dimensione internazionale delle sfide ambientali;

40.

chiede che la strategia dell'UE per l'adattamento ai cambiamenti climatici comprenda una sezione sulle azioni specifiche a livello regionale e comunale, nonché orientamenti e assistenza - in termini di finanziamento e governance - per i decisori locali e regionali, come proposto dal Patto dei sindaci;

41.

si impegna a collaborare con la Commissione europea per dare concreta attuazione sia ai risultati della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) di Doha che alla Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse;

42.

si attende che la revisione della politica dell'UE in materia di qualità dell'aria rafforzi la direttiva sui limiti nazionali di emissione per la riduzione delle concentrazioni di fondo. Appoggia l'adozione di norme più severe per i veicoli e chiede che venga affrontata la questione delle emissioni generate dall'agricoltura e dai trasporti marittimi e aerei, semplificando nel contempo gli indicatori e i criteri di misurazione. Chiede inoltre che la politica dell'UE in materia di qualità dell'aria sia coordinata con gli interventi in altri settori strategici, in particolare i trasporti, gli alloggi, l'industria, l'energia e il clima;

43.

rinnova il proprio impegno a una cooperazione rafforzata con la Commissione europea sull'attuazione della strategia dell'UE sulla biodiversità fino al 2020.

44.

accoglie favorevolmente l'invito rivoltogli dalla Banca europea per gli investimenti a contribuire alla futura politica dei prestiti nel settore dell'energia e chiede che venga agevolato l'accesso delle PMI e degli enti locali e regionali ai prestiti per gli investimenti a favore dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili. A questo proposito, ritiene che le iniziative dell'UE nel campo della politica energetica debbano tener conto del crescente pericolo della scarsità di energia.

Un'Europa per i cittadini

45.

vorrebbe essere coinvolto nella progettazione di tutte la azioni dell'UE connesse all'Anno europeo dei cittadini 2013 per aumentare la consapevolezza e la conoscenza dei loro diritti da parte dei cittadini, allo scopo di eliminare qualsiasi ostacolo ne impedisca ancora l'esercizio e rafforzare il concetto di cittadinanza dell'Unione;

46.

accoglie favorevolmente l'intenzione della Commissione europea di preparare una relazione anticorruzione e un quadro di valutazione giudiziario, in quanto meccanismi che contribuiranno a rafforzare la fiducia dei cittadini nella pubblica amministrazione a tutti i livelli, e offre la propria assistenza nella loro preparazione;

47.

attende con interesse di collaborare con la Commissione europea allo sviluppo della rete per l'integrazione, per realizzare l'unità nella diversità.

L'Europa come attore globale

48.

raccomanda che la Commissione approfondisca il tema delle autonomie regionali e locali nelle sue relazioni sulla strategia di allargamento, e che sottolinei ai paesi candidati all'adesione - ove opportuno - la necessità del decentramento;

49.

chiede di facilitare l'accesso degli attori locali e regionali dei paesi candidati all'adesione e di quelli interessati dalla politica europea di vicinato (PEV) ai fondi specifici dell'UE per queste regioni e sostiene l'ulteriore utilizzo dei programmi esistenti, compresi Erasmus Mundus e il GECT, da parte dei partner dei paesi vicini;

50.

ribadisce l'intenzione di continuare la positiva collaborazione con la Commissione europea nel contesto dello strumento per l'amministrazione locale, allo scopo di migliorare la creazione di capacità a livello locale e di far conoscere l'UE e le sue procedure nei paesi candidati e candidati potenziali all'adesione; invita la Commissione a esplorare la possibilità di estendere tale strumento agli enti locali dei paesi interessati dalla politica europea di vicinato;

51.

accoglie favorevolmente la distinzione fatta dalla Commissione europea, con la presentazione di due comunicazioni diverse, tra il ruolo degli enti locali e regionali e quello della società civile nell'attuazione della politica di cooperazione allo sviluppo, e invita il Parlamento europeo ad adottare lo stesso approccio;

52.

si attende che le città e le regioni siano coinvolte nella definizione della posizione dell'UE in vista del vertice sugli obiettivi di sviluppo del Millennio in programma nel 2015;

53.

incarica il Presidente del Comitato delle regioni di trasmettere la presente risoluzione al Presidente della Commissione europea, al Presidente del Consiglio europeo, al Presidente del Parlamento europeo, alla presidenza cipriota del Consiglio dell'UE e alle prossime presidenze irlandese e lituana.

Bruxelles, 30 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 1031/2012 fin.

(2)  CdR 42/2012 fin.

(3)  COM(2012) 629 final.

(4)  P7_TA(2012) 0319.

(5)  Nella sua risoluzione intitolata Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: attuazione delle priorità per il 2012.


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/6


Risoluzione del Comitato delle regioni «I negoziati in corso sul quadro finanziario pluriennale»

2013/C 17/02

IL COMITATO DELLE REGIONI

visto il proprio parere riveduto sul nuovo quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2013, adottato il 9 ottobre 2012,

visto il progetto di conclusioni del Consiglio europeo,

1.

si rammarica del fatto che il Consiglio europeo del 22 e 23 novembre 2012 non sia stato in grado di raggiungere un accordo sul nuovo quadro finanziario pluriennale per il periodo successivo al 2013;

2.

sottolinea l'importanza di raggiungere un accordo e mette in guardia contro le conseguenze del ritardo sulla preparazione della programmazione, in particolare per quanto riguarda il quadro strategico comune per i fondi del periodo successivo al 2014, il che avrà un grave impatto sugli investimenti da realizzare nelle regioni e nelle città dell'UE;

3.

prende atto del fatto che il Consiglio europeo riconosce che «un bilancio europeo è importante per la coesione dell'Unione e per l'occupazione e la crescita in tutti i nostri paesi»; tale riconoscimento, tuttavia, è incompatibile con le proposte di tagli alla politica di coesione avanzate da alcuni Stati membri; sottolinea che, ad ogni modo, è necessario più tempo per analizzare più approfonditamente le conseguenze delle cifre e delle proposte che sono oggetto del negoziato;

4.

sottolinea al tempo stesso di essere pienamente consapevole, come organo dell'Unione europea che rappresenta gli enti locali e regionali, dei problemi economici cui gli Stati membri sono confrontati e ritiene che la priorità assoluta debba essere quella di stabilire economie forti, in cui il peso delle lungaggini burocratiche sia ridotto e capaci di creare maggiori opportunità occupazionali negli Stati membri;

5.

ribadisce la sua richiesta di un bilancio pluriennale dell'UE credibile quale strumento d'investimento a beneficio di tutti gli Stati membri e le regioni dell'UE e almeno della stessa entità, in termini di stanziamenti di impegno in percentuale dell'RNL, di quello approvato per l'attuale periodo di programmazione 2007-2013 e sostiene la richiesta del Parlamento di un bilancio in grado di rilanciare la crescita in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020 e di rispondere adeguatamente ai bisogni degli enti locali e regionali in termini di coesione territoriale, economica e sociale;

6.

insiste sull'importanza del ruolo del Parlamento europeo nel processo di negoziazione, non solo per quanto riguarda la procedura di approvazione applicabile all'intero QFP, ma anche in considerazione del fatto che un gran numero di questioni figuranti nel progetto di conclusioni del Consiglio europeo (versione del 22 novembre 2012), e in particolare nei punti relativi alla sottorubrica 1b (coesione), alla rubrica 2 (PAC) e al quadro strategico comune, come pure alle questioni orizzontali, sono soggette alla procedura di codecisione;

7.

rammenta che i Trattati (articolo 312 del TFUE) contengono disposizioni specifiche per il caso in cui il QFP non fosse adottato prima della scadenza, alla fine del 2013, delle basi giuridiche di tutti i programmi di spesa pluriennali dell'UE, ad eccezione del primo pilastro della politica agricola comune (PAC);

8.

si oppone ai tagli al bilancio della coesione. Ricorda che la politica di coesione è uno strumento d'investimento che stimola la competitività in modo sostenibile e contribuisce alla riduzione delle disparità tra le regioni;

9.

ricorda che, per le questioni relative alla politica di coesione di cui all'articolo 177, come ad esempio il metodo di ripartizione delle dotazioni nazionali e i massimali in materia di politica di coesione e di sviluppo rurale, si applica la procedura di codecisione con consultazione obbligatoria del CdR e il diritto di quest'ultimo di adire la Corte di giustizia dell'Unione europea a norma dell'articolo 263, paragrafo 3, del TFUE;

10.

con riferimento ai propri pareri adottati dall'inizio del 2012 in merito alle diverse proposte legislative della Commissione europea, ribadisce quanto segue:

a.

per quanto riguarda la sottorubrica 1a, 1b e i fondi compresi nel quadro strategico comune (QSC):

è a favore di un aumento dei finanziamenti per la ricerca e l'innovazione;

chiede che si ripristini il bilancio inizialmente proposto per il meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe) per finanziare gli investimenti nelle reti transeuropee e sostiene la creazione di un QSC per i due fondi strutturali e il Fondo di coesione, il FEASR e il FEAMP;

riafferma la propria opposizione chiara e netta a qualsiasi forma di condizionalità macroeconomica;

si compiace che sia stata accettata la proposta di costituire una nuova categoria di «regioni in transizione» e la necessità di tenere conto della situazione specifica e unica delle regioni ultraperiferiche;

ribadisce la necessità di mantenere, per tutte le regioni che non rientrano più nell'obiettivo Convergenza, una «rete di sicurezza» pari ai due terzi della loro dotazione attuale;

-sostiene l'idea che debbano essere garantiti il livello delle risorse destinate alle regioni meno sviluppate, nonché la riduzione delle disparità nell'intensità degli aiuti pro capite poiché ciò rappresenta l'obiettivo prioritario della politica di coesione;

si rammarica che nel progetto di conclusioni del Consiglio europeo venga proposto un taglio del 26 % per l'obiettivo della coesione territoriale europea; apprezza tuttavia che la richiesta del CdR di aumentare il tasso di cofinanziamento all'85 % sia stata accolta;

approva l'introduzione di un tasso di cofinanziamento maggiorato di 10 punti percentuali per gli Stati membri con temporanee difficoltà di bilancio;

condivide la proposta che prevede che l'IVA non recuperabile sia una spesa ammissibile a un contributo proveniente dai fondi del QSC;

ribadisce le proprie obiezioni alla proposta di creare una riserva di efficacia e di efficienza;

b.

per quanto riguarda la rubrica 2:

si rammarica che il progetto di conclusioni del Consiglio europeo proponga un massimale dei pagamenti diretti da parte degli Stati membri su base volontaria;

esorta a ripartire il sostegno diretto in modo più equo tra gli Stati membri con pagamenti diretti per ettaro inferiori al 90 % della media UE nel corso del prossimo periodo, avviando il processo dinamico volto a colmare il divario già con l'inizio del nuovo periodo di programmazione e raggiungendo la media UE a metà delle prossime prospettive finanziarie;

approva l'introduzione di un tasso del 30 % per l'ecosostenibilità;

sostiene l'opzione dei trasferimenti di bilancio dal primo al secondo pilastro;

appoggia l'inserimento delle regioni in transizione nel regolamento sullo sviluppo rurale;

si oppone alla creazione di una nuova riserva per le crisi nel settore agricolo e, in particolare, alla proposta di rimborsare gli importi non spesi sotto forma di pagamenti diretti;

11.

approva il fatto che il progetto di conclusioni del Consiglio europeo preveda di mantenere il programma di aiuti alimentari agli indigenti, ma si oppone fermamente all'idea che tale programma venga finanziato attingendo alla dotazione dell'FSE;

12.

considera che la riduzione del 47 % degli importi destinati al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione in rapporto alla dotazione attuale sia completamente contraddittoria rispetto al contesto attuale di crisi. È consapevole che il progetto di conclusioni del Consiglio europeo è stato redatto partendo dall'assunzione che il futuro FEG non si applicherà al settore agricolo.

Entrate e risorse proprie

13.

si rammarica che i negoziati siano stati incentrati sul taglio delle spese del bilancio UE, senza prestare la dovuta attenzione alle entrate e all'esigenza imprescindibile di riformare l'attuale sistema per dotare l'UE di risorse proprie e per abolire l'attuale sistema di correzioni finanziarie ed esenzioni;

14.

si compiace della proposta di destinare i due terzi del gettito raccolto dagli Stati membri che si sono impegnati ad introdurre una TTF nel quadro della procedura di cooperazione rafforzata a una nuova risorsa propria nel bilancio dell'UE e di ridurre il contributo basato sull'RNL di questi Stati al bilancio UE in misura corrispondente;

15.

incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Presidente della Commissione europea, al Presidente del Consiglio europeo, al Presidente del Parlamento europeo, alla presidenza cipriota del Consiglio dell'UE e alle prossime presidenze irlandese e lituana.

Bruxelles, 30 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


PARERI

Comitato delle regioni

98a sessione plenaria del 29 e 30 novembre 2012

19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/8


Parere del Comitato delle regioni «Un’agenda europea dei consumatori — stimolare la fiducia e la crescita»

2013/C 17/03

IL COMITATO DELLE REGIONI

è convinto che la politica dei consumatori contribuirà a far uscire l'UE più rapidamente dalla crisi: il consumatore responsabile costituisce un presupposto essenziale per la produzione di beni e servizi sicuri, di qualità e competitivi, fattore questo che contribuisce alla ripresa sostenibile dell'economia;

e invita la Commissione europea a:

dotare gli enti locali e regionali degli strumenti più appropriati per la difesa dei consumatori, nella misura delle loro competenze;

cooperare strettamente con le autorità nazionali, regionali e locali. Più in particolare, sebbene la realizzazione delle azioni previste dall'agenda europea dei consumatori, per loro stessa natura, resti principalmente di competenza degli organi dell'UE e nazionali, il ruolo delle autorità locali è significativo nella misura in cui esse rappresentano le comunità locali e hanno la possibilità di fornire un contributo positivo all'applicazione delle azioni di cui sopra;

ricordare che le autorità regionali e locali sono a loro volta consumatrici di prodotti e di servizi, e di conseguenza richiedono - e al tempo stesso reclamano - un quadro sicuro per assicurare il rispetto dei loro interessi e di quelli delle comunità locali che esse rappresentano e che spesso contribuiscono al loro bilancio;

riconoscere che la responsabilizzazione del consumatore passa anche dalla sua educazione e che gli enti locali e regionali e della società civile devono partecipare alle campagne di informazione destinate al consumatore;

rafforzare, mediante risorse e know-how, i meccanismi di controllo nelle regioni che presentano svantaggi geografici o demografici permanenti.

Relatore

Spyros SPYRIDON (EL/PPE), consigliere della regione Attica

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Un'agenda europea dei consumatori - Stimolare la fiducia e la crescita

COM(2012) 225 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Introduzione

1.

accoglie con favore l'esauriente comunicazione della Commissione europea che copre un ventaglio molto ampio di questioni relative alla tutela dei consumatori;

2.

si rallegra del fatto che l'agenda costituisca uno strumento coerente ed integrato per portare avanti azioni nel quadro della politica volta a rafforzare la tutela dei consumatori. È importante riconoscere la portata della sfida, che consiste nel responsabilizzare i consumatori e consolidare il mercato unico. L'elemento chiave per realizzare la strategia Europa 2020 è costituito dalla presenza di consumatori informati e consapevoli;

3.

esprime preoccupazione per il fatto che, pur essendo piuttosto ampio, il campo di applicazione dell'agenda non comprenda i servizi sanitari, che costituiscono un elemento importante della politica dei consumatori. I servizi sanitari sono erogati al consumatore, il quale paga per tali servizi, e svolgono un compito che è in larga misura di interesse generale. La politica sanitaria dovrebbe pertanto essere inserita nell'agenda in quanto politica rilevante ai fini del consumatore;

4.

concorda con i quattro grandi obiettivi tematici scelti dalla Commissione in quanto settori su cui deve concentrarsi la politica di tutela dei consumatori, più precisamente: i) migliorare la sicurezza dei consumatori, ii) migliorare le conoscenze, iii) migliorare e rafforzare l'applicazione delle norme, nonché garantire i mezzi di ricorso e iv) allineare i diritti e le principali politiche all'evoluzione dell'economia e della società. Invita a incrementare la trasparenza e l'offerta di informazioni migliori e comparabili ai consumatori per consentire loro di effettuare scelte più razionali.

Applicazione dei principi fondamentali dell'Unione europea

5.

nella fase di concezione delle azioni, il CdR evidenzia la necessità di rispettare il principio di proporzionalità delle misure da prendere e in particolare l'esigenza di un'attenta analisi costi-benefici;

6.

sottolinea l'importanza di garantire l'efficacia e la correttezza delle misure da prendere, soprattutto nei settori della sanità e della sicurezza. Per tutelare i consumatori, le modalità da adottare dovranno presentare una certa flessibilità, così da potersi adattare alle specificità regionali, alle esigenze dei gruppi vulnerabili e ai rapidi cambiamenti del mercato;

7.

propone che nella fase di applicazione delle misure vi sia, oltre alle azioni settoriali di cui sopra, anche una prospettiva orizzontale, nell'ambito delle competenze esistenti, che permetta di tenere conto dei diritti dei consumatori in tutte le politiche europee;

8.

osserva lo scarso rilievo dato all'obiettivo della coesione territoriale, introdotto dal Trattato di Lisbona. In particolare, attira l'attenzione sulla necessità di tutelare i gruppi di consumatori vulnerabili, che hanno difficoltà di accesso ai mercati, dispongono di possibilità di scelta limitate oppure non riescono a far valere i loro diritti. A questa categoria appartengono i consumatori delle regioni ultraperiferiche, a bassa densità di popolazione oppure montane e insulari, dove il mercato non funziona perfettamente;

9.

rileva, a questo proposito, l'accresciuta importanza di Internet per queste categorie di consumatori, in termini sia di accesso ai mercati che di informazione e di confronto di prodotti e servizi, nonché di esercizio dei propri diritti in caso di controversia;

10.

sottolinea l'importanza di rafforzare, mediante risorse e know-how, i meccanismi di controllo nelle regioni che presentano svantaggi geografici o demografici permanenti;

11.

attira l'attenzione della Commissione e delle istituzioni legislative nazionali sulla necessità di garantire che le misure prese siano adattate alle capacità dei produttori originari di regioni svantaggiate. Per tali categorie, infatti, il costo e il periodo di adattamento possono differire sensibilmente da quelli delle altre regioni d'Europa.

Utilizzo delle possibilità offerte da Internet, controllo e aggiornamento

12.

coglie l'occasione per sottolineare l'esigenza di realizzare l'agenda digitale nel quadro della strategia Europa 2020, dato che il ruolo di Internet è particolarmente importante per tutte le categorie di consumatori. A questo sforzo devono partecipare attivamente le autorità europee e nazionali, ma anche gli enti regionali, per migliorare la qualità della vita dei cittadini europei;

13.

sottolinea l'influsso di Internet sui più giovani che, fino a prova contraria, pur utilizzando maggiormente le nuove tecnologie, sono più vulnerabili degli adulti;

14.

osserva che l'uso di Internet è meno diffuso tra i gruppi vulnerabili della popolazione, come gli anziani, le persone con esigenze specifiche e quelle socialmente svantaggiate. Sottolinea in particolare che le regioni con svantaggi geografici sono maggiormente interessate dal fenomeno dell'invecchiamento demografico rispetto alle altre regioni. Queste categorie della popolazione dispongono in generale di possibilità più limitate di sfruttare i vantaggi offerti dal mercato unico e di far valere i propri diritti. In collaborazione con gli enti locali e regionali, occorre compiere uno sforzo particolare al fine di promuovere, con azioni mirate, il benessere anche di questa categoria di cittadini;

15.

alla luce delle difficoltà in cui versano regioni e comuni - particolarmente nelle zone rurali, montane o insulari, nonché in quelle periferiche e ultraperiferiche - nel tentativo di migliorare l'accesso a Internet, sostiene le recenti proposte della Commissione volte a modificare la normativa in materia di aiuti di Stato. La proposta della Commissione giudica tra l'altro compatibile con il mercato unico l'esonero dall'obbligo di notifica degli aiuti che riguardano l'accesso a Internet veloce;

16.

invita la Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, ad avviare iniziative volte a migliorare le competenze elettroniche dei consumatori, garantendo al tempo stesso che tutti i gruppi della popolazione abbiano accesso al mercato unico digitale e possano beneficiare appieno dei suoi vantaggi;

17.

sottolinea che il rapido sviluppo del commercio elettronico è essenziale per i consumatori in quanto offre loro maggiori possibilità di scelta, soprattutto nel caso di cittadini che vivono in regioni difficilmente accessibili, ultraperiferiche o decentrate, ma anche alle persone a mobilità ridotta, che altrimenti non avrebbero accesso a un'ampia gamma di possibili scelte;

18.

sottolinea con forza che un tema particolarmente significativo, di portata più ampia rispetto all'agenda dei consumatori, è quello della sicurezza di Internet: bisogna adottare ogni misura appropriata per utilizzare questo importante strumento a vantaggio dei cittadini europei, siano essi consumatori o operatori commerciali, e per prevenire le pratiche criminali o sleali, come ad esempio la raccolta abusiva di dati personali o la violazione dei diritti di proprietà;

19.

apprezza l'iniziativa della Commissione di presentare delle proposte legislative in materia di risoluzione delle controversie online e di risoluzione alternativa delle controversie - quale importante strumento di coesione territoriale - e condivide il parere della Commissione secondo cui l'attuazione della legislazione di protezione dei consumatori dovrebbe essere facilitata anche tramite il ricorso alla risoluzione extragiudiziaria delle controversie. Ritiene tuttavia opportuno limitare l'ambito di applicazione delle direttive alle competenze dell'UE e in particolare ai soli casi transfrontalieri.

Il ruolo degli enti locali e regionali

20.

ritiene essenziale dotare gli enti locali e regionali degli strumenti più appropriati per la difesa dei consumatori, nella misura delle loro competenze. In questo contesto e di fronte all'attuale congiuntura temporale di per sé propizia, visto che è in discussione il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, il CdR propone, per mettere in atto l'agenda, di ricorrere alle risorse dei fondi strutturali, ma anche alle previsioni dei programmi nazionali di riforma;

21.

per quanto riguarda più in particolare i fondi strutturali, propone l'adozione di misure tali da garantire che il finanziamento alle imprese risponda anche a criteri derivanti dagli obblighi e dall'atteggiamento generale di tali imprese nei confronti dei consumatori (ad es. produzione sostenibile) e non limitati a dati connessi essenzialmente alla sostenibilità economica;

22.

evidenzia a tale riguardo l'esigenza di una stretta cooperazione tra autorità europee, nazionali, regionali e locali nell'adozione delle misure. Più in particolare, sebbene la realizzazione delle azioni previste dall'agenda, per loro stessa natura, resti principalmente di competenza degli organi dell'UE e nazionali, il ruolo delle autorità locali è significativo nella misura in cui esse rappresentano le comunità locali e hanno la possibilità di fornire un contributo positivo all'applicazione delle azioni di cui sopra;

23.

esorta inoltre a non dimenticare che le autorità regionali e locali sono a loro volta consumatrici di prodotti e di servizi, e di conseguenza richiedono - e al tempo stesso reclamano - un quadro sicuro per assicurare il rispetto dei loro interessi e di quelli delle comunità locali che esse rappresentano e che spesso contribuiscono al loro bilancio;

24.

osserva che lo sforzo di applicare in modo efficace l'agenda dei consumatori nell'attuale periodo di crisi non va interpretato come un lusso. Al contrario, il CdR è convinto che la politica dei consumatori contribuirà a far uscire l'UE più rapidamente dalla crisi: il consumatore responsabile costituisce un presupposto essenziale per la produzione di beni e servizi sicuri, di qualità e competitivi, fattore questo che contribuisce alla ripresa sostenibile dell'economia.

La dimensione sociale dell'agenda

25.

sottolinea che l'attuale crisi finanziaria differenzierà in modo drastico le abitudini di consumo dei cittadini in quanto, da un lato, si accentueranno le disparità sociali e, dall'altro, si ridurrà la quota di reddito da destinare al consumo. Di conseguenza, il consumatore si rivolgerà a nuove forme di consumo in cui vorrà avere un maggior controllo delle proprie transazioni, disporre di un'informazione più ampia e comprensibile nonché della possibilità di confrontare, di tornare sulla decisione iniziale e di far valere i propri diritti in caso di controversia. La Commissione deve tener conto delle nuove condizioni che si vanno affermando e ricorrere all'agenda al fine di creare le migliori condizioni possibili per promuovere il benessere dei cittadini, come del resto stabilisce il Trattato di Lisbona;

26.

richiama l'opportunità di disporre di più ampie informazioni e garanzie sulla tracciabilità dei prodotti perché il consumatore possa valutare il giusto rapporto tra il costo e la qualità dei beni;

27.

ritiene che sia sempre maggiore il rischio di vedere il consumatore tornare a scelte dettate dal costo dei beni a scapito della qualità. Nel caso soprattutto degli scambi alle frontiere dell'UE, il CdR evidenzia il pericolo di un aumento dei casi di contrabbando;

28.

accoglie con favore l'intenzione della Commissione di effettuare uno studio sull'impatto del sovraindebitamento delle famiglie. Propone di non limitare lo studio alle modalità per affrontare questo problema che, anche a motivo della crisi finanziaria, ha assunto dimensioni incontrollabili, ma di analizzare le cause e di proporre misure come la garanzia di un credito responsabile e, parallelamente, azioni specifiche che puntino a limitare l'impatto del sovraindebitamento;

29.

evidenzia la necessità di una regolamentazione nel campo della sicurezza dei prodotti e dei servizi medici, un aspetto questo di grande attualità per il pubblico;

30.

rileva con preoccupazione che, secondo la comunicazione, solo il 2 % degli intervistati ha saputo rispondere alle domande riguardanti i loro diritti. Trattandosi di una percentuale particolarmente bassa, il CdR invita la Commissione e gli Stati membri a intensificare i loro sforzi per divulgare i diritti dei consumatori. La proposta di una campagna di informazione a livello europeo andrà nella giusta direzione. Gli enti locali e regionali possono fornire un contributo in questo senso, in collaborazione con le organizzazioni di difesa dei consumatori;

31.

concorda con la constatazione della Commissione secondo cui le amministrazioni preposte all'applicazione della legislazione sono incoraggiate a fare di più con meno mezzi, il che richiede un'attenta programmazione e il continuo esame dell'efficacia delle disposizioni adottate in modo da conseguire il risultato migliore;

32.

sottolinea che la responsabilizzazione del consumatore passa anche dalla sua educazione e, in questo contesto, evidenzia l'importanza della partecipazione degli enti locali e regionali e della società civile alle campagne di informazione destinate al consumatore, per le quali occorre prevedere un certo margine di manovra al fine di adeguarle alle specificità regionali. Propone pertanto di porre l'accento sui programmi di insegnamento nelle scuole e nelle università allo scopo di preparare le nuove generazioni a diventare consumatori consapevoli; non si deve inoltre trascurare il ruolo svolto dagli enti preposti alla formazione degli adulti;

33.

concorda con il tentativo di risolvere i problemi alla radice tramite misure volte a incoraggiare la messa in conformità delle imprese. Questo approccio dovrà però tener conto delle specificità dei produttori, a seconda del paese e della regione dove si trovano i fornitori, anche a livello mondiale. Gli incentivi dovranno essere tali da compensare il costo della messa in conformità con le nuove regolamentazioni che saranno introdotte, e si dovrà tener conto della capacità di adattamento delle imprese;

34.

sottolinea che, nell'attuazione della politica dei consumatori, la Commissione europea dovrà rispettare l'ordinamento giuridico degli Stati membri e il principio di sussidiarietà. D'altro canto, gli Stati membri, al momento di recepire la legislazione dell'UE nel diritto nazionale, dovrebbero compiere uno sforzo particolare per non imporre requisiti aggiuntivi rispetto a quelli già richiesti a tal fine. Ciò non esclude la possibilità per gli Stati membri di ambire, in casi specifici, a un livello più elevato di tutela dei consumatori;

35.

ritiene che, per trarre vantaggio dalle migliorie apportate alla legislazione, i consumatori debbano essere al corrente dei cambiamenti introdotti. Evidenzia pertanto la possibilità per gli enti regionali e locali di contribuire a promuovere le iniziative di informazione dei consumatori in merito ai loro diritti e ai cambiamenti apportati alla legislazione a loro beneficio;

36.

accoglie con favore il riferimento, nell'agenda dei consumatori, alle azioni collettive e incoraggia la Commissione a proporre un quadro specifico per realizzarle; le proposte della Commissione relative ai meccanismi di ricorso collettivo dovrebbero limitarsi a una disciplina quadro che contenga requisiti riguardanti norme minime da applicare a livello nazionale, e lasciare per il resto agli Stati membri la decisione sulle modalità di applicazione dettagliate dei meccanismi di ricorso collettivo, tenendo conto delle rispettive tradizioni giuridiche nazionali. Nella misura in cui l'UE ambisce a una competenza giuridica per disciplinare ulteriori meccanismi di ricorso collettivo, questi ultimi dovrebbero rispettare rigorosamente gli ordinamenti e i sistemi nazionali di ricorso in vigore nei singoli Stati membri;

37.

è convinto che la promozione di una strategia integrata per i consumatori presupponga una loro forte rappresentanza in seno agli organi decisionali. In questo contesto il CdR sottolinea il ruolo delle organizzazioni di consumatori, le quali hanno un quadro più completo dei temi che interessano i consumatori nella loro vita quotidiana e possono quindi contribuire a trovare soluzioni, dove queste sono richieste. Al tempo stesso esse fungono da canali di comunicazione tra cittadini e amministrazione, consentendo la diffusione delle informazioni verso il basso. Il CdR riconosce che esiste un margine di miglioramento nei rapporti tra gli enti locali e regionali e le organizzazioni di consumatori sia al primo che al secondo livello, e invita al contempo gli Stati membri a rafforzare tali organizzazioni in funzione dei bisogni, adottando, se necessario, anche un quadro d'azione.

Verso un'attuazione più efficace dell'agenda

38.

parte dal presupposto che i cittadini devono potersi fidare delle autorità incaricate dell'applicazione della legislazione: ciò si può realizzare sia garantendo un'applicazione corretta della regolamentazione sia dando la possibilità ai cittadini di ricorrere a tali autorità in caso di controversia;

39.

sottolinea che, da parte loro, le imprese nell'arco dell'intera catena di produzione dovranno essere convinte che il rispetto degli impegni che derivano loro dalla legislazione è preferibile al non rispetto. Va sottolineato che l'aggiornamento su aspetti della legislazione concernente i consumatori non deve limitarsi a questi ultimi, ma essere esteso anche alle imprese;

40.

quanto al ruolo degli intermediari, è d'accordo con l'osservazione della Commissione secondo cui esso risulta accresciuto soprattutto per i servizi online. È quindi essenziale garantire la trasparenza, la fiducia, ma anche l'amministrazione della giustizia e l'applicazione di sanzioni nel caso di intermediari insolventi. Ciò presuppone la presenza di strutture di controllo e sorveglianza a livello sia degli Stati membri che dell'UE;

41.

raccomanda inoltre, per quanto riguarda più in particolare l'intenzione della Commissione di collaborare con gli intermediari e gli operatori economici per migliorare il quadro che disciplina gli scambi commerciali, di applicare norme vincolanti per le garanzie commerciali allo scopo di colmare una lacuna importante nella tutela dei consumatori;

42.

invita la Commissione a garantire, da parte degli Stati membri, il recepimento tempestivo e soprattutto l'applicazione senza riserve delle disposizioni volte a rafforzare il mercato unico;

43.

si rammarica che gli stanziamenti in bilancio da destinare all'agenda europea dei consumatori siano limitati - corrispondono infatti a circa 0,05 EUR all'anno per ciascun cittadino europeo - e attira pertanto l'attenzione della Commissione sulla necessità di esercitare notevole cautela nella programmazione e realizzazione delle azioni per poter conseguire il miglior risultato possibile;

44.

veglierà sull'applicazione tempestiva ed efficace dell'agenda europea dei consumatori al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini europei.

Bruxelles, 29 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/13


Parere del Comitato delle regioni «Codice di condotta sul partenariato»

2013/C 17/04

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie con soddisfazione l'intento della Commissione di introdurre l'obbligo per gli Stati membri di organizzare una cooperazione basata sul partenariato tra le autorità pubbliche di livello nazionale, regionale e locale, le parti economiche e sociali e le ONG;

sostiene l'iniziativa delle Commissione di integrare il regolamento «disposizioni comuni» con un codice di condotta europeo sul partenariato (CCEP) e deplora profondamente la decisione del Consiglio di sopprimere il codice di condotta dallo schema di negoziato;

chiede quindi alla Commissione che il CCEP garantisca un effettivo equilibrio tra l'esigenza che gli Stati membri soddisfino i requisiti in esso previsti e il diritto degli Stati membri a conservare le loro specifiche potenzialità e mantenere le loro prassi attuali, in particolare per quanto riguarda il principio di sussidiarietà;

sottolinea che il partenariato è una condizione indispensabile per accrescere l'efficacia della politica di coesione, e che soltanto un sistema di governance multilivello può garantire un efficace collegamento tra gli orientamenti strategici stabiliti dall'Unione europea e le sfide locali e regionali;

chiede che gli enti regionali e locali vengano pienamente coinvolti nella preparazione di contratti di partenariato e anche nella definizione e attuazione delle priorità d'investimento della politica regionale;

reputa necessario stabilire tra i partner una gerarchia appropriata, con in testa gli enti regionali e locali, che esprimono opinioni, valori e interessi comuni;

sottolinea la necessità di adeguare la scelta dei partner al tipo di programma, ma dubita che sia opportuno raggruppare i programmi in funzione del tipo di fondo che li finanzia.

Relatore

Stanislaw SZWABSKI (PL/AE), presidente del consiglio comunale di Gdynia

Testo di riferimento

Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Il principio di partenariato nell'attuazione dei fondi del quadro strategico comune - Elementi per un codice di condotta europeo sul partenariato

SWD(2012) 106 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Introduzione

1.

concorda con la Commissione europea nel ritenere il partenariato un elemento di cruciale importanza per il successo della strategia Europa 2020 e per la corretta attuazione dei fondi del quadro strategico comune («fondi QSC») dell'Unione europea;

2.

accoglie con soddisfazione l'intento della Commissione di introdurre l'obbligo per gli Stati membri di organizzare una cooperazione basata sul partenariato tra le autorità pubbliche di livello nazionale, regionale e locale, le parti economiche e sociali e le organizzazioni non governative (ONG) in tutti i processi di attuazione delle politiche UE;

3.

sostiene l'iniziativa delle Commissione di integrare il regolamento «disposizioni comuni» (RDC) con un codice di condotta europeo sul partenariato (CCEP), che contenga disposizioni concrete e specifiche sul processo di partenariato nella preparazione, esecuzione e valutazione dei programmi e dei fondi QSC;

4.

deplora profondamente la decisione del Consiglio di sopprimere il codice di condotta dallo schema di negoziato, ignorando così le posizioni espresse dal Parlamento europeo e dal CdR, che continueranno a sostenere la necessità di un tale strumento per il periodo di programmazione 2014-2020;

5.

chiede quindi alla Commissione che il CCEP garantisca un effettivo equilibrio tra l'esigenza che gli Stati membri soddisfino i requisiti in esso previsti e il diritto degli Stati membri a conservare le loro specifiche potenzialità e mantenere le loro prassi attuali;

6.

a tal proposito, suggerisce di considerare la possibilità di inserire nel progetto di CCEP delle procedure di concertazione preliminare sulle modalità con cui gli Stati membri devono ottemperare all'obbligo di cooperazione in partenariato secondo le rispettive condizioni specifiche. Prevedendo espressamente tali concertazioni la Commissione disporrebbe di una base per verificare la conformità dei contratti di partenariato e dei programmi alle prescrizioni del CCEP;

7.

rammenta e sottolinea che la politica di coesione per sua natura combina in sé una dimensione strategica con la devoluzione di responsabilità agli enti regionali e locali, i quali dispongono dell'esperienza e della conoscenza specifica indispensabili per garantirne l'effettiva attuazione negli Stati membri. Una volta che la strategia generale è stata concordata con la Commissione, spetta sovente alle regioni il compito di adottare decisioni cruciali su aspetti come la selezione e la gestione dei progetti;

8.

il partenariato è dunque una condizione indispensabile per accrescere l'efficacia della politica di coesione, nell'ambito della quale gli orientamenti strategici dell'Unione europea devono essere adattati alle sfide regionali e locali. In pratica, solo un sistema di governance multilivello che coinvolga tutti i livelli di governo può consentire di combinare efficacemente queste due dimensioni. Gli enti regionali e locali sono una componente essenziale della governance multilivello, e non possono essere posti sullo stesso piano dei partner del settore non governativo;

9.

nel contempo, il CdR si oppone a un'applicazione del principio della governance multilivello che, nelle procedure di partenariato, accordi di fatto ai livelli territoriali superiori una preminenza su quelli inferiori. Il CCEP dovrebbe incitare con fermezza gli Stati membri a prevenire efficacemente situazioni di questo tipo;

10.

chiede che gli enti regionali e locali vengano pienamente coinvolti nella preparazione di contratti di partenariato tra la Commissione e gli Stati membri, e che tali contratti includano una clausola con regole concordate sulla cooperazione tra le autorità nazionali e gli enti regionali e locali, regole che potrebbero essere inserite tra le condizioni ex ante fissate nel RDC;

11.

auspica inoltre che gli enti regionali e locali svolgano un ruolo cruciale nella definizione e attuazione delle priorità d'investimento della politica regionale, ed esorta quindi la Commissione a confermare il ruolo di primo piano di tali enti rispetto agli altri partner indicati nel CCEP;

12.

comprende la volontà della Commissione di fissare nel CCEP soltanto dei requisiti minimi quanto all'obbligo degli Stati membri di coinvolgere i partner pertinenti nelle diverse fasi della programmazione; ma, al tempo stesso, auspica che tali standard minimi siano sufficientemente elevati e perspicui da permettere un autentico partenariato sulle questioni più importanti;

13.

sottolinea in particolare l'importanza dei principi di solidarietà e proporzionalità, che, da un lato, devono consentire e rafforzare la partecipazione ai partenariati di soggetti di livello corrispondente alla portata territoriale di un dato programma e, dall'altro, garantire che la partecipazione dei partner abbia un peso conforme al loro potenziale e alla loro importanza ai fini dell'attuazione del programma stesso;

14.

fa notare che, indipendentemente dalla diversità delle istituzioni e delle culture politiche, gli Stati membri sono notevolmente diversi per dimensione del territorio e per entità e distribuzione spaziale della popolazione. In considerazione di ciò, la ripartizione tra i livelli nazionale, regionale e locale si traduce in pratica, nei singoli Stati membri, in situazioni molto diverse, che incidono sulle forme concretamente assunte dai partenariati;

15.

accoglie con soddisfazione il fatto che la Commissione intenda adottare il CCEP come atto delegato immediatamente dopo l'entrata in vigore dell'RDC. Qualora, però, si decidesse di attribuire al CCEP un diverso status giuridico, il Comitato chiede di adottare comunque delle soluzioni che garantiscano un autentico salto di qualità nell'osservanza dei principi del partenariato nel periodo finanziario 2014-2020.

I Partner

16.

fa notare che la suddivisione dei partner potenziali in tre gruppi - ossia a) le autorità pubbliche regionali e locali, b) le parti economiche e sociali, e c) gli organismi che rappresentano la società civile, come quelli impegnati nella tutela dell'ambiente, le organizzazioni non governative e gli organismi di promozione della parità e della non discriminazione - contenuta nel CCEP mette sullo stesso piano soggetti di natura molto diversa e con possibilità diverse di incidere realmente sull'attuazione dei programmi;

17.

il CdR reputa invece necessario stabilire tra i partner una gerarchia appropriata. La posizione principale nel processo di partenariato dovrebbe essere occupata dagli enti regionali e locali, dato che dispongono di una legittimazione politica e sono dunque responsabili anche sul piano politico e finanziario. Essi hanno pertanto l'obbligo di rappresentare interessi generali e sono responsabili dell'attuazione di numerosi programmi e progetti. Inoltre in alcuni Stati a struttura decentrata gli enti regionali possiedono competenze legislative;

18.

fa notare che la formula secondo cui le «regioni» saranno «attori chiave» nell'organizzazione del processo di partenariato negli Stati membri «ad assetto decentrato» non va intesa nel senso che negli altri Stati membri tale ruolo debba essere svolto dalle autorità nazionali;

19.

condivide l'opinione della Commissione secondo cui occorre soprattutto selezionare istituzioni, organizzazioni e gruppi che possano esercitare una reale influenza sull'attuazione di un dato programma o che risentono in modo sostanziale degli effetti della sua realizzazione;

20.

apprezza il riconoscimento, da parte della Commissione, delle procedure e delle tecniche di attuazione del principio di partenariato già elaborate finora negli Stati membri (workshop, sondaggi, forum, consultazioni, riunioni); nel contempo, però, richiama l'attenzione sulla necessità di tener conto della rivoluzione indotta, nelle forme di comunicazione sociale, dal diffondersi delle nuove tecnologie di telecomunicazione. Il CCEP dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a essere più audaci e innovativi in questo campo; un approccio da cui tra l'altro non si può prescindere se si vogliono coinvolgere i cittadini più giovani nei processi di partenariato;

21.

condivide le preoccupazioni della Commissione riguardo alla necessità di coinvolgere i rappresentanti dei gruppi più vulnerabili e marginali. Non reputa tuttavia necessario menzionare tali gruppi per nome nel documento generale, dato che di fatto essi possono variare a seconda delle condizioni locali e dello specifico programma considerato;

22.

richiama tuttavia l'attenzione sulla necessità che - a fronte del rischio, già verificatosi in passato, che insorgano conflitti sociali nel contesto dell'attuazione di talune iniziative - il CCEP induca gli Stati membri a coinvolgere fin dall'inizio nel processo di partenariato i rappresentanti dei gruppi e dei soggetti che possono avere un atteggiamento critico rispetto all'attuazione di un dato programma;

Autorità pubbliche regionali, locali, cittadine o di altro livello

23.

rammenta che i partner che rappresentano comunità regionali e locali esprimono, a prescindere dalle loro competenze formali nei singoli Stati membri, opinioni, valori e interessi comuni. Di conseguenza, la loro posizione in quanto partner è oggettivamente diversa da quella dei partner settoriali e sociali, che rappresentano opinioni, valori e interessi di parte. Un fatto, questo, che dovrebbe trovare chiaro riscontro

24.

suggerisce che nel CCEP siano espressamente indicati i tipi di soggetti territoriali che dovrebbero essere coinvolti nel processo di partenariato. Ciò vale in particolare per i soggetti che non sono enti territoriali amministrativi di un dato Stato membro: aree funzionali (urbane, rurali, infrastrutturali, ambientali, transfrontaliere, costiere, ecc.), raggruppamenti territoriali di cooperazione intercomunale e reti di cooperazione tra città e località;

25.

sostiene l'intento della Commissione di prescrivere, nel CCEP, che siano gli enti regionali che gestiscono i programmi a organizzare, in tutte le fasi della loro esecuzione, il processo di partenariato con i rappresentanti degli enti locali, delle autorità cittadine, delle parti economiche e sociali e della società civile, comprese le organizzazioni impegnate nella tutela dell'ambiente, quelle non governative e gli organismi di promozione della parità e della non discriminazione;

26.

suggerisce che le autorità cittadine e i rappresentanti delle aree funzionali urbane siano coinvolti nei processi di partenariato non solo quando effettuano investimenti territoriali integrati (ITI), ma ogni qual volta ciò risulti utile ai fini di un dato programma;

Parti economiche e sociali

27.

concorda con la Commissione nel ritenere che, nel processo di partenariato, debba essere garantita pari rappresentanza alle organizzazioni dei datori di lavoro e a quelle dei lavoratori. Occorre tuttavia tener conto della notevole diversità di livelli e forme di tali organizzazioni nei vari Stati membri. In molti settori la natura stessa delle attività svolte rende di fatto impossibile la creazione di organizzazioni datoriali. Il CCEP dovrebbe contenere raccomandazioni che, pur non imponendo soluzioni specifiche, incitino con fermezza gli Stati membri a elaborare procedure di cooperazione con le parti economiche e sociali che tengano conto delle specificità nazionali, regionali e anche locali;

28.

fa notare che, data la situazione esistente in molti mercati del lavoro europei, tra le parti sociali dovrebbero essere incluse anche le organizzazioni o istituzioni che rappresentano le persone in cerca di lavoro, specie se giovani e qualificate;

Partner che rappresentano la società civile, comprese le organizzazioni per la tutela dell'ambiente, le ONG e gli organismi di promozione della parità e della non discriminazione

29.

condivide appieno il suggerimento della Commissione di fondare il partenariato con le molte e diverse organizzazioni che rappresentano la società civile sulla cooperazione con organizzazioni «ombrello», nonché di sostenere la creazione di diverse forme di reti e di cooperazione tra le singole organizzazioni partecipanti al partenariato;

30.

fa notare che il CCEP dovrebbe fissare criteri chiari e trasparenti per la selezione delle ONG rappresentative, basati principalmente sulle loro competenze e sulle attività svolte nell'ambito di pertinenza del programma considerato;

Il processo di partenariato

Adeguare il partenariato al programma

31.

sottolinea la necessità di adeguare la scelta dei partner al tipo di programma, ma dubita che sia opportuno raggruppare i programmi in funzione del tipo di fondo che li finanzia (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), Fondo di coesione, Fondo sociale europeo (FSE)), in particolare perché si prevede che i programmi siano cofinanziati da più fondi diversi. La scelta dei partner dovrebbe essere determinata dal tipo di programma e dal suo ambito di intervento;

32.

suggerisce che il CCEP accolga il principio generale per cui il riconoscimento di un determinato tipo di partner come partner «chiave» non esclude a priori la partecipazione al partenariato di altri soggetti, ove essa sia obiettivamente giustificata;

33.

fa notare che, nei programmi finanziati dal FESR e dal Fondo di coesione, è necessario garantire la partecipazione al partenariato delle organizzazioni che rappresentano raggruppamenti, anche transfrontalieri, di enti pubblici regionali e locali;

34.

ravvisa la necessità di un partenariato di soggetti del settore della ricerca e sviluppo nei programmi pertinenti, con la portata e nella forma adeguate alle loro caratteristiche specifiche. Una necessità imposta dalla complessità degli odierni processi di sviluppo e dal bisogno di accedere a conoscenze specifiche approfondite che consentano di influenzare effettivamente tali processi;

Coinvolgere i partner nella preparazione dei documenti di programmazione

35.

condivide il principio, proposto dalla Commissione, di coinvolgere i partner quanto più precocemente possibile nella programmazione, ma anche l'idea di separare tale partenariato dalle procedure di valutazione ambientale strategica (VAS);

36.

in particolare sottolinea l'importanza di coinvolgere gli enti regionali e locali nelle seguenti fasi di programmazione: 1) nell'analisi delle sfide e dei bisogni a cui rispondere con i fondi del QSC, 2) nella scelta degli obiettivi e delle priorità e 3) nei meccanismi di coordinamento istituiti per sfruttare le sinergie per la crescita. Nel contempo, incita gli Stati membri a precisare come intendono agire in concreto per garantire un siffatto partenariato;

Preparazione del contratto di partenariato

37.

invita a stabilire un quadro certo di obblighi degli Stati membri in materia di definizione di procedure che garantiscano un autentico partenariato nel corso dell'elaborazione degli accordi in questione;

38.

osserva che gli enti regionali e locali competenti dovrebbero essere parte integrante del processo negoziale per la preparazione degli accordi di partenariato a livello sia nazionale che regionale;

39.

apprezza il fatto che il progetto di CCEP tenga conto dei Patti territoriali per la strategia Europa 2020 proposti dal CdR come componente essenziale della governance multilivello. Reputa però che tale strumento sia stato utilizzato in misura insufficiente;

Principi della partecipazione al partenariato

40.

approva e sostiene la proposta che il CCEP solleciti gli Stati membri a definire principi procedurali di partenariato chiari che garantiscano: 1) l'accesso tempestivo ai documenti, 2) un tempo sufficiente affinché le parti interessate possano procedere alle analisi, consultarsi e fornire un feedback sui documenti, 3) la disponibilità di canali di comunicazione, 4) trasparenza sui modi in cui le proposte e le osservazioni vengono prese in considerazione, e 5) la diffusione dei risultati delle consultazioni;

Informazioni sulle modalità di attuazione del partenariato nei documenti di programmazione

41.

approva e sostiene la proposta che il CCEP solleciti gli Stati membri a fissare, in relazione ai contratti di partenariato, una serie di principi di partenariato specifici. Tali requisiti dovrebbero tuttavia rispecchiare le specificità dei singoli Stati membri, e ciò dovrebbe valere in particolare per gli enti regionali e locali;

Composizione, ruolo e funzionamento dei comitati di sorveglianza

42.

condivide l'opinione della Commissione riguardo al ruolo cruciale dei comitati di sorveglianza nell'attuazione di tutti i programmi del QSC dell'UE. Approva e sostiene la proposta che il CCEP imponga agli Stati membri di fissare requisiti specifici in materia di coinvolgimento dei partner, e in particolare degli enti regionali e locali, nella creazione dei comitati di sorveglianza. Gli enti regionali e locali dovrebbero inoltre essere coinvolti nella determinazione formale delle norme di funzionamento di tali comitati nonché nelle loro attività;

Partecipazione dei partner alla selezione dei progetti

43.

approva la proposta che il CCEP raccomandi alle autorità di gestione di fissare requisiti specifici al fine di 1) coinvolgere, se del caso, i partner nella definizione degli inviti a presentare proposte e nella valutazione di queste, 2) prevenire efficacemente l'insorgere di situazioni di conflitto d'interessi tra i partner, 3) garantire un regolare avvicendamento delle persone che si occupano degli inviti a presentare proposte, e 4) assicurarsi che ogni partner prescelto prenda coscienza degli obblighi derivanti dalla partecipazione alle procedure di selezione dei progetti. Un ruolo specifico nella selezione e valutazione dei progetti con un previsto impatto territoriale spetta agli enti regionali e locali;

Coinvolgere i partner nell'attività di presentazione di relazioni e nella valutazione

44.

approva la proposta che il CCEP raccomandi alle autorità di gestione di fissare requisiti specifici in merito al coinvolgimento dei partner nella preparazione dei rapporti annuali sull'esecuzione dei programmi e delle relazioni periodiche sullo stato di attuazione dei contratti di partenariato nella prima metà del 2017 e del 2019, in particolare per quanto riguarda le informazioni da includervi sull'andamento dell'attuazione e la valutazione del ruolo dei partner nella stessa;

45.

condivide l'insistenza della Commissione sulla necessità che l'autorità di gestione prepari un piano di valutazione per ciascun programma coperto dal QSC. Reputa inoltre che esistano seri motivi per adottare principi («requisiti minimi») distinti per la stesura dei piani di valutazione dei programmi finanziati con il FERS, il FEAMP, il Fondo di coesione e il FSE, da un lato, e di quelli dei programmi finanziati con il FEASR dall'altro;

Assistenza ai partner

46.

alcuni partner - specialmente le organizzazioni rappresentative della società civile come quelle ambientali e non governative e gli organismi che promuovono l'eguaglianza e la non discriminazione - possono, per le insufficienti conoscenze e le limitate risorse di cui dispongono, incontrare difficoltà a partecipare in modo appropriato al processo di partenariato;

47.

di conseguenza, il Comitato delle regioni approva e sostiene la proposta che il CCEP raccomandi agli Stati membri di garantire che una parte dei fondi destinati all'assistenza tecnica sia utilizzata per le necessità dei partner più deboli.

Bruxelles, 29 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/18


Parere del Comitato delle regioni «Sviluppo locale di tipo partecipativo»

2013/C 17/05

IL COMITATO DELLE REGIONI

ritiene necessario incrementare i finanziamenti dell'UE a favore dello sviluppo locale per il prossimo periodo di programmazione 2014-2020 al fine di consentire una più convinta adesione dei cittadini agli obiettivi della strategia Europa 2020 e di agevolarne la realizzazione;

ritiene che lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) costituisca uno degli aspetti più innovativi del pacchetto legislativo proposto per il 2014-2020, e che il suo utilizzo vada pertanto fortemente incoraggiato;

sottolinea che il CLLD costituisce l'unica disposizione del regolamento recante disposizioni comuni a prevedere specificamente sinergie reali per l'applicazione congiunta del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), dei fondi strutturali e del Fondo di coesione; il CLLD può quindi fungere da „sportello unico” per i beneficiari locali e consentirà l'applicazione integrata e semplificata dei fondi del quadro strategico comune (QSC) sul terreno;

ritiene che il CLLD sia uno strumento fondamentale ai fini dello sviluppo armonioso delle aree urbane e rurali, in quanto rafforza la capacità di sviluppare legami con le aree periurbane e rurali circostanti;

sollecita la Commissione ad avvalersi delle conclusioni della Corte dei conti e di altre relazioni e valutazioni per garantire che l'esperienza maturata con Leader e Urbact consenta realmente di individuare un modello di CLLD molto più solido, trasparente e affidabile;

chiede alla Commissione di preparare al più presto degli orientamenti comuni indicativi semplificati per applicare il CLLD in aree fondamentali.

Relatore

Graham GARVIE (UK/ALDE), membro del Consiglio della regione Scottish Borders

Testi di riferimento

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

accoglie con favore le proposte della Commissione europea per il prossimo periodo di programmazione, che dedicano rinnovata attenzione allo sviluppo locale nelle politiche regionali, rurali e marittime dell'Unione europea;

2.

ritiene che lo sviluppo locale sia parte integrante di un più ampio approccio dell'UE nei confronti dello sviluppo territoriale;

3.

ritiene che lo sviluppo locale risulti meglio definito quale concetto onnicomprensivo incentrato sulle sfide e le potenzialità delle regioni di tutti i tipi - siano esse aree urbane, rurali, rurali-urbane („rurbane”) o funzionali;

4.

ritiene necessario incrementare i finanziamenti dell'UE a favore dello sviluppo locale per il prossimo periodo di programmazione 2014-2020 non solo al fine di consentire una più convinta adesione dei cittadini agli obiettivi della strategia Europa 2020 e di agevolarne la realizzazione, ma anche per facilitare e stimolare la ripresa economica e la creazione di posti di lavoro nelle aree particolarmente colpite dall'attuale crisi economica e finanziaria;

5.

ritiene che l'approccio orientato verso lo sviluppo locale trovi applicazione grazie a tutta una serie di strumenti; tra questi, una delle principali opzioni ora proposte dalla Commissione è il nuovo strumento Sviluppo locale di tipo partecipativo (Community Led Local Development, CLLD). Il concetto di sviluppo locale va tuttavia inteso in senso lato e deve tener conto del quadro istituzionale e delle pratiche in uso nei singoli Stati membri;

6.

plaude con forza al fatto che un intero capitolo del regolamento recante disposizioni comuni (COM(2011) 615 final) sia dedicato in modo specifico a tale strumento;

7.

sottolinea che il CLLD costituisce l'unica disposizione del regolamento recante disposizioni comuni a prevedere specificamente sinergie reali per l'applicazione congiunta del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e dei fondi strutturali (Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), Fondo sociale europeo (FSE) e Fondo di coesione). A tale strumento spetta quindi l'importante ruolo di accrescere la credibilità della politica di coesione dimostrando che diversi fondi dell'UE possono essere davvero applicati congiuntamente in modo integrato ed efficace;

8.

ritiene che si possa ricorrere a questo strumento per due motivi: da un lato, garantire meglio la coesione economica, sociale e territoriale nell'Unione europea e, dall'altro, realizzare localmente gli 11 obiettivi tematici del quadro strategico comune (QSC) e, di conseguenza, tramite tali obiettivi, la strategia Europa 2020. Desidera tuttavia sottolineare la necessità di prorogare i termini concessi per l'elaborazione della strategia di sviluppo locale;

9.

ritiene che, in questi tempi difficili di crisi e di recessione economica, l'eliminazione delle barriere artificiali tra i diversi fondi dell'UE sia più che mai auspicabile per consentire una loro applicazione locale alle aree sia urbane che rurali, tenendo in maggiore considerazione e rivolgendo un'attenzione mirata alle esigenze specifiche di ciascun territorio;

10.

sottolinea che la creazione di capacità (capacity building) costituisce una caratteristica distintiva del CLLD e che occorre mettere a disposizione risorse in misura sufficiente per consentire alle parti interessate a livello locale di preparare e applicare la loro strategia sul territorio;

11.

plaude al fatto che il regolamento recante disposizioni comuni consenta alle aree interessate dal CLLD di beneficiare di un tasso di co-finanziamento più elevato (aumenta infatti di un ulteriore 10 % il tasso di co-finanziamento UE per il FESR e l'FSE se un intero asse viene realizzato con tale strumento) e ritiene che incentivi simili o analoghi andrebbero applicati a tutti i fondi, in particolare il FEAMP;

12.

sottolinea che il principale valore aggiunto del CLLD è costituito dal coinvolgimento della collettività locale, compresi il settore privato e il volontariato, tramite la formazione di gruppi di azione locale (GAL) che elaboreranno strategie integrate di sviluppo locale;

13.

ritiene che questo approccio dal basso verso l'alto sia in forte contrasto con quello contrario, dall'alto verso il basso, adottato per l'erogazione di fondi UE, che altrimenti predominerebbe. Il CLLD diventa così il miglior esempio pratico di cosa significhi il principio di sussidiarietà a livello locale, e contribuirà ad accrescere l'adesione e la consapevolezza del pubblico riguardo alle azioni finanziate dall'UE sul terreno.

Obiettivi principali

La strategia Europa 2020 e il quadro strategico comune

14.

ricorda che gli Stati membri e le regioni sono del tutto liberi di decidere di introdurre il CLLD per il FESR e l'FSE nei loro contratti di partenariato e programmi operativi;

15.

ritiene che, accanto all'agenda urbana, agli investimenti territoriali integrati (ITI) e ai piani d'azione comuni, il CLLD costituisca uno degli aspetti più innovativi del pacchetto legislativo proposto per il 2014-2020, e che il suo utilizzo vada pertanto fortemente incoraggiato;

16.

ritiene che il CLLD possa diventare uno strumento essenziale per agevolare la realizzazione a livello locale degli obiettivi definiti nell'ambito del QSC e dell'agenda territoriale 2020, in quanto consente una programmazione congiunta delle politiche di attuazione della strategia Europa 2020;

17.

ritiene che il CLLD dovrebbe avvalersi delle esperienze maturate in precedenza con strumenti destinati allo sviluppo locale in settori specifici, in particolare Leader - per lo sviluppo rurale - e le iniziative riguardanti l'asse 4 del Fondo europeo per la pesca (FEP), nonché il programma per la rete di sviluppo urbano Urbact e le precedenti iniziative Urban - per lo sviluppo sostenibile nelle aree urbane problematiche - e EQUAL - contro l'esclusione, la discriminazione e la disuguaglianza;

18.

teme che le attività di CLLD individuate in fase di preparazione del QSC pongano eccessivamente l'accento sullo sviluppo della strategia e sulla creazione di capacità. Benché tale processo vada considerato essenziale, il CLLD deve puntare anzitutto a ottenere risultati tangibili e significativi tramite investimenti che possano migliorare il benessere della collettività locale;

19.

nutre dubbi riguardo al principio di fare riferimento al CLLD solo nell'obiettivo tematico 9 del QSC - promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà - in quanto si tratta di uno strumento polivalente, incentrato sulla collettività locale, il quale presenta una natura e finalità diverse che vanno ben oltre l'inclusione sociale. In concreto, esso può contribuire in modo significativo a correggere importanti squilibri geografici e demografici che ostacolano lo sviluppo economico e sociale di alcune regioni;

20.

sollecita pertanto una revisione del QSC in modo da menzionare il CLLD in tutti e 11 gli obiettivi tematici del QSC e da poterlo utilizzare in funzione dei diversi contesti locali e non soltanto delle attività di inclusione sociale;

21.

sottolinea che i GAL del CLLD devono poter beneficiare dell'ulteriore aumento del 10 % del tasso di co-finanziamento a prescindere da quali obiettivi tematici del QSC perseguono. È indispensabile che il bonus del 10 % si applichi anche nel caso in cui la dotazione per l'inclusione sociale prevista nel QSC non sia destinata esclusivamente al CLLD.

Valore aggiunto specifico

22.

ritiene che il valore aggiunto del CLLD consista nei seguenti aspetti: partecipazione, consultazione e cooperazione della popolazione locale e di tutti i soggetti, pubblici e privati, presenti sul territorio, conformità della strategia di sviluppo locale alle esigenze specifiche del territorio, forte influsso sulla collaborazione multilivello e transettoriale, ricorso ad una solida conoscenza ed esperienza di tipo locale, capacità di innovazione dei territori, impostazione integrata multisettoriale, azioni e risultati definiti a livello locale e, infine, approccio flessibile e strategico;

23.

ritiene che un approccio improntato allo sviluppo locale secondo la logica del CLLD risponda altresì all'esigenza di una politica di coesione maggiormente orientata ai risultati grazie al fatto di affrontare le sfide al livello territoriale più appropriato e metterà le collettività e i governi locali in condizione di svolgere un ruolo attivo nel conseguimento degli obiettivi politici dell'UE e in particolare della strategia Europa 2020;

24.

sottolinea che il CLLD può fungere da „sportello unico” per i beneficiari locali in quanto consentirà l'applicazione integrata e semplificata dei fondi del QSC sul terreno. Ciò potrebbe, in linea di principio, costituire un enorme passo avanti al fine di consentire a una singola amministrazione comunale di mettere insieme progetti integrati che possono essere co-finanziati da diversi fondi dell'UE;

25.

ribadisce che il CLLD, dato il suo carattere integrato e il coinvolgimento della collettività, è maggiormente in grado - per la sua struttura - di sostenere la diversificazione delle attività nonché lo sviluppo e l'innovazione sul piano economico e sociale rispetto alle procedure di applicazione standardizzate dall'alto verso il basso;

26.

ritiene che il CLLD agevolerebbe la realizzazione di progetti innovativi che altrimenti non sarebbero previsti dai programmi operativi. Il principale valore aggiunto dei partenariati di sviluppo locale consiste nello sfruttare le diverse esperienze concentrate in ciascuno dei GAL, i quali, cooperando con i beneficiari per sviluppare la loro richiesta originaria di finanziamenti, ne miglioreranno la qualità e consentiranno un adeguamento più efficace alle specifiche esigenze locali;

27.

sollecita gli Stati membri e le regioni a valutare attentamente se il fatto di inserire un asse specifico CLLD nel loro accordo di partenariato o programma operativo accresca il valore aggiunto dei loro finanziamenti UE rispetto ai programmi standard dall'alto verso il basso.

Portata

28.

sollecita la Commissione e gli Stati membri a garantire che si raggiunga una massa critica sufficiente in termini sia di dimensioni dei GAL, sia di dotazione finanziaria media che tali gruppi di azione responsabili del CLLD possono aspettarsi di dover gestire. In base all'esperienza maturata con Leader e con l'asse 4 del FEP, un GAL potrebbe coprire un bacino di utenza che varia dai 5 000 ai 150 000 cittadini e una strategia locale integrata potrebbe erogare in media da 2 a 10 milioni di finanziamenti UE nell'arco di un periodo di sette anni;

29.

ritiene tuttavia che il CLLD possa in alcuni casi ottenere una massa critica superiore ai valori definiti al precedente punto 28 e che occorra quindi prevedere eccezioni giustificate nel caso di aree urbane o geografiche più estese, come le isole o le regioni remote, a condizione di mantenere la componente partecipativa.

Sviluppo territoriale integrato

30.

intende ricordare che il CLLD, in quanto strumento opzionale per inserire lo sviluppo locale in tutti i fondi contemplati dal regolamento recante disposizioni comuni, è correlato ad altri strumenti, come gli ITI, e contribuisce alla realizzazione di una strategia di sviluppo più ampia che consente di territorializzare una serie di politiche a livello locale;

31.

è favorevole al fatto che le norme di applicazione europee e nazionali prevedano in modo esplicito la possibile articolazione degli ITI e dei GAL in modo da realizzare congiuntamente le ambizioni locali secondo una strategia condivisa, ogniqualvolta tale opzione si riveli appropriata. Le norme di applicazione, in particolare, dovrebbero consentire e favorire l'affidamento a uno o più GAL della responsabilità di realizzare, su scala minore, parte delle attività attribuite a un ITI a un livello geografico superiore;

32.

ritiene che, in questi casi specifici, potrebbe essere perfettamente logico che l'ITI beneficiasse anch'esso dell'ulteriore 10 % di bonus previsto per il CLLD;

33.

vorrebbe però ricordare che il valore aggiunto del CLLD consiste appunto nel coinvolgimento della collettività locale in senso lato e nel collegamento esplicito tra strumenti esistenti come Leader e l'asse 4 del FEP con i fondi strutturali.

Il CLLD nelle aree urbane e rurali

34.

ritiene che l'elemento collettivo del CLLD sia particolarmente adatto ad affrontare problemi concentrati geograficamente che richiedono una risposta a livello di comunità;

35.

si compiace del fatto che il CLLD possa anche costituire uno dei numerosi strumenti disponibili per rafforzare l'inclusione nelle aree urbane con servizi pubblici accessibili a tutti, impedendo il fenomeno della ghettizzazione, affrontando le situazioni di povertà e promuovendo i collegamenti sociali tra le diverse comunità, introducendo politiche che favoriscono l'invecchiamento attivo, l'innovazione sociale e il sostegno reciproco intergenerazionale e interculturale;

36.

sebbene il presente parere sia incentrato sull'analisi dell'applicazione del CLLD in altri ambiti e settori, spingendosi ben oltre, quindi, l'utilizzo già esistente e collaudato di Leader nelle aree rurali, ritiene che il CLLD – quale naturale prolungamento dell'iniziativa Leader per il periodo successivo al 2014 – possa anche costituire uno dei numerosi strumenti disponibili per rispondere alle sfide delle zone rurali in termini di accessibilità, sviluppo e diversificazione economici, nonché mantenimento dei servizi essenziali per i cittadini, mediante tra l'altro politiche a favore dell'invecchiamento attivo, dell'innovazione sociale e del sostegno reciproco intergenerazionale e interculturale;

37.

ritiene che nelle aree urbane più estese possano esistere numerosi gruppi di azione locale responsabili del CLLD a livello di quartiere o di collettività per consentire di risolvere con un approccio dal basso verso l'alto problemi localizzati, come le molteplici forme di indigenza, il degrado ambientale o la scarsa occupabilità di gruppi specifici che presentano svantaggi comuni. Tra i GAL attivi in una stessa zona si dovrebbe raggiungere un certo grado di coordinamento.

Le realtà „rurbane” (collegamenti tra realtà rurali e urbane)

38.

ritiene che il CLLD sia uno strumento fondamentale ai fini dello sviluppo armonioso delle aree urbane e rurali, in quanto rafforza la capacità di sviluppare legami con le aree periurbane e rurali circostanti e costituisce quindi un aiuto per evitare l'espansione urbana incontrollata, incoraggiare la formazione di una rete equilibrata di città di piccole e medie dimensioni e consolidare il collegamento tra produttori e consumatori di prodotti dell'agricoltura locale;

39.

accoglie con favore l'azione preparatoria denominata Rurban che punta a raccogliere informazioni aggiornate sulle ricerche e sulle politiche riguardanti l'interazione tra realtà urbana e rurale, e ne auspica la trasformazione, prima dell'inizio del periodo 2014-2020, in un programma inteso a promuovere lo scambio di buone pratiche, la valutazione inter pares, la ricerca di soluzioni innovative e la costituzione di reti, di cui potersi avvalere nel quadro dei nuovi partenariati CLLD;

40.

desidera inoltre ribadire la sua proposta di creare un programma operativo denominato Rurbact che consentirebbe di promuovere lo scambio di buone pratiche e la costituzione di reti su problematiche urbane e rurali (1);

41.

ritiene che in tutta l'UE esistano numerose forme di collegamento tra realtà urbana e rurale fortemente influenzate dai sistemi amministrativi e politici nazionali. Qualunque tipo di intervento dell'UE dovrebbe quindi essere tanto flessibile da tener conto di questa ampia gamma di sistemi di governance;

42.

ritiene che la sfida principale sia costituita dalla necessità di superare l'attuale separazione geografica e settoriale dei fondi dell'UE. Mentre i programmi operativi tendono ad essere alquanto settoriali, i nuovi strumenti come il CLLD e l'ITI in particolare potrebbero fornire l'approccio territoriale necessario a superare questa compartimentazione;

43.

ritiene che, nel caso delle relazioni tra aree urbane e rurali, il CLLD debba riconoscere le forti diversità tra contesti nazionali, soprattutto per quanto riguarda i collegamenti tra tali aree nei vari Stati membri (maggiore scarto nelle condizioni di benessere delle realtà urbane e rurali, minori capacità) o tra paesi dotati di un gran numero di comuni (in cui la cooperazione deve attraversare i confini locali per raggiungere una massa critica) o di comuni di dimensioni maggiori (in cui i partenariati locali si realizzano soprattutto in un ambito prettamente locale).

Comunità dedite alla pesca costiera

44.

osserva che il CLLD può essere applicato con successo anche nelle aree che presentano problemi settoriali specifici. Si pensi ad esempio all'attuale asse 4 del FEP in cui si ricorre al CLLD per aiutare sia le comunità di pesca locali che il settore ittico;

45.

rileva che in numerose località d'Europa il CLLD può sfruttare positivamente i partenariati locali esistenti finanziati dal FEASR e/o dal FEP; in alcune aree è già attestata inoltre la cooperazione tra partenariati Leader e asse 4 del FEP, in quanto, a volte, entrambi fanno capo allo stesso ente. Il CLLD fornirà altresì la base per collegare questi interventi del FEASR e del FEAMP con l'FSE e il FESR, qualora ciò sia possibile;

46.

esprime in particolare preoccupazione riguardo al fatto che il FEAMP dovrebbe essere gestito a livello di Stato membro, mentre i fondi strutturali e l'iniziativa Leader sono spesso regionalizzati. Questa incoerenza costituirà uno svantaggio per il CLLD.

Partenariato

47.

vorrebbe reiterare quanto già chiesto in un precedente parere, vale a dire „che la regola secondo cui le autorità pubbliche non possono detenere più del 49 % dei diritti di voto sia riveduta nei casi in cui esistono già partenariati di sviluppo locale” e sollecita in tal caso una „rappresentanza equilibrata” dei diversi settori nell'ambito del GAL;

48.

ritiene, tra l'altro, che i processi decisionali in seno ai GAL debbano essere solidi e chiaramente definiti fin dal principio in modo tale che l'autorità locale, in quanto istituzione pubblica democraticamente responsabile all'interno del partenariato locale, sia in grado di guidare la strategia di ampio respiro, evitando al tempo stesso che il GAL sia dominato dall'amministrazione comunale;

49.

sottolinea che, mentre il CLLD punta a responsabilizzare il settore privato e il volontariato a livello locale, occorre comunque riconoscere il ruolo di sostegno che il governo locale deve svolgere in questo caso. Spesso l'autorità locale dovrà assumere un ruolo guida per garantire alle autorità di gestione e alla Commissione europea che i rischi di audit e di mancata osservanza delle decisioni adottate siano in futuro gestiti in modo adeguato e che la capacità locale sia in grado di rendere le strutture e le procedure del GAL efficaci;

50.

vorrebbe pertanto ricordare che il CLLD può essere organizzato in modo tale che la delega di responsabilità al GAL da parte dell'autorità di gestione o, a seconda dei casi, di altro organo locale e regionale incaricato dell'attuazione possa essere effettuata in base a criteri di proporzionalità che rispecchiano la capacità reale del GAL e tengono conto della sua necessità di prendere decisioni inclusive, trasparenti e affidabili;

51.

esorta la Commissione europea a tener conto delle iniziative locali già esistenti in ciascuno Stato membro e ad articolarle in modo armonioso con il nuovo strumento CLLD.

Sfide

52.

sollecita la Commissione ad avvalersi delle conclusioni della Corte dei conti e di altre relazioni e valutazioni per garantire che l'esperienza maturata con Leader e Urbact consenta realmente di individuare un modello di CLLD molto più solido, trasparente e affidabile;

53.

chiede che vengano definite al più presto regole chiare per prevenire fin dal principio i conflitti d'interesse e che, come minimo, le norme in materia di rendicontazione, controllo pubblico, ricorso contro eventuali decisioni prese e trasparenza per i GAL siano rigorose come quelle già imposte ai consiglieri locali. Sia i comuni che i GAL devono essere responsabili, secondo criteri di trasparenza, del denaro pubblico che spendono e delle decisioni che adottano;

54.

sottolinea che la capacità costituisce un aspetto cruciale da affrontare rendendo più semplici e trasparenti i requisiti procedurali e amministrativi e creando, dove possibile, un'interfaccia sotto forma di „sportello unico” tra i fondi, se possibile per via elettronica;

55.

ritiene che a tal fine occorra andare oltre le attuali proposte per quanto riguarda l'audit e il rispetto dell'osservanza nel caso di tutti i fondi. Analogamente, i requisiti in materia devono essere proporzionati, perché altrimenti rischiano di dissuadere i potenziali candidati locali dal presentare una richiesta di finanziamenti UE;

56.

teme, di conseguenza, che il CLLD possa trovarsi di fronte a oneri - in materia di gestione finanziaria e audit - di tipo diverso per ciascun fondo, a causa, spesso, della gestione verticale di parecchi fondi da parte di autorità di gestione o ministeri diversi, con il risultato che i progetti integrati finanziati da due o più fondi potrebbero avanzare al ritmo di quello più lento. Inoltre, è fondamentale che tali autorità evitino di stabilire requisiti procedurali supplementari propri, che creano ulteriori ostacoli;

57.

sottolinea che la creazione di capacità locale e la definizione delle strategie costituiscono solo un mezzo e non il fine ultimo, che è quello di consentire al CLLD di ottenere investimenti concreti e risultati misurabili a beneficio della collettività locale;

58.

ritiene sia necessario rivolgere molta più attenzione, nel CLLD, alla definizione e attuazione delle strategie locali che perseguono risultati chiaramente definiti;

59.

sottolinea che una delle qualità principali del CLLD è la sua capacità di essere innovativo, che si realizza grazie alla sua flessibilità di esecuzione. A tale proposito, le norme UE e nazionali dovrebbero smettere di imporre dall'alto verso il basso misure, regole di ammissibilità e criteri uniformi ad ogni paese o regione, in modo da promuovere l'individuazione di soluzioni locali a problemi locali con un approccio dal basso verso l'alto;

60.

ritiene che il collegamento tra la definizione delle strategie locali, da un lato, e lo scambio di buone idee e una più ampia applicazione, dall'altro, debba essere diretto e solido, soprattutto quando si tratta di attuare interventi su larga scala finanziati dai fondi strutturali;

61.

osserva che le autorità di gestione potrebbero essere tentate di non sostenere le operazioni integrate e ad alta intensità di risorse come il CLLD qualora esistano modi più semplici di spendere i finanziamenti disponibili. Tuttavia, con una maggiore assistenza tecnica rispetto a quella disponibile attualmente, il CLLD presenta una dimensione qualitativa più marcata e un più elevato coinvolgimento della collettività locale rispetto a un approccio dall'alto verso il basso;

62.

evidenzia l'incoerenza di disporre di un 5 % di risorse per Leader, ma non per gli altri fondi quando si ricorre al CLLD. Chiede pertanto alle autorità di gestione di considerare l'applicazione di questo tasso anche agli altri tre fondi quando si sceglie l'opzione CLLD per tutti i fondi previsti dal regolamento recante disposizioni comuni nell'ambito sia dell'accordo di partenariato che del programma operativo;

63.

ritiene necessario rimediare all'attuale dispersione dello sviluppo locale nei programmi allo scopo di accrescere la visibilità, l'affidabilità, nonché la dimostrazione di progetti, l'apprendimento reciproco e il trasferimento di conoscenze soprattutto per quanto riguarda i risultati meno tangibili;

64.

chiede che le quattro direzioni generali della Commissione interessate preparino al più presto degli orientamenti comuni indicativi semplificati per applicare il CLLD in aree fondamentali, quali ad esempio la valutazione di come i fondi previsti dal regolamento recante disposizioni comuni possano realmente dar vita a programmi locali integrati e a progetti individuali, l'ammissibilità della spesa, la rendicontazione, la cooperazione, l'audit e la conformità applicabili nonché i metodi di promozione e di trasferimento e delle conoscenze. Nel frattempo la Commissione dovrebbe avviare un dialogo strategico con gli attori dello sviluppo a livello nazionale, regionale e locale in grado di fornire suggerimenti quanto alle questioni da affrontare negli orientamenti, nonché alcune risposte ed alcuni esempi possibili di partenariati per lo sviluppo locale già esistenti.

Bruxelles, 29 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  Il programma Rurbact dovrebbe avvalersi dell'esperienza maturata con la rete Rur@ct al fine di dedicare maggiore attenzione al collegamento tra le dimensioni urbana e rurale.


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/25


Parere del Comitato delle regioni «Modernizzazione degli aiuti di stato dell’UE»

2013/C 17/06

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie con favore l'obiettivo della Commissione di concentrarsi sui casi che hanno ripercussioni particolarmente rilevanti sul mercato interno, e pertanto di tenere maggiormente conto delle priorità nei procedimenti in materia di aiuti, alleviando così l'impegno di tutte le parti in causa: Commissione, Stati membri ed enti regionali e locali;

constata che, tra gli approcci adeguati al suddetto trattamento prioritario degli aiuti con una effettiva e sostanziale rilevanza per il mercato interno, potrebbero figurare il chiarimento del criterio delle ripercussioni sul commercio transfrontaliero e la concretizzazione del concetto di impresa;

chiede, in tale contesto, che si tenga conto del fatto che i pagamenti relativi ad attività essenzialmente di natura locale, pur essendo classificabili come aiuti di Stato sotto il profilo giuridico, possono avere un effetto limitato sul commercio tra Stati membri;

chiede che, come opzioni per il raggiungimento dell'obiettivo della Commissione nel quadro di questa revisione rivolta ad ammodernare il quadro giuridico, siano innalzate le soglie per l'applicazione del regolamento de minimis, comprese quelle relative ai servizi di interesse economico generale (SIEG), che siano estese le categorie orizzontali nel quadro del regolamento di abilitazione e che siano introdotte corrispondenti estensioni e precisazioni nel regolamento sull'esenzione per categoria.

Relatore

Clemens LINDEMANN (DE/PSE) presidente del distretto di Saarpfalz

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Modernizzazione degli aiuti di Stato dell'UE

COM(2012) 209 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

si compiace del fatto che la Commissione europea riconosca che le regole sugli aiuti di Stato si sono sviluppate fino a divenire un quadro giuridico generale frammentario e complesso, il quale comporta un impegno considerevole per tutte le parti in causa, indipendentemente dalle ripercussioni sul mercato interno;

2.

chiede pertanto che le disposizioni in materia di aiuti vengano rese nettamente più semplici e si concentrino sui casi più importanti, che la loro possibilità di applicazione pratica sia migliorata e che le procedure vengano accelerate e snellite;

3.

si compiace quindi dell'annuncio della Commissione di voler procedere a una semplificazione della normativa e a un chiarimento dei concetti importanti;

4.

accoglie con favore l'obiettivo della Commissione di concentrarsi sui casi che hanno ripercussioni particolarmente rilevanti sul mercato interno, e pertanto di tenere maggiormente conto delle priorità nei procedimenti in materia di aiuti, alleviando così l'impegno di tutte le parti in causa: Commissione, Stati membri ed enti regionali e locali;

5.

constata che, tra gli approcci adeguati al suddetto trattamento prioritario degli aiuti con una effettiva e sostanziale rilevanza per il mercato interno, potrebbero figurare il chiarimento del criterio delle ripercussioni sul commercio transfrontaliero e la concretizzazione del concetto di impresa;

6.

invita la Commissione a chiarire in quali casi si ipotizzi una perturbazione del commercio tra Stati membri e quando una determinata attività non abbia alcuna rilevanza per il mercato interno;

7.

chiede, in tale contesto, che si tenga conto del fatto che i pagamenti relativi ad attività essenzialmente di natura locale, pur essendo classificabili come aiuti di Stato sotto il profilo giuridico, possono avere un effetto limitato sul commercio tra Stati membri;

8.

propone che, qualora tali pagamenti compensativi non rientrino in un'esenzione generale, si valuti quantomeno, a titolo di alternativa, una procedura semplificata;

9.

invita a semplificare il concetto di impresa attraverso delimitazioni più nette tra il settore economico e quello non economico, ad esempio mediante criteri, e a chiarire l'elaborazione comune di elenchi specifici per Stati membri da parte degli Stati stessi e della Commissione. Mentre i criteri astratti tengono conto anche degli sviluppi dinamici, gli elenchi elaborati congiuntamente garantiscono la sicurezza giuridica per i settori già in attività. Ciò comporterebbe un alleggerimento dei compiti per gli organismi locali e regionali, ma anche per la Commissione;

10.

qualora ciò venisse respinto, propone come alternativa di definire più precisamente i criteri in base ai quali in questi settori si presume l'esistenza di un'attività economica;

11.

ritiene che il concetto di impresa non si applichi necessariamente ai settori sociale, culturale e dell'istruzione, come pure ai servizi di interesse non economico generale;

12.

ribadisce che gli aiuti di portata ed estensione molto limitata non dovrebbero essere sempre notificati alla Commissione, e che in tali casi la responsabilità di applicare il diritto in materia di aiuti (ad es. attraverso esenzioni o discipline de minimis) dovrebbe essere assunta dagli Stati membri;

13.

chiede che, come opzioni per il raggiungimento dell'obiettivo della Commissione nel quadro di questa revisione rivolta ad ammodernare il quadro giuridico, siano innalzate le soglie per l'applicazione del regolamento de minimis, comprese quelle relative ai servizi di interesse economico generale (SIEG), che siano estese le categorie orizzontali nel quadro del regolamento di abilitazione e che siano introdotte corrispondenti estensioni e precisazioni nel regolamento sull'esenzione per categoria;

14.

sottolinea l'esigenza di separare più nettamente le norme generali in materia di aiuti, oggetto della modernizzazione, da quelle sugli aiuti ai SIEG (il cosiddetto pacchetto Almunia), in particolare per i casi limite, nei quali l'appartenenza a detta categoria di servizi non è univoca.

Maggiore considerazione degli obiettivi della strategia Europa 2020

15.

si compiace di un più netto orientamento verso gli obiettivi della strategia Europa 2020. Ritiene tuttavia inopportuno che, in luogo delle previste semplificazioni, vi siano alla fine regolamentazioni ancora più ampie e complesse per le pubbliche autorità;

16.

ribadisce l'importanza, per gli enti locali e regionali, degli orientamenti in materia di aiuti regionali, i quali prestabiliscono quali settori di impresa, in quali aree, siano ammissibili alle sovvenzioni. In tale contesto gli enti locali e regionali dovrebbero anche disporre di una certa discrezionalità nelle regioni assistite ai fini del sovvenzionamento di strutture d'impresa indipendentemente dalle loro dimensioni;

17.

segnala che là dove è presente una concreta necessità di misure di sostegno a causa dei mutamenti demografici o di svantaggi naturali permanenti, specialmente nelle aree rurali o di montagna, occorre consentire una sovvenzione flessibile e adeguata alle specificità locali;

18.

chiede maggiore discrezionalità per pervenire a strategie di sviluppo e misure di sostegno adattate a livello regionale e locale, e consentire bilanci regionali;

19.

segnala che la revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale per il periodo 2014-2020 non dovrà produrre disparità ingiustificate tra gli Stati membri per quanto riguarda il massimale di popolazione ammissibile, e che in futuro anche le grandi imprese dovranno essere tenute in considerazione in tutte le aree;

20.

si compiace pertanto dello strumento degli investimenti territoriali integrati, che crea margini di manovra a livello locale e consente l'attuazione di investimenti di vasta portata;

21.

si compiace del fatto che la Commissione persegua un approccio più integrato e un miglior coordinamento delle misure di sostegno;

22.

accoglie con favore la possibilità di combinare strumenti di sostegno e il finanziamento a carico di vari fondi, nonché il conseguente miglioramento nell'impiego sostenibile dei fondi regionali;

23.

in tale contesto e in vista della revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, esige che gli aiuti di Stato ai SIEG considerati a priori compatibili con il Trattato e al tempo stesso cofinanziabili dai fondi strutturali, conformemente alla decisione del 20 dicembre 2011 riguardante l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, non siano inseriti, se non a un tasso molto inferiore, nel calcolo dei massimali d'intensità dell'aiuto regionale. Questo chiarimento dovrà essere introdotto tramite una versione emendata degli orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale oppure una comunicazione sul regime di aiuti di Stato applicabile ai fondi strutturali che cofinanziano i SIEG;

24.

invita con insistenza la Commissione a riconoscere che, a prescindere dal mandato di servizio pubblico, il finanziamento pubblico di progetti di infrastrutture pubbliche non deve essere considerato un aiuto di Stato;

25.

sottolinea l'importanza di chiarire l'applicabilità del regime degli aiuti di Stato alle infrastrutture di fronte alla difficoltà d'interpretare la sentenza del Tribunale di primo grado del 24 marzo 2011 nella causa Freistaat Sachsen e Land Sachsen-Anhalt (T-443/08) e Mitteldeutsche Flughafen AG e Flughafen Leipzig-Halle GmbH (T-455/08) contro Commissione europea che ha comportato notevoli ritardi nella verifica ex-ante di circa 200 progetti di infrastrutture finanziati dai fondi strutturali.

Semplificazione delle norme in materia di aiuti

26.

accoglie con favore il proposito della Commissione di trattare sinteticamente in una comunicazione l'interpretazione del concetto di aiuti di Stato nella prassi decisionale e nella giurisprudenza, e di utilizzare tale concetto in maniera del tutto uniforme;

27.

chiede che le comunicazioni interpretative non creino un'ulteriore esigenza di esplicazione. Va assolutamente evitato l'impiego di concetti giuridici imprecisi;

28.

apprezza il proposito della Commissione di formulare in maniera più precisa e, ove possibile, di riunire i numerosi testi di diritto secondario e le normative non vincolanti nel settore degli aiuti (regolamenti, comunicazioni, orientamenti, ecc.);

29.

respinge in linea di principio l'inclusione, da parte della Commissione, di ulteriori criteri di qualità e di efficienza nella verifica della compatibilità. Tra le competenze della Commissione fondate sul capitolo sulla concorrenza del TFUE non rientrano in linea di principio considerazioni di qualità e di efficienza che limitano ulteriormente la discrezionalità dei soggetti locali e regionali che erogano gli aiuti. Le decisioni in materia di qualità e di efficienza devono rimanere di competenza delle autorità locali, secondo il principio della discrezionalità locale;

30.

constata che gli obblighi sempre crescenti degli organi nazionali in materia di rendicontazione comportano un enorme impegno burocratico sia per gli Stati membri che per la Commissione;

31.

chiede in particolare che, nel contesto della semplificazione burocratica perseguita nell'UE, venga introdotto un sistema di verifiche a campione, affinché al di sotto di una determinata soglia finanziaria si possa rinunciare del tutto alla rendicontazione totale.

Revisione dei testi legislativi

32.

nel quadro della modernizzazione del diritto dell'UE in materia di aiuti si procede alla revisione di quattro testi legislativi ai fini di una definizione più stringente delle priorità:

a)   Revisione del regolamento de minimis della Commissione

Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato (rispettivamente articoli 107 e 108 del TFUE) agli aiuti d'importanza minore (de minimis)

33.

si compiace dell'obiettivo della Commissione di trasferire agli Stati membri maggiori responsabilità in merito agli aiuti di importanza minore. Ciò dovrebbe però valere in modo generale, e non soltanto per gli aiuti di piccola entità. Infatti, da un lato semplificherebbe considerevolmente il lavoro della Commissione, dall'altro se ne avvantaggerebbero anche gli organismi comunali, in quanto il livello nazionale risulta essere più prossimo alle esigenze comunali di quanto lo sia la Commissione;

34.

chiede che la soglia prevista dal regolamento generale sugli aiuti di importanza minore venga innalzata da 200 000 ad almeno 500 000 EUR nell'arco di tre anni fiscali, ai fini di quella maggiore concentrazione sui casi rilevanti per il mercato interno che la Commissione giustamente persegue;

35.

osserva che il regolamento specifico sugli aiuti de minimis per i SIEG, con le sue soglie elevate, è stato elaborato tenendo conto delle soglie minori del regolamento generale sugli aiuti de minimis e per introdurre una distinzione rispetto ad esse;

36.

chiede pertanto che venga sensibilmente innalzata la soglia per questi servizi rispetto a quella del regolamento generale sugli aiuti de minimis, per tenere conto delle specificità dei SIEG e della loro particolare collocazione nel contesto;

37.

ricorda che, già in riferimento al pacchetto Almunia, il CdR aveva chiesto per i servizi di interesse generale una soglia de minimis pari a 800 000 EUR all'anno, e ribadisce tale richiesta in questa sede;

38.

per quanto riguarda gli aiuti che vengono erogati in forma diversa da quella del contributo finanziario (garanzie e in particolare fideiussioni), chiede che le disposizioni del regolamento de minimis per i SIEG siano applicabili anche al regolamento generale sugli aiuti de minimis;

39.

chiede quindi che, per analogia con il regolamento de minimis per i SIEG, il valore massimo specifico dei singoli aiuti concessi in base a disposizioni in materia di garanzie venga conseguentemente innalzato a 3 750 000 EUR. Ciò vale soprattutto in considerazione del divieto, di cui al regolamento de minimis per i SIEG, di cumulo con altri aiuti per gli stessi costi ammessi a beneficiare di aiuti.

b)   Revisione del regolamento di abilitazione del Consiglio

Regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1998, sull'applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato che istituisce la Comunità europea (rispettivamente articoli 112 e 113 del TFUE) a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali

40.

accoglie con favore le misure previste dalla Commissione per modificare il regolamento di abilitazione del Consiglio, grazie al quale un numero maggiore di categorie di aiuti è considerato compatibile con il mercato interno e pertanto esonerato dall'obbligo di notifica;

41.

si compiace inoltre dell'annuncio della Commissione che i seguenti aiuti saranno esonerati dall'obbligo di notifica:

aiuti a favore della cultura,

aiuti destinati a ovviare ai danni causati da calamità naturali,

aiuti a favore di progetti (parzialmente) finanziati dall'UE, come Jessica,

altri aiuti;

42.

propone che tra questi altri aiuti vengano inseriti i settori sociale, dell'istruzione e della salute, a condizione che non siano a orientamento commerciale o lucrativo, come pure la fornitura di connessioni a banda larga e le contromisure volte a prevenire le epizoozie;

43.

chiede che venga ulteriormente chiarito il rapporto di tale esenzione orizzontale con le norme in materia di esenzione per i SIEG.

c)   Revisione del regolamento generale della Commissione in materia di esenzione per categoria

Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato (rispettivamente articoli 107 e 108 del TFUE) (regolamento generale di esenzione per categoria)

44.

si compiace delle misure annunciate in materia di revisione ed estensione dell'applicazione del regolamento generale di esenzione per categoria nelle categorie di aiuti coperte dal regolamento riveduto di abilitazione, ai fini della riduzione del carico amministrativo per gli enti locali e regionali;

45.

chiede che l'esenzione per categoria venga estesa, analogamente all'ampliamento orizzontale previsto dal regolamento di abilitazione, ai settori sociale, dell'istruzione, della salute e della banda larga;

46.

per quanto riguarda il settore dell'istruzione, sottolinea che l'esenzione dovrebbe riguardare in particolare i servizi non statali di istruzione scolastica e per adulti, nella misura in cui non rientrino nel campo di applicazione del regolamento in materia di aiuti per i SIEG;

47.

ribadisce che lo stesso deve valere per il settore dei servizi sanitari forniti da reparti o cliniche specializzati, come pure per il settore non commerciale dei servizi sociali delle associazioni di beneficenza e delle case di riposo per anziani (da distinguere dalle residenze per anziani);

48.

ricorda l'Agenda digitale europea e l'obiettivo dell'UE di garantire a tutti gli europei entro il 2013 la disponibilità di una connessione a banda larga di base;

49.

constata che nelle aree rurali le condizioni per realizzare tale rete a banda larga di elevata capacità non potranno sussistere senza aiuti, e osserva che pertanto le disposizioni in materia di aiuti non dovrebbero complicare senza motivo lo sviluppo di reti a banda larga in tali aree. Le aree rurali vanno protette dall'esclusione digitale;

50.

segnala che in questo caso occorrerebbe tenere in particolare considerazione anche i vantaggi che, in caso di creazione di un'infrastruttura a banda larga, deriverebbero dalla nascita, a valle, di un mercato dei servizi a banda larga;

51.

si rammarica del fatto che il progetto di nuovi orientamenti in materia di banda larga presentato dalla Commissione non recepisca i ripetuti inviti a razionalizzare e semplificare nettamente la normativa;

52.

invita la Commissione a includere l'espansione della banda larga nel regolamento in materia di esenzione per categoria, onde garantire uno sviluppo diffuso della rete a banda larga anche in alcune regioni meno densamente popolate, nelle quali è probabile che le entrate non basterebbero a coprire interamente l'installazione della tecnica attiva e i costi di gestione;

53.

chiede che l'esenzione per categoria venga estesa, conformemente all'ampliamento orizzontale di cui al regolamento di abilitazione, alle contromisure per la prevenzione di epidemie animali, che consistono in particolare nella fornitura di strutture in caso di epizoozie;

54.

si compiace del fatto che, grazie all'estensione delle esenzioni, gli Stati membri assumeranno nuove responsabilità, e accoglie complessivamente con favore il conferimento di maggiori responsabilità a tali Stati nel controllo degli aiuti;

55.

chiede che quanto sopra non conduca a una situazione in cui solo gli impegni della Commissione sono ridotti, mentre gli Stati membri devono da parte loro far fronte a una varietà di obblighi di rendicontazione e di documentazione, a dettagliati requisiti di ammissibilità, ecc.;

56.

ritiene a tale proposito necessario che il diritto di verifica ex post della Commissione non venga esteso ulteriormente, bensì che questa deleghi effettivamente una responsabilità allo Stato membro. In tale contesto, almeno nei casi in cui la Commissione mantiene la competenza decisionale, gli organismi nazionali per il controllo degli aiuti non dovrebbero essere utilizzati impropriamente dalla DG Concorrenza come una sorta di autorità responsabile della verifica preventiva;

57.

respinge l'idea della Commissione di trasferire il controllo nazionale in materia di aiuti ad autorità indipendenti (per esempio le autorità antitrust), poiché il potere decisionale riguardo all'organizzazione dei controlli sugli aiuti a livello nazionale spetta esclusivamente agli Stati membri e non alla Commissione. Per la medesima ragione respinge la possibilità di esecuzione di proprie indagini da parte della Commissione.

d)   Revisione del regolamento del Consiglio in materia di procedura

Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del Trattato CE (articolo 113 del TFUE)

58.

accoglie con favore la semplificazione del regolamento di procedura;

59.

è contrario al conferimento alla Commissione di nuovi poteri di vigilanza sulle imprese, per esempio attraverso il sistema di informazione sui mercati, che consentirebbero di aggirare gli Stati membri. Si tratterebbe infatti di un trasferimento di competenze dagli Stati membri al livello europeo.

Bruxelles, 29 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/30


Parere del Comitato delle regioni «Verso un settimo programma d’azione per l’ambiente: una migliore attuazione della legislazione dell’UE sull’ambiente»

2013/C 17/07

IL COMITATO DELLE REGIONI

invita a far sì che il Settimo programma di azione per l'ambiente (7o PAA) sostenga gli enti locali e regionali nel loro ruolo di attuazione, in particolare facendo in modo che il programma presenti le seguenti caratteristiche: una maggiore partecipazione a livello locale e regionale lungo l'intero processo di elaborazione, recepimento e valutazione delle normative UE; politiche efficaci in materia di riduzione delle emissioni alla fonte e maggiori opzioni di recupero dei costi per gli enti locali e regionali; un accento particolare sui metodi di gestione sostenibile dell'ambiente urbano; tempi ragionevoli tra l'adozione delle normative e la loro successiva revisione;

appoggia la proposta di migliorare la strutturazione, la diffusione proattiva e l'accessibilità delle informazioni, compresa l'istituzione di quadri strutturati per l'attuazione e l'informazione (Structured Implementation and Information Frameworks – SIIF); le risorse per il finanziamento dovrebbero essere messe a disposizione a titolo dell'assistenza tecnica prevista dai fondi strutturali 2007-2014 e dal futuro programma LIFE;

ritiene che il 7o PAA dovrebbe comportare, per l'UE e gli Stati membri, l'impegno a introdurre strumenti nuovi e rafforzati per migliorare la capacità di risposta, come ad esempio un quadro generale dell'UE in materia di ispezione e sorveglianza ambientali; poteri di ispezione per la Commissione europea; criteri generali per le procedure nazionali di gestione delle denunce e una direttiva sull'accesso alla giustizia;

accoglie positivamente la proposta di istituire degli «accordi di partenariato per l'attuazione»; ritiene tuttavia che essi non dovrebbero essere conclusi soltanto tra la Commissione e uno Stato membro, ma che l'esigenza di considerare adeguatamente la governance multilivello comporti anche il coinvolgimento di uno o più enti locali e regionali;

raccomanda di migliorare i risultati ambientali mediante metodi innovativi di governance multilivello, tra cui l'estensione della sfera d'azione del Patto dei sindaci all'uso efficiente delle risorse e l'ulteriore sviluppo del premio Capitale verde europea;

si compiace che la Commissione sostenga la proposta del CdR di organizzare congiuntamente, con cadenza regolare, un forum incentrato sui problemi e le soluzioni regionali e locali nell'applicazione della legislazione ambientale europea.

Relatrice

Nilgun CANVER (UK/PSE), membro del consiglio distrettuale di Haringey (Londra)

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Trarre il massimo beneficio dalle misure ambientali dell'UE: instaurare la fiducia migliorando le conoscenze e rafforzando la capacità di risposta

COM(2012) 95 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.    Osservazioni generali

1.

rammenta che il presente parere si prefigge un triplice obiettivo:

reagire alla comunicazione della Commissione del 7 marzo 2012, che contribuirà all'elaborazione del futuro Settimo programma di azione per l'ambiente (7o PAA),

arricchire il dibattito riguardo al futuro 7o PAA e alla maggiore concentrazione - prevista dal nuovo programma - su una migliore attuazione;

approfondire la riflessione sulla base del precedente parere di prospettiva del CdR sul tema Il ruolo degli enti regionali e locali nella futura politica ambientale (CdR 164/2010 fin), che ha messo in evidenza le possibilità di rendere più efficace la protezione ambientale a tutti i livelli di governance e in tutte le fasi di definizione delle politiche in materia;

2.

riconosce che, mentre la comunicazione del 2008 sull'applicazione del diritto dell'UE dell'ambiente (1) era incentrata sui poteri esecutivi della Commissione di perseguire le violazioni della legislazione ambientale UE, la nuova comunicazione del 2012 si preoccupa soprattutto di come migliorarne l'attuazione facendo leva sulla buona governance a livello nazionale, regionale e locale. Questo mutamento di prospettiva tiene conto delle critiche e delle raccomandazioni formulate in precedenza dal Comitato delle regioni (2);

3.

osserva che la comunicazione del 2012 è intesa a intensificare il dialogo con tutti i soggetti interessati, compresi i governi locali e regionali, per stabilire come essi possano avviare una più proficua collaborazione per rafforzare l'attuazione della legislazione UE migliorando la raccolta dati e la condivisione delle conoscenze e garantendo una maggiore titolarità e capacità di risposta di tutte le parti in causa per affrontare efficacemente i problemi riscontrati sul campo. Il CdR conviene con la Commissione che le conoscenze e la capacità di risposta sono due aspetti complementari dell'attuazione;

4.

ritiene che gli enti locali e regionali siano potenzialmente in grado di ottenere un'attuazione e un effettivo rispetto della legislazione più coerenti grazie a tutta una serie di strumenti, tra cui: la definizione di obiettivi e strategie a lungo termine in materia di ambiente; la mobilitazione dei cittadini che risiedono nei territori da essi amministrati; l'istituzione di dipartimenti e servizi adeguatamente funzionanti; il ricorso ai fondi UE per investire in infrastrutture ambientali e servizi ecosistemici; l'adozione di misure di adattamento ai cambiamenti climatici e di riduzione del rischio di catastrofi; l'applicazione delle direttive VAS (valutazione ambientale strategica) e VIA (valutazione d'impatto ambientale); infine, la promozione della trasparenza e dell'accesso alla giustizia (3);

5.

è consapevole, tuttavia, che nuovi compiti imposti dall'UE ai governi locali e regionali e nuove regolamentazioni a tali livelli in materia di ambiente possono sollevare la questione dei relativi costi e oneri amministrativi. Il CdR ritiene che l'attuazione di nuove iniziative non dovrebbe comportare un aumento dei costi e degli oneri amministrativi che gravano sugli enti locali e regionali. Il CdR invita quindi la Commissione ad eseguire valutazioni di impatto e studi in materia. Ribadendo una posizione già molte volte espressa riguardo agli oneri amministrativi, e tenuto conto delle disposizioni del Trattato (4), chiede alla Commissione di svolgere un'approfondita valutazione d'impatto degli oneri amministrativi e regolamentari che sorgerebbero in seguito a qualsiasi nuova iniziativa dell'UE derivante dalla comunicazione in esame.

B.    Fare dell'attuazione della legislazione UE un obiettivo prioritario del 7o PAA

6.

ribadisce che, a suo avviso, è necessario adottare un Settimo programma d'azione per l'ambiente, dal momento che il programma in vigore è giunto a scadenza il 22 luglio 2012 e che occorre garantirne il proseguimento. Il 7o PAA dovrebbe assicurare che le scelte operate dall'UE in campo ambientale rimangano sufficientemente chiare e prevedibili per le amministrazioni locali e regionali (5);

7.

rammenta le sue precedenti raccomandazioni in merito al carattere e alle priorità globali del 7o PAA (6), nelle quali l'accento veniva posto in particolare sulla necessità che il nuovo programma contribuisse a realizzare un'Unione europea efficiente sotto il profilo delle risorse nel quadro della strategia Europa 2020 e definisse gli orientamenti a lungo termine della politica ambientale europea, oltre a stabilire obiettivi, calendari e iniziative chiari per il 2020. Il programma deve rispecchiare i contenuti della dichiarazione di Rio+20 adottata il 22 giugno 2012 dalla Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, con la particolare attenzione rivolta a un'economia verde inclusiva e agli obiettivi di sviluppo sostenibile per il dopo 2015, e deve inoltre tener conto del contributo del CdR al vertice di Rio (7);

8.

rileva con preoccupazione che l'attuazione dell'acquis UE in materia di ambiente è tuttora insufficiente e che una piena attuazione e un effettivo rispetto delle normative a tutti i livelli sono essenziali per migliorare la tutela dell'ambiente e il livello di sanità pubblica, assicurare parità di condizioni, garantire certezza giuridica all'industria ed evitare distorsioni del mercato (8). Nel 2009 il 18,8 % (544) del totale delle procedure di infrazione contro gli Stati membri per violazioni della normativa UE ha riguardato l'ambiente, il che evidenzia il persistere di un danno ambientale e di una distorsione della concorrenza (9);

9.

osserva, ad esempio, che i costi della mancata attuazione della vigente legislazione ambientale dell'UE, traducibili in costi diretti per l'ambiente e costi per la sanità, sono stimati complessivamente a circa 50 miliardi di euro l'anno (10). Tra gli altri costi dovuti alle stesse cause si possono citare le opportunità perdute per le imprese, la disparità dei costi sostenuti per l'osservanza delle normative, la distorsione della concorrenza tra le industrie europee e la maggiorazione dei costi in relazione a cause per infrazione. Secondo le stime, la piena attuazione dell'insieme delle normative UE sui rifiuti porterebbe ad un aumento di 42 miliardi di euro del fatturato dell'industria dei rifiuti (e del riciclaggio) e alla creazione di circa 400 000 nuovi posti di lavoro (11). Il fatturato annuo delle imprese UE operanti nel settore ambientale è stimato a oltre 300 miliardi di euro, per cui l'incertezza sulle modalità e sul calendario dell'attuazione può comportare costi significativi in termini di opportunità mancate (12). Qualora una causa per infrazione imponga di realizzare gli investimenti in un arco di tempo molto breve, è probabile che questi risulteranno più dispendiosi che se si fosse pensato a programmare meglio l'attuazione della normativa;

10.

chiede che un'attuazione efficace diventi un obiettivo prioritario del 7o PAA affinché sia garantito l'impegno a ottenere migliori risultati in campo ambientale, con particolare riguardo a quelli stabiliti dalle tabelle di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse e verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio, nonché dalla strategia dell'UE per la biodiversità entro il 2020;

11.

invita a far sì che il 7o PAA sostenga gli enti locali e regionali affinché possano svolgere il loro ruolo in materia di attuazione, in particolare facendo in modo che il programma presenti le seguenti caratteristiche:

una maggiore partecipazione a livello locale e regionale lungo l'intero processo di elaborazione, recepimento e valutazione delle normative UE, sulla base delle esperienze effettuate dagli enti locali e regionali, onde migliorare l'attuazione della legislazione e promuovere una titolarità rafforzata;

meccanismi per fare in modo che gli enti locali e regionali si impegnino a scambiare le loro buone pratiche in materia di attuazione delle politiche, e siano anche in grado di realizzare tale scambio;

politiche efficaci in materia di riduzione delle emissioni alla fonte e maggiori opzioni di recupero dei costi per gli enti locali e regionali;

un accento particolare sui metodi di gestione sostenibile dell'ambiente urbano, concentrando l'attenzione sulla pianificazione ambientale integrata, la mobilità sostenibile, la qualità della vita e la salute pubblica;

tempi ragionevoli tra l'adozione delle normative e la loro successiva revisione, al fine di concedere agli enti locali e regionali il tempo necessario per pianificare l'attuazione e investire in adeguamenti in un quadro giuridico stabile, mantenendo al tempo stesso la flessibilità necessaria per consentire all'UE di aggiornare la normativa in funzione dei cambiamenti tecnologici e dell'evoluzione delle necessità o delle aspettative dei cittadini;

12.

ritiene che il 7o PAA dovrebbe comportare, per l'UE e gli Stati membri, l'impegno a introdurre strumenti nuovi e rafforzati di attuazione, servendosi anche delle azioni definite nella comunicazione e illustrate in dettaglio alle sezioni C e D, come ad esempio (13):

migliorare la strutturazione, la diffusione proattiva e l'accessibilità delle informazioni sull'ambiente e sull'attuazione della legislazione ambientale, anche attraverso l'attività delle agenzie nazionali di protezione dell'ambiente e dell'Agenzia europea dell'ambiente;

definire un quadro UE per le ispezioni ambientali realizzate negli Stati membri;

stabilire criteri per le procedure nazionali di gestione delle denunce, compresi meccanismi di risoluzione delle controversie come la mediazione;

riprendere i lavori sulla proposta di direttiva sull'accesso alla giustizia, tuttora in sospeso;

concludere accordi di attuazione tripartiti con gli Stati membri e gli enti regionali o locali e sviluppare ulteriori strumenti per la cooperazione tra i diversi livelli di governo (governance multilivello);

monitorare efficacemente i risultati della tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, compreso l'inserimento di obiettivi e indicatori in materia di efficienza nell'uso delle risorse nell'Analisi annuale della crescita della Commissione e nei programmi nazionali di riforma degli Stati membri;

elaborare forme di finanziamento innovative e incentivi per incoraggiare gli investimenti privati nell'attuazione, tra cui l'eliminazione graduale di sovvenzioni pregiudizievoli per l'ambiente e la promozione di riforme fiscali vantaggiose per l'ambiente e capaci di tenere maggiormente conto dell'impiego delle risorse;

rafforzare l'integrazione della politica ambientale e per il clima negli altri settori d'intervento dell'UE, allo scopo di agevolare un approccio integrato all'attuazione a livello locale, come pure l'inserimento di considerazioni sulla riduzione del rischio nelle valutazioni di impatto ambientale.

C.    Migliorare le conoscenze sull'attuazione

13.

condivide la preoccupazione della Commissione in merito alla disomogeneità dell'azione di monitoraggio nei diversi Stati membri, con una conseguente raccolta di dati spesso incompleti, incompatibili o obsoleti. Non viene messa a disposizione online una quantità sufficiente di informazioni utili, e spesso la pubblicazione di questi dati non avviene in modo sistematico. Il CdR riconosce che dati di migliore qualità e più accessibili a livello nazionale, regionale e locale consentirebbero di censire tempestivamente i principali problemi ambientali, con un conseguente risparmio nel lungo periodo;

14.

sottolinea il ruolo chiave che spetta agli enti regionali e locali in quanto punti di raccolta delle conoscenze sull'attuazione. L'obiettivo deve essere quello di garantire la coerenza e la compatibilità delle informazioni anche a livello nazionale e dell'UE, assicurandone inoltre l'efficacia e l'attendibilità;

15.

ritiene che la trasparenza abbia una funzione importante nell'incentivare una migliore attuazione e un effettivo rispetto della legislazione ambientale; occorre perciò promuovere investimenti in sistemi d'informazione online che permettano la consultazione dei dati ambientali e di quelli sull'attuazione da parte dei cittadini e delle istituzioni pubbliche, con un maggiore impegno a tutti i livelli di governance per una diffusione proattiva e un libero accesso ai dati sull'ambiente.

Sistemi di informazione più efficaci sull'attuazione a livello nazionale, regionale e locale

16.

insiste perché la Commissione, nel rafforzare la direttiva sull'accesso alle informazioni come proposto nella comunicazione, garantisca che gli Stati membri e i loro enti locali e regionali attuino correttamente gli obblighi minimi previsti dalla direttiva, in particolare quelli concernenti una diffusione più proattiva e sistematica di informazioni aggiornate presso il pubblico, in conformità con la convenzione di Århus (14);

17.

appoggia la proposta della Commissione di istituire quadri strutturati per l'attuazione e l'informazione (Structured Implementation and Information Frameworks – SIIF) per tutte le principali normative UE in materia di ambiente. Lo sviluppo di sistemi di informazione di questo tipo, tuttavia, deve essere funzionale ed efficace, in modo da consentire un migliore utilizzo, pratico e flessibile, dei sistemi dei singoli Stati membri. Invita gli Stati membri a collaborare con la Commissione alla realizzazione di tali meccanismi con il coinvolgimento delle amministrazioni locali e regionali. Il CdR ritiene che i SIIF, unitamente al ventaglio di iniziative previste dal sistema comune di informazioni ambientali (Shared Environmental Information System – SEIS), possano consentire di realizzare sistemi d'informazione trasparenti a livello nazionale, regionale e locale capaci di rendere le informazioni accessibili online, nonché permettere a enti locali e regionali, cittadini, esperti e imprese di monitorare l'attuazione della legislazione UE nel modo più efficiente e tempestivo possibile (15);

18.

reputa possibile pervenire ad un coordinamento rafforzato e a un'ulteriore razionalizzazione delle richieste di dati presentate alle autorità nazionali e agli enti regionali e locali, conformemente al principio di riutilizzare più volte le stesse informazioni; i dati prodotti in osservanza degli obblighi di comunicazione previsti da una determinata normativa possono infatti essere pertinenti anche ai fini dell'attuazione di altre normative;

19.

sottolinea tuttavia che occorre migliorare le definizioni contenute nelle direttive europee per ottenere parità di condizioni in materia di monitoraggio e comunicazione, informazione del pubblico ed effettiva applicazione delle normative, ad esempio per quanto riguarda le diverse opzioni di gestione dei rifiuti e i flussi di rifiuti a norma della direttiva quadro sui rifiuti;

20.

considera molto importante l'impegno della Commissione ad esaminare in che modo utilizzare i finanziamenti dell'UE per sviluppare, aggiornare e diffondere - negli Stati membri, nelle regioni e nei comuni - dei SIIF e degli adeguati sistemi di informazione interoperativi, come pure per assicurare la relativa formazione e, laddove necessario, il rafforzamento delle capacità amministrative. Tali risorse finanziarie dovrebbero in particolare essere messe a disposizione a titolo dell'assistenza tecnica prevista dai fondi strutturali 2007-2014 e dal futuro programma LIFE;

21.

invita l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) ad esplorare, nell'ambito di progetti pilota, le possibilità di ridurre gli obblighi di monitoraggio e comunicazione imposti agli enti locali e regionali grazie alle TIC e all'e-government, senza tuttavia diminuire l'impatto delle normative;

22.

sostiene le iniziative della Commissione e degli Stati membri volte ad esplorare le possibilità, anche sotto il profilo di una riduzione dei costi del monitoraggio, di ricorrere a tecniche di geo-osservazione (ad es. il programma Global Monitoring for Environment and Security, GMES - Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza) per rendere più efficace il monitoraggio sul campo dell'attuazione delle normative (16); tale obiettivo potrebbe essere raggiunto anche promuovendo progetti pilota in collaborazione con gli enti locali e regionali;

23.

mette l'accento sull'importanza delle direttive VAS e VIA in quanto strumenti di partecipazione pubblica a livello regionale e locale sulle questioni ambientali, ed esorta ancora una volta a garantire che l'imminente revisione della direttiva VIA rafforzi le disposizioni in materia di consultazione pubblica sulle valutazioni d'impatto ambientale per far sì che la consultazione sia avviata prima possibile, ad esempio nella fase preliminare di definizione del campo di applicazione e in quella di verifica dell'assoggettabilità, così da rendere anche più spedito lo svolgimento delle fasi successive e l'adozione di decisioni da parte delle autorità competenti; inoltre, la direttiva deve prevedere requisiti minimi relativi alle modalità per rendere accessibile la documentazione sulla VIA al pubblico interessato (17).

Migliorare l'informazione a livello dell'UE

24.

sostiene l'esigenza di disporre di dati georeferenziati e mappe online sull'ambiente di migliore qualità e diffusi in modo proattivo e sistematico in tutta l'UE, al fine di creare parità di condizioni e completare i sistemi d'informazione potenziati all'interno degli Stati membri e degli enti regionali e locali;

25.

accoglie con favore l'intenzione della Commissione di estendere l'approccio adottato nella direttiva sulle acque di balneazione a tutta la pertinente legislazione ambientale dell'UE, avvalendosi anche di progetti pilota avviati dall'AEA in materia di qualità dell'aria e di gestione dei rifiuti;

26.

riconosce il ruolo dell'AEA nel trattamento dei dati di monitoraggio trasmessi dagli Stati membri alla Commissione e nell'assistenza che essa offre - in misura crescente - a quest'ultima per l'analisi delle relazioni sull'attuazione elaborate dai paesi UE; chiede quindi che l'Agenzia abbia una funzione di coordinamento più importante nel garantire la coerenza e la compatibilità dell'attività di raccolta e confronto di tutti questi dati a livello UE, attività realizzata nel quadro di diversi strumenti quali INSPIRE (Infrastruttura per l'informazione territoriale in Europa), SEIS, GMES, GEOSS (Global Earth Observation System of Systems - Sistema di sistemi per l'osservazione globale della terra) e Eye-on-Earth;

27.

si aspetta che la Commissione compia ulteriori progressi per quanto riguarda il sistema comune di informazioni ambientali (SEIS) e presenti entro la fine del 2012 il relativo programma di attuazione, completo di spiegazioni sullo stato di avanzamento del sistema e di proposte su come migliorarlo;

28.

invita la Commissione a rendere pubblici gli studi di controllo della conformità che essa fa periodicamente realizzare sull'attuazione della legislazione ambientale dell'UE da parte dei 27 Stati membri, affinché sia possibile aprire un dibattito democratico e a 360 gradi sulla situazione attuale in materia di normative ambientali.

D.    Migliorare la capacità di risposta

Migliorare l'attività di ispezione e sorveglianza

29.

esorta ancora una volta la Commissione a proporre un quadro generale dell'UE in materia di ispezione e sorveglianza ambientali (18), grazie al quale i paesi dell'Unione dovrebbero pervenire ad un'applicazione flessibile e nel contempo estremamente coerente delle linee guida;

30.

nell'ottica del miglioramento della regolamentazione (better regulation), il quadro europeo per le ispezioni dovrebbe divenire il fulcro della normativa ambientale dell'UE. Nella misura del possibile, occorre evitare le disposizioni specifiche all'interno delle direttive ambientali settoriali dell'UE. Nel caso in cui, in questo tipo di direttive, fossero indispensabili delle disposizioni speciali, esse dovrebbero essere in linea con il quadro in questione;

31.

ritiene che un quadro europeo per le ispezioni negli Stati membri possa ridurre la concorrenza sleale tra regioni e comuni dell'Unione determinata dalla disparità dei regimi di ispezione applicati, o dall'assenza di tali regimi, assicurare parità di condizioni in materia di azioni legali e rafforzare la cooperazione transfrontaliera e la coerenza in tutta l'UE. La forma e il contenuto delle ispezioni dovrebbero essere disciplinati a livello nazionale e sviluppati a livello regionale e locale, ma sulla base di principi generali fissati dal quadro europeo, che dovrebbe prevedere anche un approccio semplificato e basato sulla valutazione del rischio (19); l'Agenzia europea dell'ambiente, in collaborazione con le agenzie nazionali di protezione dell'ambiente, potrebbe avere un ruolo importante ai fini dell'individuazione e della promozione di detti principi generali;

32.

è dell'avviso che la Commissione dovrebbe avere la facoltà di investigare sui casi di sospetta inosservanza delle normative ambientali dell'UE, facoltà di cui oggi essa dispone nei settori dell'unione doganale, dell'agricoltura e della pesca, della politica regionale, della concorrenza, della politica veterinaria e di quella finanziaria (20). Tali facoltà di investigazione da parte della Commissione europea potrebbero entrare in conflitto con i rapporti esistenti tra i livelli di governo all'interno degli Stati membri. Le suddette indagini devono pertanto tenere conto delle norme in materia di controllo tra i diversi livelli di governo vigenti negli Stati membri interessati. Le indagini della Commissione europea dovrebbero inoltre svolgersi, per quanto possibile, secondo la normale procedura d'infrazione dell'UE;

33.

reputa essenziale che la Commissione, come iniziativa complementare, indichi i possibili modi per rafforzare la rete dell'UE per l'attuazione e l'applicazione della normativa ambientale (Implementation and Enforcement of Environmental Law - IMPEL), in particolare garantendole un adeguato sostegno finanziario a lungo termine, ricorrendo con maggiore sistematicità a tale rete per lo svolgimento di ispezioni inter pares, rafforzando il lavoro da essa svolto sul censimento e la condivisione delle buone pratiche e, infine, estendendola anche ai livelli regionale e locale (21).

Migliorare la gestione delle denunce e la mediazione a livello nazionale

34.

esprime preoccupazione per le lacune e l'assenza di mezzi di ricorso che contraddistinguono numerosi regimi di gestione delle denunce, al punto che i cittadini sono costretti a rivolgersi alla Commissione, alla commissione per le petizioni del Parlamento europeo o al Mediatore europeo, con il risultato che questi organi si trovano a dover trattare un numero eccessivo di denunce;

35.

è favorevole alla proposta di stabilire criteri generali per le procedure nazionali di gestione delle denunce. Ciò comprenderebbe anche meccanismi di risoluzione delle controversie come la mediazione, ispirati a disposizioni specifiche, introdotte di recente nella normativa sulla tutela dei consumatori, in materia di denunce e di risoluzione delle controversie a livello nazionale (22). Questi criteri potrebbero contemplare, ad esempio, salvaguardie generali su aspetti quali la riservatezza e il rispetto dei termini; potrebbero inoltre tenere presente l'esigenza di pubblicare informazioni online su come è stato risolto un determinato problema, nonché quella di garantire a cittadini e ONG la presenza di istituzioni locali indipendenti responsabili del trattamento delle denunce, tenendo conto al tempo stesso degli obblighi in materia di accesso alla giustizia derivanti dalla convenzione di Århus, e senza incidere in alcun modo sul diritto generale di presentare denuncia dinanzi alle istituzioni dell'UE.

Migliorare l'accesso alla giustizia

36.

rileva come, malgrado la proposta di direttiva sull'accesso alla giustizia in materia ambientale, presentata nel 2003, non sia ancora stata adottata in forma di strumento giuridico, la Corte di giustizia europea abbia confermato che i giudici nazionali devono interpretare le norme relative all'accesso alla giustizia in conformità della convenzione di Århus (23). Considerata la giurisprudenza che prevede un maggiore accesso alla giustizia per i cittadini e le ONG, tanto i giudici nazionali quanto gli enti locali e regionali nonché i gruppi di interesse economici e ambientali si trovano oggi in una situazione di incertezza nell'affrontare la questione;

37.

riafferma quindi la necessità di riprendere i lavori sulla proposta, tuttora in sospeso, di direttiva sull'accesso alla giustizia (24), che consentirebbe di rimediare alle attuali lacune riscontrate in molti Stati membri quanto al rispetto dei requisiti previsti dall'articolo 9, paragrafi 3 e 4, della convenzione di Århus, come pure di rafforzare la funzione di catalizzatore svolta dall'opinione pubblica per una migliore applicazione delle normative ambientali a tutti i livelli. La comunicazione in esame non precisa in che modo la Commissione intenda risolvere questo problema.

Migliorare i risultati ambientali mediante la conclusione di accordi sulla creazione di capacità e l'attuazione della normativa che impegnino gli Stati membri

38.

si compiace che, nella comunicazione, la Commissione sostenga la proposta del CdR di organizzare congiuntamente un forum incentrato sui problemi e le soluzioni regionali e locali nell'applicazione della legislazione ambientale europea (25). Il forum, che si svolgerebbe con cadenza regolare, permetterebbe un dialogo permanente e lo scambio di esperienze tra, da un lato, gli operatori degli enti locali e regionali in campo ambientale e le loro associazioni e, dall'altro gli esperti provenienti dalle piattaforme e reti consultive del CdR, in collaborazione con la Commissione europea;

39.

accoglie positivamente la proposta della Commissione di istituire il nuovo strumento degli «accordi di partenariato per l'attuazione» (26), proposta che accoglie in gran parte l'invito rivolto in precedenza dal CdR (27) all'UE ad estendere la portata delle attività pilota sugli accordi e contratti tripartiti realizzate dalla Commissione già nel 2002. Il Comitato chiede alla Commissione di fornire maggiori chiarimenti e indicazioni su come intende progettare e applicare tale nuovo strumento;

40.

è dell'avviso che gli accordi di partenariato per l'attuazione non debbano essere conclusi soltanto tra la Commissione e uno Stato membro, ma che l'esigenza di considerare adeguatamente la governance multilivello comporti anche il coinvolgimento di uno o più enti locali e regionali, in modo tale da giungere alla stipula di «accordi di attuazione tripartiti»;

41.

ritiene che tali accordi di attuazione tripartiti potrebbero essere d'aiuto nell'attuare determinate politiche europee in materia di ambiente, in casi in cui gli strumenti tradizionali non consentano di mettere in campo l'impegno necessario a risolvere le questioni ambientali emergenti o in sospeso e i problemi di inosservanza delle normative. Con la stipula degli accordi gli Stati membri e gli enti locali e regionali si impegnerebbero espressamente ad adottare le misure necessarie, e l'Unione europea ad offrire un sostegno. Gli impegni dovranno non solo essere formalizzati con la presentazione di obiettivi e calendari realizzabili, ma anche essere resi pubblici perché possano essere liberamente vagliati.

Migliorare i risultati ambientali mediante metodi innovativi di governance multilivello

42.

si rammarica che la comunicazione non tenga conto della proposta del CdR di esaminare, insieme alla Commissione, le modalità concrete per estendere la sfera d'azione del Patto dei sindaci a settori fondamentali per la Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, quali la biodiversità e l'utilizzo delle terre, la gestione dei rifiuti e delle risorse idriche o l'inquinamento atmosferico (28). Il Comitato è convinto, infatti, che ciò faciliterebbe l'attuazione della politica ambientale europea tramite un metodo innovativo di governance multilivello in grado di incoraggiare gli enti regionali e locali a impegnarsi proattivamente per tradurre in realtà concreta le normative, invece di limitarsi ad applicare la legislazione UE;

43.

deplora che la comunicazione non menzioni il premio Capitale verde europea della Commissione, che il CdR sostiene fortemente in quanto si tratta di un'importante iniziativa intesa a segnalare le città modello e fonti di innovazione nell'attuare le normative ambientali dell'UE, e a incoraggiarle a condividere le loro esperienze con altre città. Ribadisce quindi le raccomandazioni formulate nel 2010 sull'opportunità di potenziare tale riconoscimento (29);

44.

sottolinea che un unico livello di governo, da solo, non può né risolvere i problemi in materia di ambiente e cambiamenti climatici, né attuare la politica europea. Occorre adottare un approccio multilivello dove ciascun livello di governo (europeo, nazionale, regionale e locale) si assuma le proprie responsabilità e adotti le misure che possono e devono essere prese sul proprio piano. Il CdR raccomanda di istituire negli Stati membri dei gruppi di lavoro formati da esperti dei diversi livelli di governo incaricati di elaborare congiuntamente dei piani di attuazione nazionali (30).

E.    Sussidiarietà, proporzionalità e miglioramento della regolamentazione

45.

rammenta che la politica ambientale forma oggetto di una competenza concorrente dell'UE e degli Stati membri, e che pertanto a tale settore si applica il principio di sussidiarietà;

46.

osserva che la Commissione non valuta le diverse opzioni presentate nella comunicazione sotto il profilo della loro compatibilità con il principio di sussidiarietà. Ritiene di doversi limitare, in questa fase, ad aprire il dibattito e ad avviare una riflessione su tali opzioni, non ancora sufficientemente sviluppate per poter esprimere un giudizio definitivo al riguardo, e che molto dipenderà dal fatto se la Commissione deciderà di portare avanti alcune di queste ipotesi di lavoro, e con quali modalità;

47.

fatta questa riserva, rileva tuttavia che, a giudicare dai contributi pervenuti tramite la rete di controllo della sussidiarietà del CdR, nel complesso le opzioni proposte nella comunicazione, una volta che saranno state definite nei dettagli, non dovrebbero comportare una violazione significativa del principio di sussidiarietà (31);

48.

sottolinea però che, se i membri della rete di controllo sono favorevoli a migliorare il quadro in vigore per le ispezioni ambientali, potrebbero tuttavia avere maggiori riserve nei confronti sia della scelta di rendere tale quadro vincolante sia della proposta di istituire un'autorità europea incaricata delle ispezioni. Allo stesso modo, se è vero che i membri della rete accolgono con favore la definizione di criteri per la gestione delle denunce da parte degli Stati membri, alcuni di essi potrebbero ritenere preferibile che questi criteri assumessero la forma di raccomandazioni non vincolanti. Non sembrano invece esserci problemi ad accettare che sia l'Unione europea a definire le condizioni per un accesso efficiente ed effettivo ai giudici nazionali per quanto riguarda la legislazione dell'UE in campo ambientale.

Bruxelles, 30 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  COM(2008) 773 final.

(2)  CdR 164/2010 fin.

(3)  CdR 164/2010 fin, CdR 38/2010 fin, CdR 199/2009 fin, CdR 89/2009 fin.

(4)  «I progetti di atti legislativi tengono conto della necessità che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono sull'Unione, sui governi nazionali, sugli enti regionali o locali, sugli operatori economici e sui cittadini siano il meno gravosi possibile e commisurati all'obiettivo da conseguire.» (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, articolo 5 del Protocollo n. 2 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità).

(5)  CdR 164/2010 fin, risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 (2011/2194(INI)).

(6)  CdR 164/2010 fin.

(7)  CdR 187/2011 fin.

(8)  Cfr. anche la risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 (2011/2194(INI)) e le conclusioni del Consiglio Ambiente del 20 dicembre 2012Migliorare gli strumenti della politica ambientale.

(9)  Sito web della Commissione europea Statistics on environmental infringements («Statistiche sulle infrazioni ambientali»).

(10)  The costs of not implementing the environmental acquis («I costi della mancata attuazione dell'acquis ambientale»), COWI, 2011, studio realizzato per conto della Commissione europea.

(11)  Implementing EU Waste Legislation for Green Growth («Attuare la normativa UE sui rifiuti per la crescita verde»), studio realizzato da Bio Intelligence Service nel 2011 per conto della Commissione europea.

(12)  Cfr. lo studio The costs of not implementing the environmental acquis («I costi della mancata attuazione dell'acquis ambientale»), COWI, 2011.

(13)  CdR 164/2010 fin, CdR 140/2011 fin.

Cfr. anche la risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 (2011/2194(INI)), nonché le conclusioni del Consiglio Ambiente dell'11 giugno 2012 sul Settimo programma di azione dell'UE in materia di ambiente e del Consiglio Ambiente del 10 ottobre 2011Valutazione del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente e prospettive: verso un settimo programma di azione dell'UE in materia di ambiente.

(14)  Convenzione UNECE sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale.

(15)  La Commissione fornisce il seguente esempio di SIIF: per l'attuazione a livello nazionale, regionale e locale delle norme UE sull'acqua potabile, dovrebbe essere possibile individuare su una mappa i punti di prelievo, le zone di protezione delle fonti idriche, gli impianti di depurazione e le reti di distribuzione, e disporre di collegamenti a informazioni correlate come quelle sui programmi di riduzione delle perdite (Commissione europea, MEMO/12/159).

(16)  Cfr. anche CdR 163/2011 fin.

(17)  CdR 38/2010 fin.

(18)  CdR 164/2010 fin.

(19)  CdR 164/2010 fin.

(20)  Cfr. anche ClientEarth 2012: The 7th Environment Action Programme and Enforcement («Il 7o programma di azione dell'UE in materia di ambiente e la sua attuazione»).

(21)  Cfr. anche CdR 164/2010 fin, IMPEL 2012 «Risposta alla consultazione sul 7o PAA», la risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 (2011/2194(INI)) e le conclusioni del Consiglio Ambiente del 20 dicembre 2010Migliorare gli strumenti della politica ambientale.

(22)  Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU L 211 del 14.8.2009).

(23)  Causa C-240/09.

(24)  CdR 164/2010 fin.

(25)  COM(2012) 95 final, pag. 10. Lettera del commissario europeo Potočnik del 5 luglio 2012.

(26)  CdR 164/2010 fin.

(27)  CdR 89/2009 fin, COM(2002) 709 final.

(28)  CdR 140/2011 fin, CdR 164/2010 fin, COM(2011) 571 final.

(29)  CdR 164/2010 fin.

(30)  Il CdR aveva già raccomandato l'istituzione di tali gruppi di lavoro nel parere CdR 164/2010 fin.

(31)  I contributi possono essere consultati all'indirizzo: http://extranet.cor.europa.eu/subsidiarity/Pages/default.aspx


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/37


Parere del Comitato delle regioni «Attuazione della strategia tematica per la protezione del suolo»

2013/C 17/08

IL COMITATO DELLE REGIONI

osserva che i tipi di suolo, la loro struttura minerale e organica, così come la gestione del territorio e il clima, presentano notevoli variazioni tra le regioni europee, e questo significa che occorrono strategie specifiche di gestione, orientamento e protezione per garantire che le azioni si svolgano in modo proporzionato, sulla base di priorità regionali ma all'interno di un quadro generale per garantire che siano realizzate anche le politiche dell'UE;

fa rilevare l'urgenza di affrontare i rischi e le minacce legati al suolo, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici;

segnala che i cambiamenti climatici possono avere tutta una serie di ripercussioni sui suoli, per via delle modifiche che intervengono nell'umidità e nella temperatura dei suoli ma anche nei regimi delle precipitazioni. Tutti questi fattori possono dare luogo a fenomeni di degrado dei suoli, tra cui la perdita di materia organica e l'aumento dell'erosione, della compattazione e del deflusso;

sottolinea che gli enti locali e regionali possono svolgere un ruolo importante monitorando il degrado dei suoli e contribuendo all'istituzione di un inventario dei siti contaminati;

è convinto che la politica di protezione del suolo debba trovare il giusto equilibrio tra, da un lato, azione a livello europeo e, dall'altro, rispetto dei principi di sussidiarietà e miglioramento normativo, per evitare che si creino nuovi oneri amministrativi inutili e costi sproporzionati. La normativa UE sul suolo dovrebbe quindi essere concepita in modo tale da intervenire soltanto in caso di necessità;

ritiene che le lacune nelle misure di protezione del suolo si possano affrontare meglio partendo da una base comune per tutta l'UE e stabilendo un quadro generale e dei principi comuni cui devono aderire tutti i paesi. Sarebbe quindi opportuno adottare una direttiva quadro sulla protezione dei suoli, benché sia essenziale che questa politica non sia inutilmente prescrittiva, ad esempio per mezzo di norme quantitative e valori limite.

Relatore

Corrie McCHORD (UK/PSE), membro del consiglio distrettuale di Stirling

Testo di riferimento

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Attuazione della strategia tematica per la protezione del suolo e attività in corso

COM(2012) 46 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.    Osservazioni generali

1.

La relazione della Commissione presenta una visione d'insieme dell'attuazione della strategia tematica per la protezione del suolo sin dalla sua adozione, avvenuta a settembre 2006, e illustra inoltre le tendenze attuali di degrado del suolo nonché le sfide che si dovranno affrontare in futuro per garantirne la protezione.

2.

L'attuazione della strategia era articolata attorno a quattro pilastri fondamentali: sensibilizzazione, ricerca, integrazione e legislazione. Una parte importante era costituita dalla proposta di direttiva che istituisce un quadro per la protezione del suolo (COM(2006) 232 final), incentrata su tre temi: misure di prevenzione, individuazione dei rischi e misure operative.

3.

Sul tema della protezione del suolo il CdR ha già presentato i seguenti pareri:

Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse - iniziativa faro nell'ambito della strategia Europa 2020 (Michel Lebrun, CdR 140/2011 fin);

Il ruolo degli enti regionali e locali nella futura politica ambientale (Paula Baker, CdR 164/2010 fin);

Strategia tematica per la protezione del suolo (Cor Lamers, CdR 321/2006 fin);

Verso una strategia tematica per la protezione del suolo (Corrie McChord, CdR 190/2002 fin).

4.

Il suolo è parte integrante dei nostri sistemi ambientali, sociali ed economici, poiché, tra i suoi vari servizi ambientali, sostiene la produzione alimentare, controlla la qualità e la quantità dei flussi idrici, la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici, nonché la biodiversità. Garantire il buono stato dei suoli, in modo che possano svolgere le loro funzioni essenziali, è fondamentale per la sostenibilità dell'ambiente e dell'economia in Europa.

5.

In una relazione chiave pubblicata nel 2012 dall'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) e dal Centro comune di ricerca (JRC) sullo stato del suolo in Europa (1) viene sottolineata l'importanza delle dieci principali minacce per il suolo in Europa: diminuzione della materia organica, erosione, compattazione, impermeabilizzazione, salinizzazione, acidificazione, perdita di biodiversità, desertificazione (per l'Europa meridionale), smottamenti e contaminazione. È stata inoltre discussa la prospettiva relativa al carbonio contenuto nel suolo e al clima globale, all'erosione, alla capacità di ritenzione idrica, all'acidificazione e ai biocarburanti. La relazione ha concluso che il degrado dei suoli nell'UE è tuttora in corso e che, in alcune parti d'Europa, tale fenomeno si sta aggravando. Dal documento si evince che le politiche e le normative attuali, a livello UE, nazionale o regionale, non sono state sufficienti a garantire una piena protezione dei suoli.

6.

I tipi di suolo, la loro struttura minerale e organica, così come la gestione del territorio e il clima, presentano notevoli variazioni tra le regioni europee, e questo significa che occorrono strategie specifiche di gestione, orientamento e protezione per garantire che le azioni si svolgano in modo proporzionato, sulla base di priorità regionali ma all'interno di un quadro generale per garantire che siano realizzate anche le politiche dell'UE.

7.

Agli enti locali e regionali spetta un ruolo di primo piano nella protezione del suolo in Europa. Ciò comprende anche la responsabilità di far sì che le normative in materia di pianificazione del territorio, laddove esse esistano, rispettino l'obiettivo di proteggere il suolo e siano adeguatamente applicate, dato che rivestono la competenza di pianificatori del territorio e di organi preposti al rilascio di permessi di costruzione e di utilizzo del suolo. Tali enti possono disporre di competenze nel prevenire l'espansione urbana incontrollata e l'impermeabilizzazione del suolo, così come nell'incentivare la riconversione dei siti urbani residenziali e industriali degradati o dismessi e la protezione e promozione dei siti incontaminati.

8.

Il CdR condivide l'idea che ogni futuro provvedimento europeo in materia di suoli debba seguire approcci dotati di un'adeguata flessibilità per tenere conto delle differenze tra le situazioni nazionali e regionali. Un quadro comune a livello UE per la protezione del suolo contribuirà a garantire che obblighi simili incombano sui gestori del territorio (nel senso più ampio) di tutti gli Stati membri, riducendo così le potenziali distorsioni della concorrenza nel mercato interno.

B.    Problemi attuali e nuove sfide

9.

La relazione della Commissione (sezione 4) presenta una valutazione dei problemi attuali e delle nuove sfide. Il CdR condivide l'analisi effettuata dalla Commissione secondo cui, sia nell'UE che a livello mondiale, il degrado del suolo si è intensificato negli ultimi dieci anni e concorda sul fatto che questa tendenza è destinata a continuare se non verranno affrontati in modo efficace i problemi relativi all'uso e alla gestione dei terreni, alla materia organica e al carbonio nonché all'efficienza nell'impiego delle risorse.

10.

È evidente che fattori quali la crescita prevista della popolazione mondiale, l'aumento del consumo di carne e latticini e il crescente ricorso alle biomasse a fini energetici, insieme con la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici, i rischi di desertificazione e l'occupazione del suolo, causeranno una maggiore competizione per i terreni e le risorse idriche nonché il rischio di degrado.

11.

Affrontare i rischi e le minacce legati al suolo è urgente, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici. L'agricoltura esercita un impatto notevole sulle emissioni di biossido di carbonio (CO2) e di protossido di azoto (N2O) provenienti dal suolo. I suoli dell'UE contengono oltre 70 miliardi di tonnellate di carbonio organico, pari a quasi 50 volte le nostre emissioni annue di gas a effetto serra. La perdita di materia organica del suolo e il conseguente aumento delle emissioni di CO2 rappresentano un problema di particolare gravità, dato il loro contributo ai cambiamenti climatici. Stando ad alcuni dati (2) si registra una perdita di materia organica nel Regno Unito, in Francia, in Belgio e in Austria. Oltre all'impatto negativo sulla qualità del suolo, la perdita di materia organica del suolo può dare luogo a emissioni di carbonio nell'atmosfera, rendendo più difficile il conseguimento degli obiettivi fissati dall'UE per la riduzione delle emissioni di biossido di carbonio.

12.

I cambiamenti climatici possono avere tutta una serie di ripercussioni sui suoli, per via delle modifiche che intervengono nell'umidità e nella temperatura dei suoli ma anche nei regimi delle precipitazioni. Tutti questi fattori possono dare luogo a fenomeni di degrado dei suoli, tra cui la perdita di materia organica e l'aumento dell'erosione, della compattazione e del deflusso. Attualmente, non in tutti gli Stati d'Europa le strategie di gestione dei terreni proteggono il carbonio presente nel suolo.

13.

Da più parti si chiede di agire con urgenza per ripristinare le torbiere danneggiate, al fine di arrestare la perdita di carbonio e rivitalizzare i molteplici servizi ecosistemici forniti da torbiere sane. Sebbene le torbiere rappresentino solo il 2 % dei terreni agricoli nell'UE, esse sono responsabili di oltre il 50 % delle emissioni totali di CO2 prodotte da tale settore. Negli scorsi anni sono aumentate le preoccupazioni riguardo all'impatto dello sfruttamento delle torbiere per produrre torba commerciale destinata all'orticoltura.

14.

Conservare gli stock di carbonio (e ridurre al minimo le emissioni di protossido di azoto) contribuirà in misura rilevante alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Il progetto (3) della Commissione dal titolo Agricoltura sostenibile e conservazione del suolo (SoCo) ha dato luogo a un'utile serie di studi concreti e raccomandazioni.

15.

È fondamentale garantire un uso efficiente delle risorse. L'agricoltura dipende in larga misura dalla fertilità del suolo, in particolare dalla disponibilità di nutrienti. La maggior parte dei fertilizzanti a base di fosforo impiegati nell'UE è di importazione. Inoltre l'UE produce ogni anno grandi quantità di letame, rifiuti biologici e fanghi di depurazione. Una strategia per affrontare il problema della sicurezza dell'approvvigionamento di sostanze nutrienti, migliorare le condizioni del suolo e limitare l'inquinamento da elementi potenzialmente tossici consiste nel mettere a punto metodi adeguati di raccolta, trattamento e uso di questi materiali. Il CdR raccomanda di rivedere la direttiva sui fanghi di depurazione per controllare l'impiego sui terreni di altre materie organiche che non rientrano attualmente nel suo campo di applicazione.

16.

Le tendenze attuali di occupazione del suolo (impermeabilizzazione dei suoli) sono assolutamente insostenibili in tutta l'UE: questi fenomeni costituiscono una causa rilevante del degrado del suolo nell'UE. L'impermeabilizzazione dei suoli spesso colpisce terreni agricoli fertili, mette a repentaglio la biodiversità, aumenta il rischio di inondazioni e carenza idrica e contribuisce al riscaldamento globale. Nell'aprile 2012 la Commissione ha pubblicato degli orientamenti (4) sulle migliori pratiche per limitare, mitigare o compensare l'impermeabilizzazione del suolo. Il CdR raccomanda vivamente di metterli in pratica.

17.

La deposizione atmosferica di sostanze acidificanti nei suoli può determinare effetti negativi a causa di processi quali l'acidificazione e la nitrificazione. Gli ossidi di azoto e l'ammoniaca sono oggi considerati come i principali agenti acidificanti, mentre negli ultimi anni si è registrata una generale diminuzione delle emissioni di anidride solforosa come conseguenza delle regolamentazioni adottate. Sarà fondamentale ridurre le emissioni di sostanze acidificanti, per garantire che le superfici territoriali che superano i livelli critici di acidità continuino a diminuire in tutta Europa.

C.    Attività in corso da parte della Commissione europea

18.

La relazione della Commissione (sezione 5) individua cinque attività in corso, e il CdR formula le seguenti osservazioni su ciascuna di esse:

Sensibilizzazione

19.

È molto importante sensibilizzare i cittadini riguardo alla strategia tematica per la protezione del suolo e alla necessità di tutelare i suoli nell'UE. I gestori dei terreni devono essere pienamente a conoscenza delle pratiche di gestione dei suoli che salvaguardano i servizi ecosistemici forniti dai suoli. Pertanto, il CdR apprezza fortemente l'opera di sensibilizzazione sulle questioni legate al suolo che la Commissione svolge dal 2006. Tale impegno include la pubblicazione di atlanti dei suoli europei (5) e della biodiversità (6) dei suoli, nonché l'organizzazione di importanti conferenze su questi temi. Il CdR apprezza altresì il lavoro svolto dalla Commissione nell'istituire un gruppo di lavoro sulla sensibilizzazione e sull'istruzione nel contesto della rete degli uffici europei del suolo (European Soil Bureau Network, ESBN).

20.

Le attività di sensibilizzazione condotte presso i gestori dei terreni e altri soggetti interessati, come pure l'educazione e la sensibilizzazione dei cittadini in merito all'importanza del suolo, svolgeranno un ruolo chiave nel promuovere un utilizzo sostenibile dei suoli. Tuttavia, le attività di sensibilizzazione da sole non permetteranno di raggiungere il livello richiesto di protezione del suolo: è invece necessaria una combinazione di misure nel cui quadro all'educazione e agli incentivi economici va data la stessa priorità che viene riconosciuta agli interventi di regolamentazione. Le attività di sensibilizzazione volte a migliorare l'attuazione delle pratiche di gestione sostenibile del suolo continueranno a svolgere un ruolo importante nel ridurre al minimo il degrado dei suoli. Pertanto il CdR incoraggia gli enti locali e regionali ad assumere la funzione di ambasciatori in questo campo e a seguire l'esempio positivo della European Land and Soil Alliance ("Alleanza per il suolo delle città e dei comuni europei", ELSA e.V.).

Ricerca

21.

La ricerca è fondamentale per garantire una migliore comprensione delle priorità in materia di protezione del suolo e assicurare che le politiche continuino ad essere elaborare sulla base di dati scientifici validi. Pertanto il CdR accoglie con grande favore il lavoro svolto dalla Commissione dal 2006 nel finanziare circa 25 progetti di ricerca (7), tra cui ENVASSO, RAMSOIL e SOILSERVICE, volti ad affrontare i problemi del suolo. Sarà importante garantire che le conoscenze acquisite tramite i suddetti progetti continuino ad essere adeguatamente diffuse agli utenti finali di queste ricerche, tra cui, in ultima analisi, i gestori dei terreni. La messa a disposizione di ulteriori dati provenienti dalla ricerca e dal monitoraggio dei suoli è necessaria per colmare l'attuale deficit di conoscenze, ma deve sempre avvenire tenendo conto dell'aspetto dell'adeguatezza dei costi e nell'ambito di uno scambio reciproco tra tutte le parti interessate. È essenziale individuare metodi di valutazione, misure di mitigazione e requisiti minimi per l'armonizzazione delle attività di monitoraggio dei suoli.

22.

Il CdR osserva che la Commissione continua a finanziare progetti di ricerca, in particolare in materia di smottamenti, impermeabilizzazione dei suoli, funzioni dei suoli, cicli di carbonio e azoto del suolo (con particolare attenzione al recupero delle torbiere), fertilità del suolo e riciclaggio di nutrienti in agricoltura. Il CdR riconosce la necessità di portare avanti tutti questi studi, che richiederanno anche un adeguato scambio di conoscenze tra i soggetti interessati.

23.

Il CdR invoca una panoramica aggiornata dell'entità della contaminazione del suolo nell'UE e dei modi in cui gli Stati membri affrontano questo problema. In tale contesto occorrerebbe esaminare con particolare attenzione il rapporto tra la contaminazione del suolo e l'inquinamento idrico, dato che in molti paesi le acque sotterranee rivestono grande importanza per l'approvvigionamento di acqua potabile.

Monitoraggio

24.

Per il momento non esistono norme ambientali volte a proteggere i processi e le funzioni fondamentali svolte dai suoli, e l'Europa non ha un progetto di monitoraggio globale del suolo. Occorre rimediare alla mancanza di dati sistematici a livello europeo, comprendere quali informazioni siano già disponibili, individuare le lacune e formulare delle raccomandazioni per il futuro monitoraggio dei suoli. Il CdR constata l'esigenza di un migliore monitoraggio dei suoli, ad esempio per sostenere approcci regionali adeguati in materia di protezione del suolo. Occorre migliorare l'accesso dei responsabili politici e dei decisori europei, nazionali e regionali a una quantità adeguata di dati e informazioni pertinenti sui suoli. Inoltre, per l'Europa nel suo complesso non esiste un adeguato monitoraggio a lungo termine dei suoli presso una rete di siti, grazie al quale sia possibile affrontare le varie questioni, in particolare le interazioni tra suolo e cambiamenti climatici. Pertanto il CdR accoglie con favore la prosecuzione delle attività del centro europeo per i dati sui suoli (European Soil Data Center, ESDAC).

25.

Benché la strategia sia ormai giunta al sesto anno, l'UE non ha ancora adottato nessun tipo di monitoraggio sistematico o armonizzato in tutta Europa e le metodologie di ricerca variano. Vi è una notevole disparità di forme di protezione del suolo e di qualità dei suoli in tutta l'UE, e la direttiva quadro proposta dovrebbe affrontare questo problema. A tale proposito il CdR accoglie con favore i progetti di ricerca come LUCAS, intesi a fornire dati all'ESDAC. Approva altresì le proposte della Commissione volte a consolidare un monitoraggio armonizzato del suolo ripetendo le indagini sui suoli e anche avvalendosi delle nuove tecnologie di telerilevamento.

26.

Gli enti locali e regionali possono svolgere un ruolo importante monitorando il degrado dei suoli e contribuendo all'istituzione di un inventario dei siti contaminati. Per realizzare una politica di protezione del suolo mirata ed efficace, è necessario conoscere i luoghi in cui è probabile che si verifichi il degrado.

27.

Il monitoraggio della qualità dei suoli viene effettuato secondo modalità molto diverse nei vari Stati membri. La Commissione ha proposto di armonizzare le attività di monitoraggio dei suoli per farsi un'idea più chiara dello stato dei suoli in Europa. Il Centro comune di ricerca (JRC) ha già raccolto una notevole quantità di dati, ma si potrebbe fare di più se gli Stati membri presentassero relazioni chiare e comparabili. Il monitoraggio armonizzato dovrebbe essere attuato in sinergia con la decisione relativa a un meccanismo di monitoraggio, attualmente in fase di revisione.

Integrazione

28.

Il CdR si rallegra dell'impegno attivo assunto dalla Commissione con gli Stati membri per mettere a punto dei provvedimenti legati al suolo nel quadro della Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, della politica agricola comune (PAC) e della politica regionale. Dato il carattere trasversale dei problemi del suolo, le proposte della Commissione dovranno essere inserite in diverse iniziative politiche e meccanismi di attuazione (ad esempio, la direttiva quadro sulle acque, le direttive sui nitrati, sulle alluvioni e sui fanghi di depurazione, le direttive sugli habitat, sugli uccelli e sulla conservazione della biodiversità, le direttive sulla valutazione ambientale dei piani, programmi e progetti, il regolamento sullo sviluppo rurale e la PAC).

29.

Il CdR invita la Commissione ad ancorare la strategia tematica per la protezione del suolo in un piano di azione comune, in modo da mettere gli Stati membri e gli enti regionali e locali in condizione di applicare la politica in materia di suolo e le disposizioni europee. Attualmente le proposte e le disposizioni concernenti il suolo sono distribuite in varie proposte dell'UE. La strategia tematica per il suolo può dare un quadro d'insieme degli interventi preesistenti e di quelli nuovi. Nella strategia tematica si può indicare dettagliatamente:

quali problemi legati al suolo possono essere risolti dalla legislazione per il settore e quali invece permangono;

quali sono le possibilità di risolvere i rimanenti problemi concernenti il suolo attraverso adeguamenti della legislazione ambientale settoriale;

quali sono i progetti riguardanti il suolo finanziati dai fondi dell'UE. Il CdR invita la Commissione a fare spazio a progetti per il suolo nei programmi dei fondi dell'UE.

30.

Va accolta con favore la proposta di rendere la PAC più ecologica (greening). È necessaria una riforma comprendente delle misure atte a rendere la PAC più interessante per soluzioni regionali su temi quali la protezione del suolo. In tale contesto, va presa in considerazione la possibilità di utilizzare i fondi UE destinati allo sviluppo rurale per creare contratti di sviluppo rurale intesi a dare sostegno finanziario ai gestori dei territori al fine di proteggere i suoli, ripristinare le torbiere, creare zone umide, convertire i seminativi in pascoli, prevenire l'erosione dei suoli e proteggere la materia organica. Il CdR sostiene dunque con forza le osservazioni della Commissione in merito alla possibilità di aumentare la portata delle misure nel quadro dei fondi per lo sviluppo rurale volte a migliorare la qualità del suolo e di ampliare la superficie coperta da tali misure.

31.

La relazione AEA/JRC 2012 indica che le attuali misure della PAC relative alle buone condizioni agronomiche e ambientali (BCAA) non si sono dimostrate pienamente all'altezza degli obiettivi di protezione del suolo. Le attuali proposte per una PAC più verde devono quindi essere maggiormente indirizzate verso una migliore protezione del suolo senza aumentare gli oneri amministrativi che gravano sulle autorità degli Stati membri. A tal fine occorre valutare se vi sia il margine necessario per sviluppare ulteriormente delle misure BCAA per migliorare la protezione del suolo.

32.

Inoltre, andrebbe riconosciuto che le misure della PAC coprono soltanto i terreni agricoli cui vengono destinati i pagamenti per azienda. Il CdR sostiene le proposte della Commissione volte a chiarire e specificare ulteriormente le norme relative ai suoli nel contesto della riforma generale della PAC. In particolare approva l'attuale proposta di nuove BCAA relative alla protezione delle materie organiche, fra cui il divieto di bruciare le stoppie e di procedere ad una prima aratura delle zone umide e dei suoli ricchi di carbonio.

33.

Il CdR sostiene il lavoro svolto attualmente dalla Commissione per integrare meglio la protezione del suolo in altri ambiti politici pertinenti. Ciò comprende la messa a punto di un European Innovation Partnership on Agriculture Productivity and Sustainability (Partenariato europeo per l'innovazione in materia di produttività e sostenibilità dell'agricoltura) incentrato sulla gestione dei terreni, la definizione di un piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee e l'attuazione della politica di coesione.

34.

Vi sono legami evidenti tra la gestione del suolo e la diffusione di sostanze inquinanti: si tratta di una questione importante e urgente che mette a rischio la qualità delle risorse idriche di tutta Europa. La qualità delle acque è minacciata dall'erosione del suolo e dalla dispersione di nutrienti e pesticidi provenienti dai terreni agricoli. La direttiva sui nitrati (91/676/CEE), la direttiva sulle acque sotterranee (2006/118/CE) e la direttiva quadro sulle acque non prevedono direttamente l'adozione di atti specifici riguardanti il suolo, nonostante l'importanza della diffusione di sostanze inquinanti. Una volta contaminate, le acque sotterranee possono impiegare diverse centinaia di anni per depurarsi: il CdR invita quindi ad adottare misure adeguate per combattere il degrado dei suoli e i rischi di diffusione di sostanze inquinanti nelle acque sotterranee come pure in altri corsi d'acqua.

35.

Benché si debba continuare a dare la priorità alla prevenzione del degrado dei suoli, la situazione attuale di alcuni suoli europei richiederà anche l'adozione di misure di bonifica. Il CdR approva la proposta della Commissione secondo cui, nel prossimo periodo di programmazione (2014-2020), i fondi di coesione e il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) dovranno seguitare a sostenere il recupero di siti contaminati. Occorre che gli enti locali e regionali continuino ad essere consapevoli del fatto che notevoli risorse del fondo di coesione restano disponibili per le regioni ammissibili che intendano lottare contro il degrado dei suoli.

36.

Il CdR chiede alla Commissione di garantire nel programma di sostegno LIFE+ ulteriori possibilità di progetti per il suolo. Nel prossimo periodo potrebbe essere prevista una gamma più vasta di modalità di finanziamento. Secondo le disposizioni attuali, i progetti che rientrano nel capitolo Politica e governance ambientale devono avere una funzione esemplare e/o essere innovativi. Tuttavia, in molti casi l'approccio ai problemi del suolo non richiede tanto delle innovazioni, quanto piuttosto la reiterazione e la prosecuzione di attività avviate in precedenza.

Legislazione

37.

Il CdR accoglie con favore la proposta della Commissione di effettuare un riesame della direttiva concernente la valutazione dell'impatto ambientale, riesame che offrirà l'opportunità di tenere maggiormente conto delle questioni inerenti al suolo nella fase iniziale della progettazione. Sarà importante che la Commissione valuti in che modo creare incentivi per ridurre le emissioni di carbonio e preservare la materia organica del suolo, tenendo conto del settore relativo all'uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura (il cosiddetto LULUCF) nell'ambito dell'impegno dell'UE a contrastare i cambiamenti climatici da qui al 2020.

Livello internazionale

38.

Il degrado del suolo può avere effetti transfrontalieri (ad es. le emissioni di gas a effetto serra, la diffusione di sostanze inquinanti, l'erosione dei sedimenti, la perdita di carbonio del suolo, la diffusione della contaminazione al di là dei confini). I suoli europei sono un importante pozzo di assorbimento e anche una fonte potenziale di gas a effetto serra, tra cui le emissioni di N2O.

39.

Il CdR approva gli sforzi costruttivi compiuti dalla Commissione alla conferenza Rio+20 e l'inserimento del tema del degrado del suolo nel documento finale (8), e la invita a mantenere la politica del suolo tra le proprie priorità in occasione di conferenze internazionali come le riunioni dell'UNFCCC e altri forum pertinenti, tra cui la Convenzione sulla diversità biologica. Il CdR si rallegra anche del fatto che la Commissione, insieme con la Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla desertificazione (UNCCD), sostenga attivamente un'iniziativa incentrata sugli aspetti economici del degrado dei terreni e intesa a creare incentivi all'investimento in strategie di gestione sostenibile dei suoli. Infine, il CdR accoglie con favore l'intenzione espressa dalla Commissione di impegnarsi a livello internazionale per promuovere l'istituzione di un gruppo intergovernativo sul suolo.

D.    Sussidiarietà, proporzionalità e miglioramento normativo

40.

Di per sé, il documento della Commissione non solleva alcun problema di sussidiarietà o proporzionalità, poiché si tratta di una relazione sull'attuazione della strategia tematica per la protezione del suolo. Esso, tuttavia, fa indirettamente riferimento a possibili atti legislativi dell'UE sulla protezione del suolo, i quali solleverebbero questioni di questo tipo.

41.

Quegli Stati membri che si oppongono alla proposta di direttiva quadro del 2006 e hanno bloccato il passaggio dell'atto legislativo in sede di Consiglio nel 2010 adducono motivi di sussidiarietà. Il problema tuttavia è che mentre alcuni Stati membri dispongono già di una legislazione avanzata in materia di protezione dei suoli, altri non hanno un quadro giuridico in materia o ne hanno uno molto meno articolato. Il CdR invita gli Stati membri ad adottare misure nazionali, e immediatamente chiede che:

gli Stati membri che dispongono già di una politica in materia di protezione del suolo, se necessario, la estendano;

gli Stati membri che hanno in questo campo una politica articolata svolgano una funzione di collegamento per gli Stati che non hanno una tale politica, grazie alla condivisione della loro esperienza. Il CdR invita la Commissione ad accompagnare tale processo;

gli Stati membri che non hanno ancora una politica in materia ne istituiscano una nel prossimo futuro, in attesa di progressi a livello europeo.

Il CdR apprezza le misure della Commissione che consentono agli Stati membri di formulare e adottare provvedimenti in materia di difesa del suolo nell'ambito delle proprie competenze.

42.

Il degrado dei suoli e tutti gli effetti da esso prodotti, tra cui la perdita di gas a effetto serra, la contaminazione, la compattazione, la diffusione di sostanze inquinanti e l'impermeabilizzazione, hanno effetti transfrontalieri e quindi richiedono (come minimo) un coordinamento delle politiche a livello europeo. Ad esempio, la presenza di suoli compattati o degradati, che non sono in grado di trattenere l'acqua piovana, può aumentare il rischio di inondazioni nei paesi vicini. L'inquinamento del suolo può provocare anche l'inquinamento delle acque e l'eutrofizzazione, fenomeni che non si fermano alle frontiere tra Stati. I sedimenti trascinati dall'erosione del suolo in un paese possono bloccare dighe o danneggiare infrastrutture, come ad esempio i porti, in altri paesi; i suoli contaminati rischiano di inquinare le acque sotterranee nei paesi vicini. La legislazione europea è quindi considerata come un modo per proteggere gli utilizzatori dei terreni in un determinato paese dalle conseguenze dannose di pratiche attuate in un altro paese, delle quali non sono responsabili (9). Quando si verificano effetti transfrontalieri, le iniziative di cooperazione tra enti regionali e locali sono essenziali per affrontare il problema.

43.

A sei anni dalla pubblicazione della strategia tematica, gli effetti negativi del degrado dei suoli europei continuano a farsi sentire. È difficile, quindi, immaginare in che modo anche una strategia tematica riveduta, senza una direttiva quadro, possa essere sufficiente per assicurare un livello elevato di protezione dei suoli in tutti gli Stati membri e superare i problemi di cui sopra. Sono quindi necessari maggiori sforzi da parte della Commissione e degli Stati membri per assicurare la protezione dei suoli.

44.

Per garantire il rispetto del principio di proporzionalità, la futura legislazione UE sulla protezione del suolo deve lasciare agli Stati membri margini di manovra sufficienti per individuare le misure più adatte al livello territoriale e amministrativo più opportuno. Questo sarebbe determinante per far sì che vengano debitamente considerate le specificità regionali e locali in fatto di variabilità del suolo, utilizzi del territorio, condizioni climatiche e aspetti socioeconomici locali.

E.    Conclusioni

45.

Il CdR apprezza il lavoro svolto dalla Commissione nell'attuazione della strategia tematica per la protezione del suolo. I suoli europei sono fondamentali per il nostro sostentamento e devono essere protetti. L'importanza del suolo come risorsa non rinnovabile essenziale per un ambiente sostenibile dovrebbe essere riconosciuta mediante l'adozione di politiche e misure generali di protezione.

46.

I suoli vanno protetti al fine di:

garantire la disponibilità, attuale e futura, di alimenti sicuri e di qualità;

contribuire a mantenere pulite le acque superficiali e sotterranee;

stoccare il carbonio, ridurre le emissioni di gas a effetto serra e adattarsi ai cambiamenti climatici;

contribuire alla gestione naturale e alla mitigazione degli effetti delle inondazioni e di altre catastrofi naturali;

salvaguardare la biodiversità e proteggere le sue componenti;

conservare spazi ricreativi sani;

preservare la geodiversità, il patrimonio culturale e archeologico.

47.

In tutti i paesi europei possono verificarsi diversi problemi del suolo, talvolta con conseguenze gravi, irreversibili e costose. Essi sono principalmente causati da contaminazione del suolo, smottamenti, perdita di materia organica, erosione, salinizzazione, desertificazione e impermeabilizzazione. Occorrono ulteriori politiche e normative a livello UE e misure nazionali a livello degli Stati membri nonché, se non ancora adottate, anche delle normative per la protezione del suolo al fine di garantire le funzioni fondamentali svolte e i beni e servizi ecosistemici forniti dai suoli all'economia, alla società e all'ambiente in Europa. I costi dell'azione regolamentare dovrebbero essere messi a confronto con quelli della non azione in termini di costi indiretti derivanti dai cambiamenti climatici, dall'inquinamento idrico, dalla gestione delle alluvioni, dai problemi di salute pubblica, ecc. Nel 2006 la Commissione ha stimato che i costi complessivi derivanti dal degrado dei suoli nell'UE-25 poteva raggiungere i 38 miliardi di euro l'anno.

48.

La qualità del suolo è strettamente correlata ad altre problematiche ambientali di rilevanza UE (ad esempio l'aria, la qualità delle acque, i rischi di inondazione, la biodiversità, i cambiamenti climatici, le energie rinnovabili, ecc.). La futura politica dei suoli deve riconoscere i propri collegamenti con altri obiettivi dell'UE in materia ambientale (come la direttiva quadro sulle acque). Anche se molte disposizioni dell'UE in vigore contengono alcuni elementi di protezione del suolo, a tale riguardo non è stata adottata nessuna legislazione specifica globale. Le norme esistenti sono generalmente limitate a specifici utilizzi o gestione dei terreni e non coprono interamente tutti i tipi di suoli e terreni.

49.

Gli enti locali e regionali devono esaminare l'occupazione del suolo nei loro territori e valutare le misure da adottare se le tendenze riscontrate appaiono insostenibili. Queste attività possono essere sostenute tramite gli orientamenti della Commissione sull'impermeabilizzazione del suolo e anche con l'attuazione in corso dei quattro pilastri della strategia tematica per la protezione del suolo. Gli enti locali e regionali dovrebbero anche continuare a dare un contributo proattivo a tale strategia, ad esempio sostenendo lo sviluppo di codici locali di buone pratiche relative alla protezione del suolo.

50.

Le lacune nelle misure di protezione del suolo si possono affrontare meglio partendo da una base comune per tutta l'UE e stabilendo un quadro generale e dei principi comuni cui devono aderire tutti i paesi. Sarebbe quindi opportuno adottare una direttiva quadro sulla protezione dei suoli, benché sia essenziale che questa politica non sia inutilmente prescrittiva, ad esempio per mezzo di norme quantitative e valori limite. Il principio di sussidiarietà è fondamentale in quest'ambito per via delle notevoli differenze che si riscontrano tra i suoli delle diverse regioni d'Europa. Le strategie di protezione del suolo dovrebbero quindi dipendere dalle situazioni ed essere basate sui rischi e proporzionate, e tenere conto delle specificità regionali. Per garantire la protezione del suolo è necessario adottare misure specificamente mirate. L'attuazione di questa politica avviene principalmente a livello locale e regionale, e perciò le misure normative devono essere adottate a tale livello. Occorre un migliore monitoraggio dei suoli per contribuire a sviluppare, sostenere e valutare gli approcci regionali in materia di protezione del suolo.

51.

La politica di protezione del suolo deve trovare il giusto equilibrio tra, da un lato, azione a livello europeo e, dall'altro, rispetto dei principi di sussidiarietà e miglioramento normativo, per evitare che si creino nuovi oneri amministrativi inutili e costi sproporzionati. La normativa UE sul suolo dovrebbe quindi essere concepita in modo tale da intervenire soltanto in caso di necessità.

Bruxelles, 30 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  http://ec.europa.eu/dgs/jrc/downloads/jrc_reference_report_2012_02_soil.pdf

(2)  Agenzia europea dell'ambiente/Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione europea, 2012: State of Soil in Europe, http://ec.europa.eu/dgs/jrc/downloads/jrc_reference_report_2012_02_soil.pdf

(3)  Cfr.: http://eusoils.jrc.ec.europa.eu/projects/SOCO

(4)  Overview of best practices for limiting soil sealing or mitigating its effects ("Panoramica delle migliori pratiche per limitare l'impermeabilizzazione dei suoli o mitigarne gli effetti") (aprile 2011).

(5)  Cfr.: http://eusoils.jrc.ec.europa.eu/projects/soil_atlas/index.html

(6)  European Atlas of Soil Biodiversity ("Atlante europeo della biodiversità dei suoli").

(7)  JRC Soil Projects.

(8)  http://www.uncsd2012.org/thefuturewewant.html

(9)  Ufficio europeo per l'ambiente (UEA) (2011), Soil: Worth Standing your ground for. Arguments for the Soil Framework Directive ("Non perdere terreno: argomenti per la direttiva quadro sulla protezione del suolo").


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/45


Parere del Comitato delle regioni «L’innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa»

2013/C 17/09

IL COMITATO DELLE REGIONI osserva che

le scienze della vita e le biotecnologie contribuiscono in modo sostanziale agli obiettivi politici fondamentali dell'UE in termini di salute, sviluppo sostenibile, sviluppo economico e creazione di posti di lavoro;

una transizione alla bioeconomia è indispensabile per fare dell'Europa un leader globale nel settore, specialmente in termini di innovazione e di competitività;

nel programma Orizzonte 2020 la bioeconomia è menzionata, insieme alla sicurezza alimentare e all'agricoltura sostenibile, come "sfida della società", oggetto di una dotazione di 4,5 miliardi di euro proposta dalla Commissione, cosa di cui il CdR si compiace;

ci vorranno almeno 25 anni prima che la bioeconomia possa competere con l'economia basata sulle risorse fossili e sono necessari investimenti di lungo termine (in ricerca e sviluppo), strategie (oltre il 2020) e collaborazione fra tutte le parti in causa lungo la catena del valore, al fine di arrivare a un trasferimento cooperativo di conoscenza;

la bioeconomia fornirà nuove opportunità imprenditoriali e di innovazione alla catena del valore europea, anche nel settore agricolo;

gli strumenti di pianificazione territoriale per la conservazione delle superfici adibite ad usi agricoli e forestali rivestono grande importanza;

il piano d'azione proposto dalla Commissione non prevede misure per aumentare l'efficienza nell'impiego delle risorse naturali.

Relatore

Rogier VAN DER SANDE (NL/ALDE), membro della giunta provinciale dell'Olanda meridionale

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - L'innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l'Europa

COM(2012) 60 final

I.   IL COMITATO DELLE REGIONI

Messaggi principali

1.

accoglie con favore la comunicazione in esame, in cui la Commissione europea propone di avanzare verso un uso maggiore e più sostenibile delle risorse rinnovabili e auspica la conversione da una società basata sulle risorse fossili a una società basata sulle risorse biologiche, con il sostegno della ricerca e dell'innovazione;

2.

condivide il giudizio della Commissione secondo cui la bioeconomia è fondamentale per una crescita intelligente ed ecologica e contribuisce agli obiettivi della strategia Europa 2020 e alle iniziative faro Unione dell'innovazione e Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse; ribadisce che le scienze della vita e le biotecnologie contribuiscono in modo sostanziale agli obiettivi politici fondamentali dell'UE in termini di salute, sviluppo sostenibile, sviluppo economico e creazione di posti di lavoro (1);

3.

riconosce che una transizione alla bioeconomia è indispensabile per fare dell'Europa un leader globale nel settore, specialmente in termini di innovazione e di competitività; sottolinea che la bioeconomia presenta un grande potenziale di creazione di posti di lavoro, non solo nel settore agricolo; osserva che le risorse naturali mondiali si stanno facendo più scarse e che l'Europa dovrà muoversi con più rapidità per rimanere competitiva nella bioeconomia, dal momento che vari paesi del mondo stanno varando strategie analoghe e iniziative attive di stimolo del mercato (ad es. la Cina e gli Stati Uniti d'America); pensa che l'Europa debba dare una risposta forte basata sull'innovazione a sostegno della bioeconomia;

4.

ritiene che il piano d'azione di cui alla comunicazione manchi di misure e di strumenti pratici per affrontare potenziali barriere o rischi nella transizione alla bioeconomia; occorre rivolgere un'attenzione particolare al rischio di sovrapposizione o conflitto tra le normative e alla disponibilità di capitale di rischio;

5.

si compiace del fatto che nel programma Orizzonte 2020 (2) la bioeconomia sia menzionata, insieme alla sicurezza alimentare e all'agricoltura sostenibile, come "sfida della società", oggetto di una dotazione di 4,5 miliardi di euro proposta dalla Commissione; ciò apre lo spazio per misure innovative in campi quali la sicurezza alimentare, la scarsità di risorse naturali, l'agricoltura sostenibile, la dipendenza dalle risorse fossili, la fertilità dei suoli e i cambiamenti climatici, e consente al tempo stesso una crescita economica sostenibile; osserva però che tale dotazione sarà concentrata sui settori "Sicurezza alimentare, agricoltura sostenibile, ricerca marina e marittima e bioeconomia" ossia su un ventaglio più limitato rispetto all'elenco di settori che la Commissione indica nella comunicazione come appartenenti alla bioeconomia; sottolinea che ci vorranno almeno 25 anni prima che la bioeconomia possa competere con l'economia basata sulle risorse fossili e che sono necessari investimenti di lungo termine (in ricerca e sviluppo), strategie (oltre il 2020) e collaborazione fra tutte le parti in causa lungo la catena del valore, al fine di arrivare a un trasferimento cooperativo di conoscenza;

6.

è dell'avviso che, a causa della transizione da un'economia basata sui combustibili fossili a un'economia basata sulla produzione biologica, il settore agricolo, pur garantendo la sicurezza alimentare e senza perdere il suo ruolo primario di fornitore di risorse alimentari, potrebbe diventare al tempo stesso il fornitore di una serie di bioprodotti (non alimentari), trasformazione che potrebbe portare a un settore agricolo più sostenibile. La bioeconomia fornirà nuove opportunità imprenditoriali e di innovazione alla catena del valore europea, anche nel settore agricolo; crede che, per utilizzare in modo ottimale le risorse naturali, occorra una stretta interazione fra il settore agricolo, quello della bioeconomia e quello scientifico al fine di creare un settore agricolo sostenibile e più efficiente (3); ritiene che un'intensificazione della produzione primaria non possa contrastare col principio di sostenibilità, per questo sottolinea l'importanza degli strumenti di pianificazione territoriale per la conservazione delle superfici adibite ad usi agricoli e forestali;

7.

concorda sul fatto che un approvvigionamento certo e sufficiente di prodotti a base biologica di qualità e sostenibili, e un sistema di produzione primaria efficace nell'impiego delle risorse siano condizioni indispensabili per accelerare la transizione a una bioeconomia europea sostenibile; ricorda tuttavia che il piano d'azione proposto dalla Commissione non prevede misure per aumentare l'efficienza nell'impiego delle risorse naturali.

Attuazione della bioeconomia (intersettoriale)

8.

osserva che occorre una maggiore concentrazione, in termini di strategia e di politica, regolamentazione e incentivi nel settore della bioeconomia; sottolinea che per evitare contraddizioni negli obiettivi politici e per garantire pari opportunità a tutti gli operatori sono necessari un coordinamento continuativo, un impegno politico chiaro e maggiore integrazione fra i settori e le politiche europee (Orizzonte 2020, politica di coesione, PAC, direttiva sulle energie rinnovabili, direttiva quadro sui rifiuti);

9.

accoglie con favore gli sforzi della Commissione e la sua intenzione di seguire un approccio integrato, intersettoriale e interdisciplinare negli interventi per la bioeconomia; fa notare che occorre un forte coordinamento politico da parte della Commissione e che le ambizioni non tengono ancora conto del livello di attuazione pratica necessario a livello regionale e locale;

10.

sostiene il tentativo della Commissione di stabilire una definizione comune e ampia di bioeconomia; è dell'avviso che, in ragione della natura intersettoriale della bioeconomia, il suo significato può risultare diverso a seconda delle diverse parti in causa europee, nazionali e regionali attive nel settore; suggerisce che la piramide della biomassa (fig. 1) (4) potrebbe offrire un quadro di riferimento per discutere in modo più strutturato i valori e l'utilizzazione preferenziale della biomassa;

11.

ritiene che l'Europa dovrebbe sviluppare e attuare una propria visione chiara e di lungo termine in materia di bioeconomia, basata sui diversi segmenti della piramide della biomassa (figura 1), in cui ai segmenti superiori corrispondono valori più elevati; è dell'avviso che l'Europa dovrebbe seguire una "strategia del valore" concentrandosi sui segmenti superiori della suddetta piramide e dando la preferenza all'utilizzo della biomassa di seconda e, in futuro, di terza generazione (5); riconosce che effettuare investimenti nella biomassa di prima generazione è necessario per la transizione alla biomassa di seconda e, in futuro, di terza generazione; è dell'avviso che questi obiettivi europei andrebbero inseriti in tutte le politiche intersettoriali connesse con la bioeconomia;

Image

12.

ritiene che l'Europa debba prendere e mantenere la guida nelle attività volte a elaborare criteri di sostenibilità per ottimizzare l'approvvigionamento e la richiesta di biomassa (o "risorse biologiche rinnovabili"), a promuovere un uso sostenibile dei terreni considerando l'aumento delle capacità di produzione agricola e l'accelerazione nell'utilizzo di biomassa di seconda e, in futuro, di terza generazione, a ridurre al minimo i potenziali effetti negativi dell'uso non sostenibile della biomassa di prima generazione e a affrontare il dibattito "alimenti contro combustibili";

13.

raccomanda alla Commissione di elaborare un programma comune in materia di bioeconomia che valuti i prossimi passi necessari nel quadro dello sviluppo di una bioeconomia europea, tenendo conto di un approccio alla catena del valore e facendo riferimento anche agli studi elaborati dalle piattaforme tecnologiche europee, dall'OCSE e da altri; invita a includere misure e strumenti pratici, tenendo conto al tempo stesso dei profili delle varie regioni; sottolinea il potenziale della cooperazione interregionale per la catena del valore;

14.

fa presente che la bioeconomia abbraccia tutta una serie di settori d'intervento all'interno della Commissione e che pertanto, al fine di facilitare l'accesso alle iniziative e ai programmi dell'UE in questo campo, sarebbe opportuno introdurre un approccio di "sportello unico", in base al quale le richieste vengano trattate attraverso un unico punto d'accesso in seno all'istituzione.

Strumenti di governance multilivello e sussidiarietà

15.

accoglie con favore il fatto che la comunicazione della Commissione tiene conto della dimensione regionale della bioeconomia e valuta la comunicazione e tutte le proposte contenute nel Piano d'azione per la bioeconomia come compatibili col principio di sussidiarietà;

16.

osserva che in Europa sono pochi gli Stati membri che hanno condotto iniziative per sostenere lo sviluppo della bioeconomia, e che le strategie in questo settore sono elaborate principalmente dai governi nazionali; un buon esempio è la strategia regionale comune del Biobased Delta Europe, la zona compresa fra i Paesi Bassi sudoccidentali e le Fiandre; ritiene che occorrano un quadro integrato e un approccio europeo più cooperativo e che ci sia bisogno di rafforzare le iniziative locali e regionali attraverso l'attuazione di strategie in materia di bioeconomia a tutti i livello di cooperazione (UE, nazionale, regionale, locale) e il coordinamento delle attività intersettoriali. Si dovrebbero istituire meccanismi per coordinare tutti i settori d'intervento (intersettoriali) connessi con la bioeconomia a livello UE, nazionale e regionale;

17.

sostiene la proposta della Commissione di creare una piattaforma sulla bioeconomia, per favorire le sinergie e la coerenza tra le politiche e discutere e valutare l'impatto pratico degli interventi in questo campo; ritiene che le finalità esatte di tale piattaforma non siano ancora definite con esattezza, al pari delle modalità pratiche della sua azione e del modo in cui saranno coinvolte le regioni; sottolinea che dovrebbe trattarsi di un forum aperto a più parti interessate, in cui i rappresentanti possano riunirsi secondo un assetto tripartito (imprese, istituti di ricerca ed enti locali e regionali - ELR) per scambiare conoscenze e idee e discutere soluzioni per la società basata sulle risorse biologiche, nonché sforzi pratici per passare dall'economia basata sulle risorse fossili alla bioeconomia; pensa che nella piattaforma debba essere adeguatamente rappresentato un ampio spettro di settori, che possano fornire una buona base per facilitare un approccio intersettoriale alla bioeconomia;

18.

ritiene che il funzionamento e il ruolo delle piattaforme nazionali, regionali e locali per la bioeconomia potrebbero differire; invita la Commissione a redigere specifici orientamenti che descrivano le competenze delle piattaforme nazionali, regionali e locali sulla bioeconomia; sottolinea che dette piattaforme dovrebbero effettuare compiti di coordinamento fra il mondo della politica, della scienza e delle imprese, al fine di trovare un'intesa sulle misure da adottare nella fase preconcorrenziale; chiede un approccio locale che tenga conto delle circostanze geografiche, di sviluppo e ambientali, nonché delle situazioni e delle priorità regionali e delle iniziative regionali in corso; è dell'avviso che ciascuna regione dovrebbe poter seguire il proprio filone e sviluppare la propria strategia specifica in materia di bioeconomia;

19.

sottolinea che gli ELR svolgono un ruolo essenziale nell'attuazione e nello sviluppo della bioeconomia; ritiene che tali enti siano fondamentali per definire il rischi e i possibili ostacoli all'attuazione sul campo ed è pertanto assolutamente favorevole al loro coinvolgimento attivo e alla loro partecipazione alla preparazione, all'organizzazione e all'attuazione della piattaforma sulla bioeconomia; chiede alla Commissione di garantire un'adeguata flessibilità e di chiarire la funzione e il ruolo delle piattaforme regionali e/o nazionali, nonché il modo in cui esse interagiscono e le modalità secondo cui le esperienze regionali e/o locali saranno tenute in considerazione nella piattaforma sulla bioeconomia dell'UE;

20.

pensa che il successo della transizione alla bioeconomia dipenderà dall'impegno attivo della società civile nei processi di pianificazione e attuazione; sottolinea l'importanza di sensibilizzare il pubblico e incoraggia la Commissione a porre l'accento sul rapporto fra scienza, società ed elaborazione delle politiche, nonché sull'importante ruolo degli ELR in questo processo;

21.

ritiene che la transizione alla bioeconomia riuscirà soltanto in una "società basata sulle risorse naturali" e per questo suggerisce che le organizzazioni non governative e quelle della società civile svolgano un ruolo di primo piano fin dalle prime fasi della transizione e vengano rappresentate nelle piattaforme;

22.

mette in risalto il potenziale della bioeconomia per la crescita e la creazione di posti di lavoro in Europa; è dell'avviso che occorra una manodopera altamente qualificata per sviluppare le innovazioni e la base di conoscenza su cui costruire la bioeconomia; sottolinea che è importante che gli sviluppi connessi con la bioeconomia entrino a far parte dei programmi scolastici, della formazione professionale e dell'istruzione superiore, attraverso studi e corsi che trattino di agricoltura, chimica e alimentazione. Tuttavia l'istruzione rientra nell'ambito di competenza degli Stati membri, conformemente all'art. 165 del TFUE, e pertanto nessun requisito può essere stabilito in questo settore a livello dell'UE;

23.

pensa che la cooperazione basata sul concetto dell'assetto tripartito sia essenziale per realizzare l'innovazione e la valorizzazione della conoscenza nella bioeconomia. Anche tale assetto tripartito necessita di una modernizzazione e di uno sviluppo orientati a un efficace funzionamento degli ecosistemi regionali dell'innovazione. Il settore è naturalmente oggetto di un ampio coinvolgimento favorevole dei cittadini e si presta quindi ottimamente a fungere in Europa da pioniere dell'attività innovativa a elevato tenore di ricerca e al tempo stesso guidata dagli utenti.

Una bioeconomia sostenibile sul mercato interno e mondiale

24.

sottolinea il ruolo importante dei partenariati pubblico-privato (PPP) per accelerare la transizione alla bioeconomia; pensa che alle PMI spetti un ruolo fondamentale per tradurre i risultati della ricerca scientifica in applicazioni di mercato sotto forma di nuovi prodotti o tecnologie; il ruolo delle PMI regionali nell'innovazione non potrà mai essere sottolineato a sufficienza, ed è necessario un sostegno forte e strutturato per stimolarne l'attività;

25.

ritiene necessario agevolare un migliore accesso ai finanziamenti per le PMI mediante investimenti nelle imprese di nuova creazione, capitale di rischio e sostegno al trasferimento di tecnologia, nonché introdurre norme meno complesse e procedere alla valorizzazione della conoscenza nel settore della bioeconomia; suggerisce di istituire una piattaforma sulle PMI con il compito di consigliare la piattaforma sulla bioeconomia e di garantire un approccio improntato alle esigenze delle imprese;

26.

teme che l'attuale contesto politico ed economico dell'UE non sia di sostegno all'utilizzo industriale della biomassa come materiale o materia prima;

27.

sottolinea che la transizione verso un'economia basata sulle risorse biologiche dev'essere coerente con la realizzazione del mercato interno e la politica commerciale.

Esempi regionali e strumenti finanziari

28.

accoglie con favore l'emergere di importanti reti europee di regioni e raggruppamenti in materia di bioeconomia; fra gli esempi si possono citare la cooperazione tra la regione belga delle Fiandre e la parte sudoccidentale dei Paesi Bassi, la Francia nordoccidentale, il Land tedesco della Renania settentrionale-Vestfalia, la regione di Helsinki in Finlandia e il Land austriaco della Stiria, nonché le iniziative adottate da Svezia, Estonia e Ungheria; invita la Commissione a sostenere tali reti e raggruppamenti, al fine di promuovere lo scambio di esperienze e un trattamento comune delle candidature dei progetti con altre regioni europee, e a coinvolgerle nella piattaforma sulla bioeconomia; considera importante l'apprendimento reciproco sull'istituzione di fondi per gli investimenti e il trasferimento di tecnologie;

29.

ritiene che le iniziative dal basso siano importanti per creare una società basata sulle risorse biologiche, e che sia fondamentale adottare un approccio orientato alle imprese e alla domanda, combinato con un approccio definito dagli Stati;

30.

osserva che le regioni che producono biomassa dovrebbero poter beneficiare dell'innovazione tecnologica e non essere considerate soltanto come fornitrici di materia prima; per questo, occorre rivolgere un'attenzione specifica al trasferimento di tecnologie e alla valorizzazione della conoscenza; è dell'avviso che a tal fine siano importanti strette relazioni fra le regioni urbane e quelle agricole;

31.

ritiene che una parte dei fondi della PAC dovrebbe sostenere, in collegamento con Orizzonte 2020, il partenariato europeo per l'innovazione sulla produttività e sostenibilità dell'agricoltura, per colmare la distanza tra le attività di ricerca e sviluppo e le pratiche agricole, al fine di aumentare la base di conoscenza e la valorizzazione della conoscenza (6);

32.

suggerisce alla Commissione di facilitare l'individuazione e mappatura delle buone pratiche, delle attività in corso e dei bioprodotti disponibili dei raggruppamenti regionali e delle regioni, partendo dal lavoro già compiuto e dai risultati ottenuti nel quadro dei programmi esistenti, come ABC-Europe, Cluster-IP finanziato dalla DG-ENTR (7), i programmi Interreg nel quadro della politica regionale e le Regioni della conoscenza che rientrano nel Settimo programma quadro (8), e di promuovere la programmazione multifondo;

33.

accoglie con favore la proposta della Commissione di stanziare una parte del Fondo europeo di sviluppo regionale per progetti relativi all' "economia a basse emissioni di carbonio" a favore delle regioni meno sviluppate, delle regioni sviluppate in ristrutturazione e delle regioni ricche; ritiene che questo comporterà un impatto positivo sulla transizione verso una società europea basata sulle risorse biologiche; sottolinea il potenziale delle strategie intelligenti di specializzazione (S3) per mettere le regioni in grado di realizzare un approccio più strategico e integrato in materia di bioeconomia;

34.

suggerisce di sostenere le regioni avanzate nel settore della bioeconomia a prendere le misure richieste dalle catene del valore in questo campo e a collegarsi alle regioni meno avanzate; ritiene che le regioni avanzate e meno avanzate dovrebbero promuovere insieme impianti pilota in cui le aziende (di nuova creazione) possano provare i nuovi prodotti in un ambiente protetto; pensa che questa "scala di eccellenza" possa portare a un uso efficace delle risorse e promuova al tempo stesso la coesione; sostiene iniziative come ad es. Regioni della conoscenza, che forniscono un utile strumento per lo scambio del sapere, favoriscono in misura considerevole l'adozione e l'applicazione efficaci dei risultati della ricerca nelle regioni e danno vita a una nuova cooperazione nel campo della ricerca;

35.

è convinto che sia le Comunità della conoscenza e dell'innovazione (CCI) sia le Comunità regionali per l'innovazione e l'attuazione (RIC) consentano di affrontare sfide sociali di lungo termine e di individuare e sfruttare nuove opportunità per l'innovazione in Europa; pertanto, invita la Commissione a lanciare una CCI incentrata sulla bioeconomia nel quadro delle nuove CCI del periodo 2014-2020 (9);

36.

detto questo, il Comitato ritiene che vi sia un palpabile senso d'urgenza fra tutte le parti interessate di livello europeo, nazionale, regionale e locale per quanto riguarda lo sviluppo di un'economia a basse emissioni di carbonio e della bioeconomia; individuare la strada che porta a quest'obiettivo e realizzarlo richiede una rivoluzione nel nostro modo di pensare e di agire; poiché le regioni sono essenziali per l'attuazione pratica, il CdR offre la propria esperienza e manifesta la propria disponibilità a cooperare strettamente con la Commissione per far sì che la strategia per la bioeconomia in Europa entri nella fase successiva;

37.

invita la Commissione a prendere le seguenti misure a livello dell'UE:

a.

sviluppare ulteriormente la strategia per la bioeconomia (secondo la struttura dell'assetto tripartito), concentrandosi sui livelli superiori della piramide della biomassa; istituire una piattaforma sulla bioeconomia con rappresentanti delle imprese, dei centri di conoscenza e degli enti pubblici (a livello regionale, nazionale e dell'UE);

b.

elaborare un approccio integrato alla bioeconomia basato su una strategia multifondo, necessaria a livello regionale ed europeo (Orizzonte 2020, politica di coesione, PAC, energia);

c.

sensibilizzare il pubblico nelle regioni circa la necessità della bioeconomia e le opportunità che essa apre;

d.

basare l'approccio integrato alla bioeconomia su normative e incentivi non in conflitto tra loro (mediante sistemi di certificazione, programmi di ricerca e sviluppo integrati e su misura che coinvolgano diverse DG) e sulla possibilità per le regioni di decidere autonomamente il proprio orientamento in materia di bioeconomia e di strategia intelligente di specializzazione;

nonché a sviluppare una strategia europea che si concentri su:

specializzazione e valorizzazione della conoscenza per quanto riguarda le innovazioni nel settore europeo della bioeconomia, al fine di rimanere competitivi a livello globale,

ricerca e sviluppo sulla biomassa di seconda e terza generazione,

catene del valore (dalla produzione delle materie prime fino ai prodotti finiti per il mercato),

prodotti ad alto valore aggiunto;

38.

il CdR pensa che le regioni possano offrire quanto segue:

a.

mappatura e disponibilità delle buone pratiche documentate delle regioni che sono riuscite a pianificare e attuare (aspetti del)la bioeconomia e diffusione di queste strutture ad altre regioni (scale di eccellenza);

b.

aiuto a istituire strutture di assetto tripartito e contributo alle piattaforme sulla bioeconomia;

c.

data la loro vicinanza ai cittadini, contributo alla sensibilizzazione del pubblico circa (la necessità e i benefici del)la bioeconomia a livello locale e regionale;

d.

sostegno alla creazione di "scale di eccellenza", agevolando e dando vita alla cooperazione interregionale tra le regioni meno sviluppate e quelle più sviluppate, nonché ricorrendo ad approcci multifondo nei confronti dei programmi e dei progetti europei.

Bruxelles, 30 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 174/2007 fin.

(2)  COM(2011) 808 final.

(3)  CdR 1749/2012 – NAT-V-022.

(4)  Relazione De Ecopiramide – Biomassa beter benutten ("La piramide ecologica – Un utilizzo più efficace della biomassa") (Derksen et al. 2008) e il riassunto in inglese The Ecopyramid – better biomass efficiency

http://www.innovatienetwerk.org/en/bibliotheek/rapporten/342/DeEcopyramide

(5)  In generale, i biocarburanti di prima generazione sono prodotti a partire da cereali (frumento, mais), olii (di colza, di palma) e piante da zucchero (barbabietola, canna da zucchero), utilizzando le tecnologie affermate. In generale, i biocarburanti di seconda generazione sono prodotti da materiale cellulosico (materie prime lignocellulosiche), nonché da residui agricoli o da piante coltivate appositamente (non destinate alla produzione alimentare), mentre i biocombustibili di terza generazione possono essere definiti come una biomassa coltivata, molto efficiente in termini di luce e utilizzo del terreno, e che non si presenta sotto forma di coltura alimentare. Le alghe sono il migliore esempio, e forniscono olio e altri prodotti utili, cfr. tra l'altro http://www.biofuelstp.eu/fuelproduction.html e http://biofuelsandthepoor.com/facts-and-definitions/.

(6)  Progetto di parere del Comitato delle regioni sul tema Partenariato europeo per l'innovazione "Produttività e sostenibilità dell'agricoltura", CdR 1749/2012 (NAT-V-022).

(7)  http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/biotechnology/index_en.htm e http://www.europe-innova.eu/web/guest/cluster-cooperation/cluster-innovation-platform

(8)  ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/fp7/kbbe/docs/regional-biotech-report.pdf, http://cordis.europa.eu/fp7/kbbe/library_en.html

(9)  Nel 2014, l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (IET) e le sue Comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI), che si rivolgono a diversi settori, dovranno affrontare questioni legate alla bioeconomia in particolare nell’ambito della proposta CIC denominata "Alimentazione per il futuro", cfr. COM(2012) 60 final; la bioeconomia comprende non soltanto gli alimenti, ma anche prodotti non alimentari, per cui è importante includere anche la componente non alimentare nella catena del valore complessiva in questo settore.


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/51


Parere del Comitato delle regioni «Il partenariato europeo per l’innovazione: produttività e sostenibilità dell’agricoltura»

2013/C 17/10

Il COMITATO DELLE REGIONI raccomanda vivamente alla Commissione europea:

di riconoscere il ruolo essenziale degli enti e dei soggetti locali e regionali nel garantire il successo del partenariato europeo per l'innovazione - Produttività e sostenibilità dell'agricoltura;

di coinvolgere pienamente gli enti locali e regionali nelle strutture gestionali istituite per incoraggiare e seguire tale iniziativa;

di definire il concetto di aumento della produttività come «produrre meglio e di più con meno»;

di consentire che venga affrontata un'ampia gamma di temi riguardanti la produzione primaria, la gestione delle risorse, la bioeconomia, la catena di approvvigionamento, la qualità, la sicurezza alimentare e i consumatori, dato che il partenariato europeo per l'innovazione dovrebbe occuparsi di tali temi;

di dare la priorità ai programmi innovativi intesi a garantire il mantenimento dell'attività agricola in tutto il territorio europeo, facendo in modo che vengano incluse attività di ricerca dedicate alle regioni zootecniche, alle aree periurbane, alle zone soggette a vincoli naturali, e alle aree destinate all'agricoltura locale;

di favorire le iniziative innovative dal basso realizzate dalle piccole e medie imprese rispetto alle iniziative industriali, allo scopo di contrastare l'attuale squilibrio in termini di partecipazione risultante dai differenti livelli di organizzazione e di capacità;

di proseguire gli sforzi volti a migliorare la posizione dei produttori primari nella catena di produzione, trasformazione e distribuzione alimentare;

di consentire ai gruppi operativi di utilizzare anche il sostegno del FEASR per la copertura dei costi di avviamento, ad esempio per sviluppare un approccio rivolto ad affrontare una questione tecnica e scientifica.

Relatore

Henk BRINK (NL/ALDE) Deputato provinciale della Drenthe

Testo di riferimento

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa al partenariato europeo per l'innovazione - Produttività e sostenibilità dell'agricoltura

COM(2012) 79 final

I.   SFIDE E OBIETTIVI

IL COMITATO DELLE REGIONI

Iniziativa faro Europa 2020 – L'Unione dell'innovazione

sostiene la strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, ed è consapevole del fatto che:

1.

per sopravvivere nel contesto concorrenziale globale, l'Europa deve intensificare gli sforzi rivolti a mantenere e migliorare la sua posizione commerciale, il suo primato industriale e l'eccellenza della sua base scientifica;

2.

la competenza europea in materia di: produzione alimentare sostenibile, gestione delle aziende agricole, soluzioni basate sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, sicurezza alimentare, agrobiotecnologia, tecnologie della crescita, protezione dei raccolti, acqua, residui, gestione dell'energia e dei rifiuti, agrosociologia, sono apprezzate in tutto il mondo e hanno un enorme potenziale commerciale nei mercati che emergono e si sviluppano rapidamente dentro e fuori dell'Europa;

3.

per riuscire a generare valore sulla base di tale competenza l'Europa ha bisogno di 1) piccole e medie imprese più innovative che generino crescita e occupazione, 2) maggiori investimenti privati, 3) innovazione nei settori già avviati e in quelli emergenti, 4) collaborazioni multidisciplinari per generare soluzioni d'avanguardia, 5) operatori interessati alla sperimentazione, alla dimostrazione e all'applicazione su più vasta scala delle soluzioni promettenti.

Sfide riguardanti l'agricoltura, la sicurezza alimentare e le risorse naturali

constata che:

4.

il mondo è confrontato a una serie di sfide diversificate e importanti: crescita costante della popolazione e della capacità di spesa, che comporta cambiamenti nella dieta alimentare e una domanda maggiore di prodotti primari, in combinazione con minacce alla capacità produttiva agricola globale risultanti dai cambiamenti climatici;

5.

tali sfide sono accompagnate dal rischio di penuria di alimenti umani o animali, combustibili fossili, materie prime, fibre e acqua dolce, da un progressivo degrado dei suoli, da una perdita di biodiversità e da un rischio crescente di crollo dei mercati finanziari, di squilibri politici e di conflitti armati;

6.

l'agricoltura e la produzione alimentare, in futuro, dovranno utilizzare più parsimoniosamente l'acqua, i combustibili fossili, i fertilizzanti e i prodotti fitosanitari; dovranno essere più diversificate e fare un uso più intelligente delle sinergie tra la coltivazione in pieno campo, l'allevamento, la gestione dei rifiuti organici, i flussi di residui e la produzione di energie rinnovabili;

sottolinea che:

7.

gli Stati membri e i soggetti interessati hanno espresso ripetutamente la loro ferma volontà di promuovere l'innovazione in agricoltura attraverso un approccio su scala unionale; inoltre il Consiglio europeo, nella seduta del 20 giugno 2008, aveva già segnalato l'esigenza di «proseguire i lavori in materia d'innovazione, ricerca e sviluppo della produzione agricola, in special modo per migliorare l'efficienza energetica, la crescita della produttività e la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici»;

8.

le organizzazioni degli agricoltori e le camere dell'agricoltura hanno tratto conclusioni analoghe, inoltre il comunicato finale del vertice G20 di Cannes sottolinea l'esigenza imprescindibile di investire nella ricerca e nell'innovazione nel settore agricolo;

Pertanto, il Comitato delle regioni

9.

accoglie con favore l'iniziativa della Commissione rivolta a promuovere l'innovazione nel settore agricolo istituendo uno specifico partenariato europeo per l'innovazione nel campo della produttività e della sostenibilità dell'agricoltura, e i suoi principali due obiettivi che sono 1) aiutare il settore agricolo a divenire più produttivo ed efficiente, invertendo entro il 2020 la recente tendenza a un rallentamento degli aumenti di produttività e 2) promuovere lo sviluppo sostenibile dell'agricoltura, garantendo entro il 2020 un livello soddisfacente di funzionalità dei suoli;

10.

si compiace in particolare del fatto che i sistemi agroalimentari locali figurino tra i settori ammessi a beneficiare di misure di cooperazione, per esempio cooperazione orizzontale e verticale tra i vari soggetti della catena di approvvigionamento per la creazione di piattaforme logistiche rivolte a promuovere le filiere corte e i mercati locali, e attività di promozione in contesto locale connesse allo sviluppo di tali filiere e mercati;

11.

apprezza la proposta della Commissione di assegnare 4,5 miliardi di euro alla ricerca e all'innovazione in materia di sicurezza alimentare, bioeconomia e agricoltura sostenibile (nel quadro di Orizzonte 2020);

12.

condivide il giudizio secondo cui i finanziamenti della politica agricola comune, insieme con i fondi del programma quadro di ricerca, dovrebbero sostenere il partenariato europeo per l'innovazione in materia di produttività e sostenibilità dell'agricoltura, per colmare il divario che sussiste tra il mondo della ricerca e la pratica agricola;

13.

ritiene che il cambiamento richiesto al settore agricolo, reso necessario dalla sempre maggiore urgenza di un impiego efficiente delle risorse, comporterà innanzi tutto una maggiore produzione di derrate alimentari secondo modalità più sostenibili, ma anche la fornitura alla società di una serie di servizi e di prodotti a base biologica nel settore della salute, dello svago, della gestione del territorio e dei rifiuti, degli alimenti per gli animali, delle fibre e delle energie rinnovabili. Questo più esteso campo di applicazione arrecherà benefici sia al settore sia alla società, a condizione che venga garantito un buon equilibrio tra la produzione alimentare e quella non alimentare, che il settore agricolo si concentri sulle priorità ridefinite della PAC e che le autorità competenti si orientino in maniera coerente verso queste priorità;

14.

reputa che tale settore agricolo ridefinito fornirà nuove opportunità commerciali e di innovazione alla catena del valore europea;

15.

è convinto che per un uso ottimale delle risorse naturali occorrano forti interazioni tra il settore agricolo, quello della bioeconomia e quello scientifico (1), finalizzate a creare un settore agricolo sostenibile e più efficiente; per quanto riguarda l'agricoltura come fonte di biomassa ai fini della produzione energetica, occorre garantire una coesistenza equilibrata della produzione alimentare e di biomassa.

II.   OSTACOLI/FATTORI ESSENZIALI DEL SUCCESSO

Ostacoli

sottolinea che:

16.

lo sforzo rivolto a colmare il divario tra pratica e scienza è fondamentale, ma il partenariato europeo per l'innovazione non risolve, da solo, il divario culturale e professionale tra due prospettive ugualmente importanti: 1) quella della comunità scientifica, che tende a concentrarsi sull'eccellenza della base scientifica, sulla ricerca avanzata, sulle tecnologie future ed emergenti, sulle competenze e lo sviluppo delle carriere e sulle infrastrutture della ricerca e, dall'altro lato, 2) quella degli imprenditori e dei responsabili politici, che cercano modi di generare valore a partire dalle conoscenze, e soluzioni che contribuiscano a soddisfare le esigenze della società e a creare opportunità commerciali. Serviranno da entrambi i lati comunicazione e incentivi;

17.

il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) offre una serie di incentivi, definiti agli articoli 15, 16, 18, 20, 33, 36, 46, 53, 61, 62 e 63, che tuttavia non saranno messi in opera se un intermediario della conoscenza del partenariato europeo per l'innovazione non comunicherà le possibilità a livello degli Stati membri prima che i contratti di partenariato vengano conclusi e durante il processo di redazione dei programmi operativi di sviluppo rurale nazionali e/o regionali;

18.

il partenariato europeo per l'innovazione non sarà incluso nei programmi di sviluppo rurale se non saranno programmati dei cofinanziamenti nazionali intesi a finanziare le varie tappe del processo di innovazione: 1) cooperazione (per istituire gruppi operativi) allo sviluppo di imprese (per avviare un progetto di innovazione); 2) trasferimento di conoscenze e servizi di consulenza (per acquisire competenze e fare uso dei risultati della ricerca già conseguiti); 3) accesso a regimi di qualità (per incoraggiare benefici per la società e risultati imprenditoriali); 4) investimenti (sostegno finanziario alla realizzazione degli obiettivi; produttività e sostenibilità);

19.

a tutt'oggi sono stati costituiti cinque partenariati europei per l'innovazione, nei seguenti campi:

a.

invecchiamento attivo e in buona salute, SEC(2011) 1028, adottato il 1o settembre 2011;

b.

materie prime, COM(2012) 82 final, adottato il 29 febbraio 2012;

c.

produttività e sostenibilità dell'agricoltura, COM(2012) 79 final, adottato il 29 febbraio 2012;

d.

acqua, COM(2012) 216 final, adottato il 10 maggio 2012;

e.

città intelligenti, C(2012) 4701, adottato il 10 luglio 2012.

Tutti questi partenariati sono importanti per gli enti locali e regionali, ma hanno anche bisogno della gestione, del sostegno e del finanziamento regionali per avere successo; tuttavia finora gli enti regionali non sono stati invitati a partecipare al processo.

Fattori essenziali del successo

sottolinea che:

20.

le regioni e i comuni rurali possono svolgere un ruolo decisivo nella conduzione e nel cofinanziamento delle azioni intraprese attraverso il FEASR e altri strumenti di sostegno dell'innovazione; essi sono oggi indispensabili per definire un sostegno mirato alle specifiche caratteristiche agricole, ambientali e territoriali di una determinata regione, consentendo in tal modo un uso più efficiente dei finanziamenti europei;

21.

le regioni e i comuni rurali gradirebbero avere voce in capitolo in materia di priorità o di accordi di attuazione e di gestione;

22.

la costituzione di un quadro di governance multilivello (europea, nazionale, regionale) costituisce un requisito essenziale per un'efficace trasformazione della politica agricola comune post 2013, compreso il partenariato europeo per l'innovazione;

23.

i soggetti interessati dovranno costituire un gruppo operativo di base che continuerà a valutare i divari di conoscenza concernenti tra l'altro la tecnologia, i modelli d'impresa, i sistemi organizzativi, le strategie commerciali, le esigenze e l'educazione dei consumatori, e potrebbero già ricevere dei finanziamenti a carico del FEASR a sostegno di tali attività; il loro prossimo passo potrebbe consistere nella ricerca di partner e nella creazione di una squadra multidisciplinare, allo scopo di valutare il ricorso alla cooperazione transfrontaliera e/o di studiare l'attuale base di conoscenza prima di prendere contatto con la rete del partenariato europeo per l'innovazione per un ulteriore sostegno; tale passo successivo non dovrebbe però essere obbligatorio;

24.

alcune iniziative di innovazione dal basso in materia di sostenibilità o di produttività potrebbero ricevere una buona accoglienza a livello regionale o nazionale, ma rischierebbero nondimeno di non essere conformi ai temi prioritari scelti, così come essi sono indicati nel piano strategico di attuazione e nella tabella di marcia pluriennale (pubblicata dal gruppo direttivo ad alto livello in seguito a una consultazione del comitato permanente della ricerca agricola e del comitato per lo sviluppo rurale); ciò non dovrebbe tuttavia impedire di ricevere un sostegno, perché altrimenti si produrrebbe un forte effetto dissuasivo sui partecipanti e si creerebbe una frattura nella spirale dell'innovazione proprio nel suo punto più vulnerabile;

25.

nell'avvio di un processo di innovazione e nella promozione del progresso è indispensabile che vi sia un'intermediazione dell'innovazione e della conoscenza.

III.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Alla Commissione europea

Il Comitato raccomanda vivamente alla Commissione europea:

26.

di riconoscere il ruolo essenziale degli enti e dei soggetti locali e regionali nel garantire il successo del partenariato europeo per l'innovazione - Produttività e sostenibilità dell'agricoltura;

27.

di coinvolgere pienamente gli enti locali e regionali nelle strutture gestionali istituite per incoraggiare e seguire tale iniziativa;

28.

di invitare un rappresentante del Comitato delle regioni a partecipare ai lavori del gruppo direttivo ad alto livello che definirà la strategia per il partenariato europeo per l'innovazione e del comitato di coordinamento della rete europea per lo sviluppo rurale, allo scopo di garantire che l'iniziativa venga attuata in conformità alle reali esigenze degli enti locali e regionali;

29.

di obbligare gli Stati membri a integrare gli obiettivi intersettoriali del partenariato europeo per l'innovazione nel contratto di partenariato;

30.

di definire il concetto di aumento della produttività come «produrre meglio e di più con meno»;

31.

di consentire che venga affrontata un'ampia gamma di temi riguardanti la produzione primaria, la gestione delle risorse, la bioeconomia, la catena di approvvigionamento, la qualità, la sicurezza alimentare e i consumatori, dato che il partenariato europeo per l'innovazione dovrebbe occuparsi di tali temi;

32.

di dare la priorità ai programmi innovativi intesi a garantire il mantenimento dell'attività agricola in tutto il territorio europeo, facendo in modo che vengano incluse attività di ricerca dedicate alle regioni zootecniche, alle aree periurbane, alle zone soggette a vincoli naturali, e alle aree destinate all'agricoltura locale;

33.

di favorire le iniziative innovative dal basso realizzate dalle piccole e medie imprese rispetto alle iniziative industriali, allo scopo di contrastare l'attuale squilibrio in termini di partecipazione risultante dai differenti livelli di organizzazione e di capacità;

34.

di concentrarsi sull'agricoltura sostenibile, sull'attività agricola produttiva come risultato della disponibilità di tecnologie aggiornate, sulla prevenzione degli sprechi di derrate alimentari e delle perdite successive al raccolto e su un comportamento responsabile dei consumatori, oltre che sull'aumento dei volumi di produzione;

35.

di concentrarsi sull'esportazione e la commercializzazione di conoscenze e di (bio)tecnologie da parte dell'UE, nonché su un equo coinvolgimento nella produzione locale «a distanza» (metropolitana o su piccola scala) nei paesi terzi;

36.

di proseguire gli sforzi volti a migliorare la posizione dei produttori primari nella catena di produzione, trasformazione e distribuzione alimentare;

37.

di insistere affinché il grado di uso pratico dei risultati della ricerca venga incluso tra i criteri di valutazione delle istituzioni della conoscenza, nell'ottica di incentivare gli scienziati a colmare il divario di innovazione;

38.

di accogliere con favore l'attività delle principali reti europee di regioni, istituti di ricerca e raggruppamenti in materia di incremento della produttività e sostenibilità dell'agricoltura, sollecitando altresì la Commissione a riconoscere il ruolo di tali reti e raggruppamenti e a promuovere il trasferimento di conoscenze tra imprenditori a livello sia locale che interregionale;

39.

di consentire agli Stati membri di sostenere attività in fase iniziale e attività regionali realizzate da gruppi operativi, che lavorano su obiettivi e finalità del partenariato europeo per l'innovazione, mediante risorse del FEASR e il cofinanziamento regionale, indipendentemente dai successi ottenuti nel ricevere sostegno anche da parte della rete del partenariato europeo per l'innovazione dopo aver risposto a inviti;

40.

di consentire che i gruppi operativi possano o operare entro i confini di uno Stato membro o avere membri in vari Stati membri e in paesi terzi;

41.

di menzionare come soggetti ammissibili «i produttori agricoli e le organizzazioni di produttori» piuttosto che i soli «produttori agricoli», al fine di rendere più facile la costituzione di gruppi;

42.

di consentire ai gruppi operativi di utilizzare anche il sostegno del FEASR per la copertura dei costi di avviamento, ad esempio per sviluppare un approccio rivolto ad affrontare una questione tecnica e scientifica o a fare uso di un intermediario dell'innovazione e della conoscenza;

43.

di formare un gruppo addetto alla comunicazione - prima di istituire il comitato direttivo di alto livello, il gruppo/la squadra di sostegno SHERPA, l'ufficio di sostegno per gruppi operativi e la segreteria incaricata della redazione del piano strategico di attuazione - con il compito di promuovere l'uso 1) del partenariato europeo per l'innovazione nei programmi nazionali di sviluppo rurale; 2) delle opzioni Orizzonte 2020 per sostenere progetti di ricerca, progetti con vari attori, raggruppamenti di azioni innovative, intermediari dell'innovazione e centri di innovazione; 3) delle strutture e dei contatti della rete del partenariato europeo per l'innovazione; 4) di un manuale o di orientamenti per i gruppi locali.

Agli enti locali e regionali

Raccomanda agli enti locali e regionali:

44.

di sostenere il coinvolgimento e la programmazione del partenariato europeo per l'innovazione nei programmi operativi del FEASR e di prepararsi alla costituzione di gruppi operativi;

45.

di consigliare agli Stati membri di prendere in seria considerazione l'esigenza di affrontare urgentemente le questioni della produttività, dell'efficienza nell'impiego delle risorse e della sostenibilità e quindi a spendere almeno il 10 % del contributo totale del FEASR per la promozione dei trasferimenti di conoscenze e di innovazione nell'agricoltura, nella silvicoltura e nelle aree rurali;

46.

di rafforzare il proprio attuale coinvolgimento nella rete di sviluppo rurale nazionale ed europea.

Bruxelles, 30 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 1112/2012 – EDUC-V-024. L'innovazione per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l'Europa.


III Atti preparatori

COMITATO DELLE REGIONI

98a sessione plenaria del 29 e 30 novembre 2012

19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/56


Parere del Comitato delle regioni «Quadro strategico comune»

2013/C 17/11

IL COMITATO DELLE REGIONI

ribadisce la sua convinzione che è necessario un quadro strategico comune (QSC) per il periodo 2014-2020, volto a stabilire un coordinamento e una sinergia tra gli interventi dei cinque fondi del QSC, nonché ad imprimere una direzione strategica chiara agli accordi di partenariato e ai programmi operativi;

esprime perplessità quanto alla proposta divisione del QSC tra un allegato al regolamento generale (Allegato I, in prosieguo «l'allegato») e un atto delegato con azioni indicative di elevato valore aggiunto europeo e priorità per la cooperazione, e sostiene invece l'adozione del QSC soltanto come allegato al regolamento generale;

ritiene che le azioni indicative di elevato valore aggiunto debbano essere adottate dalla Commissione nella forma di una comunicazione di carattere non vincolante, come avvenuto nel caso degli orientamenti strategici comunitari per il periodo 2007-2013;

sottolinea che l'obiettivo del QSC dovrebbe essere creare le condizioni per una transizione agevole tra il pacchetto legislativo e gli accordi di partenariato e i programmi operativi, e segnala la necessità di precisare nei dettagli i meccanismi di attuazione;

si rammarica che gli 11 obiettivi tematici elencati nella proposta di regolamento generale differiscano dalle sei priorità proposte per il FEASR e dalle altre sei indicate per il FEAMP, il che rende il loro coordinamento particolarmente difficile;

è convinto della necessità di decentrare la gestione operativa a livello locale e regionale al fine di accrescere il coordinamento e la complementarità tra i vari fondi, garantendo così un approccio integrato efficace – che, cioè, oltre ad essere multitematico, proceda «dal basso» e si fondi sulle specificità dei singoli territori;

raccomanda con forza l'attuazione di programmi operativi basati su una molteplicità di fondi;

esorta ad instaurare un quadro di programmazione stabile, che garantisca la necessaria coerenza con la prospettiva pluriennale della politica di coesione;

dubita della possibilità di modificare l'allegato riguardante il QSC mediante atto delegato.

Relatore generale

Marek WOŹNIAK (PL/PPE), presidente della regione Grande Polonia (Wielkopolska)

Testo di riferimento

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca compresi nel quadro strategico comune e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio

COM(2012) 496 final, Parte I, Allegato I

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Osservazioni generali

1.

ribadisce la sua convinzione che è necessario un quadro strategico comune (QSC) per il periodo 2014-2020, volto a stabilire un coordinamento e una sinergia tra gli interventi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE), del Fondo di coesione (FC), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), (in prosieguo «i fondi del QSC»), nonché ad imprimere una direzione strategica chiara agli accordi di partenariato e ai programmi operativi;

2.

richiama le raccomandazioni politiche formulate dal CdR nel suo parere sul regolamento generale, e sottolinea che, poiché il QSC deve essere adottato come allegato al regolamento stesso, è quest'ultimo a indicare la prospettiva strategica e gli obiettivi, mentre il QSC va considerato come il principale strumento di attuazione;

3.

esprime perplessità quanto alla proposta divisione del QSC tra un allegato al regolamento generale (Allegato I, in prosieguo «l'allegato») (1) e un atto delegato con azioni indicative di elevato valore aggiunto europeo e priorità per la cooperazione, e sostiene invece l'adozione del QSC soltanto come allegato al regolamento generale. Fa notare che gli atti delegati dovrebbero limitarsi a disciplinare elementi aggiuntivi non essenziali degli atti normativi di base, laddove invece tutte le questioni relative al QSC sono di fondamentale, cruciale importanza per gli enti locali e regionali e hanno per loro stessa natura una rilevanza strategica. Il Comitato delle regioni non viene consultato in merito agli atti delegati, mentre il QSC è una delle materie oggetto di consultazione obbligatoria ai sensi dell'articolo 177 del TFUE;

4.

è dell'avviso che il QSC debba essere adottato dal Consiglio e dal Parlamento europeo e debba essere riveduto solo in caso di modifiche fondamentali nella situazione socioeconomica dell'UE e, alla luce di ciò, dubita della possibilità di modificare l'allegato mediante atto delegato;

5.

è dell'avviso che le azioni indicative di elevato valore aggiunto debbano essere adottate dalla Commissione nella forma di una comunicazione di carattere non vincolante, come avvenuto nel caso degli orientamenti strategici comunitari per il periodo 2007-2013 (COM(2005) 299 final);

6.

fa notare che i fondi del QSC sono chiamati a svolgere un ruolo cruciale nel sostenere gli strumenti di attuazione della strategia Europa 2020 e gli investimenti volti a ridurre le disparità di sviluppo tra Stati membri, tra regioni e all'interno di singole regioni. Nel contempo, chiede di adottare come principi guida gli obblighi imposti dai Trattati;

7.

si compiace del fatto che le proposte contenute nel QSC attueranno il principio sancito nell'articolo 11 del regolamento generale proposto, secondo cui il QSC mira a rispondere alle principali sfide territoriali. Nel contempo, però, osserva che tali proposte devono fare un chiaro riferimento alle zone con caratteristiche territoriali particolari – come le zone di montagna, le regioni periferiche, le zone industriali in fase di transizione, le isole, le regioni con popolazione molto sparsa sul territorio e quelle con bassa densità demografica - che richiedono forme specifiche di intervento;

8.

valuta positivamente il fatto che nel coinvolgimento dei partner nazionali, regionali e locali si ravvisi una condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi politici, e reputa che ciò agevolerà l'applicazione di un approccio territoriale «dal basso»;

9.

chiede che, conformemente al principio di proporzionalità, il QSC contribuisca, in ultima analisi, a chiarire e precisare la logica degli interventi dei fondi nel prossimo periodo di programmazione, lasciando al tempo stesso la possibilità di adeguare gli interventi dei programmi operativi alle specificità, alle esigenze e al potenziale dei singoli Stati membri e delle singole regioni. Il QSC dovrebbe fornire un quadro indicativo per gli accordi di partenariato e i programmi operativi predisposti nei singoli Stati membri, dando così a questi ultimi e agli enti regionali e locali competenti la possibilità di rispondere in modo autonomo alle sfide di sviluppo, in particolare con riguardo agli obiettivi della strategia Europa 2020. Sottolinea che l'obiettivo del QSC dovrebbe essere creare le condizioni per una transizione agevole tra il pacchetto legislativo e gli accordi di partenariato e i programmi operativi;

10.

segnala la necessità di precisare nei dettagli i meccanismi di attuazione;

11.

si rammarica che gli 11 obiettivi tematici elencati nella proposta di regolamento generale differiscano dalle sei priorità proposte per il FEASR e dalle altre sei indicate per il FEAMP, il che rende il loro coordinamento particolarmente difficile.

Sezione introduttiva dell'allegato sul QSC

12.

deplora che nel QSC manchino elementi riguardanti i principi fondamentali da attuare.

Coerenza e continuità con la governance economica dell'Unione

13.

esorta ad instaurare un quadro di programmazione stabile, che garantisca la necessaria coerenza con la prospettiva pluriennale della politica di coesione;

14.

ritiene che, fin dall'inizio, l'azione principale da compiere debba essere quella di individuare priorità programmatiche appropriate per l'intero periodo 2014-2020, ad esempio durante la preparazione degli accordi di partenariato e dei programmi operativi. In tale contesto nutre qualche preoccupazione circa il rischio che tener conto delle raccomandazioni per i singoli Stati e dei programmi nazionali di riforma possa essere in contrasto, a livello regionale, con una programmazione pluriennale concordata;

15.

richiama il proprio parere in merito al regolamento generale, in cui respinge la proposta intesa a collegare la politica di coesione con il rispetto del Patto di stabilità e di crescita (2), proponendo invece di prevedere la possibilità di modificare gli accordi di partenariato e i programmi operativi in base alle raccomandazioni derivanti dal Semestre europeo;

16.

avverte tuttavia che tale riprogrammazione rischia, se effettuata di frequente, di rendere imprevedibile la gestione dei fondi, ragion per cui è opportuno procedervi soltanto in caso di necessità.

Meccanismi di coordinamento tra i Fondi del QSC

17.

sottolinea la necessità di un migliore coordinamento tra i fondi del QSC, onde accrescere l'efficacia del loro intervento e creare la sinergia necessaria in un contesto contrassegnato da difficoltà di bilancio e da limitate risorse finanziarie. Ciò consentirà di assicurare un maggior livello di sinergia e complementarità tra gli investimenti dell'UE;

18.

esorta a mettere la complementarità al centro dell'attenzione nella definizione del quadro strategico comune. È necessario sforzarsi di adottare un approccio multitematico integrato, che colleghi le azioni fondamentali dei diversi fondi in modo che si completino a vicenda al fine di realizzare uno stesso obiettivo. Deplora tuttavia che la Commissione non abbia fornito maggiori indicazioni riguardo alla possibile complementarità tra le diverse priorità tematiche e le priorità d'investimento relative a diversi fondi del QSC, nonché tra le azioni indicative e le priorità d'investimento. Di conseguenza, sottolinea che il documento proposto in materia di QSC deve assicurare la complementarità tra i campi di intervento dei singoli fondi ed eliminare il rischio di duplicazioni;

19.

è convinto della necessità di decentrare la gestione operativa a livello locale e regionale al fine di accrescere il coordinamento e la complementarità tra i vari fondi, garantendo così un approccio integrato efficace – che, cioè, oltre ad essere multitematico, proceda «dal basso» e si fondi sulle specificità dei singoli territori;

20.

raccomanda con forza l'attuazione di programmi operativi basati su una molteplicità di fondi, che consentano di massimizzare l'impatto positivo dell'intervento dell'UE nelle regioni grazie a un uso integrato delle opportunità offerte dai vari strumenti di sviluppo regionale e all'effettiva realizzazione, da parte degli enti locali e regionali, delle rispettive strategie di sviluppo socioeconomico;

21.

accoglie con favore il fatto che la Commissione abbia posto fortemente l'accento sulla necessità di programmare uno sviluppo territoriale integrato, così come accoglie con favore il riferimento agli «investimenti territoriali integrati» (Integrated Territorial Investments – ITI), alle «operazioni integrate» (Integrated Operations – IO) e ai «piani d'azione comuni» (Joint Action Plans - JAP). Deplora tuttavia che né questi strumenti né il concetto di IO siano definiti nel regolamento generale e nell'allegato sul QSC, e sottolinea in particolare la necessità di una definizione precisa del concetto di IO, in quanto strumento da usare per finanziamenti integrati con altri settori d'intervento e altri strumenti dell'UE;

22.

in particolare, con riferimento alla strategia di sviluppo urbano ex art. 7 del regolamento FESR, rimarca l’importanza e l’innovazione rappresentate da risorse destinate ad azioni integrate per lo sviluppo urbano sostenibile delle città, da attuarsi nella forma degli «investimenti territoriali integrati» (ITI), e lamenta che il quadro normativo non espliciti chiaramente che in tal caso la responsabilità per la gestione e attuazione degli «investimenti territoriali integrati» (ITI) sia direttamente attestata in capo alle autorità cittadine;

23.

è dell'avviso che occorra mantenere il carattere locale dello sviluppo di tipo partecipativo;

24.

in linea con il proprio parere sullo sviluppo locale di tipo partecipativo, richiama l'attenzione sulla natura olistica dello sviluppo locale, che si concentra sulle sfide e sul potenziale di tutti i tipi di regioni, comprese le aree urbane, rurali e periurbane nonché le zone funzionali. Esorta pertanto a far sì che un siffatto sviluppo possa essere usato per realizzare tutti e undici gli obiettivi tematici del quadro strategico, conformemente alle esigenze locali.

Coordinamento dei fondi del QSC con altre politiche e altri strumenti dell'Unione

25.

condivide l'indicazione della necessità di un coordinamento con gli altri strumenti e le altre politiche dell'UE, che consentirebbe di collegare più saldamente la strategia Europa 2020 con la politica di coesione e le politiche settoriali dell'UE ai livelli europeo, nazionale e locale, e in particolare di semplificare la gestione e accrescere l'efficacia dei programmi realizzati;

26.

invoca una definizione più precisa dei meccanismi di coordinamento e l'adozione di orientamenti nei settori d'intervento della politica e degli strumenti unionali connessi con il QSC, specialmente al livello dell'UE; osserva che la maggior parte di tali strumenti è gestita in maniera centralizzata, per cui, oltre al ruolo degli Stati membri, occorrerebbe sottolineare anche la responsabilità della Commissione europea;

27.

accoglie con favore il fatto che, nell'allegato proposto, vengano elencati diversi settori d'intervento e strumenti o programmi dell'UE (tra cui figurano i programmi Orizzonte 2020, NER, COSME, LIFE ed Erasmus per tutti, il Programma per l'opportunità sociale e l'innovazione (PSCI), il Meccanismo per collegare l'Europa (CFE), lo Strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI), lo Strumento di assistenza preadesione (IPA) e il Fondo europeo di sviluppo (FES));

28.

valuta positivamente il fatto che si sia posto l'accento sul nesso tra i fondi del QSC e il programma Orizzonte 2020. È dell'avviso che la Commissione abbia reso più dettagliati e precisi i suoi orientamenti, proponendo che i suddetti fondi sostengano, in relazione a tale programma, strategie di specializzazione intelligente basate su azioni rivolte da un lato al capacity building e dall'altro a un'attività affatto diversa (lo sfruttamento e la diffusione immediata dei risultati della ricerca e dell'innovazione);

29.

esprime soddisfazione per la scelta di far sì che i fondi del QSC possano cofinanziare partenariati tra i settori dell'istruzione, delle imprese e della ricerca, e che tali azioni debbano essere coordinate con partenariati internazionali tra imprese e istituzioni scolastiche, conclusi nella forma di «alleanze per la conoscenza» o «alleanze per le competenze settoriali» ammesse al sostegno del programma Erasmus per tutti;

30.

appoggia l'introduzione della possibilità di utilizzare i fondi del QSC per integrare l'intervento del meccanismo per collegare l'Europa (CEF), ad esempio attraverso legami di secondo o terzo livello con le priorità dell'UE in materia di infrastrutture;

31.

richiama il proprio parere in merito al programma LIFE, e concorda nel ritenere che quest'ultimo svolga un ruolo decisivo nel mobilitare risorse assai maggiori di quelle del FESR, del FSE e del FC a fini della tutela dell'ambiente. Il Comitato delle regioni sostiene i «progetti integrati» di tale programma, presentati come progetti di un nuovo e più alto livello;

32.

sottolinea la necessità di un maggiore coordinamento tra gli strumenti esterni ENI, IPA e FES, specie per quanto concerne le regioni che confinano con paesi del partenariato orientale e dell'Unione per il Mediterraneo e le regioni periferiche dell'UE che confinano con paesi ACP.

Coordinamento con le attività di cooperazione

33.

richiama l'attenzione sul fatto che, come indicato nel suo parere in merito alla proposta di regolamento generale, non vi è motivo di inserire negli accordi di partenariato clausole relative alla cooperazione territoriale europea, ed è pertanto contrario all'inserimento nell'atto delegato di una sezione dedicata alle «priorità per la cooperazione»;

34.

valuta positivamente, tuttavia, la sezione abbreviata dell'allegato sul QSC intitolata «Coordinamento con le attività di cooperazione»;

35.

richiama l'attenzione sul fatto che sarebbe opportuno ampliare la cooperazione territoriale transnazionale nel quadro del FSE, in modo da includervi quelle interregionale e transfrontaliera;

36.

accoglie con favore il fatto che si sia tenuto conto della dimensione macroregionale e sottolinea l'importanza attribuita, nel contesto dello strumento di cooperazione territoriale, al conseguimento degli obiettivi strategici macroregionali.

Principi orizzontali e obiettivi strategici trasversali

37.

si rallegra del fatto che il QSC includa, tra i suoi «principi orizzontali», quelli della governance multilivello e del partenariato, conformemente all'articolo 5 del regolamento generale proposto;

38.

invoca l'attuazione concreta del principio della governance multilivello, sottolineando l'importanza di adottare un approccio «dal basso» nel processo decisionale e in quello di preparazione degli accordi di partenariato e dei programmi operativi;

39.

sostiene con decisione le attività intese a diffondere l'eguaglianza tra i sessi. È tuttavia del parere che individuare nuovi organi dedicati esclusivamente a questa tematica nel sistema di esecuzione dei fondi non sia una soluzione efficace: più appropriato sarebbe applicare soluzioni di tipo procedurale che consentano l'effettiva attuazione di tale principio nel quadro delle strutture istituzionali esistenti;

40.

richiama i suoi precedenti pareri in merito al FESR e al FSE, in cui rilevava lo scarso interesse mostrato per la questione del «cambiamento demografico», e accoglie pertanto con grande favore il fatto che la proposta annoveri tra gli obiettivi strategici trasversali quello di fronteggiare tale cambiamento.

Modalità per fronteggiare le sfide territoriali

41.

si compiace del fatto che il QSC evidenzi la necessità di adattare le forme di intervento alle sfide e alle possibilità locali, ma si aspetta un'analisi più approfondita e ulteriori lavori in questo campo, in modo che i relativi risultati possano servire da indicatori per gli enti regionali e locali;

42.

accoglie con favore la proposta relativa agli accordi di partenariato, i quali dovrebbero tradurre nel rispettivo contesto nazionale gli elementi previsti nel QSC, e sottolinea l'esigenza di tener conto anche dei livelli di suddivisione territoriale subnazionali, il che significa necessariamente coinvolgere gli enti locali e regionali pertinenti;

43.

constata la difficoltà di elaborare una definizione armonizzata delle diverse zone in relazione ai fondi coperti dal QSC, e offre il suo contributo al fine di compiere progressi su questo piano. Sottolinea che tale definizione varia da una normativa settoriale all'altra, il che rende più difficile individuare le principali sfide territoriali.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

COM(2012) 496 final

Allegato I, punto 3.2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.

Gli Stati membri e le autorità di gestione responsabili dell'attuazione dei Fondi del QSC collaborano strettamente alla preparazione, all'attuazione, al monitoraggio e alla valutazione del contratto di partenariato e dei programmi.

1.

Stati membri, i loro enti locali e regionali, i loro partner e le autorità di gestione responsabili dell'attuazione dei Fondi del QSC collaborano strettamente alla preparazione, all'attuazione, al monitoraggio e alla valutazione del contratto di partenariato e dei programmi.

Motivazione

Evidente.

Emendamento 2

COM(2012) 496 final

Allegato I, punto 3.3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

2.

Gli Stati membri devono promuovere lo sviluppo di approcci locali e subregionali, in particolare attraverso iniziative di sviluppo locale di tipo partecipativo, delegando la presa di decisioni e l'attuazione ad un partenariato locale di attori pubblici, privati e della società civile. Lo sviluppo locale di tipo partecipativo deve essere attuato nel contesto di un approccio strategico per garantire che la definizione delle esigenze locali «dal basso» tenga conto delle priorità definite ad un livello più alto. Gli Stati membri devono dunque definire l'approccio allo sviluppo locale di tipo partecipativo nei Fondi del QSC e indicare nei contratti di partenariato le principali sfide da affrontare in questo modo, i principali obiettivi e le priorità dello sviluppo locale di tipo partecipativo, i tipi di territori da coprire, il ruolo specifico da attribuire ai gruppi di azione locale nell'attuazione delle strategie, il ruolo previsto per i diversi Fondi del QSC nell'attuazione di strategie di sviluppo locale in diversi tipi di territori, come le zone rurali, urbane e costiere, e i relativi meccanismi di coordinamento.

2.

Lo sviluppo locale di tipo partecipativo deve essere attuato nel contesto di un approccio strategico per garantire che la definizione delle esigenze locali «dal basso» tenga conto delle priorità definite ad un livello più alto. Gli Stati membri devono promuovere lo sviluppo di approcci locali e subregionali, in particolare attraverso iniziative di sviluppo locale di tipo partecipativo, delegando la presa di decisioni e l'attuazione ad un partenariato locale di attori pubblici, privati e della società civile. Lo sviluppo locale di tipo partecipativo deve essere attuato nel contesto di un approccio strategico per garantire che la definizione delle esigenze locali «dal basso» tenga conto delle priorità definite ad un livello più alto. Gli Stati membri devono dunque definire l'approccio allo sviluppo locale di tipo partecipativo nei Fondi del QSC e indicare nei contratti di partenariato le principali sfide da affrontare in questo modo, i principali obiettivi e le priorità dello sviluppo locale di tipo partecipativo, i tipi di territori da coprire, il ruolo specifico da attribuire ai gruppi di azione locale nell'attuazione delle strategie, il ruolo previsto per i diversi Fondi del QSC nell'attuazione di strategie di sviluppo locale in diversi tipi di territori, come le zone rurali, urbane e costiere, e i relativi meccanismi di coordinamento.

3.

Un Investimento territoriale integrato (ITI) è uno strumento che prevede meccanismi di attuazione integrati per gli investimenti rientranti in più di un asse prioritario di uno o più programmi operativi. I finanziamenti a titolo di più assi prioritari e programmi possono essere riuniti in una strategia d'investimento integrata per un determinato territorio o area funzionale, che può assumere la forma di una strategia integrata per lo sviluppo urbano oppure per la cooperazione intercomunale nelle zone rurali. Ciò consente alle autorità di gestione di delegare l'attuazione di parti di diversi assi prioritari a un'autorità locale, onde garantire che gli investimenti siano realizzati in maniera complementare. Nell'ambito di un ITI, talune componenti possono essere attuate attraverso uno sviluppo locale di tipo partecipativo, combinando entrambi gli approcci.

4.

Un'Operazione integrata (IO) è un progetto, un contratto, un'azione o un gruppo di progetti, sostenuto da uno o più Fondi del QSC e da altri strumenti dell'UE, a condizione che per nessuna voce di spesa vi sia un doppio finanziamento da parte dei suddetti fondi o strumenti.

5.

Un Piano d'azione comune (JAP) è un'operazione attuata con un approccio basato sui risultati al fine di conseguire obiettivi specifici fissati di comune accordo dallo Stato membro interessato e dalla Commissione. Può rientrare in uno o più programmi operativi e costituire dunque uno strumento utile per promuovere una migliore integrazione dei diversi Fondi del QSC in vista di un obiettivo comune.

6.

Un Programma operativo congiunto (JOP) è un programma operativo sostenuto congiuntamente da diversi Fondi del QSC.

7.

Gli Stati membri devono promuovere lo sviluppo locale di tipo partecipativo, gli ITI, le IO, i JAP e i JOP. A tal fine, indicano negli accordi di partenariato le sfide principali da affrontare, gli obiettivi principali da conseguire e le priorità da realizzare con tali strumenti, i tipi di territori da coprire, il ruolo specifico da attribuire ai gruppi d'azione locale nell'attuazione delle strategie di sviluppo locale e il ruolo previsto per i singoli Fondi del QSC nell'attuazione di strategie integrate nei vari tipi di territori, come le zone rurali, urbane e costiere, e i meccanismi corrispondenti di coordinamento.

Motivazione

Si rinvia al punto 21 del parere.

Emendamento 3

COM(2012) 496 final

Aggiungere un nuovo punto dopo il punto 3.3, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

 

3.

Laddove un «investimento integrato territoriale», ai sensi dell’art. 99 della proposta di regolamento generale sui fondi strutturali, interessi una strategia di sviluppo urbano sostenibile, ai sensi dell’art. 7 della proposta di regolamento FESR, la gestione e attuazione di tale investimento integrato deve essere direttamente attestata in capo alle autorità cittadine beneficiarie.

Motivazione

Il testo traduce in dispositivo normativo il contenuto del punto 22 del parere, finalizzato a sottolineare l’innovazione della delega di gestione e attuazione degli ITI alle città, già prevista nell’art. 7 del regolamento FESR e nell’art. 99 del regolamento generale.

Emendamento 4

COM(2012) 496 final

Allegato I, punto 4.4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli Stati membri assicurano, ove opportuno, che il finanziamento dai Fondi del QSC sia coordinato con il sostegno dal programma NER 300, che utilizza i proventi della vendita all'asta di 300 milioni di quote riservate, nel quadro della riserva per i nuovi entranti del sistema europeo di scambio delle quote di emissione, per cofinanziare una vasta gamma di progetti di dimostrazione su vasta scala di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) nonché di tecnologie innovative per le energie rinnovabili nell'UE.

Gli Stati membri e la Commissione europea assicurano, ove opportuno, che il finanziamento dai Fondi del QSC sia coordinato con il sostegno dal programma NER 300, che utilizza i proventi della vendita all'asta di 300 milioni di quote riservate, nel quadro della riserva per i nuovi entranti del sistema europeo di scambio delle quote di emissione, per cofinanziare una vasta gamma di progetti di dimostrazione su vasta scala di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) nonché di tecnologie innovative per le energie rinnovabili nell'UE.

Motivazione

Si rinvia al punto 26 del parere.

Emendamento 5

COM(2012) 496 final

Allegato I, punto 4.5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

1.

Gli Stati membri, se possibile, devono cercare di sfruttare le sinergie con gli strumenti (finanziari e no) delle politiche dell'Unione di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, tutela ambientale ed efficienza delle risorse.

1.

Gli Stati membri e la Commissione europea, se possibile, devono cercare di sfruttare le sinergie con gli strumenti (finanziari e no) delle politiche dell'Unione di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, tutela ambientale ed efficienza delle risorse.

2.

Gli Stati membri, se del caso, devono garantire la complementarità e il coordinamento con il programma LIFE, in particolare con i progetti integrati nei settori della natura, dell'acqua, dei rifiuti, dell'aria, della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento ai cambiamenti climatici. Tale coordinamento deve realizzarsi in particolare promuovendo il finanziamento mediante i Fondi del QSC di attività che completino i progetti integrati nell'ambito del programma LIFE, nonché promuovendo l'uso di soluzioni, metodi e approcci convalidati nell'ambito del programma LIFE.

2.

Gli Stati membri e la Commissione europea, se del caso, devono garantire la complementarità e il coordinamento con il programma LIFE, in particolare con i progetti integrati nei settori della natura, dell'acqua, dei rifiuti, dell'aria, della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento ai cambiamenti climatici. Tale coordinamento deve realizzarsi in particolare promuovendo il finanziamento mediante i Fondi del QSC di attività che completino i progetti integrati nell'ambito del programma LIFE, nonché promuovendo l'uso di soluzioni, metodi e approcci convalidati nell'ambito del programma LIFE.

Motivazione

Si rinvia al punto 26 del parere.

Emendamento 6

COM(2012) 496 final

Allegato I, punto 4.6.1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli Stati membri devono cercare di utilizzare i Fondi del QSC per integrare gli strumenti e i metodi sviluppati e testati con successo nell'ambito del programma «Erasmus per tutti».

Gli Stati membri e la Commissione europea devono cercare di utilizzare i Fondi del QSC per integrare gli strumenti e i metodi sviluppati e testati con successo nell'ambito del programma «Erasmus per tutti».

Motivazione

Si rinvia al punto 26 del parere.

Emendamento 7

COM(2012) 496 final

Allegato I, punto 4.9.2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Per sostenere una maggiore integrazione territoriale, gli Stati membri devono cercare di sfruttare al meglio le sinergie tra le attività di cooperazione territoriale nell'ambito della politica di coesione e gli strumenti della politica europea di vicinato, in particolare per quanto riguarda le attività di cooperazione transfrontaliera. Gli Stati membri devono anche assicurare, ove opportuno, che le attività esistenti siano realizzate in collaborazione con i neo-istituiti Gruppi europei di cooperazione territoriale, in particolare per quanto concerne il coordinamento e lo scambio delle migliori pratiche.

Per sostenere una maggiore integrazione territoriale, gli Stati membri devono cercare di sfruttare al meglio le sinergie tra le attività di cooperazione territoriale nell'ambito della politica di coesione e gli strumenti della politica europea di vicinato, lo Strumento di assistenza preadesione e il Fondo europeo di sviluppo, in particolare per quanto riguarda le attività di cooperazione transfrontaliera. Gli Stati membri devono anche assicurare, ove opportuno, che le attività esistenti siano realizzate in collaborazione con i neo-istituiti Gruppi europei di cooperazione territoriale, in particolare per quanto concerne il coordinamento e lo scambio delle migliori pratiche.

Motivazione

Si rinvia al punto 32 del parere.

Emendamento 8

COM(2012) 496 final

Allegato I, punto 6.3.2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

Gli Stati membri devono garantire la partecipazione al partenariato degli organismi responsabili della promozione della parità di genere, della non discriminazione e dell'accessibilità e strutture adeguate, in linea con le pratiche nazionali, a fornire consulenza sulla parità di genere, sulla non discriminazione e sull'accessibilità, al fine di fornire il contributo di conoscenze necessario nella preparazione, nel controllo e nella valutazione dei Fondi del QSC. La composizione dei comitati di sorveglianza deve rispettare la parità tra i sessi e comprendere una figura di esperto/responsabile delle questioni di genere.

Gli Stati membri devono garantire, nel quadro delle strutture nazionali esistenti, la partecipazione al partenariato degli organismi responsabili della promozione della parità di genere, della non discriminazione e dell'accessibilità e strutture adeguate, in linea con le pratiche nazionali, a fornire consulenza sulla parità di genere, sulla non discriminazione e sull'accessibilità, al fine di fornire il contributo di conoscenze necessario nella preparazione, nel controllo e nella valutazione dei Fondi del QSC. La composizione dei comitati di sorveglianza deve rispettare la parità tra i sessi e comprendere una figura di esperto/responsabile delle questioni di genere.

Motivazione

Si rinvia al punto 39 del parere.

Emendamento 9

COM(2012) 496 final

Allegato I, punto 7

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del CdR

7.1.

Gli Stati membri e le regioni devono seguire il seguente iter al fine della redazione dei contratti e dei programmi di partenariato:

7.1.

Gli Stati membri e le regioni devono seguire il seguente iter al fine della redazione dei contratti e dei programmi di partenariato:

(a)

analizzare il potenziale di sviluppo e la capacità dello Stato membro o della regione, in particolare in relazione alle sfide principali individuate nella strategia Europa 2020, nei programmi nazionali di riforma e nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese. Le autorità competenti devono effettuare un'analisi dettagliata delle caratteristiche nazionali, regionali e locali;

(a)

analizzare il potenziale di sviluppo e la capacità dello Stato membro o della regione, in particolare in relazione alle sfide principali individuate, nelle relazioni della Commissione europea sulla politica di coesione, nella strategia Europa 2020, nei programmi nazionali di riforma e nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese. Le autorità competenti devono effettuare un'analisi dettagliata delle caratteristiche nazionali, regionali e locali;

(b)

valutare le principali sfide cui deve far fronte la regione o lo Stato membro e individuare le strozzature e i collegamenti mancanti e le lacune nel campo dell'innovazione, compresa la mancanza di capacità di programmazione e di attuazione che inibisce il potenziale di crescita e occupazione a lungo termine. Ciò deve costituire la base per l'identificazione dei settori e delle attività possibili per la fissazione delle priorità politiche, l'intervento e la concentrazione;

(b)

valutare le principali sfide cui deve far fronte la regione o lo Stato membro e individuare le strozzature e i collegamenti mancanti e le lacune nel campo dell'innovazione, compresa la mancanza di capacità di programmazione e di attuazione che inibisce il potenziale di crescita e occupazione a lungo termine. Ciò deve costituire la base per l'identificazione dei settori e delle attività possibili per la fissazione delle priorità politiche, l'intervento e la concentrazione;

(c)

valutare le difficoltà di un coordinamento transettoriale, intergiurisdizionale o transfrontaliero, in particolare nel contesto di strategie macroregionali e per i bacini marittimi;

(c)

valutare le specificità territoriali di cui occorre tener conto, e in particolare:

il ruolo delle città, delle zone rurali e delle zone di pesca e costiere, che affrontano problemi geografici o demografici specifici;

le sfide specifiche delle aree interessate da transizioni industriali, delle regioni ultraperiferiche, delle regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e delle regioni insulari, transfrontaliere e di montagna;

i collegamenti tra zone urbane e rurali, in termini di accesso a servizi e infrastrutture di qualità e a prezzi abbordabili, e i problemi delle regioni con una forte concentrazione di comunità socialmente emarginate;

(d)

individuare misure tese a conseguire un migliore coordinamento tra i diversi livelli territoriali e le diverse fonti di finanziamento per ottenere un approccio integrato che colleghi la strategia Europa 2020 ai soggetti regionali e locali.

(c d)

valutare le difficoltà di un coordinamento transettoriale, intergiurisdizionale o transfrontaliero, in particolare nel contesto di strategie macroregionali e per i bacini marittimi;

 

(d e)

individuare misure tese a conseguire un migliore coordinamento tra i diversi livelli territoriali e le diverse fonti di finanziamento per ottenere un approccio integrato che colleghi la strategia Europa 2020 ai soggetti regionali e locali.

7.2.

Al fine di tener conto dell'obiettivo della coesione territoriale, gli Stati membri e le regioni devono garantire che l'approccio globale di promozione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva:

7.2.

Al fine di tener conto dell'obiettivo della coesione territoriale, gli Stati membri e le regioni devono garantire che l'approccio globale di promozione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva:

(a)

rifletta il ruolo delle città, delle zone rurali e delle zone di pesca e costiere, che affrontano problemi geografici o demografici specifici;

(a)

rifletta il ruolo delle città, delle zone rurali e delle zone di pesca e costiere, che affrontano problemi geografici o demografici specifici;

(b)

tenga conto delle sfide specifiche delle regioni ultraperiferiche, delle regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e delle regioni insulari, transfrontaliere e di montagna;

(b)

tenga conto delle sfide specifiche delle regioni ultraperiferiche, delle regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e delle regioni insulari, transfrontaliere e di montagna;

(c)

si occupi dei collegamenti tra zone urbane e rurali, in termini di accesso a servizi e infrastrutture di qualità e a prezzi abbordabili, e dei problemi delle regioni con una forte concentrazione di comunità socialmente emarginate.

(c)

si occupi dei collegamenti tra zone urbane e rurali, in termini di accesso a servizi e infrastrutture di qualità e a prezzi abbordabili, e dei problemi delle regioni con una forte concentrazione di comunità socialmente emarginate.

Motivazione

Il Comitato accoglie con favore il riferimento agli obblighi imposti dai Trattati riguardo all'obiettivo della coesione territoriale di cui al punto 7.2, ma raccomanda di inserire questo parametro nel punto 7.1.

Bruxelles, 29 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  COM(2012) 496 final.

(2)  L'idea è quella di sospendere i pagamenti e gli stanziamenti per i programmi operativi in caso di inosservanza delle raccomandazioni di governance economica dell'UE.


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/67


Parere del Comitato delle regioni «Il distacco di lavoratori nell’ambito della prestazione di servizi»

2013/C 17/12

IL COMITATO DELLE REGIONI

constata lo svilupparsi, in questi ultimi anni, del fenomeno del distacco di lavoratori all'interno dell'Unione europea, ma al tempo stesso sottolinea che il numero dei lavoratori distaccati varia molto da uno Stato membro di origine o destinazione all'altro;

ritiene, in questo contesto, che sia oggi importante adottare uno strumento unionale in materia di distacco dei lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi, che permetta sia di armonizzare il controllo della sua applicazione che di affrontare le questioni di fondo sollevate da una serie di sentenze della Corte di giustizia, che hanno condotto a un'interpretazione restrittiva della direttiva 96/71/CE;

deplora che la proposta della Commissione non preveda una revisione né una modifica della direttiva 96/71/CE, e non sia quindi in grado di affrontare tutte le questioni di fondo sollevate dalla giurisprudenza della Corte, e in particolare quelle concernenti l'estensione dei contratti collettivi, l'ampliamento del «nucleo minimo di norme applicabili», l'applicazione delle disposizioni più favorevoli dello Stato di accoglienza o il rispetto dei diritti sociali fondamentali, come il diritto di sciopero;

propone di rafforzare la responsabilità solidale del datore di lavoro e del subcontraente introducendo una norma che limiti il numero dei livelli di subcontratto;

si rallegra del fatto che l'11 settembre 2012 la Commissione europea abbia ritirato la proposta di regolamento (Monti II) sulla conciliazione del diritto di sciopero con le libertà economiche dell'Unione europea, basata sulla clausola di flessibilità sul completamento del mercato interno (articolo 352 del TFUE).

Relatore

Alain HUTCHINSON (BE/PSE), membro del parlamento della regione di Bruxelles Capitale

Testi di riferimento

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi

COM(2012) 131 final

e

Proposta di regolamento del Consiglio sull'esercizio del diritto di promuovere azioni collettive nel quadro della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi

COM(2012) 130 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

sostiene le iniziative della Commissione europea tese al rafforzamento della dimensione sociale del mercato interno, conformemente all'articolo 9 del Trattato di Lisbona, che assicura che tutte le politiche dell'Unione europea tengano conto della dimensione sociale.

Sviluppo del fenomeno del distacco di lavoratori

2.

constata lo svilupparsi, in questi ultimi anni, del fenomeno del distacco di lavoratori all'interno dell'Unione europea. Secondo la Commissione, sarebbero circa un milione i lavoratori distaccati ogni anno dai loro datori di lavoro da uno Stato membro ad un altro; sottolinea nel contempo che il numero dei lavoratori distaccati varia molto da uno Stato membro di origine o destinazione all'altro;

3.

osserva che sono i settori a più alta intensità di manodopera quelli in cui si verifica il maggior numero di distacchi di lavoratori. L'edilizia e i lavori pubblici sono storicamente i settori che occupano la percentuale più alta di lavoratori distaccati (24 % dei distacchi effettuati in Europa, secondo i dati della Commissione), la gran maggioranza dei quali sono operai;

4.

sottolinea che le differenze salariali possono variare notevolmente da paese a paese.

La dimensione territoriale dei distacchi di lavoratori

5.

richiama l'attenzione sulla concentrazione geografica dei distacchi specifici di alcuni settori: le regioni transfrontaliere, infatti, ricevono una percentuale significativa delle dichiarazioni di distacco;

6.

ritiene che le regioni, e in particolare quelle frontaliere, siano chiamate a svolgere un ruolo più attivo nel quadro della cooperazione tra autorità pubbliche di Stati diversi, per garantire che tali distacchi avvengano nel rispetto dei diritti e della dignità della persona, da un lato, e per consentire lo scambio di buone pratiche, dall'altro. Le regioni interessate dovrebbero, a questo scopo, disporre di mezzi adeguati allo svolgimento delle loro funzioni;

7.

sottolinea che la portata territoriale dei contratti collettivi di lavoro è una delle condizioni per la loro applicazione ai lavoratori distaccati, ai sensi della direttiva 1996/71/CE, e che è pertanto necessario che le autorità competenti possano informare il prestatore di servizi straniero o il lavoratore distaccato nel territorio di loro competenza circa il contenuto di tali contratti collettivi, e possano garantirne l'applicazione.

Necessità di controllare più accuratamente l'applicazione delle norme in materia di distacco

8.

sottolinea che questi distacchi di lavoratori vengono spesso effettuati eludendo le norme in materia di lavoro e protezione sociale, nonché le leggi fiscali, ad esempio grazie ai seguenti espedienti:

le assunzioni al solo scopo del distacco; le società fittizie che permettono di stabilire una sede legale nel presunto Stato di origine del distacco;

i «falsi lavoratori autonomi», che non versano contributi ed ai quali non si applicano le condizioni di lavoro e salariali dello Stato di accoglienza, come previsto dalla direttiva 96/17/CE, che si applica solo ai lavoratori dipendenti;

la pratica, adottata da alcune grandi imprese, di costituire piattaforme di lavoratori distaccati, creando succursali in Stati con norme fiscali e sociali finanziariamente vantaggiose per distaccarvi dei dipendenti;

il ricorso abusivo al distacco per quelli che di fatto sono posti di lavoro a tempo indeterminato;

l'assenza di dichiarazione di distacco;

fa presente che alcuni studi sul distacco dei lavoratori evidenziano tutta una serie di casi in cui la normativa applicabile nello Stato membro ospitante in materia di condizioni minime di lavoro e occupazione non viene rispettata, con tentativi di aggirare le disposizioni in materia di sicurezza sociale e in materia fiscale;

9.

fa notare che, alla luce dell'estrema disparità - rilevata dalla stessa Commissione - tra le misure nazionali di controllo applicate dagli Stati membri o dai paesi terzi che hanno concluso accordi di libera circolazione delle persone, l'esistenza di norme comuni in materia di controllo riveste un'importanza affatto particolare; le possibilità di controllo da parte delle autorità nazionali non devono tuttavia risultarne limitate;

10.

ritiene, in questo contesto, che sia oggi importante adottare uno strumento unionale in materia di distacco dei lavoratori nel quadro di una prestazione di servizi, che permetta sia di armonizzare il controllo della sua applicazione che di affrontare le questioni di fondo sollevate da una serie di sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, in particolare nelle cause Viking (C-438/05), Laval (C-341/05) Rüffert (C-346/06) e Commissione contro Granducato di Lussemburgo (C-319/06), che hanno condotto a un'interpretazione restrittiva della direttiva 96/71/CE;

11.

accoglie quindi favorevolmente l'iniziativa di adottare una direttiva in materia; deplora tuttavia che la relativa proposta della Commissione non preveda una revisione né una modifica della direttiva 96/71/CE, e non sia quindi in grado di affrontare tutte le questioni di fondo sollevate dalle sentenze summenzionate, e in particolare quelle concernenti l'estensione dei contratti collettivi, l'ampliamento del «nucleo minimo di norme applicabili», l'applicazione delle disposizioni più favorevoli dello Stato di accoglienza o il rispetto dei diritti sociali fondamentali, come il diritto di sciopero;

12.

richiama l'attenzione sul fatto che la direttiva proposta si limita in pratica a enunciare misure e meccanismi destinati a migliorare e a rafforzare il controllo dell'applicazione e attuazione delle norme della direttiva 96/71/CE, finora rivelatesi inadeguate nella lotta contro il dumping sociale e le frodi.

I diritti fondamentali non devono essere subordinati alle libertà economiche

13.

si rallegra del fatto che l'11 settembre 2012 la Commissione europea abbia ritirato la proposta di regolamento (Monti II) sulla conciliazione del diritto di sciopero con le libertà economiche dell'Unione europea, basata sulla clausola di flessibilità sul completamento del mercato interno (articolo 352 del TFUE);

14.

condivide l'analisi secondo cui il diritto di sciopero non deve essere subordinato all'obiettivo complementare di un perfezionamento del mercato interno, non solo perché si tratta di un principio intangibile garantito dalla Carta dei diritti fondamentali ma anche perché la lex specialis, come definita all'articolo 153 del Trattato, esclude espressamente il diritto di sciopero dal campo di applicazione della legislazione dell'UE;

15.

reputa tuttavia che il ritiro della proposta di regolamento lasci in sospeso un certo numero di questioni poste dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Invoca pertanto la presentazione di una nuova proposta legislativa che vieti espressamente che i diritti sociali fondamentali (diritto alla contrattazione collettiva, diritto all'azione sindacale) possano essere limitati dalle libertà economiche (diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi) e che queste ultime possano giustificare l'elusione delle norme e pratiche nazionali in materia sociale;

16.

rammenta che 12 parlamenti nazionali (per complessivi 19 voti) si sono avvalsi per la prima volta del meccanismo di allerta precoce nei confronti della Commissione proprio in relazione alla suddetta proposta di regolamento, ritenuta in conflitto con le competenze nazionali e contraria ai principi di sussidiarietà e proporzionalità;

17.

ritiene comunque necessario un intervento del legislatore europeo volto a chiarire il rapporto esistente tra le «azioni collettive» e la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi allorché si presentano situazioni di natura effettivamente transnazionale, come ad esempio nel caso di un'impresa con stabilimenti situati in più di uno Stato membro;

18.

ritiene pertanto che, qualora la Commissione avesse mantenuto la sua proposta di regolamento, da parte sua avrebbe potuto, considerati i pareri motivati adottati dai parlamenti nazionali e le posizioni espresse per il proprio tramite dal livello regionale, considerare la possibilità di presentare un ricorso ex post contro tale proposta per violazione del principio di sussidiarietà, in ragione sia della scelta della base giuridica che dell'insufficiente dimostrazione del valore aggiunto di un'azione dell'UE in materia; richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che il CdR continuerà a vigilare con grande rigore sul rispetto del principio di sussidiarietà in questo campo;

19.

reputa che la proposta relativa all'attuazione delle disposizioni della direttiva 96/71/CE mantenga tutta la sua validità e meriti tutta l'attenzione necessaria;

20.

ritiene che la direttiva 96/71/CE sancisca alcuni diritti fondamentali, la cui attuazione dovrebbe essere facilitata; che tali diritti, connessi con la dignità della persona umana, siano stati altresì rafforzati con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che conferisce ormai un valore giuridico vincolante alla Carta dei diritti fondamentali; e che questi diritti non debbano essere subordinati alla logica delle libertà economiche;

21.

si rammarica, a questo proposito, che la proposta della Commissione non sia sfociata in un dibattito in merito alla scelta della base giuridica, che è infine ricaduta sul combinato disposto degli articoli 62 e 53 del TFUE («prestazione di servizi»), con la conseguenza che le questioni relative all'applicazione della direttiva 96/71/CE vengono nuovamente affrontate dal punto di vista delle libertà economiche; e deplora che il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale europeo e le parti sociali non siano stati pienamente associati all'elaborazione di un testo che li riguarda direttamente.

La proposta di direttiva deve tenere conto di tutte le situazioni di distacco

22.

condivide tuttavia il contenuto della proposta della Commissione, la lotta contro il dumping sociale e le frodi in materia di distacco dei lavoratori, nonché l'introduzione di meccanismi di controllo dell'applicazione delle condizioni lavorative e salariali ai lavoratori distaccati; ciò nondimeno, reputa che la proposta attuale non sia all'altezza di questi obiettivi e debba quindi essere migliorata in alcuni punti essenziali;

23.

ritiene che nella direttiva proposta meritino di essere richiamate le situazioni di distacco da paesi terzi contemplate nella direttiva 96/71/CE, e che, dopo l'adozione della nuova direttiva, sia opportuno integrarne le disposizioni nel corpus normativo dello Spazio economico europeo e dell'accordo di libera circolazione delle persone concluso con la Svizzera;

24.

è consapevole dei limiti esistenti in materia di controlli, come le barriere linguistiche, le difficoltà nel controllare i distacchi di breve durata e nell'ottenere informazioni in un altro Stato membro, la complessità dell'applicazione delle sanzioni, la scarsità dei mezzi di controllo a disposizione delle amministrazioni nazionali;

25.

si pronuncia quindi decisamente a favore dell'adozione delle disposizioni della direttiva proposta che mirano a eliminare, per quanto possibile, tali limiti e a rafforzare i meccanismi di esecuzione delle misure di controllo e delle sanzioni, allo scopo di rendere non solo efficace ma anche effettiva l'applicazione della direttiva 96/71/CE; al tempo stesso reputa opportuno definire in modo più chiaro il sistema di esecuzione transfrontaliera delle sentenze, in linea coi principi in vigore in materia di cooperazione internazionale, riconoscimento reciproco ed esecuzione delle sentenze e nel rispetto dei diritti processuali dei singoli;

26.

ritiene che, in caso di inosservanza della direttiva 96/71/CE e della direttiva proposta, ad esempio se risulta che un lavoratore non sia effettivamente distaccato, all'impresa responsabile vada applicata la normativa in vigore nello Stato membro in cui viene prestato il servizio e tutti i prestatori coinvolti vadano considerati lavoratori che esercitano il loro diritto alla libera circolazione ai sensi dell'articolo 45 del TFUE.

La responsabilità solidale: un aspetto cruciale della proposta di direttiva che meriterebbe di essere perfezionato

27.

valuta positivamente, soprattutto con riguardo al settore edile, il fatto che la direttiva proposta preveda la responsabilità solidale del datore di lavoro e del subcontraente, e si rallegra del fatto che in otto Stati membri dell'UE (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna) il principio della responsabilità solidale sia già in vigore. Tuttavia, avverte anche che ciò non è sufficiente per prevenire efficacemente gli abusi in materia di distacco di lavoratori: occorre piuttosto assicurarsi che tutte le imprese che commettono abusi o ne traggono profitto se ne assumano la responsabilità;

28.

reputa che sarebbe opportuno aggiungere alle norme proposte in materia di responsabilità solidale una disposizione che limiti il numero dei livelli di subcontratto, riducendo così il pericolo di abusi in relazione al distacco di lavoratori, nonché migliorare il sistema di censimento delle imprese subcontraenti.

Il ruolo proattivo delle parti sociali nel controllo dell'applicazione del diritto

29.

condivide le disposizioni della Commissione europea che mirano ad attribuire un ruolo strategico ai rappresentanti dei sindacati e delle altre parti sociali, nonché agli ispettorati del lavoro; nel contempo, però, ritiene che occorra tener conto delle differenze esistenti tra i singoli sistemi nazionali;

30.

reputa che sarebbe importante rafforzare questo ruolo, consentendo agli organi competenti incaricati del controllo dell'attuazione dei diritti negli Stati membri di scambiare le loro pratiche in materia di controlli, per una migliore collaborazione in questo ambito;

31.

ritiene inoltre che anche i rappresentanti dei lavoratori delle imprese - e in particolare i membri dei comitati aziendali europei - dovrebbero, segnatamente nel settore edile, essere menzionati tra gli «attori chiave». Nei grandi cantieri, ad esempio, anche il coordinamento tra istanze rappresentative può fungere da leva di informazione e di allerta. Tali iniziative dei rappresentanti dei lavoratori sono assolutamente legittime, tanto più che numerose imprese comunicano informazioni in merito alla loro politica di responsabilità sociale.

Il testo della proposta richiede alcune precisazioni necessarie per una corretta applicazione delle disposizioni

32.

richiama l'attenzione sul fatto che il giudice nazionale svolgerà un ruolo significativo nell'attuazione operativa della direttiva proposta, e che quest'ultima dovrà quindi contenere disposizioni chiare e precise per non dare adito a nuovi dubbi nell'interpretazione del testo da parte dei vari giudici nazionali e moltiplicare i rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia dell'Unione europea;

33.

ritiene, per questi motivi, che alcuni concetti contenuti nella direttiva proposta dovranno essere chiariti e definiti con precisione: ad esempio, occorre stabilire in modo univoco le condizioni per il distacco dei lavoratori, assicurandosi che le conseguenze giuridiche degli abusi non vadano a scapito dei lavoratori stessi, nonché chiarire il concetto di «temporaneamente distaccato», che in alcune versioni linguistiche è espresso con due termini diversi (in quella francese figurano sia provisoirement détaché che temporairement détaché), e il significato del termine«efficace», al quale dovrebbe essere associato il concetto di «effettività», o della nozione di «serie di condizioni di lavoro», che non esiste nella direttiva 96/71/CE;

34.

per gli stessi motivi, richiama l'attenzione sul preambolo (considerando 5) della direttiva proposta, in cui si sottolinea che «è quindi necessario chiarire […] la relazione tra la direttiva 96/71/CE e il regolamento (CE) n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali» senza che l'articolato fornisca poi una risposta a questa richiesta di chiarimento.

La necessità di evitare qualsiasi confusione nell'applicazione dei testi

35.

ritiene quindi che il preambolo della direttiva proposta possa generare confusione sulla legge da applicare al contratto di lavoro (quella del paese di origine o quella del paese di accoglienza?). Se è vero, come sottolinea il considerando 6, che la direttiva proposta lascia impregiudicata l'applicazione della legge individuata in virtù dell'articolo 8 del regolamento Roma I, è comunque necessario ricordare che nemmeno la direttiva del 1996 era intesa a modificare tale disposizione (allora l'articolo 6 della convenzione di Roma del 1980) bensì a precisare le condizioni di applicazione delle «norme di applicazione necessaria» di cui all'articolo 9 del regolamento Roma I (e, all'epoca, di cui all'articolo 7 della convenzione di Roma del 1980);

36.

si assicurerà che la direttiva proposta non modifichi lo spirito e l'obiettivo della direttiva 96/71/CE;

37.

ritiene che il rispetto, da parte dell'offerente, delle disposizioni della direttiva 96/71/CE dovrebbe costituire un criterio per l'aggiudicazione degli appalti pubblici e privati, e che debba continuare ad essere possibile, come lo è adesso, escludere l'offerente che ne violi disposizioni essenziali;

38.

condivide la volontà della Commissione di ravvicinare le normative degli Stati membri per quanto riguarda l'esecuzione transfrontaliera delle sanzioni amministrative.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Preambolo

Primo visto

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

visto il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 53, paragrafo 1, e 62,

visto il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 53 l'articolo 153, paragrafo 1, e 62 lettera b),

Motivazione

Le condizioni di lavoro e di occupazione rientrano tradizionalmente tra le materie oggetto di negoziazione collettiva e quindi dell'autonomia delle parti sociali, le quali hanno, del resto, un ruolo chiave nel controllo dell'applicazione delle norme convenzionali in questo campo. Per questi motivi, l'articolo 153, paragrafo 1, lettera b), del TFUE, che riguarda espressamente le iniziative dell'Unione in materia di condizioni di lavoro, costituisce la base giuridica più appropriata. D'altronde, poiché la direttiva proposta, benché tesa ad applicare la direttiva 96/71/CE, fondata su una base giuridica relativa alla «prestazione di servizi», è comunque una direttiva distinta, le sentenze della Corte di giustizia in materia di scelta della base giuridica degli atti normativi dell'UE non vietano espressamente di utilizzare una base giuridica più appropriata per l'adozione della nuova direttiva.

Emendamento 2

Considerando 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Per quanto riguarda i lavoratori temporaneamente distaccati per prestare servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui abitualmente lavorano, la direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi definisce una serie di condizioni di lavoro e di occupazione che il prestatore di servizi deve rispettare nello Stato membro in cui ha luogo il distacco per garantire una protezione minima dei lavoratori distaccati.

Per quanto riguarda i lavoratori distaccati temporaneamente all'estero per eseguire lavori nel territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato in cui essi sono abitualmente occupati temporaneamente distaccati per prestare servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui abitualmente lavorano, la direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi definisce una serie di condizioni di lavoro e di occupazione che il prestatore di servizi deve rispettare nello Stato membro in cui ha luogo il distacco per garantire una protezione minima dei lavoratori distaccati.

Motivazione

La modifica qui proposta non ha un carattere meramente semantico, ma mira ad assicurare la coerenza del testo con la terminologia impiegata dalla direttiva 96/71/CE, riproducendo testualmente il considerando 3 di tale direttiva. Quest'ultimo, infatti, nella versione francese, utilizza - al pari, del resto, del considerando 5 della proposta in esame - il termine «temporaire» anziché quello, meno preciso dal punto di vista giuridico, di «provisoire», ma soprattutto non si limita a menzionare il distacco di lavoratori da uno Stato membro all'altro, come fanno invece i considerando della proposta di direttiva. Circoscrivendo la portata della direttiva proposta al distacco all'interno dell'UE, ci si discosterebbe dall'intenzione del legislatore del 1996, che, anziché di «Stato membro diverso da quello in cui», parla di «territorio di uno Stato membro diverso dallo Stato in cui» (considerando n. 3 della direttiva 96/71/CE), in modo da tener conto anche del distacco di lavoratori da paesi terzi; principio che, per motivi di certezza giuridica, è opportuno ribadire nei considerando della proposta in esame.

Emendamento 3

Considerando 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Come nel caso della direttiva 96/71/CE, la presente direttiva deve lasciare impregiudicata l'applicazione della legge che, a norma dell'articolo 8 del regolamento Roma I, disciplina i contratti individuali di lavoro, o l'applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e del regolamento (CE) n. 987/2009, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

Come nel caso della direttiva 96/71/CE, la presente direttiva deve lasciare impregiudicata l'applicazione della legge che, a norma dell'articolo 8 del regolamento Roma I, disciplina i contratti individuali di lavoro, l'applicazione delle norme di applicazione necessaria, ai sensi dell'articolo 9 del regolamento Roma I, dello Stato membro di accoglienza del lavoratore distaccato, o l'applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e del regolamento (CE) n. 987/2009, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

Motivazione

L'integrazione qui proposta è importante in quanto contribuisce a fugare qualsiasi dubbio riguardo alla portata della direttiva 96/71/CE e alla sua articolazione con le norme di diritto internazionale privato. Tale direttiva, infatti, non solo lascia impregiudicata l'applicazione della legge che, in virtù dell'articolo 8 del regolamento Roma I, si applica ai contratti individuali di lavoro, ma anzi prevede espressamente l'applicazione delle «norme di applicazione necessaria» (ai sensi dell'articolo 9 del regolamento Roma I) dello Stato membro di accoglienza del lavoratore distaccato, quale che sia la legge applicabile al contratto di lavoro di quest'ultimo. Non sottolineare, o anche solo affermare con chiarezza, tale principio potrebbe dare adito a malintesi, con il rischio di discostarsi dallo spirito e dalla lettera della direttiva 96/71/CE.

Emendamento 4

Considerando 14

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

È necessario definire in modo più concreto l'obbligo che spetta agli Stati membri di mettere a disposizione di tutti le informazioni sulle condizioni di lavoro e di renderle effettivamente accessibili non solo ai prestatori di servizi di altri Stati membri, ma anche ai lavoratori distaccati interessati.

È necessario definire in modo più concreto l'obbligo che spetta agli Stati membri di mettere a disposizione di tutti le informazioni sulle condizioni di lavoro e di renderle effettivamente e gratuitamente accessibili non solo ai prestatori di servizi di altri Stati membri, ma anche ai lavoratori distaccati interessati.

Motivazione

Perché le informazioni siano effettivamente accessibili, occorre soprattutto che siano fornite gratuitamente.

Emendamento 5

Articolo 1, nuovo paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 1

Oggetto

[…]

Articolo 1

Oggetto

[…]

3.   La presente direttiva si conforma, per quanto concerne l'applicazione e l'esecuzione delle condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati, alle disposizioni dell'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 96/71/CE, secondo cui «le imprese stabilite in uno Stato non membro non possono beneficiare di un trattamento più favorevole di quello riservato alle imprese stabilite in uno Stato membro».

Motivazione

Il presente emendamento è motivato dall'esigenza di evitare che la direttiva proposta sconfessi la ratio della direttiva 96/71/CE, che, con la norma di cui al paragrafo 4 dell'articolo 1, mira a evitare i rischi di dumping sociale da parte di imprese di paesi terzi. Questa stessa ratio, infatti, impone di evitare che la direttiva 96/71/CE, interpretata restrittivamente, venga applicata soltanto ai distacchi di lavoratori da uno Stato membro a un altro, lasciando così aperta la strada a eventuali frodi o elusioni da parte di imprese di paesi terzi. Gli Stati membri, dunque, dovranno vigilare e adottare le misure necessarie affinché le imprese non eludano le norme antidumping, aggirando così il meccanismo di controllo previsto.

Emendamento 6

Articolo 3, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Prevenzione degli abusi e dell'elusione

1.   Ai fini dell'applicazione della direttiva 96/71/CE le autorità competenti tengono conto degli elementi fattuali che caratterizzano le attività esercitate da un'impresa nello Stato in cui è stabilita per determinare se effettivamente essa esercita attività sostanziali diverse da quelle puramente interne di gestione o amministrazione. Tali elementi sono, in particolare, i seguenti:

(a)

il luogo in cui l'impresa ha la propria sede legale e amministrativa, utilizza uffici, paga imposte, è iscritta in un albo professionale o è registrata presso la camera di commercio;

(b)

il luogo in cui i lavoratori distaccati sono assunti;

(c)

la legge applicabile ai contratti stipulati dall'impresa con i suoi lavoratori e con i suoi clienti;

(d)

il luogo in cui l'impresa esercita la propria attività economica principale e in cui è occupato il suo personale amministrativo;

(e)

il numero anormalmente basso di contratti eseguiti e/o l'ammontare del fatturato realizzato nello Stato membro di stabilimento.

La valutazione di questi elementi è adattata in funzione dei casi specifici e tiene conto della natura delle attività svolte dall'impresa nello Stato membro in cui è stabilita.

Prevenzione degli abusi e dell'elusione

1.   Ai fini dell'applicazione della direttiva 96/71/CE le autorità competenti tengono conto degli elementi fattuali che caratterizzano le attività esercitate da un'impresa nello Stato in cui è stabilita per determinare se effettivamente essa esercita attività sostanziali diverse da quelle puramente interne di gestione o amministrazione. Tali elementi sono, in particolare, i seguenti:

(a)

lo Stato membro in cui l'impresa esercita la propria attività professionale principale, misurata in unità di tempo lavorativo prestato per dipendente, e il luogo in cui l'impresa ha la propria sede legale e amministrativa, utilizza uffici, paga imposte, è iscritta in un albo professionale o è registrata presso la camera di commercio;

(b)

il luogo in cui i lavoratori distaccati sono assunti;

(c)

la legge applicabile ai contratti stipulati dall'impresa con i suoi lavoratori e con i suoi clienti;

(d)

il luogo in cui l'impresa esercita la propria attività economica principale e in cui è occupato il suo personale amministrativo;

(e)

il numero anormalmente basso di contratti eseguiti e/o l'ammontare del fatturato realizzato nello Stato membro di stabilimento.

La valutazione di questi elementi è adattata in funzione dei casi specifici e tiene conto della natura delle attività svolte dall'impresa nello Stato membro in cui è stabilita.

2.   Per valutare se un lavoratore distaccato temporaneamente presta la sua attività in uno Stato membro diverso da quello in cui abitualmente lavora, sono esaminati tutti gli elementi fattuali che caratterizzano tale attività e la situazione del lavoratore.

Gli elementi considerati possono essere i seguenti:

(a)

l'attività lavorativa è svolta per un periodo di tempo limitato in un altro Stato membro;

(b)

il lavoratore è distaccato in uno Stato membro diverso da quello nel quale o a partire dal quale esercita abitualmente la propria attività secondo il regolamento (CE) n. 593/2008 e/o la convenzione di Roma;

(c)

il lavoratore distaccato ritorna o si prevede che riprenda la sua attività nello Stato membro da cui è stato distaccato dopo aver effettuato i lavori o prestato i servizi per i quali è stato distaccato;

(d)

il datore di lavoro che distacca il lavoratore provvede alle spese di viaggio, vitto e alloggio o le rimborsa, e in che modo;

(e)

lo stesso posto è stato in precedenza ripetutamente occupato dallo stesso o da un altro lavoratore (distaccato).

Gli elementi fattuali sopraenunciati intervengono come fattori indicativi nella valutazione complessiva e non possono pertanto essere considerati isolatamente. I criteri sono adattati a ogni caso particolare e tengono conto delle specificità della situazione.

2.   La valutazione dei suddetti elementi contribuisce alla qualificazione del lavoratore distaccato nello Stato membro di accoglienza a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi.

2 3.   Per valutare se un lavoratore distaccato temporaneamente presta la sua attività in uno Stato membro diverso da quello in cui abitualmente lavora, sono esaminati tutti gli elementi fattuali che caratterizzano tale attività e la situazione del lavoratore.

Gli elementi considerati possono essere i seguenti:

(a)

l'attività lavorativa è svolta per un periodo di tempo limitato in un altro Stato membro;

(b)

il lavoratore è distaccato in uno Stato membro diverso da quello nel quale o a partire dal quale esercita abitualmente la propria attività secondo il regolamento (CE) n. 593/2008 e/o la convenzione di Roma;

(c)

il lavoratore distaccato ritorna o si prevede che riprenda la sua attività nello Stato membro da cui è stato distaccato dopo aver effettuato i lavori o prestato i servizi per i quali è stato distaccato;

(d)

il lavoratore distaccato dispone di un modulo A1 valido che certifichi la propria copertura previdenziale nello Stato membro di origine. Il modulo A1 non è retroattivo e deve essere fornito all'inizio del periodo di distacco e prima di qualsiasi ispezione;

(d e)

il datore di lavoro che distacca il lavoratore provvede alle spese di viaggio, vitto e alloggio o le rimborsa, e in che modo;

(e f)

lo stesso posto è stato in precedenza ripetutamente occupato dallo stesso o da un altro lavoratore (distaccato).

Gli elementi fattuali sopraenunciati intervengono come fattori indicativi nella valutazione complessiva e non possono pertanto essere considerati isolatamente. I criteri sono adattati a ogni caso particolare e tengono conto delle specificità della situazione.

Motivazione

L'emendamento punta a impedire la costituzione di imprese con attività puramente fittizie nello Stato membro di stabilimento, intese cioè a eludere le disposizioni in materia di condizioni di lavoro in vigore nello Stato membro in cui avviene il distacco dei lavoratori.

L'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 96/71/CE mira a impedire che il lavoratore distaccato da un altro Stato (anche non membro dell'UE) possa essere considerato un lavoratore autonomo e sfuggire così all'applicazione della direttiva stessa. A un datore di lavoro stabilito in un paese A basterebbe, ad esempio, trasformare un lavoratore dipendente attivo nel settore edile di quel paese in un lavoratore autonomo per essere esentato dagli obblighi imposti dalla direttiva nello Stato membro B in cui il lavoratore fosse distaccato. Onde evitare frodi di questo tipo, la direttiva del 1996 ha affidato al paese di accoglienza del lavoratore distaccato (nell'esempio addotto, lo Stato membro B) il compito di definire la nozione di lavoratore, e dunque qualificare il rapporto di lavoro, in base al suo diritto interno. Il solo punto debole in questo meccanismo consiste nella difficoltà di applicare in concreto il principio così enunciato; e in tal senso l'elenco di elementi fattuali di cui all'articolo 4 della direttiva proposta rappresenta senz'altro un insieme di indicazioni utili ad agevolare l'applicazione pratica dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 96/71/CE.

Emendamento 7

Articolo 3 bis

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Articolo 3 bis-AZ

Sanzioni in caso di inosservanza

In caso di inosservanza dell'articolo 3 della direttiva 96/71/CE o dei pertinenti articoli della presente direttiva, all'impresa responsabile e ai suoi lavoratori coinvolti nella violazione è applicata la normativa in vigore nello Stato membro in cui viene prestato il servizio. Tutti i lavoratori coinvolti dovranno essere considerati in situazione di esercizio del diritto alla libera circolazione in conformità dell'articolo 45 del TFUE. Lo Stato membro ospitante può quindi richiedere la prova immediata che i lavoratori in questione ricevano lo stesso trattamento dei suoi cittadini per quanto riguarda le condizioni generali di lavoro e di occupazione e i relativi diritti sociali conformemente all'articolo 45 del TFUE.

Emendamento 8

Articolo 5, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri adottano le misure appropriate per far sì che le informazioni relative alle condizioni di lavoro e di occupazione di cui all'articolo 3 della direttiva 96/71/CE che i prestatori di servizi devono rispettare siano rese pubbliche in modo chiaro, esauriente e facilmente accessibile a distanza e per via elettronica, in formati e secondo standard web che permettano l'accesso alle persone con disabilità, e per far sì che gli uffici di collegamento o gli altri organismi nazionali competenti di cui all'articolo 4 della direttiva 96/71/CE siano in grado di svolgere efficacemente i propri compiti.

Gli Stati membri adottano le misure appropriate per far sì che le informazioni relative alle condizioni di lavoro e di occupazione di cui all'articolo 3 della direttiva 96/71/CE che i prestatori di servizi devono rispettare siano rese pubbliche gratuitamente e in modo chiaro, trasparente, esauriente e facilmente accessibile a distanza e per via elettronica, in formati e secondo standard web che permettano l'accesso alle persone con disabilità, e per far sì che gli uffici di collegamento o gli altri organismi nazionali competenti di cui all'articolo 4 della direttiva 96/71/CE siano in grado di svolgere efficacemente i propri compiti.

Motivazione

Perché le informazioni siano effettivamente accessibili, occorre soprattutto che siano fornite gratuitamente.

Emendamento 9

Articolo 7, paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

L'obbligo di cui ai paragrafi 1 e 2 non comporta per lo Stato membro di stabilimento l'obbligo di effettuare controlli fattuali nel territorio dello Stato membro ospitante in cui è prestato il servizio. Tali controlli sono, se necessario, effettuati dalle autorità dello Stato membro ospitante su richiesta delle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento, come previsto dall'articolo 10 e secondo i poteri di vigilanza previsti dalla legge, dalla prassi e dalle procedure nazionali dello Stato membro ospitante e conformi al diritto dell'Unione.

L'obbligo di cui ai paragrafi 1 e 2 non comporta per lo Stato membro di stabilimento l'obbligo di effettuare controlli fattuali nel territorio dello Stato membro ospitante in cui è prestato il servizio. Tali I controlli fattuali sono, se necessario, effettuati dalle autorità dello Stato membro ospitante su richiesta delle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento, come previsto dall'articolo 10 e secondo i poteri di vigilanza previsti dalla legge, dalla prassi e dalle procedure nazionali dello Stato membro ospitante e conformi al diritto dell'Unione.

Motivazione

L'emendamento punta a eliminare gli ostacoli procedurali allo svolgimento di controlli fattuali sia nello Stato membro di stabilimento che in quello ospitante.

Emendamento 10

Articolo 9, paragrafo 1, alinea

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri possono imporre solo gli obblighi amministrativi e le misure di controllo seguenti:

Gli Ai fini di una più efficace applicazione degli articoli 3 e 5 della direttiva 96/71/CE, lo Stato membro ospitante Stati membri possono imporre impone solo come minimo gli obblighi amministrativi e le misure di controllo seguenti:

Motivazione

Invece di fissare un limite massimo agli obblighi previsti, come proposto dalla Commissione, raccomandiamo di stabilire degli obblighi minimi. Questa logica opposta, del resto, è coerente con quella dell'articolo 12, paragrafo 3, della direttiva proposta dalla Commissione.

Emendamento 11

Articolo 9, paragrafo 1, lettera a)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri possono imporre solo gli obblighi amministrativi e le misure di controllo seguenti:

(a)

l'obbligo per i prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro di presentare alle autorità competenti nazionali responsabili, al più tardi all'inizio della prestazione del servizio, una semplice dichiarazione riguardante l'identità del prestatore di servizi, la presenza di uno o più lavoratori distaccati chiaramente identificabili, il loro numero previsto, la durata e il luogo previsti della loro presenza e i servizi che giustificano il distacco;

Gli Stati membri possono imporre solo gli obblighi amministrativi e le misure di controllo seguenti:

(a)

l'obbligo per i prestatori di servizi stabiliti in un altro Stato membro di presentare alle autorità competenti nazionali responsabili, al più tardi all'inizio della prestazione del servizio, una semplice dichiarazione da cui risulti che il prestatore di servizi ha preso conoscenza delle condizioni minime di lavoro e di occupazione di cui all'articolo 3 della direttiva 96/71/CE previste nello Stato membro in cui vengono prestati i servizi e che si impegna a rispettarle. riguardante La dichiarazione deve riportare quanto meno la durata del periodo di distacco, il primo giorno da cui esso ha inizio, l'identità del prestatore di servizi, la presenza di uno o più lavoratori distaccati chiaramente identificabili, il loro e il numero previsto dei lavoratori distaccati, la durata e il luogo previsti della loro presenza e i servizi che giustificano il distacco nonché i luoghi di lavoro in cui essi prestano la loro opera nel territorio dello Stato membro ospitante;

Motivazione

L'emendamento precisa quali sono i requisiti previsti per la dichiarazione presentata dal prestatore di servizi.

Emendamento 12

Articolo 9, paragrafo 1, lettera b)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri possono imporre solo gli obblighi amministrativi e le misure di controllo seguenti:

[…]

(b)

l'obbligo, durante il periodo di distacco, di mettere o mantenere a disposizione e/o di conservare in un luogo accessibile e chiaramente individuato nel suo territorio, come il luogo di lavoro o il cantiere, o per i lavoratori mobili del settore dei trasporti la base operativa o il veicolo con il quale il servizio è prestato, copie cartacee o elettroniche del contratto di lavoro (o di un documento equivalente ai sensi della direttiva 91/533/CEE, comprese, se del caso, le informazioni aggiuntive di cui all'articolo 4 di tale direttiva), dei fogli paga, dei cartellini orari e delle prove del pagamento delle retribuzioni, o di documenti equivalenti;

Gli Stati membri possono imporre solo gli obblighi amministrativi e le misure di controllo seguenti:

[…]

(b)

l'obbligo, durante il periodo di distacco, di mettere o mantenere a disposizione e/o di conservare in un luogo accessibile e chiaramente individuato nel suo territorio, come il luogo di lavoro o il cantiere, o per i lavoratori mobili del settore dei trasporti la base operativa o il veicolo con il quale il servizio è prestato, copie cartacee o elettroniche del contratto di lavoro (o di un documento equivalente ai sensi della direttiva 91/533/CEE, comprese, se del caso, le informazioni aggiuntive di cui all'articolo 4 di tale direttiva), dei fogli paga, dei cartellini orari e delle prove del pagamento delle retribuzioni, del modulo A1 che attesta la copertura previdenziale nello Stato membro di origine, della prevista valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, in conformità della direttiva 89/391/CEE, nonché, qualora il lavoratore distaccato sia cittadino di un paese terzo, delle copie del permesso di lavoro e del permesso di soggiorno e di tutti gli altri documenti necessari per verificare l'osservanza della direttiva 96/71/CE e della presente direttiva, o di documenti equivalenti;

Motivazione

NB: il presente emendamento è collegato a quello relativo all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva proposta.

Emendamento 13

Articolo 11, nuovo paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 11

Difesa dei diritti – Facilitazione delle denunce – Arretrati

[…]

3.   Gli Stati membri dispongono che le organizzazioni sindacali e altre parti terze, quali associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche che hanno, in base ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, un interesse legittimo a veder rispettate le disposizioni della presente direttiva, possano, per conto o a sostegno del lavoratore distaccato o del suo datore di lavoro, con la sua approvazione, promuovere ogni procedimento giudiziario o amministrativo diretto a ottenere l'applicazione della presente direttiva e/o l'esecuzione degli obblighi da essa risultanti.

Articolo 11

Difesa dei diritti – Facilitazione delle denunce – Arretrati

[…]

3.   Gli Stati membri dispongono che le organizzazioni sindacali e altre parti terze, quali associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche che hanno, in base ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, un interesse legittimo a veder rispettate le disposizioni della presente direttiva, possano, per conto o a sostegno del lavoratore distaccato o del suo datore di lavoro, con la sua approvazione, promuovere ogni procedimento giudiziario o amministrativo diretto a ottenere l'applicazione della presente direttiva e/o l'esecuzione degli obblighi l'attuazione dei diritti da essa risultanti. Le organizzazioni sindacali sono legittimate ad agire in giudizio anche a nome dei lavoratori distaccati, con il consenso di questi ultimi.

4.   I rappresentanti dei lavoratori, e in particolare i membri dei comitati aziendali europei nelle imprese del settore edile, possono notificare in ogni momento ai sindacati e alle autorità competenti in materia di controllo dell'applicazione del diritto qualsiasi situazione di distacco che sollevi gravi dubbi quanto al rispetto delle condizioni di lavoro e di occupazione dei lavoratori distaccati.

4 5.   Quanto disposto ai paragrafi 1 e 3 lascia impregiudicate le norme nazionali relative ai termini di prescrizione o ai termini entro cui possono essere proposte azioni simili e le norme nazionali di procedura concernenti la rappresentanza e la difesa in giudizio.

Motivazione

I rappresentanti dei lavoratori nelle imprese, e in particolare i membri dei comitati aziendali europei, sono a diretto contatto con le realtà delle singole imprese e aziende negli Stati membri. Essi pertanto, in quanto veri e propri osservatori dei rapporti di lavoro nei siti aziendali o a livello transnazionale, dovrebbero disporre di un diritto di allerta in caso di frode nell'applicazione delle norme in materia di distacco dei lavoratori.

Emendamento 14

Articolo 12, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 12

Subcontratto - Responsabilità solidale

1.   In relazione alle attività del settore edilizio di cui all'allegato della direttiva 96/71/CE, per tutte le situazioni di distacco previste dall'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 96/71/CE, gli Stati membri dispongono, in modo non discriminatorio riguardo alla tutela dei diritti equivalenti dei dipendenti dei subcontraenti diretti stabiliti nel rispettivo territorio, che il contraente di cui il datore di lavoro (prestatore di servizi o impresa di lavoro temporaneo o agenzia di somministrazione di lavoro) è un subcontraente diretto possa, in aggiunta o in luogo del datore di lavoro, essere tenuto responsabile dal lavoratore e/o dai fondi o dalle istituzioni comuni delle parti sociali in caso di mancato pagamento:

[…]

Articolo 12

Subcontratto - Responsabilità solidale

1.   In relazione alle attività del settore edilizio di cui all'allegato della direttiva 96/71/CE, per tutte le situazioni di distacco previste dall'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 96/71/CE, gli Ciascuno Stato membro Stati membri dispongono adotta, in modo non discriminatorio, riguardo alla tutela dei diritti equivalenti dei dipendenti dei subcontraenti diretti stabiliti nel rispettivo territorio, che il contraente di cui il datore di lavoro (prestatore di servizi o impresa di lavoro temporaneo o agenzia di somministrazione di lavoro) è un subcontraente diretto possa, tutte le misure necessarie per garantire che un'impresa che ne nomina un'altra per prestare dei servizi sia tenuta responsabile, in aggiunta o in luogo del datore di lavoro, essere tenuto responsabile dal lavoratore e/o dai fondi o dalle istituzioni comuni delle parti sociali in caso di mancato pagamento del rispetto degli obblighi di tale impresa o di tale contraente o di chi assume manodopera a nome di tale impresa:

Motivazione

Non vi è alcun motivo perché il subcontratto a catena debba essere regolamentato soltanto nel settore edile. L'emendamento precisa inoltre gli obblighi da osservare.

Emendamento 15

Articolo 12, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri dispongono che un contraente che abbia adempiuto gli obblighi di diligenza non sia tenuto responsabile in forza di quanto previsto dal paragrafo 1. Tali disposizioni sono applicate in modo trasparente, non discriminatorio e proporzionato. Esse possono comportare misure preventive adottate dal contraente concernenti la prova fornita dal subcontraente delle principali condizioni di lavoro applicate ai lavoratori distaccati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71/CE, compresi i fogli paga e il pagamento dei salari, il rispetto degli obblighi contributivi e/o fiscali nello Stato membro di stabilimento e il rispetto delle norme vigenti in materia di distacco dei lavoratori.

Gli Stati membri dispongono che un contraente che abbia adempiuto gli obblighi di diligenza non sia tenuto responsabile in forza di quanto previsto dal paragrafo 1. Tali Le suddette disposizioni sono applicate in modo trasparente, non discriminatorio e proporzionato. Esse possono comportare misure preventive adottate dal contraente concernenti la prova fornita dal subcontraente delle principali condizioni di lavoro applicate ai lavoratori distaccati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71/CE, compresi i fogli paga e il pagamento dei salari, il rispetto degli obblighi contributivi e/o fiscali nello Stato membro di stabilimento e il rispetto delle norme vigenti in materia di distacco dei lavoratori.

Motivazione

Non esiste una definizione comunemente accettata nell'UE di «obblighi di diligenza» o «diligenza dovuta» (due diligence). L'emendamento mira inoltre a evitare la deresponsabilizzazione del contraente per quanto concerne la verifica del rispetto delle condizioni di lavoro da parte del subcontraente.

Emendamento 16

Articolo 12, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri possono, nel rispetto del diritto dell’Unione, prevedere nell'ordinamento nazionale norme più rigorose in materia di responsabilità, in modo non discriminatorio e proporzionato, per quanto riguarda la portata della responsabilità del subcontraente. Gli Stati membri possono altresì, nel rispetto del diritto dell’Unione, prevedere tale responsabilità in settori diversi da quelli indicati nell'allegato della direttiva 96/71/CE. Gli Stati membri possono in questi casi disporre che il contraente che ha adempiuto gli obblighi di diligenza previsti dalla legislazione nazionale non sia tenuto responsabile.

Gli Stati membri possono, nel rispetto del diritto dell’Unione, prevedere nell'ordinamento nazionale norme più rigorose in materia di responsabilità, in modo non discriminatorio e proporzionato, per quanto riguarda la portata della responsabilità del subcontraente. Gli Stati membri possono altresì, nel rispetto del diritto dell’Unione, prevedere tale responsabilità in settori diversi da quelli indicati nell'allegato della direttiva 96/71/CE. Gli Stati membri possono in questi casi disporre che il contraente che ha adempiuto gli obblighi di diligenza previsti dalla legislazione nazionale non sia tenuto responsabile.

Motivazione

Non esiste una definizione comunemente accettata nell'UE di «obblighi di diligenza» o «diligenza dovuta» (due diligence). L'emendamento mira inoltre a evitare la deresponsabilizzazione del contraente per quanto concerne la verifica del rispetto delle condizioni di lavoro da parte del subcontraente.

Emendamento 17

Articolo 12, nuovo paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

In mancanza di accordo tra le parti sociali di un determinato settore in merito al numero massimo dei livelli di subcontratto, tale numero è fissato a tre.

Motivazione

L'emendamento mette in pratica la raccomandazione espressa nel punto 28 del parere.

Emendamento 18

Nuovo articolo dopo l'attuale articolo 18

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Clausola di non regresso

L'attuazione della presente direttiva non costituisce in alcun caso motivo sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di tutela dei lavoratori nei settori rientranti nel suo campo di applicazione, e non pregiudica il diritto degli Stati membri e/o delle parti sociali di stabilire, in base all'evolversi della situazione, disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse da quelle vigenti al momento dell'adozione della presente direttiva, nel rispetto dei requisiti minimi da essa previsti.

Motivazione

La clausola - cosiddetta «di non regresso» - che qui si propone di aggiungere è già stata introdotta in numerose direttive dell'UE al fine di migliorarne l'applicazione negli Stati membri. La trasposizione di una direttiva nel diritto interno di uno Stato membro non deve infatti condurre a un abbassamento dei livelli di tutela esistenti nei campi cui essa si applica; e ciò, per quanto attiene alla direttiva proposta, vale in particolare per la responsabilità solidale prevista al suo articolo 12.

Emendamento 19

Articolo 21

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 21

Relazione

Entro i cinque anni seguenti la scadenza del termine fissato per il recepimento, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull'attuazione della presente direttiva, accompagnandola, se necessario, di appropriate proposte.

Articolo 21

Relazione

Entro i cinque anni seguenti la scadenza del termine fissato per il recepimento, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, e al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione sull'attuazione della presente direttiva, accompagnandola, se necessario, di appropriate proposte.

Motivazione

L'integrazione qui proposta mira a rendere il testo coerente con la scelta dell'articolo 153 del TFUE come base giuridica della direttiva in esame.

Bruxelles, 29 novembre 2012

Il Presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/81


Parere del Comitato delle regioni «Lo statuto della Fondazione europea»

2013/C 17/13

IL COMITATO DELLE REGIONI

approva la proposta di regolamento sullo statuto della Fondazione europea (FE) presentata dalla Commissione e ritiene che tale proposta porti avanti il discorso aperto con l'adozione del regolamento sull'iniziativa dei cittadini europei;

approva pertanto la proposta di regolamento sullo statuto della fondazione europea (FE) presentata dalla Commissione. Ritiene che essa porti avanti il discorso aperto con l'adozione del regolamento sull'iniziativa dei cittadini europei e del regolamento recante creazione dello statuto del Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) con l'obiettivo di facilitare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale a livello UE;

afferma che tale statuto deve soddisfare, al tempo stesso, un'esigenza di semplificazione, di efficienza e di sicurezza giuridica per le fondazioni, consentendo a queste ultime di lavorare meglio su progetti transfrontalieri o transnazionali da sole o in partenariato con i soggetti nazionali, locali o regionali;

condivide la preoccupazione di trovare un equilibrio tra, da un lato, le esigenze imposte dalle normative dei diversi Stati membri per quanto concerne il patrimonio minimo richiesto per una fondazione e, dall'altro, la volontà di facilitare la creazione di FE su tutto il territorio dell'Unione. Ritiene importante, tuttavia, garantire ai donatori e ai cittadini una sufficiente solidità patrimoniale delle FE e chiede, da un lato, che il livello patrimoniale minimo richiesto per la registrazione di una FE sia portato da 25 000 (un importo, a suo giudizio, troppo limitato) a 50 000 euro e, dall'altro, che questa somma venga mantenuta per l'intera esistenza della FE, sanzionando la mancata osservanza di questa soglia con lo scioglimento della FE.

Relatrice

Claudette BRUNET-LECHENAULT (FR/PSE), vicepresidente del consiglio generale della Saône et Loire

Testo di riferimento

Proposta di regolamento del Consiglio sullo statuto della fondazione europea (FE)

COM(2012) 35 final

I.   INTRODUZIONE

IL COMITATO DELLE REGIONI

1.

è cosciente del peso economico e del ruolo essenziale svolto dalle fondazioni su tutto il territorio europeo, in tutti i settori d'interesse pubblico e in particolare in quelli che concernono le competenze degli enti regionali e locali, ad esempio i servizi sociali e sanitari, la previdenza sociale, l'arte e la cultura, l'istruzione e la formazione, la scienza, la ricerca e l'innovazione o l'ambiente;

2.

si rende conto e al tempo stesso si rammarica delle difficoltà che le fondazioni sono costrette ad affrontare quando desiderano operare al di là dei confini nazionali su progetti transfrontalieri o transnazionali, difficoltà che impongono loro di spendere in materia di consulenza o di struttura somme importanti che invece potrebbero utilizzare più efficacemente per lo svolgimento delle loro mansioni sociali;

3.

approva la proposta di regolamento sullo statuto della Fondazione europea (FE) presentata dalla Commissione e ritiene che tale proposta porti avanti il discorso aperto con l'adozione del regolamento sull'iniziativa dei cittadini europei;

4.

accoglie inoltre con favore il fatto che la proposta della Commissione si inserisca nella prospettiva più ampia di accrescere la sicurezza delle attività dell'economia sociale e solidale nel quadro del mercato interno e auspica a questo proposito che l'adozione di uno statuto della fondazione europea prepari il terreno per uno statuto della mutua europea;

5.

afferma che tale statuto deve soddisfare, al tempo stesso, un'esigenza di semplificazione, di efficienza e di sicurezza giuridica per le fondazioni, consentendo a queste ultime di lavorare meglio su progetti transfrontalieri o transnazionali da sole o in partenariato con i soggetti nazionali, locali o regionali;

6.

è inoltre del parere che lo statuto debba rispondere alla volontà di chiarire ai cittadini le modalità di funzionamento e di finanziamento delle fondazioni;

7.

auspica che venga rafforzata la componente europea della FE, non solo al momento della sua creazione ma anche nel corso della sua intera esistenza, e chiede che le disposizioni giuridiche ad essa applicabili si basino il più possibile sulla proposta di regolamento e sugli statuti delle varie FE, facendo solo limitatamente riferimento agli ordinamenti giuridici nazionali;

8.

ricorda che le FE, nella misura in cui hanno la facoltà di raccogliere fondi privati o di ricevere finanziamenti pubblici per la realizzazione dei loro compiti, devono essere soggette ad obblighi di rendicontazione circa l'utilizzo dei fondi, obblighi che hanno nei confronti non solo dei loro finanziatori ma dei cittadini dell'UE in generale.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Il peso economico del settore delle fondazioni

9.

osserva che il settore delle fondazioni ha un peso economico non indifferente, con un livello globale di spese annue che si aggira intorno ai 150 miliardi di euro. Il settore, inoltre, impiega - direttamente e a tempo pieno - circa un milione di persone in tutta l'Unione europea;

10.

prende atto dell'interesse delle fondazioni ad operare al di là delle frontiere nazionali al fine di rispondere in maniera globale ai problemi trasversali in ambiti quali l'immigrazione, lo sviluppo socioeconomico, l'eccellenza scientifica, i diritti umani, l'ambiente, ecc.;

11.

sottolinea, in particolare, il ruolo che le fondazioni possono svolgere in termini di utilizzo delle loro risorse e creatività in un periodo di forte crisi politica, finanziaria e sociale in Europa, dove risulta essenziale studiare tutte le opportunità per rafforzare l'Unione europea e assicurare un futuro e prospettive di crescita ai suoi cittadini.

Obblighi amministrativi pesanti e costosi

12.

osserva che le fondazioni possono incontrare difficoltà operative a livello transnazionale o transfrontaliero a causa delle regole imposte dalle legislazioni nazionali che le obbligano a spendere annualmente, per consulenze o oneri amministrativi diversi, una parte delle loro risorse che oscilla tra i 90 e i 102 milioni di euro, fondi che potrebbero invece utilizzare per realizzare progetti di interesse pubblico, da sole o in partenariato con altre fondazioni o enti territoriali.

Uno statuto che rafforzi l'iniziativa dei cittadini europei attraverso il ruolo delle fondazioni

13.

sottolinea che le attività delle fondazioni, il più delle volte create su iniziativa di soggetti di diritto privato (singoli individui o imprese), riguardano progetti d'interesse generale di grande importanza per i cittadini europei, spesso in settori di competenza degli enti regionali e locali, in particolare i servizi sociali e sanitari, la previdenza sociale, l'arte e la cultura, l'istruzione e la formazione, la scienza, la ricerca e l'innovazione, ecc.;

14.

ritiene che la scelta di una nuova forma giuridica alternativa agli statuti nazionali e corrispondente ad uno statuto della "fondazione europea" sarebbe un elemento essenziale per potenziare il ruolo delle fondazioni sul territorio dell'Unione europea;

15.

approva pertanto la proposta di regolamento sullo statuto della fondazione europea (FE) presentata dalla Commissione. Ritiene che essa porti avanti il discorso aperto con l'adozione del regolamento sull'iniziativa dei cittadini europei e del regolamento recante creazione dello statuto del Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) con l'obiettivo di facilitare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale a livello UE;

16.

ritiene che l'articolo 352 del Trattato sul funzionamento dell'UE, in base al quale il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta disposizioni appropriate per realizzare uno degli obiettivi previsti dai Trattati, sia l'unica base giuridica pertinente per la proposta di regolamento all'esame, dato che nei Trattati non figurano disposizioni specifiche che conferiscano espressamente competenze in tal senso alle istituzioni dell'Unione. Questa scelta corrisponde a quella operata in passato per l'adozione delle disposizioni relative ad altri statuti, ad esempio lo statuto della società europea o del gruppo europeo d'interesse economico, e non pregiudica in alcun modo le norme nazionali che disciplinano le fondazioni. Il Comitato fa inoltre notare che, nel quadro del sistema di allarme rapido relativo all'attuazione del principio di sussidiarietà, la proposta di regolamento è stata analizzata da 19 parlamenti nazionali ma ha formato oggetto di un solo parere motivato;

17.

afferma che lo statuto deve soddisfare un'esigenza di semplificazione e di efficienza, onde consentire alle fondazioni di lavorare meglio su progetti transfrontalieri o transnazionali, da sole o in partenariato con i soggetti nazionali, locali o regionali, e al tempo stesso rispondere ad una volontà di sicurezza giuridica e di chiarimento nei confronti dei cittadini per quanto concerne il loro funzionamento e finanziamento.

La promozione della componente europea

18.

auspica che la componente europea della FE venga messa maggiormente in evidenza specificando che le fondazioni europee, non solo al momento della loro costituzione ma anche nel corso dell'intera esistenza, svolgono o perseguono l'obiettivo di svolgere attività transnazionali o transfrontaliere;

19.

in tale contesto si rammarica del fatto che, nell'elaborare la proposta di regolamento, la Commissione abbia spesso fatto riferimento ai diritti nazionali degli Stati membri, un approccio che potrebbe essere fonte d'insicurezza giuridica per le FE in assenza di regole d'armonizzazione.

Obblighi di chiarezza, affidabilità e trasparenza

20.

ricorda che la capacità delle FE di raccogliere fondi privati o ricevere finanziamenti pubblici per la realizzazione delle loro mansioni presuppone che esse siano in grado di fornire, non solo ai loro donatori e finanziatori ma anche a tutti i cittadini che risiedono sul territorio dell'UE, la massima sicurezza circa la loro solidità e una totale trasparenza per quanto concerne la loro gestione interna e l'utilizzo dei fondi loro assegnati.

Chiarire l'obiettivo delle FE

21.

afferma che in taluni Stati membri i concetti di "utilità pubblica" e "interesse generale" hanno accezioni diverse e possono, in determinati casi, rimandare sia ad una procedura o ad uno statuto giuridico particolare del diritto nazionale sia ad un approccio specificamente fiscale. Propone pertanto di armonizzare la terminologia utilizzata scegliendo l'espressione "interesse pubblico", che deve essere intesa in modo uniforme in ciascuno Stato membro per determinare l'oggetto della FE escludendo qualsiasi approccio di carattere fiscale;

22.

auspica inoltre che all'articolo 5 della proposta venga definito il concetto di "sport amatoriali", onde evitare che le azioni condotte dalle FE finiscano per sostenere pratiche che rientrano piuttosto nell'ambito dello sport professionistico.

Rafforzare l'affidabilità

23.

condivide la preoccupazione di trovare un equilibrio tra, da un lato, le esigenze imposte dalle normative dei diversi Stati membri per quanto concerne il patrimonio minimo richiesto per una fondazione e, dall'altro, la volontà di facilitare la creazione di FE su tutto il territorio dell'Unione. Ritiene importante, tuttavia, garantire ai donatori e ai cittadini una sufficiente solidità patrimoniale delle FE e chiede, da un lato, che il livello patrimoniale minimo richiesto per la registrazione di una FE sia portato da 25 000 (un importo, a suo giudizio, troppo limitato) a 50 000 euro e, dall'altro, che questa somma venga mantenuta per l'intera esistenza della FE, sanzionando la mancata osservanza di questa soglia con lo scioglimento della FE;

24.

dà per scontato che le FE non devono perseguire fini di lucro, ma ammette che esse possano essere portate ad esercitare attività economiche per lo svolgimento delle loro funzioni di interesse pubblico. Propone pertanto di modificare l'articolo 11 per definire meglio i limiti entro i quali una FE può svolgere attività redditizie;

25.

giudica la questione della retribuzione dei membri del consiglio di amministrazione e dell'organo di vigilanza delle FE un corollario del carattere non lucrativo delle fondazioni. La proposta di regolamento dovrebbe pertanto contenere norme di principio su questo aspetto;

26.

auspica che vengano chiariti i principi concernenti la prevenzione dei conflitti d'interesse, in quanto considera la formulazione attuale una fonte d'interpretazioni divergenti che potrebbero avere un effetto contrario a quello desiderato;

27.

approva le disposizioni in materia di rendicontazione e trasparenza, ma suggerisce di chiarire e precisare le modalità di vigilanza e di pubblicità dell'attività svolta dalle FE.

L'esigenza di armonizzazione

28.

riconosce l'importanza delle restrizioni di bilancio che hanno determinato la scelta di creare un'autorità di vigilanza delle FE a livello nazionale piuttosto che definire una procedura e istituire un organo di controllo a livello europeo;

29.

riconosce la pertinenza d'integrare disposizioni di natura fiscale nella proposta di statuto, ma esprime riserve sull'estensione automatica alle FE del regime fiscale concesso agli enti nazionali d'interesse pubblico, a causa delle notevoli disparità esistenti tra i vari Stati membri per quanto concerne le condizioni di concessione di questi regimi fiscali di favore.

III.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 2, paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

(5)   "ente di pubblica utilità": fondazione con scopo di pubblica utilità e/o persona giuridica simile con scopo di pubblica utilità senza status di socio, costituita in conformità alle leggi di uno Stato membro;

Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

(5)   "ente di interesse pubblico pubblica utilità": fondazione con scopo di pubblica utilità interesse pubblico e/o persona giuridica simile con scopo di interesse pubblico pubblica utilità senza status di socio, costituita in conformità alle leggi di uno Stato membro;

Motivazione

Nella sua proposta di emendamento n. 1, la relatrice chiede di sostituire "pubblica utilità" con "interesse pubblico".

Emendamento 2

Articolo 5, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Scopo di pubblica utilità

Scopo di interesse pubblico a utilità

1.   La FE è un ente costituito separatamente per uno scopo di pubblica utilità.

1.   La FE è un ente costituito separatamente per uno scopo di interesse pubblico pubblica utilità.

Motivazione

Il termine "interesse pubblico" permette di armonizzare i concetti di "pubblica utilità" e di "interesse generale" e di limitare i rischi di confusione con nozioni di diritto fiscale o di diritto pubblico usate in taluni Stati membri per concedere uno statuto o un regime fiscale particolari alle fondazioni di diritto nazionale.

Emendamento 3

Articolo 5, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

2.   La FE opera al servizio dell'interesse pubblico in genere.

2.   La FE opera al servizio dell'interesse pubblico in genere.

Può essere costituita soltanto per gli scopi di seguito elencati e ai quali il suo patrimonio è irrevocabilmente destinato:

Può essere costituita soltanto per gli scopi di seguito elencati e ai quali il suo patrimonio è irrevocabilmente destinato:

(a)

[…]

(a)

[…]

(r)

sport amatoriali;

(r)

sport amatoriali, definiti come la pratica di attività sportive da parte di persone che non ne traggono un reddito regolare e significativo;

[…].

[…]

 

t)

la difesa delle vittime di ogni forma di violenza.

 

[…].

Motivazione

Appare utile definire con precisione il concetto di sport amatoriale nella misura in cui, in funzione dello sport considerato, le pratiche variano da uno Stato all'altro e tenendo conto del fatto che taluni sport ritenuti amatoriali vengono tuttavia praticati ad un livello e a condizioni assimilabili all'esercizio di un'attività professionistica, che non rientra nell'ambito dell'interesse pubblico. Inoltre sembra utile aggiungere la difesa delle vittime di ogni forma di violenza. Va inoltre sottolineata l'importanza della cooperazione con i paesi terzi menzionati successivamente.

Emendamento 4

Articolo 6

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 6

Componente transfrontaliera

Articolo 6

Componente europea transfrontaliera

Al momento della registrazione, la FE deve svolgere le proprie attività, o avere l'obiettivo statutario di farlo, in almeno due Stati membri.

Al momento della registrazione, la FE deve svolgere le proprie attività, o avere l'obiettivo statutario di farlo svolgere le proprie attività, in almeno due Stati membri.

 

Una volta effettuata la registrazione, la FE deve svolgere le proprie attività in almeno due Stati membri.

Essa deve continuare a svolgere tali attività in almeno due Stati membri nel corso della sua intera esistenza.

Motivazione

L'obiettivo dell'emendamento è potenziare la componente europea della FE, garantendo che essa svolga realmente le proprie attività in più Stati membri per l'intera sua esistenza e non solo al momento della registrazione. Nel caso di una FE creata di recente, che non può quindi già svolgere attività al momento della registrazione, la sua dimensione europea deve essere sancita nell'obiettivo statutario – da cui la modifica apportata al testo.

Emendamento 5

Articolo 7, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 7

Patrimonio

2.   Il patrimonio della FE ammonta ad almeno 25 000 EUR.

Articolo 7

Patrimonio

2.   Il patrimonio della FE, calcolato al momento della sua registrazione e mantenuto nel corso della sua intera esistenza, ammonta ad almeno 25 50000 EUR.

Motivazione

Per meglio garantire la solidità e l'affidabilità che devono caratterizzare una FE, il Comitato propone di aumentare il patrimonio minimo richiesto alla data di registrazione portandolo a 50 000 euro e mantenendolo a tale livello durante l'intera esistenza della FE.

Emendamento 6

Articolo 10, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 10

Capacità giuridica

1.   La FE ha piena capacità giuridica in tutti gli Stati membri.

Articolo 10

Capacità giuridica

1.   La FE ha piena capacità giuridica in tutti gli Stati membri, fatte salve le limitazioni previste dal presente regolamento.

Salvo eventuali restrizioni indicate nello statuto, la FE è in possesso di tutti i diritti necessari per svolgere le proprie attività, tra cui il diritto di possedere beni mobili e immobili, concedere sovvenzioni, raccogliere fondi, ricevere e detenere donazioni di qualsiasi tipo, incluse azioni e altri strumenti negoziabili, eredità e donazioni "in natura" da qualsiasi fonte lecita, anche da paesi terzi.

Salvo eventuali restrizioni indicate nello statuto, la FE è in possesso di tutti i diritti necessari per svolgere le proprie attività, tra cui il diritto di possedere beni mobili e immobili, concedere sovvenzioni, raccogliere fondi, ricevere e detenere donazioni di qualsiasi tipo, incluse azioni e altri strumenti negoziabili, eredità e donazioni "in natura" da qualsiasi fonte lecita, anche da paesi terzi.

Motivazione

L'affermazione secondo cui la FE ha capacità giuridica illimitata in tutti gli Stati membri va completata introducendo il testo proposto. Questo permette di tener conto delle limitazioni alle attività economiche previste all'articolo 11 (Perseguimento dell'obiettivo dell'interesse pubblico; le attività economiche non correlate allo scopo di interesse pubblico della FE possono costituire al massimo il 10 % del fatturato annuo netto della stessa, a condizione che i risultati delle attività non correlate siano esposti separatamente in bilancio e che gli utili vengano esclusivamente impiegati per perseguire i propri scopi di interesse pubblico).

Emendamento 7

Articolo 11

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 11

Attività economiche

Articolo 11

Attività economiche

1.   Salvo eventuali restrizioni contenute nel proprio statuto, la FE ha la capacità ed è libera di intraprendere attività commerciali o altre attività economiche, a condizione che gli utili vengano esclusivamente impiegati per perseguire i propri scopi di pubblica utilità.

1.   Salvo eventuali restrizioni contenute nel proprio statuto, la FE ha la capacità ed è libera di intraprendere attività commerciali o altre attività economiche, a condizione che queste ultime non siano dissociabili dalle sue funzioni di interesse pubblico e che gli utili vengano esclusivamente impiegati per perseguire i propri suoi scopi di interesse pubblico pubblica utilità.

2.   Le attività economiche non correlate allo scopo di pubblica utilità della FE possono costituire al massimo il 10 % del fatturato annuo netto della stessa, a condizione che i risultati delle attività non correlate siano esposti separatamente in bilancio.

2.   Le L'esercizio di attività economiche non correlate allo scopo di interesse pubblico pubblica utilità della FE può essere autorizzato entro un limite del possono costituire al massimo il 10 % delle risorse annue nette fatturato annuo netto della stessa, a condizione che i risultati di tali delle attività non correlate siano esposti separatamente in bilancio e vengano totalmente impiegati per perseguire gli scopi di interesse pubblico.

Motivazione

L'obiettivo dell'emendamento proposto è disciplinare meglio la capacità di una FE di esercitare attività economiche, in modo da evitare che perda il suo carattere essenziale di organismo senza fini di lucro effettuando in modo abusivo delle operazioni puramente commerciali non correlate alla sua missione.

Emendamento 8

Articolo 21

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 21

Registrazione

Articolo 21

Registrazione

1.   La FE viene registrata in uno Stato membro.

1.   La FE viene registrata in uno nello Stato membro in cui abbia stabilito il suo domicilio legale.

2.   La FE costituita mediante fusione tra due enti di pubblica utilità legalmente stabiliti nello stesso Stato membro viene registrata in tale Stato.

2.   La FE costituita mediante fusione tra due enti di pubblica utilità legalmente stabiliti nello stesso Stato membro viene registrata in tale Stato.

3.   La FE costituita in virtù di una fusione transfrontaliera viene registrata in uno degli Stati membri in cui gli enti partecipanti alla fusione erano legalmente stabiliti.

3.   La FE costituita in virtù di una fusione transfrontaliera viene registrata in uno degli Stati membri in cui gli enti partecipanti alla fusione erano legalmente stabiliti nello Stato membro in cui la fondazione incorporante abbia stabilito il suo domicilio legale.

4.   La FE costituita mediante trasformazione viene registrata nello Stato membro in cui l'ente oggetto della trasformazione era originariamente stabilito.

4.   La FE costituita mediante trasformazione viene registrata nello Stato membro in cui l'ente oggetto della trasformazione era originariamente stabilito.

Motivazione

Per motivi di sicurezza giuridica, si propone di prendere in considerazione - quale secondo criterio per decidere in quale registro la FE deve essere iscritta - il criterio del collegamento personale del domicilio legale della FE.

Emendamento 9

Nuovo articolo dopo l'articolo 31

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

 

Principi di governance

1.   Non è possibile ricoprire contemporaneamente la carica di membro del consiglio di amministrazione e dell'organo di vigilanza.

2.   I membri del consiglio d'amministrazione e dell'organo di vigilanza esercitano le loro funzioni a titolo gratuito. Possono tuttavia ottenere il rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento delle loro mansioni, alle condizioni stabilite dallo statuto.

3.   Nessun beneficio, sia esso diretto o indiretto, può essere distribuito a fondatori, membri del consiglio di amministrazione o dell'organo di vigilanza, amministratori delegati o revisori contabili, né può essere procurato a persone che hanno un rapporto d'affari o di stretta parentela con tali soggetti, a meno che tali benefici non siano strumentali all'espletamento delle loro mansioni all'interno della FE.

Motivazione

L'emendamento proposto esprime la volontà del Comitato di rafforzare le regole di governance e di etica, che devono essere in linea con il carattere essenzialmente senza fini di lucro delle FE e rispondere agli obblighi di chiarezza e di trasparenza richiesti.

Emendamento 10

Articolo 32

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 32

Conflitti di interesse

Articolo 32

Conflitti di interesse

1.   Il fondatore e qualsiasi altro membro del consiglio di amministrazione che possa avere un rapporto d'affari, familiare o di altro tipo con il fondatore o con altri membri del consiglio di amministrazione, tale da generare un conflitto di interessi effettivo o potenziale che potrebbe pregiudicare i rispettivi giudizi e opinioni, non possono rappresentare la maggioranza del consiglio di amministrazione.

1.   Il fondatore e qualsiasi altro membro del consiglio di amministrazione che possa avere un rapporto d'affari, familiare o di altro tipo con il fondatore o con altri membri del consiglio di amministrazione, tale da generare un conflitto di interessi effettivo o potenziale che potrebbe pregiudicare i rispettivi giudizi e opinioni, non possono rappresentare la maggioranza del consiglio di amministrazione. I membri del consiglio d'amministrazione o dell'organo di vigilanza devono informare per iscritto la FE dell'esistenza di qualsiasi interesse diretto o indiretto in una terza parte in grado di collocarli in una situazione di conflitto tra, da un lato, il proprio interesse personale o quello di una persona con cui intrattengono rapporti d'affari o di parentela e, dall'altro, l'interesse della FE.

2.   Non è possibile ricoprire contemporaneamente la carica di membro del consiglio di amministrazione e dell'organo di vigilanza.

2.   Non è possibile ricoprire contemporaneamente la carica di membro del consiglio di amministrazione e dell'organo di vigilanza. Un membro del consiglio d'amministrazione o dell'organo di vigilanza deve, a seconda dei casi, rinunciare a farvi parte o a partecipare al processo decisionale quando viene discussa una questione che riguarda un'entità o una persona con la quale intrattiene rapporti d'affari o di parentela o nella quale detiene, direttamente o indirettamente, degli interessi.

3.   Nessun beneficio, sia esso diretto o indiretto, può essere distribuito a fondatori, membri del consiglio di amministrazione o dell'organo di vigilanza, amministratori delegati o revisori contabili, né può essere procurato a persone che hanno un rapporto d'affari o di stretta parentela con tali soggetti, a meno che tali benefici non siano strumentali all'espletamento delle proprie mansioni all'interno della FE.

3.   Nessun beneficio, sia esso diretto o indiretto, può essere distribuito a fondatori, membri del consiglio di amministrazione o dell'organo di vigilanza, amministratori delegati o revisori contabili, né può essere procurato a persone che hanno un rapporto d'affari o di stretta parentela con tali soggetti, a meno che tali benefici non siano strumentali all'espletamento delle proprie mansioni all'interno della FE.

Motivazione

L'emendamento proposto esprime la volontà del Comitato di rafforzare le regole di governance e di etica, che devono rispondere agli obblighi di chiarezza e di trasparenza richiesti alle FE sia dai donatori sia dai cittadini in generale.

Emendamento 11

Articolo 33

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 33

Rappresentanza della FE dinanzi a terzi

Il consiglio di amministrazione, nonché eventuali altri soggetti autorizzati dal consiglio stesso e debitamente istruiti da quest'ultimo, possono rappresentare la FE dinanzi a terzi e in giudizio.

Articolo 33

Rappresentanza della FE dinanzi a terzi

Il consiglio di amministrazione, nonché eventuali altri soggetti autorizzati dal consiglio stesso, e debitamente istruiti da quest'ultimo e iscritti nel registro, possono rappresentare la FE dinanzi a terzi e in giudizio.

Motivazione

Si intende precisare che solo le persone iscritte nel registro in qualità di rappresentanti sono autorizzate a rappresentare la FE nei rapporti con terzi e in giudizio, come stabilisce l'articolo 23, par. 1, lettera e) ii) della proposta di regolamento.

Emendamento 12

Articolo 34, paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Articolo 34

Trasparenza e rendicontazione

Articolo 34

Trasparenza e rendicontazione

[…]

[…]

5.   I conti annuali debitamente approvati dal consiglio di amministrazione, unitamente al parere della persona incaricata della revisione dei conti, e la relazione di attività sono soggetti a divulgazione.

5.   I conti annuali debitamente approvati dal consiglio di amministrazione, unitamente al parere della persona incaricata della revisione dei conti, e la relazione di attività sono soggetti a divulgazione. Essi devono essere per lo meno accessibili a qualsiasi cittadino dell'Unione europea sul sito Internet della FE.

Motivazione

L'emendamento proposto esprime la volontà del Comitato di rafforzare le regole di governance e di etica, che devono rispondere agli obblighi di chiarezza e di trasparenza richiesti alle FE sia dai donatori sia dai cittadini in generale.

Emendamento 13

Articolo 43, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Decisione di liquidazione

Decisione di liquidazione

[…]

[…]

2.   Dopo aver ascoltato il parere del consiglio di amministrazione della FE, l'autorità di vigilanza può decidere di liquidare la FE oppure, se previsto dal diritto nazionale applicabile, di proporne la liquidazione a un tribunale competente in uno dei seguenti casi:

2.   Dopo aver ascoltato il parere del consiglio di amministrazione della FE, l'autorità di vigilanza può decidere di liquidare la FE e di nominare un liquidatore oppure, se previsto dal diritto nazionale applicabile, di proporre proporne la liquidazione della FE e la persona designata come liquidatore a un tribunale competente in uno dei seguenti casi:

(a)

qualora il consiglio di amministrazione non abbia agito nei casi elencati al paragrafo 1;

(a)

qualora il consiglio di amministrazione non abbia agito nei casi elencati al paragrafo 1;

(b)

qualora la FE violi ripetutamente il proprio statuto, il presente regolamento o il diritto nazionale applicabile.

(b)

qualora la FE violi ripetutamente il proprio statuto, il presente regolamento o il diritto nazionale applicabile.

Emendamento 14

Articolo 44, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Liquidazione

1.   Qualora l'autorità di vigilanza abbia approvato la decisione del consiglio di amministrazione di cui all'articolo 43, paragrafo 1, secondo comma o nel caso in cui l'autorità di vigilanza o eventualmente un tribunale abbia deciso di liquidare la FE, il patrimonio di quest'ultima viene impiegato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo.

Liquidazione

1.   Qualora l'autorità di vigilanza abbia approvato la decisione del consiglio di amministrazione di cui all'articolo 43, paragrafo 1, secondo comma o nel caso in cui l'autorità di vigilanza o eventualmente un tribunale abbia deciso di liquidare la FE, il patrimonio di quest'ultima viene impiegato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo. I costi della liquidazione sono a carico della FE.

Bruxelles, 29 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/91


Parere del Comitato delle regioni «Sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque»

2013/C 17/14

IL COMITATO DELLE REGIONI

accoglie con favore la proposta della Commissione europea di estendere l'elenco delle sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque ed è convinto che, per raggiungere gli obiettivi della proposta, sia necessario iscrivere le sostanze dei medicinali all'inventario delle sostanze prioritarie e delle sostanze prioritarie pericolose o che si debba perlomeno tenere in considerazione questa possibilità;

invita i servizi responsabili della Commissione europea a esaminare urgentemente le autorizzazioni di tali sostanze e a emanare raccomandazioni quanto al loro utilizzo sul mercato dell'UE; considera importante che già nella produzione e autorizzazione dei medicinali si cerchi di ridurre il loro impatto ambientale; osserva che occorre garantire che le misure di monitoraggio che dovranno essere adottate dagli enti locali e regionali siano efficienti sotto il profilo dei costi;

chiede di estendere il termine ultimo entro cui gli Stati membri devono adeguarsi alla direttiva fino a 24 mesi dopo la sua adozione, per consentire una valutazione accurata degli effetti della legislazione nazionale e per ripartire su un periodo più lungo i costi sostenuti dagli enti locali e regionali;

chiede che gli Stati membri applichino gli SQA per le sostanze numeri 2, 5, 15, 20, 22, 23, 28 e da 34 a 48 a partire dalla revisione dei piani di gestione dei bacini idrografici nel 2021, allo scopo di ottenere un buono stato chimico per queste sostanze nel 2027;

riconosce la necessità che gli Stati membri tengano sotto monitoraggio le sostanze iscritte all'elenco di controllo, ma ritiene opportuno che tale monitoraggio cominci entro almeno 12 mesi dall'iscrizione di una sostanza a tale elenco, per concedere un tempo sufficiente ai preparativi necessari; per il monitoraggio delle sostanze indicate nell'elenco di controllo, gli Stati membri possono anche collaborare fra loro;

sottolinea l'importanza di garantire l'accesso alle informazioni sulle sostanze pericolose e la trasparenza in questo settore e si dice inoltre dell'avviso che la popolazione dovrebbe essere informata circa lo stato dell'ambiente acquatico e le misure previste per migliorarlo.

Relatrice

Urve ERIKSON (EE/AE), consigliere comunale di Tudulinna

Testo di riferimento

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica delle direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque

COM(2011) 876 final – 2011/0429 (COD)

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

A.    Osservazioni generali

1.

accoglie con favore la proposta della Commissione relativa all'elenco delle sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque, riguardante cioè le sostanze chimiche indicate all'allegato X della direttiva quadro 2000/60/CE sulle acque che rappresentano un rischio considerevole per o attraverso l'ambiente acquatico dell'Unione europea;

2.

considera le modifiche proposte un'espressione della strategia dell'UE per la biodiversità fino al 2020: infatti, le proposte di modifica delle direttive per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque rispecchiano gli obiettivi fissati nella strategia e li completano;

3.

apprezza il chiarimento della definizione di sostanze prioritarie pericolose e appoggia l'approccio teso ad allargare l'elenco delle sostanze prioritarie e a creare un elenco delle "sostanze prioritarie da riesaminare"; sottolinea inoltre che ogni aggiunta all'elenco deve essere basata su prove scientifiche solide per quanto concerne sia gli effetti delle sostanze in questione sugli esseri umani, gli animali e le piante, sia la fattibilità e i costi legati al monitoraggio e all'eliminazione di queste sostanze dal ciclo dell'acqua;

4.

è dell'opinione che occorra migliorare ulteriormente la qualità delle acque, in quanto la conservazione di un ambiente acquatico equilibrato è indispensabile per l'ecosistema in generale e per la salute umana. Inoltre, una corretta gestione delle acque correnti e stagnanti incide positivamente sull'economia dell'acquacoltura;

5.

è a favore del meccanismo dell'elenco di controllo, in quanto rappresenta una misura per proteggere meglio le risorse idriche dell'UE, istituita al fine di realizzare all'interno dell'UE un monitoraggio mirato delle sostanze pericolose potenziali che promuova il processo di definizione delle priorità nel futuro aggiornamento dell'elenco delle sostanze prioritarie;

6.

sottolinea l'importanza particolare del contributo alla protezione dell'ambiente apportato dal livello locale e regionale, derivante dalla possibilità di avvalersi del sapere presente sul territorio, nonché dal fatto che le comunità locali e regionali sono colpite in modo sproporzionato dall'effetto nocivo per l'ambiente acquatico esercitato dalle sostanze prioritarie e dalle sostanze prioritarie pericolose.

B.    Raccomandazioni politiche

7.

sostiene la proposta di modifica della Commissione secondo cui, per ottenere un buono stato ecologico di tutte le acque dell'UE, occorre fissare standard per le sostanze chimiche non soltanto a livello nazionale, ma anche a livello locale e a livello dei bacini idrici, e fa osservare che occorre concedere agli Stati membri un lasso di tempo sufficiente e prevedere finanziamenti supplementari per varare gli strumenti giuridici e le disposizioni amministrative necessari e per attuare le condizioni che garantiscono un buono stato chimico ed ecologico delle acque;

8.

approva i principi che presiedono al monitoraggio delle sostanze pericolose, secondo i quali occorre indagare sulle cause dell'inquinamento nel luogo in cui si produce e nel modo più tempestivo, anche in un'ottica di sostenibilità economica e protezione dell'ambiente. Se non verranno adottate misure aggiuntive, si rischiano danni ambientali gravi e di lunga durata: per questo è molto importante investigare sulle possibili fonti dell'inquinamento e tenerle sotto osservazione, al fine di individuare il più rapidamente possibile la loro estensione e il pericolo d'inquinamento per l'ambiente acquatico. Inoltre, occorre seguire la possibile immissione di sostanze pericolose nell'ambiente avvalendosi delle matrici adeguate. Il Comitato pertanto si esprime a favore della definizione di limiti per le emissioni efficaci a livello UE;

9.

è d'accordo sul fatto che le sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT) e altre sostanze che si comportano come PBT potrebbero persistere nell'ambiente acquatico per decenni anche nel caso in cui siano già state adottate importanti misure per ridurre o eliminare le emissioni. Inoltre, il CdR fa osservare che, nella direttiva in esame, alla base del concetto di sostanze pericolose vi è quello del pericolo, e non quello del rischio. Nel progetto di direttiva si prevedono quindi dei limiti massimi di concentrazione per determinate sostanze, mentre non ci si occupa dei rischi dovuti alle reazioni con altre sostanze presenti nell'ambiente acquatico. Sarebbe più opportuno, dal punto di vista sia analitico che finanziario, tenere sotto osservazione gli effetti dei composti chimici che si vengono a formare tra le sostanze presenti nelle acque interne, soprattutto perché tali composti possono interferire con l'ambiente acquatico anche in concentrazioni estremamente ridotte;

10.

sottolinea l'importanza di garantire l'accesso alle informazioni sulle sostanze pericolose e la trasparenza in questo settore e si dice inoltre dell'avviso che la popolazione dovrebbe essere informata circa lo stato dell'ambiente acquatico e le misure previste per migliorarlo;

11.

reputa necessario che gli Stati membri sottopongano a monitoraggio le sostanze contenute nell'elenco di controllo, ma ritiene che sarebbe opportuno far iniziare tale monitoraggio entro un anno dall'inserimento di ciascuna sostanza nell'elenco, in modo da concedere agli Stati membri un tempo sufficiente per prepararsi;

12.

chiede che i requisiti fin qui formulati all'articolo 8 ter della proposta di direttiva in materia di controllo non vengano irrigiditi, in particolare in considerazione della possibilità di adottare atti delegati;

13.

è convinto che, per raggiungere gli obiettivi delle proposte in discussione, sia necessario iscrivere le sostanze dei medicinali all'inventario delle sostanze prioritarie e delle sostanze prioritarie pericolose o che si debba perlomeno tenere in considerazione questa possibilità, dal momento che vi sono elementi scientificamente validi per ritenere che i resti di medicinali nelle acque siano non soltanto dannosi per l'ambiente ma anche una minaccia per la salute umana e comportino un "inquinamento genetico" delle risorse ittiche. La valutazione condotta dalla Commissione europea mostra il pericolo che tali medicinali rappresentano per i bacini idrici e possibilmente per le persone. Invita pertanto i servizi responsabili della Commissione europea a esaminare urgentemente le autorizzazioni di tali sostanze e a emanare raccomandazioni quanto al loro utilizzo sul mercato dell'UE. A questo proposito, il Comitato delle regioni ritiene indispensabile sviluppare la ricerca sui metodi di trattamento e il loro rapporto costi-benefici. Il Comitato delle regioni considera importante che già nella produzione e autorizzazione dei medicinali si cerchi di ridurre il loro impatto ambientale e, infine, insiste sulla necessità di consultare gli enti locali e regionali, nel corso della riformulazione e del coordinamento degli strumenti giuridici in vigore, in merito alle possibilità di analisi e sulle modalità ottimali del monitoraggio e di garantire che le misure siano efficienti sotto il profilo dei costi;

14.

l'inquinamento delle acque è un fenomeno transfrontaliero, il che rende auspicabile l'adozione di norme relative alla qualità dell'acqua che siano valide per tutta l'Europa. Gli Stati membri sono invitati a tenere sotto monitoraggio le sostanze prioritarie nelle acque e a comunicare ogni superamento degli standard di qualità ambientale, attività per le quali è opportuna la collaborazione fra le regioni. È importante stabilire come, dove e in che modo tenere sotto monitoraggio il biota affinché risulti comparabile in tutti gli Stati membri. Il Comitato sottolinea che l'introduzione del meccanismo dell'elenco di controllo a livello unionale è un contributo essenziale agli sforzi intrapresi dall'UE negli ultimi anni al fine di ottenere miglioramenti degli standard ambientali in settori come l'inquinamento dei suoli e dell'aria, la conservazione della biodiversità e lo sviluppo sostenibile, ma sottolinea la necessità di consultare anche gli enti locali e regionali nel quadro dei provvedimenti futuri, al fine di sondare le possibilità migliori e di garantire la sostenibilità della tutela ambientale;

15.

fa osservare che le acque possono essere inquinate anche da svariati prodotti contenenti sostanze prioritarie e pericolose, se questi vengono immessi nell'ambiente nel corso o al termine del loro ciclo di vita. Per questo è molto importante tenere sotto attenta osservazione la presenza e la diffusione, nell'UE, di prodotti problematici contenenti sostanze pericolose. Allo stesso tempo occorre informare i cittadini circa tali prodotti, la loro manipolazione e il loro utilizzo corretti, in modo da ridurre la quantità di sostanze pericolose immesse nell'ambiente. Spesso, pur non fabbricando prodotti contenenti sostanze pericolose e non utilizzando determinate sostanze chimiche, si è ugualmente costretti a confrontarsi con gli effetti ambientali di beni e prodotti importati. Ai fini di un buono stato ecologico delle acque occorre inserire le misure previste in un contesto più ampio. Inoltre potrebbe essere opportuno rivedere gli attuali limiti massimi di residui (LMR) per gli alimenti, soprattutto in rapporto alle importazioni di alimenti di origine vegetale nell'UE;

16.

critica in proposito che la Commissione continui a non prevedere una regolamentazione comune europea delle emissioni e della produzione e commercializzazione di queste sostanze o dei prodotti che le contengono: tale regolamentazione consentirebbe agli Stati membri di garantire il rispetto dei requisiti previsti nella proposta di direttiva.

Importanza locale e regionale

17.

è d'accordo sul fatto che impedire danni permanenti alla qualità delle acque debba essere uno degli obiettivi principali della politica ambientale dell'UE. Al riguardo, il Comitato delle regioni ha un mandato chiaro, conferitogli dal fatto di essere l'assemblea dei rappresentanti locali e regionali dell'UE. Grazie all'aiuto degli enti locali e regionali, il Comitato è in grado di mettere insieme il sapere del livello locale e regionale e di prestare assistenza agli Stati membri per quanto riguarda il monitoraggio che questi devono effettuare. Grazie all'indagine sui problemi locali e regionali condotta con l'aiuto di tali enti, nonché alla loro informazione e formazione, si può contribuire a un'attuazione efficace delle proposte di modifica alle direttive, nonché alla soluzione dei relativi problemi;

18.

poiché garantendo una buona qualità delle acque si arreca un beneficio sia alla qualità della vita che allo sviluppo delle imprese, gli enti locali e regionali hanno un ruolo centrale nel contribuire in questo senso;

19.

sottolinea il ruolo degli enti locali e regionali nella diffusione, a tutti i livelli della società, di informazioni sullo stato chimico delle acque e per quanto riguarda le misure connesse; il sostegno e il coinvolgimento dell'opinione pubblica rappresentano una premessa indispensabile per proteggere le acque, studiare i problemi e le misure più adatte per risolverli e stabilire i relativi costi.

Principi di sussidiarietà e proporzionalità

20.

i bacini idrografici condivisi, che attraversano le frontiere nazionali, coprono il 60 % del territorio dell'UE. Un'effettiva protezione delle risorse idriche richiede pertanto un approccio comune a livello dell'UE. Il documento in esame si limita a individuare le sostanze prioritarie e a stabilire norme comuni di qualità ambientale, mentre non propone misure europee aggiuntive che vadano oltre quelle già esistenti. Le misure specifiche e aggiuntive sul controllo dell'inquinamento sono materia di competenza degli Stati membri, i quali, tenendo conto delle circostanze locali, possono scegliere il modo migliore per raggiungere gli obiettivi fissati;

21.

poiché gli obiettivi della proposta, a causa del loro carattere specifico e dei loro effetti, non possono essere realizzati nella misura necessaria dagli Stati membri in quanto tali e risultano meglio raggiungibili a livello europeo, la proposta è conforme al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del Trattato UE. In linea col principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, la proposta in esame non va oltre quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi fissati;

22.

nonostante la motivazione della proposta della Commissione indichi che non vi saranno conseguenze a livello di bilancio, si dovrà probabilmente prevedere che negli Stati membri il monitoraggio aggiuntivo, l'individuazione di nuove sostanze e l'eliminazione delle nuove sostanze pericolose comportino costi più elevati anche per il livello regionale e comunale. Dal momento però che occorre fare qualcosa per mantenere un ambiente sano, è più opportuno creare le condizioni per un buono stato ecologico delle acque anziché affrontare in futuro costi ben più alti per mantenere le acque pulite: sul lungo termine, la difesa delle acque comporterà un vantaggio considerevole;

23.

secondo le valutazioni della Commissione, il beneficio apportato dall'applicazione della direttiva risiede soprattutto nel fatto che il trattamento dell'acqua potabile risulterà meno oneroso. La riduzione delle sostanze prioritarie nelle acque in genere ha effetti anche sulla salute umana attraverso l'acqua potabile e gli alimenti, per cui tra i benefici si può contare anche una diminuzione della spesa sanitaria.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 2, modifica della direttiva 2008/105/CE: riformulazione dell'articolo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.   Conformemente all’articolo 1 della presente direttiva e all’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE, gli Stati membri applicano gli SQA figuranti nell’allegato I, parte A, della presente direttiva ai corpi idrici superficiali.

1.   Conformemente all’articolo 1 della presente direttiva e all’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE, gli Stati membri applicano gli SQA figuranti nell’allegato I, parte A, della presente direttiva ai corpi idrici superficiali.

Gli Stati membri applicano gli SQA ai corpi idrici superficiali secondo le disposizioni dell’allegato I, parte B.

Gli Stati membri applicano gli SQA ai corpi idrici superficiali secondo le disposizioni dell’allegato I, parte B.

2.   Per le sostanze numeri 5, 15, 16, 17, 21, 28, 34, 35, 37, 43 e 44 che figurano nell’allegato I, parte A, gli Stati membri applicano gli SQA per il biota fissati nell’allegato I, parte A. Per le altre sostanze, gli Stati membri applicano gli SQA per l’acqua fissati nell’allegato I, parte A.

2.   Gli Stati membri applicano gli SQA per le sostanze numeri 2, 5, 15, 20, 22, 23, 28 e da 34 a 48 a partire dalla revisione dei piani di gestione dei bacini idrografici nel 2021, allo scopo di ottenere un buono stato chimico per queste sostanze nel 2027.

 

2 3.   Per le sostanze numeri 5, 15, 16, 17, 21, 28, 34, 35, 37, 43 e 44 che figurano nell’allegato I, parte A, gli Stati membri applicano gli SQA per il biota fissati nell’allegato I, parte A. Per le altre sostanze, gli Stati membri applicano gli SQA per l’acqua fissati nell’allegato I, parte A.

Motivazione

Si propone di introdurre un nuovo punto 2. La proposta di direttiva prevede che si tenga conto delle sostanze in parola fin dal piano di gestione dei bacini idrografici del 2015 ma, data la brevità dei tempi rimanenti, non ci saranno abbastanza dati di monitoraggio per una conoscenza sufficiente dell'impatto sulle acque e dello stato di queste ultime: vengono cioè a mancare le basi per una pianificazione dei provvedimenti. Inoltre, la conoscenza delle possibili misure di riduzione dell'impatto causato dalle sostanze in parola è ancora molto scarsa. Per questo, il tempo che manca prima dell'elaborazione del secondo piano di gestione, che dovrà essere pubblicato alla fine del 2014, è troppo breve per poter tener conto di queste sostanze in modo adeguato.

Emendamento 2

Articolo 2, modifica della direttiva 2008/105/CE: inserimento dell'articolo 8 ter – Elenco di controllo, paragrafo 4

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri monitorano ciascuna sostanza presente nell'elenco di controllo presso stazioni di monitoraggio rappresentative selezionate, per un periodo di almeno 12 mesi decorrente entro 3 mesi dall'inserimento della sostanza nell'elenco di controllo.

Gli Stati membri monitorano ciascuna sostanza presente nell'elenco di controllo presso stazioni di monitoraggio rappresentative selezionate, per un periodo di almeno 12 mesi decorrente entro 3 12 mesi dall'inserimento della sostanza nell'elenco di controllo.

Ogni Stato membro seleziona almeno una stazione su una media di 15 000 km2 di superficie territoriale, con un minimo di una stazione per Stato membro.

Ogni Stato membro seleziona almeno una stazione tenendo conto della su una media di 15 000 km2 di superficie territoriale, con un minimo di una stazione per Stato membro posta nella zona interessata, considerando il valore orientativo di 15 000 km2 . Per il monitoraggio delle sostanze indicate nell'elenco di controllo, gli Stati membri possono anche collaborare fra loro.

Nel selezionare le stazioni rappresentative, la frequenza e le tempistiche dei monitoraggi per ciascuna sostanza, gli Stati membri tengono conto dei modelli di utilizzo della stessa. I monitoraggi devono essere eseguiti almeno una volta all'anno.

Nel selezionare le stazioni rappresentative, la frequenza e le tempistiche dei monitoraggi per ciascuna sostanza, gli Stati membri tengono conto della verifica dei volumi di produzione, dei modelli di utilizzo, della stessa delle concentrazioni e degli effetti sull'ambiente. I monitoraggi devono essere eseguiti almeno una volta all'anno.

Motivazione

Secondo la proposta in esame, il monitoraggio delle sostanze inserite nell'elenco di controllo (di cui si parla all'articolo 8 ter, da inserire nella direttiva) deve iniziare molto rapidamente dopo l'iscrizione di ciascuna sostanza all'elenco. Poiché gli Stati membri non dispongono di informazioni sufficienti sui dettagli del monitoraggio futuro, appare assai difficile che in soli tre mesi possano mettere a disposizione un bilancio, garantire il finanziamento, commissionare i lavori, prelevare campioni e analizzarli secondo la metodologia appropriata.

Per monitorare le sostanze iscritte all'elenco di controllo è opportuna e necessaria una collaborazione, in particolare per quanto riguarda i bacini condivisi fra più paesi, altrimenti si rischia di spendere somme sproporzionate per l'elaborazione di nuove procedure analitiche. Organizzare insieme il monitoraggio e l'analisi sarebbe più vantaggioso economicamente e consentirebbe una migliore comparabilità delle analisi. Prevedere delle possibilità di collaborazione non contraddice in alcun modo la creazione di stazioni di monitoraggio regionali indipendenti. Inoltre, il monitoraggio effettuato in collaborazione è più affidabile.

Emendamento 3

Articolo 2, modifica della direttiva 2008/105/CE: inserimento dell'articolo 8 ter – Elenco di controllo, paragrafo 5

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri riferiscono alla Commissione i risultati dei monitoraggi condotti ai sensi del paragrafo 4 entro 18 mesi dall'inserimento della sostanza nell'elenco di controllo, e successivamente ogni 12 mesi, per tutto il tempo che la sostanza è presente nell'elenco. La relazione contiene informazioni sulla rappresentatività della stazione e sulla strategia di monitoraggio.

Gli Stati membri riferiscono alla Commissione i risultati dei monitoraggi condotti ai sensi del paragrafo 4 entro 18 24 mesi dall'inserimento della sostanza nell'elenco di controllo, e successivamente ogni 12 mesi, per tutto il tempo che la sostanza è presente nell'elenco. La relazione contiene informazioni sulla rappresentatività della stazione, e sulla strategia di monitoraggio e, se del caso, sulla collaborazione transfrontaliera.

Motivazione

In caso di approvazione dell'emendamento 1, occorrerà prolungare in misura corrispondente il periodo previsto per la presentazione delle relazioni.

Emendamento 4

Articolo 3, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il (1). Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva. […]

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il (2). Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva. […]

Motivazione

La valutazione generale delle conseguenze che avrà la proposta a livello dell'UE non consente di giudicare in modo dettagliato gli effetti delle disposizioni legislative che dovranno essere adottate da ciascun paese. Per procedere in tal senso occorrerà effettuare ricerche pratiche sul campo, le quali richiederanno fra i 24 e i 36 mesi e comporteranno spese ingenti. Lo sviluppo di nuovi metodi di analisi richiede tempo e mezzi finanziari considerevoli. I requisiti della proposta sarebbero più facili da soddisfare se i costi relativi potessero essere distribuiti su di un lasso di tempo più lungo.

Bruxelles, 30 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  12 mesi dall'adozione della presente direttiva.

(2)  12 24 mesi dall'adozione della presente direttiva.


19.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 17/97


Parere del Comitato delle regioni «Capitali europee della cultura (2020-2033)»

2013/C 17/15

IL COMITATO DELLE REGIONI

si pronuncia espressamente a favore della prosecuzione dell'iniziativa, che valorizza la ricchezza culturale europea in tutta la sua molteplicità e che, attraverso il coinvolgimento dei cittadini, promuove lo sviluppo a lungo termine di uno spazio culturale comune europeo;

sottolinea la necessità che le città candidate definiscano un programma culturale specifico sulla base delle risorse locali e regionali e gli conferiscano una dimensione spiccatamente europea. Lo sviluppo di tale programma dovrebbe poggiare su un orientamento strategico efficace a lungo termine e consentire ricadute positive, per il settore della cultura e per la città ospitante, che non si esauriscano nell'arco dell'anno di durata dell'iniziativa;

auspica il coinvolgimento attivo di tutti i gruppi sociali, religiosi ed etnico-culturali, di qualsiasi fascia d'età, sia nella definizione che nella realizzazione del programma culturale. Particolare attenzione dovrebbe essere riservata ai giovani, al fine di migliorare le loro opportunità di partecipare alla vita culturale;

ribadisce la necessità di coinvolgere il territorio circostante le capitali europee della cultura e più in generale la regione in cui esse si trovano, al fine di consentire la partecipazione di aree geografiche più ampie, in molti casi estese oltre i confini degli Stati membri;

richiama l'attenzione sui vantaggi derivanti dal fatto che il Comitato delle regioni svolga un ruolo importante in relazione a questa iniziativa, e reputa perciò opportune e necessarie la nomina e la partecipazione di almeno un membro eletto del Comitato delle regioni al panel europeo.

Relatrice generale

Elisabeth VITOUCH (AT/PSE), consigliere comunale di Vienna

Testo di riferimento

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'azione dell'Unione "Capitali europee della cultura" per gli anni dal 2020 al 2033

COM(2012) 407 final

I.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

IL COMITATO DELLE REGIONI

Contesto generale

1.

sostiene l'iniziativa "Capitale europea della cultura" in quanto si tratta di una delle misure più ambiziose, efficaci e di più ampia portata intraprese dall'UE nel settore della cultura. Una misura che evidenzia la ricchezza, la diversità e gli aspetti comuni dell'evoluzione culturale locale, regionale, nazionale ed europea;

2.

si pronuncia espressamente a favore della prosecuzione dell'iniziativa, che valorizza la ricchezza culturale europea in tutta la sua molteplicità e che, attraverso il coinvolgimento dei cittadini, promuove lo sviluppo a lungo termine di uno spazio culturale comune europeo;

3.

richiama l'attenzione sui vantaggi derivanti dal fatto che il Comitato delle regioni svolga un ruolo importante in relazione a questa iniziativa, e reputa perciò opportune e necessarie la nomina e la partecipazione di almeno un membro eletto del Comitato delle regioni al panel europeo;

4.

accoglie con favore la proposta della Commissione europea ed esprime la sua soddisfazione sull'ampia considerazione riservata agli aspetti locali e regionali, messi in evidenza nel parere d'iniziativa del CdR sul tema Il futuro della capitale europea della cultura  (1), il che agevolerà la partecipazione attiva degli enti locali e regionali;

5.

fa presente che, ai sensi dell'articolo 6 del TFUE, nel settore della cultura l'Unione europea ha competenza soltanto per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati membri, e che, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, del TUE, l'Unione è tenuta a rispettare la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e a vigilare sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo;

6.

constata che la proposta in esame è conforme al principio della sussidiarietà. Il Comitato delle regioni sottolinea tuttavia che tale principio, così come la suddetta natura della competenza dell'UE, devono riflettersi anche sulla procedura proposta (ad es. composizione del panel europeo, nomina e criteri) per rispecchiare adeguatamente lo spirito dei trattati.

Osservazioni generali

7.

sottolinea la necessità che le città candidate definiscano un programma culturale specifico sulla base delle risorse locali e regionali e gli conferiscano una dimensione spiccatamente europea. Lo sviluppo di tale programma dovrebbe poggiare su un orientamento strategico efficace a lungo termine e consentire ricadute positive, per il settore della cultura e per la città ospitante, che non si esauriscano nell'arco dell'anno di durata dell'iniziativa;

8.

auspica il coinvolgimento attivo di tutti i gruppi sociali, religiosi ed etnico-culturali, di qualsiasi fascia d'età, sia nella definizione che nella realizzazione del programma culturale. Particolare attenzione dovrebbe essere riservata ai giovani, al fine di migliorare le loro opportunità di partecipare alla vita culturale;

9.

ribadisce la sua convinzione che il concetto di dialogo interculturale può, soprattutto se associato alla coesione sociale e territoriale, contribuire a instillare i valori fondamentali della vita privata, sociale e civica, come la solidarietà, la responsabilità, la tolleranza e il rispetto (2). La definizione di una serie di priorità in questo senso favorisce la capacità di comunicazione tra le persone come anche tra i diversi gruppi sociali, nonostante il loro diverso bagaglio culturale, e li aiuta a vivere insieme nel rispetto dei valori europei;

10.

ritiene che l'iniziativa fornisca anche un sostegno efficace a lungo termine alle industrie culturali e creative locali e regionali, ed evidenzia nel contempo il valore intrinseco della creatività artistica e culturale europea nonché della sua trasmissione e fruizione;

11.

sottolinea la necessità che l'iniziativa sia preceduta da diversi anni di intensa preparazione e misure specifiche di accompagnamento (formulazione di raccomandazioni, valutazione e monitoraggio) e riceva un'impostazione di respiro pari all'intero anno di durata. In questo contesto, il Comitato delle regioni accoglie con favore il nuovo obbligo di valutazione da parte della città in questione, la quale sarà però accompagnata a livello europeo;

12.

è favorevole all'attuale processo di selezione in due tempi, in cui la prima fase si fonda su un sistema a rotazione tra gli Stati membri che offre a ogni città e regione dell'UE le stesse possibilità di ospitare la manifestazione, garantendo così all'interno dell'Unione un equilibro geografico fra le varie capitali europee della cultura;

13.

ricorda l'importanza che una capitale europea della cultura persegua una strategia a lungo termine. Il successo dell'iniziativa dipende tra l'altro dal sostegno politico da parte di tutti i livelli, da una buona governance in tutti i settori interessati, dalla nomina di direttori indipendenti sul piano artistico e dalla certezza di poter disporre delle risorse finanziarie necessarie per un periodo di più anni;

14.

raccomanda di adoperarsi in particolar modo per adottare misure idonee a motivare un'ampia gamma di città e regioni a candidarsi nel quadro della procedura di selezione;

15.

è favorevole a innalzare il grado di visibilità del programma in quanto iniziativa dell'Unione europea; ciò dovrebbe costituire un elemento imprescindibile della strategia di comunicazione in merito alla capitale europea della cultura scelta;

16.

ribadisce la necessità di coinvolgere il territorio circostante le capitali europee della cultura e più in generale la regione in cui esse si trovano, al fine di consentire la partecipazione di aree geografiche più ampie, in molti casi estese oltre i confini degli Stati membri;

17.

auspica che la Commissione incoraggi un'oculata valorizzazione delle esperienze maturate dalle capitali europee della cultura nelle loro dimensioni transnazionale e transfrontaliera, dal momento che, da un lato, queste capitali funzionano come "binomi transnazionali" e, dall'altro, il concetto di "capitali della cultura" comprende in misura sempre maggiore una fondamentale componente transfrontaliera;

18.

ritiene che l'iniziativa possa contribuire anche alla politica europea di vicinato e alle relazioni con altri paesi europei poiché consente non solo di rafforzare la cooperazione culturale all'interno dell'UE ma anche di intensificare ulteriormente le relazioni tra questa e i suoi vicini orientali e meridionali, allo scopo di migliorare il benessere, la stabilità e la sicurezza lungo i confini esterni dell'UE. Di conseguenza, dovrebbero poter partecipare all'iniziativa non soltanto città dei paesi candidati o candidati potenziali ma anche città dei paesi che partecipano alla politica di vicinato dell'UE, nonché dei paesi EFTA;

19.

raccomanda di sfruttare al meglio le sinergie per poter utilizzare in maniera ottimale tutte le fonti di finanziamento disponibili. In questo contesto, il Comitato invita a mettere a punto un meccanismo affidabile che consenta il sostegno reciproco dell'iniziativa nel quadro dei diversi programmi di finanziamento dell'UE;

20.

accoglie con favore la possibilità di soprassedere alla nomina qualora nessuna delle città candidate dovesse rispondere ai requisiti;

Osservazioni relative a singoli articoli

Articolo 5 (Criteri)

21.

è favorevole allo sviluppo di criteri di selezione delle candidature espliciti, trasparenti e chiari, che garantiscano ai potenziali interessati una maggiore certezza nella preparazione, e - grazie a un orientamento più preciso - anche nell'attuazione, di strategie a lungo termine;

22.

sottolinea l'importanza di adottare misure nuove ed efficaci a lungo termine che consentano alle diverse categorie sociali (soprattutto giovani, persone emarginate, svantaggiate o appartenenti a minoranze) di assistere o partecipare ad attività culturali. Occorre inoltre riservare un'attenzione particolare all'accessibilità dei programmi offerti per le persone disabili e gli anziani;

23.

fa notare che i criteri in questione non devono portare l'Unione europea a influenzare - sia pure solo indirettamente - i contenuti culturali delle attività in programma;

Articolo 6 (Panel europeo) e articolo 11 (Nomina)

24.

pone l'accento sull'importanza del panel europeo per questa iniziativa, ma è critico nei confronti delle novità proposte dalla Commissione riguardo alla nomina dei suoi membri. In particolare è contrario alla preselezione dei membri del panel e alla completa esclusione dei membri provenienti dallo Stato membro interessato;

25.

sottolinea altresì che proprio il nuovo modo di nomina di tali membri da parte della Commissione, previsto dalla proposta di decisione, e non più da parte del Consiglio, rischia di compromettere l'identificazione simbolica e materiale con l'iniziativa e l'accettazione di quest'ultima da parte degli Stati membri;

26.

propone quindi essenzialmente di mantenere, sia pure in forma modificata, la procedura attuale di selezione dei membri del panel europeo. Inoltre, la nomina della Capitale della cultura dovrebbe rimanere anche in futuro di competenza del Consiglio;

Articolo 10 (Disposizioni relative ai paesi candidati e potenziali candidati)

27.

si pronuncia a favore dell'apertura dell'iniziativa, oltre che alle città dei paesi candidati e potenziali candidati, anche alle città di altri Stati europei (paesi EFTA) nonché a quelle dei paesi che partecipano alla politica di vicinato dell'UE;

28.

reputa che, oltre al premio Melina Mercouri, che rappresenta il contributo finanziario dell'UE ad ogni capitale europea della cultura, sia necessario esplorare più attentamente le complementarità con altri fondi UE e il ricorso a finanziamenti innovativi, anche attraverso la Banca europea per gli investimenti (BEI);

29.

per motivi di equità rispetto alle città degli Stati membri, chiede che, nel periodo dal 2020 al 2033, ogni città sia autorizzata a partecipare ad un solo concorso destinato alle città dei paesi candidati, dei paesi potenziali candidati, dei paesi che partecipano alla politica di vicinato dell'UE e dei paesi EFTA.

II.   PROPOSTE DI EMENDAMENTO

Emendamento 1

Articolo 3, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Le città dei paesi candidati e potenziali candidati hanno inoltre la possibilità di candidarsi al titolo di Capitale europea della cultura nel quadro di un concorso generale organizzato ogni tre anni parallelamente ai concorsi nei due Stati membri, in conformità del calendario di cui all'allegato.

Le disposizioni specifiche applicabili alle città dei paesi candidati e potenziali candidati figurano all'articolo 10.

Le città dei paesi candidati, e dei paesi potenziali candidati, dei paesi che partecipano alla politica di vicinato dell'UE e dei paesi dell'EFTA hanno inoltre la possibilità di candidarsi al titolo di Capitale europea della cultura nel quadro di un concorso generale organizzato ogni tre anni parallelamente ai concorsi nei due Stati membri, in conformità del calendario di cui all'allegato.

Le disposizioni specifiche applicabili a queste alle città dei paesi candidati e potenziali candidati figurano all'articolo 10.

Motivazione

Prevedere diversi gruppi di candidati per ciascun programma di sostegno o iniziativa non sembra una scelta appropriata. Si propone pertanto di ampliare la gamma degli Stati partecipanti.

Emendamento 2

Articolo 4, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La partecipazione al concorso per il titolo di Capitale europea della cultura è aperta unicamente alle città. Le città candidate possono associare le regioni circostanti. Le candidature sono tuttavia presentate con il nome della città in questione che, qualora selezionata, riceverà il titolo.

La partecipazione al concorso per il titolo di Capitale europea della cultura è aperta unicamente alle città. Le città candidate possono associare i territori o le regioni circostanti. Le candidature sono tuttavia presentate con il nome della città in questione che, qualora selezionata, riceverà il titolo.

Motivazione

Oltre alle immediate vicinanze della città interessata, dovrebbe essere possibile coinvolgere anche la regione (nel senso più ampio del termine) in cui essa si trova.

Emendamento 3

Articolo 5, paragrafo 5, lettera b)

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

la creazione di opportunità nuove e sostenibili che consentano a un gran numero di cittadini (soprattutto giovani e gruppi emarginati o svantaggiati, comprese le minoranze) di assistere o partecipare ad attività culturali. Un'attenzione particolare è inoltre riservata, ove possibile, all'accessibilità di queste attività per le persone disabili e gli anziani;

la creazione di opportunità nuove e sostenibili che consentano a un gran numero di cittadini (soprattutto giovani e gruppi emarginati o svantaggiati, comprese le minoranze) di assistere o partecipare ad attività culturali. Un'attenzione particolare è inoltre riservata, ove possibile, all'accessibilità di queste attività per le persone disabili e gli anziani;

Motivazione

L'accesso delle persone disabili e degli anziani non dovrebbe essere limitato a priori.

Emendamento 4

Articolo 6, paragrafi da 1 a 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

1.

È istituito un panel europeo di esperti indipendenti ("panel europeo") che è incaricato delle procedure di selezione e monitoraggio.

2.

Il panel europeo è composto da 10 membri, che devono essere cittadini dell'Unione. Devono essere esperti indipendenti provvisti di esperienza e competenze rilevanti nel settore della cultura, nello sviluppo culturale delle città o nell'organizzazione di una Capitale europea della cultura. Inoltre, devono poter dedicare un numero appropriato di giorni di lavoro all'anno al panel europeo.

La Commissione preseleziona un gruppo di membri potenziali del panel in seguito a un invito a manifestare interesse. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione procedono poi a selezionare da questo gruppo tre esperti ciascuno e li nominano conformemente alle rispettive procedure. Il Comitato delle regioni seleziona un esperto e lo nomina conformemente alle proprie procedure.

Ogni istituzione o organo si adopera per garantire che le competenze degli esperti che nomina siano il più possibile complementari e che tali esperti siano selezionati garantendo una copertura geografica equilibrata.

Il panel europeo nomina il suo presidente.

3.

I membri del panel europeo sono nominati per tre anni. Tuttavia, in deroga a quanto previsto sopra, per il primo panel che sarà costituito a norma della presente decisione, il Parlamento europeo nomina i suoi tre esperti per tre anni, il Consiglio per un anno, la Commissione per due anni e il Comitato delle regioni nomina il suo esperto per un anno in modo da scaglionare la sostituzione dei membri del panel ed evitare così la perdita di esperienza e conoscenze che si verificherebbe in caso di sostituzione simultanea di tutti i membri.

1.

È istituito un panel europeo di esperti indipendenti e ("panel europeo") che è incaricato delle procedure di selezione e monitoraggio.

2.

Il panel europeo è composto da 11 0 membri, che devono essere cittadini dell'Unione. Devono essere esperti indipendenti provvisti di esperienza e competenze rilevanti nel settore della cultura, nello sviluppo culturale a livello locale, regionale o urbano delle città o nell'organizzazione di una Capitale europea della cultura. Inoltre, devono poter dedicare un numero appropriato di giorni di lavoro all'anno tempo sufficiente al panel europeo.

La Commissione preseleziona un gruppo di membri potenziali del panel in seguito a un invito a manifestare interesse. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione procedono poi a selezionano re da questo gruppo tre esperti membri ciascuno e li nominano conformemente alle rispettive procedure. Il Comitato delle regioni seleziona un membro esperto e lo nomina conformemente alle proprie procedure. Un membro viene nominato dallo Stato membro interessato in consultazione con la Commissione. In caso di candidature di Stati di cui all'articolo 10, questo membro è sostituito da un altro membro nominato dalla Commissione.

Ogni istituzione o organo si adopera per garantire che le competenze degli esperti dei membri che nomina siano il più possibile complementari e che tali esperti membri siano selezionati garantendo una copertura geografica equilibrata.

Il panel europeo nomina il suo presidente.

3.

I membri del panel europeo nominati dal Parlamento europeo, dal Consiglio, dalla Commissione e dal Comitato delle regioni sono nominati per tre quattro anni. Tuttavia, in deroga a quanto previsto sopra, per il primo panel che sarà costituito a norma della presente decisione, il Parlamento europeo nomina i suoi tre esperti per tre anni, il Consiglio nomina i suoi membri per un anno due anni, e la Commissione per due tre anni e il Comitato delle regioni nomina il suo esperto per un anno in modo da scaglionare la sostituzione dei membri del panel ed evitare così la perdita di esperienza e conoscenze che si verificherebbe in caso di sostituzione simultanea di tutti i membri.

Motivazione

Il CdR è critico nei confronti della preselezione dei membri del panel da parte della Commissione. In sostanza, esso propone di mantenere il sistema attuale, sia pure in forma lievemente modificata. In particolare, quella di garantire allo Stato membro interessato una rappresentanza all'interno del panel si è dimostrata una scelta valida.

Emendamento 5

Articolo 10, paragrafi 1, 2 e 3

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

Disposizioni relative ai paesi candidati e potenziali candidati

1.

La Commissione è responsabile dell'organizzazione del concorso tra le città dei paesi candidati e candidati potenziali.

2.

La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea un invito a presentare candidature sei anni prima dell'inizio dell'anno del titolo. Tale invito è aperto alle città di tutti i paesi candidati e potenziali candidati purché questi partecipino, alla data di pubblicazione dell'invito, al programma Europa creativa o a programmi successivi dell'Unione a sostegno della cultura.

Tuttavia, per motivi di equità rispetto alle città degli Stati membri, ogni città è autorizzata a partecipare ad un solo concorso destinato alle città dei paesi candidati e potenziali candidati durante il periodo dal 2020 al 2033 e una città che abbia partecipato a tale concorso non è autorizzata, nello stesso periodo, a partecipare a un concorso organizzato successivamente in un nuovo Stato membro conformemente a quanto disposto nell'articolo 3, paragrafo 2.

Ancora per motivi di equità nei confronti degli Stati membri, ogni paese candidato o potenziale candidato è autorizzato a ospitare la manifestazione una sola volta nel periodo dal 2020 al 2033. Alle città di paesi cui è già stato attribuito il titolo non è dunque consentito partecipare a ulteriori concorsi durante lo stesso periodo.

3.

Le condizioni di cui all'articolo 4 e i criteri di cui all'articolo 5 si applicano ai paesi candidati e potenziali candidati.

Disposizioni relative ai paesi candidati e potenziali candidati ad altri Stati

1.

La Commissione è responsabile dell'organizzazione del concorso tra le città dei paesi candidati, e dei paesi potenziali candidati, dei paesi che partecipano alla politica di vicinato dell'UE e dei paesi dell'EFTA.

2.

La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea un invito a presentare candidature sei anni prima dell'inizio dell'anno del titolo. Tale invito è aperto alle città di tutti i paesi candidati e potenziali candidati purché questi partecipino, alla data di pubblicazione dell'invito, al programma Europa creativa o a programmi successivi dell'Unione a sostegno della cultura.

Tuttavia, per motivi di equità rispetto alle città degli Stati membri, ogni città è autorizzata a partecipare ad un solo concorso destinato alle città dei paesi candidati, e dei paesi potenziali candidati, dei paesi che partecipano alla politica di vicinato dell'UE e dei paesi dell'EFTA durante il periodo dal 2020 al 2033 e una città che abbia partecipato a tale concorso non è autorizzata, nello stesso periodo, a partecipare a un concorso organizzato successivamente in un nuovo Stato membro conformemente a quanto disposto nell'articolo 3, paragrafo 2.

Ancora per motivi di equità nei confronti degli Stati membri, ogni paese candidato o potenziale candidato ciascuno di tali paesi è autorizzato a ospitare la manifestazione una sola volta nel periodo dal 2020 al 2033. Alle città di paesi cui è già stato attribuito il titolo non è dunque consentito partecipare a ulteriori concorsi durante lo stesso periodo.

3.

Le condizioni di cui all'articolo 4 e i criteri di cui all'articolo 5 si applicano ai suddetti paesi candidati e potenziali candidati.

Motivazione

Prevedere diversi gruppi di candidati per ciascun programma di sostegno o iniziativa non sembra una scelta appropriata. Si propone pertanto di ampliare la gamma degli Stati partecipanti. Onde evitare costi finanziari eccessivi, dovrebbe essere possibile adottare soluzioni caso per caso.

Emendamento 6

Articolo 11

Testo proposto dalla Commissione

Emendamento del Comitato delle regioni

La Commissione nomina ufficialmente le Capitali europee della cultura mediante atti di esecuzione, tenendo in debito conto le raccomandazioni del panel europeo. Essa informa della nomina il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato delle regioni.

La Commissione nomina ufficialmente le Capitali europee della cultura mediante atti di esecuzione, tenendo in debito conto le raccomandazioni del panel europeo. Essa informa della nomina il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato delle regioni.

1.

La Commissione designa, d'intesa con gli Stati membri interessati, una città da nominare Capitale europea della cultura, e ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato delle regioni almeno quattro anni prima dell'inizio previsto della relativa manifestazione.

La suddetta notifica deve essere accompagnata da una motivazione della designazione basata sulle relazioni del panel europeo.

La designazione tiene conto delle raccomandazioni formulate dal panel europeo.

2.

Il Parlamento europeo può trasmettere un parere alla Commissione entro tre mesi dal ricevimento delle designazioni.

3.

Il Consiglio, deliberando in base a una raccomandazione della Commissione formulata tenendo conto del parere del Parlamento europeo e delle giustificazioni fondate sulle relazioni del panel europeo, nomina ufficialmente le città in questione Capitali europee della cultura per l'anno per il quale sono state designate.

Motivazione

La nomina di una Capitale europea della cultura è un atto di tale importanza da dover essere compiuto dal Consiglio, cui è possibile conferire, per espressa disposizione dell'articolo 291, paragrafo 2, del TFUE, competenze di esecuzione in casi specifici debitamente motivati.

Bruxelles, 30 novembre 2012

Il presidente del Comitato delle regioni

Ramón Luis VALCÁRCEL SISO


(1)  CdR 191/2011 fin.

(2)  CdR 191/2011 fin.