ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2013.011.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 11

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

56o anno
15 gennaio 2013


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

484a sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012

2013/C 011/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema Più Europa

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

484a sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012

2013/C 011/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La partecipazione delle associazioni di tutela dei consumatori all'istituzione e al funzionamento del mercato unico (parere di iniziativa)

3

2013/C 011/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Principi, procedure e azioni per l'applicazione dell'articolo 11, paragrafi 1 e 2 del Trattato di Lisbona (parere di iniziativa)

8

2013/C 011/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il contributo e la partecipazione degli anziani alla società (parere di iniziativa)

16

2013/C 011/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Rafforzamento dell'autonomia sociale e integrazione dei cittadini Rom in Europa (supplemento di parere)

21

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

484a sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012

2013/C 011/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei buoni (voucher) — COM(2012) 206 final — 2012/0102 (CNS)

27

2013/C 011/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda un meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA — COM(2012) 428 final — 2012/0205 (CNS)

31

2013/C 011/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 1093/2010 che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) per quanto riguarda l'interazione di detto regolamento con il regolamento (UE) n. …/… che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi — COM(2012) 512 final — 2012/0244 (COD) — e alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Una tabella di marcia verso l'Unione bancaria — COM(2012) 510 final

34

2013/C 011/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Sistema bancario ombra — COM(2012) 102 final

39

2013/C 011/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Una strategia per gli appalti elettronici — COM(2012) 179 final

44

2013/C 011/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Modernizzazione degli aiuti di Stato dell'UE — COM(2012) 209 final

49

2013/C 011/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Un'agenda europea dei consumatori — Stimolare la fiducia e la crescita — COM(2012) 225 final

54

2013/C 011/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento — COM(2012) 352 final — 2012/0169 (COD)

59

2013/C 011/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Verso una ripresa fonte di occupazione — COM(2012) 173 final

65

2013/C 011/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea — COM(2012) 153 final

71

2013/C 011/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alle seguenti proposte: proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente lo strumento di assistenza preadesione (IPA II), e proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di vicinato — COM(2011) 838 final e COM(2011) 839 final

77

2013/C 011/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo — COM(2011) 844 — 2011/0412 (COD)

81

2013/C 011/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d’azione per l’imposizione fiscale nell’Unione europea per il periodo 2014-2020 (Fiscalis 2020) e abroga la decisione n. 1482/2007/CE — COM(2012) 465 final — 2011/0341/b (COD)

84

2013/C 011/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 812/2004 del Consiglio che stabilisce misure relative alla cattura accidentale di cetacei nell'ambito della pesca e che modifica il regolamento (CE) n. 88/98 — COM(2012) 447 final — 2012/216 (COD)

85

2013/C 011/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio — COM(2012) 403 final — 2012/0196 (COD)

85

2013/C 011/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 850/98 del Consiglio per la conservazione delle risorse della pesca attraverso misure tecniche per la protezione del novellame — COM(2012) 432 final — 2012/0208 (COD)

86

2013/C 011/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1100/2007 del Consiglio che istituisce misure per la ricostituzione dello stock di anguilla europea — COM(2012) 413 final — 2012/0201 (COD)

86

2013/C 011/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE volta a chiarire le disposizioni sui tempi delle aste di quote di gas a effetto serra — COM(2012) 416 final — 2012/0202 (COD)

87

2013/C 011/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad alcune misure tecniche e di controllo nello Skagerrak e recante modifica del regolamento (CE) n. 850/98 e del regolamento (CE) n. 1342/2008 — COM(2012) 471 final — 2012/0232 (COD)

87

2013/C 011/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/110/CE del Consiglio concernente il miele — COM(2012) 530 final — 2012/0260 (COD)

88

2013/C 011/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla modifica della proposta della Commissione COM(2011) 628 definitivo/2 di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune COM(2012) 551 final — 2012/0260 (COD)

88

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

484a sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012

15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Più Europa»

2013/C 11/01

Alla sua sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 15 novembre), il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha adottato la seguente risoluzione con 187 voti favorevoli, 28 voti contrari e 28 astensioni.

Il CESE afferma che, di fronte alle crisi in corso, l'Unione europea deve ristabilire la fiducia in un modello di crescita dinamica e nella legittimità del suo processo decisionale. Si deve costruire un'Europa forte, sostenibile, sociale e competitiva.

Il CESE chiede pertanto con forza:

«Più Europa», un'Europa le cui componenti si sostengano a vicenda e che sia un'unione più forte della somma dei suoi elementi costitutivi. L'UE deve affrancarsi dall'immagine percepita di arcigno messaggero di austerità, regresso sociale e povertà. L'unione monetaria deve ora accompagnarsi a un'unione politica, dotata di una politica coerente per l'economia, le finanze, l'occupazione e il settore sociale nell'interesse dei cittadini. Il bilancio dell'UE deve essere configurato in modo da fornire gli stimoli adeguati per favorire la competitività, la crescita e la creazione di posti di lavoro. Deve essere rafforzato e sostenuto da meccanismi di risorse proprie, da una politica di coesione unica che coinvolga attivamente la società civile e da un ruolo più interventista della Banca europea per gli investimenti. Di conseguenza, il CESE fa appello ai capi di Stato e di governo affinché al vertice europeo del 22 e 23 novembre producano un risultato all'altezza di tali compiti.

Il coinvolgimento della società civile nel processo di formulazione delle politiche e delle decisioni europee. Tale coinvolgimento rappresenta uno strumento fondamentale non soltanto per rafforzare la legittimità democratica delle istituzioni europee e dell'azione dell'UE, ma anche per promuovere l'affermarsi di una visione condivisa della ragion d'essere dell'Europa e delle sue aspirazioni, nonché per ristabilire la fiducia nei confronti del progetto europeo, garantendo la piena partecipazione dei cittadini alla costruzione dell'Europa. A tal fine dare rapida attuazione alle disposizioni dell'articolo 11 del Trattato sull'UE relativo al pilastro della democrazia partecipativa è della massima urgenza.

Investimenti sostenibili in competenze, infrastrutture, economia sociale, servizi e prodotti, che si riflettano nei programmi nazionali di riforma sotto forma di un patto per gli investimenti sociali, accompagnato da un pacchetto europeo di misure di rilancio incentrato sulla creazione di veri posti di lavoro e coordinato con i piani di sviluppo nazionali. È solo in questo modo che la strategia Europa 2020 potrà essere condotta a buon fine. Gli investimenti in una produzione energetica e industriale climaticamente intelligente, combinati con l'instaurazione di un'economia verde, contribuiranno a risolvere i problemi di lungo periodo provocati dai cambiamenti climatici e a garantire uno sviluppo sostenibile.

La promozione di azioni comuni nella zona euro intese a stabilizzare il debito e a sostenere la ripresa in tutta l'Unione. Si dovrebbe incoraggiare la BCE ad attuare il suo programma di acquisto di obbligazioni volto a stabilizzare i costi di finanziamento nella zona euro, come annunciato dal suo presidente. Tale programma deve essere effettuato ovviamente nel rispetto del mandato della BCE. Anche la BEI dovrebbe essere incoraggiata ad emettere obbligazioni di progetto al fine di promuovere la crescita. Il CESE si compiace della decisione di 11 Stati membri di introdurre un'imposta sulle transazioni finanziarie. In tale contesto, chiede all'UE di intensificare gli sforzi per incoraggiare la trasparenza e combattere l'economia sommersa, la frode e l'evasione fiscali, e la corruzione all'interno e all'esterno dell'Unione. Le attività della zona euro dovrebbero rimanere aperte agli Stati membri che desiderano aderire all'unione monetaria.

La realizzazione di un'unione fiscale, bancaria e finanziaria, che costituisce il pilastro indispensabile di un'unione economica e monetaria. Per attuare queste misure occorrono il dialogo sociale e il dialogo con la società civile organizzata.

Un sostegno per le piccole e medie imprese, affinché rimettano in moto la crescita, che abbia come linea guida lo Small Business Act. Occorre sfruttare appieno il potenziale del mercato unico, anche aprendo il settore dei servizi e promuovendo il ruolo dell'economia sociale, rimuovendo gli ostacoli amministrativi inutili e agevolando l'accesso all'informazione e alle nuove tecnologie digitali, ai finanziamenti, al credito, ai mercati dei capitali, del lavoro e delle tecnologie, agli strumenti finanziari e alle garanzie sui prestiti dell'UE a favore delle PMI e dell'imprenditoria.

La protezione e i diritti di difesa dei consumatori, in particolare i più svantaggiati che devono affrontare situazioni come il sovraindebitamento, la precarietà, nonché l'estrema povertà e l'esclusione.

La creazione di un autentico mercato del lavoro che permetta la mobilità e l'utilizzo di competenze specialistiche là dove sono necessarie. Il completamento di un mercato unico del lavoro deve costituire parte integrante dell'attuazione della strategia Europa 2020.

La garanzia di un'opportunità per i nostri giovani. Il CESE continuerà a incitare l'UE a promuovere un'Europa della ricerca e dell'innovazione, a investire maggiormente nei sistemi di istruzione europei e a mantenere le risorse necessarie a finanziare e rafforzare i programmi di mobilità dei giovani, come il programma Erasmus. Il CESE rivolge un appello alla Commissione affinché ritiri la sua proposta di bilancio dell'UE se gli Stati membri, che parlano continuamente di investimenti e di crescita, non sosterranno un bilancio UE e un quadro finanziario pluriennale propizio agli investimenti orientati al futuro. È necessario adottare misure volte a sostenere le PMI nell'assunzione di nuovi lavoratori fra i disoccupati e coloro eventualmente privi di esperienza.

Il rafforzamento della competitività dell'economia europea attraverso l'innovazione e un finanziamento stabile della ricerca e dello sviluppo, nonché attraverso una politica di formazione e di accompagnamento specifico dei titolari delle PMI/microimprese e dei loro dipendenti, una politica di sostegno agli investimenti, l'accesso ai mercati e la riduzione dei vincoli amministrativi; ciò promuoverà anche un rinnovamento dell'industria europea quale importante motore di crescita e occupazione.

Un contesto giuridico favorevole, che non comporti oneri amministrativi e di adempimento inutili. La legislazione in materia economica deve essere chiara, equa e proporzionata. Si tratta di un fattore importante per tutte le imprese, ma in particolare per quelle piccole e medie.

Uno sforzo particolare affinché l'UE sia vista come un partner attivo e globale. In questo senso è altrettanto importante la politica commerciale internazionale dell'UE che dovrebbe promuovere i valori dell'Unione a sostegno dello sviluppo sostenibile e della partecipazione della società civile, tra l'altro mediante la creazione di organismi della società civile incaricati di monitorare l'attuazione degli accordi commerciali.

L'equilibrio di genere da assicurare attuando la legislazione in materia di parità di genere e garantendo pari opportunità. Il divario salariale tra gli uomini e le donne per lo stesso lavoro è del 17 % e le donne e i giovani sono i gruppi più colpiti dalla crisi.

Bruxelles, 15 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

484a sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012

15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/3


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La partecipazione delle associazioni di tutela dei consumatori all'istituzione e al funzionamento del mercato unico» (parere di iniziativa)

2013/C 11/02

Relatore: Hernández BATALLER

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

La partecipazione delle associazioni di tutela dei consumatori all'istituzione e al funzionamento del mercato unico.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 30 agosto 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre …), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 141 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Nel contesto attuale, nel quale si tarderà a ritornare ai livelli di crescita registrati in passato, è essenziale collocare il consumatore al centro delle politiche economiche e finanziarie dell'Unione, conformemente alla comunicazione della Commissione europea Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Le associazioni dei consumatori forti e indipendenti svolgono un ruolo della massima importanza sul mercato, e devono essere dotate delle risorse umane, materiali e tecniche necessarie per svolgere la loro missione, vale a dire difendere i diritti e gli interessi dei consumatori.

1.2

Il diritto dei consumatori ad associarsi al fine di salvaguardare i propri interessi è riconosciuto dal diritto primario, più precisamente all'articolo 169 del TFUE, il quale, sul piano giuridico, stabilisce a livello europeo che le organizzazioni dei consumatori svolgono un ruolo insostituibile in quanto garanti della fiducia e dello sviluppo del mercato unico europeo.

1.3

Fatta salva l'applicazione del principio di sussidiarietà, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) invita la Commissione a prendere l'iniziativa di garantire alle organizzazioni dei consumatori una serie di diritti minimi comuni. Tra questi figurano: il diritto a essere consultate e ad avere voce in capitolo per via rappresentativa, la definizione giuridica e/o amministrativa dei diritti e degli interessi dei consumatori attraverso l'audizione e la consultazione preliminare sulle misure che incidono su tali diritti e tali interessi giuridicamente tutelati, a livello sia nazionale sia europeo, e il diritto a partecipare alla regolamentazione dei servizi d'interesse economico generale.

1.4

Il fatto che i fornitori di servizi d'interesse economico generale condividano la stessa base comune di consumatori di tali servizi, tra cui numerosi consumatori vulnerabili, richiede un monitoraggio delle specificità di ciascun mercato (gas, acqua, elettricità, ecc.), senza tuttavia rinunciare a una visione integrata di tutti questi servizi, tenendo conto degli effetti che essi possono avere, nel loro insieme, sulla qualità della vita e sul bilancio familiare. Le organizzazioni dei consumatori possono affrontare in modo particolarmente competente tali aspetti. Bisognerebbe definire per i servizi difettosi un sistema analogo a quello esistente per i prodotti (RAPEX), affinché le associazioni dei consumatori possano informare in rete i consumatori stessi dell'esistenza di tali servizi.

1.5

Esiste un'enorme disparità nell'accesso alle informazioni e nella conoscenza approfondita del funzionamento dei mercati dei servizi d'interesse economico generale, nel modo in cui si formano i prezzi, i valori e gli elementi che fanno parte dell'accesso alle reti e nel modo in cui incidono sui consumatori. La regolamentazione è infatti una materia molto tecnica e complessa, ma riveste un innegabile interesse per i consumatori e le organizzazioni che le rappresentano.

1.6

Normalmente per i consumatori è più difficile mettere a confronto i servizi che i prodotti. Questo diventa particolarmente complicato nel caso dei servizi d'interesse economico generale. I termini contrattuali relativi a tali servizi, come ad esempio la metodologia per la determinazione delle tariffe, variano infatti considerevolmente. Inoltre, l'introduzione di componenti diverse dallo stesso servizio deve essere spiegata correttamente dagli organismi di regolamentazione, discussa con le organizzazioni rappresentative degli interessi dei consumatori e da questi ultimi capita.

1.7

Il Comitato ritiene che la Commissione debba invitare gli Stati membri e gli organi nazionali di regolamentazione a promuovere la trasparenza, l'informazione e il processo decisionale, favorendo il dibattito sugli interessi in gioco (offerta, domanda, settori economici regolamentati e consumatori), sostenendo la discriminazione positiva delle organizzazioni che rappresentano gli interessi dei consumatori affinché prendano parte, a parità di condizioni con gli agenti economici, ai forum di discussione e agli organi consultivi degli organismi di regolamentazione. Questo garantisce la titolarità in prima persona di tali organizzazioni e, di riflesso, degli stessi consumatori.

2.   Introduzione

2.1

Con il presente parere d'iniziativa, il CESE, organo attraverso il quale si esprimono le organizzazioni della società civile, intende sottolineare la necessità di adottare una visione umanista del mercato interno e di difendere la democrazia economica (1), tenendo conto di tutte le conseguenze che ne derivano, in particolare in termini di consultazione, partecipazione al processo decisionale concernente la regolamentazione dei servizi d'interesse generale, trasparenza di tale processo, accesso alle informazioni e infine partecipazione, consultazione e rappresentanza dei consumatori alla regolamentazione di tali servizi, tra i quali vanno inclusi anche i servizi finanziari.

2.2

In linea con la comunicazione della Commissione Europa 2020: strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che intende collocare al centro del mercato unico il consumatore nel pieno uso dei suoi diritti, i consumatori devono poter contare sul fatto che le loro organizzazioni nazionali ed europee siano in grado di proteggerli e dispongano dei mezzi, delle conoscenze e degli strumenti necessari per agire in loro difesa. Le norme volte a impedire distorsioni della concorrenza sul mercato interno perseguono come obiettivo finale un miglioramento del benessere dei consumatori (2).

2.3

Il CESE osserva che, nell'attuale contesto, è essenziale porre il consumo al centro delle politiche dell'UE e della costruzione del mercato unico. Per questo, è indispensabile che le organizzazioni dei consumatori siano indipendenti e forti. Il CESE ha già preso atto del fatto che, per la conservazione dell'equilibrio economico, occorre che tali organizzazioni siano capaci di svolgere pienamente il loro ruolo di contropotere all'interno del mercato, e ha raccomandato alla Commissione di aumentare sensibilmente i finanziamenti a loro favore, in particolare affinché possano dotarsi degli strumenti necessari (3).

2.4

Il CESE sottolinea e riconosce il fatto che la diversità tra gli Stati membri si rispecchia anche nel ruolo assegnato alle associazioni dei consumatori, nel modo in cui queste ultime si organizzano, nei mezzi di cui dispongono, nel livello di conoscenze e di specializzazione che possiedono o nella rappresentatività che sono chiamate a garantire. Nonostante esistano associazioni di consumatori a livello UE (BEUC, ANEC), il CESE giudica fondamentale esaminare, da un punto di vista europeo, i problemi degli organismi nazionali del settore, in considerazione dell'importanza che rivestono per i consumatori e per il mercato unico.

Allo stesso modo, il CESE promuove la cooperazione tra le organizzazioni rappresentative degli operatori economici e quelle dei consumatori, in quanto forma privilegiata di dialogo, utile per trovare soluzioni più equilibrate per lo sviluppo del mercato. In tale contesto, approva l'esistenza di forum nazionali ed europei che perseguono questo obiettivo.

3.   Consumatori europei - organizzazioni rappresentative nazionali

3.1

Le istituzioni europee hanno riconosciuto infinite volte quanto sia importante la fiducia dei consumatori per realizzare appieno il mercato unico. Dal primo programma per una politica di protezione dei consumatori, del 1975 (4), in cui gli Stati membri ribadirono il loro impegno a incrementare gli sforzi a favore dei consumatori, il "diritto ad essere rappresentati ed ascoltati" è stato sempre riconosciuto espressamente. I programmi successivi hanno confermato gli obiettivi e i diritti dei programmi precedenti fino all'adozione dei cosiddetti Piani strategici di protezione dei consumatori, in cui si prevede l'adeguata partecipazione delle organizzazioni dei consumatori alle politiche europee, dal punto di vista sia del contenuto sia procedurale.

3.2

Conformemente a tali programmi e piani, i consumatori e i loro rappresentanti dovrebbero disporre della capacità e delle risorse necessarie per poter salvaguardare i loro interessi alle stesse condizioni degli altri soggetti del mercato. Per tale motivo, è opportuno rivedere gli strumenti di partecipazione delle organizzazioni all'elaborazione delle politiche europee.

3.3

Tuttavia, nell'attuale piano strategico (5), il potenziamento delle organizzazioni dei consumatori a livello europeo non è più uno degli obiettivi principali della politica relativa al consumo. L'interesse si concentra in particolare sul rafforzamento del movimento dei consumatori dei vari Stati membri. Finora, purtroppo, non è stato mai valutato a livello UE il risultato degli obiettivi di tali piani per quanto concerne la partecipazione dei consumatori.

3.4

Negli ultimi anni, la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno optato a favore di una strategia di rafforzamento dei singoli consumatori, sperando in tal modo di ottenere l'auspicata fiducia nel mercato unico. Per portare avanti detta strategia, hanno affiancato la revisione dell'intera normativa sulla protezione dei consumatori alla difesa di un grado massimo di armonizzazione in settori tipici della politica dei consumatori. Hanno inoltre elaborato al massimo la teoria del consumatore medio (6)"normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto" (7), per cui la legalità si basa su una falsa premessa che vuole l'esistenza di un consumatore ideale informato e consapevole che, secondo le statistiche, non esiste.

3.5

I dati a disposizione dimostrano che numerosi consumatori sono lungi dal portare avanti quel ruolo attivo, consapevole e concreto che esige un mercato competitivo e innovativo. In realtà, la maggioranza dei consumatori europei non nutre fiducia e non si sente né informato né protetto (8).

3.6

Parallelamente, l'approccio europeo è stato molto limitato rispetto ai consumatori intesi come gruppo. Per quanto concerne le organizzazioni rappresentative dei consumatori, l'UE ha ottenuto risultati scarsi. Per tale motivo, il CESE invita la Commissione a presentare una proposta concreta sull'azione collettiva (class action), strumento importantissimo per difendere gli interessi dei consumatori a livello sia nazionale sia europeo.

3.7

Il diritto dei consumatori di organizzarsi per salvaguardare i loro interessi è previsto all'articolo 169 del Trattato. È dunque essenziale riconoscere, a livello europeo, che le organizzazioni dei consumatori svolgono un ruolo unico e insostituibile come garanti della fiducia e dello sviluppo del mercato unico europeo. In tal modo si giustifica l'idea di sancire una serie di diritti e principi fondamentali comuni nelle politiche nazionali, ferma restando l'autonomia degli Stati membri per quanto concerne la definizione di tali politiche.

3.8

Nel gennaio 2011, il gruppo consultivo dei consumatori europei (ECCG) ha elencato le ragioni principali che rendono necessaria la presenza di organizzazioni di consumatori forti, ragioni tra le quali figurano:

a)

il numero di decisioni europee che hanno un impatto sui consumatori a livello nazionale;

b)

il fatto che le associazioni di consumatori vengono sempre più consultate dalle istituzioni europee;

c)

il diritto dei consumatori ad avere voce in capitolo nella definizione delle politiche che li riguardano;

d)

l'esistenza di squilibri, a livello di risorse finanziarie, tra i rappresentanti delle libere professioni e quelli dei consumatori in ambito decisionale, cosa che ha determinato un grado più o meno elevato di partecipazione e di influenza delle stesse associazioni (9).

Il CESE si è già espresso circa le condizioni che le associazioni dei consumatori dovrebbero soddisfare e nel presente parere ribadisce le sue affermazioni (10).

3.9

Senza organizzazioni di consumatori forti ed indipendenti dal potere politico ed economico, che diano un contributo attivo alla creazione di un mercato libero e competitivo, che rivendichino la trasparenza dell'informazione e che agiscano a difesa degli interessi individuali e collettivi dei consumatori, sarebbe più difficile conseguire la fiducia tra i consumatori europei.

4.   I diritti di consultazione e partecipazione agli organismi di regolazione dei servizi economici d'interesse generale

4.1

Le organizzazioni dei consumatori sono un elemento fondamentale per il ripristino della fiducia dei consumatori e per la creazione del mercato unico. Per tale motivo, il CESE chiede alla Commissione di prendere l'iniziativa di garantire alle organizzazioni dei consumatori una serie di diritti minimi comuni. Tra questi figurano: il diritto a essere consultate e ad avere voce in capitolo per via rappresentativa, la definizione giuridica e/o amministrativa dei diritti e degli interessi dei consumatori attraverso l'audizione e la consultazione preliminare sulle misure che incidono su tali diritti e tali interessi giuridicamente tutelati, a livello sia nazionale sia europeo, e il diritto a partecipare alla regolamentazione dei servizi d'interesse economico generale.

4.2

Dato che nel presente parere non è possibile analizzare tutti gli aspetti che occorre garantire alle organizzazioni dei consumatori, il Comitato sottolinea i seguenti:

a)

il diritto ad essere consultate ed ascoltate in via rappresentativa sulla definizione giuridica e/o amministrativa dei diritti e degli interessi dei consumatori, attraverso audizioni e consultazioni preliminari concernenti le misure che incidono sui diritti e sugli interessi tutelati dalla legge, a livello sia nazionale che europeo;

b)

il diritto a partecipare nell'ambito della regolamentazione settoriale, in particolare dei servizi d'interesse generale essenziali per la vita sociale, rispetto ai quali i consumatori non possono oggettivamente scegliere se disporne o no.

4.3

Il CESE ricorda che il Protocollo 26 del Trattato di Lisbona, relativo ai servizi d'interesse generale, e l'articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali sottolineano l'importanza dei servizi d'interesse generale per l'UE, la quale stabilisce i principi che ne disciplinano l'approccio. Ricorda inoltre che i servizi d'interesse generale non possono essere garantiti dal mercato senza l'intervento pubblico (oppure possono esserlo solo in base a condizioni diverse per quanto concerne la qualità, la sicurezza e l'accessibilità, la parità di trattamento e l'accesso universale). L'obbligo specifico di pubblico servizio è imposto al fornitore attraverso un mandato, basato sul criterio dell'interesse generale che garantisce l'esistenza di condizioni di servizio adeguate allo svolgimento della sua missione (11).

4.4

Molti dei servizi d'interesse economico generale, ad esempio l'elettricità e il gas, l'acqua o le comunicazioni, sono stati tradizionalmente forniti dagli Stati, che avevano le proprie reti di distribuzione. Spesso il dibattito su tali servizi è stato affrontato in termini di rischi (salute, sicurezza, ambiente), di politiche strategiche nazionali in materia di risorse naturali o di processo di liberalizzazione dei mercati, ad esempio nel settore dell'energia.

4.5

Dal punto di vista del consumatore, le questioni principali sono collegate alla garanzia della sicurezza della distribuzione e dell'accesso, e il prezzo rappresenta il fattore essenziale, forse l'unico, della sua scelta.

Per i consumatori è già più difficile mettere a confronto i servizi che i prodotti, ma questo compito diventa particolarmente arduo dinanzi a clausole contrattuali che generalmente non sono ben spiegate. È il caso, ad esempio, della metodologia utilizzata per determinare le tariffe e i prezzi, che è molto articolata e comprende, oltre al servizio in sé, tutta una serie di componenti. La metodologia inoltre non viene discussa né adeguatamente assimilata dalle organizzazioni rappresentative degli interessi dei consumatori.

Bisognerebbe definire per i servizi difettosi un sistema analogo a quello esistente per i prodotti (RAPEX), affinché le associazioni dei consumatori possano informare in rete i consumatori stessi dell'esistenza di tali servizi.

4.6

L'Osservatorio del mercato dell'energia scompone il prezzo dell'energia in tre grandi gruppi: energia, trasporto e distribuzione (reti), altre imposte e IVA, ed effettua vari raffronti tra gli Stati membri. Nonostante non sia stato eseguito il pur necessario compito di identificare gli elementi specifici che compongono, in ciascuno Stato membro, il gruppo denominato "altre imposte", questo tipo di scomposizione dei componenti del prezzo è possibile in altri servizi d'interesse economico generale (ad es. acqua e comunicazioni). Sarebbe pertanto utile che tale informazione venisse presentata dettagliatamente anche in altri settori.

4.7

La Commissione europea ha elaborato una serie di studi particolareggiati sul prezzo di alcuni servizi d'interesse economico generale, sottolineando i dati forniti dall'Osservatorio del mercato dell'energia. Detti studi giungono, tra l'altro, alle seguenti conclusioni:

a)

la maggior parte degli Stati membri continua a regolare i prezzi per l'insieme delle famiglie; inoltre le pratiche dell'industria, che ricorre a conti per l'elettricità particolarmente complessi, rende difficile l'ingresso di nuovi concorrenti e di nuovi fornitori di apparecchiature di commutazione per i consumatori;

b)

le tariffe possono rappresentare un'importante fonte aggiuntiva di reddito, il cui valore è progressivamente aumentato e si ritrova nella bolletta pagata dai consumatori, siano essi nuclei familiari o industrie.

4.8

La verità è che, nonostante l'esistenza di numerosi e diversi organismi di regolamentazione e nonostante gli inviti dell'UE a favore di una maggiore trasparenza delle loro decisioni, c'è un'enorme differenza tra le organizzazioni dei consumatori per quanto concerne l'accesso alle informazioni e le conoscenze specializzate circa il funzionamento dei mercati dei servizi d'interesse economico generale. È il caso in particolare della formazione dei prezzi, dei valori presi in considerazione, dell'accesso alle reti e infine del modo in cui questi aspetti sono fatti pagare ai consumatori.

4.9

Il CESE ritiene che la Commissione europea debba incoraggiare gli Stati membri e gli organi nazionali di regolamentazione non solo a promuovere la trasparenza dell'informazione e dei processi decisionali ma anche a favorire l'equilibrio degli interessi in gioco (settori economici regolamentati e consumatori), sostenendo e discriminando positivamente le organizzazioni che rappresentano gli interessi dei consumatori (ad es. attraverso la formazione specifica, la consulenza e gli aiuti finanziari).

4.10

La partecipazione delle organizzazioni dei consumatori, a parità di condizioni con gli agenti economici, ai forum di dibattito e agli organi consultivi è, agli occhi del CESE, lo strumento più adeguato per garantire, in un mercato competitivo, la titolarizzazione delle organizzazioni dei consumatori e, con esse, dello stesso consumatore (12).

4.11

Il CESE ritiene tuttavia che i rischi presenti (a cominciare dal pericolo che le organizzazioni siano prese in ostaggio) debbano essere messi in secondo piano di fronte all'importanza di garantire l'acquisizione di conoscenze specifiche in settori complessi che hanno un notevole impatto sulla qualità della vita dei consumatori, la quale sarà tutelata solo se questi ultimi saranno adeguatamente rappresentati.

4.12

Le istituzioni europee possono e devono incoraggiare la partecipazione delle organizzazioni dei consumatori agli organi e ai forum di discussione degli enti di regolamentazione – in particolare ai forum di discussione sulle tariffe e i prezzi (13) – non solo come manifestazione di indipendenza e trasparenza del processo regolamentare, specie per quanto attiene alla struttura delle tariffe, ma anche come contributo ad una cittadinanza attiva e all'esistenza di organizzazioni di consumatori forti.

4.13

Si fa vagamente riferimento a questo problema nelle direttive relative a norme comuni per il mercato interno dell'elettricità e del gas (14), in cui si afferma che "fatta salva la sua autonomia e le competenze di cui dispone, e conformemente al principio legiferare meglio, l'organismo di regolamentazione dovrà, se del caso, consultare gli operatori del sistema di trasmissione e stabilire, eventualmente, una stretta collaborazione con altre autorità nazionali competenti al fine di portare a compimento gli obblighi". La partecipazione e il dibattito con le organizzazioni rappresentative dei consumatori non sono tuttavia oggetto di raccomandazioni in tutti gli ambienti competitivi.

4.14

In tali ambienti, la struttura delle tariffe condiziona l'accesso non solo dei fornitori di servizi ma anche dei consumatori, in quanto influisce direttamente sul prezzo, il che può determinare esclusione e immobilità tra i consumatori (15).

4.15

La regolamentazione non ha tenuto conto della questione del prezzo e della necessità di discutere con i rappresentanti dei consumatori le strutture tariffarie che ne sono all'origine. Tali aspetti risultano inoltre assenti dagli atti giuridici dell'Unione che affrontano questa materia (ad es. le già citate direttive). Ciononostante, le informazioni che sistematicamente provengono dell'Osservatorio del mercato dell'energia rivelano chiaramente che il prezzo di detti servizi tiene conto di costi (imposte o altre voci) che vengono fatti pagare ai consumatori, i quali diventano sempre più vulnerabili nel mercato unico, e alle imprese, che perdono di competitività.

4.16

Per quanto concerne i servizi d'interesse economico generale che hanno un effetto diretto su costi che alla fine incidono sul prezzo imposto ai consumatori, esistono diverse opzioni. Il CESE ritiene che una sana concorrenza sul mercato unico e la protezione dei consumatori giustifichino l'intervento delle istituzioni dell'UE al fine di garantire una maggiore trasparenza nella formazione dei prezzi dei servizi essenziali d'interesse economico generale e controllare l'evoluzione delle loro diverse componenti e tariffe. A tal fine, gli Stati membri e le autorità nazionali di regolamentazione devono essere incoraggiati a sostenere la partecipazione attiva sia delle organizzazioni rappresentative dei consumatori sia delle PMI al processo decisionale per la fissazione delle tariffe (16).

4.17

Tocca infine al CESE ricordare che la rappresentanza dei consumatori difficilmente risulterà efficace se non viene garantita la possibilità di azioni collettive. Il Comitato invita pertanto la Commissione a riprendere i lavori concernenti l'applicazione di un'azione collettiva a livello europeo.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 175 del 28.7.2009, pag. 20.

(2)  Sentenza del Tribunale di primo grado (quinta sezione) del 7 giugno 2006, Raccolta della giurisprudenza 2006, pagina II-01601.

(3)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 89.

(4)  Primo programma preliminare della Comunità per una politica di protezione e d'informazione dei consumatori, adottato dal Consiglio il 14 aprile 1975.

(5)  COM(2007) 99 final.

(6)  Aspramente criticata dal CESE nei suoi pareri.

(7)  Corte di giustizia dell'UE, causa C-220/98 del 13 gennaio 2000, Estée Lauder Cosmetics contro Lancaster Group, e causa C-210/96 del 16 luglio 1998, Gut Springenheide e Tusky.

(8)  Consumer Empowerment in the EU, SEC(2011) 469 final.

(9)  Relazione dell'ECCG sugli indicatori di monitoraggio del movimento dei consumatori.

(10)  Cfr. il punto 3.5.del parere del CESE: personalità giuridica, mancanza di scopo di lucro, difesa e rappresentanza degli interessi dei consumatori quali obiettivi statutari principali, funzionamento interno democratico, autonomia finanziaria e indipendenza dal potere politico (GU C 221 dell'8.9.2005, pag. 153).

(11)  COM(2011) 900 final.

(12)  Si segnalano in tale contesto i dati dell'Eurobarometro n. 51.1 del 1999, nel quale alla domanda A suo avviso, quale delle seguenti funzioni (10 alternative per una sola risposta, inclusa "non so") deve essere una priorità per le associazioni dei consumatori? sono state date le seguenti risposte in ordine d'importanza (media dei 15 Stati membri all'epoca): 1) la diffusione delle informazioni (26,8 %); 2) l'assistenza e la consulenza pratica (25,4 %), 3) la protezione dei consumatori (19,2 %) e 4) la rappresentanza degli interessi dei consumatori (7,3 %).

(13)  Per quanto concerne la fornitura di servizi da parte di imprese di servizio pubblico, dato che esistono poche possibilità di rischio per la salute e la sicurezza dei consumatori (la cosa riguarda marginalmente i servizi di telefonia ed elettricità), il prezzo è un fattore determinante, forse unico, nella scelta del consumatore.

(14)  Direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE (GU L 211 del 14.8.2009, pagg. 55 e 94).

(15)  Cfr. l'articolo 32, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE.

(16)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 155.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/8


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Principi, procedure e azioni per l'applicazione dell'articolo 11, paragrafi 1 e 2 del Trattato di Lisbona» (parere di iniziativa)

2013/C 11/03

Relatore: JAHIER

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 luglio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Principi, procedure e azioni per l'applicazione dell'articolo 11, paragrafi 1 e 2 del Trattato di Lisbona.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 settembre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 168 voti favorevoli, 3 voti contrari e 7 astensioni.

"Nulla si può realizzare senza i cittadini, niente può durare senza istituzioni"

Jean Monnet

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene d'importanza cruciale lo sviluppo di proposte di azione concreta affinché le diverse istituzioni dell'UE assumano le iniziative che competono a ciascuna di esse per la definizione delle misure adeguate alla implementazione dei paragrafi 1 e 2 dell'articolo 11 del TUE. Tale processo deve essere inteso come occasione per allargare e rafforzare le strutture di dialogo con la società civile a livello europeo, ma anche nazionale, regionale e locale.

1.2

Il cuore della democrazia rimane la democrazia rappresentativa. La democrazia partecipativa è un approccio complementare e mai alternativo alla democrazia rappresentativa, sulla quale tutte le nostre società sono fondate. Parimenti, il dialogo civile non è in competizione con il dialogo sociale, ma ciascuno svolge un ruolo ben specifico e peculiare, ai sensi di quanto disposto nel Trattato.

1.3

È necessario realizzare un'effettiva democrazia partecipativa quale quella prevista nel TUE e che rispecchi i valori e l'identità dell'Unione europea. In considerazione dell'attuale crisi economica, sociale e politica, la necessità di applicare appieno l'articolo 11 è di straordinaria rilevanza per il rafforzamento della legittimità democratica dell'Unione europea agli occhi dei suoi cittadini. Infine, solo una maggiore trasparenza, un maggiore senso di titolarità e una maggiore partecipazione dei cittadini e della società civile organizzata, sia a livello nazionale sia europeo, permetteranno all'Europa di evitare l'estremismo, difendere i suoi valori democratici e creare una "comunità di destino".

1.4

L'applicazione dei paragrafi 1 e 2 dell'articolo 11 del TUE deve essere considerata un'opportunità decisiva per andare oltre i processi già esistenti di consultazione e partecipazione della società civile, che sono stati sviluppati a livello europeo dalla pubblicazione del Libro bianco sulla governance europea del 2001. Diverse pratiche di partecipazione della società civile sono già state sviluppate, alcune delle quali sono andate al di là della condivisione di informazioni e potrebbero essere considerate buoni esempi sui quali costruire un quadro strutturato di dialogo civile europeo, in applicazione dei paragrafi 1 e 2 dell'articolo 11.

1.5

Il CESE formula pertanto le seguenti raccomandazioni:

la Commissione europea dovrebbe realizzare uno studio approfondito per esaminare i processi esistenti per la partecipazione della società civile alla definizione delle politiche a livello europeo. Tale studio dovrebbe valutare l'efficacia dell'attuale sistema di cooperazioni strutturate e avanzare raccomandazioni per un quadro generale che stabilisca come tutte le istituzioni dell'UE potrebbero applicare i paragrafi 1 e 2 dell'articolo 11. Il CESE e le parti direttamente interessate dovrebbero essere chiamati a contribuire a questo studio, per quanto riguarda la concezione, la realizzazione e la diffusione dei risultati;

il Registro comune per la trasparenza, uno strumento di uso comune tra il Parlamento europeo e la Commissione europea dovrebbe essere esteso per includere il Consiglio. Esso potrebbe diventare in futuro uno strumento utile per l'identificazione degli stakeholders del dialogo civile europeo;

le istituzioni europee dovrebbero creare un'unica banca dati con informazioni sui contatti, sulle consultazioni e sul dialogo con la società civile. Si dovrebbe prevedere anche l'elaborazione di una relazione annuale, quale utile strumento di comunicazione per dimostrare l'estensione delle iniziative di democrazia partecipativa condotte nell'UE;

il CESE dovrebbe svolgere un'analisi interna per valutare l'efficacia, la rilevanza e la percezione della propria cooperazione con le organizzazioni della società civile (OSC), al fine di individuare miglioramenti effettivi;

il CESE dovrebbe sviluppare una banca dati contenente informazioni dettagliate su quali organizzazioni della società civile siano state coinvolte nei lavori del CESE e a che titolo;

il CESE dovrebbe valorizzare appieno il nuovo Protocollo di cooperazione firmato con la CE nel febbraio 2012, per un maggiore coinvolgimento nella definizione delle priorità europee, dei programmi di lavoro e delle politiche chiave;

il CESE dovrebbe impegnarsi a riesaminare e rivitalizzare il suo gruppo di collegamento con la società civile europea, per ampliare la partecipazione e contribuire a una migliore applicazione dell'articolo 11, paragrafo 1;

il CESE dovrebbe contribuire ad organizzare con tutte le altre parti direttamente interessate e principalmente le istituzioni dell'UE, un evento annuale su grande scala, per offrire un contributo partecipato all'agenda delle priorità dell'UE. L'impatto politico di un evento del genere sarebbe accresciuto se esso si svolgesse parallelamente a una conferenza congiunta dei parlamenti nazionali dei 27 Stati membri insieme con il Parlamento europeo. Il primo di questi eventi potrebbe essere organizzato prima delle elezioni europee del 2014, consentendo un consolidamento dei ponti che uniscono i cittadini europei, l'elettorato e gli eletti.

1.6

Un significativo e sempre più pregnante impegno del CESE nella costruzione dello spazio pubblico europeo potrà così sollecitare e favorire un ruolo sempre più attivo della Commissione, del Consiglio e del Parlamento europeo nell'implementazione dei paragrafi 1 e 2 dell'articolo 11 TUE e produrre così risultati di processo e di prodotto apprezzabili per l'insieme delle istituzioni e delle OSC europee.

2.   Introduzione

2.1

Nel corso degli ultimi 12 anni il CESE ha compiuto progressi significativi nella definizione del dialogo civile europeo, del suo ruolo complementare rispetto alla democrazia rappresentativa e della sua natura distintiva rispetto al dialogo sociale. Il dialogo civile è stato definito come un processo democratico e di formazione dell'opinione pubblica, che può assumere forme diverse in funzione degli attori coinvolti. Il CESE si è accordato su una definizione degli attori e dei concetti del dialogo civile e della sua connessione con la governance partecipativa (1).

2.2

Il CESE ha altresì riaffermato il principio di sussidiarietà a livello europeo; ha proposto una griglia precisa di 14 criteri quantitativi e qualitativi per qualificare la rappresentatività delle organizzazioni della società civile chiamate a partecipare al dialogo civile orizzontale, verticale e settoriale; ha definito con precisione le differenze tra la consultazione (processo top-down) e il dialogo civile (processo bottom-up o più compiutamente circolare). Il CESE ha così contributo alle conquiste istituzionali sancite ora dall'articolo 11 del TUE (2).

2.3

Il TUE, entrato in vigore nel dicembre 2009, sancisce il riconoscimento formale del ruolo della democrazia partecipativa (dialogo civile, consultazione, ICE - iniziativa europea dei cittadini). Le disposizioni dell'articolo 11 (3) si aggiungono all'istituto centrale della democrazia rappresentativa (artt. 10 e 12) (4) e lo rafforzano, dando così espressione a un modello europeo innovativo di democrazia.

2.4

Si tratta ora di lavorare per un'applicazione concreta dell'articolo 11 e, in particolare, bisogna avviare il cantiere concernente i paragrafi 1 e 2, visto che le pratiche di consultazione di cui al paragrafo 3 sono ormai largamente sviluppate e l'iniziativa cittadina europea è già stata regolamentata (5). La storia del CESE ci ha insegnato infatti che, per avere strutture di dialogo efficaci, abbiamo bisogno di un quadro normativo preciso e di continuità istituzionale.

2.5

Nel mese di marzo 2010, il CESE invitava la Commissione a "presentare un Libro verde sul dialogo civile, in particolare sulla messa in opera dell'articolo 11, paragrafi 1 e 2, al fine di riflettere sulle pratiche esistenti, di definire più precisamente le procedure e i principi applicati, di valutarli e di apportarvi dei miglioramenti con l'aiuto della società civile organizzata, stabilendo soprattutto delle strutture chiare" (6). Un anno dopo, nel 2011, una riunione straordinaria promossa dal III gruppo del CESE sul tema Quali prospettive per la democrazia partecipativa in Europa? rilanciava tali richieste e approvava una "tabella di marcia per la democrazia partecipativa" (7).

2.6

Il CESE constata che, eccezion fatta per le pratiche di consultazione e per la regolamentazione dell'ICE, entrata in vigore il 1o aprile 2012, nessuna evoluzione si è verificata nelle diverse istituzioni in ordine ai dispositivi inerenti al dialogo civile (paragrafi 1 e 2 dell'articolo 11) e che anche la richiesta di un Libro verde in proposito non ha finora trovato risposte positive.

2.7

In tutta Europa si è peraltro estesa una crisi economica strutturale, che mette in discussione le stesse fondamenta della costruzione europea e contribuisce inoltre ad alimentare un duplice e pericoloso fenomeno. Da un lato, un ripiegamento sul negoziato intergovernativo per individuare soluzioni alla crisi, moltiplicando i vertici europei; dall'altro, una crescente distanza dei cittadini e delle loro organizzazioni dalle istituzioni dell'UE. A questo si aggiunge poi una percezione diffusa che l'UE non solo non riesce a determinare l'uscita dalla crisi, ma impone politiche di austerità che colpiscono la vita di tutti i cittadini europei, con un quasi inesistente confronto con le diverse espressioni della società civile organizzata rispetto alle scelte che vengono fatte. L'incomprensione e la distanza sembrano dunque aumentare, ponendo le basi per una pericolosa delegittimazione delle istituzioni stesse dell'Unione europea.

2.8

Il CESE è convinto che le dinamiche generate dal TUE, come anche la varietà e l'ampiezza delle questioni e delle priorità oggi iscritte nell'agenda politica dell'Unione, esigano un rilancio energico e determinato del "metodo comunitario". Tutto ciò può aver luogo soltanto grazie a un rafforzamento e un rinnovamento di tale metodo, a un rafforzamento della democrazia parlamentare, che è la base fondamentale delle istituzioni europee, nonché a una nuova stagione di impegno diretto della società civile che punti a rafforzare l'identità europea e a suscitare l'interesse dei cittadini. Un maggiore coinvolgimento dei cittadini attraverso il dialogo civile, sia nelle forme dirette sia attraverso le organizzazioni rappresentative, così come previsto dall'articolo 11, diventa una sfida cruciale per il futuro stesso della costruzione europea. Si tratta, infatti, di titolarità, adesione, trasparenza e maggiore legittimazione democratica dei processi decisionali.

2.9

L'articolo 11 e la sua messa in opera sono dunque uno strumento prezioso per realizzare una tale dinamica della democrazia partecipativa e il CESE ha indubbiamente tutta l'esperienza per proporsi come catalizzatore di questo processo di rafforzamento della vita democratica europea, in stretto raccordo con le diverse istituzioni dell'UE e le principali reti europee e nazionali della società civile organizzata.

2.10

Il CESE è consapevole di rispecchiare solo parzialmente le diversità incluse nel termine società civile organizzata (8) e proprio per questo, con un approccio pragmatico, ha adottato da tempo numerose iniziative per garantire una sempre più ampia articolazione delle sue relazioni con la società civile organizzata europea. In un tempo di crisi, il CESE ritiene che rafforzare un simile "ponte" tra istituzioni e società civile diventi quanto mai cruciale, per accompagnare le scelte politiche strutturali e anche le riforme istituzionali che l'UE è chiamata a realizzare per avere un futuro.

2.11

L'articolo 11 nel suo complesso è un chiaro messaggio di fiducia nel valore aggiunto della cittadinanza attiva, nel valore della democrazia partecipativa e nel ruolo che essa può giocare nel rafforzare il senso di adesione cittadina al progetto europeo, facendo emergere una sempre più informata e consistente opinione pubblica europea. L'articolo 11, collocando la già consolidata tradizione delle procedure di consultazione (paragrafo 3) nel quadro del pilastro partecipativo, con i paragrafi 1 e 2 indica pertanto un passaggio significativo verso un modello più avanzato di dialogo strutturato.

2.12

Dopo 15 anni di teorizzazioni e di elaborazioni importanti, quali si possono riscontrare nello stesso Compendio già citato (9), sono oggi necessarie azioni puntuali e strumenti specifici per ogni istituzione dell'UE, ma al tempo stesso si deve sviluppare un quadro di insieme coordinato e coerente, per consentire una migliore realizzazione dell'obiettivo complessivo indicato dallo stesso articolo.

2.13

Il CESE ritiene che debba essere evitata la tentazione di trasformare l'impianto prescrittivo dell'articolo 11 (in particolare i paragrafi 1 e 2) in qualcosa di meramente descrittivo, quasi fosse una fotografia di quello che già esiste. Ciò non rispecchierebbe per nulla le intenzioni del legislatore, né corrisponde alle forti attese della società civile organizzata europea.

3.   Partire dalle buone pratiche esistenti

3.1

Il CESE ritiene che per iniziare a sviluppare delle azioni concrete per la messa in applicazione dei paragrafi 1 e 2 dell'art. 11 sia utile partire dalle buone pratiche esistenti.

3.2

In seno all'Unione europea, in questi ultimi dieci anni, sono progressivamente cresciute le forme di cooperazione con le organizzazioni della società civile. In gran parte si tratta di pratiche di consultazione, promosse dalla Commissione europea.

3.3

A livello della CE, un numero crescente di Direzioni Generali ha sviluppato un numero articolato di tali consultazioni, con obiettivi, regolarità, formato e impatto diversificati. Queste si sono evolute in modo sostanzialmente indipendente e talora si sono trasformate in veri e propri "Forum consultivi". Una varietà di situazioni e di risultati che, in alcuni casi, hanno già configurato delle forme piuttosto strutturate di dialogo permanente con la società civile (10). Il CESE ritiene in ogni caso necessario ribadire come non si possa confondere la struttura giuridica delle consultazioni con il nuovo istituto del dialogo civile, il quale deve peraltro diventare strutturato e permanente.

3.4

Potremmo ricordare il Forum UE sulla salute della DG Salute e consumatori (SANCO), la piattaforma per i diritti fondamentali dell'Agenzia UE per i diritti fondamentali, il gruppo di contatto della società civile della DG Sviluppo e cooperazione EuropeAid (DEVCO) e il Dialogo con la società civile avviato dalla DG Commercio (TRADE).

3.5

Quest'ultimo costituisce forse il meccanismo più evoluto di dialogo strutturato settoriale, sia per il numero assai vasto e articolato di attori coinvolti (oltre 800 organizzazioni registrate), sia perché quasi la metà di questi ha sede in uno degli Stati membri e non a Bruxelles. È anche il solo per il quale risulti sia stata commissionata una valutazione esterna (11) da parte della stessa DG TRADE.

3.6

Un secondo esempio è il "Forum europeo per l'integrazione" (12), nato nel 2009 da una iniziativa congiunta del CESE e della CE, e composto su base stabile da un centinaio di stakeholder sia europei che nazionali. Esso vede inoltre una partecipazione costante anche del PE, del CdR e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri dell'UE. Partito con qualche difficoltà, è oggi diventato uno snodo di dialogo strutturato in ordine alla concreta evoluzione dell'Agenda europea sulle politiche di integrazione, soprattutto nella fase ex ante.

3.7

Un terzo esempio sono i forum della società civile nel quadro del complesso sistema delle relazioni esterne dell'Unione. Si ricordano, in particolare, il successo dei comitati consultivi misti istituiti nel quadro dei negoziati di adesione all'UE, il ruolo del comitato consultivo Cariforum-UE nel monitoraggio dello specifico Accordo di partenariato economico tra l'UE e il Cariforum, il ruolo della società civile statuito nel quadro dell'Accordo di libero scambio UE-Corea.

3.8

Il caso dell'Accordo di Cotonou (13) è forse il più complesso e articolato, sia per il numero di paesi e attori coinvolti, che per il numero di azioni realizzate. Vi si statuisce il formale riconoscimento del "ruolo complementare e del contributo potenziale degli Attori non statali (definiti come Settore privato, Partner economici e sociali, Società civile) al processo di sviluppo" (14). Sulla base di un mandato specifico, il CESE organizza meeting regolari con gli attori socioeconomici ACP-UE ed è stato inoltre sviluppato uno specifico programma di supporto finanziario nei diversi paesi, gestito dalle rispettive delegazioni UE, con il crescente coinvolgimento di tali attori e l'investimento nel capacity bulding  (15).

3.9

Infine, si rammenta l'iniziativa assunta dal Parlamento europeo, che dal 2007 ha realizzato, pur in modo non regolare e con esiti diversi, tre Agorà dei cittadini su base tematica, con una larga partecipazione di organizzazioni della società civile europea (16). Questo lavoro è oggi oggetto di una specifica valutazione interna al PE, per un suo necessario e più incisivo rilancio negli anni futuri.

3.10

Sono altresì degni di nota alcuni esempi a livello internazionale di effettiva partecipazione della società civile ai processi decisionali. Si annoverano tra questi la Convenzione di Aarhus (17) della Commissione economica delle Nazioni Unite per l'Europa e il Codice di buone prassi per la partecipazione civile nel processo decisionale adottato dalla Conferenza delle OING (18).

3.11

La convenzione di Aarhus non solo prevede che il pubblico e le organizzazioni pertinenti della società civile abbiano il diritto di "accesso alle informazioni ambientali" delle autorità pubbliche, ma prevede anche il diritto di partecipazione del pubblico alle decisioni in materia ambientale ed eventualmente il diritto di contestare le decisioni pubbliche. Inoltre i rappresentanti della società civile possono nominare loro membri nel comitato sull'osservanza della convenzione e possono essere rappresentanti nell'Ufficio di presidenza. Infine, tali organizzazioni della società civile dispongono di un sostegno finanziario.

3.12

Per quanto riguarda il Consiglio d'Europa, il Codice di buone prassi, riconosciuto dal Comitato dei ministri, intende migliorare la partecipazione della società civile al processo decisionale a livello locale, regionale e nazionale. Il Codice di buone prassi definisce quattro diversi livelli di partecipazione (informazione, consultazione, dialogo e partenariato) che possono essere usati come una matrice sia dalla società civile sia dalle autorità pubbliche.

3.13

Vi sono altresì buoni esempi a livello regionale e nazionale. Tra queste spicca l'azione francese Grenelle Environnement creata su iniziativa del presidente della Repubblica francese nel 2007 (19). Il forum ha riunito rappresentanti dello Stato, degli enti locali, delle ONG e delle parti sociali in un processo di dialogo e di partenariato, per sfociare poi in due significativi pacchetti legislativi ambientali, rispettivamente nel 2008 e nel 2010. Inoltre, in seguito alla proposta della Grenelle Environnement, nel 2008 il nome del CES è stato cambiato in "consiglio economico, sociale e ambientale" e sono stati nominati nel suo seno rappresentanti del settore ambientale (20). E ricordiamo infine altri modelli di dialogo civile sviluppati a livello nazionale e locale, che prendono la forma di "Piattaforme di cooperazione", "Compact", "Accordi o Protocolli di cooperazione", ecc. e come tali andrebbero valorizzati.

4.   Lezioni e opportunità da sviluppare

4.1

La situazione attuale evidenzia esempi di straordinario interesse che, nei fatti, hanno largamente superato le forme standard di mera consultazione, realizzando in diversi casi processi più stabili e articolati di partecipazione attiva e di consolidamento di forme di cooperazione che prefigurano forme possibili di un dialogo civile strutturato, quale prescritto dall'articolo 11 del TUE. Queste pratiche sono tuttavia in larga parte non sufficientemente conosciute al di fuori degli addetti ai lavori di ogni settore e necessitano di essere valutate, maggiormente promosse, estese e rese più stabili.

4.2

Come questi forum siano percepiti dai diversi stakeholder, in particolare riguardo alla loro efficacia, dipende inoltre da una serie di fattori: dal livello assai diversificato di ownership del processo, dal livello percepito di rappresentatività degli attori (21), dalle condizioni finanziarie che sostengono o meno la partecipazione anche dei soggetti meno strutturati e non presenti sulla piazza di Bruxelles, dalla capacità tecnica di contribuire attivamente alla discussione e di assicurare il follow-up del processo, dalla continuità dell'investimento operativo fatto dalle istituzioni dell'UE.

4.3

Preme sottolineare alcuni aspetti rilevanti di tali processi:

essi hanno prodotto alcune prassi di lavoro che sono progressivamente divenute degli standard largamente utilizzati e accettati, una ricchezza che andrebbe studiata e valutata;

la maggior parte di essi coinvolge una serie molto articolata di stakeholder, normalmente non di una sola famiglia o di un unico settore di organizzazioni della società civile organizzata, bensì includendo spesso esponenti corrispondenti a quelli che si trovano in seno al CESE: organizzazioni di impresa, dei lavoratori, degli altri attori socioeconomici, civici, professionali e culturali;

in diversi casi sono coinvolti più di una istituzione e/o un organismo dell'UE, anche se con ruoli differenti e in taluni casi questo produce un effetto di rete tra diverse istituzioni che andrebbe approfondito;

si moltiplicano anche i casi di coinvolgimento assai diversificato in questo processo di cooperazione strutturata di rappresentanti delle società civili nazionali e delle loro organizzazioni, in aggiunta alla presenza delle organizzazioni europee. Anche se, a questo proposito, molto resta da fare per un più ampio coinvolgimento dei livelli locali e nazionali delle società civili dei 27 paesi membri (22).

4.4

Queste constatazioni fanno emergere una potenzialità di massa critica che, se portata a sistema e fatta adeguatamente conoscere, potrebbe rappresentare un mattone importante del costruendo edificio della democrazia partecipativa a livello europeo. In ogni modo, esso permetterebbe di rendere visibile questo pilastro della democrazia europea, sia alle opinioni pubbliche, sia all'interno delle diverse istituzioni. Diventerebbe così più riconoscibile e apprezzabile il volume del contributo delle organizzazioni civiche europee e l'impegno già profuso da tempo in seno all'UE.

4.5

Il CESE propone pertanto che la Commissione europea, con la collaborazione fattiva di tutte le altre istituzioni, si faccia promotrice di uno studio più vasto e articolato.

4.6

A dieci anni dal Libro bianco sulla governance europea (23), un tale studio dovrebbe fornire più compiuti elementi di un bilancio complessivo in ordine ai risultati raggiunti, al concreto impatto sul processo legislativo, alle evoluzioni impensate che sono state realizzate e sperimentate, ai nodi problematici riscontrati e alle insufficienze e incongruenze, ai costi sopportati, individuando infine gli elementi necessari per rendere la partecipazione più appropriata ed estesa. Lo studio dovrebbe inoltre valutare la concreta efficacia ed estensione del complesso delle cooperazioni strutturate esistenti con le società civili, quali siano i parametri e le condizioni per aumentarne l'efficacia, quali siano le buone prassi da proporre ad esempio e come svilupparle ulteriormente. E dovrebbe infine anche valutare quanto e in che modo questa significativa massa di lavoro sia conosciuta e percepita all'esterno del circolo degli addetti ai lavori, contribuisca all'allargamento della partecipazione democratica, all'adesione al progetto europeo e dunque alla costruzione dello spazio pubblico europeo. Un tale studio dovrebbe peraltro riassumere gli elementi di valutazione di impatto sia dal punto di vista delle istituzioni che da quello dei diversi stakeholder della società civile organizzata.

4.7

Realizzato nella prospettiva indicata dall'articolo 11 (24), coinvolgendo direttamente e attivamente le organizzazioni della società civile, un tale studio potrebbe così diventare una buona base di lavoro per individuare linee direttive e ulteriori modalità pratiche per lo sviluppo del dialogo strutturato ai sensi dell'articolo 11 TUE. In tal modo potrebbe fornire gli elementi necessari per la definizione di successive e più precise proposte operative da parte della Commissione e delle altre istituzioni dell'UE, anche nella linea del Libro verde, di cui al punto 2.5 e di cui il CESE sottolinea l'importanza. Andrebbero in particolare individuate le possibili linee e prassi comuni a tutte le istituzioni, pur nel rispetto delle rispettive autonomie, al fine di sviluppare una univocità di processo effettivo, inclusivo e trasparente per la partecipazione strutturata della società civile alla costruzione del progetto europeo.

4.8

Il CESE può certamente prestare la sua opera, la sua competenza e le sue reti, con una partecipazione attiva alla realizzazione di tale studio, sia nella sua fase di concezione e di realizzazione, che di disseminazione successiva dei risultati, soprattutto nei 27 Stati membri.

4.9

Lo scorso 23 giugno 2011, la CE e il PE hanno inoltre varato il registro comune per la trasparenza, che è subentrato a quello istituito dalla Commissione nel 2008. Esso comprende già diverse migliaia di organizzazioni, provenienti dalle più diverse componenti della società civile europea, che devono fornire una gamma assai articolata di informazioni e si impegnano a rispettare un codice di condotta comune (25). Un unico registro, comune a due istituzioni, con un interesse già manifestato dal Consiglio ad aderirvi, è espressivo di una precisa direzione e volontà di procedere in modo coordinato tra le istituzioni dell'UE in una materia così rilevante e sensibile per i rapporti con la società civile.

4.10

Il CESE ritiene che tale registro, oggi finalizzato esclusivamente ad un obiettivo di trasparenza rispetto a chi si relaziona con le istituzioni europee per influenzarne le politiche, potrebbe diventare progressivamente uno strumento di lavoro per la identificazione degli stakeholder del dialogo civile, con riferimento alla questione dei criteri di rappresentatività. Le potenzialità di un simile registro per lo sviluppo del dialogo civile strutturato andrebbero pertanto anch'esse esplorate nel quadro del suddetto studio.

4.11

Il Trattato di Lisbona apre inoltre nuove finestre di opportunità in rapporto al Consiglio europeo. Esso è ormai una struttura permanente e il Presidente del Consiglio europeo è ora eletto per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabili. Tutto questo pone le basi per strutturare una prospettiva più a lungo termine e relazioni più stabili con la società civile organizzata. Anche il Consiglio europeo è tenuto infatti a corrispondere all'obbligazione dell'articolo 11 TUE e il fatto che oggi esso sia responsabile di fissare gli orientamenti politici generali dell'UE rende ancora più strategico lo sviluppo di una cooperazione che si evolva progressivamente verso un dialogo civile strutturato. Il CESE ritiene che il Consiglio debba istituire una speciale unità incaricata del dialogo con la società civile e, nel quadro delle sue funzioni specifiche, il CESE è disponibile a cooperare strettamente con il Consiglio per sviluppare concretamente questa prospettiva.

5.   Il ruolo del CESE

5.1

Negli ultimi dieci anni, anche il CESE ha largamente modificato i propri metodi di lavoro e soprattutto ha assai ampliato il coinvolgimento nei propri lavori di soggetti, esperti e organizzazioni della società civile europea.

5.2

Ogni ambito ne è stato interessato: lo svolgimento più tradizionale dei lavori (i pareri) con il crescente coinvolgimento degli esperti e la forte moltiplicazione delle audizioni (delle dimensioni più varie); l'istituzione del gruppo di collegamento con le OSC (organizzazioni della società civile); i diversi convegni ed eventi organizzati nell'ambito dei programmi delle sezioni, dei gruppi e delle presidenze, sia a Bruxelles che nei diversi paesi dell'Unione; il lavoro condotto sulla strategia Europa 2020 assieme ai consigli economici e sociali e organizzazioni analoghe dei diversi Stati membri; infine, la stessa diversificata gamma di attività svolte nel quadro delle proprie relazioni esterne.

5.3

Ciò che emerge è una realtà consistente e in costante crescita di relazioni e dialoghi con le forze più ampie e diversificate della società civile organizzata europea. Uno sviluppo assai articolato, molto settorializzato, in cui l'azione degli uni è spesso poco nota agli altri, soprattutto non sufficientemente capitalizzata nelle sue diverse potenzialità di insieme.

5.4

Per questo, il CESE si deve impegnare a:

promuovere una più compiuta analisi sull'evoluzione e sulle prospettive del proprio sistema di relazioni con la società civile organizzata, volta sia a valutare l'efficacia, la pertinenza e la percezione del lavoro svolto, sia ad individuare le possibili evoluzioni e le innovazioni necessarie, al fine di qualificare sempre meglio la propria missione specifica di istituzione consultiva dell'UE e di rafforzare il processo di implementazione dell'articolo 11 TUE. Un tale studio dovrebbe essere svolto con l'ausilio di istituti di ricerca di primaria importanza e dovrebbe prevedere opportune modalità di coinvolgimento e cooperazione attiva delle OSC rappresentative a livello europeo, raccogliendo così anche le loro valutazioni e i loro orientamenti complessivi.

Promuovere uno specifico database centralizzato di tutti i contatti, le competenze e organizzazioni che a diverso titolo vengono implicate ogni anno nel lavoro del Comitato, provvedendo anche ad una loro tipizzazione e valutando poi quali possibili iniziative in termini di comunicazione unitaria e/o dialogo annuale con l'insieme sia possibile sviluppare, al fine di dare maggiore solidità a questo sistema di relazioni.

Proporre infine alle diverse istituzioni UE di dare vita ad una banca dati unitaria di tutto il sistema di relazioni e dialoghi con le organizzazioni della società civile sviluppati dall'insieme delle istituzioni e organismi dell'Unione europea, immaginando anche la possibile realizzazione di un adeguato rapporto annuale da rendere accessibile a tutti gli stakeholder nazionali ed europei (26).

5.5

Il CESE deve realizzare tutte le sinergie utili con le altre istituzioni dell'Unione, per assicurare la buona implementazione dell'articolo 11. A questo fine il CESE rinnova l'impegno ad aprire nuove prospettive di lavoro con il Consiglio europeo e a rafforzare e ampliare tutte le opportunità di cooperazione già in atto con il Parlamento europeo, con la Commissione europea e con il Comitato delle regioni.

5.6

Il nuovo Protocollo di cooperazione firmato dal CESE con la CE  (27), il quale consolida e rafforza il ruolo del CESE quale intermediario privilegiato tra la società civile organizzata e le istituzioni dell'UE, offre numerose opportunità in questo senso, che vanno sviluppate con convinzione. Tale Protocollo consolida e rafforza le piste di cooperazione sviluppate negli anni trascorsi e stabilisce nuove e ambiziose vie concrete per procedere ad un'applicazione progressiva e congiunta dell'articolo 11 del TUE, al fine di sviluppare "la democrazia partecipativa a livello dell'Unione, con lo scopo di contribuire a rafforzare la legittimità democratica di quest'ultima" (28). In particolare, "secondo la Commissione, questa cooperazione rappresenta uno strumento privilegiato per organizzare un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile, come stabilito dall'art. 11 del TUE" (29).

5.7

In particolare, il Protocollo individua due momenti privilegiati per lo sviluppo di una tale cooperazione, che possono diventare un quadro stabile e strutturato nel quale includere progressivamente una rete vieppiù ampia di organizzazioni rappresentative della società civile europea, dando così ulteriore forma allo sviluppo concreto del dialogo civile strutturato di cui all'articolo 11, paragrafo 2.

Nel quadro della definizione delle priorità politiche dell'UE, il CESE ha la possibilità di influenzare le priorità politiche e il programma annuale di lavoro della CE. A questo fine, il CESE dovrà far conoscere le proprie proposte di priorità alla Commissione per l'anno seguente e, alla fine di ogni anno, il CESE organizza un dibattito sul futuro dell'UE, durante il quale la Commissione presenta le proprie priorità strategiche.

Nel quadro del semestre europeo e della strategia Europa 2020, il Protocollo istituzionalizza la presentazione di un rapporto annuale da parte del CESE, in stretta cooperazione con la rete dei consigli economici e sociali o istituzioni analoghe, sul coinvolgimento delle società civili nella preparazione dei programmi nazionali di riforma. Tale relazione è oggetto di dibattito prima del Consiglio europeo di primavera e la CE è tenuta a parteciparvi e presentarvi l'"Analisi annuale della crescita".

5.8

Il CESE deve inoltre impegnarsi per creare le più opportune sinergie con le organizzazioni della società civile sia a livello nazionale che europeo, sviluppando una cooperazione strutturata su entrambi i livelli.

5.9

In particolare, una tale cooperazione strutturata si può sviluppare al livello nazionale, in riferimento al contributo che il Protocollo richiede ora al CESE circa "la valutazione dell'applicazione della normativa europea, in particolare in relazione alle clausole orizzontali, come previsto dagli articoli 8-12 del TFUE" (30). A questo fine è da rafforzare la cooperazione già esistente con i CES nazionali e le istituzioni analoghe.

5.10

Il CESE ha infine istituito nel 2004 il gruppo di collegamento con gli organismi e le reti europee della società civile, cui si fa cenno anche nel Protocollo rivisto. Nel quadro delle prospettive delineate, il CESE ritiene necessario rivedere, ristrutturare e rilanciare il ruolo del gruppo di collegamento, in particolare aprendolo a tutti i settori della società civile organizzata e con riferimento alla più articolata composizione dei tre gruppi del CESE. Una simile prospettiva di rafforzamento potrebbe così rappresentare un contributo specifico a un avanzamento decisivo nella messa in opera in particolare del paragrafo 1 dell'articolo 11 TUE (concernente il dialogo civile orizzontale), facendo del CESE una piattaforma facilitatrice di tale processo. Il gruppo di collegamento così rivisto e rafforzato potrà svolgere un ruolo sempre più prezioso in seno al CESE, in particolare nel monitoraggio dell'implementazione dell'articolo 11 del TUE.

6.   Costruire uno spazio strutturato per il dialogo civile europeo

6.1

Il CESE ritiene di doversi sempre più qualificare come centro di eccellenza del dialogo civile europeo, sviluppando e sempre meglio qualificando gli strumenti già esistenti, stimolando nuove forme di dialogo strutturato e di forum aperti e partecipati degli stakeholder, nel quadro di una strategia complessiva e con una partecipazione sempre più adeguata delle organizzazioni della società civile europea, con l'intento di moltiplicare le buone pratiche di dialogo civile a tutti i livelli. In questo modo, il CESE potrà dare un contributo decisivo all'implementazione dell'articolo 11.

6.2

Il CESE ritiene si debba anche avviare il cantiere per dare vita ad uno spazio visibile di questa nuova stagione di democrazia partecipativa, che sia un'innovazione di merito e di metodo, ma anche un incoraggiamento al processo complessivo e infine un evento comunicativo di per sé. È questo un modo per dare forma e sostanza alla costruzione di una sfera pubblica europea, proposta dal filosofo J. Habermas, quale condizione fondamentale dello stesso progetto europeo, ma ancora ben lungi dall'essere realizzata. Tale cantiere diventa tanto più necessario nel contesto della crisi e dei già evidenziati rischi di sfilacciamento dell'adesione democratica alla costruzione europea.

6.3

Nel CESE la proposta di un tale spazio è già stata espressa sia nel corso di conferenze organizzate in seno al CESE (31), che in un recente e autorevole parere sul Rinnovamento del metodo comunitario  (32).

6.4

Il CESE ritiene che tale spazio strutturato per il dialogo civile europeo possa prendere la forma di un evento annuale, con le seguenti caratteristiche e finalità:

un evento, finalizzato a raccogliere, veicolare e sintetizzare i principali contributi della società civile organizzata europea al programma annuale delle Commissione e all'agenda delle priorità delle diverse istituzioni, in collegamento con quanto già indicato nel punto 5.7;

un evento progressivamente strutturato su più giornate, sullo stile degli Open Days proficuamente realizzati dal CdR (33), con workshop ed assemblee tematiche, che poi confluiscono in un evento complessivo di chiusura;

un evento cui il CESE offra una solida base preparatoria, costituendo uno specifico comitato che includa rappresentanti delle OSC europee e stabilisca le priorità tematiche su cui concentrare i lavori e le modalità di partecipazione (34);

un evento ove la partecipazione andrebbe allargata il più possibile, anche a livello delle organizzazioni nazionali e settoriali;

un evento in cui prevedere anche forme di partecipazione diretta dei cittadini europei, alla luce di quanto previsto dall'articolo 11, paragrafo 1, che richiede anche un dialogo diretto con i cittadini nei 27 paesi dell'Unione, utilizzando le grandi potenzialità delle nuove tecnologie di comunicazione;

un evento che potrebbe infine concludersi con una dichiarazione finale, la cui forma andrebbe gestita e coordinata dal comitato preparatorio stesso, come già sperimentato con profitto dal CESE in numerose occasioni interne ed esterne.

6.5

Il CESE ritiene che un tale evento rappresenti una spinta costruttiva affinché tutte le istituzioni dell'UE facciano del dialogo civile un compito trasversale per tutte le direzioni generali della Commissione, tutti i gruppi di lavoro del Consiglio e tutte le commissioni del Parlamento, in maniera trasparente ed equilibrata, rispetto alle diverse componenti della società civile organizzata europea, come a suo tempo già richiesto dal Parlamento europeo (35).

6.6

Al fine di dare più forza e consistenza a questa prospettiva, il CESE richiede inoltre che la Commissione formuli di nuovo una proposta precisa e finalmente conclusiva in ordine allo Statuto europeo delle associazioni europee, come sollecitano con forza le OSC europee e come è già stato più volte auspicato in diversi pareri del CESE.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Una buona sintesi di tali concetti è riportata nel documento Participatory democracy in 5 points, redatto dal III gruppo del CESE nel marzo 2011, http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.publications.15525.

(2)  Tutto questo si può trovare descritto più diffusamente nel Compendio Participative democracy: a retrospective overview of the story written by the EESC, http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.fr.events-and-activities-participatory-democracy-prospects-compend.

(3)  Articolo 11, (1) Le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione. (2) Le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile. (3) Al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell'Unione, la Commissione europea procede ad ampie consultazioni delle parti interessate. (4) Cittadini dell'Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l'iniziativa d'invitare la Commissione europea […].

(4)  Articolo 10.1 statuisce che il "funzionamento dell'Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa" e l'art 10.3 che "Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell'Unione. Le decisioni sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini"

(5)  http://ec.europa.eu/citizens-initiative/public/welcome In ogni caso, entro un anno, sarà opportuno effettuare una ampia valutazione, anche con la società civile organizzata, del concreto funzionamento dell'ICE.

(6)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 59.

(7)  http://www.eesc.europa.eu/resources/docs/roadmap-final-for-web.pdf

(8)  Il CESE "è composto da rappresentanti delle organizzazioni di datori di lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori rappresentativi della società civile, in particolare nei settori socioeconomico, civico, professionale e culturale." Art. 300, par. 2 del TFUE.

(9)  Participative democracy: a retrospective overview of the story written by the EESC http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.fr.events-and-activities-participatory-democracy-prospects-compend.

(10)  Di seguito solo alcuni cenni sommari.

(11)  http://trade.ec.europa.eu/civilsoc/index.cfm.

(12)  http://ec.europa.eu/ewsi/fr/policy/legal.cfm.

(13)  Cap. 2, art. 4.

(14)  Cap. 2, art. 6.

(15)  Per farsi un'idea del lavoro di monitoraggio svolto dal CESE, si veda la dichiarazione finale del seminario regionale di Addis Abeba, il 7-10 luglio 2010. www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.acp-eu-eleventh-regional-seminar-documents.10876.

(16)  http://www.europarl.europa.eu/aboutparliament/en/00567de5f7/Agora.html.

(17)  Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale adottata nel 1998. http://www.unece.org/env/pp/introduction.html.

(18)  Il codice è stato adottato nell'ottobre 2009. www.coe.int/ngo.

(19)  Grenelle Environnement – http://www.legrenelle-environnement.fr/.

(20)  Per altri esempi di partecipazione della società civile si rimanda all'audizione condotta nel contesto dell'elaborazione del presente parere http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.events-and-activities-articles-11-1-2-lisbon-treaty.

(21)  Si constata tuttavia la forte differenziazione in ordine ai criteri di rappresentatività applicati nelle diverse situazioni. Si rimanda pertanto ancora ai criteri quantitativi e qualitativi definiti nel parere del CESE (relatore: OLSSON), GU C 88 dell'11.04.2006, pag. 41-47.

(22)  A questo proposito, andrebbe anche ricordata l'enorme quantità di organizzazioni locali, nazionali e regionali che sono state coinvolte in questi anni in concreti e specifici progetti europei e che potrebbero, se opportunamente stimolate e messe in rete, essere attivamente coinvolte in una più ampia dinamica di partecipazione e di dialogo civile, capace di rafforzare l'adesione dei cittadini al processo europeo a livello capillare, nei territori nazionali e locali dell’Unione.

(23)  GU C 193 del 10.7.2001, pag. 117; GU C 125 del 27.5.2002, pag. 61 e COM(2001) 428 final.

(24)  "[…] Le istituzioni mantengono un dialogo aperto […]", par. 2.

(25)  http://europa.eu/transparency-register/index_en.htm.

(26)  Si veda anche il n. 21 della Risoluzione PE del 13 gennaio 2009 sulle Prospettive di sviluppo del dialogo civile nel quadro del Trattato di Lisbona P6_TA(2009)0007.

(27)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.eu-cooperation.22469

(28)  Protocollo, premessa, par. 6.

(29)  Ancora premessa del Protocollo, par. 7.

(30)  Protocollo, premessa.

(31)  Si veda il punto 4 finale "[…] L'organizzazione di una Conferenza annuale della società civile organizzata in vista di contribuire all'elaborazione dell'agenda politica europea […]", nel documento adottato dalle principali OSC nella conferenza organizzata al CESE il 10 febbraio 2010.

(32)  GU C 51 del 17.2.2011, pag. 29, punto 5.6, relatori: MALOSSE e DASSIS.

(33)  Gli Open Days del CdR, che nel 2012 celebrano il loro decimo anniversario, sono un luogo di discussione e confronto politico ma anche uno spazio di scambio di buone pratiche e di cooperazione, coinvolgono ormai oltre 6 000 partecipanti, articolati in circa un centinaio di workshop, 3 assemblee tematiche generali e una sessione conclusiva, svolta in presenza dei massimi rappresentanti di tutte le istituzioni europee.

(34)  Si ricorda la buona pratica del Programma per l'Europa: le proposte della società civile, realizzato dal CESE nella primavera 2009.

(35)  Risoluzione P6-TA (2009)0007 del PE, 13 gennaio 2009, sulla prospettiva del dialogo civile nel quadro del Trattato di Lisbona, relatrice: GRABOWSKA.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/16


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il contributo e la partecipazione degli anziani alla società» (parere di iniziativa)

2013/C 11/04

Relatrice: O'NEILL

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Il contributo e la partecipazione degli anziani alla società

(parere d'iniziativa).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 144 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Conclusioni

1.2   Gli anziani sono membri dinamici, capaci e vitali della nostra società. Essi trasmettono conoscenze, competenze ed esperienze alle generazioni future e contribuiscono, sia in quanto individui sia collettivamente, alla nostra economia, ai nostri quartieri e a trasmettere la nostra storia. In quanto membri della famiglia, gli anziani svolgono un ruolo fondamentale dal momento che promuovono la coesione e la solidarietà all'interno della società.

1.3   Raccomandazioni

1.3.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) formula le seguenti raccomandazioni:

è indispensabile porre l'accento non tanto sull'età anagrafica degli anziani quanto sulle loro capacità e sul loro contributo, fattori che i governi, le ONG e i media dovrebbero sottolineare positivamente nelle loro dichiarazioni.

Occorre promuovere la partecipazione attiva alla società da parte dei cittadini di qualsiasi fascia d'età, nonché una maggiore solidarietà e cooperazione tra generazioni e all'interno di esse.

I governi e gli enti pubblici devono dimostrare un forte impegno a favore della partecipazione attiva degli anziani al processo decisionale e del loro ruolo all'interno della comunità.

I governi, con il sostegno dei partner più adeguati, devono adoperarsi per eliminare gli eventuali ostacoli che impediscono agli anziani di partecipare pienamente alla società.

Tutte le parti interessate devono continuare a elaborare un approccio che metta l'accento sull'apprendimento permanente per gli anziani, i datori di lavoro e le comunità.

È necessario che i governi garantiscano l'inclusione digitale e la formazione degli anziani.

Gli anziani devono presentarsi alle elezioni, votare e partecipare in qualità di membri del consiglio di amministrazione di imprese, organismi pubblici e ONG.

Bisogna riconoscere il contributo dei prestatori di assistenza informale e delle persone bisognose di assistenza e sostenerne adeguatamente i diritti e le responsabilità.

Occorre incoraggiare gli anziani a impegnarsi in attività di volontariato in conformità agli orientamenti in fatto di buone pratiche.

Bisogna permettere agli anziani di continuare a svolgere un'attività professionale, se lo desiderano, fino all'età pensionabile stabilita per legge e oltre.

È necessario che i datori di lavoro adattino l'ambiente di lavoro e adottino disposizioni contrattuali suscettibili di soddisfare le esigenze dei lavoratori più anziani.

È necessario riconoscere che gli anziani svolgono un ruolo in quanto consumatori e incoraggiare le imprese a produrre beni e servizi che rispondano alle esigenze di una società che invecchia.

2.   Introduzione

2.1

Secondo la visione di un invecchiamento attivo e in buona salute presentata dal gruppo direttivo della Commissione europea sull'invecchiamento attivo, l'invecchiamento attivo e in buona salute è il processo in cui le opportunità di salute, partecipazione e sicurezza sono ottimizzate per migliorare la qualità della vita delle persone in fase di invecchiamento. Tale processo si applica a tutte le persone anziane, sul piano sia individuale che collettivo. Per "salute" si intende il benessere fisico, mentale e sociale. Il termine "attivo" fa riferimento alla partecipazione continua alle attività sociali, economiche, culturali, spirituali e civiche, e non solo alla capacità di essere fisicamente dinamici o in grado di contribuire alla forza lavoro  (1).

2.2

Il presente parere intende porre in evidenza la partecipazione attiva degli anziani in Europa, esaminare gli ostacoli che impediscono un maggiore coinvolgimento e sottolineare che tale partecipazione è continuativa nel corso della vita. La costruzione di un'Europa per tutte le età (2) inizia dalla nascita e richiede una visione a lungo termine. Il presente parere prosegue il lavoro partendo da precedenti pareri adottati dal CESE sul tema degli anziani e dell'invecchiamento (3).

2.3

Attualmente, 85 milioni di cittadini europei hanno più di 65 anni, ed entro il 2060 la cifra salirà a 151 milioni. È importante non limitarsi all'età anagrafica, bensì riconoscere e sviluppare la capacità di partecipazione a ogni età e prendere atto che, anche se gli anziani (che, ai fini del parere, per definizione sono persone di età superiore ai 65 anni) accusano problemi di salute, ciò non necessariamente impedisce loro di impegnarsi.

2.4

"La partecipazione attiva degli anziani alla vita sociale, culturale, economica e politica dipende da un'immagine corretta dell'età" (4). Bisogna scoraggiare l'uso da parte dei media e dei governi di un linguaggio eccessivamente drammatico per descrivere una società che invecchia.

2.5

Occorre combattere gli atteggiamenti discriminatori basati sull'età poiché alterano la percezione degli anziani, scoraggiandoli dal partecipare. Ciò potrebbe comportare la perdita di contributi essenziali e accrescere le tensioni tra le generazioni. Dovremmo celebrare il fatto di vivere più a lungo e in migliori condizioni di salute, possibilità che deriva da una migliore istruzione e alimentazione, nonché dalla maggiore importanza attribuita al contratto sociale tra le generazioni.

2.6

Gli atteggiamenti negativi nei confronti delle persone anziane non tengono conto del loro ruolo in qualità di lavoratori, consumatori, partecipanti ai progetti delle comunità locali e prestatori di assistenza. L'immagine negativa degli anziani è deleteria dal momento che la discriminazione pregiudica l'autostima e impedisce una maggiore partecipazione e il contributo degli anziani all'economia. La speranza di vita è aumentata grazie ai recenti sviluppi in campo medico, farmacologico e tecnologico, nonché a un più elevato livello di consapevolezza e di educazione in materia di salute. "Dalle ricerche risulta che la qualità di vita dichiarata dalle persone molto anziane è spesso molto migliore di quanto non si creda in generale. È necessario cambiare gli atteggiamenti nei confronti dell'invecchiamento che troppo spesso sono dominati da idee errate e pregiudizi" (5).

2.7

I cambiamenti demografici offrono l'opportunità di promuovere la crescita della "economia d'argento", considerato che gli anziani consumano beni e servizi in diversi settori e vi contribuiscono mediante l'occupazione.

2.8

Combattere la discriminazione fondata sull'età ricorrendo alla legislazione e alla leadership e creando una nuova dinamica nel processo decisionale dovrebbe pertanto costituire una priorità nella promozione dell'invecchiamento attivo e nella realizzazione del potenziale della popolazione anziana allo scopo di permetterle di partecipare appieno allo sviluppo del capitale sociale ed economico del paese.

2.9

Dobbiamo modificare la visione secondo la quale a 65 anni le persone si trasformano da prestatori a beneficiari di servizi. Occorre abolire le barriere dell'età. Gli anziani non si trasformano in un gruppo omogeneo a causa dell'età, bensì conservano i loro diversi punti di vista, energie, esperienze, pregiudizi, necessità e desideri. Tutti noi invecchiamo, e per tenere conto delle aspettative che vi saranno nel 2060 sarà necessario un adeguamento costante.

2.10

I dati statistici disponibili in merito agli anziani vanno utilizzati con cautela per evitare di dare per scontato che le condizioni di salute, i tassi di partecipazione ecc. siano identici per tutte le persone di età compresa tra i 65 e i 100 anni, dal momento che le loro esigenze e capacità variano. Bisogna evitare di formulare ipotesi basate sull'età e di creare compartimenti stagni.

2.11

È impossibile considerare la dignità e il benessere degli anziani senza tenere conto delle strategie legate al reddito, alla salute e all'assistenza sociale e della necessità di conservare le reti sociali locali e le iniziative delle comunità locali. Tali questioni vengono sollevate in funzione degli ostacoli alla partecipazione che potrebbero insorgere. La capacità di accedere ai servizi e di partecipare attivamente dipende in misura significativa dal fatto di disporre di un reddito sufficiente, aspetto di cui occorre tenere adeguatamente conto nel quadro delle riforme pensionistiche.

3.   Questioni civiche

3.1

Secondo la relazione dal titolo Gold Age Pensioners (Pensionati dell'età d'oro) (6), gli anziani fungono da "collante sociale" grazie al loro contributo alla famiglia e alla comunità attraverso iniziative di volontariato e la partecipazione alle istituzioni democratiche.

3.2

La percentuale degli anziani che si recano alle urne in tutte le elezioni è più elevata. Secondo la relazione Eurostat (7) del 2012, il 50 % dei cittadini di età superiore ai 55 anni si recano a votare e l'interesse per la politica aumenta in età avanzata. Il numero crescente di anziani nella nostra società ha una notevole influenza politica (la quale negli Stati Uniti viene denominata "potere grigio") e tale influenza viene effettivamente esercitata.

3.3

L'età media dei membri eletti del Parlamento europeo è di 54 anni mentre il membro più anziano ne ha 84. Questa situazione si riflette in altre istituzioni governative e nel CESE stesso e pone in evidenza che l'età non deve costituire un ostacolo alla partecipazione a nessun livello.

3.4

Molti anziani presenti nei consigli di amministrazione di ONG, organismi pubblici o imprese portano con sé le esperienze e competenze acquisite nel corso della vita lavorativa.

4.   Partecipazione al processo decisionale

4.1

Considerata la misura in cui gli anziani contribuiscono alla società in diversi modi, si potrebbe presumere che gli anziani siano bene integrati e partecipino ai processi decisionali. Tuttavia, gli anziani spesso si sentono "esclusi" dalle decisioni che riguardano il loro benessere o la comunità in cui vivono. Occorre non solo incoraggiare i singoli individui bensì anche far sì che le organizzazioni sviluppino meccanismi che tengano conto dei punti di vista degli anziani.

4.2

Nel 2010 la Piattaforma europea delle persone anziane (AGE) ha pubblicato una relazione (8) che illustrava i metodi messi a punto in diversi Stati membri, tra cui i cosiddetti "consigli degli anziani" (senior council) e le consultazioni pubbliche a livello locale e nazionale. È essenziale che nel quadro del processo europeo di inclusione sociale le parti interessate partecipino allo sviluppo di soluzioni ai problemi che li toccano direttamente. Se da un lato la partecipazione è fondamentale, il fatto di essere ascoltati attivamente è altrettanto importante poiché permette il prodursi dei cambiamenti.

4.3

È necessario prestare assistenza alle persone vittime di esclusione sociale a causa di problemi di salute, disabilità o povertà e potenziare il ruolo degli individui. Il gruppo di lavoro scozzese sulla demenza (Scottish Dementia Working Group) è un valido esempio di persone affette da questa patologia che hanno deciso di mantenere la possibilità di scelta e il controllo delle loro vite. Esso si è guadagnato una fama notevole, tanto sul piano nazionale che su quello internazionale, grazie alle sue campagne piene di entusiasmo e coraggio volte a migliorare la comprensione della patologia e a esercitare pressioni per disporre di servizi migliori. L'organizzazione è gestita da persone affette da demenza che intervengono direttamente nei convegni e si fanno portavoce della categoria presso i governi (9).

4.4

Per garantire una partecipazione effettiva vi è bisogno di strutture di accoglienza e dell'impegno degli enti pubblici, delle ONG, dei datori di lavoro e di altre istituzioni a prestare seriamente ascolto agli anziani in quanto soggetti interessati; occorre utilizzare un linguaggio privo di gergo tecnico e mettere a disposizione spazi accessibili. Inoltre, le persone coinvolte devono disporre delle possibilità economiche per partecipare e devono poter utilizzare i mezzi di trasporto. Gli anziani devono essere consapevoli dei loro diritti e doveri e avere la possibilità di familiarizzare con le questioni da discutere, e pertanto la formazione, compresa l'acquisizione di conoscenze nel campo delle TIC, costituisce un fattore essenziale (10).

4.5

Si registra un crescente ricorso alla "coproduzione", ovvero il metodo che coinvolge "gli individui, le comunità e le organizzazioni che hanno le competenze, le conoscenze e le abilità per lavorare insieme e creare opportunità e risolvere problemi" (11). Nel caso della "coproduzione" si fa riferimento a una serie di principi che stanno alla base di tutte le attività di partecipazione e che si possono applicare a partire dal piano individuale, nella progettazione di un pacchetto di servizi di assistenza, fino a quello nazionale, nell'elaborazione delle politiche da parte dei governi.

5.   Ricerca

5.1

Il CESE ha accolto con soddisfazione l'appoggio della Commissione europea alle iniziative di programmazione congiunta e all'elaborazione di tabelle di marcia per le attività di ricerca future nell'ambito dell'invecchiamento e del cambiamento demografico, tema, questo, che è al centro del programma "Orizzonte 2020: tabelle di marcia per l'invecchiamento" (12).

5.2

È importante portare avanti le attività di ricerca in tutti i settori della vita degli anziani per poter adottare le decisioni politiche più adeguate in materia di salute, assistenza sociale, istruzione, reddito e partecipazione. Occorre coinvolgere gli anziani nelle attività intese a individuare le problematiche e nella partecipazione alla ricerca. È particolarmente importante condurre gli opportuni test clinici sui farmaci negli anziani.

6.   Assistenza

6.1

Con l'invecchiare della popolazione, le responsabilità familiari ricadranno su un numero crescente di donne anziane e ciò potrebbe determinare una serie di sfide finanziarie in ragione delle retribuzioni perdute e della riduzione dei diritti a pensione. Le persone anziane contribuiscono in maniera significativa, prestando cure informali a familiari più anziani e fragili, permettendo così agli Stati di realizzare notevoli risparmi nel bilancio destinato all'assistenza sociale. Occorre riconoscere l'esperienza e le competenze degli operatori informali e tenere conto della necessità di offrire loro opportunità di formazione.

6.2

Inoltre, in caso di necessità, numerosi nonni si occupano dei nipoti nelle famiglie che si trovano in difficoltà o per permettere ai figli di lavorare e di essere quindi economicamente attivi.

6.3

Nel settore delle cure informali vi è spazio per l'innovazione sociale e gli Stati membri dovrebbero impegnarsi maggiormente per affrontare le crescenti sfide e responsabilità che toccano direttamente coloro che prestano cure informali, alla luce dell'inadeguatezza dei servizi di assistenza forniti o della loro riduzione.

7.   Volontariato

7.1

"La gamma delle attività di volontariato svolte dagli anziani è notevole e va ben al di là delle tematiche tradizionali legate all'età come, ad esempio, il sostegno alle persone anziane più fragili o malate" (13). Le loro attività di volontariato si svolgono nell'ambito del benessere e della salute, del tempo libero, dell'ambiente, delle organizzazioni religiose, della cultura e della politica.

7.2

Gli anziani svolgono attività di volontariato poiché ciò permette loro di mantenere e sviluppare le loro competenze e i contatti sociali, di evitare l'isolamento e l'esclusione sociale e di impegnarsi a favore della comunità alla quale appartengono. Il volontariato apporta dei vantaggi reciproci. Da un'inchiesta realizzata nel 2009 risulta che, secondo il 78 % della popolazione dell'UE-27, con la loro opera di volontariato gli anziani offrono un contributo importante a organizzazioni caritative e raggruppamenti locali (14).

7.3

In assenza di servizi pubblici, o qualora questi vengano ridotti, bisogna apprezzare l'opera di volontariato prestata dagli anziani per ovviare a tali carenze; bisogna, tuttavia, anche sostenerli adeguatamente.

7.4

Va notato che il riconoscimento e la gamma delle attività di volontariato sono molto diversi da uno Stato membro all'altro e che le persone che si impegnano in questo settore in età avanzata in generale hanno già prestato questo genere di attività in precedenza. È opportuno incoraggiare le persone e permettere loro di partecipare ad attività di volontariato poiché ciò ha ripercussioni positive in età più avanzata dato che contribuisce a evitare l'isolamento e l'esclusione sociale e stimola i contatti e le amicizie.

8.   Contributo economico

8.1

Il contributo degli anziani all'economia si può stabilire alla luce non solo del consumo, bensì anche delle imposte sul reddito versate e del valore degli acquisti effettuati, nonché del fatto che l'assistenza informale ai familiari rappresenta un risparmio per lo Stato, che accudire i nipoti permette ai figli di rientrare nel mercato del lavoro e che l'opera di volontariato e la possibilità di rimanere più a lungo nella forza lavoro hanno un determinato valore. Inoltre, bisogna tenere conto anche del trasferimento di beni ai membri più giovani della famiglia per aiutarli a far fronte a importanti impegni finanziari (15).

8.2

Il fatto che l'invecchiamento della popolazione venga riconosciuto sempre di più dovrebbe permettere alle imprese e ad altri soggetti di sviluppare e commercializzare prodotti e servizi destinati a questa parte della popolazione nel quadro di una società che invecchia, promuovendo così la produzione e l'occupazione (16).

8.3

Il ruolo degli anziani in quanto consumatori non viene riconosciuto a sufficienza e ciò incoraggia il persistere di atteggiamenti negativi nei loro confronti. Immagini stereotipate degli anziani tendono a far pensare che questa categoria non voglia né abbia bisogno di opportunità o servizi diversi e che il mercato dei giovani sia molto più importante (17).

9.   Occupazione

9.1

"Quasi il 60 % dei lavoratori sono convinti che riusciranno a svolgere la loro attività lavorativa a 60 anni" (18).

9.2

Tenendo conto dell'allungamento della durata della vita, è importante che gli anziani abbiano la possibilità e la capacità di scegliere di continuare a lavorare fino all'età pensionabile legale e anche oltre, se lo desiderano. Occorre quindi riconoscere le capacità delle persone anziane e la necessità di adattare l'ambiente e l'orario di lavoro (il che presenta anche dei vantaggi nell'intero ciclo di vita), la capacità degli anziani di partecipare a formazioni per stare al passo con i nuovi metodi di lavoro e gli sforzi per combattere gli atteggiamenti discriminatori basati sull'età. Il CESE ha recentemente adottato un parere in cui propone un pacchetto di misure specifiche per tenere conto di tali necessità e sottolinea l'importanza che le parti sociali svolgano un ruolo chiave per garantire che vengano attuate le politiche e gli adeguamenti più appropriati (19).

9.3

Occorre tenere conto del fatto che vi è una differenza tra coloro che continuano a lavorare dopo l'età della pensione perché lo desiderano e coloro che invece sono costretti a farlo perché il loro reddito da pensione non è sufficiente.

9.4

Sul posto di lavoro le persone anziane apportano un notevole bagaglio di esperienze e competenze, il che è essenziale in un'epoca segnata dalla carenza di personale qualificato oltre ad assicurare un contributo costante all'economia. Bisogna incoraggiare le imprese a sviluppare buone pratiche in materia di strategie di gestione dell'età.

9.5

Gli anziani hanno buone possibilità di affermarsi come lavoratori indipendenti e realizzare le loro potenzialità imprenditoriali, acquistando così maggiore autonomia e controllo delle condizioni di lavoro. Il contributo degli anziani in quest'ambito è in aumento. Dai dati raccolti da Eurostat nel 2010 risulta che il 50 % dei lavoratori di età superiore ai 65 anni esercitava un'attività indipendente (20). L'impulso a lanciare nuovi progetti e servizi che tengano conto dei cambiamenti demografici può venire dal fatto che gli anziani stessi sono ancora professionalmente attivi, e occorre incoraggiarli a perseguire queste possibilità (21).

10.   Apprendimento lungo tutto l'arco della vita

10.1

Nel corso degli ultimi anni il CESE ha sottolineato l'importanza dell'apprendimento permanente come condizione essenziale per garantire l'inclusione sociale, la possibilità di continuare a lavorare, lo sviluppo personale e la capacità di partecipare efficacemente (22).

10.2

Benché si registri un aumento del numero degli anziani che partecipano alle opportunità di formazione, il fenomeno non è equamente ripartito in tutti gli Stati membri (23). La partecipazione degli anziani alle associazioni locali e ONG rappresenta una fonte importante di apprendimento informale.

11.   Il ruolo delle TIC

11.1

Il ruolo delle TIC riveste un'importanza crescente per tutti i cittadini. Grazie a Internet e alla posta elettronica gli anziani possono seguire quanto avviene all'esterno e mantenere regolarmente i contatti con i familiari che non vivono nelle vicinanze. Grazie a Skype o a strumenti analoghi tali contatti acquistano anche la dimensione visiva. I forum di discussione controllati possono consentire agli anziani, soprattutto a quelli che non si possono muovere da casa, di mettersi in contatto con persone che hanno interessi analoghi, e ciò contribuisce ad alleviare gli effetti dell'isolamento.

11.2

L'e-Health (ovvero la sanità elettronica) può offrire notevoli vantaggi: ad esempio permette di monitorare le condizioni di salute delle persone e di far fronte a situazioni di emergenza. Si tratta di metodi che non dovrebbero sostituirsi ai rapporti personali diretti e regolari e i sistemi di sanità elettronica devono tenere conto dell'esigenza di intrattenere relazioni umane tradizionali.

11.3

Alcune applicazioni informatiche più controverse prevedono sistemi personali di monitoraggio all'interno delle case "intelligenti", ai fini della sicurezza personale o dei dispositivi di monitoraggio destinati alle persone affette da demenza. L'obiettivo è di garantire - in tutta sicurezza - la prosecuzione dell'autonomia e la possibilità di scegliere tra varie attività. Questi metodi, che devono ovviamente andare a vantaggio degli anziani, vanno utilizzati nel rispetto di decisioni etiche e della prassi, non come un meccanismo di controllo o un modo per ridurre l'assistenza da parte del personale.

11.4

Il ricorso a Internet per effettuare acquisti online presenta dei chiari vantaggi per coloro che sono affetti da problemi di mobilità ma va anch'esso subordinato all'esigenza di incontrare altre persone e di muoversi al di fuori del proprio domicilio. In questo contesto occorre garantire la protezione dei dati e la tutela della vita privata.

11.5

Per poter far uso delle TIC bisogna poter usufruire di corsi di formazione e sostegno e avere accesso alle apparecchiature elettroniche. Questi aspetti sono stati affrontati nel parere del CESE sul tema Migliorare l'alfabetizzazione, le competenze e l'inclusione digitali  (24).

12.   Ostacoli alla partecipazione

12.1

Mentre si è posto l'accento sulla partecipazione delle persone anziane a una serie di attività che hanno un impatto sulla vita socioeconomica, numerosi anziani si trovano di fronte a una serie di ostacoli di rilievo che impediscono loro di partecipare.

12.2

L'età anagrafica costituisce solo una delle molteplici caratteristiche che definiscono una persona. Le conoscenze, competenze ed esperienze che contraddistinguono le diverse fasce d'età costituiscono una risorsa essenziale per la società. La realizzazione di una società inclusiva per tutte le età si fonda sulla responsabilità collettiva dei decisori, delle parti interessate e dei cittadini stessi nell'elaborazione di politiche e prassi che garantiscano equità e inclusione a prescindere dall'età.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Piano di attuazione strategica in materia di partenariato europeo per l'innovazione sull'invecchiamento attivo e sano, Commissione europea, 7 novembre 2011.

(2)  Stakeholder Manifesto for an Age Friendly European Union by 2020 ("Manifesto delle parti interessate per un'Unione europea per tutte le età entro il 2020"), Piattaforma europea delle persone anziane (AGE), 2011.

(3)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 24; GU C 51 del 17.2.2011, pag. 55; GU C 181 del 21.6.2012, pag. 150.

(4)  Sesta relazione sulla situazione delle generazioni più anziane nella Repubblica federale tedesca.

(5)  T. Kirkwood et al., New ways of Looking at Age ("Nuove visioni dell'età"), Blackstaff Press, 2011.

(6)  Gold Age Pensioners ("Pensionati dell'età d'oro"), WRVS, 2011.

(7)  "Invecchiamento attivo e solidarietà tra le generazioni", Eurostat, 2012.

(8)  Guide for Civil Dialogue on Promoting Older People's Social Inclusion ("Guida per il dialogo civile sulla promozione dell'inclusione sociale delle persone anziane"), Piattaforma europea delle persone anziane (AGE), 2010.

(9)  Perspectives on ageing with dementia ("Prospettive di invecchiamento per le persone affette da demenza"), Joseph Rowntree Foundation, 2012.

(10)  Cfr. la nota 8.

(11)  A guide to co-production with older people ("Guida alla coproduzione con gli anziani"), NDTI.

(12)  Cfr. il parere del CESE sul tema Orizzonte 2020: tabelle di marcia per l'invecchiamento, adottato il 23 maggio 2012, GU C 229 del 31.7.2012, pag. 13.

(13)  Volunteering by older people in the EU ("Il volontariato degli anziani nell'UE"), Eurofound, 2011.

(14)  Cfr. la nota 6.

(15)  Gold Age Pensioners ("Pensionati dell'età d'oro"), WRVS, 2011.

(16)  GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 10.

(17)  The Golden Economy ("L'economia d'oro"), AGE UK, 2011.

(18)  Living Longer Working Better ("Vivere più a lungo e lavorare meglio"), Eurofound, 2011.

(19)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 1.

(20)  "Invecchiamento attivo e solidarietà tra le generazioni", Eurostat, 2011.

(21)  Golden Opportunities ("Opportunità d'oro"), UnLtd, 2012.

(22)  GU C 161, del 13.7.2007, pag. 1; GU C 204, del 9.8.2008, pag. 89; GU C 228, del 22.9.2009, pag. 24; GU C 77, del 31.3.2009, pag. 115; GU C 51, del 17.2.2011, pag. 55.

(23)  Cfr. la nota 20.

(24)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 9.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/21


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Rafforzamento dell'autonomia sociale e integrazione dei cittadini Rom in Europa» (supplemento di parere)

2013/C 11/05

Relatore: TOPOLÁNSZKY

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, lettera A delle Modalità di applicazione, di elaborare un supplemento di parere sul tema:

Rafforzamento dell'autonomia sociale e integrazione dei cittadini Rom in Europa.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 127 voti favorevoli, 1 voto contrario e 12 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) prende atto con apprezzamento e con grandi aspettative di quanto è stato compiuto recentemente dalla Commissione, dal Parlamento europeo, dal Consiglio europeo, da altri organi dell'UE e dagli Stati membri per favorire l'inclusione sociale e l'integrazione dei Rom europei, e in particolare dell'adozione della strategia quadro della Commissione europea e delle strategie nazionali degli Stati membri per l'integrazione dei Rom.

1.2

Richiama d'altro canto l'attenzione sul fatto che "tali sforzi, nel complesso, non hanno consentito di rimediare in maniera decisiva alla discriminazione subita da gran parte dei Rom, né di migliorare la loro qualità di vita e le loro opportunità …".

1.3

Già nel parere esplorativo del 2011 (1), il CESE esprimeva preoccupazione in merito al sostegno, da parte delle organizzazioni della società civile e delle organizzazioni dei Rom, alle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom, e avanzava numerose proposte.

1.4

I risultati dello studio fatto eseguire dal CESE nei 27 Stati membri concordano con quelli delle ricerche effettuate dal gruppo EU Roma Policy Coalition (Coalizione per una politica dell'UE sui Rom) e da altre organizzazioni della società civile nel registrare, accanto a un livello elevato di disinformazione e di insoddisfazione, una forma di frustrazione e di sfiducia diffuse presso gli esponenti più autorevoli della società Rom, le organizzazioni della società civile e i loro rappresentanti. Le strategie nazionali di integrazione dei Rom non sembrano aver suscitato negli interessati un'aspettativa crescente e una sincera fiducia nella capacità delle strategie stesse di contribuire a un miglioramento sostanziale di tale integrazione.

1.5

Gli strumenti e le risorse disponibili per realizzare gli obiettivi delle strategie nazionali di integrazione dei Rom non appaiono sufficienti a compensare gli effetti persistenti di una situazione di discriminazione e di esclusione, che si ripercuotono negativamente sulla vita e le opportunità degli interessati. Per tale ragione il Comitato richiama l'attenzione sull'importanza di coordinare le politiche in questo campo e di prevedere risorse proporzionate agli obiettivi.

1.6

A giudizio del CESE, la programmazione e la realizzazione delle strategie nazionali di integrazione dei Rom devono fondarsi sempre sui diritti, in modo da garantire il rispetto dei diritti umani e dei diritti fondamentali.

1.7

Il Comitato ricorda che bisogna garantire la priorità della lotta contro la discriminazione in ogni settore della vita sociale.

1.8

Sottolinea l'esigenza di applicare in maniera generalizzata un approccio positivo nei confronti della situazione sociale dei Rom, e segnala che un elemento decisivo dell'attuazione di una politica di inclusione consiste nel fare in modo che le persone dispongano della forza, degli strumenti e della capacità per decidere del proprio destino.

1.9

È favorevole alla creazione di una rete di punti di contatto nazionali per i Rom con competenze adeguate, come previsto dalla Commissione europea, e sottolinea che la società civile organizzata, comprese le organizzazioni e le rappresentanze di interessi dei Rom, deve partecipare a pieno titolo all'intero processo di concezione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle strategie nazionali di integrazione.

1.10

Il monitoraggio e la valutazione delle strategie nazionali di integrazione dei Rom richiedono tuttavia un rafforzamento durevole, basato su fondamenti scientifici, che coinvolga la società civile ed esperti indipendenti. Tale processo deve essere oggetto di un regolare finanziamento.

2.   Contesto

2.1

Nell'aprile 2011 la Commissione europea ha adottato un documento strategico di grande importanza, intitolato Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020  (2). Per la prima volta nella storia dell'UE, tale comunicazione formulava i principali obiettivi strategici, in piena conformità con le priorità della strategia Europa 2020, con gli impegni della Carta dei diritti fondamentali dell'UE e con le dichiarazioni dei Dieci principi di base comuni sull'inclusione dei Rom  (3). Essa raggruppa in quattro settori i compiti della politica in questo campo: accesso all'istruzione, all'occupazione, all'assistenza sanitaria e all'alloggio. La comunicazione attribuisce particolare importanza alla cooperazione con la società civile e con le istituzioni dei Rom, chiede che venga predisposto e attuato un solido meccanismo di monitoraggio e di valutazione e invita gli Stati membri a elaborare, adottare e presentare alla Commissione entro il 2012 le rispettive strategie nazionali di integrazione dei Rom.

2.2

Nelle sue conclusioni (4), il Consiglio ribadisce i contenuti della comunicazione della Commissione (5) e nota:

"[Il Consiglio] accoglie con favore la comunicazione della Commissione […] e incoraggia [gli Stati membri] a fissare obiettivi realizzabili su scala nazionale […] nonché a istituire un meccanismo di monitoraggio e a rendere i finanziamenti UE esistenti più accessibili per i progetti di inclusione dei Rom", e prosegue invitando gli Stati membri a:

"monitorare e valutare adeguatamente l'impatto delle strategie [nazionali] di inclusione dei Rom o degli insiemi integrati di misure […]; (punto 23)

promuovere il coinvolgimento attivo della società civile dei Rom e di tutti gli altri soggetti interessati; (punto 41)."

3.   Il 16 giugno 2011il CESE presenta il parere esplorativo sul tema Rafforzamento dell'autonomia sociale e integrazione dei cittadini Rom in Europa  (6). In tale documento il CESE:

3.1

prende atto con apprezzamento e con grandi aspettative degli sforzi compiuti dal Parlamento europeo, dalla Commissione, dal Consiglio, dalle altre istituzioni dell'UE e dagli Stati membri per l'inclusione e l'integrazione sociale dei Rom europei, sforzi che negli ultimi tempi si sono intensificati;

3.1.1

richiama d'altro canto l'attenzione sul fatto che "tali sforzi, nel complesso, non hanno consentito di rimediare in maniera decisiva alla discriminazione subita da gran parte dei Rom né di migliorare la loro qualità di vita e le loro opportunità, anzi, la loro situazione si è per certi versi ulteriormente degradata";

3.1.2

segnala quindi l'esigenza di una strategia paneuropea integrata, coordinata e coerente e di un programma d'azione risoluto, applicato in modo sistematico a livello nazionale a tutti i settori di intervento, capace di restituire agli interessati e alle loro comunità le competenze e il potere decisionale occorrenti per decidere del loro destino (autonomizzazione);

3.1.3

ritiene che "ai fini di una politica di integrazione dei Rom che rappresenti specificamente, ma non in modo esclusivo, le direttrici strategiche della loro risoluzione, si potrebbero raccomandare agli Stati membri i seguenti tre elementi, da attuare in maniera coordinata:

a)

una politica d'integrazione neutra sotto il profilo razziale ed etnico, volta a ridurre la concentrazione della povertà e della privazione estreme;

b)

una politica volta a sostenere l'autonomizzazione di coloro che si considerano membri di una comunità Rom e a sancire l'integrazione sociale che hanno raggiunto;

c)

una politica generale e una pubblicità antirazziste";

3.2

segnala "l'esigenza cruciale di far partecipare attivamente i rappresentanti e i membri del popolo e delle comunità Rom alla pianificazione e all'attuazione a tutti i livelli (dell'UE, nazionale, regionale e locale)".

3.3

Il CESE "sulla base del mandato affidatogli dalla società civile e servendosi dei collegamenti che lo uniscono intrinsecamente alle organizzazioni della società civile degli Stati membri, desidera prendere parte al monitoraggio e alla valutazione di tali politiche. Esso intende partecipare alla mediazione tra le istituzioni dell'UE e la società civile organizzata e partecipare in quanto partner attivo alla piattaforma europea per l'inclusione dei Rom e ad altre forme di dialogo strutturato".

4.   Ricerche e sondaggi

4.1   In considerazione di quanto sopra, il presente parere tenta di raccogliere le conoscenze, le opinioni e le esperienze espresse negli ultimi tempi in merito alla strategia quadro e alle strategie nazionali di integrazione da parte dei principali soggetti coinvolti, dei servizi competenti della Commissione europea, delle organizzazioni della società civile, dei gruppi di pressione e dei movimenti che riuniscono i Rom o ne rappresentano gli interessi. Indubbiamente l'immagine che ne risulta influirà profondamente sulle possibilità di realizzazione, da parte degli Stati membri, degli obiettivi indicati nella strategia. Tra le varie analisi si possono citare le seguenti:

i vari documenti della Commissione europea relativi al processo di elaborazione delle strategie nazionali e ai loro elementi sostanziali;

i documenti sul ruolo di partecipante osservatore e sull'attività di diffusione delle informazioni svolta dall'Istituto società aperta (Open Society Institute - OSI), in particolare nei nuovi Stati membri (7);

un'inchiesta realizzata tramite un questionario dalla European Roma Policy Coalition (ERPC),

le relazioni sul contenuto della strategia e sul suo processo di sviluppo presentate dalle associazioni della società civile attive nelle questioni riguardanti i Rom, come l'ERIO (European Roma Information Office) o il Centro Amalipe;

i risultati dell'inchiesta online condotta per conto del CESE nei 27 Stati membri.

4.2   La Commissione europea ha elaborato un'analisi sintetica (8) delle strategie presentate dagli Stati membri, di cui il CESE condivide ampiamente le conclusioni moderatamente critiche (9) come la constatazione che, ben al di là di quanto emerga dalle strategie, vi è necessità di un maggiore coinvolgimento degli enti regionali e locali, di una cooperazione sostanzialmente più ravvicinata con la società civile, di risorse finanziarie meglio proporzionate ai compiti e alle finalità, di un monitoraggio e di una valutazione migliori della politica in questo campo e di un atteggiamento più deciso nei confronti dei fenomeni di discriminazione.

4.3   Praticamente nello stesso periodo in cui veniva elaborata su incarico del CESE un'inchiesta basata su un questionario, l'ERPC eseguiva secondo modalità analoghe uno studio contenente domande molto simili, i cui risultati sono stati pubblicati nello stesso studio in cui viene presentata una panoramica delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom (10).

4.3.1   Sfruttando tra l'altro anche le possibilità offerte dalla propria rete, l'ERPC ha ricevuto 90 risposte utilizzabili (di cui 78 in provenienza dagli Stati membri) al questionario spedito a una vasta cerchia di organizzazioni Rom e pro-Rom. Sebbene vi fossero differenze quantitative tra uno Stato e l'altro, in generale gli autori delle risposte si attendevano un livello modesto di partecipazione al processo di elaborazione della strategia, e scarsi risultati da tale partecipazione. Secondo lo studio dell'ERPC, il basso livello di attività e di risultati dipendeva dal fatto che nella maggior parte degli Stati membri tanto il processo di elaborazione della strategia quanto il rilievo dato ai suoi risultati sono stati limitati e poco trasparenti (11).

4.3.2   Il rapporto dell'ERPC raccomanda, come presupposto di una più ampia e fruttuosa partecipazione della società civile, di instaurare a tutti i livelli una cultura del dialogo permanente che consenta di superare il semplice obbligo di consultazione, di creare meccanismi di partecipazione adeguati, di garantire un livello elevato di trasparenza delle azioni dei governi e di assicurare un'informazione adeguata sulle decisioni adottate. Nelle conclusioni si afferma tra l'altro che le strategie nazionali per l'integrazione dei Rom mostrano differenze evidenti e preoccupanti per quanto riguarda la volontà politica di porre rimedio alla discriminazione e ai pregiudizi nei confronti dei Rom e di correggere le politiche nazionali per consentire una più ampia partecipazione dei Rom in tutti gli spazi collettivi della società.

4.4   Risultati dell'inchiesta eseguita su incarico del CESE mediante un questionario online  (12)

4.4.1   I ricercatori hanno inviato i questionari online, contenenti domande raggruppate per categoria, a quasi 2 000 organizzazioni della società civile e attivisti impegnati nelle questioni concernenti i Rom (13). Come nel caso della ricerca eseguita dall'ERPC, il tasso di risposta è stato particolarmente basso (14).

4.4.2   Su una scala di valutazione che andava da uno a cinque, elaborata in base a 14 criteri analitici (15), il livello di soddisfazione relativo al contenuto delle strategie dell'UE e nazionali è stato mediamente inferiore a 2 (16). Dunque per la maggior parte degli interpellati le strategie nazionali di integrazione dei Rom non hanno sinora costituito né un successo, né l'espressione di una volontà politica convincente. Probabilmente questo giudizio fortemente negativo può spiegare anche la scarsa propensione a rispondere all'inchiesta.

4.4.3   Nel complesso la ricerca evidenzia, al di là di un livello elevato di disinformazione e di insoddisfazione, una forma di frustrazione e di sfiducia diffuse presso gli esponenti più autorevoli della società Rom e le organizzazioni della società civile e i loro rappresentanti: le strategie nazionali per l'integrazione dei Rom non sembrano aver suscitato negli interessati un'aspettativa crescente e una sincera fiducia nella capacità delle strategie stesse di contribuire a un miglioramento sostanziale di tale integrazione. La scarsa propensione a rispondere e il basso livello di soddisfazione degli intervistati segnalano anche, malgrado le intenzioni annunciate, che le organizzazioni interessate non sono state coinvolte adeguatamente nell'elaborazione delle strategie, che non sono stati messi a punto meccanismi validi di coinvolgimento o che, a causa di un'esperienza spesso secolare di discriminazione e di segregazione, non si è riusciti a ispirare nei rappresentanti delle comunità interessate un livello adeguato di fiducia nei processi attuali.

4.4.4   In linea di massima i risultati degli studi convalidano e corroborano le proposte avanzate nel parere esplorativo del CESE in merito a una partecipazione più intensa della società civile.

5.   Considerazioni generali

5.1   Gli organi e le istituzioni dell'UE hanno compiuto negli ultimi anni sforzi e sacrifici per fare in modo che l'integrazione sociale dei Rom si rafforzasse, che si riducessero l'emarginazione e la povertà estrema di cui spesso essi sono vittime e che i Rom potessero integrarsi pienamente e in quanto cittadini a pieno titolo dell'UE e del loro Stato membro nella vita politica, economica e sociale.

5.2   Tutti questi sforzi, tuttavia, hanno condotto ai risultati estremamente modesti che si sono registrati sinora. Dall'analisi delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom emerge in maniera univoca che si tratta di un processo comunque necessario ma ancora ampiamente insufficiente, in merito al quale gli interessati sono in parte disinformati, in grande misura diffidenti e, per quanto riguarda gli obiettivi e la loro realizzabilità, largamente insoddisfatti. Dobbiamo pertanto considerare l'adozione dei programmi strategici come l'avvio del processo di inclusione e non come un risultato di tale processo.

5.3   Le nostre proposte sono dirette sostanzialmente a fare in modo che, conformemente all'ampia intesa di principio e al forte consenso politico in materia, vengano istituiti, sia negli Stati membri (anche a livello regionale e locale) che a livello dell'UE, meccanismi istituzionali miranti all'integrazione sociale dei Rom, che incidano anche sulle politiche e che siano trasparenti, basati su dati oggettivi, capaci di produrre in modo razionale e comprensibile gli effetti auspicati, caratterizzati da un funzionamento prevedibile e atti a garantire un'ampia partecipazione della società, anzitutto degli stessi Rom e dei fattori sociali che li sostengono.

5.4   Va tenuto presente che, mentre le strategie si prefiggono in generale obiettivi adeguati, gli strumenti e le risorse a disposizione per realizzare tali obiettivi non appaiono sufficienti a controbilanciare la persistenza di forme di discriminazione e di esclusione e il loro impatto negativo sulla vita e sulle opportunità degli interessati. Ciò è particolarmente vero in questa fase di crisi economica e sociale, la quale come è ovvio, e anche a parere degli esperti, colpisce più duramente i gruppi sociali maggiormente vulnerabili, i quali risentono di un'esclusione talmente grave che la loro qualità di vita e le loro opportunità sociali sono ormai inesistenti e prive di contenuto.

5.5   Raccomandazioni politiche

5.5.1

Sussiste il grave rischio che il clima politico favorevole che prevale nell'UE in rapporto alla questione dei Rom non venga sfruttato e che al suo posto rimanga un costoso insuccesso. Pertanto il CESE considera particolarmente importante che si eseguano regolarmente verifiche e riesami delle politiche governative in questo settore, affinché i possibili fattori svantaggiosi o dannosi non azzerino i previsti benefici della strategia. È necessario predisporre dei meccanismi efficaci per coordinare e correggere le politiche.

5.5.2

Dall'esame delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom emergono differenze preoccupanti in termini di volontà politica e di efficacia degli strumenti, delle risorse e dei meccanismi impiegati per eliminare la discriminazione e gli svantaggi sociali che colpiscono i Rom. Il CESE invita a intervenire più risolutamente che in passato contro lo sfruttamento di questo tema a fini politici.

5.6   Politica e pubblicità antidiscriminazione

5.6.1

Il CESE considera molto importante che le strategie nazionali per l'integrazione dei Rom mantengano sempre un approccio fortemente basato sul diritto, che permetta ai cittadini degli Stati membri di godere pienamente dei diritti fondamentali garantiti dalla legislazione dell'UE e dai trattati e convenzioni internazionali sui diritti umani.

5.6.2

In tutti i settori della vita sociale occorre garantire il primato alla lotta contro la discriminazione. Il CESE raccomanda che le politiche antidiscriminazione dell'UE e degli Stati membri diano un'importanza maggiore all'investigazione dei casi di discriminazione e al fatto che questi ultimi vengano sanzionati in conformità delle tradizioni giuridiche europee.

5.6.3

È necessario provvedere alla difesa e all'attuazione dei diritti umani dei Rom migranti, incluso il diritto all'istruzione e un livello adeguato di assistenza sanitaria. Al posto di una politica di espulsioni occorrerebbe possibilmente realizzare politiche più equilibrate di integrazione dei Rom migranti originari degli Stati membri dell'UE e in possesso della cittadinanza dell'Unione.

5.6.4

Occorre uno sforzo particolare per introdurre la pratica di integrare i Rom nei mezzi di informazione, nel mondo della scuola e negli altri settori della vita pubblica. Bisogna avviare dei programmi intesi a far conoscere la storia e la cultura dei Rom, che diano spazio anche a un'attenta valutazione dei problemi cui devono far fronte a causa della discriminazione e dell'esclusione. È importante che in tale processo gli stessi Rom partecipino al lavoro di sensibilizzazione della società.

5.6.5

Occorre sempre investigare in maniera coerente i casi di incitamento all'odio e di xenofobia, e applicare quando necessario sanzioni giudiziarie. In tale contesto una particolare responsabilità ricade sui soggetti che influenzano l'opinione pubblica, in particolare i personaggi politici e mediatici di spicco.

5.6.6

Occorre prevenire la criminalizzazione dei Rom in quanto gruppo etnico e le espressioni verbali che associano i Rom a fenomeni sociali negativi (criminalità, comportamenti non conformi alle norme sociali ecc.), facendo in modo che tali espressioni cadano in disuso. È necessario fare degli sforzi affinché ciò si realizzi in particolare nel settore della giustizia penale e nei mezzi di informazione.

5.6.7

Il CESE sottolinea che bisogna generalizzare un approccio positivo nei confronti della situazione sociale dei Rom. Chiede che le istituzioni dell'UE e le loro reti si sforzino di non fare apparire i Rom e la loro comunità esclusivamente in un quadro sociale problematico e in quanto soggetti problematici, e cerchino invece di dare pubblicità in Europa a persone e comunità Rom che hanno successo e costituiscono un modello di ascesa e di integrazione sociale, pur rivendicando al tempo stesso la propria identità di Rom.

5.6.8

Attuare delle politiche di integrazione presuppone un fattore decisivo, ossia che le persone abbiano la forza, gli strumenti e il potere di disporre del proprio destino. Pertanto la politica, sia nell'insieme che nei suoi settori specializzati, deve contribuire a fare in modo che gli interessati possano decidere, nel quadro dello Stato di diritto, in merito al proprio destino, e che la maggioranza della società abbia la capacità di accettare tale autonomizzazione grazie a una comunanza di interessi.

5.7   Partecipazione

5.7.1

Il Comitato sottolinea che la società civile non può costituire un ornamento passivo del processo delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom, bensì un agente attivo.

5.7.2

Il CESE sostiene la creazione, prevista dalla Commissione europea, di punti di contatto Rom nazionali, ma sottolinea che ciò ha senso solo se tali punti di contatto disporranno di prerogative appropriate e di risorse, in particolare finanziarie, adeguate. In ogni caso la loro azione deve assumere la forma di una cooperazione stretta e istituzionalizzata con le organizzazioni della società civile.

5.7.3

Occorre coinvolgere la piattaforma europea per l'inclusione dei Rom nella valutazione dei programmi strategici, e a tal fine bisogna rafforzare il suo funzionamento.

5.7.4

La società civile organizzata, comprese le organizzazioni e i gruppi di interesse Rom, deve partecipare pienamente a tutti i processi delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom (pianificazione, attuazione, monitoraggio e valutazione), e questo non solo a livello nazionale, ma anche regionale e locale. Tale approccio dev'essere applicato a tutti i livelli del processo decisionale ed è necessario avviarne i processi di funzionamento: le sedi della concertazione, la sua trasparenza, i suoi strumenti e le sue risorse.

5.7.5

Il Comitato sottolinea che occorre fare in modo che i soggetti si considerino come membri di una comunità Rom impegnati socialmente, e che occorre condurre una politica di valorizzazione della loro integrazione sociale. A tal fine bisogna predisporre un meccanismo di sostegno.

5.8   Monitoraggio e valutazione

5.8.1

Poiché il monitoraggio e la valutazione in genere non fanno parte delle strategie nazionali degli Stati membri per l'integrazione dei Rom, o costituiscono una componente non adeguatamente elaborata di tali strategie, il CESE chiede che ciascuno Stato membro completi il proprio programma in tale campo e definisca le entità organizzative responsabili e i processi istituzionali, gli indicatori relativi a tali obiettivi, il metodo di valutazione, le fonti di informazione ecc.

5.8.2

Anche le strategie nazionali per l'integrazione dei Rom devono essere riesaminate ed essere oggetto di un monitoraggio continuo inteso ad accertare se enunciano, nei cinque principali ambiti di intervento, politiche globali e coerenti, se completano i quadri attualmente incompleti e se garantiscono in tale contesto programmi di azione adeguati e i relativi strumenti finanziari.

5.8.3

Gli Stati membri devono fare in modo che le strategie nazionali per l'integrazione dei Rom siano coerenti con le politiche di sviluppo nazionali, regionali e locali, e che sia possibile frenare o controbilanciare gli effetti imprevisti negativi di tali politiche sugli obiettivi delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom.

5.8.4

Il CESE raccomanda alla Commissione di predisporre in ciascuno Stato membro una rete di esperti indipendenti allo scopo di procedere a una valutazione motivata delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom, e chiede che gli Stati membri dedichino anche nei programmi operativi delle risorse al monitoraggio comunitario e alla valutazione (indipendente) da parte delle organizzazioni della società civile. È necessario inserire la componente "monitoraggio e valutazione" nel finanziamento dei programmi.

5.8.5

Raccomanda che, oltre al coordinamento da parte di Eurostat, gli istituti nazionali di statistica elaborino anche indicatori necessari a un monitoraggio, fondato su elementi oggettivi, delle strategie relative ai Rom, nonché un metodo statistico uniforme per la definizione degli indicatori.

5.9   Risorse

5.9.1

Il Comitato sottolinea che occorre prevedere risorse che siano adeguate agli obiettivi adottati nei documenti politici, e che formino oggetto di linee distinte.

5.9.2

La situazione di crisi colpisce in misura maggiore i più vulnerabili. Nell'ottica di realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020 possono essere eseguiti degli aggiustamenti sia delle politiche relative alle risorse che della definizione delle priorità. Tali aggiustamenti devono tuttavia essere decisi in maniera trasparente e nel quadro di un processo decisionale che garantisca un consenso con i rappresentanti degli interessati.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere del CESE, del 16 giugno 2011, sul tema Rafforzamento dell'autonomia sociale e integrazione dei cittadini Rom in Europa (GU C 248 del 25.8.2011, pagg. 16-21).

(2)  COM(2011) 173 final.

(3)  I dieci principi di base comuni sull'inclusione dei Rom sono stati presentati nella prima riunione della piattaforma, il 24 aprile 2009. Si segnalano qui in particolare i seguenti principi: Approccio mirato esplicito, ma non esclusivo, Approccio interculturale, e Obiettivo finale di piena inclusione dei Rom nella società.

(4)  http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/lsa/122100.pdf.

(5)  Quadro UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020 - Conclusioni del Consiglio.

(6)  GU C 248 del 25.8.2011, pagg. 16-21.

(7)  Esame del quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom, OSI, 2012, http://www.soros.org/sites/default/files/roma-integration-strategies-20120221.pdf.

(8)  Strategie nazionali di integrazione dei Rom: un primo passo nell’attuazione del Quadro dell’UE (COM(2012) 226), nonché SWD(2012) 133, del 21 maggio 2012.

(9)  "[…] gli Stati membri si stanno impegnando per sviluppare un approccio generale in materia. Tuttavia, a livello nazionale resta ancora molto da fare. L’inclusione socio-economica dei Rom rimane prima di tutto responsabilità degli Stati membri, i quali dovranno compiere sforzi più consistenti per assolvere ai loro compiti, adottando misure più concrete, obiettivi espliciti che consentano di misurare i risultati, finanziamenti chiaramente individuati a livello nazionale e un valido sistema nazionale di monitoraggio e valutazione."

(10)  Analysis of National Roma Integration Strategies (Analisi delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom), ERPC, marzo 2012.

(11)  "[…] una grande maggioranza di intervistati in tutti gli Stati membri ha descritto come poco trasparente il processo di elaborazione delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom. Nella maggior parte dei casi la partecipazione dei soggetti interessati, e in particolare il coinvolgimento dei Rom, nell'attuazione delle strategie nazionali sono poco chiari."

(12)  Studio sulla partecipazione e sulle attività delle organizzazioni dei Rom e/o delle organizzazioni non governative allo sviluppo e all'adozione delle strategie nazionali per l'integrazione dei Rom. Kontra Ltd., Budapest 2012. Manoscritto.

(13)  Il questionario, inviato a circa 800 indirizzi, è pervenuto, per effetto valanga, a circa 2 000 destinatari. Gli autori dello studio hanno sollecitato per ben tre volte una risposta da parte delle organizzazioni destinatarie.

(14)  In entrambi i casi i questionari completati e rispediti sono stati 78. Le risposte provenivano praticamente da tutti gli Stati membri, ma con grandi differenze quantitative tra uno Stato membro e l'altro. Tendenzialmente le risposte pervenute dagli Stati con una presenza maggiore di popolazione Rom sono state più numerose.

(15)  I criteri analitici erano riferiti al livello di soddisfazione relativo, da un lato, ai settori principali della strategia, e dall'altro, alla trasparenza del processo di elaborazione della strategia e alle possibilità di prendervi parte.

(16)  A seconda delle domande, il livello medio di soddisfazione andava da 1,6 a 2,7.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

484a sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012

15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/27


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei buoni («voucher»)

COM(2012) 206 final — 2012/0102 (CNS)

2013/C 11/06

Relatore: PÁLENÍK

Il Consiglio dell'Unione europea, in data 24 maggio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei buoni ("voucher")

COM(2012) 206 final — 2012/0102 (CNS).

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 116 voti favorevoli, nessun voto contrario e 18 astensioni.

1.   Sintesi delle conclusioni e raccomandazioni del Comitato

1.1

Il 10 maggio 2012 la Commissione ha presentato la sua proposta riguardante una direttiva del Consiglio volta a modificare la direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei buoni ("voucher"). L'obiettivo è di pervenire a una tassazione dei buoni che sia esaustiva, neutrale e trasparente.

1.2

La Commissione intende introdurre regole comuni per prevenire la doppia imposizione e l'evasione fiscale, ed è convinta che il mantenimento della situazione attuale porterebbe a un aumento degli squilibri nel mercato unico e quindi a una distorsione della concorrenza, perché le condizioni non sarebbero le stesse per tutti gli operatori presenti su tale mercato.

1.3

In tempi recenti, in particolare, si è registrato un notevole incremento nell'uso dei buoni, le cui diverse funzionalità e utilizzazioni generano ambiguità sotto il profilo degli obblighi fiscali. Occorre pertanto definire regole le più chiare possibili per tutti gli Stati membri, al fine di evitare gli squilibri nel mercato unico.

1.4

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'iniziativa della Commissione volta a definire con la massima precisione possibile i vari tipi di buoni. L'obiettivo è di prevenire i tentativi di evasione fiscale connessi all'uso dei buoni, nonché di garantire che chi emette i buoni stessi non si trovi in situazione di svantaggio rispetto alla concorrenza.

1.5

Il CESE approva in particolare l'intenzione della Commissione di eliminare gli eccessivi oneri amministrativi nella distribuzione dei buoni multiuso, per cui soltanto il fornitore che accetta il buono deve pagare l'imposta in quanto solo esso conosce le circostanze e le modalità dell'uso del buono.

1.6

Non vi sarà alcun valore aggiunto a definire le regole per gli obblighi fiscali riguardanti il trattamento dei buoni in mancanza di un pieno rispetto di dette regole da parte di tutti gli Stati membri. È essenziale, quindi, che questi ultimi rispettino le regole comuni e aboliscano le varie esenzioni che falsano la concorrenza e indeboliscono il contesto competitivo.

1.7

La Commissione intende modificare la direttiva IVA per quanto riguarda i buoni in considerazione dell'espansione dei servizi di telecomunicazioni, nell'ambito dei quali i crediti telefonici prepagati costituiscono la maggioranza del volume totale dei buoni.

1.8

Il CESE vuole richiamare l'attenzione su una serie di questioni che devono essere risolte prima dell'entrata in vigore della direttiva. Si tratta essenzialmente di possibili problemi riguardanti i diversi limiti per le esenzioni fiscali nei singoli Stati membri qualora i buoni siano ceduti a titolo gratuito, nonché l'assenza di disposizioni transitorie e di regole per disciplinare la mancata accettazione di buoni monouso.

2.   Elementi principali e contesto del parere

2.1

La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, stabilisce le norme concernenti il momento e il luogo della cessione di beni o della prestazione di servizi, la base imponibile, l'esigibilità dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e il diritto a detrazione. Le suddette norme, tuttavia, non sono sufficienti a garantire la coerenza in tutti gli aspetti della tassazione dei buoni, e generano squilibri di mercato di una gravità tale da incidere negativamente sul corretto funzionamento del mercato unico.

2.2

L'approccio non coordinato che attualmente prevale tra gli Stati membri provoca notevoli squilibri di mercato che devono essere eliminati. La Commissione propone pertanto di introdurre regole comuni volte a garantire un trattamento uniforme e certo, a evitare incoerenze, distorsioni della concorrenza, la doppia imposizione o la non imposizione e a ridurre il rischio dell'evasione fiscale connesso all'uso dei buoni.

2.3

I buoni hanno caratteristiche diverse, il che li rende problematici sotto il profilo fiscale, per cui è necessario distinguere tra i diversi tipi e stabilire regole chiare a questo scopo.

2.4

La direttiva ha il fine di distinguere gli strumenti di pagamento dai buoni e di definire questi ultimi, che possono assumere formati fisici o elettronici a seconda del loro uso. La direttiva specifica inoltre gli obblighi dell'emittente.

2.5

Si definisce "buono" il diritto a ricevere beni o servizi o a beneficiare di uno sconto. Detto diritto, tuttavia, viene spesso trasferito da una persona a un'altra senza essere riscattato. Per evitare il rischio della doppia imposizione, se il servizio corrispondente a tale diritto deve essere tassato, è necessario stabilire che il trasferimento di questo diritto e la cessione o la prestazione effettuata in cambio del buono devono essere considerati un'operazione unica.

2.6

Per garantire la neutralità, l'obbligo fiscale dovrebbe riguardare un'operazione unica per i beni ceduti o i servizi prestati in cambio del buono.

2.7

La direttiva dispone che i buoni emessi dalle agenzie di viaggio siano soggetti a imposizione nello Stato membro in cui è stabilita l'agenzia di viaggio. Al fine di prevenire possibili tentativi di spostare il luogo di imposizione, sono oggetto di questa disposizione anche i beni ceduti o i servizi prestati utilizzando i suddetti buoni.

2.8

Se i buoni passano attraverso una rete di distribuzione, la Commissione propone che il valore finale sia stabilito al momento dell'emissione, il che significa che il livello dell'IVA rimane invariato lungo l'intero processo di distribuzione dei buoni multiuso.

2.9

Se i buoni sono distribuiti da un soggetto passivo che agisce a nome proprio ma per conto di un'altra persona, si ritiene che detto soggetto passivo abbia ricevuto e fornito i buoni personalmente. I casi in cui la distribuzione riguarda buoni multiuso, che vengono tassati solo al momento del riscatto, comporterebbero la necessità di effettuare adeguamenti in tutte le fasi della catena di distribuzione, senza con questo generare un nuovo gettito fiscale o generandone uno minimo. Al fine di evitare oneri amministrativi eccessivi si deve considerare che un soggetto passivo che distribuisce tale tipo di buoni non li abbia ricevuti e forniti personalmente.

2.10

La Commissione definisce l'imposizione sui buoni multiuso al momento della distribuzione. Se il distributore realizza un utile dalla vendita a un altro distributore, il servizio di distribuzione deve essere tassato sulla base del margine realizzato dal primo distributore.

2.11

La proposta di direttiva prevede di abolire tutte le esenzioni richieste dagli Stati membri riguardo all'imposizione sulle cessioni di beni o prestazioni di servizi transfrontaliere. Questa disposizione servirebbe a evitare la possibilità di doppia imposizione o non imposizione.

2.12

La Commissione divide i buoni in "monouso" e "multiuso" a seconda del loro impiego. Per "buono monouso" si intende il diritto a beneficiare di una cessione di beni o di una prestazione di servizi quando il luogo della cessione o della prestazione e l'importo incassato per il buono sono noti. Nel caso dei buoni monouso, l'IVA è pagabile sull'importo ricevuto per il buono, anche se il pagamento è avvenuto prima della cessione o della prestazione. Nel caso dei buoni multiuso, l'obbligo fiscale è assolto solo al momento del riscatto del buono.

2.13

Se i buoni garantiscono uno sconto sulla cessione di beni o sulla prestazione di servizi, a giudizio della Commissione ciò comporta che il fornitore ha prestato un servizio all'emittente del buono se questo viene utilizzato.

2.14

Se una riduzione del prezzo dei beni e dei servizi è concessa in cambio di un buono, si considera che il rimborso pagato al fornitore che accetta il buono dall'emittente dello stesso costituisce la base imponibile del servizio promozionale prestato dal fornitore all'emittente.

2.15

Nel caso dei buoni multiuso, solo il fornitore che accetta il buono è a conoscenza della natura, del momento e del luogo della cessione o prestazione. Per garantire che l'IVA sia corrisposta, occorre che soltanto il fornitore che accetta il buono sia debitore dell'IVA alle autorità fiscali per i beni ceduti o i servizi prestati.

2.16

La Commissione tiene conto della necessità di assicurare la corretta applicazione e riscossione dell'IVA dovuta in caso di distribuzione transfrontaliera di buoni, se detta distribuzione dà luogo a un servizio distinto dai beni o dai servizi acquisiti in cambio del buono.

2.17

Considerando che la semplificazione, la modernizzazione e l'armonizzazione delle norme in materia di IVA applicabili ai buoni non possono essere realizzate dai soli Stati membri, la Commissione propone questa direttiva a livello UE a norma dell'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione volta a semplificare, armonizzare e modernizzare le norme in materia di imposta sul valore aggiunto nel mercato unico. Allo stato delle cose, quando gli Stati membri si occupano singolarmente di fiscalità in relazione ai buoni si verificano casi di doppia tassazione o di evasione fiscale e conseguentemente distorsioni del mercato unico.

3.2

Il CESE si rallegra altresì della proposta della Commissione tesa a espandere il campo d'applicazione della direttiva IVA per quanto riguarda i buoni. Esso esorta tuttavia la Commissione stessa a esaminare, nel prossimo futuro, anche altri mercati di beni e servizi tutt'altro che trascurabili quali quelli dei trasporti, degli smartphone, di Internet e delle reti sociali.

3.3

Le modifiche proposte non risolvono il problema dei buoni sconto ("coupon"), che sono utilizzati in modo simile ai buoni. Se si modificano le regole solo per questi ultimi, ci si può attendere un incremento nell'uso di strumenti simili per i quali non esistono regole chiaramente definite. Sarebbe opportuno pertanto introdurre nella direttiva il concetto di buono sconto ("coupon") e stabilire le regole corrispondenti.

3.4

La Commissione propone di modificare la direttiva principalmente in considerazione dell'aumento dell'uso dei buoni nel settore delle telecomunicazioni, che rappresenta il grosso del mercato di questi strumenti. Il CESE raccomanda alla Commissione di definire con attenzione l'uso dei buoni telefonici, poiché, per effetto delle nuove tecnologie, i loro potenziali impieghi sono estremamente vasti.

3.5

Il CESE concorda con l'obiettivo di estendere il campo di applicazione della direttiva anche all'imposizione dell'IVA sui buoni. Né la sesta direttiva IVA (1) né la direttiva IVA (2) prevedono norme per il trattamento delle operazioni che comportano l'uso di buoni. Si verificano quindi dei problemi rispetto alla base imponibile oppure al momento o al luogo dell'operazione. Nel caso della distribuzione transfrontaliera dei buoni, vi è incertezza circa le transazioni e si riscontrano difficoltà di interpretazione sia per gli emittenti che per i distributori dei buoni.

3.6

Le norme comuni sull'IVA sono state adottate nel 1977, e oggi il mercato unico deve confrontarsi con tutta una serie di mutazioni verificatesi nel corso del tempo per effetto di nuove tipologie di attività economica. È pertanto essenziale che le norme in materia di IVA siano aggiornate per tenere conto di questa evoluzione nel comportamento degli operatori del mercato. I buoni, e l'imposizione fiscale sugli stessi, rappresentano uno dei cambiamenti che in passato non erano stati previsti e che oggi devono essere disciplinati dalla normativa.

3.7

L'introduzione di regole chiare consentirà di risolvere diversi casi attualmente all'esame della Corte di giustizia dell'Unione europea, la quale ha emesso alcuni orientamenti parziali su questo tema ma non lo ha affrontato nella sua interezza. Il CESE è pertanto favorevole all'introduzione di condizioni per l'applicazione dell'IVA ai buoni che stabiliscano regole chiare a beneficio delle imprese e consentano di eliminare sia la doppia imposizione che la non imposizione.

3.8

Il CESE approva la definizione di buoni monouso, multiuso e buoni sconto, utile a chiarire quali regole gli operatori del mercato devono osservare in questo settore così ampio.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Il CESE approva la distinzione operata dalla Commissione tra i servizi di pagamento e i buoni, nonché quella tra buoni monouso, multiuso e buoni sconto, introdotta all'articolo 30 bis della proposta di direttiva. Grazie a queste disposizioni, sono ora definiti tutti i vari tipi di buoni.

4.2

Sarebbe opportuno introdurre un limite di tempo massimo per l'accettazione dei buoni da parte del consumatore, al fine di evitare i problemi che si verificano al momento del rimborso in caso di modifica delle aliquote IVA.

4.3

Anche la definizione come "operazione unica" della fornitura di un buono che dà diritto a una cessione di beni o a una prestazione di servizi e della cessione di beni o prestazione di servizi corrispondente, di cui all'articolo 30 ter, merita sostegno in quanto semplifica il rispetto degli obblighi fiscali. Il suddetto articolo dovrebbe inoltre essere correlato all'articolo 74 quater.

4.4

L'articolo 65, che definisce tanto il momento in cui l'IVA diventa esigibile quanto la base imponibile, semplifica in modo sostanziale l'impiego dei buoni monouso.

4.5

Occorre precisare la procedura per i buoni monouso. I buoni monouso sono tassati al momento della loro vendita. Se però un buono monouso non viene utilizzato allora, come ha confermato una sentenza della Corte di giustizia, in questi casi non vi è alcun diritto a riscuotere l'imposta dall'emittente del buono. Tuttavia, l'emittente ha già pagato l'IVA.

4.6

È necessario definire in modo più preciso la procedura da seguire nel caso dei buoni multiuso per i quali il margine del distributore è nullo o negativo e alcuni Stati membri adottano basi imponibili diverse o un'aliquota zero (per es. nel caso dei prodotti farmaceutici).

4.7

La Commissione stabilisce che, nella misura in cui i beni ceduti o i servizi prestati al momento del riscatto del buono sono tassati, il soggetto passivo ha diritto a detrarre l'IVA assolta sulle spese inerenti all'emissione del buono. È necessario precisare che tale costo dell'IVA è detraibile anche se i beni sono ceduti o i servizi prestati da una persona diversa dall'emittente del buono.

4.8

Il CESE individua possibili problemi per effetto dei paragrafi 1 e 2 dell'articolo 74 bis, in quanto potrebbero verificarsi complicazioni nel caso di un utilizzo transfrontaliero di buoni multiuso. Potrebbe infatti essere difficile quantificare la base imponibile e il valore nominale dell'operazione rispetto alle diverse aliquote IVA in vigore nei paesi in cui viene utilizzato il buono.

4.9

A giudizio del CESE si pone anche un altro problema per quanto riguarda le disposizioni transitorie rese necessarie dall'introduzione di norme fiscali uniformi per i buoni, e in particolare il periodo di validità di dette disposizioni, dato che molti buoni multiuso rimangono validi per periodi particolarmente lunghi.

4.10

Parti di una stessa operazione realizzate in Stati membri diversi rischiano di generare un onere amministrativo eccessivo, per esempio nel caso del consumo parziale di crediti per i servizi di telecomunicazioni in Stati membri diversi.

4.11

Si pongono inoltre diversi problemi nel caso in cui i buoni sono offerti al fine di promuovere beni o servizi, poiché spesso non sono accettati o lo sono all'insaputa dell'emittente, il che rende difficile la riscossione delle imposte.

4.12

Allo stato attuale, diversi Stati membri impongono massimali all'esenzione per i vari buoni promozionali per beni o servizi destinati alle imprese, che variano notevolmente in funzione della forza economica e delle dimensioni dei mercati dei diversi paesi. Questi ultimi sarebbero obbligati ad abolire dette esenzioni per evitare le distorsioni del mercato unico. Ciò renderebbe impossibile la speculazione da parte delle imprese che intendano ottimizzare i propri obblighi fiscali producendo e distribuendo buoni promozionali in paesi ove essi beneficino di un'esenzione. Sebbene sia possibile mantenere un massimale, esso dovrebbe essere uguale per tutti e probabilmente riguardare soltanto i buoni, dato che un massimale generale per il materiale promozionale sarebbe fonte di problemi.

4.13

Il CESE prevede che l'introduzione di regole comuni a tutti gli Stati membri e l'eliminazione delle possibilità di evasione fiscale porteranno a un aumento della riscossione dell'IVA sui buoni e conseguentemente del gettito fiscale degli Stati membri, a beneficio della portata, della neutralità e della trasparenza di questo tipo di tassazione. Le modifiche apportate alla direttiva avranno così un impatto sul bilancio dell'Unione europea che, sebbene difficilmente quantificabile, a giudizio del CESE non potrà che essere positivo.

4.14

Soprattutto negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento nell'uso dei buoni e dei buoni sconto per beni e servizi. La tipologia e l'impiego di questi buoni sono in costante espansione, e il fenomeno è certamente destinato a continuare. Si può quindi prevedere che in futuro saranno necessarie nuove regole per nuovi tipi di buoni che avranno impieghi ancora non chiaramente definiti.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1) ("Sesta direttiva IVA").

(2)  Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1) ("direttiva IVA"), che sostituisce la sesta direttiva IVA dal 1o gennaio 2007.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/31


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda un meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA

COM(2012) 428 final — 2012/0205 (CNS)

2013/C 11/07

Relatore generale: PÁLENÍK

Il Consiglio, in data 5 settembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda un meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA

COM(2012) 428 final — 2012/0205 (CNS).

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 17 settembre 2012, ha incaricato la sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 15 novembre), ha nominato PÁLENÍK relatore generale e ha adottato il seguente parere con 112 voti favorevoli, nessun voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il presente parere del Comitato economico e sociale europeo (CESE) prende in esame la proposta di direttiva del Consiglio in merito all'introduzione di un meccanismo di reazione rapida (QRM, Quick Reaction Mechanism) teso a consentire agli Stati membri di combattere più efficacemente le frodi in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA), abbreviando in particolare i tempi necessari alla concessione di deroghe relative alla designazione dei soggetti debitori dell'IVA. La misura proposta elimina inoltre il rischio di introdurre a livello nazionale misure tese a combattere le frodi in materia di IVA prive di una base giuridica nella legislazione dell'UE.

1.2

Il CESE appoggia l'obiettivo della proposta, ossia di rendere la lotta contro le frodi fiscali più efficace, e ritiene che il cammino prospettato rappresenti un passo avanti rispetto all'attuale situazione giuridica. Tuttavia, il CESE rileva anche alcune lacune nella proposta, che verranno illustrate nel presente parere insieme ad alcune osservazioni e proposte alternative che potrebbero contribuire a migliorare in futuro la situazione attuale.

1.3

Le frodi in materia di IVA rappresentano una pratica estremamente dannosa che, causando ingenti perdite di bilancio agli Stati membri, ne compromette gli sforzi tesi al risanamento delle finanze pubbliche. Poiché le frodi in materia di IVA assumono forme diverse in tempi relativamente rapidi, anche la normativa tesa a eliminare queste attività illecite deve progredire nella maniera più efficace possibile.

1.4

Il CESE si compiace che la proposta di direttiva consenta agli Stati membri di reagire in maniera flessibile alle frodi in un determinato settore e di introdurre quasi immediatamente misure che impediscano potenziali perdite di gettito fiscale. La riduzione dei tempi necessari alla concessione di deroghe al sistema comune dell'IVA contribuisce a combattere la frode e l'evasione fiscale.

1.5

Il CESE esprime preoccupazione quanto all'introduzione di una deroga alla procedura di esame prevista all'articolo 3, paragrafo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011, in particolare perché la procedura proposta rende praticamente impossibile che la richiesta di deroga al sistema comune dell'IVA presentata da uno Stato membro venga discussa dagli esperti in sede di comitato.

1.6

Data la necessità di combattere efficacemente le frodi in materia di IVA (le cui forme mutano con relativa rapidità), il CESE raccomanda inoltre che, nella ricerca e nell'elaborazione di ulteriori misure efficaci, ci si avvalga delle competenze tecniche di professionisti esperti, molti dei quali appartengono alla società civile organizzata. Sono necessarie riunioni di gruppi di esperti in cui queste tematiche possano essere discusse nei termini più ampi possibili.

1.7

Poiché le frodi in materia di IVA rappresentano un'attività criminale su scala internazionale di natura sofisticata, dalle conseguenze pregiudizievoli per le finanze pubbliche, il CESE sottolinea l'importanza di una cooperazione efficace tra le autorità fiscali degli Stati membri al fine di eliminare tale pratica. Per questo motivo, apprezzerebbe che le istituzioni europee si impegnassero maggiormente per organizzare attività che contribuiscano positivamente a tale cooperazione.

2.   Motivazione

2.1

Alla luce dell'attuale periodo di difficoltà, in cui tutti gli Stati membri dell'Unione europea stanno compiendo sforzi considerevoli per risanare efficacemente le finanze pubbliche, il Comitato economico e sociale europeo accoglie con favore qualsiasi iniziativa volta ad assistere tali sforzi a livello sia delle entrate che delle spese dei bilanci pubblici. Con la proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, la Commissione europea intende rafforzare l'efficacia della lotta alla frode e all'evasione fiscale, contribuendo quindi al risanamento dal lato delle entrate.

2.2

L'economia dell'Unione europea sta attraversando il periodo più difficile dalla creazione dell'UE e una tassazione efficace rappresenta attualmente un elemento di particolare importanza nel tentativo di accelerare il risanamento delle finanze pubbliche degli Stati membri.

2.3

Secondo l'Analisi annuale della crescita 2012, un risanamento di bilancio attuato con determinazione è un mezzo per raggiungere un certo fine, in quanto è fondamentale per ripristinare la stabilità macrofinanziaria come base per la crescita e garantire il futuro del modello sociale europeo. Il miglioramento della riscossione delle imposte e una maggiore efficacia nella lotta contro l'evasione fiscale potrebbero contribuire ad aumentare le entrate pubbliche in diversi Stati membri. Anche un'applicazione più efficace delle norme relative a tutti i tipi d'imposta potrebbe fornire un contributo in questo senso.

2.4

Secondo l'Allegato IV del documento COM(2011) 815 final, il coordinamento fiscale, che riguarda principalmente le operazioni transfrontaliere, è in grado di migliorare l'efficienza del mercato interno dell'UE. Questa affermazione parte del presupposto che la maggior parte degli ostacoli al mercato unico rimanenti derivino dall'assenza di coordinamento nella politica fiscale. L'introduzione del meccanismo di reazione rapida consentirebbe di superare in parte le divergenze esistenti, tuttavia il CESE fa notare che l'applicazione di tale meccanismo potrebbe pesare considerevolmente sulle entrate fiscali di alcuni Stati membri.

2.5

Tra le principali sfide che gli Stati membri dell'UE si trovano attualmente ad affrontare in materia fiscale figura la lotta alla frode e all'evasione fiscale. L'adozione di misure efficaci in materia può migliorare la riscossione delle imposte e svolgere un ruolo importante nell'aumentare le entrate fiscali, tenuto conto che una migliore riscossione dell'IVA rappresenta una delle possibili misure di risanamento.

2.6

Secondo le stime di Europol, le frodi e le evasioni in materia di IVA commesse nell'ambito delle quote di emissione di gas a effetto serra hanno causato, nel 2008 e nel 2009, una perdita pari a circa 5 miliardi di euro nei bilanci di diversi Stati membri dell'UE. Secondo Rob Wainwright, direttore di Europol, la frode organizzata in materia di IVA continua a essere un'attività criminale di dimensioni significative in Europa. Essa priva i governi centrali di ingenti risorse e compromette l'obiettivo di rendere l'Europa un'economia più verde e competitiva.

2.7

Secondo le conclusioni presentate nel Libro verde sul futuro dell'IVA, nel 2006 il divario tra la riscossione effettiva dell'IVA e le entrate teoriche ammontava al 12 %, mentre per alcuni Stati membri le perdite stimate erano superiori al 20 %. Tale divario è riconducibile in parte alle frodi che sfruttano le lacune insite nel sistema attuale, in particolare la possibilità di effettuare acquisti transfrontalieri di beni e servizi esenti da IVA. L'introduzione di un meccanismo efficace che consentisse di eliminare le frodi in materia di IVA fornirebbe uno strumento per contrastare l'enorme danno economico causato da tali attività illecite e contribuirebbe a risanare le finanze pubbliche.

2.8

Le misure specifiche adottate in base all'articolo 395, lettera a) renderanno la lotta alla frode e all'evasione in materia di IVA più operativa ed efficace, poiché terranno conto delle specificità del sistema e dell'amministrazione dell'IVA nello Stato membro che presenta la richiesta. Tali misure contribuiranno a creare un sistema efficace per la ricerca e il rilevamento delle nuove forme di frode ed evasione fiscale; tuttavia, vi è motivo di temere una possibile perdita di importanti competenze degli Stati membri in materia di imposizione.

2.9

Sulla base delle informazioni raccolte tramite il processo di concessione delle deroghe alla direttiva sul sistema comune dell'IVA (in appresso: la direttiva), la Commissione otterrà informazioni e idee pratiche importanti "dal basso", che le consentiranno di migliorare ulteriormente la suddetta direttiva. Le informazioni raccolte verranno utilizzate per eliminare i punti deboli e le disposizioni superate, nonché per aggiornare le parti obsolete della direttiva.

3.   Osservazioni generali

3.1

La proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto estende i poteri della Commissione per quanto concerne la concessione di deroghe tese a prevenire le frodi in materia di IVA. Tali frodi causano perdite di bilancio notevoli, oltre a distorcere la concorrenza e il funzionamento del mercato unico. Il CESE accoglie con favore qualsiasi tentativo volto migliorare il funzionamento del mercato unico e a rendere più efficace la lotta contro la frode e l'evasione fiscale.

3.2

Il CESE rileva che, in base all'art. 395, par. 1, comma 2, della direttiva 2006/112/CE, le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'IVA non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale. Nel contesto della proposta, il CESE teme che l'impatto delle relative domande sull'importo complessivo dell'imposta riscossa dagli Stati membri non verrà esaminato in modo adeguato.

3.3

Il CESE si rallegra per l'effetto che la proposta avrà sulla durata del processo di approvazione per le misure speciali applicate da uno Stato membro allo scopo di combattere la frode e l'evasione fiscale, in quanto essa aumenterà la probabilità che tali attività illecite siano contrastate in modo efficace.

3.4

Poiché la frode in materia di IVA è principalmente commessa nel commercio transfrontaliero (la frode carosello e quella del cosiddetto "operatore inadempiente"), la possibilità di adottare azioni efficaci introducendo deroghe in un unico Stato membro è molto limitata, e sarà quindi necessario un ulteriore coordinamento delle procedure da parte delle autorità fiscali degli Stati membri.

3.5

Il CESE sottolinea inoltre che i poteri che la Commissione acquisirebbe in base a questa proposta sono altamente specializzati e complessi. Rileva che il nocciolo duro del gruppo coinvolto nell'elaborazione delle future proposte relative alle misure che sarebbero soggette alla procedura stabilita nei nuovi articoli proposti all'interno della direttiva dovrebbe essere formato da persone con la pertinente competenza professionale, in particolare quella derivante dalla pratica. La società civile organizzata rappresenta una buona fonte di professionisti esperti nel settore interessato.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Nella sua attuale forma, la proposta consente soltanto l'approvazione accelerata (entro un mese) delle misure speciali che derogano alla direttiva 2006/112/CE nel caso in cui uno Stato membro chieda una deroga in rapporto alla designazione del soggetto passivo come soggetto debitore dell'IVA nell'ambito di determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi in deroga all'articolo 193 (che attualmente sembra uno strumento efficace nella lotta alle frodi fiscali), mentre in altri casi è necessario l'accordo unanime in seno al Consiglio, cosa che può indebolire considerevolmente gli sforzi tesi a combattere efficacemente le frodi in materia di IVA. Il CESE sottolinea inoltre che adesso i truffatori collaborano efficacemente tra loro, pertanto sarebbe opportuno che le autorità fiscali e di polizia di un certo numero di Stati membri vengano informate e coinvolte nella concessione delle deroghe in base ai nuovi articoli proposti all'interno della direttiva. Ciò vale in particolare per gli Stati membri verso cui le attività illecite potrebbero essere trasferite dopo la concessione di una deroga.

4.2

Il CESE propone inoltre che il processo di approvazione in seno al comitato di cui all'art. 395, lettera b), paragrafi 2 e 3, non escluda la possibilità per un membro del comitato di chiedere la risoluzione della procedura scritta senza esito, soprattutto per garantire l'effettiva tutela dei legittimi interessi di quel membro, che potrebbero essere lesi dalla richiesta, presentata da un altro Stato membro, di autorizzare misure speciali. Un altro modo per affrontare tale lacuna sarebbe quello di introdurre un meccanismo che preveda un'ulteriore conferma della misura speciale da parte del Consiglio dei ministri: in base a tale meccanismo, la misura non sarebbe più applicabile se non viene approvata.

4.3

Con l'introduzione del meccanismo di reazione rapida (QRM), la proposta di direttiva ridurrà significativamente il tempo necessario per approvare le misure speciali tese a combattere la frode e l'evasione fiscale, passando dagli otto mesi che prima potevano essere necessari per una proposta positiva della Commissione seguita dall'approvazione unanime del Consiglio a un solo mese, con il potere di approvazione trasferito alla Commissione. Il CESE manifesta il suo appoggio a questa accelerazione quale mezzo per migliorare la lotta alla frode fiscale. Gli Stati membri devono tuttavia avere l'opportunità di avere a disposizione, se necessario, un progetto di richiesta di deroga discusso preventivamente in seno al comitato consultivo e così prevenire possibili azioni giudiziarie di fronte alla Corte di giustizia dell'UE.

4.4

Il CESE ritiene che le "adeguate misure di controllo da parte degli Stati membri" non siano definite in modo sufficientemente chiaro all'art. 395 lettera a), par. 1 della proposta. Il Comitato propone pertanto che il Consiglio elimini questa discrepanza ed allarghi il campo di applicazione di tali misure di controllo per comprendere le misure di cui all'art. 395, lettera a), par. 1, lettera b) della proposta.

4.5

Se durante il periodo di validità una deroga concessa sulla base della procedura stabilita all'art. 395 si rivela efficace nel combattere la frode e l'evasione fiscale, il CESE propone che venga introdotto un meccanismo in base al quale tale misura possa essere applicata ad altri Stati membri - per diffondere le buone pratiche - attraverso una procedura semplificata simile a quella contenuta nella proposta in esame.

Bruxelles, 15 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 1093/2010 che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) per quanto riguarda l'interazione di detto regolamento con il regolamento (UE) n. …/… che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi

COM(2012) 512 final — 2012/0244 (COD)

e alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio «Una tabella di marcia verso l'Unione bancaria»

COM(2012) 510 final

2013/C 11/08

Relatore generale: Trias PINTÓ

La Commissione, in data 12 settembre 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Una tabella di marcia verso l'Unione bancaria

COM (2012) 510 final.

Il Consiglio in data 27 settembre, e il Parlamento europeo, in data 22 ottobre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) n. 1093/2010 che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) per quanto riguarda l'interazione di detto regolamento con il regolamento (UE) n. …/… che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi

COM(2012) 512 final — 2012/0244 (COD).

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 17 settembre 2012, ha incaricato la sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 15 novembre), ha nominato TRIAS PINTÓ relatore generale e ha adottato il seguente parere con 194 voti favorevoli, 15 voti contrari e 22 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide l'opinione della Commissione secondo cui il vasto programma regolamentare di riforme finanziarie che ha preceduto l'attuale "Pacchetto sull'Unione bancaria" é essenziale anche se non sufficiente, per rispondere alla crisi e stabilizzare l'Unione economica e monetaria (UEM) (1), per ristabilire la fiducia nell'euro e nel futuro del'UE, e infine per migliorare la governance e combattere la crescente frammentazione dei mercati bancari dell'Unione. Per tale motivo, il CESE giudica adeguato il pacchetto di misure riassunto nella tabella di marcia (COM(2012) 510 final) e nei due atti legislativi che l'accompagnano (COM(2012) 511 final e COM(2012) 512 final), il secondo dei quali forma anch'esso oggetto del presente parere.

1.2.

Il CESE si complimenta per la completezza del lavoro svolto dalla Commissione e di cui condivide la richiesta di adottare le misure prima della fine del 2012 e di elaborarle scrupolosamente tenendo conto degli effetti sulle banche e sulle economie nazionali. In tale contesto è indispensabile una certa lungimiranza da parte dei governi degli Stati membri per costruire più Europa e un'Europa migliore, cedendo competenze e facendo in modo che esse vengano applicate, grazie ad un controllo di elevata qualità e ad una maggiore integrazione, al fine di garantire una vera e propria governance europea, socialmente utile ed economicamente efficiente.

1.3.

L'urgenza di tali misure, così come la loro inadeguatezza, deriva dal fatto che i costi vanno ben oltre i 4 000 miliardi e mezzo di euro messi finora a disposizione dai contribuenti per soccorrere le banche dell'UE. La crisi finanziaria ha provocato la peggior recessione mondiale dai tempi della grande depressione, soprattutto nella zona euro, dove ristabilire la fiducia nella moneta unica e nella governance delle sue istituzioni risulta pertanto più indispensabile e urgente. Nuove norme più rigorose daranno sicurezza ai cittadini e ai mercati, anche se la messa in discussione delle disposizioni esistenti, la vaghezza delle nuove norme e i ritardi nella loro applicazione possono essere fonte di una maggiore incertezza. Da ciò consegue che i tempi di adeguamento delle istituzioni che sostengono l'euro devono essere anch'essi più brevi e definiti con precisione.

1.4.

Il CESE sollecita in particolare la conclusione di un rapido accordo per l'entrata in vigore del Meccanismo di vigilanza unico. Questo significa iniziare l'unificazione già a partire dal 2013, senza fissare scadenze incerte, in quanto l'obiettivo fondamentale iniziale è quello di salvare l'euro in modo da ridurre al minimo i costi di eventuali ristrutturazioni o chiusure per i contribuenti, mettendo a disposizione ex ante risorse sufficienti e garantendo l'assunzione dei costi di risoluzione da parte di azionisti e creditori.

1.5.

Il CESE accoglie favorevolmente il fatto che la BCE disponga sin dall'inizio di un consiglio di vigilanza che eviti potenziali conflitti d'interesse con le sue attività monetarie.

1.6.

Il CESE approva inoltre il fatto che la BCE si assuma la responsabilità di controllare tutte le banche dell'Unione, anche le più piccole, in particolare i conti consolidati dell'attività transfrontaliera applicando il corpus unico vigente. Approva inoltre che ad essa vengano attribuite funzioni, competenze e risorse indispensabili per garantire l'individuazione di rischi tali da mettere in pericolo la sostenibilità delle banche e che venga imposto a queste ultime di attuare misure correttive adeguate attraverso un coinvolgimento attivo delle autorità di vigilanza nazionali nel Meccanismo di vigilanza unico. È inoltre giusto che le autorità di vigilanza nazionali continuino ad essere responsabili della protezione dei consumatori, anche se la proposta della Commissione non dice in che modo si debbano affrontare i possibili conflitti d'interesse tra il livello europeo di vigilanza prudenziale e le competenze conferite alle autorità nazionali.

1.7.

Per quanto concerne le politiche macroprudenziali, il CESE reclama un ruolo più importante per il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) e per la Banca centrale europea (BCE) nel quadro di un sistema finanziario maggiormente integrato e chiede alla Commissione maggiore concretezza nell'interazione tra le autorità nazionali e la BCE.

1.8.

Il CESE accoglie favorevolmente l'intenzione di promuovere la partecipazione dei paesi fuori della zona euro che si servono della clausola opt in, che dà loro diritti equivalenti a quelli dei paesi della zona euro attraverso processi di partecipazione più facili e attraenti, senza violare le disposizioni del TFUE.

1.9.

Per il CESE è indispensabile conseguire un buon collegamento tra l'Autorità bancaria europea (ABE) e la BCE, pur sapendo che in una prima fase vi sarà una sovrapposizione di ruoli. Per quanto concerne il processo decisionale, il CESE ritiene che sia la revisione delle modalità di voto attraverso le modifiche al regolamento dell'ABE sia il conferimento di maggiori poteri decisionali al gruppo di esperti indipendente debbano essere oggetto di ulteriore analisi e considerazione, al fine di mettere in equilibrio, nel mercato interno, gli interessi bancari degli Stati membri che non fanno parte del Meccanismo di vigilanza unico (conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo sul completamento dell'UEM, adottate il 18 ottobre 2012), evitando al tempo stesso il rischio che l'integrazione della zona euro venga paralizzata dal voto di blocco di minoranze. È importante scongiurare il pericolo di un mercato dei servizi finanziari a due livelli, ed è per questa ragione che il CESE ha sollevato la questione.

1.10.

Inoltre, la BCE, il CERS e le nuove autorità europee di vigilanza finanziaria, incluso il gruppo di esperti indipendente, dovrebbero coinvolgere nelle loro attività le organizzazioni della società civile, in particolare le associazioni dei consumatori e i sindacati (2), preservando la propria completa autonomia, trasparenza e resistenza alle pressioni politiche.

1.11.

Il ritmo in cui la vigilanza degli enti creditizi passa da un'autorità a un'altra e le modifiche pertinenti introdotte nell'Autorità bancaria europea (ABE), il cui ruolo deve essere soprattutto quello di garantire la coerenza e l'armonizzazione delle norme regolamentari e degli standard tecnici affinché vengano estesi a tutta l'UE, sono elementi altrettanto essenziali dei più rigorosi requisiti prudenziali per le banche (3), delle misure per potenziare e migliorare il sistema comune di protezione dei depositi (4) e della gestione integrata delle crisi attraverso strumenti di salvataggio e di risoluzione di banche (5) per rafforzare il settore europeo ed evitare futuri pericoli di contagio, soprattutto quelli provenienti dal maggior rischio assunto dai clienti delle banche d'investimento. Il CESE invita la Commissione a fissare obiettivi temporali e funzionali concreti per questo corpus unico di norme.

1.12.

Il Comitato sollecita la Commissione a proporre un calendario e a definire gli aspetti più particolareggiati del Meccanismo unico di risoluzione (6) e di altre tappe fondamentali ancora da realizzare, come ad esempio la gestione di eventuali situazioni di crisi attraverso le azioni comuni di vigilanza. In tal modo, l'Unione bancaria acquisterebbe credibilità e si trasformerebbe in una base comune di tutto il mercato unico. Si eviterebbe inoltre che fallimenti di modesta entità provochino danni sistemici transfrontalieri o fenomeni di sfiducia in grado di causare trasferimenti di capitali in un altro paese o di indebolire qualsiasi sistema bancario nazionale. Il CESE è convinto che in futuro il Meccanismo unico di risoluzione possa assumere compiti aggiuntivi di coordinamento nella gestione di situazioni di crisi. La vigilanza e la risoluzione dovrebbero tuttavia andare di pari passo onde evitare che le eventuali decisioni di chiudere una banca a livello europeo e l'obbligo di pagare i depositi ricadano sullo Stato membro.

1.13.

Il CESE invita le altre istituzioni dell'UE a rispettare i principi fondamentali su cui si devono basare tutte le norme derivate e il resto dell'acquis, partendo della prevalenza del diritto sul potere. Garantire nuovamente l'osservanza di tale principio diventa quanto mai indispensabile nella zona euro affinché l'unione fiscale coadiuvi l'unione bancaria attraverso un meccanismo comune di emissione del debito e un altro di trasferimenti fiscali per combattere i cicli che provocano shock asimmetrici come quelli subiti più duramente dai paesi della zona euro negli ultimi anni. Il Meccanismo di vigilanza unico può essere finanziato dalle quote di vigilanza applicate ai vari enti, che dovrebbero rispondere al profilo di rischio degli enti da vigilare. Il CESE è del parere che la Commissione dovrebbe elaborare un Libro verde o bianco su come finanziare l'unione bancaria in modo anch'esso armonizzato, per poter decidere in merito a imposte e tributi sulle operazioni finanziarie e bancarie, che sono necessarie ma che attualmente costituiscono una fonte di frammentazione.

1.14.

L'unione bancaria sarà il primo passo che consentirà alla zona euro e a tutta l'UE di entrare in un circolo virtuoso in grado di correggere i difetti di progettazione e di permettere al mercato unico di recuperare il sentiero della competitività e realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020. L'UE nel suo complesso e la zona euro in particolare potranno così evitare l'ondata di innovazioni finanziarie legata al sistema bancario ombra (shadow banking) conseguente a Basilea III, come si afferma nelle ultime relazioni del Fondo monetario internazionale. Il CESE chiede alla Commissione di riproporre con maggiore rapidità i nuovi modelli di banca d'investimento e di banca commerciale, in quanto in numerosi paesi il sistema bancario ombra tende ad essere più importante di quello tradizionale e regolamentato.

1.15.

Il CESE raccomanda inoltre alla Commissione e ai co-legislatori europei di trasformare questo progetto in uno strumento per l'inclusione finanziaria e digitale. I direttori del Meccanismo di vigilanza unico devono agire con responsabilità ed essere controllati democraticamente, rispondere al Parlamento europeo a scadenza regolare oppure ogni qual volta il PE lo richieda affinché rendano conto della loro gestione. Questo farebbe aumentare la visibilità politica di tali questioni e contribuirebbe a un maggiore sostegno da parte dei cittadini a favore delle istituzioni europee.

1.16.

L'unione bancaria infine non deve solo concentrare la sua sfera d'azione nella zona euro e nell'UE nel suo complesso, ma deve proiettare i suoi obiettivi di cooperazione e di competitività in particolar modo nelle aree di influenza esterna dell'euro e nel resto del mondo.

2.   Antecedenti e introduzione

2.1.

L'autorità bancaria creata dal regolamento (UE) 1093/2012 sulla base delle raccomandazioni contenute nella relazione Larosière ha iniziato a funzionare il 1° gennaio 2011. Il suo compito è quello di riformare la struttura di vigilanza e creare un sistema europeo composto da tre autorità (per le banche, per il mercato azionario e per le assicurazioni e fondi pensionistici) nonché un Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS).

2.2.

Parallelamente, dal luglio 2010, la protezione dei consumatori e la fiducia nei servizi finanziari sono state rafforzate attraverso sistemi di garanzia dei depositi per le banche (MEMO/10/318), per gli enti d'investimento (MEMO/10/319) o per le imprese assicurative (MEMO/10/320). Inoltre, il 6 giugno 2012 la Commissione ha annunciato nuove misure per gestire la crisi, onde evitare future operazioni di salvataggio bancario. La Commissione ha proposto questo quadro di vigilanza nella sua comunicazione del 4 marzo 2009 intitolata "Guidare la ripresa in Europa" e l'ha illustrato in modo più particolareggiato nella comunicazione del 27 maggio 2009 sulla vigilanza finanziaria europea. Entrambe sono state approvate il 19 giugno 2009 dal Consiglio europeo, secondo il quale il sistema dovrebbe essere orientato a migliorare la qualità e la coerenza della vigilanza nazionale, a rafforzare la vigilanza dei gruppi transfrontalieri e a definire un corpus unico di norme applicabile a tutti gli enti creditizi nel mercato interno. Il Consiglio ha inoltre sottolineato che le nuove autorità europee di vigilanza dovrebbero avere dei poteri nei confronti delle agenzie di rating (per tale motivo il regolamento (CE) 1060/2009 è stato modificato dal regolamento (UE) 513/2011).

2.3.

Per portare a termine questo arduo processo regolamentare, la Commissione ha proposto, nella sua comunicazione intitolata "Una tabella di marcia verso l'Unione bancaria", di definire le basi di una regolamentazione prudenziale comune di elevato livello per tutte le banche e per gli altri enti finanziari di tutta l'UE, riunendo i meccanismi di vigilanza, risoluzione e garanzia dei depositi nell'ambito di un codice normativo comune.

2.4.

Per tale motivo, la Commissione chiede che prima della fine del 2012 vengano approvate cinque misure chiave. Tre sono progetti di atti legislativi su cui il CESE ha già emesso o sta elaborando un parere: il documento volto a garantire l'applicazione dei requisiti patrimoniali e di liquidità delle banche (CRD 4) (7), la direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi e la direttiva sugli strumenti di risanamento e di risoluzione delle crisi degli enti creditizi. Altre due misure, che insieme alla tabella di marcia formano oggetto del presente parere, riguardano: un nuovo regolamento per attribuire alla Banca centrale europea funzioni di vigilanza prudenziale bancaria e la modifica del regolamento (UE) n. 1093/2010 che istituisce un'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea). Le proposte risultano necessarie ai fini di un miglior coordinamento tra l'Autorità e il futuro meccanismo di vigilanza unico nonché per equilibrare il processo decisionale tra i paesi che fanno parte di tale meccanismo e quelli che non ne fanno parte, in modo da salvaguardare l'integrità del mercato unico. Oltre a queste cinque misure, la Commissione ha annunciato un Meccanismo unico di risoluzione e il coordinamento degli strumenti di risoluzione.

2.5.

La tabella di marcia giunge nel momento in cui il modello d'integrazione finanziaria basata sull'euro ha fatto ormai il suo tempo, vittima della crisi iniziata nel 2007. I risultati ottenuti nella rapida integrazione europea dei mercati azionari e obbligazionari hanno trascinato con sé il settore bancario, più sui mercati all'ingrosso (mercato interbancario, titoli) che su quelli al dettaglio di prestiti e depositi bancari. Con la crisi, tuttavia, il mercato al dettaglio è stato colpito dalle recenti tendenze alla frammentazione e dalla conseguente rinazionalizzazione del mercato all'ingrosso, incentivata dal carattere tuttora nazionale dei meccanismi di vigilanza, dei quadri di risoluzione e delle garanzie di depositi (8). In tale contesto la rinazionalizzazione dei mercati del debito si rivela particolarmente rapida.

2.6.

Nella zona euro, gli adeguamenti e i programmi di austerità cui la crisi ha dato origine, con le relative riduzioni del PIL e perdita di posti di lavoro, sono stati ben maggiori. Il 23 ottobre 2011 il Presidente della Commissione ha pertanto dichiarato ai leader europei che per colpa della crisi, nel periodo 2007-2010 l'UE aveva perso duemila miliardi di euro di crescita economica (9).

2.7.

Stando al Fondo monetario internazionale, alla fine del 2010 gli Stati Uniti e sette paesi europei avevano recuperato quasi un terzo dei costi pubblici del risanamento bancario spesi dall'inizio della crisi (1 800 miliardi su 5 200 miliardi di dollari). Dovrebbe essere possibile recuperare il resto nei prossimi anni, quasi interamente mediante imposte o altre iniziative, sempre che a impedirlo non vi siano gli effetti di un'altra recessione provocata da una nuova crisi bancaria legata al debito.

2.8.

La tabella di marcia stabilisce date concrete per l'entrata in vigore della vigilanza nella zona euro (10), ma non un piano per il Meccanismo di vigilanza unico e il Meccanismo unico di risoluzione, anche se la Commissione considera il primo uno strumento particolarmente importante per stabilizzare la situazione e un requisito per la capitalizzazione diretta della banca attraverso il Meccanismo europeo di stabilità (MES).

2.9.

Infine, per portare a termine il processo di unione bancaria, è indispensabile accelerare e potenziare le iniziative che la Commissione sta elaborando: regolamentazione del sistema bancario ombra (IP/12/253); maggiore credibilità delle agenzie di rating del credito (IP/11/1355); norme più rigorose sui fondi d'investimento libero (IP/09/669), vendite allo scoperto (IP/10/1126) e derivati (IP/10/1125); prevenzione delle pratiche irresponsabili di remunerazioni bancarie (IP/09/1120) e infine riforma dei settori dell'audit (IP/11/1480) e della contabilità (IP/11/1238). È inoltre indispensabile tener conto delle raccomandazioni del CESE circa l'eliminazione dei paradisi fiscali (11).

3.   Osservazioni generali

3.1.

I costi più alti della crisi nell'UE (12) hanno aggravato gli squilibri e le asimmetrie tra i diversi paesi, riducendo l'efficacia di politiche molto importanti sancite dai Trattati, ad esempio la politica monetaria, quella commerciale, di coesione e di sostenibilità, dando origine a una frammentazione dei mercati finanziari e bancari e a un allontanamento dagli obiettivi della strategia Europa 2020, vale a dire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e una migliore governance economica (13). Mentre pochi paesi vedevano ridursi il loro onere d'interessi, gli Stati colpiti da una crisi finanziaria e del debito più grave hanno visto aumentare di gran lunga la loro spesa pubblica in interessi e hanno dovuto ridurre i salari pubblici, le pensioni, le spese per l'istruzione e la sanità e gli investimenti in infrastrutture tecniche e sociali (14).

3.2.

Il necessario miglioramento delle procedure democratiche deve essere compatibile con l'obiettivo dell'unione bancaria di facilitare l'intermediazione tra risparmio e investimenti, funzione preminente della banca che implica il controllo dell'efficienza tecnica e nell'allocazione delle risorse, con cui si contribuisce ai principi del diritto dell'UE e si incide sulle libertà e sugli interessi di tutti i cittadini.

3.3.

Anche se dall'inizio della crisi, numerose misure sono state adottate per evitare che la sfiducia negli enti finanziari incidesse sul debito pubblico dei paesi della zona euro, questo circolo vizioso non si è ancora spezzato. Pertanto, per far sì che gli enti finanziari tornino a svolgere la loro funzione di intermediazione tra risparmio e investimento, la teoria economica consiglia di ricorrere a politiche ridistributive positive e non negative, ad esempio meccanismi comuni di emissione del debito e di trasferimenti fiscali per combattere i cicli che provocano shock asimmetrici (15).

3.4.

Secondo le raccomandazioni contenute nelle ultime relazioni del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, la promozione della trasparenza e la riduzione dei rischi che incidono sul sistema finanziario globale sono altamente compatibili con l'approccio d'inclusione finanziaria e digitale e di tutela dei diritti dei consumatori, adottato dall'UE e potenziato attraverso la sua strategia Europa 2020.

3.5.

In definitiva, il rafforzamento del controllo democratico deve contribuire non solo a promuovere la sintonia con i Trattati e i principi ma anche ad allineare l'unione bancaria con la strategia Europa 2020, essenziale per il futuro del nostro progetto politico.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

Il CESE giudica la tabella di marcia proposta dalla Commissione un adeguato contributo alla governance europea e sostiene la necessità e l'urgenza dei due nuovi atti legislativi, così come delle prossime misure annunciate, che sono tutte indispensabili per superare la mancanza di fiducia nell'euro e nel futuro dell'UE.

4.2.

L'obiettivo fondamentale del Meccanismo di vigilanza unico deve essere quello di conseguire una vigilanza centralizzata degli enti bancari, più efficace di quella portata avanti attualmente dalla rete di autorità nazionali, e di sintonizzare la propria azione con quella del Meccanismo unico di risoluzione, evitando gli aspetti politici legati alla decisione di chiudere una banca.

4.3.

Tra le diverse ragioni per le quali la BCE è la più adatta a centralizzare la vigilanza figurano la sua rete, la sua indipendenza e il fatto che ciò sia contemplato dal TFUE, il che rende non necessaria una sua riforma al fine di conseguire una vigilanza di qualità.

4.4.

Il CESE è favorevole a che la lotta contro il riciclaggio di denaro e il terrorismo continuino ad essere di competenza delle autorità nazionali di vigilanza, conformemente alla direttiva 2005/6/CE (16), così come la vigilanza di enti creditizi di paesi terzi. Chiede tuttavia di escludere dal meccanismo unico di risoluzione gli Stati membri che per diverse ragioni non applicano pienamente tale direttiva. Inoltre, per facilitare la funzione di vigilanza centralizzata, bisognerebbe procedere urgentemente agli adeguamenti degli statuti delle banche centrali nazionali interessate, per garantire un flusso d'informazioni senza interferenze.

4.5.

Per quanto concerne gli organi di nuova creazione è opportuno adottare, in materia di elezioni, norme che impediscano la candidatura di persone che potrebbero essere soggette a un conflitto d'interessi. L'indipendenza e la responsabilità delle persone che occupano i posti chiave deve essere garantita da sanzioni per i dirigenti che non adempiono ai loro obblighi, visti i danni che tale inosservanza causa alle banche e al buon funzionamento del sistema finanziario, oltre che all'economia, alle imprese e ai cittadini.

4.6.

Il settore finanziario sta reagendo al nuovo quadro regolamentare attraverso la messa a punto di prodotti innovativi che aggirano la nuova direttiva. Nelle sue ultime relazioni, il Fondo monetario internazionale mette in guardia contro una nuova ondata di innovazioni finanziarie, in certi casi simili a quella che ha provocato la crisi attuale. Per tale motivo, i costi della vigilanza centralizzata dovrebbero tener conto del profilo di rischio dei diversi operatori per non gravare sugli enti che si tengono a distanza da tali pratiche.

4.7.

Il CESE pertanto previene contro il rischio concreto di espansione del sistema bancario ombra nell'UE, sviluppo che risulterebbe ancora una volta contrario non solo alle funzioni del settore finanziario ma anche ai principi, ai valori e ai diritti dei cittadini europei.

4.8.

Per sfruttare meglio le sue capacità, la nuova unione bancaria dovrebbe avviare una più intensa cooperazione con altre unioni già esistenti con l'obiettivo di approfittare in modo più adeguato delle opportunità dei loro enti creditizi, ad esempio quelli più globalizzati. In particolare dovrebbe collaborare con le zone più vicine all'area dell'euro, con quelle ad essa collegate o da essa dipendenti (l'euro è, direttamente o indirettamente, la moneta utilizzata in più di 50 paesi).

Bruxelles, 15 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Otto norme già approvate dall'UE, quattordici attualmente in fase di codecisione e un'ultima proposta prima del presente pacchetto per l'Unione bancaria: http://ec.europa.eu/internal_market/finances/policy/map_reform_en.htm.

(2)  Cfr il parere del CESE sul tema Come associare la società civile alla regolamentazione dei mercati finanziari GU C 143 del 22.5.2012, pag. 3

(3)  http://ec.europa.eu/internal_market/bank/regcapital/new_proposals_en.htm.

(4)  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:068:0003:0007:IT:PDF

(5)  http://ec.europa.eu/internal_market/bank/crisis_management/index_en.htm.

(6)  http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/es/ec/131290.pdf.

(7)  http://ec.europa.eu/internal_market/bank/regcapital/new_proposals_en.htm.

(8)  Cfr.: Banca centrale europea (BCE) Integrazione finanziaria in Europa, aprile 2012; Commissione europea (CE) Stabilità finanziaria in Europa e relazione sull'integrazione 2011, aprile 2012; ESFIR 2010, maggio 2011

(9)  http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/barroso_european_council_23_october_2011_it.pdf

(10)  Il 1° luglio 2013 per le principali banche di importanza sistemica a livello europeo e il 1° gennaio 2014 per tutte le altre banche. Pertanto, entro il 1° gennaio 2014 tutte le banche della zona euro saranno soggette a vigilanza europea.

(11)  Cfr. il parere del CESE sul tema "Paradisi fiscali e finanziari: una minaccia per il mercato interno dell'UE", GU C 229 del 31.7.2012, pag. 7

(12)  Douglas Elliott, Suzanne Salloy, André Oliveira Santos, Assessing the Cost of Financial Regulation, IMF (Valutare i costi della regolamentazione finanziaria, FMI)

(13)  http://ec.europa.eu/europe2020/index_it.htm

(14)  IMF, Safer Global Financial System Still Under Construction, Global Financial Stability Report, 2012 (FMI, Un sistema finanziario globale più sicuro, ancora in costruzione, Relazione sulla stabilità finanziaria globale 2012.)

(15)  Enderlein e altri., Completamento dell'euro, relazione del gruppo Tommaso Padoa-Schioppa, giugno 2012

(16)  Cfr. anche i pareri del CESE sul riciclaggio di denaro: GU C 75 del 15.3.2000, pag. 22 e GU C 267 del 27.10.2005, pag. 30.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde — Sistema bancario ombra»

COM(2012) 102 final

2013/C 11/09

Relatore: MENDOZA CASTRO

La Commissione europea, in data 19 marzo 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro verde – Sistema bancario ombra

COM(2012) 102 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 15 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 208 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia il Libro verde, che considera un passo avanti nella giusta direzione.

1.2

Sebbene sia indubbio che il sistema finanziario necessiti di liquidità - che già prima della crisi finanziaria dipendeva in buona misura dal sistema bancario ombra -, gli insegnamenti tratti dalla crisi raccomandano che, nel processo di regolamentazione, venga data la priorità all'indispensabile stabilità del sistema finanziario.

1.3

Sebbene non sia giuridicamente previsto, nella pratica i governi, le banche centrali e gli istituti pubblici di assicurazione dei depositi hanno dovuto far fronte alle perdite causate dalle banche ombra.

1.4

Uno degli obiettivi centrali del Libro verde deve essere quello di evitare il rischio di arbitraggio regolamentare.

1.5

I primi Accordi di Basilea sono stati la forza propulsiva dietro lo sviluppo del sistema bancario ombra, perché i bilanci delle banche erano disciplinati in modo rigoroso, mentre le attività fuori bilancio non erano controllate. Secondo il CESE, gli ultimi Accordi di Basilea, recepiti dalla Commissione europea attraverso le direttive sui requisiti patrimoniali (CRD) III e IV, elimineranno queste scappatoie. Infatti, non dovrebbero esistere attività "nell'ombra" e per questo motivo il sistema bancario ombra deve essere soggetto agli stessi requisiti regolamentari e prudenziali dell'intero sistema finanziario.

1.6

La nuova regolamentazione deve avere come obiettivo un alto livello di protezione dei consumatori europei.

1.7

Il CESE sottolinea l'importanza del coordinamento della vigilanza globale e dello scambio di informazioni.

1.8

Il sistema finanziario deve essere, in tutte le sue espressioni, al servizio dell'economia reale e non della speculazione.

1.9

Il CESE sottolinea la funzione vitale del sistema finanziario per quel che riguarda gli investimenti, la creazione di occupazione e il benessere della società.

1.10

La nuova regolamentazione dei mercati finanziari è fondamentale per ritornare a un'economia sostenibile.

2.   Contesto

2.1   Il sistema bancario ombra può essere definito in termini generali come "il sistema di intermediazione creditizia costituito da entità ed attività operanti al di fuori del normale sistema bancario" (Financial Stability Board o FSB).

2.2   Due fattori hanno contribuito direttamente allo sviluppo del sistema bancario ombra. Il primo è rintracciabile nella deregolamentazione del sistema finanziario che è iniziata negli anni '80 del secolo scorso e che ha anche portato a una forte concentrazione dell'attività bancaria in entità di grandi dimensioni. Il secondo fattore è riconducibile ai primi Accordi di Basilea che hanno spinto le attività speculative fuori dai bilanci delle banche per effetto della regolamentazione di tali bilanci.

2.3   Negli Stati Uniti le banche ombra hanno fatto registrare una crescita esponenziale a partire dal 1999, per effetto dell'allentamento delle norme - realizzato attraverso una modifica sostanziale del Glass-Steagall Act del 1933 - che vietavano alle banche di intervenire sui mercati mobiliari.

2.4   In alcuni paesi europei, le banche e le loro succursali offshore hanno iniziato a operare nel quadro della riforma di Basilea I e sono diventate grandi investitori in titoli e in obbligazioni di debito garantito (Collateralised Debt Obligations o CDO) con il livello di rating più alto (AAA), titoli che sono soggetti a requisiti patrimoniali più bassi.

2.5   Dimensione del sistema bancario ombra

A livello mondiale: 46 000 miliardi di euro, vale a dire tra il 25 % e il 30 % di tutto il sistema finanziario (dati dell'FSB). Nell'area dell'euro: 10 900 miliardi di euro, un ammontare che rappresenta il 28 % del totale (dati della BCE, fine 2011).

2.6   A livello internazionale le risposte politiche alla crisi sono arrivate nel quadro del G20 che, nei vertici di Seoul (novembre 2010) e di Cannes (novembre 2011), ha chiesto la collaborazione dell'FSB. Il Libro verde, che rappresenta la risposta europea, incentra all'inizio la sua analisi su:

due attività:

a)

cartolarizzazione,

b)

prestiti di titoli e operazioni pronti contro termine, e

cinque tipi di entità:

a)

quelle che realizzano la trasformazione delle scadenze e/o della liquidità,

b)

i fondi comuni monetari,

c)

i fondi di investimento,

d)

le società finanziarie e di altro tipo che trasformano i crediti o la liquidità senza essere regolamentate come banche,

e)

le imprese di assicurazione e di riassicurazione che emettono o garantiscono prodotti creditizi.

2.6.1   D'altro canto, l'FSB ha proposto cinque linee di azione che nel 2012 porteranno all'elaborazione di relazioni su:

l'interazione tra banche normali e banche ombra (a cura del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria - CBVB),

i rischi sistemici dei fondi comuni monetari (a cura dell'Organizzazione internazionale delle commissioni dei valori mobiliari - IOSCO),

i requisiti in materia di cartolarizzazione (IOSCO e CBVB),

altri istituti bancari ombra (FSB) e

prestiti di titoli e operazioni pronti contro termine (FSB).

3.   Il punto di vista del CESE

3.1

Il CESE ritiene che il Libro verde sia un passo importante nella giusta direzione e presenti un'analisi opportuna dei problemi connessi al sistema bancario ombra.

3.2

Tradizionalmente, le banche finanziavano le loro operazioni con capitale proprio e depositi commerciali. Per aumentare la loro capacità di erogare credito, la cartolarizzazione dei portafogli prestiti divenne una pratica standard. In certi casi la cartolarizzazione è utile, ma di essa si è abusato nel periodo precedente la crisi, perché i portafogli prestiti erano di bassa qualità (sub-prime) e i titoli venivano ripetutamente riciclati (derivati) per gonfiare i profitti delle banche. Il volume delle attività condotte da una banca è determinato dall'indice di leva finanziaria degli attivi della banca. Se da un lato gli Accordi di Basilea regolavano la leva finanziaria in bilancio, dall'altro la leva finanziaria fuori bilancio non era regolata ed era di dimensioni enormi. L'abuso dei sub-prime e una leva finanziaria eccessiva sono stati resi possibili dal sistema bancario ombra. Inoltre, l'attività di base delle banche - la trasformazione delle scadenze - che trasforma attivi a più breve termine in prestiti a più lungo termine è diventata molto rischiosa, in quanto le banche sono diventate eccessivamente dipendenti dal finanziamento interbancario a breve termine. Questa dipendenza ha accelerato la crisi di liquidità nel momento in cui il mercato dei derivati è crollato. Non è quindi sorprendente che i nuovi Accordi di Basilea puntino a regolare i derivati, la leva finanziaria e la liquidità.

3.3

Per effetto della deregolamentazione, si è verificata una profonda trasformazione dell'attività bancaria. A causa della crisi, il settore bancario commerciale tradizionale, che aveva contribuito alla prosperità e all'innalzamento del tenore di vita della popolazione per decenni, è in una certa misura paralizzato. Le autorità di regolamentazione, mentre si accingono ad eliminare le gravi distorsioni del sistema bancario ombra, dovrebbero dare ora la priorità all'indispensabile stabilità del sistema finanziario.

3.4

Le banche ombra hanno realizzato un'attività di trasformazione delle scadenze e della liquidità del credito simile a quella delle banche tradizionali. Sebbene - a differenza di queste ultime - le banche ombra siano formalmente prive di accesso ai prestatori di ultima istanza (le banche centrali), nella pratica - come la recente esperienza ha dimostrato - le istituzioni pubbliche hanno dovuto far fronte, tramite diversi meccanismi, alle perdite causate dalle banche ombra. Il contribuente è stato il gran danneggiato.

3.5

Il sistema bancario ombra non è stato assoggettato alle stesse norme prudenziali delle banche tradizionali. Tuttavia molteplici metodi permettono alle banche ombra di "replicare" le banche tradizionali e la maggior parte delle banche ombra è ora controllata da una banca tradizionale. Uno degli obiettivi centrali del Libro verde deve essere quello di evitare il rischio di arbitraggio regolamentare.

3.6

La relazione dell'FSB è opportunamente incentrata sul ruolo che la vigilanza macroprudenziale può svolgere nell'individuare l'accumulo di rischio sistemico. È importante vigilare strettamente l'interconnessione e i canali attraverso i quali il rischio può trasmettersi dal sistema bancario ombra al settore regolamentato. Il CESE ritiene opportuno tenere a mente la seguente distinzione:

sistema bancario tradizionale,

istituti finanziari non bancari,

sistema bancario ombra.

Non dovrebbero esistere attività "nell'ombra" e per questo motivo il sistema bancario ombra - nella misura in cui le nuove regolamentazioni lascino un margine per attività di questo tipo -deve essere soggetto agli stessi requisiti regolamentari e prudenziali dell'intero sistema finanziario. Le riforme già attuate o in corso di preparazione – le direttive sui requisiti patrimoniali (CDR III e IV), la direttiva Solvibilità II, il pacchetto di misure Basilea III – devono contribuire al raggiungimento di questo obiettivo.

3.7

Il CESE ritiene che la regolamentazione del sistema bancario ombra debba avere come obiettivo anche la protezione dei consumatori europei attraverso la trasparenza dei prodotti offerti. I clienti hanno diritto a una consulenza imparziale e a ricevere consigli equanimi. Il CESE si è già dichiarato favorevole alla creazione di un'Agenzia europea di protezione degli utenti di servizi finanziari – simile al Bureau of Consumer Financial Protection introdotto dalla legge Dodd-Frank (1) – allo scopo di rafforzare la protezione dei consumatori attraverso il miglioramento della trasparenza e il potenziamento della risoluzione efficace dei reclami.

3.8

D'altro canto, per contribuire al risanamento del sistema finanziario, il CESE ha anche sostenuto la necessità di proteggere e spronare i denuncianti attraverso formule giuridiche che ne garantiscano l'immunità se portano a conoscenza delle autorità gli atti illeciti commessi.

3.9

È necessario adottare un approccio globale ai problemi del sistema bancario ombra e offrire risposte politiche. Va messo l'accento sul coordinamento della vigilanza globale e sullo scambio di informazioni. In ogni caso, l'assenza di un accordo a livello internazionale non deve rappresentare un ostacolo per l'UE nello stabilire le misure adeguate.

3.10

Un insegnamento che occorre trarre dalla grande crisi finanziaria è che il sistema finanziario in tutte le sue forme deve essere al servizio dell'economia reale. L'abbandono delle regole tradizionali che hanno guidato l'attività bancaria per decenni ha portato a una crescita esponenziale dei prodotti speculativi, cosa che - alla fine - è risultata estremamente dannosa per l'economia.

3.11

Storicamente, le banche e l'insieme degli istituti finanziari regolamentati dallo Stato assolvono una funzione vitale per l'economia, in quanto sono depositari e canalizzatori del risparmio di cittadini e imprese allo scopo di finanziare gli investimenti, creare posti di lavoro e, in definitiva, favorire il benessere della società. Negli anni precedenti la crisi questa non è sempre stata la funzione preminente.

3.12

Il CESE propone che la responsabilità sociale del settore finanziario e l'obiettivo di "garantire che tutte le attività finanziarie contribuiscano alla crescita economica" facciano parte degli obiettivi del Libro verde. La nuova regolamentazione dei mercati finanziari è uno strumento indispensabile per ritornare a un'economia sostenibile.

3.13

Tenuto conto della normativa entrata in vigore negli ultimi anni o che sta per entrare in vigore, il CESE ricorda l'obiettivo di legiferare bene, con un approccio basato sulla semplicità e la chiarezza. È necessario evitare doppioni e distorsioni che possano generare incertezza normativa e occasioni di arbitraggio.

3.14

Le strutture che sono state create per la vigilanza prudenziale – tra cui, fondamentalmente, il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) – dovrebbero essere incaricate di monitorare l'evoluzione del sistema finanziario, in generale, e delle attività delle banche ombra, in particolare, per rilevare la comparsa di rischi sistemici e proporre misure tese a ridurre tali rischi.

3.15

Il CESE sottolinea la necessità che l'Unione europea contribuisca ai lavori dell'FSB in materia di banche ombra e coordini le sue iniziative con questo organismo, per assicurarne la coerenza dal punto di vista del contenuto e anche in rapporto alla tempistica.

3.16

Il CESE deve insistere sulla necessità che le norme prudenziali e la vigilanza impediscano la concorrenza sleale nel sistema finanziario.

4.   Risposte alle domande del Libro verde

4.1   Che cos'è il sistema bancario ombra?

a)

Siete d'accordo con la definizione proposta di sistema bancario ombra?

Sì. Una formulazione così ampia permette di comprendere nella definizione il complesso insieme di entità e attività finanziarie che caratterizzano il sistema bancario ombra. In ogni caso, l'assenza di una definizione comunemente accettata non dovrebbe rappresentare un ostacolo all'azione di regolamentazione e vigilanza delle autorità competenti.

b)

Siete d'accordo con l'elenco preliminare delle entità e attività del sistema bancario ombra? Ritenete opportuno analizzare ulteriori entità e/o attività? Se sì, quali?

Bisogna includere le agenzie di rating, a causa del loro ruolo nel processo di cartolarizzazione.

È necessario chiarire se i credit default swap (CDS) e gli strumenti emessi da creditori privilegiati di primo o secondo grado (first and second lien lenders) siano specificamente compresi.

Bisogna inoltre richiamare l'attenzione sul mercato delle polizze di assicurazione a fini di lucro ("fondi in euro"), esistenti in alcuni Stati membri dell'UE, che spesso possono essere utilizzate come depositi a vista per il prenditore.

4.2   Quali sono i rischi e i benefici legati al sistema bancario ombra?

a)

Siete d'accordo sul fatto che il sistema bancario ombra può prestare un contributo positivo al sistema finanziario? Le attività del sistema bancario ombra presentano altri aspetti positivi da valorizzare e promuovere nel futuro?

Il sistema bancario ombra ha contribuito alla finanziarizzazione dell'economia e alla bolla immobiliare che dal 2007 ha colpito vari paesi sviluppati, portando le loro economie sull'orlo del collasso; pertanto, bisogna attribuire al sistema bancario ombra la responsabilità di fondo, seppure non esclusiva, della grande recessione che ha colpito gli Stati Uniti e molti Stati membri dell'UE.

Il sistema finanziario nel suo complesso deve essere al servizio dell'economia reale.

b)

Siete d'accordo con la descrizione dei canali attraverso cui le attività del sistema bancario ombra creano nuovi rischi o li trasferiscono verso altri settori del sistema finanziario?

D'accordo. I quattro gruppi di rischio sono in linea con gli insegnamenti tratti dalla crisi finanziaria.

c)

Si deve tenere conto di altri canali attraverso cui le attività del sistema bancario ombra creano nuovi rischi o li trasferiscono verso altri settori del sistema finanziario?

Tra gli altri canali, bisogna tener conto del reimpiego (o re-hypothecation) delle garanzie finanziarie.

4.3   Quali sono le sfide per le autorità di vigilanza e di regolamentazione?

a)

Siete d'accordo con la necessità di assoggettare a sorveglianza e regolamentazione più rigorose le entità e le attività del sistema bancario ombra?

b)

Siete d'accordo con le proposte relative alla sorveglianza e all'individuazione delle entità interessate e delle loro attività? Ritenete che l'UE abbia bisogno di procedure permanenti per la raccolta e lo scambio di informazioni sull'individuazione e sulle pratiche di vigilanza tra tutte le autorità di vigilanza dell'UE, la Commissione, la BCE e le altre banche centrali?

c)

Siete d'accordo con i summenzionati principi generali di vigilanza del sistema bancario ombra?

d)

Siete d'accordo con i summenzionati principi generali per le risposte normative?

La risposta alle quattro domande di cui sopra è affermativa. Il CESE sottolinea, da un lato, che è necessaria una vigilanza globale che abbracci tutti i settori del sistema finanziario e, dall'altro, che gli organismi di controllo e di regolamentazione ai differenti livelli devono essere adeguatamente dotati in termini di risorse umane qualificate e di mezzi materiali.

e)

Quali misure si potrebbero prevedere per garantire, a livello internazionale, l'uniformità di trattamento del sistema bancario ombra e per evitare l'arbitraggio regolamentare a livello mondiale?

Il coordinamento e la piena sintonia in seno al G20 sono fondamentali. L'identificatore delle entità giuridiche (Legal Entity Identifier – LEI) proposto dall'FSB (8 giugno 2012) contribuirà a colmare le lacune statistiche, a migliorare la gestione dei rischi nelle imprese, a valutare meglio il rischio macro e microprudenziale, a contenere gli abusi di mercato e a reprimere le frodi finanziarie.

4.4   Quali sono le misure di regolamentazione che disciplinano il sistema bancario ombra nell'UE?

a)

Qual è il vostro punto di vista circa le misure già adottate a livello UE per far fronte ai problemi sollevati dal sistema bancario ombra?

Il CESE ha appoggiato le misure adottate dall'UE in diversi pareri, tra cui si possono ricordare quello sulla direttiva MiFID (2), sulla direttiva AIFM (3), sui regolamenti sulle agenzie di rating del credito (4), ecc. Tra tali misure vanno sottolineate le direttive CDR III (5), CDR IV (6) e Solvibilità II (7).

4.5   Questioni in sospeso

a)

Concordate con l'analisi delle questioni che attualmente s'iscrivono nei cinque settori fondamentali in cui la Commissione continua a vagliare opzioni diverse?

Sì. È fondamentale che la regolamentazione sia più efficace non solo in Europa, ma anche a livello internazionale. Ad esempio, i fondi comuni monetari hanno la loro base principalmente negli Stati Uniti.

b)

Dovrebbero essere trattate altre questioni? Se sì, quali?

c)

Eventualmente, quali modifiche del vigente quadro regolamentare dell'UE sono necessarie per affrontare adeguatamente i rischi e i problemi illustrati?

Risposta alle domande b) e c): il decalogo proposto da Paul Tucker, vicegovernatore della Banca d'Inghilterra e membro del Financial Stability Board (conferenza di Bruxelles, 27 aprile 2012).

I veicoli e i fondi del sistema bancario ombra che sono sostenuti o gestiti da banche dovrebbero essere iscritti nel bilancio consolidato di queste banche.

La percentuale di prelievo dei fondi messi a disposizione in una linea di credito ("drawdown rate") ipotizzata nell'indice di copertura della liquidità di Basilea III dovrebbe essere superiore per le linee di credito con impegno concesse a imprese finanziarie rispetto a quelle concesse a imprese non finanziarie. In altri termini, le banche dovrebbero detenere più attivi liquidi in rapporto a queste esposizioni.

Le autorità di vigilanza delle banche devono limitare la possibilità per le banche di reperire finanziamenti a breve attraverso fondi monetari statunitensi e altre fonti fragili/volatili, compresi i fondi monetari dal valore patrimoniale netto costante (CNAV) domiciliati in un'altra giurisdizione.

Se sono finanziate in misura significativa con debito a breve termine, esse dovrebbero essere soggette a una regolamentazione e a una vigilanza di tipo bancario in rapporto alla resilienza dei loro bilanci.

Soltanto le banche dovrebbero poter usare i fondi della clientela e gli attivi non gravati da ipoteca per finanziare la loro attività in misura consistente; inoltre, dovrebbe esistere un chiaro rapporto principale. La forma giuridica dovrebbe essere in linea con la sostanza economica.

Per gli istituti non bancari, i fondi della clientela e gli attivi non gravati da ipoteca dovrebbero essere separati e non andrebbero utilizzati per finanziare la loro attività in misura consistente. Per gli istituti non bancari dovrebbe tuttavia rimanere possibile erogare credito alla loro clientela, dietro presentazione di garanzie, per finanziare il loro portafoglio titoli (prestito su margini).

Dovrebbe esistere una maggiore trasparenza di mercato, forse preferibilmente attraverso un repertorio di dati sulle negoziazioni con accesso libero ai dati aggregati, in modo che tutti possano vedere quel che accade in questi mercati di finanziamento molto importanti ma poco trasparenti (ciò sarebbe utile per gli stessi operatori di mercato).

Le imprese e i fondi finanziari non dovrebbero poter erogare credito su garanzie che non possono detenere perché non ne hanno diritto o non ne sono capaci.

Le imprese finanziarie non bancarie dovrebbero essere regolamentate per quel che riguarda le loro modalità di utilizzo delle garanzie liquide.

Le autorità competenti dovrebbero poter intervenire e fissare scarti o margini di garanzia minimi per il mercato dei finanziamenti con richiesta di garanzie (oppure per i segmenti di questo mercato). Ciò andrebbe realizzato a livello internazionale e potrebbe essere legato agli scarti di garanzia delle banche centrali.

d)

Quali altre misure (ad esempio, monitoraggio rafforzato o misure non vincolanti) dovrebbero essere prese in considerazione?

Il CESE propone di:

proteggere i consumatori di prodotti finanziari contro possibili pratiche commerciali sleali riguardanti prodotti e/o servizi finanziari, come le vendite promozionali ingannevoli o la vendita piramidale, e di promuovere contratti con i consumatori che non contengano clausole abusive,

prendere in considerazione la proposta dei professori dell'Università di Chicago Eric A. Posner ed E. Glen Weyl (An FDA for Financial Innovation: Applying the Insurable Interest Doctrine to Twenty-First-Century Financial Markets, "Un organismo come la Food and Drug Administration per l'innovazione finanziaria: applicare il principio dell'interesse assicurabile ai mercati finanziari del ventunesimo secolo", 23 febbraio 2012), secondo cui ogni nuovo prodotto deve ottenere un'approvazione governativa quale requisito preliminare al suo lancio e tale approvazione deve essere concessa se il prodotto è al servizio dell'economia reale e rifiutata se il suo proposito è meramente speculativo.

Bruxelles, 15 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 248 del 25.8.2011, pag. 108.

(2)  GU C 220 del 16.9.2003, pag. 1.

(3)  GU C 18 del 19.1.2011, pag. 90.

(4)  GU C 277 del 17.11.2009, pag. 117, e GU L 145 del 31.5.2011, pag. 30.

(5)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 62.

(6)  GU C 68 del 6.3.2012, pag. 39.

(7)  GU C 224 del 30.8.2008, pag. 11.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/44


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Una strategia per gli appalti elettronici»

COM(2012) 179 final

2013/C 11/10

Relatore: IOZIA

La Commissione europea, in data 20 aprile 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia per gli appalti elettronici

COM(2012) 179 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 120 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime apprezzamento per la comunicazione della Commissione, annettendo una grande importanza al rapido passaggio ad un sistema generalizzato di appalti elettronici, come positivamente sperimentato in alcuni Stati membri. Il mercato degli appalti pubblici rappresenta una cifra enorme, intorno al 20 % del PIL dell'UE.

1.2

In una fase congiunturale molto negativa come l'attuale, caratterizzata da processi di aggiustamento del bilancio pesantissimi per i cittadini, l'Europa è percepita molto negativamente e così lo sono le sue iniziative. Occorre uno sforzo maggiore da parte delle istituzioni europee per aprirsi di più e rendere chiare ed evidenti le ragioni che inducono ad assumere certe decisioni. La Commissione, unica istituzione europea con potere di proposta legislativa, ha una specifica responsabilità non solo di informazione, ma anche di convinzione dei suoi cittadini sull'utilità delle sue proposte. Il CESE si prodiga in questo senso e la Commissione dovrebbe cooperare maggiormente con le altre istituzioni europee, anche con quelle a carattere consultivo.

1.3

Il CESE sottolinea come i tagli lineari dei bilanci pubblici, con l'uscita anticipata del personale più anziano e preparato che si occupa di appalti pubblici, stiano impoverendo progressivamente il capitale umano della pubblica amministrazione (PA), ed invita gli Stati membri a evitare tagli indiscriminati, che portano solo un beneficio di breve respiro sui conti, dovendo, in molti casi, rivolgersi all'esterno perché il personale rimasto non ha acquisito ancora la professionalità necessaria.

1.4

Il CESE sottolinea l'importanza degli appalti elettronici per i benefici che potenzialmente potrebbero portare:

Trasparenza. Lotta contro la frode.

Efficienza del mercato.

Allargamento alle PMI del mercato degli appalti pubblici.

Risparmi generalizzati per la PA.

Integrazione e sviluppo del mercato interno.

Modernizzazione della PA e sviluppo dell'agenda digitale europea.

Nuove opportunità per le imprese che offrono servizi tecnologici.

Sviluppo professionale per gli addetti della PA e delle imprese.

1.5

La Commissione ritiene realizzabile l'obiettivo di completare la transizione entro la metà del 2016 (prevedibilmente il 2017, considerando i due anni necessari alla trasposizione), accelerando enormemente rispetto a quanto realizzato negli ultimi 8 anni. Il CESE ritiene giusto e ambizioso l'obbiettivo, che potrà essere realizzato solo rispettando alcune condizioni per la standardizzazione, l'interoperabilità e l'accessibilità richiamate nel presente parere. Il rischio, senza il rispetto di queste condizioni, potrebbe essere quello di andare a una ulteriore frammentazione del mercato.

1.6

Il CESE sostiene gli obiettivi proposti, ma deve comunque osservare che, finora, nonostante tutti gli impegni profusi, la percentuale degli appalti elettronici è ancora molto modesta. La Commissione sta concludendo uno studio ove saranno indicati, paese per paese, i livelli acquisiti, che dovrebbe essere pubblicato entro quest'anno. L'Italia ad esempio è al 4 %.

1.7

Il CESE biasima fortemente uno scarso spirito collaborativo da parte di alcuni Stati membri, che resistono al cambiamento, che non hanno intenzione di aprire il mercato degli appalti pubblici alla concorrenza, per proteggere le imprese nazionali e per non privarsi di un notevole potere economico e politico.

1.8

La Commissione nella sua comunicazione la chiama "inerzia", il CESE ritiene che sia piuttosto "resistenza passiva" al cambiamento e permeabilità alle pressioni nazionali di tipo protezionistico. La divulgazione di tutti gli appalti in formato elettronico, porterà a rendere inutile e dannosa l'identificazione di una soglia per le gare di tipo europeo e questo è fortemente auspicato in particolare dalle PMI.

1.9

Il CESE ritiene che il mantenimento delle soglie sia contrario allo sviluppo del mercato interno e nuoccia a una concorrenza che giochi sullo stesso campo.

1.10

Comunicazione. I cittadini, le imprese, le autorità locali e nazionali devono essere convinti dell'utilità di questi strumenti. Perché questo avvenga, occorre investire risorse in informazione, comunicazione e attività formative, in maniera integrata, senza isolate iniziative.

1.11

Trasparenza. Uno degli effetti immediati della pubblicazione telematica degli appalti pubblici è quello di elevare il livello di trasparenza. Il CESE suggerisce di inserire oltre la pubblicazione del bando, anche lo stato di avanzamento dei lavori, rispetto ai tempi previsti, la data di conclusione dei lavori assegnati, o delle forniture di beni. La trasparenza aiuterà a rendere sempre più difficili le frodi, comportando ulteriori risparmi per le PA e migliorando l'efficienza del mercato.

1.12

Interoperabilità e standardizzazione. Il CESE pone particolare enfasi sui temi relativi all'interoperabilità tra le diverse piattaforme (spesso portali) e alla standardizzazione dei processi e documenti elettronici scambiati nelle diverse fasi del processo di appalto. La proliferazione di isolate piattaforme, di formati e processi differenti, costituisce una barriera all'automazione degli appalti pubblici e ne scoraggia l'adozione da parte dei fornitori, in particolare delle PMI. L'utilizzo di un unico standard europeo (o internazionale) per i processi relativi agli appalti pubblici dovrebbe essere raccomandato senza alcun ulteriore ritardo dalla Commissione; in particolare, il lavoro svolto dal CEN nell'ambito del workshop "Business Interoperability Interfaces (BII) per gli approvvigionamenti pubblici in Europa  (1)" e l'implementazione dei profili BII nelle specifiche PEPPOL.

1.13

Frammentazione. L'assenza di una strategia europea ha portato all'adozione di piattaforme e strumenti di identificazione non dialoganti, adottati sia a livello nazionale che territoriale (Germania, Italia ed altri …). Tutto ciò ha causato, secondo le associazioni delle PMI, quasi sempre la rinuncia a presentare un'offerta, altre volte sovraccosti gestionali, ingiustificati, specialmente per le PMI. Il CESE ritiene che l'UE debba contrastare efficacemente la frammentazione del mercato.

1.14

Accessibilità e semplicità. Il CESE sottolinea che i benefici per il mercato, per le PA e per i cittadini si potranno realizzare solo se i sistemi saranno accessibili, garantendo costi bassi, sistemi di facile gestione e mantenimento, moduli, procedure e soluzioni standardizzate, la definizione di un glossario comune, uno strumento validato per risolvere il problema linguistico (anche questo accessibile e di facile uso), seguendo i principi che la stessa Commissione nello Small Business Act, si è impegnata ad osservare.

1.15

Imprese sociali. Il CESE raccomanda la massima attenzione nel passaggio verso gli strumenti elettronici nel garantire l'accessibilità degli stessi alle imprese sociali. Molti servizi sociali sono attualmente resi da queste imprese, che rappresentano una realtà molto importante nel panorama delle imprese che garantiscono assistenza e attività di cura.

1.16

Le PMI dovrebbero essere sostenute dalla normativa europea per gli appalti oltre la soglia a raggiungere i requisiti di capitale e di esperienza richiesti, anche attraverso forme consortili o associazioni temporanee di impresa. Il caso del Portogallo è emblematico. L'87 % degli appalti è stato vinto da PMI, ma solo il 19 % in valore.

2.   Sintesi del documento

2.1

La comunicazione illustra l'importanza strategica degli appalti elettronici (e-procurement) e definisce le principali azioni attraverso le quali la Commissione intende accompagnare la transizione verso la generalizzazione degli appalti elettronici nell'UE.

2.2

I risparmi ottenuti dalle amministrazioni che sono già passate agli appalti elettronici si collocano tra il 5 ed il 20 %. Se applicassimo la percentuale inferiore a tutti gli appalti della UE, il risparmio ammonterebbe comunque ad oltre 100 miliardi di euro, tenendo conto della misura totale degli appalti pubblici.

2.3

In materia di appalti pubblici (2) come previsto nell'atto per il mercato unico del 2011 (3), la Commissione ha presentato alcune proposte che mirano a completare la transizione verso gli appalti elettronici nell'UE entro la metà del 2016 (4). L'obiettivo finale è quello di rendere la procedura per gli appalti elettronici interamente automatizzata, in cui tutte le fasi, dalla pubblicazione (e-notification) al pagamento (e-payment), sono effettuate per via elettronica (5).

2.4

Gli appalti elettronici possono contribuire a migliorare l'accesso alle gare di appalto e la loro trasparenza, in particolare per le PMI, in modo da stimolare la concorrenza transfrontaliera, l'innovazione e la crescita nel mercato unico.

2.5

La Commissione individua due ostacoli principali alla diffusione degli appalti elettronici:

la "inerzia" dimostrata da alcune parti interessate. La sfida consiste nel persuadere gli acquirenti e i fornitori riluttanti a modificare abitudini ormai radicate;

la frammentazione dei mercati che può risultare dall'esistenza di una grande varietà di sistemi, talvolta tecnicamente complessi, adottati nell'UE.

2.6

Per realizzare gli obiettivi proposti, la Commissione individua un piano di azione, articolato in 15 punti.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce l'importanza di una revisione del quadro giuridico in materia di appalti pubblici e di una transizione graduale verso la loro completa automazione, rendendo obbligatorio l'utilizzo di mezzi di comunicazione elettronici per alcune fasi del processo di approvvigionamento.

3.2

La roadmap suggerita dalla Commissione per una graduale implementazione degli appalti elettronici è molto ambiziosa e se correttamente adottata sarebbe di grande beneficio per tutti i partecipanti al mercato degli approvvigionamenti pubblici. Considerando le diversità nello sviluppo degli appalti pubblici elettronici nei diversi paesi, nei quali già si assiste a un fenomeno di frammentazione di soluzioni e piattaforme, la mancanza di indicazioni strategico-operative, senza il rispetto di alcune condizioni minime di base, potrebbe contribuire ad aumentare la frammentazione del mercato.

3.3

Lo sviluppo degli appalti pubblici elettronici non deve però andare a scapito del principio del "miglior offerente", così com'è previsto nel progetto di direttiva "appalti pubblici" (6).

3.4

Il CESE pone particolare enfasi sui temi relativi all'interoperabilità tra le diverse piattaforme (spesso portali) e alla accessibilità dei processi e documenti elettronici scambiati nelle diverse fasi del processo di appalto. È opportuno prevedere uno standard europeo (o internazionale) aperto per le soluzioni (software) utilizzate per gli approvvigionamenti elettronici del settore pubblico. La proliferazione di isolate piattaforme, di formati e processi differenti, costituisce una barriera all'automazione degli appalti pubblici e scoraggia l'adozione da parte dei fornitori, in particolare delle PMI. Il lavoro svolto dal Comitato europeo di normazione (CEN) all'interno del workshop "Business Interoperability Interfaces per gli approvvigionamenti elettronici in Europa" ha prodotto dei "profili standard interoperabili" per l'implementazione di soluzioni software standardizzate.

3.5

Al fine di superare le attuali barriere, il CESE condivide l'utilizzo da parte della Commissione di azioni specifiche volte a rendere obbligatorio l'utilizzo di standard aperti internazionali o europei per l'implementazione di soluzioni tecniche interoperabili. Sarebbe opportuno prevedere la predisposizione di linee guida per la corretta applicazione degli standard aperti sulla base del lavoro svolto dal CEN BII workshop e delle relative implementazioni all'interno del progetto PEPPOL. L'Agenda digitale europea prevede esplicitamente (7) un'azione a favore della standardizzazione degli appalti elettronici, attraverso l'utilizzo di specifiche tecniche che possano essere implementate da tutti i fornitori di soluzioni e servizi ICT.

3.6

Il CESE sottolinea il contributo fondamentale che l'e-procurement può apportare alla trasparenza nei processi di approvvigionamento del settore pubblico e alla lotta alla frode. Gli strumenti elettronici permettono di monitorare e valutare l'intero processo, e come il fornitore lo abbia realizzato. Tali informazioni sono rilevanti per garantire la massima trasparenza (e-transparency) del settore pubblico e possono rappresentare un importante incentivo all'adozione degli strumenti di e-procurement, soprattutto per le PMI. Il Portogallo rappresenta una best practice in questo campo (8), insieme alla Lituania, dove l'utilizzo di e-Notification, e-Access ed e-Submission sono stati resi obbligatori, con benefici riscontrabili in termini di: riduzione dei prezzi (14-55 %) di beni e servizi acquistati; aumento del numero di fornitori che partecipano alle gare del 20-90 %; riduzione dei giorni necessari per il processo di approvvigionamento, da 46 a 11 giorni.

3.7

È importante inoltre che le iniziative di e-procurement prevedano il supporto formativo alle PMI per l'utilizzo delle tecnologie e per comprenderne i benefici. Fondamentale sarà l'investimento in formazione per i dipendenti pubblici e privati. Il CESE ritiene molto utile un sostegno in questo senso. Le PMI potrebbero avvalersi delle loro associazioni di categoria.

3.8

Le barriere linguistiche esistono e in questa comunicazione non vengono adeguatamente considerate. Le informazioni disponibili sulle piattaforme di e-procurement dovrebbero essere disponibili almeno in un'altra lingua europea, oltre a quella nazionale. Tuttavia questo potrebbe comportare costi addizionali eccessivi. Una soluzione potrebbe essere quella di sviluppare un "traduttore"online specifico per gli approvvigionamenti elettronici da parte della Commissione europea.

3.9

La Commissione non evidenzia il problema della visibilità degli acquisti sotto soglia (below thresholds) in tutto il mercato unico, importante soprattutto per le PMI e le microimprese. Il CESE ritiene che sia giunto il momento di riflettere sulla opportunità del mantenimento delle soglie, considerando che, con la pubblicazione elettronica tutti gli appalti saranno accessibili a tutti.

4.   Osservazioni specifiche relative alle azioni previste

4.1

Il CESE condivide la necessità di una transizione verso l'automazione degli appalti pubblici. Mentre la Commissione pone attenzione sulle fasi iniziali del processo di approvvigionamento (pubblicazione di bandi e avvisi, accesso ai documenti di gara, presentazione delle offerte, valutazione delle proposte e aggiudicazione del contratto) è importante integrare le diverse fasi successive all'aggiudicazione del contratto (ordini, fatture, pagamenti) e pubblicare l'andamento degli appalti, problemi riscontrati, tempi di esecuzione e costi.

4.2

L'armonizzazione dei requisiti tecnici è fondamentale per lo sviluppo di soluzioni e servizi IT che possano essere adottati e utilizzati a livello locale, nazionale e transfrontaliero. Il CESE incoraggia fortemente la Commissione a procedere con l'azione 2 prevista a tale riguardo. Le implicazioni sono di particolare importanza non solo per le pubbliche amministrazioni ma soprattutto per i fornitori che potranno utilizzare soluzioni standardizzate e interoperabili a livello europeo.

4.3

L'utilizzo di firme elettroniche è fonte di complessità per le transazioni transfrontaliere. Azioni che facilitano l'interoperabilità di tali soluzioni sono quindi auspicabili. Tuttavia, è importante notare che ad esempio paesi come il Portogallo identificano tra le difficoltà nell'utilizzo dell'e-procurement gli eccessivi requisiti delle firme elettroniche e il costo dei servizi di time stamping, oltre all'interoperabilità tra le varie piattaforme di e-procurement  (9).

4.4

La promozione di soluzioni semplici e di buone prassi è senz'altro un valido supporto a progetti di automazione degli appalti pubblici. I bisogni delle PMI, in particolare nella fase di e-submission devono essere considerati nello sviluppo di relative soluzioni. I risultati del gruppo di esperti della Commissione (e-Tendering Expert Group) sono perciò essenziali e potrebbero essere sottoposti ad una valutazione delle parti interessate.

4.5

L'azione più rilevante sulla quale la Commissione dovrebbe focalizzare la propria attenzione riguarda le modalità di implementazione delle varie soluzioni per gli appalti elettronici nel mercato interno. In particolare, il progetto PEPPOL (Pan-European Public Procurement Online) ha visto la partecipazione di 11 paesi che hanno sviluppato specifiche tecniche per lo sviluppo di soluzioni standardizzate per fasi più critiche del processo di approvvigionamento ed una piattaforma aperta per lo scambio dei documenti standardizzati realizzando la piena interoperabilità tra le diverse piattaforme europee.

4.5.1

Le componenti PEPPOL includono: strumenti di convalida delle firme elettroniche basate su certificati elettronici rilasciati da autorità europee; un Virtual Company Dossier per presentare le informazioni societarie in maniera standardizzata (certificati e attestati); un catalogo elettronico per presentare le offerte su prodotti e servizi in un formato standard; ordini e fatturazione elettronica che supportano l'acquirente e fornitore con procedure definite per condividere informazioni per le comuni attività. Infine, un'infrastruttura di trasporto dei documenti elettronici (il network), sulla base di standard comuni, compatibili a livello nazionale e che interconnette le isolate comunità/sistemi di appalti elettronici.

4.5.2

L'European Virtual Company Dossier System (EVS) fornisce, in maniera simile a eCertis (un sistema di informazioni che aiuta ad identificare i differenti certificati e attestati richiesti frequentemente nelle procedure di appalto dei 27 Stati membri, in Croazia (paese aderente), in Turchia (paese candidato) e nei tre paesi EEA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia)), le informazioni relative ai criteri e evidenze/attestati necessari per la partecipazione alle gare d'appalto negli Stati membri. Tuttavia, mentre il database di eCertis è attualmente concepito come un database di informazioni, l'EVS fornisce ulteriori interfacce al fine di collegare altri servizi ad esso. eCertis dovrebbe presentare caratteristiche simili al concetto di EVS. La Commissione dovrebbe garantire la conformità e aggiornare il relativo sistema di informazioni legali, offrendo tale servizio e supportandolo tecnicamente.

4.5.3

Il CESE auspica un forte sostegno della Commissione e degli Stati membri per rafforzare il ruolo dell'associazione OpenPEPPOL e ne enfatizza l'importanza poiché le specifiche tecniche sviluppate siano mantenute, sviluppate e adottate dal settore pubblico europeo per l'implementazione degli appalti pubblici, garantendo standardizzazione ed interoperabilità nelle diverse fasi del processo di approvvigionamento, non solo in quelle che precedono l'aggiudicazione ma anche in quelle successive, onde evitare la frammentazione del mercato.

4.6

Il CESE condivide la necessità di finanziamento e supporto allo sviluppo di una infrastruttura degli appalti pubblici elettronici attraverso la Connecting Europe Facility, facendo leva su quanto già sviluppato dagli Stati membri del consorzio PEPPOL, con l'attuale infrastruttura di trasporto (il network) che connette i diversi sistemi in Europa. Il CESE sottolinea l'importanza di mantenere una infrastruttura aperta, accessibile e sicura, fondata su standard condivisi. L'utilizzo dei fondi strutturali è auspicabile per facilitare l'adozione degli appalti pubblici.

4.7

Il CESE raccomanda l'attuazione di una strategia di comunicazione integrata, facendo leva sulle comunità esistenti, OpenPEPPOL in particolare, in collaborazione con l'Enterprise Europe Network e utilizzando programmi di networking per le regioni e comuni. La strategia di comunicazione potrebbe essere condivisa tra la Commissione, OpenPEPPOL e il nuovo progetto pilota A (CIP ICT PSP) Basic Cross Sector Services (BCSS), per la parte relativa agli appalti pubblici elettronici.

4.8

Il CESE sostiene la decisione della Commissione di automatizzare tutto il processo di approvvigionamento all'interno delle proprie strutture e rendere disponibili le soluzioni open source sviluppate.

4.9

Il CESE condivide l'esigenza di monitorare l'adozione degli strumenti elettronici per gli appalti pubblici e definirne i relativi benefici. La Commissione dovrebbe pubblicare trimestralmente, dall'adozione della direttiva in poi, un'informativa sull'andamento qualitativo/quantitativo degli appalti nei singoli Stati membri, per dare conto dello stato di avanzamento dei processi.

4.10

Allo stesso tempo, un dialogo a livello internazionale relativo all'uso degli strumenti elettronici per gli appalti pubblici è essenziale ai fini di una maggiore trasparenza e concorrenza. L'utilizzo di standard internazionali si riconferma come uno strumento necessario a tale scopo e quindi un monitoraggio dei relativi sviluppi è auspicabile. In particolare, è necessario monitorare e raccomandare l'utilizzo di standard (CEN BII e specifiche PEPPOL) nell'implementazione degli appalti elettronici da parte del settore pubblico europeo.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  http://www.cen.eu/cwa/bii/specs/Profiles/IndexWG1.html.

(2)  Proposte del 20 dicembre 2011: COM(2011) 895 final; COM(2011) 896 final e COM(2011) 897 final.

(3)  L'atto per il mercato unico individua una serie di misure intese a stimolare l'economia europea e a creare occupazione.

(4)  Le proposte prevedono l'uso obbligatorio degli appalti elettronici entro due anni a decorrere dal termine previsto per il recepimento, cosa che, secondo il calendario previsto per l'adozione, dovrebbe consentire l'attuazione entro la metà del 2016.

(5)  Le procedure d'appalto prevedono due fasi principali: la fase che precede l'aggiudicazione del contratto e la fase che la segue. La fase che precede l'aggiudicazione comprende tutte le fasi intermedie della procedura di appalto fino all'aggiudicazione del contratto (pubblicazione di bandi e avvisi, accesso ai documenti di gara, presentazione delle offerte, valutazione delle proposte e aggiudicazione del contratto). La fase che segue l'aggiudicazione comprende tutte le fasi intermedie della procedura di appalto successive all'aggiudicazione del contratto (ordine, fatturazione e pagamento).

(6)  Parere CESE: GU C 191 del 29.6.2012, pag. 84.

(7)  http://ec.europa.eu/information_society/newsroom/cf/fiche-dae.cfm?action_id=181.

(8)  www.base.gov.pt/.

(9)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.events-and-activities-e-procurement-interventions.24416.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/49


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Modernizzazione degli aiuti di Stato dell'UE»

COM(2012) 209 final

2013/C 11/11

Relatrice: BUTAUD-STUBBS

La Commissione europea, in data 8 maggio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Modernizzazione degli aiuti di Stato dell'UE

COM(2012) 209 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La politica europea in materia di aiuti di Stato riveste un'importanza strategica per l'UE in un'economia globalizzata altamente competitiva.

1.2

Per il Comitato economico e sociale europeo (CESE), la riforma proposta dalla Commissione nella sua comunicazione merita di essere sostenuta in considerazione degli obiettivi che persegue, ossia:

fare in modo che la politica europea in materia di aiuti di Stato contribuisca alla strategia Europa 2020;

realizzare una nuova e più efficace distribuzione dei compiti tra la Commissione e gli Stati membri;

conseguire una serie di miglioramenti procedurali.

1.3

Il CESE condivide la visione espressa dalla Commissione secondo cui occorre potenziare il legame positivo tra l'efficacia degli aiuti di Stato e l'obiettivo di una crescita sostenibile e inclusiva. Una politica mirata in materia di aiuti di Stato permetterà di stimolare l'innovazione (anche sul piano sociale), il ricorso alle tecnologie ambientali e lo sviluppo delle risorse umane, evitando al tempo stesso danni all'ambiente. Sempre se ben mirata, inoltre, una politica dinamica in materia di aiuti di Stato può dare un contributo attivo al raggiungimento di livelli elevati di occupazione e coesione sociale.

1.4

In merito a questa riforma, ambiziosa in termini di obiettivi, modalità e calendario, occorre tuttavia fare alcune precisazioni riguardanti una serie di punti.

1.5

Il CESE chiede alla Commissione di precisare alcune nozioni cui si fa riferimento nella comunicazione:

1.5.1

il termine "carenza del mercato", che assume un rilievo cruciale, merita anch'esso una definizione più precisa di quella adottata dalla Commissione, in quanto la sua accezione varia a seconda dei contesti: accesso al credito, finanziamento delle reti a banda larga, riconversione a fini commerciali di siti industriali, accesso all'innovazione, formazione, sviluppo dell'imprenditorialità femminile, ecc. Tali carenze, inoltre, possono dipendere da tutta una serie di fattori: esternalità negative, informazioni incomplete, problemi di coordinamento, esistenza di un potere di mercato, ecc.

1.6

Il CESE solleva un certo numero d'interrogativi riguardo alle riforme previste:

1.6.1

la riforma proposta dalla Commissione mira a responsabilizzare maggiormente gli Stati membri per quanto concerne l'attribuzione e il controllo degli aiuti di Stato. Quali sono gli strumenti di ordine giuridico e pratico previsti dalla Commissione per convincere gli Stati membri a cooperare pienamente nell'applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato?

1.6.2

Un aumento delle responsabilità degli Stati membri in materia di controllo degli aiuti rischierebbe di sfociare in un'applicazione soggettiva delle regole da parte degli stessi Stati membri, a manovre sleali tra Stati e al ritorno di un certo patriottismo economico che in definitiva darebbe luogo a una maggiore insicurezza giuridica per le imprese.

1.6.3

Basandosi su una relazione dell'OMC, la Commissione afferma che il livello degli aiuti di Stato concessi dai nostri principali concorrenti internazionali sarebbe paragonabile a quello degli aiuti concessi dagli Stati membri dell'UE. La politica europea in materia di aiuti di Stato offre tuttavia un quadro più trasparente di quello fornito dai sistemi in vigore negli Stati Uniti, in India, nella Corea del Sud o in Brasile. Inoltre si tratta di dati obsoleti, che devono essere aggiornati affinché la Commissione possa disporre di una visione completa e precisa della situazione attuale.

1.6.4

La Commissione affronta la questione delle caratteristiche del sistema europeo di controllo degli aiuti di Stato rispetto agli altri sistemi esistenti ma non trae nessuna conclusione specifica. Per quale motivo non ribadisce, in tale contesto, la necessità di affrontare sul piano economico il tema della "parità di condizioni" a livello mondiale onde consentire un'attribuzione equilibrata degli aiuti? Il CESE sottolinea che occorre porre efficacemente rimedio alle conseguenze specifiche degli aiuti esteri illegali che mettono a repentaglio la competitività delle imprese europee rispetto ai loro concorrenti mondiali.

1.7

Il CESE propone infine una serie di modifiche che giudica necessarie considerando la necessità, riconosciuta dalla Commissione e dal Consiglio, di sostenere le PMI proprio nel momento in cui subiscono la pressione concorrenziale delle imprese di paesi terzi che beneficiano direttamente ed indirettamente di aiuti di Stato più ingenti e meno trasparenti.

1.7.1

Tenendo conto della loro modesta entità, dei loro effetti positivi per le PMI e le microimprese e del loro scarso impatto sul mercato interno, il CESE propone di portare permanentemente il massimale degli aiuti "de minimis" (applicati a ciascuna impresa sulla base di un periodo continuo di tre anni consecutivi) da 200 000 a 500 000 euro, prendendo a modello quanto è stato deciso per i servizi d'interesse economico generale.

1.7.2

Data la necessità di aiutare le PMI europee ad espandersi sui mercati mondiali, il CESE propone di modificare l'articolo 27, paragrafo 3, del regolamento generale di esenzione per categoria (800/2008) al fine di dichiarare compartibili con il mercato comune talune misure destinate ad aiutare le PMI a partecipare a fiere e saloni nel corso di un periodo di soli tre anni consecutivi.

1.8

Alla luce della sua esperienza, il CESE rivolge alla Commissione tre raccomandazioni pratiche:

1.8.1

elaborare una guida pratica destinata al grande pubblico, redatta in tutte le lingue ufficiali dell'UE, che esponga le definizioni, i divieti e le procedure disponibili, in modo da migliorare la comprensione e la corretta utilizzazione degli aiuti di Stato da parte di imprese, giurisdizioni e pubblici poteri;

1.8.2

organizzare seminari di formazione aggiuntivi per le autorità nazionali competenti degli Stati membri, onde assicurare nel modo più uniforme possibile l'applicazione della normativa europea sugli aiuti di Stato in tutti gli Stati membri;

1.8.3

tenendo conto dell'importanza delle modifiche previste, consultare il CESE in merito alla revisione del regolamento "de minimis", del regolamento di applicazione e del regolamento generale di esenzione per categoria.

2.   Il contenuto della comunicazione

2.1

La Commissione intende riformare la politica europea in materia di aiuti di Stato, seguendo tre direttrici principali:

a)

promuovere, conformemente alla strategia Europa 2020, una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in un mercato interno competitivo;

b)

concentrare il controllo ex ante della Commissione sui casi con il maggiore impatto sul mercato interno;

c)

razionalizzare le norme procedurali e accelerare i tempi di decisione.

2.2

La riforma si basa su una valutazione non proprio positiva della politica attuale:

le norme vigenti sono di difficile comprensione, applicazione e controllo. Il 23 febbraio 2012, lo stesso commissario Almunia ha dichiarato dinanzi al CESE che in materia esistono ben 37 atti (regolamenti, comunicazioni e orientamenti) diversi;

i risultati attuali del controllo sull'applicazione delle misure che beneficiano di una esenzione per categoria rivelano una vera e propria mancanza di conformità alle norme sugli aiuti di Stato;

la Commissione non dispone di regole che consentano di stabilire priorità chiare in materia di trattamento delle denunce;

le relazioni tra gli Stati membri e la Commissione potrebbero essere più efficaci, onde consentire un adeguato scambio d'informazioni e una corretta cooperazione nelle procedure di notifica.

2.3

Per rimediare a questa situazione in un contesto in cui è necessario sfruttare tutte le potenzialità del mercato unico (energia, trasporti, tecnologie digitali), la Commissione propone di adottare una riforma ambiziosa in termini di obiettivi, modalità e tempistica.

2.4

La riforma proposta è ambiziosa nei suoi obiettivi in quanto tende, da un lato, a mettere al servizio della crescita europea una delle politiche UE più antiche e meglio integrate e, dall'altro, a conseguire significativi miglioramenti procedurali, miglioramenti che però nel testo all'esame non vengono né quantificati né illustrati in dettaglio.

2.5

La riforma proposta è ambiziosa nelle sue modalità dato che la Commissione intende realizzare una serie coerente di revisioni concomitanti nel quadro di una "strategia integrata", ossia:

una revisione del regolamento "de minimis";

eventuali modifiche del regolamento di applicazione del Consiglio relativo alla definizione di talune categorie di aiuti giudicate compatibili con il mercato comune e, pertanto, dispensate dall'obbligo di notifica;

la revisione del regolamento generale di esenzione per categoria per le categorie di aiuti a cui si applica il regolamento di applicazione in vigore;

un chiarimento, dal punto di vista giuridico, del concetto di aiuti di Stato;

la modernizzazione del regolamento di procedura relativo agli aiuti di Stato.

2.6

La riforma proposta è ambiziosa per quanto riguarda i tempi in quanto le proposte della Commissione per la revisione dei regolamenti di procedura e di applicazione dovrebbero essere adottate nell'autunno 2012 e quelle relative al resto del pacchetto entro la fine del 2013, vale a dire prima dell'entrata in vigore delle prospettive finanziarie 2014-2020.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il controllo degli aiuti di Stato nel quadro più generale delle norme europee di concorrenza

3.1.1

Il CESE approva gli obiettivi dichiarati dalla Commissione nella sua comunicazione, al fine di "agevolare il trattamento degli aiuti che sono ben concepiti, che mirano a carenze del mercato ben individuate e a obiettivi di interesse comune" concentrando i controlli sui casi con un maggiore impatto sul mercato interno, semplificando le regole e accelerando i tempi di decisione.

L'iniziativa rientra nell'ambito di una evoluzione più generale del diritto della concorrenza, per quanto concerne sia le pratiche anticoncorrenziali (norme antitrust) sia il controllo delle concentrazioni.

3.1.2

Pratiche anticoncorrenziali: la cosiddetta "modernizzazione del diritto della concorrenza", stabilita dal regolamento 1/2003 (1) e dai testi di accompagnamento, ha dato inizio ad un'applicazione decentrata delle regole di concorrenza attraverso l'abolizione del sistema della notifica preventiva. In tal modo la Commissione può concentrare la propria azione sulla lotta contro le restrizioni della concorrenza e gli abusi di mercato più gravi, in particolare i cartelli. Accanto a questa modernizzazione c'è stato un rafforzamento della cooperazione tra le autorità nazionali garanti della concorrenza costituitesi in rete, da un lato, e la Commissione, dall'altro.

3.1.3

Controllo delle concentrazioni: il commissario europeo Almunia ha di recente annunciato la possibilità di una prossima riforma del sistema europeo di controllo delle concentrazioni affinché la Commissione possa dedicare la sua attenzione soprattutto alle concentrazioni maggiormente in grado di influenzare il mercato (2). A breve scadenza, si tratta di semplificare la gestione dei casi meno problematici attraverso un miglioramento della "procedura semplificata" e di rivedere la procedura di notifica preventiva. A più lungo termine, il regime di controllo delle concentrazioni potrebbe anch'esso essere riveduto mediante un esame delle acquisizioni minoritarie non di controllo e una migliore articolazione tra i sistemi nazionali e quello europeo per quanto concerne le soglie e i rinvii.

3.2   I criteri su cui basare un quadro generale degli aiuti di Stato

3.2.1

Il CESE ribadisce il proprio sostegno a una disciplina generale degli aiuti di Stato basata sui seguenti criteri (3):

concentrazione e selettività degli aiuti;

coerenza con la strategia di completamento del mercato unico;

semplificazione, trasparenza e certezza giuridica di procedure e di regole;

maggior dialogo con gli Stati membri nei processi decisionali e di attuazione, nonché nelle fasi di valutazione e di monitoraggio dell'efficacia;

potenziamento delle informazioni destinate alle imprese per quanto concerne le regole e le procedure applicabili agli aiuti di Stato;

responsabilità condivise, grazie all'attivazione di livelli nazionali di coordinamento,

adeguamento delle norme europee in materia di aiuti di Stato alle strategie di aiuto messe in atto dai nostri principali partner commerciali onde assicurare condizioni eque di concorrenza (level playing field) rispetto al resto del mondo (4).

3.3   L'aumento delle responsabilità degli Stati membri nell'applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato

3.3.1

Il CESE si rende conto che, per concentrare i controlli sui casi più problematici, la Commissione europea deve in particolare estendere il numero di aiuti esenti dall'obbligo di notifica. Questo implica necessariamente una maggiore responsabilizzazione degli Stati membri. Il CESE fa tuttavia osservare che occorre prendere in considerazione le caratteristiche specifiche delle norme sugli aiuti di Stato. Infatti lo Stato e, più in generale, tutti gli organismi statali o comunque pubblici che possono concedere aiuti sono, in un certo qual modo, "giudici e parti in causa".

3.3.2

Un aumento delle responsabilità degli Stati membri per quanto concerne il controllo degli aiuti potrebbe portare ad un'applicazione soggettiva delle regole da parte degli stessi Stati membri, a manovre sleali tra Stati e al ritorno di un certo patriottismo economico che in definitiva darebbe luogo ad una maggiore insicurezza giuridica per le imprese.

3.3.3

Per ridurre al minimo questo tipo di rischio, si possono ipotizzare le seguenti soluzioni:

una maggiore trasparenza, mediante l'obbligo per gli Stati membri di presentare relazioni. Si potrebbe prevedere la pubblicazione di una relazione annuale di sintesi, accessibile a partire dal sito della Commissione, sull'applicazione del regolamento "de minimis" e del regolamento generale di esenzione per categoria;

dal punto di vista finanziario, il rischio di illegalità o di incompatibilità riguarda unicamente il beneficiario degli aiuti, costretto a restituire, con gli interessi, la somma ricevuta. Pertanto, si potrebbe accrescere la responsabilità finanziaria degli Stati membri, imponendo ad esempio il pagamento di una multa alla "autorità pubblica" che ha concesso l'aiuto in discussione;

si potrebbe altresì prevedere la creazione di agenzie nazionali indipendenti, incaricate di applicare la politica in materia di aiuti di Stato. Tali agenzie agirebbero come "punti di contatto" sia per la Commissione sia per le imprese;

la Commissione dovrebbe effettuare controlli ex post più efficaci e promuovere attivamente le migliori pratiche.

3.4   Semplificazione e trasparenza delle procedure

3.4.1

Tra il 2008 e il 2011, la Commissione e gli Stati membri hanno dimostrato di essere capaci di reagire alla crisi economica e finanziaria, adottando una serie di atti normativi specifici (5). Grazie in particolare ad una maggiore cooperazione da parte degli Stati membri e ad una forte mobilitazione dei servizi della Commissione, è stato possibile adottare decisioni in tempi brevi, nell'interesse degli Stati membri e delle imprese.

3.4.2

Tuttavia, le procedure restano in linea di massima eccessivamente lunghe e complesse per le parti interessate. Il CESE condivide pertanto la volontà della Commissione di rimediare alla lunghezza dei termini per la gestione dei dossier, migliorando le pratiche amministrative e chiedendo maggiore responsabilità da parte degli Stati membri, al fine di garantire trasparenza ed efficacia. È necessario che i termini seguano, nei limiti del possibile, il ritmo degli affari economici.

3.4.3

In tal senso, l'ambito di applicazione della "procedura semplificata" per la gestione di taluni tipi di aiuti (6) potrebbe essere esteso, pur restando ben definito. Attraverso tale procedura, la Commissione si limita a verificare se gli aiuti sono conformi alle disposizioni e alle pratiche esistenti.

3.5   Una migliore applicazione delle norme ("better enforcement")

3.5.1

È essenziale applicare in modo efficace la normativa sugli aiuti di Stato. Il CESE constata tuttavia che spesso le giurisdizioni nazionali non sono in grado di assicurare una corretta applicazione di tali norme, specie quando si tratta di tutelare i diritti d'imprese vittime della concessione di aiuti illegali ad imprese loro concorrenti. Questo può essere determinato da diversi fattori, quali ad esempio l'insufficiente padronanza, da parte dei giudici, del diritto europeo della concorrenza oppure i vincoli procedurali inerenti a qualsiasi controversia.

3.5.2

È opportuno definire soluzioni che consentano di potenziare l'applicazione pratica delle norme in materia di aiuti di Stato. Tanto le imprese quanto le giurisdizioni nazionali dovrebbero disporre di strumenti e di procedure più efficaci.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Precisare il concetto di "carenza del mercato"

4.1.1

Il CESE condivide l'obiettivo consistente nell'approvare solo gli aiuti che i) contribuiscono alla crescita, essendo intesi a colmare una carenza del mercato (gli aiuti di Stato devono infatti integrare ma non sostituire gli investimenti privati) e che ii) hanno un effetto di incentivazione, ossia stimolano i beneficiari a intraprendere attività che, in assenza di aiuti, non avrebbero svolto.

4.1.2

In tale contesto, il concetto di "carenza del mercato" deve assolutamente essere precisato e illustrato con esempi in diversi settori, in base soprattutto alla giurisprudenza europea esistente. Questo aiuterà sia le autorità pubbliche sia le imprese a interpretare in modo uniforme questa nozione e a tenerne conto già nella fase di concezione degli aiuti.

4.2   Approfondire e aggiornare i raffronti a livello internazionale in materia di aiuti di Stato

4.2.1

Ai punti 16 e 17 della comunicazione in esame la Commissione menziona la politica di concorrenza condotta nei paesi terzi, e conclude che, rispetto a questi ultimi, l'UE dispone di un quadro più trasparente che consente nel contempo di concedere livelli di aiuto comparabili. Questa affermazione si basa su un'analisi comparativa realizzata dall'OMC nel 2006. Il CESE invita la Commissione a chiedere all'OMC di realizzare un nuovo studio, dato che, in seguito alla crisi, diversi paesi membri di tale organizzazione, non appartenenti all'UE, hanno fatto ricorso a massicce sovvenzioni, specie nei settori dell'industria manifatturiera. È infatti auspicabile che la futura politica di concorrenza, applicabile a partire dal 2013, si basi su una visione aggiornata e precisa della situazione esistente, ad esempio, negli Stati Uniti, in Cina, in India e in Brasile (anche riguardo agli aiuti concessi da entità federate), in un contesto di concorrenza economica reso più aspro dalla crisi globale.

4.2.2

L'attuazione delle norme in materia di aiuti di Stato deve permettere di rafforzare la competitività delle imprese sul mercato interno e a livello internazionale. Purtroppo le imprese europee devono far fronte alla concorrenza di imprese con sede in paesi terzi la cui legislazione a volte non prevede alcun limite agli aiuti di Stato. Questa situazione può portare a gravi distorsioni della concorrenza a scapito delle imprese europee, come osserva la stessa Commissione nella sua comunicazione (7).

4.2.3

Nel rispetto delle sue competenze, la Commissione sta attuando iniziative volte ad assicurare le condizioni eque di concorrenza a livello mondiale, basandosi sul concetto di concorrenza leale. Qualsiasi riforma delle regole in materia di aiuti di Stato dovrà dunque essere coordinata con le iniziative condotte dalla Commissione stessa a livello di strumenti di politica commerciale (regole dell'OMC, accordi bilaterali di libero scambio).

4.3   Rivedere la dottrina in materia di aiuti all'esportazione

4.3.1

Nella proposta di regolamento che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (2014-2020) (COM(2011) 834 final), la Commissione riconosce la necessità di aiutare le PMI ad esportare sia all'interno dell'UE sia nel resto del mondo, al fine di trovare nuove opportunità di crescita. Si prevede di concedere alle imprese che presentano prospettive di crescita un sostegno e servizi di appoggio attraverso la rete Enterprise Europe.

4.3.2

Tuttavia, la dottrina della Commissione sembra troppo restrittiva. Ad esempio, nel campo della partecipazione delle PMI a fiere e saloni, l'articolo 27 del regolamento 800/2008 del 6 agosto 2008 impone una serie di condizioni cumulative: gli aiuti devono rappresentare al massimo il 50 % dei costi ammissibili, venire attribuiti a PMI considerate tali in base al diritto dell'UE ed essere concessi soltanto per la prima partecipazione di un'impresa ad una determinata fiera o mostra.

4.3.3

Ebbene, quest'ultimo criterio (della "prima partecipazione") appare inadeguato rispetto ad una strategia di sviluppo a livello internazionale che, per poter essere definita (in termini di agenti, insediamento, distribuzione), richiede la presenza dell'impresa su uno stesso mercato per almeno tre anni. Il CESE propone pertanto di sostituire, all'articolo 27, paragrafo 3, della proposta di regolamento, il criterio della "prima partecipazione" con quello della "partecipazione ad una determinata fiera o mostra da non più di tre anni consecutivi", mantenendo inalterati gli altri due criteri.

4.4   Far sì che gli aiuti di Stato contribuiscano ad una crescita sostenibile e inclusiva

4.4.1

L'UE dovrà garantire che gli aiuti di Stato stimolino l'innovazione anche in campo sociale, grazie agli aiuti all'innovazione sociale già riconosciuti dall'iniziativa "Unione per l'innovazione", al ricorso alle tecnologie ambientali e allo sviluppo del capitale umano all'interno di un modello di sviluppo sostenibile. Il CESE si compiace che gli aiuti all'innovazione sociale vengano progressivamente riconosciuti come aiuti compatibili con il mercato comune (8), ed auspica che questa tendenza s'intensifichi in futuro, nel quadro del processo di modernizzazione degli aiuti di Stato.

4.4.2

Il CESE appoggia inoltre una concezione degli aiuti di Stato destinati alla ricerca e sviluppo in cui figurino la progettazione, la realizzazione e la commercializzazione di prodotti, programmi e servizi accessibili a categorie vulnerabili dal punto di vista sociale, e in particolare ai disabili (9).

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.

(2)  http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=SPEECH/12/453&format=HTML&aged=0&language=EN.

(3)  GU C 65 del 17.3.2006, pag. 1, punto 3.1.

(4)  http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/intm/132797.pdf

(5)  Cfr. le norme temporanee sugli aiuti di Stato, elaborate per rispondere alla crisi economica e finanziaria.

(6)  GU C 136 del 16.6.2009, pag. 3.

(7)  Cfr. il punto 17 della comunicazione.

(8)  COM(2012) 546 final; COM(2011) 609 final; GU L 7 dell'11.1.2012, pag. 3.

(9)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 1.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/54


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Un'agenda europea dei consumatori — Stimolare la fiducia e la crescita»

COM(2012) 225 final

2013/C 11/12

Relatrice: MADER

La Commissione europea, in data 22 maggio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Un'agenda europea dei consumatori – Stimolare la fiducia e la crescita

COM(2012) 225 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La Commissione europea ha adottato il 22 maggio 2012 l'agenda europea dei consumatori, che delinea il quadro strategico in materia di politica dei consumatori fissando quattro grandi obiettivi: rafforzare la sicurezza dei consumatori, migliorare l'informazione loro destinata, migliorare le misure adottate per far rispettare i diritti e offrire mezzi di ricorso, allineare i diritti e le principali politiche all'evoluzione dell'economia e della società. Il documento si inserisce nel quadro della strategia Europa 2020.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide l'analisi condotta dalla Commissione riguardo al ruolo essenziale dei consumatori in quanto fattore decisivo della crescita nell'UE, nonché alla necessità di tener conto del contesto in cui essi si muovono.

1.3

Il CESE sostiene gli obiettivi stabiliti nell'agenda, ma si interroga sul collegamento tra quest'ultima e il programma per la tutela dei consumatori 2014-2020 (COM(2011) 707 final), nonché sull'adeguatezza delle risorse che le saranno destinate, che gli paiono del tutto insufficienti rispetto alle ambizioni espresse.

1.4

Il CESE ricorda che, nell'elaborazione e attuazione di tutte le politiche dell'Unione europea, occorre tener conto degli interessi dei consumatori. Si rallegra che, con l'agenda dei consumatori, la Commissione proponga di raccogliere in un unico testo la maggior parte delle iniziative dell'UE riguardanti la politica a favore dei consumatori europei, che risultavano finora dispersive. Questa agenda costituisce un passo importante che evidenzia l'importanza attribuita ai bisogni e alle aspettative dei consumatori nell'elaborazione delle politiche dell'UE.

1.5

Il CESE si rallegra che venga riconosciuto l'importante ruolo delle associazioni di consumatori, le quali devono essere dotate di mezzi proporzionati alle funzioni loro assegnate. Si compiace in particolare che la Commissione esprima nell'agenda la propria intenzione di cooperare con i governi nazionali al fine di garantire un miglior riconoscimento del ruolo di tali associazioni.

1.6

Il CESE attribuisce particolare importanza all'attenzione per le persone vulnerabili, soprattutto nel contesto economico e sociale attuale. Sostiene di conseguenza le iniziative previste nell'agenda a favore dell'inclusione finanziaria e dell'accesso ai servizi essenziali.

1.7

Il CESE insiste sull'importanza accordata a tutte le azioni a favore dello sviluppo sostenibile. Condivide di conseguenza le preoccupazioni della Commissione riguardo al controllo dell'energia e al fatto di tener conto della progettazione ecocompatibile. Il CESE sottolinea inoltre il bisogno di ricorrere a misure efficaci per incrementare l'applicazione di norme etiche ed ecologiche nella produzione e distribuzione di beni, soprattutto se importati da paesi terzi.

1.8

Il CESE reputa che il rafforzamento della sicurezza alimentare sia essenziale per garantire la sicurezza dei prodotti dal luogo di produzione a quello di consumo, e che consentirà una concorrenza sana e leale. Le misure da adottare contribuiranno altresì a riconquistare la fiducia dei consumatori, scossa dalle numerose crisi sanitarie che si sono susseguite.

1.9

Il CESE si felicita di tutte le iniziative assunte per consentire ai consumatori di beneficiare di un'informazione adeguata alle loro esigenze. Ricorda tuttavia che l'educazione dei consumatori non può portare a esimere gli operatori dai loro obblighi.

1.10

Il CESE sostiene le iniziative volte a far rispettare il diritto dei consumatori, a farlo evolvere e a introdurre mezzi di ricorso efficaci. A tale proposito ricorda che i modi alternativi di risoluzione delle controversie devono essere indipendenti rispetto alle parti in causa. Infine, come già sottolineato in diversi pareri precedenti, il CESE è favorevole all'introduzione di un'azione collettiva e ritiene che l'adozione di uno strumento di portata europea non sia più procrastinabile.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1   La Commissione europea ha adottato il 22 maggio 2012 l'agenda europea dei consumatori, che fissa il quadro strategico in materia di politica dei consumatori per i prossimi anni. Esso si inserisce nel quadro della strategia Europa 2020 e completa altre iniziative, tra cui il programma per la tutela dei consumatori 2014-2020.

2.2   La Commissione intende porre i 500 milioni di consumatori, la cui spesa rappresenta il 56 % del PIL dell'UE, al centro del mercato unico in quanto fattore decisivo della crescita nell'UE: infatti, "stimolare questa domanda può contribuire in modo determinante a far uscire l'UE dalla crisi".

2.3   Per raggiungere questo obiettivo ed accrescere la fiducia dei consumatori, l'agenda si articola attorno a quattro obiettivi:

2.3.1   Rafforzare la sicurezza dei consumatori

La Commissione, per rispondere alle sfide connesse con la commercializzazione di prodotti e di servizi, qualunque sia il loro luogo di produzione, intende migliorare il quadro normativo sulla loro sicurezza e rafforzare il quadro della vigilanza del mercato esercitando controlli alla fonte riguardanti la sicurezza e la conformità dei prodotti stessi.

Essa insiste sulla necessità di incrementare la sicurezza in corrispondenza dei diversi anelli della catena alimentare.

Per realizzare tali obiettivi, la Commissione incoraggerà gli Stati membri ad ampliare la loro cooperazione.

2.3.2   Miglioramento dell'informazione

La Commissione ritiene che i consumatori debbano disporre di informazioni chiare, attendibili e comparabili, nonché degli strumenti necessari per comprendere i diritti di cui godono. Ritiene di conseguenza opportuno migliorare l'informazione destinata ai consumatori e sensibilizzarli ai loro diritti e interessi. Ritiene altresì che questa opera di sensibilizzazione vada condotta anche dagli operatori economici, e adotterà, quindi, le iniziative necessarie al riguardo nel quadro della loro responsabilità sociale. Essa riconosce il ruolo importante che devono svolgere le organizzazioni di consumatori per diffondere queste informazioni tra i consumatori stessi, ma anche per rappresentarli e difenderne gli interessi.

2.3.3   Migliorare le misure adottate per far rispettare i diritti e offrire mezzi di ricorso

La Commissione intende far rispettare nella pratica il diritto dei consumatori e fornire ai consumatori stessi degli strumenti efficaci per risolvere le controversie. Essa intende migliorare i dispositivi esistenti per risolvere le controversie transfrontaliere, quali che siano le modalità di commercializzazione, e rafforzare la cooperazione con i paesi terzi e le grandi organizzazioni internazionali.

2.3.4   Adattare i diritti e le principali politiche all'evoluzione dell'economia e della società

La Commissione ritiene che le sue proposte debbano adattarsi all'evoluzione dei modi di consumo, e in particolare all'era digitale. Insiste sulla necessità che esse tengano conto delle esigenze dei consumatori più vulnerabili e ritiene che vadano agevolate le scelte a favore di un'economia sostenibile.

2.4   Gli obiettivi fissati nell'agenda riguardano principalmente cinque settori: il digitale, i servizi finanziari, i prodotti alimentari, l'energia e, infine, i viaggi e i trasporti.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE condivide l'analisi condotta dalla Commissione riguardo al ruolo essenziale dei consumatori in quanto fattore decisivo della crescita nell'UE, alle sfide che si porranno negli anni a venire e alla necessità assoluta di tener conto del contesto in cui essi vivono. Il potere d'acquisto dei consumatori è intaccato dalla crisi, mentre i modelli di consumo si evolvono. Essi richiedono maggiori conoscenze tecniche e sono a volte costosi.

3.2

Benché le normative dell'UE costituiscano ormai una solida base, permangono alcune difficoltà legate alla loro applicazione: mentre il numero di reclami aumenta incessantemente, i mezzi a disposizione dei consumatori per far valere i loro diritti sono inadeguati, e, a fronte di una sovrabbondanza di notizie sotto forme diverse, mancano informazioni affidabili per i consumatori.

3.3

Al di là delle affermazioni di principio enunciate nell'agenda, che non può che condividere, il CESE si chiede come siano articolati tra loro il programma per la tutela dei consumatori e l'agenda e in che modi sarà applicata questa politica.

3.4

In proposito, nel suo parere del 28 marzo 2012 (1) il CESE aveva sottolineato la mancanza di mezzi assegnati alla politica dei consumatori ed espresso preoccupazioni riguardo alla possibilità di mettere in opera un programma ambizioso quando la dotazione finanziaria è nettamente inferiore alle ambizioni dichiarate.

3.5

La Commissione ha presentato un elenco ricco di iniziative da intraprendere per conseguire gli obiettivi dell'agenda. Tuttavia, ciò che davvero importa è che queste iniziative siano di buona qualità e applicabili, in modo che abbiano l'efficacia necessaria per garantire un livello veramente elevato di protezione del consumatore. Le misure contenute nell'agenda produrranno effetti per i consumatori solo una volta che saranno state adottate e attuate dagli Stati membri e dalle altre parti interessate.

3.6

In tale contesto il CESE constata la mancanza di un processo trasparente ed efficace per valutare l'applicazione e i risultati di questa agenda. Il CESE chiede alla Commissione europea di inserire criteri di valutazione e indicatori di qualità per valutare i progressi compiuti di anno in anno, nonché di pubblicare ogni 18 mesi una relazione sull'esecuzione dell'agenda.

3.7

Dall'agenda emerge che la politica dei consumatori copre un campo molto ampio, e ciò rafforza la necessità - già sottolineata dal CESE - di tener conto degli interessi dei consumatori nell'elaborazione ed attuazione di tutte le politiche dell'UE. Il CESE si meraviglia tuttavia del fatto che l'agenda non contenga elementi di tutela dei consumatori nel settore medico - ad es. per i prodotti farmaceutici o i dispositivi medici, che in numerosi Stati membri hanno suscitato grande scalpore per i danni causati ai consumatori e ai pazienti. Il CESE ritiene che una politica olistica di protezione dei consumatori debba coprire anche il settore medico e quello farmaceutico in termini di sicurezza e informazione dei consumatori ed attuazione dei loro diritti.

3.8

Il CESE osserva con soddisfazione che la Commissione auspica un'adesione degli operatori economici alle politiche attuate a difesa dei consumatori. In tale contesto sono necessarie e urgenti misure di educazione ai diritti dei consumatori per le imprese. Le reti di organizzazioni di imprese interessate da questa iniziativa sono incoraggiate ad offrire in tempi brevi, con il sostegno della Commissione, moduli di formazione destinati specificamente alle PMI.

3.9

Il CESE invita la Commissione europea a coinvolgere le parti direttamente interessate nell'applicazione dell'agenda e a rafforzare la concertazione soprattutto con le organizzazioni di consumatori al fine di garantire una partecipazione adeguata nell'elaborazione delle politiche che le toccano da vicino.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Sicurezza

4.1.1

Il CESE sostiene con fermezza la revisione del quadro legislativo in materia di sicurezza dei prodotti al fine di garantire ai consumatori prodotti e servizi sicuri.

4.1.2

Il CESE ritiene che l'introduzione di regole di controllo, di pratiche moderne e unificate e di metodi di cooperazione, anche con le autorità competenti, nei luoghi di produzione, consentirà una migliore vigilanza del mercato al fine di creare un clima di concorrenza favorevole a tutte le imprese e ai consumatori. Il CESE si interroga inoltre sulla posizione e sulle risorse assegnate alla normalizzazione.

4.1.3

Il CESE ritiene che il rafforzamento della sicurezza sia essenziale per riconquistare la fiducia dei consumatori, gravemente intaccata dalle numerose crisi sanitarie che si sono susseguite. In questa prospettiva è essenziale migliorare le misure di applicazione della normativa e il coordinamento tra Stati membri.

4.2   Informazione

4.2.1

Il CESE reputa, al pari della Commissione, che la fin troppo abbondante informazione disponibile non sia affatto adeguata alle esigenze dei consumatori. Sostiene quindi la necessità che i consumatori dispongano di informazioni attendibili, chiare e comparabili, accessibili anche ma non soltanto per via elettronica.

4.2.2

Il CESE si felicita del ruolo riconosciuto alle organizzazioni di consumatori, e ricorda che tale riconoscimento deve concretizzarsi in una dotazione di risorse per le autorità sia europee che nazionali commisurata agli obiettivi da conseguire, in particolare la realizzazione di test sui prodotti e i servizi offerti al consumatore.

4.2.3

Il CESE approva le misure adottate per diffondere l'informazione destinata ai consumatori in quanto pertinenti e dotate di un impatto reale.

4.2.4

Il CESE sostiene tutte le iniziative in materia di educazione dei consumatori e insiste in particolare sulla necessità non soltanto di informare i consumatori, ma anche di accrescerne le conoscenze, cominciando dalla scuola con le competenze, ad esempio, in materia informatica e finanziaria. Tali iniziative vanno intraprese nel tempo, pur sapendo che esse non possono in alcun caso sostituirsi alle informazioni che devono fornire gli operatori economici.

4.3   Applicazione delle norme e mezzi di ricorso

4.3.1

Il CESE prende atto della decisione della Commissione di far rispettare il diritto dei consumatori, in risposta a un'istanza particolarmente sentita, in quanto il proliferare di testi non costituisce una risposta valida ai fini di un elevato livello di tutela dei consumatori.

4.3.2

Il CESE appoggia l'esistenza di reti europee, la prima delle quali, la rete giudiziaria europea, è stata costituita nel 2001. Per garantirne l'efficacia, chiede che venga condotta periodicamente una loro valutazione da cui trarre gli insegnamenti necessari.

4.3.3

Il CESE sostiene tutte le iniziative che consentono di conoscere più a fondo lo stato del diritto nell'Unione europea.

4.3.4

Il CESE sostiene le iniziative di autoregolamentazione e coregolamentazione, come la pubblicazione di linee guida, a condizione che tali iniziative perseguano con successo gli obiettivi di politica pubblica. Il controllo periodico e le valutazioni di tali iniziative devono inoltre garantire che, ove detti obiettivi non risultino soddisfatti, esse possano essere sostituite da misure vincolanti.

4.3.5

Il CESE sostiene l'iniziativa della Commissione volta a favorire la risoluzione alternativa (ossia stragiudiziale) delle controversie (alternative dispute resolution, ADR), a condizione, in particolare, che i relativi sistemi siano, come sottolineato in un suo parere in merito (2), indipendenti e imparziali rispetto alle parti e non precludano i ricorsi giudiziari.

4.3.6

Il CESE invita la Commissione a promuovere iniziative efficaci per favorire le operazioni di commercio elettronico associate a sistemi online di risoluzione delle controversie (on line dispute resolution, ODR), e si compiace peraltro che sia prevista la creazione di una piattaforma delle parti direttamente interessate per discutere di un trustmark (sigillo o marchio di fiducia) europeo per i siti Internet.

4.3.7

Quanto all'azione collettiva, il CESE deplora che l'agenda si limiti ad accennare solo timidamente alla possibilità di ricorrere a questo strumento di applicazione del diritto dei consumatori, e ritiene giunto il momento, vista la situazione venutasi a creare in taluni paesi e in alcune controversie transfrontaliere e dopo tutte le consultazioni effettuate, di introdurla al più presto senza tergiversare oltre.

4.4   Allineare i diritti e le principali politiche all'evoluzione dell'economia e della società

4.4.1   Il CESE rileva che la Commissione intende dar seguito al progetto di regolamento relativo a un diritto comune europeo della vendita istituendo un regime facoltativo, nonostante l'opposizione di quasi tutte le organizzazioni di consumatori e di talune imprese. Il CESE ribadisce la propria contrarietà (3) di fronte all'inadeguatezza della proposta rispetto a determinati obiettivi perseguiti, e segnatamente a quello di rafforzare la tutela dei consumatori. Insiste sulla necessità di un'evoluzione del diritto europeo dei consumatori.

4.4.2   Digitale

Il CESE sostiene le diverse proposte formulate nel campo del digitale di fronte all'evoluzione delle tecnologie. Osserva che la Commissione lavorerà per garantire ai consumatori in questo campo un livello equivalente di tutela, un'azione, questa, indispensabile per accompagnarne lo sviluppo.

4.4.3   Servizi finanziari

4.4.3.1

Il CESE osserva che la Commissione ha deciso di rafforzare la propria vigilanza sui servizi finanziari proposti ai consumatori, in particolare ai più vulnerabili. Il CESE è favorevole a questo orientamento, che deve consentire maggiore trasparenza e comparabilità delle offerte e delle tariffe.

4.4.3.2

Il CESE tiene a ricordare di essere particolarmente attento a tutti gli elementi che compongono l'inclusione finanziaria.

4.4.4   Prodotti alimentari

4.4.4.1

Il CESE approva incondizionatamente l'adozione dei regolamenti relativi all'informazione sugli alimenti e alle indicazioni nutrizionali per motivi di salute pubblica, a cui i consumatori sono molto sensibili.

4.4.4.2

I problemi verificatisi di recente in alcuni Stati membri a causa della distribuzione illegale di bevande alcoliche evidenziano ancora una volta l'importanza di sorvegliare e controllare il mercato.

4.4.4.3

Il CESE accoglie favorevolmente l'idea di un'azione mirata ai diversi anelli della catena agroalimentare per evitare gli sprechi alimentari.

4.4.5   Energia

4.4.5.1

Il CESE è particolarmente attento all'importanza fondamentale della fornitura di energia per tutti i consumatori e soprattutto per quelli più vulnerabili, che devono poter fruire di questo servizio in condizioni accettabili.

4.4.5.2

Il CESE incoraggia le iniziative volte a favorire il controllo del consumo di energia - che viene effettuato assai di rado - visto l'onere che il consumo energetico rappresenta per le economie domestiche. Richiama l'attenzione sulla necessità di valutare le tecniche messe a disposizione dei consumatori perché queste siano realmente innovatrici e produttive.

4.4.6   Viaggi e trasporti

4.4.6.1

Il CESE ritiene importante che la questione dei trasporti sia aerei che pubblici sia inserita nell'agenda. Condivide i timori della Commissione quanto a un miglioramento dei diritti dei passeggeri, che devono essere adeguati alle offerte formulate dalle compagnie aeree e dalle agenzie di viaggio. Il CESE sottolinea che, nel settore del trasporto aereo in particolare, la revisione prevista del diritto europeo e le azioni rispettive individuate dall'Atto per il mercato unico (4) devono rafforzare i diritti dei passeggeri e puntare alla riduzione delle pratiche contrattuali e commerciali sleali.

4.4.6.2

Il CESE sottolinea l'urgenza di adottare misure volte a tutelare i passeggeri rimasti bloccati a causa del fallimento di una compagnia aerea, in quanto questo problema non è stato affrontato dall'agenda dei consumatori.

4.4.6.3

Il CESE sottolinea l'idea di sviluppare una strategia che favorisca gli "autoveicoli puliti" per lottare contro le emissioni di CO2.

4.4.7   Prodotti sostenibili

4.4.7.1

Il CESE ha sottolineato in più occasioni l'importanza capitale dello sviluppo sostenibile per il futuro dell'Europa. Sostiene di conseguenza gli orientamenti forniti dalla Commissione per rendere i prodotti più durevoli e incoraggiare la progettazione ecocompatibile generalizzata a tutti i prodotti.

4.4.7.2

Il CESE, pur plaudendo agli sforzi costantemente profusi dalla Commissione per promuovere le politiche di responsabilità sociale delle imprese (RSI), ritiene necessarie misure più severe per garantire la trasparenza e la responsabilità ai fini di una produzione e una distribuzione di merci più etiche ed ecologiche, soprattutto se in provenienza da paesi terzi. Andrebbero introdotte misure vincolanti nei confronti dei paesi terzi per garantire che questo genere di merci sia conforme agli standard europei, prevedendo ad esempio l'obbligo di fornire un'attestazione scritta della conformità della merce alle norme di lavoro internazionali.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 89.

(2)  GU C 286 del 17.11.2005, pag. 1.

(3)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 75.

(4)  COM(2010) 608 final.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento

COM(2012) 352 final — 2012/0169 (COD)

2013/C 11/13

Relatore: IOZIA

Il Parlamento europeo, in data 10 settembre 2012 e il Consiglio, in data 11 settembre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d'investimento

COM(2012) 352 final — 2012/0169 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 138 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime parere favorevole alla proposta di regolamento avanzata dalla Commissione e ritiene che sia coerente con gli impegni assunti di colmare il vuoto legislativo europeo in materia di tutela degli investitori al dettaglio.

1.2

Il CESE sottolinea l'importanza di un atto legislativo che per la prima volta regolamenta tutte le fattispecie di prodotti finanziari complessi e ne determina la comparabilità indipendentemente dalla tipologia del soggetto ideatore, siano esse banche, assicurazioni o società di investimento, e apprezza lo sforzo della Commissione nel cercare soluzioni equilibrate che possano essere contestualmente applicate da tutti.

1.3

Il CESE, in precedenti pareri, aveva richiesto di adottare prescrizioni uniformi chiare, semplici e comparabili, pertanto valuta positivamente il regolamento, auspicando che siano accolte le osservazioni avanzate nel presente parere, per renderlo più chiaro, immediatamente esigibile e applicabile.

1.4

Nonostante la notevolissima quantità di regolamentazione prodotta negli ultimi tre anni, il CESE osserva che non si è ancora arrivati a cogliere due fondamentali obiettivi: un mercato che recuperi fino in fondo un profilo di integrità totale, un mercato effettivamente integrato ed aperto a tutti gli attori. I recentissimi scandali finanziari hanno purtroppo dimostrato che ancora manca un'azione determinata e decisa delle autorità di supervisione nazionale per rendere in concreto impossibili ulteriori atti che provocano perdite ingentissime ai risparmiatori, come nel caso della manipolazione degli indici LIBOR. Gli ostacoli alla piena realizzazione del mercato interno continuano a essere frapposti per salvaguardare rendite di posizione dei propri campioni nazionali. Non ci sono significativi passi in avanti per quanto riguarda i mutui fondiari, la comparabilità e la trasparenza dei costi dei conti correnti e dei servizi principali, i contenuti dei prodotti di base, l'accesso ai servizi bancari per particolari categorie svantaggiate, le azioni collettive, il riconoscimento della facoltà di agire delle associazioni degli utenti e dei consumatori, le tutele per i contratti transfrontalieri, le procedure armonizzate di risoluzione dei conflitti, anche se occorre sottolineare che la Commissione si sta adoperando per colmare i vuoti legislativi esistenti.

1.5

Il CESE fa notare che nulla è stato previsto per quanto riguarda la possibilità di infliggere sanzioni a ideatori di paesi terzi, difficilmente perseguibili in caso di non rispetto delle normative europee. In questo caso, suggerisce che siano gli intermediari ad assumersi l'onere e la responsabilità nel rispondere di eventuali infrazioni al regolamento. Occorrerebbe, inoltre, proporre ai paesi terzi, sede dei principali centri finanziari, di adottare normative consimili e inserirle nell'ambito delle linee guida elaborate dal Financial Stability Board (FSB).

1.6

Il CESE, pur comprendendo le motivazioni addotte dalla Commissione circa la coesistenza del Key Information Document (KID) proposto in questo regolamento e i KIID (Key investor Information Document), previsti dalla direttiva 2009/65/CE e inseriti nel regolamento n. 583/2010 della Commissione del 1o luglio 2010, ritiene necessario anticipare la valutazione circa l'opportunità di mantenere due documenti diversi per investimenti finanziari e suggerisce che la Commissione, "entro due anni" dall'entrata in vigore del regolamento per i prodotti di investimento, abbia la facoltà di proporre l'unificazione dei due modelli distinti, uniformando alle prescrizioni del KID quelle previste per gli OICVM.

1.7

Il CESE non condivide la scelta della Commissione di utilizzare atti delegati per contenuti essenziali della regolazione, che dovrebbero essere immediatamente esigibili all'atto dell'emanazione del regolamento. In particolare il contenuto dell'articolo 8 comma 2 viene rinviato agli atti delegati: i dettagli della presentazione e il contenuto di ciascuno degli elementi di informazione chiave da inserire nei documenti, degli eventuali contenuti aggiuntivi e del modello comune…, in pratica il 90 % della regolazione. La delega richiesta ai sensi dell'articolo 10 comma 2 riguarda contenuti e modalità del riesame delle informazioni e le possibili revisioni. La delega richiesta infine ai sensi dell'articolo 12 comma 4, riguarda le condizioni per adempiere all'obbligo di fornire il documento e il metodo e il termine della fornitura del documento.

1.8

Il CESE raccomanda vivamente di rivedere queste proposte e le formulazioni che possono determinare confusione o indeterminatezza, quali "in tempo utile", "mettere gravemente a rischio", e invita la Commissione a specificare meglio le procedure da adottare in caso di infrazioni commesse in più Stati membri, definire le Autorità delegate ad irrogare sanzioni, che per altre fattispecie vengono individuate nelle Autorità di supervisione europea.

1.9

Il CESE ritiene necessario armonizzare la proposta contenuta nell'articolo 15 in materia di strumenti alternativi per gestire le controversie con le soluzioni avanzate nell'ambito della revisione della proposta di direttiva ADR (COM(2011) 793 final) e l'istituzione attraverso un regolamento di un sistema per la risoluzione delle controversie online dei consumatori (COM(2011) 794 final), sui quali il CESE si è espresso (1). La Commissione dovrebbe esplicitamente citare la possibilità di effettuare ricorsi collettivi o azioni di gruppo avverso comportamenti scorretti, da inserire nell'articolo 11.

1.10

Il CESE suggerisce di inserire nel testo del regolamento un richiamo al diritto di recesso degli acquirenti di prodotti finanziari a distanza, previsto dalla direttiva MiFID e dalla normativa in essere.

1.11

Il CESE ritiene utile che si rifletta sulla possibilità di inserire su un unico portale i KID dei prodotti finanziari. Questo faciliterebbe la comparabilità tra i diversi prodotti e la miglior trasparenza del mercato.

1.12

Il CESE non condivide le deroghe proposte circa la consegna del KID; ritiene invece che occorra eliminare certamente la deroga prevista per le vendite a distanza e riflettere molto bene sulle altre. Prima di perfezionare un acquisto telefonico, il cliente bancario o assicurativo deve ricevere in tempo utile il KID.

1.13

Il CESE ritiene necessario inserire nell’ambito dell’elenco del contenuto del KID anche il costo reale per l’utente finale.

2.   Sintesi della proposta

2.1

La proposta di regolamento in esame è volta a migliorare la trasparenza del mercato degli investimenti per gli investitori al dettaglio. Non ci sono, allo stato, regole chiare che definiscano gli obblighi di informazione, e gli investitori non hanno la possibilità di capire fino in fondo a quali rischi sono esposti i loro investimenti.

2.2

In mancanza di informazioni adeguate, semplici e comprensibili gli investitori al dettaglio possono pagare prezzi non giustificati, inadatti ai loro profili di rischio o perdere altre opportunità di investimento.

2.3

Un sistema omogeneo, semplificato e standardizzato di informazioni consente la comparabilità e la comprensibilità delle stesse, aumentando la trasparenza del mercato e la sua efficienza.

2.4

Per ovviare a questa mancanza e seguendo un'esperienza già fatta attraverso il documento contenente le informazioni chiave per gli investitori (KIID, Key investor information document) per gli OICVM, la Commissione propone di adottare un documento che contenga informazioni brevi, comparabili e standardizzate, redatto dall'ideatore di prodotti di investimento.

2.5

Il regolamento si applicherà a tutti i prodotti complessi, indipendentemente dalla loro forma o struttura, ideati dall'industria dei servizi finanziari per offrire opportunità d'investimento agli investitori al dettaglio e per i quali il rendimento offerto all'investitore è esposto al rendimento di uno o più attivi o valori di riferimento diversi da un tasso di interesse.

2.6

Il KID dovrà essere redatto secondo le indicazioni contenute nel regolamento e la Commissione si riserva, attraverso l'emanazione di atti delegati, di prevedere ulteriori specificazioni e informazioni da inserire. La mancata osservanza della normativa, o la non conformità ai requisiti richiesti, comporta per l'ideatore l'obbligo di compensazione dei danni causati all'investitore al dettaglio.

2.7

Il regolamento contiene le procedure per avanzare reclami, ricorsi e per una cooperazione attiva, senza ritardo, tra le autorità competenti. Gli Stati membri definiranno sanzioni e misure amministrative che siano efficaci, proporzionate e dissuasive.

2.8

Le disposizioni transitorie e finali contengono tra l'altro la previsione di mantenere inalterata la normativa relativa ai KIID per gli OICVM per i cinque anni successivi all'entrata in vigore del regolamento. Il regolamento proposto sarà riesaminato dopo quattro anni dalla sua entrata in vigore; in quella occasione si deciderà in merito al mantenimento delle previsioni della direttiva 2009/65/CE (2) che tratta appunto gli obblighi informativi per gli OICVM.

3.   Osservazioni generali

3.1

Fin dal gennaio 2008, in un parere sul Libro verde sui servizi finanziari nel mercato unico (3), il Comitato economico e sociale europeo (CESE) aveva sollecitato misure per rendere chiare, esaustive, essenziali e trasparenti le informazioni che occorreva fornire agli investitori al dettaglio, in particolar modo per i prodotti preassemblati e strutturati.

3.2

L'adozione di misure idonee a ridurre significativamente l'asimmetria informativa tra ideatori di prodotti finanziari e investitori al dettaglio è una delle condizioni indispensabili per creare un mercato unico finanziario, ove circolino informazioni chiare, precise, semplici e comparabili. La proposta della Commissione va nella giusta direzione.

3.3

Il possibile arbitraggio regolamentare tra normative meno stringenti e onerose ed altre più prescrittive costituisce una distorsione del mercato, creando fattori che ostacolano la realizzazione di un vero, trasparente ed efficiente mercato unico finanziario.

3.3.1

L'adozione di un modello informativo standardizzato comunitario è indispensabile per facilitare lo sviluppo di un mercato transfrontaliero integrato. Le differenti normative al momento esistenti tra i vari paesi determinano un vantaggio competitivo non giustificabile per quelle imprese che operano in paesi che non prevedono nessun obbligo e che possono tranquillamente proporre prodotti che potrebbero presentare elevati potenziali rischi nascosti.

3.4

Per queste motivazioni di carattere generale, il CESE condivide sia il riferimento all'art. 114 TFUE, sia la scelta di adottare un regolamento. In più occasioni il CESE si è espresso a favore di questo strumento come opzione migliore per strutturare la regolazione in campo finanziario, per evitare i fenomeni di goldplating e di cherry picking tipici della trasposizione delle direttive che hanno interessato le attività finanziarie. Appare giustificata e motivata l'applicazione dell'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

3.5

Occorrerebbe fornire informazioni circa i possibili guadagni, che includano le eventuali tasse e commissioni collegate al prodotto. Se il prodotto finanziario è basato su valute diverse occorrerebbe considerare il rischio di cambio e calcolare la storia del prodotto e della valuta ufficiale in cui è espresso. Tra le informazioni sul prodotto dovrebbero figurare i prezzi nella denominazione di origine e nella valuta del paese in cui è commercializzato il prodotto. Questo aumenterebbe considerevolmente la comprensibilità e la comparabilità per gli investitori al dettaglio.

3.6

Il CESE considera indispensabile rafforzare l'attività di controllo da parte delle autorità competenti sia a livello nazionale che europeo. Esprime serie perplessità sulle considerazioni svolte dalla Commissione circa il fatto che le autorità europee non hanno bisogno di nessun rafforzamento circa il ruolo loro assegnato dal presente regolamento. Le crescenti responsabilità loro affidate non sono accompagnate da un'adeguata valutazione delle risorse disponibili. Ad esempio l'EBA, alla data del 9 ottobre 2012 aveva in tutto 84 persone per far fronte ad una quantità di responsabilità notevoli. Aggiungere responsabilità senza tener conto dello stato perenne di emergenza in cui versano le autorità potrebbe essere interpretato come un segnale opposto a quello che la normativa in esame si propone di gestire.

3.7

Il CESE sottolinea l'importanza che ha avuto la regolamentazione sui prospetti informativi per gli investitori in OICVM. In Europa il mercato ne ha avuto uno stimolo importante e la trasparenza degli strumenti di informazione (KIID) ha consentito un miglioramento del funzionamento del mercato. Le prescrizioni contenute nel KID sono più avanzate e il Comitato auspica una rapida convergenza verso un unico modello.

3.8

Il CESE si rammarica che non venga fatto alcun riferimento alle implicazioni relative ai prodotti dei paesi terzi e invita la Commissione a riflettere sulla necessità di inserire esplicitamente questa previsione nel regolamento. I mediatori di questi prodotti dovrebbero essere considerati responsabili in vece degli ideatori.

3.8.1

La crisi finanziaria del 2007/2009 si è caratterizzata per i prodotti tossici confezionati dalle grandi case finanziarie americane. I cosiddetti sub-prime si sono rivelati titoli spazzatura, con un elevatissimo livello di rischio, e le tre grandi Agenzie di rating hanno tutte sbagliato nel dare giudizi di affidabilità su quei titoli. Per poter vendere prodotti confezionati in Paesi terzi, occorre che i rivenditori assumano la responsabilità dell'ideatore del prodotto, che non può essere obbligato direttamente dal regolamento europeo a confezionare il KID.

3.9

La frammentazione del mercato finanziario è un altro problema che questo regolamento aiuta a superare. Le differenti regolazioni finora hanno impedito un processo di vera integrazione dei mercati nazionali ed il mercato transfrontaliero risente di questo "patchwork" regolatorio, che aumenta i costi, favorisce l'elusione di normative più stringenti e più orientate alla tutela del consumatore.

3.9.1

È fondamentale sostenere i programmi di educazione finanziaria verso i consumatori. In un suo parere d'iniziativa (4), il CESE afferma: "l'educazione finanziaria è, in definitiva, un aspetto fondamentale per preservare la fiducia nel sistema finanziario ed esercitare un consumo responsabile di prodotti finanziari".

3.10

Il CESE raccomanda di considerare nelle proprie valutazioni di impatto il complesso della normativa che si sta determinando e i relativi oneri, una sovra regolazione ingiustificata causerebbe danni incalcolabili non solo all'industria finanziaria, ma alla intera economia. Il volano della finanza, se arrestato, potrebbe causare una crisi senza precedenti, le recenti esperienze, costate centinaia di miliardi di euro e una crisi economica drammatica in alcuni paesi, lo dimostrano!

3.11

Nella proposta della Commissione, il riferimento ai venditori viene fatto esclusivamente nei termini della loro responsabilità e dei procedimenti sanzionatori. Nulla è detto del necessario addestramento dei dipendenti delle imprese che vendono i prodotti finanziari e della necessità di limitare fortemente il legame tra vendita di specifici prodotti e premi da riservare ai dipendenti più performanti. Poiché questo aspetto è trattato nella nuova direttiva MiFID ed è di fondamentale importanza, il CESE suggerisce di inserire nel regolamento un esplicito riferimento alla citata direttiva.

3.11.1

Il CESE più volte ha osservato che una delle cause principali delle vendite indiscriminate di prodotti tossici o inadeguati o altamente rischiosi senza darne un'informazione corretta, che hanno causato enormi perdite ai risparmiatori, è stata la politica dissennata seguita dalle imprese finanziarie e bancarie di distribuire ai manager bonus stratosferici, legati ai risultati di brevissimo periodo.

3.11.2

Per ottenere questi risultati si è ricorso a pratiche scorrette, oggi sanzionate dalla magistratura con rimborsi enormi che alcune banche e imprese finanziarie sono obbligate a riconoscere ai propri clienti. Tra gli altri le istituzioni di schemi remunerativi basati sulle vendite ad ogni costo di prodotti ad alta remunerazione per il venditore, assegnando budget da raggiungere ad ogni singolo punto vendita. Sistemi di commercializzazione adatti per una salumeria e non per una banca che utilizza i risparmi di una vita!

3.11.3

Nonostante tutte le iniziative assunte, dobbiamo amaramente costatare che certe pratiche scorrette continuano imperterrite fino al punto di manipolare gli indici di riferimento come il caso recentissimo del Libor, per poter macinare utili straordinari. Tali comportamenti, che riguardano una piccolissima minoranza dell'industria finanziaria europea, ledono la reputazione dell'intero sistema e il patrimonio di fiducia conquistato in anni di lavoro. Un altissimo e rigorosissimo profilo etico negli affari deve essere mantenuto dalla generalità della comunità finanziaria. Le associazioni bancarie devono sanzionare pesantemente le imprese e le persone che violano i principi generali di comportamento, arrivando ad escluderle dai loro consessi e bandendo dall'attività bancaria chi si è macchiato di gravi violazioni. Troppo spesso hanno taciuto di fronte a comportamenti palesemente illegittimi e spesso anche illegali.

3.12

Il CESE raccomanda vivamente alla Commissione di vigilare sull'effettività delle sanzioni che gli Stati membri dovranno prevedere. Ci sono molte differenze nelle legislazioni nazionali circa la percezione della gravità delle infrazioni o dei reati commessi in campo finanziario. Sono legate alle diverse culture economiche e giuridiche dei singoli Paesi. Pur non essendo possibile emanare, nel campo amministrativo e penale, leggi europee, con relative sanzioni, occorre che la Commissione assuma l'impegno a uniformare il più possibile, oltre alla normativa, anche il regime sanzionatorio. Il rischio reale è che si passerebbe dal dumping regolatorio a quello sanzionatorio, stesse leggi, sanzioni molto diverse: opero da dove il rischio è minore! Un'attività di coordinamento e d'indirizzi comuni è indispensabile per rendere effettiva ed efficace la regolazione. Raccomanda altresì di tenere in considerazione le diverse tipologie di sanzioni, che in alcuni paesi sono amministrative, in altre legali.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE considera nel suo complesso la proposta equilibrata, migliorabile nelle parti mancanti che sono state evidenziate nelle osservazioni di tipo generale.

4.2

Il CESE condivide la scelta di concentrare l'attenzione sui prodotti che presentano profili di rischio piuttosto elevati, per non appesantire inutilmente l'industria finanziaria di oneri per predisporre i documenti informativi, che non si rivelerebbero effettivamente utili.

4.3

Il CESE si compiace che nel regolamento emerga con chiarezza la catena delle responsabilità e si evidenzi qual è il soggetto deputato a compilare il KID. Nel passato l'incertezza sull'individuazione di tali responsabilità è stata fonte di difficoltà nel potersi rivalere verso coloro che hanno fornito informazioni errate e fuorvianti, che hanno causato ingenti perdite agli investitori al dettaglio.

4.4

Il CESE condivide la scelta della Commissione, auspicata da tempo, sulla traccia della soluzione adottata per gli OICVM di uno strumento informativo breve, scritto in maniera concisa e in un linguaggio non tecnico, che eviti espressioni gergali e redatto in un formato comune, comparabile con altri prodotti. L'art. 8 elenca in modo chiaro ed esaustivo le notizie che devono essere contenute nel KID, aggiungendo all’elenco i costi reali che gli investitori al dettaglio devono sostenere.

4.5

Questa scelta, comunque, non inficia la necessità di proseguire nell'azione di sviluppo di un'educazione finanziaria (5) da realizzare attraverso la scuola, nell'ambito di attività curriculari, nell'educazione informale, tra le persone anziane e le casalinghe. I risparmiatori particolarmente vulnerabili non sempre dispongono di quelle conoscenze di base necessarie per comprendere fino in fondo i pur semplificati KID. Il CESE raccomanda alla Commissione di sottolineare, magari nei nuovi considerando della regolamentazione proposta, la necessità di proseguire negli sforzi di diffusione di un'educazione finanziaria di base per tutti.

4.6

Il CESE apprezza questo primo tentativo di trasparenza circa la messa in chiaro dei costi, del profilo di rischio e le informazioni sui rendimenti passati del prodotto in esame o di prodotti considerabili analoghi.

4.7

L'obbligo di fornire il KID tempestivamente per consentire all'investitore al dettaglio la piena conoscenza e consapevolezza dei rischi connessi è una scelta indispensabile per rendere effettivo il regolamento proposto. Il CESE evidenzia il fatto che non siano indicati termini certi per la consegna del documento. La formula scelta "in tempo utile prima della conclusione di operazioni relative al prodotto di investimento" appare inadeguata allo scopo di garantire all'investitore al dettaglio tutte le informazioni utili. Il CESE è contrario alla previsione di deroghe per la consegna del KID, in particolare per quello che riguarda gli acquisti a distanza.

4.8

Il CESE ritiene utile richiamare nel testo del regolamento la facoltà di recesso per le transazioni a distanza, così come previsto per le transazioni finanziarie.

4.9

Il CESE raccomanda vivamente l'adozione di una data certa, ragionevole, da inserire direttamente nel testo dell'articolato, piuttosto che lasciare alla discrezione di atti delegati successivi, che lasciano nell'incertezza applicativa l'industria finanziaria. Il documento peraltro, a norma dell'articolo 5, deve essere redatto prima della commercializzazione del prodotto e pubblicato preventivamente su Internet. Non è ragionevole non definire fin da adesso un termine perentorio, il cui mancato rispetto comporta il non rispetto sostanziale degli scopi e degli obblighi del regolamento. Almeno una settimana prima di poter concludere l'operazione, ad esempio, appare un periodo ragionevole. Si possono reperire tutte le informazioni necessarie, chiedere consiglio e spiegazioni. L'investitore è sufficientemente tutelato e ha il tempo di comparare proposte di acquisto concorrenti. Su questo tema il CESE non condivide l'emanazione di atti delegati, che dovrebbero essere limitatissimi e rispettare la forma e la sostanza dell'art. 290 TFUE, cioè su materie marginali, per le quali non sono possibili altri strumenti.

4.10

Il CESE condivide quanto previsto all'art. 9 circa la necessità di tenere separate le comunicazioni commerciali dal documento contenente quelle chiave e che tali comunicazioni non siano in contraddizione con i contenuti del KID, troppo spesso sono stati pubblicizzati prodotti tossici come sicuri, sostenuti in questo dalle bravissime "Credit rating agencies", che hanno dispensato triple A a pieni mani. Chissà perché, questi prodotti sono finiti nelle mani dei risparmiatori europei?

4.11

La Commissione ha inserito nel Capo III le previsioni circa i reclami, i ricorsi e la cooperazione tra autorità e nel Capo IV le sanzioni e le misure amministrative. Il CESE, ferme restando le considerazioni precedenti a carattere generale, valuta molto positivamente la scelta di definire dettagliatamente procedure, metodi e condizioni per adire a forme di soluzioni diverse da quelle legali delle controversie circa gli investimenti al dettaglio di prodotti finanziari.

4.11.1

La Cooperazione tra le autorità competenti è assolutamente indispensabile a giudizio del CESE, che già in diversi precedenti pareri auspicava non solo richiami di auspicio ma normative obbligatorie per le autorità nazionali a dover prestare la massima cooperazione possibile consentita dalle legislazioni e dalle procedure nazionali. In caso di palese contraddizione, per il principio di sussidiarietà, le normative nazionali in contrasto dovrebbero essere dichiarate nulle.

4.12

Anche l'articolo 22 contiene, a giudizio del CESE, una frase che potrebbe determinare future controversie. Accanto alla pena accessoria della pubblicazione del tipo di violazione e dell'identità dei responsabili, assolutamente condivisibili, c'è scritto "a meno che rendere pubbliche tali informazioni non metta gravemente a rischio i mercati finanziari". Non è chiarito chi sia il soggetto che dovrà valutare il grave rischio: la Commissione? Le autorità nazionali? Le autorità di vigilanza europee? E poi nulla è detto in caso di violazione degli obblighi previsti nel regolamento compiuti contestualmente in più Stati. Chi decide? E se per un'autorità la pubblicizzazione non compromette i mercati finanziari e per un'altra sì? Quale procedura viene adottata? Tutte domande da sciogliere prima dell'emanazione del regolamento che per sua natura deve essere semplice, chiaro, di immediata applicazione e scongiurare, nella sua formulazione, il rischio di controversie inutili e negative per l'interesse europeo.

4.13

Sugli atti delegati, la Commissione continua ad emanare proposte che contengono numerosi atti delegati. Il CESE ripetutamente ha sollevato questioni di legittimità circa queste pratiche, la loro effettiva necessità, la loro coerenza con le previsioni dell'art. 290 TFUE per gli atti delegati e dell'art. 291 TFUE per gli atti di esecuzione. Anche in questo caso il CESE ritiene che la Commissione proponga soluzioni che riguardano materie essenziali della regolazione. L'art. 8 comma 2 ad esempio riporta i dettagli della presentazione e il contenuto di ciascuno degli elementi di informazione chiave da inserire nei documenti, degli eventuali contenuti aggiuntivi e del modello comune… in pratica il 90 % della regolazione. La delega richiesta ai sensi dell'art. 10 comma 2 riguarda contenuti e modalità del riesame delle informazioni e le possibili revisioni. La delega richiesta infine ai sensi dell'art. 12 comma 4, le condizioni per adempiere all'obbligo di fornire il documento e il metodo e il termine della fornitura del documento, già criticato in questo parere.

4.14

Il CESE si domanda se siano effettivamente necessari e rispondano alla ratio del regolamento in esame. Pur comprendendo che gli atti delegati sono molto più facilmente gestibili, essi si devono attenere strettamente alle previsioni del Trattato. Nella comunicazione della Commissione in merito (6) viene detto: "L'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, quale risulta dal Trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 (qui di seguito denominato "nuovo Trattato") permette al legislatore di delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali di un atto legislativo".

4.15

A giudizio del CESE le proposte di atti delegati che la Commissione avanza, invece, sono elementi essenziali, qualificanti dell'atto legislativo!

4.16

Il CESE non condivide infine la scelta di mantenere invariata per i prossimi cinque anni la normativa che riguarda gli obblighi informativi degli OICVM e suggerisce alla Commissione di prevedere un riesame entro due anni dall'approvazione del presente regolamento, per arrivare quanto prima ad uniformare i documenti chiave per gli investitori in prodotti finanziari di qualsiasi tipo.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 181 del 21.6.2012, pag. 93 e GU C 181 del 21.6.2012, pag. 99.

(2)  GU L 302 del 17.11 2009, pag. 32.

(3)  GU C 151 del 17.6 2008, pag. 1.

(4)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 24.

(5)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 24.

(6)  COM(2009) 673 final del 9 dicembre 2009.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/65


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso una ripresa fonte di occupazione»

COM(2012) 173 final

2013/C 11/14

Relatrice: BISCHOFF

La Commissione europea, in data 18 aprile 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso una ripresa fonte di occupazione

COM(2012) 173 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 15 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 204 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L'Europa non sembra ancora riuscire a superare la crisi, e ciò aggrava la sua divisione. Vari paesi in crisi registrano un aumento drammatico della disoccupazione, specie giovanile. La politica occupazionale europea deve fornire un contributo maggiore al sostegno degli Stati membri in difficoltà. Per superare insieme la crisi in maniera solidale e stabilizzare l'Europa, tale politica dev'essere vista, più di quanto avvenga adesso, come una parte della soluzione.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene pertanto che la politica occupazionale abbia un ruolo essenziale, accanto allo sviluppo dell'infrastruttura europea e alla crescita qualitativa. Sussiste un'enorme esigenza di investimenti in grado di promuovere l'occupazione; occorre pertanto mobilitare investimenti sia privati che pubblici e realizzare riforme con la massima urgenza.

1.3

Grazie a una politica occupazionale solidale ed efficace si può dare forma e restituire credibilità a un mercato del lavoro europeo. A tal fine è essenziale tra l'altro realizzare tempestivamente e rendere obbligatoria la garanzia per i giovani. Inoltre, in alcuni paesi in crisi vi è interesse per l'introduzione di sistemi di formazione duali, che alternano studio e tirocinio in azienda. La Commissione dovrebbe svolgere un ruolo di promozione in questo campo, consentire l'erogazione di finanziamenti iniziali e avviare scambi di buone pratiche. Se non si riuscirà a dare alla gioventù una prospettiva, specie nei paesi in crisi, si rischia di avere una "generazione perduta", con un enorme potenziale esplosivo sociale e politico. Il CESE chiede soluzioni basate sulla solidarietà, analoghe al fondo di adeguamento alla globalizzazione.

1.4

Un primo, importante passo consiste nel predisporre opportunamente la garanzia per i giovani, tuttavia occorre anche affrontare gli attuali problemi strutturali.

L'obiettivo di creare un gran numero di posti di lavoro è soggetto a limitazioni connesse a:

l'offerta di lavoro, che sfrutta il potenziale offerto dai disoccupati di lungo periodo attraverso mercati del lavoro inclusivi;

la domanda di lavoro, la cui possibilità sussiste soprattutto nei settori in crescita, che richiedono abbondante mano d'opera, come l'economia d'argento (beni e servizi destinati agli anziani).

1.5

La politica occupazionale non può compensare le lacune nella gestione della politica macroeconomica, ma può contribuire in maniera sostanziale a innalzare la competitività nelle società basate sulla conoscenza, grazie a un rafforzamento dell'innovatività e a un migliore equilibrio tra offerta e domanda di qualifiche. Inoltre bisogna migliorare urgentemente l'accesso delle imprese europee, e in special modo di quelle piccole e medie, al capitale di rischio, ed eliminare le formalità burocratiche inutili.

1.6

È essenziale che nel quadro della nuova governance venga tenuto in considerazione e rafforzato il particolare ruolo delle parti sociali nella definizione e nell'applicazione della politica occupazionale.

2.   La politica occupazionale europea in tempi di crisi

2.1

Il 18 aprile 2012 la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione Verso una ripresa fonte di occupazione, accompagnata da nove documenti. La comunicazione contiene delle proposte intese a sostenere la creazione di posti di lavoro e le riforme del mercato del lavoro e a migliorare la governance dell'UE.

2.2

L'appello della Commissione per una crescita fonte di occupazione giunge in un momento in cui, a causa delle differenti crisi (finanziaria, economica, sociale, dell'euro, del debito, di fiducia), in molti paesi si registrano gravi perdite di posti di lavoro, che si riflettono negativamente sulla vita quotidiana di quanti perdono il lavoro, non ne trovano un altro, o devono accettare una contrazione del salario oppure la riduzione o soppressione delle prestazioni sociali.

2.3

Il Comitato si compiace pertanto del fatto che la Commissione apra la discussione sulle conseguenze occupazionali della crisi e chieda una ripresa accompagnata dalla creazione di posti di lavoro. Ciò è ormai inderogabile in un contesto in cui le ripercussioni della crisi si aggravano, a causa tra l'altro dei tagli talvolta cospicui di spesa, in particolare di quella sociale e per i servizi pubblici, con cui i governi di quasi tutti gli Stati membri cercano di ridurre il deficit di bilancio per adeguarsi ai recenti adeguamenti delle regole di gestione economica nell'area dell'euro. Tale politica limita tuttavia le opportunità occupazionali, non da ultimo per coloro che facevano già parte dei gruppi svantaggiati (1). I tagli alla spesa si ripercuotono più duramente su coloro che dipendono da prestazioni pubbliche, compresi i lavoratori precari e altre categorie sfavorite sul mercato del lavoro. Bisogna pertanto preservare e rafforzare la funzione stabilizzatrice dei sistemi di protezione sociale improntati alla solidarietà, affinché rimangano efficaci e sostenibili, in particolare nell'interesse delle persone maggiormente colpite e svantaggiate sul mercato del lavoro.

2.4

Il CESE ha chiesto tempestivamente che venissero fatti sforzi particolari per contrastare l'aumento preoccupante della disoccupazione, e ha sottolineato che non si può fare finta di nulla. A suo avviso la politica del mercato del lavoro può e deve sostenere il processo di creazione di posti di lavoro. Il presupposto, tuttavia, è un'economia stabile. Il CESE ha accolto con favore il piano europeo di ripresa economica adottato nel 2008, pur criticandone la portata insufficiente (2).

2.5

I più recenti dati sul mercato del lavoro sono allarmanti e indicano che nei paesi in crisi la tendenza negativa prosegue ininterrotta. Con il 10,5 % (11,4 % nell'area dell'euro) la disoccupazione in Europa ha raggiunto in agosto un livello mai visto prima. In due terzi degli Stati membri essa continua a crescere, particolarmente grave è il peggioramento registrato in Spagna (25,1 %), Portogallo (15,9 %) e Grecia (24,2 %) (3). I disoccupati sono 25 460 000. Un aspetto particolarmente preoccupante è l'aumento della disoccupazione a lungo termine: è evidente che questa tendenza si sta ulteriormente rafforzando. Oltre il 40 % dei disoccupati è in cerca di lavoro da più di un anno (4). Particolarmente preoccupante è la persistenza nell'UE di un livello molto elevato di disoccupazione giovanile, con un tasso che si attesta oltre il 22 %. Anche in quest'ambito si riscontrano notevoli differenze tra gli Stati membri. In Spagna e Grecia questo dato supera il 50 %, mentre in alcuni altri paesi (Portogallo, Slovacchia, Bulgaria, Italia, Irlanda) è al di sopra del 30 %. Soltanto in tre Stati membri (Germania, Austria e Paesi Bassi) la disoccupazione giovanile è inferiore al 10 % (5).

2.6

Le politiche per la crescita e l'occupazione non possono essere prese in esame separatamente. Per questa ragione, il CESE ha ripetutamente chiesto un piano congiunturale europeo, con ampie ricadute sul mercato del lavoro, di portata pari al 2 % del PIL. La creazione di imprese e la mentalità imprenditoriale andrebbero promosse anche nell'intera società, non soltanto nei sistemi di istruzione e nei programmi di formazione. Oltre ad investimenti nazionali aggiuntivi da effettuare in modo coordinato per intensificare gli effetti occupazionali, vanno individuati progetti d'investimento a livello europeo. I primi passi in questa direzione sono stati fatti nel quadro delle risoluzioni del vertice europeo del 28 e 29 giugno 2012, con il Patto per la crescita e l'occupazione. Occorre adesso aggiungere i contenuti, per garantire durevolmente in tutta Europa lo spazio di manovra assolutamente necessario per la crescita sostenibile e l'occupazione. Particolare attenzione va dedicata al compito di garantire le transizioni sul mercato del lavoro, anche e soprattutto nei processi di ristrutturazione.

3.   Condizioni generali della politica occupazionale europea

3.1

Il CESE condivide quindi l'analisi della Commissione secondo cui le prospettive di aumento dell'occupazione dipendono in misura decisiva dalla capacità dell'UE di produrre crescita economica mediante appropriate politiche macroeconomiche, industriali e di innovazione, e di completare queste iniziative con una politica occupazionale indirizzata ad una ripresa che sia fonte di occupazione. Il CESE teme che molte delle utili proposte del pacchetto per l'occupazione risultino inapplicabili qualora l'UE continui a portare avanti la propria politica di rigore. Teme anche che le sole misure proposte non consentano di realizzare gli obiettivi indicati nella strategia occupazionale dell'UE. Già nel febbraio 2012 ha chiesto un patto per gli investimenti sociali che consentisse di superare in maniera duratura le crisi e di investire nel futuro (6). In questo contesto, il Comitato si rallegra del fatto che la Commissione, con il pacchetto per l'occupazione, abbia voluto rammentare che, ai sensi dell'articolo 3 del Trattato, l'UE è tenuta a perseguire la piena occupazione e la coesione sociale.

4.   Proposte per il rafforzamento della strategia occupazionale dell'UE

4.1   Creare prospettive per la gioventù

4.1.1

Nella relazione Global Employment Trends for Youth 2012 (Tendenze occupazionali mondiali per i giovani) del maggio 2012, l'Organizzazione internazionale del lavoro richiama l'attenzione sul rischio di una "generazione perduta". I governi dovrebbero pertanto dare la massima priorità all'adozione di politiche attive del mercato del lavoro e dell'occupazione rivolte ai giovani. In tale contesto, il Comitato si compiace della prevista concretizzazione della garanzia per i giovani. Tuttavia, per realizzare tutto questo non basteranno le risorse inutilizzate del Fondo sociale europeo. Il CESE raccomanda pertanto di sostenere in via temporanea i paesi che hanno particolari difficoltà, perché spesso mancano delle risorse finanziarie per l'attuazione della necessaria politica attiva dell'occupazione, e specialmente per l'applicazione vincolante della garanzia per i giovani. Ove ciò non possa essere realizzato con le sole risorse del Fondo sociale europeo, occorre impiegare per il finanziamento altre risorse europee (Fondo di solidarietà – gioventù). È stato possibile reperire miliardi per le banche, dovrebbe quindi essere possibile mobilitare anche queste risorse, ad esempio mediante l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, che il CESE chiede da tempo.

4.1.2

La Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro ha studiato i punti forti e le debolezze delle garanzie per i giovani (7). Si tratta di una misura importante, da avviare quanto prima, per prevenire l'esclusione dei giovani, ma che ha un effetto minore nel caso di gruppi particolari, come le persone "difficili da aiutare". Le garanzie per i giovani, inoltre, non risolvono problemi strutturali come la mancanza di sistemi di sistemi di istruzione o formazione.

4.1.3

Riveste grande importanza anche la tempistica dell'intervento. Il CESE ritiene che un'attesa di tre mesi sia eccessiva, la garanzia per i giovani dovrebbe attivarsi il prima possibile, cioè al momento della registrazione presso le agenzie di collocamento. Una transizione non riuscita, infatti, danneggia l'economia e lascia nell'interessato cicatrici incancellabili. Il CESE raccomanda di aprire le garanzie per i giovani anche a giovani adulti di età compresa tra 25 e 29 anni. Occorre che i piani nazionali di riforma menzionino misure concrete in questo senso. A tal fine in vari paesi si dovrà sviluppare il sostegno specifico offerto dai servizi pubblici per l'occupazione, dedicando speciale attenzione ai gruppi svantaggiati.

4.1.4

È importante chiudere il divario tra esigenze del mercato del lavoro, istruzione e aspettative dei giovani. Ciò può essere realizzato per esempio fornendo incentivi e sostegno allo sviluppo di regimi di apprendistato di alta qualità. Il CESE considera importante che tali regimi vengano realizzati con lo stretto coinvolgimento delle parti sociali nazionali. Il CESE chiede un migliore scambio di esperienze e il sostegno del Fondo sociale europeo per i regimi di apprendistato. Occorrono misure per incoraggiare lo scambio di buone pratiche, finanziamenti di avviamento e un quadro di qualità per la formazione duale a scuola e in azienda. L'applicazione della prevista carta di qualità per i tirocini dovrebbe essere accompagnata da incentivi.

4.2   Le competenze accrescono la competitività e creano nuove prospettive

4.2.1

È necessario equilibrare le qualifiche semplici, professionali e accademiche. Infatti, uno sviluppo occupazionale positivo a lungo termine non può basarsi esclusivamente sulle qualifiche accademiche/terziarie. Accanto all'acquisizione di un'istruzione superiore formale, riveste un ruolo essenziale anche l'apprendimento di facoltà cognitive e universali. In futuro vi sarà una richiesta ancora maggiore di capacità trasversali e di comunicazione. Il CESE sostiene gli sforzi rivolti a garantire un migliore riconoscimento delle qualifiche attraverso la convalida delle capacità acquisite al di fuori del sistema di istruzione formale, specialmente in considerazione della recente proposta di raccomandazione del Consiglio sulla convalida dell'apprendimento non formale ed informale (8). Occorre rafforzare l'applicazione a livello nazionale del quadro europeo delle qualifiche.

4.3   Qualità dell'offerta e della domanda sul mercato del lavoro

4.3.1

Il Comitato si rallegra per la scelta della Commissione di occuparsi non soltanto del lato dell'offerta sul mercato del lavoro ma anche, sempre più, di quello della domanda. Le imprese in Europa hanno un ruolo essenziale nel superamento della crisi occupazionale. In particolare le piccole e medie imprese hanno fatto registrare negli ultimi anni un bilancio positivo in termini di assunzioni. È quindi essenziale migliorare l'accesso delle piccole e medie imprese al capitale e ridurre del 25 % i costi di avviamento. Sono in corso sforzi rivolti a ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese. Secondo la Commissione, ciò avrebbe un importante impatto sull'economia dell'UE, accrescendo il prodotto interno lordo dell'1,5 %, ossia circa 150 miliardi di euro, senza al tempo stesso ridurre la protezione degli addetti. Anche le imprese sociali e le organizzazioni della società civile possono contribuire all'aumento dell'occupazione, come è stato, tra l'altro, più volte sottolineato in pareri del CESE (9). Inoltre, in un recente parere di iniziativa della commissione consultiva per le trasformazioni industriali (10), veniva osservato che le cooperative, specialmente quelle di lavoratori, garantiscono anche in tempo di crisi un numero maggiore di posti di lavoro, perché riducono i profitti per tutelare l'occupazione.

4.3.2

La competitività durevole, in un'economia basata sulla conoscenza, richiede investimenti adeguati nella qualificazione dei lavoratori. Per stimolare la domanda, anche le integrazioni salariali e le prestazioni sociali collegate all'esercizio di un'attività lavorativa possono rivelarsi misure ragionevoli per determinati gruppi di destinatari (ad esempio i disoccupati di lungo periodo).

4.3.3

Il CESE apprezza la proposta di creare delle "agenzie per la gestione delle transizioni". Tuttavia, proprio in considerazione del numero crescente di disoccupati di lunga durata, non ci si può limitare ad offrire servizi di intermediazione. È necessaria invece un'ampia offerta di servizi per superare gli ostacoli all'occupazione e permettere un rapido (re)inserimento nel mercato del lavoro soprattutto a livello locale, ad esempio tramite offerte di formazione e perfezionamento professionali. La strategia dell'"inclusione attiva", elaborata dalla Commissione (11) nell'ottobre 2008, si prefigge, oltre alla garanzia del reddito e alla promozione di mercati del lavoro inclusivi, anche l'accesso a servizi che offrano un'assistenza qualitativamente mirata per trovare un'occupazione corrispondente alle inclinazioni e attitudini individuali. Ai fini di una strategia del mercato del lavoro rivolta agli individui è quindi necessario collegare i suddetti servizi e creare un'offerta integrata, iniziativa che dovrebbe essere sostenuta tramite il rafforzamento del principio di partenariato, anche nel quadro del Fondo sociale europeo.

4.3.4

La prolungata stagnazione della domanda di manodopera in conseguenza della crisi sta causando un aumento della disoccupazione di lungo periodo, che comporta gravi difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro con conseguente aumento della povertà dovuta alla perdita di contatto con il mercato del lavoro. Il CESE raccomanda agli Stati membri di rivolgere un'attenzione particolare alla creazione di un secondo mercato del lavoro inclusivo, in cui si faccia ricorso alle risorse pubbliche per creare un numero adatto di posti di lavoro adeguati. Si potrà così garantire ai disoccupati di lunga durata un collegamento col mondo del lavoro e un miglioramento delle loro conoscenze, in modo da prevenire l'aumento della povertà derivante dalla perdita di contatto con il mondo del lavoro, e si permetterebbe a questi lavoratori di passare agevolmente nel primo mercato del lavoro una volta che la crisi sarà terminata.

4.3.5

L'obiettivo di lungo periodo rimane quello di dare forma ad un mercato del lavoro europeo. Il CESE accoglie con favore le proposte volte ad eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori. In linea di principio occorre migliorare le condizioni generali di un'equa mobilità (12). La mobilità non deve tuttavia condurre allo spopolamento di determinate regioni, bensì semmai aiutare le regioni più povere, attraverso una condivisione dei rischi, a recuperare il divario.

4.4   Flessibilità e sicurezza

4.4.1

Il Comitato si è già pronunciato sul tema della flessicurezza in diverse occasioni e si rallegra del fatto che le esperienze maturate nella gestione della crisi abbiano portato ad ampliare l'approccio adottato finora in questo campo. Infatti, nel quadro delle discussioni in materia, non era stata dedicata la debita attenzione al miglioramento della flessibilità interna. L'occupazione a tempo determinato e il lavoro temporaneo possono offrire soluzioni transitorie di breve durata e risultare talvolta necessarie per facilitare, in particolare ai gruppi svantaggiati, il percorso verso il mercato del lavoro formale. Tuttavia la conseguente mancanza di sicurezza occupazionale dev'essere temporanea e oggetto di protezione sociale. Il CESE respinge le proposte, formulate indirettamente nella comunicazione, di un contratto di lavoro uniforme. Raccomanda invece di combattere con maggiore decisione il lavoro precario e di presentare proposte su come riportare alla normalità i rapporti di lavoro.

4.5   Promozione della domanda ed equità distributiva

4.5.1

Da un punto di vista macroeconomico occorre garantire l'equilibrio tra un'evoluzione sufficiente della domanda e il mantenimento della competitività dei prezzi (13). Questi temi sono già stati oggetto di scambi di vedute a livello sia tecnico che politico nel quadro del dialogo macroeconomico. Come osserva la Commissione a pagina 24, ciò deve avvenire nel rispetto dell'autonomia del dialogo sociale, conformandosi rigorosamente all'articolo 153, paragrafo 5, del TFUE. Il CESE è contrario alla proposta di istituire a livello europeo un nuovo dialogo tripartito per i salari, e raccomanda invece di riformare e rafforzare, ove appropriato, le strutture esistenti – il vertice sociale trilaterale, il comitato per il dialogo macroeconomico e il dialogo sociale – per assicurare un coinvolgimento effettivo ed equilibrato delle parti sociali, dei ministri del Lavoro e degli Affari sociali e dei ministri delle Finanze e dell'Economia.

4.5.2

Il CESE si compiace del fatto che la Commissione abbia affrontato il tema dei salari minimi e della qualità e dignità dei posti di lavoro. I salari minimi hanno un ruolo importante nella prevenzione del dumping salariale, in particolare dove non esiste un salario minimo concordato nel quadro della contrattazione collettiva. Al tempo stesso il CESE si oppone all'equiparazione del salario minimo a un salario dignitoso. Non tutti i salari minimi sono di per sé dei salari dignitosi, e solo salari minimi adeguati garantiscono anche pensioni adeguate. In linea di principio occorre tenere conto della complessità dei differenti sistemi nazionali di determinazione dei salari.

4.5.3

Già da tempo il CESE si è pronunciato per un'estensione della base imponibile ai fini del finanziamento dei sistemi di sicurezza sociale. In tale contesto suscita compiacimento il fatto che, nel Patto per l'occupazione, la Commissione menzioni il passaggio a una tassazione ambientale, sui consumi o sui patrimoni, compreso il monitoraggio dell'effetto redistributivo, per consentire di ridurre il cuneo fiscale che grava sul lavoro senza incidere sul bilancio. Per consolidare i bilanci e garantire il futuro della società e dell'economia grazie a un'adeguata politica occupazionale e di qualificazione occorre non limitarsi a considerare il versante delle spese, bensì anche migliorare le entrate, rendendole maggiormente proporzionate alle prestazioni.

4.6   Proposte per la nuova governance

4.6.1

Le proposte relative ad una nuova governance sono l'elemento cardine della comunicazione. A questo proposito la Commissione cambia sostanzialmente tono e presenta proposte su come conferire maggiore importanza e slancio alla politica dell'occupazione nel quadro del semestre europeo. Considerando che la politica per l'occupazione ha perso importanza con la valutazione intermedia della strategia di Lisbona, con gli obiettivi per il 2020 e con la nuova governance nel quadro del semestre europeo, il CESE accoglie con grande favore queste iniziative. Il CESE chiede pertanto una valutazione tempestiva del semestre europeo e un coinvolgimento più precoce e migliore delle parti sociali e della società civile.

4.6.2

Mentre il semestre europeo copre un breve lasso di tempo, gli obiettivi di politica dell'occupazione sono basati su prospettive a medio termine. Il 21 ottobre 2010 il Consiglio ha deciso di lasciare immutati gli orientamenti a favore dell'occupazione fino al 2014. Nel 2011 il CESE ha espresso disappunto per il fatto che gli orientamenti del 2010:

non rispecchiavano adeguatamente l'assoluta priorità della lotta contro la disoccupazione;

indebolivano nettamente la dimensione europea,

non includevano requisiti misurabili dell'UE per i gruppi destinatari;

non contenevano affermazioni concrete sulla qualità del lavoro (14).

4.6.3

Il CESE accoglie con favore le proposte relative all'elaborazione di un sistema di analisi comparativa e di un quadro di valutazione per l'attuazione dei piani nazionali per l'occupazione. Le parti sociali europee dovrebbero essere coinvolte nella definizione del sistema di analisi comparativa e dei criteri per il quadro di valutazione. Dovrebbero anche essere consultate, in una fase precoce della preparazione dell'analisi annuale della crescita, per quanto riguarda la definizione delle "principali priorità strategiche relative alle politiche per l'occupazione", nonché nel quadro della formulazione, attuazione e valutazione degli orientamenti a favore dell'occupazione. Alla luce dell'esigenza sopra descritta di servizi integrati e orientati all'individuo, sarebbe auspicabile che gli indicatori contenessero una componente relativa ai gruppi destinatari e tenessero conto dei contesti regionali.

4.6.4

Il CESE chiede inoltre che vi sia un coordinamento equilibrato tra gli indicatori comparativi della politica per l'occupazione e la procedura per il quadro di valutazione nel caso di eccessivi squilibri macroeconomici.

4.6.5

Il CESE appoggia tutte le iniziative tese a rendere di nuovo più visibili, vincolanti e comprensibili, tramite il pacchetto per l'occupazione, le sfide, gli obiettivi e i progressi attuali della politica per l'occupazione, e a trovare un migliore equilibrio tra politica economica, occupazionale e sociale. Occorre inoltre strutturare le misure in modo che contribuiscano agli obiettivi dell'UE in materia di pari opportunità. Suscita delusione il fatto che il pacchetto per l'occupazione non dedichi la necessaria attenzione alla promozione dell'occupazione femminile e che la prospettiva di genere, normalmente sostenuta dalla Commissione, non sia integrata adeguatamente in questo contesto.

4.7   Prospettive di crescita dell'occupazione

4.7.1

Nell'allegato alla comunicazione viene attribuito alla cosiddetta economia verde un potenziale particolare in termini di crescita dell'occupazione. Tuttavia tale potenziale dipende fortemente dalla legislazione degli Stati membri sulle questioni ambientali, la quale determina il trattamento riservato in ciascuno Stato a tali questioni. A differenza di altri settori in crescita, come quello delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, l'economia verde, dati i tempi più lunghi di ammortamento degli investimenti, non è guidata solo da interessi puramente economici, bensì anche da interessi politici. Occorre pertanto una politica ambientale che offra dei chiari incentivi. Inoltre tali incentivi dovrebbero essere strutturati in modo da consentire una pianificazione a lungo termine e ridurre le incertezze in merito a un possibile riorientamento della politica ambientale. Ai fini di un'attuazione efficace è indispensabile che tra la politica ambientale e quella economica vi siano una cooperazione e un coordinamento particolarmente forti. Tale cooperazione non deve tuttavia distanziarsi dagli obiettivi prefissati. In tale contesto va considerata in modo particolarmente critico l'estensione del concetto di "occupazione nell'economia verde" alle posizioni lavorative finanziate attraverso la tassazione ambientale (15). Una tale definizione può distogliere l'attenzione dalla sostanza dell'attività lavorativa in quanto criterio determinante di un'occupazione "verde", sia pure definita (16) in modo ampio.

4.7.2

Inoltre i potenziali occupazionali dell'economia verde sono soggetti a variazioni congiunturali, e i settori interessati non sono stabili. In tale contesto, la transizione verso l'economia verde comporterà in un primo tempo delle perdite di occupazione nelle industrie tradizionali, che dovranno essere oggetto di ammortizzatori sociali e di misure di riqualificazione e di sostegno delle capacità lavorative destinate ai lavoratori interessati. Ciò vale in particolare alla luce del fatto, segnalato dalla Commissione nel documento sulla Crescita verde (17), che l'ecologizzazione dell'economia può stimolare la domanda di manodopera altamente, mediamente e poco qualificata. Nel complesso si produce un effetto di sostituzione, il CESE dubita pertanto che il bilancio occupazionale sia realmente tanto positivo quanto la Commissione suppone. Per di più, ci sono settori delle tecnologie verdi, come ad esempio le costruzioni, nei quali ci si può attendere una crescita impetuosa nel breve periodo, mentre l'occupazione a lungo termine sarà creata più probabilmente in attività altamente qualificate. Anche questi lavoratori hanno bisogno di un'adeguata protezione sociale, e le transizioni sul mercato del lavoro devono essere predisposte in maniera sostenibile.

4.7.3

La sostenibilità del potenziale occupazionale nell'economia verde dipende anche fortemente dalla struttura delle qualifiche. Uno studio sulla struttura delle qualifiche (18) in nove Stati membri mostra che la crescita dell'occupazione in questo settore dovrebbe interessare piuttosto i lavori ad alta qualificazione che gli altri. Contemporaneamente, l'offerta formativa in questo comparto appare ancora piuttosto frammentaria. Al fine di ottimizzare le strutture di formazione per l'occupazione verde è necessaria una consultazione regolare tra le parti sociali e i servizi di formazione. In ogni caso, anche la formazione nel campo dell'economia verde dipende fortemente dalle indicazioni fornite dalla politica ambientale, perché queste si ripercuotono sulla richiesta di qualifiche. L'Europa manca di attività di ricerca e sviluppo basate sulla collaborazione tra cervelli e capitale di rischio, e non è ancora riuscita a creare la propria Silicon Valley. Ma i posti di lavoro nell'industria dipendono dalla fabbricazione delle applicazioni. In linea generale, la comunicazione della Commissione ignora il fattore propulsivo costituito dalle attività di ricerca e sviluppo. Un settore che offre delle possibilità sia alle imprese di produzione che ai servizi privati e ai servizi di interesse generale è quello delle applicazioni basate sulle TIC per invecchiare bene, in senso ampio. Esse offrono agli anziani, che costituiranno ben presto il 30 % delle nostre società, la possibilità di restare attivi, collegati, mobili, integrati, in buona salute e assistiti (19). Bisogna tenere in considerazione l'esempio asiatico (Cina, Giappone). Riconoscere e tutelare tempestivamente i diritti degli utenti consentirebbe di guadagnare tempo e di accrescere i tassi di occupazione.

4.7.4

In un precedente parere (20), il CESE ha fatto presente che l'attuazione dell'obiettivo di ricorrere alle energie rinnovabili nella misura del 20 % entro il 2020 comporterebbe una creazione netta di circa 410 000 posti di lavoro e un aumento della crescita pari allo 0,24 % rispetto alla situazione del 2005.

4.7.5

Un ulteriore settore di occupazione considerato dalla Commissione come un settore di crescita è quello delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Si tratta di un settore molto eterogeneo, che spazia dalla pura programmazione tecnica alla fornitura di consulenze e servizi alla clientela. Per il suo orientamento tecnico e il suo rapido ritmo di innovazione, è un settore ad elevata intensità di conoscenza, che comporta per gli addetti particolari esigenze. Per tale ragione, ma anche a causa dei tempi ridotti di dimezzamento delle conoscenze, la politica di formazione, la qualificazione in azienda e la disponibilità individuale ad apprendere rivestono anche in questo settore una particolare importanza. In genere il lavoro richiede agli addetti un'elevata flessibilità in termini di spostamenti e di orari. Per poter mantenere nel lungo periodo gli addetti, le imprese devono quindi applicare strategie di politica del personale orientate alle fasi della vita. Per di più, i lavoratori di questo settore sono spesso soggetti al rischio di stress e di patologie della psiche.

4.7.6

Nel settore sanitario e dell'assistenza, in particolare nell'economia d'argento, si può chiaramente individuare una domanda di personale, a causa dell'invecchiamento della società. Il concetto di occupazione generata dagli anziani comprende la creazione di nuovi posti di lavoro, a causa dell'adeguamento della struttura produttiva alle esigenze di una popolazione che invecchia. I settori più importanti per l'occupazione generata dagli anziani sono quelli della salute e dell'assistenza a lungo termine, che richiedono una mano d'opera considerevole e sono oggetto di una domanda molto forte da parte di una popolazione che invecchia. Tuttavia la mano d'opera giovane e ben qualificata che intende accedere al settore diminuisce. Sebbene il settore sanitario e dell'assistenza costituisca una parte essenziale della creazione di valore di un'economia nazionale, numerose posizioni lavorative, proprio nel campo dei servizi alle persone, non risultano abbastanza attraenti a causa del loro carattere temporaneo e dell'inadeguatezza della retribuzione. Un problema ulteriore è dato dal considerevole impegno fisico derivante da questo tipo di attività, che induce molti ad uscire prematuramente dal mondo del lavoro. Tuttavia, per garantire a lungo termine prodotti e servizi di qualità, sono necessarie nel lungo periodo condizioni di lavoro di qualità altrettanto elevata. Si potrebbero creare numerosi posti di lavoro grazie a misure per il settore della sanità e il miglioramento dei sistemi di cura e assistenza di lunga durata, specie a domicilio. Anche in questo caso la promozione di investimenti volti a sostenere lo sviluppo di imprese inclusive in questo settore potrebbe creare molte opportunità.

Bruxelles, 15 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 143 del 22.5.2012, pag. 23.

(2)  GU C 306 del 16.12.2009, pag. 70.

(3)  Eurostat, comunicato stampa 138/2012, del 1o ottobre 2012.

(4)  Ibidem.

(5)  SWD(2012) 90 final, pag. 10 segg.

(6)  Cfr. nota 2.

(7)  Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro Youth Garanties: Experiences from Finland and Sweden (Garanzie per i giovani: esperienze dalla Finlandia e dalla Svezia), 2012.

(8)  COM(2012) 485 final.

(9)  GU C 229 del 31.7.2012, pag. 44.

(10)  GU C 191 del 29.6.2012, pag. 24.

(11)  C(2008) 5737 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:307:0011:0014:IT:PDF.

(12)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 14.

(13)  Cfr. nota 3.

(14)  GU C 143 del 22.5.2012, pag. 94.

(15)  SWD(2012) 92 final.

(16)  Ad esempio la definizione di occupazione verde fornita dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente contempla le attività che in base al loro contenuto contribuiscono alla salvaguardia o alla rigenerazione dell'ambiente.

(17)  SWD(2012) 92 final.

(18)  Nota informativa del Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale: Una strategia per le competenze ecologiche? Febbraio 2012.

(19)  CESE, audizione dell'11 settembre 2012 sul tema Tecnologie dell'informazione e della comunicazione e invecchiamento attivo.

(20)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 1.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/71


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea»

COM(2012) 153 final

2013/C 11/15

Relatore: ZUFIAUR

Con lettera datata 18 aprile 2012, la Commissione europea ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di elaborare un parere in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea

COM(2012) 153 final.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 ottobre 2012.

Alla sua 484a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 137 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1

Il CESE ritiene che la globalizzazione dell'economia, con il conseguente incremento degli scambi commerciali e dei flussi migratori, richieda un approfondimento del processo di internazionalizzazione delle norme sociali per far sì che i cittadini in generale e i lavoratori – migranti o sedentari che siano – in particolare, indipendentemente dalla loro nazionalità, non vengano danneggiati nei loro diritti e possano beneficiare di quella che potremmo chiamare "globalizzazione sociale". È opportuno ricordare che questi danni e benefici riguardano anche le imprese.

1.2

Di conseguenza, il CESE si rallegra della pubblicazione della comunicazione La dimensione esterna del coordinamento in materia di sicurezza sociale nell'Unione europea. Detta comunicazione sottolinea l'importanza di una strategia comune dell'UE in materia di coordinamento dei regimi di protezione sociale di fronte a paesi terzi, che rispetti le competenze nazionali e assicuri il necessario coordinamento tra le convenzioni bilaterali concluse in materia con detti paesi, nonché la loro compatibilità con il diritto dell'Unione. Il CESE invoca altresì un rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri, al fine di dar loro le informazioni e i mezzi per poter mettere a punto una politica di coordinamento internazionale in quest'ambito. Sottolinea infine come sia le imprese che i cittadini originari di paesi terzi sono consapevoli che ciascuno Stato membro ha un proprio regime di sicurezza sociale, il che può comportare determinati ostacoli all'atto di stabilirsi nell'Unione europea.

1.3

Il CESE esprime il proprio sostegno alla dimensione esterna delle norme di coordinamento delineata nella comunicazione, che prevede una complementarità tra la prospettiva nazionale e quella europea al fine di evitare squilibri, lacune o vuoti giuridici.

1.4

Il CESE mette in risalto il salto di qualità compiuto con l'adozione delle decisioni sul coordinamento in materia di sicurezza sociale con Marocco, Algeria, Tunisia, Israele, ex Repubblica jugoslava di Macedonia e Croazia, ed esorta il Consiglio ad approvare le analoghe proposte di decisione riguardanti il Montenegro, San Marino, l'Albania e la Turchia.

1.5

Il CESE sottolinea infine l'opportunità di estendere l'approccio globale europeo attraverso accordi dell'UE che, nel rispetto delle competenze nazionali, riducano alcune delle disfunzioni dovute agli approcci nazionali e offrano maggiori possibilità a tutti gli Stati membri.

1.6

Il CESE invita il Consiglio a dare mandato alla Commissione europea affinché, nel quadro giuridico dei trattati, faccia progredire i negoziati sia con le potenze emergenti (i "BRIC", Brasile, Russia, India e Cina) che con i paesi balcanici, i vicini dell'Europa orientale e altri Stati che abbiano comunità significative di cittadini che lavorano nel territorio dell'Unione (1) e concluda accordi internazionali in materia di sicurezza sociale tali da garantire la protezione reciproca dei cittadini dell'UE e di quelli degli Stati terzi firmatari. Il CESE ricorda altresì la necessità di proteggere i cittadini di quegli Stati che, per la loro situazione geopolitica ed economica, non sono considerati di importanza strategica per l'Unione, i quali cittadini, di conseguenza, rischiano di essere maggiormente svantaggiati.

1.7

L'azione esterna dell'Unione in quest'ambito può essere completata attraverso lo sviluppo di una politica multilaterale che stabilisca legami con altre organizzazioni internazionali o entità regionali sovranazionali. Un chiaro esempio di questa cooperazione interregionale è costituito dalla Convenzione iberoamericana di sicurezza sociale, cui aderiscono i paesi latinoamericani, la Spagna e il Portogallo. In questo senso, il CESE appoggia le iniziative della Commissione europea e della presidenza cilena del prossimo vertice dei capi di Stato e di governo della UELAC volte a migliorare la cooperazione tra le due parti in materia di sicurezza sociale.

1.8

Il CESE esorta i Consigli di associazione tra l'UE e i rispettivi paesi terzi a concludere i lavori volti all'approvazione definitiva delle decisioni in materia di coordinamento dei regimi di protezione sociale nell'ambito degli accordi di associazione e stabilizzazione con Israele, Tunisia, Algeria, Marocco, Croazia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia.

1.9

IL CESE auspica che gli accordi commerciali, di associazione e di partenariato economico esistenti o futuri includano clausole bilaterali di sicurezza sociale, riferite, in particolare, alla parità di trattamento, all'esportazione dei diritti a pensione e all'eliminazione del doppio versamento dei contributi.

1.10

Il CESE propone che la politica europea di cooperazione sia rivolta, nel campo della sicurezza sociale, in particolare a quegli Stati che desiderino conseguire gli obiettivi proposti dall'iniziativa dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) riguardo al livello minimo di protezione sociale e che a tal fine necessitino di assistenza che sia per il raggiungimento dei livelli minimi previsti o per il superamento degli stessi. In tal modo sarà inoltre possibile sottoscrivere strumenti bilaterali di sicurezza sociale basati sui principi di parità di trattamento, conservazione dei diritti acquisiti e di quelli in corso di acquisizione e collaborazione amministrativa. A tal fine potranno servire da modello, previi gli adeguamenti del caso, oltre al regolamento (CE) n. 883/2004 (2), la convenzione n. 157 (3) e la raccomandazione n. 167 (4) dell'OIL.

1.11

Il CESE esorta la Commissione a vigilare su tutte le convenzioni bilaterali in vigore concluse dagli Stati membri con paesi terzi, aggiornando periodicamente un elenco di detti strumenti e verificando che l'applicazione degli stessi sia conforme ai principi dell'UE e alla giurisprudenza esistente in materia.

2.   Introduzione

2.1

Il CESE è al corrente del fatto che, in materia di coordinamento dei sistemi di protezione sociale, gli Stati membri hanno sviluppato, attraverso convenzioni internazionali, politiche bilaterali o multilaterali con paesi terzi. Queste iniziative, tuttavia, rischiano di risultare frammentarie e incomplete, in quanto spesso si concentrano esclusivamente sulla protezione dei cittadini degli Stati firmatari o rispondono a interessi concreti che non sempre sono condivisi da tutti gli Stati membri.

2.2

Il CESE ritiene che questo quadro normativo internazionale bilaterale, del quale va riconosciuta l'importanza, possa condurre a una situazione in cui non tutti i cittadini di paesi terzi godano degli stessi diritti e garanzie nello spazio UE. Potrebbe accadere che in un determinato Stato gli stranieri provenienti da un paese terzo abbiano accesso alla sicurezza sociale e all'esportazione dei diritti a pensione solo in presenza di una convenzione bilaterale che stabilisca il principio della parità di trattamento. Di conseguenza, il cittadino di uno Stato che abbia concluso una convenzione bilaterale si vedrebbe riconoscere il diritto alla sicurezza sociale mentre quello di un paese non firmatario non godrebbe di detto diritto, anche qualora entrambi lavorassero nella stessa impresa con la stessa categoria professionale. Potrebbe inoltre accadere che un cittadino di un paese terzo fosse protetto in uno Stato membro e in un altro no, per effetto dell'applicazione delle diverse legislazioni nazionali, il che potrebbe alterare la leale concorrenza tra Stati. In questo modo, nel primo caso si pagherebbero i contributi per il cittadino dello Stato terzo, mentre nel secondo caso no. Ciò comporterebbe un vantaggio economico per il secondo Stato, che risparmierebbe costi sociali. Si rischierebbe quindi di pregiudicare la concezione dell'Europa come spazio di uguaglianza dal quale sia assente o esclusa la discriminazione.

2.3

Risulterebbe inoltre violato il principio, propugnato dalla direttiva sul distacco dei lavoratori, per cui il lavoratore distaccato ha diritto allo stesso trattamento di cui godono i cittadini di uno Stato membro.

2.4

A giudizio del CESE, inoltre, la dimensione esterna delle norme sul coordinamento deve servire anche a difendere i diritti dei cittadini europei quando questi ultimi si trovino al di fuori dell'ambito geografico dell'Unione oppure abbiano svolto o svolgano un'attività lavorativa in un paese terzo.

2.5

Il CESE ritiene che la negoziazione, da parte dei diversi Stati membri dell'UE, di convenzioni bilaterali separate con tutti i paesi terzi sia un'iniziativa positiva e lodevole, e tuttavia incompleta. Lo sforzo da realizzare sarebbe ingente, smisurato e sproporzionato, e non sempre sarebbe coronato da successo, e per di più esiste il rischio che dette convenzioni abbiano contenuti diversi e persino contraddittori tra loro. Inoltre, al momento di negoziare – in particolare con alcuni paesi emergenti di grande potenza e vitalità (per esempio i BRIC), può verificarsi uno squilibrio di forza se gli Stati membri non agiscono di concerto, con interessi e posizioni comuni. Si dovrebbe quindi valutare la possibilità che l'Unione europea in quanto tale possa negoziare in materia di sicurezza sociale con Stati o associazioni di Stati terzi, e, se del caso, prevederla, in conformità con i trattati.

2.6

Attraverso questi strumenti sarebbe possibile evitare, in particolare nel caso dei lavoratori distaccati, il doppio versamento dei contributi sociali, sia nello Stato di occupazione sia in quello di provenienza. In questo senso, occorre sottolineare che con l'eliminazione del doppio versamento si ottiene una significativa riduzione dei costi, con vantaggi per la mobilità geografica dei lavoratori e per la competitività delle nostre imprese in ambito internazionale, incoraggiando nel contempo le imprese di paesi terzi a stabilirsi sul territorio dell'UE. Si potrebbe inoltre stabilire una regola unica volta a evitare tanto l'applicazione discrezionale e arbitraria della legge del luogo di lavoro o di quella dello Stato di provenienza, a seconda degli interessi, quanto la disomogeneità degli obblighi fiscali e di sicurezza sociale all'interno di uno stesso Stato.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE ha espresso il suo parere sui regolamenti in materia di coordinamento, che hanno visto un'estensione dei loro campi di applicazione personale (nuove categorie) e materiale (nuove prestazioni) nell'ambito dell'UE. Questi regolamenti, che sono serviti da base e da modello per altri strumenti multilaterali, si applicano altresì ad alcuni paesi europei che pure non appartengono all'Unione (Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera). Il miglior esempio di detti strumenti multilaterali è costituito dalla Convenzione iberoamericana di sicurezza sociale, elaborata sul modello delle norme europee di coordinamento. Di conseguenza, il CESE ritiene che le norme in materia di coordinamento internazionale, tanto degli Stati membri quanto dell'UE, dovrebbero essere ispirate e influenzate dai grandi principi e tecniche di cui al regolamento (CE) n. 883/2004 dell'Unione.

3.2

Il CESE ricorda che le norme sociali, e in particolare le disposizioni in materia di sicurezza sociale, possono trascendere lo spazio geografico europeo ed essere applicabili anche al di fuori dello stesso. In questo senso, principi come la parità di trattamento tra i lavoratori degli Stati membri possono proteggere il lavoratore europeo e avere effetti giuridici anche al di fuori dello spazio UE. Di fatto, le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea nelle cause Boukhalfa, C-214/94 (un lavoratore belga che percepiva un salario inferiore a quello dei suoi colleghi tedeschi in una rappresentanza consolare della Germania in Algeria), Hirardin, 112/75, Fiège, 110/73, Horst,C-247/96 e van Roosmalen, 300/84 (riconoscimento dei periodi assicurativi in Algeria e in Congo belga, da parte, rispettivamente, della Francia e del Belgio, a tutti i cittadini europei e non soltanto ai francesi e ai belgi) dimostrano che il principio di non discriminazione può avere applicazione extraterritoriale benché si tratti di situazioni che esulano dall'ambito territoriale dell'UE. Questa interpretazione è stata confermata con le sentenze nelle cause Prodest, 237/83 e Aldewered, C-60/93, nelle quali la Corte ha riconosciuto la fondatezza dell'applicazione del regolamento (CE) n. 1408/1971 (5) in situazioni di trasferimento temporaneo di lavoratori europei in paesi terzi.

3.3

Il CESE si rallegra e dell'approvazione delle decisioni in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale nell'ambito degli accordi di associazione e stabilizzazione con Israele, Tunisia, Algeria, Marocco, Croazia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia, decisioni con le quali si stabilisce la posizione che dovrà adottare l'Unione europea in seno ai consigli di associazione. Con questi strumenti si realizza un cambiamento qualitativo nella politica di sicurezza sociale dell'UE, in quanto si stabilisce e si disciplina a livello bilaterale (Unione europea/Stato associato) il principio della parità di trattamento e dell'esportabilità dei diritti a pensione. Si tratta quindi di obblighi e diritti reciproci che riguardano tanto i cittadini dell'UE che lavorino o abbiano lavorato in uno dei suddetti paesi quanto i cittadini degli Stati associati che facciano o abbiano fatto lo stesso sul territorio europeo. Non si tratta più di norme unilaterali dell'Unione europea applicabili in una sola direzione, ma di impegni internazionali che comportano vantaggi reciproci per le due parti contraenti. Inoltre, con questo tipo di accordo e con le corrispondenti decisioni di applicazione, si realizza un'economia di sforzi in quanto si raccoglie in un unico atto giuridico quanto equivarrebbe a un gran numero di convenzioni bilaterali.

3.4

Il CESE si rallegra dell'iniziativa dell'OIL riguardo al livello minimo di protezione sociale che, a giudizio del Comitato, non può essere unico né uniforme, né deve risultare una "camicia di forza" per lo sviluppo dei sistemi di protezione sociale, ma va considerato come una soglia minima con ambizioni di ulteriore sviluppo. Di fatto, il livello minimo di protezione sociale deve costituire una sfida permanente di progresso e perfezionamento, in costante evoluzione e con un obiettivo definito: la protezione integrale dei lavoratori e dei cittadini.

3.5

Il CESE concorda sull'opportunità che l'Unione europea si doti di un meccanismo di cooperazione tra gli Stati membri (gruppo di lavoro) atto a scambiare informazioni, presentare buone pratiche nell'ambito del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, riflettere in maniera approfondita sul modo migliore di coordinare e integrare le politiche nazionali ed europee e definire future azioni UE nei confronti dei paesi terzi.

3.6

Il CESE è convinto che in questo processo riguardante la dimensione esterna delle norme di coordinamento occorre tener conto delle organizzazioni della società civile e in particolare, tra queste ultime, delle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori. L'incidenza di queste disposizioni sui rapporti di lavoro e la diversità delle categorie interessate dovrebbero indurre a prendere in considerazione le proposte sia degli interlocutori governativi che di quelli non governativi. Nel Sesto incontro della società civile organizzata UE-America Latina, organizzato dal CESE a Madrid dal 5 al 7 maggio 2010, già si ponevano alcune domande relative alla dimensione esterna della sicurezza sociale, e si manifestava la necessità di una maggiore collaborazione tra i paesi dell'UE e quelli dell'America Latina e dei Caraibi, in particolare i paesi con i quali l'Unione ha concluso partenariati strategici, come il Brasile e il Messico.

3.7

Il CESE mette altresì in risalto l'incontro tra l'Unione europea, l'America Latina e i Caraibi a livello di ministri e massimi responsabili della sicurezza sociale, svoltosi ad Alcalá de Henares nel maggio 2010, che può essere considerato il nucleo e il punto di partenza degli sforzi a livello di UE tesi a coordinare la dimensione esterna della sicurezza sociale e che è all'origine della comunicazione oggetto del presente parere.

3.8

Il CESE sottolinea l'opportunità di continuare a estendere l'approccio globale europeo attraverso accordi dell'UE con altri Stati e organizzazioni regionali, dato che questa formula risulta più adeguata ed efficace rispetto alla linea strettamente nazionale, in base alla quale gli Stati membri agiscono in modo unilaterale. In questo senso occorre ricordare, come esempio, la Convenzione iberoamericana (6). A tale proposito, il CESE auspica che l'Organizzazione iberoamericana di sicurezza sociale esamini la possibilità di consentire ad altri Stati membri dell'UE (oltre a Portogallo e Spagna) di aderire in futuro alla convenzione affinché, con un unico atto di ratifica, si possano stabilire relazioni con diversi Stati latinoamericani in materia di sicurezza sociale, evitando il moltiplicarsi dei negoziati e delle convenzioni bilaterali.

4.   Potenzialità e punti deboli della situazione attuale

4.1

È necessario un approccio globale a livello di UE nel campo della sicurezza sociale internazionale, al fine di integrare le politiche che gli Stati membri stanno mettendo a punto con paesi terzi, perché altrimenti non sarà possibile rispettare pienamente gli obblighi previsti dalla normativa europea. Un chiaro esempio che conferma questa constatazione è costituito dalla sentenza Gottardo, C-55/00, con la quale la Corte di giustizia, in base al principio della parità di trattamento, estende il campo d'applicazione personale di tutte le convenzioni bilaterali sottoscritte da uno Stato dell'UE con un paese terzo a tutti i cittadini europei, benché lo strumento giuridico in questione includa esclusivamente, nell'ambito soggettivo, i cittadini degli Stati firmatari.

4.1.1

Nel contempo, il mandato giurisdizionale riconosce che la suddetta sentenza vincola esclusivamente gli Stati membri e non i paesi terzi, sui quali la Corte non ha alcuna competenza. Qui infatti si manifesta la difficoltà di applicare la sentenza stessa, in quanto un paese terzo può rifiutarsi di estendere il campo d'applicazione personale della convenzione a tutti i cittadini dell'UE e quindi di compilare un certificato o riconoscere il diritto a prestazioni in caso di malattia oppure, più semplicemente, di trasmettere dati relativi a persone che non rientrano nell'ambito soggettivo della convenzione.

4.1.2

In questo senso, il merito della sentenza Gottardo è precisamente che, pur sviluppando la dimensione esterna delle norme UE, essa ne stabilisce anche i limiti e le carenze, in quanto rende necessario contare sulla cooperazione di altri Stati o altre organizzazioni regionali sovranazionali.

4.1.3

Il CESE chiede pertanto di aprire una fase di riflessione sulla necessità di rafforzare una prospettiva UE congiunta nell'ambito della sicurezza sociale internazionale attraverso accordi dell'Unione o politiche di cooperazione reciproca con altri attori a livello mondiale.

4.2

Il CESE considera molto positivamente l'adozione del regolamento (UE) n. 1231/2010 (7) che estende le disposizioni del regolamento (CE) n. 883/2004 ai cittadini di paesi terzi. A giudizio del Comitato, tuttavia, permangono lacune e vuoti giuridici, che il nuovo approccio proposto nella comunicazione della Commissione intende per l'appunto colmare. Di fatto, il suddetto regolamento si applica soltanto quando si presenta l'elemento transfrontaliero all'interno dell'UE. Di conseguenza, il principio della parità di trattamento sancito dal regolamento si applica esclusivamente, in maniera generale, nei casi in cui il lavoratore di un paese terzo abbia realizzato un'attività lavorativa in più di uno Stato membro. Ne consegue che la maggior parte degli immigrati di paesi terzi che hanno lavorato in un unico Stato UE non rientra nel campo d'applicazione personale del regolamento (UE) n. 1231/2010. Ciò significa che i suddetti lavoratori non possono contare sulla garanzia dell'UE rispetto alla parità di trattamento o alla non discriminazione e dipendono da quanto stabilisce in materia la normativa nazionale. Il regolamento, inoltre, non prevede il cumulo dei periodi assicurativi con lo Stato di origine del lavoratore né la possibilità di esportare diritti a pensione verso lo Stato stesso. Infine, il già citato strumento UE non esige né prevede la reciprocità per i cittadini dell'Unione, che non otterranno alcuna contropartita dai paesi terzi.

4.3

Il CESE ritiene inoltre che si sia fatto un importantissimo passo avanti nella dimensione esterna dell'Unione europea con le direttive (8) adottate in materia di migrazione e con le proposte dalla Commissione in fase di discussione al Consiglio e al Parlamento europeo. In effetti, nelle direttive già adottate, il principio della parità di trattamento nel campo della sicurezza sociale è esteso, con alcune precise limitazioni, ai lavoratori migranti provenienti da paesi terzi. È prevista inoltre l'esportabilità e la trasferibilità dei diritti a pensione verso paesi terzi a parità di condizioni con i cittadini dello Stato membro in questione, senza necessità di convenzioni o accordi bilaterali. Permangono tuttavia alcuni aspetti non regolamentati, come la reciprocità, il cumulo dei periodi assicurativi fuori dall'UE o l'esportazione di diritti a pensione quando la normativa nazionale di uno Stato non preveda questa possibilità per i propri cittadini. Il CESE auspica inoltre che, per quanto riguarda la protezione sociale, le direttive già adottate in materia di migrazione possano servire da modello generale, adeguandole alle diverse situazioni e categorie protette, per le direttive in corso di negoziazione.

5.   Concetti

5.1

Coordinamento internazionale della sicurezza sociale. Il coordinamento dei regimi di sicurezza sociale ha il fine di proteggere i lavoratori che abbiano svolto attività lavorativa in due o più Stati e siano stati soggetti a sistemi previdenziali diversi. A questo fine gli Stati concludono convenzioni che, spesso, contengono clausole in materia di parità di trattamento, unicità della legislazione applicabile, conservazione dell'affiliazione e dei diritti di sicurezza sociale nello Stato d'origine nel caso dei lavoratori distaccati, esportazione dei diritti a pensione e cumulo dei periodi assicurativi coperti negli Stati firmatari. Il regolamento (CEE) n. 1408/71 e il successivo regolamento (CE) n. 883/2004 sono gli strumenti dell'Unione che stabiliscono le norme per la regolamentazione e l'applicazione di questi principi in ambito europeo, oltre a fungere da base per gli accordi con i paesi terzi.

5.2

La prospettiva nazionale della dimensione esterna della sicurezza sociale si concretizza in convenzioni concluse dagli Stati membri con paesi terzi, attraverso le quali si intende proteggere i lavoratori che abbiano svolto attività lavorativa in due Stati. In alcuni casi il campo d'applicazione personale di dette convenzioni include soltanto i cittadini degli Stati firmatari.

5.3

La prospettiva unionale della dimensione esterna della sicurezza sociale tiene conto degli interessi di tutta l'UE e si riferisce alla negoziazione di accordi con uno o più paesi terzi oppure ad altre azioni tese alla protezione dei lavoratori in materia di sicurezza sociale. In linea di principio riguarda tutti i cittadini europei.

5.4

Gli accordi di associazione e/o stabilizzazione possono contemplare l'applicazione del principio della parità di trattamento e l'esportazione di diritti a pensione e sono applicabili ai cittadini dell'UE e a quelli dello Stato firmatario. Detti accordi vengono conclusi attraverso decisioni.

5.5

Gli accordi dell'Unione con paesi terzi in materia di sicurezza sociale, attualmente inesistenti, potrebbero iniziare dall'introduzione della legislazione applicabile al fine di evitare il doppio versamento dei contributi e dall'esportabilità dei diritti a pensione, e completarsi con il cumulo dei periodi. Questi accordi differiscono in modo sostanziale da quelli precedenti, che sono molto più generali e trattano soltanto marginalmente di temi concernenti la sicurezza sociale.

5.6

Gli accordi commerciali, di associazione o di partenariato economico disciplinano materie economiche e commerciali, o anche politiche, di sviluppo sostenibile e di cooperazione tra l'Unione europea e Stati (o regioni) terzi. Alcuni di essi includono clausole riguardanti la sicurezza sociale.

6.   Esempi

6.1

Parità di trattamento ed esportazione dei diritti a pensione

6.1.1

Lavoratori provenienti da due Stati membri dell'UE (A e B) che svolgono attività lavorativa in uno Stato terzo (C), il quale non prevede, nella sua legislazione in materia, né l'affiliazione di cittadini stranieri né l'esportazione di diritti a pensione. Lo Stato A ha concluso una convenzione bilaterale che include la parità di trattamento e la conservazione dei diritti acquisiti (esportazione dei diritti a pensione). Lo Stato B non ha concluso invece alcuna convenzione con lo Stato C. La situazione dei lavoratori degli Stati A e B è completamente diversa. Mentre il primo ha diritto alla sicurezza sociale nello Stato C e, qualora acceda a una pensione, può riceverla nello Stato A in caso di rimpatrio, il lavoratore dello Stato B non avrebbe diritto alla pensione, e anche se l'avesse non potrebbe percepirla nel paese d'origine. Si tratta di un esempio di trattamento differenziato sulla base dell'esistenza o meno di una convenzione bilaterale, la cui conclusione dipende generalmente dall'interesse dello Stato C di negoziarla con uno o un altro Stato dell'Unione. Di fronte a una situazione come questa, sarebbe più utile che l'Unione negoziasse direttamente un accordo sulla sicurezza sociale con lo Stato C. Un'altra possibilità sarebbe l'inclusione, nell'ambito di accordi più ampi (regionali, multilaterali, di partenariato, ecc.) di un capitolo dedicato alla sicurezza sociale che contenga clausole sulla parità di trattamento e sull'esportazione dei diritti a pensione.

6.1.2

Lavoratori degli Stati membri A e B distaccati per un periodo di due anni dalle rispettive imprese nello Stato C, dove la legislazione vigente esige il pagamento dei contributi da parte dei lavoratori che svolgono la propria attività sul suo territorio. Anche la legislazione degli Stati A e B prevede il pagamento dei contributi per i lavoratori distaccati. A sua volta, lo Stato A ha concluso una convenzione bilaterale con lo Stato C, per effetto della quale i contributi vengono pagati esclusivamente nello Stato d'origine. L'impresa dello Stato B, invece, dovrà pagare due volte i contributi, nel proprio Stato e nello Stato C. In quest'ultimo caso, l'impresa che distacca i propri lavoratori perderà competitività poiché dovrà sostenere costi sociali più alti, il che potrebbe essere evitato se fosse l'UE a concludere direttamente l'accordo in materia di sicurezza sociale con il paese terzo in questione.

6.1.3

Lavoratori provenienti dagli Stati terzi C e D e attivi nello Stato membro A, che ha concluso una convenzione in materia di sicurezza sociale con lo Stato C ma non con lo Stato D. La legislazione dello Stato A non prevede il principio della parità di trattamento né l'esportazione dei diritti a pensione. La situazione dei lavoratori in questione non è inoltre protetta da alcuno strumento legislativo dell'Unione (per esempio nel caso dei lavoratori temporanei). I due lavoratori non godranno della stessa protezione (pieni diritti per lo Stato C, assenza di diritti per lo Stato D) e pertanto non sarà pienamente applicato il principio della parità di trattamento. Ciò non si verificherebbe se fosse la stessa UE a negoziare un accordo in materia di sicurezza sociale con lo Stato D.

6.1.4

Cittadini dello Stato terzo C che svolgono la propria attività lavorativa negli Stati membri dell'UE A e B. Lo Stato A contempla nella propria legislazione l'esportazione dei diritti a pensione o ha concluso con lo Stato C una convenzione bilaterale che prevede detta esportazione, mentre non è questo il caso dello Stato B. Entrambi i lavoratori hanno maturato diritti a pensione nello Stato membro nel quale hanno svolto la loro attività lavorativa e sono rientrati nel loro paese. Il lavoratore attivo nello Stato A potrà percepire la pensione, mentre quello attivo nello Stato B perderà i diritti che aveva maturato. Neanche questa situazione si verificherebbe se esistesse un accordo concluso dall'Unione europea che disciplinasse questi e altri diritti di sicurezza sociale.

6.1.5

Cittadini dello Stato terzo C che svolgono la propria attività lavorativa negli Stati membri A e B. Lo Stato A applica nella propria legislazione in materia di sicurezza sociale il principio della parità di trattamento, mentre ciò non avviene nella normativa dello Stato B. Nel primo caso il lavoratore del paese terzo dovrebbe pagare i contributi, nel secondo caso no. Ciò comporterebbe un vantaggio economico per lo Stato B e verrebbe meno l'idea di una UE come spazio di uguaglianza e di non discriminazione. Un accordo dell'UE risolverebbe anche il problema descritto in questo esempio.

6.2

Reciprocità. Lavoratore cittadino dello Stato terzo B attivo nello Stato membro A, nel quale, per effetto della legislazione interna in materia di sicurezza sociale o dell'ordinamento UE, è riconosciuto il principio della parità di trattamento. Lavoratore dello Stato membro A che svolge la propria attività lavorativa nello Stato terzo B, ove non è riconosciuto il principio della parità di trattamento. Dato che detto principio non è condizionato alla reciprocità né dalla normativa nazionale né da quella dell'UE, si verifica un'evidente disuguaglianza. Un accordo negoziato dall'UE risolverebbe il problema in quanto obbligherebbe le parti a tale reciprocità.

6.3

Conseguenze della sentenza Gottardo. Lavoratore cittadino dello Stato membro A, che ha lavorato nello Stato membro B e nello Stato terzo C. Lo Stato B e lo Stato C hanno concluso una convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale che si applica soltanto ai cittadini degli Stati firmatari, mentre tra lo Stato A e lo Stato C non esiste alcuna convenzione. Il lavoratore afferma di aver versato contributi per 8 anni nello Stato B e per 10 nello Stato C. Lo Stato B richiede 15 anni di contributi per poter accedere alla pensione di vecchiaia. Ai sensi della sentenza Gottardo, lo Stato membro B dovrebbe cumulare i periodi di versamento dei contributi da parte dal lavoratore nello Stato C, ma per fare ciò dovrebbe poter contare sulla collaborazione dello Stato C, il quale dovrebbe notificare formalmente tali periodi. Non essendo vincolato dalla sentenza Gottardo, tuttavia, lo Stato C può respingere la richiesta. Pertanto, la sentenza non può essere applicata senza la buona volontà dello Stato C. Per colmare a questa lacuna e rendere applicabile la sentenza sarebbe quindi necessaria una collaborazione diretta tra l'Unione europea e gli Stati terzi. Si dovrebbe inoltre riconoscere alla Commissione un ruolo di monitoraggio e di coordinamento affinché le convenzioni bilaterali negoziate o rinegoziate dagli Stati membri si applichino a tutti i cittadini dell'UE.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Oltre 20 milioni di cittadini di paesi terzi lavorano nei diversi Stati membri dell'Unione europea.

(2)  Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).

(3)  Convenzione sull'istituzione di un sistema internazionale per la conservazione dei diritti di sicurezza sociale, Ginevra, 68a riunione della Conferenza generale dell'OIL (21 giugno 1982).

(4)  Raccomandazione sull'istituzione di un sistema internazionale per la conservazione dei diritti di sicurezza sociale, Ginevra, 69a riunione della Conferenza generale dell'OIL (20giugno 1983).

(5)  Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2 EE capitolo 5, tomo 1, pagg. 98-146).

(6)  Convenzione multilaterale iberoamericana sulla sicurezza sociale del 10 novembre 2007.

(7)  Regolamento (UE) n. 1231/10 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU L 344 del 29.12.2010).

(8)  In particolare la direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro (GU L 343 del 23.12.2011, pag. 1).


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/77


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alle seguenti proposte: proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente lo strumento di assistenza preadesione (IPA II), e proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di vicinato

COM(2011) 838 final e COM(2011) 839 final

2013/C 11/16

Relatore generale: SIBIAN

Il Consiglio, in data 25 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alle seguenti proposte:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) e Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di vicinato

COM(2011) 838 final e COM(2011) 839 final.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 17 settembre 2012, ha incaricato la sezione specializzata Relazioni esterne di preparare i lavori in materia.

Considerata l'urgenza dei lavori (articolo 59 del Regolamento interno), il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha designato SIBIAN come relatore generale e ha adottato il seguente parere con 142 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni sul progetto di regolamento concernente lo strumento di assistenza preadesione (IPA II)

1.1

Il Comitato economico e sociale (CESE) accoglie con favore il nuovo approccio adottato nel quadro del progetto di regolamento concernente l'IPA II che, rispetto al precedente strumento, offre una maggiore flessibilità e prevede una parità di trattamento tra i paesi beneficiari, dato che non fa alcuna distinzione in base al tipo di sostegno disponibile per i paesi candidati e per i paesi potenziali candidati.

1.2

Il CESE sostiene la nuova strategia proposta nel quadro del suddetto progetto di regolamento, che consentirà di fornire un sostegno su misura per ciascun paese beneficiario. Per ogni paese verranno adottati documenti di strategia pluriennale globale che terranno conto delle rispettive agende ed esigenze specifiche, nel quadro della loro preparazione all'adesione all'UE.

1.3

Il CESE teme che potrebbe essere troppo tardi iniziare a rivedere i documenti di strategia solo a metà percorso, e propone invece che questo sia il termine massimo entro il quale effettuare la revisione. Inoltre, data l'importanza di concentrarsi sulla realizzazione degli obiettivi, la flessibilità è una condizione imprescindibile. Il CESE raccomanda di effettuare una revisione annuale, prima di quella intermedia, in modo da aumentare l'efficacia del sostegno. Le relazioni annuali sui progressi compiuti della Commissione europea potrebbero costituire una solida base per rivedere e adattare la programmazione a seconda delle esigenze dei paesi interessati.

1.4

Il CESE condivide l'obiettivo del nuovo progetto di regolamento di semplificare e ridurre l'onere amministrativo previsto per la gestione dell'assistenza finanziaria. Esprime tuttavia alcune riserve circa l'impostazione settoriale per quanto riguarda l'assegnazione dell'assistenza. Questo meccanismo dovrebbe essere utilizzato con prudenza, tenendo conto della situazione specifica di ciascun paese beneficiario, e non dimenticando che l'assistenza preadesione è finalizzata ad aiutare i paesi candidati e i candidati potenziali a prepararsi alla futura adesione. L'IPA è studiato per offrire ai paesi un "banco di prova" degli obblighi dell'appartenenza all'Unione europea prima dell'adesione (ad esempio per quanto riguarda le modalità di gestione dei fondi strutturali e di coesione, nonché dei fondi per l'agricoltura e per lo sviluppo rurale). Bisognerebbe quindi ricorrere a un'impostazione settoriale solo quando esistono adeguate norme e procedure (ad esempio norme in materia di aggiudicazione di appalti, conflitti di interesse, ecc.) e quando il programma delle spese del bilancio dello Stato è sufficientemente ampio e non viene elaborato su base esclusivamente annuale. L'impostazione settoriale riguarda generalmente settori come la sanità, l'istruzione, ecc., mentre l'assistenza IPA si concentra anche su altri settori, quali la lotta alla corruzione e il rafforzamento delle capacità della pubblica amministrazione, che hanno meno probabilità di seguire questa impostazione dato che esistono molti organi beneficiari piuttosto che un'unica istituzione.

1.5

Il CESE esprime soddisfazione per l'accento posto dal nuovo progetto di regolamento sul rafforzamento del coordinamento e sull'accrescimento della cooperazione a livello strategico con gli altri donatori, le istituzioni internazionali e altre istituzioni finanziarie.

1.6

Il CESE apprezza inoltre la flessibilità prevista dal nuovo strumento, che consente di trasferire assegnazioni tra settori e di riportare fondi da un esercizio al successivo (1).

1.7

Il CESE sottolinea la necessità di sostenere e sviluppare la titolarità a livello locale nelle fasi di programmazione e attuazione di IPA II. A tal fine devono essere istituiti adeguati meccanismi finalizzati al coinvolgimento e al rafforzamento delle capacità delle autorità nazionali, delle parti sociali e della società civile. Tale coinvolgimento dovrebbe essere incentivato in tutte le fasi dell'assistenza: progettazione e preparazione, attuazione, monitoraggio e valutazione. L'assistenza da fornire alla società civile dovrebbe essere inoltre convogliata attraverso le organizzazioni intermediarie di sostegno a livello locale e i centri di risorse nazionali.

1.8

Il processo di allargamento richiede l'armonizzazione delle norme del lavoro e sociali dei Balcani occidentali con l'acquis sociale dell'UE. IPA II diverrà quindi un catalizzatore inteso a promuovere l'inclusione sociale, la coesione sociale, il lavoro dignitoso e l'occupazione di qualità nella regione.

2.   Progetto di regolamento IPA II: elementi principali

2.1

Il progetto di regolamento concernente lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) stabilisce il quadro normativo del nuovo strumento finanziario (IPA II) che sostituisce quello attuale in scadenza il 31 dicembre 2013.

2.2

Il nuovo strumento di preadesione si concentra sulla realizzazione della politica di allargamento e contribuisce a promuovere la stabilità, la sicurezza e la prosperità in Europa. Il nuovo strumento sostiene i paesi candidati (2) e candidati potenziali (3) nei preparativi all'adesione all'UE.

2.3

Tenuto conto dello scarso livello di sviluppo socioeconomico di questi paesi (con l'unica eccezione dell'Islanda) e del fatto che essi hanno bisogno di essere preparati ad affrontare le sfide globali e ad adeguarsi agli sforzi compiuti dall'UE per far fronte a tali sfide, appare evidente che per avvicinare questi paesi agli standard dell'UE, sono necessari consistenti investimenti orientati ai risultati. Il progetto di regolamento sull'IPA II offre assistenza tecnica e finanziaria a tali Stati, dato che essi non sono in grado di sostenere da soli tutti gli sforzi e i costi necessari per rispettare i criteri previsti per l'adesione all'UE.

2.4

L'importo finanziario di riferimento previsto nel progetto di regolamento sull'IPA II per il periodo 2014-2020 ammonta a circa 14 miliardi di euro.

2.5

Il nuovo strumento dovrebbe garantire una maggiore flessibilità, oltre a semplificare e ridurre l'onere amministrativo previsto per la gestione dell'assistenza finanziaria.

2.6

La semplificazione implicherà una riorganizzazione dell'attuale struttura per componenti dell'assistenza IPA, permettendo quindi di semplificare il quadro legislativo e di fornire un accesso indifferenziato all'assistenza nell'ambito di ciascun settore ad ogni Stato (candidato o candidato potenziale). Delle cinque componenti della precedente versione dello strumento IPA, soltanto due (assistenza alla transizione e azioni di consolidamento istituzionale, cooperazione transfrontaliera) erano precedentemente aperte ai paesi candidati potenziali, mentre le altre tre erano disponibili solo per i paesi candidati (sviluppo regionale, sviluppo delle risorse umane, sviluppo rurale).

3.   Osservazioni specifiche sul progetto di regolamento IPA II

3.1

Il CESE raccomanda fermamente che nell'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), punto ii), concernente il sostegno in materia di promozione e tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, maggior rispetto dei diritti delle minoranze, promozione della parità di genere, della non discriminazione e della libertà di stampa nonché promozione delle buone relazioni di vicinato, siano incluse anche la promozione dei diritti sociali e la protezione dei gruppi vulnerabili, per evidenziare l'importanza che i paesi beneficiari dovrebbero attribuire a tali diritti ed assicurare quindi il necessario equilibrio tra inclusione sociale e sviluppo della democrazia e della società civile.

3.2

Per tenere adeguatamente conto di tali modifiche, dovrebbero essere conseguentemente adattati gli indicatori proposti all'articolo 2, paragrafo 2, aggiungendo il livello di sviluppo della società civile e la capacità delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile, nonché il rispetto dei diritti delle persone appartenenti a gruppi vulnerabili.

3.3

Il sostegno dell'IPA dovrebbe aiutare a combattere l'esclusione sociale e le crescenti disuguaglianze all'interno della società, sostenendo altresì l'accesso ai fondi da parte delle regioni e delle categorie socialmente escluse. Il CESE ritiene pertanto che, oltre all'indicatore previsto dall'articolo 2, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino, dovrebbe essere aggiunto anche un indicatore relativo alla giustizia sociale delle strategie di sviluppo sociale ed economico.

3.4

Il CESE ritiene che tutti gli indicatori dovrebbero essere orientati ai risultati, nonché qualitativi e quantitativi.

3.5

Il CESE reputa inoltre che migliorare il dialogo sociale e sostenere lo sviluppo della capacità delle parti sociali siano obiettivi prioritari che dovrebbero ricevere maggiore attenzione nel progetto di regolamento. A questo proposito infatti, il semplice riferimento allo sviluppo della società civile e al dialogo sociale non è giudicato sufficientemente incisivo e vincolante.

3.6

Nella maggior parte dei paesi beneficiari, le parti sociali sono scarsamente sviluppate o incontrano enormi difficoltà nell'assolvere alle loro funzioni, soprattutto nel pieno di una crisi economica di così vasta portata. Dovrebbe essere inoltre previsto un sostegno a favore delle associazioni di imprese, al cui sviluppo il CESE raccomanda pertanto vivamente di dedicare investimenti più strategici.

3.7

Il CESE prende atto dell'importanza attribuita nel progetto di regolamento alla questione del coordinamento dei finanziatori, allo scopo di rafforzare l'efficacia e l'efficienza della prestazione di assistenza ed evitare doppi finanziamenti. Tuttavia, auspica l'adozione di misure più specifiche volte ad assicurare che il coordinamento dei donatori si svolga in maniera efficiente a livello sia nazionale che europeo.

4.   Conclusioni e raccomandazioni in merito al progetto di regolamento che istituisce uno strumento europeo di vicinato (ENI)

4.1

Il CESE accoglie con favore questo progetto di regolamento e soprattutto il principio more for more (maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno), che incoraggia gli Stati interessati dallo strumento (4) a dar prova di progressi sostenibili verso la democrazia e il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale.

4.2

Il CESE condivide la proposta secondo la quale la parità di genere e la lotta alle discriminazioni dovrebbero essere un obiettivo trasversale di tutte le azioni intraprese a norma della proposta di regolamento.

4.3

Il CESE raccomanda alla Commissione europea di includere nel progetto di regolamento lo Strumento per la società civile per i paesi interessati dalla Politica europea di vicinato e dal Fondo europeo per la democrazia.

4.4

Il CESE ritiene che l'obiettivo del partenariato con le società che si riflette in questo strumento dovrebbe tradursi nel coinvolgimento delle organizzazioni della società civile, comprese le parti sociali e le autorità regionali e locali, in tutte le fasi del ciclo dell'assistenza. La Primavera araba ha mostrato l'importanza di sostenere i movimenti di cittadini nei paesi vicini dell'UE.

4.5

L'ENI dovrebbe trasformarsi in uno strumento flessibile inteso a rafforzare la capacità delle organizzazioni della società civile, consentendo loro di esaminare le politiche pubbliche e di svolgere un ruolo significativo nei processi di democratizzazione.

4.6

Il CESE suggerisce la creazione di piattaforme per il dialogo tra società civile e governo nei paesi vicini dell'UE ed è pronto ad aiutare la Commissione europea e il Servizio europeo per l'azione esterna a realizzare tale obiettivo.

4.7

Il CESE raccomanda la realizzazione, da parte delle delegazioni dell'UE, di una mappatura completa delle organizzazioni della società civile nella regione, che potrebbe aiutare tutte le istituzioni dell'UE a consolidare le relazioni con una società civile emergente.

4.8

Il CESE reputa che il regolamento sull'ENI dovrebbe altresì concentrarsi maggiormente sul rafforzamento della capacità delle istituzioni nei paesi partner responsabili della prestazione di assistenza, per assicurare un buon livello di adesione e un elevato grado di trasparenza nell'utilizzo dei fondi.

4.9

Il CESE ritiene che l'ENI dovrebbe intensificare la cooperazione nel campo dell'istruzione superiore, soprattutto attraverso gli scambi di giovani e studenti tra l'Unione e i suoi vicini. Lo strumento dovrebbe offrire l'opportunità di creare delle reti per il rafforzamento delle capacità delle ONG nel settore della gioventù nei paesi vicini dell'UE.

4.10

Il CESE raccomanda alla Commissione di utilizzare questo strumento anche per promuovere una politica industriale sostenibile, la responsabilità sociale delle imprese, attività economiche responsabili verso l'ambiente e politiche a sostegno delle PMI, nonché per affrontare le questioni del mercato del lavoro e per migliorare le politiche sociali.

5.   Progetto di regolamento ENI: elementi principali

5.1

La politica europea di vicinato (PEV) mira a creare uno spazio di prosperità e buon vicinato alle sue frontiere.

5.2

Per il periodo 2014-2020, gli obiettivi della PEV continueranno ad essere sostenuti dall'UE attraverso uno strumento finanziario dedicato – lo strumento europeo di vicinato (ENI) – che sostituirà lo strumento europeo di vicinato e partenariato (ENPI) introdotto nel 2006.

5.3

L'ENI fornirà un maggiore sostegno per i partner impegnati a costruire società democratiche e ad attuare riforme, secondo i principi more for more (maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno) e responsabilità reciproca.

5.4

Il progetto di regolamento ENI comprende alcune disposizioni intese a semplificare lo strumento, cercando di conciliarne la flessibilità con la centralità riservata agli obiettivi strategici e ai principali settori della cooperazione.

5.5

Il progetto di regolamento ENI favorisce la complementarità, la coerenza e l'integrazione dei settori strategici prioritari per l'UE, in conformità della strategia Europa 2020, pur rimanendo incentrato sui principali obiettivi della PEV.

5.6

La dotazione finanziaria disponibile per l’attuazione del regolamento ENI nel periodo 2014-2020 ammonta a circa 18 miliardi di euro.

6.   Osservazioni specifiche sul progetto di regolamento ENI

6.1

L'azione esterna dell'UE nell'ambito di questo strumento mira a esercitare un impatto in grado di produrre cambiamenti concreti nei paesi partner. Tale impatto dovrebbe essere, per quanto possibile, monitorato tramite un adeguato meccanismo e valutato sulla base di indicatori predefiniti, chiari, trasparenti e misurabili, che tengano conto delle specificità dei paesi: parametri di riferimento concreti, misurabili e attuabili, che consentano di valutare un paese in base al fatto che esso difenda o meno i valori democratici che l'UE intende promuovere attraverso l'ENI.

6.2

Per migliorare l'applicazione del principio more for more, una quota adeguata della dotazione di bilancio complessiva prevista a titolo del presente strumento potrebbe essere destinata alla concessione di incentivi per rafforzare il sostegno ai paesi partner che dimostrano di aver compiuto progressi nella costruzione o nel consolidamento di una democrazia radicata e sostenibile. Tale principio dovrebbe essere altresì applicato in modo da tenere conto dei gruppi vulnerabili in questi paesi e non dovrebbe comportare riduzioni degli aiuti allo sviluppo destinati ai singoli paesi ma piuttosto una ridistribuzione dell'assistenza dai governi alla società civile.

6.3

Le delegazioni dell'UE dovrebbero inoltre svolgere un ruolo più significativo nella cooperazione con altri finanziatori internazionali. I documenti di cui all'articolo 7, paragrafi 1 e 2, dovrebbero comprendere matrici dei donatori dettagliate e aggiornate, e descrivere le misure da adottare per migliorare il coordinamento fra i donatori, in particolare fra l'Unione e gli Stati membri.

6.4

Secondo il progetto di regolamento, l'Unione si è impegnata a promuovere, nelle relazioni con i suoi partner su scala mondiale, il lavoro dignitoso nonché la ratifica e l'effettiva applicazione delle norme sul lavoro internazionalmente riconosciute. Dovrebbe essere altresì posto l'accento sull'abolizione del lavoro minorile e sull'importanza degli accordi ambientali multilaterali.

6.5

Il progetto di regolamento dovrebbe essere infine più esplicito in relazione al rafforzamento della responsabilità interna e alla creazione di un meccanismo istituzionalizzato di consultazione e monitoraggio con le organizzazioni della società civile, i partner ambientali e sociali e altri soggetti non statali.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Ove consentito dal nuovo regolamento finanziario.

(2)  Croazia, Ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Islanda, Montenegro, Serbia e Turchia.

(3)  Albania, Bosnia-Erzegovina e Kosovo.

(4)  Regione Euromed e vicini orientali.


15.1.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 11/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo

COM(2011) 844 — 2011/0412 (COD)

2013/C 11/17

Relatore generale: IULIANO

Il Consiglio, in data 25 luglio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo

COM(2011) 844 — 2011/0412 (COD).

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 17 settembre 2012, ha incaricato la sezione specializzata Relazioni esterne di preparare i lavori del Comitato in materia.

Vista l'urgenza dei lavori (articolo 59 del Regolamento interno), il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 15 novembre), ha nominato relatore generale IULIANO e ha adottato il seguente parere con 152 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) apprezza l'ampia gamma di diritti coperti dagli emendamenti del PE, in particolare le questioni di genere, i diritti dei migranti, la necessità di garantire l'inclusione dei disabili e i diritti delle minoranze.

1.2

Il CESE approva anche il riferimento all'approccio olistico che l'Unione dovrebbe adottare in materia di diritti umani e libertà fondamentali, compresa la loro indivisibilità (1). Sulla base di queste osservazioni, il CESE invita a dare maggiore importanza ai diritti economici, sociali e culturali; oggi più che mai la protezione delle norme sul lavoro sancite dalle convenzioni dell'OIL è un pilastro fondamentale dello sviluppo della democrazia.

1.3

Il CESE sostiene l'inclusione del diritto al lavoro e a condizioni di lavoro giuste e favorevoli, che comprendono il diritto di costituire e aderire a sindacati legato alla promozione delle norme fondamentali sul lavoro e della responsabilità sociale delle imprese (2). Riguardo a quest'ultima si dovrebbe fare espressamente riferimento ai principi guida dell'ONU su imprese e diritti umani (3). Il CESE sostiene altresì la promozione del diritto alla libera impresa.

1.4

Di conseguenza andrebbe esplicitamente menzionata la libertà di associazione e di contrattazione collettiva, come pure il sostegno alle parti sociali e al dialogo sociale al fine di promuovere l'attuazione delle norme internazionali sul lavoro.

1.5

Il CESE si compiace della scelta di attribuire maggiore importanza alla formazione di una società civile indipendente, che contribuirà ai processi di democratizzazione e buona governance, compresa l'assunzione di responsabilità a livello nazionale (4). Pertanto il regolamento dovrebbe dare la priorità al ruolo delle organizzazioni della società civile (OSC) e rafforzarlo a livello nazionale, regionale e internazionale, garantendo la partecipazione diretta di tali organizzazioni al dialogo politico nel corso del processo di programmazione (5).

1.6

Il CESE sostiene la necessità di rafforzare la capacità delle delegazioni UE nei paesi partner, poiché tali delegazioni hanno sempre più bisogno di competenze specifiche in materia di sostegno dei diritti umani e della democrazia, nonché di una conoscenza approfondita delle modalità di sviluppo della società civile (6). Inoltre, il ruolo delle delegazioni sarà cruciale per garantire la coerenza con altri strumenti delle relazioni esterne dell'UE, come lo strumento di cooperazione allo sviluppo (DCI) o il Fondo europeo di sviluppo (FES) per quanto riguarda il sostegno alla società civile a livello nazionale.

1.7

Il CESE sostiene l'invito ad adottare procedure più flessibili, che dovrebbero essere sufficientemente accessibili ai beneficiari e portare a una riduzione degli oneri amministrativi (specialmente nelle situazioni di emergenza) (7).

1.8

Infine il CESE ribadisce la necessità di essere associato al processo di programmazione dello strumento, in particolare per quanto riguarda la programmazione strategica annuale e pluriennale, ma anche la valutazione intermedia e i bilanci.

2.   Contesto

2.1

Su richiesta del Consiglio, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha redatto il presente parere in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo  (8), presentata dalla Commissione.

2.2

La proposta è attualmente in fase di esame, in prima lettura, da parte del Parlamento europeo (PE) (9) nel quadro della procedura di codecisione.

2.3

In questo contesto il PE ha già proposto diversi emendamenti che saranno oggetto di negoziati tra lo stesso PE e il Consiglio. L'adozione finale del regolamento proposto è prevista per il 2013, ed esso entrerà in vigore dal 2014.

2.4

Il testo in esame è inteso a sostituire l'attuale base giuridica dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) (10), ossia lo strumento finanziario dell'UE dedicato al sostegno di attività a favore della tutela dei diritti umani e della democrazia nei paesi terzi.

2.5

Il CESE si è recentemente occupato di questo tema, adottando nel 2009 un parere di iniziativa sull'EIDHR (11) in cui effettuava un esame dello strumento e formulava delle raccomandazioni specifiche.

2.6

Nel presente parere il CESE si propone di portare avanti il lavoro iniziato con tali raccomandazioni, formulando ulteriori proposte sul regolamento in esame e tenendo conto degli emendamenti recentemente presentati dal PE.

3.   Osservazioni supplementari

3.1

Il CESE ribadisce l'esigenza, già sostenuta nel precedente parere (12), di dare maggiore importanza ai diritti economici, sociali e culturali (DESC) nelle politiche UE in generale e attraverso l'impiego degli strumenti tematici disponibili, come questo nuovo strumento per la promozione della democrazia e dei diritti umani. In effetti, i DESC possono spesso costituire un punto di partenza per la successiva affermazione dei diritti civili e politici. Come sottolineato dalla Commissione (13), la globalizzazione ed eventi recenti come la primavera araba hanno dimostrato che le diseguaglianze, la discriminazione e lo sfruttamento rappresentano le nuove sfide per la promozione piena dei diritti umani. Ora più che mai, dunque, la protezione dei diritti del lavoro e di tutti i diritti collegati, sanciti dalle convenzioni dell'OIL, costituisce un pilastro fondamentale in questo ambito. Di conseguenza, nel regolamento andrebbe esplicitamente menzionata la libertà di associazione e di contrattazione collettiva, come pure il sostegno alle parti sociali e al dialogo sociale (14) al fine di promuovere l'attuazione delle norme internazionali sul lavoro (15). Al tempo stesso il CESE sottolinea l'importanza di promuovere il diritto alla libera impresa, in quanto tale principio è alla base dei diritti economici e sociali.

3.2

Il CESE attribuisce grande importanza a questo strumento tematico che, data la sua indipendenza, è fondamentale per salvaguardare l'autonomia e il diritto di iniziativa delle OSC nell'affrontare le violazioni dei diritti umani e nel promuovere e preservare un'autentica democrazia. Come giustamente affermato dalla Commissione nella recente comunicazione Le radici della democrazia e dello sviluppo sostenibile: l’impegno dell’Europa verso la società civile nell’ambito delle relazioni esterne  (16), "elemento imprescindibile dei sistemi democratici, una società civile emancipata è di per sé un fattore di progresso capace di dare forma e promuovere il pluralismo, contribuendo a politiche più efficaci, allo sviluppo equo e sostenibile e alla crescita inclusiva. Le organizzazioni della società civile (OSC), che svolgono un ruolo centrale nel promuovere la pace e nel porre fine ai conflitti, esprimono le preoccupazioni dei cittadini e intervengono nell'arena pubblica con iniziative che sviluppano la democrazia partecipativa". Il CESE raccomanda quindi che questo regolamento dia la priorità al sostegno alle OSC, compresa la loro partecipazione ai meccanismi di dialogo politico a livello nazionale, regionale e globale nei processi di programmazione dello strumento.

3.3

Il CESE sottolinea la necessità di pervenire a un quadro più coerente per i programmi di sostegno alle OSC nell'ambito dei diversi strumenti finanziari UE per l'azione esterna, come quello che è oggetto di questo parere, nonché il DCI (programmi geografici e tematici) e il FES. Invita quindi a rafforzare, nelle fasi di programmazione, i meccanismi di coordinamento interno tra gli organi interessati, come il SEAE, la DG DEVCO e gli Stati membri stessi. Ciò vale in particolare a livello nazionale, dove alle delegazioni UE spetta un ruolo cruciale nel garantire la coerenza e la complementarità tra i diversi programmi di sostegno alle OSC. Pertanto il CESE accoglie con favore l'iniziativa di creare, a livello nazionale, delle "roadmap per l'impegno verso le OSC" (17), le quali dovrebbero attivare e garantire un dialogo strutturato e una cooperazione strategica aumentando così la coerenza e l'impatto delle azioni UE.

3.4

In questo contesto è fondamentale fornire un'adeguata capacità alle delegazioni affinché interagiscano appieno con le OSC e comprendano la varietà degli attori in campo e le funzioni specifiche di tali organizzazioni, così da garantire un impegno più mirato. Nella stessa comunicazione della Commissione viene affermato che "si consiglia una mappatura regolare e partecipativa estesa ai vari attori, alle reti e alle piattaforme nazionali e/o settoriali" (18). Il CESE appoggia pienamente tale approccio e ribadisce la necessità di sostenere meccanismi di dialogo inclusivi e trasparenti con OCS indipendenti e rappresentative a livello nazionale.

3.5

Infine, il CESE ribadisce la necessità di essere associato alla fase di programmazione dello strumento, in particolare per quanto riguarda la programmazione strategica pluriannuale e annuale nonché la valutazione intermedia e i bilanci. In questo modo la programmazione potrà beneficiare dei risultati del lavoro svolto dallo stesso Comitato con i partner della società civile dei paesi terzi con i quali intrattiene relazioni privilegiate (Tavola rotonda UE-India, area euromediterranea, paesi ACP, America Latina, ecc.). Chiede inoltre di essere consultato nel quadro della valutazione intermedia e dei bilanci dello strumento.

3.6

Il CESE si propone di svolgere un ruolo attivo in questo processo, basandosi sulla propria esperienza e sulle proprie "reti" di riferimento (partner economici e sociali in tutto il mondo e consigli economici e sociali, laddove siano attivi e rappresentativi).

3.7

Il CESE può altresì svolgere un ruolo importante rispetto alla società civile nell'ambito del monitoraggio post elettorale, al fine di consolidare i sistemi democratici.

3.8

Tre anni fa il CESE ha costituito un comitato di monitoraggio dell'EIDHR con il compito di: (i) dar seguito alle richieste urgenti di consultazione nel contesto delle nuove procedure istituite per gli strumenti finanziari e (ii) monitorare la messa a punto e l'attuazione dello strumento EIDHR. Tale comitato, incaricato anche di esaminare gli altri strumenti dell'UE che intervengono nei paesi terzi, ha svolto un'efficace cooperazione con la Commissione e il Parlamento. Esso potrebbe quindi evolversi in un sottocomitato più strutturato all'interno del CESE, in grado di collaborare con i diversi programmi di sostegno disponibili per le OSC dei paesi terzi nel quadro di diversi strumenti finanziari dell'UE.

Bruxelles, 15 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. la posizione negoziale del Parlamento europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo, commissione per gli Affari esteri, relatore: Alexander Graf Lambsdorff, punto 6.

(2)  Cfr. la posizione negoziale del PE, art. 2, par. 1, lettera b (ix).

(3)  http://www.ohchr.org/documents/issues/business/A.HRC.17.31.pdf

(4)  Cfr. la posizione negoziale del PE, punto 9.

(5)  Cfr. la posizione negoziale del PE, punto 11, lettera a).

(6)  Cfr. la posizione negoziale del PE, punto 15, lettera a).

(7)  Cfr. la posizione negoziale del PE, punto 16, lettera d).

(8)  COM(2011) 844 final.

(9)  Cfr. la posizione negoziale del PE.

(10)  Regolamento (CE) n. 1889/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo GU L 386 del 29.12.2006, pag. 1.

(11)  Cfr. il parere CESE sul tema Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR), GU C 182 del 4.8.2009, pag. 13.

(12)  Cfr. il parere CESE, GU C 182 del 4.8.2009, pag. 13.

(13)  Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio - Diritti umani e democrazia al centro dell’azione esterna dell'Unione europea - Verso un approccio più efficace, COM(2011) 886 final.

(14)  Come già sottolineato dal CESE, "il dialogo sociale dovrebbe essere espressamente indicato come prioritario in quanto strumento, a pieno titolo, della partecipazione, della rappresentanza ed anche della conciliazione di gruppi d'interesse, che nella fattispecie sono appunto le parti sociali (datori di lavoro e lavoratori). Il dialogo sociale è una modalità che permette l'incontro degli interessi delle parti, sulla base dei quali le parti stesse trovano un accordo. Tale processo contiene dunque in sé il principio di uguaglianza della rappresentanza, nonché l'affermazione dei principi basilari della democrazia. Il dialogo sociale costituisce perciò una prova concreta dell'esercizio delle libertà d'espressione ed associazione, che, come recita lo stesso regolamento dell'EIDHR, "sono i prerequisiti del pluralismo politico e del processo democratico"." Cfr. il parere CESE 53/2009, punto 5.2, pag. 10.

(15)  A questo proposito si evidenzia che il dialogo sociale figurava già nel documento strategico EIDHR 2011-2013 e che "il diritto di riunione pacifica e di associazione, come pure il diritto di formare e di aderire a un sindacato e il diritto di contrattazione collettiva" erano inclusi nel programma di azione annuale EIDHR 2011.

(16)  COM(2012) 492 final.

(17)  Le radici della democrazia e dello sviluppo sostenibile: l’impegno dell’Europa verso la società civile nell’ambito delle relazioni esterne, COM(2012) 492 final, pag. 10.

(18)  COM(2012) 492 final, pag. 10.


15.1.2013   

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C 11/84


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d’azione per l’imposizione fiscale nell’Unione europea per il periodo 2014-2020 (Fiscalis 2020) e abroga la decisione n. 1482/2007/CE

COM(2012) 465 final — 2011/0341/b (COD)

2013/C 11/18

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 11 settembre e 18 ottobre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d’azione per l’imposizione fiscale nell’Unione europea per il periodo 2014-2020 (Fiscalis 2020) e abroga la decisione n. 1482/2007/CE

COM(2012) 465 final — 2011/0341/b (COD).

Poiché si era già pronunciato sul contenuto della proposta nel parere adottato il 22 febbraio 2012 (1), il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha deciso, con 147 voti favorevoli, 1 voto contrario e 12 astensioni, di non procedere all'elaborazione di un nuovo parere in materia ma di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere CESE in merito al Programma 2014-2020 (Fiscus), GU C 143 del 22.5.2012, pag. 48.


15.1.2013   

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Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 812/2004 del Consiglio che stabilisce misure relative alla cattura accidentale di cetacei nell'ambito della pesca e che modifica il regolamento (CE) n. 88/98

COM(2012) 447 final — 2012/216 (COD)

2013/C 11/19

Il Parlamento europeo, in data 8 agosto 2012, e il Consiglio, in data 10 settembre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 812/2004 del Consiglio che stabilisce misure relative alla cattura accidentale di cetacei nell'ambito della pesca e che modifica il regolamento (CE) n. 88/98

COM(2012) 447 final — 2012/216 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente, il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha deciso di esprimere parere favorevole sul testo proposto con 140 voti favorevoli e 10 astensioni.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.1.2013   

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Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio

COM(2012) 403 final — 2012/0196 (COD)

2013/C 11/20

Il Parlamento europeo, in data 11 settembre 2012, e il Consiglio, in data 12 settembre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 192, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (rifusione)

COM(2012) 403 final — 2012/196 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente, il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha deciso di esprimere parere favorevole sul testo proposto con 151 voti favorevoli e 5 astensioni.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.1.2013   

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C 11/86


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 850/98 del Consiglio per la conservazione delle risorse della pesca attraverso misure tecniche per la protezione del novellame

COM(2012) 432 final — 2012/0208 (COD)

2013/C 11/21

Il Parlamento europeo, in data 11 settembre 2012, e il Consiglio, in data 17 settembre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 850/98 del Consiglio per la conservazione delle risorse della pesca attraverso misure tecniche per la protezione del novellame

COM(2012) 432 final — 2012/0208 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente, il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha deciso di esprimere parere favorevole sul testo proposto con 143 voti favorevoli, 3 voti contrari e 7 astensioni.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.1.2013   

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C 11/86


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1100/2007 del Consiglio che istituisce misure per la ricostituzione dello stock di anguilla europea

COM(2012) 413 final — 2012/0201 (COD)

2013/C 11/22

Il Parlamento europeo, in data 11 settembre 2012 e il Consiglio, in data 3 settembre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1100/2007 del Consiglio che istituisce misure per la ricostituzione dello stock di anguilla europea

COM(2012) 413 final – 2012/0201 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente, il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha deciso di esprimere parere favorevole sul testo proposto con 150 voti favorevoli, 1 voto contrario e 6 astensioni.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.1.2013   

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Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE volta a chiarire le disposizioni sui tempi delle aste di quote di gas a effetto serra

COM(2012) 416 final — 2012/0202 (COD)

2013/C 11/23

Il Parlamento europeo e il Consiglio, in data 11 settembre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 192, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE volta a chiarire le disposizioni sui tempi delle aste di quote di gas a effetto serra

COM(2012) 416 final — 2012/0202 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente, il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha deciso di esprimere parere favorevole sul testo proposto con 61 voti favorevoli, 9 voti contrari e 4 astensioni.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.1.2013   

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C 11/87


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad alcune misure tecniche e di controllo nello Skagerrak e recante modifica del regolamento (CE) n. 850/98 e del regolamento (CE) n. 1342/2008

COM(2012) 471 final — 2012/0232 (COD)

2013/C 11/24

Il Parlamento europeo, in data 11 settembre 2012, e il Consiglio, in data 12 settembre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad alcune misure tecniche e di controllo nello Skagerrak e recante modifica del regolamento (CE) n. 850/98 e del regolamento (CE) n. 1342/2008

COM(2012) 471 final — 2012/0232 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente, il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria del 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), decide di esprimere parere favorevole al testo proposto con 157 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.1.2013   

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C 11/88


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/110/CE del Consiglio concernente il miele

COM(2012) 530 final — 2012/0260 (COD)

2013/C 11/25

Il Parlamento europeo, in data 22 ottobre 2012, e il Consiglio, in data 4 ottobre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/110/CE del Consiglio concernente il miele

COM(2012) 530 final — 2012/0260 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente, il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha deciso di esprimere parere favorevole sul testo proposto con 150 voti favorevoli, nessun voto contrario e 8 astensioni.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.1.2013   

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C 11/88


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla modifica della proposta della Commissione COM(2011) 628 definitivo/2 di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune

COM(2012) 551 final — 2012/0260 (COD)

2013/C 11/26

Il Parlamento europeo, in data 5 ottobre 2012, e il Consiglio, in data 10 ottobre 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Modifica della proposta della Commissione COM(2011) 628 definitivo/2 di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune

COM(2012) 551 final — 2012/0260 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente, il Comitato, nel corso della 484a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 novembre 2012 (seduta del 14 novembre), ha deciso di esprimere parere favorevole sul testo proposto con 149 voti favorevoli, 3 voti contrari e 9 astensioni.

Bruxelles, 14 novembre 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON