ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2012.299.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 299

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

55o anno
4 ottobre 2012


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

482a sessione plenaria dei giorni 11 e 12 Iuglio 2012

2012/C 299/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Rafforzare i processi partecipativi e il coinvolgimento degli enti locali, delle ONG e delle parti sociali nell'attuazione della strategia Europa 2020 (parere esplorativo)

1

2012/C 299/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Quali sono i cambiamenti introdotti dalle nuove regolamentazioni finanziarie nel settore bancario europeo? (parere d'iniziativa)

6

2012/C 299/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Piattaforme tecnologiche europee (PTE) e trasformazioni industriali (parere d'iniziativa)

12

2012/C 299/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Necessità di un'industria europea della difesa: aspetti industriali, innovativi e sociali (parere d'iniziativa)

17

2012/C 299/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le donne imprenditrici: politiche specifiche volte a favorire la crescita e l'occupazione nell'UE (parere d'iniziativa)

24

2012/C 299/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il ruolo della donna quale volano per un modello di sviluppo e di innovazione nell'agricoltura e nelle zone rurali (parere d'iniziativa)

29

2012/C 299/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le relazioni UE-Moldova: il ruolo della società civile organizzata

34

2012/C 299/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il ruolo della società civile nell'accordo commerciale multilaterale tra l'UE, la Colombia e il Perù

39

2012/C 299/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Cooperativismo e sviluppo agroalimentare (parere d'iniziativa)

45

2012/C 299/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Revisione degli orientamenti del 1994 e del 2005 sull'aviazione e gli aeroporti nell'UE (supplemento di parere)

49

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

482a sessione plenaria dei giorni 11 e 12 Iuglio 2012

2012/C 299/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Ristrutturare e anticipare i mutamenti: quali insegnamenti trarre dall'esperienza recente? (Libro verde)COM(2012) 7 final

54

2012/C 299/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde sulla fattibilità dell'introduzione di stability bondCOM(2011) 818 final

60

2012/C 299/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul programma europeo di monitoraggio della terra (GMES) e sulle sue attività (dal 2014 in poi)COM(2011) 831 final

72

2012/C 299/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica della direttiva 98/26/CECOM(2012) 73 final — 2012/0029 (COD)

76

2012/C 299/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla trasparenza delle misure che disciplinano la fissazione dei prezzi dei medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi pubblici di assicurazione malattiaCOM(2012) 84 final — 2012/0035 (COD)

81

2012/C 299/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme per la semplificazione del trasferimento all'interno del mercato unico dei veicoli a motore immatricolati in un altro Stato membroCOM(2012) 164 final — 2012/0082 (COD)

89

2012/C 299/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul rafforzamento della solidarietà all'interno dell'UE in materia di asilo — Un programma dell'UE per una migliore ripartizione delle responsabilità e maggiore fiducia reciprocaCOM(2011) 835 final

92

2012/C 299/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Iniziativa Opportunità per i giovaniCOM(2011) 933 final

97

2012/C 299/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Giustizia per il periodo 2014-2020COM(2011) 759 final — 2011/0369 (COD)

103

2012/C 299/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alle seguenti proposte: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le frontiere esterne e i vistiCOM(2011) 750 final — 2011/0365 (COD);Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo e migrazioneCOM(2011) 751 final — 2011/0366 (COD);Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo Asilo e migrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisiCOM(2011) 752 final — 2011/0367 (COD);Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisiCOM(2011) 753 final — 2011/0368 (COD)

108

2012/C 299/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro bianco — Un'agenda dedicata a pensioni adeguate, sicure e sostenibiliCOM(2012) 55 final

115

2012/C 299/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce per il periodo 2014-2020 il programma L'Europa per i cittadiniCOM(2011) 884 final — 2011/0436 (APP)

122

2012/C 299/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell'Unione europeaCOM(2012) 85 final — 2012/0036 (COD)

128

2012/C 299/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca [che abroga il regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, il regolamento (CE) n. 861/2006 del Consiglio e il regolamento n. XXX/2011 del Consiglio sulla politica marittima integrata]COM(2011) 804 final — 2011/0380 (COD)

133

2012/C 299/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli: una strategia a forte valore aggiunto europeo per promuovere i sapori dell’EuropaCOM (2012) 148 final

141

2012/C 299/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1098/2007 del Consiglio, del 18 settembre 2007, che istituisce un piano pluriennale per gli stock di merluzzo bianco del Mar Baltico e le attività di pesca che sfruttano questi stockCOM(2012) 155 final — 2012/0077 (COD)

145

2012/C 299/27

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Calcolo ad alte prestazioni: il posto dell'Europa nella corsa mondialeCOM(2012) 45 final

148

2012/C 299/28

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdoCOM(2012) 129 final — 2012/62 (COD) e alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle responsabilità dello Stato di bandiera ai fini dell'applicazione della direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CECOM(2012) 134 final — 2012/65 (COD)

153

2012/C 299/29

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riciclaggio delle naviCOM(2012) 118 final — 2012/0055 (COD)

158

2012/C 299/30

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Azioni chiave: verso un Atto per il mercato unico II (parere esplorativo)

165

2012/C 299/31

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro bianco sui trasporti: verso l'adesione e l'impegno della società civile (parere esplorativo)

170

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

482a sessione plenaria dei giorni 11 e 12 Iuglio 2012

4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Rafforzare i processi partecipativi e il coinvolgimento degli enti locali, delle ONG e delle parti sociali nell'attuazione della strategia Europa 2020» (parere esplorativo)

2012/C 299/01

Relatrice: LOUGHEED

Con lettera del 18 aprile 2012, Sotiroula CHARALAMBOUS, ministro del Lavoro e della previdenza sociale della repubblica di Cipro, a nome della futura presidenza cipriota del Consiglio dell'UE, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Rafforzare i processi partecipativi e il coinvolgimento degli enti locali, delle ONG e delle parti sociali nell'attuazione della strategia Europa 2020 (parere esplorativo).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere all'unanimità.

1.   Raccomandazioni

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) invita le istituzioni europee e i governi nazionali a rinnovare il loro impegno politico per il coinvolgimento nella strategia Europa 2020 di tutti i partner pertinenti: il Parlamento europeo, il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale europeo, i parlamenti nazionali, gli enti regionali e locali, le parti sociali, la società civile organizzata, i consigli economici e sociali nazionali (CES) e le istituzioni analoghe, le città e tutte le altre forme di governo locale.

Il CESE si impegna a proseguire la collaborazione con i CES nazionali e le istituzioni analoghe, nonché con i rappresentanti nazionali della società civile organizzata, dei quali intende diventare il punto di contatto europeo, e a offrire una piattaforma affinché possano, a loro volta, continuare a lavorare sulla strategia Europa 2020.

Il CESE ritiene che, col tempo, l'Unione europea dovrebbe dotarsi di una visione di lungo periodo dell'obiettivo ultimo di coinvolgere i soggetti interessati, e lavorare per realizzare gradualmente questo obiettivo.

A breve termine, il CESE reputa che alcuni cambiamenti di minore entità potrebbero incidere in modo significativo sulle possibilità di fare progressi. In particolare, gli Stati membri e la Commissione dovrebbero rivedere con urgenza la tempistica e le fasi dei processi per rendere possibile una reale partecipazione e corresponsabilità di tutti i soggetti interessati.

2.   Introduzione

2.1

Il 18 aprile 2012 la futura presidenza cipriota ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo (CESE) di elaborare un parere sul rafforzamento dei processi partecipativi e sul coinvolgimento degli enti locali, delle ONG e delle parti sociali nell'attuazione della strategia Europa 2020, alla luce dell'intenzione della presidenza stessa di considerare questo tema prioritario in vista della riunione informale del Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori (EPSCO) del luglio prossimo.

Il semestre europeo è giunto al suo terzo anno, ed è il momento opportuno per esaminare i processi partecipativi nell'ambito della strategia Europa 2020 al fine di individuare ulteriori possibilità di sviluppo.

2.2

Il comitato direttivo Europa 2020 del CESE si occupa della supervisione di questo lavoro e invita i CES nazionali e gli organismi analoghi negli Stati membri a incontrarsi per condividere le loro esperienze circa le possibilità di migliorare i processi partecipativi nel quadro della strategia.

2.3

Il ruolo svolto dal CESE nell'attuazione della strategia Europa 2020 (1) è ora pienamente riconosciuto, e il Comitato desidera formulare alcune raccomandazioni circa le possibilità di migliorare i processi partecipativi nel quadro della strategia stessa e del semestre europeo.

3.   Europa 2020: un nuovo sistema

3.1

L'Unione europea e la sua popolazione si trovano ad affrontare una grave crisi economica e finanziaria, che ha inciso pesantemente su tutta l'UE e sui suoi cittadini. Molti Stati membri si trovano in situazioni di estrema difficoltà, e gli elevati tassi di disoccupazione rimangono motivo di preoccupazione. Il CESE, come già manifestato in numerosissimi suoi pareri pubblicati negli ultimi tre anni, ritiene quindi che la strategia Europa 2020 sia più importante che mai, in quanto offre un'agenda globale per le riforme volta a conseguire una crescita sostenibile e a creare un'UE più solida e resistente alle difficoltà.

3.2

La strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva è la strategia per la crescita che definisce gli obiettivi negli ambiti di azione cruciali al livello dell'UE e degli Stati membri. Si tratta di una politica di ampissima portata e ha l'ambizione generale di sostenere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, abbracciando ambiti quali il progresso dell'innovazione e della R&S, i cambiamenti climatici, l'energia, la disoccupazione, la politica industriale, la coesione sociale e territoriale, i livelli di povertà, la politica di coesione e molti altri.

3.3

La governance della strategia Europa 2020 si prefigge di riunire le competenze europee, nazionali e condivise in un sistema multilivello, contribuendo in tal modo a rafforzare la legittimità dell'approfondimento dell'integrazione europea. Rispetto alla strategia di Lisbona, la strategia Europa 2020 è caratterizzata da iniziative faro interconnesse che forniscono orientamento e sostegno in importanti ambiti tematici, priorità, obiettivi principiali e un sistema di supervisione rafforzato e rigoroso, con l'opzione di valutare criticamente i progressi (o la loro mancanza) a livello nazionale.

3.4

Sempre rispetto alla strategia di Lisbona, è diverso il meccanismo di rendicontazione, non solo perché è più esigente, ma anche perché si allinea ai processi previsti dai sistemi di governance economica nuovi o migliorati, cosicché, per esempio, il programma di stabilità e di convergenza e i programmi nazionali di riforma sono presentati insieme alla Commissione europea, il che le consente di avere un'immagine più completa della situazione e dei progetti dei singoli Stati membri.

3.5

La stessa comunicazione con cui la Commissione ha lanciato la strategia Europa 2020 ha messo per la prima volta in risalto questo cambiamento, affermando chiaramente che "abbiamo bisogno di una maggiore titolarità" e che a questo fine "anche il contributo delle parti interessate a livello nazionale e regionale e delle parti sociali deve assumere un'importanza maggiore". La Commissione si è inoltre impegnata in modo specifico a coinvolgere maggiormente il CESE e il Comitato delle regioni. Questa esigenza di processi partecipativi è stata ribadita più volte, e in particolare nelle conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2010 e negli Orientamenti per l'elaborazione, l'attuazione e il monitoraggio dei programmi nazionali di riforma della strategia Europa 2020, pubblicati dalla Commissione europea, ove si afferma che "sarà importante coinvolgere pienamente i parlamenti nazionali, le parti sociali, le regioni e altri soggetti interessati nella preparazione dei PNR, per incrementare la titolarità della strategia".

4.   L'esperienza del semestre europeo

4.1

A tre anni dal lancio della strategia Europa 2020, è chiaro che molti Stati membri si sono impegnati a coinvolgere le parti sociali e la società civile organizzata nel semestre europeo, e hanno associato questi partner ai propri processi nazionali. La realizzazione pratica di questo impegno è però disomogenea, si assiste a situazioni molto diverse, e anche dove l'impegno c'è ed è sincero, vi sono notevoli differenze nella reale partecipazione dei partner a questo processo. Se da un lato molti Stati membri informano e consultano i propri partner, dall'altro il processo risente di una mancanza di orientamento e spesso genera nei partecipanti una sensazione di distacco e di assenza di una strategia globale. In particolare, sia il CESE che altri hanno espresso preoccupazioni circa le scadenze molto ravvicinate, che spesso non lasciano praticamente tempo per un dibattito adeguato con le parti sociali, la società civile organizzata e i parlamenti nazionali. Questi problemi non sono sentiti soltanto a livello nazionale: molte organizzazioni a livello europeo si sono chieste se non si possano migliorare il semestre europeo e la governance, nonché il monitoraggio nel quadro della strategia Europa 2020. Il Parlamento europeo ha formulato alcune raccomandazioni politiche per definire meglio il proprio ruolo e il contributo che potrebbe apportare (2), e il Comitato delle regioni sta preparando e pubblicherà a breve i propri orientamenti.

4.2

In seno al CESE, l'istituzione del comitato direttivo Europa 2020 ha apportato il necessario orientamento al nostro lavoro, mettendo a disposizione del Comitato un unico gruppo responsabile del monitoraggio di tutte le materie che rientrano nella strategia e delle proposte a esse correlate, invece di prenderle in considerazione una a una. Alle riunioni del comitato direttivo partecipano regolarmente rappresentanti della Commissione e altri soggetti interessati. Per rafforzare il legame con gli Stati membri, il comitato invita regolarmente i CES nazionali e le istituzioni analoghe in occasione dei momenti importanti del semestre europeo e organizza manifestazioni locali nel quadro della strategia Europa 2020 in collaborazione con gli attori della società civile dei diversi Stati membri. Queste attività vanno rafforzate e ulteriormente sviluppate.

4.3

Il ruolo svolto dal CESE nel riunire i CES nazionali e le istituzioni analoghe, benché non concentrato esclusivamente sul semestre europeo e sulla strategia Europa 2020, è risultato utile anche per l'evoluzione dell'analisi e la comprensione, da parte tanto del CESE quanto dei CES nazionali, della situazione in tutta l'UE, nonché per dare più forza alle loro proposte.

5.   Valore e utilità dei processi partecipativi

5.1

È chiaro che, al fine di ottimizzare l'impatto del semestre europeo, un miglioramento e un rafforzamento dei processi partecipativi nel quadro della strategia Europa 2020 sarebbero vantaggiosi per la strategia stessa e in definitiva per il benessere dei cittadini.

5.2

L'Unione europea e i suoi Stati membri si riferiscono spesso all'utilità dei processi partecipativi e al coinvolgimento della società civile organizzata. Le parti sociali e i cittadini in generale dispongono infatti di numerosi processi e sistemi diversi, ed è utile che vi sia chiarezza a proposito delle ragioni della loro importanza e dei potenziali vantaggi di un sistema di più ampia partecipazione che funzioni correttamente. Un impegno proattivo con la società civile organizzata e con le parti sociali può generare:

una "impronta" più ampia per la diffusione delle informazioni in tutta l'Unione europea e un notevole effetto domino;

una maggiore titolarità delle strategie, purché tutti gli interessati sentano di partecipare alla loro creazione;

un "sistema di allerta rapida": spesso, essendo molto più vicini al terreno, le organizzazioni della società civile e le parti sociali possono fungere da sistema di allerta rapida sull'evoluzione delle micro tendenze ben prima che esse siano evidenti a livello nazionale o europeo;

la capacità di sperimentare idee e sviluppare soluzioni: come si può immaginare, chi è più vicino alle situazioni è spesso in grado di sperimentare concretamente le proposte prima che esse siano pienamente attuate e di fornire soluzioni altamente pragmatiche ed efficaci;

una migliore attuazione: in molti casi sono proprio le parti sociali e le organizzazioni della società civile a essere responsabili dell'effettiva realizzazione sul campo delle misure proposte.

6.   Proposte specifiche per migliorare i processi partecipativi nel quadro della strategia Europa 2020

6.1

Esaminando i processi utilizzati finora a livello sia europeo che nazionale, il CESE ritiene che molto rimanga da fare e che questi processi possano costituire la base sulla quale sviluppare un sistema che porti veramente a un partenariato solido tra le istituzioni europee, i governi nazionali, le parti sociali, le organizzazioni della società civile, i parlamenti nazionali e regionali e altri soggetti interessati. Ciò non sarà possibile senza uno sforzo mirato e concertato, e richiederà un certo tempo. Il CESE reputa tuttavia che questi sistemi vadano sviluppati costruendo gradualmente un processo di partenariato a più livelli strategico e globale, realizzando nel contempo semplici azioni per consentire miglioramenti rapidi in tempi brevi.

6.2

In particolare, il CESE invita le istituzioni europee e i governi nazionali a rinnovare il loro impegno politico a coinvolgere in modo più regolare e sistematico le parti sociali, le organizzazioni della società civile, i parlamenti nazionali, gli enti regionali e locali e tutti gli altri soggetti interessati, assicurandosi che ciò avvenga nel modo più completo possibile attraverso processi partecipativi forti, vitali e sostenibili nel quadro della strategia Europa 2020. Il Trattato di Lisbona sottolinea la necessità di consultare la società civile a livello europeo e di coinvolgerla nei processi decisionali. Se gli Stati membri devono conquistarsi una maggiore titolarità e partecipazione sia alla strategia Europa 2020 che al processo europeo, è necessario che seguano gli stessi principi, consultando i CES e gli organismi analoghi ogniqualvolta possibile.

7.   Il CESE

7.1

Per quanto riguarda il proprio ruolo, il CESE considera vitale continuare a impegnarsi in modo strategico e mirato riguardo a tutte le parti della strategia Europa 2020, al fine di mantenere la capacità di individuare le possibili sinergie generate dalla strategia stessa e dalle sue componenti.

7.2

Il CESE è dell'avviso che occorra proseguire e sviluppare ulteriormente il lavoro svolto dal proprio comitato direttivo Europa 2020. È necessario che quest'ultimo continui a concentrarsi sulla strategia e sulle sue implicazioni per i cittadini, e si avvalga della comunicazione interna con i membri che non partecipano ai suoi lavori per garantire che tutti possano trarre beneficio dalle sue analisi e dai suoi approfondimenti.

7.3

Il CESE ritiene che i risultati da esso gradualmente conseguiti nel coordinamento dei collegamenti tra i CES nazionali, ove esistono, e dei lavori da essi svolti abbiano inciso in modo altamente positivo, ma che si possa comunque migliorare. Molte di queste organizzazioni hanno anche un ruolo da svolgere a livello nazionale nell'ambito della strategia Europa 2020, come pure molti dei loro membri. Per quanto riguarda un maggiore coinvolgimento nella strategia stessa, il CESE è dell'avviso che in quest'ambito un'azione rapida e semplice possa apportare vantaggi significativi. Il Comitato ritiene inoltre di essere nella posizione ideale per diventare un punto di contatto a livello europeo per i CES nazionali e le istituzioni analoghe, in particolare assistendoli nel loro lavoro sulla strategia Europa 2020. Il CESE è disposto a impegnarsi in questo senso e a dare il via a questo processo di ulteriore rafforzamento dei contatti e della collaborazione invitando i CES nazionali e le istituzioni analoghe a partecipare a un convegno dedicato alla strategia che intende organizzare quanto prima.

8.   Azioni rapide per produrre cambiamenti a breve termine

8.1

Il CESE sostiene fortemente l'intenzione della presidenza cipriota di concentrarsi sul rafforzamento dei processi partecipativi nel quadro della strategia Europa 2020 e di dedicare a questa finalità parte del Consiglio informale EPSCO del luglio 2012. Il CESE appoggia pienamente questa iniziativa, che deve incoraggiare gli Stati membri e la Commissione europea a valutare pienamente le possibilità di migliorare il proprio operato in quest'ambito.

8.2

Il CESE invita tutti gli Stati membri a chiarire a livello nazionale quali organi statali siano responsabili di quali misure nel contesto della strategia Europa 2020, e quali siano le relazioni tra gli enti responsabili del coordinamento o del monitoraggio dei programmi nazionali di riforma e quelli che si occupano dell'effettiva attuazione. Anche un semplice chiarimento in questo senso da parte delle autorità di ciascuno Stato membro consentirebbe ai soggetti interessati di interagire con gli organi giusti e ottenere così risultati migliori.

8.3

Il CESE ritiene che la piena trasparenza a proposito delle forme di partecipazione utilizzate in ciascuno Stato membro e una descrizione dei processi e degli strumenti che i governi intendono utilizzare porteranno chiarezza per tutti circa i diversi sviluppi e le loro giustificazioni e modalità.

8.4

A giudizio del CESE, la Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero riesaminare con urgenza la tempistica delle diverse azioni realizzate nel quadro del semestre europeo. Quasi tutti i soggetti interessati che agiscono nell'ambito delle strutture esistenti hanno sottolineato che il problema più persistente è costituito dalla mancanza di tempo sufficiente per poter fornire una risposta meditata od organizzare una discussione adeguata. Gli Stati membri dovrebbero esaminare urgentemente le scadenze attualmente in vigore e valutare le possibilità di renderle più ragionevoli.

8.5.

Il CESE incoraggia con forza gli enti locali e regionali ad approfondire il loro impegno nei processi della strategia Europa 2020, sia all'interno dei loro quadri nazionali che direttamente a livello UE. La creazione della Piattaforma di monitoraggio Europa 2020 da parte del Comitato delle regioni costituisce un passo significativo verso il conseguimento di questo obiettivo. Secondo il CESE, i governi nazionali dovrebbero sostenere questo maggiore impegno. Le conoscenze degli enti locali e regionali in materia di sviluppi locali e potenziali applicazioni costituiscono un elemento chiave delle iniziative da realizzare per consentire alla strategia Europa 2020 di svolgere appieno il suo ruolo.

9.   Sviluppo di un processo partecipativo globale di lungo periodo per la strategia Europa 2020

9.1

Il CESE è dell'avviso che esistano già alcuni modelli che possono rivelarsi altamente utili per la creazione di forti strutture dedicate a un dialogo permanente. A questo proposito, il Codice di buone prassi per la partecipazione civile nel processo decisionale elaborato dal Consiglio d'Europa (3) rappresenta un ottimo quadro e un insieme di principi che possono essere applicati alla strategia Europa 2020. L'adozione di principi di questo tipo consentirà all'Unione europea e agli Stati membri di incrementare gradualmente il livello di coinvolgimento nelle discussioni, passando da un livello piuttosto basso, in cui ci si concentra essenzialmente sulla fornitura di informazioni, attraverso la consultazione aperta e lo sviluppo di un dialogo tra i partecipanti, alla creazione di un vero e proprio partenariato. Si tratta delle quattro fasi dell'evoluzione dei processi partecipativi descritte nel suddetto Codice di buone prassi, e il CESE ritiene che i processi della strategia Europa 2020 dovrebbero cominciare a evolversi in questo senso. Il Codice fornisce inoltre diversi strumenti utili che potrebbero essere applicati ai processi della strategia Europa 2020.

9.2

La società civile organizzata negli Stati membri dovrebbe essere coinvolta attraverso il semestre europeo. Un processo chiave nell'ambito della concezione è l'elaborazione dei programmi nazionali di riforma. Il processo di elaborazione al livello degli Stati membri dovrebbe fondarsi su un dialogo ampio e maggiormente basato sulla collaborazione con le parti sociali e la società civile organizzata. Questi soggetti, oltre a mettere a disposizione le loro competenze in materia di obiettivi e di elaborazione di programmi e strategie in ambiti quali l'occupazione, l'istruzione e l'inclusione sociale, hanno anche un ruolo fondamentale nell'attuazione di queste strategie.

9.3

Un'altra fase importante del semestre europeo è rappresentata dalla pubblicazione e dal successivo riesame delle raccomandazioni specifiche per paese. Le parti sociali europee e la società civile organizzata devono essere informate e consultate in merito alle raccomandazioni riguardanti ciascuno Stato membro. In tale contesto, la tempistica è cruciale per permettere che la società civile organizzata venga coinvolta in una fase precoce nella formulazione delle prospettive future per i cicli successivi.

9.4

In alcuni precedenti pareri, il CESE ha proposto di ricorrere all'analisi comparativa al fine di misurare i progressi fatti nell'attuazione della strategia Europa 2020. Secondo questo metodo, il CES nazionale (o un organismo analogo) analizza e stabilisce i propri criteri prioritari avvalendosi di statistiche liberamente accessibili sul sito web di Eurostat. Alcuni CES stanno già operando in questo senso e gli altri dovrebbero essere incoraggiati a fare altrettanto. Attraverso l'analisi comparativa, le parti interessate possono monitorare costantemente l'attuazione delle riforme e fornire così un contributo prezioso alla revisione dei programmi nazionali di riforma.

9.5

Andrebbero adottate delle misure per rinvigorire il dibattito sull'attuazione della strategia Europa 2020 negli Stati membri, e i governi dovrebbero sviluppare processi di feedback più efficaci circa l'impatto sulla strategia di un dialogo civile e sociale più ampio. In questo contesto, il ruolo della società civile nel follow-up può rivelarsi particolarmente prezioso. Sarebbe utile organizzare convegni periodici negli Stati membri con la partecipazione di tutti i soggetti interessati pertinenti ma anche audizioni aperte nei parlamenti per presentare i programmi nazionali di riforma.

9.6

Vi è una contraddizione tra la crescente consapevolezza delle istituzioni europee sulla necessità di consultare la società civile organizzata e le difficoltà che incontra attualmente la maggioranza dei CES e degli organismi analoghi a livello nazionale. Spesso queste organizzazioni sono finanziate principalmente con fondi pubblici e in molti Stati membri i loro bilanci hanno subito tagli drastici, che li hanno indotti a concentrarsi esclusivamente sulle priorità nazionali riducendo la loro partecipazione a livello europeo. Le istituzioni europee dovrebbero valutare le possibilità di offrire a questi organismi sostegno e assistenza, almeno per quanto riguarda il loro contributo al semestre europeo.

9.7

Dato che può essere particolarmente utile disporre di un punto di contatto per il follow-up con i CES nazionali e gli organismi analoghi, la Commissione europea dovrebbe considerare la possibilità di dare incarico al CESE di invitarli, col sostegno della Commissione stessa, a un convegno, da tenersi almeno una volta l'anno e con una attenta scelta dei tempi per integrarsi nel semestre europeo, al fine di discutere del semestre stesso, della strategia Europa 2020, del contributo che questi soggetti possono offrire e delle buone pratiche in quest'ambito.

10.   Le parti interessate

10.1

Il CESE è dell'avviso che anche le parti interessate potrebbero adoperarsi per rafforzare la loro partecipazione ai processi della strategia Europa 2020. Pur nella convinzione che la responsabilità primaria sia degli Stati membri e che spetti a loro riesaminare i processi per migliorare il coinvolgimento dei partner, il Comitato ritiene che i soggetti interessati potrebbero imparare di più gli uni dagli altri e acquisire maggiore fiducia nei loro rapporti diretti con le istituzioni europee e con i governi nazionali. Analogamente, sebbene siano i governi a dover ripensare con urgenza la tempistica dei processi, le parti interessate potrebbero cercare di anticipare meglio le diverse fasi del semestre europeo.

11.   Proposte specifiche in materia di occupazione, povertà ed esclusione

11.1

Nel consultare il CESE la presidenza cipriota ha insistito in particolare sulla necessità di un contributo inteso a migliorare la partecipazione della società civile all'attuazione e al seguito di alcune politiche come la povertà e l'esclusione. A giudizio del CESE, la partecipazione delle parti interessate a un dialogo strutturato e regolare, a livello sia nazionale che dell'UE, è determinante per migliorare le possibilità di trovare soluzioni efficaci in questi ambiti d'azione.

11.2

È importante sviluppare il lavoro in partenariato (stakeholder approach) e il dialogo strutturato con gli attori della società civile nel quadro della definizione delle politiche, dell'attuazione e del seguito dei lavori della piattaforma contro la povertà e l'esclusione. In questo ambito sono spesso gli attori della società civile a rilevare per primi e a richiamare l'attenzione su tendenze e sviluppi sociali nuovi. Il loro lavoro mirato a porre in evidenza la prospettiva degli utenti, il lavoro di prevenzione ma anche lo sviluppo e la prestazione di servizi innovativi a favore di questi gruppi specifici offrono conoscenze ed esperienze preziose per l'elaborazione di strategie di lotta alla povertà e all'esclusione. A questo proposito il CESE desidera sottolineare l'importanza del ruolo strategico svolto dall'economia sociale e dalle ONG per ridurre la povertà, promuovere la creazione di nuove opportunità occupazionali e sviluppare servizi che soddisfino in maniera creativa i bisogni della società.

11.3

In questo contesto è importante menzionare le cosiddette relazioni sociali nazionali (National Social Reports - NSR), elaborate dal comitato per la protezione sociale (CPS), che vanno a integrare i programmi nazionali di riforma. Tali relazioni, che si fondano sul metodo di coordinamento aperto, danno una valutazione della dimensione sociale della strategia Europa 2020. Esse individuano le riforme più urgenti da realizzare in base alla strategia di crescita annuale e presentano proposte in merito a misure concrete da adottare. È essenziale attuare un processo che permetta di coinvolgere più efficacemente i soggetti interessati nell'elaborazione delle relazioni sociali - coinvolgimento che attualmente è inadeguato - e di integrarli maggiormente nei programmi nazionali di riforma. È inoltre assolutamente necessario rafforzare il metodo di coordinamento aperto nell'ambito della protezione sociale partendo da strategie nazionali integrate allo scopo di rafforzare i vincoli con la piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale.

11.4

L'evento annuale organizzato dall'UE sul tema della lotta alla povertà e all'esclusione sociale dovrebbe essere accompagnato, a livello nazionale, da un'audizione sul medesimo tema con la partecipazione del settore pubblico, delle persone che vivono in condizioni di povertà, delle organizzazioni non governative, delle organizzazioni dell'economia sociale, delle parti sociali e di altri attori della società civile, con il proposito di individuare ed esaminare congiuntamente i progressi e le lacune in questi ambiti di azione e presentare proposte di riforma. L'evento dovrebbe coincidere con la fase di elaborazione dei programmi nazionali di riforma.

11.5

Anche l'organizzazione di riunioni di dialogo e consultazioni permanenti su temi specifici va programmata con anticipo in modo da permettere ai soggetti interessati di manifestare interesse. Il lavoro in partenariato dovrebbe prevedere anche una valutazione degli effetti sociali della valutazione annuale della crescita e dei progressi compiuti in questo contesto.

11.6

I programmi nazionali di riforma e la definizione di obiettivi nazionali sono un fattore chiave per un'effettiva attuazione della strategia Europa 2020 e delle politiche di lotta alla povertà. È importante garantire che l'obiettivo relativo alla povertà sia definito correttamente in modo da includere i gruppi che sono a rischio di povertà e che subiscono diverse forme di esclusione, assicurando che le strategie e le riforme siano realmente destinate a tali gruppi. In questo contesto, la partecipazione e la collaborazione degli attori della società civile sono essenziali poiché spesso sono loro che riescono a individuare in tempo i nuovi gruppi a rischio o a stabilire i rischi crescenti per i gruppi emarginati.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Come risulta dalle conclusioni del Consiglio europeo di primavera del 2011 e del 2012.

(2)  In quale misura il semestre europeo è efficace e legittimo? Rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo, 2011.

(3)  http://www.coe.int/t/ngo/Source/Code_Italian_final.pdf.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/6


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Quali sono i cambiamenti introdotti dalle nuove regolamentazioni finanziarie nel settore bancario europeo?» (parere d'iniziativa)

2012/C 299/02

Relatrice: NIETYKSZA

Correlatore: GENDRE

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 luglio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Quali sono i cambiamenti introdotti dalle nuove regolamentazioni finanziarie nel settore bancario europeo?

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 135 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il settore bancario, che rappresenta in media il 5 % del PIL dell'UE, deve avere come compito principale quello di finanziarie l'economia reale, in particolare le imprese innovative, e la crescita delle PMI, che rappresentano il motore dell'economia europea, nonché quello di salvaguardare il denaro dei risparmiatori.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore gli sforzi compiuti dalla Commissione europea e dagli Stati membri per rafforzare il settore bancario e prevenire nuove crisi finanziarie riducendo i rischi e attenuando gli effetti delle crisi.

1.3

Il CESE è del parere che si debba trarre insegnamento dalle crisi economiche e finanziarie degli ultimi tempi e adottare un nuovo approccio per una più efficace sorveglianza da parte delle autorità nazionali, europee e internazionali e una maggiore responsabilizzazione degli istituti finanziari.

1.4

Il CESE sostiene le misure intese a rafforzare la struttura del capitale degli istituti finanziari e la loro capacità di finanziare l'economia e mette in guardia i dirigenti delle banche contro la tentazione di perseguire il profitto a brevissimo termine e di svolgere attività speculative che destabilizzano i mercati.

La responsabilità dei dirigenti delle banche e delle autorità di vigilanza a livello nazionale, europeo e interno alle banche stesse deve essere definita meglio e con maggiore chiarezza, onde promuovere comportamenti etici sulla base di regole trasparenti.

1.5

Il CESE richiama l'attenzione sulle difficoltà sollevate dall'accumulo delle misure di regolamentazione e sulle sfide cui devono far fronte le 8 000 banche europee per finanziare l'economia nel difficile contesto economico dell'Europa attuale e della crisi del debito, le cui dimensioni e conseguenze non sono ancora sotto controllo.

1.6

Le banche europee devono affrontare l'inasprimento della concorrenza da parte delle banche dei paesi terzi, che nei paesi d'origine non sono soggette agli stessi vincoli legislativi e normativi che gravano su di loro in Europa.

1.7

Le misure intese a rafforzare la struttura del capitale prevedono un capitale più elevato e di migliore qualità, una migliore copertura dei rischi, l'introduzione di un coefficiente di leva finanziaria e un nuovo approccio alla liquidità. Queste misure possono incidere sul bilancio delle banche e comportare una diminuzione significativa della loro redditività.

1.8

Di conseguenza, le banche tendono a ridimensionarsi per essere più solide, a orientarsi verso le attività più redditizie e a limitare l'offerta di servizi finanziari, per meglio controllare la loro esposizione al rischio.

Alcuni sostengono la necessità di tornare al core business: ricevere i depositi della clientela, proteggere i risparmiatori e finanziare l'economia reale.

1.9

Il CESE considera auspicabile ritornare gradualmente alla separazione tra attività bancarie a carattere commerciale e attività di finanziamento e investimento. La crisi mondiale in corso dimostra che un sistema finanziario globale basato su una liberalizzazione illimitata comporta rischi di derive legati ad un cattivo uso di tale libertà da parte dei mercati:

le dimensioni eccessive dei gruppi finanziari multinazionali ne rendono difficile la governance, la supervisione da parte delle autorità di vigilanza e la valutazione a cura delle agenzie di rating, al punto da essere diventati poco credibili;

gli strumenti finanziari sono diventati incontrollabili. Senza voler opporsi per principio all'innovazione finanziaria, non è accettabile che un prodotto finanziario possa circolare liberamente sul mercato internazionale in modo per nulla trasparente quando nessuno conosce la natura del rischio che comporta e chi ne sia il responsabile ultimo.

1.10

I nuovi obblighi in materia di capitale proprio, in particolare l'aumento a 9 % della percentuale di fondi propri di qualità molto elevata al 30 giugno 2012 per 60 banche di carattere sistemico e tra il 2015 e la fine del 2018 per le altre, potrebbe avere conseguenze nefaste per le banche locali e le banche cooperative, più aperte nei confronti delle PMI e delle microimprese. I requisiti patrimoniali non dovrebbero discriminare nessun gruppo di banche in particolare.

1.11

Se le banche hanno difficoltà a mobilitare capitali, sarà più difficile per le PMI ottenere i finanziamenti necessari. Occorre evitare una stretta creditizia e un aumento delle spese bancarie. Il Comitato invita la Commissione, l'Autorità bancaria europea (ABE) e le autorità di vigilanza degli Stati membri a far sì che le riserve di capitale delle banche minori siano adeguate ai modelli economici di tali banche.

1.12

I requisiti prudenziali provocano già una riduzione del credito e un aumento del suo costo per le piccole imprese, in particolare le start-up, le imprese innovative e quelle che presentano un rischio più elevato. L'Europa non potrà realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020, dell'agenda digitale, della strategia per un'Europa cloud active o della Tabella di marcia per l'energia 2050 e dello Small Business Act se la parte dei finanziamenti destinati alle PMI viene ridotta a seguito dell'applicazione delle nuove misure prudenziali.

Il CESE invita la Commissione a seguire molto da vicino l'andamento del credito e delle spese bancarie per le imprese e i privati.

1.13

Le misure volte a rendere più efficace la vigilanza sui mercati da parte delle autorità nazionali, europee e internazionali avranno profonde conseguenze sull'organizzazione delle banche e sui controlli interni. Ne risulterà una maggiore responsabilità per i dirigenti, l'obbligo di valutare più attentamente la redditività dei fondi propri e di gestire meglio il rischio. Le banche dovranno elaborare le loro previsioni di vendita e le loro strategie di sviluppo di prodotti e portafogli bancari tenendo conto della redditività e valutando la capacità di assorbimento dei fondi propri. Ciò comporterà una ristrutturazione che darà maggiore importanza e consistenza numerica ai reparti dell'informatica, della revisione contabile e della gestione del rischio a scapito di altri settori più tradizionali.

1.14

Le banche nell'UE impiegano oltre 3 milioni di persone, per la maggior parte nelle attività bancarie al dettaglio. Dall'inizio del 2011 sono stati soppressi oltre 150 000 posti di lavoro e chiuse numerose agenzie. Diverse previsioni indicano che nel 2012 saranno soppressi altri 100 000 posti di lavoro. Il CESE chiede alla Commissione di favorire il miglioramento del dialogo sociale settoriale e di sviluppare la concertazione con le parti sociali sulle iniziative che hanno un impatto sull'evoluzione della professione.

1.15

Nell'attuazione delle nuove regolamentazioni, il CESE auspica che si tenga conto della diversità degli Stati membri dell'UE, in modo particolare quelli nuovi, i cui mercati del credito non hanno ancora sviluppato appieno il loro potenziale e le cui banche sono per lo più in mano a grossi gruppi bancari europei e mondiali. Per migliorare il loro bilancio e assolvere ai nuovi obblighi, questi gruppi potrebbero essere tentati di trasferire fondi dalle loro filiali e limitare i loro investimenti, limitando notevolmente il finanziamento dell'economia di questi paesi. A questo proposito, il CESE ricorda l'impegno assunto con l'iniziativa di Vienna a non procedere a un ritiro di liquidità. È necessario proteggere certi modelli originali, come le banche cooperative che esistono in Germania e in Polonia - un settore che conta oltre 300 banche nella sola Polonia; per realizzare la profonda riforma resa necessaria dalle nuove regole occorrerà prevedere un periodo transitorio.

1.16

Occorrerà rafforzare le competenze dell'Autorità bancaria europea per accompagnare il processo di armonizzazione. Il CESE ricorda che la libera circolazione dei capitali è garantita a livello europeo, mentre la sicurezza dei depositi e la solvibilità delle banche è di competenza delle autorità nazionali. Il mercato del credito è diverso da uno Stato membro all'altro. Nei paesi in cui il credito non è sufficientemente sviluppato, un allineamento troppo rapido del tasso di indebitamento può creare una bolla speculativa. Se le regole prudenziali vengono attuate in maniera uniforme a livello europeo, le autorità nazionali non potranno intervenire in tempo. Merita tuttavia di essere presa in considerazione la proposta formulata da vari responsabili europei tesa a creare un'unione bancaria europea e, quindi, a istituire a questo livello una vigilanza delle banche sistemiche e una garanzia dei depositi in caso di fallimento.

1.17

A livello mondiale, le banche europee rischiano di perdere competitività rispetto ai loro concorrenti. Per le banche che reperiscono fondi propri aggiuntivi sui mercati, la maggior parte dei capitali è disponibile presso fondi sovrani e banche asiatiche e mediorientali, con il rischio reale che la struttura della proprietà del sistema bancario UE sfugga al controllo degli Stati membri dell'UE. Per questo motivo il CESE chiede alle autorità europee di intensificare gli sforzi affinché anche a livello internazionale si applichino le stesse regole prudenziali, con l'obiettivo di arrivare a una vera e propria regolamentazione su scala mondiale.

1.18

Le nuove tecnologie dell'informazione - e-banking, home-banking, le transazioni online sicure (firma elettronica), cloud computing - stanno rivoluzionando i servizi bancari tradizionali. Le banche avranno l'arduo compito di finanziare l'economia reale e al tempo stesso affrontare l'aumento dei costi di finanziamento dovuto all'introduzione di nuove tecnologie, a fronte di una minore redditività. Il CESE ritiene che tutti gli attori del settore bancario debbano essere sostenuti in questa profonda trasformazione.

2.   Introduzione

2.1

La crisi finanziaria e le sue conseguenze sull'economia hanno spinto i governi e le autorità finanziarie a interrogarsi sulle origini profonde del crollo di un sistema finanziario che si credeva consolidato, ben regolamentato ed efficacemente controllato.

2.2

Le prime misure di tipo finanziario e monetario (riduzione consistente dei tassi di base, liquidità, aiuti di Stato) sono state prese in situazioni di emergenza. Quelle più a lungo termine hanno avuto l'effetto di rafforzare la struttura dei mercati e di evitare future crisi sistemiche, e ciò ne spiega il carattere regolamentare, prudenziale o fiscale. Le organizzazioni a carattere sovranazionale - FMI, G20, BRI, Commissione - hanno adottato un atteggiamento aperto alla cooperazione, ma talvolta con opinioni divergenti.

2.3

Dalla crisi del 2008 l'UE ha adottato non meno di 50 misure legislative. Il 99 % delle riforme proposte è stato varato alla fine del 2011 per entrare in vigore nel 2013, ad eccezione del coefficiente di fondi propri (tier one) che deve essere rispettato a partire dal 30 giugno 2012 dalle 60 banche considerate "sistemiche". Per le altre, l'entrata in vigore è prevista tra il 2015 e il 2018.

2.4

Il terzo accordo di Basilea, pubblicato nel novembre 2010, impone che per poter resistere a crisi future le banche detengano più fondi propri di qualità migliore. In particolare, prevede che esse dispongano di:

un capitale di base pari al 4,5 % e di un capitale di classe 1 (tier one) pari al 6 % degli attivi ponderati per il rischio,

una riserva obbligatoria di conservazione del capitale pari al 2,5 %,

una riserva anticiclica discrezionale, che consente alle autorità di regolamentazione nazionali di richiedere sino a un ulteriore 2,5 % di capitale nei periodi di crescita del credito.

Basilea III introduce un coefficiente di leva finanziaria minimo del 3 % e due coefficienti di liquidità obbligatori: il coefficiente di liquidità a breve termine impone che una banca disponga di attivi liquidi di qualità elevata in misura sufficiente a coprire il suo fabbisogno di liquidità per un periodo di 30 giorni, mentre il coefficiente di liquidità a lungo termine le impone di detenere un ammontare minimo di finanziamenti stabili superiore al fabbisogno di liquidità nel corso di un anno.

2.4.1

La Commissione europea ha presentato le proposte per il recepimento di Basilea III nella direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD) IV nel luglio 2011, allo scopo di rafforzare il settore bancario europeo e al tempo stesso incoraggiarlo a finanziare la crescita dell'economia. Non ha tuttavia adottato alcuna iniziativa concreta per incoraggiare il credito.

2.5

Lo scopo è incentivare le banche a detenere più fondi propri affinché possano resistere alle crisi e proporre un nuovo dispositivo che consenta alle autorità di vigilanza di sorvegliare le banche e intervenire qualora individuino dei rischi.

2.6

La CDR IV copre gli ambiti disciplinati dalla direttiva sui requisiti patrimoniali in vigore, ma essa deve essere recepita dagli Stati membri in maniera adeguata al loro rispettivo contesto.

2.7

Malgrado i ritardi e le imperfezioni delle regole adottate, si sono compiuti progressi reali verso una nuova regolamentazione. Alcuni interrogativi fondamentali rimangono tuttavia ancora senza risposta:

le nuove regole coprono l'insieme delle pratiche finanziarie a livello mondiale?

Una volta definita la regolamentazione dei mercati, si potrà contare su controlli efficaci?

Le nuove regole influenzeranno e modificheranno la situazione (strutture, concentrazione, modalità di distribuzione, organico) del settore bancario europeo - che si compone di più di 8 000 banche - e il suo comportamento in rapporto al finanziamento dell'economia (erogazione del credito alle imprese, agli enti pubblici e ai privati)?

3.   Una congiuntura finanziaria ed economica deteriorata

3.1

Attualmente le banche in Europa si trovano a dover affrontare modifiche normative e variazioni congiunturali brusche, ossia dei cambiamenti che sollevano timori quanto alla capacità di tali banche di svolgere la funzione di finanziamento dell'economia che è loro propria in una situazione economica deteriorata dalla crisi del debito, che colpisce in modo particolare la zona euro.

3.2

Con l'applicazione delle disposizioni del comitato di Basilea (Basilea III), le banche sono obbligate a rafforzare i fondi propri, a rispettare gli altissimi coefficienti di liquidità a lungo termine (NSFR) e a creare fondi prudenziali.

3.3

I test di resistenza ai quali sono state sottoposte in due fasi non hanno dissipato i dubbi sull'impatto di un mancato pagamento da parte di uno o più Stati membri della zona euro.

3.4

Nella comunità finanziaria internazionale si è diffuso un clima di sfiducia che ha provocato problemi di liquidità sul mercato interbancario, spingendo le banche a orientarsi verso gli investimenti più sicuri.

3.5

In questo contesto la BCE è intervenuta in due momenti, offrendo globalmente al settore bancario una capacità di finanziamento di 1 000 miliardi di euro al tasso dell'1 % con scadenza a 3 anni. Questo strumento è stato fondamentale per ristabilire la fiducia sul mercato interbancario e mantenere il volume del credito all'economia. Tuttavia, una parte importante di questi fondi è stata ridepositata presso la BCE, un'altra è stata dedicata all'acquisto del debito pubblico. Il CESE ritiene che la BCE debba creare un meccanismo che le consenta di sapere che uso viene fatto di questi fondi.

3.6

La necessità di ricapitalizzare le banche, con un fabbisogno stimato dall'Autorità bancaria europea a più di 100 miliardi di euro, è sempre più pressante.

3.7

La concessione di credito alle imprese - in particolare alle PMI, agli enti pubblici e ai privati - è sottoposta a condizioni sempre più severe. Inoltre, i relativi rischi sono esaminati minuziosamente dalle banche, con conseguente aumento delle spese di questi finanziamenti. Al tempo stesso, tuttavia, l'alternativa di finanziare le imprese attraverso i mercati finanziari si rivela ancora più difficile. Questa situazione, unita alle politiche di austerità, alimenta le previsioni di una crescita debole o nulla nel 2012 per l'Unione europea nel suo complesso, salvo rare eccezioni.

4.   Controlli e regolamentazione del settore bancario

4.1

In tale contesto, va ricordata la crisi dei sub-prime: i segni premonitori dell'insorgere della crisi dei sub-prime avrebbero dovuto mettere in guardia le autorità di vigilanza. Nessuno allora dubitava della redditività di un investimento che generava buoni profitti per le banche e per i loro clienti. La FDIC (Federal Deposits Insurance Corporation) aveva messo in guardia contro questi prodotti pericolosi, ma tra il 2002 e il 2006 la Federal Reserve non ha preso alcun provvedimento.

4.2

Il fallimento della banca Lheman Brothers avrebbe potuto essere evitato se le autorità di vigilanza si fossero accorte in tempo dei gravi problemi di liquidità che questo istituto stava attraversando. Il pericolo rappresentato da un credito ipotecario concesso per il 100 % del valore della garanzia e rivenduto a "pacchetti" da intermediari finanziari non soggetti a vigilanza è sfuggito al controllo. Per evitare nuove crisi occorrerà introdurre a monte misure di responsabilità personale per i dirigenti degli istituti finanziari che non esercitano una vigilanza adeguata.

4.3

Se è vero che la crisi è scoppiata a causa di prodotti troppo complessi, detti "tossici", è altrettanto indubbio che le autorità di vigilanza avrebbero potuto vietare la creazione, e anche la circolazione, di questi prodotti, sulla base delle regole esistenti.

Le nuove regole attualmente in vigore non potranno garantire con certezza assoluta che verrà evitata una nuova crisi se le autorità di vigilanza non sono dotate di strumenti sufficienti per esercitare il loro compito e se i controlli interni rimangono inefficaci.

4.4

Di fronte alla liberalizzazione dei mercati finanziari, i governi devono rispettare gli impegni di cooperazione che hanno assunto a livello internazionale, onde evitare che vi siano aree regolamentate in modo disomogeneo.

4.5

Una nuova regolamentazione dovrebbe poggiare sui seguenti principi:

a)

l'accesso alla professione bancaria può essere aperto a tutti, ma i controlli sulle persone e sulla provenienza dei capitali devono essere molto più severi ed efficaci;

b)

le figure professionali incaricate delle operazioni finanziarie devono essere autorizzate, regolamentate e controllate; l'industria parabancaria e il sistema bancario ombra (shadow banking) devono assolutamente essere eliminati;

c)

i nuovi prodotti finanziari devono essere sottoposti all'autorizzazione e alla supervisione delle autorità bancarie nazionali ed europee.

4.6

L'attività delle autorità di vigilanza deve essere valutata periodicamente da un organismo indipendente composto di esperti che non esercitano più responsabilità professionali nel settore bancario. Tale valutazione dovrà porre particolarmente l'accento sull'impatto delle loro decisioni sulla gestione delle banche.

5.   Quali cambiamenti per il settore bancario in Europa?

5.1

Le banche sono attualmente sottoposte a una forte pressione, in quanto esse devono ridefinire il loro modello d'impresa in seguito all'applicazione di nuove regolamentazioni. Gli effetti combinati delle norme in vigore e di una congiuntura economica e finanziaria difficile hanno provocato:

un rafforzamento della struttura di capitale di tutti gli istituti finanziari, che per la maggior parte già rispettano il tier one; essi tenderanno a ridurre le loro dimensioni per diventare più solidi (fonte: Evolving Banking Regulations, a Long Journey ahead - The Outlook for 2012, studio pubblicato dalla KPMG nel dicembre 2011).

con le regole di Basilea III e l'obbligo di rispettare i coefficienti di liquidità a più di 30 giorni (NSFR) e il coefficiente di liquidità a meno di 30 giorni (LCR), un aumento del fabbisogno di fondi propri e la necessità di mantenere eccessi di liquidità, che in certi casi possono arrivare fino a quattro volte il fabbisogno minimo di liquidità delle banche. Queste misure avranno un impatto negativo sui risultati finanziari e provocheranno la riduzione del bilancio delle banche;

una difficoltà a sviluppare il credito nei periodi di crescita economica a causa del counter-cyclical capital buffer (riserva di capitale anticiclica). Malgrado la forte domanda di credito, le banche dovranno far fronte all'aumento dei coefficienti di adeguatezza patrimoniale. I portafogli crediti dovranno mantenere questa riserva su richiesta delle autorità di vigilanza. La riserva di liquidità fissata dalle autorità nazionali di vigilanza può andare fino al 2,5 % dei requisiti patrimoniali.

5.2

Tutto ciò comporta:

5.2.1

una diminuzione sensibile del rendimento medio (ROE) del settore bancario, che va dal 10 % fino al 30 % nei casi estremi, e ciò limita l'interesse degli investitori per il settore bancario e provoca una diminuzione della capitalizzazione delle banche europee;

5.2.2

una riduzione dei finanziamenti alle imprese e agli enti pubblici e a un aumento del costo del credito, in particolare del credito alle PMI, spesso considerate imprese a più alto rischio che non presentano garanzie o cofinanziamenti sufficienti;

5.2.3

una possibile riduzione del credito a lungo termine, derivante dall'introduzione, a partire dal 2018, del coefficiente di liquidità a lungo termine (NSFR) e dell'indice di leva finanziaria. Questa situazione rischia di avere un'influenza negativa sul finanziamento degli investimenti infrastrutturali;

5.2.4

l'obbligo di valutare meglio la redditività dei fondi propri e di gestire meglio i rischi. Le banche dovranno elaborare le loro previsioni di vendita e le loro strategie di sviluppo di prodotti e portafogli bancari tenendo conto della redditività e valutando la capacità di assorbimento dei fondi propri;

5.2.5

le banche rischiano di sostenere costi molto alti in termini di revisione contabile ("audit") e rendicontazione ("reporting") per rispettare le nuove regolamentazioni e conformarsi alle richieste della autorità nazionali e internazionali di controllo; ciò avrà un impatto sull'organizzazione della banca, e comporterà cambiamenti strutturali;

5.2.6

l'erogazione del credito sarà limitata nei settori con una ponderazione dei rischi privilegiata. Inoltre, la creazione di un indice di leva finanziaria (leverage ratio) può causare nel lungo termine una restrizione del finanziamento agli Stati, agli enti territoriali o ad altri settori che beneficiano di una ponderazione dei rischi privilegiata;

5.2.7

per effetto dell'aumento del costo del credito, è possibile che parte delle attività venga trasferita verso istituti che non sono soggetti a queste regole. Ciò favorisce lo sviluppo di istituti parabancari, che concedono prestiti ai privati a tassi molto elevati e la cui attività non è soggetta a una vigilanza così severa come quella prevista per le banche.

5.3

Le nuove regole si applicano indistintamente a tutti gli istituti bancari, siano essi grandi o piccoli. Esse potranno rivelarsi inadatte a taluni paesi, come i nuovi Stati membri dell'Europa centrale e orientale, che presentano un alto tasso di crescita.

In questi paesi le nuove regolamentazioni potrebbero limitare gli investimenti. Le banche di questi paesi sono molto spesso in mano a gruppi multinazionali e gli azionisti del paese interessato sono in minoranza. Le società madri possono rimpatriare una parte sostanziale dei capitali delle loro filiali per rispondere alle regolamentazioni a livello globale. Private di una parte consistente dei loro fondi, le filiali limiteranno il loro contributo al finanziamento dell'economia locale. Il CESE ricorda che la libera circolazione dei capitali è garantita a livello europeo, mentre la sicurezza dei depositi e la solvibilità delle banche rientrano nella sfera di competenza delle autorità nazionali.

5.4

Il mercato del credito è diverso da uno Stato membro all'altro. Nei paesi in cui il credito si è sviluppato in misura insufficiente, un allineamento troppo rapido del livello di indebitamento può creare una bolla speculativa. Se le norme prudenziali sono attuate a livello europeo, le autorità nazionali non potranno intervenire abbastanza rapidamente. Occorre rafforzare le competenze dell'Autorità bancaria europea per accompagnare il processo di armonizzazione.

5.5

È necessario tener conto di certi modelli originali, come le banche cooperative - un settore sano e autonomo la cui profonda riforma, resa necessaria dalle nuove regole, non potrà prescindere da un periodo transitorio. Le banche cooperative sono una componente essenziale dello sviluppo locale ed agiscono nell'interesse dei loro soci - PMI, agricoltori, comuni e numerosi altri attori a livello locale - che sono al tempo stesso clienti depositanti e mutuatari.

5.6

Le grandi banche ricercheranno gli investimenti a rischio limitato e più redditizi; a ciò bisogna aggiungere i timori di una fiscalità più pesante e le perdite sul debito sovrano di certe passività.

5.7

È verosimile che il processo di concentrazione subisca un'accelerazione: le casse di risparmio e le banche cooperative possono contare su fonti di finanziamento "autonome", ma le banche che devono ricorrere al mercato per rifinanziarsi saranno obbligate a fondersi tra loro, con conseguenze negative per le PMI e i consumatori. Talune banche sono state acquistate e rivendute dopo lo smantellamento della loro rete locale o regionale. La concentrazione bancaria nazionale è stata elevata sia nei settori cooperativo e mutualista che nelle casse di risparmio.

5.8

Una minore redditività delle banche, dovuta tra l'altro a un costo di finanziamento maggiore, e i principi molto restrittivi che regolano la gestione della liquidità possono causare un aumento delle spese bancarie e dei tassi di interesse sugli investimenti a termine e sui conti privati della clientela.

5.9

Nel quadro delle nuove regolamentazioni, le banche accelerano le ristrutturazioni e ricorrono sempre più alle nuove tecnologie (banca online, sportello virtuale, utilizzo degli smartphone).

La combinazione tra l'utilizzo delle nuove tecnologie e la diversificazione dei prodotti commercializzati intensifica la riconfigurazione delle reti di agenzie con la diffusione degli sportelli senza manipolazione di contanti. Le agenzie tendono a diventare unicamente dei luoghi di consulenza e di vendita di prodotti finanziari. Al tempo stesso, questi nuovi strumenti per effettuare bonifici e pagamenti impongono di rendere più sicure le operazioni effettuate via Internet o tramite telefonia mobile mettendole al riparo dalla pirateria informatica.

5.10

Con il tempo, l'evoluzione dei canali di distribuzione porterà a un restringimento delle reti di agenzie e a una contrazione dell'occupazione. L'applicazione della direttiva CRD IV determinerà un aumento progressivo dei posti di lavoro nei reparti delle banche incaricati dell'IT e della gestione del rischio, a scapito degli altri reparti. È necessario sviluppare un dialogo sociale di qualità a tutti i livelli sulle questioni dell'occupazione e della formazione per ben gestire gli sviluppi in corso.

6.   Sviluppi futuri

6.1

Il Parlamento europeo ha adottato il principio di una tassa sulle transazioni finanziarie e la Commissione ne sta studiando l'attuazione; su questa tassa non c'è consenso tra gli Stati membri e le autorità statunitensi non la vedono di buon occhio. Poiché l'aliquota prevista è bassa, la tassa non dovrebbe rappresentare un onere insostenibile per le banche, né uno svantaggio per la competitività a livello mondiale. Come sottolineato da due pareri precedentemente adottati dal CESE (1), lo scopo di questa tassa è sia quello di fornire nuove entrate fiscali, in particolare per finanziare l'aiuto allo sviluppo, che quello di modificare il comportamento delle banche affinché privilegino il finanziamento dell'economia a medio e a lungo termine piuttosto che le operazioni speculative a brevissimo termine.

6.2

La separazione tra le attività bancarie al dettaglio e quelle di finanziamento e investimento è attualmente oggetto di studio su iniziativa del commissario Barnier. Viene quindi rimesso in discussione il modello della banca universale. Le alternative dibattute sono tre: la separazione totale, l'isolamento delle attività bancarie d'investimento e il divieto per le banche di investire a proprio nome. Alcuni esperti contestano questa idea, sostenendo che le banche universali garantiscono la profondità e la liquidità dei mercati e un finanziamento migliore dell'economia.

6.3

Lo scenario di sviluppo del mondo finanziario e del settore bancario è cambiato nel corso degli ultimi trent'anni: l'apertura dei mercati ha portato alla globalizzazione della finanza, che a sua volta ha contribuito allo sviluppo e alla moltiplicazione dei paradisi fiscali e normativi. La maggiore concorrenza a livello mondiale ha favorito la nascita di nuove forme di istituti finanziari - non soltanto bancari -, di nuovi prodotti e di nuovi servizi.

6.4

I grandi gruppi bancari hanno mostrato le debolezze e i limiti di una crescita che oltrepassa la possibilità di una buona governance. Essi tenderanno a ridurre le loro dimensioni per diventare più solidi, con una fluttuazione degli utili meno accentuata, più prevedibile, senza bonus esorbitanti. Essi concentreranno le loro attività sul core business, ovvero ricevere depositi e offrire crediti, limitando l'offerta di altri servizi e la loro espansione internazionale e concentrando le loro attività sui mercati che beneficiano di una crescita più forte, fatto che ne limiterà la redditività.

6.5

Per effetto delle nuove regolamentazioni, l'attribuzione dei premi e le prassi di remunerazione dei dirigenti saranno più responsabili e sottoposte a controlli più severi.

6.6

La vigilanza bancaria estesa a ogni tipo di impresa finanziaria permetterà di controllare l'attività degli istituti parabancari (del tipo shadow banking).

6.7

L'accesso alla professione bancaria deve essere disciplinato da regole vincolanti che consentano di selezionare personale con competenze tali da rassicurare clienti e investitori.

6.8

Quando gli aiuti di Stato e gli aiuti internazionali derivanti dalle crisi finanziarie cesseranno, il settore nel suo insieme probabilmente si svilupperà in linea con la congiuntura e con lo sviluppo delle nuove tecnologie, ma soprattutto seguendo le strategie tipiche di ogni impresa gestita correttamente. Le banche avranno il pesante compito di rimanere credibili quali finanziatori dell'economia reale e al tempo stesso dovranno fare fronte a costi di finanziamento maggiori e a una minore redditività.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere CESE del 29 marzo 2012 in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE (GU C 181 del 21.06.2012, pag. 55) e parere CESE del 15 luglio 2010 sul tema Tassa sulle operazioni finanziarie (parere d'iniziativa), (GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 81).


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/12


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Piattaforme tecnologiche europee (PTE) e trasformazioni industriali» (parere d'iniziativa)

2012/C 299/03

Relatore: ZBOŘIL

Correlatore: GIBELLIERI

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Piattaforme tecnologiche europee (PTE) e trasformazioni industrial

(parere d'iniziativa).

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 138 voti favorevoli, 2 voti contrari e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è consapevole che l'anticipazione delle trasformazioni industriali è un esercizio di previsione difficile ma necessario, basato su una serie di fattori che influenzano tali trasformazioni. Uno dei principali motori di cambiamento è il settore della ricerca e innovazione (R&I), e le PTE rappresentano gli indicatori principali.

1.2   Il CESE chiede alla Commissione europea (CE) di continuare a sostenere le attività delle PTE esistenti e di migliorare gli scambi sia tra di esse sia con le istituzioni europee competenti.

1.3   Il CESE riconosce che i settori industriali collegati alle PTE occupano una posizione centrale nella catena del valore: molte innovazioni dipendono dai processi fondamentali (il settore manifatturiero, le industrie di trasformazione, la silvicoltura, la robotica) e dai materiali di base (chimici, acciai, ecc.). Le innovazioni a livello di processi e di materiali in quanto tali hanno quindi un effetto catalizzante sull'innovazione europea.

1.4   Il CESE riconosce che le PTE stanno già affrontando delle sfide socioculturali. La loro estensione è tale da esercitare un notevole impatto sulla società in termini di crescita e di posti di lavoro a valore aggiunto. Le PTE offrono una risposta ad alcune importanti tematiche politiche (quali la bioeconomia, le materie prime e l'uso efficiente delle risorse).

1.5   Le PTE sono un esempio chiaro e concreto di approccio dal basso alla politica europea di ricerca e innovazione, con il coinvolgimento dell'industria e di altri importanti soggetti interessati durante tutte le fasi del processo di innovazione. Orizzonte 2020 necessita di questo tipo di approccio.

1.6   Il CESE raccomanda una più efficace attuazione del processo di semplificazione del quadro normativo della CE (anche per quanto riguarda la partecipazione a progetti UE), un maggiore impegno nella riduzione della frammentazione e della concorrenza tra iniziative istituzionali, un migliore coordinamento delle politiche e una maggiore visibilità in futuro a livello istituzionale, allo scopo di aumentare l'efficacia delle PTE.

1.6.1   Il CESE considera le PTE fondamentali per la promozione della "politica industriale" dell'UE. Esse ricevono importanti contributi e sono fortemente sostenute dal settore industriale, uno dei pilastri principali dell'economia dell'UE; sono promosse dall'industria, il che assicura la rilevanza a livello industriale delle loro iniziative. I contributi forniti dalle PTE interessano non solo le necessità di tecnologia e ricerca ma anche i trasferimenti di tecnologia.

1.6.2   Per quanto riguarda gli esempi esistenti (come ESTEP, PLATEA, ecc.), i sindacati e le altre parti interessate pertinenti dovrebbero essere maggiormente coinvolti nelle piattaforme tecnologiche europee (PTE), nazionali (PTN) e regionali (PTR) su base cooperativa permanente, in modo che possano essere affrontate le questioni sociali e socioculturali che rafforzano l'impatto delle rispettive agende strategiche di ricerca (ASR).

1.6.3   Le difficoltà relative al coinvolgimento delle PMI dovrebbero essere risolte tramite un costante raffronto con gli esempi di maggior successo, come avviene nel caso dell'impresa comune "Celle a combustibile e idrogeno" (FCH).

1.7   Le piattaforme nazionali e regionali corrispondenti rispecchiano la struttura delle PTE a livello di Stati membri (SM). Il coordinamento e l'armonizzazione dei programmi di R&I nazionali e regionali dovrebbero essere migliorati attraverso una più stretta cooperazione con le PTE.

1.8   Le PTE possono recare un importante contributo all'attuazione delle politiche europee. Sono state definite priorità specifiche per diffondere l'innovazione nel settore pubblico e in quello privato: Industrie di trasformazione sostenibili attraverso le risorse e l'efficienza energetica (SPIRE), Partenariati pubblico-privati nella bioindustria (Biobased for Growth), Partenariati europei per l'innovazione sulle risorse idriche, le materie prime, le città intelligenti (congiuntamente con il piano SET, ovvero Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche) e Iniziativa di ricerca industriale sui materiali energetici (EMIRI). Questo rafforzamento della cooperazione intersettoriale e del coordinamento attraverso le PTE gioverà alla società europea.

1.9   Il CESE invita le istituzioni dell'UE ad operare per migliorare la cooperazione internazionale, al fine di attrarre competenze globali avanzate nell'interesse dello sfruttamento e della commercializzazione nell'UE.

1.10   L'accesso complementare alla specializzazione intelligente – Dovrebbe essere incoraggiata e favorita la concessione di fondi strutturali a livello nazionale e regionale per le PTN.

1.11   Il ruolo delle PTE nel fornire soluzioni riguardanti le sfide socioculturali assumerà un profilo più elevato grazie all'azione in materia di innovazione, oltre che di ricerca. Si tratta di un elemento essenziale per sostenere il benessere e la prosperità in Europa.

1.12   Il CESE apprezza il ruolo delle PTE come collegamento con gli strumenti dell'innovazione a livello della domanda che integrano le azioni di R&I e accelerano la diffusione sul mercato. Le PTE svolgono un ruolo strategico anche per la diffusione dei risultati della R&I. Il Comitato raccomanda di aumentare il ricorso alle azioni di coordinamento/sostegno per promuovere collaborazioni nella catena del valore.

1.13   I processi di fabbricazione e le attività di ricerca e innovazione connesse con la fabbricazione stanno perdendo la loro attrattiva socioculturale nei confronti dei cittadini e in particolare dei giovani. Questo fenomeno, che è anche una conseguenza della delocalizzazione delle attività di produzione al di fuori dell'Europa, provoca, a causa di un circolo vizioso, ulteriori delocalizzazioni. Il CESE si attende che le PTE siano in grado di contribuire ad aumentare la consapevolezza dell'importanza dei diversi processi di produzione industriale.

1.14   Le PTE possono risentire del declino dell'industria europea. Il settore industriale dell'UE sta infatti perdendo la sua posizione leadership mondiale e dimostra al tempo stesso uno scarso livello di assunzione del rischio e una mancanza di imprenditorialità rispetto ad altre aree del mondo.

1.15   Le attività di istruzione, apprendimento e formazione incentrate sulla persona dovrebbero continuare ed essere rafforzate nel quadro delle PTE, come elementi strategici delle piattaforme. Dovrebbero pertanto essere creati, in forma permanente, stretti contatti con i rispettivi comitati europei di dialogo sociale settoriale e il Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori (EPSCO).

1.16   Le PTE possono inoltre esercitare un impatto consistente sulle tematiche sociali e socioculturali, soprattutto in termini di riorientamento dei sistemi di pubblica istruzione e di istruzione e formazione professionale verso le esigenze dei settori di produzione e trasformazione europei. Dovrebbe essere compiuto un importante sforzo di formazione e riqualificazione, per preparare lavoratori in grado di utilizzare le nuove tecnologie di processo e i nuovi prodotti derivanti dalle attività di ricerca e innovazione. Soltanto il personale qualificato e assunto in maniera stabile sarà infatti capace di operare con le nuove tecnologie di alto livello.

2.   Istituzione e storia delle PTE

2.1   Nel marzo 2003, il Consiglio europeo aveva chiesto il rafforzamento dello spazio europeo della ricerca mediante la creazione di piattaforme tecnologiche europee che raggruppassero il know-how tecnologico, le industrie, gli organismi di regolamentazione e le istituzioni finanziarie.

2.2   Le PTE sono state istituite come forum industriali delle parti interessate, con il compito di definire obiettivi a medio e lungo termine in materia di ricerca e tecnologica e di sviluppare tabelle di marcia. Il loro scopo era contribuire ad aumentare le sinergie tra i diversi attori della ricerca e a definire le priorità in diversi settori tecnologici per il conseguimento della crescita, della competitività e della sostenibilità nell'UE.

2.3   La Commissione europea ha sostenuto lo sviluppo delle PTE ed ha svolto il ruolo di facilitatore. Partecipa adesso in qualità di osservatore e si impegna a promuovere il dialogo strutturato sulle priorità in materia di ricerca. Non è titolare delle PTE, che sono infatti organizzazioni indipendenti, né le gestisce. Il suo sito web Cordis, la newsletter delle PTE e i seminari periodici dei direttori delle PTE facilitano il flusso di comunicazione.

2.4   Alcune PTE sono reti libere che si riuniscono in incontri annuali, mentre altre sono inquadrate giuridicamente e prevedono quote di adesione. Tutte le PTE hanno riunito le parti interessate, hanno concordato un approccio comune e hanno stabilito un'agenda strategica di ricerca (ASR). Essendo sviluppate mediante il dialogo tra ricercatori industriali e pubblici e rappresentanti dei governi nazionali, le PTE contribuiscono anche alla formazione del consenso e ad assicurare una più efficiente armonizzazione degli investimenti.

2.5   Le PTE promuovono lo sviluppo di partenariati pubblico-privati (PPP) efficaci, contribuendo in maniera significativa allo sviluppo di uno spazio europeo della ricerca e della conoscenza per la crescita. Tali PPP possono affrontare le sfide tecnologiche che potrebbero rivelarsi essenziali per lo sviluppo sostenibile, la più efficace prestazione dei servizi pubblici e la ristrutturazione dei settori industriali tradizionali.

3.   PTE e trasformazioni industriali

3.1   Le trasformazioni industriali (1) sono un processo in continua evoluzione, influenzato da diversi fattori quali le tendenze dei mercati, i cambiamenti organizzativi, sociali, socioculturali e strutturali, nonché l'innovazione tecnica nei processi di produzione e nei prodotti.

3.2   Anche l'innovazione è un processo continuo, ed è uno dei principali fattori che influenzano le trasformazioni industriali attraverso un costante trasferimento di nuovi dati scientifici alla catena di produzione reale, nonché il principale propulsore della competitività globale dei settori della trasformazione e dei servizi nell'UE.

3.3   Per quanto riguarda il processo di innovazione, particolare attenzione dovrebbe essere rivolta al modo in cui limitate risorse finanziarie vengono utilizzate in Europa. Le PTE sono già un potente strumento e potrebbero rappresentare una soluzione concreta per l'innovazione e l'attuazione della politica industriale.

3.4   La natura e il contenuto intrinseco delle trasformazioni industriali sono influenzati soprattutto dall'innovazione e le PTE rappresentano sempre più spesso proprio quei contesti fisici in cui nasce l'innovazione. Le PTE sono orientate verso le applicazioni pratiche industriali che hanno un impatto su processi di produzione, prodotti, organizzazione del lavoro e condizioni sul posto di lavoro.

3.5   Le istituzioni europee raccomandano una partecipazione equilibrata di tutte le parti interessate nelle PTE. In particolare sarebbe auspicabile che le istituzioni europee sostenessero, con tutti i mezzi praticabili, le PMI o i soggetti associati nella ricerca economica in forma societaria, ad esempio nell'ambito di una cooperativa della conoscenza, per consentire a queste imprese europee particolarmente popolari di partecipare attivamente alle piattaforme. I costi delle piattaforme rappresentano un ostacolo al coinvolgimento di PMI e di università nelle attività di ricerca.

3.6   Tenuto conto dell'importanza e della dimensione delle PTE nel contesto dell'UE, come organi istituiti su base volontaria, aperti a tutte le parti interessate, è essenziale riconoscere loro il ruolo di potenti strumenti per l'attuazione della politica dell'UE.

3.7   La transizione verso attività di produzione di beni e di prestazione di servizi più sostenibili nell'UE e l'attuazione della strategia Europa 2020 saranno fortemente condizionate dall'effettiva innovazione che le PTE riusciranno a garantire nel prossimo decennio.

3.8   Risultati effettivi e concreti in termini di innovazione e trasformazione industriale potrebbero essere conseguiti attraverso la progettazione contestuale di processi/prodotti innovativi e lo sviluppo delle competenze e dei sistemi di organizzazione del lavoro necessari per una completa applicazione alle attività di produzione di beni e di prestazione di servizi.

3.9   Alcune PTE sono organizzate per tenere conto, fin dall'inizio, degli aspetti sociali del processo di innovazione e per inserire, nelle loro agende strategiche di ricerca, attività collegate alle future necessità di risorse umane, spesso in stretto contatto con i rispettivi comitati europei di dialogo sociale settoriale, con i quali si scambiano anche informazioni.

3.10   Tenuto conto della sua composizione e dei forti legami con i principali settori dell'UE, la CCMI del CESE ha analizzato la situazione dei diversi settori industriali e ha fornito raccomandazioni alle altre istituzioni dell'UE e agli Stati membri, attraverso questo processo non burocratico e dal basso verso l'alto. L'obiettivo è contribuire all'attuazione della politica industriale dell'UE e a una trasformazione industriale auspicabile.

4.   Ruolo delle PTE per la ricerca e l'innovazione (R&I)

La Commissione europea ha sviluppato e attuato una serie di iniziative per rafforzare le PTE e gli interventi dell'industria e per varare politiche incentrate sulle tecnologie.

4.1   Le iniziative tecnologiche congiunte (ITC) sono uno strumento utile per l'attuazione delle agende strategiche di ricerca per un numero limitato di PTE. In poche PTE, l'entità e la portata degli obiettivi sono tali da non rendere sufficienti i normali strumenti del programma quadro di R&I. Per un'efficace attuazione occorre invece un meccanismo dedicato in grado di assicurare la guida e il coordinamento necessari per conseguire gli obiettivi in materia di ricerca. Per soddisfare tali esigenze è stato sviluppato il concetto di ITC.

4.2   Nel marzo 2009 si sono incontrati l'ex commissario europeo per la Scienza e la ricerca e alcuni rappresentanti di alto livello dell'industria, per valutare i progressi conseguiti e discutere delle priorità relative all'attuazione di nuovi strumenti di ricerca dei partenariati pubblico-privati (PPP). Tali priorità e strumenti sono stati utilizzati per le iniziative Fabbriche del futuro, Edifici efficienti sul piano energetico e Automobili verdi, incluse nel piano europeo di ripresa economica adottato nel novembre 2008.

4.3   I tre PPP rappresentano un potente strumento per potenziare le attività di ricerca in tre grandi settori industriali (automobilistico, edile e manifatturiero) che hanno particolarmente risentito della crisi economica e nei quali l'innovazione può contribuire in modo significativo a sviluppare un'economia più verde e più sostenibile.

4.4   Il piano SET adottato dall'UE nel 2008 rappresenta un primo passo verso la definizione di una politica dell'UE in materia di tecnologie energetiche. Si tratta di uno strumento di ausilio al processo decisionale per la politica energetica dell'UE, finalizzato al conseguimento dei seguenti obiettivi:

accelerare lo sviluppo delle conoscenze e il trasferimento e la diffusione delle tecnologie;

mantenere la leadership industriale dell'UE in materia di tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio;

sviluppare le conoscenze scientifiche per la trasformazione delle tecnologie energetiche, allo scopo di raggiungere gli obiettivi 2020 in materia di cambiamenti climatici ed energia;

contribuire alla transizione a livello mondiale verso un'economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050.

L'attuazione del piano SET è iniziata con il varo delle iniziative industriali europee che riuniscono l'industria, la comunità della ricerca, gli Stati membri e la Commissione in PPP a rischio ripartito. Parallelamente, l'Alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia (EERA) sta lavorando dal 2008 per allineare le attività di R&S delle organizzazioni di ricerca individuali alle esigenze delle priorità del piano SET, e per stabilire un programma quadro comune a livello UE.

4.5   L'iniziativa sui mercati guida (LMI) dell'UE mira a sostenere sei importanti settori con azioni intese a ridurre gli ostacoli all'immissione sul mercato di nuovi prodotti o servizi. La Commissione, gli Stati membri e l'industria collaborano alla realizzazione dei piani d'azione. Gli strumenti della politica intervengono nei seguenti ambiti: regolamentazione, appalti pubblici, normalizzazione e attività di sostegno. La LMI è incentrata sui seguenti mercati: eHealth (sanità elettronica), tessili di protezione, costruzione sostenibile, riciclaggio, bioprodotti ed energie rinnovabili.

5.   PTE: risultati dell’analisi SWOT (punti di forza, punti deboli, opportunità e minacce)

5.1   Se si tiene conto del mero numero delle PTE attualmente esistenti, risulta evidente che i livelli dei risultati (prestazioni) da loro conseguiti sono stati difformi in passato e continueranno ad esserlo anche in futuro. Il CESE ha quindi effettuato un'analisi iniziale volta a individuare i principali propulsori dell'eccellenza (punti di forza e opportunità) e, aspetto ancora più importante, i principali ostacoli (punti deboli e minacce).

5.2   Punti di forza

Le PTE riuniscono tutte le parti interessate: centri di ricerca e atenei, industria (soggetti di primaria importanza e PMI), produttori di impianti, organizzazioni senza scopo di lucro ma anche commerciali, associazioni, unioni ed enti pubblici.

Nella piattaforma vi è una chiara identificazione dei "ruoli" e della gerarchia nel settore. Le parti interessate condividono una visione comune, una tabella di marcia e un piano di attuazione.

Le PTE ricevono importanti contributi e sono fortemente sostenute dal settore industriale, uno dei pilastri principali dell'economia dell'UE. Inoltre sono promosse dall'industria, il che assicura la rilevanza a livello industriale delle loro iniziative. I contributi forniti dalle PTE interessano non solo le necessità di tecnologia e ricerca ma anche i trasferimenti di tecnologia.

Le PTE hanno una struttura di gestione snella e sono flessibili: mobilitano "forze" e riuniscono risorse.

I settori industriali collegati alle PTE occupano una posizione centrale nella catena del valore: molte innovazioni dipendono dai processi fondamentali (il settore manifatturiero, le industrie di trasformazione, la silvicoltura e la robotica sono solo alcuni esempi) e dai materiali di base (chimici e acciai). Le innovazioni a livello di processi e di materiali in quanto tali hanno quindi un effetto catalitico sull'innovazione nell'UE.

Le PTE stanno già affrontando le sfide socioculturali. Esse coprono un'area la cui estensione è tale da esercitare un notevole impatto sulla società in termini di crescita e di posti di lavoro a valore aggiunto. Le PTE offrono una risposta ad alcune importanti tematiche politiche (quali la bioeconomia, le materie prime e l'uso efficiente delle risorse).

Alcune PTE hanno già creato piattaforme nazionali e regionali, in tutti i paesi dell'UE.

L'istruzione viene considerata quale elemento strategico delle piattaforme.

Sono già operativi diversi strumenti di attuazione (PPP, cluster, ecc.) nati dalle PTE esistenti.

5.3   Punti deboli

Le PTE dovrebbero ragionare in termini strategici, evitando di trasformarsi in un gruppo di pressione ristretto e di perdere concentrazione. Le PTE potrebbero risentire della presenza di doppioni o dell'eccessiva frammentazione dell'attività.

In alcuni casi i "soggetti di primaria importanza" esercitano un effetto dominante sull'azione delle PTE.

Non è semplice riconoscere e attribuire innovazioni e applicazioni finali alle PTE:

la visibilità delle PTE è ancora ridotta, sia nel settore pubblico che in quello privato,

le ONG non sono interessate a partecipare,

i gruppi specchio degli Stati membri (PTN e PTR) non hanno generalmente avuto una buona riuscita.

Occorrono maggiori sforzi per generare una prospettiva multisettoriale in grado di armonizzare gli interessi delle parti interessate e la loro interazione.

Le PTE dovrebbero migliorare la loro comunicazione nonché la diffusione dei risultati.

5.4   Opportunità

Le PTE sono fondamentali per la promozione della "politica industriale" dell'UE. Le PTN e PTR corrispondenti rispecchiano la struttura delle PTE a livello di SM, migliorando il coordinamento e l'efficacia delle piattaforme. Il coordinamento e l'armonizzazione dei programmi di R&I europei, nazionali e regionali dovrebbero essere migliorati in collaborazione con le PTE.

Il ruolo di fornitore di soluzioni delle PTE riguardo alle sfide socioculturali assumerà un profilo più elevato alla luce della strategia rafforzata e allargata all'innovazione oltre che alla ricerca.

Sono state definite priorità specifiche per diffondere l'innovazione nel settore pubblico e in quello privato: Industrie di trasformazione sostenibili attraverso le risorse e l'efficienza energetica (SPIRE), PPP nella biondustria, Partenariati europei per l'innovazione sulle risorse idriche, le materie prime, le città intelligenti (congiuntamente con il piano SET e l'Iniziativa di ricerca industriale sui materiali energetici EMIRI).

Le PTE raccomandano alla CE di aumentare il ricorso alle azioni di coordinamento/sostegno per promuovere collaborazioni nella catena del valore e migliorare gli sforzi di semplificazione. Il miglioramento della cooperazione internazionale e l'attrazione delle migliori conoscenze mondiali per lo sfruttamento e la commercializzazione nell'UE potrebbero contribuire in maniera significativa all'attività delle PTE.

Le PTE dovrebbero collegare gli strumenti dell'innovazione a livello della domanda per integrare le azioni di ricerca allo scopo di accelerare la diffusione sul mercato.

Le PTE potrebbero aumentare il livello di consapevolezza circa l'importanza dei diversi processi di produzione industriale per sostenere il benessere e la prosperità in Europa.

Le attività di istruzione, apprendimento e formazione incentrate sulla persona dovrebbero continuare nel quadro delle PTE.

5.5   Minacce

Le PTE lamentano una carenza di risorse finanziarie per la gestione delle piattaforme.

Le PTE possono risentire del declino dell'industria europea. Il settore industriale dell'UE sta infatti perdendo la sua posizione leadership mondiale e risente in generale di uno scarso livello di assunzione del rischio e di una mancanza di riconoscimento dell'imprenditorialità rispetto ad altre aree del mondo.

Una più efficace attuazione del processo di semplificazione del quadro normativo dell'UE (anche per quanto riguarda la partecipazione a progetti UE), un maggiore impegno nella riduzione della frammentazione e della concorrenza tra iniziative istituzionali, un migliore coordinamento delle politiche e una maggiore visibilità in futuro a livello istituzionale, potrebbero aumentare l'efficacia delle PTE.

I processi di fabbricazione e le attività di R&I connesse con la fabbricazione stanno perdendo la loro capacità di attrattiva socioculturale nei confronti dei cittadini e in particolare dei giovani, anche a seguito della delocalizzazione delle attività di produzione al di fuori dell'Europa.

6.   Cooperazione tra le PTE e tra le PTE e la Commissione europea

Dopo aver contribuito attivamente all'attuazione del Settimo programma quadro dell'UE per la R&I, le PTE stanno attualmente fornendo informazioni e proposte per i lavori in corso in vista dell'elaborazione di Orizzonte 2020, per renderlo compatibile con le reali esigenze della società europea, e in particolare con quelle del settore manifatturiero e dei servizi.

6.1   Orizzonte 2020

6.1.1   Orizzonte 2020 è lo strumento che attua l'iniziativa faro della strategia Europa 2020 dal titolo Unione dell'innovazione, volta a garantire la competitività dell'UE a livello mondiale. Riferito al periodo 2014-2020, ha una dotazione di 80 miliardi di euro e fa parte dello sforzo compiuto per creare nuova crescita e nuovi posti di lavoro in Europa. Orizzonte 2020 perseguirà i seguenti obiettivi:

rafforzare la posizione dell'UE nel settore scientifico;

rafforzare la leadership industriale nell'innovazione. Questo obiettivo richiede importanti investimenti nelle tecnologie chiave, un più ampio accesso al capitale e il sostegno alle PMI;

contribuire a risolvere le principali preoccupazioni condivise da tutti gli europei, che riguardano, tra l'altro, le seguenti tematiche: cambiamenti climatici, sviluppo di una mobilità e di un sistema di trasporto sostenibili.

6.1.2   Orizzonte 2020 affronterà le sfide socioculturali contribuendo a colmare il divario tra ricerca e mercato. Questo approccio orientato al mercato prevede la creazione di partenariati con il settore privato e gli Stati membri.

6.1.3   Orizzonte 2020 sarà integrato con altre misure per progettare e sviluppare lo Spazio europeo della ricerca entro il 2014. Tali misure avranno come obiettivo l'eliminazione degli ostacoli alla creazione di un autentico mercato unico della conoscenza e della R&I.

6.2   Europa 2020

6.2.1   Europa 2020 è la strategia di crescita dell'UE per il prossimo decennio. L'UE dovrebbe diventare un'economia intelligente, sostenibile e inclusiva. Queste tre priorità, che si rafforzano a vicenda, dovrebbero aiutare l'UE e gli SM a conseguire alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale.

6.2.2   Concretamente, l'UE ha fissato cinque obiettivi ambiziosi (in materia di occupazione, innovazione, istruzione, inclusione sociale, energia e cambiamenti climatici) da realizzare entro il 2020. Ciascuno SM ha adottato i propri obiettivi nazionali in ognuno di questi settori. La strategia è sostenuta da azioni concrete a livello UE e nazionale.

6.3   Ruolo futuro delle PTE

6.3.1   Si prevede che il ruolo delle PTE resti invariato in futuro. Le PTE potrebbero inoltre sostenere l'attuazione degli strumenti della Commissione europea, alcuni dei quali sono già stati collaudati nel Settimo programma quadro. Ci si attende che la Commissione europea utilizzi una più ampia gamma (anche se in numero limitato) di strumenti di attuazione in Orizzonte 2020, come i PPP e le iniziative tecnologiche congiunte (ITC).

6.3.2   Vi è un forte impegno da parte dell'industria e della più ampia comunità delle parti direttamente interessate a sostenere l'attuazione degli strumenti sopramenzionati. Ne sono un esempio i Partenariati pubblico-privati nella bioindustria (Biobased for Growth), le Industrie di trasformazione sostenibili attraverso le risorse e l'efficienza energetica, l'Iniziativa di ricerca industriale sui materiali energetici (EMIRI), e la Ricerca per le future reti infrastrutturali in Europa (reFINE).

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere del CESE Le trasformazioni industriali: situazione attuale e prospettive future - un approccio globale, GU C 010, del 14.1.2004, pagg. 105-113.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/17


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Necessità di un'industria europea della difesa: aspetti industriali, innovativi e sociali» (parere d'iniziativa)

2012/C 299/04

Relatore: VAN IERSEL

Correlatrice: HRUŠECKÁ

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Necessità di un'industria europea della difesa: aspetti industriali, innovativi e sociali.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli, 1 voto contrario e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il mondo è soggetto a una rapida evoluzione geopolitica. La posizione dominante del mondo occidentale viene messa in discussione sia economicamente che politicamente. Mentre in tutta l'Unione europea vengono ridotte le dotazioni destinate alla difesa, in altri paesi, tra cui Cina, India, Brasile e Russia, la spesa in tale settore invece aumenta. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) invita pertanto il Consiglio e la Commissione europea a compiere una valutazione complessiva degli aspetti determinanti del ruolo e della posizione dell'UE nel mondo, che possa condurre a un aggiornamento convincente della politica estera, di sicurezza e di difesa europea.

1.2

La politica di difesa viene declinata in funzione degli interessi strategici dei paesi, delle minacce percepite e degli obiettivi politici, che in Europa sono definiti soprattutto in termini nazionali. Approcci obsoleti contribuiscono manifestamente ad accrescere la frammentazione, le lacune, la sovraccapacità e la mancanza di interoperabilità nelle capacità di difesa europee. Le ragioni a favore di un miglioramento sono preponderanti: tutto dipende dalla volontà politica. La questione è stata già argomentata in maniera convincente nel 1986! (1) Ora la questione si impone in modo ancora più pressante, dal punto di vista politico, economico e della difesa. Il CESE sollecita il Consiglio a lavorare seriamente all'opzione di uno scudo protettivo per l'UE.

1.3

La politica di sicurezza e difesa dovrebbe accrescere l'autostima dell'UE e degli Stati membri, e ispirare fiducia nella società e nell'opinione pubblica, nei militari adeguatamente equipaggiati, nelle imprese e nei lavoratori del settore. I cittadini dell'UE hanno diritto ad essere protetti adeguatamente. Cresce l'esigenza di armamenti europei in grado di far fronte alle esigenze future. In questo senso le pratiche condotte isolatamente dagli Stati membri sono assolutamente insufficienti, oltre a rappresentare uno spreco di denaro pubblico.

1.4

In linea con le politiche e le prassi adottate attualmente dagli Stati Uniti e da altri attori mondiali (emergenti) e data la responsabilità esclusiva dei governi in fatto di protezione dei cittadini e di garanzia della sicurezza, il CESE sottolinea l'esigenza di definire gli interessi strategici europei nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) (2). In ultima analisi, il triangolo composto da affari esteri e sicurezza, politica di difesa e capacità industriali è indivisibile, in quanto sostiene la posizione dell'Europa nel mondo, i suoi interessi economici e politici, nonché valori come i diritti dell'uomo e la democrazia. Il Servizio europeo per l'azione esterna dovrebbe essere coinvolto in prima persona.

1.5

Il CESE sottolinea che, se l'Europa intende mantenere una solida industria della sicurezza e della difesa creando una massa critica per garantire efficacia ed efficienza dei costi, è necessario un cambiamento radicale a livello di mentalità e di politiche, che dovranno garantire un futuro stabile e prevedibile per le forze armate europee, in linea con il peso economico e tecnologico dell'Europa. Di fronte alle notevoli differenze esistenti tra Stati membri, i principali paesi produttori assumono una responsabilità primaria in questo senso.

1.6

Il CESE ritiene che vi siano argomentazioni convincenti a favore del rafforzamento della pianificazione e del coordinamento attivo a livello dell'UE:

si tratta di un settore complesso e ad alto coefficiente di conoscenze, che richiede una pianificazione a lungo termine;

nonostante la privatizzazione, i governi hanno interessi importanti nell'industria della difesa in quanto clienti, regolatori e fornitori di licenze di esportazione;

la presenza di lacune nella struttura attuale e (severi) vincoli di bilancio richiedono un adeguamento sistematico, invece degli attuali approcci frammentari che minano la credibilità esterna e interna;

bisognerebbe assicurare un efficace coordinamento tra i principali paesi produttori e i paesi che producono meno o non producono affatto, al fine di promuovere gli acquisti di armamenti in Europa e utilizzare tutte le conoscenze disponibili, nonché le grandi società e le PMI di tutto il continente;

infine, una buona resa dell'industria europea a livello mondiale dipenderà dallo sviluppo di un mercato interno stabile in Europa.

1.7

Oltre alle azioni condotte dall'Agenzia europea per la difesa (AED) e al pacchetto difesa del 2007 (3), il CESE raccomanda l'adozione di una politica industriale europea ben strutturata per il settore della difesa con le sue caratteristiche specifiche in termini di esigenze dei governi e di fondi pubblici. Nel quadro di Europa 2020, questa politica industriale deve basarsi su competenze nazionali ed europee condivise - con la presenza dell'AED e della Commissione quali partner a pieno titolo - nonché su consultazioni con l'industria della difesa e con altri diretti interessati, tra cui le parti sociali, nonché sulla necessità di un dialogo sociale ben organizzato.

1.8

Le politiche e i finanziamenti dell'UE dovrebbero collegare gli investimenti UE con quelli nazionali, contribuendo così a una riduzione della frammentazione e della duplicazione della spesa pubblica, e a un incremento della qualità e dell'interoperabilità.

1.9

Una R&S al passo con i tempi svolge un ruolo essenziale al fine dello sviluppo di armamenti di "nuova generazione" che sono estremamente necessari. Queste attività di R&S non possono essere esclusivamente appannaggio dell'industria. La responsabilità principale ricade infatti sui governi. Pertanto la R&S è estremamente vulnerabile agli attuali tagli di bilancio. Il Consiglio e le parti interessate dovrebbero individuare e avviare al più presto programmi di ricerca che aiutino l'industria europea ad affrontare rapporti di dipendenza - tutt'altro che opportuni - da altri paesi. La tecnologia a duplice impiego rappresenta una necessità. Il programma di R&S dell'UE dovrebbe fornire un sostegno in tal senso, garantendo un'efficace cooperazione transfrontaliera in materia.

1.10

Occorre per quanto possibile programmare un potenziamento ulteriore della base tecnologica e industriale della difesa europea (European Defence Technological and Industrial Base, EDITB). A tal fine si rendono necessarie misure adeguate a livello UE (4).

1.11

Si rende altresì necessario un più stretto coordinamento tra la Commissione, l'AED ed altre parti direttamente interessate dell'UE. L'impegno ribadito dal Presidente della Commissione Jose Manuel Barroso (5), dal vicepresidente Antonio Tajani e dal commissario Barnier, nonché l'istituzione della task force Politica europea in materia di sicurezza e di difesa giungono al momento più opportuno. Il CESE accoglie altresì con favore la lungimirante risoluzione del Parlamento europeo sulla difesa europea e l'ampio ventaglio di aspetti in gioco (6).

1.12

In questo stesso spirito e con l'intento di potenziare l'iniziativa della sopraccitata task force, il CESE chiede alla Commissione di sollevare pubblicamente tali questioni. La Commissione dovrebbe inoltre cercare di fornire elementi di risposta adeguati ai risultati che emergono dalle differenze nelle capacità industriali e tecnologiche fra gli Stati membri, così come dalle discrepanze nei livelli d'investimento in generale nel campo della ricerca e della difesa.

2.   Introduzione

2.1

L'articolo 42 del Trattato sull'Unione europea sancisce che la PSDC costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Il terzo paragrafo dello stesso articolo aggiunge che gli Stati membri mettono a disposizione dell'Unione capacità militari per l'attuazione di tale politica. Dal 2005 l'AED opera per rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa europea e per equipaggiare meglio i soldati. I progressi su questo fronte, tuttavia, sono molto limitati.

2.2

Il completamento del mercato interno e un efficace coordinamento finanziario rappresentano attualmente una priorità assoluta, nonché due obiettivi a cui la strategia Europa 2020 garantisce un forte sostegno. I significativi passi in avanti compiuti in quest’ambito dovrebbero servire da modello per nuovi progressi anche nel settore della difesa europea.

2.3

Eppure non si registra alcuna evoluzione della stessa portata nel settore della difesa. Il patto militare tra Francia e Regno Unito del 1998 sembrava in grado di introdurre un cambio di mentalità e segnare un nuovo inizio. Lo stesso spirito di stretta cooperazione nel settore della difesa si manifestava anche con la creazione della Società di aerospazio e difesa (European Aeronautic Defence and Space Company, EADS) nel 2003. Tuttavia, a questi eventi non è seguita nessuna iniziativa di consolidamento. È significativo che i paesi della lettera di intenti (LoI) (il gruppo di paesi con capacità di produzione considerevoli nel settore industriale della difesa, composto da Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Spagna e Svezia) non abbiano ancora presentato nessuna proposta realistica di razionalizzazione o consolidamento, contrariamente alle intenzioni precedenti.

2.4

Il ristagno a cui si assiste ha portato ad adottare approcci compartimentati per ciascuno Stato membro e a porre l'accento sulla produzione nazionale: si nota una certa tendenza alla rinazionalizzazione. Tutte le società industriali con sede in Europa si focalizzano sui mercati d'esportazione. Non esiste un'impostazione strategica comune, né tra i governi, né tra i partner industriali.

2.5

Nel frattempo, i mercati potenziali dovranno affrontare un numero sempre crescente di nuove sfide, ad esempio quella, molto rilevante, posta dallo sviluppo degli armamenti nelle economie emergenti; Brasile, Russia, India e Cina (BRIC), seguiti da altri paesi più piccoli, stanno prendendo questa direzione. Si prevede che il bilancio cinese destinato alla difesa aumenterà, passando dagli attuali 120 miliardi a 250 miliardi di euro entro il 2015. Anche la Russia ha annunciato un considerevole incremento del bilancio per la difesa entro il 2015, e gli Stati Uniti spendono più del doppio del bilancio complessivo europeo (450 miliardi di euro per la Russia contro 204 miliardi per l'Europa nel 2007), mentre quest'ultimo non fa che ridursi. Il bilancio europeo destinato complessivamente alle attività di R&S rappresenta al massimo il 20 % di quanto stanziato dagli Stati Uniti nello stesso settore. La metà del bilancio europeo per la difesa è destinato al personale, contro il 25 % degli Stati Uniti. L'Europa dispone di un maggior numero di militari, che però sono equipaggiati molto peggio. La situazione mondiale non sarà mai più quella di una volta. L'UE deve agire prima che sia troppo tardi.

2.6

Negli ultimi decenni, numerosi studi hanno raccomandato un adeguamento dell'industria della difesa al mercato globale; tutti mettevano in evidenza delle carenze persistenti, dato che i mercati della difesa si rivelano alquanto imperfetti e la maggior parte degli Stati continua a sostenere la "propria" industria. I tentativi di migliorare i mercati (come ad esempio il pacchetto UE per la difesa del 2007), intendono porre rimedio ad alcune carenze del mercato e divergenze nelle pratiche a livello dei vari paesi.

2.7

Le sfide in gioco sono complesse, non da ultimo perché l'intervallo che intercorre tra la fase di progettazione e la messa in funzione dei prodotti è molto lungo. Per questo motivo, il CESE ritiene che il modo migliore per analizzare questo settore sia adottare un approccio ad ampio raggio comprendente un punto di vista tecnologico, economico e sociale, e non limitarsi alla sola prospettiva della difesa.

2.8

Uno dei punti fondamentali consiste nella divergenza delle impostazioni strategiche tra i paesi con una considerevole industria degli armamenti, in particolare per quanto riguarda la definizione di "interesse essenziale della sicurezza nazionale", e la relazione tra i mercati legati alla sicurezza nazionale e quelli d'esportazione. Alcuni paesi più piccoli dispongono di un'industria relativamente ben sviluppata, altri invece non presentano pressoché nessun sito di produzione. L'approccio di ciascun paese differisce pertanto chiaramente in base alle singole esigenze e potenzialità, determinando così una certa frammentarietà e una visione dell'industria della difesa "a macchia di leopardo". Operazioni come quella condotta in Libia rendono tragicamente evidenti i divari sempre più profondi tra i diversi sistemi di armamento disponibili. Le conseguenze andrebbero riconosciute e valutate attentamente.

2.9

Queste evoluzioni interessano sia gli investimenti che l'occupazione. L'industria della difesa è un settore ad alta tecnologia che impiega direttamente 600 000 lavoratori qualificati e, indirettamente, altri 2 milioni di persone. Si registrano pressioni inquietanti a favore di ulteriori tagli. I siti di produzione sono spesso caratterizzati da una forte concentrazione regionale e potrebbero diventare centri di eccellenza, mentre corrono il rischio di essere colpiti dai tagli finanziari. Questi siti soffriranno enormemente se la riorganizzazione e i tagli verranno realizzati in maniera non pianificata e destrutturata.

2.10

Il livello attuale di occupazione rappresenta ovviamente una preoccupazione di prim'ordine anche per i singoli governi. Questo, a sua volta, può certamente ostacolare lo sviluppo di una visione comune che è necessaria per fronteggiare opportunamente le conseguenze sociali di un'industria della difesa in declino, compresi la perdita di know-how e i suoi effetti sul capitale umano. Viceversa, una visione comune favorirà la creazione equilibrata di posti di lavoro ed eviterà il rischio di dispersione verso i paesi terzi dei ricercatori e dei quadri tecnici e scientifici altamente specializzati, in contrasto con gli obiettivi che l’UE si prefigge di raggiungere con la strategia Europa 2020.

2.11

Gli approcci dell'UE e il quadro intergovernativo possono e devono operare nella stessa prospettiva. Tuttavia, fin tanto che prevarrà la sovranità nazionale, qualsiasi quadro comune apporterà soltanto dei benefici limitati e pochi miglioramenti in termini di sovraccapacità, sovrapposizione e frammentazione. Le contraddizioni tra la filosofia della sovranità nazionale, da un lato, e le esigenze finanziarie, tecnologiche, economiche e sociali, dall'altro, sono evidenti.

2.12

Preoccupa quindi il fatto che l'obiettivo di "messa in comune e condivisione" (vale a dire l'organizzazione dell'interdipendenza europea) non si sia tradotto nell’elaborazione di una strategia comune. Nonostante la diffusa consapevolezza del mutato contesto internazionale, evidentemente le pressioni esterne non sono ancora abbastanza forti per motivare la ricerca di strategie e soluzioni comuni. Stranamente, invece, gli Stati europei sono ancora intenzionati a mantenere la dipendenza dagli Stati Uniti per quanto riguarda le forniture nel settore della difesa, invece di acquistare in Europa.

2.13

Se l'Europa intende mantenere una solida industria della sicurezza e della difesa, capace di sviluppare e produrre sistemi all’avanguardia, garantendo in questo modo la propria sicurezza, è necessario un cambiamento radicale di mentalità e di politiche. Attendere ulteriormente accelererebbe la riduzione delle capacità, che scenderebbero al di sotto dei livelli da cui l'UE potrebbe cominciare a risalire la china per conquistare di nuovo la leadership in settori fondamentali. Un simile ritorno a un ruolo guida sarebbe poi ancora più difficile visti i tagli alle spese per le attività di R&S, che interesserebbero direttamente un'intera generazione di ricercatori e di impiegati qualificati. Un fallimento dell'Europa in questo senso rischierebbe di far scomparire le industrie, di far perdere posti di lavoro e di far evaporare il know-how, lasciando così il continente alla mercé di altri soggetti. Chi ha a cuore l'Europa e la sua sicurezza deve avvertire la necessità di agire con urgenza.

3.   Contesto politico

3.1

Il Trattato sull'Unione europea evidenzia giustamente l'inestricabile legame esistente tra politica estera, di sicurezza e di difesa. Una politica estera efficace deve basarsi su capacità di difesa convincenti. Capacità di difesa adeguate devono essere a loro volta progettate e sviluppate in funzione delle minacce percepite e degli obiettivi concordati, in un contesto internazionale estremamente complesso e fragile.

3.2

L'elemento fondamentale è costituito dalla posizione e dal ruolo dell'UE nel mondo di domani, con particolare attenzione alle realtà geopolitiche in rapida evoluzione, caratterizzate dalla comparsa di un numero crescente di attori mondiali. Da questo punto di vista, il CESE ritiene che sia il momento opportuno per un'azione concertata in Europa. Le esperienze passate e recenti dimostrano che, continuando a seguire gli approcci tradizionali, l'Europa e gli Stati membri rischiano di essere tagliati fuori.

3.3

Il CESE auspica un futuro stabile e prevedibile per le forze armate europee, in linea con l'attuale peso economico e tecnologico dell'Europa. Il lunghissimo intervallo che intercorre tra la fase di progettazione e la messa in funzione dei sistemi accresce la necessità di prendere decisioni già da quest'anno.

3.4

Da un punto di vista sociale e politico, il CESE sottolinea quattro importanti aspetti riguardo alla necessità di garantire efficaci capacità di difesa in Europa:

la protezione della popolazione,

la necessità di disporre di militari adeguatamente equipaggiati,

posti di lavoro stabili e prevedibili,

una corretta progettazione delle azioni umanitarie e militari europee sulla scena internazionale.

3.5

È in corso un dibattito sul futuro della PSDC, sebbene venga raramente posto in questi termini. Molti temi, come l'utilizzo di gruppi tattici, la controversia sullo sviluppo di un unico comando operativo (OHQ), il finanziamento delle missioni di PSDC dell'UE, la ricerca di contributi per tali missioni e le raccomandazioni per una revisione della strategia di sicurezza europea, equivalgono in tutto e per tutto, tranne che nel nome, a un dibattito sulla PSDC. Inquadrare la questione da questo punto di vista sarebbe già un passo avanti. Inoltre, in tutte le discussioni su questi importanti temi, si dovrebbe anche tener conto delle implicazioni industriali delle decisioni (o delle non decisioni). In tal modo verrebbe altresì confermata l'esistenza di un solido legame tra le capacità industriali e l'attuazione di una PSDC. I principali responsabili sono i governi.

3.6

Le relazioni transatlantiche e la NATO hanno un'importanza fondamentale. Per molto tempo gli americani hanno severamente criticato il modo in cui gli europei ottemperavano ai loro obblighi di difesa all'interno dell'Alleanza. Da entrambi i lati dell'Atlantico si invoca in continuazione un "pilastro europeo" in seno alla NATO. Finora è accaduto esattamente il contrario.

3.7

La mancanza di un "pilastro europeo" propriamente detto ha profonde radici politiche. In Europa è ancora carente la volontà politica di definire interessi "strategici" o capacità militari fondamentali comuni. Gli Stati Uniti ed altri paesi utilizzano invece il concetto di attività strategiche, che abbraccia tutte le attività di ricerca e le industrie che contribuiscono alla sicurezza globale dei loro cittadini, sia essa civile o militare.

3.8

Stando così le cose, il CESE ritiene che con la costruzione di un pilastro europeo la dipendenza eccessiva delle capacità militari europee dagli Stati Uniti dovrebbe lasciare spazio a relazioni più equilibrate. Parallelamente a una discussione - più che necessaria - sugli interessi strategici europei comuni, di cui sono esclusivamente responsabili i governi, è importante iniziare quanto prima un'accurata pianificazione, mediante la cooperazione tra istituzioni europee, Stati membri e industrie della difesa, nonché una graduale revisione delle abitudini degli Stati membri di acquistare automaticamente prodotti già disponibili sul mercato statunitense.

3.9

Facendo in modo che la cooperazione industriale con le imprese statunitensi avvenga in condizioni di maggior parità, si otterrà un vantaggio dal punto di vista sia industriale che finanziario.

4.   Industria europea della difesa

4.1

Esiste una stretta relazione tra politica estera, politica di difesa/sicurezza e industrie della difesa. Nonostante la privatizzazione, i governi hanno interessi importanti nell'industria della difesa in quanto clienti, regolatori e fornitori di licenze di esportazione.

4.2

Le industrie della difesa dispongono di un notevole margine di manovra sui mercati d’esportazione. Ciò è in parte dovuto alla privatizzazione e in parte all'incoraggiamento da parte dei governi: la crisi economica sta trasformando alcuni ministri della Difesa in promotori delle esportazioni esplicitamente riconosciuti. In ogni caso, la crisi sta obbligando il settore della difesa a considerare le esportazioni come una caratteristica centrale dei propri modelli imprenditoriali. Il 2011 è stato in media un anno molto proficuo per le industrie europee; le società hanno altresì registrato risultati piuttosto positivi nello sviluppo di produzioni a duplice impiego.

4.3

Tutti i protagonisti a livello globale, come Cina, India e Brasile, perseguono le proprie ambizioni di politica estera, e questo si traduce in un aumento dei bilanci destinati alla difesa. Al momento questo fenomeno sembra schiudere delle opportunità per le esportazioni europee, ma fino a quando potrà durare? L'andamento dell'industria è ancora ragionevolmente buono, ma le sue prestazioni sono in buona parte basate su investimenti che risalgono a 20-25 anni fa. Se gli investimenti dovessero ulteriormente calare o semplicemente non aumentare in questo momento esatto, si avrebbero già da ora conseguenze irreversibili per il prossimo futuro.

4.4

È realistico, altresì, prevedere che le potenze emergenti inizieranno a potenziare le loro industrie indipendentemente da quelle occidentali e, di conseguenza, in qualità di futuri concorrenti dell'Europa sui mercati dei paesi terzi, bloccheranno in misura sempre maggiore le importazioni dai paesi occidentali o le vincoleranno a determinate condizioni.

4.5

Al momento non è previsto alcun nuovo programma di rilievo in Europa e ciò influirà senza dubbio sul successo delle future esportazioni. Inoltre, da un po' di tempo nessun importante paese emergente richiede più livelli significativi di trasferimenti di tecnologia e di produzione nei loro paesi.

4.6

Con tutta probabilità, taluni contratti per esportazioni una tantum saranno utilizzati per copiare la tecnologia delle industrie occidentali. Queste ultime, come alternativa al blocco delle importazioni, potrebbero creare delle strutture di produzione (e di sviluppo) nei paesi interessati. Per il momento è difficile prevedere fino a che punto questa evoluzione potrà incidere sui siti di produzione e sulle opportunità occupazionali in Europa. A lungo termine è probabile che la posizione dell'industria europea verrà indebolita dai grandi paesi emergenti. Il rafforzamento della tecnologia e della produzione di tali paesi inciderà anche sui (potenziali) mercati di esportazione delle industrie europee in altri paesi terzi. La concorrenza si farà sempre più aspra sia in termini di prodotti che di prezzi.

4.7

Dati i lunghi intervalli che intercorrono tra la progettazione e la produzione, nonché gli investimenti nella tecnologia e la continua innovazione, l'Europa ha bisogno di un coordinamento mirato volto ad assicurare un'industria della difesa aggiornata e autonoma. Fino a quando le dimensioni del mercato saranno determinate prevalentemente dai confini nazionali, esse saranno quasi automaticamente inferiori alla massa critica, persino negli Stati membri più grandi. Le esportazioni verso i paesi terzi possono compensare in una certa misura questo problema, tuttavia il futuro è incerto e le condizioni del mercato sono spesso ben lungi dall'essere stabili.

4.8

La continua riduzione dei bilanci, che comporta attualmente delle limitazioni considerevoli, dovrebbe costituire un campanello di allarme. Tale riduzione interessa i bilanci per gli investimenti e per gli appalti, mentre i costi di esercizio e di manutenzione rimangono invariati o aumentano in seguito alle operazioni militari in corso (Afganistan, Libia, operazioni antipirateria, solo per citarne alcune).

4.9

Il risultato è che gli investimenti essenziali per il mantenimento o il rinnovo delle capacità di produzione e sviluppo dell'industria vengono procrastinati o addirittura annullati. In periodi di difficoltà, inoltre, l'industria stessa sarà meno propensa a investire in tale mantenimento o in nuove attività. Solo una cooperazione coerente consentirà di garantire gli investimenti necessari.

4.10

Il Comitato raccomanda di adottare una politica industriale europea ben strutturata per il settore della difesa, dalla progettazione dei sistemi alla fase operativa. Si tratta di una questione di politica industriale specifica che riguarda, per sua stessa natura, un mercato pubblico: le attività di R&S devono essere finanziate oltre il capitale iniziale a causa dei margini non remunerativi della fase iniziale e di esigenze governative specifiche. Occorre individuare le capacità industriali europee fondamentali e le politiche di investimento atte a promuovere una solida produzione europea. Dato che nessun paese da solo dispone di risorse sufficienti per finanziare armamenti di "nuova generazione", è necessario combinare gli obiettivi nazionali e quelli europei, come anche le risorse nazionali e quelle europee, sia sul piano finanziario che su quello industriale. La governance dovrebbe essere basata su competenze UE e nazionali condivise secondo la strategia Europa 2020 che è stata concordata. Si tratta anche di una "etichetta" efficace per ottimizzare il coordinamento tra le istituzioni europee e in seno alla Commissione, il quale funziona ancora ben al di sotto del suo potenziale. In questo senso, la task force composta da Commissione, AED e Servizio europeo per l'azione esterna, che servirà a breve da piattaforma per discutere le priorità, le capacità e le lacune del settore, potrebbe rivelarsi molto utile.

4.11

L'attività di R&S rappresenta un tema centrale: l'industria della difesa è un'attività ad alta tecnologia e ad alto coefficiente di conoscenze, ed è indispensabile anche per lo sviluppo di veri e propri prototipi. L'attività di R&S non è quasi mai di competenza esclusiva dell'industria. Lo sviluppo e i cicli di vita dei sistemi sono troppo lunghi, e il loro impatto finanziario è troppo elevato perché l'industria possa assumersi tutti i rischi finanziari. L'esperienza dimostra che tutti i programmi riusciti sono stati condotti congiuntamente da governi e industria.

4.12

Una percentuale molto alta di R&S nel settore della difesa a livello mondiale proviene dai governi, direttamente o indirettamente tramite acquisti; data la natura dei prodotti, non sorprende che le industrie operanti nel settore tendano a evitare rischi finanziari eccessivi. L'attività di R&S nel settore della difesa è particolarmente vulnerabile ai tagli operati dai governi.

4.13

Per questo motivo, oltre a consolidare il settore, è necessario garantire un livello adeguato di finanziamenti e di messa in comune, da concordare tra Stati membri, Commissione e industria, a favore della ricerca, della tecnologia e dello sviluppo. Gli investimenti nella difesa richiedono un livello di finanziamento elevato per l'attività di R&S e per i progetti tecnologici. Inoltre, occorre garantire anche l'accesso alle tecnologie essenziali: se le tecnologie fondamentali per lo sviluppo e la produzione non fossero più accessibili a causa di limitazioni sulle esportazioni imposte da terzi, sorgerebbero gravi problemi per il conseguimento degli obiettivi di sicurezza europea.

4.14

Le attività di R&S condotte al di fuori delle organizzazioni del settore della difesa svolgono un ruolo sempre più importante in seguito al progresso compiuto dalla scienza e dalla tecnologia indipendenti in numerosi campi. Spesso è soltanto nelle ultime fasi di sviluppo che l'applicazione definitiva determina se l'attività di R&S possa essere di natura "militare" oppure "civile". L'attività di R&S a duplice impiego riveste un'importanza crescente per le applicazioni militari, quali ad esempio le tecnologie dell'informazione. Per la base tecnologica e industriale della difesa europea è quindi di primaria importanza incoraggiare il duplice impiego delle attività di R&S, in particolare perché consente il finanziamento al di fuori delle comunità militari.

4.15

Il finanziamento pubblico delle attività di R&S a livello UE dovrebbe essere concordato tra gli Stati membri. Può avvenire tramite l'ormai imminente Ottavo programma quadro o tramite un fondo distinto, preferibilmente mediante pacchetti di aree di ricerca avanzata, ad esempio nel campo delle nanotecnologie e dell'intelligenza artificiale. Dato il rapporto tra l'industria della difesa e il settore pubblico occorre pianificare procedure speciali.

4.16

L'AED e la Commissione dovrebbero svolgere un ruolo di primissimo piano, come prevede il quadro di cooperazione europeo, anche per evitare le abituali interferenze politiche. All'AED si dovrebbe offrire l'opportunità di svolgere appieno il ruolo assegnatole dal Trattato di Lisbona (7).

4.17

Per un programma industriale e di R&S nel campo della difesa è fondamentale disporre di una manodopera adeguata con competenze aggiornate (8). Questo rappresenta un altro solido motivo a favore di un quadro stabile per l'attività di R&S e per il settore, invece di una ristrutturazione disordinata. Va tenuto presente che la manodopera nel campo della difesa è il cemento su cui si costruisce l'avvenire delle capacità di difesa. La consultazione dell'industria, degli istituti di R&S e di quelli di istruzione superiore, delle organizzazioni militari e dei sindacati interessati, come anche la comunicazione con questi soggetti devono contribuire a garantire che la ristrutturazione in corso e la produzione previsionale degli armamenti in Europa siano organizzate adeguatamente.

4.18

Le restrizioni di bilancio obbligano a porre rimedio a sovrapposizioni e inefficienze. Il consolidamento controllato non equivale necessariamente alla creazione di grandi società: esso significa conseguire una massa critica sufficiente e la qualità richiesta dagli standard internazionali, due fattori che assicurano una posizione competitiva sui mercati interni e nei paesi terzi. Una pianificazione coordinata dei progetti a livello europeo da parte dei governi, di attori pertinenti dell'UE e dell'industria è sempre più indispensabile.

4.19

L'esistenza di differenze in termini di dimensioni e di produzione delle industrie è un dato di fatto. In effetti, gli Stati membri sono assai diversi dal punto di vista dell'importanza industriale. Un accordo tra i paesi partecipanti dovrebbe mirare anche a garantire che le industrie dei paesi non firmatari della Lettera di intenti (i principali paesi produttori) siano collegate a progetti pertinenti. Oltre a essere politicamente auspicabile, tale approccio promuove l'instaurazione di rapporti fruttuosi tra aziende grandi e piccole, nonché istituti di ricerca. In qualità di fornitrici, le PMI dovrebbero rafforzare con successo le filiere di specializzazione intelligente.

4.20

Un'attenzione particolare va rivolta alla vulnerabilità rilevata in alcuni paesi dell'Europa centrale a causa della loro posizione geografica esposta. Alla luce sia della necessità di far sentire i cittadini di tali paesi ben protetti sia dell'opportunità di avvalersi pienamente delle conoscenze tecniche specifiche disponibili nel settore della difesa, il CESE sottolinea la necessità di integrare adeguatamente nei programmi di difesa - presenti e futuri - le conoscenze e le competenze dei paesi dell'Europa centrale.

4.21

Un mercato europeo integrato dei prodotti legati al settore della difesa potrebbe consentire di creare un mercato interno più stabile. Oltre a costituire la somma dei mercati nazionali esistenti, un mercato europeo incoraggerebbe l'armonizzazione o, addirittura, la normazione dei criteri e delle regole in materia di appalti tra i vari Stati membri. L'aumento dell'armonizzazione o della normazione migliorerebbe le condizioni finanziarie ed economiche incrementando la competitività delle imprese europee sul mercato mondiale.

4.22

Il mercato europeo della difesa avrebbe una massa critica, e in tale contesto il CESE richiama l'attenzione sugli effetti dannosi che possono instaurarsi se gli Stati membri continuano a comprare prodotti già disponibili all'estero, in particolare negli Stati Uniti. In primo luogo, perché ciò compromette i vantaggi di un mercato europeo per la difesa, con la conseguenza che i prezzi di tali prodotti aumenterebbero per i clienti europei se al settore fosse impedito di vendere sui mercati dei paesi terzi dove la concorrenza (di Stato) è certamente destinata a inasprirsi. In secondo luogo, i paesi europei che acquistano prodotti già disponibili sul mercato negli Stati Uniti pagano il costo tecnologico americano che è incluso nel prezzo di tali prodotti.

4.23

Le prospettive finanziarie e politiche internazionali rendono indispensabile un dibattito approfondito a livello europeo che consenta di pervenire a conclusioni operative. Se non tutti gli Stati membri sono disposti a partecipare a un quadro comune, dovrebbe prevalere il principio della "cooperazione rafforzata". Maggiore integrazione e un atteggiamento favorevole all'acquisto di prodotti europei si rivelerà essere l'unico modo per avvicinarsi a dimensioni di mercato comparabili a quelle degli Stati Uniti. Senza un effettivo mercato interno è lecito dubitare che l'industria europea abbia qualche speranza di poter competere a livello mondiale.

5.   Alcune questioni specifiche

5.1

La ripartizione del panorama industriale tra le diverse forze armate (terrestre, marina e aerea) differisce notevolmente da paese a paese. In alcuni settori, nessun paese può più essere considerato in grado di sviluppare da solo armamenti di nuova generazione.

5.2

Nel settore terrestre, soltanto un numero limitato di grandi imprese integratrici di sistemi è in grado di progettare e produrre carri armati da combattimento e veicoli militari più leggeri. I principali produttori europei si situano in Francia, Germania e Regno Unito; vi è poi un'ampia gamma di produttori di sottosistemi e di fornitori sui mercati secondari, tra i quali l'Europa centrale è sottorappresentata.

5.3

Molti paesi sviluppano la "propria" industria navale e costruiscono navi militari le cui dimensioni e complessità variano da paese a paese. I paesi del "gruppo LoI" e i Paesi Bassi sono leader in questo settore, in particolare per quanto riguarda la progettazione e le strutture di ricerca navale complessa - che differiscono notevolmente da quelle della cantieristica civile. Anche in questo settore esiste un'ampia gamma di produttori di sottosistemi e di fornitori sui mercati secondari.

5.4

Soltanto pochi paesi progettano e producono aeromobili militari. Questo comparto conta un numero limitato di società a carattere prevalentemente multinazionale, che operano su scala europea - e non solo. L'attività si concentra principalmente in mano alle società EADS, BAE-Systems, Dassault e Saab-Aircraft. La ricerca nell'aerodinamica di punta è limitata a pochi paesi.

5.5

Il settore dell'elettronica, inclusi i sistemi di comando, comunicazione e controllo, sta assumendo un'importanza sempre maggiore per la difesa, con industrie quali Thales, BAE-Systems e Finmeccanica tra i principali protagonisti. Per Philips e Siemens, i due colossi europei dell'elettronica, il comparto della difesa è di minore importanza. Per le due società, i volumi sarebbero comunque troppo bassi per una produzione di massa vantaggiosa sul piano economico di componenti elettronici specifici, come i circuiti integrati destinati alla difesa. Tuttavia, la questione del coinvolgimento di questi grandi gruppi industriali pone in evidenza l'importanza della produzione a duplice impiego in questo settore.

5.6

Per quanto riguarda le munizioni e gli esplosivi, il numero delle industrie di questo comparto è diminuito progressivamente negli ultimi decenni, in parte a causa dei vincoli ambientali. La sicurezza pubblica costringe questo tipo di industrie a trasferire i vecchi siti di produzione o a chiudere direttamente i battenti.

5.7

L'accesso alle tecnologie essenziali è di fondamentale importanza e dovrebbe essere sostenuto nel quadro di una PSDC. Lo stesso vale per alcuni materiali come le fibre di carbonio o i materiali per i componenti elettronici.

5.8

Il pacchetto per la difesa del 2007, adottato nel 2009, può fornire un notevole sostegno. Gli Stati membri avrebbero dovuto recepire le direttive in questione nella legislazione nazionale nell'estate 2011. È ancora troppo presto per esprimere apprezzamento o scetticismo in merito alle ricadute positive sulla creazione di un mercato interno. Il processo non è ancora concluso e rimane da vedere se sarà realizzato l'obiettivo del trasferimento intra-UE di prodotti per la difesa come anche di nozioni fondamentali quali gli interessi di sicurezza nazionale.

5.9

L'articolo 346 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) consente di derogare alle norme dell'UE in materia di appalti al fine di tutelare gli interessi essenziali della sicurezza nazionale. Questa formulazione alquanto ampia può impedire una corretta evoluzione del mercato soprattutto per quanto riguarda la creazione di catene di approvvigionamento appropriate. Il CESE auspica pertanto un'interpretazione più puntuale dell'articolo 346 che offra in misura sufficiente l'opportunità di trovare soluzioni europee e catene di approvvigionamento ottimali a livello europeo, garantendo sicurezza di approvvigionamento, disponibilità di specializzazioni negli Stati membri e un buon rapporto costi-benefici.

5.10

La sicurezza nazionale delle informazioni pone dei problemi simili a quelli evocati al punto 5.9 e deve essere anch'essa oggetto di un riesame. Si tratta inoltre di una questione importante e sensibile nel quadro della partecipazione delle industrie europee ai progetti di difesa negli Stati Uniti.

5.11

La "messa in comune" e la "condivisione" (compresi i programmi comuni di formazione) dovrebbero costituire un programma orientato al futuro. Una condizione essenziale in questo senso è che le mere dichiarazioni di intenti lascino il posto a una pianificazione concreta e a un approccio mirato con tappe definite chiaramente. Tuttavia, finché non vi saranno accordi sulle dottrine di difesa sarà molto difficile realizzare concretamente questo obiettivo.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. Towards a Stronger Europe, una relazione preparata da un gruppo di studio indipendente, istituito dai ministri della Difesa dei paesi del Gruppo europeo indipendente per i programmi (IEPG) per formulare proposte intese a migliorare la competitività dell'industria europea delle attrezzature per la difesa.

(2)  "La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune", cfr. articolo 42 e successivi del Trattato sull'Unione europea (TUE), GU C 115 del 9.5.2008.

(3)  Direttive 2009/43/CE (GU L 146, del 10.6.2009) e 2009/81/CE (GU L 216, del 20.8.2009). Il pacchetto difesa è stato adottato dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel 2009. Gli Stati membri avrebbero dovuto recepirlo entro l'estate 2011. Esso conteneva tra l'altro una comunicazione dal titolo Una strategia per un’industria europea della difesa più forte e competitiva, COM(2007) 764 final, del 5 dicembre 2007.

(4)  I fondi europei - vale a dire l'ormai imminente Ottavo programma quadro, il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo di coesione e il Fondo sociale europeo - dovrebbero essere coinvolti in questo processo.

(5)  Discorso sullo stato dell'Unione, novembre 2011.

(6)  Risoluzione del Parlamento europeo del 14 dicembre 2011 sull'impatto della crisi finanziaria sul settore della difesa negli Stati membri dell'UE (2011/2177(INI).

(7)  Cfr. articolo 45, paragrafo 1, e articolo 42, paragrafo 3, del TUE, GU C 115 del 9.5.2008.

(8)  Cfr. A comprehensive analysis of emerging competences and skill needs for optimal preparation and management of change in the EU defence industry, Final report (Analisi globale delle necessità emergenti in termini di competenze e qualifiche per la preparazione e la gestione ottimali dei cambiamenti nel settore della difesa dell'UE, relazione finale), maggio 2009, relazione elaborata da Eurostrategies per conto della Commissione europea.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/24


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Le donne imprenditrici: politiche specifiche volte a favorire la crescita e l'occupazione nell'UE» (parere d'iniziativa)

2012/C 299/05

Relatrice: SHARMA

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Le donne imprenditrici: politiche specifiche volte a favorire la crescita e l'occupazione nell'UE

(parere d'iniziativa).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 121 voti favorevoli, 7 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni per la promozione dell'imprenditorialità femminile in Europa

1.1   Il presente parere contiene quattro proposte concrete fondamentali per l'attuazione di interventi politici volti a promuovere e sviluppare l'imprenditorialità femminile, con l'obiettivo di favorire una crescita sostenibile in Europa. Esso si incentra esclusivamente sul tema dell'imprenditorialità femminile, senza trattare la questione più generale della partecipazione delle donne al mercato del lavoro o al processo decisionale.

1.2   Le raccomandazioni politiche formulate non sono neutre sotto il profilo dei costi, tuttavia i modesti investimenti richiesti dalla Commissione europea e dagli Stati membri per la loro attuazione saranno compensati dalla redditività del capitale investito, con benefici economici aggiuntivi generati dall'aumento del numero delle imprese a conduzione femminile nell'economia e dalla creazione di posti di lavoro all'interno di tali imprese. Inoltre, si potrebbe sostenere che i fondi destinati a progetti dallo scarso impatto potrebbero essere ridistribuiti per rispondere meglio agli obiettivi perseguiti.

1.3   Le raccomandazioni politiche formulate nel presente parere, inoltre, non richiedono la creazione di nuove strutture, e possono essere integrate nelle politiche dei ministeri dello Sviluppo economico esistenti – ma non in quelle dei ministeri per le Pari opportunità, in quanto quella dell'imprenditorialità femminile è una questione "economica".

1.4   Queste raccomandazioni possono essere suffragate da prove concrete che dimostrano la redditività degli investimenti sulla base dei risultati conseguiti con iniziative simili negli Stati Uniti, dove il numero delle imprenditrici è raddoppiato, contribuendo così alla creazione di occupazione e alla ricchezza in generale della società. È stato l'elemento obbligatorio della raccolta dei dati, nonché la politica in materia di appalti, a produrre l'effetto più importante (1).

1.5   Creazione di un ufficio delle imprese femminili europee all'interno della Commissione europea e dei ministeri competenti (preferibilmente non nei ministeri per le Pari opportunità, al fine di distinguere tra responsabilità in materia di attività economiche e di parità di genere) a livello degli Stati membri, senza istituire strutture completamente nuove;

1.6   Nomina di un direttore/delegato o rappresentante di alto livello delle imprese femminili all'interno della Commissione europea e dei ministeri delle Attività produttive negli Stati membri, con una funzione trasversale di sensibilizzazione sui vantaggi economici derivanti dall'incoraggiare un numero crescente di donne ad avviare e sviluppare imprese;

1.7   Raccolta di dati e aggiornamento annuale delle politiche e della ricerca sulle imprese femminili nelle regioni europee, migliorando l'accesso ai dati disaggregati in base al sesso nei ministeri e nelle agenzie;

1.8   Applicazione della legislazione vigente in materia di parità di genere. In questo contesto occorre garantire in particolare che l'assegnazione delle risorse e dei fondi sia analizzata in funzione del genere al fine di assicurare trasparenza, responsabilità e la dovuta diligenza nel comprovare l'effettiva parità di genere.

1.9   Per creare un ambiente favorevole alle imprenditrici occorre inoltre considerare i seguenti aspetti:

includere gli uomini nel dibattito e nella comunicazione;

eliminare gli stereotipi basati sul genere, in particolare nell'ambito dell'istruzione e delle carriere professionali;

promuovere gli studi accademici che possano sfociare nella fondazione di nuove imprese femminili;

garantire un equo accesso ai finanziamenti e alle risorse a parità di condizioni;

migliorare la protezione sociale per i lavoratori autonomi.

2.   Contesto

2.1   La crescita e le piccole e medie imprese (PMI) nell'UE

2.1.1   La risoluzione del Parlamento europeo sull'imprenditorialità femminile nelle piccole e medie imprese (2) riconosce che "esistono disparità tra gli Stati membri per quanto riguarda il numero delle imprenditrici; che l'imprenditorialità è considerata un'opzione di carriera praticabile da un numero di donne inferiore a quello degli uomini, e che nonostante l'aumento della quantità di donne alla guida di PMI nell'ultimo decennio, nell'Unione europea è imprenditrice solo 1 donna su 10, a fronte di 1 uomo su 4; che le donne, pur rappresentando il 60 % circa di tutti i laureati, sono sottorappresentate sul mercato del lavoro per quanto riguarda il lavoro a tempo pieno, soprattutto nel mondo delle imprese; che è essenziale incoraggiare le donne e dotarle dei mezzi necessari per intraprendere iniziative imprenditoriali, in modo da ridurre le attuali disparità di genere".

2.1.2   Nel contesto della crisi finanziaria che ha colpito l'Europa, "austerità" è divenuta la parola chiave nella ricerca di una via d'uscita dalla crisi. Solo recentemente, oltre a parlare di austerità, si è iniziato a parlare anche di investimenti. Occorre porre un accento particolare sulle politiche volte a promuovere la crescita.

2.1.3   In un panorama globale in cambiamento, segnato dall'incertezza, dai mutamenti e da una concorrenza sempre maggiore a livello mondiale, uno degli elementi chiave per garantire un'economia europea competitiva e dinamica è riconoscere il ruolo degli imprenditori nel canalizzare gli investimenti verso la ripresa economica. La Commissione europea, dopo aver riconosciuto il ruolo delle PMI nella nostra società, si sta ora concentrando in via prioritaria sullo sfruttamento del loro potenziale.

2.1.4   L'importanza degli imprenditori in quanto creatori di posti di lavoro e attori centrali per il benessere delle comunità locali e regionali (3) è ulteriormente aumentata. Con la strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, lo Small Business Act, la strategia Europa 2020 e il nuovo COSME (4), l'UE ha posto con decisione le esigenze delle PMI al centro delle sue attività, ottenendo risultati positivi.

2.1.5   I contesti nazionali e locali in seno all'UE in cui le PMI operano sono molto diversi tra loro, così come diversa è la natura stessa di queste imprese. Una politica che miri ad affrontare le necessità delle PMI deve dunque saper riconoscere appieno questa diversità e rispettare fino in fondo il principio di sussidiarietà (Pensare anzitutto in piccolo - Un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno "Small Business Act" per l'Europa)).

2.1.6   Nel suo recente parere in merito alla comunicazione Piccole imprese, grande mondo - un nuovo partenariato per aiutare le PMI a cogliere le opportunità globali  (5), il CESE osserva che la Commissione presuppone la parità di genere nelle imprese, tuttavia non formula alcuna raccomandazione specifica per sostenere le PMI femminili che vogliano affacciarsi sulla scena internazionale.

2.1.7   In Europa manca un'infrastruttura che sostenga nello specifico l'imprenditorialità femminile. Nessuna delle succitate politiche, né gli interventi o le disposizioni che ne derivano, hanno riconosciuto appieno le questioni legate al genere nella conduzione delle imprese, né hanno individuato le opportunità di crescita o la diversità che caratterizza il settore delle imprese (imprese a domicilio, microimprese, imprese a conduzione familiare).

2.2   L'attuale politica in materia di imprese femminili

2.2.1   Le imprese femminili sono fondamentali per la salute dell'economia europea. Da oltre dieci anni, i governi e una serie di organizzazioni dei settori pubblico, privato e accademico hanno riconosciuto l'importanza di sostenere questo tipo di imprese sia da un punto di vista politico che pratico. Ciò ha consentito di rafforzare la consapevolezza del contributo che tali imprese forniscono all'economia.

2.2.2   Attualmente, la Commissione sta lavorando con gli Stati membri per cercare di ovviare agli ostacoli che scoraggiano le donne dal prendere in considerazione l'opzione imprenditoriale; in tale contesto, sono state lanciate una serie di iniziative, tra cui:

la rete europea di mentori delle imprenditrici che è stata inaugurata durante un evento organizzato dalla presidenza polacca il 15 novembre 2011 e che mette in pratica e completa le misure volte a promuovere, sostenere e incoraggiare l'imprenditoria femminile;

la rete europea per la promozione dell'imprenditorialità femminile (WES);

il portale dell'imprenditorialità femminile (6).

3.   Il potenziale economico

3.1   Nonostante i progressi incoraggianti registrati, è necessario che l'UE adotti ulteriori e incisive misure al fine di liberare appieno il potenziale delle imprese, in particolare quello delle PMI a conduzione femminile; troppo spesso, le donne sono invisibili nell'arena del mondo degli affari – nei mass media, in seno alle organizzazioni di rappresentanti delle imprese, e quando si tratta di influenzare la sfera politica.

3.2   Nel mondo dell'imprenditoria persiste il divario tra i generi, che si traduce in un numero di donne imprenditrici piuttosto basso: allo stato attuale, le donne rappresentano soltanto il 30 % del totale degli imprenditori in Europa. Ciò rende ancora più grande il potenziale di crescita economica non sfruttato.

3.3   Nel 2012, il ruolo delle imprese a conduzione femminile è più importante che mai: in tutta Europa e nelle regioni limitrofe, come quella euromediterranea (7), e in tutti i settori, operano imprese femminili il cui contributo alla crescita dell'economia e alla creazione e al mantenimento di nuovi posti di lavoro è fondamentale per la ripresa e la crescita.

3.4   Desta forte preoccupazione il fatto che, in un periodo in cui molti governi tagliano i finanziamenti a favore delle imprese, e in cui molte imprese lottano per la sopravvivenza e la crescita, le politiche a sostegno delle imprese femminili siano state depennate dall'ordine del giorno, nonostante le promesse. Le imprese femminili rappresentano un'"opportunità da migliaia di milioni di euro" (8) che deve essere riconosciuta, e non ignorata.

3.5   Una delle maggiori difficoltà che si incontrano nel tentativo di quantificare le imprese femminili in Europa è la mancanza di dati, sia quantitativi che qualitativi. I registri delle imprese e molte delle fonti statistiche governative (tra cui il numero di registrazione IVA) non sono disaggregati in base al genere. Allo stesso modo, le informazioni relative al genere non sono immediatamente disponibili a livello delle banche o delle organizzazioni di sostegno alle imprese.

3.6   Nonostante queste lacune, esistono varie fonti coerenti di informazione sull'imprenditorialità e il lavoro autonomo che forniscono indicazioni sulle attività imprenditoriali di uomini e donne. Tra esse figurano il Global Entrepreneurship Monitor (GEM) e le indagini annuali sulla popolazione condotte nella maggior parte dei paesi europei (Census). La raccolta dei dati negli Stati Uniti mette in risalto il potenziale per l'Europa (9).

3.7   Dagli studi (10) si evince che, in generale, le imprese femminili investono di più nella formazione del personale rispetto agli altri datori di lavoro, e che circa due terzi di esse si prefigge l'obiettivo di rafforzare le doti di leadership dei loro dirigenti. Ciò significa che gli investimenti a sostegno delle imprese a conduzione femminile orientate alla crescita avranno probabilmente un rendimento maggiore rispetto agli investimenti in altri tipi di imprese.

3.8   La maggior parte delle statistiche si basano su stime prudenti, e gran parte dei risultati delle ricerche indica che le aspirazioni di crescita sono ancora maggiori tra le donne imprenditrici, incluse quelle con figli (11). Da una ricerca condotta dalla banca Natwest nel Regno Unito è emerso che l'88 % delle donne prevedevano una crescita delle loro imprese, a fronte del 74 % degli uomini. Il tasso medio di crescita previsto era pari al 25 %.

4.   L'uguaglianza di genere nelle imprese

4.1   L'UE ha l'obbligo etico di dare alle donne ciò che esse meritano veramente. Nell'ambito del processo decisionale dell'UE occorre accordare un ruolo di primo piano alla questione dell'uguaglianza di genere. In tempi di crisi, è ancora più necessario che vi sia giustizia nelle relazioni tra uomini e donne. Al dibattito devono partecipare sia gli uomini che le donne, perché troppo spesso le questioni che interessano l'universo femminile vengono discusse soltanto dalle donne.

4.2   In Europa si applicano da anni politiche per l'integrazione della dimensione di genere, anche sul piano normativo, che tuttavia non includono la garanzia di un'analisi dell'attribuzione delle risorse e dei finanziamenti in base al genere. Al fine di assicurare trasparenza, responsabilità e la dovuta diligenza nel comprovare l'effettiva parità tra uomini e donne, è necessario eseguire un'analisi di questo tipo.

4.3   In Gran Bretagna, questo è un obbligo giuridico in virtù del "dovere della parità di genere" (Gender Equality Duty) (12), in base al quale tutte le autorità pubbliche, nell'esercizio delle loro funzioni, devono garantire di:

eliminare qualsiasi forma illegittima di discriminazione e molestie in base al sesso;

promuovere le pari opportunità tra donne e uomini.

Nell'ambito di tale obbligo, si dovrebbe analizzare l'allocazione delle risorse e dei finanziamenti per verificarne la neutralità in termini di genere.

4.4   Il concetto del "dovere della parità di genere" è fondamentale per garantire l'uguaglianza tra uomini e donne tramite la responsabilità e la valutazione dell'allocazione delle risorse e la raccolta di dati disaggregati in funzione del genere. Ciò consentirebbe ai decisori politici di valutare più agevolmente il vero impatto dell'imprenditorialità femminile (ad es., il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) o il Fondo sociale europeo (FSE): l'UE assegna questi fondi agli Stati membri, che a loro volta li attribuiscono a livello regionale. Spesso, tali fondi sono utilizzati per generare posti di lavoro tramite la creazione di nuove imprese, tuttavia in questo contesto non viene mai sollevata la questione del genere). Al fine di garantire la trasparenza in materia di parità di genere, i decisori politici di ogni livello dovrebbero discutere e analizzare le modalità di distribuzione dei fondi in base al genere.

4.5   Il genere può essere una "lente" attraverso cui comprendere le altre forme di diseguaglianza (legate alla razza, a un handicap o all'età) e agire di conseguenza. Affinché l'integrazione orizzontale della dimensione di genere sia efficace in tutta Europa, occorre adottare un approccio integrato, come sottolineato in particolare nella relazione dell'OCSE Tackle gender gap to boost growth  (13) (Colmare il divario di genere per stimolare la crescita). Focalizzare l'attenzione sulle tematiche di genere significa trattare tutti gli aspetti della parità e interessa tutti, uomini e donne, consentendo inoltre di riconoscere che le disuguaglianze tra uomini e donne derivano da iniquità o stereotipi.

4.6   Un'analisi delle questioni di genere è necessaria per evitare lo spreco di risorse nei settori dell'istruzione e della formazione, una più elevata incidenza di problemi di salute e oneri economici per le imprese che non valorizzano le competenze delle donne e non ne riconoscono il potenziale e il talento. Inoltre, al fine di consentire l'emancipazione delle donne di tutte le età, è necessario garantire assistenza nell'orientamento della carriera, il superamento degli stereotipi e l'eliminazione del cosiddetto tetto di cristallo (glass ceiling). I modelli di comportamento e di leadership femminili dovrebbero avere una maggiore visibilità nei mezzi di comunicazione e nella società in generale, al fine di dare risalto ai cambiamenti positivi che le donne apportano all'economia.

5.   Raccomandazioni

5.1   Interventi politici

5.1.1   Il CESE riconosce che l'Europa è in un periodo di austerità, tuttavia ritiene che l'adozione di politiche semplici e specifiche a favore delle imprese femminili potrebbe presentare una redditività degli investimenti tale da compensare i modesti contributi necessari da parte dell'UE e degli Stati membri per realizzare le quattro proposte formulate nel presente parere.

5.1.2   Tali proposte non sono state selezionate a caso, ma sono il risultato di una serie di consultazioni condotte con imprenditrici e associazioni di imprese. Raccomandazioni simili sono state formulate nella risoluzione del Parlamento europeo (14) e - aspetto ancora più importante - misure simili sono state introdotte negli Stati Uniti con il Women's Business Ownership Act (legge sulle imprese di proprietà femminile) del 1988, volto a sostenere le imprese a conduzione femminile. È stato l'elemento obbligatorio della raccolta dei dati, nonché la politica in materia di appalti, a produrre l'effetto più importante. La proporzione tra imprenditrici e imprenditori negli Stati Uniti è di 2:1 (sul totale, la percentuale di donne proprietarie di un'impresa negli Stati Uniti è passata dal 26 % del 1992 al 57 % del 2002). Ciò significa che il numero delle imprenditrici è raddoppiato, così come sono aumentati i posti di lavoro e la ricchezza in generale nella società.

5.1.3   Si avanzano le seguenti proposte:

5.1.3.1

Creazione di un ufficio delle imprese europee femminili all'interno della Commissione europea e dei ministeri competenti a livello degli Stati membri. Sarebbe auspicabile non creare tali uffici all'interno dei ministeri per le Pari opportunità, al fine di distinguere chiaramente tra le responsabilità in materia di attività economiche imprenditoriali e di parità di genere. Tale ufficio sarà dotato di un chiaro mandato, con obiettivi e risorse specifici. Attualmente, nella DG Imprese soltanto 1 addetto su 900 si occupa nello specifico di imprenditorialità femminile in Europa.

5.1.3.2

Nomina di un direttore/delegato o rappresentante di alto livello per le imprese femminili all'interno della Commissione europea e dei ministeri delle Attività produttive negli Stati membri, con una funzione trasversale di sensibilizzazione ai vantaggi economici derivanti dall'incoraggiare un numero crescente di donne ad avviare e sviluppare imprese. Tali uffici avrebbero una durata limitata nel tempo (4-10 anni in base all'economia e alla struttura di finanziamento) e un mandato ben definito, con obiettivi e responsabilità specifici. Tale direttore/delegato o rappresentante di alto livello per le imprese femminili potrebbe inoltre essere responsabile della promozione dei percorsi industriali e accademici diretti a un aumento dell'imprenditoria femminile, come la ricerca, la scienza, l'alta tecnologia, la vendita diretta e lo sviluppo online/IT.

5.1.3.3

Raccolta di dati essenziali che consentano di: misurare e quantificare l'attribuzione delle risorse alle imprenditrici – uno dei motivi fondamentali per cui le donne vengono discriminate nel settore, in particolare nelle fasi di avviamento; sostenere l'aggiornamento annuale delle politiche e della ricerca sulle imprese femminili nelle regioni europee; migliorare la raccolta e l'accesso ai dati disaggregati in base al sesso nei ministeri e nelle agenzie. È fondamentale che la DG Imprese e i ministeri dello Sviluppo economico negli Stati membri effettuino una valutazione di impatto di genere raccogliendo i dati pertinenti, come il numero delle donne imprenditrici, il numero di imprese a conduzione femminile, il numero di lavoratori in tali imprese, l'attribuzione delle risorse a queste imprese e a questi imprenditrici. È importante riconoscere che paesi come l'Australia, il Canada e gli Stati Uniti hanno aumentato con successo i livelli di imprenditorialità femminile grazie alla raccolta e all'analisi di dati di questo tipo.

5.1.3.4

Applicazione della legislazione vigente in materia di parità tra i generi. Dati recenti indicano che la disoccupazione femminile si trova al livello più elevato degli ultimi 23 anni in Europa. Un livello record è stato raggiunto anche per la disoccupazione giovanile, che comprende molte giovani laureate economicamente inattive. Il divario retributivo tra uomini e donne è un dato di fatto, e la rappresentanza femminile nell'ambito del processo decisionale in Europa è scarsa. È fondamentale che l'UE e gli Stati membri rispettino gli obblighi che derivano dal "dovere di garantire la parità di genere", disaggregando le informazioni in base al genere, in particolare nella raccolta dei dati e nell'allocazione delle risorse.

5.2   Interventi della società civile

5.2.1   Si propone di:

5.2.1.1

incoraggiare gli uomini a partecipare al dibattito e a riconoscere il valore aggiunto apportato dalla promozione dell'imprenditoria femminile, dato che tutte le attività volte a promuovere le imprese e l'imprenditoria femminile apportano benefici all'intera società e all'economia. Le comunicazioni, le reti e le formazioni in questo ambito dovrebbero essere dirette a entrambi i sessi, e la protezione sociale dovrebbe altresì garantire parità di trattamento a tutti i membri della società;

5.2.1.2

garantire a tutti la possibilità di accedere al mondo dell'imprenditorialità, eliminando in tutti i livelli di istruzione gli stereotipi sugli imprenditori legati al genere, e disciplinando il linguaggio e la terminologia utilizzati per descrivere gli imprenditori. Allo stesso tempo, garantire che il sostegno attualmente offerto agli imprenditori a livello universitario e di perfezionamento professionale sia allettante e utile per le giovani donne, e consenta di colmare il divario tra il numero di giovani uomini e giovani donne che decidono di avviare un'impresa;

5.2.1.3

promuovere percorsi di carriera tradizionali e non tradizionali per le donne di tutte le età in maniera neutra dal punto di vista del genere. In Europa vi sono molte donne laureate altamente qualificate, attualmente disoccupate a causa della crisi, che probabilmente non hanno mai preso in considerazione l'opzione di avviare una propria impresa;

5.2.1.4

istituire centri per l'imprenditorialità femminile dedicati, che offrano informazioni commerciali essenziali, reti, condivisione delle conoscenze, formazione e tutoraggio. In alcuni paesi UE non esistono centri di questo tipo, oppure spesso sono finanziati in misura insufficiente nel quadro di associazioni di imprenditori e delle camere di commercio nell'UE. Tuttavia, centri simili, dotati di risorse specifiche, possono rivelarsi altamente efficaci nella promozione dell'imprenditorialità femminile. La Germania offre numerosi esempi di buone pratiche in questo senso;

5.2.1.5

garantire appoggio e accesso all'informazione, ai fondi e alle risorse per la ricerca, la scienza e la tecnologia alle donne che desiderano avviare la propria impresa o sviluppare le proprie ricerche o innovazioni;

5.2.1.6

assicurare che gli istituti finanziari esaminino la divulgazione delle informazioni sui prestiti in funzione del genere. Alcune ricerche indicano che i prestiti concessi alle donne sono limitati e, spesso, a tassi di interesse molto più elevati rispetto a quelli concessi agli uomini (15);

5.2.1.7

rivedere le disposizioni sulla sicurezza sociale per tutti gli imprenditori, con particolare attenzione agli aspetti pratici delle disposizioni riguardanti le imprenditrici in gravidanza e le imprenditrici come madri e donne impegnate nell'assistenza dei familiari. Il piano d'azione della Commissione "Un'agenda europea per l'imprenditorialità" (16) richiama l'attenzione sulla necessità di migliorare i programmi di sicurezza sociale, tuttavia non va abbastanza lontano nel formulare proposte pertinenti;

5.2.1.8

sviluppare e attuare a livello UE un accordo sugli enti radiotelevisivi pubblici che incoraggi le emittenti pubbliche degli Stati membri a fissare obiettivi che garantiscano una copertura mediatica equilibrata delle attività imprenditoriali da un punto di vista del genere, spostando il discorso sulle donne dalle "rubriche al femminile" a quelle dedicate agli affari. Alcune ricerche indicano che la copertura mediatica può influenzare in maniera considerevole e positiva la percezione e l'atteggiamento della società nei confronti delle imprenditrici. Dare una maggiore risonanza mediatica alle imprenditrici di successo come modelli di riferimento potrebbe avere un impatto concreto sull'atteggiamento della società verso l'imprenditorialità femminile.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  1988: Women's Business Ownership Act (legge sulle imprese di proprietà femminile) (HR5050)

http://www.nwbc.gov/sites/default/files/nwbc05.pdf.

(2)  2010/2275(INI).

(3)  Parere del CESE sul tema Occupabilità e imprenditorialità - La società civile, le parti sociali e gli enti regionali e locali in una prospettiva di genere (GU C 256 del 27.10.2007, pag. 114).

(4)  Programma per la competitività delle imprese e le PMI (COSME) 2014-2020.

(5)  COM(2011) 702 final.

(6)  Cfr: http://ec.europa.eu/enterprise/policies/sme/promoting-entrepreneurship/women/portal/.

(7)  Parere del CESE sul tema Promozione dell'imprenditorialità femminile nella regione euro mediterranea

(GU C 256 del 27.10.2007).

(8)  Cfr.: www.wescotland.co.uk/wepg.

(9)  http://womeninbusiness.about.com/od/wibtrendsandstatistics/a/statswibindustr.htm.

(10)  http://www.bis.gov.uk/assets/biscore/enterprise/docs/b/11-1078-bis-small-business-survey-2010-women-led-businesses-boost.pdf.

(11)  http://www.enterprising-women.org/static/ew_growthreport.pdf.

(12)  http://freedownload.is/doc/overview-of-the-gender-equality-duty-11622854.html.

(13)  http://www.oecd.org/document/0,3746,fr_21571361_44315115_50401407_1_1_1_1,00.html.

(14)  2010/2275(INI).

(15)  Cfr. ad es. Women and banks - Are female customers facing discrimination? (Donne e banche – discriminazione per le clienti donna?), relazione dell'IPPR, novembre 2011, http://www.wireuk.org/uploads/files/women-banks_Nov2011_8186.pdf; Women’s business ownership: a review of the academic, popular and internet literature (Imprese di proprietà femminile: rassegna della letteratura accademica, popolare e di Internet), http://www.bis.gov.uk/files/file38362.pdf.

(16)  COM(2004) 70 final.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo della donna quale volano per un modello di sviluppo e di innovazione nell'agricoltura e nelle zone rurali» (parere d'iniziativa)

2012/C 299/06

Relatrice: RONDINELLI

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Il ruolo della donna quale volano per un modello di sviluppo e di innovazione nell'agricoltura e nelle zone rurali

(parere d'iniziativa).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 204 voti favorevoli, 5 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Le potenzialità delle donne che lavorano e/o fanno impresa nelle zone agricole e rurali devono essere analizzate, censite e valorizzate in tutte le politiche dell'UE e non penalizzate da alcune di esse: questa è la base necessaria perché le donne possano essere attori di sviluppo e innovazione, aiutando tutto il settore ad uscire dalla crisi.

1.2

Parità di trattamento, pari opportunità e azioni di promozione delle condizioni delle donne devono essere assicurate in tutta la legislazione e nei programmi UE, attraverso un effettivo mainstreaming di genere, semplificando le procedure di accesso alle risorse e verificando periodicamente i risultati.

1.3

Le donne devono essere coinvolte nei piani di sviluppo del settore a livello territoriale e regionale: ciò presuppone che siano messe in condizione di partecipare, di esprimere bisogni, esperienze e progetti (capacity building).

1.4

L'interazione di università e centri di ricerca con le donne interessate deve analizzare potenzialità e bisogni; fornire strumenti formativi e tecnologici per sostenere lo sviluppo di imprese a conduzione femminile; migliorare la qualità del lavoro e della vita delle donne in agricoltura.

1.5

Le TIC (1) sono fondamentali per sviluppare e migliorare l'attività femminile in agricoltura, a condizione che siano efficaci, ben distribuite sul territorio, accessibili e poco costose (banda larga). Ciò può anche creare lavoro per tecnici di TIC.

1.6

La costituzione di reti di donne, facilitata da buone TIC, sviluppa contatti, sostiene la partecipazione e favorisce rapporti e scambi di buone pratiche tra donne nell'UE e donne nei paesi candidati e terzi, con beneficio per la cooperazione internazionale e il commercio.

1.7

La formazione deve essere mirata ai bisogni e alle potenzialità delle donne interessate; forme innovative di disseminazione possono essere affidate alle stesse donne (gruppi di discussione e auto-formazione, pagine di giornali, interventi informativi negli istituti educativi, ecc.).

1.8

Perché si organizzino e partecipino sviluppando le loro potenzialità, sono necessari servizi efficienti, accessibili e flessibili che riescano a liberare il tempo dai lavori di cura. Ciò vale per sanità, trasporti, credito, distribuzione, marketing, cura di anziani e bambini, ma anche per settori di welfare che assicurino tutele alle donne che non ne godono. Anche in questo caso, si crea lavoro indotto nei servizi coinvolti.

1.9

Tutti gli Stati membri dell'UE dovrebbero promuovere il riconoscimento giuridico delle coadiuvanti ai fini delle tutele previdenziali e sanitarie. A livello dell'UE sarebbe opportuno definire un quadro normativo per una co-titolarità, eventualmente attraverso uno statuto della donna in ambiente agro-rurale.

1.10

Le donne possono contribuire alla sostenibilità dell'agricoltura e del territorio se dotate degli strumenti conoscitivi e tecnologici necessari (tecnologie verdi, gestione e utilizzo efficace delle risorse, produzione di energia pulita). Per l'avvio di questo tipo di imprese, innovative e sostenibili, va previsto un fast track per un accesso semplificato alle risorse (specie del II pilastro della PAC).

1.11

Le donne possono essere il motore di un rilancio dell'artigianato, di prodotti tradizionali di qualità e biologici, anche attraverso un'interazione più stretta tra produttrici e consumatrici che deve essere studiata e valorizzata (come nel caso delle "filiere corte").

1.12

La riforma della PAC e le politiche di sviluppo rurale devono concorrere a promuovere il lavoro e l'attività delle donne, in particolare attraverso programmi tematici riservati alle donne (II pilastro).

1.13

Stati membri, regioni, amministrazioni locali e parti sociali sono corresponsabili della promozione delle potenzialità delle donne che vivono in ambiente agro-rurale garantendo un contesto di legalità e l'attuazione di un quadro giuridico adeguato che assicuri il principio di parità e di rappresentanza di genere, anche nelle loro strutture interne. Gli esempi positivi che si riscontrano in alcuni Stati membri dovrebbero servire da stimolo affinché le donne - come ha chiesto anche il Parlamento europeo - siano adeguatamente rappresentate in tutti gli organismi politici, economici e sociali del settore agricolo e delle zone rurali.

2.   Una potenzialità da liberare

2.1

La potenzialità rappresentata dalle donne in agricoltura e nelle zone rurali è sottovalutata: il rapporto PAC 2010 (2) inserisce riferimenti alle donne solo attraverso le statistiche di Eurostat, e il rapporto sullo sviluppo rurale 2010 evoca di sfuggita il gap nei tassi di partecipazione al lavoro (76 % gli uomini, 62 % le donne (3)). Anche nell'interessante decisione del Consiglio del 20 febbraio 2006 sugli "Orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale" (4), le donne sono citate solo in rapporto alla necessità di incoraggiarne l'accesso al lavoro.

2.2

Il Parlamento europeo, invece, con la risoluzione del 2011 sul ruolo delle donne nell'agricoltura e nelle zone rurali (5), elenca accuratamente i principali nodi che le donne affrontano e indica alcune piste strategiche per sostenerle nella loro realtà sociale ed economica. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si riconosce nell'analisi del PE e ne condivide le conclusioni, ricordando altresì una serie di propri pareri (6).

2.3

Il CESE apprezza la proposta di regolamento della Commissione recante disposizioni comuni sui fondi strutturali e i documenti di lavoro dei servizi della Commissione (7) che la accompagnano, così come la comunicazione sul partenariato europeo per l'innovazione in agricoltura (8): questi testi contengono elementi interessanti che fanno sperare in una migliore attenzione istituzionale ai temi di genere, e il Comitato auspica ne seguano decisioni appropriate da parte del Consiglio.

2.4

Il CESE apprezza vivamente le attività svolte dalle organizzazioni di donne rurali e dalle reti analoghe in tutta una serie di Stati membri. Alcune di queste organizzazioni sono autonome, mentre altre sono integrate nelle associazioni di agricoltori. Inoltre, esistono anche organizzazioni giovanili rurali notevolmente impegnate a favore della parità di genere. Grazie a queste organizzazioni, molte donne riescono ad acquisire delle qualifiche e sono motivate ad approfondire il loro impegno a livello imprenditoriale, sociale, professionale e politico. Esse, inoltre, hanno dato un notevole contributo ai progressi realizzati finora, ad esempio in materia di protezione sociale per le famiglie di agricoltori. In alcune associazioni di agricoltori – finora tradizionalmente dominate dagli uomini – le donne sono oggi molto attive ed esercitano una grande influenza (9). Esempi di questo tipo dovrebbero servire da modello in tutti gli Stati membri.

2.5

Questo parere si prefigge di individuare, in parallelo con i documenti citati, alcuni criteri e misure che possano aiutare le donne a liberare il loro potenziale di lavoratrici e imprenditrici, assumendo un ruolo innovativo per uno sviluppo sostenibile e un'occupazione di qualità. Individuare meglio potenzialità e bisogni del lavoro e dell'imprenditoria femminile agro-rurale può migliorare la produzione, qualificarla, darle respiro strategico, diversificarla e sviluppare maggior coerenza tra la PAC e le politiche di sviluppo rurale e di coesione territoriale.

3.   Dati e criteri di lettura

3.1

Le successive riforme della PAC hanno reso fluido il confine concettuale tra economia agricola, economia rurale e gestione/valorizzazione del territorio. Ciò rende più ampio lo scenario (10) nel quale analizzare i problemi che incontrano le donne, ma rende anche più necessario disporre di dati precisi, disaggregati e qualitativi, approfondendo lo sforzo già in atto in Eurostat. La risoluzione del PE del 2011 assume che le persone "regolarmente occupate in agricoltura" siano 26,7 milioni, il 42 % delle quali (ossia 11,2 milioni) sono donne, includendo tutte le attività agricole e rurali in cui le persone svolgono un qualche lavoro (che spesso, però, non è l'unico né il principale). Eurostat, invece, misura l'occupazione agricola sulla base delle AWU (Annual Working Units), il che riduce il numero complessivo degli uomini e delle donne che lavorano a qualsiasi titolo nel settore a 11,1 milioni nel 2010 (per attività agricola, forestale, caccia e pesca) e, di conseguenza, quello delle donne a circa 4,7 milioni (11).

3.2

Questo richiamo alla metodologia statistica rende evidente che il problema si impone non per le quantità in gioco, ma per la strategicità del settore agro-rurale nella sua interazione con i contesti urbani e peri-urbani e il loro sviluppo sostenibile (ambientale e sociale). La realtà delle donne in agricoltura e nelle zone rurali sarà quindi considerata sotto un duplice focus: l'alto livello di standard produttivi dell'agricoltura europea e il potenziale che le donne rappresentano e che può essere liberato con risorse limitate ma utilizzate in modo efficiente e mirato. Si terrà presente che siamo ancora in un periodo di forte crisi che genera difficoltà – ma anche opportunità – per le donne che vivono e lavorano in aree agro-rurali.

4.   L'economia agricola e rurale e gli effetti della crisi

4.1

Recenti rilevamenti della situazione agro-rurale indicano che, dopo un calo della produzione e dell'occupazione dovuto al rallentamento di consumi ed esportazioni, il settore è tornato a crescere, segnando un aumento del reddito. Il mercato interno, in particolare, mostra un certo favore per qualità e sostenibilità: ad esempio, l'acquisto di prodotti locali (distribuzione a "chilometri 0" o filiera corta (12)) e/o biologici è visto sempre più con favore dai consumatori.

4.2

Sul piano occupazionale, tra il 2007 e il 2008 si sono persi circa 900 mila posti di lavoro in agricoltura, mentre tra il 2008 e il 2009 il saldo è stato di - 200 mila AWU (13). Il trend occupazionale negativo potrebbe quindi attestarsi su valori che riflettono una diminuzione fisiologica di occupati dovuta alla razionalizzazione delle imprese, con riduzione di manodopera non qualificata a beneficio di quella più professionalizzata.

4.3

Nonostante questi elementi di speranza, non siamo certo usciti dalla crisi né è migliorata la condizione delle donne: gran parte delle produzioni agricole continua ad utilizzare in modo informale la manodopera femminile che ha già forti svantaggi sia nell'occupazione a tempo pieno (il 26 % delle donne contro il 52 % degli uomini), sia in quella a tempo parziale (il 9,7 % degli uomini contro l'11,8 % delle donne) (14); oltre questi dati, esiste l'area del lavoro stagionale (che rappresenta un’enorme percentuale di occupati a fronte di una ridotta percentuale di occupati a tempo indeterminato), del lavoro informale e illegale, ossia un'ampia realtà invisibile o problematica non quantificata, rispetto alla quale bisognerebbe intervenire incentivando l'emersione del lavoro sommerso e, nella misura del possibile, la stabilizzazione del lavoro femminile.

4.3.1

Molto preoccupante è la condizione delle immigrate (sia intracomunitarie, sia extracomunitarie), alle quali vengono spesso negati i più elementari diritti, a cominciare dal pagamento dei salari con ritardo o con riduzioni ingiustificate e ingiustificabili. Questa situazione è peggiorata dall'inizio della crisi e non può essere giustificata dalle difficoltà di erogare crediti alle piccole imprese agricole e di trasformazione; molti sono i casi di lavoratrici che sono dovute ritornare al paese d'origine senza essere state pagate o si sono trovate alla mercé di sfruttatori, criminali e mercanti di manodopera che purtroppo non sono ancora penalmente perseguibili in alcuni paesi dell'UE.

4.3.2

La dispersione territoriale delle aziende agricole e le dimensioni ridotte di molte di esse concorrono a rendere complessi i controlli sulla correttezza dei rapporti di lavoro. Tuttavia, una gestione attenta da parte delle amministrazioni locali, insieme con le parti sociali e le organizzazioni della società civile, può essere il punto di partenza per combattere irregolarità e criminalità, garantendo diritti e sicurezza per tutti.

5.   Per migliorare la vita e il lavoro delle donne nelle aree agro-rurali …

5.1

La dimensione qualitativa della produzione agricola è una componente importante del lavoro delle donne, sia come produttrici, sia come coadiuvanti, sia come consumatrici, sia come soggetti che trasmettono tradizioni, creatività e comportamenti genuini. Per valorizzare questa realtà sono necessarie scelte concertate sul territorio.

5.2

Lo sviluppo e l'applicazione di tecniche produttive avanzate, la ricerca, l'orientamento professionale e la formazione devono vedere i centri di ricerca e le università interagire con le aree agro-rurali, integrando nei loro studi i bisogni delle donne e l'analisi delle loro potenzialità.

5.3

Spesso si ritiene che ogni problema di miglioramento qualitativo e di promozione della competitività possa essere risolto somministrando un qualche tipo di formazione. Ciò può produrre un proliferare quantitativo e non qualitativo e mirato dell'offerta formativa che spesso non risponde adeguatamente ai bisogni concreti dell'economia e dei soggetti sociali coinvolti, né a strategie partecipate di sviluppo sostenibile. La realtà agro-rurale, per crescere, ha bisogno di lavoratrici e imprenditrici preparate, ma la sola formazione non riqualifica immediatamente il lavoro, l'attività e la vita, se mancano strutture e servizi e se non si creano posti di lavoro sostenibili e di qualità.

6.   … analizzare i bisogni e le potenzialità a partire dal territorio

6.1

Qualsiasi intervento di formazione, di fornitura di servizi o di razionalizzazione deve partire dall'analisi delle condizioni concrete e delle disponibilità delle donne che vivono e lavorano in ambiente agro-rurale. Ciò implica un'attenta analisi del territorio, delle potenzialità e delle aspettative delle persone, che deve essere condotta con la partecipazione attiva delle donne interessate. La partecipazione è una dinamica che responsabilizza le autorità nazionali, regionali e locali ma anche le organizzazioni socio-professionali. Le potenzialità complessive di un territorio possono aumentare se si liberano le potenzialità delle donne che ci vivono. Programmi mirati ed efficaci per sviluppare innovazione, imprenditorialità e lavoro femminili possono creare posti di lavoro (specie per i giovani), frenando e a volte anche invertendo la tendenza allo spopolamento delle campagne.

6.1.1

Università e territorio devono interagire nell'analisi di queste potenzialità: i centri di ricerca devono essere coinvolti nella progettazione e nella valutazione dei piani di sviluppo. Ciò impone di garantire collegamenti efficaci, attraverso TIC avanzate e accessibili, tra le università e le donne per realizzare accurate ricerche e sperimentarle sul campo (15).

6.1.2

I piani di sviluppo territoriale dovrebbero contenere azioni specifiche di formazione indirizzate alle lavoratrici, alle coadiuvanti e alle imprenditrici, valorizzando la loro capacità di adattarsi, di innovare, di trasmettere conoscenze e comportamenti. Le donne che hanno ricevuto una formazione dovrebbero essere incentivate a trasmetterla alle altre attraverso strumenti formali (cooperative, strutture partecipative alle decisioni delle autorità locali, gruppi di azione nel quadro dello sviluppo rurale, ecc.) e informali (gruppi di discussione e auto-formazione, interventi negli istituti educativi, trasmissioni radio e TV, rubriche sui giornali, imprese sociali, ecc.). L'incentivo necessario è costituito non solo da risorse finanziarie, ma anche dalla liberazione del tempo delle donne, grazie a facilitazioni e buoni servizi sul territorio (permessi retribuiti, strutture di cura per l'infanzia, trasporto efficiente e gratuito (16), sostituzione temporanea nel lavoro di cura, agro-asili, ecc.).

6.2

Una copertura Internet efficiente, veloce (banda larga) e poco costosa è una precondizione, considerando che interi paesi UE hanno meno del 60 % delle abitazioni connesse in rete. Un più ampio uso delle TIC può facilitare anche la formazione a distanza, la comunicazione tra parti distanti del territorio e costituisce uno stimolo per comunicare con le donne dei settori agro-rurali di altri paesi, suscitando l'interesse anche per l'apprendimento delle lingue e lo scambio di esperienze.

6.2.1

Inoltre, le TIC favoriscono la costituzione di reti di imprenditrici, coadiuvanti e lavoratrici che, stimolate dalla presenza di migranti extracomunitarie, comunicano e interagiscono anche con donne dei paesi candidati e dei paesi terzi. Ne può nascere un proficuo scambio di esperienze, una migliore cooperazione allo sviluppo e perfino una maggiore integrazione commerciale, nonché un contributo per risolvere la sfida alimentare a livello mondiale.

6.3

La salute delle donne in ambito agro-rurale è una priorità. Efficaci servizi sanitari - anche con strutture di telemedicina e telediagnostica – e presidi medici di qualità – devono monitorare salute, sicurezza e malattie professionali sui luoghi di lavoro e ciò può anche creare posti di lavoro per personale specializzato. Tali servizi (in particolare per l'igiene riproduttiva e la prevenzione ginecologica) dovrebbero essere gratuiti; in ogni caso, i costi dovrebbero sempre essere parametrati al reddito e ai carichi familiari. Un aspetto cruciale è la presenza di molte donne in età avanzata: in alcuni paesi a forte vocazione agro-rurale, l'aspettativa di vita delle donne è molto più lunga di quella degli uomini, per cui la popolazione femminile è maggioritaria tra gli ultrasessantenni (17). Per queste donne è indispensabile la presenza di servizi medici, di assistenza e di accompagnamento anche per non obbligare le donne più giovani a farsi carico di ulteriori oneri familiari.

6.4

La condizione delle coadiuvanti continua ad essere trattata in modo molto diverso da paese a paese. Formalmente non sono riconosciute come lavoratrici, pur lavorando intensamente nel settore, e in taluni Stati membri restano prive di qualsiasi assistenza sanitaria e pensionistica (se non quella a base universale, dove il welfare lo prevede). Sono necessari strumenti per assicurare a queste donne una copertura attraverso, ad esempio, fondi pensionistici specifici promossi dalle parti sociali o dalle autorità territoriali. Sarebbe anche opportuno definire norme per la co-titolarità, eventualmente nel quadro di uno statuto europeo della donna in ambito agro-rurale.

6.5

L'uso razionale dell'energia e lo smaltimento dei rifiuti vedono le donne protagoniste in quanto amministratrici dell'economia familiare. Raccolta differenziata e strutture adeguate di compostaggio e trasformazione (biomassa) possono integrarsi con gli obiettivi di risparmio energetico e con cicli virtuosi di produzione agricola e biologica, di fatto autosufficiente sul piano energetico. L'accesso alle nuove tecnologie verdi per la produzione e l'utilizzo efficace delle risorse dovrebbe essere facilitato e godere di incentivi specifici per aziende e attività gestite da donne.

6.6

In molti paesi l'iniziativa di gruppi di donne ha realizzato positive esperienze di agriturismo, specie a carattere cooperativo, con ottimi risultati di gestione. Dato il crescente interesse per questo tipo di turismo, bisognerebbe mettere in rete queste attività e far circolare le migliori pratiche.

6.7

La distribuzione, per contribuire allo sviluppo sostenibile e all'attività delle donne (spesso esercitata su appezzamenti di dimensioni ridotte), deve essere di alta qualità, funzionale e flessibile: cooperative locali di distribuzione, a costi contenuti, potrebbero favorire la vendita di prodotti tipici di qualità a prezzi più accessibili. Utili si sono mostrati anche eventi specifici per la promozione di tali prodotti.

6.8

È importante valorizzare le produzioni artigianali e tipiche che si stanno perdendo. Azioni mirate di informazione e marketing possono aiutare a mantenere o creare attività e posti di lavoro, contrastando l'esodo rurale e il degrado della qualità indotto dall'importazione di massa. È quindi indispensabile un'interazione efficace di servizi, tecnologie e trasporti adeguati, che colleghino le zone rurali e agricole con i mercati urbani (18).

6.9

È necessario migliorare l'accesso al credito per creare aziende e cooperative agricole e artigianali, responsabilizzando le banche tradizionali (in particolare le Casse agricole e le Casse di risparmio locali), ma anche promuovendo programmi di microcredito, prioritariamente indirizzati alle donne.

7.   Le politiche dell'UE e il coinvolgimento della società civile

7.1

In attesa dell'approvazione della proposta di regolamento con le disposizioni comuni dei fondi strutturali (19), ricordiamo che il regolamento FEASR sottolinea la necessità di utilizzare le risorse del Fondo per promuovere la parità uomo/donna e prevede l'informazione e la partecipazione di organismi impegnati per il conseguimento di questo obiettivo (20). Il nuovo regolamento comune potrebbe essere rafforzato introducendo un fast track per le donne che avviano imprese agro-rurali o artigianali innovative e sostenibili. Ciò darebbe più forza e più capacità propositiva alle organizzazioni della società coinvolte nel partenariato di cui all'articolo 6 del testo normativo citato.

7.2

Quanto alla proposta di regolamento comune dei fondi, già oggetto di un parere del CESE (21), si conferma qui una forte preoccupazione per gli effetti che le condizionalità macroeconomiche (art. 21) potrebbero avere sui progetti rivolti allo sviluppo di iniziative a favore delle donne. Il CESE chiede che si eviti, attraverso una specifica disposizione normativa, di colpire direttamente o indirettamente i soggetti sociali più deboli, tra cui le donne.

7.3

Il CESE auspica che la Commissione, oltre l'impegno già sviluppato nelle proposte citate, sia più tempestiva nell'intercettare i cambiamenti e le esigenze delle donne, evitando soprattutto di rendere rigidi nei contenuti e nelle metodologie i programmi di promozione della condizione femminile in ambito agro-rurale.

7.4

Una più forte e migliore partecipazione delle donne allo sviluppo agro-rurale dovrebbe essere integrata sistematicamente anche nei programmi europei di ricerca e sviluppo, di formazione (Fondo sociale europeo e non solo) e di mobilità dei lavoratori oltre che, naturalmente, nell'attuazione della politica di coesione economica, sociale e territoriale.

7.5

Norme, programmi e progetti relativi all'attuazione del II pilastro dovrebbero essere sottoposti a verifiche periodiche, nel quadro delle procedure di monitoraggio della PAC, per accertarne l'efficacia nel conseguimento delle pari opportunità e l'uso appropriato delle risorse utilizzate.

7.6

Devono essere previsti anche sotto-programmi tematici per le donne nell'ambito delle politiche di sviluppo rurale e devono essere adeguatamente valorizzate e disseminate le esperienze del programma Leader.

7.7

Per sviluppare programmi che integrino come priorità la liberazione del potenziale rappresentato dalle donne, il territorio – nella sua accezione fisica, amministrativa e sociologica – deve essere il primo protagonista di una dinamica partecipativa. Le organizzazioni delle parti sociali e della società civile dovranno essere corresponsabili in prima persona delle scelte e della loro attuazione. Per fare ciò, dovranno anche mostrarsi capaci di rappresentare in modo concreto ed efficace i bisogni delle donne e saperle integrare a tutti i livelli delle organizzazioni, curando anche la loro specifica capacity building.

7.7.1

Il CESE invita tutte le organizzazioni in esso rappresentate a sviluppare una forte attenzione verso le donne che lavorano e vivono in ambiente agricolo e rurale e a farsi interpreti dei loro bisogni e delle loro aspirazioni e ad inserirle sistematicamente nelle diverse strutture di partenariato orizzontale e verticale.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione.

(2)  Agriculture in the EU - Statistical and Economic Information - Report 2010, marzo 2011.

(3)  Pagina 146, tabella 3.5.1.4, del rapporto citato.

(4)  Decisione del 20 febbraio 2006, n. 2006/144/CE (periodo di programmazione 2007/2013) – GU L 55 del 25.2.2006, pag. 20.

(5)  P7_TA(2011) 0122.

(6)  Tra gli altri, ricordiamo i pareri CESE, GU C 256 del 27.1.2007, pag. 144-149; CESE, GU C 317 del 23.12.2009, pag. 49; CESE, GU C 347 del 18.12.2010, pag. 41; CESE, GU C 376 del 22.12.2011, CESE, GU C 143 del 22.5.2012, pagg. 35-39; CESE, GU C 191 del 29.6.2012, pagg. 116-129.

(7)  COM(2011) 615 final/2 e documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2012) 61 final, parti I e II.

(8)  COM(2012) 79 final.

(9)  Ad esempio, un'attiva donna rurale è a capo della Federazione degli agricoltori svedesi (LRF), di cui è presidente.

(10)  Il 92 % del territorio europeo è considerato rurale e ci vive il 56 % circa della popolazione, che produce il 45 % del valore aggiunto dell'UE (dati riportati nella decisione del Consiglio citata al punto 2.1).

(11)  La Commissione sta preparando una serie di rapporti e studi in materia. Il CESE si augura contengano dati qualitativi e disaggregati ancora più precisi.

(12)  Ricordiamo la conferenza Local agricolture and short food supply chains ("Agricoltura locale e filiere alimentari brevi"), Bruxelles, 20.4.2012.

(13)  Dati Eurostat.

(14)  Rapporto PAC 2010, tabella 3.5.1.4 (http://ec.europa.eu/agriculture/agrista/2010/table_en/index.htm).

(15)  Ampie zone agricole e rurali non dispongono di strutture universitarie e di ricerca: è interessante qui ricordare la scelta di creare un'Università a Umeå (in Svezia) in un territorio rurale e con scarso sviluppo, che si è però rivitalizzato quando il centro di studi e ricerche ha cominciato a funzionare a regime.

(16)  Il documento di lavoro dei servizi della Commissione, parte II, già citato alla nota 7, segnala che le donne utilizzano più degli uomini i trasporti pubblici.

(17)  In Lituania le donne vivono in media 11 anni più degli uomini; in Lettonia 10, in Polonia, Romania e Slovacchia 8; in Bulgaria, Repubblica ceca, Portogallo, Slovenia e Spagna, 7.

(18)  La realtà dell'artigianato in ambito rurale è stata ampiamente sviluppata nel parere CESE, GU C 143 del 22.5.2012, pagg. 35-39.

(19)  COM(2011) 615 final/2.

(20)  Vedi regolamento n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005 (GU L 277 del 21.10.2005, pagg. 1–40), articoli 6, paragrafo 1, lettera c); 62, paragrafo 1, lettera b); 76, paragrafo 2, lettera a).

(21)  Parere CESE, GU C 191 del 29.6.2012, pagg. 30-37, in particolare il punto 3.3.3.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Le relazioni UE-Moldova: il ruolo della società civile organizzata»

2012/C 299/07

Relatrice: PICHENOT

Nel corso della sessione plenaria del 13 e 14 luglio 2011 il Comitato economico e sociale europeo ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Le relazioni UE-Moldova: il ruolo della società civile organizzata.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), consapevole dell'interesse comune per un ravvicinamento tra l'Unione europea e la Repubblica moldova e a seguito della propria missione di marzo 2012, nel presente parere ha deciso di presentare le seguenti raccomandazioni con l'obiettivo di:

consolidare il ruolo della società civile, in particolare attraverso la creazione di un consiglio economico, sociale e ambientale moldovo (CESEM),

riuscire a concludere un accordo di libero scambio globale e approfondito (DCFTA),

ripristinare l'integrità territoriale della Moldova.

1.2

Nelle sue raccomandazioni alla Commissione e al Parlamento europeo, il CESE sollecita il raggiungimento di un accordo di libero scambio equilibrato che preveda il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile in tutte le fasi del processo. Per giungere alla conclusione di un DCFTA, sarà opportuno coordinare l'azione della Commissione con quella del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Il CESE raccomanda in particolare di:

verificare la corretta partecipazione degli organismi moldovi tramite un accesso alla consultazione pubblica  (1) in corso, nonché alle audizioni pubbliche e agli incontri con la società civile previsti nel quadro della valutazione d'impatto sulla sostenibilità;

organizzare un convegno sui risultati della valutazione d'impatto con il parlamento moldovo, il CESE e la società civile moldova, e garantire che la società civile sia regolarmente informata in merito al contenuto dei negoziati;

prestare attenzione alla rilevazione degli impatti sociali e ambientali, soprattutto sulla base delle osservazioni contenute nella relazione sui progressi nel raggiungimento degli obiettivi del millennio (2), allo scopo di perfezionare il capitolo "sviluppo sostenibile" di un futuro accordo;

realizzare uno studio sulle condizioni per il reinserimento dell'economia della Transdnestria nel processo di apertura commerciale;

intensificare l'azione di formazione sull'attuazione effettiva dell' acquis comunitario in ambito commerciale tra i responsabili socioprofessionali e i media;

tenere conto delle necessità di assistenza tecnica per l'adeguamento alle norme dell'acquis comunitario soprattutto nel settore agroalimentare;

prevedere opportune misure di accompagnamento, con procedure di riadeguamento, per consentire di trarre tutti i vantaggi possibili da un reale inserimento nell'economia europea, ed esercitare un'attenta vigilanza per garantire la sicurezza delle frontiere esterne, coinvolgendo i partner che beneficiano di questo tipo di accordo;

prevedere l'istituzione di un comitato congiunto di monitoraggio dell'accordo commerciale e favorire, con il sostegno del CESE, la partecipazione della società civile al monitoraggio di un futuro DCFTA, tramite il ricorso ai finanziamenti a favore della strutturazione della società civile moldova;

assicurare la partecipazione delle parti sociali moldove al forum del partenariato orientale e inserire nell'agenda del quinto gruppo di lavoro del partenariato orientale Dialogo sociale le condizioni sociali dell'accordo;

promuovere, con il sostegno dell'OSCE, i contatti con la società civile di Transdnestria per favorirne il coinvolgimento nelle politiche di avvicinamento all'UE.

1.3

Nelle sue raccomandazioni alle autorità pubbliche moldove, il CESE incoraggia il governo e il Parlamento a:

informare un ampio ventaglio di organizzazioni della società civile in merito agli sviluppi del processo di avvicinamento all'UE e favorire un dibattito pubblico su tale avvicinamento, coinvolgendo le parti sociali e le associazioni che rappresentano interessi diversi (agricoltori, consumatori, ambientalisti, donne, difensori dei diritti umani, ecc.);

continuare a condividere le informazioni con le categorie socioprofessionali interessate in seno al ministero degli Affari europei e mantenere il ruolo di osservatore del Consiglio nazionale di partecipazione (CNP) presso il governo;

istituire un consiglio economico, sociale e ambientale moldovo (CESEM) sulla base delle esperienze maturate in seno all'UE o nei paesi del vicinato;

coinvolgere le parti interessate nell'attuazione degli accordi con l'UE nei settori dell'energia e della ricerca;

consolidare il dialogo sociale e vigilare sull'applicazione della Carta sociale del Consiglio d'Europa, in particolare sciogliendo tutte le riserve e adottando il protocollo che prevede un sistema di reclami collettivi;

attribuire la massima priorità all'inserimento dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro;

contribuire all'efficacia dei meccanismi di lotta contro la corruzione.

1.4

Per quanto riguarda le raccomandazioni alle organizzazioni della società civile moldova, il CESE auspica di intensificare i propri contatti con la società civile moldova nel quadro del partenariato orientale. Presenta alla società civile le seguenti proposte che sarebbe disposto a illustrare in Moldova nell'ambito di un convegno, allo scopo di concretizzare la piattaforma del partenariato Contatti tra i popoli. Oltre alla creazione di un CESEM, il CESE raccomanda alle parti sociali e ai partner della società civile di:

operare un ravvicinamento con le grandi piattaforme europee settoriali, come quella sulla lotta contro la povertà o con le organizzazioni padronali di diversi Stati membri, nonché acquisendo lo statuto di osservatore in seno alla Confederazione europea dei sindacati;

rafforzare un'unità di controllo nell'ambito delle organizzazioni sindacali e padronali e della commissione superiore delle convenzioni collettive sulle questioni europee;

sviluppare il dialogo sociale nel rispetto delle convenzioni dell'OIL e della Carta sociale del Consiglio d'Europa;

dare impulso al dialogo civile in vista del monitoraggio del DCFTA;

sviluppare le competenze in materia di approcci ecologici, come la riduzione dei gas a effetto serra, l'analisi del ciclo di vita, l'impronta di carbonio o i servizi ecosistemici.

2.   La società civile moldova nel ravvicinamento europeo e il partenariato orientale

2.1

La società civile moldova partecipa già a una politica di avvicinamento all'UE attraverso una serie di meccanismi. Oltre al CNP, un organo consultivo di 30 membri, creato nel gennaio 2011 e che collabora con il governo, esiste anche un'altra istanza consultiva presso il Parlamento. La convenzione nazionale per l'integrazione europea, fondata nel novembre 2010, riunisce diverse organizzazioni incaricate di formulare proposte e diffondere informazioni sul processo di integrazione europea, per consentire un dialogo diretto e aperto con le parti interessate. Inoltre, sono state create diverse piattaforme tematiche di organizzazioni della società civile a livello nazionale.

2.2

Alcune organizzazioni moldove partecipano ai diversi gruppi del forum della società civile del PO: democrazia, diritti umani, buon governo e stabilità; raccomandazioni generali; ambiente, energia e cambiamento climatico; contatti tra i popoli. Il CESE desidera incoraggiare lo sviluppo del quinto gruppo di lavoro sul dialogo sociale, che si occupa anche, più in generale, delle questioni economiche e sociali (3).

2.3

Alle parti sociali spetta un ruolo essenziale nel ravvicinamento tra UE e Moldova. L'indipendenza delle organizzazioni sindacali, riconosciuta dalla Costituzione, è sancita da una legge del luglio 2000 che garantisce la libertà sindacale, la contrattazione collettiva e la protezione dei beni dei sindacati. Lo scenario sindacale si è notevolmente trasformato in questi ultimi anni: i due sindacati esistenti, la CSRM e Solidaritate, si sono fusi in un unico organo sindacale, la Confederazione nazionale dei sindacati di Moldova (CNSM). Quest'ultima, dopo aver aderito alla Confederazione sindacale internazionale, inizia a partecipare alle attività e alle riunioni internazionali e potrebbe anche chiedere che le venga concesso lo statuto di osservatore presso la Confederazione europea dei sindacati.

2.3.1

L'organizzazione imprenditoriale più rappresentativa è la confederazione nazionale dai datori di lavoro di Moldova, istituita nel 1996 e composta da 32 membri, che si definisce come non politica e indipendente. L'agenzia nazionale per l'occupazione della forza lavoro gestisce il progetto Mobility Partnership tra l'UE e la Moldova, il cui obiettivo è garantire che l'integrazione del mercato del lavoro moldovo avvenga in maniera fluida. Le organizzazioni padronali partecipano a questa integrazione attuando le decisioni del progetto a livello locale e regionale.

2.3.2

Sarebbe quindi utile rafforzare la presenza, in seno alle parti sociali, di cellule di informazione sulle questioni relative al DCFTA che operino in collaborazione con i loro omologhi professionali europei o degli Stati membri.

2.4

La situazione di alcune categorie di popolazione resta fragile, specie nelle zone rurali. Il deterioramento della situazione sociale si ripercuote soprattutto sulle donne: tasso di disoccupazione elevato, dequalificazione, diminuzione dei salari, lavori stagionali o prestazioni sociali limitate. Le donne hanno diritti simili agli uomini ma sono più vulnerabili sul mercato del lavoro. Inoltre, solo il 14 % degli imprenditori moldovi sono donne. La popolazione rurale resta rappresentata in misura più che proporzionale tra le persone che vivono al di sotto della soglia della povertà (4), e nel 2009 l'incidenza dei poveri rurali è aumentata. Preoccupa la situazione dei minori, che in Moldova sono esposti a diverse condizioni di degrado: mancanza di fissa dimora, lavoro minorile, traffici e prostituzione. Continua ad essere diffuso il fenomeno degli «orfani sociali», ovvero dei minori che le famiglie affidano agli orfanotrofi perché non sono in grado di provvedere al loro sostentamento.

2.5

Il funzionamento dei media ha iniziato a migliorare già da diversi anni. Il consiglio di coordinamento del settore audiovisivo ha adottato un nuovo metodo di sorveglianza della copertura mediatica politica alla fine dell'ottobre 2010, con l'aiuto dell'UE e del Consiglio d'Europa. Inoltre, nel 2010 sono nate due nuove emittenti televisive (Jurnal TV e Publika TV) e quattro nuove stazioni radiofoniche (Radio Sport, Aquarelle FM, Publika FM, Prime FM). La formazione dei giornalisti sulle tematiche europee dovrebbe rappresentare una priorità. I progressi nel campo della libertà di espressione permetteranno di informare meglio i cittadini e gli ambienti economici circa le sfide connesse con il ravvicinamento all'Europa, specialmente per quanto riguarda gli agricoltori.

2.6

Malgrado gli innegabili progressi compiuti, la società civile sta ancora sperimentando serie difficoltà organizzative. Le disuguaglianze territoriali persistono: il settore non governativo, attivo nei grandi centri - Chisinau, Balti, Cahul e Ungheni - risulta invece scarsamente presente in ampie zone del paese. Viceversa, i sindacati possono contare su una migliore copertura a livello territoriale. A causa della persistente scissione dalla Transdnestria, la cooperazione tra le due sponde del Dniestr resta ancora limitata. Inoltre, la forte dipendenza delle ONG da alcuni donatori esterni può compromettere l'indipendenza e la continuità della loro azione. Infine, le reti di esperti, malgrado la loro elevata qualità, dipendono da un nucleo troppo ristretto di specialisti, poiché l'elenco delle grandi ONG attive in loco non si è praticamente ampliato in questi ultimi anni.

3.   La società civile e un nuovo accordo di libero scambio globale e approfondito (DCFTA)

3.1

La preparazione di un DCFTA tra UE e Moldova riguarda beni, servizi e investimenti, ma il suo carattere completo e approfondito comporta la trasposizione e l'attuazione effettiva dell'acquis comunitario in ambito commerciale. Questo tipo di accordo presuppone un adeguato accompagnamento e consistenti riforme. L'economia moldova risente infatti di una carenza di competitività dovuta a diversi fattori: debolezza delle infrastrutture di trasporto (soprattutto stradali), dimensione ridotta del mercato interno, ambiente scarsamente innovativo, instabilità cronica delle politiche, difficoltà di accesso ai finanziamenti e corruzione. Le esportazioni non sono più esclusivamente destinate ai mercati postsovietici, e il riorientamento del commercio esterno verso l'Europa è un dato di fatto: quasi la metà delle esportazioni sono dirette verso quest'area. Ciò è il risultato di un aumento della quota del settore tessile nelle esportazioni (dal 10 % nel 1999 al 22,7 % nel 2008) (5) dovuto al costo ridotto della manodopera qualificata.

3.2

Una valutazione d'impatto sulla sostenibilità è attualmente in corso, in concomitanza con l'inizio dei negoziati, e dovrebbe fornire entro settembre 2012 alcune informazioni sugli effetti positivi e negativi di tale apertura commerciale (6). In base al capitolato d'oneri del consulente (7), il CESE dovrà essere consultato sulle problematiche di questo negoziato e sui contributi alla consultazione pubblica. Inoltre presterà un'attenzione particolare al "documento di posizione" che la Commissione elaborerà al termine di questa valutazione d'impatto e vigilerà sulle misure di accompagnamento.

3.3

Per l'UE, i rischi collegati all'accordo sono confinati ad ambiti specifici: riguardano essenzialmente le norme sanitarie e fitosanitarie e la garanzia degli investimenti. Il miglioramento del contesto imprenditoriale, necessario per attrarre investimenti dall'Europa, presuppone un'intensificazione della lotta contro la corruzione. L'indice di percezione della corruzione del 2011 vede la Moldova al 112esimo posto, con un punteggio di 2,9/10 (8). Le istituzioni interessate sono il Centro di lotta contro i reati economici e la corruzione nonché l'unità del procuratore speciale anticorruzione. La legislazione in vigore è adeguata, ma l'attuazione della politica anticorruzione resta carente. Vanno deplorati la mancanza di finanziamento della vita politica, un atteggiamento piuttosto fatalista dei cittadini e l'insufficiente coinvolgimento della società civile in queste tematiche. La lotta contro la corruzione figura tra le principali priorità dei donatori internazionali (Consiglio d'Europa, UE, SIDA, Banca mondiale, PSNU, USAID, ecc.). Diverse coalizioni di ONG hanno altresì investito in questo settore (centro per l'analisi e la prevenzione della corruzione, Transparency International Moldova, alleanza anticorruzione, Centro di giornalismo investigativo). L'alternanza politica non ha ancora fornito risultati concreti in questo settore.

3.4

Il DCFTA avrà numerose ripercussioni in ambito sociale. A questo proposito il CESE sottolinea l'importanza del dialogo sociale per lo sviluppo del paese. Raccomanda l'adozione del protocollo di reclamo collettivo della Carta sociale del Consiglio d'Europa, il miglioramento dell'ispettorato del lavoro e la creazione di tribunali del lavoro. Le autorità moldove collaborano con l'OIL sulla questione del lavoro nero, con l'obiettivo di avvicinarsi agli standard europei, e partecipano all'Anno europeo dell'invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale 2012. È altresì opportuno migliorare l'accoglienza dei migranti che tornano in Moldova e promuovere i diritti dei moldovi all'estero. Anche la formazione e la riqualificazione della manodopera rientrano tra gli ambiti di intervento prioritari.

3.5

In Moldova il settore agricolo e agroalimentare svolge un ruolo chiave per i negoziati relativi all'accordo. Per poter esportare verso i mercati europei e garantire la propria sicurezza alimentare, l'agricoltura moldova deve ancora compiere dei progressi in materia di certificazione di origine, controllo di conformità con le norme sanitarie e fitosanitarie e rispetto delle regole della concorrenza. Anche se nel frattempo le norme sono state adottate, la loro effettiva attuazione richiede un processo lungo e costoso, soprattutto per le produzioni animali (nel 2008 l'unico prodotto di origine animale esportabile dalla Moldova era il miele). L'allineamento sulle norme europee comporta costi elevati per i piccoli produttori, e pertanto le autorità devono varare una politica di riforme istituzionali e di sostegno al settore agroalimentare e viticolo. I progetti finanziati tramite il dispositivo di "Aiuto al commercio" della Commissione europea risulteranno particolarmente utili per l'adeguamento alle norme.

3.6

Le industrie, dopo un lungo declino, sembrano poter approfittare di una competitività dei prezzi vantaggiosa in prossimità dei mercati europei, come dimostra il rapido sviluppo del settore tessile. Questa industria leggera può insediarsi su tutto il territorio, in particolare nelle regioni svantaggiate del Sud. L'industria automobilistica si è recentemente aperta un varco nel Nord del paese, grazie a investitori tedeschi. La partecipazione della Moldova alla strategia per la regione del Danubio e la modernizzazione dei grandi impianti industriali (in particolare quelli situati sulla riva destra del Dniestr) contribuirebbero notevolmente allo sviluppo del paese.

3.7

Per poter essere considerato approfondito e completo, un accordo di libero scambio con l'UE dovrà basarsi sulla capacità della Moldova di recepire l'acquis comunitario. Questa esigenza comporterà un'adeguata assistenza finanziaria. L'esperienza degli allargamenti del mercato interno ha ampiamente dimostrato il ruolo determinante dei fondi strutturali per assicurare la coesione sociale e territoriale. Il Comitato raccomanda pertanto di adottare una serie di misure di accompagnamento di valore equivalente per ridurre il rischio di un aumento delle disuguaglianze sociali o degli squilibri territoriali. A tal fine, il comitato di monitoraggio dell'accordo seguirà con particolare attenzione l'attuazione del programma per l'agricoltura e lo sviluppo rurale ENPARD.

3.8

Il bilancio ecologico della Moldova desta concrete preoccupazioni per il futuro (suolo, acqua, energia), di cui occorrerà tenere conto in sede di negoziati dell'accordo. Il retaggio sovietico in materia è particolarmente pesante, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei residui tossici. Gli episodi di siccità, particolarmente frequenti negli ultimi anni, mostrano che l'economia moldova è esposta al degrado ambientale e climatico. Inoltre, più della metà delle falde freatiche sono inquinate, mentre le acque sotterranee soddisfano i due terzi del fabbisogno di acqua potabile della popolazione. La politica ambientale è caratterizzata dalla scarsità delle risorse allocate, malgrado gli impegni internazionali come quelli della BEI. Esiste poi un forte bisogno di sensibilizzare l'insieme degli attori economici, ancora poco consapevoli delle sfide presenti nel settore dei trasporti o in quello dell'edilizia. La Moldova, che ha aderito alla Comunità europea dell'energia, è anche fortemente dipendente dalle importazioni di energie fossili, mentre l'efficienza energetica continua ad essere scarsa. Il CESE raccomanda di fornire sostegno alle organizzazioni ambientali in materia di risparmio energetico, utilizzazione razionale delle risorse e gestione dei rifiuti.

3.9

Nella valutazione d'impatto va rivolta un'attenzione particolare alla situazione della Transdnestria, per esaminare, alla luce del DCFTA, i possibili effetti dell'accordo sulla sicurezza delle frontiere e le sue ripercussioni economiche e sociali. Tale accordo potrebbe contribuire ad appianare le controversie interne e assicurare l'integrità territoriale.

4.   Proposta di creazione di un consiglio economico, sociale e ambientale moldovo

4.1

Per promuovere il progresso della società civile verso un rafforzamento del dialogo e delle consultazioni, il CESE raccomanda l'istituzione di un consiglio economico, sociale e ambientale moldovo (CESEM), sull'esempio di quanto è avvenuto in altri paesi della regione. Uno studio delle diverse esperienze europee permetterà di tracciare un percorso adatto alla Moldova.

4.2

Il progetto di CESEM risponderà ad un bisogno di strutturazione della società civile e ne rafforzerà l'influenza e la rilevanza. L'attuale moltiplicazione di strutture ad hoc offre un quadro flessibile e sperimentale, ma la loro durata è incerta e il loro funzionamento fragile. La giustapposizione delle posizioni delle parti sociali e di quelle dei movimenti associativi o delle ONG riduce la visibilità di queste ultime nel dibattito pubblico.

4.3

Il CESEM fornirebbe un contributo interessante per cercare di raggiungere un consenso sulle scelte che riguardano la società, poiché permetterebbe di tenere conto dei diversi interessi nel modello di sviluppo. Occorre avviare un lavoro comune basato sulla concertazione attorno ai tre pilastri dello sviluppo sostenibile. Si tratta di un passo importante anche nella direzione di una strategia praticabile di reintegrazione della Transdnestria.

4.4

L'esistenza di un CESEM permette di garantire l'indipendenza delle analisi, ponendole al riparo dagli scontri di parte e separandole dall'origine delle fonti, senza tuttavia impedire il confronto tra i punti di vista. Nell'ambito di quest'organo dovranno essere affrontate anche le questioni relative alla lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso, sull'origine etnica o sulla religione.

4.5

Il CESEM consentirebbe di rispondere a un bisogno di valutazione delle politiche pubbliche che vada di pari passo con il recepimento dell'acquis comunitario. Inoltre potrebbe ospitare il comitato di monitoraggio dell'accordo commerciale congiuntamente al Comitato economico e sociale europeo.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  DG Commercio, Consultation on Deep and Comprehensive Free Trade Areas/EU – Moldova 2012.

(2)  Nazioni Unite, Relazione sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, Repubblica moldova, 2010.

(3)  Parere del CESE sul tema Il contributo della società civile al partenariato orientale, GU C 248 del 25.08.2011; parere del CESE sul tema Una risposta nuova ad un vicinato in mutamento, GU C 43 del 15.02.2012.

(4)  Statistiche relative alla Moldova, contenute nel sito Rural Poverty Portal: http://www.ruralpovertyportal.org/web/guest/country/statistics/tags/moldova.

(5)  Parmentier, Florent, La Moldavie, un succès européen majeur pour le Partenariat oriental? Fondation Robert Schuman, 22 novembre 2010 (http://www.robert-schuman.eu/doc/questions_europe/qe-186-fr.pdf).

(6)  Parere del CESE sul tema Valutazioni d'impatto sulla sostenibilità (VIS) e politica commerciale UE, GU C 218 del 23.07.2011.

(7)  Trade Sustainability Impact Assessment in support of negotations of DCFTAs between the EU and respectively Georgia and the Republic of Moldova ("Valutazione dell'impatto del commercio sullo sviluppo sostenibile a sostegno dei negoziati per la creazione di zone di libero scambio globali e approfondite tra l'UE e, rispettivamente, la Georgia e la Repubblica di Moldova"), Ecorys, 6 febbraio 2012.

(8)  Commissione europea, ENP Country Progress Report 2011 – Republic of Moldova, Memo, Bruxelles, 15 maggio 2012.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo della società civile nell'accordo commerciale multilaterale tra l'UE, la Colombia e il Perù»

2012/C 299/08

Relatore: IULIANO

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Il ruolo della società civile nell'accordo commerciale multilaterale tra l'UE, la Colombia e il Perù.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 139 voti favorevoli, 4 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Non essendo stato possibile concludere i negoziati per un accordo di associazione con tutti i paesi che formano la regione andina, su richiesta della Colombia e del Perù, l'UE ha scelto di proseguire nella costruzione di nuove relazioni commerciali con questi due paesi. Il negoziato è terminato nel maggio 2010, l'accordo commerciale multilaterale (ACM) è stato parafato dalle tre parti contraenti il 24 marzo 2011 e ufficialmente siglato il 13 aprile 2011. Attualmente esso è all'esame del Parlamento europeo, che dovrà decidere se approvarlo o rigettarlo, senza la possibilità di introdurre modifiche. In questa fase il Comitato economico e sociale europeo (CESE) formula una valutazione e propone una serie di orientamenti rivolti a tutti gli attori coinvolti, affinché essi siano presi in considerazione in caso di approvazione e ratifica dell'ACM (1).

1.2   Il Comitato economico e sociale europeo ritiene che un Accordo commerciale dell'UE con la Colombia e il Perù potrebbe essere uno strumento positivo sia per l'Europa sia per tutti i paesi andini coinvolti. L'Ecuador e la Bolivia sarebbero eventualmente disposti a riprendere i negoziati. L'ACM potrebbe contribuire alla crescita, alla competitività e alla creazione di posti di lavoro dignitosi, dato che il commercio è un meccanismo importante di sostegno allo sviluppo e di riduzione della povertà. Ciononostante, le sue ripercussioni economiche, sociali e ambientali devono essere valutate attentamente, in modo trasparente e globale, nell'interesse di tutte le parti. In quest'ottica, la società civile può e deve svolgere un ruolo cruciale.

1.3   Nel corso della negoziazione dell'ACM, è stato riscontrato un dialogo insufficiente con la società civile organizzata delle parti contraenti. Per porre rimedio a posteriori a questa lacuna, e per coinvolgere in modo istituzionale la società civile nell'accordo, il CESE, dopo aver discusso nel corso della sua recente missione in Perù e Colombia con interlocutori provenienti dalle istituzioni e dalla società civile organizzata di entrambi i paesi, propone di istituire un comitato consultivo misto (CCM) composto da rappresentanti della società civile europea, peruviana e colombiana, con funzioni consultive su temi che riguardano i diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la valutazione delle ripercussioni sui vari settori dell'Accordo commerciale multilaterale. Il CCM elaborerà una serie di argomenti da seguire (2), argomenti sui quali potrà essere consultato dalle parti contraenti. Potrà inoltre formulare di propria iniziativa pareri, raccomandazioni o studi al riguardo. Il CCM terrà una riunione annuale con l'organo rappresentante delle parti contraenti, a meno che non venga deciso diversamente di comune accordo. Il CCM è compatibile con la riunione aperta alla società civile e ai cittadini nel loro complesso, riunione prevista all'articolo 282 dell'Accordo. Il CCM infine potrà negoziare con le parti la possibilità di definire indicatori relativi all'impatto settoriale dell'attuazione dell'Accordo.

I meccanismi già approvati in precedenti accordi commerciali dell'UE con altri paesi e regioni possono essere di riferimento per la creazione di uno spazio consultivo con queste caratteristiche.

1.4   Per il CESE è importante rafforzare la collaborazione tra il Parlamento europeo e i parlamenti di Colombia e Perù, e quindi accoglie favorevolmente la risoluzione approvata dal PE, che potrebbe dar luogo all'attuazione di meccanismi parlamentari di monitoraggio simultaneo degli impegni assunti. Questo riguarda in particolare la situazione nel campo dei diritti umani, l'agenda dell'OIL in materia di lavoro dignitoso per quanto concerne le condizioni lavorative e sindacali, la parità tra uomini e donne, l'immigrazione legale e con le opportune garanzie, gli accordi di protezione ambientale e la possibile creazione, per quanto attiene ai mezzi di ricorso, di una commissione per la risoluzione delle controversie.

1.5   Secondo il CESE, un organo consultivo di questo tipo consentirebbe di introdurre nell'accordo la partecipazione della società civile, di istituzionalizzare le consultazioni, di influire sullo sviluppo dell'Accordo, di far fronte alle sfide che esso comporta, di garantire una comunicazione fluida e diretta con i responsabili della sua attuazione e di formulare raccomandazioni specifiche sulle conseguenze positive o negative della sua applicazione.

1.6   Nel maggio 2012, una delegazione del CESE si è recata in visita in Colombia e in Perù. Il bilancio di questa missione può dirsi positivo sia per il numero e la qualità dei soggetti consultati sia per l'interesse delle informazioni raccolte. Queste ultime hanno contribuito a far sì che il parere rifletta le posizioni della società civile di entrambi i paesi e contenga la proposta di creare un comitato consultivo misto della società civile per il monitoraggio dell'Accordo. Il parere analizza le principali problematiche esistenti in Colombia e in Perù, che dovranno formare oggetto di monitoraggio da parte delle organizzazioni della società civile.

2.   Osservazioni generali

2.1   L'UE mantiene con la regione andina - e in particolare con la Colombia e il Perù - relazioni economiche e commerciali in costante crescita. L'UE è diventata il secondo partner commerciale dei paesi andini dopo gli Stati Uniti. L'andamento del commercio tra l'UE e i paesi andini rivela una crescita significativa lungo l'ultimo decennio, i flussi bilaterali sono aumentati da 9 100 milioni di euro nel 2000 fino a 15 800 milioni di euro nel 2007, con una percentuale di crescita media annuale dell'8,25 % (3). Nel 2010 l'ammontare del commercio bilaterale di merci tra l'UE, la Colombia e il Perù è stato di circa 16 000 milioni di euro.

2.2   Le parti contraenti dell'accordo commerciale hanno costruito legami che vanno al di là dell'aspetto economico e abbracciano settori come il dialogo politico, la cultura, l'istruzione, la scienza, ecc. L'UE ha accompagnato i processi di transizione democratica e ha contribuito alla difesa dei diritti fondamentali assumendo impegni di solidarietà che il CESE accoglie molto favorevolmente e condivide.

2.3   L'attuale ACM è stato preceduto dall'Accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Comunità andina e i suoi paesi membri, dall'altra, sottoscritto nel 2003, e i relativi diritti ed obblighi sono stati assunti dalle parti contraenti quali membri dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (4).

2.4   L'ACM permetterà l'ingresso di beni e prodotti delle parti contraenti nei mercati nazionali dei paesi partecipanti all'accordo, con una sensibile riduzione dei dazi doganali. Aumenterà la flessibilità per molti prodotti del settore industriale di Colombia e Perù che sono attualmente soggetti a norme più restrittive in base all'SGP+ (5). Tra l'altro, sono state negoziate modifiche nei settori della petrolchimica, dei prodotti in plastica, dei tessili e della confezione, dei prodotti ittici, delle banane, dello zucchero e del caffè. Sarà inoltre importante monitorare le conseguenze dell'applicazione dell'ACM sui settori agricoli delle due parti, per quanto concerne aspetti quali le denominazioni d'origine, le clausole di salvaguardia, i meccanismi settoriali di stabilizzazione, che dovranno formare oggetto di sorveglianza e di valutazione. Il Comitato valuta positivamente i riferimenti all'importanza del commercio ai fini di uno sviluppo sostenibile e alla promozione di un commercio giusto ed equo (6).

2.5   L'economia informale raggiunge livelli elevati sia in Perù sia in Colombia. Uno dei suoi effetti più gravi sono le percentuali di lavoro informale che si rilevano nei paesi andini, cosa che spinge il CESE a manifestare la sua preoccupazione circa gli standard lavorativi sia in Colombia che in Perù. La situazione dei giovani e delle donne è particolarmente difficile, visto che per essi la disoccupazione e le condizioni di assunzione e di lavoro sono più sfavorevoli. Le valutazioni d'impatto devono comprendere una prospettiva di genere e prestare attenzione alla condizione lavorativa della gioventù, visto che questi gruppi sono posti di fronte a sfide specifiche (7). Il CESE ribadisce inoltre la necessità di adottare e attuare azioni concrete ed efficaci per eliminare progressivamente il lavoro minorile, fenomeno inquietante presente in entrambi i paesi.

2.6   La situazione dei diritti umani, inclusi quelli del lavoro e sindacali, in Colombia e in Perù è oggetto di profonda preoccupazione per i cittadini di questi due paesi e per la società civile europea. Il CESE si compiace che l'articolo 1 dell'ACM stabilisca chiaramente che le violazioni dei principi democratici e dei diritti fondamentali possono determinare la sospensione o l'annullamento definitivo dell'Accordo. Il CESE accoglie inoltre favorevolmente l'articolo 269, paragrafo 3 dell'Accordo che riguarda gli impegni assunti dalle parti nei riguardi delle convenzioni fondamentali dell'OIL (8) e auspica che durante l'applicazione dell'Accordo vengano garantiti il rispetto e il pieno assolvimento di detti impegni.

2.7   In diverse occasioni il CESE ha illustrato come vorrebbe che si svolgessero i negoziati sugli accordi commerciali. A suo avviso gli accordi bilaterali devono essere compatibili con il multilateralismo (9). Il CESE ritiene che i negoziati bilaterali non debbano portare l'UE a ridurre i suoi requisiti in materia sociale, lavorativa e ambientale. Bisogna tenere ampiamente conto di queste dimensioni, come pure della dimensione economica, e vanno ricercati i meccanismi per armonizzarle durante l'applicazione degli accordi.

2.8   D'altro canto, il CESE ritiene che l'esperienza tenda a dimostrare senza ombra di dubbio che un ruolo attivo della società civile durante l'applicazione degli accordi permette di individuare partner potenziali importanti nei paesi coinvolti e di stabilire relazioni vantaggiose per tutte le parti contraenti, oltre a facilitare la risoluzione di eventuali controversie. La richiesta di una dimensione sociale negli Accordi negoziati o in fase di negoziazione da parte dell'UE è una posizione già definita dal CESE ed espressa in pareri precedenti (10).

2.9   In precedenti pareri, il CESE ha già valutato positivamente la decisione dell'UE di istituire le valutazioni d'impatto sulla sostenibilità (VIS) affinché possano venir presentate proposte e stabilite misure correttive che massimizzino gli effetti positivi e riducano al minimo i possibili effetti negativi di un accordo commerciale. Il CESE chiede nuovamente che le VIS vengano elaborate con la piena partecipazione della società civile, in modo che gli impegni assunti vengano garantiti, i rischi siano ridotti al minimo e siano potenziate le opportunità di apertura commerciale (11).

2.10   Il CESE non può non ricordare che la negoziazione dell'accordo con la Colombia e il Perù è stata oggetto di critiche e discussioni da parte di organizzazioni sociali e del movimento sindacale (12) delle parti contraenti. Il CESE condivide in particolare la preoccupazione in merito allo scarso dialogo mantenuto con la società civile durante il processo di negoziazione. Per questo motivo accoglie favorevolmente l'adozione di una risoluzione da parte del Parlamento europeo, per ribadire nuovamente l'importanza di stabilire meccanismi di monitoraggio e follow-up con la partecipazione di rappresentanti della società civile durante l'applicazione dell'ACM (13).

2.11   Dal punto di vista della società civile, il CESE ritiene che gli accordi commerciali debbano facilitare l'avvio di cambiamenti che, tra gli altri aspetti, favoriscano lo sviluppo della responsabilità sociale delle imprese, provvedano che le imprese europee siano rette dalle pratiche lavorative in vigore nei loro paesi di origine, creino posti di lavoro di qualità e con garanzie, favoriscano lo sviluppo della contrattazione collettiva, permettano di controllare da vicino l'utilizzo delle risorse naturali, contribuiscano, da un lato, a ridurre l'economia ed il lavoro informali e, dall'altro ad eliminare le violazioni dei diritti umani, aiutino a lottare contro la povertà e la disuguaglianza sociale e permettano di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, in particolare di quelle meno favorite.

2.12   Per il CESE, l'ACM contiene articoli - ad esempio l'articolo 1 relativo ai diritti umani, l'articolo 282 dedicato alla partecipazione delle organizzazioni della società civile o l'articolo 286 sulle valutazioni d'impatto - che consentono di garantire sia una partecipazione istituzionalizzata, rappresentativa ed autonoma delle organizzazioni della società civile di entrambe le parti (14), mediante la creazione di un Comitato consultivo misto a composizione ridotta, sia l'istituzione di un Foro aperto a tutta la società civile peruviana, colombiana ed europea.

2.13   Il CESE si augura che questo ACM aiuti le parti contraenti ad affrontare i problemi socioeconomici più urgenti, come la povertà, la disuguaglianza sociale e la violenza, e permetta di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, in particolare di quelle meno favorite. A questo fine ritiene indispensabile che la società civile delle tre parti contraenti possa partecipare attivamene all'applicazione dell'accordo e alla valutazione dei suoi effetti.

2.14   Nel maggio 2012, una delegazione del CESE si è recata in visita in Colombia e in Perù. Il bilancio di questa missione può dirsi positivo sia per il numero e la qualità dei soggetti consultati sia per l'interesse delle informazioni raccolte. Queste ultime hanno contribuito a far sì che il parere rifletta le posizioni della società civile di entrambi i paesi in merito all'Accordo e contenga la proposta di creare un comitato consultivo misto della società civile per il monitoraggio dell'Accordo stesso. La missione ha permesso di verificare lo stato attuale dei problemi sociali, lavorativi ed economici di entrambi i paesi e ha confermato la sfiducia delle organizzazioni della società civile (con la sola eccezione delle organizzazioni dei datori di lavoro che sostengono l'Accordo in ambedue i paesi) nei confronti della capacità sia dei governi sia dell'Accordo di contribuire alla loro soluzione. La missione ha messo in evidenza la distanza che separa la visione dei governi, che sostengono di aver condotto ampie consultazioni e attività d'informazione, e la percezione che delle stesse hanno le organizzazioni della società civile (15).

2.15   Il parere mette in luce le principali problematiche esistenti nei due paesi oggetto dell'Accordo, che dovranno essere sottoposte a monitoraggio da parte delle organizzazioni della società civile delle parti contraenti. Per quanto concerne la Colombia, si sottolineano la questione dei diritti umani che presenta aspetti positivi e negativi, la violazione dei diritti sindacali, l'applicazione della legge per il risarcimento delle vittime e la restituzione delle terre e il problema dell'impunità. Per quanto concerne il Perù, si analizzano la situazione socio-lavorativa, in particolare nelle miniere, la questione del lavoro minorile, l'emigrazione verso l'Europa e i diritti dei popoli indigeni.

2.16.   Il CESE chiede alle parti contraenti di elaborare, in consultazione con la società civile, di preferenza attraverso i CCM, un piano d'azione complementare all'accordo commerciale multilaterale, che sia trasparente e vincolante e che verta sui diritti umani, ambientali e del lavoro. Il piano d'azione dovrebbe definire obiettivi precisi, fissandone le relative scadenze e stabilendo i risultati da raggiungere in ciascuno dei settori sopraccitati. Il CESE condivide, in tal senso, le richieste formulate al punto 15 della risoluzione adottata dal Parlamento europeo il 13 giugno 2012.

3.   Colombia

3.1   I diritti umani: luci e ombre

3.1.1   Nell'agosto 2010, si è insediato un nuovo governo, guidato dal Presidente Juan Manuel Santos, il quale ha adottato un nuovo approccio in tema di diritti umani. Il vicepresidente è Angelino Garzón, ex segretario generale del sindacato Central Unitaria de Trabajadores (CUT) ed ex ministro del Lavoro il quale, coerentemente con il suo passato politico, sta promuovendo una politica di rafforzamento del dialogo sociale nazionale. La posizione del presidente Santos sui diritti umani differisce da quella assunta dal governo del suo predecessore Alvaro Uribe. Invece di ricorrere ad una retorica dura, che esponeva i difensori dei diritti umani ad un reale pericolo, il governo attuale ha abbassato i toni e ha adottato atteggiamenti tendenti a promuovere il dialogo. Per la prima volta, il governo ha riconosciuto l'esistenza di un conflitto armato all'interno del paese e sembra avviarsi verso una soluzione definitiva dello stesso.

3.1.2   La Colombia subisce le conseguenze di un grave conflitto interno che ha scosso il paese per più di 60 anni, un conflitto armato nel quale diversi protagonisti sono stati al tempo stesso artefici e vittime della violenza. E come riconosce Amnesty International, nonostante gli sforzi già realizzati dal governo la situazione è ancora molto complessa (16).

3.1.3   In Colombia è ancora attivo il gruppo guerrigliero più antico del continente latinoamericano, le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia). Sia queste ultime, sia l'Esercito di liberazione nazionale (ELN) continuano ad arruolare bambini che vengo poi utilizzati nei conflitti armati e a seminare mine antiuomo in numerose zone, oltre ad ottenere finanziamenti grazie ai rapporti intrecciati con il narcotraffico. La Colombia è, dopo la Repubblica democratica del Congo, il paese con il maggior numero di bambini soldato (17).

3.1.4   Un numero di persone che varia tra il milione e mezzo e i tre milioni è stata costretta ad abbandonare i luoghi abituali di residenza e di lavoro. Nel febbraio 2012, le FARC hanno annunciato di voler sospendere la pratica dei sequestri e hanno liberato almeno 10 ostaggi militari. Tuttavia, un numero imprecisato di civili è ancora nelle loro mani (18).

3.1.5   Per anni, e in particolare dagli anni '70, vi sono state migliaia di vittime tra i contadini, i lavoratori, i sindacalisti, gli insegnanti, i difensori dei diritti umani e i dirigenti degli organismi sociali attivi a livello di quartiere, comunale e rurale. Stando ai dati della Scuola nazionale sindacale, una ONG riconosciuta per il suo lavoro a difesa dei diritti umani e sindacali, il numero totale dei sindacalisti assassinati dal 1986 supera i 2 900. Il narcotraffico continua ad essere un'attività illegale diffusa, con reti che coprono il territorio nazionale e hanno ramificazioni anche a livello internazionale. I tentativi di eliminare il fenomeno manu militari hanno contribuito spesso ad accelerare la spirale di violenza. Numerosi membri dell'esercito e delle forze dell'ordine sono stati accusati da organizzazioni colombiane e internazionali attive nel campo dei diritti umani di aver assassinato persone innocenti facendole passare per guerriglieri, il cosiddetto scandalo dei "falsi positivi" (19).

3.1.6   Nell'attuale società colombiana, le donne continuano a subire disuguaglianze e discriminazioni. La diseguaglianza tra uomini e donne si sviluppa nell'ambito familiare, dove si registrano livelli importanti di violenza di genere, in ambito economico, con un elevato tasso di disoccupazione femminile, con un aumento della presenza delle donne nel lavoro informale (57 %) e con il persistere della sperequazione salariale basata sul sesso, e in ambito politico, dove le donne sono scarsamente rappresentate ai maggiori livelli decisionali.

3.1.7   Stando ai dati delle tre confederazioni sindacali centrali del paese (CUT-CTC-CGT), il dialogo sociale, fortemente penalizzato durante i precedenti governi, non ha ancora registrato cambiamenti tali da far parlare di una tendenza positiva. Le confederazioni sostengono che la mancanza di dialogo sociale ha contribuito a far scendere il tasso di sindacalizzazione dal 14 % al 4 %. È opportuno ricordare che negli ultimi anni la situazione dei diritti sindacali in Colombia è stata tenuta sotto stretta osservazione dell'OIL (20), la quale ha effettuato numerose missioni esplorative e attualmente mantiene un'unità permanente per seguire i casi di violazione dei diritti umani, del lavoro e sindacali. Nel 2011, sono stati assassinati 29 dirigenti ed attivisti sindacali. In molti casi i responsabili sono militari "smobilizzati" Altri dieci rappresentanti sindacali sono stati oggetto di un tentato omicidio. Daniel Aguirre, Segretario generale del sindacato Sinalcorteros (che rappresenta i tagliatori di canna da zucchero) è stato assassinato il 27 aprile 2012, il che porta a 7 il numero di sindacalisti uccisi nel corso di quest'anno.

3.1.8   Un elemento positivo cui fare riferimento è l'aumento del personale della Procura generale dello Stato (Fiscalía General de la Nación (FGN)) addetto alle indagini su questi delitti. Inoltre, su iniziativa della FGN, il Congresso nazionale ha approvato una riforma dell'articolo 200 del codice penale, la quale prevede un inasprimento delle pene carcerarie e delle multe a chiunque impedisca o perturbi lo svolgimento di una riunione o l'esercizio dei diritti sindacali, oppure agisca in rappresaglie contro scioperi, riunioni o associazioni legittime (21). Nel gennaio 2012, la FNG e la Scuola Nazionale Sindacale hanno raggiunto un accordo che prevede lo scambio d'informazioni e iniziative tendenti ad una metodologia unica volta a definire, identificare e documentare i crimini contro i membri di organizzazioni sindacali.

3.1.9   Nonostante l'attenuarsi del clima di violenza nel paese, vengono ancora commessi atti terroristici: il 15 maggio 2012, lo stesso giorno in cui entrava in vigore L'Accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, l'ex ministro Fernando Londono Hoyos è stato vittima di un attentato nel quale due uomini della sua scorta hanno perso la vita e 49 persone sono rimaste ferite.

3.1.10   La legge sulle vittime e la restituzione delle terre. Questa legge, approvata nel 2011, riconosce l'esistenza di un conflitto armato e i diritti delle vittime. La legge prevede un risarcimento dei sopravvissuti alle violazioni dei diritti umani, incluse quelle perpetrate dai rappresentanti dello Stato. Pur essendo stata applicata in modo irregolare e incompleto, essa rappresenta un cambiamento importante per le vittime, alle quali finora non era riconosciuto alcun diritto. Durante la missione effettuata dal CESE, alcune organizzazioni della società civile hanno denunciato le minacce di cui sono vittime persone o comunità alle quali le terre sono state restituite. Il ministero dell'Agricoltura ha informato la delegazione del CESE della formazione di alcuni magistrati per la restituzione delle terre che erano state assegnate in base ad azioni legali abusive. Tali azioni hanno attribuito la legittima proprietà dei terreni a coloro che li avevano comprati a bassissimo prezzo, dopo il trasferimento forzato dei contadini che li possedevano. In molti casi, tali terreni sono stati destinati alla coltivazione illegale di sostanze stupefacenti. Inoltre vengono offerte misure di protezione alle famiglie che hanno rioccupato i terreni confiscati su pressione dei guerriglieri che cercavano di controllare in tal modo il territorio.

3.1.11   L'impunità, un problema endemico in Colombia. Da questo punto di vista, si sono registrati dei passi avanti nelle indagini chiave sui diritti umani, incluse quelle legate allo scandalo della "parapolitica" che ha rivelato i legami illeciti tra i legislatori e i gruppi paramilitari. Più di 120 ex deputati sono stati oggetto d'indagine e circa 40 di essi sono stati riconosciuti colpevoli (22). Ma nel febbraio 2012, è stata annullata l'elezione della procuratrice generale dello Stato (23) che si occupava dei principali casi di corruzione e delle inchieste sui paramilitari, sui narcotrafficanti e sui guerriglieri e che aveva pur dato prova di grande impegno nella lotta all'impunità. Le indagini hanno rivelato i legami tra la DAS e i paramilitari e la sua responsabilità diretta in molti casi di minacce e assassini di difensori dei diritti umani, magistrati, giornalisti, sindacalisti e avvocati (24). Nell'ottobre 2011, il governo ha annunciato lo scioglimento della DAS e la creazione di una nuova centrale dei servizi segreti.

3.1.12   Il governo ha proposto una riforma controversa dell'articolo 221 della Costituzione, che assegnerebbe ai tribunali militari il controllo iniziale delle indagini su eventuali violazioni dei diritti umani commesse da membri delle forze di sicurezza. La riforma stabilirebbe la presunzione che tutti i delitti commessi da membri della forza pubblica durante operazioni e/o procedure abbiano una "relazione con il servizio" e in tal senso siano soggetti, almeno in prima istanza, alla giurisdizione militare. In varie occasioni, la Commissione interamericana dei diritti umani e le Nazioni Unite hanno segnalato la scarsa imparzialità e indipendenza dei tribunali militari, che minano la credibilità delle loro sentenze (25). In Colombia, l'esercito e le forze dell'ordine sono stati più volte accusati di esecuzioni sommarie e l'Ufficio dell'Alto Commissariato dell'ONU per i diritti umani in Colombia ritiene che tra il 2004 e il 2008 più di 3 000 persone siano state uccise per mano di agenti. Da allora c'è stata una notevole riduzione dei delitti ma questa pratica non è del tutto scomparsa (26). Diverse organizzazioni nazionali ed internazionali hanno dunque chiesto al Presidente Santos di ritirare l'emendamento proposto (27).

3.1.13   Dai colloqui con il settore imprenditoriale emerge invece un'altra visione rispetto a quella sopra riportata; i datori di lavoro ritengono che l'Accordo favorirà l'economia legale, l'emersione del lavoro informale, i diritti umani e l'ambiente e contribuirà a diminuire gli indicatori di violenza.

4.   Perù

4.1   Negli ultimi dieci anni, la povertà è diminuita ma secondo i dati della Banca Mondiale (28), il 15 % della popolazione vive ancora con meno di due dollari al giorno. Persistono inoltre notevoli differenze tra le zone urbane e quelle rurali. Per tale motivo, finora la crescita ha dato luogo ad una distribuzione molto irregolare dei redditi. Il reddito medio (e con esso il consumo privato) è aumentato ma non abbastanza. Nel 2010 era di 404 dollari USA.

4.2   Situazione lavorativa e sindacale. Nel 2009, quasi il 73 % dei lavoratori dipendenti non disponeva di un contratto di lavoro, il 7 % lavorava con contratti permanenti e il 20 % con contratti temporanei (29). Nel 2011, l'OIL ha segnalato un aumento dell'economia informale e della sottooccupazione, la riduzione del salario minimo reale e l'esistenza di livelli molto elevati di lavoro minorile (42 %). Il paese ha registrato un boom delle esportazioni di prodotti agricoli che però non va a beneficio dei lavoratori del settore. Nel 2008, prima dell'insorgere della crisi internazionale, solo poco più di 200 000 lavoratori avevano un contratto. Nel primo semestre del 2011, si poteva osservare un consolidamento della ripresa e il numero di lavoratori stipendiati si trovava ai massimi livelli storici. Ma in questo settore, la giornata può essere cumulativa, le retribuzioni sono inferiori al salario minimo abituale (30), le ore straordinarie vengono pagate meno e predominano i contratti temporanei (31).

4.3   Il CESE valuta positivamente gli impegni assunti per quanto concerne il rispetto delle Convenzioni fondamentali dell'OIL e l'Agenda per il lavoro dignitoso ma ribadisce l'opportunità della partecipazione della società civile organizzata peruviana ed europea al monitoraggio della loro applicazione. Una condizione essenziale nel concetto di lavoro dignitoso è la dimensione del dialogo sociale, vale a dire la partecipazione delle organizzazioni degli imprenditori e dei sindacati nel quadro della contrattazione collettiva. Quest'ultima è estremamente importante in quanto rappresenta un complemento alla legislazione destinato a migliorare le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici. Condividere le esperienze in materia di dialogo sociale è un altro compito che il CESE raccomanda di formalizzare.

4.4   In Perù, il lavoro minorile costituisce da molto tempo una preoccupazione per la società civile locale. Il fenomeno è riscontrabile soprattutto nel settore minerario, dove si registra anche la presenza di bambine lavoratrici. Le cifre possono essere prese solo come riferimento, in quanto le statistiche ufficiali di solito non riflettono integralmente l'ampiezza del fenomeno. Tuttavia, in base ai dati del'IPEC-OIL (32), in due famiglie su tre attive nel settore minerario, i minori di 18 anni lavorano in qualche segmento dell'estrazione, della lavorazione e del trasporto di materiale. Le bambine, pur non lavorando nelle zone più profonde delle miniere, vengono sempre di più addette ad attività al loro interno e si occupano delle comunicazioni con l'esterno. L'OIL sottolinea che eliminare il lavoro minorile nelle miniere contribuisce a favorire cambiamenti tecnologici, a migliorare la protezione sociale e ad incrementare le opportunità educative dei minori coinvolti. La partecipazione della società civile si rivela fondamentale in questo graduale processo. L'UE ha assunto impegni concreti con i suoi partner commerciali e con le sue stesse imprese che operano in altri continenti per quanto concerne l'abolizione del lavoro minorile. Inoltre, le questioni inerenti alla responsabilità sociale delle imprese e ai diritti umani e del lavoro vanno al di là delle frontiere dell'UE. Durante l'applicazione dell'ACM, tali impegni dovranno essere rinnovati e il loro impatto sulla situazione attuale del lavoro minorile dovrà essere valutato.

4.5   L'immigrazione nell'UE. L'Istituto nazionale di statistica ed informatica (33) calcola che nel periodo 1990-2009 il numero di peruviani all'estero ha raggiunto la cifra di 2 038 107 persone. Dopo la Spagna (che conta circa 200 000 residenti peruviani), l'Italia è uno dei paesi che ha accolto il maggior numero di peruviani negli ultimi anni (34). Per il CESE, l'immigrazione legale, che può contare su una serie di garanzie, è un fattore positivo e di arricchimento. L'osservazione e il controllo della situazione dei diritti umani degli immigrati e la prevenzione del traffico illegale sono aspetti dei quali il meccanismo di monitoraggio, previsto dall'ACM con la partecipazione della società civile, dovrebbe tener conto.

4.6   Diritti delle popolazioni indigene. Il CESE prende atto dell'entrata in vigore della Legge sulla consultazione preliminare, adottata nel 2011 (35). La legge rappresenta il riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene, consente di contribuire alla loro inclusione sociale e fa sì che i benefici della democrazia siano finalmente condivisi da queste popolazioni. La legge è il risultato degli sforzi condotti da numerosi attori sociali ma soprattutto dalle stesse popolazioni indigene, che hanno reclamato costantemente una legislazione che assicurasse in modo concreto il reale rispetto della consultazione preliminare. La piena applicazione della legge sarà la prova che il Perù intende soddisfare gli obblighi assunti in base alla Convenzione n. 169 dell'OIL.

4.7   Il governo di Ollanta Humala, che ha assunto le sue funzioni nel 2011, deve far fronte a notevoli sfide e suscita non poche aspettative. La firma di un ACM con l'UE può contribuire a risolvere favorevolmente le sfide e a trasformare le aspettative in certezze di cambiamento positivo, ma solo a condizione che non si pensi che la firma dell'accordo di per sé basti a produrre i mutamenti auspicati. Attraverso il presente "parere d'iniziativa", il CESE manifesta la sua intenzione di contribuire ad un futuro migliore delle relazioni tra l'UE e il Perù partecipando, insieme alla società civile peruviana ai meccanismi di monitoraggio e di valutazione dell'impatto che saranno istituiti. Nel presente documento il CESE ribadisce l'importanza che tali strutture di partecipazione della società civile siano rappresentative e indipendenti dal potere esecutivo.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  L'ACM dovrà essere ratificato dai 27 parlamenti nazionali dell'Unione e dai parlamenti della Colombia e del Perù.

(2)  Come stabilito, ad esempio, dal Piano d'azione sui diritti del lavoro, incluso nell'Accordo tra Colombia e Stati Uniti e nell'SPG+.

(3)  Valutazione dell'impatto sulla sostenibilità del commercio, documento elaborato nel 2009 da Development Solutions, il Centro di ricerca di politica economica e dall'Università di Manchester su richiesta della Commissione europea.

(4)  Sono stati inoltre ratificati gli obiettivi del Protocollo sui diritti umani tra l'UE e la Colombia (2009) nel corso della sesta riunione ordinaria del Meccanismo di dialogo sui diritti umani, tenutasi a Bogotà il 30 gennaio 2012.

(5)  Sistema generalizzato di preferenze plus.

(6)  Articoli 271 e 324 dell'Accordo commerciale multilaterale.

(7)  Parere CESE sul tema I negoziati sui nuovi accordi commerciali: la posizione del CESE (relatore: PEEL, correlatrice: PICHENOT), GU C 211 del 19.8.2008, pag. 82.

(8)  "Ciascuna parte contraente si impegna a promuovere e ad applicare in maniera efficace nell'ambito delle leggi e delle pratiche in vigore sul proprio territorio le norme fondamentali del lavoro riconosciute a livello internazionale, così come sono state definite nelle convenzioni fondamentali dell'OIL", articolo 269, paragrafo 3 dell'ACM.

(9)  GU C 211 del 19.8.2008, pag. 82.

(10)  Il CESE "giudica […] indispensabile inserire nell'Accordo una dimensione sociale, in linea con un Accordo che va al di là dei suoi aspetti commerciali e che ha come obiettivo generale l'aumento della coesione sociale" (relatore: ZUFIAUR), GU C 248 del 25.8.2011, pag. 55.

(11)  Parere CESE sul tema Valutazioni d'impatto sulla sostenibilità (VIS) e politica commerciale UE, (relatrice: PICHENOT), GU C 218 del 23.7.2011, pag. 14.

(12)  Messaggio, datato 22 febbraio 2012, inviato al Parlamento europeo dalla Confederazione europea dei sindacati, dalla Confederazione sindacale internazionale, dalla Confederazione sindacale delle Americhe e dal consiglio dei sindacati globali - Posizione della CGT colombiana rispetto all'accordo commerciale UE-Colombia, 15 febbraio 2012.

(13)  Risoluzione del Parlamento europeo sull'ACM Unione europea, Colombia e Perù, adottata il 13 giugno 2012.

(14)  Per l'Europa il CESE.

(15)  All'allegato B figurano la relazione e il programma della missione.

(16)  Dichiarazione di Amnesty International per la 19a sessione del Consiglio diritti umani tenutasi a Ginevra nel 2012.

(17)  Relazione 2012 del Tribunale internazionale sull'infanzia colpita dalla guerra e dalla povertà, http://www.tribunalinternacionalinfancia.org.

(18)  Il 28 aprile 2012, venendo meno alla loro promessa, hanno sequestrato il giornalista francese Romeo Laglois liberandolo dopo alcune settimane.

(19)  Secondo la legge colombiana, si tratta di omicidi di persone protette.

(20)  Tra le varie fonti figurano le diverse relazioni della commissione responsabile dell'applicazione delle norme, le conferenze internazionali sul lavoro e l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, Ginevra, www.ilo.org.

(21)  Relazione inviata dall'Ambasciata di Colombia a Bruxelles sull'azione della Procura generale dello Stato, marzo 2012.

(22)  Nel febbraio 2011, l'ex senatore Mario Uribe, ex presidente del Congresso e cugino del Presidente Alvaro Uribe, è stato riconosciuto colpevole di rapporti con gli ambienti paramilitari.

(23)  Viviane Morales, la cui elezione è stata annullata per presunti vizi di forma concernenti la sua candidatura.

(24)  Nel settembre 2011, Jorge Noguera Cotes, direttore della DAS dal 2002 al 2005, è stato riconosciuto colpevole di aver messo l'agenzia di intelligence al servizio dei gruppi paramilitari e di essere coinvolto nell'omicidio di un professore universitario nel 2004.

(25)  Relazione della commissione interamericana per i diritti umani sulla Colombia.

(26)  Relazione mondiale sui diritti umani per il 2012, Osservatorio dei diritti umani.

(27)  Lettera al Presidente Santos dell'Osservatorio dei diritti umani, 9 febbraio 2012.

(28)  Indicatori di sviluppo della Banca mondiale 2011.

(29)  Dati del ministero del lavoro peruviano.

(30)  La retribuzione giornaliera oscilla tra 8,84 e 10 dollari USA, il salario minimo vitale è di 259,61 dollari USA al mese.

(31)  Un esempio che spiega chiaramente l'uso inadeguato dei contratti intermittenti è il lavoro nel settore della palma da olio.

(32)  Programma dell'Organizzazione internazionale del lavoro per l'eliminazione del lavoro minorile, www.ilo.org.

(33)  Perù: Statistiche sull'emigrazione internazionale di cittadini peruviani e immigrazioni di cittadini stranieri, 1990-2009, Lima 2010.

(34)  Dal 2011, l'UE finanzia il progetto Perù migrante.

(35)  Legge n. 29785 relativa al diritto alla consultazione preliminare delle popolazioni indigene e originarie, diritto riconosciuto dalla Convenzione 169 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Cooperativismo e sviluppo agroalimentare» (parere d'iniziativa)

2012/C 299/09

Relatore: TRIAS PINTÓ

Alla sua sessione plenaria del giorno 19 gennaio 2012, il Comitato economico e sociale europeo ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2 del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Cooperativismo e sviluppo agroalimentare

(parere d'iniziativa).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 144 voti favorevoli, 2 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Nella ricerca di un modello economico più sostenibile, il cooperativismo assurge ad alternativa concorrenziale ed efficiente, che fornisce risposte nuove problemi agli squilibri della catena del valore del settore agroalimentare e a sua volta stimola l'occupazione, e promuove le catene alimentari locali, la sicurezza alimentare, la partecipazione e la responsabilità sociale.

1.2   Negli odierni mercati dei prodotti agroalimentari è necessario dar corso a riforme strutturali che siano in linea con le sfide lanciate dalla strategia Europa 2020 e da altre iniziative dell'Unione. Nei circuiti convenzionali di commercializzazione non si riscontra la debita trasparenza nella definizione dei prezzi, il che provoca seri squilibri nella capacità negoziale degli attori dei suddetti circuiti a scapito dei produttori e dei consumatori (il primo e l'ultimo anello della catena). Sorgono analogamente costi ambientali superflui derivanti da una distribuzione inefficiente sotto il profilo dell'energia, come nel caso dello stoccaggio in celle frigorifere di alimenti freschi fuori stagione e il loro trasporto verso mercati molto distanti dal luogo di produzione.

1.3   La ristrutturazione del mercato dovrebbe orientarsi su una concezione circolare, favorendo l'accorciamento dei circuiti di commercializzazione, migliorando il collegamento in rete tra l'offerta e la domanda, stimolato a partire dalle unità più basilari del mercato, in un contesto innovativo e tecnologicamente avanzato.

1.4   Le cooperative, attraverso i loro principi e valori identitari, contribuiscono a relazioni commerciali eque e sinergiche, che favoriscono il riequilibrio della catena del valore agroalimentare coniugando interessi, ottimizzando il valore condiviso e rafforzando la sostenibilità dei modi di produzione e di consumo.

1.5   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede pertanto alle istituzioni europee di promuovere le condizioni necessarie ai fini della promozione del modello cooperativo. A tal fine occorre adottare politiche dell'Unione che prevedano misure opportune in campo giuridico, economico, fiscale, tecnico, ecc., in modo da garantire uno sviluppo armonico del suddetto mercato.

2.   Introduzione

2.1   Il modello cooperativo favorisce il miglioramento dell'ecosistema imprenditoriale dell'Unione europea, in particolare la democrazia economica, contribuendo al necessario cambiamento del modello produttivo.

2.2   Il 2012, che le Nazioni Unite hanno dichiarato Anno internazionale delle cooperative, offre il contesto adeguato per riflettere sul ruolo delle cooperative nel progetto di un nuovo motore di crescita sostenibile ed inclusiva, che faccia emergere dalla crisi in corso un'economia sociale di mercato altamente competitiva (1).

2.3   Nell'UE, la realtà del settore cooperativo è molto varia. Esistono cooperative che esercitano un'attività commerciale che non si distingue in alcun modo da quella dei loro concorrenti, a fronte di altre che coniugano la propria attività commerciale con comportamenti "politici" a favore dei consumatori, dell'ambiente ecc., che fanno parte delle loro strategie informative o di vendita. È inoltre opportuno operare una distinzione tra le cooperative attive al principio (la produzione) e al termine (il consumo) della catena del valore, spesso senza un reciproco coordinamento.

2.4   La riforma strutturale dei mercati volta a facilitare il conseguimento di un modello di produzione e consumo sostenibili impone il riequilibrio della catena del valore agroalimentare (2), nel quale l'associazionismo agricolo in generale, e le cooperative in particolare, svolgano un ruolo di modulazione e integrazione che consenta di realizzare gli adeguamenti e le modifiche del caso, il tutto attraverso il dialogo e l'interazione tra i settori.

2.5   Tale approccio contribuisce allo sviluppo delle posizioni espresse dal CESE e tenta di rispondere alle future sfide delle politiche dell'Unione che si prospettano all'orizzonte della strategia Europa 2020, della nuova politica agricola comune, del piano d'azione per un consumo, una produzione e un'industria sostenibili e dell'Atto per il mercato unico.

2.6   A tal proposito è opportuno sottolineare che la presente iniziativa si fonda sul principio di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, strutturata sulla base della conoscenza, dell'economia a basse emissioni di carbonio (3), dell'occupabilità e della coesione sociale e territoriale.

2.7   La presente proposta è infine un contributo ad altre tematiche trasversali di notevole rilevanza per le politiche dell'Unione quali, fra le altre, quelle inerenti alla sovranità e alla sicurezza alimentare, all'equilibrio territoriale, imprese alla conservazione delle catene alimentari locali (4), all'imprenditoria sociale, alla protezione dei diritti e degli interessi dei consumatori e alla partecipazione diretta della società civile organizzata in campo agroalimentare (5).

3.   Osservazioni del CESE

3.1   Diagnosi del mercato attuale

3.1.1   Il funzionamento del mercato dovrebbe assicurare l'offerta di prodotti del tipo e della qualità che i consumatori desiderano, da cui la necessità di trasmettere i segnali del consumatore lungo la catena del valore, facendo in modo che raggiungano i produttori senza distorsioni. Oggigiorno, il mercato è purtroppo frequentemente contraddistinto dalla linearità – una barriera ai feedback positivi – e da un grado di complessità che ne distorce l'operato a scapito operato della sua vera missione: fornire i suoi prodotti alla popolazione nel modo più soddisfacente possibile.

3.1.2   Sempre più spesso, i consumatori chiedono prodotti sicuri, sostenibili, fabbricati in modo innovativo, responsabile, rispettoso dell'ambiente e in idonee condizioni di lavoro e di benessere degli animali. Senza dimenticare i prodotti alimentari meno costosi, perché il prezzo continua a essere un elemento determinante nelle decisioni di acquisto. Purtroppo, tra i diversi anelli della catena del valore agroalimentare (produzione primaria, lavorazione, stoccaggio, distribuzione e vendita) non sono trasmesse le informazioni rilevanti.

3.1.3   I circuiti di commercializzazione, allorché hanno reso sempre più distante il rapporto tra i fornitori e i consumatori, hanno anche ostacolato la trasparenza delle operazioni che ne facevano parte, in modo che i costi di produzione risultano alterati e spesso non raggiungono le soglie minime che consentono la sopravvivenza economica degli agricoltori.

3.1.4   A sua volta, il debole potere negoziale e le dipendenze coatte degli attori che subiscono prezzi non corrispondenti all'attività svolta accrescono lo squilibrio che domina nella catena agroalimentare (6), facendo persistere un comportamento anomalo del mercato.

3.1.5   L'analisi del mercato odierno, necessaria per la riforma dello stesso, sfocia pertanto nella seguente diagnosi: frammentazione dell'offerta, concentrazione della distribuzione e inconsistenza della domanda. La speculazione trova in suddetto contesto un habitat di sviluppo naturale.

3.1.6   Non bisogna dimenticare, inoltre, che la fase di distribuzione comporta ripercussioni ambientali e sociali derivanti dal trasporto sulle lunghe distanze, dallo stoccaggio prolungato nelle celle frigorifere, dalla delocalizzazione delle imprese ecc.

3.2   Verso un mercato più cooperativo: un approccio focalizzato su nuove modalità di produzione e consumo sostenibili

L'identità delle cooperative è caratterizzata dai valori di democrazia, uguaglianza, solidarietà, trasparenza e responsabilità sociale. L'Alleanza internazionale delle cooperative ha stabilito sette principi che devono caratterizzare le cooperative: "l’adesione volontaria e aperta a tutti, il potere democratico esercitato dai membri, la partecipazione economica dei membri, l’autonomia e l’indipendenza, l’educazione, la formazione e l’informazione, la cooperazione tra le cooperative e l’interesse per la collettività" (7).

Un mercato cooperativo, in ambito agroalimentare, è quello che si fonda sul cooperativismo di base nell'offerta e nella domanda agroalimentare, come pure nei suoi rapporti di mutualità o di reciproco vantaggio, alla ricerca di una catena del valore più giusta ed efficiente dal punto di vista economico e socioambientale. Si tratta in definitiva di impostare il mercato come un gioco a somma positiva, ove tutti gli operatori traggano guadagni, creando valore condiviso al massimo grado attraverso la costituzione di alleanze e la stipula di impegni a lungo termine tra i suoi soggetti principali (i produttori e i consumatori), nell'ambito di condizioni eque di concorrenza leale. Le chiavi di ristrutturazione del mercato, in accordo alle premesse esposte nel presente documento, possono concretizzarsi in quanto segue.

3.2.1

Il rovesciamento della "piramide di produzione", con un approccio cooperativo transnazionale, la cui massa critica assicuri la dimensione e la portata necessarie. Partendo dal produttore singolo o familiare, è doveroso promuovere l'associazionismo o cooperativismo di base, fattore di dinamizzazione dell'economia rurale, inscrivendosi in strutture di dimensioni maggiori – reti regionali e poli competitivi – che avvicinino gli agricoltori ai segmenti di maggior valore aggiunto dei circuiti di commercializzazione. La suddetta strutturazione cooperativa consentirà di massimizzare le rese e di venire incontro alla diversità della domanda accorciando i circuiti di commercializzazione tra i punti nodali di produzione e di consumo (8). L'integrazione cooperativa (9) garantisce parimenti una maggior tracciabilità lungo l'intero processo in termini tanto di qualità quanto di definizione dei prezzi, il che comporta a sua volta un'ottimizzazione delle risorse e una maggiore efficienza.

3.2.2

Ritorno sociale cooperativo. Gli utili generati dalla rete di cooperative ritornano alle stesse cooperative partecipanti, il che aumenta le loro possibilità di accrescere il potere di mercato: ciò va a vantaggio di una maggior occupabilità come anche di un accesso alle risorse fondamentali più universale e in condizioni più favorevoli per i produttori e i consumatori, agevolando la nascita di sinergie nel nuovo contesto di rapporti commerciali.

3.2.3

Concentrazione della domanda  (10). Le cooperative dei consumatori, unitamente alla promozione di reti di consumatori che aggreghino la domanda dei cittadini, mirano ad agevolare l'accesso ai prodotti a condizioni di prezzo e qualità più convenienti. Il contatto diretto con i produttori è stabilito a partire dai mercati locali e di prossimità, avanzando verso il perfezionamento delle transazioni commerciali virtuali online. È un'impostazione che coincide con gli obiettivi esplicitati dalle principali organizzazioni di agricoltori e di cooperative agroalimentari dell'Unione europea: "L'obiettivo è quello di promuovere/sostenere le iniziative degli agricoltori che vendono direttamente i loro prodotti al consumatore finale (ad es., vendite dirette nell'azienda agricola, attraverso le cooperative agricole, su mercati locali, mediante piattaforme o imprese collettive sotto il controllo del produttore)." (11)

3.2.4

Modello di mercato circolare  (12) sulla base dell'accorciamento dei circuiti di commercializzazione. Al fine di contrastare l'eccessivo peso degli attori che non aggiungono valore alla catena di commercializzazione dei prodotti agroalimentari, deve essere promossa l'alternativa dei circuiti di commercializzazione che avvicinino il più possibile le unità di produzione e di consumo, nel senso, rispettivamente, di produttori primari e consumatori finali (13). Si agevola così la comparsa di "mercati a cerchio", che permettono di calibrare idoneamente mezzi e costi allineando le necessità della popolazione e le risorse produttive ed evitando eccedenze e disavanzi, suscettibili oltretutto di provocare fluttuazioni artificiali dei prezzi. Il tutto si tradurrà in un funzionamento della catena degli approvvigionamenti alimentari più giusto, trasparente ed equilibrato, che contribuisca all'eliminazione di tutte le pratiche abusive e sleali che mettono a rischio la legittima concorrenza.

3.2.5

Nuove tecnologie  (14). L'innovazione tecnologica costituisce la pietra angolare sulla quale si basa la proiezione di un mercato più cooperativo. Ciò vale sia nello sviluppo innovativo delle tecniche di produzione agroalimentare sia nella concezione logistica necessaria per ottimizzare l'efficienza dei processi di comunicazione nell'attuazione di reti intelligenti di produzione, distribuzione e consumo (in quanto forme di organizzazione dotate di un elevato livello di autorganizzazione e flessibilità evolutiva e della capacitò di apprendere ad agire per il conseguimento dei suoi obiettivi). La viralità, l'interoperabilità e la connettività reciproca delle suddette reti in un ambiente digitalizzato consentiranno la sostituzione di figure intermedie prive di senso. Le nuove tecnologie dovranno pertanto costituire gli strumenti con i quali configurare un processo che determini una maggior efficienza collettiva, applicando l'innovazione alle catene alimentari e al loro valore di trasformazione.

3.3   Come pervenire a un mercato più cooperativo

La trasformazione mondiale imperniata sulla produzione e sul consumo responsabili e sostenibili è considerata una realtà con molteplici parti interessate (multistakeholder) in cui ciascuno dei gruppi di interesse può esercitare e subire influenze dall'attività cooperativa ("corresponsabilità cooperativa sociale"). Una questione strategica di cui tenere conto nel promuovere modelli di consumo e produzione cooperativi e interoperativi è la necessità di prevedere strumenti e meccanismi istituzionali atti a porre detto modello in condizioni di competitività con la catena del valore convenzionale. Ai fini della relativa adozione di decisioni, possono risultare utili alcune riflessioni. È possibile, tra le altre, citare le seguenti.

3.3.1

Adozione di misure nell'ambito delle politiche dell'Unione. Mediante la riforma del quadro giuridico e un'idonea politica d'incentivi, devono essere promosse misure atte a sostenere la promozione delle cooperative mediante agenzie per lo sviluppo, credito finanziario ecc., misure di integrazione e internazionalizzazione cooperativa, misure di coesione e innovazione sociale nonché di rafforzamento dei partenariati tra le istituzioni pubbliche da un lato e le piccole e medie imprese, le cooperative, le associazioni di consumatori o altre collettività dall'altro.

3.3.2

Appalti pubblici cooperativi  (15). I progressi registratisi negli ultimi anni nell'ambito degli appalti pubblici verdi e, più di recente, nell'adozione di criteri di natura etica nelle procedure d'appalto delle amministrazioni pubbliche hanno sortito un importante effetto nei riflessi economici e sociali delle azioni di sostenibilità e cooperazione. Il carattere esemplare degli appalti pubblici, al pari dell'elevato volume di acquisizioni che questi portano con sé, rappresenta indubbiamente uno strumento di promozione indispensabile per gli obiettivi esposti. L'impulso alla circolazione dei flussi di mercato tra le amministrazioni pubbliche e le reti di cooperative può risultare decisivo per un nuovo modello di produzione e di consumo sostenibile.

3.3.3

Marchi di qualità  (16). I marchi di qualità costituiscono strumenti di incentivazione indiretta che accreditano l'origine, le caratteristiche e gli attributi dei prodotti commercializzati, evidenziando in questo caso il valore aggiunto della componente sociale abbinata alla produzione cooperativa ("marchio cooperativo"). Detta immagine di marchio è foriera di notorietà e consente all'associazionismo agricolo il passaggio da un orientamento produttivo a un orientamento di mercato.

3.3.4

Trasparenza e informazione dei consumatori  (17). Indissolubilmente associata a campagne di sensibilizzazione e di promozione della consapevolezza dei cittadini in merito alla presa di decisioni per gli acquisti nell'ambito di un'economia cooperativa, la trasparenza, soprattutto riguardo alla tracciabilità e alla qualità, rappresenta un fattore di equilibrio nella catena del valore, che si traduce in una maggiore simmetria informativa e in un'azione coordinata tra la produzione e il consumo, necessarie entrambe per l'efficacia di un modello fondato sulla sostenibilità degli stessi. La domanda e l'offerta sono così congiunte dal punto di vista temporale e spaziale nell'integrazione dei rispettivi processi di commercializzazione. Occorre inoltre considerare prioritario il raggruppamento dei consumatori, nonché la definizione di percorsi che portino a concentrare in modo pertinente la domanda finale dei prodotti agroalimentari.

3.3.5

Istruzione e formazione ai fini dell'imprenditoria sociale e cooperativa  (18). Quantunque costituisca uno strumento palesemente proattivo i cui effetti non sono riscontrabili nell'immediato, è cruciale per consolidare i cambiamenti prodottisi nel mercato. La conoscenza e l'assimilazione dei principi cooperativi negli istituti scolastici non solo crea un atteggiamento precoce di favore verso il modello cooperativo e verso la cooperazione quale fonte di fiducia, bensì riverbera la pratica di tali principi anche sui genitori, prescrivendo loro schemi di consumo in sinergia con le azioni proposte. A tal proposito, riveste particolare importanza la promozione dello spirito imprenditoriale fra i giovani al fine di incoraggiare e motivare l'avvio e il consolidamento di cooperative, si trovino esse nella fase di produzione, di commercializzazione o di consumo. A tutto ciò potranno sicuramente contribuire la conoscenza, lo scambio e la diffusione delle migliori pratiche cooperative.

3.3.6

Fiscalità differenziata  (19). Occorre che una fiscalità più equa consenta di orientare il consumo verso un uso efficiente delle risorse (20), affinché si tenga maggiormente conto del contenuto di ciascun prodotto in termini socioambientali e del valore aggiunto sociale alla base della formula cooperativa. A partire da uno specifico inquadramento fiscale, gli incentivi fiscali e le compensazioni sono alcuni tra gli strumenti più diretti e che dispongono di maggiori potenzialità per conseguire i vantaggi previsti. Come comprovano le precedenti esperienze in diversi Stati membri, l'adozione di una fiscalità differenziale promuove l'autonomia e l'indipendenza finanziaria ma, al pari di alcune iniziative precedentemente proposte, richiede un'analisi preliminare della sua incidenza.

3.3.7

Attuazione tecnologica. Il progresso tecnologico e l'accesso universale allo stesso rappresentano l'impulso migliore per realizzare gli obiettivi proposti. È opportuno a tal proposito porre in risalto le seguenti iniziative: la ricerca e l'innovazione applicate alla produzione agroalimentare, l'apertura di nuovi spazi e canali di commercializzazione e, da ultimo, la certificazione di qualità a punti, assegnando punti in più sulla base del valore nutrizionale, delle garanzie di fornitura e di altri benefici pubblici e sottraendo punti, tra l'altro, per le esternalità negative sociali ed ambientali, in modo che criteri quali la salute e la sicurezza alimentare, l'impronta ecologica o quella sociale possano essere avvalorati, anche agli occhi dei consumatori, in relazione al prezzo e ai corrispondenti costi di produzione e di distribuzione. Ai fini dell'attuazione di tale strumento di certificazione sarebbe necessaria la presenza concomitante di elementi come la telefonia intelligente, le applicazioni informatiche specifiche e i social network.

3.4   Vantaggi competitivi del mercato cooperativo

Oltre ai vantaggi evidenti che un modello basato sulla sostenibilità e sulla cooperazione economica e sociale genera, il mercato cooperativo concorre a una serie di vantaggi competitivi, con un'incidenza su tematiche di grande importanza per le politiche dell'Unione nei seguenti ambiti.

3.4.1

Economico: accesso ai mercati stabile e sicuro per i prodotti degli agricoltori, finanziamento sostenibile, investimenti socialmente responsabili, dinamizzazione del mercato, difesa della concorrenza, protezione dei diritti e degli interessi dei consumatori, ecc.

3.4.2

Sociale: assetto territoriale, sviluppo rurale e inclusione, patrimonio culturale e dell'identità locale e regionale, sovranità e sicurezza alimentare, prevenzione della sovrapproduzione e accessibilità alimentare, tracciabilità sociale dei prodotti, non delocalizzazione delle imprese, garanzia di salari dignitosi e miglioramento delle condizioni di lavoro, responsabilità sociale e consumo responsabile, salute comunitaria e stili di vita sani, partecipazione diretta dei cittadini al processo decisionale delle istituzioni che li rappresentano, ecc.

3.4.3

Ambientale: risparmio energetico, preservazione degli ecosistemi, impronte ecologiche, agroecologia, utilizzo razionale e responsabile delle materie prime e delle risorse naturali, ciclo di vita dei prodotti agroalimentari, creazione di posti di lavoro verdi quale strategia per la diffusione del mercato, ecc.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Comunicazione della Commissione Atto per il mercato unico, COM(2011) 206 final.

(2)  Comunicazione della Commissione sul piano d’azione Produzione e consumo sostenibili e Politica industriale sostenibile, COM(2008) 397 final.

(3)  Parere del CESE sul tema Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050, GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 110-116.

(4)  Nazioni Unite, Assemblea generale, Relazione del relatore speciale sul diritto all'alimentazione, Olivier de Schutter (A/HRC/19/59 – 26 dicembre 2011).

(5)  Conclusioni del presidente NILSSON dopo la conferenza Cibo per tutti - verso un accordo globale.

(6)  Parere del CESE sul tema Migliore funzionamento della filiera agroalimentare in Europa, GU C 48 del 15.2.2011, pag. 145.

(7)  Parere CESE sul tema Cooperative e ristrutturazione, GU C 191 del 29.6.2012, pagg. 24-30.

(8)  Comunicazione della Commissione Politica integrata dei prodotti, COM(2003) 302 final.

(9)  A questo proposito, in quanto formula imprenditoriale emergente, la cooperativa integrale, o società cooperative di interesse collettivo, si configura come un'impresa che produce beni o servizi per soddisfare le necessità collettive di un territorio attraverso la mobilitazione comune dei soggetti interessati.

(10)  Comunicazione della Commissione La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio, COM(2010) 672 final.

(11)  La Politica agricola comune dopo il 2013 - reazione degli agricoltori e delle cooperative agricole dell’UE alle proposte legislative della Commissione (COPA-Cogeca, 2012).

(12)  Alejandro Salcedo Aznal, Società di consumo o reti di consumatori? Elementi per un'analisi sociale del consumatore odierno (2008).

(13)  Comunicazione della Commissione sul piano d’azione Produzione e consumo sostenibili e Politica industriale sostenibile COM(2008) 397 final.

(14)  Parere del CESE sul tema Il modello agricolo comunitario: qualità della produzione e comunicazione ai consumatori come elementi di competitività, GU C 18 del 19.1.2011, pag. 5.

(15)  Comunicazione della Commissione Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese, COM(2011) 681 final.

(16)  Comunicazione della Commissione La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio, COM(2010) 672 final.

(17)  Comunicazione della Commissione sul piano d’azione Produzione e consumo sostenibili e Politica industriale sostenibile, COM(2008) 397 final.

(18)  Comunicazione della Commissione Iniziativa per l’imprenditoria sociale. Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro dell’economia e dell’innovazione sociale, COM(2011) 682 final.

(19)  Parere del CESE sul tema Diversità delle forme d'impresa, GU C 318 de 23.12.2009, pagg. 22-28.

(20)  COM(2011) 571 final e parere Promozione di modelli sostenibili di produzione e di consumo nell'UE, GU C 191 del 29.6.2012, pag. 6.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/49


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Revisione degli orientamenti del 1994 e del 2005 sull'aviazione e gli aeroporti nell'UE» (supplemento di parere)

2012/C 299/10

Relatore: KRAWCZYK

Correlatore: WENNMACHER

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 luglio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un supplemento di parere sul tema:

Revisione degli orientamenti del 1994 e del 2005 sull'aviazione e gli aeroporti nell'UE.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli, 2 voti contrari e 1 astensione.

1.   Conclusioni

1.1   La Commissione europea intende rivedere, da un lato, gli orientamenti del 1994 sull'applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato CE sugli aiuti di Stato nel settore dell'aviazione e, dall'altro, gli orientamenti UE del 2005 concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali (in appresso "orientamenti sull'aviazione").

1.2   Dal 2005 gli Stati membri hanno omesso di notificare alla Commissione diversi casi di concessione di sovvenzioni da parte di aeroporti o enti locali.

1.3   Il Comitato economico e sociale (CESE) condivide il punto di vista dei principali soggetti interessati, secondo cui la revisione degli attuali orientamenti sull'aviazione è assolutamente necessaria e va effettuata quanto prima al fine di creare un'effettiva parità di condizioni. Lo sviluppo degli aeroporti regionali è un fattore importante per la crescita economica e la coesione territoriale e richiede quindi l'esistenza di norme chiare in materia di aiuti di Stato.

1.4   Il CESE ritiene necessaria l'elaborazione di uno studio che illustri la situazione attuale degli aiuti di Stato e delle pratiche affini per quanto riguarda l'attuazione degli orientamenti sull'aviazione. Tale studio (oltre all'analisi delle pratiche in uso nel settore) dovrebbe anche fornire informazioni dettagliate riguardo all'entità e alla tipologia degli aiuti concessi, al loro impatto sullo sviluppo economico reale e alle loro conseguenze - quantitative e qualitative - per l'occupazione.

1.5   Nelle raccomandazioni relative alla revisione degli orientamenti sull'aviazione formulate nel capitolo 5 del presente parere, il CESE:

sostiene la necessità di adottare un quadro giuridico UE standardizzato per l'intero settore dell'aviazione, che impedisca le pratiche di sovvenzionamento incontrollate e garantisca condizioni di parità per tutti i partecipanti al mercato, anche a livello locale;

concorda, in linea di principio, sul fatto che gli investimenti privati non possono essere considerati aiuti di Stato. Al tempo stesso, un operatore pubblico può agire come un investitore privato se l'investimento è giustificabile sul piano commerciale;

raccomanda che gli aiuti di Stato agli investimenti in infrastrutture aeroportuali e gli aiuti all'avviamento per le compagnie aeree vengano consentiti soltanto in casi rigorosamente definiti e siano limitati in funzione della durata e dell'intensità;

condivide la necessità di pubblicare integralmente gli aiuti disponibili per gli aeroporti e i vettori, nonché le condizioni alle quali tali aiuti possono essere erogati;

invita a stimolare ulteriormente il dialogo sociale e ad evitare che si verifichino fenomeni di dumping sociale nel settore;

sottolinea l'importanza di un'adeguata attuazione degli orientamenti: è fondamentale garantirne il rispetto;

invita ad adottare una politica a lungo termine in materia di sviluppo degli aeroporti regionali. Gli orientamenti sull'aviazione possono essere applicati in modo efficace soltanto a condizione di stabilire delle chiare priorità politiche per lo sviluppo degli aeroporti regionali.

2.   Introduzione

2.1   Negli ultimi vent'anni l'industria europea del trasporto aereo è stata interessata da numerose trasformazioni, dovute principalmente alla liberalizzazione del mercato e alla conseguente creazione di compagnie a basso costo (low cost). Il mercato unico dell'aviazione, che ha consentito a un maggior numero di cittadini europei di utilizzare i trasporti aerei grazie alla nascita di nuove compagnie aeree, alla creazione di nuovi aeroporti regionali e all'applicazione di tariffe più basse, ha tuttavia prodotto delle ripercussioni non trascurabili sull'occupazione e sulle relazioni di lavoro nel settore.

2.2   Nel 1994, nell'ambito della liberalizzazione del mercato dei servizi di trasporto aereo, la Commissione ha adottato i primi orientamenti sull'aviazione nell'UE, che contenevano disposizioni per la valutazione degli aiuti sociali e degli aiuti alla ristrutturazione delle compagnie aeree, al fine di creare una parità di condizioni tra di esse. Tali orientamenti sono stati completati nel 2005 dagli orientamenti concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali.

2.3   La Commissione europea intende rivedere, da un lato, gli orientamenti del 1994 sull'applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato CE agli aiuti di Stato nel settore dell'aviazione e, dall'altro, gli orientamenti UE del 2005 concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali.

2.4   Diversi vettori di rete (network carriers) (per lo più membri dell'Associazione delle compagnie aeree europee, AEA) affermano di essersi confrontati, in questi ultimi anni, con un nuovo tipo di concorrenza da parte di vettori in grado di far derivare una parte non trascurabile delle loro entrate dagli enti locali e dagli aeroporti locali. Per i vettori della AEA tali sovvenzioni sono illegali e costituiscono un esempio eclatante di aiuti di Stato, che provocano gravi distorsioni della concorrenza nel mercato del trasporto aereo in Europa.

2.5   Secondo l'Associazione europea che riunisce le compagnie europee low cost (European Low Fares Airline Association, ELFAA), il progressivo consolidamento tra i vettori di rete, inteso in particolare ad alimentare il traffico nei loro hub, ha diminuito le alternative per le regioni e per i rispettivi aeroporti intenzionati a sviluppare un maggior numero di collegamenti diretti da punto a punto. In molti casi le compagnie a basso costo (LCC) rappresentano l'unica prospettiva di crescita per gli aeroporti regionali sul mercato europeo. Il recente allargamento dell'UE ha aperto nuove opportunità di mercato, e molti di questi mercati dipendono in larga misura dal modello commerciale che si basa sulle tariffe a basso costo per sviluppare e sostenere i flussi di traffico. Secondo l'ELFAA, queste rotte sono sia socialmente che economicamente utili, nel quadro della coesione europea e dello sviluppo regionale.

2.6   Dal 2005 gli Stati membri hanno omesso di notificare alla Commissione diversi casi di concessioni di sovvenzioni da parte di aeroporti o enti locali, e gli orientamenti sull'aviazione del 2005 non hanno promosso l'elaborazione di piani nazionali per definire esattamente le condizioni alle quali gli aiuti possono essere concessi: ma ciò che forse è ancora più negativo è che, in quei pochi casi in cui vi è stata una notifica con conseguente avvio di un procedimento formale da parte della Commissione, le decisioni sono state, nel migliore dei casi, lente, e molti casi sono rimasti irrisolti. Ciò ha contribuito alla diffusione di una tendenza all'impunità e al lassismo.

2.7   La concezione degli aeroporti come motori per lo sviluppo economico delle regioni si è diffusa a seguito del crescente disimpegno (finanziario) diretto degli Stati, che hanno trasferito alle regioni e agli enti locali le competenze di vigilanza, gestione e finanziamento di queste infrastrutture essenziali. Gli aeroporti sono sempre più spesso considerati dalle autorità regionali come uno dei principali strumenti di sviluppo delle economie locali.

2.8   La Commissione si sta occupando di un cospicuo numero di reclami in materia, presentati dalle ex compagnie di bandiera contro le compagnie a basso costo, da un lato, e da queste ultime contro le prime, dall'altro. Dal 2005 il numero di notifiche alla Commissione risulta piuttosto scarso se confrontato con la netta crescita degli aeroporti regionali nell'UE.

2.9   Dalla consultazione pubblica lanciata dalla Commissione emergono le seguenti indicazioni principali:

la necessità di semplificare gli orientamenti e aumentarne la trasparenza,

il sostegno ad una più rigorosa applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle compagnie aeree e agli aeroporti,

l'introduzione di una nuova categoria di regole per evitare distorsioni della concorrenza tra aeroporti situati nello stesso bacino di utenza,

una maggiore chiarezza e prevedibilità delle norme in materia di aiuti agli investimenti (definizioni chiare dei parametri finanziari).

2.10   Il CESE condivide pertanto l'opinione delle principali parti interessate, secondo cui una revisione degli attuali orientamenti sull'aviazione è assolutamente necessaria e va eseguita quanto prima per creare una parità di condizioni. Lo sviluppo degli aeroporti regionali è un fattore importante per la crescita economica e la coesione territoriale e richiede quindi l'esistenza di norme chiare in materia di aiuti di Stato.

2.11   Il CESE ritiene necessaria l'elaborazione di uno studio che illustri la situazione attuale degli aiuti di Stato e delle pratiche affini per quanto riguarda l'attuazione degli orientamenti sull'aviazione. In particolare, per valutare se e in quali termini le pratiche attuali provocano una distorsione della concorrenza tra gli aeroporti e tra le compagnie aeree, lo studio dovrebbe fornire informazioni dettagliate in merito all'entità e alla tipologia degli aiuti concessi, al loro impatto sullo sviluppo/efficienza economica reale e ai loro effetti quantitativi e qualitativi sull'occupazione.

2.12   L'attuale crisi economica mondiale e, in particolare, le crescenti pressioni di bilancio nell'UE e negli Stati membri possono rimettere in discussione le politiche esistenti in materia di aiuti di Stato per lo sviluppo degli aeroporti regionali. Occorre capire meglio fino a che punto il modello economico su cui si basa attualmente il funzionamento degli aeroporti regionali sia sostenibile nel lungo termine. Come emerge dall'attuale discussione sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020, l'UE dovrà affrontare la grande sfida che consiste nel fare di più con meno risorse disponibili. E ciò vale anche per le questioni discusse in questo parere.

3.   Il mercato

3.1   Negli Stati membri dell'UE circa 460 aeroporti sono utilizzati per l'aviazione commerciale; nel 2010 circa il 60 % degli aeroporti dell'UE ha servito meno di 1 milione di passeggeri.

3.2   Il mercato del trasporto aereo ha subito enormi sviluppi negli ultimi anni: le compagnie a basso costo hanno sviluppato nuovi modelli commerciali globali collegati con gli aeroporti regionali e hanno acquisito importanti quote di mercato. Contemporaneamente, quasi tutte le ex compagnie aeree nazionali hanno intrapreso un processo di ristrutturazione, consolidando ulteriormente la loro presenza in Europa.

3.3   Nel 2005 le compagnie a basso costo detenevano il 25 % del mercato intraeuropeo, per poi arrivare, nel 2010, al 39 %; cifra che sale ulteriormente, fino a raggiungere il 43 %, se si considera solo il traffico da punto a punto. Dal 2008 al 2010 i vettori di rete tradizionali, membri dell'AEA, hanno subito consistenti perdite nelle loro operazioni intraeuropee e, malgrado i risultati positivi sul lungo raggio (1 miliardo di euro nel 2008,100 milioni nel 2009 e 1,1 miliardi nel 2010), gli utili complessivi al lordo degli oneri finanziari e delle imposte (EBIT) sono stati negativi, a causa dell'incidenza negativa del breve raggio e delle rotte intraeuropee.

3.4   Secondo l'ELFAA, tenendo conto delle tendenze attuali e dei piani di rinnovamento delle flotte aeree, la quota di mercato delle compagnie a basso costo dovrebbe aumentare entro il 2020 fino a un livello compreso tra il 45 e il 53 % del trasporto aereo intraeuropeo di passeggeri, e tra il 50 e il 60 % per i collegamenti da punto a punto. Durante l'ultima crisi, le LCC non hanno subito perdite finanziarie di entità paragonabile a quelle subite dai vettori di rete.

3.5   Le LCC sono di gran lunga gli attori predominanti nelle operazioni regionali da punto a punto: questo mercato è infatti detenuto per oltre il 52 % da tre LCC, mentre i tre principali vettori di rete rappresentano solo il 22 % del mercato interno di rete. Combinando a) la crescente presenza delle LCC sulle rotte intraeuropee e b) la crescente diffusione delle rotte regionali da punto a punto rispetto ai tradizionali collegamenti hub to hub, si evince che l'offerta attuale è superiore rispetto al passato, ma che una parte di questa offerta più ampia (che riguarda in particolare i collegamenti da punto a punto) è assicurata da un numero ristretto di concorrenti.

3.6   Ad eccezione dei principali hub aeroportuali europei e dei maggiori aeroporti regionali, molti aeroporti regionali europei non possono essere considerati economicamente redditizi se si tiene conto dei costi reali delle infrastrutture. Molti piccoli aeroporti regionali non sono in grado di sostenere i costi relativi alle infrastrutture, che sono quindi finanziate con altri fondi disponibili spesso a livello regionale. Molti aeroporti si troverebbero semplicemente costretti a chiudere se dovessero pagare i costi reali relativi alle infrastrutture.

3.7   È importante tenere presente che, nei prossimi anni, l'Europa si troverà ad affrontare una carenza di capacità aeroportuale. Lo studio Challenges of growth ("Le sfide della crescita") (2008) e il recente documento Long-Term Forecast ("Previsioni a lungo termine") (2010) di Eurocontrol pongono in evidenza la carenza di capacità negli aeroporti europei, alla luce dell'aumento del traffico previsto entro il 2030 (16,9 milioni di voli, ovvero un aumento di 1,8 volte rispetto al 2009). Da queste autorevoli previsioni emerge un dato allarmante: ossia che il 10 % dei voli complessivi non potrà essere accolto a causa di una insufficiente capacità aeroportuale, e questo malgrado la previsione di aumento del 41 % della capacità della rete aeroportuale europea.

3.8   Sebbene il finanziamento esterno delle infrastrutture non sia generalmente una questione fondamentale per gli aeroporti principali, lo è invece per molti aeroporti regionali, che non possono contare né sulle economie di scala né sulle entrate commerciali che potrebbero fornire le risorse necessarie per finanziare le loro infrastrutture.

3.9   Il nuovo mercato da punto a punto è al tempo stesso un'opportunità e una causa di incertezza per taluni aeroporti regionali, a causa di un mercato estremamente volatile. Le LCC in particolare sono in grado, con un preavviso molto breve, di spostare i loro aeromobili ed equipaggi in tutta Europa, in funzione del potenziale economico di una nuova rotta, verso un aeroporto alternativo. Viene quindi messa in discussione la stabilità e la prevedibilità delle entrate di questi aeroporti.

3.10   Gli aiuti all'avviamento erogati nel quadro degli attuali orientamenti hanno dato luogo a una "corsa agli investimenti" tra diverse regioni per sviluppare i rispettivi aeroporti regionali, in molti casi anche tramite l'impiego di finanziamenti UE. Se un aeroporto regionale incontra difficoltà finanziarie, le regioni chiedono ulteriori aiuti, sostenendo che questi aeroporti regionali sono sottoutilizzati e rappresentano un costo necessario per le comunità locali.

4.   Osservazioni particolari

4.1   L'aviazione è un settore che, oltre ad essere scarsamente redditizio nel lungo periodo, è già molto competitivo. In un contesto del genere, anche sovvenzioni di scarsa entità possono incidere sulla concorrenza, ed è quindi necessario gestire il problema con grande attenzione.

4.2   Il problema principale consiste nel decidere quale tipo di approccio (ne esistono infatti diversi) occorre adottare per elaborare nuovi orientamenti sull'aviazione.

4.2.1   Secondo l'ELFAA, è indispensabile sbloccare il potenziale degli aeroporti regionali per non interrompere il processo di coesione territoriale e di sviluppo regionale nell'UE, e per decongestionare gli hub dei vettori di rete. Sviluppare gli aeroporti regionali significa creare nuovi posti di lavoro, offrire maggiori opportunità alle imprese delle regioni periferiche dell'UE, ridurre le emissioni tramite collegamenti da regione a regione invece dei voli indiretti attraverso gli hub, e anche ridurre le emissioni dei trasporti a terra grazie all'utilizzo da parte dei passeggeri dei rispettivi aeroporti locali. Sempre secondo l'ELFAA, la crescita degli aeroporti regionali deve essere incoraggiata da orientamenti flessibili sugli aiuti di Stato, incentrati sul principio dell'investitore in economia di mercato piuttosto che su norme rigide che impediscono la crescita laddove quest'ultima sia invece richiesta.

4.2.2   Secondo l'AEA, i nuovi orientamenti dovrebbero essere finalizzati a tutelare tutti i vettori che operano nel settore da aiuti finanziari discriminatori e non trasparenti concessi alle compagnie aeree da aeroporti regionali o comunità locali. Tali aiuti dovrebbero essere possibili solo in casi chiaramente definiti e dovrebbero essere limitati per durata e intensità. Essi, inoltre, potrebbero essere concessi solo a titolo individuale in conformità con i principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione tra operatori.

4.2.3   Secondo ACI EUROPE, il principio guida per la valutazione delle misure sugli aiuti di Stato dovrebbe basarsi sulla potenziale distorsione della concorrenza da parte di un aeroporto in termini di volumi di traffico.

4.2.3.1   Esenzione degli aeroporti di categoria D (fino a un milione di passeggeri) – È ampiamente riconosciuto che gli aeroporti con un volume di traffico inferiore a una determinata soglia tendono a non essere commercialmente redditizi e possono quindi aver bisogno di finanziamenti pubblici. Inoltre, questi piccoli aeroporti assicurano spesso la connettività territoriale di regioni e agglomerati e, avendo un volume di traffico limitato, non alterano generalmente le condizioni degli scambi nell'UE. Pertanto, secondo ACI, l'impiego di fondi pubblici per lo sviluppo di nuove infrastrutture e nuove rotte dovrebbe essere autorizzato senza preventiva notifica. Tuttavia, qualsiasi finanziamento pubblico dovrebbe cessare non appena viene raggiunta la soglia di un milione di passeggeri.

4.2.3.2   Il finanziamento pubblico di infrastrutture e il finanziamento di aiuti all'avviamento da parte di aeroporti con oltre un milione di passeggeri deve rispettare il criterio dell'investitore privato, adattato alle esigenze specifiche del settore aeroportuale.

4.3   Il CESE condivide la posizione della Commissione secondo cui, per quanto riguarda la revisione dell'approccio generale agli aiuti di Stato coperti dagli orientamenti, vanno applicati i seguenti principi:

non dovrebbero esservi distorsioni della concorrenza,

occorre promuovere lo sviluppo e migliorare l'accessibilità delle regioni rafforzando il trasporto aereo regionale,

va evitata la duplicazione di aeroporti non redditizi,

bisogna evitare di creare o mantenere una sovraccapacità.

4.4   Occorre promuovere lo sviluppo di aeroporti in grado di coprire i propri costi, come pure favorire la partecipazione degli investitori privati. Al tempo stesso, il CESE comprende e appoggia l'esigenza di un obbligo di servizio pubblico per i servizi aerei di interesse economico, specialmente per quelli che connettono le regioni remote e le isole.

5.   Raccomandazioni

5.1   Il CESE sostiene la necessità di adottare un quadro giuridico UE standardizzato per l'intero settore dell'aviazione, che impedisca le pratiche di sovvenzionamento incontrollate e garantisca condizioni di parità per tutti i partecipanti al mercato, anche a livello locale.

5.2   In linea di principio, gli investimenti privati non possono essere considerati aiuti di Stato. Al tempo stesso, un operatore pubblico può agire come un investitore privato se l'investimento è giustificabile sul piano commerciale.

5.3   Nei nuovi orientamenti la Commissione dovrebbe prefiggersi l'obiettivo di proteggere tutti i vettori e gli aeroporti da aiuti finanziari discriminatori, poco chiari e con effetti di distorsione della concorrenza, erogati da governi o aeroporti regionali. I finanziamenti pubblici non devono distorcere la concorrenza, né tra gli aeroporti né tra le compagnie aeree. Il CESE non ritiene necessaria, al fine di promuovere lo sviluppo regionale, l'introduzione di esenzioni di categoria per talune tipologie di aeroporti o compagnie aeree.

5.3.1   Gli aiuti di Stato agli investimenti in infrastrutture aeroportuali e gli aiuti all'avviamento per le compagnie aeree dovrebbero essere consentiti soltanto in casi rigorosamente definiti, ed essere limitati in funzione della durata e dell'intensità. Inoltre essi andrebbero concessi solo in circostanze eccezionali e nel pieno rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione.

5.3.2   Per quanto riguarda la trasparenza, le condizioni per ottenere aiuti pubblici dovrebbero essere rese note ai cittadini. Inoltre, dovrebbero essere integralmente pubblicati gli aiuti disponibili per gli aeroporti e i vettori, nonché le condizioni alle quali tali aiuti possono essere erogati.

5.3.3   I nuovi orientamenti devono essere definiti tramite una serie di regole chiare e semplici al fine di garantire la certezza giuridica per il settore dell'aviazione europeo. Il CESE desidera sottolineare l'importanza di una corretta attuazione degli orientamenti: è fondamentale garantirne il rispetto.

5.4   I nuovi orientamenti devono tenere conto degli interessi di lavoratori e passeggeri. Considerato che le risorse umane sono essenziali per garantire la qualità dei sistemi di trasporto aereo, un'industria dell'aviazione civile sostenibile deve offrire un'occupazione di qualità e buone condizioni di lavoro. In quest'ottica è importante stimolare il dialogo sociale ed evitare il dumping sociale nel settore.

5.5   Il CESE auspica l'adozione di una politica a lungo termine per lo sviluppo degli aeroporti regionali. Gli orientamenti sull'aviazione possono essere applicati in modo efficace soltanto a condizione di stabilire delle chiare priorità politiche riguardo allo sviluppo degli aeroporti regionali. Sarà compito della Commissione fare in modo che quest'agenda politica venga predisposta al più presto.

5.6   Il CESE invita gli Stati membri a sostenere con forza e ad impegnarsi nella preparazione e nell'attuazione dei nuovi orientamenti. Gli aiuti di Stato devono essere sempre notificati.

5.7   La realizzazione di un'efficiente co-modalità fra trasporti ferroviari e aerei va ulteriormente studiata e attuata per garantire il collegamento di alcune zone e rispondere ai requisiti di carattere ambientale.

5.8   Ciò è particolarmente importante in relazione all'assegnazione dei finanziamenti UE nel nuovo quadro finanziario pluriennale. Infatti, per fare di più con meno risorse occorre definire chiaramente le priorità. Lo sviluppo regionale è molto importante, ma non dovrebbe giustificare l'ulteriore sviluppo di aeroporti in una situazione in cui non è possibile creare una domanda sufficiente.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

482a sessione plenaria dei giorni 11 e 12 Iuglio 2012

4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/54


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Ristrutturare e anticipare i mutamenti: quali insegnamenti trarre dall'esperienza recente? (Libro verde)»

COM(2012) 7 final

2012/C 299/11

Relatore: PEZZINI

Correlatore: STUDENT

La Commissione europea, in data 17 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde:

Ristrutturare e anticipare i mutamenti: quali insegnamenti trarre dall'esperienza recente?

COM(2012) 7 final.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 134 voti favorevoli e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) vuole innanzitutto sottolineare che l'impresa costituisce, per definizione, l'attore centrale delle strategie di adattamento delle unità che operano sui mercati, e quindi l'impresa è al centro dei processi di ristrutturazione.

1.2

Il Comitato sottolinea l'importanza del ruolo, in materia di ristrutturazioni industriali, che la commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI) ha svolto e svolge, come luogo di dialogo costruttivo e di elaborazione di idee e proposte alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento europeo.

1.3

Il CESE ribadisce che le ristrutturazioni rappresentano, in genere, processi complessi. Anticipare i cambiamenti significa rendere le imprese e i lavoratori pronti ad affrontare le nuove sfide, minimizzando l'impatto sociale dei cambiamenti, massimizzando le opportunità di successo, generando un clima di fiducia reciproca e coinvolgendo, con determinazione, le parti sociali e la società civile organizzata.

1.4

I lavoratori e le imprese dell'UE si trovano confrontati con:

mutamenti rapidi dei mercati interni e internazionali di riferimento;

l'ingresso di nuovi partner mondiali;

l'introduzione di nuove applicazioni tecnologiche, che accelerano i processi d'obsolescenza;

consumatori sempre più consapevoli del loro ruolo nell'orientamento di consumi e di investimenti rispettosi dell'ambiente e dello sviluppo durevole;

andamenti demografici che accentuano l'invecchiamento della forza lavoro;

grossi cambiamenti nei mercati del lavoro, accompagnati da dumping sociali massicci;

e, nel momento attuale, perduranti criticità della crisi economica e finanziaria e una manifesta debolezza dell'Europa nei mercati mondiali.

1.5

Il CESE ritiene quindi tempestiva e opportuna la presentazione del Libro verde, ma auspica che, al di là del lancio di tali riflessioni e dibattiti, facciano seguito elementi d'azione concreta ed efficace, con un approccio integrato a tutti i livelli di produzione, di consumo e di servizi. Questo richiede l'interazione e lo scambio d'informazioni tra i vari livelli della catena produttiva e distributiva, accompagnato dallo scambio di buone prassi in materia e un calendario con scadenze precise di implementazione di linee guida, standard e quadri di riferimento, costruiti sul bagaglio di norme europee e di valori comuni e condivisi.

1.6

Il CESE ritiene fondamentale, nei processi di anticipazione e di ristrutturazione, la valorizzazione del ruolo delle parti sociali, della società civile organizzata, dei consumatori, a livello comunitario, nazionale, regionale, locale e d'impresa, con il coinvolgimento dei responsabili del territorio e delle reti delle conoscenze e delle competenze.

1.7

Secondo il CESE, dialogo sociale, negoziazione e partecipazione, non solo sono valori fondamentali del modello sociale europeo, ma anche strumenti che sostengono con successo e favoriscono la coesione sociale, l'occupazione di qualità, la creazione di posti di lavoro e il rafforzamento dell'innovazione e della competitività delle economie europee.

1.8

Le politiche strutturali e di coesione dell'UE e quelle dell'innovazione e della ricerca dovrebbero, secondo il CESE, essere orientate al sostegno proattivo di meccanismi di anticipazione ed accompagnamento delle ristrutturazioni, per trasformarle in sistemi vincenti, per i lavoratori e per le imprese.

1.9

Il CESE ritiene essenziale un maggior coinvolgimento delle parti economiche e sociali negli organi di monitoraggio dei fondi strutturali per garantire il buon esito della politica strutturale europea.

1.10

Il CESE raccomanda che le misure di politica strutturale siano strettamente interrelate e coordinate con quelle a sostegno della ricerca e dell'innovazione, sostenendo, con investimenti e con politiche industriali, la transizione verso un'economia europea a basso tenore di carbonio.

1.11

I programmi comunitari di educazione e formazione professionale e di formazione permanente dovrebbero, a parere del CESE, rappresentare strumenti privilegiati, delle autorità pubbliche e delle imprese, per anticipare in maniera proattiva il cambiamento, affiancandosi allo sforzo continuo degli attori economici, soprattutto delle PMI, e dei lavoratori.

1.12

Il CESE raccomanda che a livello europeo si operi un più stretto coordinamento tra politiche e servizi della Commissione, le agenzie e i numerosi osservatori, per poter sostenere in maniera univoca e coerente le scelte delle imprese in ristrutturazione. In particolare, le PMI e le micro imprese che hanno difficoltà evidenti nell'anticipare le ristrutturazioni, dovrebbero poter beneficiare di adeguati meccanismi di sostegno e di tutoraggio.

1.13

Il CESE ribadisce la necessità che gli aiuti di Stato, previsti per sostenere l'occupazione, nelle imprese colpite dai problemi connessi con la mondializzazione, debbano essere basati su condizioni che garantiscano la libera e leale concorrenza.

1.14

Il CESE chiede, infine, che venga rafforzata la politica europea di sostegno allo sviluppo di esercizi partecipati di foresight, territoriali e settoriali, al fine di realizzare visioni comuni e condivise, grazie anche a una maggiore valorizzazione del territorio, in grado di generare maggiore e migliore occupazione in imprese sane e competitive.

1.15

Tenuto conto degli sviluppi demografici dell'Europa, il CESE ritiene particolarmente importante una politica attiva nei confronti dell'invecchiamento e della cosiddetta "Silver economy", adattando produzione e servizi a queste nuove opportunità.

2.   Introduzione

2.1

La ripresa dell'economia europea richiederà tempo per uscire dalla più grave recessione degli ultimi decenni che ha investito l'Europa. La crisi sta sottoponendo le finanze pubbliche nazionali ed i governi a forti pressioni e sta provocando razionalizzazioni, ristrutturazioni e dismissioni di imprese nell'economia reale con riflessi drammatici sulla disoccupazione.

2.2

Le ristrutturazioni si sviluppano attraverso processi complessi, che si presentano in forme multidimensionali e implicano modifiche di strategie aziendali sotto il profilo dell'organizzazione, della forma, delle dimensioni e delle attività d'impresa.

2.2.1

Soprattutto a livello settoriale dovrebbero essere individuati obiettivi economici e operativi multipli, legati alle situazioni dei mercati globali e dei settori in cui opera l'impresa.

2.3

Tale processo si dovrebbe concretizzare - tenendo in debito conto interessi e comportamenti dei consumatori - nell'anticipazione delle possibilità occupazionali nei settori nascenti con un'attenzione particolare alle PMI, che subiscono le più gravi conseguenze della crisi attuale.

2.4

Anticipare i cambiamenti significa rendere le imprese e i lavoratori pronti a misurarsi con le evoluzioni future, ma anche prevedere le ristrutturazioni necessarie per affrontare tali sfide, minimizzando l'impatto sociale dei cambiamenti, garantendo stabilità e riducendo i costi, con tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile: le piattaforme tecnologiche europee, e gli studi da esse effettuati, possono dare prospettive concrete sia per i lavoratori, sia per l'impresa.

2.5

Nel corso degli ultimi due decenni, abbiamo assistito ad una accelerazione dei fenomeni di riposizionamento sui mercati, di delocalizzazioni, di riorganizzazioni e/o chiusure di unità produttive, fusioni, acquisizioni, e/o esternalizzazioni di attività; tuttavia, negli ultimi quattro anni, in Europa, le esigenze di rafforzare le capacità anticipatorie di tali processi si sono fatte sentire con sempre maggior urgenza, in relazione alla velocità dei cambiamenti e all'impellenza delle ristrutturazioni, rese necessarie dall'aggravarsi della crisi economico-finanziaria e dei mercati. Anche i fenomeni quali la crescita esponenziale registrata nel settore delle vendite su Internet e delle vendite transfrontaliere influenzano i mercati nei diversi paesi.

2.6

La crisi economica e finanziaria non solo ha accelerato i processi di ristrutturazione a vari livelli, ma ha anche portato a misure di austerità e riduzione della spesa pubblica, con conseguenti significative perdite di posti di lavoro nel settore pubblico e ha inoltre minato, in molti paesi, i vari sistemi di ammortizzatori sui lavoratori, sulle comunità locali e sulle imprese.

2.7

L'obiettivo della Commissione in termini di ristrutturazione è quello di aiutare a rafforzare e diffondere la cultura dell'anticipazione e dell'innovazione nel modo in cui la ristrutturazione stessa si attua: l'Unione ha una responsabilità condivisa con gli Stati membri "al fine di realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea" (art. 145 TFUE).

2.8

Già nella sua Comunicazione del 2005, sulla ristrutturazione e sull'occupazione, la Commissione ha riconosciuto i problemi connessi ai costi sociali della ristrutturazione, non solo per i lavoratori stessi, che sperimentano una crescente insicurezza sulle loro condizioni di lavoro, ma anche per i diversi settori dell'economia.

2.9

Se le ristrutturazioni sono essenzialmente oggetto di regolamentazioni sul piano nazionale e regionale, l'Unione ha forti responsabilità nella gestione, nel controllo, nell'accelerazione delle ristrutturazioni, poiché è tenuta a vegliare sia sul corretto funzionamento del quadro normativo comunitario in materia, sia in termini di informazione e consultazione che sulla tutela dei lavoratori (1) - e a giocare un ruolo attivo, essenzialmente fondato sulla strategia Europa 2020 e sugli obblighi stabiliti dal Trattato.

2.10

Se l'UE vuole rispondere con successo alle sfide poste dalla crisi finanziaria ed economica, dalla globalizzazione, dal cambiamento climatico, dalle tendenze demografiche e dalle crescenti disuguaglianze, derivanti dai costi sociali dei programmi di austerità, ha bisogno di sviluppare e rafforzare strategie proattive, in materia di anticipazione e gestione delle ristrutturazioni, sulla base di un quadro comune di valori e di pratiche che sia in linea con i grandi obiettivi sociali ed economici del Trattato.

2.11

Nell'ambito degli "orientamenti integrati" Europa 2020 (adottati dal Consiglio in data 22 aprile 2010), l'Unione e gli Stati membri dovrebbero quindi attuare riforme finalizzate a una "crescita intelligente", guidata dalla conoscenza e dall'innovazione, puntando ai bisogni e ai comportamenti dei consumatori, al fine di:

promuovere riforme strutturali coordinate, che diano un contributo effettivo alla crescita e all'occupazione e rafforzino la competitività dell'Unione nell'economia mondiale;

garantire il funzionamento dei mercati occupazionali, mediante investimenti finalizzati al buon esito delle transizioni, allo sviluppo di competenze appropriate, al miglioramento qualitativo dei posti di lavoro e alla lotta contro la disoccupazione strutturale, quella di lungo periodo e l'inoccupazione;

migliorare il clima imprenditoriale e favorire la creazione di nuove imprese e di nuovi posti di lavoro, specie nell'economia verde e nella Silver economy;

migliorare la qualità dell'istruzione, garantendo l'accesso a tutti e intensificando i rapporti tra formazione, mondo accademico e mercato del lavoro;

promuovere modelli proattivi di buone prassi, in grado di anticipare le ristrutturazioni aziendali, necessarie in un mercato del lavoro in transizione;

perfezionare il quadro normativo, onde promuovere l'innovazione e il trasferimento delle conoscenze in tutta l'Unione;

incoraggiare l'imprenditoria e contribuire a trasformare le idee creative in prodotti, servizi e processi, che permettano di creare posti di lavoro di qualità;

favorire la coesione territoriale, economica e sociale;

gestire meglio le sfide proprie della società europea e mondiale.

2.12

Il sostegno alla ristrutturazione delle imprese e dei settori passa attraverso sistemi di allerta precoce nelle imprese (cfr. Osservatorio sulla ristrutturazione in Europa, European Restructuring Monitor – ERM), quale pre-condizione per una pianificazione efficace di processi di ristrutturazione, condivisi da tutte le parti in causa, per consentire ai lavoratori una adeguata riqualificazione professionale, ma anche per assicurare lo sviluppo di reti settoriali e intersettoriali, in grado di gestire il cambiamento in modo integrato, con l'aiuto di orientamenti professionali, che garantiscano elevati livelli di occupabilità.

2.13

La Commissione ha presentato il 18 aprile 2012 a Strasburgo il suo nuovo Pacchetto Occupazione - sul quale il CESE avrà modo di pronunciarsi - che sollecita gli Stati membri a rafforzare le politiche nazionali per l'occupazione, e anticipa la volontà di rafforzare il coordinamento e il monitoraggio delle politiche occupazionali.

3.   Il Libro verde della Commissione

3.1

La Commissione ha aperto una consultazione pubblica sulla ristrutturazione delle imprese e sull'anticipazione dei mutamenti con l'obiettivo di "farsi un'idea precisa di quanto di positivo è stato realizzato in questo campo".

3.2

Nel Libro verde vengono formulate diverse domande sugli insegnamenti da trarre dalla crisi, sui possibili adattamenti economici e industriali, sulle capacità di adattamento delle imprese e dei lavoratori, sul ruolo delle amministrazioni regionali e locali, sul ruolo della formazione professionale nella gestione delle risorse umane e nel dialogo tra gli attori economici e sociali.

4.   Osservazioni generali

4.1

Secondo il Comitato, il Libro verde (LV) deve essere considerato come una continuazione della Comunicazione del 2005 sulla ristrutturazione e occupazione, che mirava a definire il ruolo dell'UE in materia di anticipazione e gestione delle ristrutturazioni al fine di sviluppare l'occupazione.

4.2

La Comunicazione del 2005 ha portato, a parere del Comitato, al positivo sviluppo di varie attività a livello comunitario per promuovere un approccio europeo per l'anticipazione e la ristrutturazione, quali le numerose conferenze tematiche di alto livello e seminari di esperti ("Forum di ristrutturazione"), iniziative nell'ambito dell'FSE, diversi studi comparativi, elaborazione di "cassette degli attrezzi" e di linee guida di cui il documento di lavoro dei servizi Restructuring in Europe 2011, che accompagna il Libro verde, è un esempio evidente.

4.3

Il CESE rileva con preoccupazione che l'approccio del LV non contiene proposte di azioni, inserite in un calendario con scadenze precise e ravvicinate, in risposta alla gravità della crisi in atto, mentre si orienta su una serie di questioni aperte, senza precisare tempi e modalità di attuazione. Per converso, risultano più incisive le misure indicate in altri strumenti, come nel Pacchetto occupazione, lanciato nel maggio 2012, sulle quali il CESE avrà occasione di pronunciarsi.

4.4

L'impresa costituisce, per definizione, l'attore centrale delle strategie di adattamento e posizionamento delle proprie unità operative sui mercati, e quindi dei processi di ristrutturazione conseguenti a tali strategie operative, senza però poter prescindere da:

il contesto di mondializzazione delle economie, con l'affacciarsi di nuovi paesi con settori sempre più promettenti e competitivi, sul mercato europeo e sui mercati internazionali;

le peculiarità dei singoli paesi all'interno ed al di fuori dell'Unione;

il quadro multidimensionale di politiche europee di riferimento che influisce direttamente sul funzionamento e sulle scelte dell'impresa stessa, sia in termini di regole applicabili, sia in termini di opportunità strategiche e operative;

il quadro nazionale/regionale, che gestisce il contesto tecnico operativo in cui l'impresa e i lavoratori si collocano;

il quadro territoriale dove si svolgono effettivamente le attività di ristrutturazione e i processi che ne permettono l'anticipazione, con il coordinamento tra interlocutori esterni e imprese e dove si realizzano, nella pratica, i meccanismi di indirizzo e di sostegno, specie per le PMI;

il quadro di dialogo sociale e contrattazione collettiva e lo sviluppo del ruolo delle parti sociali e delle rappresentanze aziendali, più che mai fondamentale per adeguare produzione, organizzazione e condizioni di lavoro a circostanze in rapido mutamento, durante la crisi, facendo affidamento su buoni partenariati sociali.

4.5

A livello europeo, il CESE richiama quanto espresso in precedenza, per realizzare una strategia di sviluppo (2): le parti sociali della società civile organizzata, nel suo complesso, dovrebbero tendere a realizzare un territorio socialmente responsabile (TSR) nel quale si possano attuare diverse strategie, tra di loro coordinate:

di resistenza e di sopravvivenza, in grado di fornire la possibilità di operare in mercati maturi, attraverso una migliore specializzazione nello stesso mercato, con riduzione dei costi o con forte diversificazione in settori contigui;

strategie di innovazione di processo, di prodotto e di servizi, con cambio di mercato e di tecnologia, e con nuovi materiali che portino a nuovi prodotti;

nuove iniziative, tramite un esercizio di foresight, su nuovi prodotti e servizi in espansione (come i mercati guida o lead markets), verso i quali far confluire nuovi investimenti;

un marketing territoriale, che punti all'eccellenza, attraverso convenzioni con centri di ricerca, al fine di accrescere la contaminazione tecnologica;

un sostegno finanziario, attraverso la finanziaria di sviluppo, anche utilizzando la garanzia fideiussoria del Fondo europeo per gli investimenti, ma anche i fondi strutturali;

fidi per dilazioni di pagamento alle micro e piccole imprese, soprattutto per salvaguardare i livelli occupazionali;

consolidamento dei debiti a breve, per permettere a micro e piccole imprese di concentrarsi sulla produzione e commercializzazione, nonché sui servizi post vendita dei propri prodotti;

sostegno a un terziario innovativo (green economy), e servizi alla persona (silver economy), utilizzando le possibilità di formazione innovativa offerte dal Fondo sociale europeo;

lo sviluppo di servizi di livello elevato alle persone, anche con il potenziamento delle organizzazioni sociosanitarie (3);

politiche infrastrutturali, che contribuiscano a scelte più innovative, per un'economia a bassa emissione di carbonio;

rafforzamento dei criteri ambientali e di efficienza energetica soprattutto negli appalti pubblici;

migliore accesso all'informazione;

attrezzare le regioni con strategie di specializzazione intelligente, con la partecipazione della società civile organizzata e di tutti gli attori economici e sociali.

4.6

Le politiche strutturali e di coesione dell'UE e quelle dell'innovazione e della ricerca dovrebbero, a parere del CESE, essere orientate al sostegno proattivo di meccanismi di anticipazione e accompagnamento delle ristrutturazioni, per trasformarle in sistemi vincenti per i lavoratori e per le imprese. I fondi strutturali, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo per la globalizzazione, possono svolgere un notevole ruolo, per aumentare l'occupabilità dei lavoratori e ridurre al minimo le conseguenze sociali degli esuberi di personale.

4.7

Il CESE ritiene essenziale un maggior coinvolgimento delle parti economiche e sociali e degli attori della società civile organizzata negli organi di partenariato e di monitoraggio dei fondi strutturali, e sottolinea che una premessa fondamentale, per garantire il buon esito della politica strutturale europea, siano le competenze specifiche delle parti interessate, insediate nel territorio.

4.8

In particolare, il CESE ritiene importante l'integrazione tra le politiche di ristrutturazione e le politiche industriali di transizione verso un'economia europea a basso tenore di carbonio, rispettosa degli imperativi climatici e ambientali, in grado di sviluppare, con opportuni finanziamenti, nuovi posti di lavoro e nuove professionalità "verdi", come il CESE ha avuto modo di sottolineare in precedenti pareri (4).

4.8.1

Anche in relazione alla proclamazione dell'anno 2012, come anno europeo dell'invecchiamento attivo, il CESE ritiene che sia importante lo sviluppo di professionalità nei servizi delle ONG, dell'economia sociale e delle imprese, per sostenere un invecchiamento sano, attivo e dignitoso, e sviluppare prodotti e servizi, che rispondano alle esigenze di tale consumatore (5).

4.9

I programmi comunitari di educazione e formazione professionale e di formazione permanente dovrebbero altresì, a parere del CESE, rappresentare strumenti privilegiati, per anticipare in maniera proattiva il cambiamento, affiancandosi allo sforzo continuo delle imprese e dei lavoratori: come indicato da Businesseurope, "il 72 % delle imprese dell'UE ha evidenziato l'esigenza di formare il proprio personale in modo sistematico ed il 32 % dei lavoratori nell'UE ha partecipato nel 2010 a corsi di formazione, finanziati dai propri datori di lavoro".

4.10

I pacchetti nazionali di stimolo, in termini di risposta sociale alla crisi, e le proposte finora adottate sono state inadeguate. Vi è una considerazione insufficiente rispetto alla necessità della creazione di posti di lavoro o di misure necessarie a incentivare la domanda (quali pacchetti più coordinati di stimolo fiscale e politiche salariali)".

4.10.1

Gli aiuti di Stato, e i finanziamenti previsti dai fondi strutturali volti a sostenere l'occupazione nelle imprese colpite dai problemi connessi con la mondializzazione e con il credito, devono essere basati su condizioni che: garantiscano che tali aiuti non creino ostacoli alla libera concorrenza; si impegnino soprattutto a sostenere i livelli occupazionali e rispettino i contratti collettivi. Occorre considerare ad esempio gli sviluppi osservati nei Paesi Bassi, dove i modelli di "lavoratori autonomi senza dipendenti" funzionano in maniera eccellente. Questo sistema consente ai disoccupati di mettere a disposizione le loro competenze e di crearsi nuovi lavori.

4.11

Occorre, secondo il CESE, che a livello europeo si operi un più stretto coordinamento tra politiche e servizi della Commissione, per sostenere in maniera univoca e coerente le scelte delle imprese in ristrutturazione.

1.

La politica europea dell'occupazione e della formazione, la politica comunitaria della ricerca e dell'innovazione, la politica dell'impresa e la politica industriale europea, la politica energetica e ambientale, l'economia verde e le TIC, nonché la politica commerciale ed estera dell'Unione dovrebbero, in particolare, fornire una visione comune univoca al management delle imprese europee e ai lavoratori, per sostenerli nelle scelte di adeguamento di strategie e di professionalità.

2.

Le agenzie europee, come il Cedefop di Salonicco e l'Eurofound di Dublino, gli osservatori, come l'Osservatorio europeo delle PMI o l'Osservatorio europeo del cambiamento (EMCC), gli istituti del Centro comune di ricerca, come l'IPTS di Siviglia, le attività di Foresight, nell'ambito di Science and Society del 7PQ di RSTD, dovrebbero trovare punti di contatto e di coerenza, nel fornire quadri chiari e accessibili del cambiamento, all'impresa e ai lavoratori.

4.12

Il CESE ritiene fondamentale la valorizzazione del ruolo delle parti sociali e della società civile organizzata a tutti i livelli: dialogo sociale, negoziazione e partecipazione non solo sono valori fondamentali del modello sociale europeo, da sempre sottoscritti dal CESE, ma anche gli strumenti che sostengono con successo e favoriscono la coesione sociale, l'occupazione di qualità, la creazione di posti di lavoro ed il rafforzamento dell'innovazione e della competitività delle economie europee.

4.13

In proposito il Comitato sottolinea il ruolo che la commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI) svolge, agendo come luogo privilegiato di dialogo costruttivo e di elaborazione di idee e proposte, grazie a un'esperienza maturata con successo sin dal Trattato CECA.

4.14

Come numerosi studi e analisi di buone prassi dimostrano, sia a livello UE che a livello nazionale, rapporti di fiducia tra le parti sociali e un efficace dialogo sociale sono presupposti fondamentali per anticipare e gestire nel migliore dei modi il cambiamento.

4.15

Il CESE ritiene in particolare che dialogo, concertazione e negoziazione siano condizioni essenziali in materia di riforme e di percorsi di "flessicurezza". Occorre, da una parte, realizzare condizioni quadro che consentano alle aziende - nella diversità delle situazioni nazionali - di adeguarsi con rapidità e flessibilità alle innovazioni, ai mercati ed alle richieste degli utilizzatori/consumatori e, dall'altra, è indispensabile sostenere e facilitare l'adattabilità e la crescita professionale dei lavoratori.

4.16

Inoltre, come il CESE ha avuto modo di sottolineare, la "flessicurezza" può funzionare soltanto se i lavoratori hanno una buona formazione professionale, difatti la creazione di nuovi posti di lavoro è strettamente legata alle nuove competenze. Peraltro "il CESE ritiene che le misure intese a migliorare la componente "sicurezza" (nel senso più ampio) - con posti di lavoro stabili - siano, in questo momento, la priorità assoluta".

4.17

Il CESE ritiene importante che le autorità pubbliche, gli enti educativi e formativi e le imprese uniscano le loro forze per migliorare l'offerta occupazionale e formativa, sviluppando nuovi profili e competenze professionali polivalenti, sostenendo percorsi di apprendimento durante tutta la vita attiva.

4.18

In proposito il Comitato sottolinea l'importanza fondamentale di assicurare meccanismi di accesso all'educazione e formazione continua, finalizzati a rispondere ai bisogni di nuovi profili professionali e di nuove qualifiche, specie per i giovani, in linea con le prospettive delineate nella Agenda for New Skills and Jobs sulla quale il CESE ha avuto modo di pronunciarsi (6).

4.19

Il CESE sostiene l'importanza di una cooperazione rafforzata tra i differenti attori a livello locale dato che, soprattutto a tale livello, l'esistenza di un buon dialogo sociale in un clima di fiducia ed un atteggiamento positivo al cambiamento sono fattori importanti per prevenire o limitare le conseguenze sociali negative.

4.20

Una attenzione particolare meritano, a parere del CESE, le PMI che devono poter beneficiare di misure appropriate, da parte delle autorità pubbliche e private, quali: associazioni datoriali e professionali, camere di commercio, industria e artigianato e altre istituzioni, specie a livello locale e regionale, con canali privilegiati di accesso al credito e ai percorsi formativi, così come opportuni interventi volti alle semplificazioni burocratiche e amministrative.

4.21

Ulteriori consultazioni e definizioni di una politica di previsione e di ristrutturazione dovrebbero basarsi sui risultati degli oltre sette anni di approfondimenti, studi e rapporti, effettuati a livello europeo.

4.22

Se in passato, l'attenzione era chiaramente incentrata sulle analisi e sullo scambio di informazioni di buone prassi (7) e di esperienze innovative, in futuro l'UE dovrebbe concentrarsi maggiormente su azioni concrete, vale a dire sullo sviluppo e sulla crescita e favorire l'implementazione di linee guida comuni, standard e quadri di riferimento costruiti sul bagaglio di norme europee e di valori comuni.

4.23

Last but not least, il CESE sottolinea l'importanza dell'aspetto umano: le persone - e le famiglie - vittime delle ristrutturazioni di settore e d'impresa, affrontano spesso drammi umani che non sono sempre tenuti in debita considerazione. Misure di accompagnamento psicologico e sociale dovrebbero essere previste, al di là della necessaria ripresa degli investimenti e del ritorno alla crescita e allo sviluppo occupazionale sostenibile.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Direttiva sul comitato aziendale europeo 2009/38/CE, GU 2009, L 122; direttiva 2002/14/CE, GU 2002, L 80; direttiva 2001/23/CE, GU 2001, L 82; direttiva 98/59/CE, GU 1998, L 225; regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, GU 2000, L 160.

(2)  Parere CESE sul tema Impatto della crisi mondiale sui settori manifatturieri e dei servizi, GU 2009, C 318.

(3)  Cfr. il mercato guida sanità online (COM(2007) 860 final).

(4)  Cfr. parere 985/2010, Promuovere posti di lavoro verdi e sostenibili per il pacchetto "Energia-clima" dell'UE, GU 2011 C 44.

(5)  Cfr. parere CESE in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sull'Anno europeo dell'invecchiamento attivo (2012), GU 2011, C 51.

(6)  Parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione: Un contributo europeo verso la piena occupazione, GU 2011, C 318.

(7)  V. Buone prassi: The Restructuring Toolbox http://www.evta.net/restructuringtoolbox/toolbox/index.html. Progetto Going Local to Respond Employment Challenges http://www.evta.net/going_local/catalogue/index.html. Finalità: condurre azioni regionali per lo sviluppo di politiche e servizi che anticipano le crisi delle imprese; istituire una comunità di attori e di pratiche per realizzare una valutazione comparativa permanente negli istituti di formazione che rientrano nel quadro del progetto.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/60


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde sulla fattibilità dell'introduzione di stability bond»

COM(2011) 818 final

2012/C 299/12

Relatore: DANTIN

La Commissione europea, in data 23 novembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Libro verde sulla fattibilità dell'introduzione di stability bond

COM(2011) 818 final.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 135 voti favorevoli, 33 voti contrari e 25 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Per risolvere la crisi attuale, evitare una recessione prolungata e creare le condizioni che favoriscano la ripresa della crescita e lo sviluppo dell'occupazione, occorre più Europa, non meno Europa; ciò richiede la forte volontà da parte della Commissione europea di riaffermare e attuare il metodo comunitario . Da questo punto di vista, il Libro verde è accolto con favore.

1.2   Oltre a ciò, tuttavia, la Commissione deve esercitare a pieno titolo il suo diritto di iniziativa in tutti i settori e formulare delle proposte che corrispondano all'ampiezza della crisi, invece di ricorrere a palliativi intergovernativi.

1.3   Più Europa, una nuova Europa, deve coniugare solidarietà, responsabilità e fiducia condivisa, una fiducia che troverà la propria essenza in una governance economica simmetrica ed equilibrata di un'armonizzazione fiscale e di bilancio efficace e imprescindibile. Più Europa per garantire la responsabilità di bilancio e l'integrazione, più Europa per mutualizzare i rischi legati al debito sovrano, ripristinare la solvibilità a lungo termine, agevolare e portare a termine le riforme strutturali e mobilitare gli investimenti a favore della crescita, della competitività e dell'occupazione nell'intera UE, al fine di conseguire un'Europa sociale e il benessere per tutti.

1.4   Per questo motivo, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace vivamente della pubblicazione del Libro verde relativo agli stability bond (obbligazioni di stabilità), il cui contenuto si iscrive nella logica di un'Unione europea sempre più integrata e dotata di un mercato unico e di un mercato europeo dei capitali, e rappresenta il complemento necessario della politica monetaria comune esistente nella zona euro. Allo stesso tempo, euroobbligazioni di questo tipo potrebbero generare fiducia tra i potenziali investitori e, così facendo, stabilizzare la domanda di titoli di Stato e far calare i tassi di interesse.

1.5   Il CESE ritiene tuttavia che il pericolo di rischio morale e le sue possibili manifestazioni concrete descritte nel Libro verde siano presentati in maniera discutibile e dovrebbero innanzitutto essere oggetto di un esame approfondito, prima di trarre delle conclusioni contestabili. Se la tesi presentata dal Libro verde fosse corretta, vale a dire se l'indebolimento della disciplina di mercato a seguito dell'uniformazione dei tassi di interesse portasse a un aumento irresponsabile della spesa pubblica o a un aumento dei deficit di bilancio, una tale tendenza si sarebbe dovuta osservare sin dall'introduzione dell'euro. Ma non è stato così.

1.6   Il Comitato condivide il punto di vista della Commissione secondo cui gli stability bond devono avere un'elevata qualità creditizia per poter essere accettati dagli investitori e dagli Stati membri dell'area dell'euro. Tuttavia, a causa di interventi politici esitanti e tardivi, l'incertezza è adesso talmente grande che persino le euroobbligazioni con delle garanzie in solido, probabilmente, non verrebbero accolte domani come lo sarebbero state qualche mese fa.

1.6.1   Il CESE ritiene pertanto che sia indispensabile coinvolgere maggiormente la BCE nella risoluzione della crisi, ad esempio concedendo una licenza bancaria al Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) o al meccanismo europeo di stabilità (MES).

1.7   Per quanto riguarda le "opzioni per l'emissione di stability bond", il Comitato considera l'approccio n. 2, che consiste nella "parziale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido", il più probabile e, in generale, accettabile.

1.8   Ovviamente, l'emissione di tali stability bond deve avvenire, come sottolineato dal Presidente del Consiglio europeo, all'interno di "un quadro solido per la disciplina di bilancio e la competitività […] al fine di evitare il rischio morale e promuovere la responsabilità e l'osservanza. [Un meccanismo del genere] dovrebbe essere graduale e basato su criteri, facendo sì che la condivisione delle decisioni sui bilanci sia accompagnata da passi commisurati verso la condivisione dei rischi" (1). Il Comitato concorda sul fatto che gli "elementi costitutivi" di questo processo includano quadri finanziari, di bilancio e di politica economica integrati. Essi dovrebbero essere accompagnati da un apposito quadro coerente di legittimità e responsabilità democratica a livello europeo, senza inasprire l'austerità. A tal proposito, il CESE propone che l'eventuale pericolo di rischio morale venga sottoposto a un esame approfondito da parte della Commissione, che consenta di reperire soluzioni adeguate nell'ambito di questa architettura.

2.   Introduzione

2.1   Il Libro verde in esame mira ad avviare un'ampia consultazione pubblica sul tema degli stability bond  (2), coinvolgendo tutte le parti interessate. Tale consultazione costituirà la base per le proposte della Commissione europea relative a una politica in questo settore.

2.2   L'intensificazione della crisi del debito sovrano nell'area dell'euro ha infatti aperto un dibattito più ampio sulla fattibilità di un'emissione congiunta. Spesso, è stata avanzata l'idea che tale emissione congiunta potesse essere uno strumento efficace per far fronte alle strettezze di liquidità in diversi Stati membri dell'area dell'euro. Alla luce di queste circostanze il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di studiare la fattibilità di un'emissione congiunta nel quadro dell'adozione di un pacchetto legislativo sulla governance economica dell'area dell'euro, sottolineando come per l'emissione congiunta di stability bond occorrerebbe avanzare ulteriormente verso una politica economica e di bilancio comune (3).

2.3   Da parte sua, il Comitato economico e sociale europeo ha affrontato questa tematica in diversi pareri, prendendo posizione in particolare nel parere Crescita e debito pubblico nell'UE: due proposte innovative  (4).

2.4   Il CESE si compiace della pubblicazione del Libro verde in oggetto, del dibattito pubblico che ne scaturirà e della procedura adottata, che sfocerà nella formulazione di alcune proposte da parte della Commissione. In questo settore, la Commissione ritorna finalmente al metodo comunitario.

3.   Contenuto del Libro verde

3.1   Dopo aver descritto il contesto in cui si inserisce, il Libro verde presenta e chiarisce diversi aspetti che sottendono e giustificano le proposte in esso contenute.

3.1.1   Le motivazioni addotte nel Libro verde

3.1.1.1   La prospettiva degli stability bond potrebbe potenzialmente alleviare l'attuale crisi dei debiti sovrani, dato che gli Stati membri che pagano alti rendimenti potrebbero godere della migliore affidabilità creditizia degli Stati membri che pagano bassi rendimenti. Tuttavia, affinché tali effetti siano duraturi, è necessario che la tabella di marcia verso le obbligazioni comuni sia accompagnata da concomitanti impegni verso una governance economica più rigorosa, che garantisca l'attuazione delle correzioni di bilancio e strutturali necessarie a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche e ad evitare così il rischio morale.

3.1.1.2   Gli stability bond renderebbero il sistema finanziario dell'area dell'euro più resistente a future crisi, rafforzando quindi la stabilità finanziaria. Gli stability bond darebbero a tutti gli Stati membri partecipanti un accesso più sicuro al rifinanziamento, evitando l'improvvisa perdita di accesso al mercato. Parallelamente, il sistema bancario trarrebbe beneficio dalla disponibilità di stability bond.

3.1.1.3   Gli stability bond consentirebbero di accelerare gli effetti della politica monetaria nell'area dell'euro. Allo stesso tempo, essi promuoverebbero l'efficienza nel mercato delle obbligazioni sovrane e del più ampio sistema finanziario dell'area dell'euro. Gli stability bond agevolerebbero inoltre gli investimenti di portafoglio in euro e promuoverebbero un sistema finanziario mondiale più equilibrato.

3.1.2   Precondizioni

Dopo aver rilevato che gli stability bond apporterebbero importanti benefici in termini di stabilità finanziaria ed efficienza economica, il Libro verde elenca i loro possibili effetti negativi.

3.1.2.1   Nella sua proposta, la Commissione cita i seguenti tipi di rischio morale:

con una qualche forma di stability bond, l'obbligo di disciplina di bilancio si ridurrebbe o sparirebbe del tutto, dato che gli Stati membri dell'area dell'euro aggregherebbero il rischio di credito per la totalità o per una parte del proprio debito pubblico. Per questo motivo, il rischio morale intrinseco nell'emissione congiunta è da ricondurre al fatto che il rischio di credito derivante dall'assenza individuale di disciplina di bilancio sarebbe condiviso tra tutti i partecipanti;

poiché l'emissione di stability bond potrebbe indebolire la disciplina di mercato, sarebbero necessari importanti cambiamenti nel quadro di riferimento per la governance economica nell'area dell'euro, con conseguenze sulla sovranità di bilancio;

è necessario che gli stability bond abbiano un'elevata qualità creditizia per poter essere accettati dagli investitori;

il conseguimento di un'elevata qualità del credito sarà inoltre importante per garantire l'accettazione degli stability bond da parte di tutti gli Stati membri dell'area dell'euro;

il rating creditizio degli stability bond dipenderebbe in primo luogo dall'affidabilità creditizia degli Stati membri partecipanti e dalla sottostante struttura delle garanzie.

3.1.2.2   La coerenza con il Trattato UE sarebbe essenziale per garantire il successo degli stability bond. Certe opzioni potrebbero infatti essere contrarie ad alcune disposizioni del TFUE e potrebbero richiedere delle modifiche al Trattato, in particolare all'articolo 125, che vieta agli Stati membri di farsi carico degli impegni di un altro Stato membro. Così facendo, l'emissione di stability bond con garanzie in solido costituirebbe a priori una violazione del divieto di salvataggio finanziario. Per contro, l'emissione di stability bond con garanzie proporzionali sarebbe possibile nel quadro delle attuali disposizioni del Trattato.

3.2   Opzioni per l'emissione di stability bond

3.2.1   Oltre alle numerose proposte formulate nel quadro del dibattito pubblico sull'emissione degli stability bond, il Libro verde in esame propone tre opzioni, sulla base del grado di sostituzione all'emissione nazionale (totale o parziale) e della natura della sottostante garanzia (in solido o proporzionale). I tre approcci proposti sono i seguenti:

3.2.1.1

Approccio n. 1: totale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido

Con questo approccio il finanziamento degli Stati dell'area dell'euro sarebbe totalmente coperto dall'emissione di stability bond, mettendo fine alle emissioni nazionali. Il rating dei maggiori Stati membri dell'area dell'euro molto probabilmente risulterebbe prevalere nella definizione del rating degli stability bond, suggerendo che uno stability bond emesso oggi potrebbe avere un elevato rating creditizio. Questa formula sarebbe quella più efficace in termini di benefici dell'emissione di stability bond ma, allo stesso tempo, comporterebbe il più elevato pericolo di rischio morale. Questo approccio dovrebbe essere accompagnato da un quadro di riferimento molto solido per garantire la disciplina di bilancio e la competitività economica, nonché la riduzione degli squilibri macroeconomici a livello nazionale.

3.2.1.2

Approccio n. 2: parziale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido

Con questo approccio l'emissione di stability bond sarebbe sostenuta da garanzie in solido, ma sostituirebbe solo una parte limitata delle emissioni nazionali.

La parte di emissioni non compresa negli stability bond rimarrebbe coperta dalle rispettive garanzie nazionali. Pertanto il mercato dei titoli di Stato dell'area dell'euro sarebbe composto da due parti distinte: gli stability bond e i titoli di Stato nazionali. Un aspetto importante in questo approccio sarebbe costituito dagli specifici criteri per definire la rispettiva quota degli stability bond e dell'emissione nazionale.

3.2.1.3

Approccio n. 3: parziale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie proporzionali

Anche con questo approccio gli stability bond sostituirebbero solo parzialmente l'emissione nazionale e sarebbero sostenuti da garanzie proporzionali da parte degli Stati membri dell'area dell'euro. Questo approccio si differenzia dal n. 2 perché gli Stati membri manterrebbero la responsabilità per la propria rispettiva quota dell'emissione di stability bond oltre che per la propria emissione nazionale.

4.   Osservazioni generali

4.1   Il testo in esame deve essere analizzato alla luce della crisi che l'Unione europea sta attraversando. Si tratta di una crisi multipla, al contempo finanziaria, economica, della bilancia dei pagamenti, del debito sovrano, sociale (con circa 23 milioni di disoccupati) ed ecologica, che intacca persino le fondamenta dell'integrazione europea. In particolare, la crisi ha svelato alcuni errori fondamentali nella concezione dell'unione economica e monetaria. Una banca centrale comune e un Patto di stabilità e di crescita sono tutt'altro che sufficienti per proteggere la moneta unica da una crisi che interessi i divari di competitività, gli squilibri macroeconomici e delle bilance dei pagamenti, e gli spread elevati tra i tassi di interesse dei titoli di Stato.

4.2   Per risolvere questa crisi, evitare una recessione prolungata e creare le condizioni che favoriscano la ripresa della crescita e dell'occupazione, occorre più Europa e una migliore Europa, non meno Europa. Più Europa per garantire la responsabilità di bilancio e l'integrazione, più Europa per mutualizzare i rischi legati al debito sovrano, ripristinare la solvibilità a lungo termine, agevolare e portare a termine le riforme strutturali e mobilitare gli investimenti a favore della crescita, della competitività e dell'occupazione nell'intera UE, al fine di conseguire un'Europa sociale e il benessere per tutti; una migliore Europa, che sia in grado di realizzare questi obiettivi su base sostenibile e sia dotata di meccanismi efficaci per evitare il rischio morale.

4.2.1   A tal fine è necessaria la forte volontà da parte della Commissione europea di riaffermare e attuare il metodo comunitario. Da questo punto di vista, il Libro verde è accolto con favore. Tuttavia, oltre a ciò, la Commissione deve esercitare a pieno titolo il suo diritto di iniziativa in tutti i settori e formulare delle proposte che corrispondano all'ampiezza della crisi, invece di ricorrere a palliativi intergovernativi che, benché numerosi, si sono rivelati essenzialmente insufficienti, inefficaci e dall'attuazione lunga e incerta (5).

4.2.2   Più Europa, una nuova Europa, presuppone fondamentalmente la messa in comune delle risorse e la condivisione delle responsabilità. Questo concetto che associa solidarietà e responsabilità condivisa deve essere unito da un trait d'union, una sorta di ponte tra i due termini: la fiducia, che troverà la propria essenza nella governance economica simmetrica ed equilibrata di un'armonizzazione fiscale e di bilancio efficiente e imprescindibile.

4.2.2.1   Un approccio di questo tipo è preferibile rispetto a una situazione in cui i governi degli Stati membri non sono più capaci di resistere da soli alle pressioni dei mercati, dei loro creditori e delle agenzie di rating private. Occorre fare un balzo in avanti in materia di integrazione europea, non solo per creare degli strumenti di credito e un modello di crescita attendibile per gli investitori, ma anche – e questo aspetto è essenziale – per riaffermare la governance democratica.

4.2.2.2   Per far ciò, l'UE deve rafforzare la propria governance economica, al fine di garantire la disciplina di bilancio in tutti gli Stati membri, in particolare nella zona euro. Occorre attuare correttamente le sei proposte legislative di riforma (il cosiddetto six-pack), alle quali si aggiungono le nuove proposte di regolamentazione e il semestre europeo, che va nella direzione di un migliore coordinamento delle politiche di bilancio e di un rafforzamento della sorveglianza dell'UE – benché si tratti di misure insufficienti per uscire dalla crisi (6). In termini di politica concreta, questo processo è solo agli inizi e va seguito con attenzione. Il successo di queste riforme potrà essere valutato soltanto in base ai risultati tangibili ottenuti nell'eliminare gli squilibri macroeconomici. Inoltre, la stessa importanza va accordata anche agli squilibri macroeconomici che sono alla base delle difficoltà incontrate da alcuni Stati membri.

4.3   Il Comitato si compiace pertanto del Libro verde sulla fattibilità dell'introduzione di stability bond. A suo avviso, infatti, l'introduzione di norme severe in materia di governance economica e di garanzie comuni all'intera zona euro, volte a mutualizzare i rischi legati al debito sovrano, contribuirà a trovare una via d'uscita dall'impasse austerità-crescita che, altrimenti, porterebbe inevitabilmente l'UE verso una profonda recessione.

4.4   I progressi che saranno compiuti in questo settore potranno permettere altresì alla BCE di porre fine al suo programma di acquisto dei titoli di Stato sul mercato secondario (SMP), attualmente necessario per consentire agli Stati membri di rifinanziare il loro debito pubblico. In luogo di tale politica, la BCE potrebbe decidere di sostenere i nuovi stability bond concedendo garanzie supplementari agli operatori di mercato in una fase transitoria (7).

4.5   A tal fine si potrebbe concedere una licenza bancaria al FESF o al MES, ponendo fine all'amalgama problematico delle politiche monetarie e di bilancio della Banca centrale europea, garantendone l'indipendenza.

5.   Osservazioni specifiche

5.1   Il CESE si rallegra vivamente della pubblicazione del Libro verde della Commissione relativo agli stability bond. Da un lato, l'introduzione di obbligazioni dell'Unione nella zona euro (le cosiddette euroobbligazioni (8), che il Libro verde indica con il termine di stability bond) si iscrive nella logica di un'Unione europea sempre più integrata e dotata di un mercato unico e di un mercato europeo del capitale, e rappresenta il complemento necessario della politica monetaria comune esistente nella zona euro. Le euroobbligazioni rendono più difficile la speculazione e favoriscono la stabilità dei mercati finanziari e l'efficacia della politica monetaria.

5.2   Dall'altro lato, tali euroobbligazioni, instaurando una responsabilità comune, potrebbero suscitare la fiducia dei potenziali investitori nell'immediato e a breve termine, stabilizzando in questo modo la domanda di titoli di Stato e riducendo i tassi di interesse di mercato per i paesi esposti a gravi problemi di finanziamento. A questo proposito, il CESE approva che la Commissione lanci finalmente, anche se in ritardo, il dibattito sulle euroobbligazioni e ne presenti in maniera adeguata i vantaggi nel Libro verde.

5.3   Precondizioni in materia di disciplina di bilancio

5.3.1   Il Libro verde - così come il dibattito generale sulle risposte necessarie per affrontare la crisi attuale - sottolinea a più riprese la necessità di lottare contro gli effetti perversi, il rischio morale, e fa notare che i mercati potrebbero disciplinare le politiche di bilancio degli Stati membri; deplora il fatto che, nel periodo successivo all'introduzione dell'euro, vi sia stata difformità nella disciplina di mercato delle politiche di bilancio tra gli Stati membri, e teme che l'introduzione di una responsabilità congiunta per gli stability bond non abbia alcun effetto sulla disciplina esercitata dai mercati. Tuttavia, anche alcuni Stati membri che avevano rispettato i vincoli di bilancio del Patto di stabilità e di crescita si trovano adesso profondamente indebitati a causa degli squilibri legati all'indebitamento nel settore privato: anch'essi devono essere monitorati.

5.3.2   In generale, il timore è che una responsabilità congiunta e, di conseguenza, l'impossibilità di "sanzioni" sotto forma di tassi di interessi elevati imposti dal mercato, determini una gestione di bilancio irresponsabile da parte dei governi, vale a dire dei deficit di bilancio considerevoli. I governi aumenterebbero le spese pubbliche in maniera irresponsabile se non fossero sottoposti alla pressione dei tassi di interesse del mercato in rialzo. Tuttavia, il CESE ritiene che il pericolo di rischio morale e le sue possibili manifestazioni concrete siano presentati in maniera discutibile nel Libro verde e dovrebbero innanzitutto essere oggetto di un esame approfondito, prima di trarre delle conclusioni contestabili.

5.3.3   Un'analisi specifica del problema del rischio morale consentirebbe inoltre di trovare delle soluzioni su misura per porvi rimedio. Vi sono diversi motivi per cui mettere in discussione la fiducia nella "disciplina di mercato" e nella portata del problema del rischio morale:

5.3.3.1   Il Libro verde anticipa che l'evoluzione dei bilanci pubblici influenzerà il livello di rendimento dei titoli di Stato e osserva che "a posteriori l'elevato livello di convergenza nei rendimenti delle obbligazioni nell'area dell'euro nel primo decennio di esistenza dell'euro non è stato motivato dai risultati di bilancio degli Stati membri". Sebbene non vi sia stata chiaramente alcuna convergenza delle politiche fiscali, si è però osservata una forte convergenza dei rendimenti delle obbligazioni e dunque dei tassi di interesse per i titoli di Stato. I titoli di Stato greci, spagnoli, italiani, irlandesi e finlandesi sono tra quelli che hanno registrato la più forte caduta di rendimento in seguito all'introduzione dell'euro; il rendimento dei titoli di Stato finlandesi decennali, ad esempio, si aggirava attorno all'8,8 % nel 1995, per poi calare fino al 3,4 % nel 2005 - valore che equivale al livello dei titoli di Stato tedeschi.

5.3.3.2   Ciò si spiega col fatto che, con la creazione dell'area dell'euro, si è diffusa tra gli investitori l'opinione che tutti i titoli di Stato della zona euro fossero relativamente sicuri. In questo modo, tra la creazione della zona euro nel 1999 e la crisi della "Lehman Brothers" nel 2008, si assisteva già a una situazione simile a quella che ci si potrebbe aspettare in seguito all'introduzione delle euroobbligazioni. Nemmeno i mercati hanno imposto una disciplina delle politiche di bilancio negli anni successivi alla creazione della zona euro.

5.3.3.3   Se la tesi difesa dal Libro verde fosse corretta, vale a dire se l'indebolimento della disciplina di mercato a seguito dell'uniformazione dei tassi di interesse portasse a un aumento irresponsabile della spesa pubblica o a un aumento dei deficit di bilancio, una tale tendenza si sarebbe dovuta osservare sin dall'introduzione dell'euro.

5.3.3.4   Ma non è stato così: nel caso della Finlandia, la spesa pubblica ha visto un lieve calo rispetto al prodotto interno lordo (PIL) in seguito all'introduzione dell'euro, e continua a essere inferiore ai livelli delle entrate pubbliche. In Spagna, il rapporto tra la spesa pubblica (senza pagamento di interessi) e il PIL è rimasto costante, mentre le entrate pubbliche sono addirittura aumentate. In Italia, il livello della spesa pubblica è calato globalmente, con una lieve diminuzione dell'importo degli interessi pagati. Tuttavia, si è registrato un calo delle entrate statali. Anche in Grecia la spesa pubblica rispetto al PIL è rimasta globalmente stabile dopo l'ingresso del paese nell'area dell'euro e la convergenza dei tassi di interesse delle obbligazioni, e si è registrata una forte diminuzione relativa della spesa destinata al pagamento di interessi. Tuttavia, la diminuzione delle entrate pubbliche – rispetto al PIL – è stata nettamente più importante in Grecia che in Italia.

5.3.3.5   Evidentemente, l'assenza di "disciplina di mercato" e la forte convergenza dei tassi di interesse per le obbligazioni non hanno dato luogo al rischio morale, grazie alla sicurezza totale presupposta dagli investitori. Non si è osservato alcun aumento della spesa pubblica rispetto al PIL, al contrario; si potrebbe senz'altro affermare che i tassi di interesse deboli e convergenti hanno favorito in molti settori una diminuzione del gettito fiscale – per lo meno si è osservato un calo dei livelli di entrate in due dei casi sopraccitati.

5.3.4   Quest'ultimo punto indicherebbe che la lotta al rischio morale dovrebbe essere incentrata in particolare sulle entrate. Un maggiore coordinamento delle politiche fiscali potrebbe impedire il dumping fiscale. In futuro, si potrebbe prevedere in certi casi di sanzionare le agevolazioni fiscali nel quadro del coordinamento delle politiche economiche e della governance rafforzata dell'UE. In questo modo sarebbe possibile garantire la simmetria delle misure di governance economica, come raccomandato dal CESE in alcuni suoi pareri precedenti (9).

5.3.5   Inoltre, è molto poco probabile che gli investitori si interessino effettivamente in via prioritaria alla solidità della politica di bilancio degli Stati a cui intendono prestare denaro. In realtà, l'ampiezza del deficit di bilancio e del debito pubblico non è poi così pertinente come presuppone il Libro verde per il livello dei tassi di interesse del mercato. Ne è prova il fatto che proprio la Spagna, l'"alunno modello" in materia di politica di bilancio, sta avendo attualmente problemi di rifinanziamento, mentre altri paesi con un debito pubblico altrettanto elevato, come il Regno Unito, ottengono finanziamenti a dei tassi storicamente bassi.

5.3.6   Il CESE ritiene pertanto che, nella prospettiva delle tappe successive al Libro verde, la Commissione debba rivedere con urgenza le sue tesi sul rischio morale e la disciplina dei mercati. Esse possono facilmente portare a delle conclusioni errate con conseguenze economiche devastanti: se la lotta al presunto problema del rischio morale si traducesse, ad esempio, in norme ancora più severe in materia di debito nel Patto di stabilità e di crescita, o in freni automatici al debito, ci si dovrà attendere una pressione controproducente (e inefficace, ad avviso della Commissione) sulla spesa pubblica. Per convincersi del fatto che una diminuzione drastica delle spese statali - contrariamente alle supposizioni e alla volontà della Commissione - inciderebbe negativamente sulla fiducia dei potenziali acquirenti di obbligazioni, basta guardare a quello che accade nei paesi in crisi, dove la politica di austerità ha determinato un aumento dell'incertezza e continua a gonfiare ulteriormente i tassi di interesse.

5.3.7   Il CESE ritiene inoltre che occorra rimettere fondamentalmente in discussione la tesi secondo cui i "mercati" devono necessariamente imporre una disciplina a dei governi che sono stati eletti democraticamente. In questo caso, "mercato" è sinonimo di "detentori di capitale" che si presentano come creditori dei governi. Non si capisce perché ci si debba compiacere del fatto che un numero relativamente piccolo di detentori di capitale abbia un'influenza maggiore sul bilancio pubblico rispetto al Parlamento eletto dal popolo.

5.4   Condizioni di accettazione da parte del mercato come attivi molto sicuri

5.4.1   Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui gli stability bond devono avere un'elevata qualità creditizia per poter essere accettati dagli investitori e dagli Stati membri dell'area dell'euro che beneficiano già del più alto rating del credito. Un'elevata qualità del credito sarebbe inoltre necessaria per consolidare gli stability bond quale riferimento internazionale e per sostenere lo sviluppo e il funzionamento efficiente dei mercati dei future e delle opzioni collegati, indispensabili per fornire liquidità ai mercati obbligazionari.

5.4.2   Il CESE è convinto che le euroobbligazioni con garanzia in solido saranno molto allettanti per i creditori potenziali in cerca di investimenti sicuri. Probabilmente il volume e la liquidità di un mercato obbligazionario comune attirerebbe anche nuovi investitori da fuori Europa. Il CESE condivide il punto di vista secondo cui, dati gli squilibri macroeconomici mondiali, occorre fare tutto il possibile per canalizzare i volumi considerevoli di liquidità in provenienza dai paesi emergenti verso investimenti finanziari stabili, come le euroobbligazioni. Queste ultime rappresenterebbero allora un elemento fondamentale per la stabilizzazione dei mercati finanziari persino oltre le frontiere dell'Unione europea.

5.4.3   Nel frattempo, tuttavia, l'insicurezza sui mercati obbligazionari europei è aumentata enormemente a causa dell'intervento esitante dei governi degli Stati membri, delle decisioni politiche inadeguate e della mancanza di volontà per risolvere la crisi nella sua totalità. Di conseguenza, l'incertezza è ora talmente grande che persino la domanda di euroobbligazioni con garanzie in solido (opzione 1, cfr. punto 3.2.1.1 sopra), probabilmente, non sarebbe oggi così elevata come qualche mese fa. Anche la capacità degli stability bond di alleviare la crisi sarebbe pregiudicata, ed essi potrebbero forse mancare il loro obiettivo iniziale, vale a dire la stabilizzazione.

5.4.4   Il CESE ritiene dunque indispensabile coinvolgere maggiormente la Banca centrale europea nella risoluzione della crisi, ad esempio concedendo una licenza bancaria al FESF o al MES che entri in vigore a partire dal 1o luglio 2012. A differenza della Federal Reserve americana, della Banca del Giappone e della Banca d'Inghilterra, la BCE non assolve il ruolo di creditore di ultima istanza per gli Stati. Questo spiega ampiamente la differenza di tassi di interesse tra la zona euro e le economie molto più indebitate e contribuisce in larga misura a dare l'impressione che la crisi non terminerà mai.

5.4.5   Sarebbe invece illusorio credere che l'accettazione da parte del mercato, e dunque dei tassi di interesse bassi per le euroobbligazioni, richiedano una politica di austerità e di consolidamento del bilancio più rigida possibile. In diversi pareri, il CESE ha denunciato esplicitamente le conseguenze nefaste di tale politica per la congiuntura e ha sottolineato che un consolidamento dei bilanci pubblici passa prima di tutto per la crescita economica (10).

5.5   Opzioni per l'emissione di stability bond

5.5.1   Approccio n. 1: totale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido

Il CESE ritiene che questo sia l'approccio più giudizioso sul lungo periodo e il più conforme all'obiettivo dell'UE di un'unione economica e sociale. Allo stesso tempo, esso potrebbe rivelarsi anche il più efficace a breve termine per far fronte ai problemi di finanziamento e dunque per mettere fine alla crisi. Tuttavia, questo approccio è quello che richiede il maggior grado d'integrazione europea. La sua attuazione solleverebbe probabilmente il maggior numero di problemi di ordine politico, ragione per cui la totale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido, sembrerebbe la meno probabile in un futuro prossimo.

5.5.2   Approccio n. 2: sostituzione parziale dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido

5.5.2.1   Questo approccio è il più probabile e accettabile, in quanto corrisponde essenzialmente a quello descritto sopra tranne il fatto che gli Stati conserverebbero una certa autonomia di azione rispetto ai mercati finanziari. In questo modo, ciascuno Stato sarebbe sottoposto a delle condizioni di mercato e di finanziamento differenti, che potrebbero riflettere le disparità tra i loro rating individuali. Ad ogni modo, questo approccio potrebbe rivelarsi molto efficace, considerando i suoi effetti sia a medio che a breve termine. Inoltre, esso permetterebbe di indebolire sensibilmente le argomentazioni che si fondano sui presunti pericoli di rischio morale; ecco perché questa, tra le due, è l'opzione che il CESE approva formalmente.

5.5.2.2   Tuttavia, fino all'autorizzazione dell'emissione degli stability bond, è altrettanto essenziale decidere le modalità e il tetto massimo del debito, in modo da risolvere realmente il problema spinoso degli Stati con difficoltà di finanziamento. Il CESE ritiene ad esempio che sia opportuno non convertire immediatamente (come indicato a pagina 14 del Libro verde in esame) tutti i titoli di Stato in circolazione in stability bond, perché il limite fissato per l'emissione di questi ultimi (obbligazioni blu) verrebbe rapidamente raggiunto e sarebbe dunque nuovamente necessario emettere immediatamente dei titoli di Stato (obbligazioni rosse) a fini di rifinanziamento (11).

5.5.3   Approccio n. 3: parziale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie proporzionali

5.5.3.1   Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che questo approccio sia, tra i tre, quello con il campo di applicazione più ristretto, in quanto coprirebbe soltanto parzialmente il bisogno di finanziamento degli Stati membri (come nel caso dell'approccio n. 2) e prevedrebbe soltanto delle garanzie proporzionali. Questo approccio avrebbe pertanto solo degli effetti limitati in termini di stabilità e integrazione. Esso potrebbe essere applicato in maniera relativamente rapida, poiché pare pienamente in linea con il Trattato UE in vigore.

5.5.3.2   Affinché tali strumenti di finanziamento possano ottenere un rating del credito sufficiente, gli Stati membri sarebbero obbligati a presentare delle garanzie supplementari. Secondo l'approccio n. 3, gli stability bond presenterebbero delle grandi similitudini con le obbligazioni emesse dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF), anche se avrebbero forse una portata e un potenziale impatto leggermente maggiore sull'efficienza dei mercati e sull'integrazione. Poiché tale approccio non produrrà, probabilmente, grandi effetti, esso è quello meno in linea con il punto di vista del CESE.

5.6   Quadro fiscale degli stability bond

5.6.1   Il CESE ribadisce la sua convinzione che il rafforzamento del Patto di stabilità e di crescita nel quadro del six-pack, la risoluzione del Consiglio sul patto Europlus e l'introduzione generalizzata di "regole auree" siano essenzialmente delle misure insufficienti per uscire dalla crisi, e che le loro conseguenze sociali rischiano di provocare una disintegrazione dell'Unione europea (12).

5.6.2   Le misure supplementari adottate dalla Commissione e dal Consiglio, oltre alle proposte del Libro verde in esame, non dovrebbero basare la riduzione dei deficit di bilancio e dell'indebitamento degli Stati esclusivamente sui risparmi nei bilanci pubblici (l'austerità). Questi ultimi, come regola generale, hanno degli effetti negativi sulla crescita, sull'occupazione e sullo Stato sociale, limitano inutilmente le possibilità di condurre una politica di bilancio anticiclica appropriata e, inoltre, non danno luogo ai risultati positivi previsti dalla Commissione.

5.6.3   Tuttavia, i paesi membri dell'unione monetaria devono adottare delle misure per conseguire la convergenza delle economie nazionali, ridurre gli squilibri e completare la politica monetaria unica. Inoltre, è indispensabile coordinare una politica economica che persegua i giusti obiettivi. A tal proposito, la prospettiva evocata più volte nel Libro verde in esame relativa a un "rafforzamento della competitività", che prenda la forma di riduzioni dei costi e delle pressioni al ribasso dei salari è unilaterale e disconosce il ruolo svolto dalla domanda su scala macroeconomica.

5.6.4   A titolo di esempio, una compressione dei redditi in paesi con un deficit della bilancia delle partite correnti può provocare una contrazione della domanda e un calo delle importazioni. In questo modo, le bilance delle partite correnti nell'area dell'euro sarebbero sicuramente in equilibrio, ma al prezzo di una riduzione della produzione e delle prestazioni economiche nel loro insieme, che alla fine si ridurrebbero a un livello minimo. Il CESE riafferma la sua convinzione che una politica economica equilibrata sia indispensabile per conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020.

5.6.5   Per questo motivo, il coordinamento della politica economica deve essere orientato verso un rafforzamento dei fattori di crescita e dei redditi nazionali. Gli Stati membri che negli scorsi anni hanno registrato un livello relativamente basso di investimenti pubblici e una domanda interna debole, devono adottare delle misure correttrici per sostenere la domanda, mentre gli Stati membri con dei deficit relativamente elevati della loro bilancia delle partite correnti e del loro bilancio dovrebbero mirare a equilibrare meglio le loro entrate e le loro spese. L'introduzione di stability bond nell'Unione europea conformemente al modello dell'approccio n. 2 può, ad avviso del CESE, appoggiare in maniera sostenibile la riduzione urgente e necessaria degli squilibri macroeconomici interni all'UE.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Verso un'autentica unione economica monetaria, relazione presentata da Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio europeo, del 26 giugno 2012, Parte II, punto 2, paragrafo 3 (EUCO 120/12).

http://www.consilium.europa.eu/uedocs/NewsWord/it/ec/131298.doc.

(2)  Nel dibattito pubblico e nei testi in materia si utilizza generalmente il termine "eurobbligazioni". La Commissione ritiene che la caratteristica principale di un siffatto strumento sarebbe quella di rafforzare la stabilità finanziaria nell'area dell'euro, pertanto il Libro verde utilizza il termine "stability bond", rifacendosi al discorso del presidente Barroso sullo Stato dell'Unione pronunciato il 28 settembre 2011.

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo del 6 luglio 2011 sulla crisi finanziaria, economica e sociale (2010/2242(INT)).

(4)  Cfr. il parere del CESE Crescita e debito pubblico nell'UE: due proposte innovative, GU C 143 del 22.5.2012, pag. 10, così come il parere del CESE Strategie per un consolidamento intelligente della politica di bilancio: la sfida di individuare dei motori di crescita per l'Europa. Come sfruttare pienamente il potenziale di manodopera delle nostre economie nel contesto di un indispensabile aggiustamento dei bilanci, GU C 248 del 25 agosto 2011, pag. 8.

(5)  Cfr. la giustificazione dell'agenzia di rating Standard & Poor’s del 13 gennaio 2012 per declassare i buoni del tesoro di 16 paesi membri della zona euro: "The policy initiatives that have been taken by European policymakers in recent weeks may be insufficient to fully address ongoing systemic stresses in the eurozone (le iniziative che sono state prese dai politici europei nelle scorse settimane potrebbero rivelarsi insufficienti per affrontare appieno gli attuali stress sistemici dell'area dell'euro), cfr. (in inglese): http://www.standardandpoors.com/prot/ratings/articles/en/eu/?articleType=HTML&assetID=1245327399569 Standard & Poor’s inoltre ha osservato che un processo di riforma basato esclusivamente sul pilastro dell'austerità fiscale rischia di essere controproducente, poiché la domanda interna diminuisce all'aumentare delle preoccupazioni dei consumatori per la stabilità del loro posto di lavoro e per i redditi disponibili, erodendo il gettito fiscale nazionale".

(6)  Cfr. il punto 5.6.

(7)  Il margine di manovra della BCE è pressoché illimitato e potrebbe pertanto estendersi da una semplice dichiarazione sull'orientamento futuro della sua politica monetaria sino a degli interventi massicci di riacquisto del debito sovrano sotto attacco speculativo.

(8)  Nel presente documento, il termine "euroobbligazioni" è utilizzato laddove si tratti dell'obiettivo di un'unione politica a complemento dell'unione economica e monetaria. In tutti gli altri casi, verrà utilizzato il termine coniato dalla Commissione, vale a dire "stability bond". Di fatto, non esiste alcuna differenza tra i due concetti.

(9)  Cfr. l'elenco nel parere del CESE Analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi, GU C 132 del 3.5.2011, pag. 26 e il parere CESE sul tema Conseguenze sociali della nuova legislazione sulla governance economica, GU C 143 del 22.5.2012, pag. 23.

(10)  Cfr. la precedente nota 8.

(11)  Delpla, J. e von Weizsäcker, J. (2010), The Blue Bond Proposal (Una proposta di obbligazioni blu), Breugel Policy Briefs 420, Bruegel, Bruxelles, 2010. Gli autori propongono un limite all'emissione delle obbligazioni blu pari al 60 % del PIL, che corrisponde al criterio previsto inizialmente dal Trattato di Maastricht in materia di massimale per il debito pubblico totale. Tra un numero sempre crescente di studi e di proposte più o meno dettagliati, cfr. le proposte del Consiglio di esperti economici del governo tedesco per un patto europeo di riscatto del debito

(http://www.sachverstaendigenrat-wirtschaft.de/fileadmin/dateiablage/Pressemitteilungen/A_european_redemption_pact.pdf) oppure Varoufakis, Y. e Holland, S. (2011), A modest proposal for overcoming the euro crisis (Una modesta proposta per superare la crisi dell'euro), Levy Economics Institute of Bard College Policy Note 3/2011, http://www.levyinstitute.org/pubs/pn_11_03.pdf.

(12)  Cfr. a tal proposito il punto 5.3 in alto.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:

Em. 3 - Punto 3.2.1.2

Modificare come segue:

Approccio n. 2: parziale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido

Con questo approccio l'emissione di stability bond sarebbe sostenuta da garanzie in solido, ma sostituirebbe solo una parte limitata delle emissioni nazionali.

La parte di emissioni non compresa negli stability bond rimarrebbe coperta dalle rispettive garanzie nazionali. Pertanto il mercato dei titoli di Stato dell'area dell'euro sarebbe composto da due parti distinte: gli stability bond e i titoli di Stato nazionali. Un aspetto importante in questo approccio sarebbe costituito dagli specifici criteri per definire la rispettiva quota degli stability bond e dell'emissione nazionale.

Motivazione

Verrà esposta oralmente.

Esito della votazione

Voti contrari

:

117

Voti favorevoli

:

46

Astensioni

:

18

Em. 4 - Punto 3.2.1.3

Modificare come segue:

Approccio n. 3: parziale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie proporzionali

Anche con questo approccio gli stability bond sostituirebbero solo parzialmente l'emissione nazionale e sarebbero sostenuti da garanzie proporzionali da parte degli Stati membri dell'area dell'euro. Questo approccio si differenzia dal n. 2 perché gli Stati membri manterrebbero la responsabilità per la propria rispettiva quota dell'emissione di stability bond oltre che per la propria emissione nazionale.

Motivazione

Verrà esposta oralmente.

Esito della votazione

Voti contrari

:

127

Voti favorevoli

:

50

Astensioni

:

6

I 2 emendamenti seguenti sono stati votati congiuntamente:

Em. 7 - Punto 4.3

Modificare come segue:

Il Comitato si compiace pertanto del Libro verde sulla fattibilità dell'introduzione di stability bond. A suo avviso, infatti, l'introduzione di norme severe in materia di governance economica e di garanzie comuni all'intera zona euro, volte a rischi legati al debito sovrano, contribuirà a trovare una via d'uscita austerità-crescita.

Motivazione

Sarà presentata oralmente.

Em. 1 - Punto 1.5

Modificare come segue:

Il CESE ritiene tuttavia che il pericolo di rischio morale e le sue possibili manifestazioni concrete descritte nel Libro verde siano presentati in maniera discutibile e dovrebbero innanzitutto essere oggetto di un esame approfondito, prima di trarre delle conclusioni contestabili. Se la tesi presentata dal Libro verde fosse corretta, vale a dire se l'indebolimento della disciplina di mercato a seguito dell'uniformazione dei tassi di interesse portasse a un aumento irresponsabile della spesa pubblica o a un aumento dei deficit di bilancio, una tale tendenza si sarebbe dovuta osservare sin dall'introduzione dell'euro. Ma non è stato così.

Motivazione

Oggetto del Libro verde è l'applicazione del meccanismo dei cosiddetti "Stability Bond" per un periodo indefinito di tempo. L'obiettivo è di ridurre i costi del servizio del debito (emissione di obbligazioni) per gli Stati membri con una inadeguata disciplina di bilancio, a scapito dei paesi "virtuosi" sempre a livello di bilancio, i quali dovranno pagare rendimenti più elevati su tali obbligazioni rispetto ai loro stessi strumenti di debito. I beneficiari di tale sistema approfitteranno di un unico (e dal loro punto di vista inferiore) rendimento per tali obbligazioni e di una responsabilità (garanzia) condivisa in tutta l'area dell'euro. La stessa Commissione europea ha definito cinque possibili "rischi morali" creati da questo tipo di emissione del debito (una parte prende la decisione sull'entità del rischio mentre un'altra se ne assume il costo se le cose vanno male).

Esito della votazione

Voti contrari

:

131

Voti favorevoli

:

49

Astensioni

:

9

Em. 8 - Punto 5.3.4

Modificare come segue:

Quest'ultimo punto indicherebbe che la lotta al rischio morale dovrebbe essere incentrata in particolare sulle entrate.  (1) . In futuro, si potrebbe prevedere in certi casi di sanzionare le agevolazioni fiscali nel quadro del coordinamento delle politiche economiche e della governance rafforzata dell'UE. In questo modo sarebbe possibile garantire la simmetria delle misure di governance economica, come raccomandato dal CESE in alcuni suoi pareri precedenti.

Motivazione

Nemmeno il punto 5.3.4 del progetto di parere può essere approvato. L'affermazione secondo cui in futuro si potrebbe prevedere in certi casi di sanzionare le agevolazioni fiscali è arbitraria e non si fonda su alcuna analisi o ricerca. Le possibili agevolazioni fiscali e le loro conseguenze sono tematiche che non rientrano nell'ambito del parere.

Esito della votazione

Voti contrari

:

124

Voti favorevoli

:

54

Astensioni

:

9

I 6 emendamenti seguenti sono stati votati congiuntamente:

Em. 10 - Punto 5.4.2

Modificare come segue:

Il CESE è convinto che le euroobbligazioni con saranno molto allettanti per i creditori potenziali in cerca di investimenti sicuri. Probabilmente il volume e la liquidità di un mercato obbligazionario comune attirerebbe anche nuovi investitori da fuori Europa. Il CESE condivide il punto di vista secondo cui, dati gli squilibri macroeconomici mondiali, occorre fare tutto il possibile per canalizzare i volumi considerevoli di liquidità in provenienza dai paesi emergenti verso investimenti finanziari stabili, come le euroobbligazioni. Queste ultime rappresenterebbero allora un elemento fondamentale per la stabilizzazione dei mercati finanziari persino oltre le frontiere dell'Unione europea.

Motivazione

Sarà esposta oralmente.

Em. 11 - Punto 5.5.1

Modificare come segue:

Approccio n. 1: totale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido

Tuttavia, questo approccio è quello che richiede il maggior grado d'integrazione europea. La sua attuazione solleverebbe probabilmente il maggior numero di problemi di ordine politico, ragione per cui la totale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido, sembrerebbe la meno probabile in un futuro prossimo.

Motivazione

Tra le possibili forme di emissione degli stability bond, l'opzione proposta nel parere, vale a dire quella di sostenere l'approccio n. 2, che consiste nella sostituzione parziale dell'emissione nazionale con gli stability bond con garanzie in solido, deve essere respinta. A nostro avviso, non è accettabile che alcuni Stati membri siano autorizzati a dilapidare le proprie risorse e a gestirle, come purtroppo dimostrano i fatti, in maniera irresponsabile, mentre altri Stati sono chiamati a pagare per compensare queste spese. Allo stesso tempo, va sottolineato che le garanzie in solido sono in diretta contraddizione con le disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che vietano agli Stati membri di farsi carico degli impegni di un altro Stato membro. Al contrario l'approccio n. 3 (che il presente emendamento propone di sostenere) riduce al minimo il rischio morale per la gestione e la guida delle politiche economiche e di bilancio. A differenza dell'approccio n. 2, l'approccio n. 3 comporterebbe garanzie statali "proporzionali" e, di conseguenza, potrebbe essere attuato in tempi relativamente brevi senza dover modificare i trattati UE.

Em. 12 - Punto 5.5.2.1

Modificare come segue:

Questo approccio corrisponde essenzialmente a quello descritto sopra tranne il fatto che gli Stati conserverebbero una certa autonomia di azione rispetto ai mercati finanziari. In questo modo, ciascuno Stato sarebbe sottoposto a delle condizioni di mercato e di finanziamento differenti, che potrebbero riflettere le disparità tra i loro rating individuali..

Motivazione

Tra le possibili forme di emissione degli stability bond, l'opzione proposta nel parere, vale a dire quella di sostenere l'approccio n. 2, che consiste nella sostituzione parziale dell'emissione nazionale con gli stability bond con garanzie in solido, deve essere respinta. A nostro avviso, non è accettabile che alcuni Stati membri siano autorizzati a dilapidare le proprie risorse e a gestirle, come purtroppo dimostrano i fatti, in maniera irresponsabile, mentre altri Stati sono chiamati a pagare per compensare queste spese. Allo stesso tempo, va sottolineato che le garanzie in solido sono in diretta contraddizione con le disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che vietano agli Stati membri di farsi carico degli impegni di un altro Stato membro. Al contrario l'approccio n. 3 (che il presente emendamento propone di sostenere) riduce al minimo il rischio morale per la gestione e la guida delle politiche economiche e di bilancio. A differenza dell'approccio n. 2, l'approccio n. 3 comporterebbe garanzie statali "proporzionali" e, di conseguenza, potrebbe essere attuato in tempi relativamente brevi senza dover modificare i trattati UE.

Em. 13 - Punto 5.5.3.1

Modificare come segue:

Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che questo approccio è, tra i tre, quello con il campo di applicazione più ristretto, in quanto coprirebbe soltanto parzialmente il bisogno di finanziamento degli Stati membri (come nel caso dell'approccio n. 2) e prevedrebbe soltanto delle garanzie proporzionali. Questo approccio. Esso potrebbe essere applicato in maniera relativamente rapida, poiché sembra pienamente in linea con il Trattato UE in vigore.

Motivazione

Verrà esposta oralmente.

Em. 14 - Punto 5.6.5

Modificare come segue:

Per questo motivo, il coordinamento della politica economica deve essere orientato verso un rafforzamento dei fattori di crescita e dei redditi nazionali. Gli Stati membri che negli scorsi anni hanno registrato un livello relativamente basso di investimenti pubblici e una domanda interna debole, devono adottare delle misure correttrici per sostenere la domanda, mentre gli Stati membri con dei deficit relativamente elevati della loro bilancia delle partite correnti e del loro bilancio dovrebbero mirare a equilibrare meglio le loro entrate e le loro spese. L'introduzione di stability bond nell'Unione europea conformemente al modello dell'approccio n. può, a del CESE, appoggiare in maniera sostenibile la riduzione urgente e necessaria degli squilibri macroeconomici interni all'UE.

Motivazione

Tra le possibili forme di emissione degli stability bond, l'opzione proposta nel parere, vale a dire quella di sostenere l'approccio n. 2, che consiste nella sostituzione parziale dell'emissione nazionale con gli stability bond con garanzie in solido, deve essere respinta. A nostro avviso, non è accettabile che alcuni Stati membri siano autorizzati a dilapidare le proprie risorse e a gestirle, come purtroppo dimostrano i fatti, in maniera irresponsabile, mentre altri Stati sono chiamati a pagare per compensare queste spese. Allo stesso tempo, va sottolineato che le garanzie in solido sono in diretta contraddizione con le disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che vietano agli Stati membri di farsi carico degli impegni di un altro Stato membro. Al contrario l'approccio n. 3 (che il presente emendamento propone di sostenere) riduce al minimo il rischio morale per la gestione e la guida delle politiche economiche e di bilancio. A differenza dell'approccio n. 2, l'approccio n. 3 comporterebbe garanzie statali "proporzionali" e, di conseguenza, potrebbe essere attuato in tempi relativamente brevi senza dover modificare i trattati UE.

Em. 2 - Punto 1.7

Modificare come segue:

Per quanto riguarda le "opzioni per l'emissione di stability bond", il Comitato considera l'approccio n. , che consiste nella "parziale sostituzione dell'emissione nazionale con gli stability bond, con garanzie in solido, il più probabile e, in generale, accettabile.

Motivazione

Tra le possibili forme di emissione degli stability bond, l'opzione proposta nel parere, vale a dire quella di sostenere l'approccio n. 2, che consiste nella sostituzione parziale dell'emissione nazionale con gli stability bond con garanzie in solido, non può essere approvata. A mio avviso, non è accettabile che alcuni Stati membri siano autorizzati a dilapidare le proprie risorse e a gestirle, come purtroppo mostrano i fatti, in maniera irresponsabile, mentre altri Stati sono chiamati a pagare per compensare queste spese. Allo stesso tempo, va sottolineato che la garanzia in solido è in diretta contraddizione con le disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che vietano agli Stati membri di farsi carico degli impegni di un altro Stato membro. Al contrario l'approccio n. 3 (che il presente emendamento propone di sostenere) riduce al minimo il rischio morale per la gestione e la guida delle politiche economiche e di bilancio. A differenza dell'approccio n. 2, l'approccio n. 3 comporterebbe garanzie statali "proporzionali" e, di conseguenza, potrebbe essere attuato in tempi relativamente brevi senza dover modificare i trattati UE.

Esito della votazione

Voti contrari

:

129

Voti favorevoli

:

59

Astensioni

:

5


(1)  


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/72


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul programma europeo di monitoraggio della terra (GMES) e sulle sue attività (dal 2014 in poi)»

COM(2011) 831 final

2012/C 299/13

Relatore: IOZIA

La Commissione europea, in data 30 novembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul programma europeo di monitoraggio della terra (GMES) e sulle sue attività (dal 2014 in poi)

COM(2011) 831 final.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 178 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ribadisce il proprio convinto sostegno alla politica spaziale europea e segnatamente ai grandi progetti europei Galileo e GMES che ritiene strategici per lo sviluppo economico e scientifico europeo. In tutti i pareri che ha elaborato (1), il CESE ha sostenuto la necessità di dedicare maggiore attenzione e risorse alle attività spaziali, nelle quali l'UE deve continuare a mantenere una posizione di grande rilievo.

1.2

Il CESE esprime la netta contrarietà alla proposta della Commissione di relegare all'esterno, in un fondo ad hoc, i finanziamenti necessari allo sviluppo e al completamento del programma GMES.

1.3

Il CESE rileva come la necessità urgente di un programma che sta entrando nella fase operativa sia quella di avere assicurata la propria continuità, a pena del suo fallimento. L'intera proposta di innovazione di meccanismi di finanziamento, gestione e governo, diversi rispetto a quelli usuali e consolidati nell'ambito UE, appare intempestiva, ingiustificata e ad altissimo rischio. La creazione di nuovi organismi e modelli di finanziamento richiede, infatti, l'entrata in estenuanti e incerte fasi di negoziazione e studio, che richiedono certamente degli anni, cosa che appare incompatibile con l'entrata in operazioni di un programma come GMES, ed inutile data l'esistenza, all'interno della Commissione e delle altre agenzie europee, di tutte le competenze e attribuzioni necessarie allo svolgimento del programma.

1.4

Il CESE chiede che il finanziamento del programma venga riportato all'interno del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, e che la governance sia strutturata in maniera da tenere conto delle capacità oggi in essere in Europa ed evitare sia una frammentazione di soggetti gestori, sia la creazione di nuove entità non adatte a subentrare nella gestione di un programma che è stato sviluppato nel corso dell'ultimo decennio. Tale richiesta era già stata avanzata in un precedente parere (2).

1.5

La comunicazione riguardante dettagli implementativi della proposta di accordo intergovernativo per le operazioni di GMES (3) intervenuta nel corso della discussione del presente parere non modifica le conclusioni qui raggiunte. Al contrario, le rafforza, permettendo al CESE di notare ancora una volta l'alto rischio associato all'introduzione tardiva di un nuovo e non sperimentato modello di finanziamento e di gestione, fuori dal quadro finanziario pluriennale e dai consolidati canali propri di gestione della UE.

1.6

Il CESE manifesta una forte preoccupazione per il rischio concreto che il programma GMES possa incontrare serie difficoltà, vanificando un investimento già fatto di oltre 3,2 miliardi di euro. Alla luce delle discussioni tra Stati membri, questo rischio sembra piuttosto una certezza.

1.7

Il CESE rileva come, a meno di un anno dalla sua prevista operatività (nel 2013 sono previsti i lanci dei satelliti A delle costellazioni Sentinel-1, Sentinel-2 e Sentinel-3), la ridefinizione di un complesso apparato di finanziamento e governance per GMES, così come descritto nella comunicazione in oggetto, appaia altamente rischiosa e non giustificata anche alla luce dell'importanza strategica del programma per l'UE.

1.8

La comunicazione non contiene un'analisi di fattibilità che permetta di valutarne la realizzabilità in termini di efficacia ed efficienza. La giustificazione della necessità di un nuovo schema, anche, non risulta chiara.

1.9

Il CESE rileva il trattamento diverso riservato ai due programmi faro del piano spaziale europeo, Galileo e GMES, il primo incluso nel quadro finanziario pluriennale (QFP) ed il secondo escluso.

1.10

Desta sorpresa, per quanto riguarda la governance, il ruolo marginale che in questo complesso sistema si assegna alla nostra Agenzia spaziale europea (ESA), che ha finora concepito, gestito e operato la gran parte delle strutture satellitari europee, oltre ad aver fornito, in partnership con la Commissione europea, la quasi totalità del finanziamento ad oggi. La sua sostituzione con organismi nuovi o con scarsa esperienza di gestione di sistemi satellitari e dei dati da essi collezionati appare mal fondata.

1.11

Il CESE ritiene che, a meno di un anno dall'entrata in essere del modello di finanziamento del programma GMES, inserire una ridefinizione così radicale delle competenze sul programma, come proposto dalla comunicazione, costituisca un rischio altissimo per l'entrata in operazioni del sistema.

1.12

Il CESE rileva la incertezza e la indeterminatezza della proposta di governance presentata dalla Commissione. Sono evidenti le criticità del modello proposto, i coordinamenti tecnici affidati ad organismi che non hanno né dimestichezza con attività spaziali, né una cultura di lavoro in comune con altre agenzie. Peraltro, oltre l'80 % delle attività previste per il programma GMES riguardano attività spaziali. Il CESE invita la Commissione a rivedere il modello proposto e a mantenere una governance unitaria, continuando ad affidare all'ESA la responsabilità tecnica del programma, sotto la supervisione e il controllo della Commissione, come originariamente previsto.

2.   Introduzione

2.1

La comunicazione del 30 novembre 2011 in esame riporta la soluzione individuata dalla Commissione europea per il finanziamento, al di fuori del quadro finanziario pluriennale 2014-2020 (4), della fase operativa del programma strategico per l'Osservazione della terra e la sicurezza GMES, fino a qui definito e portato alla sua fase implementativa finale. Ne riporta, anche, la proposta di governance. Si tratta, dunque, di una comunicazione di fondamentale importanza per il programma GMES.

2.2

La ulteriore comunicazione riguardante alcuni dettagli implementativi della proposta di accordo intergovernativo per le operazioni di GMES (5), intervenuta nel corso della discussione del presente parere, non muta i commenti alla presente comunicazione né le sue conclusioni, trattandosi di un addendum che dettaglia gli aspetti finanziari del fondo proposto e introduce un nuovo organismo, il GMES Council, che duplica le competenze finora espresse nella gestione dei programmi spaziali europei, creando chiari conflitti di competenze e duplicazioni di strutture decisionali in Europa.

2.3

Il programma di monitoraggio globale dell'ambiente e sicurezza (GMES) è, insieme a Galileo, uno dei due programmi faro dell'Unione europea nel settore spaziale. Ha un ruolo fondamentale nell'osservazione della terra, fornendo i mezzi per comprendere e monitorare il cambiamento climatico, per la protezione e la sicurezza civili, lo sviluppo sostenibile, la gestione delle crisi.

2.4

La non-inclusione del finanziamento del programma strategico per l'Osservazione della terra e la sicurezza GMES all'interno della proposta per il quadro finanziario pluriennale 2014-2020 ha suscitato forte preoccupazione per il rischio concreto della perdita di un programma strategico per l'Europa, finora costato un decennio di lavoro e un investimento realizzato di oltre 3 miliardi di euro.

2.5

Il CESE, nella sua analisi del dicembre 2011 (6), ha già espresso forte preoccupazione in merito al futuro di questo programma, in mancanza di una sua continuità di finanziamento.

2.6

Il Parlamento europeo, nel febbraio 2012, tramite la sua risoluzione sul futuro del GMES (7), ha stabilito come "il finanziamento del GMES al di fuori del quadro finanziario pluriennale (QFP) – con il finanziamento e la struttura di governance proposte nella comunicazione della Commissione – non sia un'opzione realizzabile."

2.7

Il segmento spaziale di GMES si basa su tre costellazioni di satelliti, Sentinel-1, 2 e 3, e su strumenti (Sentinel-4 e 5) ospitati a bordo di altri satelliti. I primi satelliti delle tre costellazioni saranno lanciati nel corso del 2013. È dunque urgente la definizione del quadro finanziario che garantisca il finanziamento delle operazioni oramai imminenti.

2.8

In assenza di una proposta, in occasione della conferenza stampa del 9 gennaio 2012, il direttore generale dell'ESA ha riaffermato che, in mancanza di una decisione sul finanziamento delle operazioni di GMES, è intenzione di ESA non effettuare i lanci previsti (8).

2.9

La Commissione europea propone, tramite questa sua comunicazione, di reperire i finanziamenti necessari per la realizzazione e la messa in operazione dell'intera infrastruttura, tramite la costituzione di un nuovo fondo, specifico per il GMES, per la cui costituzione sarà necessario un accordo intergovernativo tra gli Stati membri dell'UE riuniti in sede di Consiglio.

2.10

Al fondo dovrebbero contribuire tutti e 27 gli Stati membri dell'UE in base al reddito nazionale lordo (RNL). La comunicazione riporta un modello di accordo, ulteriormente specificato nella successiva comunicazione (9).

2.11

La proposta di governance contenuta nella comunicazione, non meno importante di quella finanziaria, individua una pluralità di soggetti che dovrebbero farsi carico dei differenti aspetti e settori nei quali il programma GMES si articola.

2.12

L'introduzione di un nuovo e complesso schema di finanziamento e di un nuovo organismo di gestione di un programma spaziale (il GMES Council) non pare giustificata ed è tardiva, a un anno dal lancio dei primi satelliti.

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1

Il programma GMES per il monitoraggio globale della terra e la sicurezza e il programma GALILEO per la navigazione satellitare sono i grandi programmi strategici dell'Unione europea tramite i quali essa intende mantenere la sua indipendenza e preminenza nel settore spaziale.

3.2

Mantenere una forte leadership ed indipendenza in campo spaziale è considerato strategico per il futuro dell'Europa, a causa delle diffuse e essenziali ricadute economiche, tecnologiche, geopolitiche e culturali in senso più ampio delle attività sviluppate in ambito spaziale.

3.3

GMES è un programma strategico dell'Unione europea istituito con regolamento (UE) n. 911/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio.

3.4

La comunicazione riafferma che "al fine di far fronte a sfide sempre crescenti a livello globale, l'Europa ha bisogno di un proprio sistema di osservazione della terra ben coordinato e affidabile: il GMES è questo sistema."

3.5

La comunicazione propone un nuovo modello di finanziamento, al di fuori del sistema consolidato di gestione all'interno del budget UE, che richiede un intervento specifico e l'approvazione di tutti e 27 gli Stati membri, in un meccanismo che, nella attuale contingenza finanziaria (vedi per esempio, ma non solamente, la situazione in Grecia e le possibili indisponibilità della Francia e dell'Italia), rende, se non certo, estremamente probabile il suo blocco, cosa che decreterebbe la fine del programma GMES.

4.   Osservazioni specifiche

Il finanziamento

4.1

La comunicazione prevede l'esclusione di GMES dal QFP 2014-2020.

4.2

Il finanziamento dovrebbe invece essere realizzato tramite un accordo interno tra i rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio.

4.3

L'accordo prevede che ciascuno Stato membro dell'Unione espleti preliminarmente le procedure necessarie per la sua entrata in vigore, dandone notifica al segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea.

4.4

Per entrare in vigore, l'accordo necessita della ratifica da parte di tutti gli Stati membri dell'Unione.

4.5

L'accordo può entrare in vigore solo dopo la sua approvazione da parte dell'ultimo Stato membro. In ragione della attuale situazione finanziaria europea, in generale, e di quella di alcuni Stati membri in particolare, questa clausola appare, da sola, sufficiente al fallimento del programma GMES.

4.6

I tempi e le modalità per la convocazione di questo Consiglio non sono ad oggi noti, rappresentando questo un rischio data la vicinanza dei lanci dei satelliti Sentinel-1, 2, 3 (2013).

4.7

Ai fini della programmazione, gestione ed esecuzione del fondo GMES, la comunicazione prevede che il Consiglio adotti un regolamento su proposta della Commissione. Al momento non è disponibile la bozza di questo regolamento.

4.8

Ai fini del regolamento finanziario del fondo GMES, che ne stabilisca le norme relative all'istituzione e all'esecuzione, nonché alla presentazione e alla revisione dei conti, la comunicazione prevede che esso sia adottato dal Consiglio su proposta della Commissione. Al momento non è disponibile la bozza di un tale regolamento.

4.9

Fino ad oggi, lo sviluppo del programma ha impegnato risorse per 3,2 miliardi di euro, sostenuti per la quasi totalità dall'ESA (1 890 milioni) e dall'UE (1 300 milioni).

4.10

La messa in opera del programma nel suo complesso, inclusivo della sua manutenzione, evoluzione e aggiornamenti, portano la stima del bilancio necessario, per il periodo dal 2014 al 2020, a 5.8 miliardi di euro, dunque circa lo 0,6 % del bilancio dell'Unione, per lo stesso periodo, che è di 1 025 miliardi di euro come previsto dal QFP 2014-2020. È utile ricordare anche come il bilancio dell'Unione rappresenti a sua volta circa l'1 % del reddito nazionale lordo (RNL).

4.11

La proposta di finanziamento di GMES esterno al bilancio dell'Unione non sembra comunque apportare benefici finanziari, dal momento che i 27 paesi membri ne dovrebbero comunque garantire il finanziamento, pur se attraverso un differente canale di finanziamento basato su un complesso accordo intergovernativo. Dunque, non se ne vede la ragione.

4.12

Per quanto riguarda il segmento spaziale, l'ESA possiede il budget per lanciare tutti e tre i satelliti "A" delle costellazioni Sentinel-1, 2 e 3. Per Sentinel-1 il lancio è stato già pagato e per il lancio degli altri due non si prevedono problemi di finanziamento. Il bilancio oltre il 2013 coinvolge dunque il dispiegamento delle costellazioni intere, come previsto per poter garantire il servizio per il quale sono stati progettati.

La governance

4.13

Una pluralità di organismi sono stati previsti dalla comunicazione per la gestione della fase operativa di GMES.

4.14

La gestione e supervisione politica risiederebbe nella Commissione.

4.15

Secondo la successiva comunicazione riguardante dettagli implementativi della proposta in discussione (COM(2012) 218 final, 11 maggio 2012), l'organo di governo del programma GMES sarebbe il GMES Council, le cui attribuzioni sono così vaste da sovrapporsi sia a quelle tipiche della gestione ordinaria dei programmi UE, fino a quelle tipiche di una agenzia spaziale, creando duplicazioni di competenze ed organismi decisionali non in linea con una gestione efficiente delle già scarse risorse comunitarie.

4.16

Per i servizi, il coordinamento tecnico dei servizi di monitoraggio del territorio sarebbe delegato all'Agenzia europea dell'ambiente (AEA); il coordinamento tecnico dei servizi per la gestione delle emergenze al Centro europeo di risposta alle emergenze (ERC); il coordinamento tecnico del servizio atmosferico al Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (CEPM); per i cambiamenti climatici, il monitoraggio dell'ambiente marino e la sicurezza non sono ancora stati individuati dei responsabili; per altri servizi di interesse della Commissione e altri soggetti europei si propongono soggetti come l'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA), il Centro satellitare dell'Unione europea (CSUE), l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) o l'Agenzia europea per la difesa (AED).

4.17

Per la componente spaziale, le attività operative andrebbero (ad interim) all'Agenzia spaziale europea (ESA) per l'osservazione attraverso immagini ad alta risoluzione delle terre e di zone specifiche e ad EUMETSAT per osservazioni sistematiche e globali dell'atmosfera e degli oceani. Le attività di sviluppo della componente spaziale andrebbero all'ESA e alla Commissione.

4.18

L'interim così definito corrisponde alla gestione delle intere costellazioni di Sentinel-1, Sentinel-2 e della componente "Land" di Sentinel-3. È evidente la difficoltà di assumersi degli oneri così pesanti in termini di organizzazione e risorse, in condizioni di interim.

4.19

Per la componente in situ, si propone il coordinamento tecnico dell'Agenzia europea dell'ambiente (AEA).

4.20

Non è chiaro come le competenze specifiche e le capacità gestionali di questi organismi possano coprire le necessità operative di un programma come GMES, che ha una componente spaziale preponderante per la quale è necessaria una competenza specifica.

4.21

Il GMES Council, proposto nella successiva comunicazione GMES (10), duplica molte delle competenze proprie della gestione dei programmi spaziali europei, creando chiari conflitti di competenze e duplicazioni di strutture decisionali in Europa, venendo a costituire una sorta di agenzia spaziale parallela, cosa che non è in linea con quanto previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 43 del 15.2.2012, pag. 20.

(2)  GU C 43 del 15.2.2012, pag. 20.

(3)  COM(2012) 218 final, 11 maggio 2012.

(4)  COM(2011) 500 final, parte I/II - Un bilancio per la strategia Europa 2020.

(5)  COM(2012) 218 final, 11 maggio 2012.

(6)  GU C 43 del 15.2.2012, pag. 20.

(7)  2012/2509 (RSP).

(8)  http://multimedia.esa.int/Videos/2012/01/ESA-Director-General-2012-Press-Briefing (68:00).

(9)  COM(2012) 218 final, 11 maggio 2012.

(10)  COM(2012) 218 final, 11 maggio 2012.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/76


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica della direttiva 98/26/CE»

COM(2012) 73 final — 2012/0029 (COD)

2012/C 299/14

Relatore: MORGAN

Il Parlamento europeo, in data 15 marzo 2012, e il Consiglio, in data 3 aprile 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica della direttiva 98/26/CE

COM(2012) 73 final — 2012/0029 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 110 voti favorevoli, 2 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa legislativa in esame. Una volta che il regolamento proposto sarà stato adottato, la Commissione avrà completato i tre pilastri del nuovo quadro normativo europeo sulle infrastrutture finanziarie, ossia, oltre al regolamento sui depositari centrali di titoli (CSD), quello sulle infrastrutture del mercato europeo (EMIR) e la disciplina dei mercati degli strumenti finanziari (MiFID/MiFIR).

1.2

L'introduzione dell'euro è stata un catalizzatore per gli investimenti transfrontalieri in titoli, e il buon funzionamento degli investimenti transfrontalieri dipende dalla vigenza di norme comuni in tutta l'Unione. Un alto grado di disciplina dei regolamenti riduce il rischio di controparte, o più specificamente il rischio di liquidità e quello (per costo) di sostituzione, e - cosa ancor più importante - promuove la tutela degli investitori, contribuendo a far sì che le operazioni tra chi compra e chi vende titoli siano regolate in modo sicuro e tempestivo. In tal senso, il regolamento proposto è un importante passo avanti in direzione del completamento del mercato unico.

1.3

Una delle modifiche principali proposte alla sfera di attività dei CSD consiste nel divieto di possedere una licenza bancaria limitata. Ciò avrà delle ripercussioni sui due grandi CSD internazionali - Euroclear e Clearstream -, che sfruttano le loro capacità bancarie per sostenere il processo di regolamento e custodia di titoli su larghissima scala. Il CESE riconosce che, a livello mondiale (G20, Commissione europea, Organizzazione internazionale delle commissioni sui valori mobiliari (IOSCO), ecc.), l'opinione prevalente è nettamente favorevole alla scissione delle attività degli enti creditizi, e concorda con la Commissione nel ritenere che la soluzione migliore consista nella separazione dei servizi bancari (stand-alone bank).

1.4

Un'altra proposta di grande rilievo riguarda l'obbligo di uniformare il regolamento titoli alla scadenza T+2. Se all'interno dell'UE è probabile che si possa conseguire tale obiettivo, per quanto attiene alle operazioni globali ciò presuppone che si affrontino una serie di problemi.

1.5

La proposta in esame dispone inoltre la dematerializzazione dei titoli negoziabili, fissando a tal fine un periodo di transizione fino al 1o gennaio 2020. Anche così, tuttavia, considerata la discontinuità dei progressi compiuti dagli Stati membri in questo campo, potrebbe rendersi necessario raggiungere un compromesso politico.

2.   Introduzione

2.1

I depositari centrali di titoli (CSD) sono istituti di importanza sistemica per i mercati finanziari. Qualsiasi negoziazione di titoli in borsa e fuori borsa è seguita da processi di post-negoziazione che conducono al regolamento dell'operazione, ossia alla consegna di titoli contro contante. I CSD sono istituti di importanza fondamentale che consentono di procedere al regolamento ricorrendo ai cosiddetti sistemi di regolamento titoli. I CSD si occupano inoltre della prima registrazione e della gestione accentrata di conti titoli, che registrano la quantità di titoli emessi, l'emittente, i cambiamenti nella proprietà dei titoli.

2.2

I CSD svolgono un ruolo cruciale anche per il mercato delle garanzie, in particolare a fini di politica monetaria. Ad esempio, quasi tutte le garanzie ammissibili per le operazioni di politica monetaria delle banche centrali nell'UE, in particolare nell'area dell'euro, vengono registrate nei sistemi di regolamento titoli gestiti dai CSD.

2.3

Nel 2010 i sistemi di regolamento titoli nell'UE hanno regolato operazioni per un valore di circa 920 000 miliardi di EUR e a fine 2010 detenevano quasi 39 000 miliardi di EUR in titoli. Vi sono oltre 30 CSD nell'UE, di norma uno in ogni paese, e due CSD "internazionali" (ICSD - Clearstream Banking Luxembourg e Euroclear Bank), che rappresentano una sottocategoria di CSD specializzata nell'emissione di obbligazioni internazionali, comunemente note come "Eurobonds".

2.4

Mentre generalmente a livello nazionale i CSD operano in maniera sicura ed efficace, i regolamenti transfrontalieri a sostegno di investimenti transfrontalieri sono più complessi e comportano costi più elevati. Ad esempio, il numero di mancati regolamenti è più elevato nelle operazioni transfrontaliere rispetto alle operazioni nazionali, mentre i costi delle operazioni transfrontaliere sono fino a quattro volte più elevati di quelli connessi a operazioni nazionali. In generale, i costi dei CSD, pur essendo notevoli per gli emittenti, rappresentano solo una minima parte di quelli complessivi associati all'uso di tutti gli elementi dell'infrastruttura.

2.5

Tali problemi di sicurezza sono imputabili a una serie di fattori, tra cui:

la durata del ciclo di regolamento. Il tempo che intercorre tra la negoziazione e il regolamento non è armonizzato nell'UE, il che causa disfunzioni nel regolamento transfrontaliero di titoli;

una percentuale esigua, ma sostanziale, di titoli esiste ancora in formato cartaceo: il ciclo di regolamento è molto più lungo ed espone gli investitori a maggiori rischi;

i mancati regolamenti, ossia le situazioni in cui un'operazione non è regolata alla data prevista, non sono soggetti a penalità sufficientemente dissuasive in tutti i mercati e, laddove esistono, le misure relative alla disciplina di regolamento variano ampiamente tra i mercati;

mentre la direttiva 98/26/CE concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli riduce le disfunzioni nel sistema di regolamento titoli dovute a procedure d'insolvenza nei confronti di uno dei partecipanti al sistema, essa non tratta gli altri rischi del sistema o la resilienza del CSD che lo gestisce. Alcuni CSD sono esposti anche al rischio di credito e al rischio di liquidità derivanti dalla prestazione di servizi bancari accessori al regolamento;

gli accordi di collegamento tra CSD, pur essendo considerati un primo passo verso il consolidamento dei mercati europei dei regolamenti, sollevano preoccupazioni sotto il profilo della sicurezza, in assenza di norme prudenziali specifiche in materia. Inoltre, essi aumentano l'interconnessione tra CSD, il che giustifica ulteriormente l'introduzione di un quadro prudenziale comune.

2.6

Anche l'assenza di un mercato interno unico efficiente per i regolamenti crea notevoli problemi. Il mercato europeo della post-negoziazione deve ancor far fronte a ostacoli significativi, come ad esempio la limitazione dell'accesso degli emittenti di titoli ai CSD, la diversità dei regimi e delle norme in materia di autorizzazione dei CSD nei diversi paesi dell'UE e una concorrenza limitata tra i diversi CSD nazionali. Ne risulta un mercato fortemente frammentato. Di conseguenza, il regolamento transfrontaliero delle operazioni si fonda su una catena di detentori eccessivamente complessa che coinvolge spesso vari CSD e numerosi altri intermediari, con ripercussioni negative in termini di efficienza, ma anche di rischi associati alle operazioni transfrontaliere.

2.7

Tali problemi sono importanti poiché le operazioni transfrontaliere in Europa (che si tratti dalla vendita o dell'acquisto ordinario di titoli o di trasferimenti di garanzie) sono in continua crescita e i CSD sono sempre più interconnessi. Si prevede inoltre che questa tendenza sarà ulteriormente rafforzata con l'entrata in funzione, prevista nel 2015, di TARGET2 Securities (T2S), un progetto promosso dall'Eurosistema per istituire in Europa una piattaforma comune transfrontaliera di regolamento titoli senza frontiere.

3.   Sintesi del regolamento proposto

3.1

Il regolamento proposto consta di due parti principali: una (il Titolo II) contiene norme rivolte a tutti gli operatori del mercato in materia di regolamento titoli, l'altra (i Titoli III, IV e V) detta disposizioni rivolte specificamente ai CSD.

Regolamento titoli

3.2

Le norme del Titolo II impongono la cosiddetta dematerializzazione e/o l'accentramento dei titoli, ossia la loro emissione in forma scritturale (ossia per mezzo di scritture contabili). Una misura, questa, volta a rendere più efficiente il regolamento dei titoli, a facilitare la riduzione dei periodi di regolamento e a garantire l'integrità dell'emissione semplificando la riconciliazione dei titoli detenuti. Il regolamento proposto prevede un periodo transitorio sufficientemente lungo, ossia fino al 1o gennaio 2020, per consentire agli operatori degli Stati membri dove esistono ancora quantità importanti di titoli in forma cartacea di conformarsi a tale misura.

3.3

Le disposizioni del Titolo II, inoltre, armonizzano il periodo di regolamento per le operazioni su titoli effettuate in tutta l'UE. In Europa la maggior parte delle operazioni su titoli è regolata, a seconda del mercato, due o tre giorni dopo il giorno di negoziazione. Il periodo di regolamento sarà armonizzato e fissato a due giorni dopo il giorno di negoziazione, anche se saranno ammessi periodi di regolamento più brevi.

3.4

Infine, le norme del Titolo II armonizzano le misure relative alla disciplina di regolamento in tutta l'UE. Si tratta di misure ex ante volte a impedire mancati regolamenti e di misure ex post per gestire i casi in cui si sono verificati tali mancati regolamenti.

Autorizzazione e vigilanza dei CSD

3.5

La direttiva 98/26/CE definisce già i sistemi di regolamento titoli come accordi formali che consentono il trasferimento dei titoli tra diversi partecipanti. Tuttavia, tale direttiva non disciplina gli istituti responsabili della gestione di tali sistemi. Considerata la crescente complessità di tali sistemi e i rischi connessi al regolamento è essenziale che gli istituti che gestiscono i sistemi di regolamento titoli siano giuridicamente definiti, autorizzati e soggetti a vigilanza sulla base di un insieme comune di norme prudenziali.

3.6

I CSD dovranno essere autorizzati dalle autorità nazionali competenti del luogo in cui si sono stabiliti e soggetti alla loro vigilanza. Tuttavia, data la crescente dimensione transfrontaliera delle loro attività, potrebbe essere necessario consultare altre autorità competenti per uno o più dei sistemi di regolamento titoli gestiti dai CSD e per altre entità del gruppo. L'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Aesfem) svolgerà un ruolo importante nell'elaborazione di progetti di norme tecniche volte ad armonizzare il processo di autorizzazione e a garantire la cooperazione tra le autorità.

3.7

La proposta prevede che ai CSD autorizzati sia rilasciato un "passaporto" che consenta loro di fornire servizi nell'Unione, sia esercitando la propria attività direttamente in un altro Stato membro, sia aprendo una succursale in tale Stato. Un CSD di un paese terzo può operare nell'Unione se è riconosciuto dall'Aesfem.

Requisiti per i CSD

3.8

Vista l'importanza sistemica dei CSD e il fatto che offrano servizi fondamentali per i mercati mobiliari, è necessario che siano disciplinati da norme prudenziali molto rigorose che consentano di garantire la loro solidità finanziaria e la tutela dei loro partecipanti. I requisiti per i CSD sono raggruppati in varie categorie: requisiti organizzativi, norme sulla condotta negli affari, requisiti per i servizi CSD, requisiti prudenziali e requisiti per i collegamenti tra CSD.

3.9

Le norme sulla condotta degli affari impongono ai CSD di stabilire criteri di partecipazione ai sistemi di regolamento non discriminatori, trasparenti e rigorosamente basati sui rischi nonché di comunicare in maniera esaustiva alle autorità competenti i costi e i ricavi dei servizi forniti.

3.10

Tra i requisiti per i servizi CSD figurano, fra l'altro, gli obblighi sulla riconciliazione su base infragiornaliera e la segregazione dei conti, mentre, per quanto concerne il regolamento in contanti, la proposta prevede che i CSD regolino i conti tramite le banche centrali ogniqualvolta sia pratico o possibile. Il regolamento tramite banche commerciali è consentito, ma, contrariamente ad alcune prassi correnti, deve essere effettuato attraverso un ente creditizio che agisce in qualità di agente di regolamento.

3.11

I requisiti prudenziali per i CSD, da parte loro, comprendono importanti disposizioni sull'attenuazione del rischio operativo. Visto che i CSD non sarebbero autorizzati a offrire direttamente servizi di tipo bancario, il principale rischio che correranno sarà appunto quello operativo. Tali disposizioni comprendono le misure opportune per garantire in qualsiasi momento la continuità delle operazioni, ivi compreso il regolamento. I requisiti patrimoniali sono inoltre fissati in riferimento alle spese operative: i CSD dovrebbero detenere capitale, utili non distribuiti e riserve che consentano loro di coprire almeno sei mesi di spese operative.

3.12

Infine, i requisiti per i CSD collegati tra loro comprendono la formulazione di norme identiche sul carattere definitivo del regolamento dei titoli.

Accesso ai CSD

3.13

L'iniziativa in esame mira, tra l'altro, all'apertura del mercato dei servizi dei CSD e alla rimozione delle barriere di accesso. Al riguardo vengono esaminati tre tipi di accesso: a) tra emittenti e CSD, b) tra CSD e CSD, e c) tra CSD e altre infrastrutture di mercato.

3.14

Il regolamento proposto introduce il diritto di registrare i propri titoli in uno dei CSD autorizzati nell'Unione, nonché il diritto per i CSD di fornire servizi per titoli che sono stati emessi secondo la legislazione di un altro Stato membro.

3.15

Un CSD dovrebbe avere il diritto di ricevere i flussi relativi alle operazioni dalle controparti centrali (CCP) e dalle sedi di negoziazione, e tali infrastrutture dovrebbero avere accesso ai sistemi di regolamento titoli gestiti dai CSD.

Enti creditizi

3.16

Se il ricorso al regolamento tramite banca centrale non né pratico né possibile, i CSD possono offrire ai propri partecipanti regolamenti tramite banche commerciali. Tuttavia, i CSD non dovrebbero fornire i servizi accessori al regolamento, ma dovrebbero essere autorizzati dalle proprie autorità competenti a designare un ente creditizio che agisca in qualità di agente di regolamento per l'apertura di conti correnti e la concessione di linee di credito per facilitare il regolamento.

3.17

Tale separazione tra CSD e agenti di regolamento costituisce una misura importante per gestire e migliorare la sicurezza dei CSD. I servizi bancari accessori al regolamento aumentano l'esposizione ai rischi dei CSD e di conseguenza anche la probabilità di un loro inadempimento o di gravi situazioni di stress.

3.18

Sebbene i servizi bancari prestati da alcuni CSD siano forniti su base infragiornaliera (sono pienamente coperti da garanzie e altre risorse finanziarie) e siano limitati ai servizi accessori al regolamento, gli importi gestiti sono tuttavia importanti e un inadempimento di tali CSD avrebbe conseguenze negative sui mercati mobiliari e dei pagamenti. Il requisito di fornire i servizi bancari tramite un soggetto giuridico distinto rispetto a quello che offre i servizi di base dei CSD è finalizzato a prevenire che i rischi connessi alla fornitura di servizi bancari siano trasmessi alla fornitura di servizi di base dei CSD, in particolare in caso di insolvenza o in caso di grave stress correlato ai servizi bancari.

3.19

Per i CSD che attualmente forniscono servizi bancari, i costi principali associati a tale misura sono i costi legali connessi alla costituzione di un soggetto giuridico distinto per la fornitura di servizi bancari. La Commissione ritiene che non esistano alternative meno rigorose alla separazione dei servizi bancari che consentano di eliminare completamente il pericolo di trasmissione dei rischi dai servizi bancari ai servizi di base dei CSD.

3.20

Al fine di assicurare l'efficienza risultante dalla fornitura di servizi di CSD e di servizi bancari all'interno dello stesso gruppo di imprese, il requisito che impone che i servizi bancari siano prestati da un ente creditizio distinto non dovrebbe impedire all'ente creditizio di appartenere allo stesso gruppo di imprese del CSD.

3.21

L'autorità competente dovrebbe essere in grado di dimostrare, caso per caso, l'assenza di rischio sistemico in relazione alla fornitura concomitante di servizi di CSD e di servizi bancari da parte del medesimo soggetto giuridico. In tal caso l'autorità potrebbe presentare una richiesta motivata alla Commissione europea, la quale potrebbe concedere la deroga. In ogni caso le attività di un CSD autorizzato ad operare in qualità di ente creditizio dovrebbero essere limitate alla fornitura di servizi bancari accessori al regolamento titoli.

Sanzioni

3.22

Un esame dei regimi nazionali vigenti ha rivelato, ad esempio, che il livello delle sanzioni pecuniarie varia notevolmente da uno Stato membro all'altro, che alcune autorità competenti non dispongono di determinati importanti poteri sanzionatori e che altre non possono comminare sanzioni a persone fisiche e giuridiche. Di conseguenza, secondo la Commissione, le autorità competenti dovrebbero poter infliggere un insieme di sanzioni e misure amministrative minime, tra cui la revoca dell'autorizzazione, richiami pubblici, sostituzioni in seno al management, restituzione dei profitti generati dalla violazione del regolamento proposto (laddove determinabili) e ammende amministrative.

4.   Il punto di vista del CESE

4.1

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa legislativa in esame. Una volta che il regolamento proposto sarà stato adottato, la Commissione avrà completato i tre pilastri del nuovo quadro normativo europeo sulle infrastrutture finanziarie, ossia, oltre al regolamento sui CSD, quello sulle infrastrutture del mercato europeo (EMIR) e la disciplina dei mercati degli strumenti finanziari (MiFID/MiFIR). Insieme, questi tre nuovi strumenti assicurano una copertura globale e ad ampio raggio del mercato dell'UE; la Commissione deve assicurarsi che essi si compenetrino e completino a vicenda, senza sovrapposizioni che possano condurre a interpretazioni difformi delle loro norme. Inoltre, è di vitale importanza che, nei settori cruciali, queste diverse iniziative legislative siano coerenti e in armonia tra loro.

4.2

All'Aesfem incomberà la responsabilità di elaborare le norme tecniche per il regolamento in esame nonché per gli altri due pilastri. In proposito il CESE richiama l'attenzione sul fatto che, in un lasso di tempo relativamente breve, sono stati assegnati all'Aesfem compiti e funzioni di notevole portata, tra cui la regolamentazione delle agenzie di valutazione dei crediti (rating), la vigilanza sul settore dell'audit, le competenze in materia di vendite allo scoperto e credit default swap, la vigilanza sul rispetto della direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi (AIFM). È quindi di vitale importanza che l'Aesfem disponga di sufficiente personale dotato delle capacità e dell'esperienza necessarie per svolgere efficacemente i suoi compiti.

4.3

Il settore delle imprese di servizi finanziari, già soggetto a una nuova disciplina, a una nuova vigilanza, a nuovi requisiti prudenziali, ecc., viene ora ad essere interessato, per effetto del regolamento sui CSD, da un'altra serie di modifiche normative. Il CESE appoggia senz'altro l'introduzione di queste nuove modifiche, ma sollecita anche regolatori e autorità di vigilanza, e in particolare l'Aesfem, a prestare attenzione ai potenziali problemi che potrebbero derivare da un eccesso di regolamentazione.

4.4

L'introduzione dell'euro è stata un catalizzatore per gli investimenti transfrontalieri in titoli, e il buon funzionamento degli investimenti transfrontalieri dipende dalla vigenza di norme comuni in tutta l'Unione. Un alto grado di disciplina dei regolamenti riduce il rischio di controparte, o più specificamente il rischio di liquidità e quello (per costo) di sostituzione, e - cosa ancor più importante - promuove la tutela degli investitori, contribuendo a far sì che le operazioni tra chi compra e chi vende titoli siano regolate in modo sicuro e tempestivo. In tal senso, il regolamento proposto è un importante passo avanti in direzione del completamento del mercato unico.

4.5

Sempre nell'ottica del mercato unico, la proposta di "passaporto" va accolta con favore in quanto contribuirà a rimuovere le barriere all'accesso, e, nello stesso spirito, conferirà agli emittenti il diritto di registrare i loro titoli in uno qualsiasi dei CSD autorizzati nell'Unione. Questa rottura dei monopoli nazionali nel mercato interno va anch'essa accolta positivamente.

4.6

È prevedibile che l'approccio "a basso rischio" alla definizione del modello d'impresa (attività) dei CSD, unito al fatto che tale modello sarà in pratica limitato per via normativa, abbia effetti sia positivi che negativi sulla competitività e la capacità di innovazione dei CSD. L'apertura del mercato transfrontaliero costituirà peraltro un indubbio vantaggio. Ai CSD, del resto, è consentito prestare tutta una serie di servizi fintanto che contribuiscono alla sicurezza, l'efficienza e la trasparenza dei mercati mobiliari. Oltre a ciò, per stimolare ulteriormente l'innovazione, il CESE propone di vietare ai CSD di controllare imprese che non siano a loro volta CSD solo quando attività di questo tipo vadano a scapito del profilo di rischio dei primi.

4.7

Una delle modifiche principali proposte alla sfera di attività dei CSD consiste nel divieto di possedere una licenza bancaria limitata. Ciò avrà delle ripercussioni sui due grandi CSD internazionali - Euroclear e Clearstream -, che sfruttano le loro capacità bancarie per sostenere il processo di regolamento e custodia di titoli su larghissima scala. Le attività bancarie coprono invero un ambito molto limitato, e hanno attraversato indenni la crisi degli ultimi anni. Nondimeno, il CESE riconosce che, a livello mondiale (G20, Commissione europea, IOSCO, ecc.), l'opinione prevalente è nettamente favorevole alla scissione delle attività degli istituti di credito. I CSD potranno comunque costituire, sia pure solo a livello di gruppo, una banca con limitata sfera di attività, il che non dovrebbe comportare una revisione sostanziale del loro modello d'impresa.

4.8

Benché la Commissione sostenga che non esistano alternative alla separazione dell'attività bancaria dall'attività principale dei CSD, la norma già menzionata al punto 3.21 prevede in effetti la possibilità di una deroga accordata su richiesta dell'autorità nazionale competente. Ferma restando questa possibilità, il Comitato concorda con la Commissione nel ritenere che la soluzione migliore consista nella separazione dei servizi bancari (stand-alone bank).

4.9

La proposta in esame prescrive inoltre la dematerializzazione dei titoli negoziabili. A tal fine è previsto un periodo di transizione, destinato a concludersi nel 2020; tuttavia, considerata la discontinuità dei progressi compiuti dagli Stati membri in questo campo, potrebbe rendersi necessario un compromesso politico.

4.10

Un'altra proposta di cruciale importanza riguarda l'obbligo di uniformare il regolamento titoli alla scadenza T+2. Se, nell'ambito del mercato interno, esistono buone probabilità di conseguire tale obiettivo, per quanto attiene alle operazioni globali ciò presuppone che si affrontino una serie di problemi, che vanno dalle complicazioni indotte dai cambi valutari alla possibilità che i titoli possano essere in prestito fino alle differenze di fuso orario, alla diversità dei cicli di regolamento in uso sui mercati di altre regioni del mondo e agli alti costi eventualmente connessi all'automazione dei sistemi necessari per adottare la scadenza T+2.

4.11

Il regolamento proposto impone fondamentalmente a tutti i CSD di instaurare regimi "sanzionatori" per i partecipanti che non provvedono al regolamento tempestivo dei titoli; tali regimi, tuttavia, devono essere specifici, adeguati allo strumento finanziario interessato: sanzionare la consegna tardiva di titoli azionari illiquidi o di PMI avrebbe infatti un impatto negativo sulla loro liquidità sul mercato, mentre occorrerebbe considerare la possibilità di concedere una deroga alle PMI quotate. Il regolamento proposto, infine, non affronta la questione della destinazione del gettito delle sanzioni pecuniarie.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla trasparenza delle misure che disciplinano la fissazione dei prezzi dei medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi pubblici di assicurazione malattia»

COM(2012) 84 final — 2012/0035 (COD)

2012/C 299/15

Relatrice: KÖSSLER

Il Consiglio, in data 14 marzo 2012, e il Parlamento europeo, in data 13 marzo 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla trasparenza delle misure che disciplinano la fissazione dei prezzi dei medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi pubblici di assicurazione malattia

COM(2012) 84 final — 2012/0035 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 123 voti favorevoli, 1 voto contrario e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che la salute è una priorità fondamentale per i cittadini europei (1) e ribadisce che ogni medicinale autorizzato nell'UE dovrebbe essere disponibile per i pazienti di tutti gli Stati membri.

1.2   Il CESE fa rilevare che l'accesso ai farmaci essenziali rientra nell'esercizio del diritto al migliore stato di salute possibile e nell'impegno assunto dall'UE nei confronti dell'obiettivo del "benessere" (articolo 3 TUE).

1.3   Il CESE sottolinea che la direttiva deve applicarsi a tutto il mercato dei medicinali e non solo ad una parte di esso, includendo in tal modo anche le compagnie private di assicurazione malattia e gli enti pubblici o privati in quanto principali agenti all'origine della domanda di medicinali; questo consente di garantire un'equa concorrenza e di realizzare il mercato interno.

1.4   Il CESE osserva che il costo per l'UE delle disuguaglianze sanitarie è stato stimato a circa 141 miliardi di euro nel 2004, ossia l'1,4 % del PIL (2).

1.5   Il CESE nota con preoccupazione che nell'UE-27 non vi è una sufficiente comprensione delle modalità di fissazione dei prezzi e delle condizioni di rimborso per l'accesso ai farmaci.

1.6   Il CESE richiama l'attenzione sulle differenze di mortalità e morbilità che si riscontrano attualmente tra gli Stati membri dell'UE, in particolare per quanto riguarda le malattie cardiocircolatorie, i tumori e le malattie respiratorie (3).

1.7   Il CESE osserva che le procedure di fissazione dei prezzi e dei livelli di rimborso che si protraggono al di là dei termini fissati dalla direttiva contribuiscono a ritardare il lancio di farmaci innovativi sul mercato (4).

1.8   Sottolinea altresì che questa situazione si ripercuote sui pazienti affetti da malattie gravi o potenzialmente mortali per le quali non è disponibile nessun trattamento alternativo: i ritardi nell'accesso ai farmaci possono compromettere gravemente le condizioni di vita dei pazienti e ridurre la loro aspettativa di vita.

1.9   Il CESE fa rilevare che, quando un paziente ha bisogno di un farmaco, deve assolutamente sapere, in via preliminare, quali siano le regole applicabili in termini di accesso e rimborso. Questo dovrebbe aiutarlo a compiere una scelta informata, nonché ad evitare malintesi e incomprensioni, facendo sì che si instauri un elevato livello di fiducia fra paziente ed operatore sanitario.

1.10   Il CESE osserva che questo obiettivo potrebbe essere adeguatamente conseguito tramite l'introduzione di una procedura aperta e trasparente, così come proposto in parte dalla Commissione.

1.11   Il CESE osserva che la preparazione e l'attuazione delle attività dell'UE in materia di trasparenza nella fissazione dei prezzi e nei rimborsi richiedono una stretta cooperazione con gli organismi specializzati e la partecipazione delle parti interessate: a questo fine occorre stabilire un quadro per l'organizzazione di consultazioni regolari.

1.11.1   Il CESE propone pertanto che la composizione del gruppo di esperti (comitato per la trasparenza), istituito dalla direttiva 89/105/CEE e mantenuto nella proposta attuale, presenti una rappresentatività più ampia.

1.11.2   Il CESE propone che tale gruppo, agendo nell'interesse generale, assista la Commissione nel formulare e realizzare le azioni dell'UE relative agli ambiti di trasparenza procedurale, e promuova scambi di esperienze, politiche e pratiche in questo settore tra gli Stati membri e le diverse parti interessate.

1.11.3   Il CESE sottolinea che un efficace monitoraggio e sostegno a livello UE, tramite un'attuazione efficace delle norme accompagnata dai corrispondenti processi di monitoraggio e valutazione da parte dell'UE, sono fondamentali per individuare distorsioni e ritardi di accesso al mercato a danno dei pazienti. Occorre pertanto garantire una stretta cooperazione e coordinamento tra la Commissione, le autorità nazionali e le parti interessate (5).

1.11.4   Il CESE reputa importante che la Commissione prepari una relazione annuale contenente una mappatura dell'effettiva attuazione della direttiva sulla trasparenza, descrivendo i meccanismi procedurali di fissazione dei prezzi e di rimborso nonché indicando il rispetto dei termini fissati dalla direttiva in ciascuno Stato membro.

1.12   Il CESE tiene a sottolineare che i termini non sono sempre rispettati, e l'accesso al mercato e l'impiego effettivi variano notevolmente tra Stati membri e al loro interno (6).

1.12.1   Il CESE ritiene che i rimedi giurisdizionali previsti negli Stati membri abbiano avuto un ruolo limitato nel garantire il rispetto dei termini: ciò è dovuto al fatto che le procedure previste dagli ordinamenti nazionali spesso durano a lungo, scoraggiando le aziende interessate dall'intraprendere azioni legali.

1.12.2   Il CESE, pertanto, considera necessario introdurre meccanismi efficaci per controllare e garantire il rispetto dei termini stabiliti per le decisioni in materia di fissazione dei prezzi e di rimborso.

1.12.3   Il CESE invita gli Stati membri a garantire il diritto al giusto processo, che andrebbe previsto per tutte le parti interessate e comprendere almeno: (i) il diritto di essere ascoltati; (ii) il diritto di accedere al fascicolo amministrativo, come pure ai dati scientifici e alle relazioni pertinenti; (iii) il diritto di ottenere una decisione motivata.

1.13   Per quanto riguarda la riduzione dei termini, il CESE fa osservare che la sicurezza del paziente deve costituire la massima priorità. In particolare, nella procedura di fissazione dei prezzi e di rimborso si deve tenere conto di tutti i risultati e le indicazioni recenti in materia di sicurezza del paziente, attraverso estensioni della valutazione delle tecnologie sanitarie e la comparazione con alternative terapeutiche. Inoltre la riduzione dei termini non semplifica, e pertanto non accelera, i necessari negoziati in materia di prezzi da condurre in questo contesto con le diverse aziende.

1.13.1   Il CESE sottolinea che dovrebbe esservi una valutazione coordinata a livello nazionale per evitare che le norme regionali impediscano l'accesso ai farmaci per i pazienti di diverse regioni dello stesso Stato. Gli enti nazionali e regionali dovrebbero rafforzare il reciproco coordinamento in tutte le attività connesse, al fine di favorire un equo accesso ai farmaci per tutti i cittadini all'interno di uno Stato membro (7).

1.13.2   Il CESE sottolinea che gli Stati membri potrebbero rendere i termini più efficaci chiarendo che le autorità devono rilasciare al richiedente un avviso di ricevimento entro 10 giorni e richiedere tutte le informazioni mancanti entro un termine appropriato dalla data di ricezione della domanda, in modo che non si creino inutili ritardi prima che il richiedente possa presentare le informazioni supplementari richieste.

1.14   Il CESE ritiene che le organizzazioni dei pazienti e dei consumatori dovrebbero avere il diritto di chiedere l'avvio della procedura di inclusione di medicinali nei regimi di assicurazione malattia ed essere informate sull'andamento di tale procedura.

1.14.1   Il CESE osserva che le compagnie pubbliche e private di assicurazione malattia esercitano un ruolo e un'influenza sempre maggiori, ad esempio attraverso accordi di riduzione dei prezzi con le aziende farmaceutiche, e propone pertanto che gli Stati membri, almeno una volta l'anno, compiano un esame delle loro attività. Inoltre gli Stati membri dovrebbero eseguire periodicamente una verifica dei prezzi e dei rimborsi dei medicinali che comportano costi irragionevolmente elevati per i regimi di assicurazione malattia e per i pazienti.

1.15   Il CESE sostiene l'inclusione di criteri tramite orientamenti e l'inserimento di definizioni per garantire che gli obiettivi principali della proposta vengano conseguiti, ma insiste sulla necessità di rispettare l'articolo 168, paragrafo 7, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in base al quale gli Stati membri sono responsabili dell'organizzazione dei rispettivi sistemi di assistenza sanitaria e della fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica, compresa l'assegnazione delle risorse loro destinate.

1.15.1   Il CESE esorta gli Stati membri ad adoperarsi per adottare un approccio standardizzato in merito alla definizione di questi criteri, con l'obiettivo di introdurre sistemi di fissazione dei prezzi fondati sul valore in tutta Europa. I criteri dovrebbero comprendere la misurazione di aspetti quali i "bisogni sanitari non soddisfatti", l'"innovazione" e i "vantaggi per la società".

1.15.2   Il CESE propone che la Commissione monitori l'attuazione di criteri standardizzati e, due anni dopo l'attuazione della direttiva, presenti una relazione sui sistemi di fissazione dei prezzi e di rimborso in tutti gli Stati membri.

1.16   Il CESE esorta a far sì che le decisioni in merito all'aumento, al blocco, alla riduzione e a ogni altra approvazione dei prezzi siano basate su criteri trasparenti e obiettivi.

1.17   Il CESE respinge l'articolo 14 della proposta di direttiva ("Non interferenza dei diritti di proprietà intellettuale"). La Commissione deve trovare un equilibrio tra l'autorizzazione di rimborso concessa a un'azienda farmaceutica e gli interessi legittimi di terzi alla tutela dei loro diritti di proprietà intellettuale.

1.18   In virtù dell'articolo 3, paragrafo 5 del TUE, il CESE invita la Commissione europea ad accogliere disposizioni speciali per i medicinali essenziali e di prezzo elevato (ad esempio quelli per combattere l'AIDS) a favore dei paesi in via di sviluppo ed emergenti nel quadro degli accordi internazionali, multilaterali e bilaterali.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1   Dall'adozione della direttiva 89/105/CEE si è assistito a un'evoluzione delle procedure di fissazione dei prezzi e di rimborso, che sono anche diventate più complesse. Tale direttiva non è mai stata modificata dalla sua entrata in vigore.

2.2   La proposta in esame fissa delle regole comuni e degli orientamenti regolamentari al fine di garantire l'efficienza e la trasparenza delle procedure di fissazione dei prezzi, finanziamento e rimborso.

2.3   La revisione interessa i seguenti soggetti:

a)

le aziende farmaceutiche, comprese le industrie innovative e le industrie dei medicinali generici, per le quali l'accesso al mercato è effettivamente essenziale per garantire la competitività e la redditività;

b)

i cittadini e i pazienti europei, sui quali ricadono le conseguenze di ostacoli ingiustificati al commercio dei farmaci e dei ritardi nella disponibilità dei medicinali;

c)

i bilanci della sanità pubblica, compresi quelli dei sistemi contributivi obbligatori di assicurazione malattia, dato che i sistemi di fissazione dei prezzi e di rimborso incidono sull'utilizzazione dei medicinali, sulle spese e sui potenziali risparmi per i sistemi di sicurezza sociale.

2.3.1   Non rientrano nell'ambito di applicazione le assicurazioni sanitarie private, gli enti pubblici e privati come ad esempio gli istituti ospedalieri, le farmacie all'ingrosso e altri fornitori di servizi medici. Il CESE sottolinea che, al fine di garantire un'equa concorrenza e di realizzare il mercato interno, la direttiva deve applicarsi a tutto il mercato dei medicinali e non solo ad una parte di esso.

2.4   Benché la direttiva si applichi soltanto ai farmaci, i dispositivi medici possono essere oggetto di una regolamentazione dei prezzi negli Stati membri e/o di decisioni relative alla loro inclusione nei regimi di assicurazione malattia.

3.   Osservazioni generali

3.1   Alla luce dei problemi riscontrati in diversi Stati membri, il CESE si compiace della proposta della Commissione di intensificare la cooperazione a livello UE al fine di assicurare l'accesso di tutti i pazienti, su un piano di parità e a costi ragionevoli, ai medicinali e ai farmaci urgenti, promuovendo al tempo stesso la messa a punto di nuovi prodotti.

3.2   Il CESE osserva però che è opportuno non solo applicare come base giuridica l'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), ma anche tener conto dell'articolo 168, paragrafo 7, del TFUE, secondo cui gli Stati membri sono responsabili "per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica", compresa "l'assegnazione delle risorse loro destinate".

3.3   Il CESE fa rilevare che le procedure di fissazione dei prezzi e di rimborso provocano spesso inutili ritardi e comportano procedure amministrative eccessive (8) per l'immissione di farmaci innovativi, orfani e generici sui mercati dell'Unione, in particolare negli Stati membri il cui mercato nazionale è di dimensioni ridotte e le compagnie ricavano profitti limitati dagli investimenti.

3.4   Il CESE accoglie con favore la disposizione intesa a mantenere il comitato per la trasparenza (articolo 20), tuttavia propone di ampliare la rappresentatività di questo "gruppo di esperti", in modo che nel suo ambito si possano tenere consultazioni regolari con le parti interessate al fine di garantire l'efficienza delle procedure di fissazione dei prezzi e di rimborso dei medicinali.

3.5   Il CESE prende atto dell'affermarsi di un'idea condivisa secondo la quale le politiche di fissazione dei prezzi e di rimborso devono garantire un equilibrio tra (1) l'accesso tempestivo ed equo ai farmaci per tutti i pazienti dell'UE, (2) il controllo delle spese farmaceutiche degli Stati membri e (3) gli incentivi per le innovazioni valide, nel quadro di un mercato competitivo e dinamico che incoraggi anche le attività di ricerca e sviluppo.

3.5.1   Il CESE reputa necessaria la creazione di meccanismi efficaci per controllare e garantire il rispetto dei termini stabiliti per le decisioni di fissazione dei prezzi e di rimborso.

3.5.2   A giudizio del CESE, sarebbe opportuno predisporre una relazione annuale contenente una mappatura dell'effettiva attuazione della direttiva sulla trasparenza, che descriva i meccanismi di fissazione dei prezzi e di rimborso, nonché il rispetto delle scadenze fissate dalla direttiva in ciascuno Stato membro. Il CESE sottolinea la necessità di adottare un metodo standardizzato per la raccolta delle informazioni destinate a tale relazione e accoglie con favore la proposta della Commissione che impone agli Stati membri l'obbligo di riferire periodicamente sull'applicazione dei termini (articolo 17), in quanto garantisce una migliore attuazione della direttiva.

3.6   Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 5 del TUE, l'Unione europea "contribuisce […] all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani" anche "nelle relazioni con il resto del mondo". Il CESE esorta pertanto la Commissione europea ad accogliere disposizioni speciali per i medicinali essenziali e di prezzo elevato (ad esempio quelli per combattere l'AIDS) a favore dei paesi in via di sviluppo ed emergenti nel quadro degli accordi internazionali, multilaterali e bilaterali.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Definizioni

Il CESE desidera richiamare l'attenzione sulla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, la quale riconosce la necessità di un'interpretazione estensiva delle disposizioni della direttiva al fine di garantire che i suoi obiettivi principali non vengano messi a rischio dai sistemi e della politiche nazionali. Pertanto, il CESE formula le seguenti osservazioni:

4.1.1   Valutazione delle tecnologie sanitarie (HTA): il CESE richiama l'attenzione sulla definizione approvata dall'EUnetHTA (9) e raccomanda di adottarla.

4.1.2   Coinvolgimento delle parti interessate: significa coinvolgere tempestivamente le parti interessate - compresi i rappresentanti dei pazienti e dei consumatori, i titolari dell'autorizzazione all'immissione in commercio e gli esperti del settore medico, tra cui anche scienziati indipendenti - per tutta la durata del processo decisionale, in modo che essi possano essere ascoltati in merito sia alla progettazione concettuale della valutazione che alla sua attuazione.

4.1.3   Coinvolgimento del paziente e del consumatore: significa che i pazienti assumono un ruolo attivo nelle iniziative o decisioni che avranno conseguenze per la loro comunità, in ragione delle loro conoscenze ed esperienze specifiche in quanto pazienti e utenti del sistema sanitario.

4.1.4   Criteri oggettivi e verificabili: devono essere definiti per la selezione, i metodi di valutazione e i requisiti in materia di prova per i prodotti sottoposti a una valutazione delle tecnologie sanitarie; ciò impone anche di evitare qualsiasi inutile duplicazione delle attività, in particolare per quanto riguarda la procedura di autorizzazione all'immissione in commercio e le valutazioni condotte in altri Stati UE.

4.1.5   I "termini" devono essere chiaramente definiti: se la valutazione è un requisito fondamentale per il controllo dei prezzi ai sensi dell'articolo 3 e/o per l'inserimento in un elenco positivo ai sensi dell'articolo 7, la valutazione deve rispettare il calendario fissato da questi articoli.

4.2   Campo di applicazione

4.2.1   Il CESE invita a chiarire che ogni misura collegata al processo decisionale relativo ai regimi di assicurazione malattia, comprese le raccomandazioni che potrebbero essere necessarie, rientra nel campo di applicazione della direttiva.

4.2.2   Il CESE approva le disposizioni della direttiva che si applicano alle misure volte a determinare quali medicinali possono essere inclusi negli accordi contrattuali o nelle procedure di appalto pubblico.

4.3   Un approccio incentrato sul paziente per l'accessibilità delle procedure

Il CESE invita ad adottare un approccio incentrato sul paziente al momento di determinare l'accessibilità delle procedure, e incoraggia gli Stati membri a prendere in considerazione i seguenti criteri: la possibilità di ottenere un farmaco nel paese di residenza del paziente, il rimborso dei costi legati alla somministrazione del prodotto al paziente e l'intervallo tra la concessione dell'autorizzazione all'immissione in commercio e le date in cui il prodotto è immesso sul mercato e rimborsato.

4.4   Esclusione di medicinali dai regimi di assicurazione malattia

4.4.1   Il CESE approva la proposta della Commissione secondo cui qualsiasi decisione volta a escludere un medicinale dal campo di applicazione del regime pubblico di assicurazione malattia o a modificare la portata o le condizioni di copertura del prodotto interessato deve essere motivata in base a criteri oggettivi e verificabili, fra i quali rientrano anche criteri economici e finanziari.

4.4.2   Il CESE si compiace della proposta della Commissione per cui gli Stati membri dovranno adoperarsi per giungere a un approccio standardizzato nella definizione di questi criteri, al fine di creare sistemi di fissazione dei prezzi basati sul valore in tutta Europa.

4.4.2.1   Il CESE propone che tali criteri comprendano la misurazione dei "bisogni sanitari non soddisfatti" e dei "vantaggi clinici", e che inoltre siano "non discriminatori" (10).

4.5   Procedura di ricorso in caso di mancato rispetto dei termini previsti per l'inclusione dei medicinali nei regimi di assicurazione malattia

4.5.1   Il CESE invita gli Stati membri ad assicurare che, in caso di mancato rispetto dei termini di cui all'articolo 7, il richiedente abbia a disposizione rimedi rapidi ed efficaci.

4.5.2   Il CESE invita gli Stati membri a prendere in considerazione la possibilità di sviluppare, in stretta cooperazione con le organizzazioni del settore a livello europeo, regionale e subregionale, delle modalità per garantire ai pazienti e ai richiedenti il diritto di ricorrere, dinanzi a un organo giudiziario indipendente (di regola un tribunale), contro decisioni a loro sfavorevoli in materia di fissazione del prezzo e di rimborso.

4.5.2.1   Il CESE raccomanda di conferire a tale organo giudiziario mezzi efficaci e pieni poteri di revisione sulle questioni sia di fatto che di diritto, compreso il mandato di adottare decisioni formali in caso di infrazioni, applicando sanzioni proporzionate.

4.6   Composizione e obiettivi del gruppo di esperti sull'attuazione della direttiva

4.6.1   Tra i membri del gruppo di esperti figurano rappresentanti di:

a)

ministeri o enti pubblici degli Stati membri;

b)

organizzazioni dei pazienti e dei consumatori;

c)

regimi contributivi obbligatori di assicurazione malattia;

d)

contribuenti assicurati a titolo obbligatorio (rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori);

e)

industrie farmaceutiche;

f)

la Commissione, l'Agenzia europea per i medicinali (EMA) nonché il presidente o il vicepresidente delle agenzie interessate;

g)

organizzazioni internazionali e professionali, nonché altre associazioni attive nel campo delle procedure di fissazione dei prezzi, finanziamento e rimborso;

h)

scienziati indipendenti.

4.6.2   Per conseguire i propri obiettivi, il gruppo:

a)

assiste la Commissione nelle attività di monitoraggio, valutazione e diffusione dei risultati delle misure adottate a livello UE e nazionale;

b)

contribuisce alla realizzazione delle azioni dell'UE in questo campo;

c)

emette pareri e raccomandazioni o invia relazioni alla Commissione, sia su richiesta di quest’ultima, sia di propria iniziativa;

d)

assiste la Commissione nell'elaborare orientamenti, raccomandazioni e in ogni altra iniziativa;

e)

presenta alla Commissione una relazione annuale pubblica sulle proprie attività.

4.7   Classificazione dei medicinali in vista della loro inclusione nei regimi di assicurazione malattia

4.7.1   Il CESE esorta a far sì che la composizione dei gruppi di rimborso sia basata su criteri trasparenti e obiettivi, che consentano ai richiedenti, ai pazienti e ai consumatori di comprendere quale sarà il trattamento riservato ai diversi medicinali.

4.7.2   Il CESE riconosce il diritto dei soggetti interessati di chiedere alle autorità competenti di precisare i dati obiettivi in base ai quali hanno stabilito le modalità di copertura del medicinale in applicazione dei criteri e dei metodi previsti.

4.7.3   Il CESE chiede che i titolari delle autorizzazioni all'immissione in commercio e le organizzazioni rappresentative di pazienti e consumatori abbiano il diritto di essere ascoltati, laddove opportuno ed entro un termine di tempo adeguato, prima dell'inclusione dei medicinali in un gruppo di rimborso specifico, nonché il diritto di ricorrere contro la composizione di un gruppo di rimborso dinanzi a un organo indipendente.

4.8   Medicinali generici

4.8.1   Il CESE evidenzia che l'approvazione del prezzo dei medicinali generici e la loro copertura da parte del sistema di assicurazione malattia non dovrebbe richiedere in tutti i casi una valutazione nuova o dettagliata se il prezzo del prodotto di riferimento è già stato fissato, il prodotto è già stato incluso nel regime di assicurazione malattia e la valutazione è stata effettuata dall'Agenzia europea per i medicinali.

4.8.2   Per quanto riguarda la proposta della Commissione di ridurre a 30 giorni, incluso il processo di fissazione del prezzo e quello di rimborso, i termini applicabili ai medicinali generici, in quanto ciò accelererebbe il loro accesso al mercato a beneficio dei pazienti negli Stati membri e stimolerebbe la concorrenza in termini di prezzi sul mercato in tempi ragionevoli dopo la scadenza del brevetto dei prodotti originali, il CESE fa osservare che, benché l'esame medico di un medicinale generico non prenda lo stesso tempo di quello di un prodotto innovativo, resta comunque necessario procedere alla fissazione del prezzo e alle relative negoziazioni.

4.9   Approvazione del prezzo

Il CESE chiede che le autorità competenti rilascino al richiedente un avviso di ricevimento ufficiale entro 10 giorni dalla presentazione di una domanda di approvazione del prezzo di un prodotto. Gli Stati membri dovranno garantire che tali domande possano essere presentate dal richiedente subito dopo la concessione dell'autorizzazione all'immissione in commercio oppure dopo il parere positivo dell'Agenzia europea per i medicinali o delle autorità nazionali competenti.

4.10   Blocco e riduzione dei prezzi

4.10.1   Il CESE invita gli Stati membri ad effettuare, almeno una volta l'anno, una revisione volta ad accertare se le condizioni macroeconomiche giustifichino il mantenimento del blocco dei prezzi. Entro 60 giorni dall'inizio di tale revisione, le autorità competenti devono annunciare quali aumenti o riduzioni dei prezzi vengano effettuate. Qualora ve ne siano, dette autorità devono pubblicare una dichiarazione volta a motivare tali decisioni sulla base di criteri obiettivi e verificabili.

4.10.2   Il CESE invita inoltre gli Stati membri a riesaminare regolarmente i prezzi e il rimborso dei medicinali che comportano costi irragionevolmente elevati per i regimi di assicurazione malattia e per i pazienti. Entro un periodo di tempo adeguato dall'inizio di tale riesame, le autorità competenti devono dichiarare se sono autorizzate riduzioni di prezzo e quali. In tal caso esse pubblicano una dichiarazione volta a motivare tali decisioni sulla base di criteri obiettivi e verificabili (tra cui anche criteri economici e finanziari).

4.10.3   Il CESE suggerisce alla Commissione di monitorare i casi in cui gli Stati membri ricevono assistenza finanziaria, affinché garantiscano che i medicinali destinati ad essere utilizzati nel paese non vengano esportati in altri Stati membri.

4.11   Aumento di prezzo

4.11.1   Il CESE desidera sottolineare che l'aumento del prezzo di un medicinale è consentito soltanto "previa preventiva approvazione delle autorità competenti", a seguito di una consultazione delle parti interessate tra cui le organizzazioni di pazienti.

4.11.2   Il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di garantire il diritto al giusto processo, che andrebbe previsto per tutte le parti interessate e dovrebbe comprendere almeno: (i) il diritto di essere ascoltati, (ii) il diritto di accedere al fascicolo amministrativo, come pure ai dati scientifici e alle relazioni pertinenti, e (iii) il diritto di ottenere una decisione motivata.

4.11.3   Il CESE propone che un'autorità competente rilasci al richiedente un avviso di ricevimento ufficiale entro e non oltre 10 giorni dalla ricezione, da parte di uno Stato membro, di una domanda di aumentare il prezzo di un farmaco.

4.12   Misure sul lato della domanda

Il CESE approva la proposta della Commissione intesa a chiarire che le misure volte a controllare o promuovere la prescrizione di medicinali specifici rientrano nel campo di applicazione della direttiva sulla trasparenza. Propone di estendere queste garanzie procedurali a tutte le misure intese a controllare o promuovere la prescrizione di medicinali.

4.13   Ulteriori prove riguardanti la qualità, la sicurezza o l'efficacia

In generale, nel quadro delle decisioni in materia di fissazione del prezzo e di rimborso, gli Stati membri non devono procedere a una nuova valutazione degli elementi - tra cui la qualità, la sicurezza o l'efficacia del medicinale (anche dei farmaci orfani) - su cui si basa l'autorizzazione all'immissione in commercio da parte dell'Agenzia europea per i medicinali, né delle informazioni obiettive ottenute nell'ambito della cooperazione europea in materia di valutazione delle tecnologie sanitarie.

4.14   Proprietà intellettuale

Il CESE reputa essenziale proteggere i diritti di proprietà intellettuale, che rivestono una particolare importanza per la promozione dell'innovazione in campo farmaceutico e il sostegno all'economia dell'UE. Esso è quindi contrario all'articolo 14 della direttiva proposta ("Non interferenza dei diritti di proprietà intellettuale"), laddove stabilisce che "la protezione dei diritti di proprietà intellettuale non costituisce un motivo valido per rifiutare, sospendere o revocare le decisioni relative al prezzo di un medicinale o alla sua inclusione nel regime pubblico di assicurazione malattia". La Commissione deve trovare un equilibrio tra l'autorizzazione al rimborso delle aziende farmaceutiche e gli interessi legittimi di terzi alla tutela dei loro diritti di proprietà intellettuale. Non devono esservi interferenze tra le competenze degli Stati membri relative alla valutazione dell'innovazione e quelle che riguardano la garanzia di un'adeguata tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Nonostante i timori sempre più forti per la situazione economica, la salute e l'assistenza sanitaria figuravano ancora tra le cinque principali preoccupazioni dei cittadini dell'UE nelle rilevazioni di Eurobarometro del 2009 (ad es. n. 71 della primavera 2009 e n. 72 dell'autunno 2009).

Cfr. ad es. http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/eb/eb72/eb72_en.htm

(2)  Mackenbach JP, Meerding WJ, Kunst AE.: Economic implications of socioeconomic inequalities in health in the European Union. Commissione europea, luglio 2007.

(3)  L'OMS ritiene che l'aumento dell'incidenza delle malattie croniche costituisca un'epidemia, e valuta che da oggi al 2030 tale epidemia costerà la vita di 52 milioni di persone nella regione europea. Fonte: http://ec.europa.eu/health/interest_groups/docs/euhpf_answer_consultation_jan2012_en.pdf.

(4)  Relazione relativa all'indagine sul settore farmaceutico: http://ec.europa.eu/competition/sectors/pharmaceuticals/inquiry/index.html.

(5)  Kanavos P., Schurer W.S., Vogler S., Structure of medicines distribution in EU-27 and its impact on prices, availability and on the efficiency of medicines provision ("Struttura della distribuzione dei medicinali nell'UE-27 e impatto sui prezzi, sulla disponibilità e sull'efficienza dell'approvvigionamento farmaceutico"), Commissione europea, DG Imprese ed EMINet, gennaio 2011.

(6)  Indagine sul settore farmaceutico, relazione finale, 8 luglio 2009. Studi diversi, come ad esempio lo studio Alcimed o l'indagine UE sul settore farmaceutico, confermano tali disparità di accesso. Lo sviluppo di reti di riferimento europee tra i centri di competenza può servire a ridurre questo fenomeno.

(7)  La giurisprudenza della Corte di giustizia stabilisce che il termine è perentorio e che le autorità nazionali non sono autorizzate a superarlo - [1] Merck, Sharp & Dohme BV contro Stato belga (C-245/03).

(8)  Pharmaceutical market monitoring study ("Studio di monitoraggio del mercato farmaceutico"), volume I, pag. 83.

(9)  EUnetHTA impiega la seguente definizione: "La valutazione delle tecnologie sanitarie è un processo multidisciplinare che sintetizza tutta una serie di informazioni riguardanti le questioni mediche, sociali, economiche ed etiche legate all'impiego di una tecnologia sanitaria in modo trasparente, obiettivo e fondato. Scopo della valutazione è influire sulla formulazione di politiche sanitarie sicure ed efficaci che siano incentrate sui pazienti e intese a ottenere i risultati più vantaggiosi", disponibile all'indirizzo http://www.eunethta.eu/Public/About_EUnetHTA/HTA/.

(10)  Causa C-181/82 Roussel Laboratoria, Racc. 1983, pag. 3849, causa C-238/82 Duphar e altri, Racc. 1984, pag. 523.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

1.   I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso del dibattito (articolo 39, paragrafo 2, del Regolamento interno):

a)   Punto 4.5.2.1

Modificare come segue:

Il CESE raccomanda di conferire a tale organo giudiziario mezzi efficaci e pieni poteri di revisione sulle questioni sia di fatto che di diritto, compreso il mandato di adottare decisioni formali in caso di infrazioni, applicando sanzioni proporzionate.

Motivazione

Evidente.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

71

Voti contrari

:

89

Astensioni

:

19

b)   Punto 1.11.2

Modificare come segue:

Il CESE, pertanto, considera necessario introdurre meccanismi per controllare e garantire il rispetto dei termini stabiliti per le decisioni in materia di fissazione dei prezzi e di rimborso.

Motivazione

Vedere la proposta di emendamento al punto 4.5.2.1.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

71

Voti contrari

:

89

Astensioni

:

19

2.   I seguenti punti del parere della sezione sono stati modificati a seguito dell'adozione di emendamenti da parte dell'Assemblea, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 54, paragrafo 5, del Regolamento interno):

a)   Punto 4.2.1

Il CESE invita a chiarire che ogni misura collegata al processo decisionale relativo all'inclusione dei vaccini nei regimi di assicurazione malattia rientra nel campo di applicazione della direttiva.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

79

Voti contrari

:

61

Astensioni

:

47

b)   Punto 4.5.2.2.

Invita altresì a istituire un'approvazione automatica dei rimborsi nel caso in cui le scadenze non vengano rispettate.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

90

Voti contrari

:

73

Astensioni

:

22

c)   Punto 4.14

Proprietà intellettuale

Il CESE reputa essenziale proteggere i diritti di proprietà intellettuale, che rivestono una particolare importanza per la promozione dell'innovazione in campo farmaceutico e il sostegno all'economia dell'UE. Non devono esservi interferenze tra le competenze degli Stati membri relative alla valutazione dell'innovazione e quelle che riguardano la garanzia di un'adeguata tutela dei diritti di proprietà intellettuale.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

53

Voti contrari

:

35

Astensioni

:

5

d)   Punto 1.12

Il CESE approva il termine di 120 giorni proposto dalla Commissione e propone che, al fine di semplificare ulteriormente l'accesso dei pazienti ai farmaci, gli stessi termini siano applicati a tutti i farmaci innovativi, che siano o no soggetti alla valutazione delle tecnologie sanitarie condotta a livello nazionale.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

73

Voti contrari

:

41

Astensioni

:

6


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/89


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme per la semplificazione del trasferimento all'interno del mercato unico dei veicoli a motore immatricolati in un altro Stato membro»

COM(2012) 164 final — 2012/0082 (COD)

2012/C 299/16

Relatore generale: PÁSZTOR

Il Parlamento europeo, in data 18 aprile 2012, e il Consiglio dell'Unione europea, in data 24 aprile 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme per la semplificazione del trasferimento all'interno del mercato unico dei veicoli a motore immatricolati in un altro Stato membro

COM(2012) 164 final — 2012/0082 (COD).

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato, in data 24 aprile 2012, la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), ha nominato PÁSZTOR relatore generale e adottato il seguente parere all'unanimità.

1.   Raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide gli obiettivi della Commissione e la sua idea di disciplinare con un regolamento l'immatricolazione dei veicoli a motore già immatricolati in un altro Stato membro. Ciò è conforme sia al principio di sussidiarietà che ai requisiti di una "Europa dei cittadini". Allo stesso tempo, il CESE esprime rammarico per il fatto che non sia stato possibile introdurre una procedura uniforme di immatricolazione a livello UE, come inizialmente previsto. Il Comitato giudica quest'ultima misura indispensabile sul lungo termine.

1.2

Il CESE ritiene che, una volta adottato il regolamento proposto, immatricolare i veicoli in un altro Stato membro sarà semplice come reimmatricolarli nello stesso paese, senza oneri aggiuntivi né controlli e documenti superflui. A meno che i dati forniti risultino incompleti o non validi, lo Stato membro di destinazione non può esigere l'espletamento di ulteriori procedure amministrative, inefficienti e costose, come ad esempio i controlli tecnici. Inoltre, il costo dell'immatricolazione transfrontaliera non dovrebbe superare il costo dell'immatricolazione nazionale.

1.3

Per il CESE, il fatto che il regolamento proposto esenti i normali cittadini dall'obbligo di richiedere e fornire informazioni rappresenta un grande passo in avanti. Il Comitato auspica inoltre che l'obbligo per le autorità competenti di scambiarsi informazioni possa contribuire a rafforzare la cooperazione anche in altri e più importanti settori, dando così un sostegno efficace ai valori e agli interessi comuni dell'Europa.

1.4

Il CESE apprezza il fatto che la Commissione si impegni, nello stesso regolamento, a effettuarne una valutazione ex post, ma chiede anche che il termine fissato per la presentazione della relazione di valutazione venga ridotto da quattro a due anni.

2.   La proposta di regolamento della Commissione

2.1

La Commissione ha intrapreso un lavoro importante per cercare di semplificare, attraverso un regolamento, il trasferimento in un altro Stato membro dei veicoli a motore già immatricolati in un determinato paese. Finora, infatti, il coordinamento della forma e del contenuto dei documenti di immatricolazione di veicoli era disciplinato soltanto con una direttiva (più precisamente la direttiva 1999/37/CE). Altre misure di armonizzazione, auspicabili nella prospettiva del mercato unico, hanno assunto la forma di documenti orientativi, che, in quanto tali, hanno avuto solo un impatto limitato sugli Stati membri.

2.2

Nell'elaborare la proposta di regolamento, la Commissione ha dovuto tener conto non solo di tali considerazioni ma anche delle norme relative alla tutela dei dati personali (1) e alla lotta contro la criminalità avente implicazioni transfrontaliere (2).

2.3

Pertanto, prendendo in considerazione le esigenze del mercato unico, il regolamento proposto:

definisce regole armonizzate in materia di veicoli a motore, inclusi motociclette e ciclomotori (3), registrati in uno Stato membro ma utilizzati regolarmente in un altro. Il regolamento non si applica invece ai veicoli a motore immatricolati in un paese terzo;

stabilisce che l'immatricolazione di un veicolo già immatricolato in un altro Stato membro è necessaria solo in caso di soggiorno di durata superiore ai sei mesi, o, più precisamente, se cambia la "residenza normale", vale a dire lo Stato membro in cui si trova la sede principale degli interessi professionali o dei legami personali dell'intestatario del veicolo;

elimina, a meno di validi e specifici motivi, il requisito dei controlli fisici (tecnici). Un controllo fisico può essere effettuato solo se i dati d'immatricolazione risultano incompleti o contraddittori, se si sospetta un'attività illecita, se il veicolo è gravemente danneggiato o in caso di trasferimento della proprietà. In tutti gli altri casi, i controlli tecnici effettuati nel paese d'origine devono essere riconosciuti validi;

detta norme per un approccio uniforme in materia di immatricolazioni temporanee e professionali nel mercato unico;

armonizza il commercio transfrontaliero e il trasferimento di proprietà dei veicoli usati - escludendo i paesi terzi dall'ambito di applicazione.

2.4

Il regolamento proposto impone alle autorità dello Stato membro di destinazione di chiedere a quelle dello Stato membro di origine i dati concernenti la precedente immatricolazione. In tale contesto, si fa riferimento alla possibilità di avvalersi dei più recenti sviluppi nel campo delle tecnologie dell'informazione.

Al fine di assicurare il corretto scambio d'informazioni, il regolamento impone alle autorità nazionali di utilizzare software che consentano alle autorità di altri Stati membri di accedere ai dati, escludendo al tempo stesso l'accesso a persone non autorizzate attraverso l'uso di file criptati XML. Le informazioni devono essere scambiate in tempo reale su una piattaforma online. I costi di sviluppo del software sono a carico dello Stato membro in questione;

la Commissione si impegna a creare una banca dati pubblica contenente i recapiti e gli altri dati necessari per contattare le competenti autorità nazionali;

la Commissione assicurerà inoltre lo sviluppo costante del sistema IT attraverso l'opzione giuridica degli atti delegati.

2.5

Il regolamento proposto prevede che l'immatricolazione di un veicolo possa essere negata se non vengono soddisfatte determinate condizioni. Gli interessati hanno il diritto di presentare ricorso entro un mese dalla data del rifiuto.

2.6

Nel regolamento proposto, inoltre, la Commissione si impegna a valutare l'impatto del regolamento quattro anni dopo la sua entrata in vigore.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE condivide gli obiettivi della Commissione e la sua idea di disciplinare con un regolamento l'immatricolazione dei veicoli a motore già immatricolati in precedenza in un altro Stato membro. Ciò è conforme sia al principio di sussidiarietà che ai requisiti di una "Europa dei cittadini". Al tempo stesso, la proposta tiene conto dell'esperienza della prassi burocratica, che per natura tende a gestire le questioni di minore importanza privilegiando le convenzioni e la convenienza piuttosto che cercando di adeguarsi agli obiettivi strategici.

3.2

Il CESE esprime tuttavia rammarico per il fatto che non sia stato possibile introdurre una procedura uniforme di immatricolazione a livello UE, come inizialmente previsto. Il Comitato giudica questa misura indispensabile sul lungo termine.

3.3

Il CESE ritiene che una procedura uniforme di immatricolazione non comprometterebbe le esigenze di gettito degli Stati membri, dato che il sistema permetterebbe di coprire le spese di immatricolazione. Una procedura uniforme d'immatricolazione contribuirebbe, al tempo stesso, a una maggiore trasparenza e tracciabilità.

3.4

Secondo il CESE, la proposta di regolamento adotta un approccio adeguato alla soluzione di problemi fondamentali e detta norme procedurali appropriate per l'individuazione e il superamento dei potenziali rischi per gli utenti e per le pubbliche amministrazioni. È infatti stato scelto un approccio equilibrato alla gestione del rischio piuttosto che uno basato su una eccessiva prudenza burocratica.

3.5

Il testo proposto affronta adeguatamente il problema della prevenzione della criminalità transfrontaliera, tenendo conto nel contempo degli interessi del mercato dell'usato.

3.6

Il CESE ritiene che, una volta adottato il regolamento proposto, immatricolare i veicoli in un altro Stato membro sarà semplice come reimmatricolarli nello stesso paese, senza oneri aggiuntivi né controlli e documenti superflui. A meno che i dati forniti risultino incompleti o non validi, lo Stato membro di destinazione non può esigere l'espletamento di ulteriori procedure amministrative, inefficienti e costose, come ad esempio i controlli tecnici. Inoltre, il costo dell'immatricolazione transfrontaliera non dovrebbe superare il costo dell'immatricolazione nazionale.

3.7

Per il CESE, il fatto che il regolamento proposto esenti i normali cittadini dall'obbligo di richiedere e fornire informazioni rappresenta un grande passo in avanti. Il Comitato auspica inoltre che l'obbligo per le autorità competenti di scambiarsi informazioni possa contribuire a rafforzare la cooperazione anche in altri e più importanti settori, dando così un sostegno efficace ai valori e agli interessi comuni dell'Europa.

3.8

Il CESE ritiene che, a lungo termine, mantenere l'immatricolazione temporanea e quella professionale sia privo di senso. Anche l'immatricolazione professionale rappresenta infatti soltanto una soluzione provvisoria. Al tempo stesso, considera contraddittorio concedere un'autorizzazione limitata ai veicoli non conformi, consentendo loro, in alcuni casi, addirittura di percorrere lunghe distanze tra un paese e l'altro. Tali veicoli dovrebbero invece essere trasportati o, se le loro condizioni tecniche lo permettono, godere di un'autorizzazione temporanea. D'altra parte, sarebbe opportuno impedire che i veicoli con immatricolazione temporanea possano trasportare merci e passeggeri.

3.9

Il CESE accoglie favorevolmente il risparmio di un miliardo e mezzo di euro per i cittadini e le imprese. Riconosce inoltre che i costi annuali del regolamento, pari ad un milione e mezzo di euro, avranno solo un impatto minimo sul bilancio dell'UE. Al tempo stesso, però, tiene a sottolineare che i costi del regolamento incideranno in parte anche sui bilanci nazionali e quindi, ai fini della massima chiarezza, sarebbe opportuno fornire una stima dei costi globali.

3.10

Il CESE è d'accordo sul fatto di delegare alla Commissione poteri normativi riguardo alle questioni tecniche e di contenuto dei dati poste dal funzionamento del sistema a livello europeo, come prevede il regolamento proposto.

3.11

Il CESE raccomanda alle istituzioni europee coinvolte nel processo legislativo - Parlamento europeo, Consiglio e Commissione - di considerare la possibilità che, ai fini della seconda immatricolazione, si tenga conto della totalità o di parte dei costi sostenuti per la prima dall'utente, salvo che nei casi di reimmatricolazione dovuta a un cambio di proprietà.

3.12

Il CESE apprezza il fatto che la Commissione si impegni, nello stesso regolamento, a effettuarne una valutazione ex post, ma chiede anche che il termine fissato per la presentazione della relazione di valutazione venga ridotto da quattro a due anni.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE ritiene che, sia nel complesso sia nelle singole disposizioni, il testo attuale della proposta di regolamento risponda alle aspettative.

4.2

Il CESE sostiene gli sforzi volti a basare le procedure di immatricolazione sui dati del sistema di omologazione per tipo dei veicoli completi (Whole Vehicle Type Approval) utilizzati ai fini del certificato di conformità. Si tratta, è vero, di dati più particolareggiati rispetto a quelli di cui all'Allegato I del regolamento proposto, ma anche e soprattutto di dati riconosciuti a livello internazionale e sui quali già si basano le procedure d'immatricolazione in vigore in diversi Stati membri.

4.3

Oltre ai dati tecnici forniti dai produttori, è necessario includere anche i valori reali basati sui più recenti test ufficiali, ad esempio in riferimento alle emissioni di sostanze inquinanti.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Direttiva 95/46/CE (GU L 281 del 23.11.1995, pagg. 31-50) e regolamento (CE) n. 45/2001 (GU L 8 del 12.1.2001, pagg. 1-22).

(2)  Decisione del Consiglio 2004/919/CE (GU L 389 del 30.12.2004, pagg. 28–30).

(3)  Direttiva 2002/24/CE (GU L 124 del 9.5.2002, pagg. 1-44).


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/92


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul rafforzamento della solidarietà all'interno dell'UE in materia di asilo — Un programma dell'UE per una migliore ripartizione delle responsabilità e maggiore fiducia reciproca»

COM(2011) 835 final

2012/C 299/17

Relatore: PÎRVULESCU

La Commissione europea, in data 2 dicembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul rafforzamento della solidarietà all'interno dell'UE in materia di asilo - Un programma dell'UE per una migliore ripartizione delle responsabilità e maggiore fiducia reciproca

COM(2011) 835 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 116 voti favorevoli, 3 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente l'iniziativa della Commissione europea e ritiene necessario discutere e adeguare la politica europea in materia di asilo.

1.2

Il CESE ritiene che il principio di solidarietà debba rimanere la pietra angolare di questa politica, sebbene il numero e la dimensione degli Stati membri e la loro differente esposizione ai flussi di rifugiati siano all'origine di situazioni diverse che complicano la politica di asilo. La solidarietà non va considerata unicamente come un principio utile a rendere più efficace tale politica, ma come un valore fondamentale che giustifica e rafforza le misure adottate.

1.3

Bisogna compiere sforzi significativi affinché l'opinione pubblica, le amministrazioni nazionali, regionali e locali e i decisori politici aderiscano ai valori costitutivi della politica di asilo, ossia il rispetto per i diritti fondamentali delle persone, l'aiuto a coloro che si trovano in situazioni critiche, e la solidarietà e la fiducia tra Stati membri.

1.4

Il CESE ritiene che l'approccio basato su incentivi potrebbe sbloccare la politica in materia di asilo, purché gli incentivi migliori vengano correttamente individuati e sostenuti in modo adeguato, anche dal punto di vista finanziario.

1.5

Per quanto concerne la cooperazione pratica, il CESE esorta l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (European Asylum Support Office - EASO) a compiere progressi più rapidi per conseguire una capacità operativa superiore. Un'azione per rafforzare la capacità dell'EASO è tanto urgente quanto necessaria, e va coordinata con la programmazione e l'utilizzo del Fondo Asilo e migrazione (AMF).

1.6

Il CESE propone inoltre che le misure di integrazione dei rifugiati siano migliorate. Il sistema europeo di asilo che intendiamo edificare, anche se funziona in modo efficiente per quel che riguarda la rapidità e la correttezza del processo di concessione dello status di rifugiato, può fallire sotto il profilo dell'integrazione.

1.7

La politica di asilo, oltre alla strutturazione esistente nelle dimensioni trasversali, deve essere intesa nella prospettiva del "ciclo" completo dell'asilo, mettendo al suo centro la persona che si trova in una situazione di rischio. In questo modo possono essere individuate le strozzature e le incoerenze.

1.8

Si deve rammentare che il principio della solidarietà non vale solamente tra Stati ma è un principio generale applicabile all'insieme delle relazioni umane, sia tra individui sia tra gruppi. Al di là delle motivazioni e delle pressioni esercitate dalla politica in materia di migrazione e asilo, lo spirito di umana solidarietà va coltivato e incoraggiato in quanto parte integrante del nucleo di valori costitutivi dell'Unione europea.

1.9

L'esperienza maturata dalle organizzazioni della società civile e dal CESE in questo settore può contribuire a una valutazione più ampia, ma anche più dettagliata, della politica di asilo.

2.   Introduzione

2.1

Nel documento della Commissione viene precisato che la "solidarietà è uno dei valori fondamentali dell'Unione europea ed è stata uno dei principi guida della politica comune europea in materia d'asilo" e questo principio è ora sancito "dall'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea".

2.2

Come viene segnalato nel documento della Commissione, i flussi dei richiedenti asilo "sono calati da un picco di 425 000 domande per l'UE-27 nel 2001 a meno di 200 000 nel 2006, mentre nel 2011 si prevede un grosso aumento".

2.3

La Commissione propone di rafforzare la solidarietà all'interno dell'UE in materia di asilo attorno a quattro assi: "cooperazione pratica e assistenza tecnica, solidarietà finanziaria, ripartizione delle responsabilità e miglioramento degli strumenti per la gestione del sistema di asilo".

2.4

La comunicazione della Commissione è tesa a "contribuire all'ultimazione del 'pacchetto asilo', dato che i prossimi mesi saranno cruciali per il raggiungimento dell'obiettivo del 2012, in cui la dimensione della solidarietà è ben presente".

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie favorevolmente l'iniziativa della Commissione europea e ritiene necessario che la politica europea in materia di asilo venga sottoposta a un esame dettagliato che offra la possibilità di un aggiustamento significativo alla luce delle degli obiettivi fissati per tale politica.

3.2

La politica in materia di asilo è attualmente messa in discussione nell'Unione europea in seguito ai recenti avvenimenti politici nell'Africa settentrionale, oltre che nel Medio e nell'Estremo Oriente. Numerose persone sono state costrette a cercare protezione rifugiandosi negli Stati membri dell'UE.

3.3

Il CESE ritiene che il principio di solidarietà debba rimanere la pietra angolare di questa politica, sebbene il numero e la dimensione degli Stati membri e la loro differente esposizione ai flussi di rifugiati complichino la pratica della solidarietà e il coordinamento in generale.

3.4

Il sistema di asilo deve essere flessibile, in modo da poter fare fronte alle variazioni nei flussi di rifugiati, ma anche solido, in modo che le procedure istituzionali e le ulteriori misure di integrazione producano risultati concreti.

3.5

Si deve inoltre rammentare che il principio della solidarietà non vale solamente tra Stati ma è un principio generale applicabile all'insieme delle relazioni umane, sia tra individui che tra gruppi. Al di là delle motivazioni e delle pressioni esercitate dalla politica in materia di migrazione e asilo, lo spirito di umana solidarietà va coltivato e incoraggiato in quanto parte integrante del nucleo di valori costitutivi dell'Unione europea.

3.6

Il CESE accoglie con favore l'accento posto dalla Commissione europea sulla fiducia. Il principio della solidarietà è completato da quello della fiducia, cosa che responsabilizza in misura maggiore gli Stati membri. Il successo della politica di asilo dipende dalla capacità di ogni Stato membro di adempiere al proprio ruolo, in modo proporzionale e complementare, nel quadro di tale politica. L'interdipendenza degli sforzi nazionali mostra che bisogna proseguire con coraggio lungo il cammino del coordinamento e dell'armonizzazione.

3.7

Tuttavia il CESE rileva che la politica in materia di asilo è lungi dall'essere consolidata ed efficiente. Gli Stati membri divergono ancora per quel che concerne l'apertura e la preparazione non solo nell'accoglienza dei rifugiati, ma anche nella costruzione europea della politica di asilo. Bisogna compiere sforzi significativi affinché l'opinione pubblica, le amministrazioni nazionali, regionali e locali e i decisori politici aderiscano ai valori costitutivi della politica di asilo, ossia il rispetto per i diritti fondamentali, l'aiuto a coloro che si trovano in situazioni critiche, e la solidarietà e la fiducia tra Stati membri. Occorre inoltre riservare maggiore attenzione all'attuazione della politica. Una serie di casi concreti dimostra che i richiedenti asilo sono vulnerabili tanto nei paesi di origine quanto in quelli di accoglienza.

3.8

La società civile organizzata, spesso per bocca del CESE, ha richiamato l'attenzione sulle carenze in termini di visione, struttura e attuazione della politica di asilo, e ha inoltre formulato numerose raccomandazioni destinate a migliorarla. Gli aggiustamenti realizzati sinora - siano essi nel settore dell'armonizzazione, del finanziamento di programmi specializzati o della riforma istituzionale - non hanno ancora portato al consolidamento della politica comune di asilo. È necessario riformare tale politica, e il CESE rinnova il proprio impegno a contribuire a questo processo.

3.9

Il CESE è convinto che sia giunto il momento di mettere in pratica in modo molto più coraggioso i principi della solidarietà e della fiducia. Più specificamente, il Comitato propone due linee d'azione complementari. La prima punta a modificare nel medio-lungo termine le opinioni e gli atteggiamenti in rapporto al fenomeno dell'asilo, specialmente a livello dei formatori di opinione, dei decisori politici e dei funzionari pubblici sul piano locale e nazionale.

3.10

La seconda linea d'azione è parzialmente compresa negli attuali sforzi, ma non è strutturata e formulata in modo sufficiente. Essa riguarda il completamento dei principi di solidarietà e fiducia per mezzo di meccanismi istituzionali tesi a promuovere il coinvolgimento delle autorità nazionali e degli enti regionali e locali. L'approccio basato su incentivi potrebbe sbloccare la politica in materia di asilo, purché gli incentivi migliori vengano correttamente individuati e sostenuti in modo adeguato, anche dal punto di vista finanziario.

3.11

Il CESE propone inoltre che le misure di integrazione dei rifugiati siano migliorate. Numerose prove presentate da organizzazioni che lavorano in questo settore indicano che i richiedenti asilo sono più esposti alle discriminazioni, sono privi di accesso ai servizi pubblici di base, e hanno problemi per quel che riguarda l'alloggio e la sicurezza individuale. Il sistema europeo di asilo che intendiamo edificare, anche se funziona in modo efficiente per quel che riguarda la rapidità e la correttezza del processo di concessione dello status di rifugiato, può fallire sotto il profilo dell'integrazione.

3.12

In rapporto a ciò, il CESE raccomanda che la politica di asilo, oltre alla strutturazione esistente nelle dimensioni trasversali, sia esaminata anche dal punto di vista di un "ciclo" di asilo completo, seguendo cioè il percorso delle persone che si trovano in una situazione di rischio dall'ingresso propriamente detto sul territorio dell'Unione, passando per le procedure di domanda di asilo – comprese le misure di integrazione – sino alla prospettiva – nel medio-lungo termine – dell'integrazione e, se del caso, del ritorno alla terra natia. L'ideazione della politica sulla base dell'intero "ciclo" di asilo e mettendo al suo centro la persona che si trova in una situazione di rischio può contribuire in modo significativo all'individuazione delle strozzature e delle incoerenze.

3.13

L'esperienza maturata dalle organizzazioni della società civile e dal CESE in questo settore può contribuire a una valutazione più ampia, ma anche più dettagliata, della politica di asilo, la quale è legittimamente messa in discussione in seguito ai recenti avvenimenti politici in paesi vicini all'UE. Il CESE ritiene opportuno che la comunicazione della Commissione contenga una riflessione molto più chiara e dettagliata sul ruolo delle organizzazioni della società civile.

3.14

Il CESE accoglie inoltre con favore il coinvolgimento del Comitato delle regioni e degli enti locali nell'ideazione della politica in materia di asilo e ritiene che il ruolo degli enti subnazionali sia centrale per il successo di tale politica, specialmente per quel che concerne le misure di integrazione. Gli enti subnazionali devono essere incoraggiati, anche attraverso misure finanziarie attive, ad assumere un ruolo di maggior rilievo nell'integrazione dei rifugiati.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE accoglie con soddisfazione l'accento posto dalla Commissione europea sugli aspetti legati alla cooperazione pratica. Assieme alle modifiche previste del pacchetto legislativo, peraltro necessarie, la cooperazione pratica può portare a miglioramenti puntuali nel disbrigo delle procedure in materia di asilo. Una cooperazione pratica più efficace dovrebbe prefiggersi di limitare gli adempimenti burocratici per la concessione dell'asilo e di ridurre i tempi necessari per il disbrigo delle relative procedure.

4.1.1

Il CESE accoglie con favore la creazione dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO) il quale, sebbene sia ancora nella fase iniziale di istituzionalizzazione, dimostra che esiste un notevole potenziale in materia di cooperazione tra Stati membri. Le azioni dell'EASO, specialmente quelle di sostegno e formazione, rappresentano i primi passi che sono stati compiuti. Il CESE esorta l'EASO a compiere progressi più rapidi per conseguire una capacità operativa superiore. Un'azione per rafforzare la capacità dell'EASO è tanto urgente quanto necessaria, e va coordinata con la programmazione e l'utilizzo del Fondo Asilo e migrazione (AMF). Il distacco di personale e gli interventi in caso di emergenza possono rappresentare delle misure che accrescono la visibilità di questa struttura e la fiducia in essa. La relazione annuale prevista può contribuire a ottenere dati di rilievo in materia di asilo. Il CESE raccomanda che nell'elaborazione della relazione annuale si tenga conto delle numerose prove che le organizzazioni della società civile attive in questo settore possono mettere a disposizione.

4.1.2

Il CESE esorta l'EASO a mettere rapidamente a punto un sistema di raccolta delle informazioni fornite dai paesi di origine dei migranti. L'Ufficio potrebbe così offrire agli Stati membri informazioni attendibili, tempestive e comparabili, accelerando la procedura e rendendola possibilmente più equa. Occorre altresì che in tali valutazioni siano accluse anche informazioni provenienti da fonti indipendenti.

4.1.3

Sebbene il rafforzamento dell'EASO rappresenti una linea d'azione positiva, ciò non dovrebbe impedire agli Stati membri di sviluppare i propri istituti e le proprie capacità di gestione della problematica dell'asilo. Continuando secondo la logica dell'incentivazione, il rafforzamento dell'EASO deve essere accompagnato da meccanismi che assicurino una maggiore apertura delle autorità nazionali verso la cooperazione europea e la gestione efficiente delle sfide sollevate dall'asilo.

4.1.4

Nel caso della politica di asilo, è nelle situazioni di crisi che viene messa alla prova, con risultati alterni, la validità delle soluzioni istituzionali adottate. L'Unione europea e i suoi Stati membri sono in generale scarsamente preparati a far fronte a flussi eccezionali di rifugiati. Un semplice esame mostra tuttavia che tali flussi, almeno per quanto riguarda i punti di ingresso, sono prevedibili. Il CESE raccomanda di rivolgere un'attenzione particolare al rafforzamento della capacità degli Stati più esposti ai flussi di rifugiati, siano essi consueti o straordinari.

4.1.5

Il CESE accoglie con favore la prosecuzione e l'approfondimento della cooperazione dell'EASO con altre agenzie specializzate dell'UE, come Frontex. Il Comitato insiste sulla necessità che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo riservi un'attenzione speciale alla problematica dei diritti fondamentali di coloro con cui l'EASO stesso viene direttamente o indirettamente a contatto. La cooperazione con l'Agenzia dell'UE per i diritti fondamentali è indispensabile alla realizzazione di un equilibrio strutturale e operativo tra gli strumenti utilizzati nella politica di asilo.

4.1.6

Il CESE ritiene opportuno il ricorso al meccanismo di protezione civile in caso di flussi migratori eccezionali. Questa possibilità non deve tuttavia rendere le autorità nazionali meno motivate a costruire sistemi di asilo solidi, che facciano fronte in modo soddisfacente alle variazioni nei flussi di rifugiati.

4.1.7

Il finanziamento sulle risorse dell'esercizio finanziario corrente deve essere prioritariamente utilizzato per l'attuazione efficiente del pacchetto legislativo rinnovato. Tuttavia il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di continuare a rafforzare le capacità degli Stati che si trovano a dover gestire flussi di rifugiati. Dato che la situazione geopolitica delle aree che sono all'origine di questi movimenti migratori è ancora instabile, non possiamo attenderci una diminuzione significativa del livello di tali flussi. Pertanto, il consolidamento dei sistemi nei paesi esposti a questo fenomeno deve continuare parallelamente agli sforzi tesi ad armonizzare e ad applicare la legislazione. È necessario proseguire e sostenere in modo adeguato i progetti in corso, molti dei quali sono a carattere innovativo e. Se essi non riescono a produrre risultati, verrà compromessa la fiducia degli Stati membri nel sostegno dell'UE e sarà indebolita la motivazione a impegnarsi maggiormente in futuro.

4.1.8

Dal 2014 gli Stati membri disporranno di un nuovo Fondo Asilo e migrazione (AMF). Il CESE esorta la Commissione a impegnarsi in un dialogo costruttivo con gli Stati membri per delineare un quadro preciso delle necessità e delle priorità a livello nazionale. È molto importante che in questo dialogo vengano coinvolti sia il Comitato economico e sociale europeo, in qualità di forum rappresentativo della società civile organizzata, che il Comitato delle regioni e gli enti locali. Nella programmazione dell'utilizzo del Fondo occorre indicare con precisione non solo le esigenze e le priorità a livello nazionale, ma anche le risorse e gli strumenti messi a disposizione di tali obiettivi. Inoltre il CESE ritiene che la relazione annuale sull'utilizzo dei fondi responsabilizzerà gli Stati membri nel perseguire in modo più deciso gli obiettivi della politica di asilo.

4.1.9

Il CESE osserva che le organizzazioni della società civile incontrano notevoli difficoltà nell'accedere ai fondi necessari per la realizzazione di progetti aventi un impatto significativo a livello locale. È indispensabile semplificare le procedure in modo tale da agevolare il coinvolgimento della società civile e dei richiedenti asilo.

4.1.10

Il CESE appoggia l'intenzione della Commissione europea di utilizzare i fondi disponibili soprattutto nei paesi abitualmente esposti ai flussi di rifugiati. Ciò incentiverà il coinvolgimento di tali paesi e, di riflesso, il consolidamento delle capacità esistenti. Inoltre è una misura che traduce in pratica il principio chiave della politica di asilo, ossia la solidarietà.

4.1.11

Analogamente, il CESE sostiene senza riserve gli incentivi finanziari previsti da accordare agli Stati membri, simili a quelli attualmente utilizzati per il reinsediamento di specifiche categorie di rifugiati (gruppi e persone vulnerabili provenienti dai programmi di protezione regionale), per compensare quegli Stati che accettano la ricollocazione di beneficiari di protezione internazionale provenienti da un altro Stato membro.

4.1.12

È inoltre necessario che i fondi disponibili siano utilizzati in modo complementare con altre fonti di finanziamento, come il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo per lo sviluppo regionale, e il CESE raccomanda che la società civile organizzata e gli enti locali e regionali vengano coinvolti in misura maggiore nei progetti.

4.2

Il CESE sostiene lo sforzo intrapreso al fine di riformare il regolamento Dublino. Esistono numerose prove, molte delle quali segnalate da organizzazioni della società civile, che il sistema non è efficiente rispetto agli obiettivi. Le decisioni e le raccomandazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo sono inoltre fondamentali nel quadro del dibattito sulla riforma del regolamento, riforma necessaria a medio e a lungo termine. Il CESE è sempre aperto al dibattito e sosterrà qualsiasi sforzo teso a esaminare, valutare e individuare le regolamentazioni e gli strumenti di intervento più adatti. Il CESE accoglie con estremo favore il riferimento ai diritti fondamentali in quanto criteri prioritari di valutazione dell'adeguatezza del sistema Dublino.

4.3

Per quel che riguarda la ricollocazione dei richiedenti protezione internazionale, il CESE ritiene che essa non sia necessaria, purché i richiedenti beneficino di condizioni decenti nei paesi in cui presentano domanda di protezione e – se del caso – possano avvalersi di una procedura rapida per la presentazione della domanda. Le capacità di accoglienza degli Stati devono essere rafforzate. Se ciò non avviene, un meccanismo volontario di ricollocazione dei richiedenti basato su incentivi potrebbe produrre dei risultati.

4.3.1

Per quel che concerne la ricollocazione dei beneficiari di protezione internazionale, benché esista un relativo consenso sulla necessità di darle concreta attuazione, gli Stati membri hanno cooperato senza convinzione in questo campo. Il progetto pilota sostenuto dalla Commissione europea non è capace di creare un meccanismo efficiente di ricollocazione. Il CESE esorta la Commissione europea, l'EASO e gli Stati membri a continuare a collaborare nel quadro di questo progetto e vedrebbe di buon occhio la sua trasformazione in programma permanente, attuato su base volontaria. È tuttavia essenziale individuare e mobilitare gli incentivi che porterebbero a un maggiore coinvolgimento degli Stati membri in un simile programma permanente. Nella valutazione programmata dalla Commissione la dimensione degli incentivi e della motivazione deve occupare una posizione centrale.

4.4

L'istituzione del trattamento congiunto delle domande di asilo potrebbe essere uno strumento utile nell'attuazione della politica di asilo. Il CESE attende con interesse i risultati della valutazione programmata dalla Commissione europea in rapporto a questo problema, che è complesso dal punto di vista sia giuridico che operativo. Il CESE ritiene che il trattamento congiunto possa rappresentare una risposta appropriata per far fronte ai flussi variabili dei richiedenti asilo. Inoltre potrebbe creare uno standard di procedura in grado di orientare gli Stati membri nella loro attività. Il CESE ritiene che il trattamento congiunto, previa considerazione della valutazione d'impatto, debba essere promosso parallelamente al consolidamento delle capacità nazionali. Queste capacità sono più complesse di un semplice trattamento delle domande e gli Stati membri devono essere incoraggiati ad assumersi costantemente un ruolo attivo in rapporto a tutti gli aspetti della politica di asilo.

4.5

Il CESE accoglie favorevolmente l'attivazione del meccanismo previsto nella direttiva sulla protezione temporanea, qualora siano soddisfatte le condizioni. I flussi eccezionali di rifugiati, benché rari, determinano situazioni di crisi, a cui le istituzioni europee e quelle nazionali devono essere preparate. Il CESE richiama inoltre l'attenzione sulle prassi associate alle missioni di salvataggio e ribadisce il concetto che il principio di non respingimento deve essere rispettato in modo integrale.

4.6

Il CESE si rallegra per la maturazione e l'affinamento della politica di asilo dimostrati nel caso della Grecia. Il ricorso a strumenti per sanzionare una violazione del diritto dell'UE deve essere accompagnato da misure di sostegno. Il CESE auspica un approccio proattivo e preventivo da parte della Commissione europea e di altre agenzie specializzate in rapporto agli Stati che devono migliorare i risultati del proprio sistema nazionale di asilo. Sebbene il programma di assistenza alla Grecia rappresenti un passo avanti importante, esso deve proseguire e beneficiare di un finanziamento adeguato. Il caso greco e quello maltese rappresentano le pietre di paragone della politica di asilo. Se gli Stati membri e le istituzioni europee non riescono ad essere concretamente solidali con i paesi che devono far fronte a flussi consistenti di rifugiati, la politica comune di asilo sarà un fallimento con conseguenze rilevanti per numerose persone che si trovano in una situazione di rischio. L'assistenza va diversificata, rafforzata e coordinata in modo adeguato.

4.7

Il CESE auspica il rafforzamento del sistema Dublino dal punto di vista di un migliore monitoraggio e della creazione di un meccanismo di allarme rapido. Questi strumenti possono migliorare la preparazione degli Stati membri nella gestione dei flussi di rifugiati e nel coordinamento effettivo della politica di asilo. Tali strumenti devono essere chiaramente orientati ai bisogni degli Stati membri, tenendo nel debito conto la necessità di rispettare i diritti fondamentali dei rifugiati.

4.8

Una gestione più efficiente delle frontiere e una politica migliore in materia di visti potrebbero contribuire al consolidamento della politica di asilo. Il CESE accoglie favorevolmente i passi compiuti in questa direzione, ma ritiene che una clausola di salvaguardia che permetta di sospendere gli spostamenti da un paese terzo in regime di esenzione dal visto possa essere problematica, anche se l'applicazione di tale clausola è subordinata ad una condizione, ossia l'esistenza di dati che provino che l'assenza di visti ha portato a un utilizzo abusivo del sistema di asilo.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/97


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Iniziativa “Opportunità per i giovani”»

COM(2011) 933 final

2012/C 299/18

Relatore: JASIŃSKI

La Commissione, in data 20 dicembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Iniziativa "Opportunità per i giovani"

COM(2011) 933 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 212 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Sintesi delle raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea l'utilità dell'iniziativa Opportunità per i giovani, che richiama l'attenzione sui problemi attuali e al tempo stesso evidenzia gli obiettivi della comunicazione Youth on the move. Il CESE è pronto a prendere parte all'attuazione dell'iniziativa, collaborando con le parti sociali e le organizzazioni della società civile e svolgendo un'opera di promozione congiunta con le parti interessate.

1.2   Il CESE osserva che il successo dell'iniziativa Opportunità per i giovani può essere inficiato dalla politica di austerità e dalla mancanza di una politica chiara e generalmente riconosciuta a favore della crescita. Questa importante iniziativa infatti, pur potendo rappresentare una fonte di nuove possibilità per i giovani, di per sé - avulsa, cioè, dal contesto - non crea però nessun posto di lavoro. Per garantirne un'adeguata attuazione occorre quindi riconoscere la necessità di creare condizioni economiche e finanziarie adeguate.

1.3   Il CESE riconosce la necessità di continuare le azioni per prevenire l'abbandono precoce degli studi. È importante mantenere e, ove possibile, incrementare le risorse a disposizione degli Stati membri per prevenire tale fenomeno.

1.4   Tenuto conto delle differenti situazioni riscontrabili tra i giovani dei due sessi, il CESE sottolinea l'importanza di un adeguato sistema di istruzione, formazione e orientamento professionale per aiutare i giovani sia a ottenere una migliore istruzione, qualificazione e competenza, sia a scegliere una scuola, anche a livello di istruzione superiore e formazione professionale, che garantisca di poter trovare un'occupazione adeguata.

1.5   Il CESE sostiene lo sviluppo di competenze che rispondano alle esigenze del mercato del lavoro attraverso la cooperazione attiva tra mondo del lavoro e istituti di istruzione. Plaude al sostegno finanziario aggiuntivo previsto dalla Commissione per i programmi Il tuo primo lavoro EURES e Erasmus per gli imprenditori e per il rafforzamento della mobilità dei giovani.

1.6   Il CESE ritiene opportuno sostenere le prime esperienze professionali e la formazione sul posto di lavoro. Concorda sul fatto che l'apprendistato e i tirocini, nonché i programmi di volontariato, sono strumenti importanti che permettono ai giovani di acquisire competenze ed esperienza professionale. In nessun caso, tuttavia, tali strumenti possono sostituire le forme di lavoro regolare. In tal senso, va sottolineata l'importanza di tutte le iniziative tese a migliorare la qualità dei tirocini, come ad esempio la Carta europea della qualità per i tirocini e gli apprendistati (European Quality Charter on Internships and Apprenticeships).

1.7   Il CESE sottolinea l'importanza di disporre di criteri qualitativi per apprendistati e tirocini. In tal senso, plaude all'iniziativa della Commissione di adottare, nel 2012, un quadro qualitativo volto a incoraggiare l'offerta e la partecipazione a tirocini di qualità.

1.8   Il CESE evidenzia il ruolo delle parti sociali nel processo di condivisione delle buone pratiche e nella progettazione, attuazione e monitoraggio di un sistema di tirocini professionali.

1.9   Il CESE ritiene appropriato incrementare i mezzi di bilancio a disposizione della Commissione da destinare direttamente al servizio volontario europeo. Accoglie altresì con favore la creazione di un nuovo corpo volontario europeo di aiuto umanitario, ma esprime preoccupazione per l'assenza di una valutazione adeguata della fase pilota attualmente in corso e della natura realmente volontaria dell'iniziativa.

1.10   Nel primo lavoro dovrebbe essere garantita l'applicazione delle norme minime sul lavoro, che non dovrebbero discostarsi da quelle previste per i lavoratori con più esperienza: a questo proposito, è essenziale vietare qualunque forma di discriminazione fondata sull'età. Il CESE ribadisce, ancora una volta, l'importanza fondamentale di misure che contribuiscano ad assicurare ai giovani un lavoro stabile, di qualità e adeguatamente retribuito con garanzie di sicurezza sociale sin dall'inizio della carriera.

1.11   Il CESE sottolinea che l'iniziativa Garanzia europea per la gioventù dovrebbe essere sostenuta da una politica attiva del mercato del lavoro che contribuisca a eliminare lo scollamento tra il sistema di istruzione e formazione e il mercato del lavoro, nella stessa misura per i giovani di entrambi i sessi.

1.12   Il CESE ribadisce le proposte concrete formulate recentemente nel suo parere sugli orientamenti a favore dell'occupazione per affrontare la situazione dei giovani sul mercato del lavoro, deterioratasi in maniera drammatica in molti Stati membri a causa della crisi:

definizione di ambiziosi obiettivi UE per l'occupazione giovanile;

attuazione coerente della "garanzia per i giovani" in tutti gli Stati membri;

incremento e maggiore accessibilità dei fondi dell'UE nei paesi particolarmente colpiti dalla disoccupazione giovanile;

stanziamento di risorse adeguate per la lotta alla disoccupazione giovanile nel nuovo bilancio UE;

migliore accesso dei giovani alle prestazioni sociali in caso di disoccupazione;

lotta all'occupazione precaria e non regolamentata nel settore dei tirocini e dell'apprendistato;

promozione del sistema duale nella formazione professionale come modello per l'UE (1).

1.13   Il CESE rileva che occorrerà adoperarsi in modo particolare affinché nel predisporre le prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020 si garantisca la disponibilità di risorse per i giovani nel quadro del Fondo sociale europeo.

1.14   Poiché la creazione di posti di lavoro di qualità deve restare una priorità, il CESE propone che nelle prossime prospettive finanziarie sia esaminata l'adozione di una strategia europea per l'occupazione giovanile.

1.15   Dovrebbe essere considerata fondamentale la disponibilità della Commissione a fornire fondi di assistenza tecnica tesi a facilitare l'utilizzo dei fondi UE ancora disponibili da parte degli Stati membri; questo vale soprattutto per il Fondo sociale europeo, nel cui quadro sono ancora disponibili 30 miliardi di euro per progetti relativi alle prospettive finanziarie 2007-2013.

2.   Sintesi dell'iniziativa della Commissione. Contesto del problema

2.1   I problemi che i giovani affrontano sul mercato del lavoro sono di natura strutturale. Essi erano evidenti già molti anni prima che avesse inizio la crisi odierna. La crisi in atto dal 2008 li ha esacerbati. Il tasso di disoccupazione nella fascia d'età compresa tra i 15 e i 24 anni è più del doppio rispetto a quello dell'insieme della popolazione attiva e quasi il triplo rispetto a quello della popolazione attiva adulta. Tra il 2008 e il 2010 il numero di giovani europei senza lavoro è aumentato di un milione per arrivare agli oltre cinque milioni attuali: preoccupa il fatto che oggi nell'UE una persona su cinque non è in grado di trovare lavoro. Un altro fenomeno particolarmente allarmante è l'aumento, tra i giovani, della disoccupazione di lungo periodo: in media, il 28 % dei giovani disoccupati di più di 25 anni rimane senza lavoro per più di 12 mesi.

2.2   La strategia Europa 2020 fissa una serie di obiettivi ambiziosi che dovrebbero contribuire alla promozione di una crescita economica intelligente, sostenibile e inclusiva nell'UE; il contributo dei giovani è essenziale per realizzare questi obiettivi. L'iniziativa Youth on the move, pubblicata nel settembre 2010, sottolinea che per "valorizzare appieno il loro potenziale" e conseguire gli obiettivi di Europa 2020 è fondamentale garantire ai giovani un'istruzione e una formazione di qualità, un'integrazione efficace e duratura nel mondo del lavoro, un lavoro dignitoso e adeguatamente retribuito e una maggiore mobilità. È essenziale però che il modello adottato nel quadro della strategia sia realizzato.

2.3   La gravità della crisi economica ha reso impossibile per il momento raggiungere gli obiettivi delineati nell'iniziativa Youth on the move, e per di più la situazione giovanile sul mercato del lavoro si deteriora costantemente. L'Unione europea deve investire nei giovani e intraprendere azioni immediate ed efficaci per prevenire e contrastare l'alto tasso di disoccupazione giovanile, compresa quella di lungo periodo. I fondi disponibili per stimolare la crescita economica sono vitali per creare nuovi posti di lavoro, ma non sono di per sé sufficienti per risolvere il problema della disoccupazione giovanile.

2.4   Al termine del primo semestre europeo di governance economica (2011), la Commissione, nell'Analisi annuale della crescita 2012, ha richiamato l'attenzione sui primi segnali indicanti che gli Stati membri non reagiscono in maniera abbastanza efficace alle raccomandazioni formulate.

2.5   Alla luce del costante deterioramento della situazione occupazionale dei giovani, la Commissione intraprende ora un secondo tentativo per migliorare la situazione proponendo l'iniziativa Opportunità per i giovani, rivolta specificamente ai giovani che non lavorano, non proseguono gli studi né seguono una formazione. L'obiettivo è combinare le specifiche misure degli Stati membri con quelle dell'UE, le cui priorità sono individuate nella strategia Europa 2020, nelle conclusioni del Consiglio del 2011 sull'occupazione giovanile e nella raccomandazione del Consiglio sulle politiche di riduzione dell'abbandono scolastico.

2.6   Data la gravità della situazione sopra descritta, la Commissione ritiene che, senza attendere le raccomandazioni specifiche per paese per il 2012, gli Stati membri, in particolare quelli con i più elevati tassi di disoccupazione giovanile, dovrebbero adottare provvedimenti energici nei seguenti quattro settori principali:

prevenzione dell'abbandono precoce degli studi;

sviluppo di competenze che rispondano alle esigenze del mercato del lavoro;

sostegno a una prima esperienza di lavoro e alla formazione sul posto di lavoro;

accesso al mercato del lavoro: ottenere un (primo) posto di lavoro.

2.7   La Commissione metterà a disposizione fondi per l'assistenza tecnica allo scopo di facilitare l'utilizzo, da parte degli Stati membri, dei fondi UE ancora disponibili, segnatamente quelli del Fondo sociale europeo, che ha a disposizione ancora circa 30 miliardi di euro per progetti nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013.

2.8   L'iniziativa Opportunità per i giovani si fonda su una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione, e incoraggia un'azione concertata per assicurare che tutte le parti interessate utilizzino appieno il sostegno finanziario dell'UE e gli strumenti disponibili.

3.   Osservazioni generali

3.1   La comunicazione sull'iniziativa Opportunità per i giovani dovrebbe essere valutata in stretto collegamento con le raccomandazioni formulate dalla Commissione nelle iniziative intraprese nel quadro della strategia Europa 2020, ossia Youth on the move e Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione, nonché con le conclusioni del Consiglio di giugno 2011 sull'occupazione giovanile e la raccomandazione del Consiglio sulle politiche di riduzione dell'abbandono scolastico.

3.2   Il Comitato si rammarica che anche questa volta, come già per l'iniziativa Youth on the move, la Commissione abbia trascurato le misure per rafforzare e sviluppare la dimensione sociale e civile delle tematiche giovanili in Europa. I giovani dovrebbero collaborare all'iniziativa e non esserne semplicemente l'oggetto o i beneficiari. Il Comitato, pertanto, invita nuovamente la Commissione a prevedere le azioni necessarie. Sottolinea inoltre la necessità di coinvolgere i giovani nell'attuazione dell'iniziativa a ogni livello.

3.3   Dal lancio di Youth on the move, la situazione dei giovani sul mercato del lavoro dell'UE anziché migliorare è in realtà peggiorata. Il CESE rileva che il successo dell'iniziativa Opportunità per i giovani può essere inficiato dalla politica di austerità macroeconomica degli Stati membri, attuata sullo sfondo della nuova governance economica, e dalla mancanza di una politica chiara e generalmente riconosciuta a favore della crescita. Nell'attuare le misure adottate nell'ambito della severa politica di bilancio degli Stati membri, si dovrebbe tenere conto del loro impatto sulla situazione dei giovani sul mercato del lavoro. Il CESE è quindi dell'avviso che per i giovani questa importante iniziativa possa essere fonte di nuove possibilità, ma che di per sé - considerata isolatamente dal più ampio contesto economico - essa non crei nessun posto di lavoro. Perciò, per garantirne un'attuazione adeguata, occorre creare condizioni economiche e finanziarie favorevoli. Per quanto riguarda tutte le misure intese a superare la crisi economica e l'indebitamento pubblico, occorre evitare che siano in contrasto con l'obiettivo di incentivare la domanda e l'occupazione (durante e dopo la crisi) e di attenuare le difficoltà sociali. In particolare, vanno garantiti investimenti pubblici in una politica occupazionale attiva e nell'istruzione generale e professionale.

3.4   Il CESE sottolinea che l'assenza di azioni immediate ed efficaci per migliorare la situazione sul mercato del lavoro nell'UE aggraverà il fenomeno dello spreco del potenziale intellettuale (brain waste) e della fuga dei cervelli (brain drain) collegati alla migrazione per motivi professionali. Ciò comporta non soltanto la perdita - spesso definitiva - delle risorse pubbliche investite nell'istruzione, ma anche - a livello di Stato membro e dell'intera UE - di capitale umano.

3.5   A questo proposito, il CESE giudica positivamente il fatto che la nuova iniziativa della Commissione da un lato richiama l'attenzione sui problemi attuali, dall'altro mette in rilievo gli obiettivi della comunicazione Youth on the move. Il valore aggiunto dell'iniziativa in esame sta nel fatto che essa punta su misure concrete da parte degli Stati membri e prevede opportunità di sostegno finanziario che, secondo il CESE, potrebbero contribuire efficacemente a migliorare la situazione dei giovani sul fronte dell'istruzione e sul mercato del lavoro.

3.6   L'obiettivo della comunicazione della Commissione è incoraggiare gli Stati membri a intraprendere misure correttive immediate e concrete nel settore dell'occupazione e collegare la questione dell'occupazione giovanile (specialmente quello dei giovani che non lavorano, non proseguono gli studi né seguono una formazione) a quella dei sistemi di istruzione e di formazione professionale, nonché migliorare e rafforzare la legislazione, tenendo conto del fatto che spesso il fenomeno dei giovani disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione (NEET) è strettamente collegato a quello del lavoro nero.

3.7   Prevenzione dell'abbandono precoce degli studi

3.7.1   Il CESE accoglie con favore questa nuova iniziativa per prevenire l'abbandono precoce degli studi e conferma la particolare importanza di ridurre il tasso dei giovani interessati da questo fenomeno, soprattutto in alcuni Stati membri. Questo è anche uno degli obiettivi chiave della strategia Europa 2020 (2). Il CESE ritiene che occorra dare seguito a tali misure, mantenendo o (se possibile) incrementando le risorse a disposizione degli Stati membri per la prevenzione dell'abbandono precoce degli studi e adottando misure che migliorino l'attrattiva dell'istruzione offerta. Al tempo stesso, il Comitato sottolinea la necessità di rafforzare l'inclusività del sistema di istruzione.

3.7.2   Il CESE concorda con la Commissione sulla necessità di intraprendere azioni immediate sotto forma di reinserimento attraverso la formazione, e invita pertanto gli Stati membri ad agire immediatamente ed efficacemente per ridurre la percentuale dell'abbandono precoce degli studi al 10 %. Attualmente, la media negli Stati membri dell'UE è del 14 %.

3.8   Sviluppo di competenze che rispondano alle esigenze del mercato del lavoro: mobilità

3.8.1   Il CESE concorda sul fatto che lo sviluppo di competenze che rispondano alle esigenze del mercato del lavoro è fondamentale per l'integrazione dei giovani nel mercato del lavoro; soprattutto, è vitale promuovere una più intensa sinergia tra il mondo del lavoro e l'istruzione, riservando particolare importanza al ruolo del sistema di istruzione misto. Il CESE rileva l'importanza del sostegno all'imprenditoria e alla cooperazione, sia nel settore agricolo che in quello industriale e in quello dei servizi, tra il mondo delle aziende e il sistema d'istruzione a tutti i livelli di studio. Sottolinea inoltre il ruolo che l'istruzione riveste, oltre che per l'economia, per i più ampi bisogni delle società. In questo senso, sarebbe importante che i programmi scolastici affrontassero le questioni legate al diritto del lavoro e garantissero agli studenti delle conoscenze sulle possibilità offerte dall'UE in quest'ambito. Ciò contribuirebbe a formare nei giovani una consapevolezza ancor prima che entrino nel mercato del lavoro e ne rafforzerebbe inoltre l'identità europea.

3.8.2   Il CESE richiama l'attenzione sulle linee guida del comunicato di Bruges sul rafforzamento della cooperazione europea in materia di insegnamento e formazione professionali per il periodo 2011-2020. L'Europa ha bisogno di sistemi di istruzione e formazione professionale flessibili e di qualità, in grado di rispondere alle necessità di oggi e di domani. Un orientamento costante nel campo dell'istruzione, della formazione professionale e dell'occupazione potrebbe essere uno strumento utile per rafforzare l'efficacia dell'iniziativa. Ciò è particolarmente importante per quanto riguarda il problema della fuga dei cervelli.

3.8.3   Il Comitato raccomanda di rafforzare gli strumenti per la mobilità giovanile. Si esprime a favore dell'iniziativa della Commissione di istituire, con il sostegno del Parlamento europeo, un programma mirato per la mobilità professionale che assista i giovani nella ricerca di un'occupazione in un altro Stato membro dell'UE e aiuti le imprese a coprire i posti di lavoro per i quali vi è scarsità d'offerta. Il CESE reputa importante sostenere l'apprendimento delle lingue straniere e l'acquisizione di abilità nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC).

3.8.4   Il CESE sostiene l'iniziativa della Commissione volta a garantire assistenza finanziaria nell'ambito dell'azione Il tuo primo lavoro EURES, che mira ad aiutare circa 5 000 giovani a trovare lavoro in altri Stati membri durante il periodo 2012-2013. Esso monitorerà il programma durante la fase pilota in vista del suo sviluppo futuro.

3.8.5   Il CESE accoglie con soddisfazione le misure della Commissione volte a utilizzare 3 milioni di euro destinati all'assistenza tecnica nel quadro dell'FSE per aiutare gli Stati membri a istituire regimi di sostegno destinati ai giovani neoimprenditori e agli imprenditori sociali. Un altro sviluppo significativo è il finanziamento di altri circa 600 scambi nel 2012 nell'ambito del programma Erasmus per gli imprenditori.

3.8.6   Al tempo stesso, tuttavia, il CESE è dell'avviso che la comunicazione della Commissione non presti la dovuta attenzione al problema delle risorse finanziarie da destinare ai sussidi diretti per i giovani che intendono avviare un'attività economica (insufficienza o limitata accessibilità di tali risorse). Si tratta di risorse finanziarie provenienti sia dai fondi europei che dal bilancio degli Stati membri. Secondo il Comitato, gli aiuti ai giovani imprenditori che decidono di avviare un'attività economica potrebbero essere uno strumento chiave per ridurre la disoccupazione giovanile.

3.9   Sostegno a una prima esperienza di lavoro e alla formazione sul posto di lavoro

3.9.1   Il CESE concorda sul fatto che l'apprendistato e i tirocini sono uno strumento importante affinché i giovani possano acquisire competenze ed esperienza professionale e che tale strumento dovrebbe rientrare nelle strategie di responsabilità sociale delle imprese. Un'impresa che investa in lavoratori giovani e li tratti come una risorsa di valore vedrà aumentare significativamente il coinvolgimento dei giovani nel suo funzionamento.

3.9.2   Il CESE sottolinea il ruolo importante che possono svolgere in quest'ambito una politica attiva del mercato del lavoro e migliori servizi di collocamento: i giovani dovrebbero beneficiare fin dalla scuola di un orientamento professionale per tutti i settori - agricoltura, industria e servizi.

3.9.3   Il CESE ritiene importante che nel 2012 la Commissione sovvenzioni con 1,5 milioni di euro una campagna rivolta a sensibilizzare gli imprenditori ai tirocini organizzati nel quadro dei programmi Erasmus e Leonardo da Vinci.

3.9.4   Il CESE sottolinea altresì l'importanza di disporre di criteri qualitativi per apprendistati e tirocini: occorrerebbe istituire un quadro europeo per la regolamentazione dei tirocini. In tal senso, esso plaude all'iniziativa della Commissione di presentare entro l'anno un quadro qualitativo volto a incoraggiare l'offerta e la partecipazione a tirocini di qualità, creando tra l'altro un ambiente in cui i tirocini in tutta l'Unione siano caratterizzati da maggiore trasparenza relativamente alle condizioni dei tirocinanti.

3.9.5   Le esperienze presso le imprese, tuttavia, non devono sostituire le forme regolari di occupazione, ma offrire ai tirocinanti la possibilità di acquisire le competenze necessarie per un accesso agevole al mercato del lavoro. I tirocinanti, inoltre, dovrebbero ricevere uno stipendio dignitoso quando svolgono compiti lavorativi reali presso il luogo di lavoro: una remunerazione insufficiente o assente, infatti, si traduce nella segmentazione del mercato del lavoro. Affinché i tirocini siano efficaci e rispondano alle necessità del mercato del lavoro, occorre coinvolgere le parti sociali nella loro progettazione, organizzazione e attuazione e nel loro finanziamento.

3.9.6   Il CESE seguirà da vicino e sosterrà tutte le iniziative finalizzate al miglioramento della qualità dei tirocini, come la Carta europea della qualità per i tirocini e gli apprendistati (European Quality Charter on Internships and Apprenticeships), presentata dal Forum europeo della gioventù, così da rafforzare il dialogo della società civile per l'elaborazione di norme adeguate nel settore.

3.9.7   Il CESE accoglie con favore la stipulazione, da parte delle parti sociali europee, dell'accordo quadro sui mercati del lavoro inclusivi, avvenuta nel 2010. Il CESE sottolinea l'importanza dei fattori in esso elencati, che hanno un impatto sull'inserimento nel mercato del lavoro: a) fattori contestuali (legati all'ambiente economico e al mercato del lavoro e che spesso ostacolano l'inserimento), b) fattori lavorativi, c) fattori individuali (come competenze, qualifiche e livelli d'istruzione, motivazione, conoscenza delle lingue, stato di salute inclusa la disabilità e periodi di disoccupazione frequenti o prolungati). Il CESE esorta le parti sociali negli Stati membri ad attuare urgentemente l'accordo, soprattutto per quanto riguarda l'obiettivo di incrementare il numero di apprendistati e tirocini di qualità.

3.9.8   Il CESE conferma la necessità di creare un passaporto unico europeo delle competenze, che riunisca in un solo documento tutte le qualifiche e competenze acquisite nell'ambito dell'istruzione formale, informale e non formale.

3.9.9   Il CESE, inoltre, sottolinea l'importanza di condividere le buone pratiche sugli apprendistati per i giovani, e plaude alla notizia che la Commissione stanzierà direttamente 1,3 milioni di euro a titolo del Fondo sociale europeo per contribuire alla creazione di programmi di apprendistato.

3.9.10   In tale contesto, sono particolarmente importanti le esperienze dei paesi che hanno introdotto un sistema d'istruzione misto. Il vantaggio di questo sistema sta nel fatto che esso coniuga la tradizionale istruzione scolastica con l'applicazione pratica di tali conoscenze sul posto di lavoro: ciò consente agli studenti di sviluppare le abilità e le competenze necessarie sul mercato del lavoro. Il CESE sottolinea che le parti sociali possono essere coinvolte nel processo di condivisione delle buone pratiche e nella progettazione, attuazione e monitoraggio di sistemi di questo tipo, e accoglie con favore le linee guida della Commissione in merito. Occorre valutare la possibilità di applicare questo sistema duale che associa istruzione generale e formazione professionale anche in altri Stati membri.

3.9.11   Il CESE ritiene opportuno incrementare la dotazione di bilancio della Commissione destinata direttamente al servizio volontario europeo, così da offrire almeno 10 000 posti per volontari nel 2012. Plaude altresì all'istituzione di un nuovo corpo volontario europeo di aiuto umanitario. Tuttavia, esprime preoccupazione per l'assenza di una valutazione adeguata della fase pilota attualmente in corso e della natura realmente volontaria dell'iniziativa. Analogamente a quanto avviene per i tirocini, occorrerebbe sottolineare la necessità di garantire un volontariato di qualità.

3.9.12   Il CESE sosterrà lo scambio e la diffusione di esperienze e informazioni nel campo dei programmi nazionali di volontariato a lungo termine intesi a fornire orientamento professionale e a fare acquisire prime esperienze lavorative, già attuati con successo in alcuni Stati membri.

3.10   Accesso al mercato del lavoro: ottenere un (primo) posto di lavoro

3.10.1   Non si può sopravvalutare l'importanza del primo lavoro di una persona, non solo per quanto riguarda il suo reddito futuro ma anche per la sua futura carriera e per la pensione. Le norme minime del lavoro dovrebbe essere garantite fin dall'inizio del primo lavoro. Esse non dovrebbero discostarsi da quelle previste per i lavoratori con più esperienza: È dunque essenziale vietare qualunque forma di discriminazione fondata sull'età. L'importanza delle misure che contribuiscono a garantire ai giovani un lavoro stabile, di qualità e adeguatamente retribuito sin dall'inizio non può essere sottovalutata (3). Occorre esaminare l'opportunità di introdurre incentivi per le piccole e medie imprese che assumono a tempo indeterminato lavoratori giovani alla loro prima esperienza di lavoro.

3.10.2   Le raccomandazioni della Commissione relative alla riduzione dell'eccessiva rigidità dei contratti a tempo indeterminato dovrebbero tener conto anche dei rischi che possono essere collegati a questo tipo di attività. I contratti a tempo determinato, oggi all'ordine del giorno per i giovani (specialmente a inizio carriera), hanno portato a un doppio mercato del lavoro, diviso in segmenti. I lavoratori con contratti a tempo determinato vivono nell'incertezza, rischiano di perdere il lavoro e hanno scarse prospettive di carriera. Questo doppio mercato del lavoro sta diventando un problema particolarmente grave per i giovani, e può portarli allo sballottamento costante del lavoratore perennemente insicuro del suo futuro, con ripercussioni negative sul loro sviluppo professionale. La segmentazione del mercato del lavoro (che fa dei giovani dei lavoratori di seconda categoria) implica anche un peggioramento delle condizioni di lavoro e prospettive di carriera più insoddisfacenti. Il CESE sconsiglia il ricorso a soluzioni precarie e senza prospettive in materia di integrazione nel mercato del lavoro. Invece di puntare sull'occupazione precaria, bisogna attuare misure atte a evitare che il lavoro a tempo determinato, mal retribuito e poco tutelato divenga la norma per i giovani.

3.10.3   La stabilità e la sicurezza sul mercato di lavoro sono importanti non solo per i lavoratori dipendenti, ma anche per i loro datori di lavoro, in quanto stimolano la competitività delle imprese, dei settori e delle branche dell'industria garantendo una maggiore produttività. È infatti importante che tutti siano consapevoli del fatto che - tenendo presente la questione della stabilità occupazionale del lavoratore - un contratto a tempo determinato è in realtà più costoso per il datore di lavoro di un contratto a tempo indeterminato.

3.10.4   Il CESE ribadisce le proposte concrete formulate recentemente nel suo parere sugli orientamenti a favore dell'occupazione per affrontare la situazione dei giovani sul mercato del lavoro, deterioratasi in maniera drammatica in molti Stati membri a causa della crisi:

definizione di ambiziosi obiettivi UE per l'occupazione giovanile;

attuazione coerente della "garanzia per i giovani" in tutti gli Stati membri;

incremento e maggiore accessibilità dei fondi UE nei paesi particolarmente colpiti dalla disoccupazione giovanile;

stanziamento di risorse adeguate per la lotta alla disoccupazione giovanile nel nuovo bilancio dell'UE;

migliore accesso dei giovani alle prestazioni sociali in caso di disoccupazione;

lotta all'occupazione precaria e non regolamentata nel settore dei tirocini e dell'apprendistato;

promozione del sistema duale nella formazione professionale come modello per l'UE.

3.11   Gli Stati membri e i soggetti che operano nel mercato del lavoro devono dimostrare molta più iniziativa nell'attuazione della Garanzia europea per la gioventù, assicurando loro possibilità di lavoro, studio o formazione (riqualificazione) entro quattro mesi dal completamento del percorso scolastico, soprattutto per quanti abbandonano precocemente la scuola e la formazione e altri giovani vulnerabili. La Commissione europea dovrebbe intervenire in maniera incisiva per far sì che gli Stati membri attuino senza indugio tale iniziativa.

3.12   Il fatto che l'azione degli Stati membri e dei soggetti che operano nel mercato del lavoro non ha portato, finora ad alcun miglioramento nella situazione dei giovani è particolarmente evidente nel contesto dell'attuazione della Garanzia europea per la gioventù. Di conseguenza, il CESE plaude all'iniziativa della Commissione che prevede lo stanziamento di 4 milioni di euro agli Stati membri per aiutarli a istituire sistemi di garanzia europea per la gioventù. In questo contesto, il CESE ribadisce il proprio invito affinché gli Stati membri individuino rapidamente tutti gli ostacoli in questo campo al fine di assicurare una "garanzia per i giovani" e definire misure e obiettivi concreti nell'ambito dei piani nazionali di riforma.

3.13   Il CESE sottolinea che l'iniziativa Garanzia europea per la gioventù dovrebbe essere sostenuta da una politica attiva del mercato del lavoro che contribuisca a eliminare lo scollamento tra il sistema di istruzione e formazione e il mercato del lavoro, nella stessa misura per i giovani di entrambi i sessi. Inoltre, tale iniziativa dovrebbe tener conto della situazione degli immigrati, delle minoranze nazionali ed etniche e dei disabili. Dovrebbe inoltre tenere conto delle conoscenze, competenze, abilità ed esperienze dei lavoratori più anziani, anche quelli già in pensione.

3.14   Negli attuali orientamenti per l'occupazione dell'UE continuano a mancare obiettivi concreti per la lotta alla disoccupazione giovanile. Il CESE ribadisce l'invito a definire obiettivi europei quantificabili, in particolare per quanto riguarda la riduzione significativa della disoccupazione giovanile e la "garanzia per i giovani".

3.15   Dovrebbe essere considerata di particolare importanza la disponibilità della Commissione a fornire fondi per l'assistenza tecnica intesi a facilitare l'utilizzo dei fondi UE ancora disponibili da parte degli Stati membri, in particolare quelli del Fondo sociale europeo, nel cui quadro sono ancora disponibili 30 miliardi di euro per progetti relativi alle prospettive finanziarie 2007-2013. La Commissione europea dovrebbe quindi condurre un'azione incisiva per far sì che gli Stati membri utilizzino tali fondi appieno e senza indugio.

3.16   Il CESE esorta la Commissione a chiarire agli Stati membri che tali fondi dovrebbero essere usati in primo luogo per progetti destinati ai giovani. La Commissione europea dovrebbe inoltre richiamare l'attenzione degli Stati membri sulla necessità di assicurare che il processo di distribuzione di tali fondi, nonché la loro adeguata allocazione, si realizzino con il pieno coinvolgimento delle parti sociali, delle organizzazioni giovanili nazionali (ove esistenti) e delle ONG rappresentative dei giovani.

3.17   Il CESE rileva che nell'elaborazione delle prospettive finanziarie per il 2014-2020 occorrerebbe adoperarsi in modo particolare per garantire che nel quadro del Fondo sociale europeo siano previste risorse destinate ai giovani, specialmente quelli che non lavorano, non proseguono gli studi né seguono una formazione (i cosiddetti NEET). A questo proposito, va tenuto particolarmente presente il fatto che il fenomeno dei NEET è spesso strettamente collegato a quello del lavoro nero. Il CESE sottolinea la necessità, ora e in futuro, di una formula di finanziamento di lungo periodo, permanente e sistematica, accessibile a un ampio campione della società civile.

3.18   Poiché la creazione di posti di lavoro di qualità deve restare una priorità, il CESE propone che nelle prossime prospettive finanziarie si consideri l'adozione di una strategia europea per l'occupazione giovanile. I fondi disponibili nell'ambito di questa strategia dovrebbero essere utilizzati per sostenere le imprese, le organizzazioni della società civile, le autorità pubbliche e gli altri datori di lavoro che creano posti di lavoro nuovi e di qualità per i giovani.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. le richieste concrete formulate nella sezione 5 del parere CESE (GU C 143 del 22.5.2012, pag. 94).

(2)  Parere del CESE sulla comunicazione Youth on the move GU C 132 del 3.5.2011, pag. 55.

(3)  Parere del CESE sulla comunicazione Youth on the move, GU C 132 del 3.5.2011, pag. 55.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/103


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma “Giustizia” per il periodo 2014-2020»

COM(2011) 759 final — 2011/0369 (COD)

2012/C 299/19

Relatore: DE LAMAZE

Il Consiglio, in data 9 febbraio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma "Giustizia" per il periodo 2014-2020

COM(2011) 759 final — 2011/0369 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 126 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale (CESE) accoglie con favore l'obiettivo di semplificazione e razionalizzazione della presente proposta di regolamento e sostiene la scelta della Commissione a favore dell'opzione B. La fusione dei programmi Giustizia civile e Giustizia penale è giustificata dalla prossimità degli obiettivi, degli attori e delle tipologie di azione da finanziare.

1.2   Tuttavia, nell'ambito di questo nuovo programma Giustizia per il periodo 2014-2020, e malgrado le giustificazioni di ordine giuridico avanzate nella presente proposta, il CESE continua a interrogarsi sull'opportunità di associare ai primi due obiettivi "specifici" - l'applicazione efficace della normativa dell'Unione nei settori della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale e la facilitazione dell'accesso alla giustizia – un terzo obiettivo, ossia prevenire la domanda di droga riducendone al contempo l'offerta. Oltre al fatto che quest'ultimo obiettivo non sembra in realtà che una declinazione del primo, il CESE richiama l'attenzione sulle conseguenze in termini di immagine dell'inserimento di un simile obiettivo in un testo di natura normativa, che ha quindi un impatto forte, immediato e diretto per le parti in giudizio, le associazioni, le ONG e altri potenziali destinatari delle sovvenzioni. L'inserimento di questo obiettivo potrebbe infatti far pensare che per altre problematiche altrettanto importanti, come ad esempio la lotta contro la tratta di esseri umani, la Commissione non nutra la stessa preoccupazione.

1.3   In sostanza il CESE è preoccupato per il messaggio inviato dalla Commissione: ribadisce la posizione più volte espressa, secondo la quale, in materia di lotta contro la droga, occorre intervenire maggiormente a valle, sull'approccio educativo, sanitario e sociale, piuttosto che su quello repressivo (1).

1.4   Il CESE condivide la volontà della Commissione di garantire la massima flessibilità nella gestione dei fondi del presente programma, allo scopo di assicurare il massimo adeguamento alle esigenze della società civile, concedere la più ampia libertà possibile ai potenziali candidati, favorire la creatività dei progetti e tenere conto degli ulteriori orientamenti politici.

1.5   Pertanto, se non è possibile destinare un importo prestabilito alle diverse priorità, il CESE sottolinea l'importanza di poter disporre anticipatamente di una ripartizione del bilancio per obiettivi, almeno a titolo indicativo.

1.6   Il CESE prende atto dell'intenzione della Commissione di non attribuire all'obiettivo specifico relativo alla droga una quota di bilancio maggiore di quella che gli spetta. Invita la Commissione a rispettare rigorosamente i propri impegni e propone in quest'ottica che i fondi che verranno recuperati grazie al congelamento e alla confisca dei proventi di reato provenienti dal traffico di droga possano servire per finanziare una parte di questo obiettivo, come previsto dalla futura direttiva concernente il congelamento e la confisca dei proventi di reato.

1.7   Nonostante la complessità del regolamento finanziario vigente, il CESE sottolinea l'importanza di poter far conoscere a tutti i cittadini, in maniera chiara e intelligente, nonché in tutte le lingue dell'Unione, le condizioni di accesso ai finanziamenti. Ciò favorirebbe senza alcun dubbio la pertinenza dei progetti che verrebbero in tal modo incentivati, anche negli Stati membri finora sottorappresentati nei programmi selezionati. Il CESE insiste quindi sulla necessità di promuovere un pari accesso a questi programmi da parte di tutti i cittadini dell'UE.

1.8   La nozione di valore aggiunto europeo, che costituisce il criterio fondamentale di selezione dei programmi, meriterebbe inoltre, a suo parere, di essere meglio inquadrata. Tenuto conto dell'importo per natura limitato – che sta tuttavia subendo un aumento (accolto con favore dal CESE) – della dotazione finanziaria destinata al programma, il CESE sottolinea l'importanza di concentrare in maniera più rigorosa le sovvenzioni sui progetti il cui valore aggiunto europeo sia stato chiaramente stabilito. Devono inoltre essere incentivati i progetti transnazionali.

1.9   Poiché i programmi di lavoro annuali dovranno precisare taluni aspetti essenziali dell'attuazione del programma (in particolare la ripartizione del bilancio), il CESE ritiene che la loro adozione da parte della Commissione, sotto forma di atti di esecuzione, richieda la procedura d'esame e non la procedura consultiva come prevede la presente proposta. La procedura d'esame infatti potrebbe garantire che questi programmi non vengano adottati dalla Commissione qualora non risultino conformi al parere del comitato istituito ai sensi del regolamento n. 182/2011 (e composto da rappresentanti degli Stati membri).

1.10   Per quanto riguarda la necessità di far emergere più nettamente le priorità tra le azioni suscettibili di essere finanziate (articolo 6), il CESE ritiene in particolare che l'accento dovrebbe essere posto più chiaramente sulla giustizia elettronica (e-justice), settore in cui restano da compiere importanti progressi in vista di un accesso facilitato alla giustizia stessa.

1.11   Il CESE si compiace del nuovo orientamento che traspare nella presente proposta che mira a integrare l'insieme degli operatori giudiziari, e in particolare gli avvocati, nelle azioni di formazione giudiziaria europea; questi ultimi infatti contribuiscono, alla stessa stregua dei giudici e dei magistrati, alla corretta applicazione del diritto dell'Unione; inoltre rappresentano il primo punto di accesso al diritto per le parti in giudizio, in quanto sono essi che presentano l'istanza.

1.12   Analogamente, il CESE sottolinea l'urgenza di integrare i diversi operatori del diritto nelle reti di cooperazione giudiziaria transfrontaliera, apportando il sostegno finanziario necessario. Per garantire una maggiore coerenza con la recente spinta politica a favore di un rafforzamento dei diritti della difesa, il CESE invita soprattutto a porre più rapidamente possibile rimedio a una situazione che giudica inaccettabile, ovvero l'esclusione degli avvocati, di fatto o di diritto, dalla maggior parte delle reti di cooperazione giudiziaria transfrontaliera.

1.13   Nella prospettiva di uno spazio comune dei diritti, con particolare attenzione ai diritti relativi alla famiglia, il CESE sottolinea la necessità di fare riferimento alla Carta dei diritti fondamentali come "bussola della armonizzazione". In un contesto ancora contrassegnato da culture e concezioni giuridiche considerevolmente diverse, il CESE, in più occasioni e recentemente in materia di regimi e di effetti patrimoniali (2), ha potuto, tra l'altro, sottolineare l'opportunità di favorire il ricorso a un regime europeo supplementare e opzionale (il cosiddetto 28o regime).

2.   Contenuto della proposta

2.1   In un'ottica di semplificazione e di razionalizzazione, la Commissione ha deciso di ridurre il numero dei suoi programmi di finanziamento destinati alla realizzazione dello spazio europeo dei diritti e della giustizia, garantendo a chiunque (cittadini, partner o professionisti del diritto) la possibilità di conoscere i propri diritti e di sapere come esercitarli o applicarli. Il programma Giustizia per il periodo 2014-2020 affianca il programma Diritti e cittadinanza  (3) e riunisce i programmi Giustizia civile, Giustizia penale e Prevenzione e informazione in materia di droga.

2.2   La presente proposta di regolamento assegna a questo programma una dotazione finanziaria di 472 milioni di euro, che deve consentire il finanziamento delle attività in cui l'intervento dell'Unione può apportare un valore aggiunto rispetto all'azione dei singoli Stati membri. L'obiettivo generale consiste nel contribuire alla creazione dello spazio europeo di giustizia attraverso la promozione della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale e comprende i seguenti obiettivi specifici: promuovere l'applicazione efficace della legislazione dell'Unione in materia (in conformità degli articoli 81 e 82 del TFUE), facilitare l'accesso alla giustizia, nonché prevenire e ridurre la domanda di droga; quest'ultimo aspetto viene affrontato dal punto di vista non più sanitario ma della lotta contro la criminalità (in virtù dell'articolo 84 del TFUE).

2.3   Questi obiettivi giustificano, in particolare, il sostegno a favore di attività di formazione rivolte ai magistrati e agli operatori giudiziari, compresi avvocati e notai, azioni di cooperazione sotto forma di reti per lo sviluppo della conoscenza e della fiducia reciproche, e iniziative di sensibilizzazione dei cittadini.

2.4   La dotazione finanziaria consentirà, tra l'altro, di finanziare una base analitica a sostegno del processo di elaborazione delle politiche dell'Unione. Per garantire una più ampia flessibilità, la proposta non prevede alcun importo specifico per settore d'intervento.

2.5   Le priorità annuali del programma sono adottate dalla Commissione mediante atti di esecuzione, nel quadro della procedura consultiva.

2.6   La proposta comprende obblighi di monitoraggio e valutazione (anche "intermedi").

3.   Osservazioni generali

3.1   Creare uno spazio europeo della giustizia significa creare un bene pubblico per l'UE, con vantaggi per chiunque, dai semplici cittadini ai partner. Esso infatti interessa alcuni aspetti fondamentali della vita e delle pratiche quotidiane (divorzio, diritto di alloggio e di visita dei minori, successione, tutela, controversie commerciali, controversie in materia di consumo, ecc., ma anche rispetto dei diritti in materia penale) e contribuisce a rafforzare la sicurezza all'interno dello spazio europeo, favorendo la cooperazione nella lotta alla criminalità.

3.2   Ricordando la complementarità funzionale tra il programma Giustizia e il programma Diritti e cittadinanza, il CESE ritiene che lo spazio europeo di giustizia e di libertà avrà senso soltanto in relazione ai diritti ai quali potrà di fatto accedere ciascun cittadino dell'UE, dovunque si trovi. Il presente programma dovrà quindi essere valutato in quest'ottica.

3.3   Nella prospettiva di uno spazio comune dei diritti, e con particolare attenzione ai diritti relativi alla famiglia, il CESE sottolinea la necessità di fare riferimento alla Carta dei diritti fondamentali come "bussola della armonizzazione". In un contesto contrassegnato da culture e concezioni giuridiche diverse, il CESE, in più occasioni e recentemente in materia di regimi e di effetti patrimoniali (4), ha potuto, tra l'altro, sottolineare l'opportunità di favorire il ricorso a un regime europeo supplementare e opzionale (il cosiddetto 28o regime). L'introduzione di tale regime permette di compiere progressi nel riconoscimento dei diritti dei cittadini dell'UE, lottando efficacemente contro le discriminazioni di cui questi possono essere vittime, nel caso in cui la legislazione dello Stato membro al quale appartengono dovesse accordare loro meno diritti rispetto alla legislazione di altri Stati membri.

3.4   Il rispetto dei diritti (specialmente quelli fondamentali) in seno all'UE, cui deve contribuire la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale, rappresenta di per sé un obiettivo. L'effetto trainante sul mercato unico in termini di crescita e di occupazione può comunque essere significativo e deve essere quindi valorizzato, in particolare sostenendo lo sforzo formativo degli operatori del diritto (5). Il CESE ricorda infatti che una migliore cooperazione in ambito civile, e conseguentemente una più rapida composizione delle controversie transfrontaliere, influirebbe significativamente sulle imprese, favorendo il dinamismo della loro attività transfrontaliera.

3.5   Se da un lato le attività di valutazione hanno evidenziato l'efficacia dei precedenti programmi (Giustizia civile, Giustizia penale e Prevenzione e informazione in materia di droga per il periodo 2007-2013), dall'altro lato la riduzione del numero di tali programmi, e conseguentemente delle modalità di gestione, è di per sé un fatto positivo, che faciliterà la realizzazione dei diversi obiettivi. Oltre all'armonizzazione delle procedure, il CESE sottolinea l'importanza di ridurre la loro complessità intrinseca.

3.6   Il CESE, in particolare, accoglie molto favorevolmente la misura di semplificazione e di razionalizzazione consistente nella fusione dei programmi Giustizia civile e Giustizia penale, giustificata dall'abbandono del terzo pilastro nel Trattato di Lisbona, nonché dalla prossimità degli obiettivi, degli attori e delle tipologie di interventi da finanziare in questi due ambiti del diritto (in particolare in materia di giustizia elettronica e di formazione).

3.7   Il CESE raccomanda di incentivare i progetti in materia di giustizia penale, soprattutto negli Stati membri che finora hanno scarsamente beneficiato delle sovvenzioni disponibili. Trattandosi però di una tematica piuttosto recente, la strategia europea in materia non è ancora chiara e merita quindi di essere ulteriormente approfondita.

3.8   Il CESE nutre invece alcune riserve riguardo al programma Prevenzione e informazione in materia di droga, la cui base giuridica si riferisce alla sanità pubblica. Affermando l'importanza di continuare ad affrontare in via prioritaria gli aspetti relativi alla sanità pubblica, il Comitato richiama inoltre l'attenzione sul problema delle sovrapposizioni - che favorirebbe inevitabilmente un approccio esclusivamente orientato verso la repressione - con le attività finanziate nel quadro del futuro Fondo sulla sicurezza interna. Ribadisce il proprio messaggio sull'importanza di sviluppare, in materia di lotta anti-droga, un approccio innanzitutto preventivo, che offra ai tossicodipendenti la possibilità di farsi aiutare e curare. Occorre sensibilizzare maggiormente i giudici e gli avvocati su questo tema.

3.9   Inoltre, affinché l'obiettivo specifico collegato alla droga non assorba una quota sproporzionata dell'importo complessivo, il CESE propone che tale obiettivo possa essere in parte finanziato dai fondi che verranno recuperati grazie al congelamento e alla confisca dei proventi derivanti dal traffico di stupefacenti, come previsto dalla futura direttiva concernente il congelamento e la confisca dei proventi di reato (6).

3.10   Pur continuando a interrogarsi su quale forma assumeranno esattamente le azioni che verranno finanziate in materia di prevenzione della criminalità legata al traffico illecito di stupefacenti, il CESE rileva con soddisfazione che la dotazione finanziaria di 472 milioni di euro prevista per la realizzazione del presente programma sembra confermare un deciso aumento del sostegno della Commissione.

3.11   Per assicurare che il bilancio dell'UE sia effettivamente impiegato per finanziare i "beni pubblici dell'Unione europea" nonché le "azioni […] nei casi in cui l'intervento UE può garantire risultati migliori" (7), il CESE ricorda che occorre concentrare maggiormente le risorse sui progetti che comportano un forte valore aggiunto europeo (articolo 3), soprattutto in materia penale dove gli Stati membri mostrano ancora una certa riluttanza lasciare spazio all'intervento del diritto dell'Unione europea.

3.12   Il CESE sottolinea inoltre che, per garantire un'allocazione efficace dei fondi provenienti dal bilancio europeo, è importante assicurare la coerenza, la complementarità e le sinergie tra i diversi programmi di finanziamento, e in particolare quelle con il programma Diritti e cittadinanza per il periodo 2014-2020. Al contrario, i rischi di sovrapposizioni devono formare oggetto di una maggiore vigilanza.

3.13   Il CESE nota con soddisfazione che i progetti, pur essendo selezionati nel quadro dei programmi annuali di lavoro, possono durare per diversi anni, ovvero per un periodo di tempo sufficiente per poter dispiegare i loro effetti e raggiungere i loro obiettivi. Pur ritenendo valido il principio del cofinanziamento, si interroga tuttavia sulla fondatezza di una sua eventuale modulazione (8).

3.14   Nonostante la complessità del regolamento finanziario vigente, il CESE sottolinea l'importanza di poter far conoscere a tutti i cittadini, in maniera chiara e intelligente, nonché in tutte le lingue dell'Unione, le condizioni di accesso ai finanziamenti. Il CESE ritiene in particolare che la nozione di valore aggiunto europeo risulterebbe avvantaggiata se fosse meglio inquadrata. Ciò favorirebbe senza alcun dubbio la pertinenza dei progetti che verrebbero in tal modo incentivati, anche negli Stati membri finora sottorappresentati nei programmi selezionati. Il CESE insiste quindi sulla necessità di promuovere un pari accesso a questi programmi da parte di tutti i cittadini dell'UE.

3.15   Analogamente, il CESE trova sorprendente che nella scheda finanziaria legislativa non figuri nessuna ripartizione del bilancio, nemmeno indicativa, in funzione degli obiettivi specifici. Senza rimettere in discussione il bisogno legittimo di flessibilità nella gestione dei fondi, il CESE sottolinea l'importanza di disporre di alcune indicazioni preliminari in merito.

4.   Considerazioni specifiche

4.1   Formazione giudiziaria europea

4.1.1   Dato che senza fiducia reciproca non potrà essere realizzato alcun progresso reale, il CESE incoraggia il sostegno a favore delle azioni finalizzate a instaurare una cultura europea comune, decisamente orientata verso la pratica e l'esercizio del diritto e accompagnata da una conoscenza e una comprensione dei sistemi giudiziari nazionali. Per garantire il corretto funzionamento dell'assistenza reciproca all'interno dell'UE, è indispensabile assicurare in particolare la tutela dei diritti procedurali dei soggetti coinvolti in una causa negli altri sistemi nazionali.

4.1.2   Il CESE ritiene che la formazione giudiziaria europea degli operatori del diritto sia un aspetto essenziale del nuovo programma, che meriterebbe maggiore attenzione. Il diritto europeo risente di un'applicazione ancora troppo eterogenea a seconda degli Stati membri, dovuta spesso a una mancanza di interesse e di sensibilizzazione degli operatori nei suoi confronti. Il fenomeno è particolarmente evidente nel caso del diritto doganale. Il CESE ricorda a questo proposito la necessità di rafforzare significativamente il sostegno alla formazione giudiziaria europea, soprattutto in considerazione dell'obiettivo fissato dalla Commissione di formare 20 000 operatori del diritto all'anno entro il 2020, vale a dire un totale di 700 000 operatori (9). Come sottolinea giustamente la Commissione, la formazione è un requisito indispensabile per una migliore comunicazione degli operatori del diritto al di là delle frontiere nazionali, nell'ambito dello spazio europeo di giustizia e libertà.

4.1.3   Il CESE ritiene indispensabile coinvolgere in particolare gli avvocati in queste azioni di formazione. Ciò è ancora più giustificato se si tiene conto del fatto che, in alcuni Stati membri, la loro formazione avviene in comune con quella dei magistrati. Gli avvocati infatti rappresentano il primo punto di accesso al diritto. Dai loro avveduti consigli dipende successivamente l'accesso dinanzi al giudice dei soggetti incriminati. Anche gli avvocati quindi, come i giudici e i procuratori, devono poter beneficiare delle iniziative finanziate dall'UE, perché da ciò dipende la qualità dell'accesso alla giustizia nell'ambito dello spazio di diritto europeo. Questa partecipazione risulta indispensabile anche nell'interesse di un miglior equilibrio a favore dei diritti della difesa.

4.1.4   Pur deplorando la confusione cui si presta l'uso del termine di "operatore giudiziario" (10), il CESE è grato alla Commissione per aver precisato, nella presente proposta di regolamento, che tale figura comprende tutti i professionisti del diritto, compresi gli avvocati e i notai, che contribuiscono di fatto e in maniera sostanziale alla corretta applicazione del diritto dell'Unione. Il CESE esprime soddisfazione per il fatto che la Commissione sembri determinata a seguire questo approccio nel quadro del progetto pilota sulla formazione giudiziaria europea che verrà lanciato quest'anno.

4.1.5   Il CESE ritiene che sarebbe auspicabile definire alcuni criteri obiettivi ai quali dovrebbero conformarsi i programmi di formazione giudiziaria per essere ammissibili. Tra questi dovrebbe assolutamente figurare il riferimento, nell'ambito di tale formazione, alla Carta dei diritti fondamentali. La conformità di questi programmi ai criteri che verranno fissati dovrà formare oggetto di una regolare e approfondita attività di controllo e monitoraggio. Il CESE insiste sulla necessità di condizionare l'allocazione di queste sovvenzioni alla qualità intrinseca dei programmi, che dovranno formare oggetto di una valutazione rigorosa.

4.1.6   Il CESE annette particolare importanza al fatto che i programmi di formazione giudiziaria rivolti ai giudici e agli avvocati affrontino gli aspetti specifici relativi alla tossicodipendenza e permettano di sviluppare un approccio giudiziario coniugato con un approccio sanitario e sociale, orientato verso la prevenzione di recidive.

4.2   Cooperazione giudiziaria transfrontaliera

4.2.1   Il CESE invita a porre rimedio il più velocemente possibile a una situazione che giudica inaccettabile, ossia l'esclusione degli avvocati dalle reti di cooperazione giudiziaria. Se è vero che la rete giudiziaria in materia penale dipende da Eurojust e non rientra nel quadro del presente programma, è comunque significativo che gli avvocati non vi abbiano accesso. I vincoli finanziari non possono giustificare l'attuale squilibrio a favore dell'accusa. Anche se limitati, i mezzi devono comunque assicurare il rispetto del principio dell'uguaglianza tra le parti nelle cause transfrontaliere.

4.2.2   Questo requisito presuppone, soprattutto nel quadro dell'esecuzione di un mandato di arresto europeo, che gli avvocati siano in grado di individuare rapidamente un avvocato competente in un altro Stato membro, che possa accedere al dossier e fornire consigli sulle questioni di diritto procedurale nazionale di tale Stato e, più in generale, sugli aspetti locali del caso. Le nuove disposizioni contenute nella proposta di direttiva relativa al diritto di accesso a un difensore nel quadro delle procedure penali, che introducono, nel quadro del mandato di arresto europeo, il principio dell'accesso a due difensori (uno nello Stato membro emittente e l'altro in quello di esecuzione), costituiscono, se del caso, un'argomentazione supplementare, per giustificare la piena partecipazione degli avvocati alle reti europee di cooperazione giudiziaria. A questo proposito il CESE si compiace per il sostegno che la futura rete transfrontaliera di avvocati della difesa potrà apportare al lavoro del crescente numero di avvocati impegnati in situazioni transfrontaliere. Per assicurare un approccio coerente ed efficace, chiede alla Commissione che il suo impegno finanziario sia commisurato alle necessità.

4.2.3   Analogamente, per quanto riguarda la rete giudiziaria in materia civile e commerciale, il CESE deplora il fatto che gli avvocati e i notai siano in pratica emarginati, mentre sulla carta dal 1o gennaio 2011 è prevista l'apertura di tale rete ad avvocati, notai ed anche ufficiali giudiziari, vale a dire a una serie di professionisti che contribuiscono direttamente all'applicazione degli atti comunitari e degli strumenti internazionali. Anche in questo caso il corretto funzionamento della rete presuppone un adeguato sostegno finanziario.

4.2.4   Di fronte al proliferare di iniziative da parte di numerose professioni del diritto, sotto forma di piccole strutture spesso onerose, il CESE raccomanda di migliorare la coerenza e il coordinamento di queste reti, allo scopo di creare dei "cerchi di coerenza" (11) sui quali potrà basarsi una vera architettura giudiziaria europea.

4.3   Giustizia elettronica

4.3.1   La smaterializzazione della giustizia è un aspetto essenziale che, ad avviso del CESE, non riceve sufficiente attenzione nella presente proposta. Il suo impatto in materia di accesso alla giustizia, anche per i cittadini con difficoltà sociali o disabilità, merita di formare oggetto di un'analisi rigorosa. Nell'interesse comune sia delle parti in giudizio che degli operatori del diritto, devono ancora essere compiuti importanti progressi in materia.

4.3.2   A questo proposito il CESE si aspetta dalla Commissione un orientamento chiaro: la promozione degli strumenti disponibili in materia di e-justice sembra per il momento essere orientata più verso il grande pubblico che non verso i professionisti. Per garantire la qualità delle decisioni giudiziarie e la loro conformità con il diritto europeo, è tuttavia indispensabile facilitare e incoraggiare il ricorso a questi strumenti da parte degli operatori del diritto, che devono essere conseguentemente formati in materia.

4.3.3   Il CESE accoglie con favore il fatto che la dotazione finanziaria prevista dalla presente proposta possa contribuire al perfezionamento delle reti informatiche in materia (articolo 8, paragrafo 2). In questo contesto fa riferimento in particolare al progetto di motore di ricerca di un avvocato sul portale e-Justice, e al progetto e-Codex per rendere interoperativi i sistemi nazionali di giustizia elettronica. Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che, per garantire la sicurezza e l'efficacia di queste reti, l'identità professionale degli avvocati deve poter essere certificata dagli ordini.

4.4   Indicatori

4.4.1   Gli indicatori dovranno evidentemente formare oggetto di una riflessione più approfondita. Il CESE esprime apprezzamento per il fatto che la Commissione abbia nel frattempo avviato questa riflessione riguardo sia al monitoraggio su base annua sia alla valutazione intermedia e finale. In particolare, riguardo all'accesso alla giustizia, dovrebbe essere completato il criterio puramente soggettivo (il modo in cui questo accesso è percepito in Europa). In materia di formazione, a parere del CESE, sembrerebbe opportuno valorizzare i partenariati pubblico-privato, associando università, istituti di formazione giudiziaria e ordini degli avvocati. Per i costi destinati alle attività di controllo (inteso in senso lato), che sono comunque destinati a diminuire nel corso della realizzazione del programma e che, secondo la scheda finanziaria legislativa, oscillano tra il 3 e il 6 % del bilancio totale, converrebbe, a parere del CESE, fissare un limite massimo.

4.5   Modalità di adozione dei programmi di lavoro annuali

4.5.1   Per quanto concerne i programmi di lavoro annuali che la Commissione adotta mediante atti di esecuzione, il CESE si interroga sulla validità della scelta della procedura consultiva, ritenendo invece più appropriata la procedura d'esame. Quest'ultima infatti garantisce che essi non vengano adottati dalla Commissione qualora non risultino conformi al parere del comitato istituito ai sensi del regolamento n. 182/2011 (e composto da rappresentanti degli Stati membri).

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Verso un'azione europea più incisiva nella lotta alla droga, adottato il 24 maggio 2012 (GU C 229 del 31.7.2012, pag. 85).

(2)  Cfr. GU C 376 del 22.12.2011, pag. 87–91.

(3)  GU C 191, 29.6.2012, pagg. 108-110

(4)  Cfr. nota 2.

(5)  Nella sua relazione Una nuova strategia per il mercato unico (9 maggio 2010), Mario MONTI sottolineava l'importanza della corretta applicazione del diritto dell'Unione e della formazione dei magistrati in materia, per migliorare l'efficienza del mercato unico.

(6)  Cfr. parere CESE (cfr. pag. della presente Gazzetta ufficiale).

(7)  COM(2010) 700 final.

(8)  Attualmente è necessario un contributo del 20 % per ottenere il restante 80 % sotto forma di sovvenzioni.

(9)  COM(2011) 551 final.

(10)  Conformemente agli articoli 81, paragrafo 2, lettera h), e 82, paragrafo 1, lettera c), del TFUE che riguardano rispettivamente la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale, e che fanno esplicito riferimento a "magistrati e operatori giudiziari".

(11)  Cfr. risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2012 sulla formazione giudiziaria (2012/2575(RSP)).


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/108


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alle seguenti proposte: «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le frontiere esterne e i visti»

COM(2011) 750 final — 2011/0365 (COD);

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo e migrazione»

COM(2011) 751 final — 2011/0366 (COD);

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo Asilo e migrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi»

COM(2011) 752 final — 2011/0367 (COD);

«Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi»

COM(2011) 753 final — 2011/0368 (COD)

2012/C 299/20

Relatore: PARIZA CASTAÑOS

Il Consiglio, in data 16 febbraio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le frontiere esterne e i visti

COM(2011) 750 final — 2011/0365 (COD) alla

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Asilo e migrazione

COM(2011) 751 final — 2011/0366 (COD) alla

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo Asilo e migrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi

COM(2011) 752 final — 2011/0367 (COD) e alla

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi

COM(2011) 753 final — 2011/0368 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 133 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Osservazioni generali

1.1

Le proposte della Commissione europea in merito al bilancio per il settore degli affari interni per il periodo 2014-2020 sono fondamentali per costruire uno spazio di sicurezza, libertà e giustizia, nonché un'Europa più aperta, sicura e solidale. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene il rafforzamento dell'importanza dei fondi Asilo e migrazione e Sicurezza interna nel bilancio.

1.2

Il Comitato ritiene che l'Unione europea apporti un notevole valore aggiunto per tali politiche, dal momento che la gestione dei flussi migratori, dell'asilo e delle minacce alla sicurezza sono settori che gli Stati membri non possono affrontare da soli.

1.3

Il Comitato appoggia la proposta della Commissione che suggerisce di condividere la gestione e di adottare un approccio orientato ai risultati attraverso l'elaborazione di programmi pluriennali nel quadro di un dialogo politico di alto livello, in modo che i programmi nazionali siano in linea con gli obiettivi politici e le priorità dell'UE.

1.4

È fondamentale che tutte le azioni finanziate siano basate sulle politiche (gli obiettivi relativi allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia), abbiano un valore aggiunto europeo e contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi politici dell'UE.

1.5

Il CESE plaude agli sforzi della Commissione europea volti a semplificare gli strumenti finanziari mediante la creazione di due fondi, il Fondo Asilo e migrazione (1) e il Fondo Sicurezza interna (2), i quali sono accompagnati da un regolamento orizzontale e da una serie di norme comuni in materia di programmazione, informazione, gestione finanziaria, controllo e valutazione (3).

1.6

Il CESE appoggia il quadro orizzontale comune, che rappresenta una notevole semplificazione dell'attuale sistema e offre maggiore flessibilità nella gestione finanziaria e nella sua esecuzione, oltre che un sistema rafforzato di monitoraggio e valutazione.

1.7

Il CESE sostiene la proposta della Commissione di istituire un importo di base e un altro importo di natura variabile o flessibile al momento di distribuire le risorse finanziarie tra gli Stati membri.

1.8

Occorre migliorare i sistemi di valutazione dei risultati attraverso l'utilizzo di indicatori adeguati, e a questo fine andranno finanziati gli studi indipendenti dei centri di ricerca e delle organizzazioni della società civile.

1.9

Il Comitato sostiene che il principio di partenariato deve essere la base dei programmi nazionali, ma ritiene che occorra migliorare i sistemi di partecipazione di tutti i soggetti: autorità nazionali, enti regionali e locali, organizzazioni della società civile e parti sociali. Il principio di partenariato deve essere obbligatorio nei regolamenti, affinché non dipenda dalle norme e pratiche nazionali.

1.10

Il CESE, che collabora con le altre istituzioni dell'UE allo sviluppo delle politiche di immigrazione e asilo, è impegnato in particolar modo nelle attività del forum europeo dell'integrazione. Il Comitato, pertanto, sottolinea l'importanza del Fondo Asilo e migrazione per l'integrazione degli immigranti e dei rifugiati, e ritiene che le politiche di integrazione debbano anche essere accompagnate dalle risorse del Fondo sociale europeo.

1.11

Il Comitato propone l'aumento delle risorse finanziarie per le "Azioni dell'Unione", in quanto esse hanno un grande valore aggiunto a livello europeo. A queste azioni bisogna destinare il 20 % del Fondo e la Commissione deve instaurare un dialogo con il CESE e con il Forum europeo dell'integrazione, oltre a tener conto che con questo strumento finanziario bisogna rafforzare le attività del forum e sostenere le reti europee della società civile e delle parti sociali.

1.12

Il CESE ha proposto che a livello nazionale, regionale e locale vengano creati forum e piattaforme a cui partecipino le organizzazioni di immigrati e altre organizzazioni della società civile. Il funzionamento di queste attività deve essere finanziato con le risorse del Fondo Asilo e migrazione.

1.13

Il CESE ritiene che le politiche di integrazione - con un approccio teso a ridurre l'esclusione sociale dei cittadini europei, delle minoranze e degli immigranti - debbano anche poter contare sulle risorse finanziarie del Fondo sociale europeo.

1.14

L'Europa deve reagire in maniera decisa dinanzi ai crescenti episodi di razzismo e xenofobia contro le persone provenienti da un contesto migratorio. Le istituzioni dell'Unione devono essere molto attive contro tali comportamenti e ideologie.

1.15

La tutela dei diritti umani e il rispetto della Carta dei diritti fondamentali devono essere pienamente garantiti in ogni azione finanziata dai fondi Asilo e migrazione e Sicurezza interna.

1.16

Il Comitato auspica un miglioramento dell'equilibrio tra libertà e sicurezza. L'Unione europea deve continuare a essere una società libera e aperta, fondata sullo stato di diritto, e non deve mai sacrificare i valori della libertà e la tutela dei diritti fondamentali.

1.17

Il CESE ritiene necessario che il regolamento assicuri un ruolo più attivo alla società civile organizzata nella valutazione dell'impatto, dell'efficacia e del valore aggiunto delle iniziative e azioni previste nella strategia europea sulla sicurezza interna.

2.   Il Fondo Asilo e migrazione: l'approccio della società civile

2.1

In linea generale, il CESE giudica favorevolmente le iniziative e le linee di bilancio proposte dalla Commissione, e sostiene il rafforzamento del principio di partenariato.

2.2

Il CESE considera con particolare interesse le proposte contenute nel Fondo Asilo e migrazione e propone che, nei negoziati in seno al Consiglio, gli Stati membri approvino le cifre proposte dalla Commissione, senza ridurle, visto che le questioni relative all'asilo, alla migrazione, all'integrazione e alla tutela dei diritti fondamentali delle persone richiedono risorse adeguate, specialmente durante una crisi economica.

2.3

Contrariamente all'attuale regime di bilancio, il ruolo del Parlamento europeo sarà decisivo, poiché, in quanto colegislatore, potrà valutare in modo democratico tutte le iniziative e assicurare il valore aggiunto europeo.

2.4

Il CESE ritiene che il PE debba rafforzare la dimensione europea delle priorità politiche che riceveranno un finanziamento, anche a livello nazionale. Inoltre, nel processo politico di adozione dei regolamenti esso deve agevolare la partecipazione della società civile organizzata attraverso il principio di partenariato e la creazione di forum e piattaforme, oltre che mediante la realizzazione di valutazioni indipendenti.

2.5

Il CESE accoglie con favore le nuove disposizioni contenute nei regolamenti che agevolano l'accesso della società civile alle sovvenzioni, ma raccomanda che le procedure siano più flessibili affinché anche le piccole organizzazioni possano partecipare, grazie alla riduzione degli oneri amministrativi e finanziari.

2.6

La società civile apporta un grande valore aggiunto per l'individuazione delle necessità sulla base di relazioni indipendenti e per la realizzazione di studi e valutazioni delle politiche. Le organizzazioni della società civile hanno una grande esperienza e conoscenza della realtà a livello locale, e pertanto conoscono bene il modo in cui le azioni vengono sviluppate.

2.7

Il CESE ritiene che il principio di partenariato sia un asse centrale del nuovo quadro finanziario, che deve garantire un approccio più partecipativo di tutti i soggetti: autorità nazionali, enti regionali e locali, organizzazioni della società civile e parti sociali.

2.8

Il principio di partenariato deve essere attuato in tutte le fasi, dall'elaborazione ed esecuzione sino al monitoraggio e alla valutazione del finanziamento concesso, includendo sia gli Stati membri che le azioni dell'UE (4).

2.9

Il CESE appoggia che nel regolamento finanziario gli Stati membri siano tenuti ad avviare partenariati con le autorità e gli organi competenti al fine di sviluppare ed eseguire i programmi nazionali. Tra tali autorità e organi vanno inclusi gli enti regionali e locali, la società civile (organizzazioni non governative, organizzazioni di immigrati e parti sociali) e le organizzazioni internazionali (UNHCR, OIM, ecc.).

3.   Le priorità e il dialogo politico

3.1

Il CESE segnala che un "dialogo politico" è fondamentale per stabilire le priorità alla base dei programmi nazionali, ma ritiene che a tale dialogo debbano partecipare, oltre alla Commissione europea e agli Stati membri, anche tutti i soggetti istituzionali europei (PE, CESE e CdR).

3.2

Nel quadro del dialogo politico, bisogna garantire un ruolo concreto sia al CESE che al Forum europeo dell'integrazione, per individuare le priorità e gli obiettivi di finanziamento e per superare gli ostacoli. Il Forum e il CESE possono rafforzare il valore aggiunto europeo del Fondo Asilo e migrazione nella programmazione pluriennale di ciascuno Stato membro.

3.3

Il Forum e il CESE devono inoltre essere consultati quando vengono stabilite le priorità nelle azioni transnazionali o di interesse speciale per l'Unione europea, nonché durante la revisione intermedia delle azioni specifiche. La Commissione europea deve inoltre avviare un partenariato con le parti sociali e le organizzazioni non governative nel quadro delle Azioni dell'Unione.

3.4

Del pari, il CESE propone che il nuovo quadro finanziario garantisca che tutti gli Stati membri avviino a livello nazionale un dialogo strutturato e pluralista con le parti sociali e le organizzazioni non governative, in modo che esse svolgano un ruolo importante nella determinazione delle priorità nazionali prima del dialogo con la Commissione europea.

4.   Programmazione e gestione

4.1

Il CESE ritiene che occorra ampliare la capacità finanziaria delle Azioni dell'Unione, ossia i fondi destinati alle attività politiche prioritarie (di sostegno alla legislazione e al coordinamento politico), nonché ai progetti che coinvolgono la società civile organizzata e le parti sociali. A tal fine, il CESE è favorevole a che la Commissione europea disponga del 20 % del bilancio totale del Fondo Asilo e migrazione. Per la gestione di tale Fondo, la Commissione deve instaurare un dialogo più attivo con il CESE, il forum e le organizzazioni della società civile.

4.2

Il CESE sostiene la proposta della Commissione secondo la quale il contributo finanziario nel quadro dei programmi nazionali dovrebbe coprire il 75 % del totale delle spese ammissibili del progetto, che potranno parimenti essere cofinanziate da fonti pubbliche o private.

4.3

Inoltre, sostiene la possibilità di aumentare il contributo fino al 90 % in virtù delle priorità strategiche definite in ciascuno dei regolamenti specifici, "anche in circostanze debitamente giustificate, in particolare nei casi in cui i progetti non potrebbero essere altrimenti attuati e gli obiettivi del programma nazionale non sarebbero realizzati". A tal proposito, si dovrebbe dare priorità al sostegno di azioni e progetti condotti dalle organizzazioni non governative di piccole dimensioni.

4.4

Il CESE condivide l'obiettivo di semplificare e ridurre l'onere amministrativo, e di rendere prioritari il monitoraggio e la valutazione dei programmi e dei progetti a livello sia nazionale che europeo. È essenziale garantire una valutazione indipendente e della massima qualità, in collaborazione con la società civile organizzata, e mettere a sua disposizione le risorse finanziarie necessarie.

4.5

Sulla base delle relazioni di valutazione inviate dagli Stati membri (una intermedia, nel 2017, e l'altra ex post, nel 2023), la Commissione presenterà al Parlamento europeo, al Consiglio, al CESE e al CdR una relazione sull'applicazione e sugli effetti dei regolamenti. Il CESE ritiene che occorra coinvolgere la società civile nella valutazione e a questo fine proporrà alla Commissione la creazione di un sistema strutturato di consultazione e l'organizzazione di un convegno.

4.6

Il CESE sostiene la proposta della Commissione di istituire un importo di base e un altro importo di natura variabile o flessibile al momento di distribuire le risorse finanziarie tra gli Stati membri. Per quanto attiene all'importo flessibile, il CESE ritiene essenziale che ciascuno Stato membro elabori il proprio programma annuale in rapporto alle priorità dell'UE, comprendendo la cooperazione con altri Stati membri.

4.7

In merito al Fondo Asilo e migrazione, il CESE ritiene che occorra includere esplicitamente come azione prioritaria, da finanziare con importo variabile, l'istituzione di forum e/o piattaforme nazionali, regionali e locali di immigrazione e integrazione, alla quali partecipino le organizzazioni della società civile.

4.8

Inoltre, si deve procedere con maggiore trasparenza nell'assegnazione delle quote del Fondo dedicate a ciascuno degli obiettivi specifici, per garantire in tal modo un bilancio equilibrato a livello nazionale.

4.9

Le risorse finanziarie per le Azioni dell'Unione dovranno essere destinate non solo agli aiuti di emergenza, alla rete europea sulle migrazioni, all'assistenza tecnica e all'esecuzione di determinati incarichi operativi da parte di agenzie dell'Unione, ma anche al sostegno del forum europeo dell'integrazione e alle reti europee della società civile e delle parti sociali.

4.10

Il CESE non condivide la proposta della Commissione di finanziare unicamente i progetti di ricerca considerati "innovativi" dal punto di vista della loro applicazione da parte dei servizi e delle forze di sicurezza. Occorre continuare a sostenere progetti di ricerca a cui partecipino la società civile, le parti sociali e le organizzazioni non governative, e che valutino le politiche di sicurezza e di immigrazione e il loro impatto sui diritti fondamentali.

5.   Campo di applicazione soggettivo del Fondo Asilo e migrazione

5.1

Il CESE sostiene la flessibilità espressa nella proposta della Commissione in relazione al campo di applicazione soggettivo e sottolinea l'esigenza di garantire che le azioni finanziate possano essere applicate a un vasto gruppo di destinatari, che vada al di là dei cittadini dei paesi terzi residenti legalmente nell'UE. Tale questione è stata discussa ampiamente nel Forum europeo dell'integrazione e nei pareri del CESE.

5.2

Il CESE auspica che il Fondo Asilo e migrazione renda possibili azioni rivolte a tutte le persone, a prescindere dal loro status, compresi gli immigrati senza documenti; pertanto accoglie con favore la proposta della Commissione di ampliare il gruppo di beneficiari delle azioni, dal momento che si tratta dell'unico modo per finanziare il lavoro di integrazione delle parti sociali e delle organizzazioni non governative che operano nel settore dell'integrazione delle persone "senza documenti".

5.3

Tuttavia, il CESE è contrario alla proposta della Commissione di includere nel campo di applicazione delle azioni di integrazione i cittadini di uno Stato membro con un passato di immigrazione che abbiano "almeno un genitore cittadino di un paese terzo", in quanto ciò può implicare situazioni di discriminazione. Infatti i cittadini degli Stati membri non possono essere sottoposti a programmi o test di integrazione quale condizione previa alla residenza e alla libera circolazione, in quanto ciò contravverrebbe al principio della parità di trattamento garantito dallo status di cittadini dell'Unione.

5.4

Il CESE ritiene che il Fondo Asilo e migrazione sia uno strumento volto a finanziare politiche di integrazione e accoglienza delle persone che sono arrivate in Europa di recente. Per evitare l'esclusione sociale e la mancanza di opportunità per alcuni cittadini europei che sono i discendenti di persone con un passato di immigrazione, oppure per i cittadini dell'UE che risiedono in uno Stato membro diverso da quello di cui possiedono la nazionalità, l'UE dispone di strumenti finanziari più adeguati, come il Fondo sociale europeo.

5.5

I programmi destinati alla tutela di persone particolarmente vulnerabili devono avere la priorità di finanziamento, specialmente quelli per i minori non accompagnati, le donne in stato di gravidanza e le vittime della tratta e dello sfruttamento sessuale.

6.   Informazione, trasparenza e pubblicità

6.1

Il CESE appoggia il fatto che nel nuovo quadro finanziario venga garantita una maggiore informazione, pubblicità e trasparenza. Occorre assicurare che gli Stati membri e le autorità competenti garantiscano l'accesso all'informazione sui programmi nazionali (attraverso la creazione di un portale web).

6.2

Tuttavia, la semplificazione dei procedimenti non può comportare minore trasparenza. Il nuovo quadro deve rafforzare il livello di trasparenza nell'esecuzione dei programmi e delle azioni a livello nazionale, regionale e locale.

7.   Diritti fondamentali

7.1

Il CESE ritiene che il quadro finanziario debba migliorare la tutela dei diritti umani in tutte le azioni, dato che la Carta dei diritti fondamentali ha un impatto positivo sulle politiche di sicurezza interna, asilo e migrazione. Il Comitato ha già elaborato un parere di iniziativa (5) affinché i diritti umani siano tutelati nelle politiche di immigrazione, asilo, rimpatrio e frontiere.

7.2

Il CESE propone che nei regolamenti dei fondi Asilo e migrazione e Sicurezza interna si garantisca che ogni azione e progetto finanziato dall'UE rispetti rigorosamente i diritti fondamentali delle persone e si assicuri che i diritti previsti nella Carta siano effettivamente tutelati.

7.3

L'Agenzia per i diritti fondamentali (FRA) di Vienna dovrebbe assumere un ruolo attivo e concreto nella valutazione della compatibilità tra politiche e azioni finanziate dall'UE e diritti fondamentali. Le organizzazioni non governative possono svolgere un ruolo essenziale nel valutare l'impatto delle azioni nazionali, regionali e locali sull'applicazione della Carta dei diritti fondamentali.

7.4

Il forum europeo dell'integrazione può altresì valutare la compatibilità tra le politiche di integrazione, la tutela dei diritti fondamentali e la non discriminazione.

8.   Emergenze e assistenza tecnica

8.1

Il nuovo regolamento rivolge particolare attenzione alle situazioni di emergenza e di crisi. Il CESE condivide la proposta della Commissione tesa ad assicurare una capacità di azione flessibile a livello europeo, con risorse finanziarie sufficienti per le emergenze.

8.2

Il CESE appoggia l'iniziativa della Commissione volta a disporre di risorse che possano essere mobilitate con rapidità in caso di "crisi legate alla migrazione" o per far fronte a "necessità urgenti e specifiche in caso di situazioni d'urgenza" e che, entro i limiti delle risorse disponibili, gli aiuti possano ammontare al 100 % delle spese ammissibili.

8.3

Tuttavia, il Comitato propone che tali fondi siano destinati principalmente ad affrontare situazioni di crisi umanitaria, in quanto la solidarietà deve concentrarsi in primo luogo sulla tutela e sulla sicurezza delle persone coinvolte.

8.4

Al contempo, occorre assicurare che gli Stati membri e le autorità dell'UE rispettino le garanzie, gli standard e i diritti comuni previsti nel diritto europeo anche in situazioni di emergenza.

8.5

Il CESE appoggia altresì l'istituzione di un meccanismo di emergenza che consenta all'UE di finanziare un intervento rapido iniziale, in collaborazione con gli Stati membri, in caso di catastrofi, attacchi terroristici o attacchi informatici su grande scala.

9.   Dimensione esterna

9.1

Il CESE ritiene che, con la nuova priorità conferita alla dimensione esterna di tali politiche, il finanziamento delle azioni debba essere in linea con le priorità interne ed esterne dell'UE in questi settori.

9.2

Occorre migliorare la cooperazione tra la DG Affari interni e il Servizio europeo per l'azione esterna al momento di stabilire e concordare le priorità politiche, il che consentirà alle politiche e ai progetti finanziati nel nuovo quadro di bilancio di essere complementari e non incongruenti con le politiche di sviluppo e le relazioni esterne dell'UE. Occorre migliorare la collaborazione mediante gli accordi tra l'UE e i paesi terzi, ma non bisogna condizionare gli aiuti allo sviluppo ad accordi in materia di riammissione o di controllo delle frontiere.

9.3

La dimensione esterna di tali politiche deve mirare sia al miglioramento della sicurezza interna che allo sviluppo dei paesi terzi. La politica esterna e gli aiuti allo sviluppo costituiscono il quadro più coerente per la dimensione esterna delle politiche in materia di asilo, migrazione e sicurezza interna (6).

9.4

Il CESE propone che i fondi Asilo e migrazione e Sicurezza interna accelerino altresì i progressi nelle questioni legate ai diritti umani e alla qualità dello Stato di diritto, soprattutto affinché i paesi terzi rafforzino i loro sistemi di asilo e il rispetto delle norme internazionali.

9.5

Inoltre, occorre tenere conto del fatto che i paesi vicini all'UE non devono farsi carico per intero dei costi delle procedure d'asilo connessi alle persone che transitano sul loro territorio. L'UE deve collaborare mediante lo stanziamento di fondi.

10.   Integrazione

10.1

Il CESE appoggia la proposta della Commissione affinché le politiche di integrazione vengano sviluppate a livello locale e regionale mediante corsi di lingua, di orientamento civico e di partecipazione alla vita sociale e civile, promuovendo il dialogo interculturale e facilitando la parità di trattamento per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi. È fondamentale che le azioni siano gestite dalle organizzazioni non governative e dagli enti locali e regionali.

10.2

Il Comitato ha elaborato un parere di iniziativa (7) in cui ha avanzato questa stessa proposta e ha organizzato un convegno a Valencia, con la partecipazione di vari enti regionali e locali e di numerose organizzazioni della società civile. Tale approccio è stato inoltre sostenuto dal Forum europeo dell'integrazione.

10.3

Si deve prestare particolare attenzione a sostenere azioni e progetti che tengano conto del fatto che l'integrazione costituisce un processo sociale bidirezionale e dinamico di adattamento reciproco.

10.4

Il CESE appoggia la proposta della Commissione affinché i fondi europei si concentrino su obiettivi concreti e non siano utilizzati per finanziare programmi nazionali che non sono legati a quelli europei (8).

10.5

Il Comitato propone che le risorse del Fondo Asilo e migrazione non siano impiegate per finanziare programmi nazionali che violino i diritti umani o siano contrari ai principi fondamentali comuni dell'integrazione. Il CESE è contrario all'utilizzo, da parte di alcuni Stati membri, dei "test di integrazione" per il rinnovo del permesso di soggiorno, per il ricongiungimento familiare o per l'accesso ai beni e ai servizi pubblici.

10.6

Il Comitato ha sottolineato in altri pareri (9) che è necessario migliorare la complementarità tra il Fondo per l'integrazione e il Fondo sociale europeo nel finanziamento di alcuni programmi.

11.   Asilo

11.1

Il CESE condivide le priorità del sistema europeo comune di asilo (CEAS) e, in particolare, le misure di sostegno volte a migliorare le condizioni di accoglienza e integrazione e le procedure di asilo, nonché a rafforzare la capacità degli Stati membri.

11.2

Il Comitato propone che una parte dei fondi sia destinata a progetti e attività tesi a garantire che gli Stati membri rispettino i loro obblighi di tutela internazionale e diano attuazione alla legislazione europea.

11.3

Il CESE ritiene prioritario finanziare la valutazione delle politiche di asilo degli Stati membri, specialmente quelle rivolte al miglioramento delle procedure e della qualità della protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

11.4

Il CESE sostiene lo sviluppo di un programma di reinsediamento per il trasferimento dei rifugiati da paesi non membri dell'UE e il loro insediamento nell'Unione.

11.5

Il Comitato sostiene inoltre il programma di ricollocazione all'interno dell'UE che deve offrire incentivi finanziari agli Stati membri che assumano un impegno a questo riguardo.

11.6

L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, con sede a Malta (EASO), deve avere un mandato chiaro per valutare i sistemi di asilo nazionali e la loro compatibilità con gli obblighi previsti dal diritto europeo e internazionale e con i diritti fondamentali. Tale valutazione deve essere effettuata in collaborazione con la società civile e l'UNHCR.

12.   Ammissione

12.1

Il CESE condivide l'approccio dato dal fondo Asilo e migrazione alla possibilità di finanziare misure "di sviluppo delle capacità", come l'elaborazione di strategie volte a promuovere la migrazione legale mediante procedure di ammissione flessibili e trasparenti e a migliorare la capacità degli Stati membri di sviluppare e valutare le loro politiche di immigrazione.

13.   I partenariati per la mobilità

13.1

Il CESE ha elaborato un parere specifico (10) che indica che i partenariati per la mobilità e la migrazione debbano comprendere quattro pilastri: agevolare e organizzare la migrazione legale e la mobilità; prevenire e ridurre la migrazione irregolare e la tratta di esseri umani; promuovere la protezione internazionale e rafforzare la dimensione esterna della politica di asilo; massimizzare l'impatto della migrazione e della mobilità sullo sviluppo.

14.   Rimpatrio

14.1

Il CESE ritiene che si debba in primo luogo utilizzare il rimpatrio volontario coadiuvato da sistemi di sostegno, pertanto appoggia la proposta della Commissione affinché nelle azioni nazionali si avviino programmi di rimpatrio volontario assistito.

14.2

Le risorse del Fondo devono essere indirizzate in modo che il rimpatrio volontario disponga di sistemi di sostegno che consentano che il rimpatrio sia un'esperienza positiva per le persone e per il paese di origine.

14.3

Quando in occasioni eccezionali vengono avviate procedure di rimpatrio forzato, bisognerà rispettare appieno i diritti umani, tenendo conto delle raccomandazioni del Consiglio d'Europa (11).

14.4

Tuttavia, il Comitato è contrario all'utilizzo di fondi europei per finanziare operazioni di rimpatrio forzato, alcune delle quali sono state giudicate contrarie alla Carta dei diritti fondamentali dalla società civile.

15.   "Sicurezza interna" e frontiere

15.1

È prioritario sostenere la cooperazione tra le forze di polizia nella prevenzione della criminalità transfrontaliera e nella lotta alla criminalità organizzata. Il CESE appoggia le misure volte a migliorare la cooperazione tra i servizi di sicurezza e il lavoro di Europol.

15.2

Il CESE appoggia la proposta della Commissione tesa a migliorare la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità transfrontaliera nell'UE, in particolare le misure volte a migliorare la cooperazione tra servizi di sicurezza nella lotta alla criminalità organizzata. È fondamentale che tutte le priorità siano incentrate sul rafforzamento della fiducia reciproca tra le forze di sicurezza, compresi gli aspetti relativi allo Stato di diritto.

15.3

Occorrerebbe utilizzare i fondi per migliorare e sviluppare la qualità e la trasparenza delle metodologie comuni impiegate a livello europeo al momento di identificare le minacce e i rischi per la sicurezza dell'Europa, come ad esempio per quanto attiene al lavoro di Europol e alle sue relazioni sulla criminalità organizzata (OCTA).

15.4

L'Unione europea deve migliorare la lotta alle reti criminali della tratta di esseri umani e del trasporto illegale di persone, tenendo conto del fatto che le frontiere sono particolarmente vulnerabili nel Mediterraneo e nell'Europa orientale.

15.5

Il CESE appoggia il fatto che il fondo Sicurezza interna sostiene gli Stati membri nei controlli di frontiera in modo che essi siano più efficaci, tenendo presente che il controllo delle frontiere costituisce un servizio pubblico; ritiene tuttavia che detta cooperazione, comprese le operazioni coordinate da Frontex, debbano essere trasparenti e basate sul codice frontiere Schengen e sulla Carta dei diritti fondamentali.

15.6

Il CESE condivide la necessità di assistere gli Stati membri affinché diano una migliore applicazione dell'acquis di Schengen, compreso il sistema di visti e l'introduzione di un sistema integrato di gestione delle frontiere. È fondamentale garantire che tutti gli Stati membri applichino in maniera coerente le norme comuni relative al controllo delle frontiere e che rispettino i diritti fondamentali e la libera circolazione delle persone.

15.7

Il CESE ritiene che il Parlamento europeo debba esercitare un maggiore controllo democratico sul bilancio destinato alle agenzie europee di sicurezza interna - in particolare Europol, Eurojust, Frontex, ecc. - in rapporto alle loro attività, in particolare per quanto attiene ai compiti che potrebbero implicare maggiori problemi a livello della Carta dei diritti fondamentali, quali ad esempio le loro competenze operative a livello nazionale, lo scambio e l'utilizzo di dati personali, la qualità delle informazioni scambiate con le autorità nazionali e quelle dei paesi terzi, oltre all'oggettività delle loro analisi di rischio.

15.8

È necessario avviare un dibattito pubblico con i rappresentanti della società civile in merito al valore aggiunto, all'impatto di bilancio e alla tutela dei diritti fondamentali del sistema EUROSUR (il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere). È essenziale che un'iniziativa politica talmente importante vada di pari passo con una completa trasparenza e certezza del diritto per quanto riguarda sia gli obiettivi che il campo di applicazione.

15.9

Il CESE invita il Parlamento europeo a rivolgere particolare attenzione alla proporzionalità di Eurosur e al contributo che tale sistema offre per la tutela dei diritti umani nei controlli di frontiera e la sorveglianza nel Mediterraneo, tenendo conto del fatto che il primo dovere delle guardie di frontiera è quello di salvare le persone che si trovano in situazioni di pericolo.

15.10

Il Comitato raccomanda che tutte le proposte politiche, in particolare quelle che hanno un impatto così notevole sul bilancio, siano oggetto di una discussione democratica e trasparente, tenendo presente il principio di proporzionalità e i diritti fondamentali.

16.   Sistemi informatici su larga scala (VIS, SIS, Eurodac)

16.1

Il CESE ritiene che il Parlamento europeo debba condurre una valutazione sulla necessità, sulla proporzionalità e sull'efficacia dei sistemi informatici su larga scala già esistenti (Sistema d'Informazione Schengen (SIS), Sistema d'informazione visti (VIS) e Eurodac), oltre che dei sistemi in via di attuazione (SIS II).

16.2

Tale valutazione deve essere ultimata prima della decisione di finanziare nuovi sistemi, come quelli proposti dalla Commissione europea nella comunicazione sulle "frontiere intelligenti", in particolare il sistema di registrazioni di entrata/uscita (SRES) e il programma per viaggiatori registrati (RTP) che la Commissione intende presentare nel 2012.

16.3

Il Comitato sottolinea la responsabilità della nuova agenzia per la gestione operativa dei sistemi informatici, con sede a Tallinn, che riveste grande importanza per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, dal momento che essa coordinerà tutti i sistemi attualmente esistenti e quelli che verranno creati in futuro. Il Parlamento europeo deve esercitare un controllo democratico più profondo su questa agenzia, in particolare per quanto attiene alla compatibilità delle sue azioni con la protezione dei dati, la riservatezza e il principio di limitazione delle finalità (purpose limitation principle) nell'uso delle informazioni e in relazione alla possibilità di ampliare le sue competenze attuali per comprendere lo sviluppo e il coordinamento di sistemi informatici futuri.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2011) 751 final.

(2)  COM(2011) 750 final, COM(2011) 753 final.

(3)  COM(2011) 752 final.

(4)  Comments on the Commission’s Proposals for a New EU Funding of Asylum and Migration Actions under the Multiannual Financial Framework ("Osservazioni sulle proposte della Commissione relative a un nuovo finanziamento UE delle azioni in materia di asilo e migrazione nell'ambito del quadro finanziario pluriennale"), Caritas Europa, CCME, Comece, Eurodiaconia, ICMC, JRS-Europe, QCEA, consultabile all'indirizzo web http://www.caritas-europa.org/module/FileLib/MFF-Christiangroupstatement_April2012.pdf.

Civil Society Statement and Recommendations on the Future EU Funding in the Area of Migration and Asylum 2014-2020 ("Dichiarazione e raccomandazioni della società civile sul futuro finanziamento UE nel settore della migrazione e dell'asilo per il periodo 2014-2020"), Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli e altre 40 organizzazioni della società civile, marzo 2012, consultabile all'indirizzo web http://www.ecre.org/index.php?option=com_downloads&id=444.

(5)  Cfr. parere CESE GU C 128 del 18.5.2010, pag. 29.

(6)  UNHCR’s Observations on Future Arrangements for EU Funding in the Area of Home Affairs after 2013 ("Osservazioni dell'UNHCR sui futuri accordi per il finanziamento UE nel settore degli affari interni dopo il 2013"), giugno 2011, consultabile all'indirizzo web http://www.unhcr.org/4df752779.pdf.

(7)  Cfr. parere CESE, GU C 318 del 29.10.2011, pag. 69–75.

(8)  Relazione delle parti interessate The Future of EU Funding for Home Affairs: A Fresh Look ("Il futuro del finanziamento UE per il settore degli affari interni - Una nuova prospettiva"), Commissione europea, DG Affari interni, Bruxelles, 8 aprile 2011, consultabile all'indirizzo web http://ec.europa.eu/dgs/home-affairs/event/docs/mff_conference_report_11-5-2011_final_participants.doc.pdf. Una delle conclusioni della relazione è che "il finanziamento dell'UE non dovrebbe sostituire i finanziamenti nazionali, ossia gli Stati membri mantengono la responsabilità di garantire un finanziamento nazionale sufficiente per sostenere le politiche nel settore degli affari interni. Per accrescere il valore del finanziamento europeo, la spesa UE dovrebbe tener conto delle priorità e degli impegni strategici dell'UE e dovrebbe sostenere l'attuazione dell'acquis nel settore degli affari interni".

(9)  Cfr. parere CESE, GU C 347 del 18.12.2010, pag. 19.

(10)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - L'approccio globale in materia di migrazione e mobilità, relatore: PARIZA CASTAÑOS, correlatrice: KING (GU C 191 del 29.6.2012, pag. 134).

(11)  Venti orientamenti sul rimpatrio forzato, COM(2005) 40 final.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/115


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro bianco — Un'agenda dedicata a pensioni adeguate, sicure e sostenibili»

COM(2012) 55 final

2012/C 299/21

Relatore: DANDEA

Correlatore: PATER

La Commissione europea, in data 16 febbraio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro bianco - Un'agenda dedicata a pensioni adeguate, sicure e sostenibili

COM(2012) 55 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio 2012), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 180 voti favorevoli, 27 voti contrari e 19 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni.

1.1   I regimi pensionistici pubblici sono una delle componenti più importanti della rete di protezione della sicurezza sociale in quasi tutti gli Stati membri e un aspetto fondamentale del modello sociale europeo, essendo le pensioni la principale fonte di reddito per i pensionati. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si rammarica che nel suo Libro bianco la Commissione si concentri maggiormente su altri aspetti dei sistemi pensionistici, senza cercare di trovare soluzioni per rafforzare i regimi pubblici.

1.2   I sistemi pensionistici non funzionano in modo isolato rispetto ai sistemi economici nazionali. Il CESE chiede, pertanto, agli Stati membri di garantire la stretta articolazione delle loro politiche pensionistiche con il loro mercato del lavoro, con il loro sistema di sicurezza sociale, e con le loro politiche di bilancio e macroeconomiche (dato che le pensioni sono finanziate con i prelievi sui salari durante la vita lavorativa o con i contributi versati in fondi pensione privati), assicurando il coinvolgimento attivo delle parti sociali e della società civile organizzata nel processo di definizione di tali politiche.

1.3   Non esiste un'unica soluzione valida alla sfida che l'invecchiamento della popolazione pone ai sistemi pensionistici. La maggior parte degli Stati membri che nell'ultimo decennio hanno riformato i loro sistemi pensionistici, ha seguito una politica di tagli delle spese, innalzando l'età legale del collocamento a riposo e spostandosi su un sistema d'indicizzazione delle pensioni basato sugli aumenti di prezzo. Il Comitato ha già segnalato che un innalzamento dell'età legale del collocamento a riposo costituisce una risposta insufficiente all'invecchiamento della società e sottolinea che, nel lungo periodo, questo approccio potrebbe dimostrarsi pericoloso sul piano sociale, poiché potrebbe esporre molti pensionati al rischio di povertà.

1.4   Il Comitato ritiene che gli Stati membri debbano ridistribuire la ricchezza, e quindi concentrare il loro impegno di riforma nei prossimi decenni sull'incremento delle entrate che finanziano i loro sistemi pensionistici, estendendoli a tutte le categorie socioprofessionali, aumentando le opportunità di occupazione, migliorando i meccanismi di prelievo dei contributi, e contrastando il lavoro nero e l'evasione fiscale. Il Comitato accoglie con favore il fatto che nel Libro bianco si insista con maggior fermezza, rispetto a precedenti documenti della Commissione, sull'importanza del mercato del lavoro e dell'aumento dell'occupazione per affrontare con successo la sfida dell'evoluzione demografica e conseguire quindi i principali obiettivi in materia di pensioni. È tuttavia da deplorare il fatto che il risalto dato al ruolo cruciale del mercato del lavoro non abbia alcuna incidenza significativa sulle principali raccomandazioni in materia di pensioni, per lo più riprese da precedenti documenti.

1.5   Il Comitato ritiene che nel processo di riforma dei loro sistemi pensionistici nazionali, gli Stati membri dovrebbero tenere conto del fatto che per milioni di futuri pensionati la pensione rappresenta l'unica forma di tutela contro il rischio di povertà nella vecchiaia. Pertanto, il Comitato raccomanda che le norme sulle pensioni minime o i meccanismi di tutela dei redditi da pensione siano inclusi nelle disposizioni legislative future, per assicurare che i redditi percepiti siano superiori alla soglia di povertà.

1.6   Per loro stessa natura, i sistemi pensionistici operano sul lungo periodo. Gli Stati membri dovrebbero pertanto prevedere un orizzonte temporale sufficientemente lungo per il loro processo di riforma pensionistica, adattandolo alla situazione economica e sociale interna e assicurandosi un ampio consenso pubblico. Il Comitato raccomanda questo approccio, tenendo presente che non è giusto imporre i costi delle riforme pensionistiche all'attuale generazione di giovani lavoratori o agli attuali pensionati. Il Comitato è a favore di un approccio che garantisca l'equità fra generazioni, in termini di sostenibilità del sistema e di un adeguato livello delle prestazioni, e che assicuri un tenore di vita accettabile.

1.7   Il Comitato esorta la Commissione e gli Stati membri a concentrarsi sulla promozione di misure attive volte a prolungare l'attività lavorativa. A tal fine è necessario avvicinare l'età pensionabile effettiva a quella attualmente stabilita per legge. È questo uno degli elementi chiave per garantire la sostenibilità dei sistemi pensionistici europei. Le misure più importanti da adottare subito devono concentrarsi sui negoziati tra le parti sociali in materia di condizioni di lavoro, ad es. l'organizzazione dei luoghi di lavoro, per adattarli alle competenze e allo stato di salute dei lavoratori anziani, tenendo conto della pesantezza di certi lavori, migliorando l'accesso a ulteriori percorsi formativi, rafforzando la prevenzione delle situazioni di invalidità, agevolando la conciliazione di vita professionale e vita familiare e rimuovendo le barriere di natura giuridica o altre barriere al proseguimento dell'attività professionale. Cambiare l'atteggiamento dei datori di lavoro nei confronti dei dipendenti anziani, e sviluppare tra questi un atteggiamento positivo, consentendo loro di poter scegliere di prolungare la loro attività lavorativa devono essere elementi del processo di riforma. Le riforme del mercato del lavoro, capaci di creare condizioni che consentono alle imprese di offrire posti di lavoro di qualità, sono necessarie per poter rendere il prolungamento della vita attiva una realtà concreta. Tutte queste politiche devono essere formulate e attuate in stretta cooperazione con le parti sociali. Secondo il Comitato, il regime di prepensionamento dovrebbe essere cionondimeno mantenuto per garantire che i lavoratori che hanno esercitato per lungo tempo lavori particolarmente pesanti o pericolosi, o che hanno iniziato la loro carriera molto presto (prima dei 18 anni di età) abbiano diritto ad andare in pensione presto.

1.8   Il Comitato rileva che gli Stati membri hanno già progredito nell'attuazione delle riforme del sistema pensionistico obbligatorio, tuttavia, allo stesso tempo è convinto che sarebbe opportuno migliorare il quadro giuridico per i regimi pensionistici complementari, dato che essi potranno svolgere un ruolo importante per la futura adeguatezza e sostenibilità dei sistemi pensionistici. Pertanto, il Comitato è seriamente preoccupato per alcune delle proposte avanzate per le pensioni professionali. Poiché i regimi pensionistici sono molto diversi dai servizi assicurativi vita, il Comitato non è favorevole all'obiettivo di revisione della direttiva EPAP per garantire una parità di trattamento in relazione alla direttiva Solvibilità II, raccomandando piuttosto l'introduzione di misure specificamente dirette a garantire gli attivi dei fondi pensione, previa consultazione delle parti sociali e degli altri soggetti interessati.

1.9   L'obiettivo delle pensioni è quello di garantire un reddito ai pensionati, un reddito che sia sostitutivo della retribuzione percepita durante la vita lavorativa e sia ad essa proporzionale. Il Comitato ritiene che in futuro sarà necessario ridurre il divario tra il reddito pensionistico dei lavoratori e quello delle lavoratrici, e garantire un'adeguata copertura dei rischi di vecchiaia tra i lavoratori che hanno svolto un lavoro o una carriera atipici. La differenza che ancora permane tra uomini e donne nel mercato del lavoro produce gravi ripercussioni sui diritti maturati e, pertanto, anche per le prospettive dei redditi di pensione per le donne. Il CESE invita gli Stati membri a studiare, in collaborazione con le parti sociali, soluzioni in grado di colmare il divario nei diritti pensionistici esistente tra uomini e donne, a causa delle norme e delle prassi del mercato del lavoro.

1.10   Il Comitato incoraggia la Commissione a realizzare la propria intenzione di utilizzare parte dell'FSE durante il periodo di programmazione 2014-2020 per sostenere progetti volti a impiegare i lavoratori più anziani o a promuovere una vita lavorativa più lunga. Meritano sostegno anche i progetti pedagogici volti a incrementare l'alfabetizzazione finanziaria, specie in materia di pianificazione del pensionamento. Il Comitato ritiene che le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile, insieme agli altri enti pubblici, possano svolgere un ruolo cruciale nello sviluppo di questi progetti.

2.   Introduzione

2.1   Il 16 febbraio (in ritardo rispetto al programma), la Commissione europea ha pubblicato il Libro bianco - Un'agenda dedicata a pensioni adeguate, sicure e sostenibili, a seguito delle consultazioni lanciate tramite il Libro verde del luglio 2010. Nonostante vi abbia incluso una serie di raccomandazioni formulate dal Comitato economico e sociale europeo, in materia la Commissione non ha cambiato il proprio orientamento nei confronti delle soluzioni che gli Stati membri dovrebbero attuare per garantire sistemi pensionistici sostenibili e sicuri nel contesto dell'invecchiamento demografico, mettendo l'accento sulla necessità di ridurre la spesa pensionistica piuttosto che aumentare le entrate per finanziarla e raccomandando di collegare l'età pensionabile e l'aumento della speranza di vita, punti sui quali il CESE si è già pronunciato più volte in maniera critica.

2.2   Per sostenere il proprio punto di vista sulla necessità di una riforma pensionistica, la Commissione si avvale di statistiche che potrebbero fornire un'immagine fuorviante dei problemi posti dall'invecchiamento demografico. Ad esempio, il grafico rappresentato nella figura 1 del Libro bianco mette a confronto le evoluzioni previste del numero di persone di età superiore a 60 anni e il numero di persone di età compresa tra i 20 e i 59 anni, e mostra che il numero di persone nel primo gruppo di età dovrebbe aumentare di circa due milioni l'anno nei prossimi vent'anni, mentre il numero di persone del secondo gruppo di età dovrebbe diminuire in media di un milione l'anno. Entro il 2020 l'età legale di pensionamento nella gran parte degli Stati membri sarà di 65 anni o superiore, il che significa che il gruppo di popolazione di età superiore a 60 anni includerà sia i lavoratori sia i pensionati. In linea con le sue precedenti raccomandazioni (1), il Comitato ritiene che, nel valutare gli effetti dell'invecchiamento della popolazione sul finanziamento dei sistemi di sicurezza sociale, si dovrebbe impiegare l'indice di dipendenza economica, dato che esso fornisce un'immagine accurata dei bisogni reali di finanziamento, come riconosce anche la Commissione nel Libro bianco. In questo contesto il Comitato accoglie con favore il fatto che nel Libro bianco si insista con maggior fermezza, rispetto a precedenti documenti della Commissione, sull'importanza del mercato del lavoro e dell'aumento dell'occupazione per affrontare con successo la sfida dell'evoluzione demografica e quindi conseguire i principali obiettivi in materia di pensioni. È tuttavia da deplorare il fatto che il risalto dato al ruolo cruciale del mercato del lavoro non abbia alcuna incidenza significativa sulle principali raccomandazioni in materia di pensioni, per lo più riprese da precedenti documenti.

2.3   La Commissione ritiene che il successo delle riforme pensionistiche negli Stati membri sia un fattore determinante per il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria e misurerà la capacità dell'UE di conseguire almeno 2 degli obiettivi della strategia Europa 2020: di portare cioè il tasso di occupazione al 75 % e di ridurre di almeno 20 milioni il numero delle persone a rischio povertà. Tuttavia, il Comitato ha rilevato il fatto (2) che molte delle misure di austerità attuate dagli Stati membri per affrontare gli effetti delle crisi finanziarie del debito sovrano potrebbero ripercuotersi negativamente sulla realizzazione di questi obiettivi. Tutte le misure di stabilità di bilancio devono sempre essere accompagnate da investimenti ad alta intensità di manodopera e da misure che favoriscano la crescita.

2.4   La Commissione intende suggerire indirizzi di massima e iniziative che gli Stati membri dovrebbero adottare per affrontare le esigenze di riforma individuate, tra l'altro, nelle raccomandazioni per paese del 2011, nell'ambito del semestre europeo. Il Comitato si rammarica del fatto che tali raccomandazioni si riferiscano in particolare all'innalzamento dell'età legale del collocamento a riposo e alla rettifica dei sistemi d'indicizzazione delle pensioni. Per taluni Stati membri, che hanno concluso accordi per ricevere assistenza con l'FMI, la Banca mondiale e la Commissione europea, le raccomandazioni includevano soluzioni quali il blocco temporaneo o perfino la riduzione del valore della pensione.

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1   Le sfide attuali rappresentate dalle pensioni

3.1.1   Il Comitato concorda con la Commissione sul fatto che la sostenibilità e l'adeguatezza dei regimi pensionistici dipendono dalla misura in cui esse si basano su contributi, imposte e risparmio. Tuttavia, questi non provengono unicamente dalle persone occupate, ma anche dai pensionati stessi. In altre parole, qualsiasi proiezione di lungo termine riguardo all'equilibrio tra contribuenti attivi e pensionati beneficiari deve tener conto di ciò.

3.1.2   I regimi pensionistici pubblici sono la principale fonte di reddito per i pensionati in quasi tutti gli Stati membri. Pertanto, è assolutamente necessario impegnarsi al massimo per garantire che continuino a essere sostenibili e abbordabili. Il Comitato reputa che il finanziamento dei regimi pubblici possa essere garantito al meglio da un tasso di occupazione elevato e da misure di finanziamento aggiuntive, come quelle adottate in alcuni Stati membri (ad esempio: finanziamenti di bilancio, entrate aggiuntive, fondi di riserva e di stabilità). Questi sistemi pensionistici si fondano sul principio di solidarietà e creano solidarietà tra generazioni e all'interno di esse, producendo vantaggi per la coesione sociale. Consentono inoltre, in alcuni Stati membri, la costituzione di una pensione nei periodi di disoccupazione e d'interruzione della carriera per motivi di salute o familiari. Questi sistemi hanno svolto il ruolo di stabilizzatori finanziari durante la crisi finanziaria del 2008, anche se in alcuni Stati membri le pensioni dei singoli hanno subito ripercussioni negative. Viceversa, alcuni fondi pensionistici privati che avevano investito una parte del loro portafoglio di attività in alcuni prodotti finanziari estremamente rischiosi, hanno subito forti perdite che hanno provocato una netta riduzione delle pensioni per molti pensionati. I responsabili delle decisioni politiche devono tenere conto dell'impatto dei tagli sulla domanda globale alla luce del fatto che le prestazioni sociali non sono semplicemente "spese", in quanto forniscono i mezzi per agire e consumare a un terzo della popolazione europea.

3.2   Garantire la sostenibilità finanziaria dei regimi pensionistici

3.2.1   La Commissione dichiara che, entro il 2060, le pensioni potrebbero aumentare nella media UE di 2,5 punti percentuali di PIL. Il CESE, come anticipato nei suoi precedenti pareri, raccomanda agli Stati membri di mostrare cautela nell'utilizzo di questi dati per promuovere le riforme pensionistiche, poiché molti di essi si basano su scenari a lungo termine che spesso non sono confermati dalla realtà. Tuttavia, attualmente c'è una differenza di 9 punti percentuali di PIL nella spesa pensionistica degli Stati membri (si passa dal 6 % dell'Irlanda al 15 % dell'Italia). Questi dati mostrano che potrebbe esservi una certa flessibilità nella composizione della spesa pubblica senza effetti rilevanti sulla competitività degli Stati membri che, da un punto di vista ciclico, potrebbero registrare un esborso maggiore per i sistemi di sicurezza sociale.

3.2.2   La riforma del sistema pensionistico avviata dagli Stati membri nell'ultimo decennio si è incentrata soprattutto sul taglio alla spesa, innalzando l'età legale del collocamento a riposo e cambiando i sistemi d'indicizzazione delle pensioni, adottando un indice dei prezzi dominante o unico. Il Comitato ritiene che quest'ultimo cambiamento potrebbe produrre ripercussioni negative nel lungo periodo, e una drastica erosione delle pensioni. Secondo uno studio dell'OIL (3), una differenza di un solo punto percentuale, tra gli aumenti salariali e gli aumenti delle pensioni in un periodo di tempo di 25 anni, potrebbe tradursi in una riduzione delle pensioni del 22 %.

3.2.3   I sistemi pensionistici nazionali non funzionano in modo isolato rispetto alle economie nazionali. Si tratta in realtà di sottosistemi che interagiscono con altri a livello nazionale e globale. Il Comitato ritiene pertanto che, per garantire la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici, nei prossimi decenni gli Stati membri debbano concentrare il loro impegno di riforma sull'incremento delle entrate. Questo incremento non può essere ottenuto unicamente aumentando il numero dei dipendenti che versano contributi e prolungando il periodo di vita lavorativa, ma richiede anche una migliore gestione della finanza pubblica, e sforzi adeguati per affrontare il problema dell'evasione fiscale e del lavoro nero. Una crescita sostenibile e un alto livello di occupazione possono creare un contesto favorevole per i sistemi pensionistici. Le riforme del mercato del lavoro che, creando condizioni favorevoli alle imprese, consentono di offrire impieghi di qualità, sono necessarie per consentire che il prolungamento della vita attiva diventi una realtà. Inoltre, condizioni di vita dignitose, che aiutino a conciliare le responsabilità del lavoro e della famiglia, possono contribuire a innalzare i tassi di fecondità e alleggerire parte della pressione che l'invecchiamento della popolazione esercita sui sistemi pensionistici. Allo stesso tempo, occorre definire misure per far aumentare la disponibilità degli individui a lavorare più a lungo, il che comporta anche la disponibilità all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita e alla prevenzione sanitaria.

3.2.4   In linea con il suo precedente parere, il CESE sottolinea che le riforme pensionistiche (compreso il passaggio dai sistemi pensionistici interamente a ripartizione a quelli a capitalizzazione parziale mista, ovvero sistemi pensionistici a ripartizione obbligatori e regimi a costituzione di riserve) volte a introdurre modifiche nelle modalità di finanziamento dei regimi pensionistici che aumentano le passività esplicite del settore pubblico e riducono quelle implicite, non dovrebbero essere penalizzate nel breve periodo per effetto di un debito pubblico esplicito più elevato (4). Si dovrebbe pertanto pensare a una revisione delle regole del Patto di stabilità e di crescita.

3.3   Mantenere l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche

3.3.1   La Commissione riconosce che nella gran parte degli Stati membri le riforme pensionistiche realizzate provocheranno una diminuzione dei tassi di sostituzione dei sistemi pensionistici. Poiché le pensioni sono la principale fonte di reddito degli anziani in Europa, il Comitato ritiene che mantenere l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche, per permettere un tenore di vita dignitoso, dovrebbe essere una priorità per gli Stati membri.

3.3.2   I governi hanno la responsabilità di garantire che ogni anziano in Europa goda di una pensione adeguata. Il Comitato ritiene pertanto che sarebbe opportuno che gli Stati membri stabilissero una definizione omnicomprensiva di pensione adeguata in collaborazione con le parti sociali.

3.3.3   Per le future generazioni di pensionati, l'adeguatezza dei loro redditi dipenderà in misura crescente dai futuri pilastri pensionistici a capitalizzazione complementari. Il Comitato rileva, tuttavia, che alcuni Stati membri che hanno promosso i regimi pensionistici a capitalizzazione obbligatoria finanziati tramite lo spostamento di una parte di contributi dai regimi pubblici, hanno scelto di interrompere questi regimi, soprattutto a causa del disavanzo che hanno creato nel bilancio pubblico. Il Comitato è a favore dei regimi pensionistici professionali, istituiti e amministrati dai dipendenti e dai loro rappresentati, e chiede alla Commissione di sostenere le parti sociali per rafforzare la fiducia nelle loro capacità amministrative in questo settore.

3.3.4   Alla luce del graduale passaggio a regimi pensionistici a capitalizzazione complementari, in particolare regimi collegati alla partecipazione al mercato del lavoro, è molto importante che gli Stati membri assicurino pensioni adeguate alle persone che rimangono al di fuori del mercato del lavoro nel corso di tutta la vita adulta. A quanti sono esclusi dal normale mercato del lavoro, ad esempio perché affetti da gravi disabilità oppure vittime di gravi e complessi problemi sociali, bisogna quindi garantire pensioni sufficienti per evitare che con l'età le disparità sociali si accentuino ancor più.

3.4   Aumentare la partecipazione al mercato del lavoro delle donne e dei lavoratori più anziani

3.4.1   La Commissione sottolinea che, se l'Europa realizza l'obiettivo della strategia Europa 2020 di un tasso di occupazione del 75 % nella popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni, e fa ulteriori passi avanti nei decenni successivi, l'indice di dipendenza economica potrebbe rimanere al disotto dell'80 %. Ciò significa che la pressione esercitata sui regimi pensionistici dall'invecchiamento della popolazione potrebbe rimanere su livelli accettabili.

3.4.2   Il Comitato non concorda con la Commissione sul fatto che un'età pensionabile fissa aumenterà lo squilibrio tra gli anni di attività e quelli di pensione. Nonostante le riforme pensionistiche introdotte dalla gran parte degli Stati membri negli ultimi anni, molti di questi hanno legato il diritto al prepensionamento al numero di anni di attività lavorativa, riducendo sensibilmente il numero dei lavoratori privilegiati. Secondo il Comitato, il regime di prepensionamento dovrebbe essere mantenuto per garantire che i lavoratori che hanno esercitato per lungo tempo lavori particolarmente pesanti o pericolosi, o che hanno iniziato la loro carriera molto presto (prima dei 18 anni di età) abbiano diritto ad andare in pensione presto.

3.4.3   Il Comitato si è già pronunciato in numerosi pareri (5) sugli elementi chiave che gli Stati membri devono considerare per attuare le riforme tese a prolungare la vita lavorativa, ed elogia l'iniziativa della Commissione perché ne ha presi in considerazione alcuni nel Libro bianco. Tuttavia, il Comitato ritiene che, a livello di Stati membri, resti molto da fare per garantire che i luoghi di lavoro siano adeguati alle competenze e allo stato di salute dei lavoratori anziani.

3.5   Il ruolo degli Stati membri e dell'UE nelle pensioni

3.5.1   Il Comitato accoglie favorevolmente la decisione della Commissione di avvalersi di un approccio globale per affrontare la riforma delle pensioni, data la presenza di reciproche interconnessioni tra le problematiche macroeconomiche, sociali e occupazionali nel campo delle pensioni. Nonostante gli Stati membri siano i primi responsabili della struttura dei loro regimi pensionistici, la Commissione dovrebbe impiegare in modo creativo gli strumenti che ha a disposizione per sostenere fermamente gli Stati membri nel processo di riforma delle pensioni. Dato che, in generale, si cerca di evitare i passi indietro, sarebbe opportuno che ciò avvenisse senza incidere sui diritti acquisiti o creare nuove regole dettate dall'attuale recessione, che rischierebbero di danneggiare gli interessi dei cittadini una volta che l'economia si sarà ripresa. Nell'ambito della strategia Europa 2020 e del nuovo quadro di governance europeo, la Commissione ha una visione sufficientemente ampia per promuovere soluzioni per la riforma pensionistica, tenendo conto del fatto che le pensioni non sono risparmi. Il Comitato incoraggia altresì la Commissione a proseguire nella sua intenzione di utilizzare una parte dell'FSE durante il periodo di programmazione 2014-2020 per sostenere progetti volti a impiegare i lavoratori più anziani o a promuovere una vita lavorativa più lunga. Il coinvolgimento delle parti sociali e della società civile organizzata nell'attuazione di questi progetti dev'essere considerato un requisito indispensabile.

3.5.2   Poiché la crescita dell'occupazione e della produttività del lavoro dovrebbero essere i temi che suscitano maggiori preoccupazioni negli Stati membri, che affrontano le conseguenze negative dell'invecchiamento della popolazione sui loro sistemi pensionistici, il Comitato raccomanda che tutte le politiche che i governi intendono attuare siano sostenute dal consenso delle parti sociali.

3.6   La necessità di riformare le pensioni

3.6.1   Riguardo alle raccomandazioni sulla riforma delle pensioni che la Commissione ha fatto agli Stati membri sulla base delle analisi annuali della crescita 2011 e 2012 (Annual Growth Surveys - AGS), il Comitato ritiene che:

a.

sul tema dell'innalzamento dell'età pensionabile effettiva, come raccomanda la Commissione, è necessario intervenire adottando politiche, negoziate con le parti sociali, che incoraggino il prolungamento dell'attività lavorativa, e non i meccanismi automatici che innalzano l'età legale del collocamento a riposo;

b.

nelle politiche volte a limitare l'accesso al pensionamento anticipato si dovrebbe tenere conto della situazione specifica di alcune categorie di lavoratori, specialmente di quelli che hanno svolto lavori particolarmente pesanti o pericolosi e di quelli che hanno iniziato molto presto l'attività (prima dei 18 anni);

c.

il prolungamento della vita lavorativa con misure quali il miglioramento dell'accesso alla formazione permanente, l'adattamento dei posti di lavoro in funzione della maggiore eterogeneità dei lavoratori, lo sviluppo di opportunità occupazionali per i lavoratori più anziani, la promozione di un invecchiamento attivo e in buona salute, la rimozione delle barriere di natura giuridica e di altri ostacoli al proseguimento dell'attività professionale dei lavoratori anziani costituisce il miglior approccio all'innalzamento dell'età del pensionamento;

d.

l'equiparazione dell'età legale del collocamento a riposo delle donne e degli uomini è un'operazione che richiede un lasso di tempo che tenga conto della specifica situazione del mercato del lavoro di ciascuno Stato membro; particolare attenzione dovrebbe essere rivolta a colmare il divario esistente tra i diritti pensionistici degli uomini e quelli delle donne;

e.

per incoraggiare il risparmio a fini pensionistici complementari sarebbe necessario il coinvolgimento delle parti sociali, in particolare sotto forma di regimi pensionistici professionali (visto che durante la crisi finanziaria si sono rivelati più sicuri di altri tipi di regimi a capitalizzazione) e di risparmio privato con incentivi fiscali mirati, specialmente per coloro che non possono permettersi tali servizi.

3.7   Equilibrio tra periodi di attività professionale e di pensionamento

3.7.1   Il Comitato ritiene che gli Stati membri possano sostenere un innalzamento dell'età effettiva del pensionamento, che significa un allungamento della vita lavorativa, adottando misure attive volte a incoraggiarne un prolungamento su base volontaria. Un aumento automatico dell'età legale del collocamento a riposo, sulla base del previsto aumento della speranza di vita, potrebbe rivelarsi controproducente, infatti, molti lavoratori anziani, specialmente quelli con problemi di salute, si rivolgerebbero ad altri pilastri della sicurezza sociale (6).

3.7.2   Il Comitato concorda con la Commissione sul fatto che i costi della riforma delle pensioni non debbano essere sopportati dalle generazioni di giovani lavoratori o esclusivamente dagli attuali pensionati. Gli Stati membri possono applicare misure di riforma tali da non pregiudicare gli interessi dei lavoratori o dei pensionati.

3.7.3   Il Comitato raccomanda agli Stati membri che le misure atte a limitare l'accesso ai regimi di prepensionamento siano attuate nel rispetto degli interessi dei lavoratori che hanno svolto lavori particolarmente pesanti o pericolosi, o che hanno iniziato molto presto l'attività lavorativa (prima dei 18 anni di età). Per molti lavoratori di queste categorie, limitare l'accesso ai regimi di prepensionamento potrebbe davvero comportare l'annullamento del loro diritto alla pensione. La Commissione riconosce che la speranza di vita per queste categorie di lavoratori è più bassa, e lo stato di salute meno buono rispetto a quello degli altri lavoratori. Rimane responsabilità degli Stati membri adottare tali disposizioni sulla base delle loro prassi e condizioni nazionali, nonché degli accordi con le parti sociali.

3.7.4   Il Comitato prende atto della posizione della Commissione sulla necessità che i processi di riforma avviati dagli Stati membri si concentrino sulla promozione di un prolungamento dell'attività lavorativa. Il semplice innalzamento dell'età legale del collocamento a riposo, o il taglio delle pensioni tramite la rettifica dei sistemi di indicizzazione, relegherebbero milioni di pensionati al di sotto della fascia di povertà.

3.7.5   Secondo una relazione Eurostat (7), più del 35 % dei lavoratori di età compresa tra i 50 e i 69 anni sarebbe pronto a lavorare oltre i 65 anni. Il Comitato prende atto dell'opinione della Commissione secondo cui dovrebbe essere una priorità degli Stati membri rimuovere gli ostacoli che si frappongono al prolungamento dell'attività lavorativa è una delle soluzioni a disposizione degli Stati membri.

3.7.6   La Commissione riconosce che l'eliminazione del divario esistente tra le pensioni delle donne e quelle degli uomini non si può realizzare con la semplice equiparazione dell'età pensionabile, e raccomanda che gli Stati membri presentino una combinazione di strategie pensionistiche e occupazionali che consentano di eliminare le disparità. Nell'ambito della revisione della normativa pensionistica dell'UE, il Comitato chiede alla Commissione di introdurre disposizioni volte all'eliminazione di tale divario.

3.8   Sviluppare il risparmio destinato alle pensioni complementari private

3.8.1   Il CESE accoglie favorevolmente la decisione della Commissione di migliorare la normativa pensionistica dell'UE. Il Comitato ritiene, tuttavia, che sia giunto il momento di prendere in considerazione non soltanto gli aspetti che riguardano le attività transfrontaliere dei fondi pensionistici e la mobilità dei lavoratori, ma anche le questioni di vigilanza e supervisione dell'ente previdenziale, dei costi amministrativi e dell'informazione e tutela del consumatore.

3.8.2   Il Comitato fa propria l'opinione della Commissione secondo cui sarebbe opportuno istituire nell'UE servizi di ricostruzione delle pensioni, stabilendo servizi di interconnessione a livello nazionale. Questa misura offrirebbe un reale vantaggio alle persone che hanno lavorato in vari Stati membri.

3.8.3   Il Libro bianco non propone una corretta impostazione del sostegno da offrire ai regimi pensionistici aziendali e professionali economici e, pertanto, al loro futuro sviluppo. In particolare, il Comitato non appoggia l'obiettivo dichiarato della revisione della direttiva EPAP per garantire una parità di trattamento in relazione alla direttiva Solvibilità II. Tali misure non sono giustificate dalla necessità di creare condizioni di parità con i fondi pensione delle assicurazioni, poiché essi operano in maniera diversa. Nella maggior parte dei casi, i fondi pensione non operano sui mercati del commercio e della distribuzione e/o sono organizzazioni senza scopo di lucro. Sono generalmente offerti tramite un datore di lavoro o un gruppo di datori di lavoro di un determinato settore, mentre i prodotti pensionistici/assicurativi possono essere offerti anche ai singoli. I fondi pensione sono a carattere collettivo (vincolati a un contratto collettivo). Tuttavia, il Comitato sostiene l'impegno della Commissione a introdurre misure specificamente ideate per assicurare gli attivi dei fondi pensione.

3.8.4   A fianco dei sistemi pensionistici pubblici, sono stati sviluppati altri sistemi complementari a carattere collettivo. Poiché questi ultimi forniscono un reddito aggiuntivo ai pensionati, dovrebbero essere estesi a tutti i lavoratori. Non dovrebbero, tuttavia, essere un'alternativa all'erogazione delle pensioni pubbliche, e, poiché si basano su accordi collettivi, non dovrebbero certamente comprometterli. Tutti i dipendenti di un certo settore o di una certa società dovrebbero avere accesso a questi sistemi complementari, i quali, inoltre, rispettano la parità di trattamento tra uomini e donne. Inoltre, è importante che le parti sociali siano coinvolte nell'attuazione e nel monitoraggio della gestione di questi sistemi. Oltre ai sistemi pensionistici complementari, che operano generalmente come fondi d'investimento, le parti sociali dovrebbero altresì adoperarsi per trovare soluzioni in grado di coprire altri rischi, che riducono spesso i futuri redditi pensionistici (come i rischi in cui si può incorrere nell'arco della vita, durante i periodi di malattia o anche di disoccupazione o assenza dal lavoro per ragioni familiari), allo scopo di garantire un livello accettabile delle future pensioni.

3.9   Diffusione degli strumenti UE

3.9.1   Il Comitato esorta la Commissione a utilizzare tutti gli strumenti giuridici, finanziari e di coordinamento per sostenere gli sforzi che gli Stati membri compiono per garantire sistemi pensionistici adeguati e sicuri. Inoltre, per essere certi che gli obiettivi descritti siano realizzati, è essenziale il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali in tutte le fasi della procedura di consultazione, formulazione e attuazione delle strategie di riforma delle pensioni. Allo stesso tempo, quando si propone una regolamentazione dell'UE non direttamente connessa ai sistemi pensionistici, è importante includere una valutazione dell'impatto che avrebbe sui sistemi pensionistici (specialmente sulla loro stabilità e sui livelli delle future pensioni).

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. GU C 318 del 29.10.2011, pagg. 1–8.

(2)  Cfr. GU C 143 del 22.5.2012, pagg 23-28.

(3)  ILO: Pension Reform in Central and Eastern Europe, 2011, pag. 16, ISBN 978-92-125640-3 (web pdf).

(4)  Questa situazione prevale in alcuni Stati membri che hanno sviluppato regimi pensionistici supplementari, finanziandoli con una parte dei fondi pensione pubblici.

(5)  Cfr. GU C 318 del 29.10.2011, pagg. 1–8, GU C 161 del 13.7.2007, pagg. 1–8 e GU C 44 dell’11.2.2011, pagg. 10–16.

(6)  GU C 84 del 17.3.2011, pagg. 38–44.

(7)  Invecchiamento attivo e solidarietà tra generazioni – un ritratto statistico dell’Unione europea 2012, pag. 57.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, che hanno ricevuto un numero di voti pari ad almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso dei dibattiti (articolo 54, paragrafo 3 del Regolamento interno)

Punto 3.6.1, lettera b)

Modificare come segue:

b.

nelle politiche volte a limitare l'accesso al pensionamento anticipato si dovrebbe tenere conto della situazione specifica di alcune categorie di lavoratori, specialmente di quelli che hanno svolto lavori particolarmente pesanti o pericolosi;

Esito della votazione

Voti contrari

:

124

Voti favorevoli

:

88

Astensioni

:

14

Punto 3.7.1

Modificare come segue:

Il Comitato ritiene che gli Stati membri possano vita lavorativa . Un aumento automatico dell'età legale del collocamento a riposo, sulla base del previsto aumento della speranza di vita, potrebbe rivelarsi controproducente, infatti, molti lavoratori anziani, specialmente quelli con problemi di salute, si rivolgerebbero ad altri pilastri della sicurezza sociale.

Esito della votazione

Voti contrari

:

135

Voti favorevoli

:

80

Astensioni

:

10

Punto 3.7.3

Modificare come segue:

Il Comitato raccomanda agli Stati membri che le misure atte a limitare l'accesso ai regimi di prepensionamento siano attuate nel rispetto degli interessi dei lavoratori che hanno svolto lavori particolarmente pesanti o pericolosi. Per molti lavoratori di queste categorie, limitare l'accesso ai regimi di prepensionamento potrebbe davvero comportare l'annullamento del loro diritto alla pensione. La Commissione riconosce che la speranza di vita per queste categorie di lavoratori è più bassa, e lo stato di salute meno buono rispetto a quello degli altri lavoratori. Rimane responsabilità degli Stati membri adottare tali disposizioni sulla base delle loro prassi e condizioni nazionali, nonché degli accordi con le parti sociali.

Esito della votazione

Voti contrari

:

124

Voti favorevoli

:

88

Astensioni

:

14


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/122


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce per il periodo 2014-2020 il programma “L'Europa per i cittadini”»

COM(2011) 884 final — 2011/0436 (APP)

2012/C 299/22

Relatore: GOBIŅŠ

La Commissione europea, in data 19 marzo 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce per il periodo 2014-2020 il programma "L'Europa per i cittadini"

COM(2011) 884 final — 2011/0436 (APP).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene con forza il proseguimento del programma "L'Europa per i cittadini" nonché le sue caratteristiche essenziali: la promozione e il sostegno della partecipazione attiva dei cittadini europei alla vita politica e pubblica, la solidarietà e la collaborazione reciproche fondate su valori comuni e l'identità europea.

1.2

Con cittadinanza attiva s'intende la partecipazione dei cittadini, di gruppi di cittadini e delle organizzazioni della società civile, in particolare delle parti sociali, all'elaborazione delle politiche (dialogo verticale tra la società civile e le amministrazioni pubbliche), nonché il loro collegamento in rete e la loro cooperazione (dialogo orizzontale). Il CESE si compiace che la proposta in esame preveda il sostegno di questi due aspetti, benché ritenga che sarebbe opportuno definire con maggiore precisione le modalità del dialogo orizzontale.

1.3

Il CESE approva gli orientamenti di massima della proposta della Commissione europea, pur chiedendo di poter partecipare in misura maggiore alla definizione, al monitoraggio e alla valutazione del programma, oltre che un più forte coinvolgimento del Parlamento europeo, del Comitato delle regioni e dei partner del dialogo strutturato a queste stesse azioni. Il presente parere raccoglie le raccomandazioni e le modifiche concrete che consentiranno di migliorare il programma rendendolo ancora più vicino ai cittadini e adeguato alle loro esigenze.

1.4

Come riconosce anche la Commissione europea, attualmente le istituzioni dell'Unione soffrono di un grave deficit di legittimità. La scarsa fiducia dei cittadini verso l'Unione europea, l'apatia e la mancanza di partecipazione al processo decisionale mettono sostanzialmente a repentaglio l'ideale europeo e pregiudicano la qualità delle decisioni e lo sviluppo a lungo termine dell'Unione (1). Questa situazione danneggia l'amministrazione pubblica a tutti i livelli, sia locale che nazionale, transnazionale ed europeo. La dotazione finanziaria del programma proposta per la realizzazione dei lavori necessari non è sufficiente: occorre quindi fare tutto il possibile per aumentare il finanziamento.

1.5

Il programma "L'Europa per i cittadini" deve conformarsi alle norme democratiche sancite dal Trattato di Lisbona e favorire l'effettivo radicamento di tali norme in Europa, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di partecipazione e di trasparenza di cui agli articoli 10 e 11 del Trattato sull'Unione europea (TUE). Tuttavia, il programma potrà essere pienamente operativo soltanto a condizione che le istituzioni dell'UE adempiano ai loro obblighi di applicazione dei suddetti articoli, segnatamente mediante l'elaborazione di una serie di libri verdi. Allo stesso modo, il programma non può in alcun modo fungere da surrogato agli impegni assunti dalle varie direzioni generali della Commissione europea sulle loro risorse proprie, finanziarie e di altro tipo, né può essere utilizzato per sostenere in misura maggiore rispetto a quanto fatto sinora, nelle rispettive sfere di competenza delle DG, la partecipazione dei cittadini, nonché il dialogo e i partenariati con essi.

1.6

Il CESE è inoltre venuto a conoscenza dei timori espressi da numerose organizzazioni della società civile, secondo le quali i programmi di lavoro annuali potrebbero lasciare uno spazio troppo esiguo - se non addirittura nessuno spazio - alle tematiche a lungo termine de "L'Europa per i cittadini", o rischierebbero di non consentire ai cittadini di stabilire le proprie priorità. Il Comitato condivide queste preoccupazioni.

1.7

La componente del programma dedicata a mantenere viva la memoria degli eventi storici deve promuovere l'identità comune e i valori. Il CESE plaude alla proposta di ampliare il programma per includervi la commemorazione delle vittime del regime nazista e del totalitarismo comunista, anche successivamente al 1953, nonché l'importanza del ruolo svolto dalla società nella riunificazione di un'Europa rimasta a lungo divisa.

1.8

Il CESE sottolinea la necessità di sostenere una partecipazione civica duratura, sostanziale e quanto più strutturata possibile a tutti i livelli e in tutte le fasi del processo decisionale.

A tale scopo, il CESE formula, oltre alle raccomandazioni illustrate sopra, le seguenti proposte:

è opportuno assegnare la priorità alle sovvenzioni che offrano un sostegno ai cambiamenti strutturali, alla partecipazione e alla valorizzazione della memoria istituzionale, e fare in modo che nel programma non si registri una soluzione di continuità tra l'attuale periodo di bilancio e il successivo. Se occorre, si dovrà definire un periodo transitorio onde garantire il raggiungimento degli obiettivi durante tale lasso di tempo;

i criteri principali di selezione del programma devono basarsi sulla dimensione europea e la partecipazione civica alle tematiche riguardanti l'UE, e non sull'attuazione a livello dell'Unione. Occorre inoltre prevedere la possibilità di erogare sovvenzioni per la partecipazione al processo decisionale a livello nazionale;

è opportuno associare al gruppo direttivo del programma alcuni rappresentanti dello stesso CESE, del Comitato delle regioni e dei partner del dialogo strutturato, nonché semplificare la gestione dei progetti, con particolare riferimento al sistema di valutazione, pur mantenendo nel contempo il necessario controllo;

occorre riconoscere le attività di volontariato a titolo del cofinanziamento. È inoltre necessario prevedere un sostegno specifico o una categoria distinta per progetti di modesta entità realizzati negli Stati membri in cui l'attività delle organizzazioni della società civile nei settori legati all'obiettivo del programma è particolarmente svantaggiata, o in cui il livello di partecipazione è scarso;

nel caso in cui il candidato che presenta un progetto sia un'amministrazione pubblica, un'agenzia o qualsiasi altro ente il cui finanziamento proviene per la maggior parte da imposte, contributi o analoghi pagamenti, occorre stabilire quale condizione obbligatoria la stipula di un partenariato con almeno un'organizzazione della società civile. È opportuno promuovere in particolare la cooperazione Est-Ovest, nel quadro sia dei gemellaggi tra città che di altri progetti.

2.   Osservazioni generali - contenuto del programma

2.1

Il programma "L'Europa per i cittadini" deve contribuire ad un'effettiva applicazione sul campo delle norme democratiche sancite dal Trattato di Lisbona, con particolare riguardo agli articoli 10 e 11 del TUE. L'iniziativa dei cittadini europei è solamente una delle possibilità di partecipazione previste dal Trattato, cui dovranno rapidamente seguirne altre. Anche il programma in esame darà i suoi frutti se l'UE si farà carico con maggiore impegno di alcuni dei propri obblighi politici illustrati in dettaglio in altri pareri del CESE, segnatamente l'elaborazione, assolutamente necessaria, di libri verdi sulla partecipazione civica.

2.2

Allo stato attuale, la sola base giuridica della proposta citata in maniera esplicita è l'articolo 352 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) (2). Il CESE invita a precisare quali siano gli articoli dei trattati in cui sono indicati gli obiettivi che il programma deve raggiungere. Sarebbe opportuno dare particolare rilievo agli articoli 10 e 11 del TUE e all'articolo 15 del TFUE (3). La relazione cita inoltre l'articolo 39 della Carta dei diritti fondamentali, che stabilisce il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo, ma non fa riferimento agli altri articoli pertinenti di tale documento come l'articolo 11 (libertà di espressione e d'informazione), l'articolo 12 (libertà di riunione e di associazione), l'articolo 41 (diritto a una buona amministrazione) e gli articoli da 20 a 26, che sanciscono in particolare la parità dei diritti delle persone e dei diversi gruppi sociali e la protezione di tali diritti (4). Occorre tuttavia precisare che il programma in esame non può essere né l'unico né il principale strumento di realizzazione dei summenzionati obiettivi.

2.3

Il CESE sottolinea che la partecipazione e la cittadinanza attiva costituiscono un valore universale e indivisibile e che tutti i livelli dell'amministrazione pubblica (locale, nazionale ed europeo) sono interconnessi. Numerose decisioni relative all'Unione europea hanno delle ripercussioni a livello locale e nazionale, livelli che promuovono anch'essi le decisioni dell'UE e contribuiscono alla loro elaborazione. Il programma deve riflettere questa realtà e occorre reperire le risorse necessarie a questo scopo, mantenendo come priorità la dimensione europea indipendentemente dal livello in cui opera il promotore del progetto (nazionale o europeo). Azioni di questo tipo devono inoltre poter essere realizzate senza partner transnazionali. È auspicabile sostenere anche, grazie a un incremento dei finanziamenti, i promotori di progetti di partecipazione al processo decisionale dell'UE realizzati a livello locale.

2.4

Il Comitato osserva che le attività delle organizzazioni della società civile rivestono un'importanza particolare in un periodo in cui imperversa la crisi, e che spesso tanto la recessione quanto le scarse risorse disponibili hanno colpito molto duramente tali organizzazioni. È per questo motivo che le sovvenzioni amministrative a lungo termine occupano un posto di particolare rilievo nel programma, al pari del sostegno al dialogo strutturato e alle organizzazioni cui è affidato un compito di "vigilanza" e alla partecipazione alla risoluzione delle questioni europee di attualità. Il programma deve in particolare fornire un sostegno alle azioni, alle conoscenze acquisite e ai risultati degli anni europei dal 2011 al 2013 nonché appoggiare le raccomandazioni della società civile, tra cui quelle formulate dalle parti sociali.

2.5

La cittadinanza attiva e la partecipazione dei cittadini sono, com'è logico, legate ad attività che incoraggiano lo scambio di informazioni e di idee nonché la riflessione su un'identità comune, i valori e la storia. Il CESE plaude alla proposta di ampliare il programma per quanto riguarda la componente dedicata a mantenere viva la memoria degli eventi storici allo scopo di includervi la commemorazione delle vittime del regime nazista e del totalitarismo comunista anche successivamente al 1953. Occorre inoltre favorire un dibattito pubblico che promuova in futuro la conoscenza e l'apprendimento della storia europea in modo più esaustivo, sottolineando l'importanza della società nella riunificazione di un'Europa rimasta a lungo divisa. È inoltre opportuno riservare particolare attenzione alla formazione della coscienza storica dei giovani, che è la chiave di volta del destino, della libertà e della prosperità comuni dell'UE.

2.6

Il CESE sottolinea che è preferibile associare in misura maggiore i cittadini, piuttosto che i soli funzionari e agenti delle istituzioni, ai progetti e alle attività sviluppati nel quadro del programma "L'Europa per i cittadini", in particolare il gemellaggio tra città. Nel caso in cui il candidato che presenta un progetto sia un'amministrazione pubblica, un'agenzia o qualsiasi altro ente il cui finanziamento proviene per la maggior parte da imposte, contributi o analoghi pagamenti, occorre stabilire quale condizione obbligatoria la stipula di un partenariato con almeno un'organizzazione della società civile. Occorre prevedere un sostegno specifico allo sviluppo di nuovi partenariati, specialmente il partenariato Est-Ovest.

3.   Osservazioni specifiche

Coordinamento del programma "L'Europa per i cittadini" con altri programmi

3.1

Il CESE approva le modifiche apportate alla proposta iniziale, che comportano una cooperazione e un coordinamento rafforzati tra "L'Europa per i cittadini" e altri programmi relativi al vicinato dell'Unione. In applicazione dell'articolo 11 della proposta di regolamento e ai fini del conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, è del pari necessario un migliore coordinamento con Interreg e i programmi nei settori dei media e della gioventù.

3.2

Il CESE raccomanda di iniziare quanto prima a fornire informazioni in modo coordinato su "L'Europa per i cittadini" e su altri programmi dell'UE, affinché ogni cittadino possa conoscere tutte le possibilità disponibili attraverso un unico sito. Secondo una consultazione pubblica (5) condotta dalla Commissione, i cittadini non sono sempre ben informati riguardo al tipo di attività principalmente sostenute né riguardo al programma cui conviene fare ricorso. Occorre altresì riservare un'attenzione particolare ai giovani.

3.3

Come già in un precedente parere, il Comitato chiede di migliorare in misura significativa il coordinamento, per esempio istituendo una cellula interistituzionale permanente responsabile in materia di cittadinanza attiva e partecipazione che riunisca i rappresentanti delle diverse direzioni generali della Commissione europea e delle altre istituzioni dell'UE (6).

Aspetti finanziari

3.4

Il finanziamento del programma è del tutto insufficiente. Pur comprendendo che, nell'attuale situazione di crisi, aumentare il bilancio del programma "L'Europa per i cittadini" costituisce una sfida sul piano finanziario e politico, il CESE ribadisce l'importanza capitale che tale programma riveste e fa notare che, in linea di principio, sarebbe opportuno moltiplicarne la dotazione finanziaria, che è a oggi inadeguata per ottenere risultati tangibili a livello europeo (7) e suscita disappunto persino tra i potenziali autori dei progetti. L'ammontare attuale della dotazione può far sorgere degli interrogativi in merito all'importanza assegnata alla partecipazione della società civile al processo decisionale e alla capacità dei responsabili politici di rispettare gli impegni che si sono assunti in materia di attuazione del Trattato di Lisbona.

3.5

Il Comitato invita a una riflessione tesa a individuare il modo di accordare a "L'Europa per i cittadini" ulteriori risorse, provenienti in particolare da quelle che non sono state utilizzate nel periodo di programmazione nell'ambito di altri programmi.

3.6

Per garantire una partecipazione ampia e inclusiva al programma "L'Europa per i cittadini" e non discriminare le piccole organizzazioni o quelle che dispongono di esigue risorse finanziarie, nonché per migliorare l'efficacia e la visibilità del programma in Europa, il CESE raccomanda di sostenere anche i piccoli progetti aventi una dimensione europea. Rispetto al programma attuale, in particolare per i progetti relativi alla società civile, è necessario abbassare la soglia minima del bilancio e il volume del cofinanziamento, aumentare il prefinanziamento, eliminare l'obbligo di collaborare con un partner straniero e ridurre gli oneri amministrativi mantenendo nel contempo il controllo laddove necessario. Nel prossimo periodo del programma, occorre assicurare alle organizzazioni di cittadini e della società civile la possibilità di presentare domanda per ricevere sovvenzioni di modesta entità, in modo tale da non costringerle più a investire autonomamente diverse decine di migliaia di euro nel cofinanziamento. L'importo medio attualmente previsto per singolo progetto (80 000 euro) desta qualche preoccupazione. Nella fase di pianificazione del programma occorre valutare attentamente, ed eliminare, anche altri aspetti a causa dei quali le disposizioni del programma potrebbero discriminare alcuni promotori di progetti o gruppi destinatari.

3.7

Il CESE invita la Commissione europea a riflettere sul modo di accordare un sostegno specifico o di creare una categoria distinta per i progetti di modesta entità realizzati negli Stati membri in cui l'attività delle organizzazioni della società civile nei settori legati all'obiettivo del programma è particolarmente svantaggiata o in cui il livello di partecipazione è scarso.

3.8

Nel nuovo periodo di programmazione sarà necessario trovare il modo di quantificare le attività di volontariato a titolo del cofinanziamento applicato (8).

3.9

La diffusione e il consolidamento delle azioni e dei valori civici presso la nuova generazione di cittadini europei costituiscono al tempo stesso una sfida e un obbligo decisivi per il futuro dell'UE. Il CESE invita tra l'altro la Commissione europea a esaminare la possibilità di includere in misura maggiore nel programma "L'Europa per i cittadini" dei progetti di giovani non realizzati nel quadro del programma "Erasmus per tutti", in particolare quelli che rientrano nell'iniziativa Gioventù. Anche i progetti finalizzati a promuovere la responsabilità sociale delle imprese potrebbero rappresentare un nuovo elemento tematico.

Gestione e amministrazione del programma

3.10

È auspicabile un'amministrazione decentrata del programma, in particolare per i progetti di piccole dimensioni menzionati al punto 3.6. Al momento, la Commissione si è già impegnata ad associare il più possibile le rappresentanze della Commissione negli Stati membri alla promozione del programma in questione (9), ma è opportuno esaminare le possibilità di ricorrere in misura maggiore alle rappresentanze o ad altre strutture di livello nazionale, anche per quanto concerne la gestione delle diverse componenti del programma. L'informazione del pubblico e l'amministrazione del programma sono infatti attività complementari. Un'altra soluzione consisterebbe nel prevedere la possibilità di realizzare diversi piccoli progetti facendo ricorso a sovvenzioni globali.

3.11

L'amministrazione del programma deve essere totalmente aperta e trasparente. Il CESE plaude al fatto che la Commissione europea stia già svolgendo delle consultazioni nell'ambito del programma; tuttavia, tenuto conto della particolare natura de "L'Europa per i cittadini", è opportuno prevedere la possibilità di associare rappresentanti del Comitato delle regioni, dello stesso CESE e dei partner del dialogo strutturato ai lavori del comitato di gestione del programma, attribuendo loro lo status di esperti, membri a pieno titolo, osservatori, osservatori attivi o uno status analogo; in alternativa, si potrebbero associare detti rappresentanti creando un gruppo di lavoro interistituzionale, formale o informale, incaricato di elaborare il programma annuale. Disposizioni in tal senso consentiranno di dare concreta attuazione al concetto di partenariato e di scambiare efficacemente informazioni fin dalle prime fasi del processo decisionale. Inoltre, è opportuno che questi rappresentanti siano strettamente associati a tutte le fasi della valutazione del programma e del suo ulteriore sviluppo (10).

3.12

È opportuno eliminare i rischi, messi in evidenza dalla società civile, relativi alle priorità annuali del programma di lavoro, alle attività a breve termine o alle iniziative specifiche, che non possono cancellare né restringere unilateralmente lo spazio d'azione necessario per gli obiettivi di base del programma. Occorre lasciare alla società civile la possibilità di scegliere essa stessa per i suoi progetti delle tematiche pertinenti e conformi a tali obiettivi di base.

3.13

Il CESE insiste sull'attuazione di un sistema di valutazione dei progetti in due fasi. Il numero di domande respinte a causa dell'insufficienza del finanziamento è davvero notevole. Attualmente, solamente all'incirca un progetto su venti beneficia di un sostegno a titolo delle diverse componenti del programma. "L'Europa per i cittadini" non deve determinare uno spreco di risorse all'interno delle organizzazioni richiedenti, poiché ciò nuocerebbe loro e sarebbe contrario agli obiettivi fondamentali del programma stesso. Sarebbe inoltre opportuno fissare diverse scadenze distinte per la presentazione dei progetti.

3.14

Per quanto riguarda la pianificazione delle spese amministrative de "L'Europa per i cittadini", che oggi appaiono eccessive poiché ammontano circa all'11 % del bilancio previsto per la totalità del programma, il CESE invita a prendere in considerazione l'analisi costi-benefici (11) e le soluzioni per la riduzione di tali spese proposte nel presente parere, segnatamente il ricorso alle sovvenzioni globali, l'adozione di un sistema di valutazione dei progetti in due fasi, ecc.

3.15

Il CESE raccomanda di istituire quanto prima i punti di contatto del programma "L'Europa per i cittadini" negli Stati membri in cui ancora non ve ne sono, e di rafforzarne le attività e la visibilità.

Efficacia, sostenibilità e rendimento rispetto alle risorse impegnate

3.16

Come riconoscono la Commissione europea e i numerosi rappresentanti della società civile da essa interpellati (12), in futuro sarà necessario che il programma sia molto più strettamente legato al processo decisionale concreto e al calendario politico europeo. Il CESE apprezza il fatto che uno dei criteri di prestazione stabiliti nel nuovo programma sia il numero e la qualità di queste iniziative politiche emerse grazie alle attività sostenute dal Comitato. Di conseguenza, il programma può favorire l'attuazione dell'articolo 11 del TUE. Analogamente, il CESE accoglie con favore la richiesta della Commissione relativa allo scambio di buone pratiche e alla raccolta di idee in materia di partecipazione della società (13).

3.17

Tutte le azioni sostenute dal programma dovranno produrre risultati che si prestino a un utilizzo concreto, che siano costanti e sostenibili e abbiano la massima visibilità. Tali risultati dovranno inoltre essere raggiunti nell'organizzazione di dibattiti, di brevi riunioni di cittadini e nello sviluppo di contatti reciproci. Una parte degli eventi della presidenza, per esempio, potrebbe trasformarsi in forum di discussione tra la società civile e le istituzioni dell'UE organizzati con cadenza regolare.

3.18

Il CESE raccomanda di rendere più accessibili le sovvenzioni di funzionamento, insistendo in modo particolare sia sul livello europeo che su quello nazionale in quanto proprio tali sovvenzioni permettono a un'organizzazione di sviluppare la propria competenza globale, di rafforzare le proprie capacità di partecipazione all'elaborazione delle politiche e di reagire rapidamente di fronte a nuove sfide (14). Per contro, spesso le sovvenzioni di progetto sono incentrate su iniziative specifiche ed è più difficile impiegarle in modo da garantire la sostenibilità, la memoria istituzionale e la qualità dell'azione. È opportuno compiere delle verifiche sugli importi medi, il numero di progetti e gli altri indicatori previsti nell'allegato dell'attuale proposta: detti indicatori non possono infatti costituire, nel caso delle organizzazioni di piccole dimensioni, motivo di discriminazione sotto il profilo finanziario o amministrativo per via dell'applicazione di soglie elevate relative al cofinanziamento o ad altri criteri. Sarebbe più ragionevole non stabilire nessuna soglia o fissare soltanto un importo minimo di modesta entità rispetto al volume di queste sovvenzioni, in modo tale da aumentare il numero dei beneficiari o la durata del sostegno accordato.

3.19

È opportuno ricorrere in larga misura agli aiuti strutturali di lungo periodo per i partner di fiducia. È altresì auspicabile estendere la durata massima dei progetti laddove la loro natura lo richieda.

4.   Raccomandazioni complementari alle proposte presentate dalla Commissione europea

I presenti emendamenti illustrano il punto di vista del CESE in merito ad alcuni aspetti fondamentali del programma. Per tener conto delle considerazioni esposte nella prima parte e assicurare la coerenza interna del testo, potrebbe essere necessario apportare ulteriori modifiche al contenuto della proposta, della relazione e dell'allegato della proposta.

4.1

Nel quarto considerando del preambolo, il CESE raccomanda di completare o ritirare l'indicazione secondo cui "L'iniziativa L'Europa dei cittadini europei offre ai cittadini l'occasione unica di partecipare direttamente all'elaborazione della legislazione dell'Unione (15)", in quanto potrebbe far sorgere dubbi riguardo all'attuazione di altre disposizioni del Trattato di Lisbona.

4.2

Nel quarto considerando del preambolo, il CESE raccomanda di sostituire la frase "di carattere transnazionale e svolte a livello di Unione" con "[…] di carattere transnazionale e svolte a livello di Unione nonché, nel rispetto della dimensione europea, a livello nazionale", conformemente ai paragrafi 2.3 e 3.6 del presente parere.

4.3

Nel decimo considerando del preambolo, il CESE invita a sostituire la parola "transnazionali" con "del programma", conformemente ai paragrafi 2.3 e 3.6 del presente parere.

4.4

Il CESE suggerisce di completare il quattordicesimo considerando del preambolo nel modo seguente: "nel quadro di una cooperazione tra la Commissione, gli Stati membri, il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale europeo, i partner del dialogo strutturato e i singoli rappresentanti della società civile europea."

4.5

Nel sedicesimo considerando del preambolo, il CESE propone di sostituire le espressioni "direttamente connessi alle politiche dell'UE" e "alla definizione dell'agenda politica dell'UE" con "direttamente connessi alle politiche condotte nelle questioni di competenza dell'Unione europea" e "alla definizione dell'agenda politica relativa a questioni di competenza dell'Unione europea."

4.6

Per concretizzare le osservazioni elaborate nel paragrafo 3.13 del presente parere, il CESE raccomanda di completare la seconda frase del sedicesimo considerando del preambolo aggiungendo "nonché selezionando le proposte di progetto in due fasi."

4.7

Il CESE suggerisce di modificare il primo articolo della proposta nel modo seguente: "Nell'intento di […] promuovere i valori e l'identità europei". La nozione di "valori e identità europei" è più ampia e inclusiva. Queste modifiche devono essere apportate anche in altri punti della proposta.

4.8

Inoltre, il CESE raccomanda, nel primo articolo, di sostituire le parole "a livello di Unione europea" con "negli affari e nelle questioni di competenza dell'Unione", secondo le osservazioni formulate in precedenza, per affermare che la partecipazione civica è indivisibile e che gli affari relativi all'UE non si decidono solamente a livello di UE.

4.9

All'articolo 2, paragrafo 2, il CESE raccomanda di sostituire l'espressione "a livello di Unione" con "negli affari e nelle questioni di competenza dell'Unione", nonché di modificare la frase "in modo da permettere ai cittadini di comprendere meglio il processo di elaborazione politica dell'Unione" con "in modo da permettere ai cittadini di comprendere meglio il processo di elaborazione politica relativo alle questioni di competenza dell'Unione europea e di prendervi parte più attivamente."

4.10

Il CESE raccomanda di completare e modificare l'articolo 3, paragrafo 2, come segue:

(3)

sostegno a organizzazioni la cui attività sia di interesse europeo generale o comporti un'evidente dimensione europea;

(4)

incontri e dibattiti sulle questioni della cittadinanza, coinvolgendo in tali eventi un pubblico mirato grazie a Internet e alle tecnologie della comunicazione e/o ai media sociali, nonché rafforzando la dimensione europea in altri canali e mezzi di comunicazione;

(5)

eventi al livello dell'Unione, in casi specifici e giustificati. Giustificazione: le manifestazioni organizzate a livello dell'Unione non presentano sempre un valore aggiunto perché spesso attirano solamente cittadini che sono già informati e impegnati per quanto riguarda le questioni europee, senza che i risultati raggiunti giustifichino le spese elevate che richiedono.

(7)

riflessione/dibattiti su valori comuni, nonché sul futuro della cittadinanza dell'Unione e sulle possibilità di partecipazione in materia;

(8)

iniziative di informazione sulle istituzioni dell'Unione europea e sul loro funzionamento, sui diritti dei cittadini, in particolare i diritti democratici, nonché sul processo di elaborazione delle politiche, in particolare dell'UE, a livello nazionale. Nell'ambito di tali iniziative, occorre puntare sulla partecipazione dei cittadini all'elaborazione delle politiche e al processo decisionale ai diversi livelli e nelle diverse fasi.

(11)

sostegno a strutture di informazione o di consulenza e a strutture di gestione per quanto riguarda il programma negli Stati membri.

(12)

[nuovo trattino]: sovvenzioni nelle regioni o negli Stati membri ammissibili in cui l'accesso ad altre risorse per le attività legate agli obiettivi del programma è limitato, o in cui il livello di partecipazione civica è inferiore alla media.

4.11

Per quanto attiene all'articolo 4 della proposta, il CESE sottolinea che, per quanto possibile, la Commissione dovrebbe rinunciare ai contratti di appalti pubblici, che molto spesso comportano l'organizzazione di campagne di relazioni pubbliche ambiziose e costose ma distanti dal cittadino. Occorre fare in modo che la totalità delle attività presenti la massima apertura a tutti i partecipanti al programma.

4.12

Il CESE raccomanda di completare l'articolo 6 conformemente alle proposte avanzate nel presente parere, in particolare con il punto 2.6.

4.13

Occorre, all'articolo 8, raccomandare la soppressione della disposizione secondo cui le nuove priorità del programma vengono definite ogni anno, oppure attenuare la formulazione di tale articolo.

4.14

Il CESE suggerisce di integrare l'articolo 9 come segue: "3. è opportuno prevedere la possibilità di associare attivamente rappresentanti del Comitato delle regioni, del Comitato economico e sociale europeo e dei partner del dialogo strutturato ai lavori del comitato di gestione del programma attribuendo loro lo status di esperti, membri a pieno titolo, osservatori, osservatori attivi o uno status analogo; in alternativa, si potrebbero associare detti rappresentanti creando un gruppo di lavoro interistituzionale, formale o informale, incaricato di elaborare il programma annuale."

4.15

Il CESE raccomanda di integrare l'articolo 10 della proposta come segue: "I soggetti elencati all'articolo 9 devono essere in larga misura associati a tutte le fasi della valutazione del programma e del suo ulteriore sviluppo."

4.16

Il CESE suggerisce di integrare l'articolo 14, paragrafo 2, come segue: "informa regolarmente il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni". Il CESE raccomanda di aggiungere all'inizio dell'articolo 14, paragrafo 3, le parole "in particolare,".

4.17

Il CESE suggerisce di completare il secondo capitolo dell'allegato ("Gestione del programma") precisando che è raccomandabile ed auspicabile associare alla gestione delle diverse componenti del programma le rappresentanze della Commissione europea negli Stati membri o altre strutture di livello nazionale che essa ritenga idonee a parteciparvi.

4.18

Per quanto riguarda i criteri di valutazione citati nell'allegato, il CESE sottolinea e sostiene in particolare che occorre giungere a un impegno finanziario rafforzato nei paesi e nelle regioni in cui le risorse destinate alla realizzazione degli obiettivi del programma sono limitate o non accessibili, o in cui gli indicatori segnalano uno scarso livello di partecipazione.

4.19

Al paragrafo 2.2.1 della "Scheda finanziaria legislativa per proposte", il CESE respinge categoricamente e raccomanda di sopprimere fin da ora l'osservazione secondo cui la partecipazione al programma di organizzazioni di piccole e medie dimensioni costituisce una fonte di rischio per la sua gestione. In conformità alle considerazioni esposte in precedenza, il CESE fa notare che tali raggruppamenti si prestano particolarmente bene alla partecipazione dei cittadini e che occorre incoraggiarli in ogni modo possibile a impegnarsi nel programma, specialmente agevolandoli nella presentazione e nella gestione dei progetti, abbassando la soglia minima di bilancio prevista, consentendo che, in mancanza di necessità oggettive, nessun partner straniero prenda parte al programma o, ancora, riducendo il volume di cofinanziamento.

4.20

Il CESE raccomanda di rivedere il numero di progetti definito negli allegati per le diverse attività e il loro tasso di finanziamento, al fine di prendere in considerazione le domande esposte in precedenza nel presente parere, per rendere detti progetti e attività più accessibili alle organizzazioni di piccole o medie dimensioni; raccomanda inoltre di creare una o più categorie specificamente destinate a progetti di modesta entità, prevedendo per essi migliori possibilità di accesso alle sovvenzioni di funzionamento, un prolungamento della durata massima che devono rispettare ecc.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 181 del 21.6.2012, pagg. 137-142.

(2)  COM(2011) 884 final.

(3)  GU C 83 del 30.3.2010.

(4)  GU C 83 del 30.3.2010.

(5)  Risultati della consultazione online condotta dalla Commissione europea nel 2010-2011.

(6)  GU C 28 del 3.2.2006, pagg. 29-34.

(7)  Cfr. nota 6.

(8)  GU C 325 del 30.12.2006, pagg. 46-52.

(9)  COM(2011) 884 final.

(10)  Cfr. nota 6.

(11)  Secondo l'attuale proposta della Commissione europea, il bilancio complessivo 2014-2020 del programma "L'Europa per i cittadini" ammonterà a 229 milioni di euro, di cui 206 milioni dedicati direttamente alle azioni realizzate a titolo del programma e 23 milioni alle spese amministrative. Cfr. l'allegato del documento COM(2011) 884 final - 2011/0436 (APP).

(12)  Risultati della consultazione online condotta dalla Commissione europea nel 2010-2011.

(13)  COM(2011) 884 final.

(14)  Cfr. anche lo studio sul Finanziamento di organizzazioni non governative (ONG) attraverso il bilancio UE, versione provvisoria, 2010, Parlamento europeo, direzione generale delle Politiche interne dell'Unione, direzione D - Affari di bilancio.

(15)  Cfr. nota 13.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/128


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell'Unione europea»

COM(2012) 85 final — 2012/0036 (COD)

2012/C 299/23

Relatore: DE LAMAZE

Il Parlamento europeo, in data 15 marzo 2012, e il Consiglio, in data 4 aprile 2012, hanno deciso, conformemente a quanto disposto dall'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell'Unione europea

COM(2012) 85 final — 2012/0036 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 28 giugno 2012.

Nella sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio 2012), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 142 voti favorevoli, nessun voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene l'iniziativa della Commissione in esame, intesa a rafforzare il quadro legislativo europeo esistente in materia di congelamento e confisca dei proventi di reato. Condividendo le preoccupazioni del Parlamento e del Consiglio, desidera ricordare che la criminalità organizzata si sta intensificando e sta divenendo sempre più complessa, tenuto conto in particolare della sua dimensione transfrontaliera e dei notevoli mezzi di cui dispone. In mancanza di un'armonizzazione europea, le organizzazioni criminali approfittano delle legislazioni meno severe ed è quindi urgente moltiplicare gli sforzi compiuti a livello europeo. Poiché è in gioco la sicurezza dei cittadini dell'Unione, l'intervento dell'UE è pienamente giustificato, in virtù degli articoli 5, paragrafo 3, e 67 del Trattato sul funzionamento dell'UE.

1.2   Il CESE desidera peraltro precisare che detto intervento deve essere concepito e attuato nel pieno rispetto della tradizione e delle pratiche nazionali in materia, tenendo conto delle sensibilità particolari, specialmente in relazione alla specificità dei reati da perseguire.

1.3   Sottolineando la necessità di un approccio globale, operativo e integrato in materia, il CESE si rammarica che la proposta in esame non recepisca l'acquis comunitario in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. A monte, l'identificazione e il reperimento dei proventi di reato presuppongono in particolare un rafforzamento dei poteri degli uffici per il recupero dei beni nonché dei poteri conferiti a Eurojust. Il CESE raccomanda inoltre di promuovere:

una migliore cooperazione, anche ai fini degli strumenti utilizzati, tra tutte le autorità incaricate di individuare, perseguire e sanzionare i grandi traffici illeciti;

una cultura comune tra tutti gli operatori professionali interessati;

un approccio trasversale a tutte le DG della Commissione;

un'armonizzazione della fiscalità e delle procedure, alla quale potrebbe contribuire la strategia Europa 2020.

1.3.1   Oltre al necessario coordinamento e agli scambi sistematici di informazioni tra gli uffici nazionali per il recupero dei beni, il CESE ritiene necessario valutare la possibilità di introdurre, a lungo termine, una centralizzazione europea in materia, mediante una nuova struttura ad hoc oppure direttamente tramite Eurojust. Tenuto conto delle sfide da affrontare, la lotta contro la criminalità organizzata non può basarsi soltanto sulla semplice cooperazione.

1.4   L'efficacia delle misure in tema di congelamento e confisca dei proventi del reato richiede l'adozione di un approccio olistico, il quale disciplini lo strumento in tutte le sue dimensioni, prestando maggiore attenzione al momento del riutilizzo a fini prioritariamente sociali dei beni confiscati.

A tale proposito si sottolinea la necessità di scongiurare il rischio che una vendita diretta dei beni permetta alle associazioni criminali di riprenderne il possesso.

1.5   Il CESE ricorda infine che l'efficacia della lotta contro la criminalità organizzata non può giustificare alcuna violazione dei diritti fondamentali, e in particolare di quelli della difesa, sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

2.   Contenuto della proposta della Commissione

2.1   La proposta in esame mira a proteggere l'economia lecita da infiltrazioni criminali e introduce norme minime per gli Stati membri in materia di congelamento e confisca dei proventi di reato, compresi i proventi indiretti e gli strumenti di reato. La principale base giuridica della proposta è l'articolo 83, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), mentre il suo campo di applicazione è limitato agli "eurocrimini", inclusi i reati commessi nel quadro della partecipazione a un'organizzazione criminale che abbiano già formato oggetto di un'armonizzazione a livello europeo.

2.2   La proposta prevede la sostituzione dell'azione comune 98/699/GAI e, in parte, delle decisioni quadro 2001/500/GAI (1) e 2005/212/GAI (2); essa inoltre:

riprende le disposizioni esistenti in materia di confisca di proventi e strumenti di reato a seguito di una condanna definitiva, nonché in materia di confisca di beni di valore equivalente ai proventi stessi (articolo 3);

modifica le disposizioni vigenti sui "poteri estesi di confisca" (articolo 4) prevedendo una norma minima unica in sostituzione dell'attuale sistema di opzioni alternative e/o cumulative. Tale norma non si applica né in caso di prescrizione né in caso di applicazione del principio del ne bis in idem.

2.3   La proposta introduce inoltre alcune nuove disposizioni che rendono possibile:

la confisca non basata sulla condanna (articolo 5), nei casi in cui è impossibile ottenere una condanna penale perché l'indagato o imputato è deceduto o affetto da malattia permanente oppure la sua fuga o la sua malattia non consente di perseguirlo penalmente entro tempi ragionevoli, con il rischio che l'azione penale si estingua per prescrizione;

la confisca di beni trasferiti a terzi che avrebbero dovuto rendersi conto che tali beni erano i proventi di un reato (articolo 6);

il congelamento preventivo e cautelativo dei beni che rischiano di essere dispersi in mancanza di un intervento, purché tale misura sia ordinata dall'autorità competente e confermata dall'autorità giudiziaria (articolo 7);

lo svolgimento di indagini finanziarie sul patrimonio dell'interessato, che consente di eseguire provvedimenti non eseguiti anche quando il procedimento penale sia terminato (articolo 9);

l'adeguata gestione dei beni sottoposti a congelamento onde evitarne la svalutazione prima della confisca (articolo 10).

2.4   Tali restrizioni dei diritti fondamentali (3) sono compensate da una serie di garanzie minime che assicurano il rispetto della presunzione di innocenza, il diritto a un giudice imparziale, l'esistenza di mezzi di ricorso dinanzi a un giudice e il diritto di essere informati su come poter esercitare tali mezzi (articolo 8).

3.   Osservazioni generali

3.1   Considerata la notevole entità del costo umano, sociale, economico e finanziario indotto dalla criminalità organizzata, senza contare le restrizioni che essa comporta in termini di diritti e di libertà per i cittadini e per gli attori del mercato interno, minandone quindi la fiducia, il CESE sottolinea che le misure di confisca svolgono un ruolo essenziale nella lotta contro tale criminalità, poiché colpiscono la sua principale ragion d'essere, ovvero la ricerca del profitto.

3.2   Il CESE condivide gli obiettivi dell'iniziativa in esame, che mira a un rafforzamento della disciplina UE in materia, da tempo giudicato necessario, sulla scorta del programma di Stoccolma, sia dal Parlamento europeo che dal Consiglio. A tal proposito accoglie con favore la recente istituzione, su iniziativa del Parlamento, di una commissione speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio dei capitali, che conferma la volontà di includere questi veri e propri flagelli tra le principali priorità politiche dell'UE.

3.3   Il CESE raccomanda di prendere pienamente coscienza del contesto critico scaturito dalla crisi e dell'aumento inquietante delle attività illecite nell'UE. Spera altresì che vengano accentuate le misure di armonizzazione tra gli Stati membri contro le reti criminali e i loro beni.

3.4   Nell'attuale scenario di crisi, l'approccio sotteso alle misure di confisca, che consiste nell'appropriarsi dei proventi percepiti illegalmente (il cui valore risulta spesso enorme) per poi reimmetterli nel circuito dell'economia legale, apre prospettive di cui il CESE invita a non trascurare gli effetti economici e sociali. Il Comitato sottolinea inoltre che la lotta contro la criminalità organizzata deve consistere anche nel far sì che il circolo virtuoso innescato da un approccio di questo tipo possa contare su un mercato interno che funzioni meglio, riducendo così la distorsione della concorrenza di cui sono vittime le imprese legali.

3.5   Necessità di un approccio globale, operativo e integrato

3.5.1   Poiché l'efficacia della lotta contro la criminalità organizzata si fonda su un approccio necessariamente globale, il CESE si rammarica del fatto che l'armonizzazione delle misure di congelamento e di confisca non si inquadri in uno strumento anch'esso globale che recepisca l'acquis comunitario adottato nell'ambito del vecchio terzo pilastro relativo alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, aspetti complementari e inscindibili di una stessa politica.

3.5.2   Il CESE sottolinea che l'efficacia delle misure relative al congelamento e confisca dei proventi di reato richiede l'adozione di un approccio olistico, al fine di conseguire una disciplina che prenda in considerazione tutte le dimensioni delle problematiche connesse, con particolare attenzione alla necessità di scongiurare il rischio che una vendita diretta dei beni permetta alle associazioni criminali di riprendere il possesso dei beni stessi.

3.5.3   In un'ottica di coerenza, nonché in vista di una maggiore certezza del diritto e di una trasposizione e applicazione più soddisfacenti delle norme europee, il CESE chiede quindi che la direttiva faccia riferimento alla decisione 2006/783/GAI sul riconoscimento reciproco dei provvedimenti di confisca e alla decisione 2007/845/GAI concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell'identificazione dei proventi di reato.

3.5.4   Di fatto le misure di congelamento e di confisca possono essere eseguite efficacemente soltanto se si basano su un sistema anch'esso efficace di individuazione e rintracciamento dei proventi di reato, anche nel caso in cui questi ultimi siano stati riciclati.

3.5.5   In tema di riutilizzo dei beni confiscati, si sottolinea l'importanza della creazione di meccanismi di cooperazione tra gli Stati membri, così da favorire lo scambio delle migliori pratiche tra le competenti autorità nazionali.

3.5.6   A questo proposito il CESE rammenta:

la necessità di agevolare l'accesso alle informazioni finanziarie (e in particolare ai dati relativi ai conti bancari) da parte degli uffici per il recupero dei beni (4);

l'interesse, per gli Stati membri, di sfruttare interamente le potenzialità di Eurojust, il cui valore aggiunto in materia di indagini e azioni penali transfrontaliere, ormai assodato, può utilmente facilitare l'interazione tra i suddetti uffici e le autorità giudiziarie;

l'urgenza di rafforzare i poteri di iniziativa di Eurojust, e in particolare il potere di avviare indagini;

l'interesse di far collaborare tutte le autorità incaricate di individuare, perseguire e reprimere i grandi traffici illeciti, con tutti i mezzi a loro disposizione (archivi digitalizzati, scambi di informazioni, incrocio di dati, risorse umane, competenze tecniche e attrezzature);

l'urgenza di creare una cultura comune di queste missioni in Europa, tramite lo scambio di funzionari doganali, ufficiali di polizia, personale delle amministrazioni fiscali e operatori giudiziari;

la necessità di creare le sinergie necessarie tra le diverse direzioni generali della Commissione europea per contribuire al raggiungimento del suddetto obiettivo;

l'importanza dell'armonizzazione della fiscalità e delle procedure per distruggere le sacche di criminalità organizzata in Europa;

l'importanza di collegare la repressione della criminalità organizzata e la strategia Europa 2020.

3.5.7   Inoltre, visti il successo e l'efficacia di talune azioni di centralizzazione dei beni confiscati intraprese a livello nazionale (5), che spingono a ripetere questa esperienza a livello europeo, il CESE raccomanda che, oltre al necessario coordinamento e agli scambi sistematici di informazioni tra gli uffici nazionali per il recupero dei beni, si valuti concretamente la possibilità di una centralizzazione europea in materia, mediante una nuova struttura ad hoc oppure direttamente tramite Eurojust. Tale centralizzazione, benché attualmente in contrasto con alcune delicate sensibilità nazionali riguardo alla condivisione di alcune banche dati, deve essere considerata un obiettivo, sia pure a lungo termine: una mera cooperazione, infatti, non può essere sufficiente per conseguire gli obiettivi di efficacia perseguiti nella lotta contro la criminalità organizzata.

3.5.8   Infine, ricordando che la strategia europea in materia di confisca potrà risultare pienamente efficace soltanto se inquadrata in una problematica di dimensione mondiale, il CESE deplora il fatto che la proposta in esame non affronti questo aspetto, comunque fondamentale.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Articolo 1 (della direttiva proposta) - Sostituire "in materia penale" con "derivanti da illeciti penali".

4.2   Articolo 2, paragrafo 1 - Oggetto delle misure di congelamento e confisca

4.2.1   Il CESE esprime soddisfazione per l'estensione di queste misure agli utili indiretti, che rappresenta un notevole passo avanti rispetto alla decisione 2005/212/GAI.

4.3   Articolo 3, paragrafo 2 - Confisca per valore equivalente

4.3.1   Il CESE raccomanda di estendere questa misura ai beni utilizzati per commettere il reato (i cosiddetti "strumenti di reato"). Ritiene infatti che non vi sia motivo di limitare questa misura ai soli proventi di reato. Il CESE sottolinea che la definizione di "strumenti" comprende i mezzi di trasporto utilizzati per far transitare all'interno dell'Unione i proventi di reato.

4.4   Articolo 4 - Poteri estesi di confisca

4.4.1   Il CESE accoglie favorevolmente la misura di semplificazione consistente nell'emanazione di una norma unica in materia, visto che il sistema di opzioni introdotto dalla decisione 2005/212/GAI comporta un'eccessiva eterogeneità negli approcci nazionali, poco propizia alla corretta applicazione del principio del reciproco riconoscimento in materia.

4.4.2   Il CESE, tuttavia, deplora vivamente che il criterio della sproporzione tra il valore dei beni e il reddito legittimo del condannato non compaia più in primo piano (6) ma resti solo implicito tra i "fatti specifici" in base ai quali l'autorità giudiziaria adotta la sua decisione (articolo 4, paragrafo 1). Le legislazioni nazionali più avanzate nella lotta alla criminalità organizzata hanno di fatto attribuito a questo criterio un valore decisivo. Il CESE prende atto della scelta della Commissione di lasciare alle autorità giudiziarie nazionali la facoltà di far riferimento alla sproporzione bene/reddito, e sollecita il PE e il Consiglio a reintrodurre tale criterio, aggiungendo alla proposta di direttiva, dopo le parole "a una persona condannata per un reato", le parole "in una misura proporzionale al suo reddito legittimo". Il CESE invita nello stesso tempo le autorità nazionali ad accordare la massima importanza a questo criterio.

4.5   Articolo 5 - Confisca non basata sulla condanna

4.5.1   Benché a livello di principi sembri difficile conciliare la confisca con il fatto che la persona interessata non debba rendere conto di atti su cui tale misura si fonda, il CESE ne riconosce l'utilità sul piano pratico e la sostiene in nome della sua efficacia. Essa, inoltre, faciliterebbe il reciproco riconoscimento con i paesi di common law che già applicano procedure di confisca di diritto civile.

4.5.2   Il CESE teme tuttavia che l'introduzione della nozione di "malattia permanente dell'indagato o imputato" lasci aperti margini di manovra fin troppo ampi. Poiché il diritto dell'Unione consente a chiunque sia indagato di farsi rappresentare da un avvocato, il CESE chiede che il riferimento a una malattia di cui all'articolo 5 non costituisca un criterio per la confisca in assenza di condanna, e ne sollecita, pertanto, la cancellazione dalla direttiva proposta.

4.6   Articolo 7 - Congelamento

4.6.1   Il CESE ricorda che l'applicazione della procedura giudiziaria, e quindi il rispetto dei diritti della difesa, non possono patire alcuna eccezione poiché da essi dipende l'efficacia repressiva.

4.6.2   Il CESE ritiene che qualsiasi misura di congelamento debba essere confermata da un giudice entro tempi ragionevoli, ma che l'autorità amministrativa investita debba essere competente ad adottare ogni misura immediata a titolo conservativo.

4.7   Articolo 8 - Garanzie in termini di diritti della difesa

4.7.1   In linea con l'approccio sviluppato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per valutare, caso per caso, la proporzionalità di talune misure di limitazione del diritto fondamentale di proprietà (ovvero confisca estesa, confisca non basata sulla condanna, confisca nei confronti di terzi), la proposta in esame prevede garanzie procedurali minime e mezzi di ricorso per il soggetto passivo di tali misure. Se il richiamo al diritto ad un giudice imparziale appare superfluo, è invece utile precisare che qualsiasi decisione giudiziaria di confisca deve essere motivata e notificata a tutti gli interessati.

4.7.2   Conformemente ai requisiti fissati dalle norme europee antiriciclaggio, il CESE sottolinea la necessità di prevedere, in linea con il futuro strumento previsto per tale scopo, che la persona i cui beni sono sottoposti a procedimento ablatorio penale possa beneficiare a pieno titolo dell'assistenza legale gratuita.

4.7.3   Il CESE ritiene che un imputato non possa beneficiare di minori tutele rispetto alla persona interessata in quanto soggetto terzo depositario dei beni in questione. Per eliminare qualsiasi ambiguità in questo senso, il CESE propone una nuova formulazione del paragrafo 1: "Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie a garantire che le persone colpite dai provvedimenti disciplinati nella presente direttiva godano del diritto a un ricorso effettivo e possano beneficiare a pieno titolo dell'assistenza legale gratuita. Qualsiasi decisione giudiziaria di confisca dovrà essere motivata e notificata alla persona interessata."

4.8   Articolo 9 - Effettiva esecuzione

4.8.1   L'obiettivo, di per sé legittimo, di assicurare l'effettiva esecuzione della decisione di confisca non può, ad avviso del CESE, autorizzare l'adozione, dopo una condanna definitiva, di "misure supplementari", che verrebbero ad aggiungersi alla decisione del giudice. Si tratta di una tutela necessaria alla luce dei principi del giusto processo e della determinatezza delle pene. Restano evidentemente accettabili soltanto "misure di ricerca ulteriori nel quadro di una effettiva continuità di esecuzione della pena irrogata dall'autorità giudiziaria."

4.8.2   Il CESE ricorda che alla confisca propriamente detta può aggiungersi la condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie di natura penale, fiscale o doganale, intese a controbilanciare il rischio di frode, a danno dello Stato, sulla composizione dei beni acquisiti illecitamente. Raccomanda pertanto che la direttiva preveda il rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri, affinché ciascuno di essi possa assicurarsi dell'esecuzione di tali condanne. Una simile disposizione rappresenterebbe una condizione indispensabile per l'efficacia delle azioni penali.

4.9   La questione della riassegnazione e della restituzione dei fondi confiscati

4.9.1   Lungi dallo svolgere un ruolo di secondo piano, la questione della riassegnazione dei fondi confiscati influisce direttamente sull'efficacia complessiva della strategia di confisca. Poiché la vendita diretta dei beni permette spesso alle organizzazioni criminali di reimpossessarsene per vie traverse, il CESE sottolinea l'utilità di una riassegnazione di tali beni in via prioritaria a fini sociali, come già avviene in Italia, seguendo un approccio doppiamente virtuoso, per citare il Parlamento europeo (7), di prevenzione della criminalità organizzata e promozione dello sviluppo economico e sociale.

4.9.2   Il CESE reputa importante la riflessione avviata dalla DG JUST su questo aspetto della riassegnazione sociale dei proventi di reato. Gli approcci possibili sono diversi; tutti, però, presuppongono il coinvolgimento delle autorità centrali degli Stati membri, e meritano di essere esplorati e adattati tenendo conto delle vittime, dell'interesse generale e della natura stessa dei beni sottoposti a congelamento.

4.9.3   Le ragioni che attengono al necessario rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità non devono impedire all'UE di proporre un quadro giuridico, anche solo generale, in materia. Il CESE esorta gli Stati membri a condividere le migliori pratiche in questo campo.

4.9.4   Ciò presuppone innanzitutto regole chiare in materia di restituzione. In molti casi, infatti, accade che lo Stato sul cui territorio vengono confiscati i beni non sia lo stesso al quale essi devono essere restituiti. Per motivi di equità e al fine di stabilire regole omogenee tra gli Stati membri, il CESE invita l'UE a fornire un chiarimento in merito a questo punto, segnatamente in rapporto alla decisione quadro del 2006 che prevede una ripartizione a metà tra gli Stati membri interessati.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato.

(2)  Relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato.

(3)  Oppure dei suddetti principi.

(4)  Cfr. relazione della Commissione basata sull'articolo 8 della decisione 2007/845/GAI, del 12 aprile 2011.

(5)  In particolare in Francia con l'AGRASC e nei Paesi Bassi con BOOM.

(6)  Questo criterio corrispondeva a una delle tre opzioni alternative e/o cumulative previste dalla decisione 2005/212/GAI (articolo 3, paragrafo 2, lettera c).

(7)  Relazione sulla criminalità organizzata nell'UE, ottobre 2011.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/133


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca [che abroga il regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, il regolamento (CE) n. 861/2006 del Consiglio e il regolamento n. XXX/2011 del Consiglio sulla politica marittima integrata]»

COM(2011) 804 final — 2011/0380 (COD)

2012/C 299/24

Relatore: Sarró IPARRAGUIRRE

Il Consiglio, in data 15 dicembre 2011 e il Parlamento europeo, in data 16 gennaio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dall'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca [che abroga il regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, il regolamento (CE) n. 861/2006 del Consiglio e il regolamento n. XXX/2011 del Consiglio sulla politica marittima integrata]

COM(2011) 804 final — 2011/0380 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 150 voti favorevoli, 1 voto contrario e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente la proposta della Commissione e ne condivide gli obiettivi e le priorità. Ritiene tuttavia che nel primo obiettivo andrebbe precisato che la pesca e l'acquacoltura devono essere sostenibili e competitive da un punto di vista economico, sociale e ambientale. Al tempo stesso, il CESE ritiene che manchi una menzione specifica del settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura tra gli obiettivi del FEAMP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca).

1.2   In rapporto alla definizione di pesca costiera artigianale, il CESE ribadisce quanto indicato nel parere sulla riforma della politica comune della pesca (PCP) e invita il Consiglio e il Parlamento europeo ad estendere di conseguenza la proposta della Commissione.

1.3   Il CESE condivide l'obiettivo di eliminare l'eccesso di capacità nelle flotte nei casi in cui tale eccesso esista. A questo fine, ritiene necessario mantenere gli aiuti per l'arresto definitivo dei pescherecci, purché ciò consenta l'adeguamento reale di ogni segmento alle possibilità di pesca esistenti.

1.4   Al tempo stesso, il CESE ritiene necessario mantenere gli aiuti per l'arresto temporaneo della flotta.

1.5   Il CESE considera importantissimi gli aiuti destinati a promuovere le relazioni e i partenariati tra ricercatori e pescatori, oltre che il capitale umano e il dialogo sociale, nonché a stimolare la diversificazione e la creazione di posti di lavoro, e a migliorare la sicurezza a bordo. Inoltre, ritiene che andrebbero previste misure tese all'inserimento di giovani nel settore della pesca, allo scopo di contribuire a supplire alla mancanza di ricambio generazionale e di prestare più attenzione alla creazione e al mantenimento dell'occupazione.

1.6   Il CESE approva gli aiuti per l'applicazione di misure di conservazione nel quadro della PCP, per la limitazione dell'impatto della pesca sull'ambiente marino, per l'innovazione, per la protezione e il ripristino della biodiversità, per l'attenuazione dei cambiamenti climatici, per il miglioramento dell'utilizzo delle catture indesiderate e per l'aumento dell'efficienza energetica.

1.7   Il CESE è d'accordo con gli aiuti previsti per la pesca interna. Ritiene tuttavia che andrebbero introdotte misure di aiuto per prevenire l'interazione tra l'acquacoltura d'acqua dolce e l'agricoltura nella pesca d'acqua dolce.

1.8   Il CESE appoggia le misure per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura e delle zone di pesca e nel presente parere propone alcuni miglioramenti che ritiene importanti.

1.9   Il CESE accoglie favorevolmente le misure connesse alla trasformazione e alla commercializzazione. Ritiene tuttavia necessario mantenere gli aiuti destinati a compensare le organizzazioni di produttori per l'immagazzinamento dei prodotti della pesca sino alla fine del periodo di applicazione del FEAMP. Al tempo stesso, ritiene imprescindibile mantenere il meccanismo dell'indennità compensativa per i tonni destinati all'industria della trasformazione. D'altro canto, reputa che tra gli obiettivi specifici andrebbero inclusi il miglioramento della competitività dell'industria di trasformazione, delle condizioni di sanità pubblica e della qualità nei prodotti, la riduzione dell'impatto negativo sull'ambiente e l'aumento dell'efficienza energetica, un utilizzo migliore delle specie poco sfruttate, dei sottoprodotti e degli scarti, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di nuovi prodotti e l'utilizzo di nuove tecnologie e metodi innovativi nella produzione, l'apertura e lo sviluppo dei mercati, nonché il miglioramento delle condizioni di lavoro e la formazione dei lavoratori.

1.10   Il CESE accoglie favorevolmente tutte le proposte connesse alla politica marittima integrata (PMI).

2.   Antecedenti

2.1   La riforma della PCP entrerà in vigore il 1o gennaio 2013 (1).

2.2   La PCP vigente deve il suo sostegno finanziario al regolamento (CE) n. 1198/2006 relativo al Fondo europeo per la pesca (FEP), la cui revisione era prevista entro il 1o gennaio 2014.

2.3   La PMI è stata finanziata, nel periodo 2008-2010, mediante una serie di atti pilota e attività preparatorie. La Commissione ha proposto un nuovo strumento finanziario per il periodo 2012-2013.

2.4   La riforma della PCP e il consolidamento della PMI sono garantiti dal nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), che entrerà in vigore il 1o gennaio 2014.

3.   Analisi della proposta

3.1   Obiettivi e priorità

3.1.1   La proposta, in linea generale, distribuisce gli aiuti concessi nelle categorie di gestione concorrente (fondamentalmente la PCP) e gestione diretta (che comprende la politica marittima integrata e le misure complementari della PCP e della PMI), stabilendo le misure finanziarie dell'UE per attuare:

a)

la PCP,

b)

le misure relative al diritto del mare,

c)

lo sviluppo sostenibile delle zone di pesca e della pesca nelle acque interne e

d)

la PMI.

3.1.2   Con riferimento alla definizione di "pesca costiera artigianale", il CESE ribadisce quanto già affermato nel suo parere sulla riforma. Il Comitato ritiene che non si tenga conto della realtà delle flotte artigianali nei diversi Stati membri e che si stabilisca un unico criterio arbitrario, che potrebbe dare luogo a situazioni discriminatorie. Chiede pertanto criteri aggiuntivi a quello di dimensione da applicare per la delimitazione di questo tipo di pesca altamente diversificata, come ad esempio il tempo trascorso in mare, la distanza dalla costa, il tipo di arnesi impiegati o i legami con le comunità locali. Inoltre, le tonnare dovrebbero essere incluse nella definizione di pesca artigianale.

3.1.3   Il CESE ritiene opportuno chiarire i concetti di "pescatori autonomi" e di "salariati" per determinare con esattezza i beneficiari delle diverse misure del FEAMP, visto che il termine "pescatore" è spesso utilizzato in relazione a diversi concetti: proprietari di pescherecci, pescatori autonomi non salariati ecc.

3.1.4   Il FEAMP contribuisce ai seguenti obiettivi:

a)

promuovere una pesca e un'acquacoltura sostenibili e competitive;

b)

favorire lo sviluppo e l'attuazione della politica marittima integrata in modo complementare rispetto alla politica di coesione e alla PCP;

c)

promuovere uno sviluppo territoriale equilibrato e inclusivo delle zone di pesca, e

d)

favorire l'attuazione della PCP.

3.1.5   Il CESE ritiene che il primo obiettivo dovrebbe precisare che una pesca e un'acquacoltura sostenibili e competitive devono essere tali dal punto di vista economico, sociale e ambientale.

3.1.6   Il CESE constata inoltre la mancanza, sia nella descrizione di detti obiettivi sia nelle priorità dell'UE, di uno specifico riferimento ai settori della commercializzazione e della trasformazione, che però sono entrambi destinatari delle azioni contemplate dalla proposta. In tal senso si rammarica del fatto che la proposta non annoveri tra i suoi obiettivi il finanziamento degli investimenti destinati a garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti, a migliorare le condizioni di lavoro e il contesto imprenditoriale, nonché ad appoggiare lo sviluppo di una base industriale forte, innovatrice e sostenibile, capace di generare occupazione e di competere sul mercato mondiale.

3.1.7   L'ambito di applicazione geografico della proposta comprenderà gli interventi effettuati nel territorio dell'UE, salvo ove diversamente disposto dal regolamento.

3.2   Ammissibilità delle domande e interventi non ammissibili

3.2.1   Non saranno ammissibili, per un periodo di tempo determinato, le richieste presentate da operatori che hanno commesso irregolarità nell'ambito del FEP o del FEAMP, che hanno commesso una violazione grave a norma del regolamento sulla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN), che sono inclusi nell'elenco delle navi INN e che sono colpevoli di altre inadempienze alle norme della PCP che mettono gravemente a rischio la sostenibilità degli stock interessati.

3.2.2   Non sono inammissibili al sostegno del FEAMP i seguenti interventi:

a)

gli interventi che aumentano la capacità di pesca della nave;

b)

la costruzione di nuovi pescherecci, il disarmo o l'importazione di pescherecci;

c)

l'arresto temporaneo delle attività di pesca;

d)

la pesca sperimentale;

e)

il trasferimento di proprietà di un'impresa;

f)

il ripopolamento diretto, salvo se esplicitamente previsto come misura di conservazione da un atto giuridico dell'UE o nel caso di ripopolamento sperimentale.

3.2.3   Il CESE ritiene necessario mantenere gli aiuti all'arresto definitivo dei pescherecci, per poter intraprendere una seria e profonda ristrutturazione della flotta dell'UE, purché ciò consenta l'adeguamento di ogni segmento alle possibilità di pesca esistenti, nel quadro di una pesca sostenibile in termini economici, sociali e ambientali. Occorrerebbe inoltre prevedere misure per compensare l'abbandono della professione a causa del disarmo delle imbarcazioni, come i pensionamenti anticipati o le compensazioni forfettarie.

3.2.4   La motivazione fornita dalla Commissione per l'eliminazione di detti aiuti è che, con questi ultimi, non si è riusciti a risolvere il problema dell'eccesso di capacità nella flotta dell'Unione, basandosi su una relazione della Corte dei conti in cui si è valutato se le misure adottate abbiano contribuito ad adattare la capacità delle flotte alle possibilità di pesca esistenti.

3.2.5   Il Comitato, tuttavia, constata che detta relazione non mette in discussione l'esistenza degli aiuti all'arresto definitivo, ma formula una serie di raccomandazioni alla stessa Commissione e agli Stati membri:

3.2.5.1   alla Commissione raccomanda di adottare misure più pertinenti intese a conseguire l'equilibrio tra la capacità e le possibilità di pesca, di fissare limiti che siano efficaci nel ridurre la capacità delle flotte e di assicurare che i regimi di trasferimento dei diritti di pesca contribuiscano a ridurre la sovraccapacità di pesca;

3.2.5.2   agli Stati membri raccomanda di provvedere affinché le misure intese a finanziare gli investimenti a bordo non aumentino la capacità di cattura, di garantire che i programmi di disarmo dei pescherecci siano intesi a esercitare un impatto positivo sulla sostenibilità degli stock ittici bersaglio, e di evitare di erogare aiuti pubblici per il disarmo di navi inattive.

3.2.6   Per risolvere il problema della sovraccapacità, la Commissione propone un sistema di concessioni di pesca trasferibili. Il CESE, nel parere sulla riforma, ha respinto tale sistema: gli aiuti all'arresto definitivo, dunque, dovrebbero essere mantenuti onde ridurre l'eventuale eccesso di capacità.

3.2.7   D'altro canto, il CESE ritiene necessario mantenere gli aiuti all'arresto temporaneo dato il ruolo fondamentale che questi svolgono nel migliorare la situazione delle risorse - soprattutto per quanto riguarda i fermi biologici - e, al contempo, nel compensare in parte l'assenza di redditi per i pescatori durante il periodo di arresto.

3.2.8   Gli aiuti all'arresto temporaneo sono perfettamente giustificati nei casi di:

a)

riduzione drastica dei contingenti o dello sforzo di pesca nel quadro dei piani pluriennali di gestione della pesca;

b)

interruzione o scadenza degli accordi di pesca, e

c)

catastrofi ambientali.

3.2.9   Il Comitato ritiene che tali aiuti siano particolarmente rilevanti per il mantenimento e lo sviluppo del tessuto socioeconomico delle regioni fortemente dipendenti dalla pesca, dal momento che sono destinati sia agli armatori sia agli equipaggi e garantiscono una continuità dell'attività di pesca.

3.3   Risorse di bilancio in regime di gestione concorrente e di gestione diretta

3.3.1   Le risorse di bilancio in regime di gestione concorrente per il periodo 2014-2020 ammonteranno a 5520 milioni di euro, e saranno ripartite tra gli Stati membri in base a determinati criteri obiettivi indicati nella proposta. Le risorse destinate alla gestione diretta, inclusa l'assistenza tecnica, ammonteranno a 1047 milioni di euro.

3.3.2   Per poter beneficiare del cofinanziamento previsto nel FEAMP, ogni Stato membro elabora un programma operativo unico per l'attuazione delle priorità dell'UE. La Commissione approva i programmi operativi degli Stati membri e le relative modifiche mediante atti di esecuzione.

3.4   Misure finanziate in regime di gestione concorrente

3.4.1   Sviluppo sostenibile della pesca

3.4.1.1   Gli aiuti previsti per tale finalità contribuiscono al conseguimento delle seguenti priorità dell'UE:

favorire una pesca innovativa e competitiva,

favorire un'acquacoltura sostenibile ed efficiente quanto all'uso delle risorse.

3.4.1.2   Come condizione generale, si stabilisce che il proprietario di un peschereccio che ha beneficiato di un aiuto destinato all'adattamento di navi adibite alla pesca costiera artigianale per destinarle ad attività diverse dalla pesca, o che ha beneficiato di investimenti a bordo volti a fare il miglior uso possibile delle catture indesiderate di stock commerciali e valorizzare la parte sottoutilizzata del pesce catturato, non può trasferire la nave a un paese terzo al di fuori dell'Unione almeno nei cinque anni successivi alla data del pagamento effettivo dell'aiuto al beneficiario.

3.4.1.3   Il CESE ritiene necessaria una nuova formulazione di quanto esposto nel punto 3.4.1.2, affinché figuri che le navi esportate nei cinque anni successivi alla ricezione dell'aiuto devono restituire detto aiuto secondo il principio "pro rata temporis".

3.4.1.4   Innovazione. Il FEAMP può sostenere progetti volti a sviluppare o introdurre prodotti, processi e sistemi organizzativi nuovi o sostanzialmente migliorati rispetto a quelli attualmente disponibili.

3.4.1.5   Il CESE ritiene che occorra specificare il termine "sistemi attualmente disponibili", e ricorda che l'innovazione riguarda anche gli aspetti sociali.

3.4.1.6   Gli interventi finanziati nel quadro dell'innovazione devono essere svolti in collaborazione con un organismo scientifico o tecnico riconosciuto dallo Stato membro che ne convalidi i risultati.

3.4.1.7   Il CESE ritiene che non tutti gli interventi in materia di innovazione richiedano necessariamente la partecipazione di un organismo scientifico o tecnico. Il miglioramento dei risultati economici che le imprese di pesca ottengono a seguito di tali interventi, invece, deve essere un requisito più rilevante.

3.4.1.8   Servizi di consulenza. Il FEAMP può sostenere:

studi di fattibilità intesi a valutare la fattibilità di progetti,

prestazioni di consulenza professionale sulle strategie aziendali e di mercato.

3.4.1.9   La Commissione propone che gli studi di fattibilità di progetti e le prestazioni di consulenza professionale sulle strategie aziendali e di mercato siano forniti da organismi scientifici o tecnici riconosciuti, e che il loro importo non superi i 3 000 euro.

3.4.1.10   Il CESE ritiene che tali interventi debbano essere estesi a imprese private in grado di progettare piani strategici di carattere aziendale e commerciale e di fornire consulenza in merito agli stessi; ritiene altresì che occorra aumentare il limite fissato per l'importo. In ogni caso è necessario stabilire il metodo da utilizzare per fissare detto importo nella definizione dei criteri di selezione dei progetti.

3.4.1.11   Partenariati tra esperti scientifici e pescatori. Il FEAMP può sostenere:

la creazione di una rete costituita da organismi scientifici indipendenti e pescatori o organizzazioni di pescatori, e

le attività svolte da tale rete.

3.4.1.12   Il CESE ritiene importantissimo incoraggiare i rapporti tra esperti scientifici e pescatori.

3.4.1.13   Promuovere il capitale umano e il dialogo sociale. Il FEAMP può sostenere:

la formazione permanente, la diffusione delle conoscenze scientifiche e delle pratiche innovative, nonché l'acquisizione di nuove competenze professionali connesse in particolare alla gestione sostenibile degli ecosistemi marini, delle attività nel settore marittimo, dell'innovazione e dell'imprenditoria;

i collegamenti in rete e gli scambi di esperienze e buone pratiche tra le parti interessate, comprese le organizzazioni che promuovono le pari opportunità tra uomini e donne;

la promozione del dialogo sociale a livello nazionale, regionale o locale che coinvolga i pescatori e altre parti interessate.

3.4.1.14   Il CESE riconosce lo sforzo compiuto dalla Commissione nell'includere misure destinate alla promozione del capitale umano e del dialogo sociale, alla creazione di posti di lavoro, alla sicurezza e alla salute a bordo dei pescherecci. Tuttavia, ritiene che vi siano alcuni aspetti da chiarire o aggiungere. In primo luogo, il CESE desidera precisare che il dialogo sociale è un processo al quale partecipano le parti sociali, ossia le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori. Pertanto, quando si rimanda alla promozione del dialogo sociale, occorrerebbe eliminare il riferimento ad "altre parti interessate". In secondo luogo, il Comitato ritiene che, oltre ai "pescatori", occorra includere nei beneficiari di tali aiuti altri "operatori", affinché si possano aiutare anche altri professionisti della pesca che svolgono attività ausiliarie: riparatori di attrezzi di pesca, personale di scarico dei porti ecc. Inoltre, il CESE ritiene auspicabile incoraggiare il cofinanziamento di azioni europee realizzate da organizzazioni europee del settore, in particolare seminari informativi sull'evoluzione della PCP, così da consentire alle parti sociali di comprendere meglio la legislazione, promuovere il rispetto delle norme e ottimizzare l'utilizzo dei fondi. Infine, il CESE ritiene che il FEAMP dovrebbe comprendere anche il sostegno finanziario all'istruzione e alla formazione dei pescatori, nell'ottica di metterli in condizioni di trovare lavoro in altri settori. Tale sostegno finanziario dovrebbe comprendere una compensazione per il reddito perduto durante il periodo di formazione e istruzione.

3.4.1.15   Favorire la diversificazione e la creazione di posti di lavoro. Il FEAMP può sostenere:

l'avviamento di imprese in settori diversi dalla pesca, e

il riadattamento delle navi adibite alla pesca costiera artigianale per destinarle ad attività diverse dalla pesca.

3.4.1.16   Il CESE ritiene che occorra eliminare il riferimento alla pesca artigianale, così da favorire l'adattamento di qualunque peschereccio ad attività diverse dalla pesca.

3.4.1.17   Richiama inoltre l'attenzione sull'assenza di aiuti alla creazione di posti di lavoro nel settore stesso della pesca. Il CESE ritiene necessario adottare misure destinate alla partecipazione di giovani professionisti al settore della pesca, così da ovviare in parte a uno dei grandi problemi identificati in questo settore: il ricambio generazionale.

3.4.1.18   Salute e sicurezza a bordo. Il FEAMP può sostenere investimenti per pescatori e proprietari di pescherecci nel corso del periodo di programmazione, per lo stesso peschereccio o lo stesso beneficiario, destinati a investimenti a bordo o alle singole attrezzature, a condizione che tali investimenti vadano al di là delle norme imposte dal diritto nazionale o dell'Unione.

3.4.1.19   Il CESE ritiene che il regolamento non dovrebbe fare riferimento soltanto agli investimenti a bordo delle navi, permettendo che possano beneficiarne anche i pescatori a terra e i lavoratori ausiliari. Inoltre, occorrerebbe estendere la portata degli aiuti al miglioramento generale delle condizioni a bordo, ossia alla prevenzione dei rischi sul lavoro, al miglioramento delle condizioni di lavoro, delle condizioni igieniche ecc, nonché agli studi preventivi per valutare la fattibilità di questi investimenti.

3.4.1.20   Occorre altresì eliminare il limite di concessione di tali aiuti a una sola volta durante il periodo di programmazione.

3.4.1.21   Sostegno ai sistemi di concessioni di pesca trasferibili della PCP. La Commissione propone la concessione di determinati aiuti al fine di istituire o modificare i sistemi di concessioni di pesca trasferibili previsti nella PCP. Il CESE ritiene adeguata la concessione di tali aiuti se tale sistema venisse alla fine istituito nella PCP.

3.4.1.22   Il FEAMP può sostenere l'applicazione di misure di conservazione nel quadro della PCP, la limitazione dell'impatto della pesca sull'ambiente marino, l'innovazione connessa alla conservazione delle risorse marine, nonché la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini nell'ambito di attività di pesca sostenibili. Il CESE accoglie favorevolmente tali misure, sottolineando il riconoscimento e l'importanza del ruolo che gli stessi pescatori possono svolgere nella pulizia e conservazione dell'ambiente marino.

3.4.1.23   Mitigazione dei cambiamenti climatici. Al fine di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, il FEAMP può sostenere investimenti a bordo volti a ridurre l'emissione di sostanze inquinanti o gas a effetto serra, ovvero audit e programmi di efficienza energetica. La Commissione propone invece di eliminare il sostegno per la sostituzione o l'ammodernamento dei motori.

3.4.1.24   Il CESE ritiene che si debba autorizzare la concessione di sostegni per la sostituzione o l'ammodernamento di motori che non comportino un aumento della capacità delle navi; diversamente, si potrebbe mettere a rischio la sicurezza delle navi e dello stesso equipaggio, non si otterrebbero miglioramenti in termini di efficienza energetica e non si contribuirebbe alla riduzione dell'inquinamento.

3.4.1.25   Qualità dei prodotti e utilizzo delle catture indesiderate. Il FEAMP può sostenere investimenti a bordo destinati ad aumentare la qualità del pesce catturato e a migliorare l'utilizzo delle catture indesiderate. Il sostegno può essere concesso una sola volta nel corso del periodo di programmazione per lo stesso peschereccio o lo stesso beneficiario. Inoltre, è possibile sostenere i porti pescherecci, i luoghi di sbarco e i ripari di pesca, purché gli investimenti siano finalizzati ad aumentare l'efficienza energetica, a contribuire alla protezione dell'ambiente, a migliorare la sicurezza e le condizioni di lavoro e alla costruzione o all'ammodernamento di piccoli ripari di pesca per migliorare la sicurezza dei pescatori.

3.4.1.26   Il CESE ritiene adeguate le misure indicate per i porti pescherecci, i luoghi di sbarco e i ripari di pesca, ed è del parere che occorra estendere tale sostegno agli investimenti nel magazzinaggio e nella vendita all'asta dei prodotti della pesca, al rifornimento di combustibile, all'approvvigionamento delle navi (acqua, ghiaccio, elettricità ecc.) ed alla gestione informatizzata delle sale per la vendita all'asta.

3.4.1.27   Pesca nelle acque interne. Al fine di ridurre l'impatto della pesca nelle acque interne sull'ambiente, accrescere l'efficienza energetica, migliorare la qualità del pesce sbarcato, la sicurezza e le condizioni di lavoro, il FEAMP può sostenere i pescherecci che operano nelle acque interne. Inoltre sarà sostenuta la diversificazione delle attività dei pescatori dediti alla pesca nelle acque interne e la partecipazione degli stessi alla gestione, al ripristino e alla sorveglianza dei siti Natura 2000. Il CESE è favorevole alle misure proposte, anche se (come indicato nel parere sulla riforma della PCP) la Commissione dovrebbe introdurre misure di sostegno per la limitazione delle ripercussioni dell'acquacoltura d'acqua dolce e dell'agricoltura sulla pesca d'acqua dolce.

3.4.1.28   Nelle regioni più settentrionali dell'UE. nell'arco di stagioni che durano fino a sei mesi, viene praticata la pesca invernale sotto il ghiaccio, sia nei laghi che in zone costiere. Le motoslitte e l'equipaggiamento specifico per la pesca invernale dovrebbero essere ammissibili al sostegno del FEAMP.

3.4.2   Sviluppo sostenibile dell'acquacoltura

3.4.2.1   Gli aiuti previsti per tale finalità contribuiscono al conseguimento delle seguenti priorità dell'UE:

favorire un'acquacoltura innovativa, competitiva e basata sulle conoscenze;

favorire un'acquacoltura sostenibile ed efficiente quanto all'uso delle risorse.

3.4.2.2   Il CESE ritiene adeguata la concessione di aiuti alle imprese acquicole, indipendentemente dalle loro dimensioni (microimprese, piccole e medie imprese o grandi imprese); tuttavia, non ritiene che si debba procedere alla riduzione di cui all'allegato I per le imprese acquicole di grandi dimensioni.

3.4.2.3   La proposta contempla il sostegno all'innovazione, agli investimenti destinati all'acquacoltura offshore e a quella di tipo non alimentare per favorire forme di acquacoltura con un elevato potenziale di crescita, il sostegno alla trasformazione, alla commercializzazione e alla vendita diretta dei prodotti, all'introduzione di servizi di gestione, di sostituzione e di consulenza per le imprese acquicole e alla promozione del capitale umano e del collegamento in rete.

3.4.2.4   Il Comitato accoglie favorevolmente queste proposte. Tuttavia, in riferimento all'ultimo punto e al fine di migliorare l'attività dei lavoratori delle imprese acquicole, il CESE propone l'apertura di una linea di finanziamenti specifica per migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori delle aziende di acquacoltura, sia per quelle in mare, sia per le postazioni di lavoro a bordo di imbarcazioni di acquacoltura ausiliari e finanche per le aziende sulla terraferma.

3.4.2.5   Il CESE propone la soppressione dei limiti ai finanziamenti per la formazione permanente, la diffusione delle conoscenze e delle pratiche innovative ecc. alle imprese di grandi dimensioni, dal momento che l'importanza di tutte queste azioni giustifica l'assenza di restrizioni in base alle dimensioni delle imprese. Ritiene nondimeno che si debba dare la priorità alle piccole e medie imprese.

3.4.2.6   Per aumentare il potenziale dei siti di acquacoltura, il FEAMP può sostenere l'identificazione e la mappatura delle zone più idonee, il miglioramento delle infrastrutture e la prevenzione di danni gravi all'acquacoltura.

3.4.2.7   Il CESE ritiene necessario sostenere gli investimenti destinati a migliorare le infrastrutture dei porti d'attracco dell'acquacoltura marina o dei siti di sbarco, nonché gli investimenti negli impianti di raccolta di residui e scarti.

3.4.2.8   Promozione di nuove imprese acquicole. Il FEAMP può sostenere la creazione di microimprese acquicole da parte di nuovi operatori, a condizione che questi inizino le loro attività nel settore con conoscenze e competenze adeguate, creino per la prima volta una microimpresa acquicola mettendosi a capo di tale impresa e presentino un piano aziendale per lo sviluppo dell'attività acquicola.

3.4.2.9   Il CESE propone che gli aiuti di questo tipo siano destinati alla creazione netta di posti di lavoro per qualunque impresa acquicola, indipendentemente dal fatto che si tratti o meno di una nuova impresa.

3.4.2.10   Per promuovere un'acquacoltura con un livello elevato di protezione ambientale, il FEAMP può sostenere determinati investimenti. Il CESE ritiene che, come per la pesca, sarebbe necessario includere il sostegno agli investimenti per ridurre le emissioni di sostanze contaminanti o di gas a effetto serra, nonché agli audit e ai regimi di efficienza energetica.

3.4.2.11   Inoltre, si possono concedere aiuti alla riconversione per i sistemi di gestione e controllo ambientale e per l'acquacoltura biologica, la prestazione di servizi ambientali da parte del settore dell'acquacoltura, misure di salute pubblica e misure di polizia sanitaria e di benessere degli animali.

3.4.2.12   Il CESE ritiene che la salute animale sia essenziale per la sostenibilità del settore dell'acquacoltura e considera pertanto necessario rafforzare il sostegno del FEAMP in tale campo. Propone pertanto la creazione e lo sviluppo di gruppi di difesa sanitaria in acquacoltura, come quelli che già operano con successo nel settore della produzione di animali terrestri.

3.4.2.13   La proposta prevede la possibilità di sostenere il contributo a un'assicurazione degli stock acquicoli che copra determinate perdite. Il CESE ritiene necessario includere i costi della raccolta e dell'eliminazione di animali morti nell'azienda per cause naturali, incidenti ecc, nonché i costi dell'abbattimento e dell'interramento di carcasse nella stessa azienda per motivi di polizia sanitaria e previa autorizzazione amministrativa.

3.4.3   Sviluppo sostenibile delle zone di pesca

3.4.3.1   Il sostegno finanziario previsto per tale obiettivo contribuisce al conseguimento della priorità dell'Unione, ossia la promozione di uno sviluppo territoriale equilibrato e inclusivo nelle zone in cui si praticano attività di pesca, e il sostegno dell'occupazione e della coesione territoriale. Tale sostegno può essere concesso alle zone di pesca con dimensioni inferiori al livello NUTS 3 (2).

3.4.3.2   Il CESE ritiene discriminatoria l'esclusione dei comuni costieri con più di 100 000 abitanti da tale sostegno, visto che le flotte hanno le propria base nei porti pescherecci a prescindere dalla popolazione di detti comuni.

3.4.3.3   La Commissione propone l'attualizzazione e il potenziamento dei gruppi di azione locale nel settore della pesca (FLAG), che propongono una strategia integrata di sviluppo locale che rispecchi la composizione socioeconomica della zona tramite una rappresentazione equilibrata del settore privato, del settore pubblico e della società civile.

3.4.3.4   Per poter valutare in modo obiettivo il risultato delle attività svolte finora da tali gruppi, il cui obiettivo è favorire il dinamismo delle zone costiere, il CESE ritiene essenziale che la Commissione intraprenda tale valutazione prima che gli aiuti previsti a questo titolo possano rientrare nei nuovi fondi.

3.4.4   Commercializzazione e trasformazione

3.4.4.1   La Commissione delinea alcune misure inerenti alla commercializzazione e alla trasformazione, in particolare quelle destinate alla predisposizione e applicazione dei piani di produzione e commercializzazione delle organizzazioni di produttori.

3.4.4.2   Nonostante il CESE sia favorevole a tali misure, che concorrono alla sostenibilità delle risorse e alla competitività delle imprese, ritiene anche necessario introdurre un meccanismo di flessibilità nei piani: in un mercato globalizzato, infatti, le condizioni dell'offerta e della domanda possono cambiare in qualunque momento.

3.4.4.3   La proposta prevede la concessione di aiuti per la compensazione delle organizzazioni dei produttori per il magazzinaggio dei prodotti della pesca enumerati nell'allegato II del regolamento dell'OCM (organizzazione comune dei mercati). Il sostegno sarà ridotto progressivamente e completamente eliminato nel 2019.

3.4.4.4   Il CESE contesta la riduzione progressiva di tale sostegno fino alla sua eliminazione nel 2019, visto il suo particolare contributo alla stabilizzazione dei mercati: ritiene dunque necessario mantenere gli aiuti fino al 2020.

3.4.4.5   Il Comitato ha potuto constatare la scomparsa del meccanismo di indennità compensativa per i tonni destinati all'industria di trasformazione, meccanismo finora contemplato dall'OCM.

3.4.4.6   Tale meccanismo si stabilisce come contropartita alla sospensione totale e permanente dei dazi della tariffa doganale comune dei tonnidi interi provenienti da paesi terzi e destinati all'industria di trasformazione. Il Comitato ritiene che la soppressione del meccanismo porrebbe in una posizione di evidente svantaggio la produzione dell'Unione, che dovrebbe competere con prodotti i cui requisiti igienico-sanitari sono inferiori a quelli dei prodotti dell'Unione europea. Pertanto, il CESE chiede che si preservi il citato meccanismo di indennità compensativa.

3.4.4.7   Il CESE ritiene che il sostegno al magazzinaggio privato, previsto dalla proposta, non compensi né garantisca un reddito equo ai produttori di tonnidi in caso di deterioramento dei prezzi del tonno sul mercato dell'Unione, finalità per la quale è stato istituito il sistema di indennità compensativa.

3.4.4.8   La proposta prevede la possibilità di concedere determinati aiuti per le misure a favore della commercializzazione.

3.4.4.9   Il CESE ritiene necessario estendere tale sostegno alla concezione e al lancio di campagne di comunicazione finalizzate al miglioramento dell'immagine della pesca e dell'acquacoltura. Propone inoltre di includere ulteriori sezioni, come l'organizzazione di fiere ed eventi commerciali del settore e la partecipazione ad essi, attività che facilitino l'accesso delle imprese all'innovazione, attività di formazione in merito alle tecniche più avanzate, ai processi nuovi o perfezionati e ai sistemi di organizzazione nuovi o perfezionati.

3.4.4.10   Visto il ruolo importante svolto dalle organizzazioni intersettoriali nella promozione e nel miglioramento della commercializzazione dei prodotti, il Comitato ritiene opportuno non solo sostenere la creazione di tali organizzazioni, ma anche contribuire al loro funzionamento, affinché possano sviluppare le competenze assegnate.

3.4.4.11   Inoltre, il FEAMP può finanziare gli investimenti nella trasformazione dei prodotti. Il CESE ritiene che occorra inserire i seguenti obiettivi specifici: aumento di competitività del settore della trasformazione, miglioramento delle condizioni di salute pubblica e della qualità dei prodotti, riduzione dell'impatto ambientale negativo e aumento dell'efficienza energetica, migliore utilizzazione di specie poco sfruttate, sottoprodotti e scarti, sviluppo, produzione e commercializzazione di nuovi prodotti e impiego di nuove tecnologie e di metodi innovativi nella produzione, apertura e sviluppo di mercati e miglioramento delle condizioni di lavoro e della formazione dei lavoratori.

3.4.5   Regioni ultraperiferiche

3.4.5.1   La proposta prevede la compensazione dei costi aggiuntivi connessi ai prodotti della pesca e dell'acquacoltura originari delle regioni ultraperiferiche delle Azzorre, di Madera, delle Isole Canarie e della Guiana francese e della Riunione. Il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe spiegare in modo circostanziato i calcoli effettuati per arrivare alla ripartizione del bilancio per ognuna delle regioni ultraperiferiche e, dall'altro, motivare la riduzione del bilancio destinato alle isole Canarie, rispetto all'aumento delle risorse finanziarie destinate alle altre regioni.

3.4.6   Misure di accompagnamento della politica comune della pesca

3.4.6.1   Il FEAMP può sostenere l'attuazione di un regime di controllo, ispezione ed esecuzione a livello dell'Unione e la raccolta, la gestione e l'utilizzo di dati primari biologici, tecnici, ambientali e socioeconomici conformemente al regolamento sulla PCP. Il CESE ritiene tale sostegno essenziale per garantire il controllo e la raccolta di dati in tutta l'UE, anche per quanto riguarda le ispezioni sul lavoro.

3.4.6.2   Per molte misure summenzionate, la proposta limita la concessione degli aiuti a una sola volta durante il periodo di programmazione e per lo stesso peschereccio. Tale restrizione dovrebbe essere eliminata.

3.4.6.3   Il CESE ritiene che occorra contemplare la creazione di un "fondo di crisi" che consenta di far fronte alle necessità specifiche del settore, così da poter attivare misure di emergenza flessibili in caso di determinate situazioni eccezionali, come la riconversione delle flotte per sospensione o mancato rinnovo degli accordi di pesca, i bruschi incrementi dei costi di gestione, le catastrofi naturali ecc.

3.5   Misure finanziate in regime di gestione diretta

3.5.1   Politica marittima integrata

3.5.1.1   La proposta prevede una serie di aiuti volti a contribuire allo sviluppo e all'applicazione della politica marittima integrata dell'UE con il fine di favorire una governance integrata degli affari marittimi e costieri, contribuire allo sviluppo di iniziative intersettoriali a reciproco vantaggio di vari settori marittimi e/o politiche settoriali, favorire una crescita economica sostenibile, l'occupazione, l'innovazione e le nuove tecnologie nei settori marittimi emergenti e futuri delle regioni costiere, nonché promuovere la protezione dell'ambiente marino - segnatamente della sua biodiversità - e lo sfruttamento sostenibile delle risorse marine e costiere. Il CESE accoglie con favore le misure proposte.

3.5.1.2   Si stabilisce altresì una serie di aiuti per agevolare l'applicazione della PCP e della PMI, in particolare per quanto riguarda la consulenza scientifica nell'ambito della PCP, le misure specifiche di controllo ed esecuzione nell'ambito della PCP, i contributi volontari a organizzazioni internazionali, i consigli consultivi, le informazioni sul mercato e le attività di comunicazione. Il Comitato considera adeguati tali aiuti.

3.5.1.3   Il Comitato riconosce inoltre il ruolo importante svolto dai consigli consultivi regionali come organi di consultazione della Commissione per trattare i differenti temi relativi alla PCP e ai quali partecipano tutte le parti interessate. Pertanto, il Comitato ritiene che tale sostegno dovrebbe essere sufficiente per garantire il loro corretto funzionamento, così da poter assicurare la partecipazione di tutti i suoi membri, scienziati inclusi.

3.5.1.4   Il CESE ritiene che il FEAMP dovrebbe finanziare il futuro consiglio settoriale delle competenze e dell'occupazione, che si inserisce nel quadro degli obiettivi della riforma della PCP, della strategia Europa 2020 e della comunicazione Nuove competenze per nuovi lavori  (3). Ritiene inoltre che occorra continuare a finanziare il comitato consultivo per la pesca e l'acquacoltura dell'UE; qualora tale comitato dovesse alla fine scomparire, il CESE raccomanda la creazione di un consiglio consultivo in materia di industria, mercato e affari generali.

3.5.1.5   Relativamente alle informazioni sul mercato, il Comitato giudica positivamente qualunque aiuto destinato alla divulgazione e allo sviluppo delle informazioni sul mercato dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura.

3.5.2   Assistenza tecnica

3.5.2.1   La proposta stabilisce la concessione di aiuti per l'assistenza tecnica, su iniziativa della Commissione, per l'applicazione di accordi di pesca sostenibile (APS) e la partecipazione dell'UE alle organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP), nonché per la creazione di una rete europea di FLAG. Il Comitato considera fondamentali tali aiuti.

3.6   Attuazione

3.6.1   Da ultimo, la proposta espone in modo molto circostanziato l'attuazione dei programmi di sostegno sia in regime di gestione concorrente sia in regime di gestione diretta, contemplando i meccanismi di attuazione, i sistemi di gestione e controllo da parte sia degli Stati membri che della Commissione nonché il monitoraggio, la valutazione, l'informazione e la comunicazione degli stessi.

3.6.2   Il CESE approva i sistemi di attuazione di entrambi i regimi, in quanto si basano sull'esperienza della Commissione in tutte le procedure necessarie per l'avvio, l'attuazione, il controllo e il completamento dei programmi di sostegno previsti nell'ambito della PCP e della PMI.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere CESE GU C 181 del 21.6.2012, pagg. 183-195.

(2)  Cfr. il regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS), GU L 154 del 21.6.2003, pag. 1.

(3)  Cfr. il parere del CESE in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Nuove competenze per nuovi lavori - Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi, COM(2008) 868 final, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 74.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/141


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli: una strategia a forte valore aggiunto europeo per promuovere i sapori dell’Europa»

COM (2012) 148 final

2012/C 299/25

Relatore: KRAUZE

La Commissione europea, in data 30 marzo 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli: una strategia a forte valore aggiunto europeo per promuovere i sapori dell’Europa

COM(2012) 148 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 136 voti favorevoli, 1 voto contrario e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Spiegando ai consumatori gli elevati standard qualitativi, di benessere animale e di produzione seguiti dai prodotti agricoli dell'UE, e incentivando le esportazioni, i programmi unionali di informazione e promozione hanno un ruolo essenziale da svolgere per aiutare i produttori e i lavoratori europei a far fronte alle sfide di un contesto mondiale sempre più competitivo e per garantire loro una buona posizione di mercato.

1.2   Come già nel parere in merito al documento COM(2011) 436 final (1), il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene i due obiettivi fondamentali della nuova politica di promozione, orientati verso il mercato destinatario: l'informazione e la sensibilizzazione dei consumatori circa il mercato dell'UE e la promozione delle esportazioni sul mercato esterno.

1.3   Occorre individuare nuove risorse aggiuntive all'interno del quadro finanziario 2014-2020 per affrontare le nuove crisi e situazioni di emergenza che potrebbero colpire il settore e alle quali non si può rispondere con gli stanziamenti per la politica di promozione e informazione della PAC. Il Comitato ritiene che sia assolutamente necessario aumentare il bilancio destinato alla politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e su quelli dei paesi terzi.

1.4   Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe definire orientamenti chiari per i richiedenti nazionali, multipaese e di paesi terzi a titolo del programma negli Stati membri. La valutazione dei programmi stessi dovrebbe essere migliorata applicando un rigoroso sistema di valutazione basato su indicatori specifici. Occorre maggiore trasparenza nella selezione e nell'attribuzione della priorità dei programmi a livello nazionale e unionale. Per semplificare le procedure, i programmi multipaese potrebbero essere presentati dai richiedenti direttamente alla Commissione. Occorre dare la priorità, attraverso un sistema di finanziamento più vantaggioso che fornisca fino al 60 % di cofinanziamento UE, ai programmi multipaese estesi a una serie di prodotti.

1.5   Occorre introdurre maggiore flessibilità affinché sia possibile adeguare i programmi alle mutevoli condizioni del mercato durante la fase di attuazione. Il Comitato sostiene la proposta di presentare un programma quadro pluriennale con informazioni dettagliate soltanto per il primo anno nei casi in cui i programmi in questione siano preceduti da analisi di mercato e valutazioni d'impatto, con la possibilità quindi di correggere il tiro negli anni successivi.

1.6   Il CESE sottolinea che la normativa in materia di promozione dovrebbe chiarire il ruolo dei marchi e l'equilibrio tra la promozione generica e quella riguardante marchi privati. Occorre esaminare l'idea di base che sta dietro alla promozione dei prodotti dell'UE mediante marchi specifici. Dovrebbe essere consentito indicare l'origine del prodotto, anche per quei prodotti che non hanno ottenuto una denominazione di origine o un'indicazione geografica protetta. Il concetto di origine nell'UE dovrebbe essere veicolato mediante slogan generali che non compromettano il diritto dei consumatori ad essere informati correttamente.

1.7   Per quanto riguarda lo slogan comune europeo per le misure di commercializzazione esterna, appare opportuno veicolare un messaggio unificato, che tenga insieme e riguardi tutti i prodotti europei nello stesso contenitore. È cruciale inviare ai consumatori un messaggio chiaro e facile da individuare.

1.8   Il CESE è a favore di un elenco unico di prodotti ammissibili, al fine di semplificare le procedure. L'elenco dovrebbe essere esteso per consentire la promozione dei prodotti facenti capo ad altri sistemi di garanzia della qualità che trasmettono un messaggio di qualità della produzione europea: si pensa ad esempio al livello nazionale e regionale o al settore dell'agricoltura biologica.

1.9   Il Comitato considera essenziale creare una rete per lo scambio di buone pratiche tra professionisti, per realizzare programmi e campagne di promozione ben strutturati, coordinati e multipaese, anche ricorrendo alle nuove tecnologie. Inoltre, va considerata la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie per mettere in contatto fra loro i consumatori e i produttori. Sarà necessario evitare i meccanismi che causano distorsioni del mercato o della concorrenza.

2.   Contenuto essenziale della comunicazione

2.1   Per realizzare gli obiettivi perseguiti dalla strategia Europa 2020, è necessario sostenere un'agricoltura che garantisca la sicurezza alimentare, un uso sostenibile delle risorse naturali e il dinamismo delle zone rurali, così come la crescita e l'occupazione. Una politica di promozione efficace riveste una grande importanza per raggiungere tutti questi obiettivi.

2.2   I programmi di promozione sono cofinanziati sulla base di un contributo massimo del 50 % versato dall'UE, di un contributo minimo del 20 % versato dalle associazioni di categoria e di una quota residua versata dallo Stato membro. Spesso però la presentazione di programmi in paesi extra UE ha evidenziato scarse ambizioni ed effetti più deboli e tardivi.

2.3   La comunicazione della Commissione indica le lacune attualmente presenti nelle azioni di promozione, nonché le pastoie burocratiche e lo squilibrio fra le iniziative prese e gli ostacoli incontrati, e formula suggerimenti sui modi di risolvere tali problemi, migliorando l'immagine dei prodotti agricoli dell'Unione europea.

2.4   Guardando al futuro, la comunicazione assegna i seguenti obiettivi alla suddetta politica di promozione:

un maggiore valore aggiunto europeo,

una politica più attraente ed incisiva,

una gestione più semplice,

maggiori sinergie tra i vari strumenti di promozione.

2.5   Nella comunicazione in esame, la Commissione indica le grandi linee che orienteranno questa politica di promozione.

2.5.1   Un campo d'applicazione più ampio

L'attuazione delle iniziative potrà essere estesa al di là delle organizzazioni professionali settoriali, in modo da includere le imprese private che propongano un elevato valore aggiunto per l'Unione europea.

Si propone di avere un unico elenco di prodotti ammissibili, che segua il più possibile quello dei prodotti interessati dalla politica di qualità. Le azioni potrebbero veicolare messaggi tematici e fare un ampio uso delle nuove tecnologie che consentano lo scambio di buone pratiche e di facilitare la vendita dei prodotti.

Per sviluppare un’immagine europea dei prodotti agroalimentari, ogni azione di informazione o promozione dovrebbe comportare un richiamo all’origine europea del prodotto. Per i prodotti DOP o IGP sarà mantenuta la possibilità di indicare l’origine a titolo principale.

La valutazione d'impatto dovrebbe esaminare la possibilità di lanciare, sul mercato esterno, programmi misti con una componente generica e una commerciale, in cui potrebbe rientrare la promozione dei marchi privati.

Sarà aumentato il sostegno alla promozione dei marchi europei di qualità alimentare, quali DOP, IGP e STG.

2.5.2   Un campo di attività più ampio

Ci dovrebbe essere un nuovo tipo di attività, consistente in un'assistenza tecnica per aiutare gli operatori di mercato a partecipare ai programmi cofinanziati, a lanciare campagne efficaci o a sviluppare proprie azioni relative alle esportazioni.

2.5.3   Revisione delle modalità di intervento

Questa revisione riguarda i programmi multipaese, che attualmente non stanno dando i risultati attesi. Le missioni ad alto livello nei paesi terzi con la partecipazione del commissario europeo per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale e la presenza della Commissione alle fiere internazionali continueranno.

2.5.4   La promozione e la crisi

In ragione dei vincoli del quadro finanziario 2014-2020, risulterà più difficile mobilitare stanziamenti aggiuntivi per le misure di informazione e promozione in risposta alle crisi. Occorre una decisione che stabilisca se i finanziamenti per la risposta europea alle crisi debbano venire dalla futura politica di promozione oppure dalle misure orizzontali nel quadro della PAC.

2.5.5   Una gestione più semplice e razionale

Il monitoraggio e la gestione dei programmi dovrebbero essere più semplici, flessibili ed efficienti.

2.5.6   Maggiore coerenza tra azioni di informazione e promozione

Le misure realizzate nell’ambito del sistema di promozione e le altre attività in materia dovranno essere più coerenti fra loro e con la politica agricola comune.

3.   Analisi della proposta e osservazioni del Comitato

3.1   I precedenti pareri del CESE osservavano che, a fronte delle sfide che attendono la politica agricola europea, è più importante che mai promuovere i prodotti agroalimentari dell'UE al fine di contribuire al loro posizionamento come prodotti ad alto valore aggiunto e a mantenere la posizione leader dell'UE in quanto fornitore di derrate alimentari (2).

3.2   Il CESE sottolinea l'importanza dei due obiettivi della nuova politica europea nel settore: del primo, ossia l'informazione e la sensibilizzazione dei consumatori circa gli elevati standard di qualità e l'elevato valore aggiunto dei prodotti venduti sul mercato dell'UE, in quanto mette in rilievo la maggiore solidità delle garanzie in materia di metodi di produzione, etichettatura, tracciabilità e sicurezza alimentare, nonché il maggior rigore dei requisiti in materia di ambiente, benessere animale e rispetto dei diritti dei lavoratori; del secondo, ossia la promozione delle esportazioni sul mercato esterno, in quanto pone l'accento sulla qualità, sul valore nutritivo e gastronomico e sulla sostenibilità e sicurezza dei prodotti europei.

3.3   Il CESE valuta positivamente la decisione della Commissione di modificare l'attuale politica europea in materia di azioni di promozione e informazione per renderla più efficace, mirata e ambiziosa.

3.4   Il Comitato sostiene nel complesso le proposte della Commissione e le linee guida indicate nella comunicazione per quanto riguarda la futura politica di promozione dei prodotti agricoli allo scopo di migliorare la competitività del settore e di sensibilizzare il pubblico circa gli standard elevati del modello agroalimentare europeo.

3.5   Il CESE osserva che, nella comunicazione della Commissione, manca un riferimento a disposizioni riguardanti un meccanismo automatico o semi-automatico che aiuti le economie colpite dalle crisi alimentari a riprendersi e che sia rapido, efficiente, sistematico ed efficace. Pur riconoscendo i vincoli creati dall'attuale crisi finanziaria, il CESE considera assolutamente necessario aumentare il bilancio per le misure d'informazione e promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi. Occorre individuare in tempo utile nuove risorse aggiuntive all'interno del quadro finanziario 2014-2020 per affrontare le nuove crisi e situazioni di emergenza che potrebbero colpire il settore e alle quali non si può rispondere con gli stanziamenti per la politica di promozione e informazione della PAC.

3.6   Il CESE sottolinea che i programmi dovrebbero presentare una prospettiva europea basata sul valore aggiunto, compresa una sottolineatura per la creazione di posti di lavoro, e ritiene che la Commissione dovrebbe elaborare orientamenti chiari per i richiedenti nazionali, multipaese e di paesi terzi a titolo del programma negli Stati membri. La valutazione dei programmi stessi dovrebbe essere migliorata applicando un rigoroso sistema di valutazione basato su indicatori specifici. È essenziale introdurre maggiore trasparenza nella selezione e nell'attribuzione della priorità dei programmi a livello nazionale e unionale. Per semplificare le procedure, i programmi multipaese potrebbero essere presentati direttamente alla Commissione, e i processi di selezione dovrebbero essere accelerati a livello nazionale e dell'UE.

3.7   Quanto alla possibilità di ampliare la gamma dei beneficiari dei programmi promozionali, il CESE ritiene che occorra dare la priorità alle organizzazioni professionali all'interno del settore agroalimentare, in quanto sono le entità di raccolta delle aziende e cofinanziano le attività. Tutti gli altri beneficiari dovrebbero essere ammessi soltanto su raccomandazione delle organizzazioni professionali settoriali.

3.8   È opportuno dare all'organizzazione professionale settoriale che ha proposto un programma la possibilità di esserne anche l'esecutore, in tutto o in parte, in funzione dell'ampiezza dell'iniziativa e delle capacità e dell'esperienza di cui essa dispone. Si dovrebbe considerare la possibilità di consentire alle associazioni di categoria minori dei nuovi Stati membri di fare richiesta in quanto beneficiari dei programmi promozionali e in quanto enti esecutivi, dal momento che hanno la migliore conoscenza dei propri prodotti tradizionali e del modo più adatto per promuoverli.

3.9   Il CESE è a favore di un elenco unico di prodotti ammissibili, al fine di semplificare le procedure. L'elenco dei prodotti contemplati dalla normativa dovrebbe essere esteso per consentire la promozione di tutti quelli che trasmettono il messaggio di qualità della produzione europea o che lo possono rafforzare. Per i prodotti con una forte identità nazionale potrebbe risultare vantaggioso e dovrebbe essere possibile indicare l'origine nazionale, anche se non beneficiano di una DOP o di un'IGP. Il Comitato ritiene però che le modalità d'applicazione di tali proposte debbano essere conciliate con l'obiettivo di promuovere anzitutto le produzioni dell'UE.

3.10   Il Comitato sostiene l'idea di creare una piattaforma europea di scambio di buone pratiche tra professionisti, per sviluppare e realizzare campagne di promozione ben strutturate, coordinate e multipaese, anche ricorrendo alle nuove tecnologie, che possono essere uno strumento prezioso in questa circostanza. Occorre fare particolarmente attenzione a evitare che l'utilizzo di questi meccanismi causi distorsioni del mercato o della concorrenza.

3.11   Riguardo agli sforzi per migliorare i programmi di qualità e concepirli in modo che abbraccino più paesi, il CESE è favorevole a che tali programmi multipaese ricevano la priorità, in quanto forniscono una dimensione veramente europea e richiedono il sostegno dell'UE. Il Comitato suggerisce che la Commissione aumenti il proprio contributo, in particolare laddove sono coinvolti i mercati emergenti.

3.12   Il Comitato considera positivo che i promotori di un programma possano in un primo tempo illustrarlo nei dettagli solo per quanto riguarda il primo anno, se i programmi in questione sono preceduti da analisi di mercato e da valutazioni d'impatto che ne stabiliscono il potenziale di raggiungimento degli obiettivi, e che possano procedere successivamente per quanto riguarda gli anni successivi. Questo sistema può favorire la flessibilità dei programmi e la loro capacità di reagire ai segnali inviati dal mercato.

3.13   A integrazione dei sistemi europei di qualità alimentare menzionati nella comunicazione (DOP, IGP e STG), si dovrebbero contemplare anche altri sistemi di qualità, come ad esempio l'agricoltura biologica o la qualità regionale.

3.14   Il CESE ritiene che la normativa in materia di promozione debba chiarire il ruolo dei marchi e l'equilibrio tra la promozione generica e quella riguardante marchi privati, in particolare nei paesi terzi. Ciò contribuirebbe all'efficacia delle campagne promozionali (maggiore impatto nei confronti degli importatori e dei consumatori) e fornirebbe maggiori incentivi alla partecipazione delle aziende che, in ultima analisi, cofinanziano queste azioni. Al fine di garantire un'informazione completa e trasparente dovrebbe essere consentito di indicare l'origine del prodotto, anche per quei prodotti che non rientrano in una denominazione di origine o in un'indicazione geografica protetta. Il concetto di origine nell'UE dovrebbe essere veicolato mediante slogan generali che non compromettano il diritto dei consumatori ad essere informati correttamente.

3.15   In un'ottica di semplificazione, infine, l'idea di garantire la coerenza di bilancio fra i diversi programmi di promozione merita di essere sostenuta.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere CESE, GU C 43, del 15.2.2012, pagg. 59-64.

(2)  Parere CESE 1859/2011, GU C 43, del 15.2.2012, pagg. 59-64.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/145


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1098/2007 del Consiglio, del 18 settembre 2007, che istituisce un piano pluriennale per gli stock di merluzzo bianco del Mar Baltico e le attività di pesca che sfruttano questi stock»

COM(2012) 155 final — 2012/0077 (COD)

2012/C 299/26

Relatore unico: KALLIO

Il Parlamento europeo, in data 18 aprile 2012, e il Consiglio, in data 24 aprile 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1098/2007 del Consiglio, del 18 settembre 2007, che istituisce un piano pluriennale per gli stock di merluzzo bianco del Mar Baltico e le attività di pesca che sfruttano questi stock

COM(2012) 155 final — 2012/0077 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 141 voti favorevoli e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime grande compiacimento per il successo del piano per gli stock di merluzzo bianco del Mar Baltico, e considera importante continuare ad applicarlo.

1.2

Le modifiche proposte per gli articoli 4, 5 e 8, e per i paragrafi 2, 3 e 4 dell'articolo 29 sono a giudizio del CESE giustificate e costituiscono degli adeguamenti tecnici necessari per la conformità alle disposizioni del TFUE.

1.3

Il CESE non condivide le proposte, di cui agli articoli 27 e 29 bis, tendenti a delegare alla Commissione il potere di determinare i tassi di mortalità per pesca. A giudizio del CESE la competenza decisionale in merito a tale questione spetta al Consiglio, a norma dell'articolo 43, paragrafo 3, del TFUE.

2.   Introduzione

2.1

Secondo pareri formulati dal Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare (CIEM), all'inizio degli anni 2000 le popolazioni di merluzzo bianco del Baltico erano oggetto di una pesca insostenibile. Nelle sottodivisioni CIEM 25-32 la mortalità per pesca degli stock baltici orientali ne aveva ridotto la consistenza a un punto tale da comportare il rischio di un loro crollo. La situazione degli stock occidentali, nelle sottodivisioni 22-24, era lievemente migliore, ma la relativa resa era nettamente al di sotto del potenziale a lungo termine. Par tale ragione, con il regolamento (CE) 1098/2007 del Consiglio, del 18 settembre 2007, è stato istituito un piano pluriennale per gli stock di merluzzo bianco del Mar Baltico e le attività di pesca che sfruttano questi stock. L'obiettivo del piano è garantire che gli stock di merluzzo bianco del Baltico possano essere sfruttati in condizioni sostenibili sotto il profilo economico, ambientale e sociale.

2.2

A tal fine, il piano stabilisce norme atte a fissare le possibilità di pesca annue per lo stock in termini di totali ammissibili di catture e sforzo di pesca. Tali disposizioni contengono variabili relative alla mortalità per pesca, sulla cui base si può calcolare lo stato di protezione degli stock. Dette variabili si basano su pareri scientifici formulati annualmente. L'articolo 27 del regolamento dispone inoltre che il Consiglio, sulla base di una proposta della Commissione, decida a maggioranza qualificata in merito ai tassi di mortalità per pesca, al fine di garantire che gli obiettivi di gestione del piano vengano raggiunti. Analogamente, l'articolo 26 prevede la possibilità che il Consiglio apporti modifiche al piano per garantire il raggiungimento degli obiettivi.

2.3

L'attuazione del piano è stata coronata da successo. Per entrambi gli stock di merluzzo bianco del Baltico il tasso di mortalità per pesca è inferiore agli obiettivi previsti dal piano in vigore. Per gli stock orientali, detta mortalità è inferiore anche al rendimento massimo sostenibile, e il tasso di deposizione di uova è quasi quadruplicato da quando il piano è in vigore. Lo sviluppo dello stock occidentale è stato più lento, ma anche in questo caso la tendenza è nettamente positiva.

3.   La proposta della Commissione

3.1

La proposta in esame è volta a modificare il regolamento (CE) n. 1098/2007 del Consiglio, del 18 settembre 2007, che istituisce un piano pluriennale per gli stock di merluzzo bianco del Mar Baltico e le attività di pesca che sfruttano questi stock. Tale atto legislativo è stato adottato prima dell'entrata in vigore del TFUE, e dovrebbe quindi essere modificato per adeguarvisi.

3.2

L'articolo 290 del TFUE stabilisce che un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell'atto legislativo. La Commissione propone che il potere decisionale conferito al Consiglio dagli articoli 26 e 27 sia trasformato in un sistema di delega dei poteri, nel cui ambito la Commissione avrebbe la facoltà di adottare disposizioni intese a monitorare il piano e gli obiettivi di mortalità per pesca.

3.3

Il piano prevede che ogni tre anni venga eseguita una valutazione dell'impatto delle misure di gestione sugli stock interessati e sulle relative attività di pesca. Questo requisito solleva difficoltà considerevoli a causa dell'insufficienza di dati utili disponibili per realizzare una valutazione adeguata. Stando ad alcuni pareri scientifici, occorre attendere almeno cinque anni dall'avvio del piano per procedere a una valutazione completa dell'esecuzione del piano su un periodo di tre anni. Il calendario definito per la valutazione del piano deve essere pertanto modificato.

3.4

La Commissione propone inoltre che le vengano conferiti poteri di esecuzione al fine di determinare se siano soddisfatte le condizioni previste all'articolo 29 del regolamento per escludere determinate zone del Mar Baltico dal campo di applicazione delle misure.

3.5

La Commissione e gli Stati membri si sono inoltre impegnati a raggiungere entro il 2015 al più tardi un rendimento massimo sostenibile per gli stock depauperati, ma tale obiettivo non figura in quanto tale nel piano. Al fine di evitare ogni ambiguità, è opportuno includere nel piano il riferimento al rendimento massimo sostenibile.

3.6

Gli articoli 5 e 8, riguardanti il totale ammissibile di catture per gli stock di merluzzo bianco e la determinazione del numero massimo di giorni fuori dal porto devono essere modificati di conseguenza al fine di precisare che la procedura da seguire è quella prevista dal Trattato.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Il CESE esprime grande compiacimento per il successo del piano per gli stock di merluzzo bianco del Mar Baltico, e considera importante continuare ad applicarlo.

4.2

Il progetto di regolamento presentato dalla Commissione comprende all'articolo 4 una modifica degli obiettivi del piano. Il CESE ritiene che il rendimento massimo sostenibile indicato sia in linea con l'obiettivo comune dell'UE in materia di stock ittici.

4.3

Per gli articoli 5 e 8 la Commissione propone modifiche intese a sostituire le decisioni adottate dal Consiglio a maggioranza qualificata con decisioni conformi al Trattato in vigore. Tali modifiche sono di natura tecnica e sono conformi alle modifiche delle procedure decisionali introdotte dal TFUE.

4.4

Con riferimento all'articolo 26, la Commissione propone di dare cadenza quinquennale alla valutazione del piano pluriennale. Il CESE accoglie le ragioni addotte per tale modifica, ma osserva che lo stato degli stock di merluzzo bianco dev'essere verificato annualmente, in relazione al piano, nel contesto della valutazione delle risorse ittiche del Consiglio internazionale per l'esplorazione del mare.

4.5

Tenuto conto dell'attuale iter decisionale la Commissione propone modifiche dell'articolo 29, paragrafi 2, 3 e 4, per consentire l'esclusione dalle restrizioni dell'attività di pesca. In base alla proposta di modifica, ogni anno la Commissione confermerebbe le esclusioni attraverso atti di esecuzione, e un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri, nel quadro della procedura di verifica, emetterebbe un parere positivo o negativo. Il CESE accoglie con favore l'ampliamento delle competenze della Commissione in questo settore, ma sottolinea al tempo stesso che le proposte di decisione devono essere presentate in tempo utile, affinché la verifica possa essere effettuata prima della successiva stagione di pesca.

4.6

Agli articoli 27 e 29, viene proposto di dare alla Commissione la facoltà di adottare atti delegati. Il CESE ha già preso posizione in materia in pareri precedenti (1). In tali pareri il CESE ha osservato che il trasferimento dei poteri delegati deve avere un limite temporale. Inoltre, il ricorso agli atti delegati dovrebbe essere limitato alle materie in merito alle quali occorre decidere rapidamente.

4.7

La proposta, contenuta nell'articolo 29 bis, di conferire alla Commissione la delega di poteri di cui agli articoli 26 e 27, cambierebbe sensibilmente i criteri decisionali della politica della pesca dell'UE. Il ricorso alla delega di poteri è motivato dall'attuale lentezza della procedura di codecisione tra Consiglio e Parlamento europeo. Il CESE ritiene che la soluzione di tale problema dovrebbe consistere innanzi tutto in una chiarificazione della ripartizione del potere decisionale tra Parlamento e Consiglio in base all'articolo 43, paragrafi 2 e 3, del TFUE. A giudizio del CESE, la facoltà di determinare i tassi di mortalità per pesca, di cui all'articolo 27 del piano per il merluzzo bianco, attiene direttamente alla fissazione e ripartizione delle possibilità di pesca, ossia rientra tra le competenze esclusive del Consiglio a norma dell'articolo 43, paragrafo 3, del TFUE.

4.8

Il piano riguardante le risorse di merluzzo bianco del Mar Baltico riguarda anche la stabilità delle possibilità di pesca, grazie alla quale le imprese del settore possono sviluppare in condizioni di certezza la propria attività. Se venisse data alla Commissione la facoltà di modificare i vigenti obiettivi di mortalità per pesca, sulla cui base vengono determinate le quote di catture, a giudizio del CESE ciò potrebbe condurre nel breve periodo a una rapida e, nella prospettiva del settore, svantaggiosa variazione di tali contingenti.

4.9

Un ulteriore argomento in favore del mantenimento della competenza del Consiglio per la determinazione degli obiettivi di mortalità per pesca del piano è dato dai diversi principi applicati da un anno all'altro nei pareri scientifici formulati. La consulenza scientifica non tiene conto delle esigenze di stabilità socioeconomica. Una variazione dei criteri o dei metodi di calcolo può causare sensibili differenze del tasso di mortalità per pesca prescritto dai ricercatori, senza che gli stock ittici abbiano subito mutamenti di rilievo.

4.10

Il CESE tiene conto anche del lavoro di sviluppo attualmente in corso per aggiornare il modello normativo combinato per il merluzzo bianco del Baltico e le specie pelagiche. Un piano basato su tale modello sostituirà in futuro il piano pluriennale per gli stock di merluzzo bianco del Mar Baltico, e non è opportuno apportare altri cambiamenti oltre a quelli necessari all'attuale piano, che dà buoni risultati.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. parere CESE (GU C 107, del 6.4.2011, pagg. 33-36) e parere CESE (GU C 43, del 15.2.2012, pagg. 56-59).


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/148


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Calcolo ad alte prestazioni: il posto dell'Europa nella corsa mondiale»

COM(2012) 45 final

2012/C 299/27

Relatrice: CAÑO AGUILAR

La Commissione europea, in data 18 aprile 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Calcolo ad alte prestazioni: il posto dell'Europa nella corsa mondiale

COM(2012) 45 final.

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è d'accordo in linea generale con la comunicazione della Commissione e sostiene con decisione gli obiettivi proposti. Il calcolo ad alte prestazioni (High-Performance Computing o HPC) è una premessa per nuove scoperte e la base per lo sviluppo di numerosi prodotti, procedimenti e servizi innovativi.

1.2   L'HPC fa parte dell'agenda digitale e rappresenta uno strumento irrinunciabile della ricerca e dell'economia moderne, comprese le politiche relative a energia, clima, salute, economia, questioni sociali e difesa. L'HPC inoltre riveste un'importanza strategica per la strategia Europa 2020.

1.3   Il Comitato è favorevole a un maggiore sviluppo di un ecosistema europeo in materia di HPC e dell'infrastruttura di ricerca PRACE già stabilita a tal fine per garantire un'ampia disponibilità di risorse in materia di HPC alle stesse condizioni di accesso per tutti gli utilizzatori potenziali dell'UE, in particolare quelli delle università e delle PMI.

1.4   Oltre agli aspetti contrattuali e finanziari di un ecosistema potente in materia di HPC, occorre pensare a due esigenze di uguale importanza per il progresso dell'HPC: da una parte, lo sviluppo dell'hardware necessario per i computer della prossima generazione, detti "su scala exa", dall'altra, lo sviluppo e la diffusione degli strumenti necessari per il loro utilizzo, ossia di software altamente avanzato. Queste due esigenze devono essere perseguite con lo stesso impegno.

1.5   Il Comitato sostiene pertanto la proposta di raddoppiare gli attuali investimenti europei per l'HPC fino a raggiungere una quantità di 1 200 milioni di euro l'anno. Un simile aumento richiederebbe che il livello di investimenti attuale fosse aumentato di circa 600 milioni di euro l'anno, e che a questo maggiore apporto partecipassero soprattutto l'UE, gli Stati membri e gli utilizzatori industriali. Il volume d'investimenti corrisponderebbe in tal modo a quello delle altre regioni del mondo. Circa metà di questi maggiori investimenti dovrebbe essere assegnata all'acquisizione di sistemi e banchi di prova in materia di HPC, l'altra metà dovrebbe andare in parti uguali alla formazione e allo sviluppo e miglioramento del software HPC.

1.6   A tal scopo, è necessaria una collaborazione fra i centri di ricerca e le università da una parte e l'industria dall'altra. Secondo il CESE, i partenariati pubblico-privati sono in questo caso lo strumento più adatto e consolidato. In singoli casi si potrebbe anche pensare all'appalto precommerciale (precommercial procurement), senza però che la Commissione ne faccia un obbligo vincolante.

1.7   Inoltre, servono considerevoli finanziamenti degli Stati membri e dell'UE, che vanno messi a disposizione sia direttamente per le esigenze immediate sopra delineate di sviluppo di un sistema HPC potente sia indirettamente per la formazione del necessario personale altamente e mediamente qualificato, ossia per le università e il loro personale.

1.8   Il Comitato rivolge un appello al Consiglio e agli Stati membri affinché, in questo momento di crisi economica e finanziaria, le misure sopra indicate, necessarie per l'HPC e per rafforzare l'economia e la competitività, non siano in alcun caso trascurate, altrimenti si metterebbe in moto una pericolosa spirale regressiva.

1.9   Secondo il Comitato, la precedenza assoluta va data alla disponibilità di un sistema HPC competitivo in e per l'Europa. Quest'obiettivo non implica una politica industriale protezionistica: gli sforzi devono infatti essere finalizzati a mantenere o creare anche in Europa le conoscenze tecniche (know-how) necessarie per lo sviluppo e l'utilizzo dell'HPC, nonché i posti di lavoro e i livelli decisionali corrispondenti. In tal modo si potrebbe continuare la collaborazione con i soggetti globali finora all'avanguardia tecnologica e attivi anche in Europa o ivi impegnati in attività di R&S, nonché con le imprese europee che abbiano competenze aggiornate in specifici settori HPC, e si potrebbe creare la massa critica necessaria per competere con la futura leadership cinese che si sta delineando nel settore.

2.   Sintesi della comunicazione della Commissione

2.1   La comunicazione sottolinea l'importanza strategica del calcolo ad alte prestazioni (quest'espressione, dall'inglese High-Performance Computing o HPC, è utilizzata nella comunicazione come sinonimo di calcolo di alta qualità, supercalcolo o calcolo di livello mondiale, per distinguerlo dal calcolo distribuito, dal cloud computing e dai server di calcolo). Essa fa seguito alla comunicazione sulle infrastrutture TIC per l'e-scienza e alle conclusioni del Consiglio in cui si sollecita l'ulteriore sviluppo di "infrastrutture informatiche" come la Partnership for Advanced Computing in Europa (PRACE – www.prace-ri.eu) e la messa in comune degli investimenti nei sistemi informatici ad alte prestazioni nell'ambito del progetto PRACE.

2.2   Nella comunicazione gli Stati membri, l'industria e le comunità scientifiche sono invitati a intensificare, in collaborazione con la Commissione, gli sforzi comuni per garantire la leadership europea nell'offerta e nell'uso di sistemi e servizi HPC entro il 2020.

2.3   Il progresso dei sistemi HPC ha consentito di affrontare più efficacemente le grandi sfide sociali e scientifiche, come la diagnosi precoce e il trattamento di diverse malattie, lo studio del cervello umano, la previsione dell'evoluzione del clima o la prevenzione delle catastrofi e l'esigenza dell'industria di innovare prodotti e servizi.

2.4   Le sfide riguardanti lo sviluppo di sistemi HPC ancor più efficaci non possono essere risolte con una semplice estrapolazione, in quanto richiedono un'innovazione radicale di molte tecnologie informatiche. Ciò offre agli operatori industriali e accademici nell'UE l'opportunità di riposizionarsi in questo settore.

2.5   L'UE spende molto meno rispetto ad altre regioni per l'acquisizione di sistemi di calcolo di alta qualità (solo la metà rispetto agli Stati Uniti, con un livello equivalente di PIL). Di conseguenza la quantità e le prestazioni dei sistemi informatici disponibili nell'UE sono di gran lunga inferiori rispetto ad altre regioni del mondo, e gli stanziamenti di bilancio di R&S destinati all'HPC sono alquanto scarsi.

2.6   I restanti aspetti della comunicazione si riferiscono a:

la Partnership for Advanced Computing in Europa (PRACE),

l'esperienza dell'Europa nella catena dell'approvvigionamento,

i vantaggi per l'Europa derivanti dal rilancio dell'HPC,

le sfide future,

un piano d'azione HPC per l'Europa,

governance a livello europeo,

meccanismi degli appalti pre-commerciali e messa in comune delle risorse,

sviluppare ulteriormente l'ecosistema europeo in materia di HPC.

3.   Osservazioni generali del Comitato

3.1   Consenso in via di principio

3.1.1   In via di principio, il Comitato è d'accordo con la comunicazione della Commissione e sostiene con decisione gli obiettivi proposti. Il calcolo ad alte prestazioni (HPC) costituisce la base per lo sviluppo di molti nuovi prodotti, procedimenti e servizi e si configura non solo come una delle tecnologie fondamentali più importanti, ma anche come una premessa per lo studio di sistemi complessi. L'HPC è quindi parte integrante della strategia Europa 2020.

3.1.2   Con lo sviluppo e l'utilizzo di calcolatori sempre più potenti, l'HPC è diventato, negli ultimi decenni, un importante terzo pilastro dell'R&S che non soltanto integra i due pilastri "classici" rappresentati dalla sperimentazione (comprese la dimostrazione e la verifica) e dalla teoria, ma che allo stesso tempo acquista un peso crescente per proprio conto. In questo modo è nata una nuova branca scientifica, la simulation science, o "scienza della simulazione". Inoltre, l'HPC costituisce uno strumento significativo per ottenere dati più complessi e per i sistemi di analisi e prognosi. L'HPC inoltre fa parte dell'agenda digitale ed è diventato uno strumento indispensabile nel moderno panorama della ricerca e nelle economie nazionali, poiché riguarda le politiche relative a energia, clima, salute, economia, questioni sociali e difesa.

3.2   Supercomputer

L'hardware decisivo per l'HPC è costituito dai cosiddetti "supercomputer", che posseggono due tratti distintivi:

raggiungono una piena efficacia solo grazie a un utilizzo simultaneo, in parallelo, di un numero enorme di singoli computer (processori). Per questo, i supercomputer sono integrati da circa un milione di processori individuali. Al fine di utilizzare in modo ottimale questi strumenti di calcolo estremamente complessi, occorre disporre di programmi (software) anch'essi estremamente complicati e avanzati, e addestrare gli utilizzatori al loro impiego. Si tratta di un compito di sviluppo fortemente specializzato che, finora, è stato in larga misura sottovalutato;

il fabbisogno di elettricità per far funzionare computer ancora più potenti raggiunge livelli che, allo stato, non risultano disponibili. Se non si svilupperanno componenti completamente nuove, che riducano del 99 % (!) il fabbisogno di energia, un supercomputer di nuova generazione (su "scala exa") richiederà per funzionare almeno una centrale elettrica propria con capacità di produzione di 1 000 MW. Ridurre tale fabbisogno a parametri realistici rappresenta una sfida enorme, che non sarà facile vincere.

3.3   Aspetti di una politica di promozione europea

Il Comitato fa osservare che la comunicazione in esame tratta non tanto di sfide scientifiche e tecniche quanto di aspetti per i quali, secondo la Commissione, è necessaria una politica di sostegno e sviluppo, e in quest'ottica sono presentate proposte relative agli strumenti necessari. Il Comitato però esprime delle riserve in merito e raccomanda di effettuare un nuovo giro di consultazioni (cfr. punto 4.4).

3.4   Equilibro fra hardware e software

Una delle principali raccomandazioni del Comitato è che si prendano in considerazione gli aspetti relativi al software come una parte altrettanto essenziale del problema e che si cerchino delle soluzioni, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo, la sperimentazione e la diffusione dei programmi destinati agli utilizzatori. Vi è una notevole necessità di ricerca, sviluppo, apprendimento e formazione per i diversi livelli dei sistemi di qualifica e degli utilizzatori. Al riguardo occorre un sostegno sufficiente alle misure corrispondenti nelle università, nei centri di ricerca e nel settore industriale. Il Comitato raccomanda che la Commissione ponga rimedio a questa mancanza.

3.5   Personale qualificato: università e risorse

In quest'ottica, un ostacolo fondamentale risiede nella formazione e nella disponibilità di personale sufficientemente qualificato (cfr. ad es. http://www.hpcwire.com/hpcwire/2012-04-04/supercomputing_education_in_russia.html), non solo per i necessari compiti di R&S, ma anche per sfruttare in modo efficiente i sistemi di HPC. L'attenzione per questi temi deve far parte delle misure di promozione. In questo senso, una premessa decisiva è data da università con risorse finanziarie e umane sufficienti, in cui insegni e faccia ricerca un numero sufficiente di programmatori e sviluppatori riconosciuti a livello internazionale e in cui sia possibile una formazione altamente qualificata, basata sui risultati delle attività di ricerca e sviluppo.

3.6   Ecosistema europeo in materia di HPC: la piattaforma PRACE

3.6.1   Cos'è PRACE

La necessità per tutte le parti in causa di disporre di infrastrutture europee in materia di HPC è stata riconosciuta e dichiarata dai gestori e utilizzatori dei centri nazionali che si occupano di HPC già nel 2005. I rappresentanti dei 14 paesi europei fondatori hanno istituito in quell'anno il partenariato PRACE, con l'obiettivo di promuovere, utilizzare e sviluppare l'HPC in Europa.

Di conseguenza, l'HPC figura nel primo elenco ESFRI tra le infrastrutture di ricerca selezionate (1). Dopo che anche le condizioni giuridiche, finanziarie, organizzative e tecniche erano state create, nel 2010 è stata fondata l'AISBL (associazione internazionale senza fini di lucro) PRACE con sede a Bruxelles, per consentire agli utilizzatori di tutti i soggetti partecipanti di accedere ai cinque sistemi nazionali più potenti in materia di HPC in Europa. PRACE conta ormai 24 membri, fra cui Israele e la Turchia. Il Settimo programma quadro finanzierà tre progetti di PRACE, in particolare per quanto riguarda la portata, l'ottimizzazione e il miglioramento delle applicazioni, nonché la formazione intensiva degli utilizzatori. Quattro paesi partecipanti (Germania, Francia, Italia, Spagna) hanno già promesso una potenza di calcolo per un valore di 100 milioni di euro ciascuno. L'assegnazione dei contingenti d'utilizzo è stabilita nel corso di un processo paneuropeo di analisi inter pares da parte di un comitato scientifico direttivo indipendente.

3.6.2   La posizione del Comitato in merito a PRACE

Il Comitato è favorevole a un maggiore sviluppo di un ecosistema europeo in materia di HPC e dell'infrastruttura di ricerca già stabilita a tal fine, per garantire un'ampia disponibilità di risorse in materia di HPC alle stesse condizioni di accesso. In quest'ottica bisogna fare in modo che tutti gli utilizzatori potenziali dell'UE, in particolare quelli delle università e delle PMI, che non sono direttamente collegati con l'organizzazione di PRACE, possano partecipare allo sviluppo, e all'utilizzo delle risorse, allo stesso titolo degli altri soggetti. Non si tratta però soltanto del problema, più semplice e comunque risolvibile, di creare le stesse condizioni di accesso alle risorse HPC già esistenti, bensì di ricercare, sviluppare e infine realizzare un ecosistema HPC completamente nuovo, di grandi dimensioni, più potente, con computer su scala exa (cfr. punto 4.1) come strumenti di base, compreso lo sviluppo dell'opportuno software altamente sofisticato. Al riguardo, il Comitato raccomanda di evitare processi di concentrazione e decisioni precipitate quanto a un determinato sistema comune, per consentire la concorrenza e il pluralismo dei possibili approcci e idee necessari affinché l'ecosistema abbia successo e si raggiunga l'obiettivo fissato, estremamente ambizioso. La delicata questione dell'equilibrio delle politiche di ricerca, sviluppo e concorrenza è affrontata nelle osservazioni del prossimo punto. A questo proposito il Comitato ravvisa la necessità di una nuova discussione tra le possibili parti interessate.

3.7   Appello al Consiglio e agli Stati membri

3.7.1   In questo momento di crisi economica che colpisce numerosi Stati membri dell'UE, si delinea la tendenza, comprensibile nella situazione di ristrettezze che stiamo vivendo, a introdurre misure di risparmio proprio nel settore della formazione, della ricerca e dello sviluppo. Questa tendenza rischia però di mettere in moto una pericolosa spirale regressiva, perché sono proprio le nuove tecnologie, le innovazioni e le capacità ad esse connesse a risultare necessarie per riprendere la strada della crescita economica e della competitività.

3.7.2   Il Comitato rivolge un pressante appello al Consiglio e a tutti gli Stati membri affinché non si facciano sedurre dalla via più facile, e investano invece nel nuovo e nella creazione delle condizioni necessarie: in questo settore dovrebbero cioè, anziché tagliare, finanziare di più. Non giocatevi il futuro!

4.   Osservazioni particolari del Comitato

4.1   Il progetto scala exa

Lo sviluppo della prossima generazione di supercomputer è stato chiamato "progetto scala exa". A tal fine, occorre migliorare in modo decisivo tutti i livelli del sistema comune, in particolare quelli relativi al fabbisogno di energia elettrica delle componenti individuali importanti, anche se appare probabile che occorrerà ridefinirlo del tutto. Si tratta di un compito difficile per la cooperazione, in un ambito non esente da tensioni, fra i centri di ricerca e l'industria.

4.2   Cooperazione fra i centri di ricerca e le imprese

Su questa complessa tematica il Comitato si è già pronunciato in varie occasioni (cfr. ad es. CESE 330/2009), fra l'altro col recente parere (CESE 806/2012) relativo a "Orizzonte 2020", in cui raccomandava: “Bisognerebbe pensare a impostare in modi nuovi la politica industriale e di concorrenza in questo campo".

E al riguardo ci si può chiedere se il cosiddetto "appalto precommerciale" (precommercial procurement) rappresenti lo strumento adatto per la cooperazione tra i centri di ricerca e le imprese. Il Comitato raccomanda pertanto di individuare, nonché esaminare e chiarire con le varie parti interessate, gli obiettivi - diversi e a volte non del tutto compatibili - o le esigenze della politica di ricerca, della politica dell'innovazione e della politica industriale; in singoli casi potrebbe essere necessario ricorrere persino a norme in deroga” (cfr. il punto 4.4 del presente progetto preliminare di parere).

4.3   Sforzi di sviluppo per il progetto scala exa

Un tratto specifico del "progetto scala exa" è che, secondo lo stile della moderna R&S, nell'associare centri di ricerca e imprese nei diversi settori coinvolti (come quello dei processori e delle altre componenti) sarà necessario far partecipare sia le grandi che le piccole imprese, compresi i soggetti che funzionano meglio su scala mondiale (cfr. anche punto 4.5) e allo stesso tempo evitare decisioni precipitate. Un progetto di sistema comune ottimizzato sarà possibile solo quando si saprà quali saranno le prestazioni delle componenti che potrebbero o potranno essere sviluppate. Purtroppo, vi sono esempi del passato in cui questo aspetto è stato trascurato e la conclusione è stata un fallimento.

4.4   Progetto di promozione: i partenariati pubblico-privati

A tal fine, e tenuto conto della grande importanza di disporre di un sistema HPC in Europa e per l'Europa, in coordinamento coi diversi soggetti – in particolare quelli che partecipano alla piattaforma PRACE – il Comitato ritiene auspicabile che la Commissione elabori un progetto di promozione proposto congiuntamente prima di mettere in pratica le iniziative enunciate nella comunicazione in esame. Secondo il Comitato, i partenariati pubblico-privati (PPP) in particolare rappresentano uno strumento adatto e consolidato per gli obiettivi di sviluppo dell'HPC. Pertanto, l'appalto precommerciale privilegiato dalla proposta della Commissione può essere sì adatto in singoli casi, ma non può assolutamente essere imposto per un uso generalizzato.

4.5   Soggetti di dimensione mondiale

A tal fine deve risultare chiaro che la priorità assoluta è disporre in futuro di un sistema HPC potente e competitivo in Europa e per l'Europa. Considerato che questo settore è stato finora dominato da soggetti globali (come IBM, CRAY o INTEL) le cui caratteristiche, impianti di fabbricazione e centri di ricerca si trovano sparsi per tutto il mondo, il Comitato considera importante che le conoscenze tecniche (know-how) necessarie per lo sviluppo e l'utilizzo dell'HPC, nonché i posti di lavoro e i livelli decisionali corrispondenti siano mantenuti o creati anche in Europa. Ad es., una maggiore cooperazione con le imprese attualmente all'avanguardia, ma anche con quelle emergenti candidate a conseguire il primato in futuro, potrebbe creare la massa critica necessaria per competere con la futura leadership cinese che si sta delineando nel settore.

4.6   Maggiori risorse finanziarie

Il CESE sostiene la proposta di raddoppiare gli attuali investimenti europei per l'HPC fino a raggiungere una quantità di 1 200 milioni di euro l'anno. Un simile aumento richiederebbe che il livello di investimenti attuale fosse aumentato di circa 600 milioni di euro l'anno, e che a questo maggiore apporto partecipassero l'UE, gli Stati membri e gli utilizzatori industriali. In questo modo l'importo corrisponde a quello delle altre regioni del mondo. La ripartizione che si propone per questi maggiori investimenti è all'incirca la seguente: 50 % per l'acquisizione di sistemi e banchi di prova in materia di HPC, 25 % per la formazione del personale e 25 % per lo sviluppo e il miglioramento del software.

Esigenze finanziarie così elevate sono dovute all'alto costo dell'HPC. L'acquisizione di un computer per il calcolo ad alte prestazioni richiede un importo superiore ai 100 milioni di euro, mentre la manutenzione e il funzionamento del sistema possono richiedere anche 20 milioni di euro l'anno come minimo. Ne risulta la necessità di un partenariato strategico pubblico-privato, di cui ci sono vari esempi nei paesi più all'avanguardia nel settore dell'HPC.

4.7   Pari opportunità e diritti di proprietà intellettuale

La comunicazione illustra le grandi difficoltà incontrate dai fabbricanti europei nel vendere i propri prodotti al settore pubblico dei paesi estranei all'Unione europea che dispongono di una produzione nazionale. L'utilizzo dell'HPC in settori di alto contenuto strategico, come l'energia nucleare, l'industria militare e quella del gas o del petrolio, vede in genere invocare motivi di sicurezza, che sarebbero ostacoli ineludibili. Contemporaneamente però, i progetti di ricerca europei sviluppati nel contesto del programma quadro possono recare benefici indiretti a imprese situate in paesi non appartenenti all'UE.

Ricordando che i paesi aderenti all'Accordo sugli appalti pubblici dell'OMC devono rispettare i principi riguardanti il trattamento nazionale e la non discriminazione (articolo 3), il CESE sostiene il proposito della Commissione di porre la questione della parità di accesso al mercato HPC nelle relazioni commerciali coi paesi terzi.

Pertanto, il Comitato sostiene le intenzioni espresse nella proposta della Commissione relativa a "Orizzonte 2020" (COM(2011) 809 final del 30.11.2011), che consistono nel chiarire in modo inequivocabile e nel difendere i diritti di proprietà intellettuale.

4.8   L'HPC e il consumo energetico

Alle sfide del futuro va aggiunto il consumo energetico come fattore limitante per lo sviluppo dell'HPC (The Greening of HPC - Will Power Consumption Become the Limiting Factor for Future Growth in HPC?. Monaco di Baviera, 10 ottobre 2008, www.hpcuserforum.com/presentations/Germany/EnergyandComputing_Stgt.pdf, cfr. anche punto 3.2). Con le tecnologie attuali, i sistemi su scala exa consumeranno quantità eccessive di energia, aumentando così i costi di gestione (si calcola che l'energia contribuirebbe al 50 % di tali costi) e l'inquinamento ambientale.

Vi sono diverse proposte per realizzare tecnologie a basso consumo, come i calcolatori ibridi, peraltro non esenti da aspetti problematici ("[…] Il progresso verso dispositivi a minore intensità energetica può consentire di costruire futuri sistemi con prestazioni su scala exa […]. Tuttavia […]: come sfruttare […] questa tecnologia rivoluzionaria?". A Strategy for Research and Innovation Trough High Performance Computing, università di Edimburgo 2011). Per quanto riguarda l'architettura, ad esempio, si sono concepite numerose strategie di riduzione del consumo, come la creazione di isole con tensioni di alimentazione differenti (si possono perfino spegnere), o l'utilizzo di memorie a basso consumo (con cellule drowsy), e lo spegnimento selettivo di alcune unità. Nei processori, le architetture multi-core, multi-thread e a cluster facilitano l'equilibrio di carica con obiettivi di ottimizzazione del consumo o termica (Green IT: Tecnologías para la Eficiencia Energética en los Sistemas TI - "Green IT: tecnologie per l'efficienza energetica nei sistemi IT"-, università politecnica di Madrid, 2008).

Pertanto, il CESE suggerisce di aggiungere la promozione delle tecnologie a basso consumo come parte integrante del progetto HCP dell'UE.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. GU C 182 del 4.8.2009, pag. 40.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/153


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo»

COM(2012) 129 final — 2012/62 (COD)

e alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle responsabilità dello Stato di bandiera ai fini dell'applicazione della direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE»

COM(2012) 134 final — 2012/65 (COD)

2012/C 299/28

Relatrice: BREDIMA

Il Parlamento europeo, in data 29 marzo 2012, e il Consiglio, in data 11 aprile 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 100, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo

COM(2012) 129 final — 2012/0062 (COD)

e alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle responsabilità dello Stato di bandiera ai fini dell'applicazione della direttiva 2009/13/CE del Consiglio del 16 febbraio 2009 recante attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE

COM(2012) 134 final — 2012/0065 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 141 voti favorevoli e 6 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

La Convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006, adottata dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) è il primo codice marittimo del lavoro che può essere considerato, a livello internazionale, il "quarto pilastro" delle convenzioni marittime fondamentali. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente le proposte all'esame, volte a definire le procedure necessarie per garantirne la concreta applicazione da parte degli Stati membri in qualità sia di Stati di bandiera sia di Stati di approdo.

1.2

La CLM - che è un po' la Carta dei diritti dei lavoratori nel settore marittimo - mira a garantire su scala mondiale un'ampia tutela dei diritti dei lavoratori marittimi e a creare regole del gioco uguali per i paesi e gli armatori che si impegnano ad offrire condizioni di lavoro e di vita dignitose ai lavoratori marittimi, tutelandoli dalla concorrenza sleale da parte di navi non a norma.

1.3

Il CESE ribadisce la sua richiesta all'UE di mettere prontamente in atto gli sforzi di ratifica della CLM da parte dei suoi Stati membri e sottoscrive l'obiettivo primario di allineare le norme europee sulle condizioni di lavoro alla normativa internazionale, all'interno della quale figura la stessa CLM senza tuttavia pregiudicare standard più rigorosi eventualmente esistenti all'interno dell'UE.

1.4

Il CESE fa osservare che il controllo delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi a bordo delle navi richiede un personale ispettivo sufficiente e dotato di competenze specifiche in materia. L'EMSA e il Memorandum d'intesa di Parigi sul controllo da parte dello Stato di approdo consentono di promuovere un'adeguata formazione degli ispettori mettendoli in grado di portare avanti i compiti di controllo imposti dalla CLM quando la convenzione entrerà in vigore.

1.5

L'ambito di applicazione e le procedure previste dalla direttiva 2009/16, dalla CLM (e dalle linee guida dell'OIL relative al controllo da parte dello Stato di approdo) potrebbero differire per quanto concerne taluni settori. Per il CESE, sarà opportuno allineare le procedure di controllo e di attuazione previste da entrambi questi strumenti, aumentando i poteri di attuazione conferiti alla Commissione europea.

1.6

La conformità e l'applicazione dei requisiti strutturali in materia di alloggio del personale marittimo, specie in taluni settori dell'industria marittima comporteranno sfide rilevanti. I funzionari di controllo dello Stato di approdo dovrebbero, riconoscere le decisioni dello Stato di bandiera in merito a disposizioni equivalenti e la concessione di deroghe e di eccezioni, come emerge dalle dichiarazioni di conformità del lavoro marittimo.

1.7

È necessaria una certa flessibilità nell'ispezionare le imbarcazioni più piccole che effettuano viaggi sul territorio nazionale, rispetto a quelle più grandi che operano sulle tratte internazionali. Al fine di valutare le lacune in vista di future azioni, i previsti atti delegati potrebbero fornire opportuni orientamenti in materia.

1.8

Per il CESE le procedure proposte per la gestione dei reclami inerenti la CLM da parte dei funzionari di controllo dello Stato di approdo, reclami per i quali è impossibile trovare una soluzione a bordo, dovrebbero includere una seconda fase in cui i reclami vengono trasmessi all'armatore che prenderà le opportune misure. Questa fase è in linea con le procedure della CLM.

1.9

Il CESE invita la Commissione europea ad assicurare che l'applicazione nei paesi terzi della futura normativa UE concernente i paesi fornitori di manodopera sia in linea con lo spirito e con il testo della CLM.

1.10

Nell'ampia definizione di "lavoratore marittimo" potrebbero figurare diversi membri del personale a bordo delle navi considerati impropriamente lavoratori marittimi. Il CESE raccomanda che nell'applicare e recepire la CLM gli Stati membri riconoscano le precisazioni del'OIL e le linee guida ad esse collegate e ritiene che vada rispettato il potere degli Stati di bandiera di prendere decisioni in materia.

1.11

La direttiva proposta in materia di responsabilità dello Stato di bandiera non è abbastanza precisa sulla possibilità che le autorità amministrative deleghino alle organizzazioni riconosciute il compito di effettuare le ispezioni o di rilasciare i certificati. Il CESE tuttavia dà per scontato che gli Stati membri avranno, grazie agli atti di recepimento da essi stessi adottati, la possibilità di farlo.

2.   Introduzione

2.1

La convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006, adottata dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) il 23 febbraio 2006, è intesa a creare, a livello mondiale, condizioni di parità nel settore marittimo, fissando norme minime comuni per tutte le bandiere e i lavoratori marittimi.

2.2

La CLM, definita come la "carta dei diritti" dei lavoratori del settore, è stata congegnata in modo da ottenere una ratifica pressoché universale, grazie alla sua combinazione di fermezza in materia di diritti e di flessibilità nell'applicazione delle disposizioni più specificamente tecniche, nonché grazie ai vantaggi concessi alle navi dei paesi che la ratificano. Essa costituisce il "quarto pilastro" del quadro normativo internazionale per la qualità dei trasporti marittimi, poiché integra le convenzioni principali dell'Organizzazione marittima internazionale: la convenzione internazionale per la salvaguardia della vita in mare (SOLAS, 1974), la convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio di brevetti e ai servizi di guardia (STCW, 1978) e la convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento ad opera delle navi (MARPOL, 1973-1978). La CLM mira a garantire su scala mondiale un'ampia tutela dei diritti dei lavoratori marittimi e a creare condizioni di parità per i paesi e gli armatori che si impegnano ad offrire condizioni di lavoro e di vita dignitose ai lavoratori marittimi, tutelandoli dalla concorrenza sleale da parte di navi non a norma.

2.3

Le norme minime previste dalla CLM devono essere applicate, attraverso norme o requisiti nazionali, da tutti i paesi che la ratificano. Per essere efficace, il sistema di controllo dell'applicazione e della conformità richiede un'ampia cooperazione internazionale. Poiché varie prescrizioni della CLM sono rivolte agli armatori e agli Stati di bandiera, è importante che gli Stati che hanno forti interessi marittimi la ratifichino.

3.   Sintesi delle proposte della Commissione

3.1

Le proposte in esame sottolineano che gli Stati membri e la Commissione hanno sostenuto il lavoro dell'Organizzazione internazionale del lavoro per l'adozione della CLM. La decisione 2007/431/CE (1), che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell'interesse dell'UE, la CLM comprova il forte interesse dell'UE per l'entrata in vigore di tale convenzione.

3.2

La Commissione sottolinea l'importanza dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla CLM del 2006, attuato con la direttiva 2009/13/CE (2). Tale direttiva allinea la legislazione europea alle norme internazionali stabilite dalla CLM.

3.3

La proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (3) e la proposta di direttiva relativa alle responsabilità dello Stato di bandiera ai fini dell'applicazione della direttiva 2009/13/CE del Consiglio recante attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/C (4), mirano a promuovere la politica dell'UE in materia di professioni marittime attraverso l'applicazione della CLM 2006. Obiettivo delle iniziative attuali è quello di istituire i meccanismi e le procedure necessarie per assicurare la piena ed effettiva attuazione della CLM da parte degli Stati membri che agiscono sia da Stati di bandiera sia da Stati di approdo. Entrambe le direttive entreranno in vigore contemporaneamente alla CLM 2006 e il periodo di recepimento sarà di 12 mesi.

3.4

La proposta di modifica della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo Stato di approdo:

include il certificato di lavoro marittimo e la dichiarazione di conformità del lavoro marittimo tra i documenti che devono essere controllati dagli ispettori;

estende la portata delle ispezioni a nuovi elementi (ad esempio, un contratto di lavoro adeguato firmato da entrambe le parti e contenente le clausole richieste per ciascun lavoratore marittimo);

estende la portata dell'indagine in caso di reclami e prevede la procedura adeguata;

introduce nuove regole sui poteri delegati e di attuazione in seguito all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

3.5

La nuova proposta di direttiva sulle responsabilità dello Stato di bandiera:

impone agli Stati di bandiera appartenenti all'UE di predisporre dei meccanismi per far fronte alle proprie responsabilità ai fini dell'applicazione della direttiva 2009/13/CE,

definisce le qualificazioni professionali e i requisiti di indipendenza del personale incaricato di verificare le questioni coperte dalla direttiva 2009/13/CEE,

indica i principi e le procedure che devono essere seguiti dal personale competente degli Stati di bandiera nel trattare i reclami a bordo delle navi battenti bandiere dell'UE.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il CESE condivide il principio generale secondo cui la legislazione dell'UE in materia di condizioni di lavoro deve essere perfettamente in linea con testi giuridici internazionali quali la CLM e la STCW, senza tuttavia pregiudicare standard più rigorosi eventualmente esistenti all'interno dell'UE.

4.2

Il CESE osserva che la CLM 2006 non è ancora vincolante a norma del diritto internazionale ed è soggetta all'applicazione da parte degli Stati nel quadro delle rispettive legislazioni nazionali. Le linee guida dell'OIL in materia di ispezioni da parte dello Stato di bandiera e di approdo sottolineano che le leggi, i regolamenti o gli accordi di contrattazione collettiva validi sul piano nazionale oppure altre misure destinate ad attuare la CLM negli Stati di bandiera devono in ogni caso essere considerati, in tali paesi, come requisiti imposti d'autorità. Inoltre, le linee guida ricordano la flessibilità nell'attuazione della CLM, soprattutto attraverso leggi nazionali sostanzialmente equivalenti, e mettono in evidenza il potere discrezionale concesso agli Stati di bandiera per quanto concerne le loro misure di attuazione specifiche. È necessario pertanto che gli Stati membri dell'UE e i paesi terzi interpretino ed applichino la CLM allo stesso modo.

4.3

Il CESE riconosce che l'adozione della direttiva 2009/13/CE, recante attuazione dell'accordo concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla CLM 2006, costituisce una conseguenza di assoluta rilevanza del dialogo sociale settoriale, che dovrebbe produrre risultati tangibili. La sfida più grande consisterà nell'eliminazione, attraverso il controllo degli orari di lavoro e di riposo, di fattori che causano un eccessivo affaticamento del personale marittimo.

4.4

Il CESE richiama l'attenzione sui seguenti pareri:

parere in merito al Terzo pacchetto di misure sulla sicurezza marittima  (5), in cui esprime apprezzamento per gli sforzi volti a trasporre nel modo migliore la CLM nel diritto dell'UE. Tale parere invita l'UE a dare un forte impulso agli sforzi rivolti a ratificare la CLM promuovendo anche la ratifica dei paesi dello Spazio economico europeo e dei paesi terzi con cui esistono accordi di cooperazione economica,

parere in merito alla Politica UE dei trasporti marittimi fino al 2018  (6), nel quale "esorta gli Stati membri a ratificare la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 dell'OIL, che creerà regole del gioco uguali per tutti a livello mondiale per quanto riguarda le condizioni di lavoro a bordo delle navi e contribuirà ad attirare i giovani verso le carriere di mare",

parere in merito al Rafforzamento della normativa sul lavoro marittimo  (7) in cui sollecita gli Stati membri a ratificare quanto prima la CLM e raccomanda l'elaborazione di orientamenti operativi per gli Stati di bandiera e di approdo.

4.5

Il CESE ricorda inoltre il proprio parere in merito al Libro bianco - Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti - Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile (8), in cui "ribadisce che gli Stati membri dell'UE sono invitati a ratificare la convenzione sul lavoro marittimo (CLM) dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) per garantire condizioni eque a livello internazionale, senza pregiudizio di norme più elevate eventualmente in vigore nell'UE. La legislazione dell'UE dovrebbe essere pienamente in linea con la legislazione internazionale, in particolare con la suddetta convenzione CLM dell'OIL e con la convezione STCW (Standards of Training and Certification of Seafarers Convention) dell'Organizzazione marittima internazionale (OMI)".

4.6

Le proposte rispondono alle aspettative delle parti in causa circa il rafforzamento della sicurezza marittima, il miglioramento della qualità dell'attività di navigazione e la creazione di condizioni di concorrenza più eque tra operatori dell'UE e di paesi terzi e bandiere di paesi terzi. Il CESE sostiene pertanto il principio di applicare la CLM attraverso un rafforzamento della legislazione UE. L'azione dell'UE favorirà l'attuazione degli obiettivi della task force sull'occupazione marittima e la competitività, istituita dal vicepresidente della Commissione Kallas, che ha raccomandato l'applicazione della CLM 2006 (giugno 2011).

5.   Osservazioni particolari

Modifiche alla direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo.

5.1

Il CESE ritiene che l'ambito di applicazione dei poteri delegati e di attuazione conferiti alla Commissione dovrebbero essere estesi al fine di determinare nei minimi particolari le modalità armonizzate per attuare le procedure di controllo dello Stato di approdo per quanto concerne l'ispezione delle navi ai sensi della CLM, tenendo presente le linee guida pertinenti dell'OIL e conformemente all'ambito di applicazione e alle procedure della direttiva 2009/16.

5.2

Il parere del CESE in merito al Terzo pacchetto sulla sicurezza marittima  (9) esprime compiacimento per il fatto "che la direttiva preveda l'ispezione delle condizioni di lavoro a bordo, poiché spesso il fattore umano riveste un ruolo importante negli incidenti marittimi. Il controllo delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi a bordo e delle loro qualificazioni impone il rafforzamento del personale ispettivo con competenze specifiche in materia". Sarà pertanto necessario addestrare adeguatamente gli ispettori, affinché possano eseguire i controlli previsti dalla CLM, quando entrerà in vigore. Il CESE chiede all'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) e al Memorandum d'intesa di Parigi di dare un forte contributo alla formazione degli ispettori al fine di realizzare gli obiettivi della CLM.

5.3

Il CESE constata che, a norma dell'articolo 13, lettera c) della direttiva 2009/16/CE sul controllo da parte dello Stato di approdo, "al momento di ogni ispezione iniziale di una nave, l'autorità competente si accerta che l'ispettore provveda almeno a verificare che siano soddisfacenti le condizioni generali della nave, compresi gli aspetti igienici della stessa, la sala macchine e gli alloggi". Tuttavia, conformemente agli orientamenti per gli ispettori responsabili del controllo da parte dello Stato di approdo in base alla CLM 2006, l'ispezione iniziale, che rimane spesso l'unica, verte principalmente sulla verifica del certificato di lavoro marittimo e della dichiarazione di conformità del lavoro marittimo della nave. Questi documenti costituiscono elementi di prova diretti del fatto che i requisiti della CLM relativi alle condizioni di lavoro e di vita del personale marittimo sono stati rispettati nella misura attestata dalla certificazione. Vi possono tuttavia essere circostanze in cui è necessario effettuare un'ispezione più particolareggiata al fine di verificare le condizioni di lavoro e di vita a bordo delle navi. L'ambito di applicazione e le procedure previste dalla direttiva 2009/16, dalla CLM e dalle relative linee guida dell'OIL potrebbero differire per quanto concerne altri settori. Il CESE giudica opportuno allineare le procedure di controllo e di attuazione previste da entrambi questi strumenti aumentando i poteri di attuazione conferiti alla Commissione al fine di definire adeguate modalità armonizzate.

5.4

La conformità e l'applicazione dei requisiti strutturali in materia di alloggio del personale marittimo, specie in taluni settori dell'industria marittima, come le grandi imbarcazioni commerciali da diporto o le navi di piccole dimensioni, comporteranno sfide rilevanti. Il CESE osserva che la CLM consente agli Stati di bandiera, laddove necessario, di introdurre e di sancire, attraverso disposizioni in leggi e regolamenti o altre misure sostanzialmente equivalenti alle disposizioni, deroghe, esenzioni e altre applicazioni flessibili degli standard previsti dalla Convenzione previa consultazione con le organizzazioni degli armatori e dei marittimi. Il CESE auspica pertanto che i funzionari di controllo dello Stato di approdo effettueranno le loro valutazioni riconoscendo le decisioni dello Stato di bandiera, come stabilito nelle dichiarazioni di conformità del lavoro marittimo.

5.5

La CLM riconosce che le parti contraenti dell'OIL hanno bisogno di una certa flessibilità nell'affrontare determinate situazioni nazionali, specie per quanto concerne le navi più piccole, quelle che non effettuano viaggi a livello internazionale oppure determinate categorie di navi. Pertanto le ispezioni regolari delle piccole imbarcazioni sui viaggi nazionali non devono essere le stesse di quelle delle navi più grandi che operano sulle tratte internazionali. Inoltre il CESE prevede che il controllo da parte dello Stato di approdo dovrà affrontare importanti questioni operative per quanto riguarda sia le ispezioni sia una più scrupolosa valutazione delle carenze in vista di azioni ulteriori. Tali questioni dovrebbero essere affrontate attentamente e adeguatamente risolte attraverso i previsti atti delegati, che terrebbero in considerazione i principali atti legislativi nazionali che applicano la CLM.

5.6

Il proposto nuovo articolo 18 bis"Reclami relativi alla convenzione sul lavoro marittimo", stabilisce, al paragrafo 1, che qualora non sia possibile trovare la soluzione a un reclamo a bordo della nave, l'ufficiale incaricato del controllo da parte dello Stato di approdo deve rimettere la questione allo Stato di bandiera affinché prenda le dovute misure. Il CESE ritiene che le procedure proposte debbano prevedere una seconda fase in cui i reclami vengono trasmessi all'armatore affinché adotti le opportune disposizioni. Questa fase è in linea con le procedure della CLM.

Sulla nuova direttiva relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera.

5.7

In vari Stati membri dell'UE il processo di ratifica/attuazione della CLM 2006 ha già raggiunto uno stadio avanzato o è stato ultimato. L'applicazione delle prescrizioni della CLM relative al reclutamento, al collocamento e alla sicurezza sociale dei marittimi che sono cittadini, o residenti o altrimenti domiciliati in un paese fornitore di manodopera comporterà importanti questioni operative. Il CESE invita la Commissione europea ad affrontare con urgenza la questione e ad assicurare che l'applicazione nei paesi terzi della futura normativa UE concernente i paesi fornitori di manodopera sia in linea con lo spirito e con il testo della CLM.

5.8

Gli Stati di bandiera incoraggiano gli armatori a prevedere misure volte a garantire la conformità. L'articolo II della CLM definisce il marittimo come "ogni persona che sia impiegata o ingaggiata a qualsiasi titolo a bordo di una nave alla quale si applichi questa convenzione". In base a questa ampia definizione, il personale al servizio del noleggiatore, ad esempio i geologi e i sommozzatori a bordo delle navi che operano nell'industria offshore oppure il personale non alle dirette dipendenze dell'armatore, o ancora le guardie di sicurezza a bordo delle navi in base ad un accordo contrattuale per scongiurare la pirateria, possono essere considerati marittimi. L'OIL riconosce che possono crearsi situazioni in cui uno Stato membro non sa se talune categorie di persone che lavorano per un determinato periodo a bordo di una nave debbano essere considerate marittimi o no ai sensi della Convenzione. Per tale motivo ha fornito, attraverso la Risoluzione VII adottata nel corso della 94a sessione (marittima) della Conferenza internazionale sul lavoro, una serie di precisazioni. Ad ogni modo, conformemente all'articolo II, paragrafo 3, in caso di dubbi in proposito, la questione sarà decisa dalle autorità competenti in ciascuno Stato membro previa consultazione delle apposite organizzazioni degli armatori e dei marittimi. Il CESE ritiene che gli Stati membri dovrebbero riconoscere le risoluzioni dell'OIL e le linee guida ad esse associate al momento di applicare ed attuare la CLM e che dovrebbero attenersi scrupolosamente a questo principio.

5.9

Per quanto riguarda l'articolo 4 "Personale responsabile del controllo di conformità", il CESE osserva che per assistere le amministrazioni dello Stato di approdo nell'effettiva esecuzione dei compiti di loro pertinenza in base alla CLM sono state elaborate le linee guida dell'OIL concernenti gli ufficiali incaricati del controllo da parte dello Stato di approdo che svolgono funzioni di ispezione a norma della CLM 2006. Nella maggior parte dei casi, le ispezioni coinvolgono personale già qualificato a norma dei vigenti accordi internazionali in materia di controllo da parte dello Stato di approdo, sviluppati in connessione con le convenzioni dell'OMI, nonché a norma del protocollo di intesa regionale sul controllo da parte dello Stato di approdo. È quanto avviene nel caso degli Stati membri dell'UE che agiscono conformemente al Memorandum d'intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato d'approdo e alla direttiva 2009/16/CE

5.10

Un aspetto importante dell'applicazione della CLM sarà il rilascio, da parte delle amministrazioni dello Stato di bandiera, di certificati e dichiarazioni di conformità del lavoro marittimo. In base alla regola 5.1.1. della Convenzione, le parti contraenti possono autorizzare le organizzazioni, ad esempio le società di classificazione, a portare avanti ispezioni o a rilasciare certificati o a fare entrambe le cose. Tale principio è riconosciuto dal diritto dell'UE, in parte dalla direttiva 2009/15/CE relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime, e in parte dalla direttiva 2009/21/CE relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera. Dato che la direttiva proposta non è abbastanza chiara circa la possibilità per le amministrazioni di delegare i compiti alle organizzazioni riconosciute, il CESE dà per scontato che gli Stati membri, attraverso gli atti di recepimento da essi stessi adottati, avranno la possibilità di farlo.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU L 161 del 22.6.2007, pagg. 63-64.

(2)  GU L 124 del 20.5.2009, pagg. 30-50.

(3)  COM(2012) 129 final

(4)  COM(2012) 134 final

(5)  GU C 318 del 23.12.2006, pagg. 195-201.

(6)  GU C 255 del 22.9.2010, pag. 103.

(7)  GU C 97 del 28.4.2007, pag. 33

(8)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 146.

(9)  GU C 318 del 23.12.2006, pagg. 195-201.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/158


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riciclaggio delle navi»

COM(2012) 118 final — 2012/0055 (COD)

2012/C 299/29

Relatore: SIECKER

Il Consiglio, in data 10 aprile 2012, e il Parlamento europeo, in data 19 aprile 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riciclaggio delle navi

COM(2012) 118 final — 2012/0012 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 122 voti favorevoli, 31 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La demolizione delle navi avviene in maniera irresponsabile: la maggior parte di esse viene infatti demolita con il cosiddetto metodo dell'arenamento (beaching), mediante il quale le navi vengono fatte incagliare sulle spiagge di India, Bangladesh e Pakistan e, successivamente, smantellate da personale non qualificato (tra cui molti bambini), senza gli strumenti adeguati e senza alcuna protezione contro le numerose sostanze nocive rilasciate nel corso dell'operazione.

1.2

Le navi giunte al termine del loro ciclo di vita vengono considerate come rifiuti pericolosi e rientrano nel campo di applicazione della Convenzione di Basilea, che disciplina il trasporto di questo tipo di rifiuti. Poiché le norme di detta Convenzione vengono eluse da anni in maniera sistematica e massiccia, nel 2009 l'IMO ha adottato la Convenzione di Hong Kong per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente. L'UE e i suoi Stati membri sono giunti alla conclusione che entrambe le Convenzioni sembrano offrire un livello di controllo e di esecuzione equivalente per le navi classificate come rifiuti. Tutti gli Stati africani e un certo numero di paesi dell'America latina non concordano con questa conclusione. La Convenzione di Hong Kong dovrebbe entrare in vigore verso il 2020, a condizione che venga ratificata da un numero sufficiente di Stati.

1.3

La responsabilità dell'Unione europea in questo settore è considerevole, in quanto gran parte della flotta mondiale è in mano ad armatori provenienti dagli Stati membri dell'UE. È da tempo che gli sviluppi in questo settore sono fonte di grande preoccupazione per la Commissione che, alcuni anni fa, ha pertanto deciso di affrontare il problema. Negli ultimi cinque anni, la Commissione ha pubblicato un Libro verde in materia, seguito da un documento strategico e, adesso, da una proposta di regolamento. Il regolamento dell'UE proposto prevede l'applicazione anticipata di alcuni requisiti della Convenzione di Hong Kong.

1.4

La proposta di regolamento relativo al riciclaggio delle navi risulta meno incisiva rispetto al Libro verde e al documento strategico pubblicati in precedenza sullo stesso tema. I due documenti analizzano con precisione i problemi relativi al riciclaggio delle navi, in particolare in Bangladesh, India e Pakistan, ed esprimono la convinzione che occorra adottare delle misure severe al fine di contrastare la situazione intollerabile che si osserva in questi paesi. Le misure previste dalla proposta di regolamento in esame, tuttavia, non consentono di risolvere realmente i problemi esistenti. Al Comitato economico e sociale europeo (CESE) non resta che constatare la chiara assenza di volontà politica necessaria a tal fine.

1.5

La proposta non prevede ad esempio nessuno strumento economico con cui la Commissione possa orientare l'evoluzione auspicata - strumento a cui invece i documenti precedenti facevano riferimento. La Commissione ha inoltre fatto eseguire uno studio sulla possibilità di istituire un fondo a cui ogni nave che attracca in un porto europeo sarebbe tenuta a versare un contributo, determinato in funzione sia della stazza che della tossicità dell'imbarcazione. L'istituzione di un fondo simile rappresenterebbe un'ottima applicazione del principio "chi inquina paga". Parte di questi contributi potrebbero essere utilizzati per migliorare le condizioni di lavoro nel Sud-Est asiatico, garantendo la formazione dei lavoratori in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro, sensibilizzando a livello locale sui pericoli connessi alla demolizione irresponsabile delle grandi navi per la navigazione marittima e migliorando le infrastrutture pubbliche locali.

1.6

Il CESE esorta la Commissione a esplorare la possibilità di utilizzare i contributi del fondo per sviluppare le capacità di demolizione e realizzare una filiera di riciclaggio in Europa. L'UE dispone di sufficiente capacità di messa in bacino, che non viene più sfruttata (o lo è solo in parte) per la costruzione e la riparazione delle navi, ma che risulta idonea per lo smantellamento e il riciclaggio di queste ultime. Questa prospettiva è perfettamente in linea con l'ambizione dell'Unione europea di divenire una "società sostenibile basata sul riciclaggio", dove i rifiuti vengono trasformati in materie prime grazie a un sistema di riciclaggio intelligente e capillare. Ciò potrebbe generare un elevato profitto economico sotto forma di materiali pregiati, che potrebbero soddisfare in gran parte la domanda di materie prime e creare numerosi nuovi posti di lavoro. Dato il costante aumento dei prezzi delle materie prime e l'elevato tasso di disoccupazione registrato in diversi Stati membri dell'UE, questo sviluppo potrebbe andare a vantaggio dell'Europa nel suo complesso. Inoltre, la realizzazione di una filiera specializzata nel riciclaggio di navi al termine del loro ciclo di vita rappresenterebbe un'opportunità per lo sviluppo dei territori marittimi, per la formazione dei giovani nelle professioni emergenti e per i disoccupati.

1.7

Se l'Europa vuole che le sue navi vengano demolite in maniera responsabile, è plausibile che anch'essa contribuisca finanziariamente alla costruzione delle capacità necessarie affinché ciò avvenga correttamente. In un'economia di mercato niente è gratis, tutto ha un prezzo. Per una demolizione responsabile delle navi questo prezzo viene pagato in denaro. Per una demolizione irresponsabile delle navi, parte di tale prezzo viene pagato con altri valori, come la distruzione dell'ambiente locale e la perdita di vite umane. Poiché non intendiamo accettare che i valori all'interno dell'UE diventino un mezzo di pagamento legittimo, non dobbiamo nemmeno permettere che essi vengano utilizzati nell'ambito delle operazioni di pagamento con i paesi terzi. La Commissione potrebbe porre una maggiore enfasi su questo aspetto. Il CESE ritiene infatti che la Commissione avrebbe dovuto avanzare una proposta migliore, più creativa, più audace e più innovativa, che rispecchiasse meglio il livello di ambizione dei documenti precedenti della Commissione stessa e dei relativi pareri del Comitato.

1.8

Il CESE raccomanda che, in vista di autorizzare il riciclaggio delle navi in impianti situati in paesi che non fanno parte dell'OCSE - a condizione che rispettino i requisiti per figurare nell'elenco europeo - il regolamento si basi in particolare sulle vigenti linee guida delle organizzazioni internazionali pertinenti (1), nonché sulla Convenzione di Basilea stessa e sui suoi orientamenti tecnici.

2.   Introduzione

2.1

Alla fine degli anni '80 del secolo scorso, le spedizioni di rifiuti tossici dai paesi industrializzati verso quelli in via di sviluppo hanno provocato uno scandalo a livello internazionale: le notizie relative agli 8 000 fusti di rifiuti chimici abbandonati sulla spiaggia di Koko, in Nigeria, e a navi come la Karin B in cerca di un porto in cui liberarsi del carico di rifiuti pericolosi hanno riempito le prime pagine dei giornali. A seguito di tali avvenimenti è stato chiesto un quadro giuridico internazionale più rigoroso: nel 1989 venne pertanto adottata la Convenzione di Basilea delle Nazioni Unite, che istituiva una disciplina intesa a controllare le spedizioni transfrontaliere di rifiuti pericolosi.

2.2

La Convenzione di Basilea prevede un sistema internazionale di notifiche e autorizzazioni scritte preventive tra i paesi per le spedizioni di rifiuti pericolosi. Una modifica adottata nel 1995 istituisce inoltre un divieto alle esportazioni di rifiuti pericolosi dai paesi membri dell'UE e dell'OCSE ai paesi non appartenenti all'OCSE. Sia la Convenzione di Basilea che la relativa modifica sul divieto alle esportazioni sono state recepite nell'ordinamento giuridico dell'UE (2).

2.3

Sebbene le navi non siano esenti dalla normativa sulle spedizioni di rifiuti, e benché la Convenzione di Basilea abbia già stabilito che, a partire da un determinato momento, le navi possono essere considerate dei rifiuti, esse continuano allo stesso tempo a rispondere alla definizione di "nave" ai sensi di altre norme internazionali. Dato che quasi tutte le navi contengono quantitativi significativi di materiali pericolosi, tra cui oli, morchie, amianto, lana di vetro, PCB, TBT e metalli pesanti (presenti soprattutto nelle vernici), quelle destinate alla rottamazione devono essere considerate come rifiuti pericolosi. Di conseguenza, navi di questo tipo, battenti bandiera di uno Stato membro dell'UE, se vengono esportate da paesi dell'OCSE, possono essere smantellate esclusivamente nei paesi OCSE, conformemente alla Convenzione di Basilea.

2.4

Tuttavia, poiché tale normativa viene elusa sistematicamente dalle navi, né le norme internazionali né la legislazione dell'UE ottengono i risultati auspicati. Per migliorare la situazione, le parti della Convenzione di Basilea hanno invitato l'Organizzazione marittima internazionale (International Maritime Organisation - IMO) a definire dei requisiti vincolanti per il riciclaggio delle navi. L'IMO ha presentato nel 2006 un progetto di Convenzione, adottato nel 2009 sotto forma di Convenzione di Hong Kong per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente ("Convenzione di Hong Kong"). Essa potrà entrare in vigore e iniziare a produrre effetti soltanto quando sarà stata ratificata da un numero sufficiente di grandi Stati di bandiera e Stati di riciclaggio.

2.5

Nel 2006, le parti della Convenzione di Basilea hanno accolto con favore il progetto di Convenzione dell'IMO e hanno avviato una valutazione preliminare intesa ad accertare se la Convenzione di Hong Kong garantisse un livello di controllo e di esecuzione equivalente a quello previsto dalla Convenzione di Basilea. Nel 2010, l'UE e i suoi Stati membri hanno ultimato la loro valutazione, concludendo che le due suddette convenzioni sembrano offrire un livello di controllo e di esecuzione equivalente per le navi classificate come rifiuti. Nell'ottobre 2011, le parti della Convenzione di Basilea hanno incoraggiato la ratifica della Convenzione di Hong Kong al fine di consentirne l'entrata in vigore; si prevede che ciò non accadrà prima del 2020. Una volta entrata in vigore, la Convenzione di Hong Kong imporrà agli Stati ad essa aderenti di smantellare le loro grandi navi mercantili esclusivamente nei paesi che sono parte della Convenzione.

2.6

Il ricorso a pratiche rischiose e pericolose per l'ambiente nella demolizione delle navi continua a essere fonte di notevole preoccupazione per la Commissione europea, che ne segue attentamente gli sviluppi. Nel 2007, la Commissione ha adottato il Libro verde per una migliore demolizione delle navi (3) e, nel 2008, una comunicazione che propone una strategia dell'Unione europea in materia di demolizione delle navi (4). Sulla base di tali documenti, il CESE ha elaborato in passato due pareri (5). Con il presente parere, il CESE prende posizione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al riciclaggio delle navi (6).

3.   Contesto

3.1

Le decisioni sulla rottamazione di una nave vengono influenzate essenzialmente dai fattori di mercato. I costi di manutenzione di una flotta vetusta, i tassi di nolo e il prezzo dei rottami metallici determinano il momento in cui una nave deve essere smantellata. La scelta del luogo di demolizione della nave è dettata dal prezzo che viene offerto per l'esecuzione di tale operazione. Tale prezzo dipende a sua volta dalla domanda di acciaio riciclato nella zona interessata e dai costi dell'infrastruttura per la protezione dei lavoratori e dell'ambiente. Con il tempo, l'insieme di questi fattori ha fatto sì che le attività di riciclaggio delle grandi navi per la navigazione marittima si spostassero nel Sud-Est asiatico.

3.2

Sul totale delle navi in disuso demolite nel mondo dal 2004, l'80 % è stato demolito in India, Pakistan e Bangladesh mediante il metodo dell'arenamento. Le navi vengono fatte incagliare su una spiaggia di sabbia e in seguito demolite senza ricorrere a macchinari pesanti. Inoltre, i suddetti paesi non dispongono delle strutture necessarie a trattare in maniera responsabile i rifiuti inquinanti e tossici. I governi dei paesi del Sud-Est asiatico interessati si rifiutano di affrontare il problema del ricorso a queste pratiche poiché considerano il riciclaggio delle navi un'attività economica essenziale, che va ostacolata il meno possibile. Essa fornisce, sì, molti posti di lavoro, ma le sue conseguenze sociali ed ecologiche sono disastrose.

3.3

Le grandi navi che vengono inviate in Asia per essere demolite costituiscono uno dei principali flussi di rifiuti pericolosi provenienti dai paesi industrializzati e diretti verso i paesi in via di sviluppo. Esse contengono infatti sostanze come amianto, oli, morchie, policlorobifenili (PCB) e metalli pesanti. Nel 2004, uno studio della Commissione (DG TREN) ha stimato che la quantità delle sostanze trattate annualmente (calcolata fino al 2015) è compresa tra 1 000 e 3 000 tonnellate per l'amianto, 170 e 540 tonnellate per il PCB, 6 000 e 20 000 tonnellate per le vernici nocive e 400 000 e 1,3 milioni di tonnellate per le morchie. Benché l'impatto ambientale di tali attività sia stato raramente analizzato in dettaglio, i dati disponibili indicano che il loro impatto sulle acque marine, sul suolo delle spiagge e sui sedimenti è considerevole. L'inquinamento marino in prossimità dei cantieri di demolizione situati in India e Bangladesh è chiaramente visibile nelle foto aeree. Inoltre, alcune ONG segnalano la scomparsa della vegetazione e della fauna ittica nella zona.

3.4

Le condizioni di sicurezza e di salute osservate nei cantieri di demolizione del Sud-Est asiatico sono critiche. La mancanza di macchinari pesanti e di attrezzature di sicurezza per i lavoratori aumenta considerevolmente il rischio di incidenti gravi. Secondo un rapporto del governo indiano, tra il 1996 e il 2003 si sono verificati negli impianti di Alang 434 incidenti, che hanno causato la morte di 209 persone. Da alcune relazioni provenienti dal Pakistan emerge che tra il 1986 e il 2006 più di 400 lavoratori hanno perso la vita in questo paese e 6 000 sono rimasti gravemente feriti. A queste cifre vanno aggiunte le migliaia di persone che contraggono malattie irreversibili perché entrano in contatto o inalano sostanze tossiche senza la minima precauzione o protezione. La maggior parte degli operai proviene dalle regioni più povere, non possiede alcun tipo di istruzione, lavora senza contratto e senza assicurazione sulle malattie o sugli incidenti, e non ha il diritto di costituirsi in sindacati. Uno studio realizzato in India indica inoltre un'elevata percentuale di lavoro minorile: un quarto di tutti i lavoratori ha meno di 18 anni, il 10 % addirittura meno di 12.

4.   Sintesi del regolamento

4.1

La proposta di regolamento relativo al riciclaggio delle navi è intesa a ridurre in modo significativo gli effetti sociali ed ecologici negativi connessi al riciclaggio delle navi battenti bandiera degli Stati dell'UE (in particolare nel Sud-Est asiatico), senza tuttavia imporre inutili oneri economici. Essa prevede l'applicazione anticipata di alcuni requisiti della Convenzione di Hong Kong e ne accelera pertanto l'entrata in vigore a livello mondiale.

4.2

Verrebbero introdotti anticipatamente i requisiti della Convenzione di Hong Kong illustrati di seguito.

4.2.1

Le navi battenti bandiera degli Stati dell'UE hanno l'obbligo di istituire e aggiornare durante la loro intera vita utile un inventario dei materiali pericolosi presenti a bordo. Questo obbligo entra in vigore immediatamente per le nuove navi battenti bandiera di uno Stato membro, mentre le navi già esistenti hanno un periodo di cinque anni per adeguarsi. L'inventario deve essere aggiornato prima che la nave sia avviata alla demolizione, in modo da garantire che l'impianto di riciclaggio autorizzato possieda la capacità per gestire tutti i rifiuti e i materiali pericolosi presenti a bordo.

4.2.2

Sulla base della Convenzione di Hong Kong è stato elaborato un elenco dei requisiti che devono essere rispettati dagli impianti di riciclaggio; inoltre, sono stati previsti ulteriori requisiti intesi a tutelare maggiormente l'ambiente e la salute dell'uomo. Gli impianti di riciclaggio delle navi che soddisfano tali requisiti dovranno chiedere di essere inseriti in un apposito elenco europeo. Le navi battenti bandiere degli Stati membri dell'UE potranno essere riciclate unicamente negli impianti che figurano in tale elenco.

4.2.3

Le navi battenti bandiera di uno Stato membro dell'UE devono ridurre al minimo il quantitativo di rifiuti pericolosi presente a bordo prima di essere consegnate a un impianto di riciclaggio. Nel caso delle petroliere, gli armatori devono garantire che le navi arrivino all'impianto di riciclaggio in condizioni idonee al rilascio di un certificato che attesti il rispetto delle condizioni di sicurezza per l'ingresso e per lavori a caldo, in modo da evitare esplosioni e incidenti, anche mortali, fra i lavoratori degli impianti di riciclaggio.

4.3

A differenza della normativa vigente, il regolamento proposto si basa sul sistema di controllo ed esecuzione della Convenzione di Hong Kong, previsto specificamente per le navi del trasporto marittimo internazionale. In questo modo, sembra dunque possibile migliorare il rispetto della legislazione dell'Unione. Un problema considerevole connesso alla normativa in vigore è la difficoltà a determinare il momento in cui una nave diventa un rifiuto. Con il nuovo regime, gli Stati membri dell'UE saranno informati in tempo utile della data di inizio prevista e del completamento del riciclaggio. Mettendo a confronto l'elenco delle navi per le quali è stato rilasciato un certificato di inventario con l'elenco delle navi riciclate in impianti autorizzati, sarà possibile individuare più facilmente le operazioni di riciclaggio illegale.

4.4

Un ulteriore ostacolo al riciclaggio responsabile è posto, oltre che dai fattori economici, dalla questione delle capacità in Europa. Le capacità sono infatti appena sufficienti per riciclare le navi da guerra degli Stati membri dell'UE e altre navi di Stato. Autorizzando il riciclaggio delle navi in impianti situati in paesi che non fanno parte dell'OCSE, a condizione che rispettino i requisiti e figurino nell'elenco europeo, il regolamento in esame consentirebbe di rimediare al problema della penuria di capacità di riciclaggio cui gli armatori possono legalmente rivolgersi. Si tratta di un aspetto sempre più importante dato che, stando alle stime, i prossimi 10 anni faranno registrare un picco nel riciclaggio delle navi.

5.   Osservazioni generali

5.1

La demolizione delle navi avviene in maniera irresponsabile: la maggior parte di esse viene demolita con il cosiddetto metodo dell'arenamento (beaching), mediante il quale le navi vengono fatte incagliare sulle spiagge di India, Bangladesh e Pakistan e, successivamente, smantellate da personale non qualificato (tra cui molti bambini), senza gli strumenti adeguati e senza alcuna protezione contro le numerose sostanze nocive rilasciate nel corso dell'operazione. I lavoratori vengono sfruttati senza che abbiano la possibilità di difendersi, dato che i sindacati non sono tollerati in questi settori, in particolare in Bangladesh e Pakistan. I governi non reagiscono davanti a tali abusi. Per questi paesi, si tratta di attività economiche essenziali, caratterizzate in particolare da una gestione debole e corrotta e, soprattutto in questo settore, da imprese potenti e senza scrupoli.

5.2

L'interesse economico di questa attività non risiede soltanto nella creazione di occupazione ma anche, e soprattutto, nell'approvvigionamento di materie prime. Questi paesi soddisfano la maggior parte del loro fabbisogno di acciaio tramite il riciclaggio delle navi. L'interesse dell'attività in termini di occupazione è sì importante, ma controverso da un punto di vista sociale: in questo settore i lavoratori sono per lo più non qualificati, provengono dagli strati più poveri della popolazione e, sebbene abbiano un lavoro, non hanno una vera e propria occupazione, dato che sono ingaggiati a giornata. Nella concezione europea e mondiale (Organizzazione internazionale del lavoro - OIL: Un patto globale per l'occupazione, 2009), il lavoro è uno strumento che consente il sostentamento del lavoratore e della sua famiglia. Il lavoro nei cantieri di demolizione sulle spiagge del Sud-Est asiatico, invece, non permette ai lavoratori di vivere - forse a malapena di sopravvivere per un certo periodo. Nella pratica, questa attività causa il decesso di molti lavoratori, sia rapidamente, a seguito di uno dei numerosi incidenti nei cantieri, sia lentamente, a causa di una delle malattie maligne e incurabili contratte sul posto di lavoro.

5.3

La responsabilità dell'Unione europea in questo settore è considerevole, in quanto gran parte della flotta mondiale è in mano ad armatori provenienti dagli Stati membri dell'UE. È da tempo che gli sviluppi in questo settore, e in particolare l'elusione massiccia delle norme stabilite dalla Convenzione di Basilea, sono fonte di grande preoccupazione per la Commissione che, alcuni anni fa, ha pertanto deciso di affrontare il problema. Negli ultimi cinque anni, la Commissione ha pubblicato un Libro verde in materia, seguito da un documento strategico e, adesso, da una proposta di regolamento.

5.4

La proposta di regolamento relativo al riciclaggio delle navi risulta meno incisiva rispetto al Libro verde e al documento strategico pubblicati in precedenza sullo stesso tema. I due documenti analizzano con precisione i problemi relativi al riciclaggio delle navi, in particolare in Bangladesh, India e Pakistan, ed esprimono la convinzione che occorra adottare delle misure severe al fine di contrastare la situazione intollerabile che si osserva in questi paesi. Le misure previste dalla proposta di regolamento in esame, tuttavia, non consentono di risolvere realmente i problemi esistenti. Al CESE non resta che constatare la chiara assenza di volontà politica necessaria a tal fine; ciò non solo è deplorevole, ma anche sorprendente. In altri settori, la Commissione ha dato prova della necessaria volontà politica.

5.5

Nella proposta in esame si ritrova ben poco dei piani previsti nei documenti precedenti, volti ad esempio a imporre determinati obblighi agli armatori, ai costruttori di navi e agli stivatori per garantire uno smantellamento e un riciclaggio responsabile delle navi al termine del loro ciclo economico. Le misure proposte sono poco incisive e presentano numerose lacune giuridiche.

5.6

Una volta realizzate le proposte della Convenzione di Hong Kong, gli Stati che figuravano tra le parti della Convenzione di Basilea hanno valutato se il livello di controllo e di esecuzione delle due convenzioni fosse equivalente. Le parti di Basilea non hanno raggiunto alcun accordo in tal senso, mentre il giudizio dell'IMO e degli Stati membri dell'UE era positivo. Una delle cause di tale divergenza di opinioni potrebbe risiedere nel fatto che la Convenzione di Hong Kong si occupa esclusivamente della demolizione delle navi, mentre la Convenzione di Basilea è principalmente incentrata sul trattamento responsabile delle sostanze pericolose, e stabilisce inoltre dei requisiti relativi alla catena delle operazioni successive, aspetto su cui la Convenzione di Hong Kong si sofferma appena. Il CESE osserva che la proposta della Commissione tratta invece questo aspetto, seppur in termini generali, e raccomanda che, in vista di autorizzare il riciclaggio delle navi in impianti situati in paesi che non fanno parte dell'OCSE - a condizione che rispettino i requisiti per figurare nell'elenco europeo - il regolamento si basi in particolare sulle vigenti linee guida delle organizzazioni internazionali pertinenti (7), nonché sulla Convenzione stessa e sui suoi orientamenti tecnici.

5.7

La proposta della Commissione si spinge oltre le disposizioni della Convenzione di Hong Kong, ma rimane comunque al di sotto rispetto alle disposizioni della Convenzione di Basilea. La Commissione ha ammesso di non voler porre troppo in alto l'asticella delle aspettative per evitare che gli Stati in cui gli smantellamenti si effettuano attualmente secondo metodi pericolosi per l'uomo e per l'ambiente rinuncino ad aderire alla Convenzione di Hong Kong; in questo caso, il regolamento fallirebbe il suo obiettivo. Questa argomentazione è discutibile: se una determinata legislazione o normativa (la Convenzione di Basilea) viene infranta a più riprese, sostituirla con un nuovo regime giuridico dal grado di esecuzione inferiore (la Convenzione di Hong Kong) non pare essere la misura più indicata per risolvere il problema. Nella sua proposta, la Commissione avrebbe potuto accordare maggiore attenzione a un migliore livello di esecuzione.

5.8

I due metodi applicati più frequentemente per eludere gli obblighi della Convenzione di Basilea consistono nel cambiamento di bandiera di una nave (da quella di uno Stato membro dell'UE a quella di un paese terzo) e nella vendita della nave a un acquirente. Se la vendita avviene in acque europee, l'acquirente non può esportare la nave in un paese non membro dell'OCSE ai fini del riciclaggio, poiché è soggetto alle norme della Convenzione di Basilea. L'acquirente rilascia quindi una dichiarazione in cui afferma di non acquistare la nave per farla demolire, ma per scopi economici. Spesso tuttavia, non appena lascia le acque europee, la nave si dirige direttamente verso una delle spiagge del Sud-Est asiatico, e la dichiarazione si rivela essere falsa.

5.9

Il CESE osserva che la proposta della Commissione riprende i principali elementi della Convenzione di Hong Kong, la quale prevede la ripartizione delle responsabilità tra, da un lato, gli Stati di bandiera, gli Stati di riciclaggio e gli Stati di approdo e, dall'altro, gli armatori, i costruttori di navi e gli impianti di riciclaggio. Il Comitato dubita tuttavia che tale ripartizione sia equilibrata, e avrebbe preferito che essa disciplinasse anche la posizione dei precedenti proprietari/beneficiari.

5.10

La proposta non prevede ad esempio nessuno strumento economico con cui la Commissione possa orientare l'evoluzione auspicata - strumento a cui invece i documenti precedenti facevano riferimento. La Commissione ha inoltre fatto eseguire uno studio sulla possibilità di istituire un fondo a cui ogni nave che attracca in un porto europeo sarebbe tenuta a versare un contributo, determinato in funzione sia della stazza che della tossicità dell'imbarcazione. L'istituzione di un fondo simile rappresenterebbe un'ottima applicazione del principio "chi inquina paga". Parte di questi contributi potrebbero essere utilizzati per migliorare le condizioni di lavoro nel Sud-Est asiatico, garantendo la formazione dei lavoratori in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro, sensibilizzando a livello locale sui pericoli connessi alla demolizione irresponsabile delle grandi navi per la navigazione marittima e migliorando le infrastrutture pubbliche locali.

5.11

Il CESE esorta la Commissione a esplorare la possibilità di utilizzare i contributi del fondo per sviluppare le capacità di demolizione e realizzare una filiera di riciclaggio in Europa. L'UE dispone di sufficiente capacità di messa in bacino, che non viene più sfruttata (o lo è solo in parte) per la costruzione e la riparazione delle navi, ma che risulta idonea per lo smantellamento e il riciclaggio di queste ultime. Questa prospettiva è perfettamente in linea con l'ambizione dell'Unione europea di divenire una "società sostenibile basata sul riciclaggio", dove i rifiuti vengono trasformati in materie prime grazie a un sistema di riciclaggio intelligente e capillare. Ciò potrebbe generare un elevato profitto economico sotto forma di materiali pregiati, che potrebbero soddisfare in gran parte la domanda di materie prime e creare numerosi nuovi posti di lavoro. Dato il costante aumento dei prezzi delle materie prime e l'elevato tasso di disoccupazione registrato in diversi Stati membri dell'UE, questo sviluppo potrebbe andare a vantaggio dell'Europa nel suo complesso.

5.12

Se l'Europa vuole che le sue navi vengano demolite in maniera responsabile, è plausibile che anch'essa contribuisca finanziariamente alla costruzione delle capacità necessarie affinché ciò avvenga correttamente. In un'economia di mercato niente è gratis, tutto ha un prezzo. Per una demolizione responsabile delle navi questo prezzo viene pagato in denaro. Per una demolizione irresponsabile delle navi, parte di tale prezzo viene pagato con altri valori, come la distruzione dell'ambiente locale e la perdita di vite umane. Poiché non intendiamo accettare che i valori all'interno dell'UE diventino un mezzo di pagamento legittimo, non dobbiamo nemmeno permettere che essi vengano utilizzati nell'ambito delle operazioni di pagamento con i paesi terzi. La Commissione potrebbe porre una maggiore enfasi su questo aspetto. Il CESE ritiene infatti che la Commissione avrebbe dovuto avanzare una proposta migliore, più creativa, più audace e più innovativa, che rispecchiasse meglio il livello di ambizione dei documenti precedenti della Commissione stessa e dei relativi pareri del Comitato.

6.   Osservazioni particolari

6.1

Il CESE condivide la finalità della proposta relativa al riciclaggio delle navi e l'approccio generale scelto dalla Commissione, ma nutre grandi riserve quanto all'efficacia dell'esecuzione. Il Comitato critica in particolare le disposizioni illustrate di seguito.

6.2

L'articolo 15 del regolamento prevede che gli impianti di riciclaggio situati al di fuori dell'UE possano essere inseriti in un elenco europeo a condizione che soddisfino i requisiti definiti dall'UE in materia di demolizione responsabile. Tuttavia, le prove che attestano il rispetto di tali requisiti vengono fornite da questi stessi impianti. Le visite di controllo degli impianti ad opera della Commissione o di agenti che agiscono per suo conto sono presentate soltanto come un'opzione nella proposta di regolamento. Il CESE chiede alla Commissione di istituire un meccanismo esplicito ed efficace per il controllo e la vigilanza da parte di terzi indipendenti, al fine di garantire la conformità con i requisiti stabiliti all'articolo 12 della proposta di regolamento.

6.3

L'articolo 12 elenca le condizioni che devono essere rispettate affinché un impianto di riciclaggio possa essere inserito nell'elenco europeo. Il Comitato non ha particolari osservazioni in merito alle condizioni in quanto tali. Nota tuttavia che in virtù della disposizione transitoria di cui all'articolo 28, gli Stati membri possono, fintantoché non viene pubblicato l'elenco europeo, autorizzare il riciclaggio di navi in impianti ubicati al di fuori dell'Unione, a condizione di verificare la conformità dell'impianto di riciclaggio ai requisiti di cui all'articolo 12 sulla base delle informazioni fornite dall'armatore o dagli impianti di riciclaggio o acquisite con altri mezzi. Il CESE ribadisce la richiesta alla Commissione di istituire un meccanismo esplicito ed efficace per il controllo e la vigilanza da parte di terzi indipendenti, al fine di garantire la conformità con i requisiti stabiliti all'articolo 12 della proposta di regolamento.

6.4

L'articolo 23 propone di stabilire sanzioni per le violazioni al regolamento, che possono essere comminate in forza del diritto civile o amministrativo e che devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Non vi è tuttavia alcun riferimento a sanzioni concrete. Lo stesso articolo prevede inoltre la possibilità di imporre sanzioni anche al penultimo proprietario se la nave viene venduta e riciclata, entro sei mesi dalla vendita, in un impianto che non figura nell'elenco europeo. Il Comitato ritiene che il periodo di sei mesi previsto sia troppo breve a fronte del ciclo di vita medio di una nave. Sottolinea inoltre che, al fine di beneficiare di un'esenzione dalle sanzioni, in particolare qualora il proprietario sia in grado di dimostrare di non aver venduto la propria nave con l'intenzione di riciclarla, è sufficiente fornire una dichiarazione. Questo è ciò che si è potuto osservare a più riprese nel quadro dell'attuale problematica connessa all'esecuzione delle disposizioni della Convenzione di Basilea.

6.5

All'articolo 30, la Commissione si impegna a procedere alla revisione del regolamento entro due anni dall'entrata in vigore della Convenzione di Hong Kong. Dal momento che questa è prevista per il 2020, la revisione del regolamento dovrebbe quindi aver luogo nel 2022. In questo contesto la Commissione prenderà in esame l'eventuale inserimento degli impianti autorizzati dalle parti della Convenzione di Hong Kong nell'elenco europeo degli impianti di riciclaggio delle navi, al fine di evitare la duplicazione dei lavori e degli oneri amministrativi. Allo stesso tempo, è del tutto possibile che tali impianti autorizzati dalle parti della Convenzione di Hong Kong, in particolare quelli che, a seguito della demolizione, si occupano della gestione responsabile delle sostanze pericolose, non soddisfino i requisiti dell'elenco europeo. Anche in questo caso la conseguenza sarebbe che la pratica attuale risulterebbe meno rigorosa.

6.6

Il CESE attira l'attenzione sul fatto che il riciclaggio delle navi, nei paesi in cui si ricorre al metodo dell'arenamento, è caratterizzato da un livello di sicurezza sul posto di lavoro assolutamente inferiore agli standard, dallo sfruttamento dei lavoratori e da conseguenze ambientali disastrose. Le navi vengono demolite manualmente sulla spiaggia, tutti i materiali nocivi che esse contengono (oli, morchie, PCB ecc.) si disperdono liberamente in mare o penetrano nella sabbia. Alcuni sopralluoghi hanno dimostrato che in prossimità delle spiagge su cui avviene la demolizione la flora e la fauna sono completamente assenti. Alla luce del programma di sostenibilità dell'UE, ci si aspetterebbe che la Commissione escluda dall'elenco europeo gli impianti di riciclaggio che ricorrono a questi metodi. La formulazione attuale della proposta di regolamento non è tuttavia chiara a questo riguardo.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Direttive tecniche per la gestione ecologicamente corretta del disarmo integrale o parziale di navi, Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, UNEP/PNUA;

Direttive su sicurezza e salute nella demolizione delle navi: direttive per i paesi asiatici e per la Turchia, Organizzazione internazionale del lavoro (OIL);

Linee guida sul riciclaggio delle navi, Organizzazione marittima internazionale (IMO).

(2)  Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2006 relativo alle spedizioni di rifiuti.

(3)  COM(2007) 269 final.

(4)  COM(2008) 767 final.

(5)  CESE 1701/2007, GU C 120 del 16.5.2008 pag. 33, e CESE 877/2009, GU C 277 del 17.11.2009, pag. 67.

(6)  COM(2012) 118 final.

(7)  Cfr. la nota 1.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni:

Punto 5.5

Modificare come segue:

Nella proposta in esame si ritrova ben poco dei piani previsti nei documenti precedenti, volti ad esempio a imporre determinati obblighi agli armatori, ai costruttori di navi e agli stivatori per garantire uno smantellamento e un riciclaggio responsabile delle navi al termine del loro ciclo economico. Le misure proposte incisive e .

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

70

Voti contrari

:

72

Astensioni

:

0

Punto 5.7

Modificare come segue:

La proposta della Commissione si spinge oltre le disposizioni della Convenzione di Hong Kong, ma rimane comunque al di sotto rispetto alle disposizioni della Convenzione di Basilea. La Commissione ha ammesso di non voler porre troppo in alto l'asticella delle aspettative per evitare che gli Stati in cui gli smantellamenti si effettuano attualmente secondo metodi pericolosi per l'uomo e per l'ambiente rinuncino ad aderire alla convenzione di Hong Kong; in questo caso, il regolamento fallirebbe il suo obiettivo.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

65

Voti contrari

:

86

Astensioni

:

0

Punto 5.10 e punto 1.5 (messi ai voti insieme)

Sopprimere il punto:

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

69

Voti contrari

:

80

Astensioni

:

2


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/165


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Azioni chiave: verso un Atto per il mercato unico II» (parere esplorativo)

2012/C 299/30

Relatore generale: VOLEŠ

La Commissione europea, in data 27 giugno 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Azioni chiave: verso un Atto per il mercato unico II

(parere esplorativo).

Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato, in data 28 giugno 2012, la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 482a sessione plenaria dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta del 12 luglio), ha nominato relatore generale VOLEŠ e ha adottato il seguente parere con 176 voti favorevoli, 5 voti contrari e 2 astensioni.

1.   Introduzione

1.1   Alla fine del 2011 la Commissione ha presentato delle proposte relative a dieci delle dodici leve definite nell'Atto per il mercato unico, mentre quelle relative alle ultime due hanno fatto seguito nella prima metà del 2012. Inoltre la Commissione ha presentato delle proposte o ha completato 28 delle restanti 50 misure annunciate nell'Atto per il mercato unico.

1.2   Alcune proposte specifiche sulla governance del mercato unico riguardavano l'informazione dei cittadini e delle imprese sulle opportunità offerte dal mercato unico, il miglioramento dell'attuazione delle norme del mercato unico da parte degli Stati membri e la garanzia di una loro effettiva attuazione. Nonostante il fatto che i cittadini e le imprese ritengano che questo settore rappresenti una delle principali carenze, ben pochi progressi sono stati compiuti al riguardo.

1.3   La scelta di concentrarsi su dodici leve ha permesso alla Commissione di avanzare più rapidamente di quanto non sarebbe stato possibile altrimenti. Il Parlamento europeo e il Consiglio sono stati invitati ad adottare le proposte legislative entro la fine del 2013 in modo che possano essere attuate entro il 2014. Garantire una trasposizione e un'attuazione rapida, completa e corretta della legislazione adottata sarà un compito di grande rilievo per gli Stati membri.

1.4   Nell'ottobre 2012 la Commissione celebrerà il 20o anniversario del mercato unico organizzando una Settimana del mercato unico in tutta Europa, con eventi in tutti i 27 Stati membri. Il secondo Forum del mercato unico manterrà lo slancio politico avviato dall'Atto per il mercato unico, esaminerà i progressi compiuti nella sua attuazione e individuerà le priorità future per potenziare la crescita e rafforzare la fiducia.

1.5   In una lettera del 27 giugno il vicepresidente della Commissione Maroš Šefčovič ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo (CESE) di preparare un contributo al dibattito in corso, in quanto i suoi membri, che rispecchiano la diversità degli attori socioeconomici, possono apportare un valore aggiunto in termini di consenso ai lavori in corso.

2.   Osservazioni generali e raccomandazioni

2.1   Le proposte per un Atto per il mercato unico II non devono ignorare la situazione difficile in cui versa l'UE, dovuta al fatto che alcuni Stati membri non riescono a rimediare ai loro disavanzi pubblici, alla stagnazione prevalente del PIL e all'aumento della disoccupazione. Le proposte dovrebbero quindi prevedere non soltanto misure a breve termine con effetto immediato sulla crescita e l'occupazione, ma anche interventi a medio e lungo termine che garantiscano uno sviluppo sostenibile e apportino benefici a tutti i cittadini dell'UE anche in futuro.

2.2   Una strategia Europa 2020 riveduta e aggiornata dovrebbe rappresentare l'orientamento generale per lo sviluppo del mercato unico, che costituisce il risultato più importante ottenuto dall'integrazione europea e lo strumento per realizzare gli obiettivi della strategia stessa.

2.3   Nella preparazione della nuova serie di proposte volte a rafforzare il mercato unico si deve tenere conto del punto di vista di tutte le parti interessate, comprese le organizzazioni della società civile e le parti sociali.

2.4   Le misure intese a liberare il potenziale del mercato unico per le imprese, i consumatori, i cittadini e le altre parti interessate dovrebbero riguardare principalmente i servizi, l'accesso ai finanziamenti, l'eliminazione degli oneri burocratici per le PMI, il commercio online, il mercato unico digitale e la mobilità. Esse vanno accompagnate da azioni intese, da un lato, a rafforzare la protezione e la fiducia dei consumatori e, dall'altro, a tenere debitamente conto degli aspetti sociali del mercato unico, sostenendo l'economia sociale e rispettando la necessità di coesione sociale così come i diritti e gli interessi dei cittadini.

2.5   Nei suoi precedenti pareri sull'Atto per il mercato unico (1) e sulle dodici leve (2), il CESE ha evidenziato tutta una serie di questioni che considera ancora cruciali:

comunicare i vantaggi del mercato unico per i cittadini e le imprese è fondamentale, e intermediari quali, ad esempio, i partiti politici, le organizzazioni della società civile, i media e gli istituti di istruzione hanno la responsabilità di contribuire a far comprendere agli europei quale sia la posta in gioco;

la Commissione europea dovrebbe sensibilizzare i cittadini in merito alle diverse questioni legate al mercato unico ricorrendo alle numerose reti, agenzie e altri strumenti a sua disposizione (3).

2.6   Nei prossimi mesi il CESE elaborerà un parere di iniziativa sulle misure non contemplate nell'Atto per il mercato unico. Tra di esse figurano, fra l'altro, la riscossione dei diritti d'autore (coperta dall'Atto per il mercato unico II), la revisione della direttiva sul diritto d'autore, la neutralità della rete, la protezione dei dati, la tutela degli investitori, il protocollo sul progresso sociale, lo statuto della società privata europea, le procedure di appalto elettroniche (e-procurement), le agenzie europee di rating del credito, la parità di genere, le microimprese e le imprese a conduzione familiare, le misure di sostegno alla creazione di nuove imprese e all'ampliamento delle imprese esistenti, le carte di credito e di debito, i pagamenti elettronici, il credito al consumo e l'indebitamento eccessivo, i bonifici, la gioventù, le misure per la completa attuazione della moneta unica e il funzionamento rafforzato dell'area unica dei pagamenti in euro (SEPA).

2.7   Il Comitato si aspetta di essere coinvolto in tutti i processi di consultazione riguardanti le misure legislative e non legislative del programma rinnovabile della Commissione che faranno parte dell'Atto per il mercato unico II, e formulerà delle raccomandazioni dettagliate quando le singole azioni della Commissione saranno state trasformate in proposte vere e proprie.

3.   Leve e azioni chiave

3.1   Servizi

3.1.1   L'iniziativa riguardante l'accesso a un conto di pagamento di base per tutti i cittadini è necessaria e va realizzata rapidamente. Il Comitato chiede che vengano adottate misure regolamentari su questo punto, come pure sulla trasparenza delle spese bancarie e sulla possibilità di cambiare facilmente conto bancario.

3.1.2   Il recapito dei pacchi, specialmente nel quadro del commercio online (4), e le procedure transfrontaliere di insolvenza sono altri ambiti da considerare prioritari.

3.1.3   Il CESE propone altresì di prevedere delle misure intese a consolidare il funzionamento dell'area unica dei pagamenti in euro (SEPA).

3.1.4   Il CESE ribadisce il sostegno alla proposta di estendere la normalizzazione relativa ai servizi, ma invita a tenere conto, al tempo stesso, del carattere specifico di questi ultimi e delle esigenze della società e del mercato.

3.2   Mercato unico digitale

3.2.1   Il CESE ritiene che il completamento del mercato unico digitale sia fondamentale per rilanciare il mercato unico. Nel suo precedente parere il CESE sosteneva che il commercio elettronico è una delle principali vittime della frammentazione del mercato unico, che ostacola il pieno sfruttamento del potenziale del commercio online transfrontaliero sia per i fornitori che per i consumatori. Per risolvere questi problemi, occorre intervenire completando le misure già predisposte dalla Commissione, ossia l'elevata protezione dei dati, l'apertura e la neutralità di Internet, l'eliminazione delle barriere basate sulla nazionalità o sulla residenza, la firma elettronica, i pagamenti elettronici, gli investimenti nella banda larga, l'accesso universale, l'accessibilità di hardware e software per tutti, la legislazione sui servizi online accompagnata da una coerente politica di tutela dei consumatori.

3.2.2   Il CESE reputa essenziale garantire la cooperazione amministrativa tra Stati membri e offrire dei servizi di amministrazione online, il che potrebbe essere agevolato mediante un uso generalizzato dell'IMI.

3.2.3   Il CESE sottolinea la necessità di tenere particolarmente conto dei vantaggi derivanti da un'ampia diffusione della fatturazione elettronica, ma ritiene che essa dovrebbe restare facoltativa su un piano di parità con la fatturazione cartacea, evitando così di imporre oneri amministrativi supplementari alle PMI.

3.3   Reti

3.3.1   Il CESE attribuisce un'importanza particolare alle reti (trasporti, energia, comunicazioni), che svolgono un ruolo fondamentale nel collegare l'Europa. Per quanto riguarda le ferrovie, il CESE sostiene l'idea di creare uno spazio ferroviario europeo unico, in grado di competere con altri modi di trasporto. Raccomanda di esplorare la possibilità di creare un fondo di compensazione, analogo a quelli già esistenti per diverse industrie di rete. Ritiene inoltre che si debba dare la priorità assoluta all'attuazione generalizzata del sistema europeo di segnalazione e gestione del traffico ERMTS, unitamente al sistema europeo di controllo dei treni ETCS.

3.3.2   In materia di trasporti aerei, la creazione di un Cielo unico europeo è indispensabile per assicurare la competitività dell'industria aeronautica dell'UE sul mercato mondiale. È necessario affrontare la questione dello sviluppo del SESAR: bisogna a) assicurarsi che i miglioramenti delle infrastrutture vengano introdotti in modo sincronizzato a terra e sugli aeromobili; b) assicurare risorse finanziarie tempestive e adeguate per l'introduzione del SESAR; c) definire la corretta gestione per l'introduzione del SESAR. Esso dovrebbe essere aperto anche alle PMI.

3.3.3   Il Comitato invita a effettuare rapidamente una revisione del regolamento (CE) n. 261/2004 (5) al fine di aggiornare i diritti dei passeggeri per quanto riguarda l'eccesso di prenotazioni (overbooking), i ritardi e le vacanze "tutto compreso".

3.3.4   La politica portuale europea dovrebbe perseguire i seguenti obiettivi:

a)

assicurare lo sviluppo sostenibile della capacità dei porti e delle strutture connesse;

b)

predisporre un quadro chiaro e trasparente per il finanziamento degli investimenti nei porti;

c)

chiarire le procedure relative all'accesso al mercato dei servizi portuali;

d)

rimuovere le strozzature operative che ostacolano l'efficienza dei porti;

e)

promuovere condizioni e ambienti di lavoro favorevoli e sicuri, e instaurare relazioni di lavoro costruttive nei porti;

f)

promuovere la competitività globale e una percezione positiva dei porti.

3.3.5   Una politica portuale europea non presuppone necessariamente l'elaborazione di nuove disposizioni legislative. In particolare, la cosiddetta soft law può costituire un'alternativa valida sia alla legislazione sia ad un approccio caso per caso.

3.3.6   In materia di reti per l'energia, il CESE approva le recenti iniziative della Commissione volte a proseguire le interconnessioni e a completare il mercato interno dell'energia.

3.3.7   Il CESE sostiene l'idea di creare una comunità europea dell'energia (CEE) e approva le tappe intermedie necessarie, in particolare la creazione di reti energetiche regionali, di un fondo per lo sviluppo delle energie rinnovabili e di un gruppo per l'acquisto del gas.

3.3.8   Ritiene che sia giunto il momento di effettuare una valutazione critica della liberalizzazione del mercato dell'energia, in quanto non si riscontrano gli effetti auspicati di una diminuzione dei prezzi per i cittadini e le imprese.

3.4   Accesso ai finanziamenti

3.4.1   A causa della crisi finanziaria, l'accesso al credito può risultare difficile per le imprese di molti Stati membri, soprattutto per le PMI, il che produce effetti negativi sulla loro attività economica. L'accesso al capitale è fondamentale per permettere al settore privato, specialmente alle PMI e alle imprese sociali, di produrre crescita e occupazione. Tuttavia le banche sono sempre meno disposte a concedere prestiti alle imprese, in particolare a quelle innovative e in fase di avvio, le quali presentano al tempo stesso i massimi rischi e le maggiori potenzialità in termini di crescita.

3.4.2   Per questo motivo il CESE invita la Commissione ad aiutare le PMI ad attingere direttamente ai mercati dei capitali, a sviluppare sistemi di obbligazioni specifici per tali imprese, ad esaminare in che modo si possa migliorare la finanza di tipo "mezzanino" e a rivolgere attenzione ai nuovi prodotti di questo settore, come una garanzia per i prestiti di questo tipo. A questo proposito la Commissione dovrebbe fornire delle indicazioni a tutte le parti interessate sul modo migliore per combinare e valorizzare strumenti finanziari provenienti da fonti diverse.

3.4.3   Il CESE raccomanda che nei negoziati con gli Stati membri sui futuri fondi strutturali si tenga conto dell'esigenza di creare strumenti finanziari che forniscano delle garanzie per i prestiti alle PMI.

3.5   Fiscalità

3.5.1   Il CESE invita ad intraprendere delle azioni volte ad affrontare il problema delle normative fiscali divergenti e delle complicazioni amministrative, che rappresentano uno degli ostacoli principali per le PMI e impediscono loro di espandersi nel mercato unico.

3.5.2   Anche senza un'armonizzazione fiscale è possibile eliminare molti ostacoli in questo campo, tra cui la doppia imposizione, che costituisce un serio impedimento per le attività transfrontaliere con effetti economici negativi sugli investimenti e l'occupazione. L'attuale, complicato, sistema di recupero dell'IVA nel commercio e nei servizi transfrontalieri può portare all'evasione e alla frode fiscale, fenomeni che vanno combattuti in modo più efficace. Una dichiarazione IVA standardizzata a livello UE contribuirebbe alla semplificazione amministrativa.

3.5.3   A giudizio del CESE, la fiscalità degli Stati membri non dovrebbe portare alla nascita di paradisi fiscali con conseguenze negative per l'economia e i bilanci pubblici.

3.5.4   È necessario esaminare il regime IVA per i servizi finanziari, ed è evidente che, se si dovesse introdurre una nuova tassa sul settore finanziario basata sui flussi di cassa o fattori simili, la Commissione dovrebbe valutare i vantaggi derivanti dal suo inserimento nel quadro IVA.

3.5.5   Il CESE invita inoltre a introdurre delle regole generali volte a stabilire che il versamento dell'IVA deve essere effettuato soltanto quando il cliente ha saldato la fattura. Questo sistema, noto come "contabilità di cassa" e già in vigore per le piccole imprese in alcuni Stati membri, serve a evitare che l'IVA venga riscossa su una vendita indipendentemente dal fatto che il cliente abbia saldato la fattura. Nell'attuale situazione di crisi economica esso potrebbe evitare l'insolvenza, specialmente delle PMI.

3.6   Il quadro normativo per le imprese

3.6.1   Il CESE sottolinea la necessità di prestare una particolare attenzione alle questioni che non sono sufficientemente coperte dalla legislazione UE e dai programmi di sostegno, come ad esempio la situazione dei lavoratori autonomi.

3.6.2   Il CESE sottolinea la necessità di ridurre ulteriormente gli oneri amministrativi superflui, e si aspetta che la Commissione stabilisca gli obiettivi dopo il 2012, una volta realizzata la riduzione degli oneri amministrativi del 25 %. Il CESE fa notare che una riduzione degli oneri superflui è sempre auspicabile, che sia per le imprese, i consumatori o le autorità pubbliche, ma è necessaria un'attenta valutazione per garantire che la finalità originaria della legislazione non sia compromessa.

3.7   Imprenditoria sociale

3.7.1   L'iniziativa per l'imprenditoria sociale sarà riveduta nel 2014. In stretta cooperazione con il gruppo di esperti sull'imprenditoria sociale, la Commissione farà un bilancio dei risultati ottenuti e deciderà le azioni future. Il CESE raccomanda che si tengano nel dovuto conto le raccomandazioni formulate nei suoi recenti pareri sul tema dell'imprenditoria sociale (6).

3.7.2   Il CESE sottolinea la necessità di approfondire il livello di conoscenza sul ruolo e la diffusione delle imprese sociali al fine di valorizzarne l'impatto effettivo sulla comunità: a tal fine occorrerà mettere a punto un metodo di misurazione. Una tale misurazione sarà necessaria anche per realizzare il Fondo europeo per l'imprenditoria sociale.

3.7.3   Il Comitato è dell'avviso che la proposta di una fondazione europea e tutte le altre forme di società europee debbano essere valutate alla luce della consultazione riguardante il riesame del diritto delle società europee.

3.8   Consumatori

3.8.1   Il Comitato attende con impazienza per il prossimo futuro una proposta legislativa che preluda alla realizzazione di un meccanismo di ricorso collettivo valido a livello sia nazionale sia transnazionale e accessibile a tutti i consumatori nel mercato unico. Questi meccanismi dovrebbero essere a disposizione di tutti coloro i cui diritti sono stati lesi nel mercato unico. Infatti, i consumatori non sono gli unici a subire violazioni dei propri diritti da parte dei fornitori di beni e di servizi oppure attraverso condizioni contrattuali abusive e pratiche commerciali sleali. Dovrebbero avere accesso ai sistemi di ricorso collettivi anche i lavoratori i cui diritti vengono lesi, e in generale i cittadini vittime di discriminazioni. Anche le PMI potrebbero aver bisogno di un'analoga protezione contro le pratiche commerciali sleali.

L'ulteriore lavoro preparatorio in questo campo deve tener conto dell'opinione di tutte le parti interessate.

3.8.2   Il CESE invita ad adottare misure regolamentari per realizzare un mercato unico integrato dei pagamenti tramite carte, su Internet e dei pagamenti mobili.

3.8.3   Per quanto riguarda le norme sulla sicurezza dei prodotti, il CESE invita ad applicare due principi fondamentali:

la filosofia del ciclo di vita. Ciò significa applicare dei requisiti atti a garantire la sicurezza dei prodotti per tutti gli utenti e i lavoratori interessati. Il riferimento al ciclo di vita copre tutte le fasi della vita di un prodotto, dall'acquisto delle materie prime fino allo smaltimento;

la promozione dell'approccio "dalla culla alla tomba", in base al quale la sostenibilità del prodotto dovrebbe rappresentare un aspetto fondamentale della produzione.

3.9   Mobilità dei cittadini

3.9.1   Il Comitato ribadisce la necessità di aumentare la mobilità dei cittadini modernizzando il sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali. Promuovendo la mobilità occupazionale e geografica dei lavoratori si potrebbero migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro europei e la prestazione di servizi transfrontalieri. Il dibattito sul riconoscimento non è sempre pertinente a livello dei 27 Stati membri. Si dovrebbe porre maggiormente l'accento sull'effettiva necessità (nelle situazioni transfrontaliere e tra paesi confinanti), sulla base di un'analisi dei modelli di mobilità. L'UE dovrebbe promuovere la cooperazione regionale in questo settore e favorire la formazione professionale congiunta a livello transfrontaliero.

3.9.2   Per quanto riguarda la trasferibilità dei diritti pensionistici, il Libro bianco sulle pensioni (7) è troppo incentrato sul miglioramento delle pensioni individuali del terzo pilastro. Occorre migliorare i regimi del primo e secondo pilastro per garantire vantaggi strutturali anche alle persone che si spostano in Europa.

3.9.3   Il CESE manifesta inoltre la propria inquietudine riguardo alla recente decisione del Consiglio di rinazionalizzare l'Accordo Schengen; tale decisione permette la creazione di nuovi ostacoli alla libera circolazione dei cittadini all'interno dell'Unione e reintroduce controlli alle frontiere laddove erano stati aboliti, in lampante contraddizione con i principi fondamentali del Trattato, causando notevoli problemi alla realizzazione del mercato unico.

3.10   Coesione sociale

3.10.1   Il Comitato reputa necessario chiarire le norme di attuazione e il riferimento all'articolo 3, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea, laddove si afferma che il mercato interno non è un obiettivo di per sé, bensì uno strumento per realizzare il progresso sociale e una società sostenibile per i cittadini europei.

3.11   Appalti pubblici

3.11.1   Gli appalti pubblici devono essere disciplinati da regole che non siano unicamente basate sul prezzo più conveniente: la medesima importanza va attribuita ad altri criteri legati ai benefici per la società e all'impatto sulla sostenibilità.

3.11.2   Si dovrebbe valutare fino a che punto i mercati UE degli appalti pubblici possano ancora permettersi di restare aperti quando, invece, alcuni paesi terzi continuano a non applicare condizioni di parità. In questo contesto, le convenzioni dell'OIL e i diritti umani devono essere rispettati da tutte le parti in gioco, siano essi gli Stati membri o i paesi terzi. L'UE dovrebbe promuovere attivamente questa politica a livello globale.

3.11.3   Per accelerare le procedure amministrative, si potrebbero ottenere risultati migliori ricorrendo agli appalti elettronici (e-procurement).

3.12   Diritti di proprietà intellettuale

3.12.1   L'attuale quadro giuridico concernente i diritti di proprietà intellettuale crea una certa confusione nei consumatori e, a livello paneuropeo, questa confusione è ancora maggiore. Il quadro giuridico deve essere reso più chiaro mentre le sanzioni e l'applicazione devono essere proporzionate: occorrerebbe prevedere trattamenti differenti, da un lato, per i singoli consumatori che violino i diritti di proprietà intellettuale inavvertitamente e/o su scala ridotta per uso personale e, dall'altro, per le attività criminali su vasta scala o a fini commerciali.

3.12.2   Occorre adottare un approccio più paneuropeo in materia di licenze e di riscossione dei diritti in questo settore.

Bruxelles, 12 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 132 del 3.5.2011, pag. 47.

(2)  GU C 24 del 28.1.2012, pag. 99.

(3)  Solvit, rete Enterprise Europe, centri europei dei consumatori, Eurocentres, ecc.

(4)  Come illustrato da uno dei video partecipanti al concorso organizzato dalla DG MARKT Tell us your story ("Raccontaci la tua storia"). Nell'audizione pubblica organizzata dall'Osservatorio del mercato unico a Tallin il 1o giugno 2012, si è parlato del seguito da dare alle questioni sollevate dai cittadini in questi video.

(5)  Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91.

(6)  Cfr. pareri CESE GU C 24 del 28.1.2012, pag. 1, GU C 229 del 31.7.2012, pag. 44 e GU C 229 del 31.7.2012, pag. 55.

(7)  Libro bianco Un’agenda dedicata a pensioni adeguate, sicure e sostenibili - COM(2012) 55 final.


4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/170


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro bianco sui trasporti: verso l'adesione e l'impegno della società civile» (parere esplorativo)

2012/C 299/31

Relatore: BACK

La Commissione, in data 11 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro bianco sui trasporti: verso l'adesione e l'impegno della società civile

(parere esplorativo).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 25 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 140 voti favorevoli, 3 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) dovrebbe iniziare a costituire un quadro per uno scambio di pareri aperto e trasparente sull'attuazione del Libro bianco, tra la società civile, la Commissione e altre parti interessate, quali le autorità nazionali a vari livelli. In tal modo si potranno rafforzare il consenso e la comprensione da parte della società civile e potranno essere forniti utili riscontri ai decisori e ai responsabili dell'attuazione.

1.2   Il dialogo dovrebbe svolgersi su vari livelli e coinvolgere i livelli nazionale, regionale e locale della società civile e del governo, intendendo la società civile in senso ampio, comprese a titolo esemplificativo, imprese, datori di lavoro, occupati, utenti, organizzazioni non governative (ONG) e mondo accademico.

1.3   Il dialogo deve garantire una comunicazione bidirezionale e fornire alla Commissione l'opportunità di comunicare su proposte e azioni politiche. Allo stesso tempo, deve fornire, specialmente alla società civile e al governo a livello regionale e locale, l'opportunità di entrare in contatto con la Commissione, il CESE e le altre istituzioni competenti, per presentare osservazioni e sollevare problemi e domande sull'adozione della politica dei trasporti dell'Unione europea, e sulla conseguente attuazione, con la certezza di ricevere una risposta. Un dialogo aperto e costruttivo è importante per rafforzare il consenso in merito alle misure politiche, compresi le proposte normative e i piani infrastrutturali.

1.4   Dovrebbe essere possibile sollevare problemi concreti, come l'accessibilità alle persone con disabilità, la qualità dei trasporti locali e l'adeguatezza in taluni contesti degli obiettivi della politica dei trasporti, quali il trasferimento modale o i trasporti oltre una certa distanza.

1.5   Un dialogo in tal senso può facilitare la comprensione e il consenso nei confronti degli obiettivi della politica dei trasporti dell'Unione europea e delle misure di attuazione proposte. Esso può aiutare le istituzioni dell'Unione europea a comprendere meglio la realtà concreta e la necessità di tenere conto delle differenti condizioni nelle varie parti dell'Unione europea e migliorare le possibilità di trovare soluzioni soddisfacenti ai problemi concreti e di rispondere alle preoccupazioni espresse.

1.6   La continuità e il seguito riservato alle questioni sollevate sono elementi importanti di un dialogo costruttivo, come pure la comunicazione tempestiva da parte della Commissione prima delle iniziative programmate. Sarebbe opportuno raggiungere un accordo con la Commissione in merito al suo coinvolgimento per garantire un dialogo efficace, aperto e trasparente. Il CESE è consapevole che la Commissione considera particolarmente importanti il dialogo sui progetti infrastrutturali e le azioni che implicano dei cambiamenti di comportamento. Ritiene altresì che il dialogo dovrebbe essere di portata più ampia e che potrebbe apportare un valore aggiunto alla maggior parte delle iniziative.

1.7   Elemento importante di un dialogo è il coinvolgimento dei giovani, per creare interesse e consenso nei confronti degli obiettivi della politica dei trasporti dell'Unione.

1.8   Il dialogo dovrebbe in larga misura basarsi sulla comunicazione via Internet, anche attraverso un sito web dedicato. Sarebbe opportuno considerare l'utilizzo dei social media quali Facebook e Twitter. È importante assicurare la gestione corretta del dialogo in Internet per avere la certezza che il sistema funzioni. Nello spazio web per il dialogo un'apposita sezione dovrebbe essere rivolta ai giovani. Sarebbe opportuna la presenza di un certo numero di link esterni pertinenti, ad esempio un link verso lo spazio web della Commissione dedicato all'iniziativa dei cittadini europei.

1.9   Internet non dovrebbe essere l'unico mezzo di comunicazione. Il dialogo sulla rete potrebbe essere integrato da conferenze o da altri eventi, adeguatamente organizzati, che fornirebbero una sede per discutere di due o tre temi specifici. Analogamente, dovrebbero aver luogo contatti diretti tra il CESE e i rappresentanti della società civile ogniqualvolta fosse ritenuto necessario. Qualora fosse ritenuto utile, sarebbe opportuno creare un canale di comunicazione diretto. Le domande e le preoccupazioni espresse in tali contesti dovrebbero essere portate all'attenzione della Commissione.

1.10   Ove appropriato, le domande o i problemi sollevati nel corso del dialogo potrebbero dar luogo a risoluzioni d'iniziativa del CESE e potrebbero influire sui suoi pareri in merito ai temi sui quali viene consultato.

1.11   Considerando il coinvolgimento nel dialogo dei governi regionali e locali, dovrebbero essere stabiliti contatti con il Comitato delle regioni (CdR), per stabilire un accordo volto a coinvolgere il CdR nel dialogo e nella sua gestione, nel debito rispetto dei ruoli rispettivi del CESE e del CdR.

1.12   All'interno del CESE il dialogo deve essere gestito da un comitato direttivo composto da membri della sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione del CESE, con l'assistenza della segreteria della sezione e in collaborazione permanente con il CdR e la Commissione.

1.13   I dettagli della gestione e dell'amministrazione del dialogo in Internet, delle risorse necessarie e delle questioni di bilancio, dovrebbero essere analizzati da una task force incaricata di presentare le proprie osservazioni entro la fine del 2012. Sarebbe opportuno ricercare soluzioni amministrative e di gestione semplici e snelle, possibilmente attingendo alle risorse già esistenti. Potrebbe essere presa in considerazione l'opzione di condividere con il CdR i costi derivanti dalla gestione del dialogo.

1.14   Il dialogo dovrebbe essere avviato all'inizio del 2013.

2.   Introduzione

2.1   Il Libro bianco Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti - Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile ("Tabella di marcia") definisce dieci obiettivi per un sistema dei trasporti competitivo ed efficiente nell'uso delle risorse, che servono da parametri comparativi per conseguire l'obiettivo di ridurre del 60 % le emissioni di gas a effetto serra. Gli obiettivi a lungo termine enunciano le finalità globali per il 2050, con obiettivi intermedi finalizzati a raggiungere determinate tappe nel 2020 o nel 2030. Il Libro bianco formula inoltre una strategia, articolata in 40 iniziative, per contribuire alla realizzazione dei suddetti obiettivi nell'arco dei prossimi dieci anni.

2.2   Le 40 iniziative enunciate nella tabella di marcia dovranno essere attuate entro il 2020. Alcune sono legislative, ma molte si fondano su iniziative nazionali o locali oppure sull'esortazione ad adottare comportamenti differenti: o perché l'Unione europea dispone di una competenza limitata nella materia o perché la legislazione non è uno strumento sufficiente per innescare i cambiamenti di comportamento che sono necessari per il successo di specifiche iniziative. I cambiamenti di comportamento sono importanti anche ai fini della buona riuscita di varie iniziative legislative.

2.3   In una lettera dell'11 gennaio 2012, la Commissione ha chiesto il parere del CESE su come si possa incitare la società civile a impegnarsi per gli obiettivi del Libro bianco e a contribuire alla visione a lungo termine del trasporto in esso enunciata. La lettera menziona la necessità di riconciliare gli interessi nazionali ed europei riguardo agli importanti progetti infrastrutturali della rete TEN-T, e come sia possibile ottenere sostegno e contributi da parte della società civile per conseguire gli obiettivi a lungo termine descritti nel Libro bianco.

2.4   Si può fare un confronto con il ruolo del CESE nell'attuazione della strategia Europa 2020 mediante l'istituzione di un nuovo "comitato direttivo Europa 2020" orizzontale per consentire un'interazione più efficace tra gli organismi del CESE e le parti interessate a livello nazionale, allo scopo d'individuare e programmare iniziative particolari e migliori pratiche nel processo di riforma in atto negli Stati membri. Il 23 febbraio 2011 è stata pubblicata una relazione sulla valutazione espressa dalla società civile sui programmi nazionali di riforma e sul coinvolgimento della società civile in quel processo per fornire alla Commissione elementi utili per il Consiglio europeo di primavera.

2.5   Anche l'Atto per il mercato unico prevede di "Coinvolgere la società civile e promuovere una cultura della valutazione". L'Atto afferma che la consultazione pubblica ha chiaramente messo in luce che la società civile desidera essere più strettamente coinvolta nello sviluppo del mercato unico. Pertanto, la Commissione pubblicherà regolarmente un elenco delle 20 principali aspettative dei cittadini e delle imprese nei confronti del mercato unico. L'elenco sarà sottoposto al Forum del mercato unico, che riunirà periodicamente gli attori del mercato: imprese, parti sociali, organizzazioni non governative e associazioni rappresentative dei cittadini, autorità pubbliche a vari livelli e parlamenti. Esaminerà lo stato del mercato unico e scambierà buone pratiche, contribuirà a sviluppare una cultura della valutazione delle politiche e di conseguenza avrà un ruolo nel monitoraggio dell'Atto per il mercato unico, di cui contribuirà a misurare gli effetti a livello locale. Le parti sociali dovrebbero inoltre svolgere un ruolo più importante e avere la possibilità di esprimere le loro posizioni sulle questioni concernenti la coesione economica e sociale.

2.6   Una prima serie di aspettative, basata su uno studio, è stata pubblicata nell'autunno del 2011.

2.7   Il CESE sta attualmente valutando anche le idee di progetto per la realizzazione dell'European Energy Mix Forum (EEMF). Una proposta per la costituzione di una struttura permanente con un comitato direttivo, una segreteria permanente, conferenze annuali e riunioni bimestrali del gruppo di lavoro è allo studio sotto il profilo finanziario, delle questioni istituzionali, dell'opportunità e delle basi giuridiche. Il progetto prevede inoltre una rete di forum nazionali.

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1   Il CESE è del parere che il compito da affrontare attualmente sia analogo a quelli sopra descritti. Esso verte sul sostegno e i contributi a favore degli obiettivi a lungo termine in materia di trasporti, esposti nel Libro bianco, da parte della società civile, e sul consenso accordato ai progetti infrastrutturali. La Commissione sembra intenzionata, inoltre, a chiedere l'opinione della società civile per sapere se l'obiettivo di riduzione del 60 % delle emissioni di gas a effetto serra e i corrispondenti dieci obiettivi stabiliti dal Libro bianco siano realizzabili con gli strumenti attualmente a disposizione della Commissione stessa.

3.2   Il CESE osserva che l'articolo 11, paragrafi da 1 a 3, del Trattato sull'Unione europea (TUE) fornisce le base formale per questo tipo di esercizio. Tali disposizioni sanciscono il dovere delle istituzioni dell'Unione di instaurare un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative delle parti interessate e la società civile, di svolgere ampie consultazioni con le imprese e le associazioni rappresentative e fornire ai cittadini e alle associazioni la possibilità di esprimere e scambiare pubblicamente le proprie opinioni. Il CESE osserva inoltre che tale articolo costituisce la base giuridica dell'iniziativa dei cittadini.

3.3   Il CESE ritiene che, tra i dieci obiettivi indicati nel Libro bianco, il sostegno della società civile appaia particolarmente rilevante per gli obiettivi 1 (consenso del mercato e mutamento comportamentale), 3 (atteggiamento degli operatori, degli esperti di pianificazione dei trasporti, dei proprietari della merce trasportata), 4 (mutamenti comportamentali), 5 e 7 (uso ottimale delle infrastrutture e dei sistemi di gestione del traffico, promozione di un'efficace pianificazione transnazionale) 8 e 10 (equità del sistema), e 9 (modelli di comportamento connessi alla sicurezza attiva e passiva).

3.4   È utile, inoltre, offrire sostegno agli obiettivi della tabella di marcia, per creare un clima politicamente favorevole alla sua attuazione.

3.5   Secondo il parere del CESE, tra le questioni generali importanti per le quali il dialogo con la società civile può essere particolarmente utile figurano:

le questioni relative alla conciliazione tra gli interessi dell'Unione europea e gli interessi nazionali, regionali e locali, in particolare dal punto di vista degli interessi della società civile organizzata.

Le questioni relative alle modalità non tecniche di promozione degli obiettivi della politica dei trasporti, comprese le politiche societarie, il comportamento delle imprese, il consenso sull'innovazione e i cambiamenti comportamentali.

3.6   Su questi punti, il sostegno della società civile organizzata è importante e, forse, il miglior canale per trasmettere le informazioni, raccogliere le adesioni ma, anche, ottenere riscontri su problemi e ostacoli.

3.7   Idealmente, questi canali di comunicazione potrebbero essere usati anche per la valutazione comparata e lo scambio d'informazioni.

3.8   L'elenco delle iniziative fornisce altresì un'idea di quali siano i settori in cui il sostegno della società civile è importante per conseguire gli obiettivi a lungo termine.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Per comprendere meglio i punti del piano di azione articolato nelle 40 iniziative nell'ambito del programma Orizzonte 2020, esposte nel Libro bianco, e per le quali è particolarmente importante il sostegno della società civile, il CESE propone l'esame dei seguenti argomenti.

4.2   Uno spazio unico europeo dei trasporti

4.2.1   Le iniziative programmate per promuovere posti e condizioni di lavoro di qualità richiederanno il sostegno attivo delle parti sociali che possono inoltre, fornire validi argomenti sull'utilità di inserire altre iniziative nell'ambito del dialogo sociale (articoli 9, 152, e 153 del TFUE). Rispetto alla prevenzione dei conflitti sociali e a eventuali iniziative tese a creare livelli remunerativi uniformi, occorre rammentare che questi settori sono espressamente esclusi dalla sfera di competenza dell'Unione europea (art. 153, paragrafo 5 del TFUE) e che le norme da applicare alla fornitura transfrontaliera di servizi sono definite nella direttiva servizi o nella direttiva sul distacco dei lavoratori, i cui aspetti pratici possono sollevare problemi particolari nel settore dei trasporti.

4.2.2   La sicurezza del settore dei trasporti e la libera circolazione dei passeggeri anziani e con disabilità, in diretta relazione con le condizioni di accessibilità dell'intero mercato dei trasporti, non sono solo un problema normativo ma anche un problema di politica delle società di trasporti e di fattore umano.

4.2.3   Analogamente, mentre il "cielo unico europeo", lo "spazio ferroviario europeo unico" e la "cintura blu" dipendono essenzialmente da misure normative e procedure amministrative di routine, l'uso reale delle possibilità offerte, specialmente per lo "spazio ferroviario europeo unico" e la "cintura blu", compreso l'impiego ottimale dei sistemi di trasporto intelligenti (STI) e l'accesso ai porti, dipenderà dagli interventi degli operatori e di altre parti interessate.

4.2.4   Gli aspetti della qualità, dell'accessibilità e dell'affidabilità dei servizi di trasporto riguardano sia le merci sia i passeggeri. In particolare, per quanto riguarda il trasporto merci è importante l'intervento di vari operatori interessati. Per quanto riguarda il trasporto dei passeggeri soprattutto la valutazione dell'efficacia del quadro normativo dei diritti dei passeggeri e la qualità delle infrastrutture dei trasporti delle persone con disabilità e degli anziani richiederanno anche la partecipazione della società civile organizzata.

4.3   Rafforzare e integrare le iniziative locali di base

4.3.1   Il messaggio del Libro bianco sui trasporti, incentrato sull'impiego efficiente delle risorse, l'adattamento e la sostenibilità, ha già promosso l'avvio di programmi d'azione dei cittadini, sia rurali che urbani, in tutta Europa, programmi che spesso presentano una serie di aspetti innovativi. Ad esempio, l'organizzazione di programmi di car-sharing per ridurre il numero di autovetture di proprietà privata, o di trasporti comunitari altamente localizzati (soprattutto quelli operati su richiesta) che offrono migliori accesso e mobilità a gruppi svantaggiati e isolati. I piani di reazione elaborati dalle comunità locali, spesso con un accento specifico sulla riduzione al minimo dell'energia, hanno messo in evidenza che dei trasporti sostenibili e una loro localizzazione adeguata sono entrambi fattori chiave. Non solo questi programmi concreti offrono nuovi modelli di trasporto, ma, dal momento che vengono elaborati a partire dalla base, presentano per i partecipanti il vantaggio di essere accompagnati da un impegno reale da parte dei cittadini e da una serie di opportunità di informazione. Ciò consente di ampliare la base di conoscenze dell'opinione pubblica e di sensibilizzarla al cambiamento di comportamenti verso i trasporti che si rende necessario per il futuro.

4.3.2   Tuttavia, le numerose iniziative attuate in diverse località dell'UE hanno il difetto di non essere coordinate né strutturate, e non sono quindi all'altezza delle sfide che ci attendono, in particolare dell'obiettivo di una netta riduzione delle emissioni di CO2 nel settore dei trasporti. Gli ambiziosi traguardi stabiliti nel Libro bianco impongono di intensificare notevolmente gli sforzi, ad esempio tramite le seguenti azioni:

un ulteriore sviluppo e ampliamento delle iniziative in corso, con l'obiettivo specifico di rafforzare per quanto possibile la partecipazione e l'impegno dell'opinione pubblica;

la moltiplicazione di tali iniziative in tutta Europa sulla base delle buone pratiche esistenti e, di nuovo, rivolgendo un'attenzione specifica alla partecipazione e all'impegno dell'opinione pubblica;

la progressiva integrazione di tutte queste iniziative grazie a piattaforme e strumenti di comunicazione comuni, per consentire lo scambio di buone pratiche, raggiungere comunità più ampie e sensibilizzare ad ampio raggio l'opinione pubblica sulle sfide da affrontare e sulle possibili soluzioni.

4.4   Innovare per il futuro – tecnologia e comportamenti

4.4.1   La strategia europea per la ricerca, l'innovazione e le applicazioni nel settore dei trasporti non riguarda soltanto la ricerca, il finanziamento della ricerca, la governance e la diffusione di sistemi per la mobilità intelligente. Come indicato nella tabella di marcia, occorre il sostegno di un idoneo quadro normativo. Tuttavia, il consenso del mercato e l'utilizzo commerciale sono elementi altrettanto essenziali, e in tale ambito la società civile organizzata può svolgere un suo ruolo.

4.4.2   Questo è infatti strettamente attinente al tema delle forme innovative di mobilità, per le quali il comportamento degli operatori, dei proprietari di merci trasportate e, nel caso del trasporto dei passeggeri e del pubblico in generale, è fondamentale.

4.4.3   Avviene così per il settore delle merci, in cui la volontà di utilizzare le tecnologie innovative e quelle dell'informazione e della comunicazione (TIC) è importante quanto, ad esempio, la volontà di collaborare per ottimizzare l'impiego delle capacità.

4.4.4   Allo stesso modo per quanto riguarda il trasporto urbano molto dipende dal sostegno della società civile per assicurare l'immissione nel mercato di sistemi di propulsione alternativi, l'organizzazione efficiente della distribuzione dell'ultimo chilometro e la pianificazione sostenibile dei viaggi individuali e del trasporto di merci.

4.5   Infrastrutture moderne, tariffazione intelligente e finanziamenti

4.5.1   Come nel caso della rete europea della mobilità, è fondamentale l'impiego ottimale degli strumenti informatici, dei sistemi di rilevamento e localizzazione dei carichi, come pure l'ottimizzazione di orari e flussi di traffico (e-freight), che devono essere accettati dagli operatori del mercato affinché il loro impiego sui collegamenti della rete TEN-T sia efficace. Si tratta di conseguire risultati ottimali e un miglior rapporto costi-benefici dagli investimenti.

4.5.2   Nell'ambito dell'approccio del "corridoio TEN-T" in quanto strumento di attuazione della "rete essenziale", i progetti infrastrutturali andrebbero elaborati in modo tale da consentire a cittadini, società civile e autorità pertinenti di acquisire una "titolarità/identificazione" con i progetti stessi. Questo dovrebbe essere ottenuto tra l'altro con provvedimenti quali il coinvolgimento fin dalle prime fasi (a cominciare da quella di pianificazione), lo scambio di buone pratiche in tutta l'UE, il ricorso ai più avanzati metodi di pianificazione e attuazione o, ancora, attività di comunicazione permanenti e trasparenti. In tale contesto, il sostegno della società civile potrebbe inoltre contribuire a instaurare un clima più favorevole per una pianificazione coerente delle infrastrutture transfrontaliere.

4.5.3   Riguardo ai finanziamenti, il tema dei partenariati pubblico-privati (PPP) rimane fondamentalmente una questione di finanziamenti, di per sé strettamente dipendente da una serie di aspetti giuridici e tecnici. Tuttavia, considerata l'importanza della partecipazione della società civile a progetti infrastrutturali e servizi nel cui ambito è possibile che vengano utilizzati i PPP, la società civile ha un legittimo interesse ad essere coinvolta nella progettazione e nell'applicazione dei partenariati pubblico-privati.

4.5.4   Fissare i prezzi ed evitare distorsioni sono due questioni essenzialmente normative. Tuttavia, i contatti con la società civile potrebbero fornire un contributo utile alle prospettive volte a instaurare un clima di consenso su queste misure. Da contatti di questo tipo potrebbero inoltre risultare informazioni su eventuali problemi sociali derivanti da gravi ripercussioni dei costi in regioni scarsamente popolate o sulla qualità della vita di gruppi di persone economicamente o fisicamente vulnerabili.

Per ottenere consenso, è essenziale che qualsiasi sistema di fissazione dei prezzi sia considerato ragionevole ed equo: ecco un altro aspetto della questione in cui potrebbe essere utile il contributo della società civile.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON